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RASSEGNA STAMPA  gennaio - giugno 2020

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 giugno 2020

 

 

Primi esuberi della Ferriera in arrivo alla città dei cantieri
Rispettato l'accordo assunto con il ministro allo sviluppo economico Patuanelli e la Regione che avvierà i corsi di formazione necessari
Si conteranno sulle dita di una mano, ma le prime assunzioni degli esuberi della Ferriera arriveranno nelle prossime settimane, con alcuni lavoratori interinali dello stabilimento di Servola destinati a essere ingaggiati da Fincantieri. Altri verranno avviati verso percorsi di formazione e a giorni sarà diramato l'invito a tutti i 66 somministrati con il contratto scaduto a presentarsi ai Centri per l'impiego per costruire un percorso di ricollocamento. Prende corpo così il percorso avviato a gennaio dalla direzione Lavoro della Regione, anche se tanto il colosso della cantieristica quanto Piattaforma logistica Trieste non ritengono i tempi maturi per rispondere ora all'appello con cui il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha chiesto alle due società di stipulare un accordo con i sindacati per mettere nero su bianco la disponibilità ad assorbire manodopera. Per la prima volta, però, da Fincantieri arriva la conferma alla disponibilità a fare la propria parte: «Fincantieri - fanno sapere dall'ufficio del personale - conferma con forza l'impegno assunto per dare concretezza e farsi parte attiva alla soluzione dei problemi occupazionali che interessano alcuni lavoratori ex Ferriera. Su questo stiamo già collaborando con l'assessorato del Lavoro della Regione», che assicurerà i corsi di formazione necessari per preparare gli esuberi all'eventuale passaggio verso Fincantieri o verso le ditte esterne, che saranno spesso la reale destinazione finale. Come noto, i lavoratori non coperti dall'Accordo di programma sono 163 su 580, tra 97 tempi indeterminati in cassa integrazione e 66 interinali, cui non è stato rinnovato il contratto e che non sono dunque coperti da ammortizzatori sociali.

D. Da.

 

 

MUGGIA - Oggi in Consiglio l'esame della rete delle "bike lanes" - la seduta d'aula
Oggi, nel Consiglio comunale di Muggia, si discuterà tra le altre cose una mozione presentata da Marco Finocchiaro relativa alle "bike lanes". Sulla questione interviene subito la Fiab con il coordinatore locale Federico Zadnich: «Ci siamo impegnati per disegnare una rete portante di "bike lanes", cioè le corsie ciclabili rese possibili dalle modifiche al Codice della strada introdotte dal Dl Rilancio»: quasi 14 chilometri di percorsi sul territorio rivierasco che, insiste Zadnich, «costeranno meno di 60 mila euro» e che, se realizzate, «cambieranno in meglio la mobilità cittadina per tutti. A beneficiarne saranno infatti soprattutto quelli che non possono, o non vogliono, rinunciare al veicolo privato a motore».

(lu.pu.)

 

 

Alle 10 - Orti Urbi et Horti - Preparazione teorica

Formazione e accompagnamento in campo oggi, per la conoscenza e preparazione all'uso corretto ed ergonomico degli attrezzi da giardino. La concimazione e l'uso degli insetti utili per la tutela delle piante. Accompagnati dal maestro contadino Roberto Marinelli e Daniela Delle Vedove. Per Info Tiziana : 3287908116, orticomunitrieste@gmail.com.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 giugno 2020

 

 

Odori Siot e traffico in aula a San Dorligo - LA SEDUTA DI DOMATTINA
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Si svolgerà domattina, con inizio alle 9.30 e con la modalità della videoconferenza, il consiglio comunale di san Dorligo della Valle. Due i punti principali all'ordine del giorno della seduta: l'aggiornamento del programma triennale delle opere pubbliche e l'adozione della variante generale al Piano regolatore. Facile prevedere che si coglierà l'occasione anche per parlare della recente relazione, prodotta dai tecnici, sull'emissione di cattivi odori nella zona occupata dagli stabilimenti della Siot e del questionario che è stato distribuito, nelle scorse settimane, all'intera popolazione, per conoscere le opinioni dei residenti sul traffico e le eventuali indicazioni sulle modalità per migliorare la circolazione nel Comune.

u. sa.

 

 

Fiato sospeso e sguardo fisso nel tunnel per godersi la danza magica delle lucciole
Decine di triestini ogni sera si radunano nel sottopasso di San Giuseppe lungo la ciclabile illuminato da un mare di insetti
Trieste. Ogni sera, dopo le 22, il sottopasso di San Giuseppe sulla pista ciclabile, si riempie di decine e decine di triestini. Persone che si danno appuntamento per ammirare l'emozionante spettacolo dell'apparizione delle lucciole. Quasi una magia che, per poco più di un paio d'ore, vede migliaia e migliaia di questi coleotteri della famiglia delle Lampyridae trasformare la zona in una sorta di bosco incantato. Una scena da film immortalata anche in alcuni scatti suggestivi. Erano anni che non si vedevano così tante lucciole. Per troppo tempo, a causa di urbanizzazione, uso eccessivo di pesticidi, inquinamento luminoso e altri fattori, era raro vedere il loro luccichio. Invece, da un po' di tempo, questa specie di insetti si sta ripopolando. E questa estate sta raggiungendo il suo culmine per la gioia appunto di decine di appassionati. E ci sono anche gruppi di triestini che organizzano delle piccole escursioni, a piedi o in bici, per assistere alla favola che ogni sera si accende sulla Cottur, con giochi di luce e effetti particolari proprio all'altezza di quel sottopassaggio. «Ce ne sono certamente di più rispetto ad anni precedenti, - costata Nicola Bressi, zoologo della Società italiana di Scienze naturali -. È un buon segnale per l'ambiente e non è un caso in quel punto sulla ciclabile se ne vedano molte. Le lucciole sono degli spietati carnivori e si nutrono specialmente di lumache presenti, come è noto, soprattutto in luoghi molto umidi come, appunto quel punto della ciclabile». La ricrescita della loro popolazione «è dovuta, oltre che ad una normale oscillazione di una popolazione animale, ad una maggiore sensibilità nell'uso dei pesticidi da parte dell'uomo. Fino a non molto tempo fa si usavano lumachicidi anche quando non serviva, e le lucciole che si nutrono di lumache, mangiandole, si avvelenavano. Ora invece c'è maggior cautela e esiste in commercio un lumachicida a base di ossido di ferro innocuo per le altre specie animali». Bressi invita chi usa insetticidi «a fare attenzione, perché non ne esistono di specifici che colpiscono un unico animale, e i danni sono devastanti». La causa principale del declino delle lucciole, dunque, è stato l'uomo, come nella maggior parte dei fenomeni di estinzione, «tranne che per le specie che dall'uomo traggono vantaggio come zanzare, cinghiali, ratti e cornacchie». La danza di luce delle lucciole a Trieste viene segnalata anche in altre zone della città, come in molti giardini privati. Le lucciole illuminano le notti estive solo in età adulta e non allo stato larvale. La loro caratteristica di emettere luce è strettamente legata alla fase riproduttiva. Grazie ai segnali luminosi, infatti, gli insetti riescono a incontrarsi durante la stagione degli accoppiamenti. La loro danza luminosa prende il via nelle prime sere calde tra maggio e giugno. Una raccomandazione:«Osservatele e fotografatele ma - raccomanda Bressi - non cercate di prenderle tra le mani: sono delicatissime».

Laura Tonero

 

 

Iscritti al Collegio del Mondo unito di Duino - Gli studenti "bloccati" si offrono come volontari per ripulire l'Ermada
DUINO AURISINA. Si improvviseranno tutori dell'ambiente, pulendo, a titolo di volontariato, i tracciati del monte Ermada, situati sopra Duino. Comincia domani la nuova e inedita avventura degli studenti del Collegio del Mondo unito dell'Adriatico rimasti a Duino. Si tratta di una quindicina di ragazzi che, a differenza dei loro colleghi i quali, vista la sospensione delle lezioni causa coronavirus, sono tornati ai loro Paesi d'origine, non hanno trovato voli per poter prendere a loro volta la strada di casa. E così, nell'attesa della ripresa delle lezioni, hanno deciso di rendersi utili alla comunità che li ospita. Grazie all'organizzazione congiunta della Società agricola Kohisce, che ogni anno dà vita alla marcia primaverile sul monte Ermada, ovviamente sospesa quest'anno, e alla Fondazione Pietro Pittini, oltre che alla disponibilità del Collegio, è stato definito un progetto che prevede il loro coinvolgimento in un'attività di pulizia e mantenimento dei tracciati. L'obiettivo non è solo quello di far conoscere i dintorni, contribuendo al contempo alla salvaguardia e alla tutela di luoghi bellissimi, ma anche di offrire, grazie al prezioso supporto assicurato dal Centro didattico naturalistico di Basovizza, momenti di approfondimento sulle peculiarità di questa terra, con particolare attenzione alla conoscenza degli ecosistemi dell'area carsica, oltre che alle tracce che la Prima Guerra Mondiale. Il progetto, che avrà una durata di qualche settimana, si inserisce nell'ambito delle attività curriculari di volontariato, che sono parte integrante del percorso didattico degli studenti del Collegio. In sostanza, si è cercato, da parte di tutti i soggetti coinvolti nell'organizzazione, di trasformare un'emergenza che obbliga gli studenti a rimanere al Collegio senza poter proseguire nel percorso didattico, in un'opportunità di servizio e di condivisione con la comunità del territorio. Un ruolo da protagonisti lo hanno svolto la famiglia Pahor, che gestisce l'Azienda agricola Kohisce e una parte degli spazi sul monte Ermada, e che ha sempre dimostrato estrema attenzione al tema della conservazione del territorio e delle sue comunità e la Fondazione Pittini, che ha tra i suoi obiettivi il sostegno ai giovani.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 giugno 2020

 

 

Siglata la storica intesa sulla Ferriera di Servola «Inizia una nuova era»
Con le firme sull'Accordo di programma, chiusa da istituzioni e imprese la partita per la riconversione. Un coro dal governo fino alla Regione: «Obiettivo raggiunto»
TRIESTE. Un incontro ufficiale per rivendicare davanti alla città la conduzione della trattativa che ha portato alla stipula dell'Accordo di programma della Ferriera di Servola. Il ministro triestino Stefano Patuanelli ha voluto che i rappresentanti di istituzioni e imprese si ritrovassero in Prefettura a Trieste per apporre la propria firma davanti a taccuini e telecamere. Nella sede del governo, è stato il responsabile dello Sviluppo economico a fare da padrone di casa, accanto al presidente della Regione Massimiliano Fedriga, al sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, al commissario dell'Autorità portuale Mario Sommariva e al presidente di Icop Vittorio Petrucco. Assenti invece i dirigenti del gruppo Arvedi, che lascia la stipula all'avvocato Giovanni Borgna. Sono i protagonisti di un anno di trattative sulla riconversione del sito, sottoscritta anche dai ministeri di Ambiente e Infrastrutture, dall'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e dall'Agenzia del Demanio. Tutti a mettere la faccia al cospetto dei triestini: quelli che per vent'anni hanno sperato nello spegnimento dell'altoforno e nella riduzione delle emissioni; quelli che temono per i lavoratori in esubero, che si sommano a quelli già falcidiati dalle tante crisi industriali del territorio. Difficile trovare invece qualcuno che non riconosca il potenziale dell'operazione per lo sviluppo del porto. «Sono state spesso vicende tumultuose e tortuose - ha detto il prefetto Valerio Valenti - ma che chiudono un percorso e ne aprono un altro. Continueremo a essere vigili, soprattutto per gli sviluppi occupazionali anche alla luce delle perplessità che alcune organizzazioni, come la Fiom, hanno sollevato». Via dunque al nuovo corso (finanziato con oltre 300 milioni fra risorse private e fondi pubblici), che in cinque anni promette di ottenere la dismissione degli impianti ormai spenti, la messa in sicurezza dei terreni, il raddoppio del laminatoio, l'ingresso in campo di Piattaforma logistica Trieste e la realizzazione di un terminal di terra a servizio del futuro Molo VIII. Il tutto col promesso assorbimento degli esuberi da parte di Plt e Fincantieri. «È un momento storico per la città», ha esordito un emozionato Patuanelli, secondo cui «è stato raggiunto un importante risultato per tutto il Friuli Venezia Giulia, attraverso un intenso lavoro di squadra. Oggi si chiude una fase cominciata oltre cento anni fa e si apre un percorso nuovo, anche grazie all'uso di risorse pubbliche ingenti». L'esponente M5s ha sottolineato la possibilità di «realizzare nell'area della Ferriera una produzione ecosostenibile, che punta alla decarbonizzazione, al rilancio delle attività di logistica e alla salvaguardia dei lavoratori. L'accordo potrà diventare un modello per analoghi processi di riconversione industriale previsti nel nostro Paese». Per Fedriga, «la chiusura dell'area a caldo segna l'avvio di una nuova era per Trieste. Il raggiungimento dell'obiettivo storico è uno degli impegni che la giunta si è assunta nei confronti dei cittadini e in due anni abbiamo sbloccato una situazione ferma da venti». Il presidente ha ringraziato gli assessori Fabio Scoccimarro e Alessia Rosolen, per aver rispettivamente avviato la trattativa con Arvedi ed essersi battuta per un aumento delle garanzie occupazionali da parte dei privati. «Garantiamo - ha continuato il governatore - la salute dei cittadini, l'occupazione e opportunità di sviluppo in ambito logistico. Spero che ora presto possa sbloccarsi anche il regime extradoganale per i capannoni di FreeEste». Esulta anche Dipiazza: «Dopo quattro campagne elettorali nel segno della Ferriera, abbiamo chiuso un'area inquinante, che creava disagi a chi abita a Servola e a chi vi lavorava. La Piattaforma è una grande opportunità per rilanciare il porto». Il commissario dell'Autorità portuale Mario Sommariva ha evidenziato che «l'Adp va inteso come il passaggio epocale verso una fase di nuova industrializzazione del territorio, attraverso il recupero di aree importanti all'utilizzo per i traffici portuali e l'infrastrutturazione ferroviaria. Mi auguro che l'Adp sia un accordo pilota rispetto ai tempi delle autorizzazioni del ministero dell'Ambiente e spero che entro due o tre anni si possano cominciare a vedere risultati». Sarà Icop a occuparsi della messa in sicurezza dei terreni dell'area a caldo, «dove - ha spiegato il presidente Petrucco - verrà sviluppato il raccordo ferroviario, presupposto essenziale per sviluppare il Molo VIII: oggi compiamo il primo passo di un percorso che durerà una decina d'anni». Alla passerella manca solo l'ad di Arvedi Mario Caldonazzo, rappresentato dai propri legali. L'azienda siderurgica evita ogni tipo di dichiarazione: per il gruppo cremonese la chiusura dell'area a caldo voluta dalla politica è una ferita che difficilmente si potrà rimarginare.

Diego D'Amelio

 

I sindacati subito in pressing per la copertura degli esuberi
Incontro fra il rappresentante del governo e le sigle appena chiusa la cerimonia della sottoscrizione. La Fiom e le altre si ritrovano sulla tutela dei posti
TRIESTE. Il ministro Stefano Patuanelli convoca le segreterie provinciali in Prefettura subito dopo la firma, per ringraziare i sindacati favorevoli alla riconversione e cercare di stemperare le tensioni con la Fiom. Le sigle ascoltano, ma restano della loro opinione (e spaccate): i metalmeccanici della Cgil sono convinti che l'Accordo di programma abbia troppe lacune, mentre Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb sposano il percorso, pur annunciando la volontà di attuare un monitoraggio minuzioso, che non perdoni nulla ai promotori della chiusura dell'area a caldo della Ferriera, che nessuna delle parti sociali ha mai voluto. L'unità si ritrova su un punto: la richiesta di mettere al più presto nero su bianco gli impegni di Icop e Fincantieri per l'assorbimento degli esuberi. I sindacati del sì esprimono «un giudizio positivo per la conclusione di un percorso lungo e non privo di rallentamenti e momenti di scoramento», dice Antonio Rodà (Uil), secondo cui «ora bisogna rispettare gli impegni su occupazione e investimenti. Il sindacato intende lavorare da subito sui tavoli di monitoraggio, per verificare tempi e modi, facendo sì che tutto fili liscio. In Italia di accordi sulle riconversioni se ne sono fatti molti e non sempre hanno portato risultati, ma il ministro ha dato disponibilità per un confronto costante». Rodà chiede che «gli impegni annunciati siano messi in campo, a cominciare dagli accordi per l'assorbimento degli esuberi, che sono ancora da scrivere con Fincantieri e Icop. L'accordo sindacale è stato firmato nella cornice delle garanzie istituzionali, che ora Mise, Regione, Comune e Autorità portuale devono rispettare. Ma il primo punto in agenda è incontrare l'ad Mario Caldonazzo, per definire gli aspetti sindacali del piano industriale di Arvedi». La posizione della Cgil resta di aperta contrarietà. «Patuanelli dice che è legittimo avere visioni differenti - commenta Michele Piga - ma chiede al sindacato di condividere il percorso di riconversione, pur riconoscendo che ci sono ancora problemi da risolvere su occupazione e mantenimento dei livelli salariali. Il ministro rivendica la volontà di avere rapporti sempre positivi con i sindacati, ma il nostro è un giudizio di merito su un accordo specifico e in questo accordo manca un pezzo: gli interinali non sono coperti e chiediamo perciò di favorire quanto prima un accordo sindacale su base rappresentativa con Fincantieri e Icop». Piga critica inoltre l'Adp perché «non guarda a tutta l'area di crisi complessa: bene su logistica e intermodalità, ma non si parla di risorse e procedure per la bonifica del Sito inquinato, che darebbe lavoro a molti, a cominciare dai 50 lavoratori che faranno la messa in sicurezza dei terreni dell'area a caldo».

D.D.A.

 

«Ha vinto la volontà dei cittadini - Mai visto un cielo così a Servola» - L'INTERVISTA

Il ministro "di casa" Patuanelli si gode il momento ma guarda già avanti: «L'occupazione? Ricordo l'impegno di Fincantieri e Icop ad assorbire manodopera e ritengo si possa ragionare su accordi sindacali con le due società»
TRIESTE. «Non venivo a casa da tanto e vedo l'aria sopra Servola pulita come non l'avevo mai vista». Il ministro Stefano Patuanelli si gode la firma che ha portato al superamento dell'area a caldo dopo una battaglia ambientalista che il M5s triestino ha iniziato dalla fondazione e che ora passa per la tutela dei posti di lavoro. Chi o cosa ha chiuso la Ferriera? La volontà dei cittadini, le grandi manifestazioni e il dibattito apertosi anche fra chi si è reso conto che investimenti e impegno della proprietà non sono bastati a ridurre l'impatto dello stabilimento. Porta a conclusione una battaglia cominciata 15 anni fa.Assieme a quella contro il rigassificatore. In questo caso centriamo l'obiettivo con un piano che tutela l'occupazione e prevede una riconversione che darà linfa al porto. Settanta milioni a fondo perduto: ha fatto tutto il Mise? Come normale che fosse, vista la possibilità di reperire risorse, tanto più in un momento di difficoltà per le casse degli enti locali. Giusto mettere danaro pubblico per chiudere un ramo produttivo che rispettava i limiti di emissioni e ha assunto più del previsto? Siamo in un periodo di grandi transizioni industriali, che vanno indirizzate verso la sostenibilità ambientale, purché ci sia la sostenibilità economica e sociale, garantita appunto dalle risorse pubbliche. Trieste può permettersi di perdere altra industria? Oggi l'industria locale produce meno del 10% del Pil complessivo e bisogna invertire la tendenza, risolvendo anzitutto lo storico problema della mancanza di spazio: dobbiamo ridurre la perimetrazione del Sito inquinato e rendere le pratiche meno lunghe e costose. Bisogna poi attrarre investimenti: so che il risultato ancora non c'è, ma ribadisco l'impegno a convincere il Mef sull'extradoganalità di Trieste. La siderurgia è ancora strategica in Italia? Sì, perché abbiamo filiere come l'auto motive e la cantieristica. Ma oggi possiamo incidere sulla tutela dell'ambiente attraverso percorsi di totale decarbonizzazione. Arvedi avrebbe chiuso in ogni caso l'area a caldo? Domanda da rivolgere al cavaliere. Ma così abbiamo gestito la chiusura, tenendo da conto il nodo occupazione. Rassicuri i lavoratori: sarà riconversione a esuberi zero? La riconversione non prevede licenziamenti collettivi e ci sarà grande attenzione sulla riqualificazione professionale durante la realizzazione delle opere. Ricordo poi l'impegno di Fincantieri e Icop ad assorbire manodopera e ritengo si possa ragionare su accordi sindacali con le due società. Fincantieri si è impegnata tramite ditte esterne. Soluzione precaria? Soluzione che riguarda una filiera che dà garanzie e alcuni addetti potranno essere assunti direttamente. I sindacati restano spaccati: cos'ha detto loro? Che spaccare non è mai stato il mio obiettivo. Tutte le sigle hanno preso atto di una soluzione che non era da loro voluta. Ringrazio chi ha creduto lo stesso alla riconversione e sottoscritto l'accordo sindacale, ma anche la Fiom, perché il pensiero unico non esiste. Dismissione, messa in sicurezza e nuovi asset: ce la farete in cinque anni? Non possiamo permetterci di non rispettare le scadenze. Quanto sono inquinati i terreni sotto l'area a caldo? Difficilmente si può pensare di trovare un'area più inquinata. Basterà metterci sopra una colata di calcestruzzo? L'area viene restituita all'industria, non a una scuola. Il confinamento è una delle pratiche più utilizzate per la messa in sicurezza operativa e permanente, che sarà seguita dal ministero dell'Ambiente. Poi c'è il barrieramento a mare, ma i 41 milioni di Invitalia sono fermi da sei anni...Un ritardo che va superato e che dimostra quanto la semplificazione sia indispensabile. Quanto conta l'Adp per il porto? Il nostro porto ha grande valore per la sua infrastruttura ferroviaria. Questo intervento la rafforza e crea nuovi spazi per lo stoccaggio di merci. È l'uso naturale dell'area che sorge accanto alla Piattaforma logistica e al futuro Molo VIII. Preferisce investitori cinesi o europei per la Piattaforma? Preferisco buone soluzioni. Il caso D'Agostino. L'emendamento "salva Zeno" passerà? Che ne pensa della decisione dell'Anac sulla decadenza? Sono ottimista e ribadisco che Zeno è la miglior guida per il porto di Trieste. Non critico una norma che vuole evitare conflitti d'interesse e corruzione, ma il testo porta anche ad applicazioni distorte. La stessa Anac segnala l'opportunità di intervenire. L'alleanza giallorossa approda anche in Fvg sull'asse Patuanelli-Serracchiani? Esiste un governo sostenuto da M5s, Pd e altre forze. Normale l'interlocuzione con Debora anche sull'emendamento. Ma le elezioni sono lontane e le alleanze non definite nemmeno nelle regioni che votano fra pochi mesi. Vuole davvero fare il sindaco? Non sono più candidabile nel M5s per la regola dei due mandati. Ho fatto una boutade sui social per dire che il Movimento c'è, tanto più alla luce del lavoro che stiamo facendo a Roma, come mostra la riconversione della Ferriera. A firme fatte, ha un sassolino nella scarpa? Sotto la Prefettura avrei voluto vedere anche quei comitati che per anni hanno chiesto la chiusura e accusato la politica di non mantenere le promesse. Ora quelle promesse sono realtà.

D.D.A.

 

Una trentina di attivisti in piazza per festeggiare - Il sit-in davanti al teatro verdi "trainato" dal M5S
Trieste. Dopo anni di promesse e annunci, il giorno tanto atteso è finalmente giunto e chi si è battuto per il suo raggiungimento può finalmente festeggiare. Ieri mattina, in contemporanea con la firma in prefettura dell'accordo di programma per la riconversione della Ferriera, si sono ritrovati in piazza Verdi una ventina di attivisti del Movimento 5 Stelle assieme a un'altra decina di appartenenti all'associazione No Smog e al comitato 5 Dicembre. «Una giornata storica», la definisce il consigliere comunale Paolo Menis del Movimento 5 Stelle. «In meno di un anno, Stefano Patuanelli ha chiuso un accordo che in vent'anni i partiti non erano mai riusciti nemmeno ad abbozzare e che risolve il più grande problema ambientale di Trieste, rilanciando la nostra città», afferma il consigliere Menis. A proposito delle prospettive future dell'area, la consigliera Cristina Bertoni del M5s sottolinea che ora si dovrà procedere entro i prossimi cinque anni con il percorso di riconversione dell'area per puntare sullo sviluppo del porto. Esultano anche gli attivisti delle associazioni che in questi anni si sono battuti per la chiusura dello stabilimento. «Per noi, questa è la dimostrazione che scendere in piazza per i nostri diritti e la nostra salute non è inutile, ma ha portato a questo grande risultato per Trieste. Ci auguriamo possa servire da sprone anche per gli amici di Taranto», commenta Barbara Belluzzo del comitato 5 Dicembre. Più cinica ma altrettanto soddisfatta la reazione di Alda Sancin, la presidente dell'associazione No Smog: «Era una conclusione a cui si sarebbe dovuti arrivare anni fa, se si fosse dato retta ai problemi sanitari e ambientali, mentre alla fine hanno saputo ascoltare solo ora quelli economici. Ma va bene anche così».Il segretario Adriano Tasso aggiunge che la conclusione è andata oltre le più rosee aspettative, perché si è raggiunto sia l'obiettivo ambientale che di tutela dei lavoratori, e ne riconosce il merito al ministro Stefano Patuanelli e al presidente regionale Massimiliano Fedriga. Nonostante i risultati raggiunti, l'associazione No Smog ricorda che resta ancora da risolvere il problema dell'inquinamento del suolo e promette di restare vigile sul processo di riconversione della Ferriera.

Simone Modugno

 

Bike sharing tra disagi e lamentele - E il Comune "bacchetta" il gestore
Lettera formale del Municipio alla Bicincittà di Torino. Richiesti più mezzi e manutenzioni quotidiane
Piovono lamentele e critiche verso il servizio di bike sharing a Trieste, inaugurato a febbraio, e il Comune scrive all'azienda che se ne occupa, la Bicincittà srl di Torino, chiedendo una manutenzione più attenta e costante, e un'implementazione dei mezzi a disposizione. Tra i disagi più sentiti dagli utenti c'è la difficoltà di sganciare la due ruote dai supporti, in tante stazioni presenti in città. Dopo aver correttamente aperto l'applicazione, con i propri dati, le persone ricevono il via libera a utilizzare la bici, ma non riescono a sbloccare il fermo. In più c'è chi segnala danni, piccoli o grandi, e la collegata necessità di riparazioni o sostituzioni di pezzi, mentre non si trovano più in giro i mezzi a pedalata assistita, inseriti nella dotazione iniziale. «Il 21 giugno abbiamo inviato una formale segnalazione all'azienda, perché i disagi riscontrati sono tanti - spiega l'assessore comunale all'Urbanistica Luisa Polli - e abbiamo ricevuto molte proteste, nei mesi scorsi e anche nelle ultime settimane. Anch'io personalmente. Tra le richieste evidenziate nella mail spedita, quella di poter contare sulla presenza di manutentori quotidianamente, e non ogni due giorni come accadeva finora. E ancora serve sostituire subito le biciclette rotte, provvedere ai malfunzionamenti esistenti e inoltre abbiamo sottolineato la necessità di implementare il parco mezzi in tempi brevi, passando dagli attuali 50 a 90. Non è la prima volta - sottolinea l'assessore - che segnaliamo queste esigenze. Capisco la situazione post Covid-19 - aggiunge - e anche il fatto che talvolta capitino disagi dovuti a comportamenti poco corretti o a usi impropri delle bici, ma credo che, in generale, ci sia bisogno di potenziare e migliorare il servizio quanto prima». Sui social c'è chi racconta di aver provato a sbloccare il meccanismo per prelevare il mezzo più volte e in diversi punti della città, senza successo, e di essersi trovato insieme ad altre persone con lo stesso problema. Per utilizzare la bicicletta, la via più semplice è quella della app, con la quale si cerca la stazione sulla mappa e si seleziona la colonnina dalla quale si vuole prelevare la bici. Si attendono alcuni "bip" lenti e poi dei "bip" rapidi, prima di estrarre la due ruote. Ma è a questo punto che spesso qualcosa va storto, ed è molto difficile, se non impossibile, staccarla dal supporto. Tra gli utenti poi qualcuno scrive come sia necessario sostituire anche alcuni pezzi, come le luci, spesso non funzionanti. Ci sono poi da considerare anche gli atti vandalici: gomme a terra, parafanghi divelti, batterie dei modelli elettrici staccate, situazioni segnalate più volte nei mesi scorsi, anche sui social, e capitate fin dai primi giorni di avvio della novità. Per scongiurare questi comportamenti il Comune, così come molti utenti, si appella al buon senso di tutti, per evitare ulteriori disagi e intoppi. Tanti auspicano comunque che i disguidi possano trovare una rapida soluzione, alla luce del numero sempre crescente di triestini che ormai abitualmente si muovono pedalando, oltre ai turisti, che anche prima dell'emergenza Covid avevano usufruito con successo del bike sharing. Atteso anche un ritorno dei modelli con la pedalata assistita, per ora introvabili, e inizialmente inseriti appunto nel parco mezzi. «Al momento in alcune stazioni funziona una bici su cinque - racconta Diego Manna, appassionato di bici e referente dell'associazione Bora.la -. Peccato, perché il servizio resta una rivoluzione per Trieste, ma va sicuramente sistemato. In più - ricorda - sono sparite le bici elettriche».

Micol Brusaferro

 

A confronto con le associazioni anche sulle corsie bus "ciclabili"
Esordio del tavolo tecnico attivato tra amministrazione e proponenti il piano per la mobilità post-Covid. «Un primo riscontro positivo»
Prima seduta del tavolo tecnico attivato tra il Comune e le associazioni che hanno proposto il "piano per la mobilità post-Covid": Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Fridays For Future, Bora.La, Zeno, Link, Spiz e Cammina Trieste. Presentate alcune richieste potenzialmente di immediata realizzazione. Il Comune, fanno sapere i vari sodalizi, ha mostrato disponibilità in merito a diverse iniziative, in particolare sulla rimozione dei parcheggi dai marciapiedi nei pressi delle scuole e dei ricreatori, sull'estensione delle chiusure festive di alcune arterie secondarie e delle esperienze di progettazione partecipata dei pedibus. E ancora sull'ampliamento di alcuni marciapiedi tramite segnaletica orizzontale, sull'installazione di nuovi stalli per le bici, sull'avvio dell'iter per l'apertura alle bici delle corsie bus in via Carducci e lungo l'asse Conti-D'Azeglio-Tarabocchia. «Si tratta di un primo riscontro positivo - sottolineano le associazioni in un testo congiunto - che è arrivato grazie all'impegno di molte persone, per una mobilità più sostenibile, inclusiva e attiva nella fase 3. Per quanto riguarda la realizzazione di "bike lanes" lungo gli assi principali di scorrimento della città, l'amministrazione ha espresso perplessità tecniche che tuttavia le associazioni si impegnano a chiarire a stretto giro, al fine di rimuovere qualsiasi ostacolo alla realizzazione di questa importante misura per la mobilità ciclabile. Le associazioni continueranno a collaborare, a partire dalla prossima seduta del tavolo convocata per il 9 luglio, e soprattutto a vigilare perché le aperture espresse dal Comune si traducano in azioni concrete».

mi.b.

 

Bus "scomodi" verso la città - L'altipiano ha una settimana per preparare il dossier
Incontro con il sindaco Dipiazza e il presidente circoscrizionale De Luisa - Decisa una raccolta di osservazioni da sottoporre al gestore del servizio
TRIESTE. Una settimana di tempo per raccogliere i suggerimenti dei residenti dell'altipiano e per formulare una serie di proposte finalizzate al miglioramento del servizio di trasporto pubblico sul Carso. È questo il termine concordato fra il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e il presidente della Circoscrizione Altipiano Est Marko De Luisa, con l'obiettivo di arrivare a una sintesi sul problema esploso dopo l'avvento del nuovo gestore del trasporto pubblico regionale, il consorzio Tpl Fvg, sorto dalla fusione fra Apt, Atap, Saf e Trieste trasporti. Appena entrato in vigore il nuovo orario estivo, infatti, le centinaia di persone che quotidianamente raggiungono il centro città partendo dal Carso e viceversa hanno iniziato a lamentarsi, definendo i cambiamenti «evidenti peggioramenti nel servizio». Di questo disagio si è fatto portavoce lo stesso De Luisa, in particolare nel corso di un incontro che, oltre a Dipiazza, l'altro giorno ha visto presenti l'assessore Luisa Polli, Michele Scozzai, responsabile della comunicazione per conto della Trieste trasporti, e Diego Pangher, rappresentante del gruppo "Vivere Opicina e l'altipiano"'. «I problemi sono molteplici - così De Luisa - a cominciare dal fatto che non ci sono più linee dirette per raggiungere il centro città, fatto che obbliga i residenti a cambiare linea. Fra le richieste che certamente faremo ci saranno il ripristino della linea che attraversava tutto il Carso e la razionalizzazione del sistema delle coincidenze, oggi molto complesso e per certi versi incomprensibile. Il nuovo meccanismo prevede infatti anche le cosiddette "coincidenze mobili", che costringono gli utenti a verificare di volta in volta, in base alla fascia oraria prescelta, la fermata in cui si dovrà attendere l'arrivo del bus per la seconda tratta». Dipiazza ha osservato che «davanti a un aumento del chilometraggio complessivo, come affermato dalla Trieste trasporti, non è possibile che il servizio provochi tante critiche. Evidentemente qualcosa bisognerà cambiare».Scozzai ha infine garantito che la «Trieste trasporti sarà disponibile ad ascoltare osservazioni, indicazioni e suggerimenti. Una volta ultimata dalla circoscrizione la raccolta dei pareri, si valuteranno eventuali correzioni, nell'ambito di un confronto con tutti i soggetti interessati». Tutti coloro che fossero interessati a inviare appunto considerazioni, proposte e idee, sono invitati a scrivere all'indirizzo di posta elettronica secondacircoscrizione@comune.trieste.it.--U.SA.

 

 

Ogni anno 200 milioni di mozziconi a terra: Barcola sfida l'inciviltà
Giovedì pomeriggio l'associazione sportiva All Sail lancia la raccolta "Basta cicche" tra lungomare Croce e pineta
Si stima siano oltre 200 milioni i mozziconi di sigarette che ogni anno vengono gettati a terra a Trieste. Un dato, stimato da AcegasApsAmga, che mette in evidenza l'enorme impatto di questo di rifiuto. Stimolata da questa criticità che contribuisce a danneggiare pesantemente ambiente e decoro urbano, il prossimo giovedì 2 luglio l'Associazione sportivo dilettantistica All Sail, al grido di "Basta cicche", organizza la raccolta dei mozziconi di sigarette disseminati sul lungomare Benedetto Croce e nella Pineta di Barcola. «Il nostro vuole essere un impegno, un segnale in grado di servire da monito per quanti, con distrazione e poca sensibilità, non rispettano l'ambiente, gettando a terra ogni giorno i mozziconi delle loro sigarette», osserva Diego Errico, dirigente di All Sail, realtà che offre in zona affitti e lezioni di sup e kajac: «Noi, amanti dello sport e dell'ambiente, assieme a quanti vorranno partecipare, mireremo a ripulire questa zona, che è vicina alla nostra sede e all'area dove operiamo. Speriamo che il nostro gesto stimoli i fumatori a una maggiore responsabilità, a una maggiore attenzione, ma anche altre realtà associative e gruppi a organizzare altre raccolte di resti di sigarette in altri punti della città». Coloro che sono interessati a partecipare all'iniziativa "Basta Cicche "sono chiamati dunque a raccolta il prossimo giovedì dalle 18 alle 20 davanti alla sede dell'associazione, in viale Miramare 70. «Basterà presentarsi con una bottiglia di plastica da due litri e una maglietta blu - spiegano ancora da All Sail - e noi forniremo i guanti monouso. Verranno rispettate le distanze di sicurezza e, nei casi non sia possibile, la mascherina. Finita la raccolta, i mozziconi raccolti nelle bottiglie verranno gettati nei cassonetti del secco non riciclabile, mentre le bottiglie vuote in quelli riservati alla raccolta della plastica». L'obiettivo sarà anche quello di coinvolgere i bagnanti che a quell'ora, di solito, si godono gli ultimi raggi di sole e che, incuriositi dall'iniziativa, potrebbero ritenere utile dare una mano rendendo più gradevole e pulita l'area. I mozziconi di sigaretta sono il rifiuto singolo più abbandonato in città e più abbondante sulla Terra, ancora di più della plastica: su scala globale, ogni giorno, ne vengono dispersi nell'ambiente più di 10 miliardi. Il problema è che poi impiegano anni a decomporsi e molti di questi finiscono nei nostri mari diventando facilmente consumabili dalla fauna marina, causando danni irreparabili. A nulla sono valse le tante sanzioni comminate finora dalla Polizia locale di Trieste a chi viene pizzicato a gettare a terra i mozziconi. E neppure le campagne di sensibilizzazione messe in atto dall'amministrazione comunale e dalla stessa AcegasApsAmga per convincere tanti fumatori a comportarsi correttamente. Sono stati installati anche contenitori appositi e altri dedicati alla raccolta dei rifiuti indifferenziati con posacenere integrati in diversi punti della città proprio per incentivare i cittadini a spegnere lì le proprie sigarette. La battaglia però, da quanto si nota tra le vie cittadine, è ancora lunga.

Laura Tonero

 

 

Dieci percorsi a caccia di natura in Carso e Costiera grazie al Wwf
Da oggi ad agosto un ciclo di visite gratuite aperte a tutti nel "Sentiero della Biosfera"
Un programma di 10 escursioni, tra giugno e agosto attraverso il "Sentiero della Biosfera", ideale tragitto che riunisce i diversi itinerari che percorrono longitudinalmente la Riserva MaB di Miramare, dal Belvedere Weiss all'Obelisco di Opicina (senza tralasciare le "incursioni" verso il mare dei sentieri Natura e dei Pescatori), inseriti in una cartoguida storico-naturalistica realizzata dal Wwf Area Marina Protetta per promuovere e valorizzare il territorio a cavallo tra il mare e il Carso tutelato dall'Unesco. La nuova mappa escursionistica, corredata da quasi 50 punti di interesse, che accompagnerà i visitatori in un percorso a tappe ad anelli con descrizioni botaniche e faunistiche e approfondimenti sulla storia e le tradizioni dei luoghi e sui paesaggi naturali e antropici, verrà distribuita gratuitamente a tutti i partecipanti alle escursioni e sarà disponibile anche al BioMa per i visitatori del museo. «Per inaugurare il nuovo strumento di visita - spiegano all'Amp - abbiamo ideato delle escursioni e passeggiate guidate, gratuite grazie al sostegno della Regione - servizio Biodiversità, alla scoperta di un territorio che, per tutta l'estate, percorreremo in lungo e in largo, dall'alba al tramonto, a piedi o con le pinne, a "caccia" di natura, biodiversità, ma anche di storie, cultura e tradizioni».Nel corso delle esplorazioni della costiera triestina e del ciglione carsico, lo staff del Wwf accompagnerà piccoli gruppi di visitatori alla scoperta di alcuni dei percorsi che compongono il lungo sentiero. Il primo appuntamento è in programma oggi con un'escursione mattutina. «Guidati dall'ornitologo Paolo Utmar, ci addentreremo tra i sentieri della zona di Monte Grisa, tra rupi, pinete, boscaglie e lande carsiche, alla ricerca delle ultime specie di uccelli ancora intente nelle nidificazioni, per proseguire poi durante l'estate con passeggiate botaniche e faunistiche, osservazioni astronomiche al chiaro di luna ed escursioni a tema geologico e storico-paesaggistico. E anche per chi non potrà partecipare alle escursioni, la cartoguida costituirà un ottimo strumento per esplorare in autonomia questo peculiare territorio. L'auspicio - commenta il direttore dell'Amp Miramare Maurizio Spoto - è che anche questo nuovo strumento d'identità visiva della Riserva MaB contribuisca a far conoscere le ricchezze e le potenzialità di questo territorio». Prenotazione obbligatoria allo 040/224147, interno 3, da lunedì a venerdì 10-13 o scrivendo a info@riservamarinamiramare.it.

G.T.

 

Passeggiata nella lavanda - ore 9.00

Nicoletta Perco, guida naturalistica del Friuli Venezia Giulia, ed Elena Perco, artista illustratrice, ripropongono per oggi due appuntamenti nella natura con escursione e un laboratorio artistico sul Carso tra i campi di lavanda in fiore. Ritrovo alle 9 o alle 16 a Gorjansko nel parcheggio di fronte al cimitero civile. Per informazioni e prenotazioni sola camminata telefonare al numero 3475292120; per il laboratorio artistico telefonare al cellulare 334 3510910.10

 

In occasione della ricorrenza il sodalizio triestino ricorderà anche Marino Vianello
Una conferenza sulla didattica nelle scuole e una tavola rotonda sull'inquinamento delle grotte con relativo censimento. Queste le iniziative in cantiere per festeggiare i 75 anni di attività speleo-alpinistica del Club Alpinistico Triestino, nato il il 24 maggio 1945, quando, a guerra appena finita, alcuni ex soci del Cai, amanti della montagna si ritrovarono per fondare un sodalizio, con lo scopo, oltre che sportivo, come recita l'articolo 2 dello Statuto sociale «di coltivare l'alpinismo con cognizione teorica e pratica della montagna, per la salvaguardia dei fenomeni carsici in ogni loro aspetto». La ricorrenza cadeva a maggio, ma, a causa dei noti eventi che hanno paralizzato l'intera attività, compresi i tradizionali corsi di primo livello di progressione su corda, non è stato possibile celebrarla e ancora non si sa esattamente quando si potrà festeggiare l'importante traguardo.«L'unica certezza è che le iniziative previste per il 75ennale verranno portare a compimento, confidiamo il prima possibile», spiega il presidente, Moreno Tommasini. Ma con l'allentamento delle misure, la programmazione sta cominciando a riprendere. Oltre a quello di fondazione, quest'anno ricorre pure l'anniversario del tragico incidente che 50 anni fa costò la vita a Marino Vianello, a cui l'abisso teatro della tragedia è stato intitolato. «Per commemorarlo - rivela Tommasini - ad agosto sul Canin effettueremo una discesa».Prosegue intanto anche l'attività del campo speleo alla Grotta Virgilio, le cui esplorazioni proseguono da 4 anni e nel 2018 hanno coinvolto una ventina di soci. Il Cat inoltre è impegnato anche sul fronte scolastico: oltre alla didattica speleologica in aula, l'attività educativa, anche di natura ambientale, prevede pure l'accompagnamento in grotta ad andamento orizzontale. A fine mese ripartiranno pure le visite guidate alla Kleine Berlin, che il Cat ha in concessione da 20 anni dal Comune, che verranno svolte in base alle disposizioni anti-Covid. Infine il 3 e 4 ottobre saranno celebrate le Giornate Nazionali della Speleologia, annuale appuntamento organizzato dalla Società Speleologica Italiana a cui il Cat è affiliato che consente di avvicinarsi al mondo sotterraneo, grazie a iniziative di divulgazione aperte al pubblico. Attualmente, l'organico del club conta 100 soci che volontariamente e con grande passione portano avanti l'attività, chi dedicandosi alla didattica chi alla speleologia.

Gianfranco Terzoli

 

Tornano le escursioni a passo d'asino con la guida speciale "Rebecca" - weekend
Dopo mesi di interruzione forzata ritornano le escursioni a passo d'asino per bambini e adulti. In compagnia della guida naturalistica Alice Sattolo e della sua dolce asinella Rebecca si andrà a esplorare un caratteristico angolo del Carso Triestino: i boschi della Riserva naturale del Monte Lanaro. Partendo dal borgo storico di Rupinpiccolo/Repnic, con ritrovo alla fermata del bus 46, si salirà dolcemente insieme a Rebecca all'ombra del bosco, per arrivare allo stagno Tretji Kal e alla radura dove viveva Efa, la storica eremita del Monte. Quindi si scenderà verso Sagrado/Zagradez, per fare ritorno al punto di partenza. Il percorso è un facile anello di circa 5 chilometri, con 140 metri di dislivello, perciò adatto a tutti: si consiglia soltanto un abbigliamento adatto all'escursione, con scarpe da trekking leggero. Insieme alla guida e in presenza della piccola Rebecca, che i partecipanti potranno condurre da terra durante la passeggiata, si scoprirà qualcosa di più sulla storia e sull'etologia degli asini. Pur essendo tra gli animali domestici più utili, storicamente noti perché si prestano allo svolgimento di attività molto faticose per l'essere umano, gli asini sono stati infatti per secoli denigrati e stereotipati come stupidi e testardi: attraverso le spiegazioni della guida si potrà scoprire tutta un'altra storia su questi mammiferi. Una passeggiata a passo d'asino è un'esperienza insolita per tutta la famiglia: per gli adulti è un invito a riscoprire i pregi della lentezza, dell'ascolto, dell'osservazione; per i bambini un'occasione per conoscere un nuovo amico a quattro zampe, che insegna la pazienza e la dolcezza. Per partecipare all'escursione, che sarà svolta nel rispetto delle vigenti norme anti Covid-19, è indispensabile iscriversi (telefonando o scrivendo al 3289287073 oppure via mail ad alicesattolo@gmail.com). L'escursione durerà fino alle 20 circa e si terrà l'11 luglio, il primo e il 22 agosto.

Giulia Basso

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 giugno 2020

 

 

Ferriera di Servola - Il futuro è oggi: si firma l'Accordo da 300 milioni
In Prefettura l'atto finale che dà il via alla riconversione dell'area a caldo in chiave logistica. Tutti i dettagli dell'intesa
Oltre trecento milioni tra risorse private e fondi pubblici, per chiudere una pagina secolare dell'industria a Trieste e aprire un nuovo capitolo dello sviluppo del porto. Istituzioni e imprese sottoscriveranno stamani nella sede della Prefettura l'Accordo di programma, che darà il via alla riconversione della Ferriera di Servola e che anticipiamo su queste pagine nella sua versione definitiva. L'impegno finanziario del gruppo Arvedi, di Icop-Plt e del Mise darà gambe al piano che prevede lo smantellamento dell'area a caldo con relativa messa in sicurezza dei terreni, la creazione di un terminal portuale all'avanguardia da parte di Icop-Plt e il raddoppio del laminatoio a freddo e la riqualificazione della centrale elettrica posseduti da Arvedi. Altoforno e cokeria sono spenti dal 9 aprile, quando sono giunti al capolinea 123 anni di vita dell'acciaieria. La passerella di oggi è stata preceduta da un confronto cominciato l'estate scorsa fra Regione e gruppo Arvedi, sfociato da ottobre negli incontri coordinati dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Un percorso difficile e non privo di intoppi, segnato dal sollievo della maggioranza dei triestini per la chiusura dello stabilimento ma anche dalla preoccupazione per il destino di 580 lavoratori, per i quali Mise, Regione, Comune e Autorità portuale si sono impegnati su un iter a «esuberi zero». Il gruppo Arvedi chiude il ciclo di produzione di ghisa a Trieste e si impegna con un piano industriale da duecento milioni, di cui 142 per Servola: meno dei 180 milioni annunciati nei mesi di trattativa, ma l'onere della messa in sicurezza è stato assunto alla fine in gran parte da Icop-Plt. I restanti sessanta milioni a carico di Arvedi saranno spesi per il sito di Cremona. A parziale copertura, la società incasserà dal Mise settanta milioni a fondo perduto: 45 per Trieste (inclusi i 15 stanziati anni fa per l'area di crisi complessa di Trieste) e 25 per Cremona. Al tavolo della trattativa, l'ad Mario Caldonazzo ha d'altronde sempre posto la questione del sostegno pubblico per mantenere occupati 417 dipendenti. Fermi da anni, sono infine a disposizione altri 41 milioni di fondi statali, assegnati a Invitalia per produrre il barrieramento a mare dei terreni inquinati da benzene. Il programma di Arvedi è inserito nella strategia di decarbonizzazione del gruppo, che punta a creare un ciclo produttivo basato sempre meno sulla ghisa e sempre più sul reimpiego di rottami. L'investimento maggiore sono gli 86 milioni per smantellare gli impianti dell'area a caldo e potenziare il laminatoio, che accoglierà quasi duecento lavoratori finora in forza alla produzione di ghisa: nell'area a freddo verranno installate una linea di zincatura e verniciatura, ma per il futuro c'è pure l'ipotesi di una nuova linea di ricottura continua. Altri 56 milioni serviranno per sostituire la turbina della centrale elettrica, che funzionerà a metano e non più con i gas del ciclo siderurgico. Arvedi utilizzerà la banchina a ridosso del laminatoio per far arrivare ghisa e rottami da spedire in treno alla volta di Cremona e per far partire via nave i coils di metallo lavorato. La banchina è oggi in concessione all'azienda lombarda, ma sarà data in gestione a Icop-Plt, che svolgerà queste operazioni per conto dell'acciaieria. Si tratta solo di un dettaglio dell'accordo da venti milioni sulla compravendita dei terreni mediato dall'allora presidente dell'Authority Zeno D'Agostino e da Patuanelli. Alla fine di un complicato percorso di permute, sdemanializzazioni e demanializzazioni fra terreni privati e statali, l'intesa vedrà i terminalisti della Piattaforma logistica subentrare nel controllo dei centomila metri quadrati dell'attuale area a caldo. Vi sorgerà un terminal portuale a servizio della Piattaforma logistica e del Molo VIII, il cui primo lotto potrebbe essere realizzato entro il 2030, con la partecipazione di nuovi investitori stranieri in trattativa con Plt. Proprio le indiscrezioni sull'avvio della stima del valore dei terreni da parte dell'Autorità portuale avevano accelerato nell'agosto scorso il confronto sulla riconversione. Icop-Plt ne è rimasta estranea fino a marzo, quando la società friulana ha chiuso l'accordo con Arvedi e si è seduta al tavolo dell'Accordo di programma, intenzionata a realizzare spazi per lo stoccaggio delle merci, accanto a una nuova stazione. La compravendita da venti milioni fa parte del pacchetto da 130 milioni che Icop-Plt investirà per la realizzazione (in cinque anni) della messa in sicurezza dei terreni e di un terminal per container e rimorchi. Se ne occuperà il costruttore Vittorio Petrucco, che con la sua Icop ha fondato la società Piattaforma logistica Trieste assieme allo spedizioniere Francesco Parisi. I progetti la chiamano "Grande stazione di Servola": ampi piazzali, un folto fascio di binari e il collegamento con la viabilità autostradale, che fanno dell'area la pietra di volta per lo sviluppo del Molo VIII. L'ultimo nodo dovrà essere sciolto dopo la firma dell'Adp e riguarda il ruolo di Rete ferroviaria italiana e Anas, coinvolte nella realizzazione della stazione e dello svincolo autostradale, ma con cui non risultano patti sottoscritti. Il terminal occuperà 29 ettari tra piazzali, allungamento della banchina della Piattaforma logistica e ammodernamento di altri 350 metri di attracco vicino al laminatoio per le attività logistiche legate alla siderurgia. Secondo le previsioni di Icop-Plt, il complesso dei moli ottenuti in concessione per 26 anni produrrà ricavi per 23 milioni all'anno, movimentando 120 mila container, 12 mila tank container, 50 mila ro-ro e le rinfuse per l'attività di Arvedi.

Diego D'Amelio

 

Smantellamento di altoforno e cokeria entro febbraio, poi la messa in sicurezza - le tempistiche e il risanamento ambientale.

Approvazione di progetti, emissione di decreti ministeriali, autorizzazioni, riassetti societari, sdemanializzazioni, rogiti, subentro nelle concessioni e una potenziale grandinata di conferenze dei servizi per organizzare lo smantellamento dell'area a caldo e la messa in sicurezza dei terreni. La riconversione della Ferriera ha un traguardo fissato nel 2025 ma, tra numero di soggetti coinvolti e italica burocrazia, il tempo è l'oggetto misterioso dell'Accordo di programma. Gli allegati prevedono la dismissione di altoforno e cokeria entro febbraio e la conclusione della messa in sicurezza entro novembre 2021. E in questo primo anno di lavori, il risanamento ambientale sarà protagonista quanto il nodo occupazionale. Icop-Plt si è data un lustro per arrivare in fondo. A demolire le strutture penserà Arvedi, che rimuoverà anche i residui ferrosi, mentre i rifiuti restanti saranno gestiti da Icop-Plt, che utilizzerà parte dei detriti per costruire le massicciate di strade e binari. La concessionaria della Piattaforma procederà poi alla pavimentazione dei terreni con il calcestruzzo, che eviterà il diffondersi di sostanze inquinanti. Su tutto vigileranno ministero dell'Ambiente e Arpa. Icop-Plt rientrerà in parte dei 25 milioni per il risanamento, grazie al temporaneo azzeramento dei canoni da parte dell'Autorità portuale. Arvedi incasserà invece settanta milioni per condurre fra Trieste e Cremona un piano di riqualificazione produttiva basato sulla decarbonizzazione. Risorse pubbliche a fondo perduto, che sono state argomento convincente per anticipare la chiusura dell'altoforno, che sarebbe probabilmente stata decisa comunque entro il 2026 per la scarsa convenienza di produrre ghisa in Italia. Ai settanta si sommano i 41 milioni stanziati sempre dallo Stato nel precedente Adp: dotazione mai spesa, che permetterà a Invitalia di procedere al barrieramento a mare e alla realizzazione di un impianto di depurazione delle acque di falda, per arginare gli sversamenti di sostanze inquinanti dal sottosuolo, attraverso il consolidamento di due chilometri di costa. Si tratta dell'unica opera che il vecchio Adp assegnava alla parte pubblica, mentre Giovanni Arvedi ha sempre sottolineato di aver rispettato tutte le prescrizioni ambientali, come riconosciutogli anche nella lettera con cui l'assessore Fvg Fabio Scoccimarro ha avviato la trattativa sulla riconversione. Il cavaliere si è sentito accusato da una parte della politica e dalla maggioranza della città, nonostante la riduzione delle emissioni, 254 milioni investiti a Servola e duecento assunzioni in più del previsto. L'unico impegno non rispettato dal gruppo è l'ormai abortita costruzione delle coperture dei parchi minerali. I grandi capannoni sarebbero costati oltre trenta milioni e avrebbero ridotto gli episodi di spolveramento nei giorni di vento, ma la produzione di ghisa è finita e non ce ne sarà più bisogno.

 

Le garanzie della politica per tutti i 580 lavoratori - Ma nei patti scritti mancano 163 addetti
Ministero dello Sviluppo economico e Regione Fvg hanno ottenuto da Fincantieri e Piattaforma logistica Trieste l'impegno a intervenire
La politica promette che la riconversione produrrà più posti di lavoro di quelli attuali, ma la firma dell'Accordo di programma tiene col fiato sospeso 580 persone, che sono coperte da tre anni di cassa integrazione ma si domandano se tutti i tasselli dei piani industriali andranno al loro posto in tempo. Mentre le diverse visioni sulle prospettive future hanno spaccato il fronte sindacale, l'intesa fra gruppo Arvedi e sigle favorevoli tutela il posto di 417 dipendenti. Le incognite maggiori riguardano i 163 lavoratori esclusi, per i quali Mise e Regione hanno aranzie di assorbimento rispettivamente da Fincantieri e Piattaforma logistica. La fotografia della Ferriera scattata dall'Adp al momento dello spegnimento vede 310 addetti nell'area a caldo, 51 nel personale di staff, 140 nel laminatoio, 41 nella centrale elettrica e 38 in banchina. La proprietà si è impegnata per 417 di essi: a operazione conclusa, il laminatoio raddoppiato conterà 338 dipendenti, 18 il personale di staff, 25 la centrale e 36 la banchina, destinata a passare sotto Plt. Rimangono 163 esuberi: 97 tempi indeterminati e 66 interinali cui non è stato rinnovato il contratto. Arvedi ha proposto pensionamenti anticipati (calcolando 58 lavoratori con requisiti), il trasferimento a Cremona, la buonuscita da 28 mila euro lordi o il passaggio a società terze. Ma le promesse assunzioni da parte del Csn di San Giorgio di Nogaro sono sfumate ed è solo un'ipotesi l'apertura di una linea di ricottura nel laminatoio, che darebbe lavoro a cinquanta esuberi. E proprio cinquanta di essi verranno intanto impiegati per un anno nei lavori di dismissione dell'area a caldo, senza avere garanzie successive.Nell'accordo sindacale, Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb hanno fatto inserire un riferimento agli impegni della politica sulla difesa di tutti gli occupati. Da una parte, il ministro Stefano Patuanelli ha ribadito anche nell'ultima riunione ufficiale la disponibilità dell'ad di Fincantieri Giuseppe Bono ad assorbire le eccedenze attraverso ditte esterne in  appalto. Dall'altra, il presidente Massimiliano Fedriga e l'assessore Alessia Rosolen sono intervenuti su Piattaforma logistica Trieste. Pur sollecitato da Mise e Regione, il gruppo Arvedi non ha accettato di ritoccare i numeri del piano industriale. Nel caso di Fincantieri e Plt gli accordi non sono ancora scritti e ciò porta la Fiom Cgil a criticare duramente chiusura dell'impianto e garanzie dell'Adp. E se il referendum interno ha visto una fabbrica stanca e poco propensa alla mobilitazione spaccarsi tra il 59% dei dipendenti pro riconversione e il 41% contrario, fra i sindacati è in atto una frattura che rischia di protrarsi per anni, dopo mesi di accuse tra le sigle del sì e la Fiom. Plt erediterà le maestranze della banchina e conta di fare settanta nuove assunzioni (53 operativi, 10 tecnici e 7 amministrativi). La società avrebbe voluto selezionare personale formato, ma ha accettato di reclutare alcune decine di esuberi più giovani, che per due anni seguiranno percorsi di formazione retribuita con fondi della Regione. Potrebbe toccare a una parte degli interinali, che sono i più esposti perché non coperti dalla cassa integrazione. In assenza della ricottura, una quota di lavoratori di mezza età potrebbe invece finire nell'appalto Fincantieri dopo aver concluso la bonifica. Al momento sono garantiti da 24 mesi (più 12) di cigs a rotazione, che Arvedi ha maggiorato con 346 euro lordi al mese, assicurando pure un'integrazione per i prepensionandi da 1.175 euro lordi ogni mese di Naspi. Durante la cassa i lavoratori saranno riqualificati per le nuove mansioni, sperando che la riconversione avvenga nei tempi: per ampliare il laminatoio ci vorranno ad esempio due anni dall'ordine dei macchinari.

d.d.a

 

 

«No al pirogassificatore - Monfalcone fa scuola» - il gruppo "salute e ambiente" di Duino Aurisina
DUINO AURISINA«Se l'impianto proposto dalla Nord Composites Italia Srl non può essere realizzato, perché si trova a meno di 500 metri dal centro abitato, alla stessa stregua non può essere edificato il pirogassificatore nell'area della cartiera Burgo». È questa la conclusione cui è arrivato Danilo Antoni, portavoce del Gruppo "Salute e Ambiente" di Duino Aurisina, dopo aver letto la motivazione con la quale il Comune di Monfalcone ha detto no, appunto, al progetto della Nord Composites Srl. «Secondo quanto stabilito dai criteri localizzativi regionali degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti fissati per garantire la tutela della popolazione - precisa lo stesso Antoni - l'impianto a Monfalcone non si può fare. Lo stesso criterio deve valere a San Giovanni di Duino, perché le distanze sono simili e ci batteremo per far rispettare questa logica. Troppo spesso si fanno progetti senza approfondire i dettagli».

u.sa.

