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RASSEGNA STAMPA  gennaio - giugno 2021

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 giugno 2021

 

 

Piano del centro storico - È un sì tra le polemiche
Alta tensione tra Dipiazza e Pd durante il voto nella notte - Il centrosinistra: «Dialettica azzerata, esempio di dittatura»
Il nuovo Piano particolareggiato del centro storico è passato nella notte tra lunedì e ieri: prevede l'istituzione di quattro classi di trasformabilità, in cui catalogare 1.621 palazzi, e mira a stimolare gli interventi privati, anche alla luce dei bonus al 110% e 75%. La giunta ha inoltre accolto l'emendamento del M5s su via Tigor, in cui si chiede che l'autosilo non sia l'unica trasformazione possibile per quell'area. Ma è stato un via libera ad alta tensione. Polemiche si sono innescate infatti dopo l'intervento conclusivo del primo cittadino: «Grazie ai miei consiglieri, al mio assessore e agli uffici. Stasera avete votato una delibera importante. Le opposizioni hanno fatto il loro. Mi dispiace solo aver sentito il termine avvilente». Giovanni Barbo del Pd poco prima aveva definito «avvilente» il dibattito. Ha ripreso Dipiazza: «Barbo, avvilente sei stato tu, con i tuoi interventi». A quel punto le opposizioni sono insorte e le schermaglie tra le parti sono iniziate: nella bagarre, Famulari si è alzata, si è diretta verso l'uscita e, passando vicino a Dipiazza, lo ha accusato di qualcosa. Il sindaco le ha risposto: «Vai che sei carina, continua così e andrai benissimo». «E tu come sei andato - ha ribattuto a sua volta Famulari - offendendo un consigliere?». A quel punto Dipiazza è sbottato: «Offensivo è dire avvilente a chi ha tanto lavorato. Qua stiamo lavorando, capito?». Il presidente dell'aula Francesco Panteca ha chiuso i lavori, ricordando la storicità del momento: «Siamo passati dal Piano Semerani al Piano Polli, dopo oltre 40 anni». Ieri il centrosinistra ha convocato una conferenza stampa: nel mirino «mancanza di visione, troppa attenzione ai parcheggi, e troppo poca verso aree verdi e cambiamenti climatici». «La seduta è stata l'ennesimo esempio di dittatura di questa maggioranza», ha esordito la capogruppo Pd Fabiana Martini: «Ha i numeri e li usa per azzerare la dialettica». «Quasi tutte le osservazioni - per Maria Teresa Bassa Poropat (Cittadini) - anche da parte di realtà come Italia Nostra sono state bocciate». Barbo si considera «insultato, solo perché ho detto che il clima era avvilente e irrispettoso verso i cittadini. Una bruttissima pagina di questo mandato». Così Famulari: «Mi ha chiamata carina. Sono una donna adulta. Umiliante». Igor Svab, come vicepresidente del Consiglio, ha espresso solidarietà ai colleghi: «Certe espressioni non dovrebbero trovare posto nelle istituzioni». Sono intervenute poi Sabrina Morena di Open e Valentina Repini del Pd. A margine, ieri, l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli ha replicato: «Ho fatto miei sette emendamenti della maggioranza e due del M5s. Spiace che il centrosinistra non abbia compreso degli aspetti chiave del Piano per il centro storico: quanto alla presunta mancanza di visione, è attuativo del Piano regolatore voluto dalla giunta Cosolini. Non c'entra con Piano del traffico o Pums. Il fatto di creare parcheggi per residenti aumenta e non diminuisce le possibilità di pedonalizzazione, ciclabilità e verde pubblico. Restiamo a disposizione per approfondimenti».

Lilli Goriup

 

Prodotti a km 0 e artigianato nel futuro del Mercato coperto
Approvate dalla giunta le linee di indirizzo alle quali dovranno attenersi i progetti per il rilancio del sito. Il vicesindaco Polidori in visita alle realtà di Firenze e Bologna
È cominciata la campagna di iscrizione dell'Accademia nautica dell'Adriatico, Its di alta formazione professionale nel settore marittimo portuale, nata nel 2015 a Trieste. Ai tradizionali corsi del programma, si è associato uno specifico sulla cyber security. «L'accademia - ha spiegato il direttore dell'istituzione formativa triestina, Bruno Zvech - rappresenta certamente un tassello fondamentale nell'ambito del cluster portuale di Trieste, inserito in una regione, il Friuli Venezia Giulia, che è una piattaforma logistica formidabile. Parliamo di un cluster all'avanguardia e al passo con i tempi che segue con attenzione gli sviluppi prossimo-futuri legati all'efficientamento energetico, alla partita informatica, passando per l'automazione e la robotizzazione».Il corso per tecnici sistemisti della cyber security, coordinato da Ivano Di Santo, cyber security officer dell'Autorità portuale, sarà biennale. Per una buona metà sarà tenuto in inglese. Il prossimo anno l'Accademia nautica dell'Adriatico avrà sei corsi, dodici classi per circa 350 iscritti.

 

 

Nell'UE più fonti green che fossili

Energia, un sorpasso storico: lo certifica Eurostat per il 2020, un'altra spinta dal Pacchetto Clima

Sui giornali e in tv si regala un po' troppo facilmente l'aggettivo "storico" agli eventi della cronaca, ma stavolta l'enfasi non sembra esagerata: l'anno scorso nell'Unione europea c'è stato un sorpasso davvero storico, perché la produzione di elettricità da fonti rinnovabili ha superato per la prima volta quella delle fonti fossili (cioè il carbone e gli idrocarburi). Il sorpasso viene certificato da Eurostat, l'equivalente europeo dell'Istat italiano. Ha avuto qualche peso il fatto che il 2020 sia stato l'anno della pandemia e della crisi economica conseguente, che ha ridotto i consumi e la produzione di elettricità, ma la generazione "verde" ha sofferto meno di quella tradizionale, e questo è in linea con una tendenza che dura dagli anni '90 - e prendendo la rincorsa da più lontano fin dagli anni '60, quando per la prima volta l'ambientalismo entrò in agenda come pura utopia.In dettaglio, Eurostat rileva che lo scorso anno l'elettricità pulita generata nell'Ue ha superato la soglia di un milione di GigaWatt/ora, cioè quasi 30mila GWh più dei combustibili fossili, sceso del 9,8% fra il 2019 e il 2020 toccando in valori assoluti il livello più basso dal 1990. L'andamento è simile per il settore nucleare, con la produzione di elettricità diminuita del 6,3% rispetto al 2019 e al minimo dal 1990. Una tendenza che è destinata a rafforzarsi perché il 14 luglio la Commissione europea approverà il "Pacchetto Clima" destinato a declinare in azioni concrete gli obiettivi di riduzione delle emissioni in vista della completa decarbonizzazione: -55% entro i 2030 e emissioni zero nel 2050. Spiega la commissaria Ue all'energia Kadri Simson: «Sulla base dei Piani nazionali per l'energia e il clima, già adesso prevediamo di raggiungere in 10 anni una quota di rinnovabili del 33% dei consumi lordi finali di energia (tutta, non solo quella elettrica). Siamo già oltre l'obiettivo di almeno il 32% al 2030, fissato nella direttiva esistente, e possiamo fare ancora di più». Il nuovo e più ambizioso obiettivo potrebbe essere fissato tra il 38 e il 40%. Il Pacchetto Clima contenute misure riguardanti anche i trasporti, in particolare limiti più stringenti alle emissioni di anidride carbonica delle auto e sviluppo di infrastrutture per i carburanti alternativi. Proprio ieri l'Acea, cioè l'associazione europea dei costruttori automobilistici, è tornata a chiedere molti più punti ricarica a disposizione di chi guida auto elettriche in cambio di impegni a ridurre le emissioni nei veicoli nuovi. L'Acea ritiene necessari un milione di punti ricarica entro il 2024, da distribuire fra tutti i Paesi, mentre oggi sono 255 mila e concentrare al 70% in Germania, Francia e Olanda. Tra le novità Ue in campo ambientale c'è anche l'entrata in vigore, dal prossimo sabato, della Direttiva europea Sup sulla plastica monouso, che mette al bando gli oggetti usa-e-getta.

Luigi Grassia

 

Fabio Deotto: «A Trieste arrivano le migrazioni dovute ai disastri del clima»
Esce per Bompiani "L'altro mondo. La vita in un pianeta che cambia" un'analisi dei luoghi dove è più visibile l'impatto del surriscaldamento globale e delle sue conseguenze
Un orso bianco in equilibrio su un quadrato di ghiaccio che si sta sciogliendo, un fiume attraversato da una corrente di plastica galleggiante, un campo di zolle riarse. Sono immagini dell'emergenza climatica che abbiamo ben in mente. Sono immagini apocalittiche, immagini da cartolina. Se il cambiamento climatico, ormai ampiamente in atto, non ci allarma più di tanto non è solo a causa della nostra struttura psichica, che tende a non reagire fino a quando la minaccia non ci tocca in prima persona (com'è stato per il Covid-19). Ma è anche un certo tono moral-accusatorio dominante nelle narrazioni climatiche, che suscita in noi grande indignazione ma pochissima reazione. Fabio Deotto, romanziere che da tempo si occupa dei cambiamenti del nostro mondo, ha provato a invertire lo sguardo sulla questione nel suo libro "L'altro mondo. La vita in un pianeta che cambia" appena uscito da Bompiani (pp. 345, euro 19). Un libro che, sulla scia della migliore tradizione anglosassone, mette l'immaginazione e la narrativa al servizio della scienza, regalandoci storie e non soluzioni. Deotto non ammonisce. Va nei luoghi dove il cambiamento climatico è già in atto e ce li racconta, sradicando da noi le immagini cartolina e gli stereotipi. Così, dopo aver letto il libro, non guarderemo più il mondo con gli stessi occhi. Vediamo Maldive molto diverse da quelle dei resort, New Orleans ben più nel profondo dei suoi saloon, il Texas pazzo ma incredibilmente lungimirante, Miami Beach e la Finlandia. Fino a Trieste. Perché Trieste?«Basta andare nella piazza della stazione, molte persone che vediamo lì hanno attraversato la rotta balcanica - risponde Deotto -. La maggior parte di loro arriva dal Pakistan, la quinta nazione al mondo per catastrofi climatiche. Il riscaldamento globale incide sull'intensità dei fenomeni metereologici, certo, ma anche sulla siccità, con ricadute disastrose in paesi dove una grossa fetta della popolazione vive di agricoltura. Di qui al 2050 si prevedono almeno 200 milioni di nuovi migranti climatici. L'essere umano è una specie migratoria da sempre, e migrerà sempre di più, perciò invece di ostinarci coi respingimenti dovremmo concentrarci sul mantenere vivibili le zone più a rischio e al contempo smantellare norme e ostacoli burocratici che trasformano le migrazioni in percorsi infernali»."Il nostro mondo è già finito" dice il filosofo Timothy Morton, cosa significa? «Una certa idea di mondo, incardinata sul consumo e sulla crescita, è finita. L'invasione di orsi polari in Russia, la Louisiana che sprofonda, l'Australia assediata dagli incendi sono le crepe visibili di un'idea di mondo che ha cominciato ad andare in frantumi decenni fa, e presto dovremo raccoglierne i cocci. Se la cosa non ci spaventa come dovrebbe è perché l'essere umano si è evoluto in un mondo diverso, dove le minacce erano più inquadrabili e immediate».Venezia, la più minacciata delle nostre città, è un gioiello che sprofonda. Come possiamo tutelarla meglio? «Bandire le grandi navi e completare il Mose può essere utile, ma è tutt'altro che risolutivo. Venezia presenta molte vulnerabilità che non possono essere risolte con un unico grande progetto, ma solo predisponendo una serie di interventi paralleli, ad esempio l'innalzamento del piano di calpestio del centro storico e la ricostruzione delle spiagge del Lido e di Pellestrina, che sono le prime barriere contro l'avanzata delle acque. Ma è anche necessario ripensare la nostra idea di "tutela". Se mettiamo Venezia in una teca, rischiamo di condannarla ancora di più».Perché lo sbiancamento dei coralli alle Maldive o la gentrificazione climatica di Miami ci riguardano?«Quello che ho trovato alle Maldive e a Miami sta accadendo anche qui da noi. Pensiamo al Delta del Po, dove la tropicalizzazione del mare e la risalita di acqua salata lungo il fiume sta rendendo la vita impossibile a viticoltori e itticoltori. Presto anche da noi alcuni luoghi non saranno più adatti a ospitare attività umane, e il baricentro economico si sposterà lontano dalla costa». Cos'è la solastagia, perché la associamo all'esperienza del lockdown?«Per dirla con Glenn Albrecht è "la nostalgia di casa quando sei ancora a casa": è lo spaesamento che si prova quando un luogo, a noi familiare, non è più in grado di fornirci sicurezza e conforto. Durante il lockdown le città avevano ancora l'aspetto di prima, ma molte delle cose che ce le rendevano familiari erano vietate».Il riscaldamento globale ci invita a ripensare lo spazio urbano, in che direzione?«Verso una visione della città come un organismo, che consuma materia ed energia e produce rifiuti, e che deve essere mantenuto in salute. Per renderlo "sano" bisogna tutelarne gli abitanti più vulnerabili, ottimizzarne la ventilazione, minimizzarne le emissioni, predisporre corridoi verdi per la fauna urbana, e sì, ridurre al minimo il transito di veicoli privati».Babbo Natale è una delle imprese che stanno per essere smantellate dalla crisi climatica... «In Lapponia nevica sempre di meno. Nel Villaggio di Santa Claus, a Rovaniemi, ormai la neve resiste solo da metà novembre a fine marzo. I turisti vogliono immergersi in un posto da cartolina, un villaggio imbiancato dallo spirito del Natale. Ma quel posto è destinato a non esistere più. Per certi versi non è mai esistito».

Federica Manzon

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 giugno 2021

 

 

Voto nella notte in Consiglio sul Piano del centro storico
Lavori d'aula avanti a oltranza. Opposizioni critiche: per M5s e Pd contenuti poco approfonditi. Polli: «Aiutiamo proprietari e turismo»
Voto nella notte in Consiglio comunale sul Piano particolareggiato per il centro storico. La prima parte dei lavori ha passato in esame 50 osservazioni dei cittadini: trattasi perlopiù di richieste di modifica della classe di appartenenza di singoli palazzi, di inserimento di altane (negata), delle varie possibilità di riorganizzare spazi interni o intervenire su verniciature, abbaini e questioni affini. Dopo alcune ore le opposizioni hanno criticato le modalità di voto, che tuttavia in precedenza avevano contribuito a vidimare, perché si sono rese conto di non voler trattare integralmente tutte le osservazioni ma di preferire esprimersi di volta in volta su una parte delle centinaia di sotto-punti: il segretario generale Fabio Lorenzut ha dato parere negativo all'idea di cambiare procedura in corso d'opera. «Sarebbe servito un maggiore approfondimento su uno strumento di sviluppo importante - è il commento a margine del pentastellato Paolo Menis -. Qualcosina abbiamo ottenuto ma non abbastanza. La discussione è stata troppo veloce». Così Laura Famulari del Pd: «Non capiamo nel dettaglio in che modo il documento, che è anche politico, inciderà su mobilità sostenibile o verde: ci è stata fornita solo una versione sintetica di osservazioni e controdeduzioni». Il dem Giovanni Barbo attacca inoltre il centrodestra per «aver respinto la controdeduzione, proposta dalla stessa giunta, per mantenere non edificabile l'area verde fra via delle Mura e Pozzo di Crosada». Difende il testo Salvatore Porro di Fdi, invitando inoltre la giunta a «ripristinare gli originali selciati in pietra al posto dell'asfalto in tutta l'area». Per l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli il Piano è «una risposta alle esigenze di recupero del centro storico, utile sia ai proprietari che al turismo». In serata il dibattito era ancora in corso.

Lilli Goriup

 

 

Tpl, 15 milioni investiti per bus "puliti" e hi-tech
Dal metano all'idrogeno, il Consorzio punta su motori a basse emissioni e sistemi tecnologici alle fermate e a bordo. Spazio anche all'intermodalità
TRIESTE. Sette milioni di euro per rinnovare la flotta dei bus già molto giovane (l'età media è di 7 anni in Friuli Venezia Giulia e 4 a Trieste, contro i 12 in Italia), soprattutto mezzi a metano, una trentina, nei servizi urbano ed extraurbano in particolare a Udine (sono oltre 60). In programma poi il corridoio alta mobilità a Trieste con i bus elettrici, e a breve pure quelli ad idrogeno. E ci sono altri 8 milioni di euro investiti in tecnologie. Il Consorzio Tpl Fvg - che chiama a raccolta le realtà del trasporto locale di Trieste, Udine, Pordenone e Gorizia - traccia i primi bilanci a un anno dalla nascita, e le linee delle strategie e degli investimenti per il futuro. Sia ben chiaro, si parla di un Consorzio tra le aziende trasportistiche, ognuna a casa sua prende decisioni in totale autonomia. Per parlare alla Regione ora c'è però, lo ribadiscono sia il presidente Piergiorgio Luccarini e l'amministratore delegato, Aniello Semplice (l'uomo di Arriva e Deutsche Bahn), un unico soggetto. Ma devono finire «divergenze e bisticci che non fanno bene a nessuno», ribadisce Luccarini che proprio come primo punto delle linee di indirizzo mette il «rapporto tra consorziati» con l'obiettivo di fare sempre più sistema e mettere lo sviluppo a fattor comune. E che ci siano ancora troppi bisticci e divergenze lo conferma pure Semplice, che auspica «sempre maggiore integrazione. Non è possibile ogni volta perdere il doppio del tempo per mettere tutti d'accordo su una decisione». Solo due delle tre realtà trasportistiche regionali, Trieste Trasporti e Saf Udine, hanno fatto una scelta industriale forte con l'ingresso di un socio privato come Arriva (Deutsche Bahn) che a Udine detiene il 60% delle quote con un 40% pubblico, mentre a Trieste il rapporto si inverte. «Una situazione ideale? Mantenere il 60 o poco meno in mano pubblica, il resto a un socio privato per crescere e fare investimenti rispettando il mandato sociale», ragionano Luccarini e Semplice. Pordenone e Gorizia sono lontani da questo obiettivo (entrambe in mani totalmente pubbliche). Intanto il Consorzio pensa al domani. «Con una produzione chilometrica superiore ai 43 milioni l'anno siamo un'esperienza pilota in Italia», spiega il presidente di quello che è il quinto operatore in Italia, una delle 20-25 maggiori realtà industriali del Fvg con oltre 1800 addetti, un indotto di 300 persone e una "restituzione" al territorio di oltre 120 milioni fra acquisti di beni, servizi, retribuzioni. Sono 966 gli autobus, 8mila le fermate, 275mila i passeggeri al giorno. E anche il Tpl Fvg approfitta del Pnrr del governo e punta agli investimenti tecnologici presentati ieri. Dall'hot spot wi-fi per l'intera flotta ai totem infodinamici, dai monitor di bordo (oltre 1,6 milioni di euro) ai display di "prossima fermata". Ma a fare la parte del leone sono le paline a inchiostro elettronico nelle varie fermate (oltre 2 milioni di investimento), il conta passeggeri (1,2 milioni), le emettitrici automatiche dei biglietti touch screen e il nuovo sistema di videosorveglianza. «Le telecamere a bordo dei bus servono per garantire la sicurezza, contrastare i vandalismi e le evasioni dei biglietti - spiega Semplice - senza contare che proprio a Trieste grazie alle telecamere sono stati risolti molti casi di rilevanza penale». Tra i servizi di nuova concezione da segnalare quelli "a chiamata" per le aree a domanda debole (montagna soprattutto) e l'intermodalità come il Lignano Link che tramite l'adeguamento degli orari permette l'integrazione (anche tariffaria) tra treno e bus con interscambio a Latisana.

Giulio Garau

 

Sbarca a Basovizza la prima stazione per ricaricare le e-bike - l'inaugurazione è prevista sabato
Trieste. Sarà inaugurata sabato mattina a Basovizza, e subito festeggiata con una prima pedalata di gruppo non competitiva, la prima colonnina per la ricarica delle batterie delle e-bike messa gratuitamente a disposizione dei cicloturisti che frequentano il Carso triestino. La colonnina potrà essere anche utilizzata come "Sos" sempre da parte dei ciclisti che percorrono le strade e i sentieri dell'altipiano. L'iniziativa è del Gal Carso, l'agenzia di sviluppo economico e sociale che opera da tempo a cavallo del confine fra Italia e Slovenia, che l'ha allestita in collaborazione con la società Trieste Green tour srl, utilizzando il bando Ts4 "Rete di e-bike di Carso e Istria". Il Punto Bike, questa la denominazione dell'area di assistenza, è dotata di una decina di prese per la ricarica delle batterie. La presentazione alle autorità è prevista per le 11.30 davanti al ristorante "Al Tiglio" di Basovizza. Accanto alla colonnina sarà allestito anche un servizio di noleggio di biciclette sia tradizionali sia a pedalata assistita. Uno degli obiettivi dell'attività del Gal Carso è infatti anche quella di promuovere il turismo sostenibile. Il Punto Bike sarà il primo e, per ora, l'unico del genere sul Carso, ma il progetto prevede il posizionamento di altre postazioni simili finalizzate al primo intervento in caso di necessità su tutto il territorio dell'ex provincia di Trieste. Al rientro dalla pedalata inaugurale, alla quale parteciperanno anche le autorità, sarà offerto un brindisi.

u.sa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 giugno 2021

 

 

Sinistra, Verdi e 5s: «Su Porto vecchio solo chiacchiere»
I movimenti di opposizione criticano l'amministrazione: «Per Dipiazza è solo un grande "promettificio", ma manca un progetto serio e credibile»
Si è parlato del peso del sindaco Roberto Dipiazza nelle prossime amministrative, delle distanze tra Verdi e Movimento 5 Stelle con il Pd, della frammentazione delle liste e di Porto vecchio, all'incontro organizzato nei giorni scorsi al giardino di piazza Hortis dal Comitato per la pace "Danilo Dolci" sulle potenzialità di Trieste, raccontate dai candidati alle prossime amministrative. L'incontro, moderato dal presidente del comitato, Luciano Ferluga, ha visto la partecipazione di Fabio Ferro, di Sinistra in Comune, Tiziana Cimolino, dei Verdi, e Alessandra Richetti, del M5S. Oltre alle questioni più squisitamente politiche l'incontro si è trasferito su tematiche afferenti lo sviluppo della città e uno dei suoi fulcri principali, ossia il Porto vecchio. Cimolino, sulla sua visione di gestione dell'enorme ex area portuale, ha tirato in ballo i contatti avviati a livello internazionale con i Verdi di una delle città portuali più importanti del continente, quell'Amburgo oggi presente anche nel nuovo scalo con la piattaforma logistica: «I Verdi sono una parte importante ad Amburgo, dove sono stati tra i protagonisti della rivitalizzazione del vecchio e del nuovo porto. Oggi quello che appare agli occhi dei più quando si parla dell'antico scalo è quello di un enorme "promettificio". Tutto sembra finire lì, dalla piscina terapeutica alla nuova sede della Regione. Intanto noi siamo una forza europea e colloquiamo con le altre forze verdi di tutta Europa da cui potremmo avere supporto anche nella progettazione, compresa quella relativa alla mobilità, che per Dipiazza significa realizzare stradoni anche lì». Un'area che, ha incalzato Richetti, «manca delle più elementari infrastrutture e invece pare vogliano metterci tutto alla rinfusa». Infine, la proposta di Fabio Ferro: «Perché non ci mettiamo delle scuole?».

Lu. Pu.

 

 

Piano del centro storico: il giorno del voto in aula - LA SEDUTA DEL CONSIGLIO COMUNALE
Oggi pomeriggio il Consiglio comunale si riunirà in presenza, per trattare la delibera sul Piano particolareggiato per il centro storico, e si concluderà dopo la votazione della stessa. Per domani inoltre è stata convocata un'ulteriore seduta, stavolta in videoconferenza, che avrà al centro il regolamento e le tariffe della Tari.Lo rende noto il presidente dell'aula Francesco Panteca. I lavori di oggi fanno seguito al Consiglio comunale "flop" della scorsa settimana, che aveva visto soltanto l'illustrazione del Piano da parte dell'assessore all'Urbanistica Luisa Polli e la discussione generale, per poi concludersi in anticipo, ufficialmente per problemi tecnici legati al sistema di voto: le opposizioni erano andate su tutte le furie, a causa dell'assenza di diversi consiglieri di maggioranza. Tra i punti salienti del Piano, l'individuazione di 4 classi di intervento, in base a un'analisi eseguita su 1.621 edifici del centro storico. La massima tutela riguarda il 5% dei palazzi e consente solo interventi di restauro o inserimento di ascensori. Il secondo grado (47% degli edifici) permette interventi di risanamento, conservazione e integrazione del sistema di collegamento orizzontale e verticale. Il terzo (31%) coinvolge palazzi il cui valore sta unicamente nella facciata: all'interno si potranno rivedere distribuzioni e strutture. Il quarto (17%) autorizza ristrutturazioni integrali, anche con demolizioni e ricostruzioni. L'aula dovrà esprimersi su 33 emendamenti e 50 osservazioni.

L.G.

 

 

Otto quintali di rifiuti recuperati in 5 ore dai fondali di Barcola - L'INIZIATIVA DEGLI AMICI DEL BUNKER
Circa otto quintali di materiale: gomme, batterie per i motori dei fuoribordo e tanta plastica. Hanno raccolto questo e altro ancora, in appena cinque ore, i soci volontari della storica associazione sportiva dilettantistica di pesca sportiva "Amici del Bunker", che sabato e ieri si sono ritrovati nel porticciolo di Barcola per la pulizia dei fondali. È il terzo anno che viene portata avanti questa iniziativa, grazie anche al supporto di AcegasApsAmga, che mette a disposizione un container e quattro contenitori in cui gettare i rifiuti, e del Comune, che fornisce i sacchi adeguati per chiudere determinati scarti. «Ci siamo organizzati con cinque subacquei in acqua - spiega il presidente Alfonso Lattanzio - che raccoglievano il materiale, concentrandolo poi a terra in alcuni punti, dove una cinquantina di soci e volontari, con la maglietta blu e la scritta "Puliamo il nostro mare", li smistava e trasportava verso i contenitori adeguati». L'attrezzatura per riuscire a portare a termine questa operazione è già in dotazione all'associazione. «Usiamo palloni subacquei per recuperare il materiale grazie alla squadra di sub che viene apposta da Milano, una volta all'anno, per questa pulizia - continua Lattanzio -. E che ringraziamo, anche perché ci raggiungono a spese loro. Il gruppo è in contatto con noi grazie al nostro vicepresidente Franco Mancinelli». Quest'anno è stato raccolto meno materiale, per un'adesione minore causata dal Covid: era difficile organizzare l'appuntamento. «Solitamente avevamo 15 subacquei - aggiunge Lattanzio -. Tuttavia la raccolta è stata comunque notevole». Ieri doveva andare in scena anche un'altra pulizia, questa volta dei mozziconi sul lungomare Benedetto Croce e poi nella Pineta. Ma l'adesione è stata troppo bassa. L'appuntamento, organizzato da "All Sail", è quindi stato rinviato a luglio e si ripeterà ad agosto e settembre. Spiega Diego Errico, dirigente dell'associazione sportiva dilettantistica: «L'anno scorso in un'ora abbiamo riempito 30 bottiglie di plastica con tanti mozziconi ». Per info: 3207254978.

B.M.

 

 

Sì a una lista civica col Circolo Miani e il comitato Noghere
Decine di persone all'assemblea organizzata da Fogar - Già convocata la prossima riunione per il programma
Muggia. Da comitato a nuovo movimento civico e politico. È la trasformazione che è andata in scena nella tarda mattinata di ieri alla fine della manifestazione organizzata a Muggia, negli spazi dei Giardini Europa, dal Circolo Miani, Trieste Verde e, appunto, dal Comitato Noghere sulla questione relativa al possibile arrivo del laminatoio di Metinvest alle Noghere. È stato Maurizio Fogar, del circolo Miani e Trieste Verde, a presentare, tra le varie opzioni-soluzioni, quella della costituzione di una lista civica. Su cui, ieri mattina, sono andate le preferenze, per alzata di mano, dei partecipanti. Su programmi, tempi e modi di realizzo, rosa di nomi dei candidati, scelta del logo, se ne discuterà nel corso dell'incontro calendarizzato per venerdì 2 luglio sempre ai Giardini Europa.Dicevamo della manifestazione: l'assemblea ha potuto contare su un buon numero di partecipanti, anche tenuto conto del gran caldo, si è tenuta in maniera composta e pacata, i cittadini di Muggia intervenuti hanno voluto far sentire la loro presenza e manifestare la loro contrarietà. «Vogliamo farci sentire, ma pacificamente», «non si può barattare il lavoro con la salute», «pago il mutuo di una casa comprata con tanti sacrifici e che ora vedrà crollare il suo prezzo»: questi sono solo alcuni degli umori captati andando in giro ieri mattina tra la gente assiepata ad ascoltare il discorso-fiume di Fogar, sull'arrivo degli ucraini, sull'uso del gas metano per alimentare i forni per il laminatoio e sui dragaggi nel vallone di Muggia, che per Fogar andranno a smuovere tonnellate di materiale altamente inquinato e inquinante sedimentato sui fondali. Durante l'incontro di ieri Maurizio Fogar, nel solco degli ultimi comunicati pubblicati sulle pagine ufficiali dei sodalizi a cui appartiene, anche ieri ha pesantemente insultato i media regionali e locali, tra cui il Piccolo accusato di non pubblicare le comunicazioni da lui inviate.

Luigi Putignano

 

 

Nella guerra dell'Ue alle plastiche ostacolato il riciclo per ottenere biogas
La docente di chimica dell'ateneo di Trieste Lucia Gardossi contesta le direttive europee: «Non si tiene conto dei polimeri»
«In questi anni l'Unione europea ha finanziato generosamente le ricerche sulla plastica biodegradabile e biocompostabile e il settore ha prodotto tanta innovazione. Innovazione che va sfruttata, non rinchiusa in un cassetto. Il monouso va ridotto, ma la dispersione della plastica nell'ambiente è un problema di educazione». A parlare è Lucia Gardossi, professoressa associata di Chimica organica all'Università di Trieste che ha costruito tutta la sua carriera sulla chimica green. Parte fino al 2019 dell'Advisory group del direttorato Ricerca e innovazione della Commissione europea e dal 2019 membro del Gruppo di coordinamento nazionale italiano per la bioeconomia, Gardossi ha seguito tutto il percorso che ha portato l'Ue a dichiarare guerra alle plastiche e all'inquinamento dovuto alla loro dispersione nei mari, fino all'emanazione della direttiva Sup del 2019. Dal prossimo 3 luglio gli Stati membri dovranno recepirla nei propri ordinamenti nazionali, garantendo che certi prodotti in plastica monouso - cotton-fioc, posate, piatti, cannucce, contenitori alimentari in polietilene - non vengano più immessi nel mercato comunitario. Ma la definizione di plastica della direttiva è, per Gardossi, scientificamente discutibile, perché non fa distinzione tra plastiche classiche e nuovi polimeri sostenibili compostabili, che possono cioè essere trasformati in biomassa e anidride carbonica in impianti di compostaggio industriali. Si tratta di una produzione su cui l'Italia, anche grazie a fondi Ue e investimenti privati, è leader a livello europeo. «Così com'è la direttiva fa un grosso danno all'economia circolare, perché non viene colto il potenziale dell'inserimento delle plastiche compostabili all'interno del ciclo dei rifiuti organici - commenta la scienziata -. Da questi polimeri otteniamo biogas, da cui recuperare energia, e compost, con cui arricchire i suoli: è un ciclo virtuoso che trasforma un problema in una risorsa». Lo scorso aprile l'Italia ha definito la sua risposta alla direttiva della Commissione, indicando la propria via per rispondere all'emergenza inquinamento: cercare di ridurre al massimo l'uso di plastiche che non possono essere né riciclate né riutilizzate, aprendo però ai monouso in plastica compostabile certificata e prodotta con percentuali crescenti di materia prima rinnovabile. «Nelle politiche green in Italia siamo all'avanguardia e anche nel Pnrr c'è grande attenzione alla valorizzazione del rifiuto organico, sostiene Gardossi. Nel 2020 abbiamo raccolto 117 kg pro capite di rifiuti organici e dal loro trattamento abbiamo ricavato più di 2 milioni di kg di compost e 300 milioni di metri cubi di biogas. Nel riciclo dei rifiuti urbani siamo al 50% contro una media europea al 47%, nella circolarità, che misura i tassi di riutilizzo dei prodotti, siamo al 17,7%, la media europea dell'11,2%. Questi risultati li abbiamo ottenuti anche grazie all'innovazione nel campo delle plastiche sostenibili, quella che ora questa direttiva va a svalutare. «Eppure basterebbe basarsi in modo stringente sulle etichettature, perché a livello Ue abbiamo una serie di standard che definiscono i diversi tipi di plastica e le procedure corrette per il loro smaltimento, educare i consumatori a un corretto riciclo e accompagnare le aziende nella transizione verso nuovi polimeri, perché esistono anche plastiche biodegradabili in ambiente marino», dice Gardossi. Nella programmazione della ricerca italiana 2021-2027 uno dei temi forti è l'ecodesign dei prodotti plastici, la definizione in partenza dell'intero ciclo di vita di un prodotto, dalla realizzazione allo smaltimento. «Ora dobbiamo rendere economicamente competitive le plastiche sostenibili: ancora oggi globalmente l'industria del petrolio, oltre al vantaggio dato da un secolo di ottimizzazione dei processi e degli impianti, gode di sussidi pubblici».

Giulia Basso

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 giugno 2021

 

 

Rifiuti sulle spiagge - M5S all'attacco - Sergo e Dal Zovo
«I controlli fatti da Arpa Fvg dicono che le nostre spiagge presentano 801 rifiuti ogni 100 metri di litorale, mentre l'Ue fissa a 20 oggetti ogni 100 metri una qualità "buona" della pulizia delle spiagge. Sarebbe il caso che venissero spiegati i motivi di questo dato così allarmante». Così in una nota i consiglieri regionali del M5S, Cristian Sergo e Ilaria Dal Zovo. «Il dato del Fvg - dicono i due pentastellati - è 40 volte superiore a quello ritenuto "buono". Ma Arpa e l'assessore Scoccimarro, pur affermando che il dato è da considerarsi sottostimato preferiscono dirci che le acque nei siti di balneazione non sono inquinate. A cosa servono le 170 campagne di monitoraggio se poi il numero di rifiuti sul litorale è così alto e non si cercano le cause dei ritrovamenti?», si chiedono i due M5S: «Sarebbe il caso di analizzare cosa porta a questa situazione».

 

 

IL PROGETTO NOGHERE - Podemo: «Il laminatoio non è affatto strategico»
Muggia. «La proposta di laminatoio alle Noghere non rappresenta solamente una svalutazione di oltre 48 ettari di terreno di fronte a pochissimi posti di lavoro, ma è posta in un'area geografica in cui vi sono già tre impianti simili in funzione. Questo esclude quindi una valenza strategica per il progetto e lo pone in un'ottica strettamente politica». Questo l'incipit di una nota di Podemo, movimento parte del costituendo terzo polo tra le civiche che si presenterà alla prossime amministrative. «Di fronte - prosegue la nota - all'inflazione di laminatoi presenti in zona (ex Ferriera e Cargnacco, Udine) non sarà possibile quindi in alcun modo sostenere la "strategicità" del proposto impianto muggesano, che pare invece basarsi esclusivamente su scelte politiche». La soluzione di Podemo è «l'allargamento con parcellizzazione della free zone triestina». Intanto il Circolo Miani e Trieste Verde, insieme al Comitato Noghere, oggi alle 11, nei giardini Europa a Muggia, organizzano una terza assemblea pubblica per manifestare il loro "no" al laminatoio».

Lu. Pu.

 

 

Bussani: «Si ripristini tutta la recinzione nel parco del rio Ospo» - da Muggia lettera a Regione e Soprintendenza
Muggia. «Continuiamo a credere che una recinzione della zona non sia solo utile ma necessaria in termini di sicurezza sia del tratto di strada sia del parco stesso. Ma null'altro possiamo fare se non impegnarci per far comprendere la sua valenza e di valutare, quindi, la possibilità di una deroga al Piano paesaggistico regionale». Così l'assessore Francesco Bussani, rispetto all'invio di una missiva da parte del Comune alla Regione e alla Soprintendenza, in merito alla recinzione del Parco Rio Ospo che, durante l'intervento di realizzazione della rotonda omonima, era stata rimossa nel tratto interessato dal cantiere e che, purtroppo, non è stata mai più ripristinata. Anche perché, nel frattempo, era stato approvato il Piano paesaggistico regionale, che non prevede che l'area sia recintata, classificandola come zona 6 "Lungomare d'ingresso a Muggia". «Il parco - rimarca Bussani - è frequentato da famiglie, da persone che portano a passeggio i cani e la mancanza di recinzione è fonte di pericolo. Il tutto potrebbe essere facilmente risolto ripristinando una recinzione che sia la sintesi tra la permeabilità visiva e percettiva e gli aspetti legati alla sicurezza».

lu.pu.

 

 

La nuova centrale non è più solo una questione di Monfalcone
Il Piccolo ha chiesto a 10 sindaci di comuni di tre province di esprimersi sul progetto presentato dalla società A2A
Lontano dagli occhi lontano dai polmoni fino a un certo punto. Perché dopo 56 anni di scomoda presenza un concetto è chiaro: la centrale non è affare solo di Monfalcone. E ora che A2A ha messo a punto il progetto di riconversione con gruppi alimentati a metano e non più a carbone, la questione si estende a un territorio che va, come minino, da Duino Aurisina ad Aquileia, abbracciando tre provincie: Trieste, Gorizia e Udine. Al territorio si è rivolto Il Piccolo interpellando i sindaci di dieci comuni. Emergono posizioni contrastanti. Contrari alla centrale i sindaci le cui giunte sono sovrapponibili al perimetro politico dell'esecutivo monfalconese. Dal centrosinistra, invece, un sì condizionato in alcuni, totale in altri. Entrambi gli schieramenti hanno però un problema da risolvere, perché a livello locale c'è una sostanziale convergenza di posizioni contrarie alla futura centrale; i pareri cambiano nettamente a livello regionale soprattutto in casa del Pd. Entro l'anno ne sapremo di più. Il viaggio del progetto A2A sta approdando ai vari organismi deputati a rilasciare le opportune valutazioni. A2A intanto si è affrettata a far sapere di essere pronta a investire a Monfalcone 400 mila euro, a ridurre le dimensioni della centrale rispetto all'attuale, assicura inoltre un sostanziale abbattimento delle emissioni e, infine, la messa a disposizione della parte del sito non utilizzato per altri scopi. Non serve disporre di una lente particolare per leggere tra le righe le coordinate della probabile soluzione del contendere: sì alla nuova centrale, sì all'aumento di disponibilità di aree portuali. E qualche buona compensazione extra che ricorda, ai meno giovani, la bislacca partita del rigassificatore Snam.

Roberto Covaz

 

Pallotta: ci vuole prudenza la salute prima di tutto

Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina.1 Non ho visto bene il progetto del nuovo impianto. La riconversione della centrale termoelettrica da carbone a gas va fatta, in quanto i nostri cittadini, come quelli monfalconesi, hanno già pagato un prezzo alto in termini di salute. Il 74% della popolazione del nostro comune risiede a 10 km da Monfalcone.2 Il nostro Comune, come la Regione, chiede ad A2A prudenza. Siamo consapevoli della necessità di una produzione energetica anche per il porto e le ferrovie, ma secondo noi va tenuta alta l'attenzione su due punti: la tutela del territorio e la salute dei cittadini. Noi, come comune limitrofo, eravamo stati convocati in una riunione della Regione e avevamo presentato delle osservazioni in linea col Green Deal. È necessario quindi uno studio più approfondito sulla salubrità dell'aria e sulle zone geologiche. Sostenibilità e attenzione all'ambiente sono imprescindibili. A2A deve trovare un equilibrio per garantire in primis salute dei cittadini e tutela ambientale e poi anche l'occupazione e lo sviluppo dell'economia del territorio

b.b.

 

Vecchiet: primo obiettivo abbattere l'inquinamento
Livio Vecchiet, sindaco di Ronchi.1 Sono assolutamente favorevole se penso all'impatto che l'attuale centrale produce su tutto il territorio sotto il profilo dell'inquinamento. Ho qualche dubbio sull'investimento che verrà messo in atto proprio per riconvertire una struttura che viene classificata come di riserva e che, quindi, rischia di apparire come sovradimensionato rispetto alla funzionalità della centrale stessa. Che, però, voglio sottolinearlo ancora, ha sempre creato grande preoccupazione tra la gente per i livelli di inquinamento prodotti e che non possono più essere digeriti dalla gente, specie di quelle che famiglie che abitano nelle vicinanze.2 La prima, importante garanzia che viene richiesta è quella che siano rispettate norme e legislazioni vigenti in materia, anche a livello europeo. Sono convinto che A2A debba mettere sul campo strategie anche per intervenire sul territorio con opere che possano andare nella direzione della bonifica di tutta l'area, anche dallo stoccaggio del combustibile fossile utilizzato. E, poi, informazioni chiare e precise sulla natura del progetto che verrà realizzato nel futuro.

Luca Perrino

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 giugno 2021

 

 

Compravendite di case su del 20% nel primo semestre dell'anno
Il mercato immobiliare mostra dati positivi sul territorio triestino. A Opicina più affari anche nel 2020
Crescono i valori di mercato e il numero delle compravendite in questo primo semestre del 2021 registra un aumento del 20% rispetto al 2020. La zona che lo scorso anno, malgrado i mesi di chiusura delle agenzie immobiliari e le tante restrizioni, ha visto comunque crescere il numero degli immobili venduti, addirittura con un 25% in più rispetto al 2019, è stata Opicina. Il mattone a Trieste, dunque, ha retto bene la pandemia. La fotografia scattata dal Borsino immobiliare della Fiaip racconta di un comparto in piena salute. Nello specifico, nella provincia di Trieste, lo scorso anno ci sono state 3.126 compravendite immobiliari, per un valore medio al metro quadrato di 1.761 euro, e un'ampiezza media degli immobili di 102 mq. Una curiosità: un terzo delle unità immobiliari vendute conta tra i 50 e gli 85 mq. «Registriamo numeri che non vedevamo dal 2008 - osserva il presidente di Fiaip Trieste Stefano Nursi - con una forte richiesta sì per il centro, ma pure con la riscoperta di zone meno centrali e immerse nella natura. Da qui il successo di Opicina, che durante il 2020 ha raccolto un grande riscontro, perché la pandemia, il lockdown nello specifico, ha ridato una spinta alle case con giardino, con ampi terrazzi o con dimensioni che consentono comunque una maggior vivibilità». Trieste vanta numeri importanti, ma sul comparto soffia buon vento in tutta la regione. «L'andamento del mercato immobiliare è un termometro della situazione economica dell'intero territorio», ha sottolineato ieri mattina nel corso della presentazione dei dati il presidente della Regione Massimiliano Fedriga che, tenendo in considerazione il fatto che il Friuli Venezia Giulia si pone al primo posto in Italia per atti stipulati ogni 100 mila abitanti, ha evidenziato come «i dati confermino che abbiamo avuto una tenuta, anche da questo punto di vista, migliore rispetto al resto del Paese. Di questo devo ringraziare le categorie che, anche durante i mesi più difficili della pandemia, hanno creduto alla possibilità di una ripartenza, e in tanti invece di ritirarsi hanno investito». C'è poi una spinta all'acquisito di seconde case: «Nel 2020 - ha rivelato il presidente regionale Fiaip, Leonardo Piccoli - il 27% delle compravendite ha riguardato seconde case, con una riscoperta da parte di chi vive questa regione di seconde abitazioni a 100 chilometri dalla propria di residenza». Con i triestini che investono su Grado, Lignano, Tarvisio e Sappada. Restando su Trieste e scendendo nei dettagli, per acquistare una casa nuova o ristrutturata nel centro storico si spendono dai 2.150 ai 2.900 euro, dai 1.700 ai 1.900 in semicentro e tra i 1.400 e i 1.600 in periferia, dai 2.200 ai 2.700 a Opicina. Si raggiungono i 3.300 per le zone di pregio, con punte di oltre 4 mila euro per i pezzi esclusivi. «A livello immobiliare - ha testimoniato il sindaco Roberto Dipiazza - non ricordo un momento di tanto fermento come questo: in molti bussano alla mia porta per avere informazioni, e quando mi capita di accompagnare investitori stranieri per città, restano ammaliati da tanta bellezza». Una spinta al comparto deriva anche dall'edilizia agevolata: «Una misura indirizzata non più all'edilizia pura, a sostegno del comparto, ma alla costruzione e al sostegno di nuclei familiari, e con l'assestamento di bilancio di luglio - ha evidenziato l'assessore regionale alle Infrastrutture e Territorio Graziano Pizzimenti - stanzieremo ben 40 milioni di euro a sostegno di questa misura per l'acquisto della prima casa». Ad aggiornare i soci Fiaip sull'andamento della pandemia è intervenuto il vicepresidente della Regione, Riccardo Riccardi, che ha ricordato come oggi, 26 giugno, «sono sei mesi dall'inizio della campagna vaccinale, abbiamo somministrato oltre 1 milione di dosi con circa 700 mila adesioni».

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 giugno 2021

 

 

Acqua pulita e sicura con meno rifiuti - Lo certifica l'Arpa - l'ultimo monitoraggio
I 66 punti balneabili del Fvg non presentano concentrazioni di escherichia coli e le loro acque sono sicure. È questo il dato che emerge dalle ultime analisi compiute dall'Arpa e presentate nel corso del secondo appuntamento "A misura di mare: in viaggio per la sostenibilità", organizzato in collaborazione con Regione, Autorità portuale e Capitaneria e andato in scena ieri sulle Rive cittadine. Migliora anche la situazione dei rifiuti in mare: attualmente sono 801 gli oggetti recuperati ogni 100 metri di costa, un dato in calo rispetto al passato, anche se l'obiettivo fissato dall'Ue è di 20 ogni 100 metri. L'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro ha sottolineato che il prossimo anno, dopo l'evento tematico che si svolgerà in occasione della Barcolana, «tutti i paesi dell'Iniziativa centro-europea si ritroveranno a Trieste per discutere di politiche ambientali per i prossimi decenni e per redigere la Carta di Trieste che ogni anno potrà essere migliorata». In questo senso l'Arpa ha promosso una lunga serie di incontri con i ragazzi per promuovere la cultura della sostenibilità e, come ha ricordato il direttore Stellio Vatta, ha effettuato oltre 170 campagne di monitoraggio dal 2015.

(an.pi.)

 

 

Falsa partenza per il Consiglio sul Piano per il Centro storico
Troppi assenti e niente voti per ragioni tecniche e mancanza degli appositi tablet: il ritorno in presenza segnato da contrattempi e polemiche. Se ne riparla lunedì
L'approvazione in Consiglio comunale del Piano particolareggiato per il centro storico è rimandata a lunedì, ufficialmente per problemi tecnici legati al sistema di votazione. Ma le opposizioni vanno subito all'attacco: «La maggioranza non aveva comunque i voti. I consiglieri del centrodestra presenti, alla fine, erano 17 su 24». È quanto emerso ieri dal Consiglio comunale, il primo svoltosi fisicamente in aula dopo mesi di videoconferenze dovute a pandemia e lavori di messa in sicurezza del soffitto. La seduta è iniziata alle 9 del mattino, con 29 consiglieri presenti tra maggioranza e opposizione, su un totale di 40. Il presidente dell'aula Francesco Panteca ha dichiarato aperti i lavori, che però subito dopo sono stati sospesi per 45 minuti, su proposta di Paolo Menis: il pentastellato ha così voluto «consentire ai consiglieri di maggioranza di raggiungerci, in tempo per garantire appunto la maggioranza». Nessuno ha parlato contro. «Vergognoso», il commento a margine di Giovanni Barbo del Pd: «Su una delibera così importante manca un terzo della maggioranza». Finita la pausa e arrivati ulteriori consiglieri, nuovo colpo di scena. Panteca ha infatti annunciato: «Ci sono problemi tecnici, ahimè, e non riusciremo a concludere in giornata. Propongo di procedere, per il momento, con l'illustrazione e la discussione generale». Il capogruppo di Forza Italia, Alberto Polacco, ha aggiunto: «La delibera è articolata nel sistema di voto e alcuni consiglieri hanno problemi con i loro dispositivi. Per rispetto dell'aula, chiedo di rinviare le votazioni a lunedì». Stando a quanto trapelato a margine, il problema era che una parte degli eletti aveva lasciato a casa il tablet, pensando di poter esprimere le preferenze con il vecchio sistema a pulsanti. Si sono inoltre registrati malumori per la scelta di convocare il Consiglio di mattina, quando molte persone lavorano, invece che nel consueto orario pomeridiano-serale. La richiesta di Polacco è stata in ogni caso accolta. L'assessore all'Urbanistica, Luisa Polli, ha quindi esordito illustrando i punti salienti del Piano: «L'obiettivo è valorizzare il patrimonio edilizio del centro storico, innalzando il valore degli immobili e salvaguardando l'immagine della città. Dalle analisi svolte su 1.621 edifici, abbiamo stabilito quattro gradi di trasformabilità». Dopo un'articolata esposizione, è seguita una pioggia critiche delle opposizioni. «La discussione è iniziata solo perché noi abbiamo retto il palco alla maggioranza», così ad esempio la capogruppo del M5s Elena Danielis: «I consiglieri di centrodestra sono ancora troppo pochi, anche dopo la pausa. Critichiamo poi il messaggio politico del Piano. Punta sui parcheggi, è un mero regolamento edilizio». Per Sabrina Morena di Open «sono previste poche alberature, c'è scarsa attenzione al verde». Questa la replica di Polacco: «Ci attaccano su perimetrazione e necessità di maggior verde, ma la delibera deve restare conforme al Piano regolatore vigente, voluto dal sindaco Cosolini: prevede zone di espansione in aree verdi, come il bivio di Miramare». Anche il capogruppo di Fdi Salvatore Porro difende il Piano: «Sul tema della disabilità, apprezzo l'eliminazione delle barriere architettoniche». I lavori riprenderanno alle 16 di lunedì. L'aula dovrà esprimersi su 33 emendamenti e 50 osservazioni, che saranno votate integralmente, accorpando dunque di volta in volta un totale di 570 sotto-quesiti e affini.

Lilli Goriup

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 giugno 2021

 

 

I cancelli ex Italcementi aperti per la prima volta - Come cambierà l'area

Il proprietario Rocelli intende salvare la palazzina uffici, i magazzini e i laboratori - Museo nell'officina. Cisterne e struttura produttiva da demolire. I binari restano.

La vera svolta del grande spazio ex Italcementi avverrà nell'aprile 2022, quando scadrà il contratto d'affitto al cementificio sloveno Anhovo, controllato dal gruppo austriaco Wietersdorfer. Perché allora la società Revivo, controllata paritariamente dalla Reoil di Giovanni Rocelli e dalla Logica di Roberto Tassi, avrà a totale disposizione i 104.000 metri quadrati dell'enorme area tra via Caboto, via Errera, la Grande Viabilità. Operazione da 10 milioni di euro. Lo stesso Rocelli apre il cancello dell'ex cementificio della famiglia Pesenti, costruito a cominciare dagli anni Cinquanta, quando ancora Trieste era soggetta al Gma. «Molto di quello che oggi è ancora in piedi - premette l'imprenditore veneziano - ha ottime possibilità di essere demolito. Dalle cisterne al grande edificio che ospitava la centrale e i forni». Obiettivo: ottenere una grande spianata dove inserire i tasselli della riqualificazione economica. In primo luogo un'area logistica di immediato retroporto, dove parcheggiare camion e container; poi spazi per le attività commerciali e per le iniziative industriali classificabili "green", dove il trattamento dei rifiuti a fine ciclo è uno degli argomenti trainanti. Molte le interlocuzioni aperte, a cominciare dal conterraneo Francesco Fracasso, impegnato a Trieste su più fronti. Qui non si tratta di demolire una villetta a schiera, Rocelli calcola circa 500.000 metri cubi di inerte in parte da recuperare e in parte da smaltire. Durante il caldo meriggiare di ieri non c'era anima viva nel paesaggio semi-sironiano di questa porzione di periferia ex industriale. Impressiona e immalinconisce pensare che ancora nel primo decennio Duemila vi lavorasse un centinaio di dipendenti. Adesso sono rimasti 5 addetti, che saranno presi in carico dalla nuova proprietà: «Abbiamo curato anche l'aspetto sociale», dice Rocelli. Sopra di noi gli avanzi della teleferica, che una volta mediante appositi "vagonetti" trasportava nella fabbrica il materiale scavato a San Giuseppe.Nel piazzale d'ingresso l'imprenditore, accompagnato dal suo braccio destro per le future applicazioni "green" Andrea Barocco, si guarda attorno e disegna una prima ipotesi di riutilizzo delle strutture che dovrebbero essere salvate dalle benne. La palazzina degli uffici - all'interno della quale vi sono anche alcuni appartamenti -, gli ex laboratori, gli ex magazzini potrebbero essere riconvertiti. A Rocelli piacerebbe molto recuperare l'officina in chiave museale: in effetti i tavoli da lavoro sono ancora al loro posto. «Se non ci saranno problemi - riprende - sarebbe bello mantenere in piedi anche la ciminiera, come una sorta di souvenir archeologico-industriale». Ancora visibile il binario, che invece sarà rimesso in funzione e connesso alla stazione di Aquilinia.Sullo sfondo il viadotto della Grande Viabilità, sotto cui si estendono alcune migliaia di metri quadrati di verde. Rocelli non ha abbandonato l'idea di comprare anche i 50.000 mq della cava, un'area contigua a quella dello stabilimento: «Mi piacerebbe trasformarla in un parco. La mia ambizione è rendere uno spazio, per settant'anni sfruttato a fini produttivi da una sola azienda, aperto al mondo delle imprese e - perché no - alla popolazione».Dal punto di vista ambientale, l'ex Italcementi è riuscita a svignarsela dal Sin governativo per essere assoggettata alle procedure del Sir regionale, che dovrebbero consentire un più rapido disbrigo del dossier inquinamento. I prossimi mesi saranno dedicati ai dossier autorizzativi, a cominciare da quello ambientale, perché l'area si trova nel Sir regionale. L'idea di una grande spianata dove inserire nuove attività logistiche retroportuali, commerciali, industriali basate sull'economia "green".

Massimo Greco

 

L'ex Holt nel mirino dell'imprenditore Fracasso
Pronto un piano di rilancio da 10 milioni per 25 appartamenti e 50 posti auto. Aperta anche la partita dell'ex Manifattura
Durante il caliente tour all'ex Maddalena, Francesco Fracasso ha regalato alla platea triestina un altro colpo di scena, tenuto in serbo fino a ora: ha presentato un'offerta alla Sgr immobiliare di Cassa depositi e prestiti (Cdp) per acquistare le ex officine Holt in via Gambini, un classico dell'invenduto immobiliare triestino. E adesso aspetta di conoscere da Roma se il Consiglio di amministrazione accetterà la sua duplice proposta, una dedicata all'ex Manifattura Tabacchi vicino al Canale navigabile e l'altra - come accennato - al suggestivo compendio archeologico-industriale in Barriera Vecchia. Dovrebbe trattarsi in entrambi i casi di una candidatura "solitaria", ma l'imprenditore veneziano, scaltro e scaramantico, vuole prima vedere le delibere. Non dice quanto ha puntato sulle Holt, ma racconta quello che vorrebbe realizzare: «Venticinque appartamenti, cinquanta posti auto. Intende essere un contributo al miglioramento complessivo di quella zona. Per questo sarà un'operazione di qualità residenziale alta, affidata allo studio vicentino Asa guidato da Flavio Albanese». Fracasso, se non ci saranno sorprese, metterà mano al recupero di quasi quattromila metri quadrati. In coerenza con un progetto ambizioso, la quotazione al metro quadrato non dovrebbe scendere sotto i tremila euro. «Sarà un'operazione da 10 milioni di euro», calcola a mente. E aggiunge che, qualora vadano a buon fine le due richieste a Cdp, l'investimento complessivo sarà di circa 50 milioni. Finora a Trieste Fracasso ha puntato una settantina di milioni tra Centercasa in corso Saba, Obi in strada Rosandra, l'ex Maddalena (la più impegnativa con circa 45 milioni). Quindi, 70 + 50 fa 120: il suo Veneto non gli dà più le soddisfazioni d'una volta e così ha cambiato scenario. Le ex officine Holt risalgono al XIX secolo, fondate da mister Thomas, inglese di Manchester: producevano macchine e caldaie. Passarono poi nel civico patrimonio e furono vendute dal Comune a Cdp per un milione di euro nel 2015, quando sindaco era Roberto Cosolini. Era uno di quegli immobili che non si riuscivano a piazzare all'asta: il Comune ne bandì tre, tutte andate deserte, fino al gradito intervento di Cdp, che sembrava orientata a realizzare un complesso residenziale in "social housing". In precedenza il Municipio aveva tentato anche la carta islamica, ma il Centro culturale preferì lo stabile di via Maiolica.

Massimo Greco

 

Ex Maddalena, ora il cantiere corre - L'Eurospar pronto per il 10 agosto
Il sindaco Dipiazza in visita nel comprensorio davanti al Burlo
A Roberto Dipiazza sembra quasi un sogno. O meglio l'uscita da un incubo. In via dell'Istria, davanti al Burlo Garofolo, c'era quel grande buco con un laghetto fetido pieno di topi. Poi riuscì a convincere Francesco Fracasso, imprenditore veneziano specializzato nel recuperare situazioni di degrado urbano per trasformarle in occasioni di guadagno. L'operazione si definì tra il 2017 e il 2018, quando Fracasso rilevò l'ex Maddalena dal concordato General Giulia 2: nella primavera 2019 partì il cantiere con la missione di bonificare e consolidare la voragine. Ieri mattina il sopralluogo del sindaco per verificare l'andamento dei lavori: «Pensate che l'amministrazione precedente qui voleva fare Rozzol Melara 2 con 400 appartamenti». Dipiazza, accompagnato dal presidente della Quinta circoscrizione Roberto Dubs, ha visibilmente voglia di incrociare i guantoni. Il 10 agosto sarà inaugurato il supermarket Eurospar della Despar, che occuperà l'intero livello "0" con 3.800 metri quadrati. Prevista l'assunzione - sottolinea Fabrizio Cicero, manager del grande gruppo distributivo - di 47 addetti. «La zona ha bisogno di riqualificazione e di servizi». I tre livelli "underground" del parcheggio garantiranno 750 posti auto, di cui 200 riservati ai residenti. Il primo livello è pronto, gli altri due saranno completati entro l'anno. Sulla strada in via di realizzazione ne saranno ricavati altri 40. Salendo verso via Marenzi, ecco l'area dove saranno costruiti due corpi residenziali per un totale di 72 appartamenti con vista mare. Fracasso conta di concludere l'intervento entro il Natale del prossimo anno. Ritiene che la quotazione al metro quadrato sarà di 2.200 euro. L'imprenditore ci tiene a ricordare che lì in origine avrebbero dovuto nascere uffici e laboratori del Burlo ma che all'improvviso la direzione dell'istituto diede forfait. A rifinire l'ex Maddalena del domani un'area verde di 4.500 metri quadrati, di cui 2.400 pubblici e 2.100 privati.

magr.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 giugno 2021

 

 

A2A rilancia la "centrale sostenibile" - Presentato il bilancio della transizione energetica

Dalla decarbonizzazione anticipata di 3 anni al gas e all'idrogeno. Riduzione zolfo e polveri -100%, -76% azoto, -64% CO2

A2A produce oltre 700 gigawatt di energia elettrica in Friuli Venezia Giulia, la gran parte, quasi 600 giga che arrivano dalle centrali idroelettriche di Ampezzo e Somplago, energia 100% verde e rinnovabile (l'acqua utilizzata dal Tagliamento e dagli affluenti viene restituita all'ambiente con le stesse caratteristiche). Soltanto 114 giga arrivano dalla centrale termoelettrica di Monfalcone che funziona a carbone, ma in realtà nel 2020 la centrale ha lavorato solo 2 mesi e il funzionamento a carbone è già segnato. A2A vuole accelerare sulla transizione energetica, ha già annunciato che nonostante la centrale abbia l'autorizzazione a funzionare fino al 2025 intende dare lo stop al carbone già nel 2022 e iniziare la riconversione a gas e poi mista a idrogeno. Una posizione riconfermata ieri dall'azienda per bocca di Lorenzo Giussani direttore della Business Unit Generazione (dedicata alla transizione energetica) che ha presentato il Bilancio di sostenibilità di A2A per il Fvg (l'ad Renato Mazzoncini non ha potuto partecipare). Il gruppo A2A, che è il secondo produttore di energia in Italia il secondo nelle reti di distribuzione dell'elettricità, uno dei primi nelle reti del gas e leader nei servizi ambientali (soprattutto in Lombardi) punta a diventare una Life company con un nuovo modello industriale che punta al green per dare risposte al territorio. E anche ieri ha riconfermato il piano di riconversione della centrale di Monfalcone che, ora scritto nero su bianco nel piano di sostenibilità, sarà sede della sperimentazione di un processo misto (blending) che integra l'attività produttiva a metano con quella a idrogeno. E sono confermati tutti i numeri dell'investimento e della riduzione di emissioni. A2A spenderà 400 milioni per riconvertire la centrale che avrà una potenza di 850 megawatt, un rendimento elettrico del +63%, riduzioni del 100% di ossidi di zolfo e polveri, -76% di quelle di azoto e -64% di Co2.L'energia sarà prodotta da una turbina a gas abbinata a una nuova turbina a vapore che sarà collocata nell'attuale sala macchine dei gruppi 2 e 3. E il nuovo impianto con turbogas, camini e caldaia a recupero, come prevede il progetto, sarà realizzato in un'area parzialmente libera della centrale individuata «per la lontananza dall'abitato e per la facilità di connessione alle reti esistenti». Oltre all'impianto a ciclo combinato il gruppo A2A ha confermato anche tutta una serie di attività collaterali: un progetto di installazione di pannelli fotovoltaici a terra su alcuni edifici e sulle pensiline del parcheggio. E all'interno delle sale macchine dei gruppi 1-2 e del gruppo 3 sono previsti altri sistemi «utili alla sicurezza e alla stabilità della rete» a supporto degli impianti rinnovabili (compensatori sincroni con la modifica degli attuali alternatori e sistemi di accumulo elettrico o termico).Un'organizzazione che permetterà, come previsto da un accordo scritto e siglato con i sindacati confederali di Cgil, Cisl e Uil e le sigle territoriali di categoria, che permetterà di mantenere almeno 100 posti di lavoro.

Giulio Garau

 

Settanta incontri sul territorio per dialogare con la gente. Nuovo impianto in alluminio, sito ridotto, camino più basso

Riflessione con i gruppi di interesse assieme allo studio Ambrosetti per capire le sfide del futuro. L'input della salvaguardia ambientale.

Sono oltre 50 gli incontri che A2A ha condotto sul territorio per spiegare la sua filosofia del futuro e della transazione energetica, sindaci, enti, personaggio portatori di interessi e rappresentanti di associazioni. Sono i cosiddetti stakeholders, i personaggi del territorio, e ben 20 quelli incontrati ieri in un evento durato oltre due ore e mezzo che ha coinvolto un sacco di figure di spicco, coordinate in una discussione con tanto di voto e riflessioni, da un big come The European House - Ambrosetti. Dai sindaci come Enrico Bullian di Turriaco, Riccardo Marchesan di Staranzano, ma anche Gianni Borghi di Cavazzo Carnico o Ermes Petris di di Sauris (è stata invitata anche il primo cittadino di Monfalcone, Anna Cisint che non poteva partecipare per altri impegni e ha inviato il tecnico del Comune Enrico Englaro che ha partecipato più tardi alla presentazione del bilancio di sostenibilità). Ma c'erano tra gli altri anche il direttore del Consorzio di sviluppo economico della Venezia Giulia Cesare Bulfon, i sindacati con Fabrizio Zacchigna (Filctem Cgil), Nello Cum (Uiltec), Alfeo Leonardis (Flaei-Cisl). Fino a Michele Tonzar di Legambiente o manager come il segretario dell'Autorità di sistema (i porti di Trieste e Monfalcone) Vittorio Torbianelli, Michele Nencioni di Confindustria, Alessio Lilli della Siot, Gianluigi Gallenti docente all'ateneo di Trieste, Giuseppe De Martino di Adiconsum e Angelo D'Adamo di Federconsumatori. Si è riflettuto dei punti di svolta da imprimere allo sviluppo, delle scelte da privilegiare. In particolare i nodi tra innovazione tecnologica e comportamenti individuali, l'importanza delle decisioni delle istituzioni o le opinioni degli stakeholder. Ma anche la decisione se puntare sulla nuova generazione Z del futuro con i cambiamenti o salvaguardare i diritti delle generazioni attuali senza ridurre le tutele economiche. Necessari cambiamenti radicali per salvaguardare il clima o incrementali procedendo un passo alla volta per non lasciare nessuno indietro ed evitare rischi sociali?Ne è uscita una discussione franca e adeguatamente profonda in cui sono emersi dubbi, proposte e idee. Ma tutti concordi che è necessario dare una svolta alla transizione energetica per ridurre le emissioni e salvaguardare il pianeta. Sullo sfondo le slides del bilancio di sostenibilità e la proposta di A2A nel Fvg a Monfalcone di riconvertire la centrale. Non è il mondo perfetto, impossibile pensare ora a emissioni zero e tutto idrogeno. E ha ragione anche Tonzar di Legambiente che ha sollevato la critica sul fatto che il metano è pur sempre un combustibile di derivazione fossile. Ma almeno il progetto di decarbonizzazione c'è, anticipato di 3 anni, con un investimento di 400 milioni e si inizia con un mix di idrogeno che nel futuro potrebbe forse anche aumentare visti i grandi passi della tecnologia. Da evidenziare anche l'uscita delle prime slides del progetto della nuova centrale a livello ufficiale. I volumi della centrale, ha annunciato A2A, sono stati progettati con forme compatte e arrotondate e rivestimenti color alluminio. Una svolta rispetto alla centrale di oggi. Ci sarà anche un camino, bianco opaco. E ci sarà anche una grande rivoluzione degli spazi occupati. Non più 19 ettari di superficie ma soltanto 3, il camino sarà molto più piccolo dell'attuale, 60 metri contro gli attuali 150. E accanto ci sarà un metanodotto lungo 2,4 chilometri. Si liberano aree che magari potranno essere impiegate per altre attività, forse anche di tipo portuale-logistico. Certamente sostenibili come ha deciso A2A un gruppo che dà lavoro a 129 persone, la gran parte a Monfalcone, che garantisce investimenti di 4,2 milioni di euro per impianti e infrastrutture e che nel Fvg ha distribuito valore per almeno 18 milioni di euro.

g.g.

 

 

L'idea di una fondazione per recuperare e gestire villa Stavropulos - incontro tra comune e comitato
Una fondazione pubblico-privata per la gestione di Villa Stavropulos. È l'ipotesi emersa da un recente incontro tra l'assessore alla Valorizzazione immobiliare Lorenzo Giorgi, quello alla Cultura Giorgio Rossi e i rappresentanti del Comitato nato in difesa di quella dimora donata 60 anni fa al Comune di Trieste da Socrate Stavropulos perché fosse utilizzata come centro studi nel campo delle arti figurative. «La proposta della fondazione arriva dal Comitato - premette Giorgi - e potrebbe rivelarsi una strada percorribile, fermo restando che aldilà di quello che sarà il soggetto individuato, chi rappresenterà la parte privata della fondazione, dovrà farsi carico del funzionamento ordinario di quella realtà». Per il comitato «si apre qualche spiraglio per veder nascere a nuova vita Villa Stavropulos» e l'ipotesi emersa è «rispettosa delle indicazioni del testamento del manager-mecenate di origine greca». «Per sistemare quella villa serve certamente un impegno finanziario, ma il vero nodo - osserva Rossi - resta quello della gestione. Siamo d'accordo sul fatto che vada trovata una soluzione, purché ci siano prospettive ragionevoli, di buon senso e sostenibili». Dalle valutazioni emerse anche nel corso dell'incontro, - era presente anche la presidente della Commissione Trasparenza, Antonella Grim - prioritari appaiono il recupero e la messa in sicurezza della villa e del terreno che scende a mare. Il Comitato ha illustrato anche un progetto di valorizzazione, che il Comune si è riservato di esaminare nei dettagli, «che consentirebbe - indica il Comitato - di tramutare Villa Stavropulos in un centro propulsivo di alto profilo nel campo delle arti contemporanee internazionali, grazie anche a nuove modalità virtuali capaci di coinvolgere professionisti e pensatori di tutto il mondo, rispettando altresì gli intenti originali del donatore (istruzione, formazione, divulgazione dell'arte contemporanea) e tramutando la villa in un'antenna emittente, in un set esclusivo e immersivo basato sulle più recenti tecnologie nella comunicazione digitale dell'arte».

l. t.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 giugno 2021

 

 

MONFALCONE - Circolo di Legambiente - Tonzar ritorna alla guida

Sponza passa il testimone, nuovo direttivo

Michele Tonzar torna alla guida del Circolo Ignazio Zanutto di Legambiente. Il passaggio di testimone tra Stefano Sponza e Tonzar è stato sancito dall'assemblea dei soci, che ha confermato poi Valentina Tortul, Mauro Bertossi, Sara Innominato, Emanuela Fabris ed eletto Elisabetta Sdrigotti, Martina Braida, Marco Bearzi. Tonzar sarà affiancato a Tortul nel ruolo di vice e segretaria e da Bertossi come tesoriere. Il circolo punta a dare seguito ai progetti già iniziati e ad altri di cui è partner (Isonzo fiume di acqua storia e bellezza del Comune di San Canzian, Territori sostenibili con l'associazione Monte Analogo, A scuola di bio di Aiab, i Custodi del paesaggio con l'associazione Ecopark). Verranno anche riprese le attività educative con le scuole, a partire da progetti estivi nella spiaggia di Grado e nelle scuole, e la campagna di Puliamo il Mondo di settembre. Nonostante le restrizioni imposte dalla pandemia, Legambiente Monfalcone non s'è mai fermata, ha sottolineato il presidente uscente Sponza nella sua relazione. L'impegno prioritario per l'associazione ha continuato a essere la lotta alla crisi climatica, per essere da stimolo affinché vengano adottati provvedimenti adeguati. Legambiente ribadisce quindi «con decisione il "no" alla centrale e gas, che allontana dall'obiettivo di raggiungere la neutralità climatica nel 2050 come indicato dall'Europa». Altro argomento caro è la lotta all'abbandono dei rifiuti, con le campagne nazionali di Puliamo il Mondo, Beach Litter, Spiagge e fondali puliti e le segnalazioni e proposte effettuate al Comune.

LA. BL.

 

 

Friulia assieme a Sinloc punta sull'energia verde - Accordo con la società di investimento
Friulia e Sinloc, società di consulenza e investimento e azionista della finanziaria regionale, hanno firmato un accordo di collaborazione per sviluppare opportunità di investimento in logica green nei settori della transizione energetica con particolare focus sull'efficientamento energetico in Friuli Venezia Giulia. Lo annuncia una nota della finanziaria. La partnership «prevede un'attività di ricerca iniziale per valutare opportunità di intervento innovative e più efficaci rispetto a quelle tradizionalmente offerte mediante la partecipazione a gare pubbliche. I progetti saranno realizzati in partnership sotto la guida di Sinloc, il supporto di Friulia e le competenze tecniche di primari partner industriali». Il patrimonio netto di Sinloc è attualmente pari a circa 44 milioni ed è quasi completamente investito in iniziative infrastrutturali e di sviluppo locale. Nel 2020 sono stati registrati ricavi pari a 4,3 mln (+9% in un anno), con un utile netto di circa 240 mila euro. «È la nostra coscienza civile, prima che le disposizioni europee, a imporci un nuovo modello di sviluppo compatibile sotto il profilo ambientale», afferma l'assessore regionale ad Autonomie locali e Funzione pubblica, Pierpaolo Roberti. «Le risorse che la Regione metterà in campo grazie anche al Pnrr diventeranno a breve progetti esecutivi e cantieri destinati a ridisegnare il territorio garantendo servizi ai cittadini e un volano di sviluppo all'economia». «Energie rinnovabili e infrastrutture sono settori fondamentali su cui si gioca il presente e il futuro del Paese», aggiunge la presidente di Friulia, Federica Seganti. Per creare modelli di successo è necessaria un'attività di studio e programmazione».

 

 

Tartaruga morta ai Filtri - Si attende la rimozione - i bagnanti intanto protestano
DUINO AURISINA Era una Caretta caretta la grossa tartaruga marina la cui carcassa, arenatasi alcuni giorni fa sulla spiaggia dei Filtri, sotto Santa Croce, è stata individuata da alcuni bagnanti. È stato Maurizio Spoto, direttore dell'Area marina protetta di Miramare, a identificarla, dopo un primo esame. Lunga poco meno di un metro, l'esemplare, con ogni probabilità, come ha spiegato lo stesso Spoto, non è morto di vecchiaia. In un primo momento i bagnanti hanno provveduto a isolarla. Più di qualcuno poi ha protestato per la lunga attesa, considerando anche il forte odore che si è diffuso con il caldo. Capitaneria di Porto, Asugi e Comune sono stati avvisati della situazione. Adesso sarà compito proprio della Capitaneria di porto provvedere al suo trasporto. La normativa infatti vieta in questi casi ai privati di procedere autonomamente.

u. sa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 giugno 2021

 

 

Sacco e pinze speciali - I volontari di Ronchi ripuliscono il parco
Mattinata ecologica promossa dall'associazione Auser in collaborazione con Isambiente, Comune e Pro loco
RONCHI Senso civico e buona educazione. Ecco che cosa dovrebbe spingere le persone a non gettare per terra immondizie e servirsi dei cestini pubblici. A Ronchi dei Legionari ce ne sono 190 cestini, 31 dei quali solo negli impianti di base. Ed è proprio da questo parco al centro della cittadina che, ieri mattina, si è sviluppata "Verso una Ronchi dei Legionari più pulita", mattinata ecologica promossa dall'Auser nell'ambito di Colori e Sapori curata dalla Pro loco. Una trentina di persone e un sacco di immondizie a testa che, con speciali pinze, si è riempito di bottiglie di plastica, lattine di birra, pacchetti di sigarette, persino tappetini di automobili e migliaia di mozziconi. Un tema, quest'ultimo, che imporrebbe un'ordinanza che obbligasse i locali pubblici a dotarsi di posacenere esterni. Grandi e piccini si sono trasformati in spazzini, ma il loro non è stato un sostituirsi a chi lo fa di mestiere. È stato, invece, un segnale forte nei confronti di chi dopo aver bevuto una lattina la abbandona non appena si è rinfrescato. Tra i tanti che hanno aderito anche l'assessore all'ambiente, Elena Cettul, che ha voluto ringraziare i volontari, spronandoli ad essere i custodi della cittadina. Volontari che già, nei mesi scorsi, avevano ripulito la pista ciclabile che si sviluppa dall'aeroporto. Donne e uomini che, ormai, si sono ben organizzati e che fanno della pulizia delle aree pubbliche una sorta di missione. Così è come quella, distorta e colpevole, di chi se ne frega del bene pubblico e lo tratta alla stregua di una di discarica a cielo aperto.«Una bella iniziativa, che speriamo di ripetere ancora - ha detto la presidente della Pro loco, Maria Patrizia Pallaro - e sono stata felice di ospitarla in questa domenica di festa». Uno stand speciale è stato messo a punto dal servizio problematiche ambientali del Comune che, oltre ad informare le persone, ha donato a tutti i partecipanti una confezione di pastiglie per la prevenzione del proliferarsi delle zanzare. Lo stesso ha fatto Isa Ambiente che ha messo a disposizione sacchetti di compost. E, nella speranza che mascherine ed altro ancora siano sempre un problema, molti sono pronti a mobilitarsi ancora per la pulizia della città.

Luca Perrino

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 giugno 2021

 

 

A palazzo Berlam ecco Illy Ponterosso,  erede del Cattaruzza tra passato e futuro
Gli arredi del vecchio caffè, appositamente restaurati, trovano spazio nel locale che sarà inaugurato domani
Da domani illy Ponterosso apre le sue porte nei prestigiosi spazi di palazzo Berlam, il "grattacielo rosso" che svetta in piazza Duca degli Abruzzi. Trieste ospiterà così l'unico pubblico esercizio in regione a gestione diretta da parte dell'azienda, che ha già un proprio punto vendita in via Einaudi. Dall'ingresso di via Rossini sarà una sorpresa per i clienti ritrovarsi davanti alle suggestive vetrate colorate, alla volta stellata di mosaici specchiati, al bancone con le maioliche decorate a mano e alla boiserie in legno che contraddistinguevano lo storico Bar caffè Cattaruzza, ospitato fino a pochi anni fa nello stesso palazzo. È questo il frutto di una preziosa collaborazione tra illy e Generali, proprietaria del palazzo, che ha ridato così splendore a quegli storici arredi, preservati, restaurati e valorizzati nei nuovi spazi in quell'angolo tra il canale di Ponterosso e il waterfront cittadino. L'atmosfera che si respira qui è quella di un grande caffè, degno di una città che racconta più di altre la storia dell'espresso. Gli spazi, che godono di 48 posti interni e 70 esterni, ogni giorno, dalle 7.30 del mattino alle 23, garantiranno un'offerta ricca e diversificata, studiata per ogni momento della giornata: dalle prime ore del mattino sarà possibile degustare l'aroma dell'unico blend illy e la piccola pasticceria, nella pausa pranzo sarà disponibile un'originale proposta di insalate, focacce gourmet e primi piatti, mentre alla sera il dehors sarà lo spazio ideale per rilassarsi con un aperitivo. Una proposta a 360 gradi, ma dove ovviamente - viene sottolineato - il padrone di casa resterà sempre il caffè. Domani, nel primo giorno di apertura, ai clienti che sorseggeranno un espresso verrà fatto omaggio di un bacio di dama come "dolcezza di benvenuto". All'interno del locale sarà possibile degustare alcune proposte fruibili solo nei concept retail illy, come i caffè Arabica finalisti dell'ultima edizione dell'Ernesto Illy International Coffee Award o le più recenti ricette stagionali. Il nuovo investimento della illy offre così possibilità occupazionale e di ulteriore crescita professionale a 15 dipendenti. L'apertura di illy Ponterosso - e ciò viene vissuto come un altro valore aggiunto - coincide peraltro con il momento che segna la ripartenza dei pubblici esercizi dopo l'anno più buio. Un'iniezione di ottimismo, un segnale da parte di un'azienda come illy, fornitore di migliaia di bar e ristoranti, e che quindi ha vissuto al loro fianco le difficoltà. «Un doppio messaggio», spiega l'amministratore delegato di illy Massimiliano Pogliani: «Uno per Trieste, dove ha sede l'azienda, recuperando, valorizzando e riconsegnando alla città, gestendolo anche direttamente, un locale storico. E l'altro rivolto ai pubblici esercizi, facendo capire che è il momento di ripartire veramente, anche grazie alla campagna vaccinale». «La gente - aggiunge Pogliani - sta tornando con forza e con gioia a uscire, ad andare nei bar e nei ristoranti, ha voglia di ritrovare quei piccoli momenti di socialità, anche attorno a una tazzina di caffè». L'esperienza della pandemia ha portato a «una maggiore consapevolezza per l'aspetto della sostenibilità a cui illy ha sempre dato forte importanza - sottolinea Pogliani - e maggior attenzione per la digitalizzazione, dove abbiamo sempre investito». La location del nuovo locale, fa notare l'ad, «unisce i punti storici di Trieste: la vista sul mare, il porto, il canale di Ponterosso, e siamo a pochi passi anche da piazza dell'Unità». Un segnale di ripartenza che detta un altro imperativo: la qualità: «Le persone vivono le riconquistate abitudini, i piccoli gesti che sono mancati, con ancor più passione e con un occhio molto attento alla qualità del locale, del servizio, del prodotto e degli aspetti legati all'igiene e alla pulizia, che prima venivano dati per scontati, ma che non per questo erano sempre perfettamente curati». Per Pogliani «il fatto di poter contare su un brand conosciuto come quello di illy è un elemento che garantisce una sicurezza sul prodotto, sul servizio e sull'atmosfera».

Laura Tonero

 

E' il tassello finale del piano di recupero impostato da Generali per la sua storica sede

Le luci che da domani si accederanno su illy Ponterosso coronano un lungo percorso di restauro sostenuto da Generali con Generali Real Estate, che ha interessato l'intero palazzo Berlam, nato in realtà come palazzo Aedes, ma che nel tempo è stato sempre più spesso associato al nome del progettista, l'architetto Arduino Berlam, che lo realizzò tra il 1926 e il 1928 in collaborazione con Carlo Polli. La riqualificazione è stata avviata nel 2017 per consentire il necessario consolidamento strutturale e l'adeguamento sismico dell'edificio, portando ad una rivisitazione degli spazi, tra i quali proprio la porzione del palazzo precedentemente occupata dal Bar Cattaruzza. Quel caffè - di dimensioni ridotte rispetto agli spazi che va ora ad occupare il nuovo illy Ponterosso - aveva dovuto chiudere proprio per consentire al cantiere di portare a termine la complessa riqualificazione dell'intero palazzo, progettata dall'architetto Mario Bellini. Gli arredi di quello spazio commerciale, custoditi per anni da Generali, dopo un'accurata fase di restauro, hanno ritrovato ora collocazione nella nuova caffetteria ricavata nella porzione del grattacielo rosso all'angolo tra piazza Duca Abruzzi e via Rossini, che per un periodo ha accolto anche l'asilo riservato ai bimbi dei dipendenti di Generali. Il recupero di gran parte degli arredi e del materiale storico del Bar Cattaruzza, riproposti ora in chiave più contemporanea nel nuovo caffè, è frutto di un progetto condiviso in tutte le sue fasi con la Soprintendenza. Nello specifico, gli arredi preservati e integrati nel nuovo progetto - dalle 7.30 di domani tutti li potranno ammirare - sono il bancone con le maioliche decorate a mano, l'arco che funge da retrobancone, i suggestivi vetri decorati, il mosaico a specchio e la boiserìe in legno. In questo contesto, c'è anche la scritta originale del Bar Cattaruzza inserita in uno specchio. Il recupero e l'integrazione degli arredi nel nuovo contesto sono stati possibili grazie ad un'accurata ricerca di materiali e alla lavorazione affidata alle sapienti mani di maestri artigiani. Tornando alla riqualificazione di palazzo Berlam, Generali - per quanto riguarda la sostenibilità e il risparmio energetico - ha deciso di introdurre l'utilizzo dell'acqua di mare per l'impianto di climatizzazione, un'illuminazione interamente a led a basso consumo e una nuova coibentazione interna dell'involucro murario. Sono stati sostituiti inoltre tutti i serramenti, optando per un tipo a coefficiente termico maggiorato: un intervento che garantisce un risparmio energetico di oltre il 30% rispetto al passato. Lo Studio Cervesi si è occupato degli aspetti tecnologico-ingegneristici mentre la realizzazione dell'opera è stata curata dal general contractor Rizzani de Eccher.Il palazzo è stato restituito nel suo nuovo splendore alla città nell'ottobre del 2019. Da allora sulla sommità del grattacielo rosso "ruggisce" anche un maxi leone, storico simbolo di Generali, riprodotto su un'enorme insegna da circa 20 metri quadrati, in acciaio satinato, capace di reggere la forza della bora. Quel simbolo fissato sul terrazzo di palazzo Berlam con il placet di Comune, Soprintendenza e Autorità Portuale, è ora diventato ormai parte integrante dello skyline delle Rive cittadine

la.to.

 

 

Centrali idroelettriche - I progetti che insidiano il cuore blu d'Europa
Leonardo DiCaprio scrive alle autorità di Sarajevo: a rischio 240 fiumi in Bosnia - Migliaia di cittadini in piazza in vari Paesi per chiedere leggi più restrittive
Belgrado. Ancora proteste di piazza e rabbia popolare. Con alleati da oltreoceano, di grandissima fama, che si espongono pubblicamente in una battaglia solo all'apparenza di importanza locale. La battaglia è quella contro sbarramenti e mini-centrali idroelettriche sui fiumi dei Balcani, opere che ecologisti e attivisti giudicano dannosissime per corsi d'acqua di grandissimo valore; ed è una battaglia che non accenna a spegnersi, nella regione e oltre. Lo conferma la discesa in campo di Leonardo DiCaprio, star di Hollywood molto attenta alle tematiche ambientali, che sul suo profilo Facebook ha lanciato un accorato appello alle autorità della Federazione bosgnacco-croata affinché adottino una legislazione che vieti definitivamente la costruzione di mini-centrali su fiumi e torrenti nel cuore della Bosnia. Al momento sarebbero a rischio «240 corsi d'acqua» mai toccati dalla mano dell'uomo solo in Bosnia, acque che però potrebbero in futuro finire «intubate» a causa della costruzione di sbarramenti e centrali, ha avvertito DiCaprio. È dunque cruciale che Sarajevo «adotti la legge sull'energia elettrica, che vieta permanentemente la realizzazione di centinaia di mini-centrali» e che preveda la «revisione dei permessi» già concessi, «molti dei quali illegalmente», è stato il duro j'accuse di DiCaprio, che ha ricevuto qualcosa come 18mila like in pochi giorni. Non è la prima volta che DiCaprio si espone in questo modo. Lo aveva fatto già in passato, sempre in difesa dei fiumi bosniaci ma anche di quelli albanesi, Vjosa in testa, ugualmente minacciati. Quello di DiCaprio non è stato un caso isolato. Di più ha fatto - fra gli altri - Manu Chao, venuto di persona nei Balcani per cantare e sensibilizzare sul problema dello "tsunami" di mini-dighe progettate o in costruzione nella regione, toccando Serbia, Bosnia, Macedonia del Nord e Bulgaria, in un tour pensato per rimarcare che «non cediamo i nostri fiumi», aveva fatto sapere l'artista. Lo stesso hanno fatto negli anni passati anche celebrità locali, dalla popstar Rambo Amadeus al regista Haris Pasovic fino alla rockstar croata Darko Rundek.Ma la vera battaglia, quella più dura, la conducono ancora le comunità locali interessate dai progetti di costruzione. Il modello è quello delle "Donne coraggiose di Krusica", in Bosnia, gruppo che ha occupato un ponte per 500 giorni per impedire il passaggio delle ruspe ingaggiate per la costruzione di due mini-dighe e che hanno ricevuto in questi giorni il Goldman Environmental Prize - sorta di Nobel per l'ecologia assegnato in ciascun continente - per il loro impegno. Altre migliaia di persone, sempre in trincea in tutta la regione, vogliono fermare i bulldozer. Nella sola scorsa settimana in tantissimi sono scesi in strada a Konjic, nel sud della Bosnia, per protestare contro la realizzazione di 15 mini-centrali sulla Neretvica. A Belgrado, sempre questo mese, a centinaia si sono radunati sotto la sede del Governo urlando «i nostri fiumi, la nostra aria, la nostra terra», malgrado le autorità abbiano vietato nuove centrali almeno nelle aree più preziose dal punto di vista naturale. Altre dimostrazioni si sono registrate un po' ovunque, a Uzice, a Foca, a Bosilegrad, a Josicka Banja, nell'area di Kopaonik, in Kosovo e in Macedonia del Nord - dove il premier Zoran Zaev ha di recente promesso la revoca dei permessi - mentre in Albania si combatte ancora per dichiarare il fiume Vjosa parco naturale, dopo che i giudici hanno bloccato i lavori di sbarramento nella zona. Dando ragione agli irriducibili che, in una sorta di movimento "interbalcanico", si battono per difendere i propri fiumi e con essi i propri paesi.

Stefano Giantin

 

«Tecnologie obsolete e non sostenibili sugli ultimi corsi d'acqua rimasti intatti»
Cornelia Wieser (RiverWatch): «Cantieri finalmente in calo dopo il picco degli scorsi anni»
Altro che energia pulita. Le mini-centrali idroelettriche in costruzione o in progetto nei Balcani rappresentano una minaccia gravissima per l'ecosistema e per fiumi generalmente mai violati dalla mano dell'uomo, a differenza di quelli del resto del Vecchio continente. E non rappresentano una soluzione "verde" per la produzione di energia. Lo dichiara a Il Piccolo Cornelia Wieser, dell'organizzazione RiverWatch, da anni in prima linea per la difesa del "Cuore blu" d'Europa. Qual è la situazione, al momento? Preoccupante, ma grazie all'impegno della società civile locale e internazionale leggermente migliore rispetto a un paio d'anni fa, con molti governi che stanno considerando di rallentare o hanno già stoppato i lavori, premette l'esperta. Malgrado ciò, le 300 centrali idroelettriche diventate operative nella regione dal 2018 in qua hanno prodotto la «devastazione di centinaia di chilometri di fiumi e torrenti», denuncia Wieser. Parliamo in gran parte di mini-centrali, non meno dannose di quelle più grandi, piccoli impianti che «tagliano i fiumi e li prosciugano, e che spesso sono costruiti senza bisogno di studi d'impatto ambientale. In più sono spesso realizzati in zone remote, all'interno di ecosistemi ancora vergini. Le mini-centrali poi non sono economicamente sostenibili: sopravvivono solo grazie a sussidi e tariffe, che gravano sulle bollette dei consumatori» locali. In pratica, aggiunge Wieser, parliamo di «tecnologia obsoleta, che produce una quantità limitata di elettricità e nondimeno in grado di distruggere gli ultimi fiumi e torrenti» intatti in Europa.Le proteste e le mobilitazioni dell'ultimo decennio hanno portato a qualche risultato. «Meno progetti - continua Wieser - stanno entrando nella fase di realizzazione e il numero di centrali in costruzione è in calo continuo dal picco del 2017». In più, stanno per essere introdotte leggi o adottate risoluzioni «per limitare l'idroelettrico» un po' in tutti i Paesi dell'area e tante «cause legali» lanciate dalle comunità locali e sostenute anche da avvocati internazionali stanno avendo la meglio sugli interessi delle aziende. Sono però successi a macchia di leopardo. «La Serbia - annota Wieser - è sicuramente l'epicentro dei lavori e delle proteste, assieme all'Albania».L'idroelettrico, generalmente, è considerato una fonte di energia pulita, verde. Ma non è così, almeno nei Balcani, che sono una regione unica in Europa. Mentre nel resto del Vecchio continente «i fiumi sono stati intensamente regolati, quelli balcanici per lungo tempo sono stati risparmiati» infatti dall'essere condannati allo stesso destino e sono per questo motivo luoghi preziosissimi in termini di «biodiversità e come casa di diverse specie minacciate» o completamente «scomparse» in altre parti d'Europa, illustra ancora l'esperta. E infine c'è da considerare la contraddizione più evidente. Nell'Unione europea «si vanno spendendo milioni per la ristorazione di corsi d'acqua» guastati in passato dalla mano dell'uomo, con Bruxelles «che ha riconosciuto la necessità di riportare i fiumi in una buona condizione ecologica». Nei Balcani invece, chiude Wieser, si va nella direzione opposta.

st.g.

 

Flora e fauna in pericolo fra dighe e sbarramenti anche in aree protette

L'analisi condotta dall'agenzia internazionale Fluvius: migliaia le strutture pianificate, 300 sono entrate in funzione dal 2018 a oggi.

Belgrado. Una mappa fittissima di puntini neri e rossi, che descrivono una sorta di "epidemia" iniziata più di una decina d'anni fa e che ancora non è stata del tutto arginata. È quella elaborata l'anno scorso dall'agenzia internazionale di consulenze Fluvius, per le Ong Euronatur e Riverwatch, da sempre in prima linea per difendere il "Cuore blu" d'Europa. La mappa ha fornito una fotografia precisa della situazione sul fronte delle centrali idroelettriche progettate e in costruzione nei Balcani, così da aggiornare il primo censimento delle mini-centrali, realizzato tra il 2010 e il 2012. Secondo le stime degli esperti, dunque, sono più di tremila, di cui un centinaio attualmente in costruzione, mentre 300 sono entrate in funzione solo dal 2018 a questa parte, in particolare in Albania e Bosnia-Erzegovina, dopo il vero e proprio boom registrato dal 2015, con il numero degli impianti operativi passato da 714 a ben 1.480. Secondo lo studio nella stragrande maggioranza - oltre il 90% - si tratta di impianti piccoli o piccolissimi, con una capacità di produzione inferiore ai 10 Mw, ma nondimeno capaci di «causare danni significativi perché toccano praticamente quasi tutti i fiumi della regione, inclusi quelli di alto valore ambientale». E quasi la metà di quelle tremila e passa sono «progettate o già costruite in aree protette» nei Balcani, in parchi naturali nazionali o siti Natura 2000, che godono di un alto livello di protezione di flora e fauna, si legge nello studio. La tendenza, malgrado un relativo rallentamento registrato nell'ultimo anno, è chiara. Fin dal 2012, ha messo nero su bianco il rapporto, si è assistito a «un rapido sviluppo dell'idroelettrico nella penisola balcanica, con un vero boom in Albania per le centrali più grandi e poi in Bosnia-Erzegovina per quelle medio-piccole». Seguite a ruota da Serbia, Kosovo, Macedonia del Nord e Montenegro, non certo risparmiate dal trend. Trend che, in maniera meno marcata, ha toccato anche «Paesi dell'Ue come Slovenia, Croazia, Bulgaria e Grecia», dove lo sviluppo di sbarramenti e opere idrauliche «è più lento» ma non assente. Sbarramenti che, malgrado le rassicurazioni di autorità e investitori, rappresentano quasi sempre un pericolo mortale per i fiumi. Secondo attivisti ed esperti, come svela un recente studio di Wwf e Università di Kragujevac, il regime dei corsi d'acqua viene infatti fondamentalmente alterato. Quando uno sbarramento viene costruito, la parte a monte del fiume è trasformata da ambiente dinamico in area stagnante, cancellando habitat di valore. Inoltre il trasporto di sedimenti, importantissimi per natura e agricoltura, viene di fatto bloccato, assieme ai movimenti di sabbia e ghiaia trasportati dal fiume, materiale che si accumula a ridosso delle dighe invece di fluire naturalmente, come accadeva prima, verso il mare. E questo concorre persino all'erosione delle coste. Ma il problema più grave riguarda il passaggio delle specie di pesci, bloccato dagli sbarramenti in entrambe le direzioni, sia verso le sorgenti sia verso la foce. Servirebbero a poco, sostengono gli esperti, le "deviazioni" artificiali realizzate in alcuni casi a ridosso delle mini-centrali, per permettere ai pesci di bypassare le dighe. Le stime degli ecologisti, per quanto riguarda i Balcani, sono più che fosche, con il 75% delle specie a rischio che potrebbero non sopravvivere nel lungo periodo a causa degli sbarramenti. Sono quasi un centinaio quelle che potrebbero sparire, dall'Acipenser gueldenstaedtii, lo storione russo, fino al Valencia letourneuxi, la "carpa di Corfù", già oggi vicina all'estinzione.

st.g.

 

 

A San Giovanni aree tematiche e passeggiate guidate per BIOEST

Visitabile ancora oggi (9-20) nel Parco di San Giovanni Bioest,27.a edizione della tradizionale Fiera dei prodotti naturali e del biologico e delle Associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato promossa dall'Associazione Bioest con il Comune. Presenti 80 espositori da tutta Italia, Austria, Slovenia e Croazia. Cinque come sempre le aree interessate: Area Prato, Area Chiesa, Area Villas, Area Glicine e Sala Rosa. Alle 10 e alle 18 passeggiata accompagnata nel parco. Foto di Massimo Silvano

 

Oggi - A San Giovanni finale di Bioest

Sarà visitabile ancora oggi (dalle 9 alle 20) nel Parco di San Giovanni a Trieste Bioest, ventisettesima edizione della tradizionale Fiera dei prodotti naturali e del biologico. Saranno presenti 80 espositori da tutta Italia, Austria, Slovenia e Croazia. Il programma di oggi prevede alle 10 e alle 18 passeggiata nel parco con Chiwalking; dalle 10 alle 20 Fabbrichiamo la carta, laboratorio con Annamaria sotto il glicine; alle 11 Incontro di formazione "Essere umani" a cura di Arci Servizio Civile con lo psichiatra Giuseppe Dell'Acqua. Alle 16 ci sarà il teatro di strada con Pavel e alle 17 yoga dinamico con Paola Pisani. Per informazioni: web: www.bioest.org

 

Fino al 4 luglio -  I cambiamenti climatici fotografati da Salvador negli spazi dell'Hilton
Una mostra che non è un semplice progetto fotografico, ma dove gli scatti rappresentano il pretesto per una riflessione su un tema di grande attualità: i cambiamenti climatici. A cura de Le Vie delle Foto, la mostra del fotografo Diego Salvador "Tracce - I cambiamenti climatici" sarà visitabile fino al 2 luglio al Double Tree by Hilton. Salvador, classe 1949, è di origini trevigiane, ma dal 2010 risiede a Trieste. Si avvicina alla fotografia nel 2008 ed espone dal 2012. Le sue foto si trovano in collezioni private e di enti pubblici in Italia e all'estero. «In questa mostra - scrive Monica Ghirardi - l'autore ha cercato di tradurre in immagini il futuro che ci attende se non cambieremo rotta. E lo ha fatto utilizzando una tecnica che gli è cara e lo contraddistingue: il mosso. L'intento non è documentare il deterioramento ambientale, ma piuttosto stimolare la riflessione attraverso immagini astratte e idealizzate. L'emersione graduale dei pixel nelle foto di paesaggio rappresenta simbolicamente il degrado iniziale con la perdita della consistenza fisica delle componenti del pianeta come i terreni, i corsi d'acqua, i mari. Se lasceremo trascorrere il tempo senza adottare azioni efficaci per contrastare il degrado - sottintende Salvador - l'ambiente non potrà più restituirci i colori che conosciamo per arrivare progressivamente a una sorta di bicromatismo che caratterizza forme ormai prive di qualunque forza identificativa. Del nostro mondo resteranno soltanto tracce, prive di bellezza e di significato».Per prenotazioni e visite guidate, scrivere a: leviedellefoto@gmail.com

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 giugno 2021

 

 

«La Divaccia-Capodistria bis rispetterà la Val Rosandra»
Audizione dei dirigenti della 2Tdk davanti al Consiglio comunale di San Dorligo tra quesiti e rassicurazioni. Ma il verde Kermac: «Il progetto resta inaccettabile»
SAN DORLIGO. Pronti a garantire «il costante monitoraggio idrogeologico nel corso delle perforazioni», perché consapevoli «della fragilità dell'area», ma altrettanto convinti della necessità di completare un'opera ritenuta «indispensabile per assicurare un'infrastruttura di servizio al porto di Capodistria, dove il traffico di mezzi pesanti di supporto al movimento merci dello scalo sloveno è cresciuto del 40% negli ultimi anni». Questi, in sostanza, i passaggi più importanti della lunga relazione letta ieri dai dirigenti della 2Tdk - l'azienda slovena di proprietà statale al 100 % che sta curando il progetto per la realizzazione della seconda linea ferroviaria sulla tratta Divaccia-Capodistria - nel corso della seduta informale che il Consiglio comunale di San Dorligo della Valle ha dedicato a un tema molto discusso. La nuova rotaia infatti passerà a poche centinaia di metri dalla Val Rosandra «con il grave rischio - ha evidenziato il capogruppo dei Verdi Alen Kermac - di creare un dissesto alla rete idrica sotterranea della zona, oltre che danni all'equilibrio naturale della Val Rosandra stessa e del territorio che la circonda».Sono stati numerosi i consiglieri comunali che hanno presentato quesiti, in particolare Alessandro Coretti, Roberto Potocco (in qualità di presidente della Commissione Ambiente) ed Eva Zerjul della Lista Insieme, il vicesindaco Goran Cuk di Rifondazione e lo stesso Kermac. Tali quesiti hanno spaziato dai temi ambientali a quelli sociali, passando per quelli economici, e sempre in relazione alle conseguenze che un'opera di queste dimensioni comporterà.«Se realizzando le gallerie incontreremo corsi d'acqua - ha spiegato Martin Tomazin, responsabile per le relazioni esterne della 2Tdk, accanto al quale c'erano il direttore generale Pavel Hevka e il responsabile tecnico Marko Zitnoik - si cercherà di deviare la linea ferroviaria, garantendo la continuità delle portate d'acqua. Utilizzeremo esplosivi. Sono previsti sia un piano per la rimozione delle macerie che la costruzione di canali per il deflusso delle acque reflue». Tomazin ha poi ricordato che «la Valutazione d'impatto ambientale ebbe inizio nel 2012 e fu mandata al ministero italiano da cui non è mai arrivata una risposta. Osservazioni sono invece arrivate dalla Regione Friuli Venezia Giulia, alle quali abbiamo risposto, ottenendo l'autorizzazione a costruire nel 2016».«Le spiegazioni sono fumose e scolastiche - ha replicato Kermac - perché sono previsti 35 chilometri di tratta con molte gallerie e non riceviamo oggi alcuna rassicurazione sulla tutela dell'ambiente in territorio italiano. Ricordo che anche l'assessore regionale Fabio Scoccimarro - ha concluso - si è dichiarato contrario all'opera. Il vostro progetto è inaccettabile».-

Ugo Salvini

 

 

«Futuro laminatoio, così Muggia avrà voce in capitolo» - l'intervento di PD e Rifondazione nel dibattito
MUGGIA. "Affaire" laminatoio alle Noghere, intervengono Pd e Rifondazione. I dem hanno prodotto un documento in nove punti sulle criticità, o presunte tali, emerse dalla firma del protocollo d'intesa: un testo che «non obbliga in nessun modo alla sottoscrizione dell'accordo di programma necessario per avviare le successive fasi», specifica Massimiliano Micor, segretario rivierasco, aggiungendo che ad oggi «non esiste alcun progetto». Sul motivo della firma del protocollo d'intesa da parte del Comune di Muggia Micor spiega che questo «consente al Comune stesso di essere parte coinvolta direttamente nelle fasi precedenti la sottoscrizione di un accordo di programma. Il Comune non figurava, nell'ipotesi iniziale, tra i soggetti coinvolti nel protocollo, mentre lo erano Mise, Regione, Coselag, Autorità portuale, Metinvest e Danieli. A leggere certe dichiarazioni parrebbe quasi che sarebbe stato preferibile evitare qualsiasi ruolo del Comune. Questa idea ci pare non solo non condivisibile ma totalmente sbagliata, perché avrebbe voluto dire solo essere liberi di subire decisioni di altri». E sulla clausola di riservatezza Micor sostiene che non si tratta affatto di secretazione: «Esistono elementi commerciali, o informazioni personali, che necessitano di tale tutela e altri elementi per i quali la riservatezza può essere esclusa». Così invece il dirigente provinciale di Rifondazione Dennis Visioli: «I comunisti di Muggia comprendono le preoccupazioni degli abitanti. Ma siamo anche preoccupati perché purtroppo c'è un altro pericolo, ossia che qualcuno utilizzi appunto loro preoccupazioni solo per fare propaganda elettorale». Per Visioli «ad oggi i soggetti migliori con cui rapportarsi sono i sindacati che sono capaci di distinguere tra posti di lavoro e produzioni sane e il loro contrario. Stimoliamo il Comune e soprattutto la Regione a fare in modo che quella che per ora è una notizia diventi una situazione con dati certi su cui la popolazione, allora sì, potrà decidere se scendere in piazza o condividere un'occasione di sviluppo».

Luigi Putignano

 

 

Il bike sharing piace: punte da 250 prelievi di sabato e domenica
Molto utilizzati gli stalli di piazzale 11 settembre a Barcola con l'avvio della stagione balneare. Ridotti gli atti vandalici
Il bike sharing piace a triestini e turisti e negli ultimi giorni registra una media di 190 prelievi al giorno, che sale a 250 nel weekend. In calo, almeno in questo contesto, gli atti vandalici che in passato si erano ripetuti con più frequenza. C'è una maggior attenzione al servizio, gestito dalla Trieste Trasporti, sempre più utilizzato, anche se non mancano episodi di maleducazione, come una due ruote gettata in acqua qualche settimana fa a Barcola e segnalata sui social anche da diversi utenti. Danneggiamenti i cui responsabili sono facilmente individuabili, sia attraverso le telecamere, sia attraverso i dati che la persona deve inserire per utilizzare il mezzo. «Il servizio di bike sharing sta andando molto bene - spiega Michele Scozzai, responsabile delle relazioni istituzionali di Trieste Trasporti -, direi che siamo al di sopra di quelle che erano le nostre aspettative, con una media di 190 prelievi al giorno nell'ultima settimana, e un picco di quasi 250 prelievi quotidiani nei weekend. I danneggiamenti e gli atti vandalici sono al momento molto limitati - precisa -: Trieste si sta dimostrando anche in questo caso molto rispettosa del bene comune: gli episodi più significativi si contano sulle dita di una mano, e in tutti i casi le biciclette sono state immediatamente ripristinate e rimesse in servizio, compresa quella che la settimana scorsa è stata buttata in mare, peraltro da una persona che potrebbe già essere stata individuata dalle forze di polizia». Disponibili 12 ciclostazioni e un centinaio di biciclette. Per registrarsi e poter utilizzare i mezzi, compresi quelli elettrici, basta collegarsi al sito bicincitta.com o scaricare l'app Bicincittà. Tre i profili tariffari, il primo dedicato a chi usa sistematicamente il servizio, il secondo pensato per chi lo fa occasionalmente e il terzo riservato alla clientela turistica. Consultando le piattaforme online è possibile vedere, in tempo reale, quanti mezzi sono liberi, quanti i posti disponibili ed eventualmente quante bici non sono attive. Gli stalli sono posizionati in piazza Libertà davanti alla stazione, in piazza Oberdan lato via Carducci, in via del Teatro Romano, in Riva del Mandracchio davanti alla Stazione Marittima, in piazza Hortis, in Riva Ottaviano Augusto a pochi metri dalla Stazione Rogers, in piazzale 11 settembre a Barcola, particolarmente gettonati con l'avvio della stagione balneare. E ancora in viale XX settembre nella zona del Teatro Rossetti, in via Cumano in prossimità dei musei, al park Bovedo di viale Miramare, in Porto vecchio sia nel piazzale principale sia accanto alla rotonda.

MI.B.

 

Europa verso il divieto -  Addio alle auto diesel e benzina a partire dal 2035
Bruxelles Benzina e diesel addio. Le auto tradizionali potrebbero uscire di scena se la Commissione europea confermerà le proposte per una mobilità sostenibile che circolano sotto forma di bozze. Lo stop alla produzione di veicoli con motori a combustibili fossili dovrebbe scattare nel 2035, quale misura del più ampio pacchetto per la sostenibilità che l'esecutivo comunitario presenterà il mese prossimo (14 luglio). Il commissario responsabile, Frans Timmermans, mantiene il massimo riserbo. Si limita a garantire che si tratterà di una proposta che riguarderà ogni modalità di trasporto.

 

 

Economia sostenibile - Generali, addio alle centrali a carbone in Repubblica Ceca
Generali non fornirà più la copertura assicurativa alle centrali elettriche a carbone della utility Cez Group nella Repubblica Ceca. Le due compagnie che finora assicuravano gli impianti, Generali Ceska e Ceska Kooperativa (gruppo Vig), hanno raggiunto un'intesa con Cez, che ha trovato soluzioni assicurative alternative finché le centrali non verranno dismesse, per ritirare la loro copertura dall'anno prossimo. «Concordiamo con la comunità scientifica sulla necessità di una rapida decarbonizzazione, a partire dal settore dell'energia. Negli ultimi due anni abbiamo deciso di non rinnovare la copertura assicurativa di quattro gruppi legati al carbone dai quali non abbiamo ottenuto una risposta soddisfacente su loro piani di transizione. Aggiorniamo costantemente la nostra strategia per combattere la crisi climatica», afferma Generali Ceska in una nota. Prosegue così il processo di uscita dal settore del carbone e più in generale da quelle attività che hanno un impatto particolarmente negativo sull'ambiente da parte del gruppo triestino. L'esposizione assicurativa ai combustibili fossili a livello globale del Gruppo Generali è inferiore allo 0,1% dei premi danni, ha spiegato la compagnia di Philippe Donnet. I vertici Generali hanno chiarito nell'ultima assemblea di avere interrotto i rapporti di business con quattro aziende su otto che non avevano presentato piani per una transizione giusta, come riportato nella Relazione Annuale Integrata 2020. Nel periodo 2018-2020 il Leone ha realizzato 6 miliardi di euro di nuovi investimenti green e sostenibili, superando con un anno di anticipo l'obiettivo strategico di 4,5 miliardi di euro entro il 2021.

pcf

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 giugno 2021

 

 

Il parco pubblico del Rio Ospo si affida a una nuova gestione
Manutenzione e pulizia in capo alla Cooperativa Querciambiente che si avvarrà de L'Altra Italia Ambiente, dell'Hockey Club e della ditta Patrizia Cattaruzza
MUGGIA. Si prospetta un'estate a pieno ritmo e di possibile ulteriore sviluppo per il parco del Rio Ospo, che non è solo la struttura pubblica più estesa della provincia con spazi espressamente dedicati ai cani, ma che è stato pensato appunto anche come un autentico parco pubblico attrezzato affinché la collettività possa usufruire dei diversi servizi presenti e partecipare a eventi, manifestazioni e iniziative organizzabili in loco. Inaugurato nel luglio del 2014, il parco - situato alla foce del corso d'acqua che rappresenta il "limes" con l'Istria - è una maxi area da quasi 18 mila metri quadrati che il Comune di Muggia ha in concessione dall'Autorità portuale fino al 31 dicembre 2022. Area per la quale l'ente rivierasco si era avvalso finora - per l'attività di custodia, pulizia e manutenzione ordinaria - della collaborazione a titolo gratuito dell'Interland Consorzio Cooperativa Sociale, collaborazione autorizzata a propria volta dalla stessa Autorità portuale. Scaduta la convenzione con il precedente gestore dell'area, sarà ora la Cooperativa Querciambiente a occuparsi del parco per quanto concerne la stagione estiva 2021, fino a ottobre di quest'anno, oltre a dare avvio a una fase di co-progettazione finalizzata ad assicurare continuità e stabilità nel tempo proprio nell'ottica di un un'attenta gestione e di un preciso sviluppo dell'area stessa. Allo scopo di rendere tale parco il migliore luogo possibile della zona per lo svago e il relax, tra l'azzurro del mare e il verde della rigogliosa e curata vegetazione dell'area, la manutenzione del verde pubblico e dei manufatti presenti, la periodica svuotatura dei cestini nonché la pulizia dell'intero comprensorio saranno, quindi, in carico alla cooperativa sociale triestina, che ha peraltro la sua sede operativa proprio a Muggia. Per la co-progettazione e il piano di valorizzazione dell'area, inoltre, la Querciambiente sarà accompagnata quest'estate da altri tre soggetti, ossia l'Associazione L'Altra Italia Ambiente, l'Asd Hockey Club Trieste e la ditta Patrizia Cattaruzza che, collettivamente e singolarmente, si occuperanno di programmare attività educative, ricreative, sportive e ludiche nel parco stesso.«Si tratta di un'area - evidenzia l'assessore alla Valorizzazione del patrimonio Stefano Decolle - che in questi anni è stata restituita alla comunità come zona gratuita, ed è stata fatta crescere, nel rispetto della natura, come luogo funzionale, pubblico, libero e per tutti». Un'area che, rimarca Decolle, ora «sarà riqualificata ancor di più grazie alla titolarità che quest'amministrazione ha ottenuto su Molo Balota, così come quella guadagnata sulla Sp 14 sarà funzionale allo sviluppo della nostra costa, dove a breve sarà restituita alla comunità un'altra zona pubblica, gratuita, libera e per tutti, e parlo del parco di Acquario». Su quest'ultimo punto l'assessore apre anche uno spiraglio sulla "questione" senso unico in direzione Lazzaretto: «Personalmente credo che i tempi siano ora maturi anche per una sperimentazione di una nuova viabilità che veda testare per l'appunto il senso unico in direzione Lazzaretto». Il parco del Rio Ospo, negli anni, è stato protagonista di diverse opere di riqualificazione che hanno visto, tra l'altro, la posa a dimora di piante per siepe a cosiddetta "mitigazione ambientale" e di un camminamento con piastre anti-trauma, la realizzazione di due "ring sgambatura" per cani e di box singoli per lo stazionamento degli stessi. Dotato di un'area gioco per bambini e di un campo di beach volley, è munito pure di tavoli e panchine per riposo e pic-nic e di un chiosco risto-bar, fresco di riverniciatura.

Luigi Putignano

 

 

Nuovi binari vicini alla Val Rosandra: 2TDK a San Dorligo - l'audizione
Sarà una seduta del Consiglio comunale di notevole importanza quella in programma stamani alle 9 (con l'opzione online) nell'aula del Municipio di San Dorligo della Valle. Saranno presenti infatti, per rispondere ai quesiti che saranno loro posti dai consiglieri, i membri della Direzione della 2TDK, l'azienda slovena che sta gestendo il discusso cantiere per la costruzione del secondo binario della linea ferroviaria Capodistria- Divaccia, che corre vicino alla Val Rosandra. L'incontro si è reso opportuno, viste le notevoli polemiche esplose negli ultimi mesi, dopo che i Verdi italiani e sloveni hanno sollevato una serie di problematiche di natura ambientale riferite al progetto.

(u.sa.)

 

 

Tana delle nutrie a Rabuiese tappata con reti e sassi
La denuncia dei volontari che si occupano della sterilizzazione: «Senza il nostro intervento sarebbero morte di fame»
Procede il progetto di sterilizzazione delle nutrie del Rio Ospo. In questi giorni, però, proprio durante un tentativo di cattura dei roditori che i volontari effettuano per procedere appunto alla sterilizzazione, è stato scoperto che l'ingresso di un ricovero era stato ostruito da una rete e da dei grossi massi. Con l'obiettivo raccapricciante di causare una morte di stenti delle nutrie all'interno delle proprie tane. A raccontare l'increscioso è stato Christian Bacci, uno dei volontari che ha scoperto la "trappola mortale": «Io e altri due volontari, Marco Debernardi e Lorenza Pisanello, eravamo andati a tentare la cattura di una nutria come ogni mercoledì, per il progetto NutriAmoSperanze. Il progetto mira a contenere il numero delle nutrie tramite sterilizzazione ed è sottoscritto da Comune di Muggia, MujaVeg ed Enpa». Si tratta di un progetto alternativo al piano di eradicazione regionale che prevede l'abbattimento delle nutrie, ed è concordato con Regione e Ispra. «Ieri - prosegue Bacci - siamo arrivati nei pressi del centro commerciale Arcobaleno sul torrente Rabuiese e abbiamo notato che ignoti avevano posizionato una rete in metallo, bloccata con pesanti pietre, proprio all'uscita di un pluviale del parcheggio del supermercato Famila, dove le nutrie notoriamente si ricoverano durante i momenti più caldi della giornata. All'interno del tubo c'era almeno una nutria che cercava di uscire. Se noi, o qualcun altro, non fossimo intervenuti per liberare la tana, sarebbero morte di inedia». Per quanto esista un piano di eradicazione regionale, spiega Bacci, «questo non si applica alle nutrie di Muggia in considerazione del progetto sperimentale in atto». In ogni caso anche nel resto della Regione la soppressione va fatta secondo determinate procedure e da personale autorizzato, sennò si può essere soggetti all'articolo 544 bis del Codice penale. «Sono molte le famiglie che portano i bambini a vedere le nutrie proprio in questo posto», stigmatizza il volontario: «È questo quello che vogliamo trasmettere alle future generazioni?».

lu.pu.

 

 

Dentro l'impianto che non dorme mai dove i rifiuti diventano energia elettrica

Il termovalorizzatore di via Errera brucia ogni ora 8 tonnellate e mezza di immondizia. Tre caldaie e una turbina compiono la trasformazione.

Un grande salvagente rossiccio rimane impigliato nell'impressionante morsa del "ragno" d'acciaio, che continua imperterrito il suo lavoro, affondando la presa in una montagna di circa seimila tonnellate di rifiuti, che finiranno la loro corsa sul pianeta Terra in forni a 900 gradi. Il tutto sotto gli occhi vigili dei gruisti che, da una sala di vetro sospesa che ricorda la cabina di pilotaggio di un aereo, selezionano i rifiuti e li fanno finire tra le "fauci" del ragno, manovrando, con piccoli ma sapienti movimenti, una leva che assomiglia a un joystick. Siamo nel cuore e nell'area più spettacolare del termovalorizzatore di Hestambiente (gruppo Hera), in via Errera, nella zona industriale di Trieste. Un impianto inaugurato nel gennaio del 2000, dove vengono raccolti, inceneriti e trattati i rifiuti urbani non differenziabili della città, ricavandone energia elettrica: una quantità importante, pari ai consumi di circa un quarto delle famiglie triestine. Il colpo d'occhio, dalla sala gruisti, è forte: sotto si estende, nella sua imponenza, la fossa, con una capacità teorica di contenere fino a 10 mila tonnellate di rifiuti, «anche se non si arriva mai a questi numeri - spiega Livio Russo, responsabile dei termovalorizzatori di Trieste e Padova della società - e ci si aggira solitamente attorno al 50% della capienza». Carte e cartoni, bottiglie, scatole, borse di plastica: in via Errera, nell'enorme impianto mangia-rifiuti triestino, si trova un po' di tutto. Qui arrivano circa 170 mila tonnellate di immondizia all'anno prodotte nelle case, che diventano appunto energia, attraverso un procedimento complesso che impiega 45 lavoratori diretti e una ventina di indiretti. Ma come inizia e come termina questo processo? Il primo passaggio si consuma poco dopo l'ingresso principale di via Errera: i camion e i camioncini contenenti i rifiuti (un carico può variare tra le cinque e le 20 tonnellate) entrano e si posizionano su una piastra metallica, una sorta di maxi bilancia sopra l'asfalto. Qui vengono pesati con il loro carico (lo saranno anche all'uscita, per verificare esattamente quanto materiale hanno conferito all'impianto) e, subito dopo, sono sottoposti a un controllo radiometrico, per accertare che non vi sia del materiale radioattivo (che eventualmente andrebbe separato e trattato a parte). Qui, come detto, arrivano solo i rifiuti urbani indifferenziati, oltre ai cosiddetti "sovvalli", ossia gli scarti della raccolta differenziata: una volta passato il controllo del peso e quello radiometrico, i mezzi salgono nell'area chiamata avanfossa, da dove scaricano, attraverso apposite porte, i rifiuti nella fossa. A questo punto entrano in campo i gruisti, che movimentano manualmente, attraverso una piccola leva, l'immondizia accumulata nella fossa per caricare i forni nei quali verrà bruciata. «È qui che si gioca uno dei momenti più importanti di tutto il processo - spiega ancora Livio Russo - perché è frutto di esperienza e attenzione: contano l'occhio e l'abilità degli addetti, che non possono semplicemente prendere dei rifiuti a caso, ma devono selezionarli e mixarli prima di gettarli nei forni. Il motivo è semplice: va inserito materiale che ha più o meno lo stesso potere calorifico, perché la temperatura all'interno dei forni deve mantenersi sempre in equilibrio. I gruisti con il tempo hanno affinato la capacità di capire il potere calorifico dei singoli oggetti a occhio e miscelare il carico in modo corretto». Nei tre forni presenti nell'impianto vengono bruciate 8,5 tonnellate di rifiuti all'ora. Di queste, il 22% circa diventa cenere che viene trattata in modo particolare per essere riutilizzata: trasferita in impianti specializzati, servirà per realizzare ad esempio i new jersey rossi e bianchi che si vedono nei cantieri stradali. Ma per il restante 78% i rifiuti arsi si trasformano in energia elettrica, grazie a tre caldaie che producono vapore che alimenta una turbina che a sua volta genera energia elettrica (i dettagli nell'articolo a destra). L'impianto di via Errera è sempre in funzione, notte e giorno, sette giorni su sette. «Dei rifiuti non si butta via niente - spiega Riccardo Finelli, responsabile comunicazione di AcegasApsAmga -. Va ribadita la necessità e l'importanza di differenziare i rifiuti a casa, perché quello è il primo passo cruciale per garantire la loro corretta gestione. Quello che non viene differenziato finisce al termovalorizzatore - conclude - ma non viene sprecato, anzi, è completamente riutilizzato in modo efficiente».

Elisa Coloni

 

Filtri e "docce" speciali per ripulire i fumi - E i dati sulle emissioni sono subito online
Le procedure che neutralizzano le sostanze inquinanti al centro di un iter votato alla sicurezza e alla trasparenza
Una produzione di energia elettrica pari a circa un quarto dei consumi delle famiglie triestine: sono i numeri del termovalorizzatore di via Errera, che brucia rifiuti, li tratta e li converte in energia che confluisce nella rete nazionale di Terna, arrivando così sotto nuova forma nella case degli italiani, triestini compresi. Tutto nasce dai potenti forni presenti nell'impianto, che inceneriscono le immondizie (non differenziate): i fumi scaldano l'acqua contenuta nelle grandi caldaie, che producono il vapore che poi alimenta la turbina che genera energia elettrica. Il processo di lavorazione e combustione dei rifiuti produce ovviamente delle emissioni: come viene garantito che ciò che esce dal camino dell'impianto, alto 100 metri, non impatti in alcun modo sulla qualità dell'aria che respiriamo? Viene assicurato con uno specifico trattamento dei fumi, per fare in modo, appunto, che non siano pericolosi per la nostra salute e l'ambiente. Dalle caldaie escono delle condotte che portano i fumi al trattamento. Nella prima fase, questi entrano in una torre di reazione all'interno della quale vengono immessi bicarbonato di sodio e carboni attivi, che eliminano le sostanze acide. Poi vengono fatti passare attraverso i filtri a maniche in gore-tex, nei quali depositano le particelle più piccole. Infine, la torre di lavaggio rappresenta l'ultimo passaggio della lavorazione dei fumi: questi vengono sottoposti a una doccia con soda caustica, per eliminare eventuali tracce di polveri sottili residue e altre sostanze acide, per un livello ulteriore di sicurezza. «Ciò che esce dal camino di questo impianto è assolutamente sicuro e non inquinante - sottolinea il responsabile del termovalorizzatore, l'ingegner Livio Russo -. Le emissioni, che sono abbondantemente inferiori ai limiti di legge, sono pubblicate in tempo reale sul sito internet di Hera Ambiente, per permettere a tutti i cittadini di verificare ogni giorno cosa esce da qui ed entra in atmosfera. È una questione di trasparenza cui teniamo molto, a garanzia dell'ambiente e della salute di tutti noi». «Il monitoraggio di tutto il procedimento si effettua nella sala di controllo - spiega Alessandro Freno, ingegnere dei processi -. Qui, attraverso sofisticati macchinari e computer teniamo sotto controllo 24 ore su 24 ogni aspetto, dall'arrivo dei rifiuti nell'impianto al funzionamento dei forni, fino alla produzione di energia elettrica, che si attesta tra i 105 e i 110 gigawattora all'anno. L'energia viene poi immessa nella rete di Terna per ritornare nelle case delle persone di tutto il Paese in un'altra forma».

El. Col.

 

 

Una impresa su cinque è attiva nella filiera dell'idrogeno a Nordest - INDAGINE DI INTESA SAN PAOLO
Trieste. Un'impresa nordestina su cinque è attiva nel settore delle fonti rinnovabili ed è coinvolta nella filiera dell'idrogeno. Il dato emerge da uno studio di Intesa Sanpaolo, secondo cui in queste aziende esiste una «propensione all'innovazione (un'azienda su quattro ha almeno un brevetto) e capacità di crescita superiori alla media del manifatturiero e anche alla media dei settori di appartenenza (principalmente meccanica, elettronica ed elettrotecnica). Il comparto delle energie rinnovabili è cruciale per la tradizione energetica e vede 400 aziende italiane che producono componentistica per impianti, per un fatturato complessivo di 23 miliardi di euro e quasi 60 mila occupati nel 2019. Secondo il rapporto «l'idrogeno rappresenta una nuova opportunità per il tessuto industriale italiano, in grado di generare una filiera competitiva, così come è avvenuto nell'ambito delle tecnologie rinnovabili». Senza considerare i big player, Intesa ha trovato circa 120 imprese della filiera dell'idrogeno per un totale di 7 miliardi di euro di fatturato e oltre 19 mila occupati al 2019: «L'Italia ha già raggiunto buoni risultati negli ultimi anni ma gli obiettivi al 2030 implicano che la capacità totale di produzione di energia rinnovabile venga quasi triplicata in 10 anni».

 

 

Bioest al Parco di San Giovanni. Musica, teatro e prodotti naturali

Domani e domenica si apre la storica fiera con espositori anche da Austria e Slovenia

In parte ridotta nei numeri ma consolidata nei contenuti. Appare così quest'anno la struttura organizzativa di "Bioest", la fiera del biologico e dei prodotti naturali, in programma domani e domenica nel parco di San Giovanni. Edizione numero 27, un progetto a cura dell'Associazione Bioest - Gruppo Ecologista Naturista di Trieste, organizzato in collaborazione con il Comune di Trieste e con il supporto di Arci Servizio Civile. Un copione che si ripete quello di "Bioest", disegnato dalle cifre del pensiero ambientalista, da scampoli di musica, animazione, mostre, e dal corredo di espositori provenienti non solo dall'Italia ma dalla Slovenia, Austria e Croazia. «Quest'anno si prospetta una edizione ridotta rispetto alle precedenti annate - sottolinea Tiziana Cimolino, anima di "Bioest" - questo in termini di espositori presenti, un numero dimezzato in seguito alle difficoltà sorte durante il periodo della pandemia. Noi restiamo comunque una delle prime fiere del biologico a ripartire in Italia, siamo stati tra i primi a divulgare questi temi». Ad avvolgere il filo della due - giorni ci pensa il tema denominato "Tutti giù per Terra", un richiamo alle priorità del pianeta , tra salvaguardia e cultura da tramandare soprattutto alle nuove generazioni. Il piano della manifestazione si nutre poi di aspetti classici, dai laboratori ai mercatini, passando per le passeggiate e alle vetrine in salsa new age e spiritualità popolare. La ristorazione? Non manca ma pone l'accento, secondo costume, sulle istanze del veganesimo e del pensiero vegetariano. La fiera si espande in cinque delle aree del Parco di San Giovanni: Prato, Chiesa, Villas, Glicine e Rosa. Il taglio ufficiale del nastro è programmato alle 11 di domani, giornata che apre tuttavia i battenti dalle 10 con "Io mangio come voi", incontro con il Gruppo Mamme alla Pari, e che poi regala altri appuntamenti come l'animazione a cura del Teatro degli Sterpi, i laboratori con carta di riciclo o in terra cruda, la visita all'apiario di San Giovanni e la presentazione dei corsi della Associazione Arkai. Nel pomeriggio spazio ad altri laboratori, alla conferenza dell'Arci Servizio Civile e alla musica, quella a tinte Irish di Drunken Sailor e del folk di "Regalo di Ajosa". Domenica altri capitoli della saga socio - ambientalista. Alle 10 e alle 18 si passeggia all'insegna del "ChiWalking", e poi teatro di strada, Yoga dinamico con Paola Pisani, laboratori, animazione per i bimbi e incontri giocati in casa, ovvero sul tema della salute mentale e sui servizi a favore della comunità. Ulteriori informazioni sul sito www.bioest.org o scrivendo a info@bioest.org.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 giugno 2021

 

 

Piano particolareggiato del centro storico: ok dell'aula di Muggia
Dieci i sì, sei i no. Le opposizioni contestano le disposizioni sugli infissi delle abitazioni e i vincoli della Soprintendenza
Muggia.È passata in Consiglio comunale la variante relativa al piano di recupero, regolamento dei dehors e per l'abbattimento delle barriere architettoniche del centro storico muggesano. Non è stata una gestazione facile. Su 16 consiglieri presenti, 10 hanno votato a favore e 6 hanno espresso voto contrario. Il punto più contestato è stato quello relativo alla tipologia di materiale - solo legno - per gli infissi. Per il capogruppo dem Riccardo Bensi, «la bontà del piano particolareggiato è dimostrata dalla presentazione di sole 11 osservazioni e nessuna opposizione. Tuttavia resta l'amaro in bocca per vari motivi: primo perché la prima parte delle osservazioni non è stata accolta a causa anche del parere espresso dalla Soprintendenza, e mi riferisco a quelle sul tipo d'infissi da usare, in quanto queste decisioni devono essere prese tenendo conto delle realtà del territorio e dei bisogni reali dei cittadini; secondo perché le osservazioni che non potevano essere accolte perché non attinenti al piano particolareggiato erano del tutto strumentali». «Piena soddisfazione per l'approvazione» da parte del capogruppo ex Sel, Antonino Ferraro, anche se «con il rammarico di non aver visto accogliere da parte della Soprintendenza alcune osservazioni avanzate dai nostri concittadini». Dall'opposizione, per il capogruppo FdI Nicola Delconte, che ha sollevato la questione dehors, «il piano presenta gravi lacune a partire dal rapporto con la Soprintendenza che non valuta le ricadute economiche delle assurde scelte che impone, come la riduzione delle concessioni per i tavolini in piazza. Porteremo la questione in Regione». Secondo il consigliere leghista Giulio Ferluga, «alla fine la maggioranza ha approvato una scatola svuotata delle sue parti più utili e interessanti. L'attuale maggioranza ha però preferito approvare il piano particolareggiato subito, senza cercare prima di risolvere con la Soprintendenza». Voto contrario anche dalla civica Roberta Tarlao, che ritorna sugli infissi, perché «nonostante fossimo stati rassicurati su alcune migliorie e agevolazioni come l'utilizzo di materiali simil-legno soprattutto per i piani strada oramai soggetti ad allagamenti, alla fine ne è scaturito un problema di non conformità al piano paesaggistico regionale». Infine per l'ex dem Marco Finocchiaro, «il piano non interagisce con il resto della città consolidata, con la mobilità sostenibile ed il trasporto pubblico locale, e sembra avere una visione quasi medioevale di chiusura all'interno delle vecchie mura».

Luigi Putignano

 

 

Arriva la eco rivoluzione nei trasporti - È la strada per cercare di salvare il mare
Oggi a Genova l'evento targato Green&Blue. Dibattiti e interviste in diretta web dal Blue District del Porto Antico
GENOVA. La stanno ancora cercando, quella petroliera fantasma che ha lavato le cisterne al largo delle coste della Corsica. In mare adesso ci sono due enormi chiazze scure di greggio che si sono ormai estese per 20 miglia e rischiano di rovinare l'ecosistema dell'isola. Non serve andare dall'altra parte del mondo per avvertire la necessità di dover fare in fretta qualcosa se vogliamo salvare i nostri mari e i nostri oceani. Ed è un'esigenza ormai entrata anche nella testa delle aziende, non più soltanto dei gruppi ambientalisti. Per evitare che si ripetano casi come quello recentissimo della petroliera al largo della Corsica, o quello più pesante che ha visto l'affondamento di una portacontainer al largo delle coste dello Sri Lanka e lo sversamento in mare di tonnellate di prodotti nocivi, è la stessa industria del trasporto marittimo che sta provando a darsi delle regole. Il percorso è accidentato: l'Occidente spinge per regole più strette e un taglio netto delle emissioni, ma diversi Paesi asiatici - e non solo - preferirebbero maglie più larghe. Sta di fatto che qualcosa - forse ancora troppo poco - si sta muovendo. E gli armatori e gli azionisti sulla tolda di comando delle mega navi che trasportano passeggeri e merci nel mondo, provano ad attrezzarsi. A volte con l'aiuto dei governi, più spesso con le proprie forze. L'Italia non fa eccezione e sta cercando di svecchiare la flotta dei traghetti che attraversa Tirreno e Adriatico ormai da troppi decenni. La sfida è mettere insieme i protagonisti di questa annunciata eco rivoluzione così da evitare che rimanga ferma nel mezzo della difficile attraversata. E al tempo stesso aumentare la sensibilità individuale, perché poi sono anche i comportamenti singoli a pesare sullo stato di salute dei mari. Lungo questi fili conduttori si dipanerà l'evento "Un Oceano da salvare" di Green & Blue, l'hub del gruppo Gedi dedicato alla sostenibilità. Genova è il teatro di questo appuntamento in diretta dal Blue District del Porto Antico a partire dalle ore 18 e che potrete seguire collegandovi a www.greenandblue.it.Il direttore del Secolo XIX Luca Ubaldeschi condurrà il dibattito sulle strategie da mettere in campo per salvare gli Oceani, cercando anche di approfondire le motivazioni che dovrebbero spingerci naturalmente verso quello scopo. E infatti il sindaco di Genova Marco Bucci, appassionato velista e in prima fila per l'organizzazione della tappa della regata The Ocean Race, farà gli onori di casa. Poi toccherà a Fabio Pozzo, giornalista de La Stampa, che attraverso le parole e i racconti di Alex Bellini e le fotografie di Alessandro Rota, cercherà di far raccontare il mare in tutti i suoi risvolti. Bellini è l'esploratore italiano per antonomasia, capace di attraversare l'Oceano in solitaria. Rota invece narra attraverso le immagini la parte più nascosta del mare: i fondali. Federica Brignone, la vincitrice della Coppa del Mondo di sci alpino, lega la montagna e il mare con il progetto "Traiettorie Liquide", grazie al quale si batte contro l'inquinamento dell'acqua. Laura Castellano è la biologa responsabile Mediterraneo e Acque Fredde dell'Acquario di Genova e con lei si potrà parlare della biodiversità dei mari. Luciano Pirovano, sustainable development director di Bolton Food, approfondirà invece il tema della pesca sostenibile e spiegherà le azioni del progetto "Insieme per gli Oceani" del WWF, rappresentato dal regional manager Alessandro Buzzi. La protezione dell'ambiente marino parte da terra ed è per questo che durante l'evento scopriremo i piani per elettrificare i moli dei porti commerciali del nostro Paese con i progetti di Enel spiegati da Sonia Sandei, head of Electrification del gruppo. Pietro Sibello, ligure di Albenga, randista di Luna Rossa e tra i più famosi marinai d'Italia, chiuderà l'evento che porterà Genova a consolidare il ruolo di capitale del mare.

Simone Gallotti

 

 

SEGNALAZIONI - Beni pubblici - Mobilitiamoci per l'acqua

Gentile direttore,esattamente 10 anni fa abbiamo votato per l'acqua pubblica, per difendere i servizi pubblici e i beni comuni. Per celebrare questo momento come Forum Beni Comuni Fvg abbiamo organizzato un evento via web per parlare di acqua ed energia nucleare. A che punto siamo? Con i relatori Marco Iob, coordinatore referendario per FVG e Dario Predonzan, ambientalista storico, abbiamo definito il quadro odierno per la nostra regione, ma anche quello delle politiche nazionali e internazionali sul tema. Oggi quella vittoria è più che mai sotto attacco. L'attuale versione del Piano nazionale di ripresa e resilienza risulta in "perfetta" continuità con l'azione dei governi precedenti. Questa è tesa a disconoscere e tentare di cancellare l'esito referendario: un ulteriore incentivo verso la gestione mercantile dei beni comuni, un evidente mancato rispetto d ella volontà popolare. Non abbiamo ancora completato il recesso dal ciclo nucleare risolvendo in modo razionale e partecipato con le comunità locali l'eredità radioattiva di una stagione a nostro parere infausta. Oggi si riprende l'ipotesi di rilancio del nucleare sotto varia forma, sia per la produzione di energia elettrica che della filiera dell'idrogeno. I cittadini dieci anni fa si sono espressi con il referendum: contro il nucleare civile e militare. Un'occasione di dibattito, anche per la nostra città: un modo per rimettere al centro i ragionamenti su servizi e spazi pubblici, sull'idea di città solidale e accogliente che in questo anno e più di pandemia tante realtà hanno continuato a praticare, sui diritti negati che con ostinazione i cittadini intendono riprendersi. Questo anno ci ha compressi e provati tutti in diversi modi, nulla di più lontano da quella stagione referendaria in cui si stava sempre assembrati. Ma quei temi sono ancora attuali e quell'energia senz'altro scorre ancora.

Tiziana Cimolino - Forum acqua pubblica Fvg

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 giugno 2021

 

 

Siderurgia- Laminatoio alle Noghere Cgil: «Subito un confronto»
Muggia. Continua a tenere banco la questione Noghere. Nei giorni scorsi si è tenuta la riunione tra la Cgil di Trieste e il Coordinamento Cgil di Muggia con punto all'ordine del giorno sulla valutazione dei nuovi insediamenti industriali nella Valle delle Noghere. «Crediamo - ha commentato il segretario camerale di Trieste, Michele Piga - che nuove iniziative industriali connesse ai traffici portuali del territorio con la filiera siderurgica del Fvg siano positive per l'economia e l'occupazione, vista l'attuale debolezza economica, come denunciamo da anni, ma comprendiamo che la questione tra lavoro, salute e ambiente necessita di percorsi partecipativi reali. Condividiamo le preoccupazioni espresse dai cittadini rispetto alla clausola di riservatezza contenuta nel protocollo di intesa che ha come capofila il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga». Intanto la Cgil ha già avviato un percorso di confronto con tutti i soggetti firmatari del protocollo di intesa. Il primo, tenutosi assieme a Cisl e Uil, con il Presidente Coselag Zeno D'Agostino unitamente al consiglio di amministrazione dello stesso, ha chiarito i tempi di realizzazione delle infrastrutture e le acquisizioni dei terreni inclusi nei fondi complementari al "Piano nazionale di ripresa e resilienza" e il loro utilizzo. Al fine di portare elementi concreti per la discussione da affrontare pubblicamente con i cittadini, le categorie della Cgil hanno chiesto un incontro con l'azienda direttamente interessata per valutare l'impatto dell'operazione sul territorio, in termini economici, lavorativi, ambientali e di viabilità».

Lu. Pu.

 

 

Cancellati 35 ettari di verde - A Fernetti si leva la protesta
Residenti, operatori e Comune contro il futuro insediamento produttivo appena oltre confine. «Rumori, vibrazioni e nessuna informazione sul progetto»
MONRUPINO.  Un polmone verde di 35 ettari, ricco di alberi secolari e doline, trasformato, in un paio di mesi, in un deserto destinato ad accogliere insediamenti industriali e artigianali, a pochi passi dal confine con l'Italia. Rumori e vibrazioni, provocati dai mezzi che operano nell'area, registrati dai proprietari delle case e delle attività esistenti sul versante italiano. La sindaca di Monrupino, Tanja Kosmina, che lamenta «l'assoluta mancanza di informazioni relative al progetto». Esplode violenta, a Fernetti, la polemica causata dal cantiere avviato in territorio sloveno, a ridosso della linea confinaria con l'Italia. A farsi carico della protesta è un folto gruppo di residenti, formato da chi vive e lavora nel territorio comunale di Monrupino, a ridosso del confine, da italiani che hanno scelto di andare ad abitare a Orlek, frazione del Comune sloveno di Sesana, e da sloveni le cui case sono collocate proprio a ridosso della zona in cui si sta alacremente scavando.«Nel giro di poche settimane - spiega Marco Gregoretti, titolare del pubblico esercizio collocato nel piazzale dell'ex confine di Fernetti e proprietario del terreno che confina con la Slovenia, proprio nel punto in cui stanno operando gli scavatori dell'impresa incaricata dello sbancamento - abbiamo visto scomparire alberi e cespugli, per fare posto a una triste distesa di terra, grande appunto 35 ettari, destinata ad accogliere insediamenti di cui non si conosce la natura». E qui si alza, forte, la voce di Kosmina: «Mi sono rivolta a tutte le autorità competenti - precisa - ma nessuno ha saputo darmi una risposta adeguata. Le forze dell'ordine italiane che operano nella zona mi hanno detto di essere all'oscuro del progetto. Il sindaco di Sesana, David Skabar, con il quale ho sempre avuto proficui contatti, in questo caso tace. Sono molto preoccupata - insiste - perché, quando questo nuovo insediamento sarà operativo, il nostro piccolo Comune sarà stretto fra l'autoporto di Fernetti e i capannoni che sorgeranno nell'area oggi in fase di trasformazione. In sostanza Fernetti sarà in mezzo a una morsa». «Ci troveremo al cospetto di una realtà - riprende Gregoretti - di cui non conosciamo le caratteristiche, con mezzi pesanti che si muoveranno a tutte le ore del giorno e della notte, causando un inevitabile inquinamento atmosferico. Tutto questo - prosegue - senza pensare all'aspetto demografico. Se dovessero arrivare centinaia di lavoratori, con famiglie al seguito, quest'area, in cui c'è sempre stata tranquillità, potrebbe vivere una metamorfosi molto profonda. Auspichiamo - conclude - che i progettisti abbiano pensato a una fascia cuscinetto, in grado di preservare le nostre case». Contattato, anche il console della Slovenia a Trieste, Vojko Volk, dichiara di essere totalmente all'oscuro delle caratteristiche del progetto: «Non le conosco - è la sua risposta -, del resto non è mio compito occuparmi di quanto avviene in Slovenia. Il mio ruolo è ben diverso e consiste nell'occuparmi degli sloveni che vivono e operano a Trieste». «Nemmeno il cartello sistemato all'ingresso del cantiere - è la chiosa di Kosmina - fa capire qualcosa che vada oltre al nome dei progettisti. Restiamo in trepida attesa di saperne di più».

Ugo Salvini

 

 

Alle 19 - Plastica alternativa all'Aperiblu

All'interno del festival "MareDireFare", in corso fino al 20 giugno, sono previsti alcuni momenti di approfondimento. L'Antico Caffè San Marco ospiterà il ciclo Aperiblu, una "degustazione scientifica". Oggi, alle 19, si terrà l'incontro su "Plastica alternativa" con Federica Nasi, Alessandra Giorgetti, Chiara Altobelli (Ogs) e Maurizio Spoto (Amp Miramare). Nell'incontro parleremo di plastica, dei progetti per misurare i rifiuti in mare e dei problemi per gli organismi acquatici, con un menù a base di plastica alternativa.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 15 giugno 2021

 

 

Spiagge e Fondali Puliti 2021 di Legambiente : centinaia di azioni di pulizia dal 14 al 16 maggio in tutta Italia, e anche in Friuli Venezia Giulia.

I volontari hanno raccolto rifuti di ogni genere sulla spiaggia di Canovella de' Zoppoli (Comune di Duino Aurisina).
In seguito al monitoraggio “Beach Litter” svolto da Legambiente a fine aprile su 47 spiagge
italiane, è stata trovata una media di 783 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia.
A Canovella sono stati censiti ben 1.046 rifiuti, in gran parte di plastica: soprattutto pezzi di reti
per la coltivazione dei mitili, frammenti di plastica e polistirolo, bottiglie, bicchieri e contenitori
di plastica, tappi e coperchi, bastoncini del cotton fioc.
L’indagine di Legambiente è una delle più importanti azioni a livello internazionale di citizen science,
ovvero il risultato di un monitoraggio eseguito direttamente dai circoli di Legambiente, da volontari e
cittadini, che ogni anno setacciano le spiagge italiane contando i rifiuti presenti, secondo un protocollo
scientifico comune e riconosciuto anche dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, a cui ogni anno vengono
trasmessi i dati dell’indagine per completare il quadro a livello europeo.
I rifiuti censiti da Legambiente sono di ogni forma e tipo, per lo più usa e getta, legati principalmente
agli imballaggi, al consumo di cibo e ai rifiuti da fumo: dalle bottiglie ai contenitori e tappi di plastica,
dai mozziconi di sigaretta ai calcinacci e ai frammenti di vetro, per arrivare a dischetti, guanti e
mascherine. La plastica resta il materiale più trovato dei rifiuti spiaggiati. Su circa un terzo delle
spiagge campionate, la percentuale di plastica eguaglia o supera il 90% del totale dei rifiuti monitorati,
mentre sul 72% dei lidi monitorati sono stati rinvenuti guanti usa e getta, mascherine o altri oggetti
riconducibili all’emergenza sanitaria Covid-19. In particolare le mascherine sono state rinvenute sul
68% delle spiagge monitorate, i guanti usa e getta sul 26%.
L’inquinamento da plastica in mare e sulle spiagge resta, insieme all’emergenza climatica, l’altra
grande questione ambientale e mondiale da affrontare con interventi e politiche mirate e quasi la metà
dei rifiuti spiaggiati monitorati sono proprio i prodotti al centro della direttiva europea sulla plastica
monouso, ossia prodotti usa e getta, dalle bottiglie di plastica alle stoviglie, dai mozziconi di sigaretta ai
cotton fioc, solo per citarne alcuni. Per questo Legabiente chiede a gran voce che l’Italia emani
entro il 3 luglio 2021 il decreto legislativo di recepimento della direttiva europea pensata per
bandire e ridurre la produzione e commercializzazione di alcuni prodotti di plastica monouso su
tutto il territorio nazionale.
Il 42,3% del totale dei rifiuti monitorati da Legambiente è costituito da quei prodotti usa e getta al
centro della diretta europea, detta anche SUP (Single Use Plastics), che prevede a riguardo misure
specifiche. Per le bottiglie e i contenitori di plastica, inclusi i tappi (e anelli)– ne sono stati trovati
oltre 5000 sulle spiagge monitorate da Legambiente - è stato proposto l’obiettivo di raccolta del 90% al
2025 e si dovrà riciclare almeno il 90% delle bottiglie per bevande entro il 2029, con un target
intermedio del 77% al 2025.
Per prevenire, sensibilizzare e informare le amministrazioni e cittadini, incoraggiando una corretta
gestione dei rifiuti e una partecipazione attiva, Legambiente organizza la campagna Spiagge e fondali
puliti, che coinvolge migliaia di volontari che ogni anno raccolgono dati scientifici sul beach litter e si
attivano per ripulire le spiagge.
Sabato 15 maggio i volontari di Legambiente Trieste, con l'aiuto di Trieste Altruista, hanno
raccolto numerosi sacchi di rifiuti spiaggiati o abbandonati lungo la spiaggia di Canovella
de'Zoppoli, in comune di Duino Aurisina.
Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE Trieste

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 giugno 2021

 

 

Traffico di rifiuti in Friuli - Un arresto e 23 indagati - Chiusi 2 depositi abusivi - indagine della procura di Trieste
Ventitre inquisiti, un arrestato e due depositi abusivi chiusi per traffico di rifiuti. L'operazione, coordinata dal sostituto procuratore Federico Frezza, è stata messa a segno in Friuli dalla Procura di Trieste, competente per materia in regione. Dei 23 indagati, 14 sono ghanesi, 4 camerunensi, 2 ivoriani, 2 nigeriani e 1 italiano. Risiedono tutti in provincia di Udine, tranne due (residenti a Gorizia e Firenze). L'arrestato, scoperto dagli agenti della polizia stradale in flagranza di reato, è un camerunense di 47 anni che vive a Majano. I due depositi abusivi di rifiuti chiusi dall'autorità giudiziaria si trovano a Udine e a Pradamano; contenevano svariate tonnellate di pneumatici da smaltire e centinaia di batterie esauste. L'inchiesta del pm Frezza aveva avuto origine nel 2019, quando gli agenti avevano notato un numero anomalo di furgoni che trasportavano vecchi pneumatici. Insospettiti dai numeri del fenomeno, i poliziotti avevano seguito i mezzi e individuato la destinazione della merce. Decine le persone coinvolte nel recupero e nello stoccaggio di pneumatici. Il materiale veniva poi caricato a bordo di container per raggiungere i porti di Genova, Gioia Tauro e Trieste. Qui venivano collocati su navi cargo dirette verso i porti africani (Camerun e Ghana prevalentemente). Nel corso delle attività di indagine la polizia stradale di Udine è riuscita a fermare e sequestrare presso gli scali di partenza numerosi container che nascondevano decine tonnellate di pneumatici fuori uso per un giro d'affari di straordinaria ampiezza. Complessivamente sono state sequestrate 120 tonnellate di pneumatici e centinaia di batterie esauste.

 

 

Laminatoio, scintille fra Forza Muggia e la sindaca Marzi
MUGGIA. All'indomani della manifestazione di Aquilinia che, stando agli organizzatori, ha portato in piazza oltre 200 manifestanti, arrivano le prime reazioni dal mondo politico rivierasco. Ed era prevedibile che arrivassero, tenuto conto che tra una manciata di mesi ci saranno le elezioni amministrative, e ad oggi la politica locale in maniera trasversale non si è espressa con convinzione sulla questione del laminatoio, anche perché oltre a un opuscolo di 12 pagine, non sono trapelate chissà quante informazioni sul progetto. C'è attendismo quindi. Così il coordinatore di Forza Muggia, Andrea Mariucci: «Sul progetto del laminatoio a caldo nella valle delle Noghere la giunta Marzi questa volta ascolti il parere dei muggesani. Non ripeta gli errori fatti in passato con la raccolta differenziata e altre scelte che sono state calate sul territorio. Questa volta i cittadini devono avere la possibilità di essere informati su ogni dettaglio e di esprimere il proprio parere, di cui un buon sindaco deve sempre prendere atto». Pronta la risposta della prima cittadina Laura Marzi: «Mariucci può solo testimoniare che su questo argomento e su altri io ho sempre voluto informare la popolazione informando chi, come i capigruppo, sono chiamati dal sistema democratico su cui sono costruite le nostre Istituzioni a rappresentare tutti i cittadini, di tutti gli orientamenti politici. E così continuerò a fare fino alla fine del mio mandato». Si prospetta un'estate rovente sulla questione, anche alla luce del trend di crescita del numero di manifestanti tra la prima e la seconda manifestazione.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 giugno 2021

 

 

Aquilinia, la protesta dei residenti contro l'acciaio alle Noghere
Partecipata assemblea pubblica indetta da Trieste Verde sul possibile insediamento di Metinvest
MUGGIA Un'assemblea, quella di Trieste Verde, molto partecipata: si è tenuta ieri mattina ad Aquilinia per trattare la questione del possibile insediamento del laminatoio alle Noghere, e ha potuto contare sul supporto del neocostituito Comitato Noghere. In tanti si sono riversati nello spiazzo davanti alla farmacia della frazione per dire no all'arrivo della fabbrica di Metinvest in un'area che nel corso degli anni ha subito numerosi sfregi ambientali, i cui risultati sono ancora sotto gli occhi di tutti, con un'area inquinata tra le più importanti del Paese. Abbiamo sentito la voce di chi ad Aquilinia e alle Noghere vive: «Siamo molto preoccupati - spiega Nicla D'Incecco, tra i manifestanti - sia dal punto di vista ambientale, perché si agirà su terreni già inquinati, e poi perché l'insediamento è previsto a pochi metri dall'abitato e da laboratori artigianali come Ulcigrai, Amigos. È inquietante inoltre il livello di segretezza imposto dagli enti coinvolti». Sul fronte occupazionale, sempre D'Incecco, sostiene che «bisognerebbe sapere quanti muggesani effettivamente lavorino al Montedoro Freetime e da Barilla, insediamenti che al tempo del loro arrivo avrebbero dovuto occupare soprattutto i muggesani». Anche Daniel Giurgevich è preoccupato e arrabbiato per la piega che sta prendendo la situazione: «Ho un figlio di 4 anni e una casa costruita con il sudore della mia famiglia, in una zona di pace e verde, tutta la vita di sacrifici per avere un po' di natura e libertà, e ora pensare di avere rumore e inquinamento mi strazia l'animo. Mi opporrò con tutte le miei forze per bloccare questa costruzione». Per Marina Furlani «è ora di finirla con il solito ricatto lavoro-salute. Mi chiedo se la finiranno mai di tormentare noi e il nostro piccolo territorio, spesso in balia di strane cordate e progetti con il fine magari di prendersi una fetta di recovery per poi lasciare solo macerie desolate e inquinate come si è il sempre verificato qui a Trieste e Muggia. Penso che sarebbe più utile e redditizio il lavoro di bonifica, non possiamo diventare il terzo mondo». Infine per Fulvio Stefani l'insediamento «è una cosa improponibile», ma mestamente ritiene che «se hanno deciso di insediare lo stabilimento lo faranno a tutti i costi». Maurizio Fogar, del circolo Miani e Trieste Verde si è detto soddisfatto di quanto visto ieri mattina: «sono arrivate 220 persone, contate una ad una, da noi e dalla Polizia - con l'incontro che è andato al di la delle più rosee aspettative. Per darvi un'idea del clima che si è respirato - ha sottolineato - il Comitato Noghere è passato da 8 a 54 componenti, con le persone in fila per aderire al gruppo promotore, e ad offrirsi per le attività di pubblicizzazione e distribuzione dei 4000 nuovi volantini informativi per la prossima assemblea che si terrà domenica 27 giugno nel cuore di Muggia, alle ore 11, in piazza della Repubblica. In quell'occasione - ha specificato Fogar - si punterà a informare, sensibilizzare e coinvolgere la popolazione sull'annunciata acciaieria "green ma non troppo" alle Noghere e sui dragaggi sui fondali del Vallone di Muggia che sono formati da metri stratificati di fanghi tossici, con tutti i rischi che ne conseguono».

Lu.Pu.

 

«Trasparenza inesistente» e Fogar va in Procura - l'esposto
Muggia. Lo scorso 3 giugno Maurizio Fogar, a nome di Trieste Verde e Circolo Miani, ha presentato un esposto-denuncia alla Procura della Repubblica di Trieste con la quale si chiede, relativamente al protocollo d'intesa siglato tra Regione Fvg, Comune di Muggia, Coselag, Autorità portuale, Metinvest e Danieli, e specificatamente al capitolo ottavo dello stesso protocollo relativo all' "obbligo di riservatezza", se sussista l'ipotesi di reato, perché venuto meno l'obbligo di trasparenza, pubblicità e diritto di accesso agli atti da parte di enti pubblici coinvolti. Fogar ha definito «un tradimento della Costituzione la sottoscrizione del protocollo d'intesa da parte di quattro enti pubblici, due elettivi e due di nomina».

Lu. Pu.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 giugno 2021

 

 

Magazzini Greensisam destinati alla Regione: il valore totale raddoppia
Una delibera dell'assessore Giorgi modifica il Piano comunale delle alienazioni: l'edificio numero "2" in Porto vecchio passa da 2,7 a 4,4 milioni e il "4" da 2 a 5
Tanto per gradire, "Villaggio Greensisam" in Porto vecchio raddoppia il valore degli edifici destinati alla Regione. Una delibera pirotecnica illumina il cielo dell'immobiliare comunale: tra variazioni di stima e nuovi beni avviati sul mercato, ecco una manovra "aggiornativa" del Piano alienazioni-valorizzazioni che significa, sommando le modifiche in più e in meno, un movimento superiore ai 5,5 milioni. Dalla prossima settimana l'assessore Lorenzo Giorgi dovrà attrezzarsi a un lungo viaggio che toccherà le circoscrizioni, le commissioni competenti, l'aula del Consiglio comunale. Scelte e numeri che è presumibile accenderanno un vivace dibattito. Per ottenere rapidamente quotazioni affidabili, la civica amministrazione si è affidata a professionisti esterni. Le partite più interessanti, in termini di modifica valutativa, riguardano i due magazzini del "villaggio Greensisam" in Porto vecchio pronti a transitare alla Regione Fvg, villa Cosulich, l'ex mensa Crda, l'immobile all'angolo tra via Gatteri e via Giotto.Subito una sorpresa, probabilmente non entusiasmante per la Regione, che ieri l'altro si è messa in contatto con la dirigenza comunale per capire l'evolversi degli eventi: la nuova stima dei magazzini nel "quartiere Maneschi", all'inizio del Punto franco vecchio di fianco al Molo IV, acclara che il "2" sale da 2,7 a 4,4 milioni e il "4" cresce addirittura da 2 a 5 milioni. La qualcosa implica che il valore dei due immobili, in predicato di passare alla Regione desiderosa di trasformarli in uffici, s'impenna di ben 4,7 milioni. La perizia non è frutto di una supposizione razzolata negli anfratti catastali, ma di quanto elaborato dal professor Stefano Stanghellini, uno dei più apprezzati esperti nazionale di estimo. Lievita anche l'ex mensa Crda in via Carli, firmata da Marcello D'Olivo, da 2,6 a 2,8 milioni. Irrilevante la modifica di un locale d'affari in via Biasoletto, cresciuto da 11.000 a 12.600 euro. In compenso la delibera di Giorgi, messa a punto dal dirigente del servizio Luigi Leonardi, riporta alcuni significativi "meno". A cominciare da villa Cosulich in strada del Friuli, più che dimezzata da quasi 2 milioni a un clamoroso 904.000 euro, proseguendo con l'edificio Gatteri-Giotto, dove una volta funzionava un centro civico, che flette da 1,3 a poco più di 1 milione di euro. Passiamo ai «nuovi cespiti da valorizzare», come intitola il paragrafo dedicato a sei proprietà che verranno messe all'asta. La pietanza più prelibata è sicuramente l'ex Duke, lo stabilimento salumiero che il Comune acquistò alcuni anni fa dall'Ezit in liquidazione per 1,2 milioni con l'obiettivo di trasformarlo in mercato ortofrutticolo e di liberare così l'area annonaria di Campo Marzio (quotata sulla carta 26 milioni). Il Municipio intende rivendere l'ex Duke a 1,5 milioni: fonti della civica amministrazione parlano di un possibile compratore, che sarebbe il corriere Gls, attualmente stanziato in via Morpurgo.La cessione della dismessa realtà alimentare sottende un tema avvincente: poiché Dipiazza è fermamente convinto di cedere Campo Marzio che andrebbe riconvertito in albergo-parcheggio-wellness, dove finirebbe allora il mercato ortofrutticolo, che, per quanto non più vivace come una volta, ha pur sempre una quindicina di operatori attivi?Un'ipotesi da non scartare potrebbe essere quella dell'ex Manifattura Tabacchi, periodica candidata ad accogliere verdura e frutta in luogo di articoli da fumo, proprietà di Cassa depositi e prestiti (Cdp). Se ne era parlato all'epoca cosoliniana, se ne era accennato durante il terzo mandato Dipiazza. Adesso c'è una novità che potrebbe riportare in auge la soluzione vicina al Canale navigabile: Francesco Fracasso, il "rigeneratore urbano" veneziano già all'opera in tre teatri cittadini (corso Saba, ex Conti, ex Maddalena), ha presentato un'offerta a Cdp per acquistare l'ex produttrice di sigarette. Suo alleato è Giovanni Rocelli, che ha comprato Italcementi insieme a Roberto Tassi. Cdp dovrebbe aprire le buste entro la fine di giugno. In febbraio Fracasso non aveva escluso che l'ex Manifattura potesse avere un destino alimentare.

Massimo Greco

 

 

La corsa al parcheggio gratis sulla bretella con lo slalom di ciclisti e runner fra le auto
Molto gettonati gli spazi ai lati del collegamento fra largo Santos e Centrale idrodinamica, anche dai lavoratori pendolari
Ciclisti e runner si fanno largo fra le tante macchine che sfilano avanti e indietro sulla strada di collegamento fra largo Città di Santos e la Centrale idrodinamica. La corsa al vaccino, ma non solo, ha reso questa che inizialmente era una passeggiata alternativa in centro città, un percorso pieno di insidie dovuto alla contemporanea presenza di pedoni e autovetture. Sono i pendolari che cercano qui un parcheggio prima di recarsi a lavoro, finendo con il creare un lungo serpentone di auto che dal vecchio ingresso del porto, nelle ore di maggiore affluenza, arriva fino al magazzino 26. «A regolare l'afflusso delle macchine c'è una segnaletica un po' vecchia risalente ancora alla gestione dell'Autorità portuale - specifica il comandante della Polizia locale, Walter Milocchi -. Ora la strada è di proprietà comunale ed è consentito parcheggiarvi, fatta eccezione per la parte iniziale vicina al Silos». Nel frattempo il tratto in questione si suddivide fra runner, ciclisti e automobilisti, che si ingegnano il meglio possibile fra le "sine" sporgenti della vecchia ferrovia del porto, buche, dossi e una segnaletica poco chiara. «Quando devo venire in centro parcheggio sempre qui - spiega Rudi Vittori - soprattutto da quando il prezzo del parcheggio del Molo Quarto è aumentato. Da quel giorno, come forma di protesta, ho deciso di venire a parcheggiare qui, faccio due passi in più e ci guadagno in salute». Positive le opinioni riscontrate riguardo la futura sistemazione della bretella. «Se si vuole ambire a diventare una città turistica è necessario iniziare da queste piccole cose - ci tiene a sottolineare Lara mentre è in sella alla bicicletta -: nuovi collegamenti, più piste ciclabili, ma soprattutto più spiagge. Senza di quelle non faremo mai il salto di qualità necessario a trasformarci in una vera città europea a vocazione turistica». Anche Mauro Delvecchio è solito tagliare per il Porto vecchio con la sua bici da corsa. «È un tratto di strada sempre più trafficato - racconta -, è sempre di più la gente che lo utilizza per cercare un parcheggio. Se lo rimetteranno a nuovo non potrà che giovarne tutta la città». Passa spesso per questa strada pure Marco, studente di San Donà, che una volta completati gli studi ha deciso di rimanere a Trieste. «Sono sempre più all'ordine del giorno i litigi fra automobilisti che cercano parcheggio - spiega -, i ciclisti e chi fa jogging. Oltre a sistemare la sede stradale, mi auguro che mettano ordine con percorsi specifici dedicati ad automobilisti, pedoni e ciclisti, in modo - conclude - da evitare situazioni spiacevoli in futuro».

Lorenzo Degrassi

 

Corsie pedonali e per le biciclette nei prossimi lavori da 10 milioni
Il tratto vedrà il via al cantiere in inverno. Progetto in fase di validazione - Il sindaco Dipiazza: «Tolto il vincolo dai binari, operazione in dirittura»
Nuove asfaltature, un percorso pedonale e un altro ciclabile, aiuole, sottoservizi. Quella che andrà in scena nei prossimi mesi sulla bretella che collega largo Città di Santos al Magazzino 26 e da lì al nuovo centro congressi è una vera e propria rivoluzione destinata a modificare l'aspetto della zona fra il Porto vecchio e il perimetro esterno della stazione ferroviaria. Si tratta di un progetto da quasi 10 milioni di euro. «A breve partiranno i lavori di quella che sarà l'entrata e l'uscita del Porto vecchio - spiega il sindaco Roberto Dipiazza -. Con un'arteria interna completamente rinnovata collegheremo largo Città di Santos alla Centrale idrodinamica e alla nuova rotatoria di viale Miramare». Non si tratterà di rendere soltanto più agevole il percorso per gli automobilisti. «Dal momento che quella strada è utilizzata sempre di più sia dai ciclisti che dai pedoni - prosegue Dipiazza - da qui la necessità che sul nuovo percorso venga realizzata anche una pista ciclabile che correrà parallela al muro della ferrovia». I lavori, superati i problemi legati soprattutto ai vincoli paesaggistici, dovrebbero partire nel giro di pochi mesi. «Naturalmente abbiamo dovuto fare mille acrobazie a causa del complesso iter burocratico - precisa il sindaco -, ora però siamo entrati nella fase finale dell'operazione e a breve andremo in gara. Attendevamo che fosse tolto il vincolo dai binari che attraversano la strada e che attualmente la rendono oltremodo sconnessa e pericolosa». «È in corso la fase di validazione del progetto - specifica il responsabile di Territorio, economia e ambiente del Comune, Giulio Bernetti -: si tratta di un'operazione da quasi 10 milioni di euro che nel giro di un mese dovrebbe andare in gara e poi, il prossimo inverno, avranno inizio i lavori. Ciò che è importante sottolineare è che non verrà rifatta solo l'asfaltatura della bretella, ma l'intero percorso sarà rimesso completamente a posto con annesso percorso pedonale, verranno impiantati nuovi alberi, realizzate delle aiuole, ricostruita la linea elettrica, il tutto partendo sempre dal varco di largo Città di Santos fino a davanti il magazzino 26». Oltre ai lavori in superficie verranno rifatti i sottoservizi fino al centro congressi. Riguardo al tema della sosta lungo la bretella, «verranno costruiti nuovi parcheggi nell'area - conclude Bernetti - ma solo attorno al magazzino 26, mentre quelli non ufficiali, presenti ora lungo la strada, saranno tolti per lasciare spazio alla pista ciclabile».

L.D.

 

 

La giovane Elisa ribelle solitaria che lotta per la Terra

La singolare testimonianza in piazza Cavana "Temo i cambiamenti climatici: agiamo"

«Quando di notte mi sveglio per l'ansia che mi causa la crisi climatica, mi domando se anche gli altri provino lo stesso. Se ci pensano, non ci pensano oppure cercano di non farlo. Ecco perché sono venuta qui». Elisa è un'attivista del movimento internazionale Extinction Rebellion, che ieri ha portato anche a Trieste l'iniziativa della ribellione individuale: una nota stampa spiega che ciò consiste nel fatto che alcune persone si seggano da sole, in mezzo al traffico oppure in luoghi pubblici come piazze e mercati, reggendo cartelli che esprimono le loro paure per guerre, miseria, fame e altre catastrofi che affliggono l'umanità. Elisa ha raccontato di avere 28 anni, di essere originaria del Friuli, di aver studiato ingegneria navale nell'ateneo giuliano e di lavorare attualmente come meccanico dei grandi motori. Ha portato la sua testimonianza in piazza Cavana, ma azioni analoghe sono già accadute in diverse altre città del mondo, stando a quanto si evince dai canali di comunicazione del movimento. La ragazza ha anche scritto una lettera, stampata in più copie, che ieri sono state distribuite ai passanti interessati. Ecco un estratto del testo: «Sono sicura che anche tu senti il mio terrore. Forse quando fa capolino cerchi di non pensarci ed evitare notizie che riguardano il cambiamento climatico, ma basta niente per svegliarlo. Ti prego, cerca di non soffocarlo. Quel terrore è saggio, è una guida». La sezione del Fvg di Extinction Rebellion vuole una «vera transizione ecologica, attraverso la partecipazione attiva di cittadini e cittadine, dell'amministrazione comunale e di quella regionale. In generale le nazioni del G7 hanno fallito nel rispettare gli impegni climatici».

L.G.

 

 

LO DICO AL PICCOLO - il Comune tuteli l'ex carcere di via Tigor, edificio di pregio

Gentile direttore, il Comune ha dismesso da circa 25 anni il palazzo di via Tigor che fu a lungo sede carceraria. L'ha lasciato andare in rovina. Nel frattempo ha cercato di venderlo. Ma ora il Piano particolareggiato del centro storico permette che venga demolito e ricostruito in stile moderno come autosilo anche di 6-7 piani (3-4 superficiali ed eventualmente 1 seminterrato e 2 interrati), con possibile ampliamento nella corte. Dall'operazione ci guadagnerebbe solo l'investitore privato acquistando il bene per una cifra irrisoria e vendendo i posti auto a residenti locali. Lo stabile sotto minaccia è il gemello sfortunato del corpo di fabbrica di via Madonna del Mare 13. Entrambi hanno quasi 200 anni e presentano elementi architettonici di pregio. Ma il Comune, il proprietario, ha ridotto il primo a rudere mentre ha restaurato il secondo, adibendolo a biblioteca civica, museo e archivio diplomatico. Perché tanta disparità? L'area poi è a rischio archeologico, scoscesa, cedevole e vicina a due scuole. Il suggestivo muro di cinta ottocentesco in conci di arenaria verrebbe bucato per ricavarvi i due fori d'accesso delle auto all'incrocio con le vie Stampa e Marcello. Gli alberi delle corti esterne sarebbero in pericolo. L'amministrazione comunale, rispondendo con imbarazzo alle proteste, ha dichiarato che potrebbe anche decidere di recuperare l'immobile e destinarlo a finalità diverse. Bene. Allora lo metta subito in sicurezza evitando ulteriori crolli, la crescita delle edere, modifichi il Ppcs vietandone l'abbattimento e destinandolo a funzioni bibliotecarie, museali o culturali, lo tolga dal Piano alienazioni e lo restauri come merita.

Paolo Radivo

 

 

Nuova centrale nucleare magiara - A Vienna scatta già l'allarme
Studio commissionato dall'Agenzia governativa: ipotesi faglie sismiche nell'area dell'impianto Paks II
BELGRADO. Una nuova mega-centrale nucleare, da realizzare con un controverso prestito straordinario di Mosca, potrebbe rivelarsi molto pericolosa. Perché costruita in zona sismica. È il timore che si sta facendo largo a proposito dell'impianto ungherese di Paks II, che in un futuro non lontano andrà a sostituire la vecchia Paks, dotata oggi di quattro reattori di produzione sovietica e costruita negli Anni Settanta. La nuova Paks sorgerà più o meno nello stesso luogo della precedente, con il coinvolgimento di Rosatom, grazie a un investimento di oltre 12 miliardi di euro, di cui ben 10 coperti da fondi russi: si tratta di uno dei progetti di punta del governo Orbán. Ma sul futuro impianto cominciano ad addensarsi nuvole nere. Arrivano dalla vicina Austria - già in trincea in passato contro Paks II - attraverso un rapporto commissionato dall'Agenzia governativa per l'ambiente a due tecnici di fama, i geologi Kurt Decker ed Esther Hintersberger, che hanno analizzato a fondo gli studi geologici e di sicurezza utilizzati dall'Ungheria per concedere a Paks II una delle licenze per il sito scelto per l'insediamento del grande nuovo impianto nel sud dell'Ungheria, a ridosso del Danubio, che sarà dotato di due nuovi reattori da 1.200 MW. E hanno scoperto dettagli ritenuti in prospettiva preoccupanti. Nello studio austriaco, infatti, si sostiene che il cosiddetto "Site Safety Report", compilato dal management di Paks II, ometterebbe «dati rilevanti» contenuti invece nel "Geological Site Report", elaborato da altri esperti. Il rapporto sulla sicurezza del sito "sponsorizzato" dalla centrale, sostengono gli studiosi austriaci, assicura che «eventi sismici occorrenti nell'area di ricerca in uno spazio di tempo di centinaia di migliaia di anni» non sarebbero infatti «in grado di spostare significativamente la superficie» del terreno e perciò l'area dovrebbe considerarsi sicura. Non ne sono convinti però Decker ed Hintersberger, che sulla base delle ricerche del "Geological Site Report" hanno segnalato che la zona della centrale vecchia e nuova si troverebbe proprio su faglie sismiche. Ricerche a circa 700 metri dalla centrale, in particolare, hanno evidenziato delle «fratture» che sarebbero riconducibili a «due terremoti» che portarono a dislocazioni permanenti del terreno, molto significative, circa 19-20 mila anni fa. Ma ci sono altre indicazioni tecniche che fanno pensare che la cosiddetta zona di faglia "Dunaszentgyörgy- Harta" sia «attiva e capace» di produrre effetti rilevanti, sempre a quanto si può leggere nello studio. In pratica, è lo j'accuse nemmeno troppo celato tra le righe degli scienziati austriaci, le autorità magiare avrebbero glissato su problemi seri nascosti nell'area sottostante a Paks, dove «non si può escludere scientificamente l'accadere potenziale» di un sisma anche significativo, come richiederebbe anche la legislazione ungherese, terremoto che porti a spaccature del terreno pericolosissime, se nell'area sorge una centrale nucleare. Per questa ragione, «il sito di Paks II dovrebbe essere definito non idoneo», si legge nelle conclusioni dello studio, ribadite nei giorni scorsi da Decker durante una conferenza online. Budapest «deve ritirare i permessi e cercare un altro luogo per Paks II», ha così attaccato, sulle basi delle nuove evidenze, il funzionario governativo austriaco Franz Meister, citato dal portale Euobserver.Preoccupazioni erano già state espresse in analisi dei media magiari, in testa il portale Atlaszlò - che aveva parlato 4 anni fa dei potenziali rischi sismici nell'area di Paks - e che sono state condivise da diversi eurodeputati i quali ad aprile hanno chiesto lumi alla Commissione. Lumi su un progetto che rischia di far passare notti insonni a molti a Budapest, alle capitali a essa vicine - Vienna in testa - e a Bruxelles.

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 giugno 2021

 

 

Parco di villa Necker: l'obiettivo riapertura in un documentario
S'intitola "O mi aprite, o non germoglio più" - Il comitato segue il passaggio al Comune
Un papà e il figlio, interpretati dall'attore Maurizio Zacchigna e dal piccolo René, che s'ingegnano a trovare una soluzione per entrare nel parco di villa Necker. E poi tante interviste, tra cui quella allo scrittore e giornalista Paolo Rumiz, che frequentò il giardino durante la sua infanzia, ripercorrono la storia ma anche le emozioni provate quando l'area verde nel rione di San Vito era fruibile al pubblico. Con "O mi aprite, o non germoglio più", il documentario prodotto grazie a dei contributi regionali dall'associazione giovanile #MaiDireMai - #NikoliReciNikoli (testo teatrale di Zacchigna) e presentato ieri al Circolo della stampa alla presenza pure del presidente Pierluigi Sabatti, il comitato "Ritorno al parco" continua a mantenere i fari accesi sul grande spazio in attesa che avvenga il passaggio del bene dall'Agenzia del Demanio al Comune. Stimolare l'apertura e partecipare alla gestione del parco è infatti il fine del comitato, che ha anche avviato una petizione da quasi 1.200 adesioni - ha sottolineato una dei membri, Chiara Fabbretti -, in attesa di essere consegnata al sindaco. L'intento è di lavorare non in contrapposizione ma «in un'alleanza pratica e ideale con chi vuole perseguire il medesimo obiettivo». Sul futuro utilizzo del sito hanno dato la propria opinione pure i cittadini, attraverso un sondaggio dell'istituto Ixè, perché «è cruciale fare un'analisi della potenziale utenza e ascoltare i bisogni della cittadinanza», ha evidenziato Margherita Sartorio Mengotti per il comitato. Il documentario ha visto al lavoro una decina di ragazzi under 25 e la regia di Alice Pennone, presidente dell'associazione, e Rosa Maria Roccatagliata, local manager di Igers Trieste e regional manager di Igers Italia. --

Benedetta Moro

 

 

I rifiuti ingombranti ritirati a domicilio - la novità a Sgonico
SGONICO Arriva una novità nel servizio di gestione rifiuti ingombranti per gli utenti di Sgonico. Grazie a un accordo fra l'amministrazione e la Isontina Ambiente, dalla prossima settimana sarà a disposizione un servizio per il ritiro degli ingombranti a domicilio. Sarà sufficiente rivolgersi al numero verde 800844344, da lunedì a venerdì, dalle 8 alle 20 e il sabato dalle 8 alle 13, oppure utilizzare l'app IsApp. Sarà inoltre riorganizzata l'apertura del Centro di raccolta di Sgonico, accanto alla palestra comunale. I cittadini potranno accedere il primo e il terzo sabato di ogni mese, con orario 9-12, consegnando ingombranti, rifiuti ferrosi, legno, verde, batterie di automobili, apparecchiature elettriche ed elettroniche, lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi, asciugatrici, tv e monitor.

U.Sa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 giugno 2021

 

 

Un anno di ritardo per il Parco del mare

Copertura bancaria frenata dagli effetti della pandemia: si cerca una nuova soluzione. Costa e Icop: "il progetto va avanti"

L'onda lunga del Covid colpisce il Parco del mare. In tempi pandemici le banche sono restie a finanziare grandi imprese turistiche e i due proponenti, la friulana Icop e i genovesi di Costa Edutainment, hanno chiesto alla Camera di commercio tempo fino a settembre per definire gli aspetti finanziari del progetto. Un bel ritardo rispetto all'idea originaria di cantierare in autunno, dice il presidente della Cciaa Antonio Paoletti: «Il Covid non è colpa di nessuno, purtroppo così perdiamo un anno».Giovanni Battista Costa è il fondatore e direttore dell'area strategia di Costa Edutainment, la società che ha in gestione, fra gli altri, il grande acquario di Genova. L'esempio, insomma, di quel che il Parco del mare dovrebbe essere per Trieste. L'ultimo anno è stato pesantissimo per il settore, conferma, anche se la riapertura presente getta uno spiraglio di luce: «Ora le cose stanno camminando bene, manca ancora il turismo internazionale ma anche quello arriverà», dice. Certo è che in queste condizioni l'accesso al credito è tutt'altro che immediato. Anche il ritardo nel caso del Parco del mare, spiega Costa, «è legato alla finanza, quando si fanno queste operazioni serve una copertura adeguata». L'imprenditore conferma l'interesse della società: «È sempre forte, perché il progetto è molto bello, e so che anche per la Regione è un'idea di rilancio per il territorio».Nell'autunno dello scorso anno la cordata aveva proposto il progetto alla Cciaa forte del sostegno di Iccrea Bancaimpresa, che aveva accettato di finanziarlo. Nei primi mesi del 2021, però, era emersa l'impossibilità di utilizzare lo strumento del project leasing su un demanio dello Stato, onde la necessità di rivedere il progetto nel suo complesso. È a questo punto che il sostegno accordato in precedenza da Iccrea è venuto meno, e ora il tema delle coperture va rivisto daccapo: «C'è bisogno di una nuova delibera da parte delle banche - dice il patron di Icop Vittorio Petrucco -. In principio avevamo Iccrea, ma nella seconda fase ci han detto che l'interesse c'è ma non in questo momento. Per cui su di noi non ci sono obblighi, possiamo anche trovare qualcun altro. Certo è che Iccrea conosce bene il progetto, e appena ci saranno le condizioni è quella con cui sarà più facile riavviare il ragionamento».I prossimi mesi, quindi, saranno dedicati al vaglio dei possibili finanziatori, nella speranza che il miglioramento delle condizioni comporti anche un allentamento dei freni che il credito si è imposto in tempi di magra. Il presidente della Camera di commercio della Venezia Giulia Paoletti assicura: «Il progetto non è a rischio. La sfortuna è stata che la pandemia è durata a lungo, da ottobre a maggio il mondo del turismo è rimasto bloccato. L'Acquario di Genova così come tutti i parchi tematici. A livello finanziario le aziende si sono dissanguate, in attesa di contributi statali che non sono arrivati. Sicché le società finanziarie hanno messo il settore in stand by». Inevitabili le ripercussioni sulla tabella di marcia: «Ho corso come un matto perché il programma era fare le gare in estate e cantierare in settembre. Ora ci hanno chiesto una proroga dei tempi, e noi ovviamente l'abbiamo concessa. Purtroppo così si perde un anno, otto-nove mesi se va bene».Ciò non significa, aggiunge il presidente, che la Camera si sia fermata: «Abbiamo concluso il Piano di attuazione comunale (Pac) ovvero il piano particolareggiato propedeutico alla realizzazione dell'opera». A breve partirà anche la messa in sicurezza del sito: «Demoliremo le strutture in ferro e prepareremo il terreno al cantiere - dice Paoletti -, in fondo la concessione è nostra e nostra la responsabilità di tenere il posto in ordine».

Giovanni Tomasin

 

 

La qualità dell'aria in miglioramento - Fari puntati sull'ozono
Anche a Trieste dati in progresso rispetto all'anno prima - Sotto esame l'impatto del lockdown sul biossido di azoto
La qualità dell'aria a Trieste e nel Friuli Venezia Giulia si conferma complessivamente buona. Parola dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa) che ha presentato ieri il rapporto 2020. La relazione annuncia anche dei miglioramenti, ma non per tutta la regione, di uno dei tre principali parametri su cui si basano le analisi: l'inquinante dell'ozono. Quest'ultimo, che caratterizza essenzialmente il periodo estivo a causa della forte presenza di radiazione solare, ha infatti avuto valori più bassi rispetto al 2019, nonostante l'apporto di radiazione solare sia stato analogo a quello degli anni precedenti. La spiegazione di questo cambiamento è oggetto ancora di studio. Spiega Fulvio Stel, responsabile della struttura Sos Qualità dell'aria: «Stiamo valutando se la riduzione di emissioni di biossido di azoto, tra i componenti dell'ozono, grazie anche al lockdown che ha permesso una drastica riduzione del traffico, sia all'origine dei numeri relativamente contenuti». Tuttavia, sono stati sforati i livelli giornalieri nella bassa pianura, nel goriziano e anche sulla costa, quindi pure a Trieste, in quanto aree maggiormente soleggiate. Tra gli altri due parametri poi rientrano pure le polveri sottili (Pm10). L'unica criticità si riscontra nel pordenonese. Decisamente meglio la concentrazione media annua della frazione più fine del particolato (Pm2.5), che è stata ovunque inferiore anche al limite di 20µg/m3. In questo caso Trieste e Gorizia sono le prime due città a riscontrare i livelli più bassi. Sotto la lente di Arpa è finito anche il benzo(a)pirene, i cui valori nel 2020 sono stati ovunque molto prossimi alla soglia prevista dalla normativa (1 ng/m3), tuttavia senza mai superarla. Bene, in particolare, Gorizia, che ha visto un calo pari allo 0,4. Elevati livelli di benzo(a)pirene sono tipicamente rilevabili durante la stagione invernale, spiegano gli esperti, a causa dell'utilizzo di legna da ardere e biomasse combustibili nel riscaldamento domestico. Ecco dunque che è necessario seguire qualche accorgimento: una corretta pulizia della canna fumaria ogni biennio circa e l'accensione del fuoco dall'alto. «Bisogna quindi migliorare i processi di combustione domestica della legna», ha sottolineato a questo proposito l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, il quale ha anche ricordato che il rapporto preliminare per l'aggiornamento del Piano di miglioramento della qualità dell'aria è in fase di valutazione da parte di diversi soggetti e recepisce già una parte delle indicazioni contenute nella relazione dell'Arpa. È poi emerso, grazie a un sondaggio a cura di Swg, che il tema della qualità dell'aria «è tra i più seguiti dai corregionali», ha commentato il direttore dell'Arpa Fvg Stelio Vatta: «Per questo il rapporto sarà pubblicato sui canali web in maniera agile e snella».

Benedetta Moro

 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 giugno 2021

 

 

Dopo 160 anni lungo la rotta storica riparte il treno diretto da Vienna a Trieste
Collegamento riattivato a sorpresa dalle Ferrovie austriache. Domani il viaggio inaugurale che verrà accolto con una cerimonia in Stazione
Udine. Un leone di San Marco, scolpito nella pietra, troneggia in uno dei saloni d'ingresso della "Wien Hauptbahnhof", la stazione centrale di Vienna. È l'ultimo segno rimasto della vecchia "Südbahnhof", la stazione della "ferrovia meridionale", che fino a pochi anni fa sorgeva in quell'area ed era il capolinea di tutti i treni in arrivo e in partenza per il sud dell'Austria. Quel leone simboleggiava l'Adriatico, la terra di San Marco, e interpretava plasticamente quel "Drang nach Süden" (l'anelito al sud) che aveva sempre alimentato i sogni, ma anche gli affari, dei viennesi e degli austriaci in genere. Oltre 160 anni fa quell'anelito aveva trovato risposta. Il 27 luglio 1857 era stato finalmente completato un tracciato ferroviario diretto tra Vienna e Trieste. Un'opera di ingegneria straordinaria per l'epoca, che aveva avvicinato di colpo la capitale dell'impero al suo principale porto sul Mediterraneo, sbocco di tutti i traffici commerciali con il Medio e l'Estremo Oriente. Non solo, aveva reso accessibili le spiagge e le coste dell'Adriatico ai turisti del bacino danubiano, a quel tempo esclusivamente esponenti dell'alta borghesia o dell'aristocrazia. Le architetture Jugendstil degli hotel di Abbazia, le ville Bianchi, Zipser, Erica di Grado ci parlano di quell'epoca. Poi verrà anche Gorizia, rinominata dai viennesi la "Nizza dell'Austria". Stiamo parlando di un passato glorioso, di sviluppo e di crescita non soltanto economica. Il porto di Trieste registra un'espansione di traffici impensabile fino a pochi anni prima. Pola, sede del comando della marina militare imperial-regia, può finalmente avere un collegamento rapido con il ministero della Guerra, sulla Ringstrasse, le coste dell'Istria diventano la "riviera austriaca". Le "magnifiche sorti e progressive" sembrano inarrestabili, ma non è così. La prima guerra mondiale pone fine a quell'epoca. Ne prende il posto un'altra, contrassegnata da nazionalismi che disegnano nuove frontiere sulla carta geografica. Trieste non è più il porto di un impero e il cordone ombelicale ferroviario che la univa a Vienna attraversa ora due confini, prima con il neonato regno di Jugoslavia, poi con l'Austria, diventata repubblica, minuscolo residuo di un grande impero. Da allora treni diretti con Vienna non ce ne sono più, almeno lungo il tracciato storico. Si deve per forza passare per Udine e risalire la Pontebbana. Finché, quando meno te lo aspetti, arrivano le Öbb, le ferrovie austriache, che annunciano un "ritorno al passato": da domani giugno si torna a viaggiare tra Vienna e Trieste, senza dover mai cambiare treno, lungo la rotta di un tempo, che dalla capitale austriaca scende a Graz e poi passa per Maribor e Lubiana. È previsto un Eurocity al giorno in andata e ritorno e il viaggio si può già prenotare accedendo al sito web delle ferrovie austriache (www. obb-italia. com/it). Domani ci sarà un solo viaggio in partenza da Vienna alle 7. 58 e arrivo a Trieste alle 16. 52. Dal giorno successivo, sabato 12 giugno, sarà usufruibile anche il servizio inverso, con partenza da Trieste alle 13. 03 e arrivo a Vienna alle 22. 02. Il convoglio sarà formato da tre carrozze delle ferrovie slovene e il resto da carrozze austriache. Al suo arrivo a Trieste, domani, il treno sarà accolto con cerimonia, che inizierà alle 16.30, nell'atrio della Stazione centrale, alla presenza di autorità cittadine e regionali oltre che a rappresentanti istituzionali sloveni e austriaci, e durerà in tutto circa un'ora e mezza. Sarà ripercorsa la storia del collegamento su rotaia e dei legami passati di Trieste con Vienna, fino all'arrivo del convoglio, fissato alle 16.52. A chiudere la piccola cerimonia gli interventi degli ospiti stranieri arrivati in città a bordo del convoglio storico. Il cerimoniale, spiegano dall'assessorato regionale ai Trasporti, è comunque ancora in fase di definizione. «Sicuramente il collegamento rappresenta un'ulteriore opportunità turistica per la città - sottolinea il sindaco Roberto Dipiazza -, e ancor prima rinsalda i legami tra Trieste e Vienna così forti nel passato».ISi tratta di un collegamento di cui si era discusso una prima volta sette anni fa e che è stato riproposto a sorpresa, dopo che sembrava ormai dimenticato nel cassetto. Il suo significato storico è evidente. Consente di ripercorrere una linea che nel "mondo di ieri" aveva segnato una svolta epocale. Basti pensare soltanto ai 14 viadotti che fu necessario costruire per superare le doline carsiche nella zona di Aurisina e prima ancora le difficoltà incontrate nella vasta area acquitrinosa a sud-ovest di Lubiana. Ma l'opera di maggiore impegno ingegneristico fu richiesta per il superamento del Semmering, la dorsale montuosa che fa da barriera tra Vienna e la Stiria. Il problema fu risolto dall'ingegnere veneziano (ma di famiglia albanese) Carlo Ghega, che tra il 1848 e il 1854, vi progettò e realizzò un ardito tracciato ferroviario. Con la costruzione di 14 tunnel, 16 viadotti è più di cento ponti. All'epoca era la più alta ferrovia in Europa a scartamento normale, che raggiungeva i mille metri di quota. Per quel capolavoro di ingegneria ferroviaria Ghega ottenne da Francesco Giuseppe un titolo nobiliare e da allora prese il nome di Karl Ritter von Ghega. Trieste gli dedicò una via del centro. Quei viadotti e quelle gallerie, dal 1998 patrimonio dell'Unesco, sono tuttora percorse dai treni che da Vienna scendono in Italia, per Klagenfurt e il valico di Tarvisio. Da domani uno di quei treni a Bruck an der Mur devierà verso sud, per indirizzarsi verso Graz, Lubiana e raggiungere poi Trieste. Il viaggio Vienna-Trieste richiede 8 ore e 54 minuti; quello da Trieste a Vienna, 8 ore e 59 minuti. Quelli già esistenti per Udine e Villaco durano quasi due ore di meno. E quando, nel 2025, saranno ultimati i tunnel di base del Semmerinh e della Koralm, il viaggio su questo tracciato sarà ancora più rapido.

Marco Di Blas (ha collaborato Micol Brusaferro)

 

Trenitalia arricchisce l'offerta con proposte a misura di vacanza
Attenzione particolare agli spostamenti nei weekend verso le principali attrazioni turistiche del Friuli Venezia Giulia. Invariate le Frecce
Trieste. Si punta sul turismo nel nuovo orario estivo di Trenitalia. Una scelta determinata dall'urgenza di tornare a far decollare il settore dopo i lunghi e difficili mesi della pandemia. Si va dai collegamenti per facilitare l'arrivo nelle spiagge al potenziamento dei servizi per l'utilizzo delle due ruote. I dettagli dell'offerta, che scatterà domenica 13 giugno, sono stati illustrati ieri da Luigi Corradi, amministratore delegato e direttore generale di Trenitalia, presenti anche Sabrina De Filippis e Paolo Attanasio, direttori delle divisioni Passeggeri Regionale e Lunga Percorrenza. «Riscoprire l'Italia viaggiando in treno in totale sicurezza è tra i principali obiettivi dell'orario estivo di Trenitalia», è la sintesi della presentazione di un dossier che per il Friuli Venezia Giulia contiene innanzitutto la conferma del numero dei collegamenti veloci già in circolazione. Le Frecce - che effettueranno fermate aggiuntive nelle stazioni di Latisana e Cervignano, proprio in ottica località balneari - saranno cinque: tre da Trieste (due su Milano e una su Roma) e due da Udine (una su Milano e una su Roma). Rispetto alla pandemia continua dunque a mancare una terza Freccia Trieste-Milano. Nulla cambia nemmeno per quanto riguarda l'offerta dei treni regionali, mentre le novità sono appunto "estive".Molta attenzione, spiega la società, viene dedicata all'agenda del weekend, con collegamenti verso le principali attrazioni turistiche del Fvg. Con l'obiettivo di incoraggiare il cicloturismo, saranno a disposizione quattro nuove carrozze completamente rinnovate e appositamente attrezzate per il trasporto complessivo di 128 bici e dotate degli accessori necessari agli amanti delle due ruote. Per l'utenza anche varchi di accesso maggiorati, rastrelliere, cinghie di sicurezza e prese di corrente per la ricarica delle biciclette elettriche. Una delle vetture attrezzate al trasporto di 64 bici sarà inoltre in servizio tutti i giorni su sei convogli fra Trieste e Venezia, via Portogruaro. E ancora, Alpeadria Line è il nuovo servizio per l'omonima ciclovia. Nei i sabati e nelle domeniche d'estate 16 regionali, attrezzati al trasporto bici, circoleranno fra Trieste/Udine e Tarvisio. Tutti i treni avranno almeno 30 posti bici garantiti. Da domenica 13 verrà attivato anche il nuovo servizio intermodale treno+bus in collaborazione tra Trenitalia e Arriva Udine, che collegherà la stazione di Latisana a Lignano. La soluzione di viaggio sarà acquistabile su tutti i canali di vendita di Trenitalia con l'emissione di un unico titolo di viaggio per treno e bus. Con 50 corse giornaliere sarà operativo fino all'11 settembre.

m.b.

 

«Un capolavoro dell'Ottocento che si studia ancora»
Per l'esperto di rotaie Carollo la ripresa del servizio rappresenta una scelta vincente
Trieste. «La realizzazione del collegamento ferroviario tra Vienna e Trieste rappresenta una delle opere di ingegneria di maggior spessore di metà Ottocento. Quella che viene ricordata storicamente come la "Ferrovia Meridionale" fu un vero capolavoro di tecnica per l'epoca, ancor oggi ammirata e divenuta patrimonio dell'Unesco, dovuta al genio e alla perspicacia di quel grande personaggio che fu il veneziano Carlo Ghega». L'ingegnere ferroviario Roberto Carollo, esperto del settore, ricorda così le origini di quel tracciato ferroviario, un'impresa non semplice, con lo sviluppo di una linea «di 577 km, e come progettista e direttore lavori Ghega dovette superare enormi difficoltà nel suo percorso - ricorda - come la palude di Lubiana, il valico di Postumia e le rocce del Carso. Ma il suo capolavoro fu lo scavalco del massiccio del Semmering, che tutti i tecnici dell'epoca ritenevano impossibile. Smentendo i pareri contrari al suo progetto - spiega Carollo - riuscì a far salire il treno ai quasi 900 metri di quota e farlo ridiscendere verso la Stiria, con 15 gallerie e 16 tra ponti e viadotti solo in quel tratto di 40 km, realizzando così la prima ferrovia di montagna al mondo».Una sorta di antesignano della moderna figura professionale del project manager perché Ghega si preoccupò «anche dell'estetica e dell'impatto ambientale delle sue opere, inserendole più armoniosamente possibile nel territorio. A lui - aggiunge Carollo - si devono anche i "nostri" imponenti viadotti di Barcola e di Aurisina».La decisione presa un po' a sorpresa dalle ferrovie austriache di riattivare il collegamento ferroviario lungo la rotta storica non può quindi che incontrare i favori dell'ingegnere ferroviaria, convinto della bontà dell'iniziativa. «La validità della Trieste-Vienna è dimostrata dall'attualità di una linea ferroviaria ancor oggi pienamente attiva attraverso tre Stati - conclude Carollo - dopo oltre 160 anni dalla sua definitiva inaugurazione nell'ultimo tratto proveniente da Lubiana, quel 27 luglio 1857 proprio a Trieste, alla presenza, per l'occasione, dell'imperatore Francesco Giuseppe».

Micol Brusaferro

 

 

Il camoscio e la lince tra i protagonisti delle conferenze dedicate alla natura
Dall'Isola della Cona tre appuntamenti ogni venerdì sul web con i maggiori esperti
STARANZANO Il camoscio e la lince, sono due super ospiti del ciclo di conferenze online Natura virtuale promosso dall'associazione Co. Na. (Conservazione della Natura) con sede al centro visite della Riserva naturale regionale Isola della Cona di Staranzano. Al momento le attività "in presenza", infatti, continuano a essere sospese per cui sarà possibile seguire solo in rete anche in questa occasione gli eventi utilizzando la piattaforma Zoom. Tutti gli interessati sono invitati a mandare una e-mail a: info@associazionecona.it per ricevere il link di collegamento. Il programma comunicato dal presidente Graziano Benedetti, comprende tre appuntamenti al venerdì e sempre alle 20.30. Si comincerà l'11 giugno con la conferenza di Matteo De Luca, naturalista della Stazione Biologica Isola della Cona, che parlerà sulle Nuove specie osservate nella Riserva naturale foce dell'Isonzo. L'esperto illustrerà le ultime novità rilevate nell'area protetta, diventata negli ultimi anni un museo naturalistico all'aperto. Il 18 giugno, sempre alle 20.30, sarà la volta dello zoologo Franco Perco, già Direttore del Parco nazionale dei monti Sibillini e fratello del compianto Fabio, che tratterà l'argomento Il Camoscio sul Carso, tra realtà e leggende metropolitane. Chiuderà il ciclo Paolo Molinari, coordinatore tecnico-scientifico del Progetto Lince Italia di Tarvisio, che nel settembre dello scorso anno ha guidato un gruppo di appassionati nell'escursione nella Foresta di Tarvisio, che il 25 giugno parlerà su La Lince e il Castoro nella Foresta di Tarvisio. Sulla scorta delle ottime partecipazioni del ciclo di conferenze online Sotto gli occhi della Natura nl'organizzazione invita tutti interessati inviare quanto prima una e-mail all'associazione per ricevere il link di collegamento.

Ciro Vitiello

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 giugno 2021

 

 

L'orario estivo dei bus da 260 corse al giorno fra Barcola e centro città

Da domenica 13 giugno fino a metà settembre in vigore il nuovo assetto sancito da Trieste trasporti. La 80 da piazza Tommaseo al Bivio si sommerò a 6 e 36

Da domenica 13 giugno entrerà in vigore il nuovo orario estivo dei bus di Trieste trasporti, che implementerà le corse verso il mare con 260 collegamenti giornalieri per Barcola. Il nuovo orario, in regalo venerdì assieme a Il Piccolo, sarà operativo fino a metà settembre quando si passerà dalle 5.560 corse giornaliere d'estate alle 6 mila invernali. La novità principale sarà la linea 80 che collegherà il centro città, ovvero piazza Tommaseo, con Barcola passando anche per piazza Oberdan, il Porto vecchio e, al ritorno, piazza Goldoni. La 80 andrà anche a sostituire la linea 81 attivata nei mesi scorsi per servire il centro vaccinale alla Centrale idrodinamica. «La 80 - spiega Michele Scozzai, responsabile Relazioni istituzionali di Trieste trasporti - effettuerà una ventina di corse in ciascuna direzione dal lunedì al venerdì e una trentina di corse il sabato e la domenica. Viaggi che si sommeranno a quelli delle linee 6 e 36, assicurando così circa 130 corse al giorno in ciascuna direzione lungo viale Miramare». In caso di necessità, come sempre, Tt è pronta ad aggiungere nuovi autobus in base alla pressione che potrebbe crearsi in determinate condizioni di affluenza alle fermate. Altra meta molto apprezzata dai triestini in estate è quella di Riva Traiana con il bagno Ausonia: qua saranno deviate delle corse della linea 9 da piazzale Gioberti. Riprenderà anche il servizio di collegamento con la baia di Sistiana effettuato dalla linea 70, con 21 corse in ciascuna direzione e un orario differenziato tra sabato e domenica. Contestualmente sono state tolte alcune deviazioni della linea 44 per Sistiana mare, pianificandone i passaggi in modo tale da garantire la coincidenza con la 70 che, rimarca Tt, è un servizio a pagamento. Sarà attiva anche nei giorni festivi la linea 21 tra piazza della Libertà e Borgo San Sergio, «una scelta - spiega Scozzai - che va incontro alle esigenze dei cittadini in quanto riduce i tempi di percorrenza della linea 20 tra Trieste e Muggia e aumenta i posti per chi è diretto a Borgo San Sergio». Alcune corse della 20 in partenza da Muggia tra le 13 e le 14 circa non transiteranno per Farnei, potendo così servire i dipendenti dello stabilimento Barilla in strada delle Saline. Trieste trasporti ha confermato anche la linea 64 sulla quale nei giorni scorsi sui social si erano diffuse ipotesi di sospensione. In estate non saranno operative invece le linee 55, 56 e 57, specificatamente dedicate alle scuole, mentre verrà mantenuta la configurazione attuale della linea 51, che ha 50 partenze su due percorsi: il primo tra piazza della Libertà e Villa Carsia e il secondo circolare per Area Science Park a Padriciano e Basovizza. Novità anche per la linea serale B con un corsa in partenza alle 5 di ogni giorno da piazzale Gioberti verso piazza Goldoni. Infine, le linee 8, 23 e 30 a causa dei lavori al Ponte verde sulle Rive restano deviate per via Roma fino al termine del cantiere.

Andrea Pierini

 

Il presidente di Tt Luccarini: «L'anno scorso persi 4-5 milioni ma il lavoro non si ferma» - «Continuiamo con gli investimenti in tecnologia»
«Il 2020 si è chiuso con una perdita dai 4 ai 5 milioni, questo però non fermerà gli investimenti perché il settore ne richiede di costanti». Pier Giorgio Luccarini è il presidente della Trieste trasporti dal 2016, incarico che svolge a titolo gratuito dopo aver ricoperto il ruolo di direttore dal 2004 al 2014. Il passaggio più importante del recente passato è stato nel 2020 la nascita di Tpl Fvg, la società consortile che racchiude Tt, Apt Gorizia, Atap Pordenone e Arriva Udine che ha vinto il bando europeo della Regione per la gestione del servizio di trasporto pubblico su gomma, un contratto da dieci anni più altri cinque. «Nonostante sia stato il primo anno e ci sia stata la pandemia - spiega Luccarini - è andata bene grazie anche all'abilità dell'amministratore delegato Aniello Semplice, il quale ha saputo gestire le questioni tecniche al meglio. Unire quattro aziende così diverse non era facile, ognuna è riuscita a mantenere le proprie caratteristiche». Per quanto concerne il bilancio, la pandemia e le conseguenti limitazioni hanno ovviamente inciso con costi aggiuntivi per mascherine e sanificazioni: «Il 2020 - prosegue il presidente - è stato un anno tragico con una perdita dai 4 ai 5 milioni. Non sono previsti ristori ma abbiamo deciso di proseguire con gli investimenti, soprattutto tecnologici, cioè paline elettroniche, monitor di bordo e pannelli informativi, perché un anno perso sarebbe stato poi impossibile da recuperare. A settembre, grazie alla campagna vaccinale, confidiamo di poter ripartire almeno all'80% di capienza dei mezzi, ma se tutto dovesse andare al meglio spero già al 100%».

a.p.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 giugno 2021

 

 

Plastiche, meduse e anidride carbonica - I "nemici" del mare

Per gli esperti sono tanti i pericoli che minacciano l'Adriatico ma i danni prodotti non sono irreparabili. «Diamoci da fare»
Trieste. Come sta il nostro mare? Con quali "nemici" si trova a dover fare i conti? Nella Giornata dedicata agli oceani, che si celebra oggi in tutto il mondo, Trieste è in prima fila con il suo esteso team di scienziati per dare risposte a questi quesiti. Risposte che arriveranno anche dalla prima edizione del Festival "MareDireFare": una serie di appuntamenti che indagano anche lo stato di salute dell'Alto Adriatico, facendo il punto pure sui fenomeni che nei mesi scorsi hanno coinvolto le acqua che bagnano la costa triestina. Si scopre dunque che il golfo triestino sta abbastanza bene, ma non viene risparmiato da problematiche che coinvolgono i mari di tutto il mondo: il cambiamento dello stato trofico e quello climatico, l'inquinamento e le plastiche, e l'aumento dell'acidificazione per dirne alcuni. «Sono diversi i pericoli che minacciano il nostro mare - afferma infatti Cosimo Solidoro, direttore della sezione di Oceanografia dell'Ogs -, per fortuna però al momento non hanno prodotto danni irreparabili. C'è tuttavia la necessità di continuare a monitorarlo e studiarlo in maniera organizzata e sistematica e di condividere monitoraggi e pianificazione della gestione con le nazioni vicine, perché il mare non ha confini». Se fenomeni come mucillagini ed eutrofizzazione (vale a dire l'eccessivo accrescimento degli organismi vegetali provocato dall'immissione nell'ecosistema acquatico di sostanze come fertilizzanti, detersivi e acque reflueriale), sono quasi un ricordo, grazie anche all'approvazione di leggi più rigorose nella tutela dell'ambiente, sono tuttavia subentrate nuove minacce. Ad esempio l'acidificazione marina. «L'altra faccia del riscaldamento globale - spiega Solidoro -: l'acidificazione è aumentata molto, del 50% negli ultimi 30 anni, un dato comunque in linea con il resto del mondo. Il risultato è un eccesso di anidride carbonica che, oltre surriscaldare il mare (la temperatura delle acque del Nord Adriatico è aumentata di circa un grado in 20 anni), crea sofferenza a una serie di organismi, come i crostacei».Ma vi sono ulteriori criticità, come la morìa della Pinna nobilis, il grande mollusco bivalve che risiede nei fondali marini: «Fino a pochi anni fa questo animale moriva in tutto il Mediterraneo tranne che da noi - spiega Solidoro -. Ora invece il protozoo che sembra causarne la morte è arrivato anche qui. È necessario monitorare e capire come intervenire». E non si può non ricordare la recente invasione di noci di mare e di meduse. Un paio di mesi fa le Rhizostoma pulmo hanno letteralmente colonizzato l'intera costa triestina, con una sciamatura che ha visto l'ammassamento di migliaia di individui. Questi organismi sono ancora poco conosciuti e le cause di un incremento così importante sono ancora motivo di studio da parte dei ricercatori. «È indubbio però che nel Mediterraneo e nell'Adriatico si nota un aumento della presenza di meduse - commenta Valentina Tirelli, ricercatrice dell'Ogs -. Le cause possono essere molteplici, tra cui il riscaldamento del mare, che favorisce un periodo riproduttivo più lungo. Bisogna ricordare poi che le meduse resistono meglio dei pesci ad ambienti inquinati e a minore concentrazione di ossigeno. E poi incide l'azione dell'uomo: da una parte la cementificazione delle coste, ad esempio, che favorisce l'attecchimento dei polipi, una fase del ciclo vitale delle meduse, e dall'altra un ambiente marino più stressato a causa della pesca. In quest'ultimo caso più mangiamo pesce, dalle acciughe al tonno, più le meduse troveranno maggiore nutrimento e quindi grazie alla loro capacità di proliferare, aumenteranno sempre di più». Resta per questo utile per gli studi l'AvvistAPP: un'applicazione che permette ai cittadini di segnalare eventuali avvistamenti. Il boom di meduse però potrebbe essere anche la causa della fioritura intensa e duratura del dinoflagellato Noctiluca scintillans, che ha dato origine ad ampie strisce di colore arancione acceso lungo tutta la costiera triestina sempre ad aprile scorso, come ricorda anche la mostra "Microceano" alle Scuderie di Miramare: le meduse infatti si nutrono anche di micro-crostacei, eliminando di fatto uno dei predatori di Noctiluca scintillans, capace peraltro di riprodursi a una velocità 10 volte superiore rispetto a quella dei suoi predatori. Ma per individuarne le cause, ancora una volta, resta sotto osservazione anche la pesca eccessiva, che provoca degli squilibri alla rete alimentare marina.

Benedetta Moro

 

«La parola chiave è sostenibilità - Partiamo da qui»
L'impegno del biologo marino Spoto per sensibilizzare e fare divulgazione
Trieste. «Parlare di sostenibilità di mari e oceani oggi è più importante che mai». Ne è convinto Maurizio Spoto, direttore dell'Area marina protetta di Miramare che, insieme all'Ogs, celebra oggi la Giornata mondiale degli oceani con il Festival "MareDireFare".Direttore, qual è il senso della Giornata mondiale degli oceani? «L'evento ha un significato speciale, perché si apre oggi il decennio dedicato alla scienza oceanica per lo sviluppo sostenibile. Dal punto di vista divulgativo verrà proposto un programma particolare mirato all'"alfabetizzazione per il mare" (Ocean literacy): ci si è accorti che dopo anni c'è ancora un gap di conoscenza, soprattutto sui servizi eco-sistemici che sostengono la vita dell'uomo sulla terra». Cosa non si sa ancora?«Per esempio non è noto a tutti che l'ossigeno che respiriamo proviene dalle foreste terrestri ma anche dal mare e dal fitoplancton. Quindi l'obiettivo è far capire come l'uomo impatti in maniera negativa sugli oceani, considerando al contempo che sappiamo poco dell'impatto del mare su di noi». Che cosa può fare l'uomo per salvaguardare mari e oceani?«Obiettivo di questa divulgazione è cambiare i comportamenti dell'individuo anche nei confronti della pesca, perché quando andiamo a comprare il pesce, nelle nostre scelte possiamo modificare i popolamenti marini». Secondo lei è cresciuto il livello di sensibilità dell'uomo nei confronti del mare? «No, l'educazione alla sostenibilità è un processo che deve continuare. C'è comunque qualche miglioramento grazie alla diminuzione di plastica usa e getta: su questo le famiglie e soprattutto i giovani sono sensibili, ma ci sono processi anche di tipo industriale da cambiare. È necessario sensibilizzare, anche perché il mare sta cambiando. Per esempio con l'arrivo delle specie aliene e poi c'è la scomparsa di molti habitat: il golfo di Trieste è poverissimo di una vegetazione algale e di piante sommerse, una variazione registrata negli ultimi 20 anni». Qual è il focus di questa prima edizione del Festival? «Ci siamo dedicati al mondo microscopico: il mare è una specie di brodo biologico, ricco di virus, batteri e fitoplancton. Questa rete invisibile sostiene la produzione di pesci macroscopici e anche quelli commerciali. Un'altra funzione degli oceani è la regolazione del clima: se non avessimo plancton e fitoplancton non potremmo vivere sulla terra». Il Festival continuerà anche nei prossimi anni?«È un'iniziativa vincente, su cui abbiamo iniziato a lavorare a dicembre. Insieme a Ogs collaboriamo con molti enti, tra cui il Comune e il Patto di Trieste per la Lettura. Trieste deve parlare di mare.

b.m.

 

Quasi sparite da anni a Miramare le Pinna nobilis rispuntano in Istria
Nuovi esemplari dei maxi molluschi chiamati anche "nacchere" sono stati avvistati sui fondali nelle vicinanze di Pola e Medolino
Fiume. Un'autentica strage. Dal 2019, anno dell'epidemia provocata da un protozoo, nel golfo di Trieste sono morti nove esemplari su dieci di Pinna nobilis, il più grande bivalve presente nel Mediterraneo. «A Miramare - spiega il ricercatore dell'Area marina protetta di Miramare, Ogs e Università di Trieste -, in un transetto di 600 metri quadri, prima contavamo 500 animali circa e adesso ne troviamo solo uno. In tutti gli esemplari qui esaminati la causa della morte è il parassita, ma altrove si parla anche di un'epidemia multifattoriale». In un quadro simile non può quindi non fare notizia il doppio avvistamento registrato negli ultimi giorni in Istria. Il primo nel braccio di mare che circonda Scoglio dei frati, a poca distanza da Pola, e il secondo sui fondali nelle vicinanze di Medolino. In entrambi i casi la scoperta è stata fatta dai soci del club subacqueo Uljanik, impegnati in attività di rimozione di rifiuti gettati in mare. A decidere come tutelare i rari esemplari di Pinna nobilis in salute sarà ora lo staff dell'Istituto croato per la salvaguardia dell'ambiente, insieme agli esperti del Parco nazionale delle Brioni e dell'Istituto pubblico Natura Histrica e di altre istituzioni. Da Medolino, precisamente dall'associazione Eko more, è stato comunicato che in vista del periodo riproduttivo delle nacchere - tra giugno e agosto - sono in corso i preparativi per posizionare dei collettori larvali. Si tratta di borse ricoperte di corde di nylon mantenute sulla superficie marina da una boa e una cima, contenitori capaci di intercettare le larve del mollusco, offrendo loro un ambiente sicuro, ben protetto e dove poter crescere senza pericoli, fino al trasferimento nell'ambiente naturale. A detta dei biologi, ogni ritrovamento è un'ottima notizia per la conservazione della specie. Notizia importante per l'ambiente marino poichè la nacchera agisce da "spazzino", filtrando grandi quantità d' acqua e fornendo pure un subastrato ideale per la crescita di altri organismi. Giorni fa una colonia di nacchere vive è stata scoperta sui fondali dell'isola dalmata di Lagosta, mentre nei mesi scorsi sono stati rinvenuti alcuni esemplari alla foce del fiume Narenta, sempre in Dalmazia.

Andrea Marsanich (ha collaborato Benedetta Moro)

 

«Ognuno di noi può contribuire al cambiamento»
L'appello di Bruni, timoniere di Luna Rossa: i nostri figli meritano un pianeta in salute
Trieste. Francesco Bruni, palermitano classe 1973, è il volto noto della vela contemporanea. Tre Olimpiadi, un palmares lunghissimo dove brilla la recente conquista della Prada Cup, primo italiano ad averla mai conquistata al timone di Luna Rossa e reduce dalla tappa tarantina del circuito SailGP, anche qui unico azzurro in gara a bordo di Team Japan. Una vita fatta di regate che lo hanno portato a navigare in tutti i mari e oceani, dove ha potuto constatare di persona il deterioramento dell'ambiente marino. Proprio pochi giorni è diventato ambassador di One Ocean Foundation, la realtà che ha come obiettivo la salvaguardia dell'intero pianeta blu accelerando soluzioni ai problemi degli oceani, ispirando leader internazionali, aziende, istituzioni e individui, promuovendo un'economia blu sostenibile e migliorando la conoscenza degli oceani.«La situazione di tutti i mari è allarmante e per testarla ciascuno di noi può partire da esperienze personali - racconta Bruni -. Da parte mia, posso dire che fino alla mia adolescenza quando andavo a pescare insieme ai genitori e ai fratelli se il mulinello cominciava a ruotare era sempre il segnale di un pesce che aveva abboccato; oggi si tratta spesso di un sacchetto che si è incastrato. La plastica è un elemento di distruzione che ormai è pervasivo e ricordiamoci che non cresce nel fondo del mare, ma arriva da terra e dai nostri comportamenti sbagliati».Non è un caso infatti che One Ocean Foundation abbia fatto tappa anche in alta montagna nella sua opera di sensibilizzazione nei confronti della riduzione dell'uso della plastica. «Trascorro grossa parte della mia vita in mare - continua Bruni - ma non è solo a riva che dobbiamo guardare. C'è bisogno di fare in modo che pure chi vede il mare solo per le vacanze sia consapevole dei danni prodotti dalle abitudini errate. È sul quotidiano che è necessario agire, rendendosi conto di quanto il problema sia sottovalutato. Rischiamo di consegnare ai nostri figli un mondo irrimediabilmente compromesso ed è per questo che ho deciso di "metterci la faccia" e supportare attivamente quei circuiti professionistici e quegli eventi che mettono tra le priorità la salvaguardia di mari e oceani».Durante l'ultima edizione dell'America's Cup Francesco Bruni ha fatto parte del Luna Rossa Prada Pirelli Team che ha tra i propri pilastri il concetto della sostenibilità, non sempre in sintonia con i grandi eventi. «La cultura ecologica in Nuova Zelanda è indubbiamente forte e nata prima rispetto all'Italia - prosegue -, ma ciò non significa che nel nostro Paese non possano essere introdotte delle buone abitudini per ridurre il consumo di plastica e idrocarburi. Sono le nostre scelte quotidiane a creare benessere in un ambiente che rischia di giungere al punto di non ritorno».

Francesca Pitacco

 

Specie alloctone - Gli "alieni"
Quali sono, da dove vengono e come possono essere "contenute" le specie alloctone invasive che attentano alla biodiversità dei nostri mari? Una risposta a queste domande arriverà dagli esperti coinvolti nell'appuntamento in programma lunedì 14 giugno alle 17 alle Scuderie di Miramare. Il titolo? Suggestivo e efficace: "Alieni di casa nostra, tra la terra e il mare".

 

dibattito - Il confronto
Tecnici e ricercatori di Arpa, UniTs, Ogs e Amp di Miramare. Saranno loro i protagonisti dell'incontro denominato Obiettivo 14- Una strategia per il Golfo in programma giovedì 17 giugno alle Scuderie di Miramare. Si parlerà delle azioni di conservazione, monitoraggio e ricerca condotte dai tre enti per studiare il golfo. Incontro gratuito ma con prenotazione obbligatoria a info@ampmiramare.it

 

fotografia - La vita in nave
Non poteva mancare il mare visto attraverso gli scatti dei fotografi nel programma del festival. Il Museo delle Lavandere di via San Giacomo in Monte ospiterà da venerdì 18 giugno a domenica 20 la mostra fotografica "Le nostre navi Vele e Vapori", una raccolta di scatti fornita dal Piccolo. In programma anche letture di storie sulla vita a bordo delle grandi navi passeggeri del passato. Ingresso libero.

 

 

L'Altipiano Est boccia il Piano della mobilità - il no del "parlamentino" di Opicina
TRIESTE. È un secco no quello della Circoscrizione Est alle proposte del Pums, il Piano urbano della mobilità sostenibile del Comune, relative a Opicina. «Nel Piano - spiega il presidente della Circoscrizione Marko De Luisa - manca una specifica considerazione dei problemi connessi alla mobilità sul Carso, in particolare delle esigenze degli abitanti, legate alla vivibilità nei borghi, alle attività economiche e ai collegamenti sia tra i borghi sia tra gli stessi e la città. Tra le nuove "zone 30" previste dal Piano non se ne individua alcuna nei paesi dell'Altipiano Est, cioè Banne, Trebiciano, Padriciano, Gropada, Basovizza, né si prevede di realizzarne altre a Opicina. Sarebbe inoltre utile istituirne alcune nei tratti più pericolosi di attraversamento degli abitati carsici, sulle direttrici principali». Scarsa fiducia si nutre poi nel progetto legato all'ovovia e nella costruzione di cerniere di mobilità a Nord di Opicina. «Quelle esistenti a Sud del borgo - conclude De Luisa - sono sufficienti e potrebbero essere ampliate».

U.SA.

 

 

Centri di raccolta differenziata dei rifiuti: un infopoint itinerante per incrementarla
Uno steward girerà nei punti di smaltimento del territorio con tanto di brochure per evitare conferimenti errati e pratiche scorrette
«Stop ai rifiuti abbandonati e ai dubbi sugli smaltimenti»: lo dicono AcegasApsAmga e il Comune di Trieste, annunciando la creazione di un infopoint itinerante nei centri di raccolta cittadini. Da oggi infatti, i triestini potranno ricevere informazioni utili e consigli rispetto alle modalità della raccolta differenziata semplicemente consultando un apposito steward e una brochure. Si tratta di un'iniziativa, inquadrata nel progetto regionale EcoFvg, che intende valorizzare i quattro centri di raccolta e smaltimento dislocati sul territorio, rendendoli un punto di riferimento e d'informazione per i cittadini che vi si recano per conferire i propri rifiuti. «Vogliamo lanciare un messaggio a tutti i cittadini affinché non ci siano gli abbandoni che purtroppo abbiamo troppo spesso in vari punti dell'altipiano carsico e specialmente in alcuni rioni, in particolare nella Settima circoscrizione», ha dichiarato l'assessore comunale all'Ambiente Luisa Polli ieri mattina al centro di smaltimento di via Giulio Cesare. «Un conferimento corretto dei rifiuti - ha aggiunto - contribuisce infatti ad un decremento dei costi per i cittadini perché non impegna i servizi in attività di raccolte extra, come il recupero di rifiuti abbandonati per strada». Grazie a un'indagine promossa dalla Regione nel mese di marzo è infatti emerso che i rifiuti più difficili da gestire da parte dei cittadini siano proprio quelli che non vanno collocati nella raccolta stradale, bensì quelli che andrebbero portati all'interno degli appositi centri (come le vernici, o gli ingombranti) e che invece talvolta vengono abbandonati o inseriti nei contenitori sbagliati. Obiettivo di Acegas sarà proprio quello di incrementare gli accessi a questi centri di smaltimento per raggiungere il 70% di raccolta differenziata entro il 2025: i 140 mila accessi nel 2020 hanno portato a un totale di 10 mila700 tonnellate di rifiuti, circa il 25% del totale della raccolta differenziata che si fa a Trieste. «I centri di raccolta lavorano bene, ma con questo progetto d'informazione intendiamo intercettare anche quelle persone che non ci sono mai andate, oltre a stimolare chi ne fa già uso», ha spiegato l'ingegner Giovanni Piccoli di AcegasApsAmga.

Stefano Cerri

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 giugno 2021

 

 

Il Comune rilancia le aree verdi gratuite per le associazioni
Giardini e parchi a disposizione come nel 2020: basterà compilare un modulo specificando il tipo di attività ricreativa
Il modulo è semplice: il dichiarante firma che le attività non interferiscono con il regolare passaggio pedonale, che le stesse rispettano le condizioni di sicurezza e di incolumità pubblica, e che rispetteranno il distanziamento sociale e non danneggeranno il verde pubblico. Poi deve segnare dove intenda occupare in via temporanea la parte di area «ricadente» nel giardino, nel parco, nella zona verde amministrata dal Comune. Spieghi inoltre il dichiarante che attività educativa - scolastica - ludica-ricreativa-motoria - culturale - ambientale - sportiva pensi di organizzare. Fissi poi le giornate e gli orari durante i quali vorrebbe svolgere le iniziative. Mandi infine il detto modulo agli uffici del Servizio Strade e Verde pubblico, che, qualora l'esito dell'istanza sia positivo, procederanno con un "nulla osta" trasmesso per posta elettronica. Nonostante il miglioramento del quadro pandemico e l'attenuarsi di molte misure restrittive, il Comune rilancia anche quest'anno l'offerta "verde" già prospettata nel luglio 2020 affinchè associazioni, circoli sportivo-ricreativi, cooperative e comitati, impossibilitati a utilizzare le proprie strutture, possano disporre di spazi "open" dove dedicarsi alle attività a favore di iscritti e aderenti, se non addirittura dei cittadini. Una apposita delibera è stata presentata in giunta dall'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi sulla base di un testo firmato dal dirigente Lea Randazzo, che sostituisce l'infortunato De Walderstein. Sono preferite nella destinazione di queste aree verdi le associazioni "non" a scopo di lucro. Sono inoltre prediletti dal Municipio «percorsi di animazione e di accoglienza» a favore dei propri iscritti e - perchè no - della cittadinanza tutta. Naturalmente il Covid non è sparito, quindi restano in vigore le disposizioni che attengono al distanziamento, alla mascherina, al divieto di assembramenti. Ultima, ma non ultima, è la gratuità dell'autorizzazione.

Massimo Greco

 

 

Trieste Verde punta i fari sui depositi della Siot «Basta con quei miasmi» - la lista civica guarda verso San Dorligo
TRIESTE. «Basta con i miasmi che provengono dai depositi della Siot». Maurizio Fogar, portavoce della lista civica Trieste Verde, nella settimanale conferenza stampa di avvicinamento all'appuntamento elettorale delle prossime amministrative, dopo l'affondo sul futuro laminatoio alle Noghere torna a puntare il proprio obiettivo oltre i confini comunali, stavolta verso il territorio di San Dorligo della Valle: «Ormai da anni, a seconda dei venti, le aree di San Dorligo e Aquilinia da un lato e tutta la fascia costiera di Trieste dall'altro vengono avvolte da una camera a gas di benzenidi dal forte odore maleodorante. Miasmi che penetrano nelle case della popolazione. Mentre i vertici della Siot continuano a decantare il loro operato, in realtà, per non investire parte dei loro immensi ricavi in strumenti utili a ridurre l'emissione di questi gas, finiscono con il trattare Trieste come fosse una città da quarto mondo, con disprezzo verso il disagio causato alla nostra comunità».«Vorremmo sapere - conclude lo stesso Fogar - se tale trattamento la Siot lo riserva anche a Ingolstadt, terminale dell'oleodotto in Baviera».-

Lorenzo Degrassi

 

 

Gabbiani, i colonizzatori alati dei tetti dei nostri centri urbani

«Nidi di gabbiano nel cantiere: scongiurato lo stop a Roiano» così recita il titolo che sintetizza la notizia apparsa su Il Piccolo l'altro ieri. Dopo qualche tensione insomma, la situazione si è risolta: i piccoli volatili sono stati trasferiti al Centro di recupero dell'Enpa di Trieste, permettendo così il proseguimento dei lavori, intrapresi dal Comune, che andranno a convertire il comprensorio dell'ex Polstrada di Roiano in diverse strutture per i cittadini. La sede triestina dell'Ente Protezione Animali si è dimostrata familiare con l'accudimento dei piccoli infatti, come riportato nell'articolo, ogni anno ne accoglie mediamente 250. Riflettendo su questo episodio, sorge una domanda: cosa spinge questi animali selvatici a preferire le zone urbanizzate al loro habitat naturale per la nidificazione? Le possibili risposte sono molteplici e variegate, ma tutte legate alla costante ricerca di soluzioni per poter sopravvivere nel miglior modo possibile. I gabbiani, astuti e opportunisti, negli ultimi decenni si sono rivelati particolarmente abili nello sfruttare le "ricchezze" che può offrire il contesto cittadino. Molte sono le specie di questi uccelli nel mondo, ma diverse sono anche quelle che si sono insediate nelle città: tra tutte queste una delle più facili da incontrare durante una passeggiata sulle Rive, ad esempio, è il gabbiano reale, nome scientifico Larus michahellis. Si tratta di un volatile mediamente grande, dall'apertura alare che varia tra i 110 e i 150 centimetri. E piuttosto longeva visto che, in assenza di malattie e altri fattori di mortalità, un esemplare adulto può vivere più di trent'anni. Colonie molto popolose e in costante crescita si sono osservate soprattutto a Trieste, Roma, Genova e Livorno. Uno dei motivi che gli fa amare i centri urbanizzati è l'opportunità di trovare, tra edifici, terrazzi, aree industriali e tettoie, luoghi ottimali dove nidificare. Clima più mite rispetto alla costa, cibo facilmente reperibile e decisamente pochi predatori nei dintorni. Classicamente i nidi vengono costruiti al suolo su pareti costiere, isole lagunari e marine, ma nei nuovi habitat dell'entroterra può nidificare sui tetti di edifici o su altre strutture artificiali, anche in colonie particolarmente dense. L'intero processo di nidificazione si svolge tra fine marzo, quando depone in media 3 uova, e il mese attuale di giugno, quando i piccoli sono ormai già nati e tra poco abbandonano la loro "casa". La coppia alleva un'unica covata per ogni stagione riproduttiva ma, in caso di fallimento, ci può essere una covata in sostituzione. Oltre a questa abilità nell'adattarsi, sono anche degli ottimi volatori: nel periodo di riproduzione, gli adulti possono alimentarsi anche fino a 40 chilometri di distanza dai nidi. Inoltre sono animali molto territoriali e competitivi: non di rado, infatti, entrano in contrasto con gli altri esseri viventi che convivono con loro, siano questi animali domestici, altri uccelli o umani. Nel momento in cui qualcuno tenta di avvicinarsi al loro sito di nidificazione, per esempio, diventano fortemente aggressivi e cercano di allontanarlo con planate minacciose e stridii intimidatori.

Nicole Cherbancich

 

 

La Giornata degli oceani "triplica" con eventi da oggi fino a mercoledì - Oggi l'apertura alle Scuderie di Miramare
Avrà luogo domani la 13.ma edizione della Giornata mondiale degli oceani, per educare e sensibilizzare alla tutela delle risorse marine. A Trieste però il primo momento di celebrazione, nell'ambito del Festival MareDireFare, è in agenda già oggi alle 17 alle Scuderie del Castello di Miramare con "Trieste, gli Asburgo e la scoperta del mare": un incontro a più voci tra scienza, storia e letteratura per ripercorrere la nascita della biologia marina a Trieste e il rapporto tra gli Asburgo e il mare. Protagonisti Andreina Contessa, direttrice del Museo Storico e il Parco del Castello di Miramare, Paola Del Negro, direttrice Ogs, ed Edda Vidiz e Diego Manna, autrice ed editore del libro "Trieste 1719. Quando gli Asburgo scoprirono il mare". Prenotazione obbligatoria alla mail info@ampmiramare.it. Domani sarà invece la volta di "Quattro chiacchiere in fondo al mare" (in replica anche mercoledì), dedicato alle scuole in diretta Zoom con i ricercatori dei progetti Tretamara, Ecoss e RocPop, impegnati in un'immersione all'Area marina di Miramare per parlare dei coralli. Il programma per la celebrazione della Giornata mondiale degli oceani prevede inoltre domani alle 20.30 all'Ariston un evento speciale tra scienza, cinema, musica e teatro organizzato da La Cappella Underground, Ogs e Wwf Amp Miramare, in collaborazione con Stazione Zoologica Anton Dohrn e Arpa Fvg. I partecipanti potranno seguire la proiezione in anteprima di "Our sea of waste" ("Notre Mer de Déchets", Francia, 2020, 26''), documentario sull'inquinamento delle plastiche. Saranno abbinate le performance di Domenico D'Alelio della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e di Valeria Di Biagio, ricercatrice Ogs. Interverranno inoltre Del Negro, Maurizio Spoto, direttore Wwf Amp Miramare e Claudia Orlandi dell'Arpa. Biglietti: www.eventbrite.it/e/ biglietti-serata-world-ocean- day- 158118178729.

Benedetta Moro

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 giugno 2021

 

 

Il dossier Silos si sblocca - Conferenza dei servizi fra enti e Coop Alleanza
Convocata per domani la riunione con al tavolo Comune, Regione e proprietà - Obiettivo: via ai lavori nel primo semestre del 2022. Una partita da 100 milioni
«Il 7 giugno si apre la conferenza dei servizi che dovrebbe chiudere il lunghissimo iter per il recupero del Silos. Grazie al lungo lavoro preparatorio con l'amministrazione comunale siamo fiduciosi che il cammino proceda speditamente e senza intoppi». Così parlò (o meglio scrisse) Coop Alleanza 3.0, proprietaria del grande immobile all'angolo di piazza Libertà con via Flavio Gioia, a pochi metri dalla stazione centrale. Bologna, dopo un'attesa iniziata alla fine dello scorso millennio, preferisce moderare l'entusiasmo: ma la prospettiva, finalmente vicina a concretizzarsi, dice supermercato, albergo "quattro stelle", ristorante, centro congressi con due sale polifunzionali, uffici, 800 parcheggi, terminal pullman. La stima di investimento supera i 100 milioni di euro. La convocazione della conferenza dei servizi è una prima volta da segnare sul calendario. Non sfugge che lunedì 7 giugno cada proprio domani e infatti alle ore 10 si accenderà il collegamento in video-conferenza con la partecipazione del Comune, della Regione Fvg, di Coop Alleanza 3.0. Delegazioni tornite di tecnici, perché al Silos s'intrecciano molte competenze, dall'urbanistica al trasporto pubblico. Coop Alleanza sarà supportata dallo studio Archea di Latisana. Presiede il Municipio con Giulio Bernetti, direttore ormai di mezzo ente, coadiuvato da Beatrice Micovilovich. E Bernetti vuole essere ottimista: «Speriamo di chiudere entro la fine di giugno». Se l'auspicio avrà modo di realizzarsi, perché sono stati raccolti tutti i pareri necessari, verrà firmato un accordo di programma "a tre", che consentirà l'apertura del cantiere nel primo semestre 2022. «Dopo l'ex Maddalena e il Porto vecchio - rifinisce Bernetti - un terzo importante risultato». E per il Comune anche un bell'incasso, non solo politico: la stazione dei bus extra-urbani e due sale, che potranno integrare il Centro congressi Tcc quando si tornerà alla normalità relazionale convegnistica e fieristica. Sembra una bella fiaba, di quelle dal lieto fine dopo tanto scuotimento: uno dei progetti più lenti e tormentati, vissuti durante la seconda repubblica triestina, forse riesce ad andare a dama. Una vicenda che ha compiuto 22 anni, essendo iniziata nel 1999 quando Coop Nordest acquistò l'enorme stabile dal Comune. Il primo progetto vide la luce nel 2003, il primo accordo di programma venne varato nel 2009. Poi il fallimento di Unieco, la società del pianeta cooperativo incaricata di trasformare l'ex magazzino di granaglie, contribuì a rallentare la narrazione. Un'apparente ripresa di iniziativa durante il mandato Cosolini, ancora montagne russe al ritorno di Dipiazza tra illusioni di pronta chiusura e tele continuamente da ritessere: due i punti dolenti, ovvero il rapporto parcheggi/superfici commerciali e l'assetto del terminal pullman. È ragionevole ritenere che i due scogli siano stati affrontati vittoriosamente dal momento che stavolta la conferenza dei servizi decollerà. Il segnale forte, che il peggio era passato, si udì a febbraio, quando per la prima volta il Silos venne iscritto dal Comune nel Piano triennale delle opere 2021-23 per un totale di 17,6 milioni di euro a carico del privato. Rifatta piazza della Libertà, in restauro alcuni palazzi ottocenteschi (Kallister, Panfili), adesso alla riqualificazione dell'ingresso in città da nord manca un capitolo: decidere il destino di sala Tripcovich.

Massimo Greco

 

Nato per stoccare i cereali ospitò 100 mila esuli istriani

La struttura venne costruita a metà dell'Ottocento, in contemporanea con la stazione centrale. Nel 1971 un rogo devastante. Negli anni '80 parziale recupero disegnato da Semerani e Tamaro.

Cosa era il Silos prima di diventare rifugio di migranti che, lungo la "rotta balcanica", approdano a Trieste? Diamo la parola all'«Atlante dei beni culturali. Il patrimonio costruito», edito dal Comune nel 2014, a cura di Andrea Benedetti, Alessandro Giadrossi, Alessandro Zanmarchi. E veniamo così a sapere che il Silos, dalle sobrie linee neo-classiche, fu edificato a metà del XIX secolo in contemporanea con la nuova stazione ferroviaria. «Due corpi di fabbrica di pari volume - si legge nella scheda dedicata allo stabile (pagina 293) - coprono 290 metri di lunghezza con una struttura di 44 arcate in pietra a doppio ordine». «L'impiego, come nei coevi magazzini del Punto franco vecchio, dei primi brevetti per il calcestruzzo armato - conclude la sintetica trattazione - fa dell'immobile un esempio di grande interesse per la storia delle tecniche costruttive».Nato per stoccare merci, in particolare granaglie (come la denominazione suggerisce), al termine della Seconda guerra mondiale fu riconvertito a provvisorio riparo per centomila esuli istriano-dalmati (lo si rileva da lapide commemorativa) che lasciavano l'Adriatico orientale. Nel 1971 il magazzino venne devastato da uno spaventoso incendio, le cui tracce sono tuttora visibilissime nella porzione dell'ottocentesca struttura non recuperata. Nel 1982 il Comune acquistò l'edificio "di testata" in piazza Libertà e le prime campate dei corpi laterali dalle Ferrovie dello Stato, con l'intenzione di realizzarvi un'autorimessa, un terminal pullman sostitutivo di quello disegnato da Baldi & Nordio, un'area commerciale dove sistemare le bancarelle dei jeansinari che avevano furoreggiato in Ponterosso. Sulla base di questo programma venne bandito un appalto-concorso, che a metà anni Ottanta ebbe come vincitore il progetto presentato da Luciano Semerani e Gigetta Tamaro: gli architetti riuscirono a riconvertire circa un quarto della struttura, ma la parte rimanente è rimasta allo stato di rudere. In tale contesto il Comune guidato da Riccardo Illy ricevette a fine anni Novanta la proposta di acquisto dal mondo cooperativo. Dopodiché l'intera area attorno alla Centrale ha subìto un blocco "alla triestina", che si è protratto per una ventina d'anni: basti pensare alla riqualificazione di piazza Libertà, su cui il governo centrale di Silvio Berlusconi e il governo regionale di Riccardo Illy puntarono 4 milioni di euro ancora nel 2004 e solo dopo una quindicina d'anni venne aperto il cantiere. Finalmente piazza Libertà, che rappresentava un imbarazzante punto di ingresso settentrionale della città, ha visto razionalizzate le fermate dei bus, collocate le pensiline, riordinato il traffico, segnalati pedonali e ciclabili. Tre interessanti spunti architettonici ottocenteschi attorno allo spazio urbano - i palazzi Economo, Kallister, Panfili - raccontano di una stagione ascendente della Trieste asburgica. Una piazza, che sembrava avvolta in una triste aura da ordine pubblico più che da urbanistica, ha ritrovato una dignità che il rifacimento del Silos dovrà confermare.

Magr

 

Dal lato di Porto vecchio giacigli e indumenti di chi oggi vi trova riparo - fenomeno ridotto rispetto al recente passato
Il via vai c'è ancora, è decisamente limitato e si è spostato dal lato del Porto vecchio. Il Silos rappresenta sempre un punto di riferimento per i migranti, seppur con numeri ridotti rispetto al passato. L'area è composta da due edifici gemelli che si estendono dal parcheggio Saba fino ad arrivare alle officine in uso ai tecnici delle ferrovie, per una lunghezza di poco più di 250 metri. Nel rudere che confina con la stazione sono state installate nuove protezioni ed è pressoché impossibile accedere. Guardando verso l'interno si possono comunque scorgere dei giacigli di fortuna e degli abiti in buone condizioni, forse abbandonati di recente. Non si vedono persone mentre all'esterno c'è il movimento del personale di Trenitalia. Discorso diverso per l'edificio verso il Porto vecchio, impossibile guardare dentro se non nella parte finale e qua si scorge la presenza di vita umana con un uomo che cammina verso il suo giaciglio. Solamente una piccola parte dell'edificio è visibile dalla strada privata di proprietà di Rfi, Reti ferroviarie italiane. L'accesso dei migranti al Silos avviene, come accennato, dal lato del Porto vecchio dove c'è un mini varco alla fine della strada che conduce all'ingresso dei veicoli nel maxi parcheggio gestito da Saba. Non è possibile comunque stabilire quanti siano oggi i "residenti" del Silos, un lavoratore conferma però un calo importante rispetto al passato: «Quando passo guardo sempre dentro e sinceramente non vedo mai nessuno. Possiamo dire che la situazione è diametralmente opposta rispetto agli scorsi anni».

Andrea Pierini

 

"Grignano presto cambierà il suo volto" - La replica delle istituzioni all'indomani delle critiche di frequentatori della zona e addetti ai lavori

Dipiazza e l'assessore regionale Pizzimenti rilanciano il piano di recupero da 4,5 milioni: "Ora la progettazione, poi i lavori"

Ugo Salvini«Per Grignano esiste un piano di rilancio, per un totale di 4,5 milioni di euro, già finanziati dalla Regione, che prevede sia la riqualificazione del parcheggio, sia la realizzazione di un ascensore che porterà i turisti dalla baia al Castelletto di Miramare». Il sindaco Roberto Dipiazza rilancia così il preannunciato progetto di recupero della baia all'indomani delle ultime notizie di stampa che hanno dato conto di una serie di critiche sullo stato delle manutenzioni e dei servizi venute da chi frequenta la zona e da chi ci lavora. All'indice sono finite in particolare la pavimentazione del parcheggio (reso impraticabile in numerosi punti del piazzale a causa della crescita delle radici degli alberi che, nel corso degli anni, sono emerse in superficie dando vita a vere e proprie cunette), le indecorose scritte che campeggiano nel tunnel pedonale che unisce i due stabilimenti balneari che si susseguono sul litorale, scritte che mai nessuno ha provveduto a cancellare, nonché l'assenza di adeguate segnalazioni turistiche. Problematiche che mal si conciliano con un'area dalla bellezza straordinaria, che potrebbe diventare meta per migliaia di turisti provenienti sia via terra, sia via mare. «Conosco bene la situazione di Grignano sul cui potenziale non ci sono discussioni e che è ben presente fra le priorità dell'amministrazione - precisa Dipiazza - e proprio per questo mi ero rivolto a suo tempo a Debora Seracchiani, all'epoca presidente della Regione, e poi all'attuale governatore Massimiliano Fedriga per ottenere i necessari aiuti finanziari, in quanto l'area è demanio della Regione. Da entrambi ho avuto risposte positive», rammenta in proposito il sindaco: «Dalla prima erano stati promessi tre milioni, dal secondo ulteriori 1,5. Cifre confermate che saranno spese per rinnovare Grignano e migliorarne il potenziale turistico. Tra la baia e il vicino castello di Miramare, con il suo bellissimo parco, abbiamo a disposizione un punto di eccezionale valenza turistica, che va sfruttato a dovere».Le cifre indicate da Dipiazza sono confermate a propria volta dall'assessore regionale Graziano Pizzimenti: «Abbiamo già individuato e incaricato uno studio di Udine, che sta effettuando i sopralluoghi e porterà a termine la progettazione. Subito dopo, ovviamente di concerto con il Comune di Trieste e la Soprintendenza, predisporremo la gara per l'assegnazione dei lavori».Fra le idee sulle quali si sta lavorando in questa fase c'è anche l'ipotesi, lanciata dallo stesso Dipiazza, di creare un nuovo spazio per i pullman all'altezza del simbolo dell'alabarda posta lungo la strada Costiera. Il sindaco e l'assessore regionale ricordano infine che tra le voci che compongono il nuovo Programma triennale delle opere pubbliche, recentemente licenziato dalla giunta Fedriga per un ammontare complessivo di 104 milioni, in parte già stanziati e in parte da finanziare, nell'ambito turistico ci sono proprio i 4,5 milioni per la sistemazione dell'area demaniale marittima del porticciolo di Grignano.

 

 

Opere in ferro, plastica, nylon per raccontare il Microceano - la rassegna
Inaugurata alle Scuderie di Miramare la mostra dedicata agli organismi marini più piccoli proprio nella Giornata mondiale dell'Ambiente. Primo appuntamento del cartellone di "MareDireFare"
Una rete bianca, illuminata. E poi dei piccolissimi elementi. Tutto realizzato con alluminio, ferro, plastica e nylon. Materiale povero, che sembra quasi prezioso. Così l'artista Valérie Cortelazzi ha immaginato il plancton ovvero «tutto ciò che non sa nuotare controcorrente», spesso dimenticato o addirittura poco conosciuto, ma fondamentale per il funzionamento degli ecosistemi marini ed essenziale per la vita dell'uomo. Al mondo marino microscopico è infatti dedicata la mostra "Microceano", che ha aperto ieri i battenti alle Scuderie di Miramare, proprio nella giornata mondiale dedicata all'Ambiente. Un'esposizione che inaugura il festival "MareDireFare", diretto alla divulgazione scientifica e alla conoscenza di questo mondo sottomarino, focalizzandosi su mare e oceani (a cui la giornata dell'8 giugno è dedicata). Fino al 20 giugno tutta la città sarà coinvolta in un programma ideato da Area marina protetta di Miramare e Ogs per celebrare l'avvio del "Decennio degli Oceani", proclamato dalle Nazioni Unite. Il cartellone prevede appuntamenti (www.maredirefare.it) che spaziano tra spettacoli teatrali, letture animate ed itineranti, mostre fotografiche, laboratori creativi e presentazioni di libri che si snoderanno in diversi punti della città, dal Parco di San Giovanni al centro storico, da San Giacomo a Montebello. Alcuni saranno ambientati proprio alle Scuderie, dove si sono messi alla prova i 17 artisti dell'esposizione: Isacco Alberti, Niccolò Argenti, Damiano Avoledo, Cristiano Baggio, Maurizio Corradin, Mattia Cassaro, Manuela Ceresoli, Valérie Cortelazzi, Silvia Patricia Mantoani, Elisabetta Milan, Elena Perco, Sara Segantin, Riccardo Sellan, Massimo Spadari, Giada Tonello, Gretta Vettori, Simone Zoccante. Dopo vari confronti con alcuni ricercatori di Amp Miramare e Ogs, che hanno curato l'esposizione con la collaborazione della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli e il Museo storico e Parco del castello di Miramare, hanno immaginato attraverso immagini, tessuti e quadri i microrganismi, virus e batteri. Le opere sono accompagnate da pannelli descrittivi. Tra questi pannelli, anche "Il Piccolissimo", una sorta di giornale con notizie di vera attualità trattate a livello locale e non solo negli ultimi mesi. Ad esempio quella della "marea rossa" ovvero la Noctiluca scintilans che ha invaso le coste triestine per diversi giorni. Oppure le meduse Rhizostoma Pulmo. «Ho ideato un percorso suddiviso in tematiche - spiega Lorenzo Peter Castelletto, 24 anni, curatore assieme a Rino Lombardi, Lisa Peratoner e Maurizio Spoto -: dal fitoplancton alla rete trofica marina alle specie aliene, con l'intento anche di sensibilizzare la popolazione sul fatto che diminuiscono sempre più gli organismi planctonici». L'obiettivo della mostra è "alfabetizzare" su questo mondo microscopico, ha sottolineato Paola Del Negro, direttore generale dell'Ogs, assieme a Maurizio Spoto, direttore Wwf Amp Miramare. Presenti ieri anche la padrona di casa, Andreina Contessa, direttore del Museo storico e Parco del Castello di Miramare, il sindaco Roberto Dipiazza, Vincenzo Vitale, comandante della Capitaneria di porto di Trieste, e Pierpaolo Zanchetta della Direzione centrale risorse agroalimentari, forestali e ittiche della Regione. Ma il mare non è l'unico protagonista, perché prendendo spunto dal 15 giugno, Giornata mondiale del Vento, MareDireFare - organizzato da Wwf Area Marina Protetta di Miramare e Ogs, in collaborazione con Patto di Trieste per la Lettura, Editoriale Scienza e Associazione Museo della Bora, con il patrocinio del Comune di Trieste e la collaborazione del Museo storico e Parco del Castello di Miramare e con il contributo della Regione - farà inoltre da cornice all'ormai consueto appuntamento con BoraMata, che riporterà le girandole in piazza Unità e sarà protagonista il 18, 19 e 20 giugno.

Benedetta Moro

 

 

Il lago di Bosc di Sot riconosciuto habitat di rilievo nazionale per anfibi e rettili
Nella zona umida di Cormons censite con certezza 9 specie «L'ex cava è un rifugio anche per uccelli e mammiferi»
Cormons. Un'area di "Rilevanza erpetologica di livello nazionale". È la zona umida di località Bosc di Sot. Ad inserirla nella lista che riguarda il territorio italiano è stata la Societas Herpetologica Italica, associazione nazionale a carattere scientifico che promuove la ricerca e la tutela di anfibi e rettili e dei loro habitat e la divulgazione delle conoscenze su di essi. I laghetti alle porte di Cormons soddisfano tutti i criteri per l'inclusione di un sito nella lista: ospita un elevato numero di specie di anfibi e rettili e, in particolare, ospita comunità di questi animali di interesse scientifico o conservazionistico.I laghetti di Bosc di Sot si sono originati dopo lo stop, ormai diversi anni fa, all'attività estrattiva vicino al torrente Versa, 55 ettari complessivi di cui 11 occupati da acque dolci, attorno ai quali sono state finora rilevate con certezza 9 specie di anfibi. «Tra di esse - riportano gli scienziati dell'Ambiente Davide Roviani, Michele Tofful e Francesca Iordan, i cui studi hanno permesso di poter inserire l'area nella lista di quelle di rilevanza erpetologica nazionale - vale la pena ricordare la rana di Lataste Rana latastei, la rana agile Rana dalmatina, il rospo smeraldino Bufotes viridis e l'ululone dal ventre giallo Bombina variegata, particolarmente protette dalla normativa sia italiana che europea per mezzo della Direttiva europea 92/43/CEE "Habitat": si tratta di animali tutti presenti nei dintorni dei laghi con diverse centinaia di individui. Le popolazioni nazionali di queste ed altre specie, come l'endemica raganella padana Hyla perrini, sono considerate in declino ed il loro stato di conservazione non adeguato in tutta l'area padana». Gli studiosi proseguono: «Di una certa rilevanza appare la varietà di habitat terrestri e d'acqua dolce presenti tanto all'interno del perimetro dell'ex cava quanto nelle immediate vicinanze, capaci di costituire zone di rifugio e riproduzione non solo per anfibi e rettili ma anche per molte specie di avifauna stanziale e migratrice, mammiferi e non ultimi, di insetti legati alle acque dolci». I tre scienziati evidenziano così «la valenza conservazionistica dell'ex cava e della sua necessità di essere rispettata e tutelata da stravolgimenti ambientali irreversibili» e lanciano un appello: «Indipendentemente da quale soggetto, pubblico o privato, rileverà l'area, l'integrità dell'intero comprensorio potrebbe essere garantita da un regime di tutela che impedisca l'alterazione della sua libera evoluzione verso condizioni di maggiore naturalità ed in questo senso la recente inclusione tra le Aree di Rilevanza Erpetologica Nazionale va a supporto dell'altrettanto recente richiesta ai competenti uffici regionali di avvio dell'iter per l'istituzione di un Biotopo naturale nell'area».

Matteo Femia

 

Un anno e mezzo fa scoperto nell'area pure un raro fossile
L'area umida di Bosc di Sot non è riconosciuta solo per la sua importanza erpetologica legata agli anfibi e ai rettili, ma anche perché non lontano dai laghetti, poco più di un anno e mezzo fa, venne scoperto anche un raro fossile di Paleodycton, che fu già oggetto di studi anche da parte di Leonardo da Vinci.

 

Spuntati vicino a Barbana alcuni esemplari di Ibis sacro - Hanno adottato la laguna
Osservati e immortalati mentre stavano mangiando ai bordi del canale - Lo scorso anno notata solo a fine estate una coppia anche a Fossalon
GRADO. Se i fenicotteri rosa sono ormai di casa a Grado - sia in Valle Cavanata e nella Valle Artalina, che corre accanto alla strada provinciale Grado-Monfalcone, sia in diverse altre parti della laguna, comprese le zone attorno all'isola-santuario di Barbana - ben più raro è osservare che proprio nelle vicinanze di Barbana ci sia la presenza di qualche Ibis sacro. In queste ultime giornate chi si reca a Barbana può aver la fortuna di incontrarli mentre stanno tranquillamente mangiando ai bordi del canale. A riprenderli fotograficamente è stato Mauro Gordini che ha osservato la loro presenza subito dopo che sul retro di Barbana erano arrivati alquanto numerosi i fenicotteri rosa. Non è da escludere che gli Ibis abbiano volato assieme ai fenicotteri, anche se la conformazione e la struttura per volare non sia propriamente identica. Fatto sta che anche l'anno scorso era stata notata, ma solamente verso fine estate, la presenza di una coppia di Ibis in alcune parti della laguna e anche a Fossalon. Quest'anno ce ne sono già quattro. E c'è da ricordare che ancora una decina di anni fa sempre a Fossalon la presenza di Ibis era non solo stata notata ma addirittura venivano nutriti da una donna che li faceva prendere il cibo dalle sue mani. Svariate migliaia sono le presenze di uccelli che annualmente si registrano alla riserva naturalistica della Valle Cavanata; ci sono poi, quindi, centinaia e centinaia di fenicotteri rosa che in piccola parte ormai sono presenti in forma stabile proprio alla Cavanata. E ora in laguna ci sono anche gli Ibis. Ecco perché anche gli appassionati di birdwatching sono sempre più numerosi. Giungono anche da fuori regione e pure dall'Austria. A proposito della Riserva Naturale Regionale della Valle Cavanata, considerate le variazioni in merito alle restrizioni di questi ultimi tempi, c'è da evidenziare che gli osservatori "Pagoda" e "Sabbia" sono nuovamente e liberamente aperti al pubblico. In poche parole, per accedere a questi osservatori non è più necessaria la prenotazione. C'è tuttavia l'invito da parte dei responsabili della cooperativa Rogos che gestisce la riserva per conto del Comune, a continuare a rispettare il distanziamento sociale, utilizzare la mascherina e disinfettare le mani prima di accedere agli osservatori. Nell'occasione viene inoltre ricordato che in Cavanata si può effettuare una passeggiata rilassante scoprendo questo ambito naturalistico. Il centro visite è aperto giornalmente (escluso il giovedì) dalle 10 alle 17.

Antonio Boemo

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 giugno 2021

 

 

Obelisco, un'altra svolta imprevista - Nuovo rilancio sfonda i due milioni
Si riapre a sorpresa, per l'ennesima volta, l'asta per l'ex albergo. Quotazioni raddoppiate in 15 mesi
Quasi che l'esotica malìa delle "Mille e una notte", tradotta 130 anni fa da Francis Richard Burton proprio nell'allora stazione di posta appena fuori da Opicina, avesse avvolto di misteri anche il successivo hotel Obelisco. Un "giallo" che non sembra conoscere l'ultima puntata: a marzo pareva assai probabile l'aggiudicazione definitiva dei 62 mila metri quadrati alla famiglia Andretta, invece, a meno di dieci giorni da quella provvisoria, è giunta la nuova offerta al collegio milanese dei curatori del fallimento Gladstone. La notizia è poi uscita un paio di mesi dopo, quando il rilancio è diventato ufficiale per consentire la prosecuzione di un'asta senza fine: il misterioso sfidante degli Andretta ha accettato di misurarsi con il 10% in più previsto dalla normativa fallimentare. Se gli Andretta avevano gettato sul piatto quasi un milione e 950 mila euro, il misterioso sfidante contrattacca sfiorando i due milioni e 150 mila. Adesso, chi voglia superare l'asticella alzata dal nostro ghost buyer, dovrà appoggiare sul panno verde due milioni e 360 mila euro. Se si pensa che la prima aggiudicazione provvisoria risale al febbraio dello scorso anno con 1,2 milioni di euro, appare di tutta evidenza che nel giro di una quindicina di mesi l'appetibilità commerciale dell'Obelisco è pressoché raddoppiata. È vero che la quotazione resta sensibilmente inferiore alla stima redatta nel 2010 dall'architetto milanese Giuseppe Agresta pari a quattro milioni e 573 mila euro, ma è anche vero che da 11 anni a questa parte molta acqua è fluita sotto i ponti del settore immobiliare nazionale e quest'acqua ha portato raramente pepite auree. Tant'è che alcuni anni dopo la perizia-Agresta i curatori abbassarono la pretesa a 2,6 milioni. L'esito, che probabilmente sarà l'ultimo quindi decisivo, si saprà mercoledì 30 giugno, quando alle ore 11.30 inizierà la vendita con modalità "sincrona mista", che prevede offerte telematiche e tradizionali. Chi scelga la strada tradizionale, può farlo previo bonifico o assegno entro le 13 di martedì 29 corrente mese: cauzione minima il 5% del prezzo offerto, quindi, se riferita ai 2,3 milioni necessari per battere l'ultimo prezzo, occorrono circa 120 mila euro. Qualora si ingaggi battaglia, il rilancio minino è di 25 mila euro. Referente della procedura è la Sivag, che ha sede a Segrate nei pressi di Milano. Il collegio dei curatori è composto dall'avvocato Patrizia de Cesari, dal ragionier Giorgio Canova, dal commercialista Andrea Zonca. Giudice delegato del Tribunale milanese è Vincenza Agnese. E ora immancabile flash-back sull'emozionante iter di questa vendita. L'Obelisco, progettato negli anni Settanta da Gae Aulenti ma prematuramente chiuso già alla prima metà del decennio Ottanta, vanta una superficie complessiva di 62 mila mq, di cui 8.500 dedicati all'ex struttura ricettiva. Poi ci sono gli impianti sportivi, il parcheggio, il parco. Ultimo proprietario la società immobiliare Gladstone, che fallì e i cui beni sono ancora in cerca di subentranti. Dopo otto esperimenti di vendita definiti dai curatori e dalla Sivag, il primo rovesciamento della fortuna avvenne nel febbraio 2020, quando l'Obelisco andò al trio Ritossa-Pedone- Diasparra per un milione e 125 mila euro. Primo colpo di scena: si fece avanti una società triestina, la Matt di Stefano Campestrini, che in settembre sbancò con un'offerta di un milione e 765 mila. Tempo dieci giorni e secondo colpo di scena: la famiglia Andretta rilancia a un milione e 950 mila euro. A marzo, come abbiamo visto, nessuno si fa vivo in asta e si ritiene che gli imprenditori friulani abbiano l'Obelisco in pugno. Terzo colpo di scena: offerta fuori asta a due milioni e 150 mila, che fino al 30 giugno sarà vincente.