 

 

Domani - Passeggiata nella lavanda

Nicoletta Perco, guida naturalistica del Friuli Venezia Giulia, ed Elena Perco, artista illustratrice, ripropongono per domani due appuntamenti nella natura con escursione e un laboratorio artistico sul Carso tra i campi di lavanda in fiore. Ritrovo alle 9 o alle 16 a Gorjansko nel parcheggio di fronte al cimitero civile. Per informazioni e prenotazioni sola camminata telefonare al numero 3475292120; per il laboratorio artistico telefonare al cellulare 334 3510910.

 

Alla scoperta del Timavo con una gita tra natura storia e spunti letterari

Ultimo scalo della stagione primaverile, tra natura e letteratura. Il cartellone di "Piacevolmente Carso" propone per domani una versione riveduta e arricchita dell'escursione targata "La Cernizza, il Timavo e San Giovanni in Tuba", una delle gite più agevoli e popolari ideata quest'anno dalla cooperativa Curiosi di Natura. Invariata la durata, dalle 9.30 alle 13 circa, con ritrovo alle 9.10 al Villaggio del Pescatore, zona capolinea del bus 44, e invariato anche il livello dell'escursione,alla portata realmente di tutti. Il percorso si tinge di passaggi pianeggianti, attraverso boschi e prati, sino all'approdo alle risorgive del Timavo e alla chiesa di San Giovanni in Tuba, regalando così un itinerario denso di spunti non solo naturalistici ma legati a citazioni letterarie, una delle cifre che caratterizzano il progetto "Piacevolmente Carso". Sì, perché parlare del Timavo conduce non solo al racconto delle sue caratteristiche geologiche ma rievoca anche le esplorazioni e le fonti di versi, miti e leggende del territorio, tra cui l'epica di Giasone e dei suoi Argonauti, che da queste parti vissero passaggi fondamentali nell'arco della saga del Vello d'Oro. E che dire delle vestigia dell'antica chiesa di San Giovanni in Tuba? Luogo di culto risalente al 1483 e testimonianza delle costruzioni paleocristiane. A dare impulso alla narrazione in movimento ci penseranno la guida turistica Rina Anna Rusconi e la naturalista Barbara Bassi. Anche l'appuntamento di domani propone poi l'epilogo attorno ad una tavola imbandita, grazie ai buoni sconto del 10% offerti ai partecipanti e validi nei locali aderenti a "Sapori del Carso". Informazioni e prenotazioni scrivendo a curiosidinatura@gmail.com o telefonando al 3405569374.

F.C.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 giugno 2020

 

 

I tappi di sughero si trasformano in aiuto concreto per i bambini

Arriva a Trieste il progetto "Tappo divino" per destinare fondi ai più piccoli in difficoltà

Si chiama "Tappo divino" ed è un progetto che unisce tutela ambientale e solidarietà. Animato e promosso da Roberta Masat, ha già riscosso grande successo in Friuli e nel vicino Veneto ed ora, grazie alla collaborazione del Circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste e di NH Hotel Trieste, arriva per la prima volta anche nella città giuliana. E' una campagna, presentata ieri in conferenza stampa, rivolta a tutti i cittadini, ai gruppi, alle associazioni e soprattutto agli esercenti di locali pubblici (bar, trattorie, ristoranti). Mira al recupero di una risorsa naturale preziosa come il sughero usato per la fabbricazione di tappi, che attualmente finisce nella raccolta indifferenziata. Questo materiale invece può essere vantaggiosamente riciclato e reimpiegato per la realizzazione di pannelli isolanti per la bioedilizia. Non solo: il guadagno della vendita di grandi quantità di tappi con "Tappo divino" viene destinato a iniziative decisamente provvidenziali, organizzate dalle onlus che operano nel territorio. Nel caso specifico di Trieste tutto il ricavato della campagna di raccolta e riciclo dei tappi di sughero verrà devoluto alla Fondazione Luchetta Ota D'Angelo Hrovatin e all'Associazione Onlus Bambini del Danubio, impegnate da anni nelle attività d'aiuto e solidarietà a persone in difficoltà e in particolare ai bambini che necessitano di cure mediche oncologiche. "Questo progetto, che è partito nel 2013 da Pordenone, oggi è supportata da più di 350 volontari, conta 1400 esercizi commerciali aderenti, e porta fondi a 9 realtà che si occupano principalmente di aiutare i piccoli malati oncologici - racconta Roberta Masat -. In questi anni abbiamo raccolto e riciclato quasi 21 milioni di tappi e donato 80 mila euro. Chiediamo un piccolo gesto, quello di non buttare i tappi di sughero usati, che sono riciclabili al 100%, ma di conservarli e conferirli nei punti che collaborano con noi alla raccolta". Nel nuovo sito web del progetto (tappodivino.it) è possibile visionare nel dettaglio quali sono gli esercizi commerciali aderenti, quanti sono i fondi ricavati dall'iniziativa e come sono stati distribuiti alle associazioni. Si può anche aiutare il progetto come volontari o semplicemente diffondere la notizia. A Trieste per la raccolta si può fare riferimento all'NH Hotel, punto di raccolta aperto 24 ore su 24, o al Circolo Verdeazzurro di Legambiente (https://www.legambientetrieste.it/). Finora in città sono 18 gli esercizi commerciali che hanno deciso di aderire al progetto, ora si conta su ulteriori adesioni.

Giulia Basso

 

 

Nuova centrale a gas naturale Il ministero dà il nulla osta

Dettate le condizioni che consentiranno ad Arvedi di convertire l'impianto di Servola dopo la chiusura dell'area a caldo della Ferriera: sarà operativo a partire dal 2022

Passo avanti importante per la realizzazione del progetto di Arvedi che, con la dismissione dell'area a caldo della Ferriera di Servola, trasformerà la precedente centrale termoelettrica alimentata per anni dai gas siderurgici in un impianto a metano in grado di produrre energia da distribuire sul mercato gestito da Terna. Il ministero dell'Ambiente ha infatti concesso l'esclusione del progetto proposto da Arvedi dalla procedura di valutazione dell'impatto ambientale. La società dovrà comunque rispettare una serie di condizioni ambientali per l'esercizio dell'impianto indicate dalla commissione tecnica ministeriale, a cominciare da un adeguato piano di monitoraggio delle emissioni (anche per la fase di cantiere) da concordare con l'Arpa, ma l'iter tecnico-burocratico che porterà alla trasformazione della centrale a questo punto può accelerare verso il traguardo finale. L'obiettivo, dal punto di vista della tempistica, è il 2022. Arvedi ha infatti già partecipato alla prima asta per il nuovo mercato dell'energia, il cui anno di consegna è proprio il 2022. Si tratta del cosiddetto "mercato della capacità": il meccanismo con cui Terna Spa, gestore della rete di trasmissione, si approvvigionerà di capacità di energia elettrica con contratti di fornitura a lungo termine, aggiudicati attraverso aste. I partecipanti si impegnano a garantire energia quando "chiamati a produrre", ovvero quando la rete ne ha più bisogno e si registrano dei picchi di domanda, il tutto in cambio di una remunerazione annua fissa. Nel caso di Arvedi l'aggiudicazione è avvenuta sulla base di una remunerazione fissa di 75 mila euro a megawatt, per un totale di 103 megawatt annui, il tutto per un periodo di 15 anni. Si prevede che l'impianto funzionerà per circa 4 mila ore all'anno. La commissione ministeriale afferma che il funzionamento della nuova centrale «dall'esame della simulazione modellistica sulla stima di ricaduta delle emissioni in atmosfera presentata dalla società, non determinerà impatti significativi sulla qualità dell'aria». Secondo la commissione, data la concomitanza della chiusura dell'area a caldo, si determinerà «un miglioramento del quadro ambientale per il comparto aria» Il progetto sarà realizzato utilizzando l'area pavimentata già esistente, senza necessità di ulteriore consumo di suolo. Inoltre è previsto un miglioramento rispetto alla situazione precedente per quanto riguarda l'impatto acustico e il consumo idrico. In assenza dei gas siderurgici da smaltire, il progetto prevede la modifica dell'attuale impianto a ciclo combinato da 380 MWt passando a un nuovo ciclo combinato di potenza nominale di circa 220 MWt. L'impianto, nell'assetto a ciclo combinato, consentirà di produrre una potenza elettrica pari a 120 MW. La nuova turbina ad alto rendimento sarà alimentata esclusivamente a gas naturale. Per quanto riguarda gli altri impianti ausiliari, verranno riutilizzati quelli già esistenti nella centrale: produzione di aria compressa, sistemi antincendio, produzione e accumulo dell'acqua demineralizzata, acqua di raffreddamento. Intanto, è stata fissata per domani alle 10.30, in Prefettura, la cerimonia ufficiale della firma dell'Accordo di programma per l'attuazione del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale, sviluppo economico e produttivo dell'area della Ferriera. Parteciperanno il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, il presidente della Regione Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza, il commissario dell'Autorità portuale Mario Sommariva e gli altri firmatari dell'Accordo di programma.

Piero Tallandini

 

 

Dal Municipio 800 mila euro per allestire il centro congressi

La cifra servirà a pagare gli impianti necessari al funzionamento "da remoto" e non comporta variazioni dell'assetto del project financing in Porto vecchio

Alla fine il Comune "si sostituisce" alle Generali e provvede a pagare gli impianti necessari al funzionamento "da remoto" del Centro congressi in Porto vecchio. Lo farà con un contributo di 800.000 euro provenienti dall'avanzo di esercizio. Dal punto di vista tecnico il Municipio approverà la seconda perizia di variante, che passerà al vaglio del Consiglio comunale. La dazione - assicurano in largo Granatieri - non pregiudica l'assetto del project financing, poiché il Comune resta sotto la soglia del 49%. Un epilogo un po' improvviso, che comunque sblocca l'impasse gestionale e finanziario di Tcc (Trieste convention center), la società privata che ha in concessione il nascente compendio espositivo-convegnistico. La decisione è stata presa dal sindaco Roberto Dipiazza in seguito a un recente sopralluogo ai Magazzini 27-28-28 bis, che andranno a costituire la struttura congressuale. La mossa di Dipiazza pare sia stata sollecitata dallo stesso referente di Fit-Esof a Trieste, Stefano Fantoni, preoccupato dal fatto che ai primi di settembre si inaugurerà la manifestazione scientifica Esof2020 ma continua ad aleggiare una preoccupante incertezza sull'allestimento dei tre hangar. Il nuovo presidente di Tcc, Paolo Marchesi, che un mese fa aveva preso il posto di Diego Bravar, era stato esplicito nel sottolineare come il futuro di Tcc era appeso al rispetto dell'equilibrio finanziario. Tcc ha un'esposizione di 7,5 milioni di euro nei confronti del sistema creditizio (Bpm, Bcc Staranzano, Frie, Civibank, Mps, Unicredit, Intesa San Paolo, Cassa rurale Fvg), denari che - ha rimarcato Marchesi - andranno restituiti. A questi soldi avrebbero dovuto/potuto aggiungersi 3 milioni "prestati" dalle Generali, che sono una delle tre principali azioniste della società insieme alla Trieste Valley di Bravar e alla Illycaffè, tutte e tre dotate di una share attorno al 12%. La compagnia pareva poco propensa a intervenire durante il periodo-Bravar, per cui si riteneva che l'arrivo di Marchesi, ritenuto vicino al Leone e a Illy, agevolasse l'operazione di finanziamento. Per la verità Marchesi si era espresso con molta prudenza su questo punto, evidenziando come anche i 3 milioni delle Generali dovessero poi essere restituiti. Già, restituiti: ma quando? Con quali oneri? Con quali introiti e da quale mercato, nel momento in cui il settore espositivo-convegnistico è uno dei più colpiti dalle ripercussioni economiche dell'epidemia?La questione rischiava di incartarsi e così Dipiazza ha tagliato il più classico dei nodi gordiani. Un esito molto triestino, nel quale la mano pubblica sopperisce a timidezze e ritrosie del settore privato. Non va dimenticato che il Municipio ha già scommesso 5 milioni sul centro congressi, pari al 42% del project financing, e paga il ponte di vetro (80.000 euro) che collegherà i tre magazzini. Un ponte con qualche sospiro

Massimo Greco

 

 

Il Comune incassa dalla Regione la "tutela" dello sportello edilizio -  l'esame della riforma urbanistica in piazza Oberdan

«Auspichiamo di non dover ripartire da zero sullo Sportello unico per l'edilizia (il Sue, ndr) e di poter proseguire invece con quanto fatto finora, al fine anche di non avere ulteriori costi». L'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, nel corso dell'audizione davanti alla Quarta commissione del Consiglio regionale, ha rivolto ieri un appello preciso ai rappresentanti dell'aula di piazza Oberdan, impegnati nell'approvazione del disegno di legge 96 proposto dalla giunta Fedriga in tema di urbanistica ed edilizia. Il documento, alla fine, è stato licenziato con i soli voti della maggioranza e con l'assessore alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti che ha chiarito che «la proposta mantiene le competenze dei Suap già attivi e le funzioni degli sportelli per la gestione telematica delle pratiche edilizie. Inoltre, verranno tutelate le esperienze positive già avviate, ad esempio dai comuni di Trieste (dove il Sue è attivo già da oltre un anno, ndr), Pordenone e Monfalcone». Il ddl punta a semplificare le procedure e a mettere ordine nelle competenze tra Regione e comuni con l'entrata in vigore del Piano paesaggistico regionale (Ppr). «Le attività di adeguamento sono in corso», ha proseguito Pizzimenti: «È urgente dare un assetto definitivo alla ripartizione di competenze tra Regione e comuni ampliando la sfera di competenza di questi ultimi, atteso che il Ppr guida la discrezionalità amministrativa dei medesimi. Strettamente correlata al rafforzamento delle competenze comunali, è la proposta di consentire ai comuni di prevedere un'indennità di presenza per i componenti esterni delle commissioni locali del paesaggio che coadiuvano i comuni nelle funzioni paesaggistiche». Non sono mancate polemiche per un emendamento di maggioranza nel quale vengono concesse deroghe su interventi di riqualificazione di strutture e aree destinate ad attività turistico-ricettive e di somministrazione, anche se ricadenti in zona impropria. Proprio l'uso del termine "improprio" ha scatenato la dura reazione delle opposizioni con Furio Honsell (Open) che ha parlato di deriva pericolosa. Diego Moretti e Mariagrazia Santoro (Pd) hanno aggiunto che «è un vergognoso tentativo della Lega di scavalcare le regole, permettendo di costruire e cementificare in deroga ai piani regolatori, senza alcuna visione di prospettiva e urbanistica». Massimo Moretuzzo (Patto) ha a sua volta parlato apertamente di «far west amministrativo. La Lega è il partito del cemento e delle norme con nome e cognome».In Sesta commissione, invece, l'assessore all'Istruzione Alessia Rosolen ha ottenuto il via libera all'unanimità all'aggiornamento delle linee guida in materia di diritto allo studio legate all'emergenza Covid. Una delle novità, anticipata dal governo, potrebbe essere la necessità di rendere singole le camere dedicate agli studenti. A Trieste molti alloggi hanno camere doppie e triple e dunque è verosimile una riduzione dei posti letto.

Andrea Pierini

 

 

Strada per Lazzaretto diventa "zona 30" a tutela dei bagnanti

Entrano in vigore lunedì le nuove limitazioni della velocità tra l'ex Bagno della Polizia e Ligon, vicino alla Base logistica

MUGGIA. Da lunedì prossimo entra in vigore la nuova "zona 30" in Strada per Lazzaretto, nel tratto compreso tra l'ex Bagno della Polizia e località Ligon, in zona Base logistica. È una novità finalizzata non solo a prevenire possibili situazioni di pericolo in una delle aree più frequentate dai bagnanti durante la bella stagione, ma anche a rendere in generale la città più vivibile e a misura di cittadini e turisti, accrescendo la sicurezza di pedoni, podisti e ciclisti.«È una zona vasta - spiega il sindaco Laura Marzi - e percorsa ogni giorno da pedoni, podisti, ciclisti e automobilisti. Una convivenza che nel periodo estivo diviene più difficile a causa dell'incremento dell'affluenza e che necessita di essere gestita con tutte le attenzioni del caso. Per questo abbiamo deciso, dopo un attento studio tecnico, di introdurre, proprio come altre zone sensibili della città, una zona 30». «Il Comune ha avviato un processo di riqualificazione del tratto costiero da Porto San Rocco sino alla località di Lazzarett», evidenzia ancora Mari: «Un processo che è stato recepito nella variante 31 al Piano regolatore e che sta trovando attuazione con linee di finanziamento che stanno portando, dopo il ripristino del tratto costiero tra il Molo a "T" e Punta Olmi, alla messa in sicurezza dell'interramento del Terrapieno Acquario, con particolare attenzione al contenimento del traffico veicolare e a percorsi ciclopedonali prima inesistenti». «Le diverse emergenze a cui il nostro territorio ha dovuto far fronte quest'anno - aggiunge l'assessore Stefano Decolle - hanno inevitabilmente ritardato la tabella di marcia dei lavori di Acquario, che noi auspicavamo fosse già riconsegnato alla città in questa stagione». Inoltre, il perdurare del restringimento della carreggiata e l'incremento dei fruitori della costa ha portato a una serie di riflessioni su come affrontare nell'immediato la questione: «Dopo approfondite valutazioni anche sull'ipotetica trasformazione della strada in un senso unico con ciclabile annessa - osserva lo stesso Decolle - gli importanti costi di realizzazione ne hanno dimostrato la difficile fattibilità. Non avendo dubbi sulla necessità di limitare la velocità di quella che è una strada a servizio della balneazione e del tempo libero in genere, la miglior risposta per tutelare la sicurezza di tutti coloro che frequentano quotidianamente la nostra costa è risultata pertanto essere l'istituzione di una zona 30».

Luigi Putignano

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 25 giugno 2020

 

 

Presentata a Trieste l'iniziativa “Tappodivino” “Insieme per trasformare i tappi di sughero in solidarietà”
ANCHE A TRIESTE LA CAMPAGNA PER LA RACCOLTA E IL RICICLO DEI TAPPI DI SUGHERO. IL RICAVATO VA INTERAMENTE ALLA “FONDAZIONE LUCHETTA OTA D'ANGELO HROVATIN” E ALLA “ASSOCIAZIONE ONLUS BAMBINI DEL DANUBIO”
E' stato presentato oggi, presso l'Hotel NH Trieste, il progetto “Tappodivino”, promosso e coordinato da Roberta Masat, che si avvale della collaborazione del Circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste.
L'iniziativa unisce due obiettivi, di valore ambientale e morale, in una unica campagna che si rivolge a tutti i cittadini e soprattutto agli esercenti di locali pubblici, bar, trattorie, ristoranti, ma anche associazioni e gruppi di cittadini: si tratta di non sprecare una risorsa naturale preziosa, il sughero – che attualmente a Trieste finisce nella raccolta indifferenziata – e destinare il guadagno della vendita dei tappi a due associazioni triestine da tempo impegnate in attività di aiuto e solidarietà.
Nella conferenza stampa, introdotta dal presidente di Legambiente Trieste, Andrea Wehrenfennig, la coordinatrice dell'associazione Tappodivino, Roberta Masat, ha ricordato i successi raggiunti in Veneto e Friuli nella raccolta dei tappi di sughero a fini benefici, dichiarandosi certa che anche a Trieste i cittadini e gli esercenti risponderanno a questa campagna. Il direttore di NH Trieste, Patrizia Bortolotto, ha assicurato il sostegno dell'Hotel NH Trieste all'iniziativa. I rappresentanti delle associazioni destinatarie dei guadagni dalla vendita dei tappi, Viviana Taberni per la Fondazione Luchetta Ota D'Angelo Hrovatin e Klaudia Krizek per l'Associazione Onlus Bambini del Danubio, hanno espresso il loro apprezzamento per questa iniziativa, che sarà destinata specificamente ai bambini che necessitano di cure mediche oncologiche. Infine, il segretario di Legambiente Trieste, Ettore Calandra, ha illustrato le modalità di svolgimento della campagna, che è già iniziata con la creazione di diversi punti di raccolta, che si possono trovare sul sito www.tappodivino.it e sul sito di Legambiente Trieste www.legambientetrieste.it , augurandosi che a questi si aggiungano molti altri punti per incrementare la raccolta.
Infatti per poter raccogliere fondi significativi occorre raccogliere molti tappi, per cui i promotori invitano i cittadini e i gestori dei locali ad aderire, facendo da punto di raccolta dei tappi: i volontari di Legambiente e quanti vorranno collaborare al progetto si incaricheranno di prelevare regolarmente i tappi dai box collocati nei vari locali, per poi trasmetterli all'azienda che ne ricaverà pannelli isolanti.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 giugno 2020

 

 

Ferriera, c'è la firma "virtuale" sull'intesa
Compiuto l'ultimo passaggio in vista della definitiva approvazione dell'Accordo di programma fissata per sabato a Trieste
La data, questa volta, è certa. L'atteso Accordo di programma sulla riconversione della Ferriera di Servola verrà siglato ufficialmente sabato a Trieste, nel palazzo della Prefettura. Attorno al tavolo gli attori che, per mesi, hanno discusso dello sviluppo industriale di quell'area. Attori pubblici e privati, cioè vertici del Gruppo Arvedi e di Icop-Plt e rappresentanti delle istituzioni: dal ministro Stefano Patuanelli al governatore Massimiliano Fedriga, dal sindaco Roberto Dipiazza al neocommissario del Porto Mario Sommariva. Gli stessi che, nelle ultime ore, hanno apposto la loro firma digitale alla versione finale del testo dell'intesa caricato sui server del ministero dello Sviluppo economico, tra cui i rappresentanti dei ministeri dell'Ambiente e dei Trasporti, dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del Lavoro e l'Agenzia del Demanio. Tra gli ultimi a firmare, ieri mattina, Vittorio Petrucco, presidente di Icop. Come noto l'Accordo di programma darà il via al percorso finalizzato alla realizzazione di un polo industriale con oltre 400 occupati, costituito dall'attività siderurgica a freddo gestita dal gruppo Arvedi, e una piattaforma logistica collegata gestita da Icop-Plt. Nell'ex area a caldo della Ferriera, dipenta lo scorso marzo, sorgerà un polo logistico, favorito dalla realizzazione di un nuovo snodo ferroviario e dall'allargamento della banchina portuale. Un processo al quale parteciperà anche Fincantieri: l'ad Giuseppe Bono ha confermato la disponibilità a ricollocare la parte degli esuberi ex Arvedi (in tutto 163 operai) non assorbita da Icop-Plt. L'operazione infatti, come più volte ribadito dai rappresentanti istituzionali, dovrà essere ad "esuberi zero".«In due anni di mandato abbiamo condotto in porto un'operazione di vitale importanza per la città di Trieste e per l'intero sistema logistico regionale, garantendo peraltro non solo la piena tutela dei livelli occupazionali ma, ben di più, prospettive di sviluppo che porteranno alla creazione di nuovi posti di lavoro - ha dichiarato Fedriga, commentando il passaggio della firma "virtuale" -. Sono particolarmente soddisfatto perchè dopo decenni di improduttivo dibattito, nell'arco di appena un biennio siamo riusciti nell'intento di coniugare gli aspetti lavorativo, ambientale e sanitario e di addivenire a una soluzione che ha trovato la massima condivisione di tutte le parti pubbliche e private interessate». «Dietro a questo accordo di programma non ci sono decenni di nulla- ribatte a distanza la deputata Pd Debora Serracchiani -. Se c'è industria e logistica, se ci sono banchina, binari, risanamento ambientale, tutto questo non è caduto dal cielo ma è arrivato perché qualcuno ha lavorato per far arrivare un soggetto industriale che ora dà lavoro, per trovare fondi per le bonifiche e per l'infrastrutturazione ferroviaria. Arrivano da Roma anche i 15 milioni che ha in pancia la Regione, la quale da parte sua mette 200mila euro».

red.cro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 giugno 2020

 

 

Rilancio del Porto vecchio al traguardo: il giorno della variante che lo ridisegna
Piano regolatore: oggi in giunta il via libera ai documenti. A settembre firma con Regione e Authority, poi le prime gare
Il sindaco Roberto Dipiazza è in vena di accostamenti evocativi sul futuro del Porto vecchio: «Sembrerà Barcellona» suggerisce, pensando al progettato lungomare che unirà le Rive a Barcola e su cui si affacceranno anche strutture residenziali. E non mancherà anche un pizzico di California, grazie ai previsti insediamenti di attività ad alto contenuto tecnologico: «tipo la Silicon Valley» garantisce il primo cittadino. Propositi ambiziosi, certo, ma che da oggi potranno davvero cominciare a trovare un'attuazione concreta. L'iter per la riqualificazione dell'area di Porto vecchio è arrivato infatti a un passo dal traguardo. VARIANTE E VAS: oggi in giunta - Questa mattina approda in giunta comunale la delibera, a firma dello stesso Dipiazza, per il via libera alla proposta di variante al Piano regolatore e al documento con la Valutazione ambientale strategica (Vas) contenente le verifiche di sostenibilità. A quel punto si aprirà un periodo di 60 giorni entro i quali cittadini ed enti potranno presentare eventuali osservazioni. Una volta trascorsi i due mesi, mancherà soltanto la firma "triplice" che coinvolgerà anche Regione e Authority portuale sull'accordo di programma. Quello sarà il traguardo finale, che secondo il sindaco potrà essere raggiunto in settembre. «A quel punto - sottolinea Dipiazza -, gli interessati potranno presentare le offerte per acquisire le strutture, insediare attività e realizzare progetti nel Porto vecchio». Gare per aggiudicare le strutture - Braccio operativo il nuovo Consorzio per la valorizzazione dell'area, finora denominato "Ursus", che raccoglierà le offerte. Del Porto vecchio, oltre ai 5 moli, fanno parte ben 23 grandi edifici tra hangar, magazzini e depositi risalenti alla seconda metà del XIX Secolo. Per ogni struttura disponibile saranno effettuate delle gare e prevarrà l'offerta più alta. Per stabilire le valutazioni di partenza di ogni struttura sarà possibile rivolgersi all'Agenzia delle Entrate. «Ricorderei - puntualizza Dipiazza - che il Porto vecchio mi è stato consegnato di fatto non prima del giugno 2017 e adesso, dopo tre anni, portiamo in giunta la delibera che costituisce il passaggio determinante per completare l'iter. Ci abbiamo messo il massimo impegno e ci tengo a ringraziare gli uffici tecnici del Comune che hanno continuato a lavorare senza sosta anche durante il lockdown. Con la riqualificazione del Porto vecchio si apriranno per Trieste delle grandi opportunità».dagli hotel alle imprese hi tech - Decisamente variegate le destinazioni d'uso per il nuovo Porto vecchio previste nella variante, documento sottoscritto dal direttore del Dipartimento Team (Territorio Economia Ambiente Mobilità) Giulio Bernetti, affiancato da Roberto Prodan, Paolo Cernivani, Luca Kerstich, Mauro Pennone e Andrea Zacchigna. Uso residenziale, servizi, attività alberghiere, direzionale, commercio al dettaglio (non centri commerciali), parcheggi e autorimesse. Sarà favorito l'insediamento di imprese produttive: non industria pesante, ma attività ad alto contenuto tecnologico e operanti nell'ambito dell'Ict (le tecnologie dell'informazione e della comunicazione). Incentivata anche la presenza di attività legate alla sfera delle industrie culturali e creative, a sostegno del comparto turistico, nautico, congressuale e del sistema museale. parco, spazi pedonali e ciclabili - Per quanto riguarda le opere di urbanizzazione è prevista la realizzazione di un parco lineare pedonale e ciclabile, di aree verdi diversificate a seconda della specifica vocazione della zona e della destinazione d'uso degli edifici. In questo contesto si inserisce anche il nuovo collegamento con cabinovia tra Molo IV e Carso. La riqualificazione del Porto vecchio passa attraverso una valorizzazione della mobilità sostenibile, dai bus-navetta al bike sharing. Il recupero storico - Gli interventi di ristrutturazione dovranno valorizzare gli edifici di rilevanza storico-culturale, gli elementi architettonici, i materiali e le eventuali attrezzature tecnologiche (gru, elevatori e montacarichi) che li caratterizzano, oltre a individuare e recuperare le pavimentazioni in masegno o in altri materiali lapidei di valore storico. Centro congressi e magazzino 26 - «Ci sono grandi progetti già in fase avanzata - ricorda Dipiazza -, come il Centro congressi (in project financing ndr) e l'Immaginario Scientifico al Magazzino 26». Quest'ultimo diventerà anche la sede del nuovo Museo del Mare e ospiterà le masserizie degli esuli istriano-dalmati. Il Magazzino 20 è stato intanto dato alla Sovrintendenza in comodato. Nel frattempo è stato completato il primo lotto per quanto riguarda le infrastrutture e la viabilità, e ora toccherà al secondo. «Sono soddisfatto - aggiunge il sindaco - di quello che siamo riusciti a fare per quanto riguarda viabilità e parcheggi, a cominciare dal Park Bovedo». Quartiere residenziale - Tra gli indirizzi della variante c'è la valorizzazione degli spazi fronte mare, riservando aree per la fruizione pubblica, affacci, zone di svago e divertimento tali da favorire anche gli insediamenti commerciali. Ancora da esplorare le potenzialità del Porto vecchio sotto il profilo residenziale. In funzione della variante sono stati effettuati dei calcoli basati sulle previsioni demografiche per non creare squilibri e solo alcune delle strutture potranno essere destinate all'uso abitativo: le più appetibili, in questo senso, potranno diventare quelle con vista mare. Quanti residenti potrà ospitare Porto vecchio? Si prevede al momento un tetto massimo di 1.100 persone.

Piero Tallandini

 

Ufficiale l'interesse di Invimit per l'acquisto di palazzo Carciotti
Entro settembre comunicherà le sue decisioni. Intanto il Comune s'impegna a non avviare trattative
I firmatari della petizione contraria alla vendita di palazzo Carciotti trattengano il respiro: in dissolvenza sul Canal Grande appare un potenziale acquirente... Ma no, in realtà è assolutamente prematuro parlarne: comunque Invimit, confermando quanto riportato lo scorso 20 marzo, ha confermato l'interesse per il grande edificio neoclassico. Buona conoscitrice di Trieste (vedi palazzi Artelli e Dettelbach), ha chiesto di fatto un "congelamento" di eventuali trattative che si dovessero manifestare in questi mesi, perché entro metà settembre la "sgr" afferente al ministero dell'Economia e delle Finanze farà sapere al Comune le proprie decisioni riguardo l'acquisto o meno dell'immobile. A dimostrare che l'istituto di via Quattro Novembre, a due passi dal Quirinale, intende far sul serio, nel pomeriggio di ieri l'altro si è svolto un lungo sopralluogo al Carciotti, al quale hanno partecipato alcuni esperti provenienti dalla Capitale, allo scopo di verificare in diretta gli elementi di attrazione e di criticità relativi a un asset tanto affascinante quanto impegnativo. Il Comune, reduce dall'infelice quaterna di aste andate deserte, ha raccolto la proposta della "sgr" e ne attenderà il responso. Gli investimenti Invimit debbono caratterizzarsi per una ricaduta "sociale", quindi l'opzione alberghiera, che finora è stata la più battuta (a parole), non è affatto scontata. Il trimestre estivo sarà utilizzato per comprendere in quali termini potrà essere interpretata la riconversione dello stabile, che, nato alla fine del XVIII come residenza e magazzinaggio, è divenuto nel tempo un contenitore di pubblici uffici. E quale può essere un investimento immobiliare non esclusivamente speculativo, tale da contenere una finalità "sociale"? Ci sono due tendenze, di origine britannica, che vanno di moda in questa stagione: una destinazione a "studentato" di fascia medio-alta, che riesca a soddisfare non solo il giovanotto discente ma anche il ricercatore/docente in temporanea trasferta; una destinazione a struttura residenziale per anziani dotati di buon reddito, nella quale, accanto agli appartamenti, verrebbero organizzati servizi medici, fisioterapeutici, palestre, ecc. Di riffe o di raffe, tra una cosa e l'altra, la "resurrezione" del Carciotti è difficile che scenda sotto i 50 milioni. Lorenzo Giorgi, in qualità di assessore all'Immobiliare, segue con attenzione la vicenda. Sulla quale fissa la prioritaria coordinata dell'amministrazione: «Ho mandato dal sindaco Dipiazza di non scendere sotto l'attuale quotazione di 14,9 milioni di euro. Ricordo che nell'estate del 2018 eravamo partiti da una stima di 22,7 milioni. In autunno, quando il Piano del centro storico verrà approvato, il proprietario del Carciotti avrà a disposizione uno strumento urbanistico più flessibile, che consentirà un maggiore livello di intervento nella ristrutturazione degli interni. E che accrescerà il valore del palazzo». Avviso ai naviganti: non tiriamo sul prezzo. Dipiazza aveva scommesso già due anni fa sulla vendita e la messa a rendita dell'intero palazzo, mentre il predecessore Roberto Cosolini, pur promuovendo l'alienazione del bene, l'aveva condizionata a un parziale utilizzo museale (la facciata anteriore). Un anno fa la Soprintendenza, su richiesta dello stesso Comune, aveva dettato alcune prescrizioni per chi avesse intenzione di mettervi mano: pavimenti lignei e lapidei, stucchi, stufe, camini, opere artistiche di Antonio Bosa e di Giuseppe Bernardino Bison.

Massimo Greco

 

 

Operazione trasparenza sul 5G - Regione e Arpa in prima linea - dati e notizie aggiornate online
Dati, notizie e spiegazioni sulle fake news più comuni. Regione Fvg e Arpa lanciano l'operazione "massima trasparenza" sul 5G, con l'obiettivo di informare il più possibile i cittadini su come stanno evolvendo le nuove tecnologie e il loro impatto sul territorio. Gli unici rischi, rilevati dal mondo scientifico, sono legati al possibile aumento della temperatura corporea di un grado, a patto però di essere sottoposti a una potenza di 3 mila volt metro. In Europa il limite di legge è fissato a 60 volt metro e in Italia a 20. L'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, rispondendo alle preoccupazioni di alcuni cittadini, ha voluto avviare l'operazione trasparenza creando una apposita sezione sul sito internet di Arpa. «Attualmente - ha precisato - in base agli studi pubblicati non vi sono evidenze scientifiche su eventuali rischi particolari per la salute collegati alla tecnologia del 5G. Auspichiamo da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità una maggiore chiarezza e non posizioni imprecise come avvenuto nel caso del Covid. In questa fase quindi non ci sentiamo sollevati nell'esercizio del nostro ruolo, perché ogni singolo atto di questa giunta va in direzione di una tutela estrema del cittadino. Smentisco categoricamente, inoltre, qualsiasi forma di accondiscendenza nei confronti degli operatori, peraltro quasi tutti stranieri». L'assessore ha anche evitato ogni possibile polemica con i sindaci che hanno vietato il 5G: «Sono scelte politiche legittime su cui non posso entrare». Il direttore di Arpa, Stelio Vatta, ha invece elencato i numeri: «Al momento è stato chiesto il parere obbligatorio per l'installazione di 191 antenne. Solamente quattro sono attive, due in Friuli, una nell'Isontino e una nel Pordenonese, con la frequenza 3.700 mhz visto che la 700 mhz potrà essere attivata nel 2022. Le misurazioni effettuate da Arpa, 511 dal 1° gennaio al 10 giugno, hanno evidenziato come il 95% dei dati ambientali veda un valore inferiore a 3 volt metro, di questi l'83% è sotto il volt metro. In ogni caso agiremo su tre pilastri: monitoraggio, informazione e comunicazione ed educazione ambientale». Infine Scoccimarro ha annunciato la volontà di raggiungere con cinque anni di anticipo, entro il 2045, gli obiettivi del Green new deal promosso dalla Commissione europea. «Per questo - ha spiegato - realizzeremo un percorso con le opposizioni con lo scopo di arrivare a un documento in grado di dare prosecuzione al lavoro durante le prossime legislature».

Andrea Pierini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 giugno 2020

 

 

Tripcovich, Dipiazza cambia: niente Tar e soluzione politica

La dirigenza municipale ha sconsigliato la strada della giustizia amministrativa, perché l'esito della causa sarebbe incerto

Tre mesi per cambiare idea su come affrontare il cornutissimo caso Tripcovich. A mente fredda, consigliato dalla dirigenza comunale, Roberto Dipiazza preferisce lasciar perdere la pista-Tar e sceglie di manovrare a livello politico-istituzionale per radere al suolo l'odiata sala. Forse approfitterà anche del 13 luglio, quando i presidenti Mattarella e Pahor confluiranno a Trieste, per spiegare che la sua ragionevolezza sul Balkan merita di essere premiata. Il management della civica amministrazione, dai lavori pubblici all'avvocatura, ha manifestato un esplicito scetticismo sull'esito di un ricorso alla giustizia amministrativa riguardo al "no" ministeriale sull'abbattimento della sala in largo Città di Santos. E anche qualora il Tar si esprimesse a favore delle posizioni comunali, ci sarebbero ottime possibilità che il dossier ritorni nuovamente al ministero dei Beni Culturali, con buone chance di risultare becchi & mazziati. Dipiazza, che è un uomo pratico, ha abbozzato e ha rivisto la posizione assunta lo scorso 19 marzo, quando era stata resa nota la lettera della direzione generale ministeriale che recava il secondo "no" all'abbattimento, avendo replicato al ricorso amministrativo presentato in febbraio dal Comune. Allora Dipiazza, per il quale l'abbattimento della sala è diventato un "must" semi-programmatico, si era arrabbiato e aveva annunciato il ricorso al Tar.Tra l'altro in questo momento non ci sarebbero neanche i soldi per le ruspe, in quanto gli 800.000 euro, appostati per abbattere l'ex stazione dei pullman anni Trenta, sono stati trasferiti su un'altra voce allo scopo di rimpolpare i 5 milioni del caso Nostini-Rossetti.Quindi sulla vicenda Tripcovich si apre un nuovo capitolo, che rinnova radicalmente i contenuti delle pagine precedenti. Fino a marzo il Comune aveva sperato di risolvere la diatriba vedendosela a quattr'occhi con San Michele in Ripa, il bellissimo complesso sul Tevere che ospita la Direzione generale arti-architettura-paesaggio del MiBact. Aveva creduto che l'abbinata con il soprintendente Simonetta Bonomi supportasse la causa triestina, ma la dura lettera dell'11 dicembre 2019, spedita dal direttore Federica Galloni, aveva gelato le aspettative. L'«appello» di febbraio non aveva migliorato le cose. Bisogna prenderla larga, ha pensato infine Dipiazza, cui piacerebbe venire a capo di alcune "incompiute" triestine con una sola, abile mossa. Roma permettendo.

Massimo Greco

 

 

Deraglia treno con 22 passeggeri Linea Trieste-Monfalcone fuori uso

Una frana la causa dell'incidente. Illesi viaggiatori e personale. Ripercussioni sul traffico ferroviario

Una frana sulla ferrovia, nei pressi di Aurisina. Due ruote di una carrozza che escono dai binari. Il deragliamento. E l'intero tratto tra Monfalcone e Trieste bloccato. Uno stop che oggi si protrarrà per tutta la giornata: in altre parole, nel capoluogo non si arriva e nemmeno si parte fino a nuove indicazioni. Non c'è però nessun ferito, fortunatamente, tra le 22 persone a bordo del treno Udine-Trieste, diretto in Stazione centrale, che nel tardo pomeriggio di ieri è rimasto coinvolto nell'incidente. Ma due passeggeri, il capotreno e il macchinista sono stati comunque accompagnati all'ospedale per accertamenti. L'episodio si è verificato alle 18.40 poco dopo il Bivio di Aurisina, appena superata la galleria, all'altezza del chilometro 12, nel territorio del Comune di Trieste in prossimità di Miramare. Il treno è un Etr 563, il regionale 20989: un Caf spagnolo, uno dei convogli acquistati dalla Regione e affidati a Trenitalia. Più che deragliamento vero e proprio, stando a quanto si apprende, tecnicamente si è trattato di uno "sviamento": sono infatti uscite le prime due ruote della carrozza di testa. Il treno era appena partito dalla Stazione del Bivio di Aurisina, quindi la velocità era ancora contenuta. Probabile che ciò abbia consentito di evitare esiti peggiori. Sul posto hanno operato la Polizia ferroviaria e le squadre dei Vigili del fuoco di Trieste e di Opicina. È intervenuto anche il personale del 118 con un elicottero. Una presenza a scopo puramente precauzionale, questa, visto che non si è fatto male nessuno. I pompieri hanno provveduto ad assistere i passeggeri trasportandoli con i mezzi fuoristrada fino a un piazzale. Lì erano attesi dal personale sanitario e da quello di Rfi. Pesanti i disagi per i viaggiatori, come si può immaginare. Il tratto Trieste-Monfalcone, come detto, ieri sera è rimasto interrotto a oltranza. Tutti i convogli diretti al capoluogo, tra cui vari Intercity e regionali, sono stati bloccati a Monfalcone. I viaggiatori a bordo del treno deragliato sono stati portati a destinazione con 6 taxi. Per i passeggeri degli altri treni in arrivo a Trieste, Trenitalia si è invece attrezzata con un servizio bus sostitutivo. Le cause della frana sono in corso di accertamento. E non è ancora chiaro quanto terreno e quante pietre siano effettivamente precipitati sui binari. Ma ieri, a tarda sera, fonti riferivano di una quantità "importante" che renderà necessario un intervento di ripristino e messa in sicurezza della parete sovrastante. Forse le piogge degli ultimi giorni hanno reso il terreno più friabile. Le operazioni oggi impegneranno l'intera giornata; i treni pertanto, va ribadito, anche oggi saranno sostituiti con i bus-navetta per i collegamenti tra Monfalcone e Trieste. I convogli in partenza dal capoluogo sono invece tutti soppressi.

Gianpaolo Sarti

 

 

La tranquillità del lockdown fa rifiorire le oasi delle trezze  - campagna di immersioni nel golfo

Sono delle e formazioni rocciose diffuse nell'Alto Adriatico, in grado di creare un complesso mosaico di affioramenti isolati, sparsi tra i 10 e i 40 m di profondità. Sono le "trezze", affascinanti e strutture biogeniche che contengono aree dominate da alghe, organismi filtratori, specie perforatrici e fauna di fondo molle che vive nei sedimenti depositati in cavità e buche. Le trezze rappresentano cioè vere e proprie oasi di vita ricche di biodiversità. Nell'ambito della missione nazionale "Il mare al tempo del Coronavirus", promossa dai nuclei subacquei di Carabinieri, Guardia Costiera, della Polizia e dalla Divisione sub di Marevivo, che ha scandagliato i mari della nostra Penisola, in maggio una squadra di sommozzatori del nucleo subacqueo della Polizia e alcuni membri della delegazione sub di Marevivo Fvg si è immersa nelle acque del golfo di Trieste, all'altezza del Sic (sito di interesse comunitario) San Pietro, per documentare lo stato delle trezze. «I mesi di lockdown hanno portato una sensibile riduzione delle attività in mare, da quelle ricreative ai trasporti fino alla pesca - spiega Maria Cristina Pedicchio, presidente della Delegazione Marevivo Friuli Venezia Giulia e membro del cda di Ogs -. Abbiamo voluto verificare l'impatto che questo periodo prolungato di tranquillità ha avuto sull'ecosistema marino». Il "trezze San Pietro" è un sito di interesse comunitario inserito nella rete Natura 2000. Le specie ittiche più abbondanti nell'area sono il sarago sparaglione, la sogliola pelosa, varie specie di scarpene, il pagello, i merluzzetti, e molte altre ancora. Le trezze forniscono inoltre rifugio, nursery e rappresentano aree di riproduzione per molte specie bersaglio della pesca come calamari, cappesante e astici. fa tra le altre. «Monitorare la situazione in un momento così particolare era importante per valutare la risposta degli organismi marini», - spiega Paola Del Negro, direttore generale di Ogs. Durante le immersioni, per effetto del crollo dell'inquinamento acustico di origine antropica, è stato possibile registrare la "voce" di aragoste, corvine, cernie e saraghi che sui fondali. Le rilevazioni effettuate, invece, sulla trezza San Pietro hanno evidenziato ampi banchi di merluzzetti, di labridi, di sparidi e, nelle cavità, una notevole abbondanza di astici e gronghi.

 

 

Il Valentinis rifugio di cigni e uccelli "ibridi" E agli Alberoni nidifica il corvo imperiale

Il canale si è popolato di esemplari alla ricerca di cibo e spazi, ma anche di protezione dagli agguati delle volpi

Lungo il Valentinis le imbarcazioni da diporto hanno ripreso il loro andirivieni, mentre i rimorchiatori, attraccati sul lato del cantiere navale, non si sono mai fermati in questi mesi. Nello specchio di mare che entra nel cuore di Monfalcone nelle ultime settimane ha però veleggiato anche una famiglia di cigni, composta dalla coppia di adulti e da 5 piccoli. Una presenza inedita, provocata più che dalla quiete post lockdown dalla ricerca di zone tranquille e sicure, protette da eventuali predatori, come spiega l'ornitologo e guida naturalistica Paolo Utmar. «I cigni si spostano parecchio - ricorda -, soprattutto se alcune aree sono diventate insicure per la siccità o per la presenza di predatori, come le volpi, che si stanno dimostrando un disturbo per l'avifauna».Anche per gli esemplari di volpoca (un anatide di discrete dimensioni e facilmente riconoscibile dalla sua livrea), che sono sì numerosi, ma solo in un caso certo hanno allevato i loro pulli. Le volpi pattugliano tutte le zone emerse, stando a Utmar, che ne ha visto un esemplare percorrere la diga del tratto della cassa di colmata del porto ormai trasformatosi in uno stagno ricco di avifauna. «Il canale Valentinis è un luogo ottimo per alimentarsi per dei cigni e i loro piccoli - afferma l'ornitologo -, meno per fare il nido». Un occhio più attento, o forse solo più curioso, tra le barche ormeggiate ha avuto modo di scoprire in queste settimane, confusa tra le decine di germani reali, anche una coppia di uccelli acquatici difficilmente identificabile. Alla testa scura e al becco di un grigio antracite si sommano un petto color tabacco, mentre le penne remiganti alla base terminano con uno specchio alare quasi turchese. «In effetti sono un ibrido - continua Utmar - tra una casarca, che negli ultimi anni ha preso casa lungo il Valentinis, e un germano reale. I due esemplari sono di genere diverso, ma non sappiamo se siano in grado di riprodursi». Anche la zona umida del Cavana, tra Marina Julia e Marina Nova, sta vivendo un aumento di presenze, pure in questo caso per motivi slegati dall'assenza quasi totale dell'uomo nel corso del lockdown imposto dal contenimento del Covid-19. «In realtà si è trattato di un periodo troppo breve per aver influenzato in modo sostanziale i comportamenti della fauna - afferma l'ornitologo -. Invece la chiusura dell'uscita del Cavana a mare e la riduzione dell'ingresso di acqua marina sta incidendo sull'espansione del canneto e quindi sulla comparsa di specie di Silvidi raramente osservabili, come la Falciaiola». La zona umida, dove sta recuperando anche la vegetazione di Falasco, accoglie non solo oche selvatiche, folaghe e tuffetti, ma anche il falco di palude, che potrebbe avervi trovato l'ambiente ideale per nidificare. C'è comunque un altro predatore che si sta insediando poco distante, agli Alberoni, in base alle osservazioni dell'ornitologo: il corvo imperiale. «La popolazione del corvo imperiale è aumentata molto sul Carso e la specie sta quindi cercando spazio in pianura, caso unico in tutta Italia - sottolinea Utmar -. Il corvo imperiale ha nidificato a Belvedere e probabilmente anche agli Alberoni». Pure la popolazione di poiana gode di ottima salute, ma in città pare abbia nidificato anche una coppia di sparvieri. «Molto più elusivi, ma basta guardare la reazione dei piccioni e delle tortore per rendersi conto del loro passaggio», dice Utmar.

Laura Blasich

 

 

Obi dona all'associazione Bioest 180 alberi invenduti - Adottati in un solo giorno

L'associazione Bioest ha ricevuto 180 alberi in regalo dal negozio triestino di bricolage e giardinaggio (Obi) riuscendo in una sola giornata a farli "adottare". «Gli alberelli era rimasti invenduti e sarebbero andati al macero, ma i gestori hanno provato a chiedere alla nostra associazione, in qualità di organizzatrice di orti urbani a Trieste, se fosse interessata al prodotto», riferisce Tiziana Cimolino, coordinatrice dell'iniziativa. «Abbiamo lanciato allora una serie di di appelli ai nostri contadini e la cosa si è immediatamente allargata. In appena una mattinata ne abbiamo fatti adottare ben 180. All'iniziativa di adozione hanno aderito scuole, ricreatori e semplici privati amanti del verde. Forse siamo un po' avanti con la stagione e bisognerà curare e stimolare un po' di più queste creature verdi - conclude Cimolino - ma certo ne è valsa la pena. Grazie alla sensibilità del negozio Obi e di tanti cittadini - conclude - stiamo costruendo la "foresta commestibile" in città».

 

Niente visite d'estate e ticket unico Il Giardino Viatori apre in autunno

La Fondazione Carigo prosegue con la riqualificazione e attende il circuito "GO Musei"

Alla domanda che circola da qualche tempo, su quando riaprirà il Giardino Viatori, se n'è aggiunta da pochi giorni un'altra, che, come la precedente, è emersa con più di qualche richiesta: perché uno degli incanti, una delle mete che, a Gorizia, ottengono ogni anno migliaia di visitatori, non rientra nel biglietto unico che partirà il prossimo mese? "GO Musei", questo il titolo dell'iniziativa, vedrà infatti, al prezzo di 12 euro (6 euro per i ridotti), l'ingresso al Castello, alle sedi cittadine dei Musei provinciali (Borgo Castello e Palazzo Attems Petzenstein), al Palazzo e al Parco Coronini Cronberg, alla Sinagoga. Ma non al Giardino Viatori.La sua gratuità non c'entra: pure il Parco Coronini e la Sinagoga si possono sempre vedere senza sborsare un centesimo. Perché, allora, il Giardino non rientra nel biglietto unico, visto che il principale scopo di "GO Musei" consiste non nel fare cassa, ma nel promuovere, anche e soprattutto a fini turistici, le mete cittadine più frequentate? La Carigo ha fatto sentire la propria voce per ottenere l'inserimento nell'iniziativa?Andiamo con ordine. «Il Giardino Viatori riaprirà in autunno e sarà in ordine sotto ogni aspetto - anticipa Roberta Demartin, numero uno della Fondazione Carigo -. Al momento, sono ancora in corso lavori di ordine strutturale che coinvolgono anche quella che era l'abitazione del professor Lucio. Questi lavori, che sono cominciati da tempo, hanno dovuto subire una brusca interruzione a causa del diffondersi del coronavirus, ma ora sono a buon punto. Senza l'esplosione del Covid-19, il giardino sarebbe stato regolarmente aperto a fine marzo o, al massimo, i primi di aprile, per il periodo delle fioriture», fioriture che non ci saranno certamente nei mesi freddi. «Per i prossimi anni, tuttavia, è nostra intenzione aprirne le porte per un numero di mesi superiore a quello consueto - continua la presidente -. Anche per questo motivo abbiamo pensato a quella serie di interventi che il coronavirus ha costretto al ritardo».Invece, per quanto riguarda il non inserimento nel biglietto unico? «Per ora non siamo stati coinvolti, ma, mi auguro che già nei prossimi mesi, si possa far rientrare il giardino nell'iniziativa - dice, sul punto, Demartin -. Anzi, trovo giusto che l'offerta culturale del territorio venga messe in rete e promossa congiuntamente. Tra l'altro, reputo i temi dell'ambiente e del verde di notevole importanza ed esiste già un progetto di valorizzazione comune del parco Coronini e del giardino Viatori, anche in considerazione del fatto che Lucio Viatori aveva a lungo collaborato pure con la Fondazione di viale XX settembre prestando la sua grande esperienza in fatto di botanica. Inoltre, la Fondazione Carigo ha già provveduto a finanziare quei progetti che andavano a mettere in rete i giardini di Gorizia. Da parte nostra, quindi, siamo certamente disponibili che il giardino Viatori venga compreso nel pacchetto».

A. P.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 giugno 2020

 

 

Mobilità sostenibile - Il Pd incalza Dipiazza sulle piste per due ruote
«A pochi giorni dalla seduta della VI Commissione consiliare, in cui abbiamo audito le associazioni Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Friday For Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz proporre un Piano per la mobilità urbana post Covid, arriva da Roma il decreto che stanzia 137,2 milioni di euro da destinare alla progettazione e realizzazione di ciclovie urbane, ciclostazioni e di altri interventi per la sicurezza della circolazione ciclistica cittadina (alla nostra Regione sono destinati 525.561 euro nel 2020 e 876.540 euro nel 2021): ci auguriamo che sia un ulteriore stimolo per l'amministrazione Dipiazza a recuperare il tempo perduto sulla ciclabilità e a stringere i tempi su questioni come la ciclabile sulle Rive e la tratta park Bovedo-piazza Libertà». Così i i consiglieri comunali del Partito Democratico Fabiana Martini e Marco Toncelli.

 

 

Il parco di pale eoliche nel mare di Rimini che scatenza la lite tra gli ambientalisti.

Polemica sul progetto da un miliardo di euro a 22 chilometri dalla costa. Italia Nostra contraria, Legambiente favorevole.

Rimini. Si fa presto a dire energia pulita: il progetto di un maxi impianto eolico al largo di Rimini, con 59 pale da 215 metri alla loro punta massima (i piloni da soli ne misurano 125), sta spaccando le associazioni ambientaliste. E così, mentre Legambiente è disponibile a considerare l'operazione, valutandola come «un possibile elemento importante per il settore energetico del territorio», Italia Nostra ha lanciato una campagna contraria durissima: «La realizzazione di una infrastruttura così impattante sul paesaggio pregiudicherebbe per sempre e in modo irreversibile l'attrattività turistica della Riviera, con grave danno per tutti, dalle strutture ricettive alla pesca».Un allarme dai toni apocalittici per un progetto per cui, fino al 4 luglio, si potranno depositare le osservazioni, prima che l'incartamento sia spedito al governo per la valutazione di impatto ambientale e per gli altri passi procedurali. Intanto, Italia Nostra, per rafforzare la sua posizione, sottolinea come l'altezza dei manufatti a pale dispiegate sarebbe più del doppio del grattacielo di Rimini, dunque rischierebbe di sfregiare il panorama in modo irrimediabile. Guardando le soluzioni presenti nei rendering elaborati dalla società di scopo Energia Wind 2000, solo i primi pilastri sarebbero a una decina di chilometri dalla riva, mentre gli altri verrebbero collocati più distanti, fino a una lontananza di 22 chilometri. Difficile immaginare come si presenterebbe lo skyline dell'Adriatico una volta che l'intervento fosse portato a termine. Ci vorrà tempo, ma la discussione infiamma anche gli enti locali: la provincia di Rimini è interessata alle fonti d'energia rinnovabile e sembra favorevole all'idea, pur riservandosi di esprimersi in conferenza dei servizi. Chi non vuole proprio saperne è la sindaca di Riccione, Renata Tosi, che ha dichiarato guerra al progetto: «Abbiamo presentato un ordine del giorno sul parco eolico, terremo un consiglio comunale aperto alla cittadinanza e soprattutto convocheremo un referendum consultivo a settembre per chiedere ai riccionesi che cosa ne pensano».Anche lei vede il progetto come il fumo negli occhi e teme uno snaturamento del territorio: «Vogliono trasformare una zona turistica in una zona di finta produzione di energia elettrica. Dico finta perché non siamo certo una terra di grandi venti, dunque si rischia di piantare pale eoliche senza un motivo reale». Tosi teme che i vantaggi dell'operazione siano «più di pochi soggetti che della comunità» e insiste sul fatto che «qui sono contrari albergatori e bagnini perché si rischia di rovinare l'economia della costa senza che ci siano vantaggi. E siamo venuti a conoscenza del progetto e della possibilità di presentare osservazioni con una mail di posta certificata il 4 giugno».Il presidente della Provincia di Rimini, Santi Riziero, spiega invece che l'idea del parco eolico off shore, così come gli studi sull'efficacia di un impianto del genere, risale a diversi anni fa: «Nel 2010 ci siamo fatti promotori di uno studio, e poi di un piano, che ha appurato che esistono le condizioni per far funzionare un impianto eolico di questo tipo: c'è vento a sufficienza perché le pale producano energia. La competenza poi spetta a ministri delle Infrastrutture e dell'Ambiente, ma noi siamo favorevoli all'eolico». Dal punto di vista paesaggistico, Riziero precisa che «le nostre richieste tenderanno a un minor impatto possibile: già il progetto ha diverse ipotesi di dislocazione delle pale, con la possibilità di allontanarle dalla costa e di disporle in posizione obliqua». Poi risponde a chi esprime dei "no" a prescindere: «Oggi si punta sull'effetto-cartolina e si dice che le pale sono un elemento di disturbo: l'opera ha un costo, ma bisogna valutare cosa significhi non avere un'alternativa al combustibile fossile. Noi invece vogliamo capire ed entrare nel merito del progetto». Sul fronte ambientalista, le crepe sono più profonde. Italia Nostra attacca frontalmente un'opera capace di generare una potenza di 330 megawatt: «L'ambiente e il paesaggio sono beni inalienabili, specie per chi si propone sul mercato globale del turismo e questa infrastruttura è una pietra tombale sulle prospettive turistiche di Rimini». Una posizione intransigente cui si contrappongono le considerazioni di Legambiente, che ricorda anche la presenza nello stesso tratto di mare di attività estrattive più impattanti: «Ben vengano le proposte sulle rinnovabili, purché si facciano le necessarie valutazioni sul paesaggio e sull'ecosistema marino». L'invito però è a non formare un fronte di contrarietà netta, ma a valutare limiti e possibilità di miglioramento».

Franco Giubilei

 

 

Scadenze - Domanda Servizio civile

Scade il 26 giugno il termine per presentare la domanda per la selezione di ragazzi tra i 16 ed i 18 anni (non compiuti) da impiegare nei progetti di Servizio civile solidale 2020 proposti dalla Regione Fvg, e sono 32 i posti disponibili nei 9 progetti con Arci Servizio Civile nel Friuli Venezia Giulia. L'impegno è di 360 ore distribuite nell'arco dell'anno, ed è previsto un riconoscimento economico. Si inizia in settembre.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 giugno 2020

 

 

Cantanti e artisti, 40 star schierate a difesa dei fiumi - La campagna contro dighe e centrali

Non solo cittadini, attivisti e Ong. Ora anche il mondo della musica e dell'arte scende in campo per difendere i fiumi. Accade nei vicini Balcani, dove oltre quaranta artisti hanno deciso di sostenere pubblicamente la campagna "Salvate il cuore blu d'Europa", lanciata da Ong internazionali come Riverwatch ed Euronatur per denunciare e porre un freno alla costruzione di centinaia e centinaia di mini-dighe, sbarramenti e piccole centrali idroelettriche su torrenti e fiumi della regione, spesso non violati dall'intervento dell'uomo e fondamentali per flora, fauna e popolazioni locali. Ad alzare la voce sono stati cantanti e artisti famosissimi nella regione, come Rambo Amadeus, un'icona in Serbia, Montenegro e in tutti i Balcani e oltre. «Sostengo la campagna Save the Blue Heart of Europe perché non voglio un giorno vergognarmi davanti ai miei nipoti, quando mi chiederanno cosa ho fatto quando si distruggeva sistematicamente la natura», ha spiegato il musicista e cantante nato a Cattaro. A schierarsi è stato anche il celebre cantante rock croato - oltreché poeta, attore e cantautore - Darko Rundek, che ha denunciato l'idea malsana di «incanalare in tubazioni» fiumi e torrenti di montagna, «distruggendo così la natura». Dura contro le mini dighe anche la cantante bosniaca Jelena Milusic, che ha stigmatizzato l'idea di «stare in silenzio a guardare» la distruzione di gioielli naturali. «Rimaniamo uniti e diciamo no alle centrali idroelettriche sui nostri fiumi, perché meritiamo di vivere la nostra vita, la nostra sopravvivenza è a rischio».A favore della campagna si sono espressi tanti altri artisti notissimi nei Balcani, tra cui Srdjan Jevdjevic (Kultur Shock) e Haris Pasovic, regista teatrale attualmente direttore artistico del Mittelfest. «Siamo felici che così tanti artisti vogliano far sentire la loro voce» contro le mini-dighe, «abbiamo bisogno di loro per sensibilizzare sempre più persone», ha affermato Ulrich Eichelmann, coordinatore della campagna. Secondo attivisti e Ong, sono circa tremila gli sbarramenti che incombono sui fiumi balcanici.

st.g.

 

 

LO DICO AL PICCOLO - Si tutelino gli alberi della pineta dietro l'Ospedale di Cattinara

Scrivo la presente per vedere se è possibile conoscere perché all'improvviso la bellissima pineta posta dietro il posteggio dell'ospedale di Cattinara sia stata recintata e chiusa al pubblico ,senza nessun cartello di indicazioni sulla tipologia dell'intervento che evidentemente verrà realizzato a breve.Nella speranza che almeno gli alberi vengano risparmiati, considerando che oltre al beneficio che apportano all'intera comunità i loro alti fusti sono da oltre 60 anni un elemento tipico che caratterizza il paesaggio di questa nostra bella località.Diego Skamperle

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 giugno 2020

 

 

Ferriera, prime firme digitali sull'accordo - L'iter di riconversione dello stabilimento

Regione, Comune e Autorità Portuale hanno sottoscritto l'intesa. Il ministero al lavoro per l'incontro finale: ipotesi sabato 27.

Le firme con la penna si faranno probabilmente sabato prossimo nel campo neutro della Prefettura, scelto dal ministro Stefano Patuanelli come teatro del momento storico che segnerà la conclusione della vicenda della Ferriera di Servola. Le firme digitali sono arrivate invece quasi tutte ieri, dopo che il ministero dello Sviluppo economico ha caricato sui propri server la versione definitiva dell'Accordo di programma per la riconversione dello stabilimento, consentendo agli attori pubblici e privati di sottoscrivere l'intesa. Sulla base del testo, l'area a caldo sarà smantellata, messa in sicurezza e trasformata in un terminal portuale e ferroviario a servizio del futuro Molo VIII, mentre sul fronte industriale ci saranno il rafforzamento dell'attuale laminatoio a freddo e la riconversione della centrale elettrica all'utilizzo di gas metano. Tutto a esuberi zero, se saranno rispettati gli impegni assunti dalle istituzioni e dai privati nei confronti dei 580 lavoratori presenti: il gruppo Arvedi assicura futuro per 417 dipendenti, Icop-Plt dovrebbe provvedere all'assorbimento di una quarantina di unità e Fincantieri assumere la parte restante attraverso le imprese del suo indotto, come ribadito nuovamente da Patuanelli nella riunione che nei giorni scorsi ha dato il via libera alla firma. Il fronte sindacale è ormai irreparabilmente spaccato ma, dopo l'avvenuto spegnimento di altoforno e cokeria, le parti coinvolte nell'Adp procedono e ieri la giunta Fedriga ha approvato la delibera che autorizza la Regione alla firma, subito effettuata in digitale. Lo stesso hanno fatto il Comune e l'Autorità portuale, che non ha avuto bisogno di convocare il Comitato di gestione per consentire al commissario straordinario Mario Sommariva di sottoscrivere l'Accordo. Tutti gli attori evitano di rilasciare dichiarazioni in un momento considerato ancora molto delicato, con il rischio che una singola parola fuori posto possa portare uno dei soggetti a irrigidirsi nell'ambito di una trattativa chiusa, ma rimasta difficile fino all'ultimo. Probabile che i rubinetti dei commenti e dei comunicati ufficiali si aprano alla fine della prossima settimana, con il Mise che starebbe tentando di organizzare per sabato l'incontro finale in Prefettura. -

Diego D'Amelio

 

 

Mervic rilancia la ciclopedonale Sistiana-Duino

Secondo il consigliere comunale ora ci sono tutti i presupposti per realizzare un progetto atteso da vent'anni: «Utile per il turismo e la sicurezza»

Duino Aurisina. Una pista ciclo pedonale parallela al tratto stradale che unisce Sistiana a Duino. È questa la proposta che arriva dal consigliere comunale di Duino Aurisina, Vladimiro Mervic (Lista per il Golfo), alla vigilia dell'estate post Covid. «È da vent'anni che si parla di questo progetto - esordisce Mervic - e a maggior ragione oggi offrire ai turisti un motivo in più per venire nel nostro territorio mi sembra una buona idea. Si tratterebbe dell'azione più opportuna da attuare, in quanto unirebbe i due poli turistici più importanti del territorio». «Bisogna inoltre considerare - aggiunge - che decine di migliaia di visitatori, che annualmente percorrono il sentiero Rilke in una direzione, per ritornare al punto di partenza scelgono la "14", che collega le due località, e questo percorso si svolge quasi interamente sulla strada asfaltata, a stretto contatto con le vetture che sfrecciano, superando spesso i limiti di velocità, creando una situazione di notevole pericolo». «Con l'allentamento delle misure anti Covid-19 - precisa Mervic - si è vista una notevole crescita della vendita di biciclette elettriche e non. Ciò significa che l'aumento del numero di cicli sulle strade sarà considerevole». «La realizzazione di una ciclabile pedonale - insiste - sarebbe un segnale molto positivo di ulteriore sviluppo del nostro turismo, basato negli ultimi anni su una considerevole parte di vacanzieri che ricercano nel contatto con la natura il senso della loro villeggiatura».Con la deliberazione datata 11 maggio di quest'anno sono stati destinati alla realizzazione della ciclabile fra Duino e il Villaggio del Pescatore 194 mila euro. Una realizzazione che Mervic considera «utile, ma di importanza secondaria rispetto a quella che potrebbe collegare Duino e Sistiana, non solo dal punto di vista turistico, ma anche della sicurezza».

Ugo Salvini

 

 

Staranzano approva la manutenzione all'isola della Cona con nuovi sentieri

Il percorso sarà raccordato a quelli esistenti, oltre alle reti sarà piantato un arbusto speciale e realizzato uno stagno

STARANZANO. Via libera del Comune alla manutenzione straordinaria dell'ex area faunistica e di un tratto della sentieristica del percorso ad anello nell'ambito della Riserva naturale Foce Isonzo, affidata alla Cooperativa Rogos che opera nella gestione operativo-funzionale, didattico-educativa e turistico-commerciale della Riserva naturale regionale della Foce dell'Isonzo. I lavori proposti dall'operatore scientifico Matteo De Luca, referente della Stazione Biologica Isola della Cona, prevedono fra l'altro il tracciamento e la realizzazione di un sentiero in ghiaia lungo 70 di metri da raccordare a quelli esistenti, lo smantellamento e smaltimento delle strutture già dedicate al confinamento di animali, recinzioni in rete metallica e struttura portante in pali di legno, un telo per ripristinare le zone umide e per la realizzazione di uno stagno didattico, quindi la creazione di una siepe sul lato settentrionale dell'area, a mascheramento della recinzione con pali metallici, la messa a dimora di alcuni alberi. Poi un bypass in legno nelle zone periodicamente allagate lungo il sentiero ad anello e infine la creazione di siepe sul perimetro esterno del recinto del bombolone. Sarà usato un arbusto a foglia caduca (Cornus sanguinea) e rami che in autunno-inverno assumono una colorazione rossastra. Per queste opere spesa complessiva pari a 6.648 euro, dovranno concludersi entro il 31 dicembre di quest'anno, mentre la rendicontazione della somma dovrà essere trasmessa entro il 31 marzo 2021 al Servizio biodiversità della Regione, per rendere conto delle risorse messe a disposizione con deliberazione della Giunta Regionale a ottobre 2019. L'importo massimo ammissibile a rendiconto dell'intera gestione annuale messo a disposizione dalla Regione per la Riserva Foce Isonzo è pari 130. 000 euro. Le opere hanno ottenuto il via libera dall'organo gestore che ha espresso parere favorevole alla programmazione di interventi, alla pianificazione e alle spese di manutenzione straordinaria proposti nella recente seduta. L'organo è costituito dall'associazione dei Comuni di Fiumicello-Villa Vicentina, Grado, San Canzian d'Isonzo e Staranzano dove il Comune di Staranzano è individuato quale referente dell'Associazione dei Comuni e dove il sindaco medesimo, Riccardo Marchesan, è il legale rappresentante, in base all'accordo sottoscritto ai sensi dell'articolo 15 della legge 241/1990, in cui viene dato mandato al Comune di Staranzano di svolgere le attività preventivate secondo la priorità ritenuta preminente, garantendo il rispetto delle finalità di conservazione dell'ambiente naturale e delle sue risorse.

Ciro Vitiello

 

 

Monte Sabotino, torna il camoscio dopo l'arrivo delle pecore carsoline - avvistato alle porte di Gorizia

GORIZIA. Uno splendido camoscio che si staglia sullo sfondo delle rocce, degli arbusti, del cielo terso sopra la vetta. Un'immagine che gli appassionati di escursionismo e di natura in generale sono soliti poter ammirare (quantomeno i più fortunati) in alta montagna, lontano da tutto e da tutti. Ma che, da qualche tempo, è sempre meno raro poter vedere (e in molti non lo penserebbero mai) a pochi minuti dal centro di Gorizia, alle porte della città, sulle pendici del monte Sabotino. Proprio sull'altura "transfrontaliera", infatti, Alena Trubkina e Marco Cavallin hanno immortalato qualche giorno fa con la loro macchina fotografica l'esemplare che vedete in questa pagina, e se questo è stato possibile il merito va anche all'affascinante progetto di tutela e valorizzazione del Sabotino condotto dall'associazione E.Wi.M.A. di Gorizia. «Sappiamo che in un passato lontano i camosci erano presenti sul monte, e va detto che, ascoltando le testimonianze dei cacciatori, anche in tempi più recenti i loro avvistamenti non erano cosa impossibile - racconta l'assessore comunale all'Ambiente, Francesco Del Sordi -, ma resta cosa piuttosto rara e certamente poco nota il fatto di poter fotografare un camoscio a due passi dalla città. Il ritorno di questi animali in numero significativo è legato anche a ciò che l'associazione E.Wi.M.A. sta facendo con il ripristino dei pascoli e dei prati che un tempo ricoprivano tutta la cima, e che via via sono scomparsi con l'abbandono del monte, inghiottiti dalla boscaglia selvaggia». Proprio così. Dopo i conflitti mondiali il Sabotino è diventato in gran parte servitù militare, e dunque non poteva più essere vissuto e frequentato come un tempo. Anche una volta cadute le servitù, pastori e contadini non sono tornati, e la vegetazione è cresciuta incontrollata, finendo per "soffocare" molte delle specie animali e vegetali che caratterizzavano da sempre il Sabotino. Un ecosistema peraltro straordinario e quasi unico, visto che vi si possono trovare circa 800 delle 1.300 specie di piante presenti in regione, con un insieme di flora alpina, flora mediterranea e flora balcanica. Ed è in questo contesto che si inserisce l'azione del sodalizio goriziano. «L'Ispettorato forestale ci ha concesso una zona demaniale di circa 15 ettari sulla parte sommitale del monte, tra la casermetta e la chiesetta di San Valentino per intenderci - spiega Paolo Vasca, vicepresidente di E.Wi.M.A., acronimo di European Wildlife Management Association -, e nel 2018 abbiamo iniziato con il servizio antincendio portando sul Sabotino le pecore di razza Carsolina che già allevavamo a Gorizia. Parliamo di una razza antica considerata in via di estinzione, come la Alpagotta e la Plezzana, ma che è particolarmente adatta ad un ambiente così roccioso e selvaggio. Mangiando gli arbusti, le pecore diradano la vegetazione e non permettono la diffusione del fuoco in caso di incendio. Poi nel 2019, sfruttando le misure del Piano di sviluppo rurale, abbiamo iniziato a ripristinare gli antichi pascoli, restituendo un po' alla volta anche quella biodiversità che rendeva e rende unico il monte».

Marco Bisiach

 

Il blitz negli aeroporti che libera lepri e gheppi - l'attività naturalista

L'associazione European Wildlife Management Association (E.Wi.M.A.) è un sodalizio formato da una ventina di soci, ognuno con il proprio differente lavoro e con varie specializzazioni (dagli ornitologi ai cacciatori, dai laureati in scienze forestali ai botanici) uniti da un forte legame con la natura. E.Wi.M.A., che ha sede in via Buffolini 12 ed è guidata dalla presidente Cristina Comuzzo, ha come scopo la diffusione della cultura naturalistica e delle attività di ricerca, studio, formazione e promozione del territorio, che lavora per tutelare e valorizzare. Il tutto, collaborando con altre realtà private ma pure con enti pubblici.Così ad esempio sul Sabotino, al di là del servizio antincendio e del pascolo con le pecore Carsoline, E.Wi.M.A. ha da tempo iniziato a organizzare percorsi didattici o gite in accompagnamento a gruppi di studenti e turisti. Non solo. L'associazione si occupa anche di organizzare conferenze e approfondimenti sui temi naturalistici, e spesso viene coinvolta in progetti di più ampia portata. Ad esempio negli anni scorsi anche E.Wi.M.A. ha collaborato al prelievo dei gheppi che con la loro presenza mettevano a rischio se stessi e il traffico aereo sulla pista di atterraggio dell'aeroporto di Ronchi dei legionari. Furono catturati e liberati poi altrove. Proprio come le lepri, sempre a Ronchi, o i caprioli dell'aeroporto Duca d'Aosta, liberati poi assieme al personale del Corpo forestale.

M.B.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 giugno 2020

 

 

Tesoretto per il Parco del mare blindato dal vertice camerale
Cassate le richieste di politici e associazioni di destinare i fondi ai commercianti - Circa 8 i milioni accantonati. Paoletti: «Si va avanti». Cosolini: «Non ha senso»

La Camera di Commercio della Venezia Giulia non destinerà altrove i fondi accantonati per il Parco del Mare, poiché non rinuncia all'idea di costruire un acquario in Sacchetta. «Il progetto c'è, sta andando avanti e a tempo debito diremo quale sarà il prossimo passo», è la laconica nota del presidente della Cciaa, Antonio Paoletti, in risposta alle richieste di impiegare quei soldi a sostegno dei commercianti, giunte in questi giorni da parti politiche e di società civile. La Camera ha accantonato infatti una cifra di circa otto milioni di euro che dovrebbe servire da base di partenza per un project financing da 45 milioni in totale. Un sogno accarezzato dal 2004 e finora mai tradotto in realtà. Dopo tanto tempo, l'emergenza Covid e la crisi economica incombente non fanno deflettere l'ente dal suo obiettivo. La valutazione negli ambienti camerali è che la realizzazione dell'opera potrebbe rivelarsi un motore per tutto il commercio cittadino negli anni duri che potrebbero arrivare. La cifra accantonata, secondo il palazzo della Borsa, non avrebbe un'entità tale da meritare una redistribuzione sui 31 mila iscritti né, evidentemente, per altre iniziative. Non giungono però ancora nuove su quale sia il destino dell'opera al momento, visto che dall'anno scorso il progetto è fermo in qualche cassetto ministeriale, in attesa che venga valutatala possibilità di derogare a un decreto del 1961 che limitava le volumetrie realizzabili in Sacchetta. Anche a palazzo Cheba non sono giunte nuove sull'Acquario. L'ultimo capitolo della vicenda è l'incontro dello scorso gennaio fra il sindaco Roberto Dipiazza, il presidente regionale Massimiliano Fedriga e lo stesso Paoletti. Da quel confronto il primo cittadino e il governatore uscirono confermando uno stringato appoggio alla prosecuzione del progetto. Da allora però non si è saputo più nulla, laddove nel 2018 il via ai cantieri sembrava imminente. Ed è possibile che il coronavirus non abbia accelerato l'iter in corso al ministero. Ancora all'inizio di aprile un gruppo di associazioni composto dal Comitato La Lanterna, CamminaTrieste, Triestebella, Legambiente, Wwf e Un'altra città aveva chiesto di abbandonare il Parco del Mare e destinare i fondi «a sostegno delle categorie economiche in estrema difficoltà in questo momento» e per ricostruire la piscina terapeutica. La stessa richiesta viene rilanciata da diversi esponenti politici cittadini, come l'ex sindaco e consigliere regionale dem Roberto Cosolini, o la consigliera comunale di Open Fvg Sabrina Morena. Dice quest'ultima: «In tempi di crisi è importante che quei soldi vengano usati altrimenti, a sostegno del commercio». L'invito di Morena alla Cciaa si inserisce in una critica complessiva all'opera: «Bisogna abbandonare i progetti faraonici e badare ai bisogni effettivi. Non so se siano stati valutati in modo equilibrato i costi di gestione e l'impatto sull'ambiente di un'opera simile, ma ora meno che mai possiamo permetterci un acquario che impiegheremmo chissà quanto a realizzare, magari soltanto per aprirlo già obsoleto. Si pensi piuttosto ad aiutare i piccoli commercianti».L'ex sindaco Cosolini, le cui perplessità al riguardo son di vecchia data, spiega la sua: «Lo dico senza vena polemica, ma penso sia ormai un progetto datato nei contenuti e sempre più incerto nella redditività. Il Parco del Mare richiederebbe centinaia di migliaia di visitatori per funzionare, e gli acquari sono sempre meno strutture in grado di attrarre turisti. È cambiata la sensibilità, soprattutto verso gli animali. Acquari e zoo rendono sempre meno». Alla luce di queste considerazioni, Cosolini ritiene che «i bisogni delle imprese avrebbero giustificato un utilizzo, anche parziale, di quei soldi per investimenti che garantiscano una redditività più rapida».L'ex primo cittadino chiude su due osservazioni tecniche. La prima: «Inizialmente la Cciaa poteva contare su una decina di milioni che la Fondazione CRTrieste aveva stanziato, per affiancarli ai suoi. Da quando la Fondazione si è sfilata, però, non abbiamo saputo più nulla su chi mette quei soldi, e sarebbe bene saperlo». La seconda: «Quando ero sindaco avevo insistito perché oltre alla Sacchetta considerassero anche il Porto vecchio. Mi si disse che per il Porto vecchio ci sarebbe voluto troppo tempo. Quel che vedo ora - conclude Cosolini - è che nel vecchio scalo si sta facendo un centro congressi, mentre in Sacchetta è tutto fermo».

Giovanni Tomasin

 

 

Ecco gli alieni, a rischio la pesca della frittura
La laguna invasa da "bufole" o "noci di mare" provenienti dal Mar Nero: altamente voraci danneggiano anche le reti
MARANO. Compromessa la pesca della "frittura": allarme di Fedagripesca Fvg.Questo tipo di attività rappresenta l'80 per cento del pesce pescato nella Laguna di Marano e Grado. Il mondo scientifico, in particolare l'Ogs di Trieste, è allertato e sta studiando il fenomeno, ma le imprese del settore hanno bisogno di un sostegno immediato, in attesa di capire cosa si possa fare per evitare che una pesca e un prodotto tipico delle marinerie regionali possano continuare a sopravvivere. Nuova grana per i pescatori del Friuli Venezia Giulia: in anticipo sulla stagione, sono arrivate le "bufole", o "noci di mare", organismi gelatinosi predatori che da alcuni anni invadono, in estate, le nostre acque. Sono organismi alieni, arrivati dal Mar Nero, dove hanno messo in ginocchio la pesca. I dati in possesso di Fedagripesca Fvg, confermati anche dall'Ogs di Trieste, indicano la loro presenza sul territorio, in modo massivo, almeno dal 2016. Gli ctenofori sono altamente dannosi per la pesca per due motivi: galleggiano nell'acqua e sono voracissimi, predando tutto quello che è alla loro portata (plancton, uova e larve di pesce e di molluschi) creando un grave problema ecologico che si ripercuote su tutto il comparto ittico. Inoltre, facendosi portare dalle correnti, finiscono nelle reti, in particolare nei cogolli dove, con la loro consistenza gelatinosa, ostruiscono i fori e riempiono il cogollo rendendolo inservibile. Questo succede in particolare con i "cogoi fissi", a maglie molto strette, che servono per la cattura del latterino e del gambero di laguna, ingredienti tipici delle fritture e che costituiscono l'80% del pesce pescato nella laguna. La pesca con i "grasiui" è fra le più tradizionali della pesca lagunare, ricca di storia e adattatasi all'ambiente, tanto da essere a impatto ambientale nullo o quasi.Proprio questi pescatori sono i più colpiti dall'invasione degli ctenofori: negli anni hanno visto ridursi il reddito da latterino di circa il 60% raggiungendo, per il gambero, riduzione di oltre il 70%. Le noci di mare diventano numerose con il caldo, a luglio-agosto, ma quest'anno sono già presenti in maniera massiva, tanto che i pescatori stanno pensando a riportare a casa le reti, essendo impossibile lavorare.-

Francesca Artico

 

 

Centinaia di sanzioni per rifiuti abbandonati e cibo dato ai cinghiali
Primo bilancio dell'attività del Nucleo Guardie ambientali - Tra le priorità la guerra ai "trasfertisti della differenziata"
Polo verde, pantaloni blu, cinturone bianco e cappellino. È la divisa delle nuove guardie ambientali, costituite in via sperimentale nel 2017 e istituzionalizzate nel febbraio scorso. A presentare il bilancio dell'attività svolta nei primi mesi di servizio ufficiale sono stati ieri il vicesindaco Paolo Polidori e il Comandante della Polizia Locale Walter Milocchi. Fra le operazioni svolte finora dal nuovo corpo - che fa comunque riferimento al dipartimento Polizia locale, Sicurezza e Protezione Civile - l'attenzione maggiore è stata riservata al contrasto del degrado urbano in materia di abbandono dei rifiuti ingombranti, con operazioni di prevenzione e repressione delle norme relative ai regolamenti comunali, leggi regionali e statali in tema di rifiuti. Nella fattispecie dall'inizio dell'anno ad oggi, le guardie ambientali hanno comminato 692 sanzioni per conferimenti errati di rifiuti, 177 per mancata iscrizione all'anagrafe di animali domestici e per la presenza di cani senza guinzaglio nei parchi pubblici. Sono state 10, invece, le contravvenzioni elevate a causa della presenza di cani in aree gioco riservate ai bimbi e una invece per aggressione di persona da parte di un cane. Da segnalare anche 8 multe fatte ad altrettante persone sorprese a dare cibo agli animali selvatici. In tema di rifiuti, infine, sono state elevate 23 sanzioni per abbandono di rifiuti speciali e pericolosi. Le guardie ambientali non hanno solamente potere sanzionatorio nell'ambito della tutela dell'ambiente: come ha sottolineato Milocchi, alcuni componenti del nucleo hanno anche la facoltà di applicare le norme del codice della strada. In tal senso sono state 1208 le sanzioni comminate dalle "giacche verdi" per divieto di sosta, 57 quelle per sosta su stalli riservati agli invalidi e quattro per inosservanza della recente quarantena. «Quella relativa all'istituzione del Nucleo guardie ambientali - ha sottolineato Polidori - risponde a una richiesta portata avanti dalla Lega nel 2017. Oggi sono entrati a pieno servizio sei elementi, ma abbiamo già in progetto di potenziarli nell'immediato futuro. Grazie a loro, per esempio, a Borgo San Sergio è quasi sparita l'affluenza dei "pendolari della differenziata", cioè il via via di persone residenti in altri comuni che vengono qui a buttare l'immondizia. Una pratica inaccettabile anche perché va ad aumentare la quota Tari che il Comune di Trieste stabilisce ogni anno per coprire le spese di gestione dei rifiuti solidi urbani del Comune». La cifra dei proventi da sanzioni del regolamento di igiene urbana del Comune, da quando è partito il progetto di guardie ambientali, sfiora i 200 mila euro.

Lorenzo Degrassi

 

 

LA PROTESTA - «La pineta non si tocca» Cattinara sulle barricate per i suoi storici alberi
Un grido di protesta sale da Cattinara: «Giù le mani dalla pineta!». L'ipotesi di un futuro parcheggio sotterraneo, a quanto è dato sapere, minaccia infatti la cinquantina di pini marittimi che arricchiscono i paraggi del polo cardiologico, un «tesoro verde» molto caro agli abitanti della zona. Ma ripercorriamo la vicenda. Senza preavviso, da un giorno all'altro, viene interdetto l'accesso al parco, con alte transenne intorno al perimetro. «Lavori in corso»: ma nessuno sa nulla, gli interrogativi sono tanti e le spiegazioni per questo cantiere non si trovano. Perciò alcuni residenti si rivolgono al sindaco Roberto Dipiazza, «sin da subito dimostratosi sensibile sulla questione». «Si parla di costruire un parcheggio sotterraneo, effettueranno dei carotaggi», la prima spiegazione al telefono del primo cittadino ai portavoce degli abitanti: «Io non ne so nulla, ma indagherò». Ne nasce, allora, un comitato di protesta, pronto a tutto per salvare quelle storiche piante. I residenti si dicono esasperati perché, «ancora una volta, è stato completamente ignorato l'interesse pubblico di un paese depredato, ingannato e sfruttato». «Ci incateneremo agli alberi se necessario, questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso», fanno sapere i promotori della protesta. I risentimenti degli abitanti partono infatti da lontano, dalla costruzione dell'ospedale, che ha rivoluzionato la realtà della frazione periferica, rendendola sicuramente più trafficata. Poi si sono aggiunti i lavori per la costruzione della superstrada e delle gallerie: «Più di due anni di lavori, con grandi frese in azione "h 24" nel sottosuolo. I disagi sono stati enormi». Inoltre, l'assenza di risarcimenti per alcuni danni strutturali dovuti alle operazioni sottoterra e la mancata costruzione di adeguate barriere antirumore, hanno ulteriormente infastidito i residenti che, stavolta, hanno detto appunto «basta». Ha abbracciato la causa verde del comitato, fanno sapere i portavoce, già un migliaio di persone. Per ora spiccano i più «giovani intraprendenti», uniti tutti dall'affetto per questa pineta, e forse anche da un senso di scarsa attenzione a lungo percepito verso quest'angolo di Trieste.

Stefano Cerri

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 giugno 2020

 

 

Intesa sul futuro degli operai della Ferriera - Esuberi assorbiti da Fincantieri e Icop-Plt
Dopo Piattaforma logistica spa anche il Gruppo navale conferma l'impegno ad assumere ex dipendenti di Arvedi
Ora manca solo la firma. Ieri mattina è stata trovata l'intesa sull'Accordo di programma per la tutela e la riconversione industriale dell'area della Ferriera nel corso del tavolo presieduto in videoconferenza dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Decisivo il colloquio, prima della riunione, tra lo stesso Patuanelli e l'amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono, in cui «è stata confermata la disponibilità dell'azienda a individuare, anche attraverso il coinvolgimento di società fornitrici del Gruppo - ha annunciato in una nota il Mise -, una soluzione concreta al futuro occupazionale dei lavoratori che potrebbero non rientrare nel perimetro delle attività previste dal piano di chiusura dell'area a caldo». Fincantieri, insomma, è pronta a farsi carico di una parte (per ora non si possono dare numeri precisi) dei 163 lavoratori in esubero, 66 dei quali interinali con contratto scaduto. Altri esuberi saranno assorbiti da Piattaforma logistica Trieste. Icop-Plt, che assumerà 70 dipendenti per il nuovo terminal portuale, all'inizio pensava di attingere dal mercato del lavoro ricorrendo ad addetti già formati, ma le pressioni di ministero e Regione hanno consentito di ottenere la disponibilità ad impiegare un certo numero di esuberi in uscita dalla Ferriera, previo percorso di formazione. L'unica condizione posta da Icop-Plt è che si tratti di giovani. Al momento nessuno sa quanti dei 163 lavoratori rimasti fuori dal piano industriale di Arvedi, che prevede non più di 417 addetti, abbiano optato per il pensionamento (si tratterebbe comunque di un numero ridotto) o trovato per conto proprio un'alternativa occupazionale, ma per tutti gli altri, dunque, le prospettive saranno due: l'assunzione da parte di Icop-Plt per lavorare nel nuovo comprensorio logistico al servizio del porto o il riassorbimento in Fincantieri, in primis negli stabilimenti di Monfalcone, anche in questo caso previo percorso di formazione garantito dalla Regione. La riqualificazione funzionale ai settori della cantieristica e della logistica è parte integrante dell'accordo sottoscritto tra Arvedi e i sindacati. Senza dimenticare l'impiego di 50 lavoratori (che durerà almeno un anno) per le attività di smantellamento e bonifica dell'ex area a caldo.Uno scenario che coinciderebbe con quell'impegno a «non lasciare a casa nessuno» più volte ribadito dalle istituzioni, ma che fino a ieri non era ancora stato mantenuto del tutto, come confermato dalla dura lettera inviata martedì al ministero e sottoscritta da una parte degli operai interinali della Ferriera, col supporto della Nidil Cgil. In questo senso Patuanelli ieri ha rimarcato che «la tutela di tutti i lavoratori della Ferriera è un punto fondamentale dell'Accordo di programma, che ha visto tutte le parti coinvolte, pubbliche e private, protagoniste di un grande lavoro di squadra». «In questi mesi - ha aggiunto il ministro triestino - è stato portato avanti un percorso intenso e costruttivo, per garantire a Trieste e a tutta la regione uno sviluppo industriale che tenga conto delle esigenze ambientali, sociali e occupazionali».All'incontro di ieri c'erano il governatore Massimiliano Fedriga, gli assessori regionali Alessia Rosolen e Fabio Scoccimarro, il sindaco Roberto Dipiazza, il commissario dell'Autorità portuale Mario Sommariva e i rappresentanti dei ministeri dell'Ambiente e delle Infrastrutture, del Gruppo Arvedi, di Icop, Invitalia, Anpal e dell'Agenzia del Demanio. Domani l'accordo riceverà il via libera formale dalle giunte regionale e comunale. Poi, nei prossimi giorni verrà sottoscritto da tutte le parti coinvolte. A breve verrà formalizzata anche l'intesa Patuanelli-Bono, che tecnicamente non fa parte dell'Accordo di programma. Da ricordare che sono 55 i milioni di euro stanziati dal Mise a sostegno della riconversione dell'area servolana (più 25 assegnati per lo stabilimento Arvedi di Cremona) a fronte di un business plan da 180 milioni di euro.«Siamo soddisfatti, sono state accolte le nostre richieste di tutela dei lavoratori, sia con le attività di smantellamento e bonifica, sia con il piano industriale di Icop - ha dichiarato Fedriga -. C'è il nostro impegno a garantire le risorse e i percorsi formativi necessari per i lavoratori interessati dalla riconversione. Ringrazio Patuanelli per l'importante lavoro svolto, compreso l'essersi assunto l'onere di interloquire con Fincantieri per ampliare le opportunità di collocamento». «Abbiamo raggiunto il massimo risultato possibile - ha sottolineato Rosolen - e non dimentichiamo che nell'Adp è incluso un passaggio in cui gli investitori privati affermano di prevedere importanti incrementi occupazionali nei prossimi anni».

Piero Tallandini

 

Ma i sindacati restano prudenti «Attendiamo il testo definitivo»
Uil e Cgil non si sbilanciano visti i precedenti. «Di promesse finora ne abbiamo sentite tante...». Serracchiani rivendica i meriti di Roma
Permane ancora un pizzico di diffidenza negli ambienti sindacali dopo l'ufficializzazione della fumata bianca sull'Accordo di programma per la riconversione della Ferriera. «È positivo il fatto che si sia arrivati al traguardo di questo lungo percorso e che Fincantieri sia tornata sulla scena promettendo di assorbire parte dei lavoratori in esubero - ha premesso Antonio Rodà della Uilm -, ma attendiamo ancora di leggere il testo dell'Adp per capire i dettagli sui contenuti occupazionali e industriali». «Ora - ha aggiunto - comincia la fase più difficile, che è quella di mettere in pratica gli impegni presi». «Finora di promesse ne abbiamo sentite tante - ha affermato il segretario provinciale della Cgil Nidil, Nicola Dal Magro -, adesso vorremmo certezze anzitutto sui numeri di coloro che potranno essere effettivamente riassorbiti e sui concreti percorsi occupazionali. Andranno anche valutati l'inquadramento e i livelli di retribuzione. Noi, intanto, ribadiamo la richiesta di integrare anche nell'accordo sindacale i lavoratori somministrati, che sono una cinquantina». Tornando alla politica, la deputata del Partito democratico Debora Serracchiani ha anzitutto sottolineato che «il Governo, con il ministro Patuanelli ha guidato bene il percorso verso la riconversione dell'area, alla quale avremmo voluto giungere in modo parzialmente diverso». «Si investiranno ingenti risorse pubbliche - ha continuato la parlamentare - che serviranno a mantenere attivo un sito di produzione industriale e a tutelare i posti di lavoro su cui, comunque, noi vigileremo, e si darà impulso a una vocazione logistica per la quale avevamo gettato le basi negli anni scorsi». Auspicando che «sia ritrovata l'unità sindacale incrinata», Serracchiani ha aggiunto che «va riconosciuto l'impegno di Fincantieri a collaborare per evitare che dei lavoratori siano espulsi da un processo di riconversione e sviluppo che richiede comunque tempo e riqualificazione professionale»

P.T.

 

 

Meno bus diretti verso la città, Carso in rivolta
La revisione delle linee impone inediti percorsi a tappe. La replica: «Ma la nuova 64 Rive-Opicina risolverà certe criticità»
Trieste . Monta la protesta, sull'altipiano, contro le novità riguardanti i mezzi pubblici che hanno accompagnato l'avvento del nuovo gestore regionale del trasporto pubblico, Tpl Fvg, il consorzio sorto dalla recente fusione fra Apt, Atap, Saf e Trieste Trasporti. Con l'introduzione del nuovo orario estivo, in scia anche alla riorganizzazione del servizio voluta dal neocostituito consorzio, i residenti del Carso si sono sentiti infatti improvvisamente isolati. L'orario predisposto da Tpl Fvg prevede solo pochissime linee dirette di collegamento fra l'altipiano e il centro città e viceversa. E così gran parte degli abitanti delle numerose frazioni del Carso si sono trovati di colpo costretti a studiare percorsi a tappe, prendendo almeno due linee diverse, per raggiungere il posto di lavoro. «Ci sentiamo isolati e trascurati», urlano in tanti, anche attraverso i social: le proteste fioccano da Opicina a Gropada, da Banne a Trebiciano. «Non c'è più la linea diretta che porta dalla nostra frazione in centro città - spiega Diego Pangher, della Comunella di Banne - e questo cambiamento, a nostro avviso, è stato fatto senza criterio. Certo, ci è stato spiegato che sono state previste coincidenze per favorire l'utilizzo di più linee per arrivare a destinazione, ma bisogna pensare a quando riapriranno le scuole e magari farà freddo e tutti saranno costretti, una volta scesi dal primo bus, ad aspettare alla fermata l'arrivo dell'altro. Almeno nelle ore di punta, cioè al mattino e all'ora di pranzo, quando lavoratori e studenti si muovono, bisognerebbe aumentare le frequenze». Sulla stessa lunghezza d'onda anche Marko De Luisa, presidente della Circoscrizione Altipiano Est: «Con questo nuovo orario - osserva - tutto diventa più difficile. Non si può modificare un orario senza tener conto delle esigenze dei fruitori del servizio di trasporto pubblico. Per esempio, la linea 39, che collegava direttamente Trebiciano con Trieste e viceversa, non raggiungerà più la frazione carsica perché il suo percorso è stato ridotto. E potrei fare numerosi altri esempi dello stesso genere».«È normale che un cambiamento di abitudini possa provocare disagi e un po' di spaesamento - è la replica di Michele Scozzai, responsabile della comunicazione per conto di Trieste trasporti - ma è anche vero che i collegamenti fra altopiano e città sono aumentati e aumenteranno ancora, quando entrerà in servizio la nuova linea 64 fra piazza Tommaseo e Opicina. Nella compilazione e nella comunicazione dei nuovi orari della linea 51 e in parte della linea 39, in effetti, abbiamo commesso qualche errore, ma li stiamo correggendo e a breve li pubblicheremo corretti sul sito. Le coincidenze fra le linee 39 e 51 sono state studiate per compensare il nuovo percorso della 39 e i tempi per arrivare in città non sono aumentati. Purtroppo il periodo di emergenza sanitaria non ha reso agevole il confronto con gli utenti ma ora ascolteremo le indicazioni, i suggerimenti e le richieste che ci saranno fatte e, insieme, valuteremo eventuali correzioni».

Ugo Salvini

 

 

Il Qatar prenota il metano del rigassificatore di Veglia
Siglato con una società di Doha il contratto pluriennale per l'acquisto di oltre 10 miliardi di metri cubi. La struttura off-shore pronta a partire a inizio 2021
VEGLIA. Buone notizie per il rigassificatore di Veglia. La società Powerglobe Qatar Llc - ha reso noto Hrvoje Krhen, direttore di Lng Hrvatska, l'azienda pubblica croata alla quale è stata affidata la gestione dell'impianto galleggiante isolano - ha firmato con la parte croata un contratto per l'acquisto di oltre dieci miliardi di metri cubi di metano. Si tratta di un passaggio rilevante per il terminal della località di Castelmuschio che entrerà in servizio all'inizio del prossimo anno: «Grazie al nuovo contratto - ha fatto sapere Krhen - il nostro impianto Lng piazzerà tutta la sua produzione dei prossimi tre anni. Ricordo che il rigassificatore ha la capacità massima di movimentazione di 2 miliardi e 600 milioni di metri cubi all'anno: pertanto fino al 2024 potremo dormire sonni tranquilli».L'affare siglato con la società che ha sede a Doha, ha spiegato nel dettaglio il numero uno di Lng Hrvatska (azienda fondata dalle croate Ina e Plinacro), riguarda i prossimi 15 anni, coprendo un arco temporale che arriva al 2035, secondo questo schema: fino al 2025 sarà ceduta a Powerglobe una quota di 468 milioni di metri cubi all'anno, quota che a partire dal 2025 e fino al 2030 ammonterà a 624 milioni all'anno; nel periodo fra il 2030 e il 2035 infine verranno erogati 936 milioni di metri cubi di metano allo stato gassoso all'anno. Fino a qualche tempo fa, ha ripercorso lo stesso Khren, si nutrivano dubbi sulla sostenibilità economica dell'operazione rigassificatore, per il cui metano la domanda era rimasta a lungo a una quota troppo bassa. Poi «la situazione è andata via via migliorando, in primo luogo grazie alla compagnia petrolifera croata Ina e all'Azienda elettrica statale che hanno rilevato mezzo miliardo di metri cubi per il prossimo triennio». Dopo le due aziende croate si sono fatte avanti le ungheresi Met Croatia Energy Trade e Mfgk Croatia, prenotando rispettivamente mezzo miliardo e 6,75 miliardi di metri cubi. Ora dunque arriva l'affare con la società del Qatar che "blinda" la sostenibilità economica dell'investimento di Zagabria venuto a costare un totale di 234 milioni di euro, cifra di cui quasi la metà - 101,4 milioni di euro - è stata assicurata dall'Unione europea a fondo perduto.«Tutte queste partecipazioni - ha commentato Krhen - hanno contribuito alla redditività del terminal isolano, che in poco tempo ha superato di slancio il quantitativo minimo di produzione di 1,1 miliardi, sotto il quale va corrisposta l'indennità per la sicurezza dell'approvvigionamento. È una indennità di cui si sarebbero fatte carico tutte le utenze croate». Secondo il direttore dei Lng Hrvatska l'impianto di Veglia si porrebbe ora come «un temibile concorrente per gli altri canali di rifornimento del gas, principalmente per quelli concernenti la Russia. Il costo basso del nostro metano ha fatto aumentare l'interesse nei riguardi del terminal di Castelmuschio».Mentre la nave da adattare a struttura galleggiante Fsru per rigassificazione off-shore, la Viking (costo 160 milioni di euro), dovrebbe arrivare di fronte a Castelmuschio a ottobre, ieri il ministro croato dell'Ambiente ed Energia, Tomislav Coric, ha affermato che nei prossimi cinque anni Lng Hrvatska riuscirà ad incassare circa 100 milioni di euro. «Grazie al piazzamento nei prossimi anni di quasi tutta la produzione che si avrà a Veglia, il prezzo del gas in Croazia potrebbe subire una diminuzione. Grazie a questo progetto, portato brillantemente a termine dal nostro governo, la Croazia - ha aggiunto il ministro - si è così posizionata sulla mappa energetica dell'Europa».Intanto però non è venuta meno l'opposizione al progetto da parte delle municipalità dell'isola nonché della Regione quarnerino-montana, che ritengono il terminal ad alto rischio per l'ambiente nonché per l'industria turistica.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 giugno 2020

 

 

Area Greensisam, spunta una nuova pista: uffici della Regione dentro due magazzini
Triangolazione aperta con il Comune. L'ipotesi di lavoro prevede che a Maneschi restino i due edifici più vicini al mare
Il Comune proroga fino al termine del 2020 i tempi di risposta che Greensisam deve fornire sulle opere di urbanizzazione da realizzare nella zona dove insistono i 5 magazzini in concessione 99ennale alla società oggi guidata da Antonio Maneschi, erede di Pierluigi. Una così lunga proroga per verificare l'attuabilità di un'operazione a tre Regione-Comune-Greensisam finalizzata a creare nuove opportunità di utilizzo della porzione di Porto vecchio più vicina alla città. E ad alleggerire nel contempo l'impegno della società immobiliare che paga oltre 500.000 euro di affitto all'anno senza finora averne ricavato alcunchè. Ne stanno discutendo Daniela Iuri e Franco Milan, al vertice della struttura amministrativa regionale, con Santi Terranova e Giulio Bernetti, che in Municipio sono rispettivamente segretario generale e direttore dell'Urbanistica. Stando a fonti regionali, l'ipotesi di lavoro, appena agli albori di un iter che si preannuncia piuttosto lungo, è la seguente. La Regione Fvg è interessata a una migliore e più razionale organizzazione del personale impiegato a Trieste, oltre 1500 dipendenti sparsi nelle varie sedi assessorili. L'eventuale disimpegno di numerosi asset (corso Cavour, riva Nazario Sauro, via Milano, via del Lavatoio, via Udine, via San Francesco) permetterebbe inoltre alla Regione di mettere sul mercato un cospicuo campionario immobiliare. Data questa premessa, si comprende come la Regione abbia posto lo sguardo su Porto vecchio in cerca di soluzioni adottabili per le due esigenze suesposte. Allora il Comune ha intravvisto la possibilità di sbloccare l'impasse Greensisam. La concessione, rilasciata nel 2005 dall'Autorità portuale, interessa 5 magazzini, posizionati su tre file. Nella fila più vicina al mare abbiamo il 3 e l'1A; nella fila mediana sono schierati il 2 e il 4; più vicino al varco di piazza Libertà è il 2A.Il "riparto" ipotizzato lascerebbe a Greensisam i due edifici prossimi al mare, più facilmente collocabili dal punto di vista dell'appetibilità commerciale. La Regione si prenderebbe i due stabili mediani. La quinta struttura "spaiata" potrebbe interessare a Trieste terminal passeggeri (Ttp) allo scopo di realizzarvi un parcheggio indoor, così da chiudere il contenzioso con il Comune (pendente al Consiglio di Stato) per la locazione degli stalli al Molo IV. Naturalmente Comune e Greensisam, qualora questo "switch" andasse a buon fine, dovrebbero rivedere l'attuale strumento concessorio, perchè il Comune avrebbe la disponibilità (oltre che la proprietà) di tre edifici. Tanto per cominciare, il mezzo milione di canone annuo, oggi sborsato da Greensisam, si ridurrebbe di oltre la metà. Poi la Regione e Ttp ragionerebbero se acquistare o affittare i magazzini di competenza: la strada giuridica non è stata ancora esplorata, essendo i colloqui Comune-Regione iniziati da poche settimane. Sullo sfondo l'attenzione dell'Autorità portuale, azionista di minoranza di Ttp.Perchè non va dimenticato che le cifre incassate dal Comune per le vendite in Porto vecchio debbono essere girate all'Autorità. La "cittadella Greensisam", nella sua interezza, era stata valutata 16 milioni e andrà all'asta con un diritto di prelazione esercitabile dalla concessionaria.

Massimo Greco

 

 

Ex caserma di via Rossetti, tramonta l'ipotesi permuta Il Comune tratta l'acquisto

La proposta da cassa depositi e prestiti attesa la prossima settimana
Roberto Dipiazza non vuole chiudere il suo terzo mandato senza aver perlomeno impostato la partita che verte sulla riconversione scolastica dell'ex caserma Vittorio Emanuele III in via Rossetti. Lunedì pomeriggio, insieme al direttore dei Lavori Pubblici Enrico Conte, si è collegato in video-conferenza con il vertice di Cdp sgr, la società di gestione risparmio di Cassa depositi e prestiti che possiede nel suo grande patrimonio anche l'ex struttura castrense triestina. Da Roma hanno colloquiato con il sindaco l'ad Marco Doglio, il direttore generale Marco Sangiorgio, il responsabile dell'urbanistica Stefano Brancaccio. Le parti sono rimaste d'accordo che la prossima settimana Cdp sgr formulerà una proposta al Comune sulla quale aprire la trattativa. Non si parlerà più di scambi immobiliari, come in passato quando si ipotizzava un risiko affollato dal Carciotti, dall'ex Manifattura Tabacchi, dall'area di Campo Marzio oggi occupata dal Mercato ortofrutticolo. Si parlerà invece in termini di contante: Cdp stima i 12 ettari dell'ex caserma attorno ai 17 milioni di euro, Dipiazza rilancia a 13. Cdp ha proposto un affitto annuo di 800.000 euro, su cui il sindaco è parso molto freddo. Ma via Versilia ha anche prospettato l'idea di un acquisto della grande area finanziato a mutui convenienti dalla stessa sgr.Comunque, finquando Roma non trasmetterà il suo orientamento, è difficile fare illazioni e sarà necessario verificare le compatibilità di bilancio in una fase critica come l'attuale. A Dipiazza piace il campus capace di ospitare 7.000 studenti: gli piace il progetto e gli piace anche l'opportunità di liberare un po' di immobili sul mercato, qualora i ragazzi fossero trasferiti dalle attuali sedi scolastiche. Ha inoltre ricordato a Cdp di avere 5 milioni della Regione Fvg da impiegare nella riconversione della vecchia struttura militare. A proposito di operazioni immobiliari, Dipiazza ha ripreso in mano anche il business di Campo Marzio: dopo qualche tentennamento, sembra essersi orientato definitivamente per il trasloco dell'Ortofrutta all'ex Duke in zona industriale, acquistata per 1,1 milioni dall'Ezit in liquidazione. Anzi, classifica "prioritario" lo spostamento del mercato, per ottenere la disponibilità di una delle più interessanti aree urbane, quotata dagli uffici comunali 26 milioni di euro, più facili da chiedere che da ottenere. Dipiazza ha circa 10 mesi per provarci.

Magr.

 

 

Mobilità sostenibile: in arrivo due tavoli Comune-associazioni - l'apertura della giunta. tryeste: «si faccia presto»
Due tavoli tecnici con gli uffici comunali e le associazioni del settore per elaborare interventi a breve e lungo termine per la mobilità sostenibile di Trieste. È l'idea dell'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, emersa ieri mattina nel corso della Sesta commissione del Consiglio comunale, alla quale hanno partecipato anche i rappresentanti di alcune associazioni promotrici di un piano per la mobilità post-Covid, nato grazie agli oltre mille contributi pervenuti durante il percorso di progettazione partecipata organizzato da Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Friday For Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz. Spedito al Comune il 18 maggio, il piano è suddiviso in quattro aree di intervento per contrastare l'aumento del traffico e per promuovere le cosiddette "forme di mobilità attiva": pedonalità, ciclabilità, trasporto pubblico e mobility management. Polli si è detta disponibile appunto all'apertura di un tavolo tecnico per esaminare gli interventi urgenti da portare in Consiglio Comunale e, poi, di un altro tavolo in cui discutere della pianificazione a lungo termine, in vista della redazione del Piano urbano della mobilità sostenibile. Da parte di Paolo Menis del M5s sono giunte però critiche rispetto al ritardo di tale scelta mentre Fabiana Martini del Pd ha chiesto un cronoprogramma preciso sulle tempistiche degli interventi. «Per rispondere all'esigenza di costruire risposte all'altezza in tempi brevi, il tavolo va necessariamente convocato a strettissimo giro e con un mandato operativo su soluzioni realizzabili entro settembre», afferma a riguardo Riccardo Laterza di Tryeste. Nei giorni scorsi, le associazioni proponenti hanno elaborato le stime dei costi per la realizzazione di "bike lane" su alcune arterie stradali di Trieste: 3.500 euro per il tratto tra Corso Italia e Corso Saba, 5.700 per via Battisti, 5.900 per viale D'Annunzio e 19. 800 per via Flavia. Sempre secondo tali stime, il complesso di questi interventi peserebbe per circa lo 0,3% rispetto al "tesoretto" di 12 milioni del Comune.

Simone Modugno

 

 

La Slovenia dà il via libera all'uccisione di altri 115 orsi - caos legislativo in materia
LUBIANA. Le famiglie di cacciatori e i gestori di terreni di riserve di caccia potranno uccidere fino a 115 esemplari di orsi. La scorsa settimana, infatti, l'Agenzia ambientale della Repubblica di Slovenia (Arso) ha rilasciato un'autorizzazione per la ripresa della caccia, che è valida fino alla fine di settembre in diverse aree del Paese, che sono state determinate in base all'aumentata densità locale di orsi e dei conflitti causati dagli orsi stessi all'interno dei singoli gruppi. Ricordiamo che la questione dell'abbattimento di orsi e lupi in Slovenia è oggetto di aspre polemiche tra animalisti e governo già da alcuni anni. Il problema comunque esiste e potrebbe diventare ingestibile, per colpa dell'uomo ovviamente. Nel 2015 il numero di orsi presenti in Slovenia era stimato a 599 unità, mentre nel 2020 la popolazione totale è salita a quota 990. La legge di intervento per l'abbattimento di orsi e lupi selvatici è stata adottata dall'Assemblea nazionale nel giugno dello scorso anno e la sua attuazione è scaduta il 30 aprile (per gli orsi) e scadrà invece il 30 settembre (per i lupi). La legge prevedeva l'uccisione di 175 orsi e 11 lupi. Finora sono stati abbattuti 172 orsi e tutti i lupi della quota prevista. La proposta di modifica della legge di intervento, presentata al Consiglio nazionale il 17 febbraio di quest'anno da Branko Tomazic, rappresentante della Camera per l'agricoltura e la silvicoltura in questo organo e membro del Partito popolare (Sls), è stata adottata dal Consiglio nazionale il 26 febbraio. La proposta nel periodo dal 1 maggio di quest'anno al 30 aprile 2021 (per gli orsi) o fino al 31 gennaio 2021 (per i lupi) propone l'abbattimento di 240 orsi e 30 lupi, e il Parlamento la prenderà in considerazione nel corso di una procedura abbreviata. Il ministero dell'Ambiente ha scritto che sostiene la soluzione legale del Consiglio Nazionale «perché stabilisce un equilibrio tra la coesistenza di carnivori e umani in un modo che garantisca la sicurezza dell'uomo e delle sue proprietà, e perché ha una base professionale e un più ampio sostegno da parte degli esperti del settore». Nelle more che i lavori parlamentari prendano in considerazione la proposta di legge sopra illustrata l'Agenzia per l'ambiente ha però, motu proprio (si fa per dire vista la grande forza politica trasversale da parte della lobby dei cacciatori), preso la decisione di permettere la caccia all'orso, seppure in determinate aree del Paese e per mano, o meglio, per doppietta delle famiglie di cacciatori.