Massimo Greco

 

Nidi di gabbiano nel cantiere - Scongiurato lo stop a Roiano
Il trasloco degli esemplari al Centro recupero fauna selvatica evita in extremis il blocco dell'annosa trasformazione dell'ex caserma in asilo, park e bosco urbano
Quando gli uffici gli hanno comunicato la necessità di bloccare il cantiere dell'ex Polstrada di Roiano, al sindaco Roberto Dipiazza stava per venire un mancamento. Questa volta la colpa non era di carte bollate o resti antichi della Trieste che fu. A rischiare di fermare le ruspe erano infatti i nidi di alcuni gabbiani. Un problema non da poco che però, a stretto giro, è stato risolto con un'operazione di trasferimento di tali nidi "a regola d'arte", tale da scongiurare lo stop dei lavori a pochi giorni dal loro inizio.La segnalazione era partita dall'Enpa, che con una lettera datata 27 maggio inviata proprio all'amministrazione recitava così: «Rammentiamo che la legge tutela tutte le specie di uccelli nidificanti vietando l'asportazione, il danneggiamento o il prelievo dei nidi, di piccoli nidiacei o di uova. Ci viene segnalato che sono in pregiudizio vari nidi nel comprensorio dell'ex caserma di Roiano dove il Comune ha aperto un cantiere. Eventuali interventi eccezionali autorizzati dall'autorità forestale devono essere compiuti nella salvaguardia dei piccoli nati che dovranno essere portati al Cras (Centro recupero fauna selvatica) di Trieste». La firma sul documento è quella della presidente Enpa Patrizia Bufo la quale poi rincarava la dose: «I nidi non possono essere spostati. A Roiano in quel cantiere è stata segnalata la presenza di gabbiani, siamo nella stagione dove i piccoli sono già nati e fin da subito sono in grado di camminare. Vanno messi quindi in sicurezza e da quel che risulta non sono stati portati al Cras. Diciamo che sono perplessa e attendo una riposta ufficiale che proverò a sollecitare. Siamo in un momento particolare per la fauna selvatica, non dico che bisogna fermare il cantiere, ma bisogna fare le cose per bene. In questo momento abbiamo 30 piccoli di gabbiano al Cras e arriviamo a 250 ogni anno quindi non ci sono problemi di numeri». Il sindaco, dal canto suo, è stato egualmente schietto: «In Italia - spiega - abbiamo 57 miliardi di opere. Sono interventi che possono creare centinaia di migliaia di posti di lavoro e sono convito che vadano avviati sempre, tutelando gli animali, che a loro volta devono essere rispettati. Quando gli uffici mi hanno girato la segnalazione dell'Enpa mi hanno evidenziato che era necessario bloccare il cantiere. In poco tempo abbiamo però contattato la Forestale, grazie alla cui professionalità abbiamo scongiurato lo stop a tutto mettendo in sicurezza i gabbiani». Si scongiura pertanto l'ennesimo rallentamento per una complessa storia di "rinascita", quella appunto dell'ex comprensorio di Roiano, iniziata nel 2002 con un Accordo di programma firmato allora dal governo di Silvio Berlusconi, dal presidente della Regione Renzo Tondo e da Roberto Dipiazza al suo primo mandato. Lunghissimo fu però l'iter per trovare una collocazione alternativa alla Polstrada, sfociato tra il 2015 e il 2016 nella nuova sede di via Mascagni e nel 2017 nell'abbattimento della caserma di Roiano. Nel settembre 2018, quindi, la gara per la progettazione, vinta dalla F&M di Mirano, che ha dovuto recepire le prescrizioni della Soprintendenza a causa del rinvenimento di una precedente struttura castrense austroungarica. Poi la bonifica degli ordigni bellici e il 26 aprile scorso, finalmente, l'affidamento dei lavori alla modenese Iti, che ha ottenuto l'appalto con un ribasso del 25, 2% su una base d'asta di circa 5,2 milioni con Iva e oneri per la sicurezza. La durata dell'intervento è stimata in 380 giorni: calendario alla mano il taglio del nastro dovrebbe avvenire a metà maggio 2022. In questa fase sono in corso i carotaggi. Poi si procederà con la costruzione di un asilo nido da 60 posti, di un parcheggio seminterrato e di un bosco urbano, con un'area dedicati ai cani, e forse anche ai gabbiani.

Andrea Pierini

 

L'Ufficio zoofilo ai costruttori: «I volatili vanno rispettati»
La comunicazione del Comune alle associazioni di categoria Enpa, Liberi di Volare e Lipu in campo, pronte a fare la loro parte
Risanare gli edifici rispettando i nidi dei piccoli volatili. La richiesta delle associazioni animaliste è stata fatta propria dell'Ufficio zoofilo del Comune di Trieste, che ha inviato ad Ance e Anaci una raccomandazione al fine di tutelare gli uccelli selvatici.La presenza importante di cantieri in ogni angolo della città, generata prevalentemente dai bonus per il rifacimento delle facciate, ha messo a rischio quest'anno la sopravvivenza di molti nidiacei. La sistemazione delle impalcature talvolta ostacola l'accesso e l'uscita dal nido. In alcune situazioni dei nidi sono stati fatti cadere a terra o sono stati gettati via da operai. Per questo l'Ufficio zoofilo chiede fattiva collaborazione «nel considerare la problematica in questo periodo stagionale per edifici in manutenzione in cui sono insediati i nidi, eventualmente prevedendo tutti gli accorgimenti tecnici possibili, fatte salve le disposizioni in materia di sicurezza cantieristica, per consentire ai volatili un agevole transito da e per il nido». «La legge 157 del 1992 vieta di mettere mano ai nidi - premette la presidente dell'Enpa Patrizia Bufo - e se qualche ditta ha delle difficoltà, ci chiami per qualsiasi informazione al 339-1996881. Siamo attrezzati con camera calda e tanta esperienza». A recuperare alcuni esemplari feriti di rondine e rondoni tra detriti dei cantieri è anche l'associazione Liberi di Volare, che ha stimolato l'intervento dell'Ufficio zoofilo: «Le attuali ristrutturazioni stanno creando gravi problemi alla fauna selvatica protetta - spiega la presidente Silvana Di Mauro - ed è un vero dolore per noi assistere impotenti a tanta sofferenza: bastano un po' di attenzione e rispetto per il loro habitat per salvarli». Ilario Zuppani, coordinatore regionale della Lipu, evidenzia come la ristrutturazione degli edifici e anche il taglio degli alberi non autorizzino l'uccisione di animali. «È bene - indica - consultare preventivamente le Stazioni del Corpo forestale regionale che hanno le conoscenze naturalistiche adeguate ma anche le competenze per sanzionare i trasgressori».

Laura Tonero

 

 

«Noghere, pmi innovative al posto della siderurgia» - Terzo polo contro il progetto del laminatoio
MUGGIA. «Il territorio non può essere svenduto a colpi di royalties»: è quanto sta scritto in fondo alla nota congiunta, sull'affaire-siderurgia alle Noghere, del polo civico, il cosiddetto "terzo polo" composto da Meio Muja, M5s e Podemo. «Quando si parla di decisioni in grado di definire il futuro di Muggia per decenni - recita la nota - i cittadini vanno non solo informati ma inclusi nel processo decisionale e consultati in prima persona. In quanto liste civiche, ci rendiamo promotori di quest'approccio anche e soprattutto per quanto riguarda la questione del laminatoio nella valle delle Noghere». Cosa che «un'amministrazione comunale, in proroga oltre al suo mandato, in piena campagna elettorale, non sta facendo». «La questione - prosegue la nota - è che l'impianto, che porterà in dote problematiche ambientali e acustiche, toglierà un'area enorme, di ben 48 ettari, preziosa per lo sviluppo economico di Muggia, che potrebbe ospitare piccole e medie aziende attive nell'innovazione e ad alta professionalizzazione». Tra le proposte alternative dei civici figurano quelle di «espandere in loco la presenza dei poli scientifici di Trieste, attrarre aziende tecnologiche e creare realtà di co- working e incubatori d'impresa, estendendo le peculiarità e i vantaggi, tuttora inapplicati, del Porto di Trieste all'area».

LU.PU.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 giugno 2021

 

 

Un biglietto d'ingresso per il Giardino Viatori - Arrivano i primi turisti
Ticket di 4 euro che sale a 10 per la novità della visita virtuale - La presidente Demartin: «Un vero gioiello, vale il prezzo»
La riapertura del Giardino Viatori è una delle novità della primavera goriziana. Quello che è uno degli incanti cittadini, si può ammirare esclusivamente su prenotazione, con visite guidate. Ciò perché il periodo suggerisce prudenza, ma anche perché soltanto le parti del giardino già completate, per quanto riguarda gli interventi di risistemazione, sono fruibili in totale sicurezza. È, insomma, un Giardino Viatori rinnovato quello che si può vedere, prenotando online l'ingresso sul suo sito Internet. Le modalità di prenotazione si stanno ancora affinando: sarà introdotta una "infoline".Un'altra novità costituisce poi l'ingresso, non più gratuito: 4 euro, che diventano 10 con l'entrata all'ipertecnologica casa Viatori. Il ticket non è stato digerito bene da tutti, dopo che Lucio Viatori, l'ideatore del giardino, si era limitato per una vita a ricevere qualche offerta, senza obbligo. In ogni caso, in molti hanno deciso di trascorrere qualche ora tra magnolie, azalee e molto altro.«È fondamentale assicurare la sostenibilità di quello che si può definire un vero progetto cultural-botanico - dice la presidente della Fondazione Carigo, Roberta Demartin -. Come tutti i più bei giardini del mondo, anche il Giardino Viatori è opera dell'uomo, un prezioso artificio, dove la natura è "addomesticata": se si lasciasse agire la natura da sola, il giardino scomparirebbe. È quindi essenziale una manutenzione quotidiana e, in linea con i principali patrimoni botanici, naturalistici e artistici in Italia e nel mondo, la modalità di fruizione da parte del pubblico prevede quindi un biglietto di ingresso». E ancora: «Consapevole del peso economico della manutenzione del suo giardino, anche Luciano Viatori ha specificato nel suo lascito testamentario che per rendere più sostenibile la gestione del giardino si optasse per ingressi a pagamento: il fatto di pagare un biglietto per visitarlo, cosa peraltro comune all'estero, deve essere visto soprattutto come riscontro del valore del tesoro botanico e di esperienza di coltivazione, che il giardino contiene. Ritengo quindi che se vogliamo far fare un salto di qualità al nostro territorio, anche in termini di attrattività e proposta turistica sia necessario puntare sulla qualità e sulla coerente valorizzazione dei nostri tesori: insomma, credo che la visita valga il costo di un cono gelato...».

Alex Pessotto

 

 

La Ue: basta plastica - Industria in allarme per la svolta green
Alt agli articoli monouso, a rischio 3 mila addetti in 30 aziende - La friulana Colombino & Polano: impegnati a cercare alternative
UDINE. Solo tutela dell'ambiente o anche apertura di un mercato, che non sparirà, a nuovi competitor con nuove tipologie di prodotto e incognite modalità di produzione? È un altro modo di affrontare un tema di stretta attualità, la nuova direttiva Ue sulla plastica monouso, che impatta su un settore che, nel nostro Paese, vale 1 miliardo di euro di fatturato l'anno realizzato da almeno una trentina di aziende e circa tremila addetti. Una parte del macrosettore della trasformazione dei polimeri plastici, che pesa per 15 miliardi di valore della produzione e occupa circa 120 mila addetti, buona parte dei quali a Nordest. Le disposizioni comunitarie sono note - in parte -, la direttiva infatti è complessa, i decreti attuativi ancora non ci sono, quindi daremo effettivamente l'addio a piatti e bicchieri di plastica, posate di plastica, bastoncini cotonati ecc. dal 1° gennaio 2022. Ma l'impatto sarà «pesante - dichiara Libero Cantarella, direttore di Unionplast nella Federazione Gomma-Plastica di Confindustria -. Il nostro Paese è il principale produttore europeo di stoviglie monouso con un valore della produzione che arriva a un miliardo di euro, per il 40% destinato alle esportazioni. La nuova legge non coglie di sorpresa, ovviamente, ma l'anno e mezzo di pandemia da Covid ha sottratto a molte aziende tempo ed energie per pianificare una riconversione. Non solo, proprio la pandemia ha messo in evidenza l'utilità di queste produzioni, largamente impiegate da ospedali, case di cura, ecc.». L'ambiente va difeso, certo. «E l'Italia ha da decenni normative su gestione, recupero e riciclo dei rifiuti. Il Conai (il consorzio che lavora su recupero e riciclo dei materiali da imballaggio) è nato nel '97 e gli ultimi dati attestano a oltre il 90% la raccolta di rifiuti da imballaggio in plastica immessi a consumo. Al contrario in molti altri Paesi la gestione dei rifiuti è ancora carente - aggiunge Cantarella -, ed è su questo fronte che bisognerebbe continuare a lavorare. Il problema va affrontato a 360 gradi, ricordando soprattutto che la sostenibilità non è solo ambientale, ma anche economica e sociale». Un eccesso di zelo nella lotta all'inquinamento? O c'è dell'altro. «Ciò che sappiamo - ancora il direttore - è che assistiamo alla sostituzione, per taluni articoli in plastica, con manufatti realizzati con altri materiali, presuntamente sostenibili, in particolare provenienti dai Paesi dell'Est». Il problema è la qualità di materia prima e produzione, quando invece i prodotti in plastica per il contatto alimentare godono di una disciplina normativa rigorosissima dal 1973. La via d'uscita, per le imprese, è l'abbandono di alcune tipologie di prodotto in favore di altre. Opzione già imboccata dalla Colombino & Polano, azienda friulana specializzata nel packaging con imballaggi protettivi in cartone, plastica e bio destinati al settore alimentare, che ha ridotto progressivamente, sino all'attuale 8%, la quota di produzione di materiale monouso. «Il nostro impegno è volto a ridurre la quota di plastica, seguendo le indicazioni Ue», spiega Paolo Colombino, con film plastici scesi da 90 a 60 micron. «L'industria alimentare non potrà fare a meno della plastica, noi possiamo aiutarla con la scheda di impatto ambientale che agevola sia l'industria che il consumatore chiamato a smaltire correttamente i rifiuti». Novamont ha scelto il Veneto (Bottrighe) per insediare uno stabilimento unico nel suo genere, con un impianto dedicato alla lavorazione di un monomero per produrre plastiche da fondi rinnovabili, «nello specifico da zuccheri - ricorda Andrea Di Stefano responsabile progetti speciali di Novamont -. Questo monomero, insieme ad altri componenti, dà vita alla bioplastica» che può essere smaltita insieme alla frazione organica. «Quello in corso è un passaggio cruciale per il settore - è la considerazione di Antonio Di Penta, presidente della sezione materie plastiche di Confindustria Venezia-Rovigo - che va affrontato in modo consapevole. È una nuova sfida sul fronte della sostenibilità ed è ineludibile, ma offre anche l'occasione per innovare e nuove opportunità».

Elena Del Giudice

 

 

Paura in Gorski Kotar - Cinque automobilisti aggrediti da un orso
Il plantigrado ha preso a zampate e morsi le carrozzerie - Miracolosamente illesi i conducenti delle vetture
FIUME. Attimi di terrore sulla vecchia strada Fiume-Zagabria, all'altezza dell'abitato di Fuzine, in Gorski kotar, a circa 35 chilometri dal capoluogo quarnerino: un orso si è scagliato con inusitata violenza su cinque auto di passaggio, danneggiandole anche seriamente con zampate e morsi, mentre nessuno dei conducenti e dei passeggeri ha riportato lesioni. Qualche ora dopo l'animale è stato abbattuto dai cacciatori locali. Il drammatico episodio si è verificato nella giornata di mercoledì, con il plantigrado che per ragioni ancora sconosciute - è la prima volta che un episodio del genere avviene in Gorski kotar, regione montana nell'entroterra di Fiume - si è lanciato contro le macchine che stavano attraversando l'area di Kraljev jarak, nei pressi di Fuzine. Testimone suo malgrado è stato Igor Perkovic, residente in Gorski kotar: «Stavo andando a casa a bordo della mia Skoda. Ho notato l'orso che si trovava sulla carreggiata e pareva volesse addentrarsi nel bosco. Per prudenza, ho fermato l'auto, attendendo che l'animale si dileguasse e invece il plantigrado si è improvvisamente diretto verso la mia vettura, è salito sul cofano, cominciando a mordere e a graffiare parti di lamiera e il retrovisore. Non ho mai visto nulla di simile. Spaventato, ho innestato la retromarcia, con il bestione rotolato a terra. Pensavo mi fossi liberato di quest'incubo e invece l'orso ha cominciato ad inseguirmi per almeno una trentina di metri, fino a che non ha desistito. Ho avuto una paura enorme trattandosi di un animale di circa 200 chili».Interpellato dai media, Slaven Reljic del team per gli interventi relativi agli orsi e che agisce in seno alla facoltà zagabrese di Veterinaria, ha rivelato che l'attacco è stato portato da un maschio e non da un'orsa come si credeva in un primo momento: «Si è fatta subito strada l'ipotesi che si trattasse di una femmina con cuccioli in pericolo. Invece è stato un maschio forse colpito da rabbia silvestre. Sarà comunque l'esame autoptico a rivelare le cause dell'incredibile attacco che ha scioccato gli abitanti del Gorski kotar e di tutti coloro che amano raggiungere questo territorio montano della Contea di Fiume. Gli orsi, animali rigorosamente tutelati, scappano non appena sentono la presenza dell'uomo o il rumore di una macchina in avvicinamento. Questo esemplare ha avuto un comportamento del tutto diverso e vedremo di scoprirne il perché. Forse era malato».L'incidente è stato confermato sia dalla Questura di Fiume, il cui portavoce ha dichiarato che è in corso la stima dei danni materiali. È stato il competente ministero croato a inviare in zona un ispettore veterinario dopo aver appurato quanto successo, l'ispettore ha acconsentito l'abbattimento, avvenuto mercoledì alle 14.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 giugno 2021

 

 

 «Piano della mobilità debole sul consumo del suolo» - IL GIUDIZIO DI RICHETTI, CANDIDATA A SINDACO DEL M5S
La candidata sindaco del Movimento 5 Stelle, Alessandra Richetti, boccia il Piano urbano della mobilità sostenibile della giunta Dipiazza: «Il piano è negativo sotto il profilo del consumo del suolo e della tutela dell'ambiente, lo rileva la stessa Arpa nelle sue osservazioni - dice -. Con questo Pums, inoltre, il Comune dimentica di adottare misure già predisposte in Regione per l'eliminazione di barriere architettoniche». La critica di Richetti nasce dal passaggio del documento al vaglio della V circoscrizione, da lei presieduta. Del lavoro svolto il M5s apprezza le zone 30, dice, ma le criticità non mancano: «Notiamo che l'Arpa rileva assenze di coerenza con il Piano Paesaggistico Regionale, con il Piano Generale del Traffico Urbano e con il Piano d'Azione per l'Energia Sostenibile». Documenti alla mano, Richetti rileva ancora che Arpa segnala di non ritenere «corretto escludere dalla valutazione degli impatti ambientali il progetto "Ovovia Opicina-Porto Vecchio"»: «Progetto, peraltro, a cui noi siamo fermamente contrari - dice la candidata 5s -. Noi diamo una valutazione negativa sul considerevole e irreversibile consumo di suolo causato da alcune azioni dal piano e rileviamo che non vengono proposte soluzioni alternative». Resta poi il punto debole del Piano per l'eliminazione delle barriere architettoniche (Peba):«Nonostante le linee guida elaborate da un gruppo di lavoro tra le Università di Udine e di Trieste in collaborazione con il Criba (Centro Regionale di Informazione sulle Barriere Architettoniche Fvg) e fatte proprie dalla Regione nel 2020, il Comune di Trieste non le ha ancora recepite limitandosi all'individuazione di solo alcuni percorsi, ad un analisi di piccolo ambito e documentandone solo alcune criticità ma in maniera peraltro sommaria». La Regione, osserva Richetti, chiede invece un lavoro in quattro fasi al termine del quale il piano può essere finanziato: «Emerge chiaramente - conclude la candidata - che l'amministrazione comunale di Trieste non ha manifestato alcun interesse per una effettiva adozione del Peba». La giunta preferisce non commentare.

Giovanni Tomasin

 

 

Muggia. L'archeologa Auriemma sarà curatrice del museo

MUGGIA. Affidata a Rita Auriemma, uno delle massime esperte a livello internazionale nel campo dell'archeologia subacquea, la curatela scientifica e l'organizzazione didattica inerenti le attività culturali e divulgative del Civico Museo Archeologico di Muggia. Il suo incarico terminerà a fine anno. Si occuperà, tra le altre cose, di creare una rete di contatti e collaborazioni con le Università e i musei archeologici che si affacciano sul Mare Adriatico, sia italiani che sloveni e croati, e in particolare con i musei del Fvg che si occupano di archeologia subacquea, come il Museo Archeologico della Laguna di Marano e con il nascituro Museo Nazionale di Archeologia Subacquea di Grado. Tra i suoi compiti vi sono la tutela, lo studio e la valorizzazione dei moli romani sommersi lungo la costiera muggesana, ovvero dei complessi di Punta Ronco, Punta Sottile e San Bartolomeo. Inoltre si occuperà della valorizzazione dei siti archeologici del territorio del Comune di Muggia, dal Monte Castellier di Elleri al parco archeologico di Muggia Vecchia.

L. P.

 

 

SEGNALAZIONI - Pineta di Cattinara Il verde fa gola ai cementificatori

Ho trovato le seguenti belle parole scritte nel 2006 da una mia cara amica che qualche anno fa, a 90 anni, è volata in cielo. Il destino di Cattinara"Povera Cattinara, come ti hanno ridotta. Sei come una bambola con la testa rotta, una bambina la vuol coccolare ma ci rimane molto male. Ora tocca a te, cara Cattinara, con questa "maledetta" superstrada. Prima eri circondata da vigne, prati e campi, con l'orgoglio di noi abitanti. Ora ti hanno privata di tutto, poco ci manca di metterci in lutto. Le case tremano, la gente è stufa e spesso si accende qualche baruffa. Prima l'ospedale, poi il casermone (Melara) ci mancava pure il distributore. Per fortuna, ci resta la "Pineta" vicina all'ospedale". Cara amica Meri (si firmava M.M.) chissà cosa avresti scritto ora dei titani tiranni del cemento armato che la vogliono tagliare quella area verde d'alberi?Manuela Sapla, Comitato spontaneo Pineta

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 giugno 2021

 

 

Soprintendenza, rimane Bonomi: «Porto vecchio una grande sfida»
È stata confermata per altri tre anni nell'incarico che ricopre dal 2018: «L'antico scalo deve tornare vivibile pur mantenendo la sua memoria»
È in ferie ma lavora, perché le vere ferie arriveranno nel momento in cui andrà in pensione, nel 2023, quando lascerà Trieste. È in questa città infatti, in cui è arrivata nel 2018, che Simonetta Bonomi, a capo della soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, concluderà la sua carriera, dopo che ieri le è stato riconfermato l'incarico per altri tre anni. Le prossime sfide?«La sopravvivenza, direi. Non sto scherzando: siamo molto malconci a livello di organico. Al momento ci sono 48 persone invece che 71. Quindi questo aspetto è commisurato a quello che dobbiamo fare. Speriamo nel nuovo bando del ministero della Cultura: arriveranno 10 persone, tuttavia per un contratto di soli sei mesi».Quali sono gli impegni più importanti?«Sono in corso le procedure di conformazione dei piani regolatori comunali al piano paesaggistico regionale».E a Trieste?«C'è il Porto vecchio, che è entrato nel vivo della sua rivitalizzazione. E poi il Piano particolareggiato del centro storico: dobbiamo lavorare sul vincolo paesaggistico imposto durante il Governo militare alleato. Quando avremo terminato, il Piano particolareggiato del centro storico di Trieste dovrà tenerne conto».Tra gli obiettivi più lontani?«Assieme a Regione e Comune la conformazione di tutto il Piano regolatore di Trieste al Piano paesaggistico regionale. Tutte queste operazioni dovranno prevedere anche un aggiornamento della carta del rischio archeologico di Trieste».A che punto è la valutazione della rimozione del vincolo sulla Sala Tripcovich?«Ve lo farò sapere tra poco. L'istruttoria è in mano alla Soprintendenza e non è ancora terminata. Poi il parere ultimo è della Commissione regionale per il Patrimonio culturale».Come giudica lo sviluppo di Porto vecchio?«Ho visto questa specie di trinità (il Consorzio Ursus) e mi pare una buona idea. È un'avventura impegnativa per il Comune e noi, perché l'antico scalo deve diventare un quartiere bello e vivibile, pur mantenendo la sua memoria».Si aspettava la riconferma?«Sì, perché ero l'unica candidata: il Fvg non è uno dei luoghi ambiti nelle graduatorie».

Benedetta Moro

 

Incontro a Villa Necker tra Comune ed Esercito «Siamo al rush finale» - il sopralluogo per riaprire il parco alla città
«Stiamo lavorando da oltre un anno con il comandante del Comando militare Esercito "Friuli Venezia Giulia", Andrea Bertocchi, per rendere il parco villa Necker pubblico e credo che ora siamo alla fase finale. Una bellissima area: è in mezzo alla città e ha due campi da tennis, di cui uno che trasformeremo in campo da padel». Così il sindaco Roberto Dipiazza, che ieri pomeriggio ha effettuato un sopralluogo all'interno del grande giardino nel rione di San Vito, accompagnato dal generale Bertocchi, dal consigliere comunale Vincenzo Rescigno e da alcuni tecnici del Comune, tra cui l'architetto Carmelo Trovato. La pratica per il passaggio del bene, che è di circa tre ettari, al Comune è in corso ed entro un anno verrà portato a termine l'iter. Il prossimo step prevede un protocollo d'intesa elaborato a Roma tra Agenzia del Demanio e ministero della Difesa per la dismissione del bene da parte dello Stato Maggiore dell'Esercito, che occupa l'area a uso governativo. Non è ancora nota la modalità che verrà adottata dai soggetti in campo per il trasferimento del bene nelle mani del Comune, ma «probabilmente l'Agenzia del Demanio punterà sulla concessione» , ha sottolineato ieri Bertocchi.Uno dei punti del protocollo riguarda poi la realizzazione, a cura del Comune, di una recinzione che dividerà l'area che passerà sotto l'amministrazione comunale da quella che rimarrà sotto il controllo dell'Esercito, che resterà a capo di villa Necker e villa Italia. La recinzione dovrà ottenere l'avvallo della Soprintendenza, visto che il bene è definito dal 1967 storico-artistico. Per sollecitare le amministrazioni a rendere il parco il prima possibile pubblico, un gruppo di cittadini ha fondato il comitato "Ritorno al parco" , che ha lanciato una petizione. Su questo punto Dipiazza ha puntualizzato ieri: «C'è gente che raccoglie firme in campagna elettorale per il passaggio del bene, ma questa cosa la stiamo già facendo, va solo definita».

be.mo.

 

 

Arvedi investe altri cento milioni e raddoppia sul laminatoio a freddo
Il gruppo annuncia un'ulteriore sezione dell'impianto a Servola: previste trenta assunzioni in più
Trieste. Il primo ordine è partito un mese fa e il prossimo sarà formalizzato a settembre, quando il gruppo Arvedi acquisterà la seconda tranche di macchinari necessari a impiantare una nuova sezione del laminatoio a freddo, dopo aver annunciato la volontà di investire a Trieste 100 milioni in più di quanto previsto dall'Accordo di programma sulla riconversione della Ferriera. La road map è stata dettagliata ieri, durante l'incontro fra società e sindacati, organizzato nella sede della Regione e servito a fare il punto sullo sviluppo del piano industriale. Soddisfatte le parti sociali, anche alla luce di 30 nuovi posti di lavoro promessi grazie all'ulteriore impegno. Il vertice si è concentrato sull'investimento aggiuntivo, che consentirà di installare nell'area a freddo una seconda linea di zincatura in un nuovo capannone da 25 mila metri quadrati, cui verrà affiancato un sistema di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno da energia solare. Il piano industriale di Arvedi allegato all'Adp pesa 227 milioni da spendere fra Trieste e Cremona, con la creazione a Servola di una prima linea di zincatura e una di verniciatura. Ora arrivano altri 100 milioni: 80 per la seconda zincatura e 20 per un impianto che dall'anno prossimo produrrà idrogeno per alimentare i forni di riscaldo necessari alla laminazione. L'investimento è subordinato alla modifica del piano regolatore comunale per la costruzione del capannone e alle procedure autorizzative, ma Arvedi è ottimista e conta di ordinare i macchinari a settembre, con successivi 18 mesi di tempo per consegna e messa in funzione. Le attrezzature saranno fornite dal gruppo Danieli, da cui è già stata comprata la prima parte degli impianti. L'ad Mario Caldonazzo ha sottolineato che la seconda zincatura garantirà 30 assunzioni in più, rispetto alle previsioni del piano industriale basato su chiusura dell'area a caldo e potenziamento del laminatoio. I posti di lavoro aggiuntivi saranno coperti prioritariamente con gli operai a tempo determinato rimasti esclusi dalla riqualificazione. Come evidenziato dall'assessore Alessia Rosolen, gli interinali risultano al momento quasi tutti reimpiegati dalle agenzie da cui dipendono, con l'eccezione di sette persone. Il tavolo ha quindi fatto il punto sulla situazione delle maestranze. Nell'area a freddo lavorano attualmente 191 operai, cui si affiancano 41 unità di staff, 31 dipendenti della società Logistica giuliana che gestisce la banchina, 37 della centrale elettrica e 3 figure di staff sotto l'ombrello dell'altra controllata Siderurgica triestina. Il conto si chiude con 138 dipendenti in cassa integrazione o impegnati nella dismissione dell'area a caldo. Si tratta di 441 persone, dalle 580 che risultavano al lavoro alla firma dell'Adp nel giugno scorso. Mancano all'appello 66 interinali cui non è stato rinnovato il contratto e 73 operai che hanno nel frattempo usufruito del prepensionamento o degli incentivi all'esodo volontario. Calcolando anche le 30 assunzioni in più, l'azienda stima che in futuro lavoreranno a Servola 374 dipendenti dell'area a freddo e 26 di staff, oltre al personale delle controllate che gestiscono banchina e centrale elettrica: il conto supera così di una cinquantina di unità l'obiettivo inizialmente fissato dal piano industriale, fondato su 417 occupati a riconversione conclusa. L'obiettivo, ha ribadito Caldonazzo, è di non superare i due anni di cassa integrazione, aprendo il nuovo laminatoio entro la fine del 2022, ma non si esclude uno slittamento alla primavera dell'anno successivo. L'assessore Rosolen ha precisato che sono 167 i lavoratori finora coinvolti nel percorso di formazione che permetterà loro di acquisire le competenze necessarie a passare dall'area a caldo al laminatoio: la maggioranza sta già lavorando in affiancamento. Un ulteriore corso è previsto a settembre. In una nota congiunta, Cgil Fiom Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb esprimono «giudizio positivo» e auspicano che «il completamento del piano prosegua velocemente fino al riassorbimento di tutte le maestranze dalla Cigs. Sollecitiamo istituzioni ed enti preposti a lavorare velocemente affinché vengano rilasciate le autorizzazioni». La Fiom solleva tuttavia con Thomas Trost «il problema di ricollocare una trentina di impiegati, che l'azienda intende declassare a operai: cosa non prevista dall'Adp. Quanto ai somministrati, risultano occupati ma in realtà passano da un impiego all'altro e in mezzo stanno a casa con 600 euro al mese».

Diego D'Amelio

 

 

Fra centri cittadini senz'auto e plastica da eliminare. Così dopo i tanti danni fatti proviamo a salvare la Terra

In occasione della Giornata dell'ambiente il mensile Green&Blu propone un numero speciale. Obiettivo: capire a che punto siamo.

La giornata dell'ambiente che si celebra il 5 giugno prossimo è l'ennesima occasione per fare un bilancio dei danni che l'uomo ha inflitto al pianeta con i suoi comportamenti e per verificare a che punto sono le promesse di cambiare strada. Green&Blue, con un numero speciale dedicato all'evento, ha fotografato la situazione della terra 20 anni fa e l'ha paragonata a quella attuale. Siamo di più, inquiniamo di più, abbiamo meno ghiacciai e acque del mare più alte. Abbiamo fatto scomparire specie animali e vegetali. Ma abbiamo anche piantato più alberi, fatto più ricerca per eliminare la plastica, sperimentato nuove forme di energia, avviato un dibattito importante sul ruolo delle città e su quello dei piccoli centri rurali come base per le comunità. Sia chiaro non basta, e i numeri descrivono in maniera cruda la situazione di estrema emergenza in cui l'uomo si è avvitato. Ma messaggi di speranza vengono da chi non si rassegna. E così nel mensile raccontiamo anche delle città che aboliscono le auto al proprio interno e di quelle che dicono basta ai distributori di benzina; delle isole che tornano al vecchio originario splendore naturale dopo anni di abbandono e di quegli uomini e donne che da soli si battono per fermare la deforestazione: parliamo delle popolazioni che si mobilitano per fermare faraonici progetti di oleodotti che attraversano zone incontaminate dell'Africa, e di chi ha scelto l'energia pulita facendo con i suoi soli mezzi la transizione energetica di cui tanto si parla. Forse il programma decennale dell'Onu per ripristinare gli ecosistemi perduti, lanciato in occasione della Giornata, trova un po' di terreno fertile. Green&Blue ha anche raccolto firme importanti dalle testate straniere per commentare la deriva ambientale e per suggerire soluzioni ai più gravi problemi. E scende in campo nella partita per il futuro della biodiversità usando anche un linguaggio nuovo, quello dei fumetti, grazie alle strisce di Sio, che debutta con noi sul web e sul mensile. Insieme, possiamo farcela.

fabio bogo

 

"Plastic Catchers": via dalle spiagge 60 mila bottiglie - l'eco-gioco nato a Duino
Sono circa 60 mila le bottigliette di plastica recuperate sulle spiagge italiane, solo nell'ultimo mese, grazie all'iniziativa di Leonardo Marcuzzi e Marco Mallardi, due studenti triestini che hanno inventato "Plastic Catchers". «È un gioco che abbiamo messo su internet - spiega il duinese Leonardo - a partecipazione gratuita». Affascinati fin da bimbi dal golfo di Trieste, Leonardo e Marco - che il pubblico qui ha già imparato a conoscere - sono diventati così strenui difensori del mare e hanno inventato questo gioco proprio per dare impulso all'opera di pulizia delle spiagge. Il gioco da un mese è pubblicato su tutte le piattaforme. Il progetto è totalmente no profit. Info: plasticcatchers .com.

(u.sa.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 giugno 2021

 

 

Padel, arrampicata e soprattutto vela - Così rinasce il terrapieno del Bovedo
Presentato a Dipiazza il progetto di uno "Sport hub" realizzato da Metroarea per Svbg, Sirena, Surf Team e altre 7 realtà
Uno "Sport hub" con campi di padel, una palestra di arrampicata in riva al mare, altri campi da gioco polifunzionali, spazi di aggregazione e pure un museo a cielo aperto lungo un viale "hall of fame", che racconterà e celebrerà le storie dei grandi campioni dello sport triestino. E al suo interno un "Sailing hub" dedicato al mondo della vela. Sono le attività contenute in un progetto presentato ieri al sindaco Roberto Dipiazza per la trasformazione del terrapieno di Barcola-Bovedo, inagibile da anni. A proporlo le società veliche che occupano parte delle aree in concessione limitrofe al terrapieno stesso, in partnership con la XIII Zona della Federazione italiana vela. «Sarebbe una svolta importante per la vela e lo sport a Trieste. Questo è un progetto dedicato anche al turismo esperienziale per chi arriva da fuori città per fare sport qui», sottolinea Mitja Gialuz, presidente Svbg. Il quale, insieme a Peter Sterni e Riccardo Marchesi, presidenti del Sirena e del Surf Team, aggiunge: «Da decine di anni le nostre società hanno sviluppato attività sportiva sul terrapieno e da tempo ci confrontiamo con quella rete che divide l'area per lo sport da quella incolta, abbandonata e parzialmente inquinata. I lavori dall'amministrazione per il park Bovedo, dedicato in parte al supporto all'attività sportiva e in parte alla cittadinanza, ci hanno indicato la via. Il terrapieno è spazio strategico perché connette Barcola al Porto vecchio e pensiamo che vada valorizzato, anche in chiave turistica». Le tre società hanno affidato la realizzazione delle tavole di concept al team di architetti di Metroarea guidato da Tazio Di Pretoro e Giulio Paladini. L'iniziativa incassa la cauta apertura di Dipiazza. «Il Comune lavora con tutte le società del territorio che cercano spazi per sviluppare le proprie attività», evidenzia il sindaco: «Ringrazio le associazioni e gli architetti. L'idea progettuale è conforme alla destinazione ludico-sportiva individuata nelle diverse aree di destinazione per la riqualificazione del Porto vecchio. Ora passerà alle verifiche tecniche degli uffici, tenendo conto che ci sono già fondi disponibili per le bonifiche». Si tratta di cinque milioni provenienti dall'ex Uti, già disponibili da almeno cinque anni. «Abbiamo fatto una verifica e pare - precisa Dipiazza - che non servirà più tutto questo denaro a tal fine. Quindi potremo sfruttarli anche per la riqualificazione». Per bonifica s'intende «la messa in sicurezza permanente - spiega l'assessore all'Ambiente Luisa Polli - sulla base delle analisi che abbiamo già ricevuto dall'Arpa. Quando si deciderà che cosa fare sul terrapieno si partirà anche con questo intervento». Hanno condiviso inoltre il concept complessivo di questo "Sport hub", arricchendolo a propria volta con le loro idee, altre sette associazioni sportive, che hanno portato il "fronte" sportivo a 10 realtà in rappresentanza di più di cinquemila tesserati. Oltre alle tre proponenti, fanno parte del team XXX Ottobre - Sezione Cai, Sci CaiI XXX ottobre, Padel Fvg, Tennis Team, Gravity Mountain Bike, Skate School Trieste e Wheel Be Fun. Le tre associazioni proponenti hanno previsto nel progetto un'area dedicata allo sviluppo delle attività veliche: il "Sailing hub" avrà il compito, grazie all'impulso della XIII Zona Fiv, di formare giudici e comitati di regata, e connettersi così a quella rete nazionale di centri di formazione Fiv. Gli spazi del "Sailing hub" diventeranno un grande centro di allenamento con spogliatoi, palestre, aree per la formazione a terra e accesso sicuro al mare: previsto anche l'incoming turistico-velico con un grande bacino potenziale da Slovenia, Croazia, Austria e Baviera.

Benedetta Moro

 

Ex Tlustos, addio alle auto - In arrivo una nuova attività - Un supermercato in "pole" - La proprietà: «Diverse opzioni di vendita»
Si fa largo in modo sempre più insistente la voce dell'apertura di un nuovo supermercato a Barcola. La destinazione prescelta è via del Boveto, al civico 2. Lo spazio da circa quattromila metri quadrati resterà occupato ancora per pochi giorni da Sani Auto Trieste. L'attività, che al momento ospita officina, carrozzeria, servizio pneumatici e noleggio a breve e lungo termine, verrà trasferita nelle prossime due settimane a Muggia, in area Noghere. Il proprietario dei muri Giorgio Tlustos, titolare della storica ex officina, ha messo in vendita l'ampio foro già da diverso tempo. A farsi avanti sono state diverse realtà. Gli spazi commerciali infatti, spiega la proprietà, sono adattabili a molteplici opzioni. Quella del supermercato è una di queste, anche se non è l'unica. «Stiamo pensando a diverse opzioni, sia che possiamo proporre noi sia che ci vengono offerte da alcuni soggetti, commerciali, residenziali e di altro tipo», fanno sapere dalla proprietà: «Ci stiamo confrontando con alcune persone, dobbiamo valutare qual è la migliore possibilità, non si tratta solo di questioni economiche ma anche personali-affettive. Al momento non sappiamo ancora che cosa scegliere».L'ipotesi che il grande edificio bianco possa ospitare a breve un supermercato, però, non vengono confermate dalla proprietà. Eppure sono molti i residenti e i negozianti a Barcola che continuano ad affermare che a insediarsi negli ex spazi Tlustos sarà proprio una rivendita all'ingrosso. I ben informati parlano di trattative in corso con una catena di supermercati locale. Quel che è sicuro è che non sarà un'attività collegata ai motori a inserirsi in via del Boveto. Uno scenario, questo, che gli stessi proprietari lasciano intendere: «Questa non è la zona più idonea per gestire un' officina. C'è un motivo infatti se tante di queste attività si trovano nella zona di Noghere».

BE.MO.

 

Nuovo park in via Tigor - La partita resta aperta - il piano del centro storico in commissione
L'area dell'ex carcere di via Tigor potrebbe anche non diventare un parcheggio. È quanto emerso dalla seduta della Sesta commissione consiliare, presieduta da Salvatore Porro di Fratelli d'Italia, che ieri ha licenziato il Piano particolareggiato del centro storico in vista dell'esame decisivo del Consiglio comunale. Rispondendo alle domande pervenute da Elena Danielis (M5s), Sabrina Morena (Open), Laura Famulari (Pd) e Maria Teresa Bassa Poropat (Cittadini), il direttore dell'Urbanistica del Comune Giulio Bernetti ha spiegato che il Piano particolareggiato indica la possibilità di realizzare al posto dell'edificio di via Tigor un autosilo, con nuovi posteggi riservati ai residenti, abbinandolo a un recupero del giardino adiacente. Ma una scelta in questo senso - è stato spiegato nell'occasio ne - dovrà passare per il Piano comunale delle opere, dando alla giunta in essere la facoltà politica di rivedere il progetto.

li.go.

 

Tonzar di Legambiente 'piacevole il "biscotto" non la distesa di cemento' - La richiesta di rendere vivibili gli spazi

«Legittimo per un'amministrazione comunale decidere di intervenire sulle infrastrutture e gli spazi urbani, ma, tolta la sistemazione della pavimentazione di piazza della Repubblica, questo progetto è uno spreco di risorse e basato su una filosofia davvero poco attuale». Va diretto al punto Michele Tonzar, esponente storico di Legambiente e componente della segreteria regionale dell'associazione, che con il suo circolo cittadino a febbraio ha presentato una serie di osservazioni al Comune sul ruolo del verde all'interno delle città, ma anche su quello che un parco giochi ha per la socialità e la vivibilità degli ambiti urbani.«Se questo progetto doveva rappresentare un'occasione avrebbe dovuto essere quella di incrementare la presenza di verde e non di vederlo diminuire - afferma Tonzar - a fronte, soprattutto, di estati che stanno diventando sempre più roventi a causa dei cambiamenti climatici. La piazza diventa invece un'ampia spianata senza un filo d'ombra con l'eliminazione dei lecci sul lato meridionale. Una piazza deve essere un luogo vivibile, e questa soluzione, oltre al danno ambientale rappresentato dall'eliminazione delle piante, la rende ancora più un luogo estraniante». Il verde sarà inoltre «sacrificato a una fontana anonima», come la definisce Tonzar, mentre non gioverà alla socialità e al benessere, secondo Legambiente, l'eliminazione del parco giochi di piazza Unità, «che andrebbe invece risistemato per diventare più gradevole». «In questo contesto non ci appassiona la discussione su "pilo" o "feral"», aggiunge Michele Tonzar lasciando aperta la partita. Legambiente nelle sue osservazioni ha invece definito «piacevole ritrovare il "biscotto" della giovinezza di molti monfalconesi», ricordando come a suo tempo non fosse un elemento estetico, ma una specie di aiuola spartitraffico attorno alla quale ruotavano autoveicoli e autobus che scaricavano i loro gas inquinanti sui pedoni e ciclisti. «Continuiamo a pensare che l'obiettivo di questa operazione - dice - avrebbe dovuto essere quello di rendere più vivibile questo spazio, incrementando il verde e non eliminando l'ombra degli alberi, oltre che incentivando la mobilità sostenibile».

Laura Blasich

 

 

Quindici eventi fino a settembre per rilanciare la Val Rosandra

Scatta l'era della friulana Pavees, nota come la "cooperativa dei laghi" per l'esperienza maturata nella gestione dei bacini idrici naturali
SAN DORLIGO. Riapre domani al pubblico la Riserva della Val Rosandra, sotto la nuova gestione della cooperativa Pavees di Udine, organizzazione nata a Bordano nel 1997 che conta più di una trentina di soci ed è nota come la "cooperativa dei laghi" per l'esperienza e i successi raggiunti nella gestione di riserve naturali contraddistinte da bacini idrici di rara bellezza. Per la Val Rosandra e il suo Centro si tratta di una svolta, caratterizzata da un grande piano di rilancio che partirà subito. La Pavees - determinata a richiamare una folta utenza anche da oltre confine, garantendo sempre la massima attenzione al bilinguismo transfrontaliero, nel rispetto delle peculiarità del territorio - ha infatti predisposto un calendario stagionale con ben 15 eventi tematici gratuiti. Primo appuntamento sabato prossimo con "Benvenuti in Val Rosandra", incontro di presentazione e accoglienza che si svolgerà dalle 10 alle 12. Si proseguirà poi con "Nel canyon della Val Rosandra" sabato 12, le uscite notturne (21-23) di sabato 19, per ascoltare le "Voci della valle", e venerdì 25 con "Footsteps in the night". Per luglio le date sono quelle dei sabati 10 ("Jazere e antichi mestieri", dalle 17.30 alle 19.30), 17 ("4 passi nella storia", dalle 9 alle 11.30), 24 (21-23), con la camminata notturna "Richiami dal bosco", e 31 (17.30-19.30), quando sarà organizzato un "Kids Lab in Valle". Ad agosto quindi domenica 8 (9.30- 11.30) sarà il giorno di "Storia e storie della Val Rosandra", mentre sabato 28 (dalle 9 alle 11) andrà in scena "Geo-storia tra acquedotti e marmitte". A settembre, infine, saranno cinque gli eventi: domenica 5 saranno protagoniste "Le sorgenti del Rosandra", il 12 sarà proposto un nuovo "Kids Lab", il 17 tornerà l'escursione notturna, il 19 se ne terrà una cicloturistica "Tra mare e Carso", mentre il 25 si arriverà "In cima al Carso". «Per noi - così il presidente della cooperativa Luca Sicuro - questo è un importante passo avanti». Il Centro visite, aperto nei fine settimana e nei festivi dalle 9 alle 17, sarà interessato a sua volta da opere di ristrutturazione e modernizzazione.

Ugo Salvini

 

 

Pronto il nuovo appalto di pulizia e vigilanza per l'estate di Acquario
I servizi affidati a un consorzio composto da Italspurghi, Querciambiente e Sorveglianza Diurna e Notturna
MUGGIA. Si vede sempre più la luce in fondo a quel tunnel che il sito Acquario, a Muggia, aveva imboccato tanti anni fa. Ora il traguardo del pieno recupero appare infatti sempre più nitido, anche per quel che riguarda la gestione del sito stesso. Dopo la recente "discesa in campo" della Draw Srl di Trieste, che si è aggiudicata il bando di gara per la concessione demaniale marittima con finalità turistico-ricreativa per la gestione dei tre chioschi-bar dell'area, ora è la volta dell'affidamento in appalto della gestione dei servizi. Ad aggiudicarselo, per un importo a base d'asta di 189.508,20 euro Iva esclusa per due anni, è stato il costituendo raggruppamento temporaneo formato da Italspurghi Ecologia Srl, Querciambiente società cooperativa e Sorveglianza Diurna e Notturna società cooperativa. «Si tratta dell'affidamento del servizio di pulizia, di custodia e sorveglianza, nonché di manutenzione dell'area e di ogni manufatto», chiarisce in proposito l'assessore Stefano Decolle, il quale tiene a sottolineare come «spesso si sottovaluta la complessità di progetti di questa portata» in quanto «vi è una serie di servizi che devono essere attivati di pari passo con la concreta realizzazione in loco del progetto così che, a conclusione dell'opera, ogni cosa sia anche perfettamente operativa. Così è stato per la gestione dei chioschi e così dovrà essere pure per la gestione degli altri servizi di manutenzione dell'area».Ma cosa si intende, in questo caso, per «servizi da garantire»? In primis ci sono i servizi di pulizia, che comprendono per l'appunto la raccolta dei rifiuti all'interno di tutto il perimetro, compresi i parcheggi, la scogliera e gli arenili, e l'immediata rimozione di eventuali deiezioni di animali in modo da assicurare la continua pulizia di tutte le aree, con particolare riguardo alla sabbia dei campi di bocce e beach volley, ma con l'esclusione di quelle in concessione a terzi come, per esempio, quelle dei chioschi. Un altro servizio che sarà a sua volta garantit o riguarda il mantenimento del costante decoro del sito attraverso un presidio costante e strettamente collegato sia allo stesso servizio di pulizia sia al pronto intervento in caso di situazioni di emergenza. E ancora, dovrà essere assicurata la manutenzione ordinaria di docce, scale a mare e servizi igienici pubblici, compresi il "ripascimento" della sabbia dei campi da bocce e da volley e le piccole riparazioni di campi da gioco e cestini dei rifiuti. Infine, dovrà essere garantito un servizio di controllo notturno non armato finalizzato alla sorveglianza dell'area, principalmente per prevenirne eventuali fenomeni di vandalismo.E intanto prosegue l'attività di allestimento delle attrezzature di cui sarà dotato il sito, ormai in dirittura di arrivo e quasi pronto ad affrontare la stagione balneare: dopo la realizzazione dei chioschi, dell'area gioco e di quella con gli attrezzi dell'area fitness, sono state montate infatti le scalette per scendere in mare e le docce e, parallelamente, si sta procedendo con la pavimentazione e la posa delle sedute, e con l'ultimazione di skate park e campo da beach volley.-

Luigi Putignano

 

 

LO DICO AL PICCOLO - I volontari di Progetto per l'Ambiente all'opera a Basovizza

Indumenti di ogni genere, residui di bottiglie, rifiuti in plastica di vario tipo: questo hanno raccolto i volontari del Progetto per l'Ambiente durante una mattinata dedicata alla sensibilizzazione ambientale, con la pulizia delle zone interessate dal percorso di gara della corsa "Kokos Trail" nell'area boschiva di Basovizza, evento sportivo che si svolgerà domani.

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 31 maggio 2021

 

 

«Perchè si è staccato in Antartide un iceberg grande come il Molise»
Lo spiega il professor Renato Colucci dell'Università di Trieste «Il riscaldamento globale non è la causa principale»
E' il più grande iceberg del mondo, distaccatosi la settimana scorsa dalla piattaforma di ghiaccio Ronne Ice Shelf, in Antartide. Con una superficie di 4320 chilometri quadrati, pari grossomodo alle dimensioni del Molise, il mega iceberg chiamato A-76 sta ora vagando nel mare di Weddell. A catturare le immagini è stato il satellite europeo Sentinel 1, una delle sentinelle della Terra del programma Copernicus gestito da Commissione europea e Agenzia spaziale europea (Esa). Questo distacco record, stando agli esperti, non è necessariamente una conseguenza diretta dei cambiamenti climatici: si tratta di un processo naturale, che il riscaldamento globale potrebbe aver accelerato. «E' un fenomeno che in glaciologia definiamo "calving", un processo naturale caratteristico dei ghiacciai che terminano in mare o in uno specchio d'acqua e sgretolandosi pezzo dopo pezzo formano gli iceberg. Se ne trovano esempi anche sulle Alpi, come il ghiacciaio di Fellaria, in Lombardia. Nel caso dell'Antartide questo processo porta al distacco di iceberg anche di dimensioni gigantesche, che una volta separati dalla piattaforma di ghiaccio iniziano a vagare nelle acque circostanti», spiega Renato Colucci, docente di glaciologia all'Università di Trieste e ricercatore dell'Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche. Dottor Colucci, a cosa è imputabile questo fenomeno?Si tratta di un processo naturale per le piattaforme di ghiaccio, o ice shelves. Se il calving non intervenisse a tagliare le lingue di ghiaccio, le piattaforme, alimentate dai ghiacciai che scendono verso le coste avanzando al ritmo di 500 m - 1 km all'anno, si espanderebbero all'infinito. Dove accade più frequentemente il calving? Il distacco di grandi porzioni di ice shelves nel mare di Weddel sembra essere correlato anche al riscaldamento globale. Diversi studi hanno evidenziato come ad esempio l'isoterma, la linea che in cartografia unisce le località con la stessa temperatura atmosferica, dei -9 gradi faccia da spartiacque: la linea dei distacchi di piattaforme avvenuti negli ultimi decenni coincide proprio con l'isoterma media annuale dei 9 gradi sotto lo zero. Quindi il riscaldamento globale non è la causa principe del distacco di questo mega iceberg?Non è detto che lo sia a priori, ma è indubbio che possa aver contribuito a velocizzare il fisiologico processo di calving. L'aumento della temperatura dell'aria e delle acque oceaniche è un elemento che accelera il collasso di queste strutture. In ogni caso, il problema non è tanto il fatto che una piattaforma si distacchi, ma piuttosto che non venga più sostituita da nuovo ghiaccio. Questo è il segnale che il clima è mutato. Ora cosa accadrà a questa piattaforma gigantesca?Andrà alla deriva per un po', quindi inizierà a spezzarsi in frazioni più piccole seguendo le correnti, e infine, dopo anni, si dissolverà nell'acqua. Causerà un innalzamento del livello del mare?No, perché si tratta di ghiaccio che già prima era immerso nell'acqua. Quando l'acqua diventa solida il suo volume aumenta del 9%. Gli iceberg galleggianti sono immersi nell'acqua più o meno per il 90% del loro volume. Perciò se anche l'iceberg fondesse completamente l'effetto sul livello del mare sarebbe nullo. A fare la differenza sono invece i ghiacci continentali: se fondessero le calotte in Groenlandia e Antartide o i ghiacciai himalayani il livello degli oceani subirebbe un innalzamento.Il fatto che questo iceberg sia il più grande mai distaccatosi è significativo?Non dovremmo stupirci del fenomeno solo perché si tratta di una piattaforma grande: è come quando il vento abbatte un enorme albero secolare a fronte di tanti piccoli alberelli che restano in piedi.

Giulia Basso

 

Sul fondale marino resteranno i segni per i glaciologi del futuro - oggetto di studio
I segni lasciati sul fondale dai grandi ice streams di ghiaccio, che vi scorrono sopra, sono delle macro-tracce utili ai glaciologi per ricostruire l'espansione delle calotte glaciali nel passato. Le tracce sul fondale marino si sono preservate a distanza di decine di migliaia di anni, dopo l'ultimo massimo glaciale. Quando gli iceberg fondono rilasciano nell'acqua materiale roccioso di dimensione variabile, dai ciottoli ai grandi massi. I geologi li chiamano "Ird", acronimo di Ice Rafted Debris, e possono venire trasportati dagli iceberg anche per distanze di centinaia di chilometri prima che il ghiaccio fonda e li rilasci sul fondale marino. Sono un prezioso indicatore del percorso e dell'estensione dei ghiacciai preistorici. Per la terraferma Louis Agassiz nel 1837 fu il primo a formulare una teoria per spiegare la presenza dei massi erratici nelle pianure del Nord Europa: fu confermato in seguito che nel corso dell'ultima glaciazione, culminata circa 24 mila anni fa, una calotta di ghiaccio ricopriva tutta la Scandinavia.

 

 

Laminatoio alle Noghere Trieste Verde in piazza - PRONTO ANCHE UN ESPOSTO
Muggia. Una trentina i partecipanti, radunatisi, ieri mattina, fuori della galleria di Aquilinia, presenti alla manifestazione organizzata dal Circolo Miani e da Trieste Verde sulla questione del laminatoio alle Noghere. A prendere la parola è stato il presidente del circolo Maurizio Fogar, secondo il quale, «stando alle 12 pagine finora diffuse, si tratterebbe di un'acciaieria "green ma non troppo" che dovrebbe occupare una vasta area del territorio con una ricaduta occupazionale risibile, pari a un lavoratore per 1.067 metri quadrati, e molto appetibile per l'utilizzo delle agevolazioni del porto franco, trasferito in parte dall'Autorità portuale proprio alle Noghere». Fogar ha proseguito nella polemica con il sindaco di Muggia, Laura Marzi, che stando a quanto dichiarato dallo stesso Fogar, «si è limitata a ricevere in municipio i portavoce dei residenti di Noghere-Aquilinia, ma rigorosamente non più di due», a differenza di quanto fatto dalla sua collega di Monfalcone, Anna Maria Cisint, «che sulla questione della riconversione della centrale termoelettrica di A2A, si è recata nel rione Enel della città dei cantieri a parlare con i residenti e ha espresso la sua contrarietà in quanto il metano, combustibile previsto anche per i forni del futuro laminatoio delle Noghere, è inquinante in quanto responsabile dell'emissione in atmosfera di anidride carbonica». Fogar, inoltre, ha annunciato che tra oggi e domani depositerà in Procura una denuncia-esposto sulla clausola all'interno del protocollo d'intesa che prevede l'obbligo di riservatezza, «cosa - per Fogar - non possibile per i quattro enti pubblici coinvolti in quanto soggetti alla trasparenza».

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 maggio 2021

 

 

Legambiente - Pulizia del giardino di via Orlandini

Il circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste ha partecipato all'iniziativa di Legambiente nazionale "Park Litter 2021", che ha lo scopo di monitorare le tipologie di rifiuti presenti nei giardini cittadini. Lo standard è stato di delimitare una superficie di 100 metri quadrati interni a un parco urbano medio-piccolo e lì monitorare la presenza e le tipologie dei rifiuti presenti. Un lavoro che è stato svolto da 4 volontari di Legambiente, che hanno operato nel giardino di via Orlandini adiacente al centro sociale. Non una discarica, ma tanta trascuratezza da parte di chi non ragiona sulle problematiche ambientali, che sono di primaria importanza.

 

CIO' CHE NON VA - A San Giovanni una nuova cementificazione del prezioso verde

Trieste ha perso 20 mila abitanti negli ultimi 20 anni. Settantamila negli ultimi 50. Sul mercato immobiliare ci sono migliaia di proposte, in stragrande maggioranza non evase, comprese centinaia di aste fallimentari. Il Comune stesso ha annunciato ai media, qualche mese fa, che in città vi sono diverse migliaia di appartamenti chiusi e sfitti. Eppure nel pieno del verdissimo rione di San Giovanni, al cospetto del meraviglioso roseto fiorito che l'intera nazione ci invidia, è in atto da settimane un gigantesco sbancamento che sta modificando la geologia della collina. Con tutta probabilità sono in costruzione due grossi condomini. Nonostante i numeri dei residenti, noti a tutti, si continua a distruggere e cementificare il nostro territorio, bello e prezioso. Perché, per chi?Il sindaco o qualche funzionario può per favore rispondere sul perché si continuano a rilasciare concessioni edilizie così devastanti, quando la città è già piena di cantieri e gli appetiti dei costruttori e degli speculatori già (almeno in parte) saziati?

Sergio Serra

 

 

Il giornalista Pasotti: «Ora possiamo ridurre i danni del cambiamento climatico»
Nell'ultimo giorno sarà ospite al Caffè San Marco col suo recente libro sui rapporti tra uomo e ambiente
Giornalista ambientale, scrittore e fotografo, Jacopo Pasotti da anni concentra il suo lavoro nel rapporto tra società umane e ambiente che cambia. L'autore sarà al festival "Scienza e Virgola" oggi, al Caffè San Marco alle ore 18.30, insieme al matematico ed editor Luigi Civalleri, per presentare il suo libro "Cambiamento climatico. Perché avviene, come avviene, cosa fare" (Scienza Express, euro 15), che dà voce a ciò che la scienza prevede per il nostro futuro ambientale Perché è così difficile parlare dei cambiamenti climatici?«I motivi sono principalmente due. Il primo riguarda il tempo con cui il clima sta cambiando. Uno tsunami avviene in poche ore o minuti dall'allarme. Il clima cambia in anni e quindi è difficile da percepire. L'altra difficoltà nasce dalla complessità del fenomeno. Quest'anno ha nevicato a Milano e ciò non accadeva da moltissimi anni: come si inquadra un evento simile in una narrativa sul cambiamento climatico? Purtroppo cerchiamo spiegazioni semplici a problemi complessi, e questo non è di facile comprensione».Quali sono le cause? «Il clima cambia naturalmente. Lo ha sempre fatto. È un argomento molto diffuso tra chi nega il cambiamento climatico. Le variazioni climatiche naturali avvengono su scale temporali di millenni, decine di millenni, il cambiamento che osserviamo oggi, che misuriamo in decenni non è naturale, ma di origine antropica. E maschera i più lenti processi naturali».Quali le soluzioni?«Gli esperti sono chiari: dobbiamo ridurre le emissioni di gas-serra. Bisogna accettare il fatto che produrre energia avrà sempre un impatto sull'ambiente e l'atmosfera. Ma se fino ad ora non abbiamo fatto nulla, spremendo le risorse del pianeta senza alcuna regola, ora ci viene offerta l'opportunità di farlo. Per ridurre le emissioni il primo passo è decidere di ridurre al minimo l'impiego dei combustibili fossili e spostarsi verso le rinnovabili».E lo stile di vita?«Un cambio di stile di vita è la seconda soluzione che si potrebbe proporre. Non c'è nulla da temere, non si chiede un ritorno a tecnologie neanderthaliane. Anzi, si chiede di consumare un po' di meno e dedicarsi di più ad uno stile di vita in armonia con la natura e con gli altri. Lavorare di meno, ma meglio, stare più tempo con la famiglia, o dedicandosi ad attività all'aria aperta».La pandemia ha messo in luce che cosa significhi, per l'ambiente, la cessazione delle attività umane. Secondo lei qual è il possibile equilibrio tra uomo e natura?«Già pensare ad un equilibrio tra uomo e natura è strano. Come se fossero due pesi opposti su una bilancia, invece di uno parte dell'altro. Ma è il risultato di una società sempre più urbanizzata, a proprio agio nel cemento. Portate i bambini nei boschi, fate passeggiate anche se piove, frequentate la natura e non parlerete più in termini di equilibrio, vi sentirete parte di essa».Quale strategia comunicativa sarebbe più efficace?«Io cerco di mostrare soluzioni in cui una azione per migliorare la sostenibilità di una attività, di un oggetto, di un luogo si è rivelata di successo. Per l'ambiente, e per chi ha compiuto questa azione. Nelle città ci sono sempre più possibilità di mobility-sharing, è più piacevole girare in bicicletta invece di rinchiudersi in un'auto».Esiste una nazione modello in tal senso?«Mah, si citano sempre i Paesi nordici in Europa. Loro stanno muovendosi velocemente verso la neutralità energetica, ma trovo che sia facile, quando hai il benessere economico, governi stabili, fiducia nelle istituzioni, fare questi cambiamenti. E quindi non mi sento di dire che ci sia un modello di riferimento. D'altronde l'atmosfera non conosce confini politici e lo sforzo va proprio visto a livello globale».Secondo l'Agenzia Europea per l'Ambiente, l'Italia tra il 1980 e il 2013 conta 60 miliardi di euro di danni a causa del cambiamento climatico. In futuro cosa rischia il nostro paese? «Le assicurazioni lo sanno: stanno già aumentando i danni alle infrastrutture legati agli eventi meteorici estremi, che sono in aumento. La probabilità dei rischi legati agli eventi estremi è aumentata in Italia del 9% negli ultimi vent'anni. Nulla fa pensare che questo sia in diminuzione, anzi il contrario. E quindi ci sono dei costi, reali, che ricadono sulla comunità. Io vorrei che i politici pianificassero il meglio per non aumentare i rischi».

Mary B. Tolusso

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 maggio 2021

 

 

Porto vecchio, si parte - È nato il Consorzio Ursus con Bernetti presidente
Dipiazza, Fedriga e D'Agostino hanno firmato: costituito il nuovo soggetto unico responsabile del rilancio dell'area. Cda di tecnici, a capo il manager del Comune
A partire da oggi, anzi, da ieri per la precisione, il Porto vecchio ha un'unica testa. Tre braccia, ma un'unica testa. È infatti nato Ursus, il Consorzio incaricato di gestire tutti i passaggi necessari al riutilizzo e al rilancio dell'antico scalo nei prossimi anni. Consorzio che avrà un presidente, designato ieri: Giulio Bernetti, direttore del Dipartimento Territorio, economia, ambiente e mobilità del Comune. Un progetto enorme, sognato e atteso da tempi infiniti e che finalmente ha una base concreta da cui partire. Dopo anni di progetti, parole, carte, delibere, marce e programmi, quello di ieri potrebbe sembrare l'ennesimo piccolo passo teorico in avanti, ma non lo è: non è piccolo e non è nemmeno teorico. È un tassello concreto ed essenziale, un po' come le fondamenta di una casa tutta da costruire, ma perlomeno avviata. A dargli vita, i tre enti coinvolti, il Comune, la Regione e l'Autorità portuale, che brindano alla nascita di questo nuovo soggetto unico a capo dell'operazione Porto vecchio. Il Consorzio Ursus nasce a poco meno di tre mesi dalla firma dell'Accordo di programma sul Porto vecchio tra i tre enti protagonisti, e a meno di un mese dalla pubblicazione del decreto di approvazione da parte della Regione sul Bur, quindi con ampio anticipo rispetto ai tempi previsti (60 giorni dalla pubblicazione sul Bollettino ufficiale). La firma è avvenuta ieri mattina nella sede della giunta regionale, davanti al notaio Nicolò Mustacchi. Presenti, il sindaco Roberto Dipiazza, il presidente della Regione Massimiliano Fedriga e il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino. È stata anche definita la composizione del consiglio di amministrazione (operativo da subito), la cui presidenza spetta, come da statuto, al Comune di Trieste. Per il Comune è stato designato Giulio Bernetti, che sarà appunto il presidente. Per la Regione Luciano Zanelli e per l'Autorità portuale Sandra Primiceri.«Oggi - ha dichiarato il sindaco Dipiazza - è una giornata davvero molto importante. Abbiamo firmato assieme ai presidenti Fedriga e D'Agostino la costituzione del Consorzio, che rappresenta un altro tassello essenziale di questo mosaico che si sta formando per la riqualificazione del Porto vecchio. Sono veramente molto, molto soddisfatto». Soddisfazione anche da parte del governatore Fvg, Fedriga, che ha spiegato che «con la costituzione formale del Consorzio Ursus il rilancio del Porto vecchio ha tutti gli strumenti operativi per partire. Bene che il consiglio d'amministrazione sia snello e composto da tecnici: l'attesa dei cittadini è grande e c'è tanto lavoro da fare con efficacia, attenzione e rapidità». Secondo Zeno D'Agostino, invece, quella di ieri rappresenta «la chiusura di un percorso e l'apertura della nuova storia del Porto vecchio. Nel senso che chiudiamo un percorso che non è stato semplice, avevamo tutta una serie di amministrazioni che dovevano armonizzare la propria attività e finalmente ci siamo arrivati. Abbiamo messo la firma dei tre rappresentanti e creiamo il Consorzio, che da questo momento in poi diventa il punto di riferimento per tutti». Secondo D'Agostino, dunque, si chiude una fase in cui più interlocutori si occupavano in modo poco chiaro di specifiche questioni, dando di fatto vita a una dispersione di energie: adesso le responsabilità sono in capo a un unico soggetto. Ma di cosa dovrà occuparsi, nel concreto, Ursus (Urban Sustainable System)? Il Consorzio sarà incaricato di gestire le operazioni di alienazione e concessione dei magazzini. Avrà un fondo di dotazione iniziale da 300 mila euro, 160 mila dal Comune e 70 mila rispettivamente da Regione e Autorità portuale. Entro il 31 dicembre di ogni anno il Consorzio dovrà approvare un "Piano di valorizzazione operativo", che servirà da programma per la dismissione o la concessione delle aree e degli immobili dell'antico scalo per il successivo triennio. Ma l'ente si occuperà di ogni aspetto della riqualificazione dell'area, compresa la sua pubblicizzazione e proposta sui mercati.

Elisa Coloni

 

La tempistica
Il Consorzio Ursus è nato a poco meno di tre mesi dalla firma dell'Accordo di programma sul Porto vecchio firmato dai tre enti protagonisti, e a meno di un mese dalla pubblicazione del decreto di approvazione da parte della Regione sul Bur.

 

La soddisfazione delle istituzioni "Passo concreto"

Forte la soddisfazione di tutti gli enti coinvolti. Per il sindaco Dipiazza, così come per il presidente della Regione Massimiliano Fedriga e per il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, si tratta del vero punto di partenza per dare nuova vita a Porto vecchio.

 

Ancora nessun nome per l'ambassador volto di Trieste all'estero
Resta alta l'attesa per la nomina della figura di prestigio che dovrà rappresentare l'antico scalo e attirare investitori dall'Italia e dall'estero
Se i nomi dei componenti del consiglio di amministrazione di Ursus, presidente compreso, sono stati definiti e resi noti ieri, per il futuro dell'antico scalo triestino manca ancora una pedina fondamentale. Manca il nome di prestigio, quello di rappresentanza: il volto di Porto vecchio nel mondo. Manca cioè l'ambassador, l'ambasciatore, figura sulla quale i tre enti protagonisti - Comune, Regione e Autorità portuale - hanno trovato un accordo, ma solo su profilo, funzioni e missione, non ancora sul nome. La scelta e la nomina spetta al Comune, ente con la quota maggiore nell'operazione che porterà alla rinascita di Porto vecchio, e per ora non sembrano emergere novità a riguardo.Per sapere chi farà da promotore delle potenzialità di Porto vecchio in Italia e all'estero nei prossimi anni, dunque, bisogna ancora attendere. «Troveremo la figura giusta - aveva commentato il sindaco Dipiazza dopo la firma dell'Accordo di programma alla Centrale idrodinamica con il presidente Fedriga e Zeno D'Agostino -. Serve una persona di fiducia, che sia pronta a fare un lavoro pancia a terra, poco di rappresentanza pubblica e molto concreto, direttamente con i potenziali investitori. Insomma qualcuno che non faccia il protagonista, ma che lavori», aveva chiarito il primo cittadino. In realtà, quello dell'ambassador di Ursus, sarà un vero e proprio lavoro di rappresentanza, seppure molto concreto. Nel senso che, si tratti di un accademico, un diplomatico, un manager o un imprenditore, il suo profilo dovrà essere alto e dovrà poter vantare un curriculum di peso, spendibile con una platea internazionale che guarda a Porto vecchio e potenzialmente è disposta a investire sul fronte immobiliare e commerciale. Insomma, il volto della grande operazione di recupero e rilancio dovrà avere prestigio nazionale e internazionale, sapere a quali porte bussare e quali tasti premere per rendere credibile e appetibile il progetto triestino. Nel frattempo si sa, invece, a chi è stata affidata la responsabilità delle linee guida architettoniche per le aree pubbliche di Porto vecchio: all'architetto paesaggista tedesco Andreas Kipar.

El. Col.

 

«Un albo degli interessati per facilitare le intese sull'uso dei magazzini»
Il dirigente fresco di nomina ha già elaborato l'agenda delle priorità - A palazzo ha "bussato" una cinquantina di realtà, l'80% non triestine
Un incontenibile Giulio Bernetti ormai comanda su tutto. Non gli bastava dirigere urbanistica e lavori pubblici comunali, adesso zac! mette in gabbia anche l'Ursus, che dovrà promuovere Porto vecchio e vendere tutto quello che il Comune non intende tenersi a scopo istituzionale (Magazzino 26, Idrodinamica, l'area Barcola-Bovedo, ecc.).Bernetti, al sesto piano di largo Granatieri, si è scritto su un biglietto, conservato nel portafoglio, l'agenda dei prossimi mesi: assemblea dei soci, primo consiglio di amministrazione, in attesa del direttore generale e del cosiddetto ambasciatore. L'Ursus non sarà un plantigrado ingombrante: no assunzioni, poco personale, tutto proveniente dagli azionisti Comune, Regione, Autorità portuale.Dal punto di vista delle priorità operative scandite dal (quasi) quarantanovenne ingegnere, capolista è la stima dei beni, indispensabile per procedere con i bandi di gara per le aste: «Dovremo decidere - puntualizza Bernetti - se affidare l'incarico a un professionista esterno o all'Agenzia del demanio. Ma dovremo individuare anche il criterio di vendita: un magazzino alla volta oppure "a strisce", cioè l'edificio fronte mare accompagnato dallo stabile alle spalle? Questo secondo criterio era stato riassunto da Dipiazza con la plastica espressione "chi prende la carne, prende anche l'osso"».Ad andare sul mercato una ventina di strutture. Inoltre sono cinque quelle abbattibili e ricostruibili. Importante: tra i magazzini da alienare, tutti sotto vincolo della Soprintendenza, ci sono anche quelli compresi nell'ex quartiere Ford, alle spalle del Centro congressi, e quelli che circondano il Bacino 0 (24-25,30): se ne è parlato ampiamente per via della piscina terapeutica. Non è ben chiaro se il villaggio Greensisam (concessione Maneschi) rientri o meno nel fascicolo, dal momento che è già stato nominato uno "stimatore" nella figura del professor Stefano Stanghellini.Uno degli spunti più freschi del Bernetti-pensiero è l'istituzione di una sorta di "albo degli interessati": per ragioni di trasparenza e di comodità organizzativa, chi si fa vivo per comprare o locare un edificio, viene iscritto in un elenco. «I magazzini sono mediamente molto grandi, parliamo di 10.000 metri quadrati - chiarisce il neo-presidente - sovente troppi per un solo operatore. Con l'albo le imprese possono colloquiare e intrecciare le rispettive esigenze».Finora in Comune sono pervenute, a vario titolo, scritte/orali, una cinquantina di manifestazioni d'interesse, l'80% delle quali da fuori Trieste. Ce ne è per tutti i gusti: tecnologie più o meno innovative, albergaggio e ristorazione, destinazione direzionale, residenziale. Vedremo in sede di asta quante le chiacchiere e quanta la concretezza.Bernetti potrà arbitrare il futuro del Porto vecchio - azionisti consenzienti - indossando un doppio abito, quello di presidente consortile e quello di direttore dipartimentale comunale. «Abbiamo sbloccato la parte urbanistica con la variante, ma resta da fare una larga porzione di infrastrutturazione (gas, acqua, luce, fogne, connessioni informatiche) - riprende il manager - il secondo lotto dal "26" al varco del Silos non partirà prima dell'autunno». E ci saranno i 40 milioni del Recovery fund da gestire. -

Massimo Greco

 

 

Villa Necker, il parco restituito alla città tra un anno almeno
Nel frattempo continua la raccolta di firme per accelerare i tempi
Tra non meno di un anno il parco di villa Necker riaprirà alla città. Sono queste le tempistiche che prevedono le amministrazioni statali del tavolo avviato per il passaggio del bene dallo Stato Maggiore dell'Esercito, che occupa l'area a uso governativo, al Comune. Nelle scorse settimane infatti il ministero della Difesa e l'Agenzia del Demanio avevano dato parere positivo affinché il grande giardino diventasse pubblico. In quell'occasione, a cui avevano partecipato anche gli uffici del Municipio e la Soprintendenza, era stato definito il primo passaggio per avviare l'iter: la dismissione del bene da parte del ministero della Difesa, che poi lo deve riconsegnare all'Agenzia del Demanio, responsabile della gestione del patrimonio immobiliare dello Stato. Quest'ultimo è in attesa che il dicastero guidato da Lorenzo Guerini invii la bozza di protocollo con i termini della dismissione. Uno dei punti riguarda la realizzazione, a cura del Comune, di una recinzione che dividerà l'area che passerà sotto l'amministrazione comunale da quella che rimarrà sotto il controllo dello Stato Maggiore dell'Esercito. La recinzione dovrà ottenere l'avvallo della Soprintendenza, visto che il bene è definito dal 1967 storico-artistico. L'idea è quella di cedere al Municipio il parco intero così com'è pensato oggi, cioè fino all'area che confine con villa Necker e villa Italia, che invece resteranno all'Esercito. In uso alla cittadinanza saranno poi anche due dei tre campi da tennis e una palazzina con bagni e spogliatoi. Intanto continua la campagna di sensibilizzazione, attraverso una petizione online e in presenza, da parte del comitato di cittadini "Ritorno al parco" verso la cittadinanza e l'amministrazione statale affinché quest'ultima porti a compimento il più velocemente possibile l'iter. Vista la grande partecipazione lo scorso sabato - quando erano state raccolte 162 firme in due ore -, il comitato ha deciso di organizzare nuovamente un banchetto per la raccolta dei consensi, permettere anche a chi non ne ha avuto la possibilità di supportare la causa. L'appuntamento è oggi in piazza Venezia dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18. La petizione online su Change.org invece è attiva fino al 10 giugno.

Benedetta Moro

 

SEGNALAZIONI - Villa Necker - Spazio verde per la città

La sede del Comando militare dell'Esercito Friuli Venezia Giulia, a Villa Neker, con parco annesso viene restituita alla città con una decisione presa da Agenzia del Demanio e Ministero della difesa e confermata in via ufficiale. Si tratta del primo passo di un lungo percorso che il Comune di Trieste dovrà affrontare per aprire uno spazio verde che per anni era rimasto chiuso al pubblico e poco curato. Ora però ci sarà un lungo percorso amministrativo da compiere affinché il Parco possa diventare di nuovo accessibile. Bisognerà stabilire le modalità amministrative del passaggio, le condizioni di utilizzo, la modalità d'uso e i costi necessari al ripristino e alla manutenzione dell'area verde. Finora le amministrazioni che si sono succedute hanno fatto molta fatica a mettere in atto questi processi vedi la caserma Rossetti e quella di Roiano che nonostante le disponibilità affermate dal Comune sono ancora nella fase ideativa. È necessario quindi mettere al centro del dibattito politico l'importanza delle aree verdi di città: spazi necessari, soprattutto in quel rione del centro, di svago e di salute per i cittadini e piccole isole di biodiversità. Sono queste le iniziative da finanziare attraverso fondi pubblici e privati con percorsi di partecipazione con le associazioni e i cittadini che hanno promosso la petizione se vogliamo davvero attuare la transizione ecologica e la conseguente progettazione di "Green City" tanto declamata ma non effettivamente perseguita da molti attuali schieramenti politici.

Tiziana Cimolino - Verdi Ts

 

 

Trieste Verde - "Laminatoio alle Noghere: dal Comune idee confuse"

Muggia. «Dal Comune di Muggia, sulla questione del laminatoio a caldo alle Noghere, sinora, sono arrivate poche idee ma ben confuse». Così Maurizio Fogar di Trieste Verde sul recente colloquio con la sindaca Laura Marzi: «Il sindaco - ha proseguito Fogar - afferma che il Comune, con delibera di giunta, ha deciso di partecipare al "tavolo" per la realizzazione del progetto della nuova acciaieria, ma poi, a richiesta di chiarimenti, precisa che esso ancora non esiste, ma che il Comune ha firmato il via libera all'accordo di programma per la realizzazione del progetto in questione. Poi emerge che in realtà il Comune ha firmato un Protocollo d'intesa fra Regione, Coselag, Autorità portuale, Gruppo Metinvest-Danieli». Inoltre, sulle dichiarazioni giunte da Verdi, Sostenibilità Equità e Solidarietà e Impronta Muggia, che hanno annunciato una lista elettorale per fermare l'impianto alle Noghere, Fogar dice: «Uno strano volo di uccelli si leva nel cielo elettorale di Muggia, con sigle per la maggior parte inesistenti da anni che riprendono vita».

L.P.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 28 maggio 2021

 

 

Park Litter 2021: anche a Trieste Legambiente ha svolto il monitoraggio e pulizia dei rifiuti di un'area verde urbana
Il circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste ha partecipato all'iniziativa di Legambiente nazionale "Park Litter 2021", che ha lo scopo di monitorare le tipologie di rifiuti presenti nei giardini cittadini.
Lo standard è stato di delimitare una superficie di 100m² interni a un parco urbano medio-piccolo e lì monitorare la presenza e le tipologie dei rifiuti presenti.
Un lavoro di fino che è stato svolto stamane da 4 volontari di Legambiente, che hanno operato nel giardino di via Orlandini adiacente al Centro sociale.
Come risulta dalle foto dell'azione, non si tratta di una discarica, ma si vede tanta trascuratezza da parte di chi non ragiona sulle problematiche che anche i tappi di bottiglia, i filtri di sigaretta, gli infiniti involucri di plastica sottile possono determinare nell'ambiente naturale. In particolare le sottili plastiche volatili arrivano nel mare producendo danni ormai noti da anni alla fauna marina.
(vedi foto dell'azione di monitoraggio e pulizia Park Litter 2021)
per il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste
dott. Andrea Wehrenfennig (presidente)
cell. 3887219510

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 maggio 2021

 

 

"Patto tra enti di più paesi per studiare le meduse" - il focus italo-croato

Si è parlato della sempre più frequente presenza massiva di meduse e cosiddette specie aliene in Alto Adriatico, nel corso del focus tenutosi ieri pomeriggio online, nell'ambito del progetto Argos Interreg Italia-Croazia. Fra gli istituti scientifici che vi hanno preso parte anche l'Area marina di Miramare e l'Ogs. «Dall'incontro virtuale si è sviluppata l'idea che per avere notizie a riguardo e per poterle approfondire è necessario lavorare tutti assieme», ha sottolineato Saul Ciriaco dell'Area Marina di Miramare: «Da un punto di vista metodologico sia i colleghi croati che quelli delle altre regioni italiane hanno evidenziato l'urgenza e la necessità di fare un monitoraggio del mare ad ampio spettro per riuscire a valutare correttamente i motivi per i quali le meduse le vediamo sempre più spesso. C'è la necessità quindi di fare una ricerca strutturata nel tempo con monitoraggi di ampia copertura».-

Lorenzo Degrassi

 

 

Quattro star dei social a Trieste per pulire la spiaggia di Miramare
Tre influencer e un tronista alla tappa locale di un eco-tour nazionale. E la città finisce in vetrina
La campagna "#MissioneSpiaggePulite", avviata da Calzedonia e Wwf Italia, ha fatto tappa ieri a Trieste. A ripulire il tratto davanti alle Scuderie di Miramare sono stati quattro beniamini dei social, quattro "vip" dei giorni nostri da milioni di follower. Guanti e sacchetti d'ordinanza, hanno raccolto infatti i rifiuti le influencer Paola Turani e Giulia Valentina, nonché la coppia di "Uomini e Donne" Marco Fantini e Beatrice Valli, a suo tempo tronista e corteggiatrice (ora pure influencer), a propria volta superstar dei social. Nell'occasione una trentina di volontari li ha accompagnati e aiutati a rimuovere plastica, vetro, lattine e altre immondizie. L'obiettivo di quest'iniziativa, che ha già un centinaio di appuntamenti in calendario, è quello di pulire fino alla fine del 2021 almeno un milione e mezzo di metri quadrati di spiagge italiane. In ogni città scelta, ai partecipanti viene fornito un kit, con t-shirt, zaino, cappellino e guanti. Il progetto accompagnerà per tutta l'estate la campagna GenerAzioneMare del Wwf, che verrà lanciata ufficialmente l'8 giugno, Giornata mondiale degli Oceani. A guidare ieri influencer e volontari sono stati proprio gli esperti del Wwf, che hanno spiegato a tutti le tipologie e i rischi per l'ambiente legati ai rifiuti recuperati. All'intervento di pulizia ha preso parte anche il personale della stessa azienda Calzedonia. Volti famosi "planati" su Trieste per veicolare una buona causa insomma. Tutti hanno approfondito poi il tema della tutela del mare, visitando il "Bioma", alle Scuderie, ed effettuando un giro con un'imbarcazione nella Riserva marina, giro anche in questo caso mirato a un intervento di pulizia dei fondali. Per alcuni dei "vip" è stata anche l'occasione per visitare per la prima volta la città. «Non eravamo mai venuti a Trieste», hanno raccontato Beatrice Valli e Marco Fantini: «È stupenda, una bella scoperta». E così Trieste è entrata nelle gallerie dei vari influencer con foto e video. Giulia Valentina e Paola Turani hanno mostrato, nelle loro storie Instagram, il parco di Miramare e anche diversi scorci del centro. Per Beatrice infine una serie di foto a conclusione della pulizia, pubblicate sempre sui social, oltre a uno scatto al tramonto, sul molo Audace, insieme al compagno.-

Micol Brusaferro

 

Discarica abusiva scoperta e sequestrata alla foce del Rio Ospo - l'operazione della Capitaneria

Muggia. Nel corso dell'operazione di monitoraggio e di tutela dell'ambiente marino e costiero da parte del Nucleo operativo di protezione ambientale della Capitaneria di porto di Trieste, è stata riscontrata nei giorni scorsi la presenza di rifiuti eterogenei speciali, alcuni di natura pericolosa, all'interno di un'area privata in località Rabuiese nel Comune di Muggia. L'area, di circa 2.500 metri quadrati, segnalata alla locale autorità giudiziaria, che ha convalidato il sequestro dell'intera area, recintata con rete metallica e chiusa da un cancello carrabile, è confinante con la sponda del rio Ospo, nei pressi della foce in mare dello stesso corso d'acqua. Come emerso grazie ai controlli, vi erano abbandonati rifiuti provenienti da lavorazioni nel campo dell'edilizia, grandi sacchi neri in plastica contenenti rifiuti vari, alcune bombole del gas di uso domestico e tre veicoli fuori uso.

Luigi Putignano

 

Dagli scarti dei campi nasce l'energia pulita. A San Dorligo si costruisce il futuro

Nella piattaforma a biomasse della friulana A&T 2000 si raccolgono e si convertono le ramaglie di orti e giardini in combustibile green

In un terreno di Bagnoli ci sono un triestino, uno sloveno e un friulano: fosse una barzelletta, la partenza sarebbe già scoppiettante. Ma, in questo caso, una barzelletta non è, anzi, è una questione seria, serissima, visto che in ballo ci sono progetti, investimenti e scommesse sulla gestione integrata dei rifiuti a San Dorligo della Valle e non solo. A mettere insieme le forze, il Comune e la A&T 2000 spa, società per azioni friulana a totale capitale pubblico che già dal 2017 gestisce la raccolta differenziata porta a porta nella zona e che, dal 2018, ha preso in gestione un terreno di mille metri quadrati di proprietà della Comunella (vicino al campo sportivo del Domio e poco distante dalla Wärtsilä) per impiantarci una piattaforma a biomasse, dal nome Pri Kalu. Si tratta del primo caso in tutta la regione di piattaforma dedicata alle biomasse gestita da una società pubblica in house.«Dolina - dicono i dirigenti e i tecnici della società - è il nostro laboratorio di sperimentazione», che, detto in marilenghe, potrebbe passare per oscuro presagio, ma che in realtà sta portando a cambiamenti solo apparentemente piccoli, e in qualche modo rivoluzionari. Lo spiega bene il sindaco Sandy Klun, che si aggira per il terreno come un fiero Cicerone e racconta che, grazie all'impianto, si è riusciti a risolvere uno dei problemi di più lunga data nel suo territorio, ricco di aree verdi: rami e sterpaglie dati alle fiamme qua e là oppure buttati nei corsi d'acqua della zona per assenza di uno spazio con funzione di "discarica green". Ora, grazie alla nuova soluzione, ogni residente o agricoltore di San Dorligo che pota ulivi in campagna o alberi e piante in giardino può telefonare al numero verde della A&T 2000, dove risponde Jasmina, centralinista bilingue italiano-sloveno, e avvisare che passerà a depositare - gratuitamente - le proprie sterpaglie invece che cercare di sbarazzarsene in modi meno opportuni. «Abbiamo risolto un problema non da poco - commenta il sindaco - sia in termini di sicurezza che di impatto ambientale, e i cittadini hanno iniziato a rispondere in modo sempre più deciso». Il servizio è gratuito per i residenti, mentre i non local possano servirsene, ma a pagamento (40 euro a tonnellata). Ovviamente fin qui siamo solo alla prima parte, quella cioè di raccolta del materiale. La seconda riguarda la sua gestione. Sì, perché qui, dopo essere state recuperate, le ramaglie vengono frantumate attraverso un potente biotrituratore. Cosa diventano? Cippato, ossia un materiale che può alimentare stufe e caldaie, con una funzione simile a quella del pellet. Si crea così un perfetto esempio di quell'economia circolare di cui tanto spesso si parla ma che non sempre si vede negli esempi concreti. In questo impianto, di fatto, gli abitanti di San Dorligo portano gli scarti di orti, campi e giardini, che poi diventano fonte pulita di riscaldamento di cui loro stessi possono beneficiare. E non solo loro. «Abbiamo tante idee - spiega Renato Bernes, dirigente della spa -. Sappiamo ad esempio che in provincia di Trieste ci sono comprensori scolastici che utilizzano caldaie a pellet: sarebbe interessante proporre una collaborazione».Per la società friulana (con sede legale a Codroipo e sede operativa a Pasian di Prato), nel campo della gestione integrata del ciclo dei rifiuti dal 1996, lo sbarco in provincia di Trieste è stato un progetto ambizioso, una scommessa. Spiega ancora Bernes: «Il Comune avrebbe potuto optare per altri partner, ma ha scelto noi, accordandoci una fiducia ben oltre le nostre aspettative. Quando siamo arrivati abbiamo trovato una realtà per noi nuova, diversa da tutte le altre, e affatto semplice: differente per tipologia di insediamenti, per caratteristiche del terreno, ma anche per la lingua. Per noi il bilinguismo era più che altro un concetto teorico, ma ci siamo accorti ben presto che ci sbagliavamo, tanto che siamo dovuti andare in 15 a scuola: tutti a lezione di sloveno. È stata ed è una bella esperienza, arricchente per tutti - sottolinea Bernes - e la capacità di dialogo, il clima e la libertà di movimento che abbiamo trovato qui è rara ed eccezionale».E le parole si ritrovano nei fatti, con un'atmosfera condita da percettibile simpatia e genuino entusiasmo per un progetto nuovo per la stessa A&T 2000, che sta sperimentando qui il suo primo impianto a biomasse. Progetto che ha trovato un alleato prezioso nel Comune. Tra i protagonisti dell'operazione Elena Bandi, dipendente del Comune che ha gestito gli aspetti tecnici del progetto. Schiva e silenziosa, ha tentato di sottrarsi all'obiettivo del fotografo. Invano.

Elisa Coloni

 

In arrivo un nuovo impianto per il compost - «Qui la mentalità giusta per sperimentare»
Partito l'iter per la trasformazione a chilometro zero dei rifiuti organici in concime da reimpiegare sul territorio
Un colpo grosso: passare dagli attuali mille metri quadrati a novemila. La procedura non è ancora completata, ma non si dovrebbe andare oltre il 2021. Di fatto, nel giro di qualche mese, la A&T 2000 avrà in gestione un'area ben più ampia rispetto a quella odierna, mettendo così a segno un'espansione grazie alla quale realizzare nuovi progetti. Uno su tutti, anche questo innovativo: avviare la sperimentazione di un impianto di digestione anaerobica di parte dei rifiuti organici raccolti nel comune. In poche parole, come spiega il tecnico della società referente per il sito di Bagnoli, Stefano Franceschetti, questo impianto permetterebbe di trasformare in loco parte dell'organico prodotto dalle utenze (abitanti, agricoltori, bar, ristoranti ecc...) in compost, che poi verrebbe reimpiegato sul territorio, ad esempio per concimare orti e giardini. Un'operazione più che circolare e davvero a chilometro zero, facente parte tra l'altro di un progetto finanziato dall'Ue, realizzato a Lione, poi sbarcato anche a Barcellona e, infine, a Dolina.«A Barcellona ci sono stati dei problemi che ne hanno impedito la realizzazione - spiega ancora Stefano Franceschetti - così siamo subentrati noi all'Università catalana e abbiamo deciso di portare avanti il progetto, realizzandolo qui a San Dorligo. Si tratta di una scommessa importante - prosegue - sulla quale puntiamo molto perché rappresenta un ottimo esempio di economia circolare, e qui abbiamo trovato la mentalità giusta. Ogni territorio ha le sue peculiarità e le soluzioni non devono essere uguali per tutti, anzi, vanno pensate su misura per le singole esigenze».Addentrandosi nel terreno di San Dorligo della Valle si percepisce che c'è aria di lavori in corso e voglia di sperimentare. Tra i propositi da concretizzare anche un quartier generale vero e proprio, che andrà a sostituire l'attuale piccolo ufficio prefabbricato da dove operano gli addetti. Tre sono le persone che oggi lavorano a tempo pieno nella piattaforma, più una quarta part-time, ma in futuro saranno di più. «L'attività aumenta di mese in mese - racconta ancora Franceschetti - . Più le persone ci conoscono e più i volumi crescono. Solo nei primi tre mesi del 2021 abbiamo raccolto 48 tonnellate di biomasse da privati e aziende agricole. Per capire la differenza, nel 2019 erano state 39, nel 2020 23. Relativamente al numero di utenti privati e aziende agricole entrati in piattaforma, nei primi tre mesi di quest'anno sono stati 97, mentre nel 2019 76 e nel 2020 67».

El. Col.

 

 

SEGNALAZIONI - Urbanistica - Il Piano mobilità devasta il verde

Egregio direttore, il Piano urbano della mobilità sostenibile vuole realizzare entro il 2025 in zone verdi o comunque pubbliche opere impattanti, costose, superflue e a volte difformi dal Piano regolatore, come l'ovovia Opicina-Porto Vecchio, le "cerniere di mobilità" di Cattinara, Cava Faccanoni, Ippodromo, Opicina Nord e Sud e via Flavia, il "parcheggio di relazione" piazzale Europa-via Cologna-vicolo dell'Edera e le scale mobili (o ascensori verticali?) Cava Faccanoni-via delle Docce, Longera-Cattinara e piazzale Europa-via Giulia.Entro il 2030 anche la galleria tra largo Mioni a via D'Alviano. E chissà quando il sottopasso di piazza Unità e le scale mobili (o ascensori?) via Teatro Romano-via Capitolina e via Pellico-Capitolina. Eppure basterebbe ottimizzare aree pubbliche asfaltate come quelle di Fernetti, Pesek, Rabuiese, parcheggi pubblici come quelli di Monte Grisa, Area Science Park, piazzale delle Puglie e via Carli o autosilo privati come quelli di Montedoro, via Beirut, del Giulia e delle Torri d'Europa per favorire il passaggio dall'auto a bus, bici o pedonalità, limitando l'afflusso di traffico in zone congestionate. Il Pums esclude poi gran parte del territorio dalle Zone 30. Non prevede nuove Zone pedonali o a traffico limitato e rotatorie. Traccia "corridoi di percorribilità pedonale" solo in alcune vie principali o tratti di queste. Pone nello scenario 2025 solo 3 dei 9 itinerari ciclabili ma ne inserisce alcuni rami in Zone pedonali esistenti. Disegna un "anello circolatorio" con corsie preferenziali in un senso di marcia ma più corsie indifferenziate nell'altro. Potenzia pochissimo i bus, lasciando nel vago la "linea di forza" Muggia-Barcola. Non promuove il trasporto passeggeri sulla ferrovia di circonvallazione, la Campo Marzio-Opicina e la Cantieri-Muggia. Ignora i taxi. E non detta tempi brevi per i nuovi sistemi di distribuzione e consegna merci.

Paolo Radivo

 

 

Un'Altra Città lancia il parco del Carso - la proposta
TRIESTE E se il Carso diventasse un parco? È una delle proposte, dedicate all'altipiano, della rete civica triestina Un'altra città. Se n'è parlato in videoconferenza con il sociologo del territorio Diego Masiello, l'architetto William Starc, il vinicoltore Igor Grgic, il presidente della cooperativa Pascolo sociale Alessandro Zagar, l'ornitologo Paolo Utmar, il geobotanico Andrea Nardini, il presidente della comunella di Contovello Paolo Utmar e l'antropologo Enrico Maria Milic. La rete auspica inoltre che il Comune di Trieste collabori con le altre amministrazioni municipali alla tutela dell'area, fermando il consumo del suolo, attivando progetti europei transfrontalieri, recuperando il patrimonio edilizio dei borghi, trasformando l'ex Campo profughi di Padriciano in un laboratorio ambientale con all'interno un mercato agricolo: un progetto di recupero rurale permanente, insomma, che tenga conto di sviluppo agricolo, salvaguardia faunistica, forestale e paesaggistica.

Li.Go.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 maggio 2021

 

 

LO DICO AL PICCOLO - Giardino di Guardiella, il Comune incrementi la riqualificazione

Dunque, sembra che la lunga storia del "risanamento del Giardino di Guardiella" sia al capitolo finale. "Sembra" poiché, come spesso succede, il dialogo fra cittadini e amministratori pare non funzionare. O meglio, ognuno la vede a suo modo e il dialogo scarseggia. Per l'amministrazione si deve semplicemente concludere una questione vecchia di 15 anni, già progettata e finanziata. Per Legambiente, che ha coinvolto gli abitanti, si tratta di armonizzare al meglio l'unica area verde planiziale nel rione di San Giovanni. Più di un anno fa abbiamo concordato con la Sesta Circoscrizione di procedere con una "Progettazione partecipata", in parte finanziata dal Comune, dove i cittadini del rione hanno delineato tre livelli di possibile rivalutazione e rimessa in sicurezza del giardino, sempre considerandolo quale elemento centrale di un "insieme verde" ben più articolato. Sono proposte interessanti e complessive, più efficaci e alcune più economiche, da valutare con debita attenzione: a breve saranno presentate con una mostra. Per queste ragioni vorremmo credere che l'intervento avviato dal Comune sia da ritenere non il capitolo finale ma l'inizio di un percorso armonico: un giardino più grande, attraversabile con sicurezza anche da carrozzelle e carrozzine, dove fare sgambare i cani, con lo spazio giochi distante dalle vetture, ben inserito ma protetto nell'importante snodo di Rotonda del Boschetto.

Paolo Angiolini - Legambiente Trieste

 

 

Morto per amianto, 500 mila euro agli eredi
L'operaio deceduto per mesotelioma aveva lavorato negli anni Settanta all'Arsenale Triestino e all'Italsider di Servola
Un risarcimento di oltre mezzo milione di euro alla moglie e alla figlia di un operaio morto per amianto, a soli 59 anni, dopo aver lavorato nell'Arsenale Triestino San Marco e alla Ferriera di Servola (al tempo dei fatti, gli anni Settanta, Italsider). La sentenza di primo grado, pronunciata dal giudice del lavoro Paola Santangelo, è giunta a 14 anni dal decesso per mesotelioma pleurico del lavoratore, avvenuto il 29 settembre del 2007. Nel dispositivo si indica la responsabilità concorrente di Fincantieri e di Sirti s.p.a. (la società "erede" di Italsider), che vengono condannate a un risarcimento alle due eredi che, nel suo complesso e considerando gli interessi, supera i 500 mila euro. L'operaio, nato nel' 48 e originario di Isola d'Istria, ma da lungo tempo residente a Trieste, aveva lavorato per quattro mesi, dal luglio al novembre del 1970, nell'Arsenale Triestino, alle dipendenze della ditta Isotermofon, con la mansione di isolatore, nel corso dei lavori di ristrutturazione delle navi Fairwind e Fairsea (la ditta effettuava per Fincantieri i lavori di coibentazione a spruzzo). L'uomo aveva il compito di movimentare, aprire e vuotare a mano grandi sacchi contenenti asbesto grezzo, che poi veniva mescolato con l'acqua ottenendo un composto da spruzzare sulle paratie e altre parti della nave. Un sacco di amianto veniva consumato in soli dieci minuti dai due isolatori alle dipendenze della ditta, e questo avrebbe favorito un contatto massiccio con l'amianto, nonostante il periodo di occupazione del lavoratore con tali mansioni sia stato breve. Successivamente, a partire dal novembre del 1970, l'operaio era stato assunto nello stabilimento Italsider a Servola: lavorava nella cokeria, dove si faceva un massiccio uso di amianto in forma di teli e di cordoni, nonché di guarnizioni. In questo secondo caso l'esposizione era stata prolungata nel tempo, ma quantitativamente meno rilevante. Come si evince dalla sentenza, non è possibile individuare in termini probabilistici quanto la prima esperienza lavorativa possa aver inciso sull'insorgenza del mesotelioma rispetto alla seconda, all'interno di un periodo di esposizione durato complessivamente dal 1970 al 1981. Lo spiega l'avvocato di Padova Lucia Rupolo, che, insieme al collega Giancarlo Moro, ha tutelato la moglie e la figlia del lavoratore per conto del Patronato Cgil di Trieste: «Di fatto - afferma Rupolo - l'esposizione è iniziata all'Arsenale Triestino e poi è continuata nello stabilimento di Servola». Nella sentenza si sottolinea che le argomentazioni delle due società resistenti non convincono e che non è condivisibile l'osservazione secondo la quale all'epoca dei fatti non vi erano rimedi efficaci. Secondo il giudice, infatti, già ai tempi esistevano diverse disposizioni legislative sui rischi dell'esposizione all'asbesto e che le due società in questione non hanno adottato alcuna concreta cautela per evitare, o almeno ridurre, l'esposizione dei lavoratori.

Elisa Coloni

 

 

Pirano, prende il via la riqualificazione dell'antico canale che affianca le saline
In rimozione gli ormeggi abusivi, previsto un nuovo pontile - Saranno costruite una pista ciclabile e strutture per lo sport
Pirano. Se ne parla da oltre trent'anni, ma finalmente ora si prospetta in concreto un'azione di salvaguardia del Canale di San Bortolo (o san Bartolomeo). Il canale costeggia le saline di Sicciole, che dal 2001 sono Parco naturale nonché zona ornitologica di maggiore pregio in Slovenia (272 le specie di uccelli censite, di cui una novantina nidificano sul posto). Il canale un tempo era un'importante via di comunicazione in funzione del trasporto del sale, che ora avviene su gomma: le saline sono le più antiche in attività nel Mediterraneo, con una produzione media annua di 2.500 tonnellate di quello che viene definito anche oro bianco.Ci troviamo dunque al cospetto di un prezioso patrimonio che si intreccia fra ecosistema marino, acqua dolce e terraferma. Da qui la necessità di eliminare la "nota stonata" del canale, diventato nel tempo luogo per attracchi abusivi di imbarcazioni abbandonate quando non affondate. Sono una trentina quelle parzialmente o completamente inghiottite dal fango, per il cui recupero occorre l'intervento dei sommozzatori. E sono tanti i pontili in legno e le boe di ormeggio, collocati qua e là senza criterio. In base al decreto municipale che il sindaco Djenio Zadkovic ha firmato con il disco verde dei competenti ministeri, l'azienda municipalizzata Okolje ha avviato la rimozione degli scafi. Il ministero sloveno per l'Ambiente sosterrà le spese per le imbarcazioni senza proprietario, mentre i possessori noti dovranno occuparsi delle rimozioni pagando di tasca propria. Ci sono poi anche 250 imbarcazioni registrate agli uffici comunali - e ormeggiate appunto sin qui abusivamente - per le quali è stato definito il futuro costo dell'ormeggio (346 euro all'anno per unità non superiori ai 4,5 metri, e fino a 2.557 euro in proporzioni crescenti fino a scafi di 14,5 metri) che sarà possibile fino all'avvenuta realizzazione del progetto. Come ha spiegato il direttore della Okolje Gaspar Misic, la collocazione di un pontile partirà in autunno e i costi di realizzazione e di dragaggio del fondale - intorno a 1,5 milioni di euro - saranno in parte attinti dalle casse comunali e in parte da bandi di concorso nazionali ed europei. La passeggiata in legno lunga 1.200 metri - ha detto il sindaco - continuerà il sentiero che da Portorose attraverso Santa Lucia conduce al Parco naturale delle saline. Allo stesso tempo sarà anche un percorso didattico dove osservare specie animali e vegetali protette.Alla Okolje il ministero per l'Ambiente e la Direzione statale per le acque hanno rilasciato una concessione trntennale sul canale. Il riatto del corso d'acqua, che dovrà avvenire entro cinque anni, prevede anche la costruzione di una pista ciclabile, di un marciapiede lungo il percorso e di strutture per lo sport e il tempo libero; in una fase successiva verranno realizzate infrastrutture per la pesca del valore di 2,4 milioni di euro. A lavori ultimati a guadagnarne sarà anche l'immagine turistica di Pirano. Finora diversi governi sloveni avevano tentato di intervenire sulla situazione del canale, scontrandosi però sempre con cavilli burocratici e spese insostenibili. Ora dovrebbe essere la volta buona.

Valmer Cusma

 

 

Installato un cestino mangia-rifiuti al Diporto nautico
Messo in funzione a Sistiana un "seabin" con il contributo di Wärtsilä e Insivela
DUINO AURISINA. Il mare di Sistiana da ieri è più pulito. È entrato in funzione infatti, su iniziativa dell'Associazione Diporto nautico di Sistiana, un "seabin", il dispositivo che rimuove i rifiuti in mare, in particolare la plastica. L'apparecchio è stato acquistato grazie ai contributi di Wärtsilä e Insivela. La gestione giornaliera sarà affidata proprio al Diporto nautico. All'inaugurazione in baia hanno presenziato il presidente e il vice presidente dell'associazione Antonio Regazzo e Fulvio Vecchiet, Patrick Baas (Wärtsilä), Corrado Versolato (Insivela), Valentina Tirelli (Ogs), il sindaco di Duino Aurisina Daniela Pallotta, gli assessori Lorenzo Pipan e Massimo Romita, la presidente della Commissione Ambiente Chiara Puntar, l'ex sindaco Giorgio Ret e i rappresentanti di Capitaneria e Carabinieri. Tutti soggetti coinvolti nella campagna di sensibilizzazione per la protezione e la pulizia del mare. Il "seabin" elimina efficacemente anche parte dei residui oleosi in superficie, grazie a un sistema di filtraggio costante dell'acqua. Particolarmente adatto a ripulire aree come porti e specchi acquei protetti, andrà ad affiancare altri dispositivi simili attivi in golfo. «Siamo convinti della necessità di occuparci della tutela dell'ambiente - ha detto Vecchiet - e siamo il primo circolo in Italia ad aver nominato al nostro interno un responsabile ecologico». «Il messaggio che lanciamo - ha sottolineato Regazzo - è rivolto a tutti, tutti siamo chiamati a cambiare atteggiamento rispettando l'ambiente sempre di più». «Avremo centrato l'obiettivo - così Pallotta - quando questi cestini saranno inutili, cioè quando la gente si sarà dimostrata più disciplinata». Tirelli ha promesso «un impegno sempre maggiore nell'analisi della qualità del mare».

u.sa.

 

 

Giù i livelli della tossina: i "pedoci" della riviera tornano in commercio - le analisi hanno dato il via libera
MUGGIA. Revocate le ordinanze che impedivano la raccolta e l'immissione sul mercato dei molluschi coltivati in zona "02Ts Muggia". A seguito dei recenti campionamenti sui "pedoci", l'Istituto zooprofilattico delle Venezie ha certificato nuovamente la conformità biologica dell'area rispetto ai parametri relativi all'acido okadaico, una biotossina algale che si accumula in spugne e molluschi e che in caso di ingestione di "pedoci" contaminati può causare disturbi gastrointestinali anche gravi. È un problema ricorrente nelle acque del golfo di Trieste, tanto da interessare periodicamente tutti gli allevamenti della provincia. A comunicare la buona notizia ad allevatori e consumatori la consueta nota firmata dal direttore del Servizio veterinario di igiene degli alimenti di origine animale di Asugi Paolo Demarin.--LU.PU.©

 

 

Quindici giorni di mostre, show e laboratori - MareDireFare, festival dei mondi sommersi
Miramare, Ariston, San Marco e piazza Unità le location principali della kermesse in programma dal 5 al 20 giugno
Mostre, laboratori, spettacoli teatrali, conferenze, eventi gratuiti, presentazioni di libri. È MareDireFare, il festival che si terrà a Trieste dal 5 al 20 giugno, nato per celebrare l'avvio del "Decennio degli Oceani". Il 2021 infatti segna proprio l'anno d'inizio del "Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile", proclamato dalle Nazioni Unite su input dell'Unesco, che punta a mobilitare tutti per il raggiungimento dell'obiettivo 14 dell'Agenda 2030 dell'Onu stessa, con un programma fatto di conoscenza, ricerca e innovazione finalizzato alla tutela e alla conservazione degli oceani, dei mari e delle risorse marine, oltre a un loro utilizzo sostenibile. Il programma prevede tanti appuntamenti in tutta la città, mentre alle Scuderie di Miramare sarà allestita la mostra "Microceano", anche questa gratuita per il pubblico, con approfondimenti sul mondo microscopico marino. Saranno, a conti fatti, due settimane ricche di iniziative, in cui spiccano due date: il 5 giugno, Giornata mondiale dell'Ambiente, sarà inaugurato ufficialmente MareDireFare, con l'apertura della mostra "Microceano" e la presentazione del programma, mentre l'8 giugno si celebrerà la Giornata mondiale degli Oceani con una scaletta ricca di iniziative, che culmineranno alla sera con un evento all'Ariston, in collaborazione con la Cappella Underground, per parlare di mare e scienza attraverso i linguaggi del cinema, della musica e del teatro. Ad arricchire la manifestazione ci saranno anche dibattiti, racconti e giochi sul mare, spettacoli, letture animate, mostre fotografiche e tante altre proposte, come detto, in varie zone di Trieste, mentre l'Antico Caffè San Marco ospiterà un ciclo di AperiBlu, "miscela" di divulgazione e degustazione sostenibile, con l'intervento di esperti e biologi marini. Durante lo svolgimento della kermesse non mancheranno, ancora, gli incontri con i ricercatori delle principali istituzioni scientifiche che in città si occupano di mare, a partire dall'Ogs, ma anche Area Marina Protetta, Arpa, Università e Museo Nazionale dell'Antartide, che offriranno al pubblico momenti di riflessione sull'ambiente e la sua tutela. Dal 18 al 20 giugno, MareDireFare accoglierà inoltre BoraMata, la festa del vento, che riporterà le girandole in piazza Unità e ma anche altre sorprese, che saranno illustrate proprio il 15 giugno, Giornata mondiale del Vento. Il festival è organizzato da Wwf Area Marina Protetta di Miramare e Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - Ogs, in collaborazione con Patto di Trieste per la Lettura, Editoriale Scienza e Associazione Museo della Bora e con il patrocinio del Comune. Le attività previste alle Scuderie di Miramare, grazie alla collaborazione con il Museo Storico e il Parco del Castello di Miramare, sono realizzate con il contributo della Regione. Il programma è consultabile su mdf.ampmiramare.it

Micol Brusaferro

 

Focus sullo sviluppo del Carso oltre i confini - l'incontro di Un'Altra Città
"Il Carso" è il titolo dell'incontro organizzato dall'associazione Un'Altra Città, oggi alle 18, e che sarà visibile su Zoom e attraverso i canali social della stessa. È possibile una Trieste in cui il Comune «in collaborazione con tutti i Comuni dell'area carsica, di qua e di là dal confine, sostenga programmi di coprogettazione e cogestione per la tutela e la valorizzazione delle straordinarie potenzialità dell'area»? Durante l'incontro, l'architetto William Starc ne parlerà con Martina Malalan, imprenditrice, Igor Grgic, viticoltore, Alessandro Zagar, presidente della cooperativa Pascolo sociale, Diego Masiello, sociologo del territorio, Paolo Utmar, ornitologo, Andrea Nardini, geobotanico, Stefano Ukmar, presidente della comunella di Contovello, ed Enrico Milic, antropologo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 maggio 2021

 

 

Filtri, spiaggia pulita dai giovani "Qui per dare l'esempio a tutti"

Petra, Giada, Beatrice e Teresa protagoniste dell'iniziativa ecologica sul campo con i colleghi del Cconsiglio comunale dei ragazzi, che ha chiuso così il mandato.

Muniti di guanti e sacchetti hanno ripulito la spiaggia dei Filtri. Si è chiuso così, nel pomeriggio di ieri, il quarto mandato del Ccrr, il Consiglio comunale delle ragazze e dei ragazzi di Trieste. I giovanissimi rappresentanti del "parlamentino", una ventina in tutto, seguiti dagli esperti dell'Arpa e da personale del Comune, hanno partecipato infatti alla campagna "Microplastiche: un mare di problemi", voluta e ideata proprio dal Consiglio per sensibilizzare le scuole e i cittadini sul problema delle microplastiche. L'attività di ieri chiude come detto un lungo percorso per i ragazzi dell'assise giovanile, durato due anni: un impegno che li ha visti progettare «una città più sostenibile».Sulla spiaggia, sotto gli occhi un po' stupiti di diversi bagnanti, intenti a godersi una tintarella dopo giorni di maltempo, tutti hanno dato il loro contributo, raccogliendo le immondizie portate dal mare ma anche quelle presenti sull'arenile. In alcuni casi è stato necessario smuovere i ciottoli per recuperare i materiali di scart finiti sotto i sassi o imbrigliati nei tronchi portati a riva dalle maree. «Sono molto contenta di partecipare - commenta Petra, 11 anni - e mi sto divertendo tanto. Abbiamo trovato tante reti di plastica spezzate, varie etichette di bottiglie, qualche barattolo, pezzi di polistirolo e anche molte cartine di caramelle». «Quando ho saputo della giornata organizzata per ripulire la spiaggia mi sono emozionata - racconta Giada, 13 anni - perché ci fa vedere da vicino i comportamenti sbagliati della gente. Magari qualcuno pensa che buttare una sigaretta sulla spiaggia è normale, ma qui dovrebbero esserci solo cose che fanno parte della natura. Invece abbiamo rimosso un po' di tutto, anche piastrelle abbandonate». La raccolta, a gruppetti, ha portato pure alla rimozione di barattoli, lattine, mozziconi di sigarette, pezzi di plastica di vario tipo e persino una scarpa. Nel biennio di mandato, il Ccrr si è ispirato ai "17 obiettivi di sviluppo sostenibile" definiti dall'Onu e i giovani che ne hanno fatto parte hanno presentato al Comune molte proposte di miglioramento della città, soprattutto per il medio e lungo termine. «Mi dispiace che questa esperienza sia finita», spiega Beatrice, 13 anni: «Abbiamo fatto tanto insieme, anche durante il lockdown, a distanza. È stato molto bello e utile. E molti argomenti affrontati sono stati proprio su ambiente e inquinamento». «E uno dei temi che ci sta più a cuore - aggiunge Teresa, 14 anni - è stato per l'appunto quello delle microplastiche. Per questo è importante la pulizia di questa spiaggia. Non solo per l'eliminazione dei rifiuti, che per fortuna non sono tanti, quanto per il gesto dimostrativo, per sensibilizzare le persone». Anche per Teresa, come per gli altri, si avvicina la fine del mandato. «Un percorso bellissimo - sottolinea - e formativo: mi ha ispirato, perché da grande vorrei dedicarmi proprio alla politica». Dopo aver provato l'esperienza del Comune, Teresa aspira quindi a diventare un consigliere o un assessore? «No», puntualizza lei decisa: «Punto a una carica più importante». A settembre il Ccrr sarà rinnovato, con le elezioni nelle scuole primarie e secondarie di primo grado di Trieste e l'arrivo così di nuovi studenti, chiamati, come i predecessori, a proporre nuove idee e ulteriori progetti, confrontandosi sempre in gruppo con i coetanei. L'evento di ieri, coordinato dall'assessorato Scuola, Educazione, Università e Ricerca del Comune di Trieste, insieme a Sissa Medialab e Arpa Fvg, è stato supportato anche da AcegasApsAmga e dall'Istituto nazionale di Oceanografia e Geofisica sperimentale.

Micol Brusaferro

 

Caccia ai rifiuti di plastica al campo "Draghicchio" - Appuntamento sabato 19 giugno con l'Sgt
Sarà caccia alla plastica il prossimo 19 giugno a Campo Cologna. È l'iniziativa promossa dalla Società Ginnastica Triestina presentata ieri assieme all'assessore regionale all'ambiente Fabio Scoccimarro e alla testimonial, campionessa di Judo, Veronica Toniolo. Questa particolare raccolta di rifiuti si terrà sabato 19 giugno sul campo sportivo "Draghicchio" di via Amendola e, come ha spiegato il presidente della Sgt Massimo Varrecchia «si tratterà di una vera e propria caccia alla plastica, aperta a tutti, nelle zone limitrofe all'impianto. L'iniziativa coinvolgerà famiglie e gruppi di atleti con l'obiettivo di rimuovere i rifiuti dalla struttura, sensibilizzando i presenti sul tema attraverso un momento di divertimento che prevede anche un premio per le prime tre squadre». «Ogni sport insegna il rispetto, oltre che per l'avversario, anche per i luoghi di allenamento - ha ricordato Veronica Toniolo - perciò impegnarsi per la pulizia di un impianto sportivo è sempre un segnale positivo».

lo.de.

 

 

«Ciclabile Ospo- Balota obsoleta e costosa» - Fiab, petizione sul web - le firme online
MUGGIA. Le sezioni Fiab di Trieste e Muggia hanno lanciato in rete, su www.change.org/FIABciclabileOspo, una raccolta di firme contro la ciclabile dal Rio Ospo al Molo Balota progettata dal Comune rivierasco. Per i proponenti, infatti, il Comune stesso ha approvato un progetto costoso per la realizzazione di appena 400 metri di pista ciclabile dalle caratteristiche, peraltro, oramai obsolete: «Il progetto per una ciclabile inutile e non sicura costa 360 euro a metro lineare - spiega il presidente Fiab Ulisse Luca Mastropoasqua - mentre la Fiab di Muggia ha una proposta che costerebbe solo 10 euro a metro lineare». In poco tempo, annuncia il referente Fiab Muggia Jacopo Rothenaisler, «le firme hanno superato quota 260, e puntiamo al migliaio. Ci opponiamo al progetto del Comune perché porta con sé l'utilizzo di strade e piazze esclusivamente a fini automobilistici e il confinamento degli altri utenti, a cominciare dai ciclisti, fuori dai percorsi stradali».

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 25 maggio 2021

 

 

Premio Ince sulla sostenibilità al Petrarca
La 3A del liceo si aggiudica i 5 mila euro della Fondazione CRTrieste, a un team di Latisana-Lignano i 20 mila della Regione
La tutela avanzata degli stagni del Carso e il controllo attraverso droni della salute della Laguna di Marano sono i temi dei due progetti regionali vincitori del concorso internazionale dell'Ince sulla sostenibilità ambientale e sui temi dell'Agenda Onu 2030. A idearli sono stati rispettivamente la 3A del liceo Petrarca di Trieste e un gruppo di classi dell'istituto Mattei di Latisana-Lignano: ai primi è andato il premio da 5 mila euro messo in palio dalla Fondazione CRTrieste per il miglior progetto triestino, ai secondi quello da 20 mila euro approntato dalla Regione Fvg.La prima edizione di "Active young citizen for sustainable development in Cei and Aii areas" è stata indetta e finanziata dall'Iniziativa Centro Europea (Ince) con il ministero degli Affari esteri e l'Iniziativa Adriatico-Ionica. Vi hanno partecipato le scuole superiori dei 19 paesi dell'Ince con 70 progetti, di cui 10 dall'Italia e otto dal Fvg, tra cui l'Isis D'Annunzio-Fabiani di Gorizia, l'lsis Buonarroti di Monfalcone, il liceo scientifico Marinelli di Udine e il liceo Leopardi Majorana di Pordenone. Sono ben tre i progetti presentati dalle scuole di Trieste. Oltre a quello della 3A del Petrarca, dedicato agli stagni del Carso, è nata nel medesimo liceo un'altra idea, dai ragazzi della 3F (coordinati dal professor Damiano Gallo), che si sono focalizzati su un percorso scolastico che coinvolge gli studenti e i loro compagni ricoverati in ospedale, obbligati a seguire un percorso scolastico dal nosocomio. E infine uno realizzato dagli studenti della 4H dell'istituto Carli - de Sandrinelli - Da Vinci (coordinati dalla professoressa Fabiana Giugovaz), che hanno pensato di trasformare la piscina della scuola in una serra autonoma e installare colonnine di ricarica per le auto elettriche nel parcheggio. La cerimonia per l'assegnazione dei due premi collaterali si è tenuta ieri mattina nella sede della Regione Fvg, in piazza Unità, alla presenza di Roberto Antonione, segretario generale dell'Ince, del governatore Massimiliano Fedriga e di Alessia Rosolen, assessore regionale all'Istruzione. Sono intervenuti anche Valerio Valenti, prefetto di Trieste, Francesca De Santis, assessore con delega ai Giovani del Comune di Trieste, Roberta Giani, condirettrice de Il Piccolo (media partner del concorso), Tiziana Benussi, presidente della Fondazione CRTrieste e Peter Cernic dell'Ufficio scolastico regionale. Al progetto ha collaborato anche Cristina Pedicchio, docente di UniTs e membro del cda dell'Ogs, che ha realizzato un video divulgativo girato in Porto vecchio: protagonisti i membri della comunità scientifica e un gruppo di giovani che si sono occupati di progetti di cittadinanza attiva. Il premio regionale da 20 mila euro, dicevamo, è andato all'istituto Mattei per il progetto "Robot in azione per preservare il nostro ecosistema lagunare". L'intento del progetto, coordinato dal professore Luca Bonora, è svolgere una ricognizione dello stato di salute della laguna di Marano attraverso dei droni marini. «È importante parlare dei grandi obiettivi globali, ma lo è altrettanto non dimenticare mai che per cambiare il mondo bisogna iniziare da casa propria - ha sottolineato Fedriga -. I ragazzi che hanno partecipato all'iniziativa hanno colto questo spirito e sviluppato progetti collegati al territorio nel quale vivono». Fedriga ha inoltre espresso l'intenzione di coinvolgere la Conferenza delle Regioni per sensibilizzare i territori su questi temi. Rosolen ha poi evidenziato come «tutti i progetti presentati dalle scuole della nostra regione non sono un volo di fantasia, ma tutti hanno basi concrete». Antonione ha detto che il Fvg è risultato «la prima regione in Italia» al concorso e ha definito «un eccellente risultato» quello delle scuole locali.

Benedetta Moro

 

Censire e ripristinare gli stagni del Carso per salvare l'ecosistema

Il focus innovativo dei ragazzi di Trieste per la tutela dell'altipiano. Ipotizzata l'inclusione nelle attività di alternanza scuola-lavoro

Mettere letteralmente le mani nella materia carsica, traducendo il globale nel locale, attraverso un focus specifico che prevede il ripristino degli stagni carsici. Da questo presupposto i 17 ragazzi della 3A del liceo Petrarca sono partiti per dare vita al progetto "Gli stagni riflettono il cielo", premiato dalla Fondazione CRTrieste con 5 mila euro nell'ambito del concorso lanciato dall'Iniziativa di centro europea (Ince), focalizzato sulla sostenibilità ambientale. L'obiettivo principale del gruppo è stato quello di programmare in futuro un censimento e ripristino del sistema degli stagni carsici, a beneficio dell'ambiente, a tutela della biodiversità e come percorso educativo aperto a tutta la comunità. Uno spunto che, assieme all'intenzione di mettere in pratica in prima persona il contenuto del progetto, coinvolgendo anche le scuole della città, e alla volontà d'inserire questa attività nel progetto alternanza Scuola-Lavoro, è risultato l'ingrediente vincente che ha colpito la giuria. Ma anche la vasta rete di collaborazione coinvolta nel percorso ha destato interesse in coloro che hanno premiato questa idea. Difatti, dopo un periodo di teoria in classe durante le ore di Educazione civica, indirizzate ai temi della sostenibilità e dell'Agenda Nazioni Unite 2030, gli studenti, coordinati dal professor di Storia e Filosofia Guido Pesante, hanno esplorato il Carso grazie all'aiuto di diversi soggetti. Tra questi il direttore del museo di Storia naturale Nicola Bressi, l'architetto Monika Milic, la guardia forestale Vojko Razem, il naturalista Dario Gasparo, la scuola Edilmaster e il Partenariato per l'edilizia carsica in pietra a secco. «Abbiamo scoperto così che quando la scuola si rivolge a territorio, questo risponde con positività», evidenzia il professor Pesante. Tutto è partito da una notizia diffusa dalla Coldiretti, che aveva specificato come l'Italia trattenga solo l'11% delle acque meteoriche contro la media Ue del 30%. «Abbiamo riflettuto su come questo paese sprechi le acque meteoriche - sottolinea Pesante - e quindi abbiamo deciso di fare un lavoro sul territorio. Ci siamo concentrati sugli stagni carsici, ma anche sull'architettura rurale».I ragazzi sono stati quindi divisi in gruppi e sono andati a esplorare i muretti a secco, che hanno anche imparato a costruire con lo stesso Razem. E poi ancora perlustrazioni sugli stagni, sulle vicine ghiacciaie, che servivano a produrre ghiaccio «che arrivava anche fino al Cairo», e le casette un tempo riparo dei pastori e i pastini. Il focus sugli stagni è stato individuato perché, evidenzia Benedetta Bratos, presente ieri alla premiazione con il compagno Emanuele Castelli in rappresentanza della classe, «è un microcosmo assestante con specie particolari e irripetibili, che va preservato». Spiega ancora il professor Pesante: «La particolarità è poi che i laghi sono chiusi in se stessi come ecosistema, mentre gli stagni comunicano sul territorio circostante attraverso le specie volatili o degli anfibi, che non si trovano negli specchi lacustri. Quindi lo stagno diffonde biodiversità che non deve essere alterata da specie alloctone». Secondo Bressi si stima una perdita degli invasi del 70% e l'ultimo censimento è dell'86. Per questo l'azione pensata dagli studenti è importante: gli stagni possono essere utili alla fauna selvatica e anche come riserva a uso antincendio. Con otto azioni e 21 sub-azioni, contenute nel programma che rimarrà in eredità alla scuola che potrà metterlo in atto successivamente, si prevede dunque di censire innanzitutto gli stagni, operazione che richiederà comunque degli anni. Dopo aver individuato quelli di maggiore rilevanza, si potrà passare al loro ripristino. Si riavvia così un'attività di manutenzione costante. Tra le ipotesi contenute nel progetto c'è anche quella di inserire questa attività nei laboratori di alternanza Scuola-Lavoro: questo anche perché sono stati gli stessi ragazzi a richiedere la possibilità di procedere con attività manuali. Ma i giovani si sono detti disponibili anche a ripristinare le casette o i muretti carsici. Questo grazie all'aiuto di Edilmaster e al Partenariato. «Sarebbe bello procedere proprio con questo tipo di attività prossimamente - afferma Castelli -, anche se il progetto, se iniziato, comunque comporta diverso tempo».Grazie a questo concorso gli studenti del Petrarca hanno potuto conoscere anche una parte del Carso che non avevano mai visitato. A questo proposito spiegano Bratos e Castelli: «Conoscevamo alcuni luoghi ma altri no, li abbiamo scoperti anche attraverso gli altri soggetti coinvolti. Avevamo in un gruppo anche un compagno che abitava in Carso, quindi è stato lui che ci ha fatto da guida durante tutto il lavoro». E di questi 5 mila euro che cosa faranno? «Ancora non lo sappiamo - concludono gli studenti -, ci penseremo».

Be.mo.

 

 

«Linea Trieste-Venezia tra le priorità del governo Draghi» - il focus di IV con D'Agostino come ospite
Il potenziamento della linea ferroviaria Trieste Venezia, inserito nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, è «tra le priorità del governo Draghi». Lo ha affermato il vicepresidente della Camera e presidente di Italia Viva Ettore Rosato durante un incontro online dedicato al progetto e organizzato dalla sezione locale del partito di Matteo Renzi. «Il Pnrr è un'occasione non solo di finanziamento ma anche di semplificazione degli appalti e di velocizzazione», ha proseguito Rosato: «Le Regioni Fvg e Veneto collaboreranno con l'esecutivo». Il presidente dell'Authority portuale Zeno D'Agostino ha sottolineato che «questa infrastruttura arriva nei tempi giusti. Ora siamo il primo porto ferroviario italiano e abbiamo tassi da record mondiale di utilizzo della ferrovia: quest'ultima rappresenta un collante». Giuseppe Bortolussi, amministratore delegato Interporto Pordenone, ha affermato quindi la necessità di accelerare l'opera. Sono intervenute inoltre Raffaella Paita, presidente della Commissione Infrastrutture alla Camera, e la deputata Sara Moretto. Alla videoconferenza erano presenti il coordinamento regionale e locale di Italia Viva.

Lilli Goriup

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 maggio 2021

 

 

Citta' piena di cantieri. Cento permessi al mese dall'inizio dell'anno.

L'escalation certificata dalle pratiche in Comune. Imprese cariche di appalti ma soffrono l'aumento folle dei prezzi dei materiali, dagli isolanti alle impalcature.

Troppa grazia Sant'Antonio. Dopo aver sofferto una crisi quasi decennale che ha falciato moltissime imprese, l'edilizia è ora alle prese con il problema opposto, un problema - diremmo - di crescita. La combinazione tra congiuntura internazionale ed exploit dei bonus fiscali per le riqualificazioni ha generato infatti un vertiginoso aumento dei prezzi relativi ai materiali utilizzati per i "cappotti" e per le altre lavorazioni connesse: metalli, calcestruzzo, bitumi, plastiche derivate dal petrolio e via dicendo. Il fenomeno è macroscopico a Trieste, che sta vivendo un autentico boom di cantieri documentato dalla statistica degli atti comunali. Nei primi quattro mesi del 2021 sono già state rilasciate 400 occupazioni di suolo pubblico relative all'edilizia, di fatto cento al mese, contro una media annua di 800. E sempre nel primo quadrimestre di quest'anno sono state firmate 500 ordinanze riguardanti limitazioni di sosta e transito contro una media annua di mille. Per questo saranno reclutati "a tempo" cinque geometri per agevolare il disbrigo delle richieste. Una vera e propria invasione di cantieri in città, insomma, che porta con sè una serie di conseguenze, anche sul traffico, analizzate nell'articolo a fianco. Le imprese del settore fanno invece i conti con un paradosso: più lavoro, più difficoltà. Marcello Dell'Erba, componente del direttivo Ance e presidente di Cassa edile, e David Calò, esponente di Confartigianato, calcolano, sul fronte dei materiali, aumenti variabili tra il 25 e il 45%. Che non possono scaricarsi sui contratti già firmati e vanno quindi a erodere del 15-20% margini dai quali non colava il grasso. L'aggiornamento del "listino" a cura dei due rappresentanti di categoria è implacabile: i polimeri salgono di quasi il 40%, il tubo del 77%, gli articoli in metallo del 47%, la lamiera del 63%. Il costo del ferro - sottolinea Dell'Erba - è raddoppiato da 450 a 900 euro alla tonnellata. Dramma nel dramma i ponteggi:i prezzi sono lievitati cinque volte in tre mesi. Sulla piazza non si trovano più, ma è difficile noleggiarli anche in Veneto e in Friuli, cosicché si deve ricorrere a Slovenia e Croazia. Lorenzo Gasperini, architetto specializzato nei recuperi di facciata, cita addirittura un recente arrivo dal Montenegro. La questione ponteggi è un ulteriore paradosso: molte imprese li hanno venduti nella fase più buia della crisi, ma adesso non avvertono una forte spinta a ricomprarli, perché - sottolinea Calò - un investimento di 100-150 mila euro, con il rischio di utilizzarlo solo pochi mesi, non è conveniente. Gasperini rimarca la dialettica committente/professionista/imprese: le ditte appaltatrici chiedono materiali analoghi o alternativi a quelli indicati dal progettista, perché non si trovano o costano troppo. Ma anche le alternative non sono di agevole reperibilità e rischiano consegne fino a quattro mesi. Tra gli articoli in rarefazione i pannelli "sandwich" di isolazione, la cui fabbricazione non è di facile intensificazione produttiva date le difficoltà di stoccaggio. Si diceva all'inizio delle cause che hanno determinato l'impennata. Esistono varie scuole di pensiero. Un'interpretazione accredita la "pista" cinese, cioè la forte crescita del settore costruzioni nel subcontinente che avrebbe scosso l'equilibrio dei prezzi. L'Ance è comunque convinta che l'effetto bonus c'entri poco, perché il problema delle materie prime riguarda anche Germania, Francia, Regno Unito, dove non sono in atto facilitazione di natura fiscale. Ma la questione di fondo attiene alla sostenibilità economica dei cantieri, punto sul quale le associazioni imprenditoriali accendono tutti i riflettori possibili.

Massimo Greco

 

L'Ordine degli architetti boccia il Piano del centro storico
Per il gruppo di lavoro dei professionisti è un lavoro «superficiale» - Si accoda il Pd. Replica la giunta: «C'è l'ok della Soprintendenza»
Basato su analisi «superficiali» del contesto urbano, e con un ruolo eccessivo della Commissione edilizia: l'Ordine degli architetti di Trieste bacchetta così il Piano particolareggiato del centro storico che il Comune si appresta a deliberare. La segretaria del Pd Laura Famulari attacca: «Non mi sembra che sia questo il piano che possa tutelare il nostro centro storico». Ribatte l'assessore all'urbanistica Luisa Polli: «Delle osservazioni discuterà l'aula, sottolineo però che lo strumento è stato elaborato assieme alla Soprintendenza».Il documento con le osservazioni degli architetti al Ppcs è lungo 15 pagine, a firma del gruppo di lavoro dell'ordine stesso: un pool di professionisti coordinati da Andrea Benedetti e Francesco Krekic. Quelle che gli architetti definiscono «lacune strutturali» del piano vengono sintetizzate così: al centro del problema ci sarebbe «la superficialità delle analisi che, seppure quantitativamente estese, schivano il confronto con gli ambiti fisici limitrofi, con la pianificazione degli spazi pubblici e della mobilità sostenibile, rilevando e valorizzando unicamente l'anzianità dell'atto costruttivo iniziale». Nell'elenco puntuale delle criticità, gli architetti sono preoccupati per la conservazione degli edifici, la limitatezza del piano colore. Poca attenzione, aggiungono, anche agli aspetti sismici, alle alte maree e ai potenziali effetti dei cambiamenti climatici. Un altro punto dolente è il seguente: «Il Ppcs ammette trasformazioni anche significative, rimettendo però le principali valutazioni nelle mani della Commissione edilizia il cui ruolo appare quindi eccessivo in relazione alle sue attuali caratteristiche (procedure e scelta dei componenti)».Interviene per l'appunto Famulari: «Non mi sembra che questo sia il piano che possa tutelare il nostro centro storico: un piano che non ha individuato tutte le aree di pregio archeologico (mancano gli elaborati relativi alle zone archeologiche e al paesaggio) e le modalità di intervento necessarie, né gli elementi e le modalità per la tutela per le aree di pregio ambientale, né che guardi ad un ruolo internazionale della città». Secondo la consigliera dem al piano «manca una prospettiva per una Trieste salvaguardata, ma contemporanea».L'assessore all'Urbanistica Luisa Polli risponde: «Per legge non si possono commentare le osservazioni prima che vadano in aula, spetterà al Consiglio esprimersi». Ma aggiunge: «Al di là del contenuto delle singole osservazioni, rilevo che il Ppcs deve essere coerente al Piano regolatore. Ricordo che quest'ultimo è stato approvato dalla giunta Cosolini». Precisa ancora Polli: «Su tutto il piano si è espressa la Soprintendenza: il centro storico è soggetto a un "vincolo nudo", ovvero senza quadro normativo. Per questo motivo l'ente ha inteso inserire nel piano una serie di norme, in attesa di definire unitamente al Comune il suddetto quadro normativo, necessità questa inclusa anche nel Ppcs».-

Giovanni Tomasin

 

"I tanti lavori insieme minano la sicurezza di chi va a piedi e in bici. I posteggi? Un miraggio"

L'analisi dei rappresentanti di pedoni e ciclisti urbani sull'attuale situazione in centro, che provoca disagi anche agli automobilisti

I pedoni devono fare uno slalom continuo. I ciclisti sono obbligati a fare ancora più attenzione per non essere investiti. E poi gli automobilisti, che si arrabbiano perché hanno sempre più difficoltà a trovare parcheggio. A testimoniare per primo il disagio derivante dalla grande concentrazione di cantieri in città è Luigi Bianchi, presidente di CamminaTrieste: «C'è una scarsa attenzione a quelle che sono le esigenze del pedone. Questa impostazione dei lavori è sempre improntata a una quasi improvvisazione, senza guardare alla sicurezza».Quale soluzione quindi proporre? «Ci vuole un'organizzazione che al momento è molto lontana dal realizzarsi, perché anche le imprese, per come sono organizzate, non sono in grado di assicurare un'impostazione corretta - prosegue Bianchi -. Tanto per fare un esempio, passavo ieri per strada del Friuli, dove c'è l'abbattimento di una costruzione e quindi un cantiere. C'era un grosso camion che spuntava fuori, fin quasi sul marciapiede e quindi comportava il senso unico alternato. Non c'erano vigili urbani, ma solo due operai che con una paletta regolavano il traffico». Anche il mondo degli amanti del ciclismo trova diverse difficoltà nell'attraversare la città in questo periodo. A sostenerlo è Samuele Maria Semi, appassionato di bici ma anche progettista e costruttore. «Può capitare che alcuni cantieri non siano adeguatamente segnalati - afferma -. Nonostante capisca non sia facile, comunque questo provoca disattenzione da parte degli automobilisti che, di conseguenza, possono distrarsi ancora di più e investire un ciclista. Stessa distrazione che può essere provocata dalle grandi pubblicità di imprese ora molto spesso affisse sulle impalcature. Bisogna anche dire che laddove ci sono piste o corsie ciclabili, se c'è un cantiere, il ciclista non viene contemplato, non si creano corsie sostitutive ad hoc. Tuttavia, i ciclisti sono comunque flessibili agli ostacoli della quotidianità e allo stesso tempo se ci sono tanti cantieri vuol dire che pedaleremo in una città più bella». «La sicurezza dei ciclisti - evidenzia Luca Mastropasqua, presidente Fiab Trieste -, con il restringimento delle carreggiate ad esempio, è minata. Invece in altri paesi, come La Danimarca, in questi casi si provvede a installare delle corsie anche per le bici».Lavori terminati male e poca organizzazione per l'avvio di scavi e il posizionamento delle impalcature risultano poi essere le altre problematiche all'ordine del giorno. «Non abbiamo una posizione organica sul tema, ne parlerò con il resto dell'associazione per valutare la situazione anche da un punto di vista dei dati. Da privato cittadino però - commenta il presidente di Legambiente Andrea Wehrenfennig - posso dire che ho osservato che quando terminano i cantieri, spesso non si provvede a un controllo né a una garanzia sulla corretta conclusione dei lavori. Su questo dovrebbe fare le proprie verifiche il Comune. In modo anche da non dover ritornare sullo stesso sito per operare nuovamente. Se si facessero dei controlli adeguati ci sarebbero meno sprechi e danni». I disagi però non terminano qui, perché proprio per i pedoni e i ciclisti, sottolinea sempre Wehrenfennig, la strada può creare ulteriori problemi: ad esempio le buche. Non ultima l'organizzazione: bisogna evitare di creare lavori multipli nello stesso periodo. Per evitare questo bisogna avere una buona capacità di coordinamento dei cantieri, che al momento non mi pare essere all'ordine del giorno». Cercare poi un parcheggio, ora che le impalcature del bonus facciata imperversano, è diventato un incubo. A dirlo è Francesco, che risiede in largo Barriera: «Ogni sera devo lasciare la macchina in seconda fila con il rischio la mattina di trovarmi una multa».

Benedetta Moro

 

«Azzerare entro dieci anni le vittime della strada»
Il progetto sicurezza proposto dalla lista civica Adesso Trieste e testato in una sorta di "anteprima" nel weekend a San Giovanni
Azzerare in dieci anni le vittime della strada e gli incidenti gravi. È questo uno degli obiettivi del programma elettorale della lista civica "Adesso Trieste" che, sabato scorso, in occasione della Settimana mondiale della sicurezza stradale, ha partecipato a un'iniziativa nata dai genitori del quartiere di San Giovanni, che hanno fruito della parte alta di via San Cilino temporaneamente pedonabile: un tratto "aperto al gioco", come recitava un cartello, e chiuso invece al traffico nel weekend, come accade per altre arterie cittadine grazie a un'ordinanza comunale. «I dati Istat dicono che nel 2019 nella provincia di Trieste ci sono stati 919 incidenti stradali, 1125 feriti e 15 morti - ha affermato Federico Zadnich, coordinatore del tavolo tematico Ecologia di Adesso Trieste -. Vogliamo annullare questi dati, come accade già in alcune città europee, ad esempio Oslo. Ci impegniamo a ripensare gli spazi urbani, puntando sulla sicurezza stradale». Come? Ad esempio dando la precedenza a pedoni e ciclisti e, in alcune aree, abbassando il limite di velocità a 30 chilometri orari. Per riformulare la città Adesso Trieste si avvale anche di lunghi percorsi pedonali dal centro alla periferia, come sottolinea Giulia Massolino. La giornata di sabato ha visto protagonisti in via San Cilino alcune famiglie. «Siamo tornati a riproporre i giochi di strada di una volta - spiega una mamma, Marzia Piron -. Sfruttiamo questa occasione visto che purtroppo non ci sono più posti in cui portare i bambini a giocare in sicurezza».

be.mo.

 

 

Roma libera Chiampore dal traliccio Finmedia
Il Consiglio di Stato conferma le precedenti sentenze: l'impianto va abbattuto e trasferito. Litteri: «Grande vittoria»
Muggia. «La scelta di delocalizzare i sistemi tecnologici radianti al di fuori del centro abitato di Chiampore concentrandoli in tre siti alternativi appositamente dedicati appare correttamente ispirata al principio di precauzione e contempera in modo ragionevole le esigenze di adeguata diffusione del segnale con quelle di ordinata collocazione sul territorio». Questa frase, contenuta nella sentenza del Consiglio di Stato di Roma sull'ultimo ricorso proposto da Elemedia contro il Comune di Muggia per l'annosa vicenda del traliccio Finmedia installato per l'appunto a Chiampore, secondo l'assessore della giunta Marzi con delega all'Ambiente Laura Litteri «rappresenta il simbolo di una grande vittoria». «Il Consiglio di Stato - spiega l'assessore - ci ha dato pienamente ragione a chiusura di un percorso iniziato ormai otto anni fa, quando il Comune, nel 2013, si dotò di un piano di delocalizzazione delle antenne per le telecomunicazioni, individuando tre zone alternative a Chiampore». Una battaglia che «sembrava impossibile», evidenzia Litteri: «Una sorta di Davide contro Golia. E invece alla fine è stato sancito il pieno diritto di un ente municipale di avvalersi del potere di adottare un regolamento per l'insediamento urbanistico delle infrastrutture di telecomunicazione al fine di ridurre il numero dei tralicci presenti in un'area abitata, in questo caso Chiampore, e di conseguenza l'inquinamento da emissioni radioelettriche nell'ambito, peraltro, di un territorio caratterizzato dalla più alta densità di insediamento di tralicci per telecomunicazioni a livello regionale». Il traliccio eretto da Finmedia andrà dunque abbattuto e lo spostamento degli impianti delle emittenti ospitati sullo stesso traliccio potrà avvenire soltanto nei tre siti alternativi individuati dal Piano regolatore comunale vigente. È stata così riconosciuta, spiegano ancora dal Municipio di Muggia, la piena legittimità della distinzione operata dal regolamento comunale tra antenne per telefonia e la "discriminazione" fra impianti tv che possono rimanere nell'area di Chiampore per questioni tecnologiche legate alla ricezione del segnale e impianti radiofonici che vanno invece spostati nei tre siti individuati. L'ultima sentenza del Consiglio di Stato, per inciso, segue quella pronunciata dal Tribunale amministrativo regionale lo scorso 22 aprile e quella del 3 febbraio emessa sempre dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Finmedia. Entrambe rigettate.

Luigi Putignano

 

Cestino mangia-rifiuti al Diporto Nautico - l'inaugurazione mercoledì nella baia di Sistiana
DUINO AURISINA. Sarà inaugurato mercoledì, alle 12, con una breve cerimonia nella baia di Sistiana, il nuovo dispositivo per la rimozione dei rifiuti solidi flottanti in mare, in particolare quelli in plastica, denominato "Seabin" e attivato dall'associazione sportiva Diporto Nautico nella propria sede in riva. L'apparecchiatura è stata donata dalla Insivela, promotrice della tradizionale regata Cral Insiel, e dalla Wärtsilä.Il Seabin - letteralmente cestino del mare - elimina efficacemente anche parte dei residui oleosi in superficie, grazie a un sistema di filtraggio costante dell'acqua marina. Particolarmente adatto a ripulire aree come porti e specchi acquei protetti, il Seabin andrà ad affiancare altri dispositivi simili già attivi sulle coste locali.

u. sa.

 

Pronto il nuovo sistema di gestione delle acque alla "Dama Bianca"la chiusura dei lavori a Duino
DUINO AURISINA. Si sono conclusi, a Duino, i lavori di riqualificazione impiantistica della stazione "Dama Bianca". In particolare, è stato portato a termine il potenziamento del sistema di sollevamento nei pressi dell'ex depuratore. Lo comunica l'AcegasApsAmga, precisando che «l'intervento permetterà di eliminare le fuoriuscite delle acque piovane dai tombini causate da fenomeni di pioggia più intensi"».I lavori sono consistiti nel completo rifacimento delle parti interne dell'impianto di sollevamento, con la costruzione di un nuovo e più capiente scarico di emergenza, in grado di ricevere la portata d'acqua in eccedenza. «Il nuovo impianto - conferma la multiutility - sarà in grado di garantire il regolare deflusso delle acque anche in condizioni meteorologiche avverse, evitando situazioni di ruscellamento lungo le strade». L'AcegasApsAmga annuncia inoltre che «si sta avviando alla conclusione la seconda fase dei lavori per la deodorizzazione di due impianti, attraverso un nuovo sistema di aerazione: il primo si trova nell'aiuola spartitraffico posta all'incrocio Sr14 con la discesa verso Villaggio del Pescatore, il secondo, vicino alla chiesa parrocchiale di San Marco». I lavori, che si concluderanno a fine maggio prevedono inoltre l'installazione di due impianti di deodorizzazione, uno a biofiltro presso l'impianto "Dama Bianca", nella zona dell'ex depuratore di Duino, l'altro a carboni attivi, vicino all'impianto "Rilke". «Con AcegasApsAmga c'è un ottimo rapporto - ha commentato Daniela Pallotta, sindaco Daniela Pallotta - che si traduce in interventi risolutivi per le esigenze del nostro territorio».

Ugo Salvini

 

 

Gnl a Veglia - Primo trasbordo su una nave - il terminal
L'azienda che gestisce il nuovo rigassificatore galleggiante di Castelmuschio sull'isola di Veglia, la Lng Hrvatska, ha comunicato l'attuazione del re-loading, il trasbordo di gas naturale liquefatto dal rigassificatore offshore a una nave di minori dimensioni del "gigante" altoadriatico. Una novità assoluta anche per il Mediterraneo - ha asserito in una nota Lng Hrvatska - che fa della Croazia l'apripista per questo genere di servizi. «Finora a Castelmuschio il metano veniva riportato allo stato gassoso e quindi immesso nella rete distributiva nazionale. Stavolta il gas allo stato liquido è stato caricato sulla nave Avvenir Accolade, con capacità di 7 mila metri cubi, partita poi verso un terminal in Sardegna. La Croazia ha ottenuto la possibilità di commercializzare il Gnl anche via mare». È un modello che spiana la strada alla possibilità di accogliere e riempire le metaniere con carburante ecologicamente sostenibile, che riduce di molto i contraccolpi negativi delle navi sull'ambiente.

a.m.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 maggio 2021

 

 

Parco di Villa Necker: la raccolta firme continua - Il comitato non molla: «Accelerare i tempi»
Continua la raccolta firme per la riapertura al pubblico del giardino di Villa Necker, tra viale Terza Armata, salita al Promontorio e via Belpoggio. Dopo aver lanciato una petizione online, che ha raggiunto oltre 1100 firme in tre mesi, il comitato di cittadini "Ritorno al parco" ieri è sceso in piazza Venezia per permettere anche a chi non ne aveva ancora avuto la possibilità di sostenere la causa. Sono state raccolte 162 firme in due ore. E il prossimo sabato i volontari torneranno nello stesso luogo per attirare ancora consensi. Un'azione, questa, che continua a essere promossa nonostante il ministero della Difesa e l'Agenzia del Demanio abbiano dato parere positivo nei giorni scorsi per il passaggio del bene al Comune. «Siamo felici di questa notizia - spiegano dal comitato - tuttavia sappiamo che la burocrazia potrebbe posticipare il passaggio a chissà quando. Ecco perché continuiamo questa campagna anche per sensibilizzare la cittadinanza sull'importanza di avere uno spazio del genere soprattutto in questo periodo di pandemia». Fin da subito il comitato si è proposto di sostenere e partecipare con il Comune nella futura programmazione e gestione dello spazio verde, anche perché «grazie al volontariato si abbatte il costo che dovrà affrontare l'amministrazione». Ieri sono state diverse le persone che hanno ricordato il periodo in cui il parco era aperto al pubblico. Una signora ad esempio ha raccontato che lo frequentava dal 1949, quando c'era l'oratorio villaggio Sereno. Entro il 15 giugno verrà inoltre presentato un documentario sul parco prodotto dall'Associazione giovanile #MaiDireMai - #NikoliReciNikol.

Benedetta Moro

 

 

Noghere, la giunta aspetta le "royalties" - E gli ambientalisti si mobilitano
La discussione in corso sul destino dell'area e di Muggia con il piano Danieli-Metinvest
Muggia. «L'area delle Noghere costituisce una grande valenza strategica per tutto il territorio, un potenziale che non può che trovare espressione se non in un'azione di sviluppo economico ad ampio respiro». Lo ha detto la sindaca di Muggia, Laura Marzi, intervenendo sulla questione del possibile insediamento siderurgico alla Noghere. Per la prima cittadina rivierasca «non si può di certo negare che il progetto presentato da Danieli e Metinvest rappresenti un'importante opportunità industriale. Ciò non toglie che andrà valutata attentamente e ne saranno verificate le diverse ricadute». Le fa eco il vicesindaco Francesco Bussani: «La costituzione del gruppo di lavoro consentirà supervisione e confronto anche per il Comune. Un capitolo rilevante nella valutazione complessiva sarà quello delle compensazioni: vi porremo grande attenzione». Contrari Verdi, Sostenibilità Equità e Solidarietà e Impronta Muggia, che hanno annunciato una lista elettorale per fermare l'impianto: «Come Verdi - dice Tiziana Cimolino - parteciperemo alle comunali di Muggia raccogliendo l'appello di quanti si sono immediatamente preoccupati e attivati per l'impatto ambientale». «Quanto proposto per la Zona Industriale di Muggia - commenta il presidente SequS, Maurizio Pallante - è la conferma che questa classe dirigente sta tradendo ogni impegno preso nei confronti delle nuove generazioni». «Nel protocollo d'intesa sottoscritto da Regione e Comune - aggiunge Jacopo Rothenaisler di Impronta Muggia - non solo non si fa alcun cenno all'ambiente, ma c'è persino un capitolo intitolato "obblighi di riservatezza", in cui i firmatari si impegnano a mantenere segreta la documentazione e gli altri contenuti derivanti dal protocollo. È una cosa di una gravità inaudita». Infine, ieri al Circolo Miani si è discusso, spiega Maurizio Fogar di Trieste Verde, «dell'uso spropositato di territorio, per manodopera impiegata nel nuovo stabilimento. La domanda che ci poniamo è, oltre ai 55 decibel previsti, non un buon risultato, possono Trieste e Muggia permettersi questo spreco di territorio per simili risultati operativi?». Prossimo appuntamento del Circolo Miani l'assemblea pubblica in via Flavia di Stramare, domenica prossima, con ritrovo alle 10.30 all'uscita della galleria di Aquilinia.

Luigi Putignano

 

 

SEGNALAZIONI - Lavori e potature - Tutelare le nidificazioni

Caro direttore, il taglio degli alberi e la ristrutturazione degli edifici autorizza l'uccisione degli animali? No, le norme europee, nazionali e regionali lo escludono. Tra marzo e agosto, durante le nidificazioni, andrebbero evitati i lavori a rischio per l'avifauna: se proprio devono essere fatti bisogna permettere agli eventuali nidiacei presenti di prendere il volo prima di distruggere i nidi. In tal caso, sulle case potrebbero anche essere installati nidi artificiali per rondini, balestrucci e rondoni, animali abitudinari che l'anno successivo potrebbero riutilizzare lo stesso sito per riprodursi e mangiarsi un bel po' d'insetti. Per evitare uccisioni inutili e incorrere in violazioni penali è bene consultare preventivamente le stazioni del Corpo forestale regionale: hanno le conoscenze naturalistiche adeguate ma anche le competenze per sanzionare i trasgressori. Ovviamente le attività umane che usano il capitale naturale non possono essere bloccate ma devono diventare sostenibili ed evitare la libera distruzione indiscriminata delle forme viventi che garantiscono anche la sopravvivenza e il benessere umani. I cittadini, le imprese e le pubbliche amministrazioni devono investire risorse (anche le europee) per migliorare le conoscenze sui danni che stiamo facendo alla natura e individuare le soluzioni per ridurli. Riteniamo che Regione e Comuni debbano subito assumere ulteriore personale con competenze naturalistiche per supportare imprese e cittadini in questo cambio di approccio. La Lipu Fvg è a disposizione per dare il suo contributo alla costruzione di un futuro che garantisca un migliore benessere umano in una natura più protetta.

Ilario Zuppani - coord. reg. Lipu Fvg

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 maggio 2021

 

 

Edilizia agevolata  parte la corsa agli incentivi: +43% di domande
Contributi per acquisto, nuovi cantieri o recuperi: il balzo dopo l'estensione della platea. Ma le risorse non bastano
Trieste. Più l'allargamento della platea che una reazione psicologica da pandemia, osserva Graziano Pizzimenti. Da metà 2019 le regole per l'accesso agli incentivi dell'edilizia agevolata del Friuli Venezia Giulia (nulla a che vedere con le garanzie sui mutui contenute nel decreto Sostegni bis appena varato da Palazzo Chigi) comprendono le voci "solo acquisto" e "di nuova costruzione", che si aggiungono alle già previste "acquisto con contestuale recupero" e "recupero" della prima casa. E dunque per questo, commenta l'assessore al Territorio, «i numeri si sono fisiologicamente alzati». La differenza, a leggere le tabelle rese disponibili dalla Direzione centrale, è netta. Nel 2020, rispetto al 2019, l'incremento della richiesta è stato pari al 43%. Si è passati da 3.074 domande a 4.394, con un conseguente aumento del fabbisogno da 46,5 milioni a 67,6 milioni. Nei primi quattro mesi del 2021 siamo già a 1.482 domande per 22,5 milioni di fabbisogno. La prima impennata si è registrata quando sono entrate in vigore le novità regolamentari. Rispetto al centinaio di domande mensili inoltrate agli sportelli bancari, si è saliti a 424 già a luglio 2019, con picco a dicembre con 601. Nel 2020, dopo il calo di marzo (231) e aprile (170), i mesi del lockdown, si è andati oltre quota 400 a ottobre e novembre e a 685 a dicembre. La domanda dunque è alta. Quello che non c'è invece in abbondanza sono le risorse, ammette Pizzimenti, nella consapevolezza di non poter far fronte a un fabbisogno del 2020 di 67 milioni con lo stanziamento di quasi 35 milioni destinato sempre nel 2020 al settore, e sulla base degli stanziamenti complessivi di quasi 82 milioni della Legge regionale di bilancio 2021-2023 destinati agli investimenti per tutto il settore delle politiche abitative. L'assessore ha aggiornato ulteriormente i numeri in risposta a un'interrogazione della consigliera 5 Stelle Ilaria Dal Zovo: sommando tutte le domande non ancora ammesse a finanziamento e non esaminate, si sale a 7.093, per un fabbisogno di 100 milioni. Numeri che secondo Dal Zovo «confermano che non si riuscirà mai a dare risposta a tutti coloro che hanno fatto o faranno domanda. La soddisfazione di Pizzimenti sull'interesse dei cittadini per la misura cozza con l'esorbitante numero di famiglie che rimarranno senza il contributo o che dovranno attendere chissà quanti anni».Ma l'assessore non ha dubbi sulla strategia. «La fotografia conferma che l'allargamento della platea è stata iniziativa corretta - sottolinea -. L'interesse del cittadino è indiscutibile, così come è soddisfatto il mondo dell'economia che si muove attorno al bene casa. È dunque importante che la Regione non si tiri indietro e venga incontro a queste necessità. Dopo di che, certo, c'è un problema di risorse. L'impegno è a trovarne quante più possibili nelle prossime leggi di bilancio».Al cittadino, concretamente, vengono erogati contributi in conto capitale, trasferiti in un'unica soluzione successivamente alla conclusione delle iniziative finanziabili. L'entità varia dagli 8 mila euro per manutenzione straordinaria e interventi integrati ai 13 mila euro per l'acquisto, la nuova costruzione, la ristrutturazione urbanistica, la ristrutturazione edilizia, il restauro e risanamento conservativo, fino a 15 mila euro l'acquisto con contestuale recupero. Le tre cifre salgono a 10.500, 15.500 e 17.500 nel caso in cui le iniziative siano realizzate in comuni interamente montani. Non manca il bonus di 2.500 euro riconosciuto a favore di determinati soggetti: dagli over 65 agli under 35, dai singoli con minori alle persone disabili, dai nuclei familiari monoreddito alle famiglie con almeno tre figli conviventi o con anziani over 65 o con disabili. E pure ai destinatari di sfratto o ordine di rilascio dell'abitazione familiare in sede di separazione o divorzio o scioglimento dell'unione civile. Gli incentivi di edilizia agevolata sono previsti dalla legge regionale 1 del 2016, varata nella precedente legislatura e sono disciplinati da un Regolamento che definisce i paletti per la distribuzione dei fondi. I beneficiari devono essere residenti in regione per almeno cinque anni degli ultimi otto (in forma anche non continuativa); nel caso di domanda presentata in forma associata da due persone, il requisito è richiesto a uno solo dei richiedenti. Necessario inoltre non essere proprietari di altri alloggi, non avere beneficato nei dieci anni precedenti di agevolazioni per la prima casa in proprietà e non superare i 30 mila euro di Isee, con riferimento al nucleo familiare esistente alla data di presentazione della domanda.

Marco Ballico

 

E per gli interventi sugli ascensori coperta fino alla metà della spesa - le altre voci
Si tratta di una misura sempre molto richiesta dal cittadino, tanto più in una popolazione con una quota rilevante di terza età come quella del Friuli Venezia Giulia. L'ultimo bando per la concessione di incentivi a sostegno degli interventi di nuova installazione o adeguamento di ascensori, con disponibilità complessiva di 1 milione di euro per il biennio 2021-22, ha raccolto da fine gennaio a fine febbraio, alla scadenza, 286 domande. L'iniziativa, ricorda l'assessore al Territorio Graziano Pizzimenti, «è stata concepita per dare maggior attenzione e relativi punteggi a soggetti come persone anziane o con disabilità così da garantire loro la possibilità di vivere una vita senza barriere almeno all'interno del proprio condominio».Le domande sono in fase di istruttoria. L'intensità del contributo e l'importo massimo della spesa ammissibile sono variabili a seconda del numero di livelli fuori terra e del tipo di iniziativa (installazione o adeguamento) con un contributo massimo del 50% su una spesa massima ammissibile pari a 100.000 euro per la nuova installazione e con un contributo massimo del 40% su una spesa massima ammissibile di 80.000 per l'adeguamento. I contributi verranno assegnati in base ai punteggi attribuiti, con graduatoria valida per due anni, fino a esaurimento dei fondi. Il bando di inizio 2021 è conseguenza dell'approvazione da parte della giunta, a fine 2020, del Regolamento, come da articolo 23 della Legge regionale 1/2016. In linea generale, si prevedono finanziamenti da un minimo di 20 mila euro a un massimo di 50 mila euro coprendo fino al 50% dei costi complessivi dell'opera. Ammessi a contributo, oltre alla spesa per la cabina e le apparecchiature, anche i costi sostenuti per le opere necessarie all'adeguamento dei vani scale. Come pure le spese per l'eventuale e contestuale installazione di servoscala o piattaforme elevatrici necessarie al raggiungimento e all'utilizzo dell'ascensore - strutture suggerite dal Centro regionale di informazione sulle barriere architettoniche -, e quelle relative a competenze professionali per un importo non superiore ai 4.000 euro. Nel luglio scorso è invece scaduto il bando i fondi a sostegno delle spese relative alla fornitura e alla posa in opera per la sostituzione di serramenti, anche comprensivi di infissi. Si trattava di contributi a fondo perduto nella misura del 30% della spesa sostenuta e ritenuta ammissibile, e comunque il contributo concesso non poteva superare i 10.000 euro per ciascuna domanda. Gli uffici della Regione informano che sono in corso le attività amministrative finalizzate alle erogazioni per le domande già ammesse a finanziamento negli anni passati.

m.b.

 

Bonus nazionali e locali «Così il settore in agonia ha ricevuto la spinta per poter ripartire»
Dai cantieri all'artigianato, la valutazione degli esperti In forte ripresa negli ultimi due anni il mercato immobiliare
Trieste. L'edilizia, così come il mercato immobiliare, da anni non registravano simili risultati e il miracolo del mattone è dovuto prevalentemente alla politica dei contributi e dei bonus, anche regionali. Basti pensare che «il nostro ufficio studi nazionale - indica Stefano Nursi, presidente della sezione triestina della Fiaip (Federazione italiana agenti immobiliari professionali) - proprio di recente ha pubblicato il risultato di un'analisi relativa a giovani e abitazione, evidenziando come la richiesta di acquistare casa da parte degli under 30 negli ultimi due anni sia aumentata del 20%: un dato che rispecchia il trend del Friuli Venezia Giulia». Alla base di questa crescita, secondo Nursi, «c'è una ritrovata attenzione nei confronti delle politiche giovanili, in particolare nell'aiuto all'accesso al credito attraverso garanzie statali e regionali e incentivi di vario genere». Da ultimo fra l'altro ci sono le agevolazioni per gli under 36 previste nell'appena varato decreto Sostegni bis. A preoccupare però è il trend demografico in costante calo, additato anche dagli agenti immobiliari. «Le politiche a favore dei giovani, anche con i contributi regionali, cercano di far fronte proprio a questo aspetto - aggiunge il presidente Fiaip - con meccanismi di contribuzione a fondo perduto che sono ben visti dagli operatori immobiliari proprio per recuperare quella fetta di mercato che fino a 15-20 anni fa costituiva un segmento importante del business della agenzie, e che per tutta una serie di fattori che ben conosciamo sono via via andati scomparendo».La tipologia di immobile verso la quale si orientano prevalentemente i giovani del Friuli Venezia Giulia conta dai 50 agli 85 metri quadrati. Per Enrico Manià, titolare dell'agenzia immobiliare Gabbiano di Monfalcone, «c'è sì un certo fermento e un crescente desiderio da parte dei giovani di tagliare il cordone ombelicale con la famiglia, acquistando anche casa, ma questi contributi regionali a loro favore andrebbero più pubblicizzati, magari attraverso canali di comunicazione più vicini agli under 30». A dare una boccata di ossigeno alle aziende regionali sono intanto anche i contributi per l'installazione di ascensori e impianti fotovoltaici. «Il bonus ascensori regionale è una buona iniziativa - sostiene Enrico Eva, direttore di Confartigianato Trieste - che va a sommarsi a tutti i benefici sulla casa che ci sono: spese importanti da sostenere, per un condominio, che in altri casi senza la spinta di questo sostegno della Regione verrebbero nella maggior parte dei casi rimandate». Eva spiega che Trieste «vanta imprese ascensoristiche storiche, considerate top nel settore e che vengono chiamate a fare interventi anche fuori regione. Il mio appello - conclude - è rivolto anche agli amministratori di stabili, perché colgano tutte le opportunità in tal senso e facciano leva sui condomìni per far comprendere quanto certi interventi possano incidere poi sul valore di un immobile».«L'edilizia che agonizzava ora grazie ai bonus ha avuto uno stimolo straordinario, - valuta Giancarlo Carena, presidente di Cna - siamo nel paradosso di non avere braccia per tutti gli interventi». L'esponente Cna guarda a tutti i bonus e contributi sulla casa: «Anche quelli regionali sono contributi intelligenti, - dice - incentivi che mettono in moto il lavoro e l'efficientamento di edifici il più delle volte obsoleti». Per Carena i contributi regionali «sono sufficientemente sfruttati e c'è un'adeguata informazione per accedervi: siamo sulla strada giusta per rianimare il comparto e l'indotto».

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 maggio 2021

 

 

AMBIENTE - Al Lido di Staranzano divieto di balneazione a causa delle piogge

STARANZANO. Dopo il bando deserto per la gestione, il Lido di Staranzano incassa un'altra delusione. L'Arpa regionale ha dichiarato "non balneabile" il tratto di mare davanti al Lido, per lo sforamento di alcuni valori dovuti molto probabilmente all'acqua dell'Isonzo per le abbondanti piogge dei giorni scorsi. Quanto al bando l'assessore all'Urbanistica Manuela Tomadin precisa: «Avevamo in lista cinque possibili operatori poi all'ultimo momento hanno deciso di prendere una pausa di riflessione avendo dubbi di rientrare nelle spese a causa della pandemia. In queste condizioni non possiamo avviare la stagione estiva. A questo punto proporremo un nuovo bando a settembre in modo tale da partire con più sicurezza all'estate del 2022». Le aree attualmente interessate al bando ricadono in due lotti compresi tra i 5 metri della battigia e il limite demaniale interno per garantire una zona di arenile libero al transito di utenti dello stabilimento. Nelle concessioni è previsto anche di poter richiedere un tratto di spiaggia attrezzato per i cani e l'accesso a soggetti diversamente abili.Le tempistiche massime della durata della concessione pari a sei anni, erano state adeguate alla normativa vigente sulle concessioni demaniali. Quanto alla balneabilità nessuna restrizione per Marina Nova e Marina Julia.

Ciro Vitiello /

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 maggio 2021

 

 

Piano Metinvest-Danieli - Presentato alla Regione il nuovo polo dell'acciaio
In 12 pagine la cordata dei privati illustra nel dettaglio il progetto alle Noghere - Potenziale da 4 milioni di tonnellate all'anno e un fatturato da 2,5 miliardi
 Trieste. Un comprensorio industriale da 48 ettari dotato di una propria banchina galleggiante, investimenti per quasi 700 milioni di euro, 4 milioni di tonnellate di acciaio lavorate ogni anno, 450 assunzioni dirette e almeno 500 posti di lavoro generati dall'indotto. Sono questi i numeri del piano che i gruppi Metinvest e Danieli hanno presentato alla Regione. Cifre e descrizione del nuovo impianto siderurgico ipotizzato alle Noghere sono contenuti in un dossier di dodici pagine. Ne emergono gli aspetti principali del progetto con cui la cordata italo-ucraina conta di avviare a Trieste un ciclo produttivo basato sulla laminazione a caldo di bramme d'acciaio provenienti via mare dall'Ucraina. Il prodotto finito sarà esportato «nel mercato europeo con il supporto di un partner tecnologico locale». Per entrare nel vivo, dopo l'appoggio formale delle istituzioni locali, serve ora il via libera del cda di Metinvest, ma «lo studio di fattibilità è già stato valutato a fondo» e i privati si dicono pronti a «iniziare al più presto le fasi operative». A invogliarli sono la «logistica snella» assicurata dall'area sita nel comune di Muggia e la presenza delle ferrovie, giudicata un plus rispetto alle alternative di Ravenna e della Croazia. La fabbrica avrà una capacità iniziale di 2,5 milioni di tonnellate di acciaio all'anno, necessarie a produrre altrettanti milioni di coils laminati a caldo, di cui 700 mila decapati e oliati dopo ulteriori lavorazioni. «Una seconda fase prevede l'aumento della produzione a 4 milioni di tonnellate» e processi di laminazione a freddo, zincatura e verniciatura condotti nel laminatoio di Servola del gruppo Arvedi, dove i coils potrebbero essere trasferiti su chiatte. I macchinari saranno forniti da Danieli, che progetterà e realizzerà l'impianto, oltre a partecipare alla società in quota di minoranza. Le ricadute occupazionali si tradurrebbero in «circa 450 nuovi posti di lavoro rivolti a medio-alta professionalità e 500-600 indiretti da attività di terzi». Nulla dice il testo sul fatturato, che i proponenti hanno comunque quantificato in 2,5 miliardi di euro nel corso dei tavoli tecnici di queste settimane. Il documento parla di impiego di «una tecnologia innovativa ma consolidata, in grado di garantire costi di produzione competitivi e prodotti di alta qualità», con «sistemi di gestione e controllo supportati da industria 4.0 e robotica, basso consumo energetico e basso impatto ambientale, grazie a sistemi innovativi capaci di mantenere le emissioni sotto i livelli di soglia». Si assicura anche un impatto paesaggistico ridotto, attraverso «capannoni e uffici in armonia con le aree circostanti». Consci di dover affrontare un non semplice confronto con i ministeri dello Sviluppo economico, della Transizione ecologica e dei Trasporti, Metinvest e Danieli hanno cercato anzitutto l'appoggio delle istituzioni locali, chiedendo a Regione, Coselag e Autorità portuale di sottoscrivere il protocollo d'intesa annunciato nei giorni scorsi, in cui le parti si impegnano a valutare le opere preparatorie e l'iter che dovrà condurre alla firma di un Accordo di programma. Metinvest mette sul piatto la riconversione di un'area inutilizzata e inquinata, oltre al peso specifico di 10,4 miliardi di dollari di fatturato globale. Il progetto presuppone l'acquisto di terreni oggi posseduti da Coop, Teseco e Coselag nella Valle delle Noghere, oltre alla concessione demaniale delle linee costiere. Sul terreno seguiranno le opere di messa in sicurezza ambientale e infrastrutturazione, a cominciare dal collegamento ferroviario col terminal portuale degli ungheresi di Adria Port. Ma sarà anche necessario costruire un sovrappasso che attraversi la strada provinciale 14 Trieste-Muggia, mettendo in collegamento l'impianto con «una nuova banchina galleggiante, essenziale per una logistica ottimizzata con l'area marittima». Il molo dedicato servirebbe ad accogliere i blocchi d'acciaio, poi caricati sul treno e trasportati nell'area di stoccaggio che circonda lo stabilimento. I prodotti finiti ripartiranno su ferro, ma il 30% sarà esportato via mare. Il ciclo produttivo prevede che le bramme siano riscaldate a 1.250 gradi in forni da 340 tonnellate all'ora, alimentati a metano o idrogeno: parte della Co2 prodotta sarà riutilizzata per ridurre le emissioni in atmosfera. I forni possono funzionare a idrogeno: l'ipotesi è di arrivare gradualmente alla «completa decarbonizzazione del processo produttivo». L'acciaio verrà successivamente lavorato a caldo: ne deriverebbero laminati spessi fino a 2 centimetri che verranno avvolti in coils, dopo essere stati raffreddati con acqua «non scaricata all'esterno»: 420 metri cubi per ogni ora di lavorazione, costituiti anche da acque reflue civili. Contaminanti come olii, grassi e acidi saranno separati e «conferiti presso appositi centri di raccolta». Sul piano dell'impatto acustico, il documento assicura emissioni entro i 55 decibel all'esterno della fabbrica.

Diego D'Amelio

 

 

L'allarme della Lipu: «In troppi disturbano il falco pellegrino» - la nidificazione sulle falesie
DUINO AURISINA «Richiamiamo tutti al rispetto delle regole, altrimenti la nidificazione del Falco pellegrino, nell'habitat naturale delle Falesie, sarà a rischio». È questo l'allarme lanciato dalla sezione di Trieste della Lega nazionale protezione uccelli (Lipu). «Siamo preoccupati dalle reiterate violazioni del Regolamento della Riserva - scrive il responsabile locale della Lipu, Igor Maiorano - che si verificano soprattutto nei fine settimana». Il regolamento prevede che le attività ricreative, sportive, escursionistiche e turistiche sono ammesse unicamente lungo i sentieri individuati dal Piano di Conservazione e Sviluppo. «Ciononostante - aggiunge Maiorano - è frequente osservare persone che escono dai sentieri, sporgendosi sul ciglione, mettendo a rischio la propria sicurezza e la tranquillità della fauna e allarmando la coppia di Falco pellegrino, il cui nido è posto pochi metri più in basso. Numerose anche le violazioni compiute da canoisti e da diportisti che entrano nella cosiddetta "fascia A" fino a ridosso della scogliera». In questi giorni per la prima volta, conclude Maiorano, è stata inoltre rilevata la nidificazione della Volpoca, specie da tutelare, il cui nido è situato sopra la linea di marea e quindi sensibile all'interferenza umana».

u. sa.

 

 

Pd «Dedicare a Bartol il parco di Guardiella»

I consiglieri del Pd Valentina Repini e Giovanni Barbo presentano nella seduta del Consiglio comunale di oggi una domanda di attualità sull'intitolazione del giardino di Guardiella alla scrittrice Marica Nadlisek Bartol, che visse e insegnò a San Giovanni e che nel 1897 fondò la prima rivista femminile slovena.

 

«Fondi ArtBonus per rivitalizzare villa Stavropulos» - Babuder di FI
Inserire il recupero e la riqualificazione di Villa Stavropulos tra i progetti d'intervento finanziabili mediante "Art Bonus Fvg". Questa la proposta avanzata dal consigliere Michele Babuder (Fi) in commissione congiunta ieri mattina: la quarta (presideduta proprio da Babuder) si è riunita con la quinta insieme agli assessori Lorenzo Giorgi e Giorgio Rossi, per parlare anche di un possibile utilizzo in chiave culturale della Villa.

 

Il Giardino Viatori si prepara a riaprire tra nuovi percorsi e realtà virtuale
La Fondazione Carigo ha rivisto i sentieri e piantato essenze - Riallestita la casa dell'ideatore per conservarne la memoria
A lungo non ha fatto parlare di sé: le norme anti Covid ne impedivano le visite e la Fondazione Carigo, sua proprietaria, ha profittato per una sua complessa opera di sistemazione. Ora, però, il Giardino Viatori si appresta ad accogliere nuovamente quanti vorranno restare incantati dal suo tripudio di colori. Anche se, al momento, non c'è una data precisa, la sua riapertura è imminente. Di sicuro, i suoi percorsi sono stati aggiornati, quelli che conducono tra rododendri e azalee, collezioni di lillà, ortensie, spiree, viburni, osmanti, peonie, rose rampicanti, pruni e meli da fiore, senza trascurare il centinaio di magnolie caducifolie, l'ultima grande passione di Lucio Viatori, che, dall'acquisto dell'area negli anni '70, passò una vita a creare, con una competenza eccezionale, un autentico incanto. Il lavoro di sistemazione da parte della Fondazione non è ancora finito: consiste in interventi sulle piante con l'ampliamento delle ricchezze botaniche del Giardino, come, appunto, nel rifacimento e nella contestuale messa in sicurezza dei suoi percorsi, che al momento potranno essere visitati solo parzialmente, per venire fruiti in tutta la loro rinnovata bellezza dal 2022.Per il momento, il pubblico potrà ammirare unicamente le parti del Giardino già terminate. Tra le novità che in futuro andranno ad implementare i lavori troverà spazio un ampio sistema di irrigazione: se in passato non sembrava necessario al mantenimento del patrimonio verde, ora i cambiamenti climatici lo impongono. Ancora, la casa di Lucio Viatori ha subito un riassetto e un riallestimento completi. Ora diviene sede del CariGo Green Point, ospitando «postazioni touch, contributi video e un angolo Vr con 4 postazioni in realtà virtuale, mentre anche all'esterno la visita del Giardino e delle piante principali è corredata da un'esperienza interattiva attraverso l'uso del qr de che fornisce informazioni e dettagli sulle singole piante».Quello che riguarda il Giardino Viatori è quindi il suggello del percorso triennale voluto dalla Fondazione: dopo gli interventi già svolti sul Carso (in particolare sul Monte San Michele) e sul Collio (Collio Xr) è questa la volta di Isonzo Xr, che ha curatela scientifica del progettista paesaggista e garden designer Matteo La Civita. «Quella che fu la casa del fondatore Luciano Viatori - afferma Roberta Demartin, presidente della Fondazione Carigo - diventa oggi un luogo dove la sua memoria si coniuga con le nuove tecnologie e coinvolge interattivamente i visitatori e i loro sensi: un luogo dal forte impatto multimediale, di incontro e sintesi degli interventi realizzati dalla Fondazione per valorizzare il territorio in chiave sostenibile, e al contempo uno spazio per approfondire la straordinaria ricchezza botanica e la storia del Giardino e del suo promotore. Abbiamo quindi voluto rendere il giusto riconoscimento all'iniziatore di questo patrimonio immenso: proprio su lui abbiamo voluto puntare una nuova attenzione. Certo, il lungo lavoro non è concluso, ma abbiamo ugualmente voluto renderlo fruibile, anche se in modo contingentato e solo per un periodo limitato, a chi desiderasse vedere in anteprima quello che sarà il giardino con la definitiva riapertura del 2022. La Fondazione ha investito ingenti risorse, umane ed economiche, e soprattutto tanto impegno e lavoro, affinché questo luogo possa continuare ad incantare e sorprendere».

Alex Pessotto

 

I colori e i sapori del Carso - Una nuova guida ne svela i segreti.

In edicola con il Piccolo il volume che propone nuovi itinerari tra storia, natura e cibo

«Trieste senza il Carso sarebbe una città mutilata». A parlare della sua terra è lo scrittore Boris Pahor nell' intervista in apertura della guida "Carso - Itinerari tra storia e natura" edita da Gedi e abbinata in edicola a "Il Piccolo" (10,90 euro più il presso del quotidiano).Il grande autore triestino di lingua slovena, testimone delle tragedie del secolo scorso, considera il Carso il suo luogo dell'anima. «Il Carso mi assomiglia molto. Le pietraie, la brulla terra, le doline e le grotte che sprofondano quasi fino all'inferno ne fanno una terra anarchica e anch'io mi considero in fondo un anarchico». Andare alla scoperta del Carso significa imbattersi in tante storie come quella di Pahor, che si intrecciano con la Storia, tra decine di itinerari in Italia - dai teatri della guerra alle grotte dell'altipiano, dai castelli ai musei - per poi "sconfinare" alla scoperta dei luoghi oltreconfine, in Slovenia - dai colli Brkini alla Val Rosandra. «C'è vita nel cuore della Terra - scrive il direttore delle "Guide" Giuseppe Cerasa nell'introduzione al volume -. La vita può avere il colore rosso fuoco della lava che l'Etna periodicamente erutta, offrendo emozioni infinite, spettacoli mozzafiato e pensieri che trascendono la quotidiana occupazione del vivere. La vita nel cuore della Terra a migliaia di chilometri di distanza dalla Sicilia può avere il colore grigio delle rocce, si può nascondere a centinaia di metri negli abissi del Carso, nelle duemila grotte spesso invisibili, tra gli infiniti eserciti di stalattiti, stalagmiti e colonne che costellano il sottosuolo di questo paradiso della natura che da sempre ha sognato di cancellare le separazioni geografiche con una irripetibile ragnatela di bellezze sotterranee, in un emozionante viaggio che parte dalle radici di Trieste, ci gira intorno e si allunga fino a Postumia». Accanto alle parole di Boris Pahor, in guida tanti altri personaggi illustri raccontano il loro Carso del cuore, condividendo l'amore per il territorio e svelandone gli angoli più autentici. Un vero e proprio viaggio tra i piaceri e i sapori locali che si completa con le sezioni dedicate ai produttori di vino e di prodotti tipici, con le passeggiate in bicicletta e le vacanze attive (tra trekking e golf, speleologia e adventure parke) e con centinaia di consigli sui migliori luoghi dove mangiare, comprare e dormire, per una vacanza indimenticabile in un territorio ricco di fascino, storia e autentiche tradizioni.La guida "Carso - Itinerari tra storia e natura" è in edicola in allegato con il Piccolo (10,90 euro + il prezzo del quotidiano), in libreria (13,90 euro) e online su Amazon e Ibs e su https://ilmioabbonamento.gedi.it/iniziative/guide.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 19 maggio 2021

 

 

Il Giardino di Guardiella: un'occasione perduta?

Legambiente invita il Comune a valorizzare le proposte più ampie elaborate grazie alla Circoscrizione e basate sulla progettazione partecipata.
Siamo perplessi: lunedì l'Assessore Elisa Lodi ha presentato ai giornalisti il progetto di risanamento del "giardino di Guardiella", risalente alla Giunta Cosolini, cui l’Amministrazione ha dato avvio la scorsa settimana. In questi anni Legambiente aveva più volte evidenziato alcune criticità di quel
progetto, fino a elaborare una Progettazione partecipata sostenuta dalla Sesta Circoscrizione e in parte finanziata dallo stesso Comune.
Il risultato, che a breve sarà presentato pubblicamente, delinea tre ipotesi di possibile rivalutazione e rimessa in sicurezza del giardino, considerandolo però elemento centrale di un insieme “verde” ben più articolato. Sono giunte infatti dai diretti interessati, che "vivono" quella realtà, proposte ben più
interessanti e complessive, più efficaci, alcune più economiche, che andrebbero valutate con debita attenzione.
La Presidente della Circoscrizione ne aveva già anticipato una sintesi agli uffici comunali; evidentemente, quel che chiedono gli abitanti di San Giovanni e le proposte di chi, come Legambiente, difende con passione e responsabilità il verde cittadino, non sono considerati importanti da chi li dovrebbe rappresentare.
Speriamo almeno che questo intervento sia da ritenere quale inizio di una sistemazione armonica, che vede in quel giardino, coordinato col verde circostante (le aree di Rotonda e Circoscrizione), la naturale base di partenza per le visite al Parco del Farneto.
Sarà comunque nostra cura analizzare i dettagli del progetto per verificarne la coerenza con le normative di difesa e valorizzazione del verde urbano, elemento sempre più importante, se non vitale, del vivere cittadino.
per il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste

dott. Andrea Wehrenfennig (presidente)

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 maggio 2021

 

 

Mare inquinato lungo il canale di Rava - Macchie oleose minacciano l'Isola Lunga
Gli abitanti accusano le maricolture presenti nella zona. I responsabili negano ogni addebito: «Standard rispettati»
FIUME. Va sempre peggio. È dall'anno scorso che le acque del canale di Rava, tra l'omonima isola e l'Isola Lunga, nell'arcipelago di Zara, presentano periodicamente chiazze oleose, maleodoranti, di un colore impresentabile, tra il verde e il marrone, con la visibilità delle acque marine che non supera i 5 metri. Ma la situazione è precipitata negli ultimi giorni, con la superficie marina fortemente inquinata e che vede gli isolani scuotere la testa, convinti che attività come turismo e pesca subiranno (e subiscono) botte tremende, da cui sarà difficile, forse impossibile riprendersi. Secondo gli abitanti di Rava (superficie di 3,63 kmq e 117 abitanti, censimento 2011) il responsabile è uno solo: la zaratina Cromaris, azienda leader in Croazia nella produzione e lavorazione di pesci mediterranei, principalmente orate e branzini, ma anche dentici e ricciole. «La presenza delle gabbie dell'allevamento - è quanto riferito dai responsabili della comunità locale di Rava - è indubbiamente la fonte d'inquinamento delle acque, un tempo cristalline, del canale compreso tra Rava e l'Isola Lunga. Siamo riusciti a contare fino a 50 gabbie, qualcosa di esagerato, non sostenibile in una striscia di mare stretta, messa ora sotto pressione dall'attività di Cromaris, deleteria per fauna e flora marine in quest'area».Per gli isolani, il degrado ha colpito specialmente le insenature di Grbacina, Grbavac e Marnjica, dove in alcune zone sono completamente scomparsi i ricci di mare, segno inequivocabile dell'inquinamento. Nella misura del 70 per cento sono sparite le spugne, come anche diverse alghe autoctone, mentre è invece proliferata un'alga mai vista prima su questi fondali, la stessa presente nelle immediate vicinanze di Zara, dove il mare non è proprio sano al 100 per cento. A lamentarsi sono pure i pescatori di Rava, i quali parlano di reti "grasse", appesantite da una sostanza spessa e oleosa. Sostengono che l'unica nota positiva è la fuga, qua e là, dei pesci d'allevamento, orate in primo luogo, che diventano libere quando gli impianti vengono spezzati dalle sciroccate.«La scorsa estate - ha dichiarato ai media locali un isolano che ha voluto restare anonimo - la gente usciva dal mare con una strana e viscida patina addosso, qualcosa di appiccicoso che ti faceva passare la voglia di tornare in acqua. Temo che sarà così anche questa estate. Purtroppo i nostri appelli alla Cromaris non hanno colto nel segno».In effetti il gigante croato dell'acquacoltura ha negato ogni coinvolgimento, diretto e indiretto e lo ha fatto per bocca del suo direttore generale Goran Markulin, rivoltosi ai mezzi d'informazione: «È nell'interesse di Cromaris, la cui produzione rispetta rigorosamente gli standard internazionali, avere impianti immersi in un mare pulito. Il nostro lavoro non è inquinante e lo attestano certificati e analisi scientifiche. Non abbiamo alcuna responsabilità per la situazione lungo il canale di Rava».Interpellato dai giornalisti, Benito Pucar dell'Istituto zaratino per la Salute pubblica, ha sì confermato che è stato compiuto un monitoraggio su quanto avviene nel canale, aggiungendo che le conclusioni sono però coperte da segreto d'ufficio. Dal competente ispettorato all'Ambiente è stato fatto sapere che lo scorso marzo è stato effettuato un controllo, che non ha fatto emergere nulla di negativo.

Andrea Marsanich

 

 

Un impianto per ripulire acqua di sentina e di falda: Crismani investe 2 milioni
L'azienda ecoambientale lo realizzerà alla radice del Canale navigabile - Entrerà in funzione all'inizio del 2023 dopo 8-10 mesi di lavorazione
Interesserà acque di mare e di terra, dalle sentine delle navi alle falde idriche delle aree inserite nel Sito da bonificare. Il progetto è portato avanti da Sea Service, una delle aziende che compongono il gruppo Crismani: si tratta di un impianto di trattamento delle acque, che verrà realizzato in uno spicchio di 5.000 metri quadrati acquistato alla radice del Canale navigabile. Un'idea che l'impresa ha ereditato dal suo fondatore, Paolo Crismani, convinto assertore dell'investimento. Il funzionamento dell'impianto - spiega Alessandro Bullo, amministratore unico della società - è semplice: le acque da ripulire vengono portate nel sito ecologico con le bettoline, nel caso provengano dal mare, o con i camion qualora giungano dalla terraferma, per esempio dalle Noghere e dalle zone industriali da riconvertire. Le acque, una volta trattate, confluiranno in fognatura o in altri corpi recettivi, le particelle di olio saranno recuperate e solo una minima porzione di esse verrà destinata allo smaltimento. A tradurre in pratica questo spunto ha contribuito la collaborazione tra la Crismani e l'Università triestina, con Ingegneria delle materie prime. Dal punto di vista tecnico, Crismani pensa a un impianto pre-allestito con 2-3 scelte modulari. La previsione di spesa è di 2 milioni di euro. Necessiterà di 8-10 mesi per la costruzione, cui si aggiungerà un ulteriore lasso di tempo per ottenere l'omologa della Regione Fvg: Bullo ritiene che il "ripulitore idrico" possa entrare in funzione ai primi del 2023. Se per la piazza triestina sarà una novità sul fronte ecoambientale, per la Crismani - puntualizza Bullo - c'è già qualche esperienza nel curriculum: nel biennio 2011-12 nella regione tunisina del Borma si intervenne su un lago artificiale, effetto indesiderato dei residui causati dall'estrazione petrolifera. Bullo pensa che il futuro impianto possa avere una doppia valenza positiva: basso impatto ambientale, perché riduce i trasporti verso altre destinazioni, e beneficio per l'economia del territorio, sia in termini di servizio alle imprese che di prospettiva occupazionale. Alcuni anni fa a un progetto simile aveva guardato la Re-Oil del veneziano Giovanni Rocelli, che aveva acquistato l'ex area Italcementi all'imbocco del Canale: ma si rimase a uno stadio teorico.

Magr

 

 

Ciclabile sull'Ospo: ora il Comune rilancia il pressing - l'ultima lettera alla Regione - È datata 14 maggio
MUGGIA. Continua la corrispondenza per ora a senso unico, come rileva il Comune di Muggia, con l'assessorato regionale alle Infrastrutture guidato da Graziano Pizzimenti sul nodo dell'attraversamento ciclopedonale sull'Ospo. È del 14 maggio l'ultima missiva in ordine di tempo che il vicesindaco Francesco Bussani ha inviato al Servizio Lavori pubblici, Infrastrutture di trasporto e Comunicazione della Regione. Oggetto della lettera è il sistema integrato di piste ciclopedonali sul territorio rivierasco e, nello specifico, la richiesta di realizzazione di una passerella di attraversamento del percorso ciclopedonale presso la foce del Rio Ospo. Una lettera, quest'ultima, che ha diversi precedenti alle spalle. «Risale al 22 dicembre 2017 - ricorda Bussani - la prima richiesta su questo punto che abbiamo inoltrato alla Regione, senza, però, aver ricevuto alcun riscontro. Da lì non abbiamo mai smesso di insistere affinché questa scelta, in linea con le direttive che prevedono la realizzazione di un'unica "Rete delle ciclovie di interesse regionale" e che ha una valenza fondamentale non solo per la nostra città ma anche per tutto il territorio, non finisse nell'oblio».Intanto al di qua dell'Ospo si procede, pur tra tante criticità e critiche: «A breve - spiega Bussani - saranno realizzati i lavori, finanziati con contributo regionale, riguardanti il percorso ciclabile presso l'area di molo Balota. È una necessità che viene dimostrata non solo da una logica di continuità della rete ciclabile di interesse interregionale, ma anche dagli studi in corso in merito al biciplan comunale e alla zona 30 del centro cittadino, entrambi attualmente in fase di definizione». L'opera in questione sarà il primo tratto di un collegamento che condurrà la mobilità ciclabile verso il centro cittadino sia in direzione dei percorsi già realizzati e di prossima conclusione verso la parte del territorio ad Ovest confinante con la vicina Slovenia, sia nella direzione di Trieste e San Dorligo della Valle.

Luigi Putignano

 

 

Il destino delle Noghere divide la politica locale - i pareri opposti di Progetto FVG e Podemo
MUGGIA. Continua a calamitare l'attenzione della politica rivierasca la questione dell'insediamento industriale alle Noghere. Giorgio Cecco, coordinatore provinciale di Progetto Fvg, parte della coalizione del centrodestra alle prossime amministrative muggesane, valuta positivamente «l'attenzione della giunta Regionale e del nostro assessore Bini sul progetto di uno stabilimento siderurgico a basse emissioni» in quanto «può risultare un'ottima opportunità sia per l'occupazione che per la riqualificazione dell'area. Sicuramente 400 posti di lavoro in più sarebbero una boccata di ossigeno per il comparto economico, in primis per Muggia».Alla luce di quanto emerso finora, invece, Podemo, parte del "terzo polo", si dice contraria a «uno spreco inaccettabile di suolo prezioso». Per Podemo «il progetto di lavorazione dell'acciaio presentato per le Noghere prevede, se i dati a oggi pubblici saranno confermati, un utilizzo di 48 ettari a fronte di soli 400 posti di lavoro. Dei quali possiamo peraltro immaginare che la metà, cioè 200 posti circa, possano essere riservati ai locali». Una contropartita che «dovrebbe risultare irricevibile dall'intera politica locale che, al contrario, ancora una volta pare ergersi compatta verso la costruzione di un futuro mediocre e all'insegna dello spreco dei nostri spazi. Basti pensare, per capire quanto enormi siano i 48 ettari previsti, che l'intero Porto vecchio di Trieste è composto da 66 ettari».

LU.PU.

 

 

Enel-Enea - Alghe pregiate prodotte con l'energia solare
Enel Green Power ed Enea hanno firmato un accordo per la sperimentazione di una tecnologia innovativa che abbina la produzione di energia elettrica da fotovoltaico alla coltura di microalghe. Presso il Centro ricerche Enea di Portici (Napoli), verrà realizzato un impianto pilota. La sperimentazione prevede la coltivazione di microalghe (tra 100 e 200 euro al chilogrammo) con un sistema di coltura integrato con l'impianto fotovoltaico.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 18 maggio 2021

 

 

Recinzione, luci e giochi: parte la riqualificazione del giardino di Guardiella - L'INTERVENTO PRESENTATO DAL MUNICIPIO
Tempo di nuovo look per i giardini pubblici comunali. Dopo il rifacimento delle aree verdi di via Boccaccio e di Borgo San Sergio, ieri sono stati presentati i lavori che a breve interesseranno il giardino attiguo alla rotonda del Boschetto. L'intervento di riqualificazione riguarderà l'area dedicata ai più piccoli, che verrà attrezzata con giochi a carattere inclusivo, dedicati cioè anche ai portatori di handicap. Il perimetro della nuova area verde sarà recintato e illuminato, nuovi anche il prato, gli accessi e i dissuasori in legno su viale al Cacciatore, verranno inoltre adottati accorgimenti per ridurre l'erosione del terreno causata dalle acque provenienti dallo stesso viale. «La riqualificazione del giardino di Guardiella fa parte di un complessivo percorso di risistemazione di aree verdi e parchi cittadini dall'importo complessivo di 300 mila euro - ha spiegato l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi -. Oltre a Guardiella cerchiamo di intervenire anche in altre zone, a cominciare da vicolo dell'Edera dove è partito il progetto per il nuovo parco, fruibile e recintato, dedicato anche ai possessori di animali a quattro zampe». L'area verde di Guardiella è nota ai residenti per essere frequentata anche da balordi. «Ognuno di noi deve fare la propria parte - ha sottolineato l'assessore Lodi -, al Comune spetta riqualificarla e manutenerla, poi toccherà all'Asugi collaborare su questo fronte». Oltre a Guardiella, il Comune ha in programma la partenza di interventi di riqualificazione anche nel parco di Villa Revoltella, nel giardino di Villa Cosulich, nel "Falcone e Borsellino" di Altura e nell'area fitness di Borgo San Sergio. Un ulteriore intervento, infine, riguarderà il giardino "Marcello Mascherini" di piazza Carlo Alberto, dove verrà restaurato il pergolato e sarà ricostruita la recinzione del campo sportivo. -

Lorenzo Degrassi

 

 

«Capodistria-Divaccia: Di Maio affronta il tema» - la parlamentare dem Serracchiani
TRIESTE Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, «che ringrazio per il pronto riscontro, ha confermato che il tema della protezione ambientale dell'Alto Adriatico resta centrale nel dialogo che portiamo avanti con Lubiana». Lo scrive in una nota la presidente del gruppo Pd alla Camera Debora Serracchiani che nei giorni scorsi ha portato all'attenzione della Farnesina i rischi ambientali connessi al raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia in Slovenia, che interessa direttamente la zona della Val Rosandra, area naturale protetta parte della Rete Natura 2000. La parlamentare ha diffuso la risposta del ministro alla sua lettera: «La questione continuerà a essere oggetto di monitoraggio e sarà affrontata nuovamente nel contesto del dialogo bilaterale con Lubiana in occasione della prossima sessione del Comitato di coordinamento dei Ministri tra Italia e Slovenia che si terrà il 14 giugno». «Ho sollecitato Di Maio - così Serracchiani - anche alla luce del recente incontro trilaterale con gli omologhi Ministri degli Esteri di Slovenia e Croazia, chiedendo di aprire un dossier».

 

 

Primo appuntamento alla scoperta dell'Isola della Cona con l'avvicinamento al branco dei cavalli Camargue - Staranzano slow

È appena varato il progetto turistico "Staranzano Slow" e già questa settimana sono in programma diversi appuntamenti. La Pro loco mercoledì mattina (sarà fisso ogni mercoledì) con le "Camminate in compagnia" alla scoperta dei luoghi naturalistici più belli della Bisiacaria e ritrovo alle 8.30 davanti alla sede in via Dell'Infanzia. La Rogos, che ha in gestione la Riserva naturale regionale della Foce Isonzo, ha preparato per il fine settimana diverse attività per grandi e piccini dedicate alla scoperta e alla conoscenza del patrimonio naturalistico nelle aree in gestione. Alla Cona ci sarà sabato un doppio appuntamento con i cavalli Camargue, la mattina sarà dedicata ai bambini dai 4 ai 13 anni. Il ritrovo è alle 10.30 al centro visite e i bambini partecipanti trascorreranno 2 ore in compagnia del branco di cavalli affiancando il personale nelle operazioni di recupero dal pascolo e di cura di questi splendidi animali. La quota di partecipazione è di 20 euro a bambino, è obbligatoria la presenza di un accompagnatore per bambini dagli 8 anni in giù. Il numero di posti è limitato. L'appuntamento pomeridiano di avvicinamento al branco di cavalli Camargue è dedicato a tutti gli appassionati con o senza esperienza dai 14 anni in su. Il ritrovo è fissato alle ore 14 e prevede una durata di 2 ore e mezza in cui, spiegano gli organizzatori, i partecipanti avranno modo di lavorare da terra con il branco per comprenderne la comunicazione e interagire con i singoli individui per stabilire un rapporto di fiducia e rispetto reciproci, basato sul concetto di benessere ed armonia tra uomo e cavallo. E-mail: info@rogos. it (informazioni e prenotazioni), telefono: +39 333 4056800. Nella Riserva Naturale Valle Cavanata si festeggia invece la Giornata mondiale della biodiversità e al Giardino botanico Carsiana appuntamento domenica 23 maggio alle 15. 30 per parlare di erbari antichi e grandi studiosi del passato. Il numero di posti a tutti gli eventi è limitato, la partecipazione è gratuita grazie al contributo della Regione Friuli Venezia Giulia ma la prenotazione: obbligatoria all'indirizzo info@giardinobotanicocarsiana. it.

Ciro Vitiello

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 17 maggio 2021

 

 

I Cinque Stelle contro Cingolani - «È un ministro poco green»
Finisce nel mirino il tecnico sostenuto da Grillo. E Dibba apre il suo blog
ROMA. Il M5S ha più di un problema con Roberto Cingolani. Sì, il ministro della Transizione ecologica al quale Beppe Grillo, fondatore, padre spirituale e garante, ha dato la sua benedizione, definendolo un «grillino» pur di farlo digerire ai riottosi irriducibili parlamentari già costretti a sostenere Mario Draghi. Per lui è stato creato un super ministero, sul modello francese e secondo le indicazioni del comico genovese. Ma a soli tre mesi dall'insediamento dell'esecutivo è il ministro che più fa discutere il Movimento. Ai 5 Stelle non piace del tutto cosa c'è scritto nel capitolo green del Piano nazionale di rinascita e resilienza (Pnrr), non sono piaciute alcune dichiarazioni pubbliche di Cingolani e non sono andate giù le sue resistenze di fronte alle ripetute richieste di fissare un incontro. Sui rapporti assenti e sul mancato coordinamento con il ministro insistono tutte le diverse fonti di governo e parlamentari interpellate. Solo due giorni fa, spiegano, Cingolani ha accettato di incontrare i grillini delle commissioni Ambiente di Camera e Senato. Si vedranno a fine maggio. «Finalmente potremo confrontarci apertamente e dirgli cosa va e che cosa non va, a nostro avviso, nel Pnrr» spiega il deputato Giovanni Vianello, che in quest'occasione fa da portavoce dei malumori dei colleghi. La rivoluzione verde nel Recovery plan vale circa 69 miliardi, dei quali nove provenienti dal fondo complementare. Di questi però ben pochi, secondo il M5S, sono stati destinati alle bonifiche, alle energie rinnovabili, al dissesto idrogeologico, alla tutela dei parchi e dei mari. Nei prossimi anni si definirà l'Italia del futuro, parte di un'Europa che ha fissato al 2050 l'obiettivo emissioni zero e al 2070 la decarbonizzazione totale. «Faccio un esempio per capire i limiti degli investimenti previsti - aggiunge Vianello -. Abbiamo permesso incentivi fino a 10mila euro per le auto elettriche, ma scarseggiano le colonnine. Se non prevediamo una diffusione capillare, sulle strade e sulle autostrade, come convinciamo gli italiani a puntare sull'elettrico?». Tra i punti che rendono più scettici i grillini ci sono anche l'idrogeno, le trivelle, gli inceneritori e l'eccessiva presenza, nel piano, di biogas. Sull'idrogeno pretendono chiarezza: «Per noi l'idrogeno deve essere verde, quello blu andava bene nella fase transitoria, dieci anni fa. Per esempio, anche se non è scritto nel Pnrr noi contestiamo il progetto dell'Eni che al largo di Ravenna vuole creare una piattaforma di cattura e stoccaggio di Co2». Pure sulle trivelle chiederanno a Cingolani una spiegazione. L'11 aprile, dopo aver firmato la Valutazione di impatto ambientale (Via) che ha dato l'ok a undici nuovi pozzi per gli idrocarburi, di cui uno esplorativo, sono insorte le associazioni ambientaliste, Legambiente, Greenpeace, Wwf, il Forum dell'Acqua, con sommo imbarazzo del M5S. Cingolani non poteva non firmare, ha giustificato anche qualche eletto grillino, si trattava di atti amministrativi nati anni fa. Ma non è bastato. Su di lui ora pende l'etichetta di ministro della «Finzione ecologica». E i grillini temono che il Pnrr si riveli una gigantesca operazione di greenwashing, un ecologismo di facciata che in realtà non stravolge il paradigma produttivo ed energetico. La questione verde è la grande sfida che attende anche Giuseppe Conte, da prossimo leader dei 5 Stelle. Nel manifesto europeo pubblicato dall'ex premier una decina di giorni fa non c'è l'ambiente, inghiottito dall'economia. «Non basta dire che siamo green» sono pronti a dirgli i deputati. Non tutti. Perché, come sempre, nel M5S si muovono diverse tendenze. Quella originaria, dell'ambientalismo più puro, che vuole recuperare molte battaglie lasciate in sonno in questi anni di travaglio al governo. E quella più realista che tende a contemperare i modelli ecologici alle logiche produttive di impresa. In base a quale delle due prevarrà si potrà capire qualcosa di più del futuro volto del M5S. Si capirà se una forza che Conte vuole popolare, liberale, moderata potrà interpretare al meglio la sfida del Green New Deal. O se gli elettori si rivolgerann   -o altrove. Ci sarà un ex che fino in fondo, forse, ex non è, come Di Battista, a fare da guardiano delle vecchie istanze. Impegnato nel tour televisivo di presentazione del suo nuovo libro, Di Battista ha aperto un blog (aledibattista.it), mentre i 5S hanno perso il loro. Segno che non vuole tenersi vincolato a Casaleggio e alla piattaforma Rousseau. Dibba torna sulle tracce del blog di Grillo, da cui la sua storia politica fu partorita, e promette di fare da contraltare al M5S. Punto su punto.

Ilario Lombardo

 

 

 

 

TRIESTEPRIMA.it - DOMENICA, 16 maggio 2021

 

 

Boe, reti per i mitili e un "mare" di plastica: Legambiente ripulisce la spiaggia di Canovella   -    vedi articolo
L'operazione è stata condotta assieme ai volontari di Trieste Altruista. A fine aprile sulla stessa spiaggia sono stati censiti ben 1.046 rifiuti. Il problema dell'allevamento di mitili

In seguito al monitoraggio “Beach Litter” svolto da Legambiente a fine aprile su 47 spiagge italiane, è stata trovata una media di 783 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia. A Canovella sono stati censiti ben 1.046 rifiuti, in gran parte di plastica: soprattutto pezzi di reti per la coltivazione dei mitili, frammenti di plastica e polistirolo, bottiglie, bicchieri e contenitori di plastica, tappi e coperchi, bastoncini del cotton fioc. Durante la giornata di oggi 15 maggio i volontari di Legambiente Trieste, con l'aiuto di Trieste Altruista, hanno raccolto numerosi sacchi di rifiuti spiaggiati o abbandonati lungo la spiaggia di Canovella degli Zoppoli, in comune di Duino Aurisina.
L'indagine di Legambiente
C'era di tutto, boe e reti per l'allevamento dei mitili, cannucce, bottiglie, mascherine, polistirolo, ma soprattutto molta plastica, in pezzetti piccoli e grandi. Rispetto agli anni passati, comunque, i rifiuti non erano molto numerosi e i volontari li hanno recuperati tutti in poco più di due ore. L'indagine di Legambiente è una delle più importanti azioni a livello internazionale di citizen science, cioè il risultato di un monitoraggio eseguito direttamente dai circoli di Legambiente, da volontari e cittadini, che ogni anno setacciano le spiagge italiane contando i rifiuti presenti, secondo un protocollo scientifico comune e riconosciuto anche dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, cui ogni anno sono trasmessi i dati dell'indagine per completare il quadro a livello europeo.
La plastica dappertutto
I rifiuti censiti da Legambiente sono di ogni forma e tipo, per lo più usa e getta, legati principalmente agli imballaggi, al consumo di cibo e ai rifiuti da fumo: dalle bottiglie ai contenitori e tappi di plastica, dai mozziconi di sigaretta ai calcinacci e ai frammenti di vetro, per arrivare a dischetti, guanti e mascherine. La plastica resta il materiale più trovato dei rifiuti spiaggiati. Su circa un terzo delle spiagge campionate, la percentuale di plastica eguaglia o supera il 90% del totale dei rifiuti monitorati, mentre nel 72% dei lidi monitorati sono stati rinvenuti guanti usa e getta, mascherine o altri oggetti riconducibili all'emergenza sanitaria Covid-19. In particolare le mascherine sono state rinvenute sul 68% delle spiagge monitorate, i guanti usa e getta sul 26%.
"Recepire la direttiva europea"
L’inquinamento da plastica in mare e sulle spiagge resta, insieme all’emergenza climatica, l'altra grande questione ambientale e mondiale da affrontare con interventi e politiche mirate e quasi la metà dei rifiuti spiaggiati monitorati sono proprio i prodotti al centro della direttiva europea sulla plastica monouso, ossia prodotti usa e getta, dalle bottiglie di plastica alle stoviglie, dai mozziconi di sigaretta ai cotton fioc, solo per citarne alcuni. Per questo Legambiente chiede a gran voce che l’Italia emani entro il 3 luglio 2021 il decreto legislativo di recepimento della direttiva europea pensata per bandire e ridurre la produzione e commercializzazione di alcuni prodotti di plastica monouso su tutto il territorio nazionale.
La campagna Spiagge e fondali puliti
Il 42,3% del totale dei rifiuti monitorati da Legambiente è costituito da quei prodotti usa e getta al centro della diretta europea, detta anche SUP (Single Use Plastics), che prevede a riguardo misure specifiche. Per le bottiglie e i contenitori di plastica, inclusi i tappi (e anelli)– ne sono stati trovati oltre 5000 sulle spiagge monitorate da Legambiente - è stato proposto l’obiettivo di raccolta del 90% al 2025 e si dovrà riciclare almeno il 90% delle bottiglie per bevande entro il 2029, con un target intermedio del 77% al 2025. Per prevenire, sensibilizzare e informare le amministrazioni e cittadini, incoraggiando una corretta gestione dei rifiuti e una partecipazione attiva, Legambiente organizza la campagna Spiagge e fondali puliti, che coinvolge migliaia di volontari che ogni anno raccolgono dati scientifici sul beach litter e si attivano per ripulire le spiagge.

Sabato 15 maggio i volontari di Legambiente Trieste, con l'aiuto di Trieste Altruista, hanno raccolto numerosi sacchi di rifiuti spiaggiati o abbandonati lungo la spiaggia di Canovella de'Zoppoli, in comune di Duino Aurisina. C'era di tutto, boe e reti per l'allevamento dei mitili, cannucce, bottiglie, mascherine, polistirolo, ma soprattutto molta plastica, in pezzetti piccoli e grandi. Rispetto agli anni passati, comunque, i rifiuti non erano molto numerosi e i volontari li hanno recuperati tutti in poco più di due ore.

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 16 maggio 2021

 

 

Rifiuti ingombranti lasciati in strada: da inizio 2021 i numeri sono raddoppiati
Il confronto con i primi quattro mesi del 2020, quando il lockdown aveva influito - Aumentate anche le richieste ad AcegasApsAmga per il ritiro a domicilio: +28%
Frigoriferi lasciati sul ciglio della strada, divani depositati accanto ai bidoni dell'immondizia, materassi e scarti edili gettati nel verde. A Trieste l'abbandono dei rifiuti ingombranti rappresenta un problema ancora evidente, nonostante gli sforzi messi in campo costantemente da AcegasApsAmga, attraverso campagne informative e strumenti gratuiti per i cittadini. Da un confronto tra i primi quattro mesi del 2020 e lo stesso periodo del 2021, emerge che il fenomeno è quasi raddoppiato. A influire sui numeri in parte il lockdown dello scorso anno, che ha fatto segnare un dato più basso di abbandoni, ma l'aumento del 2021 in particolare è legato anche alle tante ristrutturazioni e sistemazioni di abitazioni in corso negli ultimi mesi. Atti di maleducazione che si riscontrano soprattutto al mattino. Il deposito degli oggetti infatti, come accade ormai da anni, avviene quasi esclusivamente in orario notturno. Tra le zone più colpite, segnalate dagli stessi residenti, quelle delle "solite" via del Bosco e via Gambini, ma anche diverse strade del rione di San Giacomo. Guardando nel dettaglio ai dati forniti da AcegasApsAmga, nel primo quadrimestre del 2020 gli ingombranti abbandonati erano stati 6.524, diventati 10.126 nel 2021. Al primo posto figurano i mobili, di tutti i tipi, passati da 2.524 a 5.151: sedie, tavoli, divani e altri arredi, talvolta di intere case, depositati senza troppi pensieri sui marciapiedi o accanto ai contenitori della differenziata. Seguono gli elettrodomestici, da 1.055 a 1.905, e anche qui figurano diverse tipologie, dai frigoriferi alle lavatrici, passando per microonde, aspirapolvere e altre attrezzature casalinghe. Ci sono poi gli scarti ferrosi, dai 1.163 dello scorso anno ai 1.730 di quest'anno. Sempre presenti i materassi, nel 2020 quelli recuperati erano stati 129, più che raddoppiati, 278, nel 2021. E ancora le gomme, da 41 a 61, e le bombole di gas, da 23 a 31. Lieve crescita per i materiali inerti, da 162 a 180. Nella categoria "altro", passata da 1.427 a 1.790, finiscono poi tante altre tipologie di rifiuto, considerate sempre voluminose. Negli ultimi anni, al passaggio dei mezzi per lo svuotamento dei cassonetti, le "brutte" sorprese non sono mancate, dentro e fuori dai contenitori: tra le stranezze segnalate in passato, scooter infilati nei bidoni, come un motore da barca, un maxi scivolo di un parco giochi, passeggini e attrezzature per la prima infanzia e pure una bambola gonfiabile. E sì che i modi per smaltire gli ingombranti in modo corretto ci sono. Gratis. Il servizio a chiamata di AcegasApsAmga, per il ritiro a domicilio, aumentato in termini di richieste del 28% nel primo quadrimestre del 2021, consente la prenotazione per la rimozione del rifiuto, che va posizionato all'esterno del condominio. L'asporto non comporta appunto costi a carico del cittadino, che deve semplicemente fissare un appuntamento attraverso il numero verde 800 955 988 e depositare l'oggetto sul piano stradale, fuori dalla proprietà privata, la sera prima. Le discariche poi, attive sul territorio, consentono ai cittadini di smaltire tutto, secondo le disposizioni in vigore. Ci sono inoltre i Sabati ecologici (che ieri hanno fatto tappa a Prosecco) e altre iniziative per sensibilizzare e informare le persone, come il Rifiutologo, disponibile su app e web, per fornire indicazioni immediate su un'ampia gamma di servizi a disposizione e soprattutto su dove e come conferire qualsiasi tipo di scarto.

Micol Brusaferro

 

 

Microplastiche in mare: primavera periodo nero  - i monitoraggi dell'ARPA

La loro presenza è stata rilevata ovunque: nelle acque della zona costiera popolata, in quelle delle aree più remote, come i mari antartici e artici, fino alle profondità marine. L'abbondanza di microplastiche è un problema reale insomma. L'Oms frena le preoccupazioni per lo meno a livello sanitario: i dati scientifici dicono che le acque potabili risultano essere sicure, in quanto i procedimenti di purificazione sono in grado di allontanare eventuali residui di plastica. Il mare, spiegano dall'Arpa Fvg, costituisce però «un patrimonio prezioso, che deve essere protetto e salvaguardato al fine di mantenere la sua biodiversità». La consapevolezza di tale ricchezza si è notevolmente fortificata negli ultimi anni, tant'è che nel 2008 il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Ue hanno emanato la cosiddetta "Strategia Marina", direttiva che prevede la messa in campo di un programma di azioni comunitarie al fine di raggiungere il "buono stato ambientale" delle acque. Per l'Alto Adriatico la "Strategia" viene attuata proprio dall'Arpa, che si occupa di monitorare, tra le altre cose, la presenza di microplastiche nello strato superficiale del fondale. Ebbene: i monitoraggi hanno rivelato una maggiore quantità di particelle di plastica nel periodo primaverile, quello attuale quindi, e nelle zone più vicine alla costa. Come tentare di porre rimedio a questa "invasione" allora? È necessaria, insistono gli esperti, più consapevolezza del problema e la collaborazione di tutti per risolverlo. Attenzione quindi a non abbandonare rifiuti in spiaggia, ed è fondamentale anche superare il concetto di "usa e getta".--

Nicole Cherbancich

 

 

Bottiglie, pezzi di reti, lattine e anche mascherine: oltre mille rifiuti raccolti sulla spiaggia di Canovella - (vedi articolo)

I volontari di Legambiente e Trieste Altruista in azione su cento metri seguendo gli standard europei. "Da pianificare una pulizia del fondale"

Rifiuti di tutti i tipi, l'immancabile plastica, qualche mascherina e tanti pezzi di reti che arrivano dalle mitilicolture del golfo. Ampio intervento di pulizia ieri della spiaggia di Canovella de' Zoppoli, grazie a una ventina di volontari di Legambiente e Trieste Altruista. Muniti di guanti e sacchetti, per circa due ore hanno setacciato il lungomare, rimuovendo una lunga serie di immondizie. Per il settimo anno consecutivo, dopo il monitoraggio "Beach litter" per il censimento dei rifiuti spiaggiati lo scorso aprile, tutti si sono messi al lavoro ieri mattina, dalle 9.30, per un'iniziativa che rientra nelle attività di "Citizen Science" e che segue i metodi e gli standard già collaudati a livello europeo. Per una lunghezza di cento metri tutto viene recuperato e contato, dividendo lo spazio in aree di 10 metri, separando gli scarti a seconda del materiale, tra plastica, vetro, metallo e altro, e della provenienza, pesca, allevamento, nautica o semplicemente maleducazione di chi getta oggetti di qualsiasi tipo in acqua. A Canovella ieri sono stati censiti ben 1.046 rifiuti. «Come negli anni precedenti, abbondano le reti della mitilicoltura - spiega Ettore Calandra di Legambiente Trieste -: qui abbiamo molti allevamenti di cozze e per l'ambiente è una piaga, perché i pezzi sono ovunque. Alcune, portate dalle onde, arrivano fino agli alberi, tanto che alcuni volontari hanno dovuto scavare nella terra, per liberarle e gettarle via. Credo che per questo andrebbe pianificata una pulizia completa del fondale, temiamo che la concentrazione di reti, lì sotto, sia disastrosa. Sono quasi sempre pezzi piccoli, che naturalmente anche questa volta abbiamo raccolto ed eliminato». Le conseguenze peggiori le subiscono gli animali. «I materiali si spezzano e spesso vengono ingeriti da pesci e anche dalle tartarughe, che muoiono. Succede anche con il polistirolo, che in parte abbiamo trovato, e che in questo caso deriva dal rimessaggio delle barche». Tra le curiosità, rinvenute ieri alcune grandi boe, usate sempre per la mitilicoltura, danneggiate e finite sulla spiaggia, probabilmente, come ipotizzano i volontari di Legambiente, a seguito di mareggiate e maltempo. Tra i mucchi radunati ieri si notano bottiglie e bicchieri di plastica, mascherine, lattine, penne, tappi, coperchi, cannucce, confezioni di cibo, qualche giocattolo e materiali per imballaggio. Tra gli oggetti più strani il contenitore arrugginito di una grande carriola in ferro.In seguito al monitoraggio "Beach litter" svolto da Legambiente a fine aprile, su 47 spiagge italiane, è stata trovata una media di 783 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia. La percentuale di plastica eguaglia o supera il 90% del totale, mentre nel 72% dei lidi monitorati sono stati rinvenuti guanti usa e getta, mascherine o altri oggetti riconducibili all'emergenza sanitaria Covid-19. In particolare le mascherine sono state recuperate sul 68% delle spiagge controllate, i guanti usa e getta sul 26%. E poi, sempre a livello nazionale, oltre 5 mila bottiglie e contenitori di plastica, tappi inclusi. «L'unica nota positiva - aggiunge Calandra - è che negli ultimi anni la quantità di rifiuti eliminati a Trieste, sulle spiagge, è diminuita, merito anche delle tante operazioni che portiamo avanti e che servono a sensibilizzare la gente. Un'educazione che sta aumentando e che ha dato vita anche a diversi gruppi che promuovono pulizie spontanee, come Sos Carso, persone molto organizzate e che hanno già effettuato tanti interventi. Speriamo - conclude - che la sensibilità ambientale continui a diffondersi sempre più».

Mi.Br.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 15 maggio 2021

 

 

Si' da Roma: parco di villa Necker alla città

Via libera formale al passaggio dell'area verde della sede dell'Esercito al Comune. I tempi ora dipendono dalla burocrazia.

Hanno detto sì: l'Agenzia del Demanio e il Ministero della Difesa hanno confermato in via ufficiale la disponibilità a cedere il parco di Villa Necker, la sede del Comando militare dell'Esercito "Friuli Venezia Giulia", al Comune e quindi alla città. La svolta durante una sorta di "conferenza dei servizi" organizzata via web che ha riunito i rappresentanti del Comune, dello stesso dicastero della Difesa, del Demanio, dello Stato maggiore dell'Esercito, che occupa l'area a uso governativo, del Comune, e della Soprintendenza, presente per il Ministero della Cultura visto che il bene è definito storico-artistico dal 1967. Si è compiuto insomma il primo passo nell'iter per il passaggio del parco dallo Stato al Comune. Ci saranno nuove riunioni nelle prossime settimane in cui verrà discussa nel dettaglio una serie di questioni che, fanno capire i diretti interessati, non sarà di veloce e semplice risoluzione. Difficile è infatti stabilire - causa la solita burocrazia - quando il parco di Villa Necker sarà nuovamente accessibile al pubblico. Nuovamente perché già in passato, quando era sede dell'oratorio Villaggio Sereno della chiesa Beata Vergine del Soccorso di piazza Hortis, l'area era fruibile dai triestini. Qualche residente ricorda che nel parco l'oratorio aveva avuto sede più o meno tra il 1947 e il 1984. E che all'epoca ci fosse un'agevolazione che riduceva di 9/10 il canone di affitto, successivamente tolta, nonostante le istanze dei parlamentari di allora. Il canone quindi passò da un milione di lire all'anno a 10 milioni, motivo per cui la parrocchia dovette recedere. E proprio la modalità amministrativa del passaggio sarà uno degli aspetti più delicati. Concessione di utilizzo gratuito o reale passaggio in proprietà? Prima di tutto bisognerà attendere che il ministero della Difesa dismetta il bene e lo riconsegni all'Agenzia del Demanio. «Noi poi - spiegano dall'ente del patrimonio dello Stato - siamo assolutamente disponibili a trovare le procedure amministrative necessarie per il passaggio». Ci sarà poi da stabilire quali parti esattamente rimarranno in mano all'Esercito e quali andranno al Comune. L'idea dello Stato è quella di cedere al Municipio due dei tre campi da tennis, una palazzina con bagni e spogliatoi e il parco intero così com'è diviso oggi, cioè fino al confine con l'area pertinente a Villa Necker e Villa Italia, che invece resteranno a uso governativo all'Esercito. E sarà necessario accordarsi anche sui costi necessari al ripristino e alla manutenzione dell'area verde in capo al Comune. Per il restyling si parla, ma è una stima, di una cifra che va dai 500 mila euro in su. A tal fine saranno preparati dal Comune dei progetti in modo da descrivere nel dettaglio come avverrà il recupero del verde urbano seguendo le indicazioni delle "Belle Arti". E bisognerà capire quale potrà essere in proposito la disponibilità finanziaria da parte del Municipio. Spiega a questo proposito l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi, rappresentato alla riunione dai tecnici comunali: «Non sappiamo quando il parco ci verrà consegnato, quindi non posso dare ora la copertura finanziaria, è un discorso successivo che farà il mio collega ai Lavori pubblici, ad esempio, io adesso devo occuparmi di capire come gestire e prendere la titolarità parco. Il Comune ha dato la sua disponibilità e ha inviato la lettera affinché venisse organizzata questa prima riunione, ora è tutta una questione burocratica e tecnica. Speriamo che gli altri soggetti siano veloci. Per quanto riguarda i campi da tennis, inoltre, pensiamo di proporre delle tariffe minime utili alla manutenzione, non vogliamo lucrarci».

Benedetta Moro

 

La gioia del comitato attivo da mesi «Grande traguardo e un bene per tutti»
I residenti festeggiano per la novità e già pensano a come sfruttare l'area
I rappresentanti del comitato "Ritorno al parco" non potevano che accogliere con entusiasmo la notizia. Il gruppo di cittadini si è dato da fare già da diversi mesi per far riaprire lo spazio alla città. Anche con una petizione, che ora ha raggiunto le 1200 firme. E nelle prossime settimane, per raccogliere ulteriori consensi, verranno organizzati dei banchetti tra piazza Cavana, piazza Hortis e via Torino. Entro metà giugno poi verrà presentato un video. In quell'occasione verranno consegnate le firme al sindaco, a cui si chiederà un incontro, come auspicato dalla mozione del centrosinistra approvata all'unanimità in Consiglio comunale nelle settimane scorse. Ma come s'immaginano i residenti della zona il parco? «Io non ci sono mai entrato, ma ci abito di fronte - afferma l'attore Maurizio Zacchigna, anche membro del comitato -. Credo che chi vi entrerà, potrà godersi un po' di relax, come in una foresta. Perché penso si potrà mantenere una bella parte di parco a bosco, da curare. È importante la riapertura del parco perché, come dice il nostro slogan, che mi è venuto in mente durante il lockdown, "se non mi aprite al pubblico, non germoglio più"». Giuliano Gelci, un altro membro del comitato, si ricorda di quando frequentava il grande giardino cinquant'anni fa, nell'epoca in cui c'era l'oratorio Villaggio Sereno, afferente alla chiesa Beata vergine del Soccorso. «C'era molta aria di libertà - sottolinea - e una forma di autogestione, ho il ricordo della partecipazione attiva per la manutenzione, anche da parte di noi ragazzini». «Questo giardino dovrebbe essere messo a disposizione soprattutto dei bambini, visto che è vicino a tante scuole - sottolinea poi un'insegnante residente nel rione -. Ho letto ai miei studenti "Il Gigante egoista" e proprio loro mi hanno detto che il parco di cui si parla nella storia, potrebbe essere quello villa Necker: chiuso da un gigante che impedisce ai bambini di entrarvi». Residente in via Belpoggio, Maria Teresa Darago andava nel parco già negli anni '60 con la figlia. «Facevano anche il cinema all'aperto - ricorda -. Ci andavamo di pomeriggio, c'erano tanti bambini, nonne e mamme. Si stava meravigliosamente».

B.M.

 

E sotto il giardino c'è il bunker degli anni della Guerra fredda
La rete sotterranea avrebbe dovuto ospitare i soldati in caso di conflitto
È una delle ultime testimonianza della Guerra fredda. Sotto Villa Necker si nasconde una rete di sotterranei che negli anni prima della caduta dell'Unione Sovietica e del crollo del Muro di Berlino costituirono il bunker dove in caso di guerra si sarebbe dovuto rifugiare il Comando dell'Esercito. Accanto a un passaggio che dalle cantine conduce all'esterno della villa, fuori, nel grande parco, un cancello immerso nel verde nasconde l'accesso a una galleria di 160 metri che, collegandosi a un grande rifugio antiaereo, in un percorso a semicerchio porta fino a via Bonaparte, un'uscita attualmente murata. Realizzato durante la seconda guerra mondiale, tra gli anni '50 e '70 il sotterraneo venne in parte usato come bunker dove trasferire il comando militare italiano in caso di conflitto, e come tale è stato a lungo teatro di esercitazioni fino alla dismissione. Oggi il complesso sotterraneo è chiuso. Dieci anni fa la sezione Ricerche e studi sulle cavità artificiali del Club alpinistico triestino (Cat) effettuò un'approfondita esplorazione dei sotterranei, pubblicando uno studio a cura di Maurizio Radacich intitolato "Gli ipogei artificiali del parco e della Villa Necker a Trieste". L'entrata del bunker segreto, nel parco della villa, è chiusa da una porta in ferro che dà accesso a uno stanzone - già rifugio antiaereo dei tedeschi durante l'occupazione di Trieste - dove sono ci sono ancora tracce di impianti e suppellettili in uso ai tempi in cui era stato previsto il trasferimento immediato degli uffici del comando militare sottoterra in caso di guerra. Da qui una galleria porta al più ampio tratto concepito e realizzato nel 1944 dal Comune di Trieste come rifugio antiaereo pubblico, parte di quello che doveva essere un collegamento con le gallerie antiaeree dei cantieri, un sotterraneo che avrebbe dovuto unire via Bonaparte a passeggio Sant'Andrea, ma che non fu mai realizzato. Lo studio del Cat analizza anche i lavori da fare in caso di una possibile apertura al pubblico.-

PIETRO SPIRITO

 

Caserma di via Rossetti: pronta in Municipio l'offerta d'acquisto a Cassa depositi e prestiti
Dipiazza invierà a giorni la richiesta per i 12 ettari dell'ex caserma destinati a essere trasformati in un campus per settemila studenti
Sulle partite che riguardano immobili e lavori pubblici, di regola Roberto Dipiazza non molla la presa. In pratica, fin dall'inizio del suo terzo mandato il sindaco guarda all'ex caserma Vittorio Emanuele III in via Rossetti, perchè vuole trasformare quei 12 ettari in un campus scolastico in grado di ospitare settemila studenti. L'obiettivo, aldilà delle motivazioni didattiche, è svuotare vecchi edifici e rimetterli sul mercato: finora il focus era concentrato sull'istruzione media superiore, poi la linea di attenzione tracciata dal primo cittadino ha coinvolto anche l'Università. Il tempo stringe, fra un quadrimestre sarà stagione di urne, Dipiazza vuole ghermire i tre punti. «La prossima settimana - annuncia - compirò il passo decisivo con Cassa depositi e prestiti (Cdp) sgr, proprietaria dell'ex caserma, e farò una proposta di acquisto sulla quale impostare la trattativa. È un anno che ci sentiamo in video-conferenza con Roma, senza risultati apprezzabili. Adesso è l'ora di chiudere, in un modo o nell'altro».«Con i nostri interlocutori romani - prosegue il sindaco - è giunto il momento della franchezza: cosa pensano di fare di quell'area? Forse del commerciale? Dall'altra parte della strada parte la riconversione dell'ex Fiera: non c'è spazio». «Tra l'altro - incalza il primo cittadino - in questi anni di non-utilizzo l'ex caserma è stata oggetto di frequenti raid teppistici, quindi il suo valore non è certo cresciuto». In poche parole: gentile Cdp, il Comune compratore può essere un buon affare, trovare un'alternativa non sarà agevole. Anche perchè il Municipio ha un atout da 5 milioni: si tratta del finanziamento concesso nel 2018 dalla Regione Fvg, da attivare entro l'anno corrente, per realizzare il campus. Attenzione però: i soldi non servono per l'acquisto immobiliare, ma per la riconversione del compendio castrense. Dipiazza, mercante di vecchia scuola, non scopre le carte della proposta economica che formulerà al vertice di via Versilia. Ma fa capire quale potrebbe essere il gioco: «Cdp ha chiesto 17 milioni, perchè sostiene di aver effettuato interventi manutentivi, e, quando il mercato immobiliare aveva ben altre quotazioni, aveva acquistato l'ex caserma a 12 milioni». Traduzione: non sono disposto a sborsare nè 12 nè tantomeno 17 milioni. Rien ne va plus, vedremo dove attraccherà la pallina.Di soluzioni ne sono sfilate parecchie, perchè la vecchia sede del reggimento-battaglione "San Giusto", vissuto fino al 2008, potesse rivivere in una nuova dimensione: la permuta con palazzo Carciotti fu una delle ipotesi soppesate, ma non si trovò il punto di caduta sulle valutazioni immobiliari (l'ex caserma 17 milioni, Carciotti 15). Poi si prese in considerazione la possibilità di un affitto a 800.000 euro all'anno, ma Dipiazza non ne era convinto. Successivamente si vagheggiava un risiko con la partecipazione dell'ex Manifattura Tabacchi. Quindi, dall'estate dello scorso anno si riprese a parlare di acquisto da parte del Comune. -

Massimo Greco

 

 

Polo dell'acciaio alle Noghere - Arriva il sì degli enti pubblici
Alla firma l'intesa per le verifiche sulla fattibilità: così il cda di Metinvest darà l'ok al piano con Danieli
Trieste. Il progetto di laminatoio a caldo promosso da Metinvest e Danieli incassa l'appoggio formale delle istituzioni. Ieri la giunta regionale ha approvato lo schema del protocollo d'intesa che garantirà ai privati il sostegno degli enti pubblici alla realizzazione dell'impianto alle Noghere. Si tratta di quanto il gruppo ucraino dell'acciaio aveva domandato per dare modo al proprio cda di accendere i motori sull'idea, che prevede investimenti per quasi 700 milioni e una ricaduta occupazionale da 400 posti di lavoro. La stesura del protocollo segue il lavoro dei tavoli tecnici che si sono riuniti nelle ultime settimane per approfondire la questione, a cominciare dagli aspetti ambientali. Il documento sarà firmato da Regione, Coselag, Autorità portuale, Comune di Muggia, Danieli e Metinvest, che si impegneranno a verificare la fattibilità del progetto e l'esistenza dei presupposti per arrivare alla stipula di un Accordo di programma sulla falsa riga di quello sottoscritto per la riconversione della Ferriera di Servola. Secondo l'assessore alle Attività produttive Sergio Bini, il memorandum «apre la strada a una rilevante opportunità industriale per il Friuli Venezia Giulia, sia in termini di nuovi posti di lavoro, sia di potenziamento dei traffici per il porto di Trieste. Il progetto di Danieli e Metinvest si inserisce perfettamente nelle politiche di sviluppo economico dell'amministrazione regionale, che in questi anni ha lavorato affinché si creassero le condizioni per rendere attrattivo il retro porto triestino a nuovi insediamenti ecosostenibili». Bini sottolinea «un impatto economico significativo su altre industrie regionali e sull'indotto». Ora la palla è nel campo degli ucraini che, alla luce delle rassicurazioni ricevute, dovranno approvare la scelta di Trieste rispetto alle alternative di Ravenna e della Croazia. Il gruppo ritiene di poter mettere in funzione entro l'inizio del 2024 un impianto a basso impatto ambientale per la produzione di laminati a partire da bramme d'acciaio provenienti dall'Ucraina. Dallo stabilimento uscirebbero coil laminati a caldo, pronti a essere immessi sul mercato o ulteriormente lavorabili, anche grazie alla collaborazione con il laminatoio a freddo di Arvedi a Servola, dove il percorso di riconversione prevede l'avvio entro fine 2022 delle nuove linee di verniciatura e zincatura, grazie all'impiego di macchinari appena ordinati proprio al gruppo Danieli, che degli ucraini sarà fornitore e socio di minoranza. L'impianto delle Noghere occuperebbe 48 ettari alle spalle dell'area ex Aquila e sfrutterebbe il rifacimento delle connessioni ferroviarie in programma nella zona e la nascita della banchina ungherese di Adria Port, che ha appena affidato a PwC lo sviluppo del piano industriale e la progettazione dello scalo. Per trasformare i piani in realtà servirà la firma di un Accordo di programma simile a quello per la riconversione della Ferriera, con tanto di coinvolgimento dei ministero dello Sviluppo economico e della Transizione ecologica. Enti pubblici e privati si siederanno al tavolo per discutere il piano industriale, il nodo del risanamento ambientale dei terreni e la definizione del loro valore, il subentro di Metinvest-Danieli alla proprietà di Coop Nordest e il parallelo ingresso nelle aree demaniali, le opere da affidare al pubblico e quelle in capo ai privati, le risorse statali e regionali che potranno essere messe a disposizione, considerando che il "pacchetto Trieste" del Fondo complementare stanzia oltre cento milioni per acquisto e infrastrutturazione del comprensorio da parte del Coselag e per interventi propedeutici alla creazione del molo ungherese. -

Diego D'Amelio

 

 

Pulizia del mare - Fondi regionali ai comuni costieri
Il progetto punta a favorire la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in acqua Scoccimarro: «Noi protagonisti della transizione ecologica»
I comuni costieri potranno contare su 250 mila euro nel prossimo triennio per favorire la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti ripescati in mare. Fabio Scoccimarro, assessore regionale all'Ambiente, ha tracciato il bilancio finale di "aMare Fvg" iniziativa avviata in forma pilota lo scorso anno. «Dal progetto pilota - spiega Scoccimarro - diventa un'iniziativa strutturale in collaborazione con i Comuni costieri e con decine di associazioni e realtà che si battono per la difesa delle nostre acque. Le risorse serviranno per favorire la raccolta e il trattamento dei rifiuti ripescati in mare, ritrovati sui litorali e nei fondali e per portare avanti programmi di educazione ambientale in grado di coinvolgere tutti i nostri giovani: dai bambini della scuola primaria fino agli studenti universitari». Nel corso della mattinata di ieri sono state premiate le associazioni che hanno operato nel 2020 ed è stato sottoscritto il protocollo per quest'anno con i comuni che si divideranno i 100 mila euro relativi al 2021 - 50 mila nel 2022 e 100 mila nel 2023 - sulla base della lunghezza della costa: Trieste e Grado 20 mila euro ciascuno, Monfalcone 17.242 euro, Staranzano 7.930 euro, Marano Lagunare 7.138 euro, Lignano Sabbiadoro 6.877 euro, San Dorligo 53 euro, Duino Aurisina 9.341 euro e Muggia 11.416 euro. I comuni che aderiscono al progetto dovranno, entro il 31 agosto, sottoscrivere un accordo con le associazioni. «La nostra Regione - aggiunge Scoccimarro - vuole continuare a essere protagonista del processo di transizione ecologica attraverso proposte concrete a sostegno delle iniziative che saranno presentate dalle associazioni ambientaliste, da quelle di volontariato, sportive e di immersione, ma anche dalle imprese di pesca e dalle società nautiche».

Andrea Pierini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 14 maggio 2021

 

 

Altre 6 strade chiuse al traffico per dare spazi ai tavoli dei locali
Da oggi l'elenco definito dal Comune si allunga: da via Beccaria a via della Geppa - Il Pd propone poi pedane per eventi su aree all'aperto ma l'assessore Rossi frena
Sei ulteriori vie verranno chiuse al traffico questo fine settimana per agevolare i pubblici esercizi che non hanno sufficienti spazi all'aperto e che così potranno disporre tavoli, sedie e ombrelloni su marciapiedi e parcheggi. Lo ha annunciato ieri in una nota il Comune di Trieste, precisando che le autovetture potranno comunque continuare a sostare nei tratti, percorrendoli a passo d'uomo, e che è inoltre assicurata la possibilità per i proprietari di passi carrabili e di posti auto riservati di accedervi e uscirvi. Ecco l'elenco dei nuovi tratti di strada interessati (dal venerdì sera alle 24 di domenica): via Petronio dal numero civico 1 a via Conti, via della Geppa tra corso Cavour e via Trento, via del Ghirlandaio tra via Padovan e via Signorelli, via Zaccaria, via Beccaria e via Broletto. Quest'ultima verrà chiusa nella sua parte alta, tra via San Marco e via Tacco, e quindi non verranno creati intralci alla circolazione dei bus verso il deposito della Trieste Trasporti. Si tratta della terza ordinanza in materia, che fa così salire a una ventina il numero complessivo di strade chiuse, mentre sono quasi cinquecento le dichiarazioni di ampliamento degli esercizi ricevute dal Comune. Le opposizioni riconoscono lo sforzo compiuto sin qui dall'amministrazione ma, attraverso due mozioni che sono state presentate ieri nella seduta congiunta della Terza e della Sesta commissione consiliare, chiedono che si faccia ancora di più. La prima, a firma della consigliera comunale Antonella Grim di Italia Viva, domanda di ampliare la concessione di aree pedonali che possano essere utilizzate dagli esercenti di bar e ristoranti per il posizionamento di dehors e tavolini, con particolare attenzione ai quartieri periferici, anticipando inoltre questa possibilità di fruizione almeno dal pomeriggio di giovedì alla serata di domenica. L'assessore Serena Tonel ha spiegato che attualmente si sta cercando di mantenere un equilibrio tra le esigenze economiche degli esercenti e la mobilità urbana, che però risulterebbe già molto fragile e quindi da non sottoporre a ulteriori modifiche. L'altra mozione del Pd guarda invece all'estate in avvicinamento e propone di collocare delle pedane in alcuni luoghi suggestivi della città per ospitare eventi all'aperto, oltre a un palco dedicato ai teatri cittadini dove organizzare degli spettacoli a pagamento e con possibilità di repliche. Interpellato sul tema, l'assessore alla Cultura, Giorgio Rossi, ha riferito che non è possibile posizionare palchi nei luoghi pubblici come strade, piazze e giardini, poiché non sarebbe facile contingentare il numero di persone presenti. «Ma se qualcuno vuole organizzare eventi - ha aggiunto Rossi - lo può fare in spazi controllati come il museo Sartorio, il Revoltella o il castello di San Giusto».

Simone Modugno

 

 

Centro di ricerche  dedicato all'idrogeno - Confindustria chiede il sì per la centrale
Il presidente Agrusti ribadisce il sostegno al progetto di A2A al sindaco Cisint che preme per fermare il carbone
Confindustria è favorevole alla riconversione della centrale A2A attualmente a carbone e alla realizzazione del nuovo impianto a gas «se tutti gli attori che devono esprimere i diversi pareri autorizzativi si pronunceranno favorevolmente» perché è una transizione green e il metano determina un minor impatto. Non solo, gli Industriali sosterranno, come aveva chiesto all'inizio anche il Comune di Monfalcone, la realizzazione di un Centro competenze e di ricerca per l'idrogeno a Monfalcone. Potrebbe essere una chiave di svolta sul progetto di riconversione in grado di "ammorbidire" la posizione contraria alla centrale del Comune. Un sostegno ribadito ieri dal presidente di Confindustria Alto Adriatico, Michelangelo Agrusti, al sindaco Anna Cisint al termine dell'incontro in Comune in cui, oltre all'«analisi a tutto campo» delle prospettive industriali e dell'occupazione E' stata l'occasione per confrontare le reciproche posizioni sul tema della centrale. Il sindaco infatti ha illustrato le ragioni dell'attuale no del Comune, sottolineando le preoccupazioni per la salute, la riduzione dell'occupazione che ne deriverebbe e il fatto che «non si è in presenza di un investimento industriale, quanto ad un'operazione finanziaria legata al capacity market (un meccanismo con cui Terna si approvvigiona di capacità di energia elettrica mediante contratti a termine aggiudicati attraverso aste competitive), non giustificata da un fabbisogno energetico».E la riunione si è chiusa con il sindaco Cisint che ha rilanciato la proposta di chiudere la centrale a carbone a fine anno e iniziare i lavori di risanamento da gennaio, sulla quale il presidente Agrusti si è riservato un approfondimento. In ogni caso il vertice in municipio è servito anche per avviare una serie di iniziative per la città, che saranno approfondite in specifici tavoli di confronto, per «valorizzare le potenzialità e le risorse del territorio». Sia pre dunque, come sottolinea una nota congiunta una nuova fase di relazioni nei rapporti tra Comune e Confindustria «basata sulla volontà di risolvere nodi in sospeso e puntare a nuove condizioni di sviluppo». Cisint ha illustrato l'azione del Comune nel rilancio e nella riqualificazione della città sia attraverso «un piano di investimenti per infrastrutture e opere pubbliche di oltre 30 milioni di euro, sia sostenendo settori innovativi come quello della nautica e del turismo». Il sindaco ha spiegato di «Aver agito per cambiare un modello produttivo che ha scaricato pesanti contraddizioni sociali sul territorio e puntato attraverso una visione generale dello sviluppo a promuovere le tante opportunità di una città che svolge un ruolo strategico nella dimensione regionale». Sostenibilità, innovazione, lavoro, formazione qualificata: questi i cardini dell'azione secondo il Comune. Fattori, spiega la nota congiunta, condivisi dal presidente di Confindustria Agrusti che ha presentato le progettualità a servizio dell'intera regione che si stanno mettendo in campo in termini di tecnologie digitali e di competenze per le risorse umane che hanno raggiunto una posizione di vertice a livello nazionale e internazionale, come per la "fabbrica modello LEF" che sarà inaugurata in luglio a Pordenone. Proprio su questo ambito si è trovato un terreno di lavoro comune. Toccato infine anche il problema della "filiera corta" delle produzioni navalmeccaniche, cioè la possibilità di sviluppare l'indotto, quello più innovativo, nel territorio e le reti d'impresa nelle forniture e nei servizi.

Giulio Garau

 

 

Rubati i piccoli cigni dal nido - Gli animalisti si mobilitano
A Capodistria per il terzo anno maltrattati gli uccelli giunti per nidificare - Polizia allertata, i volontari chiedono telecamere e recinzioni: appello al Comune
Trieste. Da tre anni ormai i due cigni che nidificano in un'insenatura del parco sportivo di Bonifika a Capodistria sono oggetto di maltrattamenti. Pochi giorni fa a una coppia sono stati rubati i piccoli appena nati. Qualcuno è entrato nel recinto che delimita l'area loro dedicata, e malgrado il maschio abbia tentato di difendere il nido - l'animale ha delle evidenti ferite - è riuscito a strappare alla coppia i piccoli. La cittadinanza è rimasta molto scossa dal triste episodio, e i volontari che si prendono cura di quegli animali non si danno pace: da tempo chiedono maggior protezione per questi uccelli acquatici, senza ricevere risposta dall'amministrazione comunale.«Il fatto anomalo - sostengono i volontari che hanno denunciato alla polizia la sparizione dei piccoli e il maltrattamento agli animali - è che ci stavamo organizzando per fare dei turni di controllo, e proprio nelle ore precedenti l'inizio del nostro turno di vigilanza è avvenuto il furto: non pensiamo sia un caso».Già nel 2019 la coppia di cigni aveva scelto di nidificare in quell'ansa del parco. Uno spettacolo al quale molti cittadini assistevano con interesse, postando foto sui social media, i bambini entusiasti nel vedere quello spettacolo della natura. Ma già allora degli ignoti, nati i piccoli, ne avevano rubato uno e avevano avvelenato l'esemplare maschio. Per questo motivo, lo scorso anno, appena i cigni sono tornati per nidificare - la femmina depone dalle 5 alle 8 uova e poi le cova per circa 35 giorni, mentre il maschio fa da guardia al nido - un gruppo di volontari ha iniziato a prendersene cura cercando di proteggerli e creando un movimento a supporto degli animali che ha coinvolto molti residenti. Eppure, malgrado la sensibilità nei confronti di quelle bestiole fosse cresciuta, è stata messa a segno un'altra incursione, con il tentativo di rubare l'intera nidiata. Due uomini hanno sistemato del cibo in alcuni punti dell'area dove i cigni avevano nidificato, con l'intenzione di distrarre i due esemplari adulti e avere via libera per raggiungere il nido. Il blitz è stato interrotto dall'arrivo delle forze di polizia allertate da una persona che aveva visto la scena e colto le cattive intenzioni. Quest'anno i cigni non sono mancati al loro appuntamento con il parco di Bonifika. La femmina ha nuovamente deposto le uova, nove in totale. «Il primo maggio si sono schiuse le prime tre - racconta Jasmina Cuturic, una rappresentante dei volontari - e sono nati tre piccoli, il giorno successivo altri quattro; due uova invece erano già sparite da giorni, ma non escludiamo siano state sottratte da qualche animale».«Attendiamo la polizia individui chi ha compito un gesto così malvagio, - aggiunge Cuturic - ma chiediamo al Comune di tutelare quelle bestiole, con una recinzione più sicura e telecamere a tutela degli animali, nonché per dare un segnale di civiltà. Perché - aggiunge - la cultura e il progresso di una comunità e di chi la amministra si leggono anche nell'importanza che viene riservata al benessere degli animali. Non possiamo tollerare che nella nostra Capodistria si passi sopra a simili atti di violenza».

Laura Tonero

 

 

SEGNALAZIONI - Molte case vuote - Non occorre cementificare il verde

Caro direttore,da qualche mese è cominciata la nuova costruzione di una palazzina su una via laterale di vicolo delle Rose a Roiano: prevede lo sbanco di pastini centenari sostenuti con muri a secco, sui quali cresceva un bel boschetto di querce, frassini e acacie. Da una decina d'anni questo bel triangolo di terreno è diventato edificabile, gli alberi sono stati tagliati e con le ruspe si sono costruite abitazioni su un terreno impervio e stretto, su due pastini sfalsati, dove hanno iniziato lo sbanco degli antichi muri a secco. Non dico nulla su chi costruisce, lo fa seguendo la normativa, avendo ottenuto tutte le autorizzazioni degli enti preposti. La mia considerazione è un'altra. Trieste è una bellissima città con pochissimo territorio verde alle spalle, visto il confine a ridosso del centro e anche il centro stesso non è che sia proprio tanto verde. La città si sta spopolando sempre di più, esistono palazzi interi chiusi, si stimano più di 10 mila alloggi vuoti. Negli ultimi anni si è persa una consistente quota di residenti: il 1961 dava un dato ufficiale di 272.723 abitanti, nel 2020 ne contiamo 201.613. Abbiamo perso tanti abitanti quanti due volte Gorizia. Allora, vorrei proprio capire perché si continuano a costruire case nuove allargando il centro urbano disboscando, spianando, riempiendo di cemento e bitume tutto il territorio a ridosso della città. Basta passare per via Commerciale per constatarlo: ci sono molti muri puntellati, oltre ai crolli continuano a verificarsi. Nel 2017 una casa rimase sospesa nel vuoto e quattro macchine rimasero schiacciate. E l'elenco è lungo, ultimo quello di strada del Friuli di dicembre. Nella parte alta di Roiano negli ultimi decenni sono state costruite decine e decine di case e palazzine eliminando pezzi di bosco in zone impervie, che necessitato di tanti muri di contenimento per i quali non c'è bisogno di fantasia per capire quali problemi creeranno in futuro. Nei secoli scorsi la popolazione che ci abitava e coltivava le zone verdi ha fatto un lavoro certosino di contenimento dei pendii proprio con la creazione dei pastini e con il contenimento delle acque che scorrono nel sottosuolo, che andavano ad alimentare numerosi pozzi per irrigazione e per l'uso domestico. Questo territorio è fragile, si muove facilmente, ma è anche prezioso, sia per la presenza delle specie botaniche del territorio che per le specie animali dimoranti. Ci lamentiamo che i cinghiali arrivano in città, ma forse ciò è dovuto al fatto che la città ha invaso i territori dei cinghiali. Insomma, forse è arrivato il momento da parte dei nostri amministratori di cambiare passo, di illuminarsi per la creazione di città vivibili. Basta aumentare le zone costruibili a ogni nuovo piano regolatore. Non si deve permettere più la costruzione di case e palazzi in aree verdi, soprattutto quelle su pendii, si deve chiudere i centri storici sempre di più al traffico, creare dei giardini e degli orti urbani, anche nei parchi delle ville storiche di proprietà del Comune desolatamente chiuse. Bisogna incentivare la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, di quei gioielli di case d'epoca che ci sono in città, dando contributi che incentivino questa scelta, in modo da creare anche lavoro nel settore dell'edilizia. Si deve ripensare il tessuto urbano con una nuova concezione, guardiamo a Milano e ai suoi giardini verticali, ricreiamo un centro città a misura di persona, per ripopolarlo in chiave ecologica piantumando alberi invece di tagliare quelli secolari esistenti e, dove si può, creando terrazzi e giardini pensili, aree di gioco per bambini, di passeggio e incontro. Insomma, progettare un ambiente gradevole e bloccare lo scempio del territorio boschivo e naturale. Abbiamo le prove di quanto danno crea la cementificazione del territorio. È importante capire che le città che hanno molto verde abbassano anche di due gradi la temperatura estiva e rischiano meno alluvioni, oltre ad avere meno inquinamento: una vegetazione a strati, ovvero prato, siepe, piante a portamento basso e poi a portamento alto riducono sia l'inquinamento atmosferico che l'acustico, oltre a permettere a molti uccellini di dimorarci e allietarci con il loro canto, aiutandoci nel contempo a contenere insetti fastidiosi come mosche e zanzare.

Linda Vuk

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 maggio 2021

 

 

Dall'acciaio all'aeroporto - Il Friuli Venezia Giulia alla sfida dell'idrogeno
Siderurgia a basso impatto, autobus non inquinanti e motori marini puliti sono i fronti più vitali di ricerche e progetti sulla transizione energetica in regione
Trieste. Siderurgia pulita, autobus a impatto zero, moli elettrificati e motori marini non inquinanti. Il Friuli Venezia Giulia mette un piede nella rivoluzione dell'idrogeno, che rappresenta uno dei cardini della transizione energetica che ci aspetta. L'annuncio del gruppo Arvedi sulla produzione di idrogeno a Servola è la punta di una serie di progetti che vede soggetti pubblici e privati lavorare a un futuro più sostenibile, anche grazie ai finanziamenti che l'Ue concentrerà sul settore. Arvedi investirà 20 milioni di euro su un impianto che già dall'anno prossimo potrebbe produrre idrogeno per alimentare il laminatoio in via di potenziamento. La cornice è quella della decarbonizzazione del ciclo produttivo che la società siderurgica sta perseguendo fra Trieste e Cremona. A Servola si userà idrogeno green, grazie a un impianto fotovoltaico da 6 megawatt posto sui nuovi edifici. L'energia innescherà l'elettrolisi: l'idrogeno prodotto sostituirà parzialmente il gas naturale destinato ai forni di riscaldo dei laminati e un'altra parte sarà stoccata e utilizzata quando necessario. Il tutto alimenterà una ulteriore linea di zincatura, che Arvedi ha annunciato due giorni fa di voler installare in un nuovo capannone da 25 mila metri quadrati, con una spesa da 80 milioni di euro. Il gruppo lavorerà inoltre con Snam per l'impiego di idrogeno nella produzione di acciaio a basse emissioni a Cremona. Snam avrà un ruolo centrale anche in altri progetti in Fvg, dopo il protocollo siglato nel settembre scorso assieme alla Regione. L'obiettivo del presidente Massimiliano Fedriga è rispondere agli obiettivi del Green deal europeo, raggiungendo entro il 2050 un'economia a emissioni zero. Il piano coinvolge il Trieste Airport, il porto e Confindustria Udine, ma c'è anche l'intenzione di sviluppare un centro di ricerca dedicato. A muoversi sulla scena sono anche i privati, da Wärtsilä a Danieli, passando per A2a e startup dell'Area di ricerca: tutti al lavoro per dare vita a motori a basso impatto, acciaio meno inquinante e centrali termoelettriche più ecologiche. E pure la multiutility Hera comincia a guardare alle possibilità offerte dall'idrogeno green, per ora in Emilia Romagna.Si tratta per ora di studi e progetti, ma per alcuni di essi la trasformazione in realtà potrebbe non essere lontana. È il caso di quanto si sta pianificando al Trieste Airport, che potrebbe diventare in pochi anni distributore di idrogeno per la trazione degli autobus del trasporto pubblico. Antonio Marano presiede lo scalo ed è contemporaneamente membro del cda di Snam: il manager funge da cerniera tra il Friuli Venezia Giulia e la società di infrastrutture energetiche. «In cantiere ci sono molte cose - dice - e la regione può essere una piattaforma importante della transizione energetica, sia nel campo del trasporto merci che in quello delle persone». Per quanto riguarda l'aeroporto, è prevista l'installazione di pannelli fotovoltaici da 3 megawatt: una parte dell'energia andrebbe a soddisfare metà del fabbisogno dello scalo e dei mezzi elettrici che sempre più vi saranno impiegati, mentre il resto azionerebbe elettrolizzatori capaci di produrre idrogeno, che sarebbe stoccato e impiegato come combustibile per gli autobus che collegano l'aeroporto. Il progetto costa 4 milioni, finanziabili in parte dall'Innovation Fund dell'Ue. «La risposta dovrebbe arrivare a settembre - dice il direttore di Ronchi Marco Consalvo - ma non sarà condizione indispensabile per partire. È un'idea che non ha simili in Europa: entro l'inizio del 2022 possiamo concludere la progettazione, mentre la realizzazione richiede un anno e mezzo». Consalvo stima una produzione di 44 tonnellate di idrogeno all'anno, capace di coprire 420 mila chilometri di percorrenza: «Con un solo punto di rifornimento - precisa - possiamo far funzionare tre autobus. Sarebbe ideale avere altri luoghi di rifornimento e produzione, ma tutto deve andare di pari passo con la transizione della flotta del trasporto pubblico: un bus tradizionale costa 250 mila euro contro i 450 mila di uno a idrogeno, ma con programmi di acquisto decennali si possono abbattere le spese».L'idrogeno è anche sul tavolo del presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, che con alcuni grandi player studia la possibilità di impiego in ambito marittimo. «Sono in corso - spiega - studi di fattibilità per valutare come l'idrogeno possa coprire il fabbisogno di energia nei momenti di picco di consumo, senza ulteriormente gravare sulla rete elettrica cittadina». Il campo è quello dell'elettrificazione delle banchine, che verrà sostenuto con le risorse del Recovery Fund e che punta ad alimentare le navi in ormeggio con la rete elettrica: l'idrogeno potrebbe essere un valido alleato da questo punto di vista. Per restare sul mare, c'è poi l'impegno di Wärtsilä. Come spiega il presidente Andrea Bochicchio, «lo stabilimento di Trieste sperimenterà anche combustibili con miscele crescenti di idrogeno. La prima sfida si gioca sulla percentuale di idrogeno presente nel blend di carburanti innovativi. L'altro campo riguarda l'utilizzo di idrogeno per produrre l'energia necessaria a realizzare nuovi carburanti a basso impatto: è un approccio che promette di essere ottimizzato in un periodo più breve».