M. MAN

 

AGRICOLTURA IN REGIONE - Le prime vespe samurai contro la cimice asiatica
UDINE. È stato liberato ieri a Pozzuolo del Friuli, in un uliveto campione di proprietà dell'Ersa, il primo centinaio di esemplari di "Trissolcus japonicus", detta Vespa samurai: altri cinquemila esemplari saranno immessi in natura a breve in tutta la regione, dal Carso alla Carnia. Si concretizza così - ha detto l'assessore regionale Stefano Zannieri - «il risultato di un lungo lavoro di ricerca, ma anche di adeguamento normativo, che la Regione tramite l'Ersa ha svolto assieme al Crea, e ha portato finalmente alla individuazione di un insetto antagonista della cimice asiatica». Quest'ultima infatti negli ultimi quattro anni ha causato danni ingenti all'agricoltura regionale. La "samurai", insetto innocuo per l'uomo, dalle dimensioni inferiori a due millimetri e privo di pungiglione, impedirà lo sviluppo delle uova della cimice, riducendone la presenza nell'ambiente e nelle campagne.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 giugno 2020

 

 

Cattivi odori a San Dorligo - Pronto il report dei tecnici
Per gli esperti coordinati dall'Arpa la causa è riconducibile all'evaporazione dei residui dalle pareti dei serbatoi Siot quando i "tappi" mobili scendono
SAN DORLIGO. L'evaporazione di ciò che fuoriesce dal sistema di tenuta perimetrale e dei residui liquidi che si depositano sulle pareti interne del serbatoio quando il tetto mobile scende. È questa, con ogni probabilità, la causa dei cattivi odori che si avvertono nel territorio di San Dorligo della Valle, in particolare nell'area che circonda la Siot. A dirlo sono i risultati di un approfondito studio, completato in questi giorni e reso noto dal Comune dopo circa un anno di analisi, a cura del gruppo di esperti coordinato dall'Arpa Fvg nell'ambito del percorso avviato dal Comune di San Dorligo per trovare una soluzione al problema delle "molestie olfattive", legate al deposito di oli minerali in zona, riconducibili a emissioni di composti organici volatili. Del gruppo hanno fatto parte esperti individuati all'interno del Sistema nazionale delle agenzie per la protezione dell'ambiente (Snpa) e del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell'Università, che si sono costantemente confrontati con la Seconda Commissione Ambiente di San Dorligo, oltre che con la Direzione dello stabilimento. Il tutto grazie a un finanziamento della Regione. Lo studio è partito dalla verifica dello stato di conservazione dei serbatoi, apparso buono esternamente, mentre internamente si sono evidenziate diffuse tracce di ruggine e la presenza di alcuni punti di erosione. È stato altresì rilevato che il tipo di tenuta perimetrale, a pattino metallico, garantisce in genere buoni risultati, ma risulta al tempo stesso poco efficace in presenza di accentuate irregolarità del fasciame, riconducibili alla deformazione delle lamiere durante la saldatura o a cordoni di saldatura sporgenti. Conclusione, questa, tratta al termine di accurate visite effettuate dagli esperti all'interno di alcuni serbatoi, che sono del tipo "a tetto galleggiante esterno a fondo singolo", e consistono in un recipiente cilindrico aperto, in acciaio saldato, ad asse verticale, dotato appunto di un tetto in grado di galleggiare sul pelo libero del liquido stoccato. A conclusione degli approfondimenti, gli esperti hanno così formulato una proposta di intervento, partendo dalla considerazione che le emissioni di cattivi odori sono associabili alla presenza di composti organici volatili e che il loro abbattimento potrebbe ridurre significativamente il disagio. In sostanza, sarebbero necessari interventi finalizzati a ridurre l'adesione del petrolio alle pareti del serbatoio, evitando che il greggio, in seguito all'abbassamento del tetto "flottante", rimanga per troppo tempo esposto all'aria e sia soggetto all'evaporazione. Un risultato che si potrebbe ottenere applicando sul rivestimento interno del fasciame uno prodotto a bassa adesività, sostituendo il sistema di tenuta a pattino metallico ora adottato ed eseguendo un trattamento di pulizia e sabbiatura delle pareti dei serbatoi. Gli esperti hanno suggerito una prima sperimentazione su un singolo serbatoio. La Direzione della Siot, viene fatto sapere, pur esprimendo apprezzamento per la qualità dell'elaborato redatto dal gruppo di lavoro, ha comunque evidenziato alcune perplessità sulle conclusioni tratte, ritenendo in ogni caso doverosa, nei confronti della cittadinanza, la diffusione del documento. Inizialmente era stata prevista una conferenza stampa di presentazione dei risultati, ma l'emergenza Covid l'ha di fatto cancellata. Il Comune ha stabilito di pubblicare sul proprio sito www.comune.san- dorligo-della-valle.ts.it un riassunto del documento, per renderlo così accessibile a tutti. Chi inoltre farà formale richiesta di accesso atti al Municipio, potrà consultare il report nella sua versione originale.

Ugo Salvini

 

 

Le cozze allevate in riviera tornano commestibili - Ultimi dati nella norma: lo stop sarà revocato
MUGGIA. «I dati sono confortanti, cioè conformi. Sto procedendo alla riapertura». Così Paolo Demarin, del Dipartimento di prevenzione dell'Asugi, riguardo la cosiddetta "zona 02TS", dedicata a produzione, raccolta e stabulazione dei "pedoci" muggesani, che presto torneranno dunque sul mercato, liberi dallo stop deciso dall'Asugi. Il blocco era stato deciso a suo tempo a causa della presenza, nei campioni prelevati, di quantità fuori norma di benzo(a)pyrene, oltre che di biotossine, quest'ultime riscontrate peraltro a diverse riprese in tutte le zone della costa triestina. Con la prossima revoca dell'ordinanza relativa alla chiusura della zona ripartirà, quindi, la commercializzazione. Resta però ancora da chiarire la provenienza dell'idrocarburo allora rilevato nelle cozze di Muggia.

LU.PU.

 

 

BIOEST - Corsi di orti in via Grego

Ricominciano oggi gli incontri di orticoltura pratiche organizzate dal gruppo Urbi et Horti Bioest. Con i maestri contadini, all'aperto e in sicurezza, si potrà assistere e anche fare vera e propria pratica in orto. Si parlerà di metodo biologico, sinergico, biodinamico. Proveremo a costruire una vera zona di coltivazione . Il primo incontro si terrà oggi nel campo di via Grego (lato "case dei puffi"). Per partecipare telefonare al 3287908116.

 

Scadenze - Domanda Servizio civile

Scade il 26 giugno il termine per presentare la domanda per la selezione di ragazzi tra i 16 ed i 18 anni (non compiuti) da impiegare nei progetti di Servizio civile solidale 2020 proposti dalla Regione Fvg, e sono 32 i posti disponibili nei 9 progetti con Arci Servizio Civile nel Friuli Venezia Giulia. L'impegno è di 360 ore distribuite nell'arco dell'anno, ed è previsto un riconoscimento economico. Si inizia in settembre.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 giugno 2020

 

 

Riempiti di rifiuti 50 sacchi ai Laghetti delle Noghere

Si tratta perlopiù di vestiti, scarpe e resti di cibo lasciati dai migranti: il materiale raccolto dai volontari di Alta e associazione Val Rosandra

Muggia. Una cinquantina di sacchi neri per la raccolta delle immondizie, pieni di pantaloni, giacche, scarpe, residui di contenitori di cibi e bevande. Il tutto riconducibile al passaggio dei migranti. È questo il risultato di una nuova operazione, inserita nel più ampio progetto denominato "Carso pulito", portata a termine nel fine settimana, nella zona dei Laghetti delle Noghere, nel territorio di Muggia, dai volontari che fanno parte della sezione triestina del Reparto sportivo dell'Associazione lagunari truppe anfibie (Alta), presieduta da Gianfranco Drioli, assieme a quelli dell'associazione Val Rosandra. Al termine, i sacchi sono stati depositati nei contenitori messi a disposizione per l'occasione dall'amministrazione di Muggia per il loro successivo smaltimento. «Il sindaco, Laura Marzi - ha spiegato il direttore dell'operazione "Carso pulito", Aljosa Cazzador - si era dichiarata molto disponibile alla vigilia dell'intervento e, una volta visto il risultato ottenuto, ci ha ringraziato per il lavoro svolto, promettendo che alla prossima occasione ci accompagnerà personalmente». I volontari hanno anche ascoltato la testimonianza di alcuni residenti della zona, i quali hanno parlato di «un transito di migranti pacifico, ma pressoché costante». «Qualcuno - hanno precisato - ci ha anche chiesto informazioni stradali». Nei fine settimana precedenti, i volontari dell'Alta e dell'associazione Val Rosandra avevano effettuato operazioni simili nell'area di Bottazzo, la piccola frazione situata alla fine della Val Rosandra, a Draga Sant'Elia e nei pressi di Pese, nel territorio comunale di San Dorligo della Valle. «I migranti - ha ricordato Cazzador - sanno di doversi cambiare non appena arrivano in territorio italiano, perché così eliminano ogni prova che possa confermare il fatto che arrivano dalla Slovenia». Sabato prossimo i volontari di "Carso pulito" torneranno a Bottazzo, perché sembra che, nelle poche settimane trascorse dall'ultima operazione, l'area sia di nuovo piena di vestiti e calzature dismessi.

u. s.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 giugno 2020

 

 

Tornano i corsi dei maestri contadini per imparare a curare gli orti in città - da martedì

I metodi biologici per seminare, trapiantare, irrigare e raccogliere i frutti della terra insegnati dal vivo in un orto, e a distanza di sicurezza. Ricominciano anche quest'anno gli incontri di orticoltura organizzati dal gruppo Urbi et Horti e riapre anche lo Sportello Ambiente di via XXX Ottobre 8/a, dove potersi recare per le iscrizioni e le informazioni sui corsi e per ottenere consigli utili e risposte a quesiti su educazione ambientale, raccolta differenziata, mobilità sostenibile, casa ecologica ed efficienza energetica. Da martedì riprenderanno poi le lezioni pratiche di orticoltura in campo con i maestri contadini. «Parleremo - anticipa la naturalista Tiziana Cimolino di Urbi et Horti - di metodo biologico, sinergico e biodinamico. Con i maestri contadini potremmo assistere a dimostrazioni sul campo e anche fare pratica in orto. Proveremo a costruire una zona di coltivazione e vedremo come seminare, trapiantare, irrigare. Ogni partecipante dovrà dotarsi di dispositivi di protezione individuale e di una sedia. È consigliato indossare scarpe e abiti da lavoro. Il primo incontro si terrà nel campo di via Grego, lato "case dei puffi". «Inizieremo parlando della qualità del terreno, del tipo di verdure da coltivare a seconda delle stagioni e visiteremo qualche orto già in avanzato stato di coltivazione per verificare l'andamento stagionale degli ortaggi. Il corso proseguirà con degli incontri sulle erbe del nostro territorio per i quali ci avvarremo dell'esperienza dei nostri insegnati di oleoliti». Per iscriversi: telefonare al 3287908116 o recandosi direttamente allo Sportello aperto il martedì e venerdì 9-12.

G.T.

 

 

Inquinamento del mare e depuratore di Grado Tutti assolti gli imputati

Il direttore di Irisacqua Lanari con Gabrielcig, già dirigente della Provincia, erano stati accusati di danneggiamento

GRADO. La Procura li aveva accusati per aver causato un inquinamento del mare, in qualità di gestori, dal 2009, del depuratore di Grado. Paolo Lanari, 70 anni, direttore generale di Irisacqua, e Flavio Gabrielcig, 59 anni, all'epoca al vertice della Direzione Sviluppo territoriale e Ambiente della provincia di Gorizia, a processo, iniziato nel giugno 2017, hanno dovuto rispondere di danneggiamento in concorso. Sono stati rappresentati rispettivamente dai difensori avvocati Riccardo Cattarini e Francesco Donolato. Entrambi sono stati assolti dal Tribunale di Gorizia perché il fatto non sussiste. Nel procedimento si è costituito parte civile il Comune di Grado, con l'avvocato Francesco Debenedittis, a fronte di una richiesta di risarcimento di oltre 100 mila euro. Un processo durato tre anni e per il quale ora si attendono le motivazioni alla sentenza. I fatti risalgono al gennaio 2009. La Procura aveva eseguito ampie verifiche avvalendosi dei Carabinieri, della Guardia di finanza e della Guardia costiera, coinvolgendo anche Arpa e funzionari della Provincia. Erano state acquisite decine di migliaia di copie di atti amministrativi ed era stata disposta una consulenza. Irisacqua aveva avuto in consegna l'impianto, a fronte di contributi erogati da Aato, poi trasformatosi in Cato, di oltre 500 mila euro per la ristrutturazione del depuratore. La Procura aveva contestato il danneggiamento in concorso, attraverso comportamenti commissivi ed omissivi, del corpo recettore ricevente gli scarichi dell'impianto del Comune, peraltro privo di autorizzazione allo scarico, effettuando dal 1999 scarichi «oltre i limiti di legge» (azoto ammoniacale, tensioattivi totali, Escherichia Coli), e producendo un danno anche al fondo e sottofondo marino circostante lo scarico del depuratore, nonché allo specchio di mare antistante. Al dottor Lanari, dal primo gennaio procuratore speciale e responsabile della conduzione tecnica dell'impianto gradese, la pubblica accusa, con il pm Valentina Bossi, aveva contestato l'aver consentito, ossia non impedito, lo scarico dei reflui inquinati derivanti dalla depurazione urbana. All'ingegner Gabrielcig era stato imputato il fatto di non essere intervenuto in via sostitutiva, essendo competente all'emanazione dei provvedimenti autorizzativi allo scarico, oltreché direttore generale Aato, al fine di verificare il corretto funzionamento dell'impianto. A fronte del contributo di oltre 500 mila euro per la ristrutturazione del depuratore, sempre secondo l'accusa, non aveva provveduto a controllare che gli interventi andassero a buon fine e che comunque i valori limite degli scarichi fossero rispettati. L'avvocato Cattarini aveva sostenuto che a Irisacqua era stato consegnato l'impianto in condizioni molto critiche, rapidamente risolte poiché l'inquinamento precedente era stato eliminato. La società, per il legale, aveva fatto di tutto per evitare che i difetti riscontrati al momento dell'acquisizione dell'impianto proseguissero nel tempo. Così come l'ingegner Gabrielcig, secondo l'avvocato Donolato, era estraneo all'inquinamento, e il nuovo impianto sarebbe stato autorizzato all'esercizio una volta completato. Cattarini ha osservato: «Ancora una volta le accuse del pubblico ministero nei confronti di un'azienda che rappresenta un'eccellenza del nostro territorio come Irisacqua, si sono rivelate infondate quando vengono giudicate dal Tribunale. Sono intervenute parecchie assoluzioni, una di seguito all'altra. Accuse così mettono in crisi per anni l'operatività dell'azienda, preoccupando inutilmente il personale che è di grande livello». Donolato ha affermato: «Il processo ha confermato che Gabrielcig ha ben operato, nel rispetto delle leggi e dell'interesse della comunità. L'istruttoria e il Tribunale hanno riconosciuto l'estraneità dell'ingegnere all'ipotesi di reato contestata». Infine, l'avvocato Debenedittis: «Attendiamo di leggere le motivazioni alla sentenza per decidere cosa fare e cosa deciderà la Procura».

Laura Borsani

 

 

Salite a 5 le tartarughe morte

La più piccolina ha appena 30 centimetri ed è stata trovata ieri spiaggiata a Pineta, ma un'altra tartaruga di 58 centimetri è stata rinvenuta ieri mattina senza testa (forse tranciata da un'elica) all'inizio della Costa azzurra. Salgono a 5 gli esemplari trovati morti in pochi giorni. A scoprirle persone che passeggiavano sul bagnasciuga o il personale degli stabilimenti balneari. A occuparsene è l'ufficio circondariale marittimo di Grado che ha anche sentito l'istituto zooprofilattico di Padova, mentre lo smaltimento spetta al Comune.

AN. BO.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 giugno 2020

 

 

Salgono a quota 133 i treni regionali ma Frecce per Roma solo da Udine

Trieste penalizzata. Da domani invece più collegamenti locali: ok a promozioni e abbinata binario-bici

Udine. Tornano i treni regionali, ma sono dimezzati i Frecciarossa direzione Roma. Annunciati, con il nuovo orario, solo su Udine, non su Trieste, dove invece, già da inizio giugno, era ricomparso il collegamento veloce su Milano. Le stime di riempimento dei convogli non rendono invece per adesso conveniente per Trenitalia la ripartenza delle Frecce dal capoluogo regionale verso la capitale. Una penalizzazione per gli utenti triestini che durerà, ben che vada, per tutto giugno. «L'offerta delle Frecce - precisa la compagnia - viene valutata in base alle esigenze di mobilità del territorio e nel giro di qualche settimana le frequenze verranno aumentate sicuramente».Una doccia gelata anche per l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti: «Sono sorpreso e fortemente dispiaciuto per l'assenza di risposte alle nostre richieste, anche sul fronte dei voli, con Alitalia che ancora non ufficializza la ripresa della tratta Ronchi-Roma. Non c'è dubbio che farò immediate pressioni per le Frecce Trieste-Roma, tanto più determinanti dopo mesi in cui sono mancati i collegamenti di lunga percorrenza».Le buone notizie arrivano invece sul fronte dei treni locali. Con l'orario estivo presentato ieri da Trenitalia, al via da domani 14 giugno, in Friuli Venezia Giulia si muoveranno 133 treni regionali nei giorni feriali, un netto incremento rispetto ai 99 della fase 2 dell'emergenza Covid. Un'offerta più ampia (durante il lockdown si era scesi al 30%) che soddisfa innanzitutto i pendolari. «La gente sta tornando a viaggiare in treno - commenta Andrea Palese, storico attivista del comitato Alto Friuli -. Già adesso, rispetto al 15% della fase 1, la presenza è del 30-40%, con punte del 50%». I 133 treni annunciati dall'amministratore delegato di Fs Gianfranco Battisti e, per Trenitalia, dal presidente Tiziano Onesti e dall'ad Orazio Iacono, significano una copertura dell'80% rispetto a un orario estivo pre-Covid. Nel "pacchetto" ci sono anche 11 conferme dell'orario invernale, «per scongiurare l'eventualità di sovraffollamenti», informa la compagnia. Una risposta anche alle richieste dei pendolari, che avevano sollecitato il ripristino del R6005 in partenza da Tarvisio alle 6.45 e arrivo a Trieste alle 9.08, del R21000 delle 7.28 da Trieste e di alcune altre corse della fascia oraria 15-16, oltre al mantenimento del R6038 delle 18.35 da Udine direzione Carnia, e sono stati accontentati. «Con l'emergenza - osserva ancora Palese - sono caduti certi tabù. Ringraziamo Fs e Trenitalia per avere accolto a stretto giro le nostre proposte».Molta attenzione anche sull'abbinata treno-bici. «Una combinazione vincente», la sintesi di Pizzimenti ieri a Trieste Centrale alla presentazione di due carrozze rinnovate e attrezzate per il trasporto di 64 due ruote ciascuna e attive sempre dal 14 giugno con rastrelliere, cinghie di sicurezza e prese di corrente per la ricarica delle biciclette elettriche. Circoleranno tutti i sabati e le domeniche sui regionali 21000 Trieste (7.28) - Tarvisio (10.07) e 6049 Tarvisio (15.53) - Trieste (18.08). Tra le offerte, oltre alla "promo Weekend Fvg" (sconto del 20% nel fine settimana), spuntano anche "Estate Insieme" (dal 24 giugno, tra le 12 del venerdì e le 12 del lunedì, biglietto unico a 49 euro per quattro weekend senza limiti di destinazione in regione), "Estate Insieme XL" (149 euro per tutti i weekend d'estate), "Promo Junior" (regionali gratis per gli under 15) e "Plus 3 e Plus 5" (tariffe da 40 o 60 euro per tour personalizzati di 3 o 5 giorni).

Marco Ballico

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 giugno 2020

 

 

Finiscono in archivio attese, cantieri e disagi Piazza Libertà è pronta

L'area rinnovata con un progetto da 5 milioni "battezzata" da Dipiazza: «Ora non vedo più difetti tranne la Tripcovich»

«Questa piazza è destinata a diventare un bellissimo biglietto da visita per chi arriva in città». Parola del sindaco Roberto Dipiazza, che ha presenziato ieri "in loco" alla conferenza stampa di fine lavori e di contestuale inaugurazione ufficiale della rinnovata piazza Libertà. Si chiude infatti il complesso iter di riqualificazione iniziato nell'autunno del 2018 e completato, a mini-lotti, in poco più di un anno e mezzo. «È stato fatto un ottimo lavoro in relativamente poco tempo - ha sottolineato il sindaco - e, a parte la perdurante presenza della Sala Tripcovich, non posso dire di trovare dei difetti a questa nuova piazza». È un progetto covato a lungo, quello della riqualificazione dell'area, che risale come è noto ai primi anni Duemila ed è rimasto sottotraccia tra le polemiche fino al 2016, quando la terza amministrazione Dipiazza riprese in mano il vecchio disegno datato 2007 e lo integrò per adeguarlo alle necessità più attuali e moderne della zona. L'importo totale dell'opera sfiora i cinque milioni (quattro milioni e 937 mila euro per l'esattezza), ed è stato finanziato per 2,3 milioni dal ministero delle Infrastrutture e per 1,5 milioni dalla Regione, mentre il restante milione è stato stanziato dallo stesso Comune e da AcegasApsAmga. I lavori erano già stati ultimati nei primi due mesi dell'anno ma, a causa della quarantena, l'inaugurazione è stata spostata rispetto alla data stabilita inizialmente. Ciò che salta agli occhi a un osservatore "neutro" è la rinnovata viabilità del quadrilatero veicolare che, unita ai nuovi stalli per gli autobus presenti sul lato Sud, costituiscono le principali novità della piazza. Aspetti già conosciuti ai più, in realtà, per effetto degli interventi eseguiti a lotti nel corso di questo ultimo anno e mezzo, forieri di inevitabili disagi. I cambiamenti più recenti riguardano il sottosuolo: con l'ultimazione delle ultime finiture, nel giro di pochi giorni verrà finalmente riaperto pure il sottopassaggio, la cui principale novità sarà costituita dalla chiusura notturna. «Sarà un modo per contenere spiacevoli assembramenti notturni - ha spiegato l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi - e per mantenere al meglio un percorso maggiormente esposto al rischio danneggiamenti». Il sottopassaggio non rappresenterà più l'unico modo per raggiungere la stazione, avendo il rinnovamento della piazza "istituzionalizzato" il fenomeno dell'attraversamento, un tempo selvaggio, di fronte all'uscita della stessa. Ora l'attraversamento pedonale frontale esterno è garantito infatti da un passaggio pedonale a raso regolato da impianto semaforico. Non solo viabilità, però, nell'intervento firmato Mari & Mazzaroli, Rosso e Riccesi Holding. Sono stati messi a dimora anche 17 nuovi alberi fra il centro della piazza e i nuovi capolinea degli autobus. Infine, nella riorganizzazione del perimetro, sono stati pure rinnovati gli impianti di illuminazione, con tanto di percorsi tattili-plantari in aiuto agli ipovedenti, e inseriti nuovi stalli dedicati al bike sharing, oltre a quelli già presenti davanti alla stazione ferroviaria.

Lorenzo Degrassi

 

 

Finita l'era di Trieste Trasporti Arrivano orari e percorsi nuovi

Iniziata ieri la gestione del consorzio Tpl Fvg. Da domenica in vigore le tabelle estive con cambiamenti per alcune linee, a partire dalla 30. Giovedì possibili disagi per uno sciopero

Il servizio di trasporto pubblico cittadino cambia nella forma. E, in parte, anche nella sostanza. Ieri, infatti, il consorzio Tpl Fvg è subentrato nella gestione degli autobus in tutta la regione, inglobando in sé anche Trieste Trasporti. Da domenica prossima, 14 giugno, nel capoluogo giuliano entreranno inoltre n vigore i nuovi orari estivi. La concomitanza dei due eventi comporta parecchie novità, ma per adesso i prezzi rimangono invariati. E, nel frattempo, benché per altre ragioni, i sindacati sono già sul piede di guerra: giovedì prossimo ci sarà in effetti uno sciopero nazionale del settore. Per quanto riguarda i biglietti, quelli nuovi sono già in vendita non solo in provincia, bensì sull'intero territorio regionale, e non riportano il costo del viaggio ma un codice: le tariffe complete sono pubblicate sul sito del nuovo consorzio (www.tplfvg. it), e sono visibili a bordo dei mezzi e nelle rivendite. Al momento non risultano, per l'appunto, maggiorazioni. C'è inoltre tempo fino al 31 dicembre per smaltire i titoli di viaggio con la sigla di Trieste Trasporti: a partire dal 2021 i vecchi biglietti perderanno dunque ogni validità e non potranno più essere usati, né sostituiti, né rimborsati. Analogamente gli abbonamenti e i tesserini identificativi, emessi dal precedente gestore, rimarranno validi fino alla loro naturale scadenza, senza bisogno di sostituirli. Oltre che al già citato portale web di Tpl Fvg, ci si può comunque rivolgere all'apposito numero verde 800 052 040, attivo ogni giorno dalle 6 alle 22. Il consorzio ha anche una propria app Android e Apple, dove si possono pianificare e pagare gli spostamenti, mentre quella di Trieste Trasporti non è più in funzione. Domenica, intanto, scatteranno come detto poi le "tabelle" estive: in questo caso gli orari completi si trovano ancora sul consueto sito di Trieste Trasporti (www. triestetrasporti.it). Alle fermate non sarà più indicato l'orario di partenza dal capolinea bensì quello programmato di passaggio. Ulteriori cambiamenti riguardano innanzitutto la linea 30: da lunedì a sabato, fino alle 21, transiterà per corso Cavour in entrambe le direzioni, fermando in piazza Duca degli Abruzzi. Nelle stesse giornate, dalle 21 alle 24, passerà per corso Cavour verso via Locchi e per via Filzi in direzione di piazza della Libertà. Nei festivi correrà infine per via Roma e per via Filzi, in ambo le direzioni. La 51, a propria volta, partirà da piazza Libertà dalle 6 a mezzanotte, ogni 15 minuti negli orari di punta e ogni 30 in quelli meno critici, garantendo la comunicazione con i campus di Area Science Park di Padriciano e Basovizza. La 39 non passerà per città ma collegherà le località dell'altipiano lungo la direttrice Basovizza - Villa Carsia (Grozzana, San Lorenzo, Draga, Gropada e Banne). La 1 non toccherà più le vie Reti e Imbriani ma, attraverso via Carducci e Ponte della Fabra, entrerà in piazza Goldoni: qui la sua fermata sarà di conseguenza trasferita nell'isola spartitraffico, dove già si fermano la 15 e la 16. A Muggia saranno intensificate le linee 7, 19 e 31: quest'ultima assorbirà in sé la 50. Allo stesso modo tutte le "X" saranno assorbite negli altri servizi di linea esistenti. L'Usb Fvg Trasporti fa sapere infine che aderirà allo stop di giovedì 18 giugno contro provvedimenti di prevenzione della salute ritenuti «inadeguati». A Trieste il personale viaggiante sciopererà dalle 9 alle 13, mentre quello tecnico-amministrativo si asterrà dal lavoro nelle ultime quattro ore di turno: saranno dunque possibili disagi sia alle fermate e sui bus che agli sportelli.-

Lilli Goriup

 

Luoghi Comuni - Mobilità sostenibile: il 18 dibattito su Fb

"La mobilità a Trieste: il bivio tra passato e futuro" è il titolo della diretta Fb in agenda il 18 giugno alle 18 sulla pagina dell'associazione Luoghi Comuni. Scopo della diretta: lanciare un dibattito con Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Frydays for Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz, le realtà che durante il lockdown hanno preparato una proposta di mobilità sostenibile per la città. Introdurrà la professoressa Elena Marchigiani, già assessore in Comune.

 

 

Consegnate 484 firme anti-Pecol dei Lupi - Scontro con Isambiente - la petizione arrivata a Trieste

CORMONS. Il Comitato "No riapertura discarica Pecol dei Lupi" ha presentato in Consiglio regionale la raccolta firme contro il riutilizzo della discarica alle porte di Borgnano. Una rappresentanza del gruppo fondato da 17 cittadini cormonesi è stata accolta e supportata dai consiglieri regionali di opposizione Tiziano Centis, Ilaria Dal Zovo, Furio Honsell, Massimo Morettuzzo e Diego Moretti. La petizione, 484 le adesioni raccolte, è stata consegnata nelle mani del presidente dell'assemblea Pier Mauro Zanin.«Il presidente e i consiglieri hanno ringraziato il Comitato - sottolinea la delegazione - per aver fatto vivere un momento di democrazia diretta e auspicato che la petizione, e quindi la spinosa questione di Pecol, venga discussa quanto prima nella IV commissione consiliare che si occupa di temi ambientali». Lo stesso Comitato intende inoltre rispondere alle dichiarazioni del presidente di Isambiente Tavella: «Siamo rimasti sconcertati da come Tavella descriva il progetto di un nuovo ingente conferimento di rifiuti come se fosse la panacea risolutiva del problema, dimostrando di non tenere in considerazione le perplessità espresse dai cittadini che vivono nei dintorni della discarica, attualmente sotto sequestro».Il Comitato inoltre aggiunge: «Isambiente continua a non fare cenno pubblicamente né del documento del 2015 in cui sosteneva come per la chiusura definitiva del sito non fosse necessario alcun conferimento esterno, né del fatto che a febbraio aveva parlato di 35 mila metri cubi da riempire mentre il progetto attuale conta oltre 47 mila metri cubi, una cifra enormemente più grande». Del tema-Pecol si è parlato anche nel Consiglio comunale dell'altra sera a Cormons, con l'opposizione che ha portato le posizioni anti-conferimento del Comitato, ma sull'argomento la maggioranza ha ribadito come la propria idea sia quella di giungere sì a una chiusura del sito, ma attraverso il conferimento del secco residuo necessario. «Mi fido dei tecnici del settore», la posizione espressa dal sindaco Roberto Felcaro.

M. F.

 

 

La rarissima medusa dei record intercettata al largo di Miramare

Avvistato vicino alla Riserva un esemplare di Drymonema dalmatinum: può arrivare fino a un metro

La più grande e rara medusa del Mediterraneo è stata avvistata due giorni fa nelle acque del golfo da Saul Ciriaco e Marco Segarich, ricercatori dell' Area Marina Protetta di Miramare, immortalata anche in un video, pubblicato ieri su Facebook. Una presenza definita eccezionale, della Drymonema dalmatinum, urticante, della classe delle scifomeduse, che può arrivare fino a un metro di diametro. L'esemplare, di circa 50 centimetri, nuotava al largo della Riserva protetta di Miramare. «Stavamo effettuando uno dei consueti monitoraggio della zona, che realizziamo ogni settimana, legati a diversi progetti - spiega Saul Ciriaco - quando ci siamo imbattuti nella medusa e Marco è riuscito a effettuare il video. Spesso ci capitano piacevoli sorprese, la volta scorsa è stato il turno di una grande tartaruga. E tutto viene registrato, soprattutto quando si tratta di rarità come questa. A Trieste - sottolinea - è sicuramente la prima volta che viene segnalata: era capitato nel 2014 a Lignano e qualche tempo dopo a Pirano. Sono gli unici casi che conosciamo finora». La medusa è stata descritta per la prima volta in Dalmazia nel 1880 dal naturalista Ernst Haeckel, e successivamente è stata avvistata pochissime volte. «L'esemplare ripreso a Trieste è più piccolo degli altri, notati in passato - dicono ancora gli esperti - e tra i suoi folti tentacoli si possono intravvedere due polmoni di mare (Rhizostoma pulmo). Non le stanno facendo compagnia, però: la Drymonema è una divoratrice di altre meduse, e ha una caratteristica molto particolare, la sua fase polipoide, ovvero la fase del ciclo biologico in cui rimane attaccata al fondo, può durare anche alcuni decenni. Ecco spiegati gli avvistamenti così rari. Talmente rari da non destare alcuna preoccupazione per il suo rinvenimento al largo delle nostre coste. Se mai la incontrerete - avvisano ancora - tenetevi alla larga, certo, ma consideratevi dei privilegiati».Insomma meglio non avvicinarsi troppo e soprattutto non toccarla, considerando il rischio di dermatiti, visto il potere urticante. La notizia, e il video di ieri, hanno fatto rapidamente il giro del web e dei social, con centinaia di condivisioni in tutta Italia. E nel frattempo restano nel golfo di Trieste anche le meduse "Aurelia Aurita", più piccoline, viste le scorse settimane in gran numero da tante persone nei porticcioli di Barcola e Grignano, sulle Rive e anche all' interno del canale di Ponterosso. Conosciute anche come "meduse quadrifoglio", perché dotate di quattro cerchi sulla parte dell' ombrello, sono state spinte vicino alla costa da venti e mareggiate e lì sono rimaste intrappolate. Anche in questo caso meglio non avvicinarsi troppo visto il loro potere urticante.

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 giugno 2020

 

 

Il Magazzino 26 riapre i cantieri per il super polo della cultura
Appaltati lavori per oltre tre milioni per preparare gli spazi a Immaginario, masserizie degli esuli e Museo del mare
Un doppio cantiere all'interno del Magazzino 26. L'edificio contenitore del Porto vecchio, uno dei più grandi magazzini emporiali d'Europa (42 mila metri quadrati), si prepara a ospitare l'Immaginario scientifico (in arrivo da Grignano), le collezioni del vecchio Museo del mare di Campo Marzio e le masserizie degli esuli depositate al Magazzino 18 (attese per fine anno). Si tratta di altri tre tasselli che si aggiungono al puzzle del Magazzino 26 (che ospita già la mostra permanente "Lloyd depositi a vista", la mostra sulla pesca, il visitor center e la sala Lelio Luttazzi) in attesa della realizzazione, nella parte a Sud, proprio del nuovo Museo del mare, firmato dall'archistar di Siviglia Guillermo Vazques Consuegra «Abbiamo dato avvio in questi giorni ai primi due cantieri della durata di tre mesi. Uno da due milioni di euro dedicato all'Immaginario scientifico e uno da un milione per il Museo del mare e le masserizie degli esuli», spiega l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi: «È un altro tassello nella riqualificazione del Porto vecchio che si aggiunge al progetto più importante, che vedrà la luce nei prossimi anni. Stiamo, infatti, già lavorando alla progettazione esecutiva del nuovo Museo del mare che verrà realizzato sempre al Magazzino 26. Si tratta di un'opera dal grande impatto internazionale ed economico: 33 milioni di euro. Una delle opere più grosse dell'attuale amministrazione».Il primo cantiere all'intero del Magazzino 26, appaltato all'impresa Di Betta di Udine, finanziato con due milioni e 105 mila euro dalla Regione, vedrà quindi la realizzazione dei locali al piano rialzato e al primo piano del Magazzino 26 destinati alla nuova sede dell'Immaginario scientifico, attualmente ospitato a Grignano. I lavori, iniziati lo scorso 21 maggio, si articolano in due fasi: la prima, della durata di tre mesi, permetterà all'Immaginario di partecipare a Esof 2020 slittato da luglio a settembre (a causa dell'emergenza Covid); la seconda, di sei mesi, porterà al completamento del trasferimento dell'importante istituzione di divulgazione scientifica. Il secondo intervento all'interno del Magazzino 26, appaltato all'Ati triestina Balsamini Impianti e Innocente & Stipanovich, finanziato con un milione dal Comune di Trieste, prevede il recupero dei due piani soprastanti: il secondo piano ospiterà le masserizie degli esuli oggi presenti al Magazzino 18, mentre l'attuale Museo del mare di Campo Marzio (chiuso da oltre un anno) verrà relegato al terzo piano. I lavori, iniziati lunedì scorso, comprendono tutte le opere impiantistiche di climatizzazione e gli impianti elettrici e antincendio oltre alle finiture interne. «Abbiamo già la mostra del Lloyd Triestino e l'infopoint turistico ora chiuso per l'emergenza coronavirus. Il Magazzino 26, assieme al nuovo Centro congressi, sarà il punto di partenza per la trasformazione del Porto vecchio. Un'operazione che avviene attraverso un investimento di 70 milioni di soldi pubblici E non avrebbe potuto essere altrimenti», rileva Giorgio Rossi, l'assessore alla Cultura.«Con il trasloco delle collezioni di Campo Marzio creiamo una specie di museo intermedio collocato al terzo piano per arrivare poi al nuovo grande Museo del mare», osserva Laura Carlini Fanfogna, la direttrice dei Civici musei. Un passo di avvicinamento al «grande attrattore culturale transfrontaliero», come la chiama con una certa enfasi l'assessore Rossi', che da solo vale almeno 200 mila visitatori all'anno.

Fabio Dorigo

 

L'hangar da 180 mila metri cubi in grado di contenere di tutto
Fu costruito tra 1891 e 1894 dalla Geiringer Vallon & C, la società che a Trieste realizzò anche il palazzo delle Generali e la tramvia di Opicina
Il Magazzino 26 è il più grande edificio del Porto vecchio. Con la sua architettura imponente ne rappresenta il simbolo. È largo 35 metri e lungo 250: sviluppa i suoi 180 mila metri cubi su cinque livelli: un piano seminterrato, un pianterreno rialzato e tre piani soprastanti, ciascuno di circa 8.500 metri quadrati per complessivi 42.500 metri quadrati. Con queste dimensioni è chiaro che il Magazzino può contenere di tutto. È ubicato parallelamente rispetto al Bacino I e in seconda fila dietro ai magazzini 24 e 25. Il Magazzino 26 fa parte di un lotto di edifici costruiti fra il 1891 e il 1894 dalla Geiringer Vallon & C. dell'ingegnere triestino Eugenio Geiringer, che ha progetto tra gli altri lo storico palazzo delle Assicurazioni Generali e la tramvia di Opicina. Il progetto del Magazzino 26 richiama i caratteri stilistici neogotici e neoromanici dei magazzini della Speichestadt e della Kesselhaus di Brema. L'edificio, caratterizzato dalle balconate coperte con strutture in ghisa, appare nel complesso rigoroso, austero e solenne. È uno dei pochi magazzini storici del Porto vecchio a essere stato oggetto di un restauro conservativo. Le parti esterne vennero risistemate nell'ambito del progetto "Porto città" poi naufragato. Nell'occasione è stato anche effettuato un intervento limitato di adeguamento funzionale, con la ristrutturazione completa relativa alla testata Nord dell'edificio e la realizzazione di una sala conferenze e di alcuni ambienti espositivi.I lavori sono stati ultimati il 24 ottobre 2008 e il collaudo è stato rilasciato il 21 febbraio 2011. Così il Magazzino 26 ha potuto ospitare la sede della "Biennale Diffusa"di Vittorio Sgarbi in occasione della Biennale di Venezia del 2011.

Fa.Do.

 

 

Via Trento, la nuova segnaletica annuncia le pedonalizzazioni
Automobilisti "traditi" in queste ore dai divieti appena installati tra via Machiavelli e via Valdirivo: in realtà la chiusura al traffico scatterà soltanto nei prossimi giorni
Scatta la pedonalizzazione di una parte di via Trento. È imminente infatti la chiusura al traffico di due isolati dell'arteria del Borgo Teresiano, destinata a diventare una nuova area dedicata al passeggio e, si può presumere, alla movida. Sono stati appena installati i nuovi segnali che indicano come il tratto tra via Machiavelli e via Torrebianca e quello tra la stessa via Torrebianca e via Valdirivo diventino di pertinenza esclusiva dei pedoni, con le uniche eccezioni per i mezzi di emergenza e i residenti, gli unici che potranno continuare ad usufruire del passaggio a quattro ruote. Momenti di confusione, pertanto, si stanno vivendo in queste ore di "rivoluzione" annunciata. È successo soprattutto nella mattinata di ieri, quando alcuni automobilisti, abituati a cercare parcheggio nel groviglio di vie del Borgo Teresiano per andare al lavoro in zona, si sono trovati la strada formalmente impraticabile a causa della nuova segnaletica. Un'impasse superata ben presto una volta appurato che, anche se ancora per poco, la situazione è in realtà ancora uguale a quella dei giorni scorsi. Il divieto di transito sarà effettivo a giorni. L'intervento riguardante questa parte di via Trento era stato annunciato già nello scorso autunno, con il via ai lavori per il nuovo selciato che dovevano partire tra gennaio e febbraio. Poi il rinvio, legato inizialmente alla decisione della giunta di prolungare in via Trento l'edizione 2020 di Piazza Europa, in modo da rendere immediatamente viva l'area. L'evento si sarebbe dovuto tenere alla fine di aprile e il processo di pedonalizzazione era stato spostato appunto per evitare che l'arteria si trovasse nel pieno dei lavori proprio nel clou della manifestazione fieristica. Poi l'arrivo della pandemia, che ha costretto al rinvio a data da destinarsi l'avvio dell'intervento, con le imprese di costruzioni costrette a rifare il piano della sicurezza per i propri lavoratori che avrebbero dovuto operare nei cantieri. Ora, di fatto, le pedonalizzazioni diventano realtà prima ancora dello svolgimento del cantiere stesso. La trasformazione della via a uso esclusivo dei pedoni aveva fin da subito trovato la piena soddisfazione di commercianti ed esercenti della zona, che attendono la pedonalizzazione di via Trento per poter poi ottimizzare e rilanciare da par loro l'intera area. «L'obiettivo della giunta, con la chiusura al traffico di parte di via Trento, è chiaramente la valorizzazione del Borgo Teresiano in chiave turistica - il commento dell'assessore all'Urbanistica Luisa Polli - attraverso la creazione di una sorta di centro allargato rispetto a quello "classico" qual è l'area attorno a piazza Unità, che con la "nuova" via Trento arriverà fino alla rinnovata piazza Libertà. In attesa della ripavimentazione vera e propria abbiamo deciso di optare per una soluzione emergenziale e alternativa, vale a dire procedere alla chiusura definitiva al traffico di parte della via in modo da poter valorizzare il prima possibile il tratto di percorso che va dal Canale a via Ghega e le vie attigue».

Lorenzo Degrassi

 

Ed è imminente anche il ritorno del passaggio sotto il "palazzo rosso" - il cantiere targato Generali

Aria nuova attorno al Canal Grande. Sta per essere riaperto, infatti, il tratto di via Rossini sotto il "palazzo rosso" delle Generali: un'operazione che libererà di conseguenza alla circolazione pedonale un tratto di strada importante per l'area attorno a via Trento e lungo il canale stesso. Motivo della riapertura: l'ultimazione dei lavori all'interno dell'edificio di proprietà delle Generali, progettato negli anni Venti da Arduino Berlam e oggetto di un profondo restauro iniziato nel 2015. Una volta inaugurato, lo scorso ottobre, mancava ancora la conclusione di alcuni lavori di contorno rispetto all'edificio, per lo svolgimento dei quali l'azienda affidataria dei lavori aveva utilizzato proprio lo spazio fra il canale e l'immobile, sede del Leone, per crearvi una sorta di cantiere di "servizio". Finiti tali lavori, la stessa azienda ha dovuto provvedere alla ripavimentazione della via, per renderla uniforme al resto del percorso che dalle Rive risale il canale fino a Ponterosso. «Quando l'amministrazione comunale aveva riqualificato le vie attorno a Ponterosso - fanno sapere dal Comune - fra il 2017 e il 2018 il tratto a fianco del "palazzo rosso" non era stato toccato perché all'epoca fervevano i lavori di rinnovamento dello stesso». Allora le Generali si erano impegnate a uniformare la pavimentazione mancante una volta concluso per l'appunto il cantiere dedicato al restauro dello storico edificio. Il tutto per evitare un doppio lavoro, scongiurando in tal modo costi eccessivamente onerosi. Entro pochi giorni, quindi, diverrà realtà l'apertura di quel tratto di strada, che permetterà ai pedoni di evitare un tedioso allungamento del percorso per chi proviene ad esempio da corso Cavour e si vuole dirigere verso Sant'Antonio Nuovo, con un doppio attraversamento del canale. La riapertura del tratto in questione arriva con qualche mese di ritardo a causa, anche in questo caso, come per via Trento, del blocco dei lavori in epoca di quarantena. Completata la pavimentazione, dunque, l'impresa incaricata sta portando avanti rapidamente il laborioso smantellamento del cantiere. Per consentire di ultimarlo appunto in tempi brevi, nei giorni scorsi è arrivata anche dall'Autorità Portuale l'autorizzazione allo scarico del materiale attraverso il canale.

lo.de.

 

Più bici, meno auto: impegno bipartisan per la mobilità
Il Consiglio comunale di Muggia ha approvato all'unanimità la mozione, presentata dal consigliere del Gruppo misto Marco Finocchiaro, sulle azioni da svolgere per realizzare un piano emergenziale della mobilità urbana post-Covid. Per Finocchiaro «le misure imposte dalle autorità sul distanziamento sociale imporranno scelte sulla mobilità sostenibile improcrastinabili e urgenti per la ripresa delle attività produttive, ma soprattutto per la riapertura delle scuole a settembre». Questi gli interventi, a basso costo, che, come recita la mozione, potrebbero essere attuati mutuando, come esempio, quanto realizzato nella vicina Isola d'Istria: "zone 30" per la condivisione degli spazi stradali, corsie riservate alle biciclette in carreggiata riducendo quelle utilizzate dagli autoveicoli, sensi unici che consentano il riutilizzo di metà carreggiata a favore della realizzazione di piste ciclopedonali in carreggiata, allargamento dei percorsi pedonali, delle zone pedonali e delle Ztl, nuovi parcheggi su aree non utilizzate per autoveicoli semistanziali e una zona di intermodalità con i mezzi pubblici.

(lu.pu.)

 

 

Tolto il contenitore del verde "scambiato" per una discarica
Rimossa dal Comune di Muggia la benna di Darsella San Bartolomeo dedicata alle ramaglie: dentro e fuori era diventata un ricettacolo di rifiuti di ogni genere
MUGGIA. La benna per la raccolta del verde collocata nel 2018 in località Darsella di San Bartolomeo è stata rimossa. Il contenitore, nel corso degli anni, era diventato infatti un ricettacolo di rifiuti di ogni tipo a causa dell'abitudine, incivile e assolutamente deprecabile di alcuni cittadini, di scaricare lì ogni sorta d'immondizia: al suo interno ma soprattutto a cornice della benna stessa, venivano abbandonati, nella migliore delle situazioni, sacchetti di rifiuti indifferenziati, cartoni, inerti come mattonelle e ceramiche, materiali ferrosi, ma anche mobili usati, divani sfondati, tv e elettrodomestici. Insomma: tutti quei rifiuti che, è bene ricordarlo, possono essere conferiti gratuitamente nella piazzola ecologica comunale o che, altrettanto gratuitamente, possono essere ritirati a domicilio (servizio che, invece, in alcuni altri comuni è a pagamento, a volte nella sua totalità e a volte dopo aver superato un esiguo numero annuo di ritiri). Ma ciò che ha fatto sì che la decisione di rumuovere la benna, già nell'aria, fosse ormai improcastinabile è stato il ritrovamento, lo scorso 16 maggio, di due bombole di gas, con tanto di intervento dei Vigili del fuoco per la loro messa in sicurezza temporanea e per permettere alla ditta incaricata dal Comune, la Italspurghi Ecologia di San Dorligo della Valle, il recupero, il trasporto e lo smaltimento delle due bombole. Intervento, questo, che è venuto a costare 732 euro. A carico della collettività. La benna di Darsella San Bartolomeo pochi mesi fa era stata oggetto di un intervento operato sempre dai Vigili del fuoco a causa di un incendio sviluppatosi al suo interno e che aveva coinvolto anche i rifiuti abbandonati intorno. «L'abbandono di materiale infiammabile e potenzialmente esplosivo, all'interno peraltro di una benna preposta al conferimento del verde, è un gesto scellerato che mette in pericolo tutti coloro che vivono nella zona prossima al contenitore di raccolta», stigmatizza il sindaco di Muggia Laura Marzi: «Non si parla più, pertanto, solo di inciviltà, ma anche purtroppo di criminalità. Siamo ben consapevoli delle necessità degli utenti per quel che riguarda il conferimento di verde e ramaglie, ma dovendo agire in via prioritaria a tutela della sicurezza dei cittadini è stato assolutamente necessario intervenire con la rimozione della benna di Darsella di San Bartolomeo». Intanto ai residenti è stata confermata la possibilità di usufruire del servizio di ritiro a casa del verde, e in alternativa del conferimento nella piazzola ecologica di Vignano o in altre benne del territorio. Contenitori che tra aprile e maggio del 2018, oltre a quello appena rimosso, erano stati collocati nelle vicinanze della chiesa di Santa Barbara, nel piazzale antistante lo stadio "Zaccaria", a Zaule, nelle vicinanze della "stazione acquedotto" e nel parcheggio ex Enel di via XXV aprile.

Luigi Putignano

 

Cessa l'incubo Pecol dei Lupi - Discarica verso la soppressione
Tavella (Isambiente) difende la scelta di colmare lo spazio residuo con nuovi rifiuti «Progetto portato avanti con buon senso». Previsti controlli periodici dell'Arpa
«Il nostro è un progetto portato avanti cum grano salis. Con tempi di attuazione certi e con la massima attenzione per la tutela dell'ambiente e della salute».Giulio Tavella, amministratore unico di Isontina Ambiente, illustra gli ultimi sviluppi che porteranno alla soppressione della discarica cormonese di Pecol dei Lupi, un incubo autentico in tutti questi anni. «Nel marzo scorso, la Giunta regionale ha concesso a titolo gratuito a Isa l'utilizzo della discarica. Il tutto è finalizzato a garantire il ripristino e la sicurezza ambientale dell'area, mediante l'attuazione della procedura di chiusura e di gestione post-operativa della discarica stessa, per un periodo di 30 anni con decorrenza dalla data di sottoscrizione della concessione sopra citata. A febbraio 2020 - scandisce Tavella - l'assemblea dei soci di Isontina Ambiente ha approvato all'unanimità il progetto di ripristino presentato dalla nostra società. Tecnicamente va chiarito che Pecol dei Lupi si sviluppa su tre lotti: il lotto 0 ormai esaurito e chiuso, il lotto 1 (ormai pieno ma non ancora "baulato") e il lotto 2 con uno spazio ancora da colmare quantificabile in circa 47.000 metri cubi. Il progetto prevede, appunto, di colmare il volume residuo per giungere alla baulatura definitiva dei lotti 1 e 2 con rifiuto secco residuo prodotto dal territorio di riferimento di Isontina Ambiente mantenendo in situ i rifiuti già presenti in sopraelevazione sul lotto 1».Ci sono vari punti a favore del progetto. A elencarli lo stesso Tavella: rapidità e tempi certi nelle operazioni di riempimento necessarie alla baulatura definitiva (massimo 18 mesi dalla concessione dell'Aia); eliminazione del rischio di possibili impatti derivanti dalla diffusione di polveri e odori durante le operazioni di movimentazione e ricollocazione dei rifiuti già messi a dimora. «Questo è un aspetto fondamentale: i 47000 metri cubi potrebbero diventare 32.000 circa se venissero utilizzati i circa 15.000 di rifiuto della cosiddetta "cima Brandolin", una sopraelevazione autorizzata a suo tempo dalla Provincia che ha modificato, rialzandolo, il profilo superiore del lotto. Ebbene: smantellare e spostare tale sopraelevazione renderebbe incerti i tempi dei lavori di chiusura».C'è, poi, l'implementazione, nella nuova configurazione del profilo finale, di una copertura (baulatura) più performante di quella del progetto originario, comprensiva di uno strato che garantisce maggiore impermeabilità alla protezione.

Francesco Fain

 

 

Val Rosandra, 30 giorni per i "reclami" al piano - la procedura urbanistica

SAN DORLIGO DELLA VALLE. È iniziato ieri, con il deposito nella Segreteria comunale di San Dorligo della Valle della delibera di adozione del Consiglio comunale e dei relativi elaborati, il periodo di 30 giorni entro i quali gli interessati potranno presentare osservazioni sul Piano di Conservazione e sviluppo della Riserva naturale regionale della Val Rosandra. Nella più recente seduta del Consiglio, svoltasi online causa l'emergenza sanitaria, è stato infatti approvato questo fondamentale documento che riguarda il futuro della Val Rosandra.La legge regionale numero 42 del 1996 stabilisce in proposito che gli atti di questa natura siano obbligatoriamente depositati nella Segreteria generale del Comune e che di tale deposito sia data notizia sul Bollettino della Regione, in modo che chiunque possa prenderne visione ed eventualmente presentare osservazioni, rispettando però il termine di 30 giorni. In sostanza, gli interessati avranno tempo fino al 10 luglio. Gli elaborati sono disponibili anche sul sito internet dell'ente. Chi invece preferisse recarsi di persona alla Segreteria comunale è invitato a telefonare preventivamente al numero 040 8329231, oppure a scrivere all'indirizzo mail mojca.svab@sandorligo-dolina.it. E sempre entro il 10 luglio, i proprietari degli immobili vincolati dal Piano di conservazione e sviluppo potranno far pervenire eventuali opposizioni ad hoc.

u.sa.

 

 

CIO' CHE NON VA - Danno ecologico in Costiera, anche stavolta controlli tardivi

Ennesimo scempio ecologico in Costiera come successo solo pochi anni fa quando era stata costruita un'ampia strada, senza permessi, deturpando il paesaggio, con la scusa delle difficoltà motorie dell'intestataria della proprietà. Anche stavolta le verifiche sono state effettuate quando ormai il danno è compiuto pur essendo stato evidente l'impatto dei lavori a chiunque avesse percorso la Costiera da qualche mese. Arriverà il prossimo condono a sanare la furbizia dei costruttori? Segnalo anche come il Comune renda impossibile l'accesso agli atti in questi casi, non permettendo la funzione civica di controllo ai cittadini. Leggo anche come siano previste nuove costruzioni a Barcola, dove si aprono nuovi fronti franosi ogni anno e le responsabilità del Piano regolatore si scaricano di amministrazione in amministrazione.

Sergio Palmisano

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 giugno 2020

 

 

Tredici sì in aula: così passa il piano per le nuove palazzine di Barcola
«Atto dovuto» approvato tra non partecipazioni al voto e astensioni, in maggioranza e all'opposizione
È passato con un pugno di voti, per l'esattezza 13, il Piano attuativo comunale di iniziativa privata (Pac) per la costruzione di un nuovo insediamento abitativo a Barcola. Se ieri il via libera del Municipio al progetto è stato un «atto dovuto», la maggior parte dei consiglieri ha tuttavia manifestato simbolicamente la propria perplessità, non partecipando al voto (è il caso di tutti i Cinque Stelle nonché dei forzisti Michele Babuder, Guido Apollonio e Andrea Cavazzini) oppure astenendosi: così hanno agito la Lista civica Dipiazza, Italia Viva, Pd, Cittadini, Open, Progetto Fvg nonché il capogruppo azzurro Alberto Polacco. L'aula ha in questo modo dato l'ok definitivo alla possibilità di costruire due palazzine, per un totale di 10 unità abitative, in quell'area verde nei pressi della Salita di Miramare che si trova dietro l'Old Wild West. Così facendo ha dato seguito alle previsioni del Piano regolatore vigente, che risale al 2015, sotto la giunta Cosolini: per questo, se ieri il Pac non fosse stato approvato, i soggetti attuatori avrebbero avuto la possibilità di adire in giudizio nei confronti dello stesso Consiglio comunale. Il progetto definitivo prevede l'accoglimento parziale delle osservazioni presentate a partire dal 2019 dal comitato di residenti "Barcolaverde" nonché da alcuni consiglieri, in primis Babuder e il pentastellato Paolo Menis. I proprietari si sono infatti impegnati a realizzare anche alcune opere di rilevanza pubblica, nella stessa zona, tra cui un parcheggio accessibile alla cittadinanza e la ripiantumazione di vegetazione autoctona. «Un atto dovuto da parte del Consiglio - ha commentato l'assessore a Urbanistica e Territorio, Luisa Polli -. L'atto discrezionale è infatti avvenuto nel 2015. Mai io avrei aggiunto zone C di espansione, ovvero nuove edificazioni, in una città come Trieste: andrebbe valorizzato il patrimonio architettonico esistente. Tuttavia dura lex sed lex». La dem Laura Famulari ha puntualizzato: «Nel 2015 nemmeno noi avevamo la bacchetta della retroattività, proprio come ora l'assessore. Questo il quadro in cui è avvenuta la nostra scelta». Ma Everest Bertoli (Lega) le ha risposto: «Nel 2015 gli emendamenti per eliminare le zone C, presentati da me e altri all'opposizione, furono bocciati. Chi votò quel piano si assuma la responsabilità delle sue scelte». «All'epoca sono mancati coraggio e volontà politica - gli ha fatto eco Menis -. Se non si interviene quando si fa il Piano regolatore, allora quando?». Così Babuder: «Se alcuni non si fossero impegnati a far passare questo atto per il Consiglio, ci sarebbero state forse meno possibilità di dare attenzione alle osservazioni dei residenti. Bene dunque che ci sia stato un confronto diretto con i proponenti, ma fatico a ritenere che sia un intervento migliorativo».

Lilli Goriup

 

 

Il metano e il rigassificatore fa gola agli ungheresi di Mvm
Veglia. Affondo ungherese nella corsa all'acquisto del metano commercializzato dal rigassificatore offshore di Castelmuschio (Omisalj), nell' isola di Veglia. L'azienda statale Lng Hrvatska (gestisce il progetto vegliota) ha annunciato che che la Mfgk Croatia, di proprietà del distributore magiaro di gas ed elettricità Mvm, ha rilevato per il periodo di sette anni ben 6 miliardi e 750 milioni di metri cubi di gas, operazione che ha così dissipato ogni nube sulla futura attività dell'impianto isolano, il quale dovrebbe entrare in funzione tra circa 6 mesi. Da quanto annunciato da Lng Hrvatska, gli ungheresi hanno acquistato 666 milioni di metri cubi per lo spazio di tempo che va dal primo gennaio di quest'anno al prossimo 30 settembre, mentre fino al 2026 la quota annuale riservata all'Mvm sarà di 1 miliardo e 14 milioni di metri cubi. I conti sono presto fatti: grazie alla quota triennale acquistata in precedenza dalle croate Ina e azienda elettrica croata (mezzo miliardo di metri cubi) e dall'ungherese Met Croatia Energy trade (un identico quantitativo), la struttura galleggiante si è vista assorbire 2 miliardi dei 2 miliardi e 600 milioni di metri cubi che riuscirà a movimentare annualmente. Come detto, il futuro del rigassificatore nordadriatico è ora sicuramente più roseo dopo i dubbi e timori espressi gli anni scorsi da Lng Hrvatska e dal governo croato a causa del mancato interesse verso l'impianto metanifero. L'acquisto di almeno 2 miliardi di metri cubi l'anno ha definitivamente cancellato l' ipotesi del pagamento del cosiddetto indennizzo Sos.Parliamo della penale per la sicurezza dell' approvvigionamento, prevista in caso di acquisto annuale di metano dal terminal vegliota non superiore al miliardo e 100 milioni di metri cubi. La penale sarebbe stata così versata da tutti i consumatori di gasi in Croazia, in base al provvedimento varato dal Parlamento croato, il Sabor, nel luglio di due anni fa. L' 1,1 miliardi di metri cubi, secondo gli esperti, è il livello minimo di redditività per il rigassificatore di Castelmuschio. É stato calcolato che i costi di esercizio toccheranno in un anno in media i 13 milioni di euro, mentre per la produzione inferiore al citato miliardo e 100 milioni porterebbe ad un passivo annuale valutato intorno ai 6 milioni di euro.

a.m.