Diego D'Amelio

 

Tre tecniche in campo ma il nodo da risolvere è sempre quello dello stoccaggio
Le conoscenze attuali consentono di creare e consumare "sul posto" - Ancora difficile procedere all'accumulo: le prospettive all'orizzonte
Idrogeno da produrre e consumare direttamente "sul luogo". Lo stoccaggio? Con le tecnologie attuali molto difficile, pericoloso, se non ancora al limite dell'impossibile. Lo sa bene la Snam che gestisce la rete del gas in Italia, e che ha predisposto un piano in cui sostiene che l'idrogeno sarà l'energia del futuro e avrà un ruolo chiave per raggiungere l'ambizioso obiettivo della decarbonizzazione entro il 2050. Alcuni grandi risultati potranno essere raggiunti presto, come dimostra il progetto di riconversione della centrale A2A di Monfalcone da carbone a gas entro il 2024: la nuova turbina a gas potrà funzionare anche a idrogeno. Ma non solo idrogeno, impossibile: gas metano miscelato a idrogeno. Snam è già pronta a miscelare il 10% di idrogeno con il gas, arriverà al 20% e già ora il 70% delle tubazioni a gas sono pronte per questa miscela. Una produzione continua di idrogeno che sarà immesso direttamente nella rete appena prodotto, derivante da energie rinnovabili, il cosiddetto idrogeno verde (solare dall'Italia o il Nord Africa, eolico o altro) con la produzione notturna. Ma magari anche dallo stesso gas naturale (idrogeno grigio). Ma niente stoccaggio. Lo sanno bene anche in Austria dove la Voest Alpine vedrà realizzata grazie alla Mitsubishi la più grande acciaieria a idrogeno del mondo: e questo gas sarà utilizzato come combustibile al posto del gas naturale e del carbone. Ma da dove arriverà l'idrogeno? Nel 2019 Voestalpine ha realizzato nel suo stabilimento principale di Linz, grazie alla Siemens, un impianto che produce idrogeno dall'acqua utilizzando fonti di energia rinnovabili, quindi a zero emissioni di gas serra: 1.200 metri cubi di idrogeno verde all'ora. Zero stoccaggio però. Perché attualmente accumulare idrogeno è un'impresa che troverà soluzioni forse solo per il mondo dell'automotive. Tre le tecniche conosciute, e tutte e tre hanno risvolti più o meno negativi. Eccole. Stoccaggio gassoso: è necessario avere bombole capaci di sopportare pressioni dell'ordine dei 700 bar. Per avere un'idea, quelle attuali del metano nelle auto hanno una pressione di 220 bar. Impossibile avere serbatoi sicuri in metallo, si stanno valutando materiali compositi e speciali resine rinforzate con le fibre di carbonio. Stoccaggio liquido: è quello che promette il miglior rendimento, ma incontra i maggiori ostacoli tecnologici. L'idrogeno infatti evapora a -253 gradi centigradi e per mantenerlo nello stato liquido è necessario conservarlo a temperature inferiori: tanto per avere un'idea siamo a 20 gradi sopra lo zero assoluto. E i serbatoi? Tecnologicamente avveniristici, simili a dei thermos: due serbatoi separati da una camera d'aria, rarefatta o sottovuoto. Ma si sta ancora studiando questi serbatoi criogenici. Stoccaggio in materiali solidi: non vale nemmeno la pena di soffermarsi, è il sistema meno sviluppato e meno efficace praticamente. Questo processo utilizza gli idruri metallici, una sorta di sfere speciali, che hanno la capacità di immagazzinare idrogeno e rilasciarlo. Ma attualmente la capacità di stoccaggio non supera il 2% del peso del serbatoio stesso.

Giulio Garau

 

Via il carbone dalla centrale entro il 2022
È quanto emerso ieri dal tavolo di confronto in Regione. Il Comune ha chiesto ad A2A di anticipare di tre anni la dismissione
Ora si gioca d'anticipo. Se la partita per la centrale 2.0 è ancora in piedi, e ieri l'amministrazione Cisint al tavolo in Regione ha ribadito che «continuerà a fare quanto in suo potere per ostacolare la riconversione in un nuovo impianto a gas («con idrogeno, in miscela o senza»), è sulla decarbonizzazione che adesso si chiede ad A2A un «passo in avanti concreto». Così, la quadra trovata è quella di un accordo di programma, verosimilmente da chiudersi entro l'anno, per la dismissione dei gruppi carbonili nel 2022. La normativa italiana ha fissato il phase out del minerale fossile al 2025. In caso di proroghe governative per qualsivoglia motivo, da un punto di vista meramente ipotetico, l'azienda ha facoltà di continuare i processi fino al 2028. Sicché anticipare il pensionamento del carbone sarebbe comunque un punto a favore dell'ente, in termini di obiettivi centrati. La cronaca, dunque. Ieri alle 15.30 si è riunito a Trieste il tavolo di confronto sul progetto di riconversione della centrale del rione Enel. Step successivo alla delibera con cui la giunta Fedriga ha espresso 13 condizioni di natura ambientale al parere collaborativo richiesto alla Regione nell'iter di Via (valutazione di impatto ambientale), di competenza statale, sul progetto di modifica dell'impianto. Il vertice, convocato dall'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente, Fabio Scoccimarro, è stato aperto dal vicegovernatore. Riccardo Riccardi ha posto un punto fermo sia sulla centralità del confronto che sulla vigilanza sulla salute pubblica: «Questo tavolo rappresenta un punto di equilibrio istituzionale. L'operazione su cui ci si sta confrontando va gestita in massima trasparenza e rispetto della procedura di cui la Regione è puntuale garante». Che per la vigilanza «sarà presente e attiva in tutte le azioni». D'altra parte il sindaco Anna Cisint ha espresso preoccupazione per l'impatto del progetto di A2A su ambiente e salute, considerando poco rilevanti le ricadute occupazionali (ha esibito un «accordo sindacale, nel quale si parla di 50 addetti») e ha rilanciato con l'illustrazione della sua alternativa di sviluppo. Una proposta illustrata lunedì, redatta da esperti, che punta alla graduale dismissione del sito: in sua vece un polo per la crocieristica, con marina e ristorante panoramico sul cucuzzolo dell'attuale camino, in stile Shangai. Da parte dell'azienda (presente l'ingegner Giuseppe Monteforte), come trasmesso da nota ufficiale, è giunto «un messaggio di apertura che considera i piani di sviluppo del Comune compatibili con gli obiettivi di riconversione della centrale e di mantenimento degli equilibri energetici da fonte rinnovabile richiesti dalle norme nazionali». A2A ha parlato della centrale 2.0 come di un sito "pulito" e in regola. Scoccimarro ha fatto sintesi convenendo sull'«accordo di programma», un bis della riconversione di Servola. «Il tavolo pone le basi per quello che potrà essere il futuro sostenibile dell'area - così l'assessore -. La nostra linea politica, come si è fatto per l'area a caldo della ferriera, non è di scontro, bensì di un accordo con la società. La Regione ha già espresso una posizione chiara con le prescrizioni accluse al parere». La Regione condurrà una «mediazione» che porti in tempi brevi al patto per la transizione ecologica, «punto di equilibrio tra istanze industriali e territoriali».

Tiziana Carpinelli

 

«Un impianto non essenziale che condiziona l'intero sito» - la posizione del sindaco
Non c'era solo il Comune di Monfalcone, al tavolo di ieri. Ma pure le vicine municipalità e mezza giunta Fedriga: oltre al vicegovernatore Riccardo Riccardi (il presidente era a Roma), gli assessori Sergio Emidio Bini (Attività produttive), Alessia Rosolen (Lavoro) e Sebastiano Callari (Demanio). Quindi le amministrazioni di Duino Aurisina, Monrupino, Staranzano, Ronchi, San Pier, San Canzian, Turriaco, Doberdò, Fiumicello Villa Vicentina e Grado. Per A2A Giuseppe Monteforte e altri tre delegati. Il sindaco Anna Cisint ha ribadito concetti ripetuti allo sfinimento negli ultimi mesi. Relativamente alle prospettive dell'impianto termoelettrico, «che peraltro non è una centrale tra quelle essenziali in Italia, e non lo dico io, ma Terna», l'intervento «trova motivazione soprattutto nella possibilità di impiegare il capacity market», in sostanza «un'operazione finanziaria per usufruire di queste risorse». Circa il fabbisogno energetico regionale «la verità è che già l'esistente centrale di Torviscosa lavora al 25% per coprire l'intera esigenza territoriale». Quindi le preoccupazioni della città per le ricadute che un nuovo impianto a gas di 850 MW, «praticamente il triplo dell'attuale», verrebbe ad avere. Un impatto «pesante in termini di produzione di Co2», con «riduzione significativa degli attuali posti di lavoro». Altresì «condizionerebbe, in futuro, la possibilità di uno sviluppo, nell'area, della logistica e dei servizi di carattere innovativo e sostenibile». Diversa la prospettiva dell'alternativa illustrata ieri anche alla Regione, che potrebbe portare lavoro: «Con un traffico pari al 10% dell'attuale movimento crocieristico che ha base a Venezia ci sarebbero 4 mila addetti», ha riferito. A chiudere Cisint ha proposto che il «primo punto dell'accordo sia la chiusura dell'impianto a carbone nel 2022 e il ripristino delle aree: un segnale per la città».

T.C.

 

 

La maggioranza si divide sulla riqualificazione del Giardino San Michele - la mozione di FI sostenuta dai voti delle opposizioni
Il Consiglio comunale chiede alla giunta di ripristinare i servizi igienici del Giardino San Michele e di riqualificare la contigua Androna degli Orti: è il contenuto di una mozione presentata dai forzisti Michele Babuder e Alberto Polacco, approvata a maggioranza con il voto delle opposizioni e l'astensione di FdI e Lega. Sempre sul tema dei bagni pubblici, la capogruppo del M5s Elena Danielis rende noto: «Da oltre un anno quelli del Cimitero ex Militare sono fuori uso. Quando sara completata la ristrutturazione? Stante la vigente normativa, la struttura può considerarsi agibile?». Il civico consesso ha anche discusso in maniera accesa alcune mozioni latenti, tra cui quella che stigmatizzava il gesto del vicesindaco Paolo Polidori del 2018 (la coperta del mendicante), rivendicata dal centrosinistra e infine respinta dall'aula. Roberto Cason (Lista Dipiazza) chiarisce di non aver votato per problemi tecnici: si sarebbe comunque espresso a sostegno del vicesindaco. «Non per nostra volontà - è il commento della capogruppo Pd Fabiana Martini - ci ritroviamo a discutere adesso mozioni di quasi tre anni fa, pur ritenendole tuttora politicamente valide: idem per quelle su Giorno del Ricordo e pietre d'inciampo. All'epoca non ottennero l'urgenza». Durante il question time, rispondendo a una domanda di Marco Gabrielli (Cambiamo) sulla Polizia locale, Polidori ha fornito dati sulle confische di autovetture: dal 1° gennaio all'8 maggio 2021 eseguiti 209 sequestri finalizzati alla confisca, 51 fermi amministrativi, 7 confische amministrative, 4 conferimenti a custodia acquirente, 8 rimozioni coattive, un invito alla consegna del veicolo.

Lili Goriup

 

 

Il sondaggio online: «No ai supermercati al Mercato coperto»
Gli esiti del questionario di Adesso Trieste compilato da 850 persone: «Filiera locale»
«Netta contrarietà alla grande distribuzione nel Mercato coperto», è quanto emerso dai dati raccolti nel questionario di Adesso Trieste sul futuro del sito, compilato da più di 850 persone e presentato in videoconferenza: «Al contempo, c'è volontà di renderlo un centro di supporto all'economia, all'offerta del territorio, in un rapporto più stretto con il rione - spiega la civica -. Quest'ultimo punto è particolarmente caldeggiato sia dagli operatori attualmente presenti che potenziali. Altre idee? Incentivi al consumo locale, come buoni spesa per prodotti km0, fermata del tram nei dintorni e percorsi ciclabili con stalli per bici nella struttura». Tra gli altri hanno partecipato il poeta Luigi Nacci e Luca Garibaldo dell'agenzia di ricerca Dynamoscopio, che ha gestito la progettazione della nuova vita del Mercato di Lorenteggio a Milano. Si è trattato di un'anticipazione dell'assemblea pubblica di sabato, dalle 10.30 in campo San Giacomo: alle 13.30 sarà illustrata la partecipazione partecipata sul sito di via Carducci. Prima saranno annunciati il candidato sindaco (al momento in pectore) Riccardo Laterza, e il programma elettorale: ecologia, economia, sociale, cultura, partecipazione i punti chiave, da arricchire successivamente con le proposte dei cittadini. «Frutto del lavoro di un centinaio di persone durato cinque mesi, il nostro programma è una visione per Trieste da qui al 2031 - si legge in una nota -. Si ispira all'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il piano d'azione per le persone, il pianeta e la prosperità».

Lilli Goriup

 

Rimessa a nuovo la scalinata fra Barcola e il Faro della Vittoria
La ristrutturazione è stata finanziata con 55 mila euro dal Municipio
È stata ristrutturata e rimessa in sicurezza, dopo un'attesa che si protraeva da anni, l'antica scalinata in pietra che da via San Bortolo porta a via del Perarolo, nel rione di Barcola. È stato il Comune, con una spesa di 55 mila euro, a realizzare l'intervento. «Si tratta di un'opera che potrebbe apparire secondaria - spiega l'assessore per i Lavori pubblici, Elisa Lodi - ma in realtà non è così, perché la scala rientra in uno degli itinerari pedonali che i turisti percorrono per salire al Faro della Vittoria o per raggiungere la riviera barcolana dopo averlo visitato». A piedi infatti il tragitto più breve che collega il Faro alla pineta di Barcola comprende proprio quella scala, costruita in pietra più di un secolo fa, come gran parte delle costruzioni che la circondano. Da parecchi anni poi, essa è utilizzata dagli allenatori delle varie canottiere che hanno sede a poche centinaia di metri, lungo viale Miramare, e che portano i loro atleti a faticare su e giù per quei gradini, per raggiungere la migliore forma atletica. Nell'occasione, Lodi ha ricordato che il Comune, recentemente, ha provveduto a sistemare numerose scalinate, in Ratto dei Mandrieri, nelle vie Umago, Ciamician e Molino a vento, in piazza del Sansovino, largo San Luigi, viale D'Annunzio e le scale denominate "Dublino" e "Borgo San Sergio". Ridiventata percorribile senza rischi, ora la scala di Barcola attende di ricevere una denominazione. Nei decenni infatti nessuno ha mai pensato di intitolarla a qualche personaggio; ora che non si presenta più come un manufatto abbandonato, l'ipotesi può diventare attuale. «È molto presto per assumere una decisione in tal senso - dice l'assessore competente, Michele Lobianco - e attualmente non abbiamo intenzione di battezzare quella scala». Bisognerà avere pazienza dunque, ma i residenti di Barcola vedrebbero di buon occhio un'intitolazione della storica scala.

Ugo Salvini

 

 

Area Marina di Miramare: status al top confermato - Superato l'esame della commissione
Esame superato, con i complimenti della commissione: per la terza volta nella sua storia l'Area Marina Protetta di Miramare ha passato il vaglio del Comitato tecnico internazionale di valutazione e ha ottenuto il riconoscimento di Aspim - Area specialmente protetta di importanza mediterranea. Miramare conserva così un titolo che ha ottenuto nel 2008 e che viene sottoposto a verifica ogni 6 anni. Ad essere premiata è la gestione dell'Area, affidata fin dalla sua istituzione nel 1986 al Wwf Italia. Per ottenere e mantenere questo prestigioso e importante status non è infatti sufficiente (anche se necessario) avere un elevato grado di biodiversità, habitat di particolare rilevanza naturalistica e specie rare, minacciate o endemiche: bisogna assicurare una capacità di gestione tale da garantirne la salvaguardia, promuovendo costantemente iniziative di studio che permettano di monitorare annualmente lo stato di salute, verificare il mantenimento di un elevato grado di biodiversità, nonché ottimizzare il funzionamento della struttura tecnica e di sorveglianza. Tutti obiettivi che Miramare ha raggiunto. Il riconoscimento è arrivato al termine di una video-riunione, cui hanno partecipato il direttore dell'Amp Maurizio Spoto con i colleghi Carlo Franzosini e Saul Ciriaco, e il Comitato tecnico.

 

 

Bonifica bellica al via sulla costa di Muggia
Necessario anche un intervento con macchinari ad hoc per rimuovere materiali pesanti trovati sul fondale marino
Muggia. Prosegue la riqualificazione del tratto costiero muggesano, quello che da Porto San Rocco arriva fino alla fine del terrapieno di Acquario, zona, quest'ultima, dove i lavori, come afferma il vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici, Francesco Bussani, «proseguono a ritmo sostenuto». Al milione 230 mila euro utilizzati per il primo stralcio funzionale di riqualificazione costiera, quello già concluso, si aggiungono il milione 316 mila euro previsti per la riqualificazione del tratto costiero da Porto San Rocco a Punta Olmi. Un progetto per il quale si è proseguito l'iter di verifiche conseguente alle necessarie istruttorie. È stata infatti, in questo periodo, effettuata la perizia bellica affidata all'impresa Ediltecnica di Carrara, in Toscana: sono stati eseguiti sondaggio, analisi, mappatura e individuazione di eventuali reperti bellici subacquei risalenti al primo e al secondo conflitto mondiale. Attraverso un magnetonomo, infatti, sono state concretizzate delle verifiche che hanno fatto emergere la presenza di vari elementi sul fondale marino. Permangono masse magnetiche che per le dimensioni sono risultate inamovibili manualmente dagli operatori subacquei impiegati. Per consentire la chiusura delle attività di bonifica bellica, si è reso, quindi, necessario asportare tutto il materiale riscontrato che interferisce con la bonifica del fondale marino, affiancando all'operatore subacqueo un mezzo nautico dotato di escavatore o apparecchio di sollevamento. L'esecuzione delle operazioni richieste per l'asportazione di corpi morti, zavorre e altri materiali nell'area a mare antistante il pontile per la balneazione in strada per Lazzaretto, nel terrapieno Ronchi est/Punta Olmi, è stata affidata alla ditta Kdm Sub Service di Trieste, a fronte di una spesa di 29 mila 890 euro. «Quest'area costiera - spiega Bussani - poteva presentare dei potenziali rischi derivanti dalla presenza di residui bellici, considerato anche il recente rinvenimento di altri ordigni inesplosi in prossimità del cosiddetto Molo a T». Motivo per il quale si è provveduto all'effettuazione della bonifica bellica sistematica in un'area che sarà, a seguire, interessata dai controlli archeologici e da azioni comunque propedeutiche alla successiva realizzazione dell'intervento di riqualificazione del tratto. «I lavori di ricognizione, finalizzati alla valutazione del rischio bellico, sono un atto necessario volto a escludere problematiche che potrebbero altrimenti presentarsi in fase di realizzazione dell'opera», ha spiegato Bussani. «Il prossimo passo - ha concluso il vicesindaco e assessore - sarà l'analisi del sito dal punto di vista archeologico per verificare la presenza di eventuali reperti assieme alla Soprintendenza». -

Luigi Putignano

 

 

Dall'aula di Duino Aurisina il «no» al raddoppio della Capodistria-Divaccia - Le opposizioni tra non voto e astensioni
DUINO AURISINA. Quattro componenti dell'opposizione di centrosinistra che non partecipano al voto sulla mozione presentata dalla maggioranza. Altri due che si astengono. I consiglieri di centrodestra che votano invece compatti il "sì" al testo, ribadendo ancora una volta la loro netta contrarietà al progetto. Ha tenuto banco anche ieri, nel Consiglio comunale di Duino Aurisina, la discussione sul piano che prevede la costruzione del secondo binario della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia, lambendo la Val Rosandra e il Carso triestino. «Il Comune di Duino Aurisina - si legge nel testo della mozione - conferma la propria contrarietà al progetto e chiede il sostegno alla Regione, chiamata a intervenire, e alle competenti autorità la massima attenzione sullo sviluppo dei cantieri. Ritiene inoltre necessario tenere alta l'attenzione sul tema, oltre che vigilare anche sulle progettualità del tratto Ronchi - Trieste». È quest'ultima considerazione a evidenziare la motivazione che sta spingendo l'esecutivo Pallotta a prendere una ferma posizione sull'argomento. «Mai - ha detto Chiara Puntar, capogruppo di Alleanza per Duino Aurisina e relatrice della mozione - vorremmo trovarci davanti a una situazione come quella che sta attanagliando il Comune di San Dorligo della Valle, un territorio in cui il progetto ha suscitato la contrarietà degli ecologisti sloveni e italiani e della cittadinanza». Igor Gabrovec (Insieme) ha replicato, ricordando che «il progetto ha superato il vaglio dell'Unione europea, che lo ha pure finanziato con 200 milioni di euro, ritenendolo strategico. Sbaglia chi vede nel raddoppio della linea un'infrastruttura contraria agli interessi del porto di Trieste, perché ci sono i presupposti per una collaborazione fra i due scali». Più secca Elena Legisa (Rifondazione): «Non partecipo al voto perché questa mozione è uno spot politico». Assenti al voto anche i due esponenti del Pd: Marisa Skerk e Massimo Veronese. Astenuti Lorenzo Celic (M5s) e Stefano Sacher (Lista per il Golfo). Puntar ha poi ricordato che «nel 2013 la Regione aveva bocciato il progetto e il ministero dell'Ambiente italiano aveva inviato alla Slovenia una nota che sollevava perplessità sull'impatto ambientale dell'opera».

Ugo Salvini

 

Binari al servizio del porto - Sì in Sesta commissione - Il passaggio sul potenziamento ferroviario

Un altro passo in avanti per il potenziamento delle reti ferroviarie del Porto di Trieste e della stazione di Campo Marzio. Sono stati deliberati con esito favorevole, ieri in Sesta commissione consiliare, l'adeguamento tecnico-funzionale del Piano regolatore portuale e la variante di quello generale per la rifunzionalizzazione dello scalo di Campo Marzio. Si è trattato di un semplice passaggio burocratico, poiché Autorità di sistema portuale e Rete ferroviaria italiana hanno podestà autonoma in materia di pianificazione, quindi il Comune si è limitato a riconoscere un atto dovuto. Nel concreto, si potrà ora procedere con l'allargamento di alcuni ormeggi della riva Traiana e del Molo V, l'avanzamento a mare della riva sud del Molo VII, la realizzazione di un attracco Ro-Ro nello Scalo Legnami e il dragaggio del canale di accesso alla Piattaforma Logistica. Inoltre, verrà demolito il magazzino merci sulla riva Traiana per realizzare ulteriori quattro binari previsti nel progetto definitivo di ampliamento della stazione di Campo Marzio.«Sono contenta di questi passi in avanti perché più potenziamo la rotaia e più sarà facile togliere dalle strade i camion: con il tempo i mezzi verranno sempre più caricati sui treni fino al paese di destinazione», ha commentato l'assessore comunale all'Urbanistica, Luisa Polli.

Simone Modugno

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 maggio 2021

 

 

Arvedi punta altri 100 milioni su Servola

Nella Ferriera un nuovo capannone e un sistema per produzione di idrogeno alimentato a energia solare: piano da 30 posti
TRIESTE. Il gruppo Arvedi è interessato a investire altri 100 milioni di euro sulla Ferriera di Servola per realizzare un nuovo capannone per la zincatura e un sistema per la produzione di idrogeno alimentato a energia solare. È quanto comunicato ieri dall'azienda durante un incontro tecnico del comitato esecutivo per l'Accordo di programma sullo stabilimento industriale. Il nuovo investimento, se confermato, dovrebbe portare a 30 posti di lavoro. Così il gruppo siderurgico cremonese sintetizza i termini della proposta presentata al tavolo del Mise: «Arvedi è disponibile ad investire a Trieste ulteriori 100 milioni per realizzare un nuovo capannone all'interno del qual installare una nuova linea di zincatura per produrre un rivestimento di zinco e leghe speciali». L'investimento, spiega, «si completerebbe con l'installazione di due elettrolizzatori per la produzione di idrogeno destinato ai forni di riscaldo in parziale sostituzione del gas naturale. È previsto che gli elettrolizzatori siano alimentati a energia solare». L'azienda elenca però una serie di condizioni a cui è «subordinato» l'intervento: un Contratto di sviluppo (lo strumento di finanziamento del Mise), una modifica al piano regolatore per consentire la costruzione del capannone, il rilascio di tutte le autorizzazioni necessarie, il completamento del processo di sdemanializzazione delle aree. Il gruppo Arvedi assicura che con questo ulteriore investimento assumerà «almeno 30 persone»: «Priorità verrà data ai lavoratori a tempo determinato che, al momento della chiusura dell'area a caldo, cessarono l'attività presso l'unità produttiva di Trieste di Acciaieria Arvedi». Nel corso dell'incontro l'azienda ha rilevato il rispetto degli adempimenti contenuti nell'Accordo di programma: «Nei tempi previsti dall'AdP e dall'accordo sindacale - afferma l'azienda -, Arvedi avvierà i nuovi impianti e impiegherà il numero di addetti previsti. L'obiettivo è limitare a soli due anni la cassa integrazione». L'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro accoglie con soddisfazione l'ipotesi del sistema per la produzione di idrogeno: «Vedo con favore il vero elemento di novità, la produzione di idrogeno tramite pannelli solari, perché si sposa con la nostra idea di sviluppo sostenibile». Questa idea, prosegue l'esponente dell'amministrazione, «è alla base della richiesta di due anni fa, con la quale abbiamo avviato la riconversione dell'area a caldo. Ora attendiamo i dati tecnici per le opportune valutazioni con gli uffici della Regione che dovrà rilasciare le autorizzazioni del caso». Sempre ieri l'azienda ha diffuso un comunicato sulla nube di polveri sollevatasi dallo stabilimento nello scorso fine settimana. La causa del fenomeno, dice la proprietà, è da ricercarsi nel maltempo «eccezionale»: «Gli eventi meteorici intensi come quello di venerdì possono dar luogo ad eventi visibili a causa della polvere che si solleva dalle aree dove ancora non è terminata l'attività di smantellamento». In ogni caso, prosegue il gruppo Arvedi, «sono eventi estremamente diversi dagli spolveramenti osservati negli scorsi anni quando le polveri venivano risollevate da materiali in stoccaggio nel parco fossili e nel parco minerali». Queste aree saranno messe in sicurezza, dice il Gruppo, «come da progetti presentati a settembre 2020 e ancora in corso di approvazione presso il ministero dell'Ambiente».

Giovanni Tomasin

 

Arvedi rassicura: «La nube scura? Solo forte pioggia» - il gruppo: «nessuna criticità a Servola»
Il gruppo Arvedi informa che nell'area della Ferriera di Servola sono in corso le operazioni di dismissione e smantellamento ai sensi dell'accordo di programma sottoscritto in data 26 giugno. «Gli eventi meteorici intensi come quello registrato nella giornata di venerdì 7 - spiega una nota - possono dar luogo ad eventi visibili a causa della polvere che si solleva dalle aree dove ancora non è terminata l'attività di smantellamento e ripristino soprattutto in concomitanza con l'eccezionalità dell'evento come quello di venerdì». «Tali eventi visibili possono verificarsi anche in questa fase di dismissione ma sono eventi estremamente diversi - puntualizza l'azienda cremonese - dagli spolveramenti osservati negli scorsi anni quando le polveri venivano risollevate da materiali in stoccaggio nel parco fossili e nel parco minerali. Tali parchi come altre aree dello stabilimento saranno oggetto di attività di messa in sicurezza permanente come da progetti presentati a settembre 2020 e ancora in corso di approvazione al ministero dell'Ambiente». «L'azienda sta operando nel rispetto delle procedure che sono state comunicate agli enti nel luglio 2020 - conclude il comunicato - mettendo in campo tutte le attività di contenimento necessarie per effettuare lo smantellamento dell'impianto. Dalle risultanze sulla qualità dell'aria non vi è comunque evidenza di alcuna criticità ambientale».Sull'episodio era intervenuto anche l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente Fabio Scoccimarro. «Mi sono immediatamente confrontato con l'Arpa e la mia direzione Ambiente, è già stata chiesta - aveva spiegato - anche una relazione alle due società Icop e Acciaierie Arvedi su quanto accaduto. Qualche disagio ancora potrebbe esserci, come avevamo già anticipato, poiché si sta demolendo una struttura di oltre cento anni e ci sono molte aree non ancora pavimentate». L'assessore aveva sottolineato che «l'aver avviato la riconversione dell'area nell'ottica dello sviluppo sostenibile non ci fa abbassare la guardia e, come per la questione dei possibili odori, valuteremo eventuali prescrizioni».

 

 

La Sottostazione elettrica sede dell'Unione mondiale dei fisici
Regione, Comune, Fit e gli enti di ricerca: «Altro riconoscimento per la città» - Fantoni: «Verso un polo tecnoscientifico capace di dialogare con le imprese»
Trieste diventa un punto di riferimento per la comunità internazionale dei fisici. Non che prima non lo fosse, basti pensare all'Ictp, ma ieri è stato annunciato il trasferimento nel capoluogo giuliano della segreteria della Iupap (International Union of Pure and Applied Physics), che prenderà sede nel quartiere generale della Fondazione internazionale Trieste, alla Sottostazione elettrica. Ovvero all'interno del Porto vecchio. Anche per questo la novità è stata data in gran pompa nel palazzo della Regione dall'assessore regionale all'Istruzione Alessia Rosolen, dal sindaco Roberto Dipiazza, dal presidente della Fit Stefano Fantoni, dal presidente della Iupap Michel Spiro (da remoto), dal direttore della ricerca di Ictp Sandro Scandolo, dal direttore della Sissa Stefano Ruffo e dal professor Giovanni Comelli del dipartimento di Fisica di Units. La Iupap è un'associazione nata nel 1922 a Bruxelles, dove ora ha sede. Entro il 2021 Trieste diventerà la sede amministrativa del sodalizio, che riunisce i fisici di tutte le nazioni e funge da camera di coordinamento per le ricerche a livello globale. La Iupap organizza convegni e momenti di incontro per la comunità scientifica in tutto il mondo, oltre a assegnare premi prestigiosi come la medaglia Boltzmann per gli studi di meccanica statistica. Sempre a cura della Iupap è la definizione delle unità di misura. Per l'assessore Rosolen «l'arrivo alla Fit è un riconoscimento per la città e per la comunità triestina dei fisici»: «Aiuterà a portare altra attenzione sulla città - ha detto -. È quel che la Regione fa con Fit e gli altri enti scientifici cittadini. In questo senso si colloca la richiesta nel Pnnr di istituire a Trieste l'istituto di ricerca per le tecnologie quantistiche, da insediare in Porto vecchio». Il sindaco ha ringraziato Fantoni per il risultato ottenuto: «Il Porto vecchio continua a riscuotere interesse incredibile. Io penso che in 7-8 anni potremo vedere dei risultati molto interessanti, nonostante la burocrazia di questo Paese». Nel suo discorso il professor Fantoni ha annunciato che l'anno prossimo si terrà il centenario della Iupap, appuntamento che in parte verrà festeggiato anche a Trieste. Il presidente della Fit coglie l'arrivo dell'unione dei fisici come uno sprone alla comunità scientifica e alle istituzioni triestine a fare massa critica: «Qui c'è una concentrazione di ricerca scientifica e attenzione all'innovazione molto più alta che in altre zone d'Italia e d'Europa». Questo potenziale, ha proseguito, può esser impiegato nel risveglio del Porto vecchio: «Penso sia importante andare verso un polo tecnoscientifico che, nel riconoscere il dialogo fra scienza e imprenditoria, non dimentica che i risvolti della ricerca sono importanti di per sé. Trieste può farlo meglio di molti altri». Il presidente della Iupap Spiro è intervenuto in videoconferenza: «Speriamo che Trieste ospiti il segretariato centrale dell'Unione per molto tempo. La città è stata selezionata fra tante candidate in ogni parte del mondo, siamo lieti e onorati che l'abbia fatto anche la Fit. Darà una spinta in più alla Iupap, che entra nel suo secondo secolo di storia». Scandolo ha tessuto le lodi delle attività della Iupap: «Una grande rete che speriamo di riuscire a portare qui». Ruffo ha sottolineato il ruolo della Iupap anche su temi che esulano dalla ricerca, come quello dei diritti civili per gli scienziati. Comelli ha ricordato che l'anno prossimo è il centenario di Iupap: «Nel 2023, invece, ricorrono i cent'anni dall'ingresso dell'Italia nell'Unione, mentre nel 2024 compie un secolo Units. Una serie di occasioni che potranno servirci a guardare al passato, al presente e al futuro». A margine dell'incontro, Fantoni è tornato sul tema del polo tecnoscientifico: «La speranza è che, come avviene negli Usa, Trieste diventi un luogo in cui le imprese vengono perché sanno che lì possono dialogare con gli scienziati. Stiamo creando le condizioni perché ciò avvenga». Elenca Fantoni: «Prima Esof, ora l'arrivo di Iupap, la possibilità della Summer School, l'Ogs al Magazzino 26 sono elementi di un modello interessante, che ancora non c'è ma potrebbe realizzarsi».

Giovanni Tomasin

 

La "terapeutica" in Porto vecchio: Dipiazza apre all'iberica Supera

Il sindaco, stanco di aspettare Terme Fvg e Icop, ha ricevuto ieri la delegazione spagnola che punta sugli spazi del Magazzino 30
Roberto Dipiazza apre il secondo fronte. Non aveva gradito le lungaggini del trio Terme Fvg-Icop-Myrtha Pools nel preparare il progetto della nuova piscina terapeutica in Porto vecchio, così ieri pomeriggio ha ricevuto una delegazione di Supera, un gruppo spagnolo che aveva già presentato un anno fa le proprie credenziali. Presenziava anche il direttore dei Lavori pubblici, Enrico Conte. Al termine dell'incontro il sindaco era soddisfatto, perché l'interlocutore iberico, che gestisce 24 centri "acquatici" tra Spagna e Portogallo, si è impegnato a presentare un progetto nel giro di un paio di settimane. Ma non sarà l'ex quartiere Ford dietro al Centro congressi il sito prescelto, bensì il Magazzino 30 davanti al Bacino 0.Il Comune deve aver rivisto le opinioni al riguardo, perché in precedenza aveva storto il naso sul "30", un'area assai più piccola rispetto alle vetuste strutture del "32" e del "133". Ma il "30" presenta un vantaggio non dappoco: è libero da vincoli della Soprintendenza, per cui può essere abbattuto e sulle sue ceneri rinascerebbe qualcosa di radicalmente nuovo. Si rammenta che il "30" aveva avuto alcuni anni fa il suo momento di notorietà, quando il Comune aveva monitorato il mercato alla ricerca di investitori desiderosi di trasformare quella baracca color rosa in un nuovo mercato ittico, accompagnato da un ristorante panoramico con musica jazz. A un certo punto sembrava che Eataly fosse interessata all'operazione, ma l'interesse tramontò ben presto. Dipiazza ha aggiunto che Supera avrebbe espresso l'intenzione di provvedere anche alla "vecchia" terapeutica, quella parzialmente crollata nell'estate 2019. Comunque il sindaco non ha chiuso la porta in faccia al terzetto Terme-Icop-Myrtha: la sua volontà è quella di mettere a confronto i progetti e verificarne la migliore adattabilità tecnico-finanziaria.

Massimo Greco

 

 

Bluenergy punta sul superbonus - Lavori per 20 milioni su 32 case
I cantieri edili interesseranno complessivamente 950 famiglie, da piazzale De Gasperi a Roiano
Quota 32: Bluenergy Group, importante utility specializzata nella fornitura di luce-gas-servizi, annuncia con un comunicato la partenza di 18 nuovi cantieri Superbonus 110% a Trieste, ai quali se ne aggiungeranno quattordici entro la fine di maggio. Interesseranno 950 famiglie e implicano un investimento di circa 20 milioni di euro. Tra i cantieri già avviati a Trieste il complesso residenziale De Gasperi 3- Lamarmora 11-Brigata Sassari 24 in piazzale De Gasperi, il condominio "Pagliaricci 26" in via dei Pagliaricci a San Giovanni, il condominio "Giusti" di via Giuseppe Giusti a Roiano, il condominio "Commerciale" in via Commerciale 158-158/1, che era già partito a dicembre. Bluenergy ha coordinato il progetto di riqualificazione energetica degli edifici, configurandosi - spiega il comunicato aziendale - come riferimento per la conduzione dei diversi attori impegnati nell'opera e come realizzatore diretto di tutte le opere impiantistiche condominiali. Il progetto ha visto la cooperazione tra diverse imprese del territorio (Cos Drenica, Goni Srl, Schiavone Costruzioni Srl, Ad Gulf, Ilse Costruzioni, Costruzioni Generali Trieste, Sp Group, Cp Costruzioni Srl, Omnia Costruzioni Srl). A esso hanno collaborato lo studio Marangon Maiorano, lo studio Celli, lo studio Gasperini, Diego Piazzolla dello studio System Mind.«L'avvio di questi numerosi cantieri a Trieste è motivo di grande orgoglio per Bluenergy - è il commento di Alberta Gervasio, amministratore delegato di Bluenergy Group - crediamo che la riqualificazione energetica del parco immobiliare di una città come Trieste sia fondamentale per favorire e supportare una quotidianità sempre più sostenibile, un impegno concreto anche verso le generazioni future».«In questo senso il Superbonus 110% rappresenta un'occasione unica sia per il territorio ma anche per i cittadini - insiste la Gervasio -, per questo riteniamo che sia indispensabile affidarsi a un partner specializzato che possa seguire tutti gli step dei lavori dalla progettazione alle pratiche amministrative, vista la complessa articolazione dell'iter per poter accedere ai benefici fiscali, garantendo la qualità dell'esecuzione dei lavori sia sotto il profilo tecnico che finanziario».L'obiettivo di Bluenergy - argomenta ancora il manager - è realizzare interventi capaci di rendere il più efficiente possibile i consumi quotidiani, quindi di consumare di meno e di produrre meno CO2 per scaldare o rinfrescare case, uffici, aziende. In quest'ottica, la scelta Bluenergy - conclude la nota - è fornire esclusivamente energia proveniente da fonti rinnovabili e gas compensato grazie alla collaborazione con Carbonsink, società italiana che si occupa di mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso il meccanismo dell'annullamento dei crediti carbonio prodotti dalle emissioni di CO2. Inoltre, fungendo da hub di riferimento per la conduzione dei diversi attori impegnati nelle opere di riqualificazione energetica, si punta a favorire la collaborazione tra le maestranze locali.

 

 

Discarica a cielo aperto scoperta a Rabuiese
Un'area di 3.000 metri quadrati vicina al confine piena di rifiuti posta sotto sequestro. Si indaga per risalire ai responsabili
Muggia. Frigoriferi, sacchi neri e secchi, colmi di materiale inerte, e diverse apparecchiature elettriche. Ecco che cosa hanno trovato gli uomini del Nucleo Operativo di Protezione ambientale della Capitaneria di porto di Trieste al confine di Rabuiese, in un'area di tremila metri quadrati ora posta sotto sequestro: una discarica a cielo aperto in una zona di passaggio, che si affaccia sulla strada principale verso il valico, vicina al torrente Rabuiese, affluente del Rio Ospo. «Abbiamo ravvisato l'urgenza di intervenire con il sequestro preventivo dell'area e l'immediata comunicazione alla competente Autorità giudiziaria - precisa il capitano di vascello Fabio Poletto alla guida del Centro di coordinamento ambientale marino della Direzione marittima del Fvg - anche per impedire che l'inquinamento del suolo, dovuto alla giacenza dei rifiuti abbandonati di varia natura, a seguito del dilavamento delle piogge, potesse riversarsi nel rio adiacente e di lì nel mare». Il reato contestato è abbandono incontrollato di rifiuti, riconducibile a un'attività imprenditoriale. Su queste basi sono state avviate delle indagini dalla Procura a cui contestualmente sono stati segnalati dai militari alcuni presunti responsabili. Da una prima verifica, sono diversi i soggetti che s'ipotizza possano avere dei legami con lo scarico dei materiali. A partire dalla ditta di impianti elettrici che ha depositato delle impalcature nell'area sotto sequestro, di proprietà demaniale. Nella lista rientrano anche i soggetti che hanno partecipato a un bando indetto dall'Agenzia per l'assegnazione in locazione dello stesso terreno e pure un soggetto che aveva un'attività in loco, ora in fallimento. Sotto sequestro è finito anche lo spazio retrostante un discount, riconducibile a un privato. Il Nucleo operativo di Protezione ambientale sta procedendo, insieme alla Procura, alla ricostruzione dei fatti per trovare il reale autore dell'abbandono incontrollato di rifiuti, individuati in modo fortuito dal Nucleo ispettori pesca durante dei controlli al confine. Tuttavia questa operazione rientra in una più complessa attività di tutela dell'ambiente marino e costiero, condotta anche dagli altri nuclei regionali, coordinati dalla Direzione marittima del capoluogo giuliano. In Fvg sono state quindi portate a termine diverse altre operazioni - oltre, che a Trieste, anche a Grado, Aquileia, Fiumicello e Lignano Sabbiadoro - con il supporto inoltre dell'elicottero della base di Sarzana (La Spezia) e incentrate in particolare sul controllo del ciclo rifiuti: fanno parte di due programmi nazionali, denominati "30 days at sea 3.0" e "Onda Blu", con il coinvolgimento nel primo caso pure del ministero dell'Interno, poiché l'attività coinvolgeva, per il tramite dell'Interpol, ben 67 Stati in tutto il mondo.

Benedetta Moro

 

SEGNALAZIONI - Rifiuti - Cassonetti male utilizzati

Caro direttore, devo constatare che in via Bonomea come in svariate altre parti della città, Carso compreso, c'è l'abitudine di versare nel cassonetto dell'indifferenziata di tutto: contenitori di cartone, metallici, umido. Dato l'ingombro, spesso il coperchio rimane aperto fino al prossimo svuotamento, con "gioia" dei visitatori notturni a quattro zampe. Pare che l'educazione a usare correttamente la serie dei cassonetti presenti sia andata perduta? Felicemente no, perché ho notato che la causa sono le piccole rotonde aperture dei contenitori della plastica e del vetro e che alcuni cassonetti non hanno la leva a pedale per aprire il coperchio. Bisogna usare le mani e in tempi normali forse si poteva sopportare questo infelice disguido ma in tempi di Covid-19 ritengo proprio di no. Ma la cosa che mi dà da pensare sono quei disgraziatissimi contenitori che hanno degli oblò rotondi dal diametro infelicemente stretto. Non tutti hanno le aperture rettangolari che permettono una veloce e sicura discarica sia di sacchetti di plastica sia di scatoloni. Per scaricare l'immondizia si deve prelevarla dai nostri contenitori con le mani e  lentamente, cercando di evitare le inevitabili dispersioni di materiale, sia carta sia plastica o vetro con conseguente impiastricciamento delle mani, vedi yogurt, liquidi vari, contenitori di plastica dei salumi che rimane grassa, eccetera. Di questi tempi poi dove l'igiene è raccomandata a tutti e sempre, l'uso di questi manufatti è veramente detestabile e insicuro. C'è da domandarsi chi li ha comperati, questi odiosi affari e chi è preposto all'arredo urbano cosa faceva quando quel qualcuno li voleva comperare? A mio parere sono assolutamente da eliminare e da sostituirli con altri aventi le aperture rettangolari e la leva a pedale, ma che sia funzionante! Ho constatato che questa tipologia di contenitori, che contribuisce a creare disservizi, è presente in varie parti della città e anche sul Carso.

Sergio Lorenzutti

 

 

L'isoletta di Pomo dove non si pesca più e con la benedizione dei pescatori
L'area protetta istituita con un accordo fra Italia e Croazia nel 2017 ha portato a un massiccio incremento della fauna ittica
Spalato. Nel mezzo dell'Adriatico, tra le coste della Dalmazia e quelle delle Marche, si trova una minuscola isola vulcanica, quasi uno scoglio di grandi dimensioni: Jabuka, Pomo in italiano. Quest'isoletta solitaria dà il suo nome a una vicina fossa, profonda fino a 250 metri, importantissima per la riproduzione della fauna ittica, in particolare naselli e scampi. Dal 2017 un accordo tra Italia e Croazia vieta la pesca in quest'area. E i risultati raggiunti sono sorprendenti, tanto che Jabuka sta diventando un modello per tutto il Mediterraneo.«Oggi quest'isoletta è una celebrità in materia di pesca sostenibile e di protezione degli stock ittici», scherza Igor Isajlovic, ricercatore all'Istituto di oceanografia e pesca di Spalato. «Appena qualche anno fa, però, la situazione era molto diversa: la fossa di Pomo, ricchissima di pesci per via delle sue caratteristiche che ne fanno un luogo di riproduzione privilegiato, era l'obiettivo principale dei pescatori croati e italiani», spiega Isajlovic. Un trend pericoloso - I battelli che praticano la pesca a strascico percorrevano quest'area in lungo e in largo, catturando pesci sempre più piccoli e sempre meno numerosi. «I trend negativi negli ultimi vent'anni erano evidenti, soprattutto se confrontati con i dati raccolti all'indomani della Seconda guerra mondiale, quando la pesca era molto meno sviluppata in Adriatico», ricorda il ricercatore. Partendo da queste constatazioni, gli scienziati di entrambe le sponde hanno cominciato a fare pressione sui rispettivi governi e sul settore della pesca. E fra Roma e Zagabria si è arrivati a un accordo che inizialmente sembrava impossibile. Nell'estate 2017 un'area di restrizione della pesca di circa 2.700 chilometri quadrati è stata istituita in Adriatico, comprendendo anche due "buffer zone", zone cuscinetto in cui la pesca è consentita ma a condizioni molto rigide e solo in determinate occasioni. Il ritorno dei predatori - Il ritorno delle razze e di alcune specie di squali - quei predatori che solitamente scompaiono per primi quando cala la biodiversità in mare - indicano oggi che l'esperimento di Jabuka sta funzionando alla grande. Ed è una buona notizia anche per i pescatori. «I pesci migrano, si muovono, non rispettano i limiti della zona di interdizione di pesca - aggiunge Isajlovic - per questo i pescherecci che lavorano al limite della zona proibita catturano naselli e scampi più grandi rispetto a qualche anno fa e guadagnano di più». I pescatori soddisfatti - A 50 miglia nautiche da Spalato, Darko Kos, il capitano del peschereccio Peter Pan, ha l'aria soddisfatta. «Certo che è meglio di prima. Preferisco catturare 10 chilogrammi di scampi di prima classe, grandi, piuttosto che 50 di scampi piccoli. Lavoro meno e guadagno di più», esclama Kos, mentre osserva i suoi dipendenti separare il pescato. Ogni giorno, un peschereccio come il Peter Pan cattura nelle profondità dell'Adriatico tra i 400 e i 500 chilogrammi di pesce, attraverso una rete lunga circa un chilometro trascinata per cinque ore sul fondale. Assieme alla "no-take zone" - com'è detta in gergo la Fossa di Pomo il cui accesso è proibito ai pescherecci - sono arrivati anche tanti strumenti di controllo. Ma anche questi non sembrano preoccupare Darko Kos. «Vent'anni fa, subito dopo la guerra, tutti pescavano, era una necessità. All'epoca c'erano meno controlli ma tutto era più complicato, i documenti, gli incontri in mare con gli ispettori, la comunicazione...», ricorda il capitano. Nella sua cabina di pilotaggio, diversi schermi touch-screen permettono oggi di inviare in tempo reale la posizione del Peter Pan alle autorità croate: è il sistema Vms (Vessel Monitoring System), obbligatorio su ogni peschereccio. Grazie a questo tipo di apparecchiature satellitari, gli ispettori ricevono ogni 15 minuti la posizione di ogni nave da pesca e possono verificare che nessuno entri nell'area proibita. «Non ci sono molte violazioni», assicura l'ispettore Mario Skorjanec, sbarcato sulla Peter Pan per un controllo di routine. «Oltre alla posizione della nave e alle autorizzazioni di pesca, verifichiamo le dimensioni delle aperture nelle maglie e misuriamo il pescato, obbligando a ributtare in mare i pesci troppo piccoli», prosegue Skorjanec, che assicura «c'è meno pesca illegale di un tempo perché i pescatori sanno di essere seguiti» tanto da parte italiana quanto croata. Il monitoraggio a Zagabria - Al centro di monitoraggio del ministero dell'Agricoltura e della Pesca di Zagabria, due grandi schermi mostrano in tempo reale l'attività in tutto l'Adriatico. Nel centro, un puntino blu indica l'isola di Jabuka, a nord della quale si estende l'area protetta. I pescherecci, rappresentati da delle freccine luminose, seguono diligentemente il confine della no-take zone senza entrarvi. «Jabuka è un esempio di buona collaborazione tra Italia e Croazia che sta producendo altri accordi. Oggi, assieme ai colleghi italiani, ragioniamo assieme alle misure di tutela dell'Adriatico e attuiamo a volte dei controlli congiunti anche gli sloveni», afferma Ante Misura, direttore a Zagabria del Dipartimento della pesca. Un modello di successo - Il segreto del successo dell'operazione Jabuka, secondo Misura, è stato l'aver coinvolto fin dall'inizio nella discussione i pescatori di entrambe le sponde. «La decisione di vietare la pesca in quell'area non è stata imposta dall'alto, ma presa assieme dopo che anche chi vive delle risorse ittiche ha capito che si trattava di un passo necessario», spiega Misura. Oggi, per diverse organizzazioni di protezione dell'ambiente come il Wwf, Jabuka è un modello per tutto il Mediterraneo, un mare dove si stima che oltre il 90% delle specie acquatiche sia vittima di overfishing, ovvero di pesca eccessiva. Proteggere i luoghi in cui i pesci si riproducono potrebbe permettere di ripopolare il Mediterraneo e ricostruire la biodiversità distrutta da decenni di attività umana. Per riuscirci, sostiene il Wwf, bisogna proteggere entro il 2030 il 30% di tutti i mari.

Giovanni Vale

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 11 maggio 2021

 

 

Dal Mascherini fino al Guardiella: giardini pubblici pronti al restyling

Il Comune investe 300 mila euro per interventi in estate anche in villa Revoltella, villa Cosulich e a Borgo San Sergio

I giardini comunali si vestono di nuovi colori. Per la verità nell'edizione originale di Lucio Battisti i giardini sono ambientati in marzo, ma la delibera dell'assessore Elisa Lodi è passata all'esame della giunta una decina di giorni fa ed è presumibile che la riqualificazione delle aree verdi vada in scena la prossima estate. Il Comune scommette sull'operazione "green" 300.000 euro scavati dall'avanzo vincolato e dalla vendita del Broletto a Trieste Trasporti. Serviranno 343 giornate lavorative per far rifulgere il verde municipale di Guardiella al principio della salita al Cacciatore, di villa Revoltella, del "Mascherini" in piazza Carlo Alberto, di villa Cosulich in strada del Friuli, del "Fumaneri" a borgo San Sergio. A progettare l'intervento riqualificativo i civici architetti Carmelo Trovato e Laura Visintin. Il clou del programma - come si evince dalla loro relazione - riguarda i giardini di Guardiella. L'area, da cui è possibile osservare il Boschetto, si estende per 950 metri quadrati all'incrocio di strade urbane ritenute «piuttosto trafficate»: è attraversata da percorsi in terra battuta, c'erano giochi parzialmente demoliti, una recinzione in legno, alcuni dissuasori nella parte alta. Dalla zona a monte scende acqua. Insomma, c'è bisogno di urgente manutenzione. L'idea è di realizzare una rete di vialetti in pavimentazione in conglomerato ecologico drenante, di collocare una nuova area gioco dotata di attrezzature ludiche poste su una superficie anti-trauma, corredata da panchine. Sarà inoltre spostato l'attraversamento pedonale all'incrocio con salita al Cacciatore. Il giardino sarà reso accessibile alle persone con ridotte capacità motorie. La pavimentazione "drenante" non influirà sull'attuale assetto idrogeologico. Il programma coinvolge nuovamente villa Revoltella, già al centro del recupero finanziato dal governo per redimere le periferie. Nel parco inventato dal barone Pasquale si lavorerà sulla scalinata centrale verso il parco giochi, sulla messa in sicurezza dell'ex voliera fino a un'altezza di 3 metri, sul restauro della grande giostra storica metallica che, pur non funzionando, rimarrà elemento decorativo. Si provvederà a rimettere in sesto il vialetto in cubetti che scende dalla serra verso lo chalet. Il giardino dedicato allo scultore Marcello Mascherini in piazza Carlo Alberto richiede l'asporto della recinzione esistente, che sarà rimpiazzata da una nuova in polietilene verde. Poi due puntate in periferia e semi-periferia. Nel giardino di villa Cosulich in strada del Friuli l'obiettivo è di sostituire le vecchie panchine ammalorate. Più o meno analogo trattamento verrà dedicato al "Fumaneri" in Borgo San Sergio: manutenzione delle panchine e dei manufatti in ferro, il ripristino di gradini e di rivestimenti in pietra. In parallelo a questo quintetto di verdi recuperi, si porrà mano all'area giochi nel giardino che rimembra il podestà Muzio de Tommasini. Proprio de Tommasini decise di creare tra il 1854 e il 1864 un parco sui terreni acquistati dalle monache benedettine, anche se il progetto originario prevedeva la costruzione di una chiesa e di alcuni edifici. Lì c'era un vecchio aereo di legno, che sarà sostituito da riferimenti ludici più freschi: sarà comunque necessario passare prima in commissione paesaggistica e in Soprintendenza. Insomma, è in atto una verde "offensiva" comunale tesa a rendere più vivibili gli scorci ombreggiati dove ossigenarsi e giocare: qualche giorno fa la giunta aveva "licenziato" un intervento da 200.000 euro nel giardino tra vicolo dell'Edera e Pendice Scoglietto.

Massimo Greco

 

Corsi per le emergenze in mare nella casetta dello Skabar - a Barcola, organizzati dagli "amici del bunker"
Un anno di lavori per partire a pieno regime nel 2022. L'associazione dilettantistica "Amici del bunker", sodalizio che può contare su 250 soci, ha preso possesso della casetta di legno nel giardino Skabar. «L'obiettivo - spiega il presidente Alfonso Lattanzio - è di attivare corsi per il settore giovanile incentrati sulle basi della marineria e su come affrontare le emergenze in mare. Altre attività saranno dedicate all'apnea e alla subacquea, discipline nelle quali abbiamo una tradizione importante. Durante quest'anno abbiamo già 15 adesioni, contiamo dal 2022 di arrivare a pieno regime con maggiori disponibilità». La casetta del giardino, la cui concessione gratuita durerà 9 anni, verrà sottoposta a interventi di adeguamento: «Saranno a nostro carico - aggiunge Lattanzio -, speriamo di completarli entro un anno. Cerchiamo sempre di fare tutto in proprio, l'interno è in condizioni buone, il problema è la parte sotto dove alcune persone hanno vissuto in maniera abusiva. Qualcuno addirittura convinto di avere un contratto di subaffitto». «Quando sarà completato l'intervento, Covid permettendo - riprende il presidente -, vorremmo fare una grande festa anche per ringraziare il Comune che ha concesso la struttura». Lattanzio, che ha ricordato l'impegno del presidente della IV commissione consiliare, il forzista Michele Babuder, sottolinea anche: «A giugno avvieremo la pulizia della scogliera, mentre a settembre provvederemo al porticciolo di Barcola, un appuntamento a cui prendono parte sempre tante persone». La casetta nel giardino si aggiunge alle altre due mini sedi degli "Amici del bunker", la prima è quella visibile sul molo di Barcola e la seconda è uno dei locali situati nell'edificio tra il giardino e il porticciolo.

Andrea Pierini

 

«Più manutenzione e vigilanza» Le richieste di mamme e papà per gli spazi dedicati ai bambini
Da via Giulia a San Vito e ancora a via del Veltro e Strada di Fiume: i genitori reclamano un aumento delle attrezzature e attenzione contro i comportamenti scorretti dei più grandi
Più giochi a disposizione dei bambini. E, soprattutto, una manutenzione più attenta, oltre che un controllo più puntuale per evitare vandalismi e danneggiamenti, come peraltro già capitato più volte e in differenti quartieri. È quanto reclamano le tante famiglie che frequentano i parchi cittadini. Ieri pomeriggio il giardino "de Tommasini" di via Giulia era pieno di bimbi, genitori e nonni, tra file davanti alle altalene, sentieri invasi da "baby ciclisti", mamme e neonati sulle panchine. «Serve sicuramente qualche gioco in più», spiega un papà, Sheriff Bekijri: «L'aeroplano è stato tolto già un anno fa, seguito da uno scivolo per i bimbi con una casetta vicino. Spesso si fa la coda per le altalene. Questo giardino è molto frequentato, e gli spazi certamente non mancano, si potrebbero però aggiungere delle attrezzature, e sistemare quelle esistenti, perché qua e là c'è qualche pezzo rotto». Segnalazioni simili anche da tre mamme, Nicole Perhauz, Anja Popovic e Alice Cavagneri Gestro. «Veniamo qui molto spesso. È comodo e anche bello, però si potrebbe fare di più. Le panchine andrebbero messe a posto, soprattutto quelle più vicine al parco giochi, così come alcuni pezzi delle altalene. Eppoi andrebbe controllata meglio tutta la zona, talvolta i ragazzi più grandi rischiano di fare danni tenendo dei comportamenti poco corretti».Anche nel giardino di piazza Carlo Alberto alcuni genitori chiedono di migliorare gli spazi attrezzati. «Non ce ne sono tanti e alcuni di quelli che ci sono, peraltro, sono imbrattati con lo spray», indica una mamma: «Qui nella zona abitano molte famiglie e questo parco è una valvola si sfogo importante. E poi serve una manutenzione più costante. Alcune transenne sono da mesi nell'erba, cadute a terra, i bambini possono farsi male. La fontana inoltre è chiusa ed è diventata una sorta di stagno verde maleodorante. La paura è che tra poco, con il caldo, arriveranno tante zanzare». Per i ragazzini che si sfidano ogni giorno nei campetti sportivi presenti, serve rimettere in sesto soprattutto lo spazio per il calcio. «Quello per il basket va bene, ma qui la recinzione - mostrano i diretti interessati - è mal messa e anche la pavimentazione in alcuni punti andrebbe rifatta». E giochi nuovi vengono auspicati dai genitori anche per Villa Revoltella, lasciando sì quelli storici ma affiancandoci qualche novità, pensata magari per i più piccoli. Tra i giardini comunali per i quali le famiglie chiedono più attenzione ormai da anni c'è poi pure quello incastonato tra via del Veltro e Strada di Fiume: un'ampia area verde su tre livelli collegati da una serie di rampe di scale per una superficie complessiva di ben 1.800 metri quadrati, in parte occupati da giochi, spesso meta di vandali e ragazzi che bivaccano fino a tarda ora.

Micol Brusaferro

 

 

Sbarca al Mercato coperto una nuova pescheria - commissione trasparenza
Dal 2013 ad oggi gli operatori all'interno del Mercato coperto si sono dimezzati, e il Comune deve definire quanto prima il futuro della struttura. Intanto a breve farà ingresso sui banchi di via Carducci una pescheria. È quanto è emerso dalla Commissione Trasparenza convocata ieri per far luce su alcuni aspetti che riguardano quella realtà. «In totale il Mercato coperto - ha illustrato il vicecomandante della Polizia locale Paolo Jerman - dispone di 164 stalli: nel 2013 gli operatori erano 53 oggi se ne contano 27, qualcuno occupa più di un banco». Oltre a venditori di frutta e verdura e alcuni stalli dedicati all'abbigliamento e alle calzature, attualmente c'è un banco gestito da un macellaio, uno da un calzolaio, una sarta, un'estetista, una rivendita di oggettistica, un'edicola e un bar. «Il regolamento che detta le linee delle attività che possono insediarsi all'interno di quella struttura - ha spiegato il comandante della Polizia locale Walter Milocchi - risale al 1982 e prevede commercio su area pubblica oltre alla possibilità di un unico pubblico esercizio. Se si intende ampliare l'offerta o creare un'area dedicata ai coltivatori diretti, servirà aggiornarlo». Fin qui la parte tecnica, ora spetta invece alla politica decidere che direzione prendere. «Serve dare delle linee guida da seguire, - ha spiegato il vicesindaco Paolo Polidori - affinché anche un privato che vuole presentare delle proposte sappia entro quale perimetro muoversi». I tempi medi per il rilascio di una concessione sono di 7 giorni. Nelle ultime settimane le richieste per accedere sono state diverse, e la realtà che ha già completato l'iter di ingresso presentando tutta la documentazione necessaria, farà ingresso a breve: una ditta allestirà una pescheria. «Sono lieta che l'attenzione che abbiamo fatto riemergere sull'attuale situazione del Mercato coperto abbia portato alla decisione che, prima di "affidarsi "ai progetti del privato, sia il Comune a dover scegliere definitivamente come rilanciare il mercato coperto», ha spiegato la presidente della Commissione Trasparenza, Antonella Grim. «È il Comune - ha aggiunto - che deve scegliere, e spero ci si incammini verso la definizione di un quadro di regole che possano rilanciare l'area in una chiave attuale, in primis promozione delle produzioni tipiche e locali».

Laura Tonero

 

 

«Le istituzioni italiane dicano no alla nuova Capodistria-Divaccia»
Tappa a Bagnoli dei portavoce del comitato sloveno contro il progetto «Qui per difendere la Val Rosandra, rischia di restare compromessa»
SAN DORLIGO«Contiamo sulla collaborazione dei rappresentanti degli enti locali italiani confinanti con la Slovenia, per cercare di bloccare un progetto che rischia di compromettere l'equilibrio naturale di queste terre». È questo il forte appello lanciato ieri mattina, nel corso di una conferenza stampa svoltasi a Bagnoli della Rosandra, da Vili Kovacic e Tomas Stebe, portavoce del movimento popolare spontaneo sorto in Slovenia per contrastare la partenza del progetto che prevede la realizzazione del secondo binario della linea Capodistria - Divaccia. «Un piano - hanno spiegato - che palesa a nostro avviso gravi irregolarità sia sul piano giuridico sia su quello economico finanziario. Per questo abbiamo presentato la stessa documentazione alla Corte costituzionale e alla Corte dei conti di Lubiana. Ma bisogna che si arrivi davanti alle massime autorità dell'Unione europea per ottenere un risultato concreto. Per questo siamo venuti a San Dorligo, a pochi passi da quella Val Rosandra che è un gioiello di questa zona e che rischia una grave compromissione se si procederà nella direzione prevista dalla 2Tdk, la società di proprietà dello Stato sloveno nata per l'opera. Vogliamo sensibilizzare la Regione e i comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo perché gli scavi che dovrebbero essere effettuati, i tunnel da costruire, gli impianti al servizio della linea potrebbero originare conseguenze inimmaginabili sul territorio». Una prima presa di posizione c'è già stata da parte dell'assessore regionale Fabio Scoccimarro, mentre pochi giorni fa il Consiglio comunale di Duino Aurisina ha approvato a maggioranza un documento che chiede «la massima attenzione sul progetto, che rischia di provocare seri danni all'ambiente». Ad accogliere gli ospiti sloveni è stato Alen Kermac, consigliere comunale dei Verdi a San Dorligo, che ha garantito una volta di più «massima collaborazione su questo fronte agli amici sloveni», ricordando che «i cittadini italiani che voglio sostenere la protesta possono sottoscrivere un'apposita petizione». Presente anche il capogruppo della Lega, Roberto Massi.-

Ugo Salvini

 

 

Confermate le Bandiere blu ai litorali di Grado e Lignano Portopiccolo tra le new entry - il riconoscimento a spiagge e approdi
Grado. Per il 33° anno (di cui 32 consecutivi) Grado ottiene la Bandiera Blu, record nazionale condiviso con il comune ligure di Moneglia. Un riconoscimento che premia tre spiagge dell'Isola: la principale, Costa Azzurra e Pineta. E a festeggiare è anche Lignano Sabbiadoro che, grazie alla qualità dei servizi offerti al Lido, ottiene la Bandiera Blu per la sezione spiagge per la 32.a volta. Una conferma preziosa per le due località balneari più importanti del Friuli Venezia Giulia, specie se si pensa che ottenere questo "certificato di qualità" diventa sempre più difficile vista la necessità di dover superare anno dopo anno qualche nuovo parametro. Iter procedurale e selezione sono stati fatti seguendo le regole della norma UNI-EN ISO 9001 2015, e hanno portato alla fine le giurie (internazionale e nazionale) ad assegnare complessivamente quest'anno le Bandiere blu a 201 località rivierasche di tutto il Paese. Quindici sono i nuovi ingressi ma, rispetto al 2020, ci sono località che non hanno ottenuto la riconferma. Non solo spiagge tra l'altro. Oltre alle località di mare a issare il vessillo in Italia saranno anche 81 approdi. Categoria che ha riservato una sorpresa al Friuli Venezia Giulia. Tra le new entry del 2021, infatti, compare Portopiccolo ad Aurisina.Alla luce dell'emergenza Covid, quest'anno la Fee - Foundation for Environmental Education, associazione che promuove l'iniziativa, ha tenuto in particolare considerazione, oltre alla qualità delle acque, anche la sicurezza e l'accessibilità nelle spiagge. In totale però sono ben 32 i criteri di valutazione alla base della classifica tra cui figurano anche la presenza di aree pedonali e piste ciclabili, la qualità dell'offerta alberghiera, e la diffusione della raccolta differenziata. «La trentatreesima Bandiera Blu ci gratifica enormemente -commenta il sindaco di Grado Dario Raugna -. Questo riconoscimento rappresenta per noi l'opportunità di progredire ulteriormente rispetto alla strada che stiamo già perseguendo, ponendoci come una località all'avanguardia per quanto concerne il rispetto e la tutela dell'ambiente inteso non soltanto come qualità delle acque marine». «È una bellissima notizia - dice il presidente del Consorzio Grado Turismo, Thomas Soyer -. Per un turista l'assegnazione della Bandiera blu per 33 anni è garanzia di vacanza di qualità, cura verso l'ospite e tutela dell'ambiente».Quanto agli approdi, il numero complessivo di quelli premiati in regione sale a 12. A Trieste, oltre alla new entry Portopiccolo, compare anche il porticciolo della Lega Navale. In provincia di Gorizia riconfermati Porto San Vito a Grado e Hannibal di Monfalcone. Infine nella provincia di Udine le Bandiere blu sono andate a Marina Sant'Andrea di San Giorgio di Nogaro; Marina Punta Faro, Darsena Porto Vecchio, Porto Turistico Marina Uno e Marina Punta Verde di Lignano ed ancora Marina Puta Gabbiani, Darsena Aprilia Marittima e Marina Capo Nord di Aprilia Marittima.

Antonio Boemo

 

 

Chiusa dopo 40 anni la discarica di Cherso. L'isola ora è più verde - Usati i fondi garantiti dall'Unione europea

FIUME. Dieci milioni e 800 mila kune spesi bene. Si tratta di 1 milione e 435 mila euro, mezzi con cui è stata risanata e chiusa la pluridecennale discarica di Przici, sull'isola di Cherso, area un tempo da evitare e ora trasformata in un colle, che in breve tempo verrà ricoperto da erba, altra vegetazione bassa e alberi. L'immondezzaio di Przici, uno dei maggiori a Cherso, era attivo da ormai 40 anni, con le spese di risanamento sostenute nella misura dell'85% (a fondo perduto) dall'Unione europea, il 10% dal Fondo croato per la Tutela dell'ambiente e l'efficienza energetica e il resto dalla municipalità chersina.Stando a quanto comunicato da palazzo comunale, i rifiuti presenti nella discarica sono stati concentrati in una zona di minori dimensioni e quindi ricoperti da decine di metri cubi di terra, su cui è stata seminata l'erba. «Siamo riusciti a risanare una discarica che rappresentava un rischio per l'ambiente, per la salute degli isolani e dei turisti - si legge in un comunicato diffuso dall'amministrazione cittadina - grazie a biofiltri speciali, le emissioni di metano dai rifiuti è stata ridotta ai minimi termini, presente solo in tracce». L'area recuperata si estende su una superficie di 2,17 ettari e dal 1975 al 2017 ha raccolto migliaia di tonnellate di spazzatura. Quattro anni fa a Cherso è entrata in funzione una moderna discarica e da allora i rifiuti urbani misti vengono trasportati nell'impianto di Mariscina, poco alle spalle di Fiume. In quest'isola i risultati nel campo dello smaltimento delle immondizie sono stati e sono significativi. La raccolta differenziata, attuata grazie ad un investimento di 12 milioni di kune (1 milione e 600 mila euro), ha visto Cherso piazzarsi nel 2019 al sesto posto nella classifica nazionale. È stato stabilito che il 40% dei rifiuti viene raccolto in modo differenziato e negli ultimi due anni, sostengono a palazzo municipale, tale percentuale è ulteriormente aumentata. Nel frattempo è stato approntato un centro di riciclaggio, investimento coperto nella misura dell'85% dall'Europa comunitaria. «Sono orgoglioso che Cherso sia ai vertici della Croazia nel settore della gestione dei rifiuti - è quanto affermato dal sindaco chersino, Kristijan Jurjako - del resto non potevamo agire diversamente, avendo una natura ancora intatta e una vocazione turistica importante».

Andrea Marsanich

 

 

Un raro esemplare di avvoltoio monaco avvistato dagli esperti - proviene dalla Bulgaria ed è dotato di gps

Un gruppo di esperti del Centro di recupero dei grifoni con sede a Caisole (Beli in croato), nella parte settentrionale dell'isola di Cherso, è riuscito a fotografare un avvoltoio monaco e proprio mentre se ne stava beato in compagnia con i consimili dalla testa bianca di casa sull'isola. Immortalare l'esponente di una specie che da decenni non si fa più vedere da queste parti non è stato certo casuale: la struttura di Caisole è stata contattata a metà aprile da colleghi della Bulgaria, i quali hanno precisato che in base alle informazioni trasmesse dal Gps del volatile, quest'ultimo si dovrebbe trovare nelle vicinanze del lago di Vrana, l'unica fonte di acqua potabile dell'arcipelago di Cherso e Lussino. Si tratta di un'area dove non è raro ammirare i grifoni, che amano volteggiare nel cielo sovrastante Vrana per individuare una qualche carogna, trattandosi di uccelli saprofagi. L'avvoltoio monaco, a cui è stato dato il nome di Kutelka, era stato introdotto in Bulgaria dalla regione spagnola dell'Estremadura, allo scopo di ridare vita ad una specie scomparsa da tempo. Dato che questi avvoltoi, sulla falsariga dei cugini grifoni, amano bighellonare in età giovane, coprendo ampi spazi, anche Kutelka ha deciso di avventurarsi verso ovest, volando fino all'isola di Cherso. Dal centro isolano hanno precisato che la prima uscita in natura nel tentativo di avvistare l'avvoltoio monaco non ha avuto successo, mentre la seconda ha centrato l'obiettivo, con Kutelka fotografata più volte. Delle quattro specie europee di avvoltoi, un tempo in Croazia vivevano e nidificavano i grifoni, i monaci e l'avvoltoio capovaccaio (Neophron percnopterus). Ora è rimasto il solo avvoltoio dal capo bianco, la cui colonia delle isole quarnerine di Cherso, Veglia, Plauno (Plavnik) e Pervicchio (Prvic) è anche l'unica rimasta nel Paese. Le altre tre specie si sono estinte in Croazia perché avvelenate dall'uomo. Le esche avvelenate non erano destinate a questi volatili così importanti per l'equilibrio dell'ecosistema. Purtroppo cibandosi delle carcasse di animali avvelenati, monaci e capovaccai hanno fatto la stessa fine. Secondo una stima degli esperti, nel Quarnero sono presenti circa 200 esemplari adulti di grifone.

A.M.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 10 maggio 2021

 

 

Consorzio di bonifica nuovo, Venezia Giulia tutta coperta
L'ente di Ronchi dei Legionari oltre all'Isontino si occuperà di irrigazioni dei campi e cura dei canali nei comuni di Trieste con una competenza di oltre 58 mila ettari
A 32 anni dalla sua fondazione o, meglio, dall'accorpamento di più enti con la "mission" comune il Consorzio di Bonifica Pianura Isontina di Ronchi dei Legionari cambia nome. Diventa Consorzio di Bonifica della Venezia Giulia e, poi, abbraccia le sue competenze oltreché su 24 Comuni dell'isontino, anche su 6 dell'ex provincia di Trieste e sul Comune di Prepotto, in quella di Udine. Una competenza che, in termini di estensione territoriale, significa una competenza su 58.535,17 ettari, contro i 22.550 del 1989.«Un po' come quando si è verificata la fusione tra la Camera di Commercio di Gorizia e quella di Trieste, dando vita alla Camera di Commercio della Venezia Giulia - spiega il presidente, Enzo Lorenzon - così anche noi, quando abbiamo progressivamente allargato il nostro comprensorio allargando il servizio irriguo al territorio triestino, abbiamo deciso di cambiare nome, scegliendone uno maggiormente rappresentativo delle realtà coinvolte».Il Consorzio, attraverso scelte tecniche e mezzi, gestisce il tutto con l'attuale personale, vale a dire 21 persone, di cui 9 impiegati. Irrigazione, gestione delle prese d'acqua, servizio antibrina e, per alcuni enti, anche gestione del verde, oltre allo sfalcio dell'erba nelle aree di competenza. Ecco le diverse attività del Consorzio ronchese che si allarga. Il servizio è nella sua normale operatività e non implica costi aggiuntivi per gli utenti. Esso, poi, sta seguendo anche le direttive ministeriali per creare delle riserve d'acqua, affiancato dalla Camera di commercio e dalla Regione che, come sottolinea Lorenzon, sono sempre sensibili al mondo agricolo. Quella della bonifica è una storia antica per l'Isontino. Si rifà al Consorzio dell'Agro monfalconese, denominazione diffusa in letteratura agraria dalla seconda metà del XIX secolo. L'irrigazione prende corpo nel periodo tra il 1846 e il 1865, quando viene anche costituito il Consorzio del Brancolo. Con le opere per la realizzazione dell'opera di presa di Sagrado, la "Rosta", nel 1905, appare subito inscindibile il legame con i territori del gradiscano e del cormonese. Di qui la nascita dell'Agro Cormonese-Gradiscano. Si creano i consorzi sulla base dello sviluppo delle opere nei diversi punti del territorio, man mano che la rete di distribuzione irrigua aggiunge nuove aree a servizio. Negli anni Ottanta, complici anche le nuove tecnologie, i moderni macchinari e una diversa organizzazione del lavoro, comincia la spinta all'aggregazione dei consorzi. Punto di arrivo il 31 luglio del 1989 con la costituzione formale del Consorzio di Bonifica Pianura Isontina. Il Consorzio opera su un comprensorio di bonifica ricadente parte nella provincia di Gorizia e parte in quelle di Trieste e di Udine, delimitato dall'amministrazione regionale, il cui perimetro si sviluppa dalla località Podclanz in Comune di Prepotto, segue il confine di Stato lungo il fiume Judrio fino alla località Albana, da qui prosegue sempre lungo il confine di Stato passando per i valichi confinari con la Slovenia di San Floriano, Sant'Andrea, San Pelagio, Fernetti e Pese fino al valico confinario di San Bartolomeo sulla provinciale 14 in Comune di Muggia. Segue quindi la linea di costa fino alla foce dell'Isonzo, il fiume Isonzo, il limite della provincia di Gorizia fino all'intersezione con il Comune di Prepotto, per chiudere in località Podclanz. A ottobre, va ricordato, si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del consiglio e del presidente.

Luca Perrino

 

 

Creato a Lussinpiccolo  un mini pronto soccorso per le tartarughe marine
Nei primi tre mesi dell'anno 25 esemplari sono morti nelle acque croate. I nemici? Reti da pesca, ami e plastica
FIUME. Assieme a quello di Pola è l'unico centro di recupero delle tartarughe marine in Croazia. A Lussinpiccolo, nell'ambito del pregevole istituto Plavi svijet (Mondo blu), è attiva una struttura che da anni si adopera a favore di questi meravigliosi rettili, sottoposti negli ultimi decenni ad un'esistenza non certo facile, complicata dalla presenza in mare di tantissima plastica, reti di pescatori, immondizie di vario genere, imbarcazioni. Il centro lussignano, nato nel 2013, ha finora curato 33 esemplari, di cui ben 11 nei primi quattro mesi del 2021 e anche questa è la prova che le tartarughe marine devono affrontare situazioni sempre più difficili, pericolose, stressanti. «Purtroppo nel periodo gennaio-aprile siamo stati informati della morte di 25 tartarughe nelle acque croate dell'Adriatico, numero molto alto e indice di un quadro che preoccupa gli esperti e non solo - è quanto dichiarato dalla responsabile di questo ospedale per rettili marini, la fiumana Mateja Zekan, da tempo trapiantata a Lussinpiccolo - i maggiori pericoli derivano dalle attività di pesca, con le tartarughe che spesso finiscono nelle reti delle strascicanti, nelle reti da posta, in quelle lasciate a marcire sui fondali. Abbiamo anche avuto due casi in cui gli animali hanno inghiottito gli ami rispettivamente di un palamito e di una canna per la pesca al tonno». Il centro, supportato dal progetto intitolato Life Euroturtles, si trova in Val di Sole, tra gli alberghi Aurora e Vespera della lussignana Jadranka. È composto da tre vasche di dimensioni maggiori e da due più piccole, con la Zekan che in questa opera di assistenza lavora al fianco di Tina Belaj, giovane veterinaria di Lussingrande.Entrambe - non appena arriva una tartaruga marina - la controllano dettagliatamente per capirne le condizioni di salute, accertando eventuali lesioni oppure se sia esausta, disidratata o colpita da assideramento. Se necessario, ne curano le ferite e in alcuni casi ricorrono all'infusione. «Negli ultimi tempi abbiamo avviato ua campagna di educazione dei pescatori professionisti e posso dire che la categoria sta sempre più comprendendo i problemi che attanagliano le tartarughe - ha dichiarato la Zekan - non si comportano più come prima, quando gettavano subito in mare gli esemplari pescati casualmente e destinati così a morte certa o quasi. Ora le lasciano in coperta, consentendo agli animali di uscire dallo stato comatoso e di respirare a pieni polmoni. Purtroppo c'è anche tanta plastica in giro, con le tartarughe che scambiano i sacchetti di nylon con le meduse, di cui sono ghiotte. Le conseguenze possono essere fatali».A Lussinpiccolo gli animali convalescenti vengono nutriti bene, con sardelle e calamari, fino a quando giunge il momento di tornare nell'ambiente marino. La Zekan ha poi precisato che cinque esemplari, il cui carapace è più lungo di 45 centimetri, sono stati dotati di Gps, che trasmettono alla struttura isolana dati preziosi sui percorsi compiuti e sulle aree dove amano maggiormente soggiornare.

Andrea Marsanich

 

Clima e pesticidi, a rischio le api. Senza di loro poca frutta e verdura

Un futuro senza api? Molto cupo. Non significherebbe solo rinunciare al miele, ma anche ridurre il consumo di molteplici varietà di frutta e verdura. «Delle 100 colture che costituiscono il 90% della produzione mondiale di cibo, ben 71 sono legate alle api» afferma la rivista di scienza e sociologia "Focus". Il sistema alimentare ne uscirebbe compromesso ma non solo: ne risentirebbe anche quello economico. Senza contare i danni all'ecosistema. L'operoso insetto è così prezioso per l'uomo e la Natura grazie al suo servizio di impollinazione, processo fondamentale nel ciclo vitale di una pianta. Secondo l'Ispra, Istituto superiore per la Protezione e ricerca ambientale, più del 75% delle principali colture trae beneficio da decine di migliaia di specie animali, tra cui almeno 16 mila insetti. Inoltre il 90% delle piante selvatiche da fiore necessita della collaborazione degli impollinatori (come api, vespe, farfalle, coccinelle, ragni, uccelli) per la propria moltiplicazione. In primavera ed estate, l'ape si nutre di nettare e polline, due sostanze prodotte dai fiori e in funzione di questa caratteristica è munita di un apparato boccale specializzato nel succhiare il nettare. Possiede anche zampe in grado di raccogliere e trasportare i granuli di polline. Dopo essersi "rifornita" in un fiore, vola verso un altro e porta con sé, intrappolati nella sua peluria, residui di polline: è nel secondo fiore che i granelli trasportati si staccano e vanno a posarsi sullo stigma. Ne seguirà la produzione di frutti e semi. A partire dagli Anni '90, molti apicoltori hanno assistito a un rilevante calo nelle popolazioni di api, soprattutto in Europa e Nord America.Una specie su dieci di api e farfalle europee è a rischio estinzione e una su tre è in declino. Il fenomeno è riconducibile a diversi fattori, capaci di agire singolarmente oppure in combinazione tra loro: distruzione dell'habitat, avvelenamento da pesticidi utilizzati nell'agricoltura, inquinamento, cambiamenti climatici e così via. L'eliminazione delle sostanze chimiche contenute nei pesticidi è il passo più immediato per tutelarle: nel maggio del 2018 l'Unione europea ha approvato il bando di tre insetticidi particolarmente letali per loro.Al di là di questo avvenimento, maggio è proprio il mese delle api: il 20 si festeggia la loro Giornata mondiale, indetta dall'Onu per sensibilizzare l'opinione pubblica e ricordare a tutti la frase che si attribuisce al fisico Einstein: «Se l'ape scomparisse dalla faccia della terra, all'uomo non resterebbero che quattro anni di vita». Anche noi, nel nostro piccolo, possiamo tentare di aiutarle: piantiamo nei nostri giardini e balconi piante che producano molto polline e nettare, così da risultare una buona fonte di nutrimento per gli impollinatori. Può capitare inoltre che un alveare venga costruito in un luogo non adatto, come terrazzi e davanzali: visto che le api sono protette, a maggior ragione non si possono uccidere con procedure di disinfestazione. Bisogna affidarsi a un apicoltore che catturerà lo sciame e sposterà il suo "magazzino" di provviste per l'inverno in una zona più consona. Qualora l'alveare si trovasse in posti difficilmente accessibili, si possono interpellare anche i Vigili del fuoco.

Nicole Cherbancich

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 9 maggio 2021

 

 

Mercato coperto: all'orizzonte un hub per giovani e 10 nuovi ingressi
Polidori: anche un incubatore per ristoratori alle prime armi - Al Comune intanto richieste di spazi e di indicazioni sull'iter
Il dibattito che da settimane ruota intorno al futuro del Mercato coperto, le idee che ne stanno scaturendo hanno riacceso i riflettori sulla struttura, tanto da far pervenire al Comune delle richieste da parte di nuovi commercianti per occupare degli spazi all'interno. Intanto il vicesindaco Paolo Polidori, che in giunta ha la delega sui mercati, lancia una nuova proposta: quella di trasformare alcuni spazi del sito in un incubatore per giovani imprenditori nel settore della ristorazione. NUOVI INGRESSI Frutta, verdura, olio, formaggi sono alcuni dei prodotti che le cinque aziende che hanno scritto di recente all'amministrazione intendono proporre all'interno del Mercato di via Carducci. Queste hanno presentato domanda formale per aggiudicarsi un banco, ma parallelamente altrettante hanno chiesto informazioni sull'iter da seguire, e potrebbero presentare domanda a breve. «Inoltre - aggiunge Polidori - personalmente ho ricevuto manifestazioni di interesse da parte di ristoratori e pasticceri per un coinvolgimento nel più ampio progetto di rilancio della struttura». "IL BIC DELLA CUCINA" L'idea di Polidori è quella di utilizzare spazi del Mercato coperto per incentivare l'imprenditoria giovanile, che gode anche di fondi specifici, «creando una sorta di hub per l'attività dei ragazzi che escono dalle scuole alberghiere - illustra il vicesindaco -, che vogliono fare un po' di "palestra" nel settore e sviluppare una propria attività, farsi conoscere, prima di fare il salto nel mercato più duro della ristorazione». Insomma, un incubatore per cuochi, baristi, pasticceri. «Penso che oltre alla valorizzazione della storica attività delle bancarelle - spiega Polidori -, serva una rivisitazione dell'immagine del Mercato coperto, con l'obiettivo di promuovere i prodotti del territorio e di tutta la Mitteleuropa, per rendere la proposta più interessante anche in chiave turistica». IL MERCATO DI FIRENZE Nelle prossime settimane, non appena la situazione pandemica consentirà la completa ripresa dell'attività, il sindaco Roberto Dipiazza e il vicesindaco hanno in previsione di organizzare una giornata alla scoperta del Mercato centrale di Firenze, una realtà diventata una vera attrazione turistica. All'interno c'è sì la vendita di generi alimentari, ma anche una suggestiva area dedicata alla ristorazione. UN UNICO PROGETTO DA UN PRIVATO Ad oggi in Comune è pervenuto un solo progetto da parte di un privato che intende investire sulla riqualificazione e sul rilancio del Mercato coperto. È quello firmato dall'impresa Monticolo, che all'interno di quell'immobile prevede, tra le varie cose, anche la realizzazione di un piccolo supermercato. «Un progetto che va rivisto - valuta Polidori - tenendo conto delle indicazioni che verranno date dal Comune, e di quelle che abbiamo raccolto ascoltando le associazioni di categoria, la Camera di commercio, il Gal Carso o la Coldiretti con la quale intendo confrontarmi». I PASSAGGI Quali i soggetti che dovrebbero avere un ruolo nel progetto che andrà a ridisegnare l'attività del mercato? «Il Comune, il proprietario dell'immobile - illustra Polidori -, che traccia il perimetro entro il quale dovrà muoversi il progetto e che può anche pensare di investire; il soggetto privato (un consorzio, un'ati) che investe e gestisce, e che propone il progetto». A questo proposito il vicesindaco spiega che una volta trovata la quadra con il proponente su quello che il progetto deve prevedere, il Comune indice una gara tenendo conto di quelle caratteristiche, «e la società proponente - fa presente - ha la prelazione». Ci saranno poi le singole aziende che vogliono lavorare in quel contesto, «e poi, a mio parere - conclude Polidori -, il gestore dovrebbe dotarsi di una figura manageriale, una sorta di "direttore d'orchestra" che coordini tutte le attività, promuovendo anche la struttura».

Laura Tonero

 

Il cibo metafora del territorio, nel MuMeG il museo del gusto

E' la proposta dell'associazione che riunisce le donne ingegneri e architetti di Trieste

«Il Mercato coperto è un soggetto forte: può affrontare una nuova sfida». Ne è convinta l'architetto Lucia Krasovec, presidente di Aidia Trieste, l'Associazione italiana donne ingegneri e architetti che ha aderito all'iniziativa delle Settimane del Patrimonio Culturale promossa da Italia Nostra, inserendo tra i musei coinvolti a livello nazionale proprio il Mercato coperto di via Carducci. «Serve riabilitare il termine museo - ha sottolineato la presidente di Italia Nostra Antonella Caroli -. Deve diventare un luogo dove ci sia un'anima partecipativa, dove persone, animali, piante riescano a comunicare tra di loro. Abbiamo spesso pensato al museo come un luogo dove vengono sistemati degli oggetti, accatastate delle cose - ha aggiunto Caroli - questo invece deve diventare il Museo del Gusto, dove al primo posto ci sarà l'essere umano». Nel promuovere le Settimane del Patrimonio culturale (dal 1 al 16 maggio 2021), Italia Nostra concorda con Icom sul fatto che i musei debbano sostenere un nuovo sviluppo umano, che non sia più esclusivamente quello finanziario, industriale e cementizio ma nemmeno solo spettacolare e turistico. In questo contesto si muove il progetto che sta elaborando Aidia Trieste, e che mira, dopo aver sottoscritto una convenzione con il Comune, a trasformare la struttura di via Carducci in un Museo urbano del territorio, MuMeG - Museo Mercato del Gusto. «Il Mercato Coperto deve diventare un importante tassello del macrocosmo del quartiere Barriera, e non solo per l'architettura e la funzione strategica, ma anche come uno dei principali attivatori di una rigenerazione urbana che deve essere anche umana», ha spiegato Krasovec. E ancora: «Il progetto di trasformare il Mercato in un Museo del Gusto e del Territorio sottende la riappacificazione degli esseri umani con la natura, per orientare quelle azioni positive necessarie affinché il nostro cibo non sia solo buono da mangiare, ma anche buono da pensare». Aidia Trieste, a questo scopo, propone la creazione di un Comitato costituente «che dovrà orientare e facilitare scelte - hanno spiegato - che effettivamente rappresentino il territorio, attraverso la metafora del cibo, e la sua gente affinché non si perda il contatto con la memoria collettiva e non vengano dissipate le risorse intese come bene comune da tramandare alle generazioni future».Nel corso dell'estate al Mercato coperto verrà allestita la mostra didattica "61 Tex" che ha coinvolto gli studenti di Architettura dell'Università di Udine, «che si sono esercitati - ha spiegato l'architetto Cristiana Eusepi - in progetti di "riciclo" dell'area dell'ex jutificio di Trieste».

LA. TO.

 

 

Nube scura dall'area della Ferriera a Servola Verifica della Regione - CHIESTA UNA RELAZIONE A ICOP E ARVEDI
Durante l'ondata di maltempo che si è abbattuta sabato su Trieste, con pioggia e vento, molte persone hanno segnalato una nube scura. La polvere si è sollevata dall'area della Ferriera di Servola e ha destato preoccupazione tra chi ha assistito alla scena. Sull'episodio è intervenuto ieri l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente Fabio Scoccimarro. «Mi sono immediatamente confrontato con l'Arpa e la mia direzione Ambiente, è già stata chiesta - spiega - anche una relazione alle due società Icop e Acciaierie Arvedi su quanto accaduto. Qualche disagio - avverte - ancora potrebbe esserci, come avevamo già anticipato, poiché si sta demolendo una struttura di oltre 100 anni e ci sono molte aree non ancora pavimentate».L'assessore sottolinea che «l'aver avviato la riconversione dell'area nell'ottica dello sviluppo sostenibile non ci fa abbassare la guardia e, come per la questione dei possibili odori molesti, valuteremo eventuali prescrizioni per quanto riguarda la gestione del cantiere nei prossimi mesi. Chiederemo infine conto - aggiunge - delle tempistiche relative alla vendita o allo smaltimento dei cumuli di carbone ancora invenduti».

MI.B.

 

 

A Muggia - Ciclabili, FIAB: "Si facciano anche fuori dal centro"

Prosegue la polemica sulle corsie ciclabili in via delle Saline, bocciate a Muggia dal Consiglio comunale. A parere di Fiab Muggia Ulisse «la querelle sulla ciclabilità o meno di via delle Saline non è una questione marginale». Su questo aspetto, dice Jacopo Rothenaisler, referente Fiab per Muggia, «questo consenso si basa sull'utilità, per i singoli cittadini, dei propri luoghi, siano essi aree, piazze, strade, marciapiedi. In questa visione un'area utile è un'area edificata, una strada utile è una strada veloce, una piazza o un marciapiede utili sono luoghi dove parcheggiare. Una città utile non è - prosegue - però una città vivibile. Fiab si batte per un'idea diversa di città, che non elimina ovviamente l'automobile, ma che organizza i propri spazi per renderli fruibili e sicuri per tutti». Per il presidente Luca Mastropasqua, «questo modo di concepire lo spazio non può essere relegato, come sta avvenendo a Muggia, all'interno del centro storico, mentre all'esterno c'è solo traffico, parcheggio diffuso e l'insicurezza di tutte le categorie deboli, come bambini e anziani».

Lu. Pu.

 

 

Centrale, resta un solo indagato - L'ipotesi è disastro ambientale
Notifica della Procura a Roberto Scottoni, ex direttore dello stabilimento di A2A e all'azienda proprietaria dell'impianto termoelettrico, quale responsabile civile
Avviso di conclusione delle indagini per il procedimento relativo alla centrale di Monfalcone. La Procura di Gorizia lo ha notificato all'azienda A2A Energiefuture, ai fini della responsabilità civile (ex d.lgs 231/01), e a uno dei dipendenti, all'epoca direttore di stabilimento, Roberto Scottoni, che aveva iscritto nel registro degli indagati dal 2017. Agli altri dipendenti allora indagati non risulta ad oggi alcuna notificazione. L'ipotesi di accusa è quella di "disastro ambientale", in base all'articolo 452 quater, comma 1 n. 2) e comma 2 del Codice penale. L'avviso di conclusione delle indagini presuppone dunque che il pubblico ministero, il sostituto procuratore Valentina Bossi che ha coordinato il procedimento, abbia ritenuto che non vi siano gli estremi per richiedere l'archiviazione, né per svolgere ulteriori indagini, ma sarà il giudice delle indagini preliminari ad assumere le decisioni conseguenti. La vicenda, molto complessa e delicata, era scaturita a seguito di alcune segnalazioni circa presunti casi di inquinamento ricondotti alla centrale, in particolare nel periodo tra il 2011 ed il 2013. Tra le segnalazioni rientrava anche l'esposto che l'11 novembre 2013 aveva presentato Anna Maria Cisint, all'epoca consigliere comunale di opposizione. Un esposto contro ignoti, oltre mille pagine di documentazione, attraverso il quale era stato chiesto di verificare l'attività dell'impianto termoelettrico, in ordine alle emissioni e alle relative ricadute. Era stato richiesto, inoltre, l'accertamento del cosiddetto "nesso di causalità" ai fini del rapporto tra evento dannoso e responsabilità soggettiva. Cisint era stata successivamente iscritta quale parte offesa nel procedimento, in virtù della quale, una volta diventata sindaco di Monfalcone, l'amministrazione comunale, attraverso una delibera di giunta, aveva fatto proprio l'esposto del 2013, affidando al primo cittadino il mandato di costituirsi parte offesa a nome e per conto del Comune di Monfalcone. Un'indagine che affonda le radici nel 2014, quando era stato aperto un fascicolo al fine di verificare lo stato delle emissioni della centrale. La Procura aveva affidato l'incarico a un perito, il dottor Stefano Scarselli, già incaricato nell'ambito delle indagini condotte sulla centrale di Vado Ligure, per eseguire i rilevamenti, un accurato controllo sul suolo e sul fondo marino, nell'ambito di un ampio raggio di "circospezione" attorno all'impianto termoelettrico cittadino. Lo stesso sostituto procuratore Bossi s'era recata a Savona per confrontarsi con i magistrati che avevano lavorato sulla centrale di Vado Ligure, pur distinguendo i due casi, trattandosi di ipotesi di reato diverse. Un percorso inquirente lungo e articolato, mettendo in campo innumerevoli e approfonditi accertamenti, avvalendosi anche dei tecnici dell'Arpa Friuli Venezia Giulia e del Veneto, nonché il Noe dei carabinieri di Udine, i carabinieri della Polizia giudiziaria ed il Nucleo operativo della compagnia NOR dei carabinieri di Monfalcone per le riprese. L'azienda A2A, da parte sua, ha sempre dichiarato la propria disponibilità a collaborare rispetto alle richieste di tutte le autorità competenti, ribadendo la propria politica di attenzione per l'ambiente e la massima sostenibilità possibile delle proprie attività industriali, evidenziando la piena ottemperanza alle leggi, ai regolamenti e alle prescrizioni vigenti, impegnandosi ad adeguare anche la centrale di Monfalcone alle migliori tecnologie disponibili e di accertare l'assenza di significativi impatti sull'ambiente circostante. L'azienda, proprietaria dell'impianto, alla luce dell'avviso di conclusione delle indagini, ha quindi osservato che «confermando la piena fiducia nell'operato della magistratura, fornirà ogni collaborazione utile alla rapida conclusione del procedimento, certa della correttezza delle proprie attività e di quelle dei suoi dipendenti». A distanza di anni, si è giunti ad un punto comunque significativo. Non resta che attendere gli ulteriori sviluppi e i passi che la Procura di Gorizia riterrà di avanzare.

Laura Borsani

 

 

C'è il Gruccione alla Cona - Allestiti i nuovi capanni per le foto e l'osservazione
Il volatile multicolore di origini africane e di piccole dimensioni da pochi anni si riproduce nella Riserva naturale di Staranzano
STARANZANO. È una bella opportunità per gli appassionati di birdwatching. Sono arrivati all'Isola della Cona i Gruccioni e il capanno fotografico per l'osservazione è già ufficialmente attivo. Intanto la Riserva naturale è diventata lo sfondo scelto dalla cantante monfalconese Elisa, che appare sulla copertina del settimanale "Grazia". Nelle immagini ci sono gli angoli più belli e caratteristici dell'area protetta e sullo sfondo i cavalli bianchi Camargue orgoglio della Cona, il fiume Isonzo, l'area del ripristino con i cigni. Insomma, uno spot anche la Cona. E ora è arrivato alla Cona il gruccione comune europeo (nome scientifico Merops apiaster, foto di Simon Kovacic), che ha trovato l'ambiente ideale per il suo insediamento. Si tratta di un bellissimo uccello di origini africane di piccole dimensioni, che solo da pochi anni si riproduce anche nella Riserva Foce Isonzo. È un predatore di insetti, ha colori sgargianti, petto azzurro, gola gialla, dorso bronzo-rossastro e maschera facciale nera che si estende dal becco fino agli occhi. Sulle ali sono presenti diverse sfumature che spaziano tra l'arancione, il verde, l'ocra e il blu scuro. Il becco, ricurvo verso il basso, inoltre, è di color nero mentre l'iride è rossa purpurea.Il capanno fotografico è operativo anche per l'ascolto e il riconoscimento degli uccelli, dei loro canti, messo a norma e perfettamente adeguato al rispetto delle regole emanate come misure per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. Oltre alle aperture sulla parete frontale, alle finestre mimetizzate per guardare all'esterno, la struttura è dotata di pannelli a separé e tendaggi sostenuti da canne palustri che aumentano la sicurezza degli utenti soprattutto per quanto riguarda il distanziamento sociale richiesto per evitare il passaggio del virus. Il noleggio della struttura organizzato in quattro postazioni, è possibile per la giornata intera al costo di venti euro a persona. Per informazioni e prenotazioni ci si potrà rivolgere al personale del Centro visite o scrivere via mail all'indirizzo info@rogos.it. Sempre nel rispetto delle regole anti-Covid, la Cona offre in questo periodo la possibilità di usufruire delle strutture e dei servizi come gli osservatori, i musei, mentre l'accesso ai sentieri è stato regolamentato nel seguire strettamente i percorsi indicati, in modo da non incrociare altri visitatori in entrata. È sempre in funzione, inoltre, la "sanificazione" delle aree aperte al pubblico, cioè i musei, il bar, il parco giochi per bambini e i servizi igienici.

Vitiello

 

 

"L'umanità ferisce l'ambiente ogni giorno ma non è troppo tardi, lo si può ancora curare"

Parla Kajfez Bogataj del consiglio intergovernativo Onu sul clima "Il turismo di massa non è più sostenibile: serve un cambio di rotta"

LUBIANA. L'ambiente resta centrale anche nella società dei chip e della globalizzazione. Gli uomini lo stanno ferendo di continuo, ma non è ancora troppo tardi per invertire la rotta. Lo sostiene Lucka Kajfez Bogataj, esponente dell'Ippc, il consiglio intergovernativo dell'Onu sulla crisi climatica. Nel 2007 ottenne il Nobel per la Pace, insieme all'ex vice presidente americano, Al Gore. Martedì sarà a Isola a un summit dell'Iniziativa adriatico-ionica.Oggi tutti i ministri e politici parlano di ambiente. Solo una moda o una fede sincera?«L'ambiente, almeno nell'Unione europea, ha davvero una grande importanza. Più vi è impegnata la giovane generazione, i futuri elettori, e la società civile, più si devono impegnare, almeno a parole, anche i politici».Ma si crede sinceramente in questo impegno?«La situazione è molto differente. In tanti Paesi l'economia ha riconosciuto che il rispetto dell'ambiente a lungo termine conviene anche da un punto di vista finanziario. Lì politiche verdi hanno già trasformato questa visione in prassi. In altre realtà invece si guarda ancora alla tutela dell'ambiente come a un incremento di spesa e si pensa allo sviluppo solo attraverso il prisma dei 4 anni di mandato (parlamentare ndr.). Qui la politica parla e promette più che decidere. Che cosa bisogna fare perché si sentano come reali i problemi dell'ambiente?«In Europa percepiamo con più difficoltà i problemi dell'ambiente come reali rispetto ai Paesi in via di sviluppo. L'Europa ha abbastanza a buon prezzo l'acqua potabile, un'aria relativamente pulita e gli ecosistemi conservati. Chi ha viaggiato nei Paesi poveri e nell'Europa orientale ha potuto di persona constatare la fragilità dell'ambiente. Ma i problemi reali li comprendiamo solo quando guardiamo ai trend globali».Che cosa ci dicono questi trend?«Che il 40% della natura è irrimediabilmente compromesso, che il clima è drasticamente cambiato e aumentano i fenomeni atmosferici estremi e che la biodiversità diminuisce mille volte più velocemente di quello che è lo sviluppo evolutivo».Come dobbiamo comportarci allora nella vita di ogni giorno?«Gli stili di vita anche nella stessa famiglia possono già essere molto diversi per cui è difficile fornire una "ricetta verde"».Ma ci sono dei comportamenti più virtuosi di altri?«Certo, a iniziare dall'uso dell'automobile: meno la prendiamo, preferendo andare a piedi o in bicicletta, meno gas di scarico immettiamo nell'aria. Se mangiamo più verdura e meno carne è un bene per l'ambiente perché consumiamo meno acqua, superficie ed energia. E poi i vegetali sono meno cari e molto, ma molto più sani».Come valuta lo spreco di cibo?«Il cibo gettato nei rifiuti è un crimine contro la natura».Come dobbiamo comportarci allora negli acquisti?«Compriamo solo ciò di cui abbiamo bisogno, lasciamo stare invece le cose che vogliamo semplicemente possedere. Far capire la differenza tra ciò che si vuole e ciò che serve davvero è importante soprattutto nell'educazione dei i bambini».Il tema del forum di Isola è il rapporto tra l'ambiente e lo sviluppo del turismo. Possono progredire assieme?«Ma certo. Lo scopo del turismo una volta era proprio quello di conoscere nuovi ambienti e innamorarsi nella natura incontaminata».Oggi però non siamo più nell'era dei viaggiatori romantici alla Byron o Shelley. Come fare?«Il turismo di massa non è più adeguato al XXI secolo visto che in pratica sega il ramo su cui sta appollaiato. Danneggia ambiente e popolazione. Bisogna puntare, e qualcuno ha già iniziato, al turismo duraturo che però non dà nel breve termine lo stesso volume di guadagni di quello di massa. Servono poi nuovi investimenti e ospiti che la pensano in modo diverso. I giganti del turismo vogliono invece guadagnare subito».Dunque tutte quelle "cattedrali" alberghiere rischiano di diventare obsolete? «Certo e poi già oggi per gran parte dell'anno sono vuote. Dovremmo pensare a trasformarle in ospedali e case di riposo.

Mauro Manzin

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 8 maggio 2021

 

 

Violento temporale - E al Molo VII una nave rompe gli ormeggi - l'improvviso episodio di maltempo
Un temporale improvviso, e impressionante per la sua violenza, con forti raffiche di vento, arrivate a toccare i 40 nodi e a superare i 70 chilometri orari, si è abbattuto ieri intorno alle 17.30 su Trieste. Una quindicina gli interventi dei Vigili del fuoco per allagamenti e alberi pericolanti. Al Molo VII la Msc Genova, un colosso da 366 metri, ha rotto gli ormeggi: due rimorchiatori della Tripmare, il Centurion e l'Altair, sono prontamente intervenuti mettendo in sicurezza la nave con i motori spenti e diretta verso la Piattaforma logistica.«I rimorchiatori - spiega Alberto Cattaruzza, ad Tripmare - hanno fatto un grande lavoro visto il rischio elevato per le vite umane e per l'ambiente». Sul posto la Capitaneria, i Piloti del Porto - che avevano segnalato l'emergenza - e i Vigili del fuoco. Dall'area della Ferriera si è invece alzata una nuvola di polveri nere che ha investito parte della città.

an.pi.

 

 

Torna il treno Frecciarossa da Trieste fino a Torino - da martedì
Trieste. Non basterà di certo a uscire dallo storico isolamento di Trieste, ma almeno semplificherà la vita a molti passeggeri in partenza, o arrivo, dal capoluogo regionale. Dalla settimana prossima verrà ripristinato uno dei collegamenti veloci via rotaia cancellato nei mesi scorsi da Trenitalia. Si tratta del treno Frecciarossa per Torino. Il collegamento sarà riattivato a partire da martedì prossimo. Partenza da Trieste alle 6 e arrivo a Porta Nuova cinque ore dopo, precisamente alle 10.58. Al ritorno il treno lascerà la stazione piemontese alle 18.40 per arrivare a Trieste alle 23.40.La notizia della riattivazione da parte di Trenitalia del Frecciarossa per Torino arriva a distanza di un paio di settimane da un altro gradito "regalo" per il popolo dei pendolari o comunque dei frequentatori abituali delle stazioni ferroviarie: il debutto su Trieste dei treni di Italo. A partire dal 27 maggio, infatti, verrà attivato il primo collegamento della compagnia Nuovo Trasporto Viaggiatori, fondata e presieduta da Luca Cordero di Montezemolo, tra il capoluogo regionale, Roma e Napoli. La società privata, dopo essere sbarcata in regione a Udine e Pordenone dall'ottobre 2019, si espande a Nordest con due collegamenti sette giorni su sette e fermate in quattro nuove stazioni: oltre a Trieste, anche Monfalcone, Latisana e Portogruaro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 maggio 2021

 

 

La nuova proprietà nel palazzo ex Fs: «Non solo albergo, spazi aperti a tutti»
Il duo viennese Holler-Mitterdorfer pensa a hotel, residenze, negozi e anche a una piscina con area relax all'ultimo piano
Da nuovi proprietari Ivan Holler e Michael Mitterdorfer - i due imprenditori viennesi amministratori delegati della neonata Pvv Investments srl con sede a Mestre (Pvv sta per Piazza Vittorio Veneto) - ieri hanno fatto ingresso nell'imponente palazzo che fu delle Ferrovie dello Stato e che domina sul Borgo Teresiano. Il 5 maggio appena trascorso, infatti, sono scaduti i 60 giorni da riservare per legge, a fronte di un bene vincolato, al ministero della Cultura per esercitare l'eventuale interesse a rilevare il bene al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione. La prelazione non è stata esercitata, e così in queste ore Holler e Mitterdorfer entreranno in possesso di tutte le chiavi di accesso all'immobile e, con i professionisti che li affiancheranno in questo importante intervento di recupero, inizieranno ad analizzare nei dettagli il progetto che nei prossimi anni consentirà di trasformare quel palazzo in chiave alberghiera più residenze e, al piano terra, negozi ed esercizi pubblici. Ma non solo. «Vogliamo che, oltre ai turisti o a chi vivrà in questi spazi, tutta la città riviva questo immobile - così i due imprenditori - creando aree polifunzionali, con piacevoli spazi all'esterno e con l'idea di un collegamento diretto con l'ultimo piano dove realizzare una piscina e un'area relax». L'obiettivo è certamente quello di un intervento che, di fatto, rappresenti anche una rigenerazione urbana per quella zona e per la piazza, vittima di una riqualificazione non tra le più fortunate. Ieri mattina, alla presenza di Mauro Nicoletti, dirigente per la zona Nord Est di Ferservizi, la spa che gestisce e valorizza il patrimonio immobiliare di Ferrovie dello Stato, è stato firmato il verbale di constatazione, il documento che attesta come gli acquirenti abbiano preso atto dello stato di fatto dell'immobile prima che venga loro consegnato. Il palazzo è stato occupato dalle Ferrovie dello Stato fino al 2016. La Polfer, che operava negli uffici al piano terra, ha abbandonato quegli spazi nel 2018. Salendo i cinque piani dell'edificio, si notano ancora le indicazioni degli uffici di Trenitalia, con le stanze riservate alla Direzione risorse umane, quelle delle Relazioni Industriali o dei Processi amministrativi del personale del presidio di Trieste. E poi gli ambulatori, dove tanti triestini si sono sottoposti alle visite mediche per il rinnovo della patente di guida, o gli ampi spazi al piano terra dove l'associazione del Dopolavoro ferroviario per anni ha gestito una frequentata mensa che aveva servito anche molti studenti della Scuola Interpreti. All'ultimo piano, impolverati, si intravvedono i dettagli di quelli che furono gli uffici dirigenziali, con le porte rifinite in pelle, i parquet più ricercati per quel periodo e l'affaccio su piazza Vittorio Veneto. Al piano terra, nella parte posteriore che dà su via Filzi, è conservato ancora quello che in epoca fascista fu il Teatro del Dopolavoro ferroviario, diventato poi Cinema Vittorio Veneto nel 1949. Le pareti con le rifiniture in tessuto verde, le gallerie dove si sistemava parte degli spettatori, la parete riservata al grande schermo. L'idea, in futuro, è di declinare quello spazio in un'area eventi per la città. I due investitori viennesi sono entusiasti: ieri girovagando nell'immenso palazzo da 19.500 metri quadrati realizzato nel 1895 dall'architetto Giacomo Sagors, guardavano con orgoglio a quelle ampie stanze, alla veduta suggestiva su piazza Vittorio Veneto e sui fregi del palazzo di Poste Italiane. Holler e Mitterdorfer sono innamorati di Trieste e della sua evoluzione. Non nascondono neppure di leggersi Il Piccolo ogni mattina per sapere cosa succede in città, per capire di più delle dinamiche che la guidano, dei suoi sviluppi, e guardano con interesse anche ad altri investimenti immobiliari in centro. Con la società Jp Immobilien, in particolare, investono sul mercato immobiliare viennese da oltre 25 anni con circa 450 progetti sviluppati anche all'estero. Holler, austro-ungherese, è molto attivo in questi anni a Venezia dove con la società Mtk ha realizzato quattro alberghi e avviato il cantiere per una quinta struttura. Michael Mitterdorfer, ex membro del consiglio di amministrazione della più grande fondazione immobiliare austriaca, è responsabile del coordinamento delle attività del gruppo di investitori a livello locale, ed ha un'ampia esperienza su progetti residenziali. Per la progettazione del recupero del palazzo triestino delle Ferrovie, è stato coinvolto l'architetto veneziano Luciano Parenti, con cui il gruppo collabora da anni, e che ieri con lo staff di collaboratori del suo studio ha preso anch'egli visione del palazzo. A occuparsi della commercializzazione e a fare da base di appoggio alla Pvv srl sarà la Gabetti Property Solutions, anche attraverso la sua agenzia di Trieste in via Carducci. Già nel pomeriggio di ieri si è iniziato, planimetrie alla mano, a valutare il progetto di ristrutturazione. I nuovi proprietari mettono sul piatto circa 40 milioni di euro per il recupero dell'immobile. Allo studio ci sono diverse possibilità: certamente in quei cinque piani più sottotetto verrà realizzato un grande albergo, mentre è al vaglio che porzione riservare al residenziale. Al piano terra verranno ospitati degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi.

Laura Tonero

 

 

Il falco pellegrino sta nidificando: proibito arrampicare sulle Falesie - Esteso temporaneamente il divieto a tutta l'area fino al 30 giugno

DUINO AURISINA. Scatta il divieto di arrampicata su tutte le Falesie di Duino. Lo ha deciso il Comune di Duino Aurisina, in qualità di gestore della Riserva naturale che comprende le rocce che caratterizzano in quel tratto il litorale duinese. Il divieto sarà in vigore, salvo diversa indicazione, fino al 30 di giugno. «Si tratta di un provvedimento che adottiamo ogni anno in questo periodo - spiega il sindaco Daniela Pallotta - in quanto sulle Falesie è in corso la nidificazione di alcune specie faunistiche, in particolare del falco pellegrino. Per tutelare questi animali - precisa - estendiamo il divieto, normalmente in vigore su gran parte delle Falesie, anche su quelle parti delle pareti rocciose nelle quali solitamente permettiamo agli appassionati di arrampicata di alcune società, come la XXX Ottobre e l'Alpina delle Giulie, di effettuare le loro ascese. Ci riserviamo comunque di modificare i dettagli del divieto - continua Pallotta - se dovessimo riscontrare novità nel corso dei prossimi monitoraggi».La gestione della Riserva naturale delle Falesie fu demandata al Comune di Duino Aurisina in base alla legge regionale 42 del 1996, mentre nel novembre del 2019 è stato approvato il nuovo Regolamento che ne disciplina appunto l'utilizzo. Nel testo si stabilisce che l'organo gestore dispone il divieto di accesso e le limitazioni all'arrampicata a inizio anno, estendendo o revocando la relativa ordinanza in base ai controlli avifaunistici periodicamente effettuati. Di regola, il divieto vige sull'intera area, con alcune eccezioni, delle quali beneficiano proprio XXX Ottobre e Alpina delle Giulie. Al fine della tutela dell'habitat e di specie di particolare pregio, l'amministrazione può estendere dunque il divieto a tutte le Falesie, in modo da permettere al falco pellegrino e alle altre specie di nidificare in tranquillità. «È importante assicurare la riproduzione di queste specie - conclude Pallotta - pur nel contesto di una nostra visione delle Falesie che vogliamo possano essere vissute da chi le apprezza»

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 maggio 2021

 

 

Il rebus dei fondi per l'antico scalo complica la partita dei magazzini 2 e 4
Serve rivedere l'accordo Regione-Comune - Il sindaco: «Faremo». M5s e Pd all'attacco
Al Comune la scelta: accettare i 40 milioni del Ministero della cultura o i 26 della Regione per il Porto vecchio? Il dubbio si porrà all'arrivo dei fondi ministeriali: entrambi, infatti, sono destinati all'urbanizzazione dell'area, e l'ente locale può accettarne uno solo. Un problema tutto sommato secondario per il Comune ma problematico per la Regione, che grazie al prestito dei 26 milioni a palazzo Cheba aveva costruito l'accordo per ottenere i magazzini 2 e 4. Edifici che il Comune sta facendo valutare, fa sapere il sindaco Roberto Dipiazza, fiducioso in una facile soluzione del nodo. M5S e Pd, però, vedono nel caso un ulteriore motivo di dubbio verso l'idea della Regione di "traslocare" nell'antico scalo. «Non è nulla di tragico», dice il primo cittadino: «Il rapporto con la Regione è ottimo, e oggigiorno il problema non è ottenere i fondi, ma spenderli». Sul futuro dei due magazzini, Dipiazza dice: «Stiamo rivedendo il valore degli immobili, una volta fatto ciò vedremo come procedere». La segretaria provinciale del Pd Laura Famulari commenta: «Non abbiamo ancora cominciato e già ci sono ombre sulla riqualificazione di Porto vecchio. Va fatta presto chiarezza sulla destinazione delle risorse ministeriali e sgombrato ogni dubbio su una possibile sovrapposizione con i 26 milioni che la Regione dovrebbe dare in prestito al Comune di Trieste». Famulari si interroga poi sull'origine dell'inghippo: «Se, come appare, sono state fatte due domande per la stessa infrastrutturazione, temo che abbiamo un problema in più. Qui nessuno pianifica niente, ogni giorno ne sentiamo una diversa. La Tripcovich che ricompare nel cilindro di Dipiazza è solo l'ultima conferma». Per il consigliere pentastellato Paolo Menis «sono venuti al pettine alcuni nodi che avevo già evidenziato mesi fa. L'emendamento regionale con il quale si assegnavano i 26 milioni stava in piedi e aveva la sua logica di fondo ma è stato scritto in modo incomprensibile, creando non pochi problemi di interpretazione amministrativa». Prosegue l'esponente M5s: «Per fortuna ora è arrivato il contributo ministeriale e mi auguro due cose: che si riformuli la partita dei 26 milioni e che vengano concessi a fondo perduto al Comune per altri interventi da effettuare nell'area; che la Regione rinunci a spostare i suoi uffici nell'antico scalo, operazione del tutto inutile. È necessario inoltre fare in modo che il consorzio abbia personale proprio».

Giovanni Tomasin

 

 

Richetti: «Sui rifiuti servono altre azioni» - LA CANDIDATA SINDACO Dei cinquestelle
«Trieste non solo è la "maglia nera" della raccolta differenziata, ma non ha neppure una visione del futuro, neanche di quello prossimo», è questo il commento di Alessandra Richetti, candidata sindaco del Movimento 5 Stelle alle elezioni comunali di Trieste, sui dati forniti recentemente da Arpa sulla gestione dei rifiuti in Friuli Venezia Giulia. «Oltre a promuovere la raccolta differenziata - continua Richetti -, bisogna pensare a ridurre i rifiuti favorendo per esempio il criterio del riuso. È poi necessario incrementare il conferimento dell'umido. Altro tema forte su cui insistere è la raccolta degli oli vegetali usati in cucina. Per questo è urgente predisporre appositi contenitori. Un'altra soluzione applicabile è l'utilizzo di eco compattatori. Ma, in linea generale, è necessario rivedere tutto il Regolamento comunale».

 

 

Missione Ue "mare pulito" - L'Ogs si prepara alla sfida - "Starfish 2030", incontro online introduttivo
«È una missione che prende il nome di "Starfish", in italiano "Stella di mare", e vi racconto il perché: volevamo che fosse una mascotte conosciuta da tutti, a partire dai bambini, e che creasse emozione, perché se ami qualcosa sei più disponibile a proteggerla». E proprio la stella marina, «che recenti studi stanno dimostrando sia una vera sentinella dei nostri mari», con le sue cinque punte rappresenta le altrettante priorità individuate dalla missione, lanciata dall'Ue, per la scoperta e la rigenerazione degli ecosistemi marini e di acqua dolce entro il 2030. Un ambizioso progetto di cui ha parlato ieri anche Maria Cristina Pedicchio, ex presidente Ogs, in questo caso membro del comitato della missione, in una tavola rotonda online tra diversi rappresentanti dei mondi della ricerca, anche con il relativo ministero e il Cnr, delle imprese e dell'associazionismo. Questo primo incontro online, "Starfish Mission 2030: per una prospettiva italiana del mare", aveva come obiettivo la possibilità di preparare il campo al Paese per poter partecipare con le sue diramazioni - a partire dall'Ogs, che ha collaborato con il dicastero all'organizzazione dell'evento - ai bandi europei sul tema facendo sistema. Con un approccio che si basa sull'economia circolare, le cinque punte corrispondono a conoscenza degli oceani, decarbonizzazione delle acque, rigenerazione degli ecosistemi, riduzione a zero delle emissioni inquinanti e rinnovamento della governance, con l'auspicio di creare un'agenzia europea per le acque di mari e oceani. Per sensibilizzare il cittadino europeo «stiamo creando un percorso educativo- emozionale con una figura creata dall'artista Nicoletta Costa, e con una mostra pure con l'Area marina protetta di Miramare». Nicola Casagli, presidente Ogs, ha moderato poi la parte del panel in cui hanno dato il loro contributo Federlogistica e Federpesca e, per la parte delle imprese, Davide Cucino, a capo dell'ufficio di Bruxelles di Fincantieri, che ha ricordato come l'azienda abbia messo a punto un piano di sostenibilità «per integrare diversi processi delle navi».-

Benedetta Moro

 

 

Ciclabili in zona Coselag - Il Pd contro Finocchiaro «Istanze strumentali» - le ragioni del no coinvolgono pure FDI e Lega
Muggia. Dopo la bocciatura, nell'ultimo Consiglio comunale, delle corsie ciclabili in area Coselag proposte dal consigliere ex dem Marco Finocchiaro, arrivano le motivazioni post-voto. Al vetriolo le dichiarazioni di Riccardo Bensi, capogruppo Pd, che sottolinea di non volersi nascondere dietro a motivazioni tecniche: «Sono contrario a questa mozione e sarò contrario a tutte le mozioni di questo tipo fatte dal consigliere Finocchiaro perché non tutelano i cittadini, sono strumentali, politiche e hanno una diversa visione di Muggia rispetto alla maggioranza politica che rappresento». Poi l'attacco: «Finalmente Finocchiaro ha tirato giù la maschera quando ha detto pubblicamente che secondo il suo modo di vedere noi non rappresentiamo un governo di centrosinistra lungimirante e progressista. Accuse che io rimando al mittente, ricordandogli che la politica non vuol dire fanatismo e difesa estrema di una lobby, ma significa mediazione e rispetto delle altre sensibilità». Dall'opposizione quindi Nicola Delconte di Fdi crede che non sia sicuro fare ciclabili in sede stradale «in zona industriale con camion e traffico intenso sulla stessa carreggiata. Meglio sarebbe affrontare il "raddoppio" sull'Ospo, punto troppo pericoloso, dedicando un nuovo ponte solo alle bici. Ok alle ciclabili ma personalmente non mi piace la promiscuità col traffico, troppo pericolosa». Infine il leghista Giulio Ferluga spiega di aver «rigettato totalmente lo spirito di fondo della mozione», che ritiene «estremista e ostile nei confronti degli automobilisti. Troppo spesso ho sentito criminalizzare questi ultimi in aula».

lu.pu.

 

 

Più treni storici e turismo sulla ferrovia Transalpina
Ricadute positive in città dai 16 milioni per completare il Museo di Campo Marzio - Il coordinatore Puhali del Comitato trasporti del Gect: «Ora si colga l'occasione»
I 16 milioni di euro stanziati con il "Piano strategico grandi attrattori culturali" a favore della Fondazione Fs per il completamento del restauro del Museo ferroviario di Trieste Campo Marzio e per la valorizzazione dell'omonima stazione non potranno non avere riflessi positivi su Gorizia.«Si sta infatti concretizzando la possibilità di un rilancio della ferrovia che collega Jesenice con Sesana, ma di cui è ancora agibile la tratta storica con Trieste. Ciò permetterebbe anche formidabili prospettive per una sinergia operativa fra Trieste, il Carso, la conca di Gorizia, la Valle dell'Isonzo, il territorio dei laghi di Bohinj e di Bled, la Carinzia. Si tratta quindi di una opportunità che Nova Gorica e Gorizia, Capitale europea della cultura 2025, devono necessariamente cogliere».Ad affermarlo è Alessandro Puhali, coordinatore del comitato trasporti del Gect nonché presidente dell'associazione Museo-stazione Trieste Campo Marzio, nata nel 2017 e convenzionata con la Fondazione Fs per la fornitura di un supporto tecnico, scientifico e didattico alle attività dello stesso museo. «Il Gect ha già condiviso con l'Agenzia di Sviluppo della Valle dell'Isonzo (avente sede a Tolmino) l'obiettivo di rilanciare lo storico percorso della Transalpina come moderna ferrovia regionale e di spiccata valenza turistica a beneficio delle relazioni transfrontaliere e dello sviluppo dei territori collegati ed attraversati dalla stessa linea - prosegue Puhali -. In particolare, l'Agenzia, nell'ambito del progetto europeo Crossmoby ha quindi commissionato uno studio di fattibilità proprio per la valorizzazione della Transalpina, di cui è previsto il rilascio nei prossimi mesi. Un polo culturale e turistico come quello che diventerà la stazione di Trieste Campo Marzio, già capolinea meridionale della Transalpina, con il suo Museo non potrà allora non avere positive ricadute per il Goriziano storico. Si tratta infatti di un polo con la potenzialità di eccellere a livello europeo e quindi in grado di generare un movimento sulla Transalpina e un interesse a livello internazionale con positive ricadute economiche per il territorio transfrontaliero, attraverso l'impiego di treni ordinari e straordinari, tra cui quelli storici».Proprio il fenomeno dei treni storici, sviluppatosi ormai da quasi mezzo secolo, ha costituito una opportunità di rilancio del trasporto ferroviario e della conservazione di antichi percorsi su rotaia che non ha mancato di coinvolgere la Transalpina. Ma di quanto è l'interesse che i treni storici hanno saputo sollevare in questi ultimi anni? «Possiamo stimare un totale di circa 115 treni tra il 2015 e il 2019 (quindi, mediamente 20-25 treni a stagione) a coinvolgere oltre 24 mila persone, mentre l'anno scorso, per la pandemia, non c'è stata attività in proposito. Proprio l'impiego dei treni storici è una componente molto rilevante per il rilancio della Transalpina che non appare esagerato definire, per più ragioni, una linea ferroviaria unica a livello europeo, idonea ad accompagnare i viaggiatori con racconti culturali e storici ricchi di emozioni», conclude Alessandro Puhali.

Alex Pessotto

 

SEGNALAZIONI - Divaccia-Capodistria - Potenziali pericoli per la Val Rosandra

Dopo l'uscita della notizia sui media si sente parlare poco a livello locale delle implicazioni derivanti dai lavori per la realizzazione del secondo binario tra Divaccia e Capodistria in territorio sloveno. Si tratta di un problema molto serio dal punto di vista ambientale: il tracciato passa a poca distanza dalle sorgenti del Rosandra, con rischio elevato che i lavori possano causare una deviazione sotterranea del corso delle acque con danno enorme e irreversibile per la Valle, riconosciuta come geosito d'importanza internazionale. Inoltre sussiste la possibilità che in fase di esercizio si verfichino gravi inquinamenti del terreno e del corpo idrico per sversamenti accidentali (a esempio un carro cisterna in transito che perda qualche ettolitro di liquidi pericolosi). Capisco che a livello governativo non si sappia neanche dell'esistenza della Val Rosandra e che abbiano altre cose cui pensare ma ritengo che dalla città dovrebbe arrivare almeno un campanello d'allarme sull'argomento.

Mario Ravalico

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 maggio 2021

 

 

Arvedi in accelerazione su Servola - Laminatoio pronto a fine 2022
Partito l'ordine dei macchinari che verranno realizzati dalla Danieli di Buttrio: previsti sei mesi per la consegna
Trieste. Il gruppo Arvedi rompe gli indugi e ordina i macchinari necessari al potenziamento del laminatoio di Servola. La società avrebbe preferito attendere le carte relative alle demolizioni delle palazzine del comprensorio e allo scambio dei terreni che porterà Hhla Plt Italy a rilevare la superficie dell'ex area a caldo. Ma i permessi continuano a tardare e si è deciso di non aspettare oltre, per essere certi di avviare entro la fine del 2022 le nuove linee che assorbiranno la manodopera della Ferriera in cassa integrazione. La conferma arriva direttamente da Arvedi: «L'investimento, in piena coerenza e aderenza al Piano industriale presentato e parte integrante dell'Accordo di programma, prevede una linea di zincatura e una linea di verniciatura, che completeranno l'attuale ciclo produttivo consentendo un aumento di produzione e un ampliamento del mix prodotto a Trieste». A realizzare i macchinari per Arvedi, il cui ad è Mario Caldonazzo, sarà la Danieli di Buttrio, che dovrebbe impiegare sei mesi per la consegna. Per installazione e messa in funzione del laminatoio potenziato ne serviranno altri 12. La spesa per Arvedi vale 86 milioni, su un piano industriale da 227 milioni, di cui 142 per Servola e 85 per il sito di Cremona, con una copertura del Mise da 55 milioni. Dopo le rivelazioni sul progetto di nuovo stabilimento siderurgico alle Noghere da parte della cordata Metinvest-Danieli, è interessante notare che il gruppo friulano potrebbe diventare non solo fornitore dei macchinari di Arvedi ma anche futuro partner industriale. L'idea di Metinvest è di realizzare una filiera corta integrata in cui l'acciaio arrivato grezzo dall'Ucraina riceva una prima laminazione a caldo alle Noghere e venga poi trasferito su chiatte a Servola per ultimarne la lavorazione. Trieste ospiterebbe un ciclo produttivo dell'acciaio di livello europeo, i cui prodotti finiti sarebbero poi esportati in Europa centrale via treno e in area mediterranea via nave. Proprio la possibilità del ciclo integrato e i collegamenti fanno di Trieste la scelta preferita per Metinvest, che già possiede impianti di laminazione a San Giorgio di Nogaro e in provincia di Verona.L'ipotesi subordinata degli ucraini è Ravenna, dov'è situato un laminatoio a freddo controllato da Marcegaglia, che non gode delle stesse infrastrutture ferroviarie. Perché il progetto complessivo si realizzi andranno attesi gli sviluppi del confronto fra Metinvest, Danieli e Regione sull'iter ambientale relativo alle Noghere.Interrogativi suscita in questa fase pure la partita di Servola, con ben quattro nodi burocratici che continuano a non essere sciolti. Fa almeno ben sperare che il ministero dell'Ambiente abbia nei giorni scorsi dato trenta giorni agli enti pubblici per esprimere osservazioni sulle demolizioni in programma: un passo necessario per convocare la conferenza dei servizi che da mesi Icop (per conto di Hhla Plt) attende per avere il via libera alla messa in sicurezza dei terreni, cioè alla realizzazione dei nuovi piazzali che sorgeranno sopra l'area inquinata. Il permesso a demolire le palazzine invece esiste già, ma il decreto che ha chiuso la relativa conferenza dei servizi deve ancora essere firmato dai ministeri della Transizione ecologica e dello Sviluppo economico: «Non capiamo perché non si riesca a perfezionare la pratica - commenta il presidente di Icop Vittorio Petrucco - e la cosa non può che preoccuparci». E preoccupano pure il ritardo sulla permuta dei terreni (in mano al Demanio) e la questione del barrieramento a mare, che da anni giace sulla scrivania del ministero dell'ambiente e di Invitalia, senza che i 41 milioni stanziati si trasformino nell'opera necessaria ad arginare per sempre gli inquinanti dei terreni che le piogge riversano in mare.

Diego D'Amelio

 

 

Nodo ferroviario di Opicina - Il rinnovo parte da sette binari - fasci riattivati
Trieste. Comincia dalla riattivazione di sette binari il rinnovo del nodo ferroviario di Villa Opicina. Rete ferroviaria italiana ha comunicato ieri di aver ultimato la rimessa in funzione dei fasci di rotaie denominati "Arsenale" e "Pmc". Ci sono voluti sette mesi e un impegno economico da 1,5 milioni, che rappresentano il primo step delle opere per potenziare la stazione da cui passa il 20% dei traffici del porto e in particolare i treni diretti in Ungheria. L'intervento è stato finanziato nell'ambito del progetto di Rfi "Ultimo miglio". I binari ripristinati saranno dedicati alla sosta delle locomotive, che potranno accedervi in modo autonomo: non serviranno più movimenti di manovra aggiuntivi per la precedente necessità di agganciare locomotori diesel per trainare i mezzi in stazione, grazie alla creazione di una nuova linea aerea per la trazione elettrica, che ora serve quattro dei sette binari. Come spiega la nota di Rfi, «verranno così liberati alcuni binari di stazione e aumentata di conseguenza la capacità ricettiva dello scalo», nell'ambito del programma di raddoppio dei volumi di traffico del sistema ferroviario a servizio del porto di Trieste denominato TriHub. Nel corso del 2021 Rfi avvierà la seconda parte dei lavori previsti a Villa Opicina, con l'intenzione di installare un nuovo apparato centrale che gestirà digitalmente traffico e scambi. Una serie di modifiche al piano regolatore generale permetterà inoltre di attivare il modulo da 750 metri che costituisce lo standard europeo per la lunghezza dei treni merci di ultima generazione. Il passaggio è fondamentale per consentire alla stazione di operare pienamente quale snodo del corridoio ferroviario Ten-T Mediterraneo, di cui Villa Opicina rappresenta un punto importante per la sua natura di scalo transfrontaliero fra Italia e Slovenia. Rfi sottolinea che «grazie a questo insieme di interventi si punta a efficientare i servizi necessari per il transito transfrontaliero. Minimizzare i costi significa accrescere la competitività del trasporto su ferro e contribuire alla transizione ecologica. La volontà di coniugare ambiente e sviluppo dei trasporti rientra fra le missioni di Rete ferroviaria italiana. Tutte le opere che si stanno realizzando nell'area del Friuli Venezia Giulia sono il segno di questa strategia. Il rispetto dei tempi programmati e la qualità delle realizzazioni confermano l'obiettivo di porre il territorio giuliano tra i principali riferimenti logistici europei». Connesso all'operazione c'è il rifacimento della Transalpina, ormai realizzato grazie a un investimento da 5,5 milioni di euro. La linea da 15 chilometri collega Villa Opicina e l'Interporto di Fernetti alla stazione di Campo Marzio. L'impiego della Transalpina costituirà un'alternativa, soprattutto in discesa, al percorso abituale da 34 chilometri che porta i treni ad arrivare a Campo Marzio da Opicina, passando per il bivio di Aurisina e percorrendo poi la linea costiera e la galleria di cintura.

D.D.A.

 

 

Porto vecchio, 60 giorni per il consorzio
La Regione pubblica il decreto di approvazione: entro due mesi il rogito. Dipiazza aspetta Kipar per la spallata alla Tripcovich
Procede non senza sorprese lo sblocco del Porto vecchio. A due mesi dalla firma dell'Accordo di programma la Regione pubblica il decreto di approvazione, aprendo così altri 60 giorni per la costituzione del Consorzio Ursus. Nel frattempo l'annuncio dei 40 milioni del Recovery per le aree pubbliche dello scalo potrebbe portare il Comune a rivedere l'accordo per il prestito di 26 milioni concesso dalla Regione nel dicembre scorso. Il sindaco Roberto Dipiazza, infine, accarezza l'idea che le linee guida per lo sviluppo dell'area gli consentano di togliere una storica spina nel fianco: la sala Tripcovich. Andiamo con ordine. Verrà pubblicato oggi sul Bollettino ufficiale della Regione il decreto di approvazione dell'Accordo di programma sul Porto vecchio: il primo passo per la fondazione del Consorzio arriva a due mesi dalla cerimonia della firma, il 4 marzo scorso alla Centrale idrodinamica, con cui il presidente regionale Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza e il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino hanno siglato il plico di documenti per lo sviluppo dell'antico scalo. Ciò significa che ora Comune, Regione e Adsp hanno altri 60 giorni di tempo per presentarsi davanti a un notaio e dare vita effettiva a Ursus, il Consorzio incaricato di gestire tutti i passaggi nodali per il rilancio dell'area nei prossimi decenni. L'obiettivo dei tre enti resta chiudere la partita prima della data ultima, così da poter avviare i lavori quanto prima. Restano aperti diversi nodi, non ultimo quello delle nomine: negli ultimi due mesi sono arrivate diverse proposte al Comune per figure compatibili con quella dell'ambassador del Consorzio, ma una decisione in merito non è ancora stata presa. Così come restano aperte le ipotesi sul resto degli organi dell'ente, non ultimo il direttore generale, che avrà in mano il timone amministrativo di Ursus. Ma anche altri aspetti della partita, dicevamo, devono ancora giungere a maturazione: l'annuncio del Ministero della cultura dei 40 milioni destinati a Trieste per le aree pubbliche dello scalo non si è ancora tradotto in stanziamenti effettivi, ma potrebbe porre il Comune di fronte a un bivio. Nel dicembre scorso la Regione ha comunicato la sua scelta di dare 26 milioni in prestito al Comune per consentire l'infrastrutturazione dell'area. Da quella cifra andrebbe poi scorporato il valore dei magazzini 2 e 4, che secondo l'accordo dovrebbero andare all'ente regionale per la realizzazione di una nuova sede centrale. I fondi del ministero, però, hanno il medesimo scopo, ovvero l'infrastrutturazione: non trattandosi di un prestito, è probabile che il Comune scelga di usufruire di questi ultimi, ma questo potrebbe portare alla necessità di rivedere i termini con il vicino di piazza Unità. Infine c'è il capitolo della sala Tripcovich. Le linee guida architettoniche per le aree pubbliche del Porto sono state affidate all'architetto paesaggista Andreas Kipar: punto focale di tutto il disegno sarà il viale di accesso che da piazza Libertà arriverà fino al magazzino 26. È nell'ambito di questo ripensamento della struttura cittadina che il sindaco Dipiazza confida di poter presto annunciare una svolta: «Stiamo studiando un ingresso diverso per il Porto vecchio - spiega -, un'operazione che interesserà per forza piazza Libertà, perché da lì si accede all'area. Potrebbe darsi che in tutto questo la sala Tripcovich balli un poco il tango».-

Giovanni Tomasin

 

La "profezia" mancata del progetto Polis e la chance del presente
Generali è un fattore dinamico all'interno della storia di Trieste - Allora l'idea innovativa non fu compresa. Ma oggi arrivano i Big Data
Le aziende che hanno un secolo o più sulle spalle, come tutte le istituzioni umane, acquisiscono una capacità strategica di lungo periodo. Anche per questo, forse, una realtà fondata nel 1831 come Assicurazioni Generali aveva scommesso sul possibile rilancio del Porto vecchio già trent'anni fa. Oggi, mentre si sbrogliano le procedure per la fondazione del Consorzio Ursus (vedi articolo in alto), arrivano segnali incoraggianti come l'annuncio della compagnia di voler investire in un centro di ricerca su Big data e intelligenze artificiali assieme agli enti accademici regionali. Un centro che potrebbe trovare nel Porto vecchio la sua sede. Da queste coincidenze significative trae una lezione la senatrice e scrittrice Tatjana Rojc, che ha lavorato assieme ad Ezio Martone alla stesura del libro "Il lungo viaggio del Leone di Trieste". Nel libro, ne abbiamo scritto su queste pagine, si dimostra come lo sbarco di Generali nell'antico scalo, con il progetto Polis, venne meno per divergenze tra i soci, più che per resistenze politiche triestine, come finora s'era raccontato. Ma la storia del Leone, lì raccontata, è interessante perché nella compagnia c'è sempre stato un motore di innovazione per tutta la città, spiega Rojc: «Il ruolo di Generali a Trieste è importantissimo, non solo come capitale economico, ma perché i dirigenti della compagnia hanno sempre colto in anticipo le tendenze future».L'autrice cita l'esempio di Umberto Della Casa, modenese che lavorava per Ibm a Torino prima di arrivare a Trieste, nel 1969, dopo aver ricevuto una proposta dalle Assicurazioni. Lo stesso avviene negli anni Settanta per Benito Rocco, anche lui proveniente dai ranghi dell'azienda informatica statunitense. Furono loro i nomi, assieme ai dirigenti Emilio Dusi e Fabio Padoa, di quelli che decisero di portare avanti l'automatizzazione necessaria a elaborare e gestire un bilancio di gruppo, una scelta all'avanguardia per i tempi. Ma le radici di questo saper stare al passo con i tempi si possono cercare anche più a fondo nel passato. Nate in un tempo in cui Venezia era ancora parte del Lombardo-veneto a dominazione asburgica, le Generali seppero attraversare dapprima una fase in cui la testa triestina e quella veneziana poggiavano su un impero e un regno spesso in rapporti ostili. Poi superarono la caduta di quell'impero, adattandosi al caotico scenario successivo alla Grande guerra, e infine trovarono nuovi mercati di riferimento quando la Cortina di ferro calò davanti all'antico retroterra centroeuropeo.Tornando alla senatrice Rojc, il rapporto fra Generali e Porto vecchio si svolge secondo simili logiche: «Con il progetto Polis le Assicurazioni Generali videro troppo lontane per essere comprese. Mostrarono quel che poteva succedere in Porto vecchio e che forse oggi succederà, ovvero che non sia solo un rione, ma che ci sia qualcosa di importante nella città». L'annuncio del nuovo centro sui Big data, conclude, lascia ben sperare: «Sapevo che Generali non avrebbe perso tempo. D'altra parte non l'ha fatto in passato con progetti come Citylife o iniziative come Banca Generali. Per avere una visione serve grande preparazione».

G.Tom.

 

 

L'emergenza clima rilancia i movimenti - Così cambiano le politiche per l'ambiente
Domani gratis con il nostro giornale "Green&Blue", il mensile del Gruppo Gedi dedicato ad ambiente e sviluppo
I temi legati all'ambiente dettano l'agenda della nuova politica europea, ispirano le strategie dei governi, muovono le posizioni di partiti e movimenti, danno forma e spessore a una spinta propulsiva che, contrariamente a quanto accaduto in passato, sembra avere la forza per non esaurirsi. Ormai tutti nel vecchio Continente, sollecitati dallo schieramento e dalla partecipazione di centinaia di migliaia di giovani, hanno compreso l'importanza di intestarsi battaglie che hanno un solo principio ispiratore: la salvaguardia e la tutela dell'ambiente. Una linea dettata dalla necessità di affrontare con gli strumenti adeguati i rischi che derivano dall'emergenza climatica. Così le formazioni politiche ambientaliste tornano alla ribalta, senza però accontentarsi di posizioni marginali: stavolta vogliono stare dalla parte di chi decide. Al ritorno dei Verdi in Europa è dedicato il servizio di copertina di Green&Blue, il mensile che sarà in edicola in abbinamento gratuito domani, giovedì 6 maggio, con questo giornale e con tutti i quotidiani del gruppo Gedi. La cover story analizza le ragioni e le prospettive di questo ritorno (anche se l'Italia è un'anomalia: l'offerta non piace al mercato elettorale...) e spiega attraverso approfondimenti come Spagna, Francia, Belgio, Germania e Grecia si preparano ad affrontare la nuova onda verde.G&B si occuperà - tra l'altro - di mobilità elettrica, raccontando gli sforzi dell'Europa per diventare leader nella produzione di batterie, con lo scopo di conquistare la leadership globale e ridurre la dipendenza da Pechino. Sono già stati lanciati circa 70 progetti industriali attraverso un massiccio volume di investimenti: nel 2019 hanno toccato quota 60 miliardi, il triplo di quelli registrati in Cina.Ci sarà poi un'analisi su come il Web incide sulle emissioni di CO2. Ebbene, streaming, mail e server inquinano come una grande nazione, piazzandosi al quarto posto dopo Cina, Usa e India. Entro il 2030, spiegano gli esperti, computer ed elettronica di consumo arriveranno ad assorbire il 20 per cento dell'energia prodotta, con tutto ciò che ne consegue in fatto di emissioni di gas serra. Green&Blue racconterà anche uno straordinario progetto naturalistico - realizzato da Legambiente sull'isola di Pantelleria - che ha lo scopo di far conoscere i "giardini panteschi", dove gli agrumi crescono, senz'acqua, solo grazie a un microclima artificiale e a migliaia di pietre spostate a mano. Non mancheranno i personaggi (lo chef Pietro Leeman del Joia di Milano e Brian Eno, il musicista che attraverso la sua arte si impegna per la difesa della terra) e le rubriche: per conoscere e rispettare l'ambiente.

Giuseppe Casciaro

 

 

OGS - Esperti a confronto sulla pulizia del mare

Ogs insieme a Apre è tra i soggetti che collaborano con il ministero dell'Università e della Ricerca all'organizzazione dell'evento online "Starfish Mission 2030: per una prospettiva italiana del mare", che si svolgerà oggi 5 maggio a partire dalle 15 (bit.ly/ 33fxvpg)per approfondire lo "Starfish 2030: Restore Our Ocean and Waters", progetto di Horizon Europe, che mira alla scoperta e alla rigenerazione degli ecosistemi marini e d'acqua dolce europei entro il 2030 tramite la pulizia delle acque.

 

Banchi di delfini a pesca di branzini avvistati alla Cona
Gli operatori della riserva della foce dell'Isonzo li hanno immortalati proprio nel momento della "caccia"
STARANZANO. Una gruppetto di tre delfini dà spettacolo con evoluzioni davanti alla riserva naturale della Cona. L'avvistamento è avvenuto nella mattinata del primo maggio, ma sono stati notati anche nei giorni successivi dagli operatori della riserva, Matteo De Luca e Silvano Candotto durante il controllo quotidiano della fauna selvatica, in particolare di uccelli che in questo periodo affollano l'area protetta e arrivano da tutta l'Europa, Siberia compresa.«Si tratta di un gruppetto di Tursiopi, detti anche cetacei dentati, comunemente chiamati denticeti poiché si differenziano da altri tipi dal possedere denti veri e propri - afferma De Luca - . Una specie osservata in questi giorni in differenti località del golfo che nei mesi primaverili sono soliti frequentare anche le acque della riserva per alimentarsi. Sono cacciatori attivi e si nutrono di pesci che trovano lungo il loro cammino. In una foto, infatti, si vede molto bene la predazione di un branzino. L'osservazione dei delfini è stata possibile durante i consueti giri di monitoraggio dei volatili alla foce del fiume e di sorveglianza del rispetto delle norme attualmente in vigore. Sull'isola alla foce è, infatti, interdetto l'accesso delle imbarcazioni e di qualsiasi natante poiché in questo momento - continua la guida naturalistica - sono in atto nidificazioni di specie di elevato interesse conservazionistico come il fratino e il fraticello. Comunque se i visitatori hanno la pazienza di scrutare il mare con il binocolo, è probabile che riescano individuare delfini che sembrano danzare fra le onde».È vero che l'avvistamento non è un incontro raro, ma è stato emozionante per le guide della riserva naturale che hanno potuto osservare per una decina di minuti i cetacei nella loro classica andatura e volteggi, quasi volessero giocare tra loro facendo le caratteristiche evoluzioni sulla superficie del mare. La presenza dei delfini è giustificata anche dalla pandemia in atto che ha causato restrizioni pure alla nautica in movimento, un terreno ulteriormente fertile per i banchi di delfini noti per avere una folta colonia attorno all'isola di Lussino, alle coste slovene e croate e molto spesso si spingono verso il golfo di Trieste e dintorni.

Ciro Vitiello

 

 

 

Alle 18 - "L'Istria vista dal mare" al Circolo della Stampa.

Oggi, alle 18, al Circolo della stampa di Trieste, si terrà la presentazione del libro "L'Istria vista dal mare", a cura di Livio Dorigo, ultimo lavoro edito dal Circolo Istria di Trieste. Tre punti di osservazione dell'Istria vista dal mare con Rita Auriemma, Stefano Furlani e Rosanna Turcinovich. Modera l'incontro il giornalista Luciano Santin vicepresidente del Circolo della Stampa. Gli autori e gli organizzatori saranno in presenza al Circolo della Stampa di Trieste. Tutti gli altri possono partecipare in remoto cliccando su link: https://join.skype.com/OyUXLJh2RaEJ

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 4 maggio 2021

 

 

Raccolta differenziata verso il 70% - Ma Trieste è ancora maglia nera - la situazione del 2019
Arpa: Fvg fra le prime 5 regioni. Verde e vetro, impennata nel capoluogo giuliano durante il lockdown
Trieste. La lunga coda della pandemia ha toccato anche il settore della raccolta differenziata triestina. È quanto emerge dal secondo rapporto di rifiuti urbani, redatto dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa) e presentato ieri in conferenza stampa, secondo cui fra l'altro il lockdown ha modificato l'acquisto delle merci. E, inevitabilmente, la creazione di rifiuti. Nel capoluogo giuliano, durante i primi otto mesi del 2020, si è infatti registrata una riduzione del 4% della produzione di immondizia (-4% di organico, -2% di plastica, - 5% di carta, - 4% di ingombranti). Un calo che non ha tuttavia interessato tutte le tipologie di rifiuti: rappresentano un'eccezione il verde e il vetro che, al contrario, hanno visto un aumento, (rispettivamente del +13% e +3%).Il modo in cui l'emergenza sanitaria ha ridisegnato i nostri consumi - e il nostro modo di liberarcene - è solo uno dei tanti aspetti su cui si è focalizzato il report, in cui vengono ripercorsi 22 anni di storia nel settore dei rifiuti, con un ampio spazio dedicato alla battaglia a favore della raccolta differenziata. Un percorso di miglioramento in cui il territorio di Trieste indossa la maglia nera, con una percentuale che nel 2019 si è attestata intorno al 44%. Il dato è in controtendenza rispetto al resto della Regione, dove 150 amministrazioni (sulle 215 totali), sono riuscite a eccellere, toccando soglie tra il 70 e l'80% di raccolta. Gli ottimi risultati, tuttavia, sono legati al fatto che si tratti, nella maggior parte dei casi, di comuni con meno di 5 mila abitanti, con una gestione semplificata di raccolta. Nelle grandi realtà abitative come Trieste, invece, la complessità del tessuto urbano e il maggior flusso di cittadini rendono più difficile perseguire risultati simili. «Sulla raccolta differenziata il Friuli Venezia Giulia parte, a livello nazionale, da una posizione di podio, conseguita grazie soprattutto ai risultati raggiunti dai piccoli comuni - ha detto l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente Fabio Scoccimarro, nel corso della presentazione -. Se poco più di 20 anni fa la raccolta differenziata nella nostra regione raggiungeva solo il 12%, oggi riusciamo a differenziare i 2/3 dei rifiuti che produciamo. Al fine di crescere ulteriormente lavoreremo per migliorare le performance dei centri urbani più grandi». Il Friuli Venezia Giulia si posiziona dopo Veneto, Trentino Alto Adige, Lombardia ed Emilia Romagna. Nel report si spiega tuttavia come il trend positivo che ha caratterizzato la regione nei primi anni di raccolta si sia fermato nel 2013. Anno in cui, dopo aver toccato la soglia del 60%, alcuni comuni hanno interrotto l'andamento. Quanto al 2019, il risultato regionale è del 68,7%. E anche se non sono ancora disponibili i dati del 2020, Cristina Sgubin di Arpa ha specificato che «le percentuali dovrebbero essere molto simili a quelle del 2019, probabilmente con un aumento minimo». Rispetto al nuovo scenario imposto dal Covid, Sgubin ha inoltre aggiunto che «nella raccolta dei materiali spiaggiati iniziamo a rilevare la presenza di guanti e mascherine. Tuttavia, siccome questi rifiuti vengono gettati nel secco ma hanno un peso molto esiguo, non stanno particolarmente incidendo sulla percentuale di indifferenziata». Nonostante il generale ottimismo sui risultati che si possono ottenere, il direttore generale di Arpa Stellio Vatta ha spiegato che «c'è ancora da lavorare. Bisogna fare molti passi avanti, soprattutto per sensibilizzare e informare il cittadino-consumatore. È quest'ultimo che, con i suoi comportamenti, influenzerà i risultati futuri».

Linda Caglioni

 

 

Progetto centrale a gas di A2A: dalla Regione 13 prescrizioni - delibera della giunta Fedriga

Compatibilità ambientale condizionata a precise indicazioni a carico dell'azienda. Decisa l'istituzione di un tavolo con Comune e proprietà sulle prospettive del sito.

Tredici indicazioni in relazione al progetto proposto da A2A EnergieFuture relative alla realizzazione della centrale a gas a ciclo combinato. C'è anche un atto di indirizzo con il quale si è decisa l'istituzione, a breve, di un tavolo tra la Regione - nello specifico con le Direzioni Attività produttive e Ambiente -, Comune e proprietà al fine di analizzare le prospettive di sviluppo dell'area. Sono questi gli elementi essenziali contenuti nella comunicazione inviata dalla Regione al Ministero, secondo i termini fissati. La Regione ha preso atto che la parte tecnica potrà riconoscere la compatibilità ambientale alla centrale termoelettrica di Monfalcone solo se verranno accolte dunque specifiche tredici indicazioni, tra le quali figurano il recupero ambientale/produttivo delle aree oggetto degli impianti che andranno dismessi, lo sviluppo di una rete di teleriscaldamento e il monitoraggio ambientale e sanitario, a carico del proponente, che andrà condiviso con i soggetti competenti. Ieri dunque la Giunta del Friuli Venezia Giulia ha approvato - su proposta dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro - la delibera riguardante un parere collaborativo della Regione in merito alla procedura di Via in cui si sono valutati gli impatti relativi alla modifica dell'impianto proposta da A2A. Secondo le valutazioni compiute dalle diverse Direzioni regionali competenti, si evince nella nota della Regione, è emerso che le emissioni in atmosfera andranno verosimilmente a migliorare rispetto alla situazione attuale e, di conseguenza, la situazione sanitaria, particolarmente delicata nella popolazione monfalconese, dovrebbe anch'essa migliorare. L'Istituto Superiore di Sanità, l'Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina (Asugi) e la Direzione centrale Salute della Regione si sono espressi evidenziando la necessità di monitoraggi ambientali e sanitari per tenere sotto controllo l'impatto determinato dalla centrale. Oltre a ciò la Regione ha chiesto al ministero che venga tenuto in debita considerazione il parere espresso sullo stesso tema dal Comune di Monfalcone. Quest'ultimo, in qualità di Amministrazione ed ente territoriale interessato dal provvedimento, ha inviato a fine aprile al ministero della Transizione ecologica la propria valutazione sul progetto; riportando i dati già messi a disposizione dal proponente ed effettuati dei confronti tra emissioni di inquinanti tra lo scenario futuro e quello di progetto, il Comune ha chiesto che venga approfondita l'analisi di incidenza di tumori nel periodo 2010-2019.

 

 

Oltre 200mila euro per rifare il giardino di vicolo dell'Edera - il sopralluogo nell'angolo verde inagibile da anni

C'è un angolo verde tra vicolo dell'Edera e Pendice Scoglietto che merita di essere recuperato. Anche perchè non sono mancate proteste e segnalazioni da parte della cittadinanza. Questo luogo si trova a breve distanza dall'asilo nido "Zucchero filato" ed è raggiungibile a piedi da via Cologna. Ieri mattina il sindaco Roberto Dipiazza e l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi vi hanno dedicato un sopralluogo. Il giardino, che si estende per una superficie di 2.700 metri quadrati, è proprietà comunale ma da alcuni anni è chiuso, inagibile. La vegetazione è cresciuta lussureggiante e il sito avrebbe comunque occorrenza di una drastica pulizia. Date queste premesse, il servizio strade & verde della Municipalità tergestina ha ritenuto di inserire l'opera nelle prossime iniziative di refitting ambientale, inducendo l'assessore Lodi a presentare una delibera che stanzia alla bisogna poco più di 200 mila euro. In particolare, l'intervento viene finanziato per 150 mila euro con avanzo vincolato e per 50 mila euro ricorrendo all'introito da alienazioni. Il progetto è stato affidato a un professionista esterno, l'architetto Rita Ressmann, per un costo di 13.300 euro. La verde riqualificazione prevede un cronoprogramma di 120 giorni, che verrà auspicabilmente svolto, una volta sbrigato l'affidamento, a partire da inizio estate. La relazione, che accompagna la delibera dell'avvocato Lodi, descrive le civiche intenzioni, mirate a ridisegnare radicalmente l'attuale scorcio. Ecco l'elenco: pulizia complessiva del verde, rimozione delle recinzioni danneggiate e degli arredi presenti, creazione di un nuovo accesso, sistemazione dei percorsi pedonali preesistenti, manutenzione delle due scale esterne in arenaria, realizzazioni di superfici a prato, creazione di una nuova linea d'acqua in maniera tale da attivare due fontane con acqua potabile. Questi lavori di manutenzione straordinaria vengono integrati da una nuova area giochi con pavimentazione anti-trauma, da un'area dedicata ai cani (con apposite recinzioni e cancelli metallici), da nuovi cancelli. Arredo tutto fresco dotato di panchine e cestini d'acciaio. L'area sarà accessibile ai mezzi meccanici. Non si dovrebbe trattare di un cantiere difficile dal punto di vista della sicurezza, se si eccettuano le pendenze esistenti e la vicinanza a una via di medio traffico in considerazione delle scuole presenti e della densità abitativa. L'inquadramento urbanistico - informa ancora la relazione che correda con alcune foto lo stato d'incuria in cui versa il giardino - consente inoltre la realizzazione di un servizio igienico di 15 metri quadrati e un chiosco "food & beverage" di analoga superficie. Da non perdere le immagini relative all'interno dell'area verde, soprattutto per quel che riguarda i punti prossimi alla scala interna a scendere e all'area giochi dismessa.

Massimo Greco

 

Punta Sottile, sostituiti due pini - E per un terzo arriva il sostegno - il recupero del verde dopo i danni delle due ondate di maltempo
MUGGIA. Punta Sottile ritorna a popolarsi di pini d'Aleppo. Di recente sono state piantumate infatti due nuove alberature, in sostituzione delle due irrimediabilmente danneggiate dalla furia del maltempo, dapprima il 10 agosto della scorsa estate e poi l'8 dicembre. I due alberi sostituiti, in particolare, si erano sovrapposti nella prima occasione a causa di un violento temporale estivo: una combinazione di vento e pioggia aveva letteralmente divelto il cosiddetto "pino storto", facendolo accasciare in parte sul terreno e in parte su un altro pino accanto. La situazione era ulteriormente peggiorata a fine anno tanto da richiedere una consulenza specializzata. Così la perizia di Paolo Parmegiani, agronomo forestale: «La chioma della seconda pianta, asimmetrica, presenta una grossa branca spezzata dalla prima pianta, con scosciatura profonda e relativa chioma in disseccamento. La pianta, completamente sbilanciata, presenta pochissime fronde ancora verdi sul lato mare a notevole distanza dal punto di inserzione nel terreno». Superstite, sopravvissuto alla furia del maltempo, poco distante ecco un altro pino, evidentemente molto inclinato, tanto che nei primi due metri assume una pendenza di 45 gradi. Dalla perizia è emersa la necessità di un intervento che risolvesse le gravi problematiche di tipo statico che, in qualsiasi momento, avrebbero potuto far schiantare quel caratteristico pino: «La soluzione ottimale da un punto di vista statico - sempre secondo Parmegiani - è quella di provvedere alla realizzazione di un sostegno da posizionare a tre metri di distanza dalla base, proprio sotto il punto d'impalco delle branche principali, al fine di sorreggere la chioma e l'intera pianta». È stato così realizzato - ed è stato posizionato in questi giorni - un sostegno proprio nel punto indicato da Parmegiani lo scorso marzo».

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 3 maggio 2021

 

 

Muggia - Bocciata la segnaletica per le piste ciclabili di Strada delle Saline
Muggia. Cassata in Consiglio comunale la risoluzione che presentata dal consigliere del gruppo misto ed ex dem Marco Finocchiaro sull'adeguamento della segnaletica stradale viabilità Coselag su Strada delle Saline e Via Caduti sul lavoro, che aveva l'obiettivo di migliorare la sicurezza stradale e favorire la mobilità sostenibile sui percorsi casa-lavoro. Si è trattato di una bocciatura netta. A favore hanno votato solo il pentastellato Emanuele Romano e la civica Roberta Tarlao. Deluso Finocchiaro: «Quello che chiedevo in sintesi era di dare la possibilità a chi sceglie la bicicletta come mezzo di trasporto per recarsi al lavoro di farlo in sicurezza. Nel caso specifico proponevo la realizzazione delle corsie ciclabili recentemente introdotte nel codice della strada al posto della banchina pavimentata di 1,5 che dovrebbe avere una strada di quelle caratteristiche geometriche. Si è negata la possibilità a chi sceglie la bicicletta come mezzo di trasporto per recarsi al lavoro di farlo in sicurezza. Nulla si è fatto nemmeno per mettere in sicurezza i veicoli a motore che percorrono quella strada su corsie di marcia di 5 metri fuori norma in quanto la larghezza massima consentita è di 3,75 metri». Per Finocchiaro coloro che hanno cassato una soluzione fattibile «l'hanno fatto nascondendosi dietro un parere tecnico degli uffici, fuorviante e per nulla esaustivo». Il consigliere ex dem ha riferito anche di essere «stato accusato di essere un lobbista che si erge a paladino delle categorie deboli, al pari degli altri due consiglieri che hanno sostenuto la risoluzione a scopi elettoralistici. Intanto si è negato il diritto costituzionale di arrivare sani al lavoro e di tornare a casa integri». Anche Fiab Ulisse ha commentato quanto deciso durante la massima assise rivierasca: «Brutte notizie per Muggia: la giunta Marzi a ampia parte dell'opposizione ha bocciato la richiesta di realizzare nell'amplissima Strada delle Saline due corsie ciclabili per rendere più sicuri gli spostamenti casa-lavoro in bici».

Luigi Putignano

 

 

Più neve sulle Alpi Giulie causa il riscaldamento artico
Il ricercatore Renato Colucci dell'Istituto di Scienze polari: «La causa degli accumuli nevosi in alta quota legata agli eventi indotti dal riscaldamenti globale»
Di primo acchito sembrerebbero gli highlander del cambiamento climatico, un'anomalia in un panorama che prevede la scomparsa dei ghiacciai alpini al di sotto dei 3500 metri di altitudine in una trentina d'anni. Sono i piccoli ghiacciai delle Alpi Giulie a bassa quota, che da circa 15 anni sono resilienti e stabili. E che anche quest'inverno hanno potuto contare su abbondanti nevicate che però, dicono gli esperti, non sono indicative di inverni più freddi, né di un'inversione di rotta del riscaldamento globale. Anzi. Una ricerca pubblicata su Atmosphere, che spiega la resilienza dei piccoli ghiacciai delle Alpi Giulie con l'aumento delle precipitazioni nevose nel settore alpino orientale, individua due possibili cause del fenomeno, entrambe legate ai cambiamenti climatici: il maggiore riscaldamento dell'Artico e l'aumento della temperatura della superficie dell'Adriatico. «Anche quest'anno sulle Alpi Giulie si sono verificate nevicate molto intense e frequenti, che hanno portato la somma degli accumuli nevosi a toccare i 10 metri a 1800 m di quota», spiega Renato Colucci, ricercatore dell'Istituto di scienze polari del Cnr, che ha coordinato questa ricerca internazionale cui hanno partecipato anche l'Ictp e le Università di Trieste e Udine. Di annate con accumuli eccezionali di neve ne sono state registrate molte a partire dal 2000, ma tanta neve non significa più freddo: tendenzialmente gli inverni sono sempre più miti e le estati più calde e lunghe. «L'ingente strato nevoso depositatosi al suolo nelle Alpi Giulie, dove già piogge e nevicate sono tra le più elevate di tutta Europa, è in grado di bilanciare l'aumentata fusione estiva», spiega Colucci. Misurando i bilanci di massa dei piccoli corpi glaciali di questo settore alpino dal 2006 al 2018, i ricercatori ne hanno constatato il leggero incremento, in completa controtendenza con ciò che avviene nel resto dei ghiaccia alpini, che invece si riducono sempre più. «La causa più rilevante di quest'anomalia sembra essere legata agli eventi estremi indotti dal riscaldamento globale», evidenzia il ricercatore. «Nell'Artico il riscaldamento sta procedendo a un ritmo molto più serrato rispetto alle nostre latitudini, con la drastica riduzione del ghiaccio marino, che contribuisce agli effetti di amplificazione del riscaldamento». La "amplificazione artica" sta modificando la traiettoria della circolazione globale dell'emisfero settentrionale (onde di Rossby). I flussi atmosferici, simili a onde che si muovono da ovest verso est, si propagano più lentamente, facilitando così situazioni che portano il tempo meteorologico a "bloccarsi". Perciò si possono verificare eventi estremi, come piogge vigorose e prolungate o lunghe fasi di caldo estivo eccezionale. A ciò va a sommarsi l'aumento della temperatura superficiale del mare Adriatico, che porta ancora maggiore energia verso le montagne sotto forma di precipitazioni più intense. Per quanto la pioggia tenda a sostituirsi alla neve a quote sempre più elevate, la scomparsa nel prossimo futuro dei ghiacciai minori delle Alpi Giulie non pare più così scontata.

g.b.

 

 

Check-up ai rifiuti sul lido per cambiare i comportamenti
STARANZANO. Il termine "Beach Litter" si traduce come "immondizia della spiaggia". Legambiente lo ha trasformato nell'iniziativa di "Citizen Scienze" in un monitoraggio di rifiuti prodotti dalle attività umane. La conclusione della ricerca effettuata sul litorale di Staranzano è stata annunciata dal Circolo Legambiente "Ignazio Zanutto" di Monfalcone, portato a termine nel pomeriggio di sabato da una decina di giovani volontari di Legambiente e dell'associazione NOPlanetB. Nel vasto campionario dei rifiuti ci sono materiali plastici, metallici, cartacei, tessuti vari, oggetti in vetro o in legno e olii. Il legname trasportato in mare dai fiumi e poi in parte riversato sulle spiagge costituisce un substrato per la crescita di molti organismi decompositori. «La raccolta di dati sui rifiuti in spiaggia - dichiara Margherita Bertossi del direttivo di Legambiente - consente di acquisire informazioni su quantità, trend e fonti di quella quota di marine litter immediatamente visibile a tutti noi, in relazione con la Direttiva Europea sulla Strategia Marina (2008/56/CE). Capire cosa deturpa le nostre spiagge - continua - serve anche ad agire sulle nostre abitudini di consumo e sui nostri comportamenti, perché la soluzione parte da qui. Il protocollo da noi utilizzato coincide con quello dell'European Environmental Agency nel programma Marine Litter Watch ed è usato da altre associazioni e istituti di ricerca».Per il monitoraggio, i volontari hanno delimitato un'area di indagine standard, lunga 100 metri e ampia dalla battigia alla fine della spiaggia, hanno raccolto tutti i rifiuti poi registrati su apposite schede seguendo le categorie di campionamento indicate. La raccolta ha preso in esame rifiuti a partire da 2,5 cm di lunghezza, per essere sicuri di includere tappi, coperchi e mozziconi di sigarette. Sono stati riempiti 4 sacchi di materiale indifferenziato, contenitori di plastica, lattine e una ventina di bottiglie di vetro, tutto avviato a riciclo. Moltissime le "calze" di plastica utilizzate in mitilicoltura e un'infinità di frammenti di plastica e polistirolo. Non sono mancate alcune mascherine, testimoni del periodo pandemico in corso.

Ciro Vitiello /

 

Turismo e ambiente - A Isola il Forum Eusair - regione adriatico-ionica
LUBIANA. Si terrà i prossimi 11 e 12 maggio a Isola, in Slovenia, il sesto Forum annuale della Strategia europea per la regione adriatico-ionica (Eusair). Eusair, dopo una fase di costruzione della sua governance, è oggi impegnata in particolare sul fronte dell'embedding process, ossia la ricerca di fondi, da budget Ue e finanziamenti pre-adesione per Balcani, per sostenere le attività comuni dei suoi quattro pilastri: attività marittime, connettività (trasporti ed energia), qualità ambientale e turismo sostenibile. A Isola, uno dei focus sarà l'impostazione di una strategia comune in questo senso. Attenzione sarà pure dedicata al tema dei trasporti e a quello dell'ambiente e del climate change. Tra gli ospiti di rilievo del Forum la climatologa slovena Lucka Kajfez Bogataj, esponente dell'Ippc, il consiglio intergovernativo dell'Onu sulla crisi climatica. Nel 2007 Lucka Kajfez Bogataj ottenne il Nobel per la Pace, insieme all'ex vice presidente americano, Al Gore. La strategia, lanciata dalla Commissione Ue nel 2014 vede come Paesi partecipanti alcune nazioni membri della Ue, tra cui Italia, Grecia, Slovenia e Croazia, ma anche Stati in corsa per l'adesione, come Serbia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord e Albania.

 

 

Fotovoltaico e bonus - Scossa risparmio
Siamo in una fase da lavori in corso sull'evoluzione del superbonus, all'incrocio tra il binomio durata-stanziamenti e lo snellimento atteso da qui a pochi giorni delle procedure per sfruttare il maxi incentivo. Ma, parlando di opere comunque realizzabili con strade diverse tra le varie agevolazioni, il fotovoltaico rappresenta di sicuro uno dei capitoli al quale si guarda con un occhio di particolare attenzione, a maggior ragione se il percorso per l'utilizzo delle risorse con il bonus al 110% si farà meno impervio rispetto a quanto accade con le regole attuali. Produrre energia elettrica direttamente dal giardino di casa o dal terrazzo, con impianti sempre più adattabili a spazi condominiali limitati, ha conquistato negli anni consensi crescenti, capace com'è di mettere insieme l'aspetto della salvaguardia dell'ambiente e quello della convenienza economica. Le cifre - In Italia il numero di coloro che hanno adottato il sistema veleggia ormai verso il milione, con una potenza complessiva superiore ai 21 Gigawatt. Da gennaio a marzo, il comparto ha garantito il 6,1% dell'intera domanda di energia elettrica del Paese. E non sorprende gli addetti ai lavori il fatto che nemmeno la crisi provocata dal Covid abbia frenato il settore: nel primo semestre del 2020 (quindi inclusi i mesi del lockdown più duro) le nuove installazioni sono aumentate del 12% rispetto allo stesso periodo del 2019, salite poi nei primi 10 mesi - secondo l'Osservatorio FER (Fonti Energetiche Rinnovabili) di Anie Rinnovabili - del 25%. Tra presente e futuro - Nel biennio 2020-2021 - spiega il report "Renewables 2020" dell'Agenzia internazionale dell'energia - il fotovoltaico guiderà la crescita di tutte le energie rinnovabili anche grazie agli incentivi fiscali, a cominciare dalla doppia opportunità con il 110%. Doppia, perché gli impianti di questo tipo possono sfruttare sia la chance degli interventi trainati, sia quella del sismabonus. E non sembra preoccupare più di tanto la flessione dei primi due mesi del 2021 a livello di produzione nazionale: a marzo il dato era già in ripresa, +19,5% sullo stesso periodo del 2020. Tra gli incentivi attuali e quelli annunciati per il futuro, le occasioni per accelerare non mancano davvero.

Massimo Righi

 

Fotovoltaico e 110% - le mosse necessarie per abbattere i costi della bolletta - Il superbonus
Ottenere energia gratuita dal sole, con l'impianto fotovoltaico completamente pagato dalla Stato, è possibile con i benefici del superbonus al 110%. Presupposto è che il fotovoltaico sia eseguito congiuntamente o con il miglioramento sismico dell'edificio, il cosiddetto sismabonus, o con il superbonus che contempli almeno una delle opere cosiddette "trainanti". Si tratta, in sostanza, dell'isolamento delle coperture, delle facciate e dei fondi che deve interessare almeno il 25 per cento della superficie disperdente del palazzo, insieme o separatamente con l'efficientamento dell'impianto di riscaldamento. La condizione di partenza che dà il via libera al maxi sconto è che si realizzi il miglioramento di due classi energetiche del fabbisogno termico dell'edificio, sia che si tratti di condominio, sia che si parli di una palazzina composta da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate e in possesso di un ingresso indipendente. Per ottenere lo sconto fiscale, tra i vari requisiti necessari, ci sono uno studio preliminare, un progetto esecutivo e i passi chiave per il finanziamento dei lavori, le asseverazioni e i collaudi. Si tratta di una mole di documenti importante e che richiede tempo. Per cui, prima di decidere se lanciarsi in questa direzione, è consigliabile rivolgersi a persone qualificate che conoscono il settore e sappiano muoversi tra i diversi paletti imposti dalla normativa. La proroga - I lavori sono ingenti, il processo è complesso e il tempo è poco. Per il superbonus la proroga al 2023 è al momento solo una promessa. Anche quella del 2022 è "sub judice" perché deve essere ancora confermata dal Consiglio d'Europa. Occorre quindi individuare tra gli interventi possibili quelli che garantiscono subito il salto delle due classi energetiche. Al rifacimento della facciata in chiave di un maggior risparmio energetico (il cosiddetto cappotto termico), è consigliabile aggiungere gli impianti fotovoltaici e il solare termico che sfruttano fonti rinnovabili e hanno il vantaggio di essere di più rapida esecuzione. La realizzazione - I pannelli da installare sono composti di silicio mono o policristallino e sono più efficienti tanto è più elevato il kilowatt di picco (kWp). I pannelli vanno collocati sul tetto dell'edificio o su un'area adiacente, ad esempio una pergola o una tettoia di un terrazzo, per una superficie tale da produrre l'energia elettrica necessaria ad evitare di prelevare corrente dalla rete. In molti casi, è prevista la possibilità di installare accumulatori: in pratica delle batterie che permettano di stoccare l'energia prodotta in eccesso ed eventualmente sincronizzare la produzione con il prelievo. La superficie necessaria per produrre un kilowatt di energia elettrica è di sei/sette metri quadrati. Tre kilowatt è il fabbisogno medio per un appartamento: per produrlo occorrono 18 metri quadrati di pannelli e possibilmente una batteria di accumulo. I costi fissi dell'installazione sono tutti compensati dal contributo sui pannelli solo se la potenza dell'impianto raggiunge i sei kilowatt con circa 30 metri quadrati di installazione. I limiti fiscali - La spesa massima per singola unità immobiliare è di 48 mila euro. Il limite raddoppia se si installa anche l'accumulatore per conservare l'energia in eccesso. Per kW di potenza nominale, il limite di detrazione è di 2.400 euro, mentre per il sistema di accumulo integrato è di 1.000 euro per ogni kWh. L'energia non autoconsumata, oppure non condivisa per autoconsumo, va ceduta gratuitamente al Gestore dei servizi energetici. Per evitarlo, oltre all'accumulo, c'è ora la possibilità di scambiare l'energia e sono possibili le comunità energetiche tra utenti che hanno nel condominio un luogo ottimale di sviluppo. Un bene per tutti - Il vantaggio di base del condominio è la condivisione. Ma questo è anche il suo limite, se per collocare i pannelli occorre spazio che può mancare. È in ragione della sua disponibilità che si può progettare l'installazione, occupando, ad esempio, tutto il tetto di copertura. Tenendo ovviamente bene a mente i tempi di realizzazione dei lavori nei quali va compreso ogni adempimento previsto dalla legge, compresi i passaggi in assemblea condominiale. L'energia prodotta, però, potrà essere utilizzata per alimentare sia le unità immobiliari individuali, sia i servizi comuni. L'isolamento dell'involucro dell'edificio diminuisce di molto la quantità di energia necessaria al riscaldamento, tanto che un impianto a pompa di calore ad alta efficienza può essere quasi completamente alimentato dal fotovoltaico. Il limite della massima potenza installabile è stato innalzato per i condomìni e le comunità energetiche da 20 kW a 200 kW. E, in modo del tutto analogo, possono essere alimentati l'illuminazione delle scale o il funzionamento dell'ascensore.

Glauco Bisso - Carlo Gravina

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 1 maggio 2021

 

 

Sedici milioni in arrivo dal Recovery Plan per il Museo ferroviario

Il sito storico nel "Piano nazionale di ripresa e resilienza": si rilancia un recupero rallentato finora da Covid, burocrazia e assenze di certezze sui finanziamenti

Trieste ricompare nell'agenda del cosiddetto "Piano nazionale di ripresa e resilienza". Dopo il Porto vecchio, a beneficiarne è il Museo ferroviario di Campo Marzio con i 16 milioni necessari al completamento del grande restauro, che richiede in tutto un investimento da 18 milioni e mezzo. I fondi rientrano nei 435 milioni di euro messi a disposizione per la valorizzazione dei treni storici e la manutenzione delle linee ferroviarie attraverso il "Piano strategico Grandi Attrattori Culturali" da 1,460 miliardi. Denaro che viene finanziato con i 30 miliardi del Fondo complementare, un importo ricavato dallo scostamento di bilancio e quindi aggiuntivo rispetto a quello dello stesso Recovery Fund europeo. Oltre alla Cabina Ace di Roma Termini, importante opera architettonica del razionalismo italiano, e al Museo nazionale di Pietrarsa, sede di uno dei piu importanti siti ferroviari storici di tutta Europa, è dunque l'antico Museo ferroviario triestino di Campo Marzio ad attrarre i capitali utili al completamento di un articolato progetto di riqualificazione, che fu presentato tre anni fa al fine di rendere questo contenitore un nuovo polo della cultura ferroviaria italiana ed europea e che doveva scontare ora fisiologici ritardi tra Covid, burocrazia e, soprattutto, fondi ancora da reperire con assolute garanzie. Con i due milioni e mezzo messi dalla Fondazione Fs sono già stati restaurati la facciata di via Giulio Cesare e due locomotive. E, ora, entro il 2023 è previsto che con quattro milioni, coperti dalle risorse in arrivo, si realizzino i nuovi interni del Museo ferroviario con tanto di esposizione permanente. Si potrà così riscoprire il fascino di diorami, plastici, vestiti, strumentazioni e reperti vari che racconteranno ogni aspetto della vita lungo la ferrovia asburgica che fu. All'esterno, lungo i quattro binari tronchi, si trovano anche dei rotabili storici unici nel loro genere: si tratta in molti casi di locomotive e carrozze austroungariche e tedesche ottenute come "conto riparazione danni di guerra". La fase numero tre riguarderà invece la parte più consistente del piano di recupero, che nel progetto di fattibilità del 2016 prevedeva anche un hotel a tema ferroviario. Rispetto a quest'idea iniziale però verranno analizzate anche altre ipotesi, che per ora non circostanziate. Rientra in tale fase anche il ripristino della volta che sormontava il "fascio binari", smantellata nel '42 per esigenze belliche, per creare un vasto cortile coperto per eventi e manifestazioni culturali. L'intera operazione, assicurano dalla stessa Fondazione Fs, sarà chiusa prima del 2026. Maggiori dettagli sulla tabella di marcia saranno comunicate in ogni caso in occasione di una conferenza ad hoc che probabilmente verrà organizzata in estate. «Espressioni di gratitudine vanno rivolte alla Fondazione Fs», afferma a tale proposito Alessandro Puhali, l'attuale presidente dell'"Associazione Museo Stazione Trieste Campo Marzio": «Va evidenziato anche il ruolo fondamentale dei volontari che dagli anni Settanta hanno raccolto rotabili, cimeli e hanno salvaguardato la stessa stazione. Il restauro del Museo ferroviario di Trieste Campo Marzio e la valorizzazione dell'omonima stazione, che è previsto venga riaperta per arrivi e partenze di treni storici e turistici con collegamenti verso il resto d'Italia e d'Europa, rappresentano eventi di enorme rilevanza per lo sviluppo culturale e turistico di Trieste e dell'intera Regione, per non parlare poi delle relazioni transfrontaliere con Slovenia e Austria e delle formidabili sinergie che potrebbero realizzarsi, attraverso la Transalpina, con Nova Gorica e Gorizia, designate Capitale europea della Cultura 2025».

Benedetta Moro

 

 

L'Ogs chiude il cerchio - Stop agli insediamenti dentro il Magazzino 26
Sopralluogo delle commissioni IV e V alla struttura del Porto vecchio - Rossi: «Abbiamo occupato tutto». E prende forma il Museo dell'Irci
Cos'è, alla fin fine, il Magazzino 26? Due commissioni comunali, la IV e la V, hanno compiuto ieri mattina un sopralluogo nell'edificio simbolo del Porto vecchio, al fine di inquadrare il piano della giunta per il palazzo, anche alla luce delle ultime novità. Facciamo subito il punto: fra qualche anno, se la linea data da questa giunta verrà mantenuta, l'edificio ospiterà un museo scientifico nato dalla fusione del Museo del Mare e di quello di Scienze naturali (progetto Consuegra), l'infopoint turistico con "convention visitors boureau", il nuovo Museo Irci con le masserizie degli esuli, la Sala Luttazzi per eventi culturali, l'Immaginario scientifico e la Sezione di oceanografia dell'Ogs - Gli assessori Elisa Lodi (Lavori pubblici) e Giorgio Rossi (Cultura) hanno accolto la comitiva di commissari capitanata dai presidenti di commissione Michele Babuder (Fi) e Manuela Declich (Lega). I due assessori hanno descritto il piano del Comune, armati di cartina. La capogruppo pentastellata Elena Danielis si è informata sul destino della sede attuale del Museo di Storia naturale, e Rossi ha risposto che sarà destinato ad ampliamento del Museo della Guerra per la Pace. La consigliera Pd Laura Famulari ha chiesto quali saranno i costi dell'infopoint mentre Giovanni Barbo ha fatto altrettanto per la sala Luttazzi: l'infopoint è costato circa un milione e 150 mila euro, mentre la sala 600 mila euro. Una stima per il trasloco del Museo di Scienze naturali, invece, non è ancora stata fatta. Paolo Menis del M5s ha chiesto si organizzi una commissione apposita sul Museo del Mare. I consiglieri sono stati accompagnati dai tecnici e collaboratori del Comune nella Sala Luttazzi, 130 posti a sedere al terzo piano, ormai completata: entro il mese dovrebbe tenersi la serata di apertura. Scesi al secondo piano, il direttore dell'Irci Piero Delbello ha illustrato la futura configurazione del nuovo Museo della Civiltà istriana, fiumana e dalmata, comprensivo di masserizie: «Abbiamo disposto i mobili in lunghi corridoi in modo che possano essere attraversati dai visitatori - ha spiegato - che potranno così constatare che su ogni mobile c'è scritto un nome, dietro cui c'è una storia». Nel dialogo con i consiglieri, Delbello ha affermato: «Il 99% dei visitatori del nostro museo vuole andare a vedere le masserizie, che a loro volta andavano salvate. Questa razionalizzazione dà loro un senso». Infine la mostra del Lloyd, che confluirà un domani nel Museo del Mare. Ad accompagnare i commissari la responsabile dei musei comunali Laura Carlini Fanfogna. Visitando la mostra, Antonella Grim di Italia Viva ha commentato: «È necessario riprendere in mano i cimeli del Lloyd facendosi avanti con Italia marittima, che pare averne molti nei suoi depositi». Il leghista Radames Razza ha ravvisato invece che «la visita ha colpito positivamente anche i consiglieri di opposizione» e rimanda «al mittente le critiche» del Pd. Al di là delle schermaglie, è nell'area ove ora sorge la mostra del Lloyd, ha spiegato Rossi, che approderà l'Ogs, secondo quanto stabilito dall'istituto e dal Comune. «E con questo avremo occupato gli spazi del 26», ha chiosato l'assessore.

Giovanni Tomasin

 

 

Piano del centro storico - Entro la fine del mese l'approdo in Consiglio
La giunta ha deliberato, adesso tocca alla Commissione VI - Vagliate 50 osservazioni, tra cui quella della Soprintendenza
Passano gli anni ma 41 sono lunghi, quasi come per il ragazzo della via Gluck: Luisa Polli, assessore comunale a Territorio, urbanistica, ambiente, è fiduciosa che entro maggio sarà definitivamente varato il nuovo Piano particolareggiato del centro storico. A 41 anni di distanza dall'ormai mitico "piano Semerani", risalente al 1980: era un altro centro in un'altra Trieste. Il nuovo strumento urbanistico ha avuto una gestazione piuttosto lenta, perché di esso si parla da oltre venti anni, dall'ultimo periodo dell'era Illy. Giovedì scorso lo starter giuntale ha sparato l'iter della "seconda lettura" del Piano, dopo la prima approvazione avvenuta nel novembre 2020. La Polli ha ottenuto il consenso dell'esecutivo Dipiazza, per cui tra una decina di giorni l'ampia documentazione andrà in Commissione VI e, a seguire, verrà esaminata dall'aula. Il dibattito nelle due sedi si terrà "da remoto" cosicché l'assessore si premura di far preparare un apparato di slides tale da consentire una migliore comprensione dei contenuti da vagliare. La delibera, che accompagna la slavina di allegati, ricorda che, dopo il primo sì autunnale, sono pervenute in Largo Granatieri 50 osservazioni, molte delle quali autentiche matrioske, a loro volta contenenti una selva di questioni-quesiti-opposizioni, per cui di fatto gli uffici ne hanno filtrate 570. La Soprintendenza ha inviato le sue considerazioni in merito all'adeguamento del nuovo Piano del centro storico al Piano paesaggistico regionale. La stessa delibera puntualizza che alcune osservazioni sono state recepite fatto salvo «il rispetto delle linee di indirizzo impartite dall'amministrazione».La stessa Luisa Polli sottolinea come l'impostazione del nuovo Piano esca inalterata dal "giro" delle osservazioni. La civica amministrazione ci tiene a far sì che le nuove disposizioni entrino in vigore il prima possibile, affinché riescano ad accompagnare i bonus fiscali sulle riqualificazioni edili-impiantistiche. L'ottica del Piano è quella di "rifunzionalizzare" lo stabile, ovvero agire da stimolo per l'investitore privato: sottotetti, tetti piani, ascensori, corpi scala, balconi a vasca sono alcuni degli argomenti "forti" presenti nel Piano. Gli uffici, coordinati da Beatrice Micovilovich, hanno "schedato" 1621 edifici nell'ambito di uno spazio urbano che coinvolge la "città murata", i tre borghi (Teresiano, Giuseppino, Franceschino), via Udine, l'asse tra viale XX Settembre e via della Pietà. Di questi 1621 stabili il 5% va rispettato dentro-fuori, il 45% va restaurato all'esterno ma è ristrutturabile all'interno, il 30% deve essere salvaguardato all'esterno ma è sventrabile all'interno, il 20% può essere demolito e sostituito da nuove costruzioni. Si dice che molti operatori (anche alberghieri) stiano aspettando queste opportunità per mettere mano al portafoglio: coraggio, fine maggio è ormai vicina.

Massimo Greco

 

«Parco di villa Necker: il ministero accelera» - lettera di Guerini alla senatrice dem Rojc
«Il ministro Guerini ha dato personale assicurazione che saranno promosse quanto prima le necessarie interlocuzioni istituzionali per la dismissione del Parco monumentale di Villa Necker dal Demanio militare al Comune di Trieste. È un segnale di attenzione molto apprezzabile, a partire dal quale lavorare con gli altri soggetti istituzionali coinvolti». Lo afferma la senatrice Tatjana Rojc del Pd, rendendo noto il contenuto di una lettera del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che ha risposto alla missiva con cui la parlamentare gli aveva sottoposto la questione del passaggio al Comune dello storico parco che circonda Villa Necker, attualmente sede del Comando Militare dell'Esercito "Friuli Venezia Giulia". «Il ministro ha auspicato che il progetto possa essere realizzato quanto prima - riferisce Rojc - e ha chiarito che il percorso coinvolge Ministero della Cultura, Comune di Trieste e Agenzia del Demanio. Continuerò l'opera di sensibilizzazione con le Autorità centrali dello Stato».

 

 

«Navi bianche ferme: stop alle emissioni» - L'INTERVENTO DI FOGAR (TRIESTE VERDE)
«È necessario fermare l'emissione continua di Co2 da parte delle navi bianche parcheggiate da mesi sulle banchine - segnala Maurizio Fogar, portavoce della lista Trieste Verde -, predisponendo dei "punti luce" su moli e banchine attraverso i quali le navi all'ormeggio possano alimentare tutto ciò che oggi viene sostenuto dai motori accesi. Serve poi intervenire per far cessare le emissioni di "benzina marcia" in uscita da anni dalla Siot e che ammorbano i paesi di San Dorligo e Aquilinia. Il Terminal crociere in Porto vecchio consentirebbe di liberare le Rive dal traffico automobilistico in occasione di partenze e arrivi. Infine è necessario intervenire per bonificare l'area della Ferriera dalla presenza di inquinanti cancerogeni».

l.d.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 aprile 2021

 

 

Parte dal golfo di Trieste la caccia alla plastica dei cestini mangiarifiuti

Al via dalla baia di Sistiana il tour per mare nazionale di Coop Italia che consentirà la posa di 34 nuovi seabin e che si concluderà proprio  in acque giuliane a ottobre

Parte da Trieste, dalle acque della baia di Sistiana, la caccia alla plastica lanciata da Coop Italia che, per il secondo anno consecutivo, ha deciso di portare avanti, rafforzandolo, il progetto "Un mare di idee per le nostre acque". La campagna, che si chiuderà di nuovo a Trieste in occasione della Barcolana, ha lo scopo di sensibilizzare i cittadini sul tema dell'inquinamento dei nostri mari, laghi e fiumi, zeppi di rifiuti di ogni genere. E lo fa non solo a parole e slogan, ma attraverso la posa di 34 seabin, i cosiddetti cestini "mangiarifiuti", in diverse località italiane. L'obiettivo è intercettare e raccogliere, in un anno, ben 23 tonnellate di plastica, superando il risultato del 2020, quando i seabin posizioni furono 12, con otto tonnellate di plastica rimaste intrappolate nei filtri. Di fatto quella di Coop e del suo partner scientifico, LifeGate, sarà una vera e propria traversata ecologica attraverso l'Italia, anche grazie alla barca a vela nostrana Anywave, ormeggiata a Portopiccolo e di cui Coop è sponsor. Si tratta della prima imbarcazione ad aver istituito la figura del Responsabile ecologico, e porterà in giro per l'Italia il suo esempio, durante le regate alle quali parteciperà. Ma cosa sono i seabin? Sono dei cestini per i rifiuti che galleggiano in superficie. Sul fondo hanno una pompa che filtra 25 mila litri di acqua marina all'ora e può catturare fino a 1,5 chilogrammi di detriti al giorno, oltre 500 chili all'anno. Numeri che sembrano impossibili? Assolutamente no. Bastava trovarsi ieri a Portopiccolo, dove è stato posizionato il primo di questi 34 nuovi seabin, per rendersene conto: messo in acqua la sera precedente, aveva già catturato pattume di vario genere. Dovrà essere svuotato ogni due giorni, e di questo si occuperanno gli addetti del marina di Portopiccolo.La posa del cestino "mangiarifiuti" e la visita sulla barca sostenibile Anywave con mininavigazione nel golfo sono stati due dei momenti portanti della mattinata di ieri nella baia di Sistiana, preceduti da un incontro durante il quale i protagonisti del progetto hanno spiegato l'importanza di investire sulla lotta alla plastica, in particolare alle microplastiche, quelle invisibili ma non per questo meno dannose, visto che finiscono nello stomaco dei pesci e, di conseguenza, pure nel nostro, quando li mangiamo. «Il problema della plastica in mare è enorme e siamo vicini a un punto di non ritorno - ha evidenziato Maura Latini, amministratore delegato di Coop Italia -. Abbiamo deciso di partire da Trieste anche per la sua grande tradizione marinaresca e per la collaborazione con Anywave». Hanno partecipato anche Enrico Quarello, direttore Politiche sociali di Coop Alleanza 3.0, che ha sottolineato che «verranno coinvolti tutti i soci presenti in regione», l'esploratore e divulgatore ambientale Alex Bellini, e il navigatore Ambrogio Beccaria. Presenti in sala anche il sindaco di Duino Aurisina Daniela Pallotta e l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, che ha ricordato il progetto Mare Fvg e l'impegno della Regione per concretizzare la «rivoluzione verde necessaria al nostro pianeta, nella quale siamo e dobbiamo essere tutti attori».

Elisa Coloni

 

Molteni: «L'ecosistema soffre - Alghe e meduse? Segnali forti» - il direttore scientifico di Lifegate
Un piccolo oggetto che possiamo usare anche solo per venti secondi, come una cannuccia con la quale sorseggiare una bibita fresca, non muore mai: «Venti secondi contro la vita eterna, perché la plastica ha vita eterna». Lo spiega bene uno degli intervenuti ieri a Sistiana, Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate, partner di Coop nel progetto ambientale, che dà battaglia all'inquinamento dei mari partendo da un concetto da incubo: se non cambieremo rotta, nel 2050 avremo più plastica che pesci. Dottor Molteni, quali rischi rappresenta la plastica?È un materiale non biodegradabile, non sparisce da solo con il passare del tempo, quindi più ne arriva in acqua e più se ne accumula. Come si risolve il problema? Con LifeGate lavoriamo su più fronti. A monte c'è la sensibilizzazione sul tema e la formazione nelle aziende, per renderle plastic free. Poi vengono messi in campo strumenti concreti come i seabin, efficaci ma poco costosi e con zero impatto ambientale. Quali sono i loro vantaggi? Un seabin può catturare fino a 500 chili di spazzatura in un anno. Per capirci, corrispondono a 100 mila sacchetti di plastica usati per fare la spesa. È efficace anche con le microplastiche? Soprattutto con le microplastiche. Quelle cioè sotto i 5 millimetri, che riescono a entrare nei nostri tessuti. Sono dannosissime. Ciò che mi colpisce dei seabin è che funzionano anche da spenti. In che senso? Lo spiego con un esempio. Abbiamo collocato alcuni di essi a Milano in Darsena, zona di aperitivi e movida che ogni weekend purtroppo porta con sé tanta immondizia in acqua. Ebbene, ci siamo resi conto che, da quando li abbiamo installati, la raccolta è gradualmente diminuita, a dimostrazione del fatto che hanno un effetto deterrente: vederli è come una spia che si accende e ci responsabilizza. Mettono a rischio la vita dei pesci? No, i pesci non possono rimanere incastrati nei filtri, sono fatti in modo tale che ciò non accada. Di recente abbiamo visto il golfo di Trieste invaso in modo anomalo da alghe e meduse: sono fenomeni collegabili all'inquinamento marino?Certo, sono segnali di un mare che sta male, che soffre, per varie ragioni, dal processo di acidificazione al riscaldamento globale fino all'inquinamento, che danneggiano l'ecosistema marino e provocano gravi reazioni a catena tra le specie.

El.Col.

 

A bordo acqua potabile dal rubinetto, contenitori da raccolta differenziata e il controllore ecologico

Anywave fa già scuola: alla prossima Barcolana tutte le imbarcazioni iscritte dovranno avere un responsabile delle buone pratiche "green"

La cambusa è rigorosamente plastic free. A bordo non si beve da bottigliette usa e getta, bensì da borracce riempite attraverso un rubinetto alimentato da un sistema di acqua potabile autonomo. I rifiuti non si gettano nel solito cestino, ma si differenziano, grazie a contenitori ingegnosamente infilati in ogni pertugio disponibile negli spazi stretti di un cabina. Alberto e Gino si muovono veloci ed esperti sul loro scafo, e mostrano con orgoglio tutte le soluzioni pensate per renderlo davvero "verde".Anywave, infatti, dall'esterno potrebbe sembrare un'imbarcazione come molte altre, ma sottocoperta svela ciò che la rende speciale e le aggiudica un primato a livello nazionale: è la prima barca a vela sostenibile a 360 gradi, dove tutto ciò che si fa e si butta segue ferree regole di rispetto del mare. Tanto che a bordo è stata istituita per la prima volta la figura del "Reco", il Responsabile ecologico, ed è stato definito un decalogo di comportamenti da seguire rigorosamente sia in navigazione che nelle fasi di attracco nei porti. Custode di questa vera e propria "tavola della legge" green che i 16 componenti dell'equipaggio devono osservare, è Gino Becevello, il "Reco" di Anywave, oltre che uno degli armatori. Ex bancario con la passione per la vela, ora dedica molto del suo tempo anche a questo impegno, con la consapevolezza che la pulizia del mare dipende anche e soprattutto da noi e dai nostri comportamenti. Per questo motivo la Anywave, timonata dallo skipper triestino, e co-armatore, Alberto Leghissa, quest'anno è diventata tassello fondamentale del progetto "Un mare di idee per le nostre acque" di Coop e LifeGate, partito ieri da Portopiccolo. «Volevamo dare il nostro contributo a una causa giusta -, ha spiegato Leghissa dalla barca durante una mininavigazione nel golfo seguita all'evento di presentazione dell'iniziativa nazionale e alla posa di uno dei 34 seabin della campagna nelle acque del marina -. Ci chiedevamo da tempo perché non si potesse replicare anche a bordo ciò che facciamo tutti noi a casa, adottando piccoli ma utili accorgimenti, a partire dalla raccolta differenziata dei rifiuti. Certo, gli spazi sono ristretti, quindi non è semplice, ma si può fare, bastano la volontà e un pizzico di ingegno nell'organizzazione». Un modello e un esempio, questo scafo in carbonio da 9,5 tonnellate, 19 metri di lunghezza, 27 di albero e 4 di pescaggio, che fa già scuola in tema di sostenibilità ambientale, tanto che la Svbg, società organizzatrice della Barcolana, ha deciso di rendere obbligatoria la figura del responsabile ecologico a bordo di tutte le imbarcazioni iscritte alla prossima Coppa d'Autunno. La regata triestina sarà, tra l'altro, anche il punto d'arrivo della campagna di Coop a bordo di Anywave: la barca salperà infatti lunedì alla volta di Napoli e poi prenderà parte a una serie di regate in Italia che toccheranno ad esempio Livorno e Genova, e poi farà rientro a Trieste. Un successo, per questo scafo amico del mare, forse già scritto nel suo destino, visto che lui stesso è, in qualche modo, "riciclato". Costruito nel 2001 e utilizzato solo per pochi anni, è poi rimasto per lungo tempo abbandonato nel marina di Porto San Rocco a causa dei problemi finanziari dell'ex armatore. Fino a quando, nel 2015, un gruppo di sei appassionati - oltre a Leghissa e Becevello, anche Fulvio Vecchiet, Sergio D'Amato, Ugo Guarnieri e Marino Farosich - ha deciso di acquistarlo, investirci 150 mila euro e dargli una seconda vita. Con diverse finalità: sportive, ma anche sociali. Vale infatti la pena ricordare un altro progetto portato avanti dal team triestino: persino le vele non più utilizzate di questa barca vengono riciclate. Diventano materiale per borse sportive a sostegno della Upwind di Trento, un'associazione che si occupa di donne vittime di maltrattamenti.

El.Col.

 

 

Polo dell'acciaio alle Noghere - Ipotesi partenza a inizio 2024
Tra un mese la decisione finale di Metinvest e Danieli. Fedriga: «Massimo impegno per snellire l'iter»
Trieste. Un mese o poco più. È il tempo che i gruppi Metinvest e Danieli si sono dati per decidere se realizzare il proprio progetto industriale a Trieste. Le imprese chiedono alle istituzioni tempi certi sugli iter di autorizzazione, dopo aver confermato l'interesse in occasione dell'evento "Top 500", organizzato dall'hub Nordest Economia del gruppo Gedi. Solo per cambiare destinazione d'uso all'area delle Noghere, il Comune di Muggia potrebbe impiegare un anno, ma la cordata ucraino-friulana ha messo nel mirino l'inizio del 2024 per cominciare la produzione nel nuovo laminatoio a caldo. Trieste è la soluzione preferita, ma la joint venture sta valutando siti alternativi in Italia e Croazia. Il presidente Massimiliano Fedriga assicura che «l'amministrazione regionale sta facendo e farà tutto il possibile per mostrare come la pubblica amministrazione può essere efficiente e rapida. Ovviamente per quanto riguarda le nostre competenze». Sono proprio le responsabilità in capo ai vari enti l'argomento dei tavoli tecnici che la giunta ha attivato su richiesta di Metinvest, che ha voluto accanto Danieli per la fornitura degli impianti e la capacità di dialogo con le istituzioni italiane. Il confronto tra funzionari della Regione e ingegneri della parte privata è cominciato da un paio di settimane per mettere a fuoco i percorsi da seguire e le tempistiche ipotizzabili. La benedizione del pubblico c'è, ma c'è anche il tema complesso del risanamento ambientale e del coinvolgimento del ministero. I tavoli stanno fotografando la situazione, ma a voler dire la propria è anche il Comune di Muggia, che ha in mano il pallino del gioco. La parte delle Noghere in questione è infatti area commerciale secondo il Piano regolatore municipale: «La proprietà è di Coop Nordest - spiega la sindaca Laura Marzi - e dovrà essere acquisita dal Coselag (con i fondi del Recovery plan, ndr). Serve una variante del Piano regolatore per farne una zona industriale: fra progetti, periodo di osservazione, pareri e intese servirà un anno, ma prima dobbiamo capire di che progetto si tratti e qual è l'impatto ambientale sul nostro territorio e su Aquilinia». Marzi sottolinea che «è interesse di tutti coinvolgere al tavolo regionale il Comune di Muggia. Non vogliamo osteggiare la cosa e cercheremo di accelerare, ma costruttori e Regione devono rassicurarci su emissioni e progetto di viabilità». Quella della variante urbanistica è una delle molte questioni su cui gli investitori vogliono chiarezza, prima di movimentare una cifra fra 600 e 700 milioni, di cui una sessantina coperti dal Pnrr per l'acquisto e l'infrastrutturazione delle aree. Anche il passaggio del "pacchetto Trieste" al cosiddetto Fondo complementare sarà frutto di approfondimento per capire se le risorse sono davvero blindate. Solo con un quadro certo, il cda di Metinvest darà il via all'operazione a giugno, deliberando la realizzazione di un laminatoio a caldo di ultima generazione, capace di generare fino a 2,5 miliardi di euro di fatturato annuo e dare occupazione a 450 persone, in buona parte con alti livelli di specializzazione. Il tempo è poco e gli ucraini stanno considerando alternative in Croazia e Italia. Si parla di Ravenna, dove sorge il laminatoio a freddo della Marcegaglia. L'idea è operare vicino a un impianto simile, che completi un ciclo produttivo fatto di acciaio proveniente dall'Ucraina, laminazione a caldo e rifinitura a freddo. Il piano è dunque marciare di concerto col rafforzamento del laminatoio che l'ad di Arvedi Mario Caldonazzo ha annunciato di voler ultimare in 18 mesi. Il presidente di Confindustria Alto Adriatico Michelangelo Agrusti sottolinea che «a Trieste possiamo dare un esempio virtuoso di filiera corta in un campo industriale fondamentale per lo sviluppo di altre imprese metalmeccaniche: la collaborazione fra imprenditori è possibile e indispensabile». Trieste e Udine collaborano: «Sono caduti confini anacronistici. Ora si faccia in fretta o diventerà problematico perfino usare i fondi europei per la parte infrastrutturale». L'operazione piace al segretario della Cgil Fvg Villiam Pezzetta: «Trieste ha vissuto una contrazione fortissima nel settore industriale e va rilanciata, facendo industria in aree dismesse». Pezzetta dice però di «non aver visto ancora un piano industriale che permetta di esprimersi, ma è un bene investire su settori strategici, che creano occupazione stabile e di qualità. Non dimentichiamo però le traversie della Ferriera: come si svilupperà il nodo ambientale?».

Diego D'Amelio

 

 

Si amplia il fronte dei contrari alla nuova centrale a gas di A2A
Rione Enel, associazioni Rosmann, Cona, gruppo San Valentino preoccupati per le emissioni. Dubbi sulla sicurezza dell'idrogeno
Il fronte del "no" al nuovo impianto a gas proposto da A2Asi amplia e si compatta. Le associazioni ambientaliste Rosmann e Cona e il Gruppo San Valentino cittadini per la salute di Monfalcone hanno presentato osservazioni puntuali alle integrazioni della società al progetto, confermando il proprio giudizio negativo. Si sono mobilitati, oltre al Comune di Duino Aurisina e Fiumicello Villa Vicentina, anche il coordinamento di cittadini comitati e associazioni per l'ambiente e la qualità della vita Fvg, Legambiente Fvg e l'associazione Rione Enel, che «dice ancora una volta no a un mega impianto produttore di energia elettrica a gas, anacronistico, vicino all'abitato e che qui rimarrà, se va bene, fino al 2050». La presidente dell'associazione Antonella Paoletti rileva come, da quanto dice la società, le polveri sottili rimarranno invariate, la CO2 continuerà a essere prodotta in quantità notevole e il rumore non sparirà. «Un dato che non abbiamo trovato nella documentazione è la distanza tra il confine del rione - prosegue Paoletti - e il luogo dove dovrebbe sorgere la nuova centrale». Parlando di idrogeno, il rione esprime i propri dubbi su una «certa pericolosità per la presenza di zone Atex, a rischio di esplosione, previste nel progetto». Paoletti ricorda come il rione non abbia mai chiesto la chiusura dell'impianto, proprio perché il tema occupazionale è sempre stato tenuto dai residenti «in forte considerazione. Abbiamo sempre chiesto invece dei cambiamenti negli impianti in modo da migliorare la vivibilità di questa zona, aspetto per troppo tempo trascurato. La chiusura della centrale a carbone, quindi, ci faceva sperare in un cambio di passo nella qualità di vita del rione e di tutta la città, cosa che con questo progetto, se attuato, vediamo svanire». Per l'associazione ambientalista Eugenio Rosmann, le criticità che l'hanno portata a bocciare il progetto «rimangono tutte senza risposta». Per la Rosmann non è solo la CO2 a preoccupare, ma anche il gas metano incombusto che si disperde in atmosfera durante il tragitto nel metanodotto e l'ammoniaca, le cui emissioni saranno più che raddoppiate, «anche considerato che oltre ai danni diretti sulla salute delle persone l'ammoniaca in atmosfera forma particolato, quindi polveri sottili». Gli ossidi di azoto poi "saranno ridotti ma comunque presenti". Un dato poco confortante per l'associazione tenendo conto dell'inquinamento pregresso subito dal territorio. Troppo poco il ritorno occupazionale per la Rosmann a compensare il fatto che «la presenza di una grande centrale termoelettrica deprime altri settori economici, in primis quello termale, ma anche la nautica, la diportistica e il turismo». Il sedime dell'attuale centrale potrebbe poi «trovare altre destinazioni, per attività portuali e retroportuali, con un impatto occupazionale potenzialmente superiore». Restano i dubbi sulla dismissione dei vecchi impianti, del camino, dell'elettrodotto da 220 Kv, sul transito del metanodotto in aree protette carsiche e di canneto nell'area della Moschenizza (biotopo del grilletto palustre), sulla tecnologia a idrogeno.

Laura Blasich

 

 

La Cona riapre ai visitatori - Regole anti-Covid tassative
Dagli accessi ai sentieri e agli osservatori fino all'utilizzo dei capanni fotografici sono state poste precise indicazioni di sicurezza
STARANZANO. Dopo quasi due mesi di "purgatorio" riapre al pubblico la Riserva naturale Foce dell'Isonzo - Isola della Cona, specie nei fine settimana. In questo periodo lo spettacolo è unico, con un migliaio di cigni che formano un enorme tappeto bianco e centinaia di oche presenti provenienti dal nord Europa, persino dalla Siberia. Ma come ammonisce la Rogos, cooperativa che ha in gestione l'area protetta, non si tratta di un "liberi tutti e tutto" poiché per usufruire con cautela di questa importante opportunità nell'osservare le bellezze naturalistiche, bisogna rispettare un decalogo di norme per la sicurezza personale e quella di chi ci lavora. Ci sono, infatti, altre regole oltre a quelle basilari. Tra le più significative, ad esempio, l'accesso "regolamentato" ai sentieri seguendo rigorosamente le indicazioni esposte per non incrociare altri visitatori in entrata, ma anche non oltrepassare i punti dove sono stati posizionati divieti. Si può entrare, poi, nell'Osservatorio della Marinetta, il più frequentato dai visitatori, solo per spostarsi dal piano inferiore a quello superiore e non è consentita la sosta. L'ingresso inoltre è possibile fino a un massimo di 3 persone contemporaneamente per piano. Si può entrare nel Museo della Papera soltanto percorrendo l'anello indicato dalle frecce. In questo caso l'accesso è consentito fino ad un massimo di 6 persone. Rimane al momento chiuso l'Osservatorio del Cioss, che si trova verso la foce del fiume. E ancora, per accedere ai capanni fotografici dell'Usignolo, della Garzetta, del Chiurlo e al capanno dei Gruccioni i birdwatchers devono prenotare in anticipo solo via mail all'indirizzo info@rogos.it. L'accesso è consentito a un massimo di una persona per capanno. Riguardo l'accesso al Punto Ristoro, occorre osservare la distanza minima di un metro tra le persone e comunque si suggerisce di utilizzare i tavoli esterni rispettando il distanziamento che potrà essere ridotto solo per gruppi familiari e conviventi. Il servizio al tavolo comunque è sospeso e la consumazione al banco non è consentita. La biglietteria sarà aperta ogni giorno tranne il giovedì dalle 9 alle 19.

Ciro Vitiello

 

 

Sul Carso e al Lisert fioriscono orchidee di specie autoctone
Costretta tra industria e portualità, grandi infrastrutture di trasporto e insediamento urbano, la natura a Monfalcone continua, se non a prendersi le sue rivincite, quanto meno a ricavarsi degli spazi con una presenza che in alcuni casi andrebbe tutelata. È il caso delle due specie di orchidee autoctone, la Ophris apifera e la Cephalantera longifolia, che impreziosiscono non solo le colline carsiche, anche a non molta distanza dal centro, oltre che a ridosso del Centro visite di Pietrarossa, ma anche l'area portuale-industriale del Lisert. L'associazione ambientalista Eugenio Rosmann in questi giorni ha quindi chiesto all'amministrazione comunale e alla Protezione civile locale di rinviare gli sfalci nelle aree in cui crescono le due specie o di segnalare ai privati la stessa esigenza. «Gli sfalci andrebbero posticipati almeno a luglio - spiega il presidente dell'associazione, Claudio Siniscalchi -, per evitare di compromettere queste pregiate fioriture, che costituiscono elementi di grande pregio per il nostro territorio». L'associazione dal canto suo si mette a disposizione del Comune per collaborare alla valorizzazione dei siti, nel periodo di fioritura, organizzando visite e incontri con le scuole e la popolazione. «Riteniamo che lo sfalcio tardivo nel mese di luglio sia utile alla permanenza di queste specie, che costituiscono una conferma delle valenze ambientali del nostro territorio - aggiunge Siniscalchi -, in particolare delle aree del Lisert e del Carso, che la nostra associazione ha sempre particolarmente a cuore». Il sindaco Anna Cisint, cui la Rosmann si è rivolta, ha ringraziato l'associazione per l'attenta segnalazione, subito girata agli uffici competenti per una valutazione. Nonostante la massiccia industrializzazione, l'area del Lisert è l'habitat della Zeuneriana marmorata, a rischio di estinzione e presente, in Italia, solo a Monfalcone, mentre il cosiddetto stagno dell'Enel si è rinaturato, diventando meta di specie rare, come la Moretta tabaccata.

LA.BL.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 aprile 2021

 

 

Scuole, strade, verde: il piano "Periferia Est" al 70% degli obiettivi
Completati o almeno in moto villa Revoltella e gli assi viari - Istituto Masih di via Forlanini e Casa Bartoli progetti da aprire
Il programma "Periferia Est" sta completando i due terzi degli obiettivi, che erano stati fissati per ridare smalto a un'area di un chilometro quadrato estesa tra la valle di Rozzol, il parco di Villa Revoltella, l'ospedale di Cattinara, i nuclei storici di Longera e Cattinara, l'abitato perimetrato dalle assi stradali di via Forlanini e Marchesetti. Si tratta di 28 progetti integrati tra loro, di cui 26 tecnicamente definiti "attivi", cioè completati o in cantiere: un bilancio che l'assessore ai Lavori pubblici, Elisa Lodi, reputa «soddisfacente perchè questa zona ne aveva bisogno in termini di sicurezza e di qualità ambientale e perchè gli uffici hanno corso forte per fare questo in meno di tre anni». E le piace ricordare che a fine novembre 2018 questo programma triestino ottenne il premio "Urbanpromo".Un piano inter-forze che alla fine, sommando gli interventi del Comune e dell'Ater, "cuberà" 20 milioni di euro, tre quarti dei quali di provenienza governativa nel quadro del programma straordinario per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie a suo tempo varato dal governo Renzi. Le opere di pertinenza municipale sono co-gestite dai dipartimenti dei Lavori pubblici e del Territorio-ambiente-mobilità, che afferiscono rispettivamente agli assessori Elisa Lodi e Luisa Polli. Il clou dell'azione Ater (vedi articolo sotto) riguarda il quadrilatero di Melara. L'operazione ha coinvolto anche AcegasApsAmga.La competenza comunale abbraccia lavori per 6,7 milioni di euro ripartiti su 13 progetti: otto sono conclusi, due in cantiere, tre in progettazione. I dossier ancora "progettandi" riguardano Casa Bartoli, il compendio scolastico Iqbal Masih in via Forlanini, la futura emeroteca (2023) all'interno di spazi riqualificati del quadrilatero. Sono interventi che richiedono comunque una bella fetta di finanziamenti: 2,5 milioni andranno in gara unificata per la riqualificazione strutturale-ambientale del complesso scolastico dove peraltro si è già provveduto alla nuova copertura. Mentre 400 mila euro miglioreranno il verde "terapeutico" di Casa Bartoli. Ogni sei mesi una relazione monitora l'andamento degli investimenti: la prossima, in onda a fine giugno, determinerà - come già accennato - che il 70% dei lavori (non dei finanziamenti) è completato. Il rallentamento avvenuto un anno fa causa-Covid è stato riassorbito dalla buona reattività registrata alla riapertura dei cantieri. Il risultato "scenografico" di maggiore rilievo riguarda fruibilità e decoro urbano di Villa Revoltella, sui quali il Comune ha scommesso un milione di euro articolato su due lotti. Buona parte dell'area verde donata dal barone Pasquale è stata rimessa a nuovo, ma il compendio abbisogna ancora di cure: le serre, ammalorate in diversi punti causa infiltrazioni di acqua, la residenza estiva del sindaco da anni inagibile, gli esterni della casa del custode e l'intera abitazione abitata dal guardiacaccia del munifico uomo d'affari veneziano. Dopo l'edilizia scolastica e il parco baronale, il terzo ingente ambito di intervento verte sulla viabilità. Il nuovo look di via Marchesetti e di via Forlanini ha richiesto un investimento complessivo di circa 1,5 milioni: asfalto, manutenzione straordinaria delle carreggiate, pavimentazione dei marciapiedi, attraversamenti pedonali protetti, chiusini e potenziamento delle caditoie. Senza dimenticare il pedonale Cattinara-Longera."Periferia Est" è passata nelle mani di tre dirigenti: ha iniziato e impostato Marina Cassin, è subentrato Enrico Cortese, ora tocca a Luigi Fantini. Il monitoraggio spetta a Beatrice Micovilovich. Perchè nel 2016 si scelse il restyling di quest'area? Perchè la sua posizione marginale - spiega la relazione dello scorso gennaio - necessitava di varie "ricuciture" in buona parte riconnesse o ricollegabili al "quadrilatero", dove vivono 1.200 persone sui 5.650 residenti nell'intero ambito interessato dalla riqualificazione. Mentre altre 2.500 persone beneficiano indirettamente delle migliorie apportate/apportande.

Massimo Greco

 

Cantiere sulla spiaggia libera - La Capitaneria indaga in baia
L'autorità marittima ha chiesto alla Regione i documenti sui lavori nel tratto fra Castelreggio e Portopiccolo per accertarne la regolarità
DUINO AURISINA. La Capitaneria di porto di Trieste è pronta per una serie di controlli sulla regolarità di determinati lavori recentemente eseguiti in baia a Sistiana, e precisamente sul tratto di litorale compreso fra il comprensorio di Castelreggio e l'ingresso di Portopiccolo. Ne ha dato notizia l'assessore con delega all'Ambiente dell'amministrazione Fedriga Fabio Scoccimarro in risposta a un'interrogazione presentata dal consigliere regionale dell'Unione slovena Igor Gabrovec. Quest'ultimo aveva sollevato dubbi sulla reale opportunità dell'intervento mentre erano in corso i lavori, parlando di «sottrazione di spazi alla libera e gratuita balneazione che nella zona è sempre stata garantita», e precisando allo stesso tempo che «al posto di piccoli scogli e sassi che permettevano la sosta dei bagnanti sono comparsi enormi scogli ammassati a mo' di muraglia, provocando una profonda modifica alla morfologia di quel tratto costiero». Gabrovec aveva anche fatto riferimento alle «forti preoccupazioni espresse da cittadini e associazioni del territorio in vista dell'imminente inizio della stagione balneare». In realtà, qualche giorno dopo questa prima critica espressa da Gabrovec, l'amministrazione comunale di Duino Aurisina, pur non essendo direttamente coinvolta nell'intervento, in quanto la competenza sullo stesso è in capo alla Regione, aveva diffuso un comunicato, con tanto di fotografie allegate, dalle quali si evidenziava che sopra i grossi massi era stata gettata pure della ghiaia fine. In ogni caso Gabrovec ha proseguito nella sua azione, presentando appunto un'interrogazione a Scoccimarro, nella quale chiedeva di sapere «quali siano gli intendimenti e le azioni della Regione volti a garantire la fruibilità pubblica e gratuita dell'area e il rispetto delle peculiarità paesaggistiche che la contraddistinguono».Nella sua risposta, l'assessore regionale ha evidenziato che «la Capitaneria di porto di Trieste ha chiesto all'amministrazione regionale l'acquisizione della documentazione afferente i lavori sul pubblico demanio marittimo nella zona oggetto dell'interrogazione», indicando come direzioni regionali interessate quella della Difesa dell'Ambiente, energia e sviluppo sostenibile - Servizio Gestione risorse idriche e quella del Patrimonio, demanio, servizi generali e sistemi informativi - Servizio Demanio. «La prima - ha sottolineato Scoccimarro - ha inviato alla Capitaneria i documenti presentati dalla società Baia di Sistiana resort srl (la concessionaria dell'area), la seconda ha specificato che, agli atti del Servizio Demanio, non vi sono autorizzazioni demaniali relative all'intervento di ripascimento e di ripristino della scogliera, realizzato secondo le procedure individuate dalla relativa deliberazione della giunta regionale 1921/ 2020. L'area - ha osservato l'assessore - è quindi oggetto di monitoraggio da parte della competente autorità marittima, deputata a valutare il rispetto della normativa vigente in ambito demaniale». Scoccimarro ha comunque evidenziato che «il tratto di costa interessato dall'interrogazione risulta compreso in una zona dove sono previsti interventi di manutenzione di aree deputate alla balneazione e alla libera fruizione. I massi di cui si parla nell'interrogazione - ha concluso lo stesso assessore regionale - si trovano temporaneamente sulla spiaggia nell'ambito della gestione del cantiere ma, a opere concluse, la situazione dovrebbe risultare inalterata rispetto a prima».

Ugo Salvini

 

SEGNALAZIONI - Stabilimento Ausonia - Pontile da rifare

Quali Gruppo Verdi Trieste ci uniamo alla richiesta, rivolta principalmente alla Regione, ma anche all'Autorità portuale al Comune di Trieste, di intervenire in maniera solerte per il ripristino del pontile dello Stabilimento Ausonia. Crollato nell'agosto 2019, non vorremmo si crei una situazione di stallo come per la vicina Piscina Acquamarina. Riteniamo che essendo il sito uno "stabilimento balneare storico della città", vada riportato al suo antico splendore. Pertanto bisogna riservare regionali per coprire la spesa necessaria alla sistemazione dello stabilimento al più presto. Sollecitiamo in merito l'Autorità portuale, sempre molto sensibile e disponibile, ad intervenire in tal senso.

Tiziana Cimolino, Roberto Viscovich

 

 

Rifiuti, raccolta regolare sull'altipiano triestino - il caso della discarica di Pecol dei Lupi
DUINO AURISINA. Nessuna interruzione, almeno per il momento, del servizio di asporto rifiuti sul Carso. Isontina ambiente, la srl oggetto delle recenti iniziative intraprese dalla Procura di Gorizia, in relazione alla vicenda della discarica di Pecol dei Lupi, e che opera nei territori dei Comuni di Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino, ha assicurato la continuità delle prestazioni alle amministrazioni interessate. Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina, dopo aver avuto un confronto telefonico con l'amministratore unico di Isontina Ambiente, Giulio Tavella, per sincerarsi della situazione dell'azienda, ha diffuso un comunicato. «La srl - scrive Pallotta - sta interloquendo con la Procura su questa vicenda. In ogni caso - precisa - il problema non coinvolge Duino Aurisina, perché il nostro ingresso nella compagine sociale fu successivo ai fatti oggetto di indagine. Quello che è importante ora per il nostro territorio - aggiunge - è che l'amministratore unico ha potuto garantirmi che il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti potrà proseguire regolarmente. Non ci saranno quindi disservizi per i nostri cittadini e per le nostre attività produttive. Continueremo a seguire con attenzione l'evolversi della situazione - aggiunge - dato che Isontina Ambiente rappresenta non solo un'importante fonte di servizi essenziali ma anche un asset del Comune, che ne possiede parte del capitale sociale, anche se in piccola quota». Dello stesso tenore anche le dichiarazioni di Monica Hrovatin e Tanja Kosmina, rispettivamente sindache di Sgonico e Monrupino, che hanno parlato di «servizio che prosegue regolare».

u. sa.

 

 

Uno sguardo all'Europa della crisi climatica - alle 18.30 al collegio Fonda

"La crisi climatica fra riserva di scienza e tutela dei diritti: uno sguardo sull'Europa" è il tema del seminario che terrà oggi, alle 18.30, Serena Baldin, docente del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Trieste. La conferenza è organizzata dal Collegio universitario Luciano Fonda di Trieste. L'evento si svolgerà online, sulla piattaforma zoom. Da qualche anno le associazioni ambientaliste di tutto il mondo hanno intensificato gli sforzi per imporre agli Stati la riduzione delle emissioni di gas serra. Tramite la "climate litigation strategy" esse chiedono il rispetto alle convenzioni internazionali sul clima sollevando ricorsi davanti alle corti statali e internazionali. Fino a che punto l'Unione europea e gli Stati membri stanno ottemperando ai loro obblighi?Gli interessati possono richiedere via e-mail, l'invito Zoom con i dati per connettersi a: ingrid.pellis@collegiofonda.it.

 

Alle 18 - La forma dell'acqua in Porto vecchio

Oggi, alle 18, la Consulta femminile di Trieste organizza un incontro su Porto Vecchio con l'architetto Lucia Krasovec, presidente dell'Aidia. L'incontro si intitola "la forma dell'acqua". Introduce Anna Maria Mozzi. L'indirizzo per zoom è questo:

https://us04web.zoom.us/j/6904507404?pwd=Vk0rWjJUeHkrK080NkFQR202am9Xdz09

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 aprile 2021

 

 

«Prodotti locali, e-bike e cultura alimentare nel Mercato coperto» È questa la proposta congiunta di Gal Carso, Slow Food e Wwf
Le tre realtà parlano di percorso partecipato che coinvolga cittadini e associazioni di categoria per rilanciare il sito
Trasformare il Mercato coperto di via Carducci in un centro "green" polifunzionale, con rinnovati spazi per gli agricoltori e gli artigiani locali, al cui interno ricavare anche un'area educativa, realizzata con il contributo dei ristoratori locali, su come mangiare bene e nel rispetto dell'ambiente e della propria salute, e un punto di mobilità verde, dotato di uno spazio per le e-bike, con un servizio di noleggio, assistenza e magazzino per le bici di residenti e turisti. È questa la proposta congiunta di Gal Carso, Slow Food e Wwf, per «continuare a scrivere la storia di questa struttura legata alla tradizione cittadina». «Il Gal Carso - spiega il presidente, David Pizziga - si rende disponibile ad agevolare un percorso di partecipazione e progettazione dal basso, che veda coinvolte sia le organizzazioni pertinenti dei cittadini, sia quelle agricole, dei commercianti, degli artigiani, degli esercenti e dei ristoratori, sia i gruppi di aziende e le singole aziende che hanno progetti per il mercato». «Come Slow Food - osserva Sergio Gobet, fiduciario per la Condotta - possiamo portare il tesoro della nostra filosofia, quale movimento internazionale del cibo, e della nostra esperienza nel campo della tutela e promozione delle piccole produzioni e dell'educazione alimentare». «Il Mercato coperto - sottolinea Alessandro Giadrossi, presidente del Wwf di Trieste - potrà rappresentare il luogo di diffusione di pratiche di consumo sostenibile. Ciò significa sensibilizzare tutti sul rapporto causa effetto delle proprie scelte alimentari e stimolare la conoscenza dei benefici di produzioni agricole in una natura in buono stato ecologico». Le tre organizzazioni hanno anche individuato gli strumenti pubblici che possono aiutare la filiera corta e che sono il "Fund raising", specifiche misure per sostenere le reti di impresa, "Io Sono Fvg" di Agri Food Fvg, strumento utile a identificare le eccellenze agricole, Strade del Vino e dei Sapori e altri strumenti di PromoTurismoFvg, interventi della Regione, i contributi della Fondazione CRTrieste, i fondi Interreg e altri fondi europei. Il Gal Carso ha poi creato, negli ultimi 12 mesi, una serie di strumenti digitali intitolati Trieste.Green per tutti i residenti e i turisti interessati al territorio rurale e alla sua offerta in campo enogastronomico e turistico.

Ugo Salvini

 

 

Turismo, cabina di regia in Porto vecchio
Il Trieste Convention & Visitors Bureau al piano terra del Magazzino 26 costruirà e promuoverà pacchetti, congressi, eventi
Punterà sul rilancio dei settori turistico, congressuale e del wedding il Trieste Convention & Visitors Bureau, lo spazio al piano terra del Magazzino 26, in Porto vecchio, inaugurato ieri. La struttura, nata a fine 2019 come Infopoint del Comune di Trieste, oggi vede la partecipazione anche di Regione Fvg con PromoTurismoFvg e del Tavolo dell'Imposta di soggiorno, quale punto di coordinamento tra i diversi protagonisti della sezione accoglienza per portare Trieste a diventare motore di sviluppo territoriale ed economico, coinvolgendo tutta la regione. Al suo vertice sarà presente Gabriella Ghigi di Meeeting Consultants, responsabile del servizio nella sua fase d'avvio. Dopo un 2019 con 9 milioni di presenze turistiche per la prima volta in Fvg, di cui più di un milione a Trieste, l'obiettivo del nuovo sito - è stato spiegato - è quello di costruire e promo-commercializzare i prodotti turistici, congressuali e di wedding, con un occhio di riguardo anche al tema della sostenibilità e delle eccellenze locali, fornendo agli organizzatori di eventi e congressi tutte le informazioni e il supporto necessari alle diverse fasi di gestione. Gli occhi sono puntati soprattutto sul Trieste Convention Center di Porto vecchio, il più grande auditorium a Nord Est, ma il progetto prevede un coordinamento anche delle altre sale alberghiere, istituzionali (vedi la Stazione Marittima) e delle dimore, il tutto in sinergia con i gestori degli attrattori turistici (tour operator, agenzie di viaggio, e così via), anche di destinazioni limitrofe. Proseguirà, inoltre, l'attività di accoglienza e informazione turistica a cura dell'Infopoint dell'antico scalo. Il Cvb è finanziato dai proventi derivanti dall'imposta di soggiorno, a seguito dell'intesa raggiunta tra i componenti del Tavolo tecnico del Turismo ovvero Comune di Trieste, PromoTurismoFvg e associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive. Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza ha sottolineato l'obiettivo «di allungare la permanenza in città dei turisti», convinto che «grazie a tutti i progetti in corso Trieste farà un grosso balzo in avanti rispetto alle altre città». L'assessore regionale alle Attività produttive Sergio Emidio Bini, definendo il Cvb «hub per il settore congressuale e turistico dell'intero Fvg», ha specificato che «la Regione continuerà a investire con entusiasmo e convinzione nel settore turismo». L'assessore comunale alla Cultura Giorgio Rossi ha evidenziato come la struttura turistica in Porto vecchio sia «frutto della forte volontà di rendere questo luogo il vero centro di gravità permanente della rinascita culturale e turistica di Trieste» mentre il presidente di Federalberghi Guerrino Lanci ha parlato di un progetto triennale nell'ambito dell'accoglienza. Per PromoTurismoFvg erano presenti il direttore generale Lucio Gomiero e il direttore marketing Bruno Bertero, che hanno specificato come l'ente abbia lavorato, prendendo spunto anche da altre città italiane e internazionali, per creare un abito su misura, anche in ambito congressuale, per Trieste e la regione.

Benedetta Moro

 

"Villaggio Greensisam" da quotare - L'incarico affidato a Stanghellini
Fisserà i valori dei cinque magazzini all'inizio dell'antico scalo per la vendita e la locazione
Il Comune non vuole sbagliare e si affida a un bomber dell'estimo per stimare, attraverso l'affidamento a uno studio esterno, i 5 magazzini che formano il cosiddetto "villaggio Greensisam" all'inizio di Porto vecchio, a poche decine di metri dal Molo IV. Doppio l'obiettivo: fissare il prezzo per l'asta di vendita, avere una cifra di riferimento per ricalibrare la locazione. L'Immobiliare comunale li ha iscritti nell'albo dei beni alienandi a 7,4 milioni, assai meno rispetto ai 16 milioni quotati sedici anni addietro. A battezzare il valore delle vecchie strutture viene ora chiamato Stefano Stanghellini, toscano, tra una decina di giorni 72enne, docente allo Iuav veneziano, architetto basato a Bologna, numerose pagine di curriculum tra consulenze e pubblicazioni. La determina è firmata da Luigi Leonardi, direttore dell'Immobiliare. Stanghellini è un buon conoscitore di Trieste: nell'ultimo quarto di secolo ha lavorato a più riprese per il Municipio, sia sul tema di Porto vecchio e del Waterfront che su Cittavecchia. Ha poi operato su incarico dell'Azienda sanitaria riguardo le importanti partite immobiliari degli ex ospedali Santorio e Maddalena. Tra i committenti un robusto elenco di pubbliche amministrazioni e di grandi realtà come Banca d'Italia e Ferrovie. Stanghellini si è preso tre mesi per effettuare la stima che comprenderà i magazzini 1-3 a bordo mare, 2-4 in seconda fila, 2A in terza. Riceverà un compenso onnicomprensivo (Iva, previdenza) di 44.185,96 euro. La vicenda del "villaggio Greensisam", battistrada dell'approdo privato in Porto vecchio, appartiene alla classica letteratura triestina dedicata alle incompiute. Pierluigi Maneschi, terminalista e uomo di shipping, negoziò una concessione novantennale, definita nel 2005, per collocarvi la sede europea del gigante taiwanese Evergreen. L'esito non fu fausto, Maneschi cercò altri sbocchi progettuali ma le trattative non conobbero la parola closing. Alla sua scomparsa, il figlio Antonio dichiarò la sincera volontà di affrancarsi da un'operazione immobiliare costosa e infeconda, per la quale bisogna armare 513.000 euro all'anno. Quando ancora viveva Pierluigi, si era già aperto un semi-contenzioso con il Comune, in seguito al passaggio del "villaggio Greensisam" nelle disponibilità di piazza Unità: chi avrebbe pagato i costi di urbanizzazione collegati ai 5 magazzini? Più di 10 milioni, non arachidi. Poi il bagliore della soluzione: la Regione opziona i magazzini in seconda fila per trasferirvi i suoi uffici (valore 4,7 milioni), a Maneschi resterebbero i due edifici vista-mare (valore 2,4 milioni). Il magazzino in terza fila, più vicino al varco entrata/uscita di largo città di Santos, piace a Trieste terminal passeggeri. Ma, perché tutto ciò divenga realtà, servono stime su cui costruire aste e affitti. Parola a Stanghellini.

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 aprile 2021

 

 

Asilo nido, parking e bosco urbano: via ai lavori a Roiano - Dureranno un anno
Consegnate alla modenese Iti, vincitrice dell'appalto, le chiavi del cantiere all'ex Polstrada: si parte a metà maggio
Ormai il destino dell'ex Polstrada a Roiano pareva essersi trasformato in un witz. Un witz lungo quasi vent'anni. L'accordo di programma Stato-Regione-Comune venne firmato nel maggio 2002: ma tutto in quella zona, a principiare dalla riqualificazione della Stock, ha avuto un percorso difficile, accidentato. Prima si è dovuto trovare una nuova sede per la Polizia Stradale, in seguito si è provveduto a radere al suolo la caserma, poi la pratica si era ancora arenata. I residenti sorridevano amaramente davanti a quell'immenso spiazzo deserto. Ma lo scorso autunno ecco il colpo d'acceleratore: bando di gara premiato da 18 offerte e a febbraio il nome della vincitrice, la modenese Iti che ha sbancato i concorrenti indigeni - seconda classificata la cordata Cp, Rosso, Tiepolo - con un ribasso del 25,2% rispetto a una base d'asta di circa 5,2 milioni (Iva & sicurezza comprese). Una lizza di sapore nazionale: sei imprese regionali, 3 emiliano-romagnole, 3 campane, una siciliana, 1 altoatesina, 1 pugliese. Triestine, in particolare, erano la Innocente & Stipanovich, la Ennio Riccesi, la Pertot. Roberto Dipiazza si è così preso la terza soddisfazione del suo terzo mandato. I tre "cadaveri", come con macabro affetto vengono denominati dagli uffici i progetti di infinita durata, sono risorti: prima rifatta piazza Libertà, venerdì il cantiere della galleria Montebello-Foraggi affidato ai campani Stabile-Alfieri, ultima puntata la consegna dei lavori roianesi all'Iti. Alle 10 di ieri alla "cerimonia" hanno partecipato, oltre al primo cittadino, una soddisfatta assessore Elisa Lodi e Lucia Iammarino, la dirigente che segue il dossier. Per l'appaltatore modenese le chiavi sono state prese in consegna dal responsabile della commessa, Luca Gasparotto. Anche a Roiano è partito il count-down: 380 giorni, con esito a metà maggio 2022. Adesso avanti con l'organizzazione del cantiere, attorno al quale saranno sistemati pannelli illustrativi dell'operazione riqualificativa. Primi atti dedicati a completare la verifica bellica - ovvero se non vi siano ordigni celati nel sottosuolo - e quella archeologica, perché sotto la caserma Polstrada furono ritrovate tracce di una precedente struttura castrense austro-ungarica. Poi finalmente si partirà con i lavori veri e propri finalizzati a costruire su una superficie di 7700 metri quadrati un asilo-nido da 60 posti al servizio della parte settentrionale della città, un parking semi-interrato, un "bosco urbano" dove anche i cani avranno un loro spazio. Saranno rimessati i marciapiedi attorno all'area di cantiere. L'obiettivo del recupero - insiste Elisa Lodi - va oltre il pur importante fattore edile, perché si tratta di dare respiro e vivibilità a un rione fortemente cementificato. Il progetto era stato elaborato dalla F&M di Mirano. Iti compie quest'anno il quarantesimo genetliaco aziendale, essendo nata nel 1981. Fatturato attorno ai 70 milioni di euro, lavoro per circa 200 persone. Tra le commesse portate a termine si rammenta il restauro della casa natale di Enzo Ferrari, divenuta il fulcro di un polo museale dedicato al Drake non lontano dalla stazione di Modena Centrale. Un paio di settimane orsono è stato consegnato all'Università di Pisa il cosiddetto Polo Heliopolis, una realizzazione da oltre 6 milioni di euro. Nel settembre 2020, ancora a Modena, aperto il cantiere delle ex Fonderie.

Massimo Greco

 

 

Porto vecchio e Recovery Fund - Roma ufficializza i 40 milioni
Fondi per i progetti del Comune fra cui il grande viale verde e il parco archeologico nell'elenco del ministro Franceschini. Dipiazza: «Premiato il lavoro degli uffici»
Il Piano del governo per l'impiego del Recovery Fund conferma i 40 milioni di euro destinati al Porto vecchio di Trieste, inserito nell'elenco dei Grandi attrattori culturali. Il Piano presentato dal presidente del consiglio Mario Draghi al Parlamento destina alla cultura, in tutto, 6,675 miliardi di euro. Precisa il ministro Dario Franceschini: «Si mira - dice - ad incrementare il livello di attrattività del sistema culturale e turistico del Paese attraverso la modernizzazione delle infrastrutture, materiali e immateriali». In particolare si tratta di 4,275 miliardi di euro a cui si sommano nel Fondo Complementare gli investimenti del Piano Strategico Grandi attrattori culturali, per 1,460 miliardi per 14 interventi. E proprio dal Fondo Complementare derivano i 40 milioni destinati alla voce "Il Porto Vecchio di Trieste: il nuovo rinascimento della città". Il finanziamento servirà a realizzare i progetti che il Comune ha inviato a Roma, a titolo di proposta, nell'autunno scorso. Tra questi il grande viale verde che attraverserà l'antico scalo e il parco lineare-archeologico che correrà sulle rive. Le richieste di palazzo Cheba avevano già trovato l'assenso dei decisori romani nei mesi scorsi, ma la conferma al momento dell'ufficializzazione del piano governativo mette al sicuro il finanziamento triestino. Assieme ad altri interventi di rilievo a Genova, Milano e in altre grandi aree di recupero italiane, il Porto vecchio va a far parte dello scheletro dei grandi interventi urbanistico-culturali dei prossimi anni in Italia.Presentando l'elenco di progetti per l'accesso al fondo, e ottenendo il via libera, il Comune si è assicurato che il governo investa sulla parte di progetto che senz'altro spetterebbe alle pubbliche istituzioni realizzare: quella degli spazi pubblici, per la quale l'amministrazione ha deciso di affidare le linee guida all'architetto tedesco Andreas Kipar, reduce da una recente visita alla città e al vecchio porto austriaco. Così il sindaco Roberto Dipiazza: «Sono molto contento per la città, molto soddisfatto. È la prova del fatto che avevamo presentato un bel progetto: noi avevamo chiesto 70 milioni, ma averne avuti 40 è un grande risultato. Devo ringraziare gli uffici, hanno dimostrato che se le cose si fanno bene poi si ottengono i risultati». Commenta la presidente del gruppo Pd alla Camera Debora Serracchiani: «Con i 40 milioni di euro che vanno a incrementare i 50 milioni già assegnati nel 2016, il ministro Franceschini dimostra di avere compreso fino in fondo le potenzialità del Porto vecchio come grande attrattore culturale e continua a sostenere la riqualificazione dell'area. È il risultato di un'interlocuzione con il ministro che negli anni ho sempre tenuto aperta e che ora nuovamente rendiamo concreta, a conferma di un impegno che continua per Trieste».

Giovanni Tomasin

 

 

Migliora lo stato di salute di mari, torrenti e laghi. Il 98% ha acque eccellenti

ARPA promuove le zone balneabili e annuncia una stagione estiva promettente. I voti più bassi alla Dama Bianca e Duino. Sotto la media anche Marina Julia.

Trieste. Al mare, in laguna, nei fiumi e nei laghi: l'avvio della stagione balneare in Friuli Venezia Giulia, che inizia ufficialmente il primo maggio e si conclude il 30 settembre, si annuncia promettente. Parola di Arpa Fvg. Tanta sicurezza deriva dai dati dell'ultimo monitoraggio sulla qualità delle acque balneabili, relativo al periodo 2017-2020 e presentato ieri in conferenza stampa sul molo Audace a Trieste, sulla base dei quali sono state fatte anche le proiezioni per la prossima stagione. Proiezioni che, attraverso un algoritmo, ci dicono che il 98% delle zone balneabili in regione può fregiarsi del bollino "eccellente".Su 66 punti infatti, dall'area del Terrazza Mare di Lignano Sabbiadoro al lago di Sauris, solo uno è risultato di qualità sufficiente ed è la zona antistante la Dama Bianca di Duino. Altre quattro località sono invece state classificate come "buone", tre delle quali sempre in provincia di Trieste: l'area marina della Diga vecchia nord e della Diga vecchia sud, Duino scogliera e Marina Julia a Monfalcone. E c'è da dire che rispetto all'anno scorso si è registrato un leggero miglioramento: da "sufficiente" a "buono" per le aree della Diga vecchia nord e sud e da "buono" ad eccellente per l'area tra l'Autorità portuale e il Ferroviario. Nessuna criticità, per ora, è stata invece rilevata nell'area del villaggio di pescatori di Punta Sdobba, all'interno della Riserva Naturale della Foce dell'Isonzo, a Grado. Non rientra tra i 66 punti, ma Claudia Orlandi, responsabile della Qualità delle acque marine e di transizione, spiega che «episodi d'inquinamento microbiologico in questo luogo non sono la normalità, forse possono essere legati a fenomeni particolari delle piene dell'Isonzo, ma al momento non sono zone critiche da segnalare». La fotografia scattata dall'Arpa contiene anche i risultati di alcuni sondaggi effettuati quest'anno, che hanno registrato episodi di inquinamento di breve durata, vale a dire di durata massima di 72 ore. I controlli con esito negativo si sono riscontrati durante il primo ciclo di prelievi in mare tra il 19 e 20 aprile nelle località di Marina Julia e Lido di Staranzano. In queste due località Arpa ha effettuato giovedì 22 aprile un secondo campionamento degli indicatori di contaminazione fecale che ha dato esito favorevole: si è trattato quindi di un inquinamento di breve durata causato presumibilmente dalle piogge del giorno precedente che hanno favorito l'accumulo di inquinanti nelle zone costiere. Ma su quali basi si muove Arpa? Sono due principalmente i parametri all'origine delle analisi degli operatori, il cui monitoraggio per la stagione balneare inizia ad aprile e finisce in settembre. In ogni punto di controllo rilevano i parametri ambientali, effettuano le osservazioni visive e prelevano campioni d'acqua per l'analisi microbiologica. I due parametri sono indicatori di contaminazione di origine fecale: quelli dei batteri chiamati Escherichia coli ed Enterococchi intestinali. La loro presenza è determinata da più fattori: dagli scarichi delle fognature a quelli delle barche fino alle piogge. Ma campionamenti vengono effettuati per valutare anche la presenza della microalga Ostreopsis Ovata, che può essere tossica e provocare problemi alle vie respiratorie. Fino a oggi, dall'inizio del monitoraggio iniziato nel 2005, però non si sono rilevati problemi di questo genere in Fvg, ha specificato il tecnico biologo Oriana Blasutto. L'unico luogo in cui è stata rilevata una sua fioritura è in particolare tra agosto e settembre, senza però appunto riportare conseguenze gravi, nell'area di Canovella de' Zoppoli e di Barcola.Tutti i dati vengono registrati in tempo reale sul sito web di Arpa, come ha sottolineato l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente Fabio Scoccimarro, presente ieri assieme al direttore generale di Arpa Stellio Vatta, il contrammiraglio Vincenzo Vitale, direttore marittimo del Fvg, Manlio Palei e Gabriella Trani della Direzione centrale salute Regione Fvg. «Il lavoro di monitoraggio quotidiano portato avanti negli anni da Arpa è importantissimo - ha ricordato Scoccimarro - e spazia dalle onde 5G allo stato di salute dell'aria e delle acque e più in generale del nostro territorio».

Benedetta Moro

 

Via ai sondaggi da inizio maggio a fine settembre
Sono 66 in tutta la regione le stazioni monitorate dall'Arpa nell'ambito dei rilievi sulla qualità delle acque balneabili. Dall'alto in senso orario Marina Julia, la scogliera davanti al porticciolo di Duino, lo specchio acqueo davanti alla Dama bianca sempre a Duino, rilievi dell'Arpa, uno spicchio di mare visto dalla Costiera e un'uscita in laguna. Per quanto riguarda il 2021 Il periodo di monitoraggio, come definito da delibera regionale, è compreso tra il 1 maggio e il 30 settembre ad eccezione delle zone di balneazione del lago di Sauris, in cui la stagione va dal 29 giugno al 23 agosto.

 

Sette incontri sul molo per spiegare ai cittadini tutti i segreti dei fondali
Dalle specie aliene alle microplastiche fino alla pesca sostenibile - Tanti i temi al centro degli appuntamenti in collaborazione con il Porto
Trieste. "A misura di mare: in viaggio per la sostenibilità". Così si intitola il ciclo di sette incontri aperti al pubblico, organizzato da Arpa Fvg in collaborazione con l'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale, che ha preso il via ieri sul molo Audace e terminerà a fine settembre. La location sarà la stessa anche per i futuri appuntamenti, a partire dal prossimo, che si terrà il 24 giugno e sarà dedicato alla Strategia Marina, un programma nazionale di monitoraggio diretto dal ministero dell'Ambiente, basato su una direttiva europea e applicato anche dall'ente regionale. In particolare si parlerà di rifiuti spiaggiati, microplastiche e rumore subacqueo. Seguirà poi il 26 luglio "Pesca nelle acque del golfo di Trieste", in cui si spazierà dalla pesca all'acquacoltura alla molluschicoltura al ripopolamento della vongola nell'area costiera di Grado e Lignano. Il 26 agosto oggetto della conversazione saranno le specie aliene in mare e in laguna mentre il 27 settembre, ultima data, sarà la volta dei progetti europei per la sostenibilità in mare presenti in Alto Adriatico. In ogni occasione poi verranno enunciati i dati dei monitoraggi mensili della balneazione. Restano ancora de definire le date per gli eventi sulla sostenibilità dell'ambiente marino e la sicurezza in mare. "A misura di mare", come ha spiegato ieri il direttore generale di Arpa Fvg Stellio Vatta durante il primo rendez-vous dedicato al ciclo di controlli nelle aree balneabili (media partner Radio Punto Zero, moderatrice Barbara Pernar), si propone di porre l'attenzione sulla sostenibilità dell'ambiente marino approfondendo argomenti di grande attualità dedicati al pubblico. «Con ciascun ospite - ha sottolineato Vatta - affronteremo tanti argomenti con l'intento di sensibilizzare la cittadinanza. Non a caso lo slogan di Arpa è "assieme per l'ambiente" e in questo senso vogliamo essere assieme al cittadino". Saranno presenti anche un gazebo e una delle quattro imbarcazioni a disposizione di Arpa Fvg (ieri era attraccata al molo l'ammiraglia), usate in base alla tipologia di uscita: da quelle nei bassi fondali della laguna alle altre in mare aperto per il monitoraggio della balneazione durante l'estate. A bordo, oltre al comandante, ieri rappresentato da Maurizio Querini e da Eddio Marini, ci sono anche alcuni tecnici e altri operatori.

b.m.

 

«Clima "pazzo" e ciclo vitale finito: per questo sono calate le meduse»
L'analisi del biologo Bettoso secondo cui a favorire le recente invasioni è anche l'aumento di temperatura nel punto più profondo del golfo
Trieste. I cambiamenti climatici e la fine del ciclo vitale degli organismi sono alcuni dei fattori che hanno portato negli ultimi giorni alla diminuzione del numero di meduse Rhizostoma pulmo, che nella prima metà di aprile avevano invaso le Rive di Trieste. In pratica le "bote marine", così come vengono abitualmente chiamate, in parte avranno preso il largo e in parte si saranno depositate sul fondale marino rientrando così a far parte della catena alimentare. La spiegazione arriva da Nicola Bettoso, biologo marino dell'Arpa Fvg, che si occupa anche di meduse. «Il grande ammassamento dei giorni scorsi è dipeso probabilmente dal fatto che la Rhizostoma pulmo era già abbondante lungo le coste dell'Istria a gennaio, come ho saputo da una collega che opera a Parenzo. Lì già tre mesi fa i pescatori si lamentavano della difficoltà nel gettare le reti. Parallelamente anche noi durante lo stesso mese, nel corso dei monitoraggi del programma Strategia marina, soprattutto nella zona di Trieste, avevamo contato diversi individui, alcuni dei quali di dimensioni piccole. Hanno influito anche fenomeni meteomarini: si era registrato infatti un evento di Bora, con un ulteriore ingresso di meduse dalla parte istriana, e attraverso un gioco di correnti si era riscontrato quindi un numero importante lungo le Rive». Anche sul perché stiano aumentando questi organismi ci sono varie ipotesi. Tra queste, di nuovo il cambiamento del clima e poi l'incremento medio della temperatura di 0,1 gradi all'anno nel punto più profondo del golfo che misura di 25 metri. «Una delle tesi più accreditate inoltre riguarda l'eccessivo prelevamento di risorse ittiche - continua -, che comporta una quantità eccessiva di zooplancton, tra i cibi tipici della medusa». Di questa specie autoctona presente da una ventina d'anni in golfo, dunque, si sa abbastanza. Ma sui fenomeni in corso, afferma Bettoso, «non ci sono dati precisi né si può modellizzare perché ci sono troppi fattori concomitanti e d'altronde è un fenomeno naturale». Sicuramente un quadro più preciso di questo aprile si avrà a fine anno, alla luce dei monitoraggi previsti nel programma nazionale "Strategia Marina", diretto dal ministero dell'Ambiente.

b.m.

 

 

Legambiente chiede di inserire le associazioni nell'Assemblea
La realtà ambientalista ricorda che i rappresentanti della società civile sono assenti nei tavoli permanenti dell'organismo transfrontaliero
Una rappresentanza della società civile all'interno del Gect Go. È ciò che chiede di veder realizzato il comitato goriziano di Legambiente che, in una nota in cui affronta anche il tema decisamente "caldo" del futuro condiviso di Gorizia e Nova Gorica, vede proprio in questo una delle grosse lacune attuali del gruppo europeo di cooperazione territoriale. «Manca una visione comune del nostro territorio, delle linee di indirizzo in grado di garantirne uno sviluppo sostenibile, e servirebbero dei tavoli di lavoro permanenti in grado di far dialogare le persone, le istituzioni e tutti i portatori di interesse - il punto di vista di Legambiente -. Nel Gect ad esempio non c'è una rappresentanza della società civile. Nessuna presenza di associazioni culturali o ambientali, o comitati. Prefigurare il futuro di una comunità allargata senza coinvolgere direttamente i cittadini è un'eresia». Gli ambientalisti vedono tra i grandi problemi su cui le due Gorizie devono lavorare congiuntamente quello dell'inquinamento dell'aria o dell'Isonzo, ma anche l'inquinamento elettromagnetico o la convivenza con la fauna e secondo loro oggi la grande questione di fondo è proprio la mancanza di rappresentanza e quindi di partecipazione, come dimostra, ad esempio, il caso del progetto di riqualificazione - «o devastazione?», si chiede Legambiente - di piazza Transalpina. «Un'opera da 7 milioni di euro che leggendo non solo gli ampi commenti negativi dei cittadini sloveni e italiani, ma anche i pareri degli architetti, dovrebbe farci interrogare su quale sia il futuro che vogliamo per questa terra - prosegue la nota del sodalizio -. Non è una questione secondaria. Attraverso la consultazione e la costruzione di consenso, le autorità locali potrebbero imparare dalla comunità e acquisire le informazioni necessarie per la formulazione delle migliori strategie». I cittadini dei tre Comuni del Gect Go, Gorizia, Nova Gorica e Sempeter Vrtojba, in altre parole, per Legambiente hanno tutto il diritto «di scegliere, e non vedere delegate decisioni così importanti solo alle tre amministrazioni». Di qui la necessità di rispolverare quella proposta che proprio l'associazione ambientalista aveva lanciato già nel 2015, relativa all'attivazione di un forum transfrontaliero permanente di Agenda 21 e alla raccolta e uniformazione di dati su acqua, aria, rifiuti, aree verdi o piste ciclabili. Passi in avanti fondamentali, secondo Legambiente, per far si che quelle che oggi sono tre cellule indipendenti, per quanto in simbiosi, diventino davvero un unico organismo multicellulare.

Marco Bisiach

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 aprile 2021

 

 

 Ferrovia slovena: l'aula di San Dorligo verso lo scontro - la Capodistria-Divaccia
Opposizione sul piede di guerra a San Dorligo della Valle sul progetto per la seconda linea ferroviaria Capodistria-Divaccia. In vista del Consiglio comunale di venerdì in cui si discuterà anche di questo argomento tre consiglieri - Roberto Drozina (Territorio e ambiente), Alen Kermnac (Verdi) e Roberto Massi (Lega) - hanno presentato un'interpellanza a tale riguardo in cui ricordano che «la mozione sulla salvaguardia del territorio, presentata nel luglio 2019 da Kermac, non ha avuto risposta» e precisano allo stesso tempo di «non essere stati avvisati dell'incontro che ci dovrebbe essere in Municipio con la 2Tdk, l'impresa che sta realizzando l'opera».

(u.sa.)

 

 

La marea arancione non è sparita: è al largo di Barcola e punta su Muggia

Il fenomeno dovuto alla proliferazione della "Noctiluca Scintillans" si sposta al centro del golfo. E' non è l'unica anomalia del mare

Il mare diventa arancione scuro a due miglia da Barcola. Improvvisamente navighiamo in una specie di serpentone vermiglio che si allunga a perdita d'occhio verso Muggia avvolgendo le sue spire attorno alle grandi navi alla fonda. Pensavamo che se ne fosse andata, che avesse lasciato il Golfo di Trieste per sparire chissà dove seguendo correnti o repentini mutamenti dell'ecosistema. E invece la marea rosso/arancione, è ancora qui. Allineata lungo un fronte che da Trieste si espande verso il Golfo di Panzano, la fioritura rossastra ha solo compiuto una ritirata strategica, pronta ad avanzare di nuovo compatta verso la costa. A bordo del gommone rigido dell'Area Marina Protetta di Miramare, il ricercatore Saul Ciriaco osserva con lo stupore trattenuto dello scienziato il fenomeno colorato in cui stiamo flottando. Come altre decine di colleghi ricercatori, tecnici, biologi e oceanografi dell'Ogs, dell'Arpa, dell'Università di Trieste, insomma di tutti quegli enti impegnati ogni giorno a studiare, monitorare, curare e interrogare questo spicchio di mare in cima all'Adriatico, anche Saul Ciriaco non si allarma ma nemmeno si acquieta di fronte allo spettacolo stupefacente che danno le immense colonie di Noctiluca scintillans. Questo prodigioso esserino, che di giorno colora il mare di rosso, e di notte lo rende scintillante di luce bluastra, al microscopio appare come un'inoffensiva pallina con la coda. Ma è tutt'altro che innocua. Si tratta di una dinoflagellata eterotrofica, vale a dire una specie di alga che non è un'alga, e quindi non si nutre di luce solare bensì di altri minuscoli esseri come diatomee, ciliati e uova di pesce impoverendo di fatto il mare. Da quando è comparsa nel nostro golfo, una decina di giorni fa, assieme ai branchi di Rhizostoma pulmo, le bianche meduse che da anni si danno convegno in queste acque a ogni inizio stagione, la Scintillans, come ormai la chiamano affettuosamente i ricercatori, ha fatto scattare l'ennesimo campanello d'allarme sulla salute del golfo. Quando siamo partiti, qualche minuto fa, dal porticciolo di Grignano a bordo della barca dell'Area protetta di Miramare, per fare un giro di ricognizione intorno al golfo, il mare aveva l'aspetto pacioso di un'assolata domenica di primavera. Un po' di meduse qua e là da sole o in gruppi pigramente assemblati, una leccia che saluta saltando davanti alla prua, un galleggiante di miticoltura alla deriva (recuperato), un po' di ramaglie portate dai fiumi ingrossati dal disgelo. La minaccia rossa sembrava definitivamente sparita. Come succedeva con le immacolate nuvole di mucillagini, quei polimeri che nei mesi estivi di alcune stagioni fa hanno afflitto le nostre coste per poi svanire così com'erano apparsi. E invece no, le compagini di Scintillans sono solo poco più a largo, dense, compatte, avvolgenti e dal vago odore di sentina, pronte a sferrare l'attacco finale alle balneabili coste della nostra regione. O, forse, a sparire. Di certo non scompare, però, il sintomo di un mare malato. Così come sulle terre emerse il Covid-19 colora e condiziona la nostra vita in un arco policromo che va dal bianco al rosso scuro, così in mare l'arancione denso è il segno di una Natura in affanno che si difende mandando all'attacco le sue speciali truppe invisibili. «La massiva fioritura di Scintillans - spiega Saul Ciriaco - è solo l'ultimo segnale di una serie di squilibri dell'ecosistema causati sia dai cambiamenti climatici sia dall'azione diretta dell'uomo». La lista è lunga. A cominciare dal rischio d'estinzione della Pinna nobilis, la popolare Stura, insidiata da un protozoo parassita che la sta facendo morire per inedia in tutto il Mediterraneo. Specie protetta, la Stura è stata attaccata dal nemico invisibile qualche anno fa nelle isole greche, e oggi rischia di estinguersi nonostante gli sforzi, compiuti anche nel nostro golfo dall'Amp Miramare e altri enti (è stata mobilitata persino una task force di sommozzatori della Guardia Costiera), per salvaguardare le sparute oasi dove ancora sopravvive. Poi ci sono la scomparsa delle fanerogame, piante marine come Cimodocea e Posidonia, una perdita drammatica secondo i biologi. Ancora, dobbiamo fare i conti con la desertificazione delle foreste marine di alghe brune, e con la comparsa di specie aliene come Mnemiopsis leidyi, la noce di mare, piccola gelatina tanto simpatica con le sue lucine natalizie intermittenti quanto feroce nel divorare le larve di pesce azzurro. E che dire della - per ora - fugace apparizione di Drymonema dalmanitum, la medusa più grande del Mediterraneo, vista un anno fa mentre si pappava ben due polmoni di mare alla volta?«Il punto è che da almeno una decina d'anni stiamo squilibrando sempre più il rapporto fra specie marine erbivore e carnivore, che altera l'intero ecosistema del golfo», commenta Saul Ciriaco mentre passiamo a venti nodi davanti alla costa fra Santa Croce e Aurisina. Proprio dove, fra pastini e boscosi pendii, fanno capolino i cantieri di nuove case e villette. Segni di un ulteriore impatto antropico, dicono gli esperti, che di certo al mare bene non fa.

Pietro Spirito

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 aprile 2021

 

 

"Meduse e microalghe, l'ecosistema si ribella" - il direttore generale dell'OGS Del Negro

L'invasione di meduse e microalghe che ha interessato nelle ultime ore il golfo di Trieste dimostra quanto sia necessario affrontare al più presto lo stato di salute delle acque marittime. E sarà proprio questo uno dei temi principali di cui si discuterà nel corso del Sea Summit programmato per settembre, iniziativa che vedrà l'intervento di esperti ed esponenti del mondo scientifico. «Gli ultimi eventi a cui abbiamo assistito rappresentano risposte anomale con cui l'ecosistema reagisce ad alterazioni causate dall'azione dell'uomo e su cui si possono innestare anche cambiamenti climatici», afferma Paola Del Negro, direttore generale dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs). «Per questo concentrare l'attenzione sul ruolo che ha il mare per la salute generale del sistema terra è fondamentale». Ma i problemi di cui soffre il mare non restano circoscritti alla sfera dell'ambiente. Piuttosto, hanno ripercussioni importanti anche su quella economica. «Gli organismi che negli ultimi giorni hanno invaso le nostre acque rappresentano dei predatori pericolosi, che si nutrono di plancton ma anche di uova e larve di pesci. Sono dei competitori importanti per i molluschi che vengono coltivati», chiarisce Del Negro. «Se non si fa qualcosa per affrontare questi problemi, le ripercussioni sul settore economico potrebbero essere rilevanti, soprattutto nell'ambito della pesca e della molluschicoltura, che nella nostra regione hanno un peso così rilevante. Il vantaggio di eventi anomali come quelli a cui stiamo assistendo è quello di costringerci a focalizzare maggiormente l'attenzione sulla salute del mare».

Li.

 

 

Trieste Verde denuncia: «Inquinanti in acqua» - l'affondo sull'area davanti all'ex area a caldo
«Non c'è centimetro delle acque antistanti l'area della Ferriera di Servola che non sia impestato da livelli di inquinanti cancerogeni che sforano di 2 o 3 mila volte i livelli consentiti dalla legge». A denunciarlo è la lista Trieste Verde, nel corso del consueto incontro pubblico settimanale. «L'inquinamento riguarda sia la zona oggi in smantellamento che quella delle acque contigue di superficie e di profondità, falde acquifere comprese», ha detto Maurizio Fogar. Un tema, quindi, a detta di Trieste Verde, che non si può dire concluso. «Quanto esce da quell'area, per effetto dei venti e delle correnti marine, tocca tutti - denuncia Maurizio Fogar, portavoce del movimento - tanto che la città si trova in eredità una vera e propria bomba tossica a orologeria».

lo.de.

 

 

Richetti: «Uno sportello su energia e risparmio» - la proposta del M5S
I Cinque Stelle vogliono stimolare la nascita di comunità energetiche sul territorio cittadino. A tal fine l'impegno di Alessandra Richetti, candidata sindaco del M5s, è quello di aprire uno sportello municipale, dove i cittadini possano reperire le informazioni necessarie per realizzare gli impianti e accedere alle agevolazioni: «Con il decreto legge 162 del 30 dicembre 2019, il governo ha autorizzato la condivisione tra più cittadini dell'energia elettrica prodotta da impianti rinnovabili. E allo scopo i Comuni possono promuovere politiche sociali attive». «Così si ridurrebbero le emissioni inquinanti - aggiunge Elena Danielis, capogruppo in Consiglio comunale - ma anche i costi in bolletta, contribuendo a combattere la povertà energetica. Vasto è inoltre il patrimonio edilizio comunale».

l.g.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 aprile 2021

 

 

Accordo con il Comune: l'Ogs al Magazzino 26 e laboratori fronte mare
L'ente di ricerca concentrerà la Sezione di Oceanografia dentro il Porto vecchio - Previsti spazi anche all'altezza del molo Zero. Dipiazza: «Una scelta coerente»
L'Ogs trasloca la sua sezione di Oceanografia al Magazzino 26, andando così a mettere un tassello ulteriore al mosaico di enti scientifici e culturali che popoleranno il Porto vecchio. La proposta, la cui realizzazione è data per sicura, è giunta ieri mattina nel corso di un incontro tra il Comune e i vertici dell'Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale. All'incontro hanno partecipato il sindaco Roberto Dipiazza, l'assessore alla Cultura Giorgio Rossi, il presidente di Ogs Nicola Casagli e il direttore generale dell'ente Paola Del Negro. L'amministrazione comunale ha offerto all'Istituto di occupare con la sua sezione di Oceanografia gli spazi attualmente impiegati dalla mostra del Lloyd (che confluirà nel Museo del Mare), pari a circa 3.700 metri quadrati, cui andranno ad aggiungersi spazi ulteriori in corrispondenza del molo Zero, per dei laboratori fronte mare. I vertici di Ogs, fa sapere l'ente, «si sono immediatamente mostrati riconoscenti e soddisfatti della proposta, che consente sia di dare più spazi alle attività di ricerca della Sezione, sia di mantenerne la vicinanza al mare». La necessità impellente di Ogs era dotare la sezione di Oceanografia di aree più ampie e maggiormente fruibili, dato che, per svolgere tutte le attività, i ricercatori e i loro laboratori sono suddivisi nella sede a mare in località Santa Croce, dove sono ubicati i laboratori di biochimica e biologia (che necessitano di lavori di ammodernamento), negli uffici di via Beirut, dove trovano spazio le attività di alcuni gruppi di lavoro della Sezione, e in un'intera palazzina nella sede principale di Borgo Grotta Gigante a Sgonico. Gli spazi che verranno a liberarsi a Borgo Grotta consentiranno alle altre Sezioni di ricerca dell'ente (Geofisica, Centro ricerche sismologiche e Centro di ricerca tecnologica Gestione di infrastrutture navali) di riorganizzare e espandere i propri uffici e laboratori. Dipiazza commenta così la decisione: «Dare una collocazione all'Ogs e in particolare alla sua Sezione di Oceanografia al Magazzino 26 è una scelta coerente con la vocazione individuata per quella porzione del Porto vecchio: attività scientifiche, culturali e museali che trovano nell'elemento Mare un denominatore comune. Come amministrazione - prosegue il primo cittadino - siamo fieri di poter contribuire a dare una soluzione a un ente nato a Trieste e le cui attività portano alto il nome della città in Italia e nel mondo, ad esempio attraverso la loro nave da ricerca Laura Bassi, che troverebbe nel Porto vecchio un posto ideale in cui attraccare nei periodi in cui non è in missione». Aggiunge ancora il sindaco: «Ci interessa molto portare realtà come Ogs all'interno del Porto vecchio, così come ci interessa la Summer School di Stefano Fantoni. Nella fattispecie l'accordo con l'Ogs avrebbe anche il pregio di liberare il castelletto di Santa Croce, che ormai è completamente di proprietà comunale, e che potrebbe quindi venire destinato ad attività di altro genere. Inutile dire che si tratta di una situazione in cui tutti hanno da guadagnare». Afferma il presidente di Ogs Casagli: «Siamo riconoscenti all'amministrazione tutta e in particolare al sindaco Dipiazza per aver colto l'urgenza della nostra istanza. Ogs è un ente che cresce e che necessita di spazi ampi e vicini al mare. L'idea che la Sezione di Oceanografia possa finalmente trovare una casa unica, in un luogo come il Magazzino 26 che ospita già altre attività di ricerca, come l'Immaginario scientifico, e dove troveranno collocazione realtà legate alla divulgazione della scienza e della cultura del mare, è un ulteriore plus che ci permetterà di ipotizzare nuove forme per dare concretezza alla cosiddetta Terza Missione». Nelle prossime settimane proseguiranno gli approfondimenti tra gli uffici tecnici di Ogs e il Comune per dare seguito all'iniziativa in tempi che le parti auspicano possano essere definiti a breve. Il trasloco della Sezione oceanografica darebbe corpo ulteriore all'idea di un polo scientifico all'interno dell'antico scalo.

Giovanni Tomasin

 

 

Sparita la "marea arancione" di alghe - Dopo le numerose strisce comparse in questi giorni

Ma gli esperti avvertono: potrebbe esserci ancora, in profondità. Se torneranno dipenderà anche dalle condizioni meteo

Sono sparite, almeno in superficie e a occhio nudo, le grandi strisce arancioni di Noctiluca scintillans, la microalga apparsa nei giorni scorsi in grande quantità nel golfo. Si era palesata nel pieno della sua fioritura - secondo le osservazioni dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa) erano 30 mila circa per litro le cellule presenti - avvistata fino a Punta Grossa e in Crozia, ma anche nelle acque che bagnano l'Emilia-Romagna e le Marche. Tuttavia, avverte Marina Cabrini, prima ricercatrice dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), non vuol dire che sia del tutto scomparsa. «Io ho raccolto in modo molto rapido un campione d'acqua davanti alla sede dell'Ogs, a Santa Croce, ma non su tutta la colonna d'acqua - afferma -: so bene che se le cellule fossero state abbondanti, nella camera di sedimentazione che si utilizza per l'analisi, le avrei viste. Potrebbero essere però in profondità ad esempio. Questa specie è spesso presente nella comunità fitoplanctonica del golfo di Trieste, ma in densità più limitate. Quando invece è molto abbondante, cioè quando l'acqua è arancione, vuol dire che Noctiluca scintillans si riproduce su tutte le altre microalghe». Sul perché non sia più visibile a occhio nudo attraverso le grandi macchie arancioni, chiamate "maree rosse", che hanno invaso anche il porticciolo di Grignano e di Miramare, i fattori sono diversi. «La fioritura è dovuta anche al fatto che questa microalga - spiega il direttore dell'Area Marina Protetta di Miramare Maurizio Spoto - si mangia le alghe piccole e, una volta terminati i nutrienti, si riduce». Nutrienti che possono essere presenti in quantità maggiore in ragione delle piogge e quindi dei fiumi. La sua concentrazione - che si è aggiunta nei giorni scorsi alla fioritura delle meduse Rhizostoma pulmo, ancora evidente - poi può diminuire anche perché viene predata dai consumatori, continua Cabrini, che aggiunge: «Bisogna capire che cosa è cambiato. Possono aver influito anche repentini sbalzi di temperatura. Con i colleghi chimici metteremo assieme i dati per capire che cosa è successo. Tuttavia devo precisare una cosa: quando il plancton è abbondante significa alimento per mitili e pesci. Noctiluca scintillans rappresenta un rischio solo se riducendo molto la concentrazione di ossigeno provoca ipossie e in casi più gravi anossie sul fondo». A studiare questo fenomeno è scesa in campo pure l'Arpa, deputata anche all'osservazione e alla valutazione delle acque. «Abbiamo effettuato dei campioni d'acqua - spiega Claudia Orlandi, responsabile della Qualità delle acque marine e di transizione - anche al largo. La Noctiluca scintillans era un po' distribuita in tutto il golfo. Seguiremo l'evolversi della situazione. Se la fioritura tornerà a comparire? Dipende anche dalle condizioni meteo. Tuttavia le maree rosse non sono una cosa nuova per il nostro golfo». Quanto invece all'Escherichia Coli, il batterio che fa dannare in particolare gli allevatori di mitilicoltura, dalle analisi microbiologiche rilevate dall'Arpa «non abbiamo rilevato la sua presenza nell'acqua - osserva Orlandi -. Bisogna però capire gli esiti delle analisi dell'Azienda sanitaria, che invece le effettua sugli allevamenti di mitilicoltura».

Benedetta Moro

 

Le meduse a tavola? Proibite. Ma in città gli chef le studiano per insalate fresche e golose e finger food stile Hong Kong

Ceviche, un'insalata di origini peruviane, con Rhizostoma pulmo, la medusa che da settimane invade il nostro golfo. Perché questo organismo può avere una seconda vita anche nel piatto. Lo sa bene Matija Antolovic, lo chef del Caffè San Marco, che ha preparato una ricetta ad hoc per una serata dell'Ogs, ma a puro scopo scientifico (è bene sottolinearlo, visto che in Italia e in Europa in generale non è ancora consentito mangiare medusa, a differenza del Sud Est asiatico). Ispirandosi dunque al suo sapore di mare, Antolovic ha così creato un piatto. «Per eliminare le tossine l'ho bollita per mezzo minuto in acqua bollente salata al 4 per cento e poi di nuovo in acqua ghiacciata - spiega -. Poi l'ho tagliata a cubetti piccoli e l'ho mischiata con cipolla, peperone, peperoncino, coriandolo e cetriolo. Pochissimo succo di lime e limone. Né sale né olio. Ha un sapore fresco di mare e così l'ho fatta: fresca e acidina». «Era un esperimento nell'ambito de "Il mare nel piatto" in collaborazione con l'Ogs - prosegue il titolare del locale, Alexandros Delithanassis -. Mi era piaciuto. Se è vero come dicono i ricercatori che alcune specie sono commestibili, ben venga se sono introdotte nei piatti». Ma c'è anche lo chef stellato Matteo Metullio che da tempo è coinvolto in un progetto che vede protagonista anche la medusa. E intanto in cucina la pensa così: «Nel mio immaginario la vedo alla griglia - spiega -, con un'insalata o un pesto di alghe, salsa di soia o teriyaki, cipollotto e olio di sesamo. Ma sono solo idee perché non l'ho mai provata, non so quale sapore possa avere. Mi dà l'idea di un sapore comunque fresco, perché penso sia come avere la sensazione della seppia sotto i denti. Dopo la cottura è da capire cosa resti». Il progetto a cui si dedica da tempo è un'idea della Società velica Barcola-Grignano e del suo presidente Mitja Gialuz. «È da un anno e mezzo che stiamo parlando con un pool di biologi ed esperti per capire quali specie siano commestibili - spiega lo chef -. Penso sia il cibo del futuro, visto che le meduse sono tante». Nel Sud Italia c'è invece anche chi di recente ha scritto un libro di ricette. S'intitola "European Jellyfish - Prime ricette a base di meduse in stile occidentale" e fa parte di un progetto europeo a cura anche dell'Istituto di Scienze delle produzioni alimentari del Cnr di Lecce, una realtà che studia da tempo la Rhizostoma pulmo. «Siamo un po' invidiosi di ciò che sta accedendo nel golfo di Trieste - dice sorridendo Antonella Leone, ricercatrice dell'Istituto -, perché le campioniamo da dieci anni nel golfo di Taranto, invece dall'anno scorso non se ne vede nemmeno una. Ci piacerebbe avere i fondi per capire il fenomeno. Intanto stiamo lavorando a un progetto per l'uso alimentare della medusa nell'uomo e uno dei risultati è la divulgazione e il trasferimento delle conoscenze. Abbiamo collaborato con gli chef stellati Gennaro Esposito, Pasquale Palamaro, Fabiano Viva e Giovanni Ingletti, assieme a una chef di Hong Kong che ha lavorato con noi, portando anche le meduse di quell'area che vengono seccate e servono come finger food e insalate». Così è nato ad esempio, tra i vari piatti, il Carpaccio di medusa con marinatura sale e zucchero «che ricordava l'ostrica».«Altri gruppi del progetto hanno pensato invece - conclude Leone - a utilizzare la medusa in agricoltura come fertilizzante e mangime in acquacoltura ma anche in cosmetica, perché ha molto collagene».

B.M.

 

 

 

 

 

 

Caso discarica di Pecol - Sequestrati i conti di Isontina ambiente
Bloccata l'operatività della società che gestisce la raccolta dei rifiuti anche a Duino Aurisina, Monrupino e Sgonico
Gorizia. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Gorizia, Flavia Mangiante, ha disposto il sequestro preventivo delle liquidità di Isontina Ambiente depositate nei conti correnti intestati alla società in diversi istituti bancari. Il provvedimento riguarda la discarica di Pecol dei Lupi a Cormons, dal 2010 non più attiva per il conferimento dei rifiuti, posta sotto sequestro nel 2019 dalla Procura di Gorizia e, recentemente, affidata dalla stessa al commissario giudiziario Luigi Palumbo. È un provvedimento che di fatto "blocca" Isambiente (operativa anche nei comuni di Duino Aurisina, Monrupino e Sgonico), già al lavoro con i propri avvocati per presentare un'istanza di dissequestro dei propri conti in banca, comportando non solo l'impossibilità del pagamento degli stipendi di aprile per gli oltre 100 dipendenti e il saldo delle fatture dei fornitori, ma rischia anche di paralizzare un servizio pubblico essenziale come quello della raccolta dei rifiuti. In questo momento la società, che ad esempio effettua anche bonifici di 2 milioni alla Sangalli, non è in grado di effettuare alcun tipo di pagamento. Ma come si è arrivati a questo provvedimento? L'ultimo atto della complessa vicenda della discarica di Pecol dei Lupi è l'inchiesta per la "gestione illecita di rifiuti liquidi". In attesa che la situazione venga chiarita, perché l'inchiesta è ancora in corso, i Carabinieri dei Noe di Udine hanno dato, all'inizio del mese, esecuzione al decreto di sequestro dell'impianto di bonifica emesso dal gip del Tribunale di Gorizia «al fine di evitare il protrarsi di tali condotte illecite». Da qui la nomina come amministratore giudiziario di Palumbo, a cui è stata affidata «sia la custodia che la gestione della fase post-operativa della discarica con il precipuo compito, tra gli altri, di vigilare sul corretto funzionamento degli impianti e portare a compimento il procedimento di bonifica per arrivare alla chiusura definitiva del sito». L'ordinanza successiva sul blocco della liquidità del gip Mangiante in particolare «dispone il sequestro preventivo delle somme accantonate da Isontina Ambiente srl per la gestione ordinaria dal 31 dicembre 2010, limitatamente alla fase di chiusura, e per la gestione post operativa della discarica di Pecol dei Lupi». Questi accantonamenti non ci sono stati? Gli accantonamenti nella società dipendono dai versamenti effettuati dai Comuni e la liquidità è quindi variabile. Da qui il sequestro dei conti correnti bancari. «Informati tempestivamente i Comuni soci e dopo aver illustrato gli avvenimenti di queste ultime 24 ore, la società si è attivata con i propri legali per garantire nei tempi più brevi possibili il ripristino del normale funzionamento dei conti bancari. Al contempo l'azienda - si legge in una nota di Isontina Ambiente - sta adottando tutti i provvedimenti necessari ad assicurare l'usuale liquidità per l'operatività corrente. La società garantisce il massimo impegno per il regolare funzionamento del servizio».

Pietro Comelli

 

 

I pescatori di frodo e il mercato nero minacciano lo storione che vive nel Danubio
È una delle specie più antiche viventi sul nostro pianeta - Merce pregiata e ricercata dai ristoranti della regione
BELGRADO. Sono fra le specie più antiche ancora viventi sul nostro pianeta. Nei secoli e millenni passati erano fra i pesci più diffusi e pregiati del grande fiume, forse persino onorati come una divinità dalle popolazioni preistoriche della regione, nell'area di Lepenski Vir. Negli ultimi decenni sbarramenti, chiuse, dighe, pesca intensiva e trasporto fluviale ne hanno quasi cancellato le tracce. Gli storioni, malgrado tutto, popolano ancora ampie parti del Danubio inferiore, in particolare tra Serbia, Romania e Bulgaria e il Mar Nero. Ma anche quell'area non è un'oasi sicura. E i grandi pesci anadromi d'acqua dolce continuano a essere obiettivo di pescatori di frodo e merce pregiata del mercato nero della carne e del caviale. È la denuncia che arriva dal World Wildlife Fund (Wwf), organizzazione che negli ultimi anni ha sguinzagliato nel cuore dei Balcani esperti e ricercatori per comprendere lo stato di salute delle varie specie di storione presenti in particolare nel Danubio, area di riproduzione dei pesci, e nel Mar Nero, ma anche per monitorare il mercato nero e quello legale della carne di storione e del caviale nella regione, assai florido e pressoché sconosciuto. Il risultato delle ricerche è stato presentato nei giorni scorsi. E allarma. Il Wwf ha infatti confermato l'esistenza di un «lucrativo business» illegale tra Serbia, Romania, Bulgaria e Ucraina, incentrato proprio su prodotti della lavorazione dello storione e condotto su «ampia scala», ha specificato l'organizzazione. Come pianificare un'indagine così complessa, la «prima del genere»? Il Wwf ha scelto una strada inedita, combinando per quattro anni «dati ufficiali sulla pesca illegale dalle autorità competenti» e soprattutto avviando una capillare «inchiesta sui luoghi di vendita», prelevando centinaia di campioni di carne di storione e caviale in mercati, come quello belgradese di Zemun, dove sono stati trovati esposti storioni selvaggi; e in ristoranti, negozi e persino seguendo le tracce degli acquisti online. Poi sono arrivate le «indagini forensi» e del Dna, per verificare se avessero origine in allevamenti legali o in fiumi della regione, dove «la  pesca e il commercio di storione» selvaggio sono da anni «vietati». Gli esiti sono inquietanti e parliamo comunque «solo della punta dell'iceberg che dimostra tuttavia quanto è grave l'impatto» della pesca di frodo «degli ultimi storioni selvaggi», ha specificato la manager del progetto, Jutta Jahrl.Quasi il 20% dei campioni è infatti risultato provenire da esemplari di fiume, mentre fino al 30% del caviale esaminato era quantomeno sospetto, probabilmente frutto di «importazioni illegali», venduto senza rispettare gli standard di certificazione. Non solo. Il Wwf ha verificato una «forte domanda» da parte dei consumatori della regione di prodotti ricavati dallo storione selvaggio, una richiesta sostenuta che spinge un altro mercato irregolare, quello di pesci gatto e pesce persico del Nilo spacciati come storione. Non è finita. L'organizzazione per la difesa di flora e fauna ha individuato anche 214 casi di «incidenti», in gran parte in Romania e Bulgaria, che segnalano l'estensione del fenomeno della pesca illegale, con sequestri di caviale illegale - 40 vasetti di 20 kg in totale possono valere fino a 50 mila euro, come verificato in Romania nel 2020 - «confische di attrezzi di pesca illegali», di storioni già finiti nelle reti e di caviale e tranci di storione selvaggio. Gli ultimi episodi a marzo di quest'anno, in Romania, con storioni di oltre due metri scovati nelle reti di pescatori di frodo. E dal 2016 la 2020 gli episodi del genere sono triplicati. Storioni che non sono semplici pesci, ma «l'eredità naturale» e storica del Danubio, ultimo grande fiume europeo dove gli storioni migratori continuano a riprodursi in maniera naturale. E sono a rischio ovunque in Europa, continente dove tutte le varie specie tranne una sono ormai in via di estinzione. «Lo storione è già il gruppo di specie più a rischio di estinzione sulla Terra», ha così spiegato Beate Striebel, del Wwf, parlando di rapporto «allarmante». E chiedendo mano durissima per fermare il bracconaggio, nel fiume-simbolo dei Balcani.

Stefano Giantin

 

La mozione del Pd«Si affronti il problema delle processionarie»

«La giunta Dipiazza faccia tutto il necessario per contrastare la diffusione della processionaria e proteggere i cittadini. Occorre prevenire la formazione di una nuova generazione di insetti dannosissimi per i nostri pini e altre piante, E poi si deve informare la popolazione della presenza di questi insetti anche per l'uomo e gli animali, e delle misure sanitarie da adottare in caso di contatto». Lo chiedono i consiglieri Pd della Sesta circoscrizione Luca Salvati e Gentian Metani, con una mozione rivolta alla giunta comunale, a seguito di «diverse segnalazioni riguardo la presenza di processionarie in particolare al Bosco Farneto».

 

 

Meduse, alghe e batteri il mondo della pesca sempre più in affanno
Reti strappate e meno pesci in giro: «Uscite ridotte per risparmiare la nafta» Tra "Noctiluca" ed "Escherichia" problemi seri anche per chi alleva le cozze
«Vado in mare da cinquant'anni e non ho mai visto una cosa del genere. Una quantità impressionante di meduse che non ci permette di lavorare come vorremmo e dovremmo». Fabio Vascon, pescatore muggesano, si sfoga: la concentrazione di Rhizostoma pulmo nel golfo di Trieste impedisce alla categoria di lavorare con continuità. Un "flagello" al quale si aggiungono, adesso, la proliferazione delle microalghe e quella dei batteri Escherichia coli che insidiano innanzitutto la mitilicoltura. «Speravamo che, dopo l'invasione di Pasqua, la situazione migliorasse nel giro di qualche giorno ma purtroppo non è così - racconta Vascon - . Ieri, quando sono uscito con la barca, mi sono trovato circondato da banchi di meduse lunghi decine e decine di metri». Una situazione insostenibile che ha indotto diversi pescatori a decidere di lavorare a ritmo ridotto. «In mare abbiamo di fronte autentici "tappeti" che sono estesi decine di metri quadrati e di fatto non ci permettono di pescare. Le meduse si incastrano nelle reti e, con il loro peso, finiscono per strapparle. Zavorrano le barche, impediscono la saccaleva, senza considerare che la loro presenza sottocosta allontana il pesce dalla riva. Io, ad esempio, mi sono rassegnato ad uscire a giorni alterni per risparmiare la nafta. Così, almeno, riduco le perdite» conclude Vascon. Un grido d'allarme, quello del pescatore muggesano, sottoscritto e rilanciato anche da chi rappresenta la categoria. «Il nostro settore ha già un sacco di problemi - sottolinea Guido Doz, esponente della Federazione italiana maricoltori - e ora non ci mancava che l'invasione delle meduse... Spiace constatare che, secondo gli esperti, qualsiasi cosa accade in mare è sempre colpa di noi pescatori, che già facciamo fatica a lavorare a causa delle molte limitazioni imposteci dalla legge». Doz avanza una proposta operativa alla politica: quella di accelerare l'inserimento delle meduse nella lista dei "novel food", i cibi del futuro. «Oggi le meduse non sono ancora autorizzate per l'uso alimentare né in Italia né in Europa» ricorda Doz proprio nei giorni in cui una ricerca dell'Ispa, l'Istituto di scienze delle produzioni alimentari del Cnr, conferma che le meduse sono una potenziale risorsa nutrizionale. «La cosa potrebbe farci sorridere, lo so, ma - continua Doz - ricordiamoci che sono un piatto tradizionale in vari paesi del Sud-est asiatico. Penso ad esempio ai cinesi: abbiamo ricevuto richieste in quantità negli anni scorsi ma non abbiamo potuto assecondarle a causa della nostra legge che vieta la commercializzazione delle meduse in quanto prodotto non commestibile». Anche Nicola Bressi, direttore del Museo civico di Storia naturale, è sulla stessa linea: «Una soluzione all'invasione delle meduse potrebbe essere proprio quella di renderle commestibili, anche se non dobbiamo dimenticare che la forte presenza di questi giorni è dovuta a una concatenazione di fattori difficilmente ripetibili, alla quale si aggiunge il fatto che in questa parte finale dell'Adriatico le correnti sono meno forti». Nel frattempo, però, la situazione nel Golfo non migliora. Ieri, fra Miramare e Muggia, c'era ancora una presenza massiccia di Rhizostoma pulmo. Né si sono diradate, anzi, le macchie arancioni provocate dalla "Noctiluca scintillans", l'alga microscopica solitamente presente in mare aperto, che negli ultimi giorni si è accumulata nei porticcioli della costiera. «Ieri sono andato da Sistiana a Muggia per fare il rifornimento alla barca - conferma il pescatore Paolo De Carli - e la scia era presente da Grignano fino a Punta Grossa tanto da farmi ricordare gli anni delle mucillagini. Spero davvero che non ritornino quei tempi...». Ma c'è un altro problema che incide soprattutto sul lavoro dei miticoltori. «A causa dell'elevata concentrazione di Escherichia coli trovata nei mesi scorsi nelle cozze - spiega Davide Roncelli - il nostro settore sta attraversando un periodo di grande difficoltà. In tale contesto ora si inserisce questa microalga e noi non sappiamo ancora bene quali possano essere i suoi effetti sulle cozze».

Lorenzo Degrassi

 

 

Così Biden compatta il mondo sul clima - Draghi: «G20 per la transizione ecologica»
Il presidente americano: «È il decennio decisivo, dobbiamo agire». Al meeting online partecipano anche Cina e Russia
NEW YORK. Per qualche ora almeno, il clima è riuscito a mettere i leader del mondo sempre più diviso intorno ad un tavolo. Digitale, ma comunque occasione di dialogo. E questo è già un successo, vista la retorica infuocata degli ultimi mesi tra il presidente americano Biden, il rivale cinese Xi, e quello russo Putin. Poi staremo a vedere quante promesse fatte ieri per contrastare i cambiamenti climatici verranno mantenute, ma tra il nuovo impegno degli Usa a dimezzare le emissioni, quello della Cina ad abbandonare il carbone, e quello del premier italiano Draghi ad usare il G20 per avanzare i finanziamenti della transizione ecologica, qualche novità concreta è emersa. Il padrone di casa ha aperto il Leaders Summit on Climate avvertendo che questo «è il decennio decisivo, dobbiamo agire». Combattere i cambiamenti climatici «è un imperativo morale», perché «i segnali sono inconfondibili, la scienza è innegabile, e i costi dell'inazione crescono». Swiss Re ha calcolato che toglierebbe 23 trilioni all'economia mondiale nel 2050. Quindi Biden ha ammonito: «Incontrarsi ora va oltre l'obiettivo di preservare il pianeta, significa anche offrire un futuro migliore a tutti noi». Lui vede gli investimenti nella transizione ecologica come un'opportunità per rilanciare l'economia e creare posti di lavoro, e questo è un segnale di politica interna per convincere gli americani e piegare le resistenze degli avversari. Il primo scopo del Summit però era riaffermare la leadership Usa nella lotta al riscaldamento globale, dopo la parentesi Trump, e il presidente lo ha perseguito raddoppiando gli impegni presi da Obama con l'accordo di Parigi. Ora Washington punta a ridurre le sue emissioni di gas tra il 50 e il 52% entro il 2030. Gli Stati Uniti però vogliono aiutare i paesi più poveri a contribuire, perché pur essendo il secondo inquinatore mondiale dopo la Cina, anche se annullassero il loro 15% di emissioni globali non basterebbero a salvare il pianeta. Perciò Biden ha lanciato un piano per «finanziare la risposta globale in maniera coordinata». La direttrice dell'Fmi Georgieva ha aggiunto che il G20 deve accordarsi su un carbon price, superiore ai livelli attuali di 75 dollari per tonnellata entro il 2030. Xi ha lanciato un segnale di apertura anche solo intervenendo, ed evitando di citare gli altri punti di attrito aperti nella sfida geopolitica epocale con Washington. Invece ha detto che «vogliamo lavorare con la comunità internazionale, inclusi gli Usa». Ha ribadito l'impegno di zero emissioni entro il 2060, e ha aggiunto che vuole «limitare strettamente l'aumento del consumo di carbone» nei prossimi cinque anni, ed eliminarlo nei cinque successivi. E' importante, perché a settembre aveva promesso che Pechino avrebbe toccato il picco nel 2030, senza però spiegare come ci sarebbe arrivato e come sarebbe sceso. Anche Putin ha evitato lo scontro, dopo che Biden lo aveva definito un killer, annunciando impegni anche più stringenti della Cina. Persino Bolsonaro ha promesso di fermare la deforestazione in Brasile, pure se in cambi aveva chiesto un miliardo di dollari a Biden. Draghi, oltre ad affermare che «insieme vinceremo questa sfida», ha assicurato che userà la presidenza del G20 per la questione dei finanziamenti. E' un punto chiave, perché nel briefing preparatorio con i giornalisti, una fonte della Casa Bianca aveva risposto così alla domanda della Stampa su cosa vorrebbero nell'agenda del vertice di Roma: «Sarà cruciale avere una discussione più approfondita riguardo la finanza del clima, le ambizioni dei partner, il ruolo dell'energia pulita e l'adattamento». A quantificare ci ha pensato il segretario generale dell'Onu Guterres: «I leader mantengano la promessa fatta oltre un decennio fa, di 100 miliardi di dollari in sostegno dell'azione sul clima nei paesi in via di sviluppo». Greta Thunberg già dice che non basta. Vedremo ora se il mondo saprà davvero riunirsi, su questa emergenza che riguarda tutti.

Paolo Mastrolilli

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 aprile 2021

 

Invasioni di meduse e pesci a rischio. La richiesta di aiuto del nostro mare

Mai registrati finora nel golfo di Trieste fenomeni così estesi- Allo studio il peso di cambiamenti climatici e attività umane

Trieste. Mentre tutto il mondo si prepara a celebrare oggi la Giornata della Terra, Trieste e la Venezia Giulia si interrogano sulla salute del loro mare, invaso in queste ore da banchi record di meduse e microalghe. La prima certezza è che fenomeni così estesi non si erano mai visti nel golfo. La seconda è che, se le invasioni dovessero protrarsi, la pesca sarebbe a rischio e in pericolo potrebbero finire prodotti simbolo come i "sardoni". La terza è che la pesca è allo stesso tempo vittima e causa dell'incremento di questi organismi, che hanno sempre meno predatori a limitarne lo sviluppo. Nel braccio di mare fra Trieste e Grado, assicurano i ricercatori, non stanno accadendo però cose sconosciute, perché la Rhizostoma pulmo e la Noctiluca scintillans (rispettivamente meduse e alghe) sono presenze secolari, ma l'entità delle fioriture non può che colpire. Un tempo erano le mucillagini, oggi lontano ricordo. Adesso tocca alle grandi meduse biancastre e alla microalga arancione, che in realtà è un protozoo che non fa la fotosintesi ma si nutre di altri organismi. E qui sta il problema: Rhizostoma e Noctiluca mangiano molto e, se rimarranno a questi livelli, diventeranno pericolosi concorrenti della fauna che siamo abituati a mangiare. Pesci che anzi peschiamo troppo, tanto che potrebbe essere la loro diminuzione ad aver permesso l'esplosione che stiamo vedendo da una decina di giorni. L'Istituto di oceanografia e la Riserva naturale marina di Miramare hanno messola questione sotto la lente. La ricercatrice dell'Ogs Valentina Tirelli spiega che la medusa barile «è tipica del golfo ed è stata avvistata per la prima volta a fine '800. I grandi aggregati non sono rari, ma non ne abbiamo mai visti di queste proporzioni e con permanenza sotto costa così lunga. Al momento siamo alle ipotesi: potrebbe darsi che siano stati bora e correnti a permetterci di vedere quello che di solito succede più a largo e in profondità. In un golfo poco profondo come il nostro basta poco per rimescolare le acque». Ma ci sono anche processi di medio periodo: «Queste meduse - dice Tirelli - sono grandi ed è probabile che siano sopravvissute tutto l'inverno. Ci saranno ricadute sull'ecosistema: gli animali per sopravvivere devono mangiare, le meduse mangiano plancton e diventano competitor di pesci come sarde e acciughe. Se la concentrazione sotto costa si rivelasse quella dell'intero golfo, sarebbe critico, ma spero che il fenomeno sia transitorio. E nel frattempo dobbiamo capire gli effetti dell'arrivo della noce di mare dal 2016: in Croazia i colleghi già ipotizzano che questo crei un calo dell'acciuga, che va a cercare cibo altrove». Un'altra studiosa dell'Ogs, Fedrica Cerino, si occupa del la Noctiluca: «L'ultima grande fioritura è avvenuta nel 2003. È un organismo che non fa fotosintesi, ma cattura fitoplancton e zooplancton». Il problema è la competizione alimentare con gli altri pesci, ma anche il fatto che «questa specie produce grandi quantità di ammoniaca, che colpisce gli altri organismi. Dipenderà da quanto durerà il fenomeno: in altre aree, queste grandi abbondanze di Noctiluca hanno portato alla moria di pesci e invertebrati. Una spia sul piano ecologico? Non possiamo dirlo, il fenomeno va studiato». Il consulente ambientale della Riserva di Miramare Saul Ciriaco sottolinea che «non ci sono ancora evidenze fra cambiamento climatico e presenza della medusa, ma dal 2000 la temperatura del mare comincia a crescere e dallo stesso periodo aumentano frequenza degli avvistamenti, dimensione delle fioriture e mesi dell'anno di presenza, tanto che ormai vediamo la medusa per tutto l'anno». Ciriaco nota inoltre che «le catene alimentari si stanno squilibrando. Privilegiamo mangiare pesci che sono carnivori e mangiano anche le piccole meduse, che hanno maggiore facilità a crescere». Rispetto alla microalga, Ciriaco dice invece che «è stata vista da una settimana e bisogna capire se ci seguirà anche in estate: potrebbe aver pesato una stagione invernale poco rigida». Inevitabile domandarsi che ne sarà dei bagni estivi. Tirelli tranquillizza: «Il muco delle meduse può dar fastidio alla pelle e creare problemi agli occhi, ma il fenomeno in questa proporzione durerà poco e non sarà questa la situazione dei nostri primi bagni nella tarda primavera». Se i bagnanti possono rasserenarsi, i pescatori sono in ambasce: dall'Ogs, Diego Borme evidenzia che «sciamature di meduse in questa proporzione sono insolite e intralciano la pesca, perché nelle reti si impiglieranno chili e chili di meduse. Sarà un problema per le lampare che stanno per uscire alla ricerca di sardoni e sardelle». I pescatori stanno lavorano a ritmo ridotto: «È un'invasione - dice il muggesano Fabio Vascon - ed è difficilissimo lavorare con questi esemplari che zavorrano le reti e allontanano il pesce dalla riva. Ci saranno 50 meduse ogni metro quadrato di mare».

Diego D'Amelio

 

«Non ripetiamo sott'acqua gli errori fatti in terraferma»
L'appello dello scienziato Cosimo Solidoro: «Dalla tutela degli oceani dipende il benessere degli organismi del pianeta, uomini compresi»
Mari e oceani ricoprono il pianeta terra per più del 70% e contribuiscono in modo rilevantissimo al corretto funzionamento degli ecosistemi del pianeta stesso e al benessere degli organismi che lo abitano, esseri umani inclusi. L'oceano è un unico grande sistema, tridimensionale e in perenne movimento, animato da correnti che, prodotte dal riscaldamento differenziale del sole e della rotazione terreste, connettono fra loro le diverse parti del pianeta e trasportano le sostanze nutritive dal fondo buio allo strato superiore, dove miliardi di organismi microscopici usano l'energia solare per creare sostanza organica, sostenere la vita marina e produrre metà dell'ossigeno del pianeta. Gli oceani e gli ecosistemi marini regolano il clima del pianeta, sottraendo all'atmosfera ingenti quantità di calore e di anidride carbonica che - se non assorbite- causerebbero un aumento della temperatura dell'aria molto rilevante; alimentano attraverso l'evaporazione del mare il ciclo idrologico planetario, e con esso la maggior parte dell'acqua che piove sulla terra. L'oceano primordiale è stata la culla in cui si sono sviluppate le prime forme di vita, e ancora oggi ospita una varietà straordinaria di habitat e organismi. Fornisce cibo, risorse, medicinali, energia, occasioni di lavoro e scambio sociale e culturale. Gli oceani però, pur così importanti, sono sottoposti a una serie continua di minacce e alterazioni, che rischiano di aumentare nei prossimi anni a fronte della crescita delle attività legate all'economia del mare. Si pensi ai rischi connessi all'inquinamento, alla pesca eccessiva, alle attività estrattive sui fondali, ai cambiamenti climatici e al rumore marino. Per questo è importante prendersi cura degli oceani, non ripetere in mare gli errori che abbiamo fatto sulla terraferma rincorrendo il mito della crescita economica illimitata. Le azioni individuali e le scelte collettive restano determinanti per preservare la vita come la conosciamo: il pianeta è uno e tutto è connesso in un unico sistema di cui siamo parte e da cui dipendiamo anche noi.

Cosimo Solidoro

 

«Ognuno faccia la sua parte - Rassegnarsi è sbagliato»

Da anni lo skipper Pelaschier percorre il Paese denunciando i rischi legati all'inquinamento provocato da plastiche e idrocarburi
Non sono uno studioso, ma un testimone diretto dei cambiamenti che hanno interessato il nostro mare da 60 anni a questa parte. Il mare è parte di me e la sua tutela mi sta particolarmente a cuore. Per questo, su iniziativa della One Ocean Foundation, creata dalla principessa Zahra Aga Khan e dallo Yacht Club Costa Smeralda, ho fatto il giro d'Italia "slow" con Crivizza, una splendida barca in legno del 1958, per far conoscere il Charta Smeralda, un semplice decalogo per la salvaguardia dei nostri mari dall'invasione omicida della plastica. E ho partecipato a tante lezioni nelle scuole insieme ad un biologo, per sensibilizzare le nuove generazioni. La causa dell'inquinamento delle nostre acque è il comportamento di ciascuno di noi nella sua quotidianità. Molti non sono in grado di modificare le proprie abitudini e stili di vita. Credo che il cambiamento arriverà solo quando a governare saranno i nostri figli o nipoti, molto più sensibili al problema. Certo ci possiamo allarmare quando vediamo troppe meduse o fenomeni di alghe rosse, ma ci chiediamo quanta plastica, idrocarburi o metalli pesanti stanno anche nel mare più cristallino? Ricordo una regata nel Mar Piccolo di Taranto nel 1963. C'era un'invasione di meduse come quella di questi giorni in golfo: non si riusciva ad andare avanti con il Dinghy. In quel caso gli scarichi industriali avevano scaldato così tanto l'acqua da aver attirato le meduse. Oggi succede qualcosa di simile su ampia scala. Con le nostre attività stiamo scaldando il clima, innalzando di conseguenza anche la temperatura dei mari così tanto da ottenere una riproduzione anomala di alghe e meduse. Non dobbiamo rassegnarci, perché ricordo a tutti che l'oceano produce il 70% dell'ossigeno che respiriamo. È necessario agire nel nostro piccolo per raggiungere un grande obiettivo. Amare, conoscere, rispettare sono tre grandi imperativi per il futuro di tutti.

Mauro Pelaschier

 

Pronto il prato in fondo al mare - ora arrivano 30 boe ecologiche
Perfettamente riuscito il progetto Saspas con la piantumazione delle fanerogame. Presto anche i gavitelli a disposizione dei diportisti
Stanno per fiorire le fanerogame, è la seconda piantumazione, nel golfo di Panzano. Tempo poche settimane e la crescita sarà rigogliosa e spiccheranno con il loro verde intenso dal fondale. È perfettamente riuscito il progetto europeo Saspas di cui è capofila il Comune di Monfalcone che vede proprio il golfo di Panzano protagonista assieme alle Incoronate in Croazia e il parco delle Dune in Puglia. Ieri mattina il sopralluogo dei tecnici della Saspas con una delegazione del Comune ha confermato che sta andando tutto bene e che le pianticelle sul fondale grazie alla loro estesa rete eviteranno l'erosione di fondale trattenendo i sedimenti. Una vera "nursery" ecologica per tutti i piccoli pesci che trovano nascondiglio e nutrienti per crescere. Ed è anche tutto pronto per l'arrivo delle circa 30 boe ecologiche, gavitelli speciali a disposizione dei diportisti che eviteranno così di calare l'ancora sul fondo che danneggia i fondali e estirpa le fanerogame così preziose per mantenere l'equilibrio dell'ecosistema marino.Un blitz con i gommoni dalla base del Marina Hannibal (a guidarli il direttore dell' yacht Club Loris Plet) prima nell'area della "piantagione" in mare delle fanerogame. Poi a meno di un miglio di distanza dove saranno sistemate le boe ecologiche. Una zona dove l'acqua è profonda tre metri, ma è così trasparente da far scorgere il fondale. Proprio di fronte all'Isola dei Bagni, poco distante dei caregoni. Il sito del turismo "slow" dei monfalconesi che vivono il mare e le bellezze naturali.

G.G.

 

Fondali marini protagonisti di "The Rocky Oceans Show" - alle 17.30 il terzo webinar di "Siamo in onda"
Quando il mare dà spettacolo. Tra emissioni gassose, piccoli "vulcani" e giardini di roccia sommersi. Saranno i fondali marini gli assoluti protagonisti, oggi alle 17.30, di "The Rocky Oceans Show", incontro su piattaforma Zoom organizzato da Wwf Area marina protetta di Miramare e Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale in occasione della Giornata mondiale della Terra. Moderato da Saul Ciriaco dell'Amp intende far scoprire cosa accade sott'acqua. L'incontro, aperto a tutti, può essere seguito in diretta sulle pagine facebook di Amp e Ogs. «Il ciclo di webinar "Siamo in onda" - spiega Paola Del Negro, direttore generale di Ogs - ha dato ufficialmente il via a un programma congiunto con Amp Miramare lanciato in occasione dell'avvio del Decennio del mare delle Nazioni unite per promuovere la conoscenza e la sensibilizzazione sul mare e gli oceani». «Festeggiamo la Giornata - anticipa il direttore dell'Amp, Maurizio Spoto - con interventi che parleranno di mare, in quanto il 70% della Terra è occupata dall'elemento blu. I relatori illustreranno le caratteristiche di un ambiente peculiare del Golfo di Trieste, quello di marea, abitato da animali abituati a vivere sia in ambiente aereo che acquatico. Nell'occasione verranno descritte le mappature svolte a Miramare da Stefano Furlani dell'ateneo giuliano». La ricercatrice Federica Donda dell'Ogs descriverà quindi uno dei fenomeni geologici marini più interessanti dell'Alto Adriatico: le emissioni di gas metano dai fondali che danno origine a gorgogliamenti nella colonna d'acqua e affioramenti rocciosi noti come "Trezze". Di questi "giardini di roccia sommersi" parlerà Diego Borme, ricercatore di Ogs che studia le formazioni rocciose al largo delle coste regionali: rappresentano veri e propri paradisi di biodiversità, caratterizzati dalla presenza di organismi di rara bellezza».

Gianfranco Terzoli

 

 

Il nostro pianeta ha lanciato l'ultimo appello sarà la rigenerazione oppure l'estinzione
Il fondatore di Slow Food: la pandemia è una sorta di risposta biologica con cui la natura ha tentato di aprirci gli occhi
Ogni anno in questo giorno di primavera si celebra la Giornata Mondiale della Terra. Una ricorrenza che ci ricorda di avere cura e attenzione per il pianeta che ci ospita, e che quest'anno mi piacerebbe fosse accompagnata anche da un sentimento di rigenerazione. Mi trovo infatti d'accordo con quella componente sempre più ampia del mondo scientifico, che sostiene che lo scatenarsi della pandemia, sia stata una sorta di risposta biologica con cui la nostra Terra Madre ha tentato di aprirci gli occhi sulle conseguenze del nostro sistema consumista, sulla profonda interconnessione del tutto e sulla comunione di destino a cui nessuno può sottrarsi. Ecco quindi che il fiorire della natura circostante, dovrebbe andare di pari passo con lo sbocciare nelle menti di nuovi valori e comportamenti che accolgano l'appello del pianeta e affrontino le problematiche che ci attendono. Risponderemo al cambiamento climatico con coerenza e rapidità? Realizzeremo un modello di sviluppo rigenerativo? Dismetteremo l'attuale sistema agricolo dipendente da input chimici e ad alto consumo di energie per praticare invece un'agricoltura attenta alle risorse, alla biodiversità e agli ecosistemi? Adotteremo stili alimentari consapevoli, che ad esempio scelgono la carne con meno frequenza e con più attenzione? Creeremo una società più giusta? Possediamo le conoscenze per agire in questo senso, ora dobbiamo avere anche la volontà di tramutarle in azioni. La storia e i fatti che stiamo vivendo ci dimostrano in modo chiaro che il vecchio paradigma basato su competitività e profitto è obsoleto. La prosperità infatti è vera solo se inclusiva. Ecco quindi che d'ora in avanti la strada per un futuro non solo felice, ma anche possibile, è quella in cui cooperazione, dialogo e beni comuni sono le direttrici da seguire. Solo così potremo davvero porre al centro la dignità umana e la salute del pianeta. Lasciatemi ora fare alcuni esempi affinché le mie non sembrino parole al vento, ma istanze concrete che dovranno diventare sempre più numerose. Negli ultimi anni sono aumentati i mercati contadini, i gruppi di acquisto e altre forme di distribuzione alternative a quella organizzata, che hanno favorito la creazione di relazioni e momenti di dialogo tra produttori e consumatori, con un maggior guadagno per i primi e un costo pressoché invariato per i secondi, ma con una merce più fresca, di stagione che non ha percorso innumerevoli chilometri. Cooperazione, trasparenza e solidarietà sono bisogni che cittadini via via più responsabili e informati, chiederanno a gran voce, anche alla grande distribuzione e al comparto online, che registra tassi di crescita impressionanti. In questo caso è la singola azienda a dover farsi garante di pratiche rispettose dell'ambiente e dei lavoratori, mettendo così il maggior potere di cui gode sul mercato al servizio della filiera. In un sistema interconnesso infatti, nessun attore è più importante dell'altro e il valore quindi, è vero solo se risorse, strumenti e conoscenze sono condivisi equamente tra tutti. Scuole, carceri, terreni confiscati alle mafie e periferie delle città sono poi altri luoghi dove, attraverso l'agricoltura sociale, si sta manifestando questo cambio di passo. Qui il cibo si fa bene comune, promuove la convivialità e diventa strumento di emancipazione per le fasce più deboli della popolazione. Quelle elencate sono trasformazioni dal basso, quando però sono supportate dalla politica (europea in questo caso), e diventano parte del green new deal, della strategia per la biodiversità o di quella per l'alimentazione, beh, allora forse la strada è proprio quella giusta. Ho parlato di cibo, ma la trasformazione sarà tale se questo pensiero ecologico e di umana cooperazione contaminerà ogni ambito della nostra vita acquisendo una valenza sociale, etica e politica. Solo così potremo dire di aver appreso la lezione che Terra Madre ci ha tragicamente impartito con la pandemia. Solo così salveremo l'umanità e le altre specie viventi dall'estinzione.

Carlo Petrini

 

Cambio climatico, Usa e Cina voltano pagina - E dall'Europa benefici per inquinare di meno
La visita a Shanghai dell'inviato di Washington, John Kerry, sblocca la cooperazione - Alla vigilia del vertice, il presidente Biden ribadisce la priorità della riduzione di emissioni
Venti milioni di persone il 22 aprile del 1970, accogliendo l'appello del senatore democratico Gaylord Nelson, invasero le strade delle città degli Stati Uniti per manifestare sul rispetto della Terra. Così nacque l'Earth Day, un evento che ad oggi rimane la più grande manifestazione civica della storia umana, come ricorda con orgoglio Kathleen Rogers, presidentessa della giornata internazionale che da allora si celebra ogni 22 aprile. Al centro del dibattito che ricorre sul tema c'è il cambiamento climatico, che ha visto affievolirsi le luci dei riflettori a causa dell'emergenza Covid19, ma che continua a correre. Anche perché nel 2021 le emissioni relative alla produzione di energia - la cui domanda globale è aumentata proprio per effetto della pandemia e del cambio delle nostre abitudini - dovrebbero aumentare di 1, 5 miliardi di tonnellate, stando alle previsioni dell'Agenzia Internazionale dell'Energia. Con questa doverosa premessa, assume più rilevanza la recente notizia su USA e Cina che si impegnano a cooperare sulla pressante questione del climate change. Una cooperazione annunciata dopo la visita a Shanghai dell'inviato speciale statunitense per il clima John Kerry, assegnato al ruolo dal presidente americano Joe Biden, desideroso più che mai di riportare il suo Paese sulla giusta carreggiata, dopo il periodo negazionista del suo predecessore Donald Trump. È stato lo stesso Kerry, assieme al suo pari cinese Xie Zhenhua, ad annunciare che States e Dragone sono impegnati a cooperare tra loro e con altri paesi per affrontare la crisi climatica «con la serietà e l'urgenza che richiede». Parole importanti, che arrivano alla vigilia del vertice sul cambiamento climatico, fortemente voluto proprio da Biden, per dare una decisiva spinta alla riduzione delle emissioni. Quaranta leader, tra cui il presidente cinese Xi Jinping, si incontreranno in videoconferenza due giorni, simbolicamente proprio dal 22 aprile. Quasi un anticipo di Cop26, la Conferenza ONU sul clima in programma a Glasgow a novembre, sotto la presidenza del Regno Unito. E proprio il premier britannico Boris Johnson, anche per non perdere terreno con gli altri due «giganti», ha annunciato che la Gran Bretagna vuole fare la sua parte, tagliando il 78% delle emissioni entro il 2035. In attesa dell'esito del vertice, dunque, le potenze si muovono. Tornando agli USA, è importante sottolineare che dai primi giorni dopo il suo insediamento, Biden ha reso il clima una priorità assoluta, riportando gli Stati Uniti dentro l'Accordo di Parigi 2015. Ha promesso che gli USA passeranno a un settore energetico privo di emissioni entro 14 anni, e che avranno un'economia priva di emissioni entro il 2050. Xi Jinping invece già lo scorso anno annunciò che la Cina sarebbe stata a impatto zero entro il 2060, con un importante obiettivo intermedio di taglio delle emissioni entro il 2030. Proclami forti, che infondono ottimismo, sentimento che pervade l'Earth Day 2021, come ha spiegato proprio la presidentessa Rogers: «Al centro della Giornata della Terra 2021 c'è l'ottimismo, un sentimento assolutamente necessario in un mondo devastato sia dal cambiamento climatico che dalla pandemia». Bene allora l'ottimismo, ma attendiamo mosse decisive, come quella annunciata dal Commissario europeo Paolo Gentiloni, che, proprio alla vigilia dell'Earth Day, ha spiegato di voler riformulare le tasse sull'energia per ridurre le emissioni del 55% al 2030 rispetto ai livelli del 1990, e raggiungere la neutralità climatica al 2050. Obiettivi ambiziosi. Consapevoli che, per salvare l'unica Terra che abbiamo, occorrono anche quelli.

Alfredo De Girolamo

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 aprile 2021

 

 

L'aula compatta: «Si riapra il parco di villa Necker» - ok unanime alla mozione del centrosinistra
Il parco di Villa Necker ha tenuto banco durante il Consiglio comunale di ieri. L'aula ha approvato all'unanimità una mozione urgente del centrosinistra in cui si chiede al sindaco di convocare «le associazioni che hanno espresso disponibilità a collaborare, per aprirlo al pubblico, e valutare con loro come concretizzare ciò». Allo stesso scopo, si vuole che l'amministrazione cittadina intervenga nuovamente con il Demanio militare. Primo firmatario del testo - sottoscritto anche da Italia Viva, Open e Cittadini - è il consigliere del Pd Giovanni Barbo. Durante il dibattito si sono espressi favorevolmente pure esponenti del centrodestra: ad esempio Marco Gabrielli, che ha lasciato la Lista Dipiazza per guidare la civica Cambiamo, o Michele Babuder di Fi. Il forzista ha ricordato di aver già presentato sul tema un'interrogazione al sindaco Roberto Dipiazza e all'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi, tirando in ballo anche lo stallo delle aree di pertinenza del bagno militare, a Miramare. In generale sono state approvate varie mozioni, tra cui quelle riguardanti sicurezza stradale in prossimità delle scuole (Barbara Dal Toè della Lega); tutela del Teatro L'Armonia (Salvatore Porro di FdI); dipendenza da computer e smartphone (Michele Claudio della Lega). Pur esprimendosi a favore, Paolo Menis del M5s ha definito «pleonastica» la mozione di Dal Toè. Poi il clima è cambiato e la seduta si è conclusa in bagarre. «La maggioranza ha chiuso i lavori - è l'attacco, a margine, della capogruppo Pd Fabiana Martini - per non discutere la stigmatizzazione del gesto del vicesindaco Polidori, riguardo la persona senza fissa dimora. Scandaloso poi che si usino due pesi e due misure nella conduzione dell'aula». In precedenza erano passate alcune delibere su debiti fuori bilancio, tra cui i 23.472 euro necessari a mettere in sicurezza i solai delle scuole primarie Laghi, Manna e Rossetti, opere già eseguite. In fase di "question time" c'è stato inoltre un botta e risposta tra l'assessore all'Educazione, Angela Brandi, e la dem Valentina Repini, sull'attesa distribuzione del quaderno didattico "Skratkov zvezek-Il quaderno del folletto" nelle sezioni slovene delle scuole dell'infanzia comunali.

Lilli Goriup

 

 

A2A: «Il turbogas diminuirà le emissioni»
Polveri sottili «sostanzialmente nulle» e l'anidride carbonica «passerà da 884 kg a 323 kg per megawattora prodotto»
Le emissioni di polveri sottili, cosiddette Pm 2.5, «non aggraverebbero l'attuale situazione» e la produzione in atmosfera di anidride carbonica «verrà significativamente ridotta». Quanto alla realizzazione del metanodotto, in particolare lungo il tratto di area carsica interessato dal Biotopo del Lisert, di alto valore naturalistico, «non soffrirà impatti» sia sotto il profilo ambientale che in fatto di habitat delle specie protette. Non ultimo, la questione occupazionale: «Verranno mantenuti gli stessi livelli». Sono i principali aspetti sui quali l'azienda A2A Energiefuture concentra l'attenzione. Ciò sulla scorta delle ulteriori documentazioni fornite in seguito alle quali il Ministero aveva avviato, lo scorso 12 marzo, una nuova consultazione pubblica, per la quale è in corso la procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) legata al progetto di realizzazione dell'impianto a metano a ciclo combinato. Il Comune di Monfalcone ha a sua volta inoltrato le proprie osservazioni argomentando, come già dichiarato, nell'esprimere parere non favorevole rispetto alla compatibilità dell'opera, ritenendola «non sostenibile rispetto al territori in cui verrebbe ad insediarsi». In particolare, ha rilevato che le emissionni di polveri sottili Pm 2.5 con la prospettata centrale a gas «risulterebbero sostanzialmente equivalenti rispetto alla centrale a carbone funzionante con le regole dell'Autorizzazione intergrata ambientale attualmente vigenti». Nè cambierebbe per il Comune la quantità di emissioni di anidride carbonica. Sempre il Comune ha parlato di «impatti geologici che avrebbero eventuali trivellazioni e attività di interramento del metanodotto», facendo riferimento a falde, corsi d'acqua sotterranei, nonché rilevando la delicatezza dell'area speciale del Biotopo del Lisert.L'azienda, invece, evidenzia prospettive ben diverse. A partire da una premessa: «Per l'impianto a metano a ciclo combinato - spiega - A2A ha proposto unn progetto di riconversione che prevede l'impiego delle migliori tecnologie disponibili, che sono in grado di garantire un significativo miglioramento della qualità dell'aria grazie ad una riduzione di tutte le emissioni». Entrando nel dettaglio delle polveri sottili, evidenzia come «le emissioni di Pm 2.5 delle centrali a turbogas sono "sostanzialmente" nulle, quindi la nuova centrale non apporterebbe un aggravio della situazione attuale, che peraltro non presenta criticità, come rilevato dalle centraline di monitoraggio gestite in zona dall'Arpa Friuli Venezia Giulia». Veniamo alle emissioni di anidride carbonica. A2A Energiefuture osseva: «Grazie al maggior rendimento garantito dalla nuova centrale a gas, sarà possibile ridurre in maniera significativa l'emissione di CO2 che passerebbe dagli attuali 884 kg a 323 kg per megawattora prodotto. Per quanto non esistano valori limite di legge per le emissioni di anidride carbonica - aggiunge -, A2A ha scelto di allinearsi al target di riduzione delle emissioni definito dalla Science Based Targets Initiative, diminuendo il fattore di emissione di CO2 al 2030 del 47% rispetto al 2017». Insomma, A2A Energiefuture ritiene come il progetto presentato tenga conto della minimizzazione degli impatti proprio a fronte del ricorso di tecnologie d'avanguardia, le migliori disponibili per questa tipologia di impianti.In relazione alla conduttura, l'azienda afferma: «Le attività di posa del metanodotto verranno gestite con la massima attenzione, al fine di minimizzare qualsiasi possibilità di interferenza con le falde acquifere e i corsi d'acqua sotterranei. Il progetto prevede inoltre l'utilizzo di tecnologia trenchless, che consente di evitare scavi e di salvaguardare gli habitat caratterizzati dalla presenza del grillo Zeuneriana marmorata». La tecnologia "senza trincee" permette di non ricorrere agli scavi a cielo aperto evitando le manomissioni di superficie ed eliminando così pesanti e negativi impatti sull'ambiente sia naturale che costruito, sul paesaggio, sulle strutture superficiali e sulle infrastrutture di trasporto. L'azienda ricorda che «come da accordo siglato il 12 marzo 2020 tra A2A e i sindacati, il progetto prevede di mantenere gli attuali livelli occupazionali». Infine si osserva: «A2A ha espresso più di una volta e in tutte le sedi disponibili, la piena volontà di investire nel territorio di Monfalcone con le migliori tecnologie, attuali e future, garantendo ai cittadini e ai suoi dipendenti la massima cura dell'ambiente e della salute, secondo le norme di legge. La nostra intenzione è quella di partecipare allo sviluppo dell'area, affiancando le istituzioni locali e tutte le organizzazioni territoriali che, come noi, hanno a cuore lo sviluppo sostenibile del nostro Paese».

Laura Borsani

 

 

Mare arancione, esperti di tre enti in campo
Sotto esame la massiccia presenza della microalga Noctiluca scintillans, in concomitanza con quella delle meduse
Ampie strisce color arancione, tendenti al rosso, hanno invaso ieri le acque di Grignano e di Miramare. Che sarà mai? È sempre lei, Noctiluca scintillans, una microalga che di notte diventa luminescente e che già dai primi di aprile è presente sotto costa in questa zona di Trieste. Il volume di quest'organismo predatore, non pericoloso per l'uomo, si è però espanso a vista d'occhio nelle ultime ore, lasciando perplessi anche i ricercatori locali. Che non solo studieranno le cause di questa abbondante fioritura, ma anche la concomitanza con la sciamatura di meduse, Rhizostoma pulmo, ancora numerosissime in questi giorni in Adriatico. Noctiluca scintillans si presenta di solito in periodo primaverile, ma la fioritura è un fenomeno comunque raro. A Trieste, l'ultimo avvistamento precedente risaliva al 2017, sempre in aprile, a Muggia. Ad analizzare il fenomeno sono scesi in campo l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale (Ogs), l'Agenzia regionale per la Protezione dell'ambiente del Friuli Venezia Giulia (Arpa) e l'Area Marina protetta di Miramare (Amp), con puntuali campionamenti e conseguenti analisi accurate. Oltre a spiegare che Noctiluca scintillans è un'alga unicellulare, appartenente al gruppo tassonomico dei Dinoflagellati, viene sottolineato che è una specie prevalentemente eterotrofa ovvero si nutre di altri organismi. Ma perché si sia presentata in forma così massiccia è appunto ancora da approfondire. Per l'Arpa il motivo riguarda, oltre il periodo dell'anno, l'aumento della temperatura e l'apporto di nuovi sali nutritivi, che giungono attraverso l'azione delle piogge e dello scioglimento delle nevi. Una tesi che Marina Cabrini, prima ricercatrice dell'Ogs, non smentisce ma che preferisce ancora studiare. «È da fine marzo che mi arrivano segnalazioni di acque rosse di questa microalga», spiega la studiosa, che si occupa assieme ai colleghi da molto tempo della dinamica della comunità fitoplanctonica del golfo di Trieste. Inoltre in Ogs è presente l'unica preziosa collezione italiana di microorganismi marini. «Questa fioritura è stata avvistata prima a Marano, a fine marzo - prosegue -. Mi sorprende però questa lunga e ben distribuita concentrazione, visibile solo quando è molto abbondante e colora le acque di rosso». E aggiunge: «Qui è favorita anche dalle correnti. Bisogna studiare il fenomeno mettendo in relazione la presenza delle cellule con i dati di temperatura, salinità e i nutrienti. Curioso comunque che avvenga questo episodio dopo la sciamatura di meduse». Quel che è certo, appunto, è che la microalga non è pericolosa per l'uomo. «Casomai è dannosa per gli altri organismi - aggiunge Cabrini -, perché respira ossigeno e potrebbe essere causa di ipossia o anossia con eventuale rischio di moria. In passato ci sono stati fenomeni simili». «In condizioni particolari - specifica poi Maurizio Spoto, direttore dell'Amp - viene anche elencata come alga tossica per la fauna marina, specialmente i pesci, per la secrezione di ammoniaca all'esterno attraverso i suoi vacuoli e per il consumo di ossigeno». E questa estate, come sarà il mare? «Non sappiamo dire quanto durerà questa fioritura di Noctiluca scintillans - conclude Cabrini -, di solito sono fenomeni che in linea di massima durano un mese».

Benedetta Moro

 

 

Alle 18.30 - La flora marina del mare di Trieste

Oggi, alle 18.30, il Centro Culturale Veritas, propone una videoconferenza dedicata a Josef Ressel. Si parlerà de "La flora marina di Trieste: rischi e opportunità di sviluppo sostenibile" con Annalisa Falace, algologa e professore all'Università di Trieste. Per partecipare su zoom, scrivere a centroveritas@gesuiti.it. La conferenza si potrà vedere in diretta sulla pagina facebook del Centro Culturale Veritas.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 aprile 2021

 

 

Nuovi percorsi ciclabili fra Rive e Porto vecchio e piazza Foraggi-Muggia
Corsia pronta sulla bretella da largo Città di Santos a piazza Duca degli Abruzzi - Obiettivo prolungarla verso l'antico scalo entro l'estate. Poi si passa in periferia
Tanti, ieri, i pedoni e i ciclisti che si sono diretti da piazza Libertà alle Rive e viceversa attraverso il nuovo tratto ciclopedonale realizzato accanto al parcheggio del molo IV. Una corsia molto ampia, asfaltata, protetta dai panettoni in cemento, e con la segnaletica orizzontale a indicare la bidirezionalità. Un intervento realizzato in tempi rapidi dal Comune, iniziato giovedì e concluso sabato. E l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli annuncia ulteriori novità per gli amanti della due ruote: un collegamento a breve tra il Porto vecchio e la stessa bretella appena ultimata, e i lavori previsti sull'asse piazza Foraggi-Muggia. Ieri mattina molti hanno testato la novità fra largo Città di Santos e piazza Duca degli Abruzzi con soddisfazione, sia chi è passato per caso, abituato a muoversi in città pedalando, sia chi percorre ogni giorno quel pezzo di strada, come i pendolari che utilizzano il treno per spostarsi fuori città, e lasciano la bici nella zona della stazione, o chi posteggia la propria auto nell'area del molo IV o in altri parcheggi vicini, per recarsi poi al lavoro nel centro cittadino. Alcuni hanno apprezzato in particolare le due direzioni di marcia, che consentono di muoversi anche verso piazza Libertà, senza il pericolo di farlo contromano, come accadeva prima dei lavori. Per altri poi l'opera ha permesso anche di evitare le soste selvagge di molti veicoli, che solitamente venivano lasciati alle spalle degli edifici che si affacciano su corso Cavour. «Era un intervento molto richiesto dai cittadini - rileva Giulio Bernetti, direttore del Dipartimento Territorio, Economia, Ambiente e Mobilità del Comune - che poi si collegherà idealmente con la ciclabile delle Rive, anche se prima saranno necessari un confronto con l'Autorità portuale e la conclusione dei lavori in atto sul Ponte bianco. La bretella poi sarà collegata, dall'altra parte, con l'ingresso del Porto vecchio». E su quest'ultimo ulteriore aspetto l'assessore Luisa Polli intende accelerare sui tempi. «Auspico si possa realizzare prima dell'estate - sottolinea - per consentire alle persone di utilizzare ancora di più l'area del Porto vecchio, già molto amata da tanti sportivi, ma anche per permettere alla gente di andare al mare, a Barcola, in bicicletta, in tutta sicurezza. Spero sia possibile farlo rapidamente anche se - precisa - bisogna fare i conti con gli appalti e le procedure burocratiche necessarie». Il tratto appena concluso è stato oggetto di diversi sopralluoghi in passato, prima del via libera della scorsa settimana. «Una prima visita sul posto - ricorda Polli - era stata fatta nel 2017 e poi ancora nel 2018. C'era la presenza di un cantiere, accanto al teatro Miela, e abbiamo aspettato la sua conclusione e la rimozione dei materiali. Appena è stato possibile avviare i lavori, lo abbiamo fatto e tra asfaltatura e segnaletica tutto è stato portato a termine in tre giorni». E l'assessore anticipa anche altre novità in tema di spostamenti sostenibili, relative a una zona più periferica: «Contestualmente ai lavori di sistemazione della galleria di piazza Foraggi si procederà anche con la realizzazione della ciclabile - annuncia - che proseguirà poi su via Flavia, anche se per questo obiettivo in particolare dovremo valutare ogni dettaglio insieme alla Regione. L'idea è di preferire, per una parte del tracciato, via Caboto, per evitare di percorrere tutta via Flavia, che è un'arteria particolarmente trafficata, ma al momento - precisa - sono considerazioni che stiamo esaminando, prima dell'ok definitivo». Tornando a piazza Foraggi, una direttrice ciclabile sarà a carico dei nuovi proprietari dell'ex Fiera che, in accordo con il Comune, dovranno assicurare un tratto dal comprensorio alla galleria. «Per quanto riguarda invece viale D'Annunzio - aggiunge l'assessore - nel Pums, Piano urbano della mobilità sostenibile, è prevista una percorribilità ciclabile. Stiamo esaminando alcune proposte perché non si potranno togliere i parcheggi della zona, che sono importanti per i residenti. Stiamo studiando quindi la soluzione migliore, insieme ai nostri uffici».

Micol Brusaferro

 

«L'assetto è ok» - la bidirezionalità
Tra i primi a imboccare il nuovo tratto ciclopedonale ieri Giulia Giubini. «Ho iniziato a utilizzare la bicicletta nel periodo del lockdown - racconta -, abito sulle Rive e ho scoperto che è comodo spostarsi così. Sono passata di qua già nei giorni scorsi, quando stavano ancora lavorando. È un'ottima soluzione, anche perché è bidirezionale».

 

«Basta con l'auto» - dall'inghilterra in città
«Soluzione molto utile - commenta Matthew Story, inglese trasferito un anno fa a Trieste - ormai giro solo pedalando, perché la mia patente non è più valida dopo la Brexit, ma in generale mi piace muovermi così. Sono venuto a vivere a Trieste per amore - racconta -: la mia ragazza abita qui, è una bella città, mi trovo bene e mi sposto in bici facilmente».

 

«Il passo in più» - l'assessore
«L'auspicio è di collegare la nuova bretella ciclopedonale all'ingresso del Porto vecchio entro l'estate - dice l'assessore Luisa Polli - per rendere più facile il tragitto di chi vorrà andare al mare, a Barcola, in bicicletta, e anche per far conoscere e vivere ancora di più ai cittadini la zona del Porto vecchio, già molto amata da chi fa sport».

 

«Scelta sbagliata» - la FIAB Ulisse
Critico, a proposito della nuova bretella ciclopedonale bidirezionale realizzata nei giorni scorsi nel tratto fra largo Città di Santos e piazza Duca degli Abruzzi, è Luca Mastropasqua, presidente di Fiab Trieste Ulisse. Critico «perché - afferma - continua la scelta del Comune di mettere in conflitto pedoni e ciclisti su percorsi promiscui».

 

«Il sogno Costiera» - Menis del M5S
Paolo Menis, consigliere comunale del M5s, a sua volta amante degli spostamenti in bicicletta, rivela il suo sogno nel cassetto, «che va oltre la ciclabilità urbana, anche se riguarda le biciclette in parte». Si tratterebbe infatti di «chiudere la strada Costiera un paio di domeniche all'anno e riservarla a pedoni, corridori e ciclisti».

 

I tre profili tariffari - l'azienda
Dal 25 marzo scorso Trieste Trasporti ha assunto la gestione del servizio di bike sharing in città. La società ha definito tre profili tariffari a seconda del tipo di utilizzo. Nelle prime due settimane di "governo" delle 12 ciclostazioni sul territorio, sono stati circa tremila i prelievi di mezzi a due ruote da parte dell'utenza.

 

Stazioni del bike sharing utilizzate tremila volte nel giro di due settimane - La gestione a Trieste Trasporti dal 25 marzo
Il bike sharing a Trieste conquista sempre più persone. Gli ultimi dati disponibili sono quelli forniti dalla Trieste Trasporti, che dal 25 marzo gestisce il servizio. Nelle prime due settimane di attività - fino all'11 aprile - sono state 943 le bici movimentate e quasi 3 mila i prelievi dalle varie stazioni a disposizione. La fascia oraria preferita dai triestini è quella dalle 16 alle 20. La base più gettonata è quella di piazza Libertà, ma piacciono molto anche Barcola e gli stalli di via Rossetti. Aumenta sempre più il gradimento anche di chi si serve delle bici presenti in Porto vecchio. A utilizzare il servizio, che conta complessivamente su un centinaio di mezzi e 12 ciclostazioni, sono persone di tutte le età, che scelgono di pedalare per recarsi al lavoro o semplicemente per girare la città. In questo periodo il picco è stato raggiunto sabato 10 aprile, quando si sono registrati 83 bici movimentate e 373 prelievi. Tra i percorsi più frequenti quello tra piazza Libertà e Barcola, ma spesso chi preleva la due ruote davanti alla stazione ferroviaria, la riporta poi nello stesso stallo, funzionale anche a chi arriva a Trieste in treno. Frequentato poi l'asse piazza Libertà-Porto vecchio, magari per una pedalata più breve. Per utilizzare il bike sharing è fondamentale la registrazione. Tutte le informazioni sono presenti in ogni ciclostazione, sul sito www.bicincitta.com o scaricando l'app Bicincittà, disponibile per dispositivi Android e iOS. È possibile scegliere fra diversi profili tariffari. Il primo, dedicato a chi usa con maggiore frequenza il servizio, è un abbonamento annuale al costo di 12 euro, oltre a 3 di ricarica, che prevede il noleggio sempre gratuito nei primi 30 minuti, un costo di 50 centesimi ogni mezz'ora, fino alle prime due ore, e di un euro ogni mezz'ora dalla terza ora in poi. La seconda opzione è pensata per chi si serve della bici occasionalmente, l'iscrizione è gratuita e illimitata e c'è una ricarica minima di 5 euro, mentre il noleggio, dopo la prima mezz'ora a 50 centesimi, costa un euro ogni mezz'ora o frazione di mezz'ora. C'è poi una terza possibilità di scelta, mirata più alla clientela turistica, con un utilizzo di 24 ore, per 8 euro, senza abbonamento, e una durata massima, all'interno delle 24 ore, di 360 minuti.

MI. B.

 

I consiglieri comunali ogni giorno in sella: «Si creino altri spazi riservati alle due ruote»
La dem Martini: «Sì alle bike lane in viale D'Annunzio e via Giulia» - Babuder di Fi: «Park Bovedo e oltre alternativa a viale Miramare»
La dem Fabiana Martini si definisce una ciclista urbana del quotidiano. La bici è il mezzo preferito dal forzista Michele Babuder per raggiungere il posto di lavoro ogni mattina. Predilige invece quella da corsa il pentastellato Paolo Menis. Sono i tre consiglieri comunali più avvezzi a muoversi in bicicletta tra la città e il Carso. Da veri e propri bike lover, sanno quindi bene quali sono le criticità su cui lavorare e le proposte da avanzare quando si parla di mobilità per le due ruote a Trieste. Ecco così che la bici diventa un buon argomento di sostanziale unione anziché di divisione, nonostante le differenti idee politiche. Tra le idee avanzate, Martini punta molto su tratti stradali dedicati soltanto a autobus e bici in entrambe le direzioni, a partire da un progetto sperimentale. L'esempio è via Mazzini. Altre arterie cittadine, prosegue poi, come viale D'Annunzio o via Giulia, «possono invece accogliere con un progetto ad hoc delle bike lane monodirezionali, che favorirebbero anche l'eliminazione dei parcheggi in doppia fila». Non manca poi uno sguardo verso una maggiore diffusione delle cosiddette zone 30, dove tale numero sta per il limite di velocità a cui devono sottostare i mezzi a quattro o due ruote, favorendo quindi una maggiore sicurezza per i ciclisti che vi circolano. E poi, oltre ad aumentare le rastrelliere per le bici, «bisogna potenziare la sensibilizzazione nelle scuole con l'educazione alla mobilità tenuta dalla Polizia locale». Nell'uso quotidiano della bici però Martini ha anche notato come «in questi cinque anni purtroppo, nonostante gli impegni presi, non è stato fatto tanto per la mobilità a due ruote, direi che questa giunta "no xe per bici"».È dal 2017 invece che Babuder, amante pure della mountain bike, sostiene un'alternativa all'attuale pista ciclabile di viale Miramare, proposta con una mozione ma mai realizzata, che colleghi il tratto che dai centri nautici di Barcola va fino alla nuova rotonda, passando per il park Bovedo, quindi nel lato interno di Porto vecchio. «Anche perché l'altra ciclabile, oltre a essere monodirezionale, è in alcuni punti molto danneggiata dalle radici degli alberi», commenta il consigliere. A questa idea, aggiunge anche la necessità di favorire «un percorso di collegamento tra quelli realizzati recentemente (vedi via Trento e Rive) verso il viale XX Settembre, ma non così impattante come era stato previsto dall'amministrazione precedente e garantendo comunque un'unione verso il rione di San Giovanni». Un occhio poi, come sottolineato da Martini, va a quei ciclisti indisciplinati «che considerano i marciapiedi e le zone pedonali come velodromi e che mettono a repentaglio la sicurezza di chi cammina: per questo - conclude - ci vogliono maggiori controlli da parte della Polizia locale, soprattutto a mezzo delle due ruote». Sulla bici da corsa o in mountain bike, Menis enfatizza la richiesta di «aumentare gli stalli per biciclette e i chilometri di corsie ciclabili, facendo in modo che le automobili non vi sostino abusivamente». Ma tra gli spunti c'è anche quello dell'aumento del numero delle stazioni di bike sharing, in particolare dalla Pineta di Barcola in poi. E infine un sogno nel cassetto, «che va oltre la ciclabilità urbana, anche se riguarda le biciclette in parte. Chiudere la strada Costiera un paio di domeniche all'anno e riservarla a pedoni, corridori e ciclisti».

Benedetta Moro

 

 

Rilancio del Mercato coperto: l'idea Gal Carso per il progetto
Il vicesindaco Polidori apre al coinvolgimento prospettato dalla consigliera dei Cittadini Bassa Poropat. Il presidente dell'agenzia Pizziga: «Siamo pronti»
Coinvolgere il Gal Carso nella progettazione del Mercato coperto. E perché no? Al vicesindaco Paolo Polidori piace l'idea emersa ieri in commissione. Idem per David Pizziga, presidente dello stesso Gal. Avendo tra le sue deleghe quella ai mercati, Polidori si è confrontato con la terza commissione consiliare presieduta da Massimo Codarin della Lista Dipiazza, su di un tema entrato ormai a pieno titolo non solo nel dibattito cittadino, ma anche nella campagna elettorale per il voto amministrativo. Il Gal è «un'agenzia di sviluppo economico e sociale del territorio in Italia di Carso e Istria», si legge sul sito web dell'ente. Tra i suoi compiti «aiutare privati e aziende, facendoli interagire tra loro e con le istituzioni, nonché sostenendo i privati in percorsi di progettazione». Ma pure favorire «concretamente i progetti utili allo sviluppo del territorio, di concerto con Regione e Unione europea». La proposta di chiamarlo in causa, nel merito dell'edificio di via Carducci, è arrivata da Maria Teresa Bassa Poropat dei Cittadini: «In passato produttori di vino e olio avevano già cercato uno spazio espositivo in città, si potrebbe rilanciare il tutto». Polidori le ha risposto: «Il Gal è di certo accreditato per portare avanti il discorso che, di base, stiamo facendo tutti: valorizzare i prodotti della nostra terra. Non solo Trieste e Venezia Giulia, ma anche Collio, Slovenia o Istria. La Mitteleuropa». Il vicesindaco ha ribadito che secondo lui «deve comunque intervenire un privato, che faccia squadra con chi gestisce, costruisce, propone o fa il marketing, in modo che il Comune abbia un interlocutore unico per il project complessivo». Ponendo l'accento sull'Istria e sul fare squadra, ha assecondato due osservazioni, da parte di Antonella Grim (Italia Viva) e Sabrina Morena (Open). «Il Comune offre la cornice - ha continuato il vicesindaco -. E, nei limiti delle sue competenze, una strategia complessiva: il passo che manca da compiere».A questo proposito, Polidori a margine annuncia che «a brevissimo» cercherà il Gal, coinvolgendo l'assessore comunale alle Attività economiche Serena Tonel. Contattato per un commento, il presidente dell'agenzia, Pizziga, a sua volta fa sapere: «Noi siamo pronti. Ci siamo confrontati e le idee sono tante. Possiamo senz'altro aiutare le aziende del Carso, che vogliano andare a insediarsi all'interno del Mercato, e dare una mano con la progettualità. Vanno poi coinvolte le associazioni cittadine di punta, commercianti, artigiani, albergatori, ristoratori, e alcune banche. C'è il marchio "Io sono Fvg", creato dalla Regione per raccogliere in un'unica vetrina promozionale i prodotti tipici. C'è il modello del Chelsea Market a New York, dove si sceglie il pesce che ci si fa cucinare sul posto: tra consorzi di pescatori o Prunk, per i cevapcici, qualcosa di simile mi sembra fattibile». Tornando alla seduta, sono intervenuti inoltre Michele Claudio (Lega), Roberto De Gioia (Futura), Guido Apollonio (Forza Italia) e Salvatore Porro (Fratelli d'Italia). Il comandante della Polizia locale, Walter Milocchi, ha risposto ai quesiti tecnici. «Noi vorremmo il mercato della Mitteleuropa - afferma infine Daniela Rossetti, referente provinciale di Azione, tramite un comunicato - o in alternativa dei popoli triestini, valorizzando anche le cucine serba, greca, ebraica e così via»

Lilli Goriup

 

Villa Stavropulos: al vaglio la possibilità di aprire il parco alla cittadinanza - La seduta della Commissione Trasparenza
Si riaccendono le luci sul futuro di Villa Stavropulos. Dalla seduta della Commissione Trasparenza di ieri è emerso un intento comune di trovare una destinazione sostenibile per la dimora lasciata in eredità dal mecenate greco al Comune nel 1962. Stavropulos, al fine di garantire il mantenimento della villa, lasciò in eredità anche il condominio di via Franca 16. Nel testamento vennero inseriti diversi vincoli. Da un lato la destinazione culturale dell'immobile e dall'altro il fatto che lì fossero escluse attività commerciali di natura accessoria, come quella, ad esempio, di una caffetteria.«Il problema sono i costi di gestione - ha spiegato il responsabile della Gestione patrimonio immobiliare Luigi Leonardi - calcolando che dal 1998 al 2016 i proventi delle locazioni di via Franca sono stati pari a un milione e 65 mila euro, mentre le spese sostenute dal Comune nello stesso arco per quella villa, inclusa la messa in sicurezza della scarpata, ammontano a un milione e 250 mila euro. Servirebbe ridurre dei vincoli per consentire anche un po' di attività accessoria che aiuti a sostenere i costi: abbiamo chiesto un parere all'Avvocatura». L'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi, accogliendo la proposta della consigliera di Sel Sabrina Morena, si è detto disponibile a una valutazione con il Verde pubblico per una parziale fruizione del parco: «Massima collaborazione per far riconquistare ai cittadini quegli spazi, e tappeti rossi a chi si fa avanti per un progetto di gestione». «Spero davvero - ha sottolineato la presidente della Trasparenza Antonella Grim - che questa seduta sia servita a far comprendere le potenzialità della villa alla giunta: ora cerchiamo di mettere in campo le energie necessarie e sostenere il comitato che si è costituito in difesa di quella dimora». Maria Stella Malafronte, a nome del comitato, ha chiesto che «venga fatto qualcosa per la villa: sarebbe una cattiva pubblicità per chi intende lasciare qualcosa al Comune».-

Laura Tonero

 

 

Il Pd avverte Cisint sul progetto A2A «Dice di no a investimenti e lavoro»

Il segretario provinciale Moretti sulla riconversione, ma Legambiente la boccia
Mi offende, perché ha paura. In spinta sintesi, Diego Moretti, la pensa così. E dopo la «reazione, del tutto sguaiata e fuori luogo, condita dalle solite false accuse» che «dimostrano le difficoltà», al sindaco Anna Cisint il capogruppo regionale e segretario provinciale del Pd chiede su A2A: «Perché dire di no a 500 milioni di euro di investimenti a Monfalcone nei prossimi due anni, con la prospettiva di creare un centinaio di nuovi disoccupati?». E ancora: «Ha un'alternativa della stessa portata? Il sindaco, invece di accusarmi, risponda a questo». Figurarsi se non replicherà. Da un anno, infatti, Cisint sostiene che, lasciando spazi al porto, portando la crocieristica, potenziando la nautica da diporto, dal cilindro sarà capace di tirare fuori altro che cento posti: ben di più. Ma la partita sulla Monfalcone che verrà, pure da un punto di vista occupazionale, tiene banco. E sull'escavo Moretti non accetta quelle che definisce intimidazioni. «Lascio stare gli squallidi riferimenti personali e professionali che il sindaco ha voluto fare nei miei confronti perché rappresentano il classico atteggiamento di chi è debole, ha paura del confronto e non accetta il dissenso - attacca -. Accusarmi di "remare contro" lo sviluppo del territorio non sta in piedi. Sull'escavo ho detto, e ribadisco, che dopo 23 anni di continui tira e molla tra enti, un parere molto circostanziato del provveditorato delle opere pubbliche che di fatto impone un nuovo progetto, la mancata consegna delle aree e per aggiungerci le costanti "attenzioni" da parte della Procura, l'incontro romano non ha risposto a nessuna delle questioni in campo». Quindi «di fronte al rischio serio di dover cambiare progettazione e far ripartire l'iter dell'escavo da zero ho ritenuto corretto porre il tema, visti i tempi ancora indefiniti» e cioè: «Forse i 16 milioni della Regione andrebbero svincolati da subito a favore di altri interventi per Portorosega». Mentre sulla «ZLS, che forse conosco meglio di lei», Moretti rammenta come «lo strumento sia nato con il governo Gentiloni e il primo atto in Regione frutto di una delibera di giunta del 2018»; di più: «Come Pd - dice - stiamo seguendo l'argomento da allora, sollecitando la Regione a intervenire, tant'è che a luglio 2020, su mia iniziativa, è stata approvata all'unanimità una mozione, la 185, che prevede per il Fvg l'attivazione della zona logistica semplificata: tema che sarà portato con il Recovery plan della Regione». «Di tutto - termina Moretti - mi si può accusare, non certo di "remare contro" lo sviluppo del territorio». Ma su A2A interviene anche Legambiente, bocciando le integrazioni alla Via della centrale: «Oggi ogni nuovo investimento nel gas naturale è una sottrazione di risorse alla transizione energetica, alle fonti rinnovabili e a scapito dello sviluppo economico e del futuro del paese». Ancora: «Le integrazioni non affrontano il problema di fondo, cioè l'assoluta necessità di imprimere una svolta al modo di produrre energia in Italia». Legambiente rileva si debbano escludere nuove realizzazioni di centrali a gas naturale, evitando, al contempo, «operazioni di dubbia efficacia come quelle di addizionare il gas con percentuali di idrogeno che, nel caso locale, sembrano più un tentativo di acquisire accettabilità a livello politico e sociale che un credibile piano».

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 aprile 2021

 

 

Opzione Porto vecchio per la sede dell'Ogs
Prima riunione operativa con il Comune. Richiesti grandi spazi e vicinanza al mare. L'assessore Tonel: «Via ai sopralluoghi»
Al via una settimana di sopralluoghi che vedranno impegnati Comune di Trieste e Ogs, con l'obiettivo di valutare nuovi spazi dove poter trasferire l'attività di tutte le sedi dell'Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale. Tra i siti più papabili c'è il Porto vecchio, che ben si sposa con due delle principali richieste avanzate dai ricercatori: poter contare su un edificio molto grande e la vicinanza con il mare. Nei giorni scorsi la prima riunione operativa si è svolta tra il presidente di Ogs Nicola Casagli, il direttore generale Paola Del Negro, il sindaco Roberto Dipiazza e l'assessore comunale alle Attività economiche Serena Tonel. «Abbiamo una lunga lista di siti da visitare - spiega Tonel - ma il Porto vecchio potrebbe rappresentare senza dubbio una delle soluzioni migliori e al suo interno abbiamo già individuato diverse opzioni, che rispondono soprattutto all'esigenza dell'istituto di effettuare campionamenti in acqua. Per il momento procediamo quindi con i sopralluoghi, anche in altre zone della città, prima di decidere insieme».Al momento le quattro sedi dell'Ogs sono distanti tra loro: una sulla costa, in località Santa Croce, nel Comune di Duino Aurisina, che necessiterebbe di ingenti interventi di riammodernamento, con i laboratori di biochimica e biologia, gli uffici di via Beirut a Trieste, gli edifici di Borgo Grotta Gigante nel Comune di Sgonico, dove la sola sezione di Oceanografia occupa un'intera palazzina, e a Udine il centro di ricerche sismologiche, presente in parte anche a Trieste. «La nostra richiesta - ricorda Casagli - è di avere a disposizione un ambiente di almeno 5 mila metri quadrati, perché abbiamo bisogno di unire tutti i nostri spazi, e naturalmente serve il contatto con il mare. I ricercatori hanno l'esigenza di prelevare campioni e di analizzarli in tempi rapidi, oltre che di poter contare sulla presenza di mezzi navali. Ci piacerebbe poi - aggiunge - avvicinarci alla città, perché Ogs è nato a Trieste. In base a tutte queste considerazioni credo che il Porto vecchio potrebbe essere perfetto. Inoltre c'è già un polo congressuale, molto utile, così come ci sono gli spazi espositivi. Importanti musei inglesi e americani hanno dimostrato che la vicinanza con enti di ricerca porta grandi benefici a entrambi». Edifici più ampi servono anche per i settori in crescita. «Come Oceanografia e Sismologia - ricorda il presidente di Ogs - che hanno bisogno di trovare una collocazione più adeguata rispetto a quella attuale e frammentata». Casagli si dice comunque aperto pure ad altre possibilità, ad aree dove sono presenti edifici pubblici, anche da ristrutturare, purché rispettino i criteri indicati come indispensabili. «Venerdì - anticipa il presidente dell'istituto - è prevista una nuova riunione con il Comune e speriamo arrivi già la decisione sulla futura destinazione. Poi ci saranno le dovute verifiche anche con l'Autorità portuale. Cercheremo sicuramente, insieme, di trovare la soluzione migliore per Ogs e per la città».

Micol Brusaferro

 

 

Finanza e Capitaneria: triplo cantiere in vista nell'area della Lanterna
In partenza quest'anno un programma di lavori per 7,6 milioni di euro totali - Il piano del Provveditorato alle opere pubbliche. Nuovi impianti, uffici e alloggi
Riva Traiana e via Ottaviano Augusto dovranno aspettare ancora un po' di tempo per una riqualificazione ad hoc. In attesa che qualcosa si muova sul fronte di un progetto complessivo per l'area e per i suoi edifici, a partire da quest'anno è in programma un ampio piano di restauro di alcuni immobili della zona della Lanterna, che ospitano gli uffici della Guardia di finanza ma anche l'Ufficio della Sanità marittima e alcuni alloggi della Capitaneria di porto. A capo dell'operazione di riqualificazione c'è il Provveditorato interregionale alle Opere pubbliche per il Friuli Venezia Giulia - Trentino Alto Adige - Veneto, che a Trieste ha sede in via del Teatro Romano. Il primo cantiere - Sono ben tre gli interventi, molto attesi in particolare dal personale delle Fiamme gialle, che coinvolgono non solo gli interni ma anche gli esterni degli edifici, che contribuiranno così a cambiare il volto dell'area, che acquisirà davvero nuova vita tuttavia solo quando verranno decise le sorti dell'ex area Cartubi. Le tempistiche più definite sono state scritte nero su bianco per il primo immobile adiacente alla piscina Acquamarina. Si tratta appunto dello stabile che ospita alloggi del personale della Guardia Costiera e dell'Usmaf. Con 800 mila euro, già finanziati, verranno ristrutturati parte degli interni e gli esterni e sostituiti gli impianti di climatizzazione ormai obsoleti. I lavori, che comporteranno per alcune famiglie anche un trasloco temporaneo, partiranno fra circa tre mesi - tempo di indire e concludere la gara per individuare l'impresa edile - e dureranno più o meno otto. Il secondo passo - Nel piano triennale delle opere del Provveditorato compare anche il cantiere da un milione di euro, della durata di un anno, per la sede che ospita il I Gruppo reparto operativo territoriale e il II Gruppo servizi stanziali Porto e spazi doganali della Guardia di finanza. Anche qui si parla di rinnovo dell'impiantistica e delle rifiniture interne. La gara per redigere il progetto esecutivo partirà il prossimo anno. La terza partita - Nel piazzale in cui spicca la Lanterna c'è anche l'altra caserma della Guardia di finanza, dedicata al "Maresciallo Ordinario Mare Armando Postiglioni", sede del Reparto operativo aeronavale e della Stazione navale di Trieste. Sono stati stanziati 5,8 milioni per l'immobile, al momento abbastanza sgarrupato, costruito nel 1913. Anche in questo caso si parla di una riqualificazione che partirà a breve. Attualmente i tecnici del Provveditorato devono individuare lo studio che produrrà il progetto definitivo/esecutivo, mettendosi all'opera da giugno e concludendolo in qualche mese. Qui si parla sempre di manutenzione, rifacimento della facciata e ridefinizione degli uffici, con il recupero del sottotetto per nuovi spazi di lavoro. S'inserisce anche il restauro della banchina retrostante l'edificio della Guardia di finanza. Nell'ambito di questo cantiere è prevista anche la demolizione della rimessa per il lavaggio delle barche, una struttura vecchia, che verrà trasformata in un edificio di volumetria minore, dedicato ad uffici e autorimessa per mezzi di servizio. Una decisione presa in accordo, come per gli altri progetti, con la Soprintendenza e, in questo caso, con l'obiettivo di diminuire volumetrie e cubature nell'area, da rendere così più fruibile per la cittadinanza, che fino a qui al momento stenta a inoltrarsi attraverso la passeggiata sul lungomare. Ma il cambio di passo per quest'area, a cui ha dato il suo contributo anche la Lega Navale, rimettendo a posto gli edifici del sodalizio, dipende dalla rivalutazione dell'area di Porto Lido, dove al momento è pianificata la costruzione del Parco del mare. Solo in seguito verrà messa in pratica la possibilità di unire i due spazi con l'abbattimento di un muro, presente tra gli edifici della Guardia di finanza: questa è l'idea degli addetti ai lavori, che hanno intenzione anche di dare un nuovo volto al piazzale della Lanterna, attualmente adibito a parcheggio.

Benedetta Moro

 

Il M5s sul Mercato coperto «Si guardi ai casi virtuosi» - le parole di Richetti e Danielis
Il Mercato coperto di Trieste non deve «trasformarsi in un triste episodio di speculazione immobiliare». La candidata sindaco del M5s Alessandra Richetti e la capogruppo in Consiglio Elena Danielis intervengono sulla polemica riguardante la struttura di via Carducci: «La rivitalizzazione necessaria di questa struttura passa da un risanamento alla valorizzazione, magari con interventi di arte urbana, attraverso l'offerta, nello spirito del luogo, di prodotti locali e perché no anche food». Proseguono le pentastellate: «Non bisogna andare troppo lontano per trovare modelli virtuosi di rilancio, ci sono molti esempi in Europa di mercati che son diventati importanti punti di interesse anche turistico ma oggi anche in Italia c'è un'importante tendenza a fare di questi luoghi risorse per la vita delle comunità urbane lontane dal modello "carrello/cassa" della grande distribuzione. È sufficiente guardare il format Mercato centrale che coinvolge i mercati di Firenze, Roma, Torino e Milano».

 

 

L'economia rurale cerca la riscossa tutelando il Boscarin e la capra istriana
I progetti portati avanti dall'Agenzia pubblica regionale Azrri - Parlano il veterinario e la professionista coinvolti nelle iniziative
Pisino. Dopo essere riuscita a salvare il manzo autoctono, l'ormai celebre Boscarin, l'Istria è al lavoro per la capra istriana, simbolo della Regione quasi scomparso dal territorio. Il progetto, portato avanti dall'Agenzia per lo Sviluppo Rurale dell'Istria (Azrri), partirà nei prossimi mesi con l'apertura di un centro genetico a Pisino che farà chiarezza sulle specie animali presenti in Istria. L'iter che si seguirà è ben rodato, dopo l'esperienza dei bovini. Come si fa dunque a riportare in vita una specie quasi estinta e trasformandola al contempo in prodotto ricercato anche da chef stellati? La risposta a una domanda in apparenza contraddittoria sta nella storia della rinascita del boscarin. «Si stima che prima della rivoluzione agricola che seguì la Seconda guerra mondiale,ci fossero in Istria tra i 50mila e i 60mila capi di boscarin, usati per il lavoro nei campi», spiega Edmondo Suran, responsabile del Centro per lo sviluppo dell'imprenditoria rurale all'Agenzia per lo Sviluppo Rurale dell'Istria (Azrri), azienda di proprietà pubblica fondata nel 2003 dalla Regione Istria. «Nel 1989/1990, quando si scoprì il rischio di estinzione della razza, si contavano 104 femmine e 4 o 5 tori, e nei primi Duemila, quando è iniziato il nostro progetto, il totale di capi non superava i 450». Nato a Pola nel 1973, veterinario, Suran parla in perfetto italiano, con entusiasmo, del suo contributo all'«operazione boscarin». Questa razza storica, usata al tempo della Serenissima per trasportare i tronchi del bosco di Montona fino alla costa (il nome del paesino di Carigador ricorda l'attività di carico del legno sulle imbarcazioni alla volta dell'Arsenale di Venezia), è oggi presente in circa 2mila esemplari ed è sempre più popolare tra contadini e allevatori. «Il boscarin stava scomparendo perché aveva perso la sua utilità: la meccanizzazione dell'agricoltura lo aveva reso superfluo nei campi e la sua carne era ritenuta troppo dura tra i ristoratori», dice Suran. Gli incentivi del governo croato (1000 euro l'anno per ogni mucca, scesi a 300 dopo l'ingresso nell'Ue nel 2013) non erano bastati. «Abbiamo capito che gli allevatori non ce l'avrebbero fatta da soli, la passione di molti di loro per il boscarin non sarebbe bastata». Per salvare la specie si è dovuto reinventare il ruolo economico dell'animale. Azrri, racconta Suran, ha iniziato ad acquistare dagli allevatori i capi adulti pagandoli «il 30% o 40% in più della media di mercato» e al fine di produrre carne. A oggi manca in Istria un'azienda specializzata nella macellazione delle mucche autoctone e nel trattamento e commercializzazione della carne: solo l'Agenzia dà questo servizio. Nel 2019 Azrri ha ritirato 170 bovini e realizzato in totale 20 tonnellate di carne venduta all'ingrosso e 15 di prodotti trasformati venduti all'ingrosso o al dettaglio. La comparsa di questo nuovo attore economico nella realtà rurale istriana ha contribuito ad accrescere il valore del boscarin.Ma senza un lavoro di educazione e sensibilizzazione fra ristoratori e albergatori, la carne del boscarin non sarebbe decollata. Qui s'inserisce l'attività di Jesenka Kapuralin, classe 1978, originaria di Pola ma laureata in Scienze e tecnologie alimentari a Milano (ha doppia cittadinanza italiana e croata), oggi responsabile a Pisino del Centro Azrri per l'educazione e collaborazioni europee e istituzionali. «Abbiamo imparato molto dall'Italia su come si valorizza un prodotto locale tradizionale e come si incentiva il settore privato a usarlo», dice Kapuralin. Tra progetti europei e Interreg Italia-Croazia, l'Agenzia ha realizzato più di 150 laboratori con cuochi da tutta Europa, coinvolgendo ristoranti, hotel locali e scuole alberghiere. «L'obiettivo era educare quanti lavorano nella filiera del boscarin alla preparazione e presentazione di questa carne». Così in uno spazio da 150 metri quadri si svolgono corsi di cucina e incontri e dove anche i turisti possono mettersi ai fornelli. Il manzo istriano è nei menù dei ristoranti più quotati della regione; e presto l'Ue dovrebbe riconoscerne la Denominazione d'origine protetta. Un successo per l'Azrri, il cui fine è far sì che nelle aree rurali dell'Istria si possa ancora vivere di agricoltura e allevamento. Ora Azrri vuole replicare il progetto adattandolo alla capra (e in futuro all'asino e alla pecora istriana): «Ne rimangono 60-70 esemplari malgrado sia il simbolo della regione», dice Suran. Ma se il progetto avrà il successo registrato per il Boscarin, non c'è da temere.

Giovanni Vale

 

«Meduse innocue emerse dopo la bora - Si riproducono in laguna a Grado»
Parla Massimo Avian, docente di zoologia all'Università di Trieste: «Rispetto ad altre queste tra le meno urticanti»-
L'abbiamo visto tutti, se non dal vivo almeno sui socialnetwork, il boom di meduse del 7 aprile scorso nello specchio d'acqua tra Molo Audace e Stazione Marittima. Un tappeto bianco di quelle che nel gergo dialettale chiamiamo Potta o Bota marina, nome scientifico Rhizostoma pulmo, dette anche polmone di mare per la forma caratteristica. Fotografatissime, ammonticchiate una sull'altra, si tratta di una delle specie di meduse di maggiori dimensioni che si trova nel mar Mediterraneo, possono infatti raggiungere i 30, 40 centimetri. Spiega l'esperto Massimo Avian docente di zoologia dell'Università di Trieste: «La Rhizostoma pulmo vive nel nostro Golfo dalla notte dei tempi, la forte bora dei giorni scorsi ha rimescolato la colonna d'acqua, portandole in superficie e trasportandole sotto costa, verso i moli. Qui da noi si riproducono - prosegue - soprattutto nella Laguna di Grado per poi disperdersi nel Golfo». Rassicura l'esperto potremo andare al mare tranquillamente (Covid permettendo). «Non sono una specie particolarmente urticante, la loro presenza è costante nel nostro Golfo, solo che di norma non le vediamo a meno che non si verifichino particolari fenomeni atmosferici che le portano in superficie». Professor Avian, perché abbiamo assistito al bloom di meduse tra il molo Audace e la Stazione marittima?Erano perlopiù esemplari di Rhizostoma pulmo, detta polmone di mare, per la forma. Gli esemplari adulti possono raggiungere anche i 30-40 centimetri. Il golfo di Trieste è come una specie di vasca da bagno, un mare cioè assai poco profondo e la forte bora dei giorni precedenti ha rimescolato la colonna d'acqua, portandole in superficie e trasportandole contro i moli. Come mai sono sempre più frequenti? La loro presenza non è inusuale, è nota nel nostro Golfo da almeno due secoli, solo che di norma non le vediamo in così grandi quantità perché stanno ad alcuni metri di profondità e sono disperse. Le meduse sono animali molto adattabili, in particolare la Rhizostoma pulmo si nutre di plancton, a differenza di altre meduse non ha un'unica bocca centrale ma centinaia di bocche piccolissime che non si vedono ad occhio nudo. Il loro aumento c'entra con l'inquinamento dei nostri mari? Non risentono particolarmente dell'inquinamento e si possono trovare in zone perfettamente pulite così come in zone inquinate senza nessuna differenza. Però il metabolismo di tutte le meduse è estremamente parco con un fabbisogno di ossigeno ridotto, riescono quindi a sopravvivere anche in zone dove altri organismi come i pesci si troverebbero invece in difficoltà proprio per la scarsità di ossigeno. E il riscaldamento globale c'entra? L'accoppiamento riscaldamento globale e meduse non è così semplice in quanto in alcune zone del nostro pianeta a livello globale sembra esserci una correlazione ma i dati finora raccolti sono a macchia di leopardo. Tuttavia, alcune attività umane possono favorire l'aumento delle meduse come la pesca. Vari tipi di pesci si nutrono anche di meduse. Incideranno sulla nostra stagione balneare? Sono note nel nostro golfo fin dal'800, in quantità variabili, ultimamente la loro presenza è costante e una delle zone dove maggiormente si riproducono è la zona della Laguna di Grado, molto ricca di potte marine soprattutto nelle fasi giovanili, da qui poi si disperdono in tutto il Golfo. Se paragonate ad altre specie di meduse questa è tra le meno urticanti perché nutrendosi plancton non ha bisogno dei tentacoli per cacciare le prede, di cui infatti è priva. Il bagnante che la urta inconsapevolmente può sentire un po' di fastidio ma niente di particolare.

Lorenza Masè

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 aprile 2021

 

 

In Porto vecchio il tetto di 1.500 metri quadrati sugli spazi commerciali

Nessun ipercoop ne' grandi centri nell'area: la variante urbanistica lo impedisce. Il sindaco Dipiazza: "Imprese piu' piccole insieme per investire su un magazzino"

I commercianti triestini, così come i consumatori, guardano con interesse, ma senza nascondere qualche preoccupazione, alle realtà commerciali che sbarcheranno in Porto vecchio. Punti vendita monomarca, supermercati, ristoranti, centri commerciali, mega store dell'arredamento o del bricolage: variante urbanistica alla mano, commercialmente parlando, cosa concretamente potrà sbarcare nell'ampia area del Porto vecchio? A chiarirlo è Giulio Bernetti, direttore del Dipartimento Territorio, Economia, Ambiente e Mobilità del Comune di Trieste che rassicura sul fatto che «non ci saranno grandi superfici di vendita». Per capire tecnicamente cosa si intende per strutture di grandi dimensioni, è bene ricordare che la classificazione della grande distribuzione identifica come piccole le realtà di dimensione compresa tra i 400 e gli 800 metri quadrati, come medie quelle tra gli 800 e i 1.500 mq e grandi quelle di dimensioni superiori. «La variante ha stabilito che non possono aprire in quell'area superfici commerciali che superino i 1.500 mq - precisa Bernetti -. Dunque, realtà che impattano quanto quelle che oggi vediamo in centro città». Quindi, il piccolo commercio al dettaglio o strutture come quelle che in centro propongono H&M, Zara, oppure un negozio per il fai da te come Bosco Brico le potremo vedere nascere nell'antico scalo, mentre non sarà possibile il taglio del nastro di strutture commerciali come quella che, ad esempio, ospita Obi in strada della Rosandra. Stesso discorso per i supermercati: potranno aprire sì quelli di dimensioni simili ai market di Coop Alleanza 3.0 o Despar di largo Barriera, oppure il punto vendita Pam accanto alla Stazione ferroviaria, ma non ipermercati quale è lo spazio Coop Alleanza 3.0 all'interno delle Torri d'Europa o del Montedoro Shopping Center. «In Porto vecchio invece di utilizzare l'urbanistica classica che indica cosa fare e dove farlo - illustra Bernetti -, evitando altre varianti urbanistiche che allontanano poi gli imprenditori visti i tempi necessari, abbiamo sovvertito l'approccio classico, indicando direttamente cosa non vogliamo ci sia in quell'area». Sfuma così, di fatto, anche la possibilità che all'interno del Porto vecchio sorga un nuovo centro commerciale - discorso a parte per la struttura del Silos dove c'è già un accordo per la realizzazione di un centro commerciale, ma che si trova fuori dal perimetro del Porto vecchio - o che apra una realtà come l'Ikea di Villesse. Tra l'altro, proprio Ikea che tempo addietro aveva chiesto informazioni su quell'area, specifica attraverso Ikea Italia Retail, come «Ikea è sempre aperta a valutare opportunità di sviluppo del business e a testare nuovi concept sui territori, ma al momento la città di Trieste non rientra tra le aree geografiche su cui ci stiamo concentrando. La regione Friuli Venezia Giulia resta comunque un'area importante per noi e siamo felici di continuare ad accogliere i clienti triestini e di tutta la regione nel nostro store di Gorizia-Villesse». Bernetti, inoltre, indica anche che, «raccogliendo le indicazioni del Consiglio comunale, si è definito che in quell'area non arriveranno insediamenti industriali, bensì servizi, attività di tipo ricettivo, direzionale che comprendono ad esempio l'apertura di una palestra, di uffici o centri di ricerca». «Dobbiamo anche aiutare le tante imprese di dimensioni più piccole che ci stanno contattando per trovare spazi in Porto vecchio - spiega il sindaco Roberto Dipiazza - creando un sistema tra più imprese di quelle dimensioni, affinché investendo insieme riescano a riqualificare uno dei magazzini». Il prossimo passaggio essenziale vedrà «una valutazione certificata di quegli immobili - sottolinea il primo cittadino -, in maniera che di fronte al concreto interesse da parte di determinate aziende, si possa indicare subito con certezza il valore».

Laura Tonero

 

Bassi: «Addio progetto per la Città dello sport» - Il Comune non chiude
Nel febbraio del 2019 l'incontro in municipio «ma ora leggo di altre intenzioni». Il primo cittadino «disponibile al dialogo»
«Sono saltato sulla sedia quando ho letto della volontà del sindaco Roberto Dipiazza di creare campi di tennis e padel sul terrapieno. Sparisce quella "Città dello sport" che proprio insieme al Comune stavamo progettando». Così Leo Bassi, manager sportivo, esprime il suo stupore nell'apprendere che della sua idea, avviata qualche anno fa, non resta più traccia. Replica il primo cittadino: «Sono sempre pronto al dialogo, ma non sento Bassi da tempo. Chi è interessato a investire su Trieste deve farsi avanti. La mia porta è sempre aperta». E nel frattempo in Porto vecchio spunta anche la proposta di un campo di calcio a 11. Ma facciamo un passo indietro. Nel febbraio del 2019 Leo Bassi, manager sportivo triestino trasferito a Treviso, presenta al sindaco la Cittadella dello sport, che poi si amplia e diventa "Città dello sport", complesso che Mauro Benetton, primogenito di Luciano, avrebbe voluto realizzare a Villorba, un sogno tramontato per l'indisponibilità del terreno. L'obiettivo di Bassi è costruirla quindi nel Porto vecchio. «Un progetto legato soprattutto al sociale - spiega - con strutture modulabili, adatte ad accogliere tante persone, ma vedo che al momento si sta pensando a qualcosa di completamente diverso. I campi da tennis li avevamo esclusi subito - puntualizza -: sono solo per pochi sportivi. Trovo impensabile anche inserire il padel, una moda del momento e con un costo importante. Noi avremmo privilegiato ad esempio una pista di pattinaggio versatile o campi da basket. Inoltre, dopo il crollo della piscina terapeutica, nel 2019 eravamo pronti a realizzarne subito una nuova. Ci siamo seduti a un tavolo, in municipio, abbiamo portato finanziatori, realizzatori e gestori. Riunione alla quale non è seguita alcuna azione concreta». Nel frattempo scoppia la pandemia e i ritmi, per tutti, si fermano. «Poi però capisco che di sport in Porto vecchio si torna a parlare. Ma senza di noi. E dispiace - dice Bassi -, quest'area è tra le più belle d'Italia, avrei voluto realizzare quel progetto, di respiro internazionale, che avrebbe portato a impianti maggiormente fruibili dalla gente». Replica Dipiazza: «Non sento da tempo Bassi e dopo il crollo del ponte Morandi non mi sembrava il momento giusto per contattare i Benetton. Nel frattempo sono arrivati altri progetti e io scelgo di portare avanti le idee e di concretizzarle presto. Mi sembra strano che Bassi manifesti questo malumore senza chiamarmi. In ogni caso sono sempre disponibile al dialogo». E nel frattempo arriva anche la richiesta al Comune di realizzare in Porto vecchio un campo da calcio a 11, dal consigliere circoscrizionale Andrea Giovannini, per la società Roianese. «Ognuno - commenta Dipiazza - porta avanti gli interessi che ha a cuore, a breve faremo una riunione per valutare quali proposte potranno essere prese in considerazione».

Micol Brusaferro

 

 

Il Pd: «Mercato coperto, la giunta ci ha dato ragione - Male la politica culturale» - L'offensiva indirizzata verso l'esecutivo
Il Partito democratico va all'attacco della giunta comunale partendo dal Mercato coperto e poi sul programma culturale. Andando con ordine, la segretaria provinciale dem, Laura Famulari, sul tema della struttura di via Carducci, spiega che «la giunta Dipiazza dovrebbe ascoltare più spesso il Pd». Secondo i dem le linee tratteggiate dal vicesindaco Paolo Polidori - «mandato a mettere una pezza sulle uscite poco meditate di Dipiazza» - permetteranno il mantenimento dell'eredità storica non solo della struttura, ma anche di tutto ciò che contiene, «nella sostanza, quello che chiedeva il buon senso di tanta gente e del Pd», facendosi «accompagnare da una professionista che ha contribuito a una visione di Trieste condivisa da Francesco Russo». Per Famulari positiva la scelta di chiamare Andreas Kipar per la progettazione in Porto vecchio in quanto già indicato dal centrosinistra per altri incarichi. Sul programma culturale annunciato dall'assessore Giorgio Rossi, il Pd denuncia la mancanza di ambizione «in particolare nel realizzare esposizioni in autonomia con le nostre strutture museali, valorizzando le collezioni: non basta aprire cantieri milionari per fare nuovi musei, occorre sapere come organizzare gli spazi e cosa metterci dentro». «Questo programma - aggiunge Marina Coriciatti, responsabile del Forum Cultura Pd Trieste - presentato in pompa magna porta alla luce una volta di più la mancanza di una politica culturale. Si evidenzia una forte distanza dalla città, dai suoi artisti e dai cittadini. Si sarebbe potuto trasformare i rioni, le piazze e gli spazi in luoghi al servizio di cultura e arte».

Andrea Pierini

 

La senatrice dem Rojc in sopralluogo a Servola con sindacati e associazioni «Serve progettualità»
Mattinata servolana, quella di ieri, per la senatrice del Pd Tatjana Rojc. L'esponente dem ha raccolto l'invito delle associazioni locali che da tempo auspicano una sostanziale riqualificazione del rione. Principale scopo della visita, infatti, è stato quello di prendere visione diretta delle condizioni in cui versa questa parte della città. «Spiace constatare come ormai si è perso il senso di comunità che il rione aveva da sempre», ha sottolineato la senatrice. Concetto ripreso anche dalle rappresentanze culturali, dai sindacati e dalle associazioni che hanno accompagnato la Rojc nella sua visita. Un percorso iniziato dalla chiesa di San Lorenzo e proseguito nel cuore del rione, per completarsi nell'asilo comunale. «Abbiamo visitato i pochi negozi rimasti attivi - ha rilevato l'esponente dem - visto le aree verdi in degrado e ascoltato le richieste della cittadinanza relative alle carenze presenti nell'area. È necessario salvaguardare la posta, riposizionare almeno un servizio bancomat, implementare le strutture mediche e la ricezione dell'asilo. Sono tutti motivi di criticità di un borgo al quale manca una progettualità per il suo futuro». Non solo problematiche, però, quelle riscontrate dalla senatrice. «Positiva la dismissione della Ferriera - ha annotato - ma al contempo rimangono forti preoccupazioni sulla situazione lavorativa di chi è rimasto senza occupazione dopo lo smantellamento dell'impianto». Ultimo problema rilevato dalla Rojc il traffico: «Sarebbe necessario regolamentarlo con una serie di sensi unici - è stato l'invito - in modo da evitare che le auto paralizzino il centro del rione».

Lorenzo Degrassi

 

 

MONFALCONE - Il Comune boccia la centrale a gas: «Ci sarà un aumento delle polveri sottili»
Sono le più penetranti e dannose per la salute: i due camini troppo bassi concentreranno la ricaduta anche a Staranzano
Il Comune di Monfalcone ha espresso un parere integrativo, nell'ambito della procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) relativa al progetto di turbogas presentato da A2A Energiefuture, in seguito all'avvio, il 12 marzo, di una nuova consultazione pubblica da parte del Ministero dell'Ambiente, legata alla documentazione suppletiva prodotta dall'azienda. Ora le osservazioni sono state inoltrate al Ministero. Le conclusioni ribadiscono la bocciatura al progetto: «Il Comune esprime parere non favorevole rispetto alla compatibilità dell'opera, in quanto ritiene che l'impatto su ambiente, e salute del nuovo impianto a gas a ciclo combinato non sia sostenibile rispetto al territorio in cui verrebbe a insediarsi», si evince. Su tutto un aspetto: sulla città le emissioni di polveri sottili aumenteranno. LE POLVERI SOTTILI. Le emissioni di polveri sottili PM 2.5, più penetranti e associabili a diverse patologie, sostiene il Comune, non diminuirebbero con il prospettato impianto a gas. L'assessore all'Ambiente Sabina Cauci specifica: «Dalla relazione integrata depositata da A2A EnergieFuture, abbiamo appreso che le emissioni di polveri sottili risulterebbero equivalenti tra la centrale a gas funzionante a ciclo combinato e la centrale a carbone funzionante con le regole dell'Autorizzazione integrata ambientale attualmente vigenti e che hanno comportato comunque una notevole riduzione delle emissioni inquinanti». EMISSIONI DI CO2. Le emissioni di anidride carbonica (Co2), si sottolinea, sarebbero equivalenti a quelle dell'attuale centrale a carbone. In sostanza, «essendo l'impianto a gas proposto circa tre volte più grande», la quantità di CO2 totale emessa sarebbe sempre circa di 2 milioni di tonnellate all'anno. L'assessore Cauci, peraltro, osserva: «L'azienda ha dichiarato che nel caso in cui la centrale a gas fosse alimentata in futuro con il 50 per cento di idrogeno, probabile solo dopo il 2040, l'emissione di CO2 sarebbe stimata in 249 grammi per Kilowattora. Sono oltre il doppio rispetto ai limiti fissati dall'Unione europea». I CAMINI. L'impianto a ciclo combinato previsto sarà dotato di due camini di 60 metri di altezza. Per il Comune ciò comporterebbero una maggiore ricaduta delle emissioni su Monfalcone e Staranzano. «I due camini di soli 60 metri - argomenta Cauci - comporterebbero una concentrazione più elevata sulla nostra città e sul Comune limitrofo rispetto all'impianto termoelettrico. I modelli di dispersione delle polveri dal camino della centrale a carbone, alto 150 metri, indicavano invece il maggiore punto di ricaduta a Doberdò del Lago. I nuovi camini, inoltre, sarebbero posizionati ad una distanza dalle abitazioni inferiore a 150 metri, rispetto ai 250 metri dall'attuale ciminiera». LA SALUTE. La fragilità sanitaria della popolazione del territorio è comprovata da numerosi studi, in particolare in relazione alle patologie cardiovascolari, e dalle analisi Istat presentate dalla stessa A2A. Il dato nuovo, evidenzia il Comune, è relativo all'eccesso di malattie dell'apparato digestivo nell'Isontino e in particolare a Monfalcone. L'amministrazione ha richiesto ulteriori integrazioni di indagine in ordine al tumore ai reni, alle patologie della laringe e della tiroide. Il Comune da parte sua ha presentato dati che dimostrano come «l'eccesso di patologie presenti nei Comuni del Basso Isontino, a Duino e a Fiumicello Villa Vicentina, previsti come siti di ricaduta delle emissioni, sono simili se non analoghi a quelli riscontrati a Vado Ligure e a Civitavecchia, dove insistevano le centrali a carbone». METANODOTTO E IMPATTO AMBIENTALE. Viene evidenziato «il forte impatto geologico che avrebbero eventuali trivellazioni e le attività di interramento del metanodotto». Il riferimento è alle consulenze di geologi ed esperti di cui s'è avvalsa l'amministrazione comunale, nelle quali si evidenzia il rischio di modificazioni irreversibili del sottosuolo carsico, con inquinamento di zone integre, alterazioni delle falde sottostanti e probabili deviazioni dei corsi d'acqua sotterranei, considerando anche le zone di interesse archeologico. La posa del metanodotto proposta da A2A attraverserà il Parco del Carso e il Biotopo del Lisert, di alto valore naturalistico. Si richiama la presenza del grillo Zeuneriana marmorata, e di specie vegetali pregiate come l'Euphrasa marchesetti, il Gladiolus palustris, il Cladium mariscus.

Laura Borsani

 

Un'opera definita «senza sostenibilità economica»
«Appare che il progetto a turbogas non abbia sostenibilità economica», fa presente il Comune. Le nuove normative sono molto stringenti circa i finanziamenti: per le fonti fossili la condizione ai fini dell'ammissibilità è la produzione di 100 grammi di anidride carbonica per Kilovattora di energia prodotta. La centrale proposta da A2A produrrebbe 228 g/KWH. Quanto al Capacity Market, meccanismo che premia con 75 mila euro a Megawatt le centrali aggiudicatesi le aste competitive di Terna, A2A, non entrata nel novembre 2019, non può che sperare nella fuoriuscita di centrali già inseritesi.

 

il sindaco - «Vogliamo dare un futuro diverso a quel sito»
Il via libera al progetto di A2A significherebbe «vanificare l'obiettivo orientato al risanamento, alla riqualificazione e alla strategia green, basata sull'esclusione per il futuro di ogni sorta di immissioni inquinanti in atmosfera, dovuti alla combustione di fonti fossili per la produzione di energia e l'opportunità di sgravare la città da una delle pressioni industriali più impattanti, continuando a esporre per altri 20 o 30 anni la popolazione alle stesse fonti di inquinamento che hanno provocato gravi conseguenze sanitarie e ambientali». Il sindaco Anna Maria Cisint ribadisce la netta posizione del Comune. «Proprio perchè questa amministrazione sta lavorando intensamente per lo sviluppo del territorio - osserva -, riteniamo di dare alla città un futuro all'insegna dell'occupazione e della sostenibilità, che non include una centrale a gas di quella portata. Nell'ambito delle nostre valutazioni c'è la dimostrazione che l'area dove insiste l'attuale centrale a carbone ha le caratteristiche per una vocazione di tutt'altro genere». Rileva che «in Italia non esiste una centrale a metano così prossima alle abitazioni», come viene prospettato nel progetto di A2A.Insiste sul tema lavoro: «Con l'impianto a metano sarebbero impiegate solo 30 persone, noi vogliamo maggiore occupazione». E rileva: «In termini di salute e ambiente la città ha già dato troppo. Siamo certi che A2A potrà comprendere che il progetto a gas è ormai obsoleto. Per loro non può che essere solo un investimento finanziario», conclude.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 aprile 2021

 

 

"In Porto vecchio l'eredita' storica della Mitteleuropa condurra' al futuro"

Le idee di Andreas Kipar, chiamato a costruire una visione di insieme sul futuro dell'area "Al centro gli spazi pubblici, il verde e le persone"

Uno spazio pubblico a misura di persona. Se ai tempi dell'Impero un boschetto campeggiava in Piazza Grande, un domani un boulevard verde potrebbe diventare il simbolo della rinascita del Porto vecchio di Trieste. È proprio a partire dal recupero dell'eredità storica mitteleuropea che l'architetto e paesaggista Andreas Kipar sta pensando le linee guida per il recupero dell'area, un compito che il Comune di Trieste si accinge ad affidargli nel momento in cui si appresta a passare dalla fase della pianificazione a quella della progettazione dell'area. Architetto, da quando conosce il Porto vecchio di Trieste? «Le prime passeggiate nello scalo triestino risalgono a decenni fa, quando studiavamo il Porto antico di Amburgo. È un legame che in questi anni si è sempre coltivato». È possibile il rilancio dell'area? «Penso che i tempi siano ormai maturi, visto che c'è un piano urbanistico e siamo in piena transizione ecologica». Lei stabilirà le linee guida per lo sviluppo dell'area. Quali saranno gli assi portanti del suo lavoro? «Seguo un principio molto semplice, che riporto sempre anche ai miei studenti: uno spazio pubblico ha corpo, anima e vestito. Il corpo del Porto vecchio c'è, un fantastico gigante in attesa di essere rianimato. Per dargli un'anima bisogna studiare la sua vita pubblica, i flussi, le materie. Dopo aver studiato queste cose si può pensare a fare un vestito su misura». Il Piano regolatore approvato consente un lavoro di questo tipo? «Io ho potuto accettare l'invito del Comune di Trieste perché c'è un piano urbanistico approvato che rimanda alle linee guida primarie per lo spazio pubblico: dice chiaramente che, visto che gli edifici ci sono, bisogna ragionare su quello che sta tra gli edifici. In questo senso è un approccio all'avanguardia, oggi tutta Europa sta discutendo di cosa fare dello spazio pubblico: nelle città della pandemia e della post-pandemia questo concetto assume un ruolo nuovo, è il rinascimento dello spazio pubblico». Come ripensare lo spazio pubblico in Porto vecchio? «Partendo dall'essere umano. Il modo unico in cui i triestini vivono il lungomare di Barcola riflette un uso mitteleuropeo dello spazio pubblico, inteso quasi come anticamera della propria abitazione: uno spazio di pubblica utilità. Questo dato ci offre un'apertura sullo sviluppo possibile dello scalo, che essendo un'area immensa comporterà una grande riappropriazione di spazi da parte della società. Dobbiamo cambiare, insomma, il paradigma tradizionale e mettere al primo posto l'uomo, poi lo spazio, e solo infine l'architettura». Quale sarà l'approccio architettonico? «L'architettura è al servizio delle funzioni. Siamo stati chiamati a dare una visione di spazio pubblico, una linea guida a cui tutti i singoli che vorranno intervenire dovranno concorrere un domani. Lo stiamo già facendo nel dopo-Expo di Milano, l'area Mind: lì abbiamo cento ettari di riuso che diventeranno un campus di importanza mondiale dal punto di vista scientifico e tecnologico. Allo stesso modo il Porto vecchio deve diventare un nuovo paesaggio urbano. Questo è un momento in cui tutte le città europee si stanno reinventando, e il vecchio scalo può diventare il tassello su cui si reinventerà Trieste nei prossimi decenni. Però non si può iniziare dal vestito, tornando ai principi iniziali: se parti da quello poi lo devi buttar via, prima devi capire le persone, i flussi, gli spazi». Serve quindi una visione complessiva? «Bisogna evitare che il primo che arriva faccia quello che vuole, altrimenti è l'insalata mista. E Trieste merita una portata alla sua altezza. Il Comune e la Soprintendenza hanno dimostrato saggezza nel richiedere un ragionamento d'insieme: serve un criterio in base al quale, un domani, dire sì o no agli investitori». Lei sarà incaricato anche di stabilire le linee guida sugli interventi degli edifici, che sono tutelati dalla Soprintendenza in modo molto vincolante. «Sarebbe un gravissimo errore apportare degli stravolgimenti, sarebbe come distruggere il capitale che si ha tra le mani. I due elementi di più pericolosi dei nostri tempi sono l'indifferenza e la banalizzazione. E Trieste è una città troppo importante per banalizzare anche un solo edificio. Bisogna pensare alla storia che ogni palazzo, ogni piazza portano con sé. Bisogna partire da questa grande cultura mitteleuropea per far di Trieste un luogo del desiderio, dove sulle orme della storia si sviluppa il futuro. Non è un sogno ma qualcosa che attraverso le linee guida si può portare a compimento. Mi auguro sia un lavoro corale: servirà la città, il Comune, la soprintendenza, gli operatori... Servirà che le istituzioni abbiano di nuovo voglia di ragionare sul destino non solo di Porto vecchio, ma di tutta Trieste». Il ruolo del verde? «Partire dallo spazio pubblico è partire dal verde. Bisogna riportare il suolo urbano a una propria fertilità. Il Porto vecchio ha già un suo asse monumentale e culturale, io vorrei riuscissimo a far partire dalla zona della stazione una grande passeggiata attraverso lo scalo: un boulevard green, un bosco lineare, che congiunge il centro all'area rinata, in cui un domani possano circolare mezzi di trasporto innovativi. All'area Expo di Milano stiamo attrezzando a verde il chilometro del decumano. In questo modo il verde diventa una vera e propria infrastruttura, che raccoglie le acque piovane, non le fa disperdere e le mette al servizio dell'elemento vegetale che cresce». Il Comune ha consentito di inserire una parte di residenzialità. «La trovo una decisione saggia. Oggi tutto il mondo sta studiando il modo di rendere vivibili i nostri centri città. E il Porto vecchio offre tutte le opportunità per nuovi tipi di abitazioni. Nel momento in cui diciamo che il rilancio va costruito a misura d'uomo, bisogna anche dare gli spazi alle persone. Tutto dipende dal giusto mix, da qui l'importanza della regia collettiva: tutti i grandi sviluppi richiedono una grande regia. È come un'orchestra che suona una sinfonia, ogni strumento è importante. Così i masterpalan si traducono in regole, principi, che grazie ai diversi investitori diventano un'opera corale».

Giovanni Tomasin

 

 

Il Comune rispolvera il "museo del gusto" per il Mercato coperto
Polidori tira fuori dal cassetto il progetto di rilancio siglato nel 2019 con l'Aidia di Krasovec, tra i firmatari di Punto Franco. La mossa riaccende il dibattito politico
L'amministrazione comunale ribadisce l'intenzione di preservare il carattere storico del Mercato coperto. E rilancia l'appello a farsi avanti, rivolto innanzitutto ai potenziali investitori. Allo scopo, il vicesindaco Paolo Polidori, che tra le sue deleghe ha quella ai mercati, ieri ha convocato una conferenza stampa all'interno del sito di via Carducci. Erano presenti anche il comandante della Polizia locale Walter Milocchi, il suo vice Paolo Jerman e l'architetto Lucia Krasovec, presidente dell'Aidia (Associazione italiana donne ingegneri e architetti) di Trieste, che qui ha la sua sede. Polidori ha affermato che, per rivitalizzare il luogo, restano aperte le porte «all'iniziativa privata. Il privato, chiunque sia, può presentare una proposta al Comune: ad esempio supermercato sì, no, oppure in parte. Noi offriamo la cornice, con il punto fermo che non si tocca il carattere storico del Mercato». Polidori, già espressosi a favore di postazioni street food e chilometro zero al piano superiore, ha sottolineato la volontà di costruire una «progettualità strategica. Valorizzare l'edificio è il messaggio arrivato da tutta la città, anche con la raccolta firme: lo accogliamo con entusiasmo». Adesso «proseguiamo sulla strada intrapresa in tempi non sospetti con Aidia - ha detto Polidori - rallentata dalla pandemia. L'8 maggio partiranno iniziative propedeutiche. Se la terrazza al momento è inagibile, bisogna pensare a cosa si può fare oggi». Con Aidia, il Comune nel 2019 ha infatti stipulato un "Protocollo di intesa per lo svolgimento di azioni innovative per il mercato coperto". A margine, Polidori ha sottolineato il carattere di "qui e ora" del ruolo di Aidia, che potrebbe decadere se si presentasse un investitore con un project valutato vincente. L'evento dell'8 maggio sarà culturale, in collaborazione con Italia Nostra nelle settimane dedicate ai musei. Aidia ha anche partecipato al bando ministeriale "Creative Living Lab", da cui potrebbe ottenere un finanziamento da 50 mila euro per attività culturali e creative. La cifra evidentemente non può cambiare le sorti della struttura. Ma vuole «mettere assieme attori interessati a far partire il gruppo progettuale - spiega Krasovec, che tra l'altro è tra i firmatari di Punto Franco, di Francesco Russo - con l'obiettivo finale della rigenerazione del mercato, comprese start-up dell'agroalimentare. Il progetto, a firma Aidia, esiste già». Nessuna anticipazione tuttavia sui contenuti, se non l'obiettivo di trasformare il sito di via Carducci in un "museo del gusto". Per sviscerare ulteriormente l'argomento, lunedì mattina alle 9 si riunirà la terza commissione consiliare, presieduta da Massimo Codarin della Lista Dipiazza. Rimane quindi per il momento in sospeso la commissione sulla trasparenza richiesta dal consigliere comunale di Futura, Roberto De Gioia, sul tema della concessione di nuove licenze. «Seguirò con interesse - spiega Antonella Grim di Italia Viva, presidente della trasparenza -. Poi vedremo se servirà anche un passaggio più tecnico. Ho ricevuto telefonate da varie persone, sulle licenze». Intanto il candidato sindaco di Futura, Franco Bandelli, fa sapere: «Abbiamo fatto la nostra parte, firmando la petizione di Adesso Trieste e offrendo proposte per il recupero del Mercato. Ora ci aspettiamo di venire chiamati a eventuali tavoli. Anche alla luce dei repentini cambi di indirizzo da parte dell'amministrazione». Futura vuole mantenere le bancarelle al pianterreno, creare un attrattore enogastronomico al piano superiore, e organizzare eventi in terrazza. Così Riccardo Laterza, portavoce di Adesso Trieste: «Bene se davvero il Comune aprirà a una progettazione partecipata. Noi intanto continueremo con la nostra simulazione. Il punto su cui non siamo d'accordo è la necessità di un grande investitore». «Per mettere una pezza sulle uscite del sindaco Roberto Dipiazza - commenta Laura Famulari del Pd - il centrodestra ha mandato Polidori, che ha avuto l'accortezza di far proprio quanto richiesto dal buon senso di tanta gente e dello stesso Pd».

Lilli Goriup

 

«La trasformazione di Casa Francol in hotel sacrifica quattro locali attivi in zona Urban»
La denuncia di Andrea Sinico, titolare di "Al Petes" di via Capitelli il cui dehors coincide con l'albergo prefigurato dal Comune
«Allucinante». Il giovane imprenditore Andrea Sinico segue alcune attività ricettivo-gastronomiche triestine, tra cui un nuovo residence in via XX Settembre e il buffet ex Mario in via Torrebianca (oggi «Monna de fer", con lieve variazione rispetto all'originario soprannome).Ma la sua più affezionata creatura è l'osteria "Al Petes" in via dei Capitelli, zona Urban in Cittavecchia. «Un investimento da 1 milione di euro», sillaba per non lasciare margine a dubbi e perplessità. Quell'allucinazione iniziale è provocata dalla lettura delle notizie su Casa Francol, una vecchia utopia comunale che sembra uscire dall'onirismo amministrativo per mezzo del nuovo Piano del centro storico, strumento che consentirebbe alla secentesca stamberga di diventare un albergo, accrescendo l'appetibilità del recupero su cui esiste un project financing da 4,5 milioni. Senonchè l'eventuale riqualificazione dell'edificio e la contestuale costruzione di un nuovo stabile a fianco in un fazzoletto di terra chiamato Umi 13 metterebbero a repentaglio - Sinico ne è sicuro - l'esistenza di quattro locali che vivono attorno a casa Francol: uno è il suo "Petes", poi "La bettola", la taverna "Sapori greci", "Maita" (ex "No"). Tra sbancamenti e malta, addio ai dehors e a buona parte dell'incasso. «Visto il periodo Covid che ci ha fortemente colpito - martella il giovane Sinico mostrando "in presenza" i luoghi coinvolti - un progetto, come quello di casa Francol, sarebbe esiziale».L'imprenditore così prende carta e penna per riepilogare: «Abbiamo un contratto d'affitto con il Comune firmato nel 2016, per cui paghiamo un annuale di 2.600 euro per un centinaio di metri quadrati all'aperto in Umi 13. Onde mettere a posto l'appezzamento e consentirne l'allestimento, abbiamo speso 30.000 euro: livellamento del terreno, telecamere, utenze, ecc.». «Avevano chiesto di comprarlo - insiste Sinico - ma per il Comune era indisponibile». «Se parte casa Francol - precisa - solo "Al Petes" lascia sul campo il 50% dei proventi: possiamo chiudere i battenti».Sinico, che in passato è stato consigliere provinciale di "Un'altra Trieste", aveva avvertito di questo problema l'assessore Elisa Lodi e il direttore dei Lavori pubblici Enrico Conte. «Ma perchè ignorarci? Perchè non tentare di progettare il sito coinvolgendoci? Perchè, in un momento drammatico per le attività food & beverage, compromettere quattro gestioni?».

Magr.

 

 

Dal centro fino al colle in meno di un minuto: l'ascensore ora è di tutti
Parte il servizio di trasporto gratuito garantito dagli impianti del Park San Giusto - La "stazione" a monte trasformata entro Natale con accanto i chioschi turistici
Il primo sistema "ettometrico" triestino, come lo chiamano gli ingegneri, è decollato ieri mattina alle 7: i due ascensori all'interno del Park San Giusto sono partiti dalla "caverna" in via del Teatro romano per ascendere in piazza della Cattedrale. Un viaggio che non tocca i 60 secondi. Una volta "landed", i passeggeri si arrampicano su una rampa di scale tipo rifugio anti-aereo e sbucano sotto il monumento ai caduti scolpito da Attilio Selva. Tutto gratis. La Regione, legittimando l'esercizio di servizio pubblico nell'ambito di «un percorso misto pedonale meccanizzato tra Teatro Romano e area monumentale del Colle», ha conferito agli ascensori una denominazione: EA01 e EA02. Franco Sergas - già presidente della compagine che ha costruito il parcheggio e oggi consulente del gestore belga Interparking - narra che gli elevatori salgono dai tre metri sotto il livello del mare di "downtown" fino ai 62 metri del capitolium tergestino: in tutto 65 metri, quelli di un palazzo alto 22 piani. L'operazione, iniziata un anno fa per rendere la coppia di lift una modalità di trasporto pubblico, ha finalmente raggiunto l'obiettivo concordato con il Comune nel quadro di un apposito atto aggiuntivo alla concessione del 2010: senza essere un utente del parcheggio, il cittadino/turista può imbarcarsi sugli ascensori per salire/scendere, evitando il bus "24" o la scarpinata attraverso Cittavecchia, affascinante ma fino a un certo punto, specie in presenza di eventi atmosferici di radicale impatto. Il potenziale del servizio sembra molto significativo: a pieno regime, evaporata l'emergenza pandemica, Sergas calcola che due milioni di passeggeri andranno ogni anno su/giù da San Giusto. Adesso, ancora condizionata dal Covid, la spola arriverà a trasportare 450 mila persone. In ogni modo entro 45 giorni saranno montate telecamere conta-passeggeri. C'è un direttore di esercizio, che è l'ingegnere Filippo Rigoni. La tradizione, toccando ferro, è buona: in sei anni solo due interruzioni. A colpo d'occhio, pesando l'affluenza ufficiosa di questi anni, circola un pubblico misto, osservano Sergas e Antonio Papa, responsabile della struttura Interparking triestina: quando è stagione molti i turisti, altrimenti i residenti nella zona di San Giusto e i genitori che portano i bambini negli istituti per l'infanzia. Risulta evidente l'agevolazione per i disabili. L'orario si allunga dalle 7 alle 23: sui notturni si valuterà di volta in volta, sentiti Comune e Regione. Gli eventi estivi nel castello di San Giusto costituiranno certamente terreno di confronto. I motivi di sicurezza e la persistente tendenza all'atto teppistico consigliano prudenza. Al momento è permesso viaggiare a due persone per ogni ascensore, quando non vi saranno limitazioni igienico-sanitarie si arriverà a 12 passeggeri per macchina. Il capolinea in piazza Cattedrale diverrà molto più grazioso, con il placet della Soprintendenza, in seguito ai lavori che dovrebbero iniziare in settembre per terminare a Natale: 220 mila euro direttamente sostenuti da Interparking. Alla "casetta" del parking faranno compagnia i rivenditori di bibite, attualmente dirimpettai del Melone. Giulio Bernetti, capo dipartimentale dell'Urbanistica, segue con interesse la novità: il Piano della mobilità sostenibile ha inserito analoghe iniziative tra via Giulia e l'Università, tra Cava Faccanoni e San Giovanni.

Massimo Greco

 

 

Multe in piazza Garibaldi «Più posteggi e tolleranza»
I commercianti lamentano il pugno di ferro dei vigili: «Così non scarichiamo le merci e i clienti scappano». Polidori apre: «Cercheremo delle soluzioni»
Reclamano una serie di parcheggi in zona, anche a pagamento, nonché un'adeguata zona di carico e scarico merci. O, in alternativa, un po' più di tolleranza da parte della Polizia locale. I commercianti di piazza Garibaldi non ne possono più delle multe e lanciano un appello al Comune di Trieste, con il vicesindaco e assessore alla Vigilanza Paolo Polidori che lo raccoglie a stretto giro e apre alla ricerca di possibili soluzioni, a fronte però di un ragionamento più ampio in cui entrano anche le possibili applicazioni della legge regionale sulla sicurezza. Ma andiamo con ordine. «È impossibile fermarsi e scaricare le merci - racconta Felix Aurelian Andreescu, proprietario di un mini market e di un bar in zona - ma anche soltanto recuperare gli incassi. Nei giorni scorsi avevo avvisato la cassiera che stavo arrivando, il tempo di fermarmi in una delle due corsie del lato della piazza che va in via Pascoli e un vigile mi ha consegnato la multa. Non è venuto neanche a bussarmi, ha fatto subito il verbale. Il carico e scarico per la merce è decisamente troppo lontano, in via della Raffineria, quello che chiediamo è solo di poter lavorare nella legalità e con serenità. Si potrebbero anche creare dei parcheggi a pagamento e, con le risorse ricavate, magari abbellire la piazza, che è sempre più un punto di riferimento per le tante comunità locali». Eva Cavalera, titolare de "I fiori de Berto", conferma le difficoltà degli esercenti della zona: «Siamo penalizzati, ci sono problemi seri per quanto riguarda i parcheggi. Mi sembra ci sia poca attenzione nei confronti di chi lavora qua. Una volta noi avevamo un mezzo, ora è insostenibile anche perché una multa è un problema grosso. I clienti che devono ritirare i fiori devono fermarsi in sosta vietata e se poi arriva il verbale difficilmente tornano. Anche per chi fa le consegne a domicilio è complicato riuscire a fermarsi per ritirare la merce da portare dai clienti». Ieri in mattinata sia il lato della piazza che arriva in via Pascoli che la prosecuzione di via della Raffineria, in realtà non percorribile se non per taxi e bus, si presentavano occupati da auto in sosta. «Ma è sempre così», racconta una residente che sta andando al Mercato coperto a fare la spesa. Anche dal chiosco "Frutta del sud" arriva la richiesta di parcheggi ad alta rotazione: «Ho clienti - racconta Francesco Miroballo, il titolare - che lasciano la macchina in viale D'Annunzio. A volte capita che uno si fermi per ritirare dei prodotti e se arrivano i vigili devono mollare tutto e correre a spostare la macchina. Portiamo le merci praticamente di corsa, nonostante l'approvvigionamento lo facciamo al mattino presto. In questo momento una multa può significare perdere il guadagno delle giornata. Abbiamo anche perso dei clienti per lo stesso motivo».Raza Naudin, titolare di "Pk pizzeria ristorante", ribadisce le necessità degli esercenti: «Dei posti auto farebbero molto comodo anche per riuscire a scaricare la merce da portare in locale o per consentire ai clienti di ritirare il cibo e magari, quando le norme lo consentiranno, di fermarsi al tavolo». Antonio Messidoro del chiosco delle chiavi ha l'attività commerciale in piazza Garibaldi dal 1980: «Sono qua da 40 anni - racconta - ed è cambiato tutto. Una volta esisteva il vigile di quartiere e dunque capiva chi si fermava per andare a bere il caffè o chi magari per necessità. C'era una comprensione maggiore». Polidori, assessore competente per quanto concerne la questione multe, conferma la volontà di intervenire nuovamente sulla figura del vigile di quartiere grazie alla nuova normativa regionale sulla sicurezza: «Con questa legge sarà possibile introdurre una figura intermedia, che magari possa fare da trade-union tra il cittadino e gli operatori delle forze dell'ordine. Quanto ai parcheggi, sicuramente possiamo fare una riflessione con l'assessore Luisa Polli per cercare una soluzione che vada incontro alle necessità di chi lavora».-

Andrea Pierini

 

 

Al via nelle scuole la campagna sui danni delle microplastiche
Fino al 15 maggio affissi in città e distribuiti negli istituti i manifesti ideati dagli studenti per sensibilizzare sul tema. Tutti gli alunni possono partecipare
Parte la campagna di sensibilizzazione per le scuole "Microplastiche: un mare di problemi", fortemente voluta dal Consiglio comunale delle ragazze e dei ragazzi (Ccrr) e dall'assessorato alla Scuola ed Educazione con la collaborazione di Sissa Medialab.«Si tratta di una campagna - spiega l'assessore Angela Brandi - di sensibilizzazione sui danni delle microplastiche che provengono dalla frammentazione di oggetti vari, da vestiti, cosmetici, processi industriali e che attraverso la catena alimentare entrano anche nel nostro corpo. La campagna prevede manifesti ideati dai ragazzi, affissi in città fino al 15 maggio e distribuiti nelle scuole con l'obiettivo di sensibilizzare gli studenti sul tema».C'è la possibilità per tutte le classi delle scuole primarie e secondarie di primo grado del Comune di Trieste di partecipare alla campagna inviando i propri materiali: poster, foto, video, canzone, storia, progetto coding) all'indirizzo di posta elettronica ccrr_trieste@medialab.sissa.it. Tutte le creazioni saranno pubblicate su una bacheca online e saranno raggiungibili dal sito http://ccrr.online.trieste.it. Grazie al sostegno di AgegasApsAmga, cinque classi di scuola secondaria di primo grado e venti di scuola primaria riceveranno delle borracce di metallo e un libro a tema ambiente offerto da Editoriale Scienza. Tutte le informazioni su http://ccrr.online.trieste.it/campagna/.Il Consiglio comunale delle ragazze e dei ragazzi è costituito da 25 giovani delle scuole primarie e secondarie di primo grado: rappresenta i giovani al Comune di Trieste ha il compito di proporre nuove idee per migliorare la nostra città.

 

 

Treno veloce Venezia-Trieste: a fine anno partono i lavori
Il Dpcm firmato dal premier affida a 27 commissari straordinari fra cui Vincenzo Macello, la gestione di 57 opere pubbliche strategiche
Dall'approvazione diretta dei progetti, d'intesa con i presidenti delle Regioni interessate dall'opera, all'esecuzione degli interventi operando direttamente come stazione appaltante. «Gli obiettivi sono terminare l'Alta velocità Brescia-Padova per il 2028, mentre la prima fase del potenziamento tecnologico della Venezia-Trieste contiamo di realizzarla entro il 2025. I lavori partiranno a fine anno». Il Dpcm firmato ieri dal premier Mario Draghi, che affida a 27 commissari straordinari la gestione di 57 opere pubbliche, assegna pieni poteri a Vincenzo Macello quale commissario della Tav Brescia-Padova e del potenziamento della linea ferroviaria Venezia-Trieste. All'ingegnere responsabile della direzione Investimenti di Rete ferroviaria italiana (Rfi) il compito di sbrogliare una matassa senza bandolo da almeno 30 anni a questa parte. La tabella di marcia è fissata. «Il primo lotto da Brescia a Verona è stato inserito nel Recovery plan e ne prevediamo l'attivazione, sempre per fasi, dal 2025» ha spiegato Macello durante la sua audizione in commissione Lavori pubblici al Senato. I due ostacoli principali da superare, però, rimangono l'attraversamento di Vicenza e, soprattutto, il tratto da Vicenza a Padova. Se tutto andrà per il meglio a lavori ultimati sull'intera linea Milano-Venezia si viaggerà a 250 km orari limando di 10' la percorrenza della tratta. A fronte del potenziamento della linea Venezia-Trieste, invece, la velocità dei treni su questa tratta potrà essere elevata a 200 km orari arrivando a coprire il viaggio in un'ora e 15 minuti. Il potenziamento prevede interventi per 1,8 miliardi. «Attualmente è previsto un finanziamento da 232 milioni che riguarda solo la prima fase di implementazione tecnologica» ha puntualizzato Macello. «L'avvio di questi lavori è atteso per fine 2021 e gli interventi sono inseriti nel Recovery plan. Contiamo di esaurire questa parte per fasi a partire dal 2023 e fino al 2025. Per quanto riguarda la soppressione dei passaggi a livello e gli interventi strutturali, l'obiettivo è completare la progettazione definitiva entro settembre 2021, mentre per la variante Ronchi-Aurisina prevediamo di avviare la progettazione di fattibilità tecnico-economica a giugno 2021». «L'ultimo passo formale è stato compiuto, ora è necessario che i commissari diventino subito operativi. Sono alte le attese per il potenziamento del tracciato Venezia-Trieste . Positivo il fatto che gli interventi tecnologici sulla linea siano inseriti nel Pnrr», afferma la presidente del gruppo Pd alla Camera Debora Serracchiani.

Matteo Marian

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 aprile 2021

 

 

Sbarca in Porto vecchio l'archistar Kipar - il paesaggista autore di importanti opere in tutto il mondo

Il luminare tedesco delle riqualificazioni urbane definira' le linee guida per il recupero dei magazzini e progettera' le aree verdi

È l'architetto e paesaggista tedesco Andreas Kipar il nome scelto dal Comune di Trieste per definire le linee guida progettuali per il recupero dei magazzini del Porto vecchio e per la realizzazione di viali ed aree verdi. L'archistar ha visitato la città nei giorni scorsi e, nelle previsioni degli uffici, dovrebbe ricevere ufficialmente l'incarico entro il mese. Ne ha parlato ieri mattina il sindaco Roberto Dipiazza a margine della conferenza stampa al Magazzino 26 sul programma di mostre ed eventi culturali per il biennio 2021-2022. «Lo avevamo incontrato già mesi fa - commenta il primo cittadino - e ora siamo arrivati alla formalizzazione dell'incarico. Si occuperà della progettazione dei viali, ma anche di come si potrà intervenire sui magazzini».La nomina di un paesaggista che stabilisca delle linee guida complessive è una delle richieste della Soprintendenza per il recupero dell'antico scalo. Nella fattispecie il professionista tedesco stabilirà l'impianto dei due progetti su cui verte il potenziale finanziamento da 40 milioni del Recovery Fund, ovvero il viale monumentale e verde che collegherà il centro città al Magazzino 26 e il cosiddetto parco lineare, l'area verde che correrà lungo le rive. A lui spetterà anche il compito di stabilire la cornice degli interventi sui magazzini storici, altra richiesta dell'ente incaricato della tutela dei beni culturali. Paesaggista riconosciuto a livello internazionale, Kipar ha curato progetti di recupero urbano su grande scala in tutto il mondo, lavorando a progetti come gli Expo di Milano e Dubai. È l'inventore del modello dei "Raggi verdi" del capoluogo lombardo, una connessione tra centro e periferie improntata alla mobilità lenta. Il modello è stato riconosciuto come pionieristico dal settore e applicato a Essen, Capitale verde europea nel 2019, e nella Smart- city di Rublyovo-Arkhangelskoye di Mosca. Lo studio di architettura del paesaggio guidato da Kipar, Land, ha progettato anche gli spazi aperti del progetto di Porta Nuova a Milano, che nel 2018 si è aggiudicato il prestigioso premio Mipim Awards all'interno della categoria Best Urban Rigeneration. Ma l'architetto e il suo team seguono progetti di riqualificazione urbana dalla Germania a Pechino, passando per Dubai e altre località del Medio oriente. In questo modo il Comune risponde agli appelli venuti da più parti per il coinvolgimento di nomi di alto profilo per il risanamento del porto asburgico, appoggiandosi a uno dei professionisti più affermati del settore nel momento in cui passa dalla fase di pianificazione, stabilita dalla variante al Piano regolatore approvata nelle settimane scorse, a quella della progettazione vera e propria. La formalizzazione dell'incarico di Kipar dovrebbe arrivare, per l'appunto, nell'arco delle prossime due settimane.

Giovanni Tomasin

 

 

Rete ferroviaria in porto - Prende il via l'intervento sul nodo di Aquilinia - le infrastrutture
Partita la progettazione dei binari verso l'area ex Aquila a servizio del futuro terminal ungherese e del previsto impianto siderurgico che il ticket Metinvest-Danieli punta a creare alle Noghere
Trieste. Ingegneri al lavoro sui progetti e alcune gare pronte a partire. La rivoluzione ferroviaria nel porto di Trieste prende corpo e, se Rfi ha appena annunciato l'avvio delle opere a Campo Marzio, è cominciato l'intervento che rimetterà in piedi il nodo di Aquilinia, a servizio del futuro terminal ungherese e dell'impianto siderurgico che il ticket Metinvest-Danieli valuta di creare alle Noghere. I 190 milioni del piano complessivo sono già finanziati, mentre dipende dal Recovery Plan l'arrivo dei 70 milioni per la nuova stazione di Servola, che sorgerà al posto della Ferriera. Campo Marzio - L'Autorità portuale è pronta a bandire la gara per il rifacimento dei 16 chilometri di binari interni al Porto nuovo. Il progetto è approvato e si prevede di dare il via al cantiere l'anno prossimo per concludere entro il 2023. Oltre ai binari, si sostituiranno i deviatoi, che saranno automatizzati e non più attivati manualmente. Rfi ha già provveduto dal canto suo all'allungamento delle aste di manovra della stazione di Campo Marzio e nei prossimi anni costruirà un fascio di 10 nuovi binari, di cui 4 lunghi 750 metri. Il piano dell'Ap si basa a sua volta sulla costruzione di 6 binari di arrivo e partenza a servizio dei Moli V e VI, mentre il VII avrà il suo allaccio diretto, grazie a una galleria di 30 metri che lo collegherà alla stazione di Campo Marzio. Tutto dovrà essere pronto entro il 2025, quando i traffici saranno gestiti dall'interno di una sala operativa congiunta Rfi-Ap e sarà abbattuto il muro che separa i binari della stazione da quelli dell'area portuale. Verrà così creato un punto franco unico, mentre i treni potranno entrare e uscire per la prima volta dal porto grazie alla trazione elettrica, usando i locomotori diesel solo per le manovre in banchina. Il costo ammonta a circa 140 milioni: una sessantina a carico di Rfi e 77 spesi dall'Ap. Si tratta della parte più cospicua dei 190 milioni complessivi di investimenti che Rfi e Ap hanno già interamente finanziato, con lo scopo di arrivare in cinque anni al raddoppio della capacità ferroviaria dello scalo, che oggi può movimentare fino 14 mila treni all'anno:molto vicini al record di 10 mila generato dal porto nel 2019. Il presidente Zeno D'Agostino conta ora sul Recovery Plan, che ha stanziato 80 milioni per lo sviluppo ferroviario dell'intero scalo. Le risorse del Pnrr permetteranno all'Autorità di ridurre il ricorso all'indebitamento. Aquilinia - Molto si sta muovendo pure nell'area dell'ex Aquila. Lo sviluppo della banchina ungherese attende anch'esso il Recovery, ma ora anche il possibile stabilimento siderurgico di Metinvest e Danieli richiede linee su ferro efficienti. I lavori per l'elettrificazione del binario da Servola fino alla stazione di Aquilinia sono cominciati, poi da lì si procederà con locomotore diesel verso il terminal magiaro e i capannoni di FreeEste a Bagnoli, utilizzando binari che spetterà all'Ap rimettere in funzione. La gara per il binario diretto a FreeEste è imminente e la progettazione di quello fra Aquilinia ed ex Aquila è partita, con l'auspicio di ultimare le opere entro il 2023. I programmi dicono infatti che per quella data sarà rimessa in funzione da Rfi la stazione di Aquilinia. La realizzazione del comprensorio costerà 35 milioni: 27 a carico di Rfi e 8 dell'Autorità portuale. Una volta a regime, i treni lasceranno la parte sudorientale del porto, uscendo da Trieste dalla nuova bretella, che consente l'immissione nella galleria di cintura, senza transito per Campo Marzio. Servola - I 190 milioni si completano con i 7 utilizzati per la bretella e i 5,5 spesi per riattivare la linea Transalpina, che collega porto e Interporto di Fernetti. Mancano invece ancora tutte le risorse indispensabili per la nuova stazione di Servola, su cui avevano messo gli occhi i cinesi di Cccc, ritiratisi poi tanto da questa partita quanto da quella di Aquilinia. L'impegno è da 70 milioni, necessari a costruire un possente snodo ferroviario al posto dell'area a caldo: dovrebbe pensarci il Pnrr, che per Servola prevede 100 milioni tra copertura dei costi di bonifica, dragaggi e infrastrutturazione del terminal. La parte ferroviaria sarà progettata col supporto di Rfi: servirà i traffici della Piattaforma logistica, del futuro Molo VIII e dell'area sudest del porto. Per procedere bisognerà ultimare le demolizioni e realizzare i piazzali: per adesso si comincerà ad utilizzare a breve binari di nuova creazione all'ex Scalo legnami.

Diego D'Amelio

 

 

Ferriera verso il raddoppio del laminatoio - Impatto ambientale al vaglio della Regione
Ma l'avvio dell'attività potrebbe slittare di qualche mese. A Servola i valori delle polveri sottili si sono ridotti di due terzi
Trieste. La Regione ha avviato la valutazione di impatto ambientale per il raddoppio del laminatoio che il gruppo Arvedi ha previsto a Servola, creando i nuovi reparti di verniciatura e zincatura, dove troveranno lavoro gli operai dell'area a caldo. La riconversione muove un altro passo, anche se mancano ancora le autorizzazioni per la realizzazione dei piazzali e una chiarificazione del percorso di sdemanializzazione che permetterà ad Hhla Plt Italy di creare il terminal logistico al posto di cokeria e altoforno in demolizione. Sono queste le principali novità emerse ieri durante il sopralluogo dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, che ha voluto verificare l'andamento dei lavori, approfittando dell'occasione per presentare un nuovo studio dell'Arpa in cui si attesta che, dopo la fine della produzione di ghisa, i valori delle polveri sottili a Servola si sono ridotti di due terzi. Nel comprensorio si lavora per il futuro e gli uffici della Regione hanno cominciato la valutazione di impatto ambientale per il potenziamento del laminatoio. Il procedimento è partito il 24 marzo, data da cui scatta un periodo incomprimibile di 45 giorni, durante il quale gli enti pubblici interessati possono far pervenire le proprie osservazioni. Se tutto andasse liscio, la giunta Fedriga potrà modificare l'Autorizzazione di impatto ambientale, consentendo quindi la realizzazione del nuovo impianto di laminazione a freddo. I macchinari verranno forniti dal gruppo Danieli: Arvedi li acquisterà dopo lo sblocco dell'Aia. L'ad Mario Caldonazzo ha assicurato nei mesi scorsi ai sindacati di poter concludere le opere e riportare tutte le maestranze al lavoro entro il settembre 2022, cioè entro i 24 mesi di cassa integrazione stabiliti dall'Accordo di programma, che a regime prevede 417 addetti. La speranza era tuttavia di firmare l'acquisto entro marzo, perché ci vorranno sei mesi per l'arrivo degli impianti e altri dodici per la messa in funzione. La data di settembre parte destinata a slittare di alcuni mesi. Pur nella rara velocità dei lavori di smantellamento, qualche apprensione in più la desta al momento il versante dell'ex area a caldo. Come spiega il presidente di Icop Vittorio Petrucco (che opera nell'area per conto di Plt), «sulla conferenza dei servizi che darà il via alla messa in sicurezza dei terreni non abbiamo segnali, ma la vera questione ancora in sospeso è quella della sdemanializzazione, che speriamo possa essere accordata rapidamente». Senza quel passaggio, infatti, Icop e Hhla Plt non avranno titolo per lavorare sui terreni, perché non sarà possibile il trasferimento della loro proprietà. Intanto i lavori di demolizione continuano, la vista del mare è sempre più aperta e i servolani possono contare su un'aria migliore. «Arvedi ha quasi sempre rispettato i limiti di inquinamento - riconosce Scoccimarro - ma ora le pm 10 sono diminuite di due terzi, come dimostra lo studio dell'Arpa. Siamo venuti a verificare dopo un anno dall'attuazione dell'Adp e siamo soddisfatti del rispetto del cronoprogramma che ci porterà a un'industria pulita, tanto che qui a Servola si potrà fare il bagno. Oggi i livelli di polveri sottili sono migliori di quelli del centro città. Lo smantellamento crea certamente qualche disagio a livello di polveri e odori, ma l'Arpa vigila ed è sempre intervenuta celermente», sia dopo il grande spolveramento seguito alla demolizione del nastro trasportatore dell'altoforno, che dopo l'abbattimento del gasometro, con odori molto forti prodotti dalle morchie all'interno del silo.

D.D.A.

 

 

L'infopoint mai aperto sulla ciclabile Cottur nella struttura in abbandono da cinque anni
L'edificio di via Orlandini era stato affittato in passato da Fiab e altre associazioni. Fvg Strade: «Situazione da valutare»
Un piccolo edificio, moderno, in metallo e vetro, accoglie, alla fine di via Orlandini, i ciclisti e i pedoni che percorrono una delle piste ciclopedonali meglio riuscite del territorio, la "Giordano Cottur", dedicata allo storico campione di ciclismo giunto tre volte terzo al Giro d'Italia e vincitore della famosa tappa di Trieste nell'edizione del 1947. Un percorso, lungo 12 chilometri, che è frutto della riconversione del sedime dell'ex ferrovia Campo Marzio - Erpelle, che dal 1887 al 1959 aveva messo in connessione Trieste con Erpelle, stazione, quest'ultima, posta lungo la linea ferroviaria Pola-Divaccia, strategica ai tempi dell'impero perché lontana dal mare e dalla portata dei cannoni navali. Anche l'edificio, dal design moderno come i lampioni vicini, ha un nome, come la pista ciclabile per cui è sorto: nel 2010 durante l'inaugurazione del percorso la struttura, posta al centro della carreggiata quasi come fosse un casello autostradale, venne dedicata a Rodolfo Crasso, campione italiano degli amatori di marcia. Doveva fungere da punto informativo - in realtà mai operativo - dell'intero percorso che, attraverso suggestivi scorci urbani e gli spettacolari panorami lungo la Val Rosandra, conduce oggi al confine con la Slovenia, poco dopo Draga Sant'Elia.Un percorso ciclopedonale, fabbricato di via Orlandini compreso, che all'epoca venne a costare 7,9 milioni di euro, di cui due milioni erogati dalla Regione Friuli Venezia Giulia, che ne acquisì la proprietà nel 2017, e due milioni dall'allora Provincia di Trieste, prima proprietaria. Oggi l'edificio, a distanza di undici anni, versa in totale stato di abbandono. Anche se nel corso di questo periodo per quasi un quinquennio c'era stato il tentativo di dargli uno scopo: «Avevamo chiesto all'allora Provincia - ha spiegato il presidente di Fiab Ulisse, Luca Mastropasqua - di utilizzare, previo pagamento di un piccolo affitto, l'edificio insieme ad altre associazioni, per farne la nostra sede estiva, tenuto conto della valenza strategica dell'edificio. Non è stata, purtroppo, un'esperienza positiva, per diversi motivi, dall'abnorme presenza di zanzare alla posizione dello stesso immobile nel contesto, in quanto non di facile accesso in bicicletta per i nostri soci. Abbiamo deciso di lasciare nel 2016, anche approfittando del passaggio in vista alla Regione. Sta di fatto che la mission dell'edificio, ossia quella di essere il punto informativo della pista ciclopedonale, non si è mai realizzata». «La struttura - ha evidenziato Federico Zadnich di Fiab Ulisse - presenta un'ampia sala riunioni, un stanza deposito, un bagno accessibile ai disabili e ha anche un impianto di climatizzazione. Chiaro che se nello spazio antistante ci installi una fontanella, una postazione per il bikesharing, un'officina per piccole riparazioni, le cose cambiano e rivitalizzi». A Luca Vittori, della divisione nuove opere di Fvg Strade, che gestisce le ciclabili regionali, i motivi per i quali l'edificio sia in stato d'abbandono non sono noti «in quanto è da meno di un anno che mi occupo di gestire le ciclabili della regione. In questo breve periodo non ho ricevuto alcuna richiesta o proposta di utilizzo del fabbricato. Che sarebbe giustissimo ma il perché non decolli è tutto da capire, da valutare».

Luigi Putignano

 

 

Alle 17.30Agricoltura biologica negli orti urbani

Terzo incontro sul web di "percorsi di formazione orti urbani" oggi, alle 17.30, organizzato da Bioest e Legambiente Trieste. Gigi e Cristina Manenti relazioneranno sul loro metodo di agricoltura biologica in azienda. É un metodo di coltivazione "naturale" riassunto nel libro "Alle radici dell'agricoltura". Per info Tiziana Cimolino 3287908116, orticomuni.trieste@gmail.com

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 aprile 2021

 

 

Centri commerciali, fra tre anni il raddoppio

Fiera, Silos, Maddalena, gli occhi di Ikea su Porto vecchio: equilibri destinati a cambiare. E i poli storici si preparano alla sfida

La provincia di Trieste attualmente vanta tre centri commerciali, ma da qui a tre anni - in base ai progetti oggi in piedi - assisteremo all'inaugurazione di un'importante struttura di vendita negli spazi un tempo destinati alla Fiera, alla concretizzazione (se tutto filerà liscio) del rilancio del Silos, alla realizzazione del complesso commerciale all'ex Maddalena (cinquemila metri quadrati tra Despar e altri punti vendita), senza contare i nuovi insediamenti commerciali attesi all'interno del Porto Vecchio nell'ambito della sua rivitalizzazione. Se, come già annunciato dal sindaco Roberto Dipiazza, il colosso Ikea ha messo gli occhi su una porzione dell'antico scalo, è verosimile che lo sbarco del colosso svedese non resterà isolato. Davanti a un simile contesto futuro, si apre il dibattito su quale potrà essere la sorte dei centri oggi esistenti. Partiamo dal primo costruito a Trieste, con precisione nel 1991, Il Giulia, che sta completando i lavori che hanno ridato un nuovo volto alla struttura, con il marmo che ha lasciato spazio al parquet, una ripensata illuminazione e un nuovo volto pure per la facciata esterna. Dopo che nel 2016 Piero Coin, uno dei protagonisti della celebre famiglia di imprenditori veneti, ha acquisito tutte le quote della Iulia srl, diventando il nuovo proprietario del centro, Il Giulia ha di anno in anno registrato nuovi ingressi. Di poche settimane fa anche l'apertura della gastronomia Come di Casa. «Abbiamo commercializzato il 90% della superficie commerciale disponibile - riferisce la proprietà - e ci prestiamo a chiudere la trattativa per l'apertura di un nuovo store da 1.600 metri quadrati: i nuovi centri commerciali non ci spaventano, la nostra è una dimensione diversa». A dare una prospettiva a Il Giulia da qui a due-tre anni è la sua vocazione più rionale - è quasi un'estensione di San Giovanni - ma soprattutto l'importante progetto dello studentato che sorgerà alle sue spalle. Quest'estate, burocrazia permettendo, partirà infatti il cantiere che in via Bonomo trasformerà l'ex Telecom in casa per studenti da 450 posti letto. Un bacino commerciale non indifferente, con centinaia di ragazzi che inevitabilmente usufruiranno di quel centro ai piedi della loro residenza per fare la spesa, per mangiare un panino e bere una birra. Senza contare l'interesse per i servizi. «Abbiamo cercato di dare al centro una fisionomia che diversifichi l'offerta merceologica e migliori il servizio alla clientela, anche con un servizio di consegna a domicilio - spiega la proprietà de Il Giulia - con un occhio particolare ovviamente anche ai giovani, vista la nuova realtà che nascerà qui accanto».Il centro commerciale di più recente costruzione è Montedoro Shopping Center di Aquilina. «I centri commerciali in progetto non ci fanno paura - sostiene il direttore Sergio Bavazzano - perché riteniamo di attingere a un bacino d'utenza, d'oltreconfine soprattutto, diverso da quello che a nostro avviso sceglierà altre strutture. A nostro favore gioca anche l'aspetto legato alla viabilità». Tra l'altro uno studio commissionato dallo stesso centro commerciale evidenzia la distanza dagli attuali centri rispetto all'ex Fiera: cinque minuti in auto e 19 in bus dalle Torri: nove minuti in auto e 21 in auto da Il Giulia, 13 in auto e 23 in bus da Montedoro. Montedoro che vede oggi occupato il 90 % delle superfici commerciali. «Stiamo valutando l'inserimento di nuovi marchi - illustra Bavazzano - e lavoriamo a una declinazione del piano superiore tra servizi sanitari e spazi ludici, con un ampliamento dell'offerta indirizzata a giovani e famiglie».

Laura Tonero

 

 

La Capodistria-Divaccia infiamma il dibattito - Gabrovec esce dall'aula - Polemiche in commissione a Duino Aurisina
DUINO AURISINA. «Abbandono la seduta in segno di protesta per la superficialità con cui si affrontano temi complessi». «Rispediamo con forza al mittente tale accusa, che riteniamo offensiva, perché il nostro lavoro è stato approfondito e motivato». È questo il vivace scambio di cui sono stati protagonisti, nell'ordine, il consigliere di opposizione Igor Gabrovec e la presidente della seconda Commissione, Chiara Puntar, nell'aula del Municipio di Duino Aurisina, in cui l'altro giorno si discuteva di una mozione, preparata dalla stessa Puntar, relativa al raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia. «Un progetto - l'introduzione di Puntar - che desta grande preoccupazione. La nostra mozione esprime, come in passato, contrarietà a un cantiere che rischia di creare danni irreversibili alla Riserva della Val Rosandra e di deturpare parte del Carso. Per questo vogliamo aggiungere la nostra voce alla posizione della Regione e dei Comuni coinvolti, in primis quello di San Dorligo, cui chiederemo di poter di essere presenti alla prossima audizione con la 2Tdk, azienda costruttrice del tratto ferroviario». «Siamo un Comune - la replica di Gabrovec - che ha impiegato 12 anni per la ristrutturazione di una piazza e vogliamo esprimere giudizi ambientali e giuridici su un progetto a valenza strategica internazionale, del valore di oltre un miliardo, vagliato e finanziato dalla Ue, con una documentazione che per la sola incidenza ambientale vale 700 pagine. Non partecipo a una pagliacciata a uso di campagna elettorale». Ed è uscito.

u. sa.

 

 

Futura: piano per le ciclabili e il ritorno del Giro d'Italia - Le proposte della civica sul tema della mobilità

Riportare il Giro d'Italia a Trieste è la proposta, provocatoria, che Futura lancia sul tema della mobilità. La civica vuole inoltre mettere a punto un piano generale per la ciclabilità, allo scopo di collegare tra di loro gli spezzoni di pista attualmente esistenti creando un unico circuito, e organizzare un grande evento cicloturistico per attrarre sportivi e ciclisti amatoriali di Italia, Austria, Slovenia e Croazia. «L'amministrazione guidata da Roberto Dipiazza ha inserito un bici-plan nel Piano urbano mobilità sostenibile (Pums) - ha dichiarato il consigliere comunale Roberto De Gioia durante una conferenza stampa in Porto vecchio -. Ma nei fatti, sono riusciti a realizzare 265 metri di pista ciclabile in 5 anni, davanti al Centro congressi. Quella di viale Miramare è piena di buche; per rimettere a posto la Cottur hanno dovuto alzare la voce i cittadini. Hanno fatto il bike sharing senza piste ciclabili». Il candidato sindaco Franco Bandelli ha illustrato le già citate proposte di Futura, commentando: «La città a volte ha la memoria corta. La giunta Illy fece la pista sul marciapiede parallelo a Barcola: ne vediamo le conseguenze. Cosolini la fece passare per Campo Marzio, mettendo a rischio la sicurezza dei ciclisti. Ma soprattutto, dobbiamo chiedere scusa per il comportamento del sindaco Dipiazza, che nel 2009 prese letteralmente a calci il Giro d'Italia. Trieste ne fu allontanata per cinque anni. Cosolini riuscì a riportarlo nel 2014. Adesso siamo di nuovo senza da 7 anni. Siamo pronti a cospargerci il capo di cenere per riavere il Giro, una delle manifestazioni sportive più amate dagli italiani, e che a Trieste assume un sapore patriottico».

L.G.

 

 

La sanzione - Legno nel cassonetto:500 euro di multa

Il personale del Distretto di Opicina ha rintracciato il responsabile del conferimento nei cassonetti dell'indifferenziata di travi e assi di legno, che andavano invece depositate in un centro di raccolta. All'uomo una sanzione da 500 euro, la rimozione dei rifiuti e la messa in ripristino dei cassonetti.

 

 

La causa transfrontaliera sulle interferenze radio sbarca in Corte d'Appello - Il "duello" tra emittenti italiane e slovene
Un altro capitolo nella "battaglia delle antenne" che vede confrontarsi nelle sedi giudiziarie triestine emittenti italiane, come il gruppo Sphera e Radio Maria, e la tv di stato slovena Rtv Slovenija, supportata dalla Repubblica slovena. La questione di fondo è sempre la stessa: le radio italiane lamentano che le interferenze slovene, dovuti ai potenti impianti posizionati sul monte Nanos e ad Antignano, disturbano le trasmissioni. A indicare l'importanza in cui vengono considerati i responsi triestini, ieri erano presenti in Corte d'Appello il procuratore speciale di Sphera e di Radio Maria, Gianantonio Guarnier, e l'avvocato di punta dello schieramento legale, Felice Vaccaro, professionista fiorentino ritenuto uno dei maggiori conoscitori della materia. Si teneva la prima udienza del parziale appello di Radio Maria verso una sentenza del Tribunale di Gorizia proprio sul "duello" tra i trasmettitori del Nanos (Rtv) e quelli di Porzus (Radio Maria). L'emittente cattolica insiste, corroborata dalla perizia del tecnico triestino Edoardo Marega, sul fatto che il Nanos "inonda" il 70% del territorio regionale, da Pordenone a Trieste. Ieri Vaccaro ha eccepito le nuove domande di Rtv e la carenza di giurisdizione relativa alla presenza in giudizio della Repubblica slovena, in quanto il giudice italiano non può decidere su uno stato estero. Aggiornamento il 2 febbraio 2022. C'è tempo per riflettere e valutare soluzioni che possano prescindere da una sentenza. Una settimana fa in Tribunale era invece iniziato il confronto sulle interferenze da Antignano: attore il gruppo veneto Sphera.

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 aprile 2021

 

 

Mercato coperto, AT vara il progetto partecipato
Parte la raccolta di proposte per simulare il futuro per il sito. Intanto Bassa Poropat (Cittadini): «Non si snaturi la struttura»
«Datemi un progetto e vi do le chiavi», disse il sindaco Roberto Dipiazza a chi critica la giunta sul Mercato coperto. La civica Adesso Trieste, dopo aver raccolto oltre 6.300 firme con la sua petizione online, prende sul serio la sfida del primo cittadino e avvia una simulazione di progetto collettivo sul futuro della struttura: i firmatari e i commercianti della stessa sono invitati a partecipare. Nel frattempo interviene sul tema anche la consigliera dei Cittadini Maria Teresa Bassa Poropat, che invita a recuperare la struttura seguendo quanto fatto a Lisbona e Stoccolma, così da non snaturare Barriera Vecchia. La simulazione, spiega Adesso Trieste, vuole essere un banco di prova per una possibile amministrazione partecipata: la simulazione raccoglierà virtualmente e in presenza i bisogni e le aspettative delle persone sulla struttura (via mail scrivere a assembleapartecipazioneat@gmail.com). I portavoce di AT Giulia Massolino e Riccardo Laterza sottolineano che il punto di partenza della simulazione è un dato diffuso di recente: «Nel corso della puntata di Ring di venerdì scorso il consigliere Codarin della Lista Dipiazza ha dichiarato che i costi per la gestione ordinaria del mercato ammontano a 200 mila euro l'anno. Si tratta di una prima, importante informazione, la cui pubblicità è un altro risultato della nostra campagna. Siamo convinti che si possa costruire una gestione diversa, consorziando chi già opera al suo interno insieme ad altre imprese e cooperative, attività agricole, artigianali e ristorative, servizi pubblici e associazioni culturali». Un percorso che At auspica venga avviato dal Comune, «ma nel frattempo riteniamo sia importante dimostrare che tutto ciò era ed è già possibile, oltre che necessario».L'ex presidente della Provincia Bassa Poropat si augura che il rinnovato interesse per il Mercato non sia figlio della campagna elettorale, e pone come necessario «un cambio di paradigma nell'affrontare il tema del recupero del Mercato coperto, spostando l'attenzione dalla dimensione meramente architettonica e gestionale, a quella relazionale, definita dal suo inserimento in un tessuto urbano fortemente caratterizzato». Barriera vecchia, prosegue, «non è un rione interscambiabile con altri, sia perché ha mantenuto nel tempo una connotazione popolare, sia perché oggi mostra una molteplicità di etnie e culture diverse. Ecco perché l'ipotesi di un supermercato a mio parere va a collidere con la dimensione identitaria che caratterizza mercato e rione».

Giovanni Tomasin

 

Anche la quinta asta senza investitori per il cantiere a fianco del Freetime
La vicenda si trascina da oltre dieci anni: in zona Noghere erano previsti hotel e spa
Ci sono asset difficili da piazzare che hanno bisogno di attraversare molti esperimenti d'asta e soprattutto necessitano di veder abbassare considerevolmente la stima di partenza. Il compendio edile incompiuto, che si erge contiguo al centro commerciale Montedoro "Freetime" in zona Noghere, appartiene a questa categoria di "clienti" ostici per i professionisti che ne seguono la vendita. Anche ieri pomeriggio, quando alle ore 15 il commercialista Matteo Montesano si è connesso alla gara telematica che aveva bandito, lo schermo è rimasto deserto. Il prezzo cominciava a essere interessante, perché la quotazione di 2,2 milioni era riducibile a una proposta minima di 1,5 milioni. Non ancora sufficiente, però, per allettare l'investitore. Nonostante, rispetto alla prima asta tenutasi nel marzo del 2019, il prezzo si fosse ridotto di quasi i due terzi: infatti la prima tornata valutava il "cantierone" di Montedoro 6,3 milioni di euro, con la possibilità di "auto-ridurre" l'offerta a 4,7 milioni. Siamo intanto giunti alla quinta puntata con i tentativi di collocare il bene: due aste si tennero nel 2019, due vennero bandite nel 2020, la numero "5" si è disputata ieri. Montesano, professionista delegato per l'esecuzione immobiliare "individuale", non può demordere e spera di rilanciare un ulteriore tentativo addirittura prima dell'estate: a quel punto l'esca sarà ancor più ghiotta per l'eventuale interessato, perché la base d'asta scenderà di un altro 25%, per cui l'offerta minima presentabile sarà di 1,1 milioni. La vicenda si trascina da oltre dieci anni. L'edificio in questione avrebbe dovuto ospitare un hotel da cinque piani e un'area "wellness" sviluppata su quattro, il tutto accompagnato da rimesse e vani tecnici. La vicinanza al centro commerciale e al raccordo autostradale Lacotisce-Rabuiese sembrava renderlo un buon investimento. La società, che aveva avviato il progetto, era la Enide srl, domiciliata a Castelnovo di sotto in provincia di Reggio Emilia. Sul bene l'ipoteca a favore di molte banche (Carige, Bper, Mps, Intesa Sanpaolo, Unipol, Bnl, Cassa di risparmio di Parma e Piacenza). A promuovere un pignoramento fu Mps per 8,5 milioni. -

Massimo Greco

 

 

«Doppio binario - L'Unione europea vigili sui lavori» - PD e Verdi sulla Capodistria-Divaccia
TRIESTE. L'inizio dei lavori del secondo binario della linea ferroviaria tra Capodistria e Divaccia suscita malumori e proteste nell'ambito politico del Friuli Venezia Giulia. A preoccupare è il passaggio del tracciato lungo aree, come la parte alta della Val Rosandra, che potrebbero subire l'inquinamento delle falde acquifere con danni ambientali anche per l'area italiana. «Ho chiesto alla Commissione Ue - scrive l'europarlamentare Elisabetta Gualmini (Pd) - di fare tutto il possibile per salvaguardare la riserva naturale della Val Rosandra, rientrante nella Rete Europea Natura 2000, minacciata dalla realizzazione del progetto "secondo binario" per la linea ferroviaria Capodistria-Divaccia». «Occorre che questo sito di interesse ambientale - precisa - sia protetto attraverso un attento monitoraggio dei lavori e con adeguate misure economiche di attenuazione degli effetti del progetto». Allarme anche dei Verdi del Fvg che spiegano come «l'impatto transfrontaliero del Progetto del raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia da anni al centro delle preoccupazioni dei Verdi del Friuli Venezia Giulia».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 aprile 2021

 

 

Da Capodistria a Divaccia - Il secondo binario apre i cantieri - il tracciato
Il progetto decolla con la firma dell'appalto con un consorzio sloveno-turco per la tratta tra il porto sloveno e Crni Kal
LUBIANA. Dopo due referendum contro e una crisi di governo sfociata nelle elezioni politiche anticipate (caduta del governo Cerar il 14 marzo del 2018), Lubiana ora marcia decisa verso la realizzazione del secondo binario della ferrovia Capodistria-Divaccia, opera infrastrutturale indispensabile per consentire lo sviluppo dei traffici nel porto del capoluogo del Litorale e il collegamento con il corridoio europeo Adriatico-Baltico. Oggi, il porto di Capodistria offre il tempo di viaggio più breve da Shanghai a Monaco di Baviera. Il tempo di navigazione marittima è più breve di 5-6 giorni rispetto ai porti dell'Europa settentrionale e poi c'è la velocità della logistica. Risultato: oltre 1 milione e 200 mila Teu movimentati all'anno contro i circa 750 mila del porto di Trieste.Il 31 marzo scorso il ministro delle Infrastrutture Jernej Vrtovec ha firmato il contratto di appalto per i lavori nella tratta Capodistria-Crni Kal con il consorzio sloveno-turco Kolektor Cpg, Yapy Merkezi e Ozaltin per un valore di 224,7 milioni di euro. E qui, improvviso, giunge l'anatema da parte dell'assessore regionale dell'Fvg all'Ambiente Fabio Scoccimarro che parla di un «no assoluto» della Regione al progetto del secondo binario «perché il cantiere rischia di creare danni ambientali per la Riserva naturale della Val Rosandra» e chiede al governo italiano di bloccare i lavori. A Scoccimarro arriva l'aiuto bipartisan del Pd del Fvg che avanza la stessa richiesta. La risposta della Slovenia è però categorica. «Il progetto è stato sede di una valutazione transfrontaliera completa dell'impatto ambientale, sono state ottenute approvazioni ambientali e il progetto ha un permesso valido per la sua attuazione», risponde la società 2Tdk che gestisce la costruzione del secondo binario (società al 100% di proprietà dello Stato sloveno). «Tutta la documentazione - si precisa - faceva anche parte della domanda di sovvenzioni europee, che è stata esaminata sia dall'istituzione europea Jaspers, sia dal direttorato della Commissione europea Dg Ambiente, e dalla Banca europea per gli investimenti(Bei)». «Che tutto sia stato attuato in conformità della legislazione ambientale vigente - concludono alla 2Tdk - è dimostrato anche dal fatto che tutti i fondi per il progetto sono stati approvati con il placet anche della direzione generale della Commissione europea». Quindi: noi andiamo avanti. Lo conferma lo stesso ministro alle Infrastrutture Jernej Vrtovec che non risponde alle obiezioni del Fvg, ma invita a lavorare «per aumentare la capacità del porto di Capodistria per il bene di tutta l'economia del Paese» e ricorda come l'anno scorso il 59% delle merci provenienti dallo scalo è stato movimentato su treno. E che quello che va su treno non va su gomma e quindi c'è un beneficio per l'ambiente. E che l'opera non si può più fermare lo conferma anche il capogruppo alla Camera del Pd ed ex presidente dell'Fvg Debora Serracchiani. «In un'articolata delibera del 2015 abbiamo dichiarato - prosegue - che gli interventi previsti dalla Strategia per lo sviluppo del trasporto della Repubblica di Slovenia 2014-2020 potevano determinare impatti ambientali anche a carico del nostro territorio». «A questo punto abbiamo il dovere di esercitare la massima vigilanza sull'esecuzione dei lavori, pretendendo che siano rispettati i vincoli ambientali per evitare impatti idrogeologici». «E su un altro fronte dobbiamo finalmente pretendere che si lavori a un sensibile riduzione di tempi di percorrenza sulla Trieste-Venezia e all'efficientamento della direttrice Trieste-Udine-Semmering - conclude Serracchiani - perché se adesso abbiamo capienza di trasporto sulle linee esistenti, certo non possiamo stare ad aspettare che Capodistria torni a farci concorrenza».«Sono opere previste dalle infrastrutture europee», spiega Maurizio Maresca docente di diritto dell'Unione europea all'Università di Udine. «Opere per il Corridoio Adriatico-Baltico inserite nel regolamento 1.315 del 2013 dell'Ue e devono essere ultimate entro il 2030 altrimenti Lubiana dovrà risponderne a Bruxelles». Posizione condivisa anche dal presidente della Port Authority di Venezia Paolo Costa, mentre il suo "collega" triestino Zeno D'Agostino glissa. «Non ho mai guardato quello che fanno gli altri - dice - che facciano pure, abbiamo buoni rapporti internazionali con la Slovenia». La sensazione che si ha dopo essersi confrontati con i vari interlocutori è che, diciamo, Fvg e Slovenia non si vogliono un gran bene. Vuoi perché già oggi il Porto di Capodistria mobilita più Teu di Trieste, vuoi per alcuni progetti europei dello scalo triestino rispediti al mittente e da rivedere (vedi Molo VIII), sta di fatto che Lubiana, visto che l'Italia non fa investimenti strategici sul corridoio Adriatico-Baltico va per la sua strada per far crescere lo scalo di Capodistria.

Mauro Manzin

 

LEGAMBIENTE RILANCIA L'ALLARME - «A rischio le acque del Rosandra» - Gli ambientalisti sul piede di guerra
LUBIANA. La principale accusa degli ambientalisti italiani alla nuova infrastruttura ferroviaria tra Capodistria e Divaccia, oltre a quella dell'impatto paesaggistico, è il rischio che vengano inquinate le falde acquifere che poi si gettano nel torrente Rosandra che scorre lungo l'omonima valle in territorio italiano. Un gruppo di speleologi triestini si è recato sul pianoro di Ocizla e si è calato nelle grotte che vi si trovano. Versando del colorante nell'acqua intercettata nelle cavità si è visto che la stessa sgorga poi nel torrente Rosandra. Il rischio più elevato di inquinamento delle falde si avrà proprio in fase di realizzazione dell'opera quando i macchinari adoperati per realizzare i trafori potrebbero sversare olii e combustibile nel terreno, prodotti che si infiltrerebbero nelle falde acquifere.«Dagli studi e ricerche effettuati da geologi e speleologi sloveni e italiani risulta che i lavori di costruzione del cosiddetto secondo binario tra Capodistria e Divaca nell'area dell'alta Val Rosandra (in territorio sloveno) e del sistema carsico di Beka-Ocisla, ricco di grotte e cavità naturali, potrebbero inquinare e compromettere le acque sotterranee che poi sgorgano a Bagnoli/Boljunec», conferma Andrea Wehrenfennig, presidente del Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste. «Non è da trascurare - precisa - anche il probabile inquinamento acustico della Valle dell'Ospo dovuto al tratto di ferrovia in superficie previsto sul lato sloveno». «Purtroppo nella fase della valutazione d'impatto ambientale transfrontaliera - ormai conclusa da diversi anni - le autorità italiane non hanno coinvolto la popolazione interessata, mentre da parte slovena le proposte di tracciati alternativi non sono riuscite ad avere spazio», afferma ancora Wehrenfennig chiedendosi che cosa ci sia da fare ora che i lavori di costruzione della nuova ferrovia stanno per iniziare. «Ci sembra insensato richiamarsi a una Via transfrontaliera già conclusa», constata, ma Legambiente propone alle autorità italiane (Governo, Regione e Comune di Dolina) di puntare su una trattativa col governo sloveno, che preveda di affiancare ai tecnici della società statale slovena 2Tdk (che gestisce il progetto) un gruppo interdisciplinare di esperti di parte italiana (geologi, naturalisti, chimici, speleologi) facendo ricorso ad Arpa Fvg, a esperti dell'Anpa e ad esperti indicati dal Comune di Dolina. Questi avrebbero il compito di sorvegliare la progettazione ed esecuzione dei lavori, verificandone allo stesso tempo gli effetti sulle acque in territorio italiano. «Per questo, oltre all'accordo tra i due Stati - conclude il presidente di Legambiente Trieste - serviranno dei fondi da parte del Governo e della Regione». E sul versante sloveno? Decisamente poco. C'è la proposta presentata nel giugno del 2019 al Consiglio di Stato da parte della Siz, Slovenska inzenirska zveza (Lega degli ingegneri della Slovenia) in cui gli estensori, il professor Joze Duhovnik, e il professor Janvit Golob, presentano un tracciato molto più a est verso l'interno dell'Istria che avrebbe permesso anche una maggiore interconnessione con la parte croata della Penisola. In precedenza, nell'aprile 2018, un dossier contiene un appello di tre associazioni di ingegneri sloveni (Siz, Inzenirska akademija Slovenije e Inzenirska zbornica Slovenije) che prendono posizione per un ripensamento del progetto ufficiale. Il tracciato più interno proposto nel 2019 ha avuto eco sui media sloveni ma il governo non ha cambiato di una virgola il proprio progetto anche perché dei collegamenti con l'Istria croata a Lubiana non interessa un granchè.

M. MAN.

 

Slalom nei terreni carsici fra tunnel e viadotti - 44 milioni investiti per ciascun chilometro

LUBIANA. Per la Slovenia il raddoppio della linea ferroviaria tra Capodistria (porto) e Divaccia è senza ombra alcuna la più importante opera strutturale dopo l'ultimazione della rete autostradale e il suo collegamento al sistema europeo. Costerà complessivamente 1 miliardo e 194 milioni di euro. Il tutto per costruire 27,1 chilometri. Indicativamente oltre 44 milioni di euro a chilometro. Una cifra enorme, motivata però dalla natura (carsica) e orografica del tracciato. Il finanziamento sarà garantito dalla Slovenia e dai Paesi dell'entroterra (si sta trattando con l'Ungheria per 300 milioni e l'ingresso dei magiari alla logistica del Porto di Capodistria), prestiti (già sottoscritto uno con la Nova Ljubljannska Banka e con la Bei). I finanziamenti a fondo perduto dell'Ue copriranno il 21% dei costi. Tracciato che complessivamente sarà costituito da otto trafori, due viadotti, 1 galleria e due ponti. Il lungo serpentone di cemento armato parte da Divaccia e procede in direzione sud ovest. Il primo "ostacolo" è costituito dall'altura di Rodik che viene "bucata" con un traforo lungo 6.714 metri. Superata Cosina si arrivata al delicatissimo passaggio sopra la fine della Val Rosandra (in sloveno Glinscica) che viene superata con due ponti e tra di essi una galleria. I ponti sono lunghi rispettivamente 70 e 100 metri mentre la galleria è di 45 metri. Per rendere al minimo l'impatto ambientale il passaggio sul primo dei due ponti avverrà come se si viaggiasse in galleria in quanto l'infrastruttura verrà "inscatolata" sopra il suo livello in modo tale che non si vedranno passare i convogli. La traccia spunta così sulla piana di Ocizla e qui supera in un altro traforo la sovrastante autostrada Lubiana-Capodistria, traforo lungo 6.071 metri. Anche questo è un passaggio molto delicato e discusso dagli ambientalisti in quanto si passa su un terreno carsico nel cui sottosuolo vi è un complesso sistema di grotte. Si arriva così a Crni Kal dove un viadotto di 452 metri piega decisamente verso ovest. Ci si infila quindi risalendo verso nord ovest in una serie di trafori, cinque in tutto, lunghi rispettivamente 330 metri, 1.954 metri, 128 metri, 358 metri e 1.163 metri. Usciti dai tunnel si spunta sopra la valle delle Noghere, tra Vignano e Prebenico, sopra un viadotto che curva verso sud ovest lungo 647 metri. Da qui, all'altezza di Plavie si ritorna in galleria, un tunnel lungo 3.808 metri che piega verso sud per sbucare tra Scoffie e Villa Decani dopo essere passato sotto l'autostrada Lubiana-Capodistria, ancora in tunnel. Qui il binario gira decisamente a ovest allacciandosi alla vecchia linea che fino a Villa Decani è a doppio binario. La massima pendenza della linea è del 17% mentre il vecchio tracciato arriva a un massimo del 26%. A opera conclusa la capacità dei due binari sarà di 231 treni al giorno che potranno smaltire fino a 43,4 milioni di tonnellate di merci all'anno.

M. MAN.

 

 

Corsi di ballo, fitness e yoga nel cuore di Porto vecchio
L'iniziativa di 17 associazioni unite sotto il nome di Trieste Professione Benessere con un bacino d'utenza da 8 mila sportivi, per ovviare allo stop di sale e palestre
Il Porto vecchio si prepara ad accogliere corsi e lezioni di 17 realtà cittadine, per un bacino d'utenza di circa 8 mila sportivi. Associazioni, scuole ma anche singoli professionisti, riuniti sotto il nome di Trieste Professione Benessere, un sodalizio spontaneo nato nei mesi scorsi, che ha presentato richiesta ufficiale al Comune per svolgere attività nell'area, come in parte aveva già fatto qualcuno prima della zona rossa. Col ritorno in arancione, sono pronti a ripartire subito, già in settimana, sostenuti dalla Terza Circoscrizione che sul tema ha organizzato un'assemblea pubblica nei giorni scorsi, con il sindaco Roberto Dipiazza. «Abbiamo già preparato un calendario in base alle varie esigenze di tutti - spiega Edoardo Gustini, portavoce del gruppo - e appena il quadro meteo sarà più favorevole cominceremo. L'area per noi più utile, e punto di riferimento, sarà il grande spazio con la pavimentazione dipinta, davanti alla Centrale idrodinamica. Ideale finché le giornate non saranno troppo afose, poi magari ci sposteremo anche in altri luoghi più ombreggiati, non lontani». Si susseguiranno lezioni e corsi di yoga, arti marziali, zumba, danza, ballo e tante altre discipline, che al momento non possono contare su sale e palestre, chiuse da tempo a causa della pandemia. «Per tutti noi rappresenta una soluzione fondamentale - prosegue Gustini - per continuare l'attività. Il nostro bacino d'utenza è grande, ma siamo aperti non solo a chi già ci segue, sarà un'opportunità per farci conoscere anche da chi, passando, vorrà provare e magari poi deciderà di iniziare un percorso con noi».Massima apertura da parte del Comune, ma «priorità alle attività di supporto al centro vaccinale - puntualizza l'assessore comunale alle Attività economiche Serena Tonel -, quindi gli sportivi potranno occupare il piazzale giallo compatibilmente alle necessità degli edifici vicini, ma comunque - sottolinea - piena disponibilità per tutte le altre aree all'aperto presenti». Anche per il sindaco Dipiazza le associazioni «possono tranquillamente operare, hanno carta bianca». Oltre alle varie realtà di Trieste Professione Benessere, il Porto vecchio continua ad attirare anche tanti runner, e poi amanti della bicicletta e chi pratica sport in modo autonomo. Per rendere ancora più funzionale l'area, secondo molte associazioni, servirebbero alcuni collegamenti con l'energia elettrica, prese per impianti audio, soprattutto per chi utilizza la musica per i corsi, e poi qualche panchina per appoggiare abiti e borse, e i servizi igienici. «Sono richieste che se recepite, soprattutto per le toilette, credo farebbero felici anche altri sportivi e cittadini che frequentano il Porto vecchio e che sono davvero tanti, in particolare da quando dobbiamo fare i conti con il Covid-19, ma per ora - rileva Gustini - già la possibilità di poter svolgere attività liberamente, grazie all'ok del Comune, è una conquista importante e la zona è talmente bella e comoda, considerando anche i parcheggi a disposizione, che anche in futuro - annuncia il portavoce - quando le palestre riapriranno, vorremmo sfruttare questo spazio per altre iniziative e magari per continuare anche con alcuni momenti sportivi all'aperto».

Micol Brusaferro

 

Pronta al restyling la bretella da largo città di Santos al Miela
Imminente l'intervento sulla strada che corre parallela a corso Cavour, da effettuarsi entro il 30 aprile - Divieti di sosta e di transito
Fresatura, eventuale risanamento in profondità, ripavimentazione in asfalto, rifacimento della segnaletica stradale orizzontale: barba e capelli per la "bretella innominata", che collega largo città di Santos (dove spicca sala Tripcovich) e piazza duca degli Abruzzi. Ne aveva proprio bisogno. Innominata ma importante, perché rappresenta la naturale continuazione dell'uscita dal varco di Porto vecchio in direzione del centro e perché decongestiona corso Cavour. Infatti si tratta di quel tratto stradale che corre parallelo proprio a corso Cavour, alle spalle degli edifici che ospitano il popolare negozio di abbigliamento "Mirella", la sede di Trieste città digitale (Tcd), il recentissimo e illuminatissimo Urban center bioscientifico comunale, la sala espositiva "Magazzino delle idee" gestita dalla regionale Erpac, il teatro "Miela Reina". Sull'altro lato della strada, si allunga la rete metallica al di là della quale è visibile l'avancorpo di Porto vecchio con il Molo IV e il cosiddetto villaggio Greensisam.Committente dei lavori sulla "bretella" è lo stesso Comune, attraverso il dipartimento urbanistico diretto da Giulio Bernetti. L'ordinanza concede all'impresa esecutrice, la tolmezzina Spiga, tempo fino al 30 aprile per l'effettuazione dell'intervento, il cui inizio è imminente. Divieto di sosta, divieto di fermata, divieto di transito: per 72 ore dalla "bretella" non si passerà. L'unica concessione di Bernetti riguarda l'entrata/uscita al servizio del parcheggio di Molo IV, la cui operatività deve essere garantita. I lavori vanno presegnalati all'altezza degli incroci prima/dopo l'area d'intervento.

Magr

 

Due campi da tennis e altrettanti per il padel nel futuro del terrapieno - Poi l'ipotesi skatepark
Il sindaco Dipiazza durante una riunione online con la III circoscrizione svela i dettagli della zona sportiva e apre al progetto degli appassionati
Due campi di padel, due di tennis e l'apertura a un possibile skatepark, proposto dai tanti appassionati del settore. Il sindaco Roberto Dipiazza svela qualche dettaglio in più sulla cittadella dello sport che prenderà forma in Porto vecchio e per la prima volta, durante una riunione online con la Terza circoscrizione, delinea il progetto dei campi sportivi fronte mare. «Abbiamo raccolto tante richieste sia per il padel che per il tennis - sottolinea Dipiazza -, per questo stiamo programmando la realizzazione di questo tipo di strutture, nella zona del terrapieno, facilmente utilizzabili dai cittadini anche contando sull'ampio parcheggio vicino. Ma tutta l'area si prepara a cambiare, a favore di tanti altri sportivi, pensiamo che a poca distanza ci sarà anche la piscina e che il Porto vecchio è sempre più frequentato dalla gente che si dedica al fitness. Penso che con questa destinazione - aggiunge - possa essere anche un ottimo biglietto da visita per chi entra in città». E durante l'assemblea, il parlamentino, guidato dalla presidente Laura Lisi, ha manifestato al primo cittadino le richieste di tanti ragazzi che vanno in skateboard, e che vorrebbero un impianto regolamentare proprio nella zona. «Possiamo contare su spazi molto ampi - ha risposto Dipiazza -: invito i ragazzi a presentarmi un progetto, che poi valuteremo insieme agli uffici. Dobbiamo capire le misure e le strutture che richiede». I giovani sportivi non hanno perso tempo, hanno completato il disegno dell'opera nel dettaglio, e in questi giorni lo consegneranno al Comune. «A Trieste abbiamo due skatepark malmessi, a San Giacomo e Altura - ricorda Giulio Manzin, dell'associazione Wheel Be Fun, che raccoglie skater e pattinatori -: c'è bisogno di nuove aree attrezzate, anche perché ormai in città siamo in tanti e il movimento è in costante crescita. Inoltre, costruendo una pista regolamentare, potrebbe diventare un'importante attrattiva turistica e non solo, ospitando gare nazionali e internazionali e altri eventi di richiamo, come già succede in diverse città della Slovenia o in Friuli. Richiamerebbe - sottolinea - anche tanti spettatori, oltre a moltissimi appassionati, per una disciplina sempre più popolare e ricordiamo - aggiunge - che nel 2021 lo skateboard è entrato nelle discipline olimpiche ed è finalmente riconosciuto anche dal Coni». Il progetto preparato segue le linee guida che la federazione di riferimento indica per un impianto a norma. Tennis, padel, skate, la piscina, ma Laura Lisi lancia anche un'altra proposta al Comune. «Servirebbe un pezzo di costa, sempre nella stessa zona, uno squero pubblico, per sup, canoa, windsurf, canoa polo - ipotizza - da destinare a queste e altre discipline, sarebbe fantastico e molto utile a tante persone. Al momento non è previsto, ma chissà. C'è bisogno di garantire spazi che molti cittadini - conclude - sognano da anni».

Mi.Br.

 

 

Vigneti, uliveti e asini - Monte d'Oro cambia coi giovani agricoltori
Sulla collina un allevamento dei miti quadrupedi anche per la pet therapy. Già attivi quattro viticoltori e olivicoltori
SAN DORLIGO. Un allevamento di asini, nuovi vigneti e uliveti che si stanno sostituendo a una parte del bosco. Cambia volto il versante della collina di Monte d'Oro che guarda verso Trieste, destinato a ospitare, a breve, questi miti e forti quadrupedi, di cui si apprezza in particolare il latte, molto utilizzato in pediatria. Lo spunto per questa novità assoluta è dovuto all'intraprendenza della dirigenza della Comunella di Dolina, che amministra complessivamente 230 ettari nel territorio di San Dorligo della Valle. «Dovendo procedere con un parziale disboscamento dell'area - spiega il presidente, Franco Pecar - abbiamo cercato di creare i presupposti per un utilizzo degli spazi che così si verranno a creare, per offrire opportunità di lavoro ai giovani. È così maturata, di concerto con Andrej Kosmac, imprenditore locale e presidente del Circolo ippico Monte d'Oro "Dolga Krona" - aggiunge - l'idea di impiantare un allevamento di asini sui 16 ettari che stiamo disboscando». «Sono animali straordinari - sottolinea Kosmac - buoni, mansueti, onnivori, che contribuiscono alla pulizia degli appezzamenti nei quali vanno a pascolare. Pensiamo anche di dare vita all'asino terapia». Pratica definita anche onoterapia, di cui è perno questo animale docile ed empatico, definito dagli esperti "affettuoso, dotato di grandi capacità relazionali e amante del contatto fisico, statico e riflessivo, in grado di creare, attorno a sé, accoglienza e tranquillità". «In prospettiva - riprende Kosmac - sarà mio figlio Patrick, che ha 20 anni, a dedicarsi a questa attività, iscrivendosi negli elenchi dei giovani agricoltori, che possono beneficiare anche di contributi europei. Entro l'estate - conclude Andrej Kosmac - contiamo di poter alzare i primi recinti e collocare in loco i primi capi, ai quali potrebbero aggiungersi anche bovini». La collina di Monte d'Oro vede già attive da qualche tempo anche quattro aziende che si occupano di vigneti e uliveti, distribuite su una superficie di una quarantina di ettari, anch'essi ricavati con il disboscamento, gestito in collaborazione con la Guardia forestale. «Di esse sono titolari giovani imprenditori - precisa Vojko Kociancic, memoria storica della Comunella - che stanno beneficiando dell'impianto di irrigazione che fu realizzato a suo tempo dalla Provincia e che porta l'acqua fino alla sommità della collina, dove abbiamo un serbatoio di mille metri cubi di capacità, utile anche se dovesse verificarsi un incendio». Uno dei giovani agricoltori operativi sulla collina è Martin Merlak: «Questo è un lavoro duro - osserva - ma che garantisce grandi soddisfazioni». «Abbiamo in previsione di proseguire col disboscamento per altri 30 ettari - riprende Kocjancic - sempre in stretta collaborazione con la Guardia forestale e, quando saranno liberi, intendiamo proseguire con questa politica di utilizzo del territorio, riprendendo le tradizioni locali dell'allevamento zootecnico e della produzione di vino e olio. Il nostro principale problema - conclude - è il riconoscimento giuridico delle Comunelle, strutture storiche, nate per garantire la condivisione dei prodotti del territorio e non sempre adeguatamente apprezzate».

Ugo Salvini

 

 

A Muggia nuovo sistema di raccolta della plastica attraverso i sacchi gialli - modifiche alla procedura per gli imballaggi
MUGGIA. Cambiamenti in vista a Muggia per quel che concerne la raccolta porta a porta degli imballaggi in plastica, che non devono più essere conferiti sfusi nel contenitore unifamiliare, ma raccolti prima nei sacchetti gialli che sono già stati consegnati a domicilio nella quasi totalità del territorio comunale. Il sacco giallo andrà quindi inserito nel contenitore unifamiliare che sarà esposto per la raccolta. La consegna riguarda, in questo momento, l'utenza con fornitura di bidone, mentre chi già utilizzava i sacchetti potrà proseguire nell'iter sino ad oggi adottato. «È una scelta - fa sapere l'assessore Laura Litteri - che andrà a migliorare il servizio laddove la plastica sfusa, proprio in virtù della sua leggerezza, è soggetta a maggior rischio di dispersione nelle attività di raccolta, mentre il tutto si semplifica se contenuta all'interno di un sacchetto. Da una prima verifica sull'ultima raccolta di plastica effettuata, peraltro, l'utilizzo dei nuovi sacchi è già entrato nelle buone pratiche della maggior parte dei muggesani. Ciò fa ben sperare che, a conclusione delle consegne, il riscontro sia ancora più positivo». Dal Comune fanno sapere che, per garantire la copertura di tutta l'utenza del territorio, a breve sarà messo a disposizione un indirizzo e-mail al quale segnalare l'eventuale non recapito dei sacchi in modo da poter verificare e conseguentemente colmare eventuali difetti di intervento. Una volta conclusa la distribuzione dei sacchi, quindi, qualora non si utilizzi il sacco giallo il rifiuto non verrà raccolto e verrà affisso un bollino di avviso all'utenza sul contenitore.

L.P.

 

 

Il grifone presente nell'area friulana nel primo incontro proposto da CoNa

Sono tre gli appuntamenti in programma on line la prossima settimana promossi dall'associazione Co.Na. (Conservazione della natura) con sede al centro visite della riserva naturale regionale -Isola della Cona di Staranzano.Siccome le attività in presenza continuano ad essere irrealizzabili, spiega il presidente Graziano Benedetti, viene organizzato un ciclo di conferenze in rete che sarà possibile seguire dal computer di casa o dallo smartphone utilizzando la piattaforma Skype. Tutti gli interessati che vorranno partecipare agli eventi, sono invitati a mandare una e-mail a: info@associazionecona.it entro martedì prossimo 14 aprile per ricevere il link di collegamento. Il ciclo di appuntamenti prende il nome "Sotto gli occhi della natura" e inizierà venerdì alle 20.30.Si comincia con la conferenza di Fulvio Genero, responsabile scientifico della riserva naturale lago di Cornino. Parlerà su "Il Grifone in Friuli Venezia Giulia, storia ed evoluzione del progetto di reintroduzione".Il secondo incontro avverrà il venerdì successivo 23 aprile, sempre alle 20. 30 e sarà la volta dell'ornitologo e ricercatore Enrico Benussi, collaboratore dell'associazione "Liberi di volare" di Trieste che tratterà l'argomento "Il Gabbiano reale. Problematiche sulla presenza in ambito urbano". Il terzo e ultimo incontro del ciclo è affidato a Maurizio Tondolo, direttore dell'Ecomuseo delle Acque del Gemonese di venerdì 30 aprile alle 20.30 che parlerà su "Il lavoro naturalistico dell'Ecomuseo delle acque del Gemonese". Il presidente di Co.Na. Benedetti, dopo aver sottolineato il successo di partecipazione sempre in streaming nella passata edizione a fine 2020, ricorda che eventuali variazioni del programma o l'aggiunta di ulteriori conferenze saranno comunicate per tempo a tutti i partecipanti.

Ciro Vitiello

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 aprile 2021

 

 

MERCATO COPERTO - La ricetta "lenta" di Petrini: «Nel mercato c'è l'identità Trieste non l'abbandoni»
Mentre in città si discute sul futuro della struttura coperta, l'anima di Slow Food rilancia il piccolo Commercio di livello: «Diamo chance ai giovani, la politica non bussi sempre alle grandi catene»
«Una grande città come Trieste non può permettersi di abbandonare il piccolo commercio e il suo storico mercato, perché è lì che possono trovare nuove opportunità i giovani ed è lì che risiede l'identità del territorio». Carlo Petrini, fondatore e presidente dell'associazione Slow Food, è uno che di cibo, cultura, società e territorio, e della relazione che li lega, ne sa parecchio: ci ha costruito sopra una vita, una carriera, uno stile. Gastronomo, sociologo, scrittore, attivista convinto del valore del cibo e del modo in cui lo si produce, lo si consuma e lo si conosce, Petrini entra nel vivace dibattito pubblico che da giorni coinvolge la città e il futuro del Mercato coperto. Non lo fa ovviamente immergendosi nella polemica politica o nei dettagli tecnici di un eventuale intervento di recupero, ma riflettendo sul ruolo che i mercati possono e devono ricoprire nei centri storici delle città, con benefici sul fronte economico e occupazionale, ma anche culturale, sociale, turistico. Da Budapest a Madrid, da Firenze a Valencia, da Londra a Siviglia, in tutta Europa la riqualificazione e valorizzazione dei mercati storici, con la loro esplosione di profumi e colori, tipicità e folclore, è stata considerata uno strumento per vivere le città e presentarle ai turisti in modo nuovo. A Trieste se ne parla da una vita, ma non si conclude. E la responsabilità, secondo Petrini, è della politica, «che non può aspettare che arrivi il salvatore della patria, il grande investitore, l'attrattore che porta i soldi e occupa gli spazi: le istituzioni non devono attendere progetti, ma pensarli».Carlo Petrini, in che modo la politica è responsabile?«Lo è perché si deve assumere l'onere di scegliere e di considerare questo tema come una priorità. Qui si parla di politica in senso alto, quella che deve individuare nuovi paradigmi, che richiedono capacità di visione. Le istituzioni devono porsi come garanti della comunità e di un nuovo tipo di rapporto tra produzione e distribuzione».Come devono farlo?«Viviamo una fase storica difficile e unica. Questa terribile crisi pandemica ci insegna che dobbiamo davvero cambiare rotta. La pandemia ha riempito le tasche della grande distribuzione e dei colossi dell'online, come Amazon, che hanno fatto ricchi affari, mentre ha devastato il piccolo commercio, che già da tempo viene soffocato dalle logiche dei prezzi imposte dai grandi. È la politica, sono le istituzioni che devono scegliere con chi stare, chi supportare». Come dovrebbero essere sfruttati i mercati in questo senso?«I mercati sono i luoghi ideali per consentire alle piccole realtà agricole del territorio di avere spazi per la vendita diretta dei loro prodotti. Ci sono tantissimi giovani che, complice la crisi occupazionale, negli ultimi anni sono tornati alla terra. Si mettono in gioco, generosi, e costruiscono cooperative e piccole realtà di valore e qualità. E noi non li aiutiamo? Diamo spazio solo ai supermercati? Quei giovani devono avere la possibilità di vendere direttamente i loro prodotti: si dia a loro quegli spazi».Ma concretamente come si deve procedere?«Ci sono mille esempi, dai Mercati della terra di Slow Food a Campagna Amica di Coldiretti. Sono progetti che funzionano, strade che vanno percorse prima di bussare alla porta della grande distribuzione, che ha avuto sin troppi benefici in questi anni. È una strada più difficile, ma spetta al pubblico farsi carico di queste decisioni».Ancora una volta, è una questione di scelte.«Certo. Sostenere il commercio di prossimità deve essere considerato dalla politica una battaglia giusta, necessaria. Non si possono più difendere gli interessi di pochi colossi a discapito dei piccoli: è intollerabile. E poi un paese come il nostro non può permettersi di perdere il suo rapporto con la terra, la sua identità più alta e nobile».

Elisa Coloni

 

Marini: «Raccolta firme ad hoc contro Dipiazza» - l'affondo del forzista

«Raccogliere firme è sempre stato uno sport molto praticato a Trieste. Ma esistono diversi tipi di raccolta firme, da quelle fatte in perfetta buona fede per sollevare un problema e chiederne la soluzione, come la riapertura del Parco di Villa Necker, assolutamente trasversale, alla quale ho aderito, e altre strumentali, come quella sul Mercato coperto». Lo afferma Bruno Marini, consigliere comunale di Forza Italia, che aggiunge: «si tratta di una petizione strumentalizzata da forze politiche, sulle quali costruire improbabili alleanze o addirittura stipulare patti di carattere squisitamente partitico. Sul Mercato coperto - spiega Marini - si sta costruendo una campagna rivolta dichiaratamente contro l'attuale sindaco Dipiazza, peraltro poco difeso e supportato dalla sua maggioranza, con affermazioni inverosimili quando non francamente ridicole».

 

Polemica su Villa Haggincosta L'Aias ora "sfida" Giorgi sul posto
Il Comune non ha i 4 milioni necessari per il restyling. L'associazione, invitata a trovare i soldi, rilancia e chiama l'assessore a un sopralluogo
Villa Haggincosta, chiusa dal 2008, è al centro di un botta e risposta tra l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi da una parte e l'Associazione per l'indipendenza, l'assistenza e la sicurezza delle persone con disabilità (Aias), ultimo ospite dell'immobile 13 anni fa, dall'altra. In seguito alla denuncia di abbandono del bene da parte del Comune, scritta dalla presidente dell'ente, Claudia Marsilio, l'esponente della giunta Dipiazza aveva invitato quest'ultima, se intenzionata, a proporre un progetto supportato da investitori. Al momento infatti l'amministrazione non ha a disposizione quattro milioni di euro, la spesa preventivata per riqualificare la villa. «Invitiamo l'assessore a un confronto sul posto dedicato all'edificio principale di Villa Haggiconsta per valutare quanto afferma», scrive in una nota la presidente Marsilio: «Sicuramente non sono le barriere architettoniche il problema dell'edificio, in quanto eliminate dalla stessa Aias Trieste nel lontano '72, quando ancora nessuno parlava di barriere architettoniche, ma è il degrado totale dovuto alla mancanza di manutenzione ordinaria e straordinaria che competeva e compete al Comune di Trieste».Quanto al progetto, «la proposta c'è ma chiedo cortesemente all'assessore di farci sapere in quale veste noi possiamo chiedere contributi per un edificio sul quale non abbiamo titolo», continua Marsilio. Che aggiunge: «Quando la villa era stata donata dalla Regione al Comune, l'istituzione donante aveva aggiunto nella delibera la raccomandazione di agire in fretta per non deteriorare ulteriormente il bene già notevolmente trascurato. La Regione permetterà che un bene pubblico venga abbandonato a se stesso oppure accoglierà la richiesta dell'Aias di una collaborazione per salvarlo e renderlo un bene prezioso per la città?».La villa in questione, lo ricordiamo, è in viale Romolo Gessi, in una posizione panoramica su Passeggio Sant'Andrea. Fu costruita nel 1889, su progetto di Ruggero Berlam, commissionata dal mercante greco-russo Giorgio Haggincosta.

be.mo.

 

Meno lacci burocratici - Adesso Casa Francol può diventare un hotel
Il Piano del centro storico leva i limiti di destinazione d'uso: 10 mesi fa il flop dell'asta sul project financing da 4,5 milioni
Casa Francol, il Comune insiste e non desiste: prima che termini il terzo Dipiazza, cerca una soluzione che consenta a un angolo, teoricamente prestigioso in pieno centro, di scuotersi di dosso una spessa patina di mesto abbandono. Forse esiste lo strumento che può attrarre investitori: è il Piano particolareggiato del centro storico, che entro la fine di aprile dovrebbe tornare in commissione per il secondo giro di approvazione (circoscrizioni, aula) e poi entrare così in vigore. Il direttore dipartimentale Giulio Bernetti e l'architetto Beatrice Micovilovich, che ha coordinato il gruppo di lavoro sul Piano, danno una buona notizia al collega Enrico Conte, che ha seguito il dossier Francol: una volta varate le nuove regole, non ci sarà più limite di destinazione d'uso per l'antico ma fatiscente edificio in zona Urban, costruito a metà del XVII secolo. Edificio che potrà essere trasformato anche in albergo. A pochi metri fischieranno le orecchie a Manuel Costantin, titolare dell'hotel Urban, fino a un anno fa molto ben disposto, insieme ad Andrea Monticolo, a scommettere sullo stabile dei nobili Francol. La cubatura disponibile è inoltre incrementabile, essendoci facoltà di costruire "ex novo" nello spazio libero a fianco, denominato nel burocratese municipale "Umi 13". Naturalmente il progetto dovrà essere compatibile con i desiderata della Soprintendenza, che su quell'area, sia per la centralità (Crosada, Capitelli, salita verso Barbacan e San Giusto)che per l'interesse archeologico, vuole dire la sua. Poi bisogna verificare la convivenza delle eventuali intenzioni private con i programmi comunali: nel settembre 2019 venne approvato dalla giunta il progetto redatto dall'architetto Fulvio Urbano Bigollo. Si trattava di un project financing pubblico- privato, che ridisegnava quello spicchio di centro: casa-vacanze in casa Francol e adiacente "Umi13", verde nell'ex parcheggio dei comunali, nuova salita verso San Silvestro. Valore dell'operazione 4,5 milioni, di cui  un terzo denari comunali residuati dalla ristrutturazione Urban. I Lavori pubblici, da cui dipende la redenzione Francol, misero in gara il progetto, prima a scadenza 23 marzo 2020 poi - lockdown Covid imperante - 24 giugno. Ma nessuno si fece vivo, poiché Costantin e Monticolo, gli imprenditori che parevano più interessati alla riqualificazione, ritennero la proposta comunale non conveniente se rapportata ai tre milioni di euro a carico dei privati (concessione troppo breve, no parking, edificabilità troppo vincolata). Si era fatta viva anche una società londinese, la Oyrone ltd, ma senza alcun approccio ufficiale. Adesso, con il Piano del centro storico, la partita Francol, ferma da 10 mesi, si riapre: gli investitori sono avvertiti.-

Massimo Greco

 

Il Covid frena il rilancio del Museo Ferroviario - Servono 16 mesi in più
Il cantiere sarà terminato nel 2023 e non più nel 2022, come indicato in origine - Ok il recupero della facciata e il restauro delle locomotive, prossimo step gli interni
Slitta di 16 mesi la fine dei lavori del restauro relativo all'intero Museo Ferroviario. Un termine previsto, quindi, non più nel 2022 ma nel 2023. La pandemia ha inciso anche sul cantiere della Fondazione Ferrovie dello Stato che, nei mesi scorsi, con 2,5 milioni di euro finanziati dal gruppo Fs, dal MiBact e dalla Regione Fvg, ha completato la prima tranche dell'operazione, rivolta in particolare alla facciata. «Nei mesi scorsi è stato ultimato il recupero del fabbricato prospiciente via Giulio Cesare», sottolinea Luigi Cantamessa, direttore generale della Fondazione: «Sulle facciate è stato effettuato il risanamento degli intonaci, dei cornicioni di gronda, delle cornici e delle modanature, con delicati interventi di rifinitura. Contemporaneamente, si è proceduto al restauro estetico delle locomotive "683. 015" e "229.170", conservate all'interno del Museo».Tre anni fa era stato presentato l'articolato progetto di riqualificazione da 18,5 milioni di euro, al fine di rendere il Museo Ferroviario di Trieste il secondo in Italia dopo quello di Pietrarsa. Era stata annunciata in quella occasione anche la realizzazione del primo hotel a tema ferroviario. Dei 18,5 milioni di euro per il momento ne sono stati reperiti solo 6,5. Oltre ai 2,5 impiegati per la facciata, ne restano altri quattro che serviranno a ristrutturare, entro il 2023 appunto, gli interni del Museo Ferroviario con l'esposizione permanente. Seguirà la realizzazione di un nuovo allestimento, che costituisce assieme al primo intervento la seconda fase del cantiere. Il progetto definitivo per il restauro degli interni è già stato approvato dalla Soprintendenza. La gara d'appalto, per individuare la ditta che svolgerà i lavori, partirà questo mese. È invece ancora in corso la redazione dei disegni per la realizzazione del luogo espositivo, riguardo il quale i progettisti devono tenere conto che la Soprintendenza aveva caldeggiato il coordinamento tra interni e allestimento definitivo. «L'ultimo incontro tecnico su questo tema - spiega la soprintendente Simonetta Bonomi - risale alla scorsa estate, quando erano stati decisi alcuni punti sull'allestimento. Da quel momento non abbiamo più avuto occasioni di confronto». Secondo il rendering diffuso dalla Fondazione Fs, a opera conclusa dovrebbero trovare posto una grande area di quasi 700 metri quadrati per la collezione permanente, poi una sala polivalente, laboratori didattici, altre zone espositive, una sala conferenze e una caffetteria con affaccio sulle Rive. Tutto questo è previsto al piano terra, dove c'era l'intento di inserire l'ingresso dell'hotel, che si svilupperà anche al primo e al secondo piano. Un'idea però che potrebbe subire delle variazioni, visto l'exploit delle nuove strutture alberghiere che in questi ultimi tre anni sono state costruite o progettate. Questa terza e ultima operazione del programma, nata assieme al resto nel 2016 con il primo studio di fattibilità, prefigura anche una terrazza prospiciente il Golfo e il ripristino della volta che sormontava il fascio binari, smantellata nel 1942 per esigenze belliche. Verrebbe così creato un vasto cortile coperto per eventi e manifestazioni culturali. Necessitano per questo in totale 12 milioni di euro, risorse però che - come abbiamo riferito - non sono ancora state finanziate. Al termine degli interventi di riqualificazione comunque, la Fondazione Fs gestirà direttamente il Museo Ferroviario, avvalendosi anche del contributo dell'omonima associazione di appassionati. Devono ancora però essere individuate le funzioni di supporto dei volontari, che richiederanno accordi una volta completato l'intero restauro.

Benedetta Moro

 

 

Nanoplastiche nell'organismo: dove finiscono - Uno studio cui partecipa Promoscience di Area
Microplastiche e nanoplastiche sono molto diffuse nell'ambiente e sono ormai entrate a far parte della vita di tutti i giorni. Possono trovarsi nel cibo che mangiamo, nell'acqua che beviamo e nell'aria che respiriamo. Nonostante la loro pervasività, non si conoscono ancora i rischi per la salute umana che l'esposizione a queste particelle comporta. ? al suo calcio d'inizio il progetto europeo sulle microplastiche e le nanoplastiche finanziato dal programma Horizon 2020 dell'Unione Europea con un finanziamento di oltre sei milioni di euro e intitolato Imptox - An innovative analytical platform to investigate the effect and toxicity of micro and nanoplastics combined with environmental contaminants on the risk of allergic disease in pre-clinical and clinical studies. Studierà l'impatto di queste piccolissime particelle di materiale plastico sulla salute umana. 12 partner e 8 Paesi: Serbia, Belgio, Austria, Svezia, Francia, Croazia, Italia e Svizzera. ? triestino, invece, uno dei partner che si occuperanno delle attività di comunicazione del progetto e della disseminazione dei suoi risultati. Si tratta di Promoscience Srl, insediata in Area Science Park, una Pmi dinamica e con grande esperienza nell'ambito dei progetti finanziati dalla Comunità Europea. Il progetto cercherà di identificare quali micro e nano plastiche sono presenti in ambienti diversi e andrà anche a determinarne la quantità e cercherà di capire che tipo di contaminanti si attaccano sulla loro superficie e dove vanno a finire, all'interno del nostro organismo, una volta che vengono inalate o ingerite. Si stima che più di cinquemila miliardi di particelle di plastica circolino nelle acque superficiali degli oceani e si ritiene che probabilmente, ora, questo numero sia ancora più elevato, a causa dell'aumentato utilizzo di plastica e dell'associato incremento nella produzione di rifiuti che si stanno registrando dall'inizio della pandemia di Covid-19. «Sappiamo molto poco su come queste particelle possano influenzare le malattie allergiche - commenta Tanja Cirkovic Velickovic, coordinatrice del progetto Imptox e professoressa presso la Facoltà di Chimica dell'Università di Belgrado - Nell'ambito del progetto Imptox, per la prima volta, verranno indagati gli effetti delle micro e nano plastiche sulle allergie e sull'asma. Studieremo vari tipi di esposizione a queste particelle, sia ambientale sia attraverso la dieta, utilizzeremo diversi modelli preclinici per condurre le nostre ricerche e realizzeremo uno studio clinico su un gruppo di bambini allergici». Insieme, i partner svilupperanno strumenti innovativi per identificare, estrarre, caratterizzare e quantificare le micro e nano particelle di plastica presenti nell'ambiente, ne seguiranno il destino e ne valuteranno l'accumulo all'interno dei tessuti, ne valuteranno la tossicità in studi preclinici e approfondiranno gli effetti dell'esposizione nei bambini.

Lorenza Masè

 

 

SAN GIORGIO DI NOGARO - In due anni tolti 27 mila camion con le bramme lungo le strade
In due anni sono stati tolti dalle strade regionali circa 27 mila mezzi pesanti. Molti i camion che da Monfalcone portano ai laminatoi di San Giorgio di Nogaro le bramme (manufatti di ferro), che ora vengono dirottati su rotaia e via mare. Il trasporto marittimo delle bramme di ferro da Monfalcone a Porto Nogaro è reso possibile per un preciso sostegno economico approvato dalla Commissione europea nel 2015: 2,8 milioni di euro in tre anni, che resterà in vigore fino al 31 dicembre 2021, per il miglioramento delle reti di trasporto. Per quella data, la Regione presenterà richiesta all'Ue di prolungare anche al 2022 i contributi atti all'abbattimento di tali costi, che permettono alle aziende di essere competitive sui mercati internazionali. Ricordiamo che questi incentivi possono essere considerati aiuti di Stato che la Ue non autorizza, ma con tali dati, la Regione, potrà sostenere di essere in linea con le strategie dell'Ue atte al miglioramento della connettività - in termini di reti di trasporto - nella Macroregione Adriatico-Ionica e con il resto d'Europa. Dal 2018 al 2020 il numero di bramme trasportato con due motonavi via mare è passato dalle 6.500 alle 13.400, mentre quelle trasportate su rotaia negli ultimi due anni sono state 10.942 per altrettanti Tir (una bramma per Tir), che hanno permesso di passare, in questo arco temporale, dai 13 mila ai 27 mila camion tolti dalla strada regionale 14. A utilizzare questo sistema di trasporto nella zona industriale Aussa Corno di San Giorgio di Nogaro, considerata il polo della laminazione italiana, sono i quattro stabilimenti insediati: Marcegaglia Plates, Marcegaglia Palini e Bertoli, Metinvest Trametal e Officine Tecnosider, che occupano 700 addetti diretti e circa 200 indiretti. «Questi sono i risultati ottenuti dalla nostra Regione nello sviluppo delle infrastrutture e dei servizi marittimi e ferroviari intermodali che hanno collegato sia i porti della Regione che alcune aree produttive - spiega l'assessore regionale a Infrastrutture e Trasporti, Graziano Pizzimenti - consentendo quindi di togliere dalla strada un traffico pesante e particolarmente pericoloso come quello delle bramme di ferro, per un totale di circa 27mila Tir. La nostra amministrazione intende mantenere e sviluppare ulteriormente questa misura anche nei prossimi anni. Per questo chiederemo alle autorità europee di rinnovare tale sostegno».

Francesca Artico

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 11 aprile 2021

 

 

Fra Pineta di Barcola e Bivio per sei fontanelle verdi - restyling ormai al traguardo
L'intervento dei tecnici di AcegasApsAmga finanziato dal Comune con 40 mila euro. Ultima fase di un'operazione avviata l'anno scorso
Barcola finisce sotto il bisturi di AcegasApsAmga per presentarsi al meglio durante la prossima estate. Dopo i 300 mila euro inseriti di recente nel bilancio di previsione triennale per rimettere a posto i cubetti di porfido danneggiati dalle mareggiate, il Comune ha stanziato 40 mila euro per ultimare un intervento tecnico ma anche di carattere estetico su sei delle 12 fontanelle di acqua potabile pubbliche e sulle fontane con gettito sferico, collocate nel tratto di lungomare stretto tra la fine della Pineta e il Bivio. Un intervento che terminerà a metà aprile e che chiude il restyling iniziato lo scorso anno. Da una parte dunque vengono sostituite le tradizionali colonnine verdi, dall'altra invece gli operatori della multiutility stanno terminando lo sdoppiamento delle linee di alimentazione idrica, separando la parte irrigazione da quella dedicata esclusivamente al rifornimento delle fontanelle. In che modo? Da AcegasApsAmga spiegano che dalla condotta principale si estendeva fino ad ora un'unica derivazione, che approvvigionava sia la parte dedicata all'irrigazione delle piante sia le fontanelle. Adesso invece viene installata una derivazione per ciascuna fonte in modo da avere un servizio più resiliente. Così, nel caso di rottura di una tubazione utile a bagnare la parte verde, non sarà necessario bloccare quella utilizzata invece per approvvigionare le fontanelle, molto usate durante la bella stagione. Finora sono stati posati e ripristinati i primi quattro punti acqua che vanno dalla fine della Pineta al molo G, di fronte alla salita di Cedassamare. Restano da ultimare due fontanelle nel tratto prima del Bivio e le fontane a gettito sferico presenti all'altezza del California. Lo scorso anno la stessa operazione era stata prevista per altre sei fontanelle, ubicate a partire da piazzale 11 Settembre, e per la derivazione della grande fontana di Barcola. «Questo è un intervento ad hoc di manutenzione finanziato dal Comune e realizzato dal gestore dei sottoservizi AcegasApsAmga - sottolinea l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi -. La multiutility si occupa anche di ripristinare la pavimentazione in porfido una volta conclusi i vari piccoli cantieri». Su tutto il territorio comunale di Trieste si trovano circa 300 fontanelle pubbliche, che in gran parte risalgono al XIX secolo - alcune delle quali riparate nel 2020 - aperte principalmente dal 15 marzo al 15 novembre di ogni anno, da cui sgorga acqua potabile. A proposito di lavori sulla riviera, intanto il consigliere comunale forzista Michele Babuder chiede d'inserire delle nuove opere nei prossimi lotti di manutenzione: «Chiedo per ragioni estetiche ma soprattutto di sicurezza pubblica il restauro e il ripristino di parte della barriera di protezione sul lungomare dopo il Bivio: in molti mi hanno segnalato la necessità di sistemare alcuni manufatti dell'ultimo tratto di lungomare».

Benedetta Moro

 

 

Troppe meduse in golfo - L'allarme dei pescatori: «Attività compromessa»
"Bote marine" entrano nelle reti al posto delle seppie e allontanano gli altri esemplari. Riflessi negativi nelle rivendite: i prezzi lievitano
«Andiamo per mare da 50 anni, non abbiamo mai visto una cosa del genere. Si tratta di una vera e propria invasione che non ci permette di lavorare». Non usano mezzi termini i pescatori della provincia di Trieste, costretti negli ultimi giorni a fare i conti con un'insolita escalation di meduse nel golfo. Si tratta delle "Rhizostoma pulmo", enormi meduse bianche con il bordo blu, conosciute a queste latitudini con il soprannome poco aulico di "bote marine". Le foto dei giorni scorsi, con il mare coperto di esemplari davanti alle Rive cittadine, hanno fatto il giro del mondo, ma al di là dell'aspetto meramente spettacolare tale inconsueta densità sta creando grandi danni a chi, con l'habitat marino, ci vive e deve arrivare alla fine del mese.«Il problema è che entrano nelle reti e con il peso finiscono per strapparle», sottolinea un allarmato Fabio Vascon, pescatore muggesano: «Essendo questa la stagione delle seppie, usciamo in mare con reti dal filato molto fine, che ben presto si rovinano. A causa delle meduse, inoltre, il pesce non si avvicina a riva e la stagione finora è compromessa. È difficilissimo lavorare con questi esemplari che riempiono il mare. Ce ne sono lungo tutta la costa, fino a Duino. Fra poco inizia la "saccaleva" e, non dovessero andarsene, le "cocce" dei pescherecci si riempiranno solo di "bote marine"». Sul fatto che si tratti di un episodio più unico che raro Vascon non ha dubbi. «Faccio il pescatore da 50 anni e, sinceramente, non mi ricordo di una quantità del genere», spiega: «Certo, in passato è capitato di avere dei periodi in cui ce ne fossero di più, ma non mi è mai successo di passare con la barca sopra tappeti di meduse e di farle a pezzi con le eliche. Ce ne saranno 50 ogni metro quadrato». Come conseguenza di questa situazione i prezzi della "materia prima", il pescato, sono lievitati considerevolmente. «Di seppie non ce ne sono quasi», sottolinea Vascon: «Ieri ne ho pescati cinque chili, l'anno scorso in questo periodo ne pescavo una trentina».«È vero», conferma Andrea Bozic della pescheria "Al Golfo di Trieste": «Di seppie ne abbiamo pochissime e, di conseguenza, le dobbiamo vendere a un prezzo più elevato per la stagione. Ma il problema delle meduse ha finito con l'influire anche sugli altri pesci». Un mese fa lo stesso problema si era verificato sulle coste istriane, tanto che molti pescatori avevano approfittato per fermarsi e fare lavori a secco sui loro pescherecci. «Ma febbraio e marzo sono mesi notoriamente poco pescosi», spiega Bozic: «Ora invece in piena primavera si dovrebbe trovare più pescato, ma a causa delle meduse, di pesci se ne vedono pochi».Così i prezzi aumentano. «Fortunatamente questa strana situazione si è venuta a creare nella settimana successiva a quella di Pasqua notoriamente caratterizzata da meno lavoro dopo la grande abbuffata - ricorda Furio Lorber, titolare della pescheria "Big Fish" di strada del Friuli - ma il problema resta. Senz'altro l'invasione delle meduse non ha aiutato i pescatori nel loro lavoro. Di conseguenza, essendoci poco pescato, i prezzi sono aumentati».-

Lorenzo Degrassi

 

Strana chiazza d'olio avvistata a Miramare - Ma sono solo alghe - le correnti le hanno rese visibili
Come se non bastasse l'invasione di meduse, nella mattinata di ieri la Guardia Costiera ha segnalato ai responsabili dell'Area Marina di Miramare la presenza di un'insolita sostanza oleosa galleggiante nei pressi delle banchine. Le analisi fornite dai biologi, che hanno provveduto a raccogliere alcuni campioni di acqua marina, hanno fugato ogni timore iniziale: l'insolita sostanza non era altro che un grosso accumulo di Noctiluca Scintillans, ovvero una microscopica alga da sempre presente nel mare Adriatico, ma che solitamente giace in mare aperto risultando invisibile. In questi giorni, complici gli sbalzi di temperatura, le correnti marine e i venti hanno trasportato queste alghe verso la costa, accumulandole nei porticcioli. Diverse e svariate, invece, sono le spiegazioni sul perché della recente invasione di meduse nel golfo. «Le meduse aumentano perché peschiamo troppi pesci - ammonisce Nicola Bressi, direttore del Museo Civico di Storia Naturale del comune di Trieste -. Ci sono pesci che mangiano meduse mentre altri, ad esempio i "sardoni", sono dei competitori delle Rizhostomae pulmo, perché mangiano lo stesso cibo, ovvero zooplancton. Perciò, se l'uomo pesca più pesce, alla fine lascia maggiore spazio alle meduse». La pesca, però, non è l'unica causa della recente esplosione di "bote marine". «Un'altra è sicuramente l'inquinamento climatico - spiega Bressi -. Più l'acqua è calda e più il mare si riempie di meduse. Senza dimenticare che il golfo di Trieste rappresenta il cul- de-sac del mare Adriatico».

L.D.

 

 

Il Parco di Miramare riapre nel pieno della fioritura - LE VISITE DA DOMANI. PER IL MUSEO STORICO BISOGNA ATTENDERE ANCORA
TRIESTE. Con l'ingresso in zona arancione del Friuli Venezia Giulia, da domani riapre il Parco di Miramare, mentre per il Museo storico si dovrà ancora attendere un ulteriore miglioramento dei dati che consenta il passaggio in zona gialla.«È un vero sollievo poter aprire nuovamente i cancelli - dice il direttore del Museo storico e il Parco del Castello di Miramare Andreina Contessa - riaprire il Parco grazie alla deroga ricevuta, mi dà particolare soddisfazione perché è davvero importante che i cittadini possano fruire della bellezza e dell'armonia che, particolarmente in questo periodo, regalano il parterre, il sentiero delle camelie, i porticati ricoperti di glicine e tutta la natura che si sta risvegliando».Lo scorso autunno - fanno sapere da Miramare - sono stati piantati decine di migliaia di bulbi di crochi, narcisi, muscari e altri fiori che in queste settimane tinteggiano le aiuole del parterre, le zone alte vicino al boschetto dei corbezzoli, le scarpate che fiancheggiano il sentiero sopra il Viale dei lecci e la zona delle serre vecchie. Sono fiorite anche le camelie messe a dimora recentemente nel rinnovato sentiero che proprio a loro è da sempre dedicato. Per il glicine nel piazzale antistante il castello servirà ancora qualche giorno, ma è ormai questione di poco. A breve inoltre saranno portate all'esterno, dopo il ricovero invernale nelle serre, le piante di agrumi che costituiscono il primo progetto di Agrumetum intrapreso lo scorso settembre. Il Parco di Miramare riaprirà al pubblico con i consueti orari di questo periodo: dalle 8 alle 19. Si tratterà come sempre - è l'invito che viene rinnovato - di osservare in modo rigoroso le norme igienico-sanitarie e, in particolare, di indossare la mascherina coprendo naso e bocca, rispettare il distanziamento interpersonale di almeno un metro e il divieto di assembramenti, igienizzare di frequente le mani.

 

 

SEGNALAZIONI - Commercio - Sul Mercato coperto serve coraggio

Da qualche parte a Passo Costanzi dev'essere custodito un "libro delle risposte" molto particolare. Ogni volta che uno spazio comunale necessita di una riqualificazione vengono sfogliate le pagine di questo libro leggendo le soluzioni che suggerisce. Il problema è che l'edizione triestina contiene solo due pagine: nella prima c'è scritto "supermercati" e nell'altra "parcheggi". Il mercato coperto non è sfuggito a questo collaudato processo risolutivo, di questo passo verrà allestito un supermercato stile drive-in: potremo sfilare tra le corsie stando comodamente seduti a bordo della propria auto. Prima che questa battuta venga presa in considerazione provo ad aggiungere una pagina al "libro delle risposte" dei dilemmi comunali. Mi piacerebbe che l'amministrazione evitasse di delegare a terzi - in questo caso una grande catena - il destino di luoghi pubblici e facesse delle scelte un po' più creative e coraggiose, innovando la struttura ma lasciando che resti un contenitore di tanti piccoli commercianti e artigiani, magari con un occhio di riguardo a chi ha dovuto abbassare la saracinesca in questi ultimi dodici mesi a causa del Covid.

Lorenzo Pellizzari

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 aprile 2021

 

 

Golfo di Panzano oasi naturalistica con il nuovo prato in fondo al mare
Primi riscontri positivi del progetto sperimentale avviato un anno fa che riguarda la semina delle fanerogame
Stanno crescendo le fanerogame sul fondale del golfo di Panzano, è uno spettacolo osservarle sott'acqua mentre ondeggiano con il movimento del mare, illuminate dal sole di primavera pronte a produrre i semi per ripopolare il tratto di mare. Sta avendo successo il progetto europeo Saspas di cui è capofila il Comune di Monfalcone e che vede il Golfo di Panzano tra i protagonisti assieme alle Incoronate e il parco delle Dune in Puglia. A breve saranno posizionati anche i corpi morti e agganciati i gavitelli per evitare che i diportisti usino l'ancora che rovina il fondale, e il tratto di mare che su allunga davanti alla spiaggia verso Marina Julia diventerà sempre più attraente dal punto di vista naturalistico e turistico "green" Da un lato la spiaggia per i bagnanti che è stata risistemata, dall'altra le aree naturali del mare che vanno verso l'Isola della Cona, altro paradiso naturale. Una zona sempre più interessante per un turismo "green", che si allargherà presto con le nuove proposte di gite nella Cavana alla scoperta di angoli naturali intatti grazie a piccoli tour con i gommoni. Ed è tutto pronto dunque anche per il progetto delle fanerogame e del ripopolamento del Golfo di Panzano con l'obiettivo di prevenire l'erosione del tratto di costa a causa delle mareggiate. Dopo la prima fase di piantumazione dello scorso anno è pronta la seconda. Se le condizioni meteo e di marea lo consentiranno tra il 14 e il 15 di aprile gli esperti della società Selc incaricati dell'operazione torneranno nelle aree. I sopralluoghi effettuati per verificare risultati della prima campagna di innesti hanno confermato che l'operazione è riuscita e le piantine stanno crescendo rigogliose. Questi piccoli trapianti come detto sono in grado di produrre un'alta quantità di semi diventando un centro di diffusione e colonizzazione su larga scala delle fanerogame nelle aree del litorale. Un risultato, hanno fatto sapere gli esperti, già ampiamente raggiunto. Queste piante consentono il ripristino e il consolidamento dell'habitat marino per contrastare l'erosione causata dal moto ondoso e delle mareggiate. Uno degli obiettivi è anche promuovere l'auto-sostenibilità dell'ecosistema dell'Adriatico. «Abbiamo anche concluso le procedure per il posizionamento in via sperimentale di gavitelli d'ormeggio ecologici che prevediamo di sistemare entro il prossimo giugno» fa sapere il sindaco di Monfalcone, Anna Cisint. Si punta a linee guida per la conservazione delle praterie di vegetazione acquatica specie in quei contesti di pregio dove il transito e l'ancoraggio delle imbarcazioni da diporto possono costituire un'importante causa di rarefazione e, quindi, di danno. Lo sviluppo delle fanerogame ha anche un'importante funzione di riduzione della Co2 e ciò rappresenta un valore aggiunto per un comprensorio industriale come quello monfalconese. L'area interessata, fra i Comuni di Monfalcone e Staranzano, comunque, è al di fuori della Riserva naturale della Cona. Per l'attuazione del progetto il Comune ha acquisito un contributo sui fondi comunitari di oltre 2 milioni di euro. Monfalcone conta anche su altre progettualità finanziate dalla Ue sempre con la finalità di migliorare la sostenibilità ambientale: Ecosmart, per la valorizzazione della Cavana, Smooth port, relativo alle attività portuali, FramesPort, riguardante i centri nautici e il progetto Ecomosaico del Carso, che sarà avviato a maggio.

Giulio Garau

 

 

«Lavori anti frana e bus» - Appello da clivo Artemisio
I residenti chiedono al Comune di mettere in sicurezza la strada nel tratto del cedimento di oltre dieci anni fa e poi un collegamento con il centro città
Chiedono la messa in sicurezza della strada, una fermata dell'autobus e l'installazione di presidi per ridurre la velocità dei veicoli dei "furbetti" che la usano come scorciatoia. Clivo Artemisio è la strada che collega via Alfonso Valerio con la parte finale di via Baiardi che sbuca in Strada Nuova per Opicina. Una impervia salita nel primo tratto in asfalto e poi, vista la pendenza importante, in pavé, da cui partono altre due strade, via Calpurnio e via Fleming, in un dedalo di sterrati e passeggiate che si snodano sul monte Valerio dietro all'università. «Una volta eravamo in tanti - racconta Gianfranco Cermelj -, ora molte case sono vuote. Succede in altre zone della città, qua è però più sentito il fenomeno in quanto non ci sono mezzi pubblici e quindi, soprattutto gli anziani, sono costretti a migrare verso il centro. La nettezza urbana passa spesso, però molto è fatto anche da noi residenti che magari tagliamo l'erba, se troppo alta, o buttiamo il sale in inverno per evitare che la strada si ghiacci». Mario, decano della zona che chiede di pubblicare solo il nome, conferma di sentirsi abbandonato: «Quando c'è neve o ghiaccio qua non passa nessuno del Comune». Se l'arrivo della bella stagione inevitabilmente fa passare in secondo piano il rischio gelate, a far arrabbiare i residenti è la situazione di Clivo Artemisio nella parte iniziale, dove una frana decennale ha fatto crollare un pezzo di strada. «La preoccupazione - spiega Mario - è che possa crollare del tutto visto che le piogge stanno erodendo la parte sottostante. Qua c'è un terreno orizzontale, lo so perché ho costruito la mia casa, e con le piogge e il ghiaccio il rischio è che si frantumi ancora di più. Non so bene se sia una zona di proprietà del Comune, dell'Università o di privati, però così non si può andare avanti perché qualcuno rischia di farsi male». La frana risale a più di dieci anni fa e da allora, oltre al posizionamento di alcuni new jersey - denunciano i residenti -, nulla è stato fatto. L'assessore comunale ai Lavori pubblici Elisa Lodi conferma di come l'amministrazione sia a conoscenza della situazione. «Sono al lavoro con gli uffici per reperire le risorse necessarie, parliamo di circa 250 mila euro, per l'opera di ripristino. La situazione è così da troppi anni e noi vogliamo risolverla». Al problema frana, in un punto dove peraltro qualcuno nei giorni scorsi ha anche gettato delle porte, si aggiunge quello dei "furbetti" che usano clivo Artemisio come scorciatoia per arrivare in città nonostante sia vietata la svolta per chi scende da Opicina. «Prima del pavé - racconta Bruno Hussu - c'è una specie di marciapiede ma è tutto dissestato. Qua vengono giù abbastanza veloci, nonostante i cartelli messi ancora da Roberto Cosolini, ed è pericoloso. Inoltre molti usano i nostri cassonetti dei rifiuti, fra l'altro se ne potrebbe aggiungere uno per le sterpaglie visto che li hanno messi in via Valerio dove servono a poco. Ho chiesto al sindaco anche un collegamento con l'autobus, basterebbe fino a via Fleming, con un mezzo piccolo, giusto per aiutare i più anziani ed evitare di avere pedoni che camminano sulla strada». Proprio in via Fleming ha sede il circolo culturale Svetko Pecar, oggi chiuso causa emergenza Covid, spiega Fabrizio Salvi che abita poco distante ed è presente in sede per dare da mangiare ad Ika, il gatto padrone di casa. «Quelli dei mezzi pubblici e della frana sono i problemi maggiori, qua si vive bene ma siamo un po' abbandonati. Sono anni che sentiamo parlare di lavori ma nulla si è mosso». «Come sempre quando il bacino è piccolo l'interesse è scarso - attacca invece Stefano Radoicovich - e come periferie siamo sempre abbandonati. La strada è pericolosa e andrebbe messa in sicurezza prima che qualcuno si faccia male seriamente».

Andrea Pierini

 

 

SEGNALAZIONI - Via Carducci - Nove idee sul Mercato coperto

Caro direttore,spinto dal rimpianto per le molte e piacevoli visite (ben prima degli attuali immobilizzanti 95 anni d'età mia) al Mercato coperto, un capolavoro originalissimo dell'architettura moderna più avanzata, vengo a pregarla di ospitare queste mie proposte di rilancio del nostro "foro" urbano. Non occorre dire che è da scartare l'insano proposito di cederlo a qualche avido speculatore "foresto", che vi installerebbe l'ennesimo supermercato, a tutto danno delle attuali venditrici, che vantano il rifornimento "a meno di un chilometro" alla periferia della città, sul Carso e dal Capodistriano. Ecco qualche suggerimento per l'aggiornamento: 1. Disponibilità di carrelli per raccogliere gli acquisti. 2. Servizio di recapito a domicilio degli acquisti. 3. Ascensore per il piano superiore. 4. Adeguata pubblicità. 5. Pescheria. 6. Filiale di un negozio di alimentari (per esempio Bosco). 7. Drogheria e passamaneria. 8. Caffetteria al piano superiore, con giornali da consultare. 9. Libreria. Sono certo che per le ditte triestine intervenire sarebbe un buon affare. Grazie per l'ospitalità.

Giulio Montenero

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 aprile 2021

 

Le 5.500 firme aprono la sfida sul destino del Mercato coperto
Consegnate a chi lavora nel sito le sottoscrizioni raccolte da Adesso Trieste - Russo: la mobilitazione faccia riflettere. La Fipe: diventi il paradiso delle eccellenze
Sono oltre 5.500 le firme consegnate ieri mattina da Adesso Trieste ai commercianti del Mercato coperto in segno di solidarietà. Tra il pubblico della conferenza stampa c'era pure il candidato in pectore del centrosinistra Francesco Russo. E sempre in via Carducci, oggi alle 11 tocca a Futura, il cui candidato sindaco Franco Bandelli presenterà il proprio progetto per l'area. Sull'argomento è confermata inoltre per il 19 aprile l'audizione degli assessori Paolo Polidori (Mercati), Serena Tonel (Attività economiche) e Lorenzo Giorgi (Patrimonio) in Quinta circoscrizione, nel parlamentino presieduto da Roberto Dubs di Fdi, che intende così «proseguire la proficua condivisione con la giunta sui temi del territorio».Le sorti della struttura sono al centro del dibattito cittadino dopo la notizia di un'interlocuzione in corso tra Lidl, Despar e il Comune, alla ricerca di un investitore per un project financing finalizzato al rilancio del sito. I civici di Riccardo Laterza e Giulia Massolino sono immediatamente saliti sulle barricate per dire "no" all'idea che l'edificio diventi un supermercato. Il primo cittadino Roberto Dipiazza e il vicesindaco Polidori hanno smentito questa eventualità, ipotizzando «postazioni di street food» al piano superiore e «linee guida» da imporre a tutela del «carattere storico» del luogo. Ma intanto la petizione online di Adesso Trieste ha accumulato in 48 ore più di 5.500 firme, tra cui quelle degli stessi Russo e Bandelli. Le esercenti cui sono state consegnate hanno specificato di non volere «strumentalizzazioni, di colori politici ne abbiamo visti tanti. Siamo felici di questa calorosa manifestazione da parte della città, cui diciamo solo grazie». L'unico punto su cui sono tutti d'accordo è infatti che quel luogo avrebbe bisogno di una rivitalizzazione. «Prendiamo sul serio le parole di Dipiazza», hanno affermato Massolino e Laterza in risposta alla sfida del sindaco, che aveva invitato chiunque avesse progetti a venirsi a prendere le chiavi del Mercato stesso: «Coinvolgeremo commercianti, associazioni, imprese e cittadini con gli strumenti della progettazione partecipata. Il futuro del Mercato va disegnato partendo da chi ci vive e ci lavora. Se triestine e triestini lo vorranno, siamo pronti a prenderci le chiavi della città». Massolino e Laterza hanno inoltre ribadito di voler mantenere la «dimensione popolare e non di nicchia» del sito. Russo ha diffuso a sua volta una nota a nome di Punto Franco, firmata anche dalla presidente dell'Aidia, l'Associazione donne ingegneri e architetti, Lucia Krasovec: «Chi governa la città e chi si candiderà a prenderne il posto deve prendere sul serio il fatto che migliaia di persone si sono attivate in poche ore. Bisogna capire che ruolo può ancora avere il Mercato coperto all'interno della comunità. Cosa che è mancata nella cura di quel luogo negli ultimi anni». La capogruppo del Pd in Consiglio comunale Fabiana Martini ricorda che dal 2017 i dem chiedono di «dotare il sito di wifi e destinarne alcuni spazi inutilizzati a coworking, presentazioni di libri, dibattiti o sedi di associazioni». «Bene valutare proposte - afferma Giorgio Cecco, coordinatore di Progetto Fvg - ma non partecipiamo a raccolte firme da campagna elettorale». Così Federica Suban, presidente Fipe Trieste: «Il Mercato coperto andrebbe ripensato, in ottica sostenibile a livello di costi, trasformandolo nel paradiso delle eccellenze del territorio. Solo così la ristorazione là avrebbe senso. Aprirvi l'ennesima pizzeria o paninoteca creerebbe solo problemi agli esercizi della zona».

Lilli Goriup

 

Caserme di Gropada e Basovizza senza appeal: restano invendute
Asta del Demanio deserta anche per la piccola struttura di Lipizza
Ammonta a circa 90 mila euro l'incasso del Demanio in seguito alle vendite di terreni e immobili in Friuli Venezia Giulia nel primo trimestre del 2021. A Trieste continuano a non attirare acquirenti le due caserme di Gropada e di Basovizza, così come la struttura al valico di Lipizza, che anche in questa tornata di gare non sono state aggiudicate. Venduto invece un terreno agricolo in via del Gattorno, prezzo base 2 mila euro circa, venduto a 2.500 euro, così come un appartamento in via Gorizia, che dai 42 mila euro richiesti inizialmente è stato comprato da chi ne ha presentati poco più di 64 mila. Anche il resto dei lotti presenti in regione sono quasi tutti terreni, tra Udine, Gorizia, Cormons e Tolmezzo. Gli avvisi per i vari beni erano stati pubblicati lo scorso dicembre, con proposte da presentare entro il 18 aprile. Sul web, al momento, non sono ancora approdati i nuovi annunci. Probabile però che, come già successo in passato, torneranno nuovamente l'ex caserma dei Carabinieri del valico di Gropada, costituita da diversi fabbricati, con un ampio spazio esterno. Finora non ha attirato l'attenzione di nessun potenziale nuovo inquilino soprattutto per le pessime condizioni in cui versa l'edificio, colpito anni fa anche da un vasto incendio e da conseguenti crolli del tetto. L'ultima base d'asta indicava 179 mila euro per una superficie di poco superiore agli 800 metri quadrati, che comprendono la palazzina principale a due piani, con annesso garage e vano tecnico, e un'ulteriore casupola completamente ricoperta dalla vegetazione e lontana alcuni metri. Condizioni migliori per l'ex caserma dei Carabinieri di Basovizza, da 125 mila euro e 741 metri quadrati, composta da un edificio principale, in origine a uso caserma e alloggio, da uno secondario, un'ex autorimessa. È una struttura metallica invece l'ex sede della Polizia di frontiera di Lipizza, 64 mila euro per 239 metri quadrati.

Micol Brusaferro

 

 

Sistiana, in baia diventa un caso la spiaggia sfrattata dal cantiere
Gli ambientalisti: «Ci stanno togliendo un'intera area fruibile liberamente» - L'opposizione: «Danni alla balneazione». Il Comune: «Qui decide la Regione»
DUINO AURISINA. Grandi massi sistemati dove prima c'era una comoda spiaggia in ghiaia. Una sorta di sentiero ricavato in parallelo al bagnasciuga. Un'area completamente ristrutturata rispetto al passato. È già polemica "balneare" a Duino Aurisina. Nonostante l'estate sia ancora lontana e le regole per la balneazione ben lungi dall'essere definite, le discussioni fioccano vivaci per quel che riguarda la baia di Sistiana. In questo caso, l'oggetto della polemica è il tratto di spiaggia situato fra il comprensorio di Castelreggio e l'ingresso a mare di Portopiccolo, interessato da giorni da un intenso viavai di camion e da un importante intervento sul lungomare. A sollevare il problema è il gruppo "Salute e Ambiente" che, in una nota, critica innanzitutto la definizione di "ripristino", utilizzata nella tabella dei lavori sistemata a inizio cantiere. «Con tale termine - precisano gli ambientalisti - si indica il riportare un bene immobile nel suo stato primitivo, mentre le modifiche attuate incidono pesantemente sui luoghi, la veduta e gli spazi. Inoltre - aggiungono - se maggiori spazi di spiaggia, anche in prossimità di Portopiccolo, sarebbero accolti a braccia aperte da tutti, quella che sta sorgendo sembra invece una specie di scogliera muraglia che certamente, nei prossimi mesi, non permetterà agli amanti del mare di sistemare i loro asciugamani. In sostanza - proseguono - quella che era una spiaggia di piccoli scogli, fra l'altro gratuitamente fruibile, sarà sottratta ai cittadini». Inevitabile poi l'immediato collegamento con la polemica, in atto da tempo, sulla nascita delle sedi nautiche di tre sodalizi sportivi locali nel comprensorio di Castelreggio: «Gli spazi di libera balneazione nel nostro Comune - riprende la nota di "Salute e Ambiente" - non vivono un momento felice, considerando il fatto che nella stazione balneare di Castelreggio stanno sorgendo nuove costruzioni che sottrarranno spazi ai bagnanti. Ci chiediamo perciò - conclude il testo - come sia possibile che questa amministrazione comunale e tutte le altre istituzioni, che dovrebbero tutelare e valorizzare i beni pubblici e salvaguardare gli interessi della cittadinanza e del turismo, non riescano a impostare interventi di trasformazione sul territorio, di carattere sia pubblico sia privato, in grado di portare soddisfazione ai cittadini, aumentando invece il degrado paesaggistico». Del tema si è interessato anche il consigliere comunale di opposizione, Lorenzo Celic (M5S), presentando un'interrogazione nella quale, dopo aver parlato di «intervento che porterà possibili peggioramenti alla qualità dell'area di libera balneazione», evidenzia che «i materiali utilizzati non sono posati nei limiti delle sagome orizzontali e verticali previsti dalla norma che disciplina le opere di ripristino. Sarebbe stato perciò molto più opportuno - conclude Celic - creare un bordo costa più consono alla balneazione conservando, al contempo, il valore paesaggistico del luogo». «Il Comune non ha competenza su questo intervento - spiega l'assessore comunale per i Lavori pubblici, Lorenzo Pipan - le cui caratteristiche sono decise dalla Regione, in quanto gestore dell'area demaniale».