 

 

Bagnaria Arsa - Una lupa s'aggira nella Bassa - Avvistata da quattro persone
BAGNARIA ARSA. È stata segnalata, nei giorni scorsi, la presenza di un animale di grossa taglia, probabilmente un lupo, nel territorio di Bagnaria Arsa. Quattro gli avvistamenti raccolti dal sindaco Cristiano Tiussi che, dopo le opportune verifiche, ha informato le autorità competenti. «Ho parlato - spiega - con tre dei quattro concittadini che hanno avvistato l'animale venerdì. Sulla base delle loro indicazioni, il Comune ha fatto sabato una segnalazione alla stazione forestale di Cervignano e domenica ha inoltrato una pec alla Direzione centrale risorse agroalimentari forestali e ittiche della Regione e al Servizio Foreste e corpo forestale». Gli avvistamenti sono avvenuti, tutti nella giornata di venerdì, tra le 12.30 e le 16, in via Roma a Sevegliano, in via Valussi e nella campagna all'altezza di via Palmanova a Bagnaria Arsa e al confine con Cervignano. Le foto scattate e un'orma ritrovata nell'area di avvistamento hanno fatto pensare che possa effettivamente trattarsi di un lupo, forse una femmina, «anche se - precisa il responsabile dell'Osservatorio di Biodiversità regionale, Umberto Fattori - l'assoluta certezza al momento non c'è. Potrebbe infatti trattarsi, ad esempio, anche di un cane lupo cecoslovacco che presenta caratteristiche morfologiche simili. Solo l'analisi di reperti biologici potrebbe confermare che l'esemplare avvistato sia realmente un lupo».Spiega ancora Fattori che la presenza del lupo in Regione risale almeno al 2013 ed è assodato che possa trovarsi anche in contesti di pianura. Quella del lupo è una specie territoriale e un branco (4-6 individui) presidia un territorio di circa 250 chilometri quadrati. I giovani esemplari devono spostarsi alla ricerca di un nuovo territorio. «Non sappiamo - conclude - se l'esemplare avvistato sia insediato sul territorio o sia un giovane in dispersione». Quanto alla pericolosità del lupo, Fattori rimarca che, contrariamente alla sua fama nelle favole, non è un animale aggressivo e, negli ultimi cent'anni, nel contesto occidentale, non si hanno notizie di aggressioni all'uomo. Tuttavia è bene che l'uomo non gli si avvicini, non gli dia da mangiare, non lo disturbi. Il cibo prediletto dal lupo è il cinghiale, ma si adatta anche ad altri animali, compresi gli animali allevati. «Tuttavia - conclude Fattori - se questi sono ben custoditi e si prendono alcune precauzioni (per le quali ci sono anche appositi finanziamenti regionali) non si ravvisano, in genere, particolari problematiche».

Monica Del Mondo

 

 

Trieste Solidale - Il ruolo degli alberi nella storia e nella vita in sette conferenze
L'albero, silenzioso amico dell'uomo, è protagonista del progetto "Lignum Amicus" ideato e realizzato da Trieste Solidale. In collaborazione con il Seminario Vescovile e Civibank vedrà, tra la fine di giugno e settembre, sette conferenze. Saranno tutte alle 17, al chiostro del Seminario, in via Besenghi, a ingresso gratuito su prenotazione sino a esaurimento posti (3488042240 - triestesolidale@gmail.com). «Trieste - sottolinea Fabio Avanzini, presidente di Trieste Solidale - è la sesta città d'Italia per il rapporto tra il numero di abitanti e il patrimonio arboreo, con 3 Parchi, 45 giardini e 200mila alberi. La finalità del progetto è far conoscere il contributo del patrimonio verde alla qualità della vita e contribuire a educare la cittadinanza alla sostenibilità ambientale». La prima conferenza, "L'albero nella Bibbia", si terrà il 25 giugno, a cura di Monsignor Ettore Malnati, Vicario episcopale per il laicato e la cultura della Diocesi di Trieste. Il 3 luglio il tema sarà "L'albero nella storia delle religioni" con Don Samuele Cecotti, direttore della Biblioteca del Seminario. Il 10 luglio vedrà al centro "L'utilità dell'albero urbano", con Francesco Panepinto, responsabile dell'Unità tecnica alberature e parchi del Servizio strade e verde pubblico del Comune di Trieste. Il 17 luglio sarà la volta di "Come curare l'albero in maniera naturale" con l'agronoma Maria Carlino. Il 4 settembre il botanico Elvio Toselli parlerà de "La natura segreta degli alberi e i benefici per l'uomo", mentre l'11 settembre l'erborista e farmacista Giuliano Ponis della "Pelle dell'albero: utilizzi della corteccia". Il 18 settembre, con la pittrice Carolina Franza, il tema sarà "L'albero nella visione artistica". E, proprio nell'ottica interdisciplinare, nell'atrio della Camera di Commercio, il 20 novembre, alle 17, verrà inaugurata la mostra "Lignum Amicus: arte a Trieste". Esporranno Luisa De Santi, Carolina Franza, Giuliana Griselli, Monica Korchmayr, Lucia Krasovec, Maria Pia Mucci, Anna Negrelli, Marta Potenzieri Reale e Paola Sbisa.

Annalisa Perini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 giugno 2020

 

 

Strada e muretti abusivi sotto la Costiera - Per il giudice le prove sono "schiaccianti"
Il gip sposa la tesi del pm e ritiene la convalida del sequestro, da lui firmata, l'unico modo per fermare l'illecito ambientale
"Vi è prova certa dei fatti di reato". Lo scrive il gip Giorgio Nicoli nell'atto di convalida del sequestro disposto sul terreno che circonda la villa in Costiera su cui sono scattate le indagini per abuso edilizio. Si tratta della villa al civico 196, la "ex Ostuni", che si trova nei pressi del ristorante "Tenda rossa". È una casa in riva al mare con annesso porticciolo, ora di proprietà della cinquantacinquenne russa Galina Lazareva. Sul caso sta indagando il pm Federico Frezza.La Polizia locale ha accertato che la strada di collegamento tra la Costiera e l'abitazione è stata costruita durante i lavori di ristrutturazione della villa e del porticciolo, ma senza alcuna autorizzazione: è un percorso in sterrato largo circa 4,5 metri, a tornanti, che scende verso la spiaggia. Stesso discorso per i dieci muri di contenimento eretti ai lati: hanno lunghezze che variano dai sette ai 43 metri, con un'altezza da 1,70 a 4,20 metri. Pure questi sarebbero stati edificati senza i permessi necessari. L'area, vista la sua bellezza e la sua posizione, è sottoposta a rigidi vincoli paesaggistici. Gli inquirenti sono convinti che l'opera rappresenti un vero e proprio accesso all'abitazione in riva al mare e non un semplice "passaggio provvisorio" per il cantiere. Per costruire i muri e la stradina è stata abbattuta la vegetazione e asportato il terreno. Un vero e proprio deturpamento: è questa l'accusa mossa dal pm Frezza. Una contestazione che il gip Nicoli ha accolto. Il giudice, nel documento di convalida, ritiene infatti che sussistano elementi indiziari validi. "Vi è prova certa dei fatti di reato", annota il giudice, evidenziando come soltanto il sequestro preventivo possa fermare l'illecito in corso. Il giudice ha decretato anche il divieto di accesso all'intera area. Il pm Frezza ha iscritto nel registro degli indagati sette persone. Oltre a Lazareva, proprietaria dell'immobile e committente dell'opera, figura il titolare della ditta esecutrice dei lavori, il trentasettenne Faruk Kormakoski, residente a Trieste. Così il direttore dei lavori, il cinquantottenne triestino Alessandro Zerbo. E, ancora, la cinquantunenne russa Elena Nikiforova, legale rappresentante della società "Avolare srl", delegata dal committente, nonché il sessantacinquenne Giuseppe D'Ambra, socio della ditta e incaricato dei lavori. Nell'inchiesta risulta coinvolto anche il trentanovenne Pietro Micucci, residente a Trieste, titolare dell'impresa "Pef costruzioni", esecutrice della strada sterrata. E, infine, c'è il quarantasettenne triestino Guido Prizzon, titolare dell'omonima società, anch'essa esecutrice della strada. «Il percorso sterrato che abbiamo costruito è funzionale al cantiere della villa. Altrimenti l'unico accesso possibile per il trasporto del materiale, necessario ai lavori nell'abitazione e nel porticciolo, è il mare», afferma D'Ambra. «È una strada cantierabile - aggiunge - che serve a terminare i lavori in corso. Il trasporto dei materiali via mare costa molto. Quando sarà concluso l'intervento di ristrutturazione rimuoveremo tutto». Ma sarà possibile ripristinare l'ambiente e il paesaggio così come si presentava in precedenza? «Pianteremo ulivi e renderemo il terreno agricolo», ribatte D'Ambra: «Ci saranno centinaia di essenze arboree così come si vedevano decenni fa». L'imprenditore precisa che i percorsi cantierabili «sono previsti da una normativa regionale», sottolinea: «Ci risulta strano che, nonostante la legge lo consenta, l'area sia stata sequestrata. Non è una strada di collegamento alla villa, ripeto, questo lo smentiamo categoricamente. Ma serve a concludere i lavori che sono in corso»

Gianpaolo Sarti

 

Palazzine della discordia a Barcola verso il via libera definitivo in aula
Il progetto residenziale dietro l'Old Wild West otterrà oggi l'ok nonostante le proteste dei residenti
La discussa costruzione di un nuovo insediamento abitativo nell'area verde della salita di Miramare, va verso l'ok definitivo dell'aula. Dopo essere passato la scorsa settimana in Sesta commissione, il Piano attuativo comunale di iniziativa privata (Pac) oggi approda infatti in Consiglio. Stiamo parlando di quella fetta di territorio alle spalle dell'Old Wild West, tra lungomare e ciglione carsico, dove in futuro potrebbero sorgere due palazzine residenziali. La possibilità di costruirvi risale al 2015, in virtù del Piano regolatore generale approvato durante l'allora giunta Cosolini. Quando l'aula ha poi adottato il Pac, nel novembre 2019, i consiglieri comunali Michele Babuder (Fi) e Paolo Menis (M5s) si sono opposti al progetto. Lo stesso hanno fatto i residenti della zona, fondando il comitato "Barcolaverde" e presentando all'attuale amministrazione diverse osservazioni. Osservazioni che sono state parzialmente accolte: «La principale novità è che le unità abitative scenderanno da 12 a 10 - afferma Luisa Polli, assessore comunale a Urbanistica e Ambiente -. Il 50 % dei tetti sarà a verde e saranno realizzati giardini sospesi. È prevista inoltre la ripiantumazione di vegetazione autoctona (una tamerice e tre arbusti di ibisco, ndr), al posto di quella invasiva». E non finisce qui: «Il parcheggio esterno (dalla capacità di 12 posti auto, ndr) sarà pubblico, sempre con elementi verdi e pavimentazioni in materiale drenante». I soggetti attuatori si sono in sostanza impegnati a realizzare a proprio carico opere di urbanizzazione di pubblica rilevanza: ci sarà pure un allargamento stradale in località Salita di Miramare, all'altezza della curva all'inizio della strada privata, che a sua volta dovrà essere costeggiata da un collegamento pedonale. Spiega ancora Polli: «Il territorio di Trieste mi pare sufficientemente urbanizzato: io forse non avrei aggiunto ulteriori zone C di espansione per nuove edificazioni. All'epoca c'era però un contenzioso aperto tra privati, una situazione particolare: non dubito che l'amministrazione Cosolini abbia fatto un ragionamento». Adesso si potrebbe tornare indietro? «Nel 2015 i residenti non hanno presentato opposizione al Piano regolatore - prosegue l'assessore -. Una volta approvato, per modificarlo servirebbero una variante con costi a carico del Comune e un iter di anni. In questo momento l'approvazione del Pac è un atto dovuto da parte del Consiglio: in difetto i proponenti potrebbero adire in giudizio nei confronti dell'aula, in quanto il loro diritto deriva dai contenuti del vigente Piano regolatore. I proponenti peraltro che si sono dimostrati ben disponibili a venire incontro alle sensibilità ambientali». «Approvando il Piano regolatore, nel 2015, ci siamo trovati in una situazione analoga - precisa la consigliera Pd Laura Famulari -. Anche noi, per scelte pregresse della variante 66, abbiamo dovuto ratificare piccole aree di completamento dell'edificato, in tutto una decina. Abbiamo ridimensionato ciò che si poteva, tutelando zone prima suscettibili di edificazione». «Apprezzo che il confronto con i residenti abbia portato all'accoglimento di alcune osservazioni - commenta Babuder - che diverranno prescrizioni volte a limitare l'impatto ambientale. Ma si tratta pur sempre di nuova edificazione, che fatico a vedere come migliorativa». Il pentastellato Menis fa eco al forzista: «Bene che si siano recepite alcune osservazioni, ma l'impatto sul verde rimane, così come la mia posizione critica».

Lilli Goriup

 

Giù il vecchio magazzino delle Ferrovie - L'area di riva Traiana cambia volto
Quasi completata la demolizione del deposito inutilizzato da anni. Al suo posto nuovi binari per i collegamenti con il porto
Una maxi demolizione, iniziata a maggio, porterà all'eliminazione del grande magazzino merci di Riva Traiana 2, a pochi metri dall' ingresso del porto. Il cantiere nei giorni scorsi ha attirato la curiosità di tante persone, che si sono fermate a osservare i lavori, ormai in fase avanzata. E il volto della zona si trasformerà completamente. Al posto dell'edificio verranno realizzati nuovi binari, utili ai traffici su rotaia del vicino scalo. Gli interventi, come ricorda anche la tabella posta sul cancello che delimita l'area, sono iniziati il 18 maggio, per una durata complessiva di 90 giorni, commissionati da Rfi, Rete Ferroviaria Italiana, che così precisa le coordinate dell'intervento. «Demolizione propedeutica alla realizzazione dell'allungamento delle aste di manovra "parenzana" a servizio del varco 2 del Porto».Al posto dell'edificio ora si notano cumuli di macerie, tra pietre, legno, ferraglia, mattoni e sacchi bianchi, che contengono materiali già pronti per essere rimossi. «Il magazzino era inutilizzato da anni, un tempo venivano conservate le merci, ma ormai era mal messo, in pessime condizioni. In pratica - spiega Roberto Carollo, ingegnere ferroviario - non serviva più. Era un classico esempio di interscambio modale tra gomma e ferrovia. Inoltre non era vincolato e non aveva una valenza storica. Ecco il motivo degli interventi attuali. La zona sarà modificata, per la posa di binari tronchi, che serviranno come aste di manovra, in pratica per spostare un treno da un binario all' altro».Il fabbricato, che si trovava nella parte rivolta verso Riva Traiana, era prima caratterizzato da una lunga serie di finestre e di accessi per i tir, per scaricare le merci. Saracinesche chiuse da una ventina d'anni, tanto che davanti erano stati disposti una cinquantina di posti auto, attualmente non più disponibili. Con l' avvio del cantiere infatti è stata creata una recinzione proprio su quel tratto, per consentire il regolare svolgimento degli interventi. Al momento quasi tutto l'edificio è stato abbattuto, manca solo l'ultima parte, verso via Ottaviano Augusto, dove resta ancora in piedi una parte della grande tettoia e i muri perimetrali. Non verrà toccata invece la palazzina all'angolo, confinante con il magazzino, che una volta ospitava l'ex scuola professionale delle ferrovie, e che risulta in vendita da qualche mese, come si legge su un noto sito di annunci online: «In posizione centrale con affaccio sul mare, proponiamo in vendita ampia struttura di 1.450 metri quadrati. L'immobile, sito in Via Ottaviano Augusto 22 - prosegue l'annuncio -, può essere interessante oltre che per una destinazione commerciale anche per la realizzazione di una struttura ricettiva data la vicinanza al centro e al trasporto pubblico, oltre a godere di una vista impagabile sul golfo di Trieste. Trattativa riservata».

Micol Brusaferro

 

E la vicina stazione in fase di restyling mostra i primi risultati - il museo di Campo Marzio
È iniziato lo smontaggio di alcune impalcature alla stazione di Campo Marzio, interessata dai lavori per la ristrutturazione del museo ferroviario. Si notano, nella parte alta dell'edifico, alcune parti risistemate, nella fase che interessa intanto il restauro architettonico esterno. Resta comunque in piedi ancora gran parte della struttura, compresa la "gabbia", montata mesi fa, che racchiude l'ingresso principale. Dopo il lockdown gli interventi sono ripresi a pieno ritmo, secondo il programma già annunciato lo scorso anno. Alla parte esterna seguirà poi la fase di interventi all'interno, tra pavimenti, pareti e altri servizi, e quindi, quando sarà concluso il cantiere che porterà al ripristino dei vari ambienti, si passerà all'allestimento della mostra permanente, dedicata alla storia e alle curiosità del mondo dei treni, attualmente chiusa al pubblico. Il cantiere era iniziato dopo la firma, da parte della Regione, del Protocollo d'intesa datato 18 luglio 2017, con cui è stato definito il percorso di riqualificazione del complesso, con un documento sottoscritto da Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Ferrovie dello Stato Italiane, Rete Ferroviaria Italiana, Fondazione FS Italiane e rappresentanti del Comune di Trieste.

mI.B.

 

 

Quanto conosciamo i mari? Lo svela l'indagine dell'Ogs
Lo studio, realizzato a livello nazionale da Swg, fotografa luci e ombre. I rischi della plastica sono noti all'81% degli italiani ma solo il 25% fa attenzione ai rumori
L'emergenza Coronavirus ha accresciuto la consapevolezza della stretta connessione tra salute del mare e salute umana: l'84% degli italiani è ben consapevole dei rischi che l'attività antropica comporta per l'integrità dei nostri mari. Ma mentre il pericolo per i nostri oceani rappresentato dalle microplastiche e dai rifiuti è ben chiaro alla stragrande maggioranza delle persone (l'81%), gli effetti dei cambiamenti climatici vengono ritenuti un problema solo dal 60% dell'opinione pubblica. Sono alcuni dei risultati dell'indagine "Gli italiani e la tutela del mare e dell'ambiente", promossa dall'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - OGS e realizzata da SWG su un campione rappresentativo di cittadini di tutt'Italia.Lo studio, realizzato in tempi record, è il primo di una serie di sondaggi su questo tema che coinvolgeranno vari Paesi dell'Ue e i risultati ottenuti sono stati già trasmessi alle autorità europee competenti: nel prossimo programma quadro settennale Horizon Europe si punta a un coinvolgimento sempre più importante dei cittadini. L'indagine è stata presentata ieri a Trieste, in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani 2020, con una conferenza stampa cui hanno partecipato l'assessore regionale Alessia Rosolen, il direttore generale di Ogs Paola Del Negro, Cristina Pedicchio, membro del CdA di OGS e presidente di Marevivo Fvg, e Maurizio Pessato, vicepresidente di SWG. I risultati ottenuti dal sondaggio fotografano un'Italia a luci e ombre per quanto riguarda la conoscenza delle tematiche legate alla tutela dei nostri mari: meno della metà degli intervistati, il 47%, dichiara un buon livello di conoscenza del mare. Tra i pericoli per la salute dei nostri mari sono ancora poco percepiti quelli legati alla presenza di specie aliene (31%), che per esempio per il nostro golfo hanno un peso importante, o quelli causati dal rumore provocato dall'uomo (25%). Di positivo c'è che l'opinione pubblica è ormai ben consapevole dell'urgenza di tutelare il mare: la rilevanza media data al tema è di 8,7 punti su una scala da 0 a 10. I cittadini hanno ben compreso anche il ruolo delle aree marine protette per la salvaguardia delle acque: il 35% degli intervistati si dice favorevole a una loro estensione. Anche l'importanza dell'economia del mare è chiara ai cittadini: il 71% si dichiara d'accordo nel sostenerne lo sviluppo, a patto che tuteli l'ambiente e le biodiversità (58%) e che utilizzi un approccio sostenibile (54%). C'è un 52% degli intervistati che sosterrebbe la creazione di un ministero del Mare e un 66% che vorrebbe un'apposita Agenzia europea. Si sa ben poco invece di ricerca marina, sia per quanto riguarda l'Italia - il 47% non sa dell'esistenza della Laura Bassi, la nuova nave rompighiaccio dell'OGS che i triestini hanno potuto ammirare durante Trieste Next -, sia per il ruolo giocato dall'Europa in questo settore: la conoscenza delle politiche Ue è davvero scarsa. «La nostra regione è un territorio ideale per le ricerche e lo sviluppo dell'economia del mare», ha dichiarato Rosolen, annunciando insieme a Ogs e Swg un futuro studio che si concentrerà sui cittadini del Fvg.

Giulia Basso

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 giugno 2020

 

 

Sequestro in Costiera sopra la super villa - Strada e muri abusivi. E piante abbattute
Sigilli della Procura attorno alla ex "Ostuni", dove è in corso un cantiere per l'accesso alla residenza. Sette gli indagati
Maxi sequestro in Costiera. La Procura ha messo i sigilli attorno al terreno di una villa. È la ex "Ostuni", affacciata sul mare con annesso porticciolo privato, passata nelle mani di una facoltosa famiglia russa. Il sospetto è che i lavori per costruire la strada di collegamento tra la Costiera e l'abitazione siano del tutto privi dei permessi necessari. Un abuso edilizio, in buona sostanza. Il cantiere è ben visibile dalla stessa Costiera, passando si nota: si trova al civico 196, a pochi metri dal ristorante "Tenda Rossa", sul lato destro della strada per chi proviene da Sistiana in direzione Trieste. In quel punto, in prossimità del guard rail, si apre un percorso in sterrato, a tornanti, che scende verso la spiaggia. Ci sono una scavatrice e altri strumenti edili. Il caso è finito sulla scrivania del pubblico ministero Federico Frezza, il magistrato titolare dell'indagine, in seguito a una segnalazione. Qualcuno, insomma, si è insospettito su quel viavai di operai e camion e sulla regolarità dell'opera: il terreno asportato, la vegetazione abbattuta. E, soprattutto, la strada in sterrato e i muri già realizzati. Adesso la proprietà è delimitata dal nastro rosso e bianco della Polizia locale. È la municipale, dunque, che è andata sul posto a chiudere la zona. E che evidentemente, come polizia giudiziaria, in queste settimane sta affiancando il pm Frezza nell'attività di accertamento, sia normativo che sul campo. Sui nastri sono appesi anche i cartelli di avviso della Procura: "Area posta sotto il vincolo del sequestro penale". Sono sette le persone iscritte nel registro degli indagati. Nell'elenco compare innanzitutto la cinquantacinquenne Galina Lazareva, residente a Verona, proprietaria dell'immobile e committente dell'opera. Stando a quanto si è saputo, si tratterebbe della figlia di un magnate russo che avrebbe acquistato anche alcuni appartamenti a Portopiccolo. Ma non ci sono conferme precise in questo senso. Risultano indagati anche il titolare della ditta esecutrice dei lavori, il trentasettenne di origini macedoni Faruk Kormakoski, residente a Trieste e il direttore dei lavori, il cinquantottenne triestino Alessandro Zerbo. E poi, ancora, la cinquantunenne russa Elena Nikiforova, residente a Treviso, legale rappresentante della società "Avolare srl", nonché un socio della ditta, il sessantacinquenne catanese Giuseppe D'Ambra, domiciliato a Portopiccolo: Nikiforova è la delegata dal committente mentre D'Ambra è l'incaricato dei lavori. Queste persone, secondo l'accusa mossa dal pm, hanno eseguito o fatto eseguire opere edili abusive su un'area notoriamente posta a vincolo paesaggistico. La Procura in questo caso contesta la costruzione di dieci muri di contenimento di pastino, con lunghezze che variano dai sette ai 43 metri, con altezze da 1,70 a 4,20 metri. Ma non è finita qui. Già, perché nel mirino del pm c'è in particolare la strada sterrata che dalla Costiera adesso conduce alla villa. Un percorso spuntato dal nulla. Per la sua costruzione sono stati inevitabilmente intaccati la vegetazione, il terreno e dunque il paesaggio. Per questa opera, nello specifico, sono chiamati a rispondere oltre che gli stessi Lazareva, (proprietaria e committente appunto), Zerbo (come direttore dei lavori) e D'Ambra (come socio della ditta incaricata), pure il trentanovenne Pietro Micucci, residente a Trieste, titolare dell'impresa individuale "Pef costruzioni", esecutrice della strada sterrata, e ancora il quarantasettenne triestino Guido Prizzon, titolare dell'impresa individuale "Prizzon Guido", pure questa esecutrice della strada. Il percorso è sterrato e segue un andamento curvilineo a tornanti. Ha una larghezza media di 4,5 metri. Anche questa strada sarebbe del tutto abusiva. Dagli accertamenti fin qui disponibili, è emerso che le autorizzazioni paesaggistiche non sono state rilasciate, ma neppure richieste. Sarebbe stato concesso soltanto il via libera di Fvg Strade per tagliare il guard rail della Costiera. L'area, insomma, sarebbe stata deturpata. Questo è il termine usato dall'autorità giudiziaria. La giustificazione che sarebbe stata addotta dagli indagati - secondo cui il nuovo percorso in sterrato è solo funzionale al cantiere, cioè alla ristrutturazione della casa e del porticciolo, come consentito dalla normativa regionale - non ha convinto affatto la Procura. Il motivo? Anche un intervento provvisorio necessita di autorizzazioni e comunque deturpa il paesaggio. D'altro canto, viste le dimensioni dell'intervento e gli sbancamenti (le asportazioni del terreno) eseguiti, come sarebbe stato possibile ripristinare l'ambiente naturale originario non appena conclusi i lavori? Gli inquirenti sono convinti che il percorso realizzato rappresenti invece un vero e proprio ingresso alla villa dalla Costiera, finora accessibile con comodità soltanto dal mare.

Gianpaolo Sarti

 

 

Le arnie distrutte diventeranno spazio didattico
Il consorzio apicoltori: «Le foto della struttura incenerita hanno fatto il giro del mondo». Intesa con il Comune per avviare progetti dedicati alle scuole
San Lorenzo. Coinvolgere in progetti didattici le scuole di San Lorenzo. È uno degli obiettivi che si prefiggono il Comune e la Società agricola Landa Carsica-Kraska Gmajna di Doberdò, proprietaria delle 21 arnie andate distrutte in una sola notte il 10 maggio scorso a causa di un incendio doloso. Insieme le due realtà intendono cogliere dalla triste vicenda verificatasi un mese fa un'opportunità, e cioè insegnare il valore della natura ed in particolare l'importanza delle api alle nuove generazioni. E così, mentre nel sito dove si è verificato l'incendio sorgerà un nuovo apiario che sarà solidale con il territorio e la popolazione locale, la presidente della società Sara Devetak, il vice presidente Pietro Lombardo, l'apicoltore Dario Visintin, il presidente del Consorzio degli apicoltori della provincia di Gorizia Pierantonio Belletti e il sindaco Ezio Clocchiatti hanno posto le basi di tutta una serie di progetti. I rappresentanti della Società Landa Carsica hanno spiegato che, anche alla luce delle numerosissime attestazioni di vicinanza e solidarietà ricevute, la risposta a un simile gesto non poteva che essere quella di costituire un apiario che sia solidale con il territorio e con la sua gente. Con questo spirito la Società Landa Carsica e il Consorzio degli apicoltori presenteranno quindi all'amministrazione comunale di San Lorenzo una serie di proposte quali, ad esempio, la possibilità di poter entrare nelle scuole per spiegare agli alunni il mondo delle api, di organizzare delle uscite didattiche in apiario, o visite organizzate attraverso la creazione di un tunnel in prossimità dell'apiario all'interno del quale si potrà osservare il lavoro delle api in assoluta sicurezza per i visitatori. Il sindaco Clocchiatti ha accolto con entusiasmo le proposte degli apicoltori assicurando anche «un adeguato supporto per contribuire al ripristino del patrimonio apistico e anche ai progetti solidali che la società Landa Carsica e il Consorzio degli apicoltori stanno cercando di promuovere». Il presidente del Consorzio degli apicoltori Belletti ha spiegato: «Le immagini dell'apiario devastato dell'incendio hanno fatto il giro del mondo».

Matteo Femia

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 giugno 2020

 

 

Indumenti abbandonati nei boschi della Val Rosandra - Nuova pulizia dei volontari
Una cinquantina i sacchi raccolti da due associazioni intervenute - Il sindaco Klun sui passaggi di migranti: «La situazione è pesante»
SAN DORLIGO. Una cinquantina di sacchi per le immondizie, pieni di pantaloni, giacche, scarpe, residui di contenitori di cibi e bevande. Il tutto riconducibile al passaggio dei migranti lungo la cosiddetta "rotta balcanica", fenomeno che, nelle ultime settimane, ha conosciuto una robusta ripresa. È questo il risultato dell'operazione portata a termine ieri, dal mattino al primo pomeriggio, dai volontari che fanno parte della sezione triestina del Reparto sportivo dell'Associazione lagunari truppe anfibie (Alta), assieme a quelli dell'associazione Val Rosandra. Una ventina di persone, che hanno completato un percorso iniziato nelle boscaglie di Draga e Pese, esauritosi nei pressi di Basovizza, con il dichiarato intento di pulire una zona in cui transitano migranti. «Ma abbiamo trovato anche immondizie che sono frutto del comportamento incivile di nostri concittadini - ha spiegato Giorgio Calcara, uno dei volontari - come un vecchio televisore, pezzi di plastica di varie dimensioni e colori, addirittura una parte del motore di uno scooter». I volontari dell'Alta e dell'associazione Val Rosandra avevano effettuato un'operazione simile anche una settimana fa, concentrandosi sulla zona di Bottazzo, la piccola frazione situata alla fine della Val Rosandra, sempre nel territorio comunale di San Dorligo. «Anche in quel caso - ha ricordato il presidente della sezione triestina dell'Alta, Alioscia Cazzador - avevamo riempito una cinquantina di sacchi, che poi provvediamo a lasciare, sulla base di un preciso accordo, nei pressi del Centri di raccolta, dove sono le aziende incaricate dell'asporto rifiuti a procedere per la fase successiva. I migranti - ha aggiunto - sanno di doversi cambiare non appena arrivano in territorio italiano, perché così eliminano ogni prova che possa confermare il fatto che arrivino dalla Slovenia». Entrambe le operazioni si sono svolte d'intesa con l'amministrazione comunale di San Dorligo, ormai da tempo alle prese con il fenomeno dell'abbandono di vestiti nelle boscaglie da parte dei migranti. «Ringrazio questi volontari - ha sottolineato il sindaco, Sandy Klun - perché questa situazione sta diventando pesante. Nelle ultime settimane abbiamo constatato che i sentieri che percorrono sono sempre più lontani dalle abitazioni e dalle vie di passaggio. Evidentemente stanno cercando varchi finora sconosciuti - ha concluso - per mettere in difficoltà le forze dell'ordine».

U. SA.

 

 

Dopo il delfino trovata spiaggiata a Grado anche una tartaruga
GRADO. Stessa spiaggia stesso mare, ma in questo caso non c'è nulla da cantare né da ballare. L'altro ieri un delfino, ieri una tartaruga della specie caretta caretta. Gli animali morti spiaggiati sono stati rinvenuti poco dopo l'alba sulla battigia della spiaggia della Costa Azzurra, vicino alla scogliera nel tratto di arenile libero. Per competenza è intervenuto Circomare che a sua volta ha fatto intervenire gli operai del Comune per lo sgombero della carcassa della tartaruga.Non è raro, anzi è piuttosto frequente, rinvenire a riva tartarughe morte (l'altro giorno una anche a Sistiana); raro invece il rinvenimento di un delfino. In questo caso si dovrà attendere l'esito dell'esame cui l'animale è stato sottoposto all'istituto zooprofilattico di Padova. I delfini sono una piacevole presenza al largo di Grado e ne sanno qualcosa i passeggeri del Delfino Verde spesso deliziati dai salti gioiosi di questi amici molto... umani.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 giugno 2020

 

 

Alberi della pineta di Barcola, entra nel vivo il piano potature
Al via gli interventi messi in agenda in primavera e poi sospesi causa lockdown. Osservati speciali centinaia di pini e conifere ritenuti dai tecnici bisognosi di cure
Scatterà nei prossimi giorni l'operazione di "restyling" delle alberature della pineta di Barcola. Un piano di manutenzione inizialmente previsto per l'inizio della primavera e in seguito posticipato di un paio di mesi dall'amministrazione comunale a causa del blocco dei cantieri imposto dall'emergenza coronavirus. Rendendosi necessario recuperare il tempo perduto, l'operazione "taglio alberi" avrà inizio entro l'inizio della prossima settimana, quando i tecnici del servizio comunale verde pubblico provvederanno a sfrondare le chiome delle piante che presentano le situazioni di maggiore pericolo. Si tratta di una spesa che sfiora i 50 mila euro e che ha avuto l'approvazione della giunta comunale soltanto pochi giorni fa. «È un'operazione relativa alla manutenzione periodica dei rami che non comporterà abbattimenti di alberi - sottolinea l'assessore ai lavori pubblici Elisa Lodi - ma è solo volta a mettere in sicurezza l'area, molto frequentata nel periodo estivo. Un'operazione che partirà nei prossimi giorni, accelerando i tempi dell'intervento in modo da garantire maggiore tranquillità ai fruitori della pineta». Gli interventi di potatura fanno seguito al lavoro di censimento operato lo scorso autunno dallo stesso servizio strade e verde pubblico. In quella circostanza i tecnici comunali avevano provveduto a valutare la stabilità e lo stato di salute degli alberi presenti all'interno della pineta. La relazione finale aveva permesso di censire la presenza di quasi 900 alberi in una parte di terreno relativamente modesto. Si tratta quasi esclusivamente di pini, ma vi sono presenti anche altre conifere, comunque alberi che presentano numerosi rami secchi di varie dimensioni, alcuni però cresciuti notevolmente nel corso degli ultimi mesi. I pini, fanno sapere dal Comune, hanno la particolarità di effettuare una sorta di auto-potatura, che consiste nel distaccamento dei rami più bassi e secchi. Un fenomeno da queste parti accelerato a causa dei venti di bora e che possono comportare anche episodi spiacevoli, come la caduta accidentale di rami addosso alle persone che in questo periodo sono solite stendersi all'ombra dei pini barcolani. Oltre alla potatura ordinaria degli alberi, il Comune ha poi riservato parte delle risorse a disposizione per eventuali interventi di potatura a chiamata, su segnalazioni o come conseguenza di particolari eventi meteorologici, da eseguire in emergenza entro 24 ore dall'avvenuta comunicazione.

Lorenzo Degrassi

 

 

«Zona 30 a Opicina, modalità sbagliate» - i perché della protesta
OPICINA. «Non siamo contrari alla Zona 30, ma alle modalità attraverso le quali il Comune intende attuarla». È questa la precisazione che arriva dall'associazione per la Difesa di Opicina e dal consorzio "Insieme a Opicina", all'indomani della replica dell'amministrazione alle proteste giunte dai residenti sul progetto che punta alla rimodulazione del traffico nella frazione dell'altipiano e, più precisamente, nell'area che va da via Carsia al capolinea del tram. «Prevedere un limite di velocità per i mezzi in transito - sottolinea Mauro Drioli, portavoce della protesta - è una soluzione più che giusta. Giudichiamo invece cervellotica e sbagliata la scelta che implica la costruzione di un marciapiede lungo un lato della via della Vena, che porterebbe soltanto disagi. Il tutto - aggiunge - quando sull'altro lato ne esiste già uno in ottime condizioni, che basterebbe completare. Quello che ci trova contrari - conclude Drioli - è proprio l'idea che sta alla base del progetto, che verrebbe a snaturare e a penalizzare una zona di Opicina che invece necessita di quei parcheggi che, in base all'idea del Comune, sparirebbero».

u.sa.

 

 

 

 

MESSAGGERO VENETO - VENERDI', 5 giugno 2020

 

 

«Zero emissioni gas serra» La svolta green della Regione

Otto mesi per predisporre la prima bozza di programma e un anno per concretizzare un confronto ufficiale con Unione Europea, Stato e autorità finanziarie. Infine, entro 18 mesi, la stesura del documento definitivo con la valutazione delle risorse e delle modalità di reperimento dei fondi europei necessari per avviare la candidatura del Friuli Venezia Giulia al ruolo di Regione pilota nel campo della sperimentazione verso un'economia a emissioni zero di gas a effetto serra. Queste le tempistiche prospettate dall'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, davanti alla quarta Commissione consiliare, presieduta da Mara Piccin (Fi). Un obiettivo, quello auspicato da Scoccimarro, legato al grande progetto del Green Deal europeo, insieme di iniziative politiche portate avanti dalla Ce per raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050. «Si tratta di una candidatura e non di un bando - ha specificato l'assessore - che segue la decisione favorevole da parte della Giunta in merito all'operatività del progetto». Progetto lungo 25 anni «e perciò - ha detto Scoccimarro - serve l'adesione di tutte le forze sociali e politiche, indipendentemente dall'orientamento di chi sarà chiamato a governare. E saranno coinvolti tutti gli assessorati». Se la candidatura andrà a buon fine «il Fvg si impegnerà a conseguire gli obiettivi della neutralità in tempi più ristretti rispetto gli altri Paesi. Quindi, è necessario avviare quanto prima il processo che consentirebbe di predisporre il documento da sottoporre alla Commissione Europea». L'obiettivo è quello di pervenire progressivamente alla neutralità delle emissioni attraverso una media annua pari almeno al -4% rispetto quelle attuali. I temi chiave per convincere la Ce, invece, sono due: l'adattamento ai cambiamenti climatici e l'educazione dei cittadini all'adozione di comportamenti virtuosi».

 

CRISI SANITARIA È CRISI CLIMATICA

Ci sono alcune similitudini tra le due crisi sanitaria e climatica: sia il virus, sia i gas ad effetto serra travalicano i confini nazionali, rendendo la crisi globale; in entrambi le crisi, i soggetti colpiti si trovano sovente tra i gruppi sociali più deboli e vulnerabili, mentre ricchezza e censo contribuiscono ad attraversare le emergenze relativamente illesi. La differenza fondamentale, invece, che dovremmo ricordare ogni giorno, sta nel fatto che il Covid- 19, con una letalità stimata intorno all'1%, non pone enormi rischi significativi alla sopravvivenza della popolazione mondiale. Al contrario, l'inazione climatica può far saltare i meccanismi di regolazione globale del clima sulla Terra, portando a danni irreversibili per la popolazione umana e la biosfera. Le due crisi inoltre interagiscono tra di loro. A livello mondiale, fermare ampi settori portanti dell'economia come industrie, mobilità, commerci, ha portato nell'aprile 2020, secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia, a una riduzione del 17% delle emissioni di gas serra rispetto allo stesso periodo nel 2019. La stessa Agenzia si spinge oltre, prevedendo che nel 2020, a causa dell'impatto del Covid- 19 sull'economia, vi sarà una riduzione di circa il 7% delle emissioni industriali rispetto al 2019, la più grande caduta di emissioni climalteranti dalla seconda guerra mondiale. Tuttavia, anche con un fermo di tali proporzioni e su scala globale, inimmaginabile come scelta di responsabilità climatica in assenza della pandemia, questa riduzione è di gran lunga ancora insufficiente per ridurre il riscaldamento globale. I piani di salvataggio o bail out con denaro, pubblico, europeo e nazionale sono un'eccellente leva per reindirizzare settori come l'aviazione, l'industria automobilistica, quella energetica e quella alimentare. Non bisogna confondere la - dannosa - recessione con la benefica riduzione di produzioni insostenibili e ripartire mettendo in discussione il nostro sistema socio-economico. Serve un bail out massiccio per la Terra. Non sprechiamo questa occasione, che potrebbe essere l'ultima.

Silvia Antonelli esperta nazionale già nella Commissione europea per le tematiche agricoltura, foreste e clima

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 giugno 2020

 

Ambiente: la mappa che porta dall'inferno al paradiso

«La terra è un paradiso, l'inferno è non accorgersene»: l'aforisma di Jorge Luis Borges è tanto più vero oggi, Giornata mondiale dell'Ambiente, proprio mentre viviamo nel tempo sospeso dalla pandemia. L'ambiente, ciò che ci circonda - è infatti il participio presente ambiens del latino ambire che significa appunto circondare - svuotato dalla nostra pesante presenza si è ben presto ripreso il suo spazio. Lo spazio della nostra assenza lo ha ripopolato di animali e piante, una presenza che prima si nascondeva, fino addirittura a sparire. La perdita continua di biodiversità, ovvero la scomparsa di molte specie vegetali e animali, ci ricorda la tragica combinazione fra la presenza dell'uomo e l'assenza del mondo vegetale e animale. È bastato un attimo, se contato con la metrica dell'evoluzione, e ribaltare la presenza con l'assenza per ripopolare quello spazio perso. Nel 2020, anno bisesto e funesto, siamo tuttavia a un punto di svolta obbligato: paradiso oppure inferno? Se il riscaldamento globale dovesse continuare con il ritmo attuale, entro la fine del secolo scatterà - spiegano gli scienziati che si occupano del fenomeno - un allarme estinzione per il 73 per cento delle specie animali e vegetali di tutto il mondo. Una scoperta però è confortante, anche se non è ancora il paradiso: la parola "ambiente" esce finalmente da qualsiasi concetto astratto ed entra con gradita prepotenza nel lessico delle priorità della nostra vita. Ben sette italiani su dieci (il 68%, per la precisione) sanno correttamente spiegare la "biodiversità" come «una molteplicità di specie animali, vegetali e microorganismi» e con altrettanta precisione quattro italiani su dieci collegano la perdita di biodiversità e l'alterazione degli equilibri ed ecosistemi a conseguenze rilevanti se non addirittura catastrofiche per l'abitabilità terrestre, come la pandemia Covid-19.Solo un italiano su dieci (il 9%) ritiene che non valga la pena preoccuparsi, e che la perdita di biodiversità sia fisiologica nell'evoluzione degli ecosistemi, ma nell'insieme oltre i 3/4 dell'opinione pubblica hanno colto la serietà delle condizioni. Sono i dati del nuovo Rapporto #Biodiversità, I care 2020 dell'Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg, appena diffusi da Fondazione Fico con la campagna Spreco Zero. L'indagine è stata condotta dal 27 al 29 maggio su 1000 soggetti in tutta Italia, secondo un campione statistico. Preservare la biodiversità, quindi, ma come? Secondo un italiano su due (50%) sono necessari e urgenti prodotti e detersivi a basso impatto ambientale, mentre per il 42% degli intervistati la strada è privilegiare la varietà di prodotti agroalimentari del territorio attraverso la spesa della famiglia. Soluzioni che dimostrano la comprensione dei pericoli in atto, e non di difficile attuazione. Molto resta da fare in vista degli Obiettivi di sviluppo dell'Agenda 2030, ed è questo il momento per uno scatto decisivo... verso il paradiso.

Andrea Segrè presidente della Fondazione Fico e fondatore di Spreco Zero

 

 

Ferriera, accordo in stand by La Regione rassicura gli operai

Fedriga e Rosolen ricevono Fim, Uilm, Failms e Usb e garantiscono lo sblocco Oggi scende in piazza la Fiom. Il caso D'Agostino alimenta nuovi interrogativi

Una giornata «positiva», al netto delle incognite sulla decadenza del presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino sentenziata dall'Anticorruzione, di cui si è saputo in serata. Questo in sintesi il commento delle sigle sindacali Fim, Uilm, Failms e Usb al termine del duplice incontro avvenuto ieri al mattino con il prefetto e nel tardo pomeriggio sia con il governatore Massimiliano Fedriga che con l'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen. Il tema, caldo, riguardava ancora una volta la data per la firma dell'accordo di programma sulla Ferriera di Servola. Indicata una prima volta per il venerdì della scorsa settimana e poi rinviata a data da destinarsi. Spostamento che aveva fatto nascere nei sindacati malumori e più di qualche dubbio, tanto che oggi la Fiom, unica sigla a non aver sostenuto l'accordo scenderà in piazza per protestare contro i ritardi.«La preoccupazione è forte e l'ansia tra i lavoratori ancora di più - avevano esternato in una voce unica i rappresentanti sindacali ieri all'uscita dall'incontro con il prefetto - e abbiamo paura di entrare in un punto di non ritorno. Il clima disteso dei giorni scorsi è sempre più difficile da mantenere». In serata, dopo l'incontro con i rappresentanti del governo regionale, l'inversione di marcia in senso positivo. «Fedriga e Rosolen ci hanno confermato che l'accordo di programma non è in discussione - il commento delle quattro sigle sindacali al termine dell'incontro - ma in questi giorni il lavoro si è concentrato sul fissare quelle ulteriori garanzie occupazionali previste in aggiunta a quanto già stipulato nell'ambito dell'accordo sindacale del 20 gennaio scorso. In tal senso riteniamo l'impegno assunto dalla Regione positivo e in piena coerenza con i dettami sanciti da tale accordo. Lo stesso presidente Fedriga - si legge sempre nella nota emessa dalle quattro sigle sindacali del metalmeccanico - ha affermato che la settimana prossima è programmato un'ulteriore incontro con i soggetti privati coinvolti nell'accordo propedeutico alla conclusione dello stesso». Un passo in avanti verso la firma, dunque, anche se ora si aggiunge un altro rebus: chi firmerà l'accordo per l'Autorità portuale dopo che in serata si è saputo della decadenza dall'incarico di D'Agostino? E ciò influirà sui tempi? La decisione di chiedere un incontro con le istituzioni, da parte di Fim, Uilm, Failms e Usb, era sorta ieri l'altro nel corso di un'assemblea online organizzata dai lavoratori della Ferriera. E sempre in ambito Ferriera, proprio ieri è uscita una nota sulla Gazzetta Ufficiale, nella quale si rende noto l'aggiornamento dell'autorizzazione ambientale integrata alla centrale termoelettrica "Cet" di Servola. «Questa proroga è un'altra notizia positiva - sottolinea il segretario provinciale Uilm Antonio Rodà - e rappresenta un senso di continuità per il percorso di conversione intrapreso».

Lorenzo Degrassi

 

 

«No alla Zona 30» Abitanti ed esercenti in rivolta a Opicina

«Meno posti auto, più rischi: pronti a bloccare il traffico» Comune e Circoscrizione «Piano già condiviso in passato»

OPICINA. «Siamo pronti a dare vita a un sit-in e a bloccare il traffico se dovesse servire, perché quello che si sta facendo in alcune delle nostre strade è un autentico scempio». Sono sul piede di guerra molti residenti e commercianti di Opicina, rappresentati in questo frangente dall'associazione per la Difesa di Opicina e dal consorzio "Insieme a Opicina". A scatenare la loro vivace reazione, l'avvio del cantiere, inserito nel più ampio contesto della realizzazione della "Zona 30" nell'area situata fra via Carsia e il capolinea del tram. In particolare, contestano il progetto che prevede, in via della Vena, la nascita di un marciapiede lungo il lato destro della strada in direzione del ricreatorio. «È un'idea sbagliata - hanno detto ieri Nadia Bellina e Dario Vremec, presidenti rispettivamente del consorzio e dell'associazione, e Mauro Drioli, rappresentante dei residenti nella via - perché il marciapiede da utilizzare, in buona parte già realizzato e in ottime condizioni, sarebbe quello sul lato opposto, cioè a sinistra in direzione del ricreatorio. Intervenire sul lato destro - hanno sottolineato - comporterebbe la scomparsa di parcheggi utili a tutti, obbligherebbe i bambini che escono dalla scuola e vanno al ricreatorio ad attraversare più volte la carreggiata e metterebbe in difficoltà i proprietari delle case che insistono su quel lato, perché situate più in basso rispetto al livello stradale. In caso di pioggia, l'acqua diventerebbe un problema». Immediata la replica del Comune e della Circoscrizione. «Il progetto risale all'epoca della giunta Cosolini e noi lo abbiamo portato avanti con modeste correzioni - ha detto l'assessore Luisa Polli - perciò si tratta di un'idea trasversale, che ha trovato il riscontro in due esecutivi di segno diverso, a conferma della sua bontà. Ricordo - ha proseguito - che la Zona 30 è il risultato di un attento e moderno studio, basato sui migliori criteri di mobilità». Anche Marko De Luisa, presidente della Circoscrizione, concorda: «Il progetto Zona 30 è stato più volte affrontato dalla Consulta, davanti ai residenti di Opicina - ha ricordato - e discusso nel corso di una pubblica assemblea, alla presenza dell'assessore Polli, senza suscitare proteste». Rispondendo poi a chi, qualche giorno fa, aveva proposto i dossi in luogo dei restringimenti per garantire il rispetto del limite a 30 all'ora, De Luisa ha spiegato che «essi sono pericolosi per motociclisti e ciclisti, oltre che rappresentare un problema per i mezzi di emergenza». Massi (Lega) invoca l'utilizzo dei filmati contro la sosta selvaggia Il sindaco Klun: «Ma prima va completato l'iter riguardante le Ztl»

Ugo Salvini

 

«Si usino le telecamere esistenti per multare i furbetti a Bagnoli»

SAN DORLIGO DELLA VALLE. «Le telecamere ci sono, basta usare i filmati e mandare le multe a chi se le merita. È il Comune a essere carente su questo fronte». L'accusa è di Roberto Massi, capogruppo della Lega in seno al Consiglio comunale di San Dorligo. Accusa che arriva pochi giorni dopo la concitata giornata di domenica quando, per salvare un 17enne caduto nel torrente Rosandra, i mezzi di soccorso hanno trovato notevoli difficoltà, perché la strada di accesso alla Valle era intasata da vetture. Tutte in sosta vietata. «È notorio da anni che, nel tratto fra la piazza di Bagnoli e Bagnoli superiore cioè lungo la strada che porta alla Valle - sottolinea Massi - sono in vigore sia il divieto di transito sia quello di sosta. Sono state sistemate in vari punti anche le telecamere per rilevare le violazioni - aggiunge - perciò non capisco perché l'amministrazione non provveda. Si profila anche l'ipotesi di un danno erariale - continua l'esponente leghista - in quanto le multe rappresenterebbero entrate da utilizzare per opere pubbliche o comunque per interventi a favore dell'intera collettività. Non dimentichiamo - conclude - che le conseguenze per un eventuale mancato o ritardato intervento di soccorso, dovuto a presenze di automobili non autorizzate, potrebbe originare responsabilità anche penali». «Per poter usare i filmati - replica il sindaco di San Dorligo, Sandy Klun - bisognerebbe aver già predisposto la normativa delle cosiddette Zone a traffico limitato, operazione non semplice. Certo, c'è un sistema da integrare e correggere e ci stiamo lavorando, ma i risultati non si possono raggiungere in poco tempo. Ricordo inoltre che esistono anche le contestazioni alle multe comminate attraverso l'uso dei filmati e in quel caso le complicazioni sarebbero notevoli. Posso però garantire - conclude il sindaco - che nella zona sono molto attivi i Carabinieri, che stanno elevando numerose multe e che, a breve, avremo il quarto vigile urbano in dotazione alla nostra Polizia locale, perciò saremo più presenti».

 

«Bonus bici per tutti» - Appello pure da Muggia

MUGGIA. C'è anche la consigliera comunale di Muggia Anna Demarchi tra i dieci consiglieri di altrettanti Comuni del Friuli Venezia Giulia che chiedono alla Regione di estendere all'intero territorio regionale il "bonus bici". Muggia, 15.mo comune più popoloso del Fvg, stando a quanto previsto dal "Decreto Rilancio", è tagliato fuori, in quanto non capoluogo di provincia e con meno di 50 mila residenti. «Il "bonus bici" previsto dal "Decreto Rilancio" - così, all'unisono, i dieci consiglieri - è una misura molto positiva per costruire un nuovo modello di mobilità». Ma proprio per questo i consiglieri "ribelli" chiedono che «la Regione intervenga con un proprio provvedimento per estendere in maniera lungimirante il bonus a livello regionale». L'invito dei "dieci" a tutti gli altri consiglieri comunali e alla cittadinanza è di firmare la petizione online su www.change.org/p/massimiliano-fedriga-estendere-il-bonus-bici-in-fvg.

LU.PU.

 

MESSAGGERO VENETO - VENERDI', 5 giugno 2020

Dieci comuni chiedono di ampliare il bonus bici

I consiglieri di 10 Comuni (Campoformido, Cervignano, Cividale, Codroipo, Cormons, Monfalcone, Muggia, San Vito al Tagliamento, Tavagnacco, Tolmezzo) lanciano una richiesta al presidente Massimiliano Fedriga: estendere il "Bonus bici" a tutta la Regione Friuli Venezia Giulia. E per farlo promuovono anche una raccolta firme. «Il "bonus bici" previsto dal Decreto Rilancio è una misura molto positiva per costruire un nuovo modello di mobilità, di cui oggi, anche dopo questa emergenza sanitaria, c'è davvero un grande bisogno», scrivono in una nota i dieci consiglieri comunali. «È ora infatti di puntare sulla mobilità sostenibile, mettendo al centro mezzi alternativi come la bicicletta, ripensando tutto in termini di spostamenti e sicurezza quotidiana. D'altra parte la bicicletta è un veicolo a tutti gli effetti e le piste ciclabili, in base alla legge 2/2018, hanno la stessa dignità di strade, autostrade e ferrovie». «Il "bonus bici" del Decreto Rilancio (un massimo di 500 euro per coprire fino al 60% dell'acquisto di un nuovo mezzo) porterà effettivamente nei Comuni tante biciclette adatte a sostituire l'auto, come quelle a pedalata assistita. La platea di Comuni della nostra Regione per cui è previsto l'incentivo, però, è ristretta ai soli capoluoghi di provincia, escludendo così un numero importante di centri abitati», sottolineano ancora i consiglieri. «Per questo, ritenendo la misura nazionale positiva per la strada intrapresa, chiediamo che la Regione Friuli Venezia Giulia intervenga con un proprio provvedimento per estendere in maniera lungimirante il bonus a livello regionale. Il nostro auspicio è davvero che venga esteso a tutti i Comuni in modo da favorire un cambiamento nella mobilità quotidiana a vantaggio di tutti i cittadini e di ogni territorio della nostra Regione». «Invitiamo tutti gli altri consiglieri comunali e i cittadini a unirsi a noi in questa semplice richiesta dal valore strategico», dicono ancora i promotori dell'iniziativa. E per raccogliere le adesioni hanno lanciato anche una raccolta firme on line. Chiunque volesse sottoscrivere la loro proposta al presidente Fedriga può firmare al seguente indirizzo: https://www.change.org/p/massimiliano-fedriga-estendere-il-bonus-bici-in-fvg.

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 giugno 2020

 

Il termovalorizzatore della discordia Possibile verdetto l'11 giugno a Trieste

MONFALCONE. Potrebbe arrivare forse già la prossima settimana il "verdetto" sul termovalorizzatore che Nord Composites Italia srl, fabbrica di 25 mila metri quadrati impiantata al civico 61 di via Timavo, in zona Lisert, sta provando a costruire per abbattere l'incidenza dei costi di smaltimento dei rifiuti liquidi residui di lavorazione, cioè l'acqua di esterificazione. Dopo che il progetto è stato bersagliato dalle osservazioni di associazioni e Comuni, nel momento in cui l'azienda ha depositato lo scorso novembre in Regione (Servizio tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico) l'istanza di rilascio del Paur, propedeutico all'ottenimento di Aia e Via, la direzione ha completato le sue risposte, inviandole all'ente sovraordinato nei termini, a metà aprile, quando il Paese era da capo a piedi immerso nell'emergenza sanitaria del Covid-19. L'iter, insomma, è andato avanti e la prossima settimana, giovedì alle 10, è prevista a Trieste l'attesa Conferenza dei servizi, dalla quale forse già uscirà il responso sulla procedibilità della realizzazione. L'appuntamento però, per le misure restrittive dettate dal contenimento dei contagi, sarà solo a distanza, vale a dire in videoconferenza. Da quella sede, comunque, potrebbe uscire un definitivo parere oppure l'ulteriore richiesta di integrazione, con la convocazione di una seconda seduta, non più riaggiornabile, ma con decisivo ed esplicito responso. L'azienda monfalconese realizza fino a 350 tipi di resine sintetiche, poliestere ed alchidiche, per una produzione annua che - fino a prima del coronavirus - superava le 28 mila tonnellate di resine sintetiche, poliestere ed alchidiche, su una capacità massima di 34 mila, un terzo composta da materiale non pericoloso (8 mila ton). E un fatturato di 45 milioni, l'1% appunto eroso nella movimentazione e smaltimento dei rifiuti liquidi, 50-60 mila chili di scarti a settimana in transito su autocisterna. Che invece l'azienda vorrebbe bruciare con il nuovo termovalorizzatore, del valore di un milione di euro. Nel lockdown, in possesso dei codici Ateco per la filiera essenziale, Nord Composites ha continuato a lavorare, rimanendo sempre aperta. Ha anche riconvertito la sua produzione creando gel per la sanificazione, che ora continua a sfornare a uso interno. È stata fatta la richiesta di cassa integrazione per i 52 dipendenti a causa della diminuzione dei volumi, ma per ora non applicata. Lo riferisce il direttore Morris Cernic: «Si sta facendo ruotare il personale nei turni e si è ricorso all'utilizzo delle ferie individuali e congedi parentali per sopperire al calo produttivo, stimato sul 30%». Conseguenza soprattutto del fatto che le attività in Italia per tre mesi di fila si sono congelate. «Ora c'è stato il riavvio - conclude Cernic - ma la ripresa è lenta e stimo che si tornerà ai livelli pre Covid appena verso fine anno. Se producevamo 2.500 tonnellate al mese ora viaggiamo invece sulle 1700 ton».