Ugo Salvini

 

Sbancato il colle di Pubrida per fare posto a nuove vigne
L'intervento dell'azienda Attems viene definito da Legambiente uno «scempio» - La proprietà: «Non fermarsi all'impatto attuale, valorizzeremo anche il bosco»
Il colle di Pubrida, alle spalle di Lucinico, sta cambiando radicalmente volto, oggetto di un corposo intervento di ripristino di un vecchio vigneto abbandonato da tempo. Lavori nei quali è impegnata l'azienda vitivinicola Attems, proprietaria dei terreni, e che stanno suscitando le preoccupazione degli ambientalisti. In particolare quelle del circolo goriziano di Legambiente, che parla di «scempio» e contesta il metodo utilizzato dall'azienda per dissodare i terreni dove troverà posto il futuro vigneto, «che in barba ai più recenti orientamenti in materia ambientale vede un intervento che ha fatto tabula rasa in poche settimane di circa 13 ettari di vegetazione arbustiva e arborea, senza salvare nemmeno un albero». Il tutto, secondo Legambiente, a scapito non solo del paesaggio, ma anche dell'ecosistema, visto che le siepi lungo le scarpate, che sono state a loro volta eliminate, «sarebbero state un valido ricovero per insetti impollinatori o uccelli come cinciallegre, codibugnoli e fringuelli, e avrebbero potuto supportare la biodiversità».Critiche alle quali risponde con una ferma rassicurazione l'azienda, per bocca del direttore tecnico delle tenuta Attems (dal 2000 proprietà del gruppo Frescobaldi) Gianni Napolitano, che parla tanto del metodo utilizzato quanto sui suoi esiti finali, che non minacceranno l'ambiente, ma al contrario lo valorizzeranno. «L'impatto estetico dei lavori di dissodamento in questo momento è ovviamente piuttosto forte, ma l'intervento è appena iniziato, e bisogna guardare piuttosto alla valorizzazione del territorio a cui esso porterà - dice Napolitano -. Tutto è stato fatto di concerto con le autorità, e con grande attenzione ad aspetti come la regimentazione delle acque e al recupero dei sentieri. Questo non perché siamo dei santi, ma perché siamo i primi a volerci prendere cura dell'ambiente che è il cuore del nostro lavoro, e vorrei ricordare che se non ci fossero le aziende agricole a occuparsi della manutenzione del territorio, non lo farebbe nessuno».Ma non solo. Napolitano sottolinea come il ripristino intenda preservare anche dal punto di vista ambientale il colle di Pubrida, una piccola altura isolata dove un vecchio vigneto era stato espiantato nel 2009 e l'ultima pulizia risale al 2013. «Nella parte centrale del colle esiste un piccolo bosco che, seppur non datato visto che dopo la Grande Guerra qui non esisteva più nulla, ospita essenze autoctone come querce, castagni e frassini - spiega -. Piante molto belle, che manterremo e che abbiamo già iniziato a liberare dall'edera infestante, oltre a recuperare un primo sentiero. Inoltre anche una parte delle terrazze sui versanti del colle, quelle più strette, non saranno occupate dal vigneto, ma coltivate con altre essenze, sia perché non redditizie sia per valorizzare la biodiversità e l'estetica dell'ambiente. Di fatto la percentuale di superficie vitata sarà più bassa ora rispetto a quella originale». Una precisazione che rassicura sui timori espressi per il futuro dell'area boscata, anche se le preoccupazioni di Legambiente restano pure anche per le potenziali ripercussioni sanitarie per i cittadini che risiedono a Lucinico, visto che «sono accertati gli effetti negativi per la salute da parte di molti pesticidi utilizzati oggi», dicono gli ambientalisti ricordando la candidatura del Collio a patrimonio mondiale dell'umanità dell'Unesco.

Marco Bisiach

 

L'ultimo intervento di ripristrino lungo un'area di 60 ettari
Quello nell'area del colle di Pubrida è l'ultimo degli interventi di ripristino e rinnovamento dei vigneti condotto dall'azienda Attems, tenuta tra le più ricche di storia in regione. Se la cantina ha sede a Capriva del Friuli, i suoi vigneti sono tutti a Lucinico, dove si estendono per una superficie di circa 44 ettari, destinati a diventare poco meno di 60 una volta che sarà stato completato quest'ultimo ripristino che interessa un'area di quasi 14 ettari. Sull'altura di Pubrida i lavori si dovrebbero concludere nel giro di un paio di anni, vista la rilevanza dell'intervento, e per il nuovo vigneto l'azienda intende dare «priorità alle varietà autoctone».

M. B.

 

 

Meduse ammassate davanti alle Rive - Ed è corsa alle foto
Il fenomeno favorito dalla bora dei giorni scorsi che le ha spinte sotto costa e verso la superficie
È stata probabilmente la bora dei giorni scorsi, che ha favorito il richiamo delle acque di fondo verso la costa, a far emergere davanti alle Rive un numero esorbitante di Rhizostoma pulmo, la medusa detta "barile", bianca con il bordo blu, conosciuta anche come polmone di mare e, dalle nostre parti, come "botta marina". Un fenomeno anomalo, di cui i triestini si sono subito accorti, immortalando questi esemplari marini con decine di foto e video che hanno invaso i social. Attorno all'Audace, vicino alla Marittima e in Sacchetta, dopo le forti raffiche di vento registrate lo scorso martedì, le Rhizostoma pulmo - fra le più grandi meduse che abitano l'Adriatico, osservata nel golfo triestino già da fine Ottocento - sono state avvistate in superficie a centinaia. Anche ieri, con un fenomeno che andava progressivamente calando, hanno continuato a invadere il mare delle Rive. Si tratta di un vero e proprio "bloom" (dall'inglese "fioritura"), ovvero un grande sciame di meduse. Tali episodi si verificano nel golfo di Trieste già da inizio Novecento. Dagli anni Duemila sono tuttavia sempre più frequenti e sembrano durare anche più a lungo. Difatti già da settimane erano state avvistate molte Rhizostoma lungo le coste italiane e slovene. Ma come mai stavolta si sono presentate in maniera così copiosa? «Questo inverno - spiega Valentina Tirelli, ricercatrice dell'Ogs - non c'è stato un raffreddamento intenso dell'acqua e quindi queste meduse sono probabilmente riuscite a sopravvivere più a lungo. Lo si vede dalla loro grandezza. Potrebbe quindi essere questo il motivo per cui ce ne sono così tante». Al momento si resta comunque nel campo delle ipotesi, perché non sono stati raccolti ancora sufficienti dati scientifici. Il fenomeno delle meduse è quindi oggetto di analisi da parte degli studiosi, che possono essere supportati anche dalle immagini che chiunque può inviare utilizzando "AvvistApp": un'applicazione che permette di registrare un ampio numero di specie marine e partecipare in maniera attiva alla raccolta di informazioni sugli avvistamenti, utili anche alla valutazione dello stato del nostro mare.

Benedetta Moro

 

 

Capodistria-Divaccia - I Verdi: «Bisogna opporsi con forza» - il raddoppio della linea
«La politica non può limitarsi a chiedere precisazioni, ma deve dare un parere forte e contrario all'opera e sostenerlo soprattutto al Parlamento europeo, visto che è l'Europa stessa che dovrà finanziare l'opera». Così Tiziana Cimolino e Giuseppe Prasel per i Verdi Trieste - Trieste Verde, sul progetto di raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia. «Il progetto - aggiungono - è da anni al centro delle preoccupazioni degli ecologisti della nostra regione. Nonostante tutto l'impegno profuso, ci ritroviamo con le ruspe pronte a entrare in azione e con accordi fatti per la realizzazione del primo tratto tra Capodistria e Crni Kal: 10 chilometri di tratta che comprenderà sei tunnel di chilometri e due viadotti».

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 aprile 2021

 

 

Da Confcommercio un freno ai colossi nel Mercato coperto «Piccoli da tutelare»
Paoletti: «Capisco che le grandi catene siano viste come un'opportunità ma lì deve restarci un servizio pubblico vivo»
Cosa succede al Mercato coperto? La notizia dell'interessamento di Lidl e Despar, con annesse polemiche, per la struttura di via Carducci porta a muoversi Confcommercio, che interviene attraverso il presidente Antonio Paoletti, auspicando la tutela dei piccoli commercianti che vi lavorano. E mentre prosegue la raccolta di firme (vedi articolo a destra) il sindaco Roberto Dipiazza decide di rispondere alle critiche andando sul posto: «È ovvio che qui non si farà un supermercato, ma serve un attrattore». Il vicesindaco e titolare della delega al Commercio Paolo Polidori precisa: «Stiamo pensando a un project financing per il recupero». Partiamo però da Confcommercio, che sottolinea come il Mercato coperto rappresenti una realtà commerciale viva, per quanto ridotta: «Sia ben chiaro - premette Paoletti - che qui non si tratta di fare crociate pro o contro questa o quella soluzione», ma di avere una visione di insieme che «assicuri equilibrio tra tutte le componenti della rete distributiva, elemento essenziale quest'ultimo per evitare di aggravare la già forte criticità del piccolo commercio e di quello di vicinato».Confcommercio non entra «nel merito di costi e disponibilità finanziaria» ma auspica un rifacimento della struttura, «come peraltro era anche nelle intenzioni dell'amministrazione», che ne mantenga le peculiarità adeguandola al nuovo contesto commerciale e di clientela. Il tutto, sottolinea il presidente di Confcommercio, «in una prospettiva d'intervento inserita nel quadro di quelle politiche di tutela delle realtà produttive di prossimità che crediamo dovranno essere il filo conduttore delle future azioni e scelte che saranno effettuate sui territori in materia di commercio». Aggiunge Paoletti a margine: «Anche con la Camera di commercio se n'era parlato ai tempi del secondo mandato Dipiazza, quando avevamo più disponibilità economiche». Di fatto, però, non se n'è mai fatto nulla: «Capisco che oggi si vedano i colossi come opportunità, ma sarebbe meglio piuttosto trovare dei fondi per rimetterlo in sesto e farne un servizio pubblico alla città. I mercati piacciono se sono vivi». Gli risponde indirettamente Dipiazza, in trasferta al Mercato coperto, mascherato, per rispondere a critiche e raccolte di firme: «Negli anni qui abbiamo fatto le scale mobili, messo le reti per i colombi, rifatto i servizi igienici. Quel che manca è un attrattore, per far sì che la gente entri». «Io pensavo anche di creare un mini Eataly», è l'esempio del primo cittadino, che poi aggiunge: «Ma devono esserci gli artigiani, anche l'ambulatorio piuttosto che il ristorante». Ai critici risponde ribadendo la sua apertura a suggerimenti: «Portatemi un progetto invece di raccogliere firme, e vi do le chiavi». Ai microfoni di Telequattro, il primo cittadino aggiunge una considerazione sul cambiamento della società negli ultimi decenni: «Noi qui a Trieste non abbiamo più gli ambulanti, quando ero bambino io andavo con la signora Iolanda al mercato in Ponterosso e c'erano cento bancarelle. Adesso ce ne sono quattro in piazza Sant'Antonio. È cambiato il mondo, adeguiamoci al mondo che cambia».Ma a che tipo di attrattore fa riferimento il primo cittadino quando parla di rivitalizzazione del Mercato coperto? L'interessamento di Lidl e Despar c'è, spiega il vicesindaco Polidori, ma al momento non è ancora stato definito lo strumento che il Comune adotterà per gestire eventuali interventi. E quindi nemmeno la loro tipologia. «Ci stiamo lavorando da tempo - dice Polidori -. Al momento pensiamo a un project financing con delle linee guida fisse: se ad esempio il privato viene e dice che vuole farci un supermercato, noi diciamo che non può farci solo quello, ma che vanno mantenute le bancarelle e il carattere storico, eccetera». Questa formula, ovviamente, prevede un ritorno per l'investitore privato, che in qualche modo si quantificherà nelle eventuali proposte di project. In ogni caso serviranno realtà dalle spalle robuste, ché le stime per l'investimento si aggirano fra i cinque e i sei milioni. Polidori sottolinea che il supermercato non è l'idea che ha in mente: «Ci interessa molto rivitalizzare il piano superiore, lo vedrei benissimo come un insieme di postazioni street food. Una cosa a chilometro zero con i nostri produttori». A riprova dell'interesse della giunta per il carattere storico dell'edificio, cita il progetto Mercatocritico della sezione triestina dell'Associazione italiana Donne Ingegneri e Architetti, che prevede una serie di incontri, conferenze, letture, mostre, documentazioni fotografiche e riprese video, laboratori di città e cittadinanza, proprio sul tema del mercato a chilometro zero.

Giovanni Tomasin

 

La petizione online verso le 5 mila adesioni - la mobilitazione contro la grande distribuzione

Dopo il dem Russo anche Futura sottoscrive l'appello lanciato da Adesso Trieste. Oggi consegna simbolica ai commercianti

Le sorti del Mercato coperto fanno allineare Futura con la petizione online di Adesso Trieste, che viaggia verso le 5 mila firme, e riaprono il confronto interno alla maggioranza. Il presidente della Quinta circoscrizione, Roberto Dubs di Fratelli d'Italia, convocherà infatti una seduta del parlamentino rionale di San Giacomo e Barriera Vecchia, invitando in audizione l'assessore o gli assessori competenti su quel sito. Oggi a mezzogiorno, intanto, gli attivisti di Riccardo Laterza saranno in via Carducci per conferenza stampa e consegna simbolica delle firme raccolte ai commercianti: «Le adesioni sono un segnale - è il commento dei civici - del fatto che a Trieste esiste una maggioranza di persone che chiede attenzione a un'economia più equa, a qualità e accessibilità degli spazi pubblici. Siamo pronti a portare questa maggioranza al governo della città». Le firme ieri avevano già raggiunto quota 4.800. Tra queste, anche quella del candidato sindaco di Futura, Franco Bandelli, e dei suoi sodali. Il giorno prima la petizione era stata sottoscritta pure da Francesco Russo, candidato in pectore del centrosinistra. «Noi siamo andati al Mercato coperto già a dicembre - afferma Bandelli -. Mi sembra che su molti temi la città ci stia venendo dietro. Nel merito, se il sindaco Roberto Dipiazza ci sfida, allora troveremo una cordata di imprenditori triestini disposti a rimettere a posto quel luogo. Andremo a prenderci le chiavi. Abbiamo firmato tutti la petizione di Adesso Trieste (fatto confermato da Laterza). Abbiamo fatto appello a tutte le forze politiche, per venerdì, quindi abbiamo ritenuto di fare noi per primi un gesto trasversale». Il riferimento è al fatto che domani, alle 11, nella struttura di via Carducci andranno a loro volta Bandelli e i civici di Futura: illustreranno nel dettaglio la loro idea per il futuro del sito, basata su «piccolo commercio e prodotti locali, su modello di un grande mercato come quello di Madrid». Gianfranco Depinguente, coordinatore provinciale di Italia Viva, fa sapere: «Solo operazioni immobiliari, da parte di questa giunta, e non un progetto complessivo». La seduta del Consiglio circoscrizionale presieduto da Dubs si svolgerà verso il 19 aprile: l'esponente di FdI ha dato mandato alla sua segreteria di confrontarsi con Palazzo Cheba per capire se invitare uno o più assessori, dal momento che sul tema si possono intersecare le deleghe di Paolo Polidori (Mercati), Serena Tonel (Attività economiche) e Lorenzo Giorgi (Patrimonio). «Il dialogo sul Mercato coperto è sempre aperto, con giunta e cittadini - dichiara Dubs -. Vorremmo sapere dagli assessori e dai tecnici, anche in passato sempre disponibili, quali sono i progetti. Poi ci faremo un'opinione». La questione sarà inoltre discussa nella commissione Urbanistica del parlamentino rionale, su richiesta dei consiglieri circoscrizionali di Progetto Fvg Sabrina Polacco, Silvio Pahor e Monica Fabris.

Lilli Goriup

 

La ricetta del poeta Nacci a passeggio fra le bancarelle "Si salvi l'anima popolare e poi primizie del territorio"

Per lo scrittore "se l'idea di un supermercato e' da escludere a priori, nemmeno un posto di nicchia andrebbe bene in questa dimensione"

Un luogo dove far non solo confluire calzolai, rigattieri, il microcosmo di artigiani e commercianti del rione di Barriera Vecchia che a seguito della crisi economica in questo momento si trovano in difficoltà a pagare le rate dell'affitto. Ma anche i produttori di ortaggi, vino, miele e formaggi del Carso, del Breg, dell'Istria o della Carniola slovena. Il poeta Luigi Nacci immagina così il futuro del Mercato coperto, da riscrivere nel solco della tradizione che in passato vedeva "venderigole", "mlekarice" o donne del latte e altre figure contadine scendere a piedi ogni mattina in città, per vendere i frutti della terra: «Venivano anche le istriane, attraverso la Val Rosandra, per vendere nient'altro che uova. Quanto dovevano essere povere». Dal suo punto di vista, l'importante è che rimanga il «posto dei piccoli» e mantenga intatta la sua «dimensione popolare», preservandosi dal rischio della gentrificazione che negli anni ha coinvolto ad esempio via Torino. Facciamo quattro passi assieme a Nacci all'interno del Mercato coperto. Verso ora di pranzo, quando il viavai scema e la gente torna a casa a cucinare, qui restano solo gli esercenti che chiudendo i banchi scambiando quattro chiacchiere. Si conoscono tutti. Per loro, che si sono alzati alle quattro del mattino per scaricare la merce, è come fosse pomeriggio inoltrato. «Vedo una questione urbanistica e una sociale: non vorrei che il quartiere diventasse una sorta di "parcheggificio", e il Mercato un posto per "fighetti" - afferma lo scrittore -. Assieme all'operaia San Giacomo, la Stalingrado triestina, Largo Barriera è uno dei rioni più popolari della città. Qui c'era la barriera dei dazi, dunque una sorta di confine dentro la città. James Joyce, che amava questa dimensione, ci viveva. Qua dietro c'era La chiave d'oro, uno dei più grandi lupanari di Trieste. Mussolini fece poi Largo Impero e demolì una serie di edifici. E arrivò il Mercato coperto che, diciamolo, è una splendida architettura fascista. Popolare. Ha la forma di una nave in mezzo al nulla, nata nel 1936 per dare un tetto alle "venderigole" grazie a una donazione della benefattrice Sara Davis». L'atmosfera popolare c'è tuttora. Un signore che vende frutta e verdura racconta che «la gente viene qui perché apprezza chi sta dietro un banco. Alcuni clienti li conosciamo per nome. Facciamo inoltre una politica basata non solo su prezzi bassi ma anche sulla qualità. Nel giro di una decina d'anni da 200 siamo diventati 20, e non c'è stato rilancio. Non vogliamo fare la fine del mercato del pesce o del macello di Valmaura». Ecco perché secondo Nacci «se l'idea di un supermercato è da escludere a priori, nemmeno un posto di nicchia in stile Eataly andrebbe bene: sarebbe per pochi, perderebbe la sua anima. Questo posto potrebbe diventare invece il fulcro di una cultura che c'era ai tempi dell'Austria. Oggi ad esempio si potrebbero portare qui i formaggi di Ceroglie, Basovizza, Borgo Grotta». E alle considerazioni del sindaco Roberto Dipiazza, secondo cui c'è penuria di soggetti che presentano progetti all'amministrazione comunale, risponde: «Il sindaco non ha solo le chiavi ma anche il compito di avere una visione, gli investitori arrivano in base all'idea di città che si produce. Il Comune dev'essere garante morale di questo luogo». Accanto alle scale c'è uno spiazzo dove Nacci aveva presentato il suo libro "Trieste selvatica". La struttura inoltre in passato ha ospitato mostre artistiche: tutte iniziative che si potrebbero riproporre, secondo Nacci, naturalmente anche aprendo locali enogastronomici al primo piano, che si rifornirebbero di primizie al mercato. Oggi sopra, oltre che la recente sede della locale sezione dell'Aidia, sopravvivono forse un paio di negozi. Si cammina tra le saracinesche abbassate.

L. G.

 

SEGNALAZIONI - Mercato coperto - Una struttura da rivitalizzare

Gentile direttore, chi gira in Europa specialmente come turista, sa bene che dappertutto si cerca di salvare non solo l edificio stesso dei vecchi mercati, ma la funzione stessa, senza volerlo trasformare in supermarket o parcheggi. Potrei mostrare tante foto di quei mercati sia a Budapest che Stoccolma, Parigi o addirittura Melbourne. Non è un caso. La popolazione che non necessita sempre correre e fare la spesa velocemente, per qualsiasi giusto motivo in un supermarket, necessita invece di punti di incontro dove può chiacchierare, scambiare idee di cucina, darsi suggerimenti, chiederne ai venditori. . ...La nostra società ha bisogno di socializzare e -guarda un po'- avere tempo per se stesso. Parcheggi, importanti sì, ma mi è venuto un fortissimo dubbio sulla necessità d'uso dell'auto proprio durante la pandemia ne che stiamo subendo, vedendo quante persone preferiscono camminare, anche con la spesa, pur non essendo vietate l uso delle auto. Non toglieteci questo palazzo interessante, utile al quartiere e-perdonatemi se parlo anche in modo egoistico- sito interessante per noi fotografi che documentiamo Trieste di oggi per le generazioni future."

Giulio Salusinszky

 

Verdi - «Villa Necker, il parco sia di nuovo dei triestini»
«Il parco di Villa Necker sia di nuovo dei triestini». Lo scrive in una nota Roberto Viscovich del gruppo Verdi Trieste - Trieste Verde: «Il gruppo si riconosce pienamente nello slancio e nelle intenzioni del comitato aderendo alla raccolta di firme che ha superato i mille sottoscrittori e invitando iscritti e simpatizzanti a farlo quanto prima. Le persone che hanno a cuore la città e la salvaguardia delle aree verdi non possono esimersi dalla partecipazione».

 

 

Nuovo allarme in via dei Peco dopo il fuoco ai rifiuti abusivi - la denuncia di Open FVG e Commissione Amianto

Dei vecchi nastri segnaletici con cui la polizia aveva provveduto a circondare la discarica abusiva di Borgo San Sergio non resta ormai che qualche brandello lacero. Non sono più un elemento sufficiente a separare l'immondizia dai sentieri stretti in cui si inerpica via di Peco. Ancor meno dopo lo scorso venerdì, quando le fiamme sono divampate in mezzo al cumulo di scarti, riducendo tutta l'area circostante a una macchia omogenea fatta di cenere e di resti anneriti dal fumo. «È pericoloso che venga dato fuoco ai rifiuti, sia per questioni di inquinamento, sia perché si tratta di una zona di interesse naturalistico, dove la gente passeggia e dove è possibile imbattersi in molti animali - sottolinea la consigliera comunale di Open Fvg Sabrina Morena, che già lo scorso gennaio aveva fatto pressione affinché il Comune procedesse a sanare l'area -. Sappiamo già che la discarica è sotto indagine. Ma crediamo che, nel frattempo, la polizia potrebbe mettere almeno delle transenne per la sicurezza di tutti. Non si può lasciare tutto come è - continua ancora Sabrina Morena -, permettere che ogni malintenzionato di passaggio sia libero di appiccare incendi». Il rischio, secondo Morena, è che «se non si agisce al più presto per cambiare le cose, le montagne di immondizia continueranno ad aumentare. Attualmente, a pochi metri di distanza da quella discarica più consistente, purtroppo se ne trovano già diverse altre». Negli uffici dell'amministrazione comunale il problema è conosciuto da tempo, ma l'assessore all'Ambiente Luisa Polli sostiene che, al momento, non ci siano le condizioni per mettere in moto alcun tipo di azione: «Ho piena fiducia nell'autorità giudiziaria, che sta portando avanti il suo lavoro - sottolinea Polli -. Il fatto che la zona sia sotto sequestro implica che non la possa toccare nessuno». Di diverso parere è Paolo Tomatis, che fa parte della commissione Amianto: «Il Comune ribadisce che c'è in corso un procedimento e che non abbia quindi possibilità di compiere alcuna azione. Ma noi riteniamo che non abbia fatto abbastanza. La messa in sicurezza di quell'area non può essere ostacolata dalle indagini - spiega Tomatis, presidente dell'Eara di Trieste -. La discarica è stata segnalata tempo fa da un nostro socio che l'aveva notata durante una passeggiata. Successivamente, fra i rifiuti erano stati trovati anche dei manufatti in amianto». I residui in eternit di cui è stata denunciata la presenza a Borgo San Sergio non rappresentano un caso isolato. «Tutto il paesaggio del Carso, purtroppo, è disseminato di discariche abusive che contengono materiale molto pericoloso - conclude Tomatis -. È necessario fare qualcosa. È troppo alto il rischio che dei bambini finiscano per giocare vicino ai rifiuti, o che dei passanti tocchino inavvertitamente resti di materiale estremamente dannoso».

Linda Caglioni

 

 

Generali: stop a investimenti in aziende del carbone - Replica a Greenpeace
TRIESTE. L'esposizione assicurativa ai combustibili fossili a livello globale del Gruppo Generali è inferiore allo 0,1% dei premi danni. Lo precisa Generali in una nota replicando a Greenpeace e Re:Common secondo cui il Leone assicura aziende del carbone. Generali spiega di avere interrotto i rapporti di business con 4 aziende su 8 che non avevano presentato piani per una transizione giusta, come riportato nella Relazione Annuale Integrata 2020. Nel periodo 2018-2020 «il Gruppo ha realizzato 6 miliardi di euro di nuovi investimenti green e sostenibili, superando con un anno di anticipo l'obiettivo strategico di 4,5 miliardi di euro entro il 2021».

 

 

Interferenze radio - Battaglia di confine al via - IL CONTENZIOSO SUI SEGNALI CHE ARRIVANO DALLA SLOVENIA
Guerra delle antenne tra emittenti italiane e slovene. Ieri è iniziato "a distanza" il confronto tra le parti in merito alla perizia preparata dal consulente tecnico di ufficio riguardo le interferenze sulle frequenze radio. Questa specifica vicenda (è in piedi anche un appello di Radio Maria in materia analoga su una sentenza del Tribunale di Gorizia) è quella di maggiore pertinenza triestina, in quanto attiene il contenzioso che coinvolge gli impianti di Conconello e di Chiampore da parte italiana, quello di Antignano da parte slovena. Ad avviare la causa in sede civile, dove il fascicolo è seguito dal giudice Filomena Piccirillo, il gruppo trevigiano E-Sphera (avvocati Piero Gerin e Felice Vaccaro), che lamenta le forti interferenze prodotte dalle attrezzature di Rtv Slovenija (avvocati Rado Race e Marco Jarc) che trasmettono da Antignano. A supporto di E-Sphera è intervenuto nel procedimento anche Rmc Italia (Marzia Amiconi). Lo Stato sloveno (avvocato Samo Sanzin) appoggia invece la propria televisione pubblica.

Magr.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 aprile 2021

 

 

Petizione sul Mercato coperto - Dipiazza: chiavi a disposizione

Oltre 1.600 adesioni alla mobilitazione anti grande distribuzione lanciata online da Adesso Trieste. C'è pure il dem Russo. Il sindaco: chi ha idee, si faccia avanti
Una petizione online per «salvare» il Mercato coperto è stata lanciata ieri da Adesso Trieste, raccogliendo oltre 1.615 adesioni in meno di ventiquattro ore. Ciò a seguito della notizia che il Comune di Trieste sta valutando la possibilità di dare in gestione la storica struttura di via Carducci a Lidl e Despar: nella lotta contro questa ipotesi i civici guidati da Riccardo Laterza trovano al loro fianco il candidato in pectore del centrosinistra Francesco Russo, che ha sottoscritto la loro raccolta firme, ma anche la lista civica Futura che candida a sindaco Franco Bandelli. Sia Adesso Trieste sia Futura avevano inoltre dedicato degli appuntamenti pre-elettorali al sito, immaginandovi una sorta di hub del chilometro zero e del piccolo commercio. Il sindaco Roberto Dipiazza tuttavia rilancia la sfida al mittente: «Le chiavi sono a disposizione, chi vuole se lo prende. Se siete capaci di rilanciarlo, oltre che di raccogliere firme, ben venga». Come a dire che dal punto di vista del primo cittadino chiunque è libero di presentare un progetto, non solo la grande distribuzione. La petizione chiede «alla giunta di bloccare immediatamente qualsiasi trattativa e aprire un percorso di coinvolgimento attivo della cittadinanza per riprogettare il Mercato coperto e il rione», sottolineando il «valore architettonico» e «sociale» dell'edificio. «Tra piazza Goldoni, piazza San Giovanni e Barriera ci sono almeno 5 supermercati - afferma Russo -. È proprio necessario farne un altro? Io penso di no. E penso a quando nel 2019 il sindaco Dipiazza per il Mercato coperto immaginava uno spazio dedicato alle eccellenze enogastronomiche del territorio, un punto di incontro per i cittadini, un attrattore per i turisti con una terrazza aperta al pubblico».Bandelli annuncia una conferenza stampa, venerdì mattina in via Carducci: «Ci auguriamo si vada oltre alle bandiere partitiche perché la trasversalità è l'unico mezzo per fermare la grande distribuzione. La città si mostri unita per salvaguardare un patrimonio di tutti. Siamo stufi di dover accettare, soprattutto in quest'ultimo periodo pre-elettorale, progetti senza una strategia complessiva». Nel frattempo sul web il dibattito è acceso. «Vi sono esempi virtuosi di recuperi di mercati in Europa - afferma un post virale del poeta e scrittore Luigi Nacci -. Ma potremmo anche fare qualcosa che ancora non c'è, qualcosa di nuovo, e farlo insieme, con la progettazione partecipata. Da anni alcune associazioni e molte persone si muovono in tal senso, basterebbe ascoltare. Il Mercato coperto è una casa del popolo. Dei piccoli». Questa la replica del sindaco Dipiazza: «Nessuno vuole farci un supermercato ma la verità è che da anni quel luogo langue. Prima ho fatto la scala mobile per andare al piano di sopra, poi ho tolto l'affitto. Ho fatto di tutto perché il Mercato coperto rimanesse tale ma la formula non funziona più: mancano persone che aprano attività all'interno. Abbiamo appena scartato un project financing perché 6 milioni di euro mi sembrano un po' tanti. Ora dico semplicemente - conclude Dipiazza -: queste sono le chiavi, il costo è zero euro. Chi vuole ha il mercato a disposizione. Se qualcuno ha idee si presenti: non polemiche, ma fare».

Lilli Goriup

 

SEGNALAZIONI - Mercato coperto - L'assegnazione agli stranieri

Caro direttore, leggo su "Il Piccolo" del 4 aprile, che l'amministrazione comunale boccia il progetto di un imprenditore locale per la valorizzazione del Mercato coperto, ritenendolo troppo oneroso per le casse comunali. Per contro, per risparmiare, l'amministrazione opterebbe per l'assegnazione dello spazio a due firme della grande distribuzione: entrambe straniere. Qualcuno in piazza dell'Unità d'Italia oltre a pensare al mero risparmio economico iniziale, ha pensato che l'imprenditore locale paga le tasse in Regione mentre le due imprese straniere molto probabilmente pagano gran parte delle loro tasse fuori Regione se non all'estero? Ovvero "meglio l'uovo oggi che una gallina domani"?

Bruno Spanghero

 

SEGNALAZIONI - Mercato coperto - Circoscrizione non consultata

Egregio direttore,ancora una volta i consiglieri della V circoscrizione vengono a sapere dai giornali dei progetti riguardanti il Rione di Barriera e san Giacomo. Si tratta delle notizie pubblicate sul quotidiano locale, nella giornata di Pasqua, che interessano il Mercato Coperto. Nessuna condivisione, nessun assessore che venga ad illustrare spunti ed idee per una costruzione collegiale di quella parte della città che ci riguarda. Il consiglio di circoscrizione nelle sue competenze ha la possibilità di indire delle assemblee pubbliche per invitare i cittadini ad esprimere il loro parere, che poi verrebbe condiviso con i rappresentanti in Comune, invece i progetti ci arrivano quasi sempre infiocchettati e pronti come un bel regalo. Ecco dimostrata la mancanza di rispetto, da parte di chi ci governa, non solo per i consigli rionali ma soprattutto per i residenti che potrebbero in tal modo esprimere le loro idee. Ci chiediamo se ci sia in questo momento l'esigenza dell'ennesimo grande supermercato e non vi sia altro modo di valorizzare il luogo e le attività esistenti.

Maria Luisa Paglia, capogruppo Pd V circoscrizione

 

Il parco Villa Necker riaperta - Il sostegno di Futura

Il Movimento Futura sostiene il Comitato che promuove l'apertura del giardino di Villa Necker plaudendo a un'iniziativa che intende restituire alla città un complesso dal grande valore storico. «Viste le nuove opportunità offerte dai fondi Ue per progetti di sostenibilità e verde pubblico - spiegano - ci pare il caso di predisporre uno studio approfondito».

 

SEGNALAZIONI - Un parco sul mare alla Lanterna

Gentile direttore, la lettera della dottoressa Stella Rasman pubblicata in "Segnalazioni" del 30 marzo tocca vari temi di grande attualità cittadina sui quali è in atto un acceso dibattito che registra profondi contrasti nella politica locale e tra i cittadini: dalla discussa scelta di adibire ad abitazioni private parte degli spazi di Porto Vecchio, alla sottovalutazione dell'importanza del tram de Opcina nell''immagine della città, dagli eclatanti preannunci di una ovovia e di un mega -aquario che dovrebbero richiamare enormi flussi turistici in una Trieste versione Disneyland, alla scarsa o nulla considerazione del valore storico e paesaggistico della Lanterna, non trascurabile pezzo di archeologia portuale ed assolutamente da valorizzare. Ebbene, proprio sulla Lanterna, oggi seminascosta da squallidi edifici amministrativi di scarso valore, la Rasman affaccia una proposta brillante e coraggiosa, atta a ridare respiro e visibilità a quel manufatto strettamente legato alla storia portuale e marittima di Trieste. Propone la Rasman, ed io condivido, di abbattere quei brutti edifici che affollano il molo attorniando e nascondendo la Lanterna, per fare posto ad un'area green de-cementificata, insomma un "parco sul mare ". .. in linea con l'attuale politica europea ed italiana della riconversione verde. Riuscirà il pensiero stupendo di Stella Rasman a sedurre anche gli anziani signori che proprio lì, accanto alla Lanterna, intendono insediare un ulteriore colosso di cemento contenente il "parco del mare" ovvero il mega-aquario?

Mario de Luyk

 

 

Lo sviluppo sostenibile del Porto Vecchio.

Oggi, alle 18.30, l'architetto William Starc, ex-dirigente pubblico e componente della rete civica triestina "Un'Altra Città", terra una video conferenza sui problemi e le potenzialità legate allo sviluppo sostenibile del Porto Vecchio. Per partecipare scrivere a centroveritas@gesuiti.it. Ssarà possibile seguire l'incontro anche sulla pagina Facebook del Centro culturale Veritas.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 aprile 2021

 

 

Parco di Villa Necker: per riaprirlo mille firme e iniziative nelle piazze - il tema del passaggio di proprietà dal demanio al comune

Da maggio la campagna del comitato nelle vie cittadine e sul web con un video. Obiettivo duemila sottoscrizioni

Mancano trenta firme per raggiungere il migliaio, l'obiettivo che si sono posti nel breve termine gli autori della petizione per riaprire al pubblico il parco di villa Necker, la sede del Comando militare dell'Esercito Friuli Venezia Giulia, stretto tra via dell'Università, via Belpoggio e viale Terza Armata. L'iniziativaIl Comitato "Ritorno al Parco", nato da un gruppo di residenti di San Vito, sta lavorando sul web per sollecitare la cittadinanza a partecipare al progetto che prevede il passaggio dell'area verde dal Demanio al Comune. La petizione verrà poi consegnata al sindaco Roberto Dipiazza. L'operazione che prevede l'area verde in capo al Municipio, hanno assicurato più volte il primo cittadino e l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi, è in carico agli uffici da mesi ed è in attesa dell'ok da parte del Demanio stesso. Inoltre, spiega Giorgi, «stiamo attendendo dal Governo la nomina della nuova Commissione paritetica Stato-Regione, dove dovremmo discutere del passaggio non solo del parco di villa Necker, ma anche dell'ex museo del Mare, del museo de Henriquez e della pineta di Barcola. Se questi temi passano, poi si potrà continuare la trattativa con il Demanio, che per il parco in particolare è favorevole, ma le tempistiche sono lunghe. Io comunque firmerò il documento, che non va però girato al Comune bensì al Demanio». piazze e videoMa una volta raggiunti i mille firmatari, che cosa intende fare il Comitato? «Vorremmo arrivare a duemila e consegnare il documento a giugno al sindaco - spiega uno dei portavoce, Giuliano Gelci -. Per raggiungere tale cifra da maggio andremo nelle piazze e diffonderemo anche un video che stiamo preparando». Nelle intenzioni del Comitato c'è la volontà di «promuovere una gestione partecipata, una programmazione e la conduzione di questo bene comune - continua Gelci -, cercando per questo fine anche dei fondi europei. Ci appoggiano e hanno già firmato la petizione anche delle associazioni, che sono: Arci Servizio civile (un sodalizio di 40 associazioni), Legambiente, Wwf, Unione italiana sport per tutti, Amis Scout, Casa Internazionale delle Donne, Monte Analogo, Bioest, Urbi et Horti, Oltre quella sedia, Arci, Mai dire Mai e Museo della Bora».la politica A sostenere l'iniziativa si è palesata anche la realtà civica Adesso Trieste, che parteciperà alle prossime elezioni amministrative. «Adesso Trieste - afferma il portavoce Riccardo Laterza - sostiene la necessità di avere cura dei beni comuni, anche nel quadro di una gestione partecipata attraverso dei patti di collaborazione». Afferma poi Giulia Massolino, portavoce e coordinatrice dell'Assemblea ecologia di Adesso Trieste: «Nel nostro programma, che stiamo ultimando, la cura del verde urbano è fondamentale sia per questioni ecologiche sia perché avere aree verdi di qualità in ogni rione è un valore per la salute mentale, fisica e sociale».Anche il Pd si è mosso in questo senso depositando una mozione. «Chiediamo al sindaco - spiega il consigliere comunale Giovanni Barbo, primo firmatario - che intervenga con il Demanio militare per accelerare l'iter di consegna alla cittadinanza del parco di villa Necker». A questo proposito Gelci conclude: «Ci attendiamo che anche gli altri movimenti politici aderiscano a questa petizione perché il verde è di tutti».

Benedetta Moro

 

Ancora nessun progetto per Villa Haggiconsta - Giorgi: «Servono fondi» - la denuncia dell'AIAS
Villa Haggiconsta è, come villa Stavropulos e tanti altri edifici di proprietà del Comune, in attesa di una riqualificazione. Anche questo immobile ha fatto parte per un breve periodo della lista dei beni da alienare, per poi essere stralciato dall'elenco nel 2019 su richiesta anche di una petizione lanciata dall'Associazione per l'indipendenza, l'assistenza e la sicurezza delle persone con disabilità (Aias), ospite dell'immobile fino al 2008 assieme al Cem (Centro di educazione motoria), frequentato da 24 persone con disabilità. Ed è proprio l'Aias che accende nuovamente i riflettori sul destino del bene. «Dal 2008 - scrive la presidente Claudia Marsilio - l'edificio centrale è vuoto, senza alcuna manutenzione. Siamo usciti confidando nella promessa di un rientro dopo alcuni lavori di manutenzione, fatta dai rappresentanti del Comune e della Regione. Purtroppo, non solo la promessa non è stata mantenuta, ma è stato tutto lasciato in completo abbandono. Aias ha presentato varie richieste di comodato e il progetto per un Polo culturale e di inclusione aperto alla città. Oggi - continua - siamo ancora in attesa e, nonostante le sollecitazioni, non sappiamo quali siano le intenzioni del Comune, attuale proprietario, né della Regione che, donando al Comune il comprensorio, aveva posto la condizione di un suo riutilizzo. Aias confida nella collaborazione delle istituzioni per riqualificare l'edificio centrale e sta curando il parco». Richieste, queste, che l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi dice di conoscere bene, avendo avuto modo di confrontarsi con l'associazione, ma che non può accogliere per mancanza di fondi. «Ci vogliono circa 4 milioni per un progetto che preveda anche l'abbattimento delle barriere architettoniche, che il Comune però non ha. Per questo avevamo inserito la villa nel piano alienazioni - spiega -. Con i soldi avremmo comprato un altro immobile da dedicare alla disabilità. Ma l'associazione ha detto no. Essendo bene pubblico, per metterlo a disposizione dell'associazione, servono un progetto e qualcuno pronto a investire: se l'associazione li trova, sono disposto a firmare una lettera d'intenti».

B. M.

 

 

"Mujainbici": trenta chilometri di piste per la Muggia di domani
Il progetto prevede 5 itinerari per le due ruote che vanno dal mare alla collina - Gli appassionati: «Cambiamo il modo di vivere la città in sicurezza e libertà»
Muggia. La federazione dei ciclisti muggesani Fiab Muggia Ulisse, cui era stato chiesto un parere dal Comune di Muggia nel quadro della stesura del Biciplan - il piano della mobilità ciclistica comunale - ha elaborato la propria proposta, che si chiama "Mujainbici", una rete ciclabile di 30 chilometri, esattamente 29 chilometri e 390 metri, suddivisa in cinque itinerari, presentata online lo scorso venerdì. Gli itinerari sono denominati Parenzana, di 890 metri; Mujasulmar, di 9 chilometri 598 metri da via Flavia a Lazzaretto; le Vie Deisalineri, di 7 chilometri 863 metri; Deifioi, di 2 chilometri 484 metri, che si snodano nella zona delle scuole cittadine e degli impianti sportivi, e Deimonti, di 8 chilometri 520 metri, che conduce da San Floriano a molo Balota. «Sappiamo - spiega Jacopo Rothenaisler, responsabile della locale sezione Fiab e coautore della proposta - che i ciclisti potenziali sono numerosi perché a quasi tutti piace andare in bicicletta in presenza di un minimo di condizioni favorevoli. Il piano intende mostrare la via da seguire per muoversi in libertà e sicurezza. Dobbiamo agire sullo spazio urbano e cambiare il modo di vivere la nostra città: le strade sono spazi a più usi da condividere equamente. Occorre ridurre il traffico, moderare la velocità, perché la strada, cardine della socialità cittadina, è di tutti». «Nella nostra proposta - ricorda Marco Finocchiaro, consigliere comunale ex dem ora nel gruppo misto, coautore delle 45 pagine di elaborato inviate da Fiab al Comune - ci siamo attenuti strettamente alle indicazioni di legge, anche perché finalmente possiamo dire che la nostra legislazione è adeguata alle migliori esperienze europee e consente il cambiamento del modo di vivere e di muoversi in città che desideriamo soprattutto per le componenti più fragili, pedoni, bambini, anziani. Quello che proponiamo non sono linee tracciate su una planimetria, ma si tratta di interventi immediati e a bassissimo costo, come le corsie ciclabili e altri provvedimenti, che possono dare continuità immediata ai percorsi ciclabili e trasferire il traffico tradizionale sulla bicicletta». Luca Mastropasqua, presidente della Fiab triestina e muggesana, si è detto estremamente soddisfatto del lavoro: «Dimostriamo ancora una volta la costante collaborazione con le pubbliche amministrazioni e, permettetemi, la qualità delle nostre proposte. Agli amministratori e ai cittadini diciamo che non è difficile pensare a come dovrebbe essere organizzata una città vivibile. È sufficiente chiedersi quali cambiamenti dovremmo introdurre affinché un proprio figlio o nipote possa raggiungere da solo in sicurezza la propria scuola o gli amici con cui giocare in uno spazio pubblico come facevamo in un tempo non lontano».

Luigi Putignano

 

 

Da Chiampore a Zindis le 23 zone dove curare aree verdi e spazi urbani - a Muggia torna il progetto di Cittadinanza Attiva
Muggia Sarà pubblicato nei prossimi giorni il bando pubblico per aderire, in forma singola o associata, al progetto di Cittadinanza attiva nel Comune di Muggia. Il progetto, attivo dal 2016, ha visto, l'anno scorso, la sottoscrizione di numerosi patti di collaborazione. Si è trattato prevalentemente di interventi di manutenzione e pulizia di aree verdi e di spazi urbani. Secondo l'iter ormai consolidato, il Comune prevede esenzioni oppure riduzioni dei tributi locali o dei canoni, che verranno applicate sulle imposte-canoni dovuti nell'anno successivo rispetto a quello in cui l'intervento viene realizzato. «Novità di quest'anno - ha spiegato il vicesindaco di Muggia con delega alla cittadinanza attiva, Francesco Bussani - è stata l'introduzione dell'opzione aggiuntiva di un corrispettivo economico in alternativa alle detrazioni delle imposte a fronte del servizio reso. Tutto ciò - ha aggiunto il vicesindaco Bussani - per rispondere alla continua evoluzione del sistema tributario, che rende sempre più complessa la gestione delle esenzioni o delle riduzioni dei tributi locali». Il Comune ha individuato 23 aree di intervento: l'area verde attrezzata di Aquilinia; le aree verdi attrezzate di Montedoro, di Zindis, di via San Giovanni, salita di Muggia Vecchia, di via Mazzini, all'incrocio tra via Frausin e via Matteotti, di largo Caduti, sotto il castello, l'area gioco della scuola di Zindis, la ciclabile Parenzana, l'area del porticciolo e zone limitrofe, il lungomare Venezia, le aree verdi del ex comprensorio Teseco, della chiesetta di San Francesco, del teatro "Verdi", del piazzale Alto Adriatico, dei giardini Europa e le sue adiacenze, di piazzale Caliterna, i laghetti delle Noghere, la strada per le saline, la strada per San Floriano, e lo spazio pubblico di Chiampore.

L. P.

 

 

Banchine elettrificate per dimezzare l'impatto del porto entro il 2026 - IL FUTURO DELL'ELETTRICITA' A TRIESTE
La proposta nel Recovery permetterà di spegnere i motori delle navi ormeggiate e prevede anche la creazione di una rete intelligente a beneficio di tutta la città
Trieste. Tutto comincia dalla necessità di ridurre l'inquinamento che deriva da un porto in crescita. I moli del futuro permetteranno alle navi ormeggiate di alimentarsi direttamente dalla rete elettrica, potendo così spegnere i propri impattanti generatori a gasolio. Portacontainer, traghetti e navi da crociera producono oggi a Trieste 140 mila tonnellate di Co2 all'anno: con le risorse del Recovery Plan, l'Autorità portuale conta di dimezzare le emissioni entro il 2026. Per riuscirci, bisognerà però raddoppiare da 150 a 300 megawatt la quantità di energia che arriva in città. Nasce da qui l'alleanza che AcegasApsAmga, Terna e Authority hanno stretto nei mesi scorsi e che non si limiterà alla transizione energetica del porto, ma darà il via alla nascita di una rete elettrica intelligente, sempre più basata su fonti rinnovabili. Il cold ironing - Il Piano nazionale di ripresa e resilienza stanzia un miliardo per l'elettrificazione dei porti, che in gergo tecnico si chiama cold ironing. Ne beneficerà anche Trieste: nel pacchetto da oltre 400 milioni per lo scalo, ci sono 30 milioni per portare l'elettricità in Porto Vecchio e al Molo Bersaglieri per le navi da crociera, al Molo VII per le portacontainer e nell'area del Molo V e Riva Traiana per i traghetti ro-ro. La Piattaforma logistica ha già in piedi un progetto autonomo: Hhla è leader mondiale nel perseguimento di una logistica a basso impatto. Non si prevede l'elettrificazione per il terminal petroliere Siot, a causa della presenza di materiali infiammabili. Altri 6 milioni andranno alla banchina di Porto Rosega a Monfalcone. I tecnici dell'Authority stanno curando la progettazione delle sottostazioni elettriche da realizzare presso i vari moli e presto sarà bandita la gara per i lavori, con la convinzione che si possa finire nel 2026, entro i limiti del Recovery. Ogni banchina sarà dotata di una centralina che alimenterà le navi da terra, consentendo di spegnere i motori che oggi restano accesi anche in ormeggio con il loro portato di inquinamento e rumorosità. Una nave da crociera da sola consuma però un sesto dell'elettricità dell'intera Trieste e, senza in incremento dei volumi di energia diretti verso la città, l'aggancio del porto alla rete manderebbe al buio mezza Trieste. I vantaggi per l'ambiente - Nel 2019 uno studio dell'Autorità portuale ha calcolato le emissioni di anidride carbonica causate dalle attività dello scalo (navi, mezzi di lavoro, climatizzazione ecc.). Due terzi delle emissioni è dovuto alle navi: l'impatto dei generatori in ormeggio produce 128 mila tonnellate di Co2 all'anno (il 65,4% dell'inquinamento creato dal porto), cui si aggiungono 16 mila tonnellate per accosti e manovre (8,1% del volume complessivo). Le banchine elettrificate abbatterebbero 65 mila tonnellate di anidride carbonica. Si tratta dell'intervento più significativo, ma l'Ap sta procedendo anche alla sostituzione dei mezzi su gomma con veicoli elettrici e alla realizzazione di colonnine di ricarica: in due anni la trazione elettrica sarà lo standard. Potenza raddoppiata - Una nave da crociera assorbe 20 megawatt, una portacontainer 10-12 e un traghetto ro-ro 7. Considerando la presenza contemporanea di più navi, si capisce come il porto elettrificato diventerà altamente energivoro, con consumi che potrebbero arrivare a 80-100 megawatt. Nel giro di un decennio, lo sviluppo dello scalo e l'incremento dei consumi privati e industriali renderà necessari altri 150 megawatt, che si aggiungono ai 100-150 consumati oggi a Trieste. Ma da dove tirar fuori la nuova elettricità? La risposta è nelle mani di Acegas e Terna, cui spetterà raddoppiare l'attuale capacità, venendo incontro alle esigenze del porto e approfittando per aggiornare le infrastrutture di Trieste. Per il rafforzamento della linea sono allo studio tre opzioni: una nuova rete aerea ad alta tensione da Redipuglia a Padriciano che arrivi poi sul mare grazie a un percorso interrato, il passaggio dall'Isontino a Trieste attraverso la rete slovena o la posa di cavi sottomarini. Quest'ultima ipotesi avrebbe il vantaggio di ridurre l'impatto visivo dei piloni, ma va valutata la compatibilità con la navigazione in porto. L'ultimo miglio sarà rappresentato dalle sottostazioni create sui moli, che alimenteranno prese mobili sistemate su grandi carrelli capaci di adattarsi all'attacco delle navi. Quelle attrezzate allo scopo sono sempre di più: solo Msc ne ha un centinaio alimentabile da rete elettrica. La smart grid in cittàIl progetto per lo scalo è diventato la scintilla per un piano riguardante anche la rete cittadina, che oggi alimenta Trieste attraverso 4 sottostazioni (Broletto, Roiano, Rozzol e Padriciano), che trasformano l'alta tensione fornita da Terna nei classici 230 volt da portare nelle case. In pieno lockdown, Ap, Acegas e Terna si sono messe a studiare lo sviluppo delle reti interne ed esterne al porto. Il faro è il New Green Deal europeo, che entro il 2050 punta a "emissioni zero". E allora via all'impiego di energia solare ed eolica per andare verso la transizione ecologica alla base dei piani Ue. A Terna spetterà assicurare la maggiore portata della linea che arriva a Trieste, per rispondere alle necessità del porto e a consumi civili e industriali che, secondo Acegas, cresceranno del 18% in dieci anni, soprattutto a causa della nuova mobilità elettrica e delle connesse esigenze di ricarica. Acegas sta ragionando invece su come impiegare al meglio l'energia attraverso alla creazione di reti intelligenti, basate su accumulatori di ultima generazione, che permettono di immagazzinare e gestire al meglio l'energia prodotta grazie al fotovoltaico e a piccoli impianti eolici, che potrebbero fare la propria comparsa anche nelle aree portuali. Per dare vita al progetto complessivo, Acegas e Terna hanno chiesto 15 milioni sul Pnrr, cui aggiungeranno risorse proprie. Le fonti rinnovabili segnano il passaggio da centrali di grandi dimensioni a una produzione diffusa. Le reti smart nascono anzitutto per questo, davanti alla necessità di avere un sistema che non si limiti a distribuire l'energia, ma che si appoggi ai singoli cittadini per produrla, che la raccolga senza sprechi e gestisca infine la discontinuità inevitabile quando si parla di sole e vento. Servono sistemi di accumulo per rendere il sistema più stabile e rimediare alla non contemporaneità fra produzione e consumo, permettendo di rispondere ai picchi dell'attività industriale o di quella portuale. Le smart grid aiutano a non disperdere energia grazie a sistemi che fanno percorrere agli elettroni il percorso più breve possibile fra luogo di produzione e di consumo. Quando invece non sarà possibile un consumo in diretta di quanto prodotto, l'elettricità sarà immagazzinata per non sprecarne le eccedenze e verrà rimessa in circolo al momento opportuno. La rete cittadina e quella dello scalo saranno inoltre collegate tra loro attraverso la posa di nuovi cavi, in modo che l'una possa aiutare l'altra in caso di malfunzionamenti prolungati. La rivoluzione dell'elettricità è alle porte e gli sviluppi si vedranno in dieci anni: si tratta di idee in cantiere da tempo e di cui il Recovery rappresenta ora un importante acceleratore.

Diego D'Amelio

 

«Sviluppo e sostenibilità viaggiano assieme - La blue economy può inquinare molto meno»
L'esperto di economia del mare Ghribi sfata il mito del 100% green «Dobbiamo crescere o avremo le emissioni degli altri senza profitti»
Trieste. Sviluppo e tutela dell'ambiente devono e possono marciare insieme. Ne è convinto Mounir Ghribi, coordinatore della Blue Growth Initiative dell'Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale di Trieste. Secondo Ghribi, «non dobbiamo cadere nella trappola del "green" al 100% o i vicini si svilupperanno e a noi resterà solo il loro inquinamento». Quali sono i pericoli per l'ambiente derivanti dalle attività portuali? «Anzitutto, parliamo di attività che hanno impatto tanto sul mare quanto sulla terra, dove si sviluppano infrastrutture e servizi. Sul mare il pericolo maggiore sono le perdite di carburante, ma c'è pure l'impatto che non si vede: quello acustico e, come succede a Venezia, l'erosione che le onde sollevate dalle navi creano sulle coste. L'inquinamento atmosferico da Co2 è quello che ricade anche a terra, dove c'è pure l'impatto di industrie e camion». Cosa dobbiamo attenderci dallo sviluppo del porto? «Un porto genera profitti e ricadute ambientali, ma non dobbiamo finire nella trappola di voler ricercare un'economia totalmente green. Da ingegnere ambientale, dico che il porto offre grandi opportunità di crescita e proprio la crescita permetterà di risolvere i problemi ambientali. Trieste è in concorrenza con Capodistria, che è il porto di un paese intero: se non cresciamo noi, cresceranno i vicini e noi avremo il loro impatto ambientale senza godere dello sviluppo». È possibile unire sviluppo e sostenibilità? «Il compromesso è possibile e su questo si basa la blue economy. Abbiamo distrutto la terra e stiamo cercando di rimediare. Bene, i nostri mari hanno grande potenziale di crescita ma dobbiamo difenderli, con uno sviluppo sostenibile, smart e inclusivo». Elettrificare i moli è un pezzo della strategia? «Le navi non possono più stare ferme in porto consumando carburante. L'elettrificazione garantirà un risparmio importante di emissioni. Secondo l'Ue, con comportamenti corretti, la blue economy può segnare un risparmio di 276 milioni di tonnellate di Co2 all'anno. L'elettrificazione è una di queste azioni, ma servono anche energie rinnovabili, carburanti più puliti, una programmazione che eviti troppe navi in porto assieme e la buona gestione del traffico a terra, attraverso la digitalizzazione. Bisogna togliere i camion dalla strada e l'Autorità portuale lavora bene sull'uso della ferrovia». Un porto può funzionare solo con fonti rinnovabili? «Un sistema circoscritto come il porto può ricavarne grande aiuto. Non ci sono solo eolico e solare, ma anche splendidi progetti per produrre energia da onde, maree e correnti. E non dimentichiamo l'idrogeno, che può essere cardine nel processo di decarbonizzazione: abbiamo importanti professionisti a Trieste nel campo». Ha senso parlare di tutto ciò senza accorciare le catene di fornitura? «Le catene vanno accorciate, ma il "chilometro zero" è difficile, perché il mercato è globale e i prodotti arrivano da lontano, generando inquinamento ma anche valore per i tanti soggetti coinvolti dalla produzione al trasporto». Dovevamo attendere una pandemia per cominciare a pensare a tutto questo? «Il Covid ci ha fatto vedere la debolezza del sistema. È una di quelle crisi che diventano opportunità: una scossa potente per capire che dobbiamo resettare il sistema economico e ricominciare. Ora dobbiamo lavorare per il cambiamento in tutti i settori e la blue economy è uno di quelli su cui puntare».

Diego D'Amelio

 

 

Capodistria-Divaccia - Il Pd boccia il tracciato Vito: «Roma intervenga» - infrastrutture e ambiente
TRIESTE. Continua la polemica tra Regione Friuli Venezia Giulia e governo della Slovenia sul tracciato del raddoppio del binario della tratta ferroviaria Capodistria-Divaccia, opera che ricade nella strategia nazionale delle infrastrutture di Lubiana vista l'importanza che assume per lo sviluppo della logistica del Porto di Capodistria.Dopo la dura presa di posizione dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro anche il Pd non lesina critiche al progetto. «La Regione guidata dal centrosinistra ha bocciato il progetto sloveno del raddoppio della Divaccia-Capodistria già nel 2013, quando la Giunta Serracchiani ha rilasciato parere sfavorevole alla proposta dalla Slovenia. La bocciatura è arrivata per la mancanza di sicurezze sulla compatibilità ambientale dell'opera. Su input della Regione lo stesso anno il ministero dell'Ambiente italiano aveva inviato alla Slovenia un nota che sollevava grandi perplessità sull'impatto ambientale dell'opera. E anche nel 2015 abbiamo ribadito la richiesta di chiarimenti a fronte delle criticità ambientali emerse». Lo afferma la responsabile Ambiente del Pd Fvg Sara Vito, commentando la notizia della firma che stabilisce nel prossimo maggio l'inizio dei lavori per la costruzione del primo tratto del secondo binario del collegamento ferroviario strategico Capodistria-Divaccia.«Le ragioni della nostra opposizione sono tuttora valide - aggiunge il segretario regionale Pd Fvg Cristiano Shaurli - perché la Slovenia non ha ancora dato elementi di rassicurazione. Perciò chiederemo alle nostre parlamentari di attivarsi formalmente presso il governo nazionale».«Ricordiamo l'opposizione al rigassificatore della Slovenia che - ricorda l'ex assessore regionale - ha portato le sue istanze su tutti i tavoli bilaterali per preoccupazioni ambientali. Quella era anche una nostra battaglia ma ora che gli interessi sono solo sloveni - conclude Vito - chiediamo la stessa attenzione agli impatti transfrontalieri».

 

 

Domani Lo sviluppo sostenibile del Porto Vecchio

Domani, alle 18.30, l'architetto William Starc, ex-dirigente pubblico e componente della rete civica triestina "Un'Altra Città", terra una video conferenza sui problemi e le potenzialità legate allo sviluppo sostenibile del Porto Vecchio. Per partecipare scrivere a centroveritas@gesuiti.it. Sarà possibile seguire l'incontro anche sulla pagina Facebook del Centro culturale Veritas.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 aprile 2021

 

 

Raddoppio Capodistria-Divaccia - Scoccimarro: «Bloccare i lavori»
Secondo l'assessore regionale il cantiere rischia di creare gravi danni all'ecosistema della Riserva naturale della Val Rosandra
«Ribadiamo il no assoluto della Regione alla seconda linea della ferrovia Capodistria-Divaccia come attualmente progettata, perché il cantiere rischia di creare danni ambientali irreversibili per la Riserva naturale della Val Rosandra a Trieste. Nell'ambito dei rapporti con l'Italia e con il Friuli Venezia Giulia non è accettabile che il governo sloveno dimostri insensibilità al tema ambientale e non applichi i protocolli previsti dai rapporti internazionali».Lo ha dichiarato l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile, Fabio Scoccimarro, secondo il quale «è necessario scongiurare il rischio che si verifichi un disastro ambientale. Come evidenziato agli incontri bilaterali Italia-Slovenia e nelle missive all'ex presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte e all'ex ministro dell'Ambiente Sergio Costa, con lettera a firma del governatore Fedriga, oltre che durante i colloqui con i vertici del Mae le gallerie sotterranee previste dal progetto sloveno rischiano di provocare il prosciugamento dei torrenti Rosandra e Ospo. Un pericolo concreto, più volte sottolineato dalla Regione Friuli Venezia Giulia negli ultimi due anni, che è stato confermato anche dal parere negativo sull'opera espresso dello Stato italiano. Nonostante gli accordi internazionali prevedano per questo tipo di opera il parere favorevole anche del nostro Paese, pare che le autorità slovene vogliano comunque dare il via ai cantieri».«Far parte dell'Unione non significa solo poter accedere ai finanziamenti europei, che nel caso di quest'opera ammontano a oltre 100 milioni di euro, ma anche rispettare gli accordi comunitari e confrontarsi con gli altri Stati per raggiungere obiettivi comuni, tra i quali quello prioritario della tutela dell'ambiente. Le azioni del Governo di Lubiana hanno suscitato la contrarietà degli ecologisti sloveni, ai quali auspico che finalmente facciano eco quelle degli omologhi italiani. Nei prossimi giorni incontrerò esponenti del nuovo governo cui ribadirò le nostre preoccupazioni e chiederò anche ai nostri parlamentari europei, un intervento di massima urgenza per bloccare l'imminente partenza del cantiere».

 

 

La centrale di Krsko si ferma per il cambio del combustibile
Dal primo aprile e per 35 giorni l'impianto nucleare resterà staccato dalla rete energetica nazionale della Slovenia
LUBIANA. Dopo un anno e mezzo di funzionamento, la centrale nucleare di Krsko è stata scollegata dalla rete. Nessun incidente o mal funzionamento, spiegano i responsabili dell'impianto, la centrale ha completato il 31° ciclo del combustibile nucleare e quindi deve fermarsi per ragioni di sicurezza. Il reattore sarà completamente smontato, rimontato e, ovviamente, opportunamente revisionato. Serviranno in tutto 35 giorni di lavoro con 1.800 persone impegnate, dal muratore all'ingegnere nucleare. Non siamo certo di fronte a un'operazione semplice e i dati correlati parlano chiaro: quattromila ordini di lavoro, circa 40 mila attività connesse alla revisione e, come detto, circa 1.800 lavoratori. Tutta l'opera è gestita e supervisionata dai dipendenti della centrale nucleare di Krsko (Nek). Dopo diciotto mesi di lavoro e più di 8,5 miliardi di chilowattora di elettricità prodotti, l'impianto è stato escluso dalla rete energetica nazionale, come ha spiegato il presidente del cda Stane Rozman. «Dal primo aprile la centrale di Krsko è stata fermata per espletare tutte le operazioni necessarie per il rimontaggio, operazioni che dureranno 35 giorni». L'essenza della revisione è costituita dalla sostituzione del combustibile nucleare, ha precisato Rozman, oltre a una serie di ispezioni e aggiornamenti. «Il secondo step - ha spiegato ancora il presidente - è costituito da una serie di ispezioni, in particolare quelle collegate ad apparecchiature e a componenti del circuito primario. Il terzo step consiste nella manutenzione preventiva nel campo delle apparecchiature hardware, elettriche e di strumentazione. Il quarto e ultimo step è rappresentato da tutta una serie di aggiornamenti o modifiche del sistema tecnologico». In base ai costi delle precedenti revisioni e sostituzioni del combustibile, l'intera operazione presenterà un conto di oltre 100 milioni di euro. Tutte le attività di revisione alla centrale di Krsko saranno monitorate dall'Amministrazione per la sicurezza nucleare della Repubblica di Slovenia (Ursjvs), che ha annunciato di aver ispezionato e approvato l'attuazione di alcune attività durante e prima della revisione. L'Amministrazione sarà costantemente presente durante la revisione a Krsko e l'assistenza sarà offerta da esperti di organizzazioni autorizzate nazionali ed estere. La centrale potrà ricominciare a generare elettricità solo dopo che le organizzazioni autorizzate e l'Ursjvs avranno confermato che tutto il lavoro è stato svolto correttamente, che tutti i test hanno avuto successo e che la sicurezza nucleare è stata adeguatamente curata. Queste misure dovrebbero consentire anche di ottenere un impatto minimo della centrale elettrica sull'ambiente. Nella relazione sulle operazioni dello scorso anno, la centrale nucleare di Krsko ha annunciato che avrebbe introdotto una strategia di digitalizzazione a lungo termine in importanti sistemi di centrali elettriche, basata sulle esigenze degli utenti finali. La vecchia centrale, dunque, nata ancora nell'oramai morta e sepolta Jugoslavia, viene sfruttata al massimo e questo in attesa che parta il progetto per la costruzione del secondo reattore nucleare. Un progetto che si stima costerà tra i 3,5 e i cinque miliardi di euro, mentre gli oppositori dell'energia nucleare avvertono che l'importo finale della costruzione di Krsko 2 sarebbe compreso tra sei e sette miliardi.

Mauro Manzin

 

Questioni ambentali - Il raddoppio
Si prevede che l'energia nucleare svolga un ruolo importante nella trasformazione della Slovenia in una società a basse emissioni di carbonio. «L'energia nucleare svolge un ruolo importante nella produzione di elettricità a basse emissioni di carbonio e pertanto prevediamo il suo utilizzo a lungo termine dopo la fine del ciclo di vita della centrale esistente. È importante garantire un funzionamento sicuro, nonché una strategia adeguata e risorse per una gestione responsabile ed economica dei rifiuti radioattivi», scrive il ministero delle Infrastrutture.

 

Gli incidenti - resta la paura
Il futuro della centrale di Krsko non è ancora certo. Da molti anni sono stati evidenziati dagli Stati vicini le preoccupanti condizioni in cui versa, situazione messa in rilievo da numerosi episodi di allarme. Nel 2008 una fuga di acqua di raffreddamento del reattore, nel 2007 la centrale venne isolata e chiusa per un mese per interventi urgenti che non furono mai comunicate, come si dovrebbe da procedura in sede europea; nel 2005 il reattore è stato arrestato per problemi al sistema di contenimento dei vapori.

 

 

Gli esercenti: «Solo pedoni in via Madonna del Mare»
Lettera di chi lavora in zona al Comune: strada libera dalle auto almeno d'estate - Dipiazza possibilista: prima l'introduzione del senso unico in giù in via San Michele
Dagli esercenti attivi in zona parte la richiesta di pedonalizzare via Madonna del Mare, perlomeno d'estate. E il sindaco Roberto Dipiazza apre all'idea: «Per me si può fare, rendendo via San Michele a senso unico in giù». Ma tra gli stessi soggetti che lavorano attorno a quell'asse non c'è unanimità: c'è pure chi è contrario. E in Cittavecchia si riaccende il dibattito. Secondo i promotori dell'iniziativa, escludere il traffico significherebbe venire incontro ai locali penalizzati dai lockdown: così si attirerebbe un maggior numero di clienti, liberi di stazionare in mezzo alla strada, a maggior ragione nei mesi più caldi. «Mi rendo conto che la città non può ruotare attorno a un gruppo di commercianti - spiega il titolare del Knulp Fausto Vilevich - ma se si potessero combinare le nostre esigenze con quelle di una mobilità diversa vinceremmo tutti. È da un anno che siamo chiusi o lavoriamo a mezzo regime: una situazione già grave fra pochi mesi rischia di diventare un disastro. Con l'estate si spera nelle riaperture. Ma ad esempio noi abbiamo solo posti all'interno del locale. Essendo affacciati sulla strada, non c'è spazio per i dehors. Pedonalizzare per noi sarebbe vitale». Ecco perché Vilevich e altri sette imprenditori della zona hanno inviato una lettera agli assessorati comunali a Urbanistica e Attività economiche: «Nel tratto di strada fino all'incrocio con via del Bastione operano tre ristoranti, un residence, un negozio di abbigliamento, un bar-libreria e un negozio di gastronomia - si legge nel documento -. Inoltre i marciapiedi a stento permettono il passaggio di una persona. Considerando anche il tratto di via Cavana ci sono inoltre una pizzeria, una macelleria e una panetteria». Tra i firmatari non solo bar, ristoranti e strutture ricettive, come ad esempio Bierstube, Tavernetta e Residence del Mare. Ma anche il negozio di abbigliamento Bardot: «Tutte le città europee hanno il centro storico pedonalizzato - afferma la titolare Isabella Bullo -. Non si tratta solo di commercio ma anche di smog e sicurezza dei pedoni». Dopo aver appreso dell'iniziativa, si aggiungono al coro pure il Bar Sofia e la Trattoria Alla Valle, guidata da Paolo Bidisnich: «A me basterebbe poter mettere quattro tavolini fuori, sulla piazzetta - dice Bidisnich -. Ma ben venga chiudere la strada, sarei d'accordissimo». Alla porta accanto è tuttavia «assolutamente contrario» Pino Giarmoleo della Cantina Istriana: «Senza auto i fornitori non potrebbero fare carico scarico e i clienti non passerebbero con le auto. Sarei contento per Paolo, se potesse mettere i tavolini fuori, ma pedonalizzare mi sembra esagerato». Contrari pure Francesco e Irene, animatori dell'associazione Polvere d'Arte, a loro volta timorosi che possa essere penalizzato il flusso di persone verso lo studio artistico. Questo l'indirizzo del sindaco Dipiazza: «Dopo aver reso via San Michele a senso unico in giù, vorrei chiudere al traffico tutto il primo tratto di via Madonna del Mare». Resta da vedere se si potrà chiudere la strada in questione già da quest'estate, quando la parallela via San Michele sarà temporaneamente pedonalizzata per lavori pubblici, o se occorrerà attendere la svolta urbanistica definitiva.«Farò quanto in mio potere per venire incontro alle esigenze dei commercianti», aggiunge l'assessore alle Attività economiche Serena Tonel, mentre l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli specifica: «Via Madonna del Mare è l'unica strada in salita verso San Giusto, vi passa la 24, ci sono una casa di riposo e molti residenti anziani, queste le difficoltà logistiche. Ma una soluzione si può trovare, non siamo contrari. Avevamo già analizzato la situazione, a seguito di una richiesta analoga. Dirò agli uffici di tirare fuori le carte per trovare il giusto equilibrio tra interessi contrapposti».

Lilli Goriup

 

 

Non solo porto e turismo: a Trieste l'industria verde
Non di solo porto e turismo Trieste rivivrà: ci vuole l'industria. Non una manifattura pesante e sporca da anni Settanta, bensì industria leggera, non inquinante, ad alta tecnologia e specializzazione, che s'integri con la vocazione ai servizi del capoluogo e insieme la alimenti e ne stimoli lo sviluppo. Per questo è da salutare con favore il possibile insediamento della Danieli, insieme con l'ucraina Metinvest, per la creazione di un impianto per la lavorazione dell'acciaio - nulla a che vedere con la dismessa Ferriera - nella zona delle Noghere, non distante dalle banchine che saranno gestite dal governo ungherese, per un investimento da centinaia di milioni di euro e centinaia di nuovi addetti. È d'industria nuova e "verde" che abbiamo bisogno, avanzata e competitiva. Un tassello senza il quale la nostra economia territoriale rimarrebbe un puzzle scombinato e irrisolvibile. Non è agevole parlare d'industria a Trieste: siamo una città che non l'ama, non la capisce, la ritiene una fastidiosa incombenza di cui altri possono occuparsi. Come tutte le terre di mare e di confine, amiamo lo scambio e la transitorietà, la volatilità dei commerci e la mutevolezza di quel che passa di mano; non la molesta fissità di uno stabilimento che impesta l'aria e sporca le tute e incorpora il rischio d'impresa. Il rischio non fa per noi, ci mancano l'ardore dell'intrapresa e il culto del sacrificio. All'avventura preferiamo il disincanto; all'audacia, un salace distacco. Prosperammo nel supportare il rischio altrui, figliando le grandi case assicurative dalle compagnie di navigazione. Alla vita di stabilimento opponiamo la vita contemplativa. Siamo agli ultimi posti in Italia per quota di reddito derivante dall'industria, e non ce lo possiamo permettere. Il Covid ha approfondito fragilità già esistenti: un tessuto commerciale devastato dal commercio elettronico subito dopo i mega-centri, un turismo ancora imberbe e comunque non risolutivo, un porto superbamente rilanciato ma da solo non bastevole, se le merci si limiteranno ad andare e venire per origini e destinazioni a noi estranee. Trieste è un mosaico: ne ha il fascino e l'azzardata complessità, per la quale una tessera mancante inficia l'ordito. Ebbene, proprio nell'anno più difficile che la storia recente ricordi, il mosaico sembra comporsi. Abbiamo una disponibilità di aree industriali libere che ha pochi confronti nel Nord Italia. Sullo scalo, che vive una stagione di rinascita senza precedenti, si sono calamitati partner europei come il porto di Amburgo, l'interporto di Duisburg e lo stesso governo di Budapest, a comporre una sfera d'interessi e traffici di respiro continentale e proiettata a Est. La nascita di grandi spazi e trasporti retroportuali (piattaforma logistica e rete ferroviaria) sta rendendo lo scalo un moderno sistema integrato, in cui quel che c'è prima e dopo lo sbarco è più importante della banchina stessa. I benefici unici del punto franco, se ci riuscisse di sbloccarli a Roma dove continuano a essere vergognosamente impantanati (ed è così da decenni!), sarebbero un fattore ulteriore per l'attrazione delle imprese industriali tecnologicamente avanzate di cui abbiamo, per l'appunto, bisogno come l'aria. Ci piace pensare al progetto di Danieli come all'emblema di una fertile integrazione delle due aree regionali, la vocazione ai servizi di Trieste con il tessuto imprenditoriale friulano. Il parco scientifico e un ateneo che funziona creano il contesto ideale per alimentare saperi e risorse, e per attirare alla città i talenti che l'animeranno ulteriormente. Se tutte queste si confermeranno le tessere di un mosaico completo, o prospettive illusorie per una città avvinghiata alle proprie complessità, dipenderà da noi. E la cartina di tornasole sarà per l'appunto la nascita e l'insediamento di aziende industriali innovative e rispettose dell'ambiente. Una città in cui si producono "cose" valorizza anche i servizi con cui i prodotti arrivano e partono e vengono assicurati, come pure la qualità della vita di chi ci lavora, la visita e ne scopre l'unicità. La vecchia Ferriera non c'è più. È il momento di superarla anche nell'animo.

Roberto Morelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 aprile 2021

 

 

Mancano risorse e piani di recupero. Trenino dimenticato in Porto vecchio.

Dopo il lancio del 2016 oggi "dorme" tra erba alta e degrado. A bloccarlo e' pure la burocrazia. L'appello delle associazioni.

Fermo tra erba alta, rifiuti ed edifici fatiscenti, ma bloccato anche da una burocrazia complessa e da diverse proprietà. Il trenino del Porto Vecchio resta parcheggiato, inutilizzato e parzialmente dimenticato all'interno dell'antico scalo, visibile dal parcheggio del Molo IV. Con la sua motrice di un giallo acceso e con i vagoni colorati è difficile non notarlo, a pochi metri dalla recinzione, come nei giorni scorsi è successo a un lettore, che ha scritto alla nostra redazione. Per il momento non è atteso nessun intervento di recupero, e i convogli sono destinati a rimanere dove sono. Ma il sindaco Roberto Dipiazza non esclude che in futuro possa rimettersi in marcia. Alle spalle del trenino, diventato famoso soprattutto per aver portato triestini e turisti nel 2016 alla scoperta del Porto vecchio, anche durante la Barcolana, c'è una storia complicata e farraginosa. «Una motrice appartiene all'Autorità portuale, una al Museo ferroviario, mentre le due carrozze - spiega Leandro Steffè, presidente di Ferstoria - sono state acquistate dalla nostra associazione, con il contributo di diversi soci nel 2016, grazie a un'iniziativa collettiva. Ma non è stato mai stabilito e certificato un atto di proprietà, così come un'immatricolazione. Ci siamo occupati comunque di reperire i mezzi, che arrivavano dall'Austria, due carrozze di prima classe, adattate con tavolini, anche per un eventuale servizio ristorante, con una cinquantina di posti ciascuna, che facevano parte di una flotta privata di un'azienda, che aveva intrapreso la strada dei treni turistici a cavallo dei confini. Noi saremmo anche disponibili a gestire nuovamente tutto, ma ricordo che c'è anche un altro problema - aggiunge - il fatto che il Museo Ferroviario è passato alle Ferrovie, che andrebbero interpellate per un eventuale riutilizzo. Allora - ricorda - era stato fatto un ottimo gioco di squadra tra il Comune, con il sindaco Roberto Cosolini, l'Autorità portuale e le altre realtà coinvolte. Peccato non sia continuato». Secondo Steffè il ripristino non sarebbe difficile. «In termini pratici, - precisa - perché il treno non si trova in condizioni pessime, certo ha bisogno di manutenzione, ma soprattutto - puntualizza - servirebbero i binari, che in parte nel frattempo sono stati cementati. E ora non è possibile, ad esempio, effettuare il giro che il convoglio percorreva nel 2016. La speranza di poterlo vedere nuovamente in moto però c'è. E sarebbe anche un mezzo ecologico e sicuramente molto apprezzato dalla gente, come già successo anni fa». Marino Quaiat, dell'omonima ditta, che proprio nel 2016 si era occupato di fornire un supporto tecnico al trenino, ricorda i numeri registrati. «Oltre 14 mila persone in 8 weekend - spiega - era stato un grande successo. Erano venuti addirittura turisti giapponesi a vederlo ed erano entusiasti. Era già pronto il progetto per continuare a mantenerlo in funzione a impatto zero. Purtroppo poi non si è fatto nulla». Anche Antonella Caroli Palladini, presidente della sezione di Trieste di Italia Nostra, auspica che il mezzo non venga dimenticato, ma sottolinea come prima sia necessario valorizzare i binari. «Perché vogliamo salvare la memoria storica dello scalo - evidenzia - che era, appunto, un porto ferroviario. Mantenere almeno un binario sarebbe importante, anche se non sempre operativo. Poi magari si penserà al convoglio, che potrebbe diventare anche un punto informativo per li turisti, per le scolaresche o anche un locale, considerando le carrozze ristoranti». Da parte dell'Autorità portuale per ora non è previsto alcun progetto ma «siamo interessati - commentano - a valorizzare la nostra locomotiva appena si potrà». E tra le varie considerazioni c'è chi chiama in causa spesso il sindaco Roberto Dipiazza e si chiede come mai non abbia continuato a mantenere in vita il mezzo. «Finora era impossibile spendere ulteriori fondi per riutilizzarlo e non era funzionale - dice - ma in futuro si potrà sicuramente valutare. In questo momento - sottolinea - le priorità per il Porto Vecchio sono altre, serve ultimare gli accessi, le piste ciclabili e le strade, poi non escludo la possibilità di poterlo riattivare di nuovo, quando gli altri interventi saranno conclusi».

Micol Brusaferro

 

Capodistria-Divaccia, in maggio via al cantiere del secondo binario
Consorzio sloveno-turco al lavoro sul primo tratto di 10 chilometri. Il ministro: così crescerà il porto
Capodistria. Le ruspe entreranno in azione a maggio per iniziare la realizzazione di uno dei più rilevanti progetti strategici della Repubblica di Slovenia: la costruzione del secondo binario della tratta ferroviaria fino a Divaccia, della lunghezza pari a 27 chilometri. Il progetto è parte dell'asse Baltico-Adriatico e dei corridoi Trans European Transport Network relativi al Mediterraneo, che si prefiggono di aumentare il traffico con l'obiettivo di aumentare l'intermodale su rotaia. Il binario correrà su un percorso a parte rispetto a quello attuale, in quanto la configurazione del terreno non permette di procedere al semplice raddoppio. All'operazione comunque Lubiana punta con l'obiettivo di un ulteriore sviluppo dello scalo portuale capodistriano: l'attuale binario unico limita infatti non di poco il movimento merci con l'hinterland europeo dal quale i carichi provengono o al quale sono destinati. Secondo le valutazioni di vari analisti il nuovo binario che porterà le merci verso le direttrici agganciate all'Europa centrale va considerato anche come risposta slovena nel quadro del crescente sviluppo del porto di Trieste. A Lipizza è stato firmato il contratto per la costruzione del primo tratto del secondo binario, quello tra Capodistria e San Sergio (Crni Kal): lungo 10 chilometri, e comprenderà sei tunnel e due viadotti. A eseguire i lavori sarà la società Kolektor Cpg, l'unica che aveva partecipato alla gara d'appalto, assieme alle imprese turche Yapi Kerkezi e Ozaltin. Il consorzio turco-sloveno ha assicurato che porterà a compimento l'opera per una cifra pari a 224,7 milioni di euro, ovvero 6 milioni in meno rispetto al tetto massimo previsto nella gara dalla società statale 2Tdk che coordina le operazioni a nome del governo. «I documenti presentati sono realistici e l'appaltatore sarà senz'altro in grado di realizzare il progetto in tempo e restando nei limiti finanziari previsti, o al massimo con il rischio di spese aggiuntive del 10 per cento», ha detto il direttore di 2Tdk Pavle Hevka, intervenuto alla firma del contratto di costruzione. Quanto alle risorse finanziarie, si è ricorsi a un credito della Banca Europea per gli investimenti. «Il secondo binario - ha detto il ministro delle infrastrutture sloveno Jernej Vatovec - permetterà non solo di far crescere lo scalo merci del porto di Capodistria, ma anche di sviluppare al massimo le potenzialità logistiche del Paese, come punto di riferimento per l'intero centro est europeo. Per questo motivo - ha aggiunto il ministro- lo scalo portuale e il secondo binario devono operare in perfetta sintonia».Nel cantiere lavoreranno 500 addetti (si tratta di personale sloveno nel 60-70% dei casi).Stando alle previsioni, il secondo binario nella sua lunghezza complessiva potrebbe venire completato entro il 2025 ed entrare in funzione l'anno successivo, conclusi i necessari collaudi tecnici. Come ricorda il sito delle Ferrovie slovene, il costo complessivo dell'operazione ammonta a 1,2 miliardi di euro. Il costo così elevato dei dieci chilometri iniziali trova giustificazione nella configurazione del suolo piuttosto complessa e prevalentemente montagnosa, tale per cui si dovranno costruire appunto tre gallerie (di 6,7; 6; e 3,8 chilometri) e i viadotti. Il progetto prevede anche la costruzione di gallerie parallele di servizio per i lavori e per l'evacuazione in caso di necessità. La 2Tdk ha ottenuto la concessione dal governo sloveno sul secondo binario per 45 anni, fino a giugno 2064. Tornando all'aspetto finanziario, il progetto ha fruito del contributo di 109 milioni di euro dalla Commissione europea. In ogni caso l'opera non andrà a pesare sulle tasche dei contribuenti sloveni: l'investimento dovrebbe essere recuperato attraverso le tariffe di accesso pagate dagli operatori ferroviari sia sulla nuova linea che sulla rete ferroviaria nazionale già esistente, nonché tramite le tasse sulla movimentazione delle merci nel porto di Capodistria.

Valmer Cusma

 

 

Trasformare in un sito protetto l'area del laghetto di Bosc di Sot
Legambiente auspica che la zona umida sia sottoposta a tutela come biotopo - Già censite undici specie di uccelli e quattro di anfibi d'interesse comunitario
Cormons. «La Regione sottoponga a tutela come biotopo naturale l'area di Bosc di Sot». La richiesta arriva da Legambiente Gorizia, che evidenzia agli uffici regionali la necessità di avviare l'iter di istituzione di un cosiddetto biotopo, meccanismo che evidenzia l'importanza sotto il profilo dell'ecosistema dell'area umida alle porte di Cormons. La Legge Regionale 30 settembre 1996 n. 42 definisce come biotopo naturale "un'area di limitata estensione territoriale caratterizzata da emergenze naturalistiche di grande interesse e che corrono il rischio di distruzione e scomparsa". È questo, secondo l'associazione a difesa dell'ambiente, il caso dei laghi originatesi a "Bosc di Sot" dall'interruzione dell'attività estrattiva a cielo aperto dell'argilla e della vicina landa accanto al torrente Versa. «Si tratta - si legge in una nota diramata per spiegare le motivazioni della richiesta - di 55 ettari complessivi di cui 11 occupati da acque dolci, attorno ai quali sono state finora rilevate con certezza 9 specie di anfibi, 32 di uccelli e 9 di mammiferi. Notevole il fatto che 11 fra le specie ornitiche rilevate siano inserite nell'Allegato I della Direttiva 2009/147/CE "Uccelli" (recepita dalla Legge 157/1992), che prevede per queste misure speciali di conservazione per quanto riguarda il loro habitat, al fine di garantirne sopravvivenza e riproduzione nel lungo periodo attraverso una rete coerente di Zone di Protezione Speciale, mentre 4 anfibi, l'ululone dal ventre giallo, il rospo smeraldino, la rana agile e la rana di Lataste sono inclusi nell'Allegato IV della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" (recepita dal Dpr 357/1997) e sono dunque specie d'interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa e la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione». La richiesta di Legambiente nasce dallo studio effettuato da tre scienziati naturalisti, Davide Roviani, Michele Tofful e Francesca Iorda, che spiegano come «la zona umida di "Bosc di Sot", composta principalmente da un lago e due stagni, è un elemento unico nel paesaggio del Collio. Gli altri specchi d'acqua infatti sono di dimensioni inferiori e con caratteristiche diverse. L'integrità dell'intero comprensorio potrebbe essere garantita da un regime di tutela che impedisca stravolgimenti ambientali irreversibili, indipendentemente da quale soggetto, pubblico o privato, rileverà l'area, attualmente una proprietà privata in liquidazione». L'intento dell'iniziativa è quello della tutela dei valori naturalistici del sito: «L'obiettivo è mirare alla conservazione della grande varietà di habitat che vi insistono e, dove necessario, al ripristino o restauro delle condizioni ecologiche compatibili al mantenimento delle sue emergenze naturalistiche». Ciò non può entrare in conflitto con l'eventuale investimento di un privato: «Anzi - prosegue la relazione - costituirebbe un grande valore aggiunto dal momento che i consumatori cercano sempre di più la sostenibilità ambientale nei prodotti che acquistano».

Matteo Femia

 

 

 

 

IL PICCOLO -  VENERDI', 2 aprile 2021

 

 

«Impianti fotovoltaici dentro edifici pubblici per produrre energia» - la riflessione di Adesso Trieste
Adesso Trieste guarda alle altre città italiane ed europee alla ricerca di un «nuovo modello energetico e produttivo». Allo scopo ha organizzato un incontro online con ospiti Gianluca Ruggieri e Pino Tebano: entrambi sono tra i fondatori della cooperativa "ènostra", a Cuneo, la quale produce energia pulita in maniera collettiva e la vende a una platea di oltre 8.000 persone. Durante il dibattito sono state raccontate storie di «inclusione» e di «lotta alla povertà energetica attraverso la partecipazione delle comunità» che esistono a Fidenza, Napoli, Amburgo e Barcellona. «Un'amministrazione comunale deve avere un ruolo attivo nel promuovere il cambiamento - afferma una nota di At - producendo energia pulita, mappando gli edifici pubblici adatti a ospitare piccoli impianti di pannelli fotovoltaici per l'autoproduzione di energia, aprendo sportelli informativi diffusi su risparmio ed energia sul territorio, per poi cooperare con i municipi vicini. Simili azioni porterebbero alla realizzazione di comunità energetiche diffuse, in particolare nei quartieri popolari, contribuendo a ridurre le diseguaglianze sociali».

L.G.

 

 

Volpi, ricci, caprioli: in un anno all'Enpa 1.800 animali selvatici
L'attività dell'ente riassunta nei numeri del 2020: sono state 14.600 le risposte dei volontari alle telefonate dei cittadini. La presidente Bufo: «Grande attenzione al tema igienico sanitario»
Ben 1.800 animali selvatici accolti e curati, 200 tra conigli, pappagalli ondulati d'Australia, canarini, pesci, rettili presi in carico a seguito di rinunce, oltre alle cure e al supporto a centinaia di cani e gatti. È il bilancio di un anno, il 2020, il più difficile anche per le realtà che si occupano di animali, dell'Enpa di Trieste. Dati alla mano, i ritmi di lavoro per i volontari della struttura di via de Marchesetti sono stati senza tregua. Alla cura dei selvatici garantita dai medici veterinari della struttura - cinque ricoveri al giorno al Cras, il centro recupero animali selvatici dell'Enpa - e a quella per gli animali non convenzionali, si aggiunge l'attività a favore di 500 gatti in regime di sostegno per cure, vaccinazioni, sterilizzazioni anche in convenzione con contributo dei Comuni e della Regione. «Sono stati forniti 750 chili di cibo per gatti alle referenti delle colonie feline seguite dall'Enpa - fa sapere la presidente dell'ente, Patrizia Bufo -, presidi igienico sanitari e ricoveri coibentati per i mici». Accuditi anche più di 480 cani «con particolare attenzione a situazioni di emergenza, sempre più frequenti sul nostro territorio - spiega -, con la donazione di 485 chili di cibo alle famiglie che detengono un cane, ma che hanno difficoltà ad affrontare la spesa per il mantenimento dell'animale».Tornando ai selvatici, il fiore all'occhiello dell'Enpa, negli ultimi anni gli investimenti messi in campo hanno consentito all'ente animalista di ampliare gli spazi dell'oasi del Farneto, garantendo loro un habitat da mille e una notte. Gli animali selvatici accolti sono stati accuditi, visitati, sono entrati in terapia e successivamente, se possibile, sono stati rimessi in libertà. Quelli non ancora autonomi, restano ospiti del centro. Parliamo, ad esempio, di cinciallegre, merli, storni, sparvieri, gufi, pettirossi, capinere, codibugnoli, caprioli, cinghiali, volpi, ricci, tassi. Ma anche colombi e gabbiani reali con ali o zampe fratturate. Esemplari cuccioli o nidiacei privi di cure parentali, oppure adulti feriti. Sono state oltre 90 le specie accolte, ognuna con le proprie necessità alimentari, di cure specifiche e di ricovero in armonia con le peculiarità etologiche. «La presenza nella struttura di accoglimento, in stretta osservanza di tutti i Dpcm - sottolinea la presidente -, è stata sempre garantita per 12 ore al giorno. I volontari hanno risposto al numero di cellulare di servizio per ben 14.600 volte in un anno, dando anche informazioni sulla gestione degli animali in questo periodo emergenziale».A tutto questo si aggiunge «la particolare attenzione igienico sanitaria imposta dalla situazione di emergenza Sars-Cov-2 sulle varie specie di animali accolti - indica in conclusione Bufo -. Per questi aspetti ci appoggiamo, ove necessario, all'Istituto Zooprofilattico delle Venezie».

Laura Tonero

 

 

Lacunosa la progettazione nell’area della Lanterna - CIÒ CHE NON VA

Caro direttore, leggevo l'altra mattina la nota inviata dalla signora Stella Rasman, con la quale concordo perfettamente nella "visione generale" di una città futura. Purtroppo, gentile signora, non è la stessa visione di chi, per esempio, invece "di eliminare i vetusti manufatti del Dopoguerra" crea "nuovi" manufatti non di "grandi architetti del neoclassico" triestino ma di progettisti del post-portuale, sempre triestino, che personalmente critico. Questo fenomeno è recentissimo, è orrendo sia come architettura che come posizione ma potrebbe essere educativo: si invitano i cittadini, quindi contribuenti, a visitarlo magari durante una passeggiata al "Pedocin" perché potrebbero avere una visione immediata di quello che li aspetta in Porto vecchio. Non so se, come dice la signora, la dottoressa Bonomi potrà fare molto; quello o quella che l'hanno preceduta non mi sembra abbiano prestato molta attenzione a cosa edificavano sotto il loro naso "all'ombra della vecchia Lanterna."

Giorgio Grius

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 aprile 2021

 

 

Edifici in attesa di futuro e il nodo servizi nell'area Sacchetta-riva Traiana
Gli immobili da ripensare o sistemare fra via Ottaviano Augusto e l'Ausonia - La giunta comunale punta sul trasferimento del mercato come passo chiave
L'asfalto sulla strada e i marciapiedi all'inizio sono di recente riqualificazione. Le aiuole son ben tenute. È dall'ex Museo del mare di Campo Marzio in poi che preoccupa residenti ed esercenti: edifici per lo più fatiscenti, pochi servizi e tanta solitudine. Dalla piscina Acquamarina all'ex Etnoblog, al Museo Ferroviario: la zona che va da via Ottaviano Augusto a riva Traiana, dove inizia il Porto Nuovo, attende da anni una completa rigenerazione urbana. Una questione che potrebbe diventare un prezioso asso nella manica dei candidati a sindaco della campagna elettorale 2021, un tema da inserire nel proprio programma. Intanto ogni palazzo, oggi in mano a diversi proprietari, tra Demanio, Comune e Autorità portuale, ha una sua storia fatta di promesse, idee riproposte, stravolte e cambiate. Ma mai attuate. L'ultimo segnale di vita, che poteva attirare una mole di persone significativa, era il Museo del Mare. Il suo trasferimento è stato previsto in Porto vecchio. Così per la palazzina, di proprietà del Demanio, il Comune si è mosso perché rientri tra i suoi immobili. «Ma bisogna attendere che il nuovo governo nomini la Commissione paritetica Stato-Regione», dicono all'unisono il primo cittadino Roberto Dipiazza e l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi. Nemmeno a farlo apposta, l'edificio confina con i 24 mila metri quadrati del Mercato ortofrutticolo, un altro sito che aspetta una nuova vita. Investitori che vengono e che vanno e intanto gli operatori che lavorano al suo interno si spazientiscono. E poi il Museo Ferroviario, che deve diventare il secondo d'Italia entro il 2022, avevano detto dalla Fondazione Fs Italiane. Un anno ancora, dunque, ma i lavori non sembrano proseguire. Mancano i soldi promessi dal Gruppo Fs Italiane con Regione Fvg e ministero? Non si sa, la Fondazione, contattata, per ora non risponde. Il lungo cammino tra edifici fatiscenti continua. Con la piscina, sotto sequestro da due anni, da quando è crollato all'improvviso il tetto. Non un'anima nemmeno lì. E l'area del Pedocin, seppur manutenuta all'interno, resta all'esterno desolante, come l'ex area Cartubi: vetri spaccati, magazzini sventrati, masserizie accatastate. In tutto questo si fa largo l'unico edificio portato a termine: la nuova Stazione a mare dell'istituto Nautico. Una costruzione alquanto contemporanea, costruita accanto agli edifici in stile asburgico e fascista. La lista continua con l'ex Etnoblog e l'edificio vicino, sede di operatori della logistica e del trasporto, per cui l'Autorità portuale, la proprietaria, ha previsto un restauro. «Ma non siamo in grado di dire ancora quando, daremo con il restauro comunque un contributo alla riqualificazione dell'area in generale», fanno sapere dall'Authority. La riqualificazione generale per l'amministrazione Dipiazza parte invece dal mercato ortofrutticolo, ma si porterà a compimento nel post elezioni con in mezzo appunto l'incognita dell'esito del voto. L'obiettivo è di fare un parcheggio sotterraneo, che si abbini a quello del Molo IV, per sgomberare le Rive dalle auto. D'investitori, dice il sindaco, poi, per trasformare il sito del mercato ce ne sono. «C'è una progettualità di massima per rivedere tutta quella zona, ma ci sono di mezzo le tempistiche burocratiche», specifica l'assessore Giorgi. Al primo cittadino poi piacerebbe l'idea anche «di chiudere magari la via Giulio Cesare o qualcosa di simile, ci deve essere una nuova viabilità, ma tutto si deciderà dopo aver chiuso la partita ortofrutticolo ed ex Museo del Mare».La Soprintendenza, dal canto suo, da tutti i progetti e le promesse in ballo per l'area, si aspetta che questo luogo «diventi un posto meraviglioso, non luogo di rovine e tristezza come adesso», commenta la soprintendente Simonetta Bonomi. E quando? Da addetta ai lavori pensa che ci vorranno almeno ancora cinque anni. E poi bisognerà fare un ragionamento anche sulla viabilità, ma ciò spetta al Comune: «È comunque una cosa che s'intreccia con il miglioramento dell'area, che attirerà la gente. Adesso è ancora presto».

Benedetta Moro

 

 

Cottur, cestini vuoti e niente rifiuti - Il sollievo dei frequentatori abituali
Comune e Acegas in azione alla vigilia dell'inizio del servizio appaltato da Fvg Strade, previsto oggi
E pulizia fu. Ieri, con un giorno di anticipo rispetto all'annunciata tabella di marcia (e con un piccolo colpo di scena), è iniziata l'operazione svuotamento cestini lungo la pista ciclopedonale Cottur. Operazione apparentemente comune, ma che rappresenta una notizia, viste le polemiche degli ultimi giorni sul degrado in cui versava il frequentatissimo tracciato. A rendere possibile il via alle pulizie già ieri sono stati il Comune e AcegasApsAmga, che non hanno competenza sul percorso (la cui responsabilità è in capo alla società regionale Fvg Strade), ma sono intervenuti per risolvere il prima possibile il problema. Spiega l'assessore comunale Luisa Polli: «Viste le numerose segnalazioni, il gran caldo di questi giorni e la massiccia presenza di gabbiani, abbiamo ritenuto fosse opportuno intervenire con una certa urgenza, perché l'appalto della Regione con la cooperativa Querciambiente, affidataria del servizio, parte dal primo aprile, e ci sarebbero voluti altri giorni prima della pulizia. Così è stato chiesto il permesso alla Regione e Acegas è intervenuta a titolo gratuito». Una situazione confermata da Fvg Strade, che ringrazia il Comune per essersi fatto carico, nell'ottica della collaborazione tra enti, della raccolta delle immondizie nella giornata di ieri. Da oggi, invece, ci penserà appunto la società regionale con Querciambiente. La cacciata del pattume è iniziata intorno alle 8, dal punto di partenza della ciclopedonale in via Orlandini, a San Giacomo. Lì si trovano due contenitori in legno e ferro che fino a poche ore prima erano strabordanti di qualsiasi tipo di rifiuto: dalle bottiglie di birra alle lattine, dai bicchierini di carta del caffè per asporto a borse della spazzatura portate da casa. Uno spettacolo che aveva scatenato le ire di molti triestini, appassionati fruitori del tracciato che dalla città porta a Draga e poi in Slovenia. L'accumulo di immondizia era stato causato da diversi fattori. Il primo, di ordine tecnico-burocratico: i tempi per la gara e l'affidamento del nuovo servizio da parte della Regione avevano causato alcune lungaggini, interrompendo di fatto la raccolta dei rifiuti per alcune settimane. Il secondo, di natura umana: complici le restrizioni da zona rossa, il numero di frequentatori è aumentato, soprattutto nei fine settimana, con conseguente incremento della spazzatura gettata nei contenitori. Si aggiungano, in alcuni casi, picnic su erba e panchine nemmeno tanto "clandestini" (sabato scorso ne sono stati segnalati alcuni), con sporcizia al seguito. Ieri, appunto, la svolta: cestini svuotati e immondizia raccolta da terra, in particolare nelle zone più critiche, a San Giacomo, Campanelle e Raute, con soddisfazione dei tanti runner, pedoni e ciclisti di passaggio. Come Elio Ravalico, che sulla Cottur viene spesso: «In questo periodo è un'ancora di salvezza; ci vengo a piedi da casa appena posso. Peccato averla vista così piena di immondizia in questo periodo: sono felice di averla ritrovata pulita». E se per Mitja Jankovic lungo il percorso «persistono troppi escrementi di cani e mascherine buttate a terra, sintomo di inciviltà», Elio e Maria Rita Grisoni, che sulla Cottur camminano quasi ogni giorno, tirano un sospiro di sollievo: «Avevamo notato con grande dispiacere la sporcizia di questi giorni; è giusto che la gente possa godere appieno di un simile percorso, così bello, in questo periodo di zona rossa». Opinione condivisa da Giorgio Lipossi che, in sella alla sua bici, qui viene tre volte alla settimana: «Era troppo sporca, soprattutto tra via Costalunga e Campanelle, dove le persone si siedono sulle panchine. Bene aver risolto».

Elisa Coloni

 

 

Tornano proibiti anche i "pedoci" muggesani - il divieto per la concentrazione di tossine
Muggia. A metà mese erano gli unici "pedoci" triestini a risultare raccoglibili, commercializzabili e mangiabili, ora con l'ultima ordinanza timbrata Asugi anche quelli muggesani, ricadenti nell'area contrassegnata dal codice "02Ts", tornano proibiti. Anche in questo caso per il Servizio di igiene degli alimenti di origine animale dell'Azienda sanitaria, diretto da Paolo Demarin, la presenza, riscontrata dall'Istituto zooprofilattico delle Venezie, di biotossina algale liposolubile prodotta da alcune specie di alghe, che può causare sindromi intestinali acute dovute all'ingestione di "pedoci" contaminati, appare troppo elevata. Ora quindi vige di nuovo il divieto di raccolta e commercializzazione dei molluschi bivalvi vivi sull'intera riviera triestina.

lu.pu.

 

 

Cio' che non va - A San Giovanni la nuova strage di alberi per costruire ville

Una volta a Trieste il rione di San Giovanni era bello: casette e piccoli condomini circondati da bei giardini curati e tanto verde. Negli ultimi anni il cemento avanza, secondo logiche puramente speculative e senza nessuna attenzione al benessere degli abitanti, alla tutela degli spazi verdi così preziosi specie in questo periodo di pandemia. Qualche anno fa, nella parte alta di via Pagliaricci, adiacente al Parco di San Giovanni, furono edificati dei brutti alti condomini, addossati l'uno all'altro senza alcuno spazio verde intorno. Noi cittadini protestammo, anche perché l'improvvido scavo del terreno friabile fece crollare un muro di contenimento, mettendo a rischio la sicurezza delle persone. Tutto invano. Ora nella stessa zona si vanno a costruire numerose ville. M chiedo: in una città con una decrescita costante della natalità e con tante case vuote o da restaurare erano così necessarie? La favola non ha un finale lieto: le ruspe del cantiere edile, in azione in questi giorni, hanno creato in breve tempo una landa desolata, compiendo una vera e propria devastazione e una strage di alberi. Ne sono stati abbattuti tanti, almeno una quindicina. Alcuni erano cresciuti a ridosso del confine con le proprietà adiacenti o il Parco, quindi sarebbe bastata una minima variazione del progetto e un po' di buon senso per salvarli. In particolare è stato abbattuto un abete rosso di circa 10 metri. Era bellissimo, sano, con ampie fronde, ristoro e nido di numerose specie di uccelli selvatici stanziali o in transito durante le migrazioni. Un albero significa ossigeno, salute, bellezza, vita per l'uomo e le altre creature. Che amarezza vederlo crollare miseramente. Nel rione si sono trasferite di recente molte coppie giovani con bambini. A questi bambini, già provati dall'isolamento, dalla Dad, dalla chiusura delle strutture ricreative, cosa offriamo? Ancora recinzioni, muri, spiazzi di cemento adibiti a parcheggio? Che vita offriamo, che valori trasmettiamo? Come spiegare che le istituzioni locali sono indifferenti alla tutela del verde pubblico? E che dobbiamo ancora una volta assistere inermi a questo degrado?

Daniela Zamataro

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 marzo 2021

 

 

Piscina in Porto vecchio: piano della cordata Icop pronto entro metà aprile
Dipiazza rilancia dopo il confronto con Petrucco: «Avanti con il project financing - Cercherò di coinvolgere la Regione». Si profila una partita da 25-27 milioni
Entro metà aprile il terzetto in cordata Terme Fvg, Icop, Myrtha Pools presenterà la propria offerta al sindaco Roberto Dipiazza per la realizzazione del polo natatorio in Porto vecchio, in sostituzione della piscina terapeutica Acquamarina, parzialmente collassata nel luglio 2019 nei pressi della Lanterna. Ieri mattina Dipiazza, a fronte di voci e proposte alternative, ha fatto chiarezza: «Andiamo avanti con il progetto in Porto vecchio e Vittorio Petrucco (Icop) mi ha comunicato che tra un paio di settimane avrò la documentazione ufficiale relativa alle loro intenzioni». «Cercherò di coinvolgere nell'operazione - ha precisato il primo cittadino - anche la Regione Fvg».Sul contributo finanziario del Comune, Dipiazza si è tenuto prudente e attende le carte di Terme-Icop-Myrtha prima di esprimersi: il Piano triennale prevede comunque una voce di 7,5 milioni di euro per il futuro impianto e di due milioni per l'eventuale recupero di Acquamarina. Riguardo la prospettiva della piscina crollata, Dipiazza ribadisce che l'esame tecnico post-dissequestro verificherà la convenienza o meno di ripristinare la struttura. Sull'ipotesi dell'utilizzo del mercato ortofrutticolo in Sacchetta, emersa dal Coordinamento delle venti associazioni interessate alla nuova terapeutica, il sindaco ha sostanzialmente glissato: la proposta verte su un costo di 25 milioni, la superficie esaminata è di circa 24 mila metri quadrati dove collocare vasche riabilitative, ludico-natatorie con acqua di mare riscaldata, una vasca da 50 metri, frazionabile in due da 25, dotata di acqua dolce per gli atleti olimpici e paraolimpici. Vittorio Petrucco, amministratore unico del gruppo Icop di Basiliano, conferma a sua volta le linee essenziali del progetto "a tre", in coerenza con le indicazioni contenute nel bando comunale: impianto misto terapeutico-ludico, previsione di sette vasche, edificio su due livelli al secondo dei quali le aree beauty e relax, apertura sul mare. L'investimento si attesta su una forbice di 25-27 milioni di euro, cui si aggiunge il 10% di Iva. Dal punto di vista contrattuale sarà un project financing a iniziativa privata. Cautela sulla tempistica, perchè condizionata da troppe variabili: «Posso comunque dire che, per costruire un polo con queste caratteristiche, necessitano circa due anni e mezzo di lavori». Si rammenta che Terme Fvg è un soggetto pubblico-privato controllato da Eutonia (Sanatorio triestino) e partecipato da Git (Turismo Fvg); Icop è un importante gruppo nel settore costruzioni (fatturato di 160 milioni di euro, 400 addetti) con un carnet di commesse internazionali e uno sguardo attento su Trieste (Piattaforma logistica, Parco del mare); Myrtha Pools, che ha sede a Castiglione delle Stiviere nell'alto mantovano, è un brand molto noto nella fabbricazione delle piscine. Dunque, compiti tripartiti: la gestione, la costruzione, la "materia prima". L'area di cantiere coinvolge l'ex quartiere Ford alle spalle del magazzino "28 bis", la parte nuova che costituisce il centro congressi. Il Comune ha messo a disposizione 12 mila metri quadrati, piuttosto in male arnese, capannoni semi-diroccati perlomeno con un secolo di vita sulle spalle. Parte di questi sono sotto il vincolo della Soprintendenza, in particolare i "32" e "133".La vicenda del polo natatorio in Porto vecchio compirà la prossima estate un anno di vita. Il Comune sollecitò manifestazioni d'interesse per realizzare l'impianto al confine tra la porzione espositivo-culturale e quella ludico-sportiva. A luglio 2020 arrivarono nove proposte, che abbastanza rapidamente, quando il Municipio richiese il dettaglio finanziario-progettuale, si ridussero a tre: Terme Fvg, la catalana Supera, la cordata Monticolo. Monticolo, con il supporto di Mediocredito Trentino Alto Adige, era stato il primo a muoversi per la terapeutica, ma la sua idea, basata sul leasing in costruendo, aveva incontrato l'invalicabile stop della dirigenza comunale.

Massimo Greco

 

Piscina Acquamarina da ricostruire prima di edificarne altre

L'associazione Triestebella è contraria alla costruzione di una nuova piscina terapeutica senza restaurare l'esistente. L'edificio della Piscina Acquamarina, a parte la cupola metallica crollata, si presenta in buono stato e quindi a nostro avviso recuperabile con una spesa certamente minore di quella che occorrerebbe per costruirne una nuova. Sarebbe delittuoso lasciare che essa si trasformasse in uno dei troppi ruderi che si vedono a Trieste, tanto più in una zona centrale e frequentata anche da turisti.

Roberto Barocchi e altre firme

 

SEGNALAZIONI - Porto vecchio - La discussione sia aperta a tutti

Seguo con partecipazione tutto quanto avviene in città intorno alla rigenerazione del Porto vecchio. I prossimi passaggi del percorso intrapreso potranno andare nella direzione di realizzarvi progetti innovativi volti anche a richiamare a Trieste parte dei giovani ora all'estero. Perciò mi sorprende e mi indigna leggere nella cronaca locale che durante la discussione in Consiglio il sindaco abbia insultato una consigliera, colpevole evidentemente di non avere condiviso l'impostazione finora data dalla giunta da lui condotta al processo in corso: un comportamento a mio avviso inaccettabile. Nell'interesse comune spero invece che nella prossima campagna elettorale sia possibile continuare a sviluppare la discussione sul futuro di Porto vecchio; nonostante l'impronta finora data dalla giunta al processo, tenuto sostanzialmente chiuso negli uffici, professionisti, cittadini e associazioni si sono in parte già espressi e le forze politiche potranno esporre, con argomenti (non insulti) visioni anche alternative della rigenerazione che, ora e solo ora, ritengo possibile.

Rossana Zagaria

 

 

Cottur affollata e invasa dai rifiuti: da domani nuovo servizio di pulizia
Svuotamento dei cestini interrotto per due settimane e scarso senso civico all'origine del problema
Le immondizie e la sporcizia che in questi giorni deturpano, in alcuni punti, la pista ciclopedonale Cottur hanno le ore contate. Stando a Fvg Strade, infatti, domani inizierà il nuovo servizio di raccolta rifiuti, affidato alla cooperativa La Quercia, lungo il percorso, in questa fase di zona rossa preso letteralmente d'assalto da ciclisti, pedoni, runner e tante famiglie con bambini. Sono stati in molti a notare, nell'ultimo periodo, un peggioramento delle condizioni del tracciato sul fronte della pulizia. Carte e cartacce, ma anche interi sacchi della spazzatura casalinga, bottiglie, cartoni della pizza, lattine e altri segni evidenti di sosta "rinforzata" da panini e drink nelle aree picnic e sulle panchine in marmo ai lati del percorso. Scene che non sono passate inosservate qui come in altri spazi verdi della città, dal Giardino pubblico al parco di Villa Revoltella, dove più di qualcuno ha optato per un'interpretazione "elastica" dell'attività motoria in zona rossa, tra partitelle di calcio e basket, o spuntini di gruppo sull'erba, soprattutto nei weekend. A causare l'aumento di sporcizia a terra, in particolare vicino ai contenitori dell'immondizia, che non riescono a contenere tutti i rifiuti, ci sono due fattori. Da una parte, come detto, l'incremento enorme di utenti che, non potendo uscire dai confini provinciali, in questi primi giorni di primavera optano per i percorsi ciclopedonali cittadini, come la Cottur, con un conseguente aumento dell'immondizia gettata nei contenitori. Ma non solo. Esiste infatti anche un elemento di natura tecnico-burocratica, legato all'affidamento del servizio di pulizia a una nuova realtà da parte della società regionale Fvg Strade, titolare del percorso e quindi responsabile anche della pulizia (AcegasApsAmga non è coinvolta nella vicenda, perché il tratto non è di competenza comunale, bensì regionale). «Abbiamo messo a gara il servizio all'inizio dell'anno, vinto dalla cooperativa La Quercia, con la quale abbiamo sottoscritto il contratto di affidamento tre giorni fa - spiega Luca Vittori, ingegnere e direttore Nuove opere in Fvg Strade -. I nuovi affidatari inizieranno il servizio di svuotamento dei contenitori (di recente ne sono stati installati 15 nuovi) dal primo aprile, due o tre volte alla settimana. Questo dovrebbe auspicabilmente risolvere il problema». Di fatto, quindi, nelle ultime due-tre settimane, necessarie per il passaggio formale tra i precedenti affidatari del servizio e quelli attuali, la pulizia è stata interrotta, causando i problemi notati da molti triestini. «È però evidente - aggiunge Vittori - che l'utilizzo della pista va fatto nel rispetto delle regole e con senso civico: ci è capitato non di rado di trovare nei cestini intere borse della spazzatura portate da qualcuno da casa». Il presidente della Quinta circoscrizione Roberto Dubs (Fdi), spiega: «Dopo le tante segnalazioni dei cittadini ho contattato l'assessore all'Ambiente Scoccimarro, che ha interessato la Direzione Infrastrutture della Regione, dalla quale abbiamo avuto rassicurazioni. Nel frattempo spero prevalga il senso civico».

Elisa Coloni

 

 

Abbiamo bisogno ancora di tanta acqua - Ecco cosa fare per evitare lo stress idrico
Domani gratis con il nostro giornale "Green&Blue", il mensile del Gruppo Gedi dedicato ad ambiente e sviluppo
Guardatelo, quel flusso d'acqua che scende dal rubinetto della cucina di casa vostra. Memorizzatene la portata. E pensate che anno dopo anno ne avrete sempre di meno. Fino a che arriverà il giorno in cui non ne scenderà più nemmeno una goccia. Alla grande sete del pianeta è dedicato il numero domani in edicola di Green&Blue, il mensile distribuito gratuitamente con questo giornale e con tutte le testate del gruppo Gedi. Nel 2050, stima l'Onu, il 60% della popolazione vivrà in stato di stress idrico, cioè non avrà acqua sufficiente. In parte questo dipende dai prelievi. Il 67% dell'acqua è catturato da cinque paesi: Usa, Cina, India, Iran e Pakistan. E in parte dai consumi esagerati. Ogni americano ne usa 1.280 metri cubi l'anno, ogni europeo 700. A un abitante dell'Africa ne toccano appena 185, con un minimo di 10 metri cubi nella fascia del Sahel. La scorsa settimana nell'occasione della giornata mondiale dell'acqua si sono susseguiti allarmi e dichiarazioni di intenti da ogni parte del mondo, ma la situazione rischia di rimanere in stallo se non si prendono provvedimenti urgenti. Il primo - raccontiamo in un'inchiesta - è quello di liberare i fiumi dalle dighe e dagli sbarramenti che ne deviano il corso naturale. E contro i ladri d'acqua si schierano anche l'ecologista indiana Vandana Shiva e il commissario Ue all'ambiente Virginijus Sinkevicius, che in due interviste spiegano cosa è necessario fare subito, sul fronte della mobilitazione e su quello delle direttive di Bruxelles. Ma l'acqua è anche terreno di scontro e di egemonia tra le potenze. E in un reportage raccontiamo la lenta agonia del Mekong, il più importante fiume del sudest asiatico, dove il suo delta ormai riceve sempre meno risorse, drenate a monte dalle dighe di Pechino che assetano Vietnam, Laos e Cambogia. Anche lo scioglimento dei ghiacci legato all'emergenza climatica ha le sue conseguenze. Un'inchiesta ci racconta come la flora alpina che conosciamo rischia di sparire: margherita alpina, giglio, assenzio, fienarola e persino l'abete bianco sono minacciati dalla prossima siccità e dall'apporto sempre minore delle acque dei ghiacciai. La mobilitazione contro l'emergenza, va detto, qualche passo avanti lo fa. Ma servono forti risorse economiche. Si muove Prada, che assieme all'Unesco lancia SeaBeyond, progetto per sensibilizzare i ragazzi e spingerli a tutelare la ricchezza degli oceani. E si muovono, Bill Gates, Jeff Bezos e Elon Musk: ai tre "cavalieri verdi" Green&Blue dedica un ritratto tra luci e ombre. Lo chef verde del mese è Alfonso Iaccarino, che ci racconta la sua pasta e patata fritte, mentre il comportamento corretto suggerito in questo numero riguarda la moda: avete pensato di vestirvi con bambù? Bene, si può fare.

FABIO BOGO

 

 

Il mini gasdotto di Zagabria che fornisce l'azienda russa scatena la crisi con Sarajevo - la partita dell'energia
Belgrado. Qualche centinaio di metri di condutture collocate in gran segreto, nottetempo, sotto il letto del fiume che divide i due Paesi, per convogliare gas verso una grande raffineria di proprietà russa situata appena dopo il confine. Risultato: tensione alle stelle e una seria crisi diplomatica che potrebbe avere conseguenze dirompenti nei rapporti tra Zagabria e Sarajevo.Sono questi i contorni di una complessa mini-guerra del gas che si sta sviluppando tra Croazia e Bosnia-Erzegovina. Tutto è partito dalla notizia, data senza enfasi dalla Tv pubblica croata, dei lavori in corso per il collegamento alla rete di distribuzione del gas croata della mega-raffineria di Bosanski Brod, situata nell'entità serba della Bosnia - la Republika Srpska -: poco più di 400 metri di tubazioni tra Slavonski Brod, in Croazia appunto, e l'altra riva della Sava, in Bosnia. Il gasdotto Slobodnica-Bosanski Brod, ha ricordato la Hrt croata, serve a portare gas alla raffineria in Bosnia così da utilizzare metano nel ciclo produttivo, invece che carburante inquinante, per «ridurre gli effetti nocivi» sull'ambiente in particolare nella croata Slavonski Brod, fra le più ammorbate degli interi Balcani dallo smog originato dalla raffineria su suolo bosniaco. L'idea del mini-gasdotto risale al 2017 e vede la luce - malgrado le posizioni filo-Usa e Ue della Croazia - grazie a un'intesa ad hoc tra l'allora presidente croata Kolinda Grabar-Kitarovic e il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, molto attivo nel soddisfare i "desiderata" della russa Zarubeznjeft, proprietaria del grande impianto di raffinazione in suolo bosniaco, uno dei gangli vitali dell'espansione economica di Mosca nella regione balcanica. Il tutto ovviamente con l'ok della Republika Srpska, fedele alleato di Mosca nel cuore dei Balcani, che avrebbe bypassato Sarajevo dando via libera ai lavori: altro esempio di quanto la Bosnia rimanga scissa al suo interno. Poche centinaia di metri di tubazioni stanno dunque provocando un terremoto sull'asse tra Zagabria e Sarajevo, con le autorità centrali bosniache che sono insorte. La compagnia nazionale bosniaca del gas ha suggerito che il progetto metterebbe a rischio tutti i piani futuri di collegamento "legale" della rete gas bosniaca a quella croata e favorirebbe invece il link della sola Republika Srpska a futuri gasdotti a traino russo in arrivo dalla Serbia. «Il governo croato deve bloccare immediatamente tutti i lavori al gasdotto, si tratta di uno scandalo», anzi, di un vero e proprio «attacco alla sovranità della Bosnia-Erzegovina», ha attaccato Zeljko Komsic, il membro croato della presidenza tripartita bosniaca, che si è spinto Zagabria di «aggressione».Sulla stessa linea Sefik Dzaferovic, il membro bosgnacco della presidenza: «Sono sicuro», ha detto, che non c'è mai stata «alcuna approvazione da parte delle istituzioni bosniache» del controverso mini-gasdotto. Da qui l'accusa «di arbitrarietà e abuso», di cui «qualcuno risponderà, in patria e all'estero», un implicito riferimento alle autorità serbo-bosniache, ma anche a quelle croate e alla stessa Mosca. È un «affare molto grosso», ha scritto su Twitter il politologo ed ex ministro dell'Energia della Federazione bosgnacco-croata, Reuf Bajrovic: «La Croazia sta chiaramente violando il diritto internazionale, fornendo gas a una raffineria controllata dai russi in Bosnia». La Sava è «un confine internazionalmente riconosciuto e ogni intervento nell'area è una violazione grave dell'integrità territoriale» di Bosnia, ha confermato l'ex premier e vicepresidente della Camera dei rappresentanti di Sarajevo, Denis Zvizdic.

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 marzo 2021

 

 

Firmato il patto anti allagamenti per salvare il Borgo Teresiano - La partenza dal Porto Vecchio - LE FUNZIONI DEL TORRENTE CHIAVE

Due milioni per pulire la foce del torrente Chiave dai detriti: l'intasamento congestiona le fognature

Sos Borgo Teresiano. Lo ha lanciato ieri mattina il governatore Massimiliano Fedriga. Lo hanno ripreso il sindaco Roberto Dipiazza, il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, il presidente dell'Ausir Davide Furlan, l'amministratore delegato di AcegasApsAmga Roberto Gasparetto. Obiettivo dell'allarme: evitare che il centro triestino, in particolare la parte settentrionale estesa da via San Nicolò a via Carlo Ghega, finisca sott'acqua ogni qualvolta che una piovuta diventi un temporale. L'accordo di programma, firmato ieri mattina "in presenza" nel governatorato in piazza Unità, si concentra sul rischio idraulico incombente nel bacino formato dal torrente Chiave e dai suoi affluenti. Già pronti 2 milioni, che - rileva e deplora l'ex governatore "dem" Debora Serracchiani in una nota - per la verità erano disponibili fin dal 2017 in seguito a un'intesa allora intercorsa tra Cipe e Regione. Questi 2 milioni rappresentano solo un primo capitolo nel contesto di una serie di interventi in tema di sicurezza idraulica, che si susseguiranno lungo dieci anni per un investimento stimato in una ventina di milioni (prevenzione, mappatura, realizzazioni). Ma si tratta di un primo capitolo molto significativo, perché mette mano al pluridecennale problema dello sbocco a mare del Chiave in Porto vecchio e perché in questo modo salvaguarda una parte importante del centro triestino. Roberto Gasparetto, a nome della stazione appaltante AcegasApsAmga, conta di iniziare i lavori nella primavera 2022, lavori che dovrebbero durare da sei mesi a un anno. Si tratterà di collocare barriere a mare all'altezza della foce del Chiave, situata tra il Molo IV e il Molo III, più o meno dove sorge il "villaggio Greensisam": una volta bloccata l'acqua marina - spiega Enrico Altran, manager idrico dell'utility - si procederà a operare con appositi asportatori per "sghiaiare" i detriti accumulatisi nella parte finale del torrente. Proprio il sedime di quanto trascinato dal Chiave è causa dei sempre più frequenti allagamenti negli ultimi anni, perché il corso, quando piove forte, si gonfia e non riesce a raggiungere il mare. La pressione dell'acqua proveniente dall'entroterra, che non trova sfogo nell'Adriatico, determina la crisi del sistema fognario: ecco strade, marciapiedi, cantine, negozi allagati. Il "misterioso" Chiave, che scorre tombato fin dalla prima metà dell'Ottocento, scende lungo via Carducci poi, all'altezza di piazza Dalmazia, piega verso ovest passando sotto gli edifici (hotel Milano, ecc.) di via Carlo Ghega fino a raggiungere largo Città di Santos, da dove entra in Porto vecchio per gettarsi in mare. Ma alle spalle delle ultime centinaia di metri del Chiave c'è l'afflusso di un intero bacino idrografico: Settefontane, Farneto, Romagna, Timignano, Scorcola... il Chiave diventa una sorta di collettore. La questione-Chiave divenne dirompente nel 2017, quando Comune e AcegasApsAmga si resero conto che una parte di via Carducci, sotto il peso di 600 bus e di un movimento veicolare da oltre 35.000 passaggi/giorno, stava collassando. A quel punto si varò un progetto di emergenza che richiese un finanziamento pari a 2,3 milioni Iva compresa. Cantiere misto, sotterraneo e in superficie, che durò un anno abbondante con comprensibili riflessi sul traffico urbano. Probabile che il secondo capitolo del Piano programmi l'eliminazione del cosiddetto "mammellone", un rigonfiamento di detriti subacqueo prossimo alla foce del Chiave, che disturba lo sbocco e l'attività dei natanti.

Massimo Greco

 

SEGNALAZIONI - Ferriera - Cilindri, memoria e produzione

Caro direttore, sono rimasta stupita dalla proposta della sovrintendente Bonomi, che ho letto sul Piccolo del 16 marzo scorso, di elevare a simbolo della Ferriera di Servola i cilindri d'acciaio realizzati per recuperare il calore del gas dell'altoforno, alti 28 metri, sui quali collocare terrazze panoramiche per ammirare il golfo. Mi sembra che la Ferriera non verrà eliminata ma modificata, date le diverse esigenze di produzione dell'acciaio e quindi il sito rimarrà industriale, ospitando la piattaforma logistica. Non lo vedo perciò come luogo di fruizione turistica. Non per questo voglio sminuire l'interesse per l'archeologia industriale e per la storia della Ferriera, simbolo di una tradizione importante per la città, anche se via via oscurata dall'espansione del terziario. Anzi, credo sarebbe ottima cosa ampliare il discorso, soffermandosi sul Gasometro di Broletto, splendido edificio industriale abbandonato; sui magazzini del Porto vecchio che rischiano di diventare appartamenti e, pur non trattandosi di archeologia industriale, sulle caserme dismesse, come quella di Banne e infine, sul disgraziato tram di Opicina. Quest'ultimo sì un formidabile richiamo turistico che langue per scelte che giudico deleterie di cui è stato vittima negli ultimi decenni. Meglio sarebbe - mi si conceda una divagazione - concentrare su tutto ciò competenze e finanziamenti piuttosto che su progetti impattanti per l'ambiente e rivelatisi nell'esperienza ormai privi di reale ricaduta economica come l'ovovia mare-Carso e il cosiddetto Parco del mare. La dottoressa Bonomi può giustamente obiettare che non sono di sua competenza, però il tram è una meraviglia tecnica dell'inizio del Novecento creata da un grande progettista, l'ingegner Geiringer. Archeologia industriale perfettamente funzionante per oltre 100 anni (come i suoi gemelli in Svizzera e Sud Tirolo). Soffermiamoci poi sull'area della Lanterna, dove decenni di colpevole incuria hanno fatto crescere edifici mostruosi che ospitano, purtroppo, istituzioni come la Polizia marittima, la Guardia di finanza, alcuni uffici della Capitaneria di porto. Dimostrazione di come gli enti pubblici stessi abbiano contribuito a disattendere uno più meravigliosi compiti che la Costituzione affida allo Stato italiano: la tutela del paesaggio. Bisognerebbe eliminare tutti i vetusti manufatti del Dopoguerra privi di qualsiasi pregio, ormai cadenti e proteggere e valorizzare la Lanterna, questa sì opera di pregio di un grande architetto del Neoclassico triestino, Pietro Nobile. Pensi che bello avere in quell'area un parco sul mare che circondi la Lanterna e le dia il risalto che merita. Un parco sul mare (e non "del mare") che sarebbe perfettamente in linea con la svolta green auspicata dall'Unione europea e per il quale potremmo senz'altro chiedere dei fondi. Abbiamo bisogno di verde in questa città, non di nuovi edifici. Seguiamo l'esempio di Udine che valorizza le zone verdi. Nella nostra città ci sono migliaia di case vuote da recuperare, non c'è bisogno di costruirne altre. Vogliamo i turisti? E allora realizziamo, vista la carenza di accessi al mare, nuove spiagge e servizi oltre che nella zona della Lanterna, verso Barcola, nell'area del Bagno Ferroviario, altro manufatto come tanti ormai cadenti dentro l'area di Porto vecchio, ancora da salvaguardare e cui dare un nuovo ruolo. Preferibilmente non come nuove entità abitative ma come spazio verde e attrezzato che offra finalmente ai triestini e ai visitatori nuovi punti di vista sul nostro magnifico golfo e sulla città conservando ed esaltando il fascino che essa da tre secoli non manca di suscitare, proprio per la sua peculiarità. Da salvare. E in questo la dottoressa Bonomi può certamente fare molto.

Stella Rasman

 

 

Una discarica di inerti scoperta a Capriva L'area sotto sequestro
Nel sito di Marco Milanese 8.000 metri cubi di macerie: «Scaricandoli per smistarli ho sbagliato in buonafede»
CAPRIVA. I militari del Nucleo operativo ecologico di Udine hanno posto sotto sequestro a Capriva del Friuli l'area della ditta individuale di Marco Milanese. Stando alle verifiche dei Noe, infatti, è emerso su un'area di circa 6.000 metri quadrati, priva di parte della recinzione, un quantitativo di circa 9.000 metri cubi di rifiuti sia pericolosi sia non pericolosi depositati tanto sulla pavimentazione aziendale quanto sulla nuda terra. La maggior parte risulta materiale inerte da demolizione, un cumulo di macerie pari a 8.000 metri cubi, mentre il restate riguarda legno o imballaggi misti di carta e plastica. Oltre a questi, i militari dell'Arma hanno rinvenuto anche la presenza di rifiuti pericolosi come oli esausti, apparecchiature elettroniche dismesse (Raee) e un'auto demolita. Gli ulteriori accertamenti condotti dai Carabinieri per la tutela ambientale hanno stabilito che l'azienda era «priva di qualsivoglia autorizzazione di carattere ambientale alla gestione di rifiuti, determinando in tal modo l'esistenza di una vera e propria discarica abusiva». Da qui il sequestro dell'intero compendio aziendale, compresi i rifiuti stoccati abusivamente e i sei mezzi d'opera utilizzati per la loro movimentazione. I Carabinieri del Noe di Udine hanno così denunciato in stato di libertà alla Procura di Gorizia, che coordina le indagini, il titolare dell'azienda Marco Milanese, il quale sarà chiamato anche al corretto smaltimento dei rifiuti, al ripristino dello stato dei luoghi e alla regolarizzazione dal punto di vista autorizzatorio.«Ho sbagliato in buona fede», ammette il proprietario Marco Milanese, alla spalle un'attività di artigiano da oltre trent'anni, che da poco si è trasferito a Capriva, rilevando il sito tra le via Moraro e Aquileia. «Ho in piedi una ristrutturazione importante e ingenuamente ho scaricato gli inerti, da smistare nei centri di recupero - spiega l'imprenditore, sottolineando come la ditta è iscritta all'albo per la gestione dei rifiuti - anche se mi contestano anche il cippato di legno. Il 15 febbraio mi sono ammalato, dovevo essere operato a un braccio e ho dovuto fermare lo smaltimento ma non il cantiere. In mezzo a questa situazione difficile mi si è rotto anche il camion... Ora mi adopererò per sistemare il tutto».Il blitz dei Noe, che ha coinvolto anche i vigili del fuoco, non è scattato ieri bensì venerdì 19 con un primo sopralluogo da parte dei carabinieri che hanno avvertito della vicenda anche il sindaco Daniele Sergon. «È stato il regalo per il weekend... ci siamo messi a disposizione dei carabinieri e dell'autorità giudiziaria con il nostro ufficio tecnico - dice il primo cittadino - e personalmente sono andato a controllare per capire le dimensioni di questa discarica. Posso affermare che, pur nella sua gravità, sono stato rassicurato del fatto che non si tratta di un'attività malavitosa. Nessun smaltimento illecito di rifiuti in stile ecomafie o deposito di rifiuti tossici». E aggiunge: «Si tratta di malagestione, magari di superficialità all'interno di un sito, lontano dal centro abitato di Capriva, che il titolare adesso dovrà ripristinare».

Pietro Comelli

 

 

Si rilancia a Ceroglie la campagna di adozione delle pecore carsoline - Per ora niente "open day", si procede online
DUINO AURISINA. Parte anche quest'anno l'iniziativa #adottiAMO un Agnellino, la proposta ideata e lanciata da "La Fattoria" e dall'azienda agricola Antonic di Ceroglie, nota a tanti anche come la Fattoria didattica dell'asino Berto. Lo scopo è di ripopolare, sul Carso, le pecore istro-carsoline, specie la cui caratteristica è quella di avere le corna. La passata edizione aveva raccolto il favore della cittadinanza, con l'adozione record di una cinquantina di agnellini, tutti i nati del 2020. Quest'anno sono 45 gli agnellini nati tra gennaio e febbraio. A causa dell'emergenza pandemica, non sarà possibile organizzare un "open day", ma questa situazione non ha fermato il titolare dell'azienda, Andrea Stoka. Sarà possibile aderire online su www.asinoberto.it e visitare le pecore nell'orario di apertura dello spaccio. Chi adotterà un agnello nel corso dell'anno scoprirà la vita della fattoria, riceverà un cesto di prodotti e potrà accompagnare il gregge al pascolo. Numerosi i benefici dell'iniziativa per il territorio: così si preserva una specie in via d'estinzione, si salvaguarda la landa carsica, si avvicinano bambini e ragazzi con attività didattiche dedicate e si produce un pecorino di alta qualità, con 100% latte di pecora istro-carsolina a chilometro zero, unico per caratteristiche organolettiche. «La presenza dell'allevamento nella landa carsica è fondamentale - spiega Stoka - perché permette di preservare il paesaggio, prevenire gli incendi e mantenere la biodiversità, integrandosi con il turismo e le altre attività produttive». La pecora istriana o carsolina ha il manto bianco con macchie nere su muso, zampe e coda.

u.sa.

 

 

SEGNALAZIONI - Ferriera - Cilindri, memoria e produzione

Caro direttore, sono rimasta stupita dalla proposta della sovrintendente Bonomi, che ho letto sul Piccolo del 16 marzo scorso, di elevare a simbolo della Ferriera di Servola i cilindri d'acciaio realizzati per recuperare il calore del gas dell'altoforno, alti 28 metri, sui quali collocare terrazze panoramiche per ammirare il golfo. Mi sembra che la Ferriera non verrà eliminata ma modificata, date le diverse esigenze di produzione dell'acciaio e quindi il sito rimarrà industriale, ospitando la piattaforma logistica. Non lo vedo perciò come luogo di fruizione turistica. Non per questo voglio sminuire l'interesse per l'archeologia industriale e per la storia della Ferriera, simbolo di una tradizione importante per la città, anche se via via oscurata dall'espansione del terziario. Anzi, credo sarebbe ottima cosa ampliare il discorso, soffermandosi sul Gasometro di Broletto, splendido edificio industriale abbandonato; sui magazzini del Porto vecchio che rischiano di diventare appartamenti e, pur non trattandosi di archeologia industriale, sulle caserme dismesse, come quella di Banne e infine, sul disgraziato tram di Opicina. Quest'ultimo sì un formidabile richiamo turistico che langue per scelte che giudico deleterie di cui è stato vittima negli ultimi decenni. Meglio sarebbe - mi si conceda una divagazione - concentrare su tutto ciò competenze e finanziamenti piuttosto che su progetti impattanti per l'ambiente e rivelatisi nell'esperienza ormai privi di reale ricaduta economica come l'ovovia mare-Carso e il cosiddetto Parco del mare. La dottoressa Bonomi può giustamente obiettare che non sono di sua competenza, però il tram è una meraviglia tecnica dell'inizio del Novecento creata da un grande progettista, l'ingegner Geiringer. Archeologia industriale perfettamente funzionante per oltre 100 anni (come i suoi gemelli in Svizzera e Sud Tirolo). Soffermiamoci poi sull'area della Lanterna, dove decenni di colpevole incuria hanno fatto crescere edifici mostruosi che ospitano, purtroppo, istituzioni come la Polizia marittima, la Guardia di finanza, alcuni uffici della Capitaneria di porto. Dimostrazione di come gli enti pubblici stessi abbiano contribuito a disattendere uno più meravigliosi compiti che la Costituzione affida allo Stato italiano: la tutela del paesaggio. Bisognerebbe eliminare tutti i vetusti manufatti del Dopoguerra privi di qualsiasi pregio, ormai cadenti e proteggere e valorizzare la Lanterna, questa sì opera di pregio di un grande architetto del Neoclassico triestino, Pietro Nobile. Pensi che bello avere in quell'area un parco sul mare che circondi la Lanterna e le dia il risalto che merita. Un parco sul mare (e non "del mare") che sarebbe perfettamente in linea con la svolta green auspicata dall'Unione europea e per il quale potremmo senz'altro chiedere dei fondi. Abbiamo bisogno di verde in questa città, non di nuovi edifici. Seguiamo l'esempio di Udine che valorizza le zone verdi. Nella nostra città ci sono migliaia di case vuote da recuperare, non c'è bisogno di costruirne altre. Vogliamo i turisti? E allora realizziamo, vista la carenza di accessi al mare, nuove spiagge e servizi oltre che nella zona della Lanterna, verso Barcola, nell'area del Bagno Ferroviario, altro manufatto come tanti ormai cadenti dentro l'area di Porto vecchio, ancora da salvaguardare e cui dare un nuovo ruolo. Preferibilmente non come nuove entità abitative ma come spazio verde e attrezzato che offra finalmente ai triestini e ai visitatori nuovi punti di vista sul nostro magnifico golfo e sulla città conservando ed esaltando il fascino che essa da tre secoli non manca di suscitare, proprio per la sua peculiarità. Da salvare. E in questo la dottoressa Bonomi può certamente fare molto.

Stella Rasman

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 marzo 2021

 

 

Villa Revoltella ritrova l'antico splendore con la fine di tre cantieri
Sistemata la pavimentazione in porfido e risolta l'annosa questione dei drenaggi - Restaurati inoltre i muri di contenimento e della chiesa di San Pasquale Baylon
L'acqua che zampilla, i pesci rossi e le tartarughe che nuotano, le prime fioriture. Presenza curata e rigogliosa, la natura fa da contorno ad alcuni edifici e pezzi di parco da poco restaurati all'interno di Villa Revoltella, dove il Comune ha concluso da poco tre cantieri "ad hoc". Questi interventi hanno riportato infatti al loro splendore una serie di aree ospitate nel sito verde di 50 mila metri quadrati che si trova tra il colle di Chiadino e la parte alta di Rozzol Melara. Dopo diversi anni di semi-abbandono, dovuti sicuramente anche alla mancanza di risorse, ecco che la residenza del barone torna dunque quasi ai fasti del passato: restano ancora alcune operazioni non di poco conto da portare a termine, una su tutti la riqualificazione delle scenografiche serre. Anche il visitatore meno attento non può non accorgersi, appena entrato dall'accesso di via de Marchesetti, dei lavori di ripristino compiuti proprio di fronte all'ingresso. Si tratta innanzitutto della nuova pavimentazione, che ha subito un'importante rivisitazione, ponendo peraltro fine all'annoso problema dello smaltimento dell'acqua piovana. Il responsabile unico del procedimento e il direttore dei lavori, gli architetti Andrea De Walderstein e Carmelo Trovato, hanno gestito un investimento di circa 200 mila euro. Il progetto ha visto l'inserimento di diverse griglie e pozzetti d'ispezione e il rifacimento di ben mille metri quadrati di cubetti in porfido, posati a coda di pavone, uno a uno a mano. Nella stessa area si può ammirare al contempo il prezioso restauro, in particolare esterno, del costo di 55 mila euro, della chiesa di San Pasquale Baylon in pietra bianca del Carso (direttore dei lavori l'architetto Massimo Mosca), ieri adornata con le palme per celebrare la domenica che precede la Pasqua. Un'operazione simile è avvenuta accanto all'esteso caseggiato che ospita la casa pastorale. Rientra poi in un altro lotto il restauro della "gloriette" (chiamato anche tempietto o ninfeo), che si trova proprio all'entrata. Grazie a un finanziamento del Bando periferie di 600 mila euro è stato possibile rifare diversi muri di contenimento secondo il progetto di cui sono stati responsabile unico del procedimento l'architetto Lucia Iammarino e direttore dei lavori l'ingegnere Nicola Milani. I tratti riqualificati sono ben visibili grazie ai vividi colori della pietra. Tra questi, la muratura vicino alle serre, dove sono state sostituite anche delle alberature, quella accanto al campo di basket e all'ingresso secondario di via dei Pellegrini. Con 250 mila euro è stata inoltre potenziata - appunto - la rete fognaria, anche per contenere le acque meteoriche, e con altri 116 mila euro è stata ultimata l'area parcheggio di fronte al cancello di via de Marchesetti, dov'è posizionata un'isola ecologica. Ma oltre a queste importanti operazioni di riqualificazione, non mancano, tiene a precisare l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, una puntuale «manutenzione ordinaria per il verde e l'area giochi».

Benedetta Moro

 

 

Niente bambini a Busi - La scuola diventa una struttura turistica - l'isoletta conta 11 residenti
SPALATO. Anche la piccola isola di Busi (Bisevo), a sud - ovest di Lissa, potrà avvalersi di fondi stanziati dall'Unione europea per lo sviluppo turistico. Entro ottobre verranno portati a termine tre progetti: il Centro visitatori della Grotta azzurra, la costruzione di 12 chilometri di pista ciclabile, il restauro del bunker che un tempo ospitava una batteria d'artiglieria, e che arriva a 35 metri di profondità. L'isoletta è nota soprattutto per la Grotta azzurra (Modra spilja) e per quella della Foca monaca, che ogni anno vengono visitate da migliaia di turisti. Il Centro visitatori sarà costruito nell'edificio che un tempo ospitava la scuola elementare di Busi, inattiva ormai da molti anni per la mancanza di bambini: il più giovane degli 11 residenti a oggi sull'isoletta ha infatti 45 anni. Per dare vita ai progetti saranno spesi tre milioni e mezzo di euro, di cui poco meno della metà erogati da Bruxelles.Il governatore della Regione spalatino - dalmata Blazenko Boban ha sottolineato come i cantieri in partenza - frutto del partenariato tra Comisa, la sua Assoturistica e l'Istituto per la tutela ambientale Plavi svijet (Mondo blu), di Lussingrande - siano «vitali» per il futuro dell'area. Anche il sindaco di Comisa, Tonka Ivcevic, punta sui tre progetti e sullo sviluppo turistico che si spera così di attuare, avviando nel tempo la crescita demografica di questo lontano lembo adriatico. Un altro progetto sta nascendo a Orsera: si tratta di un centro multimediale dedicato all'ecosistema adriatico. Denominata More, la struttura nascerà grazie a un finanziamento di 210 mila euro ottenuto dal Lagur, il gruppo di azione locale per la promozione di pesca, maricoltura e patrimonio marittimo. Una cifra uguale verrà stanziata dal ministero del Turismo croato e dal Comune istriano. Nell'edificio già ristrutturato sarà così installata l'attrezzatura informatica che costituirà il punto forte del Centro. Ai visitatori verranno presentate le caratteristiche ambientali dell'Adriatico, e un settore sarà riservato alla tradizione della pesca e della marineria. Fra gli obiettivi del Centro - unico del genere in Croazia - sensibilizzare i visitatori su pesca e turismo sostenibili.

 

 

A nuovo entro agosto l'antica ghiacciaia di Draga Sant'Elia - il recupero finanziato con fondi Interreg
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Sarà recuperata, con risorse del Programma Interreg Italia-Slovenia, una ghiacciaia con annesso stagno situata a Draga Sant'Elia. Il Comune di San Dorligo della Valle partecipa infatti al progetto di cui è capofila il Parco delle grotte di San Canzian. La ghiacciaia è una delle tante della zona. Esse sono il risultato dello sviluppo di Trieste nel 19.mo secolo. Nel porto transitavano grandi quantità di derrate deperibili e gli alimenti dovevano essere conservati. La soluzione era utilizzare il ghiaccio. Produzione, conservazione e vendita del ghiaccio erano praticate in Carso, dov'erano per l'appunto utilizzate delle ghiacciaie, chiamate "jazere" in dialetto, e "ledenice" in sloveno: profondi pozzi in muratura, scavati vicino a stagni che fungevano da serbatoio, in zone fredde. Il ghiaccio veniva poi smerciato a Trieste. La ghiacciaia da recuperare consiste in un pozzo circolare di 6,5 metri di diametro, profondo cinque. Il progetto è dell'architetto triestino Fulvio Bigollo, l'impresa triestina Benussi & Tomasetti eseguirà i lavori, supervisore Boris Cok. Le opere dovrebbero essere completate entro agosto. Il costo è di 115 mila euro.

u. sa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 marzo 2021

 

 

«Villa Stavropulos, nel lascito pure i fondi per le manutenzioni»
Il comitato: «Il Comune ereditò un altro stabile redditizio con gli affitti». Giorgi: «Proventi nel calderone del bilancio»
Il Comitato per la salvaguardia di Villa Stavropulos non molla. E svela che il mecenate greco Socrate Stavropulos, quando donò al Comune la dimora di Grignano, contestualmente, al fine di garantire il mantenimento della villa affinché potesse diventare la "casa dell'arte" di Trieste, lasciò in eredità al Municipio anche il condominio di via Franca 16. Così ora il comitato stesso chiede lumi all'amministrazione cittadina su come sia stato gestito il ricavato della locazione di quegli appartamenti. L'immobile di via Franca ha sette piani e risulta in buone condizioni. «I proventi delle pigioni di quel palazzo abitato da undici famiglie - spiega una nota firmata dai referenti del comitato Giuliana Carbi, Roberto Curci, Giorgetta Dorfles e Sergio Franco - avrebbero dovuto coprire i costi derivanti dalla villa di Grignano». Il comitato rivela infatti che un decreto prefettizio, risalente al 2 aprile 1963, che sanciva l'accettazione del lascito da parte del Comune, «metteva nero su bianco che, all'epoca, il reddito annuo netto dello stabile di via Franca ammontava a 2.150.687 lire», ed era dunque sufficiente a coprire, scrive il documento, «le spese di manutenzione e gestione della villa e dei suoi annessi, ammontanti 1.666.627 lire annue, comprese le spese per il personale di custodia e quello adibito alla cura del giardino». «Neppure un'articolata ipotesi di gestione della villa - indica il Comitato - per un suo utilizzo che coinvolgesse tutti i civici musei cittadini, formulata nel 2006 dalla direzione del Museo Revoltella e sostenuta da un finanziamento del Fondo Trieste, ha trovato ascolto». «Nel 1996 - spiega in particolare Roberto Curci - il Curatorio del Revoltella, chiedendo lumi sul denaro incassato dalle locazioni di via Franca, seppe che furono incassati 239 milioni di lire, e che l'anno successivo 220 milioni di lire vennero utilizzati per alcuni interventi sull'immobile. Da allora, di quanto incassato da via Franca, non se ne sa più nulla». Per questo il comitato chiede venga fatta chiarezza sul perché non siano stati usati per la villa i fondi annualmente percepiti e a essa destinati, «e in quale altro modo siano stati usati». «Quello che viene incassato dalla gestione immobiliare - spiega l'assessore Lorenzo Giorgi - finisce nel "calderone" del bilancio del Comune, e non resta in capo a quest'area». Giorgi, però, sottolinea come il problema non sia tanto la sistemazione della villa, «quanto la destinazione indicata nel lascito, oggi fuori dal tempo». E aggiunge: «Serve essere pragmatici e oggettivi quando si amministra. Quella location non è neppure facilmente fruibile vista la posizione, e per il fatto che non dispone neppure di un piccolo parcheggio. Facciamo sì che quello che ha lasciato Stavropulos si liberi di certi lacci che oggi non hanno il senso di esistere, e serva realmente alla città».

Laura Tonero

 

Oltre mezzo milione per il Museo letterario di palazzo Biserini

Il 35% dei proventi della tassa di soggiorno destinato all'allestimento interattivo della nuova realta'. La quota restante suddivisa fra eventi, iniziative e promozione.

Il nuovo Museo della Letteratura che prenderà vita all'interno di palazzo Biserini, per il suo allestimento potrà contare anche su 579.966 euro incassati dal Comune grazie all'imposta di soggiorno che i turisti hanno lasciato a Trieste nel periodo dall'ottobre del 2019 al settembre del 2020. La cifra, che fa parte di un tesoretto più ampio pari complessivamente a 1.977.107 euro - inclusi 240 mila euro non spesi nel 2020 e i circa 750 mila euro del fondo che il governo ha destinato al Comune per coprire le perdite di gettito dell'imposta -, sarà infatti destinata al progetto "Adotta un Museo". Nello specifico, servirà a realizzare l'allestimento innovativo del nuovo museo, con percorsi interattivi, esperienziali. La nuova realtà museale occuperà il lato sinistro del pianterreno di palazzo Biserini, e sarà il posto in cui, accanto alla storia di Svevo, Joyce e Saba, i visitatori verranno a conoscenza di quella delle decine e decine di grandi autori che sono stati loro compagni di viaggio. Ma ci saranno anche spazi polifunzionali, adatti a ospitare conferenze oppure eventi e manifestazioni socio-culturali; aree espositive e di lettura e anche un temporary shop dove esibire prodotti tipici locali. La fetta di soldi derivanti dall'imposta di soggiorno destinata all'allestimento del museo corrisponde al 35% di quanto versato dai turisti, la percentuale che il regolamento regionale prevede venga investita in infrastrutture. La ripartizione dei proventi dell'imposta di soggiorno è stata definita dal Comune sottoscrivendo un'intesa con le categorie che rappresentano le strutture ricettive e PromoTurismo Fvg. Lo scorso giovedì la giunta comunale ha deliberato l'approvazione dell'intesa che, oltre all'impegno per il Museo della Letteratura, prevede di riservare 631.141 euro alla promozione e alla comunicazione. Ulteriori 766 mila euro, invece, sono destinati agli eventi e a determinati progetti. Nello specifico, 50 mila saranno riservati alla Barcolana, 150 mila alla prossima edizione di Trieste Estate, 50 mila alle iniziative che verranno organizzate nella Sala Luttazzi, 290 mila a eventi territoriali di alta attrattività, come quelli che ruotano attorno al Natale o al Carnevale. Si aggiungono inoltre 200 mila euro che verranno impegnati in ticket, che i gestori delle strutture ricettive potranno regalare ai loro clienti per visitare mostre o iniziative di altro genere, e 26 mila euro che verranno investiti sul Progetto Guide a sostegno dell'attività di queste figure messe anche loro in seria difficoltà dall'emergenza pandemica. «Trieste ha enormi potenzialità turistiche - considera l'assessore comunale al Turismo Giorgio Rossi - però qui non c'è il turismo di massa che possono avere le realtà di mare o di montagna, e quindi per valorizzare ulteriormente il "prodotto Trieste", anche a fronte di quello che si sta realizzando in Porto vecchio e delle altre iniziative, serve un forte gioco di squadra per la progettualità e gli investimenti». Rossi chiede «un impegno di tutte le istituzioni e delle categorie coinvolte nel settore ad attivarsi per cogliere la grande occasione che ha la città di fare un ulteriore salto come città d'arte». Sulla destinazione del tesoretto, interviene anche il presidente di Federalberghi Guerrino Lanci: «Non possiamo permetterci di sprecare nemmeno un euro, ci giochiamo tutto nei prossimi mesi, sperando ci mettano nelle condizioni di poter veramente ripartire».

Laura Tonero

 

L'ex Intendenza ferma aspettando il via libera al Piano del centro
I fratelli Zotti preferiscono valutare le opportunità previste dallo strumento urbanistico in arrivo entro la fine di maggio
Il cantiere, come il paradiso del film di Warren Beatty, può attendere, meglio che prima passi il nuovo Piano particolareggiato del centro storico, chiamato a sostituire l'ultraquarantennale "Semerani". Per sottotetti, ascensori, corpi scala sembra aprirsi un'era di importanti cambiamenti: quindi conviene che la betoniera aspetti le future chance concesse dallo strumento urbanistico. È il ragionamento alla base della decisione assunta dai fratelli italo-austriaci Zotti, Franz Christian e Paolo, titolari dell'hotel gradese Laguna, i quali avevano preannunciato per gennaio l'inizio dei lavori all'ex Intendenza di finanza in largo Panfili, con l'obiettivo di trasformare il palazzo tardo Ottocento - che la controllata Bz Hotels aveva acquistato nel 2019 da Cassa depositi e prestiti - nel più grande "quattro stelle" regionale, a gestione Marriott. Mica uno scherzo: 13.000 metri quadrati, un numero di stanze oscillante tra le 150 e le 230. Una costruzione double face, quella disegnata da Friedrich Setz, davanti le Poste e dietro le Finanze. Adesso nuovo aggiustamento di rotta, filtrato dagli stessi "portavoce" che periodicamente informano sulle mosse degli Zotti. In effetti il Piano del centro storico potrebbe ottenere il sì definitivo (la prima griglia fu superata lo scorso novembre) entro la fine di maggio. Ci credono sia l'assessore Luisa Polli («Sapesse quanti professionisti e quante aziende ne auspicano l'approvazione») che il direttore dipartimentale Giulio Bernetti. È arrivato il parere del ministero della Cultura (Mic), si stanno verificando alcune questioni legate ai siti archeologici, gli uffici dell'Urbanistica sono intenti all'esame delle 50 osservazioni sopraggiunte (ma che, articolandosi in vari punti, sono quasi 300). Per cui dopo Pasqua l'iter di approvazione riprenderà il tortuoso cammino: delibera giuntale, circoscrizioni, VI commissione consiliare, aula. Farcela a maggio - dicono la Polli e Bernetti - non è utopia. Il Piano censisce 1.621 edifici nella città "murata", nei tre borghi, in via Udine, tra viale XX Settembre e via della Pietà. Il 5% va rispettato dentro e fuori, il 45% va restaurato fuori con qualche "libertà" all'interno, il 30% va salvaguardato all'esterno ma è sventrabile, il 20% può essere raso al suolo e sostituito da nuovi stabili. L'amministrazione ritiene che possa esercitare un benefico effetto-traino sulla proprietà immobiliare e sull'imprenditoria edile.

Massimo Greco

 

 

Mare freddo e luna piena frenano l'inizio della stagione delle seppie

In sordina il primo giorno regolamentare per la pesca e lo smercio «E di questi esemplari, nel nostro golfo, ce ne sono sempre meno»
È iniziata in sordina, ieri, la stagione regolamentare della pesca alle seppie. Pochi, infatti, gli esemplari pescati e smerciati, nonostante l'arrivo della primavera rappresenti l'inizio del periodo più propizio per la loro cattura. Il clima di questo ultimo mese, però, unito al fatto che nel golfo questi cefalopodi siano sempre meno numerosi, ha fatto sì che sui banchi delle pescherie non sia stato possibile trovarne in gran quantità. «Di seppie in circolazione ce ne sono ancora poche», spiega Andrea Bozic, della pescheria "Al Golfo di Trieste": «Per vederne in gran numero sarà necessario attendere ancora qualche giorno». Non c'è però da aspettarsi grandi pescate. «Negli ultimi anni la quantità di seppie presenti nel golfo è calata», prosegue Bozic: «Nonostante ciò, non appena l'acqua del mare inizierà a scaldarsi, inizieremo a trovarne di più». La pesca di questo mollusco è disciplinata da un particolare regolamento regionale che ne prevede l'inizio all'ultimo sabato di marzo, a partire dalle 6 del mattino. Da metà marzo a metà maggio, infatti, le seppie si avvicinano alle coste per deporre le uova, che vengono attaccate con un peduncolo ad anello ad ogni tipo di supporto, fanerogame, legname, corde, reti delle nasse. Questo fenomeno viene sfruttato proprio col posizionamento delle nasse e delle reti lungo il loro percorso di avvicinamento alla costa. «Le seppie ci sono tutto l'anno - ricorda Livio Amato de "La Barcaccia" - ma per trovare un prodotto qualitativamente migliore la primavera è la stagione giusta, perché se pescate in questo periodo hanno un gusto più buono e, particolare non secondario, costano meno». Questo primo fine settimana di pesca regolamentata è sfortunato anche per un altro motivo. «In questi giorni c'è dispersione di luce a causa della luna piena - spiega Amato - pertanto diventa più difficile catturarle. Senza dimenticare che stiamo uscendo da un marzo caratterizzato da un freddo senza picchi in negativo ma abbastanza costante, e questo fattore ha impedito alla temperatura del mare di sollevarsi».-

Lorenzo Degrassi

 

 

Gli austriaci di Öbb sbarcano a Trieste - A giugno l'ingresso nell'Interporto
Dopo l'avvio della gestione tedesca della Piattaforma anche le ferrovie di Vienna rafforzano la loro presenza
Trieste. Dopo i tedeschi di Duisport, all'Interporto di Trieste arrivano le Ferrovie austriache. È destinato a concretizzarsi a giugno l'interesse che da tempo le Österreichische Bundesbahnen mostrano per il polo logistico che unisce il terminal di Fernetti a quelli di FreeEste (area ex Wärtsilä) e Cervignano. Öbb sta per rilevare una piccola quota dell'Interporto per entrare nella partita della logistica in Friuli Venezia Giulia. Il corrispettivo dell'operazione è l'ingresso dell'Interporto nelle società di gestione dei terminal di Villaco e Budapest: un passo che ne farà l'unica realtà del genere in Italia con una presenza diretta all'estero. Le Ferrovie austriache - La mossa di Öbb conferma il fermento suscitato dal porto di Trieste nell'area mitteleuropea. Nel giro di pochi mesi, si sono affacciati sull'Adriatico due giganti tedeschi: prima Hamburger Hafen ha rilevato la maggioranza assoluta della Piattaforma logistica e poi Duisport ha acquisito il 15% dell'Interporto. Dopo il terminalista più importante del secondo porto d'Europa e dopo la società che controlla uno dei principali terminal di terra al mondo, è il turno delle Ferrovie austriache, che con la controllata Rail Cargo Austria rappresentano il principale operatore su ferro dello scalo di Trieste, movimentando il 40% dei traffici via treno. Nel caso dell'Interporto, Öbb opererà attraverso Infra, equivalente transalpino di Rfi, ovvero il soggetto cui compete la gestione della rete dei binari. L'arrivo degli austriaci è stato previsto prima dell'intesa con Duisport ed è citato nei patti parasociali stretti tra Friulia, Autorità portuale, Camera di commercio e Comuni di Trieste e Monrupino. Öbb-Infra si appresta a rilevare una piccola presenza del 2-3% dalla holding regionale Friulia: per gli austriaci non ci sarà una poltrona nel cda, come avvenuto invece per Duisport. Perde intanto quota la parallela idea di una partecipazione di Öbb alla Piattaforma logistica e al terminal che sorgerà al posto della Ferriera. Le lunghe trattative intavolate con i soci locali Parisi e Icop non hanno dato frutti e, dopo il suo subentro, Hhla pensa solo a dare continuità alle attività di banchina appena cominciate, per poter poi valutare come sviluppare il Molo VIII. La rete internazionale - L'aspetto più interessante dell'intesa è che gli austriaci non acquisteranno le quote dell'Interporto, ma le scambieranno con partecipazioni nei terminal terrestri di Villaco-Fürnitz in Austria e di Budapest-Bilk in Ungheria. Con il valore dell'Interporto stimato a 20 milioni, il 2-3% vale un concambio inferiore al milione di euro. Poca cosa in termini assoluti, ma la possibilità per Trieste di inserirsi direttamente in snodi strategici per il porto e la sua proiezione verso l'Europa di mezzo. È la riproposizione del modello Duisport, che entra in terminal esteri con posizioni di minoranza, potendo accedere a informazioni utili alla costruzione di nuovi servizi e catene logistiche da cui ricavare profitto. L'Interporto è visto da Autorità portuale e Regione come la leva attraverso cui costruire una rete logistica estesa per decine di chilometri nell'entroterra regionale, come avviene nei porti del Nord Europa. L'esperienza dei tedeschi dello scalo fluviale di Duisburg nell'ambito delle attività di retroporto potrà diventare un traino per l'integrazione del sistema Fvg. L'Interporto di Fernetti ha esteso in tempi recenti il controllo sui capannoni in regime di punto franco a Bagnoli della Rosandra (rallentati dal rinvio sine die dell'interpretazione sull'extradoganalità) e si è assicurato l'83% dell'Interporto di Cervignano, posto all'incrocio di due corridoi ferroviari europei e di grande interesse per Duisport. L'Interporto tratta inoltre l'ingresso nella Sdag di Gorizia, mentre l'idea di una manovra parallela su Pordenone si è per ora limitata all'apertura di una linea quotidiana con Trieste. Budapest e Villaco sono considerate a loro volta realtà di prospettiva, mentre sfuma l'ipotesi di una collaborazione nell'interporto slovacco di Kosice: lettera morta come tutto il memorandum firmato tra Autorità portuale e cinesi. La piattaforma regionale - La proiezione di Trieste verso l'Europa centrale avviene immancabilmente per effetto di enti pubblici. È pubblico l'Interporto (governato da Friulia, Autorità portuale, Camera di commercio e Comuni), sono pubbliche le Ferrovie austriache, è pubblica la società ungherese Adria Port che svilupperà il terminal all'ex Aquila, sono pubblici Hhla e Duisport, la cui quota di maggioranza è in mano ai rispettivi Land. E sono pubblici i 400 milioni di fondi comunitari che il governo impiegherà per il potenziamento delle infrastrutture portuali di Trieste, pescando dal Recovery Plan dell'Ue. La Regione chiede che il Pnrr renda i traffici marittimi un'opportunità per tutto il Fvg, con l'auspicio che porto faccia rima con industria e che le merci in transito si fermino per essere trasformate, creando impresa e occupazione. La giunta Fedriga chiede il rafforzamento dei nodi ferroviari di Cervignano e Udine per potenziare il sistema degli interporti e l'uscita dei treni verso l'Austria; finanziamenti per un «polo logistico regionale»; una Zona logistica speciale tra Gorizia, Monfalcone e Porto Nogaro; prestiti agevolati alla manifattura per sviluppare progetti di integrazione con i flussi logistici e creazione di valore.

Diego D'Amelio

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 marzo 2021

 

 

L'aula approva l'Accordo su Porto vecchio
Contrari i principali partiti d'opposizione. Il Pd: «Poca trasparenza». La Lega ribatte: «Chi accusa la giunta si rivolga al Tar»
Il Consiglio comunale ha approvato l'Accordo di programma sul Porto vecchio a maggioranza, con il voto contrario dei principali partiti dell'opposizione. La discussione, accesa e in alcuni momenti sopra le righe, si è protratta per cinque ore di teleconferenza nel pomeriggio di ieri: l'aula introduce così la variante al piano regolatore che dà una cornice allo sviluppo dell'area, e sancisce la nascita del Consorzio Ursus. Il documento è stato introdotto dal sindaco Roberto Dipiazza, che ha sottolineato il carattere storico della giornata. In apertura di dibattito la consigliera del Partito democratico Laura Famulari ha chiesto la sospensione della trattazione in ragione di tre pregiudiziali: «La delibera con cui la giunta ha autorizzato il sindaco alla firma è stata pubblicata in albo pretorio senza allegati, sottratti agli obblighi di pubblicità e trasparenza. Penso sia stato fatto deliberatamente», ha dichiarato la consigliera. Il Pd ha opposto anche la difformità dell'accordo rispetto agli indirizzi dati dal Consiglio nel 2019. Le pregiudiziali non sono state accolte dall'aula, così Everest Bertoli (Lega): «Famulari può rivolgersi al Tar, che è aperto. Se pensa ci siano state omissioni deliberate, sa a che organi rivolgersi. Resterete 30 anni all'opposizione», ha affermato il leghista. Tanti gli interventi dei consiglieri in dibattito. In generale l'opposizione ha rinfacciato alla maggioranza la poca condivisione del procedimento, dentro e fuori dall'aula, e spinto l'accento sulla necessità di una progettazione complessiva. La maggioranza dal canto suo ha sottolineato come la variante sia un passaggio che apre allo sviluppo l'area e che la progettazione spetterà alla fase successiva. Così il M5s Paolo Menis: «È venuto il tempo di abbandonare la contrapposizione fra rinascita dell'area del Porto vecchio e difesa del punto franco internazionale. Le due cose non sono in contrasto. Oggi riconosco l'importanza per la nostra città dell'emendamento Russo, anche se non condivido ora molte cose della delibera al voto». Per Massimo Codarin della Lista Dipiazza: «Ritengo che un voto all'unanimità sarebbe auspicabile. A chi rivendica che tutto ciò è merito suo - ha affermato rivolgendosi al Pd - è vero che senza emendamento Russo non saremmo qui, ma per i passaggi successivi bisogna rendere merito al sindaco». Sabrina Morena di Open Fvg ha descritto il sogno di un Porto vecchio innovativo e sostenibile: «Questa delibera invece ci prospetta un'area che sarà uguale al resto della città, caotica e piena di macchine, oppure uno sviluppo elitario a rischio speculazione». Secondo il capogruppo forzista Alberto Polacco «non ci sarà nessuna speculazione ma un passo storico per lo sviluppo della città»: «Va bene la sdemanializzazione ma questa amministrazione ha compiuto passi concreti dal Park Bovedo al centro congressi. Non ci si preoccupi della residenzialità, perché comunque il tetto è di mille abitanti». Così la pentastellata Elena Danielis: «L'idea di fare un nuovo borgo fa capire che non si vogliono cambiare le cose. Replichiamo un pezzo di città di cui non si sentiva il bisogno. Lì servono funzioni nuove che portano occupazione, non traslochi che creano vuoti altrove. Si doveva pensare a uno sviluppo che fosse prettamente economico e non immobiliarista». Il consigliere di Futura Roberto De Gioia ha annunciato il suo voto a favore, ricordando che «una volta parlare di sviluppo del Porto vecchio a Trieste era tabù»: «Auspico però un coinvolgimento successivo della città e dei portatori di interesse». La consigliera di Italia Viva Antonella Grim (poi astenutasi come la collega dei Cittadini Maria Teresa Bassa Poropat) ha affermato: «Dovremo riuscire a portare imprese nuove per favorire il lavoro. Bene che sia prevista la relazione di un paesaggista perché serve una forma di progettualità complessiva». Il dibattito si è infine infuocato quando il sindaco ha apostrofato la consigliera Famulari come una «fiera delle stupidaggini», cosa per cui l'opposizione ha chiesto delle scuse che non sono arrivate. È stato fatto proprio dal primo cittadino un ordine del giorno forzista che impone al Consorzio di mantenere il 51% delle quote in mano al Comune. I voti a favore sono stati 22, quelli contrari 13, due gli astenuti.

Giovanni Tomasin

 

 

MONFALCONE - Centrale A2A a idrogeno - Tutti i dubbi del rione Enel
«Parlare di idrogeno per la nuova centrale a gas di A2A è un'abile operazione di marketing per far passare all'opinione pubblica l'idea di una centrale green, adeguata al futuro». Parole di Antonella Paoletti, presidente dell'associazione rione Enel. «L'idrogeno prodotto dal metano è, ad oggi, un'operazione costosa e inutile. L'idrogeno ottenuto dal gas non è pulito, è costoso ed inutile. Se il gas rientra nel Recovery Plan allora mettiamo in funzione al 100% la centrale a gas di Torviscosa e tutte le centrali italiane che oggi, per motivi vari, non sono utilizzate al 100% e si migliorino quelle». Paoletti smonta un altro dei punti di forza della nuova centrale secondo A2A. «Metanizzazione delle navi: in provincia di Rovigo esiste un rigassificatore in mezzo al mare a 15 km. dalla costa. Le navi che escono dal nostro cantiere potrebbero rifornirsi di gas in quel luogo, facendo un viaggio di poca distanza. E che si produca ancora troppa CO2 lo dice l'Energy and Strategy group del Politecnico di Milano: l'Italia deve tagliare quasi 100 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030 per centrare gli obiettivi comunitari. Nei prossimi lustri l'Italia continuerà ad essere uno dei territori più dipendenti dal fossile per l'elettricità. Dunque meglio utilizzare l'area di A2A per un centro di competenza sulle tecnologie dell'idrogeno per uso energetico, coinvolgendo nello studio anche l'Area di ricerca di Trieste. Tuttavia, dal momento che il sito si trova vicino al mare, dovrebbe essere studiato ed incentivato l'idrogeno ricavato dall'acqua perché è questo il vero carburante del futuro, pulito e sostenibile. Se si vuole essere pronti per il 2050 con combustibili completamente puliti bisogna cominciare subito la ricerca. Rinnoviamo, quindi, l'appello al Comune e alla Regione, nella figura del presidente Fedriga, che è la voce più importante del nostro territorio presso il Governo, affinché si eviti la costruzione della nuova centrale di A2A. I monfalconesi hanno subito ogni sorta di inquinamento e sacrificato la loro salute sull'altare del lavoro».

 

Veglia, il rigassificatore di nuovo in attività con la nave dagli Usa - previsto un approdo ogni due settimane
VEGLIA. Diventa concreta la prospettiva che il rigassificatore galleggiante dell'isola di Veglia registri in media l'arrivo di una nave metaniera ogni due settimane. Dopo un periodo di stop - causato dall'aumento di prezzo del gnl sui mercati asiatici che ha fatto sì che numerosi tanker siano stati spediti verso Giappone, Cina e Corea del Sud piuttosto che verso l'Adriatico - la nuova struttura pare sulla via della stabilizzazione di attività. Dopo l'arrivo della nave cisterna Patris - terza metaniera giunta a Veglia quest'anno - Lng Hrvatska, l'azienda a controllo statale che gestisce il terminal offshore, non dovrebbe più avere sorprese. È scomparso intanto l'inquinamento acustico registrato durante le operazioni nel periodo di sperimentazione, che aveva causato proteste fra la popolazione locale e prese di posizione da parte delle autorità locali. Il Patris è arrivato a Veglia dallo scalo Usa di Freeport, con a bordo 151.500 metri cubi di gnl ordinati da Mfgk Croatia, azienda in mano al distributore ungherese di gas ed elettricità Mvm. «Non prevediamo scossoni di mercato sino a fine anno», ha commentato Hrvoje Krhen, direttore di Lng Hrvatska aggiungendo che «in agenda abbiamo l'arrivo di una metaniera in media ogni due settimane. Dopo le difficoltà iniziali, causate dai mercati asiatici in fermento, siamo tornati alla normalità: la nostra nave Fsru può finalmente lavorare a ritmo spedito, con il gas immesso nel metanodotto Pola - Karlovac e da lì spedito verso la Mitteleuropa, soprattutto agli acquirenti ungheresi». La Mvm ha infatti acquistato 6,75 miliardi di metri cubi, che il rigassificatore dovrà erogare nei prossimi 7 anni. «È la prima volta che l'Ungheria ha stipulato un contratto a lunga scadenza per il rifornimento di gas con un produttore che non sia russo - ha annotato di recente il ministro ungherese degli Esteri e del Commercio estero, Peter Szijjarto - e la collaborazione con il terminal di Castelmuschio ci garantirà la diversificazione delle erogazioni e una maggiore sicurezza in fatto di approvvigionamento».

a.m.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 marzo 2021

 

 

Parte la corsa all'oro nero del Montenegro
I colossi stranieri pronti a sfruttare i giacimenti di petrolio e gas in Adriatico. Il consorzio Eni-Novatek inizia la ricerche
Belgrado. Le speranze del governo, che si frega le mani immaginando per gli anni a venire copiose entrate nelle casse pubbliche. La fiducia di colossi stranieri, che investono in un mare ancora vergine. Le paure di ecologisti e società civile, che temono danni all'ecosistema. Sono le tre campane che risuonano discordanti in Montenegro, dove ieri sono iniziate - al largo della costa - le prime trivellazioni alla ricerca di petrolio, un passo attesissimo dalle autorità al potere, vituperato dagli ambientalisti locali. Protagonisti delle ricerche, il gigante italiano dell'energia Eni e la russa Novatek che - dopo anni di ricerche - hanno dato il là a «perforazioni esplorative» usando la piattaforma Topaz Driller, che arriveranno a una profondità di 6.525 metri, nel tratto di mare tra Bar e Ulcinj», a circa 14 miglia nautiche dalla costa, un progetto con tempi tecnici calcolati «tra i quattro e i sei mesi», ha informato ieri l'esecutivo montenegrino. Progetto che ha come obiettivo quello di verificare «il potenziale dei giacimenti» di petrolio e poi di gas che si celerebbero nel fondale dell'Adriatico, per poi definire gli eventuali «metodi di produzione», una prospettiva che si potrà concretizzare «nel giro di 4-6 anni, a completamento del primo pozzo», ha specificato il governo. «Auguriamo ai concessionari», il consorzio tra Eni e Novatek, «buon lavoro, nella speranza che la ricerca contribuisca alla ripresa economica e ambientale del Montenegro», ha dichiarato con fiducia il ministero per gli Investimenti e la Direzione governativa per gli idrocarburi del piccolo Paese balcanico. Ma non c'è solo il consorzio russo-italiano. Anche la Energean greca sta cercando partner per ricerche simili in altri "offshore block", sempre nel mare al largo del Montenegro. Piani e auspici dietro cui si celano visioni ardite e progetti ambiziosi. Il Montenegro, oggi fortemente dipendente dal turismo, ambisce infatti a «diversificare la sua economia», hanno specificato il ministro per gli Investimenti Mladen Bojanic e il suo segretario di stato, Marko Perunovic. Obiettivo che si potrà raggiungere, se l'oro nero sarà trovato e in abbondanza, attraverso la creazione di un fondo statale sul modello norvegese, sui cui confluiranno fino al 68% dei profitti dell'estrazione. Ma in Montenegro non tutti sono felici di immaginare il Paese come un futuro "Texas adriatico". Il contratto con i concessionari va stracciato, perché avere delle piattaforme petrolifere nelle acque territoriali rappresenterebbe un rischio troppo grande. Anche il più piccolo incidente «avrebbe un impatto enorme su natura e turismo, perché nessun va a fare le vacanze dove ci sono piattaforme» per l'estrazione di idrocarburi, ha denunciato Natasa Kovacevic, una delle anime dell'Ong "Green Home". Si fermino dunque le macchine prima che sia troppo tardi, perché «i costi del potenziale danno alla natura sono maggiori della rottura di un contratto», ha aggiunto. Sulla stessa linea anche il movimento civico Ura, che si è spinto fino a chiedere un referendum popolare per verificare se i cittadini siano o meno favorevoli alla corsa all'oro nero, un'opzione che sul lungo periodo il governo potrebbe recepire positivamente. Anche perché i favorevoli all'estrazione potrebbero essere tanti: sarebbero oggi l'88% della popolazione, secondo un sondaggio online della Tv pubblica di Podgorica.

Stefano Giantin

 

 

Stagionalità e meteo: il ritorno delle meduse vicino alla riva
Gli esperti di Area marina protetta e Ogs: «Temperature in salita e periodo dell'anno decisivi per vederle addensarsi»
Tante, tantissime meduse, avvistate sulle Rive a Trieste, ma anche in grande quantità nel porticciolo di Muggia e a Grignano. Un fenomeno non eccezionale, spiegano gli esperti, anche se sempre più frequente nel nostro golfo. «Ne vediamo molte per una combinazione di fattori - ricorda Saul Ciriaco dell'Area Marina di Miramare -: non c'è vento, e le temperature in aumento le attirano verso la superficie, in cerca di cibo. Le Rhizostoma pulmo, i cosiddetti polmoni di mare, sono le più numerose, a Muggia in particolare ne sono state notate davvero tante, mentre le altre che vediamo in questi giorni, di dimensioni più ridotte, sono invece le Aequorea». «A Grignano - aggiunge Maurizio Spoto, direttore dell'Area Marina Protetta di Miramare - molte si sono spiaggiate, perché si sono accumulate di continuo, giorno dopo giorno». A fornire ulteriori dettagli è Valentina Tirelli, dell'Ogs: «Per quanto riguarda le Rhizostoma pulmo, la loro presenza è ormai continua quasi tutto l'anno e in particolari condizioni meteomarine si addensano vicino alla costa, come sta avvenendo in questi giorni. L'altra medusa più piccola e trasparente, Aequorea forskalea, è detta anche medusa cristallo. Si tratta - precisa - di una idromedusa che tipicamente appare nel golfo di Trieste in inverno e a inizio primavera. Anche quest'anno non ha fatto eccezione, confermando la sua stagionalità». E l'esperta ricorda la possibilità di segnalare le meduse attraverso l'app avvistAPP (www.avvistapp.it). «Permette a tutti - sottolinea - di mandare segnalazioni su meduse, tartarughe e delfini, informazioni che per noi sono preziose e molto utili. Ogni segnalazione - aggiunge - viene vista e validata da un ricercatore e diventa in questo modo un vero e proprio dato sulla distribuzione di questi organismi marini. L'utente poi riceve una mail, che conferma l'avvenuta validazione. Sulla app si possono trovare anche tante informazioni sulle specie che si trovano nel nostro golfo».

Micol Brusaferro

 

 

Colori, profumi e pesci record. Il volto invisibile di Miramare

Iniziato dopo 50 anni il ricambio delle acque nel Lago dei Loti. E non mancano le sorprese. Nel giardino rinnovato esplodono le fioriture: uno spettacolo precluso dalla chiusura dei cancelli

Dopo una cinquantina d'anni il Lago dei Loti, nel Parco di Miramare, viene svuotato. È tempo di una pulizia generale e di un rinnovo della gestione delle acque. Carpe e pesci rossi saranno trasferiti, poco alla volta e con il contestuale intervento dell'Enpa, in altri bacini protetti del giardino: uno spostamento iniziato gradualmente in questi giorni e che, pure, ha già portato alla scoperta di esemplari record, a partire da un pesce rosso di 25 centimetri. Più avanti sarà il turno del Lago dei Cigni. «Ci vorrà circa una settimana per eliminare tutta l'acqua dal Lago dei Loti, grazie all'utilizzo di alcune pompe già in azione», spiega Carlo Manfredi, funzionario architetto del Museo storico e del Parco di Miramare: «Il laghetto aveva bisogno di un intervento di pulizia, considerando anche che negli ultimi anni l'acqua era di fatto stagnante. Questi lavori, effettuati nella massima tutela della fauna presente, consentiranno anche un cambiamento radicale nella gestione del sito nell'ottica del risparmio idrico. Sarà usata l'acqua del Carso, da una falda naturale, che garantirà anche un riciclo più efficace». Il Lago dei Loti, che prende il nome dalle piante un tempo presenti in quantità, si trova nella parte superiore del parco, salendo dalle scale davanti alla grande fontana del piazzale principale. I pesci non torneranno più qui: troveranno casa definitiva in altri specchi d'acqua del parco, dove in parte sono già stati portati, considerati ideali come habitat. A monitorare le operazioni, sul posto, c'è anche Gianfranco Urso, coordinatore regionale dell'Enpa. «Lo spostamento delle 40 carpe e dei 250 pesci rossi non è invasivo, avviene con tutte le misure dovute e ha portato pure alla luce alcune sorprese. Abbiamo notato ad esempio che esiste un pesce rosso da record, di ben 25 centimetri. Anche le carpe hanno dimensioni considerevoli, possiamo pensare siano discendenti, in parte, di quelle che un tempo furono donate a Massimiliano. A Miramare stanno decisamente bene», sottolinea Urso: «Godono di un ambiente ideale e anche per questo sono tante e così grandi».Mentre il Lago dei Cigni è stato svuotato una decina di anni fa, per il Lago dei Loti si tratta di un evento atteso da molto più tempo. «Già nel 1973 - prosegue l'esponente dell'Enpa - alcuni operai mi avevano raccontato che lo specchio d'acqua necessitava da qualche anno di una pulizia, quindi posso dire che era da una cinquantina d'anni che non veniva toccato».E mentre prosegue l'intervento sul lago, il parco si sta riempiendo di profumi e colori. «È un grande dispiacere - sottolinea Andreina Contessa, direttrice del Museo storico e del Parco del Castello- non poter condividere le fioriture con le tante persone che amano Miramare. È una sofferenza assistere a questo spettacolo senza poterlo mostrare anche ai triestini e ai turisti, ma in estate avremo ulteriori fioriture, che saranno a loro volta bellissime. Abbiamo ridisegnato tutte le forme del parterre, che si erano perse, e nel 2020 abbiamo curato tutta questa zona con varie piantumazioni. Adesso ci sposteremo nella parte inferiore, dove ci sono meno fiori e più "sempreverdi". E continua anche il lavoro di ricostruzione del parco, attraverso lo studio del suo passato. Non vediamo l'ora di poter accogliere nuovamente la gente».

Micol Brusaferro

 

 

Confronto a San Dorligo sulla Capodistria-Divaccia - In agenda un focus sul progetto del raddoppio
SAN DORLIGO. Sarà discusso nella sala del consiglio di San Dorligo della Valle, alla presenza di tutti i consiglieri comunali e dei principali esponenti della 2TDK doo, la società di proprietà dello Stato sloveno, incaricata di gestire il progetto per il raddoppio della Capodistria-Divaccia, il complesso problema delle conseguenze che i lavori di allestimento di tale linea ferroviaria potrebbero comportare per l'equilibrio floro-faunistico e idrico della Val Rosandra. Lo ha annunciato il sindaco di San Dorligo della Valle, Sandy Klun, nel corso della recente cerimonia organizzata a Bottazzo per i 40 anni di "Confini aperti", alla presenza della sindaca di Hrpelje-Kozina, Sasa Svetelsek. «Avverto da tempo nella popolazione del mio comune e in particolare in coloro che hanno coltivazioni e attività legate alla terra - spiega - una notevole preoccupazione per i danni che il cantiere per la realizzazione della seconda linea potrebbe causare. Ho perciò preso l'iniziativa di contattare la 2TDK - aggiunge - per creare i presupposti di un incontro nel quale poterci finalmente confrontare su un tema di estrema importanza, ottenendo una risposta positiva».Ovviamente bisognerà aspettare che si allenti la morsa del Covid. L'attenzione sul problema è stata sollevata da tempo da parte dei Verdi locali, in particolare dal consigliere comunale Alen Kermac, in contatto con gli ambientalisti d'oltre confine. Per i Verdi sia italiani sia sloveni «il raddoppio della linea ferroviaria potrebbe comportare il prosciugamento dei torrenti Ospo e Rosandra», con le inevitabili conseguenze per l'intero territorio. I Verdi della Slovenia si sono recentemente rivolti anche ai ministeri italiani.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 marzo 2021

 

 

Porto vecchio, 15% sulle alienazioni al Comune

Roma rilancia l'interesse a finanziare con 40 milioni del Recovery Fund parco e viale. Confermato il tetto di mille abitanti.

Il ministero della Cultura ha confermato il suo interesse a finanziare attraverso il Recovery Fund un progetto da 40 milioni per le aree all'aperto del Porto vecchio, in particolare il viale monumentale e il cosiddetto parco lineare che collegherà Barcola al centro. È soltanto uno degli elementi di interesse emersi ieri durante la commissione comunale sull'Accordo di programma: tra gli altri, risulta che il Comune terrà il 15% degli introiti derivanti dall'alienazione dei lotti (la parte restante andrà al Porto), e che il tetto dei residenti nell'area, così viene confermato, è fissato a circa mille persone. Il documento è stato introdotto in aula dal sindaco Roberto Dipiazza e dall'assessore all'urbanistica Luisa Polli.«Da Roma ci è arrivata una telefonata molto importante», ha annunciato il sindaco Roberto Dipiazza. Nei mesi scorsi il Comune aveva presentato al Ministero (allora Mibact) diverse proposte di progetto per 67 milioni, a coprire diversi ambiti del Porto vecchio, da finanziare con il Recovery. Venerdì scorso Roma ha risposto, chiedendo a Palazzo Cheba di rimodulare il progetto riguardante gli spazi esterni dell'antico scalo, viale monumentale e parco lineare in primis, al fine di finanziarlo. Martedì gli uffici hanno inviato alla Capitale la versione aggiornata della proposta: se verrà approvata, arriverebbero circa 40 milioni che consentirebbero l'attrezzatura completa dell'area. Passando agli altri temi, la capogruppo Elena Danielis ha chiesto chiarimenti in materia di residenzialità: «Io avrei preferito un distretto produttivo, con residenzialità ridotta o assente, fatta eccezione per strutture come alberghi o foresterie. Vorrei capire a quanto corrisponde la percentuale prevista ora». Il dirigente comunale Giulio Bernetti ha spiegato che, stando alle norme vigenti, il 70% di residenzialità massima prevista per ogni lotto si tradurrà comunque in un tetto massimo di circa mille residenti per tutta l'area. Un altro pentastellato, Paolo Menis, ha chiesto chiarimenti sulla percentuale destinata al Comune: "L'emendamento Russo prevede che il 100% vada al Porto, la cosa verrà risolta dal Consorzio?". Ha risposto Bernetti: «Un accordo sottoscritto dal sindaco e dal presidente dell'Adsp Zeno D'Agostino fissa la percentuale al 15%». La consigliera del Pd Laura Famulari, tra le varie osservazioni, ha affermato: «Vi sono difformità fra la delibera di indirizzo con cui il Consiglio ha dato mandato al sindaco di realizzare l'accordo e l'accordo stesso. Si prevedeva un programma delle attività che attuasse gli indirizzi del Consiglio, e questo passaggio è saltato. Non avevamo dato al sindaco un mandato incondizionato». Famulari ha chiesto che venisse organizzata una seconda commissione per approfondire la documentazione: «Abbiamo avuto troppo poco tempo per studiare una delibera che il sindaco definisce storica». La richiesta è stata negata dall'assessore Polli, che ha messo a disposizione gli uffici, trovando il plauso del leghista Everest Bertoli. Diversi i dubbi emersi sul nascituro Consorzio Ursus: per Antonella Grim (Italia Viva) i 300 mila euro di capitale iniziale «sono un po' pochi per il compito ciclopico che ha davanti»; Maria Teresa Bassa Poropat (Cittadini) ha chiesto maggiore precisione sulla figura dell'ambassador; il forzista Michele Babuder ha chiesto se il Comune manterrà competenza sulle manutenzioni ordinarie dell'area «per non passare da consorziati a commissariati», mentre Bruno Marini ha ripetuto i suoi dubbi sulla dotazione di personale. Un tema, quest'ultimo, per cui Dipiazza non ha escluso che le cose cambino in futuro, a seconda delle necessità. L'accordo approderà domani nell'aula (virtuale) del Consiglio comunale.-

Giovanni Tomasin

 

«Puntare sul Green new deal con un centro studi sul clima»
La conferenza organizzata dal consigliere regionale dem Cosolini con esperti di ambiente, innovazione e gestioni immobiliari
Il Porto vecchio può diventare la sede di un centro di studio sui mutamenti climatici nell'area mediterranea, oppure ospitare un super-calcolatore che ne faccia un polo di riferimento per tutta l'area balcanica e centro europea. Queste idee, e molte altre, sono state esposte ieri pomeriggio durante la conferenza organizzata dal consigliere regionale ed ex sindaco Pd Roberto Cosolini sui suoi canali social. Ospiti dell'appuntamento Arvea Marieni, manager ed esperta di sostenibilità, Antonio De Paolo, agente immobiliare, Edi Kraus, ex assessore comunale e imprenditore, e Laura Famulari, segretaria provinciale del Pd. Per De Paolo «l'aspetto che balza agli occhi è il calo demografico, che poi si ripercuote sul mercato immobiliare»: «Non c'è dubbio che il residenziale in Porto vecchio possa avere un grande successo, è evidente però che possa esserci un travaso. È importante portare gli uffici della Regione in Porto vecchio, ma chi fa un'operazione del genere deve sapere prima cosa fare del patrimonio che si svuota». Ma come promuovere il rilancio? «Noi abbiamo la fortuna di avere a Trieste un personaggio con relazioni internazionali, competenze finanziarie, conoscenze nel Real estate - dichiara De Paolo -. Parlo di Sergio Balbinot, che saprebbe come dare valenza e promuovere l'intera operazione». Per l'ex assessore Kraus Trieste ha un doppio potenziale di sviluppo: «Se il Porto vecchio è il luogo in cui si fanno cose hi-tech, legate alla sostenibilità, l'area ex Ezit è un'altra grande occasione, e vanno viste assieme». Per attirare le imprese nel vecchio scalo, conclude, servono fattori attrattivi, come ad esempio un supercomputer. Lo stesso Marieni osserva: «Oggi l'Italia spende lo 0, 5% del Pil nella risoluzione dei danni del cambiamento climatico. Fra 50 anni sarà l'8%. Ciò significa che le nostre economie non si possono più organizzare secondo le logiche tradizionali. Questa è la chiave del Green Deal, la sostenibilità non è un di più, ma il cuore della struttura». A Trieste, prosegue, si potrebbe «sfruttare il grande bacino di competenza degli istituti di ricerca per creare un centro per la modellistica dei cambiamenti climatici nel Mediterraneo, nonché per la mitigazione dei suoi effetti».

G. Tom.

 

Lo scrittore Luigi Nacci: «Servono idee nuove e non fotocopie di parti di città già esistenti»
«Un luogo a misura di tutti, pure dei fragili, per seguire l'esempio della Bilbao rinata»
«Al Porto vecchio serve una visione come quella che portò il Guggenheim a Bilbao, trasfigurando la città a dispetto delle contrarietà iniziali». Lo scrittore, poeta e viandante Luigi Nacci guarda alla terra basca come possibile ispirazione per il futuro. Cosa pensa dell'idea del Comune di estendere, almeno in parte, le caratteristiche del centro storico al Porto vecchio? «Quando vedo che vogliono farci gli hotel e le rive per passeggiare mi sembra una fotocopia della città che c'è già. Vent'anni fa lavorai, per conto della Provincia, a un'idea di distretto culturale da insediare in porto, sulla scia di esempi nati a partire dagli anni Settanta. In Gran Bretagna, pioniera su questo fronte, sono state rivoluzionate città basate sull'industria pesante come Manchester o Liverpool». E non solo nel Uk...«Un altro esempio è quello di Bilbao, una città di 350 mila abitanti in cui non c'era ragione di andare fino agli anni Novanta, quando l'arrivo del Guggenheim l'ha trasformata. Ai tempi erano tutti contrari, cittadini e politici, perché costava molto e la città era depressa: ora hanno 20 milioni di visitatori. Anche Trieste, invece di replicare il centro in modo pedissequo, potrebbe avere un grande distretto culturale». Funzionerebbe? «Se c'è un progetto forte il resto segue a ruota. Trieste in fondo non ha nulla a parte la cultura e la sua storia, una forza che sta nell'immaginario, e il Porto potrebbe diventare un luogo dell'immaginario del confine, fra cultura, scienza e arte. Anni fa andavano gli scritti dell'urbanista Richard Florida, che ha individuato le tre "T" come fattori fondamentali di cambiamento delle città: tolleranza, tecnologia, talento. Secondo Florida la tolleranza in generale, ad esempio quella verso le persone omosessuali, è un fattore che favorisce lo sviluppo urbano, attirando persone. Noi una città tollerante lo siamo stati, se pensiamo alla nascita stessa del porto franco. La tecnologia c'è, se viene coinvolto il mondo scientifico cittadino, e i talenti in qualche modo hanno a che fare con questa strana città». Come tradurlo in pratica? «Abbiamo bisogno di qualcuno che abbia la visione, anche con la maggioranza contro. Servirebbe un pool di visionari, più che di manager». La variante al Piano regolatore prevede strade e traffico. Cosa pensa da viandante? «Ci sono le strade perché ci amministra ragiona da dentro l'automobile. Pensano che basti metterci una ciclabile, quando va cambiato il modo di vivere la città. La realtà è che da Borgo San Sergio a Largo Barriera ci sono 4 chilometri, 6-7 da Domio al molo Audace. Spazi irrisori. Ciononostante l'80% dei triestini ha almeno una moto o una macchina, e le usa anche per spostamenti minimi. Finché anche gli amministratori sono all'interno di questo modo di pensare, non ci potrà essere un cambiamento. Va ripensata la città». Come? «Guardando ai più fragili. Se penso una Trieste a misura di anziano, disabile e bambino, penso una città in cui tutti sono in sicurezza. Ecco, i più fragili e i visionari sono quelli a cui dovremmo affidare la città del futuro. Solo così potremmo seguire davvero gli esempi di Carlo VI o Maria Teresa, e scommettere su qualcosa che ancora non c'è».

G. Tom.

 

Le associazioni: «Nuova Acquamarina in Campo Marzio»
Gli ex utenti si preparano a reclamare un'alternativa «Nell'antico scalo una Spa. Più attenzione ai disabili»
Stufi di attendere, con la consapevolezza che in Porto vecchio le loro esigenze non troveranno risposta adeguate, le associazioni attive in Acquamarina lanceranno nei prossimi giorni una proposta alternativa. Dal crollo della piscina terapeutica in Campo Marzio il 29 luglio 2019, il sindaco Roberto Dipiazza ha più volte ribadito come l'iter stia proseguendo per una nuova realtà, in particolare nell'area degli ex magazzini Ford, con la proposta fatta al Comune dalla cordata composta da Icop, Terme Fvg e Myrtha Pools. Sabato il Coordinamento nuova piscina terapeutica, realtà che racchiude 20 associazioni, lancerà però una proposta alternativa. «Prendiamo atto che in Porto vecchio si farà una Spa dedicata ai turisti che arriveranno in città nei prossimi 10 anni - spiega la portavoce Federica Verin - quindi chiederemo al Comune di avviare una progettazione nuova in un'altra zona di Trieste, magari proprio in Campo Marzio». Il luogo preciso Verin non lo vuole indicare prima di sabato («sono in corso degli approfondimenti»), ma il cerchio si restringe a pochi siti come quello dell'attuale Acquamarina, però ancora sotto sequestro, l'ampio spazio del mercato ortofrutticolo dove, paradossalmente, Dipiazza aveva lanciato la proposta di creare proprio una Spa quando ancora il Porto vecchio sembrava una soluzione lontana. C'è poi l'ex Meccanografico, per il quale l'amministrazione ha previsto un investimento da 4,6 milioni di euro per la nuova sede di Esatto e di alcuni uffici comunali. Non è poi escluso un centro dedicato nella cittadella dello sport individuata nell'area del terrapieno di Barcola ma i tempi ancora una volta sarebbero troppo incerti. In ultima istanza è in corso di valutazione anche la Zona industriale e delle Noghere. «Abbiamo raccolto oltre 8 mila firme - racconta Verin - e sabato presenteremo una proposta concreta e seria con anche dei testimonial di peso per dare valore alla nostra iniziativa. Lo facciamo in questo periodo con il rinvio in autunno delle elezioni perché non ci interessa fare campagna pro o contro qualcuno. Vogliamo solo una risposta concreta e rapida per i tanti utenti con disabilità che chiedono di ritornare in vasca, poiché quella attività, peraltro presente all'interno di diversi Fondi per l'autonomia possibile, può essere considerata a tutti gli effetti un livello essenziale di assistenza. Serve uno spazio di aggregazione con servizi almeno uguali per qualità e infrastrutture a quelli dell'Acquamarina, anzi, possibilmente migliori e in quantità maggiori viste le lunghe liste di attesa. In Porto vecchio, dai primi disegni resi noti dalla stampa, non vediamo la risposta alle nostre necessità». Sul come verrà realizzato il tutto, Verin ha ancora in testa quello che per lei è l'unico progetto veramente sociale presentato in questi mesi - «tutte le proposte che possono arrivare anche da altri operatori economici sono benvolute» precisa - ovvero quello del costruttore Andrea Monticolo, il quale, contattato, conferma che «il nostro è un progetto tecnico finanziario utilizzabile in qualsiasi zona della città e ancora validissimo». Nel bilancio del Comune nel piano opere 2020 sono stati inseriti 7 milioni e 500 mila euro per il polo in Porto vecchio recuperati con fonti di finanziamento di credito sportivo e privati. Sono stati previsti ulteriori due milioni tra quest'anno e il prossimo per il ripristino della funzionalità della vecchia Acquamarina in Sacchetta.

Andrea Pierini

 

 

Differenziata, +20% in tre anni - E ora a Muggia le lezioni online
Certificato con il report reso noto dall'ente l'ingresso nel "club" degli over 65% per effetto dell'introduzione della raccolta porta a porta
MUGGIA. Quasi 20 punti percentuali in più di raccolta differenziata a Muggia negli ultimi tre anni. L'avvio della raccolta porta a porta nella cittadina rivierasca, percorso già consolidato in moltissimi comuni italiani che hanno raggiunto e superato la quota dell'80% di raccolta differenziata, pone Muggia tra i comuni virtuosi rientrando nella fascia over 65%, in quanto è del 67,57% la quota registrata nel 2019 in riviera. Lo si evince dal report reso noto in questi giorni dalla stessa amministrazione municipale. In provincia fanno meglio San Dorligo con il 73,79%, realtà in cui la raccolta porta a porta è cominciata ben prima, e Sgonico (73,40%). «A oltre tre anni dall'avvio del sistema di raccolta - spiega l'assessore all'Ambiente Laura Litteri - molte cose sono cambiate e migliorate. Dal punto di vista dei dati ambientali, vi è la volontà di intraprendere nuove azioni per alzare ulteriormente l'asticella della qualità e della quantità della differenziata, che è passata appunto in tre anni dal 49% al 69%». «Ora è necessario spingere ulteriormente su nuove azioni di educazione e comunicazione ambientale: in tal senso, è recentemente partita una campagna informativa proprio allo scopo di incentivare il miglioramento della differenziata», aggiunge Litteri, ricordando peraltro l'appuntamento di oggi, con il corso online gratuito sul compostaggio domestico (meet. google.com/fkb-icxk-biq?authuser=0).Accanto a ciò, il gestore del servizio, Net, ha sviluppato una specifica "app" per smartphone e sono in corso progetti educativi scolastici interattivi, in parte già realizzati in occasione della campagna di educazione ambientale Net - Education Scuola, che ha coinvolto gli alunni della De Amicis. «Anche grazie alla motivazione e alla sensibilità dell'amministrazione - fanno sapere da Net - si vogliono sperimentare sistemi innovativi di conferimento degli imballaggi come l'installazione e la gestione in punti strategici di compattatori intelligenti per carta e plastica, dedicati ad esempio alle utenze "non domestiche", con riguardo soprattutto agli esercizi economici ricadenti nel centro storico».

Luigi Putignano

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 marzo 2021

 

Fincantieri si allea con Enel X «Pronti per elettrificare i porti»
Una direttiva dell'Unione Europea impone anche agli scali italiani di adottare sistemi avanzati di mobilità. La transizione energetica
Si rafforza la strategia di Fincantieri che fa della diversificazione e dell'integrazione del business il suo punto di forza. Ieri il gruppo guidato da Giuseppe Bono ha siglato con Enel X, la società del colosso dell'energia che si occupa di mobilità elettrica, una lettera di intenti per collaborare alla realizzazione e alla gestione di infrastrutture portuali di nuova generazione a basso impatto ambientale e per l'elettrificazione delle attività logistiche a terra. I due gruppi in una nota precisano che l'accordo riguarda «l'implementazione del cold ironing, ovvero la tecnologia per l'alimentazione elettrica da terra delle navi ormeggiate durante le soste; la gestione e ottimizzazione degli scambi di energia nelle nuove infrastrutture; sistemi di accumulo e di produzione di energia elettrica, anche tramite l'impiego di fonti rinnovabili, e l'applicazione di celle a combustile».La partnership prevede inoltre che le iniziative messe in campo in Italia possano essere replicate anche in altri Paesi come la Spagna, il Portogallo e la Grecia. La lettera di intenti potrà essere oggetto di successivi accordi vincolanti che le parti definiranno nel rispetto dei profili normativi e regolatori applicabili, ivi inclusi quelli in materia di operazioni tra parti correlate» . «Il trasporto marittimo rappresenta una quota significativa di emissioni di gas a effetto serra. Le emissioni del settore ammontano a circa 940 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, pari a circa il 2,5% delle emissioni globali di gas serra. Enel e Fincantieri stanno unendo le forze per favorire la decarbonizzazione dei consumi navali in porto» chiarisce Eliano Russo, Head of e-Industries di Enel X. Una direttiva dell'Unione Europea impone ai porti di adottare sistemi avanzati di alimentazione elettrica dal 2025. Un tema chiave per promuovere un modello di sviluppo sostenibile in un Paese come l'Italia, con 7500 km di coste e 42 grandi porti. Fra gli obiettivi del governo c'è anche quello di rendere l'Italia più connessa al sistema dei trasporti europeo e dove sono previsti interventi per la logistica, la movimentazione merci e l'elettrificazione dei principali porti, «a partire da Genova e Trieste», come aveva dichiarato l'ex premier Conte. Vedremo ora come si muoverà l'esecutivo Draghi. Il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, intervenendo di recente a un webinar organizzato da Assarmatori con Conftrasporto e Confcommercio ha preannunciato che anche per i porti sarà fondamentale il tema della mobilità sostenibile. Fincantieri è pronta.

pcf

 

 

Torna "M'illumino di meno". E Trieste spegne le luci del Municipio
Domani il Comune partecipa alla Giornata del risparmio energetico di Caterpillar
Dalle 19.30 alle 21, domani, le luci della facciata del palazzo del Municipio saranno spente, in occasione di "M'illumino di meno 2021", la Giornata del Risparmio Energetico e degli stili di vita, alla quale anche il Comune di Trieste aderisce. Lanciata da Caterpillar, programma di Rai Radio 2 nel 2005, la campagna è continuata anno dopo anno con l'impegno a diffondere messaggi che promuovono la razionalizzazione dei consumi, l'invito a evitare sprechi nella quotidianità e in generale la richiesta del rispetto dell'ambiente. Un'attenzione che passa anche attraverso gli spostamenti green, utilizzando l'automobile il meno possibile, condividendola magari con chi fa lo stesso tragitto, e privilegiando, ad esempio, gli spostamenti a piedi o in bicicletta. Nel vademecum diffuso online, che chiede ai cittadini, in questa giornata, di contenere soprattutto l'uso dell'elettricità, si legge quando sia importane spegnere le luci di abitazioni, uffici e altri luoghi lavorativi quando non sono necessarie, chiudere completamente gli elettrodomestici in caso di inutilizzo e di non lasciarli in stand by, non esagerare con il riscaldamento in casa, ridurre gli spifferi su finestre e vetri o applicare materiali isolanti nelle abitazioni, per contenere al massimo la dispersione di calore. E ancora, durante la cottura, mettere il coperchio sulle pentole ed evitare sempre che la fiamma sia più ampia del fondo della pentola stessa. Viene inoltre sollecitato, dove possibile, di piantare un albero o comunque di creare un nuovo spazio verde. In occasione della giornata che punta l'attenzione sulla riduzione dei consumi, ai cittadini viene domandato anche di condividere e diffondere l'importanza di evitare qualsiasi tipo di spreco, in tutti i settori, anche in quello alimentare. L'edizione 2021 è dedicata al "Salto di specie", dove viene posta l'attenzione su come «l'evoluzione ecologica nel nostro modo di vivere che dobbiamo assolutamente fare per uscire migliori dalla pandemia».In tutta Italia il 26 marzo si spegneranno le luci su piazze e monumenti, come già successo gli anni scorsi, un invito accolto anche da altri Paesi, come l'Austria o la Francia. In alcune città si chiede alla gente di cenare a lume di candela, di spegnere le strumentazioni tecnologiche, in altre di spostarsi con una passeggiata o pedalando, anche servendosi dei servizi di bike sharing, dove presenti. Online, su bit.ly/millumino2021, chiunque può raccontare come ha affrontato la giornata, come si è impegnato in prima persona per ridurre i consumi. Si possono anche condividere foto, video ed esperienze sulla pagina Facebook di Caterpillar.

Micol Brusaferro

 

Alle 18 - Il giardino ecosostenibile

Greening Therapy Live: tra benessere e natura. Oggi, alle 18, con Giacomo Sciortino, perito agrario ed esperto di giardinaggio, si parlerà del giardino ecosostenibile. La trasmissione sarà in diretta su Radioattività e in video sulla pagina Facebook e YouTube di Greening Therapy. Replica domani alle 15.35 su Radio Fragola.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 marzo 2021

 

 

L'impronta dell'uomo sull'Antropocene porta dritto al disastro
In un agile manuale appena pubblicato da Il Mulino Emilio Padoa-Schioppa spiega che cosa succede al pianeta
L'epidemia da Covid-19 che stiamo vivendo non è che l'inizio. O almeno uno dei segnali più evidenti e allarmanti del nostro tempo, l'Antropocene. Perché c'è di peggio del virus. Come la "drammatica perdita di specie, e con esse di varietà genetica, ecosistemi, habitat, paesaggi che caratterizza questa epoca". Secondo alcune stime perdiamo tra le 11.000 e le 58.000 specie animali all'anno, di fatto è la sesta estinzione di massa sulla Terra negli ultimi cinquecento milioni di anni. Si dice che stiamo distruggendo il pianeta, ma sarebbe più corretto dire che stiamo distruggendo la vita dell'uomo su questo pianeta. Non è una catastrofe, è semplicemente un cambiamento pericoloso, e se ne può ancora uscire: "L'umanità si trova di fronte a una sfida epocale e siamo davanti a un bivio. La sfida è trovare una modalità tale per cui i progressi che come specie abbiamo compiuto non vadano a scapito delle generazioni future e dei milioni di specie che assieme a noi sono oggi in questo mondo". Parole di Emilio Padoa-Schioppa, docente di Ecologia del paesaggio e Didattica della biologia all'Università di Milano-Bicocca, che firma l'illuminante e agile volumetto "Antropocene - Una nuova epoca per la terra, una sfida per l'umanità" (pagg. 167, euro 12), pubblicato nella collana del Mulino "Farsi un'idea". In linea con la collana, che edita saggi brevi e riassuntivi su svariati argomenti di attualità, il testo di Padoa-Schioppa è una specie di bignami che illustra in modo conciso ma puntuale uno dei temi scientifici più dibattuti e bazzicati a livello mondiale, e cioè come e fino a che punto è arrivato "l'impatto dell'uomo sulla Terra". E questo in una "nuova fase storica in cui l'uomo è in grado di modificare gli equilibri climatici, geologici, biologici e chimici del sistema". L'Antropocene, appunto. Niente di allegro - come dimostra la pandemia che stiamo vivendo - ma nemmeno di catastrofico: "Non è mia intenzione - avverte l'autore - associarmi a chi considera l'Antropocene l'inizio della fine dell'umanità. Non credo possiamo dire questo. Probabilmente l'umanità - o almeno una parte di essa - sopravviverà a uno sconvolgimento e a una crisi ambientale globale, il punto è vedere come e a quale costo". Perché il primo tratto caratterizzante dell'Antropocene è proprio il cambiamento climatico, accelerato - ormai è innegabile - in forma esponenziale dalle attività umane. La Terra, spiega Padoa-Schioppa, è un ecosistema assai complesso, dallo sviluppo non lineare e in continuo mutamento, con o senza l'uomo sul groppone. Il fatto è che ciò che stiamo combinando in termini di riscaldamento globale, alterazione dei cicli biogeochimici, perdita della biodiversità, irreversibile trasformazione di habitat e paesaggi ci torna indietro come un boomerang. A noi, non alla Terra. Il nostro pianeta se ne frega dell'uomo che lo calpesta, e anche la crisi generata dalla pandemia di Covid-19 non è "una risposta della natura alla pressione dell'uomo sulla Terra". Ma di certo un'umanità più numerosa e interconnessa è stata come un trampolino per il salto di specie che è all'origine della diffusione del virus, questo e quelli che verranno. E dunque, dice Padoa-Schioppa, possiamo ancora intervenire per cambiare rotta. Come? In tanti modi, che in buona parte già conosciamo, ma seguendo le quattro parole chiave che indica la scienza: sostenibilità, mitigazione, compensazione, adattamento. Il piccolo manuale dedicato all'Antropocene spiega come si potrebbe fare. Vale la pena ragionarci su.

Pietro Spirito

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 marzo 2021

 

 

Anche Eni e Bluenergy in campo nelle riqualificazioni energetiche
Quasi dieci milioni investiti soprattutto nei complessi condominiali anni Sessanta in periferia a Valmaura, Montebello e San Giovanni
L'edilizia si è rimessa in moto con il supporto delle agevolazioni fiscali in materia di riqualificazione energetica. La posa delle isolazioni termiche "a cappotto" su facciate e tetti, la sostituzione delle caldaie condominiali con quelle ad alto rendimento hanno determinato, soprattutto negli edifici realizzati negli anni Sessanta, un dinamismo realizzativo molto significativo, dal punto di vista finanziario e occupazionale. Si tratta di operazioni che implicano interlocuzioni imprenditoriali robuste: un mese fa AcegasApsAmga aveva evidenziato su Trieste l'attivazione di una quarantina di cantieri per un totale di circa 30 milioni di euro, a colpi di 600-700.000 euro per condominio. L'architetto Lorenzo Gasperini, professionista che sta seguendo molti di questi lavori, annota come altri grandi "general contractor" si stiano impegnando su tale versante: è il caso, per esempio, di Bluenergy e dell'Eni. Un gruppo di lavoro "interforze" (termotecnici, amministratori di stabili) - racconta Gasperini - sta collaborando con i "contractor" su alcuni complessi residenziali. Per dare un'idea dell'importanza di questi interventi, la loro somma cuba una decina di milioni di euro. Cinque sono già partiti per un valore di circa 1 milione ciascuno: via Flavia 60 angolo via Gravisi, via Beda 1-3, via Giulia 108, via Montebello 27-29-31-33, via Baiamonti 3.Due sono in rampa di lancio con investimenti sensibilmente superiori. Parliamo di via del Veltro-Strada di Fiume per oltre 10.000 metri quadrati di cappotto termico, che richiede un finanziamento di 3 milioni; a San Giovanni più di 2 milioni sono necessari nel complesso viale Sanzio-via Donatello-via delle Linfe. Il calendario - precisa Gasperini - coprirà l'intero 2021 con altre operazioni. Ma l'elemento economico più interessante per il territorio è che il "general contractor" si avvale di aziende locali, stimolando un indotto decisamente vivace tra edili, impiantisti, serramentisti. Qualche problema, che ora pare risolto, aveva riguardato il meccanismo fiscale tra aziende artigiane, Agenzia delle Entrate, banche. Mentre criticità sono state rilevate, in tema di rincari fino al 25-30% sulle materie prime, dal presidente degli edili confartigianali, Alessandro Zadro. Aumenti che avrebbero come diretta conseguenza la perdita di molte commesse da parte delle imprese. Tali aumenti, infatti, rischiano di inficiare le cifre pattuite nei preventivi emessi nei mesi scorsi dalle imprese edili alla clientela.

Magr

 

 

Alberi eliminati dalla spiaggia - E a Castelreggio è già polemica
Frequentatori e ambientalisti contro il taglio delle piante - I circoli nautici: spazi destinati alle nostre sedi, era previsto
DUINO AURISINA. È di nuovo polemica fra coloro che durante la bella stagione frequentano la spiaggia di Castelreggio e le tre società nautiche - Cupa, Diporto nautico e Sistiana '89 - che stanno costruendo le loro nuove sedi all'interno dello storico comprensorio di Sistiana mare. In questi giorni, con l'avanzare del cantiere, sono stati infatti tagliati numerosi alberi tra quelli che garantivano un po' d'ombra ai bagnanti. E immediata è scattata la protesta. «Questa è senz'altro una delle più belle spiagge dell'intero Friuli Venezia Giulia - spiega Vladimiro Mervic, ex consigliere comunale della Lista per il golfo e da sempre attivo nelle battaglie per la tutela dell'ambiente nel territorio di Duino Aurisina - e ci sembra molto grave la scelta di abbattere alberi che avevano più di mezzo secolo di vita e che assicuravano alle migliaia di amanti del mare, sia residenti del posto sia turisti, un po' di refrigerio all'ombra nelle giornate più torride dell'estate. E non va dimenticato - aggiunge lo stesso Mervic - l'aspetto estetico, perché quella fila di alberi conferiva un aspetto molto gradevole all'intera spiaggia. Ho sempre condiviso la decisione di garantire alle tre società che si insedieranno a Castelreggio il diritto di avere ciascuna una propria sede nautica a pochi metri dal mare - incalza l'ex consigliere comunale - ma non al prezzo di sottrarre un prezioso spazio all'ombra che storicamente era utilizzato dai bagnanti di Sistiana».Della protesta si fa portavoce anche Renata Tacchetto, artefice di numerose battaglie a difesa della spiaggia di Sistiana: «Il taglio degli alberi ci è sembrato un delitto, perché quelle fronde garantivano un po' di fresco ed erano gradevoli alla vista - sottolinea - ma ciò che fa arrabbiare di più è il fatto che si andrà a ridurre lo spazio a disposizione del pubblico, per permettere ai soci dei circoli nautici di avere il loro bar con terrazza. In tanti, tra i residenti, si sono rivolti a me - continua Tacchetto - perché indignati per quanto sta accadendo. Ci rivolgeremo al sindaco Daniela Pallotta - conclude - anche se oramai il danno è fatto».A spiegare le ragioni delle società è il presidente del Diporto nautico Sistiana, Antonio Regazzo: «Il taglio degli alberi - spiega - era previsto nel progetto iniziale, approvato da tutte le competenti autorità, perciò non c'è alcuna sorpresa. In ogni caso - prosegue Regazzo - proprio per fare le cose per bene prima di procedere con il taglio ci siamo rivolti alla Guardia forestale, per avere un parere in più, per quanto non richiesto. È stata fatta da parte dei suoi esperti una ricognizione sul posto e ci è stato confermato che si tratta di alberi che non avevano alcun pregio e che molti erano ammalati, perciò a rischio di crollo. Del resto l'area in cui c'erano gli alberi dovrà ospitare l'edificio della nostra sede. In ogni caso - conclude il presidente del Diporto nautico - posso assicurare che provvederemo a piantare nuovi alberi, di una tipologia più adatta al luogo in cui saranno ospitati».Per Massimo Romita, assessore comunale alle Politiche del mare, «l'avvio dei lavori è un fattore molto positivo, perché segna l'inizio di una nuova fase per tutto il comprensorio di Castelreggio. Questi primi interventi danno in effetti già l'idea di una maggiore pulizia dell'area".

Ugo Salvini

 

 

SEGNALAZIONI - Porto - Si implementi la scelta "green"

Caro direttore, per il Porto di Trieste in arrivo dal governo 400 milioni di euro del programma Next generation Eu, 100 milioni solo per il Molo VII.Altri grandi ambiti di intervento sono la capacità ferroviaria, il rafforzamento della piattaforma logistica, lo sviluppo dei collegamenti retroportuali, l'elettrificazione delle banchine e il complessivo rinnovamento delle due aree di trasformazione: Ferriera e Ex Aquila. Una scelta "green" che detta di fatto la direzione d'uso dei fondi europei. Bonifica di siti inquinati da troppi anni e elettricita' per le navi in sosta oltre al rafforzamento del trasporto su ferro tutte scelte che l'ambientalismo verde ha sostenuto da anni e che ora vengono introdotte. Si può fare quindi, il verde è la svolta, i fondi ci sono, usiamoli bene. Non annunci ma un piano concreto e complessiva di rafforzamento del Porto di Trieste che lo riporti a punto strategico della portualita' internazionale.

Tiziana Cimolino - Verdi Trieste

 

 

Volontari della sicurezza- Le opposizioni fanno muro - Riprende oggi il dibattito sul DDL Roberti

Centrosinistra, pentastellati e autonomisti chiedono all'unisono una modifica radicale dell'impostazione data al testo normativo.

Trieste. Chiamano in causa i sindaci Roberto Dipiazza e Rodolfo Ziberna, contrari all'impiego di volontari della sicurezza. Le opposizioni in Consiglio regionale fanno leva sulle differenti visioni all'interno del centrodestra in materia di sicurezza, per bocciare ancora una volta il ddl Roberti, che oggi riprenderà il suo iter in Aula per essere approvato dalla maggioranza di centrodestra. Ci si attende però più di qualche scintilla, se i capigruppo hanno previsto la possibilità di lavori notturni nell'ultimo giorno di discussione. Centrosinistra, grillini e autonomisti chiedono una radicale modifica del testo, che non è riuscito a ottenere il via nella precedente riunione dell'assemblea di piazza Oberdan, a causa del dibattito fiume scatenato sull'impianto della norma. Per il dem Franco Iacop, «su questa legge c'è un dibattito importante, perché coinvolge società civile e istituzioni, cambiando in modo sostanziale il profilo della Polizia locale con un'impostazione regionale e verticistica. La legge si rivolge poi a professionisti come gli steward, ai volontari e ai cittadini per il controllo di vicinato, ma il prefetto di Trieste ha sottolineato che la sicurezza va gestita dalla Polizia e quello di Udine spiega che in questa regione non esiste un problema sicurezza». Iacop ricorda che «i sindaci di Trieste e Gorizia si sono detti non favorevoli alle ronde, mentre i piccoli Comuni sono preoccupati di vedersi espropriare la gestione della Polizia locale. Preoccupa la volontà di costruire un clima in cui ognuno può sentirsi tutore della legge, che va invece tutelata da professionisti: una visione che fu portante già ai tempi delle ronde padane». Furio Honsell (Open Fvg) chiede che «l'opinione pubblica manifesti: scompare la figura del vigile di quartiere e arriva lo spione di quartiere, visto che la Regione riconosce gruppi e gruppuscoli che diventano i veri tutori del vicinato. Tutto questo alimenta la sfiducia verso chi si sta attorno e incide sulla coesione delle comunità». Per i Cittadini, Tiziano Centis dice «no a forme di cittadinanza attiva e controllo di vicinato: si mette un proiettile dentro un'arma che può diventare pericolosa. La maggioranza crea vigilantes in proprio, sceriffi che possono esacerbare gli animi e vessare i cittadini con la scusa della sicurezza». Il M5s Mauro Capozzella lamenta che l'iter del testo non ha previsto «l'ascolto degli operatori del settore: non abbiamo ascoltato prefetti e capi dei vigili. Ma più di tutto imbarazza parlare di un argomento così decontestualizzato rispetto alla drammatica realtà che stiamo vivendo». Il Patto per l'autonoma denuncia infine con Giampaolo Bidoli che «ai volontari si affida il compito di far rispettare la legalità col rischio di avere personale non formato in giro per i nostri comuni».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 marzo 2021

 

 

In 7 anni salvati a Trieste 14 miliardi di litri d'acqua
È il risultato delle misure messe in atto da AcegasApsAmga a partire dal 2013 - Ridotta del 10% la dispersione grazie anche al rinnovo degli impianti cittadini
Ecologia, sostenibilità e lotta allo spreco. Sono le parole d'ordine di AcegasApsAmga che, in occasione della Giornata mondiale dell'acqua di oggi, ha fornito i numeri del contrasto alle perdite portato avanti dall'azienda nelle proprie condotte idriche. E sono ben 14 miliardi i litri persi in meno a Trieste e provincia dal 2013. Da quando, cioè, la multiutility del nordest ha messo in campo una serie di strumenti innovativi, relegando le dispersioni d'acqua a un livello molto prossimo a quello fisiologico, ovvero il 36% (una riduzione di 10 punti percentuale rispetto al 46% del 2013). Una cifra decisamente inferiore rispetto alla media italiana che, secondo l'ultimo report Istat pubblicato nel 2020, registra come in un comune su tre le dispersioni totali siano superiori al 45%. Queste "fughe d'acqua", oltre che fisiologiche, sono dovute anche a rotture e a una certa vetustà degli impianti. Che AcegasApsAmga sta provvedendo a sostituire con ciclici interventi sul territorio, dov'è presente una rete di 910 chilometri di tubazioni nelle quali, solo nel 2019, sono stati immessi oltre 39 milioni di metri cubi d'acqua a disposizione di 231 mila cittadini. Ma come funziona il rilevamento delle perdite? Lo spiega Maurizio Fontanot che assieme al suo collega Andrea Rubin e all'équipe di tecnici specializzati composta da Andrea Olivo, Stefano Jerebica e Matteo Crozzoli, lavorano quotidianamente nella ricerca degli spandimenti lungo l'acquedotto. «Sono tre le modalità di monitoraggio delle dispersioni - spiega Fontanot -: il rilevamento aereo, i transitori di pressione, oppure attraverso l'utilizzo di correlatori ad altissima gittata». Il primo dei tre avviene tramite un piccolo Piper, grazie al quale è possibile trovare la presenza di acqua nel terreno, distinguendola da altri materiali come la sabbia o l'acqua di mare (nel caso della condotta che attraversa il golfo di Trieste). «I transitori invece sono piccole bombe di pressione sparate all'interno delle condotte - racconta sempre Fontanot - che, attraverso la loro riflessione sulle pareti delle tubazioni, consentono non solo di individuare le perdite, ma anche di rilevare anomalie nella condotta in logica predittiva». Per l'ultima tipologia di rilevamento, la squadra di Acegas simula una perdita in piazza Sant'Antonio. Per farlo è necessario "aprire l'acqua" che scorre all'interno di un chiusino. «Grazie a un geofono (particolare microfono che consente di "ascoltare" i tubi) possiamo individuare le perdite anche in zone difficilmente raggiungibili della città - spiega Fontanot -. E se finora queste venivano rilevate a una distanza circoscritta, adesso la nuova tecnologia ci permette di arrivare a quasi due chilometri». Il geofono, infatti, sente che qualcosa non va e chiama all'erta la squadra di tecnici che, giunta sul posto, chiude la tubazione aperta. «Questa tecnologia è efficace in quanto si appoggia a dei distretti idrici - conclude Fontanot - grazie ai quali è stata modellata l'intera rete idrica della provincia di Trieste. Ogni distretto rappresenta una porzione di distribuzione dell'acquedotto in cui viene installato un sistema fisso di misura volumetrica dell'acqua in entrata ed in uscita».

Lorenzo Degrassi

 

Papa Francesco: non e' una merce

«La Giornata mondiale dell'acqua ci invita a riflettere sul valore di questo meraviglioso e insostituibile dono di Dio. Per noi credenti "sorella acqua" non è una merce: è un simbolo universale ed è fonte di vita e salute. Troppi, tanti, tanti, fratelli e sorelle hanno accesso a poca acqua e magari inquinata. È necessario assicurare a tutti acqua potabile e servizi igienici». Lo ha detto ieri mattina a Roma, rivolto ai fedeli, Papa Francesco durante l'Angelus.

 

Coldiretti: allarme siccita'

La siccità rappresenta l'evento climatico avverso più rilevante per l'agricoltura italiana con un danni stimati in media in un miliardo di euro all'anno soprattutto per le quantità e la qualità dei raccolti. È quanto afferma la Coldiretti in occasione della giornata mondiale dell'acqua. Nonostante i cambiamenti climatici l'Italia - sottolinea la Coldiretti - resta un Paese piovoso con circa 300 miliardi di metri cubi d'acqua che cadono annualmente, ma per le carenze infrastrutturali se ne trattengono solo l'11%. Un lusso che non ci si può permettere .

 

 

Le rondini simbolo di primavera minacciate da pesticidi ed edilizia

Ieri è ufficialmente iniziata la primavera e come celebrarla se non parlando del suo simbolo per eccellenza, la rondine? Un uccello migratore del quale, nonostante nelle nostre zone la sua presenza sia comune, non sappiamo molto, forse proprio per via del suo essere così "viaggiatore" e quindi difficile da osservare nelle sue varie fasi di vita. Attraverso questo viaggio di scoperta ci guida Silvana Di Mauro, Presidente di "Liberi di volare Odv", associazione triestina esperta in rondini, rondoni e balestrucci. Le rondini, come già detto, sono dei migratori che, proprio nel periodo primaverile, fanno ritorno nelle zone di riproduzione, dopo aver svernato nel continente africano. «Il loro viaggio - racconta Di Mauro - è lunghissimo, pericoloso ed estenuante: percorrono anche fino a 14.000 chilometri, attraversando il deserto sub-sahariano, solcando il mare e buona parte del continente africano. Tutto ciò per mantenere "la promessa del ritorno" ai loro siti di riproduzione». Questi animali infatti ritornano non solo nello stesso luogo, ma addirittura nel medesimo nido. Costruiscono il loro rifugio perlopiù in zone sub-urbane, ad esempio sotto portici e androni o in ambienti rurali, come nelle stalle. Nonostante la vicinanza che intercorre tra i nidi, gli esemplari non vivono in cooperazione; in realtà ogni nucleo familiare si mantiene ben separato dalle restanti famiglie. Il nido della rondine è a forma di coppa, fatto di fango reperito nelle pozzanghere e successivamente impastato nel becco con erba e altri vegetali. Negli ultimi anni purtroppo gli esemplari della specie sono in calo: le cause principali sono la distruzione dei nidi per mano dell'uomo o di eventi climatici estremi, la desertificazione sempre più opprimente, i pesticidi adoperati nell'agricoltura. «Come aiutarli? Primo - spiega Di Mauro - : non distruggiamo i loro nidi! Sono preziose alleate, fanno pulizia di insetti, di cui si nutrono. Secondo: dove la rimozione del loro nido è imprescindibile, posizionarne nelle vicinanze uno artificiale». Inoltre, in caso di rinvenimento di uno di questi animali, mai nutrirlo con carne, vermi, pane, semi."Liberi di volare" si è resa protagonista di un'importante operazione di ripristino della colonia di rondini in Porto San Rocco, a Muggia: dopo la distruzione dei nidi causata dalla pulizia annuale e dalle ristrutturazioni eseguite, l'associazione ha collocato ben 20 nidi artificiali, immediatamente colonizzati, poco dopo seguiti dalla costruzione di altri 10 nidi naturali. «Sono ritornate alla grande a ripopolare il borgo - commenta -. Comunque è bene ricordare che distruggere un nido di una specie protetta quale rondine, rondone o balestruccio è reato».L'associazione si impegna sia in attività pratiche di cura e riabilitazione dei volatili grazie al suo Centro di recupero in Strada di Fiume («Qui accogliamo esemplari giovani, adulti e pulli, perché feriti o caduti dal nido» spiega la presidente), che in azioni più teoriche di sensibilizzazione, ad esempio mediante gli interventi nelle scuole. «Con il progetto "Magia d'ali" in due anni abbiamo raggiunto oltre 4 mila bambini in diverse città del Fvg» conclude Di Mauro.

Nicole Cherbancich

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 marzo 2021

 

 

Bike sharing affidato a Trieste Trasporti fino alla fine dell'anno
Soluzione-ponte da giovedì 25 per parcheggi e noleggio - Poi sarà lanciata una gara. Individuate tre fasce tariffarie
Una Trieste Trasporti in formato intermodale: non solo bus, non solo tram, non solo acqua, ma anche le bici. Ci manca solo l'ovovia. La società, controllata dal Comune triestino e dal gruppo Arriva (Db), si occuperà del bike sharing, ovvero dei parcheggi e del noleggio delle due ruote sistemati dal Municipio in alcuni punti-chiave del percorso turistico urbano. La concessionaria del tpl (trasporto pubblico locale) triestino se ne occuperà a tempo determinato da giovedì prossimo, 25 marzo (quando terminerà l'impegno di Bicincittà), fino al 31 dicembre del corrente anno. Una soluzione-tampone in attesa che la civica amministrazione bandisca una gara per reperire un gestore vero e proprio del servizio. Poiché il Comune non dispone di strutture e risorse umane tali da assicurare il funzionamento del bike sharing, Trieste Trasporti, anche per la possibilità di coordinare bus e velocipede (molte fermate dei mezzi coincidono con i parcheggi delle bici), è parsa la risposta temporanea migliore, in vista di una possibile ripresa delle visite turistiche. L'assessore Luisa Polli, che ha portato in giunta la delibera, ha sottolineato come non solo il bike sharing si presti come servizio complementare al tpl, ma consenta, in una fase in cui la pandemia è lungi dall'essere debellata, di agevolare un opportuno distanziamento sociale favorito dalla solitudine della pedalata. La delibera, controfirmata dal direttore dipartimentale Giulio Bernetti, individua tre fasce tariffarie: l'utente "sistematico", l'utente "occasionale", il turista. Il "sistematico" potrà fare un abbonamento annuale a un costo di 12 euro, ricaricabile a consumo; il noleggio prevede una prima mezz'ora gratuita, ogni mezz'ora successiva alla prima fino alle prime due ore un "ticket" di 50 centesimi, ogni mezz'ora successiva alle prime due ore di utilizzo 1 euro. Il cliente "occasionale" s'iscrive gratuitamente al servizio con ricarica obbligatoria minima pari a 5 euro; poi la prima mezz'ora richiede 50 centesimi e ogni mezz'ora successiva 1 euro. Ed eccoci al turista: il biglietto giornaliero implica l'esborso di 8 euro nell'arco delle 24 ore, durante le quali l'utilizzo massimo consentito è di 6 ore, anche non continuative. Cioè, il turista prende - per esempio - la bici in stazione, gironzola, poi la lascia al Teatro Romano e va a pranzo, la riprende e completa il tour. Il Comune riconosce al concessionario Trieste Trasporti un contributo pari a 33.500 euro (Iva compresa) più 7.000 euro in pezzi di ricambio. Se gli incassi supereranno i 50.000 euro, Comune e Trieste Trasporti faranno da bravi fratelli: metà per uno.

Massimo Greco

 

 

Ferriera, demoliti gli altoforni - Ora giù gli edifici in muratura
Lavori avanti a ritmo serrato. Le due torri spariscono dallo skyline servolano - Ok da Roma all'abbattimento di tutta l'area a caldo. Tempistiche da definire
I due altoforni sono spariti e ora arriva il via libera alla demolizione degli edifici in muratura. Continua a ritmo sostenuto lo smantellamento della Ferriera e, in contemporanea all'attracco della prima nave alla vicina Piattaforma logistica, da Roma giunge una delle carte attese da Arvedi e Icop per procedere nell'abbattimento dell'area a caldo. Il ministero della Transizione ecologica ha dato il suo assenso, ma restano ancora indefiniti i tempi delle autorizzazioni per le opere successive. Non mancherà il momento pirotecnico, se sarà confermata l'idea di demolire la ciminiera della cokeria con un colpo di dinamite. Nel frattempo i lavori continuano ed è ormai un ricordo il profilo degli altoforni che impattavano sullo skyline di Servola. Le due gigantesche colonne di metallo sono state via via tagliate e rimosse con una gru, mentre le maestranze hanno proseguito nell'asportazione degli impianti e delle parti in metallo nelle varie zone del comprensorio. E mentre da una parte si smonta, pochi metri più in là la Piattaforma logistica ha completato le procedure burocratiche e avviato le sue attività, con l'attracco di un traghetto della compagnia Ulusoy. È il simbolico passaggio di testimone in un'area che da industriale diventerà a vocazione logistica e portuale. Ora Hhla Plt Italy (o meglio il suo braccio operativo Icop) aspetta che una nuova conferenza dei servizi dia il disco verde anche alla messa in sicurezza permanente, che prevede l'asporto dei detriti e la costruzione dei piazzali che ospiteranno il terminal a servizio del Molo VIII. Ma prima ancora dovrà arrivare il permesso per installare nel sito un impianto capace di triturare il calcestruzzo da riutilizzare per livellare i terreni rispetto a quelli della Piattaforma. Servono inoltre le autorizzazioni per la rimozione del "cumulone" vicino a Plt e per creare gli scarichi delle acque. Dopo aver ottenuto il tutto, la Icop di Vittorio Petrucco potrà subentrare agli operai di Arvedi, dedicandosi a demolire le strutture in muratura, asportare le macerie e realizzare i piazzali in calcestruzzo e il sistema di trattamento delle acque meteoriche e di falda: passi che nell'insieme serviranno a isolare gli inquinanti presenti nel terreno e che daranno vita alla pavimentazione su cui sorgeranno il terminal container e i collegamenti ferroviari necessari a trasformare la Piattaforma in Molo VIII. Il via del ministero prevede anche la conservazione di elementi di archeologia industriale: le intese fra privati e Soprintendenza sono già state trovate.

Diego D'Amelio

 

 

"Verde di mare" - Le foreste marine che combattono l'inquinamento
Un webinar alle 17.30 del Wwf e dell'Ogs nella giornata mondiale dedicata ai boschi
Sono il nostro polmone verde, perché con la fotosintesi ci aiutano letteralmente a respirare. Le foreste sono fondamentali per la conservazione della biodiversità e la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici: oggi, 21 marzo, è la Giornata mondiale a loro dedicata. Ma non ci sono solo quelle terrestri: sui fondali di mari e oceani crescono le foreste marine, che svolgono una funzione analoga alle sorelle di terra. Per il secondo appuntamento del ciclo d'incontri "Siamo in onda", organizzato da Wwf Area marina protetta di Miramare e Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), oggi alle 17.30 si parlerà del ruolo fondamentale delle foreste e delle praterie marine e dei progetti di ripopolamento condotti nel golfo di Trieste.Il webinar, dal titolo "Verde di mare", sarà trasmesso su Zoom e in diretta Facebook sulle pagine dell'Area marina protetta e di Ogs, e avrà come protagonisti, moderati da Paola Del Negro, direttore generale di Ogs, Maria Cristina Gambi, della Stazione Anton Dohrn di Napoli, Annalisa Falace e Antonio Terlizzi dell'Università di Trieste. Con la prima relatrice si parlerà in generale dei servizi ecosistemici delle foreste e praterie marine, con Falace ci si concentrerà sui progetti portati avanti nel golfo di Trieste per il loro ripopolamento e con Terlizzi si scoprirà la comunità ittica che le abita.«Con il progetto Roc-PopLife stiamo lavorando insieme ai colleghi di Miramare su alcune aree marine protette, per far ricrescere le foreste sottomarine di Cystoseira, un'alga bruna a rischio estinzione - racconta Falace -. Nonostante le difficoltà indotte dalla pandemia finora il progetto ha funzionato: le plantule che abbiamo messo in acqua a Miramare ora sono fertili e stanno rigenerando a loro volta il sito. Questa primavera dovremmo ampliare l'impianto. Nel frattempo ci sono arrivate numerose richieste di collaborazione per progetti di ripopolamento, perché la tecnica che abbiamo messo a punto, con il prelievo di parti apicali fertili dal sito donatore, in questo caso Strugnano, e il reimpianto nel sito da restaurare, è molto promettente. Ci hanno contattato oltre che dall'Italia e dalla Slovenia, anche dal Marocco e dalla Grecia». La conferenza sarà accompagnata dalle evoluzioni grafiche di Jacopo Sacquegno, che riproporrà visivamente alcuni dei concetti presentati. Questo il link per collegarsi a zoom: https://bit.ly/2Q6Lg6f.Il prossimo webinar è in programma il 22 aprile, per la Giornata Mondiale della Terra: il ciclo di incontri s'inserisce tra le iniziative legate al decennio delle Scienze del mare per lo sviluppo sostenibile (2021-2030).

Giulia Basso

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 marzo 2021

 

 

I seguaci di Greta in piazza per il clima - Gli irriducibili "sfidano" la zona rossa
Ridotto rispetto al passato il numero di attivisti muniti di cartelloni che hanno reclamato maggiori tutele per l'ambiente
I seguaci di Greta di "Fridays for future" tornano in piazza Unità d'Italia a Trieste, con una mobilitazione che, come in altre città italiane e in tutto il mondo, punta ad attirare l'attenzione sulla necessità di tutelare l'ambiente. Ma ieri l'adesione è stata scarsa. Poche le persone che si sono presentate all'appuntamento, nonostante gli appelli, diffusi anche via social, a compilare la certificazione e a presentarsi con cartelli e slogan. I messaggi, seppure non molti, sono stati comunque portati dagli attivisti presenti, su striscioni e fogli colorati, con le scritte «lotta per il clima, lotta per la vita», «non c'è più tempo» o «non esiste futuro senza pianeta, non vendiamolo per la moneta». Una decina le persone che si sono presentate alle 15, orario stabilito per l'inizio della manifestazione. Altre si sono aggiunte successivamente, ma con una presenza ben diversa dallo scorso anno, quando la piazza si era riempita soprattutto di ragazzi e anche di famiglie, con bambini coinvolti in un maxi disegno. Evento sotto tono per le limitazioni attualmente in vigore, che hanno lasciata a casa molti ragazzi. Chi ha scelto di partecipare lo ha fatto rispettando le misure previste, tra mascherine e distanziamenti. Anche in questa edizione i messaggi lanciati sono stati gli stessi, con la volontà di chiedere provvedimenti urgenti per salvare il pianeta e per costruire un futuro all'insegna della sostenibilità. Lo sciopero per il clima, così è chiamata l'iniziativa riproposta ieri, è stato portato nelle piazze per la prima volta il 15 marzo 2019. A Trieste la sezione veicola notizie e informazioni attraverso la pagina fridaysforfuturefvg.it/trieste. Il movimento nasce nel 2018 con Greta Thunberg, che diventa in poco tempo un simbolo per la tutela ambientale. La ragazzina sciopera per il clima ogni venerdì, per portare avanti il suo messaggio, ed è l'inizio del Fridays for future, che significa "Venerdì per il futuro". In pochi mesi il suo grido di allarme coinvolge milioni di giovani, e non solo, in tutto il mondo, che ogni anno chiedono che i governi si occupino di cambiamenti climatici, trasformarli in una priorità per l'agenda politica internazionale.

Micol Brusaferro

 

 

Porto Vecchio, due circoscrizioni e Un'altra città bocciano il piano
Ieri confronto online per la rete civica, che chiede un maggiore coinvolgimento dei cittadini e più attenzione al rilancio economico
La rete civica di Un'altra città rilancia la richiesta di un maggiore coinvolgimento dell'opinione pubblica nella progettazione sul Porto vecchio. Intanto Prima e Terza circoscrizione bocciano l'Accordo di programma. Dopo il passaggio per il parere consultivo dei parlamentini rionali, il testo siglato da Comune, Regione e Authority portuale dovrà ora essere discusso a stretto giro in Consiglio comunale. Proprio a questi temi Un'altra città ha dedicato il suo incontro online settimanale finalizzato a influenzare in maniera indiretta la campagna elettorale. All'assemblea erano presenti alcuni protagonisti della corsa per il voto, tra cui la candidata a sindaco del M5s Alessandra Richetti, il portavoce di Adesso Trieste Riccardo Laterza e Sabrina Morena, consigliera comunale di Open. Tra i relatori anche l'architetto e urbanista Luciano Semerani, la fisica del clima all'Ictp Erika Coppola e Mirano Sancin, presidente del comitato tecnico-scientifico dell'Area di ricerca. Sono intervenuti inoltre William Starc, Gianfranco Depinguente, Roberto Dambrosi e Loredana Casalis, tutti impegnati nello studio che Un'altra città ha effettuato sull'antico scalo a partire dal 2018, sfociato nel rapporto "Porto vecchio impresa collettiva. Una strategia per il recupero e per il futuro della città". «I documenti mettono in luce l'assenza di una vera e propria strategia per il recupero del Porto vecchio - afferma Giulio Lauri di Open Fvg, che ha moderato il dibattito per Un'altra città -. Manca il coinvolgimento di cittadini, soggetti economici e parti sociali. Rendita immobiliare e vendita di immobili pubblici di valore sembrano privilegiate, rispetto a un investimento per il rilancio economico e occupazionale».Come detto, nel frattempo si è concluso l'iter dell'Accordo di programma nei parlamentini rionali: Altipiano Ovest e Roiano-Gretta hanno espresso parere negativo, benché non vincolante. «Una settimana fa mi ero appellato alle forze d'opposizione affinché si schierassero contro le scelte urbanistiche di questa giunta - commenta Dean Zuccolo, consigliere della terza circoscrizione di recente passato ad Adesso Trieste -. Al centro del progetto ci sono residenza e commercio, quando la città ha bisogno di nuovi posti di lavoro. Spero che il Consiglio comunale imporrà alla giunta di tornare sui propri passi». «Concordiamo con Adesso Trieste - aggiunge la presidente della Prima circoscrizione, Maja Tenze del Pd -. Non vediamo un progetto di innovazione legato a energie sostenibili». Nelle circoscrizioni quinta e sesta il voto è finito in pareggio. La seconda, quarta e settima si so no espresse a favore.

Lilli Goriup

 

«Con il Recovery plan faremo in cinque anni quello che altrimenti si sarebbe fatto in 20»
La soddisfazione di operatori e sindacati per l'ampliamento delle risorse destinate dall'esecutivo al "pacchetto Trieste"
Trieste. «Faremo in cinque anni quello che si sarebbe fatto in venti». Operatori e sindacati del porto di Trieste festeggiano la conferma da parte del governo Draghi del finanziamento previsto per lo sviluppo dello scalo all'interno del Recovery Plan. Lo considerano il riconoscimento definitivo delle prospettive marittime giuliane, ma mettono in guardia allo stesso tempo sull'importanza di garantire procedure burocratiche snelle. Senza dimenticare che la città dovrà capire che la crescita dei traffici potrà anche comportare qualche disagio sul fronte ambientale. L'agente e terminalista Enrico Samer sottolinea che «il punto più importante è che Trieste e Genova siano riconosciuti come i porti principali d'entrata in Italia. È un grande successo: da anni non si sentivano cose così sagge, ma Trieste è d'altra parte un porto con enorme potenzialità, che ha un piano regolatore approvato e player antichi e nuovi pronti a portare ulteriori traffici grazie alle nuove infrastrutture già previste, perché l'Autorità portuale ha ben chiari i progetti». Secondo Samer, «poter disporre dei 400 milioni del Recovery permette di fare in cinque anni ciò che si sarebbe fatto in venti. I privati sono pronti a investire e il pubblico apre la strada facendo la sua parte, finanziando progetti prioritari che creeranno nuovi flussi di merci e un indotto importante di lavoro portuale». Mentre sta ultimando i preparativi per l'avvio della Piattaforma logistica (la prima nave arriverà oggi), Francesco Parisi non elude i possibili problemi del futuro: «I tempi per utilizzare i fondi sono stretti e mi auguro che i tempi italiani dei lavori pubblici permettano di impiegare tutte le risorse. Vedo inoltre all'orizzonte in città il timore che i volumi del porto possano crescere, con l'inevitabile impatto che questo comporta. Cerchiamo tutti di fare attività sostenibili, ma l'impatto zero non esiste e vedo opposizioni alla crescita di quei traffici che questi investimenti servono a far crescere. Dobbiamo capire se si vuol fare di Trieste un porto che lavora o una sorta di piccola Montecarlo». A nome di tutti gli operatori, il presidente regionale di Confetra Stefano Visintin spiega che «lo stanziamento del Recovery premia il lavoro fatto per tempo dall'Autorità portuale: c'è chi altrove si lamenta dei troppi soldi per Trieste, ma con una piccola nota polemica rilevo che evidentemente non hanno presentato progetti nei termini previsti. Per stare dentro il Next Generation Eu serve fare transizione green: vengono premiate l'idea dell'elettrificazione delle banchine per ridurre l'impatto ambientale, la riqualificazione di Servola e le bonifiche. Bene anche il sostegno all'intervento sull'ultimo miglio ferroviario, che valorizza un porto che ha mostrato con i fatti che è possibile il passaggio dalla gomma al ferro». Visintin difende la scelta di concentrare gli investimenti a Trieste: «Il resto del Fvg? Il piano del governo sarà un volano per tutta la piattaforma logistica regionale, che è al servizio dell'Europa centrale». Il plauso è anche dei lavoratori. Stefano Puzzer (Clpt) nota che «il porto di Trieste ha ritrovato interesse in Italia dopo essere stato completamente dimenticato: questo fa ben sperare per il futuro. Speriamo che tutti gli investimenti siano fatti tutti alla luce del sole e che non siano i soliti progetti che costano alla fine il doppio del previsto e non vengono mai finiti. Speriamo che, dopo tutto questo, si crei anche la scuola per i lavoratori portuali, magari in Porto vecchio: una scuola di formazione sia per chi già oggi è impiegato in porto, sia per ragazzi e ragazze che vorrebbero lavorare in porto e a cui vanno date le basi».

Diego D'Amelio

 

 

La multinazionale Kronospan investe in un impianto green
Il colosso austriaco, produttore di pannelli in legno, ha annunciato un investimento da 250 milioni di euro nel sito di San Vito al Tagliamento (Pordenone) dove realizzerà un impianto innovativo e all'avanguardia all'insegna della sostenibilità. Recupero dell'acqua piovana, utilizzo di legno riciclato, nessuno scarto di produzione, ridotte emissioni, azzeramento del traffico su gomma a vantaggio di quello su rotaia, alcune delle caratteristiche. Previsti inoltre 200 posti di lavoro.

 

 

Nuove luci in galleria e pulizia rafforzata. La Cottur si rifa' il look

Lungo la pista ciclopedonale torna l'illuminazione nel primo tunnel dopo anni di transiti al buio. In arrivo 15 contenitori per l'immondizia

Nuovo impianto di illuminazione in galleria e servizio di pulizia rafforzato, anche grazie a nuovi contenitori per l'immondizia, lungo la pista ciclopedonale Giordano Cottur, frequentato percorso che da San Giacomo sale fino a Draga Sant'Elia e, in tempi di confini "liberi" dal Covid 19, fino alla Slovenia. Un percorso lungo oltre 16 chilometri, asfaltato nella parte che attraversa Campanelle e Altura, e che poi si immerge nella natura carsica con un tracciato sterrato che regala splendidi scorci della Val Rosandra e del golfo. La ciclopedonale, lungo la quale si incrociano pedoni, runner e ciclisti, e che in questa fase di zona rossa rappresenta per tanti residenti l'unica valvola di sfogo per camminare, allenarsi e respirare aria fresca, ha da poco subito un restyling che l'ha resa maggiormente fruibile in alcuni punti. Tra gli interventi realizzati, il nuovo sistema di illuminazione nella galleria Cottur, lunga 250 metri, la prima che si incontra lungo il tragitto da Trieste a Draga Sant'Elia e l'unica illuminata. L'impianto precedente, in alcuni tratti rotto, rendeva la fruizione del tracciato poco agevole, al punto da richiedere l'utilizzo di torce o della semplice luce dei cellulari. Non una situazione priva di rischi, considerata la forte presenza di biciclette, intente a dribblare i pedoni al buio. Da qui la decisione, come confermato dal presidente di Fvg Strade Raffaele Fantelli, di mettere mano al problema, in un quadro complessivo di interventi di miglioria del percorso. Il vecchio impianto, composto da faretti a terra, molti dei quali guasti, è stato sostituito con un nuovo sistema di luci a led collocate sulle volte della galleria. Luci "intelligenti", che si attivano e modulano la potenza della luce in base al numero di persone in transito. «Sono stati installati tre rilevatori che servono a rilevare la presenza di persone nella galleria e di conseguenza modulano la potenza dell'illuminazione, nell'ottica del risparmio energetico - spiega Luca Vittori, ingegnere e direttore Nuove opere in Fvg Strade -. Il tunnel rimane sempre illuminato, ma quando non è utilizzato la luce è ridotta al minimo». Il costo dell'operazione ammonta a 35 mila euro di fondi regionali. I lavori, durati un mese, sono terminati pochi giorni fa. Secondo tema, i contenitori per l'immondizia: «Abbiamo appena firmato l'affidamento del servizio di pulizia alla cooperativa La Quercia, che prevede la posa di 15 nuovi contenitori lungo il percorso e lo svuotamento degli stessi due volte alla settimana. È stato ritenuto necessario implementare il servizio da questo punto di vista - conclude - considerata l'affluenza importante».

Elisa Coloni

 

 

Domani "Verde di mare" con Wwf e Ogs

Per il secondo appuntamento del ciclo d'incontri "Siamo in onda", organizzato da Wwf Area marina protetta di Miramare e Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), domani, alle 17.30, si parlerà del ruolo fondamentale delle foreste e delle praterie marine. Il webinar, dal titolo "Verde di mare", sarà trasmesso su Zoom e in diretta Facebook sulle pagine dell'Area marina protetta e di Ogs, e avrà come protagonisti, moderati da Paola Del Negro, direttore generale di Ogs, Maria Cristina Gambi, della Stazione Anton Dohrn di Napoli, Annalisa Falace e Antonio Terlizzi dell'Università di Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 marzo 2021

 

 

MONFALCONE - Escavo del porto progetto da rifare - troppo mercurio presente nei fanghi
Secondo il Provveditorato opere pubbliche non si può usare la cassa di colmata per smaltirli. La palla passa all'Autorità
Non c'è alcun via libera e rischia di non averlo mai quel progetto sull'escavo del canale di accesso del porto di Monfalcone concepito inizialmente dall'ex Azienda speciale porto di Monfalcone, poi ereditato dalla Regione che ha cercato di correggerlo e modificarlo. Depositare poi i fanghi di dragaggio nella vecchia cassa di colmata (utilizzata in passato come discarica), come previsto dalla Regione è un ostacolo insormontabile e semmai si dovesse pensare a un escavo bisogna rifare completamente il progetto e visto che si tratta di un'opera di grande infrastrutturazione («di interesse statale e realizzata su aree del demanio statale») a poterlo fare sarà solo una realtà statale come l'Autorità di sistema portuale su indicazioni e con il coordinamento del Provveditorato alle opere pubbliche. Lo aveva sostenuto l'ex direttore del Provveditorato, tra fine 2019 e inizio 2020, ingegner Giorgio Lillini, una bocciatura del progetto ribadita con forza anche dalla dirigente facente funzioni per il provveditore, Cinzia Zincone. Da un anno è sceso il silenzio sul via al progetto di escavo per il quale la Regione ha accantonato qualcosa come 20 milioni, risulta che la stessa Regione abbia più volte chiesto, nelle varie interlocuzioni dopo le conferenze dei servizi, la "consegna delle aree per l'esecuzione delle opere", una consegna che è stata negata, si è parlato poi dell'interessamento del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Ma fino ad ora non è giunta alcun via libera finale e a quanto risulta quel progetto è morto, sepolto nella stessa cassa di colmata. Ed è quanto emerge dal parere del Provveditorato regionale, che risale ad alcuni mesi fa, ma di cui la redazione è venuta in possesso solo ora, nel quale si danno tutte le motivazioni del no all'opera come concepita. Non solo si ribadisce quanto aveva sottolineato Lillini che aveva messo in guardia sulla quantità di fanghi da dragare (bisogna riportare il fondale del canale a una profondità di -12,50 metri sino all'imbocco delle dighe) che depositati in cassa di colmata avrebbero creato montagne alte quattro metri. Ma la dirigente Zincone mette in evidenza anche tutta una serie di altre problematiche di grande rilievo. Che riguardano gli effetti del dragaggio sull'uso futuro della cassa di colmata come area industrial-portuale e l'entità degli investimenti necessari per rendere possibile questo uso. Costi enormi per abbattere la quota dei quattro metri dei fanghi, ma soprattutto per bonificare l'area e renderla adatta a nuove infrastrutture portuali: banchine , piazzali, magazzini. La questione nel golfo di Panzano è conosciuta e riguarda il mercurio-cinabro presente nei sedimenti, che storicamente arriva dall'Isonzo che porta tutti i materiali di risulta delle antiche attività minerarie di Idria in Slovenia.Quelle montagne di fanghi dragati e versati sulla cassa di colmata potrebbero comportare «fenomeni di sedimentazioni anomale» con possibili superamenti dei limiti del mercurio nel terreno previsti pure per le aree destinate ad attività produttive/portuali con annessi rischi di ulteriori costi sia per le analisi che per le bonifiche. È tutto da rifare per l'escavo del canale di accesso al porto di Monfalcone, un progetto fermo da decenni che se non sarà cambiato si rischia di non fare mai più.

Giulio Garau

 

 

Traffici su rotaia - I treni da Venezia
La nuova versione del Recovery inserisce la linea ferroviaria Venezia-Udine-Trieste fra gli assi da rafforzare per le sue «connessioni verso il confine orientale», nell'ambito del corridoio europeo che parte da Lione. Il documento non chiarisce però il tipo di interventi e i fondi che potrebbero arrivare. La velocizzazione della Trieste-Mestre costa due miliardi ed è ferma da anni alla fase di progettazione: l'opera è stata commissariata assieme a molti altri progetti infrastrutturali nelle ultime settimane del governo Conte.

 

Le altre linee - la Udine-Cividale
La nuova bozza del piano prospetta il trasferimento della ferrovia Udine-Cividale a Rfi, nell'ambito di una strategia tesa a superare «una gestione frammentata dei network regionali». Il Recovery prevede genericamente investimenti per «lavori infrastrutturali e tecnologici sulla linea», tesi a «migliorare la regolarità del flusso di traffico». Oggi la tratta è in mano alla società della Regione Ferrovie Udine-Cividale. Passerà nei prossimi anni sotto Rfi, assieme ad altre tratte locali gestite a livello territoriale.

 

 

Il lupo ora è alle porte di Trieste - Esemplare investito sul Vallone
Prima presenza certificata di un maschio giovane e in salute, morto sulla strada - L'esperto Filacorda: «Il ritrovamento cambia gli equilibri anche con lo sciacallo»
GORIZIA. Ora la presenza del lupo sul Carso, alle porte di Trieste, è certa. Un esemplare maschio adulto è stato travolto e ucciso ieri mattina lungo la strada del Vallone. L'animale era già stato avvistato da qualche automobilista di passaggio, ma non c'erano ancora prove oggettive che si trattasse effettivamente di un lupo. C'è voluto purtroppo l'incidente di ieri per averne la conferma definitiva. L'investimento da parte di un veicolo sconosciuto è avvenuto nei pressi dell'abitato di Micoli. La carcassa è stata segnalata ai carabinieri alle 6.30 ed era ancora calda quando gli incaricati del recupero sono arrivati sul posto. Si presume quindi che l'incidente sia avvenuto intorno alle 6.20 o, comunque, non prima delle 6. Dai traumi riportati dall'animale l'impatto deve essere stato piuttosto violento. In base a una convenzione tra la Direzione centrale Risorse agricole, forestali e ittiche della Regione, l'Università di Udine e l'Istituto Zooprofilattico delle Venezie, il lupo è stato consegnato al dipartimento di Scienze agroalimentari ambientali e animali dell'ateneo friulano. A esaminarlo saranno ora il medico veterinario Stefano Pesaro e il dottor Marco Bregoli. La collaborazione tra le tre realtà servirà ad ottenere dati di natura sia biologica, sia scientifica e alcuni campionamenti saranno messi a disposizione anche del Museo friulano di Storia naturale di Udine. L'obiettivo generale del progetto è capire lo stato di salute della fauna selvatica del Friuli Venezia Giulia.Quello di ieri è stato il sesto lupo ad essere recuperato in regione dall'inizio del 2020. Come nel caso del Vallone, per questi animali la principale causa di morte è l'investimento. In attesa dei riscontri di natura prettamente scientifica, si può intanto dire che l'esemplare travolto tra Micoli e Palchisce aveva circa due anni, pesava poco più di 36 chilogrammi e si trovava in condizioni fisiche perfette. Rispetto allo sciacallo dorato, il lupo è più grande: il primo pesa mediamente 11 chili, il secondo oscilla tra i 30 e i 40. Anche se di dimensioni maggiori e più longilineo, nelle immagini scattate dalle fototrappole - in mancanza di riferimenti metrici - si fa fatica a distinguerlo dallo sciacallo e per questo la sua presenza sul territorio isontino non era stata ancora mai confermata in maniera ufficiale.«Questo è il primo segnale di una presenza del lupo sul Carso e conferma sospetti che già avevamo. Apre uno scenario interessante: può trattarsi di un esemplare in dispersione alla ricerca di una partner con cui accoppiarsi. Ma da dove provenga e se abbia trovato una compagna, al momento è difficile da dire. Di certo, le analisi ci permetteranno di capire se appartiene alla popolazione slovena o a quella italiana o se, magari, è il risultato dell'incrocio delle due», spiega a questo proposito Stefano Filacorda, ricercatore e coordinatore degli studi sulla fauna selvatica dell'Università di Udine.Di certo l'investimento conferma che la biodiversità del Carso è sempre maggiore. È di pochi mesi fa l'avvistamento di un orso che, nelle vicinanze di Peteano, si stava muovendo lungo la Strada provinciale 8. A trovarsi faccia a faccia con il grosso carnivoro era stato un rider goriziano e il suo passaggio era stato poi confermato da un'impronta ritrovata lungo un sentiero a Poggio Terza Armata da una gradiscana. «La presenza del lupo - prosegue Filacorda - cambia gli equilibri della zona perché ora lo sciacallo ha un predatore. Si potrebbe riequilibrare un sistema che al momento pende verso lo sciacallo. Il lupo, in ogni caso, ha areali che, semplificando, sono circa 15 volte maggiori. Questo significa che l'uno non si sostituisce all'altro. A Yellowstone, per esempio, l'introduzione del lupo ha portato alla diminuzione del coyote e all'incremento di specie in crisi come la lepre o il coniglio».

Stefano Bizzi

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 marzo 2021

 

 

Bonifiche, Roma trasferisce le aree ma non gli otto milioni - il sito di interesse nazionale
La firma del ministro Roberto Cingolani, titolare del neo-ministero della Transizione Ecologica, decreta e conferma che 242 ettari del Sito inquinato (Sin) passano sotto la gestione amministrativo-ambientale della Regione Fvg. Roma trasferisce a Trieste in pratica la competenza sui "piccoli operatori", mantenendo quella sulle grandi partite come la Ferriera e l'ex Aquila (192 ettari) . Cingolani certifica la posizione assunta in gennaio dal direttore generale del ministero (allora dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare) Giuseppe Lo Presti. E non cambia neanche l'orientamento sulle risorse rispetto a quello del precedente esecutivo quando ministro era Sergio Costa: niente da fare, il governo trasloca la "giurisdizione" ma non gli 8 milioni, che l'accordo di programma datato 2012 appostava per le caratterizzazioni e per le analisi di rischio. Fabio Scoccimarro, assessore regionale all'Ambiente, prende volentieri atto che la Regione si occuperà di una consistente fetta del Sin, come richiesto dall'imprenditoria triestina bloccata per anni da procedure seguite nella Capitale a ritmi di immaginabile lentezza. Ma deve anche riprende, suo malgrado, il cahier de doléance legato ai quattrini denegati: «Sottoporrò la questione nei prossimi giorni alla corregionale sottosegretaria del nuovo ministero Vannia Gava, affinchè interceda con il governo su questo punto».Il comma 2 dell'articolo 2 del "decreto Cingolani" puntualizza che «per le aree escluse dal perimetro (quelle trasferite alla Regione ndr) dette risorse potranno essere utilizzate esclusivamente per interventi già approvati dal Ministero». La Regione - riporta il comma 1 dello stesso articolo - «subentra al Ministero nella titolarità dei relativi procedimenti».Sul tema interviene Carlo Alberto Masoli, titolare della Geosyntech che ha nel carnet un bel numero di fascicoli legati alle bonifiche: «La rapidità procedurale è un fattore essenziale, se in precedenza le conferenze dei servizi in sede ministeriale avvenivano una volta all'anno, in Regione potranno essere convocate perlomeno a scadenza mensile. Un salto di qualità che consente a investimenti, fermi da 4-5 anni, di riprendere il loro corso».Con il "decreto Cingolani" la competenza della Regione si estende a quasi 320 ettari: 75 risalgono a un analogo provvedimento assunto dal ministero nell'inverno 2018 (giunta Serracchiani), ai quali s'aggiungono i 242 ettari "freschi". L'asse di via Caboto, la zona delle Noghere: non meno di 150 imprese saranno finalmente libere dall'incubo di trasferte capitoline e potranno semplicemente recarsi in via Carducci nella sede assessorile. Il pressing delle aziende si esplicò un anno fa, quando - era appena deflagrata la prima ondata pandemica - in 16 firmarono una lettera a Scoccimarro sollecitando un nuovo stralcio dal Sin: tra questi Illy, Facau, Bruno Pacorini, Pittway, Java Biocolloid, Samer (Ortolan Mare).

Magr

 

 

 

 

 

ANSA - MERCOLEDI', 17 marzo 2021

 

 

Illy, Nestlè e Fvg, intesa per recupero capsule caffè - Assessore Scoccimarro, prima intesa pubblico-privato del genere

TRIESTE, 17 MAR - Creare una filiera per il recupero delle capsule esauste che derivano dalla preparazione del caffè, che al momento vengono smaltite nelle discariche o nei termovalorizzatori, con la realizzazione di un apposito impianto che ne separerà la parte umida da quella in plastica e in alluminio. E' lo scopo del protocollo d'intesa per la realizzazione del progetto pilota di recupero delle capsule esauste di caffè in plastica, firmato oggi tra la Regione Fvg, Illy, Nestlè, AcegasApsAmga, A&T 2000, Net e Arpa Fvg, che dovrebbe divenire operativo a partire da luglio.
L'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente, Fabio Scoccimarro, ha sottolineato che si tratta della "prima collaborazione in Italia tra pubblico e privato" di questo tipo "che ha come fine ultimo lo sviluppo dell'economia circolare".
"Siamo consapevoli che la sfida per un mondo sostenibile si può vincere solo unendo le forze, perché questo tipo di collaborazione può basarsi solo su una comunione di valori condivisi e quando si parla di bene comune e rispetto dell'ambiente non ci deve essere competizione ma collaborazione", ha affermato l'amministratore delegato di illycaffè, Massimiliano Pogliani.
Secondo la Business Executive Officer di Nestlé, Federica Braghi, la firma del protocollo "significa dar il via alla volontà di aiutare nel riciclo delle capsule esauste e cercare di costruire un percorso virtuoso".

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 marzo 2021

 

 

Progetto superato per Porto vecchio - Riccardo Laterza e Giulia Massolino -  portavoce di Adesso Trieste
Nel suo ventennio da primo cittadino Roberto Dipiazza dovrebbe aver maturato un'esperienza sufficiente per sapere che è lecito, e anzi salutare, che in politica si confrontino prospettive diverse sullo sviluppo della città. Il Sindaco, invece, taccia qualsiasi critica e posizione diversa dalla sua come frutto di incompetenza o addirittura di risentimento o invidia nei suoi confronti. Non si capisce peraltro la ragione di tanta agitazione, considerata l'opposizione blanda che gli è stata riservata nel corso degli ultimi anni, culminata nel voto favorevole del centro-sinistra alle linee guida sul Porto vecchio poco più di due anni fa. Le scelte politiche in campo urbanistico della Giunta Dipiazza difendono un modello di sviluppo che appartiene al passato e non è più sostenibile: incentrato sul mercato immobiliare e sull'erogazione di servizi, giocato al ribasso sul costo del lavoro. La proposta di Adesso Trieste è di ricostruire una base produttiva ecosostenibile per la città, connessa con i settori del Porto e della ricerca, che garantisca un lavoro di qualità a chi vuole restare o tornare. Variante sul Porto vecchio - Il Sindaco sostiene che in Porto vecchio potranno insediarsi anche industrie ad alta tecnologia: falso, perché tra le destinazioni ammesse dalla variante promossa dalla Giunta c'è quella direzionale (ovvero uffici) ma non quella produttiva); la residenza, inoltre, dovrà essere la funzione prevalente sulle altre, fino a un massimo del 70% dei volumi dei magazzini del "sistema misto". L'idea del Comune è dunque quella di provare a riempire il Porto vecchio di funzioni per le quali la città offre già abbondante spazio oggi inutilizzato (12. 000 alloggi e 1. 800 negozi vuoti in tutta Trieste). Ridurre il ruolo di Ursus a quello di super-agente immobiliare è un errore macroscopico, agevolato purtroppo dall'ormai famoso "emendamento sulla sdemanializzazione" dell'allora senatore Russo, che prevede la vendita degli immobili come unica strada da percorrere per la valorizzazione dell'area del Porto vecchio. Si tratta di una previsione che andrebbe rivista. Piano Urbano della Mobilità Sostenibile - Nel 2019 Dipiazza ha firmato il "Patto dei Sindaci per il clima e l'energia" , attraverso il quale si impegna a ridurre le emissioni di CO2 del 40% entro il 2030. Non è chiaro come intenda raggiungere questo ambizioso obiettivo, considerando che il Pums - lo strumento che regola la mobilità, che contribuisce per il 28% alle emissioni - non ne prevede alcuna riduzione. In controtendenza con qualunque città europea, il Piano prevede invece la diminuzione degli spostamenti pedonali, disegna turborotonde e parcheggi, lascia dunque inalterato un sistema incentrato sull'auto. Anche la tanto dibattuta ovovia è un'opzione di mobilità disegnata per lasciare indisturbato il traffico di auto private. Non costituisce una vera soluzione al problema dell'accesso da nord alla città, e presenta invece grossi impatti ambientali. Diverse associazioni cittadine e migliaia di cittadini si sono già espressi numerose volte per evitare questo spreco di denaro pubblico e puntare piuttosto su un sistema tranviario moderno - come fatto a Bologna, Reggio Emilia, Torino, Padova - integrato con la rete ferroviaria esistente. Piano Particolareggiato Centro Storico - C'è ben poca visione di futuro anche nel Piano Particolareggiato del centro storico, che prevede di destinare enormi spazi in pieno centro città a parcheggi, attrattori di traffico che costituiscono parte del problema anziché della soluzione. Alcuni di questi sono perfino a ridosso di scuole o asili, come quello previsto in via Tigor, dove i residenti chiedono invece di poter usufruire di aree verdi inaccessibili da decenni. Mentre tutte le città europee puntano a costruire parcheggi di scambio all'esterno del centro, collegati con moderni sistemi di mobilità pubblica, la Giunta vuole riempire sempre più il centro di auto private. Parco del Mare - Nel suo intervento il Sindaco si è dimenticato di nominare un altro mega-progetto che va nella direzione opposta a uno sviluppo sostenibile della città: il Parco del Mare, cui il Comune ha contribuito con una variante urbanistica nell'area della Lanterna, agevolando la scelta della Camera di Commercio di destinare 8 mln di euro di fondi dei suoi aderenti per questo progetto, anziché per azioni concrete di sostegno al commercio locale messo in ginocchio dalla pandemia. Il Parco del Mare è un anacronistico zoo liquido, cartina di tornasole di un modello di turismo non più sostenibile per un territorio. Lo stesso modello del turismo crocieristico e degli alberghi di lusso con i quali questa Giunta sta svuotando il centro storico, puntando sulle ricadute occupazionali ma omettendo il fatto che siano posti di lavoro mal pagati e senza tutele, come racconta la vertenza delle lavoratrici dell'Hotel Savoia. Una visione di futuro non può fare a meno di prevedere forme di turismo meno impattanti sulla città. Per questo Adesso Trieste propone un eco-parco del mare diffuso, che avvicini non solo i turisti ma anche i cittadini al mare, promuovendone la tutela e rendendolo un nuovo spazio di promozione di stili di vita sani nel rispetto dell'ambiente. Sono tutti temi sui quali sono molti i cittadini che hanno ed esprimono idee diverse da quelle dell'attuale Giunta. Idee che meriterebbero attenzione e non derisione o sbrigative bocciature, e su cui Adesso Trieste chiede un confronto pubblico con il Sindaco. Per costruire il futuro che la nostra città si merita non si può più fare politica con il paraocchi rivolgendo lo sguardo solo al passato.

 

Ok a Parco HiTech e industria green - Antonella Caroli, presidente sezione Trieste e consigliere Nazionale di Italia Nostra

Leggiamo sul Piccolo del 13 marzo l'articolo "A Trieste la centrale della transizione verde" a firma Giorgio Perini che ci fa molto piacere perché richiama e conferma il progetto dell'Imperial Energy Park - un parco tecnologico incentrato sulle energie rinnovabili - già da noi preparato e presentato nel 2018 al Comune, al Ministero della Cultura, alla Regione e all'Area di Ricerca, per la sua realizzazione in Porto vecchio. Si tratta della valorizzazione di Trieste, città Capitale della Scienza che, con la totale collaborazione di tutti i Centri Scientifici, di Ricerca e le Università della città, accolga tutte quelle Aziende interessate ad approfondire lo studio e l'applicazione delle nuove energie pulite e rispettose dell'ambiente. Le risorse economiche del Porto Vecchio, già destinate allo sviluppo delle attività del Porto Nuovo grazie al lavoro del presidente Zeno D'agostino e alla presenza amburghese, aumenteranno ancora di più, non appena i vaccini faranno ripartire il lavoro in tutti i Paesi del mondo e d'Europa, tanto da diventare uno dei più grandi porti d'Europa. Oltre a questo si aggiungerà il traffico di navi passeggeri e merci e Trieste sarà costretta ad utilizzare tutto lo spazio occupato dalla Ferriera. Il Governo, le Istituzioni locali e gli Arvedi di certo troveranno una corretta intesa per liberare l'area ed iniziare subito la riconversione utile, oltre a formare il personale per nuove collocazioni. Fincantieri e Wartsila saranno interessate a sviluppare un traffico navale sempre più pulito e questa evoluzione potrà partire da Trieste. Tra questi obiettivi va in prima realizzazione la riqualificazione del Porto vecchio, a cominciare dal restauro e dal riuso dei grandi edifici storici, nel rispetto della loro identità originaria così come avvenuto per la Centrale idrodinamica e la Sottostazione elettrica, restaurate grazie all'intervento dell'Associazione Italia Nostra che si è attivata per reperire i fondi necessari per i primi restauri in Porto vecchio. Così pure per quei fondi che ora il Comune sta usando per preparare il Porto vecchio alla riqualificazione generale, che dovrà essere anche totalmente autosufficiente per quanto riguarda l'energia: un importante biglietto da visita di cosa si deve fare per ridurre l'inquinamento. Ci auguriamo che l'intero processo venga finanziato e guidato da un team adeguato e preparato, per valorizzare, in tempi stretti e in maniera intelligente ed integrata, quest'opera incomparabile per l'alto valore storico e culturale. Le nuove realizzazioni devono essere all'altezza dell'architettura storica, senza depauperare il valore culturale dell'area tanto da renderlo irriconoscibile o confuso a causa di alterazioni improprie. Non dimentichiamo il lavoro più che ventennale svolto da Italia Nostra tra Trieste e Amburgo: rapporti e relazioni che hanno già portato risultati eccellenti e che andranno incentivati e sviluppati insieme alle imprese costruttrici locali che hanno dimostrato già le loro capacità negli interventi di restauro. I nostri gioielli devono essere affidati a professionisti preparati che conoscono già il Porto vecchio. Un patrimonio abbandonato che stiamo raccogliendo con il cucchiaino e che sta riemergendo pian piano da un torpore durato più di 80 anni. Ben vengano investitori istituzionali, come la Regione, negli importanti magazzini del complesso Brauser & Vetter, nell'area di coniugazione urbana che potrebbe segnare il passaggio dal pubblico al privato, così come nell'area del polo museale. Pubblico e privato in collaborazione perché si rispetti il luogo, la sua storia e l'identità originaria della sua architettura. Dopo aver coinvolto i protagonisti della riqualificazione della Speicherstadt e dell'Hafencity di Amburgo, e prima di qualsiasi altro investitore, mi pare giusto incoraggiare l'interesse delle Assicurazioni Generali. Tra gli interventi del Piccolo, il Ceo Philippe Donnet, il presidente Galateri e Lucia Silva hanno espresso, tra gli obiettivi generali, un piano di molti miliardi che coinvolgerà anche le numerose Compagnie di Assicurazioni Europee per lanciare un piano di aiuti internazionali per le medie e piccole imprese dell'economia reale, per offrire nuove opportunità di crescita e condivisione, per sostenibilità e responsabilità sociale e per la lotta ai cambiamenti climatici. L'obiettivo di impegnarsi al passaggio all'energia pulita e rinnovabile è anche una prima protezione contro ogni pandemia. Le Generali hanno, tra le migliaia di clienti nel mondo, quelle aziende che intendono investire nelle nuove energie pulite e qui a Trieste potranno trovare accoglienza. Aiuterebbe molto la realizzazione della Zona Doganale Franca e auspichiamo che le forze politiche si battano per attrarre aziende da tutto il mondo. Da questo nasceranno migliaia di posti di lavoro per i giovani che faranno diventare sempre più grande Trieste. Italia Nostra vigilerà e sarà garante della riqualificazione, che si spera avvenga nel rispetto delle normative e dell'importanza storica degli edifici, perché l'interesse c'è, le competenze pure e anche la liquidità necessaria per fare un lavoro eccellente. Mai come ora si è presentata la possibilità di creare una solida struttura organizzativa che possa dare lavoro alle prossime generazioni. Porto vecchio ha il potenziale di diventare l'attrattore di idee scientifiche e tecnologiche innovative, di applicazioni necessarie a traghettare il paese verso la transizione energetica pulita, la sede prestigiosa e vantaggiosa per molte aziende che vogliono espandersi in Europa e che necessiteranno dei nostri giovani. Seguiamo i passi istituzionali che in questi recenti anni hanno superato l'empasse, anche se siamo ancora in partenza, auspicando di fare il salto di qualità negli interventi architettonici che devono prima di tutto rispettare la storia e l'architettura dello straordinario patrimonio del Porto vecchio, che abbiamo il dovere di salvare e valorizzare con il coinvolgimento di tutti gli attori principali della città, per farlo riemergere da un torpore durato 80 anni.

 

 

Potatura degli alberi - Accuse dagli ecologisti Bussani: ingiustificate - il comune promette però un censimento del verde
MUGGIA. «Da troppo tempo a Muggia assistiamo impotenti a potature devastanti e a continui abbattimenti di alberi, che stanno erodendo inesorabilmente il nostro prezioso patrimonio arboreo, un bene della collettività, tutelato dalla Costituzione, da leggi italiane ed europee». A dichiararlo sono Nelly Cosulich e Giuliana Corica del Comitato Muggiambiente, secondo le quali le tecniche che le ditte incaricate stanno mettendo in atto sono «la capitozzatura e la successiva spollonatura con motosega», che risultano essere «interventi troppo invasivi e violenti» tali da pregiudicare «non solo l'armonia e lo sviluppo della chioma, ma la stessa sopravvivenza dell'albero», in quanto «dalle grandi ferite entrano malattie di ogni genere e i rami, ridotti a poveri moncherini, non riescono a produrre le foglie necessarie». Con conseguenti danni alle radici e alla stabilità stessa dell'albero. Sulla questione è sceso in campo anche Andrea Wehrenfennig, presidente del Circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste, il quale proprio nel pomeriggio di ieri ha incontrato gli assessori Francesco Bussani e Laura Litteri, in incontro definito «proficuo, in quanto è stato stabilito che il Comune di Muggia si doterà di un piano del verde consono ed effettuerà un censimento del patrimonio, pubblico e privato, degli alberi». Bussani riferisce a propria volta di aver incontrato «due settimane fa le rappresentanti di Muggiambiente mentre oggi (ieri) ho avuto una riunione online con Legambiente. In entrambe le occasioni si è trattato di discussioni costruttive a proposito della gestione del verde muggesano. Legambiente alcuni mesi fa ci ha inviato una proposta inerente il regolamento del verde pubblico e privato e, basandoci anche su questa, l'ufficio comunale competente è al lavoro per redigere il regolamento per Muggia». Quanto però alle critiche specifiche «rispetto all'abbattimento di alcuni alberi», all'avviso di Bussani sono «ingiustificate, perché gli interventi sono sempre stati effettuati per motivi di sicurezza o per il compromesso stato di salute delle piante stesse. Gli alberi abbattuti saranno in ogni caso sostituiti con nuove essenze».

LU.PU.

 

 

"Pedoci" proibiti a tavola - Team di esperti studierà le tossine fuori stagione - Dopo il blocco di quasi tutti gli allevamenti
Trieste. Sarà un gruppo di specialisti della materia, che operano nell'ambito del Piano strategico 2018-2023 avviato a suo tempo dalla Regione per tutelare i consumatori nel comparto alimentare, a cercare di individuare le cause che hanno portato al blocco della raccolta delle cozze nel golfo di Trieste, ad eccezione della zona di allevamento di Muggia Ts 02, per la quale è arrivata lunedì la revoca del blocco stesso. La ferma è stata decisa perché all'interno dei "pedoci" ora si trovano delle tossine che possono nuocere al sistema gastrointestinale: un fenomeno anomalo per la stagione perché solitamente si verifica a settembre. Lo annuncia Gaetano Zanutti, coordinatore del progetto legato appunto al Piano e responsabile del settore agro-ittico-alimentare della Legacoop del Fvg. «La giunta regionale - ricorda - a suo tempo ha approvato una delibera che costituisce l'ossatura del disciplinare redatto proprio per definire le regole che riguardano la raccolta dei molluschi bivalvi, stanziando la somma di 500 mila euro, e per incrementare così sia i controlli da parte delle competenti autorità sia le autoverifiche che possono essere effettuate dagli stessi operatori del settore».«Il progetto - aggiunge Zanutti - prevede la collaborazione con l'Istituto zooprofilattico delle Venezie e con la Direzione regionale sanitaria». Capire le cause di quanto sta accadendo nelle acque del golfo potrebbe aiutare pure a prevedere quando il fenomeno si esaurirà, permettendo così la ripartenza della raccolta. In questa fase, nelle pescherie di Trieste, le cozze in vendita provengono da altri mari. «I controlli devono essere estremamente precisi - riprende Zanutti - perché siamo in un momento particolare. In ogni caso non sarà facile individuare le cause della presenza delle tossine in questa stagione dell'anno, ma dovremo fare tutti gli sforzi possibili per venire a capo di questa situazione».

u.sa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 marzo 2021

 

 

L'ex hotel Obelisco di Opicina aggiudicato alla famiglia Andretta.

Nessun concorrente ha sfidato l'offerta del settembre scorso pari a 1 milione e 950 mila euro.

Il gruppo Andretta ha ottime possibilità di diventare il proprietario dell'ex hotel Obelisco a Opicina. Il vicepresidente Marco Andretta non si sbilancia: preferisce attendere l'ultimo giro di questa vorticosa giostra immobiliare, per poi scegliere tra più opzioni. Quella dell'albergo, quella del residenziale, quella della casa di riposo sembrano le più percorribili, ma nulla è scontato. Ieri alle ore 12.30, nella sede Sivag di Segrate a pochi chilometri da Milano, si è svolta "in presenza" l'asta del prestigioso rudere disegnato da Gae Aulenti: l'ultimo prezzo era stato formulato dagli Andretta il 26 settembre dello scorso anno e non ha trovato competitori. Per cui la curatela milanese del fallimento Gladstone, che aveva in stiva l'ex albergo carsolino, ha aggiudicato i quasi 62.000 metri quadrati del vasto compendio al gruppo friulano per la cifra di 1 milione 950.000 euro. La procedura all'articolo 108 della Legge fallimentare prevede un altro step, in quanto il collegio dei curatori - Patrizia De Cesari, Giorgio Canova, Andrea Zonca - informerà dell'esito il giudice delegato del Tribunale milanese. Entro 10 giorni - su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati, previo parere dello stesso comitato dei creditori - il giudice può sospendere, con decreto motivato, le operazioni di vendita, qualora ricorrano gravi e giustificati motivi ovvero impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato. Paiono ipotesi remote, tuttavia Andretta, che ha presenziato all'asta, ha preferito mantenere una prudenziale e scaramantica cautela nel confermare l'ambito acquisto, rispondendo al telefono durante il ritorno da Segrate. Anche perché sul palco dell'Obelisco non sono finora mancati i colpi di scena da un anno a questa parte. Ripercorriamo le tre puntate di questo thrilling immobiliare. Nel febbraio 2020 l'Obelisco venne aggiudicato provvisoriamente alla "Fur Veicolo 4", società partecipata dagli imprenditori giulio-friulani Gabriele Ritossa, Alessandro Pedone, Alberto Diasparra. La cifra era di 1 milione 125.000 euro, la quotazione più bassa raggiunta dal dismesso albergo, che le perizie, effettuate in tempi diversi, avevano stimato prima 4,6 poi 2,6 milioni. La gioia dei tre soci durò poco, perché il 10 marzo fu comunicata ai curatori un'offerta migliorativa del 10% a 1 milione 237.000 euro, presentata dalla triestina Matt, titolare Stefano Campestrini. Dunque si tornò in gara, alla quale parteciparono anche Ritossa e soci, e il 16 settembre l'ex Obelisco venne espugnato dalla Matt per 1 milione 765.000 euro. Fatta? Neanche per sogno. Una decina di giorni dopo, quando batteva il 26 settembre, scesero in campo gli Andretta con una proposta migliorativa di un altro 10% che raggiungeva il milione 950.000 euro. Allora fissazione di un nuovo appuntamento di gara alle Idi di marzo del 2021: ma, come s'è visto, nessuno ha preso l'ascensore che, calcolando il 10% indispensabile per candidarsi, avrebbe alzato la soglia a 2 milioni 145.000 euro.

Massimo Greco

 

Alberghi, camping, nautica, market - Cent'anni di storia imprenditoriale
Una forte presenza nell'area adriatica con otto strutture ricettive - In vista un supermercato a Pordenone e lo sbarco a Monaco di Baviera
Gli Andretta sono imprenditori di lunga navigazione, dotati di un curriculum secolare. Dalla "patria" Lignano si sono mossi verso il golfo di Trieste, verso il Quarnero, verso l'entroterra friulano. Dipende dal tipo di investimento, perché il gruppo, che complessivamente dà lavoro a circa 400 addetti, ha due direzioni di marcia: il turismo-nautica, il commercio alimentare al dettaglio. Lasciando perdere per un attimo l'abbraccio di ieri all'Obelisco, la prossima meta riguarda l'apertura di un supermarket a Pordenone. Sarà il sesto dopo quelli già operativi di Gemona, Sacile, Codroipo e quelli "balneari" di Grado e Lignano. Ma si raggiungerà rapidamente il "settebello" con l'esordio in terra bavarese a Monaco. All'attività tradizionale ricettiva, impostata all'interno di alberghi e di camping, gli Andretta hanno aggiunto anche la gestione dei "marina": infatti a gennaio hanno definito l'acquisto dello "Shipyard & Marina Sant'Andrea", proveniente dal fallimento Ema, in precedenza Altan pre-fabbricati. Lo scalo si trova vicino a San Giorgio di Nogaro, realizzato nelle acque dell'Aussa-Corno.Può contare su un'area di 200.000 metri quadrati, dove trovano ospitalità, tra terra e mare, 700 natanti, accoglibili fino a una lunghezza di 30 metri. Il fondale è di 5 metri. Il "marina" si avvale di una struttura di rimessaggio equipaggiata con vasca di alaggio, travel lifts, ampi spazi coperti, in grado di effettuare ordinaria e straordinaria manutenzione. Marco Andretta riepiloga le principali attività sul fronte turistico. A Lignano due alberghi, "Adria " e "Gloria", oltre al camping Sabbiadoro. A Grado dal 2017 sono proprietari del camping Punta Spin. A Cherso i compendi "Kovacine" e "Kimen". Durante il 2019 la famiglia Andretta ha messo a segno un colpo a Trieste, dove ha comprato l'hotel Città di Parenzo in via degli Artisti, quasi dirimpettaio dell'ex teatro Filodrammatico, in via di riqualificazione a cura del trio Ritossa-Pedone-Diasparra: in questo momento l'albergo ha chiuso ma dovrebbe riaprire i battenti attorno alla festività pasquale.

Magr

 

 

«A Servola la memoria della Ferriera affidata ai cilindri d'acciaio alti ventotto metri»
La soprintendente Bonomi: «Uno spazio di visita con elementi vincolati, da adattare anche la terrazza per una vista panoramica»
La parte progettuale deve essere ancora sviluppata. Intanto però da palazzo Economo, spiega la soprintendente Simonetta Bonomi, sono già stati forniti gli indirizzi sui quali basare il futuro spazio di visita della Ferriera di Servola: sarà una struttura in situ, caratterizzata dai vecchi cowper, alti cilindri per recuperare il calore del gas dell'altoforno, provvisti anche di terrazze, dalle quali i visitatori potranno godere di una vista panoramica. Dottoressa Bonomi, perché la Soprintendenza ha chiesto che venissero conservate alcune parti della Ferriera, una realtà che invece in tanti volevano veder smantellata il prima possibile? È evidente che la Ferriera era un elemento del paesaggio molto disturbante, per quel che riguarda le mie competenze. Infatti abbiamo dato parere positivo allo smantellamento per una pulizia generale dell'area, che era necessaria. Tuttavia, il nostro ruolo è quello di conservare certi valori, anche storici. E quindi ci è venuto in mente di mantenere una parte della struttura che ricordi che lì c'era la Ferriera di Servola, scegliendo dunque qualcosa che conservi in situ la sua memoria. Che cosa resterà quindi? Con quale criterio avete scelto i pezzi che rimarranno? Abbiamo individuato congiuntamente con l'Autorità portuale e l'impresa Icop (impresa esecutrice dei lavori per la nuova Piattaforma logistica) alcune strutture che non interferiranno con il futuro uso della Piattaforma logistica. Abbiamo deciso di mantenere due cowper, apparecchi in acciaio che venivano utilizzati per recuperare il calore del gas dell'altoforno. Si tratta di due cilindri di cinque metri di diametro e 28 di altezza, ai quali sono affiancati due camini di un metro di diametro e 40 metri di altezza, che hanno una terrazza calpestabile da rendere praticabile ai visitatori per una visione panoramica. Ci sono degli elementi mobili che verranno preservati? Sì, ad esempio i carri siluro del 1920, utili a trasportare la ghisa liquefatta. È ancora da decidere dove inserirli. Come avverrà il restauro di queste strutture e come verrà organizzata l'area di visita? È tutto ancora da pensare. Adesso proseguirà la demolizione che non coinvolge gli elementi fissi che abbiamo scelto. Altra questione è lo sviluppo progettuale della Piattaforma logistica, un capitolo nel quale rientrerà sicuramente anche la parte museale. Quindi verrà realizzato un museo? Da dove nasce l'idea? Diciamo uno spazio di visita. La vera prescrizione era di conservare degli elementi a memoria, poi lo sviluppo di uno spazio di visita è venuto discutendo. Non si sa se sarà vicino, attorno o dentro ai cowper. Adesso è un'idea, non ancora un progetto. Serve un vostro parere per il progetto per il prolungamento della Piattaforma logistica nel sito della Ferriera? Il progetto della Piattaforma logistica è previsto su un'area che è soggetta a un'autorizzazione paesaggistica, perché in riva al mare e quindi tutelata ope legis (per forza di legge). Che cosa vi aspettate dal progetto su quest'area? Io ripongo speranze di miglioramento dell'area con questo intervento, quindi è un mio auspicio che la progettazione di strutture industriali possa essere sviluppata in maniera gradevole. Quali linee dovranno essere rispettate? In generale le altezze e l'inserimento del progetto nel paesaggio generale. Bisogna considerare quindi vari punti di vista: cosa si vede dalla città? E dal mare? Da vedere quindi l'effetto skyline rispetto a quello che c'è dietro e attorno. Sono discorsi comunque teorici, per ora. La valutazione va fatta su un progetto specifico.

Benedetta Moro

 

 

Contenzioso sulle antenne - L'udienza slitta al 7 aprile
Slitta a mercoledì 7 aprile, subito dopo Pasqua, l'udienza - prevista in un primo tempo ieri - sul contenzioso tra la padovana P-Sphera e l'emittente pubblica slovena Rtv riguardo la cosiddetta "guerra delle antenne". La parte italiana, rappresentata dall'avvocato fiorentino Felice Vaccaro, ritiene che la tv slovena "invada" l'area triestina con 4 antenne a 2000 watt puntate a 350°, mentre dovrebbe operare a non più di 500 watt a 130°.

 

 

Tossina fuori stagione nel golfo - "Pedoci" triestini vietati a tavola
Proibito temporaneamente il commercio di cozze allevate in gran parte dell'area - La colpa è di una sostanza che solitamente si accumula nel periodo autunnale

"Pedoci" vietati sulle tavole dei triestini. Troppo elevata, nelle cozze di gran parte del golfo, la presenza di acido okadaico, una tossina prodotta da alcune specie di alghe, le cosiddette "dinoflagellate", che si accumula nelle spugne e nei molluschi e che può facilmente diventare causa di sindromi intestinali acute ancorché passeggere, dovute per l'appunto all'ingestione di "pedoci" contaminati. A stabilire il divieto di raccolta e di conseguenza della relativa commercializzazione dei "molluschi bivalvi vivi" sulla riviera triestina, ad eccezione della zona T02 Muggia (per la quale è arrivato il via libera), è stata l'Azienda sanitaria, con un provvedimento firmato dal direttore del Servizio di igiene degli alimenti di origine animale Paolo Demarin.«La delibera della giunta regionale 923 del 7 giugno del 2019 - si legge nel testo dell'Asugi - prevede che, in caso di superamento dei limiti di legge delle biotossine algali, il Servizio veterinario debba emanare il provvedimento di temporanea sospensione della raccolta riguardante l'area interessata». Le sanzioni per chi non rispetta il divieto sono molto salate. «Chiunque immette sul mercato molluschi bivalvi vivi senza che gli stessi transitino per un centro di spedizione - prosegue il provvedimento - sarà punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da mille a seimila euro». Il blocco della raccolta riguarda, nel golfo di Trieste, una decina di imprese del settore, per un totale di una quarantina di addetti. Inevitabile la preoccupazione per un fermo inatteso: «La presenza di questa tossina - precisa Guido Doz, esponente della Federazione italiana maricoltori - è ricorrente. Possiamo dire che almeno una volta all'anno, per qualche settimana, è inevitabile procedere con la sospensione dell'attività di raccolta. Ciò che sorprende in questo caso è il momento in cui il fenomeno si è palesato, perché solitamente questa situazione si verifica fra settembre e ottobre. Questo anomalo anticipo dei tempi andrà studiato e ipotizziamo sia riconducibile alle variazioni climatiche in atto. In ogni caso - conclude Doz - chi dovesse inavvertitamente mangiare "pedoci" contaminati avrebbe, come massima conseguenza, la necessità di doversi recare con notevole frequenza in bagno». «Il problema lo risolviamo andando a comperare i "pedoci" all'ingrosso su altre piazze dove non c'è contaminazione - spiega Paolo Grassilli, titolare dell'omonima pescheria del centro - perché così siamo sicuri di poter offrire un prodotto sano e garantito. Molti triestini sono a conoscenza del fenomeno e, una volta saputo che i nostri provengono da zone sicure, procedono con l'acquisto». Anche Salvatore Pugliese è titolare di una pescheria ed esprime lo stesso concetto: «Basta andare a rifornirsi all'ingrosso sulle piazze dove non c'è contaminazione».«Il divieto dell'Asugi - è l'opinione di Angelo d'Adamo, presidente regionale della Federconsumatori - rappresenta una garanzia per tutti. Significa che i controlli sono accurati e che non si esita ad adottare un provvedimento quando c'è di mezzo la salute. Questo - prosegue - è il risultato di anni di lotte, che hanno visto la nostra e le altre associazioni che operano a tutela dei consumatori in prima fila per identificare i diritti di cui devono beneficiare tutti i cittadini. Oggi (ieri) fra l'altro è la Giornata mondiale dei diritti dei consumatori, perciò la coincidenza è favorevole per ricordare l'importanza dei controlli».

Ugo Salvini

 

 

La raccolta differenziata nel territorio ronchese ha raggiunto il 77,72%
RONCHI DEI LEGIONARI. Da gennaio a dicembre 2020 a Ronchi dei Legionari sono stati raccolti 6.119.827 chili di rifiuto, di cui 4.664.138 differenziati e 1.337.253 di indifferenziati. Una raccolta che attesta la percentuale media annuale della differenziata al 77,72%. Un dato importante che potrebbe migliorare, ma indica già come i cittadini ronchesi abbiano una certa coscienza ambientale e si siano adattati bene al sistema di raccolta. È giugno il mese in cui si è differenziato di più con l'80,55%, il mese peggiore è dicembre, con il 72,19%. La maggior parte dei rifiuti raccolti, dunque, vanno al riciclo e, quindi, rappresentano una grande risorsa. Sono 505,72 i chilogrammi di rifiuti pro-capite prodotti in questo periodo dai ronchesi, media calcolata con numero abitanti al 31 dicembre 2020 di 11.867: 116,60 chili di secco indifferenziato, 71,93 di umido, 34,99 di plastica e metalli, 54,38 di carta e cartone, 38,06 di vetro e 7,65 di Raee, ovvero di elettrodomestici e parti di elettrodomestici. Ogni cittadino in generale ha prodotto 505,72 chili di rifiuti. Complessivamente 237.106 chili che sono stati conferiti nell'area ecologica di via del Lavoro Artigiano. La pulizia delle strade ha permesso di raccogliere 127.400 chili di spazzatura, mentre gli ingombranti, spesso raccolti da Isa Ambiente direttamente a casa dell'utente su chiamata, hanno raggiunto quota 155.720. Tra il materiale meno conosciuto raccolto separatamente ci sono i rifiuti biodegradabili prodotti da cucine e mense, ben 1.465.640 chili, il legno (256.880), ma anche le apparecchiature elettriche, con 70.760. E, ancora, carta e cartone (645.380), imballaggi di vetro (436.620) e vernici (9.010). La collaborazione con Isa Ambiente è stretta e molto puntuale. «Certo, c'è ancora molto da fare sul fronte degli abbandoni di rifiuti - dice il sindaco Livio Vecchiet, soddisfatto dell'impegno dei cittadini nella raccolta differenziata - per questo è sempre più vasta l'azione della nostra Polizia locale che cerca con ogni mezzo di smascherare atti illeciti».

LU. PE.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 marzo 2021

 

 

Oggi il nuovo round per l'ex Hotel Obelisco: si riparte da 1,9 milioni
Il sito in disarmo rimesso sul mercato dai curatori milanesi - Si attendono altri rilanci dopo quello della famiglia Andretta
È una "mesata" di aste, dalle idi di marzo a metà aprile, tra vecchi e nuovi protagonisti dell'habitat immobiliare triestino. Dopo l'operazione Fratelli Prioglio, lo storico comprensorio logistico di Prosecco acquisito mercoledì per un milione dal Gruppo Samer attraverso la partecipata italo-turca Timt, il primo appuntamento di peso riguarda stamani un nuovo round per l'aggiudicazione dell'ex Hotel Obelisco a Opicina. L'ultimo prezzo offerto è quello della famiglia Andretta, proprietaria di camping e alberghi in regione e nel Quarnero, che ha messo sul piatto poco più di 1,9 milioni per l'albergo disegnato da Gae Aulenti negli anni Settanta e per una superficie di oltre 30 mila metri quadrati. I curatori milanesi della vendita, visto che nelle ultime tornate la valutazione è lievitata di 800 mila euro rispetto alla base d'asta, tentano nuovamente il mercato. Lunedì 12 aprile, a cura dell'avvocato Enrico Guglielmucci, si vedrà invece chi la spunterà tra le offerte che saranno state presentate entro giovedì 8 per un bar-ristorante-affittacamere a Fernetti, nel Comune di Monrupino: per una superficie commerciale di 631 metri quadrati e una superficie scoperta di 1.574, il prezzo base è di circa 413 mila euro, con offerta minima di quasi 310 mila euro. Il giorno seguente, il 13 aprile, toccherà poi al commercialista Matteo Montesano curare la cessione di un edificio, in corso di costruzione, attiguo al Montedoro Freetime, nel Comune di Muggia. Un compendio dove insistono il fabbricato, che avrebbe dovuto ospitare un hotel, alcuni magazzini e locali tecnici: Montesano chiede un milione e 500 mila euro, e qui l'offerta minima si ferma al 75%. E sempre a proposito di pubblici esercizi, il 16 aprile l'avvocato Andrea Martinis tenterà di vendere l'edificio che ospita l'Albergo Al Viale in via Nordio: chiede un milione e ottomila euro, con offerta minima a 756 mila: il valore originario di stima sfiorava i due milioni.

Massimo Greco

 

 

Acquario, pozzi neri a vista «Temporanei in attesa della nuova rete fognaria» - i nuovi cuboni fanno discutere Muggia
MUGGIA. In questi giorni, all'interno del sito di Acquario, sono apparsi dei cuboni in cemento che hanno attirato l'attenzione dei muggesani. Sulle pagine social nelle quali si discute delle questioni che riguardano proprio la cittadina rivierasca c'è chi ha persino ipotizzato che si trattasse dei nuovi chioschi previsti nel progetto di riqualificazione. Poi con il passare del tempo si è capito che questi cubi grigi altro non sono che vasche al servizio dei bagni dei chioschi. Necessari in quanto la zona ancora non è servita da un collettore fognario. A chiarire la questione è il vicesindaco con delega ai Lavori pubblici Francesco Bussani: «La soluzione delle vasche è quella prevista dal progetto che la Conferenza dei servizi ha autorizzato per la messa in sicurezza del terrapieno di Acquario. Si era ipotizzato - evidenzia Bussani - di interrare le vasche almeno parzialmente, ma l'ipotesi è stata scartata perché non conforme alle autorizzazioni ricevute». Resta da capire quanto tempo questi tre cubi - sono tre, tanti quanti i bagni al servizio dei tre chioschi previsti - resteranno parte integrante del paesaggio del nuovo lungomare muggesano. «Si tratta - rimarca Bussani - di una soluzione temporanea perché sono già stati predisposti gli allacciamenti per collegare i bagni con la futura condotta fognaria che dovrebbe arrivare fino a Lazzaretto. È già stato commissionato dal Comune uno studio per valutare tutte le utenze che potrebbero beneficiare del suddetto collegamento fognario e la sistemazione di Acquario rafforza la necessità di realizzare l'opera, peraltro già richiesta all'Ausir negli anni scorsi». Un lavoro quello della rete fognaria, che quando sarà terminato, come sottolineato dal vicesindaco, «oltre che le abitazioni private sul percorso costiero, permetterà di allacciare la Base logistica, il campeggio e tutte le abitazioni del versante sopra Lazzaretto, con numeri che giustificano abbondantemente l'investimento». Per un investimento che, spiega Bussani, «dipenderà dall'Ausir, ente con cui ci apprestiamo a confrontarci dopo aver più volte segnalato la cosa negli anni precedenti. Personalmente credo sia un'opera necessaria che, insieme ad altre, da troppo tempo non ottiene attenzione da parte della Regione. Credo che questa possa essere la volta buona».In tanti sui social stanno poi sostenendo che la scelta di "tombare" piuttosto che bonificare l'area potrebbe inficiarne la possibilità di un utilizzo ottimale, ma anche qui Bussani argomenta i motivi della scelta: «La rimozione di tutto il terreno con una bonifica radicale sarebbe costata più di dieci volte rispetto a quanto si è speso per la messa in sicurezza attuale e nessuno avrebbe mai finanziato un intervento del genere, destinando con ogni probabilità l'area a rimanere abbandonata a se stessa per sempre. La scelta attuale invece ne consentirà l'utilizzo in sicurezza».La cosa sicura è che questi tre cuboni resteranno a vista per un periodo, a oggi, imprecisato, per l'impossibilità di interrarli. Alla domanda se si è pensato a come camuffarne l'impatto visivo Bussani assicura che «saranno fatte le valutazioni del caso una volta che i lavori dei chioschi saranno ultimati. Non ci dovrebbe essere invece nessun impatto olfattivo. Verranno montati dei filtri di un metro per un metro, che, ricordo, sarebbero stati montati anche qualora fosse stato possibile interrare i manufatti».

Luigi Putignano

 

 

Nuova formazione online per produttori biologici -  oggi alle 18

Prodotti bio da condividere. Aiab Fvg e AiaB organizzano una serie di incontri on-line, per tre lunedì, rivolti ai produttori biologici del Friuli Venezia Giulia.Dopo il primo incontro sui bandi europei, oggi, alle 18 avrà luogo "Condividere / strumenti e supporto per i produttori: l'Aiab Fvg" con Daniela Peresson, referente Sissar, Davide Zimolo, responsabile FarmSuite e Terre.bio e Giulia Battisti, responsabile punti Godo regionali. In questo secondo appuntamento il tema sarà il supporto delle associazioni al settore del biologico. Aiab Fvg presenterà strumenti ed esempi pratici sui servizi per operatori agricoli, trasformatori e rivenditori dei prodotti biologici, presentando il supporto tecnico, l'attività didattica e le iniziative per la vendita dei prodotti bio (da Godo al nuovo terre.bio). Durante l'incontro verrà anche presentato il nuovo software gestionale promosso da Aiab FarmSuite. La partecipazione è libera e gratuita con iscrizione obbligatoria su www.aiab.fvg.it/farebio2021.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 marzo 2021

 

 

Il no di Adesso Trieste al piano Porto vecchio - la controproposta
Adesso Trieste dice no alla variante sul Porto vecchio e invita le forze di opposizione a fare lo stesso. Ieri Dean Zuccolo, consigliere della Terza circoscrizione che ha aderito al progetto civico lanciato da Riccardo Laterza, ha annunciato il suo voto contrario nell'ambito del parere sull'Accordo di Programma. «L'insediamento residenziale causerebbe squilibri nel mercato immobiliare e nel tessuto commerciale», ha spiegato Zuccolo: «Il tutto senza un rilancio economico e occupazionale. La variante del Comune contiene una visione di mobilità incentrata sull'auto, con cinque parcheggi e una turborotonda in piazza Duca degli Abruzzi. La cittadinanza andrebbe coinvolta in simili scelte. Pertanto quando la circoscrizione dovrà esprimere il proprio parere, obbligatorio ma non vincolante, voterò contro. Invito i colleghi a fare lo stesso». «La città ha 12mila alloggi e 1.800 negozi vuoti - ha aggiunto Laterza -. Porto vecchio deve diventare una piattaforma produttiva per insediamenti industriali e artigianali leggeri, ad alta tecnologia, connessi con formazione, cultura e ricerca. Trasformarlo nel quarto borgo storico, o trasferirvi gli uffici della Regione, sono scelte che vanno in direzione opposta». «L'antico scalo può diventare un riferimento internazionale - ha concluso Leo Brattoli -, un parco eco-produttivo, anche grazie a investimenti pubblici come Next Generation Eu».

L.G.

 

 

Trieste Verde chiede al sindaco Dipiazza una moratoria sul 5G - la battaglia di Fogar
Sanità, antenne e ripetitori 5G. Sono questi i temi degli ultimi incontri pubblici della lista Trieste Verde, discussi nella sede del Circolo Miani di via Valmaura. «Pretendiamo che qualunque nuova tecnologia immessa sul mercato garantisca la più assoluta e inconfutabile innocuità e sicurezza per le persone e per l'ambiente - queste le parole del rappresentante del movimento Maurizio Fogar -. Per questo motivo nelle scorse settimane abbiamo inoltrato al sindaco Roberto Dipiazza, attraverso uno studio legale, la documentata richiesta di emettere un'ordinanza o una delibera di moratoria all'installazione di tecnologie utili a diffondere il segnale 5G nel territorio comunale, sul modello di quanto fatto in regione da altri sindaci, a partire da quelli di Udine e Sacile». Trieste Verde chiede anche di evitare il posizionamento di antenne e ripetitori di telefonia mobile in prossimità di strutture sanitarie ed assistenziali, scolastiche, ricreative e all'interno di zone densamente abitate. L'altro tema strategico per il futuro di Trieste è quello della sanità, a detta di Fogar, «ormai in preda al marasma. Ad un anno dall'inizio dell'emergenza Covid-19 i medici del reparto di Pneumologia sono ancora obbligati a decidere quali pazienti ricoverare e quali no perché il reparto è saturo e il personale stremato - sostiene ancora Fogar - mentre gli ospedali sono costretti, ormai da tempo, a rinviare gli interventi già programmati per le altre patologie. Una situazione - sottolinea lo stesso responsabile della lista - figlia delle politiche di tagli, favoritismi e clientele con la quale abbiamo dovuto convivere negli ultimi anni».

L.D.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 marzo 2021

 

 

A Trieste la centrale della transizione verde - Giorgio Perini
Qualche giorno fa sono stati pubblicati sul Piccolo, uno accanto all'altro, due commenti: uno sulla mancanza di un'identità univoca e riconoscibile del progetto per il Porto vecchio e l'altro sulle conseguenze, all'interno e all'esterno dell'Ue, dell'obiettivo di decarbonizzazione dell'Europa da qui al 2050. Trieste potrebbe affrontare i due temi congiuntamente, con una visione di alto profilo e farsi portabandiera della transizione verde voluta dall'Ue. Incominciamo dalla dimensione globale dell'obiettivo di decarbonizzazione entro il 2050 che va ben al di là dei confini dell'Unione europea e questo non solo per il mix di risorse energetiche utilizzate ma anche per meccanismi come la carbon tax (o più correttamente Carbon Border adjustment mechanism), ovvero una sorta di "dazio ambientale" che l'UE intende applicare sulle importazioni dai Paesi extraeuropei (o europei geograficamente, ma non membri dell'Ue), meno rigorosi quanto a normative ambientali. Per prevenire i pesanti effetti negativi sulle economie di questi Paesi, in particolare nell'area di vicinato all'Ue, si renderanno necessarie forme di sostegno alla transizione verde, in particolare per le imprese di minori dimensioni. Occorreranno finanziamenti (si ipotizza l'intervento della Bei- Banca Europea per gli investimenti - attraverso lo "Small business fund") ma anche imprese specializzate nelle tecnologie necessarie. Tra i Paesi interessati ci sono quelli dei Balcani occidentali, dell'ex Unione sovietica e la stessa Russia. Un'area che, con gradazioni diverse, ha sempre riconosciuto - e continua a riconoscere - a Trieste un ruolo di ponte verso l'UE e l'occidente in generale, ruolo tra l'altro attribuito alla Regione con la Legge sulle aree di confine (L. 19/91) di cui si è da poco festeggiato il trentesimo anniversario. Ma anche all'interno dell'Ue occorrerà ovviamente un grosso sforzo di adeguamento ai nuovi vincoli ambientali e questo giustifica la possibilità di finanziare almeno parzialmente i relativi costi, per salvaguardare la competitività delle nostre imprese. Ma attenzione: salvo radicali (e improbabili) cambiamenti di rotta delle politiche europee, questi aiuti non potranno più essere concessi quando sarà ormai obbligatorio adeguarsi alle nuove norme, ma solo per anticiparne l'attuazione o addirittura per investimenti ambientali spontanei, non ancora previsti da alcuna norma. Quindi il momento giusto per aiutare le imprese nella transizione verde in anticipo sugli obiettivi per il 2030 e 2050 è adesso e le risorse pubbliche utilizzate a tale scopo devono essere viste come un investimento piuttosto che una spesa. Ma il Porto vecchio cosa c'entra? Innanzitutto potrebbe ospitare un distretto di eccellenza delle tecnologie ambientali, ovviamente collegato con le istituzioni di ricerca e trasferimento tecnologico presenti a Trieste, ma soprattutto potrebbe essere concepito fin da subito come uno showroom delle più avanzate soluzioni disponibili in campo energetico-ambientale. Il Porto vecchio potrebbe vantare così una "mission" di esperienza pilota a livello europeo (se non mondiale) della decarbonizzazione ed attirare cervelli ed investimenti, ma anche commesse, in un ciclo virtuoso che, tra l'altro, inverta il trend demografico negativo della città. Questo implica a mio avviso scelte chiare, sia in positivo che in negativo. In positivo per l'uso esclusivo di energia pulita da fonti rinnovabili (per esempio idrogeno verde? ), di sistemi di cattura e stoccaggio (e possibilmente riutilizzo) della Co2, per l'opzione di realizzare edifici passivi con ampio uso della domotica, ecc. In negativo per quanto riguarda la circolazione di veicoli con motore a scoppio che potrebbe essere azzerata realizzando apposite "aree di scambio" all'ingresso del porto vecchio, tra veicoli privati e navette elettriche (o alimentate ad idrogeno) e biciclette (magari a pedalata assistita), ovviamente abbinate ad una rete di piste ciclabili degne di questo nome. Difficile credere che un progetto così - che, oltre a puntare alla ripresa dell'economia locale, anticipi gli obiettivi del "green deal" europeo, promuova l'innovazione, vada a beneficio delle generazioni future non solo di Trieste e dell'Italia ma di tutta Europa ed oltre - non trovi lo spazio che merita nel recovery plan italiano per beneficiare dei fondi del Next Generation Eu.

 

 

Rimozione di binari e traversine del tram: si chiude la prima fase in via Commerciale
Vitale One in azione nel tratto dall'incrocio con Salita di Conconello alla fermata di Banne. Prosegue la realizzazione dei nuovi marciapiedi
Da sempre vicini, uno al fianco dell'altro. Dal 1902 i binari del tram correvano paralleli anche lungo tutto il tratto finale di via Commerciale, ben più antica essendo stata inaugurata nel 1779 dal governatore von Zinzendorf. Oggi quella che è la "strada" del tram appare nuda, senza binari e traversine, smontati e accatastati nel piazzale di Monte Grisa al fianco dei nuovi manufatti che dovrebbero essere posati almeno in parte, meteo permettendo, già prima di Pasqua. Il cantiere dopo mesi di sonnolenza è tornato a vivere e dai primi giorni di marzo ad oggi, la Vitale One, che ha vinto l'appalto, ha praticamente completato la rimozione della linea nel tratto dall'incrocio tra via Commerciale e Salita di Conconello a salire fino alla fermata di Banne. «Molto dipende dal tempo - conferma Raffaele Vitale, direttore tecnico di cantiere -: oggi (ieri) a causa della pioggia abbiamo dovuto interrompere l'intervento in quanto le strade sono piccole e in forte pendenza per i bilici, quindi era complicato riuscire a raggiungere la zona dei lavori». I binari vengono rimossi lungo un chilometro dei cinque chilometri e 175 metri totali del tracciato da piazza Oberdan a piazzale Monte Re. Il tram dalla sua costruzione, iniziata il 28 ottobre del 1901 e completata a settembre del 1902, ha subito diversi interventi: si era proceduto, in passato, alla sostituzione di brevi tratti di traversine e poi nel 2005, al termine della revisione ventennale, era stata cambiata la funicolare con l'installazione di due nuovi "carro scudo" senza cabina al posto di quelli gialli con lo spazio per il manovratore. Un altro periodo di stop importante si era registrato nel 2012 quando il deragliamento di una vettura aveva spinto Trieste Trasporti, affidataria dell'impianto, ad anticipare dei lavori rilevanti come la sostituzione delle grandi pulegge della sala motori a Vetta Scorcola e di alcuni tratti di binari e traversine. Ci vollero quasi due anni per rivederlo in funzione. Il 16 agosto 2016 lo scontro frontale fra due vetture. Ora i tempi della ripresa sono ancora incerti e nessuno vuole sbilanciarsi. Lo stesso Vitale conferma che «stiamo cercando di fare un regalo alla città di Trieste per finire quanto prima». In realtà la deadline era stata fissata dal bando al 12 gennaio scorso: «Ci sono stati però dei problemi di progettazione - spiega Vitale - ma ora stiamo procedendo. Aumenteremo le squadre forse già prima di Pasqua». Ieri la pioggia ha costretto gli operai a restare fermi, in via Commerciale però ci sono le squadre che si stanno occupando dell'adeguamento delle fermate, come richiesto da Ustif. A campo Cologna e sotto la chiesetta di via Commerciale sono già state create le basi in cemento sulle quali verranno realizzati i nuovi marciapiedi, alla fermata di Conconello invece è iniziato lo scavo. Girando per il cantiere si possono trovare ancora dei resti delle traversine in legno, ormai completamente marce, mentre qualcuno ha deciso di buttare a terra le transenne che impedivano di percorrere l'ultimo tratto di via Commerciale. C'è chi passa approfittando dello scarso traffico: «Certo che vedere il percorso così fa impressione, speriamo finiscano presto», osserva una donna. Completato l'intervento nel tratto di via Commerciale il cantiere si sposterà a Opicina dove i lavori più impattanti sul traffico verranno effettuati di notte. Qua dovranno essere installate delle traversine, circa 500, che la Vitale conferma di aver già ordinato, come da bando di gara.

Andrea Pierini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 marzo 2021

 

 

MONFALCONE - La bonifica della centrale è un'operazione da 60 milioni
A tanto ammonterebbe l'investimento di A2A se dovesse arenarsi il progetto della riconversione. Cisint insiste: «Con il gas non si difendono i posti di lavoro»
Nelle puntate precedenti Anna Cisint, sindaco, lo ha detto chiaro e tondo: se si facesse tabula rasa nell'area attualmente occupata dalla centrale termoelettrica e si desse corso a progetti di sviluppo alternativi - diportistica, portualità e termalismo - non si faticherebbe a consegnare alla città 150 posti di lavoro nuovi di zecca. Per contro le sole 30 unità di una riconversione a metano (ma l'azienda parla invece di 100 occupati, anche in attività parallele e i sindacati ne aggiungono altrettanti per l'indotto) rappresentano, sempre secondo il Cisint-pensiero, una «contropartita troppo esigua» per un impianto che punta a operare sicuramente fino al 2050, legando mani e piedi alla città. Sì, ma una bonifica reale dell'area, quanto costerebbe? Per capire i contorni di una partita che inevitabilmente si riverbererà anche sulle amministrative 2022 non si può scindere dai dati economici. Interpellato, il Comune riferisce che la previsione esatta può farla solo il padrone di casa, ma nel corso della presentazione in municipio del nuovo progetto la cifra è stata stimata da A2A in 60 milioni di euro, di cui 13 milioni solo per l'eliminazione del carbonile. Siccome non stiamo parlando di sgomberare una cantina dalle cianfrusaglie, ma di tecnologia anche avanzata, dalla somma andrebbero detratti i ricavi delle vendite di dispositivi che hanno un mercato, come i macchinari deNox, all'azienda non costati bruscolini (18 milioni). In questo momento, però, è l'aspetto occupazionale, a tenere banco. Anche da un punto di vista politico, con la contrapposizione tra il sindaco leghista Cisint e il consigliere regionale dem Diego Moretti, che invece fa leva sul via libera registrato dall'assessore alle Attività produttive della giunta Fedriga, Sergio Emidio Bini. Non pervenuto, invece, il parere di quello all'Ambiente Fabio Scoccimarro. «Chi sostiene la riconversione della centrale non difende i posti di lavoro - attacca il sindaco -, e così le maestranze e le loro famiglie, al contrario si batte per ridurre drasticamente l'occupazione. Il nuovo impianto proposto da A2A e ora all'esame del Ministero prevede non più di 30 dipendenti. Se fosse vero, ma non è così, che l'impianto dà attualmente impiego a 200 persone, infatti tra diretti e indiretti si registra un centinaio di maestranze, allora la prospettiva del progetto è una perdita di 170 unità». Cisint sostiene sia «in atto un'azione di mistificazione che deforma la verità per sostenere la bontà di un nuovo insediamento che, invece, è gravido di svantaggi e rischi per la comunità di Monfalcone». Anche «dal punto di vista industriale, poiché la città deve potersi sviluppare verso realtà innovative e sostenibili come la nautica, la portualità e la logistica». «Bisogna saper uscire - conclude - da una condizione ottocentesca che scambiava un posto di lavoro con l'accettazione dei danni sociali eventualmente provocati da un insediamento». Di tutt'altro avviso Moretti che chiede chiarezza alla Regione: «Diversamente da quanto avvenuto qualche settimana fa, quando la risposta alla mia interrogazione da parte dell'assessore Scoccimarro fu molto evasiva, la dichiarazione dell'assessore Bini, a favore della conversione a gas e successivo, annunciato, utilizzo dell'idrogeno, toglie ogni dubbio in merito alla posizione della Regione circa il futuro di A2A». «A questo punto - prosegue - non rimarranno solo buone intenzioni, da parte dell'azienda, l'anticipo rispetto al 2025 della decarbonizzazione, la bonifica completa dell'area attualmente occupata dall'impianto, l'intesa di maggio scorso tra A2A e organizzazioni sindacali per il mantenimento occupazionale, l'elettrificazione delle banchine. È un sì a 400 milioni di euro di investimenti». «Per tali parole - conclude - i 200 dipendenti di A2A e indotto possono vivere con più tranquillità un futuro che altrimenti potrebbe essere fosco, per l'attuale ricorso a Cig e contratti di solidarietà, di cui si parla poco, ma che ci sono».

Tiziana Carpinelli

 

L'accordo con i sindacati per garantire i 100 posti - nel maggio 2020
Sono 100 i dipendenti diretti all'A2A di Monfalcone (200 con l'indotto) e questo numero resterà nel progetto di riconversione. Lo prevede l'accordo che era stato firmato il 12 maggio del 2020 tra azienda e sindacati dove si parlava soltanto della centrale a gas e l'idrogeno non era nemmeno menzionato. Un'intesa per il mantenimento occupazionale visto che il nuovo impianto non prevede i numeri attuali, e non solo 30 persone, ma 50. Ecco i punti del documento: creazione di un polo energetico a gas per 850 Mwe e investimento pari a 350 milioni, 50 addetti. Impianto fotovoltaico, investimento di 2 milioni, Compensatori sincroni, 25 milioni e 10 addetti. Sistema di accumulo energetico, 8 milioni di euro e 5 addetti. Disponibilità ad effettuare ulteriori investimenti in economia circolare e retro-portualità per il raggiungimento degli ulteriori posti di lavoro, fino a un centinaio. Demolizione del sito attuale comprensiva dei gruppi e abbattimento della ciminiera 8, costo di 16,5 milioni.

 

 

M5s: «Linee sbagliate per i cappotti termici» - Menis su edilizia e urbanistica
I Cinque Stelle vanno all'attacco dell'amministrazione comunale sui cappotti termici per gli edifici privati, accusando una recente delibera di andare contro la legge. «In tema di risparmio energetico - fa sapere il pentastellato Paolo Menis - la giunta Dipiazza ha deciso di redigere linee guida relative agli aspetti urbanistici ed edilizi per la realizzazione di cappotti su edifici privati». Il riferimento è alla delibera 66 del 25 febbraio, messa a punto dagli uffici dell'Urbanistica e dell'Immobiliare, per districarsi nel boom di cantieri sorti per sfruttare il vantaggio fiscale di ecobonus (110%) e rifacimento delle facciate (90%). Si tratta di una triplice linea guida, che rende necessarie speciali autorizzazioni anche per i privati, allo scopo di prevenire eventuali abusi edilizi e tutelare elementi ornamentali come fregi, decori o lesene. Secondo Menis tuttavia è «innanzitutto inopportuno introdurre regole dove già esistono norme nazionali e regionali. Ma la giunta ha pure previsto che, per gli edifici privati su suolo privato, in caso di demolizione o ricostruzione, il volume e il filo di costruzione da rispettare sono quelli precedenti all'intervento relativo al cappotto. Ciò è sbagliato e contro legge: mi è stato confermato da più di un professionista del settore. In sostanza il proprietario dovrebbe far rientrare nella volumetria anche lo spessore del cappotto. Di fatto, un disincentivo all'intervento edilizio».

L.G.

 

 

FUTURA - «Pieno sostegno al comitato su Villa Necker»
Futura «sostiene con forza il neocostituito comitato che promuove l'apertura al pubblico del giardino di Villa Necker, plaudendo a un'iniziativa che intende restituire alla città un complesso dal grande valore storico: un gioiello verde della cui riapertura Trieste avrebbe assoluto bisogno». Lo si apprende da una nota diffusa dal movimento civico che si presenterà alle prossime elezioni amministrative con Franco Bandelli candidato sindaco.

 

 

Muggia, va in gara il recupero della casa delle associazioni
Bando da oltre 600 mila euro per la riqualificazione dell'edificio di via Roma - Buste entro il 12 aprile. Consegna dell'opera attesa nel primo trimestre 2022
MUGGIA. Era un immobile comunale da alienare, diventerà invece la futura casa delle associazioni di Muggia, restando proprio in capo al Municipio. Dopo l'approvazione, nell'ultimo Consiglio comunale, del Piano triennale delle opere, ora parte la procedura negoziata per l'affidamento in appalto dei lavori di riqualificazione funzionale dell'edificio di via Roma 22. La base di gara vale 613.471,63 euro Iva esclusa, di cui 602.908,15 per lavori a corpo soggetti a ribasso e 10.563, 48 per oneri della sicurezza non ribassabili.Nella somma totale messa sul piatto dal Comune per la riqualificazione della futura casa delle associazioni ci sono anche i 165 mila euro di contributo della Fondazione CRTrieste. Il termine per l'ultimazione dei lavori, decorrente dalla data del verbale di consegna dei lavori, è di 270 giorni. Il traguardo verrà tagliato con ogni probabilità, considerando tutte le procedure burocratiche da espletare, entro il primo trimestre 2022. La data di scadenza per la presentazione delle offerte è fissata alle 12 del prossimo 12 aprile. «Siamo davvero soddisfatti di essere riusciti a raggiungere quello che, specie alla luce di questo complesso periodo di emergenza sanitaria, è un traguardo importante, cioè la prossima aggiudicazione dei lavori di via Roma», spiega il vicesindaco Francesco Bussani: «Da questa primavera si potrà quindi concretamente intervenire sulla riqualificazione di quello che sarà il luogo fisico dell'incontro, del dibattito, della formazione, del volontariato e del lavoro, il nodo di una rete aperta al territorio in un'area centrale della nostra città».«L'iter per la realizzazione della casa delle associazioni è giunta a un punto importante. Dopo l'acquisizione delle manifestazioni di interesse, abbiamo aperto i termini per poter presentare le domande per l'affidamento in appalto e fra un mese ci sarà l'individuazione degli operatori economici che se ne occuperanno. Dopodiché si potrà finalmente cantierare e iniziare la riqualificazione vera e propria», chiarisce a sua volta il sindaco Laura Marzi: «In un periodo storico nel quale si tende a tagliare e togliere, come amministrazione andiamo controcorrente destinando spazi sociali e culturali alle associazioni ed alla partecipazione. Siamo ben consapevoli dei limiti che il nostro territorio ha sul piano della disponibilità logistica di spazi ed è per questo che ci siamo impegnati sin dall'inizio del nostro mandato per realizzare questo importante obiettivo: una sede condivisa dei sodalizi muggesani».

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 marzo 2021

 

 

MONFALCONE - «In fumo 200 posti se chiude A2A»
Monito dei sindacati ai politici. L'assessore regionale Bini sta con loro: «Riconversione buona e giusta»
Non sono a rischio solo i 100 dipendenti diretti se chiude la centrale A2A di Monfalcone, i posti che potrebbero essere perduti sono 200. Cento delle maestranze occupate direttamente e altrettante delle ditte appaltatrici che lavorano nei servizi all'impianto. A ricordarlo in un duro comunicato le segreterie dei sindacati di categoria, Filctem-Cgil, Cisl Reti, Uiltec che criticano il Consiglio comunale di Monfalcone per il «voto nella direzione sbagliata» e perché «votando a larga maggioranza quell'ordine del giorno di fatto si prospetta la fine del polo energetico a Monfalcone chiedendo la chiusura della centrale».E a ribadire la questione dei 200 occupati non sono solo i sindacati, ma lo stesso assessore regionale alle Attività produttive, Sergio Emidio Bini, che proprio la scorsa settimana ha avuto un incontro con i sindacati: «Noi abbiamo una priorità che è quella di salvaguardare i posti di lavoro che soprattutto in questo momento sono importanti. La Regione non può far finta di non ascoltare questo grido di dolore per questi 200 posti- ripete lo stesso Bini -. Senza contare che c'è la disponibilità di un'azienda come A2A di investire ingenti capitali, 4-500 milioni, per un revamping della centrale di Monfalcone che rientra nel piano green della Ue visto che si parla di gas e di idrogeno. Quindi da parte nostra c'è il massimo interesse per un progetto industriale che porta investimenti, occupazione e miglioramento ambientale con il passaggio dal carbone al gas e all'idrogeno. Una cosa buona e giusta». E mentre da A2A non arriva alcun commento dopo il voto negativo dell'aula, un silenzio scelto per evitare contrapposizioni o polemiche, le organizzazioni sindacali vanno giù pesanti. «Chiediamo alle forze politiche locali di smetterla di giocare sulla pelle dei lavoratori - avvertono Filctem-Cgil, Cisl-Reti e Uiltec - di entrare nel merito del tema transizione e di non continuare a passare il cerino da un'istituzione all'altra ricordando che il nostro è ancora un Paese manifatturiero con processi industriali energivori, chiamato velocemente ad attuare impegni sull'uscita dal carbone». E come è stato ribadito di recente anche da Cgil, Cisl e Uil «posizioni come quelle espresse e votate in Consiglio comunale hanno come unico risultato finale la fuga degli investimenti condannando i territori coinvolti a un lento e inesorabile declino».Ma ci sono altri punti che i sindacati contestano al Consiglio smentendo alcune affermazioni. Prima fra tutte quella sugli occupati previsti dalla centrale riconvertita. Cento occupati e non i trenta valutati per far funzionare l'impianto. «L'accordo di programma che abbiamo firmato il 12 maggio del 2020 con la proprietà e i sindacati confederali - spiegano - consente la gestione del transitorio e il mantenimento dei livelli occupazionali declinando questi obiettivi con il progetto di trasformazione». La stessa A2A più volte ha specificato che oltre al lavoro sull'impianto sono previste tutta una serie di attività collaterali per garantire un centinaio di posti di lavoro diretti. C'è poi la posizione della Regione che, come ribadito lo dall'assessore Bini, è a favore. Lo scorso autunno a Trieste alla presenza del ministro, Stefano Patuanelli gli amministratori di A2A Renato Mazzoncini e quello della Snam, Marco Alverà, hanno firmato un memorandum su un progetto di sperimentazione con l'utilizzo dell'idrogeno. Si parla di favorire la transizione energetica in Fvg e della creazione di un polo di ricerca e sviluppo sull'idrogeno, il coinvolgimento del sistema scientifico regionale e la crescita di una filiera legata all'idrogeno. Un memorandum che ha ricevuto un plauso dallo stesso governatore del Fvg, Massimiliano Fedriga. «E quella posizione espressa dal Consiglio comunale - accusano i sindacati - è in netta contraddizione con quanto ci ha dichiarato pochi giorni fa l'assessore Bini».

Giulio Garau

 

Cisint: «Ma non c'è il progetto» - Morsolin la accusa: «Dirigista» - le reazioni dopo il consiglio comunale
Dopo averlo perorato già in aula, la Sinistra chiede di «garantire il diritto al lavoro e quello a vivere in un ambiente salubre» con «prospettive di sviluppo e non in eterno segnate da scelte fatte ormai più di 60 anni fa né dai loro grotteschi residui». Lo afferma, entrando nel merito del dibattito sulla centrale, il consigliere comunale Cristiana Morsolin, stando alla quale «senza l'ordine del giorno e le ripetute richieste dell'opposizione questo non sarebbe stato un tema nemmeno dibattuto in massima assise, nel pieno stile dirigista che ha caratterizzato, dall'inizio, quest'amministrazione con una donna sola al comando». Morsolin, nella posizione del centrodestra su A2A, vede solo «vaghezza», con un deliberato odg «assolutamente generico». Dal canto suo invece il consigliere di FdI Mauro Steffè, ricalca la linea espressa dal sindaco: le direttive europee vedono il gas già «obsoleto», pertanto «eventuali investimenti vengono finanziati solo per l'utilizzo di impianti a energie verdi rinnovabili». Inoltre la dismissione del carbone comporterebbe «comunque una riduzione dei lavoratori a 30 unità» con la riconversione a metano. «Non darebbe - sempre Steffé - alcun apporto economico utile al polo industriale monfalconese: esiste già la centrale di Torviscosa, non ne serve un'ulteriore qui». Intanto il sindaco Anna Cisint replica a sindacati e al presidente di Confindustria Michelangelo Agrusti: «Non raccontiamoci fiabe: non esiste alcun progetto idrogeno e il nuovo impianto progettato, a regime, avrà l'effetto di ridurre notevolmente il numero dei lavoratori. Noi vogliamo invece un intelligente impiego dell'area che aprirebbe aspettative di sviluppo in linea con le prospettive perseguite». Alla centrale resterebbe «un numero troppo esiguo di dipendenti per sostenere un futuro occupazionale adeguato rispetto al "peso" dell'insediamento in centro». «Lavoriamo - dice - perché si offrano opportunità ai nostri giovani e alla manodopera locale e per far ciò dovremmo essere uniti nello spingere verso quel modello produttivo sostenibile con piccola e media impresa, attività innovative, artigianato e servizi. C'è da chiedersi se certe posizioni guardino all'interesse generale o a vecchi modelli e logiche di parte». «Il territorio - conclude - non può più essere considerato il deposito dove scaricare dall'alto produzioni ingombranti o una sorta di spogliatoio e dormitorio della manodopera dei Paesi più poveri. Quel tempo è finito. Lo studio fatto dall'ente dimostra che l'area della centrale può offrire una prospettiva di oltre 150 posti, a fronte di una centrale a gas con poche decine di addetti. Vogliamo lo sviluppo di turismo, nautica e porto, qui con l'auspicio che Confindustria s'esponga per la zls a vantaggio isontino con medesima intensità con cui s'è palesata sulla centrale».

Ti. Ca.

 

 

Capodistria-Divaccia - Solo un'impresa in gara - il bando di appalto per il secondo binario

Capodistria. Una sola impresa ha risposto al bando per la realizzazione del secondo binario sulla linea ferroviaria Capodistria-Divaccia: è la ditta Kolektor di Nova Gorica che si è presentata in consorzio con due società turche (Yapi Merkezi e Ozaltin). Come comunicato dalla società statale 2TDK, che gestisce il progetto, l'offerta di 224,7 milioni di euro è stata ritenuta valida: rientra nel limite preventivato di 230 milioni. La decisione finale - è attesa entro pochi giorni da parte di Lubiana. I lavori del secondo binario dovrebbero concludersi entro il 2025. Il progetto, approvato dal governo sloveno nel giugno 2019, mira all'incremento del movimento merci nel porto di Capodistria.

 

 

Gara andata deserta per la linea marittima tra Grado e Trieste
Un servizio da 5 milioni e 229 mila euro dal 2021 al 2029 - Non ha partecipato neppure la società del "Delfino Verde"
GRADO. È andata deserta la gara europea da 5 milioni e 229 mila euro, bandita dall'Apt di Gorizia, per il servizio di noleggio di una motonave completa di equipaggio. Nessun partecipante, dunque, nemmeno la società Delfino Verde che effettuava il servizio da una ventina d'anni ha presentato offerte. Che la gara sia andata deserta lo si evince da quanto pubblicato sul sito della stessa Apt nella sezione "trasparenza" dove sono indicati, oltre al bando, anche i componenti della commissione (Roberto Bassanese presidente, Giulio Salateo membro e Gianluca Pantanella membro e segretario verbalizzante).La presidente dell'Apt, avvocato Caterina Belletti, è stata lapidaria: «La procedura è in corso». Fatto sta che la gara è andata deserta, presumibilmente perché le condizioni previste dal bando non sono state considerate favorevoli per gli armatori, che avrebbero avuto intenzione di partecipare. Cosa accadrà ora non è dato a sapere: potrebbe essere indetta un'altra gara o andare a trattativa privata. Il bando in questione prevede l'accordo per un periodo dal 2021 al 2029 prorogabile a insindacabile giudizio della stessa Apt per altri 5 anni. Sono previste 6 tratte giornaliere (3 viaggi andata/ritorno) per un numero complessivo di circa 90 giornate a stagione. Per l'Apt il servizio ha un valore giornaliero di 4.150 euro. Una soluzione verrà in ogni caso trovata poiché è impensabile pensare che la linea marittima Trieste-Grado non venga attuata, richiesta in particolar modo dai triestini che si recano a Grado ma anche dai turisti presenti nell'Isola che si recano a visitare il capoluogo giuliano. Un viaggio rilassante in mezzo al golfo, lasciando a casa la propria auto. E su questo punto, cioè sul fatto che la linea debba svolgersi regolarmente, si sono già espresse in passato, e lo faranno sicuramente anche ora se fosse necessario, le amministrazioni comunali di Grado e di Trieste. A dimostrazione del gradimento espresso dai passeggeri del resto ci sono i dati statistici, decisamente positivi. Numeri che potrebbero aumentare se il servizio non fosse limitato di norma a soli circa 3 mesi. Tralasciando la stagione 2020, iniziata in ritardo rispetto alle precedenti annate (solo 2 mesi di servizio e pochi turisti causa l'emergenza Covid-19) e nonostante tutto a fronte del trasporto di circa 12 mila passeggeri, c'è da rilevare, infatti, che nelle annate precedenti il dato complessivo è oscillato tra 34 e 36 mila passeggeri a stagione.-

Antonio Boemo

 

Auto elettriche in porto: al via piano da 6,7 milioni per investimenti green - Authority di Sistema Mare Adriatico
Trieste. Ammonta a 6,7 milioni di euro la quota di investimenti in progetti Ue previsti dall'Autorità di Sistema portuale del Mare Adriatico orientale nel settore green per il biennio 2021-22. E nell'ambito delle nuove azioni sostenibili è stata inaugurata la prima auto elettrica della società in house Porto di Trieste Servizi. Il veicolo si aggiunge alle due auto ibride che a oggi fanno parte del parco macchine dell'Autorithy. Con «questa nuova politica sostenibile associamo alla classica attività portuale, servizi svolti con mezzi green e sostenibili - afferma il presidente dell'Authority, Zeno D'Agostino - avevamo già iniziato a investire sul settore con i nostri veicoli ibridi e ora, attraverso la nostra società di servizi, passiamo totalmente all'elettrico. Nei prossimi mesi metteremo in atto ulteriori azioni green, grazie a finanziamenti europei e regionali, per sostituire tutti i nostri veicoli tradizionali con mezzi elettrici e relative colonnine di ricarica». Nei prossimi due anni i progetti Clean Berth (Interreg Italia-Slovenia) e Susport (Interreg Italia-Croazia) - spiega l'Authority - permetteranno rispettivamente l'installazione di una colonnina di ricarica per veicoli elettrici e l'acquisto di una o più auto elettriche, oltre alla sostituzione dell'illuminazione delle aree pubbliche con tecnologia a led e la progettazione del sistema di cold ironing al Molo VII. Con il progetto Noemix (Horizon2020), guidato dalla Regione Fvg, l'Autorità sostituirà anche il parco auto con veicoli elettrici e installerà ulteriori sette colonnine di ricarica. Con i progetti TalkNet sarà invece possibile progettare il sistema di cold ironing rispettivamente per il Molo VI, il Molo Bersaglieri (crociere), il Molo V, la Piattaforma Logistica e il porto di Monfalcone.

 

 

Semerani: «È difficile rilanciare Porto vecchio senza gli architetti»
L'intervista al decano dei professionisti triestini: «Manca un ragionamento su come combinare vincoli e necessarie trasformazioni. E si è perso del tempo»
«Realizzare un'idea urbanistica richiede professionalità, lavoro di gruppo e soprattutto esperienza». L'architetto Luciano Semerani, un volto internazionale di Trieste, risponde al sindaco Roberto Dipiazza, che nei giorni scorsi aveva reagito alle sue critiche su Porto vecchio dicendo «uno mi dà del bottegaio e poi dietro a piazza Unità costruisce un archivio cartaceo? ». Professore, come risponde al sindaco? «La scelta di localizzare un archivio ed una sala di lettura in prossimità degli Uffici Comunali non è mia ma del Comune, ed è maturata nel quadro del recupero, con finanziamento del Ministero dei Beni Culturali, di alcuni contenitori di pubblica proprietà caduti in rovina. Il Comune ha affidato a Gigetta Tamaro il progetto e io non c'entro assolutamente, né per la localizzazione né per l'opera, che considero di altissima qualità. Il disprezzo per "l'archivistica cartacea" da mettere in periferia può averlo solo chi non ha mai fatto studi e ricerche che necessitano di una documentazione storica accessibile quotidianamente». Lei ha criticato il Comune per Porto vecchio. «Penso che manchi all'oggi, anche per uno solo dei tanti edifici, l'individuazione di tecniche di intervento che mostrino, nel caso specifico di questo tipo di costruzioni portuali, la compatibilità tra il vincolo conservativo e le necessarie radicali trasformazioni edilizie ed urbane. Questo non significa che il recupero non sia possibile ma il molto tempo trascorso dalla sdemanializzazione ad oggi senza sperimentare delle alternative e senza scegliere dei progetti e dei progettisti non consente l'ottimismo». Ma questi professionisti sono indispensabili? «Chi non ha mai avuto un mestiere pensa che l'esperienza professionale sia sostituibile col buon senso e che il ruolo catalizzatore che gli atelier di Renzo Piano, Massimiliano Fuksas, Zaha Hadid, Frank O. Gehry, Tadao Ando, Daniel Liebeskind hanno avuto, nella realizzazione di grandi trasformazioni urbane a Genova, a Milano, a Londra eccetera, la città di Trieste non può permetterselo per questioni di bilancio. Pure tecnici a portata di mano sono stati ignorati». Ad esempio? «L'architetto Casamonti che ha rimesso in vita il Magazzino Vini poteva benissimo essere richiamato visto il successo del suo lavoro e non è una "star"». Come organizzarsi dunque? «La realizzazione di un'idea urbanistica richiede professionalità, lavoro di gruppo, e soprattutto esperienza. L'organizzazione non differisce molto da quella che i Centri Studi hanno nel mondo della finanza o in quello industriale. La recente vicenda fallimentare dell'ampliamento dell'Ospedale di Cattinara, ha ben mostrato come spesso i programmi di sviluppo dell'Università e della Sanità siano stati affrontati senza una base tecnica di conoscenze aggiornate, in altre parole senza alcun programma degno di tal nome». Trieste può rilanciarsi? «La saggezza delle scelte urbanistiche del lontano passato ha fatto sì che Trieste può presentarsi ancora col singolare volto di una città-porto neoclassica. Ma altro non viene offerto al viaggiatore se non l'architettura del passato e a volte una buona ristorazione». In che senso? «Piccoli e forse troppi i festival cinematografici, solo di scala comunale gli incontri culturali d'élite. Invece, anche nell'ottica di una regione storicamente e linguisticamente divisa, c'è un incoraggiamento clientelare al dilettantismo, al nazionalismo, con la contemporanea cancellazione di istituzioni "imperiali" a suo tempo importanti come la Biblioteca Civica, Il Museo di Storia Naturale, l'Aquario. Niente mostre di qualità al Salone degli Incanti, niente spettacoli al Castello di San Giusto, la collezione de Enriquez parzialmente esposta in una sede inaccessibile, il Museo del Mare ed una serie infinita di piccole raccolte dilettantesche strettamente legate alla storia locale mai reinserite in un progetto culturale complessivo. I due Musei culturalmente attivi (Revoltella e Schmidt) ed i due Teatri (Verdi e Rossetti) non più in grado di svolgere un richiamo culturale di proporzioni nazionali». Cosa servirebbe quindi? «A Trieste manca quello che in ogni città europea di richiamo turistico c'è: una Fiera specializzata, una Sede Espositiva, un Centro Congressi ed un Teatro attrezzati con quelle risorse tecnologiche oggi disponibili e necessarie, disegnati con quella competenza che rende la costruzione un richiamo, ancor più del singolo evento. E non ultimo uno staff professionalmente formato ed un'idea-guida precisa». Dove trovarlo? «Non mancano le giovani e vecchie competenze, ma valgono a Trieste più che altrove due vecchi adagi: "Nemo profeta in patria" e "Non disturbare il manovratore"». Insomma, vede tutto nero? «Tra i politici, tanto al governo nazionale quanto in quello regionale, alcune voci responsabili si sono recentemente alzate, proprio avanzando l'esigenza di una programmazione per il futuro di Trieste, ormai sempre più indifferibile dopo la crisi della pandemia. È un buon segno. È un impegno che, spero, ci riguarderà tutti».

Giovanni Tomasin

 

 

Trieste. Alle 18 - L'apicoltura a Greening Therapy

Oggi, alle 18, nuovo appuntamento con Greening Therapy Live: tra benessere e natura. Ospite Livio Dorigo presidente del Consorzio apicoltori della Provincia di Trieste. Diretta radio e streaming su Radioattività. Diretta Facebook e YouTube sulla pagina di Greening Therapy.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 marzo 2021

 

 

«La centrale a metano e a idrogeno un progetto cardine per la regione»
Agrusti: «Rispetto la politica ma la riconversione dell'impianto di A2A è di straordinaria importanza»
«Ho grande rispetto per la politica, per il lavoro dei sindaci e dei consigli comunali che svolgono un compito molto difficile per il loro territorio. Tuttavia credo che la riconversione della centrale termoelettrica A2A a gas e a idrogeno sia un passo di straordinaria importanza. Va in direzione di quello che prevede il Recovery plan della Ue per la svolta verde. E una scelta così importante non deve poter essere messa a giudizio del solo Consiglio comunale di Monfalcone, per quanto comunque di rilievo». Il presidente di Confindustria Alto Adriatico, Michelangelo Agrusti non ha mai mancato di dare pieno appoggio al gruppo A2A per la riconversione della centrale monfalconese a gas e poi a idrogeno. Lo ha fatto in diversi interventi e occasioni, pure in recenti convegni. Dove ha ribadito che questo progetto industriale è «uno dei cardini principali delle quattro aree di transizione energetica che saranno di elevato impatto ambientale nei prossimi anni per il Friuli Venezia Giulia».Un processo di decarbonizzazione «verso la transizione energetica che in regione porterà oltre che vantaggi ambientali anche economici oltre che occupazionali. In questo processo la riconversione a gas e poi anche a idrogeno della centrale». E proprio il progetto di A2A per Monfalcone riveste un ruolo di grandissima rilevanza «La mia posizione è di netto sostegno, senza se e senza ma - ripete adesso, all'indomani del voto negativo del Consiglio comunale di Monfalcone - e questo sempre nel pieno rispetto delle prerogative politiche dei Comuni e dei sindaci. Ma come ho detto all'inizio questa riconversione a gas e poi all'idrogeno è un momento di straordinaria importanza. Va in direzione di quanto prevede il Recovery plan dell'Ue per la riconversione green dell'economia. Con Monfalcone siamo pienamente dentro a questa strategia europea». Anche perchè, lo ripete spesso la stessa Confindustria nella sfida della decarbonizzazione, la transizione energetica e per passare dall'economia lineare a quella circolare, il ruolo stesso di Confindustria Alto Adriatico è quello di «contribuire alla definizione delle politiche a livello europeo e nazionale per accompagnare le imprese italiane verso questa evoluzione». Questo per «agevolare un cambiamento culturale affinché non solo per le imprese ma anche per l'opinione pubblica, quello della sostenibilità diventi un approccio condiviso». Secondo il presidente Agrusti, soprattutto in questo momento «Si tratta di questioni di tale importanza che non possono essere messe a giudizio del solo Consiglio comunale di Monfalcone, per quanto di rilievo - insiste - la centrale A2A non fornisce energia solo alle lampadine della città dei cantieri». Anche se la presenza di una centrale energetica in loco dovrebbe garantire più benefici possibili alla città.«Serve un centro di competenza sulle tecnologie dell'idrogeno sul fronte energetico per alimentare anche l'indotto scientifico e tecnologico del Fvg - spiega Agrusti - e su questo bisognerebbe insistere e discutere con A2A. Senza contare che la presenza di una realtà di questo tipo potrebbe creare un ecosistema di aziende che lavorano sull'idrogeno con vantaggi economici e occupazionali per tutta la realtà industriale del territorio». Per Confindustria non è solo l'arrivo di nuove realtà industriali a cui bisogna guardare, ma anche allo sviluppo di realtà che lavorano già sul territorio. «Penso a Fincantieri che sta già lavorando sui motori a gas per le navi - aggiunge - che un domani potrebbero diventare a idrogeno. E non bisogna dimenticare in ogni caso che le centrali a metano sono quelle più pulite. Si sta pure pensando alla metanizzazione delle flotte di bus per il trasporto pubblico. È un elemento chiave per tagliare le emissioni in atmosfera». Ma c'è un altro punto sul quale è necessario riflettere, ed è lo sviluppo in prospettiva a lungo termine che toccherà la mobilità. «I motori a idrogeno - conclude il presidente Agrusti - saranno il futuro della mobilità europea. Per ora siamo ancora all'inizio dei motori elettrici. Ma non è la strategia dell'Ue, i motori elettrici sono una prerogativa tutta cinese. La Ue punta a un futuro a idrogeno».

Giulio Garau

 

I sindacati «Chi dice no si preoccupi del futuro di chi lavora»
«Piena autonomia alla politica, ma chi dice no alla riconversione della centrale A2A deve preoccuparsi di trovare alternative occupazionali ai lavoratori che si troveranno in strada. Noi la soluzione l'abbiano trovata con un accordo con l'azienda che tutela tutti e 100 i lavoratori e non solo quelli che lavoreranno nella nuova centrale. Chi dice no deve preoccuparsi delle conseguenze». È un aut-aut quello lanciato dal segretario della Cgil Thomas Casotto che assieme a Cisl e Uil da tempo ribadisce la necessità di dire di sì a un progetto industriale di riconversione che prevede un investimento di 500 milioni e la svolta green della centrale. Una posizione ripetuta la scorsa settimana da Filctem-Cgil, Cisl Reti e Uiltec Uil che hanno incontrato l'assessore regionale alle attività produttive Sergio Emidio Bini. «In Europa ci sono due proposte per la transizione energetica - continua Casotto - il nucleare pulito e l'idrogeno. Ed è ovvio che dovrà essere un processo graduale, prima a gas poi a idrogeno. Noi abbiamo sottoscritto un accordo preciso con l'azienda per le garanzie occupazionali. Anche Fincantieri avrà benefici nella riconversione. A2A ora deve specificare meglio il progetto sull'idrogeno. E la città pretendere un polo di studio energetico avanzato. Sta anche nella strategia del Recovery Plan Ue. Una transizione che va fatta e governata».

G.G.

 

il dibattito in consiglio comunale - Furfaro e Pin: «È mancata chiarezza sulla dismissione»
«L'auspicio per il territorio e per i cittadini era di poter concludere l'assemblea consigliare con un documento di indirizzo politico condiviso trasversalmente, tenuto conto delle gravi ricadute su Monfalcone», ma quest'epilogo non s'è visto. Lo affermano i due proponenti della seduta-fiume di lunedì, dopo aver raccolto le firme per la convocazione, Annamaria Furfaro e Gualtiero Pin, alleati anche in vista delle amministrative 2022, rispettivamente esponenti della civica La nostra città e del M5S. «Che "Monfalcone abbia già dato" - ribadiscono - ce lo siamo sentiti ripetere in questi ultimi tempi continuamente, ieri è stata l'occasione per passare dalle parole ai fatti. Ma così non è stato».Furfaro e Pin imputano al sindaco di aver presentato in aula un ordine del giorno dove, eccezion fatta per il punto sulla revisione del Per-Piano energetico regionale (peraltro «già deliberata in giunta e in Consiglio nel 2018»), c'era un grande assente: il termine "dismissione". Parola «sulla quale non si è ottenuto né chiarezza né concordanza di intento politico». «Anzi - dicono - il documento presentato in aula dalla maggioranza conteneva concetti che nulla hanno a che fare con le politiche industriali di A2A quali "nautica, portualità, turismo, cultura e termalismo". Eppure i monfalconesi nel referendum del 1996 si sono chiaramente espressi contrari alla Snam e, andando a ritroso alla consultazione degli anni'80, si erano espressi a larghissima maggioranza contro il raddoppio della centrale Enel sostenuti, in quel frangente, da tutte le forze politiche». Alla fine l'odg di Furfaro e Pin è stato bocciato da tutta la maggioranza: mosca bianca il solo consigliere dei Pensionati, Antonio de Lieto, che ha scelto di condividere tutti e tre gli indirizzi politici espressi. Non hanno invece partecipato al voto sia del documento avanzato dall'opposizione sia della maggioranza, perché assenti al voto: Omar Greco di Art. 1, Paolo Fogar e Paolo Frisenna del Pd e Ciro Del Pizzo (Monfalcone sei tu). Va precisato che le anime dem, nel corso della seduta di lunedì, sono andate in ordine sparso: la capogruppo Lucia Giurissa e Fabio Delbello hanno votato l'odg di Pin e Furfaro, ma si sono astenuti da quello di Lega e soci. Fogar e Frisenna invece non hanno partecipato. Distinta pure la posizione di Elisabetta Maccarini (Misto) e Cristiana Morsolin (La Sinistra), entrambe favorevoli al documento dell'opposizione, ma contrarie a quello della maggioranza, su cui i colleghi di centrosinistra si sono astenuti. Giurissa, rilevando anche una differente posizione tra la politica locale e quella regionale, ha chiesto un'audizione dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro in sede commissariale, ipotesi alla quale il sindaco Anna Cisint non si è detta contraria.

 

Cisint: «Per la città sono una violenza altri trent'anni di gas»
«Inesistente il piano idrogeno. L'azienda non l'ha mai mostrato. Quello dell'occupazione è un falso problema»
«Altri trent'anni di gas sono una violenza che noi non possiamo accettare». Non ci sono coni d'ombra sulla posizione dell'amministrazione comunale in merito alla metanizzazione della centrale A2A dopo il phase out, inderogabile, del 2025. Lo ha espresso, a destra e sinistra, la massima assise nella seduta monotematica di lunedì e lo ribadisce il sindaco in un'intervista. Che valore ha l'odg? È ininfluente, non sposta di un millimetro il percorso, ma era un'azione che andava fatta. La competenza non è del Comune, bensì ministeriale. La disputa è ad altri livelli. Ma un sindaco dovrà pur far qualcosa. Non svelo le mie carte perché non intendo dare vantaggi. Quest'amministrazione ha perseguito ogni strada possibile e continuerà a farlo: nel Prgc si è scritto che in quell'area non può insistere un polo energetico e si sono depositate le osservazioni, in sede di Via, per il nuovo progetto di A2A. Le nostre indicazioni sono state così stringenti, che il Ministero ha chiesto integrazioni all'azienda, ancora non depositate per intervenuta proroga. Insomma, niente gas. Se Monfalcone lì non deve avere un polo energetico, ciò vale pure per le riconversioni, dai noi ritenute inopportune. Poiché lo sviluppo deve passare per l'implementazione della portualità, crocieristica, nautica, termalismo e il manifatturiero di trasformazione. Questo si è già votato. Un progetto con il solo gas, per me, non sta in piedi, è obsoleto, quanto all'approvvigionamento energetico, la centrale di Torviscosa è sottoutilizzata. Lei parla con A2A? Certamente. Ho incontrato la precedente e l'attuale governance e ho spiegato che non riteniamo adeguato quest'investimento. Anche da un punto di vista occupazionale, poiché richiederà solo trenta addetti e molto specializzati. E l'idrogeno? C'è un progetto sull'idrogeno? Io ho chiesto a dicembre di visionarlo, dopo che è stato, solo verbalmente, ventilato. Non l'ho ancora visto. Neanche quando s'è proposto di abbinarlo a un centro di eccellenze è giunta replica. Come si può fare a dire che un piano è interessante se non lo si può visionare? Lei non crede a una nuova centrale a idrogeno. Non ve ne sono molte in giro che si sostengono. Il mio pensiero è che l'azienda voglia ritagliarsi quella percentuale di miscela di idrogeno in grado di consentire l'abbattimento di CO2 per apparire sostenibile agli occhi europei. La Comunità finanzierà chi sta sotto una determinata soglia. Diciamolo: il Comune non ha margini di trattativa. Il Comune non ha la possibilità di stare a un tavolo e porre contropartite. Ricordo che proveniamo da anni di proroghe automatiche, concessioni senza Via eccetera. Ma l'ente, con proprio studio indipendente, ha prospettato delle alternative. Se in quell'area si fa altro, abbiamo l'opportunità di produrre più posti di lavoro. Progetti in casa altrui. Sì, ma non è ininfluente, ai miei occhi, che in quest'anno di chiusura la qualità dell'aria sia migliorata e vi sia un maggior numero di licheni in città. Lo ha constatato Cauci.Come pensa di convincere A2A a fare altre scelte? È una domanda che non ha risposta. Noi possiamo indicare, non imporre. A2A ha diritti soggettivi, assolutamente inviolabili. La proprietà, la libera impresa. Ma io ho chiesto una responsabilità sociale di impresa, che ritengo di non vedere. Un aspetto molto importante per le prospettive del territorio. Trent'anni di gas sono una violenza che non possiamo accettare. E lo dice una che non è un'ambientalista, bensì una liberale e liberista che crede nella libera impresa e sviluppo. Ma questa non è una crescita. O meglio: è una crescita solo per l'azienda. Parla a nome della città?Il territorio ha detto chiaro e tondo che questo progetto non lo vuole. Non si può spremere un territorio: quando si fa un progetto del genere in centro città non è la stessa cosa che farlo in campagna.

Tiziana Carpinelli

 

 

Tende e vestiti abbandonati: bivacchi vicino al cimitero
Volontari al lavoro a San Dorligo per ripulire uno spiazzo usato come ricovero dai migranti in arrivo dalla rotta balcanica. Raccolti e smaltiti 60 sacchi di rifiuti
SAN DORLIGO. Hanno riempito una sessantina di sacchi neri con scarpe e indumenti abbandonati, avanzi di cibo, attrezzature per alzare tende improvvisate, e pure scarti di prodotti per l'igiene personale. Tutti rifiuti, questi, disseminati nei paraggi del cimitero di Dolina. Poi hanno trasportato il "super" carico alla discarica di San Dorligo, dove hanno trasferito i sacchi neri negli appositi contenitori predisposti dal Comune, che era stato preventivamente avvisato dell'operazione. È il lavoro meritorio compiuto dai volontari della sezione di Trieste dell'Associazione lagunari e truppe anfibie (Alta), impegnati oramai da anni sul fronte della raccolta rifiuti, in particolare nelle zone boschive e lungo i sentieri attraversati dai migranti che percorrono la rotta balcanica. «Eravamo una quindicina - spiega Giorgio Calcara, responsabile del gruppo che periodicamente si ritrova in Carso - per quella che è stata la prima uscita di questo 2021. E devo dire che nulla è cambiato rispetto allo scorso anno, perché abbiamo trovato di tutto. In questa occasione, seguendo una segnalazione che ci era stata fatta, ci siamo recati in uno spiazzo vicino al cimitero di Dolina, a un centinaio di metri dalle prime case della frazione, utilizzato regolarmente dai migranti, perché in quei paraggi si trova una fontana che evidentemente è utilizzata da chi arriva dalla rotta balcanica per abbeverarsi e darsi una pulita prima di puntare verso Trieste».«Quando siamo arrivati sul posto - sottolinea ancora Calcara - ci siamo trovati al cospetto di una sorta di accampamento abbandonato, con i segni evidenti sia del transito che della sosta di tanti migranti, che, in quel punto, devono aver alzato delle rudimentali tende, probabilmente per ripararsi da pioggia e freddo».Le boscaglie che circondano San Dorligo sono oramai da qualche anno teatro appunto di un considerevole flusso di migranti, i quali, non appena arrivati in Italia, abbandonano i vestiti e altre tracce che possano permettere alle forze dell'ordine di ricostruire il loro cammino. Il risultato è che le campagne di Dolina e Caresana diventano spesso discariche a cielo aperto. «Da soli non abbiamo i mezzi per affrontare una situazione del genere perché non abbiamo il personale sufficiente - ha già rilevato più volte il sindaco di San Dorligo Sandy Klun - e per questo accettiamo ben volentieri l'aiuto dei volontari». «Sabato andremo sul sentiero tra Basovizza e Pese - annuncia Calcara - perché anche in quella zona sono state segnalate immondizie di vario tipo abbandonate lungo i tracciati».

Ugo Salvini

 

 

A Muggia la potatura del verde si rivela un terreno "minato"
Attacco di Progetto FVG alla giunta. caso diplomatico (rientrato) per il parroco
MUGGIA. In questi giorni, a Muggia, la questione della manutenzione del verde, è un tema particolarmente "caldo", non solo sui social dedicati alle "cose" rivierasche, ma anche a livello politico. Nei confronti dell'attuale amministrazione comunale, ad esempio, una bordata è arrivata da parte di ProgettoFvg di Giorgio Cecco: «Si avvicinano le elezioni e a Muggia si avviano lavori di manutenzione del verde e delle strade - l'esordio della nota diramata dal gruppo di ProgettoFvg della cittadina rivierasca - e comunque restano i tanti dubbi sulla necessità dei tagli agli alberi fatti in questo ultimo periodo. È evidente - sottolinea Cecco - che serve un adeguato regolamento del verde e un piano generale anche per le manutenzioni. Sicuramente ciò sarà inserito nel nostro programma, oltre a un censimento degli alberi di pregio. Oggi più che mai è importante mettere a disposizione dei cittadini aree verdi e fare la migliore manutenzione del patrimonio pubblico». Intanto pare risolto un piccolo "giallo", sempre relativo ai lavori sul verde pubblico: il parroco di Muggia Vecchia e del Duomo, don Andrea Destradi, dopo aver letto sul Piccolo l'elenco delle aree su cui si interverrà per la manutenzione fino a metà aprile, avendo visto che era stata inserita anche l'area di pertinenza del santuario, di proprietà della Parrocchia, ha chiesto lumi al responsabile del servizio in Municipio, in quanto non era stato informato della cosa. Il caso diplomatico è subito rientrato: a quanto è dato sapere ci sarebbe stato un errore, nei vari passaggi che hanno coinvolto anche la Polizia locale, nella comunicazione del punto oggetto delle potature in quella zona, che non si riferisce quindi all'area del santuario e della canonica ma allo slargo dei bastioni, all'inizio di salita di Muggia Vecchia.

Luigi Putignano

 

 

SEGNALAZIONI - Porto vecchio - Un punto di vista verde sul futuro

Gentile direttore,dopo anni di progetti paventati e poi falliti o ritirati, con "la svolta" il nuovo accordo di programma tra Comune, Regione e Autorità portuale sembra si sia aperta una nuova cornucopia, Porto vecchio diventa un sistema misto che rappresenterà il fulcro dei futuri insediamenti con la sua destinazione d'uso direzionale, turistico-ricettiva, residenziale, dell'industria hi-tech, commerciale e dei servizi, spazio verde ad uso ludico e spazi blu per la crocieristica e tanto altro. Ma gli investitori continuano a non presentarsi. Tutte le amministrazioni continuano a raccontarci la stessa storia. Mentre ci fanno sognare il porto vecchio ci lasciano sulle spalle un Sin ormai dimenticato, ettari e ettari da bonificare, archeologia industriale disseminata sul territorio, palazzi ed alloggi vuoti, in piena denatalità, ormai un fardello storico da mettere sotto il tappeto, L'effetto che avrà un trasloco di uffici pubblici è solo una speranza diciamo "elettorale"? Sarebbe ora di finirla con proclami e progetti illusori ed imparare a gestire e valorizzare prima l'esistente. Questi fantomatici capitali privati troppo spesso sono cavalli di troia che nascondono la richiesta di fondi pubblici, vedi il Parco del Mare, e poi restano i cocci... sempre pubblici... manderemo la lista al diavolo?

Rossano Bibalo, Tiziana Cimolino - Verdi Trieste e Trieste VerdeStoria

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 marzo 2021

 

 

MONFALCONE - "No" alla centrale da maggioranza e opposizione ma senza unanimità
Passa l'ordine del giorno con cui si chiede che Monfalcone non sia polo energetico. Si astiene la minoranza, due contrari
Niente compattezza sulla centrale. Tanto rammarico, ma poi alla fine centrosinistra e centrodestra in Aula hanno tirato dritto e votato ciascuno, con prevedibile esito, il proprio documento. È passato solo l'ordine del giorno della maggioranza (astenuta l'opposizione), tre fogli con cui, in sintesi, si impegna ora il Consiglio comunale a confermare la volontà che «il territorio di Monfalcone non sia polo energetico come espresso già nelle direttive al Piano regolatore comunale»; a dare sviluppo ai «comparti incardinati sulla nautica diportistica e non»; ad avanzare «richiesta alla Regione per la revisione del Per» e all'Autorità di sistema per procedere «all'ulteriore valorizzazione del Porto» valutando il conseguimento di «risorse economiche per l'acquisizione eventuale delle aree della zona più a nord e per l'elettrificazione delle banchine». Forse in questo passaggio un possibile punto di contrattazione anche con la proprietà della centrale, chissà. Cassato, invece, il primo odg, sostenuto dall'opposizione, soprattutto nella parte del documento in cui si impegnavano sindaco e giunta nella programmazione della «dismissione» e «remissione allo stato pristino, a carico della proprietà, del territorio occupato». Un aspetto, come replicato dal sindaco Anna Cisint, ritenuto «confliggente con il diritto e l'Aia» vigenti, di più: «illiberale», inattuabile sotto il profilo giuridico. A dire: l'ente non può intervenire direttamente su interessi privati legittimi e la proprietà di terzi. È stato però osservato, dal centrosinistra, che il passaggio andava interpretato come un indirizzo politico, tant'è che l'estensore ha voluto poi correggersi nelle dichiarazioni di voto, ma in ogni caso la sintesi tra i due documenti non è arrivata. Dunque l'auspicata, e su alcuni temi pur intravista, convergenza - come nel caso della strenua opposizione a una visione di Monfalcone quale polo energetico, con la proposta, qui sì unanime, di revisionare il Per, piano energetico regionale, nella parte appunto pertinente il territorio comunale - alla fine non è stata raggiunta. Sia la civica Annamaria Furfaro che il sindaco Cisint hanno provato a lanciare una scialuppa per far pervenire l'area antagonista sulla propria sponda, ma alla fine, niente di fatto. Non sono valsi i tentativi di modifica, ricucendo i testi con altre frasi. E, va detto, la modalità da remoto, con solo l'esecutivo in aula, non ha favorito né la consultazione della maggioranza né il confronto dell'opposizione. In tempi diversamente Covid, la partita forse si sarebbe giocata diversamente. Eppure ieri era l'occasione, con un Consiglio comunale in seduta ordinaria interamente dedicato al futuro dell'impianto A2A (promossa su istanza del grillino Gualtiero Pin e di Furfaro) per uscire dall'Aula facendo quadrato a fronte di un progetto per la riconversione apparso da più parti nebuloso, «poco chiaro», in particolare per l'impiego dell'idrogeno. La «carenza di dati» sulle progettualità avanzate da A2A, non a caso, è stata sottolineata dal consigliere regionale di Fi Giuseppe Nicoli, che pure ha definito il dibattito di ieri «costruttivo» e per la prima volta improntato a una positiva discussione. È stato lui a proporre il ritiro di entrambi i documenti e rimandare la discussione alla sede commissariale per pervenire a un ordine del giorno condiviso e sottoscritto da tutti. Dunque unica dichiarazione di voto (messa ai voti) e due espressioni separate per entrambi gli ordini del giorno. La maggioranza ha votato contro il documento di Pin e Furfaro. Da segnalare che solo Antonio de Lieto (Pensionati), scostandosi da Lega e colleghi, si è invece espresso a favore. «Avrei voluto sentire tutti dire che la centrale si chiude, ma quando c'è da metterlo nero su bianco, si preferisce sempre lasciare una porticina aperta», così Elisabetta Maccarini dal Misto. È in sostanza questo il motivo per cui il centrosinistra non ha appoggiato il secondo ordine del giorno proposto dalla maggioranza: lo ha ritenuto troppo «debole».

Tiziana Carpinelli

 

«Con l'impianto a metano ci sarà la stessa produzione di CO2» - le dichiarazioni dell'assessore Cauci
Cinque ore è durato ieri il Consiglio comunale. A rappresentare le questioni cruciali che determinano la «contrarietà alla realizzazione di un impianto a gas» ci ha pensato in Aula l'assessore all'Ambiente Sabina Cauci: «L'ipotesi di una conversione a gas dell'attuale impianto che passerebbe da 335 megawatt a 850 megawatt, quasi tre volte maggiore, manterrebbe per molti decenni lo stesso livello di produzione attuale a pieno regime di CO2, pari a circa 2 milioni di tonnellate all'anno, in contraddizione con le direttive europee di contenimento progressivo della produzione di anidride carbonica per implementare le fonti rinnovabili a emissioni nulle». Non solo, valutata con perplessità «la realizzazione dell'impianto a gas con la possibilità di utilizzare idrogeno verde senza però un progetto alla base con le caratteristiche valutate dai soggetti componenti» e «sapendo peraltro che l'alimentazione attraverso il gas e il trasporto e lo stoccaggio dell'idrogeno comporterebbero, per l'assenza di infrastrutture di distribuzione in loco, problematicità rilevanti». La questione dei dipendenti ha fatto da sfondo (anche dal centrosinistra, con il consigliere Cristiana Morsolin, è pervenuta la richiesta di interventi per la riconversione delle professionalità o in ogni caso la salvaguardia dei posti) all'intera seduta-fiume. «Dal punto di vista occupazionale l'impianto a gas del progetto attualmente all'esame del Ministero dell'Ambiente - sempre Cauci - non otterrà il raggiungimento di quei livelli occupazionali che altri segmenti produttivi consentirebbero, visto che la gestione di un nuovo impianto avrebbe necessità di non più di 30 unità specializzate». È stato poi il sindaco Anna Cisint, che ieri ha soprattutto posto il pallino al centro del tavolo ministeriale (così indirettamente respingendo le accuse di «strabismo politico» sul tema, con un Comune contrario alla riconversione a idrogeno e una Regione invece favorevole), a definire lo stato dell'arte: «Innanzitutto, attualmente, noi stiamo parlando di un progetto che riguarda un nuovo impianto a gas, non a idrogeno. E io mi riferisco alle carte, perché solo a quelle un ente si può rapportare». Il sindaco non è convinto che si punti a un impianto a idrogeno, bensì alla miscela di idrogeno per «abbassare il livello a 100 grammi di CO2 a kilowatt ore, così da rendere l'impianto sostenibile agli occhi della Comunità europea», come da linee guida, nella parte della tassonomia. «La competenza del procedimento è ministeriale ed è a Roma che tutti siamo chiamati a rivolgerci - ha proseguito -, l'iter pendente, invece, è la Via. Da quanto mi consta l'azienda ha richiesto il tempo massimo di proroga per il deposito di ulteriori integrazioni al piano. E a oggi non ci risultano ancora formulate». La prima scadenza era il 27 febbraio scorso. Ma a questo punto se ne riparlerà ad aprile, verosimilmente. Altra informazione: «La centrale nell'ultimo anno non ha quasi mai lavorato, se non per la riapertura degli impianti periodica a scopo manutentivo». Infine la sottolineatura che l'ente si è adoperato, con l'approvazione delle direttive al Prgc, per «affermare la non destinazione dell'area a polo energetico» e per la «revisione dell'Aia della centrale», strappando «maggior attenzione per i controlli, con l'obbligo di precisi investimenti» a carico dell'azienda.

Ti. Ca.

 

 

Porto vecchio, primo ok in giunta - Task force fra gli uffici dei tre enti
Variante urbanistica e varo del consorzio spediti al vaglio delle circoscrizioni: dieci giorni per i pareri
Entro dieci giorni l'Accordo di programma sul Porto vecchio farà il giro delle circoscrizioni, per approdare ai banchi del Consiglio comunale entro un mese. Ieri la giunta comunale ha approvato la delibera che include la variante al Piano regolatore e il varo del Consorzio Ursus. Nel frattempo Regione, Comune e Autorità portuale lavorano alla rete tra uffici dei tre enti che dovrà fornire gli strumenti tecnici con cui il Consorzio si troverà a operare. Il sindaco Roberto Dipiazza conta su una rapida approvazione: «Abbiamo dato il termine più stretto per i pareri delle circoscrizioni perché voglio chiudere il prima possibile. Il bello di questo momento è che le istituzioni marciano assieme per un obiettivo comune. Con il presidente Massimiliano Fedriga c'è grande intesa, e con Zeno D'Agostino si collabora assieme ormai da tempo».L'unità di intenti fra gli inquilini di piazza Unità e la torre del Lloyd è il presupposto per il prosieguo di tutta l'operazione, visto che l'Assemblea consortile che guiderà il Consorzio è stata strutturata sullo schema del vecchio comitato portuale, e quindi a sedervi saranno direttamente il sindaco e i due presidenti. Quanto all'ambassador, il pellegrino che dovrà portare il verbo del Porto vecchio in giro per il mondo, la triade istituzionale sta ancora cercando un nome con il profilo adatto: «Troveremo la figura giusta - com menta il sindaco Dipiazza -. Serve una persona di fiducia, che sia pronta a fare un lavoro pancia a terra, poco di rappresentanza pubblica e molto concreto, direttamente con i potenziali investitori. Insomma qualcuno che non faccia il protagonista ma che lavori».Oltre ai vertici c'è la macchina. Regione, Comune e Autorità portuale intendono evitare la creazione di strutture ridondanti, e in questi giorni si sta lavorando a una rete di coordinamento fra gli uffici coinvolti: a seconda delle necessità, ogni ente presterà le sue strutture al Consorzio per la propria parte di competenza. Al di là delle cariche consortili, quindi, la travatura di Ursus sarà costituita dagli uffici tecnici, che si faranno carico del dedalo di procedure richiesto dalla messa sul mercato dei lotti.Gli uffici coinvolti in pianta stabile nel procedimento saranno quelli che hanno cooperato al non facile parto dell'Accordo di programma. In piazza Unità c'è ottimismo sulla possibilità che, superato lo scoglio iniziale, l'affiatamento ottenuto possa portare a un motore ben oliato nella macchina del Consorzio. Quanto al futuro dell'area, il sindaco interviene per precisare un aspetto della variante: «Vedo che c'è chi si lamenta della residenzialità al 70% in Porto vecchio. Hanno capito male. La residenzialità sarà al massimo del 70% per il singolo magazzino storico, non per tutta l'area, c'è una differenza non da poco».

Giovanni Tomasin

 

 

acegasapsamga - Questionario su rifiuti e riciclo ancora attivo

Come vorrebbe essere informato sulla gestione dei rifiuti? Quali sono le difficoltà che incontra nel differenziare? Sono alcune delle domande dell'indagine "Le buone idee non si buttano" lanciata dall'assessorato all'Ambiente Fvg. Lo ricorda AcegasApsAmga, sul cui sito - oltre che su quelli di EcoFvg, Regione, e Comune - si può ancora rispondere al questionario, disponibile pure al link bit.ly/ IndagineECOFVG e su carta allo sportello Acegas.

 

 

LO DICO AL PICCOLO - Piazzale Rosmini, ok la riapertura ma occorre trasparenza

Il giardino di piazzale Rosmini, dopo essere stato chiuso con la giunta Cosolini causa il rilevamento di pericolosi inquinanti nel terreno, è stato sottoposto a vigile controllo, con una centralina che avrebbe dovuto verificare una delle possibili cause dell'inquinamento, delle severe delimitazione e seguendo l'idea del Movimento 5Stelle, utilizzare il fitorimedio per purificare il terreno. Oggi il giardino è finalmente riaperto e i bambini sono ritornati a correre, scavare, giocare con la ghiaia in uno dei pochi spazi verdi della città. Ma quello che mi chiedo è che non si sono sapute le cause e le responsabilità dell'inquinamento. Non si sanno i dati rilevati con gli ultimi carotaggi che hanno poi permesso la riapertura in totale sicurezza. Non sono state diffuse notizie sul metodo del fitorimedio, con tempi che a me appaiono estremamente corti: è stato veramente efficace e potrebbe essere utilizzato in altre aree a rischio, come il piccolo giardino in viale Campi Elisi, tuttora chiuso?Il tutto perché la sicurezza dei nostri figli necessita sempre di totale trasparenza.

Gianluca Pischianz

 

SEGNALAZIONI - Miramare - Un riconoscimento alla direttrice

Gentile direttore, come ormai moltissimi sapranno a Trieste dal 2004 e di solito su iniziativa del sindaco viene consegnata annualmente l'onorificenza del "Sigillo trecentesco della città di Trieste" a persone che si sono distinte per avere operato positivamente nell'ambito pubblico (dal 2004 ne sono state consegnate circa 180).Molte sono le persone che hanno ricevuto questo riconoscimento e tra quelle più recenti l'ex senatore Francesco Russo e il presidente del Porto di Trieste Zeno d'Agostino (vorrei ricordare anche la consegna a Teddy Reno al compimento dei 90 anni). Ora propongo al signor sindaco di volere prendere in considerazione la possibilità futura di consegnare tale onorificenza a una persona che a mio modestissimo parere ha dato e sta dando un notevole contributo alla città nel campo turistico. Mi riferisco alla dottoressa Andreina Contessa. Moltissimi triestini ricorderanno che prima del suo arrivo a Trieste nel 2017 come direttrice del Museo storico del Parco e del Castello di Miramare tale struttura era in uno stato "improprio". Forse non tanto il Castello ma per tutto il resto in particolar modo il Parco la situazione era molto lacunosa a mio avviso. Il parterre adiacente al Bar era una landa deserta, gli alberi non avendo una manutenzione erano marci e molti anche caduti e lasciati li, i vialetti e i sentieri non erano oramai agibili da  anni, la fontana antistante il castello era chiusa e il laghetto dei cigni era maleodorante come pure quello che una volta era un piccolo corso d'acqua naturale che defluiva sotto il ponticello in ferro era ormai inesistente (e non vado avanti con il resto tanto che uno si vergognava a portare parenti e amici da fuori a visitarlo). Molte erano state le lettere di lamentela della gente, di tanti politici locali oltre che le mie sul quotidiano locale che denunciavano l'inattività di chi responsabile della situazione non se ne preoccupava minimamente ma la cosa fino al fatidico cambio di gestione risultò completamente inutile. Ora da quando appunto la tutela di questo patrimonio, che è riconosciuto come uno dei castelli più visitati e più belli del mondo anche per la sua particolarità di essere sul mare ha ripreso vita per merito del duro lavoro di una persona che ha preso a cuore questa meraviglia, ha fatto si che torni agli splendori di una volta. Augurando alla dottoressa di continuare come sta facendo ad operare al fine di completare questa perla che da lustro a tutta la città, voglio sperare che visto che Miramar è un bene a cui i triestini tengono in maniera particolare, il signor sindaco prenda in considerazione quanto fin qui scritto e premi una persona che secondo me è pienamente degna di riceverlo forse più di tante altre.

Paolo Fabricci

 

SEGNALAZIONI - Patrimonio - Caserma di Banne - Bene dimenticato

Caro direttore,alcune delle liste che si presentano alle elezioni comunali hanno messo in programma l'utilizzo dell'ex caserma Monte Cimone di Banne: si tratta di un'area non inferiore, per superficie e per pregio, a quella dell'ex Ospedale Psichiatrico di San Giovanni. Nel 2000 il sindaco Illy intendeva valorizzarla e a tale scopo il consiglio della 2.a Circoscrizione ottenne di visitarla: pur non più utilizzati dall'esercito, gli edifici, i campi sportivi e il parco circostante apparivano, a parte qualche segno d'incuria, in perfetto ordine, tanto che si fece una proposta di destinazione dei singoli stabili a fini culturali e sociali. Purtroppo nel 2001 i Cittadini ex Illy avanzarono delle candidature poco affidabili, consegnando il Comune nelle braccia del primo Dipiazza che, innamorato del "salotto buono", abbandonò i progetti delle periferie, compresa la caserma che ha avuto il tempo di venire completamente depredata e devastata. Oggi l'assessore Giorgi, posto di fronte a nuove iniziative per quell'area, mette le mani avanti, affermando che per ottenerla dal Demanio i tempi sarebbero molto molto lunghi (almeno quanto quelli necessari ad acquisire le caserme di via Rossetti, che comunque stanno seguendo lo stesso triste destino); ma se forse si fosse cominciato vent'anni fa ad assecondare le proposte dei concittadini...

Lucio Vilevich

 

 

Come diventare veri apicoltori in sole quattro lezioni online  - INIZIATIVA DEL CONSORZIO E DI BIOEST
Come diventare apicoltori in 4 lezioni. Online. Al via il nuovo corso di avviamento all'Apicoltura 2021 organizzato da Consorzio Apicoltori Trieste e associazione Bioest che prevede lezioni di teoria sul web e pratica sul campo, direttamente in apiario. Lo scopo è imparare a riconoscere e tutelare le api e ottenere gli strumenti per intraprendere l'attività di apicoltore urbano. L'appello del consorzio è di adottare un alveare per salvare una specie a rischio che funge da sentinella della salute del pianeta. La prima lezione si terrà giovedì alle 17 e verterà sulla storia e l'importanza dell'apicoltura e il rapporto delle api con l'uomo. Verrà svolta un'introduzione all'apicoltura e saranno fornite nozioni di morfologia dell'ape. I successivi incontri si terranno giovedì 18 e 25 marzo e 1 aprile, sempre alle 17.«Dal 2013 ad oggi, anno del primo corso - ricorda Tiziana Cimolino di Bioest - il consorzio ha formato più di 300 apicoltori e creato la più grande comunità di imprenditori apistici del nostro territorio, con un approccio più etico e sostenibile».«E da quest'anno, per la prima volta - riferisce il relatore, l'apicoltore e veterinario Livio Dorigo - svolgeremo un corso online. La finalità del ciclo di incontri a distanza - a cui seguirà l'esperienza pratica in presenza - è appunto quella di avviare all'apicoltura nuovi addetti, incrementare e mantenere il patrimonio apistico, gestire l'allevamento nel rispetto dell'equilibrio ecologico naturalistico del territorio, far attuare la lotta alle principali malattie infettive e parassitarie e offrire anche possibilità di integrazione del reddito, grazie alla crescita sul mercato di prodotti naturali a chilometro 0. Ma il messaggio più importante che si vuole trasmettere è quello della necessità di tutelare questi piccoli insetti, così importanti per l'ambiente e per tutta l'umanità».«Purtroppo - aggiunge Cimolino - le api sono in declino, minacciate da pesticidi - alcuni dei quali costituiscono un rischio diretto per gli impollinatori -, perdita di habitat, monocolture, parassiti, malattie e cambiamenti climatici. Adottare un alveare può costituire perciò un atto di tutela ambientale».«Obiettivo del corso - confermano gli organizzatori - è quello di far acquisire ai partecipanti le competenze di base per iniziare ad allevare le api con soddisfazione. ll corso, pur avendo una base teorica, è strutturato essenzialmente sugli aspetti pratici dell'allevamento. Alla base dell'apprendimento ci sarà infatti il confronto con docenti esperti del settore».Informazioni e prenotazioni al 3287908116 e scrivendo a cons.apicoltoritrieste@gmail.com.

g.t.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 marzo 2021

 

 

«Le case in Porto vecchio un traino per tutta la città»

L'analisi degli immobiliaristi. I prezzi? «Fra i 3 e i 5 mila euro al metro quadrato»
Si stima potrebbero abitarci circa 1.100 residenti, in soluzioni vista mare, inserite nei quasi 66 ettari del Porto vecchio. La valorizzazione di quell'area ora trova concretezza nell'Accordo di programma siglato pochi giorni fa da Comune, Regione e Autorità portuale, e apre a nuove opportunità e sfide anche per gli agenti immobiliari. Che da anni guardano con interesse a quegli spazi, non solo per la porzione che verrà riservata alla residenzialità - fino al 70% -, ma anche per il valore che potranno regalare al resto della città. «Trovo intelligente e essenziale aver riservato una percentuale anche elevata alla residenzialità - sostiene Stefano Nursi, presidente Fiaip -: serve a rendere viva quell'area, generando così l'apertura di negozi, attività di servizi, bar e ristoranti che attireranno in quegli spazi anche la movida triestina». Nursi vede di buon occhio pure il trasferimento in Porto vecchio degli uffici della Regione. «Deve diventare una zona di Trieste esclusiva - ritiene -, un contesto capace di attrarre anche nuovi residenti da fuori città». «Io, da genovese - racconta Filippo Avanzini di Gabetti Immobiliare -, ho vissuto la rinascita di Porto Antico con l'Expo Colombiana del 1992. Quegli spazi, ridotti rispetto a quelli del Porto vecchio, un tempo erano il cuore dell'attività portuale e ora accolgono servizi, ormeggi, offerta commerciale, turistica e anche una parte di residenziale». «Lì - aggiunge - è stato trovato il giusto equilibrio, quello che auspico per Porto vecchio: la percentuale destinata al residenziale non deve eccedere per non interferire troppo con l'offerta del resto della città». Guardando a quell'immensa area sul mare, gli agenti immobiliari ne leggono le enormi potenzialità, ma anche i rischi. «È il punto di snodo per l'economia cittadina - sottolinea Andrea Oliva, presidente di Fimaa -: sogniamo tutti una riqualificazione di quell'area da una vita, ma ritengo debba essere un progetto inglobato in una visione più ampia dello sviluppo dell'intera città». Oliva ritiene si debba avere un «occhio attento al calo demografico di Trieste, guardando a Porto vecchio come parte della città e non come progetto a sé stante». Ma quanto potrebbe valere un appartamento in quel contesto? «Non meno di 5 mila euro al metro quadrato - valuta il presidente Fimaa -, è un contesto troppo esclusivo, unico al mondo, per avere prezzi inferiori». Una cifra sulla quale concorda anche Giorgio Calcara, titolare dell'omonima agenzia, che però specifica come «alcune delle soluzioni, soprattutto quelle affacciate sulla Stazione ferroviaria, potrebbero essere poste in vendita a prezzi decisamente inferiori. In sintesi, a seconda della posizione, i prezzi potrebbero oscillare tra i 3 e i 5 mila euro al metro quadrato». Calcara giudica Porto vecchio «un volano per l'intera città» e auspica non ci «sia un unico investitore che monopolizzi l'area, ma che ci sia un ventaglio di proposte». Vede Porto vecchio come un'incredibile opportunità anche Cristina Rufolo dell'omonima agenzia: «È una grande risorsa, ma l'impatto sul resto della città dipenderà molto da come si articolerà il progetto. Il 70% di residenziale è troppo - spiega -, serve una giusta misura che si integri con l'offerta turistica, culturale, commerciale che lì dovrà trovare spazio».

Laura Tonero

 

Virginia Cuffaro -  Il quesito - «Che fine faranno i palazzi lasciati dall'ente del Fvg?»
«Che fine faranno i palazzi che la Regione lascerà dopo il suo trasferimento in Porto vecchio?». Virginia Cuffaro, tra i titolari di Gallery Immobiliare, pone un altro quesito. «Mi chiedo se verranno messi in vendita - si domanda - e a loro volta poi destinati a residenziale. Va fatta una giusta valutazione, tenendo conto delle potenzialità della nostra città, dei residenti, dello sviluppo a lungo termine». Quello che è certo, per l'imprenditrice, è che «c'è una forte esigenza a Trieste di un'offerta residenziale di qualità, la pandemia ha costretto molte persone a vivere la casa in maniera diversa, e ad ambire a case più ampie (anche per lo smart working), confortevoli: c'è molto fermento».

 

Filippo Avanzini - La gradualità' - «L'integrazione sul mercato eviti di creare squilibri»
«L'area di Porto vecchio riqualificata vivacizzerà l'intero mercato immobiliare di Trieste». Filippo Avanzini di Gabetti Immobiliare ne è certo. «Ma a mio avviso serve procedere a piccoli lotti, gradualmente - suggerisce -, con una percentuale non eccessiva di residenzialità, per integrare passo passo la nuova area riqualificata con il resto della città, e in modo tale da non generare squilibri importanti sul mercato immobiliare cittadino». Per Avanzini, per attrarre lì nuovi residenti, «servirà offrire in quegli spazi dall'esclusivo marina al negozio di frutta e verdura o al panificio. Porto vecchio dovrà offrire un po' di tutto e il massimo, per risultare una location molto ambita».

 

 

Ortofrutta a chilometro zero. Bancarelle anche in periferia.

Una Trieste alimentare a "chilometro zero". Lo auspicano due delibere firmate dall'assessore comunale al Commercio, Serena Tonel, e preparate dal direttore delle attività economiche, Francesca Dambrosi.Obiettivi: sostenere la relazione città-campagna, favorire il rapporto produttore/consumatore, garantire prezzi più equi, valorizzare le produzioni locali e stagionali, sondare la possibilità di nuovi canali di vendita, accorciare la filiera commerciale. La risposta della cittadinanza si è rivelata favorevole, per cui avanti. Due delibere per iniziative distinte ma parzialmente convergenti, che vengono calendarizzate dal Municipio dal corrente mese fino al termine del 2021. Una si chiama "Campagna Amica", già nota al consumatore triestino, l'altra è invece una novità dal titolo "Il turismo agricolo in Fvg".La prima è supportata da Coldiretti, la seconda è espressione di quattro produttori agricoli riuniti in un'associazione presieduta da Mauro Bernecich, domiciliata a Medea, che tra gennaio e febbraio ha rodato l'esordio nel capoluogo. Per soddisfare le richieste, Tonel & Dambrosi hanno così provveduto al manuale Cencelli degli spazi. "Campagna Amica" avrà a disposizione ogni santo martedì piazza Vittorio Veneto (quella delle Poste). Il sabato alternerà la presenza tra Campo San Giacomo e piazza Goldoni: marzo è iniziato ieri l'altro nello slargo dedicato al commediografo veneziano, quindi la prossima puntata vedrà alla ribalta il popolare rione nell'area attorno alla parrocchiale. Tutto compreso, un'ottantina di chances per agricoltori-allevatori, che dal Carso, dall'Isontino, dalla Bisiacaria, dal Friuli vengono a vendere i loro prodotti. Da marzo a dicembre "Il turismo agricolo" avrà a disposizione tre spazi periferici/semiperiferici, già testati nel bimestre invernale: ogni martedì campo San Giacomo; ogni mercoledì il parcheggio di via del Carpineto (angolo Ratto della Pileria) a Servola; ogni venerdì via dei Mille (tra l'asilo comunale "Mille bimbi" e la chiesa parrocchiale di Santa Caterina) a San Luigi. Anche i quattro partner isontini potranno presidiare piazza Goldoni nei sabati in cui "Campagna Amica" è a San Giacomo: a marzo saranno le giornate del 13 e del 27. Sommando le quattro opportunità, sono più o meno 140 le date complessivamente a disposizione. Il Comune richiede agli utilizzatori alcune avvertenze di carattere igienico-logistico. La salvaguardia del suolo pubblico, la «costante» pulizia, la corresponsione del canone, parcheggio dei mezzi e allestimento delle bancarelle secondo determinate modalità: accesso prima delle 7.30, inizio della vendita alle 7.45, conclusione alle ore 14, sgombero entro le ore 15.

Massimo Greco

 

 

Ricorso su Chiampore respinto - Traliccio Finmedia da demolire - il comune di muggia prevale al consiglio di stato
«È un momento storico: stiamo creando un precedente a livello nazionale». Così il sindaco di Muggia, Laura Marzi, sulla sentenza emessa lo scorso 3 febbraio dal Consiglio di Stato, sul ricorso proposto da Finmedia contro il Comune di Muggia, che mirava alla conservazione del traliccio di 30 metri di altezza realizzato a Chiampore, in contrasto col piano di delocalizzazione delle antenne approvato dal Comune di Muggia. Ebbene, il Consiglio di Stato si è espresso confermando l'abuso edilizio. «Quando abbiamo intrapreso questa lunga battaglia - ha proseguito Marzi - sembrava che i Comuni non potessero avere alcun potere decisionale, ma questa sentenza, definitiva e inappellabile, dimostra che se l'ente opera scelte razionali, la sua posizione diviene inattaccabile». È stato messo il punto a una storia che andava avanti da febbraio del 2010, quando Finmedia aveva chiesto al Comune di Muggia l'autorizzazione a sostituire due suoi tralicci preesistenti per realizzarne uno unico molto più alto. Autorizzazione che era stata negata dal Comune. Malgrado ciò, Finmedia aveva comunque portato avanti le opere di costruzione e successivamente aveva presentato ricorso al Tar, il quale lo aveva accolto nel 2015. La sentenza era stata appellata dal Comune rivierasco, che aveva ottenuto una vittoria piena al Consiglio di Stato nel giugno 2017 con il capovolgimento totale di quanto stabilito in primo grado. Nel novembre del 2017 il Comune aveva emesso un'ordinanza per la demolizione del traliccio per trasmissioni radiofoniche, nonché il diniego del rilascio del permesso a costruire in sanatoria. L'ordinanza era stata impugnata da Finmedia ma ora il Consiglio di Stato ha dato ragione al Municipio. «È un risultato fondamentale nella battaglia che il Comune sta portando avanti da anni per difendere il diritto di decidere dove si possono costruire i tralicci per gli impianti di telecomunicazioni e far prevalere gli interessi dei cittadini su quelli delle società che gestiscono le antenne», ha affermato l'assessore all'Ambiente, Laura Litteri.

Luigi Putignano

 

Interferenze sulle frequenze radio - Il caso italo-sloveno in Tribunale
I ripetitori Rtv di Antignano e del Nanos contestati dalle due emittenti: il 15 primo round a Trieste
Nel giro di un mese la guerra delle antenne, che contrappone due emittenti private italiane alla Rtv Slovenija, potrebbe trovare soluzione in due appuntamenti-chiave in sede giudiziaria. Il primo si sta approssimando ad ampie falcate: infatti è in programma lunedì 15 marzo davanti al Tribunale di Trieste l'udienza in merito al contenzioso tra la padovana P-Sphera e Rtv. Il secondo riguarderà il Tribunale di Gorizia ed è in agenda mercoledì 14 aprile: l'emittente cattolica Radio Maria versus Rtv . In entrambe le cause patrocina le imprese italiane l'avvocato fiorentino Felice Vaccaro, uno dei maggiori esperti della materia a livello nazionale. Il dossier è piuttosto complesso e presenta implicazioni di carattere internazionale che sono approdate - come vedremo - anche a Bruxelles.Il round triestino è dietro l'angolo. La questione s'impernia sull'impianto Rtv situato ad Antignano (Tinjan in sloveno), un piccolo borgo nella zona di villa Decani. Secondo P-Sphera, si rileva un'«invasione» nell'area triestina determinata da un'irradiazione a 350° mediante uno schieramento di 4 antenne a 2000 watt, quando invece i ripetitori sloveni dovrebbero limitarsi a una potenza di 200 watt avendo direzione a 130° puntata verso l'interno dell'Istria. I «disturbi distruttivi», come li definisce il legale fiorentino che cita la consulenza tecnica affidata all'ingegnere milanese Carlo Galifi, avvengono sulla frequenza 98.900 Mhz verso Trieste. Non esisterebbe invece problema per P-Sphera, che trasmette da Conconello e da Chiampore: tra l'altro la postazione sopra Muggia è stata ceduta a Rmc Italia.Vaccaro ha sollecitato a più riprese Akos (Agenzia slovena per la rete di comunicazione) affinché intervenisse per porre fine alle interferenze, limitando la potenza di Antignano almeno a 500 watt. Ma finora i tentativi, che tra l'altro smorzerebbero ragioni e tensioni giudiziarie, non hanno trovato riscontro da Lubiana. Il secondo round si disputerà a Gorizia. Il contesto processuale è diverso, il merito analogo. In questo caso Vaccaro, legale di Radio Maria, ha impugnato la sentenza del settembre 2020, che in sostanza condannava sia Radio Maria e Rtv a cessare le reciproche interferenze, l'una da Porzus, l'altra dal Monte Nanos. Ma Vaccaro non è d'accordo con il giudice goriziano, perché ritiene che l'entità delle interferenze sia decisamente diversa: Rtv inonderebbe il 70% del territorio regionale giulio-friulano, quando invece quello di Radio Maria sarebbe, in linguaggio tecnico, un semplice "debordo". La slovena Akos è stata sollecitata anche su questo capitolo e anche su di esso - scrive Vaccaro - silenzio assordante. Ma, oltre agli aspetti giudiziari, si evidenzia, come da premessa, un caso internazionale, su cui Vaccaro protesta con una lettera inviata il 3 marzo ai direttori ministeriali (Mise) Pietro Celi ed Eva Spina. I fatti. Lo scorso febbraio si è tenuta a Bruxelles presso la Commissione Ue una riunione del "Radio spectrum policy group", durante il quale il contenzioso Radio Maria P-Sphera/Rtv sarebbe stato travisato e la situazione effettiva venutasi a creare - cioè il mancato intervento regolatorio dell'agenzia slovena Akos - ignorata. Nonostante - incalza l'avvocato - le consulenze tecniche abbiano accertato il livello di interferenza da parte slovena. Nella lettera Vaccaro si dice rammaricato, poiché a Bruxelles, come si evince dal verbale dell'incontro, erano presenti tre rappresentanti italiani: Donato Margarella, Katia Marcantonio, Umberto Mascia. Ma nessuno dei tre - eccepisce infine l'avvocato - ha fatto cenno al doppio contenzioso «benché il ministero Comunicazioni ne fosse stato puntualmente informato».

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 marzo 2021

 

 

«Una visione d'insieme sommata a flessibilità e il Porto vecchio volerà»
Architetti e urbanisti analizzano i contenuti della variante: «Maglie stringenti sarebbero state controproducenti». Sottolineato il ruolo della regia pubblica
Nei secoli le città mutano il proprio tessuto, la storia di Trieste dal '700 a oggi lo prova. Un tempo il cambiamento che oggi attende Porto vecchio sarebbe stato deciso, elaborato sul piano intellettuale e realizzato da un potere centrale, come avvenne per i borghi di fondazione cittadini. Nel labirinto di pesi e contrappesi delle istituzioni contemporanee una decisione verticale di quel genere è inattuabile, ma il bacino di conoscenze di architetti e urbanisti resta un riferimento per una possibile rotta degli enti locali nell'affrontare l'impresa. E tra gli esperti che operano o nascono a Trieste le idee su come si dovrebbe procedere nell'antico scalo non mancano. Il professor Giovanni Fraziano del corso di Architettura di Units a Gorizia avverte: «Oggi i masterplan stringenti che caratterizzarono l'urbanistica fino a qualche anno fa non si fanno più, perché i meccanismi di previsione si sono rivelati contraddittori. Si procede necessariamente a maglia larga». Esiste però una qualità anche in questo modo di fare, precisa: «L'importante è che le istituzioni gestiscano l'aspetto infrastrutturale nel suo senso più ampio, poiché anche il verde va pensato come infrastruttura. Bisogna evitare di ragionare per campiture di aree, una visione superata». Lucia Krasovec Lucas, presidente dell'Associazione italiana donne ingegneri e architetti (Aidia) di Trieste, calca l'accento sulla complessità: «La contemporaneità del piano del Porto vecchio e di quello del centro storico era una grande occasione per mettere in connessione l'area da Campo Marzio allo scalo. La città va pensata come un organismo unico, e le relazioni tra le sue parti vanno decise prima, in modo strategico, guardando la città nel suo insieme attraverso l'interpolazione dei dati. Traslocare servizi rischia soltanto di creare ulteriore disagio». Elia Snidero, che negli ultimi anni ha seguito progetti complessi per investitori stranieri e gruppi internazionali come Ingka Centres, guarda in prospettiva: «È vero che si possono creare dei vuoti. Ma l'operazione di Porto vecchio, se condotta bene e al riparo da manovre speculative, può essere il polmone che consentirà poi di ragionare sui vuoti di tutta Trieste. Il recupero di un simile patrimonio edilizio è questione di sostenibilità, perché lavora sugli spazi interni alla città». Buona, in questo senso, la nascita del Consorzio: «Giusto il ruolo diretto del decisore pubblico, che fa da regia ma offre al privato gli strumenti idonei per sviluppare, questo è il ruolo che deve avere una committenza». Il presidente dell'Ordine degli architetti Thomas Bisiani afferma: «La variante lascia delle maglie larghe, perché progetti troppo stringenti rischiano di non trovare compiutezza. La questione a questo punto è, attraverso quale strumento riempiamo queste maglie? Non può essere una collazione di manifestazioni di interesse. Ad Amburgo il Comune ha avuto un ruolo nel processo di recupero di tutti gli stabili mantenendo le proprietà fino all'ultimo». In ogni caso, conclude, «le crisi dal 2008 a oggi ci ricordano che è vitale restare flessibili». L'architetto Luciano Semerani, che in passato vergò un progetto per il rilancio dello scalo, è pessimista: «Si è buttato via tempo dalla sdemanializzazione di Francesco Russo. Ora c'è l'idea di andare avanti senza un progetto se non una vaga destinazione d'area. Questa è una debolezza e non una forza. Ad Amburgo è stato fatto con altri capitali e in altri modi, gestendola in modo molto più preciso. Scelte operative nette, poche figure, e un grande richiamo di intelligenza internazionale. Cosa che qua non c'è, si snobba completamente l'idea che ci sia una funzione dell'immagine architettonica e urbanistica che apre la strada all'investimento».

Giovanni Tomasin

 

 

Dalle case al golfo - il depuratore pulisce la citta' e dialoga col mare

L'impianto di Servola di AcegasApsAmga e' unico nel suo genere. Grazie alla tecnologia i liquami trattati e rilasciati senza inquinare.

Se i pesci, le alghe e i molluschi che popolano il golfo di Trieste avessero la parola, forse ci direbbero che sono contenti di avere a che fare con qualcuno che "tratta" con loro e tenta di mantenere l'ecosistema marino in equilibrio. In questa sorta di capacità di dialogo con il mare sta il segreto dell'innovazione che rende unico il depuratore di Servola, gioiello tecnologico e super automatizzato targato AcegasApsAmga, di cui tra due giorni (il 9 marzo) ricorre il terzo anniversario dall'avvio. L'impianto, che occupa un'area di 34.500 metri quadrati e rappresenta un ampliamento della struttura già esistente, la cui prima pietra venne posta nel 1929, è stato realizzato con tre anni di lavoro e 52,5 milioni di euro, coinvolgendo diversi enti, in primis la Regione, e permettendo di superare una procedura di infrazione comunitaria che pendeva sulla testa della regione sin dal 2008 (ora il trattamento biologico viene effettuato completamente a terra, come previsto dall'Ue).Il "depuratore che parla con il mare", per usare lo stesso nome e slogan scelti da AcegasApsAmga e dal gruppo Hera, per la grande struttura all'interno dello Scalo Legnami, è il cuore di tutto il processo di smaltimento delle acque reflue prodotte nelle case, negli uffici e nelle fabbriche della città. Depura i liquami di 190 mila persone (mentre per il resto della popolazione sono operativi i depuratori di Zaule a Muggia, Basovizza e Sistiana). Qualcosa come 80-100 mila metri cubi al giorno, fino a 150 mila in occasione di eventi che richiamano in città migliaia di persone (numeri che dall'inizio della pandemia sono rimasti invariati, a differenza di zone dove il calo importante del turismo o il blocco delle fabbriche hanno dimezzato la portata). Le acque reflue confluiscono qui dopo aver attraversato un sistema fognario fatto di 370 chilometri di condotte e 60 di canali e torrenti tombati, e vengono trattate, disinfettate e depurate, per poi essere rilasciate, attraverso due condotte sottomarine parallele di 7,5 chilometri, nel centro del golfo, grazie a 600 torrini che permettono una diffusione omogenea. «È qui che si sviluppa il dialogo con il mare - spiega Paolo Jerkic, responsabile impianti di depurazione per AcegasApsAmga -. Le tecnologie intelligenti permettono di calibrare in modo dinamico l'intensità del processo depurativo, in base ai dati che ci vengono forniti da Ogs e Arpa, che monitorano il mare: l'impianto modifica l'intensità dell'abbattimento di sostanze nutrienti delle quali il mare ha bisogno, come fosforo e azoto, per mantenere in equilibrio l'ecosistema». «In questo modo - evidenzia Andrea Cain, responsabile dell'impianto di Servola - più che ridurre l'impatto ambientale, possiamo governarlo. Questa caratteristica rende il depuratore unico: si è investito su questo aspetto perché il golfo di Trieste ha fondali bassi ed è abbastanza chiuso, andavano adottate soluzioni per rendere sempre più efficace e sostenibile il processo di depurazione». Il depuratore è enorme, eppure vi lavora solo una decina di persone, grazie all'alto livello di automazione e al sistema di telecontrollo, che consente all'impianto di rimanere "da solo" di notte, monitorato in remoto. Le stesse tecnologie avanzate sono state utilizzate per superare il problema degli spazi ridotti: qui si realizzano trattamenti che avrebbero necessitato di una superficie cinque volte più ampia. Ma come avviene il "viaggio" delle acque reflue dei triestini dalle case al mare? Il sistema fognario è composto da due collettori, quello di zona bassa e quello di zona alta (per le zone alte, come Cattinara), che fanno entrare i liquami nella parte originaria del depuratore, sotto la galleria di Servola. La portata media dell'acqua in ingresso è di circa 4 mila metri cubi all'ora, ma varia a seconda delle giornate e degli orari (le punte si toccano nelle prime ore del mattino). Qui avviene il trattamento primario: attraverso un sistema di griglie a maglie via via più strette si trattengono i materiali solidi, dai cerotti ai cotton fioc, fino a quelli della grandezza di un micron, e si separano gli oli e le sabbie. A questo punto le acque passano sotto la ferrovia attraverso una condotta e arrivano nella parte nuova dell'impianto, per il trattamento biologico. Qui le acque vengono depurate grazie a colonie di batteri che "mangiano" i composti organici e azotati trasformandoli in gas e sostanze innocue per il mare. Le acque entrano in 16 vasche nelle quali sono sospesi miliardi di microsfere in Biostyrene avvolte da una pellicola di batteri che aggrediscono gli inquinanti. In una seconda fase si replica il procedimento attraverso microsfere di Biolite. Si procede poi con un trattamento chimico-fisico e, infine, con la disinfezione, senza prodotti chimici, ma attraverso 240 lampade a raggi ultravioletti, che bruciano gli ultimi residui batterici prima che entrino in mare. La durata del "viaggio" casa-golfo? Circa 4 ore. All'interno dell'impianto, «che legge la città nelle acque», come ricorda il responsabile comunicazione AcegasApsAmga Riccardo Finelli, vi sono poi macchine che raccolgono i fanghi derivanti dai processi, le cui sostanze organiche vengono trasformate in biogas per ricavare energia elettrica. I fanghi vengono poi pompati al depuratore di Zaule e trasformati per uso agricolo.

Elisa Coloni

 

Abbandona mattonelle in strada: sanzionato - intervento della polizia ambientale

Il Nucleo di Polizia ambientale della Polizia Locale di Trieste è riuscito a individuare il responsabile di un abbandono di materiale edile in zona Campanelle. Tutto è partito dalla segnalazione di un residente; gli operatori hanno effettuato un sopralluogo, verificando l'effettivo abbandono di alcuni cumuli di mattonelle rotte. Da un'ispezione dei rifiuti sono riusciti a risalire al proprietario di un appartamento situato poco distante. Convocato in caserma, ha confermato la realizzazione dei lavori di ristrutturazione "in economia" avvalendosi di un suo conoscente, ma si è dichiarato estraneo all'abbandono del materiale, poiché se ne era occupato il suo conoscente. Gli operatori sono riusciti a risalire al responsabile, che ha ammesso l'abbandono del materiale. Per lui 600 euro di sanzione e l'obbligo di rimuovere immediatamente i rifiuti e smaltirli a norma di legge.

 

 

A Muggia partiti i lavori di manutenzione del verde pubblico - DA VIA MAZZINI A VIA SAN GIOVANNI
Muggia. Partiti, a Muggia, alcuni lavori di manutenzione del verde pubblico che riguarderanno, nello specifico, entrambi i lati di via Mazzini, il tratto compreso tra il civico 5 di via Tonello e il civico 1 di piazzale Curiel, il tratto di salita di Muggia vecchia compreso tra il numero 53 e l'antica porta del borgo medievale di Muggia vecchia, intitolata a Sant'Odorico, su entrambi i lati della carreggiata, e, infine, la zona adibita a parcheggio a lato dell'area gioco posta all'altezza dei condomini di via San Giovanni corrispondenti ai civici 14/a, 14/b e 14/c. I lavori dovrebbero concludersi entro il 15 aprile. Nel frattempo è stato istituito un divieto di sosta con rimozione forzata per tutti i veicoli nelle aree oggetto dei lavori di potatura e sfalcio. Con determina dirigenziale dello scorso 23 febbraio è stato deciso di affidare agli imprenditori agricoli Fabio Parovel e Giorgio Millo, entrambi di Muggia, il servizio di supporto al decespugliamento e pulizia delle aree verdi comunali fino al 31 dicembre 2021, per un importo totale di 66 mila 600 euro (dei quali 36 mila 600 a Parovel e 30 mila a Millo), mediante la stipula di una convenzione. Tra i compiti previsti la pulizia di tombini, bocche di lupo, chiusini e griglie stradali, quella di canalette e canali di scolo di acque, lo sfalcio dell'erba, il decespugliamento di cigli, scarpate e bordi stradali, oltre alla potatura completa di alberature consistente nel taglio di tutti i rami al di sotto di 4 metri, lo sfoltimento generale della chioma della pianta. Lavori al verde pubblico che da un po' di tempo sono oggetto di critiche sui social, soprattutto relativamente agli abbattimenti di alberi e alle potature, per alcuni troppo radicali.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 marzo 2021

 

 

Villa Necker aperta alla città - Già 550 firme - la petizione
È stata illustrata ufficialmente ieri la petizione attiva su Change.org per riaprire al pubblico lo spazio verde di Villa Necker che fa parte oggi della sede del Comando militare dell'Esercito "Friuli Venezia Giulia", stretto tra via Belpoggio, viale Terza Armata e salita al Promontorio. L'ha lanciata nei giorni scorsi il Comitato "Ritorno al Parco", che si è costituito a novembre ma si è presentato appunto ieri alla stampa. «Il filo rosso che ci accomuna - così Giuliano Gelci, portavoce del comitato assieme a Margherita Sartorio Mengotti e Chiara Fabbretti - è abitare vicino al parco e per alcuni di noi averci vissuto e giocato 40 anni fa».A ieri la petizione ha già raccolto il favore di 550 persone, ha sottolineato un altro membro, Rino Lombardi. Una volta raggiunto un numero congruo di firme, il documento verrà consegnato al sindaco Roberto Dipiazza: «La senatrice Tatjana Rojc - ha sottolineato Gelci - ha già inviato una lettera al ministero della Difesa. Serve uno sblocco delle carte». Il comitato, è stato spiegato, si mette a disposizione per intervenire in maniera diretta e indiretta su pianificazione, programmazione e conduzione di questa riconosciuta isola di biodiversità, assieme anche ad alcune associazioni. L'obiettivo è anche reperire fondi europei per l'iniziale manutenzione straordinaria. «Il parco oltretutto è anche pericoloso, visto che poco tempo fa è caduto un albero vicino alla strada», ha concluso l'attore Maurizio Zacchigna, che ha recitato alcune letture come membro del comitato, di cui fanno parte anche Roberto Weber, Lucia Krasovec Lucas e Paola Comuzzi.

Benedetta Moro

 

 

Piano delle opere da 3,5 milioni - La costa di Muggia protagonista
La cifra più consistente, 1,3 milioni, ai lavori fra Porto San Rocco e Punta Olmi - Investimento di oltre 702 mila euro per la palazzina degli spogliatoi allo Zaccaria

MUGGIA. È di quasi 3 milioni e mezzo di euro la spesa prevista nel programma triennale delle opere pubbliche 2021-2023, approvato dal Consiglio comunale muggesano. La cifra più importante è quella destinata al secondo lotto della riqualificazione del tratto costiero muggesano: 1.316.000 euro totali che saranno investiti fra Porto San Rocco e Punta Olmi. Seguono gli 800 mila euro necessari alla tanto attesa riqualificazione funzionale dell'edificio di via Roma, che diverrà la prima sede delle associazioni muggesane. La primavera del 2021, dunque, dovrebbe vedere il progetto legato alla palazzina di proprietà comunale iniziare a concretizzarsi. È di 702.930,72 euro, invece, l'investimento a fronte del quale sarà realizzata la palazzina degli spogliatoi dello stadio Zaccaria, che può contare complessivamente sui 600 mila euro che il Comune è riuscito a ottenere dalla Regione nell'ambito della cosiddetta concertazione sulle intese con l'Uti Giuliana e su 102 mila euro da un finanziamento statale. Si concretizza, quindi, l'inizio dei nuovi lavori alla struttura di servizio del campo sportivo muggesano che, come sottolinea l'assessore ai Lavori pubblici Francesco Bussani, «ci permetteranno di realizzare finalmente gran parte di quanto avevamo pensato per quell'area. Il nostro impegno non si concluderà, però, con l'ottenimento di questo obiettivo: rimarranno poi da fare il campo piccolo e la pista di atletica».Infine, a fronte di una spesa di 285 mila euro, da quest'anno si interverrà anche nel recupero di un'area agricola in salita di Pianezzi, mentre 363.155,10 euro saranno invece messi in campo per la sistemazione di parte di piazzale ex Alto Adriatico, con un primo step di interventi da 150 mila euro quest'anno e una seconda più consistente tranche da 213.155,10 euro nel corso dell'anno successivo. «Molto resta ancora da fare - ha commentato Bussani - ma sono convinto che facendo le cose nei tempi e nei modi giusti, si possa rendere sempre più Muggia un posto a misura d'uomo, dove è bello vivere e dove è piacevole recarsi in visita». «Si è riusciti a portare avanti diversi importanti progetti - così il sindaco Laura Marzi - che nel corso dei prossimi anni porteranno alla conclusione di interventi già in corso e altri che, dopo la parte puramente burocratica, possono finalmente passare alla concretizzazione de facto andando di certo ad alzare ancor più l'asticella della qualità della vita dei nostri concittadini».

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 marzo 2021

 

 

Tre firme per la svolta - Un ambasciatore porterà Porto vecchio nel mondo
Siglato da Dipiazza, Fedriga e D'Agostino il patto sul riuso dopo decenni di attesa - Una figura di alto profilo ne farà conoscere le opportunità a livello internazionale
Dopo decenni di tentativi andati a vuoto, la firma dell'Accordo di programma di ieri ha aperto la strada a uno sviluppo non più solo teorico del Porto vecchio. A farsene carico sarà l'ente nato dalle firme del sindaco Roberto Dipiazza, del presidente Fvg Massimiliano Fedriga e del presidente dell'Adsp Zeno D'Agostino: il Consorzio Ursus, il cui volto sarà un "ambassador", è stato rivelato ieri. Una figura di alto profilo incaricata di portare il verbo del Porto vecchio sullo scenario internazionale. La firma si è tenuta nel salone della Stazione idrodinamica. La pandemia impediva che il pubblico fosse quello delle grandi occasioni, sicché la cerimonia si è svolta in forma "privata": ad assistervi la stampa e gli uffici di Comune, Regione e Adsp che all'accordo han lavorato per mesi. A far da padrone di casa un sindaco Dipiazza in fibrillazione: «L'aereo che da tempo rullava sulla pista oggi decolla - ha dichiarato dopo i ringraziamenti di rito -. La variante esprime una visione chiara dell'assetto del Porto vecchio, al contempo è uno strumento flessibile, consente di dare libertà agli imprenditori, che conoscono i dettami dell'investimento meglio della pubblica amministrazione». Dipiazza ha sintetizzato le direttive di sviluppo, dall'espansione del centro storico alla parte turistico-nautica verso il mare e quella verde-sportiva a nord: «Il sistema misto che include tutti i magazzini storici è il cuore della variante, qui saranno ammessi commerciale, alberghiero e residenziale, al massimo al 70% per ogni magazzino». Il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino ha aggiunto: «La valenza di quello che avviene oggi sta nella composizione del futuro Porto vecchio pensata dalla variante al Piano regolatore. Qui la storia che spira da tutte le pareti si unisce alla voglia di sostenibilità e innovazione della nostra pianificazione». Fondamentale per la guida dell'Adsp la nascita di Ursus: «Il pubblico oggi dà sostanza alla costituzione di un soggetto che finalmente lavorerà solo per il Porto vecchio. È la bella immagine di un'amministrazione pubblica che crea le condizioni perché il privato porti lavoro e ricchezza». Oggi, ha aggiunto, «è importante dare immagini di riferimento e penso che l'Ursus sia un'immagine potente, su cui vale la pena costruire».L'intervento più corposo, però, è stato quello del presidente Fedriga, che ha confermato l'intenzione della Regione di costituire una sede unica nei magazzini 2 e 4 e annunciato l'interessamento di Cassa Depositi e Prestiti per lo sviluppo dell'area: «Gli sforzi fatti finora in Porto vecchio sono tanti e grandi, ma sono stati tutti fatti entrando dalla finestra, per così dire. Con questa firma si apre la porta principale per attirare investimenti». Poche aree in Europa, ha proseguito, hanno questa potenzialità: «Sarebbe uno spreco non sfruttarla, anche perché l'interesse è grande». In questo contesto Fedriga colloca l'ingresso della Regione nel Porto vecchio, inaugurato dal prestito di 26 milioni al Comune e dall'accordo sui magazzini 2 e 4: «Stiamo portando avanti le procedure per spostare tutte le sedi all'interno dello scalo. Lo scopo è favorire gli investimenti, perché non ci limitiamo a mettere a posto due edifici, ma porteremo mille persone che renderanno vivo il tessuto del quartiere. Quando arriveranno le imprese, troveranno già un terreno pronto». La Regione sta discutendo del tema anche con Cassa Depositi e Prestiti che ha costituito una società assieme a Snam per finanziare a fondo perduto aree verdi di riqualificazione urbana: «Loro stessi ci hanno prospettato questa possibilità». Ora il Comune ha un mese di tempo per far approvare al Consiglio comunale la variante al Piano regolatore, e 60 giorni per costituire il Consorzio Ursus. Su chi occuperà le cariche apicali c'è ancora molto riserbo, ma il sindaco ha annunciato che il volto sarà per l'appunto un "ambassador": «Una figura di alto profilo che possa far conoscere questa occasione straordinaria a livello internazionale».-

Giovanni Tomasin

 

Luci e ombre per Russo - Consorzio già in ritardo e pochi fondi dal Comune»
Il "padre" della sdemanializzazione soddisfatto dei risultati ottenuti con il suo lavoro in Parlamento, ma teme il dilatarsi dei tempi
Preoccupazione per il dilatarsi dei tempi riguardanti la creazione della società di gestione e per i fondi a disposizione del Comune per la stessa. Sono i temi messi sul piatto da Francesco Russo a margine della firma dell'Accordo di programma.«Sono contento perché la mia legge ha reso possibile l'avvio di questa intesa - queste le parole del vicepresidente del Consiglio regionale - ma rimango perplesso sul tema della società di gestione che dovrà nascere per gestire la riqualificazione dell'area». Due cose, in particolare, non convincono il padre della sdemanializzaione del Porto Vecchio. «Nel 2019 Fedriga disse che in poche settimane si sarebbe costituita - ricorda - mentre oggi leggo che forse appena fra due mesi ci sarà la firma che la farà nascere. Un annuncio che suona chiaramente a campagna elettorale». L'altro aspetto che lascia perplesso l'ex senatore riguarda i fondi a disposizione della futura società. «Leggo che l'ente disporrà di 300 mila euro: 160 mila dal Comune e 70 mila a testa da Regione e Autorità Portuale. Ricordo però che, grazie a un mio emendamento, nel 2016 il governo Renzi aveva conferito un milione di euro al Comune per la creazione della società di gestione. Ora lo stesso Comune ne mette sul piatto solo 160 mila. Per quale motivo - si chiede Russo - i rimanenti 840 mila sono stati destinati ad altri capitoli di spesa? Intanto - conclude - speriamo che fra 60 giorni ci sia la firma della fondazione di questa società. Per vedere operativa la quale, però, toccherà aspettare la prossima amministrazione».--

Lorenzo Degrassi

 

Antonione senza rimpianti - «Ci avevamo visto giusto - Ora ottimismo e velocità»
L'ex sottosegretario forzista fu uno dei primi sostenitori del progetto - Nel 2004 tentò di avviare l'iter per riconvertire l'area con l'Expo
Soddisfazione e sguardo rivolto al futuro, senza rimpianti per quanto si sarebbe potuto fare già anni addietro e non fu fatto. È questo il pensiero di Roberto Antonione, segretario generale dell'Ince e, nel 2004, sottosegretario agli Esteri quando, in occasione della candidatura per l'Expo di quattro anni dopo, si fecero i primi tentativi per la sdemanializzazione del Porto Vecchio. «Bisogna sempre guardare in positivo - sottolinea Antonione - senza pensare a cosa si sarebbe potuto portare a casa 16 o 17 anni fa. La natura ci insegna che se un frutto si trova su un albero e non cade significa che non è ancora maturo, perciò penso che fosse necessario aspettare che i tempi lo diventassero». Guardare avanti con cognizione di causa, dev'essere questo ora il modus operandi di tutti gli attori in campo. «L'importante adesso è procedere con celerità - aggiunge l'ex senatore -. Quelli che all'epoca sostenevano la sdemanializzazione del porto possono solo avere la soddisfazione personale di averci visto giusto molto prima, ma è ben poca cosa rispetto a quanto ci prefiggiamo di avere nel prossimo futuro. È una firma molto importante - aggiunge - mi sembra si evidenzi un passo decisivo nella trasformazione di quella che abbiamo sempre considerato un'area strategica per lo sviluppo della città e della regione, anche se non ho elementi diretti per giudicare direttamente l'Accordo di programma a causa della situazione personale contingente, sono in quarantena in quanto positivo al Covid, seppure asintomatico. Ma penso che da oggi si possa guardare con soddisfazione e speranza al futuro del territorio».

L.D.

 

 

Aurisina e la mobilita' green: si punta su rotatorie e ciclabili

Il nuovo piano presentato in commissione: focus sulle rotonde per la baia e Duino

DUINO AURISINA. Intermodalità e ottimizzazione delle infrastrutture al servizio del trasporto pubblico e privato, a cominciare dalla realizzazione delle rotatorie di accesso a Sistiana mare e a Duino. E ciclopedonalità. Sono queste le parole d'ordine che rappresentano il fulcro del nuovo Piano urbano per la mobilità sostenibile, il cosiddetto Pums, che il Comune di Duino Aurisina sta predisponendo. Il documento redatto dalla giunta guidata dal sindaco Daniela Pallotta e frutto del lavoro congiunto di vari assessorati, è stato presentato nel corso della seduta della Seconda commissione consiliare, presieduta da Chiara Puntar, esponente della nuova formazione politica Alleanza per Duino Aurisina. «Un testo di partenza - ha precisato Massimo Romita, che è titolare in giunta, fra gli altri, degli assessorati a Viabilità e Ambiente - per una politica che punta proprio alla mobilità sostenibile. Elemento focale - ha aggiunto Romita - sarà l'intermodalita', perché nel nostro territorio ci sono due nodi ferroviari, a Visogliano e al Bivio di Aurisina, fondamentali per chi utilizza il sistema del "treno+bici", pratica che vogliamo favorire alla pari del trasporto intelligente, che consiste nell'agevolare l'informazione in tempo reale».Lorenzo Pipan, assessore ai Lavori pubblici, ha definito il Pums «uno strumento flessibile, con l'obiettivo di permettere un utilizzo sempre meno frequente dell'automobile. Il Piano sarà anche un provvedimento collettore - ha continuato Pipan - nel quale inserire tutte le iniziative che possono fare da corollario al concetto, sul quale insistiamo, della mobilità sostenibile».E lo stesso Pipan ha poi parlato della «necessità di inserire Duino Aurisina nella rete regionale dei percorsi cicloturistici e di collaborare, per la realizzazione del Piano, con gli altri enti: la Regione, i comuni confinanti e la Slovenia». Specifico il richiamo da parte di Pipan «all'integrazione del Pums con il piano antirumore». Forti anche i riferimenti al miglioramento della sicurezza sulle strade, «da attuare perfezionando la segnaletica», alla riduzione dell'inquinamento atmosferico, all'aumento dell'efficienza e della economicità dei trasporti, «perché Duino Aurisina - ha ricordato - è territorio di grande transito per e da Trieste».Non è mancata una critica da parte dell'opposizione, con Igor Gabrovec (Lista Insieme) in testa: «Questa amministrazione sforna continuamente progetti, ma di concreto non c'è moltissimo, eppure il centrodestra governa questo Comune da un quarto di secolo, fatta eccezione per la parentesi della giunta Kukanja». Un attacco al quale Puntar ha replicato così: «I cinque anni di Kukanja hanno portato il Comune sull'orlo del commissariamento. Ma al di là delle polemiche lo spirito che ci anima è quello della condivisione delle scelte con tutto il Consiglio e con la popolazione e della ricerca delle soluzioni tecniche e qualitative più adatte, tenendo in considerazione le esigenze che emergono dal basso».-

Ugo Salvini

 

 

 

IL LAUREATO - La tesi-indagine di Daniel sulla siccità e la foresta carsica.

Uno studio sulla siccità e il relativo impatto sulle foreste: ecco il tema della tesi di Daniel Marusig, 26 anni, laureato all'Università di Trieste in Ecologia dei cambiamenti globali. Il 26enne monfalconese ha indagato con sperimentazioni in laboratorio e sul campo un punto in particolare: alla luce dei nuovi cambiamenti climatici, in che modo il substrato roccioso contribuisce a conservare dell'acqua a favore della crescita della foresta carsica. Un lavoro particolare, terminato con un esito positivo, che ha vinto anche il premio "Eugenio Rosmann", il riconoscimento in ricordo di uno degli attivisti di punta del Wwf di Monfalcone. Da quali basi ha iniziato il lavoro? Sono partito dal dato di fatto che in ambiente carsico i suoli sono poco profondi, circa 20-30 centimetri di terra, per fare posto poi al substrato roccioso. Che cosa avete scoperto? Che si può trovare comunque una vegetazione rigogliosa in questo ambiente. Questo, perche la roccia carsica può essere anche molto porosa, grazie alla sua componente calcarea. In questo modo l'acqua che resta nella matrice rocciosa puo aiutare la vegetazione in eventi di siccità. Come ha condotto lo studio? Lo studio è stato diviso in una parte fisiologica e una parte di telerilevamento tramite i satelliti messi a disposizione dall'Unione Europea tramite il programma Copernicus, fatti apposta per il monitoraggio della vegetazione. Abbiamo anche rilevato delle misure in ambito geologico, effettuando delle scannerizzazioni con il georadar del sottosuolo dei boschi che abbiamo preso in considerazione. Abbiamo cosi visto l'aspetto in tutte le sue sfaccettature. Ho realizzato questa tesi con il contributo dei professori Andrea Nardini, Alfredo Altobelli, Luca Zini e il dottor Francesco Petruzzellis. Nella pratica? Con tre docenti abbiamo visto il problema da tre punti diversi. Con Nardini, fisiologo delle piante, abbiamo eseguito su due livelli delle misure fisiologiche sulle piante. Uno prevedeva la misura in bosco, il secondo la piantumazione in serra di frassini con breccia calcarea (roccia molto porosa) o dolomia (roccia piu compatta). L'obiettivo era di osservare variazioni di stress riconducibili al substrato. La tesi e stata pubblicata? E' stato pubblicato un primo articolo sulla rivista Forests del gruppo MDPI e poi uno sulla rivista New Phytologist, una rivista scientifica particolarmente prestigiosa pubblicata per conto della New Phytologist Foundation dall'azienda editoriale Wiley- Blackwell. Che cosa fa ora? Un dottorato di ricerca sempre in Scienze della vita a Udine con il professor Gemini delle Vedove. Mi sono focalizzato sull'Ecologia delle culture proteiche (legumi, quinoa ecc.). L'obiettivo e gestire l'agricoltura in modo più sostenibile anche in vista dei cambiamenti climatici. Il dottorato dura cinque tre anni. Qual e il suo obiettivo a breve termine? Per adesso m'interessa la carriera accademica in ambito ecologico e botanico, che permette di spaziare molto. Dopo la laurea sono stato ad esempio un anno all'università Cattolica, nella sede di Piacenza, e ho studiato gli aspetti botanici ed ecologici per quanto riguarda la vite e il nocciolo.

Benedetta Moro

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 marzo 2021

 

 

Residenze, hotel, negozi crociere e spazi verdi: Porto vecchio nel futuro - lo sviluppo dell'area
Oggi Comune, Regione e Autorità portuale firmano l'Accordo di programma sulla trasformazione dell'area. Le premesse per il quarto borgo del centro
Sulla carta, sono le premesse per il quarto borgo del centro di Trieste. Il Comune, la Regione e l'Autorità portuale firmeranno oggi l'Accordo di programma sul Porto vecchio alla Centrale idrodinamica. Il plico di cartine, tabelle e documenti che l'accompagna delinea la trasformazione del vecchio scalo asburgico in un nuovo quartiere. Prevede lo sviluppo dei magazzini storici in armonia con il centro (abitazioni, commercio e alberghi), una linea fronte mare destinata a nautica e alla crocieristica, un polo culturale e congressuale attorno al magazzino 26, e infine tutta la parte nord destinata allo sport e al verde. L'accordo promesso a fine 2019 e a lungo rimandato è ormai cosa fatta. La variante al piano regolatore, allegata al testo, ristruttura l'inquadramento normativo del Porto vecchio, rendendo possibile la vendita degli immobili che verrà affidata al Consorzio Ursus (vedi articolo a parte). Nella documentazione allegata si trovano anche i verbali delle riunioni tra gli uffici, e i botta e risposta fra gli enti riguardo questo o quell'aspetto normativo. Carte che spiegano, almeno in parte, come mai i tempi di approvazione si siano trascinati fino a oggi. Ma veniamo ai contenuti. L'area di pertinenza del Demanio marittimo arretra verso il mare, tenendo la linea di costa, i moli, il complesso Adriaterminal e alcuni edifici. Il gruppo principale dei magazzini asburgici rivolti verso la città (quelli compresi fra l'ingresso sud e gli edifici 17-18-19) dovrà svilupparsi senza grandi soluzioni di continuità rispetto al centro, seguendo i vincoli sui beni culturali. La categoria prevista prevede fino al 70% di residenziale, destinazioni alberghiere, commercio al dettaglio, servizi ma anche centri direzionali (con particolare attenzione alle attività digitali). Gli uffici hanno previsto maglie ampie, così da dare la massima flessibilità agli investitori. Fanno eccezione i magazzini 2 e 4, destinati al solo uso direzionale: sono quelli che la Regione si accinge a incamerare in seguito all'anticipo al Comune dei 26 milioni per le urbanizzazioni. Un accordo che, ricordiamo, ha sciolto l'antico nodo della concessione a Greensisam, che terrà in locazione i magazzini restanti 1a, 2a e 3. Il primo e l'ultimo, affacciati al golfo, avranno le stesse destinazioni potenziali degli altri magazzini storici. Sono gli unici, però, per cui è prevista la possibilità di un ampliamento. Il 2a, invece, rientra tra le "attrezzature per la viabilità e i trasporti", confermando le ipotesi di un parcheggio. Il viale inaugurato dai magazzini 2 e 2a è destinato ad "attrezzature per il verde, lo sport e gli spettacoli all'aperto". Tra le previsioni urbanistiche, c'è anche l'ipotesi di farvi passare un domani la cabinovia (tema su cui gli uffici regionali, in sede di confronto con il Comune, hanno mostrato qualche perplessità).Il nucleo di edifici attorno a magazzino 26, Centrale idrodinamica e centro congressi conferma la destinazione culturale, museale e sociale degli stessi. Proseguendo verso nord troviamo, verso monte, edifici e aree destinate al verde e allo sport (inclusa la potenziale piscina terapeutica), mentre a mare si prospetta un'area definita "costiera del Porto vecchio", a scopo ricreativo. Torniamo alle parti che restano in mano all'Adsp. Il molo IV e il molo III hanno destinazione "turistica nautica" e saranno collegati sulla linea di costa da un sistema di banchine pedonali. Il complesso di Adriaterminal avrà come scopo "portualità passeggeri, turistica e servizi connessi": ovvero un terminal crociere. Fuori dal demanio, avranno finalità "turistico nautiche" pure i magazzini 24, 25 e 30, affacciati sullo specchio d'acqua: lì saranno possibili servizi, alberghi, commercio. È previsto anche che i magazzini più recenti, privi di valore storico e architettonico, spesso malandati, possano essere eliminati ed eventualmente sostituiti da edifici coerenti con il contesto. Una volta firmato l'accordo, il Consiglio comunale avrà un mese di tempo per ratificarlo. Se questa visione possa davvero fare del Porto vecchio il quarto borgo del centro, dopo il Teresiano, il Giuseppino e il Franceschino di imperial memoria, saranno gli enti e il Consorzio Ursus a doverlo dimostrare.

Giovanni Tomasin

 

Partono cosi' i sessanta giorni di tempo per costituire il Consorzio di gestione.

L'Ursus si occupera' di alienazione e concessione degli edifici e di promozione sui mercati. Tre i componenti del Cda.

Firmato l'accordo, Comune, Regione e Autorità portuale avranno 60 giorni di tempo per costituire il Consorzio per la valorizzazione del Porto vecchio Ursus (Urban Sustainable System). Questo omonimo del leggendario pontone sarà incaricato di gestire le operazioni di alienazione e concessione dei magazzini. Dovrà quindi partire in fretta e, soprattutto, i tre enti soci dovranno trovare una dirigenza e una visione all'altezza. L'ente avrà un fondo di dotazione iniziale da 300 mila euro, 160 mila dal Comune e 70 mila rispettivamente da Regione e Adsp. Il contributo determina il numero di quote di ogni socio, sicché palazzo Cheba partirà con 160 quote, e gli altri enti ne avranno 70 ciascuno. Entro il 31 dicembre di ogni anno il Consorzio dovrà approvare un "Piano di valorizzazione operativo", che servirà da programma per la dismissione o la concessione delle aree e degli immobili del Porto vecchio per il successivo triennio. Ma l'ente si occuperà di ogni aspetto della riqualificazione dell'area, compresa la sua pubblicizzazione e proposta sui mercati. La cabina di regia sarà l'Assemblea consortile, composta da un rappresentante per ognuno dei soci. Avranno un potere di voto proporzionale alla percentuale di quote del consorzio detenute. L'Assemblea si riunirà almeno due volte l'anno, tra le altre cose approverà i piani di valorizzazione e nominerà i vertici del Consorzio (Cda, presidente, vicepresidente). Per la partecipazione alle sedute dell'Assemblea non sono previsti indennità, compensi o rimborsi spese: in compenso deciderà l'entità dei compensi per i tre membri del Cda, per il direttore e il revisore dell'ente. Il Cda è il vero organo di gestione. I consiglieri saranno scelti ognuno da un socio e avranno incarichi di durata quadriennale. Lo Statuto richiede che abbiano «esperienza amministrativa, imprenditoriale o professionale nel settore della valorizzazione dei patrimoni immobiliari pubblici e/o privati», con almeno 5 anni di attività apicali in amministrazioni pubbliche o in organismi privati. Il Cda avrà nel concreto il compito di gestire la vendita o la concessione degli spazi, e nominerà il direttore del Consorzio, che si occuperà della macchina dell'ente. Tra i suoi fini, il Consorzio ha anche «massimizzare le risorse economiche da destinare all'Autorità di sistema portuale per gli interventi di infrastrutturazione del Porto nuovo e delle nuove aree di punto franco», come previsto dalla legge di sdemanializzazione dello scalo. A tal proposito spetterà ad Ursus anche stabilire quale percentuale degli introiti andrà al Comune che, facendo da "operatore immobiliare" per l'Adsp, ambisce a una parte di quel 100% che la legge destinerebbe alla Torre del Lloyd.Nel concreto chi si sobbarcherà tutto questo lavoro? Recita lo Statuto: «Per lo svolgimento delle proprie funzioni il Consorzio si avvale di personale, dirigenziale e non, messo a disposizione da ciascuno dei soci, che ne sostengono i relativi costi». Last but not least, i termini dell'Accordo di programma prevedono, letteralmente, che «anche in virtù del suo nome» il Consorzio si faccia carico anche del suo celebre omonimo, che torreggerà un giorno sulle acque davanti al Porto vecchio. --

G.Tom.

 

 

Ogs conferma Del Negro direttore generale - «Buona scienza e lavoro stabile le priorità»
La ricercatrice friulana, nominata per un altro quadriennio al vertice dell'ente triestino, fissa gli obiettivi da qui al 2025
«Ogs deve essere un ente in cui si fa buona scienza e si creano posti di lavoro. Questo è per me l'obiettivo più importante». Parola di Paola Del Negro, riconfermata direttore generale dell'Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale per il quadriennio 2021-2025. L'Istituto scommette dunque ancora una volta sulla scienziata friulana, laureata in Scienze biologiche, componente del Collegio di dottorato in Biologia ambientale dell'Università di Trieste. Correlatore di 40 tesi sperimentali, vanta una lunga esperienza come ricercatrice anche al Laboratorio di Biologia marina, è stata prima direttore della Sezione di ricerca di Oceanografia di Ogs e poi, nel 2018, direttore generale dell'ente, nomina riconfermata ieri. Di particolare interesse sono i programmi di ricerca nazionali e internazionali, nonché i progetti europei che hanno visto Del Negro assumere anche l'incarico di coordinatore. Sono, infatti, oltre 30 le campagne cui ha preso parte nel mare Adriatico, mentre tre quelle nel mare di Ross (in Antartide) in cui ha svolto il ruolo di responsabile dell'unità operativa.«La conferma di Paola Del Negro attesta quanto per Ogs sia fondamentale garantire le stesse opportunità a uomini e donne nelle posizioni di governance - afferma Nicola Casagli, presidente dell'Ogs -. Inoltre l'ente potrà avvantaggiarsi delle sue competenze ed esperienza già maturate come direttore generale». Del Negro ringrazia per la fiducia che le è stata accordata e spiega che nei prossimi anni proseguirà le attività avviate nel corso del suo primo mandato, «che si era aperto nel 2018 - ricorda - con la formalizzazione delle stabilizzazioni di 35 persone. Una grande soddisfazione per me: è uno dei processi che mi piacerebbe portare avanti. Il personale complessivamente impiegato è di 300 persone, quasi al 50 per cento donne e, soprattutto negli ultimi anni, abbiamo avuto molti studenti di dottorato provenienti da università estere. È un ottimo segnale, che va nella direzione di consolidare Ogs come fonte di lavoro di qualità». Sulla questione di genere nella scienza spiega: «C'è ancora lavoro da fare, perché le donne nelle posizioni di vertice non sono molte, quindi sono doppiamente contenta per questa mia nomina». Poi aggiunge: «Lavorerò anche per favorire l'integrazione del comparto amministrativo con quello della ricerca, al fine di rafforzare lo spirito di appartenenza al nostro ente che ricopre un ruolo strategico perché unisce le competenze su terra e mare».

Elisa Coloni

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 marzo 2021

 

 

Il Lido di Staranzano fino a Punta Barene fa i conti con la plastica
Accanto ai rami e ai detriti scaricati dalla foce dell'Isonzo a preoccupare è il materiale da pesca con boe e polistirolo
STARANZANO. È di nuovo invasa da una valanga di rifiuti la costa che si allunga dal Lido di Staranzano fino a Punta Barene e alla Riserva regionale della Foce Isonzo-Isola della Cona. Accanto a elementi naturali come tronchi, rami e detriti scaricati dall'Isonzo, si aggiungono bottiglie di plastica e vetro. Ma il vero problema riguarda il materiale da pesca quali boe, reti di plastica, cassette e imballaggi di polistirolo, portato a riva dalle mareggiate. È vero che il 14 marzo è già programmata una pulizia di diverse aree della Riserva, ma si leva un coro di proteste di visitatori a difesa di un'oasi naturalistica di livello internazionale che si presenta con questo brutto biglietto da visita. A far sentire la sua voce è in particolare Alessandro Mazzoli, docente monfalconese di Italiano, Storia e Geografia che insegna in un istituto pordenonese il quale, la scorsa domenica, assieme ad altre persone è andato in visita all'Isola della Cona percorrendo quasi l'intero tratto dell'argine che porta fino a Punta Spigolo. «I temi di natura ambientale - afferma Mazzoli - mi sono cari da tempo. Se un turista italiano o straniero francese, tedesco o sloveno visita questi posti, trovando questo orrendo spettacolo, come parlerebbe della Cona? In primo luogo non tornerebbe più parlandone negativamente con tutti quelli che conosce. Non è accettabile che una delle più belle oasi si trovi in queste condizioni». Secondo il docente la prevista pulizia è una cosa positiva e meritoria però non basta. «Credo che ci siano problemi di natura strutturale e organizzativa nel senso che per tenere in ordine la Riserva, non si può fare affidamento solo su una pulizia saltuaria. Puntare sull'ottimo lavoro dei volontari - sottolinea - è solo una misura tampone e poco efficace. Tanto più ci vuole personale qualificato per tirare su del materiale come le boe. Al danno alla salute della flora e della fauna, poi, si aggiungono quelli dei cavalli che si trovano a mangiare letteralmente del polistirolo. È un danno d'immagine per la nostra regione».Una situazione critica anche per il Lido che, ciclicamente, deve bonificare l'area. Intanto alcuni buontemponi, con tronchi e rami, hanno costruito una capanna indiana...

Ciro Vitiello

 

Rogos pronta a ripulire chiama tutti i volontari - domenica 14 marzo
STARANZANO. La Rogos, cooperativa che ha in gestione la Riserva della Foce Isonzo e la Sbic, Stazione biologica dell'Isola della Cona, suonano la carica con largo anticipo per dare modo a tanti di organizzarsi per "ramazzare" l'area partecipando a una pulizia di circa 8 ore programmata per domenica 14 marzo con inizio alle 9. Per aderire basta inviare una mail all'indirizzo info@rogos. it con il proprio nominativo e un recapito telefonico, mentre il luogo di ritrovo verrà comunicato agli iscritti via mail. Sono invitati solo gli adulti equipaggiati con un abbigliamento comodo, stivali di gomma, guanti da lavoro. La Rogos provvederà a fornire il pranzo al sacco a tutti i volontari.«L'area naturalistica ha bisogno di noi - spiegano i promotori - perché l'arrivo dei rifiuti nella Riserva rappresenta solo uno stadio intermedio in quanto se non raccolti possono entrare nella catena alimentare causando danni ancora maggiori all'ecosistema. Per questo motivo la sensibilizzazione del pubblico è fondamentale per arginare e bloccare il problema sul nascere, ma in attesa di una maggiore presa di coscienza da parte di coloro che ancora abbandonano materiale vario in zone dalle quali viene poi trasportato in giro, dobbiamo provvedere a smaltire quanto già si trova sulle sponde". L'evento a numero chiuso, avviene nel rispetto delle normative relative all'emergenza Covid-19. La partecipazione è gratuita e diventerà effettiva solo al ricevimento della conferma da parte dello staff della Rogos. La pulizia sarà anche un'occasione per compiere osservazioni sulla fauna dell'area protetta.

CI. VI.

 

 

Da piazza Libertà a Servola: 1.100 nuovi punti luce in città
Per Comune e Hera interventi per quasi tre milioni: nella lista anche via Giulia, Porto vecchio e Barcola. Nei prossimi mesi si opererà a Monte Grisa
Quasi 3 milioni di euro, oltre 1.100 punti luce rinnovati da inizio 2020 a fine marzo 2021, che porteranno a una riduzione dei consumi del 50%, e un ulteriore milione e 200 mila euro già previsti per altri interventi, tra i quali quello di Monte Grisa, segnalato più volte dai cittadini. Questo in sintesi l'impegno del Comune sul fronte della manutenzione straordinaria degli impianti di illuminazione pubblica, con un piano presentato ieri dall'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, insieme al direttore di Strade e Verde Andrea de Walderstein, al responsabile Giorgio Tagliapietra e ai rappresentanti di Hera Luce Diego Radin e Fabio Bortolini. In molte delle zone su cui si sono concentrati i lavori, sono state recepite le richieste pervenute dalle circoscrizioni e dai residenti. «Abbiamo investito - ricorda nel dettaglio l'assessore - 2 milioni e 900 mila euro, per migliorare i punti luce attuali e per provvedere alla sostituzione di quelli obsoleti, garantendo il massimo efficientamento energetico e la sicurezza sia in zone periferiche che centrali, a tutto beneficio dei cittadini. Per i prossimi mesi - prosegue - abbiamo già stanziato un ulteriore finanziamento di 1 milione e 200 mila euro, che ci consentirà di realizzare altri interventi di manutenzione straordinaria della rete d'illuminazione. Tra i progetti già approvati - ricorda ancora - ci sarà anche quello relativo a Monte Grisa, che ormai da tempo i cittadini ci chiedevano». Tra le anticipazioni di Lodi anche una maggior attenzione riservata in futuro agli attraversamenti pedonali, per i quali verranno previsti, anche in questo caso, sistemi di illuminazione moderni, per rendere i passaggi più visibili, anche con pannelli a led, lampeggianti, chiaramente evidenti da entrambi i lati della carreggiata. Tutti i punti luce sono realizzati con un'alta percentuale di materiali riciclabili, grazie ai quali sarà possibile il recupero della maggior parte delle materie prime al termine della vita utile degli impianti, una novità che va nella direzione dell'economia circolare e della tutela dell'ambiente. Lungo l'elenco delle vie e delle zone interessate dagli interventi, tra le tante via Giulia, piazza Libertà, Porto vecchio, Barcola, viale XX Settembre, l'area di villa Revoltella, le strade di Servola e via Modiano. Alcune opere poi sono previste nelle prossime settimane, come ad esempio nel rione di San Vito e in quello di San Giacomo. Durante l'incontro di ieri è stato ricordato infine che, in caso di malfunzionamenti o guasti agli impianti di illuminazione pubblica o ai semafori cittadini, affidati in gestione dal Comune ad Hera Luce, è disponibile il numero verde 800.498.616, gratuito da rete fissa e mobile, attivo ogni giorno, 24 ore su 24.

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 marzo 2021

 

 

Scienziati in allarme per l'invasione delle noci di mare nell'Adriatico
Paolo Paliaga, docente all'Università di Pola: «Con la temperatura del mare in rialzo c'è da attendersi una massiccia proliferazione»
POLA. La comunità scientifica rilancia l'allarme per la minaccia che incombe sul fondo del mare e di conseguenza sulla pesca e sul turismo nell'Alto Adriatico in seguito al diffondersi della noce di mare (Mnemiopsis leidyi), un invertebrato innocuo per l'uomo che assomiglia molto alla medusa ma non lo è. Il fenomeno viene tenuto sotto costante osservazione da parte di una task force formata tre anni fa da studiosi italiani, sloveni e croati che da allora sono impegnati nella ricerca di un rimedio che scongiuri in Adriatico i danni già causati da questo organismo in altre parti del mondo, dal Mar Nero al Baltico e al Caspio.Sotto accusa sono anche le acque di zavorra, che servono a stabilizzare una nave in navigazione e durante le operazioni di carico e scarico delle merci: si tratta di acque che vengono prelevate di solito sotto costa o nel porto e, una volta che la nave arriva a destinazione, scaricate: attraverso di esse possono transitare e dunque arrivare diverse specie non indigene. La noce di mare è stata avvistata per la prima volta nel Mediterraneo nel 1982 e nell'Adriatico - golfo di Trieste compreso - nel 2005. Ma solo nell'estate 2016 se ne è verificata una vera esplosione demografica, con presenze massicce nella laguna di Marano e Grado, lungo il litorale ovest dell'Istria e tutte le coste adriatiche italiane, fino a Pescara. In una intervista rilasciata all'agenzia di stampa croata Hina in questi giorni, Paolo Paliaga, docente alla Facoltà di Scienze naturali nell'Ateneo istriano di Pola, ricorda che la noce di mare proviene originariamente dalla costa sud orientale degli Stati Uniti d'America e dal Golfo del Messico. E anche quest'anno, «nel caso che a fine primavera o all'inizio dell'estate l'acqua del mare si riscaldi sensibilmente - ha sottolineato Paliaga - c'è da attendersi una massiccia proliferazione dell'organismo, una vera e propria esplosione demografica» in Adriatico e in particolare «lungo la costa occidentale dell'Istria». La minaccia per la pesca è rappresentata dal fatto che questi invertebrati lunghi fino a 12 centimetri divorano uova e pesci piccolissimi rendendo sempre più povere le acque adriatiche: in pratica alterano lo sviluppo della catena alimentare, perché sottraggono cibo a molti pesci, come acciughe e sardine, e ne predano uova e larve. Inoltre si adattano facilmente in tutti gli ambienti e a diverse salinità. Per di più sono organismi ermafroditi con un'impressionante capacità riproduttiva: un solo individuo può produrre migliaia di uova al giorno. E non hanno nemici naturali per cui possono svilupparsi indisturbatamente. Facilmente intuibili poi i danni per il turismo: non può essere piacevole tuffarsi in un mare dove proliferino questi organismi. Cosa fare dunque per neutralizzare o perlomeno arginare la minaccia? Già tempo fa, in Croazia, i tre sindaci di Parenzo, Rovigno e Cittanova avevano avviato una collaborazione dei rispettivi Comuni mirata al monitoraggio e alla ricerca, comprendendo l'Istituto di Agronomia e Turismo di Parenzo e lo stesso Paliaga. Gli studiosi croati e sloveni dell'Istituto oceanografico Rudjer Boskovic di Rovigno e della Stazione di biologia marina di Pirano collaborano da tempo con l'Ogs (Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale) di Trieste, che peraltro qualche tempo fa aveva ideato una app per contribuire alla raccolta d'informazioni sugli avvistamenti delle noci di mare.

Valmer Cusma

 

 

Le isole croate puntano sulle energie rinnovabili - Nuovi fondi dall'Ue - il progetto comunitario
Fiume. A Bruxelles è stato dato il via alla seconda fase del progetto di transizione energetica delle isole che fanno parte dell'Ue, piano attuato da un consorzio guidato dall'azienda belga 3E, specializzata in programmi di energia rinnovabile. Nei prossimi due anni, il consorzio attuerà le linee guida dettate dalla Segreteria per le Isole comunitarie, l'organismo della Commissione europea fondato su iniziativa del socialdemocratico Tonino Picula, eurodeputato croato nativo di Lussinpiccolo. Grazie al suo impegno, alla Segreteria sono andati 2 milioni, quale contributo per realizzare l'iniziativa intitolata Energia pulita per le isole dell'Europa comunitaria. La prima fase, attuata con successo, ha riguardato cinque isole del Quarnero e della Dalmazia: Cherso, Lussino, Brazza, Curzola e Lesina. Le amministrazioni di queste isole hanno preparato negli anni scorsi piani di transizione energetica (il passaggio da fonti energetiche non rinnovabili a quelle rinnovabili e sostenibili), che potranno venire candidati all'ottenimento di mezzi attinti da fondi comunitari. Per il procedimento di candidatura quale partner regionale è stata scelta l'associazione croata Pokret otoka (Movimento isole). Dall'Ufficio di Picula è stato diffuso il comunicato in cui si afferma che la Segreteria per le Isole comunitarie si impegnerà nel 2021 e l'anno dopo nell'appoggiare quelle isole che non avevano aderito alla prima fase, indirizzando le amministrazioni verso progetti che si prefiggono di sostituire i combustibili fossili con solare, vento, pioggia, maree, onde ed energia geotermica. Alla prima fase avevano aderito 26 isole. Lussino, Cherso, Lesina, Curzola e Brazza erano state scelte perché giudicate idonee alla transizione energetica.

A. M.

 

 

La senatrice DEM - Rojc scrive al ministro: riaprire villa Necker
Il Pd fa sapere che la senatrice Tatjana Rojc ha scritto al ministro della Difesa Lorenzo Guerini per sollecitare lo sblocco delle pratiche che permetterebbero ai triestini di tornare a fruire dello storico parco che circonda Villa Necker, attualmente sede del Comando militare dell'Esercito "Friuli Venezia Giulia". Rojc auspica che gli uffici del ministro «possano intervenire presso il Demanio e sbloccare una situazione ferma da anni».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 marzo 2021

 

 

Le rane in cammino dal Carso verso il mare protette dai volontari che rallentano le auto
Gli esperti della Rogos e i Tutori zone umide hanno accompagnato gli escursionisti tra gli stagni raccontando la loro attività serale
C'è un microclima che sta peggiorando, perché è negativamente condizionato dai sempre più frequenti e improvvisi mutamenti delle condizioni atmosferiche, che mettono in difficoltà le specie animali locali. È questo il quadro emerso ieri agli occhi del nutrito gruppo di escursionisti che hanno aderito all'iniziativa denominata "La marcia degli anfibi" - organizzata con i contributi del Comune di San Dorligo della Valle e della Regione e proposta dalla Rogos, la cooperativa sorta nel 2006 per studiare, gestire e comunicare le meraviglie degli ambienti naturali della Venezia Giulia - svoltasi sul versante che da Pese scende verso Draga Sant'Elia. È qui che si sono dati appuntamento - per svelare le meraviglie del Carso - quei volontari che in questo periodo, muniti di giubbini catarifrangenti, girano di sera lungo le strade che dal Carso scendono verso il mare facendo rallentare le auto ed evitando così la strage delle rane in cammino. «Un esempio recente di questo microclima che danneggia il corso della vita di diverse specie - ha spiegato Gaia Fior, consulente scientifica dell'Associazione tutori degli stagni e delle zone umide del Friuli Venezia Giulia, che collabora con la Rogos - si è avuto in occasione del crollo delle temperature di pochi giorni fa, che ha fatto seguito al primo accenno di primavera. Rane e rospi erano usciti attirati dal primo tepore del 2021 e si sono trovati spiazzati quando l'acqua degli stagni si è tramutata in ghiaccio, provocando la morte di alcuni esemplari. Ma una morìa ben più diffusa delle rane e dei rospi che vivono in questa zona - ha ricordato l'esperta - si registrò lo scorso anno, in coincidenza con il primo lockdown, quando ci fu un lungo periodo di totale assenza di piogge, proprio nel momento dell'anno nel quale questi anfibi escono dal letargo invernale. La difficoltà nel trovare l'acqua decretò la morte di molti esemplari».L'occasione di ieri è stata ideale anche per focalizzare l'attenzione su quello storico patrimonio rappresentato dai 122 stagni censiti, che caratterizzano il circondario di Trieste e che, per decenni, funsero da serbatoio naturale della famose "jazere". «In alcuni punti - ha sintetizzato Fior - si crearono, nel tempo, numerosi bacini d'acqua, di poca profondità e contenuta dimensione, accanto ai quali i contadini scavarono grandi pozzi, poi rivestiti in pietra. Nel periodo invernale, l'acqua degli stagni ghiacciava e coloro che si dedicavano a questa attività staccavano i pezzi di ghiaccio che si formavano negli stagli e li sistemavano nelle "jazere", coprendoli per conservarli e poi rivenderli. Il prezzo era molto elevato, perché in quell'epoca poter conservare cibi e bevande con il ghiaccio era motivo di ricchezza. Sembra che un chilo di ghiaccio valesse quanto una corrispondente quantità di carne. Ho notevoli dubbi invece sull'autenticità dei racconti in base ai quali una parte del ghiaccio fosse rivenduta addirittura in Egitto, dopo una lunga traversata via mare». Ma ieri, come si è detto, si è anche fatto il punto su una delle principali attività dell'Associazione tutori stagni e zone umide del Fvg, di cui è presidente Carlo Fonda, che prevede la salvaguardia di rane e rospi i quali, in questa stagione, attraversano le strade della parte bassa del territorio di San Dorligo per raggiungere le aree più umide e gli stagni più vicini al mare. «Ogni anno sono decine di migliaia gli animali, tra i quali appunto rospi e rane dalmatine - hanno spiegato Fior e Fonda - che percorrono svariati chilometri per raggiungere gli stagni e che in questo tragitto si trovano a incrociare tratti stradali dove possono rischiare di venir travolti. Noi andiamo sulle strade specie di sera, facendo un lavoro di segnalazione, per evitare che il passaggio dei mezzi in transito comporti vere e proprie stragi».

Ugo Salvini

 

In primavera aumentano i rischi di investire animali selvatici. A chi rivolgersi in caso di incidente

La convivenza tra uomo e animale selvatico non sempre è facile, gli esempi di questi "incontri-scontri" formano una lunga lista e riguardano tra gli altri lupi, orsi, cinghiali e così via. Si tratta di momenti che diventano particolarmente problematici quando si verificano nei pressi delle zone abitate e lungo le strade. Tra gli animali che sulle strade fanno una brutta fine ci sono, senza dubbio, gli anfibi: nelle notti tra febbraio e aprile rane, rospi, salamandre, raganelle, tritoni iniziano la loro transumanza in direzione degli specchi d'acqua al fine di deporre le uova e fecondarle. Durante questo tragitto, però, molti perdono la vita nel momento in cui tentano di attraversare la carreggiata, schiacciati dalle macchine in transito. Per consentire agli anfibi, ma anche a tutti gli animali selvatici di muoversi in sicurezza, Guido Iemmi, responsabile dell'associazione animalista Lav Fvg spiega che possono esserci alcune soluzioni: «Ci sono dei progetti "intelligenti" che prevedono lo sviluppo di appositi sensori che, in caso di concreta possibilità di collisione, allertano il guidatore e dissuadono gli animali». Inoltre si possono creare "corridoi ecologici", cioè ponti e tunnel in grado di consentire il passaggio alla fauna selvatica. La primavera è alle porte e, con il suo arrivo, si risveglia la Natura: gli animali selvatici inizieranno a breve a uscire dai boschi e magari "invadere" le strade. E, purtroppo, anche a venire investiti. Ma l'imprevedibilità degli animali non può considerarsi l'unica responsabile degli incidenti: gran parte della colpa è imputabile al mancato rispetto delle norme di circolazione, alla superficialità e alla poca attenzione da parte degli automobilisti. Sui social sono innumerevoli le storie che vedono protagonisti animali selvatici incidentati ritrovati agonizzanti o senza vita a bordo strada. Il servizio a cui compete il soccorso della fauna selvatica coinvolta in sinistri è l'unità periferica di Trieste del Corpo forestale regionale, contattabile allo 040-3775826. Anche la Polizia locale, attraverso la sua pagina Facebook "Agente Gianna", offre la sua assistenza: in caso di bisogno, chiamare il "112", numero unico per tutte le emergenze o la Sala operativa della Polizia locale al numero 040-366111. In alternativa c'è anche la ditta Arca, autorizzata dalla Regione, reperibile al 345-2556155. Allo scopo di accelerare i tempi, i cittadini possono portare privatamente gli animali bisognosi di cure al Centro di recupero dell'Enpa di via Marchesetti 10/4, aperto ogni giorno dalle 8 alle 20. In questo periodo di emergenza, la struttura rimane chiusa al pubblico: prima quindi telefonare allo 339-1996881, numero attivo tutti i giorni dell'anno. La segreteria dell'Enpa invece, risponde al numero 040-910600, dal lunedì al venerdì, dalle 14 alle 20.

Nicole Cherbancich

 

 

Per il servizio civile si fanno avanti 398 ragazzi triestini: in palio 214 posti
Adesione molto ampia a al nuovo bando per un'esperienza in campo sociale
Sono 398 le domande presentate dai ragazzi triestini per partecipare al servizio civile 2021, a fronte di 214 posti disponibili. Un boom di richieste, dettato da vari fattori, tra i quali anche la possibilità di trovare un impiego, seppur a tempo determinato. Il bando si è chiuso il 17 febbraio, rivolto a giovani tra i 18 e i 28 anni, che ora si preparano alle prossimi fasi, in particolare al colloquio con i responsabili dei vari progetti.«Trieste risponde sempre positivamente - commenta Alberto Meli, coordinatore di Infoserviziocivile Friuli Venezia Giulia - rispetto al resto della regione anno dopo anno è sempre più sensibile, sia come numero di progetti, sia come partecipazione. C'è comunque, soprattutto in questi tempi di pandemia e crisi economica, anche la componente occupazionale, che risulta molto forte. Mentre alcuni settori lavorativi vivono evidenti problemi, il servizio civile invece è una macchina che non si ferma, è chiaro quindi che gli introiti previsti possano risultare interessanti per i giovani». Il servizio civile prevede un impegno di 12 mesi, per 25 ore settimanali, con un assegno mensile di 439,50 euro. Serve però dimostrare un reale interesse.«Siamo nella fase dei colloqui - prosegue Meli - una chiacchierata che per il 40% punta sulla valutazione dei titoli che la persona possiede e per il 60% sulla motivazione. Si considera, in pratica, quando realmente un ragazzo vuole dedicarsi a ciò che ha richiesto». Secondo una circolare nazionale, i colloqui si possono fare in presenza solo se i giovani si presentano con un tampone negativo, altrimenti la soluzione è per la conversazione da remoto, con un collegamento online. Molti hanno chiesto di poter lavorare con i disabili. «L'assistenza in generale è l'ambito più gettonato - ricorda Meli - sia nei confronti di persone con handicap, sia come supporto agli anziani. Le altre categorie, nelle quali si inseriscono i vari progetti, sono la promozione culturale, l'animazione e la tutela ambientale, tutti inseriti in enti pubblici o del privato sociale. C'è, ad esempio, il doposcuola per i bambini o l'animazione nelle case di riposo, anche se al momento, causa Covid, ci sono ovviamente alcune limitazioni».Scade oggi invece il bando per gli enti che vogliono presentare progetti di servizio civile solidale destinati ai minorenni, esperienza unica in Italia e finanziata esclusivamente da fondi regionali.

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 febbraio 2021

 

 

Fiab critica costi e rischi della ciclabile sull'Ospo - il progetto di collegamento con la Parenzana
MUGGIA. Torna sugli scudi la ciclabile da Muggia all'Ospo. Per la sezione rivierasca di Fiab Ulisse - così recita una nota diffusa ieri - il progetto della pista ciclabile che parte dalla rotatoria dell'Ospo e si sviluppa appunto in direzione Muggia, i cui lavori dovrebbero iniziare tra poco, non rispetta la normativa vigente. Il tratto in questione, nel progetto iniziale, doveva collegare il porto di Muggia fino alla Parenzana nell'ambito della ciclovia di interesse regionale Adriatica, la cui realizzazione prevedeva una spesa di 140 mila euro finanziati dalla Regione. Ma ora che l'opera è stata appaltata - spiega ancora la nota - l'intero finanziamento sarà impiegato per realizzare solo un quarto del percorso previsto, con una spesa al metro lineare di quasi 400 euro: «Una follia - sottolinea Jacopo Rothenaisler referente di Fiab Muggia - per 360 metri da realizzare su marciapiedi», senza un percorso a se stante rispetto alla strada. Nel merito delle scelte operate dal Comune di Muggia, Fiab aveva già espresso il proprio dissenso per «l'elevato costo, la pericolosità del tracciato e la sostanziale inutilità di un'opera realizzata secondo questi criteri». «Si deve smettere - sottolinea a sua volta l'ex assessore Marco Finocchiaro da socio Fiab - di progettare percorsi ciclabili che mettono in pericoloso conflitto pedoni e ciclisti e che non servono a promuovere né il ciclismo urbano né il cicloturismo».

LU.PU.

 

 

Eurotech trasforma le api in sentinelle ambientali: così l'alveare intelligente potrà salvare il clima
Il gruppo informatico ha ideato un dispositivo da piazzare sul torace degli insetti. Collaborazione con due scuole di Gradisca e Staranzano
Sulla Terra circa 200 milioni di anni fa non c'erano né fiori né api. Oggi, nel 2021, l'intera vegetazione del pianeta e 3/4 delle colture importanti per la nostra alimentazione, hanno bisogno degli insetti impollinatori per continuare a vivere. Le api però stanno soffrendo e le cause sono tante: agricoltura intensiva, utilizzo smodato di pesticidi, invasione di parassiti e virus patogeni, inquinamento, cambiamenti climatici. Le api ci dicono che la temperatura è alta ed è ora di invertire la rotta. Un minuscolo dispositivo posto sul torace degli insetti per tutelare la loro salute e monitorare il loro comportamento in tempo reale è l'idea nata da Eurotech, multinazionale tecnologica friulana con sede ad Amaro (oltre 100 milioni di fatturato nel 2019), insieme agli studenti della V elettronica dell'istituto Itt Guglielmo Marconi di Staranzano e dell'Istituto Tecnico Agrario Giovanni Brignoli di Gradisca d'Isonzo all'interno del progetto Genki, acronimo per "Global environment network, knowledge and involvement - dal dato alla consapevolezza", attuato da alcune scuole della regione in collaborazione con Lega Ambiente Fvg che ha previsto, tra le altre cose, anche l'installazione nelle scuole coinvolte di centraline con sensori sofisticati per il rilevamento di gas, inquinanti e non, presenti nell'aria, sempre messe a punto da Eurotech che permette ad esempio di misurare le quantità di anidride carbonica, anidride solforosa, polveri sottili. I dati raccolti confluiscono poi sul web con la possibilità di leggerli e a disposizione del territorio e delle persone. A ciò si aggiunge un altro tassello grazie all'alveare intelligente che darà informazioni sull'effetto dell'ambiente sulle api stesse, monitorando i loro movimenti all'esterno e all'interno dell'alveare.«Abbiamo messo a disposizione la tecnologia di Eurotech per creare l'alveare intelligente. Si tratta di mini transponder, sensori piccolissimi, che verranno posti sul torace di un campione di api per monitorare il loro comportamento - commenta Roberto Siagri Ceo di Eurotech, azienda quotata in borsa con 330 dipendenti a livello di gruppo, circa 110 ad Amaro e gli altri dislocati nelle sedi negli Stati Uniti, Giappone, Francia e Inghilterra».Il transponder - prosegue - è dotato di Rfid, radio-frequency identification, identificazione a radiofrequenza, per l'identificazione e memorizzazione automatica di informazioni inerenti a oggetti, animali o persone, basata sulla capacità di memorizzazione di dati da parte di particolari etichette elettroniche, chiamate tag. Questa identificazione avviene mediante radiofrequenza, grazie alla quale un reader è in grado di comunicare e aggiornare le informazioni contenute nei tag che sta interrogando. Per capirci, il transponder più conosciuto è il telepass che permette agli automobilisti che viaggiano in autostrada di passare attraverso il casello senza doversi fermare effettuando il pagamento del pedaggio autostradale in automatico poiché il codice identificativo del trasponder è associato al conto corrente bancario di chi ha stipulato il contratto Telepass. L'Rfid posto sul torace delle api funziona nello stesso modo raccogliendo informazioni leggibili da internet sulla geolocalizzazione dell'insetto sul territorio o su quando entra o esce dall'alveare. I ragazzi della V elettronica del Marconi e quelli dell'istituto agrario si sono appena trasformati in apicoltori hi-tech con il progetto di "alveare intelligente", usando sistemi IoT (Internet of Things) gli apicoltori potranno monitorare la propria colonia e raccogliere informazioni utili non solo per intervenire in caso di bisogno, ma anche per fornire dati utili alla ricerca sulle api. «Grazie alla collaborazione tra le varie sezioni della scuola - chiarisce Marco Fragiacomo, dirigente scolastico dell'Itis - si arriverà a sviluppare un interessante progetto che costituirà anche un'ottima occasione per praticare il contatto con le aziende del territorio, cioè l'alternanza scuola lavoro, con un'azienda molto innovativa come Eurotech».Per l'esperimento, i ragazzi hanno utilizzato un'arnia di legno prodotta da un'altra azienda innovativa nel settore dell'apicoltura, che bene si presta per essere posizionata nel parco della scuola. L'arnia diventerà un alveare intelligente grazie ai sensori e alla componente elettronica fornita da Eurotech. I dati saranno poi resi disponibili sul web.Una di queste centraline per il controllo della qualità dell'aria è stata installata infatti proprio al Brignoli di Gradisca d'Isonzo dove sarà posizionato un secondo alveare intelligente che potrà servire per monitorare l'effetto delle sostanze inquinanti sulle api. I dati racconteranno infatti la vita all'interno di una delle arnie e quali sono i fattori esterni che influenzano la loro salute. Si tratta di un'evoluzione dall'IoT all'Internet of Behavior - IoB, basato sull'utilizzo di dati raccolti con strumenti digitali per agire sui comportamenti degli animali ma anche dell'individuo. Indicato secondo Gartner come la "madre" dei trend tecnologici strategici del 2021 si tratta cioè di raccogliere dati comportamentali attraverso gli strumenti digitali messi in campo (sensori, Rfid).

Lorenza Masè

 

«Un terzo del nostro cibo dipende dal loro polline: impariamo a proteggerle»
Intervista a Francesco Nazzi professore di Zoologia e Apidologia all'Università di Udine e autore di diversi libri specialistici sul tema
Trieste. Contribuiscono all'impollinazione di circa i tre quarti delle colture importanti per l'alimentazione umana e dell'85% delle piante selvatiche. Le api stanno soffrendo e le cause sono numerose: dai cambiamenti climatici all'utilizzo di pesticidi e fitofarmaci fino alla minaccia di un acaro parassita diffuso in quasi tutto il mondo. "Le api oggi dimostrano come i problemi a carico di un singolo nodo di questa rete intrecciata che sono gli ecosistemi, si possono ripercuotere sull'intera comunità, dalle api alle piante e da queste all'uomo" dichiara il Professor Francesco Nazzi professore di Zoologia e di Apidologia e apicoltura all'Università di Udine e autore di diversi libri tra cui "In cerca delle api: Viaggio dall'alveare all'ecosistema" (Hoepli Editore).Professor Nazzi, come stanno le api in Fvg, Italia e Europa? La situazione è abbastanza simile. Ogni anno perdiamo circa il 20% degli alveari e alla fine dell'inverno, gli apicoltori devono spesso constatare come all'incirca una colonia ogni cinque nei loro apiari è venuta meno durante la stagione fredda. Il numero complessivo di alveari non è drasticamente calato in tempi recenti solo perché le perdite vengono rimpiazzate a primavera dagli apicoltori con sforzi sempre maggiori. La stessa situazione si replica a livello italiano, europeo e anche nordamericano mentre è senz'altro migliore nell'emisfero meridionale e in Oceania.In che modo i cambiamenti climatici mettono a rischio le comunità di api? Ad esempio possono determinare lo sfasamento fra le fioriture e i cicli biologici delle api. L'innalzamento accelerato delle temperature, in primavera, può tradursi in un inizio precoce dell'attività delle api ma anche dei parassiti che, infine possono raggiungere in estate numeri intollerabili per la colonia. Un mondo unico in natura per efficienza e complessità, quali sono i comportamenti più affascinanti delle api? Le api come noi umani e pochissimi altri animali possiedono un linguaggio simbolico, sono cioè in grado di comunicare attraverso il linguaggio della danza la direzione e la distanza esatta di un luogo favorevole per la raccolta di nettare. Lezioni dalle api sulla gestione della pandemia? Gli insetti sociali e anche le api hanno un comportamento per cui l'insetto ammalato si autoesclude dalla circolazione e dagli scambi interni all'alveare riducendo così la possibilità di infettare gli altri individui, come se mettessero in atto una sorta di una quarantena volontaria. Qual è il ruolo delle api all'interno del nostro ecosistema?Contribuiscono sostanzialmente all'impollinazione di circa i tre quarti delle colture importanti per l'alimentazione umana. Senza di loro dovremmo rinunciare a 1/3 di ciò che mangiamo. Le api fattore di produzione del miele?L'apicoltore, se non vuole che le sue api muoiano, deve prendere dalle api solo il surplus di miele che esse producono. L'apicoltore rapace, che volesse prendere più di quello che producono in eccesso, farà morire di fame le proprie api. Che cosa significa per lei "sviluppo sostenibile"? La natura con tutti i suoi cicli è una maestra di circolarità e di conseguenza di sostenibilità. Sarebbe bello riuscire a fare un passo avanti rispetto all'ottica strumentale per cui dobbiamo difendere le api perché ci servono in quanto offrono dei servizi, e imparare a difendere ogni pezzetto dell'ecosistema, in ragione della strettissima interdipendenza di tutti noi che ne facciamo parte. La simbiosi tra piante e api dimostra infatti che nell'ecosistema nessuno conduce vite separate.

l.m.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 febbraio 2021

 

 

GORIZIA - «Va cambiata la strategia anti-smog»
Oggi si chiude la zona rossa, goriziani ligi, nessuna multa. L'assessore Del Sordi: «Servono misure almeno regionali»
Oggi è l'ultimo giorno di zona rossa anti-smog in un ring del centro. Un mero palliativo, non risolutivo, con quelle due ore (dalle 18 alle 20) di blocco al traffico imposto ai mezzi più vecchi. Ma il Comune, sulla scorta delle indicazioni fornite ancora dalla Regione targata Serracchiani, deve prevederla. A prescindere. Intanto, va detto che i goriziani si sono dimostrati rispettosi. Non è stata comminata nessuna multa, a sentire il comandante della Polizia locale, Marco Muzzatti. Ma la stessa amministrazione comunale più di qualche perplessità ce l'ha su questa maniera di gestire un tema, quello dell'inquinamento, considerata poco efficace. «In questi giorni, ci sono state alcune segnalazioni dell'Arpa di sforamento delle Pm10, in concomitanza del bel tempo ma la situazione, in ogni caso, è felice a Gorizia per quanto concerne la qualità dell'aria. Oggi, si conclude questo periodo: la zona rossa è un intervento preso sulla base di norme regionali che ho sempre contestato nella sostanza - spiega l'assessore comunale all'Ambiente, Francesco Del Sordi -. Perché? Perché non si può pensare a provvedimenti comunali per affrontare un problema di carattere interregionale. Bisognerebbe pensare a iniziative contemporanee che siano almeno regionali. L'inquinamento è figlio di situazioni climatiche generali. È incredibile che oggi un'amministrazione possa fare A e l'amministrazione del paese confinante decida di fare B o non faccia nulla. Non è così che si combatte l'inquinamento, in ordine sparso».Del Sordi ne ha già parlato con la Regione e con l'assessore Fabio Scoccimarro. «Continuo il mio pressing affinché venga cambiato questo approccio. Per quanto ci riguarda, come Comune, abbiamo presentato i primi veicoli elettrici del Comune e di Isontina Ambiente».Va ricordato che per la zona rossa c'erano anche molte deroghe e l'accesso veniva consentito a veicoli adibiti al trasporto pubblico di linea o turistico con pullman, autobus, scuolabus, taxi e autovetture in servizio di noleggio con conducente e veicoli con almeno 3 persone a bordo, conducente compreso, in analogia alla metodica car-pooling. Hanno potuto circolare anche i veicoli per servizi socio-sanitari e per il soccorso sanitario, compresi quelli dei medici e dei veterinari, muniti di apposito contrassegno distintivo. Da rammentare una volta di più che le misure preventive contro l'inquinamento erano scattate (e si esauriscono oggi) per i veicoli più "vecchi", ovvero le auto a benzina o a gasolio Euro 1, Euro 2 ed Euro 3 e i motoveicoli e ciclomotori Euro 1 ed Euro 2. In quelle giornate, dalle 18 alle 20, non potevano circolare su alcune strade del centro cittadino e, per la precisione, nelle vie Crispi (da via De Gasperi a Corso Verdi), Oberdan (da piazza Vittoria a corso Verdi), Morelli (da Via Crispi a via Oberdan), Petrarca (da corso Verdi a piazza Battisti), Dante (tutta), Boccaccio (da corso Verdi a via Cadorna) e corso Verdi (da via Crispi a via Mameli).Potevano circolare anche veicoli per servizi veterinari, muniti di apposito contrassegno distintivo.

Francesco Fain

 

Legambiente: «Non sottovalutare l'impatto sulla salute delle Pm10» - la posizione dell'associazione
Bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno, a seconda di come la si vuol vedere, per la qualità dell'aria in città, secondo Legambiente. L'associazione, in un recente dibattito serale online sulla sua pagina Facebook, ha analizzato la situazione confrontando vari studi e arrivando a questa e ad altre considerazioni. A "Che aria tira a Gorizia" hanno partecipato Luca Cadez, presidente del sodalizio ambientalista, Nevio Costanzo e Anna Maria Tomasich in qualità di soci esperti e Maria Teresa Padovan (Medici per l'ambiente). La serata è partita da un presupposto: ogni anno in Italia si registrano circa 84.000 morti premature attribuibili all'inquinamento atmosferico, con costi sociali ed economici elevati. Tra i diversi interventi è emersa la necessità di dover tenere alta la guardia, visto che, in fondo, Gorizia si trova in quella grande fascia di pianura padana che risulta essere la seconda zona più inquinata d'Europa, con un altissimo numero di morti per patologie legate alla diffusione di polveri sottili. Chiaramente il Friuli Venezia Giulia non è Lombardia, dato che qui l a qualità dell'aria risulta mediamente sufficiente, ma «le malattie non sono causate solo da emissioni locali ma anche dalla delocalizzazione delle Pm10 che possono diffondersi per molti chilometri», ha rimarcato Padovan.Guardando invece a recenti dati Arpa, Luca Cadez ha riportato che «negli ultimi anni si registra una riduzione dei valori legati alle polveri sottili in tutti e quattro i capoluoghi del Friuli Venezia Giulia». Ciò non toglie però che «sono stati riscontrati picchi significativi in certi periodi dell'anno e in prossimità di particolari luoghi. Anche il biossido di azoto e l'ozono risultano essere, nella nostra città, al di sotto delle soglie sensibili, anche se degli sforamenti negli ultimi anni ci sono stati in concomitanza di determinate stagioni e condizioni atmosferiche». Legambiente ha anche presentato il rapporto "Mal'aria 2020" dove si stila una "pagella" sulla qualità dell'aria delle città italiane sulla base degli ultimi 5 anni di dati ufficiali disponibili per quanto riguarda i tre inquinanti più presenti nei centri urbani: polveri sottili (Pm10, Pm2, 5) e biossido di azoto (No2). Dati che non sono stati confrontati con il limite normativo previsto dalla legislazione comunitaria per ciascun inquinante ma con i più stringenti e cautelativi limiti suggeriti dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Delle 97 città di cui si hanno statistiche su tutto il quinquennio analizzato (2014 - 2018) solo 15 raggiungono un voto superiore alla sufficienza (il 15%): Sassari (voto 9), Macerata (8), Enna, Campobasso, Catanzaro, Nuoro, Verbania, Grosseto e Viterbo (7), L'Aquila, Aosta, Belluno, Bolzano, Gorizia e Trapani (6). La maggior parte delle città italiane invece è sotto la sufficienza (l'85% del totale).Considerando il "sei" ottenuto dal capoluogo isontino, è emersa la necessità di non sottovalutare la qualità dell'aria che respiriamo, anche alla luce dell'emergenza Covid. È assodato infatti che «la risposta infiammatoria della malattia è molto più alta nelle zone più inquinate d'Italia», ha detto Padovan.

Emanuela Masseria

 

 

MONFALCONE - Incontro Comune Legambiente: raddoppio dello spazio verde e rete ciclabile verso il centro.

Cisint ha illustrato il progetto di rigenerazione urbana. Tra gli interventi un percorso storico-turistico che riproporra' i segni dell'identita' cittadina.

Il sindaco Anna Maria Cisint ha incontrato i rappresentanti di Legambiente, presenti i tecnici comunali e l'architetto Francesco Morena che, assieme all'ingegner Edino Valcovich segue la progettazione della rigenerazione del centro cittadino e di piazza della Repubblica. Precisato che quello presentato è solo il progetto preliminare e che il dettaglio degli interventi sarà stabilito nella fase esecutiva, Cisint ha illustrato le caratteristiche che verrà ad avere la riqualificazione dell'area e si è soffermata in specifico sulle osservazioni presentate dall'associazione ambientalista. Per quanto riguarda la mobilità sostenibile e le piste ciclabili, si tratta di un'esigenza che la giunta ha già posto ai professionisti incaricati nell'ottica di un'accessibilità del centro attraverso la rete delle ciclabili che l'ente sta sviluppando e che troverà pertanto le più idonee soluzioni.«Del resto - ha precisato il sindaco - il Comune intende sviluppare e sostenere il trasporto pubblico e per questo è stato richiesto all'Apt di predisporre un nuovo sistema di collegamenti dei bus che meglio possa rispondere all'utilizzo di questo mezzo, con connessioni frequenti e articolate fra centro e rioni che si prevede di avviare nei prossimi mesi. La nuova configurazione di via Rosselli risponde anche ad una visione del trasporto pubblico verso l'uso di mezzi elettrici e di minor dimensione, secondo gli orientamenti europei in materia di sostenibilità».In ordine al tema riguardante gli alberi e il verde pubblico è stato chiarito l'equivoco sul fatto che il rendering preliminare fornito dai progettisti non comprende tutte le alberature per la volontà di far emergere la proposizione del percorso delle mura medioevali, uno degli elementi qualificanti del progetto. Lo spazio verde complessivo passerà da 1.200 a 3.000 metri quadrati.«È prevista - ha rilevato Cisint - la realizzazione di un percorso storico-turistico che riproporrà i segni distintivi dell'identità cittadina, dal biscotto, al pilo, al segno delle antiche mura che, assieme all'apertura del museo dei reperti degli scavi del municipio, all'apertura della Rocca, alla riqualificazione di casa Mazzoli e del porticciolo Sauro, rivitalizzeranno la città e la sua attrattività. Non c'è alcuna intenzione quindi di ridurre gli alberi secolari e se, nel rispetto di questo percorso, sarà necessario si provvederà a reimpiantare le alberature che dovessero essere spostate».Il primo cittadino ha quindi illustrato l'intervento di risanamento e consolidamento della roggia, per il quale sono stati ottenuti i finanziamenti regionali e che una volta completato consentirà la sua emersione lungo il percorso originario all'interno della nuova area verde. Rispetto all'area giochi il sindaco, che già aveva riferito dell'intenzione di eliminare il parco Unicef, ha sottolineato che quello presentato, pur in una logica di organicità urbanistica, è solo il progetto preliminare: gli elementi di arredo urbano dell'area saranno definiti nelle fasi successive, guardando all'obiettivo principale della riqualificazione dell'area e valorizzazione degli elementi storici e identitari sulla base della quale sono stati acquisiti i relativi finanziamenti.«La nostra amministrazione - ha sottolineato il sindaco Cisint - negli ultimi 4 anni ha investito oltre 700 mila euro per implementare e sviluppare gli spazi attrezzati per i giochi dei ragazzi, considerando questo un impegno strategico, come mai in passato, e tutt'ora sta investendo. La politica di rafforzare gli spazi dedicati nel centro sarà ulteriormente perseguita trovando le migliori soluzioni, pertanto anche sotto questo profilo posso confermare l'impegno dell'ente per rispondere a questo aspetto».

 

 

La prima volta del Silos nel Piano delle opere da 130 milioni sul 2021
Tre voci per 17,6 milioni riferite all'edificio vicino alla stazione. Vertice mercoledì - Progetto confermato: supermarket, albergo, uffici, parcheggi e centro congressi
Supermercato, albergo a quattro stelle, ristorante, centro congressi con oltre 1.000 posti, uffici, 800 parcheggi, terminal bus extra-urbani: un monte-investimenti potenziale per un'area definita «polifunzionale» che danza tra i 100 e i 120 milioni di euro. Il Silos in piazza Libertà, uno dei grandi dimenticati della progettualità triestina, pare abbia ritrovato la memoria. Ieri mattina, illustrando il Piano triennale delle opere comunali, l'assessore Elisa Lodi, per la prima volta nella sofferente vicenda ultra-ventennale di quel sito, lo ha inserito nella programmazione municipale, su indicazione del direttore dell'Urbanistica Giulio Bernetti.Il Silos ha meritato addirittura tre citazioni nel lungo elenco delle cose da farsi nel 2021 per un totale di 17,6 milioni di euro, tutti a carico del privato. Di queste poste 4,1 milioni riguardano la nuova stazione delle corriere, tema che costituirà materia di negoziato tra la proprietà e la civica amministrazione. Fonti della Silos spa, afferente a Coop Alleanza 3.0 attraverso Immobiliare Nordest, informano che mercoledì 3 marzo una delegazione della società incontrerà il sindaco Roberto Dipiazza per verificare la tenuta di un cronoprogramma, che, se rispettato scrupolosamente, potrebbe portare all'apertura dei cantieri nel primo semestre 2022. Ecco le tappe della redenzione: sottoscrizione di un accordo di programma entro l'attuale mandato di Dipiazza, la convocazione della conferenza dei servizi, la stipula della convenzione pubblico/privata. Una volta ottenuto il titolo a costruire, l'operazione potrà decollare seguendo il percorso progettuale su cui da anni si arrovella l'architetto Aldo Pavoni dello studio latisanese Archea. Intanto Silos tornerà a tessere la paziente rete di uno "scouting" mirato a scovare investitori nazionali e internazionali. Perché "tornerà"? Perché in realtà lo aveva già fatto, avendo individuato un fondo internazionale, che era rappresentato dall'ex manager cooperativo Attilio Grazioli. Ma è trascorso tempo, si vedrà. Il confronto burocratico-amministrativo con Comune e Regione, in particolare sui parcheggi e sulla stazione delle corriere, ha ulteriormente avviluppato un percorso tormentato e segnato dal fallimento di Unieco, che aveva acquistato il Silos dal Comune. Proprio a causa di illusioni/delusioni accatastate durante un ventennio abbondante, la proprietà cooperativa acquartierata a Bologna preferisce mantenere un profilo prudente. Silos si è rivelato il vero acuto, la novità inedita (entro certi limiti) nella recita del copione, al quale hanno partecipato lo stesso sindaco, il vice Paolo Polidori, i capigruppo di maggioranza Alberto Polacco (Fi), Radames Razza (Lega), Vincenzo Rescigno (Lista Dipiazza), Salvatore Porro (Fdi). Mancava Michele Babuder, presidente della commissione consiliare competente. Il triennale 2021-23, varato giovedì pomeriggio dalla giunta, "cuba" complessivamente 220 milioni di euro, di cui 130 concentrati sull'anno corrente, che è anno elettorale. Attenzione: si tratta della somma di entrate comunali (una settantina di milioni), statali, regionali, private (project financing). L'obiettivo politico di Polidori, in quanto titolare del Bilancio, è chiudere il preventivo 2021 entro il 31 marzo, in maniera tale da liberare quanto prima l'utilizzo delle risorse: non c'è bisogno di nuovo debito - ha detto il vice sindaco - e non c'è necessità di vendere azioni Hera. Elisa Lodi ha scandito i capitoli principali: ancora una volta - a valori arrotondati - capolista l'edilizia scolastica (47 milioni), poi la cultura (26 milioni), lo sport (17 milioni), le strade (12 milioni), il direzionale (7 milioni), il verde (6,7 milioni).L'assessore ha scelto alcuni specifici interventi per documentare le priorità realizzative. Nel settore educativo i "nidi" all'ex caserma Chiarle a San Giovanni e a Roiano nell'edificanda area ex Polstrada. Il comparto culturale, oltre al Magazzino 26 in Porto vecchio, indica il museo del Risorgimento. Lo sport cita il "Ferrini", la cittadella "Samer", l'illuminazione del "Grezar", il completamento del polisportivo di San Giovanni. A livello viario la ciclopedonale di Sant'Andrea e piazza Sant'Antonio.Spazio anche agli investimenti sulle strutture amministrative proprie: l'ex Meccanografico e il cosiddetto palazzo dell'Anagrafe quelli più significativi.

Massimo Greco

 

Accordo di programma sul Porto vecchio La Regione: sì alla firma - il testo approvato anche dalla giunta Fedriga
L'Accordo di programma sul Porto vecchio passa anche in Regione. La delibera con la bozza del testo è stata infatti approvata ieri in mattinata dalla giunta regionale. Commenta il presidente Fvg Massimiliano Fedriga: «Questo atto pone le basi per il rilancio di un'area che è parte integrante del nostro piano pluriennale sulle grandi opere in quanto riveste un valore strategico assoluto per l'economia del Friuli Venezia Giulia». Il provvedimento è stato adottato dall'esecutivo regionale su proposta congiunta degli assessori alle Infrastrutture e Territorio Graziano Pizzimenti e al Patrimonio e Demanio Sebastiano Callari, le cui rispettive direzioni saranno incaricate di provvedere agli atti conseguenti all'attuazione dell'intesa. Il via libera della Regione era l'ultimo passaggio da superare: ora nulla osta a che la firma si tenga alla Centrale idrodinamica nel giovedì della prossima settimana, così come da intenzioni del Comune. A sottoscrivere il testo ci saranno lo stesso Fedriga, assieme al sindaco Roberto Dipiazza e al presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino.Il testo divide l'area del Porto vecchio in due categorie spaziali: l'"Ambito dei sistemi insediativi di supporto regionale" corrisponde alle aree sdemanializzate ed assegnate al patrimonio disponibile del Comune di Trieste per essere fatte oggetto del processo di valorizzazione, mentre le aree che rimangono nell'"Ambito delle attrezzature portuali di interesse regionale" sono quelle di proprietà demaniale assegnate alla gestione dell'Adspmao, ovvero le banchine, l'Adriaterminal e la fascia costiera. La firma farà sì che, con il varo del consorzio Ursus e la variante al piano regolatore, i beni della prima categoria possano esser messi sul mercato. La definizione delle aree di competenza è stato uno dei punti più dibattuti nel corso dell'elaborazione dell'accordo, che si è trascinata dall'aprile dello scorso anno fino a oggi.

G.tom.

 

Le opposizioni critiche: «Il solito libro dei sogni rinviato di anno in anno»
Dal Pd al M5s: «Quante incompiute». Russo: «Cosa verrà realizzato?» - Italia Viva: «Più fondi all'Acquamarina». Futura: «C'è aria di elezioni»
Secondo le opposizioni il piano delle opere della giunta è una stanca liturgia, «il solito libro dei sogni». Dal Pd al M5s, la presentazione è bollata in modo unanime come un'operazione elettorale. Il candidato in pectore del centrosinistra Francesco Russo sferza l'amministrazione: «Ha ragione l'assessore Lodi a dire che il Pto presentato oggi va in continuità con quelli passati: è un libro dei sogni di opere condivisibili che, puntualmente, non vengono realizzate». Gli annunci si ripetono ogni anno, dice Russo, ricordando che già nel 2020 erano stati previsti 100 milioni di lavori: «Dal 2016 la lista delle incompiute è lunga: il tram di Opicina, la Piscina terapeutica, il Mercato ittico, la riqualificazione di Porto vecchio e la piazza di Roiano solo per citarne alcune». Russo si chiede infine quanti milioni degli oltre 130 previsti verranno spesi: «Temo una quota davvero marginale, esattamente come avvenuto negli ultimi 5 anni».Nemmeno il consigliere pentastellato Paolo Menis è benevolo verso la giunta: «Più che a pensare alle nuove opere, il futuro sindaco dovrà pensare a realizzare quelle non fatte da Dipiazza, a partire da Roiano per passare alla galleria di Montebello e terminare con il tram». Aggiunge: «Le cifre contenute in questo piano, come quasi sempre, sono alquanto arrotondate per eccesso, dei fondi previsti per quest'anno forse verranno impegnati la metà. Bene che si investa sulle scuole, assenti o tardivi invece gli investimenti sulle ciclopedonali e sugli impianti sportivi dedicati all'atletica leggera».Il consigliere Pd Giovanni Barbo cita il Mercato ittico, «annunciato un mese dopo l'inizio mandato nel 2016, inserito nel piano delle opere e poi slittato di anno in anno fino a scomparire dal documento. Il che ci fa dubitare, per usare un eufemismo, che quanto inserito oggi nel piano abbia una qualche attinenza con la realtà, presente o futura. L'elenco dei lavori che leggo essere in programma è più o meno quello del 2016: siamo finiti in una macchina del tempo?». Il documento, chiosa, non è mai passato dalla IV commissione. Antonella Grim di Italia Viva dichiara: «I due milioni per l'Acquamarina sono insufficienti, le stime prevedono una spesa dai 6 agli 8 milioni per il ripristino. Spero si faccia pressing per altri contributi. Servirebbe poi un salto complessivo, di sistema, sulla mobilità sostenibile, invece della solita filosofia del rattoppo. Mi preoccupa infine la manutenzione delle scuole, il 30% dei fondi effettivamente impiegato dovrebbe esser destinato a questo». Sabrina Morena di Open Fvg rincara la dose: «La solita minestra riscaldata. Del Parco della Rimembranza e del Meccanografico parlano da sempre senza farlo mai. Pure piazza Sant'Antonio doveva arrivare nel 2020. Un caso classico di giunta del faremo».Roberto De Gioia di Futura sentenzia: «Ripartire "alla grande" a fine mandato fa tanto campagna elettorale. Troppa carne sul fuoco quando tra approvazione e avvio delle opere saremo già a fine anno. Spero comunque che almeno le manutenzioni e ristrutturazioni siano portate a termine entro l'anno. Vedo 2 milioni sull'Acquamarina, forse hanno capito che la piscina terapeutica va ripristinata lì».

Giovanni Tomasin

 

 

Parte la petizione online per riaprire al pubblico il parco di Villa Necker - Il Comune attende Roma
Il comitato che l'ha promossa si propone anche per la gestione futura - L'assessore Giorgi: «L'Esercito deve definire le modalità di cessione»
Se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna. Ecco che, se da Roma non arrivano ancora le risposte che i cittadini attendono, sono questi ultimi che si mobilitano per raggiungere l'obiettivo. Si parla della pratica del Comune, avviata a settembre scorso, per l'apertura al pubblico del parco di villa Necker, la sede del Comando militare dell'Esercito "Friuli Venezia Giulia", stretto tra via dell'Università, via Belpoggio e viale Terza Armata. Un progetto di cui si parla da decenni, ma che non ha ancora visto la luce. L'argomento torna alla ribalta con una petizione e un'interrogazione. A lanciare la prima iniziativa è stato il Comitato "Ritorno al Parco" (che si presenterà alla stampa venerdì 5 marzo da Mimì & Cocotte alle 17) per «sensibilizzare le autorità e la cittadinanza con l'obiettivo di riaprire il cancello del parco di Villa Necker». Così si legge sulla piattaforma Change.org, dov'è presente il testo da firmare online, che ha raggiunto quasi 100 adesioni fin qui. Il comitato, che si proclama indipendente, è presente su Facebook con una pagina, a ricordare che il polmone verde in questione fino agli anni '80 era accessibile al pubblico, ospitando l'oratorio Villaggio Sereno e negli anni '50 addirittura un cinema estivo. «Consegneremo le firme al Comune, perché riteniamo che il parco debba diventare di nuovo pubblico - spiega uno dei portavoce, Giuliano Gelci -, ci proponiamo anche per una gestione partecipata, pensando a una ricerca di fondi europei». Si aggiunge anche il consigliere comunale di Fi Bruno Marini che, da ex frequentatore del Villaggio Sereno, accoglie con molto piacere la petizione. «Ho vissuto gli anni più belli lì - afferma -. Da quanto mi risulta ora il parco è lasciato al totale degrado. La prima cosa da risolvere è il passaggio della proprietà. Già in passato avevo cercato di capire come potesse avvenire. Sarebbe bene che i candidati sindaco inserissero questo obiettivo all'interno del proprio programma elettorale». Il comitato peraltro non è la prima volta che si mette in moto per smuovere l'opinione pubblica sul tema. Lo scorso autunno aveva commissionato un'indagine all'istituto di ricerca Ixè: era emerso che l'82% dei residenti (su un campione di 700 cittadini) vuole che il Comune intervenga affinché il demanio militare riapra ai cittadini il parco di Villa Necker. A smuovere ulteriormente le acque è ora il consigliere comunale forzista Michele Babuder, che ha depositato un'interrogazione rivolta al sindaco Roberto Dipiazza e all'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi, in cui non solo chiede lo stato dell'arte della pratica avviata per villa Necker ma anche indaga sullo stallo «per la fruizione pubblica o semipubblica delle aree fronte mare di Miramare» di pertinenza del bagno militare. Nello specifico, chiede se possa essere presa in considerazione una gestione temporanea da parte del Comune dello stabilimento, a disposizione di tutti e garantendo anche un accesso ai militari, in cambio di una presa in carico degli oneri di ristrutturazione e manutenzione di cui ormai necessita lo stabilimento. Il sito balneare è di fatto chiuso da due anni per un contenzioso in corso con la società che doveva gestirlo mentre il nuovo bando non è ancora partito in attesa di nuove direttive in ambito Covid da parte del governo. Un'analoga operazione, continua Babuder, si potrebbe eventualmente ipotizzare per il parco. Ma al momento non ci sono novità sulla cessione. «Sono state fatte delle riunioni e c'è disponibilità da parte del Demanio statale - afferma Giorgi -, ma le tempistiche sono lunghe. Devono ancora comunicarci in che modo verrà ceduto il parco e la divisione ufficiale fisica dei confini». Così il sindaco Roberto Dipiazza: «Ci sono stati i contatti con l'Esercito, so che la pratica è arrivata a Roma, adesso bisogna capire in che modo lo Stato maggiore vorrà cedere gli spazi. Villa Necker è interessante perché ci sono tre campi da tennis, uno dei quali l'Esercito vorrebbe mantenere». L'amministrazione è propensa a una cessione che prevede per il Comune parco e due campi da tennis. Dagli ambienti militari intanto confermano che la pratica è ora in fase di elaborazione negli uffici preposti dello Stato maggiore dell'Esercito a Roma.

Benedetta Moro

 

 

Domani - La marcia degli anfibi nei laghetti di Pesek
Riparte la "marcia degli anfibi" . A grande richiesta, la società cooperativa Rogos ripropone, domani alle 10, l'escursione di tre ore adatta a tutti - gratuita grazie al contributo del Comune di San Dorligo della Valle e della Regione - alla scoperta degli stagni e del risveglio degli anfibi. I partecipanti andranno a osservare stavolta gli specchi d'acqua di Pesek. Si consigliano abiti comodi e scarpe da trekking. Nel rispetto delle norme anti Covid l'uscita è a numero chiuso e solo su prenotazione, inviando una mail a info@rogos.it con nome e recapito telefonico. Il luogo di ritrovo verrà comunicato agli iscritti via posta elettronica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 febbraio 2021

 

 

Accordo di programma per il Porto vecchio: il primo ok alla firma
Ultimato il passaggio in Comune, oggi tocca alla Regione - La prossima settimana la sottoscrizione, prevista giovedì
La giunta comunale ha approvato ieri la delibera che autorizza il sindaco Roberto Dipiazza a sottoscrivere l'Accordo di programma sul Porto vecchio, mentre quella regionale si accinge a dare oggi il suo via libera. Dopo nove mesi di rinvii, la firma verrà infine al mondo la prossima settimana, e porrà - almeno sulla carta - le basi per mettere sul mercato i magazzini del Porto vecchio. E quindi rivitalizzare l'intera area. Manca ancora il crisma dell'ufficialità, ma salvo ulteriori contrattempi la cerimonia è prevista per giovedì prossimo, nella Centrale idrodinamica dell'antico scalo. Arriva così alle battute finali una procedura che ha accompagnato per tutto l'anno passato le vicende di Regione e Comune, che a fine 2019 avevano fissato solennemente la firma all'aprile del 2020. Gli uffici delle tre istituzioni (Autorità portuale compresa) si sono poi confrontati per mesi su come conciliare le esigenze di ognuno, compito non scontato all'interno di un'area comunale in cui resterà una significativa presenza portuale e su cui anche la Regione ha intenzione di installarsi. Nelle ultime settimane, però, al netto di qualche episodio di tensione fra Comune e Regione (o forse grazie ad esso), il processo ha subito un'accelerazione. L'altro ente firmatario, l'Autorità di sistema portuale, ha dato da tempo la sua disponibilità a procedere, sicché nulla osta ormai.La giunta comunale ha approvato nel primo pomeriggio di ieri il documento che autorizza il sindaco a procedere con la firma. Per Roberto Dipiazza si tratta di un risultato im portante in vista della prossima campagna elettorale, in cui il Porto vecchio sarà oggetto di dibattito fino allo sfinimento. L'assessore regionale alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti porterà una delibera analoga oggi in giunta regionale e aspetta di vederla approvata per commentare, anche se la sua approvazione è fuori discussione. L'Accordo di programma per il Porto vecchio, ricordiamo, comprende la fondazione del Consorzio Ursus (che dovrà poi gestire le operazioni di vendita dei magazzini), la ripartizione immobiliare dell'area (cosa resta a chi, cosa va venduto e cosa no) e la variante al piano regolatore che il Consiglio comunale avrà poi un mese di tempo per ratificare.

Giovanni Tomasin

 

 

«Una rete di tram dal centro al Carso e sul lungomare» - LA PROPOSTA DI "UN'ALTRA CITTA'"
La rete di Un'altra città vuole che l'amministrazione comunale rinunci a ovovia e parco del mare. E che si concentri invece sul progetto di una rete tranviaria che copra l'asse compreso tra stazione e piazza Foraggi, passi per periferie e Carso nonché unisca la linea del fronte mare, da Barcola e Porto vecchio fino a Campo Marzio o addirittura Muggia. Sono alcune delle proposte emerse dal consueto dibattito online del giovedì, che gli attivisti organizzano per far conoscere i propri punti programmatici in vista della corsa per il Municipio, chiedendo al candidato o ai candidati dell'area di centrosinistra di farsene carico. Una sorta di campagna elettorale indiretta, almeno per il momento. Il futuro della mobilità dopo il Covid era al centro dell'incontro di ieri. Il docente di storia e filosofia dei licei Guido Pesante e la ricercatrice di Elettra Sincrotrone Loredana Casalis - entrambi esponenti di Un'altra città - hanno dialogato con Andrea Wehrenfennig (Legambiente Trieste) e Luca Mastropasqua (Fiab Ulisse). Legambiente e Fiab compaiono nel novero delle undici associazioni triestine che a dicembre avevano firmato un appello al governo nazionale, nel quale si accusa «l'attuale amministrazione cittadina» di «ignorare le direttive europee e nazionali sul taglio delle emissioni di gas serra». Nella stessa lettera si attaccano Piano urbano per la mobilità sostenibile (Pums), appunto ovovia e si avanza l'idea di una rete di tram come quella sopra descritta. Tra i firmatari figura anche Riccardo Laterza, in qualità di referente di Tryeste. Altre istanze emerse ieri hanno riguardato l'implementazione di pedonalità, ciclabilità e trasporto pubblico locale, immaginato gratuito perlomeno per le fasce economicamente più fragili della popolazione. Inevitabile un riferimento al Porto vecchio, che la rete auspica diventi un bacino per «soluzioni avanzate e capaci di diffondere buone pratiche sul territorio».

Lilli Goriup

 

 

A lezione nel vigneto  sulla potatura della vite con Urbi et Horti e Bioest - domani a Valmaura
Inverno. Per la vite è tempo di potatura, una delle pratiche più importanti nella cura del vigneto, ma anche del giardino, in quanto può incidere in modo determinante sulla quantità e qualità d'uva prodotta. Per conoscere i segreti di una potatura perfetta e provare - letteralmente - a praticarla sul campo assieme al maestro contadino Roberto Marinelli, le associazioni Urbi et Horti e Bioest hanno organizzato una sessione aperta al pubblico - nel rispetto delle norme anti Covid - per domani con ritrovo alle 10.30 davanti al PalaTrieste. «Potare regolarmente e in modo corretto - spiegano gli esperti - aiuta anche a mantenere sana la pianta». Doveroso quindi dedicare tempo e attenzione a questa pratica. «E' necessario - anticipa la naturalista Tiziana Cimolino di Bioest - conoscere almeno le basi della fisiologia della vite. In quest'incontro forniremo gli elementi per eseguire la potatura in modo corretto. Assieme al maestro contadino proveremo un' esperienza pratica di potatura di vite, ulivo e forse qualche albero da frutto o arbusto. Accompagnare un albero nella sua crescita richiede rispetto e ascolto. Proveremo a farlo come i nostri nonni, torcendo i rami con delicatezza e cercando di rafforzare la pianta per sopportare meglio le basse temperature». Prenotazioni al numero 3287908116.

GT

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 febbraio 2021

 

 

AcegasApsAmga investe 100 milioni e rinforza le reti di luce, acqua e gas
L'amministratore delegato Gasparetto: «Questo territorio cresce più di altri». In arrivo anche 120 mila contatori nuovi
Cento milioni tondi nel quadriennio 2021-2024: 20 milioni di euro sul servizio elettrico, 40 milioni sull'idrico, 40 milioni sul gas. Il piano industriale di AcegasApsAmga, inserito nel più generale contesto del gruppo Hera, punta esplicitamente su Trieste. «Perché Trieste - premette Roberto Gasparetto, amministratore delegato della multiutility del Nordest - è una realtà che cresce più di altri territori. Questa crescita deve essere capita, assecondata, pilotata. AcegasApsAmga vuole rappresentare un fattore di sviluppo sostenibile». Gasparetto lo dice senza giri di parole: «Oggi l'azienda ritiene di concentrare le proprie forze più su Trieste che sul Veneto». Dopo il ciclo riflessivo del 2018-2019-2020 c'è bisogno subito di qualche elemento di feconda discontinuità: tanto per cominciare, rispetto al decennio precedente la società triestina-padovana-udinese "entra" in porto con una progettualità innovativa, non solo per gestire le reti. Fulcro dell'operazione e priorità operativa è il tema elettrico «perché - continua Gasparetto nel suo ufficio nello spigolo di palazzo Modello che guarda dall'alto l'ufficio di Dipiazza - le modifiche costruttive, che cantieri e armatori portano alle navi, motivano scali e pubbliche amministrazioni a effettuare rapidi adeguamenti tecnologici». Elettricità - Obiettivo dei 20 milioni da investire: Trieste deve potenziare per il 15% l'erogazione di energia elettrica. «Si pensi che una nave da crociera ormeggiata - esemplifica il manager rodigino - consuma un sesto dell'intero fabbisogno di Trieste». Allora è necessario irrobustire il sistema: avvicendando le fonti di approvvigionamento, ridisegnando la rete, connettendosi con la Slovenia, ragionando con Terna, dialogando con Wärtsilä, confrontandosi con l'Autorità portuale, mettendo in campo intelligenza artificiale. Accanto alla "scommessa porto" c'è la quotidianità di esercizio: AcegasApsAmga inserirà nelle case dei triestini, soprattutto nelle annate 2022-23-24, 120.000 contatori elettrici di seconda generazione. Acqua - Anche il servizio idrico assorbe quattrini e ricerca. Le perdite di una rete antiquata sono calate al 35% ma restano troppo alte: Gasparetto vuole scendere sotto il 30%. La "distrettualizzazione" distributiva consentirà una pressione diversificata da zona a zona, con doppio vantaggio operativo ed economico. All'utilizzo del satellite, per individuare i luoghi di perdita, si aggiungerà il volo di un aereo con dotazioni speciali. Controlli con tecnologie avanzate, una sorta di bombe d'aria, anche nella condotta sottomarina. Un discorso a parte merita il masterplan regionale degli acquedotti, un lavoro di coordinamento e di integrazione tra sette gestori e una ventina di sistemi, che sarà condotto dalle società interessate in raggruppamento temporaneo di imprese. Gas - Allerta sul settore gas, perché finalmente, dopo anni di rinvii, potrebbe essere bandita la gara per gestire il servizio distributivo. AcegasApsAmga vuole presentarsi all'eventuale lizza con gli argomenti giusti: negli ultimi anni ha divelto mezza città per piazzare le nuove tubature al posto delle vecchie condotte di ghisa grigia, adesso concluderà l'operazione con gli ultimi 5,3 chilometri, che Gasparetto considera «i peggiori, i più impegnativi». Anche nel quadriennio 2021-24 il gas rappresenta un capitolo di investimento importante con 40 milioni.

Massimo Greco

 

 

Pescato oltre i limiti - Sanzione da mille euro - sette chili di capesante e canestrelli

La Capitaneria di porto ha inflitto una sanzione da mille euro a un pescatore sportivo, pizzicato ieri mattina nella baia di Grignano con circa sette chili di canestrelli e capesante. L'uomo, un triestino di 48 anni, aveva infatti oltrepassato il limite dei cinque chilogrammi di prodotto che può essere catturato o raccolto nel corso di una battuta. Il Nucleo ispettori pesca lo ha intercettato nel corso di uno dei frequenti controlli lungo la costa mentre rientrava a terra. Sono stati quindi sequestrati i molluschi al 48enne, che non possedeva attrezzatura: per questo tipo di pesca, infatti, solitamente si ricorre all'uso delle mani. Sarà il veterinario dell'Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina (Asugi) a decidere dunque che cosa fare del pescato: se procedere con la reimmissione in mare, se capesante e canestrelli saranno ancora vivi o comunque utili per l'ecosistema, oppure con l'eventuale distruzione.

Benedetta Moro

 

 

GORIZIA - La raccolta differenziata - Sperimentazione rifiuti finita - Altri lavori per il mezzo eCarry
Gorizia è il primo comune italiano ad aver avviato una sperimentazione sulla raccolta differenziata. Tale sperimentazione, partita da una decina di giorni, andrà avanti fino a domani e si basa sull'adozione di un mezzo innovativo: eCarry, veicolo commerciale 100% elettrico, silenzioso e adatto a circolare nei centri storici e nelle aree pedonali con i suoi circa 160 centimetri di larghezza, 570 di lunghezza e 195 di altezza. Quindi, dopo aver raggiunto altri comuni, l'intento è di adottarlo a Gorizia in pianta stabile, assieme ai mezzi tradizionali per la raccolta differenziata.Nel presentarlo, ieri, in piazza Vittoria, l'assessore comunale alla Tutela ambientale, Francesco Del Sordi, ne ha elencato i vantaggi che si legano a un contenimento delle emissioni, alle ottime caratteristiche ergonomiche pensate per chi lo dovrà manovrare e all'efficienza che permetterà, nel complesso, una maggior pulizia cittadina.Del Sordi ha poi manifestato l'orgoglio perché «Gorizia ha il ruolo di precursore in una sfida che pure altri comuni adotteranno». Con lui, c'erano Giulio Tavella e Giuliano Sponton, rispettivamente amministratore unico e direttore generale di Isontina Ambiente, Antonio Chiello amministratore delegato di Green-G, la nuova business unit di Goriziane E&C Spa, mentre per la Sangalli Spa c'era Luca Lenarduzzi.Se il Comune di Gorizia è uno degli azionisti di riferimento di Isontina Ambiente, la Sangalli Carlo & C. è l'impresa che ha vinto da qualche anno la gara d'appalto per la raccolta differenziata dei rifiuti sul territorio. Isontina Ambiente e Green-G hanno quindi affidato alla società lombarda l'avvio della sperimentazione con eCarry.«Non solo è una sperimentazione che nasce sul territorio, grazie a Goriziane E&C Spa, ma siamo i primi, anche come fruitori, a porla in essere: è il principale motivo d'orgoglio dell'operazione» ha invece dichiarato Giulio Tavella.

Alex Pessotto

 

In azione sul Carso i cacciatori di carcasse - Nei boschi spuntano i relitti di auto e moto
L'appassionato di veicoli storici Christian Duro ha lanciato anche un gruppo Fb che sta coinvolgendo molti triestini
TRIESTE. Auto, scooter, moto, veicoli speciali a tre ruote, camioncini, e persino ruspe e autobus. Il Carso è pieno di vecchi mezzi a motore abbandonati, diventati purtroppo parte del paesaggio. Alcuni triestini sono diventati ora veri e propri "cacciatori di carcasse" attraverso il gruppo Facebook "Relitti carsici", fondato di recente da Christian Duro. Quasi ogni giorno spuntano immagini di veicoli nascosti, di vario tipo, certi particolarmente datati. Ecco qualche esempio: vespe e lambrette, diverse Fiat 500, una Simca 1000, una Lancia Fulvia, una Bmw 700, e poi qualche Ape Piaggio, un camper, ma anche un escavatore, alcuni furgoncini e altri rottami ormai talmente malmessi da rendere irriconoscibili marca e modello. I triestini coinvolti nella "caccia" hanno scattato queste foto in diverse zone dell'altipiano. Tra le foto più curiose ci sono quelle di tre vespe, a poca distanza, immortalate vicino al campeggio dell'Obelisco, a Opicina. Dimenticate da tempo, arrugginite, parcheggiate nel verde. E ancora spunta una Simca, rotolata giù da un burrone, nella zona di Contovello, forse in seguito a un incidente e rimasta lì probabilmente da decenni, malconcia e adagiata su un albero.«L'idea di avviare il gruppo - spiega Duro - è nata dalla mia passione per i veicoli storici. Io guido un vecchio fuoristrada del 1989, che era stato abbandonato e che ho rimesso a posto. Ma il mezzo che più ha attirato la mia attenzione è una ruspa enorme, rimasta in una cava in disuso a Basovizza. All'inizio, girando in Carso, ho trovato diversi veicoli lasciati al loro destino. Poi, parlando con altre persone, ho scoperto che i mezzi erano veramente tanti. Così ho pensato ai social, per creare una sorta di archivio, una piattaforma virtuale che potesse fungere pure da segnalazione, che sta riscontrando grande successo». Ma come mai questi mezzi sono finiti nel "dimenticatoio"? «Alcuni sicuramente sono stati coinvolti in incidenti e non sono mai stati rimossi - spiega Duro - come nel caso di qualche auto capottata non lontano dalla strada. Del resto niente si sa. Si possono solo fare ipotesi. Forse alcuni sono stati rubati. Altri, tipo quelli che giacciono da 30 anni, si sono guastati e sono stati abbandonati dai proprietari che non volevano o potevano ripararli né rimuoverli». Duro si è imbattuto anche in un piccolo cimitero di carcasse. «Mi è apparso improvvisamente, durante una passeggiata sul Carso», racconta: «Ci sono alcune auto, due Ape e un camion che sul tetto tiene ancora una piccola imbarcazione. Chissà qual è la loro storia». Quasi ogni giorno, come detto, gli utenti pubblicano qualcosa di nuovo, scovato tra cespugli o aree boschive. Talvolta sono solo singoli pezzi: volanti, manubri o cambi. Alle volte la sorpresa è più voluminosa: come un autobus, fotografato a Monfalcone. «Quasi sempre - conclude Duro - non c'è la targa e i mezzi sono talmente rovinati che è impossibile risalire persino al numero di telaio».