Tiziana Carpinelli

 

Presto in Regione le 500 firme che dicono no a Pecol dei Lupi

Il Comitato le consegnerà in piazza Oberdan accompagnato da cinque consiglieri Alla base della protesta c'è il conferimento di 47 mila metri cubi di secco residuo

Cormons .Arriverà nei prossimi giorni in Consiglio regionale la battaglia del Comitato No Pecol per impedire il conferimento di nuovo materiale secco residuo nella discarica alle porte di Borgnano. La prossima settimana, infatti, la petizione promossa dal Comitato verrà portata all'attenzione di piazza Oberdan, sostenuta anche da cinque consiglieri regionali di opposizione: Tiziano Centis (Cittadini), Diego Moretti (Partito democratico), Furio Honsell (Gruppo Misto), Ilaria Dal Zovo (Cinquestelle) e Massimo Morettuzzo (Patto per l'Autonomia).Nel testo della raccolta si parla di 443 firme, ma il numero negli ultimi giorni è ulteriormente lievitato sfiorando quota 500: non solo, oltre a quelle cartacee ce ne sono anche 356 online (sebbene molte di queste siano di persone che hanno firmato anche quella cartacea) sul sito Change.org. La petizione "Chiusura della discarica Pecol dei Lupi senza nuovi conferimenti" ha Claudio Bertos, tra i promotori del Comitato, come primo firmatario e nasce per ribellarsi all'idea di altro materiale secco residuo che possa essere immesso nel sito alle porte di Borgnano una volta dissequestrato dalla magistratura. L'area è ancora off-limits a causa di una disposizione giudiziaria, ma il piano studiato da Isontina Ambiente prevede di riempire il buco ancora esistente con 47 mila metri cubi circa di secco residuo (cifra superiore ai 35 mila metri cubi inizialmente supposti).«Proprio le cifre ci preoccupano - commenta Bertos, residente a Borgnano - perché questo continuo ballo di numeri non ci fa ben sperare: nei mesi scorsi l'azienda non ci aveva mai parlato, durante gli incontri pubblici, di 47 mila metri cubi, ma di una quota molto inferiore. Poi, ci siamo ritrovati nel progetto questo volume da riempire, e la cosa ci sconcerta parecchio. Noi ci battiamo contro ogni tipo di conferimento, la salute pubblica deve essere messa davanti a tutto: la discarica si può chiudere così com'è, non servono nuovi conferimenti. Abbiamo ricevuto un appoggio molto ampio, se si pensa che tra cartaceo e online abbiamo messo insieme circa 850 firme in pieno periodo pandemico, e dunque senza la possibilità di muoverci a raccogliere consensi come avremmo voluto si può capire la grande presa che la nostra battaglia ha avuto nella nostra comunità. Solo qualche anno fa una simile raccolta firme a Borgnano aveva infatti raccolto circa 200 adesioni». La lotta del Comitato non si fermerà all'incontro in Regione: «Stiamo predisponendo - aggiunge Bertos - una lettera aperta ai cittadini in cui rendiamo conto di quanto successo in tutto quest'ultimo periodo. La popolazione deve essere informata dei dettagli: siamo molto preoccupati anche per la situazione relativa ai pozzi, dei quali non si conoscono i dati di Arpa». Nel testo inviato in Regione, i promotori dell'iniziativa scrivono come «sia nostra intenzione impedire che il Comune di Cormons diventi di nuovo la discarica dell'Isontino». Chiedono inoltre che «vengano attentamente vagliate proposte alternative per la chiusura definitiva» nonché «maggiore trasparenza nella gestione di Pecol e nella pubblicazione dei dati ambientali». Il Comitato evidenzia inoltre come gli aspetti per esso più significativi siano «salute e ambiente». Il gruppo di cittadini aderenti all'iniziativa pretende inoltre «un intervento che non sia dettato unicamente da motivi economici e di rapidità».

Matteo Femia

 

 

Altri nidi a Porto San Rocco La "casa" delle rondini è qui

Installate nuove dimore artificiali dalla onlus Liberi di Volare tra i portici del borgo L'amministratore Pacini: «La legge tutela la specie dal calo demografico»

MUGGIA. Porto San Rocco sempre più casa delle rondini. Ieri mattina lungo i portici del borgo muggesano sono state messe a dimora, con l'ausilio del socio dell'associazione onlus Liberi di Volare, Fabio Strolego, altre due casette - due erano già state installate nel pomeriggio del giorno prima - per questi utilissimi volatili. Il montaggio dei due nuovi nidi, sul lato dei portici che si affaccia lungo l'ex bacino di carenaggio dello storico ex cantiere muggesano, è stato l'occasione per vedere come le rondini abbiano eletto a dimora prediletta questo angolo di Adriatico settentrionale. Basta passeggiare per i vialetti per imbattersi in questi velocissimi uccelli, che sfrecciano in direzione dei nidi che l'associazione Liberi di Volare, onlus che tutela e protegge questi splendidi piccoli viaggiatori che ogni anno ritornano a casa, ha contribuito, nel corso degli anni, a installare. «Una rondine - ha spiegato la presidente dell'associazione, Silvana di Mauro - compie ogni anno una migrazione di ben 14 mila chilometri per tornare al suo luogo natio e riprodursi, e il suo nido è per la vita, come è anche per la vita il suo compagno o la sua compagna con cui far famiglia».E infaticabili appaiono nel portare al nido numerosissimi insetti che, trasformati in bolo custodito nelle guance durante il volo, vengono portati direttamente ai voraci beccucci dei piccoli. Oltre ai nidi si è posta l'attenzione anche alla sicurezza di questi simpatici uccelli: ieri sono state installate anche alcune lastre sagomate in plexiglas che, al posto degli spuntoni metallici antipiccioni, pericolosissimi per questi animali, non permettono la sosta sulle plafoniere, proteggendole. «Siamo riusciti a installarne alcune - ha proseguito di Mauro - ma le plafoniere sono tante e abbiamo bisogno di un aiuto finanziario per arrivare a ricoprirle tutte». Ma pare che non tutti abbiano la stessa sensibilità al riguardo. Le rondini purtroppo, come spiegato da Marco Pacini, amministratore immobiliare che conosce a fondo la realtà di Porto San Rocco e che da anni sostiene il progetto sul ripopolamento del borgo da parte delle rondini portato avanti dall'associazione, «sono in notevole decremento demografico, ecco perché la legge le tutela. E chi danneggia i loro nidi incorre in un reato penale. Purtroppo la situazione nel corso degli anni non sempre è stata delle migliori per i volatili di Porto San Rocco: «Anni fa - sempre Pacini - in occasione dei lavori di rifacimento e ristrutturazione delle facciate furono distrutti alcuni nidi naturali». Fortunatamente le rondini non si sono arrese e al ritorno dalla migrazione hanno continuato a dimorare grazie soprattutto ai nidi artificiali nel frattempo installati. Nel borgo ci sono anche dei nidi naturali, in posizioni, tra l'altro, davvero particolari: una famiglia ha deciso di costruire il proprio nido su di un faretto di una fotocellula, un'altra ha deciso di usare come base per il proprio nido una telecamera di sorveglianza. «Tutelare gli habitat di questi "pendolari del cielo" - ha concluso di Mauro - significa tutelare anche la nostra specie e la nostra salute. Una rondine, ogni giorno, arriva a divorare circa 6 mila insetti e un rondone più di 10 mila. Si tratta di veri spazzini dell'aria, che potrebbero limitare di molto i pesticidi per la nostra agricoltura».  l'iniziativa dei consiglieri di dieci comuni della regione

Luigi Putignano

 

 

Risiko del gas, Serbia e Bulgaria accelerano sul Balkan Stream

Sarà collegato all'impianto turco e attingerà alle fonti russe e a quelle azere E otto capitali dell'Est bussano a Bruxelles: obiettivo, l'uscita dal carbone

Belgrado. Accelerazione su importantissime opere la cui costruzione era stata rallentata dalla pandemia, ma che devono essere completate entro l'anno. E piani congiunti per creare un fronte comune puntando tutto sul gas come fonte di approvvigionamento. Gas che sarà la parola-chiave nel prossimo futuro, a Est e nei vicini Balcani, regione dove il tema energia ha ripreso forza, con complicati giochi di potere che si stanno sviluppando nell'area. Lo scenario è confermato da evoluzioni inequivocabili, come il piede sull'acceleratore che Serbia e Bulgaria hanno premuto per il completamento del gasdotto Balkan Stream, succeduto al defunto South Stream affossato dai veti Ue e dall'opposizione Usa, opera fortemente sostenuta da Mosca per bypassare l'Ucraina. Il gasdotto trasporterà gas russo - ma è aperto anche a quello azero - nel cuore dei Balcani, dopo aver attraversato il Mar Nero via esistente TurkStream. L'opera ha subito forti ritardi anche causa pandemia, ma ora si fa sul serio. «Speriamo di lasciarci alle spalle questi mesi di ritardo», ha detto il premier bulgaro Boyko Borisov, che ha incontrato il presidente serbo Aleksandar Vucic per fare il punto sui lavori. Borisov ha promesso che il tratto bulgaro sarà completato entro l'anno, nel rispetto delle regole Ue. È «un'opera essenziale per la crescita dell'economia e dell'industria», gli ha fatto eco Vucic, presidente di quella Serbia che già a dicembre ha terminato la posa delle tubazioni nella sua sezione. E pure l'Ungheria attende con ansia il gas del Balkan Stream. Budapest ha infatti annunciato che, grazie al metano in arrivo da Sud e a un accordo ad hoc con Gazprom, potrà triplicare la capacità dell'interconnettore con la Slovacchia, andando a rifornire anche l'Europa centrale a partire dal 2021. Ma non ci sono solo Serbia, Bulgaria e Ungheria. In un'Europa dell'Est che deve risolversi ad abbandonare il carbone come fonte di energia, sta nascendo una grande coalizione di Stati che vuole puntare sul gas come "ponte" per la neutralità climatica. Lo rivela un documento condiviso da otto capitali Ue - Budapest, Sofia, Praga, Atene, Vilnius, Varsavia, Bucarest e Bratislava - che hanno chiesto a Bruxelles di non opporsi all'uso di «gas naturale» e biometano nel processo di decarbonizzazione, tappa obbligata prima del passaggio a energia più verde entro il 2050. Per questo - è la petizione dei Paesi dell'area - è di «cruciale importanza» che l'Ue sostenga anche «finanziariamente lo sviluppo dell'infrastruttura del gas».Dietro la corsa al gas si combatte anche una sotterranea guerra tra grandi potenze, interessate ad aumentare la propria influenza nella regione usando l'energia come cavallo di Troia. Se serve gas, sarà necessario infatti pomparlo nei gasdotti. E così Mosca - con l'appoggio della Turchia - potrebbe rafforzare il suo ruolo nella regione anche via TurkStream e soprattutto Balkan Stream, che «congeleranno sotto la solida egemonia della Russia gran parte del Sud-est Europa», ha avvisato il portale specializzato Natural Gas World. Il portale ha ricordato che al momento solo «Gazprom beneficia infatti del progetto», dato che nessun altro fornitore sarebbe interessato a offrire gas per il metanodotto. Gli Usa intanto hanno già stretto accordi con la Polonia per rifornimenti di gas liquido e mirano a fare lo stesso in altre aree dell'Est. Ma non mancano nemmeno le polemiche sul fronte dell'ambiente. «Investire in gasdotti per tagliare le emissioni», ha attaccato Tara Connolly, di Friends of Earth Europe, «è come comprare sigarette al mentolo per smettere di fumare». Quelle infrastrutture rimarranno per decenni obbligando la regione a restare legata al gas, hanno avvertito altri ecologisti; Climate Action Network ha fatto appello «affinché non un centesimo sia speso per sostenere i combustibili fossili».

Stefano Giantin

 

 

«Sossi uomo onesto Tanti scontri fra noi ma ci rispettavamo»

Il sindaco Dipiazza ricorda commosso lo storico sindacalista: «Persona onesta e per bene». L'omaggio bipartisan del mondo politico

Ha commosso di fatto la città intera la notizia della morte di Marino Sossi. Complice il lockdown, in pochi erano al corrente di quel male che lui aveva scoperto pochi mesi fa. Ieri si sono moltiplicati i ricordi di quell'uomo educato, ironico, ma con una forte determinazione, anzitutto come sindacalista della Cigl, nel non guardare in faccia nessuno quando serviva difendere i più fragili. A dedicargli un pensiero, rivolgendo un abbraccio alla sua famiglia, è stato anche Roberto Dipiazza. «Mi dispiace veramente molto», la commozione del sindaco: «Un uomo gentile e determinato, sempre coerente con i propri valori che hanno caratterizzato la sua vita ed il suo impegno politico. Una persona per bene, onesta. Negli anni con lui mi sono confrontato e scontrato su diversi temi, ma sempre con grande rispetto reciproco, perché entrambi sapevamo che le nostre posizioni, anche quando divergenti, erano sempre animate dalla volontà di fare l'interesse della comunità cittadina». Antonella Grim è stata assessore all'Educazione quando Sossi sedeva sui banchi del Consiglio Comunale come capogruppo di Sel. «Sei stato un consigliere trasparente, limpido, puntuto, da cui ho imparato tanto. Mi mancherai», ha scritto l'esponente di Italia Viva. Pubblicando una bella foto di Sossi sorridente, Sabrina Morena, consigliera comunale di Sel lo ricorda come «anima battagliera, grande conoscitore della macchina comunale. Ci siamo divisi in politica, ma recentemente ci eravamo visti seguendo insieme un progetto. Un percorso di dialogo che si era aperto e ora interrotto, ma che idealmente comunque continua». Vincenzo Rescigno della Lista Dipiazza lo indica come «politico con idee diametralmente opposte alle mie che stimavo e salutavo con grande rispetto, sempre».

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 giugno 2020

 

 

«Ferriera, troppi silenzi» L'assemblea online prepara il presidio Fiom - domani la protesta sotto il palazzo regionale

Si prospetta un notevole seguito per la manifestazione promossa per domani alle 10 dalla Fiom-Cgil in piazza Unità per manifestare contro «il silenzio sull'Accordo di programma» riguardante la Ferriera. In questa occasione, si terrà un incontro ufficiale con il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, e l'assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen. Le due iniziative sono state annunciate ieri sera nel corso dell'assemblea online organizzata dai lavoratori della Ferriera, alla quale hanno partecipato un'ottantina di persone tra le quali anche Marco Relli e Thomas Trost della Fiom e Michele Piga, il segretario provinciale della Cgil. La manifestazione si svolgerà in maniera statica sotto il palazzo della Regione, garantendo la distanza interpersonale di un metro per rispettare le normative anti-Covid. «Di concreto non è arrivato nulla. Siamo esasperati e non lo tolleriamo più, perché è ora di finire di fare proclami a vuoto», ha denunciato Trost. «Andremo a chiedere quello che ci era stato promesso, cioè che nessun posto di lavoro sarebbe andato perso. Siamo in attesa da dieci giorni delle carte ufficiali promesse dal ministro Patuanelli per sapere dove finiranno i lavoratori», ha detto Relli della Fiom. «Abbiamo detto da sempre che prima bisogna avere le tutele per i lavoratori e poi- ha aggiunto Relli- si può procedere con la riconversione». «Dipiazza, Fedriga e Patuanelli hanno deciso che la Ferriera deve chiudere e non è stato a causa di una crisi di mercato, quindi le paghe devono essere garantite. Dal nostro punto di vista queste istituzioni devono garantire una risposta occupazionale, perché chi rompe i cocci li deve riparare», ha sottolineato Piga. Se non dovesse bastare la manifestazione di domani, il segretario provinciale della Cgil ha assicurato che le proteste continueranno fino a quando non si otterranno delle risposte certe sull'occupazione. Sempre durante la riunione, è stato reso noto che dal primo giugno è scaduta la "cassa integrazione Covid", cioè gli ammortizzatori dati dal governo all'azienda per "accompagnare" il lockdown, ed è scattata quella straordinaria (Cigs), che ha una durata massima di 24 mesi. Infine, è emerso che è stato chiuso un secondo reparto della fabbrica e che i suoi lavoratori sono stati trasferiti in un altro, poiché attualmente gli ordini sarebbero a zero e la produzione della fabbrica sarebbe quindi ai suoi minimi storici.

Simone Modugno

 

 

Patto fra Eni e Fincantieri per dire addio al carbone

Dalle navi alimentate a gas naturale allo sviluppo di tecnologie rinnovabili nel settore off-shore. Le nuove frontiere tecnologiche verso l'energia pulita

TRIESTE. Non ci sono solo i grandi piani di alleanze europee come lo sbarco in Francia (ancora in attesa dell'ok Antitrust Ue) nel futuro produttivo di Fincantieri. Il gruppo triestino sta cercando di immaginare il domani della cantieristica che, come sta accadendo nel settore auto, dovrà fare i conti con i nuovi scenari di un'economia eco-sostenibile. E quindi non solo auto elettriche, ma anche navi elettriche e a energia pulita. Il Ceo Bono ha ricordato che Fincantieri realizzerà a Monfalcone le più grandi navi da crociera "green" mai costruite in Italia. Nell'ambito di questi progetti industriali si inserisce il Memorandum of Understanding siglato dall'amministratore delegato del gruppo triestino e da quello di Eni, Claudio Descalzi, che estende la collaborazione nel campo della ricerca e sviluppo avviata tra le due società nel 2017, includendo fra gli ambiti di applicazione anche l'approccio verso nuove frontiere tecnologiche. Fulcro del rinnovo delle intese, infatti - si legge in una nota - saranno «le attività di valutazione congiunta delle opportunità di sviluppo di iniziative innovative in ambito di decarbonizzazione e di economia circolare. Le attività si concentreranno prevalentemente sui temi di waste to energy (produzione di energia da scarti e rifiuti), sulla produzione e trasporto di vettori energetici come il gas naturale, il metanolo o l'idrogeno, sulle applicazioni di fuel cells e sullo sviluppo e utilizzo di tecnologie rinnovabili off-shore». Eni e Fincantieri stanno da tempo costruendo un disegno strategico industriale assieme: «Il percorso di ricerca che stiamo tracciando con un gruppo del calibro di Eni ha già portato alla nascita di molteplici progetti in grado di consolidare il primato tecnologico che ha permesso alle nostre società di ottenere affermazioni importanti a livello globale», ha detto ieri Bono. Basti pensare all'accordo fra i due gruppi e la Cassa depositi e prestiti dove i due gruppi uniscono le forze per creare nuovi impianti in grado di trasformare i rifiuti in bio combustibili e acqua. Nel corso del triennio relativo al precedente accordo, Eni e Fincantieri hanno collaborato fattivamente allo sviluppo di diversi concept relativi a piattaforme galleggianti per produzione off-shore, applicando un brevetto Fincantieri.«Grazie alle sinergie sviluppate, Fincantieri ed Eni possono supportare in maniera decisiva lo sviluppo sostenibile del Paese. Questo accordo si inquadra perfettamente nella strategia di lungo termine che abbiamo disegnato», ha detto l'ad di Eni Claudio Descalzi. In sostanza i due gruppi stanno lavorando alla transizione energetica fornendo energia in maniera redditizia e, al contempo, ottenendo un'importante riduzione dell'impronta carbonica. Nel mix produttivo di Eni il gas, la fonte di energia fossile a più basso impatto emissivo, rappresenterà una componente crescente nei prossimi anni: il 60% nel 2025 e addirittura l'85% nel 2050: «In questo percorso Fincantieri rappresenta un partner di eccellenza strategica con il quale continuiamo a ricercare e sviluppare tecnologie e sistemi innovativi», sostiene Descalzi. «Siamo convinti che il successo di questa partnership sia un'ottima notizia per il Paese perché esplora un ambito come quello dello sviluppo sostenibile», aggiunge Bono.

Piercarlo Fiumanò

 

 

DARK FUTURE - Isontino, un clima impazzito spazzerà via boschi e campi

Il collasso dell'ambiente, costringerà gli abitanti a vivere di stenti e in mezzo a mille difficoltà. Unici fortunati quelli protetti dalla cupola della Zona Alta

Il mondo in cui Luca si trovava a dover vivere non era come quello in cui era cresciuto. Era nato solo pochi decenni prima, eppure in quel lasso di tempo la Terra era profondamente cambiata, sconvolgendo le vite dei suoi abitanti. Il 2063 non era assolutamente come se l'era immaginato da piccolo, quando si dilettava a fantasticare su come sarebbe stato il futuro. Mentre raggiungeva cupo il suo posto di lavoro, Luca pensava proprio al mondo che s'era lasciato dietro, quello della sua infanzia, dove tutto era abbondante e nulla sembrava mai mancare a nessuno. Dove una volta c'erano boschi, campi e piccoli paesi rurali non rimanevano che tristi rovine. Da anni infatti continui cataclismi affliggevano il mondo senza placarsi mai, in un continuo alternarsi di alluvioni e inondazioni, siccità, tremendi incendi e violente trombe d'aria. Le distruzioni causate dal quel tremendo succedersi di eventi aveva costretto l'uomo ad abbandonare vecchie abitudini e comunità d'origine, strappandogli in un lampo il controllo su terre che per millenni aveva dominato, sfruttandole e piegandole alla sua volontà. Ormai, di quell'antico strapotere che riempiva gli umani d'orgoglio, non rimanevano che le tristi conseguenze. Il continuo sfruttamento delle risorse del pianeta, il costante inquinamento e la noncuranza con cui l'umanità aveva perseverato nel suo stile di vita mostravano infine i loro devastanti effetti. Il clima, ormai impazzito e incontrollabile, era mutato tanto da rendere la Terra un ecosistema inospitale per l'umanità, che da specie dominante si stava rapidamente trasformando in una reliquia del passato, avvinghiata disperatamente alla propria esistenza. Questi erano i mesti pensieri su cui rimuginava al mattino, quando attraversava, strascicando i piedi, la baraccopoli di catapecchie in legno e lamiera dove abitava, chiamata da tutti la "Zona Bassa". Le case, addossate le une sulle altre come persone chiuse in uno spazio troppo stretto, erano malconce e tremolanti. Le strade, coperte come al solito d'immondizia e detriti, erano fangose e ancora allagate dall'ultima inondazione, e le poche persone che le percorrevano mostravano tutte la stessa faccia: il volto della sofferenza. Al di sopra di quel desolato paesaggio, abbarbicata in cima ad una grigia collina, si stagliava contro il cielo l'imponente profilo della "Zona Alta".Luca la fissava imbronciato, mentre vi si avvicinava lentamente, con l'acqua alle ginocchia, pensando a come potesse essere la vita lassù. Circondata da un'enorme diga e interamente coperta da una gigantesca cupola trasparente, la "Zona Alta" era la risposta finale dell'umanità al clima impazzito che si era ritrovata a dover fronteggiare, l'ultimo baluardo concepito dalla tecnologia per assicurare la sopravvivenza della specie. Quella del Collio non era molto grande, né molto popolata, ma ce n'erano tante altre in giro per il mondo. Al loro interno, si potevano trovare ampie zone verdi e case lussuose, oltre che preziosissime coltivazioni e frutteti, il tutto perfettamente protetto dai cataclismi grazie a elaboratissimi sistemi di sicurezza. Eppure, per quanto fortificate fossero quelle bolle paradisiache, i loro abitanti raramente riuscivano a mantenerle in funzione con le loro sole forze, ragion per cui erano molto spesso circondate da centri abitati come la "Zona Bassa", dove viveva lui. Gli abitanti della cupola fornivano ai lavoratori energia, cibo e li difendevano parzialmente dagli elementi. Anche se la protezione che offrivano non era assolutamente completa, impedivano a tempeste e incendi di decimare la popolazione ogni mese. In cambio, le persone che vivevano ai piedi delle cupole vi prestavano servizio come forza lavoro, mantenendo in funzione la miriade di sistemi che le componevano, coltivandone campi e frutteti, e facendo da servitù. Per anni, questo sistema si era mantenuto relativamente stabile, ma Luca era convinto che quell'equilibrio fosse sul punto di venir meno. Le riserve alimentari da mesi scarseggiavano, la produzione era calata e si erano fatti più rari anche i convogli di approvvigionamento che solitamente giungevano dalle poche terre coltivabili nel Nord Europa. Le medicine stavano diventando introvabili e, nella "Zona Bassa", costantemente esposta agli elementi, le malattie dilagavano. Per completare il quadro, il clima si stava facendo sempre più duro e feroce. Luca sapeva che non si sarebbe potuto continuare così a lungo. Il sistema era al collasso, e bisognava agire prima che questo accadesse. Quelli che governavano dall'alto della cupola tenevano il coltello dalla parte del manico, certo, grazie al controllo esercitato su tutte le risorse della zona, ma senza i lavoratori della "Zona Bassa" non potevano sopravvivere, né potevano continuare a proteggere solo se stessi e i loro concittadini della "Zona Alta". Lo status quo doveva cambiare, e se nessuno era disposto a prendersi il rischio di lottare per quel cambiamento, toccava a lui farlo. O si salvavano tutti assieme, o non si sarebbe salvato nessuno. Questo racconto introduce il percorso Collio 2063 / Dark Future, ambientato in un Collio del futuro, parte di un mondo che non ha saputo e voluto, a livello nazionale e internazionale, fornire con coraggio risposte concrete a livello globale per preservare l'ambiente e l'intero pianeta. S'ispira liberamente alle ricerche scientifiche svolte da ARPA FVG e raccolte nello Studio conoscitivo dei cambiamenti climatici e di alcuni loro impatti in Friuli Venezia Giulia/2018. Il percorso è legato agli obiettivi 6, 7, 8, 10, 13 dell'Agenda ONU per lo Sviluppo Sostenibile.

ANTONIO DEGRASSI

 

 

Addio a Sossi, il sindacalista dei più deboli

Morto a 72 anni lo storico esponente della Cgil. Dal 2011 al 2016 sedette in Consiglio comunale tra i banchi di Sel   (articolo originale)

Un sindacalista "verace". Una persona per bene, semplice, che si schierava sempre dalla parte dei più deboli e che spesso, quando parlava di quelli che «non ce la fanno, con la voce roca, si emozionava. La notizia della morte di Marino Sossi, ieri, ha colpito e commosso trasversalmente il mondo politico e quello sindacale di Trieste. Perché questo settantaduenne discreto dall'incedere lento, con gli occhi vispi, la battuta pronta e il sorriso sotto i baffi, godeva del rispetto e della simpatia di tutti. I suoi interventi in aula tra i banchi della sinistra - era stato eletto nel 2011 con Sel, rimanendo in Consiglio comunale per cinque anni - e prima ancora quelli come storico segretario della Cgil Funzione pubblica venivano sempre ascoltati con rispetto. Negli ultimi anni, in particolare, Sossi aveva abbracciato la battagli degli uomini e delle donne che pagano sulla loro pelle lo spietato sistema degli appalti al ribasso. Diplomato al Nautico, Sossi era stato assunto come impiegato dall'amministrazione comunale. Da pensionato non aveva abbandonato le sue battaglie. Amico sincero, padre affettuoso innamorato della figlia Nina, condivideva l'impegno sindacale con la sua compagna di vita Rossana Giacaz con la quale si era sposato pochi anni fa. «Era un uomo tutto d'un pezzo, un sindacalista duro e puro - commenta commosso Waldy Catalano, amico e compagno di tante battaglie - che non si tirava indietro quando c'era da alzare una voce fuori dal coro. Un coerente, che soffriva per il contatto che la sinistra aveva perso con la gente». I due amici negli anni hanno condiviso tante esperienze. «Quando negli anni '70 io sono entrato nella Cgil - ricorda Catalano - lui era già impegnato come delegato. Poi abbiamo vissuto insieme, con entusiasmo, la prima fase di Sel e negli ultimi anni ci eravamo ritrovati nella Lega Nordest della Spi, il sindacato pensionati». Catalano ricorda di aver visto Sossi pochi giorni prima che scoppiasse l'emergenza coronavirus. «Quando poi ci siamo risentiti al telefono - spiega - avevo percepito che qualcosa non andava per il verso giusto. Se n'è andata una bella persona» Sensibile ai temi del lavoro e dell'ambiente, Sossi nei cinque anni della giunta Cosolini era stato consigliere di Sel. Alle ultime elezioni comunali, invece, si era candidato a sindaco per la lista civica "Sì - Sinistra per Trieste". Tanti ieri i messaggi sui social alla notizia della sua morte. «Sinceramente e tenacemente dalla parte dei più deboli. Insomma, un compagno», così l'ex sindaco e oggi consigliere regionale Pd Roberto Cosolini. «Mi mancherai Marino - il ricordo dell'assessore Carlo Grilli - e mi mancheranno i tuoi ragionamenti antichi, sempre attuali. Mi mancherà la tua vena ironica. Mi mancherà il tuo rispetto per gli avversari, il tuo essere persona, prima ancora che politico. Fai buon viaggio». Un affettuoso messaggio è stato pubblicato anche dal pentastellato Paolo Menis che riportando una frase che sempre gli ribadiva lo storico sindacalista - «Ghe vol sempre le cinque lire de "mona" in scarsela» -ricorda «le tante riflessioni e risate fatte insieme». «Hai sempre creduto con tenacia in tutte le cose che hai detto e che hai fatto - sottolinea in un altro post il dem Marco Toncelli - anche quando queste, lo sai, non mi trovavano d'accordo, e ci costringevano a lunghe discussioni e litigate. Hai sempre dimostrato coerenza e caparbietà».

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 giugno 2020

 

 

Ferriera, l'Accordo in stand-by - Nuova assemblea dei lavoratori
Ancora nessuna data ufficiale per la firma dell'intesa chiave sulla riconversione. E oggi addetti riuniti a distanza. La Cgil invita tutti a scendere in piazza venerdì
Sulla firma dell'Accordo di programma ancora non si muove foglia e i lavoratori della Ferriera si autoconvocano in una nuova assemblea organizzata al di fuori dei sindacati. Il confronto si terrà oggi pomeriggio e il primo punto all'ordine del giorno è la manifestazione indetta per venerdì mattina dalla Cgil sotto la sede della Regione in piazza Unità. Il sindacato è l'unico a essersi schierato contro l'accordo firmato da tutte le altre sigle con il gruppo Arvedi e punta a un'ultima mobilitazione prima che arrivi il via libera all'Adp. L'assemblea è stata organizzata ancora una volta su piattaforme digitali per consentire la massima partecipazione e permettere ai lavoratori di esprimersi senza l'emozione di intervenire davanti a qualche centinaio di persone. La manifestazione di venerdì sarà argomento principale, ma aggiornamenti saranno dati anche sull'avvio della cassa integrazione, dopo che l'azienda si è servita degli ammortizzatori del governo per accompagnare il lockdown. A dare la carica per il presidio in piazza è il segretario provinciale della Cgil Michele Piga, che invita tutto lo stabilimento a mobilitarsi: «Arvedi e Icop non danno sufficienti garanzie sul fronte dell'occupazione. Almeno da quanto dice la stampa, visto che nell'ultimo incontro in Prefettura il ministro Patuanelli aveva annunciato che avrebbe consegnato a stretto giro la bozza definitiva dell'Adp, ma stiamo ancora aspettando dopo dieci giorni. Vogliamo incontrare il ministro e il presidente Fedriga per avere garanzie sulla piena occupazione promessa, che deve essere un obiettivo di tutte le sigle sindacali. A più riprese è stato detto che la riconversione sarebbe stata unita a filo doppio con il mantenimento dei livelli occupazionali, ma non sta avvenendo. E noi parliamo anche degli interinali e di tutto un indotto in cassa integrazione». Per l'esponente Cgil, «un processo guidato da una marea di soldi pubblici, non può concludersi lasciando un solo disoccupato in strada. Le promesse vanno mantenute per tutti e fino in fondo». Piga interpreta la manifestazione non solo come una battaglia per la Ferriera: «La visione va allargata a tutta la difficile situazione del comparto produttivo triestino, tanto più davanti agli effetti pesanti che il coronavirus avrà sull'economia». Con la fine dell'area a caldo si perderà un punto percentuale di quel già magro 9,5% che le attività industriali rappresentano sul prodotto interno lordo realizzato annualmente a Trieste. Ecco allora che secondo Piga, «per l'area di crisi complessa serve manifattura e non solo logistica, perché solo l'industria genera vera occupazione. La riconversione doveva comprendere anche nuova industria connessa al porto, ma non si vede alcuna prospettiva». E qui spunta ancora una volta il convitato di pietra di ogni discorso riguardante le prospettive di sviluppo della città. Quel regime di porto franco che l'Autorità portuale e i terminalisti invocano da anni per attirare in città industrie che permettano alle merci di fermarsi a Trieste per le trasformazioni. È lo stesso Zeno D'Agostino ad aver sempre detto che, con il lavoro portuale sempre più automatizzato, è la manifattura a generare occupazione, mentre il ministro Stefano Patuanelli ha dichiarato che proprio sull'introduzione del regime di esenzioni fiscali si misurerà l'efficacia della sua azione nei confronti di Trieste. Sul porto franco la posizione della Cgil è allineata ma tagliente: «Lo sviluppo passa da qui, ma finora si sono sentiti solo tanti impegni e tante promesse», dice Piga.

Diego D'Amelio

 

«Le istituzioni possono rispettare gli impegni?» - LA UILM IN PRESSING
È stato tra i promotori dell'accordo sindacale sulla Ferriera, ma la misura comincia a essere colma anche per lui. Il segretario provinciale della Uilm Antonio Rodà si appella al ministro Patuanelli: «Gli ricordo che al tavolo della Prefettura aveva parlato di firma entro venerdì scorso. La data andava rispettata o si doveva spiegare cosa la blocca, dopo che era stata dichiarata piena convergenza tra Mise, Regione e imprese». Rodà non nasconde la preoccupazione: «Le istituzioni avevano o no in mano la reale possibilità di rispettare i loro impegni sul pieno mantenimento dell'occupazione? Patuanelli diceva addirittura di avere in tasca un accordo con Fincantieri per ricollocare possibili esuberi». Parole molto simili a quelle della Cgil, ma i sindacati del sì venerdì non saranno in piazza: «La manifestazione della Fiom non è stata concertata. Uilm, Fim, Failms e Usb hanno scelto un percorso di confronto con le istituzioni. Siamo in attesa del riscontro ma, se non dovesse pervenire, valuteremo le azioni da mettere in campo». Al "ve l'avevamo detto" della Cgil, Rodà contrappone la difesa dell'accordo sindacale sulla riconversione: «È stato firmato davanti alla volontà politica di Regione, Mise e Comune di chiudere l'area a caldo. Sapevamo che tale chiusura avrebbe creato un problema di equilibrio occupazionale, ma le istituzioni continuavano a sbandierare che nessuno sarebbe stato lasciato indietro. E noi nell'accordo abbiamo messo per iscritto quell'impegno preso sulla piena occupazione».

D.D.A.

 

 

I residenti in "rivolta" contro le antenne 5G tra Rozzol e Montebello - avviata una raccolta firme
Torna il mal di pancia nei confronti delle antenne 5G. Alcuni residenti nella zona di via dei Tominz hanno mal digerito la presenza di nuove installazioni, montate nel corso degli ultimi mesi, sui tetti di alcuni condomini dell'area, tanto da spingere alcuni di essi a iniziare una raccolta firme da indirizzare sia alla Regione che all'Ater - proprietaria di alcuni degli edifici dove sono state montate - per manifestare la loro contrarietà a queste antenne, sottolineandone l'estrema pericolosità. Un allarme, quello sulle nuove antenne 5G, che dilaga strisciante in tutta la città, esternato anche sui social su due gruppi Fb, che assieme contano più di 1. 500 iscritti. Dal canto suo la Regione, attraverso l'Arpa, sottolinea come le misurazioni del campo elettromagnetico effettuate sulle nuove antenne evidenzino valori molto inferiori a quelli di attenzione previsti dalla normativa. «Ciononostante - rassicura l'assessore regionale all'ambiente Fabio Scoccimarro - ritengo che vada compiuto un ulteriore sforzo su questo tema, e per questo ho chiesto ad Arpa di avviare una nuova serie di monitoraggi». I cui risultati saranno presentati la prossima settimana, assieme alle nuove strategie della Regione su un tema che sta a cuore a una fetta importante della cittadinanza.

Lorenzo Degrassi

 

 

San Dorligo, un "referendum" per il nuovo Piano del traffico - la consultazione cittadina
SAN DORLIGO della Valle. Coinvolgere i residenti, per renderli parte attiva nella predisposizione del futuro assetto del traffico sull'intero territorio comunale. Muove da questo presupposto l'iniziativa del Comune di San Dorligo della Valle che, a partire da oggi, inviterà la popolazione a compilare un questionario, scaricabile dal sito del Municipio, per esprimere esigenze, raccomandazioni, proposte, soluzioni e idee che andranno appunto a costituire l'ossatura del futuro Piano del traffico. «I risultati - precisa l'assessore ad Ambiente, Territorio, Urbanistica e Trasporti Davide Stokovac - saranno poi fondamentali nella redazione delle future norme che regoleranno la mobilità nel nostro Comune. Il traffico e la sicurezza stradale negli ultimi anni sono diventati oggetto di particolare attenzione. Il traffico influisce sulle nostre vite in più modi. Dobbiamo considerare che un terzo dell'energia consumata in Europa è utilizzata proprio nel settore dei trasporti, mentre il traffico è responsabile di un quarto delle emissioni di gas che alterano il clima. Quindi, se vogliamo lasciare alle giovani generazioni un mondo idoneo alla vita, dobbiamo prendere coscienza di tutto ciò». Un ragionamento che non può prescindere dalla sicurezza sulle strade. «In Italia - riprende l'assessore - vi sono circa venti incidenti stradali ogni ora e ogni tre ore si perde una vita sull'asfalto. Analogamente, in Slovenia, ogni mese otto persone perdono la vita sulla strada. In base alle statistiche, le strade urbane sono in assoluto le più pericolose e l'incidente stradale è il primo motivo di morte per i giovani tra i 15 ed i 44 anni d'età». Una combinazione di "elementi" che l'amministrazione ha deciso di affrontare, dando così la parola alla popolazione, anche perché in prospettiva c'è da considerare un inevitabile aumento del traffico pesante sul territorio comunale, dopo l'insediamento del Punto franco nell'area ex Wärtsilä. «Oggi - rileva ancora Stokovac - le strade sono di dominio delle macchine e il diritto al loro utilizzo da parte dei pedoni è stato in gran parte perso. Affinché le strade ridiventino uno spazio adatto alla vita - conclude l'assessore - abbiamo intrapreso, assieme al sindaco Sandy Klun, che sul tema è particolarmente sensibile, la redazione del Piano del traffico, che vuole essere lo strumento con il quale conciliare le necessità di movimento con il diritto alla sicurezza, alla comodità e alla dignità degli abitanti». Parallelamente rispetto alla predisposizione del Piano urbano del traffico, l'amministrazione ha voluto intraprendere anche l'iter per la redazione del "Biciplan comunale", il piano propedeutico all'accesso ai finanziamenti regionali per la realizzazione di percorsi ciclabili, uno dei principali strumenti di tutela delle utenze "deboli" della strada. I questionari potranno essere consegnati entro il 30 giugno.

U.SA.

 

 

ISTRIA - Morìa di Pinna nobilis nel Sud della Penisola - BIVALVE PROTETTO
Pola - Il killer della Pinna nobilis (o nacchera), specie rara e protetta nell'Adriatico, è apparso nel mare dell'Istria meridionale. Le supposizioni effettuate dai biologi marini, dopo che diversi esemplari del bivalve erano stati ritrovati senza vita nei pressi della località di Promontore, sono state ora confermate dal laboratorio dell'Istituto veterinario di Zagabria. L'esistenza della Pinna nobilis è dunque ora seriamente minacciata anche dal parassita protozoo dal nome scientifico Haplosporidium pinnae, che si aggiunge a vari altri fattori a partire dall'inquinamento dei mari. Nel Mediterraneo il parassita ha già provocato una fortissima morìa di questa fragile specie marina. Il protozoo killer si espande, favorito dalle correnti marine, per circa 300 chilometri all'anno, e la temperatura che gli è più confacente è quella superiore ai 14 gradi. Già tempo fa, dopo le notizie di morìa di Pinna nobilis arrivate da altre aree del Mediterraneo, gli studiosi dell'Aquario di Verudella avevano però ottenuto delle autorità competenti il permesso di raccogliere dal mare circa 300 pinne nobili - sane - per trasferirle in alcune vasche nelle quali era stato ricreato il loro habitat naturale. Nello stesso ambiente viene prodotto pure il fitoplancton del quale il bivalve si nutre. «Ora stiamo creando i presupposti - spiega Milena Micic, alla quale fa capo l'Aquario - per la riproduzione della Pinna in un ambiente sano e sicuro, con un'operazione che confidiamo di portare a termine».

P.R.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 giugno 2020

 

 

Scontro viticoltori-agricoltori sui piani di rilancio del Carso
I produttori di vino sconfessano l'Assocoltivatori Fvg sulla tutela del territorio: «Il Protocollo sulla Dop è carta straccia. Meglio lavorare con Regione e Gal»
TRIESTE. Il Protocollo d'intesa per la valorizzazione della "Doc" Prosecco è «carta straccia» e «ha rappresentato, per la viticoltura locale, un momento di grandi aspettative che si sono trasformate in una cocente delusione. Meglio agire in diretta collaborazione con Regione, PromoTurismo Fvg e altri soggetti operanti sul territorio, come ad esempio il Gal Carso».Sul futuro sviluppo dell'agricoltura locale è drastica la presa di posizione dell'Associazione Viticoltori del Carso, che si schiera su un fronte di fatto contrapposto a quello in cui ha recentemente dichiarato invece di ritrovarsi l'Associazione degli Agricoltori del Friuli Venezia Giulia, da mesi impegnata -partendo dalla necessità di riqualificare e mettere in sicurezza una serie di pastini del ciglione carsico - proprio nella forte richiesta di ridare vigore e attualità al contenuto del Protocollo d'intesa, documento sottoscritto più di una decina di anni fa e scaduto nel 2016. «Oggi possiamo affermare - si legge in un comunicato diffuso dalla stessa Associazione Viticoltori del Carso - che il Protocollo d'intesa è stato scritto male, non conteneva le giuste priorità e le giuste garanzie, e quindi alla fine si è rivelato un documento da buttare. Successivamente - prosegue la nota - la faccenda è stata gestita ancor peggio e non ha portato l'atteso significativo contributo allo sviluppo della viticoltura carsica». Chiari anche i propositi dell'Associazione Viticoltori per il futuro: «Siccome non intendiamo ripetere gli stessi errori del passato perché la firma del Protocollo è stata di per sé un clamoroso errore - annuncia l'associazione - preferiamo attivare linee di stretta collaborazione con quelle realtà assieme alle quali abbiamo già fatto grossi passi avanti in merito ai vincoli sulle Zone di protezione speciale e sui Siti di importanza comunitaria, ai disciplinari e ai progetti di sviluppo, comunicazione e marketing. In buona sostanza - concludono i Viticoltori del Carso - preferiamo sottoporre a queste istituzioni progetti concreti, e poi agire di conseguenza». Per l'Associazione Viticoltori in ogni caso rimane prioritaria «la promozione dei prodotti del Carso e il rafforzamento della collaborazione fra tutte le componenti che operano sul e per il territorio».«Nel Protocollo d'intesa - è la replica di Edi Bukavec, componente dell'esecutivo regionale dell'Associazione degli Agricoltori del Friuli Venezia Giulia - esiste un masterplan che prevede uno stanziamento di 15 milioni di euro a favore dell'intero comparto agricolo che non va abbandonato. Inoltre - aggiunge lo stesso Bukavec - esiste un fondo, che complessivamente ammonta a 25 milioni di euro, finora solo parzialmente utilizzati, che potrebbe essere finalizzato al sostegno e al rilancio dell'agricoltura locale, per esempio attraverso il recupero di una parte del costone carsico».Costone carsico che, conclude Bukavec, «rappresenta uno straordinario patrimonio per l'intera economia locale, però esso va salvaguardato e ristrutturato, proprio per renderlo funzionale alle attività agricole».

Ugo Salvini

 

 

Emergenza cinghiali - Il Collio vuole un sito per la macellazione
L'appello dei sindaci per stoccare la carne e tenerla in frigo - La Forestale ha abbattuto 120 animali fra Gorizia e Trieste
Cormons. Un numero sempre più alto di cinghiali sul territorio del Collio e una legislazione nazionale in materia di abbattimenti incapace di soddisfare le esigenze di un mondo agricolo in sofferenza a causa delle scorribande degli ungulati. Sono in sintesi questi i temi affrontati ieri mattina in sala civica a Cormons durante l'incontro organizzato dalla giunta Felcaro, che ha visto confrontarsi sull'argomento l'assessore regionale all'Agricoltura Stefano Zannier, i sindaci del territorio, i tecnici della Forestale e della Regione, i rappresentanti del mondo agricolo e il consigliere regionale Diego Bernardis. Due ore di approfondimenti in cui non sono mancate le proposte per superare l'impasse: le più concrete sono arrivate dai sindaci di Capriva e Medea, ossia di due delle comunità più colpite dalla massiccia presenza di cinghiali, Daniele Sergon e Igor Godeas, che hanno chiesto la creazione di centri sul territorio dove «raccogliere e pulire l'animale abbattuto fornendo così ai cacciatori un luogo di riferimento al quale rivolgersi per immettere poi nella filiera commerciale il capo».Un problema pratico emerso ieri, infatti, riguarda la difficoltà per i singoli cacciatori di smaltire le carni degli ungulati cacciati: «Il Collio - ha chiesto ancora Sergon - diventi area di sperimentazione regionale per quanto riguarda l'immissione in filiera. Si trovino incentivi anche indiretti per i cacciatori affinché possano aumentare i numeri relativi agli abbattimenti e si superino gli ostacoli concreti: basti pensare che un cacciatore caprivese di media abbatta all'anno circa 12-15 cinghiali. Non c'è poi una filiera dove smaltirli: quando il cacciatore ha finito gli amici a cui girare la carne e inizia ad avere il frigo pieno, gli abbattimenti si fermano perché non sa più dove mettere i resti dell'animale. Per questo servono più centri di raccolta e smistamento. Il problema a Capriva è talmente sentito che "l'altro giorno abbiamo avuto i cinghiali in via Battisti 51, ossia accanto alla chiesa in pieno centro».Ma oltre ai problemi di sicurezza annessi, ci sono enormi disagi dovuti ai danni causati sui raccolti: «E le soluzioni sono difficili - ha allargato le braccia Zannier - perché ci scontriamo puntualmente con una legislazione nazionale ferma in materia al 1992: non c'è la volontà a Roma di portare le necessarie modifiche perché in Parlamento non c'è una maggioranza disponibile ad affrontare il tema. Da due anni e mezzo abbiamo scritto, noi assieme ad altre Regioni, al ministro dell'Agricoltura per discutere seriamente sul tema-cinghiali. Non abbiamo mai ricevuto risposte, eppure anche le associazioni ambientaliste sono disponibili al confronto. E senza una modifica alla legge nazionale, del tutto inadeguata alla situazione attuale, abbiamo sostanzialmente le mani legate. I cinghiali negli ultimi decenni sono aumentati talmente tanto che anche se mettessimo tutti i nostri 300 forestali a fare solo abbattimenti, il problema non verrebbe risolto».Ecco quindi alcuni numeri che rendono bene l'idea delle dimensioni del problema sulla proliferazione dei cinghiali. Tra le province di Gorizia e Trieste nel trimestre marzo-aprile-maggio 2019 la Forestale ha abbattuto 50 cinghiali, mentre nello stesso periodo del 2020 ne ha uccisi 120. I cacciatori in regione erano 12 mila dieci anni fa: oggi sono 8 mila, e il numero è destinato a decrescere ancora a causa di un difficile ricambio generazionale. Ciononostante, nel Distretto Collio che va da Plessiva a Gorizia da cinque anni ci sono circa 650 prelievi annui.

Matteo Femia

 

Dalle Rive a Barcola, mare triestino invaso dalle "meduse quadrifoglio"
Piccole, viola e urticanti: occhio in caso di tuffi. «Portate qui da vento e correnti, ma spariranno presto»
Piccole. Viola. E, soprattutto, urticanti. Sono le meduse notate in gran numero in questi giorni sotto costa, all'interno dei porticcioli, nel canale di Ponterosso, davanti alle Rive e a Barcola. In molti le hanno subito immortalate con il telefonino, pubblicandone le immagini sui social e chiedendone agli esperti le caratteristiche e gli eventuali rischi, in particolare per i bagnanti che hanno iniziato a frequentare in questo periodo il lungomare. Un boom di esemplari, insomma, arrivati - a quanto è dato sapere dagli esperti - sotto la spinta delle correnti e del vento. Il che però non rappresenta un fenomeno del tutto eccezionale. Un fenomeno destinato peraltro a esaurirsi, probabilmente, in pochi giorni. Ma nel frattempo meglio prestare attenzione, soprattutto se si opta per un tuffo o una nuotata. Il contatto dei tentacoli con la pelle può causare infatti fastidiose irritazioni. «Si tratta della "Aurelia Aurita" - spiega Maurizio Spoto, direttore dell'Area marina protetta di Miramare - e diversi esemplari di questa specie sono presenti in questa fase anche a Grignano. È conosciuta anche come "medusa quadrifoglio", perché ha quattro cerchi sulla parte dell'ombrello, che corrispondono alla maturazione delle gonadi. Ci sono sia individui maturi che altri in formazione. Con il vento dei giorni scorsi sono state spinte nei porticcioli o nel canale, dove rimangono prigioniere. Poi, magari con le maree, torneranno a breve al largo. Non si tratta comunque di un fenomeno irripetibile: in questo periodo può capitare. Non vanno certo toccate perché sono urticanti, possono causare dermatiti, ma c'è pure un aspetto positivo. Sono un cibo ghiotto per le tartarughe del golfo, quindi sono un ottimo nutrimento. Spesso, purtroppo, essendo trasparenti, le tartarughe le scambiano con i sacchetti di nylon, rimanendone soffocate. Ciò ci deve far riflettere, in particolare quando si adottano comportamenti sbagliati, che mettono a rischio il nostro mare e la natura in generale». E sull'argomento Spoto rivolge un accorato appello ai triestini: «Vedo spesso in questi giorni mucchi di bicchieri di plastica, sacchetti e guanti gettati a terra, soprattutto nella zona di piazza Venezia e via Torino e anche sul molo Audace. Risultato, probabilmente, della movida. Ricordo a tutti che basta una folata di vento e finiscono in acqua. Auspico ci siano interventi mirati di pulizia, ma l'invito è anzitutto a essere più educati e rispettosi, gettando i rifiuti negli appositi contenitori. Sempre. Perché possono venir ingeriti da tanti animali che popolano il nostro golfo. E le conseguenze sono immediate, anche per noi, perché la plastica finisce, e già sta accadendo, nella catena alimentare. E, quindi, nei nostri piatti».

Micol Brusaferro

 

Diciotto cigni scomparsi tra rio Ospo e via Caboto: la pista del mercato nero - LA DENUNCIA DI UNA CITTADINA
MUGGIA. Dal clamore per i nuovi piccoli cigni che scorrazzavano lungo il rio Ospo alla scomparsa, nei giorni successivi, di 18 esemplari, 16 anatroccoli e due adulti, fra l'Ospo e il Canale navigabile. Continua, purtroppo, come già accaduto nel corso degli ultimi anni, la scomparsa di questi affascinanti volatili che hanno deciso di metter su famiglia lungo le sponde dell'Ospo e del Canale navigabile o a Lazzaretto. Non è escluso che il tanto clamore suscitato per l'ennesima cucciolata abbia attirato le mire di personaggi poco raccomandabili. Sta di fatto che la questione non è passata inosservata ad alcuni amanti di questi delicati esemplari, come Vesna Visentin, da tutti conosciuta come "Rosi", ex parrucchiera di Borgo San Sergio, che a Muggia passa molto tempo in compagnia dei suoi candidi amici, e ne conosce la travagliata storia. «La notte tra il 19 e il 20 maggio - racconta "Rosi" - sono scomparsi nove piccoli cigni della coppia di adulti di oltre 15 anni che si sono stabiliti sull'Ospo, e altri sette piccoli più il padre della famigliola che da anni ha eletto a dimora il Canale navigabile, lato via Caboto. Ora la femmina del canale navigabile si aggira disorientata tra via Caboto e la foce dell'Ospo. Tre giorni fa, inoltre, è sparito anche il maschio della coppia storica dell'Ospo. Ho segnalato all'Enpa e ai Carabinieri l'accaduto e spero si riesca a farne luce, ma soprattutto l'auspicio è che ci sia maggiore tutela per questi meravigliosi uccelli». Di sparizioni e uccisioni di esemplari giovani e adulti è piena la storia dei cigni "made in Muggia": «Ricordo con orrore e tanta rabbia - così "Rosi" - uno splendido esemplare femmina a cui, il 4 marzo 2016, a Lazzaretto, era stato tagliato il collo». Infine non è peregrina l'idea che dietro le sparizioni potrebbe esserci un mercato illegale: «Una mia amica di Udine venuta a Muggia in vacanza mi aveva raccontato di aver letto di cigni messi in vendita a Treviso a 800 euro».-

Luigi Putignano

 

 

Escursione guidata in Val Rosandra - ore 9.30

Oggi, dalle 9.30 alle 13, si terrà un'escuriosne guidata in Val Rosandra organizzata dalla cooperativa Curiosi di Natura, per il programma "Piacevolmente Carso". Il ritrovo è alle 9.10 in piazza di Bagnoli della Rosandra, alla fermata dei bus numero 40 e 41 da Trieste. Per informazioni e prenotazioni scrivere a curiosidinatura@gmail.com o chiamare il numero 3405569374. Il percorso è di 6,5 chilometri su dislivello di 200 metri, con un primo tratto più impegnativo che poi si fa più pianeggiante.

 

Al via a Miramare i centri estivi del Wwf con il Museo storico - dal 15 giugno
Attività all'aperto, immersioni tra riserva marina e parco botanico e socializzazione in sicurezza. Anche quest'anno, il 15 giugno, a fine anno scolastico, partiranno i tradizionali centri estivi dell'Area marina protetta di Miramare che, per tutta l'estate, accoglierà circa 300 bambini e ragazzi per riportarli finalmente a ricongiungersi con la natura proponendo escursioni quotidiane di seawatching, uscite in barca fino alle mitilicolture e tante attività teoriche e pratiche, giochi e laboratori su biologia marina, ecologia, conservazione e tutela dell'ambiente e del mare. Uno scenario naturale sarà rappresentato quest'anno dal parco botanico: l'edizione 2020 vede infatti una forte collaborazione del Wwf con il Museo storico e il Parco del Castello di Miramare, che metterà a disposizione dei centri alcuni spazi aggiuntivi nei pressi delle Serre nuove. Nel giardino di Massimiliano ogni giorno i piccoli partecipanti trascorreranno qualche ora al fresco tra passeggiate naturalistiche e cacce al tesoro botaniche, osservando i tanti animali che popolano il promontorio. «Garantire anche quest'anno l'apertura dei centri estivi - commenta Maurizio Spoto, direttore dell'Amp - ha assunto per noi un'importanza particolare: dopo un lungo periodo di reclusione in casa, poter garantire ai bambini e ragazzi un ritorno alla vita all'aria aperta e alla, seppur controllata, socializzazione con i coetanei, credo varrà lo sforzo dei tanti adempimenti burocratici e organizzativi che stiamo affrontando. In ottemperanza alle norme anti contagio - aggiunge - potremo purtroppo accogliere un numero minore di ragazzi, non potremo garantire il servizio di accompagnamento con i bus di linea e ogni bambino dovrà portarsi l'attrezzatura personale per lo snorkeling. Per il resto sono convinto che il ricco programma settimanale e l'entusiasmo con cui lo staff si sta preparando alla riapertura regaleranno anche quest'anno esperienze indimenticabili». Iscrizioni aperte allo 040/224147 interno 3, da lunedì a venerdì, dalle 10 alle 13 o via mail a info@riservamarinamiramare.it.

G.T

 

 

L'alleanza tra Covid-19 e inquinamento da Pm10
Una task force, di cui fanno parte anche l'Università di Trieste e Asugi, per verificare questa correlazione su campioni d'aria di Bergamo
Una task force internazionale di ricercatori indagherà sulle possibili correlazioni tra nuovo coronavirus e inquinamento dell'aria: si chiama Rescop e coinvolge studiosi di prestigiose università di tutto il mondo. Dopo le prime evidenze della presenza del Sars-Cov-2 sul particolato atmosferico, risultato di analisi svolte da ricercatori dell'Università di Trieste in collaborazione con i laboratori dell'Asugi, ora con il coordinamento della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) le ricerche si allargheranno su scala globale. Oltre a Milano, Bergamo e Napoli, sono già in corso test indipendenti a Madrid, Barcellona, Bruxelles, Londra e New York. Sono ricerche di team multidisciplinari che puntano in una prima fase a verificare la presenza del virus nel particolato, con l'idea di testarne poi l'infettività e la virulenza: per farlo si sfrutterà anche il laboratorio di virologia dell'Icgeb diretto da Alessandro Marcello. Le prime evidenze provengono da analisi eseguite su campioni di Pm10 in aria ambiente di siti industriali della provincia di Bergamo, raccolti con due diversi campionatori d'aria dal 21 febbraio al 13 marzo scorsi. I campioni sono stati analizzati dall'Università di Trieste in collaborazione con i laboratori dell'Asugi, che hanno verificato la presenza del virus in almeno 8 delle 22 giornate prese in esame. Questo risultato è supportato da ricerche precedenti, che correlano l'incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico. Quest'ultimo può fungere da "carrier", ovvero da vettore di trasporto, per il virus. Lo studio, che verrà pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Research, è stato portato avanti da un team di varie università italiane, con una forte componente triestina: «Su 15 autori quattro sono dell'Università di Trieste e tre di Asugi: per effettuare questa ricerca abbiamo unito preziose competenze sul territorio», spiega il chimico di UniTs Pierluigi Barbieri, esperto in scienza dell'aerosol e particolato atmosferico. Oltre a lui il gruppo include Alberto Pallavicini e Valentina Torboli, esperti in genetica ambientale, il biostatistico Massimo Borelli, gli ospedalieri Maurizio Ruscio, Francesco Fontana e Libera Clemente. ««La nascita della task force internazionale è un'ottima notizia, che dimostra la bontà della nostra intuizione e servirà a capire meglio il comportamento del virus all'aperto - dice, concludendo, Barbieri -. Noi stessi proseguiremo la ricerca con ulteriori studi sperimentali».