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 febbraio 2021

 

 

Da Budapest a Varsavia - L'Est Europa scommette sull'energia nucleare
Mentre l'Occidente riduce la dipendenza dall'atomo, i Paesi orientali rafforzano gli investimenti. E in Bulgaria sono in arrivo i reattori Usa di ultima generazione
Trieste. La Germania ha deciso di completare il suo "phase out" entro il 2022, il Belgio progetta di fare il gran passo qualche tempo dopo, mentre il Regno Unito dimezzerà le capacità di produzione di energia nucleare nel 2025, con Svizzera e Spagna che dovrebbero seguire a ruota nel prossimo decennio. Ma se l'Europa occidentale - Francia esclusa - appare pronta a dire addio o almeno arrivederci all'atomo, nell'Europa centro-orientale il quadro appare ben diverso. L'Est del Vecchio continente, dalla Slovenia alla Bulgaria arrivando a Romania, Ungheria, Polonia e Cechia, continua o comincia a guardare all'energia nucleare con fiducia e potrebbe vivere nei prossimi decenni un vero e proprio "rinascimento" dell'atomo. Lo confermano, fra tutte, le evoluzioni più recenti in Bulgaria, che già oggi ricava circa il 38% della sua elettricità dall'atomo (dati Iaea). Lo fa con due vecchi reattori di produzione sovietica, realizzati a fine Anni '80 per l'impianto di Kozloduy, mentre Sofia ha rilanciato l'anno scorso il complesso e controverso progetto di una nuova centrale nucleare a Belene. Kozloduy potrebbe in futuro ospitare reattori di nuova generazione, non più quelli obsoleti "made in Urss". Sono gli "small modular reactor" (Smr) dell'americana NuScale Power, azienda che ha firmato un memorandum d'intesa con l'amministrazione della centrale proprio in vista di un possibile impiego degli Smr a Kozloduy o in un sito vicino. Si tratta di tecnologie nuove che promettono costi più bassi e forniture «di energia abbondante e sicura», ha rimarcato l'impresa Usa. NuScale è un nome da evidenziare in rosso, per quanto riguarda il fronte nucleare a Est, in concorrenza con l'industria nucleare soprattutto francese, in prima linea per collocare nell'area i suoi prodotti. L'azienda americana ha siglato intese simili a quella bulgara anche in Ucraina, ma soprattutto in Repubblica Ceca e in Romania. E in rosso bisogna contrassegnare anche la tecnologia dei piccoli reattori modulari. Ci punta molto l'Estonia, ancora nuclear-free, dove la Fermi Energia ha promesso a inizio febbraio di «sviluppare una centrale nucleare» di piccole dimensioni, sempre grazie a Smr di nuovissima generazione, «garantendo la sicurezza delle forniture energetiche» a basso prezzo. Smr che rimangono un'opzione sul tavolo anche in Cechia, in cooperazione con il Giappone. E lo stesso vale per il progetto, ancora assai fumoso, della cosiddetta "Krsko 2", in Slovenia, dove la centrale di Krsko copre oggi il 37,2% del fabbisogno. A evocarla, è stata a metà 2019 Washington, descrivendo proprio la Slovenia «come un eccellente mercato per questa tecnologia innovativa», in vista di un potenziale raddoppio della centrale. Coll'interessato suggerimento a Lubiana di non lasciarsi sedurre dalle sirene russe e cinesi, e neanche da quelle francesi, puntando invece «sulla tecnologia americana», in particolare quella Westinghouse, «che produce i migliori reattori al mondo». Ma c'è anche chi va avanti affidandosi a progetti più tradizionali. Lo fa ad esempio la Romania, impegnata nella modernizzazione e nel potenziamento di Cernavoda, con lo sguardo a Ovest - dopo aver tagliato i ponti con Pechino. E l'Ungheria, dove a fine 2020 ha ricevuto una nuova luce verde il piano di costruzione di Paks 2, progetto a traino russo da circa dieci miliardi di euro, inizio lavori atteso nel 2021. Del resto a Est «bisogna ridurre l'uso del carbone o eliminarlo del tutto» e allora l'unica via «che soddisfi l'economia e la sua fame di energia» è segnata, «ci serve il nucleare», ha ribadito il presidente magiaro Janos Ader, in un vertice per celebrare i trent'anni del Gruppo di Visegrad. Gruppo che sembra condividere la linea magiara, hanno concordato i suoi omologhi. Lo fa la Cechia, che procede nel piano di realizzazione del nuovo reattore a Dukovany, escludendo però dalla gara Russia e Cina, l'idea che si sta facendo largo a Praga, mentre in Slovacchia si lavora al potenziamento di Mochovce. È la Polonia però il piatto più ricco. Paese tradizionalmente dipendente dal carbone. Ma Varsavia mira a usare il nucleare per la "decarbonizzazione" e ha considerato con interesse la mano tesa della Corea del Sud, che si è offerta per la costruzione delle prime centrali nucleari, già entro il 2033.

Stefano Giantin

 

Entro il 2027 la decisione sul raddoppio di Krsko

Slovenia e Croazia ufficialmente non svelano le carte ma qualcosa dietro le quinte si muove. Il ministro di Zagabria "Pronti a cooperare"

Sulla costruzione del secondo reattore alla centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, qualche cosa si sta muovendo dietro le quinte, fin qui luogo riservato a ministri e funzionari di Stato molto restii a parlare di questo progetto in pubblico. Vuoi per i costi che comporterebbe in una situazione come questa in piena pandemia da Covid-19 con le economie di tutto il mondo allo stremo, vuoi per l'avversione sempre crescente alle fonti di energia nucleare determinata dalla crescente anima green dell'Europa.Senza dimenticare il problema di base che da anni sta caratterizzando le critiche e le paure attorno alla vecchia centrale già in funzione, ossia il carattere sismico dell'area su cui è stata costruita e il terremoto di Zagabria e di Petrinja che distano una quarantina di chilometri da Krsko la prima, una sessantina la seconda, ne sono l'esempio tragicamente più concreto. L'idea del raddoppio della centrale sta girando già da alcuni mesi tra gli ambienti governativi della Slovenia ed è maturata nei ragionamenti dell'allora esecutivo guidato da Marjan Sarec e che ha preceduto l'attuale capitanato da Janez Jansa. E che non si tratti solo di una chimera, ma che qualche cosa di più concreto stia prendendo forma lo dimostrano le dichiarazioni del ministro dell'Energia della Croazia, Tomislav Coric il quale ha sostenuto che Zagabria è pronta a cooperare con Lubiana nella costruzione del secondo reattore (Nek2). Croazia che aveva collaborato già all'edificazione dell'attuale struttura di Krsko (Nek) ai tempi di Tito, al punto che la sua gestione è ancora in comune tra i due Stati contermini. E che la Croazia sia pronta a investire finanziariamente nella costruzione di Krsko2 il ministro Coric lo ha dichiarato in un'intervista alla televisione croata N1. Le sue parole sono la conferma che le sottili affermazioni sul tema fatte negli ultimi tempi dai ministri sloveni e dai funzionari di Stato sono state ben comprese anche dall'altra parte del confine. Ufficialmente la Slovenia dovrebbe decidere la costruzione di Krsko2 entro il 2027, ma da molti ragionamenti fatti dagli addetti ai lavori si può dire che il via libera sarà dato molto prima. La Slovenia è consapevole che non può rinunciare al carbon fossile senza il raddoppio di Krsko ed è consapevole che è e resterà un "Paese nucleare" come confermato anche dal ministero delle Infrastrutture con Krsko2 che è stata inserita tra i 187 investimenti strategici per il Paese selezionati dal ministero dell'Ambiente. -

Mauro Manzin

 

L'allarme degli esperti sugli effetti devastanti in caso di terremoti «Pericoli sottovalutati»
A far paura è la sismicità della zona in cui sorge l'impianto sloveno «Alziamo la voce per evitare che ne venga costruito un secondo»
Trieste. In tutta Europa, l'impianto nucleare di Krsko è l'unico che sia collocato in un'area a sismicità medio-alta. Ed è per questo che rappresenta un grande pericolo. È il concetto ribadito più volte nel corso della diretta facebook organizzata dal Pd Trieste, dal titolo "Il rischio sismico della centrale nucleare di Krsko: 125 chilometri da Trieste, in direzione della Bora", durante cui sismologi e geologi (intervenuti a titolo personale), hanno mostrato i pericoli legati all'impianto progettato sul finire degli anni Settanta e attivo dal 1983. «All'epoca non si sapeva nulla della sismicità dell'area. La centrale fu costruita senza un'analisi», ha spiegato Livio Sirovich, geologo-sismologo ricercatore associato dell'Ogs di Trieste. Nonostante numerosi studi successivi abbiano dimostrato l'instabilità del luogo, «la Slovenia intende costruire accanto a quella già esistente un'altra centrale, con potenza tripla. In un primo momento, gli approfondimenti per la costruzione della Krsko 2 furono affidati a due istituti nazionali francesi. Ma quando questi ultimi si accorsero che c'erano problemi significativi, e che erano presenti faglie spostatesi in epoche recenti, scrissero una lettera per denunciare la cosa», ha sottolineato Sirovich. I più pericolosi eventi sismici non sono circoscritti solo ai tempi recenti: Peter Suhadolc, sismologo e direttore del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Trieste, ha spiegato che «nell'arco di 150 anni, in quella zona, ci sono stati diversi terremoti tra magnitudo 5 e 5 e mezzo: non è un posto adatto alla costruzione di una centrale nucleare. La pericolosità viene calcolata sulla base di terremoti passati. Ma non sappiamo niente di quelli futuri, che potrebbero avvenire su faglie createsi in prossimità della centrale». Tuttavia, l'urgenza di puntare nuovamente i riflettori sui rischi sommersi è connessa anche agli eventi che hanno coinvolto la Croazia nell'ultimo anno. «I dati dimostrano che c'è una notevole sismicità. Diverse scosse, negli ultimi mesi, hanno riguardato Zagabria, che è a soli 40 chilometri dall'impianto di Krsko - ha affermato il ricercatore Giovanni Costa, membro di una rete di monitoraggio transfrontaliera in cui sono incluse anche Slovenia e Croazia -. Grazie alla collaborazione dei vari paesi, teniamo costantemente sotto controllo ciò che accade nella zona. E ciò che emerge è che sia sismicamente attiva». Per questo motivo Costa, al pari dei suoi colleghi, crede non sarebbe opportuno raddoppiare l'impianto, come è invece nelle intenzioni della Slovenia. «Siamo in un momento cruciale per la centrale. La licenza scadrà nel 2023, sarà allora che si deciderà del suo destino - ha sottolineato il geologo viennese Kurt Decker -. Questo è il momento giusto per i governi europei di intervenire, di far sentire la propria voce. Le faglie attive che sono state mostrate sulla cartina parlano da sole dei pericoli che si corrono». Nel 2017, gli studiosi hanno presentato la questione sia al Parlamento italiano che a quello europeo. Ma senza risultati sostanziali. Il timore è che siano coinvolti troppi interessi economici perché si possa optare per la chiusura dell'impianto: «Le autorità slovene vogliono far funzionare la centrale fino al 2043. Questo significherebbe tenerla attiva nonostante i molti anni - ha concluso Decker -. Ma la buona notizia è che, in quel caso, la Slovenia sarà costretta a portare avanti degli studi accurati per valutare l'impatto ambientale che la centrale ha sui paesi confinanti».Al confronto è intervenuta anche la parlamentare Debora Serracchiani. «Risale ormai a oltre dieci anni or sono la prima ipotesi, formulata dal centrodestra - ha detto - che la Regione partecipasse al raddoppio della centrale di Krsko, contro cui ci siamo schierati fermamente. Ora sembra che anche il centrodestra, attraverso amministratori regionali e sindaci abbia fatto proprie le preoccupazioni diffuse tra i cittadini. La politica deve farsi interprete di queste preoccupazioni e le occasioni di approfondimento come questa sono benvenute».

Linda Caglioni

 

 

Scatta alle foci del Timavo il taglio degli alberi a rischio - L'area sarà off-limits per un paio di settimane
DUINO AURISINA. Inizieranno oggi i lavori di potatura e abbattimento di alcuni alberi, dallo stato cosiddetto "fitosanitario" critico o comunque instabili, e per questo pericolosi, presenti nell'area delle risorgive del Timavo, a poche decine di metri dalla chiesa di San Giovanni in Tuba, nel territorio comunale di Duino Aurisina. L'intervento sarà eseguito dagli addetti di AcegasApsAmga - multiutility che ha in concessione le zone del Demanio che insistono sugli acquedotti, perciò anche quella delle foci del Timavo - con l'ausilio di un'impresa specializzata nel campo. A seguito di una puntuale perizia, eseguita recentemente, si è deciso infatti di procedere in accordo con l'amministrazione comunale di Duino Aurisina con la messa in sicurezza, per tutelare i tanti visitatori che spesso frequentano l'area del parco, oltre che le infrastrutture che la caratterizzano. È poi importante preservare dal rischio di incidenti gli impianti del vicino acquedotto del Randaccio, evitando che eventuali cadute di alberi possano per l'appunto danneggiarli. Se non si agisse in questa maniera, l'area dovrebbe essere totalmente interdetta al pubblico. I lavori sono particolarmente attesi anche dagli stessi cittadini di San Giovanni di Duino, in quanto da parte loro vi è la consapevolezza che, in condizioni di forte vento, il rischio di cadute degli alberi è considerevole. Per quanto riguarda l'aspetto operativo, AcegasApsAmga avvisa i cittadini che, durante i lavori, l'area interessata sarà preclusa al pubblico per ovvi motivi di sicurezza. L'intervento si concluderà, salvo meteo particolarmente avverso, nell'arco di un paio di settimane.-

Ugo Salvini

 

 

Domani alle 18 - Un'altra città, dibattito sulla mobilità urbana

Domani il dibattito online della rete civica di "Un'altra città" sarà dedicato alla mobilità cittadina: appuntamento alle 18 su Fb e Zoom. Guido Pesante e Loredana Casalis dialogheranno con Andrea Wehrenfennig e Luca Mastropasqua, rappresentanti delle associazioni che hanno scritto al governo nazionale un appello contro l'ovovia.

 

Il ciclo di incontri - Wwf e Ogs insieme sulla salute del mare

"Siamo in onda" è il titolo di un ciclo di incontri sullo stato di salute del mare e degli oceani che prenderà il via domani 25 febbraio promosso da Wwf Area Marina Protetta di Miramare e Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - Ogs. l quattro webinar sono trasmessi su Zoom e in diretta Facebook.

 

Conferenza online - Le raccolte d'acqua sull'altopiano carsico
L'acqua e il Carso. Un rapporto complicato. É in programma stasera alle 19 in modalità on line il sesto evento del ciclo intitolato "Serate di biologia". Gaia Fior, dell'associazione "Tutori stagni e zone umide del Friuli Venezia Giulia", parlerà di raccolte d'acqua in ambito carsico, della loro mancata manutenzione e della loro importanza per la fauna selvatica. La conferenza si svolgerà in sloveno e italiano, con traduzione simultanea. Collegamenti ai link: https://upr-si.zoom.us/j/82928932580#success, https://bioloski-veceri.famnit.upr.si, https://www.facebook.com/ProjectENGREEN.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 febbraio 2021

 

 

Accordo per il Porto vecchio: in giunta il via libera alla firma
Comune, Regione e Authority trovano la quadra su consorzio e gestione dell'area - Dipiazza a Russo: «Non ho fatto niente lì dentro? Il Centro congressi l'ha visto?»
Giovedì approderà in giunta la delibera che autorizza il sindaco Roberto Dipiazza a firmare l'Accordo di programma con Regione e Autorità portuale sul Porto vecchio. Anche i due enti confermano l'imminenza della firma, attesa per la primavera scorsa e poi rimandata inesorabilmente fino ad adesso. Le elezioni si avvicinano, mese più mese meno, e il primo cittadino conta finalmente di poter mettere al sicuro lo sblocco della situazione all'antico scalo. E Dipiazza coglie l'occasione per un affondo al probabile sfidante Francesco Russo: «Dice che ho fatto solo un parcheggio in Porto vecchio, forse lui non l'ha sentito ma io so che c'è un centro congressi, ad esempio, da quelle parti».L'accordo, ricapitolando, comprende la fondazione del Consorzio Ursus, la variante al piano regolatore e la ripartizione immobiliare dell'area. Quest'ultimo punto (cosa va venduto, cosa resta al porto, cosa resta al Comune e via dicendo) è stato uno dei nodi su cui il confronto tra gli enti si è aggrovigliato in questi mesi. Ora però tutte le istituzioni interessate confermano la conclusione sostanziale della procedura. Il Comune sta stilando la sua delibera e altrettanto conta di fare la Regione, entro la settimana o quella successiva al massimo. Quanto al Porto, attende soltanto che gli altri due enti procedano, potendo poi confermare il passaggio in comitato di gestione anche dopo la firma.Al netto dell'enfasi sul momento catartico, il testo definitivo dell'accordo farà chiarezza sull'assetto dell'area e sulle modalità di costituzione del Consorzio. Il neonato Ursus dovrà sbrogliare alcune questioni, ad esempio la percentuale degli introiti di vendita destinata al Comune (a rigor di legge la totalità dovrebbe andare all'Adsp), e avviare le procedure per la messa a vendita dei magazzini. Chi ne gestirà la macchina è un altro aspetto, anche se nei corridoi di piazza Unità il nome dell'ex segretario generale comunale Santi Terranova è dato tra i papabili per un ruolo apicale. Lo scenario "ottimista" del Comune contempla la firma fra fine febbraio e inizio marzo, nel caso in cui la Regione riesca a ratificare il suo via libera entro la fine della settimana. Considerati i precedenti, è comprensibile la prudenza da parte dell'ente.Il sindaco Dipiazza, cui i ritardi nella procedura han causato diversi scompensi, rivendica il risultato a portata di mano e risponde a Russo, secondo cui finora l'antico scalo «ha visto una rotatoria e un parcheggio»: «E di Esof se ne ricorda o no - sbotta -? C'è un centro congressi. C'è la gara europea per il Magazzino 26 vinta da Consuegra, c'è l'Immaginario scientifico, il trasloco delle masserizie, il Museo del Mare. Ci sono nove milioni per la nuova strada che arriva in piazza Libertà, è appaltata e adesso vediamo chi vince. Quando parla di galleria di piazza Foraggi o del tram sembra che non sappia cos'è la burocrazia in Italia. Forse il punto è che chi mi critica è uno che ha fatto politica, ma non ha mai amministrato».

Giovanni Tomasin

 

 

Raccolta dei rifiuti ecologica con il mezzo nato a Villesse
Isontina Ambiente si servirà di "E-Carry", il veicolo commerciale full electric di Goriziane group. Sarà una versione personalizzata per i servizi di igiene urbana
Si chiama "Ecarry" ed è un rivoluzionario veicolo commerciale elettrico firmato Green-G electric vehicles, la nuova divisione aziendale del Gruppo Goriziane spa, realtà industriale con sede a Villesse, in via Aquileia. Un mezzo tutto isontino, progettato e realizzato qui. Domani alle 10, Goriziane group, in collaborazione con Isontina ambiente, presenterà in piazza Vittoria il nuovo veicolo, pensato appositamente per l'espletamento di vari servizi nei centri cittadini. Nell'occasione, verrà svelato nella sua versione personalizzata il mezzo per effettuare tutti gli interventi di igiene ambientale. Alla piccola cerimonia, oltre ai responsabili delle due aziende isontine, prenderà parte anche l'assessore comunale all'Ambiente Francesco Del Sordi che manifesta «grande soddisfazione» per questo risultato. «Sarà un veicolo sperimentale - spiega - che verrà utilizzato in città per la raccolta dei rifiuti. Essendo interamente elettrico, va nella direzione della tutela ambientale. Un gran bel risultato, vista la necessità di disporre di mezzi non inquinanti e al passo con i tempi. E poi, c'è l'orgoglio che è nato proprio qui». Peraltro, la sperimentazione a Gorizia servirà anche per capire se occorrono correttivi o miglioramenti per migliorarne la funzionalità ma chi l'ha visto parla di un veicolo davvero rivoluzionario. Un po' di dati. Ecarry, nel gennaio scorso, è arrivato sul mercato della mobilità sostenibile dopo aver superato brillantemente tutti i test previsti per ottenere il certificato di omologazione europea in categoria N1 ed è, quindi, il primo veicolo commerciale in Europa ad aver ottenuto l'omologazione full electric in categoria N1 fino a 80 chilometri orari per allestimenti, che certifica i veicoli destinati al trasporto di merci aventi massa massima non superiore a 3,5 tonnellate. Risultato dell'impegno del team di specialisti del reparto R&D di Green-G electric vehicles (la nuova divisione aziendale del gruppo Goriziane spa, punto di riferimento internazionale nel settore della difesa, Oil & Gas, navale e ferroviario), il mezzo è stato sviluppato in collaborazione con l'Università degli studi di Brescia, analizzando i percorsi eseguiti nelle città italiane e determinando i modelli energetici in tutte le possibili missioni operative giornaliere. Ecco quindi che Ecarry, fa sapere l'azienda produttrice, risponde appieno «ai reali bisogni delle società di servizi, degli enti pubblici o dei vettori che necessitano di un mezzo agile, veloce, potente e dalle dimensioni ridotte per percorrere itinerari pianificati, ripetitivi, costanti e caratterizzati da numerosi start&stop. Prestazioni e velocità di gran lunga superiori agli standard, riduce a zero le emissioni di Co2, così come i costi operativi e chilometrici».«Alimentazione interamente elettrica e zero emissioni, è un mezzo silenzioso che può circolare nei centri storici e anche nelle aree pedonali. Con meno di 160 centimetri di larghezza, 520 di lunghezza, 195 di altezza, Ecarry è comodo da manovrare, semplice da guidare e non blocca il traffico. Inoltre, la modularità del pacco batterie, 35-70 kwh, rende il veicolo il mezzo più potente della sua categoria, con prestazioni nettamente superiori agli standard».

Francesco Fain

 

Ancora spazzatura sul Calvario - Fototrappole l'unica soluzione - le microdiscariche abusive
Mentre gli abbandoni di rifiuti, la cui originalità e particolarità talvolta è grande, tanto quanto lo sdegno di fronte al gesto, continuano purtroppo senza sosta in tanti punti del territorio comunale ma in particolare sulle pendici del monte Calvario, prosegue l'iter che porterà nel prossimo futuro il Comune a installare delle fototrappole nel tentativo di scoraggiare incivili e maleducati, e di punire chi di loro finisse nell'obiettivo della videocamera. I tempi, certo, non possono essere brevissimi, come del resto ha più volte ricordato nel recente passato l'assessore comunale all'Ambiente Francesco Del Sordi, che sottolinea però come «rispetto ad anni fa, quando la prospettiva sembrava davvero complicata da realizzare, siamo a buon punto».«La questione però richiede tempi importanti, inutile nasconderlo, perché nel nostro Paese la burocrazia prevede tantissimi passaggi da superare in questi casi, non lo scopriamo certo oggi - spiega Del Sordi -. Per poter installare e attivare le fototrappole per un utilizzo come quello al quale stiamo pensando, serve un regolamento apposito per la videosorveglianza, al quale stiamo lavorando da tempo. Se tutto andrà come crediamo, sarà possibile inserirlo all'interno del nuovo regolamento della Polizia locale, che speriamo di poter adottare entro la fine di questo 2021. A quel punto, il più sarà fatto».Il regolamento, tra le altre cose, dovrà chiarire chi fisicamente controllerà le immagini, come lo farà e in che modo queste verranno conservate o utilizzate. Il tutto, evidentemente per una questione di rispetto della privacy. Del Sordi fa sapere anche che sarebbe già stata individuata una ditta specializzata che si occuperebbe della gestione dei dati ricavati dalle fototrappole. «Sappiamo che il Calvario, come altri siti del nostro territorio, continua ad essere oggetto di abbandoni - conclude Del Sordi -, ma in prospettiva l'obiettivo è riuscire a punire chi si macchia di questi reati». E a proposito di rifiuti abbandonati sul Calvario, c'è da segnalare la lettera inviata al prefetto Massimo Marchesiello dal consigliere comunale leghista Andrea Tomasella, esprimendo profonda preoccupazione per un «luogo di storia, natura e lavoro che non andrebbe lasciato alla mercè di qualche incivile» e ricordando appunto come le nuove tecnologie potrebbe essere preziose alleate delle azioni di contrasto al fenomeno. Tra gli ultimi rifiuti trovati, oltre ai consueti sacchi di plastica e scarti di vario tipo, anche giocattoli e persino alcune paia di sci gettate da mano ignota e senza pudore in mezzo alla boscaglia.

Marco Bisiach

 

 

Quattro i premiati dall'associazione ambientalista Eugenio Rosmann
Ventisei i lavori arrivati da tutta Italia - Altri riconoscimenti consegnati dal Cai
Già decisa a riconfermare anche nel corso di quest'anno i premi destinati ai laureati con tesi in materia ambientale, l'Associazione ambientalista Eugenio Rosmann di Monfalcone ha chiuso l'edizione 2020, la quarta dell'iniziativa, con l'ufficializzazione dei vincitori nel corso di una cerimonia ospitata nell'Europalace Hotel. La commissione giudicatrice ha selezionato i 4 lavori vincitori tra i 26 arrivati da tutta Italia, a conferma di come abbia assunto ormai un respiro nazionale il premio si è affiancato per la prima volta quello del Cai di Monfalcone a una tesi sull'ambiente montano. I premi, passati da 3 a 4 nel 2020, sempre da 500 euro l'uno, sono andati a Ilaria Cunico, dell'Università di Padova, con una tesi sul fenomeno dell'ingressione salina e le sue conseguenze sull'ambiente e sulle attività umane e ad Angelo Sinuello, dell'Università di Trieste, che ha indagato il problema ecologico e sociale dell'abbandono del pascolo e le conseguenti modificazioni del paesaggio sul monte Matajur. Altra vincitrice è stata Linda Tossut dell'ateneo padovano per un lavoro molto originale sui sirfidi, insetti impollinatori, della città di Ferrara, che ha coinvolto nella sua ricerca la popolazione e gli studenti. E ancora Daniel Marusig per una complessa ricerca sul contributo del substrato roccioso per la disponibilità d'acqua per la crescita della foresta su formazioni calcaree, tema legato alla sempre maggiore carenza d'acqua dovuta ai cambiamenti climatici. Il Cai di Monfalcone, che con la Rosmann lavora nella gestione del Centro visite di Pietrarossa, ha invece premiato, con 300 euro, Federica Fonda dell'Università di Pavia per uno studio sull'idoneità ambientale per la martora e la faina sull'arco alpino. Sono state anche assegnate tre menzioni speciali a Sara Raimondo dell'Università di Firenze, per una tesi sui reati di inquinamento e disastro ambientale, a Marta Pieri dell'Università di Udine, per uno studio approfondito sulla presenza dello sciacallo dorato sul Carso goriziano e triestino, e ad Alessia Bontempi, dell'ateneo triestino, per l'osservazione di una popolazione pura di rana di Lessona nel laghetto di Percedol a Opicina. I premi sono stati resi possibili dai contributi di Bcc di Staranzano e Villesse, Comune di Monfalcone e 5 per mille della Rosmann. Il premio Populus alba per gli enti pubblici è andato all'Ecomuseo delle Acque del Gemonese, per i 20 anni di attività. È stato il direttore dell'Ecomuseo Maurizio Tondolo a ricevere come riconoscimento l'opera originale dell'artista monfalconese Cristiano Leban.

Laura Blasich

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 febbraio 2021

 

 

La transizione ambientale non sarà a costo zero
La transizione ecologica, che ora in Italia ha pure un ministero dedicato, esprime necessità difficilmente eludibili. Tant'è che per essa mostra, in prima battuta, vasto consenso. Ma è destinato a durare? Oppure conflitti d'interessi, silenti finché si è alle enunciazioni di principio, poi esploderanno con forza nelle piazze? Lo lasciano intendere i venti di rivolta a favore delle fonti fossili per l'energia dell'era di Trump; ed analoga è la vicenda in Francia dei gilet gialli. È facile prevedere che le politiche pubbliche "verdi", concretizzandosi, urteranno interessi e genereranno tensioni. D'altronde, il "chi pagherà" la transizione ecologica è cosa ineludibile. I costi - Ignorare la questione è pericoloso per la democrazia; e pure, per alcuni aspetti, sbagliato. È illusorio, quantomeno dal punto di vista socio-economico, credere ad una transizione ambientale ad impatto zero. I suoi costi, oltreché di rilievo nel conflitto distributivo interno (oneri fiscali, ad esempio), vanno inquadrati come strumento di lotta competitiva la cui posta è il predominio industriale tra le diverse geoeconomie del pianeta. Ce lo ricorda il conflitto sul diesel, iniziato dall'Amministrazione Usa al tempo della Presidenza Obama, nei confronti della Germania (riguarda l'Italia per l'automotive è nella sua catena del valore); e nella stessa prospettiva è la contro strategia di condizionamento "verde" per la quale Berlino ha voluto condizionare l'erogazione del Next Generation Fund. Due opzioni - Se l'ecologia diventa politica diviene portatrice di conflitti internazionale ed interni e politicamente dirimente individuare chi ne pagherà il costo. Si consideri la volontà di ridurre per l'energia la dipendenza da petrolio e carbone (tra le fonti energetiche le più convenienti). Le opzioni sono due: o si disincentiva chi le produce via tasse; oppure si sussidiano le rinnovabili. Nel primo caso si ha una traslazione in avanti su prezzi e tariffe con possibili effetti distributivi regressivi. In Francia con la rivolta dei già ricordati gilet gialli è emerso con chiarezza quale effetto possa produrre una tassa, magari per finanziare l'auto elettrica, però regressiva. Analogo discorso vale per una carbon tax europea sull'import di inquinanti. Rapporti di forza - Sarebbe un'arma tipica delle guerre economiche: il protezionismo col correlato rischio di ritorsioni. Il tema è lo stesso: il cerino in mano di chi resta? Sarebbe questione di rapporti di forza cui neppure l'ecologismo può sottrarsi. Certo, la transizione energetica implica distribuzione di fondi e, giustamente, si sottolinea l'aspetto positivo sul Pil. Il paradosso potrebbe essere che il costo, via sussidi, sia del contribuente dei Paesi avanzati mentre il vantaggio competitivo vada a paesi terzi (Cina ma non solo) che producono energia con fonti tradizionali a basso costo. La rivolta della "cintura della ruggine" del Midwest USA, i cui esiti hanno scosso le stesse fondamenta democratiche degli States, ci ricorda che la transizione energetica sarà tutto meno che un pranzo di gala. La politica, come sempre quando emergono nuove fratture sociali (classico il conflitto città/campagna con l'industrializzazione) si ridefinirà sulla "faglia ecologica. Reggeranno le democrazie occidentali al conflitto distributivo che ne deriverà? È l'incognita politica futura

Francesco Morosini

 

 

Rigassificatore - Attesa una nave a inizio marzo - l'impianto lng di Castelmuschio a Veglia
VEGLIA. Un giorno di lavoro, nel 2021, e due mesi di completa inattività. Per la gioia della popolazione locale, infastidita dai rumori sprigionati dall'impianto. Il rigassificatore offshore di Castelmuschio (Omisalj), località turistica - per modo di dire, ormai - dell'isola di Veglia, si è bloccato dopo un inizio tra squilli di fanfara, caratterizzato dapprima dal lavoro sperimentale e quindi dall'arrivo della prima metaniera, la Tristar Ruby, avvenuto l'1 gennaio. Poi il nulla, con diverse navi gasiere che invece di calare l'ancora nelle acque quarnerine hanno puntato la prua verso i più remunerativi mercati asiatici. L'ultima in ordine di tempo è stata la nave cisterna Castillo de Caldelas, il cui approdo a Castelmuschio veniva dato per certo. Invece la scorsa settimana questo tanker, proveniente dagli Stati Uniti, si è fermato nelle acque della Turchia, da dove probabilmente verrà fatto proseguire verso un qualche terminal giapponese, sudcoreano o cinese, Paesi in cui il freddo ha fatto schizzare all'insù il costo del gas. Non tutto è perduto, naturalmente, come confermato dall' azienda chiamata a gestire il rigassificatore galleggiante, l'Lng Hrvatska.Un ingente quantitativo di gas naturale liquefatto è partito dalla Nigeria (giacimento metanifero Bonny) verso Veglia, caricato sull'unità Adam Lng, che dovrebbe attraccare a Castelmuschio il prossimo 3 marzo. Il gas servirà al fabbisogno dell'Azienda elettrica croata (Hep), comproprietaria del terminal metanifero. È stato precisato che la Adam Lng, varata nel 2014 e battente bandiera delle Isole Marshall, è lunga 289 metri e larga 46 e ha una capacità di trasporto di 162 mila metri cubi di gas.

A.M.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 febbraio 2021

 

 

Discariche abusive sotto sequestro ma ancora utilizzate.   -   leggi1 - leggi2 - leggi3

Il caso in zona Borgo San Sergio segnalato dalla consigliera di Open Morena. Cumuli di rifiuti anche in via Pietraferrata

«Nastri bianchi e rossi "saltati", servirebbero cartelli e controlli».

Tre caprioli, due cuccioli e un'adulta, sentono il suono di passi umani e svaniscono nel bosco come un'apparizione. Scena idillica, peccato che a due passi ci sia una discarica abusiva. È una scena che può capitare a chi esplori la vasta macchia in cui s'infila via di Peco, davanti a Borgo San Sergio, che degli sconosciuti usano per scaricarvi rifiuti edili. A denunciarlo è la consigliera comunale di Open Fvg, Sabrina Morena, durante un sopralluogo sul posto, segnalatole da due membri della pagina Fb Nimdvm. «Ho scritto al Comune in gennaio, chiedendo che venissero sanate», spiega Morena. «Mi è stato risposto che le discariche sono note ma che ci sono delle indagini in corso, sicché sono sotto sequestro e c'è bisogno del via libera della magistratura». Il punto è, argomenta la consigliera, che nel frattempo le discariche continuano a venire usate: «I vigili urbani potranno anche aver messo i nastri bianchi e rossi, ma ormai sono andati e qui evidentemente ci sono persone che continuano a venire a scaricare rifiuti. Servirebbero dei grandi cartelli e dei controlli». Via di Peco è una stradina che si intrufola nei campi davanti a Borgo. Una parentesi bucolica, inaspettata, nel punto in cui la periferia della città si perde nella campagna. Anche per questo, probabilmente, è stata individuata come un buon punto in cui liberarsi di materiali edili che, a rigor di legge, andrebbero smaltiti in ben altro modo. La prima discarica, la più corposa, è in mezzo al bosco, a pochi metri dalla strada. Qualche centinaio di metri più avanti, sotto al viadotto, ce n'è un'altra: avanzi di cantiere sparsi dappertutto, una cappa di Eternit buttata a terra. «Questa è un'area che si potrebbe valorizzare dal punto di vista naturalistico», dice Morena. Ma se per queste due prime discariche si pone la questione del sequestro, per una terza poco distante no: «Non l'ho ancora segnalata», spiega la consigliera mentre raggiunge via Pietraferrata, una laterale poco battuta di via Flavia. Anche qui, a due passi dal marciapiede, un altro cumulo di resti, mobili inclusi e perfino due casse di cachi andati a male. Conclude Morena: «D'altra parte l'ambiente non è il primo pensiero di questa giunta. Non hanno fatto nulla per la raccolta differenziata, quando si poteva incentivare magari attraverso la premialità, così come non hanno voluto mettere i contenitori per gli oli esausti. Poi ci sono i furbi che li buttano abusivamente in luoghi come questi».

Giovanni Tomasin

 

Il vicesindaco Polidori «Punti monitorati» - «Le indagini sono in corso. Presidio fisso impossibile».

«L'area di via di Peco alla quale fa riferimento la consigliera Morena è posta sotto sequestro e ci sono delle indagini in corso», indica il vicesindaco con delega alla Sicurezza Paolo Polidori. «La situazione è nota, Morena non ha scoperto nulla di nuovo - replica - e sulla questione si stanno muovendo più reparti della Polizia locale: la polizia ambientale, quella giudiziaria oltre al personale del distretto che va a fare i sopralluoghi». Polidori assicura che l'area è monitorata, la situazione nota, «ma va tenuto conto che è un punto difficile, interno, nascosto, che vede il passaggio solo di mezzi agricoli, e consente agli incivili di agire facilmente, ma è impensabile pensare ad un presidio fisso». Il vicesindaco spiega che «si è ipotizzato di utilizzare un sistema di videosorveglianza, ma lì è difficile installarlo». Replicando a Morena sulla politica ambientale della giunta, l'esponente leghista rileva che «solo per quanto riguarda le mie competenze, ricordo la costituzione delle guardie ambientali che adesso sono state accorpate alla polizia ambientale per avere un nucleo ancora più organico, e c'è anche l'ipotesi di un rafforzamento come numeri. In tre anni sono decuplicate le sanzioni su questo tema, quindi non posso che fare un plauso al lavoro della polizia ambientale». Nello specifico di via di Peco, «se Morena - conclude - ha delle soluzioni più innovative da proporre che non siano quella di sistemare una vigilanza 24 ore su 24 perché con i soldi dei cittadini tutti sanno avanzare proposte, ce le venga a illustrare».

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 febbraio 2021

 

 

Raccolta di tappi in plastica ricavato per Via di Natale - L'iniziativa del gruppo ANA Ronchese

Da Fogliano Redipuglia, dove sono impegnate tante associazioni, a Ronchi. Nel segno della solidarietà. "Raccolta tappi... una solidarietà che non costa", questo lo slogan coniato dalle Acli ronchesi per il lancio di una campagna finalizzata a incentivare la raccolta dei tappi di plastica. Raccolta che è iniziata dalla sensibilità delle "penne nere" presiedute da Giorgio Grizonich nel 1996, alla quale da alcuni anni collabora fattivamente anche la locale storica associazione aclista. Nell'anno appena trascorso sono stati raccolti oltre 10 quintali di tappi che sono stati portati al centro di raccolta di Ruda che a sua volta li ha trasportati ad Aviano. Un gesto di solidarietà che nel 2020 ha permesso a Via di Natale di disporre di 40 mila euro per far le necessita dell'importante struttura che dispone di una trentina di stanze e che vengono messe a disposizione di quanti vengono colpiti dalle terribili e dolorose forme tumorali. Per questo il gruppo ronchese dell'Ana e le Acli invitano la cittadinanza ronchese a collaborare in questa iniziativa di solidarietà, conservando i tappi di plastica e portarli poi alla sede dell'Ana in via Soleschiano o al circolo Acli di via San Lorenzo. Questo accanto all'ormai consolidato tradizionale appuntamento con la Lucciolata, organizzata per la prima volta proprio dalle Acli nel 1983 e ora dal locale gruppo alpini, finalizzata alla raccolta di fondi a sostegno dell'associazione pordenonese. Continua a dare soddisfazioni ed a produrre risultati l'operazione che viene svolta ormai da moltissimi anni anche a Fogliano Redipuglia ed in questo caso grazie all'impegno dell'Associazione donatori volontari del sangue, dell'Auser, della Pro Loco e dell'amministrazione comunale.

LU.PE.

 

 

Pescato vicino a Veglia uno squalo capopiatto - specie protetta in Croazia
FIUME. Hanno pescato uno squalo capopiatto protetto in Croazia dal Regolamento nazionale sulle specie in regime di rigorosa tutela e, non avendolo potuto vendere, lo hanno gettato in mare. Dell'episodio non si sarebbe saputo nulla se la foto sullo squalo messo a pagliolo non fosse apparsa sulle reti sociali. Dai commenti, praticamente tutti di tenore negativo per quanto accaduto, si è appreso che lo squalo è stato catturato nelle acque al largo dell'isola di Veglia, un'area ricca di squali, alcuni dei quali potenzialmente pericolosi per l'uomo, con la vendita che sarebbe dovuta avvenire nella pescheria di Buccari. Uno dei pescatori ha tentato di togliergli la pelle, ma ha desistito affermando che era un lavoro troppo difficile.

A.M.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 febbraio 2021

 

 

Bora, vie strette, case vicine. La differenziata non sfonda   -   LE CIFRE

Trieste resta maglia nera in regione. Pesano le caratteristiche uniche della citta'.

Trieste non sfonda il muro della raccolta differenziata. Le percentuali raggiunte la fanno restare in regione tra i comuni con i risultati più bassi, ma le sue caratteristiche urbanistiche, morfologiche, il numero di residenti e alcuni aspetti meteorologici come la Bora la rendono una città unica. E anche la raccolta dei rifiuti diventa più complessa rispetto a quanto avviene in altre realtà. A stilare la classifica che riporta le percentuali di differenziata comune per comune è Legambiente Friuli Venezia Giulia che, presentando anche quest'anno il rapporto "Comuni ricicloni Fvg 2020" (i dati sono riferiti al 2019), ne premia 56. I parametri che nel rapporto rendono un comune "Rifiuti Free" prevedono una raccolta differenziata superiore al 65%, e meno di 75 chilogrammi di rifiuto secco residuo per abitante. Trieste, come detto, fa ancora fatica, raggiungendo il 44,2% di differenziata e raccogliendo 265,5 chilogrammi di rifiuto secco residuo per abitante. «Il dato di raccolta differenziata di Trieste sconta un ambito urbanistico, morfologico e climatico complesso - spiega Giovanni Piccoli, responsabile Servizi Ambientali di AcegasApsAmga - certamente non paragonabile con altre città. È vero che non siamo nella top ten dei comuni ricicloni, ma va comunque rilevato come la differenziata stia crescendo a ritmo sostenuto, passando dal 28% del 2013 al quasi 45% del 2019, grazie soprattutto alle azioni di ingaggio della cittadinanza attuate con il Comune». Un risultato raggiunto prevalentemente con l'introduzione della raccolta dell'organico, degli sfalci tramite raccolta stradale e al potenziamento della raccolta differenziata in più punti della città. Viuzze strette, salite, complessi immobiliari con un numero elevato di residenti e spesso senza cortile, e la forza della Bora - lasciare sacchetti o semplici bidoncini fuori dai portoni creerebbe più di qualche problema - impongono una progettazione del sistema di raccolta dei rifiuti diversa. «Esistono vari metodi di raccolta, incluso quello porta a porta, - indica Piccoli - ma Trieste sta valutando altre soluzioni più moderne e innovative come, ad esempio, i cassonetti smart, ad accesso controllato, non escludendo a priori che in certe zone delle città, quelle che più si prestano, possa essere immaginato anche il "porta a porta"». Va tenuto conto inoltre - tiene a sottolineare Acegas - che il termovalorizzatore, che ha una valenza regionale e viene utilizzato anche da altri gestori, ha il ruolo di garantire il recupero energetico del rifiuto secco e non è ad oggi un elemento che può incidere sui risultati della raccolta differenziata. Tra le città capoluogo, Pordenone è la più virtuosa, con 68,3 kg di secco residuo raccolto e una percentuale di differenziata dell'86,1%. Udine supera con l'introduzione del "porta a porta" la percentuale di raccolta differenziata del 65%, ma raccoglie quasi 3 volte di più la quantità di secco residuo rispetto a Pordenone, ben 200,8 kg. Gorizia supera di poco la percentuale di raccolta differenziata richiesta per essere Comune Riciclone, ma ha alti valori per il secco residuo. Nel triestino, San Dorligo, Muggia e Sgonico raggiungono e superano comunque l'obiettivo del 65%, toccando rispettivamente il 73,8, il 67,7 e il 73,4%. Nelle top ten dei comuni Rifiuti Free in regione ci sono San Vito di Fagagna (35,6 kg), Lestizza (38,6) e Campoformido (43,8).

Laura Tonero

 

 

«Da noi la raccolta va potenziata con ogni mezzo» - Andrea Wehrenfennig LEGAMBIENTE
«A Trieste - dichiara il presidente del Circolo di Legambiente Andrea Wehrenfennig - la quota della raccolta differenziata deve assolutamente crescere, o tramite la raccolta porta a porta o tramite i cassonetti accessibili con tessera, in ogni caso responsabilizzando i cittadini che producono i rifiuti, in vista dell'introduzione della tariffa puntuale (chi produce più rifiuti paga di più)». Per l'ambientalista «è urgente la creazione anche a Trieste di un Centro del Riuso, dove i cittadini possano scambiarsi gratuitamente oggetti in buono stato. Il Comune può ricorrere ai finanziamenti previsti dalla legge regionale, facendo tesoro delle positive esperienze del Centro "Maistrassà" di Gemona del Friuli e del Centro "Second life" di Bologna».

 

«Ma decisivo è l'impegno delle persone» - Cristian Bencich
«l singoli cittadini, valutando che a Trieste siamo oltre 200 mila abitanti, possono fare più di mille isole ecologiche». Cristian Bencich, fondatore di Sos Carso e impegnato ormai da anni, assieme ad altri volontari, nel ripulire i boschi del nostro Altipiano dai rifiuti abbandonati, rivolge un appello ai triestini, «perché se da un lato è vero che ci sono ancora molte criticità nel sistema di raccolta - osserva - è anche vero che l'obbiettivo di aumentare la percentuale di differenziata dipende anche dall'impegno di ognuno di noi». Bencich indica che comunque «in certi punti della città, come in via Levier, mancano isole ecologiche, e che dispiace fare ormai difficoltà a trovare i raccoglitori delle batterie usate».

 

«Dai corsi a scuola alle App per creare una nuova cultura» - Riccardo Finelli
«Siamo impegnati su due fronti: quello dell'informazione e quello culturale», riferisce Riccardo Finelli, responsabile della comunicazione di AcegasApsAmga. «L'informazione per una corretta raccolta differenziata passa attraverso la promozione dell'App il Rifiutologo, la distribuzione di un magazine che racconta delle filiere di questa raccolta, sfatando il mito che tutto finisca nel termovalorizzatore». C'è poi il report sulle tracce dei rifiuti. «La parte culturale - indica Finelli - è la sfida per far capire la transizione che stiamo attraversando. A questo scopo ci sono i Sabati ecologici, alcune collaborazioni come quella con San Martino al Campo e l'educazione ambientale nelle scuole, che nel 2020 ha coinvolto 3 mila studenti».

 

«Stiamo vagliando nuove formule per migliorare» - Luisa Polli
«Come emerso dalle indagini statistiche, la raccolta differenziata sta crescendo comunque, costantemente». L'assessore all'Ambiente Luisa Polli è ottimista. «Rispetto alla relazione di Legambiente - sottolinea - evidenzio che Trieste non può essere equiparata in termini di complessità organizzativa e gestionale a nessun altro comune della regione». «Con il gestore stiamo lavorando per ipotizzare formule di intervento per incrementare la percentuale di raccolta anche con campagne di informazione - spiega Polli - e con una attenta valutazione di cosa si possa fare per aumentare la raccolta, senza far crescere i costi, e consentendo ai cittadini di gestire i rifiuti senza i problemi emersi a Udine piuttosto che a Muggia».

 

Sostenibilità - In un questionario della Regione le idee dei cittadini
"Le buone idee non si buttano: diventa protagonista della sostenibilità ambientale" è il titolo dell'indagine lanciata dalla Direzione regionale all'Ambiente ed energia per promuovere la cultura del riciclo e della sostenibilità. «Un invito a tutti i cittadini a dare il proprio contributo - spiega l'assessore competente Fabio Scoccimarro -. Il questionario, promosso dalla Regione, è infatti stato realizzato nell'ambito del progetto EcoFvg in collaborazione con Arpa e tutti i gestori del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani del Fvg». Scoccimarro spiega che «l'iniziativa vuole incoraggiare una maggiore consapevolezza delle persone, partendo da un'indagine che chiama a diventare protagonisti della sostenibilità. Il questionario proposto da EcoFvg infatti chiede ai cittadini di esprimere le proprie idee sulla gestione dei rifiuti, ma anche sui temi della sostenibilità ambientale».

 

La classifica - Legambiente sprona i 23 Comuni ricicloni - «Troppo rifiuto secco»
Gradisca. Raccolta differenziata superiore al 65% e meno di 75 kg di rifiuto secco residuo per abitante. Sono questi i parametri che rendono un Comune rifiuti-free e che gli aggiudicano il particolare premio di Legambiente per i comuni green nell'ambito del concorso regionale "Comuni Ricicloni 2020". Nessun comune della provincia di Gorizia - forse a sorpresa - è riuscito a fare doppietta e guadagnarsi la certificazione: Destra e Sinistra Isonzo ben si comportano quanto a percentuale di differenziazione, ma "sforano" tutti il paletto dei 75 Kg di rifiuto secco pro capite. In tutto il Fvg sono 56 i comuni premiati dalla classifica di Legambiente, divisi per ex provincia e in tre categorie a seconda del numero di abitanti. Ebbene, si scopre che la Venezia Giulia non è fra le prime della classe: nell'Isontino nessun comune scende sotto i 75 kg per abitante necessari per aggiudicarsi il premio e altrettanto avviene a Trieste. Se non altro, 23 comuni isontini raggiungono e superano comunque l'obbiettivo del 65% della differenziata. Venendo al capoluogo, Gorizia supera di poco la percentuale di raccolta richiesta per essere Comune Riciclone, ma è ben lontano dall'essere Rifiuti Free, avendo raccolto nel 2019 162, 6 kg di secco residuo per abitante. «Il circolo Legambiente Gorizia - dichiara Anna Maria Tomasich - auspica che le attività di sensibilizzazione e di educazione ambientale, messe in atto durante la campagna Puliamo il Mondo, stimolino un miglioramento anche nel comportamento di tutti i giorni come la gestione domestica dei rifiuti da parte dei cittadini, anche i più attenti». La Top10 assoluta, cioè senza divisione per ex province e abitanti, vede sul podio San Vito di Fagagna (35, 6 kg), Lestizza (38, 6 kg) e Campoformido (43, 8 kg). Il dossier completo è disponibile sui siti www. legambientefvg. it e www. ricicloni. it.

L. M.

 

ISTRIA - Discarica di Castion - Il Comune di Medolino avvia l'iter di chiusura

L'impianto da 40 milioni inaugurato nel 2018. Il sindaco: bomba ecologica e freno allo sviluppo turistico dell'area

Pola. Il Comune di Medolino ha avviato l'iter con cui richiedere la chiusura del Centro regionale per la gestione dei rifiuti di Castion, ritenuto estremamente dannoso per l'ambiente e soprattutto per la salute della popolazione che vive nelle vicinanze. La struttura, costruita ad appena un chilometro e mezzo dalle spiagge di uno dei comuni più turistici della Croazia, è venuta a costare 40 milioni di euro erogati dai fondi europei. Inaugurato solo tre anni fa, nel 2018, dopo un lunghissimo periodo di lavori, il Centro rappresenta uno dei progetti più contestati da parte di ambientalisti, residenti e opposizioni politiche degli ultimi anni in Istria.Intanto il drastico provvedimento dell'avvio dell'iter di chiusura è stato annunciato dal sindaco Goran Buic in risposta alle recenti dichiarazioni rilasciate dal ministro dell'Economia e dello Sviluppo sostenibile Tomislav Coric nonché dal sindaco di Pola Boris Miletic e dal presidente della Regione istriana Fabrizio Radin, che avevano parlato di Castion come esempio da seguire per il trattamento dei rifiuti. «La verità - ha dichiarato Buic ai giornalisti - è che Castion è una bomba ecologica, oltre che una fonte costante di miasmi che rende difficile l'esistenza dei residenti del circondario, costretti d'estate a chiudersi in casa. Tanta gente si è indebitata per avviare attività turistiche nella zona - ha aggiunto il sindaco - e adesso è in difficoltà perché i villeggianti non vogliono trascorrere le vacanze vicino a una discarica maleodorante. Per questo motivo nessuno vuole più investire nel nostro comune. Così sono andati in fumo il progetto di un centro commerciale a Cota e l'avvio di vari incubatori d'impresa. Per tutti questi motivi - ha concluso Buic - abbiamo indirizzato al Tribunale amministrativo di Pisino la richiesta per l'avvio di una raccolta di prove del mancato rispetto delle norme sulla cui base chiedere poi la chiusura provvisoria del Centro fino alla completa messa in sicurezza».I mali di Castion, secondo quanto emerso da numerose verifiche, originano da una tecnologia superata, non in grado di trattare e riciclare i rifiuti nel rispetto delle direttive comunitarie. Anche i calcoli sulla capacità di trattamento lascerebbero a desiderare: la discarica è stata progettata per accogliere al massimo 400 tonnellate di rifiuti al giorno mentre nei mesi caldi ne arrivano fino a 600 da tutta l'Istria. Per l'ex ministro della tutela ambientale Slaven Dobrovic, uno dei massimi esperti nel settore in Croazia, il più grave errore è stato quello di aver privilegiato il dibattito politico - piuttosto che il parere degli specialisti - nell'ubicazione e progettazione della discarica.

Valmer Cusma

 

 

Varianti al PRG in giunta giovedi' su Youtube

La prossima seduta pubblica della Giunta comunale, che si terrà in modalità telematica tramite videoconferenza, avrà luogo giovedì 25 febbraio alle 14.30. All'ordine del giorno le varianti al piano regolatore particolareggiato su alcune particelle di Padriciano e di via del Refosco a Opicina. La seduta sarà accessibile a tutti gli interessati attraverso il canale YouTube https://bit.ly/2UtwKFr. L'avviso è stato pubblicato all'Albo Pretorio del Comune.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 febbraio 2021

 

 

Il cestino anti plastica che pulisce il mare installato in Sacchetta
Davanti a molo Fratelli Bandiera ecco il dispositivo Seabin, attivo 24 ore su 24. Il precedente al Marina San Giusto
Un cestino galleggiante per la raccolta dei rifiuti marini. È il nuovo dispositivo installato ieri dall'Autorità di Sistema portuale del mare Adriatico orientale alla base del molo Fratelli Bandiera, a pochi passi da ciò che resta della piscina Acquamarina. Si chiama Seabin (letteralmente bidone del mare) ed è un dispositivo posizionato a filo d'acqua, capace di raccogliere più di 500 chili di rifiuti plastici presenti in mare in un anno. È un dispositivo figlio dell'aumentata attenzione nei confronti dell'inquinamento dei mari causato dalla plastica ed è efficace soprattutto in aree come i porti, dove si accumulano i detriti e l'immondizia flottante. Proprio per questo motivo Seabin, funzionando senza sosta, 24 ore su 24 e sette giorni su sette, darà un valido contributo alla pulizia del mare in prossimità della banchina alla radice del molo Fratelli Bandiera, che rappresenta un punto di accumulo dei rifiuti della cosiddetta "Sacchetta", dove i mezzi nautici operano con difficoltà e, nel caso di accumulo di sporcizia, risulta necessario l'intervento di personale addetto per una loro raccolta manuale. «Siamo consapevoli che Seabin da solo non può risolvere i problemi dell'inquinamento in mare - ha affermato Zeno D'Agostino, presidente dell'Authority giuliana - ma può dare un contributo per la pulizia degli specchi acquei, tanto che stiamo valutando il posizionamento di un altro dispositivo nel porto». Il "cestino", posizionato a filo d'acqua, è in grado di raccogliere 1,5 chili di rifiuti plastici marini, comprese le microplastiche e le microfibre, pompa fino a 25 mila litri d'acqua all'ora e necessita di interventi di svuotamento e pulizia. Viene solitamente installato nei "punti di accumulo" dove i venti e le correnti marine tendono a far depositare i detriti galleggianti, riuscendo così a catturare i rifiuti, mentre una piccola pompa espelle l'acqua filtrata. Raccoglie e trattiene tutti i rifiuti e microrifiuti galleggianti: dai pezzi di plastica ai sacchetti della spazzatura, ai mozziconi di sigarette, fino alle fibre invisibili a occhio nudo. Quello di molo Fratelli Bandiera però non è il primo dispositivo del genere presente sullo specchio di mare antistante le Rive: lo scorso settembre un suo gemello è stato installato a fianco del molo dove sorge il Marina San Giusto. Seabin arriva nel porto di Trieste dopo essere già stato installato in altri scali italiani. Il prototipo di questo strumento acchiappa rifiuti marini è nato dall'intuizione di due surfisti australiani, Andrew Turton e Pete Ceglinski.

Lorenzo Degrassi

 

 

CARLO PETRINI, IL FONDATORE DI SLOWFOOD - "La nostra unica salvezza è la biodiversità"
Quando perdiamo un prodotto alimentare non stiamo solo rendendo la nostra dieta meno ricca, ma stiamo diventando più poveri e vulnerabili, e non solo come specie umana. Perché la diversità biologica è fondamentale per la nostra vita sulla Terra così come la conosciamo. Ma non altrettanto centrali e concrete sono le politiche in atto per difenderla. Nel 2019 la Fao ha dichiarato che «la biodiversità è indispensabile per la sicurezza alimentare» e «una risposta chiave per aumentare la produzione alimentare, limitando al contempo gli impatti negativi sull'ambiente per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell'Agenda 2030». Nonostante il ruolo essenziale che riveste da sempre, il riconoscimento scientifico e di importanti organizzazioni mondiali, il processo di erosione della biodiversità non è stato interrotto, anzi prosegue senza sosta. Qui c'è un responsabile facilmente individuabile: l'uomo. Inquinamento, urbanizzazione, deforestazione, prosciugamento delle zone umide e una cattiva gestione dell'agricoltura distruggono la vita allo stato naturale. Ma, ad esempio, la diffusione della monocoltura e degli allevamenti intensivi prosegue incurante degli allarmi che stanno giungendo da più parti. L'agricoltura moderna ha spinto gli agricoltori a far uso di poche specie e varietà di piante e animali. Il settore è sempre più concentrato nelle mani di poche multinazionali che, per avere il controllo sulle risorse genetiche (vegetali e animali), puntano a diffondere in ogni parte del mondo un numero sempre più ristretto di varietà vegetali e di razze animali. Un dato: oggi il 63% del mercato dei semi è controllato da quattro multinazionali. E, guarda caso, sono le stesse che producono diserbanti, fertilizzanti, pesticidi e, per finire, possiedono i brevetti Ogm. La Fao stima che nell'ultimo secolo siano scomparsi tre quarti delle diversità genetiche delle colture agricole. Nella maggior parte dei casi si tratta di quelle specie che meglio si erano adattate ai terreni e ai climi in cui venivano coltivate o allevate, spesso in aree povere o marginali. Richiedono meno impiego di risorse preziose, come l'acqua, o di input esterni, spesso costosi e dannosi per l'ambiente, come fertilizzanti chimici o antibiotici per gli animali. Non c'è più tempo da perdere. Sempre secondo la Fao, il collasso dell'intero sistema di produzione alimentare è inevitabile se non invertiamo lo stato delle cose entro 10 anni. Con questo non voglio dire che dobbiamo concentrarci su quello che abbiamo perso, anzi. Dobbiamo guardare al futuro con un diverso modo di operare. Ripensare un'agricoltura che mantenga viva la biodiversità del suolo e delle colture (e anche delle culture). Occorre però un cambiamento di rotta. Abbandonare un modello produttivo che ha creato disastri ambientali e sociali. Bisogna che noi e la politica facciamo di più. Per questo guardiamo con speranza alle strategie della Commissione Europea Farm to Fork e Biodiversità 2030. Speriamo che sia l'inizio per una vera e sentita transizione (per usare una parola molto in voga in questi giorni) ecologica. Di un cambiamento del modo di coltivare dove biodiversità, agroecologia, benessere animale, stop al consumo di suolo non siano solo buone intenzioni, ma l'oggetto per un operare concreto. Dove, in campo agricolo, una ricerca libera e pubblica riesca a leggere le esigenze vere del nostro pianeta. Più di vent'anni fa abbiamo dato vita a progetti come l'Arca del Gusto e i Presìdi Slow Food, che hanno permesso di riunire e sostenere migliaia di produttori che in tutto il mondo custodiscono quotidianamente la biodiversità con il loro lavoro. Li abbiamo fatti conoscere al grande pubblico e li abbiamo messi in contatto con migliaia di cuochi, artigiani e bottegai che hanno scelto i loro prodotti, contribuendo a generare piccole e preziose economie locali. Ecco, oggi abbiamo bisogno di tradurre questa parola magica, universale e trasversale, che è biodiversità, in azioni concrete che abbiano ricadute tangibili per le comunità. Solo così ogni singolo prodotto potrà contribuire a salvare la biodiversità agricola e alimentare, e con essa la salute dell'uomo e del pianeta.

Carlin Petrini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 febbraio 2021

 

 

Hera lancia la sfida dell'energia pulita: dall'idrogeno verde all'addio al carbone
Il 60% degli investimenti del piano industriale 2020- 2024 sarà destinato all'economia circolare. Partita da 1,9 miliardi
MILANO. L'ultima novità è di qualche giorno fa, con la firma di un memorandum a tre per studiare la fattibilità di un progetto per la generazione e l'impiego di idrogeno verde. Hera, che controlla la triestina AcegasApsAmga, ha raccolto intorno a un tavolo Yara Italia, attiva nella produzione di fertilizzanti azotati e complessi, e Sapio, che opera nel campo dei gas tecnici e medicinali. Le tre società collaboreranno per capire gli spazi di applicazione di quella che è considerata tra le soluzioni più promettenti per generare una ripresa sostenibile. Di idrogeno come combustibile green (quello cioè ottenuto mediante l'elettrolisi dell'acqua in speciali celle elettrochimiche, alimentate da elettricità generata grazie a fonti rinnovabili) per i veicoli e gli impianti energetici si parla dagli anni Settanta, ma la messa in campo di questa soluzione è stata a lungo limitata dagli elevati costi di produzione. Ostacoli in parte venuti meno grazie allo sviluppo tecnologico e alla crescente sensibilità di cittadini e istituzioni verso il tema della decarbonizzazione, vale a dire il processo di riduzione del rapporto carbonio-idrogeno nelle fonti di energia. Il memorandum si inquadra in una strategia globale che vede la multiutility fortemente impegnata sui temi della sostenibilità ambientale. Il nuovo piano industriale al 2024 torna a più riprese su questo punto, indicando come filone prioritario dello sviluppo la promozione dell'economia circolare attraverso il recupero, il riuso e la rigenerazione delle risorse, interventi sulle infrastrutture in chiave di prevenzione e mitigazione dei rischi e, più in generale, tutte le azioni per la lotta al cambiamento climatico. «Il 60% degli investimenti del nostro piano (quindi poco più di 1,9 miliardi di euro su 3,2 miliardi complessivi, ndr) sarà destinato a progetti coerenti con gli obiettivi Ue per la riduzione delle emissioni, la carbon neutrality, la resilienza dei business, l'economia circolare e l'evoluzione tecnologica, ha spiegato presentando il piano il presidente esecutivo Tomaso Tommasi di Vignano. Tra le altre cose, Hera punta a produrre oltre 15,5 milioni di metri cubi all'anno di biometano da rifiuti organici, il doppio rispetto al 2020. Tra gli altri obiettivi per l'economia circolare al 2030, vi sono un tasso di riciclo dei rifiuti urbani al 67% (oggi 56%); raggiungere il 75% di imballaggi riciclati, aumentare del 150% i quantitativi di plastica riciclata. Quanto ad AcegasApsAmga, nel 2019 il 96% dei materiali raccolti nei territori serviti dalla controllata nordestina è stato recuperato. La raccolta differenziata ha raggiunto il 49%. I rifiuti differenziati raccolti sono stati pari a 116 mila tonnellate. Nei prossimi anni, la multiutility continuerà inoltre a puntare all'ampliamento della base clienti, con l'obiettivo è raggiungere i 4 milioni di clienti energy nel 2024, grazie anche alla partnership con Ascopiave che ha portato alla nascita del maggiore operatore del Nord-Est. A fine novembre il gruppo con headquarter a Bologna ha emesso un bond da mezzo miliardo di euro, che ha registrato richieste per oltre 2 miliardi. I fondi raccolti serviranno a finanziare gli investimenti della multiutility in progetti nei settori dell'ambiente, dell'acqua e dell'energia. L'impegno green di Hera la ha fruttato recentemente l'inserimento del titolo nel Dow Jones Sustainability Index, uno dei più importanti indici borsistici mondiali di valutazione della responsabilità sociale. Inoltre ha ricevuto la menzione speciale di "Industry mover", come società che ha registrato il miglioramento più rilevante, con una crescita di 19 punti rispetto alla valutazione di 68/100 del 2019. Un doppio riconoscimento importante a fronte del crescente interesse mostrato dai grandi gestori verso aziende attente ai temi della sostenibilità.

Luigi Dell'Olio

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 febbraio 2021

 

 

Scarti della viticoltura trasformati in energia - Il progetto del Galilei alla ribalta nazionale
Il liceo scientifico fra i 50 finalisti di "Mad for Science". Primo premio da 75 mila euro per attrezzature da laboratorio
Con un progetto sulla trasformazione degli scarti della viticoltura in fonte di energia, il liceo Galilei di Trieste è nella rosa dei 50 finalisti del concorso "Mad for Science", promosso in tutti i licei scientifici italiani, sostenuto dalla Fondazione DiaSorin e da quest'anno anche nei licei classici con percorso a curvatura biomedica statali e paritari, per un totale di oltre 1.600 scuole. Il primo premio ammonta a 75 mila euro e consentirà all'istituto vincitore di acquistare attrezzature per i propri laboratori. Obiettivo dell'iniziativa è quello di alimentare la passione per la scienza e dare un assaggio ai ragazzi di cosa significa fare ricerca. Al Galilei il team è composto da una trentina di studenti, cinque guideranno gli altri, mentre a coordinare il progetto è l'insegnante Elisa Luin, insieme ai colleghi Laurence Baruffo, Cristina Chiaruttini e Paola Nichetto. «Era fondamentale - ricorda Luin - parlare di ricerca scientifica per dare impulso a nuove applicazioni tecnologiche, ad esempio per creare nuove fonti di energia rinnovabile, sulla spinta della valorizzazione dell'economia circolare. Abbiamo scelto quindi di pensare al riutilizzo degli scarti della viticoltura, visto che il nostro territorio ha tanti spazi coltivati che posso prestarsi a questa proposta. Abbiamo studiato l'ecosistema e sviluppato poi l'idea. Ora ci prepariamo alla fase successiva del concorso - racconta - e siamo molto soddisfatti per il risultato ottenuto finora, anche perché premia l'impegno dei ragazzi, che stanno vivendo questa iniziativa attraverso l'alternanza scuola-lavoro. Speriamo davvero di ottenere uno dei riconoscimenti conclusivi, perché ci darebbe la possibilità di acquistare nuove strumentazioni e di rinnovare i laboratori. In più - aggiunge - abbiamo già avviato una collaborazione con il Dipartimento delle Scienze dell'Università di Trieste e con Edi Kante, che ci darà la possibilità di portare gli studenti a vedere sul posto il possibile riuso di ciò che avanza in un'azienda specializzata nel settore del vino». Ma per ottenere l'ambito premio finale servirà impegnarsi ancora nelle prossime settimane, e le squadre di ragazzi e professori sono pronte e determinate. Nella rosa dei 50 finalisti anche un'altra scuola del Friuli Venezia Giulia, è il Malignani di Udine. Ora tutti lavoreranno sul tema "Rigenerare il futuro", ed entro il 14 aprile dovranno preparare cinque esperienze sperimentali legate agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 dell'Onu, individuati come filo conduttore dell'edizione 2021. Entro il 7 maggio un comitato selezionerà le otto proposte progettuali più interessanti, che si sfideranno durante la "Mad for Science Challenge 2021" nella seconda metà di maggio. Il montepremi complessivo, che prevede diversi assegni, è di oltre 175 mila euro.

Micol Brusaferro

 

 

Il gigante smontato pezzo dopo pezzo. Viaggio nella Ferriera che sta scomparendo.

Pezzo dopo pezzo, il gigante di fuoco e metallo sta scomparendo. Le fiamme da cui fino all'anno scorso uscivano migliaia di tonnellate di ghisa incandescente sono spente e hanno lasciato spazio a demolitori, ruspe e immani pinze oleodinamiche. Nel giro di poche settimane l'altoforno della Ferriera è diventato un mozzicone rispetto a com'era solo qualche tempo fa e nella cokeria è stato aperto un largo squarcio, che è l'inizio dell'abbattimento dell'altro cuore dell'area a caldo. Dall'esterno si vede e si percepisce poco, a meno che non si abiti nelle case che si affacciano sullo stabilimento siderurgico o si navighi sullo specchio di mare antistante. Ma il comprensorio di Servola sta mutando a velocità inaspettata: fra pochi mesi non resterà che portare via le macerie e procedere alla realizzazione dei piazzali del nuovo terminal portuale, sperando che le autorizzazioni del ministero dell'Ambiente non ritardino opere che per ora - incredibile a dirsi in Italia - procedono secondo il cronoprogramma. Presto l'area a caldo sarà solo un ricordo, dunque. Nostalgico per chi ha lavorato una vita in Ferriera. Liberatorio per i cittadini che ne hanno dovuto sopportare odori e polveri. Sui social sembra esserci un'equa divisione. Da una parte, gli operai condividono foto e video delle strutture, via via che vengono squarciate e private di impianti e rottami metallici, che Arvedi rivenderà a peso o reimmetterà nel ciclo produttivo dell'acciaio. Dall'altra, i residenti esultano mentre registrano il graduale abbassarsi dell'altoforno, che sparendo libera porzioni di vista sul mare e su un cielo tornato più azzurro di prima. Resterà poco dello stabilimento che fu. Di certo saranno conservati due dei sei bomboloni che servivano a immettere aria fredda per alimentare la combustione dell'altoforno. In Ferriera "freddo" equivale a 100 gradi, che sono niente rispetto ai 1.600 che raggiunge il crogiolo. Quei grossi cilindri si chiamano Cowper, dal nome dell'inventore: i più antichi risalgono addirittura al 1918 e saranno preservati per non disperdere la memoria della fabbrica fondata nel 1896. Il presidente della Icop Vittorio Petrucco è venuto a Servola per fare logistica, ma ha un rispetto sacro di quello che fu e vuole un museo della Ferriera da realizzare assieme alla Soprintendenza, che ha già vincolato i due Cowper, sulla cui sommità potrebbe essere costruita una terrazza dalla quale sarà possibile stendere lo sguardo ben oltre Muggia. Icop è il braccio operativo di Hhla Plt, che proprio accanto sta per far partire la Piattaforma logistica: per entrare in campo, l'impresa di costruzioni attende il via della Conferenza dei servizi messa in piedi dal ministero. Spetterà all'organismo tecnico dare i permessi per la demolizione definitiva delle strutture, che in alcuni casi saranno abbattute con la dinamite, come nel caso della palazzina rossa dell'agglomerato. Intanto si prosegue con quel che si può. È già stato smontato il gasometro, che conteneva i vapori della produzione, riciclati per alimentare la centrale elettrica: è ormai foto da cartolina il suo grosso profilo visibile da chiunque percorresse la superstrada. A terra resta un grosso misuratore volumetrico, che indicava quanto fosse pieno il silo. Vicino alla cokeria c'era un secondo gasometro più piccolo: la parte metallica è stata divorata e ora gli addetti stanno facendo a pezzi l'involucro di cemento, necessario a contenere un'eventuale esplosione. Il primo dei due altoforni viene intanto segato sezione per sezione e ha già dimezzato la sua altezza. Presto toccherà al secondo, spento da anni, dopo che è stato abbattuto l'impattante nastro trasportatore che collegava le teste dei due altoforni, spostando il coke da uno all'altro. Le ruspe si sono infine appena messe in moto sulla cokeria, sventrando la prima batteria di forni. «Procedono a razzo», dice un operaio, uscendo dalla fabbrica. Tutto è destinato a sparire. Saranno portati via i grandi sacchi bianchi contenenti i detriti delle demolizioni e la gigantesca gru che serviva a scaricare carbone dalle navi. Accanto ci sono i parchi minerali da cui nei giorni di bora si sollevavano gli spolveramenti visibili da mezza Trieste. Per continuare a produrre, Arvedi avrebbe dovuto coprirli con giganteschi capannoni: ora sono immensi campi vuoti di terra rossa. Fra qualche mese, la terra sarà scavata e diventerà base dei piazzali dove ospitare container e far passare i binari. La riconversione è iniziata.

Diego D'Amelio

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 febbraio 2021

 

 

Ex Maddalena, viabilità verso la svolta

Opere per oltre due milioni: rotatoria in via dell'Istria e semaforo all'incrocio con via Marenzi, poi collegata con via Costalunga
Nuovo assetto viario nel perimetro via dell'Istria-Marenzi-Molino a vento-Costalunga, parcheggio a uso pubblico, area verde "attrezzata": domani Comune e Htm Nord Est di Francesco Fracasso si recheranno dal notaio a rogitare il ridisegno dell'ex Maddalena, codificato nella convenzione approvata una settimana fa dall'esecutivo Dipiazza, su proposta dell'assessore Luisa Polli. L'imprenditore veneziano, specializzato in progetti di "rigenerazione urbana", investirà sull'urbanizzazione dell'ex Maddalena 2,2 milioni di euro, che il Municipio provvederà in parte a scomputare. Fracasso sta facendo un centro commerciale, un parking, 50 alloggi, un parco urbano, il tutto per una stima più vicina ai 40 che ai 35 milioni. L'intervento è articolato su due fasi, la prima delle quali risulta più impegnativa dal punto di vista realizzativo e finanziario perchè contiene cinque opere per un valore complessivo di quasi due milioni. Ecco l'elenco: rotatoria in via dell'Istria davanti all'ingresso del futuro supermercato Eurospar (205 mila euro); nuova strada di collegamento all'interno del compendio tra via Marenzi e via Costalunga (677 mila euro); sistemazione e allargamento di via Marenzi compreso l'incrocio con via dell'Istria che sarà dotato di un semaforo (333 mila euro); le sistemazioni degli incroci Marenzi-Molino a vento e Molino a vento-Costalunga-Strada di Fiume (33 mila euro); un parcheggio a uso pubblico, dotato di una superficie non inferiore a quattromila metri quadrati (688 mila euro). La seconda fase si concentra in un solo intervento, un'area di verde pubblico ampia duemila metri quadrati (270 mila euro), che sarà attrezzata nella parte più alta del compendio, quella che confina con via Molino a vento e con via Costalunga. Il rogito, che sarà firmato domani, definisce il rapporto pubblico-privato di un'operazione riqualificativa iniziata esattamente vent'anni fa, il 16 marzo 2001 (il sindaco era ancora Riccardo Illy) con un accordo di programma partecipato dalla Regione Fvg (presidente Roberto Antonione) e dall'allora Azienda per i servizi sanitari. Come è sovente accaduto per i grandi cantieri triestini, il viaggio progettuale e finanziario si è rivelato lungo e scomodo. Nel 2005 venne aggiunto un atto integrativo che portava la superficie commerciale a cinquemila metri quadrati Nel 2007 scese in campo, con l'obiettivo di trasformare l'ex ospedale, General Giulia 2, la società formata da Riccesi-Cogg, Cividin, Palazzo Ralli, Platon gas oil, che nel 2011 ebbe i permessi di costruire. Si trattava di un progetto molto diverso dall'attuale, con quasi trecento unità immobiliari oltre alle attività commerciali, per le quali era prevista la gestione del gruppo francese Carrefour, che però si tirò indietro, decretando di fatto la crisi dell'intera iniziativa. General Giulia 2 chiese e ottenne il concordato preventivo, omologato nell'ottobre 2018: la svolta avvenne nel gennaio 2019, quando l'assemblea straordinaria prese atto dell'ingresso di Francesco Fracasso nella società in qualità di socio unico. General Giulia 2 ha poi cambiato la denominazione in Htm Nord Est. L'imprenditore veneziano ha rimodulato il vecchio progetto, puntando sul commerciale, sul parking, sul direzionale. In un primo tempo aveva escluso il residenziale, per recuperarlo in dosi sempre più massicce: inizialmente pensava a una quindicina di appartamenti, che, in seguito al forfait del Burlo Garofolo, sono lievitati a 50.

Massimo Greco

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 febbraio 2021

 

Freddo e lastre ghiacciate - i vallicoltori adesso temono una disastrosa moria di pesce
Grande la preoccupazione di Ferruccio Polo, della valle Artalina: «Se la situazione rimane così, la perdita sarà di parecchi quintali»
il fenomeno "La valle è tutta ghiacciata e il pesce sta pian piano morendo», dice Ferruccio Polo della Valle Artalina. Al momento la lastra di ghiaccio è più consistente nelle zone basse, nei canali più profondi è ancora sottile nella parte centrale. Quale sarà la situazione nei prossimi giorni è difficile prevederlo, anche perché prima del formarsi del ghiaccio nella valle sono riusciti a recuperare solo cefali: «Come hanno sentito arrivare il freddo la maggior parte delle orate son sparite più a fondo - precisa Polo - alla ricerca di temperature meno rigide. Se la situazione rimane così sarà un'altra mazzata con la perdita di quintali e quintali di pesce».Valli da pesca in difficoltà, ma anche i canali più bassi della laguna presentano da sottili a più dense lastre ghiacciate. Se le temperature, come da previsione, continueranno ancora per un paio di giorni a mantenersi basse probabilmente sarà un disastro per la vallicoltura, già duramente "attaccata", tutto l'anno, dai cormorani che divorano una quantità incredibile di pesce. Una parte della valle Artalina si nota transitando lungo la provinciale Grado-Monfalcone, sullo sfondo l'isola di Barbana, dove non è raro ammirare i fenicotteri rosa. Ecco, finora, considerate le temperature dei giorni precedenti, la presenza di fenicotteri rosa è stata massiccia, segnale che stanno pian piano ambientandosi nella laguna gradese. «Fino a qualche giorno fa tra valle Artalina e valle Cavanata se ne contavano dai 700 agli 800 esemplari», dice Margitta Schuff Thomann. La fotografa naturalista, che segue da vicino da un paio d'anni le vicende di un fenicottero con l'ala rotta, costretto a restare in valle Cavanata, precisa che a causa del freddo di questi giorni quasi tutti sono spariti dalle due valli per rintanarsi in qualche altra parte della laguna, come in valle Noghera. E il fenicottero ferito? «L'ho fotografato l'altra mattina mentre passeggiava e si nutriva a ridosso dello strato di ghiaccio che s'era già formato. Ormai è di casa e ha già passato periodi freddi; sa come comportarsi e dove rifugiarsi». In queste giornate così fredde in Cavanata non c'è solo il fenicottero ferito. Accompagnata dal marito Ferdi che si diletta pure lui a scattare immagini, hanno scovato al riparo, da un'altra parte dell'oasi, nascosti dalla vegetazione, una ventina di fenicotteri rosa, evidentemente hanno deciso di fermarsi nella speranza che non si irrigidisca ancora la temperatura, poiché se così fosse probabilmente migrerebbero verso lidi più caldi.

An. Bo.

 

Pesca da terra, ridotti i divieti - Rive e Molo Zero a disposizione
In vigore oggi le nuove regole che consentono l'attività fra Ponterosso e Pinguino tranne che sull'Audace e alla Marittima. Deroga del Comune dietro gli spazi di Tcc
I pescatori sono stati ascoltati: è stata infatti ampliata la zona dell'area portuale dove ci si può dedicare, con relativa autorizzazione, alla pesca sportiva e ricreativa da terra. La Capitaneria di porto, dopo l'ordinanza più restrittiva rispetto alla precedente del 2010, annunciata a gennaio, ha accolto le richieste degli appassionati modificando in corsa il nuovo documento, che entra in vigore oggi (www.guardiacostiera.gov.it/trieste/Documents/ 2021-006.pdf). Dopo un tavolo tecnico a cui hanno partecipato anche Autorità portuale, Comune e Federazione italiana Pesca sportiva e Attività subacquee (Fipsas), si è deciso di rendere fruibile agli appassionati di canna e lenza una maggiore porzione delle Rive. I pescatori, che dovranno rispettare comunque le disposizioni, pena sanzioni fino a tremila euro, potranno quindi sfruttare il tratto tra il Canale di Ponterosso e la testata del Molo Pescheria, con esclusione di Molo Audace e Molo Bersaglieri. E se il Porto vecchio (tranne la deroga del Molo Zero) e l'ex Cartubi restano off limits, per motivi di security (antiterrorismo) nel primo caso e inacessibilità nel secondo, il Comune ha garantito la possibilità ora di fruire in deroga della zona a mare vicino al Molo Zero, dietro i nuovi magazzini di Tcc. Vi si può accedere attraverso un cancello in ferro. Lo conferma Luigi Leonardi, direttore del Servizio Patrimonio e Demanio, che ha rappresentato il Municipio nelle riunioni in Capitaneria. Resta valido l'ampliamento degli spazi per la pesca a Muggia: utilizzabili il Lungomare Venezia e il tratto di costa compreso tra Molo T e Punta Ronco. Si aggiunge la parte del porticciolo (Mandracchio), lungo il lato esterno dell'ultimo tratto del molo. È stata inoltre ridefinita la quantità di canne adoperabili. Nella zona Rive e nel porticciolo di Muggia è possibile averne un massimo di due mentre altrove fino a cinque. Si può inoltre pescare senza autorizzazione in tutte le zone extra portuali, quindi da Porto San Rocco verso la Slovenia e dal Porto vecchio verso Barcola, rispettando d'estate gli orari dedicati alla balneazione. Sono compresi quindi pure i porticcioli e i moli da Barcola a Duino, purché si utilizzi la parte esterna. L'iniziativa di revisione ha trovato il favore di tutti, a partire dal Comune. «La Capitaneria è stata sensibile ad accogliere diverse osservazioni, rimettendo a disposizione una serie di aree storicamente fruite dai pescatori», sottolinea Leonardi. Entusiasta della nuova decisione è anche il presidente Fipsas Renato Del Castello: «Mi sembra che le decisioni prese siano in linea anche con le idee degli altri colleghi presenti. La Capitaneria, pur rispettando la normativa internazionale, ha cercato di venirci incontro in tutte le maniere. Anche la zona che il Comune ha concesso è una cosa molto positiva. Capisco che l'area del Porto vecchio fosse appetibile perché pescosa e tranquilla, però bisogna sottostare alle esigenze di security». Giampiero Pasinati, un amatore che si è preso a cuore la questione assieme a Bruno Somma e le cui istanze sono state portate avanti dal Comune, si dichiara «contentissimo. Ringraziamo anche il sindaco Roberto Dipiazza e il presidente del Consiglio comunale Francesco Panteca per essersi messi subito a disposizione». Dipiazza e Panteca si erano infatti spesi per trovare un'intesa assieme alla Capitaneria. «Resta solo la tristezza per non poter fruire in toto del Porto vecchio, ma capiamo le motivazioni», chiude Pasinati, a cui «spiace un po' che non si possa sfruttare il Molo Audace e quello della Stazione Marittima dalle 5 alle 9 nel periodo infrasettimanale come avevamo richiesto».

Benedetta Moro

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 febbraio 2021

 

 

«Più relax che terapie» La piscina all'ex Ford divide la città e i politici
La proposta in Porto vecchio non convince il Coordinamento delle associazioni pro-Acquamarina: «E la finalità sociale?»
Un progetto che non convince le associazioni interessate e che, a livello politico cittadino, divide maggioranza e opposizione. La proposta della nuova piscina terapeutica in Porto vecchio nell'area degli ex magazzini Ford fatta al Comune dalla cordata composta da Icop, Terme Fvg e Myrtha Pools, non raccoglie pareri unanimi. «Abbiamo un rendering e non un progetto - precisa Federica Verin del Coordinamento nuova piscina terapeutica, che racchiude 20 associazioni - e rileviamo come allo stato attuale non ci siano le premesse per un impianto talassoterapico riabilitativo con caratteristiche marcatamente sociali. Auspichiamo che l'amministrazione si imponga su ciò che serve prioritariamente alla cittadinanza in tema di fisiocure convenzionate, di attività riabilitative con l'acqua di mare riscaldata, il tutto secondo criteri di massima accessibilità fisica, economica e sociale. Il tempo dell'attesa è trascorso, ora è necessario l'ascolto e un'aderente risposta ai bisogni della comunità». Il coordinamento ha raccolto oltre ottomila firme da maggio e le perplessità sono legate alla presenza, dalle prime indicazione, di una sola vasca da 25 metri con acqua di mare, peraltro esterna, mentre Acquamarina ne aveva due di dimensioni importanti. Sul fronte politico Michele Babuder di Forza Italia evidenzia come «fin dal primo giorno era necessario andare oltre ad Acquamarina offrendo maggiori possibilità alla città e questo progetto è entusiasmante e innovativo. Se poi si potrà recuperare la piscina terapeutica crollata meglio». «Avevamo preso un impegno con la città e lo stiamo portando avanti fin dal crollo di Acquamarina», aggiunge Everest Bertoli della Lega: «Non siamo stati con le mani in mano a fare emendamenti e oggi abbiamo un progetto importante. Se avessimo ascoltato il Partito Democratico che ipotizzava il dissequestro della piscina crollata il 31 dicembre saremmo ancora fermi». Proprio i dem con la segretaria provinciale Laura Famulari vanno però all'attacco: «Il nuovo progetto è lontano dalle necessità delle associazioni. Ha prevalso il wellness quando in realtà dovevano prevalere i servizi essenziali rivolti alle persone con patologie o anziane». Concetto condiviso anche da Antonella Grim di Italia Viva: «Non c'è contrarietà al percorso del Porto vecchio ma non è quello prioritario. Il Comune dovrebbe occuparsi delle problematiche dei cittadini. Bisogna recuperare Acquamarina. Auspico che nel bilancio di previsione vengano accantonati i cinque, sei milioni che i tecnici hanno indicato come possibile spesa per il recupero della piscina crollata».

Andrea Pierini

 

 

CORMONS - La protesta degli alberi si trasforma in comitato: «Basta cementificazione» - La manifestazione ai giardini della pace
La manifestazione verde di ieri pomeriggio organizzata per opporsi al taglio di cinque alberi fa nascere un Comitato anti-cemento nell'ex caserma Amadio. La creazione di un movimento che si batterà affinché alberi e ambiente abbiano la meglio su parcheggi per le auto e stalli per le corriere è la novità principale che emerge dal pomeriggio di protesta svolto ieri: una cinquantina i partecipanti che hanno sfidato coraggiosamente il freddo gelido e il vento tagliente. Tra loro c'erano rappresentanti di Legambiente, esponenti politici (il consigliere comunale di opposizione Luca Buiat), ma soprattutto semplici cittadini preoccupati sia dalla decisione del Comune di abbattere cinque platani per far posto allo svincolo d'ingresso al parcheggio sul lato di via Madonnina, sia dall'ipotesi del parcheggio con centinaia di stalli auto e 26 posti per le corriere al posto di uno spazio verde parallelo a via Milano. «No a cementificazioni di cui non si sente il bisogno - hanno sottolineato gli esponenti di Legambiente -. C'è bisogno di più verde per affrontare i cambiamenti climatici, non certo di un consumo ulteriore del suolo». La voce dei cittadini è stata netta: no senza se e senza ma al maxi-parcheggio, sì alla piantumazione di alberi al suo posto. È la battaglia che il neonato Comitato porterà avanti. «I parchi urbani - hanno sottolineato gli organizzatori della protesta - hanno una funzione importante nel contrasto ai cambiamenti climatici: mitigano la calura estiva e rendono più attrattive le abitazioni che si trovano nei pressi. Anni fa i cittadini di Cormons attraverso il progetto Agenda 21 avevano manifestato un sogno: trasformare un sito militare in un luogo di pace. Questo obiettivo va raggiunto e quale miglior soluzione di un'area verde dedicata alle famiglie?». Fortissima la contrarietà dei presenti all'ipotesi-parcheggio: «Non serve alla nostra città. Qualche giorno fa - ha raccontato una partecipante - in un negozio del centro ho sentito una persona lamentarsi per i pochi posti auto nei pressi. Sono uscita a controllare: a poche decine di metri c'era un parcheggio libero. Poco più distante piazzale Sfiligoi era pieno di stalli disponibili: se già la gente non vuole camminare per qualche metro, come può pensare l'amministrazione comunale che possa essere interessata a parcheggiare qui, nell'ex caserma, per raggiungere i negozi del centro?». E ancora: «Un parcheggio sul lato via Gorizia c'è già: basta quello. La giunta Felcaro è ferma agli anni Settanta quando si costruiva cementificando tutto: il mondo nel frattempo è cambiato, ora c'è bisogno di un polmone verde». Critiche, infine, anche all'ipotesi dell'arena a pochi passi dalla ferrovia: «Come pensano che si possa riuscire ad ascoltare uno spettacolo con i rumori provenienti dalle rotaie?».

Matteo Femia

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 febbraio 2021

 

 

Piscina in Porto vecchio: in Comune il progetto da 7 vasche con spiaggia
La soluzione illustrata al sindaco Dipiazza e agli uffici dalla cordata formata da Icop, Terme Fvg e Myrtha Pools. Spazi per terapie e anche per relax e svago
Il Comune ha in mano la proposta di piscina terapeutica da realizzarsi negli ex magazzini Ford del Porto vecchio: una struttura ambiziosa con sette vasche, di cui una grande da 25 metri. L'ha presentata ieri al sindaco Roberto Dipiazza e agli uffici la cordata di aziende che nei mesi scorsi si era interessata all'avviso di consultazione del Comune: alla friulana Icop e a Terme Fvg si aggiunge anche Myrtha Pools, azienda lombarda al top nel settore piscine. L'incontro è servito a identificare nel project financing lo strumento da impiegare per la sua realizzazione. «Secondo noi è un progetto sostenibile e anche il Comune ne sembra convinto», commenta il patron di Icop Vittorio Petrucco. Che piscina è quella di cui si è discusso a palazzo Cheba? La bozza di progetto prevede un'articolazione di questo tipo: atrio d'ingresso con bar, sulla sinistra l'area della palestra. Sulla destra invece si accede allo spazio delle piscine, in cui si inserisce il settore terapeutico con vasca dedicata. Segue poi la piscina all'aperto da 25 metri, attorniata da altre cinque vasche più piccole, con funzioni diverse. Al primo piano sono previste una area beauty e una area relax. Sul lato del magazzino che guarda il mare i rendering dei progettisti mostrano una spiaggia attrezzata. Insomma un'opera che richiami sia chi va in cerca di cure che di svago, mirando a un bacino d'utenza allargato, non solo urbano: i proponenti hanno sottoposto al Comune dei prospetti sulla gestione che hanno convinto gli uffici. L'esperienza in materia ora è assicurata ai proponenti dall'ingresso in comitiva di Myrtha Pools: parte del gruppo Castiglione, è considerata un gigante nel settore delle piscine. Giubila il sindaco Dipiazza: «Ci hanno presentato un progetto molto interessante, prestigioso. Ora è presto per parlare di tempi, nelle prossime settimane andremo a definire i percorsi necessari. Diciamo però che nel caso del Centro congressi il nostro responsabile della finanza di progetto, Enrico Conte, è riuscito a concludere le procedure in tre mesi. Penso ci muoveremo rapidi anche in questo caso». Passando alla controparte, Petrucco commenta: «Abbiamo fatto un primo passo. Per noi si tratta di un progetto convincente, anche perché non presenta complessità particolari, rispetto ad esempio al Parco del Mare (altra impresa cui Icop partecipa). Ora si tratta di definire gli aspetti finanziari e perfezionare il progetto».Quanto costerebbe una struttura simile? Il sindaco resta abbottonato al riguardo: «Abbiamo parlato di cifre ma per il momento preferirei non esprimermi, per rispetto della controparte - dice Dipiazza -. Ci incontreremo di nuovo e definiremo anche questo». Dalle ultime informazioni disponibili, comunque, l'entità dell'opera si aggira attorno ai 30 milioni di euro. Il nodo principale, nell'incontro di ieri, era appunto lo strumento da utilizzare per avviare le procedure. Laddove i proponenti erano inclini a parlare di project leasing, il Comune ha espresso il suo interesse verso il project financing, «uguale a quello del Centro congressi», specifica il sindaco. Dai privati è arrivato un via libera: «Il Comune preferisce quella strada e noi siamo disponibili - dice Petrucco - ora si tratta di approfondirla».Resta il punto dell'utenza strettamente terapeutica, ereditata dalla collassata Acquamarina: «Gli utenti dell'Acquamarina che temono di pagare di più si tranquillizzino - dice Dipiazza -, il Comune farà delle convenzioni». Che sarà invece della struttura in Sacchetta? «Quando la dissequestreranno andremo a vedere cosa si può farne. In linea di principio non vedo perché la città non dovrebbe avere due piscine terapeutiche. Bisogna però prima capire in che condizioni è l'edificio».

Giovanni Tomasin

 

 

Grandi predatori da scoprire - Un centro didattico nel Gorski Kotar a cura della contea
FIUME. La Regione di Fiume, che comprende Quarnero e Gorski kotar, è l'area con la più ricca biodiversità in Croazia. Un patrimonio che viene gestito dall'istituto pubblico regionale Priroda (Natura), il cui programma per il 2021 - ha annunciato la direttrice dell'ente, Irena Juric - avrà come fiore all'occhiello il nuovo Centro dei grandi predatori, la cui costruzione è ormai alle battute finali. La struttura, incentrata sui tre grandi predatori che vivono in Gorski kotar - orso, lupo e lince - sarà inaugurata a maggio nella località montana di Stara Susica (61 km a nord - est di Fiume). «Dedicheremo una particolare attenzione a quelli che sono anche i tre maggiori carnivori in Europa», ha rilevato Juric: «Stiamo trasformando l'edificio fatiscente che abbiamo acquistato tre anni in un centro in cui i visitatori verranno a conoscenza delle caratteristiche di questi animali e di come tutelarli affinché continuino a vivere in Gorski kotar». Il progetto comporta un investimento pari a poco più di un milione di euro (1 milione e 85 mila per la precisione), «di cui 794mila - così Juric - versati dall'Ue mentre il resto è stato assicurato dalla Contea litoraneo-montana e da Priroda».Nei 170 metri quadrati di esposizione, al pianoterra troverà spazio una mostra permanente dedicata alle tre specie. Il piano superiore ospiterà una moderna sala multifunzionale, con proiezione di documentari e laboratori vari. Secondo stime molto attendibili, in Gorski kotar vivono una sessantina di lupi, con 40 - 60 esemplari di linci, mentre la popolazione degli orsi riesce a toccare le 300 unità. Sempre quest'anno, ha aggiunto ancora Juric, grazie a fondi europei sarà avviato anche il progetto di miglioramento del Centro per il recupero dei grifoni o avvoltoi dalla testa bianca, struttura ubicata a Caisole (Beli), sull'isola di Cherso. Grazie a una spesa di circa 120 mila euro, si provvederà ad ingrandire e migliorare questo centro i cui esperti e volontari sono specializzati nel trarre in salvo e curare questi rapaci, simbolo dell'isola nordadriatica. Finora a Caisole, nel centro inaugurato 5 anni fa, sono stati accolti 47 volatili, di cui 8 ancora in cura. Non appena completamente guariti i grifoni vengono rimessi in libertà. Secondo gli esperti la colonia di avvoltoi presenti nelle isole di Cherso, Veglia, Arbe, Plauno e Pervicchio conta circa 250 esemplari.

Andrea Marsanich

 

 

Svilupppo sostenibile: 5 mila euro in palio - IL CONCORSO

La Fondazione CRTrieste sposa il progetto Active Young Citizens for Sustainable Development promosso dall'Iniziativa Centro Europea con il supporto del ministero degli Esteri, mettendo a disposizione un premio di cinquemila euro per la scuola superiore di Trieste che presenterà la migliore proposta per sostenere lo sviluppo sostenibile in ambito locale. L'iniziativa, dedicata alle scuole superiori di 19 paesi del Centro-est e del Sud-est Europa, rientra nel quadro delle finalità previste dall'Agenda 2030 delle Nazioni Unite ed è volta - come si legge in una nota stampa - «a stimolare il coinvolgimento dei giovani attraverso un percorso articolato in due fasi. La prima prevede lo studio e l'apprendimento delle problematiche inserite nell'Agenda 2030, mentre la seconda è dedicata all'elaborazione di proposte concrete che possano contribuire a implementare gli obiettivi della suddetta Agenda tramite un concorso, aperto dal primo febbraio al 31 marzo, pubblicato sul sito della stessa Iniziativa Centro Europea all'indirizzo www.cei.int/active- young-citizens-for-sustainable-development-in-cei-and -aii-areas.--

 

 

Consegna premi associazione Rosmann - oggi

I premi ambientali "Eugenio Rosmann" dedicati alle tesi in materia ambientale per i neolaureati e il premio "Populus alba" riservato a una pubblica amministrazione che si sia distinta in azioni a favore del territorio, giunti alla 4.a edizione, saranno assegnati oggi alle 16. L'evento si svolgerà nella sala delle colonne dell'Europalace Hotel di Monfalcone, via Callisto Cosulich, 20, nel rispetto delle normative anti-Covid e sarà trasmesso in diretta sulla pagina Facebook dell'associazione e del Centro visite del Lago di Pietrarossa. Nella stessa occasione verranno premiati anche 5 giovani neo-laureati in materie ambientali, con 4 premi "Eugenio Rosmann" (uno in più rispetto alle prime 3 edizioni), consistenti in assegni di 500 euro ciascuno, con il contributo della Banca di Credito Cooperativo di Staranzano e Villesse, del Comune di Monfalcone e del 5 per mille della stessa associazione. Contribuiscono alla riuscita dell'evento Alce Graphics e Pasticcerie Maritani di Staranzano e Monfalcone.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 febbraio 2021

 

 

Transizione Ecologica - un ministero col tesoretto

Il nuovo dicastero gestira' miliardi di fondi UE e accorperebbe Ambiente e Sviluppo. L'idea ispirata da Giovannini

ROMA. L'idea non è nuova: già nel 2018 il portavoce dell'Alleanza per lo sviluppo sostenibile, l'ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini, in un saggio pubblicato da Laterza intitolato L'Utopia Sostenibile, proponeva di creare un ministero per la Transizione ecologica. E non a caso oggi Giovannini è dato in pole position per guidare questo nuovo dicastero, il classico coniglio tirato fuori dal cilindro da Draghi giusto in tempo per tenere bene agganciati i 5 Stelle e che a tutti gli effetti rappresenta la vera novità del nuovo governo che si sta formando. Non solo questa operazione segna un netto salto di qualità delle politiche di governo ma metterà a disposizione del nuovo ministro una potenza di fuoco notevole, sia termini di competenze che di risorse. Ai 68-70 miliardi stanziati col Recovery plan, posto Bruxelles che raccomanda di investire non meno del 37% delle risorse nelle politiche green, vanno infatti aggiunti altri 19 miliardi di sussidi «ambientalmente dannosi» che ora si conta di cancellare e reimpiegare meglio. Nel suo saggio, oggi quanto mai attuale, Giovannini proponeva di «ripensare la distribuzione delle competenze dei diversi ministeri alla luce del "modello" dello sviluppo sostenibile» richiamando esplicitamente la scelta fatta dalla Francia dove «il ministero dell'Ambiente è stato trasformato in ministero della Transizione Ecologica e Inclusiva, con competenze anche nei campi dell'energia, della prevenzione dei rischi, della tecnologia e della sicurezza tecnologica, dei trasporti e della navigazione, della gestione delle risorse rare». Un altro modello a cui ispirarsi potrebbe essere anche quello spagnolo, dove il «vecchio» ministero dell'Ambiente è diventato ministero della Transizione ecologica e della Sfida demografica, con competenze che vanno dalla lotta al cambiamento climatico alla prevenzione delle contaminazioni, dalla protezione del patrimonio naturale allo spopolamento dei territori. Nel nostro caso si tratterebbe come minimo di accorpare al ministero dell'Ambiente le competenze nel campo dell'energia che oggi fanno riferimento al ministero dello Sviluppo e volendo aggiungervi le competenze sui trasporti in capo al Mit e le politiche forestali che oggi sono sotto il Mipaf. Ma non si esclude nemmeno la possibilità di fondere Ambiente e Sviluppo e creare per davvero un nuovo superministero. La formula finale, come per tutte le altre alchimie di governo, ce l'ha in testa però solo Draghi e per ora se la tiene ben stretta. Di certo non si parte da zero perché già oggi all'Ambiente c'è un Dipartimento per la transizione ecologica, mentre da inizio anno il Comitato per la programmazione economica si è evoluto nel nuovo Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile col preciso scopo di assicurare un migliore orientamento degli investimenti pubblici agli obiettivi dell'Agenda 2030. Il primo obiettivo del nuovo dicastero sarà quello di allineare il nostro Piano di ripresa e resilienza al Green new deal europeo che di qui al 2030 punta a ridurre del 55% le emissioni di gas con programmi spazieranno dall'agricoltura sostenibile all'economia circolare, dalle energie rinnovabili allo sviluppo della filiera dell'idrogeno e la mobilità sostenibile, dall'efficienza energetica degli edifici alla tutela del territorio e delle risorse idriche.«Un ministero della transizione ecologica alla francese - ha spiegato la vicepresidente della Commissione Ambiente della Camera Rossella Muroni - aiuterà a coniugare il rispetto dell'ambiente con lo sviluppo sostenibile, a tenere insieme programmazione, investimenti pubblici, politiche di sviluppo, lavoro di qualità e tutela degli ecosistemi ed ad affrontare con una visione complessiva e competenze trasversali tutte le questioni ambientali aperte, a cominciare dalla crisi climatica». In pratica la «rivoluzione verde» interesserà tutti i settori produttivi, la manifattura, la meccanica, l'acciaio. «Per noi - sostiene la responsabile ambiente del Pd Chiara Braga - l'emblema è il rilancio dell'ex Ilva di Taranto dove accanto al rilancio della produzione e del lavoro è necessario gestire le ricadute ambientali e sulla salute dei cittadini». Dopo l'annuncio arrivato mercoledì sera al termine dell'incontro del premier incaricato con Wwf, Legambiente e Italia nostra tutto il mondo ambientalista ha festeggiato la svolta green. Qualcuno ha però avanzato anche dubbi sull'efficacia dell'operazione come il presidente dei costruttori dell'Ance Gabriele Buia «molto preoccupato» per la creazione di un superministero. «E' un sforzo titanico - ha spiegato - e conoscendo i tempi con cui si muovono i nostri ministeri io avrei paura ad unificare così tante competenze. Immaginatevi la bolgia».

Paolo Baroni

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 febbraio 2021

 

 

SEGNALAZIONI - Urbanistica - Ovovia? No grazie

Caro direttore,Trieste, come ogni grande città, era dotata di una importante rete di tram e filobus che purtroppo negli anni '70 è stata smantellata. Proprio in questi giorni, il governo Conte avrebbe dovuto decidere se sostenere finanziariamente il progetto della Giunta comunale di realizzare la ormai famigerata ovovia. Che ci sia un problema di accesso alla città lungo l'asse della costiera è un fatto, ma che la soluzione possa essere l'ovovia è veramente inaccettabile. Esistono problemi di sicurezza e di blocco per molte giornate, visto che siamo una città nota per la forte bora; poi problemi di impatto ambientale sia nel realizzare il grande parcheggio a Opicina, con il taglio del bosco di Campo Romano, sia con il transito dell'ovovia in piena zona abitata, con un terminale previsto in Porto Vecchio (oppure in Porto Nuovo passando sopra le Rive?) Inoltre, con la mancanza di un Piano regionale vigente che preveda ovovie o strutture similari per il trasporto pubblico urbano, si pone la complessa necessità di espropriare terreni di proprietà privata al fine di consentire l'installazione dei piloni e il passaggio delle cabine. Ma non esistono altre soluzioni possibili? Più economiche, sicure e più facilmente realizzabili? Abbiamo una viabilità cittadina che consentirebbe il ripristino di linee tramviarie e filoviarie; abbiamo (o meglio da anni dovremmo avere) in funzione il tram di Opicina che, opportunamente ristrutturato e rinforzato, potrebbe essere parte di una ottima soluzione se integrato con la rete esistente e quella di nuova realizzazione. Abbiamo anche tratti di rete ferroviaria integrabile e utilizzabile per una sorta di "metropolitana di superficie".Il tutto più ecologico e sicuro, meno impattante ambientalmente e meno costoso. Come per il Parco del Mare, infine, ci sono le previsioni (in- fondate?) di un utilizzo da parte di milioni di utenti/anno; ma ovviamente in parziale sottrazione al servizio trasporto persone esistente oggi! Quindi un piano finanziario che non regge! Un bilancio che, quindi, andrebbe ripianato da Comune e Regione; comunque a carico dei cittadini. In conclusione, fermiamoci, si faccia un passo indietro e si avvii un serio e approfondito confronto con le parti sociali, le associazioni, la cittadinanza tutta su una materia di enorme rilevanza per il futuro di Trieste

Giorgio Uboni Cgil Trieste - Dip.to Ambiente-territorio - Lavori pubblici

 

 

RIGASSIFICATORE - Le navi metaniere fanno rotta sull'Asia -  Veglia resta a secco
Veglia. Al terminal metanifero di Castelmuschio, sull'isola di Veglia, non c'è lavoro perché le navi che trasportano il gas naturale liquefatto vengono dirottate nelle ultime settimane verso i mercati asiatici, dove il costo del Gnl ha raggiunto prezzi decisamente più alti rispetto a quanto offrono gli europei. I venditori, ha spiegato Hrvoje Krhen, direttore di Lng Hrvatska - l'azienda croata che gestisce il rigassificatore offshore - accettano anche di pagare le penali agli acquirenti europei pur di mandare le proprie metaniere in Asia. La situazione comunque ha portato al blocco dell'attività dell'impianto, che era divenuto operativo a inizio anno con l'arrivo della Tristar Ruby: la nave aveva scaricato 143 mila metri cubi di gas naturale, riportati allo stato gassoso a Castelmuschio e quindi inviati al mercato ungherese. «Da allora non abbiamo più accolto alcuna unità a Veglia», ha ammesso Krhen aggiungendo però di «non essere preoccupato: Lng Hrvatska è tutelata da contratti che la mettono finanziariamente al riparo» dai mancati arrivi. Dopo la Tristar Ruby sarebbero dovute arrivare altre tre navi a Veglia, ha precisato Krhen aggiungendo che la prossima metaniera potrebbe apparire a Veglia entro fine mese. «Come noi, anche Plinacro, principale operatore croato nel trasporto di gas, non avrà alcuna perdita per il mancato arrivo delle unità - ha detto Khren - avendo firmato contratti che la tutelano da contrattempi e problemi vari. Nel nostro caso, il contratto obbliga l'acquirente a pagare comunque. Dalle notizie che arrivano dai mercati, il quadro dovrebbe stabilizzarsi a fine mese o nella prima decade di marzo, permettendoci di ripartire». Gli unici danni potrebbero riguardare uno dei comproprietari dell'impianto isolano, l'Azienda elettrica croata (Hep), la cui direzione ha già fatto sapere di avere provveduto in tempo ad acquistare determinati contingenti di gas naturale, allo stesso costo del gas distribuito da Lng Croatia.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 febbraio 2021

 

 

Ferriera, cassa ancora per diciotto mesi «Il laminatoio al via dall'autunno 2022»
Previsioni in linea col piano industriale, partito dopo i 50 milioni del Mise. Ma manca l'ultimo ok del ministero dell'Ambiente
Trieste. Gli investimenti previsti dal piano industriale sono pronti a partire e i lavoratori della Ferriera di Servola rientreranno tutti al lavoro entro settembre 2022, burocrazia permettendo. Sono queste le rassicurazioni offerte ieri ai sindacati dal gruppo Arvedi, in un incontro organizzato a Trieste per fare il punto sull'attuazione dell'Accordo di programma. L'ad Mario Caldonazzo si è impegnato a chiudere la cassa integrazione nei 24 mesi stabiliti, senza ricorrere all'estensione al terzo anno, prevista come salvaguardia nelle intese fra istituzioni e privati. Di prima mattina Caldonazzo ha incontrato il presidente di Icop Vittorio Petrucco, per un aggiornamento sul complicato scambio di aree demaniali che consentirà alla fine al costruttore di insediarsi nell'attuale area a caldo per conto della Piattaforma logistica. Successivamente è avvenuto il confronto con Fiom, Fim, Uilm, Failms e Usb sugli aspetti occupazionali connessi al piano industriale da 227 milioni. Nel primo pomeriggio c'è stata infine la visita al presidente Massimiliano Fedriga per chiedere alle istituzioni il massimo aiuto a velocizzare gli aspetti burocratici. Come riferito da fonti sindacali, Caldonazzo si è impegnato a reimmettere nel ciclo produttivo tutti i 417 addetti previsti dal business plan. L'azienda ha confermato lo sblocco dei 50 milioni a fondo perduto stanziati dal ministro Stefano Patuanelli e l'ordine già inoltrato per la nuova turbina della centrale elettrica, che sarà operativa a ottobre. Ieri è stato anche firmato il nuovo contratto dei 35 lavoratori della centrale, che passano alla società Green energy for steel, controllata sempre da Arvedi. L'ad si è quindi soffermato sulle nuove linee di produzione del laminatoio, assicurando verniciatura e zincatura realizzeranno prodotti di alta gamma e richiesti sul mercato. I macchinari dell'area a freddo saranno forniti dalla Danieli, ma per l'acquisto Arvedi attende che si sblocchi l'autorizzazione ambientale relativa alla messa in sicurezza dei terreni dell'area a caldo: la demolizione continua (è cominciato lo smantellamento della cokeria), ma una Conferenza dei servizi "asincrona" deve dare il via alla rimozione delle macerie e alla creazione da parte di Icop della copertura in calcestruzzo dei terreni inquinati. Caldonazzo spera di poter firmare l'ordine entro marzo. Ci vorranno poi sei mesi per l'arrivo degli impianti e dodici per la messa in funzione. Si arriva a settembre 2022, quando il gruppo conta di mettere a regime la produzione e chiudere la Cigs. I dipendenti dell'ex area a caldo saranno gradualmente formati: 55 hanno concluso il corso e ripreso a lavorare nel laminatoio, altri 54 cominceranno la riqualificazione a breve. Via via sarà il turno dei restanti 150. Nell'incontro in Regione Caldonazzo ha chiesto il supporto della giunta per velocizzare le autorizzazioni, facendo pressione sul ministero dell'Ambiente. L'auspicio è che entro febbraio siano eliminate le sospensive, ma il gruppo lamenta pure la lentezza della sdemanializzazione, che ha risentito dei ritardi per l'ok all'Adp da parte della Corte dei conti. In discussione anche la costruzione dell'Aia e della Via per i lavori del laminatoio. L'azienda ha consegnato tutte le carte e l'assessore Fabio Scoccimarro assicura «massima collaborazione con la società, con cui da agosto 2019 sono stati concordati tutti i passi della riconversione».

Diego D'Amelio

 

"E adesso tempi rapidi su permessi e burocrazia" - La richiesta delle sigle dei metalmeccanici

Trieste. I sindacati escono soddisfatti dall'incontro con i vertici del gruppo Arvedi, forti delle rassicurazioni ottenute sui tempi per la fine della cassa integrazione e sull'avvio del piano di investimenti seguito ai finanziamenti del ministero dello Sviluppo economico. Alla fine del tavolo di verifica, le sigle diramano una nota congiunta, firmata da Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb. I rappresentanti dei lavoratori spiegano che «l'azienda ha confermato il via libera al "Contratto di sviluppo", che autorizza gli investimenti pubblici per la realizzazione degli impianti (verniciatura e zincatura) che amplieranno l'area a freddo. Complessivamente l'azienda ritiene di rispettare i tempi dell'accordo ribadendo, al netto delle uscite volontarie, il totale riassorbimento dei lavoratori al termine dei due anni di Cigs. Il gruppo Arvedi stima la realizzazione degli impianti in 18 mesi circa a partire dalla fine di marzo 2021. Allo stesso tempo si sta pre-configurando l'avvio entro il mese di ottobre della nuova centrale elettrica e la piena operatività della logistica, successivamente al completamento dell'iter autorizzativo del Demanio, previsto nei prossimi mesi». Più volte le organizzazioni di categoria avevano messo all'indice il ritardo dei corsi di riqualificazione per le maestranze che dall'area a caldo passeranno al laminatoio, ma ora sottolineano che «a breve è in partenza un nuovo corso di formazione che dovrebbe coinvolgere circa 50 lavoratori». I sindacati, inoltre, ribadiscono «l'importanza della prosecuzione di questi confronti in sede aziendale per la verifica del proseguimento del piano, giudicando positivamente l'esito dell'incontro di oggi». Resta però la preoccupazione sui tempi della burocrazia: «In questa fase delicata per la riconversione del sito, le organizzazioni sindacali fanno doverosamente appello alle istituzioni affinché gli iter burocratico-autorizzativi favoriscano in tempi rapidi la realizzazione del piano industriale, indispensabile per il reimpiego dei lavoratori e per il rilancio dell'area della Ferriera».

D.D.A.

 

 

Nuove norme sulla Tari, bilancio comunale in stallo
Le imprese ora hanno la facoltà di uscire dal perimetro pubblico della gestione dei rifiuti: il Pef incerto non consente previsioni attendibili
Il bilancio di previsione del Comune è appeso a una nuova norma nazionale sulla Tari che consente alle imprese di passare al privato e rende ben più complicato agli uffici individuare il perimetro di gestione, e quindi la tariffa che verrà applicata alle bollette dei triestini. Niente tariffa certa, niente bilancio di previsione. Alza le mani al cielo il vicesindaco Paolo Polidori: «A causa di questa norma scriteriata rischiamo di approvare il bilancio in ritardo e finire in esercizio provvisorio». Qual è il punto della «scriteriata norma»? Il decreto legislativo 116 del 2020 ha rivisto il Codice dell'Ambiente sulla base delle direttive europee. I punti che stanno facendo discutere gli enti locali in questi mesi sono tanti, ma questo è quello che ci interessa adesso: «Le utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione dei rifiuti stessi». Nel caso di Trieste, quindi, le imprese potrebbero abbandonare AcegasApsAmga per avvalersi dei servizi di un altro operatore. Il punto dolente per gli uffici del Comune, però, è che non si specifica entro quando le aziende dovrebbero comunicare tale passaggio, che diventa de facto attuabile in ogni momento. Ne consegue che la previsione del Piano economico finanziario, il cosiddetto Pef, elaborata sulle tariffe del 2019, diventa molto meno attendibile: la spesa prevista dal Comune ammonta a 38,6 milioni, ma se molti grandi privati dovessero decidere di uscire, il costo dei servizi rischierebbe di finire spalmato sulle bollette degli utenti rimasti, ovvero i comuni cittadini e le imprese restate "fedeli" al servizio comunale. Cosa si può fare? «L'Anci è in pressione sul governo», dice Polidori: «A fine dicembre l'Emilia Romagna ha varato una norma che pone al 30 marzo la data ultima per uscire dal servizio pubblico, ma il governo ha 60 giorni di tempo per impugnarla. Vediamo, stiamo pensando a un regolamento analogo anche qui». Il vicesindaco mette l'accento anche sulla possibilità che nei bottini triestini finiscano anche sacchi della spazzatura destinati al privato: «Avremo anche l'onere di nuovi controlli anti-frode, altrimenti il pericolo è che un aumento del tonnellaggio porti a un corrispondente aumento del tributo». A dispetto delle sue simpatie per le teorie economiche libertarie, Polidori punta il dito contro la metà gialla dell'ormai tramontato governo giallorosso: «È un'aberrazione nella gestione dei rapporti con gli enti locali, mossa dalle motivazioni pseudoambientaliste dei Cinque stelle, che ora rischia di fare danni mostruosi. Ma sono convinto che prevarrà il buonsenso». Ribatte il capogruppo pentastellato Paolo Menis: «La norma è stata fatta per applicare delle direttive europee, mi risulta, di certo non per danneggiare i comuni». Sul tema interviene anche il capogruppo forzista Alberto Polacco: «Auspichiamo che non si traduca in un ulteriore carico per le famiglie. Si mette così in difficoltà un'amministrazione già pronta ad approvare il bilancio». Così invece la consigliera e segretaria Pd Laura Famulari: «Le norme ambientaliste vengono fatte nel merito delle cose, per fortuna. Se c'è un problema su come applicarla, si vari un regolamento che fissa un limite ultimo per optare. La burocrazia è lì per servire i cittadini». Ma finché il nodo non sarà sciolto, il bilancio non facile come quello della Trieste del secondo anno pandemico dovrà, quindi, aspettare.

Giovanni Tomasin

 

Lotta all'abbandono dei rifiuti in strada: decuplicato in tre anni il volume delle multe

Guardie ambientali agguerrite dopo il varo del nucleo ad hoc. Il caso del trasgressore rintracciato dalle tracce sul cartone.

Forse non tutti sanno che gli imballaggi di cartone vanno conferiti nell'apposito contenitore giallo posizionato lungo le strade. E che, prima di gettarli, è obbligatorio ridurne il volume, spezzettandoli o piegandoli. Il Regolamento per la gestione dei rifiuti urbani del Comune, all'articolo 16, parla chiaro. Non ne ha fatto evidentemente caso il cittadino "trasgressore" sanzionato l'altro giorno dalla Polizia locale per ben tre violazioni, per un totale di 200 euro. L'uomo, residente in un comune vicino, non solo ha abbandonato il voluminoso imballaggio che conteneva una bici a pezzi nel cassonetto errato, quello dell'indifferenziata, che non ha peraltro nemmeno chiuso, ma non si è neanche preoccupato di ripiegarlo. Le guardie ambientali non l'hanno pizzicato sul fatto, ma sono comunque riuscite a risalire alla sua identità e quindi a contestargli l'azione scorretta. Come? Tutto è partito dal ritrovamento dell'involucro di cartone contenente la bici che l'uomo aveva ritirato al Centro postale di via Brigata Casale. Fatali sono stati i dati presenti sullo scatolone, che le guardie hanno prontamente verificato, riuscendo così a risalire al proprietario.È questa una delle tante missioni portate a termine con successo dalla Polizia locale, che in tre anni ha più che decuplicato il frutto delle sanzioni. Gli introiti delle multe sono passati infatti dagli 8.332 euro del 2017 ai 74.282 del 2018 e ai 112.561 del 2019, per chiudere a quota 106.600 nei primi otto mesi del 2020. L'anno scorso, in particolare, le sanzioni più numerose, 500, sono state elevate per abbandono di rifiuti in prossimità dell'isola ecologica e per errati conferimenti, mentre 151 hanno riguardato la mancata raccolta delle deiezioni e la conduzione del cane senza guinzaglio. Altre 12 sanzioni sono derivate dalla violazione dell'Ordinanza sulla fauna selvatica, sei per accattonaggio e bivacchi e una per il mancato rispetto del Regolamento sul verde pubblico. A queste se ne sono aggiunte quattro per il mancato uso della mascherina all'aperto, in condizioni di non isolamento, e tre per l'inosservanza delle misure di contenimento anti-Covid.. Questo importante incremento rilevato dal 2017, spiega il vicesindaco e assessore alla Polizia locale Paolo Polidori, è stato possibile in particolare grazie a una presenza più massiccia sul territorio delle forze sorveglianti. Di recente è stato costituito infatti il nuovo Nucleo delle guardie ambientali, che riunisce sotto un unico cappello le stesse guardie ambientali e il Nucleo di Polizia ambientale, dove ognuno sta mantenendo comunque la propria peculiarità. Una scelta presa in seguito alle segnalazioni sempre più numerose, e pressanti, da parte dei cittadini. Le guardie ambientali, approdate nella Polizia locale nel 2017, erano tre. Nel 2020 il gruppo è stato istituzionalizzato e aumentato di due unità. Si occupano in via prioritaria dei diversi aspetti del degrado urbano, applicando a 360 gradi le norme nazionali e locali: contrasto appunto al degrado urbano, prevenzione e repressione della mancata osservanza delle norme relative ai diversi regolamenti comunali di argomento ambientale (igiene urbana, verde pubblico, tutela e benessere animale, senza dimenticare lo stesso Regolamento di polizia urbana), nonché applicazione delle leggi regionali e statali riguardo le norme in materia ambientale. E sono complementari alle figure che compongono il Nucleo di Polizia ambientale, che si concentra sulla violazione dei reati come le discariche abusive. «In questi anni ci siamo dedicati di più all'attività di tutela dell'ambiente, non solo contro i reati ma contro l'inosservanza di tutti i regolamenti ambientali», spiega Polidori: «Dal punto di vista strategico il nucleo si è dimostrato efficace ed efficiente per la tutela del territorio. È mia intenzione aumentare l'organico, quando ci sarà la possibilità, tramite concorso, proprio perché le questioni dei rifiuti abbandonati, specie gli ingombranti, dello sversamento di liquidi e delle deiezioni canine sono legate a un fatto di civiltà, di tutela dell'ambiente e decoro urbano. La scelta di costituire un nucleo vero e proprio è stata azzeccata. E per questo punteremo su un suo potenziamento».

Benedetta Moro

 

«Appostamenti e filmati. Così smascheriamo chi non segue le regole» - l'agente in prima linea
Quali sono le azioni "sgradevoli" più ricorrenti compiute dai triestini, quelle che più di frequente finiscono per essere oggetto delle sanzioni a loro carico? In cima alla lista ci sono le deiezioni canine abbandonate sui marciapiedi: un atto di estrema maleducazione, che le guardie ambientali della Polizia locale - il cui referente è l'ispettore capo Andrea Valenti - cercano di combattere con tutti gli strumenti a disposizione, anche se il problema non è affatto facile da combattere e debellare. «Cogliere sul fatto chi non raccoglie le deiezioni del proprio cane - spiega il commissario aggiunto Massimo Cella - è difficile, nonostante si mettano in campo delle risorse importanti. E i cani, poi, a Trieste sono molti, il che aumenta per una questione statistica il grado di complessità. Per contrastare questo fenomeno entriamo in azione anche di mattina presto, con appostamenti ad hoc. Qualcosa abbiamo già ottenuto, però non è semplice».Al secondo posto c'è l'abbandono dei rifiuti ingombranti: materassi, elettrodomestici, caloriferi, materiale edile. Anche in questo caso è complicato risalire ai responsabili. In soccorso però arriva a volte l'ausilio della tecnologia: le telecamere, che si possono rivelare utili soprattutto quando vengono segnalati dei veicoli utilizzati ripetutamente per il trasporto dei rifiuti. «Il garante della privacy afferma infatti che solo quando non è possibile risalire altrimenti all'autore della violazione si può ricorrere alle telecamere. Le usiamo quindi se non ci sono altri modi - aggiunge Cella - e così facendo abbiamo ottenuto dei buoni risultati».

be.mo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 febbraio 2021

 

 

Nidec Asi, la sfida dell'energia pulita: «Banchine elettriche da Genova a Trieste»
La top manager Haines: «Pronti a investire nel risparmio energetico dei porti. Così la pandemia cambia la mobilità»
TRIESTE. Dalle auto alle gru e navi elettriche. Il futuro ha il fruscio silenzioso della mobilità "pulita" per il colosso giapponese Nidec Corporation, fondato nel 1973 a Kyoto, è leader mondiale nei motori di precisione, con un fatturato di oltre 15 miliardi di yen nel 2019 e oltre 100.000 dipendenti in più di 30 paesi in tutto il mondo. Il business di Nidec si concentra su tutto ciò che ruota e si muove in un'ampia gamma di settori: telecomunicazioni, uffici, elettrodomestici, automobili, attrezzature industriali ed energie rinnovabili. Questo big industriale del Sol Levante, attraverso la controllata Nidec Asi (l'ex Ansaldo Sistemi Industriali acquisita nel 2012), governa su 19 impianti produttivi in 9 paesi (1.300 dipendenti nel mondo, di cui 900 in Italia) fra cui Monfalcone dove i giapponesi controllano uno storico stabilimento, centro di eccellenza per la realizzazione di motori e generatori elettrici. In piena pandemia Nidec ha lanciato un manifesto per la ripartenza dell'economia italiana: «Crediamo fermamente che sostenendo l'evoluzione dell'energia, della logistica e dell'industria, sia davvero possibile fare la differenza», sottolinea Kaila E. Haines top manager marketing e sviluppo del business di Nidec Asi. Il futuro post-pandemia sarà elettrico e funzionerà a batteria? «Questa emergenza impone il passaggio a un'economia sostenibile soprattutto nella mobilità elettrica. Bisogna promuovere una maggiore efficienza energetica nel settore industriale e noi siamo in prima linea con una grande flessibilità produttiva e logistica». Due anni fa Nidec Asi ha lanciato il nuovo sistema di ricarica veloce e fornito le batterie per i traghetti elettrici norvegesi. In Arabia Saudita ha portato l'acqua desalinizzata nel deserto. In Finlandia e Svezia investe nelle fonti rinnovabili: «Lavoriamo per un rilancio economico globale in chiave green». Dietro l'angolo c'è l'auto elettrica modello Tesla considerato che la domanda di energia è cresciuta in modo esponenziale. Ma come funzionerà un mondo che si muove con l'auto elettrica? «Sarà un mondo che dovrà basarsi il più possibile sulle fonti rinnovabili anche per massimizzare il profitto delle vendite di energia ricavata dal solare e dall'eolico garantendo allo stesso tempo la stabilità della rete elettrica», risponde Haines.Nidec Asi si candida anche sul fronte della elettrificazione delle banchine portuali (e della navigazione a batteria elettrica) che sarà una delle grandi infrastrutture da finanziare in Italia con i fondi del Recovery Plan (388 milioni solo a Trieste): «Queste soluzioni, che permettono alle navi di spegnere i motori e attaccarsi alla rete elettrica (shore to ship), sono una grande svolta ecologica perchè permettono di contenere l'impatto ambientale. Inoltre produciamo sistemi di propulsione elettrica ibridi o totalmente elettrici per megayacht e traghetti -chiarisce Haines. Queste tecnologie permettono di tenere accesi i motori diesel, eliminando il rumore e riducendo notevolmente l'inquinamento delle navi, comprese quelle da crociera. D'altra parte c'è una direttiva dell'Unione Europea che impone ai porti di adottare sistemi avanzati di alimentazione elettrica dal 2025. Un tema chiave per promuovere un modello di sviluppo sostenibile in un Paese come l'Italia, con 7500 km di coste e 42 grandi porti». Su 18 progetti in questo ambito in Europa, Nidec Asi è attiva in otto, di cui uno è quello annunciato nel 2018 nel porto di Genova. La controllata Nidec Industrial Solutions (una delle piattaforme commerciali del gruppo) ha infatti siglato un contratto di 8 milioni di euro con l'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale per realizzare un progetto shore to ship per il porto di Genova che sarà presto operativo: «Le tecnologie al servizio dei porti saranno il fronte industriale che ci vedrà impegnati nei prossimi tre anni. Altri progetti sono in arrivo in Europa». Grazie anche a queste tecnologie obiettivo di Nidec Asi è passare da 400 milioni di fatturato a un miliardo entro il 2023, puntando proprio sul settore dell'energia pulita grazie a una robusta pipeline per 70 milioni: «A Monfalcone -sottolinea Haines- grazie a una linea di motori antideflagranti, lo stabilimento sarà tra i protagonisti dell'emergente mercato per il trasporto dell'idrogeno. Qui possiamo vantare un'esperienza secolare che affonda le sue radici nella fondazione dello stabilimento elettromeccanico di Ansaldo nel 1899». Lo stabilimento nella città dei cantieri è stato solo in parte frenato dalla pandemia grazie anche a un recente ordine per 30 milioni per la fornitura di macchine elettriche per un impianto di depurazione del gas: «Prevediamo una ripresa nella seconda metà dell'anno».

Piercarlo Fiumanò

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 febbraio 2021

 

 

Treno veloce Trieste-Venezia: si punta sul Recovery Plan
Il gap infrastrutturale è uno dei nodi da risolvere secondo il rapporto di Ambrosetti - Venezia Giulia sempre più isolata: i piani delle Ferrovie. Parlano Agrusti e Mareschi Danieli
Non sono i colori delle misure restrittive anti-Covid, ma disegnano comunque un quadro preoccupante per l'economia del Friuli Venezia Giulia. Il problema è quello dell'assenza di una rete ad alta velocità e, di conseguenza, dello scarso utilizzo del trasporto ferroviario. Una cartina elaborata da The European House-Ambrosetti nel rapporto "Venezia Giulia 2025-Strategie e azioni per la competitività" presentato in Camera di commercio dimostra plasticamente l'isolamento della regione. Il Fvg è colorato di grigio, la fascia in cui la popolazione impiega tra una e due ore per raggiungere le stazioni dei i treni veloci. I tempi lunghi sono evidenti: 2 ore e 15 minuti da Trieste a Venezia, 3 ore e 15 fino a Verona, 1 ora e 50 da Udine a Venezia, 3 ora e 40 da Udine a Verona. Per poterli contenere molto dipende dalla velocizzazione della linea Trieste-Venezia, che consentirebbe a un treno passeggeri di collegare le due città in poco più di un'ora. Ambrosetti: gap infrastrutturale - Il gap infrastrutturale è uno dei nodi da risolvere per la Venezia Giulia sottolinea Ambrosetti: «Questo divario limita la connettività fisica e digitale e lo "isola" dal resto d'Italia: da un lato, i tempi di percorrenza per il raggiungimento di stazioni dell'Alta Velocità sono molto elevati (ovunque sul territorio compresi tra una e due ore) e manca una rete ad Alta Velocità nella Regione». Nel suo report Ambrosetti considera prioritarie «le connessioni con i treni ad Alta Velocità per sfruttare il collegamento sulla rotta Venezia Mestre-Verona-Milano per il traffico passeggeri e sulla tratta linea Trieste-Cervignano-Udine-Tarvisio per il traffico merci. L'aeroporto di Ronchi dei Legionari deve diventare il fulcro dei collegamenti interni di persone e merci, potenziando l'interscambio treno-aereo. Il treno veloce per Venezia - Nell'aprile scorso, dopo l'audizione in videoconferenza nella quarta commissione consiliare, su sollecitazione del gruppo 5 Stelle, sono spuntati gli studi di fattibilità di Rete ferroviaria italiana - già presentati o in fase di redazione -, con l'anticipazione da parte della società nazionale di cantieri in avvio nel 2021 e conclusione dei lavori in cinque anni. Un progetto «propedeutico» alla Tav, disse allora l'assessore ai Trasporti Graziano Pizzimenti, che conferma oggi di non avere accantonato la tentazione dell'alta velocità. Ma, ammette, «negli ultimi mesi non si è saputo più niente, è tutto fermo». Qualcosa in realtà si è mosso. Il governo ha indicato Vincenzo Macello, responsabile della Direzione Investimenti di Rfi, nel ruolo di commissario per la velocizzazione della tratta Trieste-Venezia. La lista dei commissari di 59 grandi opere dovrà essere approvata dalle camere, ma la crisi di governo ha inevitabilmente interrotto l'iter. Dopo di che è anche una questione di risorse. Il valore dell'opera è aumentato dagli iniziali 1,8 miliardi a 2,2 miliardi, ma al momento risultano stanziati solo 200 milioni (dal ministero Delrio, era il 2016). I fondi del Recovery PlanCi sarebbe il Recovery plan e la Regione ha inserito il finanziamento dei lavori nel pacchetto da oltre 10 miliardi da presentare a Roma, a questo punto al nuovo governo. Di certo, per adesso, c'è solo l'insoddisfazione dell'impresa. «L'errore è a monte - dice il presidente di Confindustria Alto Adriatico Michelangelo Agrusti -, quando si è rinunciato alla Tav, in maniera assai poco lungimirante. Ora serve almeno agire tempestivamente per raggiungere l'obiettivo minimo del potenziamento dell'esistente». Secondo Agrusti c'è anche però la criticità su un altro asse, «quello della Venezia-Udine-Tarvisio, indispensabile per la sua funzionalità di collegare i retroporti di Fernetti, Gorizia, Cervignano e Pordenone con una direttrice diretta verso l'Austria, a integrarsi con i corridoi europei». Alla presidente di Confindustria Udine Anna Mareschi Danieli il progetto di velocizzazione convince invece più della Tav: «Piuttosto che pesanti investimenti nell'alta velocità dai ritorni economici molto incerti, riteniamo sarebbe più corretto usare le risorse per aumentare la capacità delle attuali linee, senza però perdere di vista il collo di bottiglia di Monfalcone, che in questo caso potrebbe effettivamente essere un problema per l'ulteriore sviluppo ferroviario del porto di Trieste, a maggior ragione ora che vi sono approdati gli operatori di Amburgo».

Marco Ballico

 

 

"Punto Franco" spazio politico affrancato dagli steccati di partito - la lettera del giorno di Francesco Russo
Caro direttore,ha ragione il lettore Giorgio Cerovaz a dire che la scelta di chiamare l'associazione "Punto Franco" non è casuale. Da un lato richiama un'attenzione particolare verso i temi della portualità, in primis al pieno sviluppo dei punti franchi e alla riqualificazione di Porto vecchio fondata su un progetto unitario e organico. Non sono per me impegni nuovi ma la prosecuzione di un lavoro iniziato ormai sei anni fa con l'emendamento che ha sdemanializzato l'antico scalo e ha consentito di spostare i punti franchi lì dove possono essere davvero utili al rilancio e allo sviluppo economico di tutta la città, in sintonia con il lavoro di Zeno D'Agostino e (speriamo in futuro) del nuovo governo Draghi. Dall'altro lato, invece, il nome "Punto Franco" ha un significato più simbolico ma, per me, altrettanto rilevante: assieme a tanti l'abbiamo immaginato come un luogo "affrancato" dai classici steccati di partito. Un'associazione nata per raccogliere e dare voce alle tante energie positive che animano la nostra comunità ma che spesso restano invisibili e non valorizzate dalle istituzioni, uno spazio nuovo per chi ha smesso di credere nella politica tradizionale ma vuole bene a Trieste e non ha perso la voglia di impegnarsi per questo territorio. C'è una frase che sintetizza perfettamente quello che vorremmo Punto Francrappresentasse: "Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Uscirne tutti insieme è politica. Uscirne da soli è avarizia". L'ha scritta don Lorenzo Milani tanti anni fa ma guardando quanto sta succedendo in Italia e nel mondo, trovo queste parole estremamente attuali. E rappresentative di un modo di interpretare la politica volto a unire i cittadini intorno a un'idea di futuro che sia ambizioso ma che, al contempo non si dimentichi delle difficoltà dei più fragili. Una politica finalmente capace di aggregare e non di dividere.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 febbraio 2021

 

 

Svolta veneziana all'ex Italcementi e futuro logistico, fino a mille addetti
Nuova proprietà per i 105.000 metri quadrati. Una decina di progetti con la regia degli imprenditori Rocelli e Fracasso
Aveva chiesto alcuni giorni per chiudere l'operazione con i crismi dell'ufficialità e ha mantenuto l'impegno: Giovanni Rocelli, imprenditore veneziano, ha acquisito, insieme con il suo nuovo alleato Francesco Fracasso (veneziano a sua volta), i 105.000 metri quadrati dell'ex Italcementi in via Caboto. Qualcosa era già stato anticipato in occasione dell'acquisto dell'ex Manifattura Tabacchi, adesso c'è il timbro. A questo punto nella Zona industriale triestina Rocelli, in buona parte d'intesa con Fracasso, controlla oltre 200.000 metri quadrati: 105.000 ex Italcementi, più di 50.000 ex Manifattura, oltre 50.000 (da solo) ex terminal Italcementi sulla riva nord del Canale navigabile (comprati nel 2017).Rocelli gestiva a Marghera uno spazio ancor maggiore, 350.000 metri quadrati, nel quadro delle attività portuali multiservice. Ora nei nuovi possedimenti triestini deve incastrare idee e progetti che in parte sono suoi, in parte giungono da imprese triestine e friulane, in parte da pubbliche amministrazioni. Lui manovra con l'holding Gio2, Fracasso con Htm.Per guarnire l'enormità dell'ex Italcementi il duo Rocelli-Fracasso ha in mente una combinazione logistico-industriale che al momento ha collezionato una decina di progetti da mettere a sistema. «C'è posto per tutti - spiega Rocelli al telefono - in una logica sinergica. Dall'autotrasporto all'investimento ecoambientale. Sto parlando con l'Università per l'utilizzo di tecnologie avanzate, allo stesso tempo sto valutando la collaborazione con la Piattaforma logistica. Proporrò all'Autorità portuale l'opportunità di un "pre-check in" per i camion, così da non imbottigliare gli accessi allo scalo».«Fino all'aprile 2022 30.000 metri quadrati resteranno affittati alla Wietersdorfer - prosegue - ma su 70.000 si può cominciare a lavorare già durante quest'anno». Ha preso contatto anche con le maggiori presenze manifatturiere sul territorio, come Fincantieri e Wärtsilä. Si è relazionato con Parisi e con Petrucco (Icop).L'imprenditore veneziano, come già aveva detto insieme a Fracasso una decina di giorni fa, ha deciso di puntare su Trieste, perché vede il suo Veneto un po' sulle ginocchia. Svicola sulle domande che riguardano denari e tempistiche, ma lancia un forte messaggio sul piano occupazionale: «Abbiamo la possibilità, sommando le iniziative attivabili nell'area, di creare un migliaio di posti di lavoro».Rocelli si metterà in azione anche sul versante istituzionale. Preferisce coinvolgere e condividere, per non pestare piedi in una realtà suscettibile come quella triestina: «Vorrei coordinare le mie proposte con Comune, Regione, Autorità». Anche perché il "campionario" consente di giostrare più opzioni: per esempio, l'ex Manifattura Tabacchi interessa al Comune per allestirvi i mercati del pesce e dell'ortofrutta. L'altra area ex Italcementi, la prima che Rocelli acquistò nella parte nord del Canale vicino al termovalorizzatore Hera, è un po' da reinventare, perché la prima ipotesi, quella dell'impianto per ripulire le acque inquinate da idrocarburi, è tramontata causa la lunghezza degli iter amministrativi. «La nuova idea - rilancia l'imprenditore - è quella di creare in questo sito Trieste green terminal, incrociando iniziative marittime ed ecoambientali». Insomma, una svolta storica per la vecchia fabbrica cementiera, sorta nell'estate 1954 quando Trieste era ancora soggetta al Gma, ma i primi contatti tra il gruppo Pesenti e la città giuliana datano addirittura la fine degli anni Trenta. All'inizio del 2019, quando erano trascorsi quattro anni dal passaggio alla tedesca Heidelberg, lo stabilimento chiuse: si era ridotto a operare con una ventina di dipendenti, al principio del millennio dava ancora lavoro a un centinaio di addetti. La fabbrica aveva conosciuto, nei momenti fulgidi dell'edilizia, momenti prosperi: il terminal sul Canale navigabile aveva movimentato fino a 100.000 tonnellate di materiali, trasportate da una sessantina di navi. Poi sempre meno, fino a che l'Autorità non rinnovò la storica licenza "144" per una malinconica, prolungata inattività.

Massimo Greco

 

Parisi, Samer e Saiph investono - La Zona industriale si risveglia

Oltre alle operazioni dei veneti. Vantaggio Sir per via Caboto e dintorni
Il tassello Italcementi va a riempire un'importante casella nel risiko che si va giocando in una Zona industriale risvegliata dal lungo torpore cui l'aveva costretta il clamoroso malinteso del Sito inquinato. Forse non è casuale che alcune operazioni si siano smosse, in seguito al trasferimento di quasi 320 ettari, avvenuto in due fasi, sotto la "giurisdizione" della Regione Fvg (il cosiddetto Sir). Un fatto gradito al mondo imprenditoriale, che spera in una maggiore agilità amministrativa nel disbrigo delle procedure ambientali. Italcementi - lo ricordava ieri Giovanni Rocelli - è ora inserita nel Sir. Nello stesso Sir ricade l'ex quartier generale delle Coop operaie, recentemente comprato all'asta da una controllata della Parisi. Ma l'intero asse di via Caboto non deve più andare al ministero per le pratiche del Sito inquinato: Illy, Pacorini, Pittway, Java Biocolloid (la trasformatrice delle alghe rosse), Ortolan. Una rilevante porzione dell'area produttiva comincia a respirare. Samer trasformerà in un moderno terminal per carichi industriali l'Ortolan mare e riorganizzerà la radice del Canale. Saiph (ex Revas) è pronta a investire 4 milioni, sempre sul Canale, per creare un nuovo piazzale dove stoccare merci. L'Autorità ha in programma di drenare il Canale per renderlo accessibile a maggiori pescaggi. I veneziani Rocelli e Fracasso mettono a disposizione l'ex Manifattura, dove oltre 50.000 mq possono rispondere a diverse esigenze (mercati, Bic, logistica).Senza dimenticare che sulla sponda sud del Canale operano aziende come Redaelli e Autamarocchi, mentre nella parte finale si allarga l'ex Aquila, in attesa che gli ungheresi concretizzino i loro programmi. Il ministro uscente Patuanelli aveva scritto a Budapest evidenziando come una quota delle risorse Recovery Plan destinate a Trieste (col vecchio governo erano 388 milioni) avrebbe potuto essere utilizzata per scuotere un'area ancora ferma allo stadio di archeologia industriale.

Magr

 

«Un segnale positivo per l'area - E ora si crei un grande parco»

Chi lavora nelle vicinanze celebra l'arrivo e chiede interventi non solo di tipo manutentivo
Positivo l'insediamento di una nuova realtà nella zona, ma l'area ha bisogno di interventi urgenti di sistemazione. Così chi lavora in via Caboto commenta la novità all'ex Italcementi, auspicando che, alla luce del viavai destinato ad aumentare, vengano previsti anche lavori su strade e altri spazi pubblici.«Recuperare un'area dismessa rimettendola sul mercato non può che essere qualcosa di buono - spiega Marino Quaiat, dell'omonima officina -. Speriamo che l'arrivo di nuovi investitori sia contestuale a una riqualificazione generale della via, a partire, ad esempio, dall'illuminazione pubblica che al momento non funziona, passando per altre migliorie necessarie, a livello stradale. È una zona che, in questo momento, con questo aspetto, sembra un po' stanca». Considerazioni simili per Gianfranco Belletti, con l'azienda che porta il suo nome a poche decine di metri dall'ex Italcementi. «Sicuramente è un bene per la città, conosco chi arriverà, ho contatti da tempo e credo sia una bella novità. Ma - sottolinea - serve eliminare anche il degrado che c'è tutto attorno. L'asfalto è a pezzi, le aiuole sono malconce, sembra un campo di guerra. E poi andrebbero anche ristrutturati gli edifici abbandonati attorno, in primis, quello di fronte, che giace in uno stato pessimo da decenni. Fosse per me - spiega - creerei un grande comprensorio sportivo, con campi e attrezzature a disposizione dei ragazzi della città. Un grande parco per diverse attività, che manca. Io avrei tanti progetti per ridare nuova energia a questa zona - dice ancora -, speriamo che qualcuno mi ascolti». E anche Fabio Perini, della ditta Termoidraulica Stella, nella zona di Giarizzole, punta a dare nuova vita a un'altra area abbandonata, questa volta direttamente collegata alla Italcementi. E pure in questo caso, ironia della sorte, con un progetto sportivo. «Quando abbiamo saputo che la parte superiore dello stabilimento, quella dove si trova la cava, sarebbe stata chiusa - ricorda - abbiamo contattato la proprietà. Insieme ad altri appassionati, avremmo voluto sfruttare quello spazio grande e lontano dal centro abitato, per trasformarlo in una pista di motocross. Ci hanno spiegato che fino al 2023 la cava è potenzialmente utilizzabile. Quindi al momento non se ne fa nulla. Speriamo che in futuro, magari, qualcosa possa cambiare». Tra i pochi locali della zona c'è il bar Flavia: anche qui è arrivata la notizia della nuova realtà che si insedierà. «Se qualcuno decide di investire a Trieste non si può che essere contenti - commentano alcuni operai fuori dal bar -. Sarebbe bello che poi arrivassero anche altre aziende: potrebbero portare ulteriori posti di lavoro». «Una nuova azienda sul territorio è sicuramente qualcosa di utile - aggiunge Nunzio Castiglione, titolare del bar -. Da noi, a causa del Covid, c'è un momento di stallo, vedremo se contribuirà a portare un po' di vivacità».

Micol Brusaferro

 

 

GORIZIA - La nuova viabilità in centro piace a Legambiente ma anche a Fiab
Secondo le due associazioni è un passo in avanti ma vanno risolte le criticità legate agli spazi ristretti e alla vicinanza delle auto in sosta
È un parere positivo quello che Fiab e Legambiente Gorizia formulano su senso unico e nuove piste ciclabili. Anche è tutto è migliorabile. «Se finalmente possiamo vedere il compimento di una pista ciclabile nel tratto riqualificato di corso Italia è anche vero che si tratta comunque (ancora) di una sperimentazione. Certo - sottolineano i due sodalizi - è un primo passo per la redistribuzione degli spazi urbani in linea con i principi della mobilità sostenibile, ma vi sono diverse criticità nel complesso dell'operazione. Questa ciclabile confidiamo possa invogliare i goriziani ad usare di più la bici, in sicurezza. Porterà benefici all'ambiente, alla salute (problema della sedentarietà) e al portafoglio. Invoglierà i cittadini a fare anche acquisti in centro, con tranquillità, facendo uso della bici. Tuttavia, consideriamo pericolosa la contestuale presenza dei parcheggi accanto alla ciclabile, sia per il noto problema di apertura delle portiere, sia per motivi di sicurezza laddove sono già stati segnalati rischi legati al passaggio dei mezzi di soccorso e dei bus, e manca anche di visione estetica del corso. Difficile poi fare valutazioni in un periodo anomalo, come quello della pandemia, quando né le scuole né le attività produttive sono completamente ripartite».Fiab e Legambiente colgono l'occasione «per segnalare anche che continua gravemente a pesare la mancanza di una visione generale dettata dal Piano urbano del traffico che ribadiamo essere fermo al 2005 e deve essere aggiornato per legge ogni 2 anni. In più, l'assenza di un più ampio Piano per la mobilità urbana sostenibile (Pums) e del Piano per la mobilità ciclabile (Biciplan). Anche in vista del 2025, riteniamo Gorizia non possa perdere ulteriori occasioni per mettersi in collegamento non solo all'interno del tessuto cittadino ma anche con la rete delle municipalità contermini, ed integrata con quelle del Gect. Un'ulteriore valorizzazione della città potrebbe anche derivare, sia in ambito nazionale che internazionale, dal collegamento con la pista ciclabile dell'Isonzo, già realizzata verso la Slovenia e (ancora purtroppo sulla carta) verso Gradisca e Grado». --Fra.Fa.

 

 

Rione Enel contro il progetto gas di A2A "L'ipotesi idrogeno e' fumo negli occhi" - Posizione dell'associazione

Secondo Paoletti e il direttivo la tecnologia per produrre energia pulita richiede alti costi e tempi lunghi "il metano durera' fino al 2050"

L'associazione Comitato Rione Enel insiste sulla contrarietà al progetto di turbogas presentato dall'azienda A2A, nell'ambito del processo di fuoriuscita dal carbone con la dismissione della centrale termoelettrica. E ritiene l'opzione legata all'idrogeno «fumo negli occhi» per «far calare in questa città un altro mega impianto a combustibile fossile». Non viene esclusa la possibilità di mettere in campo iniziative presso le istituzioni, al fine di continuare a ribadire la netta posizione contro prospettive volte a mantenere un polo energetico. Il direttivo del Comitato Rione Enel, presieduto da Antonella Paoletti, è dunque ancora una volta esplicito. «L'associazione ribadisce con forza la propria contrarietà alla costruzione della nuova centrale a gas di A2A - sottolinea in una nota -. Sappiamo che l'energia pulita con emissioni zero, realizzata attraverso l'idrogeno è solo quella ricavata dall'acqua, non certo dal metano. Se a questo si aggiunge il fatto che questa tecnologia è ancora molto indietro e piuttosto dispendiosa, è logico pensare che la nuova centrale a gas, prevista per l'anno 2024, continuerà a funzionare soltanto a metano almeno fino al 2050, sempre che, da allora in poi, si renderebbero obbligatorie le emissioni zero, altrimenti anche più in là».Il Comitato fa riferimento all'esperienza passata quando osserva: «Lo abbiamo visto con la centrale a carbone. Negli anni Sessanta l'ente proprietario diceva che sarebbe durata per 35 anni, invece, è ancora qui, a distanza di 55 anni e mezzo. Anzi, dalle notizie apprese, A2A si sta appena predisponendo per alzare il muro che cinge il carbonile, in ottemperanza ai dettami dell'Autorizzazione integrata ambientale, cosa che avrebbero dovuto già fare molti anni fa, vista la vicinanza dell'abitato». Il ragionamento prosegue. «Secondo noi, l'idrogeno è fumo negli occhi, uno slogan di ecologia e di sostenibilità per far calare in questa città un altro mega impianto a combustibile fossile, cioè inquinante, dalla potenza di ben 850 Megawatt, con conseguenze di ricadute, vibrazioni, rumorosità e quant'altro». Da qui la conclusione: «Ci riserviamo pertanto di intraprendere iniziative future per portare avanti la nostra contrarietà al progetto presso le amministrazioni comunale e regionale, destinatari assieme al Ministero dell'Ambiente e delle Attività produttive, di una petizione presentata dal nostro rione nell'ottobre del 2019».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 febbraio 2021

 

 

L'Aquario mostra i suoi 90 anni - Altro mezzo milione per i lavori
L'edificio datato 1933, a contatto con l'acqua marina, presenta più magagne del previsto: necessari due-tre mesi di interventi. La riapertura a inizio estate
Le vecchie ossa dell'Aquario, chiuso per restauro, hanno bisogno di rafforzare la terapia riabilitativa. Lo scorso agosto si era detto che la nuova edizione di uno dei più visitati musei triestini (nell'ultimo anno "normale" 54.000 presenze) sarebbe stata approntata per l'autunno, invece, una volta svolto il cosiddetto "strip out" (in italiano si può rendere con demolizione selettiva) degli interni, i tecnici e le aziende esecutrici (Innocente & Stipanovich, Balsamini) hanno capito che il progetto riqualificativo aveva necessità di un "rinforzino".Il Comune ha trovato 500.000 euro per provvedere a una variante, che consentirà un intervento più radicale su una struttura sorta all'inizio degli anni Trenta: l'assessore Elisa Lodi annuncia dai 2 ai 3 mesi di lavori, che dovrebbero permettere la riapertura dell'Aquario - al netto di implicazioni pandemiche - alla fine di giugno, in tempo per acchiappare l'auspicabile ripresa turistica estiva.Il direttore dei lavori, ingegner Aulo Guagnini, ricorda quanto si faccia sentire l'anagrafe quasi nonagenaria dell'Aquario, inserito nella preesistente Pescheria nel 1933: allora vennero costruite 26 vasche dotate di una capacità variabile tra i 17.000 e i 200 litri. Si trattò di un esperimento "pionieristico" per i tempi, nel quale si utilizzarono le prime preparazioni di cemento armato. I limiti di quella "sperimentalità", a contatto con le particolari condizioni del sito («Abbiamo i piedi nell'acqua del mare», spiega celiando Guagnini), si sono sedimentati ed evidenziati nei decenni di attività museale. Il Comune aveva già appostato un primo lotto di opere da 600.000 euro nel 2017, poi ne decise un secondo da 900.000 euro, infine ritenne più conveniente e razionale unificare le due fasi attraverso una progettazione complessiva. La civica amministrazione - come s'è detto - presentò il cantiere lo scorso 10 agosto, illustrando un investimento da 1,5 milioni: circa 1,1 milioni erano comunali, 415.000 euro furono ripescati nel Fondo Trieste. A questo punto, calcolando il mezzo milione "fresco" per la variante, il quadro economico complessivo detta un totale di circa 2 milioni. In agosto il sindaco Dipiazza, gli assessori ai Lavori pubblici Lodi e alla Cultura Rossi, riepilogarono la complessità dell'operazione: pareti, pavimenti, soffitti, nuovo allestimento museale, impiantistica (elettrico, termofrigorifero, idrico, ricambio vasche). E soprattutto una nuova vasca "grande" (9 metri x 4,50 x 2) era programmata in quello che una volta era denominato "salone dei pinguini", perché abitato dai vari Marco, Max, Lily, Zigo & Zago, Domino, Pulcinella, la cui presenza aveva caratterizzato la vita dell'Aquario. Adesso reperire pinguini è quasi impossibile stanti i vincoli internazionali che tutelano gli uccelli, quindi l'Aquario dovrà inventarsi un nuovo simbolo, anche per i gadget.

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 febbraio 2021

 

 

«La grande pescata di orate provocata dal freddo»
L'analisi di Borme, ricercatore dell'Ogs: «La specie viene spinta ad addensarsi dalle temperature basse. Decisivo è stato anche il lavoro di chi ha gettato le reti»
Dietro alla pescata record da oltre sette tonnellate di orate avvenuta nella notte tra martedì e mercoledì nel golfo di Trieste c'è una spiegazione tutta scientifica. Ed è un chiarimento che, in primis, chiama in causa l'intolleranza al freddo di questo tipo di pesce.«L'aggregazione di alcune specie di "pesce bianco" si osserva in particolari condizioni meteo marine caratterizzate da freddo intenso ed eventi di bora - sottolinea Diego Borme, ricercatore all'Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale (Ogs) -. Il pesce è stimolato a cercare riparo in fondo alle insenature o in zone profonde e tranquille. Lo fanno soprattutto i cefali, gli spari, le mormore, le spigole. Si pongono lì in una sorta di dormienza. E - aggiunge Borme - lo fanno anche le orate. Tuttavia, rappresenta un evento più raro». A determinare l'eccezione, probabilmente, è stato il fatto che questa specie, con gli inverni via via più miti, è diventata ancor più sensibile ai cali di temperatura. «Tra tante specie, sono quelle che risentono maggiormente del freddo, per cui bastano piccole variazioni per spingerle ad addensarsi. Affinché il fenomeno si presenti con altri tipi di pesce, invece, è necessario che la temperatura cali in modo più drastico, come succedeva in passato - prosegue Borme -. Si tratta della spiegazione che mi sento di dare io, poiché non è facile fornire una ragione unica del fenomeno. Il mare è un contesto oscuro, che si basa su un'ampia quantità di fattori, spesso difficili da decifrare». Un tempo, sulle coste istriane, i pescatori aspettavano aggregazioni simili per realizzare vere e proprie "tratte invernali" dentro le insenature naturali della costa (Baia di Pirano, Val di Torre, Peschiera di Parenzo, Canal di Leme, Canal d'Arsia). Questo tipo di pesca, anche per via dell'innalzamento delle temperature, si è fatta più rara. E, a rendere più complicato il tutto, sono state le modifiche introdotte per regolamentare l'attività a livello legislativo. «Questi fenomeni sono accaduti per generazioni. Si contava su eventi simili perché rappresentavano un introito importante - osserva Borme -. Di solito toccava ad altre specie, però, che con gli inverni di oggi non si aggregano più. In compenso si aggregano le orate, specie che preferisce maggiormente il caldo». Sette tonnellate, tuttavia, rappresentano un quantitativo tanto eccezionale da rendere necessario attribuire una nota di merito ai pescatori protagonisti di questa raccolta: «Evidentemente i pescatori sono stati molto bravi a individuare il branco, a usare una rete che non fosse né troppo grande né troppo piccola - conclude il ricercatore dell'Ogs -. Insomma, sono stati capaci di portare avanti un'operazione di pesca come si deve».

Linda Caglioni

 

 

Veglia, rigassificatore fermo - In ritardo la seconda nave
VEGLIA. La prima metaniera ad arrivare nelle acque di Castelmuschio, a Veglia, è stata a inizio anno la Tristar Ruby, salpata il 19 dicembre scorso dal terminal statunitense di Cove Point con a bordo 143 mila metri cubi di gas naturale liquefatto (Gnl). Dopo che in poche ore la nave aveva scaricato il tutto negli impianti del nuovo rigassificatore galleggiante, Hrvoje Krhen, il direttore dell'azienda pubblica che gestisce l'impianto (inaugurato ufficialmente la settimana scorsa dal premier croato Andrej Plenkovic), aveva annunciato l'arrivo della seconda unità nel giro di due settimane. Ma finora nessuna altra metaniera si è vista a Veglia. A segnalare per primi la situazione sono stati due portali locali, il Glas otoka e il Brodovi u Rijeci, che né dal ministero croato dell'Economia e sviluppo sostenibile né da Lng Hrvatska hanno ricevuto risposte sul mancato arrivo della nave. Silenzi che hanno dato adito a supposizioni su problemi che riguarderebbero l'andamento sui mercati internazionali, specie quelli asiatici, dove si è registrato un calo del costo del Gnl. Secondo voci ufficiose, la seconda nave e quelle successive sono state dirottate su altre, più convenienti destinazioni. La direzione di Lng Hrvatska - che è detenuta da Plinacro (il maggiore operatore croato nel trasporto gas) e Azienda elettrica croata - ha infine diramato una scarna nota in cui si rileva che in base all'andamento delle tariffe sui mercati asiatici è stata rimodulata la dinamica originaria di arrivi: «Il prossimo attracco di un tanker Gnl a fianco del rigassificatore offshore dovrebbe avvenire a febbraio», è stato scritto, senza precisare quale sia la nave in arrivo. Su tema è intervenuto l'ex ministro croato dell'Economia - nonché imprenditore con trascorsi nell'impresa petrolifera croato ungherese Ina - Davor Stern: «Da quanto ne so, diversi soggetti hanno firmato con Lng Hrvatska contratti "take or pay"», secondo cui un acquirente deve pagare comunque almeno parzialmente il prezzo di di una quantità minima di gas prevista anche se la ritiri: una formula «che mette al riparo il rigassificatore da eventuali brutte sorprese, sia in fatto di distribuzione che di acquisto. Forse ci sono stati dei problemi tecnici a Castelmuschio all'origine dell'intoppo», ha ipotizzato Stern. Certo è che il direttore di Lng Hrvatska aveva annunciato tempo fa l'arrivo entro settembre di 22 navi cisterna. Finora ne è arrivata una.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 febbraio 2021

 

 

Una storica pescata di orate - Sette tonnellate in una notte
Il rappresentante della categoria Doz: «Dopo il lungo divieto di commerciare gli esemplari nati da poco, la specie si è moltiplicata». Crollati i prezzi di vendita
Una pescata record, capace di riversare, in una sola mattinata, più di sette tonnellate di orate sui banconi delle pescherie della città. È accaduto nella notte fra martedì e ieri quando i pescatori triestini si sono trovati nella condizione, eccezionale, di gettare le reti nella certezza di portare a bordo una quantità di orate decisamente inusuale, tale è stato il fenomeno che si è delineato davanti ai loro occhi. «Negli anni ho visto più di qualche volta situazioni di questo genere - spiega Guido Doz, storico operatore del settore a Trieste - ma questa volta credo proprio che siamo al cospetto di un record assoluto. Certo - aggiunge - si tratta di orate di dimensione contenuta, perché parliamo di due o tre etti a pesce, ma la qualità complessiva è sempre la stessa se non migliore».Volendo cercare le ragioni che hanno determinato questa situazione del tutto anomala per la pesca nel golfo di Trieste, Doz precisa che «fondamentalmente questo è l'effetto del provvedimento di divieto di pesca del novellame, cioè del pesce appena nato, in vigore per lungo tempo soprattutto nelle zone di Marina Julia, di Grado e di Lignano. Lasciando prosperare la specie - continua il rappresentante dei pescatori locali - era naturale che si arrivasse a una moltiplicazione degli esemplari presenti nelle acque del golfo».Ovviamente la pescata gigante ha comportato un netto calo del prezzo alla vendita: ieri in diverse pescherie le orate si vendevano attorno ai quattro euro al chilo, in qualche caso anche a qualche centesimo di meno, quando normalmente il loro costo è decisamente più alto. Si può salire anche fino a 20 euro in presenza di esemplari di dimensioni maggiori e di particolare qualità. «È stato un vero e proprio record», ribadisce Salvatore Pugliese, che opera nel settore della pesca come imprenditore, ma è anche titolare di una pescheria del centro cittadino: «Abbiamo potuto mettere in vendita le orate a prezzi decisamente accessibili. Qualche collega - prosegue Pugliese - ha addirittura rinunciato alla vendita delle orate, perché ovviamente a questi prezzi il ricavo è proporzionalmente molto basso e qualcuno ha ritenuto non valesse la pena impegnarsi su questo fronte».«È stata una pescata eccezionale sotto ogni punto di vista - è anche l'opinione di Paolo Grassilli, titolare di una delle più grandi pescherie di Trieste - e anche se di piccola dimensione le orate sono sempre gradite. Speriamo che questa situazione eccezionale porti un po' di entusiasmo nella gente perché il clima generale è negativamente condizionato dal Covid. Potrebbe essere l'occasione del rilancio per l'intera filiera del pesce. Ricordo con nostalgia - conclude Grassilli - i tempi andati quando, in occasione di pescate particolarmente ricche, era il notiziario locale di Radio Rai a darne comunicazione e la gente si riversava a comperare».«Le orate piccole possono essere ancor più gustose delle grandi - è il parere del pescatore Gaetano D'Ambrosio - ma siccome l'abitudine della gente è quella di comperare gli esemplari più grandi spesso ci si dimentica di ciò. Credo che le pescate di orate continueranno anche nelle prossime settimane, anche se non più a questi livelli, perché questa è la loro stagione».

Ugo Salvini

 

 

Il servizio - Confermato il ritiro dei rifiuti inerti

AcegasApsAmga e Comune di Trieste confermano la prosecuzione del servizio di ritiro nei centri di raccolta cittadini dei rifiuti inerti di produzione domestica da lavorazioni "fai da te". I centri di raccolta continueranno a ritirare regolarmente i rifiuti inerti provenienti da attività di piccole demolizioni o riparazioni eseguite direttamente nella propria abitazione.

 

L'applicazione - Una voce accompagna la raccolta differenziata

L'App "Il Rifiutologo", l'applicazione AcegasApsAmga che affianca i cittadini nella pratica della raccolta differenziata, si interfaccia con Alexa, assistente vocale di Amazon, consentendo ai cittadini di usufruire di servizi all'avanguardia. I cittadini avranno disposizione una voce a cui rivolgersi per informazioni dotata di quattro funzionalità esclusive attivabili per effettuare correttamente l'operazione.

 

Volontari all'opera per ripulire Castelreggio - l'iniziativa ambientale
DUINO AURISINA. Prenderà il via domenica a Sistiana, con la sesta edizione de "Il Mare d'Inverno", manifestazione promossa e organizzata da Fare Verde, che ha l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla necessità di eliminare la plastica dal mare, il programma per il 2021 del "Tavolo verde", l'organismo ideato dal Comune di Duino Aurisina per coinvolgere enti e associazioni del territorio impegnati nella difesa della natura. Ieri il primo incontro nel nuovo anno fra i rappresentanti dei soggetti coinvolti su iniziativa dell'assessore comunale delegato ad Ambiente, Turismo e Politiche del mare Massimo Romita: si sono decisi i dettagli dell'appuntamento di domenica. A partire dalle 10, iniziando dall'area di Castelreggio, i volontari di Fare Verde, provenienti anche dai gruppi di Cividale del Friuli e di Manzano - Cormons, armati di guanti e rastrelli puliranno il litorale. All'iniziativa interverranno il presidente di Fare Verde Francesco Greco l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro e lo stesso Romita.

u.sa.

 

 

«No alla centrale a turbogas. Basta con l'industria pesante» - l'associazione Rosmann sul progetto di a2a
Monfalcone deve cambiare decisamente rotta, ricercando posti di lavoro di qualità nella portualità, nautica da diporto, termalismo, turismo, per trattenere i giovani sul territorio, liberando l'economia locale dal monopolio dell'industria pesante, e «non legarsi per altri 30-40 anni a una mega centrale termoelettrica a fonti fossili». È l'appello che l'associazione ambientalista Eugenio Rosmann di Monfalcone ha lanciato chiedendo «a tutte le forze politiche e alla società civile monfalconese, ai 14 Comuni coinvolti nelle ricadute degli inquinanti e alla Regione di esprimere la propria posizione su un progetto così decisivo per il futuro del territorio». La Rosmann sottolinea che l'illustrazione di A2A dei piani per l'impianto monfalconese non sciolga molti dubbi. All'associazione risulta inoltre che il progetto di "modifica" della centrale termoelettrica, presentato il 18 dicembre 2019, che porterebbe la centrale dagli attuali 336 megawatt a circa 860, sempre alimentata a fonti fossili (gas naturale), sia ancora allo stato di istruttoria tecnica del Comitato tecnico Valutazione impatto ambientale. «Dopo i 2 mesi della fase di consultazione, alla quale hanno partecipato molti enti e soggetti del territorio - spiega l'associazione -, sono state presentate richieste di integrazioni da parte del ministero per l'Ambiente, quello ai Beni culturali, Regione e Istituto superiore di sanità. Quindi non è scontata la nascita di una nuova mega centrale termoelettrica a Monfalcone».Scelta che comunque, rileva la Rosmann, contrasterebbe con le indicazioni del Piano energia e clima 2030 del ministero dello Sviluppo economico. «Inoltre, se dovesse mutare il combustibile utilizzato rispetto al progetto presentato al ministero per l'Ambiente nella procedura di Via, con l'introduzione dell'idrogeno - prosegue l'associazione -, la Via dovrebbe quanto meno essere riaperta per rispondere alle nuove domande». Quelle relative all'inizio dell'uso dell'idrogeno, in quali percentuali, fonti di produzione, possibili rischi per la popolazione. «Se saremo la seconda centrale a idrogeno in Italia, visto che la prima nacque nel 2010 a Fusina-Venezia e fu chiusa nel 2018, producendo solo 15 megawatt, è giusto che il territorio sia partecipe di tale scelta», sottolinea la Rosmann, che rileva poi la scarsa chiarezza di A2A sui futuri livelli occupazionali a fronte di attività collaterali «che oltretutto nel progetto presentato al ministero non figurano e andrebbero ad occupare spazi destinabili ad altri usi, portuali e retroportuali, probabilmente con livelli di occupazione più alti», conclude.

LA. BL.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 febbraio 2021

 

 

Escursione virtuale - In visita ai laghetti delle Noghere nella giornata delle zone umide
Oggi alle 19 è prevista un'escursione virtuale, attraverso la piattaforma Zoom, nella zona umida dei laghetti delle Noghere in territorio di Muggia, uno dei biotopi più interessanti del territorio e tutelato da una legge regionale. L'appuntamento è organizzato da Legambiente Trieste, in occasione della settimana che comprende la "giornata mondiale delle zone umide" , che ricorre ogni anno il 2 febbraio. Un tour, della durata di 45 minuti, che si pone l'obiettivo di far conoscere e, quindi, preservare quest'area umida residuale, sconosciuta ai più, situata nella valle del Rio Ospo, unica valle alluvionale del territorio istriano. L'area umida è grande poco più di 12 ettari, al confine nord del territorio comunale di Muggia, poco lontano dalla Slovenia, è formata da un complesso di sette laghetti artificiali, originatisi dalla dismissione una ex cava di argilla, e da alcuni definiti forse più propriamente "stagni", il più grande dei quali misura 180 metri di lunghezza e 160 di larghezza, con una profondità massima di 7 metri e mezzo. I laghi si sono formati dopo gli anni '70 del Novecento, quando chiuse la fornace, attiva per circa un ventennio, e venne abbandonata la cava d'argilla presente lungo il corso del vicino Rio Ospo, e questa si riempì stabilmente d'acqua suddividendosi in più laghetti. L'area è divenuta "biotopo naturale", inserita all'interno dei siti sottoposti a vincolo regionale per la tutela paesaggistica, e contestualmente è stato attrezzato il centro visite che permette di osservare, senza creare disturbo, uccelli e altri animali. I laghetti delle Noghere sono immersi in una fitta vegetazione, con numerosi sentieri che corrono attorno agli specchi d'acqua. Prima dello sviluppo di Trieste come porto dell'impero, la zona in cui sono situati era parte di una grande zona lagunare utilizzata, almeno dal medioevo, per l'estrazione del sale. A metà del diciannovesimo secolo, nei paraggi si insediarono delle industrie e alla loro chiusura l'area conobbe una prodigiosa rinaturalizzazione. Interverranno nel corso del tour virtuale Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente Trieste, Mario Mearelli di Legambiente, e Tiziana Cimolino di "Urbi et Horti".Questo il link per partecipare all'evento di oggi pomeriggio: https: //us02web. zoom. us/j/81495769072? pwd=SWxpSEM2RXRrMTJtYnljaitmTTdmQT09 (Id riunione: 81495769072 e passcode: 585026).

Luigi Putignano

 

 

«Porta a porta decisivo per far entrare Muggia fra i comuni virtuosi» - l'assessore Litteri replica alle polemiche
MUGGIA«La scelta di passare al porta a porta non è stata una decisione presa a cuor leggero ma è stata il risultato di un'attenta valutazione su quale fosse il metodo giusto per garantire un incremento della raccolta differenziata dei rifiuti a Muggia». L'assessore all'Ambiente Laura Litteri replica alle polemiche che, in riviera, si trascinano da tempo: «È stata una scelta convinta, pur nella consapevolezza che avrebbe comportato inizialmente forti malumori nella maggior parte dei cittadini, come avvenuto in tutti i comuni nei quali si è attuato questo passaggio». Ma i risultati, come spiega la stessa Litteri, si sono visti subito: «Già dopo il primo mese la percentuale è passata dal 49% al 69%. Quanto ai costi, se con il porta a porta crescono quelli del servizio, diminuiscono invece quelli di smaltimento. Nel 2017 avevamo prodotto nel nostro comune 7.830 tonnellate di rifiuti, dei quali 4.030 di indifferenziato, pari al 51%, e lo smaltimento ci era costato 686 mila euro», mentre «nel 2019 abbiamo prodotto 6.160 tonnellate di rifiuti, registrando un ottimo -22%, di cui 1.920 tonnellate di indifferenziata, pari al 31%, e abbiamo speso 366 mila euro per lo smaltimento. Quindi molto meno che nel 2017». Un risparmio che, però, come detto in premessa, è stato assorbito dal costo del servizio, più alto, ovviamente. «Complessivamente questa compensazione ha fatto sì che non ci fosse, nel complesso, un aumento della Tari. Ma grazie a quanto è stato implementato siamo entrati nel novero dei comuni virtuosi». A proposito infine della redazione del Pef del servizio di asporto dei rifiuti e spazzamento, non più redatto dal Comune ma dall'Agenzia regionale sui sistemi idrici e sui rifiuti (Ausir), «noi - specifica Litteri - ne abbiamo solo preso atto, non potendo fare altro. I costi della Net non sono assolutamente aumentati dal 2019 al 2020. Quello che è cambiato è il calcolo fatto dall'Ausir, che ha imputato al nostro Comune 92 mila euro in più».

Luigi Putignano

 

 

Ovovia e Parco del mare progetti basati su troppo ottimismo - la lettera del giorno di Furio Rodella

Gentile direttore,persone più competenti del sottoscritto affermano che nel programmare interventi in ambito pubblico (come può essere il Comune di Trieste) che prevedono grossi investimenti, è importante procedere prima a dettagliati studi su fattibilità tecnica e impatto ambientale al fine di non incidere troppo profondamente nel modificare una parte del territorio, ma soprattutto sulla sostenibilità economica dei lavori stessi. Ultimamente nella nostra città viene posta come interessante la realizzazione di due opere che richiederanno un grosso impegno economico e mi riferisco al famoso Parco del mare e alla ovovia di collegamento con il Carso. Nel primo caso mi sembra che a livello di rispetto ambientale e con le elevate conoscenze tecnologico-digitali attuali potrebbe essere un'idea perseguire la realizzazione, in digitale, di buona parte del cosiddetto acquario anche se sicuramente alcune realizzazioni dal vivo, in vasche di grandi dimensioni non dovrebbe costituire forse un grosso problema in qualche caso. Tuttavia, in entrambi i casi, quello che dovrebbe costituire studio fondamentale è la fruibilità e di conseguenza il costo di gestione ed il mantenimento delle strutture nel corso del tempo. Al momento attuale mi sembra, ma sicuramente mi sbaglio, che le previsioni di utilizzo anche da parte di grandi masse di turisti sia un tantino troppo lungimirante. Ma ovviamente nessuna preclusione preconcetta anche se una cosa mi crea perplessità; saremo in grado di studiare, programmare e realizzare infrastrutture di così grande impegno mentre dopo 5 anni non siamo ancora riusciti a risolvere la situazione del tram di Opicina. Che, come anche messo in evidenza dal gentile lettore Bourlot nel giornale del 30 gennaio scorso, è stato realizzato ex novo in un anno solo di lavori nel 1902, con tecnologie sicuramente meno all'avanguardia di quelle odierne. E inoltre: non riusciamo neanche a risolvere la situazione di un'opera sicuramente più semplice ma non meno importante come la piscina terapeutica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 febbraio 2021

 

 

Legambiente insiste su misure rapide a tutela della laguna
L'associazione ricorda che l'area di Grado e Marano ospita due siti Ramsar, la valle Cavanata e le foci dello Stella: «Va frenato il processo di perdita»
GRADO. Oggi è la giornata mondiale delle zone umide, che rinnova e ricorda la firma della Convenzione internazionale di Ramsar (1971, Iran) per la loro tutela e per frenarne il processo di perdita. Per importanza naturalistica, la laguna di Marano e Grado ospita 2 siti Ramsar: le foci dello Stella e la valle Cavanata, tutelate anche dalla normativa europea e regionale. La laguna è frutto di una storia coevolutiva tra uomo e ambiente, di equilibri fragili che rischiano di essere messi in discussione dalla crisi climatica e dalle pressioni del bacino scolante, diverse per qualità e intensità che si esercitano da nord a sud e viceversa. Legambiente, ricordando l'importante giornata e questo straordinario e prezioso ambiente, ritiene che «la sua tutela, che contempera anche la presenza di attività economiche, purché sostenibili (e margini di miglioramento in tal senso ci sono), debba muoversi lungo due direttrici. L'adattamento ai cambiamenti inevitabili, quali l'innalzamento del livello del mare che comprimerà la laguna verso la terra ferma, con la perdita delle tipiche morfologie lagunari (barene, velme, valli da pesca), di ambienti e specie prioritarie di tutela e delle piccole economie tradizionali ancora presenti in laguna. La riduzione delle pressioni ambientali esercitate dal bacino scolante a monte, quali gli scarichi dei depuratori, la depurazione mancante, inclusi gli scarichi a mare mediante condotte sottomarine, sfioratori di piena, scarichi industriali, scarichi delle idrovore e foci fluviali, portatrici di inquinamento di matrice urbana, agricola e industriale, compreso il lento rilascio di sostanze delle aree soggette a bonifica. La Regione - dice Legambiente - sconta diverse procedure di infrazione per mancata depurazione. Chiediamo nel breve periodo chiede un "saggio utilizzo" delle risorse del Piano di ripresa e resilienza, a tutela delle zone umide».

 

Carso, zone umide e mare nel menù delle escursioni con la Rosmann
Da domenica al 16 aprile le visite guidate da esperti. Si comincia dal Caneo di Grado
Si muovono tra Carso e mare, zone umide costiere e il Collio le escursioni programmate dall'associazione ambientalista Eugenio Rosmann di Monfalcone per quest'ultima parte di inverno e la primavera. A condurle saranno sempre guide naturalistiche, ornitologi e docenti universitari così da permettere una comprensione dell'unicità, e in alcuni casi fragilità, di ambienti naturali che sono a portata di mano. Si inizia domenica prossima, con le foci dell'Isonzo (ritrovo alle 9.30 davanti al ristorante Caneo, in comune di Grado). L'escursione vedrà la guida naturalistica Yannick Fanin, faunista, laureato in Scienze per l'ambiente e il territorio all'Università di Udine, condurre la comitiva alle foci del fiume. Domenica 14, alle 9.30, sarà la volta di una lezione sul delicato ecosistema del lago di Doberdò tenuta sul posto da Alfredo Altobelli, ricercatore e docente del Dipartimento di Scienze della vita dell'Università di Trieste, coinvolto nello studio delle azioni utili a evitare l'impaludamento dello specchio d'acqua, mentre domenica 21 si andrà alla scoperta delle colline carsiche soprastanti Vermegliano assieme alla guida naturalistica Marta Pieri. A concludere febbraio, domenica 28, sarà invece l'escursione in Val Rosandra, che vedrà come capogita Franco Manzin e condurrà la comitiva sulle colline del Carso triestino. Il 7 marzo ci si sposterà a San Michele del Carso per una passeggiata accompagnata dall'ornitologo Paolo Utmar, che guiderà pure l'escursione successiva, il 21 marzo, al Castellazzo di Doberdò, il castelliere meglio conservato e più suggestivo tra i numerosi dell'Isontino, partendo dal centro visite Gradina. Il 28 marzo si passerà al Collio cormonese, sempre guidati da Utmar, e l'11 aprile si tornerà nel territorio di Cormons, ma per visitare il sito del rio Smierdar, inserito nella rete di Natura 2000 dell'Unione europea per garantire la tutela di una rara libellula. A guidare la passeggiata sarà l'agricoltore biologico Michele Tofful. Il mese di maggio consentirà infine di apprezzare, rispettivamente il 2 e il 16, assieme all'ornitologo Utmar, la ricchezza delle zone umide presenti al Lisert e delle risorgive di Cavana e Schiavetti, aree industriali, ma al cui interno permane una notevole biodiversità. Variazioni in caso di maltempo o altri imprevisti saranno fornite sul sito e la pagina Facebook dell'associazione Rosmann, che consiglia sempre di partecipare con scarpe e abbigliamento sportivo, un binocolo e un repellente per le zecche e le zanzare.

Laura Blasich

 

Le Falesie di Duino sbarcano sul web con un nuovo video
Realizzato da Ikon su iniziativa mista pubblico-privata «è il primo tassello del marketing turistico di Duino Aurisina per il 2021»
DUINO AURISINA. Un'ottantina di secondi con immagini mozzafiato, capaci di calamitare l'attenzione di chiunque per la bellezza dei posti e la suggestione dei paesaggi proposti. Sono queste le caratteristiche del video dedicato alle Falesie di Duino, realizzato da Ikon, digital farm di Staranzano, presentato ieri dalla sala del Consiglio comunale di Duino Aurisina, e che costituisce, come ha sottolineato l'assessore Massimo Romita, «il primo tassello del programma di promozione turistica del nostro territorio per il 2021». Realizzato su iniziativa di Regione, Comune di Duino Aurisina, Ente regionale parchi e riserve, Società Baia Holiday e Alpe Adria Trail, il video riassume sapientemente «le straordinarie bellezze della Riserva delle Falesie - ha osservato il sindaco Daniela Pallotta - che, con le innumerevoli varietà di flora e fauna racchiuse nei suoi 107 ettari, costituisce un unicum».Maurizio Spoto, direttore della Riserva marina di Miramare, ha ricordato a sua volta che «la collaborazione con il Comune di Duino Aurisina, nell'ambito dell'attività didattica ed educativa e della promozione dell'intero litorale triestino, viene ulteriormente rafforzata con la produzione di questo video». Diego Lenarduzzi, direttore del camping Mare Pineta, ha fatto presente invece che «nel 2015, con l'acquisto dell'area che comprende il sentiero Rilke da parte della Baia Silvella spa, il gruppo di cui fa parte anche il nostro campeggio ha confermato l'interesse per un ulteriore sviluppo del territorio di Duino Aurisina e non solo. Spero - ha aggiunto - che questo video rappresenti soltanto un primo passo in un più ampio piano di promozione dell'intera area». Il video è visibile sulla pagina Fb del Comune di Duino Aurisina "Duino Aurisina news": sarà veicolato soprattutto in rete.

Ugo Salvini

 

LO DICO AL PICCOLO - il Parco di Miramare e' in buone mani

Circa un mese fa avevo telefonato alla segreteria del Parco di Miramare facendo presente che c'erano degli ailanti che si stavano impadronendo della scarpata situata a sinistra subito dopo l'entrata al Parco. Mi era stato risposto che conoscevano il problema, dovuto alla veloce moltiplicazione di questi alberi e che stavano pensando come porvi rimedio. L'altro giorno effettuando una passeggiata mi sono accorto che li avevano tagliati ed avevano provveduto a sistemare la scarpata. Evidentemente posso solo pensare, vista anche la cura che mettono nella manutenzione dell'area stessa, che il Parco di Miramare è in buone mani e speriamo che si vada avanti così.

Silvano Ceriesa

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 febbraio 2021

 

 

Abitazioni raddoppiate all'ex Maddalena
Il Burlo creerà altrove gli uffici amministrativi previsti. Così la parte residenziale sale a 50 alloggi. Investimento a 40 milioni
Coerente a quanto annunciato nello scorso ottobre: la prima inaugurazione, connessa alla riqualificazione dell'ex Maddalena, sarà a giugno e riguarderà la parte "bassa" affacciata su via dell'Istria, quasi dirimpettaia del Burlo Garofolo. Grande distribuzione, gestita dal marchio Eurospar, e parcheggi a raso/ semi-interrati/interrati (tre piani) impegneranno circa 2.000 metri quadrati. Ma le novità, che Francesco Fracasso evoca aprendo le carte progettuali nella baracca-comando del cantiere, sono due. La prima riguarda la parte "superiore" dell'area, dove si accede da via Marenzi: il Burlo Garofolo ha dato forfait e non occuperà più 2.400 metri quadrati per farne uffici, in quanto ha deciso di realizzarli altrove in stabili da ristrutturare. Così Fracasso, per recuperare il business, ha raddoppiato la superficie dedicata al residenziale. Il cambio tattico mette così a disposizione 5.000 metri quadrati dai quali ottenere 50 appartamenti, collocabili in una «buona fascia media di mercato»: le quotazioni potrebbero variare dai 150.000 euro per un tipico acquisto da investimento sui 65 mq ai 300.000 euro necessari per un ente da 130 mq. Fracasso insiste sulla dote "paesaggistica", perché le abitazioni avranno vista sul Golfo - siamo più o meno all'altezza dell'Arsenale - e saranno dotate di terrazze. «Dopo il deflagrare del Covid - commenta l'imprenditore veneziano - è cresciuta la richiesta di luoghi domestici dove stare all'aperto. Per la stessa ragione, nella porzione più alta del compendio, cureremo una vasta area verde».Il "rigeneratore urbano", che per la prima volta a Trieste si cimenta nel residenziale (in precedenza si era dedicato a spazi commerciali in corso Saba e in strada della Rosandra), sta facendo sbancare la parte dell'ex Maddalena dove sorgeranno i due edifici chiamati a contenere i 50 appartamenti. Spera di attivare il cantiere alla metà di quest'anno per concluderlo a metà 2022. Tra l'altro, sempre in questa parte "alta", è prevista un'altra riserva commerciale per la vendita al dettaglio di generi "non alimentari".La seconda novità è di natura finanziaria ed è connessa alla prima: l'investimento, che inizialmente Fracasso stimava un po' oltre i 30 milioni, è lievitato a quasi 40 milioni. Ciò significa che nell'arco di cinque anni l'imprenditore miranese, con le sue società, avrà scommesso su Trieste 85 milioni.

Magr

 

 

Più spazi per la pesca lungo le Rive: nuova ordinanza verso l'alleggerimento
Riunione fra Capitaneria, Autorità portuale, Comune e Fipsas sulla stretta dal 15 febbraio: recepite le richieste dei tesserati. In arrivo anche quelle degli amatori. Da definire i dettagli
Capitaneria, Autorità portuale e Comune stanno lavorando all'unisono per un possibile riesame delle limitazioni alla pesca sportiva e ricreativa da terra nell'area portuale, imposte da una nuova ordinanza che entrerà in vigore dal 15 febbraio. I tre enti hanno avviato un tavolo tecnico dopo le richieste di diversi pescatori di rivedere la nuova regolamentazione, annunciata dalla stessa Capitaneria, che ridimensiona per motivi di sicurezza gli accessi con autorizzazione alla zona compresa tra Porto vecchio e Porto San Rocco escluso. In particolare, viene vietato l'ingresso nell'antico scalo ed è ridotta la fruibilità sulle Rive. Con la vecchia ordinanza del 2010 era praticabile il tratto tra il Canal Grande e il molo Venezia, esclusi la Stazione Marittima e il molo Audace. Ora è consentito invece il perimetro tra il molo Audace e il molo Bersaglieri, esclusa la Scala reale, e così pure una parte della base del molo Pescheria. La pesca è libera senza permessi nell'area extra portuale mentre restano sempre off limits i moli oltre a porti e approdi minori del circondario marittimo. Durante la riunione, cui ne seguirà un'altra nelle prossime settimane, sono state prese in esame innanzitutto le richieste presentate dalla Federazione Italiana Pesca sportiva e Attività subacquee. Tali proposte puntano a un ampliamento della zona utile sulle Rive. «C'è stato un clima di grande collaborazione - sottolinea Luigi Leonardi, direttore del Servizio Patrimonio e Demanio del Comune -. Si è concordato di rivedere alcuni punti. In particolare, la zona delle Rive e i porticcioli. Si pensa in questo caso all'ipotesi di lasciare ai pescatori il lato esterno dei moli. È emersa la sensibilità della Capitaneria di venire incontro alle esigenze». La Capitaneria, fanno infatti sapere da piazza Duca degli Abruzzi, ha prestato grande attenzione alle richieste dei pescatori della Fipsas, vagliando dunque le possibili ipotesi. Il Comune, che riveste un ruolo d'interlocutore, la prossima volta avanzerà anche le istanze di un gruppo di hobbisti non tesserati. «Il Comune - prosegue Leonardi - si fa portavoce anche di altri soggetti che non fanno parte della Fipsas e che ci hanno consegnato una richiesta piuttosto articolata, in cui rientrano come alternative pure la zona dell'ex Cartubi e Porto vecchio». Su questi ultimi due punti però è stato già preannunciato, conferma Leonardi, che non sarà possibile dare il placet poiché nel primo caso l'area è inaccessibile e nel secondo è interdetta per esigenze di sicurezza antiterrorismo. E cosa dire invece di quella fetta di Porto vecchio che non è portuale ma di competenza del demanio marittimo? In particolare, quella in cui è presente la famosa spiaggetta "segreta" accanto allo stabilimento del Cral? «Lì sono presenti delle pompe idrovore - specifica Leonardi - che costituiscono un problema. Bisogna fare una verifica». Sul tema è intervenuto anche il sindaco Roberto Dipiazza: «Mi vedrò con il comandante della Capitaneria, l'ammiraglio Vincenzo Vitale, per trovare un accordo affinché, anche in questo momento particolarmente complicato, si possano favorire il più possibile i pescatori, in base ovviamente a ciò che dice la legge».

Benedetta Moro

 

 

Duino rinnova il sentiero Gemina con 600 mila euro dell'Uti Giuliana
Il recupero ambientale sarà realizzato entro aprile e riguarderà anche i Comuni di Sgonico e Monrupino
DUINO AURISINA. Sarà rimesso a nuovo entro aprile il sentiero Gemina, percorso ciclo pedonale, adatto anche agli appassionati di gite a cavallo, che rappresenta una delle principali attrazioni del territorio di Duino Aurisina per quanto concerne il turismo sostenibile. La decisione è maturata al termine del recente incontro che ha visto confrontarsi gli assessori comunali Lorenzo Pipan (Lavori pubblici) e Massimo Romita (Ambiente, Parchi e Turismo) e Adriana Cappiello, in rappresentanza dell'Edr, ex Uti giuliana. Nel corso dell'appuntamento è stato confermato che, a brevissimo, saranno affidati i lavori per il recupero ambientale dell'area. Il sentiero Gemina, dopo l'eliminazione delle Province, era rimasto senza manutenzione. Con l'intervento programmato in questi giorni, sarà dunque nuovamente accessibile, e nelle migliori condizioni, lo storico tragitto che attraversa le frazioni di Malchina, San Pelagio, Prepotto, Ternova piccola, Samatorza, toccando anche la Grotta Azzurra, Sales e Sgonico. Oltre a quello di Duino Aurisina, sono dunque interessati anche i Comuni di Sgonico e Monrupino, che sullo sviluppo del turismo sul Carso puntano molto. Il progetto è stato definito grazie al fatto che, a suo tempo, l'allora Uti giuliana aveva approvato le strategie, i programmi operativi e le azioni per il Piano di sviluppo territoriale 2017-2019, sottoscrivendo poi con la Regione uno specifico accordo. Successivamente è stato approvato il programma operativo per il triennio 2018-2020. Uno degli obiettivi strategici perseguiti era quello legato alla promozione del territorio, attraverso lo sviluppo turistico nel settore della mobilità lenta e il miglioramento dei collegamenti. Il cicloturismo rappresenta infatti oggi un settore di interesse diffuso, perciò l'azione di potenziamento delle reti cicloturistiche si configura come perno dello sviluppo ecosostenibile, dando espansione al turismo transfrontaliero e consentendo l'alternativa ecologica al trasporto locale. Con il Patto territoriale si è anche affidato all'architetto Romana Kacic il compito di effettuare una «ricognizione dello stato di fatto e del piano per la restituzione del quadro complessivo delle potenzialità per l'estensione della rete dei collegamenti della mobilità lenta e per la manutenzione dei percorsi esistenti». Il progetto di fattibilità tecnico economica ha consentito di individuare le criticità e le priorità di intervento sulle quali poi investire i finanziamenti disponibili stanziati con il Patto 2018-2020, che ammontano a 600 mila euro complessivi. Il progetto per il sentiero Gemina prevede la realizzazione di una serie di interventi che riguardano ripulitura selettiva delle specie infestanti e dei percorsi, sistemazione del sedime, formazione di canalette e scoli delle acque, decespugliamento dei bordi dei percorsi, potatura di contenimento degli arbusti e alberi che in alcuni tratti invadono il sentiero, ripristino dei muretti carsici, integrazione della segnaletica e posa di tabelle informative bilingui.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 31 gennaio 2021

 

 

Veglia, via al rigassificatore - Plenkovic: Croazia più forte
Il premier all'inaugurazione dell'impianto: bene la diversificazione dei rifornimenti - Assente il governatore della Regione: «Noi qui da sempre contrari al progetto»
VEGLIA. È stata una cerimonia con spunti polemici, quella per l'inaugurazione ufficiale del rigassificatore galleggiante di Castelmuschio (Omisalj), abitato costiero dell'isola di Veglia. Gli spunti polemici sono arrivati per una assenza eccellente, quella del governatore della Regione del Quarnero e Gorski kotar, Zlatko Komadina, da sempre fiero oppositore del terminal offshore, che ha preferito disertare l'evento malgrado la presenza di più esponenti del governo di Zagabria. All'inaugurazione che ha riguardato anche il metanodotto tra Castelmuschio e Zlobin erano presenti infatti il premier croato Andrej Plenkovic e alcuni dei ministri, così come il ministro ungherese del Commercio estero, Peter Szijjarto, intervenuto a nome di un Paese fortemente interessato al gas dell'impianto. L'avvio ufficiale del rigassificatore, lo ricordiamo, è stato dato a circa un mese dall'inizio della produzione vera e propria, partita a sua volta al termine di una sperimentazione che si è protratta per tutto il mese di dicembre. Il terminale, che prende il nome di Lng Croatia, è gestito dall'azienda pubblica croata Lng Hrvatska, la quale è riuscita a piazzare sui mercati buona parte della produzione prevista fino all'anno 2030. La struttura è entrata in funzione dopo un investimento di 234 milioni di euro, dei 101,4 sono stati erogati a fondo perduto dall'Unione europea. La capacità massima di movimentazione annua è di 2 miliardi e 600 milioni di metri cubi di gas, da convogliare verso il Castelmuschio - Zlobin, costato poco meno di 57 milioni di euro e allacciato a sua volta al gasdotto Pola - Karlovac, che si giova del metano estratto dai giacimenti sottomarini situati al largo della città istriana. Nel corso del suo intervento, Plenkovic ha parlato di un nuovo e più vantaggioso posizionamento della Croazia nella mappa energetica d'Europa. «Dal primo gennaio scorso, data d'inizio dell'attività su base commerciale, i Paesi amici e quelli partner hanno un occhio di maggior riguardo per la Croazia. Il nostro rigassificatore e quelli presenti in Lituania e Polonia - ha sottolineato il premier croato - costituiscono un puntello del corridoio energetico Nord-Sud contribuendo alla diversificazione dei rifornimenti, all'aumento della concorrenza nell'Europa centrale e orientale e alla diminuzione del prezzo del gas in Croazia, che poi è l'aspetto più piacevole per le utenze nazionali». Plenkovic ha annotato ancora la decisione di stanziare i fondi da parte di Bruxelles: «Quando l'Ue ha voluto darci una mano con quei 101 milioni abbiamo capito che il progetto doveva assolutamente venir portato a termine». Sono serviti altri 100 milioni da parte di Zagabria, ha ricordato ancora il premier, mentre il resto è stato stanziato dai comproprietari del nuovo impianto, l'Azienda elettrica croata e Plinacro, il maggiore operatore nazionale per il trasporto gas. Il primo ministro non ha fatto alcun accenno ai problemi che hanno accompagnato e stanno accompagnando il progetto del terminal: fin dalla prima pubblicazione del progetto per arrivare all'infrastruttura offshore, l'opinione pubblica dell'isola e del Quarnero, i Comuni dell'isola e della terraferma, la Contea quarnerino - montana e varie forze politiche sono stati contrari al posizionamento della gigantesca ex nave metaniera in un'area a forte impatto turistico. Da quando poi Lng Croatia ha cominciato a lavorare, le polemiche si sprecano per il fastidioso inquinamento acustico che arriva dall'impianto. Come detto, Komadina - benché invitato - non si è fatto vedere alla cerimonia inaugurale, affermando che dopo tanta opposizione al rigassificatore era impensabile una sua partecipazione: «Si badi bene - ha ribadito - non sono contrario all'autonomia energetica della Croazia, bensì alla presenza di un impianto situato a mare invece che sulla terraferma. Dopo che il progetto è diventato realtà nonostante l'opposizione di noi tutti nel Quarnero, andare a Castelmuschio sarebbe stato da parte mia un atto disgustoso».

Andrea Marsanich

 

 

Rifiuti a fuoco in zona industriale - i pompieri in azione

Incendio all'alba in zona industriale: i Vigili del fuoco di Trieste e Muggia sono intervenuti per sedare le fiamme che avevano aggredito un cumulo di immondizie in un'azienda di stoccaggio e selezione di rifiuti in via Pietraferrata. L'area è stata messa in sicurezza dopo due ore e mezza. Le cause sono in fase di accertamento.

 

 

Sit-in contro le spese militari - l'iniziativa in centro
«Negli ultimi 10 anni 37 miliardi di tagli alla spesa sanitaria e solo nel 2020 26 miliardi per le spese militari. I soldi pubblici vanno spesi per tutelare la vita, non per commerciare morte». Questo lo slogan del presidio di ieri in Barriera di Comitato Bds e Salaam Ragazzi dell'Olivo nel nome di Regeni e Zaki.

 

 

Tavolo verde sull'ambiente mercoledì ad Aurisina - la convocazione
DUINO AURISINA. È stato convocato per mercoledì alle 17 in modalità online, il cosiddetto "Tavolo verde", l'organismo predisposto dall'amministrazione comunale di Duino Aurisina per coinvolgere tutti i soggetti del territorio che si occupano di ambiente. «Il Tavolo - spiega l'assessore comunale con delega ad Ambiente, Turismo e Politiche del mare Massimo Romita - è stato istituito proprio per coinvolgere tutte le forze del territorio nella conduzione dei piani comunali sul verde». L'ordine del giorno prevede la discussione delle iniziative ambientali e di pulizia da attuare nel corso dell'anno, nonché la presentazione dell'iniziativa "Mare morje sailing 2021", lo sviluppo della mostra "Rispettiamo il mondo" e la presentazione del progetto "Sistiana sailing week".

u.sa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 gennaio 2021

 

 

Piscina terapeutica, dalla Soprintendenza vincolo a due magazzini del Porto vecchio
Si tratta del 32, che venne costruito dall'impresa Geiringer nel 1894, e del 133, "disegnato" probabilmente da Zaninovich
Il Comune se lo aspettava fin da settembre, quindi ha fatto in tempo ad avvertire della complicazione i soggetti interessati a realizzare la piscina terapeutica in Porto vecchio: la Commissione regionale patrimonio culturale Fvg era intenzionata a porre il vincolo diretto di tutela su due stabili, il Magazzino 32 e l'edificio 133, entrambi indicati per accogliere il futuro polo natatorio alle spalle del Centro congressi. Per l'unico proponente rimasto in pista rispetto agli originari nove "candidati", ovvero Terme Fvg supportata dall'Icop di Basiliano, nulla aveva ostato: il progetto terrà conto dell'«interesse culturale» che è stato dichiarato nel pomeriggio dello scorso martedì da palazzo Economo, nel corso di un incontro al quale hanno partecipato il direttore del Segretariato regionale Roberto Cassanelli, il soprintendente Simonetta Bonomi, il direttore dei musei Andreina Contessa. Storia  economica, storia della tecnica, il legame con la vicenda di Porto vecchio hanno motivato la decisione assunta dal pubblico organismo.Il progetto, atteso con un filo di ansia dagli uffici comunali desiderosi di accendere l'iter amministrativo prima che finisca il Dipiazza 3°, potrebbe addirittura essere recapitato in piazza Unità dopodomani lunedì. Dalle anticipazioni fornite si tratterebbe di un intervento ambizioso quotato una trentina di milioni, disegnato secondo le istanze comunali che richiedono project financing, vasche terapeutiche e ludiche, ristorante, spiaggia. Terme Fvg, guidata da Salvatore Guarnieri, è controllata da Eutonia (Sanatorio Triestino) e partecipata dalla Git (Grado impianti turistici), a sua volta pilotata da Turismo Fvg.Il Comune, per sostituire la struttura in Sacchetta crollata nell'estate 2019, aveva messo a disposizione cinque magazzini in Porto vecchio: il 32, 33, 133, 34, 34/1. Le condizioni dei fabbricati, destinati a essere riconvertiti a finalità terapeutico-ludica, sono a dir poco precarie e richiederanno un energico restauro. Va sottolineato che questi edifici hanno oltre un secolo di vita e fanno parte del cosiddetto "quartiere Ford", che operò dal 1923 al 1929 producendo ben 15 milioni di automezzi "T". Il grande gruppo nordamericano scelse Trieste come base logistico-industriale, in base a criteri geografici e organizzativi fondati sulla buona dotazione infrastrutturale del sito. Il "32" - informa una nota di Palazzo Economo - venne costruito dall'impresa Geiringer nel 1894 e, prima di accogliere la Ford, aveva stoccato merci infiammabili; presenta nella parte a mare «una sequenza di aperture dotate di eleganti cornici in pietra d'Istria». Il "133", che raggruppa tre corpi, fu invece realizzato per rispondere alle esigenze della Ford: è probabile che si debba il progetto a Giorgio Zaninovich, autore della sottostazione elettrica datata 1913. Lo testimonierebbero l'uso del mattone e del bugnato, il disegno delle inferriate.

Massimo Greco

 

 

GORIZIA - La partita degli alberi monumentali - Botta e risposta con Legambiente - l'intervento dell'assessore Del Sordi
Non si placa la polemica sul destino dei gelsi di via Brigata Etna e via degli Scogli, nel quartiere di Montesanto. Dopo le segnalazioni e le richieste di attenzione da parte degli ambientalisti arrivate nelle scorse settimane, c'è ora da registrare un nuovo capitolo della vicenda, che vede un vivace scambio di affondi tra il comitato locale di Legambiente e l'assessore all'Ambiente Francesco Del Sordi. Se il sodalizio, in seguito ad un incontro con l'assessore, attraverso una nota ha espresso tutto il suo rammarico per la scelta dell'amministrazione di non presentare domanda per includere i gelsi di Montesanto nell'elenco degli alberi monumentali della Regione, da Del Sordi arriva una secca e puntuale smentita. Il componente della giunta Ziberna precisa infatti che «la procedura che vogliamo seguire è in linea con le prescrizioni regionali». «I gelsi di Montesanto potrebbero avere le caratteristiche richieste dalla legge regionale, ma eticamente non possiamo pensare di inserirli tutti. La legge di tutela prevede prescrizioni che sono molto vincolanti per la proprietà, e ci troviamo di fonte a proprietà private molto spesso difficili se non impossibili da rintracciare». Per questo il Comune, spiega Del Sordi, ha delineato uno scenario che prevedrebbe la segnalazione per l'elenco degli alberi monumentali solo di alcuni esemplari caratteristici, mentre parallelamente, per garantire una tutela di tipo storico e paesaggistico all'intera area e a tutte le piante, si procederebbe con l'introduzione di vincoli di natura urbanistica, «che, diversamente dalla legge sulle piante monumentali, è di competenza comunale», dice Del Sordi. «Abbiamo definito entrambi i programmi - aggiunge l'assessore -, ma c'è la necessità di procedere con due istruttorie complesse. In ogni caso inseriremo queste tematiche nel Documento di programmazione».Restando alla questione di Montesanto, dove sono in corso lavori condotti da Irisacqua e il Consorzio di bonifica, Legambiente fa sapere di voler continuare a «formulare le proposte che riterrà più opportune per orientare la politica di tutela del verde cittadino, ed evitare che si ripetano situazioni di pericolo e incuria», come quelle legate ai gelsi, ma anche su questo punto Del Sordi si sente di rassicurare: «I due enti impegnati nei lavori mi hanno fornito tutto gli elementi per dimostrare la loro attenzione, pur riconoscendo alcuni problemi legati ad eventi eccezionali, come incidenti di cantiere, riconducibili peraltro spesso all'incuria e alle mancate potature da parte dei proprietari».

M.B.

 

 

IL FRIULI.it - SABATO, 30 gennaio 2021

 

'Inerti, il Ministero accoglie la proposta Fvg'
Scoccimarro: "Per le piccole manutenzioni, i rifiuti potranno essere smaltiti come 'urbani'. Arriverà una nota esplicativa"

"Le criticità contenute nel decreto legislativo 116/2020 hanno rischiato di rendere il provvedimento un boomerang ambientale con il rischio di illeciti da parte di cittadini incivili e un impensabile aggravio degli oneri per quelli invece più ligi ma il confronto tra i tecnici delle Regioni, tra cui quelli del Friuli Venezia Giulia, e i funzionari del ministero dell'Ambiente, ha evitato questo scenario".
Questo il commento dell'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile, Fabio Scoccimarro, al termine del tavolo tra il ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare (Mattm) sul provvedimento. "Relativamente alla classificazione e gestione dei rifiuti inerti prodotti dai nuclei domestici a seguito di piccole manutenzioni possiamo anticipare che il Ministero condivide la linea interpretativa delle Regioni - ha detto Scoccimarro -, ovvero che gli stessi siano considerati, come fatto finora, rifiuti urbani e come tali gestiti nei centri di raccolta".
"Il Mattm lo preciserà con una nota esplicativa che le Regioni hanno chiesto di poter avere quanto prima - ha spiegato l'assessore - e quindi i gestori potranno continuare a ritirare questa tipologia di rifiuto nei centri di raccolta come fatto fino al 31 dicembre 2020".

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 gennaio 2021

 

RONCHI DEI LEGIONARI - Cresce la differenziata raggiunta quota 77,4%
A riciclo 4,6 milioni di chili di rifiuti sui 6,1 milioni prodotti - Nell'anno precedente la percentuale era stata del 76,3%
RONCHI. Una percentuale del 77,42% rispetto al 76,33% dell'anno precedente. Nel 2020 Ronchi dei Legionari ha fatto ancora ottimi passi in avanti con la raccolta differenziata dei rifiuti. Sono stati prodotti in totale 6 milioni 109.642 chilogrammi di rifiuti, dei quali sono stati differenziati ben 4 milioni 646.017 chili. «Numeri enormi - afferma l'assessore comunale all'Ambiente, Elena Cettull - che ci fanno comprendere come in un anno decisamente problematico, i cittadini abbiano continuato a svolgere le azioni quotidiane, piccole ma fondamentali, per arrivare a questo risultato. Encomiabile il lavoro di tutti, assieme ad un ringraziamento davvero sentito ai cittadini che rispettano le regole a tutela dell'ambiente». Una percentuale così alta per un Comune di quasi 12 mila abitanti non è affatto un risultato banale. Possiamo vedere che in Comuni molto più piccoli, anche con numeri davvero molto più ridotti di abitanti, dove magari la raccolta è parimenti articolata, la percentuale di differenziata si discosta poco dalla cifra di Ronchi dei Legionari. «Siamo davvero orgogliosi del risultato - prosegue Cettul - e in attesa di avere dati precisi sulle singole voci di raccolta posso comunque dire che tutto si può ovviamente migliorare. L'appello che mi sento di fare è quello di continuare a differenziare, a recuperare, a riciclare, ma anche di fare in modo da produrre meno rifiuti. Se ognuno di noi fa bene la propria parte evitando di infrangere le leggi e con il rispetto per il prossimo e per l'ambiente - conclude-, sarà davvero possibile vedere un mondo migliore».Quando è partito il nuovo sistema di raccolta differenziata, nel 2006, la percentuale di differenziazione era del 32,68%. Da gennaio a giugno 2019, la raccolta era arrivata a quota 76,12%, con picchi del 77,81% a marzo 2019 e del 78,14% a maggio 2019. Se nei primi quattro bimestri dell'anno 2020 la raccolta differenziata dei rifiuti a Ronchi dei Legionari è volata a quota a quota 79,82% (dato di agosto), il quinto bimestre 2020 ha segnato un lieve rallentamento abbassando la quota media annuale a 77,72%. Per la precisione a settembre si è raggiunto il 78,80% e il 76,40% a ottobre. Da gennaio a ottobre sono stati raccolti 5 milioni 155.090 chilogrammi di rifiuti e, di questi, solo 1 milione 125.994 di indifferenziati. La maggior parte, ovvero 3 milioni 928.747 kg, vanno al riciclo e, quindi, rappresentano una grande risorsa, mentre 100.349 sono i chili di altre frazioni di rifiuti. Per il quinto bimestre si è in attesa invece di avere i dati ufficiali e conclusivi. «Essere virtuosi è importante - chiosa il sindaco Livio Vecchiet - anche perché comportamenti corretti incidono sui costi del servizio e questo non è un aspetto che va sottovalutato».-

Luca Perrino

 

 

Una barriera sommersa per ripopolare di pesci l'Adriatico orientale - PRIMA FASE DEL PROGETTO EUROPEO
ZARA. Sarà la prima a venire posata sui fondali delle acque adriatiche della Croazia, nell'ambito del progetto europeo denominato AdriSmArtFish. Si tratta della barriera sommersa per il ripopolamento ittico, che nei prossimi giorni - il momento giusto sarà scelto in base alle condizioni meteomarine - sarà calata in mare a una distanza di poco meno di 600 metri in linea d'aria dalla più piccola delle isole abitate dell'Adriatico. Si tratta di Calugerà (Osljak), un isolotto che talvolta i suoi trenta residenti chiamano scherzosamente scoglio, vista la sua superficie di 0,33 chilometri quadrati. Calugerà si trova poco lontano dall'isola di Ugliano, ubicata di fronte alla città di Zara. È stato l'assessorato della Regione zaratino - dalmata a ricevere 260 mila euro per realizzare questo "reef ball" in calcestruzzo, in base a un progetto che si avvale della collaborazione di esperti del Dipartimento di ecologia e acquacoltura dell'Università di Zara e dell'Istituto di Oceanografia e Pesca di Spalato. Secondo quanto ha illustrato l'assessore conteale all'Agricoltura e Pesca, Daniel Segaric, la barriera verrà costantemente monitorata con l'obiettivo di capire se la sua presenza possa arricchire questo tratto di fondale del Canale di Zara, anch'esso a sua volta impoverito da un lungo di periodo di pesca indiscriminata che sta mettendo a rischio il futuro della biomassa di pesci, molluschi e crostacei presente nel mare Adriatico. La barriera sommersa, che sarà protetta dalla pesca illegale e dall'ancoraggio, ha una forma piramidale ed è stata costruita in calcestruzzo, senza armatura in ferro. È eco-compatibile, si presenta cava al suo interno e con le pareti forate lateralmente. «Il nostro reef ball - spiega Segaric - rappresenta la maniera più sicura e affidabile per dare vita ad habitat marini sostenibili, molto preziosi in presenza di ambienti depauperati da attività alieutiche. La barriera, che ora si trova nello scalo traghetti di Gazenica, a Zara, è pesante 8 tonnellate e ha una superficie di 50 metri quadrati».Se il progetto zaratino dovesse rivelarsi un successo, il progetto prevede in futuro la posa di strutture simili in varie aree dell'Adriatico orientale.

Andrea Marsanich

 

TRIESTE CAFE' - SABATO, 30 gennaio 2021

 

A Pirano il primo avvistamento di delfini del 2021 in zona: 30 SPLENDIDI ESEMPLARI!

Il team di Morigenos Ieri ha registrato primo avvistamento di delfini del 2021, grazie ad una chiamata ricevuta la mattina presto. Il team si è subito diretto in mare e ha localizzato un gruppo di circa 30 delfini, che hanno trascorso quasi due ore intorno a Pirano, nutrendosi prevalentemente. A Morigenos conoscono molto bene questi delfini, alcuni da 18 anni. Il gruppo comprendeva maschi e femmine con piccoli a presso.

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 gennaio 2021

 

 

Il gruppo Arvedi incassa 50 milioni per la riconversione della Ferriera
Sbloccati dal ministero dello Sviluppo economico i finanziamenti per il rilancio post area a caldo
Trieste. Il ministero dello Sviluppo economico sblocca il finanziamento a fondo perduto a favore del gruppo Arvedi, per incentivare la riconversione della Ferriera di Servola dopo la chiusura dell'area a caldo. Il responsabile del Mise Stefano Patuanelli ha autorizzato ieri l'arrivo di 50 milioni per dare corpo all'Accordo di programma, Cinque milioni in meno del previsto: 27 per Trieste e 23 per lo stabilimento di Cremona. Tanto vale il Contratto di sviluppo sottoscritto dal cavalier Giovanni Arvedi con Mise e Invitalia. Si tratta della parte più cospicua delle risorse pubbliche che sosterranno la concretizzazione dell'Adp. Mentre procede lo smantellamento di altoforno e cockeria, i fondi ministeriali innescheranno il piano industriale della società siderurgica. Per Trieste si prevedono il potenziamento del laminatoio e la riqualificazione della centrale elettrica, che ha finora funzionato con i gas di scarto della produzione e in futuro lavorerà con gas naturale. L'azienda assicura che la centrale entrerà in funzione entro ottobre. Il Mise sottolinea in una nota che «gli investimenti consentono di salvaguardare i lavoratori dei siti di Trieste e Cremona, minimizzando gli effetti della chiusura dell'area a caldo. Il progetto di complessiva riqualificazione rilancia, in chiave più moderna e sostenibile, la produzione di acciai speciali dagli spessori sottili e ultrasottili, destinati alla componentistica meccanica, al settore automotive e a quello delle costruzioni». Durante le trattative per l'Adp, l'amministratore delegato Mario Caldonazzo ha sempre richiamato la necessità del sostegno pubblico per poter garantire l'occupazione ai 417 addetti previsti a riconversione conclusa. Nei successivi incontri avuti con i rappresentanti dei lavoratori, i vertici della società hanno dichiarato di considerare l'acquisto dei nuovi impianti subordinato alla concessione del finanziamento pubblico. La questione dei fondi Mise è stata al centro del tavolo recentemente convocato dal Mise dopo le pressioni delle sigle. In quell'occasione Caldonazzo ha confermato il rispetto dei tempi annunciati, assicurando il completamento dei lavori sull'area a freddo nel giro di 18 mesi, con la creazione dei nuovi impianti di zincatura e verniciatura, realizzati dalla Danieli di Buttrio. La riconversione della Ferriera vale circa 350 milioni, fra risorse private e fondi pubblici. Il piano di Arvedi ammonta a 227 milioni: 142 per Servola e 85 per Cremona, con una copertura del Mise rispettivamente da 27 e 23 milioni. Il ministero sostiene così la strategia di decarbonizzazione del gruppo, che punta a creare un ciclo produttivo basato sul reimpiego dei rottami e non più sulla ghisa, con sensibile diminuzione delle emissioni. I 142 milioni relativi a Trieste sono suddivisi fra 86 necessari per potenziare il laminatoio e 56 finalizzati alla sostituzione della turbina della nuova centrale di cogenerazione ad alto rendimento. Arvedi ha appena avuto accesso a un prestito da 240 milioni nell'ambito del New Green Deal, che finanzierà l'operazione sul versante privato. La riconversione potrà inoltre fruire dei 15 milioni stanziati anni fa dal Mise per l'area di crisi complessa di Trieste: risorse mai utilizzate e rimaste a disposizione per la messa in sicurezza dei terreni costieri della zona industriale di Trieste. Fermi da anni, sono infine altri 41 milioni di fondi statali, assegnati a Invitalia per realizzare il barrieramento a mare dei terreni inquinati da benzene: su questo fronte, però, ancora non si hanno notizie sui tempi del decreto che Mise e ministero dell'Ambiente dovranno firmare per dare il via alle opere ambientali sulla linea di costa. Agli investimenti di Arvedi si sommano i 130 milioni che saranno spesi invece dalla Icop per conto di Hhla Plt, tra acquisto della newco creata per il subentro nell'area a calda, smantellamento delle strutture dell'area a caldo, messa in sicurezza dei terreni e creazione del terminal di terra che sorgerà accanto alla Piattaforma logistica e al futuro Molo VIII.

Diego D'Amelio /

 

 

Ultime limature per il patto a tre sul Porto vecchio
Ritmo serrato di incontri tecnici dopo il ritardo della Regione che aveva indispettito Dipiazza - Resta la deadline fissata al primo febbraio dal Comune
Lunedì è la data ultima di chiusura che il Comune ha dato agli uffici regionali per la definizione degli ultimi particolari dell'Accordo di programma sul Porto vecchio: ieri i tecnici di palazzo Cheba, capitanati dal dirigente Giulio Bernetti, hanno incontrato in mattinata i responsabili della viabilità dell'assessorato regionale alle Infrastrutture, mentre nel pomeriggio si è tenuto il secondo incontro in tre giorni con i tecnici dell'area urbanistica dell'assessorato. Dopo i ritardi che la settimana passata avevano portato il sindaco Roberto Dipiazza a fare una sfuriata con gli uffici regionali, il lavoro di concertazione procede ora speditamente, e la speranza dei tecnici è che si possa rispettare la deadline fissata dallo stesso primo cittadino, quella di lunedì prossimo. Oggi si terrà un nuovo confronto fra il Comune e la sezione urbanistica della Regione: «Stanno proponendo le loro ultime osservazioni - commenta l'ingegner Bernetti - che noi siamo pronti a recepire, il lavoro procede bene».Sempre in settimana il Comune ha incontrato anche i rappresentanti della Soprintendenza, la quarta istituzione ad avere voce in capitolo dopo gli enti locali e l'Autorità di sistema portuale guidata da Zeno D'Agostino, e ne ha recepito il parere. La firma dell'Accordo di programma è fondamentale per l'approvazione della variante al piano regolatore comunale, senza il quale il Comune non può dare il via alla vendita degli immobili situati nell'area dell'antico scalo cittadino. Una volta che il comune accordo dei tre enti sarà siglato dalla firma, la giunta avrà un mese di tempo per far approdare il testo al Consiglio comunale per la ratifica. Contestualmente verrà varato il consorzio di gestione Ursus, che sarà incaricato di gestire lo sviluppo dell'area.

G.Tom.

 

 

 

SEGNALAZIONI - Rifiuti e ambiente - Nuove difficoltà per i conferimenti

Egregio direttore,qualche giorno fa mi sono recato a uno dei centri di raccolta del Comune per rifiuti ingombranti dove ho portato alcuni oggetti di elettronica e anche un paio di secchi contenenti scarti di materiale edile relativi ad alcuni piccoli lavori manutenzione che avevo effettuato a casa mia. Al momento del ritiro l'addetto del Comune mi ha informato che a partire dal prossimo 31 gennaio non sarà più possibile conferire gli scarti di materiale edile nei centri di raccolta comunali ma sarà necessario smaltirli con ditte specializzate a questo tipo di attività. Ad una mia precisa domanda in merito a questa novità l'addetto non ha saputo dirmi se deriva da una modifica del Regolamento comunale oppure da nuove direttive italiane o europee. Segnalo questo aspetto perché secondo il mio parere potrebbe avere effetti piuttosto seri sull'ambiente in quanto ritengo che i singoli privati che effettuano piccoli lavori di manutenzione avranno difficoltà a portare questi scarti presso ditte specializzate, sia perché non sarà semplice sapere quali sono queste ditte e sia perché sicuramente il ritiro verrà effettuato a pagamento e non gratuitamente come avviene adesso nei centri comunali. La conseguenza perciò sarà che questi scarti verranno abbandonati nelle strade poco frequentate, sul Carso o nell'area del Boschetto, come già fa più di qualcuno. Sarei inoltre grato se l'Assessorato all'ambiente del Comune volesse darci chiarimenti.

Tullio Gioia

 

ADESSO TRIESTE - VENERDI', 29 gennaio 2021

 

 

Le nuove norme sui rifiuti urbani mettono a rischio il Carso e le tasche dei cittadini

Il 26 settembre scorso è entrato in vigore il decreto legislativo 116/2020, che modifica la definizione di rifiuti urbani. L’attuazione di questa norma potrebbe avere una serie di gravi effetti per i cittadini e per l’ambiente, qualora le amministrazioni non si muovano per tempo o non sollevino proposte per mitigare gli effetti collaterali che rischia di causare.
Il decreto, in attuazione di direttive UE, rende concreta per l’Italia la disciplina comunitaria dell’economia circolare, cioè il modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. Con questo decreto l’Italia dovrebbe entrare nella rivoluzione della gestione dei rifiuti che diventerebbero ora una risorsa da valorizzare.
La nuova regolamentazione modifica la definizione dei rifiuti urbani consentendo agli operatori economici di avvalersi del servizio pubblico per lo smaltimento di una parte dei propri scarti, lasciando peraltro loro libertà di continuare ad avvalersi di aziende private.
Il serio rischio è di un aumento dell’imposta TARI: se da una parte la quantità di rifiuti che il gestore pubblico (nel nostro caso AcegasApsAmga) si troverà a gestire potrebbe aumentare in modo considerevole (la stima di Ecocerved per il territorio nazionale è di +1,3 milioni di tonnellate/annue), dall’altro lato il gettito derivante dalla TARI stessa potrebbe diminuire, qualora un numero considerevole di operatori economici scegliesse di avvalersi di aziende di smaltimento privato ottenendo uno sgravio dell’imposta. Potrebbe dunque verificarsi una necessità di incremento del servizio o venire a mancare parte degli introiti. In entrambi i casi è facile immaginare che la differenza potrebbe essere compensata con un aggravio su chi l’imposta la versa, quindi anche sui privati e sulle piccole attività, ottenuto anche tramiti conguagli sulla tariffa già in essere, determinata per tutto il 2021.
Al contempo, a causa della stessa ridefinizione, i rifiuti inerti derivanti da piccole demolizioni domestiche – non essendo più assimilabili ai rifiuti urbani – non potranno più venire conferiti presso le isole ecologiche, come scritto sui cartelli che Acegas ha appeso nei centri di raccolta. Il privato cittadino si trova dunque in difficoltà a effettuare correttamente il conferimento dei materiali, per il quale dovrebbe sopportare spese prima non previste, come sta in effetti già accadendo (vedasi segnalazione sulla testata Trieste Prima). Già nei giorni scorsi SOS Carso aveva lanciato l’allarme sottolineando il rischio concreto di veder accresciuti atti illegali di abbandono di rifiuti nell’ambiente, nelle aree verdi e sul nostro Altopiano.
Le normative hanno valenza nazionale e allineano lo Stato a comportamenti virtuosi riguardanti il riutilizzo e il riciclo dei materiali, ma affinché non si verifichino effetti collaterali gravi il Comune può e deve attivarsi per applicarle per tempo, tutelando i cittadini e l’ambiente in cui vivono. Su Il Piccolo il 23 gennaio l’Assessora Polli dichiarava che il Comune attendeva un tavolo tecnico nazionale per “capirne di più”, ma il decreto è stato pubblicato in gazzetta ufficiale l’11 settembre scorso, è entrato in vigore a fine settembre ed è dal primo gennaio che sono in vigore le nuove classificazioni dei rifiuti.
Adesso Trieste chiede quindi al Comune, e alla Regione tutta tramite i consiglieri del Patto per l’Autonomia, un immediato e preciso riscontro dell’amministrazione pubblica sui temi qua sollevati. È urgente indicare le modalità di applicazione della norma nelle realtà locali, al fine di scongiurare gravi rischi per l’ambiente e negative ricadute sui cittadini”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 gennaio 2021

 

 

Pannelli antirumore lungo il raccordo: via alla sostituzione
L'operazione sarà effettuata nella seconda metà di febbraio - Romita: «Finalmente verrà ridotto il disagio dei residenti»
MONRUPINO. Consiglio comunale imperniato sul recupero delle aree destinate alle attività estrattive dismesse oggi a Monrupino. L'ordine del giorno dei lavori, che inizieranno alle 18 e che sarà possibile seguire on line, collegandosi con il sito del Comune, prevede infatti due punti dedicati all'argomento e che riguarderanno nel primo caso la riattivazione della cava di pietra ornamentale cessata, denominata "ex Puric", nel secondo la "Cava Vecchia". In varie zone del Carso le attività estrattive hanno sempre svolto un ruolo molto importante per l'economia locale. Nel tempo il destino del settore è cambiato, ma ora si prospetta la possibilità di far ripartire le cave e su questo fronte si sta impegnando la giunta di Monrupino, guidata dalla sindaca, Tanja Kosmina. «Le cave - ha detto - rappresentano anche la possibilità di creare posti di lavoro».

 

 

Le Falesie raccontate con un nuovo video - Lunedì la presentazione online
DUINO AURISINA. Sarà presentato lunedì, alle 15, in modalità on line, il nuovo video di promozione turistica dedicato alla riserva delle Falesie. Si tratta di un prodotto realizzato sulla base delle più moderne strumentazioni, con audio sia in italiano sia in sloveno, che prevede anche immagini ottenute in immersione subacquea, che ha lo scopo di valorizzare in chiave turistica le straordinarie rocce di Duino.Alla realizzazione, oltre alla Regione e al Comune di Duino Aurisina, ha contribuito il Tavolo regionale delle riserve naturali del Friuli Venezia Giulia. In sostanza, seguendo il video, si potrà completare una sorta di percorso virtuale all'interno della Riserva. «Questo video è molto importante - ha detto l'assessore comunale per il Turismo, Massimo Romita - perché il turismo è essenziale per il nostro territorio».

U.SA.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 gennaio 2021

 

 

Dipiazza: «A Barcola interventi costanti per far convivere pini e passeggiata»
«Le radici di questo tipo di alberi crescono in orizzontale - Gestiamo la questione allargando l'area di terra attorno»
«Per i prossimi cent'anni servirà intervenire costantemente per garantire la convivenza tra questo tipo di pini e la pavimentazione del lungomare di Barcola». Il sindaco Roberto Dipiazza si rivolge ai triestini, spiegando come non esista un intervento radicale in grado di impedire alle radici di quegli alberi che accompagnano l'intera passeggiata, di creare dei danni al porfido. «Come ho ribadito più volte - afferma Dipiazza - l'errore è stato fatto da chi, diversi anni fa, ha scelto di inserire questo tipo di pini in quel contesto, non prendendo in considerazione che queste piante hanno radici che crescono in orizzontale. Io ne ho alcune nel giardino di casa, ma intorno hanno terra e non cemento, e quindi le loro radici riescono a respirare e non creano alcun problema». Il primo cittadino spiega che quando sono state riqualificate le Rive o l'area accanto al palazzo della Prefettura «sono stati scelti dei lecci che hanno radici che si muovono in verticale, non generando questi danni». Infatti, pur tenendo presente che in quell'area le piante sono ancora giovani, non si sono evidenziate criticità di questa natura. «Già dallo scorso anno - illustra il sindaco - abbiamo avviato una soluzione che consente una gestione nel tempo del problema. In pratica - aggiunge - allarghiamo a due metri e mezzo il diametro del collare di terra intorno all'albero, raddoppiando l'area in terra di pertinenza, e dando così più respiro alle radici». «Certamente, nel tempo - considera - continueranno ad alzarsi alcuni cubetti di porfido nell'area circostante, e lì interverremo di anno in anno sistemandoli». Questa situazione si concentra tra Barcola e Grignano, dove nella zona di proprietà del Demanio marittimo, la Regione ha predisposto un intervento per risolvere anche lì i problemi causati al manto stradale dalle radici dei pini, senza danneggiare in alcun modo le alberature. «Il problema lo riscontriamo prevalentemente in quelle zone - conferma Francesco Panepinto dell'Unità tecnica alberature e parchi del Comune di Trieste - e si manifesta quando attorno ai pini non c'è una pavimentazione permeabile. A Barcola a rendere la situazione più severa, c'è la vicinanza con la falda salina, che spinge le radici a salire ancora di più. Serve che l'area di pertinenza degli alberi mantenga materiali drenanti, come la terra, la ghiaia o l'Ecodren». Un sistema, quest'ultimo, ormai utilizzato attorno alle piante in diversi punti della città, che ha capacità traspirante e drenante, permettendo di creare collari più ampi attorno agli alberi, senza determinare dislivelli tra la zona pedonale e le aiuole. Un intervento simile a quello riservato agli alberi sul lungomare, sta per essere messo a punto in viale Miramare, nei pressi del giardinetto Skabar. «Lì - spiega il sindaco - quel tipo di pini ha sollevato parte del marciapiede e dell'asfalto, e con un intervento da 50 mila euro garantiremo alle radici di quelle piante spazi di respiro più ampi. L'attenzione al verde pubblico - assicura - è costante, nel rispetto del benessere delle piante ma anche della fruibilità degli spazi pubblici».

Laura Tonero

 

«Lo scavo originario troppo poco profondo una possibile causa» - Il direttore di Scienze della Vita Tretiach
Che specie di pini sono quelli che regalano un po' d'ombra sul lungomare di Barcola, e che caratteristiche hanno? «Sono dei pini d'Aleppo (Pinus Halapensis), delle conifere che si sviluppano in tutto l'emisfero settentrionale, abituate a colonizzare terreni poveri, difficili, con grande stabilità». Lo spiega Mauro Tretiach, direttore del Dipartimento di Scienze delle vita dell'Università di Trieste, che riconosce a questi esemplari una grande capacità, dettata dall'incredibile apparato radicale, formato da un grande fittone (il prolungamento del fusto verso il basso) dal quale partono diversi ordini di radici: verticali, orizzontali e "corda". Queste ultime si muovono in varie direzioni, penetrando con forza in tutti i tipi di terreno.Gli alberi di pino d'Aleppo sono abbastanza longevi e i fusti adulti possono raggiungere i 15-20 metri d'altezza, anche se crescendo in condizioni disagevoli si mantengono entro dimensioni più contenute. Ma cosa determina il danno che creano alla pavimentazione, a Barcola e Grignano ad esempio, dove le radici sollevano il terreno cementificato? «Premetto che dovrei avere più elementi e che quindi le mie in questo caso possono essere solo delle ipotesi - sottolinea l'accademico - ma presumo che potrebbe essere stato banalmente commesso l'errore di scavare buche poco profonde per la loro piantumazione, e che quindi la zolla di terra originaria sia stata sistemata troppo vicino alla superficie. Di conseguenza le radici alla ricerca dell'acqua si spingono verso l'alto con le conseguenze che vediamo».Le piante meglio adattabili in un simile contesto, suggerisce l'esperto, sono le tamerici, «che invece di essere sistemate sul frontemare in viale Miramare sono state messe in seconda fila. Si adatterebbero bene pure delle piante di Eleagno, ma anche dei Pinus Pinia, che a suo tempo erano stati piantati».

la.to.

 

 

Tre discariche abusive scovate dai cacciatori di rifiuti nascosti
Pneumatici, elettrodomestici, plastica, residui edili: cumuli di immondizie trovati dai volontari di Altritalia ambiente nei boschi tra San Sergio e San Giuseppe
SAN DORLIGO. È ancora allarme degrado ambientale nel territorio di San Dorligo della Valle, ai confini di Trieste. Sono ben tre infatti le discariche abusive individuate in questo periodo dai volontari dell'associazione "Altritalia ambiente" nel tratto di bosco che porta da via Antonino di Peco, ai margini del rione di Borgo San Sergio, fino alla frazione di San Giuseppe della Chiusa. In ciascuna di esse i volontari hanno trovato un'enorme quantità di vecchi pneumatici, pezzi di elettrodomestici arrugginiti, oggetti di plastica, residui edili e immondizie varie. Testimonianze dello scarso senso civico e della scarsa attenzione che troppe persone prestano alla salute dell'ambiente in cui vivono. «Di operazioni di pulizia così ne facciamo parecchie nell'arco dell'anno - spiega Adriano Toffoli, segretario provinciale nonché vicepresidente nazionale dell'associazione - ma ogni volta l'inciviltà e la maleducazione in cui ci imbattiamo, effettuando questi sopralluoghi, continuano a sorprenderci. Stavolta è stata sufficiente un'operazione durata una sola mattina - precisa - per scoprire, nell'arco di poche centinaia di metri, queste tre discariche abusive». E sempre nel territorio di San Dorligo della Valle, i volontari di "Altritalia ambiente" sono stati protagonisti di un altro intervento, chiamato "Operazione patok": nel greto del torrente che scorre vicino all'abitato di San Giuseppe della Chiusa hanno trovato parecchi pneumatici, vecchi e abbandonati. «In questi casi - riprende Toffoli - il danno per l'ambiente deriva dal distaccamento di microplastiche. L'inciviltà non ha limiti - aggiunge - e purtroppo dobbiamo constatare che il fenomeno delle scariche abusive, anziché diminuire, è in aumento, continua a crescere. Ricordiamo che quando si tratta di pneumatici abbandonati, oltre alla maleducazione, bisogna parlare anche di dolo, perché, quando se ne compera uno nuovo, si paga in anticipo lo smaltimento». I volontari di "Altritalia ambiente" si sono avvalsi della collaborazione dell'AcegasApsAmga e del Corpo dei pompieri volontari. «Riceviamo purtroppo con regolarità segnalazioni di discariche abusive - conclude il sindaco di San Dorligo della Valle Sandy Klun - e ogni volta interveniamo. Evidentemente ci sono persone che, col buio della notte, sfruttano le caratteristiche del nostro territorio per abbandonare rifiuti che altrimenti costerebbe loro portare negli appositi centri di raccolta». Sul tema interviene anche Giorgio Cecco, coordinatore regionale di "FareAmbiente", il quale ricorda che «in base a una recente normativa i rifiuti derivanti da attività di costruzione e demolizione, svolte dal privato cittadino nella propria abitazione, sono da considerarsi rifiuti speciali e come tali non più conferibili nei centri di raccolta. In questa maniera - prosegue - si favorisce l'abbandono dei materiali in aree non idonee».

Ugo Salvini

 

 

L'altolà della Bosnia alla Croazia: no ai rifiuti radioattivi da Krsko
Sarajevo rinnova lo stop alla struttura di stoccaggio che Zagabria vuole costruire a ridosso del confine
Belgrado. Nuove preoccupazioni causate dai disastrosi effetti del sisma di Petrinja si aggiungono a vecchi e mai sopiti timori sulla sicurezza del sito. E rischiano di provocare una crisi esplosiva tra Croazia e Bosnia. Le apprensioni sono quelle che riguardano il sito di Trgovska Gora, un'area in Croazia vicina alla cittadina di Dvor, a un tiro di schioppo dal confine con la Bosnia e dalla città bosniaca di Novi Grad. Il sito è stato individuato da Zagabria come possibile luogo dove stoccare la quota croata dei rifiuti radioattivi a media e bassa intensità prodotti dalla centrale nucleare di Krsko. Krsko, ricordiamo, è infatti controllata in parti uguali da Croazia e Slovenia. I due Paesi non hanno trovato un accordo per un deposito comune. Da qui la scelta di Lubiana,che ha optato per una struttura a Vrbina, da realizzare a ridosso della centrale. Mentre Zagabria ha scelto di edificare una struttura "in proprio" entro il 2024, con alta probabilità appunto a Trgovska Gora, zona relativamente isolata e distante da grandi centri urbani. Il controverso deposito di scorie, che potrebbe sorgere in un'area militare dismessa, già negli anni passati aveva creato profondi attriti tra Zagabria e Sarajevo suscitando anche pro teste di piazza. Ma negli ultimi giorni la tensione è risalita alle stelle, in Bosnia. Tutta colpa del forte terremoto che ha colpito la Croazia centrale, e il cui epicentro in linea d'aria dista solo una quarantina di chilometri dalla Trgovska Gora. È razionale immaginare un deposito di scorie radioattive in una regione a rischio te moto? È questa la riserva espressa da moltissime persone, in particolare attivisti ed ecologisti in Bosnia ma anche in Croazia, e da politici di punta a Banja Luka e Sarajevo. Il sisma «ha confermato che in quella località non si può costruire alcun deposito» ad alto rischio, «perché potrebbe avere ricadute dirette sull'ambiente e su tutte le persone che vi vivono», ha attaccato il ministro bosniaco del Commercio estero, Stasa Kosarac, fra i critici più agguerriti del progetto. Sulla stessa linea anche il politico bosniaco Sasa Magazinovic, presidente del Zeleni Klub, che in questi giorni ha riportato il caso al Parlamento di Sarajevo. Bisogna «impedire l'arrivo di rifiuti radioattivi e nucleari nel nostro cortile» di casa, ha rincarato. Se un terremoto avesse colpito un deposito già in funzione, ci sarebbero state «conseguenze significative sull'ambiente», ha ammonito anche la sismologa Snjezana Cvijic-Amulic. «Immaginate un camion pieno di rifiuti radioattivi che transita» non lontano da Petrinja «al momento del sisma», ha affermato anche il professore bosniaco Munir Jahic, citato dai media locali. Trgovska Gora non s'ha da fare, ha confermato infine la ministra serbo-bosniaca della Pianificazione spaziale, Srebrenka Golic. E se la Croazia non ascoltasse i timori della Bosnia? Allora l'unica via è premere sull'acceleratore per richiedere «un arbitrato internazionale», ha rilanciato un altro politico bosniaco, Jasmin Emric. Quest'ultima ipotesi sarebbe già sul tavolo del Consiglio dei ministri, a Sarajevo. Scelta realistica, anche perché la Croazia non sembra essere stata smossa dalle critiche bosniache. Le strutture esistenti nell'area del possibile futuro deposito «non sono state danneggiate» dal sisma e «l'accelerazione» del terreno provocata dal terremoto «è stata inferiore a quella registrata a Zagabria», ha assicurato il Fondo croato per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi, incaricato di valutare se il sito è adatto. Ma al via libera manca ancora molto. «Se le indagini» idrogeologiche, geomorfologiche, ecologiche e sismologiche diranno che «il progetto non ha un impatto negativo sull'ambiente», solo allora sarà lanciata «la procedura per ottenere i permessi di costruzione», ha precisato l'agenzia di stampa croata Hina. Sempre che la Bosnia non dissotterri prima l'ascia di guerra e si opponga, una volta per tutte, a Trgovska Gora.

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 gennaio 2021

 

 

Sbloccati a favore della Regione altri 242 ettari del Sito inquinato
Per le imprese le pratiche ambientali a Trieste e non più a Roma. Ex Aquila e Ferriera ancora nel Sin
La vicenda del Sito inquinato, che da 18 anni tormenta le imprese stanziate in Zona industriale, ha avuto una positiva accelerazione, anche se il risultato resta ancora parziale: il ministero dell'Ambiente, con un decreto firmato dal direttore generale Giuseppe Lo Presti, ha accolto la richiesta di ridefinire il perimetro del Sin, ampliando l'area di competenza regionale che per praticità chiameremo Sir. In questo modo la platea dei cosiddetti "piccoli operatori", invece che rivolgersi in via Colombo nella Capitale, potrà più rapidamente recarsi negli uffici dell'assessorato competente in via Carducci, dove la tempistica delle pratiche si è già rivelata meglio gestibile. L'asse di via Caboto, la zona a nord del Canale navigabile dove operano 150 ditte, le Noghere dovrebbero essere finalmente affrancate da un incubo che per quasi vent'anni ha limitato lo sviluppo aziendale. Attenzione: Roma ha dato sì a Trieste gli spazi modificando la planimetria, senza però accompagnarli con i quattrini, quegli 8 milioni che la Regione sperava di ottenere per le attività di caratterizzazione e di analisi di rischio. Per questo Fabio Scoccimarro, assessore all'Ambiente, esulta con riserva: bene che nel Sin siano rimaste le grandi partite della Ferriera e dell'ex Aquila, ma il successo sarà completato quando le competenze amministrative avranno anche il riscontro finanziario. Tanto più - insiste - che in occasione della conferenza di servizi del 5 agosto, il ministero aveva dichiarato che il decreto di riperimetrazione avrebbe tenuto conto del tema-risorse «prevedendo un regime transitorio». Regime transitorio di cui non v'è traccia nel decreto, cosicchè Scoccimarro è subito tornato in pressing sul dicastero, retto da Sergio Costa, richiedendo un'urgente video-conferenza «al fine di un chiarimento che consenta di proseguire nel risanamento e nel rilancio dell'area».Comunque, è già importante e non scontato il fatto che la gran parte delle imprese, finora impelagate in pluriennali procedure, possa più agilmente relazionarsi con la Regione. Il provvedimento ministeriale va nella direzione già imboccata all'inizio del 2018, quando, durante la presidenza Serracchiani, vi fu un primo scorporo di aree a favore della gestione regionale: allora si trattò di 75 ettari che attorniavano il Canale navigabile. Stavolta la Regione ne ha ottenuti un bel po' di più: parliamo di 242 ettari, che, sommati ai precedenti 75, portano a quasi 320 ettari il terreno governato da Trieste. Al vecchio Sito di interesse nazionale restano 192 ettari, concentrati nelle zone nevralgiche sulla costa (Ferriera ed ex Aquila, come si diceva).Quasi un anno fa, correva la fine di febbraio e si era già in clima pandemico, 16 imprese scrissero a Scoccimarro, chiedendo un forcing sul ministero allo scopo di ottenere un nuovo stralcio dal Sin. Firmarono tra gli altri Illy, Facau Immobiliare, Bruno Pacorini, Pittway, Java Biocolloid, Ortolan Mare (Samer), Coop Operaie (oggi l'edificio di via Caboto appartiene al gruppo Parisi).A esprimere soddisfazione per il decreto ministeriale anche il geologo Carlo Alberto Masoli, uno dei professionisti che ha seguito più da vicino le vicissitudini del Sin, avendo trovato anche un escamotage per realizzare lavori urgenti e inderogabili.

Massimo Greco

 

 

Centro rifiuti di Muggia in stallo «Roma in silenzio dal 2019» - l'alternativa in affitto già costata all'amministrazione 70 mila euro

MUGGIA. Non arriva ancora nessuna novità dal ministero dell'Ambiente sullo sblocco della piazzola ecologica di proprietà comunale, situata nella frazione muggesana di Vignano, chiusa da settembre del 2019. L'invio dell'ultima lettera da parte dell'Ufficio sviluppo energetico ed ecologia ambientale del Comune rivierasco, finalizzata a ottenere un riscontro sulla conclusione dell'iter ministeriale, risale al 24 dicembre. «Da agosto 2019 - spiega l'assessore all'Ambiente Laurea Litteri - il Comune ha inviato ben cinque note al ministero per poter chiudere il procedimento riguardante l'area nella quale si trova la piazzola ecologica, in modo da poter iniziare i lavori necessari alla sua sistemazione per poterla riaprire». La questione si pone in quanto, come ricorda Litteri, «trovandosi all'interno del Sito inquinato, dobbiamo avere l'approvazione del ministero per poter iniziare i lavori di adeguamento. Purtroppo dopo un anno e mezzo non abbiamo ancora avuto nessuna risposta».Si tratta di un'area non pavimentata, motivo per cui la Regione non ha rinnovato la concessione che 10 anni fa era stata data dalla Provincia. Nel frattempo, per le esigenze della cittadinanza, la piazzola ecologica è stata spostata in un'area in affitto, sempre nella frazione di Vignano, per la quale, come sottolinea l'assessore, «abbiamo speso finora circa 70 mila euro, ovviamente di denaro pubblico, mentre l'altra area sorge in un'area di proprietà del Comune, poco lontano, che quindi non ci costerebbe nulla». In questi anni, oltre alla richiesta di poter effettuare i lavori necessari a garantirne la riapertura, il Comune ha intrapreso tutte le procedure previste per poter svincolare l'area, con l'invio della documentazione necessaria già a fine 2017, ma da allora, come ebbe a lamentarsi Litteri lo scorso marzo, «non è mai stata convocata la Conferenza dei servizi, di nomina ministeriale, che deve analizzare i risultati delle analisi e decidere se l'area è inquinata oppure no». A giugno 2019, su richiesta del ministero, il Comune aveva ripetuto alcuni test i cui risultati erano rientrati nei limiti previsti dalla norma.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 gennaio 2021

 

 

Al via gli investimenti per la Parenzana regina dei cicloturisti
Percorso da 260 mila escursionisti l'anno, sarà ottimizzato grazie a finanziamenti per complessivi 34 milioni di euro
POLA. Dopo che nel 2020 la Croazia aveva ottenuto il massimo risultato dalla stagione turistica, compromessa in partenza dalla pandemia arrivando al 50% e anche oltre rispetto ai numeri dell'annata record del 2019, ora si stanno definendo le strategie per l'estate 2021, anch'essa segnata in partenza dal coronavirus. L'Ente turistico nazionale (Htz) è già all'opera per attirare quanti più turisti soprattutto in Istria, Quarnero e in Dalmazia che sono le colonne del settore. A tale scopo ha definito la campagna promozionale con uno slogan ispirato alla situazione attuale e nel contempo pieno di buoni auspici. Vale a dire "Croatia Full od New Beginnings" (Croazia piena di nuovi inizi). La promozione sarà articolata sulle principali piattaforme sociali come Facebook, Instagram, Twitter e Tik Tok con la tag #CroatiaWishList2021.

V.C.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 gennaio 2021

 

 

Le nove partite vicine alla svolta: da Barcola al Piano del centro storico
L'ex discarica da bonificare oltre Porto vecchio, le infrastrutture nell'antico scalo, piazza Sant'Antonio. E i cantieri privati
Sono nove le partite aperte che impegneranno in via prioritaria l'Urbanistica comunale negli ultimi mesi del terzo mandato Dipiazza. Alcune sono risolvibili nel breve periodo, altre sono destinate a spalmarsi in tempi medio-lunghi.I nove dossier, classificati dal direttore dipartimentale Giulio Bernetti, sono ripartibili in tre scaffali. Il Porto vecchio fa la parte del leone con 5 fascicoli: la bonifica di Barcola, il II lotto di infrastrutturazioni, la cabinovia-ovovia, l'accordo di programma da sottoscrivere insieme a Regione e Autorità portuale, il futuro del villaggio Greensisam. Poi abbiamo il Piano particolareggiato del Centro storico, che vedrà la luce tra inverno e primavera, e il restyling di piazza Sant'Antonio. Infine due grandi cantieri privati, l'ex Fiera (100 milioni) e l'ex Maddalena (40 milioni), che rappresentano, a velocità differenti, opportunità per ammodernare e rilanciare aree degradate del tessuto urbano semi-periferico. Nel Porto vecchio il Comune ha la possibilità di investire nell'arco di un paio d'anni quasi 15 milioni per infrastrutturare e risanare la zona, accrescendone valore e utilizzabilità. Una prima novità: dal novembre 2018 non si parlava della bonifica dell'ex discarica barcolana, "armata" da un finanziamento regionale di 5,5 milioni. Ora le notizie sembrano positive: il Comune presenterà il progetto definitivo, provvedendovi con un incarico esterno, chiamato a svolgere il compito entro le elezioni comunali (qualora si voti in primavera). Compiute la caratterizzazione e l'analisi dei rischi, elaborate le prescrizioni della Regione, riunita la conferenza dei servizi preliminare, adesso si può stringere verso la messa in sicurezza dei 90.000 metri quadrati del terrapieno, che si estende dagli ultimi magazzini del Porto vecchio verso le società nautiche. Bernetti pensa a una protezione costiera garantita da scogli e da cemento, mentre all'interno mezzo metro di terra "fresca" sarà gettato su un apposito tessuto. Questo lavoro bonificatorio potrebbe essere ultimato entro il 2023, in modo tale - ipotizza l'ingegnere - che le prime realizzazioni sportivo-ricreative, previste dalle linee-guida, sorgano nel 2025. Oltre alla bonifica, c'è bisogno di acqua-luce-gas-fogne per consentire al Porto vecchio di attrarre investitori. Il II lotto, finanziato nell'ambito dei 50 milioni stanziati dal ministero dei Beni culturali, progetta opere per 9 milioni di euro, che si svilupperanno dalla parte est del Magazzino 26 fino al varco del Silos lungo il muro confinario con la Stazione centrale: ma la gara è ancora ai blocchi, perché il parere della Soprintendenza tarda. L'auspicio è che l'iter si sveltisca, cosicché il bando sia lanciabile in febbraio. Della lentezza, con cui arranca l'accordo di programma Comune-Autorità-Regione per il governo di Porto vecchio, si sa già abbastanza, a cominciare dall'arrabbiatura del sindaco. Il destino del villaggio Greensisam, che vede il coinvolgimento della Regione intenzionata a trasferire i propri uffici in due dei cinque magazzini, è ancora tutto da precisare. Sui 40 milioni, per costruire la cabinovia-ovovia mare-Carso, la parola spetta all'organo decisore, ossia il ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Il Piano del centro storico ha ricevuto una quarantina di osservazioni, che adesso andranno vagliate. Una volta che siano più o meno recepite, il documento tornerà a fare il giro dell'oca tra circoscrizioni, giunta, Consiglio: Bernetti spera di saltarci fuori a marzo, per consegnare alla città un nuovo strumento pianificatorio a distanza di 41 anni dal precedente, che fu redatto da Luciano Semerani. Sempre nelle competenze dell'Urbanistica, rientra il "refresh" di piazza Sant'Antonio, sul quale è appostato 1 milione di euro da spendere durante l'anno. È l'ultima piazza da sistemare in centro (dopo Goldoni, Vittorio Veneto, Venezia, Libertà) e Dipiazza, poco desideroso di imbarcarsi in polemiche, ha disposto che la fantasia non andasse al potere: masegni sui due lati, un po' di arredo urbano e festa in duomo. Infine, i due disegni privati. Il più vicino a tramutarsi in realtà è l'ex Maddalena, 20.000 metri quadrati dove la Htm Nord Est dell'imprenditore veneto Francesco Fracasso si sta avviando a rogitare con il Comune per fare grande distribuzione, parcheggio, direzionale, residenziale (poco). Ancora indietro, seppure in annunciata ripartenza, la trasformazione ludico-commerciale-parking dell'ex Fiera a opera della carinziana Mid, pilotata da Walter Mosser.

Massimo Greco

 

Il presidente dell'Ordine degli architetti Bisiani chiede strategia e poi cita Amburgo come modello virtuoso
«Va bene che il Comune voglia velocizzare alcuni potenziali attori di sviluppo, come l'accordo di programma per Porto vecchio e il Piano del centro storico. Ma credo che sia opportuno non limitarsi alle singole azioni, ma mettere a punto una strategia generale, in grado di contestualizzare realizzazioni, identità, immagine della città. Riassumendo in un concetto, chiederei maggiore capacità di vision». E subito dopo Thomas Bisiani, presidente dell'Ordine degli architetti triestini, aggiunge: «Alzando l'asticella della qualità». Poi spiega cosa intenda sull'asticella qualitativa: «Per esempio, il Comune ha deciso di redigere il Piano del centro storico "in casa", senza coinvolgere professionalità esterne, e, trattandosi del centro più grande della regione, forse si sarebbero potute effettuare altre scelte». Un banco di prova decisivo è rappresentato dal governo di Porto vecchio: «Quale modello si vorrà individuare per gestire la trasformazione di quello spazio dopo le attività preparatorie preliminari - si chiede Bisiani -? In Europa abbiamo varie esperienze, una di quelle che ritengo più interessanti è Amburgo. Qui i pubblici poteri trattano con i promotori privati, che pagano l'area negoziata solo dopo l'ottenimento di tutte le autorizzazioni relative al progetto». «In questo modo - argomenta l'architetto - si ottengono due vantaggi, un buon progetto e il mantenimento dell'area in mano pubblica fino all'espletarsi dell'iter amministrativo». Un ragionamento andrà fatto anche in tema di semi-periferie e di periferie, sulle quali - completa Bisiani - «abbiamo meno cultura e meno esperienza». Ma l'obsolescenza di patrimoni immobiliari energivori e di vecchia ideazione richiede quei «rammendi urbani di cui parla Renzo Piano». La polverizzazione proprietaria non facilita gli interventi «meglio programmabili in contesti omogenei, come quelli dell'Ater, o soggetti a radicali trasformazioni come all'ex Fiera».

Magr

 

Parco del mare: un altro passo avanti - Al via la valutazione del piano Icop-Costa
Pronta la società che avvierà l'iter di analisi dei documenti tecnici, poi il lancio della gara
Si fa più vicina la gara europea per la realizzazione del Parco del Mare. In questi giorni la Camera di commercio ha trasformato Trieste Navigando, la partecipata che detiene la concessione sull'area, in Venezia Giulia Sviluppo Plus, la società incaricata di realizzare l'opera. Il primo compito della neonata Srl sarà affidare a una commissione di esperti l'analisi della proposta presentata in autunno dalla cordata Icop Spa, Costa Endutainment Spa e Iccrea BancaImpresa. Ottenuto il via libera della commissione, la società potrà lanciare il bando. Nel novembre scorso la Camera di commercio ha acquisito Trieste Navigando da Invitalia, rilevando con essa la concessione: un'operazione che alla Cciaa costerà in tutto un milione di euro, da pagarsi in quindici anni, senza interessi, a partire dal 2025. Quel contenitore societario, ormai di poco interesse agli occhi di Invitalia, è diventato nelle mani della Camera lo strumento con cui fare tutto il lavoro propedeutico alla costruzione dell'acquario che il presidente camerale Antonio Paoletti lotta per realizzare dal lontano 2004.All'articolo 3 dello statuto si legge infatti che «la società ha per scopo e sua finalità la realizzazione del progetto del Parco del Mare di Trieste come da provvedimento assunto dal Ministro dello Sviluppo Economico con Decreto di data 23 gennaio 2020». Dopo 17 anni di cambi di location lo statuto blinda il sito: l'opera, infatti, «è prevista nel comprensorio demaniale marittimo di Trieste denominato Porto Lido di cui alla concessione quarantennale rilasciata alla società da parte dell'Autorità portuale».La società ha inoltre tra i propri fini statutari anche «la promozione, programmazione, realizzazione ed eventuale gestione di strutture ed infrastrutture di interesse economico generale» legate alla "blue economy". Tra queste «acquari, approdi turistici e marine e stabilimenti balneari, parcheggi di pertinenza e strutture annesse». Tra le missioni della Srl c'è anche «svolgere attività di promozione per l'implementazione di flussi turistici verso la Venezia Giulia». Per lo svolgimento delle sue funzioni, precisa la Cciaa, Venezia Giulia Sviluppo Plus si avvarrà del personale camerale e delle aziende speciali e in house esistenti. Il primo compito, dicevamo, sarà avviare l'iter di valutazione della proposta avanzata nell'autunno scorso (dopo due anni di lavoro) dalla cordata composta da Icop Spa, Costa Endutainment Spa e Iccrea BancaImpresa. Icop, la società friulana che ha realizzato la Piattaforma logistica, mette in campo le sue competenze edilizie mentre Costa, gestore dell'Acquario di Genova, si candida a prendere in mano le redini del Parco. A Iccrea spetta il ruolo di forte investitore privato in un project financing da una quarantina di milioni in tutto (otto già accantonati dalla Cciaa, altri otto in arrivo dalla Regione).Ora Venezia Giulia Sviluppo Plus dovrà provvedere alla nomina della commissione di esperti che deve analizzare la proposta progettuale dal punto di vista della sostenibilità urbanistica, ambientale e finanziaria. Starà a loro sancire l'eventuale appropriatezza del progetto, oppure chiedere ulteriori approfondimenti. Quando anche questo passaggio fondamentale si sarà concluso, spetterà a Venezia Giulia Sviluppo Plus avviare l'iter per la predisposizione del bando europeo di evidenza pubblica per la presentazione di progetti per la realizzazione del Parco del Mare di Trieste. Al momento, l'unica proposta sul piatto è quella Icop-Costa-Iccrea, ma non è da escludere l'arrivo di ulteriori candidati.

Giovanni Tomasin

 

 

Tassa rifiuti alta ad Aurisina «Si ricicli di più o non cambia»
L'appello ai cittadini alla luce dell'audizione in commissione del gestore Isa «Differenziata ben al di sotto della media nazionale. Serve un cambio di rotta»
DUINO AURISINA. Migliorare decisamente la raccolta differenziata «altrimenti le tariffe della Tari non potranno scendere». È questo il forte appello alla popolazione con il quale si sono conclusi i lavori della Commissione Ambiente del Comune di Duino Aurisina, presieduta da Chiara Puntar, nel corso della quale c'è stata l'audizione di Giuliano Sponton, direttore generale della Isa - Isontina Ambiente, la società che opera nella gestione dei rifiuti per conto dell'amministrazione guidata dal sindaco Daniela Pallotta.«Non c'è alternativa per poter puntare a un calo della tassa sui rifiuti - ha spiegato con chiarezza Ponton, rispondendo alle domande degli esponenti del Comune, che nell'occasione si sono fatti portatori delle istanze della cittadinanza - se non quella di sensibilizzare tutti a una maggior attenzione alla differenziata».Il direttore della Isa ha presentato a corredo alcuni dati che non lasciano spazio a interpretazioni: nel 2020 la raccolta differenziata a Duino Aurisina è stata del 51,55%, con un miglioramento dello 0,8% rispetto all'anno precedente. Un miglioramento assai esiguo, che è poca cosa se rapportato alla media nazionale: nell'ultima relazione diffusa dall'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, e relativa al 2019, la media nazionale della differenziata aveva raggiunto quota 61,3% risultando in crescita. In altre parole, la fotografia della situazione attuale di Duino Aurisina non permette una programmazione che possa puntare alla riduzione di una tassa come quella riferita alla gestione dei rifiuti che, è bene ricordarlo, per legge va interamente riversata sui cittadini. Come valori assoluti, a Duino Aurisina la raccolta differenziata è stata di 2.477.642 chilogrammi nel 2017, di 2.666.612 nel 2018, di 2.793.126 nel 2019 e di 2.768.908 lo scorso anno. «Introdurre il porta a porta sul secco che è la frazione più costosa della raccolta - ha suggerito Sponton - migliorerebbe il rendimento, ma non porterebbe a una riduzione complessiva dei costi, perché si compenserebbe con il maggior costo per il porta a porta stesso». E quando il sindaco Pallotta ha riferito delle proteste dei cittadini «che arrivano al Comune per la qualità del servizio», il direttore Isa ha risposto che, «ogni qual volta ci viene riferito di problematiche, provvediamo immediatamente». L'assessore Massimo Romita ha ricordato che «Duino Aurisina sconta anche il fatto di essere, in tempi normali, un comune a forte presenza turistica, il che significa avere una produzione di rifiuti maggiore rispetto ad altre realtà, dovuta ai turisti in transito». Il vicesindaco nonché assessore ai Tributi Walter Pertot ha sostenuto a sua volta che «nel 2018 abbiamo dovuto aumentare di molto la Tari perché la precedente amministrazione non l'aveva adeguata in proporzione al lievitare dei costi negli anni precedenti». In chiusura, Sponton ha spiegato che «al nostro arrivo come concessionari del servizio non cerano i contenitori per il verde, che oggi invece sono presenti, e comunque per il verde è attivo uno specifico centro di raccolta. I cittadini poi possono richiedere il servizio di asporto del verde stesso pure a domicilio».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 gennaio 2021

 

 

Verdi e Legambiente in campo per tutelare i platani del Boschetto
Il primo di una serie di itinerari green all'imbocco di Viale al Cacciatore
Una ricognizione più breve del previsto quella di ieri pomeriggio in rione San Giovanni: il maltempo non è stato di aiuto al gruppo "Trieste Verde" dei Verdi di Trieste, radunatosi nei pressi della rotonda del Boschetto per inaugurare un ciclo green di itinerari urbani. Al centro dell'attenzione il verde pubblico che si estende su tutto il rione abitativo, ma nello specifico il filare di platani che sovrasta tutta la lunghezza di via Pindemonte, alcuni esemplari dei quali risultano «trascurati nella loro fisiologia». All'incontro organizzato dai Verdi ha preso parte anche Legambiente, promotrice nella fattispecie di una richiesta ufficiale per la tutela di alberi monumentali. «La salvaguardia e il riconoscimento di tutto il viale è necessario specialmente per i platani più antichi, quelli che presentano una circonferenza compresa fra i quattro e i 5,5 metri», ha spiegato Roberto Larosa, riferendosi con particolare attenzione ai quattro esemplari che sorgono vicino alla rotonda all'ingresso di Viale al Cacciatore. La segnalazione fatta al Comune secondo procedimento di legge ad hoc, se accolta, consentirebbe infatti all'accesso di fondi pubblici per il miglioramento dell'habitat circostante gli stessi alberi e permetterebbe inoltre di avviare interventi di riqualificazione in tutta l'area. L'obiettivo è dunque quello di restituire alla città l'antica porta del Boschetto, «quasi del tutto cementificata e oggi irriconoscibile», e ripristinare l'importanza e il pregio di quegli alberi che, in evidente stato di trascuratezza, si ergono in aiuole ridotte al margine del colletto della strada. «Ciò comporta che queste piante non possono avere rispettata la loro fisiologia -ha sottolineato Larosa- ma anche le rispettive funzioni di assorbimento d'acqua e nutrimento del suolo». Nonostante il maltempo e il distanziamento obbligato hanno partecipato all'iniziativa una cinquantina di cittadini; presente anche Alessandra Richetti, presidente della Sesta circoscrizione.