Giulia Basso

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 giugno 2020

 

 

Arnie incendiate a San Lorenzo - Nasce l'apiario della solidarietà
Nel rogo doloso dell'11 maggio distrutte 21, ma ora la Landa Carsica di Doberdò lancia un progetto didattico per la comunità: «Così ricambiamo gli aiuti ricevuti»
San Lorenzo. Dalla strage di api nasce l'idea di un progetto didattico. Dopo il rogo che a San Lorenzo Isontino ha mandato in cenere 21 arnie, gli apicoltori della società agricola Landa Carsica di Doberdò del Lago sono rimasti colpiti dalle testimonianze di affetto ricevute dalla comunità locale e dagli aiuti concreti giunti da tutta Italia e per questo proporranno al sindaco del paese d'istituire un "apiario della solidarietà".L'iniziativa è semplice: mettere la struttura a disposizione dei chiunque voglia capire l'importante ruolo che giocano le api nel contesto ambientale. Pietro Lombardo, amministratore del sito andato distrutto la mattina dell'11 maggio, oltre che vicepresidente del Consorzio apicoltori di Gorizia, parla di dovere morale. «Di solito gli apiari vengono spostati da un luogo all'altro in base alle esigenze del momento, questo, anziché utilizzarlo come società agricola Landa Carsica, vorremmo posizionarlo su un terreno del comune e metterlo al servizio della comunità. Vorremmo che da qualcosa di negativo, potesse nascere un qualcosa di positivo per tutti. È l'impegno che ci prendiamo».Alla fine, in termini strettamente economici, tra arnie distrutte dalle fiamme e mancato guadagno, è stato calcolato che il danno provocato dall'incendio ammonta a circa 15 mila euro. Questo però secondo Lombardo rappresenta il dato meno significativo della vicenda. «La questione è un'altra e riguarda ciò che è stato fatto. Non si è trattato di un incidente. La modalità è stata chiaramente dolosa. Non è bruciata un'arnia, ne sono bruciate 21 e chi ha agito, sapeva bene quello che stava facendo. Non poteva lasciare scampo nemmeno a mezza ape. È stato un gesto che è andato oltre a ogni immaginazione».Per illustrare il progetto dell'apiario solidale, gli apicoltori della società agricola Landa Carsica sperano di poter incontrare il sindaco Ezio Clocchiatti già nel corso di questa settimana. «In qualche modo l'apiario siamo riusciti a riportarlo allo stadio originario e questo è merito di chi ci ha sostenuto dopo l'incendio. C'è chi ha raccolto dei fondi e chi ci ha donato delle api. Gli aiuti sono arrivati da Udine come da Napoli ed è lo spirito delle api: che vivono per salvaguardare la specie», osserva Lombardo spiegando che tra i primi di aprile e la fine di maggio (o al massimo l'inizio di giugno) le api sciamano per formare nuove famiglie. «Mandano via la vecchia regina con mezza comunità e poi con la nuova regina, che depone tra le 2 mila e le 2.500 uova al giorno, la comunità si ripopola. Noi in qualche modo controlliamo lo sciame per poi recuperare la divisione». Le uova si schiudono tre giorni dopo la deposizione e, a seconda dell'alimentazione, le larve diventeranno regina, ape operaia o fuco. In questo modo la colonia riesce a programmare la sopravvivenza della comunità e della specie. Intanto sul fronte delle indagini, prosegue l'attività investigativa dei carabinieri che hanno chiesto alle compagnie telefoniche di avere i tabulati delle celle presenti nella zona dell'incendio per analizzarli e verificare chi fosse nelle vicinanze delle arnie la mattina dell'11 maggio

Stefano Bizzi

 

Un insetto protetto responsabile delle impollinazioni
Le api sono protette dalla legge e nel caso si dovesse trovare un alveare è necessario contattare un apicoltore per farlo rimuovere. Diverso dalle api è il caso delle vespe. Con la stagione estiva sono sempre più frequenti e numerose le chiamate al centralino dei vigili del fuoco per chiedere di intervenire per rimuovere i nidi di vespe. I vigili del fuoco però dovrebbero intervenire solo in caso di pericolo. I nidi di vespe si distinguono da quelli delle api perché hanno una consistenza simile al cartone. Di norma vengono costruiti in zone protette, possibilmente calde e secche.

 

Tornano i gabbiani e vanno all'attacco di Città Giardino e Costa Azzurra
Colpita anche la zona di Valle Le Cove dove i gradesi sono in rivolta per le deiezioni e l'impossibilità di usare i terrazzi
GRADO. Sono tornati i gabbiani sull'Isola di Grado, ma a quanto pare, pur rimanendo fissa sempre una loro presenza in centro, ma a quanto pare un più limitata rispetto al passato, adesso hanno preso di mira alcune zone di Grado. Maggiormente la zona della Colmata e della spiaggia della Costa Azzurra, ma soprattutto Città Giardino e in particolar modo l'area dinnanzi a Valle Le Cove dove c'è il camposanto e ci sono i magazzini comunali. E la gente torna a lamentarsi perché gli escrementi oltre che a sporcare le strade finiscono anche nei terrazzi. Ma c'è di più: famelici come sono, arrivano come falchi in picchiata a prendersi da mangiare tutto ciò che trovano incustodito proprio nei terrazzi, dal cibo ai sacchetti della spazzatura. Ci sono alcuni residenti che abitano proprio dinnanzi a Valle Le Cove e che protestano vivacemente perché per loro è come non avessero la terrazza dato che non la possono utilizzare. C'era stato un periodo che sembrava che i gabbiani fossero spariti pressoché del tutto ma in realtà non avevano mai abbandonato la zona di Città Giardino verso pineta, la Sacca e Valle Goppion. I gabbiani si erano in parte anche trasferiti in particolare sul Banco d'Orio per nidificare e oggi evidentemente stanno tornando. E probabilmente se ne aggiungeranno ancora degli altri. L'effetto coronavirus ha in ogni modo contribuito , almeno fino ad ora quando a Grado c'erano pressoché solamente i gradesi, nel senso che lo smaltimento dei rifiuti si è svolto regolarmente e che all'esterno dei cassonetti non è stato abbandonato nulla tanto che i gabbiani che prima stazionavano proprio accanto ai cassonetti stradali erano spariti. La questione è sempre la stessa: da una parte più che giustamente la gente è stufa ed esasperata (oltre ai danni materiali ci sono anche quelli legati all'igiene che lascia decisamente molto a desiderare); dall'altra ci sono gli animalisti che si schierano contro qualsiasi iniziativa vessatoria contro gli stessi gabbiani. Correttamente peraltro perché far del male agli animali è, come si dice, pari a far del male a se stessi. Non importa se ti piombano addosso ferendo le dita della mano di un piccolo in carrozzina che sta per mangiarsi un dolce (fatto realmente accaduto)o se non puoi mangiare in pace nemmeno un trancio di pizza in spiaggia (fatto questo accaduto più volte) e non importa ancora se non si può mangiare in tranquillità sul proprio terrazzo. Ricordiamo che c'è un ordinanza in vigore che vieta di dar da mangiare a colombi e gabbiani ma che c'è sempre qualcuno che lo fa ugualmente rischiando una bella sanzione.

Antonio Boemo

 

 

"Job in country" in Fvg piace: incrocia domanda e offerta nel mondo agricolo
Sta dando i suoi frutti anche in Friuli Venezia Giulia "Job in country", una piattaforma telematica di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro della Confederazione nazionale Coldiretti che offre a imprese del mondo agricolo e lavoratori uno strumento e un luogo di incontro. Job in country si pone l'obiettivo di far incontrare, nei singoli territori, i bisogni delle aziende in cerca di manodopera con quelli dei cittadini che aspirino a nuove opportunità di inserimento lavorativo, in un quadro di assoluta trasparenza e legalità. Questo progetto ha come obiettivi principali quelli di preservare l'approvvigionamento alimentare e soddisfare la richiesta dei consumatori; dare lavoro a chi ha subito gli effetto della crisi; evitare l'aumento dei prezzi. L'attività è svolta direttamente per singole provincie e ognuno può iscriversi all'ambito di appartenenza. In regione gli ambiti sono Udine, Pordenone e Trieste-Gorizia insieme. Ci sono già più di 200 iscrizioni. Sul sito è possibile trovare inoltre, in maniera trasparente e facile, indicazioni più specifiche sulle modalità di lavoro, sulla retribuzione o sull'esperienza richiesta. «Si parla di contratti regolari a termine che sono già partiti spiegano dall'associazione Bioest -. Possono accedervi disoccupati, ma anche sottooccupati e coloro che sono cassaintegrati. Molte delle persone che hanno partecipato ai nostri corsi, organizzati da Urbi et Horti e Bioest negli anni, hanno trovato poi degli sbocchi nel mondo lavorativo, oltre a concretizzare una formazione per l'auto-produzione di ortaggi. Oggi si apre quindi un'altra bella opportunità non solo per gli studenti, ma per tutti coloro che amano l'attività all'aperto: correttamente retribuita, a contatto con il verde e magari temporanea, in un momento di incertezza economica in attesa di tempi migliori».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 31 maggio 2020

 

 

La "Terrazza a mare" sul lungomare di Barcola si prepara all'apertura - Cantiere ultimato a metà giugno
Piccoli dettagli e Tam (Terrazza a mare, nata sulla macerie della Voce della Luna) aprirà le sue porte. Chi passeggia sul lungomare di Barcola ha già preso familiarità con la nuova struttura. Il progetto firmato dallo studio Metroarea degli architetti Tazio di Pretoro e Giulio Paladini, ha preso forma e non lascia più spazio solo all'immaginazione. La struttura si dividerà in tre aree funzionali: la sala, le terrazze, il belvedere. La sala ospiterà il bar, il ristorante e la gelateria. Le terrazze saranno adibite alla balneazione, in parte alla ristorazione e a ospitare eventi e spettacoli. Sulla copertura del locale si troverà il belvedere, un'area destinata a solarium ma attrezzata per organizzare anche iniziative ed eventi, non appena l'emergenza in corso lo renderà possibile. Una struttura multifunzionale, dunque, che si trasformerà di ora in ora nel corso della giornata e dove sarà possibile bere un aperitivo, prendere il sole, pranzare, cenare, assistere ad iniziative culturali o vedere un film all'aperto. Il locale resterà aperto tutto l'anno. Non solo l'estate. Sull'inaugurazione della nuova realtà che animerà il lungomare cittadino, pesa la situazione contingente dettata dall'emergenza Covid 19 che, ad oggi, non consente ancora l'organizzazione di una festa che dia un meritato avvio. Il cantiere sarà ultimato per la metà del mese di giugno, poi verranno valutate le possibilità, tenendo conto dei limiti e dalle normative imposte dalla linee guida in essere, per la conduzione di una simile struttura. Il personale che ci lavorerà è già stato selezionato. Nelle prossime due settimane le ditte che stanno lavorando sulla struttura interverranno per terminare alcuni aspetti legati dell'illuminazione e dell'impianto audio.

L.T.

 

SEGNALAZIONI - Parco del Mare - Progetto da riconsiderare

Ritengo sia davvero il momento di riconsiderare seriamente il progetto del Parco del mare, e destinare altrimenti le risorse accantonate a quello scopo: lo dice una organizzazione rappresentativa delle imprese artigiane, la Confederazione nazionale artigianato (Cna), mettendo in luce quanto forte sia stato l'impatto della pandemia Covid-19 su una parte importante del mondo del lavoro cittadino. L'Associazione Trieste Bella ha nei mesi scorsi chiesto l'accantonamento del progetto per una lunga serie di motivi, fra i quali fin dall'inizio era presente l'esigenza di sostenere in modo adeguato l'economia cittadina con azioni efficaci. Lo scenario del dopo Covid-19 penso debba chiamare tutte le componenti della comunità cittadina ad analisi disincantate della realtà, comportamenti responsabili, contributi concreti per la rinascita, idee e proposte per utilizzare al meglio un accantonamento di risorse da spostare urgentemente e in modo definitivo dall'idea di un progetto superato dagli eventi.

Glauco Rigo, Associazione Trieste Bella

 

 

Romania, non sarà Pechino a fornire due reattori nucleari - cancellato l'accordo su pressioni usa
BUCAREST. Il governo rumeno ha chiesto alla società statale Nuclearelectrica, che gestisce la centrale nucleare di Cernavoda, di interrompere i negoziati con il suo partner cinese China General Nuclear Power Corporation, Gcnpc, relativi alla costruzione dei reattori nucleari 3 e 4 a Cernavoda. Il governo ha affermato che Nuclearelectrica deve trovare nuovi partner per il progetto. Nel novembre 2015 è stato firmato un protocollo d'intesa tra Nuclearelectrica e Gcnoc per costruire i due reattori. Secondo il documento, le due parti avrebbero costituito una joint venture in cui la società cinese avrebbe detenuto una partecipazione di almeno il 51% delle azioni. Nel maggio 2019, il ministero dell'Energia sotto l'ex primo ministro socialdemocratico Viorica Dancila ha firmato un altro documento con la società cinese, riguardante un investimento di 200 milioni di euro all'anno da parte della Gcnpc. Ma l'attuale primo ministro, Ludovic Orban, ha denunciato l'accordo nel gennaio di quest'anno. «Mi è chiaro che non funzionerà con i cinesi ... Vedremo con quale partner saranno costruiti i reattori. Si tratta di partner e di finanziamenti», ha dichiarato Orban in un'intervista per Hotnews. Nel gennaio 2020, il ministro dell'Economia Virgil Popescu ha affermato che la Nuclearelectrica potrebbe costruire da sola il reattore 3 a Cernavoda e ha aggiunto che un nuovo progetto congiunto con un partner Nato è uno scenario più praticabile. La Romania è uno stretto alleato degli Stati Uniti e il suo allontanamento dagli accordi chiave con Pechino è stato probabilmente influenzato dal drammatico raffreddamento dei legami Usa-Cina da quando Donald Trump è entrato in carica a Washington.

M. MAN.

 

 

Focus sugli squali con Mare Nordest

Oggi alle 18 (e fino alle 19.30) si terrà l'incontro conclusivo dell'iniziativa virtuale Mare Nordest. Sono previsti gli interventi di Sara Andreotti, biologa marina, con focus su ricerche in tema di squalo bianco; Patrizia Maiorca, apneista e Stella d'oro al merito sportivo del Coni, responsabile dell'Amp del Plemmirio; Eleonora De Sabata, giornalista scientifica, ideatrice del progetto europeo Clean Sea Life. Verrà inotlre presentato il libro "Il Trieste" (Italo Svevo) con l'editore Alberto Gaffi e l'autore Enrico Halupca. Il saluto finale spetterà all'assessore ai Grandi eventi del Comune di Trieste Francesca De Santis. Per seguire l'appuntamento: sul sito web dell'evento, https://www.marenordest.it/, oppure sui canali social facebook (https://www.facebook.com/Mare-Nordest-Trieste-694493867279347/) e youtube /(https://www.youtube.com/channel/UCHi8VKAP_1_5PWFAIElfysg). Per informazioni sulla manifestazione si può contattare l'organizzazione scrivendo all'indirizzo info@marenordest.it.

 

Replica escursione in Val Rosandra - Martedì

Considerato l'alto numero di richieste per l'escursione in programma oggi in Val Rosandra, la cooperativa Curiosi di Natura organizza un bis dopodomani. L'uscita, prevista dal programma di "Piacevolmente Carso", verrà quindi riproposta fuori calendario martedì, dalle 9.30 alle 13 (ritrovo alle 9.10 in piazza di Bagnoli della Rosandra, alla fermata dei bus numero 40 e 41 da Trieste). È richiesta la prenotazione alla mail curiosidinatura@gmail.com o al cellulare 3405569374. L'uscita è in una delle località naturalistiche più belle di Trieste, in una valle ricca di storia e biodiversità. Un percorso di 6,5 chilometri su dislivello di 200 metri, con un primo tratto più impegnativo che poi si fa più pianeggiante. L'escursione è organizzata nel rispetto delle norme di sicurezza anti-coronavirus, con possibilità di degustazioni nei ristoratori di "Sapori del Carso".

 

Dopo mesi di chiusura riapre l'oasi di Valle Cavanata tra mille divieti per i visitatori
GRADO. Dopo il lungo periodo di chiusura obbligatoria a causa dell'epidemia per il Covid 19, ha riaperto, soltanto da un paio di giorni, il centro visite dell'oasi della Valle Cavanata. Ci sono tuttavia, come accade dappertutto nei luoghi pubblici se si vuole riaprire le strutture alle visite, da rispettare diverse prescrizioni imposte in considerazione dell'epidemia e soprattutto per evitare la diffusione di altri contagi. La gestione fa capo sempre alla cooperativa Rogos alla quale il Comune ha affidato l'oasi naturale e alla quale ha imposto anche le varie disposizioni di sicurezza. Sono previste, tra l'altro, anche le chiusure degli osservatori Sabbia e Pagoda (non è possibile rispettare le misure minime di distanza in queste strutture) che saranno peraltro accessibili soltanto su prenotazione. Sinteticamente, come spiega la Rogos (ricordiamo pertanto che alcuni degli obblighi previsti per l'accesso ai sentieri e alle strutture è stato severamente regolamentato), i visitatori sono innanzitutto invitati a seguire strettamente le indicazioni esposte in modo da non incrociare altri visitatori in entrata e di non oltrepassare i punti dove sono stati posizionati i divieti. Fermo restando che chi ha più di 37, 5° di temperatura al controllo o risulta essere positivo al Covid-19 non può accedere. Prima della visita c'è inoltre l'invito a utilizzare la soluzione idroalcolica e di indossare sempre la mascherina. L'accesso al Centro Visite è consentito fino ad un numero massimo di 6 persone o gruppi famigliari (in caso di numeri superiori è necessario attendere il turno all'esterno della struttura).I servizi igienici non sono accessibili al pubblico ma se c'è un'urgenza è necessario rivolgersi al personale. È garantito invece il noleggio gratuito delle biciclette mentre quello dei binocoli è sospeso e, come detto gli osservatori del Sabbia e la Pagoda rimangono chiusi (saranno accessibili solo una preventiva prenotazione via mail all'indirizzo info. educazioneacavanata@gmail. com).Ovviamente vanno anche rispettati la distanza di sicurezza di almeno un metro ed evitati gli assembramenti. Per ridurre al minimo contatti fisici l'informazione non prevede la distribuzione di materiali cartacei o su altro supporto ma sarà di tipo digitale. Il protocollo predisposto dal Comune stabilisce inoltre che la visita può avvenire con prenotazione per fruire di particolari servizi presenti nell'area protetta quali una guida naturalistica o l'accesso a strutture come il centro visite, l'osservatorio faunistico Sabbia, la Pagoda (come detto solo su prenotazione) e in generale l'ingresso in luoghi o strutture chiuse o semichiuse. Senza prenotazione sarà possibile fruire esclusivamente di spazi aperti o effettuando il mero attraversamento di spazi chiusi o semichiusi senza soste. Fino al 31 ottobre l'apertura del Centro visite è giornaliera dalle 10 alle 18 con turno di chiusura il giovedì.

An. Bo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 maggio 2020

 

 

Tavoli e vetrine su marciapiedi e posti auto - Scatta la chiusura di 4 strade nei weekend
Esperimento nei fine settimana fino al 31 ottobre in via Cadorna, via della Fornace, salita Promontorio e via San Cilino
Chiusa per cena. Il Comune si è accordato con le associazioni di categoria per sperimentare l'adozione di divieti di transito in alcune strade cittadine: tavoli e sedie di bar e ristoranti, espositori di negozi potranno essere allestiti sui marciapiedi e sugli stalli di sosta liberi. Da ieri sera fino a sabato 31 ottobre. L'ordinanza è firmata dal capo dell'Urbanistica municipale, Giulio Bernetti, ma si collega a una delibera portata dagli assessori leghisti Luisa Polli e Serena Tonel, pensata per dare una mano al mondo del commercio e della somministrazione food & beverage colpito da quasi tre mesi di forzata astinenza. Un modo per guadagnare all'esterno gli spazi persi all'interno dei locali causa le misure di distanziamento. La procedura è sicuramente innovativa per Trieste e - pare - all'avanguardia persino nel panorama nazionale: sono previste quattro strade dove dal venerdì sera alla domenica sera gli esercenti, autorizzati dal Municipio, possono sistemare una transenna e limitare il passaggio automobilistico. Debbono però rispettare le vetture già in sosta, permettendo a esse di andarsene, e consentire l'accesso alle rimesse da parte di chi vi possiede un parcheggio. Naturalmente va garantita una corsia per le emergenze. Scatta un divertente divieto di transito pedonale, per cui i pedoni non possono camminare laddove una coppia è in procinto di approcciare una romantica busara: si accomoderanno allora sulla carreggiata stradale, prestando attenzione a che non sfrecci un'ambulanza. Una volta che alla mezzanotte domenicale cali il coprifuoco, le masserizie debbono essere evacuate. Le strade coinvolte in questa inedita operazione sono via Cadorna, salita al Promontorio, via della Fornace, via San Cilino. La particolarità di questo on the road tergestino spinge Luisa Polli ad appellarsi a commercianti, baristi, osti affinchè si rivolgano ai funzionari comunali addetti all'occupazione di suolo pubblico per ottenere ogni delucidazione. Perchè l'applicazione pratica di questa opportunità commerciale implica da parte di tutti - esercenti, automobilisti, residenti - uno sforzo di buon senso, merce di non scontato reperimento. E adesso focus sulle vie prescelte nel confronto tra Municipio, Fipe, Confcommercio ecc. Orari: dalle 20 del venerdì alle 24 della domenica. Via Cadorna da piazza Venezia a via San Giorgio. Salita al Promontorio da via Lazzaretto Vecchio a Riva Grumula. Via della Fornace conferisce la sua parte finale dove s'intreccia con Scala Winckelmann e via dei Pallini. A San Giovanni c'è via San Cilino nella porzione tra via alle Cave (piscina) e via Damiano Chiesa. Solo via Cadorna, nella tratta tra via Felice Venezian e via del Mercato vecchio, sarà transennabile dalle 20 del sabato alle 24 della domenica. L'opzione "marciapiede libero e autogestito" è reiterabile nelle giornate festive infrasettimanali, qualora ve ne fossero (Ferragosto cade di sabato).Caratteristiche delle zone individuate per questo esperimento. È evidente che l'epicentro è via Cadorna, interessata in due tratte, centralissima, vicina a due punti-chiave dell'aperitivo e del digestivo come via Torino e Cavana. Suggestivo il campione di via della Fornace, a fondo cieco, sotto San Giusto e dietro la Croce Rossa. L'unica apertura sulle Rive sono i 55 metri dell'estuario di Salita Promontorio. La periferia è rappresentata da via San Cilino.

Massimo Greco

 

 

Slitta la firma decisiva sul post-Ferriera -  Il nodo è l'occupazione - l'accordo di programma
La firma dell'Accordo di programma slitta quanto meno alla prossima settimana. I rinvii dopo i ripetuti annunci sono un'abitudine nella partita della riconversione della Ferriera e stavolta dipendono dalla necessità di trovare una mediazione definitiva sui livelli occupazionali. Gli enti hanno inoltre bisogno di qualche giorno per deliberare l'autorizzazione a firmare: un passaggio ineludibile per Regione, Comune e Autorità portuale. Le parti si riaggiorneranno all'inizio della prossima settimana e intanto la Cgil convoca una mobilitazione per venerdì: l'unica sigla contraria all'accordo sindacale chiede anche un incontro con Fedriga. Due giorni fa il ministro Stefano Patuanelli ha scritto alle parti per dichiarare concluso il percorso di scrittura dell'Adp. La Regione vorrebbe tuttavia un ultimo incontro, nella convinzione che sia necessario ridurre gli esuberi previsti: alla luce della pioggia di milioni che Arvedi incasserà dalla mano pubblica, la giunta Fedriga è convinta che l'acciaieria debba esporsi con chiarezza sul futuro dei 50 operai che saranno impiegati nella bonifica, senza avere collocazione assicurata a riconversione conclusa. Intanto la Cgil convoca per venerdì prossimo un presidio davanti alla Regione in piazza Unità. Per la Fiom «a una settimana dalle rassicurazioni del ministro Patuanelli e del presidente Fedriga, che entro oggi (ieri, ndr) sarebbe stato firmato l'Adp, i lavoratori registrano che l'accordo non è stato ancora firmato. A quasi due mesi dalla chiusura dell'area a caldo, i lavoratori della Ferriera e degli appalti continuano a non aver garanzie. Arvedi ha inoltre dato disposizioni affinché non si proceda a ulteriore proroga nei confronti dei lavoratori in somministrazione e anche le promesse su una ricollocazione tramite centro per l'impiego o Fincantieri sono svanite nel nulla». La Nidil definisce «risibile» l'accordo sindacale firmato dalle altre sigle ed evidenzia che «Icop non ha intenzione di sottostare ad alcun tipo di vincolo con riferimento al riassorbimento dei lavoratori che ancora qualcuno si ostina a non definire "esuberi"».

d.d.a.

 

 

«Palazzo Carciotti patrimonio di tutti» - Al via la petizione contro la vendita
Lettera-appello al sindaco per rivedere il piano di alienazione «La destinazione dell'immobile dovrebbe restare pubblica»
«Salviamo Palazzo Carciotti». È partita ieri una raccolta di firme che durerà per tutta l'estate per chiedere alle istituzioni di dichiarare inalienabile il capolavoro dell'architettura neoclassica firmato da Matteo Pertsch. Dopo quattro aste andare deserte potrebbe essere un esito inevitabile. La petizione ("Firma anche tu! Perchè non venga venduto e resti patrimonio della città di Trieste") è stata presentata ieri su YouTube. Il destinatario è il sindaco Roberto Dipiazza a cui è rivolta una lettera-appello: «Trieste per fortuna non ha sofferto un danno irreparabile e le esprimiamo il nostro sollievo per il fatto che le aste di vendita del palazzo non hanno avuto assegnatari».È stata infatti l'attuale amministrazione, appena insediata nel 2016, a varare una delibera per mettere sul mercato l'intero Carciotti al prezzo base di 22,7 milioni (scesi a 14,9 nell'ultima asta) per 12 mila metri quadrati (40 metri di larghezza e 100 di lunghezza per più livelli). «Poiché uno dei più importanti e amati monumenti di Trieste è dunque ancora patrimonio di tutti i cittadini, le chiediamo di mantenere ferma la proprietà del bene, che deve restare della città, e prevedere una destinazione pubblica del palazzo. Pensiamo infatti che questa vendita non avvenuta segni l'importante momento nel quale lei può decidere una rifunzionalizzazione dell'edificio come bene pubblico e può far porre allo studio una intelligente progettazione dei suoi contenuti che ne disponga l'uso al servizio della collettività», si legge nella lettera al sindaco. «Il Carciotti è un bene comune di Trieste e non deve essere alienato. È l'icona dell'identità multiculturale della città», ha spiegato nella presentazione l'architetto Giuliana Carbi Jesurun. Le firme raccolte il primo giorno sono già a quota cento. Tra i primi firmatari e promotori ci sono: Roberto Canziani, Giuliana Carbi Jesurun, Roberto Dambrosi, Diana De Rosa, Anna Laura Govoni, Elvio Guagnini, Alexandra Hagemann, Wissal Houbabi, Lucia Krasovec-Lucas, Marko Kravos, Emanuela Marassi, Marija Mitrovic, Roberto Paci Dalò, Massimo Premuda, Livia Rossi, Dubravka Santolic Cherubini, Marcela Serli, Davide Skerlj, Marko Sosic, Nicoletta Zanni e Maila Zarattini. «Questo palazzo è molto amato dai triestini. È sito sulle rive di Trieste, a conclusione a mare del Canal Grande, asse centrale dello storico Borgo Teresiano (la città nuova estesa a metà Settecento oltre alla cinta medioevale e su preesistenti saline per volere di Maria Teresa d'Austria). Non solo è una immagine-icona della città, ma è una vera e propria immersione nella storia e nell'identità dei triestini», spiegano ancora i promotori. Palazzo Carciotti ha ospitato nel 1831 la prima sede delle Assicurazioni Generali, come riporta lapide sulla facciata. In seguito fu proprietà della Capitaneria di porto e dell'Acegat, l'ex azienda comunale di elettricità, gas, acqua e tranvie, come riporta invece l'insegna sulla facciata di via Genova. Mettere in vendita Palazzo Carciotti, insoma, per i promotori è come mettere in vendita l'anima di Trieste. «E un bene comune, qualcosa di cui dobbiamo occuparci e prenderci cura», spiega l'architetto Lucia Krasovec-Lucas. Con la petizione (e l'auspicata fiumana di firme) si spera così di poter riconvertire la scelta dell'attuale amministrazione portata avanti dall'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi. «Stiamo parlando di un gioiello dell'architettura neoclassica europea, non solo triestina», così la storica dell'arte Nicoletta Zanni. L'architetto Roberto Dambrosi immagina anche di creare all'interno una sorta di piazza aperta al pubblico utilizzata a "quadrati". La petizione si può firmare su www.palazzocarciotti.org.

Fabio Dorigo

 

 

Tornano in Carso le visite guidate alla scoperta di storia e natura
Ripartono domani le gite della domenica promosse dalla cooperativa Curiosi di Natura
A spasso per la Val Rosandra, respirando la natura, le biodiversità e magari anche le tipiche proposte enogastronomiche. "Piacevolmente Carso", il programma di escursioni organizzato dalla cooperativa "Curiosi di Natura", riapre i cancelli del cartellone 2020 con l'appuntamento di domani, il primo dei quattro scali ideati per animare la ripresa post emergenza coronavirus.Si riparte quindi dalla Riserva naturale della Val Rosandra, esplorandola in un tragitto complessivo di circa 6,5 chilometri, caratterizzato da un dislivello di 200 metri e da un primo tratto leggermente impervio (un chilometro appena) seguito poi da una distesa pianeggiante. Insomma, una gita a portata di tutti, tra rupi, un torrente, una cascata e diverse testimonianze legate alle antiche aree di transito commerciale. Il ritrovo è fissato alle 9.10 nella piazza di Bagnoli della Rosandra, all'altezza delle fermate dei bus 40 e 41. Si parte alle 9.30 e il ritorno è previsto attorno alle 13. Un consiglio da parte degli organizzatori: munirsi di scarpe antiscivolo. Il copione di "Curiosi di Natura" si dota naturalmente delle attuali misure in termini di sicurezza ma conferma le classiche credenziali del suo format, proponendo una serie di gite domenicali curate da guide qualificate in grado di illustrare i temi fondamentali dei luoghi in chiave naturalistica, storico e sociale, abbinando le escursioni a letture a tema e alla possibilità di fruire delle convenzioni con i ristoratori del circuito "Sapori del Carso". Il secondo appuntamento è datato domenica 7 giugno (9.30 - 13) e la zona questa volta è Duino, nel tratto del fiume Timavo, attraversando boschi, sorgive e prati, sino all'approdo alla Chiesa di San Giovanni in Tuba. Qui il ritrovo è alle 9.10 al Villaggio del Pescatore, nei pressi della fermata del bus 44. La terza proposta si discosta dalla mappa abituale e sbarca nel centro città. Succede domenica 14 giugno (10-12) in un viaggio alla ricerca delle tracce di torrenti, corsi fluviali e antichi acquedotti, una escursione urbana che ha il suo raduno alle 9.40 in Largo Bonifacio, inizio del viale XX Settembre. Ultima puntata il 21 giugno, da Basovizza al Monte Spaccato, con ritrovo alle 9.10 al parcheggio-fermata del Sincrotrone (bus 39). Informazioni e adesioni scrivendo a curiosidinatura@gmail.com o visitando www.curiosidinatura.it.

Francesco Cardella

 

La Riserva della Val Rosandra riapre e guarda alle scuole
Un altro piccolo passo verso la "normalità": ha riaperto i battenti il Centro visite della Riserva naturale regionale della Val Rosandra, meta di escursioni e passeggiate, anche in bici, di speleologi, rocciatori e geologi. «L'emergenza sanitaria però - spiegano i gestori del centro della società cooperativa Rogos - non è finita, quindi per poter accedere alla riserva è necessario il rispetto di alcune regole». In attesa di poter organizzare anche delle visite guidate, il centro visite offre già alcuni servizi. «Come ad esempio - spiega la presidente, Tina Klanjscek - la vendita di libri e pubblicazioni sia a carattere naturalistico che storico, mappe del territorio, dei libricini in distribuzione gratuita sulla Val Rosandra a disposizione del pubblico e oggettistica varia e gadget targati val Rosandra. A breve allestiremo un info corner attrezzato con porta-depliant e volantini di tutte le riserve naturalistiche della regione, anche alla luce delle indicazioni che intenderebbero incentivare per la prossima estate il turismo interno e in particolare quello all'aria aperta». Ed è proprio al tema delle escursioni e visite guidate che lo staff della riserva sta guardando con particolare attenzione, in attesa delle direttive che stabiliranno le modalità di apertura. L'obiettivo è di poter riaprire prima possibile. «È probabile - rivela Tina Klanjscek - che verrà attivata un'offerta per le scuole a partire dal prossimo anno scolastico, in quanto la riserva ben si presta a ospitare attività alternative a quelle in aula e può offrire ampi spazi all'aperto e attività didattiche istruttive e al contempo divertenti. Al momento l'orario di apertura è 9-17 da lunedì a venerdì e il sabato, la domenica e i festivi dalle 9 alle 18. L'ingresso al centro visite è contingentato e limitato a un massimo di 6 persone/gruppi famigliari contemporaneamente. Viene richiesto a tutti i visitatori l'utilizzo di mascherine e il rispetto della distanza interpersonale di un metro. Informazioni al 3291286325, alla casella info@riservavalrosandra-glinscica.it e su www.riservavalrosandra-glinscica.it. --

Gianfranco Terzoli

 

La Cona pronta per le visite con un capanno "anti-Covid"
STARANZANO. A una settimana dalla riapertura, l'Isola della Cona rimasta chiusa oltre due mesi per l'emergenza, da questo weekend si presenta ai visitatori con un nuovo servizio per i birdwatcher. È operativo, infatti, per l'osservazione degli uccelli un capanno adeguato al rispetto delle regole emanate anti-Covid-19. Oltre alle aperture sulla parete frontale, finestre mimetizzate per guardare all'esterno, il capanno è dotato di pannelli e separé, tendaggi sostenuti da canne palustri che aumentano la sicurezza degli utenti soprattutto per il distanziamento sociale richiesto per evitare il passaggio del virus. La struttura è attrezzata per l'avvistamento della fauna selvatica ma in particolare dei "gruccioni", uccelli di straordinaria bellezza dalle piume multicolori che arrivano dall'Africa, avendo trovato nella Riserva un posto ideale per nidificare. Il noleggio del capanno organizzato in quattro postazioni, è possibile per la giornata intera al costo di venti euro a persona. Per informazioni e prenotazioni ci si potrà rivolgere al personale del Centro visite o scrivere via mail all'indirizzo info@rogos.it. La Rogos, che ha in gestione la riserva, in occasione della riapertura, ha emanato una serie di regole. Fra queste quella di non presentarsi se si accusa 37, 5° o più di febbre, poi di usare la soluzione idroalcolica a disposizione prima di iniziare la visita e per accedere al punto di ristoro e agli osservatori, di indossare la mascherina. L'accesso ai sentieri è stato regolamentato in modo da non incrociare altri visitatori in entrata e di non oltrepassare i punti dove sono stati posizionati divieti. Si può andare, inoltre, nell'osservatorio della Marinetta soltanto per spostarsi dal piano inferiore a quello superiore. La sosta non è consentita. L'accesso è possibile fino ad un massimo di 3 persone o gruppi famigliari contemporaneamente per piano, in caso di numeri superiori bisogna attendere all'esterno. È chiuso l'osservatorio di Punta Spigolo. Si può entrare nel Museo della Papera soltanto per percorrere l'anello indicato dalle frecce e osservare la distanza di sicurezza di un metro ed evitare assembramenti. È sempre attiva, inoltre, la "sanificazione" delle aree aperte al pubblico, cioè i musei, il bar, il parco giochi per bambini e i servizi igienici.

Ciro Vitiello

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 maggio 2020

 

 

L'opposizione boccia l'ovovia dei "sogni" - Maggioranza in trincea
Centrosinistra e M5s: «Costi pubblici enormi. E il tram?» - Lega e Fi: «Ma al Comune non costerebbe un soldo»
La bora della polemica soffia sull'ovovia. La maggioranza fa quadrato attorno al sindaco Roberto Dipiazza e alla sua proposta , mentre l'opposizione dubita della realizzabilità dell'opera, del suo senso. L'idea trova scettici centrosinistra e 5 Stelle. Così il dem Giovanni Barbo: «L'idea non è certo di Dipiazza, risale almeno a Bandelli via De Gioia, ma qualcuno crede che il sindaco la farà? Il tram è fermo dal 2016, da allora il Mercato ittico avrebbe dovuto esser pronto da tempo, l'Ortofrutticolo non si sa dove vada, la Maddalena è letteralmente un buco nero. Sarebbe meglio concludere quelli». Dice il pentastellato Paolo Menis: «Da quanto visto finora non mi convince. Condivido l'obiettivo di una mobilità sostenibile ma spendere 45 milioni mi sembra uno sproposito. Anche se non sono del Comune, è pur sempre denaro pubblico». Il consigliere M5s pone dei dubbi sulle stime di gestione - «da analizzare con estrema attenzione» - e sui disboscamenti necessari al parcheggio da 800 posti a Opicina: «Inaccettabili». Maria Teresa Bassa Poropat dei Cittadini dichiara: «All'inizio ho pensato a una battuta. Se si vuol fare mobilità sostenibile bisognerebbe concludere le aree ciclopedonali in tutta la città, piuttosto che fare un secondo mezzo alternativo con gli stessi punti di partenza e di arrivo del tram di Opicina, tuttora fermo. Sarebbe meno costoso e non avrebbe costi di gestione esorbitanti». Così Antonella Grim di Italia Viva: «Ci confrontiamo seriamente sui collegamenti Carso - Porto vecchio o è solo l'ennesimo caso di "annuncite" che allungherà la lista delle incompiute di Trieste? La situazione economica è drammatica. Ma poi come andrebbe a inserirsi in una visione complessiva della mobilità? Cosa ne sarebbe del tram di Opicina? Non sono per dare giudizi a priori, ma serve serietà e visione complessiva». A Sabrina Morena di Open «pare invece che alla giunta Dipiazza piaccia fare annunci di opere faraoniche e roboanti senza un piano organico della mobilità. Del Pums si doveva discutere a dicembre. Invece escono progetti dubbi da molti punti di vista. Si pensi piuttosto a far dare i 10 milioni accantonati per il Parco del Mare ai negozianti in difficoltà». Dubbi anche da Roberto De Gioia di Progetto Fvg, che per primo in questa tornata aveva rilanciato l'idea: «La città dovrebbe avere un'ovovia. Ma da sempre era quella che va a Monte Grisa, con la sua balconata eccezionale sul golfo e il parcheggio già pronto, a due passi dall'autostrada. A Campo romano cosa c'è?». La maggioranza sostiene però la giunta e la proposta. Così il forzista Alberto Polacco: «Giusto aver partecipato al bando, è un'opera su cui il Comune non spenderebbe un euro. Chiaro, va visto in un'ottica di infrastrutture complessiva. Sappiamo bene che le urgenze per il bilancio del Comune saranno altre, ma così non le intaccheremmo di un centesimo». Afferma il leghista Radames Razza: «Bisogna riqualificare Porto vecchio e incentivare la mobilità sostenibile. Ben venga un progetto innovativo, a costo zero in caso di vincita del bando, che attrarrà turisti favorendo gli spostamenti con il Carso. La visione dell'amministrazione comunale è una visione lungimirante in un'ottica di sviluppo e innovazione di tutta l'area urbana, della quale a breve entrerà a far parte a pieno titolo anche la zona di Porto vecchio»

Giovanni Tomasin

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 maggio 2020

 

 

Dal tubone a Barcola beach - I tanti sogni irrealizzati nel cassetto della città
Tra i progetti mai decollati anche il maxi campus di via Rossetti in cui riunire tutti i licei cittadini e il Parco del mare previsto prima a Barcola, poi a Campo Marzio e infine in attesa in Sacchetta
Fanno tenerezza quelle illustrazioni del primo Novecento, in cui le città del Duemila sono ritratte come paesaggi futuristici in cui la gente va a spasso su aggeggi volanti. Fa un effetto simile, nel nostro presente, pensare a come sarebbe Trieste se in questi decenni si fossero realizzate le opere ipotizzate, proposte, proclamate o promesse dalla classe politica e dagli amministratori cittadini. Vedremo il destino dell'ultimo prodotto di questo ideificio, l'ovovia che il sindaco Roberto Dipiazza lancia in un momento di difficoltà per Trieste, volgendo lo sguardo al futuro e alla campagna elettorale. Il gasometro - Un sogno nel cassetto che potremmo definire ricorrente è il centenario gasometro di via d'Alviano. Ai tempi della giunta Illy ci fu chi propose di farne una "sala rock", poi per molto tempo si vagheggiò di realizzare un planetario all'interno della grande cupola (con molti scettici sulla sostenibilità dell'operazione), più di recente una palestra d'arrampicata. All'inizio del 2020 l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi era tornato alle origini annunciando delle serate disco per la primavera, «al fine di attrarre investitori come in Porto vecchio». I mesi seguenti, come in un buon racconto di fantascienza, hanno reso poco praticabile l'idea. Il Parco del mare - Se ne parla ormai dal 2004 e per i triestini è quasi uno di famiglia. Il Parco del Mare ideato dal presidente della Cciaa Antonio Paoletti, e da lui sempre invocato, in questi anni ha incontrato il mutevole sostegno delle giunte marcate Dipiazza e un certo scetticismo in era Cosolini. Ora è fermo nel mezzo di una pratica romana che dovrebbe farcene conoscere la fattibilità nella sua ultima destinazione, l'area della Sacchetta. Ma prima di approdare alla lanterna, l'idea di un grande acquario triestino che faccia da contraltare ai cugini-rivali genovesi ha girato qua e là lungo le rive e oltre. Inizialmente s'era pensato al terrapieno di Barcola: inquinato. Poi Campo Marzio, Magazzino vini, area ex Bianchi. Ad un certo punto Dipiazza propose di mettere una grande vasca nel mezzo dell'ex Pescheria. Ora ha raggiunto il luogo dell'ultimo riposo all'ombra della Lanterna: spetta a Roma dire se si potrà anche costruire, e alle realtà economiche triestine se ci sono i soldi per farlo. Il centro città - Il centro di Trieste ha assistito a una lunga rassegna di idee mai realizzate. A due passi dal Parco del Mare, per attenerci alla cronaca recente, la «tensostruttura» che il sindaco Dipiazza dichiarava di voler realizzare poco dopo il crollo dell'Acquamarina. Poi di recente ha sposato la tesi di farne una ex novo in orto vecchio. Ma proseguendo sulle Rive vediamo le linee di tram immaginate dalla giunta di Roberto Cosolini, che da Opicina avrebbero dovuto tornare a ramificarsi nel resto della città, come ai tempi della gallina bicefala. S'è visto poi com'è andata in questi anni, col tram. Un altro sogno irrealizzato del centro città è il "tubone sottomarino", ovvero il tunnel che nelle ambizioni dell'esecutivo di Riccardo Illy avrebbe far passare il traffico auto dal Porto vecchio a Campo Marzio ricorrendo a un'avveniristica struttura subacquea. Da allora va detto che si è riusciti a ottenere i semafori sincronizzati sulle Rive. Sempre alla giunta Illy si deve l'idea di un cimitero monumentale nella Cava Faccanoni, visibile la notte da tutta la città. Anche di ovovia, in realtà, si parla da moltissimo tempo, ora verso Monte Grisa, ora verso l'Altipiano. Una menzione particolare la merita lo "Stream", l'autobus magnetico voluto dal sindaco Illy, perché non rimase un sogno nel cassetto: fu realizzato e abbandonato. Tornando a tempi più recenti la città ancora attende i prossimi risvolti sul super campus di via Rossetti, che il primo cittadino in carica intende realizzare al posto dell'attuale caserma in disarmo, convogliando lì tutti gli istituti superiori cittadini. Una fortezza della conoscenza, al momento teorica. Il Porto vecchio - Più che un cassetto, l'antico scalo è un forziere di sogni riposti. Dovessimo attenerci soltanto agli annunci degli ultimi anni, secondo il sindaco Dipiazza lì dovremmo avere investitori russi, cinesi, arabi praticamente con i soldi in mano. Pare pure un serbo. Ma prima di tutto ciò abbiamo visto apparire e sfumare tante altre fate morgane: un quartier generale di Generali, reso impossibile da complicanze tecniche in seguito alle quali il gruppo spostò la sede per l'Italia a Mogliano Veneto. Ma anche il progetto di Portocittà, che avrebbe dovuto portare a una riqualificazione di tutta l'area (in cambio di una serie di condomini in zona Barcola) e che almeno portò al recupero del Magazzino 26. Un altro annuncio recente è quello del Mercato ittico, che secondo il primo cittadino a inizio terzo mandato avrebbe trovato lì una sede ideale, e ora è stato dirottato altrove. Resta ancora un annuncio da parte del Comune la volontà di realizzare una città sportiva accettando la proposta del manager Leo Bassi nella parte finale dello scalo, a partire dalla già citata Piscina terapeutica la cui fattibilità è al vaglio in questi giorni. Si potrebbe continuare a lungo, citando ad esempio la "Barcola Beach" in stile Copacabana vagheggiata dal candidato alle primarie dem Francesco Russo, 5 anni fa, con tanto di spiagge color dell'oro. Oppure, volendo chiudere in grande, il progetto romano di far attraversare tutto l'altipiano carsico da un tunnel Tav destinato a pigliare il canyon della val Rosandra come un tornante. La politica, si dirà, è fatta anche di proposte e annunci, e oltre a idee accantonate, ci sono progetti realizzati. Ce li godremo dall'alto dell'ovovia. Forse.

Giovanni Tomasin

 

Ovovia Molo IV-Opicina - Bora e costi esorbitanti non frenano il Comune
La giunta accelera sulla realizzazione del maxi impianto da 30 milioni di euro - Polli: «Perfetto per chi vuole andare in osmiza senza muovere la macchina»
Un dato è certo: all'ambizioso progetto dell'ovovia tra Molo IV e Opicina l'amministrazione comunale ci crede davvero. Lo dimostra la rapidità con cui sta portando avanti l'operazione, annunciata un po' a sorpresa in piena emergenza sanitario-economica da Covid-19. Già approdata in giunta nei giorni scorsi la delibera per partecipare al bando del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sulla mobilità sostenibile, e ottenere quindi i fondi necessari a coprire le consistenti spese di realizzazione dell'opera. Il costo dell'operazione è di 30 milioni di euro, che verrebbero interamente coperti dai finanziamenti destinati ai sistemi di Trasporto rapido di massa ad impianti fissi, se Trieste risultasse tra i vincitori della gara. «A mio avviso abbiamo buone possibilità - commenta l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli -, anche perché non ci sarà, pare, molta concorrenza».Già definite anche le coordinate logistiche dell'impianto che, secondo le previsioni comunali, una volta a regime dovrebbe dare lavoro ad una trentina di persone tra macchinisti e tecnici. L'itinerario innanzitutto: partenza dal Molo IV, fermate intermedie all'altezza della Centrale idrodinamica, nella zona del polo museale, al Bovedo, dove c'è il parcheggio di interscambio, e poi su fino a Campo Romano. Tempo di percorrenza del tragitto 13 minuti, capacità di 2 mila persone all'ora.Ma gli scenari immaginati dall'amministrazione non finiscono qui. «Prevediamo un'ovovia che giri continuamente e che consenta a chi si sposta in bici di caricarsela sulla cabina. La bellezza di questo impianto sta nel fatto che si può raggiungere il Carso senza muovere l'auto (come si poteva fare quando era regolarmente in funzione il tram, fa notare più di qualcuno sui social e non solo, ndr). L'orario nei fine settimana verrà ricalibrato diversamente da quello dei bus, in base al rapporto costi-benefici, per consentire ad esempio chi vuole andare ad esempio in osmiza (peccato che la maggior parte delle "frasche" disti parecchio dal centro di Opicina, ndr), e chi decide di andare in città per cena, di rientrare a casa senza guidare. Alla stazione di arrivo ci saranno delle navette per chi vuole andare in pellegrinaggio a Montegrisa». Lo studio di fattibilità, senza «un progetto di dettaglio», è già stato concepito dagli uffici del dipartimento Territorio e Mobilità (direttore Giulio Bernetti), che Polli ringrazia per aver colto l'idea da lei accarezzata già ai tempi in cui lavorava in Regione. Il progetto rientrerà nel piano urbano della mobilità sostenibile e nella riqualificazione del Porto vecchio. «Abbiamo già preventivamente fatto un passaggio anche con la Soprintendenza - specifica l'esponente della giunta Dipiazza. Ad esempio, quando l'ovovia si muoverà in orizzontale sopra i magazzini del Porto vecchio, l'intervisibilità prevista dal Piano paesaggistico non verrà intaccata. Quando invece procederà da park Bovedo verso l'alto, non passerà sopra le case. Le cabine saranno in vetro, eccetto il pavimento e quindi l'impatto visivo sarà minimo. Inoltre, è già stato considerato il problema geologico e quello della bora: gli uffici hanno eseguito dei calcoli ed è emerso che l'impianto terrà fino a 75 chilometri di raffiche». Una soglia che, secondo le valutazioni dei tecnici, viene superata circa 30 volte l'anno, e non è detto che si chiuda l'impianto solo per una raffica. Quindi, al massimo l'impianto si fermerà per un periodo massimo di un mese l'anno. Un ostacolo evidentemente non sufficiente a scoraggiare il Comune che si spinge addirittura ad immaginare gli step successivi in caso di vittoria del bando. «Sono solo un paio le società a livello mondiale che si occupano di questo settore - conclude Polli -, il che permetterebbe di procedere celermente nella gara. Se tutto fila liscio, si potrebbero iniziare i lavori già a ottobre 2021».

red. cr.

 

Monfalconese ricco di piste ciclabili fuori dal bici bonus - Rabbia dei venditori
Granzon: «Un incentivo magari più basso, ma a tutti» - Artuso: «Siamo discriminati». Bolzan: «Servirebbe molto»
MONFALCONE. Bonus bici ma non per tutti, il Monfalconese è tra gli esclusi. Il Decreto Rilancio, fra le tante agevolazioni, dà l'opportunità ai cittadini di utilizzare un buono mobilità per comprare biciclette, anche a pedalata assistita, monopattini e altri dispositivi simili. Il bonus copre il 60% della spesa sull'acquisto fino a un valore massimo di 500 euro. Un incentivo dunque per ridurre l'inquinamento, inducendo le persone ad abbandonare la propria autovettura, e per evitare gli assembramenti sui mezzi di trasporto pubblici ai tempi del Covid-19. Ma quali sono i requisiti di accesso? Essere residenti in una città con almeno 50 mila abitanti o in un capoluogo di provincia. Ecco dunque che città più piccole, come Monfalcone, Ronchi dei Legionari e Staranzano e i comuni ancora minori che costituiscono non solo buona parte del Friuli Venezia Giulia ma dell'Italia stessa, sono state escluse da questa grande opportunità. Un'occasione che sarebbe stata ben accolta dagli abitanti di piccoli centri che di solito sono più portati a spostarsi in bicicletta. «I requisiti per usufruire del bonus bici sono discriminanti - afferma il sindaco di Monfalcone Anna Maria Cisint -. Non vedo perché il residente triestino debba avere più agevolazioni di quello monfalconese. Non è corretto inoltre nei confronti dei commercianti dei centri più piccoli che con il bonus potevano avere l'opportunità di vendere più bici. Infine sono soldi pubblici, quindi tutti gli italiani dovranno pagare le tasse per coprire questo buono di cui alla fine non tutti potranno usufruirne». Le belle giornate e la possibilità di muoversi di nuovo dopo il lungo lockdown hanno indotto molti monfalconesi a far aggiustare la propria bici o a comprarne una nuova. Per quanto gli affari del negozio Cicli Granzon di Luca Granzon stiano andando bene, sia per quel che riguarda la riparazione che l'acquisto di una nuova bicicletta, anche il proprietario reputa la scelta del Governo discriminante. «Il bonus bici è una bella iniziativa da replicare e allargare a più comuni - spiega Granzon -. Abbassando la somma del buono si potrebbe dare la possibilità a più persone di usufruirne». Della stessa opinione è anche Gianluca Pocar del negozio inBici di Ronchi dei Legionari. «È un'iniziativa fatta per agevolare solo certe zone - replica Pocar - come se esistessero i cittadini di serie A e quelli di serie B. La gente è arrabbiata, viene in negozio a chiedermi del buono che non può essere utilizzato in quasi tutto il Friuli Venezia Giulia. Cerco allora di applicare sconti a chi non può usufruirne». Gli esercenti possono comunque rilasciare la fattura a chi abita in un capoluogo di provincia. Sarà poi il cliente a dover inserire i dati su un'applicazione web del Ministero dell'Ambiente per richiedere il rimborso. Il negozio Cicli Moto K&G a Ronchi ha riscontrato invece negli ultimi anni un calo delle vendite dovute anche alla concorrenza dei supermercati. «Abbiamo più richieste di riparazione che di vendita di biciclette - spiega Antonella, la moglie del titolare Demetrio Artuso -. Anche chi di solito non se lo può permettere avrebbe potuto comprare con il buono una bici di qualità, ma le piccole città sono state discriminate». Anche a Staranzano Roberto Bolzan ha già informato i cittadini che nel suo negozio non potranno usufruire del bonus. «Il mio negozio si occupa di riparazioni e vende solo biciclette per girare in città - spiega Bolzan -, ma il bonus avrebbe agevolato soprattutto l'acquisto di biciclette elettriche che costano migliaia di euro».

Beatrice Branca

 

«Meglio dirottare risorse sullo sviluppo delle ciclovie» - il parere dell'associazione Bisiachiinbici
TURRIACO. A Turriaco, il centro della Bisiacaria dove negli ultimi tre anni si è investito di più nei collegamenti ciclabili, si comprende la logica del bonus bici e quindi l'esclusione dei centri più piccoli, dove le due ruote già si usano, ma si sarebbero preferite altre misure a sostegno della mobilità su due ruote. «L'obiettivo avrebbe dovuto essere quello di finanziare gli spostamenti casa-lavoro e quindi sarebbe stato sufficiente un incentivo più basso e da estendere alla manutenzione - afferma Nicola Pieri, assessore ai Lavori pubblici e già presidente dell'associazione Fiab Bisiachinbici -. Un bonus così elevato rischia invece di essere usato per comprare biciclette per fare attività sportiva o ricreativa, non per gli spostamenti di ogni giorno». A Turriaco si sarebbe poi preferito che i fondi andassero ai Comuni per la realizzazione di infrastrutture e l'attivazione di servizi, come bike sharing più evoluti. «Pensando solo al nostro territorio si sente l'esigenza di un collegamento sicuro con Monfalcone o almeno con il Polo intermodale», spiega l'assessore. «Pensando poi alle grandi realtà su cui il bonus è tarato, Milano sta facendo qualcosa, ma Roma no - prosegue Pieri -. Senza che ci sia la possibilità di spostarsi in sicurezza e un cambio di mentalità a monte è difficile che le persone si spostino in ambito urbano usando la bicicletta. E' questo il vulnus di questo bonus». Pieri si augura che la Regione possa compensare finanziando, come fatto finora, la redazione dei biciplan comunali e la realizzazione di connessioni ciclabili. «Sarebbe pericoloso dirottare i fondi e mi auguro che la Regione continui a finanziare pianificazione e infrastrutture», conclude l'assessore, che per quest'estate ha programmato un tour in bici del Friuli Venezia Giulia assieme alla famiglia. A livello nazionale Fiab ha fatto parte del gruppo di lavoro con il ministero, ma a livello locale, dove gli incentivi peraltro non arriveranno, il prodotto della concertazione non è che entusiasmi.«L'operazione ha un suo senso, ma per noi era meglio impiegare le risorse per le infrastrutture, che fanno l'uso - afferma Francesco Furlan, presidente di Fiab Bisiachinbici, con sede a Monfalcone -. Per andare a lavorare basta una bici vecchia. Resta da capire poi la ricaduto sui rivenditori di bici, visto che si può tranquillamente acquistare anche on line». In alternativa alle infrastrutture Bisiachinbici avrebbe visto come più utile la misura che l'Emilia Romagna si appresta a introdurre: l'assegnazione di finanziamenti ai datori di lavori che poi ritorna dei soldi in busta paga ai dipendenti che arrivano in azienda in bici». L'altra questione aperta e da risolvere è quella dell'itermodalità. «Prendo la bici con il bonus e poi magari non posso caricarla in treno o metropolitana - sottolinea Furlan -. Anche in Fvg questa possibilità andrebbe ampliata, al di là dello scopo turistico». Mentre a livello mandamentale serve una pianificazione allargata, quanto meno ai tre Comuni maggiori, e in grado di individuare i collegamenti tra diversi centri urbani.