Stefano Cerri

 

 

La raccolta differenziata passata dal 38% al 44% nel giro di quattro anni - Resta il nodo ingombranti - la situazione
La crescita fra 2016 e 2020. Lo scorso anno AcegasApsAmga ha dovuto recuperare 443 tonnellate di materiali lasciati in strada
Il Comune può complimentarsi con i propri cittadini per aver incrementato in quattro anni, dal 2016 al 2020, la produzione di raccolta differenziata dei rifiuti, passando dal 38% al 44%. Allo stesso tempo deve però anche bacchettare la comunità per l'abbandono dei rifiuti ingombranti per strada. AcegasApsAmga, che per conto del Municipio esegue il servizio di ritiro, è tranchant. Il fenomeno resta costante e anzi aumenta. Questo, nonostante le iniziative e i servizi messi a disposizione dei cittadini. Basta ricordarne solo alcuni: Sabati ecologici, RiCreazione e Operazione recupero. Tuttavia elettrodomestici, mobili e materiali edili spuntano ogni giorno tra un marciapiede e l'altro. Una discarica diffusa che però sul bilancio annuale del Comune pesa. Dal 2015 viene automaticamente stanziata infatti, sulla base dei dati di sei anni fa, una quota fissa di 500 mila euro per la raccolta extra di ingombranti da parte di AcegasApsAmga. «Queste risorse potrebbero essere utilizzate in modo molto più utile per migliorare l'igiene pubblica - osserva Luisa Polli, assessore all'Ambiente della giunta Dipiazza -, in primis per garantire passaggi più frequenti per lo svuotamento di cassonetti e cestini». Nel 2020 sono state lasciate su strada 83 tonnellate in più di rifiuti ingombranti rispetto al 2019 (443 contro 360), che si sono tradotte in 35.553 ritiri contro i 28.848 dell'anno precedente: una media di 100 al giorno. Da viale Campi Elisi a via Piccardi, non c'è distinzione, perché gli scarti si registrano in tutta la città in modo omogeneo. Si segnalano però alcuni posti "preferiti" dai chi abbandona tali rifiuti, in prossimità di isole ecologiche stradali e in determinate vie. Eppure, l'utenza virtuosa esiste. Basta dare un'occhiata ai dati che raccontano di quanti fruiscono del ritiro a domicilio completamente gratuito, contattando il numero verde 800955988, una delle due modalità attraverso cui conferire correttamente i materiali ingombranti. Seguendo il primo percorso, tra il 2019 e il 2020 c'è stato un incremento di richieste: da 16.597 a 21.761. L'altro modo per non inquinare l'ambiente è il trasporto dei materiali ingombranti da parte del cittadino nei quattro centri di riferimento: in via Carbonara 3, via Giulio Cesare 10, via Valmartinaga 10 e strada per Vienna 84/a. E anche qui, nonostante la chiusura delle aree nel periodo di lockdown, non c'è stata una drastica riduzione degli accessi, ma piuttosto un incremento di rifiuti consegnati. Nel 2019 erano stati 140.341 gli ingressi da parte degli utenti, che avevano conferito 2.307 tonnellate di materiali ingombranti (corrispondenti al 20,51% dei rifiuti conferiti nel centro di raccolta). Nel 2020 si parla invece di 139.110 accessi e di 2.413 tonnellate di rifiuti (il 22,23% del totale nel centro di raccolta). La partecipazione della collettività non è mancata nemmeno ad alcune iniziative messe in campo da AcegasApsAmga, come i Sabati ecologici, che prevedono dei centri di raccolta mobili che si spostano tra i rioni. Anche se gli appuntamenti sono stati ridotti quest'anno, sono stati 789 gli accessi nel 2020 (925 nel 2019) con 48,8 tonnellate di materiali raccolti, di cui 27,5 solo d'ingombranti (90 tonnellate nel 2019, di cui 47 solo di ingombranti). C'è poi RiCreazione della onlus "Oltre Quella Sedia", un progetto di recupero creativo che consente una nuova vita a oggetti di scarto grazie al lavoro di ragazzi diversamente abili che collaborano con l'associazione. Restano però ancora dei miti da sfatare. Due su tutti. Se sentite «i rifiuti abbandonati vicino ai cassonetti verranno ritirati durante i normali giri di raccolta», sappiate che non è vero. Si tratta di rifiuti che non seguono la stessa filiera della raccolta stradale e devono quindi essere conferiti con altre modalità. E se poi qualcuno suggerisce: «Abbandona gli oggetti ancora integri vicino ai cassonetti per permettere ad altre persone di recuperarli e utilizzarli», anche questo non corrisponde a un comportamento corretto. L'abbandono di materiali in strada è vietato e può essere sanzionato dalle autorità. È meglio quindi rivolgersi ad associazioni che raccolgono oggetti in buono stato per donarli a persone bisognose. Nel caso del vestiario, sono disponibili i contenitori gialli stradali.

B.M.

 

Installati i nuovi contenitori hi-tech per i rifiuti
Possono accumulare una quantità di materiale cinque volte superiore ai cestini normali grazie al compattatore interno
Nell'arco di una settimana richiedono solo una vuotatura anziché 14, favorendo così la riduzione delle emissioni di co2. In più, sono autonomi grazie alla luce solare. Si chiamano "bigbelly" e sono dei contenitori di rifiuti che il Comune con AcegasApsAmga ha installato in via sperimentale in due punti di piazza della Borsa. Il periodo di prova non si è ancora concluso, ma se «dopo un adeguato monitoraggio, verrà rilevato un risparmio dei costi - sottolinea l'assessore all'Ambiente del Comune, Luisa Polli - ne verranno installati altri due nelle zone più critiche, ad esempio in via Torino». Il sistema permette un solo passaggio settimanale grazie al compattatore che si trova all'interno e che riduce i rifiuti raccolti. In questo modo viene assicurata una capienza pari a un quantitativo di materiale cinque volte superiore rispetto ai normali cestini. Ma i cambiamenti, all'insegna di una maggiore funzionalità, sono arrivati anche per quei cestini che ricordano un po' un tulipano. Sono quelli color grigio scuro, in ferro a strisce. Su 550 totali, 70 sono stati dotati di un coperchio con dei buchi «affinché i rifiuti non si accumulino e quindi non fuoriescano», spiega Polli, che aggiunge: «Sono stati utili soprattutto in questo periodo, in cui l'asporto nei bar ha inciso sul numero di rifiuti in città». Il percorso virtuoso in campo ambientale beneficia anche di nuove risorse economiche, 240 mila euro, che hanno rimpinguato per la prima volta alla fine di quest'anno il bilancio comunale. «Si tratta di denaro derivante dalla cosiddetta indennità di disturbo - spiega Polli -: in base a una legge nazionale, ho chiesto che venisse ripristinata quella a livello regionale in modo che quei rifiuti che arrivano da altre parti d'Italia e che AcegasApsAmga conferisce nel nostro inceneritore siano sottoposti a una tassazione». C'è poi l'occupazione del suolo pubblico dei contenitori, per altri 110 mila euro, sempre a beneficio del bilancio comunale, che «aumentano grazie agli incrementi previsti dall'Istat», rileva Polli. L'argomento rifiuti, però, potrebbe portare anche delle novità negative, su cui pure l'Anci è intervenuta. Il decreto 116 del 2020 ha apportato significative modifiche al Codice dell'Ambiente, con importanti implicazioni sull'organizzazione del servizio di gestione dei rifiuti urbani. «Questa novità potrebbe portare forti ripercussioni sulla Tari delle utenze domestiche - osserva Polli -, creando confusione con quelle aziendali. Attendiamo un tavolo tecnico nazionale sul tema per capirne di più».

Benedetta Moro

 

 

Ferriera, abbattuta una torre - Una nube nera invade Servola
Demolito un pezzo dell'impianto di caricamento che alimentava di carbone il vecchio altoforno - La bagnatura preventiva non ha evitato un polverone
Proseguono in maniera ininterrotta i lavori di demolizione della Ferriera. Dopo le demolizioni delle parti presenti alla base della struttura che domina il rione i Servola e il vallone verso Muggia dal lontano 1896, nella mattinata di ieri è stata abbattuta la torre del nastro di caricamento dell'altoforno, ovvero il sistema che permetteva di alimentarlo tramite il carbone per produrre il cock. Un'operazione della durata di pochi minuti, successiva alle manovre preliminari che hanno riguardato la liberazione delle parti sottostanti e l'irrorazione di una quantità considerevole di acqua per bagnare gli impianti e il suolo. Ciononostante l'abbattimento ha sollevato un'immensa nuvola di polvere di carbone che ha invaso le case dell'abitato di Servola. Un deciso colpo di coda della Ferriera che non avrà fatto felice chi aveva scelto proprio la mattina di ieri per stendere i panni alla finestra. Per contenere il più possibile la diffusione delle polveri conseguenti alla caduta dei manufatti siderurgici, fa sapere l'assessorato regionale all'Ambiente, si procede ad abbattere le strutture senza usare dinamite o esplosivi come accaduto in passato per dismettere impianti simili in Italia. Le procedure di demolizione proseguono secondo le regole previste dall'Accordo di programma, anche se non c'è ancora una vera e propria autorizzazione sull'abbattimento da parte del Ministero dell'Ambiente che, tuttavia, osserva da vicino la situazione e ha richiesto un monitoraggio costante sulle operazioni di smantellamento che, inevitabilmente, stanno originando un nuovo tipo di inquinamento, anche se circoscritto e temporaneo.

Lorenzo Degrassi

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 22 gennaio 2021

 

 

Legambiente segnala 4 alberi monumentali presso la Rotonda del Boschetto, che il Comune e la Regione devono tutelare secondo la normativa esistente
E’ noto ormai che le azioni di tutela, di valorizzazione e sviluppo del verde urbano sono fondamentali nel quadro delle misure di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici. Gli alberi svolgono la funzione importante di assorbimento della CO2 responsabile dell’effetto serra, di assorbimento di particelle inquinanti, di termo-regolazione e di drenaggio delle acque.
Con questa premessa Legambiente ha inviato in questi giorni al Comune di Trieste le schede di segnalazione relative a quattro Platani monumentali per dimensioni (da 4 a 5,5 m di circonferenza) e dell’intero filare di cui fanno parte, costituito da circa trenta Platani, valutabili per il pregio paesaggistico e storico-culturale nel loro insieme. La segnalazione degli alberi si collega alle proposte di riqualificazione di tutta l’area, frutto della progettazione partecipata condotta insieme alla VI Circoscrizione. E’ infatti necessario liberare le radici ora coperte da manto impermeabile e cordoli di pietra, per consentire l’assorbimento dell’acqua e dei nutrienti, ma ciò non può essere fatto albero per albero, bensì con una riqualificazione complessiva. Legambiente chiede quindi un intervento che coinvolga tutta l’area circostante, affinchè possa tornare ad essere la Porta del Boschetto e costituire un primo esempio di intervento volto a incrementare la quantità e la connettività della superficie verde in città, come indicato dalle norme in materia, a partire dalla Legge 10 del 2013.

Andrea Wehrenfennig, presidente del Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 gennaio 2021

 

 

Il cantiere dell'ex Fiera esce dal lungo letargo e riprende la sua marcia
Seppur con un ritardo di due anni rispetto al cronoprogramma, ripartono i lavori avviati dall'austriaca Mid per realizzare un moderno centro commerciale
Vuoi l'effetto Covid, vuoi la scoperta dell'amianto, vuoi le complicazioni legate alla burocrazia. Fatto sta che il cantiere dell'ex Fiera viaggiava a una velocità ben diversa da quella che era stata prospettata dal patron della carinziana Mid, Walter Mosser, quando il 14 novembre 2017 presentò il programma di rigenerazione urbana insieme al sindaco Roberto Dipiazza nel Salotto azzurro. Mosser aveva acquistato la grande area in disarmo nell'aprile dello stesso anno. Allora l'aspettativa era di inaugurare entro il 2021 il nuovo assetto Revoltella-Rossetti-Settefontane-De Gasperi disegnato dall'architetto monfalconese Francesco Morena sulle macerie della sede espositiva: il nuovo orizzonte temporale, aggiornato ieri dallo stesso Morena e dal manager della Mid Armin Hamatschek, vede l'autunno 2023 come punto di caduta inaugurale del polo ludico-commerciale-parking.Un ritardo ormai ufficializzato di due anni. Ma, e questa è la notizia di oggi, il cantiere ha ripreso a marciare spedito. Il piano resta lo stesso: 100 milioni di investimento su una superficie di 24.000 metri quadrati, che dovrebbe dare lavoro a 200 occupati e che potrebbe attrarre un bacino d'utenza di oltre 400.000 persone. Le varie proposte di parcheggio consentiranno la sosta a 1500 vetture. Una novità, accennata assai genericamente da Hamatschek come «una sorpresa», riguarderà uno spazio-divertimenti definito "futuristico", sul modello dei parchi tematici diffusi negli Stati Uniti. Come detto, dopo un lungo letargo, il progetto, fermo allo strip-out di infissi e serramenti che hanno trasformato l'ex Fiera nella quinta filmica di un bombardamento, adesso ha ripreso una marcia che batterà il passo attraverso tre fasi. Innanzitutto Morena e Hamatschek garantiscono che è imminente la richiesta del permesso di demolizione al Comune, con un probabile avvio dei lavori in marzo: demolizioni annunciate per la verità oltre un anno fa. Un po' come la festa della birra, fissata prima nell'autunno 2019, poi nella primavera 2020. A seguire, la presentazione del cosiddetto Piano attuativo - la riverniciatura del vecchio "particolareggiato" - determinante per cominciare a costruire tra la fine del 2021 e l'inizio del 2022. In Comune però non sono così sicuri che l'attività di demolizione possa prescindere dal Piano attuativo, anticipandolo: si tenga presente che andranno abbattuti 130.000 metri cubi di cemento, cui seguirà uno scavo da 90.000 metri cubi da smaltire, una combinazione ambiente-trasporti da non sottovalutare in un quartiere densamente popolato. Hamatschek è convinto che il rallentamento non influirà sul reclutamento degli operatori interessati a insediarsi negli spazi dell'ex Fiera: anzi, un primo "casting" è offerto da una trentina di commercianti attivi a Tavagnacco, dove Mid ha ammodernato il centro commerciale Friuli, investendovi una trentina di milioni. Finanziamenti perfezionati, affittuari contrattualizzati, progetto esecutivo delle cosiddette opere organizzative (dai sottoservizi alle rotatorie) completata la riqualificazione del rione sembra insomma aver messo qualche ferro in acqua. Seppur piano piano.

Massimo Greco

 

Ma più che sui negozi gli abitanti scommettono su aree verdi e parcheggi
La speranza dei residenti è che l'operazione rilanci una zona popolosa ma poco valorizzata «Da troppo tempo il comprensorio è in stato di abbandono. È il momento di voltare pagina»
Giardini, aree gioco per i bambini, parcheggi in abbondanza e spazi di aggregazione. Sono alcuni dei desideri che residenti ed esercenti della zona sperano siano esauditi con la realizzazione del nuovo centro commerciale. E c'è chi comunque si ritiene contento anche per la sola riqualificazione annunciata, dopo anni di abbandono e degrado che caratterizzano l'ex fiera. «In realtà i grandi spazi commerciali non mi piacciono molto, perché si rischia di ammazzare i negozi più piccoli, però - commenta Manuela Carocci, residente nella zona -. Bisogna ammettere che sono comodi, visto che entrando c'è un po' di tutto e sicuramente sarà utile a chi abita qui e al momento non trova poi molto da comprare. Speriamo che, insieme alla ristrutturazione degli edifici, curino però anche i marciapiedi vicini, malandati, e magari creino qualche area verde. Sul piazzale che c'è ora, sono rimasti solo pochi alberi, e sarebbe bello poter contare anche su un bel giardino». «Almeno sistemeranno tutto quel comprensorio che si trova così mal messo - aggiunge Franco Celzi -. Vivo qua vicino da pochi anni e l'ho sempre visto in queste condizioni, mi piacerebbe poter assistere presto a un cambiamento radicale». Molti ricordano come il grande supermercato Lidl, inaugurato qualche anno fa poco distante, abbia rivitalizzato la zona. «E credo che anche un nuovo centro commerciale potrebbe dare una spinta in più a questa parte della città, che - racconta Ezio Stefani -. Prima dell'insediamento del market la zona era degradata. Adesso c'è un bel via vai». Pensiero simile per Alessandro Sila, anche lui residente in zona. «Credo sia un bel progetto - dice -. Non servirà spostarsi troppo per fare acquisti, ma funzionerà solo se avrà negozi e servizi nuovi, magari diversi da quelli già presenti in alcuni centri commerciali di Trieste che al momento sono mezzi vuoti». Anche al bar Wayra, in viale Ippodromo, punto di riferimento per tanti cittadini tra caffè e tabacchi, guardano di buon grado alla novità. «Basta che comincino presto con i lavori - puntualizza Maurizio Godnic -. Per ora hanno fatto tante demolizioni ma non si nota ancora nulla di concreto. Da quanto si sente il progetto dovrebbe essere bello e funzionale, anche perchè vicino al raccordo autostradale. Penso possa portare lo stesso movimento che sta creando il nuovo supermercato. Sono qui da 35 anni e finalmente ci sono segnali di rinascita. Credo che il centro avrà successo - prosegue - se non ci inseriranno un altro market. Mentre ho sentito che ci sarà un'area fitness, che a mio parere è un'ottima idea. E mi auguro anche un bel parco giochi per i bambini e del verde. E soprattutto parcheggi, tanti». Secondo Danica Zanko, che lavora sempre all'interno dello stesso bar, sarà un aiuto anche ai tanti anziani che vivono nella zona. «E qui sono veramente molte le persone in là con gli anni - ricorda - che non si recano in centro ma preferiscono rimanere nei dintorni per le spese. Per loro sarà sicuramente una valida opportunità per trovare punti vendita e servizi utili alla quotidianità». Secondo alcuni genitori che vivono nei condomini Ater affacciati su piazzale de Gasperi, servono anche ambienti e negozi per i più piccoli. «Come un'area attrezzata per i bambini - suggeriscono alcune mamme - ma anche giocattoli, abbigliamento e spazi di aggregazione pensati per tutte le età».

Micol Brusaferro

 

 

Porto vecchio, slitta la firma dell'accordo di programma
Il dirigente regionale non si è presentato alla riunione decisiva fra uffici - L'ira di Dipiazza: «Voglio una data». Fedriga rassicura: «Si chiude a giorni»
L'Accordo di programma sul Porto vecchio slitta ancora e il sindaco Roberto Dipiazza perde le staffe. Si è tenuto ieri l'incontro degli uffici di Comune, Autorità portuale e Regione per le ultime limature del patto che dovrebbe dar il via allo sviluppo effettivo dell'area, e soprattutto all'apertura agli acquirenti privati. Gli uffici regionali, però, non si sono presentati, suscitando l'irritazione del primo cittadino, che ha tirato in ballo i vertici regionali per porre rimedio: «Ora mi parlano del 15 febbraio - dice Dipiazza -, ma io voglio al più tardi il primo del mese, così mi fanno un regalo di compleanno». Il presidente regionale Massimiliano Fedriga dal canto suo rassicura il sindaco e anticipa ancora: «Conto di firmare l'accordo a giorni».Per gettar luce sull'impiccio è il caso di ripercorrere le tappe della vicenda. Era il dicembre dell'ormai lontano 2019 quando Dipiazza, Fedriga e il presidente dell'Adsp Zeno D'Agostino firmarono un "pre-accordo", inclusivo della bozza di statuto del Consorzio Ursus (l'ultima incarnazione della società di gestione per lo sviluppo dello scalo) e di un cronoprogramma. Secondo quest'ultimo documento, la firma dell'accordo sarebbe dovuta arrivare nell'aprile del 2020, sancendo così la variante al piano regolatore comunale, passaggio imprescindibile per iniziare a integrare l'area al centro urbano e a vendere i palazzi agli acquirenti privati. In Italia gli annunci son spesso smentiti, e com'è noto il 2020 non è stato un anno tra i più semplici. Tanto la Regione quanto il Comune hanno dovuto concentrare le loro energie su ben altre sfide e il procedimento per lo sblocco dell'area è finito per qualche mese in secondo piano. Dall'autunno, però, le cose hanno cominciato ad accelerare, soprattutto dopo l'annuncio della Regione di uno stanziamento da 26 milioni volto all'urbanizzazione dell'area e all'acquisto di due magazzini, 2 e 4, da destinare a nuova sede dell'ente. Nel frattempo la data della firma veniva posticipata di mese in mese, e l'ultima deadline era l'inizio di gennaio: il Comune era in attesa del responso definitivo della Soprintendenza. Superato in questi giorni anche quello scoglio, la riunione di ieri doveva chiudere gli ultimi punti tecnici rimasti aperti. Peccato però che ieri mattina mancasse all'appello l'esponente della Direzione centrale infrastrutture e territorio della Regione. Preso atto dell'assenza (rivelano diversi testimoni oculari e auricolari) il sindaco è esploso in una sfuriata di prima magnitudo. Conferma Dipiazza: «Temo di aver perso un po' la pazienza, ma gli uffici regionali hanno in mano le carte del pre-accordo ormai da un anno, non è possibile che a questo punto la procedura non sia conclusa. Ho telefonato al presidente Fedriga e all'assessore regionale Pierpaolo Roberti chiedendo loro di risolvere il problema. Ora dagli uffici mi parlano del 15 febbraio, ma io dico il primo del mese. Qui non stiamo parlando del mio umore, parliamo del futuro della città». Dall'altro lato di piazza Unità la notizia ha colto di sorpresa più di qualcuno. Tra gli stessi leghisti triestini c'è chi vede il ritardo come una prova di poca attenzione dell'assessorato guidato da Graziano Pizzimenti verso il capoluogo. Ma il presidente Fedriga rassicura Dipiazza: «Il 15 febbraio? Oggi sono stato impegnato con le sentenze del Tar, ma mi dicono che lunedì le carte sono pronte. E son pronto a firmare l'accordo a giorni».

Giovanni Tomasin

 

 

Zagabria non attende la Slovenia e blinda la sua zona in Adriatico
Ok dal Parlamento, l'area economica esclusiva in vigore da febbraio. I timori della vicina Repubblica
ZAGABRIA. La Croazia segue la sua tabella di marcia. La Zona economica esclusiva (Zee) in Adriatico, come annunciato dal ministro degli Esteri Gordan Grlic Radman e dal responsabile della Farnesina Luigi Di Maio durante la sua visita a Zagabria il 30 novembre scorso, sarà proclamata ufficialmente il prossimo 1 febbraio. Nonostante il summit trilaterale di Trieste di fine dicembre tra i capi delle diplomazia di Italia, Croazia e Slovenia. Nonostante le ritrosie e le paure (giustificate) di Lubiana. L'ultimo step nazionale è stato superato ieri con la benedizione del Sabor (Parlamento croato) al progetto. Dunque per Zagabria si parte.«Nel diritto internazionale, si definisce zona economica esclusiva la porzione di mare adiacente alle acque territoriali, che può estendersi fino a 200 miglia dalle linee di base dalle quali è misurata l'ampiezza del mare territoriale. Istituita dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, la zona economica esclusiva diviene effettiva a seguito della sua formale proclamazione da parte dello Stato costiero. Rispetto a essa, lo Stato costiero è titolare di diritti esclusivi di sovranità in materia di esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse ittiche; ha inoltre giurisdizione in materia di installazione e utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture, nonché in materia di ricerca scientifica marina e protezione dell'ambiente, e può adottare leggi e regolamenti in molteplici settori (come il rilascio di licenze di pesca e per la determinazione delle specie e delle stagioni di pesca). Lo Stato costiero non può tuttavia impedire agli altri Stati la navigazione e il sorvolo della zona economica esclusiva, come pure il suo utilizzo per la posa di condotte e cavi sottomarini». Così l'Enciclopedia Treccani la definisce. E ieri al Parlamento croato è stato approvato l'emendamento alla legge che aveva già dato il via libera alla Zona ecologica esclusiva il 18 dicembre scorso . Mancava solo di indicare la data dell'entrata in vigore, ossia l'1 febbraio del 2021.A quanto si era stabilito a Trieste la proclamazione della Zee dovrebbe avvenire contemporaneamente tra Italia e Croazia. In quella sede il ministro degli Esteri Grlic Radman aveva spiegato che i colloqui tra gli esperti sulla delimitazione delle aree con l'Italia inizieranno dopo la loro proclamazione congiunta. Zagabria si aspetta che si applichi un confine marittimo temporaneo fino all'accordo, in conformità a quanto stabilito tra Italia ed ex Jugoslavia nel 1968. Dopo aver ricordato il summit trilaterale di Trieste, ieri in Parlamento il ministro degli Esteri, Grlic Radman ha annunciato che la prima riunione della trilaterale a livello di gruppo di esperti si terrà il 29 gennaio prossimo tramite videoconferenza. L'incontro fornirà la base e sarà una sorta di preparazione per il lavoro su singole proposte e programmi a livello di esperti, al fine di convocare una riunione trilaterale a livello ministeriale a marzo. E la Slovenia? La Slovenia rischia di fare la fine dei manzoniani vasi di coccio fra vasi di ferro. Non ha la possibilità di dichiarare una zona esclusiva in quanto i suoi confini marittimi non hanno accesso alle acque internazionali. In primis Lubiana teme che la Croazia abusi del diritto di poter ispezionare le navi nel territorio croato se si dovessero riscontrare violazioni delle leggi marittime e soprattutto inquinamento ambientale. Questo rallenterebbe i traffici da e per il porto di Capodistria che potrebbe pagare con la perdita di importanti toccate che verrebbero sicuramente deviate verso i più veloci lidi dello scalo di Trieste. E poi resta il quesito dei quesiti, ossia la definizione del confine marittimo tra Slovenia e Croazia dopo che Zagabria ha disconosciuto i lavori e la sentenza del Tribunale dell'Aja relativi all'arbitrato internazionale tra i due Paesi. Qualcosa del genere «non è ancora accaduto», aveva detto a Trieste Grlic Radman sui timori sloveni relativi ai controlli, ma non aveva detto che «non accadrà mai».

Mauro Manzin

 

 

Le reazioni su A2A - Ambientalisti spaccati sul futuro della centrale

Le associazioni ambientaliste sembrano spaccate sulla bontà della proposta di A2A di riconversione della centrale termoelettrica. Se FareAmbiente la promuove, per Legambiente regionale e locale non c'è nulla di "green" nel progetto, giudicato inoltre «in netto contrasto con le indicazioni dell'Ue, che prevede la neutralità climatica al 2050». Per Legambiente sono molti i punti deboli della proposta. A iniziare da una "decarbonizzazione" che per essere reale non può giustificare la riproposizione di una centrale a gas naturale di 850 megawatt, quando nella vicina Torviscosa ce n'è un'analoga sottoutilizzata. «L'ipotizzata produzione di idrogeno è poi poco più di una presa in giro, se la fonte sono i combustibili fossili: non c'è alcun beneficio in termini di riduzione di CO2, anzi», sempre Legambiente. E la Commissione europea si è espressa in materia a luglio, secondo l'associazione, che rileva come l'occupazione sarà poi di poche decine di addetti. «La nuova centrale non trova giustificazioni», aggiunge Legambiente, che addebita una situazione «priva di visione per un futuro di sostenibilità» ad A2A, «disinteressata nel proporre scelte innovative», ma anche a Regione e organizzazioni sindacali, pur comprendendone la preoccupazione per l'occupazione. «Nonostante la dichiarazione dell'amministrazione di escludere ogni ipotesi di polo energetico in città espressa a inizio mandato anche con atto amministrativo - conclude l'associazione -, oggi le dichiarazioni del sindaco sembrano andare in tutt'altra direzione, con aperture preoccupanti ad A2A». FareAmbiente parla invece di "svolta green", definendo «fondamentale il dialogo tra amministrazioni, azienda, territorio e parti sociali, per definire il miglior percorso sia ambientale sia dell'occupazione e sviluppo». Importante «l'attenzione del sindaco di Monfalcone a tutela degli interessi del territorio e dei cittadini e l'apertura a un progetto integrato», dice Giorgio Cecco, coordinatore regionale di FareAmbiente e referente per le tematiche ambientali di ProgettoFvg. «Dobbiamo sfruttare le opportunità di sviluppo più ecologico, tenendo il tessuto produttivo», evidenzia Alice Tessarolo sempre di FareAmbiente.

LA. BL.

 

 

Infrastrutture - Si accende la partita per elettrificare le banchine
L'Authorithy ha in progetto l'elettrificazione delle banchine dei porti di Trieste e Monfalcone. Ma è ancora aperto il nodo su chi fornirà l'energia. «Abbiamo iniziato a parlare con Terna per l'energia perchè non abbiamo la capacità di fornirla - precisa il presidenbte D'Agostino - e la stessa Terna dice che la centrale termoelettrica di Monfalcone, una volta riconvertita da A2A, può diventare fondamentale in questo progetto».Non ci sono però in coso trattative tra Autorità di sistema e A2A e non ci sono stati nemmeno incontri dopo l'annuncio della riconversione degli impianti a metano e idrogeno dal 2024. «La fonte dell'energia potrà essere anche quella di Monfalcone - conclude il presidente - dipende se sarà effettivamente green. Dobbiamo tenere presente il costo ambientale, non possiamo trasferire in porto la produzione di energia da fonti inquinanti come il fossile».

 

 

Supertreno per Venezia, c'è il commissario
Il governo sceglie Vincenzo Macello, responsabile Direzione Investimenti Rfi, per gestire la linea ferroviaria veloce da Trieste
Trieste. Sarà Vincenzo Macello, responsabile della Direzione Investimenti di Rete ferroviaria italiana, il commissario per la velocizzazione della tratta Trieste-Venezia. Ieri il governo ha inviato al Parlamento la lista dei commissari designati per accelerare la realizzazione di 59 grandi opere. Ma l'indicazione di Macello non risolve la mancanza di buona parte degli oltre due miliardi necessari a far viaggiare più rapidamente i treni fra Trieste e lo snodo di Mestre. Al momento risultano stanziati soltanto 200 milioni, ma altre risorse potrebbero arrivare nei prossimi mesi grazie al Recovery Plan. Il commissariamento dei lavori era stato previsto dai decreti Semplificazioni e Sblocca cantieri, cui ieri è seguita l'indicazione dei responsabili incaricati. La lista dovrà ora essere approvata dalle camere. Il nome di Macello compare fra quello di una trentina di dirigenti di Rfi, Anas e ministero delle Infrastrutture: toccherà a loro il compito di avviare o aumentare il ritmo dei cantieri, il cui valore complessivo ammonta a 60 miliardi circa. Fra i sedici interventi in ambito ferroviario c'è la Trieste-Venezia, per la quale si procederà al potenziamento tecnologico e all'eliminazione dei colli di bottiglia, in modo da rendere la tratta percorribile in poco più di un'ora, senza la necessità delle misure più impattanti previste dall'alta velocità, che è ritenuta non conveniente viste le scarse quantità di traffico previste. Il dl Semplificazioni ha aggiornato il valore dell'opera, che costerà 2,2 miliardi, ma che non figura tra quelle inserite nel Recovery Plan: il finanziamento dipenderà dalle richieste della Regione, che ha già reso noto di aver inserito il finanziamento dei lavori nel pacchetto da oltre 10 miliardi che sarà presentato a Roma, con la speranza tuttavia di vederne approvato solo una frazione. Macello si occuperà della Trieste-Venezia, ma anche dell'alta velocità Brescia-Verona-Padova, del completamento del raddoppio della Genova-Ventimiglia e del potenziamento della Orte-Falconara e della Roma-Pescara. Si tratta di una parte delle opere infrastrutturali prioritarie, che a luglio sono state elencate nella lista preparata dalla ministra dei Trasporti Paola De Micheli. Il commissario potrà contare su procedure e valutazioni ambientali più rapide, ma ad aver bloccato i lavori è finora soprattutto la mancanza di fondi. L'anno scorso Rfi ha assicurato di poter completare il cantiere entro il 2025, ma nemmeno un operaio si è ancora visto lungo i binari, anche se l'impegno è appunto di far partire l'opera nel 2021. Restano però da chiarire il numero di fermate previste per rispettare la percorrenza di poco più di un'ora e permane ancora lo scontro politico fra chi, come Pd e M5s, ritiene che la velocizzazione della linea sia sufficiente e chi, come l'assessore regionale Graziano Pizzimenti, la ritiene propedeutica alla Tav vera e propria, che costerebbe quattro-cinque volte di più.

Diego D'Amelio

 

 

Il Municipio di San Dorligo a fianco dei pacifisti «Denuclearizzare i porti di Trieste e Capodistria»
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Denuclearizzare i porti di Trieste e Capodistria «per garantire sicurezza e pace». È questo l'appello lanciato ieri nel corso di una conferenza online promossa dal Movimento per la democrazia in Europa 2025, dal Comitato Dolci e dal Comune di San Dorligo. Dopo l'introduzione dell'assessore comunale Davide Stokovac Alessandro Capuzzo (Di Em 25) ha ricordato che «Trieste e Capodistria ospitano due porti militari nucleari che possono diventare oggetto di attentato e le popolazioni residenti non sono a conoscenza dei rischi che corrono. L'obiettivo è di denuclearizzare l'intero Mediterraneo». Aurelio Juri, già sindaco di Capodistria, ha evidenziato che «la Slovenia non ha aderito al trattato internazionale di abolizione delle armi nucleari. Speriamo che il prossimo governo, che auspico di colore diverso da quello attuale, aderisca». Werner Wintersteiner dell'Università di Klagenfurt ha ricordato che «il Fvg è sempre stato considerato una zona pericolosa a causa della presenza della base di Aviano. Il pericolo nucleare va combattuto a livello internazionale e il nostro obiettivo è fare dell'Alpe Adria la regione della pace». Carlo Tombolo, dell'Osservatorio sulle armi nei porti europei e del Mediterraneo, ha spiegato che «bisogna battersi affinché le popolazioni siano sempre messe a conoscenza delle merci che transitano nei loro porti. A Trieste esiste un documento congiunto di Capitaneria di porto e Autorità portuale - ha proseguito - che prevede che il materiale nucleare e in particolare gli esplosivi prima di transitare nello scalo giuliano siano sottoposti ad autorizzazione». Sibylle Hoffmann, pacifista di Amburgo, ha ribadito «la necessità di diffondere le informazioni sui traffici di materiali nucleari». Stokovac ha garantito la disponibilità «a ospitare sul sito del Comune le documentazioni inerenti ai temi trattati».

 

Debutta a Trieste il servizio civile per valorizzare la cultura alpina
Per la prima volta sono a disposizione dei posti per riorganizzare libri e video degli archivi Cai
Un progetto rivolto ai giovani nell'ambito del servizio civile per diffondere e rilanciare la cultura di montagna partendo da testi, video, foto. Che verranno riordinati con l'obiettivo futuro di aprire gli archivi - cartacei, cinematografici e cartografici - alla cittadinanza. Per la prima volta a Trieste, città che pur conta migliaia di appassionati, l'Arci servizio civile del Fvg apre quest'anno ai giovani la possibilità di prestare servizio con tre sodalizi che svolgono attività in montagna. Nonostante la grande tradizione, in città sempre meno ragazzi frequentano infatti l'ambiente alpino e l'età media è sempre più alta. Ed è proprio nell'ottica della rinascita della filosofia della montagna e del coinvolgimento del mondo giovanile nelle attività che svolgono in ambiente alpino, che le due sezioni triestine del Cai (Società Alpina delle Giulie e XXX Ottobre), assieme a Monte Analogo, propongono un progetto che consentirà a ragazzi e ragazze tra i 18 e 28 anni di fare questa esperienza. «Questa opportunità - commenta il presidente della XXX Ottobre, Piero Mozzi - rientra nella nostra propensione a rivolgerci ai giovani, garanzia del futuro, che passa anche attraverso un concorso letterario per gli alunni delle medie». La montagna è vista come maestra di vita, dove si instaura un rapporto con la natura, ma anche con il compagno di cordata o escursione. «Le forze fresche - riprende Mozzi - contribuiranno a completare la catalogazione, già in fase avanzata, delle migliaia di volumi della biblioteca "Julius Kugy" , offrendo loro l'opportunità di capire il valore della carta stampata. L'idea è di affiancarli nelle nostre attività in modo che possano poi illustrare le opportunità per un socio di praticare speleologia, alpinismo, sci alpinismo, kayak e orienteering». «Da diversi anni Monte Analogo - spiega il presidente Fulvio Mosetti - collabora con le due sezioni triestine del Cai per la realizzazione di eventi culturali, incontri e proiezioni a tema, ma purtroppo la presenza giovanile è scarsa. I pochi eventi che parlano di montagna inoltre riguardano esclusivamente lo spettacolo e lo sport o sono spesso poco pubblicizzati. Anche gli archivi risultano di difficile accesso, soprattutto per mancanza di personale. La presenza dei volontari sarà un primo passo per creare percorsi di confronto e dibattito dedicati soprattutto ai giovani». Le domande dovranno pervenire entro il 15 febbraio attraverso la piattaforma Domanda online (https: //domandaonline. serviziocivile. it).

Gianfranco Terzoli

 

 

Trieste Verde - Itinerari urbani nel Boschetto

Oggi alle 16 con ritrovo alla rotonda del Boschetto (rione di S. Giovanni) a Trieste si terrà il primo evento degli Itinerari Urbani organizzato dal gruppo "Trieste Verde" Verdi Trieste. Un breve itinerario nel rione per parlare degli spazi verdi, partendo dalla presentazione della radura di alberi di pregio siti alla rotonda del Boschetto.

Adesso Trieste - Passeggiata nella zona di Prosecco

Domani Adesso Trieste salirà in Carso. La nuova passeggiata porterà a scoprire il borgo di Contovello e il centro abitato di Prosecco. L'appuntamento fissato per le 10 davanti al monumento ai caduti di Prosecco.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 gennaio 2021

 

 

La sfida verde di A2A: puntare sull'idrogeno «Cresciamo in Europa»
L'ad Mazzoncini: «Il ciclo delle aggregazioni regionali è finito. Investiamo 16 miliardi nell'economia circolare e sulle fonti alternative». L'alleanza con Suez
Trieste. «Le aggregazioni regionali non sono più un pilastro della nostra crescita in Italia. La nostra porta resta aperta ma un ciclo si è chiuso. Dopo un anno e mezzo di pandemia le multiutility hanno mostrato resilienza ma ora è arrivato il momento di reagire»: l'amministratore delegato di A2A, Renato Mazzoncini, da meno di un anno alla guida della società controllata alla pari dai Comuni di Milano e Brescia, presenta alla comunità finanziaria il piano industriale al 2030 che prevede 16 miliardi di euro di investimenti in 10 anni dedicati allo sviluppo dell'economia circolare e per la transizione energetica. Una pesante svolta industriale «green» che guarda all'Europa dopo l'alleanza stretta con la francese Suez e suona come un guanto di sfida nei confronti di Hera che a Nordest ha comprato le utenze gas di Ascopiave e controlla AcegasAps. Una svolta premiata dai mercati con il titolo sugli scudi (+3,43%). «Quando nel 2021 usciremo dalla pandemia ci aspettiamo una forte accelerazione della crescita in linea con il Green New Deal europeo», sottolinea Mazzoncini. Nel piano sono previsti interventi di potenziamento strategico e industriale con la realizzazione di un nuovo impianto a ciclo combinato metano/idrogeno da 400 milioni che nascerà dalla riconversione della centrale termoelettrica di Monfalcone. L'impianto nella città dei cantieri diventerà un modello industriale strategico in tutto il Nord Italia considerato che l'idrogeno ormai è considerato una risorsa fondamentale per lo sviluppo energetico a emissioni pari a zero: il gas del futuro. Non a caso A2A a siglato proprio a Trieste un'alleanza con Snam per studiare progetti comuni sulla tecnologia dell'idrogeno che sarà probabilmente usata per la "rifondazione verde" della centrale monfalconese. In Fvg il gruppo presieduto da Marco Patuano, controlla anche due centrali idroelettriche a Somplago e Ampezzo, nella provincia di Udine. Nel piano solo gli investimenti nelle rinnovabili saranno pari a 4,1 miliardi, di cui il 60% nel fotovoltaico e il 40% nell'eolico, ma solo il 12% sarà destinato ad acquisizioni e il resto alla crescita organica. Per entrare nell'era del Green Deal il gruppo prevede 6 mila assunzioni dirette da qui al 2030. Durante la presentazione virtuale al Museo del Novecento a Milano con vista Duomo, il gruppo ha definito un piano di sviluppo nel campo dell'energia verde e delle fonti rinnovabili. Lo smaltimento dei rifiuti, dove A2A è leader, diventa una risorsa per la produzione di energia grazie a termovalorizzatori a basso impatto ambientale. Inoltre il gruppo di Mazzoncini prevede di destinare oltre 4 miliardi di euro in investimenti e acquisizioni sul fronte delle energie rinnovabili (solare, idroelettrico e eolico). Il piano industriale disegna un'espansione industriale su scala internazionale in linea con la strategia green della commissione europea di Ursula von der Leyen. La Spagna è il «sorvegliato speciale» della crescita all'estero nella termovalorizzazione: «Già oggi - spiega Mazzoncini- la nostra joint venture per lo smaltimento dei rifiuti industriali con Suez è leader in Italia». Addio quindi alla concorrenza domestica fra le multiutility e via libera a una transizione energetica che punta sull'economia circolare: per questo A2a punta ad abbandonare il carbone nel 2022, in anticipo rispetto all'obiettivo nazionale fissato al 2023. Come ha spiegato Mazzoncini la transizione energetica legata alle rinnovabili prevede una riduzione del 30% delle emissioni e la riconversione in energia verde di 4,5 milioni di tonnellate dei rifiuti destinati alle discariche equivalenti e 31 milioni di tonnellate di C02 movimentati dai camion che trasportano le merci su strada. «Abbiamo obiettivi di sostenibilità sfidanti e target economici di crescita molto importanti per il gruppo, che si affaccia al mercato europeo», commentato Mazzoncini, spiegando che «per la prima volta A2A ha una strategia di lungo termine, con 16 miliardi di investimenti dedicati allo sviluppo dell'economia circolare e alla transizione energetica. Queste sono le solide basi che ci consentiranno di realizzare infrastrutture strategiche, innovative ed essenziali per la crescita e il rilancio del Paese, di essere ambiziosi e guardare all'Europa».

Piercarlo Fiumanò

 

Monfalcone strategica addio al carbone nel 2022 e riassetto da 400 milioni
Le risorse messe in campo dal gruppo con la nuova tecnologia che deriva dal patto con Snam
E il gruppo si candida a fornire energia alle banchine del porto isontino e a quello di Trieste
MONFALCONE. Nella svolta green di A2A Monfalcone riveste un ruolo di rilievo con la centrale termoelettrica sulla quale saranno investiti 400 milioni per la riconversione dal carbone al ciclo combinato a gas e poi l'idrogeno. Lo ha confermato ieri durante la presentazione del nuovo piano industriale 2021-2030 l'amministratore delegato Renato Mazzoncini che ha ribadito il progetto annunciato a settembre  nel corso di una visita a Monfalcone e Trieste in occasione della quale è stato firmato un memorandum di cooperazione tecnologica tra A2A e Snam, tra lo stesso ad A2A e l'omologo Snam, Marco Alverà. Un progetto sperimentale per verificare l'utilizzo di idrogeno combinato con il gas nelle centrali termoelettriche e accelerare la transizione della produzione a impianti ad emissioni zero.«Monfalcone è uno dei siti energetici più importanti per la nostra svolta green - ha confermato l'ad di A2A - l'impianto a carbone verrà dismesso per riconvertirlo al ciclo combinato a gas e l'utilizzo dell'idrogeno. La chiusura è prevista entro il 2022, poi partirà il progetto di trasformazione e parteciperemo anche al nuovo capacity market che serve per dare stabilità agli investimenti e certezza all'occupazione degli addetti che sarà legata alla crescita dell'impianto. Ma su Monfalcone, per garantire la piena occupazione, penseremo ad attività integrative».Mazzoncini ieri non ha dato ulteriori particolari, il tempo tra chiusura dell'impianto (2022) e ripartenza dell'impianto a ciclo combinato (2024) è abbastanza lungo e ci sarà tutto il tempo per perfezionare i dettagli. Quello che è certo è che per il mantenimento dei circa 100 addetti (per il solo impianto a gas anche combinato con l'idrogeno non servirà molta manodopera, si parla di alcune decine di addetti)si pensa tutta una serie di attività collaterali. Legate alla gestione dell'idrogeno e al ciclo combinato stesso gas-idrogeno, ma anche a un nucleo di fotovoltaico all'interno della centrale, impianti "compensatori sincroni", storage delle batterie a cella (c'è tutto il filone delle auto elettriche da sviluppare), ma anche all'economia circolare (A2A è uno dei principali operatori in Italia) e alla retroportualità visto che saranno liberate alcune aree della centrale in pieno porto. Su questo fronte è ipotizzabile (erano stati annunciati contatti mesi fa tra A2A e il presidente dell'Autorità di sistema portuale Zeno D'Agostino) anche un impegno dell'azienda per la fornitura di energia a km zero alle banchine dei due porti, Trieste e Monfalcone, che saranno elettrificate. La stessa A2a poi ha iniziato l'installazione di colonnine per la ricarica delle vetture elettriche a Monfalcone.Per la nuova centrale termoelettrica (con una potenza di 850 megawatt) la trasformazione si annuncia radicale. Il capitolato di gara per il revamping, ha spiegato A2A, prevede una centrale a ciclo combinato a gas già pronta con le turbine in grado di funzionare ad idrogeno che verrò miscelato al gas. Per la connessione alla rete di distribuzione verrà utilizzato un tubo lungo poco meno di 2 chilometri che si collegherà alla cabina del gas del Lisert poco distante dall'autostrada. E lo stesso tubo un domani potrebbe essere utilizzato dalla Snam per distribuire anche idrogeno.«Noi saremo gli utilizzatori, la Snam distribuirà l'idrogeno - aveva spiegato Mazzoncini - e l'accordo con loro serve per avviare la sperimentazione. Una collaborazione che rappresenta un'opportunità per valorizzare una filiera italiana di infrastrutture chiave pe l'obiettivo europeo delle emissioni zero entro il 2050».

Giulio Garau

 

 

Stiamo distruggendo il mondo: la natura si ribella e il Covid-19 non è che l'inizio
In "Qualcosa di nuovo sotto il sole" (Einaudi) lo storico John McNeill analizza i mutamenti ambientali
Per quanto tenti di scacciare la natura col forcone, ammoniva Orazio in una lettera ad Aristio Fusco, questa alla fine ritorna di corsa. E magari, ma questo Orazio non lo diceva, anche un poco arrabbiata. Parliamo del Covid? Sì, ma non solo. Natura sono anche i microbi, i virus, i batteri, gli organismi che si muovono nella biosfera e fanno parte di quell'infinitamente piccolo che ci circonda e che portiamo in noi. Natura sono l'aria, l'acqua, la terra, un tempo elementi per filosofi, adesso risorse da sfruttare. L'equilibrio è stato spezzato dal gesto prometeico dell'Homo sapiens così tronfio di hybris che vuole sottomettere la natura, addomesticarla e piegarla con la mano armata della tecnica gli si sta ritorcendo contro. Per migliaia di anni la colonizzazione dell'ambiente è stata tutto sommato accettabile. L'accelerazione bruciante si è avuta a partire dall'Ottocento, con lo sfruttamento del carbone per scopi industriali. Da allora, in un tempo così breve, un battito di ciglia nella storia del pianeta, tutto è cambiato. Tanto che si può dire, come fa lo storico John McNeill, che c'è "Qualcosa di nuovo sotto il sole" (Einaudi, pagg. 487, euro 28).E, diciamo la verità, di queste novità ne avremmo fatto anche a meno. Come il Covid-19, un pacco regalo avvelenato che ci sta colpendo con forza inaudita. D'altra parte se stuzzichi la natura capita che poi lei ti presenta il conto. E i prossimi rischiano di essere anche peggio, lascia intendere, in questa storia dell'ambiente nel XX secolo, uno studioso come McNeill che non è un luddista anti industriale, né un integralista verde. Quello che è sotto gli occhi di tutti, ammonisce McNeill, è che stiamo scegliendo, sia pur involontariamente, un certo percorso evolutivo. Un quarto del genere umano ha stili di vita connessi alla stabilità del clima al basso costo di energia e acqua, alla rapida crescita di popolazione ed economia e il resto aspira a vivere nello stesso modo. Ma la società basata sui combustibili fossili ha prodotto uno 0sul piano ecologico, e lo sconquasso dell'ecologia globale sta già mettendo a rischio l'organizzazione sociale di numerose società. McNeill disegna un quadro in cui popolazioni e ambienti, storia dei popoli e storia del pianeta sono strettamente connessi, e lo fa dal punto di vista dell'uomo, analizzando incremento demografico, migrazioni, innovazione tecnologica, industrializzazione. Un mix strettamente interdipendente che produce effetti di lunga durata. Torniamo alla pandemia: i più grossi cambiamenti del Novecento hanno riguardato le malattie. Alla fine del secolo scorso la battaglia contro i microbi, che sembrava vinta con gli antibiotici e con i vaccini, era di nuovo in corso e dagli anni Settanta le infezioni hanno ripreso a correre con la comparsa dei batteri multiresistenti, come quelli della tubercolosi e della malaria. Se l'uomo esercita una pressione sull'habitat della fauna selvatica, estendendo le attività agricole o disboscando, aumenta il rischio di nuove zoonosi, un effetto boomerang che ora ha un nome ben noto. È ancora troppo presto per dire se il Coronavirus produrrà cambiamenti duraturi nella società o sarà solo una deviazione momentanea, ma intanto il suo impatto sulla storia dell'ambiente ha messo in luce, secondo McNeill, almeno due aspetti: il passaggio di virus animali all'uomo e la relazione tra inquinamento e mortalità.

Paolo Marcolin

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 gennaio 2021

 

 

Arvedi conferma i tempi sulla nuova area a freddo - Zero esuberi dopo la Cig
Le risposte del gruppo all'incontro al Mise reclamato dai sindacati per rompere il silenzio calato dopo l'Accordo di programma. Gli impianti forniti da Danieli
La conferma del rispetto dei tempi con il completamento dell'area a freddo entro 18 mesi. E tavoli di confronto frequenti. Sono i segnali venuti da Arvedi ieri al ministero dello Sviluppo economico, dove si è tenuto l'incontro richiesto dai sindacati della Ferriera di Servola per fare il punto della situazione dopo la firma dell'Accordo di programma dello scorso giugno. I vertici del gruppo Arvedi hanno confermato infatti il rispetto delle tempistiche per la creazione degli impianti di zincatura e verniciatura che, e questo è l'elemento di novità, arriveranno dal Friuli perché saranno forniti dal gruppo Danieli di Buttrio. Secondo i nuovi dati, inoltre, non sarebbero previsti esuberi. Uilm, Fiom Cgil, Failms, Fim Cisl e Usb avevano chiesto l'incontro a novembre direttamente al ministro Stefano Patuanelli dopo «l'assoluto silenzio» dalla firma dell'Accordo di programma. Ieri il grande assente era proprio Patuanelli - al Senato, in cui è stato eletto, si votava per la fiducia al premier Giuseppe Conte - e dalla Regione, al tavolo con gli assessori al Lavoro Alessia Rosolen e all'Ambiente Fabio Scoccimarro, è trapelato un certo stupore per l'assenza del ministro e pure per quella del sottosegretario Alessandra Todde, atteso come un segnale capace di dare più concretezza all'incontro. Per il Mise era presente Stefano D'Addona, della segreteria di Todda.All'incontro ha preso parte anche Debora Serracchiani in qualità di presidente della Commissione Lavoro della Camera. L'amministratore delegato di Arvedi Mario Caldonazzo, secondo quanto riferito dai sindacati, ha confermato il rispetto dei tempi: Invitalia - presente ieri - darà il via libera intorno al 25 gennaio allo sblocco dei 45 milioni a fondo perduto, a quel punto verrà confermato l'ordine per gli impianti di verniciatura e zincatura al gruppo Danieli, che in 18 mesi li renderà operativi. Attualmente sono 412 i lavoratori del gruppo e al termine dei due anni di Cassa integrazione non sono previsti esuberi. A febbraio - è emerso sempre all'incontro - partirà anche un nuovo corso di formazione per un numero di operai tra le 30 e le 50 unità, in aggiunti ad altri 50 che hano già iniziato a novembre. Entro ottobre 2021 è prevista l'entrata in funzione della centrale elettrica dopo la sostituzione della turbina che funzionerà a metano e non con gli scarichi del ciclo siderurgico. Caldonazzo ha confermato quindi la volontà di incontrare i sindacati appena ci sarà il via libera al finanziamento mentre il Mise attiverà un tavolo mensile di confronto e monitoraggio. «L'incontro - conferma Marco Relli della Fiom - è servito per avere delle certezze. Ricordo che è stata chiusa l'area a caldo per una questione politica e non economica o ambientale. Per noi è fondamentale tenere alta l'attenzione anche sui lavoratori dell'indotto». Un tema caro anche Cristian Prella della Failms: «Sull'indotto manca un coordinamento e vogliamo che quei lavoratori siano inseriti nel confronto con il Mise». Antonio Rodà della Uilm aggiunge che «finalmente vediamo un percorso. Prima di esprimere un giudizio di soddisfazione, però, attendiamo l'incontro con la proprietà per avere gli approfondimento del caso. Spiace per l'assenza, oggi, di Patuanelli». La preoccupazione dei sindacati è legata alla durata della Cassa integrazione. Nell'accordo è previsto un periodo di due anni, allungabili a tre: «Un'ipotesi da evitare a tutti i costi - aggiunge Umberto Salvaneschi della Fim - e per questo è indispensabile recuperare il tempo perso in questi mesi. Abbiamo impegni verbali, ora attendiamo atti concreti». Sasha Colautti, dell'Usb, ha chiesto dettagli «sugli impegni assunti da Fincantieri per quanto riguarda i tempi determinati, ma non sono arrivati. L'elemento che preoccupa maggiormente è l'assenza di una regia forte del governo. Ci saremmo aspettati una relazione dal ministro vista la complessità degli incastri dell'intero Accordo di programma». Infine Michele Piga, segretario provinciale della Cgil, ha evidenziato «la necessità di allargare il tavolo permanente sulla Ferriera, annunciato dal Mise, ai possibili investimenti del nuovo manifatturiero che potrebbero arrivare a Trieste anche in relazione al Recovery Plan».

Andrea Pierini

 

I serbatoi cilindrici saranno conservati «per tenere viva la storia dell'impianto» - le indicazioni della soprintendenza
La memoria della Ferriera va conservata. Lo dicono coloro che per anni ci hanno lavorato. E lo dice anche la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia. L'emanazione territoriale del ministero per i Beni e le Attività culturali è tra gli attori che in questi giorni hanno partecipato con alcune prescrizioni a una conferenza dei servizi cosiddetta asincrona. È questo lo strumento di confronto che si articola in un carteggio telematico tra gli enti interessati al tavolo comune, al fine in questo caso della redazione del via libera definitivo allo smantellamento della Ferriera da parte del ministero dell'Ambiente, che dovrebbe arrivare a fine mese, secondo indiscrezioni dei componenti del "tavolo virtuale".le prescrizioni - Al dicastero romano sono stati indirizzati dei pareri, che ricalcano l'Accordo di programma per l'attuazione del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nell'area dell'ex impianto siderurgico di Servola. Tra i documenti, l'elemento di novità sono le prescrizioni che ha avanzato la Soprintendenza, richiedendo che vengano conservati alcuni elementi di archeologia industriale per conservare la memoria dell'ex fabbrica di oltre cent'anni. L'individuazione di questi elementi dovrà essere concordata con la Soprintendenza stessa. «Alla dismissione della Ferriera abbiamo dato parere positivo - sottolinea il soprintendente Simonetta Bonomi -. Abbiamo chiesto però d'individuare degli elementi da salvare, fissi o mobili, a memoria dell'impianto, perché ha avuto un peso nella storia di Trieste. È giusto che vada via, però con tutto quello che ha significato di positivo e negativo nella storia della città, è giusto se ne mantenga la memoria». i serbatoi cilindrici - L'idea è in particolare quella di lasciare sul posto due dei serbatoi cilindrici dove si formava l'aria calda attorno ai 1.100 gradi, che veniva iniettata nell'altoforno per la produzione della colata di ghisa. Inoltre si è pensato di mantenere dei macchinari, con la prospettiva d'inserirli un giorno in un museo dedicato. Passato e futuro sostenibile saranno collegati anche da un monumento, da realizzare tramite un concorso d'idee che ricordi gli oltre 120 anni di storia della Ferriera. il monumento - L'idea è dell'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, che spiega su quali basi si concretizzerà: «Partendo dal carbone, passando per gli uomini di ferro, la simbiosi con il borgo che per un periodo cambiò nome in Ilvania, fino ai binari del futuro polo logistico». «Legittime - sottolinea inoltre Scoccimarro - le richieste della Soprintendenza sul concordare il mantenimento di alcune parti dello stabilimento come manufatti di archeologia industriale, auspico però che questa opera vada oltre, perché l'operazione della riconversione dell'area a caldo non è stata una chiusura, ma un punto di partenza per un nuovo sviluppo dell'area. La collocazione dell'opera poi chiaramente verrà condivisa con il sindaco, il presidente dell'Autorità portuale ed ovviamente le associazioni e tutti coloro che sono stati attori di questo nuovo progetto».

Benedetta Moro

 

 

Discarica nel bosco a Banne - vicino al raccordo
Scoperta una discarica abusiva nel bosco tra Banne e Fernetti a una cinquantina di metri dal raccordo autostradale: in una dolina si scorgono decine di bottiglie, lattine, contenitori di plastica e pezzi di tubi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 gennaio 2021

 

 

Neoclassico in via Ghega - La Soprintendenza avvia l'iter di interesse culturale - lo storico palazzo Degasperi
Palazzo Degasperi, pur senza vantare alcun rapporto con lo statista trentino Alcide, è uno degli edifici di maggiore pregio architettonico tra quelli allineati in via Carlo Ghega: la Soprintendenza ha ritenuto di "premiarlo" avviando la procedura che ne dichiara l'interesse culturale. Il civico 6, con la restaurata facciata dalla «moderata» intonazione neoclassica, è di agevole individuazione, perchè gran parte del pianterreno è occupato dai magazzini "Fam store". Sullo stesso marciapiede, a pochi metri di distanza, la gelateria Zampolli. A progettarlo fu negli anni Trenta del XIX secolo Giovanni Degasperi, un muratore autodidatta, proveniente dal Canton Ticino come molti altri protagonisti della stagione neoclassica triestina. Al solito, il soprintendente Simonetta Bonomi ha informato gli interessati con una missiva spedita a 28 indirizzi, di cui 25 i proprietari, nella quale spiega i perchè del procedimento. L'immobile - scrive - è un esempio di particolare interesse nel documentare ancora oggi la sintassi realizzativa di metà Ottocento: semplicità, severo rigorismo, la disposizione di buona parte degli enti fedele al progetto originario, finiture ed eleganza della facciata principale, vano scala, alcuni ambienti del primo piano. Per questi motivi merita il timbro di interesse culturale. La Bonomi ricorda ai destinatari che qualsiasi intervento sul bene dovrà ottenere l'autorizzazione della Sovrintendenza. A seguire il fascicolo sarà l'architetto Francesco Krecic.Strada di forte passaggio veicolare, via Ghega soffre di questa funzione viaria che non contribuisce a valorizzare le pur interessanti presenze culturali: il palazzo Rittmeyer (conservatorio Tartini), l'edificio neoclassico disegnato da Angelo Gorian dirimpetto a palazzo Degasperi, un lato di palazzo Panfilli (ora sottoposto a terapia restaurativa) nella curva che reca in piazza Libertà. Insomma, mangiando un gelato si può ripassare un po' di storia patria. Lo stesso Degasperi, pur non appartenendo al gotha dei colleghi contemporanei (Pietro Nobile, Matteo Pertsch, Antonio Mollari, Antonio Buttazzoni), è un dignitoso e dinamico interprete di una fase espansiva che caratterizza la città dei "borghi" teresiano, giuseppino, franceschino, dove firma in quasi trent'anni 18 progetti. Forse il più noto, o comunque il più visibile, è l'ex albergo Metternich, poi Nazionale, poi Hotel de la Ville, oggi quartier generale di Fincantieri, tra Rive, via Genova e via Mazzini.Negli ultimi anni le dichiarazioni di interesse culturale da parte della competente Commissione regionale per il patrimonio Soprintendenza si sono fatte piuttosto frequenti, avendo riguardato epoche costruttive diverse. A fianco del palazzo di Giustizia il "quartiere Oberdan" anni Venti-Trenta del secolo scorso, via Rossetti 8 agli albori del Novecento, via Piccardi 12 anch'esso in era liberty, via Lazzaretto Vecchio 13 nell'ultima parte dell'800: ecco gli ultimi attestati rilasciati da palazzo Economo. A volte c'è una griffe progettuale riconosciuta (come quella di Eugenio Geiringer in via Rossetti e in via Lazzaretto Vecchio), altre volte no: la qualità dell'immobile, i vantaggi fiscali soprattutto sulle seconde case, la valorizzazione del bene sono in primo piano nel motivare la "dop" culturale.

Magr

 

 

Il destino dell'area verde di via Tigor fa litigare Adesso Trieste e dem - piano particolareggiato del centro
Oggi è l'ultimo giorno utile per presentare osservazioni al Piano particolareggiato per il centro storico, approvato dal Consiglio comunale a novembre. Adesso Trieste ne approfitta per esprimere solidarietà a un gruppo di residenti - il Comitato per il giardino di via Cereria - e per andare all'attacco al contempo di giunta e consiglieri di minoranza. Minoranza accusata di non essersi sufficientemente opposta al progetto di un futuro parcheggio in via Tigor. Ma il Pd non ci sta e controbatte. L'area in questione è quella attorno al civico 6 di via Tigor, appunto, dove un tempo sorgevano le carceri femminili: nel Piano si legge che, dal momento che quell'edificio in particolare «si presenta in evidente stato di degrado», al suo posto «è ammessa la realizzazione di un autosilo». Una scelta difesa in passato l'assessore all'Urbanistica, Luisa Polli, sostenendo che i nuovi parcheggi saranno costruiti «nel rispetto del verde e in sicurezza», allo scopo di dare «respiro al centro storico, togliendo le macchine dei residenti dalle strade». Ieri gli attivisti del movimento guidato da Riccardo Laterza hanno tuttavia diffuso una nota di contrarietà: «Tra via Cereria e via Tigor, dietro alla Biblioteca civica, si spalanca una vasta area di proprietà comunale. Adesso ci sono solo ruderi e verde incolto, ma un tempo vi erano le carceri. Si tratta di un bene comune il cui uso dovrebbe essere restituito alla collettività. Purtroppo invece qui si è permessa l'edificazione di un parcheggio: lo stesso che una decina di anni fa doveva cancellare l'area verde tra le stesse due vie. Il progetto fu fermato dai residenti della zona». Su queste basi, oggi, At aderisce dunque alle «osservazioni presentate dal Comitato per il giardino di via Cereria (la cui telenovela continua dal 2005, ndr) e dal cittadino Paolo Radivo (contrari al parcheggio, considerato troppo vicino alle scuole, tra le varie motivazioni, ndr). Sconcertante che nessuno, tra chi siede all'opposizione, abbia mai pensato di informare la popolazione né di opporsi a questo ennesimo atto di svilimento urbano». Un'affermazione, quest'ultima, contestata appunto dal Pd. I dem replicano attraverso Giovanni Barbo e Marco Rossetti Cosulich, consiglieri rispettivamente comunale e circoscrizionale: «Negli anni abbiamo seguito con attenzione gli spazi verdi. Nel Piano regolatore approvato (nel 2015, ndr) dal centrosinistra avevamo recepito l'istanza che chiedeva che il giardino di via Cereria fosse reso Verde pubblico. Quando poi a novembre dello scorso anno abbiamo discusso il Piano particolareggiato del centro storico, il Partito democratico ha votato contro, anche nella convinzione che la qualità della vita in centro non possa dipendere da un aumento dei parcheggi. Siamo favorevoli a mantenere un confronto con i residenti, sul futuro dell'ex carcere e sulle altre questioni irrisolte della zona, come abbiamo continuato a fare anche dai banchi dell'opposizione».

Lilli Goriup

 

 

Fi attacca sull'aumento della Tari «Gestione dei rifiuti fallimentare»
L'azzurro Mariucci: «Rincari diluiti in tre anni perché siamo vicini al voto - Sul "porta a porta" la giunta ha dimostrato tutta la sua debolezza»
MUGGIA. «Nonostante tutte le promesse di un servizio migliore e di costi della Tari che sarebbero diminuiti, assistiamo a un ulteriore aumento di un servizio molto al di sotto delle aspettative». È il commento del consigliere comunale di Forza Italia Andrea Mariucci a proposito dell'approvazione in Consiglio comunale del Piano economico-finanziario (Pef) del servizio integrato di gestione dei rifiuti del Comune di Muggia, validato dall'Agenzia regionale sui sistemi idrici e sui rifiuti (Ausir) per il 2020, i cui costi saranno recuperati con le Tari negli anni 2021, 2022 e 2023. «Tutto inizia - insiste Mariucci - da una valutazione vincolante sulle scelte del Comune da parte dell'Ausir, costituita in era Serracchiani, la quale ha imposto sul territorio un diverso algoritmo di calcolo che penalizza i piccoli comuni, in barba alle economie di scala». E questo, secondo Mariucci, «avviene mentre la giunta Marzi, per ricordarci che siamo vicini alle elezioni, diluisce in tre anni questo aumento». «Una scelta, quella dell'inhouse providing, che era stata condivisa in aula diversi anni fa con ampio consenso politico: gli affidamenti interni però - specifica il consigliere azzurro - possono essere una valida opzione solo se il Comune mantiene il controllo della gestione e ottiene più servizi con minori costi. Invece nella gestione del "porta a porta" in tutti questi anni questa giunta ha dimostrato tutta la sua debolezza».Pronta la reazione dell'assessore all'Ambiente Laura Litteri: «Il nuovo servizio di raccolta dei rifiuti ha raggiunto un livello buono, soprattutto per l'impegno profuso dall'Ufficio ambiente del Comune che collabora costantemente con la Net».L'assessore chiarisce inoltre che l'aumento dei costi del Pef «è da imputare esclusivamente al fatto che il piano non viene più redatto dal Comune ma dall'Ausir, come peraltro si vede nella delibera che è stata approvata dall'Assemblea regionale d'ambito, nella quale il Comune di Muggia non è presente, mentre, voglio ricordarlo ai consiglieri di Fi, è presente il Comune di Trieste, nella persona del sindaco Dipiazza, che tale delibera ha votato».

LU.PU.

 

Cio' che non va - Il bosco di Altura usato come una discarica e nessuno interviene.

Nel periodo Covid-19 capita di addentrarsi su sentieri che mai avevi preso e spesso anche quelli intorno al tuo isolato sono meta di scoperte incredibili. Il 4 gennaio, arrivato al "tornantone" di Altura (area giochi) mi addentro sul largo sentiero sterrato che porta nel bosco. Fatti circa 150/200 metri mi imbatto in 2 carcasse di cambiamonete delle slot machine a occhio, viste le condizioni, abbandonate da un bel po'. Ritengo un orrore vedere tali carcasse in un bosco ma ai ladri di sicuro poco importa: a me sì. Essendo "merce" riconducibile a un furto, è normale chiamare le forze dell'ordine. Dopo una carambola di numeri telefonici (non ha senso andare in Questura per una "sciocchezza" simile in tempo di virus) riesco a segnalare la presenza dei due orribili macchinari. Scatta il terzo grado, ci stà ma non ho nulla da nascondere. La mia unica preoccupazione è di fare sparire quanto prima le cambiamonete dal bosco di Altura, prima che scatti la "fase discarica" con altri abbandoni. Dopo 10 giorni sono tornato sul posto per verificare se nel frattempo erano state recuperate: purtroppo no. Capisco il Covid-19, l'immigrazione, la Sanità, il vaccino ma non può diventare un miracolo far portar via da un bosco (facile da raggiungere) vecchie cambiamonete.

Marcello Corso

 

 

Porto vecchio proibito per chi pesca - Si rischiano multe fino a tremila euro
Lo sviluppo dello scalo impone una revisione degli spazi. Ordinanza restrittiva della Capitaneria in vigore dal 15 febbraio
Cambiano le regole per la pesca sportiva e ricreativa da terra nella zona portuale di Trieste, che si estende da Porto vecchio a Porto San Rocco escluso. Il 15 febbraio entrerà in vigore una nuova ordinanza della Capitaneria di porto che andrà a revisionare il testo precedente del 2010, disciplinando le zone in cui si potrà pescare appunto previa autorizzazione, visibili con l'apposita segnaletica in italiano, inglese e sloveno, corredata da dei grafici. La Guardia costiera ha ridimensionato gli spazi dedicati nella zona di Trieste a fronte di un ampliamento sul versante di Muggia. Questo perché, visto il forte sviluppo portuale di cui il capoluogo giuliano è protagonista in questi ultimi anni, è necessario garantire una maggiore sicurezza della navigazione e delle attività portuali e rispondere alle esigenze di "security" (il contrasto al terrorismo). «Tale documento - sottolinea il tenente di vascello Alessandra Vaudo, a capo della Sezione Pesca - non vuole andare contro il singolo pescatore: ci sono tante attività marittime e vanno contemperate le rispettive esigenze».Tra le novità principali, l'esclusione alla pesca dell'area di Porto vecchio. Come già nella precedente normativa sarà vietato fruire dei moli. È stata anche ridotta l'area lungo le Rive. Gli spazi consentiti (definiti in metri e individuabili dalle bitte citate nell'ordinanza) sono i seguenti: il tratto tra Molo Audace e Molo Bersaglieri, esclusa Scala reale, e quello adiacente alla radice del Molo Pescheria. Più esteso invece il permesso per gli amatori che decideranno di usare canna e lenza a Muggia. Qui è possibile stazionare sul lungomare Venezia e tra il pontile a T e Punta Ronco, ma non nell'orario riservato alla balneazione durante la stagione estiva. Da Punta Ronco verso la Slovenia non si rientra più nell'ambito del Porto di Trieste e, pertanto, la pesca è libera senza autorizzazione, così anche a Trieste lungo la costa dopo Porto Vecchio, quindi da Barcola in poi, fino a Duino (esclusi i porticcioli). L'ordinanza disciplina esclusivamente la pesca sportiva/ricreativa da terra all'interno dei porti di competenza, quindi quella subacquea e quella da unità da diporto in tutte le acque portuali rimangono vietate, senza possibilità di deroga. Chi non avesse ancora il permesso, che dura un anno solare, lo può richiedere alla Sezione Pesca della Capitaneria.«Il modulo è pubblicato sul nostro sito», spiega Vaudo: «È possibile anticiparlo anche via mail, ma lo si deve poi venire a ritirare qui con una marca da bollo da 32 euro». La validità delle autorizzazioni rilasciate nell'anno 2020 è automaticamente prorogata sino alla data di entrata in vigore del nuovo regolamento. Attenzione, però, perché chi non rispetterà le nuove disposizioni incorrerà in sanzioni, che possono essere elevate dalla Guardia costiera ma anche dalle altre forze dell'ordine. Due le tipologie di multe in cui si rischierà d'incorrere in caso di violazione delle norme. Per la pesca ricreativa in aree diverse da quelle individuate dall'ordinanza la sanzione va da mille a tremila euro. È prevista anche la confisca di attrezzi e pescato. Chi venisse trovato a pescare nelle aree consentite, ma senza l'autorizzazione, dovrà pagare fino a 50 euro. Il contenuto dell'ordinanza è stato diffuso in anticipo anche «per dare la possibilità agli utenti di conoscere le nuove disposizioni, che sono più razionali», sottolinea il comandante della Capitaneria, l'ammiraglio Vincenzo Vitale: «In questo periodo verrà anche disposta la segnaletica che sarà trilingue, realizzata in collaborazione con l'Autorità portuale».

Benedetta Moro

 

 

L'orso avvistato a Peteano e il precedente di Gabria «Segue la stessa pista»
Proprio a gennaio del 2020 un esemplare lungo il Vallone e la circostanza convince il docente Filacorda, mentre Ambrosi parla di cinghiali
L'avvistamento di un orso avvenuto nei giorni scorsi da parte di un rider a bordo del suo scooter ha inevitabilmente incuriosito e sorpreso, ma ha anche sollevato i dubbi di molti, tra gli altri quello di Renzo Ambrosi, presidente del distretto venatorio "Carso", ma dal mondo scientifico arrivano conferme sulla possibile correttezza dell'avvistamento. Ambrosi, che a Peteano vive, propende per la tesi del grosso cinghiale scambiato per un giovane esemplare di plantigrado perché, osserva, «sul Carso goriziano e triestino ci sono almeno 400 fototrappole, ma l'orso è stato fotografato soltanto due volte nella zona di Jamiano. Si tratta dell'unico riscontro fotografico. Se l'area fosse popolata da orsi, ne avremmo molti di più». «Il dubbio è giusto porlo, ma è plausibile che si sia trattato davvero di un orso», nota, dal canto suo, Stefano Filacorda, ricercatore e coordinatore degli studi sulla fauna selvatica dell'Università di Udine, ricordando che la presenza degli orsi sul Carso è un dato di fatto documentato con elementi di tipo sia biologico, sia tecnico. «Premesso con un bisticcio che le osservazioni dipendono dall'osservatore, non è che se l'orso non viene fotografato non esiste», dice l'esperto, aggiungendo che un anno fa è stato campionato materiale organico di un orso nella zona di San Michele. «Dobbiamo abituarci all'idea che il Carso è frequentato da giovani esemplari d'orso». Anche le telemetrie dei radiocollari indicano l'area come zona di passaggio di questa specie di animali: è come se seguissero un percorso predefinito e non ci sarebbe da stupirsi se l'esemplare avvistato a Peteano fosse lo stesso avvistato in questi stessi giorni dello scorso gennaio a Gabria mentre attraversava la Strada statale 55 "del Vallone" all'altezza dell'albergo "da Tommaso". Era la notte tra sabato 18 e domenica 19. «La coincidenza temporale è molto interessante - sottolinea Filacorda - e sarebbe altrettanto interessante avere dei campioni genetici per confermare l'identità dell'esemplare perché sappiamo che gli orsi hanno una fedeltà temporale. Si muovono alla ricerca di cibo, sono molto affamati e scendono dal Carso. Il dubbio che si sia trattato di un cinghiale, rimane; gli orsi, però, sul Carso ci sono: sono rari e pochi, ma ci sono. Si muovono sempre lungo lo stesso percorso e ragionevolmente è già rientrato nel suo territorio». Il Carso è un po' come il casello di un'autostrada che arriva fino a Logatec. L'orso va e viene verso il monte Nanos seguendo sostanzialmente sempre gli stessi passaggi. Secondo i tracciamenti dei ricercatori si sposta lungo la valle del Vipacco e, passando sotto l'autostrada, arriva fino al fondovalle dove alcuni esemplari rimangono anche per mesi. Seguendo la dorsale del Carso sloveno rimanendo nei boschi, gli orsi arrivano a Opacchiasella, scendono verso Rubbia e raggiungono Peteano dove il rider lo ha avvistato. «A Peteano è almeno la quarta segnalazione in una quindicina d'anni che registriamo. Ripeto: il dubbio può esserci, ma non possono certo essere tutti ubriachi quelli che li vedono», conclude Filacorda sdrammatizzando con una battuta.

S. B

 

Cinghiali in zona depuratore e i cervi tornano sul Carso
L'allarme del consigliere di Staranzano Bortolus: «A Bistrigna meglio tenere i cani al guinzaglio o si rischiano spiacevoli contatti». La Forestale sollecita a mantenere prudenza e distacco
In piena zona arancione, senza discernere confini tra comuni, loro caracollano fendendo i campi agricoli dove altre bestiole, labrador, bassotti, spinoni, chihuahua, li osservano: chi con piglio guardingo chi con latrato aggressivo. Sicché il richiamo all'uso senza deroghe del guinzaglio diventa d'obbligo, almeno per il consigliere di Staranzano Enrico Bortolus, che nel week-end da ritorno agli spostamenti contingentati ha assistito (e fotografato) situazioni di promiscuità tra cittadini e cinghiali, con tutti i pericoli annessi. Cinghiali che, per inciso, hanno saputo mandare gambe all'aria perfino il traffico sull'A4 sabato mattina, con chilometriche code al rientro sul casello di Palmanova per l'interdizione del tratto tra Ronchi e la città stellata, in direzione Udine. «Ma i cinghiali non hanno colpa - interviene in difesa il consigliere leghista Bortolus - sono le persone che si spingono in aree verdi, alla ricerca di spazi, senza pensare che non si tratta di parchi urbani, bensì di zone agricole e boschive dove, proprio per il possibile incontro con animali selvaggi, sarebbe bene mantenere il guinzaglio, a comportarsi male». Raccomandazione, quella dell'utilizzo del laccio, peraltro condivisa dalla Forestale, con il commissario Paolo Benedetti, esperto in ungulati selvatici. «Le femmine di cinghiale, se in presenza di cuccioli, possono diventare particolarmente apprensive e aggressive nel caso in cui avvertano una minaccia», chiarisce. Il fenomeno si è reso evidente, secondo quanto riferito dal consigliere staranzanese, nella zona campestre del depuratore di Bistrigna, «un tratto intensamente frequentato da sportivi, amanti della passeggiata e possessori di cani». «L'amico a quattro zampe, è il suo istinto, sente l'odore del cinghiale e si tuffa nei cespugli - prosegue Bortolus -, ma il cinghiale è un animale tarchiato, intelligentissimo che arriva a pesare tranquillamente cento chili e può fare dei danni. Si trova nel suo habit e giustamente cerca di preservarsi: è l'uomo, spesso, a sbagliare condotta». La proliferazione del cinghiale è fatto ormai notorio, anche nella zona del depuratore di Bistrigna, oltretutto attigua alla riserva naturale della Cona, e viene monitorata dalla Guardia forestale. Meno la crescita di esemplari di cervo, che per esempio sul Vallone si iniziano ad avvistare: l'elegante mammifero dall'imponente palco (se maschio) è sempre più diffuso in Slovenia e si fa vedere ormai anche dalle nostre parti. Qualche carcassa è stata recuperata in sede incidentale, sicché la presenza di questo animale va tenuta in debita considerazione nei tragitti notturni poiché in caso di collisione, per stazza e dimensioni, il quadrupede può esser causa di sinistri gravi. La nutrita presenza di cinghiali ha scalzato i caprioli e il cervo sta trovando un habitat confacente pure sul Carso. «I comportamenti da osservare - conclude Benedetti della Gf -, in presenza di suidi, è di non dare mai loro del cibo, non disturbare né far scappare i cinghiali per evitare fuggano verso strade urbane, con il rischio di incidenti e, se in presenza di animali d'affezione, mantenere il guinzaglio: in particolare i cani di tagli piccola tendono ad abbaiare e il messaggio di aggressività può essere mal interpretato».

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 gennaio 2021

 

 

Il declino della residenza Engelmann e il restauro conservativo di villa Ada
L'edificio in stile neoclassico dalle pareti gialle ospita ora appartamenti di prestigio mentre l'immobile donato alla città è in attesa di rilancio
In molti lo confondono con villa Engelmann, ma in realtà l'edificio dagli esterni color giallo, che si affaccia sul grande giardino comunale di 14mila metri quadrati di via di Chiadino, si chiama villa Ada. Si tratta di un prestigioso condominio privato in stile neoclassico che accoglie sei unità immobiliari, frutto di un restauro conservativo ultimato ormai da più di cinque anni. Quattro delle sei unità sono abitate da triestini ma anche da austriaci mentre le restanti due sono attualmente in vendita. A testimoniarlo è l'agenzia La Chiave Immobiliare, che si occupa dell'operazione. La stessa dimora è circondata da un grande spazio verde, costantemente ripulito e curato dai proprietari. «Architetto dell'iniziale progetto della villa, costruita nella seconda metà dell'800, è stato il figlio dell'architetto Pertsch - specifica Giulia Demarchi, inquilina di uno degli appartamenti -. L'immobile negli anni è stato di proprietà di diverse famiglie che vi hanno apportato delle modifiche. Fino all'ultimo restauro conservativo, realizzato seguendo con fedeltà il carattere neoclassico della villa e facendo risaltare il pregio e i materiali originali, dai marmi ai pavimenti. Questo, pur dandone una chiave moderna, pratica e funzionale grazie anche a un ascensore interno e a delle terrazze a vasca che si affacciano sul parco». Al contrario villa Engelmann, che è situata all'interno del parco di via di Chiadino, è ridotta a rudere ed è di proprietà del Comune. Resta bloccata da vincoli e da mancate manutenzioni che si protraggono da decenni. Si presenta con le finestre cadute, il tetto collassato e i muri sgretolati. Non ha aiutato lo stato di decadimento un incendio scoppiato nel 2013. Il suo progetto, che comprende anche il parco, come si legge sul sito del Comune, è del 1840 a opera di Francesco Ponti di Milano. La costruzione fu completata nel 1843. L'immobile diventò nel 1888 proprietà di Frida Engelmann e nel 1938 passò a Guglielmo Engelmann. Il figlio di Guglielmo, Werner, donò il parco alla città. Il giardino è stato oggetto di ristrutturazione nel 1980. Ideato ed eseguito con un alto contenuto progettuale, ha vinto nel 1998 il premio Milflor come miglior realizzazione in ambito pubblico di media-piccola grandezza.

b.m.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 17 gennaio 2021

 

 

Demolizioni a Servola  e area a caldo in pezzi «Il simbolo dell'addio alla vecchia Ferriera»
Le operazioni di dismissione dell'impianto fra cokeria e altoforno - Gli ex operai: «Chiusa una storia di oltre 120 anni». «Ora una mostra»
C'era una volta la Ferriera di Servola. Quello che fino a ieri poteva sembrare l'inizio di una storia di fantasia da oggi è una realtà che, dopo anni di polemiche, ha iniziato a materializzarsi con l'abbattimento di parte dell'impianto che si estende per 560.000 metri quadrati fra Servola e il mare. Cokeria, impianto di agglomerazione, altoforni e macchina a colare sono stati puntellati ed è iniziata la demolizione, con i pezzi che, uno dopo l'altro, vengono accatastati sul terreno, reso nero da più di un secolo di lavorazione della ghisa e del carbon coke. Centoventiquattro, per l'esattezza, sono gli anni di vita dell'insediamento industriale sorto a fine '800 alle pendici del colle di Servola, che ha scandito la vita di molte famiglie del rione e della città in genere. Così, ad esempio, per la famiglia Bianchini: Osvaldo vi ha lavorato per 30 anni, che aggiunti ai 35 di suo papà fanno 65, ossia oltre metà della vita dell'impianto. Una simbiosi. «La Ferriera fa parte della mia famiglia - sottolinea Osvaldo Bianchini -, quando vi sono entrato ero giovanissimo. Una volta finito l'Istituto Nautico e svolto il servizio militare mi stavo accingendo a lavorare sulle navi. All'epoca però, parliamo dell'inizio degli anni '60, ero fidanzato e volevo sposarmi. Mi dispiaceva partire e allora feci domanda per entrare in Ferriera, su suggerimento di mio padre, e poco dopo mi assunsero. Vi sono entrato nel 1961 per poi andare in pensione nel 1989». Osvaldo la chiama "la Fabbrica" quasi a voler dare un nome e un cognome a qualcuno che l'ha accompagnato per quasi tutta la vita. Ancora oggi frequenta il Circolo per giocare a carte con i vecchi colleghi. «Questa era una fabbrica che inquinava - prosegue - ma negli ultimi anni l'inquinamento era diminuito di almeno 10 volte. Secondo me l'abbattimento dell'area a caldo è una catastrofe. Qui si tratta della fine di tutta la Ferriera perché chiudere l'area a caldo significa fermare il motore dell'impianto. La politica alla lunga ha assecondato gli ambientalisti sulla pelle degli operai e così adesso 600 persone più quelle che lavoravano nell'indotto sono rimaste con un futuro tutto da scrivere. Io per fortuna sono in pensione ma c'è un'intera generazione costretta alla cassa integrazione». La sensazione di incertezza parte da Servola e abbraccia l'intera città. «Trieste ormai è rimasta senza un'industria - conclude l'ex operaio Bianchini -, tutte le speranze per la ripresa economica sono delegate al porto, ma basterà per rimettere in circolazione tutte le persone che lavoravano qui?».Roberto Decarli ha lavorato nello stabilimento servolano per 32 anni, lasciandovi anch'egli un pezzo di cuore e di impegno sindacale. «Sono finito qui dentro subito dopo aver svolto il servizio di leva - spiega -. Grazie alla Ferriera ho potuto sposarmi e mettere su famiglia. Tutta la mia vita si è svolta dentro e attorno allo stabilimento. Qui sono nate amicizie, momenti di solidarietà, altri di difficoltà, la nascita di una coscienza sindacale che ha attraversato periodi anche tesi». La speranza di Decarli è quella che il patrimonio storico e industriale ora non vada perduto. «La nostra intenzione - racconta - è quella di creare un museo documentale per valorizzare ciò che resta dell'impianto. Sarebbe bello creare una mostra dove poter riprodurre oltre 120 anni di vita della fabbrica. Ne abbiamo già parlato con il Comune - anticipa -, ora non resta che coinvolgere anche Arvedi, la Regione e lo stesso Ministero del lavoro».

Lorenzo Degrassi

 

 

Ok a pesca artigianale e attività scientifiche nel mare delle Falesie
Da inizio marzo al 5 giugno nuove regole in vigore nell'area - Ammesse le imbarcazioni sotto i 10 metri di lunghezza
DUINO AURISINA. Valorizzare le Falesie di Duino, per farne uno dei principali elementi di richiamo turistico del territorio. È questo l'obiettivo che si è posto il Comune di Duino Aurisina, con l'approvazione in giunta di una nuova ordinanza che, di fatto, apre lo specchio di mare situato sotto le splendide rocce duinesi all'attività di piccola pesca artigianale e a quella con finalità scientifiche, oltre che alla pesca ricreativa di cefalopodi, categoria che comprende seppie, calamari e polpi. Nel testo del documento firmato dal sindaco Daniela Pallotta, si legge infatti che dette attività saranno autorizzate «nella zona marina denominata B nelle cartografie ufficiali, dal 1.o marzo al 5 giugno di ogni anno per i prossimi 5 anni». Si tratta, in sostanza, di quella fascia di mare che corre sotto il sentiero Rilke, nel tratto fra Sistiana e il castello dei principi di Torre e Tasso, compresa all'interno della Riserva naturale delle Falesie, un'area protetta, istituita nel 1996 e passata alla diretta gestione dell'amministrazione comunale di Duino Aurisina nel novembre del 2019, in virtù dell'approvazione, da parte della giunta regionale, del nuovo Regolamento in materia. La zona B comprende gran parte dei 63 ettari che formano la parte a mare della Riserva, in pratica si esclude solo la fascia più vicina alla costa. Grazie al provvedimento approvato dall'esecutivo guidato da Pallotta, vi potranno entrare, ed è questo l'unico limite posto nel testo, i natanti di lunghezza non superiore a 10 metri. Una dimensione che di fatto permetterà l'ingresso a un considerevole numero di imbarcazioni. Per quanto riguarda la regolamentazione di dettaglio, per attività di piccola pesca artigianale si intende quella che prevede l'utilizzo della «rete a tramaglio, avente la maglia del pannello interno della rete non inferiore a 30 millimetri di lato». Il titolare di ogni natante dovrà annotare, con cadenza quotidiana, su un apposito registro, le date e la quantità del pescato. Per chi vorrà praticare la pesca ricreativa dei cefalopodi si potranno utilizzare esclusivamente le lenze a mano e le canne da pesca. Anche in questo caso sarà necessario compilare il registro quotidiano. Rimane tassativamente vietata la pesca con fucile subacqueo. Gli strumenti per l'attività scientifica dovranno invece essere «adeguatamente segnalati». In ogni caso, i natanti che accederanno alla zona B non potranno superare la velocità di 5 nodi. «Questa ordinanza - ha spiegato l'assessore comunale di Duino Aurisina per le Politiche per il mare e il Turismo, Massimo Romita - rientra nel più generale rilancio delle Falesie come elemento che caratterizza il nostro territorio e che intendiamo mettere a frutto per aumentare il potenziale turistico dell'area che rientra nella nostra giurisdizione. A questo proposito - ha aggiunto - abbiamo anche avviato un nuovo rapporto di collaborazione con la Baia Holiday, società che ha notevoli interessi in loco, in particolare con il campeggio Mare pineta di Sistiana e che, grazie al proprio potenziale di promozione turistica a livello internazionale, potrà fungere da traino per l'intera area».

Ugo Salvini

 

 

Vantaggioso introdurre i filobus nel trasporto urbano di Trieste - La lettera del giorno di Nevio Poclen

Nel corso della trasmissione televisiva di una emittente locale, l'ospite in studio prospetta la possibilità di realizzare ex novo una linea di trasporto pubblico su rotaia che da Barcola, attraversando la città, giunga fino in centro città, e a borgo San Sergio. Tutto ciò nell'ottica di una riduzione del traffico privato e, di conseguenza, di una riduzione delle emissioni nocive. Tuttavia il primo problema che si pone è proprio ciò che riguarda l'armamento, il cantiere e i relativi costi. Il costo per la realizzazione di un percorso su rotaia si aggira attorno ai 9 milioni di euro a chilometro. Questa soluzione presenta subito un aspetto negativo, però. Il cantiere per la realizzazione della linea ferrata impegnerebbe, con tutti i relativi disagi, un asse viario importante che attraversa la città per un lungo periodo. Essendo un tragitto obbligato da rotaie, motrice e carrozze, in caso di estrema necessita ovviamente non possono deviare dal loro percorso. Inoltre, il trasporto su rotaia dal punto di vista della rumorosità può costituire un problema serio. Viceversa valuterei attentamente (con il medesimo criterio) l'opzione, quale alternativa, del trasporto mediante filobus. Questa soluzione presenta due vantaggi immediati. Il primo, di natura economica, dal momento che l'armamento per una linea filobus viene a costare 4 milioni di euro al chilometro. Quindi la metà. Il secondo vantaggio è rappresentato dal fatto che i mezzi su ruota attuali, oltre a non essere obbligati dal percorso su rotaia, possono avere una doppia alimentazione e, in caso di estrema necessità, scollegandosi dalla linea aerea, possono muoversi come una vettura ibrida essendo dotati di un sistema di alimentazione autonoma che consente una certa autonomia su brevi tragitti. Senza poi contare l'estrema silenziosità dei mezzi. Quindi, in ultima analisi, al pari del trasporto su rotaia, il filobus è un mezzo di trasporto versatile, non inquina e la relativa costruzione costa molto meno.

 

 

Giovani - Al via i progetti di servizio civile

Sono diventati oltre 55mila i posti disponibili per i giovani tra i 18 e i 28 anni che vogliono diventare operatori volontari di servizio civile. Arci Servizio Civile è la più grande associazione di scopo italiana dedicata esclusivamente al servizio civile. Sul sito www.arciserviziocivilefvg.org sono illustrati tutti i progetti di Arci Servizio Civile che daranno l'opportunità ai giovani di fare questa esperienza nella nostra regione. Alla selezione possono partecipare ragazze e ragazzi tra i 18 e i 28 anni (non superati) interessati a un'esperienza di cittadinanza attiva in settori come promozione della coesione sociale, prevenzione e lotta all'esclusione sociale, cooperazione allo sviluppo e per la pace, difesa ecologica, tutela e promozione di un ambiente sostenibile, promozione della pratica sportiva e motoria, educazione e promozione culturale. Gli aspiranti operatori volontari devono presentare la domanda attraverso la piattaforma Domanda on Line (Dol) raggiungibile tramite pc, tablet e smartphone all'indirizzo https://domandaonline.serviziocivile.it. Il termine di scadenza per la presentazione delle domande è lunedì 15 febbraio 2021. Il servizio civile universale dura 12 mesi per un impegno di 1.145 ore articolato su base settimanale (25 ore) ed è previsto un riconoscimento economico mensile di 439.50 euro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 16 gennaio 2021

 

 

POLA - Capannoni ex Scoglio Olivi, si punta al gas
La Rektor Lng compra all'asta per oltre 9 milioni le strutture del cantiere navale: in vista la costruzione di serbatoi criogenici
A Dignano i capannoni dell'ex cantiere navale Scoglio Olivi, cuore dell'ormai defunto Gruppo Uljanik finito in fallimento e poi messo in liquidazione, stanno per essere acquisiti dalla società Rektor Lng che se ne è aggiudicata la vendita all'asta bandita dal Tribunale amministrativo di Pisino. Quella di Rektor Lng è risultata l'unica offerta e ora l'acquisizione può ritenersi definitiva. Nel poco probabile caso di una retromarcia, la società perderebbe la cauzione di 1,85 milioni di euro: è questione di giorni il versamento dei restanti 7,43 milioni. La Rektor Lng intenderebbe avviare nei capannoni la costruzione di serbatoi criogenici Lng, come suggerito dalla recente integrazione delle sue attività sul registro delle società commerciali: vi sono state aggiunte infatti proprio quelle legate al business del gas. E una di queste è la costruzione dei serbatoi criogenici, che secondo gli esperti rappresentano il metodo migliore per il trasporto e l'immagazzinamento del Gnl. In questo scenario viene data per scontata la collaborazione con il rigassificatore galleggiante di fronte a Castelmuschio sull'isola di Veglia, entrato in funzione all'inizio dell'anno.Come risulta dall'apposito registro, la Rektor Lng è stata fondata da Josip Peranic di Crikvenica e da Marino Linardon, ex dipendente del cantiere di Pola che dieci anni fa ha lasciato lo Scoglio Olivi per entrare nel mondo del business privato, fra cui appunto quello del gas. Quanto all'acquisto dell'ex reparto del cantiere di Dignano, esso fu aperto nel 1981 principalmente quale sede di costruzione di container; in seguito si specializzò nella costruzione di sezioni metalliche di navi di ogni tipo. Queste sezioni poi venivano trasportate a Pola (per lo più di notte, per non intralciare il traffico), con camion speciali e scortati. Ma non solo solo i capannoni di Dignano a cambiare proprietà. Sono numerosi altri i beni che il Tribunale commerciale di Pisino venderà all'asta per far fronte - almeno in parte - agli obblighi dell'ex Gruppo Uljanik nei confronti dei creditori. Non si toccano però le gru, i macchinari, i veicoli e le attrezzature entrate a far parte del capitale sociale della nuova società Uljanik Brodogradnja 1856, tramite la quale il governo di Zagabria tenta di rimettere in modo la cantieristica navale a Pola. In vendita verrà messa innanzitutto la nave in costruzione per il trasporto di animali commissionata a suo tempo da un armatore kuwaitiano, che dopo il crac del Gruppo Uljanik ha attivato le garanzie bancarie. Il valore dell'unità non ultimata è viene stimato sui 17 milioni di euro, ma il prezzo di base d'asta sarà di 4,3. Lo stesso armatore sarebbe interessato ad acquistarla, ma servono altri 50 milioni per completarla. E proprio questa unità viene considerata come possibile punto di ripartenza del cantiere di Pola.Tra gli altri beni in vendita figura poi la Costruzione 514, ossia l'unità per il trasporto di automobili in fase di completamento al cantiere 3 Maggio di Fiume, che però rientra nella massa attiva del fallimento della società Uljanik spa, "figlia" dell'ex Gruppo Uljanik. Al cantiere di Pola poi ci sono sezioni di nave, lamiere e altri semilavorati in attesa di tempi migliori per evitare di finire fra i ferrivecchi.

Valmer Cusma

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 gennaio 2021

 

 

Operai della Ferriera in piazza "Certezze sugli investimenti" - il presidio organizzato dai sindacati

Chiesto anche il rispetto, da parte di Arvedi, degli impegni presi con i lavoratori in cassa integrazione. Martedi' vertice al ministero dello Sviluppo economico.

Chiedono chiarezza sui tempi degli investimenti che il gruppo Arvedi deve fare nello stabilimento della Ferriera e soprattutto il mantenimento degli impegni sul futuro dei lavoratori oggi in cassa integrazione. Ieri piazza Unità ha ospitato il presidio degli operai dello stabilimento di Servola. I rappresentanti di Fim Cisl, Uilm, Failms, Usb e Fiom Cgil hanno incontrato il prefetto Valerio Valenti, in attesa della riunione con la proprietà di martedì prossimo al ministero dello Sviluppo economico - crisi di governo permettendo -. Valenti ha assunto l'impegno di aprire un tavolo permanente per seguire l'evoluzione dell'accordo di programma sottoscritto lo scorso giugno. «Dopo sei mesi vediamo andare spedite solo le demolizioni - ha evidenziato Antonio Rodà della Uilm -, ma non gli interventi che dovranno garantire il rientro dei lavoratori. Sicuramente l'incontro di martedì al Mise, chiesto a inizio novembre, sarà importante per verificare gli investimenti e i tempi di realizzazione degli stessi visto che in questo periodo abbiamo sentito solo silenzio». Marco Relli della Fiom Cgil, unico sindacato a non aver sottoscritto l'accordo di programma, ha sottolineato che «il tavolo permanente può essere fatto al ministero o in prefettura, fondamentale è la presenza del sindacato». Attualmente, secondo fonti sindacali, ci sono ancora poco più di 250 operai in cassa integrazione, 150 persone (contando contratti a tempo determinato e interinali) hanno accettato incentivi e pensionamenti e 120 operai stanno lavorando nel laminatoio. A febbraio si valuteranno nuovi pensionamenti. «Non abbiamo visto passi avanti nella creazione degli stabilimenti di zincatura e verniciatura, il vero core business di Arvedi - ha sottolineato Umberto Salvaneschi della Fim Cisl -. Ora non possono esserci rallentamenti: l'accordo per la cassa integrazione prevede al massimo due anni, il terzo è solo un'ipotesi remota, e sono già passati sei mesi. Il prefetto in questo momento è l'unico attore presente, mentre da tutte le parti politiche abbiamo sentito solo promesse elettorali». Un attacco ripreso da Sasha Colautti della Usb: «Non è tollerabile il silenzio istituzionale, un fatto che riteniamo gravissimo». Infine Cristian Prella della Failms ha evidenziato la necessità di «non abbassare la guardia: la città non si deve dimenticare di noi». A chiedere risposte è anche il Pd con Roberto Decarli: «La cassa non è un anestetico con cui tener buoni i lavoratori dopo le promesse fatte in questi anni».

Andrea Pierini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 gennaio 2021

 

 

«Il Comune non cede azioni Hera» - L'impegno di Dipiazza per il 2021
Trieste ha una dotazione complessiva pari a 170 milioni di euro: 140 intoccabili, 30 sono trasferibili
Il Comune di Trieste non venderà azioni Hera con riferimento al prossimo bilancio 2021: lo ha precisato ieri mattina il sindaco Roberto Dipiazza. Per una semplice ragione: perché la struttura finanziaria dell'amministrazione è sufficientemente robusta per non dover intaccare quanto resta del "tesoretto" azionario. Incalza il "vicario" leghista Paolo Polidori: mettere azioni sul mercato non ha senso dal momento che è assai più conveniente, agli attuali tassi bancari, accendere debiti. Premessa: Hera è la seconda multiutility nazionale (acqua, gas, ambiente, elettricità) e dall'estate 2012 (o dal gennaio 2013, a seconda) controlla AcegasApsAmga, società del Nordest che raccoglie i territori di Trieste, Padova, Udine. Trieste detiene un posto nel consiglio di amministrazione. Il primo cittadino è stato contattato in vista della riunione della III commissione consiliare, che domani giovedì 14 alle ore 9, sotto la presidenza di Massimo Codarin, discuterà sul sindacato di voto e sui trasferimenti azionari Hera nel quadriennio 2021-24. Le cifre: il socio Comune di Trieste ha nel suo portafoglio 55.569.983 titoli pari a un controvalore di circa 170 milioni di euro, considerando che ieri Hera ha chiuso in Piazza Affari a 3,07 euro. Questa partecipazione rappresenta il 3,73% del capitale Hera e si distingue in due tipologie di azioni, le "bloccate" e le "trasferibili". Le "bloccate", cioè non vendibili, sono 46.305.038 per un controvalore di circa 140 milioni di euro, mentre quelle vendibili sono 9.264.945 per un controvalore di circa 30 milioni di euro. Prima Cosolini poi Dipiazza, hanno ceduto in complesso circa 18 milioni di azioni, più o meno i due terzi del "tesoretto" vendibile: poiché negli anni il valore del titolo è cambiato, è difficile computare con precisione la traduzione monetaria, a livello del tutto indicativo possiamo parlare di 40-45 milioni di euro introitati e reinvestiti nelle opere pubbliche. Il robusto ricorso alle vendite ha significativamente ridotto la quota del Comune nel capitale Hera, quota che dal 5% è scesa - come abbiamo visto - al 3,7%. Ciononostante, Trieste mantiene la dotazione azionaria più consistente rispetto ai 46,1 milioni padovani e ai 44,1 milioni udinesi. Da notare che Padova non ha più titoli vendibili, mentre Udine ha una riserva commerciabile di 15,4 milioni di azioni. Di cosa deve dibattere la III commissione, in preparazione dell'appuntamento con l'aula? Valuterà l'adesione al cosiddetto patto sindacale stretto tra ben 111 azionisti pubblici, che garantisce il controllo di Hera con una quota del 38,42%. La massima parte delle amministrazioni socie sono emiliane e romagnole (Bologna, Modena, Ferrara, Forlì, Cesena, Ravenna, Rimini). Si tratta di un accordo parasociale che viene rinnovato ogni quadriennio, quello oggi in vigore è stato sottoscritto nel 2018 e scadrà il 30 giugno, quindi deve essere ritessuto. Anche se non vengono segnalate novità di rilievo nel "contratto di sindacato di voto". Uno dei punti di maggiore rilievo riguarda il collocamento delle azioni non soggette al "blocco", operazione che va calibrata e governata per evitare negative ripercussioni sul mercato. L'eventuale dismissione - spiega la delibera che sarà firmata dallo stesso primo cittadino - sarà supportata da un consulente finanziario, che fornirà un contributo di natura consulenziale volto a confermare la congruità del prezzo di cessione ai soci pubblici venditori. La vendita sarà coordinata in sede di "comitato di sindacato" (di cui farà parte anche Trieste). Potrà essere richiesta la sottoscrizione di impegni di inalienabilità delle residue azioni «alfine di garantire adeguata stabilità al titolo».

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 gennaio 2021

 

 

Rebus investimenti e "cassa" - Operai di Servola in presidio - le incertezze sulla riconversione della ferriera
I lavoratori della Ferriera tornano a mobilitarsi. I sindacati protestano perché non ricevono da mesi informazioni sul percorso di riqualificazione dell'area a caldo e sul futuro che attende i dipendenti attualmente in cassa integrazione. Giovedì mattina si terrà allora un presidio in piazza Unità per chiedere al prefetto Valerio Valenti di assumere ancora una volta il ruolo di mediatore fra istituzioni e imprese private, affinché sia fatta chiarezza sugli investimenti destinati agli impianti che dovranno assorbire la manodopera non più impiegata fra altoforno, cokeria, agglomerato e macchina a colare. La mobilitazione sarà unitaria. I sindacati favorevoli alla riconversione (Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb) e l'unica sigla contraria (Fiom Cgil) hanno ripreso a dialogare dopo mesi di rapporti difficili, seguiti al referendum tra i lavoratori, che col 59% dei voti si sono espressi per la chiusura dell'area a caldo, in cambio di certezza di reimpiego fra laminatoio, centrale elettrica e attività logistiche. I sindacati animeranno dunque insieme il presidio, la cui protesta andrà soprattutto all'indirizzo del ministro Stefano Patuanelli. In una lettera congiunta al prefetto, le segreterie territoriali spiegano di aver inviato il 18 novembre a Patuanelli una richiesta di convocazione del tavolo di monitoraggio previsto dall'Accordo di programma, ma di non aver mai ricevuto risposta. «L'obiettivo - scrivono - era fare il punto sull'attuazione dell'Adp e sul piano industriale del gruppo Arvedi per i prossimi mesi. Purtroppo non abbiamo avuto risposta. Consideriamo l'assenza di interlocuzione come un fatto negativo in particolar modo se riferito a un processo industriale molto articolato come quello della Ferriera. In tal senso, era stato lo stesso ministro a fornire ampie rassicurazioni su una disponibilità al confronto costante». La missiva continua sottolineando che «i mesi stanno passando velocemente e, mentre le demolizioni procedono celermente, non possiamo dire la stessa cosa sugli investimenti nei reparti che dovranno assorbire i lavoratori, oggi collocati in Cigs. Tutto ciò accresce la preoccupazione tra i lavoratori».

d.d.a.

 

 

Pulizia dei sentieri: al via l'iter per chiedere i fondi alla Regione - dopo il passaggio dei migranti
MUGGIA. Anche il Comune Muggia, come già fatto da quello di San Dorligo della Valle, attingerà dal fondo di 150 mila euro messo a disposizione dalla legge di stabilità 2021 della Regione Friuli Venezia Giulia, che prevede un contributo straordinario per interventi di cura e pulizia dei territori interessati dal passaggio dei migranti della rotta balcanica. Oltre a quelli di Muggia e San Dorligo sono destinatari del fondo i comuni di Monrupino, Sgonico e Trieste. Si tratta per l'appunto di un contributo straordinario a sostegno delle spese organizzative, di personale e materiali per la pulizia dei propri territori interessati dal passaggio dei migranti, che spesso abbandonano soprattutto vestiti, con l'obiettivo generale della salvaguardia degli habitat e del contenimento e del contrasto della diffusione del Covid-19. Ora il Comune di Muggia, come fatto come si è detto da quello di San Dorligo, che ha già ottenuto 25 mila euro, sta preparando la domanda, da prsentare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della Finanziaria regionale, ossia entro il 6 aprile. Nella domanda occorrerà riportare una descrizione illustrativa del progetto e il preventivo di spesa. «Oggi (ieri, ndr) - spiega il sindaco di Muggia Laura Marzi - abbiamo fatto un incontro con l'assessore regionale ad Autonomie locali e Sicurezza Pierpaolo Roberti e con i tecnici della Regione preposti a questo tema e abbiamo concordato che entro aprile, dunque, invieremo alla Regione le nostre richieste».La genesi di questo intervento, evidenzia Marzi, «nasce da una precisa richiesta avanzata dal Comune di San Dorligo della Valle, che è il comune più colpito dal passaggio delle rotte migratorie. Gli altri comuni hanno solo parti limitate del loro territorio interessate da questi passaggi. Noi abbiamo soprattutto la porzione che confina proprio con San Dorligo, parte delle sponde del Rio Ospo e una quota del territorio che confina con la Slovenia, come la zona della ciclabile Parenzana». Va chiarito che il fondo non eroga automaticamente 25 mila a comune: «Noi - così Marzi - dobbiamo presentare un preventivo di spesa concordato con chi ci farà il servizio».

lu.pu.

 

 

Lo stallo assurdo sulla piscina terapeutica di Campo Marzio - la lettera del giorno di Tiziana Cimolino (Medici per l'ambiente)
Il nuovo anno è iniziato e ancora niente si muove. Per la piscina terapeutica di Campo Marzio il dissequestro è saltato ad aprile e ancora non è stata fatta luce sulle cause del crollo. Il ponte Morandi è stato costruito in due anni e noi siamo ancora qui dopo un anno e mezzo per un tetto crollato. Le amministrazioni da tempo ci dicono che la priorità è la salute, ma la mancanza della piscina terapeutica non è forse un fattore che ne determina la perdita? I triestini hanno bisogno di avere al più presto una nuova piscina terapeutica e soprattutto potremmo cogliere l'occasione per farla meglio di prima. Le associazioni si sono organizzate in banchetti e hanno raccolto 6.000 firme con la mia. Hanno ascoltato politici che hanno proposto soluzioni e proposte, ma siamo ancora fermi. Bisogna dare alla città con urgenza una piscina adeguata in cui siano presenti supporti, scale e rampe adeguate, ausili che determineranno la garanzia di una corretta e totale fruizione degli spazi e dell'accesso allo spazio acqua da parte di persone con ridotte capacità motorie e non. Si potrebbe inoltre per innovare l'impianto di trattamento delle acque usare quello ad ozono, che non presenta i disagi causati dal cloro e garantisce nel contempo una disinfezione dagli standard molto più elevati, migliorare l'accessibilità che presentava in Acquamarina problemi per certe disabilità. Molte persone hanno dovuto rinunciare ai loro trattamenti terapeutici in acqua e sappiamo bene che nelle persone diversamente abili se non porti avanti un trattamento riabilitativo di recupero funzionale continuativamente le complicanze della patologia arrivano presto. Quindi abbiamo disabili più disabili, un tetto a terra e nessuno che si muove.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 gennaio 2021

 

 

Piano alienazioni: il polo Greensisam in Porto vecchio messo sul mercato
Il Comune riduce a 7,4 milioni il valore dei cinque magazzini - Nell'elenco anche l'ex centro civico di via Gatteri-via Giotto
La novità di maggiore rilevanza sembra essere l'inserimento del "villaggio Greensisam" all'inizio di Porto vecchio nell'elenco degli immobili da vendere: il Comune fa il periodico punto sui beni alienabili, documento che sarà presentato stamane alle 11.15 nell'insolito contesto di piazza della Borsa al cospetto di un pensoso Gabriele D'Annunzio, assiso in lettura. Ma soprattutto Lorenzo Giorgi, assessore all'Immobiliare, spiegherà il cambio di marcia che la civica amministrazione intende conferire nel confronto con il mercato: basta con inutili aste a quotazioni inusitate che vanno puntualmente deserte, avanti con modalità alternative come le concessioni, gli affitti a lungo termine, il cosiddetto "rent to buy".Quest'ultimo istituto, introdotto nel nostro ordinamento con il decreto "sblocca Italia" di renziana memoria, prevede che il proprietario consegni fin da subito l'immobile al conduttore-futuro acquirente, il quale paga il canone. Dopo un certo periodo di tempo il conduttore può decidere se acquistare - senza obbligo però - il bene, detraendo dal prezzo una parte delle locazioni pagate.È il ragionamento che Giorgi ha già anticipato su palazzo Carciotti, una sorta di bella-di-Torriglia-che-tutti-vogliono-ma-nessuno-piglia (detto genovese), esempio di un approccio troppo abitudinario e burocratico che alla fine ha portato a vendere pochissima merce. L'Immobiliare, diretta da Luigi Leonardi, ha tentato di vivacizzare la solita lista di mezze "ciofeche" estraendo dalla panchina qualche rinforzo come l'ex scuola di via Combi (stima di 3,4 milioni ma calerà) e l'edificio di via Gatteri angolo via Giotto (1,3 milioni) antica sede di centro civico. Si è finalmente abbassata a 2,6 milioni la richiesta per l'ex mensa dei Cantieri riuniti tra via Locchi e Passeggio Sant'Andrea: sarà stata pure firmata da Marcello D'Olivo, ma pretendere 5,7 milioni per un covo di roditori era un'autentica astruseria. Più ragionevole, per quanto ancora alta, la quotazione di 1,9 milioni per Villa Cosulich in strada del Friuli.Sempre a proposito di stime riviste, emblematico il caso di "villaggio Greensisam" accennato all'inizio. La vecchia valutazione dei cinque magazzini, che l'Autorità portuale diede in concessione a Pierluigi Maneschi oltre tre lustri addietro, ammontava a circa 16 milioni di euro e il canone pari a 513.000 euro annui, pagato prima all'Autorità portuale poi al Comune, era calibrato non solo e non tanto sulla qualità degli stabili (non certo in gran forma), quanto sulla prospettiva di utilizzo dell'area, che pareva avviata a grandi progetti (a cominciare dalla sede europea dell'armatore taiwanese Evergreen) rimasti però allo stadio onirico. L'antico valore di 16 milioni, che fino a un po' di tempo fa avrebbe dovuto rappresentare la base d'asta, si riduce drasticamente nella nuova edizione Giorgi-Leonardi a 7,4 milioni, destinati a un'ulteriore probabile contrazione quando giungerà il verdetto di Stefano Stanghellini, l'esperto di estimo incaricato di formulare il nuovo prezzo. Adesso la situazione è la seguente: i magazzini 1-3, che sono sul mare e che resteranno ad Antonio Maneschi, sono valutati 2,4 milioni; i magazzini 2-4, che dovrebbero passare alla Regione Fvg, sono quotati 4,7 milioni; il magazzino 2A, che sembrava avviato a fungere da parking per Ttp, vale 320.000 euro. Sembrano prezzi accessibili, ma l'entità dei lavori, che attende i futuri gestori-proprietari, allontana l'idea di un facile business.

Massimo Greco

 

Controllo di qualità sul progetto di Vazquez Consuegra al "26"
Il futuro Museo del mare: gli interessati all'appalto per la validazione devono farsi avanti entro il 26 gennaio. Al vincitore 241 mila euro
C'è un termine che il Comune non può assolutamente permettersi di snobbare: il 31 dicembre dell'anno appena iniziato. Entro San Silvestro la stazione appaltante municipale dovrà aver messo in gara i lavori per trasformare il Magazzino 26 in Museo del mare. Il cronoprogramma comincia a farsi impietoso, perché il confronto con la Soprintendenza sul progetto dell'architetto sivigliano Guillermo Vazquez Consuegra ha portato via più tempo del previsto. Il "definitivo" è stato alfine presentato lo scorso 14 dicembre e prospetta un importo di poco inferiore a 20 milioni (sui 33 complessivamente disponibili per l'opera).Il "rup", il dirigente comunale Lucia Iammarino, ha chiesto con urgenza al collega Riccardo Vatta di bandire la gara per individuare il soggetto "validatore" del progetto, per il quale la norma indica particolari requisiti in tema di controllo-qualità. Le aziende, interessate a verificare il lavoro dei progettisti, sono invitate a mandare le offerte entro le ore 12.30 di martedì 26 gennaio, offerte che saranno aperte il giorno dopo alle 9. Il vincitore avrà a disposizione 241.244 euro, compresi Iva e oneri previdenziali (al netto 190.000).Si tratta di un passaggio che di recente ha interessato anche la realizzazione del Centro congressi, sempre in Porto vecchio: in quell'occasione della "validazione" si occupò Bureau Veritas. I candidati debbono aver fatturato 380.000 euro per tre esercizi nell'ultimo decennio. La squadra, pilotata da Vazquez Consuegra, aveva vinto la gara nell'estate 2019 con un'offerta pari a 1,6 milioni di euro in base al miglior rapporto qualità-prezzo rispetto alle proposte degli altri 15 concorrenti, tutti di livello internazionale. Della cordata fanno parte, oltre al professionista andaluso, la modenese Politecnica, la fiorentina Consilium, la pordenonese Cooprogetti, il romano Filippo Lambertucci, la trevigiana Monica Endrizi, gli studi triestini Sgm, Mads, Re.Te.In un primo tempo Vazquez Consuegra aveva pensato di inserire una torretta di vetro sopra il Magazzino 26, ma l'idea è stata bloccata dalla Soprintendenza.

Magr

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 gennaio 2021

 

 

L'Italia acquista ancora acqua oltreconfine - 400 mila euro l'anno alla Slovenia dal 1947
È previsto dal Trattato di Parigi per Fontefredda finito alla Jugoslavia. Ma ora ci sono i pozzi di Mochetta e risalita al Castello
"Contributo statale per il rifornimento idrico della città di Gorizia. Accertamento e impegno per 400 mila euro".Potrebbe sembrare una delle tante determine tecniche, importanti ma dallo scarso interesse di cronaca, che compaiono settimanalmente sull'Albo pretorio del Comune. In realtà, il contenuto è quantomeno curioso perché si tratta di un aiuto economico da parte dello Stato che si rinnova da decenni.

La guerra e il Trattato di Pace

Quei soldi, semplificando al massimo, servono all'ente locale per andare ad acquistare un certo quantitativo di acqua dalla Slovenia, dove c'è l'impianto di Fontefredda. Il tutto trae origine dal Trattato di Pace di Parigi, sottoscritto il 10 febbraio 1947. «Tale contributo - si legge nella determina -, per gli anni successivi, è annualmente rivalutato rispetto a quello dell'anno precedente, in relazione all'aumento del prezzo dell'acqua da determinarsi, ogni 12 mesi, in base alla modalità previste dall'accordo medesimo».Da molti anni, il criterio per la quantificazione del contributo consiste nel riconoscimento di un importo pari al 98% del costo complessivo sopportato dal Comune per l'acquisto dell'acqua oltreconfine. Nel 2007, la commissione mista italo-slovena, composta da Irisacqua e dall'omologa Vodovodi in Kanalizacjia Nova Gorica, determinò il prezzo dell'acqua, a partire dal 2008, in 25 centesimi al metro cubo. L'ultimo stanziamento statale, relativo al 2018, è di 400 mila euro. Della serie: paga in ritardo lo Stato, ma paga per l'acqua prelevata dall'impianto in riva sinistra dell'Isonzo, ai piedi del Monte Santo. A spiegare, più nel dettaglio, i termini dell'operazione sono il sindaco Rodolfo Ziberna e il parlamentare Guido Germano Pettarin, già assessore comunale a Bilancio e Partecipate. Il primo rammenta come nel 1947, in seguito agli esiti della Seconda guerra mondiale, Gorizia non poté più accedere alla fornitura idrica che era "rimasta" nell'altro Stato. «I pozzi, infatti, sono restati al di là del confine imposto nel 1947 con il trattato di pace di Parigi. Da qui, l'indennizzo che è diventata una voce fissa del documento contabile. Nel frattempo, la città si è riorganizzata realizzando i pozzi alla Mochetta e nella risalita al Castello».

Le motivazioni del contributo

Più nel dettaglio entra Pettarin, conoscitore della materia. «Terminato il secondo conflitto mondiale, le fonti d'acqua non rientrarono più nel territorio italiano. E fu necessario accordarsi per fare in modo che Gorizia avesse le disponibilità idriche e si strutturasse per realizzare fonti proprie, superando quella fase di difficoltà. E così si fece. E oggi si può dire che quella che era una fornitura indispensabile nel dopoguerra, oggi non lo è nemmeno più. Ma si tratta, comunque, di avere a disposizione una riserva», argomenta il parlamentare. Che guarda oltre. E evidenziando l'affermazione per la Capitale della Cultura 2025, sottolinea come «le due città siano sulla strada per diventare un'unica città. E anche nell'ambito dei servizi, bisognerà cominciare a pianificare e a ragionare come un'unica entità».Un altro passaggio della determina è fondamentale. Si rammenta come il trattato internazionale che regolamenta il rapporto fra Italia e Slovenia è «vigente, finché non venga espressamente modificato in seguito a eventuali diverse intese fra i due Paesi».

L'attività di Irisacqua

In ultimo, alcuni numeri (su scala provinciale) dell'importante attività svolta da Irisacqua. Dati desunti dagli ultimi documenti di bilancio. «I vari sistemi idrici gestiti da Irisacqua sono composti da 7 impianti di captazione dove l'acqua viene prelevata da 36 pozzi, 4 impianti di sollevamento principali con adduzioni verso i serbatoi e 12 impianti di risollevamento distribuiti lungo le reti di distribuzione - si legge nel documento -. La rete acquedottistica, adduzione e distribuzione, è pari a 1.074 km. A completare i sistemi idrici ci sono 42 serbatoi. I metri cubi immessi in rete sono stati 19.183.958, di cui 10.630.531 mc fatturati agli utenti: la percentuale d'acqua non contabilizzata diminuisce sensibilmente rispetto allo scorso anno in virtù delle attività sulla rete idrica inerenti mitigazione delle perdite e riduzione della pressione».

La sottoscrizione - Gli accordi firmati dopo la Seconda guerra mondiale
I trattati di Parigi furono firmati il 10 febbraio 1947. La sottoscrizione fu preceduta da una conferenza di pace tra luglio e ottobre 1946. L'Italia, oltre ai territori occupati durante la guerra, cedeva alla Jugoslavia la provincia del Carnaro, la provincia di Zara, gran parte della provincia dell'Istria (venne creata una zona A gestita dal Gma e una zona B affidata sempre a Tito), del Carso triestino e goriziano, e l'alta valle dell'Isonzo. A Gorizia venivano tagliati a metà anche i cimiteri. --

Le municipalizzate - Il Trattato di Osimo modificò i criteri di trent'anni prima
Dal dopoguerra fino al 1977, specifici accordi internazionali tra Italia e Jugoslavia fissavano il quantitativo massimo di acqua riservata al Comune e i relativi prezzi d'acquisto. Con il Trattato di Osimo, venivano modificati i criteri adottati trentatré anni prima: il contributo veniva accreditato al Comune e veniva rivalutato sulla base del costo dell'acqua che, anno dopo anno, sarebbe stato concordato dalle Aziende municipalizzate e dall'omologa società jugoslava.

Francesco Fain

 

 

Il piano green Fincantieri per le navi all'idrogeno che piace all'Europa: così salviamo l'ambiente
Il gruppo ha sviluppato il progetto Zeus: un'unità navale sperimentale prima nel suo genere al mondo. Laboratorio anche in Area di Ricerca
È stato l'economista Jeremy Rifkin, in un saggio dei primi anni Duemila, a individuare all'orizzonte un nuovo modo di sfruttare l'energia in grado di «rivoluzionare la civiltà»: l'economia all'idrogeno. La materia di cui sono fatte le stelle e il sole. Si trova in tutti gli esseri viventi, nell'acqua e nei combustibili fossili. Potrebbe essere la seconda rivoluzione dopo quella di Internet. Tramonterebbe le geopolitica del petrolio: «La rete energetica mondiale dell'idrogeno sarà la prossima rivoluzione economica, tecnologica e sociale della storia».L'idrogeno applicato alla propulsione delle navi e al risparmio energetico. Sono questi i nuovi scenari industriali dove Fincantieri, come ha spiegato di recente il presidente Giampiero Massolo, oggi è in prima linea: «Con il Recovery fund puntiamo anche a progetti sulle batterie al litio per arrivare alle navi a idrogeno. Una grande sfida». Di recente, insieme con le altre aziende partecipate pubbliche, il gruppo guidato da Giuseppe Bono ha presentato al Mise i progetti in materia di innovazione e di energia verde da finanziarie con il Recovery Fund. Su quali obiettivi?«Il cuore del business di Fincantieri sono le navi da crociera e militari ma negli anni abbiamo molto diversificato la produzione - ha spiegato Massolo in una conversazione con il Sole 24 Ore. Tutto ciò ci spinge ad essere "smart" nella gestione degli impianti e l'emergenza Covid ha accelerato questa spinta verso la sostenibilità, interconnessa, tra sistema nave e sistema-porti». A Trieste si cerca di "disegnare" industrialmente un futuro in cui le navi saranno sempre più green. «Stiamo trovando la nostra via d'uscita dalla crisi Covid-19. Con il recovery plan, abbiamo un'opportunità eccezionale per gli investimenti verdi. Vedo l'inizio di una rivoluzione per una nuova economia dell'idrogeno in Europa. Abbiamo opportunità immediate nelle nostre mani. E nella nuova economia del'idrogeno Fincantieri è un'eccellenza»: sottolinea Kadri Simson, commissario europeo all'energia. Intervenendo di recente all' European Hydrogen Forum, Simson ha ricordato il prototipo Zeus, un'unità navale sperimentale alimentata tramite fuel cell (cella a combustibile) realizzata da Fincantieri nel cantiere di Castellamare di Stabia: «Stiamo vedendo opportunità nel trasporto marittimo grazie a Fincantieri, che ha iniziato a lavorare sulla prima Zero Emission Ultimate Ship». La ricerca alla base del prototipo Zeus punta a migliorare la sostenibilità ambientale di navi cruise, mega-yacht, traghetti, ferry e navi da ricerca oceanografica, attraverso la riduzione delle emissioni di gas effetto serra. Un progetto che coinvolge, oltre a Fincantieri, le società del gruppo Isotta Fraschini Motori. Il gruppo di Bono ha inoltre avviato un secondo laboratorio presso l'Area Science Park di Trieste in collaborazione con l'Università di Trieste, con l'obiettivo di testare impianti di generazione basati su differenti tipologie di fuel cell.Ci vorrà almeno un decennio per raggiungere una riduzione delle emissioni del 55% tuttavia la crisi da Covid-19 ha messo in campo enormi risorse finanziarie a livello europeo che possono accelerare i tempi: «Grazie al Recovery plan abbiamo un'opportunità eccezionale per gli investimenti verdi nel trasporto marittimo proprio grazie a Fincantieri», commenta Simson.Nel corso degli anni il gruppo triestino ha avviato numerosi progetti di ricerca per studiare e verificare l'applicabilità delle tecnologie ad idrogeno e delle fuel cells a bordo delle navi, sia con risorse proprie sia con il supporto di programmi di ricerca ed innovazione finanziati a livello nazionale: «Queste iniziative sono cruciali per la sostenibilità futura a livello globale. Fincantieri, da sempre attenta a queste tematiche, studia la generazione e la distribuzione dell'energia a bordo delle navi da crociera, traghetti e megayacht. Per questo molte delle iniziative di ricerca e innovazione del gruppo sono focalizzate all'aumento del grado di elettrificazione delle navi e all'uso di vettori energetici sostenibili», si sottolinea nel quartier generale del gruppo a Trieste.«Tutto ciò ci spinge ad essere "smart" nella gestione degli impianti e l'emergenza Covid ha accelerato questa spinta verso la sostenibilità», ha spiegato Massolo.

Piercarlo Fiumanò

 

 

I segreti per trattare gli alberi - Vademecum per pollici verdi - libro per esperti e non

La cura degli alberi attraverso un approccio naturali e dettami tecnici alla portata di tutti. Si intitola "Amici alberi, semplici regole per trattarli bene" ed è l'opera edita da Libreria della Natura attesa a giorni nelle librerie, scritta a sei mani da Roberto Barocchi, Aldo Cavani e Giorgio Valvason. Una ottantina le pagine e settanta le illustrazioni che corredano una sorta di manualetto concepito per ribadire non solo l'importanza vitale degli alberi, ma anche le modalità per l'accudimento: «Si tratta intanto di un testo alla portata di tutti, ideato soprattutto per le persone non molto esperte - premette Roberto Barocchi, coautore, architetto ed ex direttore dell'Ispettorato delle Foreste di Trieste -. L'idea è nata dopo aver discusso con gli altri autori della situazione locale e della necessità di ribadire alcuni punti fermi, ma facendolo con un linguaggio popolare e facilmente comprensibile». Il libro richiama intanto sul valore dell'albero, ma non si sofferma troppo sugli aspetti simbolici, quanto sugli effettivi riverberi sulla natura, la società e la salute stessa dell'uomo: «L'albero è un vero amico e dovrebbe essere trattato come tale - prosegue Roberto Barocchi - ha il dono di migliorare non solo il paesaggio ma di influire sul microclima producendo ossigeno e annientando altri gas nocivi». Il libro si sofferma su alcuni tratti fondamentali, vedi la debita distanza da adottare per permettere lo sviluppo della chioma e rami, oppure come affrontare la potatura e quando farne uso. Una curiosità. Anche gli alberi soffrono di "stress urbano". Sì, perché stando alle analisi emerse nel libro, gli alberi che strutturano un viale in città sono destinati a vita breve, quasi cinquant'anni in media a fronte di qualche secolo. Barocchi ha scritto anche il "Dizionario di Urbanistica". Giorgio Valvason è un arboricoltore, mentre Aldo Cavani è dottore forestale, anch'egli ex direttore dell'Ispettorato locale.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 gennaio 2021

 

 

Le critiche all'ovovia si basano sui documenti ufficiali del Comune - la lettera del giorno di Andrea Wehrenfennig, presidente Legambiente

Per correttezza nei confronti dei lettori del Piccolo e soprattutto di Gianpaolo Penco (segnalazione dell'8 gennaio), ricordo che le critiche sollevate dalle undici associazioni ambientaliste e civiche - che ora sono dodici - nei confronti dell'infelice progetto di ovovia si basano sui documenti ufficiali dei progettisti e del Comune. In particolare con la delibera n. 577 del 28 dicembre 2020 la giunta comunale "delibera di presentare istanza per l'accesso ai finanziamenti destinati ai sistemi di Trm ad Impianti fissi con la proposta progettuale denominata "Cabinovia metropolitana Trieste - Porto Vecchio - Carso" per una spesa complessiva presunta di euro 48.768.102,54 Iva inclusa interamente a carico del Ministero", il che conferma quanto affermato dalle associazioni. Inoltre secondo il progetto preliminare la stazione "Opicina" e il vicino parcheggio - che in realtà sono collocati presso l'abitato di Campo Romano - sono da realizzare in un'area boscata, il che comporta numerosi abbattimenti. Approfittiamo di questa precisazione per invitare il Comune a pubblicare sul proprio sito tutti i documenti del progetto preliminare, il documento di fattibilità delle alternative progettuali e le delibere di giunta, in modo che i cittadini possono avere tutte le informazioni necessarie a conoscere il progetto e poterlo commentare in base ai fatti (per evitare "informazioni sbagliate e fuorvianti").

 

GORIZIA - Lotta allo smog, da domani i nuovi divieti
Out dalle 18 alle 20 i mezzi e i ciclomotori più vecchi da un ring del centro cittadino. Provvedimento sino al 27 febbraio
L'ordinanza parla chiaro. A decorrere dal 10 gennaio (ovvero da domani) sino al 27 febbraio, «allo scopo di prevenire episodi acuti di inquinamento atmosferico», viene introdotto il divieto di transito degli autoveicoli alimentati a benzina o a gasolio con caratteristiche emissive antecedenti alla classe Euro 4, nonché dei ciclomotori e delle moto pre Euro 3 nella fascia oraria compresa tra le 18 alle 20. In sostanza, le misure preventive contro l'inquinamento riguarderanno i veicoli più "vecchi", ovvero le auto a benzina o a gasolio Euro 1, Euro 2 ed Euro 3 e i motoveicoli e ciclomotori Euro 1 ed Euro 2: mezzi che non potranno circolare nel perimetro individuato dalle vie e dalle piazze seguenti: via Santa Chiara, via Mameli, via Roma, largo Martiri delle foibe, via De Gasperi, piazza del Municipio, via Generale Cascino, corso Italia (tratto via Cascino-via Garibaldi), via Diaz (tratto via Garibaldi-via Rismondo), via Rismondo, piazza Battisti, via Petrarca (da piazza Battisti a via Cadorna), via Cadorna (tratto da via Petrarca a via Boccaccio), via Boccaccio (da via Cadorna a piazzale Donatori di sangue).«Un mini-blocco - spiegano l'assessore comunale Francesco Del Sordi e il comandante dei vigili urbani Marco Muzzatti - che scatta ogni anno puntualmente e sempre nelle stesse date perché si tratta di misure preventive». Peraltro, quest'anno, con i lockdown e il calo evidente del traffico in città, a beneficiarne è stata proprio la qualità dell'aria. Ci sono, però, parecchie deroghe: potranno in primis circolare liberamente, oltre agli autoveicoli omologati Euro 4 o superiori e i motoveicoli e ciclomotori Euro 3 o superiori anche i veicoli ad emissione zero, alimentati con motori elettrici e ibridi e che utilizzano come carburante alternativo metano, Gpl, bioetanolo o idrogeno. Inoltre l'accesso nel ring sarà consentito a veicoli riservati al trasporto pubblico di linea o turistico con pullman, autobus, scuolabus, taxi e autovetture in servizio di noleggio con conducente e veicoli con almeno tre persone a bordo. Circoleranno anche mezzi per i servizi socio-sanitari e per il soccorso sanitario, compresi quelli dei medici e dei veterinari, muniti di apposito contrassegno distintivo. Infine, potranno accedere anche autoveicoli a servizio degli invalidi, per il trasporto di persone soggette a trattamenti, di particolare gravità, sanitari e riabilitativi programmati, nonché vetture che trasportano persone con ridotta capacita deambulatoria e altre gravi patologie e impossibilitate temporaneamente a servirsi dei mezzi pubblici. Disco verde anche ai veicoli dei paramedici e dei tecnici ospedalieri in servizio di reperibilità, dell'Azienda sanitaria e di associazioni ed imprese che svolgono servizio di assistenza sanitaria e sociale. «Praticamente, è stata riproposta la stessa ordinanza dell'anno passato che scatta, a meno di modifiche intervenute nel frattempo, in automatico - conclude Marco Muzzatti, comandante della Polizia locale -. Verranno predisposti controlli da parte dei vigili urbani».

Francesco Fain

 

Nell'Isontino ci sono ancora 6 mila automobili Euro zero - parco macchine datato

All'interno c'è di tutto. Anche le auto d'epoca che hanno la loro ragione d'esistere e vanno preservate gelosamente. Ma non parliamo soltanto di "gioiellini" a quattro ruote perché, sulle nostre strade, girano anche tante "carrette": automobili vecchie e inquinanti. Ed è una testimonianza del fatto che circolano pochi soldi e che gli ultimi modelli sono sicuramente molto belli ma costano troppo. Decisamente troppo. Un po' di numeri che parlano da soli. Secondo l'elaborazione di "Facile.it", realizzata su dati ufficiali del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nei registri della motorizzazione del Friuli Venezia Giulia risultano ancora iscritte 49.953 automobili Euro zero, corrispondenti al 6,21% del totale vetture ad uso privato registrate in regione. Come sono distribuite a livello provinciale queste autovetture? Nell'Isontino ci sono 5.934 vetture Euro zero, pari al 6,45% del totale. Non poche. Se si guarda ai valori assoluti delle sole Euro zero, la maglia nera della regione spetta alla provincia di Udine (23.121 auto private; 6,27% del totale), seguita da Pordenone, (11.991; 5,57%) e Trieste (8.907, 6,94%). E il quadro si incupisce ulteriormente se si allarga l'analisi. Considerando le automobili Euro 0-1-2-3 si arriva, in totale, a circa 239 mila vetture circolanti: vale a dire che quasi un terzo della auto potenzialmente in strada in Friuli Venezia Giulia (30%) ha 15 anni o più di anzianità. Auto d'epoca a parte, costituiscono molte volte un danno non solo per l'ambiente e per la sicurezza stradale, ma anche per le tasche dei proprietari. Secondo le simulazioni, a livello medio nazionale, assicurare un veicolo Euro 3 del 2005 può costare fino al 156% in più rispetto allo stesso veicolo, nella sua versione Euro 6, immatricolato nel 2020.

 

 

Giù i magazzini dell'ex fabbrica Fissan simbolo della storia industriale di Trieste
Al via le demolizioni del complesso in via Muggia. La nuova proprietà, un'azienda slovena di logistica, ci farà uffici e piazzali
Addio al vecchio stabilimento Fissan, simbolo del passato produttivo della città. È iniziata in questi giorni la demolizione dell'ex sede Trieste del marchio, in via Muggia, nella zona industriale. L'area, di 17 mila metri quadrati, come conferma il Coselag, Consorzio di Sviluppo economico locale dell'Area giuliana, è stata venduta ad un'azienda slovena, che si occupa di logistica e che darà vita a nuovi spazi, più funzionali. Se ne va così un pezzo della storia di Trieste, quella fabbrica che per molti anni ha "sfornato" prodotti per i bambini conosciutissimi, in particolare bagnoschiuma e creme per l'infanzia e, in una fase successiva, anche articoli di altri noti brand, come Glysolid, Depilzero o Badedas.Una serie di fabbricati che per anni sono stati abbandonati dopo la chiusura avvenuta nel 2006, con diversi tentativi di vendita andati a vuoto, fino alla svolta recente e all'abbattimento delle strutture. Anche perché, per i nuovi acquirenti, non sarebbe stato facile riutilizzare un comprensorio nato con una destinazione precisa. «Quando lavoravo all'Ezit - spiega Dario Bruni, presidente di Confartigianato Trieste - ricordo che era impossibile trovare investitori potenzialmente interessati a una locazione o a un subentro nella proprietà. Gli spazi erano pensati per un'attività specifica, e sarebbe stato molto complesso adattarli ad altri utilizzi. Non mi meraviglia la notizia della demolizione - aggiunge - solo così, probabilmente, quella zona potrà tornare in attività».Un'asta andata deserta nel 2011 fissava il prezzo a 6 milioni 210 mila euro. Impossibile capire al momento quale sia l'importo stabilito nell'ultima vendita andata a buon fine. Famoso soprattutto per la pasta Fissan, lo stabilimento risale al 1965, un anno che determina anche un salto importante per l'azienda, che grazie a spazi più ampi e a un costante aumento degli ordini, passa dai 15 ai 300 operai in poco tempo. Il declino arriverà una quarantina di anni più tardi. Le ruspe hanno già abbattuto alcuni edifici, destinati un tempo a magazzini. A terra resta un enorme tappeto di detriti, che arriva quasi alla recinzione blu, che delimita tutta l'area. Rimangono ancora in piedi la palazzina principale, dove si trovava l'ingresso del personale e dove, dopo alcuni gradini, si nota ancora la zona dove veniva timbrato il cartellino prima dell'inizio del turno. Ci sono poi i laboratori, gli uffici e il cuore produttivo, con i grandi contenitori dai quali scendevano le varie tipologie di creme che poi venivano confezionate. Dentro, per molti anni, sono rimaste abbandonate montagne di flaconi, dopo la dismissione del 2006, insieme ad arredi, macchinari e pure a qualche vecchio mezzo di trasporto, dimenticato nel piazzale alle spalle dei fabbricati, dove la merce veniva caricata e spedita. Centinaia di prodotti, ancora imballati, sono rimasti per anni fermi anche fuori, a pochi metri dal cancello principale. Tra il 2019 e il 2020 gli ambienti interni e le aree esterne, già presi di mira dai vandali, sono stati poi sgomberati. Ieri molte persone, passando con l'auto, si sono fermate a osservare gli scavatori in azione, catturati dal vuoto lasciato dai grandi magazzini che per decenni sono rimasti al loro posto, seppur vuoti. Sul cartello appeso al cancello dove i mezzi entrano, si legge che l'importo complessivo dei lavori è di 800 mila euro.

Micol Brusaferro

 

 

Arvedi, 240 milioni per accelerare nella produzione di acciaio sostenibile
Finanziamento nell'ambito del Green New Deal europeo con garanzia Sace: in ballo tre progetti a Cremona e Trieste
Trieste. Un prestito da 240 milioni di euro per accelerare sulla via della decarbonizzazione. Il gruppo siderurgico Arvedi è il primo in Italia a sottoscrivere un finanziamento nell'ambito del Green New Deal europeo con la garanzia di Sace, società di Cassa depositi e prestiti, specializzata nel sostegno economico alle imprese italiane. Attraverso il nuovo strumento finanziario, la compagnia che a Trieste possiede la Ferriera di Servola incamera una cospicua somma di danaro per riconvertirsi alla produzione pulita di acciaio: risorse che vanno ad aggiungersi agli 80 milioni, stavolta a fondo perduto, che saranno versati dal Mise a sostegno della riqualificazione della Ferriera, con la trasformazione dell'area a caldo in terminal portuale e il rafforzamento della capacità produttiva del laminatoio a freddo.Arvedi è uno dei principali attori europei nel campo dell'acciaio e sigla ora la prima operazione italiana legata al Green New Deal, il piano Ue pensato per promuovere l'economia circolare e sistemi di produzione più sostenibili. Il gruppo è attento alle opportunità che arrivano da Bruxelles, tanto che nel 2015 Arvedi fu la prima azienda europea ad attingere ai fondi del piano Junker. In questo caso il finanziamento beneficia anche di un sistema premiante in funzione del raggiungimento di determinati parametri di sostenibilità nel ciclo produttivo dell'acciaio. Si tratta di un campo in cui la società cremonese è all'avanguardia a livello mondiale, dopo aver introdotto cicli produttivi che partono dai rottami ferrosi e non hanno dunque bisogno di ghisa e carbone, perché basati su riciclo e impiego di forni elettrici. Al di là delle spinte politiche, la dismissione dell'altoforno triestino dipende in buona parte da questo e dalla decisione di acquistare ghisa direttamente dall'estero. L'obiettivo di Arvedi è basare il 75% della propria produzione su acciaio riciclato entro il 2023. L'operazione poggia su un contratto di finanziamento siglato dal gruppo con un pool di banche finanziatrici: oltre a Intesa San Paolo nel ruolo di capofila, la lista si compone di Bln, Bnp Paribas, Banco Bpm, Crédit Agricole, UniCredit, Unione di banche italiane, Monte dei Paschi, Banca del Mezzogiorno e Banca di Piacenza. Sace si farà garante del 70% dei 165 milioni della prima tranche. Si tratta di una prima volta per il mercato finanziario nazionale: mai finora una società italiana aveva sottoscritto un finanziamento garantito da Sace nell'ambito del Green New Deal. Arvedi riceverà in sei anni un prestito da 240 milioni, che interesserà diversi rami del gruppo: una prima tranche da 165 milioni andrà a favore di Acciaieria Arvedi, mentre i 75 milioni rimanenti andranno sia ad Acciaieria Arvedi che alle controllate Arvedi tubi acciaio e Centro siderurgico industriale. Stando alla nota diramata per annunciare il finanziamento, le risorse daranno corpo a tre progetti fra Trieste e Cremona. La compagnia non entra nel merito, ma nel caso di Trieste si tratta quasi certamente di interventi dedicati a laminatoio e centrale elettrica, interessati anche dai finanziamenti a fondo perduto che verranno erogati dal ministero dello Sviluppo economico per incentivare la chiusura dell'area a caldo, con la trasformazione in chiave logistica dei terreni occupati da altoforno e cokeria. Il ministro Stefano Patuanelli ha stanziato in totale 80 milioni: 55 saranno impiegati a Servola e altri 25 ricadranno sugli impianti di Cremona. Nel caso di Trieste, i fondi serviranno al potenziamento del laminatoio e alla riconversione della centrale, che cesserà di usare i gas residui della produzione di ghisa e passerà al metano.

Diego D'Amelio

 

 

Da Belgrado a Sarajevo, le citta' soffocate dall'inquinamento - il problema resta irrisolto

Belgrado. Il mondo cambia, sotto i colpi della pandemia. Ma qualcosa rimane sempre uguale. È la cappa di smog che, ogni inverno, puntualmente copre i vicini Balcani, prodotta dalla circolazione di vecchie auto, sistemi di riscaldamento obsoleti spesso a nafta o carbone, impianti industriali e di teleriscaldamento, antiquate centrali elettriche alimentate a lignite. E l'attuale stagione invernale non sta facendo eccezione, con varie città della regione - in particolare Sarajevo, Skopje, Pristina e Belgrado - che hanno superato più volte nelle scorse settimane i livelli di guardia sul fronte inquinamento. Anche ieri il quadro è stato confermato. A Sarajevo, Goradze, Skopje, Niksic, Lazarevac, aria «molto inquinata», a Novi Pazar, Smederevo, Nis, «insalubre» o «pericolosa per le fasce a rischio», alcuni dei dati raccolti ieri pomeriggio dal portale "World Air Quality Project". Il quadro potrebbe anche essere peggiore di quanto si creda, e ciò diventa fonte di polemiche. È il caso della Serbia, al top in Europa per l'aria mefitica e fra i dieci Paesi peggiori al mondo per morti per smog (175 per centomila abitanti, secondo i dati della Global Alliance in Health and Pollution, Gahp), dove tiene banco il caso di Milenko Jovanovic, già capo della sezione del monitoraggio dell'aria della locale Agenzia dell'ambiente. Ex, perché Jovanovic sarebbe stato fatto fuori, hanno denunciato decine di Ong e associazioni ambientaliste, per aver denunciato "ritocchi" alle misurazioni dello smog nel Paese balcanico. Ora ad esempio l'aria in Serbia è considerata inquinata se si superano i 55 microgrammi di Pm2.5, contro i 40 precedenti, trasmettendo coi dati falsati una percezione di finta sicurezza nei cittadini, ha sintetizzato il portale specializzato Balkan Green Energy.Non servono app e misurazioni per comprendere, annusando l'aria, il problema smog anche nella vicina Bosnia. Pure tra Sarajevo e Mostar non si registrano significativi miglioramenti sul fronte smog e anche per questo la comunità internazionale ha iniziato a "bacchettare" le istituzioni locali. I bosniaci hanno «diritto all'aria pulita» ed è ora «che si facciano i conti» «con un problema che mette seriamente a rischio la salute di tutti», ha ammonito a fine 2020 il rappresentante Ue a Sarajevo, Johann Sattler, ricordando che l'Ue ha messo a disposizione nove miliardi per investimenti nei Balcani, inclusa l'energia verde. «Ma la Bosnia non ha finora compiuto alcun passo per la protezione dell'ambiente», il duro j'accuse. Stesso discorso vale per la Macedonia, dove lo smog è tornato ad affumicare le città con l'arrivo del freddo. Smog fuori controllo anche in Kosovo. Essere parte della Ue cambia però poco le cose. Lo si vede in Bulgaria, già sanzionata da Bruxelles per l'inazione nel controllo dell'inquinamento, dove nelle scorse settimane i social sono esplosi di critiche per l'aria irrespirabile, un problema ormai cronico di tutti i Balcani, dentro e fuori la Ue. Secondo lo studio del Gahp, reso pubblico nel 2019, dopo la Serbia gli Stati con più vittime per smog in Europa sono stati appunto la Bulgaria (137), seguita da Bosnia-Erzegovina (125), Croazia (108), Romania (106) e Ungheria (105).

Stefano Giantin

 

 

In piazza per dire basta ai trattamenti disumani ai danni dei migranti
Presidio in piazza Goldoni sotto al Consolato croato - Nel mirino l'emergenza nella regione bosniaca al confini con l'Unione europea

Almeno centocinquanta persone ieri pomeriggio hanno manifestato «contro pushback, violenza dell'Unione europea e della polizia» ai danni dei migranti lungo la rotta balcanica. Il luogo scelto per il presidio è stato piazza Goldoni, a due passi dal consolato generale della Repubblica di Croazia, Paese che rappresenta la cerniera tra Paesi comunitari ed extra-comunitari per i profughi che tentano di raggiungere l'Occidente. Anche a livello nazionale, in questi giorni, ad accendere i riflettori su questi temi è l'emergenza in corso nella città di Bihac e, più in generale, nel cantone bosniaco di Una Sana, entrambi affacciati sul confine croato, vale a dire ai limiti dell'Unione europea. Il 23 dicembre l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) ha chiuso il campo di Lipa, poco lontano da Bihac. Proprio mentre era in corso lo sgombero di 1500 persone da parte di Iom, all'improvviso è scoppiato un incendio che ha distrutto tre delle grandi tende che ospitavano migranti e rifugiati, i quali si sono pertanto ritrovati all'addiaccio. Secondo gli organizzatori del presidio di ieri, ovvero "No Cpr no frontiere Fvg", "Linea d'Ombra" e "Strada Si.Cura", a partire da quel momento «i giornali italiani hanno iniziato a raccontare che in Bosnia è in atto una crisi umanitaria, come d'altronde gli attivisti sul posto denunciano da anni», si legge in un volantino. «Si tratta in realtà di una situazione sistemica, che si estende alla gestione dei grandi campi da parte di Iom, alle violenze sistematiche della polizia croata e alla catena di respingimenti che arriva fino a Trieste». A proposito di stampa, ieri a giornalisti e fotografi è stato chiesto più volte di non filmare i volti dei manifestanti, nonostante ci si trovasse in luogo pubblico.Tornando ai migranti, è appena stata pubblicata da Repubblica la storia di Osman (nome di fantasia), ventunenne pachistano arrivato a Bihac all'inizio del 2020. Ha provato "the game" ("il gioco", così i migranti chiamano in gergo il tentativo di passare il confine tra Bosnia e Croazia senza essere catturati dalla polizia) 15 volte prima di arrivare a Trieste, a luglio. Nell'intervista Osman racconta che qui gli è stato fatto firmare un foglio che lui credeva essere una richiesta di asilo, ma che probabilmente era invece un modulo di riammissione: la polizia italiana l'ha riportato in Slovenia e da lì, a bordo di camion, è tornato fino al confine con la Bosnia, dove è stato lasciato di notte e picchiato. Esistono decine e decine di testimonianze simili, raccolte dalle Ong a Trieste come a Bihac. «Da maggio 2020 si è inserita in questo meccanismo anche l'Italia», prosegue il volantino: «Ciò che chiamiamo "riammissioni informali in Slovenia" è solo il primo anello di questa catena». Quanto appunto alla Bosnia, la situazione evolve di ora in ora. Secondo le ultime notizie pubblicate dall'emittente televisiva di Sarajevo "N1", ieri i migranti sono entrati nelle tende riscaldate appositamente allestite a Lipa dall'esercito bosniaco, mentre il Ministero per la Sicurezza della Bosnia Erzegovina ha preso in consegna il campo.

Lilli Goriup

 

Sport, innovazione e aiuto ai più fragili - Caccia ai volontari del Servizio civile
I posti a Trieste saranno 164, molti dei quali gestiti da Arci Fvg. Selezioni fino all'8 febbraio
È partita la selezione per "arruolare" 164 volontari per il Servizio civile a Trieste. Una maxi squadra di giovani che opereranno nel campo dell'inclusione sociale, del sostegno ai più fragili, del pubblico servizio, in particolare attraverso lo sport e l'assistenza. Un'esperienza di cittadinanza attiva che potranno provare quest'anno più di 460 ragazzi e ragazze del Friuli Venezia Giulia, il cui numero sarà ulteriormente ampliato nel corso dell'anno. Di questi, 164 a Trieste, 200 a Udine, 64 a Pordenone e 32 a Gorizia. È stato infatti pubblicato il bando del Dipartimento della Gioventù e del Servizio civile universale. Alla selezione possono partecipare giovani tra i 18 e i 28 anni, italiani, dell'Ue e cittadini stranieri regolarmente soggiornanti. Le domande vanno presentate entro le 14 dell'8 febbraio su https: //domandaonline.serviziocivile.it. Il servizio dura 12 mesi e prevede un impegno di 1.145 ore (25 a settimana) con un riconoscimento economico mensile di 439,50 euro. Tra i protagonisti c'è Arci Servizio Civile Aps, la più grande associazione italiana dedicata esclusivamente al servizio civile, che gestirà un'importante quota dei progetti e di posti messi a disposizione. Sul sito www.arciserviziocivilefvg.org ne sono illustrati per ora 8, messi a disposizione dall'Asc per 37 posti in regione (32 a Trieste) che poi saliranno a oltre 60. «In un periodo difficile - commenta il presidente regionale di Arci Servizio civile Aps, Giuliano Gelci - il Paese potrà avere a disposizione, fin dalla primavera, anche questa risorsa per affrontare le grandi difficoltà che ci attendono e i giovani potranno esprimere le loro energie e capacità, lavorare insieme». Tra i progetti proposti da Arci Servizio civile in regione, quelli di "Comunità inclusiva per menti creative 2" per favorire gli scambi tra le diverse comunità con 4 posti a Trieste, "Fuoricasa - percorsi di autonomia per giovani e adulti con disabilità", allo scopo di agevolarne i percorsi di integrazione e inserimento (4 posti a Trieste), "Storie, saperi, culture 2020" che vuole sviluppare momenti formativi e culturali in un'ottica di pace e solidarietà (4 posti a Trieste), "Orizzonti d'apertura" che intende ampliare il supporto offerto alle persone con disabilità intellettiva in età scolare con 5 posti in città, "Famigliarizzare" destinato alle famiglie di richiedenti asilo e rifugiati con figli minori (4 i posti a Trieste), "Crescere assieme", mirato a contrastare l'esclusione sociale di soggetti a rischio di fragilità, in particolare minori, con 4 posti a Trieste, "Amico: esperimenti innovativi per creare valore sociale" di contrasto al fenomeno di istituzionalizzazione di persone non del tutto autosufficienti con 4 posti a Trieste e infine "Inclusivamente", che vede lo sport come strumento di convivenza tra i popoli (3 posti a Trieste).-

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 gennaio 2021

 

 

Dalla Tripcovich al mercato ortofrutticolo le tredici incompiute in attesa di verdetto
Nell'elenco idee ferme da anni come il campus di via Rossetti e "grane" più recenti tra cui lo stop al villaggio sportivo Samer
Il Comune fa tredici al toto-progetto a cinque mesi dalla fine del campionato. Tredici sono le più significative "incompiute", cioè le maggiori iniziative non ancora ultimate o lontane dall'esserlo. Perchè le "incompiute" sono come i giorni, non sono tutti uguali, quindi necessitano di sotto-classificazioni tra situazioni bloccate, meno bloccate, "in fieri". Un elenco redatto con la collaborazione di Enrico Conte, direttore dei Lavori Pubblici, che proprio tra cinque mesi raggiungerà l'agognata quiescenza e lascia a Roberto Dipiazza un documento aggiornato dei dossier più impegnativi, su cui è atteso lo sprint del mandato. Covid permettendo.

I CASI GRAVI

Campus Rossetti, sala Tripcovich, i tre mercati, casa Francol, palazzo Carciotti sembrano essere i fascicoli più scottanti. Sull'ex caserma di via Rossetti, in predicato di trasformarsi in campus scolastico, è tutto fermo da giugno, da quando cioè Cassa depositi e prestiti e il sindaco si erano confrontati su un'ipotesi di acquisto. Congelata anche la questione Tripcovich, poiché, tramontata l'idea di ricorrere al Tar contro il "niet" ministeriale, la ventilata soluzione politica non si è vista: non va dimenticato che Roma ha raccomandato al Comune di riqualificare il "bene". Triplice stallo sui mercati: i padovani non si sono fatti vivi per gestire l'Ortofrutta all'ex Duke; il rilancio del Coperto è rimasto all'idea (bocciata) di Andrea Monticolo viziata da uno sgradito leasing in costruendo; sull'Ittico c'è il pressing della Regione che sollecita uno standard migliore dell'ex Gaslini. Nota in calce: se non si muove l'Ortofrutta, non si muove di conseguenza la "redenzione" dell'area annonaria in Campo Marzio. Casa Francol, dopo assaggi di mercato andati a vuoto, aspetta un privato che, facilitato dal nuovo Piano del centro storico, scommetta 3 milioni. Del palazzo Carciotti, dopo l'imbarazzante forfait di Invimit, ha parlato l'assessore Giorgi: niente vendita, sì alla concessione.

I RESILIENTI

A questa categoria partecipano faldoni in lento, lentissimo movimento, che avrebbero bisogno di essere velocizzati. In rassegna servizi cimiteriali, ex Ardiss, villaggio Greensisam, piscina terapeutica. Sui servizi cimiteriali, partita pluriennale finora sottotraccia da 90 milioni, AcegasApsAmga sembrerebbe pronta a un passo indietro a fronte del project financing targato dall'altra bolognese Altair, ma ci sarebbero resistenze sindacali. Incomprensibile l'impasse sulla gara per affidare la concessione-gestione degli appartamenti ex Ardiss in zona Urban: la delibera è pronta da mesi, perchè non va avanti? Rivolgersi a Giorgi. La recente decisione della Regione di investire su metà villaggio Greensisam per trasferire gli uffici ha spinto il proprietario Comune a rinfrescare la stima dei beni (ferma ai 16 milioni per tutti i 5 magazzini), affidando l'incarico a Stefano Stanghellini, docente allo Iuav veneziano ed esperto di estimo. Dipiazza ci tiene a finire il mandato con la nuova piscina terapeutica in Porto vecchio: ma gli uffici stanno ancora attendendo la proposta ufficiale progettuale e finanziaria di Terme Fvg e del soggetto attuatore Icop.

PIU O MENO IN MOTO

Museo del mare e villaggio sportivo Samer sono i due esempi più importanti. Per il Magazzino 26 futura dimora museale (33 milioni stanziati dal MiBac) sta scattando la gara per individuare il "validatore" del progetto firmato da Guillermo Vazquez Consuegra, cosi come già si fece per il Centro congressi, passaggio indispensabile per bandire poi l'affidamento dei lavori. L'azienda-studio, che vincerà l'attività di verifica, riceverà una parcella di 241.244 euro. Avanti adagio anche per il villaggio sportivo Samer, project financing nel compendio comunale di via Locchi: si dovrà iscrivere l'iniziativa nel Piano triennale del Bilancio 2021; si sarebbe potuto accelerare ma la ragioneria s'impuntò. Comunque procede.

Massimo Greco

 

Cinque palazzine da 4 piani nella "voragine" di Gretta
Nel piazzale lasciato vuoto dalla demolizione delle case in cui avvenne nel 2011 l'omicidio Novacco, saranno costruiti 86 nuovi alloggi Ater. Lavori al via in estate
Adesso è spoglio e desolante. Ma il prato, ampio 6mila metri quadrati, che si trova tra via Gemona e via Gradisca a Gretta, fra due anni ospiterà 86 alloggi per dare nuova linfa vitale ai bandi Ater. È infatti sullo stesso sedime su cui sorgevano le palazzine in cui si è consumato uno degli omicidi più efferati che la cronaca nera di Trieste abbia mai registrato, quello del giovane Giovanni Novacco, nell'agosto 2011, che l'ente per l'edilizia sovvenzionata ricostruirà cinque nuovi edifici. I lavori da 9 milioni di euro dovrebbero partire all'inizio della prossima estate mentre la gara per individuare l'impresa sarà avviata all'inizio di febbraio. Quest'ultimo step doveva avvenire a settembre scorso, ma il Covid e alcune modifiche normative hanno richiesto un adeguamento del progetto esecutivo, della cui validazione si occupa la società di ingegneria Simm-Masoli/Messi. Puntualizza il presidente Riccardo Novacco: «Sono state rilevate offerte minime non conformità tra i diversi elaborati progettuali, che hanno comunque richiesto l'intervento dei progettisti per una parziale rielaborazione». Gli aggiornamenti sono stati richiesti prevalentemente per gli impianti elettrici ma anche per disporre i piani sicurezza anti-Covid-19, per cui è stato necessario qualche piccolo incremento economico. «Entro fine mese è prevista l'approvazione del progetto ai fini dell'avvio della gara di appalto - specifica Novacco -, che potrà consentire la partenza dei lavori entro l'inizio dell'estate, utilizzando le procedure acceleratorie introdotte con il recente Decreto Semplificazioni». Questo vuol dire che il rischio ricorsi, forse anche più elevato visto che la gara è europea, sarà ridotto: «In caso di ricorso infatti - spiega il direttore Ater Franco KoreniKa - la norma permette di procedere comunque con l'affidamento dei lavori. Al momento del giudizio, se il procedimento viene vinto dall'impresa che aveva fatto ricorso, quest'ultima verrà risarcita e quindi il cantiere potrà proseguire».Il progetto prevede la realizzazione appunto di 86 appartamenti, disposti in cinque edifici da quattro piani (quattro palazzine comprenderanno due vani scala, una ne avrà solo uno), caratterizzati dalla stessa altezza e volumetria dei precedenti. Sarà inserito inoltre l'ascensore. I vecchi alloggi, realizzati negli anni '50, erano molto piccoli. Ora invece si è cercato di renderli più ampi e moderni, pensando anche alle famiglie numerose, con più figli, grazie a una metratura quindi di oltre 100 metri quadrati e con la possibilità di avere tre o quattro stanze. Si scaverà fino a quattro metri sottoterra per ricavare dei parcheggi per un numero di veicoli pari a quello delle abitazioni. Una ventina sarà disposta in superficie. Uno spazio inoltre sarà riservato anche agli stalli per motorini. I lavori partiranno a due anni e mezzo dall'abbattimento degli edifici, la cui demolizione era stata decisa tempo dopo che gli appartamenti, divenuti vetusti e scomodi, erano stati svuotati e gli inquilini trasferiti in altre zone. «Il ritardo è dovuto al fatto che nell'ultimo periodo - afferma Korenika -, per dare una risposta più pronta alle esigenze abitative, l'ufficio tecnico ha dovuto dedicare molto tempo al recupero degli alloggi sfitti, più semplici da rimettere a posto. Questo progetto invece riguarda un cantiere che si concluderà più in là nel tempo».

Benedetta Moro

 

 

Sos di Legambiente per salvare i gelsi Alberi in siti privati - il cantiere in Via Brigata Etna

Legambiente lancia l'allarme: «I lavori per il nuovo sistema di irrigazione nella zona di via Brigata Etna e via degli Scogli mette a rischio la sopravvivenza di alcuni esemplari monumentali di gelso». E parte così l'appello a tutelare le piante rivolto al Comune (ma anche a Irisacqua e Consorzio di Bonifica), che da parte sua precisa che i gelsi si trovano in proprietà private, ma assicura di avere già da tempo in progetto di valorizzare l'intera area di Montesanto, e che dunque monitorerà attentamente la questione. «Abbiamo notato che i mezzi utilizzati per il cantiere hanno già urtato e danneggiato la base delle piante, ed è a rischio anche il cippo che delimitava il pomerio di Gorizia, l'antico confine cittadino, già inclinato - la preoccupata segnalazione di Legambiente Gorizia -. Inoltre temiamo che lo scavo possa andare ad intaccare l'apparato radicale dei gelsi, mettendone ulteriormente in pericolo la sopravvivenza. Si tratta di esemplari vetusti ma ancora perfettamente vitali». Legambiente vorrebbe promuovere l'inserimento dei gelsi nell'elenco degli alberi monumentali del Fvg, ricordandone la funzione storica di demarcazione dei confini tra le proprietà e quella di fornitura delle foglie per l'alimentazione dei bachi da seta per la fiorente industria di inizio Novecento. «Stiamo parlando di una zona che racconta parti importanti della storia della città, e per questo stiamo ragionando su come valorizzarla nell'ambito della Capitale della Cultura - spiega in proposito l'assessore comunale all'Ambiente Francesco Del Sordi -, anche attraverso la tutela di alberi come i gelsi. In tal senso accogliamo l'intervento di Legambiente che va nella direzione che già abbiamo intrapreso, e abbiamo già parlato con i vertici di Irisacqua e del Consorzio di Bonifica perché prestino particolare attenzione durante i lavori. Gli alberi dimorano comunque in aree private su cui il Comune non ha potere di intervento se non in presenza di norme precise di tutela. Alcune di queste proprietà sono peraltro praticamente abbandonate e abbiamo dovuto sanzionare i proprietari per il degrado che si era creato».

M. B.

 

 

Nuovo sistema di raccolta, è partito il conto alla rovescia
Si comincerà il 3 febbraio. L'ultima settimana di gennaio spariranno i cassonetti. L'assessore Petenel: «Necessario sforzo collettivo»
Cervignano. Una data storica per il capoluogo della Bassa friulana. Si avvicina il 3 febbraio, giorno in cui prenderà avvio il nuovo sistema di raccolta denominato "Casa per Casa Hybrid". Esattamente tra un mese, infatti, il sistema sarà in piena fase di rodaggio e il primo venerdì di febbraio sarà terminato il primo ciclo di raccolta casa per casa: un'occasione per capire dal vivo come il tutto funzionerà. Intanto, in questi giorni, sta continuando la distribuzione del kit contenente il bidoncino per la carta, quello per il secco indifferenziato, i sacchetti per la raccolta della plastica e la smart card che aprirà i nuovi cassonetti stradali dell'umido. Queste prime tre tipologie di rifiuto passeranno appunto al porta a porta: in specifici giorni della settimana saranno esposti fuori dalla porta, sul marciapiede, e successivamente gli operatori della Net passeranno a raccoglierli. A fine mese è in programma la rimozione definitiva dei vecchi cassonetti stradali dedicati alla carta, alla plastica e al secco indifferenziato e il posizionamento di quelli nuovi per l'organico. Oltre all'organico, rimarranno nella sede stradale i cassonetti per gli sfalci e le campane del vetro. La sera del 2 febbraio i cervignanesi esporranno i contenitori con il coperchio blu, dedicato a carta, cartone e tetra-pak fuori dalla propria abitazione. Semaforo verde per contenitori delle uova, giornali, tetra pak, libri, giornali, scatolette di medicinali, cartoni della pizza e buste per la spesa di carta, ma assolutamente vietato buttare scontrini fiscali, fazzoletti da naso carta da cucina e carta vetrata. Il giorno successivo, la sera di mercoledì, dalle 19 alle 24, sarà la volta dell'esposizione del contenitore di colore grigio dedicato al secco indifferenziato: verranno raccolti spazzolini, cotton fioc, spugne, posate monouso, scarpe, lettiere, gusci di molluschi, penne a sfera, imbuti, e vecchi dischi o Dvd. Semaforo rosso però, per tipologie di rifiuti che potrebbero essere scambiati per materiale similare: no a vecchi elettrodomestici, anche se piccoli, lampadine, pile, siringhe e medicine scadute. Nelle notti tra giovedì e venerdì sarà la volta della raccolta della plastica, comprese le retine di frutta e verdura, i vasi di piccole dimensioni, blister, bottiglie, contenitori di polistirolo, vaschette per alimenti e pellicole alimentari. Per le singole utenze, è prevista l'erogazione di un massimo annuale di 50 sacchetti che si potranno ritirare rivolgendosi all'eco sportello di via Terza Armata, mentre per i condomini è prevista la distribuzione, che terminerà a breve, dei bidoncini con il coperchio giallo. I sacchetti di plastica potranno essere esposti direttamente fuori dalla propria abitazione. L'assessore comunale all'ambiente, Loris Petenel: «Confido nel buon senso dei cittadini, ma è inevitabile che, almeno nei primi tempi, sarà necessario fare uno sforzo di impegno collettivo».

Luca Visentin

 

 

Ecco il murales per Nadia Toffa simbolo di rinascita per il rione - l'inaugurazione a Servola
Per Servola è un segno di rinascita. Anche per questo ieri sono passati per dare un'occhiata all'opera finita e per scattare foto ricordo o selfie. È stato infatti inaugurato ufficialmente "Look Up", il murales di Gabriele Bonato che ricorda la giornalista Nadia Toffa, inviata de Le Iene, più volte presente nel rione nel corso del tempo per sostenere gli abitanti in lotta contro l'inquinamento provocato dalla Ferriera. A presentare il disegno finito è stata Francesca De Sants, assessore comunale ai Giovani, insieme a Maria Pittini, presidente della Fondazione Pietro Pittini, che ha sostenuto l'intervento, al il direttore della scuola Edilmaster Walter Lorenzi, all'artista Bonato con i suoi collaboratori, e ancora ai consiglieri comunali Michele Babuder e Alberto Polacco, promotori della mozione per ricordare Toffa. «Grazie al suo impegno - ha sottolineato la De Santis - è stato fatto un passo importante verso la risoluzione della problematica ambientale, con la chiusura dell'area a caldo. Questa meravigliosa opera, attraverso un'allegoria, la ricorda volgendo lo sguardo verso il cielo e verso una vita del rione». "Look Up" è il primo murales del progetto Chromopolis realizzato su una proprietà di un privato, nel dettaglio sul muro esterno di una casetta, ed è l'ultimo dei cinque interventi artistici dello StreeTSart Festival che finora ha riqualificato diverse superfici di Trieste, grazie agli artisti Sara e Davide Comelli, Emanuele Poki, Fabrizio Di Luca, Matteo Rota, Elisa Vladilo e gli studenti di Edilmaster.A margine dell'inaugurazione sul tema è intervenuto con una nota Roberto Decarli (Pd), già consigliere comunale e storico esponente della comunità di Servola. «Ho partecipato all'inaugurazione - dice - con spirito pacificato, ma anche preoccupato, penso ai problemi aperti, al commercio di prossimità, alla viabilità, al verde, al cimitero completamente abbandonato, alla Chiesa che ha bisogno di un'attenta manutenzione. Spero che le autorità siano andate a fare un giro per Servola, a rendersi conto della situazione del villaggio, che ora è un dormitorio, l'auspicio è che questo murales non sia una scenografia che nasconda il vuoto».

m.b.

 

 

Nuove barriere fonoassorbenti - Rumori ridotti fino a 11 decibel
Dopo due anni di lavori i primi test certificano la riduzione dell'impatto acustico - A beneficiarne sono i residenti delle case vicine. Autovie ha investito 5,2 milioni
D
uino Aurisina. Due anni di lavori e i risultati si vedono: le barriere fonoassorbenti in comune di Duino Aurisina hanno ridotto l'impatto acustico. Lo certificano le misurazioni di verifica, informa Autovie Venete: l'abbattimento è calcolato fra i 9 e gli 11 decibel. Concretamente, dove il rumore raggiungeva i 63,5 decibel nelle ore notturne, oggi, proprio grazie alle barriere, si registrano 53,4 decibel. Con evidente beneficio per i residenti in prossimità della A4. «È un progetto che dà risposte concrete ai cittadini, che ha seguito più che un iter un percorso a ostacoli ma che, grazie alla sinergia fra amministrazione comunale e Autovie è giunto finalmente a compimento», furono le parole del sindaco Daniela Pallotta al via dei lavori, mirati ad assorbire il rumore prodotto dal traffico, così da evitare che il suono venisse riflesso dalla parte opposta. Il cantiere era stato aperto nel giugno del 2018. Esattamente 24 mesi dopo, a inizio estate 2020, la conclusione di un'opera da 5,2 milioni di euro per quattro chilometri di barriere antirumore a costeggiare l'autostrada fra il cavalcavia della Strada Regionale 55 e lo svincolo di Sistiana: 2.950 metri proteggono la carreggiata in direzione Trieste e 900 quella in direzione Venezia per un totale di 18 mila metri quadrati. «Contenere l'inquinamento acustico è un dovere della concessionaria», fanno sapere da Autovie nel ricordare l'obbligo di legge di tutelare la salute dei cittadini che abitano nei comuni limitrofi alla Trieste-Venezia. Lungo l'intera rete gestita dalla società sono attualmente installati quasi 64 chilometri di barriere per 225 mila metri quadrati, infrastrutture posizionate sul ciglio autostradale che garantiscono il rispetto dei limiti di rumore entro i 250 metri dal bordo della carreggiata. Nei primi cento metri l'intensità del suono non deve superare i 70 decibel nelle ore diurne (6-22) e i 60 in quelle notturne (22-6), nei successivi 150 metri i paletti sono invece 65 e 55 decibel. Nel caso di ricettori sensibili (scuole, ospedali e case di riposo) la soglia di rumore da non oltrepassare si abbassa a 50 decibel diurni e 40 notturni. In prossimità di Duino, le barriere fonoassorbenti poggiano su una struttura costituita da pilastri in calcestruzzo armato ai quali sono agganciati pannelli acustici di due tipi. Sul lato strada, la sorgente del rumore, sono montati pannelli metallici scatolari realizzati in acciaio Corten contenenti un materassino fonoassorbente in fibra di poliestere; sul lato campagna, ricettore del suono, sono stati invece previsti pannelli in calcestruzzo con un rivestimento a vista in pietra che ricorda quella tipica di Aurisina. Una scelta dettata dunque anche dalla necessità di inserire l'opera nel territorio circostante, tutelato dalle norme paesaggistiche.

Marco Ballico

 

SEGNALAZIONI - Mobilità - Il progetto dell'ovovia non è da buttare

In questi giorni ho letto spesso di articoli contro l'ovovia, sempre le stesse persone che affermano pure che tutti i triestini sono contro. Vorrei precisare e segnalare che solamente "quattro gatti" in percentuale sono contro. Più precisamente o sono quelli che abitano nella zona interessata alla realizzazione o quelli che politicamente a mio avviso sono contro l'attuale giunta e che invece di collaborare e fare osservazioni positive (ad esempio la cabina sarebbe più bella verde anziché blu o si può ampliare e modificare il percorso proposto), per partito preso sono contro forse perché a giugno ci sono pure le elezioni e da fastidio oggettivamente vedere che la giunta attuale ha lavorato e sta lavorando molto bene. Per chi non conosce la materia, "dieci associazioni hanno scritto", così sembrano un "reggimento", per formare un'associazione bastano soli tre iscritti/soci. Premetto, che non desidero scrivere da professionista ma in questo caso da umile cittadino. Condivido infatti la premessa delle Associazioni, che riporta la decisione del Parlamento Europeo del'8 ottobre 2020 di ridurre le emissioni di gas con effetto serra entro il 2030. Condivido pure l'incremento e l'efficientamento del trasporto pubblico, con rapida transazione ai mezzi elettrici. Sono però fermamente contrario a quanto riportato dalle varie associazioni contro la realizzazione dell'ovovia. Viene riportato che il Comune spenderà 45 milioni di euro di fondi statali per un'ovovia, informazione completamente sbagliata e fuorviante almeno da quanto indicatoci ed a mia conoscenza, sono fondi europei e ci accede chi vince una gara europea per la mobilità. Quindi se il Comune di Trieste vince è gratis, sono fondi gratuiti, se perde, quei fondi vanno destinati ad altra città o altro Paese europeo. Vengono indicati disboscamenti: errato, l'ovovia passerebbe da una zona da poco ritornata a Trieste, oggi senza abitanti ed abbandonata in restauro, cioè il Porto vecchio ad Opicina Obelisco, dove ci sono pochi giardini, un bosco quasi abbandonato perché in forte pendenza e tantissime case perché zona quasi completamente edificata. Viene indicato "il numero irragionevole di rispetto e bisogni, dove vengono riportati circa 1500 pendolari", in realtà solo la popolazione di Opicina ne ha quasi 10.000, poi ci sono gli altri comuni limitrofi che potrebbero utilizzarla ed i cittadini che vivono in città e lavorano sull'altopiano. A questi, vanno poi aggiunti tutti i pendolari transfrontalieri della vicina e confinante Slovenia oltre a quelli della Croazia che lavorano in centro città a Trieste.Fatta la semplice somma matematica con i dati alla mano, i possibili quindi utenti italiani, senza turisti che l'ovovia sicuramente ne incrementerebbe il numero e senza i vicini cittadini di oltreconfine sarebbero oltre i 220.000. Se poi l'ovovia, in progetto, verrà addirittura prolungata sino a Prosecco servirà tutto il Carso ad ovest. Inoltre, da non dimenticare, sempre nei pressi vicino a Prosecco, nel Comune di Sgonico, c'è la Grotta Gigante attrattiva turistica non da poco. Dimenticavo, l'ovovia funziona ad elettricità quindi a basso inquinamento e consuma meno in rapporto di una nuova tipologia di tram perché il servizio è continuo oltre a non creare raggruppamenti di persone perché non è come un tram dove alla fermata bisogna aspettare l'arrivo della carrozza successiva che normalmente arriva dopo parecchi minuti!

Gianpaolo Penco

 

SEGNALAZIONI - Traffico - I bus "sismici" di via Mazzini

Abito in via Mazzini in un edificio ottocentesco, all'ultimo di cinque piani. La casa vibra quando passano gli autobus. Anche per le scosse sismiche in Croazia oscilla in modo preoccupante. Il problema però è che, da quando c'è il lockdown e il traffico si è molto ridotto, le centinaia di bus delle tante linee che passano su via Mazzini corrono all'impazzata e ciò crea vibrazioni ancora più forti del solito. Il risultato è che si ha la sensazione di vivere 24 ore su 24 dentro uno sciame sismico. Quali possono essere le conseguenze sulla sicurezza statica di questi edifici sottoposti alla sollecitazione di tali vibrazioni costanti?Penso che lungo tutta via Mazzini la velocità degli autobus debba essere ridotta drasticamente, visto anche l'alto numero d'incidenti.

Elisabetta d'Erme

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 gennaio 2021

 

 

La Butterfly di Pistoia porterà in Porto vecchio  il Museo del mare - Trasloco da 56 mila euro
«Butterfly Transport. La grande arte in movimento». Non capita tutti i giorni di traslocare un intero museo. Sarà una ditta di Pistoia a trasferire il Museo del mare da Campo Marzio al Porto vecchio, al terzo piano del Magazzino 26. Si tratta di una collocazione provvisoria in attesa di entrare a far parte, assieme al Museo di storia naturale di via Cumano, del nuovo Museo del mare disegnato dall'architetto spagnolo Guillermo Vázquez Consuegra che sarà realizzato tra cinque anni (si spera) nell'ala sud del Magazzino 26. «Una tappa propedeutica e tassello del futuro polo museale», si legge nella determina. Il trasloco del Museo del mare, chiuso al pubblico dal primo aprile del 2019, è stato affidato per la cifra di 56 mila euro alla Butterfly Transport di Pistoia. L'azienda toscana, nata nel 2011, è specializzata nella movimentazione di opere d'arte. Il trasloco è stato autorizzato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia in data 7 dicembre 2020. Le collezioni di Campo Marzio si ricongiungeranno con le mostre del Museo del mare presenti al Magazzino 26: "Pescatori si diventa" e "Lloyd Deposito a vista". Il Magazzino 26 ospita già da tempo oltre 1.000 dei beni della collezione del Lloyd Triestino. Per la collocazione provvisoria del Museo del mare è stata individuata un'area di circa 2.000 metri quadrati al terzo piano dell'ala nord del Magazzino 26. Il Museo del mare, fondato nel 1904, è, nel suo genere, uno dei principali istituti del Mediterraneo: raccoglie e presenta sezioni di diverso tipo, dalla storia della marineria in generale a aspetti fortemente collegati con Trieste e la sua natura di porto dell'Impero Austriaco e Austro-Ungarico con la presenza di figure di primo piano come Ressel e Marconi. La Butterfly Transport di Pistoia dovrà traslocare anche un oggetto di piccole dimensioni ma dal grande valore simbolico: il pulsante con cui il 26 marzo 1930, alle 11.03, Guglielmo Marconi dalla nave Elettra ancorata a Genova invia il segnale che accende le tremila lampadine del Municipio di Sydney a 14.000 miglia di distanza.

Fa.Do.

 

 

San Dorligo, in arrivo 25 mila euro per la pulizia di boschi e sentieri
Contributo regionale per rimuovere i rifiuti lasciati dai migranti - Il sindaco Klun: «Incaricherò la ditta A&T 2000 di Pasian di Prato»
SAN DORLIGO. Ammonta a 25 mila euro la somma che la Regione metterà a disposizione dell'amministrazione di San Dorligo della Valle, per pulire sentieri e boschi nelle frazioni di Caresana, Crociata e Prebenico del Comune guidato dal sindaco Sandy Klun, dopo il transito dei migranti. «La promessa mi è stata fatta dall'assessore regionale per la Sicurezza, Pierpaolo Roberti - spiega Klun - nell'ambito di un recente colloquio, nel corso del quale ho spiegato all'esponente della giunta regionale le gravi problematiche che si generano nel nostro territorio, a causa del notevole e costante transito di migranti'».San Dorligo della Valle, sia per la sua collocazione a ridosso del confine con la Slovenia, sia per la conformazione del suo territorio, è il Comune più esposto sotto questo profilo, al punto che lo stesso sindaco lo ha definito «la porta aperta sulla rotta balcanica». Una delle conseguenze del ciclico arrivo di migranti è rappresentata proprio dal fatto che sul terreno, dopo il loro passaggio, si trova di tutto, dai capi di abbigliamento a residui di cibi e bevande a effetti personali. «Non abbiamo i mezzi per sobbarcarci da soli il lavoro di pulizia - aggiunge Klun - che prevede fra l'altro anche una serie di accorgimenti indispensabili in tempi di Covid, perciò ci siamo rivolti alla Regione e ben venga questo aiuto finanziario, che gireremo all'azienda che svolge per noi il compito di asporto immondizie, la A&T 2000 spa di Pasian di Prato». Nell'occasione, Roberti aveva anche alimentato una polemica, spiegando che «la Regione non può accollarsi da sola l'onere della pulizia del territorio dopo il transito del migranti, ma serve anche un sostanzioso contributo dello Stato, perché il Friuli Venezia Giulia non può sobbarcarsi le conseguenze delle scelte del governo sull'accoglienza». Spunto che ha provocato l'immediata reazione della consigliera regionale del Movimento 5 Stelle, Ilaria Dal Zovo, la quale ha ricordato che «in virtù di un recente emendamento, è stato istituito un fondo di 5 milioni di euro il 2021, finalizzato all'erogazione di contributi a favore dei Comuni che confinano con altri Paesi europei».

Ugo Salvini

 

 

Quell'isola di plastica e rifiuti che deturpa le acque della Drina
Decine di migliaia di metri cubi a ridosso di una diga in Bosnia. Ma non è un caso isolato
Una enorme e inquietante "isola" artificiale, fatta di rifiuti e bottiglie di plastica, che insudicia il grande fiume cantato da Ivo Andric e conferma quanto siano gravi i problemi ambientali e d'inquinamento delle acque, polmoni azzurri dell'intera regione. Accade nel cuore dei Balcani, tra Serbia e Bosnia, dove da giorni hanno profondamente colpito e fatto discutere l'opinione pubblica le immagini di enormi quantitativi di spazzatura che lordano la superficie del fiume Drina, poco più a monte di Visegrad - la città bosniaca teatro del romanzo epico "Il ponte sulla Drina" del premio Nobel Andric - storico centro a ridosso della diga-centrale idroelettrica denominata Hidroelektrana Visegrad.Parliamo di «decine di migliaia di metri cubi» di rifiuti, contenitori vuoti, bottiglie e sacchetti di plastica, legname e immondizia varia che sono confluiti nell'area di Visegrad trascinati da piccoli fiumi tributari della Drina - in particolare il Lim - fiumi che scorrono in territorio serbo e montenegrino, ha riassunto il portale specializzato Balkan Greeen Energy News. Ma da dove arrivano, quei rifiuti? Con altissima probabilità si tratta di "scarti" di discariche illegali che fioriscono sulle sponde del Lim, in Serbia e più a monte in varie parti del Montenegro, finiti in acqua a causa delle forti piogge. Problemi simili sono stati segnalati anche in altri fiumi, come la Praca, la Tara e la Piva e nel bacino di Potpecko. I rifiuti poi vengono convogliati in gran parte nella Drina, con effetti disastrosi come quelli osservati in questi giorni. «Non siamo ottimisti» perché questi sono problemi che si ripresentano a scadenza annuale, per risolvere i quali bisogna adoperarsi a rimuovere, almeno in parte, «alcune decine di migliaia di metri cubi di rifiuti» che ostruiscono il flusso delle acque, ha illustrato sconsolato il direttore della centrale di Visegrad, Nedeljko Perisic.Il problema si ripete a intervalli regolari ed è internazionale, visto che oltre alla Bosnia riguarda anche Serbia e Montenegro, Stati che in anni recenti si erano incontrati per concordare di sciogliere una volta per tutte il nodo immondizia scaricata nei fiumi, con esiti sconfortanti, non solo d'immagine e per le acque della Drina. I rifiuti infatti, dopo essere stati rimossi a ridosso della diga-centrale di Visegrad, vengono trasferiti in discariche presso la città, provocando altri problemi ambientali. Lo scandalo tuttavia non è un caso isolato né riguarda solo la Drina dalle (ex) acque verde smeraldo. Analisi e studi, a più riprese, hanno infatti segnalato guasti ambientali che interessano altri fiumi balcanici: quelli minori, minacciati da centinaia di mini-centrali idroelettriche sorte come funghi negli ultimi anni; e quelli maggiori, come la Sava avvelenata dagli antibiotici, il Crni Timok, il canale Dtd, tra Vrbas e Novi Sad, e la Borska Reka, degradati da scarichi selvaggi. O infine il maestoso Danubio, che soffre quando bagna Belgrado, megalopoli che continua a sgravarsi delle sue acque reflue senza filtri e depuratori. Senza alcun rispetto per il suo Dunav.

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 gennaio 2021

 

 

Campane del vetro insonorizzate e a prova di perdita - installate da ACEGAS
Un aspetto sobrio e pulito, che meglio si inserisce nel contesto urbano, oltre alla migliore funzionalità: si tratta delle nuove campane dedicate alla raccolta di vetro e lattine comparse in una decina di isole ecologiche. Ampi contenitori in acciaio zincato (capienza 3.000 litri) di color antracite scuro, meno vistosi rispetto alle campane verdi. Sono dotati di un particolare sistema di insonorizzazione e di un sistema antiperdite.

 

 

Scorie nucleari, è rivolta per i siti   -   le zone prescelte
La Sogin annuncia le 67 località fra cui selezionare il deposito nazionale e in 7 regioni scoppia il caos
Altro che zone rosse: in piena emergenza Covid un incubo ben peggiore per le Regioni e le città italiane è quello di diventare zone radioattive, in quanto deposito di scorie nucleari. La Sogin, società incaricata dello smantellamento delle vecchie centrali atomiche e della gestione dei rifiuti radioattivi, ha identificato, dopo un lunghissimo studio, 7 Regioni con 67 siti che sembrano idonei per stabilità geologica, fra cui sceglierne uno soltanto, dove convogliare tutte le scorie atomiche in una grande discarica nazionale; ma, come si poteva immaginare, appena sono stati diffusi i nomi delle località candidate, è scoppiata la rivolta. Le Regioni selezionate come potenzialmente idonee alla costruzione del mega-deposito sono sette: Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna e Sicilia. La Tavola generale allegata alla Cnapi (Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi) rivela anche i singoli Comuni interessati; non li citiamo tutti, limitandoci, a titolo di esempio, ai due estremi d'Italia: nella Regione più a Nord, cioè il Piemonte, ce ne sono 8 (fra cui 2 nel Torinese e 6 in provincia di Alessandria) mentre in Sicilia sono 4; in mezzo il Lazio, che ne ha più di tutte (22), cioè quasi un terzo del totale. Ovviamente il tema è delicato perché le scorie radioattive fanno (giustamente) paura; ma tali scorie ormai esistono, anche se l'Italia ha spento da molti anni le sue poche centrali nucleari; inoltre il nostro Paese continuerà ad accumularne altre, derivati degli usi medici delle apparecchiature radianti. Al momento tutti questi rifiuti vengono sistemati in depositi provvisori. Averne invece uno solo, nazionale, aumenterebbe grandemente la sicurezza e la tutela della salute pubblica, ma costruirlo non sarà facile, perché chiunque accetti di ospitarlo sul suo territori avrebbe l'impressione di finire con il cerino acceso fra le dita. Per allettare i destinatari sono previsti nella zona prescelta 900 milioni di investimento e 4000 mila posti di lavoro per 5 anni. Poi ci saranno, a tempo indeterminato, la gestione ordinaria dell'impianto, oltre a quella di un parco tecnologico. E di sicuro arriveranno sussidi pubblici supplementari. Per adesso nessuno di questi argomenti fa breccia. Ad esempio - ma si potrebbero trovare gli stessi concetti, espressi quasi con le stesse parole, in tutti gli altri 66 Comuni - a Carmagnola (Torino) la sindaca Ivana Gaveglio insorge: «Non siamo stati informati preventivamente. È una situazione assurda e siamo determinati a dimostrare la non idoneità dell'area individuata e a proteggere il territorio carmagnolese e i suoi abitanti. Lancio un appello a tutte le forze politiche, associazioni di categoria e a tutti i cittadini di affiancarci in questa battaglia». E in effetti è facile prevedere che non solo qui, ma anche nel resto d'Italia si faccia muro, senza distinzioni di partito, contro l'ipotesi di ospitare il deposito. Lo dimostrano le dichiarazioni di due governatori di Regione di diversa tendenza politica. Il sardo Christian Solinas respinge «ogni ipotesi di diventare pattumiera radioattiva nel centro del Mediterraneo. Questo è un oltraggio di Stato e una scelta di sapore neocoloniale». Per Michele Emiliano (Puglia) «non si possono imporre, ancora una volta, scelte che rimandano al passato più buio, quello dell'assenza della partecipazione e dell'umiliazione delle comunità».

Luigi Grassia

 

 

Produzione di energia sfruttando le maree in laguna - la tesi di uno studente di Dolegna
MARANO LAGUNARE. Installare turbine per la generazione elettrica nella laguna di Marano e Grado sfruttando le correnti di marea. È il tema della tesi di laurea di Giorgio Casella, studente originario di Trieste residente a Dolegna del Collio, appassionato di mare e ambiente, tanto da iscriversi alla facoltà di ingegneria navale. La tematica ambientale gli è sempre stata molto a cuore e così ha deciso di portare la sostenibilità ambientale di un sistema che ben conosce, come quello della laguna di Grado, per la sua tesi di laurea. La sua speranza è che gli spunti vengano colti e si investa anche su queste fonti di energia per mantenere intatte le caratteristiche dell'ecosistema. La laguna di Marano e Grado si estende per 160 km ed è un ambiente salmastro. L'apporto di acqua dolce è dato dai fiumi Stella, Cormor, Zellina, Aussa-Corno, Natissa ed è messa in comunicazione con il mare Adriatico tramite cinque bocche, dette bocche tidali, da cui si estendono i canali che si ramificano in tutta la laguna. E da ambiente ricco di biodiversità è da sempre studiato ai fini della sua conservazione. L'Ismar di Venezia ha sviluppato un modello matematico in grado di fornire velocità e direzione della corrente in ogni punto della laguna. Grazie a queste informazioni si sono valutati i cinque punti con valori di intensità di corrente maggiore, che si trovano sulle bocche tidali di Grado e Lignano e in altre zone di canali principali. Dopo la simulazione di Ismar è risultato che la bocca tidale di Grado e di Lignano producono rispettivamente 2.010 kWh/anno e 1.425 kWh/anno (il sito di Grado potrebbe soddisfare il fabbisogno di una famiglia di due persone). La volontà dello studio è quella di pensare anche a una mobilità senza emissioni all'interno della laguna, integrando fonte di produzione e di ricarica.

F.A.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 gennaio 2021

 

 

Viale monumentale e parco archeologico per collegare Porto vecchio e centro città
Ipotizzata dal Comune la realizzazione di due nuovi assi viari attraverso l'antico scalo. Prevista una spesa di 40 milioni
Un viale monumentale, un percorso pedonale da Barcola al centro, cinque edifici fatiscenti da recuperare. Se il Recovery Fund dovesse infine aprire il cassetto dei sogni del Comune per il Porto vecchio, agli uffici dell'ente non mancheranno certo progetti da fare. La relazione inviata a Roma dal Comune, contenente sette proposte per un totale di 67 milioni, deve aver convinto gli uffici del ministero della Cultura: come anticipato su queste pagine, il Porto vecchio figura al secondo posto dei nove interventi su «grandi attrattori» turistici e culturali inseriti dal Mibact tra le richieste del governo per il Recovery Fund. Il testo, se approvato, destinerà alla voce nel suo complesso 890 milioni, anche se è ancora ignota l'entità del riparto triestino e in che misura vada a esaudire le richieste. A quale punto di elaborazione sono le sette proposte che l'ente ha inviato al Ministero? La relazione, spiega il direttore dipartimentale Giulio Bernetti, si basa su altrettanti studi di fattibilità prodotti dagli uffici, che dello sviluppo dell'area si occupano ormai da diversi anni. Se il finanziamento dovesse venir stanziato, conferma Bernetti, si farebbe sentire il problema di carenza di personale in fase di progettazione, antico cruccio degli enti. Veniamo alle proposte nel dettaglio. La relazione parla di un "Viale monumentale" (19 milioni): collegherebbe Magazzino 26 a piazza Duca degli Abruzzi, creando una nuova arteria cittadina e urbanizzando di fatto buona parte del Porto vecchio: «Una parte minoritaria del percorso sarà riservata alla carreggiata stradale - scrivono gli uffici - mentre la maggior parte della sezione degli edifici sarà dedicata a un percorso pedonale». Sono previsti spazi verdi, ma il viale non sarà alberato, precisa Bernetti, per tutelare la visibilità del Faro della vittoria e del castello di San Giusto ai due estremi dell'asse stradale. Vale invece 21 milioni il "Parco lineare verde di archeologia industriale dal Terrapieno di Barcola al centro storico". Cos'è? Un lungo parco «pedonale e ciclabile - si legge - che ospiterà aree verdi diversificate a seconda della specifica vocazione della zona (laboratorio didattico/scientifico, area di sosta pedonale, area sportiva) e della destinazione d'uso degli edifici presenti». La parte nord del parco avrà una destinazione sportiva, mentre la parte sud, più "urbana", sarà decorata con elementi storici del porto («bitte, particolari di meccanismi di sollevamento, trasporto merci, statue eccetera»).La relazione elenca poi cinque strutture da restaurare (per il magazzino 20 vedi a destra). Son previsti lavori da 3 milioni per il magazzino 19, l'ultimo palazzo prima della curva dopo il rettilineo, entrando nello scalo da sud: «Le facciate esterne risultano fortemente ammalorate così come i serramenti e tutti gli elementi costruttivi metallici». Altri tre milioni vanno ai varchi monumentali vicino a piazza Libertà: «Il progetto prevede l'esecuzione di interventi di manutenzione straordinaria e restauro della quanta architettonica, volti a ripristinarne l'aspetto originario». Prevista anche l'illuminazione decorativa. Due milioni servono invece all'ex locanda Zaninovich, edificio novecentesco di valore, già colpito da un incendio nel dicembre passato. Previsto anche il recupero del verde circostante. Sono 5 infine i milioni chiesti per l'ex rimessa locomotive, l'ultimo deposito ferroviario asburgico rimasto a Trieste.

Giovanni Tomasin

 

E la Soprintendenza punta a un nuovo centro servizi dentro al Magazzino 20, per farne un archivio e un luogo di conservazione
Spazi espositivi e didattici, ma anche un laboratorio di restauro. Vale 20 milioni di euro il progetto per un nuovo centro servizi della Soprintendenza da collocarsi al Magazzino 20, inserito tra le proposte inviate dal Comune al governo per richiesta di finanziamento per il Recovery Fund.Non a caso gli enti attuatori individuati dal piano di rilancio di Roma per il Porto vecchio sono proprio il Comune e la Soprintendenza. Spiega la Soprintendente Simonetta Bonomi: «L'idea è realizzare un centro servizi, per il quale il ministero ha già stanziato nel 2018 un milione e 350 mila euro». L'annuncio delle trattative con il Comune era stato fatto tre anni fa: gli uffici dei due enti si sono confrontati sullo strumento migliore da adottare per la cessione del magazzino, e il Comune ha optato per una concessione triennale in comodato d'uso, la più comoda per la Soprintendenza. Quali saranno le finalità dell'edificio? Spiega Bonomi: «L'idea non è farne una nuova sede della Soprintendenza, ma un luogo di conservazione, archiviazione ma anche di esposizione. Ci sono bellissimi spazi per mostre temporanee. Faremo dei laboratori di restauro e dei luoghi di conservazione intesi nel senso più ampio moderno del termine».La Soprintendenza ha assegnato gli incarichi di rilievo e di verifica sismica, con l'anno nuovo, dice la soprintendente, «saranno affidati i servizi di progettazione». Aggiunge Bonomi: «Se ora arriveranno i fondi del Recovery Fund, ben venga». Tempistiche? «Se andasse tutto bene mi piacerebbe iniziare il cantiere in autunno - conclude la soprintendente -. È un desiderio per ora, non è una certezza».Nella relazione del Comune, si legge a proposito dell'edificio, che sta allineato al più noto magazzino 18: «Riveste particolare interesse dal punto di vista strutturale perché su di esso venne sperimentato il sistema delle Einbetonierte Eisensäulen (profilati di ferro annegati nel calcestruzzo) proposto dal Politecnico di Vienna». Allo stato attuale, si legge, il magazzino versa in uno stato di conservazione «mediocre, in alcuni punti pessimo», pur essendo accessibile in tutte le sue parti. L'intervento prevede «la ristrutturazione completa dell'edificio nel rispetto delle sue caratteristiche architettoniche e strutturali originali, prevedendo opere edili e impiantistiche».

G.Tom.

 

 

Blitz anti Ogm a Vivaro - Archiviate le accuse a carico degli attivisti - coinvolti anche alcuni triestini
Correva l'anno 2014, per la precisione era il 24 giugno, quando decine di attivisti calarono a Vivaro per manifestare e alcuni, mascherati e in tuta bianca, per distruggere il campo di mais coltivato a Ogm dall'agronomo di Arba Giorgio Fidenato mentre altri li attendevano alle auto. Tre testimoni assistettero al blitz. Sei anni dopo l'indagine della polizia, a carico di 45 soggetti residenti nelle province di Trieste, Vicenza, Verona, Padova, Lecco, Treviso, Cuneo, Venezia, si è chiusa con un'archiviazione. Così ha disposto il gip Rodolfo Piccin. L'imprenditore agricolo, assistito dall'avvocato Giovanni Martorana, si era opposto due volte alla chiusura del caso. La Questura di Pordenone, il 20 febbraio 2017, aveva ritenuto di aver individuato i partecipanti alla distruzione del campo. Gli investigatori si erano concentrati sui soggetti noti per il loro attivismo in materia di Ogm che erano stati fotografati lungo le strade e ai caselli autostradali il 24 giugno, in prossimità del luogo del danneggiamento. Il pm aveva chiesto una prima volta l'archiviazione, osservando che il danneggiamento fosse pacifico ma non fosse possibile provare il coinvolgimento degli indagati. Non c'era stato un riconoscimento fotografico degli autori, non era stata fatta una verifica sulle utenze agganciate alle celle telefoniche. Il pm aveva inoltre osservato che non era possibile distinguere fra chi aveva manifestato pacificamente e chi invece aveva distrutto il campo. Uno dei testimoni aveva riconosciuto l'ex consigliere regionale Alessandro Metz, ma non aveva precisato se fosse uscito dal campo o fosse vicino alle auto. Il 23 aprile Fidenato si era opposto all'archiviazione. Il giudice aveva disposto un'indagine integrativa, chiedendo ai testimoni se fossero in grado di riconoscere gli autori del danneggiamento: avevano però risposto di non essere in grado. Fidenato si era nuovamente opposto all'archiviazione. Il gip Piccin ha osservato alla fine come non sia possibile attribuire le condotte illecite a taluno dei partecipanti, ma solo provare la presenza di qualcuno di loro sul luogo e al momento della manifestazione.

 

 

Dalmazia del Sud - Esperti in allarme per un'alga invasiva
Segnalata per la prima volta in Adriatico nel 2008, è comparsa nell'area di Ragusa
Ancora un'insidia, e non di poco conto, per le acque croate dell'Adriatico già messe a dura prova da inquinamento, pesca indiscriminata e specie alloctone, sia vegetali che animali. È di pochi giorni fa l'allarme lanciato dagli esperti dell'Istituto spalatino di Oceanografia e Pesca, che hanno registrato la proliferazione accentuata di un'alga invasiva, la Acrothamnion preissii (non ha un nome italiano), la cui espansione ha toccato i fondali della Dalmazia meridionale, quelli intorno a Ragusa (Dubrovnik).«Purtroppo questo minuscolo vegetale sta attaccando le praterie di poseidonia, tra i 5 e i 20 metri di profondità - ha spiegato Ante Zuljevic, dottore in Scienze naturali, che lavora al Laboratorio Izor di Spalato - la sua presenza soffoca la posidonia e tutti gli altri vegetali autoctoni, rappresentando un grave pericolo per la biodiversità dell'area in cui appare. La Acrothamnion preissii, probabilmente nativa di acque indopacifiche, è ospite del Mediterraneo già da una cinquantina d' anni, ma in Adriatico è stata segnalata per la prima volta nel 2008. Negli ultimi tempi - ha aggiunto lo studioso - abbiamo assistito a una diffusione quasi esponenziale, che ci preoccupa molto. In questo momento possiamo solo monitorare il fenomeno in quanto risulta impossibile rimuovere questa alga quasi microscopica: una creatura che impedisce agli altri vegetali di vivere, come succedeva fino a qualche anno fa con le alghe Caulerpa taxifolia e racemosa». Il biologo marino Ivan Cvitkovic, dello stesso laboratorio di Spalato, ha detto che «si ha ragione di credere che l'alga sia stata introdotta nel Mediterraneo da qualche grossa nave, con la prima segnalazione avvenuta nel porto di Livorno. È una specie che si riproduce in modo alquanto veloce, creando problemi alle biocenosi dei fondali. Purtroppo negli ultimi decenni, e mi riferisco al Mediterraneo, non sono stati condotti studi approfonditi sulla sua presenza e il relativo impatto sull'ambiente».Il fatto che si fissi sui rizomi della Posidonia oceanica, come nelle acque ragusee, non è una buona notizia poiché parliamo di una specie (la posidonia) estremamente importante per l'ecosistema adriatico e mediterraneo, che ospita 400 specie vegetali e un migliaio di quelle animali. Zuljevic ha rivelato che la Acrothamnion preissii è stata notata pure sui fondali dell'isola di Meleda e dell'arcipelago delle Incoronate: «La nostra speranza, come verificatosi per la Caulerpa, è che si ritiri progressivamente. Ma non abbiamo certezze», ha concluso.

a.m.

 

 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO - LUNEDI', 4 gennaio 2021

 

 

Gas e petrolio, in Italia torna trivella continua. Col mancato stop nel Milleproroghe ripartono gli iter bloccati 2 anni fa.

Sono a rischio quasi tutte le coste italiane. Il 2021 è l’anno delle trivelle? Almeno 90 richieste in attesa. Una contraddizione rispetto al “green deal” cui orientare i fondi Ue

 La transizione verde dell’Italia potrebbe dover aspettare ancora, nonostante i buoni propositi di cui sono pieni i progetti per il Recovery Fund: mettendo per un attimo da parte le intenzioni e analizzando lo stato delle cose in questo momento ad agosto potrebbero essere almeno 90 i permessi per la ricerca di idrocarburi che potranno riprendere il loro cammino verso l’approvazione dopo due anni di stop. Molte sono nell’Adriatico, tra Marche e Abruzzo, altre in Sicilia magari vicinissime a Pantelleria e Favignana. Poi in Calabria, in Salento e fino a Santa Maria di Leuca. Più di cinquanta sono quelli per la terraferma. Nonostante il tentativo appoggiato da due ministri (Sviluppo Economico e Ambiente) di inserire nel prossimo Milleproroghe una moratoria totale sulle trivelle, la bocciatura arrivata a provare l’assenza di un accordo politico (Italia Viva e il centrodestra i principali oppositori) non fa presagire una svolta rapida. Nei giorni scorsi il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, ha però rassicurato: se l’Italia sposa davvero il cambiamento, non ci saranno nuove trivelle. L’idea è infilare la moratoria in una norma a gennaio.

L’ORIGINE DELLA MORATORIA.

Nel 2018, il decreto semplificazioni aveva introdotto la sospensione dell’iter per i permessi di ricerca e di prospezione per 18 mesi (inclusi quelli di valutazione di impatto ambientale) in attesa della stesura del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI), ovvero una mappatura dell’Italia che tenendo conto del territorio stabilisse dove e se fosse possibile trivellare. Il via libera sarebbe stato rilasciato solo se le istanze fossero ricadute in quei territori. Dopo due anni, però, il piano manca, i lavori sono ancora nelle primissime fasi, complice anche la speranza che l’Italia della transizione energetica non ne avesse davvero più bisogno. La mappa d e i permessi in attesa non risparmia nessun angolo della penisola. Le richieste pendenti in mare sono per lo più concentrate tra l’Adriatico e il Canale di Sicilia: basta consultare le mappe del Mise per avere chiara la situazione. C’è l’inglese Northern Petroleum con circa 300 km quadrati di fronte a Gela. Accanto Pantelleria è la società piemontese Audax Energy Aad a chiedere di svolgere ricerche in un area di circa 350 km quadrati. Tra Puglia (adriatica), Calabria e Basilicata (Ionio) sono almeno otto le richieste di rircerca in mare: Aleanna Italia, Eni, Global Petroleum e la Northern Petroleum vogliono perforare per non meno di 740 chilometri a testa per ogni richiesta. La situazione non migliora risalendo l’Adriatico, anzi: coste abruzzesi, marchigiane e romagnole sono al centro delle richieste. Così come sulla terraferma: Rockhopper e altre vogliono trivellare tra Isernia, Campobasso e Chieti; l’Eni a Potenza; Aleanna Italia nel bolognese, la Delta Energy tra Sannio e Irpinia. E si potrebbe proseguire ancora a lungo. Abbiamo chiesto al Mise come sia cambiato l’assetto della presenza dei petrolieri in Italia nell’ultimo anno, ma al momento non abbiamo ancora ricevuto risposta. Quello che si sa è che a dicembre dello scorso anno - seppur con qualche mese di ritardo - è scattato l’aumento dei canoni concessori, sia per la coltivazione che per lo stoccaggio. Una delle maggiori conseguenze è stata la riduzione dell’estensione delle aree di ricerca e coltivazione. Il decreto di febbraio prevedeva infatti che per queste zone le aziende dovessero corrispondere 1.481 euro per chilometro quadrato per la concessione di coltivazione (prima era di 59 euro), 2.221 per chilometro quadrato per la concessione di coltivazione in proroga (invece di 88 euro) con maggiori entrate per il bilancio dello stato previste “nell ’ordine di circa 16 milioni di euro per l’anno 2019 e 28 milioni per ciascuno degli anni successivi ” secondo la relazione tecnica che identificava in queste maggiori entrate, la fonte di risarcimento per tutte le eventuali cause e richieste di risarcimento qualora aree già produttive dovessero rientrare in quelle indicate dal piano come non idonee alla coltivazione di idrocarburi. Soldi che sarebbero fondamentali se si dovesse procedere davvero con uno stop totale ma di cui non si conosce l’entità. Sono invece stati almeno 45, a inizio dell’anno, i decreti di riduzione delle aree di concessione di coltivazione di idrocarburi sia on - shore , sia offshore . Gli interessi petroliferi nel Mediterraneo sono alti. Le attività, secondo la Confindustria Energia, nel 2018 ha generato un valore aggiunto di oltre 3 miliardi di euro impiegando circa 30 mila addetti. E nei prossimi quindici anni, prima che mutasse lo scenario a causa del Covid e degli impegni legati ai fondi che dovranno arrivare, erano previsti investimenti di almeno 10 miliardi che, come raccontiamo nell’articolo accanto, potrebbero star cambiando volto.

IL FUTURO PROSSIMO.

Intanto, si mira ad ottenere almeno una proroga. La scorsa settimana un deputato del Movimento 5 Stelle in commissione Ambiente, Giovanni Vianello, ha annunciato un emendamento per prorogare il PiTESAI e per bloccare in maniera definitiva tutte le nuove trivelle e gli air gun . Potrebbe essere la battaglia finale del Movimento e di certo nel corso del 2021 tornerà ad essere un tema politico centrale: “Così - ha spiegato Vianello - il ministero dell’A mbiente avrà la possibilità di completare la VAS e la Conferenza unificata avrà il tempo utile per siglare l’intesa, e inoltre predisporremo lo stop a tutte le nuove trivelle e air gun”. La battaglia è solo all’inizio.

Virginia Della Sala

 

E i colossi lasciano ai “piccoli” arrembanti: ecco il caso Energean

Accadono strane cose nel Mediterraneo. A parole tutti dipingono le trivelle come un settore vitale. Eppure i big lo considerano morente o dannoso per l’immagine e lasciano il campo a nuove società arrembanti. È il caso di Edison: il colosso francese, tra i maggiori produttori offshore della penisola, ha deciso di vendere i suoi titoli minerari italiani a una società inglese che qui vuole fare buoni affari. Gran parte delle concessioni sono però in scadenza e serviranno ingenti costi di bonifica dei siti, mentre il settore è in bilico. E infatti, attraverso il Sole 24 Ore, l’acquirente, Energean - che per fare l'operazione ha costituito una società cipriota – ha subito chiesto garanzie al governo: non ha fatto un’operazione da 284 milioni per nulla, il sottotesto, e per questo garantisce l’occupazione “almeno per 18 mesi”, poi si vedrà. Tutti i soggetti rassicurano sulla bontà dell’operazione, ma ci sono nodi critici. Il primo a identificarli è il ministero dello Sviluppo Economico, stando ai documenti consultati dal Fatto . “Il portafoglio titoli di Edison E&P presenta un numero considerevole di titoli maturi, con prospettive significative di esborsi per dismissione e ripristino a terra e a mare – spiegava a marzo il dg della Direzione Attività minerarie (Unmig), dando l’ok condizionato all’acquisizione -. Sia la società sia la controllante si impegnano a portare a termine queste attività almeno per il periodo 2020-2024”. La ces sione, quindi, viene autorizzata ma col vincolo di garantire le dismissioni ed evitare azioni che riducano la capacità aziendale. Energean, infatti, già “presenta capacità tecnica significativamente inferiore a quella di Edison E&P”. Il suo maggior asset è “il campo di Karish (offshore di gas in Israele da 68 miliardi di metri cubi) i cui cronoprogrammi consegnati prevedono una produzione con first gas nel primo quadrimestre del 2021”. Tra le prescrizioni delMise c’è quella di comunicare subito eventuali ritardi. Che, peraltro, sembrano essersi verificati. Al Fatto Energean spiega che la produzione partirà nell’ultimo trimestre 2021: “Siamo sulla buona strada per portare Karish in funzione entro tale data. Tuttavia, qualsiasi ritardo può essere risolto senza impatto rilevante sull'attività”. L’operazione si è chiusa nei giorni scorsi. Le concessioni italiane sono 53, concentrate soprattutto tra Abruzzo, Marche e Sicilia. Di queste, solo tre sono al 100% di Edison, le altre in condivisione. Il diamante è la piattaforma Vega, a largo di Scicli, di cui Edison ha il 60%, il resto è di Eni. È qui che si punta a fare più ricavi: “Se Eni non vuole continuare, Energean è qui per discutere con loro sul futuro delle licenze”, spiegano dal gruppo, che vuole raddoppiare il giacimento, anche se poche settimane fa il Comune di Scicli su Vega ha chiesto il pagamento di 89 milioni di Imu e Tasi arretrate. L’operazione ha ottenuto anche l'ok dei sindacati: “Siamo in fase di transizione energetica - ci spiega un sindacalista - Per noi è importante ottenere le massime tutele per i lavoratori ”. Chi è nel settore ci spiega che le grosse oil company stanno diversificando e che nel mondo ci sono molte aziende che “mettono insieme quattro- cinque investimenti, soprattutto su società che sono in crisi di liquidità, per spremerle e spremerne le riserve. Poi passano oltre. Il rischio è che si lascino dietro relitti che toccherà poi ad altri bonificare”. Energean si sta espandendo, ha fatturato nel 2019 79 milioni di dollari e, spiegano dal Mise, ha licenze in Israele e Grecia occidentale e per sfatare ogni sospetto ha dichiarato di voler utilizzare le strutture italiane di Edison come centro di gestione e sviluppo di tutte le altre attività nel Mediterraneo. L’azienda, quotata alle Borse di Londra e Tel Aviv, spiega al Fat - to che intende investire in questi asset per “miglio - rarne l’efficienza”e“prolungarne la vita produttiva”e assicura di avere gli strumenti finanziari per assolvere ai doveri di dismissione. Non è chiaro, però, perché ha costituito una controllata di diritto cipriota per rilevare Edison E&P. Intanto, ha dovuto rinunciare agli asset algerini e norvegesi di Edison perchè “l’autorizzazione normativa sarebbe stata protratta”. L’operazione, comunque, non deve essere stata facile. Tanto che Edison a maggio ha assoldato come consulente Franco Terlizzese, l’ex dg della direzione Unmig del ministero che aveva espresso parere favorevole (è in pensione da fine 2018). Il contratto - 60 mila euro l’anno, esclusi benefit e rimborsi, più 20 mila di “success fee”- prevedeva, tra le altre cose, assistenza tecnico legale per predisporre i documenti necessari a ottenere il via libera del Mise a trasferire i titoli minerari alla controllata Edison E&P. Abbiamo chiesto spiegazioni al Mise, che risponde di aver “accertato che il contratto... su iniziativa dello stesso Terlizzese è stato risolto consensualmente il 6 luglio 2020 con effetto retroattivo dalla data di decorrenza, e quindi esso è nullo e privo di effetti”. In ogni caso, il Mise “ha segnalato tale fatto all’Autorità anticorruzione”.

Carlo Di Foggia e Virginia Della Sala

 

COSA C'E' DA SAPERE. L’operazione (in perdita) e i paletti fissati dal Mise - L’accordo tra i 2 gruppi

Nei giorni scorsi Edison (controllata dai francesi di Edf) ha ceduto per 284 milioni i suoi titoli minerari italiani a Energean, gruppo quotato a Londra e Tel Aviv, che ha costituito una controllata cipriota. Il Mise ha segnalato che in gran parte si tratta di titoli “maturi” che necessitano di ingenti costi di dismissione e ripristino dei siti ma Energean ha fornito garanzie adeguate. La cessione è avvenuta in forte perdita per Edison, che ha svalutato per 460 milioni la controllata Edison E&P

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 gennaio 2021

 

 

«Tutti hanno ricevuto la stessa dotazione di sacchetti per i rifiuti» - botta e risposta a Muggia sulla differenziata
Muggia. Il 2020 amministrativo del Comune di Muggia si chiude con un'interrogazione presentata all'ultimo Consiglio comunale dello scorso 29 dicembre, relativa alla fornitura e distribuzione dei sacchi differenziati per la raccolta e il conferimento della nettezza urbana. È stata la consigliera civica di "Meio Muja" , Roberta Tarlao, a chiedere lumi all'assessore comunale all'Ambiente Laura Litteri. Oggetto del contendere il quantitativo di sacchi consegnati nel centro storico della città rivierasca. L'assessore Litteri ha risposto che «tutti hanno ricevuto 52 sacchi per plastica, 52 per carta e 104 per secco residuo», gli stessi distribuiti fuori dalla cerchia muraria tranne che per il secco residuo, che sono 52 anziché 104.La prossima fornitura, sempre a detta dell'assessore all'Ambiente, «sarà effettuata tra un anno». Relativamente al nome della ditta incaricata della distribuzione, l'assessore Litteri ha informato che «si tratta della Work Service srl con un costo per la distribuzione sull'intero territorio comunale pari a 7 mila 390 euro, iva esclusa». Litteri ha poi evidenziato che le modalità di distribuzione dei sacchi «sono diverse tra il centro storico e le aree esterne allo stesso». Tarlao ha inoltre chiesto ragguagli sulla gestione dei sacchi non ritirati per conferimento non corretto e segnalati da appositi bollino giallo e sugli eventuali costi aggiuntivi a carico della collettività. Domanda a cui Litteri ha risposto ricordando che «è la persona che ha depositato il sacco a doverlo ritirare, e qualora non lo facesse, quando possibile, si può agire nei suoi confronti. In caso contrario il sacco viene prelevato nella giornata successiva dagli operatori addetti alla raccolta, senza l'applicazione di costi aggiuntivi».

L.P.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 gennaio 2021

 

 

Via al cambio di rotta su palazzo Carciotti: concessione o affitto
Il Comune, dopo quattro aste senza esito, punta sull'affidamento pluridecennale dell'edificio neoclassico. Ipotesi hotel, con negozi al pianterreno, residenze o uffici
C'è una nuova chance per palazzo Carciotti. L'aggiornato piano delle alienazioni che la giunta comunale licenzierà nella seduta di giovedì prossimo, per lo splendido edificio neoclassico progettato dall'architetto Matteo Pertsch prevede, oltre alla vendita, anche la possibilità della messa sul mercato con una concessione che consenta, di fatto, di dare in uso l'intero imponente immobile per decenni, mantenendolo nel contempo nel patrimonio dell'amministrazione. Una soluzione sul piatto potrebbe essere anche quella della locazione diretta, ma certamente più complessa da strutturare contrattualmente, con ingranaggi non facili da incastrare come quelli delle spese straordinarie che dovrebbero far capo alla proprietà. Nel giro di alcuni mesi verrà indetto un avviso per raccogliere eventuali manifestazioni di interesse. Poi, «perfezioneremo una formula contrattuale a seconda delle proposte progettuali che ci verranno sottoposte - precisa l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi -. In questo modo - continua - il Comune manterrebbe la proprietà dell'immobile, dandolo in concessione per 50 o 90 anni. Un'operazione che alla fine porterebbe nelle casse dell'amministrazione più di quanto si potrebbe ricavare dalla vendita, valutando che allo scadere della concessione, l'immobile riqualificato assumerebbe un valore decisamente superiore a quello attuale». Nel piano delle alienazioni, la stessa possibilità verrebbe allargata anche agli altri immobili del Comune oggi sul mercato. La proposta avanzata da Giorgi per il Carciotti, avvallata dal sindaco Roberto Dipiazza, entra in campo dopo quattro vani tentativi di vendita all'asta, malgrado con il passare degli anni la base di partenza si sia notevolmente ridotta. Nessuna proposta di acquisto alla prima battuta d'asta nel settembre del 2018, quando il Carciotti era quotato 22,7 milioni di euro, e neppure alla seconda a 19,9 milioni. Al terzo tentativo, l'austriaco Gehrard Fleissner presentò sì l'offerta ma auto-riducendo la cauzione da un milione e mezzo a 155 mila euro. Per cui, dal punto di vista formale, l'asta si tenne ma senza aggiudicazione. Lo scorso febbraio, l'ultimo tentativo d'asta partiva da una base di 14,9 milioni di euro. E non c'è stato un seguito nemmeno all'interesse manifestato la scorsa primavera da Invimit, la controllata dal ministero dell'Economia che aveva chiesto il congelamento di eventuali trattative per poter presentare una proposta a settembre. Un'impasse che ha spinto il Comune a esplorare una collocazione alternativa sul mercato, «resa ora più appetibile - spiega Giorgi - anche dal nuovo Piano del centro storico, che consente soluzioni che semplificano il restauro anche del Carciotti, ovviamente sempre nel rispetto dei vincoli posti dalla Soprintendenza». In pratica, una società interessata a realizzare e gestire in quell'immobile una struttura alberghiera, dedicando poi la parte che si affaccia su via Cassa di Risparmio a uso residenziale o a uffici di rappresentanza, e il piano terra a locali commerciali, potrebbe investire nel restauro, pagare un canone annuale, e mantenere la disponibilità del palazzo per metà secolo o più. L'immobile necessita di profondi lavori di ristrutturazione. «Sono certo che in questo modo l'immobile riscontrerà l'interesse di qualche gruppo - assicura l'assessore - perché negli ultimi anni diverse cordate si sono fatte avanti avanzando soluzioni di questo tipo, ma la decisione che prevedeva solo la vendita del bene non mi consentiva di prenderle in considerazione».

Laura Tonero

 

Dal vecchio macello all'ex ospizio in Carso, l'elenco dei "gioielli" a caccia di compratori
Nella lista dei beni municipali da anni in attesa di acquirenti figurano anche residenze storiche e spazi industriali ora usati come bivacchi
Alcuni sono destinati a vivere piccole rivoluzioni nel 2021. Per altri il futuro non prevede ancora una svolta. Per altri ancora, invece, si annunciano novità, che al momento restano top secret. Il panorama dei beni dismessi di proprietà del Comune è ampio e qualche fabbricato potrebbe uscire dall'oblio e dal degrado nei prossimi mesi. Una delle novità più importanti riguarda la grande casa di riposo Don Marzari, a Borgo San Nazario, chiusa dal 2007, che nel 2021 andrà all'asta come annunciano dal Comune. Risolti dagli uffici alcuni problemi urbanistici, il grande comprensorio sarà messo in vendita e pare che di recente abbia già attirato l'attenzione di qualche potenziale acquirente. Negli anni scorsi è stato più volte preso di mira dai vandali che, in un'occasione, hanno rubato pure i caloriferi. La palazzina ha quattro piani, compreso un seminterrato, per complessivi 15 mila metri quadrati, in aggiunta a un parco di 5 mila metri quadrati. Il prezzo dovrebbe superare abbondantemente il milione di euro. Si apre uno spiraglio per un cambiamento anche all'ex mensa Crda di via Carli, che apparteneva all'ex fabbrica macchine, ferma dal 1971. L'attuale palazzo, unico rimasto in piedi, concluso nel 1958 e nato per ospitare duemila operai, conta su cinque piani e una piccola area scoperta. Da qualche settimana ci sarebbe un progetto in piedi, che dovrebbe prendere forma nel 2021 ma che il Comune per ora non intende rivelare. Che sia connesso alla futura cittadella dello sport che dovrebbe sorgerà a pochi metri in via Locchi? Bocche cucite al momento, ma qualcosa si starebbe muovendo. Nel frattempo nei mesi scorsi l'area è stata bonificata dopo anni: ripulito anche il verde e sono stati rimossi i rifiuti accumulati nel tempo all'esterno. Continuerà a ospitare gli allenamenti di softair e le esercitazioni dei cani impegnati nel servizi di soccorso l'ex Macello di Aquilinia, a Muggia, ma di proprietà del Comune di Trieste. Abbandonato da anni, occupa una superficie complessiva di oltre 7 mila metri quadrati, divisi tra edifici e spazi all'aperto. Messo all'asta varie volte, la prima nel 2007, per un prezzo di oltre 2 milioni di euro, scesi negli anni seguenti, non è mai stato acquistato. Proprio per la difficoltà di vendita del comprensorio, dal Municipio non escludono di pensare ad altre formule, come quelle ora ipotizzate per palazzo Carciotti. Ci sono poi le residenze storiche. Per Villa Stavropulos il Comune intende tornare alla carica nel 2021, nel tentativo di togliere quella clausola presente nel lascito, che blinda un possibile riutilizzo della dimora da sempre, da quando è stata donata all'amministrazione locale dall'omonimo mecenate greco nel 1960, con precise volontà testamentarie. Anche qui, tra l'altro, i vandali sono entrati negli anni scorsi, fortunatamente senza provocare troppi danni. Per Villa Haggincosta invece, l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi aveva proposto una vendita, bocciata poi dal Consiglio comunale. E poi ci sono altri beni abbandonati, alcuni anche molto grandi, per i quali l'anno da poco iniziato non prevede nessun tipo di cambiamento. È il caso di Villa Engelman, nel parco di via Chiadino, bloccata da vincoli e da mancate manutenzioni che si protraggono da decenni, fino a ridurla a un colabrodo, tra le finestre cadute, il tetto collassato, i muri sgretolati, colpita anche dalle fiamme nel 2013. Impossibile, secondo il Comune, pensare a qualsiasi tipo di intervento. E infine le scuole dismesse e dimenticate da anni, abbandonate spesso dopo incendi che le hanno rese inagibili, come accaduto per la Kajuh di Gropada, circondata da un grande giardino, o la Suppan-Levstik di Santa Croce, sulla strada provinciale, ormai quasi completamente crollata, e ancora l'edificio scolastico di via Fianona, a più riprese sgomberato a causa di bivacchi all'interno, che un tempo ospitava le aule della Jakob Ukmar e della Gregoric Stepancic. Nessuna possibilità di intervento per queste palazzine perché, ricorda il Comune, le scuole non sono alienabili.

Micol Brusaferro

 

Demanio - Il nodo caserme
Non è solo il Comune a fare i conti con difficili compravendite. Anche il Demanio tenta da tempo di piazzare alcuni fabbricati ormai in disusoa. Sono tornati all'asta di recente l'ex caserma dei Carabinieri a Basovizza, vicino al valico, poco distante anche la struttura metallica della Polizia di Frontiera, e ancora l'ex caserma dei Carabinieri di Gropada. Offerte presentabili fino a marzo.

A Chiadino - Degrado infinito
Perchè non mettere a posto le ville storiche in attesa di venderle? Perchè interventi di "rattoppi", tra vincoli e cantieri troppo onerosi, sarebbero difficilmente sostenibili dal Comune. È il caso di Villa Engelmann, in via Chiadino, immersa in un parco, realizzata nel 1843 e ormai ridotta a un rudere, tra tetto sfondato, vari crolli e il verde incolto.

A Borgo San Nazario - Profughi in fuga
L'ex Don Marzari, costruita tra gli anni '50 e '60 dall' Opera come struttura a disposizione dell'Assistenza ai Profughi Giuliani e Dalmati per fini assistenziali, è stata successivamente convertita in casa di riposo. Al suo interno, al momento della chiusura, sono stati abbandonati anche molti degli arredi e delle attrezzature di stanze e spazi comuni. Ad approfittarne, in molti casi, sono stati i vandali.

 

 

In arrivo di fronte a Sant'Anna la rotatoria e un nuovo market
Verrà rivista la circolazione tra via dell'Istria, via Fianona e il parcheggio davanti all'ingresso del cimitero. Il supermercato sarà gestito dal gruppo veneto Cadoro
Davanti al camposanto di Sant'Anna, dall'altra parte di via dell'Istria nel tratto caratterizzato dalla presenza di alcuni operatori specializzati in lapidi a destinazione cimiteriale, sorgerà un nuovo edificio commerciale al dettaglio, che sarà gestito dal gruppo veneto Cadoro. Siamo in un pezzo di via dell'Istria, staccato dall'asse principale dell'arteria: il marmista Faele e il locale "da Lazzaro ex Cadavere" sono i riferimenti più immediati per individuare il sito. In verità l'operazione rientra in un più ampio riaggiustamento viario che interessa l'intersezione tra via dell'Istria, via Fianona, il parcheggio davanti al cimitero, dove funzionerà una rotatoria. Frutto della collaborazione tra Lavori Pubblici e Urbanistica è la delibera portata in giunta a fine anno da Elisa Lodi e Luisa Polli: l'importo dei lavori previsti dal progetto esecutivo ammonta a 650.000 euro, di cui mezzo milione finanziato da contributi privati e 150.000 a scomputo degli oneri di urbanizzazione. L'intervento sarà realizzato dalla Altinos srl, che ha la sede a Quarto d'Altino. È inoltre prevista - ricorda il direttore dipartimentale Giulio Bernetti - un'appendice di cantiere per mettere in comunicazione via dei Vigneti, nel rione di Servola, con l'area sottostante. L'iniziativa ha una storia e un punto d'arrivo piuttosto particolari, che potrebbero fungere da modello per altre combinazioni pubblico-private. Come narra il testo della delibera, tutto ha preso inizio dall'agosto 2019, quando la sgr Prelios presentò un progetto relativo alla costruzione di un supermarket in via dell'Istria 135, previa demolizione dell'edificio esistente. Davanti al futuro esercizio si sarebbe allargata una zona di parcheggio pensata per agevolare la clientela. Dentro al dossier dell'investimento commerciale finì la riorganizzazione dell'incrocio via dell'Istria/via Fianona/parking Sant'Anna, che Altinos, avendo aderito alla proposta di Prelios, metterà a punto come da convenzione stipulata lo scorso 26 agosto "rogante" il vicesegretario comunale Fabio Lorenzut. A ottobre dell'anno passato l'azienda veneziana ha ottenuto il permesso di realizzare il supermarket. La vicenda ha preso progressivamente corpo, avendo ricevuto un via libera con prescrizioni dalla Soprintendenza e l'autorizzazione da AcegasApsAmga per tutte le opere collegate allo spostamento dei servizi a rete (pubblica illuminazione, fognatura, elettricità, acqua, gas). La rotatoria servirà a smistare il traffico tra cimitero, supermarket, da/per centro città. Il marchio Cadoro nasce a metà anni '70 su iniziativa del trevigiano Cesare Bovolato, gestore di un negozio di alimentari a Mestre: tra il 1964 e il 1968 apre due supermercati sulla Terraferma veneziana. Nel giro di mezzo secolo la famiglia Bovolato conterà una forza commerciale basata su 23 punti di vendita nel Nordest, dal Friuli Venezia Giulia all'Emilia, in grado di fatturare 200 milioni di euro e di dare lavoro a un migliaio di dipendenti. E adesso tocca a Trieste.

Massimo Greco

 

Limite di 30 all'ora nelle frazioni del Carso Scintille dem-Dipiazza
I consiglieri Pd al sindaco: «Velocità ridotta e più sicurezza» - La risposta: «La Zona 30 a Opicina dà già abbastanza guai»
TRIESTE. Portare a 30 all'ora la velocità massima sulle strade che attraversano le frazioni carsiche del Comune di Trieste. È una richiesta che le circoscrizioni prima e seconda, sostenute anche da una petizione di cittadini, hanno presentato al Comune attraverso due apposite mozioni. In dicembre il problema è stato posto al sindaco Roberto Dipiazza dal gruppo del Partito democratico in Consiglio comunale, dando il via a un lungo carteggio, nel quale il primo cittadino rivendica quanto fatto con il Piano urbano della Mobilità sostenibile (Pums).Andiamo con ordine. La tenzone ha inizio con la lettera dei consiglieri Pd: «Il Pums che l'amministrazione ha presentato nello scorso luglio non considera minimamente i problemi specifici del Carso triestino in termini di mobilità sostenibile, di corrispondenza del trasporto pubblico alle effettive esigenze della popolazione e in particolare di sicurezza della circolazione di veicoli e pedoni, che è ritenuta da quasi tutti ancora gravemente insufficiente». I consiglieri dem chiedono quindi l'adozione del limite di 30 su tutte le direttrici che attraversano le frazioni carsiche, una maggiore inclusione e verifica dei paesi carsici nel sistema del trasporto pubblico urbano, l'estensione delle reti ciclabili. Temi che, proseguono i dem, «sono già stati presentati in forma di mozioni o ordini del giorno, senza ricevere risposta».La risposta stavolta arriva, vergata da Dipiazza: «Non vi nascondo un certo imbarazzo personale nel dovervi dire che sono trasecolato nel constatare la lacunosa conoscenza da parte vostra - scrive il primo cittadino -, sia sulle tematiche in questione che sulla posizione del territorio in oggetto». Il sindaco spiega di aver realizzato la Zona 30 a Opicina, voluta da Cosolini, pur non essendo «particolarmente convinto», e rivendica le azioni prese dal Pums, dalle ciclabili all'ovovia: «Quando parlate di attenzione inadeguata verso il Carso forse vi riferite alla vostra amministrazione, dato che questa ha recuperato ritardi di cinque anni ed è intervenuta nella realizzazione di infrastrutture e servizi fondamentali per le nostre comunità carsiche».I consiglieri dem rispondono: «L'istituzione del limite di velocità di 30 all'ora su tutte le direttrici di attraversamento dei borghi carsici ha poco o nulla a che vedere con il modello di Zona 30 messo recentemente in opera in alcune parti di Opicina. La proposta (delle circoscrizioni, ndr) può essere realizzata tempestivamente con la sola installazione di segnaletica verticale e orizzontale e di strumenti di vigilanza elettronica». Il sindaco ribatte nell'ultima lettera: «Se il problema è solo il limite di velocità, mi sembra evidente che avete dimenticato, e forse avete fatto bene, il progetto del vostro assessore (Zona 30, ndr) che avete creato e che sta creando più di qualche problema». La questione resta aperta per il 2021, commenta la consigliera Pd Valentina Repini: «Il limite 30 serve per una questione di sicurezza. Il territorio lo chiede».

Giovanni Tomasin

 

 

E per i tre polmoni verdi della città scatta il restyling da 200 mila euro - il piano del verde
«Un prezioso serbatoio di biodiversità e un corridoio ecologico da proteggere». Così Francesco Panepinto, dottore forestale e funzionario comunale, descrive la funzione dei tre parchi cittadini Villa Giulia, Farneto e Strada Vicentina nella relazione che ha accompagnato in giunta la delibera dell'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi. La stessa relazione in cui si parla di polmoni verdi di «elevato pregio paesaggistico», nonchè «oggetto di elevata frequentazione». Lo stato manutentivo generale dei tre spazi verdi urbani - precisa Panepinto - è «soddisfacente», però appaiono necessari puntuali interventi straordinari, in modo da evitare situazioni di pericolo e riuscire ad eliminare situazioni di degrado o di dissesto. Per esempio: staccionate, segnaletica, cancelli, muri a secco, pavimentazione dei viali.A cura del servizio strade e verde pubblico, diretto da Andrea De Walderstein, è scattata così l'operazione-parchi, che prevede un appalto da 200.000 euro per incrementare livello e qualità della tutela. Dal punto di vista finanziario, la somma è fornita dalla recente definizione della vendita del Broletto a Trieste Trasporti. Il cronoprogramma, a partire dal prossimo aprile, impegna un anno fino alla primavera 2022. Le principali categorie di lavori inseriti nel carnet del futuro appaltatore riguardano potature, abbattimenti, asfaltature, viali sterrati, riparazione dei muri, miglioramenti selvicolturali, messa a dimora delle piantine forestali (quercus petraea, quercus pubescens, crataegus monogyna, sorbus torminalis). E adesso qualche elemento che inquadra le tre zone interessate, tratto dalla relazione del dottor Panepinto. Il parco di Villa Giulia è a est del centro urbano, in prossimità dell'Università e del monte Fiascone, a cavallo tra i quartieri di Scorcola e Cologna. La priorità è asfaltare il tratto che da via Monte San Gabriele conduce all'ex cava, così da migliorare la transitabilità soprattutto dei mezzi anti-incendio. In via Settembrini e in via Amendola interventi su sentieri e panchine. I quasi 100 ettari del bosco Farneto sono ubicati tra le vie Marchesetti, Pindemonte e il torrente Farneto. La parte tra l'Orto Botanico e via Pindemonte abbisogna di una rimozione dell'abbondante materiale lapideo, scivolato dalle scarpate spesso per opera dei cinghiali. Verrà inoltre ripristinato il manto in asfalto del vialetto che da piazzale Alma Vivoda risale verso l'Orto Botanico. Il parco lungo strada Vicentina è ubicato in prossimità del ciglione carsico, non lontano dal territorio o di Opicina. Al suo interno corrono sentieri molto frequentati come la "Napoleonica" e il "Cobolli Gigli". A seguito del fortunale del 3 agosto 2020 - informa Panepinto - si sono formati piccoli solchi erosivi per un centinaio di metri a partire dalla sbarra di chiusura. Infine l'adeguamento della segnaletica punterà, in corrispondenza degli ingressi, a ricordare i principali divieti (fuochi, campeggi, caccia, mezzi a motori, cani al guinzaglio).

Massimo Greco

 

Abbattuti quattro pini nel cortile della Sauro: «C'era rischio di caduta» - nel comprensorio della scuola muggesana
Muggia. Nei giorni scorsi sono stati tagliati quattro pini presenti nel cortile della scuola media Nazario Sauro, di via D'Annunzio. A segnalare la vicenda il comitato Sos Muggiambiente, per il quale «la colpa dei pini ultrasessantenni era quella di sfiorare col misero ciuffo delle fronde più alte un lato dell'edificio scolastico e che non erano mai stati piegati o danneggiati da bore, terremoti o allagamenti». Il comitato ha chiesto al Comune rivierasco la perizia di un tecnico o agronomo, «che giustifichi questo ultimo scempio». Sulla questione è intervenuto il vicesindaco di Muggia, Francesco Bussani, anche attraverso i social: «Sono stati tagliati alcuni pini nel giardino della scuola Nazario Sauro che erano troppo alti e che col vento forte risultavano pericolosi anche a causa delle radici poco profonde. La scuola stessa ne aveva denunciato la pericolosità. Verranno sostituiti con nuove essenze dal fusto più basso la prossima primavera. Questo è avvenuto in un generale intervento di potatura nei giardini delle scuole effettuato approfittando della chiusura. Non fa mai piacere intervenire con l'abbattimento di alberi - ha commentato Bussani - ma prioritario è evitare situazioni di rischio per gli alunni e per chi in quella zona risiede o transita. Come avvenuto negli anni precedenti e come faremo ovunque sia possibile, le piante abbattute saranno sostituite». Sulla gestione prossimo-futura del verde cittadino Bussani ha ricordato che «l'anno scorso insieme all'assessore Litteri ho incontrato Legambiente per realizzare un regolamento per la gestione del verde cittadino. L'associazione, poco più di un mese fa, ci ha presentato una sua proposta di regolamento, che è al momento al vaglio degli uffici tecnici comunali per tararla sulla realtà muggesana. Entro qualche mese - ha concluso - la proposta di regolamento dovrebbe essere ultimata e sarà argomento di discussione nel prossimo periodo».

LU.PU.

 

 

Veglia, rigassificatore a regime proteste per la rumorosità
A protestare il sindaco Mirela Ahmetovic, storica avversaria del nuovo impianto e il governatore della Regione quarnerino-montana Zlatko Komadina
FIUME. Il rigassificatore offshore di Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia, è entrato in funzione su base commerciale dopo settimane di attività sperimentale. La prima nave gasiera ad attraccare nelle acque vegliote è stata la Tristar Ruby, partita il 19 dicembre scorso dal terminal statunitense di Cove Point con a bordo 143 mila metri cubi di gas naturale liquefatto (Gnl).Le operazioni di scarico, secondo quanto reso noto da Lng Hrvatska - gestisce lavoro e attività distributiva dell'impianto - dovrebbero concludersi in giornata, dopo di che la metaniera lascerà il golfo di Fiume. «Sono molto soddisfatto di questo inizio - è quanto dichiarato dal direttore di Lng Hrvatska, Hrvoje Krhen - le operazioni si sono svolte senza il minimo intoppo e dunque il mercato del gas in Croazia e nei Paesi vicini ha finalmente un nuovo corridoio di approvvigionamento, con il Gnl che può arrivare nel Quarnero da ogni parte del mondo e quindi venire erogato a consumatori nazionali e d'oltreconfine. I serbatoi del rigassificatore Lng Croatia possono contenere fino a 140 mila metri cubi e pertanto il lavoro di trasbordo, rigassificazione ed immissione nella rete distributiva avviene in modo parallelo. Fino al prossimo 30 settembre è stato annunciato l'arrivo a Castelmuschio di 22 navi cisterna».Krhen ha confermato che le capacità produttive del terminal sono state acquistate per i prossimi due anni nella misura del 100 per cento, con i maggiori acquirenti che rispondono ai nomi di Mfgk, Met Energy e Power Globe Qatar, mentre quantitativi minori sono stati rilevati dalla società petrolifera croato-ungherese Ina e dall'Azienda elettrica croata. Il rigassificatore riceverà gas naturale specialmente da Stati Uniti e Qatar.Fin qui le note melodiose, ma ci sono anche quelle stonate: oltre ai problemi causati la settimana scorsa dalla bora (ci sono voluti tre rimorchiatori per tenere ferma Lng Croatia), il lavoro in questi primi giorni è stato caratterizzato da un rumore molto sgradevole, un inquinamento acustico che ha smentito quanto asserito da Krhen nelle settimane scorse. Infatti, la perturbazione sonora levatasi dal terminal a partire dallo scorso dicembre era stata giustificata da Krhen con l'attività sperimentale. «Stiamo mettendo alla prova tutti gli impianti, anche quelli ausiliari - aveva detto Krhen - i rumori cesseranno o saranno minimi non appena comincerà il lavoro su base economica». Non è così e allora le proteste sulle reti sociali si sprecano, con la sindaca di Castelmuschio, Mirela Ahmetovic e il governatore della Regione quarnerino-montana, Zlatko Komadina, che hanno annunciato concrete iniziative di dissenso. Del resto, il rigassificatore viene udito fino alla località costiera di Crikvenica, ad una ventina di chilometri da Castelmuschio.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 2 gennaio 2021

 

 

Riconversione della Ferriera: Icop acquisisce Logistica giuliana - Passa di mano la società creata da Arvedi
La riconversione della Ferriera fa un passo avanti sul fronte degli assetti societari necessari a dare nuova funzione al comprensorio di Servola. Una firma arrivata negli ultimi giorni del 2020 ha definito il primo passo dell'operazione di scambio, che alla fine vedrà Piattaforma logistica Srl assumere la concessione dei terreni dell'area a caldo, dove sarà realizzato il terminal di terra a servizio del futuro Molo VIII. Il meccanismo è intricato ed è partito dalla creazione da parte di Arvedi di una newco, ovvero una nuova società che ha preso in carico le attività di banchina svolte finora dal gruppo attraverso la controllata Siderurgica triestina, per movimentare materie prime e acciaio. È nata così Logistica giuliana che, grazie all'intesa firmata nei giorni scorsi davanti ai notai, viene ora acquisita da Icop, che opera nel comprensorio per conto di Plt. Icop verserà ad Arvedi 20 milioni, rilevando Logistica giuliana e permettendo di fatto a Plt di svolgere per conto di Arvedi, sulla banchina antistante la Ferriera, le attività di movimentazione che restano necessarie data la presenza del laminatoio. Nei prossimi mesi avverrà il passaggio formale da Arvedi a Logistica giuliana di 32 dipendenti, che manterranno le stesse mansioni di oggi, con la prospettiva di essere poi assorbiti da Plt, che nei prossimi mesi dovrà presentare anche il piano per assumere i primi settanta addetti alla logistica, da affiancare alla trentina ereditata da Arvedi. Tutto sarà definito dopo l'ingresso ufficiale dei tedeschi di Hhla nella compagine societaria di Plt. Ma più di tutto, la creazione della newco e la sua vendita a Icop servono ai concessionari della Piattaforma logistica per ottenere la concessione dell'area a caldo. Come stabilito dall'Accordo di programma, infatti, nei prossimi mesi i terreni demaniali dove sorge il laminatoio saranno privatizzati e ceduti definitivamente ad Arvedi dall'Autorità portuale, che in cambio demanializzerà (cioè renderà pubblici grazie a una permuta alla pari) i terreni privati di Arvedi, che ospitano altoforno e cokeria in via di demolizione. Una volta demanializzata, l'ex area a caldo potrà essere data in concessione a Logistica giuliana e dunque a Icop-Plt, che potrà così operare a pieno titolo tanto sulla Piattaforma logistica quanto nel terminal adiacente, la cui costruzione spetta proprio a Icop. Arvedi ha già avviato il percorso di permuta dei terreni, mentre spetterà a Icop chiedere la concessione, con un percorso che dovrebbe concludersi a maggio, se i tempi dello scambio di aree saranno rispettati. Allo stesso tempo, dopo il via libera della Corte dei conti all'Adp, comincerà a breve il confronto tra ministero dell'Ambiente e Icop sulla messa in sicurezza ambientale dei terreni dell'area a caldo.

 

 

Porto vecchio nell'elenco dei poli turistico-culturali - Scommessa da 67 milioni
Nel documento dell'esecutivo nazionale l'area dell'antico scalo figura al secondo posto di una lista di nove, alle spalle di quella della Biennale di Venezia. Il programma del Comune
Il Porto vecchio è inserito tra i «grandi attrattori turistico-culturali» che il governo conta di rilanciare attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza per il Recovery Fund: Trieste figura infatti fra le nove città in cui sono previsti interventi di «restauro e rifunzionalizzazione di complessi di elevata valenza storico-architettonica», una voce per cui sono previsti 890 milioni di euro. A tal fine il Comune ha presentato a Roma proposte per 67 milioni: il fine realizzare un viale monumentale, un parco pedonale ciclabile, una nuova sede della Soprintendenza al magazzino 20, e restaurare gli edifici più fatiscenti. Trieste figura al secondo posto dei nove «grandi attrattori» individuati da Roma, subito dopo l'area della Biennale di Venezia, assieme ad altri progetti come il recupero delle fortificazioni di Genova o del Parco del Po di Torino. Il piano fissa anche dei paletti temporali: si prevede l'indizione del 70% delle gare d'appalto entro settembre 2022 e l'aggiudicazione entro il giugno 2023. Il nome dato all'intervento è piuttosto generico: "Riqualificazione in ambito scientifico/culturale/museale/sportivo del Porto vecchio di Trieste". gli enti attuatori sarebbero il Comune e la Soprintendenza archeologica regionale. A novembre il ministro della Cultura Dario Franceschini aveva confermato al consigliere regionale dem Francesco Russo il suo interesse a intervenire sul Porto vecchio, anche attraverso il Recovery Fund. Allora la disponibilità del ministero risultava ballare fra i 40 e i 60 milioni. Dal canto suo il Comune ha spedito a Roma una serie di proposte, per un investimento complessivo da 67 milioni, che - dovessero venir finanziate - consentirebbero di risolvere un buona porzione dei problemi infrastrutturali dell'area. Il prospetto prodotto dagli uffici comprende sette interventi principali: il restauro dei varchi monumentali dell'accesso meridionale; la messa in sicurezza del magazzino 19; il restauro del magazzino 20, destinato a diventare la nuova sede della Soprintendenza; il restauro dell'ex locanda Zaninovich; il restauro dell'ex rimessa locomotive; il viale monumentale e il recupero del tracciato ferroviario; un «parco lineare verde di archeologia industriale».«È un bel modo di iniziare l'anno sapendo che il governo ha inserito il Porto vecchio nel piano - commenta il sindaco Roberto Dipiazza -. Le nostre proposte non nascono da un giorno all'altro, il piano regolatore dell'area è definito al dettaglio». Dipiazza non risparmia una frecciata all'opposizione, critica verso la sua gestione dello scalo: «Chi mi accusa di voler fare uno spezzatino è in malafede, o non sa leggere le carte». Il recupero più consistente tra quelli proposti dal Comune è quello del magazzino 20, 14 milioni: «La futura destinazione d'uso - scrivono gli uffici - prevede la realizzazione di una sede della Soprintendenza Fvg, in cui troveranno ubicazione uffici tecnici ed amministrativi, laboratori e spazi espositivi». I progetti più ambiziosi sono altri due. Costa 19 milioni il viale monumentale dal magazzino 26 a piazza Duca degli Abruzzi: in buona parte pedonale, si legge, con aree verdi. Sono 21 i milioni necessari a realizzare il parco pedonale e ciclabile da Barcola al centro, comprensivo di strutture ludico-sportive: gli uffici prevedono di impiegarvi bitte e marchingegni del vecchio porto, dando un carattere archeologico al parco.

Giovanni Tomasin

 

 

Guerra delle antenne al Tar: Muggia vince due battaglie
L'assessore Litteri: «La scelta di delocalizzare gli impianti risulta legittima» Il sindaco Marzi: «Questi risultati danno ragione al piano inserito nel Prgc»

Muggia. Nell'arco di un mese il Comune di Muggia ha ottenuto due importanti vittorie nella battaglia contro l'inquinamento elettromagnetico causato dai ripetitori radio e tv presenti sul proprio territorio. La prima riguarda la sentenza del Tribunale amministrativo regionale (Tar) del 17 novembre. «Finmedia - ha spiegato l'assessore all'ambiente del comune rivierasco, Laura Litteri - aveva chiesto di sopraelevare di trenta metri il proprio traliccio che si trova a Chiampore per ospitare un'altra emittente ed è ricorsa al Tar di fronte al rifiuto del Comune. Tribunale che ha dato pienamente ragione al Comune, ribadendo la piena legittimità della scelta di delocalizzare gli impianti che affollano la località di Chiampore». La seconda vittoria è nuovamente una sentenza del Tar del 9 dicembre sul ricorso presentato da un'altra società, la Monte Barbaria, che, come ha raccontato Litteri «chiedeva l'annullamento della delibera del Consiglio comunale che imponeva lo spostamento del traliccio esistente a Santa Barbara in un'altra zona non gravata da vincoli archeologici, come previsto dall'accordo procedimentale firmato nel 16 dicembre 2013 con il quale la società si impegnava allo spostamento entro 18 mesi dalla messa in esercizio dell'infrastruttura. Il Comune ha fatto la sua parte assieme alla Sovrintendenza nel reperire un'area alternativa non interessata dal vincolo archeologico». La delibera approvata dal Consiglio comunale del 29 aprile dello scorso anno relativa alla variante 38 al Piano regolatore del Comune di Muggia, è l'ultimo passaggio in ordine di tempo di un processo iniziato nel 2013 che aveva come obiettivo quello di riportare nei limiti di legge l'inquinamento elettromagnetico nella zona di Chiampore, con la contestuale eliminazione delle antenne abusive e la delocalizzazione in siti alternativi individuati attraverso uno studio commissionato all'Università di Udine, tra cui il sito di Monte Castellier, successivamente tolto dalla Regione dal piano in quanto sono venuti alla luce reperti di interesse archeologico. Infatti, fino ad allora nell'abitato di Chiampore erano sorti 14 tralicci che ospitavano emittenti radiotelevisive e 5 di questi erano abusivi. «La battaglia per l'eliminazione dell'inquinamento elettromagnetico e per la delocalizzazione degli impianti radio televisivi dall'abitato di Chiampore - ha sottolineato l'assessore Litteri - iniziata con l'amministrazione precedente, è stata portata avanti con coraggio e determinazione dal nostro Comune raggiungendo obiettivi che molti consideravano irraggiungibili nel nome della salute dei cittadini e dell'ambiente». «Un ringraziamento va di certo agli uffici che in questa dura vicenda non si sono risparmiati - ha evidenziato il sindaco d di Muggia, Laura Marzi -. È sempre grazie alla determinazione e al duro impegno che in questi anni siamo riusciti a conseguire importanti risultati quali l'abbattimento degli impianti abusivi, con relativo valore aggiunto dell'ottimizzazione degli esistenti e del miglioramento anche sul piano paesaggistico, e la riduzione dell'inquinamento, testimoniata dagli ottimi dati emersi dalla misurazione Arpa. In quest'ottica non potevamo non continuare a batterci a sostegno di quel piano di delocalizzazione entrato a far parte del nostro Piano regolatore comunale».

Luigi Putignano

 

La storia - Nove i tralicci abbattuti negli ultimi anni
L'ultimo è stato demolito nel luglio scorso a Chiampore, in Valle San Bortolo. Sono nove gli impianti di ricetrasmissione radiotelevisiva demoliti a Muggia. Si è partiti con la demolizione delle antenne abusive nell'abitato di Chiampore - una vicino alla caserma dei Carabinieri, una nei pressi di via Vivoda, due sul Monte San Michele e quella nei pressi dell'abitato di San Floriano / Ligon - a cui poi si sono aggiunte appunto altre quattro, l'ultima delle quali proprio ora in Valle San Bortolo. Quest'ultimo è il quarto traliccio "ex Towertell" demolito. Oltre alla demolizione di tutti i tralicci classificati come abusivi è stato approvato un piano di delocalizzazione, con un'apposita variante al Piano regolatore comunale.

 

 

Via al Balkan Stream, il gas russo arriva in Serbia dal Mar Nero
Dopo Sofia raggiunta anche Belgrado. Il prossimo passo sarà la sezione che si snoderà in Ungheria
BELGRADO. Un cavallo di Troia russo nel cuore dei Balcani. Oppure la via obbligata per raggiungere la sicurezza energetica. Comunque la si veda, il primo gennaio 2021 sarà ricordato come un giorno fondamentale, sul fronte energetico e geopolitico nei Balcani. Ieri infatti è stato ufficialmente aperto il braccio serbo di quello che doveva essere South Stream, rinato come Balkan Stream, il gasdotto che via Mar Nero-Bulgaria fa da ieri affluire gas russo in Serbia, ma è destinato in futuro a soddisfare anche i bisogni di Macedonia del Nord, Grecia, Bulgaria, Bosnia e soprattutto Ungheria, raggiungendo così l'Europa centrale. Si tratta di un'opera imponente, oltre 400 chilometri di grandi condotte che si diramano da Zajecar, nella Serbia orientale, al confine con la Bulgaria, fino a Horgos, estremo lembo settentrionale del Paese balcanico, a ridosso dell'Ungheria. Ieri mattina, alle sei in punto, «il gas dalla Bulgaria», dove l'opera era già stata precedentemente portata a termine, «ha iniziato a riversarsi nel nuovo gasdotto costruito» nel Paese balcanico: «Un grande giorno per la Serbia», ha scritto sul proprio profilo Instagram il presidente serbo, Aleksandar Vucic, che ha partecipato alle cerimonie inaugurali assieme all'ambasciatore russo a Belgrado, Aleksandr Botsan-Kharchenko e al potentissimo numero uno di Srbijagas, Dusan Bajatovic. Il progetto del gasdotto è la «chiave per il futuro sviluppo» della Serbia, «per le sue industrie, per la crescita economica e il benessere dei cittadini», ha assicurato Vucic. Tutto grazie al nuovo gasdotto sponsorizzato da Mosca che ha il suo braccio principale che si distende dalla Russia sotto il Mar Nero per raggiungere la Turchia (TurkStream). Il secondo, conosciuto appunto come Balkan Stream, tocca Bulgaria, Serbia e poi, a breve, l'Ungheria, garantendo attraverso la rete l'afflusso di gas anche ai Paesi vicini come Bosnia e Macedonia del Nord. Gasdotto che assicurerà «la sicurezza energetica» non solo a Belgrado, ma «all'intera Europa centrale», dopo aver bypassato l'Ucraina, ha sottolineato anche Botsan-Kharchenko. Il tutto realizzato rispettando le norme Ue e della Comunità energetica, ha voluto osservare Bajatovic. Ma il gas russo che scorrerà nel cuore dei Balcani preoccupa gli osservatori più attenti. Washington non a caso aveva parlato di gasdotti sponsorizzati da Mosca come «strumenti» taciti «del Cremlino» per minare la stabilità dell'Ucraina e rafforzare la presenza russa all'estero. Con il via libera al gasdotto «la dipendenza energetica della Serbia dalla Russia», sempre collegata a quella politica, è «cresciuta» ulteriormente, ha spiegato ieri via Twitter il politologo Dimitar Bechev, che già nel 2019 aveva ammonito che TurkStream altro non sarebbe che un cavallo di Troia del Cremlino «per aumentare l'influenza russa nel cortile di casa» Ue, i Balcani, mentre Bruxelles assiste senza reagire all'«audace iniziativa geopolitica e commerciale» di Mosca, che colpisce duramente l'Ucraina e «cementa» la presenza russa in Turchia e nei Balcani. La «tacita approvazione Ue» è un serio e pericoloso precedente, ha avvisato nei giorni scorsi anche Olga Bielkova, rappresentante della rete di distribuzione del gas ucraina. Bechev ieri ha sottolineato che «Gazprom controlla il 51% del braccio serbo» e che «Gazprom Neft ha acquisito la compagnia energetica nazionale» serba Nis già nel 2008. Ma il «boccone pregiato» è «l'Ungheria», ha aggiunto l'analista. Ungheria che, nel 2019, ha ricevuto addirittura dieci miliardi di metri cubi di gas russo, «più di Bulgaria e Serbia insieme». E ne riceverà tanti altri attraverso Balkan Stream-TurkStream, attraverso il connettore con la Serbia da completarsi entro inizio 2022. TurkStream e le sue propaggini balcaniche, ha specificato anche un recente rapporto dell'Ispi, che «dimostrano che sia i Balcani occidentali sia l'Europa sudorientale nel suo insieme sono un'area dove agenti esterni», Mosca in testa, «proiettano la loro influenza». E quella russa è destinata ora solo a crescere. E a rafforzarsi.

Stefano Giantin

 

 

 

 

 

 

 

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