Laura Blasich

 

 

«Nidi di rondine distrutti di continuo in centro a Muggia»
Denunciate nuove demolizioni delle "case" degli esemplari tutelati per legge in piazza Marconi. Intanto borgo San Rocco si sta ripopolando
MUGGIA. Il ritorno delle rondini e dei rondoni a Muggia sollevano nuovamente il tema della convivenza, non sempre felice, con questi iperprotetti e utilissimi uccelli. Utilissimi perché una rondine, ogni giorno, arriva a divorare circa 6 mila insetti (un rondone addirittura oltre 10 mila). Iperpotetti perché si tratta di volatili i cui nidi sono tutelati per legge e per la cui distruzione si incorre in un reato penalmente perseguibile. Eppure, sono costanti le testimonianze di persone che assistono alla distruzione sistematica di nidi: uno di questi è il muggesano Danilo Bisiac, che tre anni fa aveva assistito alla rimozione e distruzione dei nidi collocati sotto la grondaia di un edificio che si affaccia nella centralissima piazza Marconi, «in pieno giorno e con l'ausilio di una motoscala». Distruzioni che, sempre a detta di Bisiac, «proseguono indisturbate ancora oggi, in quanto si notano sotto la grondaia dello stesso edificio due soli nidi superstiti di quelli realizzati l'anno scorso e numerosi altri distrutti». Questo scenario, fino a pochi anni fa, si presentava anche a borgo San Rocco, da sempre colonia privilegiata di questi affascinanti volatili: «Purtroppo - racconta Silvana Di Mauro, presidente dell'associazione di volontariato Liberi di Volare - risale a due anni fa la distruzione di quasi tutti i nidi di rondine. Lo scorso anno abbiamo messo a dimora venti nuovi nidi e quest'anno altri ancora. Inoltre - conclude Di Mauro - un'altra importante modifica sarà quella che attueremo prossimamente sui portalampade sotto i portici del borgo, con le punte d'acciaio dei dissuasori per i piccioni che verranno ricoperte da una lastra sagomata in plexiglas».

Luigi Putignano

 

 

Stagno di Banne e arnie nell'Isontino, due gravi danni ambientali - la lettera del giorno di Tiziana Cimolino (Medici per l'ambiente)

Negli scorsi giorni ben due atti di vandalismo ambientale si sono verificati, anzi sono stati compiuti da ignoti. Sono stati devastati lo stagno di Banne (Trieste) e l'apiario in provincia di Gorizia. Atti di vandalismo che hanno provocato la moria di salamandre, insetti, lumache e girini nello stagno ma anche inquinato per parecchio tempo il sito con lo sversamento - pare - di olii esausti o altro rendendolo putrido e maleodorante. Due milioni di api sono state invece uccise volontariamente nell'apiario di San Lorenzo Isontino (Gorizia). Hanno chiuso le porte per non farle uscire e hanno dato fuoco con le fascine alle arnie, bruciando vivi i suoi ospiti. Un danno ambientale ed economico enorme (si parla di circa 15 mila euro solo per le api), ma è la parte ambientale e civile che riguarda tutti noi il danno più grave. Le api sono a rischio estinzione e il loro ruolo nell'impollinazione è risaputo. Credo che questi atti debbano essere considerati non come episodi di semplice vandalismo ma come veri atti di "danno ambientale" come da norma di legge, in quanto azioni che ledono acque e terreni, contaminando e creando un rischio significativo di effetti nocivi per animali e ambiente, come anche per insetti in estinzione e quindi da proteggere maggiormente come elemento di biodiversità utile per tutto l'ecosistema.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 maggio 2020

 

 

Da Campi Elisi a Porto vecchio: piano ciclabili al via in autunno
In agenda una serie di interventi per agevolare gli spostamenti in bici, a partire da un ponticello a Sant'Andrea per evitare l'attraversamento della strada
Il Comune annuncia un piano di interventi per le ciclabili, in agenda a partire da settembre. Dall'opposizione, però, si reclamano soluzioni provvisorie per l'estate. È quanto emerso nella seduta della Sesta commissione del Consiglio comunale competente in materia di urbanistica e mobilità, svoltasi ieri in modalità telematica, alla quale hanno partecipato anche l'assessore Luisa Polli e il dirigente Giulio Bernetti. Per quanto riguarda la ciclabile che da Campo Marzio si sviluppa verso Ponziana, è stata annunciata la realizzazione di un ponticello nei pressi dell'imbocco della Gvt, tra via delle Fiamme Gialle e largo Irneri, che permetterà di proseguire il percorso più "in basso", lato mare, lungo la ferrovia, senza quindi dover attraversare la strada come accade ora. Avvicinandosi al centro, come ha riferito a questo proposito l'ingegner Bernetti, sta procedendo positivamente il dialogo tra il Comune e l'Autorità portuale per tracciare una pista ciclabile al posto di una porzione degli attuali parcheggi lungo le rive. In Porto vecchio, invece, è stato confermato che è prevista l'installazione di altre due postazioni di bike sharing ed è stato comunicato nel contempo che il secondo lotto dei lavori è stato già finanziato e partirà dopo Esof, rendendo possibile il collegamento della ciclabile da piazza Libertà alla rotatoria di viale Miramare, con l'obiettivo poi di allungarla fino al park Bovedo. Rimanendo in zona, è stato precisato che il progetto dell'ovovia prevede pure la possibilità di trasportare le biciclette all'interno delle cabinovie dirette in Carso. L'assessore Polli ha anche anticipato il contenuto di due ordinanze alle quali sta lavorando il Comune: una permetterà l'uso da parte dei ciclisti delle corsie preferenziali dei bus in via Ghega e via Carducci (come già succede in via Mazzini) e l'altra stabilirà delle deroghe nelle aree adiacenti al mare perché i cittadini abbiano la possibilità di parcheggiare più liberamente le bici. E sempre in occasione della Sesta commissione di ieri, è stata presentata una mozione, prima firma Sabrina Morena di Open, che chiede la progettazione di una ciclabilità provvisoria in vista dell'estate, quando si ipotizza che molte persone decideranno di usufruire della bici per diminuire il rischio di contagio da coronavirus. In particolare, la proposta di Morena è quella di creare un tratto ciclabile temporaneo in corso Cavour (dietro il Magazzino delle Idee) per consentire il passaggio agevole e sicuro di chi proviene dalle Rive ed è diretto in Porto vecchio.

Simone Modugno

 

 

Lo stagno di Banne avvelenato da olio e rifiuti decomposti
I risultati delle analisi dell'Arpa confermano che la morte di girini, tritoni, lumache e insetti è stata causata dallo sversamento di residui di frittura e materiale per il compostaggio
TRIESTE. Lo stagno di Banne, "Stari kal", è stato avvelenato perché utilizzato come una discarica. Le analisi dell'Arpa hanno sciolto ogni dubbio sulla disdicevole vicenda che circa due settimane fa ha coinvolto il piccolo ma rigoglioso specchio d'acqua situato in via di Basovizza, a pochi passi dalla scuola elementare "Julius Kugy". I girini, le lumache di stagno, i tritoni crestati e punteggiati e tutti gli insetti (soprattutto api) trovati privi di vita all'interno delle acque dello stagno di Banne sono morti per anossia, ossia per mancanza di ossigeno, un fenomeno dovuto all'improvvido sversamento di materiale organico vegetale, che una volta andato in decomposizione, ha causato la morte di centinaia di animali. Nell'acqua erano stati infatti trovati diversi resti di melanzane e ciliegie, elementi naturali che non hanno nulla a che vedere con l'ambiente attorno allo stagno. «Vogliamo consolarci con il fatto che non c'è qualcuno che volontariamente va ad avvelenare gli stagni? Possiamo farlo, sì, ma resta il fatto che c'è qualche "sciocco", che ha ben pensato di svuotare il proprio bidone del compostaggio pieno di residui organici che assieme a qualche probabile residuo di olio di frittura ha provocato l'avvelenamento dello stagno di Banne», racconta Nicola Bressi, zoologo del Museo di Storia naturale di Trieste, tra i primi, assieme ai Tutori stagni, ad effettuare un sopralluogo domenica 10 maggio, il giorno in cui la Stazione forestale di Trieste, guidata dall'ispettore Lucio Ulian, decise di recintare per precauzione l'area. Una volta ottenuto il responso da parte dell'Arpa, la Forestale ha provveduto ieri mattina a versare 27 metri cubi di acqua nello stagno e togliere il divieto di accesso. Negli ultimi giorni la situazione del piccolo bacino lacustre carsolino è parsa migliorata. «Quanto accaduto ha sicuramente compromesso quasi ogni forma di vita dello stagno. La speranza è che qualche tritone si sia salvato perché in quei giorni non presente in acqua. Il danno quindi c'è stato, ed un nuovo ecosistema dovrà riformarsi. Il Museo di Storia naturale di Trieste sicuramente vigilerà sul processo di rinaturazione con nuove piante e zooplancton», spiega Bressi. Lo stagno artificiale, risalente al Medioevo, uno dei più antichi del Carso, è curato dalla Comunella di Banne presieduta da Neva Hussu. «Quanto accaduto spero possa insegnare che non solo lo Stari kal, ma tutta la natura va rispettata. Questo specchio d'acqua è da sempre uno dei punti di riferimento per i nostri paesani oltre che per gli studenti delle scuole di Banne. Uno stagno che speriamo possa presto tornare a pulsare di vita».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 maggio 2020

 

 

Cinque anni e 130 milioni per il polo della logistica al posto dell'area a caldo
Ecco il piano industriale di Icop-Plt che sarà allegato all'Accordo di programma sulla riconversione della Ferriera di Servola. In previsione 70 nuove assunzioni
Un investimento da 130 milioni di euro e 70 nuovi assunti, per trasformare in cinque anni l'ormai ex area a caldo della Ferriera di Servola in un comprensorio logistico a servizio del porto. L'Accordo di programma si avvicina alla firma e vi sarà allegato anche il piano industriale di Icop, impresa di costruzioni socia di Piattaforma logistica srl e suo braccio operativo in questa fase di trattative sui terreni confinanti. Spetterà a Icop-Plt gestire di concerto con il gruppo Arvedi la messa in sicurezza dei terreni e realizzare i piazzali per creare un moderno terminal portuale che si porrà a servizio del Molo VIII. Il futuro comincia ora - L'Adp non riguarda solo la dismissione dell'area a caldo e il rafforzamento del laminatoio. La discesa in campo di Icop-Plt avvia infatti la trasformazione logistica del comprensorio, ponendo le basi per il successivo sviluppo del Molo VIII, di cui la zona oggi occupata da cokeria e altoforno diventerà snodo su ferro e su gomma. Da qui le merci arriveranno e partiranno alla volta dell'Europa centrale, grazie alla costruzione della cosiddetta Grande stazione di Servola e di uno snodo autostradale diretto sulla Grande viabilità. L'area è insomma la pietra di volta per lo sviluppo del Molo VIII e forse sarà proprio la firma dell'Adp a fornire la spinta necessaria per chiudere l'intesa che Piattaforma logistica srl sta cercando da oltre due anni con possibili partner, che possano garantire forza economica e presenza di navi tali da rendere possibile la costruzione dei primi lotti del Molo VIII e garantirne la sostenibilità grazie alla deviazione di traffici sul porto di Trieste. Una prospettiva che secondo gli estensori del business plan garantirà centinaia di posti di lavoro. Il piano industriale - Icop ha articolato in tre fasi il suo apporto nell'ex stabilimento siderurgico, per un costo rispettivo di 57,5, 20,2 e 20,7 milioni. Il totale fa 98,4 milioni, ma bisogna aggiungere i 21 milioni che vale complessivamente l'operazione con cui i costruttori rileveranno da Arvedi i terreni di proprietà nella complessa operazione di scambio delle aree, che vede il coinvolgimento dell'Agenzia del demanio. Le risorse saranno messe a disposizione interamente da Icop, che sta valutando varie ipotesi sul tappeto. Solo l'accordo industriale con un partner di peso dirà poi quale potenza di fuoco potrà dare manforte agli imprenditori Vittorio Petrucco e Francesco Parisi. Per completare il quadro, vanno infine aggiunti 7 milioni, per l'acquisto di due gru e attrezzature destinate alla movimentazione di merci tra navi, piazzali e ferrovia. Il tutto richiederà cinque anni: se la demolizione degli impianti esistenti e la graduale realizzazione della messa in sicurezza ambientale e delle pavimentazioni dureranno fino al 2025, già nel 2021-2022 si rimuoveranno i cumuli di terreno e rifiuti che occupano il cosiddetto "Nasone" e si realizzeranno le nuove banchine. Ne risulterà un'area in cui i terreni saranno messi in sicurezza dalla possibile diffusione di sostanze inquinanti attraverso una pavimentazione in calcestruzzo sui terreni di cokeria e altoforno. I piazzali (in grigio sulla mappa) serviranno a sistemare container e rimorchi, mentre su una sezione passeranno il nuovo fascio di binari e lo svincolo autostradale, che correranno paralleli fino alla Piattaforma logistica, in fase di ultimazione. Le banchine - Il progetto occuperà 29 ettari: 14 per movimentazione e deposito di container e rimorchi; 2 per la realizzazione presso il cosiddetto "Nasone" di una nuova banchina da 219 metri proprio accanto alla Piattaforma per l'attracco di portacontainer e traghetti ro-ro; 7 per attrezzare nei pressi del laminatoio altri 350 metri di banchina dedicata ad attività logistiche per la siderurgia; 3 per gli spazi necessari a far passare i tracciati di ferrovia e svincolo autostradale; 3 adibiti a parcheggi. Il "Nasone" costituirà un prolungamento della Piattaforma logistica e, come questa, svolgerà attività legate a container e ro-ro. Più a sud, nei pressi del laminatoio, sarà realizzata un'altra linea di attracco per funzioni siderurgiche. Entrambe le infrastrutture avranno una concessione di 26 anni e si affiancheranno alla Piattaforma, consentendo secondo il piano di Icop-Plt di ottenere ricavi totali per 23 milioni all'anno: 12,5 milioni per la movimentazione di 120 mila container e 12 mila tank container, 5 milioni per il traffico di 50 mila ro-ro e 5 milioni per le attività della parte siderurgica. Tra le due banchine, Invitalia procederà infine al consolidamento dell'attuale fascia costiera, con quel barrieramento necessario a bloccare lo sversamento di inquinanti in mare: i piani di Icop prevedono in futuro di unire con una banchina il Nasone al terminal siderurgico, ma per questo serviranno gli investimenti del partner straniero, con i quali proprio da qui partirà il graduale allungamento verso il mare del Molo VIII, il cui primo lotto potrebbe essere pronto nel 2030. Il nodo occupazionale - Il piano di Icop-Plt prevede due attività portuali distinte. Nella banchina siderurgica, Parisi e Petrucco erediteranno 33 dei 38 dipendenti attualmente impiegati da Arvedi e gestiranno per suo conto un servizio basato da una parte sull'arrivo a Servola di rottami, ghisa e minerali di ferro da trasportare a Cremona per le successive lavorazioni e, dall'altra, sulla partenza da Trieste dei coils di laminato che usciranno dall'area a freddo. Gli accordi attuali prevedono che Icop-Plt segua per i primi quattro anni il traffico per conto di Arvedi e che, dopo questa fase, il gruppo lombardo subentri in proprio o rinnovi la modalità vigente. Piattaforma logistica e nuova banchina del "Nasone" svolgeranno invece attività di carico e scarico di navi container, feeder e traghetti ro-ro. In questo caso il piano prevede 70 nuovi assunti (53 operativi, 10 tecnici e 7 amministrativi), ma qui rimane una divergenza di vedute con la Regione. La giunta Fedriga chiede all'impresa di dare priorità nelle assunzioni agli esuberi della Ferriera, ma Icop-Plt non pare disposta ad accettare vincoli, volendo puntare su competenze più specifiche in ambito logistico. Il business plan guarda peraltro in avanti e ben oltre l'Adp, sottolineando che «la realizzazione del Molo VIII e l'occupazione di alcune centinaia di addetti rappresentano una delle prospettive di lavoro più rilevanti per la città di Trieste».

Diego D'Amelio

 

L'atteso ok del Demanio allo scambio dei terreni per il decollo della firma
Fra i nodi che rimangono da sciogliere anche le clausole di "garanzia" chieste dalla realtà cremonese e la questione occupazionale
Il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli assicura che la firma dell'Accordo di programma arriverà non oltre il fine settimana. Lo spazio per nuove modifiche pare esaurito, ma la tempistica resta incerta, perché l'Agenzia del demanio deve ancora esprimersi sul via libera allo scambio delle aree che renderà possibile la compravendita dei terreni tra Arvedi e Icop-Plt. Il pronunciamento è necessario per autorizzare il passaggio a costo zero fra i terreni oggi di proprietà di Arvedi (in rosso sulla mappa a sinistra) e quelli dell'Autorità portuale (in verde). Si tratta di due aree perfettamente equivalenti: quella privata verrebbe demanializzata e assegnata all'Authority, mentre quella pubblica sarebbe ceduta ad Arvedi, lasciando all'Autorità portuale solo una sottile striscia di costa perché il fronte mare deve essere sempre di competenza del Demanio. Se questo darà il suo assenso, Arvedi creerà una nuova società per ottenere la concessione dei terreni finora di sua proprietà. A quel punto Icop-Plt rileverà la Newco per una cifra attorno ai venti milioni, garantendo un guadagno al gruppo siderurgico. I privati non arriveranno comunque alla firma dell'Adp con un preliminare di compravendita in tasca e la definizione finale del valore della Newco rappresenta un'altra incognita, anche se le parti si dicono convinte di poter limare i dettagli in tempi rapidi. L'ultima impuntatura da superare è quella del gruppo cremonese, che ha chiesto di inserire pesanti clausole sospensive dell'Adp, qualora il quadro normativo mutasse e con esso la convenienza dell'operazione. Una spada di Damocle inaccettabile per Patuanelli, che sta lavorando per arrivare a un testo che impedisca all'azienda di far saltare magari fra qualche anno un quadro costruito in mesi di trattative. Da chiarire resta pure la definitiva versione dell'Accordo sui livelli occupazionali. Si dovrà capire se imprese e Regione troveranno una mediazione sul destino degli esuberi della Ferriera: 163 dipendenti su 581 non trovano collocazione nel piano industriale di Arvedi, tra 66 interinali in scadenza e 97 lavoratori (di cui 50 da impiegare solo nella bonifica) per cui la società prevede il trasferimento a Cremona o in aziende terze (Patuanelli ha parlato più volte di Fincantieri), pensionamento o esodo incentivato. La giunta Fedriga chiede che nell'Adp Arvedi e Icop aumentino il numero dei 417 lavoratori con un futuro assicurato. L'ultimo nodo dovrà essere sciolto dopo la firma e riguarda il ruolo di Rete ferroviaria italiana e Anas, coinvolte nella realizzazione della Grande stazione di Servola e dello svincolo autostradale, ma con cui non risultano accordi già sottoscritti. Senza i collegamenti infrastrutturali via terra, la Piattaforma logistica e il terminal che sorgerà al posto dell'area a caldo non avrebbero tuttavia polmoni per respirare.

D.D.A.

 

Dal Mise 80 milioni ad Arvedi per le partite Trieste-Cremona
La quota "giuliana" è pari  a 55, di cui 15 dal fondo per l'area di crisi industriale complessa, soldi trasferiti da Roma gestiti dalla Regione
Una pioggia di danaro pubblico per sostenere i progetti industriali del gruppo Arvedi a Trieste e a Cremona. Sono servite decine di milioni, tutti provenienti dal governo, per sbloccare la partita dello spegnimento dell'area a caldo. L'Accordo di programma relativo a Servola prevede lo stanziamento di 40 milioni da parte del Mise e 15 dal fondo per l'area di crisi industriale complessa (soldi gestiti dalla Regione ma trasferiti sempre dal Mise), che andranno tutti a beneficio del gruppo Arvedi per il potenziamento del laminatoio e la riconversione a gas della centrale elettrica. Ma non basta, perché la società siderurgica potrà contare su altri 25 milioni per gli impianti lombardi. Il totale relativo a Trieste vale 55 milioni (cui si aggiungono i 41 che Invitalia userà invece per consolidare la linea di costa), che il cavalier Giovanni Arvedi potrà mettere a bilancio per riconvertire un'area a caldo che, con ogni probabilità, sarebbe stata comunque chiusa entro il 2026 per la scarsa convenienza di produrre ghisa in Italia. E l'azienda potrà inoltre introitare altri 20 milioni per la cessione di parte dei terreni a Icop. Arvedi è poi riuscito a strappare al Mise altri 25 milioni a fondo perduto da spendere a Cremona. I fondi verranno utilizzati per favorire un approccio sostenibile basato sull'economia circolare, attraverso la creazione di un brevetto per la produzione di acciaio tramite rottami. Per quanto riguarda Cremona, il ministero tratterà successivamente il coinvolgimento finanziario della Regione Lombardia.

D.D.A

 

 

Piscina terapeutica in Porto vecchio, il Comune ora lancia una consultazione
La "proposta Monticolo" non convince piazza Unità che ne teme l'onerosità. Si riparte da un project financing
Il Comune assume l'iniziativa sulla piscina terapeutica in Porto vecchio. O meglio, se è concesso il gioco di parole, assume l'iniziativa per stimolare l'iniziativa: l'albo pretorio dovrebbe tra non molto pubblicare l'avviso per una consultazione di mercato. Cercasi costruttore e gestore di un impianto polifunzionale composto da 2-3 vasche, una delle quali dedicata agli utenti disabili. Accanto al polo natatorio funzionerebbe una "spa" e sopra di esso un ristorante panoramico, tipo quello che si pensava di fare al Magazzino 30, se fosse andata a buon fine l'idea di un fishmarket.Il sito individuato è il cosiddetto "magazzino Ford" immediatamente alle spalle del 28 bis, la nuova struttura edificata nell'ambito del compendio espositivo-congressuale Tcc. La portata finanziaria dell'operazione - il documento è ancora in via di definizione - oscilla tra i 10 e i 15 milioni di euro, rispetto ai quali l'impegno del Municipio potrebbe attestarsi attorno ai 5 milioni. La modalità contrattuale realizzativa è un project financing di iniziativa privata, strumento simile a quello adottato per il vicino centro congressi. Gli uffici comunali non concederanno molto tempo per ottenere risposte e disponibilità: vorrebbero raccogliere gli umori immobiliari-sportivi-finanziari della piazza entro il 30 giugno. La mossa comunale non intende essere antagonistica rispetto alla recente "proposta Monticolo & Foti", anzi l'auspicio è che l'invito possa essere accolto anche dall'azienda triestina qualora essa ripensi i termini del suo interesse per la piscina. E siamo al punto dirimente che ha convinto il Comune a promuovere la consultazione. La "proposta Monticolo" vede partecipare il Mediocredito Trentino-Alto Adige come finanziatore, la Sgm consulting come progettista, il Policlinico Triestino e la Triestina Nuoto come gestori. Il finanziamento - il cui importo non è stato precisato in quanto legato alle opzioni comunali - verrebbe rimborsato dal Municipio nell'arco di un ventennio a partire dal 2023. Il "Theresianum", come s'intitola il progetto, presenta tre variabili operative (una o più vasche), prospettate da Andrea Monticolo sia ai dirigenti comunali che alle associazioni maggiormente interessate all'utilizzo dell'impianto. Ma la tecnica finanziaria, su cui s'impernia questa proposta, non ha convinto Enrico Conte e Vincenzo Di Maggio, i manager comunali che seguono il dossier. Non li ha convinti perché temono l'onerosità dell'impegno richiesto alla cassa pubblica. Lo hanno fatto presente al sindaco Dipiazza, che ha preso atto di queste preoccupazioni, tanto più che sul Municipio si è abbattuta la tegola dei 5 milioni di euro da pagare per il ventennale contenzioso sui lavori al teatro Rossetti. E comunque sarà necessario riprendere in mano anche il vecchio fascicolo di Acquamarina, dove il tetto crollò improvvisamente nel luglio dello scorso anno. Da allora l'impianto in Sacchetta risulta sotto sequestro dell'autorità giudiziaria. La vicenda giuridica della piscina è molto complicata: il sedime appartiene al demanio marittimo, che concesse il terreno al Comune, il quale costruì la struttura con un finanziamento della Fondazione CRTrieste e la diede in gestione esterna. La domanda è se/quando Foro Ulpiano sbloccherà i sigilli e cosa vorranno fare del rudere i pubblici soggetti coinvolti.

Massimo Greco

 

E per il Magazzino 27b una volta recuperato un futuro da parking - dietro al centro congressi
L'idea è quella di andare avanti, ove possibile e con le risorse reperibili, nella riqualificazione dell'archeologia portuale nell'ex Punto franco vecchio. Il cosiddetto "quartiere Ford", risalente agli anni Venti del secolo scorso, s'interpone tra il polo culturale-espositivo-congressuale e la futura area ludico-ricreativa di Barcola Bovedo.Uno dei primi edifici, che il visitatore incontra entrando in Porto vecchio dalla rotatoria di viale Miramare, è il Magazzino 27b, subito alle spalle di quel "27" facente parte del compendio fieristico-convegnistico Tcc. I Lavori pubblici comunali stanno pensando di trasformarlo in un parking, con il duplice obiettivo di salvaguardarne l'esistenza e di metterlo a reddito. Lo scopo estetico-logistico è di evitare che l'area venga sommersa dalle vetture in sosta, mentre invece un recupero dell'edificio consentirebbe di creare un utile contenitore di auto al servizio del Tcc e del confinante polo museale. Lo spunto è ancora classificabile al rango di qualificata ipotesi. La trasformazione in una grande rimessa non dovrebbe confliggere con il vincolo che la Soprintendenza sembra intenzionata ad apporre allo stabile, che si sviluppa su un piano dove - scriveva recentemente la sezione triestina di Italia Nostra - «si riconoscono all'interno l'applicazione del sistema Hennebique e nella facciata posteriore i caratteri stilistici della Wagnerschule", riferimenti a tecniche adottate in Europa tra fine '800 e inizio '900.L'asse di attenzione comunale si sta dunque spostando verso nord, in direzione di Barcola. Il "quartiere Ford" in origine raccoglieva i magazzini 27, 27b, 28, 31, 32, 33, 133: in parte è assorbito da Tcc, in parte ospiterà il nuovo polo natatorio in sostituzione di Acquamarina, in parte costituirà il supporto logistico dell'area museale-congressuale. Le officine, volute da Henry Ford che aveva personalmente scelto la base triestina, funzionarono solo alcuni anni dal 1923 al 1931, perché la prospettiva di una forte concorrente non piaceva alla Fiat di Giovanni Agnelli, che intervenne su Mussolini.

Magr

 

 

Accordo sul Prosecco, agricoltori del Carso in pressing per il bis
L'associazione di categoria incalza le istituzioni sul rinnovo del protocollo. Sollecitate anche più tutele per il comparto
DUINO AURISINA. Rinnovare il Protocollo d'intesa, finalizzato al coordinamento degli interventi per la valorizzazione della nuova Doc interregionale "Prosecco", scaduto nel 2016, e controfirmare l'impegno per lo sviluppo dell'agricoltura locale. Sono queste le richieste formulate con forza dal segretario dell'Associazione agricoltori del Friuli Venezia Giulia, Edi Bukavec, intervenuto alla recente seduta online della Circoscrizione dell'altipiano Ovest, su espresso invito della presidente, Maja Tenze. «In un capoverso dell'articolo 4 del Protocollo d'intesa - ha ricordato Bukavec - si legge che "esso potrà essere rinnovato con le stesse modalità con le quali è stato sottoscritto inizialmente". Mi chiedo allora come mai non si sia già proceduto in tale direzione. Avremmo poi piacere - ha aggiunto - che il Comune di Trieste prestasse maggiore attenzione al settore agricolo, come fanno invece gli altri Comuni del territorio. La Casa del Prosecco è stata ultimata, ma l'edificio può promuovere non solo vino, ma vari prodotti agricoli, di alta qualità, di nicchia, va perciò meglio utilizzato. È poi necessario - ha concluso Bukavec - provvedere alla revisione e alla semplificazione dei vincoli di carattere ambientale, territoriale e urbanistico inerenti le zone di speciale conservazione (Zps) e i siti di interesse comunitario (Sic)». Il presupposto del ragionamento di Bukavec, con il quale Tenze si è dichiarata d'accordo, è rappresentato dal Decreto ministeriale del 17 luglio del 2009, con il quale fu conferito il formale riconoscimento alla Denominazione di origine controllata, la cosiddetta "Doc", ai vini "Prosecco", in cambio della sistemazione fondiaria, della realizzazione di infrastrutture irrigue e della bonifica dei costoni carsici, per permettere il recupero delle aree a vocazione agricola presenti sul Carso. «Siamo sempre in prima linea nella tutela degli agricoltori di queste zone - ha detto Tenze - e chiediamo la sistemazione di quel costone carsico che rappresenta un notevole potenziale per queste attività. Il Consiglio circoscrizionale - ha continuato la presidente - auspica che il Comune di Trieste assuma le necessarie iniziative nei confronti della Regione, a sostegno del rinnovo del Protocollo d'intesa, per la realizzazione della zona interregionale per il vino Prosecco doc, che rappresenterebbe una grande opportunità per i giovani agricoltori locali».

Ugo Salvini

 

 

Raduni di ciclisti: così può ripartire il turismo in città - la proposta di De Gioia
Promuovere il cicloturismo come opportunità per rilanciare l'economia della città attraverso l'organizzazione di un raduno internazionale. È la proposta del consigliere comunale Roberto De Gioia (Progetto Fvg), confluita in una mozione presentata ieri mattina nel corso della terza commissione consiliare. Viste le previsioni poco rosee per il turismo cittadini e le difficoltà nell'attrarre ospiti stranieri, De Gioia ritiene opportuno orientarsi alla ricerca di iniziative promozionali dai costi contenuti e tendenzialmente di prossimità. Iniziative cioè di portata nazionale da far poi sviluppare anche fuori confine. In quest'ottica, a suo giudizio, il turismo su due ruote potrebbe rappresentare un buon bilanciamento tra l'esigenza di far ripartire il settore dell'ospitalità e quella di garantire il rispetto dei protocolli per la sicurezza sanitaria attualmente in vigore, visto che i viaggi in due ruote si svolgono all'aperto e a distanza, oltre a essere sostenibili da un punto di vista ambientale. Inoltre, l'area triestina si trova all'incrocio tra due importanti direttrici come l'Alpe Adria e la Parenzana.Certo, attualmente manca una pista ciclabile che unisca Monfalcone a Trieste e poi Trieste a Muggia. Nulla di grave tuttavia secondo De Gioia, poiché esistono comunque dei collegamenti tramite il treno e il Delfino Verde. Il consigliere propone quindi di elaborare degli itinerari cicloturistici, che valorizzino le peculiarità del territorio, e di indire un "Raduno internazionale cicloturistico" della durata di tre o più giorni da tenersi a Trieste entro questo autunno, in collaborazione con le associazioni del settore come Fiab. «Abbiamo visto negli anni frotte di ciclisti passare in città e penso che dovremmo conquistare la leadership in questo settore prima che ci arrivino gli altri», conclude.

s.m.

 

 

Arci va a caccia di nuovi volontari per progetti sociali di Servizio civile
Sono sei le iniziative a disposizione dei ragazzi che devono avere tra i 16 e i 18 anni
Come impegnarsi in campo sociale, collaborando per un anno all'interno di progetti culturali. Un appello che arriva dalla sede di Trieste dell'Arci Servizio civile, sigla che ha ufficializzato il nuovo bando di reclutamento per i giovani, dai 16 ai 18 anni (non compiuti), da impiegare nel quadro delle attività del Servizio Civile Solidale 2020, con avvio dal mese di settembre. Sono sei i progetti a disposizione dei nuovi volontari dell'Arci, a partire da un classico come "Monte Analogo", dove il coinvolgimento prevede il supporto a "Pop Mountain", caratterizzato da laboratori, incontri e allestimenti nel segno della cultura di montagna. Per chi dovesse invece optare per un impegno nel campo della disabilità, Arci Servizio Civile propone l'adesione a "Oltre quella Sedia", associazione di Promozione Sociale sorta nel 2002 sulla base del "Teatro Sperimentale".Il ventaglio di progetti annovera inoltre "Crescere Insieme", targato anch'esso Arci, ideato in chiave di iniziative per un "doposcuola multiculturale". Un frammento bilingue si lega invece a "Mare di creatività-Morje ustvarjalnosti", progetto a carattere multimediale concertato con l'Unione dei circoli culturali sloveni (Zskd). Il tema della "Cittadinanza attiva", una delle cifre più consolidate dall'Arci Trieste, trova spazio quest'anno in "Città Attiva", mentre lo sport si traduce in "Sportivamente", progetto a cura della Zssdi e anche esso tracciato all'interno della sfera dell'associazionismo della minoranza slovena. L'impegno del volontario prevede 360 ore distribuite nell'arco dell'anno, 7 ore settimanali, con un rimborso di poco meno di 900 euro (netti) annui: «Gli accenti sono come sempre rivolti all'impegno sociale e sulla partecipazione attiva dei giovani - sottolinea Giuliano Gelci, presidente dell'Arci Servizio Civile Fvg -. Temi attualmente divenuti ancor più rilevanti». I moduli per la domanda sono scaricabili dal sito www.arciserviziocivilefvg.org e vanno consegnati entro le ore 14 del 26 giugno, in chiave telematica o direttamente alla sede di via Fabio Severo 31. Le selezioni per i 24 posti a disposizione sono previste con una serie di colloqui programmati nel mese di agosto. Ulteriori informazioni scrivendo a friuliveneziagiulia@ascmail.it o telefonando ai numeri 3355279319 e 040/761683.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 maggio 2020

 

 

Mozione per accelerare il recupero dell'area della caserma di Banne - l'iniziativa della consigliera dem Repini

Avviare l'iter per il recupero e il riutilizzo dell'ex caserma di Banne attraverso la definizione delle condizioni di sdemanializzazione e la realizzazione di uno studio di fattibilità sui costi di bonifica e riqualificazione dell'area, valutando le opportunità di finanziamento con l'eventuale reperimento di fondi europei. È quanto chiede al Comune, e segnatamente alla giunta, la mozione a prima firma della consigliera Valentina Repini del Pd, presentata l'altro giorno nel corso della Quarta commissione consiliare competente in materia di Lavori pubblici e presieduta dal forzista Michele Babuder. Coi suoi 28 fabbricati su un'area di oltre 17 ettari e una seconda area boschiva di ulteriori 34 ettari, la caserma Monte Cimone è stata dismessa dai suoi usi militari già nei primi anni '90 ed è stata lasciata all'incuria anche dopo il suo trasferimento dal Demanio militare all'Agenzia del Demanio per la sua collocazione sul mercato. Oltre all'aspetto naturalistico di valore in caso di recupero e valorizzazione, il sito si caratterizza anche per la presenza di testimonianze storiche, tra cui la chiesetta di San Floriano, che fu costruita nel 1753 come cappella della famiglia Ustia. Negli ultimi anni si è succeduta una serie di proposte per la riqualificazione dell'ex caserma, di cui l'ultima, recentemente elaborata da una giovane architetta e condivisa dalla comunità di Banne, punta principalmente sulla valorizzazione e sulla fruizione degli spazi verdi. «Un primo passo verso la risoluzione dell'abbandono in cui l'area versa da molti anni, e per la grande importanza che ha per il contesto del verde del Carso che la circonda, sarebbe quello di poter restituire almeno la parte boschiva all'uso pubblico», spiega la stessa consigliera Repini. La mozione chiede infine di informare entro due mesi la Seconda circoscrizione dell'Altopiano Est in merito alle iniziative assunte.

Simone Modugno

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 maggio 2020

 

 

Intesa sul lavoro nella "nuova" Ferriera - «Garanzie per tutti i 580 addetti attuali»
Valenti: «Tutele pure per assunti a tempo determinato e interinali». Fedriga e Rosolen: vincoli nell'Accordo di programma
Il sindacato attende di accompagnare il percorso, e di capire le modalità di tutela dei lavoratori, ma il confronto di ieri con governo, giunta regionale e prefettura ha prodotto più di una certezza sull'occupazione nella Ferriera riconvertita dopo la chiusura dell'area a caldo. Anzi, è proprio il prefetto Valerio Valenti a ufficializzare che dal vertice sono emerse garanzie «per tutti i lavoratori, compresi i tempi determinati e gli interinali». Garanzie da inserire in queste ore nella bozza di Accordo di programma che si firmerà tra giovedì e venerdì della prossima settimana in prefettura. «Mi pare si stia cogliendo un risultato storico con piena soddisfazione delle esigenze dei lavoratori del territorio - commenta Valenti -, in una prospettiva di rilancio sia sotto il profilo industriale che, appunto, occupazionale». Anche la Regione, in videoconferenza con il governatore Massimiliano Fedriga e l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen, vede il traguardo vicino dopo aver richiesto che l'Accordo contenga il piano industriale di Icop-Plt e che in esso si individui esplicitamente l'incremento potenziale di occupati legato a futuri investimenti ed espansioni infrastrutturali, come il terminal ferroviario e il Molo VIII. «Lo stanziamento di ingenti risorse pubbliche per la riconversione della Ferriera mira non solo alla salvaguardia dei livelli occupazionali - dichiarano Fedriga e Rosolen -, ivi compresa quella dei lavoratori con contratti a termine e dei somministrati, ma all'assunzione di precisi impegni da parte di tutti i soggetti privati sottoscrittori dell'Accordo di programma sul fronte degli investimenti e della creazione di nuovi posti di lavoro». Focus dunque non solo sull'esistente, sottolinea Rosolen, «ma anche sulle potenzialità future del sito». Di qui dunque l'insistenza per inserire nel documento «precisi vincoli per i contraenti affinché, al mantenimento degli addetti, si affiancassero prospettive concrete di sviluppo economico e lavorativo». A questo punto non resta che monitorare quello che effettivamente verrà scritto nell'Accordo di programma sui tavoli romani del governo, presente ieri con il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli («Ai sindacati abbiamo dato certezze rispetto ai lavoratori che escono dall'area a caldo», ha dichiarato a fine confronto). Il punto di partenza, sul fronte lavoro, sono i 580 dipendenti pagati al momento della chiusura dell'altoforno: 361 nell'area a caldo, 140 nel laminatoio, 41 nella centrale elettrica e 38 nella logistica. Di qui la richiesta nei giorni scorsi di Rosolen a Patuanelli di prevedere un aumento di garanzie rispetto ai 417 lavoratori previsti in una prima versione, vale a dire sui rimanenti 163, di cui 66 interinali cui non verrà rinnovato il contratto a fine maggio e 97 (50 dei quali lavoreranno nelle opere di smantellamento e bonifica) per cui si dovranno trovare «soluzioni diverse». A quanto pare il percorso è dunque avviato per dare risposta a tutti i 580 addetti. Anche se, a quattro-cinque giorni da una firma che, oltre a governo, Regione, Comune, Demanio e Autorità portuale, coinvolgerà naturalmente i privati Arvedi e Icop-Plt, la giunta si aspetta un'altra riunione prima dell'intesa e mantiene per adesso prudenza. «Riteniamo possa trovare risposta la richiesta di garantire la convergenza tra lavoro, sviluppo e ambiente - concludono Fedriga e Rosolen -: tre obiettivi imprescindibili e inscindibili, ai quali sono legate crescenti aspettative per il futuro della città di Trieste e del Friuli Venezia Giulia». In un clima di serenità rientrano anche le posizioni del sindacato, che ha fatto il punto in una successiva videoconferenza con Antonio Rodà, segretario della Uilm Uil di Trieste, a trasmettere una sintesi all'Usb: «Il ritardo di cui ci eravamo lamentati è stato spiegato dal ministro Patuanelli come conseguenza dell'ingresso nella partita di Icop, un fatto che ha rallentato l'iter. L'Accordo è stato dunque rivisto in una sua parte, ma quello che conta è che si sia inserito nel ragionamento dell'accordo sindacale. Ci muoviamo con circospezione perché vogliamo vedere ora i dettagli, ma il messaggio ai lavoratori è sicuramente positivo».

Marco Ballico

 

L'Usb plaude al dialogo: «Così si tengono insieme occupazione e salute» - valutazione positiva del vertice
È stato un incontro importante quello avuto, anche se solo in videoconferenza, dai sindacati con il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, il presidente della Regione Fvg Massimiliano Fedriga, l'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen e il prefetto Valerio Valenti. Ed è positivo il commento di Sasha Colautti, a nome di Usb Lavoro privato: «Diversamente dal passato - ha affermato - l'Accordo di programma attuale non è nato senza che ci fosse lo spazio anche per un importante accordo sindacale. Ciò ha consentito di tutelare i lavoratori dando garanzie sia all'azienda che a chi ci lavora». Il precedente accordo vedeva, infatti, come priorità quella aziendale. Senza l'intesa sindacale del 20 gennaio scorso molti aspetti non sarebbero stati considerati né soppesati nel modo giusto: alcuni nodi, come quello degli ammortizzatori sociali, avrebbero potuto passare in second'ordine. «È stato senz'altro un percorso complicato - ha continuato Colautti - che però vede oggi tutte le organizzazioni sindacali unite, ad eccezione d'una, con un esito fino a qui soddisfacente». Al momento mancano alcuni dettagli su cui il ministro Patuanelli non s'è soffermato, ma ogni sigla si è detta abbastanza ottimista. «È dimostrato che la sfida "salute e lavoro" può essere vinta - ha concluso il rappresentante di Usb Lavoro privato - e che i due temi possono essere tenuti insieme. Così facendo siamo riusciti a restare dentro il percorso che volevamo intraprendere». Alla fine ci sono quindi maggiori garanzie, soprattutto dal punto di vista occupazionale: «Icop-Plt s'occuperà dell'ex area a caldo e, a detta di Rosolen, esistono garanzie per tutti i lavoratori».

Lorenzo Mansutti

 

 

Ospo, schiusa da record - La coppia di cigni reali si coccola ora 13 piccoli - le STAR della riviera
MUGGIA. Annata fortunata, praticamente da record, per la coppia di cigni reali del rio Ospo. Avvistati da qualche giorno nelle acque del torrente muggesano, i due anatidi diventati la rinnovata attrazione naturalistica di Muggia e dei muggesani, sono stati visti in compagnia della prole, mai così numerosa. Ben 13 i baby che stanno seguendo mamma e papà nei primi passi della loro vita. «Non è cosa comune vedere un numero così elevato di piccoli tutto assieme. La schiusa delle uova, che arrivano al massimo a 14, è stata decisamente fortunata. Non ci sono stati forti temporali ed evidentemente i predatori sono rimasti a bocca vuota», il commento dell'ornitologo Enrico Benussi. Sul sito internet del Piccolo è stato pubblicato il video del naturalista Nicola Bressi che ritrae la famiglia di cigni reali muggesani al gran completo. Uno spettacolo da godere anche dal vivo, ma sempre da lontano, senza disturbare la magia della natura.

Riccardo Tosques

 

 

Monfalcone - Ambientalisti contro il 5G in città «Mancano dati, l'ente si astenga»
Lettera dell'associazione Rosmann per frenare la connessione mobile - Stando ai verdi mancano dati certi sui rischi per la salute delle persone
Gli ambientalisti chiedono lo stop al 5G in attesa di dati certi. Con una missiva inoltrata all'amministrazione monfalconese dall'associazione Eugenio Rosmann di via Valentinis viene richiesta l'applicazione del principio di precauzione nell'introduzione dell'ultimo sistema di connessione mobile. «Si ritiene infatti - argomenta il sodalizio - che per comprendere eventuali conseguenze negative sulla salute pubblica e sull'ambiente di questa nuova tecnologia sarà necessario un periodo di sperimentazione e monitoraggio. Al momento, in presenza di numerosi studi con risultati non univoci, la valutazione del rischio non è ancora determinabile con certezza, rientrando perciò appieno nelle fattispecie previste dall'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea sul principio di precauzione».«Risulta già programmato in Friuli Venezia Giulia un piano per raggiungere una copertura dell'80% entro luglio 2025 - prosegue - e del 99, 4% entro gennaio 2027. Si raccomanda alle amministrazioni comunale e regionale di mantenere gli attuali limiti di esposizione previsti dalla legge nazionale del 2003, senza prevedere deroghe o adeguamenti per il nuovo sistema 5G e verificarne puntualmente il rispetto».Gli ambientalisti sollecitano che «l'Arpa Fvg verifichi il costante rispetto dell'attuale valore di attenzione e obiettivi di qualità, in particolare dei siti sensibili come ospedali e scuole, e tutti i luoghi dove le persone permangono per più di quattro ore al giorno». L'esposizione al campo elettromagnetico «dev'essere calcolata non sulla singola antenna, ma sulla rete esistente, considerato che con il 5G il singolo utente potrà essere raggiunto da tre diversi punti di emissione, e tenendo conto di altre eventuali fonti diverse dalle telecomunicazioni»; per evitare accumuli «andranno eliminate progressivamente le antenne funzionanti con i sistemi precedenti (3G e successive)». «Si considera - conclude l'associazione Rosmann - che per il citato principio di precauzione vadano assunti, prima di autorizzare l'avvio del nuovo 5G, ulteriori dati in merito alle possibili conseguenze dell'esposizione ai campi elettromagnetici di diversa frequenza sulla salute umana e in particolare delle categorie più fragili. Si fa riferimento in particolare al documento "Statement on emerging healt and environmental issues (2018)" del Comitato Scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti dell'Unione Europea, dove a proposito del 5G "evidenzia criticità sconosciute sui problemi di salute e sicurezza"».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 maggio 2020

 

 

Bandiere blu alle darsene di Porto San Vito e Hannibal
Sono ben otto i riconoscimenti ai marina dell'area di Lignano per la qualità dei servizi offerte ai diportisti. C'è anche la Lega Navale di Trieste
LIGNANO. L'eccellenza delle marine del litorale che va da Grado a Lignano resta una garanzia per gli utenti, diportisti e appassionati del mare .Sono otto quelle del territorio della Bassa insignite della "bandiera blu" per gli approdi turistici. Il prestigioso riconoscimento europeo che certifica la qualità dei servizi e dell'ambiente dei porti turistici, sventolerà nel 2020 in particolare nelle darsene di Porto turistico Marina Uno, Marina Punta Verde, Darsena Porto Vecchio e Marina Punta Faro a Lignano Sabbiadoro, Marina Punta Gabbiani, Darsena Aprilia Marittima e Marina Capo Nord ad Aprilia Marittima, Marina Sant'Andrea a San Giorgio di Nogaro.Su 75 bandiere blu assegnate agli approdi italiani, ben 11 potranno sventolare in Fvg (premiate anche Porto San Vito a Grado e il Marina Hannibal di Monfalcone, oltre alla sezione della Lega navale italiana di Trieste). Un riconoscimento del resto che i marina del Fvg ricevono ogni anno a conferma della qualità dell'offerta. In regione sono 20 le marine dislocate sul litorale Adriatico, per una capacità complessiva di 7 mila posti barca (fonte Fvg Marinas). La bandiera blu è un riconoscimento internazionale istituito nel 1987. Oggi viene assegnato ogni anno in ben 60 Paesi, con il supporto di due agenzie Onu: l'Unep (programma delle Nazioni Unite per l'ambiente) e l'Untwo (organizzazione mondiale del turismo). Con tali agenzie la Fee, federazione che gestisce le "bandiere blu", ha sottoscritto un protocollo di partnership globale. Marco Da Re, proprietario di Punta Gabbiani sottolinea che «in un momento di difficoltà come questo è quanto mai necessario avere fiducia in chi ci ospita. Quest'anno abbiamo effettuato interventi di sanificazione e protocolli anti assembramenti. Ogni posto barca, inoltre, è collegato a una colonnina per lo svuotamento delle acque di bordo. L'inglese Gold Anchor Association ci ha assegnato 5 ancore d'oro, per la struttura e l'ambiente».Giorgio Ardito, dirigente del Marina Uno e presidente delle Marine di Lignano, commenta con soddisfazione il riconoscimento, «molto apprezzato all'estero. Per tutti noi è anche e soprattutto un importante veicolo di promozione delle nostre strutture. Non è una certificazione, ma ci si avvicina, in quanto per ottenerla bisogna superare severi controlli. Sono stati premiati i servizi che offriamo al cliente».Fortunato Moratto del Sant'Andrea ricorda che «la nostra marina è l'unica struttura dell'Alto Adriatico a essere completamente autosufficiente dal punto di vista energetico, grazie a un impianto fotovoltaico che utilizza solo energia pulita».

Francesca Artico

 

 

Parcheggi e ciclabili, il progetto di Grado del nuovo turismo senza automobili
Il problema delle soste è il nodo principale dell'Isola d'Oro che ha poco spazio. I collegamenti con Fossalon e la Bassa
GRADO. Valorizzare i parcheggi, più ciclabili, rotatorie e ponti di collegamento verso la Bassa all'altezza di Fossalon. Sono alcuni degli obiettivi che si è prefissa l'amministrazione comunale per rendere il più possibile sostenibile il territorio comunale. In parte si tratta di opere già fatte o in corso d'opera mentre alcune, tra l'altro parecchio onerose, sono solamente alla fase progettuale o di assegnazione dell'intervento. Il tutto nel contesto del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (Pums), già adottato dal consiglio comunale nel 2019, troverà pieno compimento con l'approvazione definitiva nel 2020. Lo precisa l'amministrazione comunale inserendo uno speciale capitolo nella relazione al bilancio comunale che è previsto per la prossima settimana.«L'indirizzo strategico - si legge - comprende lo sviluppo delle politiche a sostegno di una maggiore qualità e sostenibilità ambientale e di riqualificazione urbana. Inoltre, s'intende avvantaggiare una politica di mobilità sostenibile, di valorizzazione della parte rurale del territorio e di sviluppo di un'adeguata politica ambientale».Tuttavia, come è sempre precisato, l'obiettivo principale è di evitare che il grosso dei flussi veicolari investa il centro di Grado, individuando al contempo le idonee aree per la sosta dei veicoli.«Il problema della sosta dei veicoli rappresenta la principale criticità del territorio che si ripercuote sull'appetibilità turistica stessa della cittadina. Era pertanto necessario pensare a una nuova mobilità per il trasporto delle merci e delle persone e in quest'ottica l'amministrazione comunale ha avviato un percorso di analisi e studio della problematica con il Politecnico di Milano».Ci sono voluti tre anni tra analisi, indagini, interviste e incontri pubblici con la comunità. Naturalmente le intenzioni ci sono ma come è precisato nel documento «si cercherà di trovare risorse finanziarie derivanti da fondi europei, statali e regionali al fine di provvedere alla riqualificazione urbana, avvantaggiando il pedone».Analizzando il territorio anche per Grado la problematica maggiore, come spiega sempre l'amministrazione comunale, la risorsa più limitata è lo spazio e questo va utilizzato nel modo più efficiente possibile.«Ciò significa potersi muovere soprattutto a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici» a vantaggio del turismo e del commercio, della cultura, dei servizi e della qualità della vita sia per i residenti che per gli ospiti. Tra queste, l'amministrazione intende valorizzare il parcheggio di interscambio sito in Sacca dei Moreri, anche tramite l'affidamento all'esterno della sua gestione. È poi prevista la realizzazione di cartellonistica dinamica che indirizzi l'automobilista verso i parcheggi liberi. In realtà questo intervento è stato sostituito con l'automatizzazione di due parcheggi per il 2020 e troverà compimento nelle annualità successive. Prevista inoltre la realizzazione dell'automazione dei parcheggi restanti e la creazione di nuovi parcheggi e riqualificazione di quelli esistenti: il nuovo parcheggio di Viale Martiri della Libertà angolo viale del Sole (ottavo ingresso spiaggia) ormai in fase di ultimazione, il nuovo parcheggio Terme presso l'ex Piscina Italia: attualmente c'è quello a raso mentre quello definitivo del quale se ne parla ormai da 4 anni non ha ancora completato l'iter. A proposito di questo giova ricordare che è in ballo ancora la problematica della destinazione d'uso che in parte la regione vorrebbe, come peraltro era sin dall'inizio previsto, esclusivamente a favore delle Terme Marine ma che il Comune non intende invece cedere. Proseguendo c'è anche la riqualificazione del parcheggio di Piazza del Lavoro in Schiusa (anche questo in avanzata fase di lavoro), quello che sarà il nuovo parcheggio su una porzione del campo sportivo della Schiusa e la riqualificazione del parcheggio di fronte al Palazzo dei Congressi.

Antonio Boemo

 

Da risolvere i nodi degli incroci pericolosi
GRADO. Tra le altre iniziative previste dal Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, è prevista anche la soluzione delle criticità dei percorsi ciclabili (l'esempio è quello della corsia ciclabile oggi esistente indubbiamente molto pericolosa che si snoda tra via Galilei e via Carducci) e l'interconnessione della rete ciclabile secondaria. E' previsto inoltre il completamento della ciclabile sulla provinciale per Monfalcone con il tratto di collegamento che manca e che sarà realizzato all'interno di Pineta lungo viale dei Pesci. Grazie ai contributi Uti, il piano prevede anche la realizzazione di tre nuove rotatorie lungo la stessa provinciale: due agli ingressi di Pineta (i lavori dovrebbero iniziare presumibilmente a fine stagione) e quella indubbiamente più importante testata sull'ingresso di Valle Goppion. Nella relazione programmatica legata al bilancio che dovrà essere approvato dalla massima assise cittadina, sono indicati anche due ponti di collegamento dalla provinciale all'altezza di Fossalon verso la pianura friulana con direzione Boscat.

 

 

Argini e dighe, il bel Danubio blu si è accorciato di 134 chilometri
L'impatto dell'intervento umano sul secondo fiume più lungo d'Europa - I risultati di uno studio tedesco attuato col sostegno finanziario della Ue
Non solo più trafficato e inquinato da scarichi cittadini e industriali spesso fuori controllo, com'è in particolare nei Balcani, ma anche più corto e assai meno ampio, causa l'impatto umano. È il destino toccato al secondo fiume più lungo d'Europa dopo il Volga, quel Danubio che due secoli fa toccava i tremila chilometri dalle sorgenti al Mar Nero, nel suo fluire attraverso Germania, Austria, Ungheria e Balcani. Danubio che, 200 anni dopo, si è ridotto di ben 134 chilometri, fino agli attuali 2.850.La stima dell'accorciamento del Donau, Duna, Dunav o Dunarea che dir si voglia arriva da uno studio messo a punto dal ministero bavarese per l'Ambiente col sostegno finanziario della Ue e di nove Paesi attraversati dal fiume. I ricercatori hanno studiato il corso attuale e quello storico del fiume, in particolare per capire le dinamiche del trasporto dei sedimenti. Oggi, ha svelato l'analisi, solo un decimo del corso del Danubio conserva «uno stato naturale» simile a quello originario: il restante 90% ha subito severamente l'intervento umano. Intervento che si è tradotto in particolare in opere di «irreggimentazione», protezione dalle esondazioni con grandi argini e opere collegate e «costruzione di barriere» artificiali, in grandi dighe per la produzione di energia elettrica - come tra Serbia e Romania - sbarramenti e sistemi di chiuse, ma anche opere di «raddrizzamento» del corso originario, progettate in particolare per facilitare la navigazione.Il risultato, oltre all'accorciamento e riduzione dell'ampiezza del suo corso, è stato anche il calo massiccio dei sedimenti trasportati dal fiume, preziosi per habitat e agricoltura, diminuiti dai 40-60 milioni originari agli attuali 15-20 calcolati al delta di un fiume che, in due secoli, da imponente corso d'acqua è divenuto una grande "autostrada blu", pensata più per il trasporto e la produzione di energia che per l'agricoltura e soprattutto per flora e fauna.Si può tornare indietro? In teoria sì. Per i ricercatori una soluzione potrebbe essere smantellare argini non necessari. E eliminare centrali idroelettriche che sfruttano l'acqua del Danubio, operazione sicuramente costosissima e poco efficace nelle ricadute economiche, almeno a oggi.

ST.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 maggio 2020

 

 

Post Ferriera a Servola, via al pressing sul Mise per tutelare più lavoratori
La bozza dell'Accordo di programma quantifica in 417 gli operai attivi dopo la fine della riconversione. La Regione chiede che quel numero salga
Trieste. Le garanzie occupazionali contenute nell'intesa raggiunta nei mesi scorsi tra Arvedi e sindacati non bastano. La bozza di Accordo di programma quantifica in 417 i lavoratori attivi alla fine del percorso di riconversione della Ferriera, ma la Regione chiede al ministero dello Sviluppo economico di garantire un incremento dei posti di lavoro previsti, considerando non solo le attività che il gruppo manterrà a Servola, ma anche quelle che saranno realizzate da Piattaforma logistica Trieste. Massimiliano Fedriga spiega che «è volontà della Regione tutelare l'occupazione, come abbiamo sempre detto fin dall'inizio». E mentre la firma dell'Adp si avvicina, l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen ha scritto al ministro Stefano Patuanelli per chiedere che nell'intesa si preveda esplicitamente un aumento rispetto ai 417 lavoratori attualmente previsti. Prima della chiusura dell'altoforno lo stabilimento dava da mangiare a 580 persone: 361 nell'area a caldo, 140 nel laminatoio, 41 nella centrale elettrica e 38 nella logistica. A riconversione finita, l'Adp prevede 338 dipendenti nell'area a freddo e cifre invariate su centrale e banchina. Un calo di 163 persone: 66 interinali cui non sarà rinnovato il contratto a fine maggio e 97 per cui si dovranno trovare «soluzioni diverse» (trasferimento a Cremona o in aziende terze, pensionamento, esodi incentivati), 50 dei quali lavoreranno nelle opere di smantellamento e bonifica, senza garanzie per la fase successiva. Con la lettera a Patuanelli, la Regione chiede non un generico aumento dei livelli occupazionali ma la salvaguardia di una parte dei 163: «Servono chiarezza e maggiori garanzie», dice Fedriga, secondo cui la «priorità va data ai lavoratori che già lavoravano in Ferriera rimasti esclusi dall'accordo sindacale. La negoziazione deve coinvolgere tutti i soggetti privati e non soltanto Arvedi». La giunta vuole allora che l'Adp contenga il piano industriale di Icop-Plt e che in esso si individui esplicitamente l'incremento potenziale di occupati legato a futuri investimenti ed espansioni infrastrutturali, come il terminal ferroviario e il Molo VIII.

d.d.a.

 

 

Ambiente - Slovenia al top  nell'Ue per aree terrestri protette
La Slovenia ha la più alta percentuale di aree terrestri protette tra tutti gli Stati membri dell'Unione Europea. Lo segnalano nuovi dati diffusi da Eurostat. L'Ue, ha ricordato Eurostat, ha una vasta rete coordinata di aree protette, nota come Natura 2000, composta da circa 27.000 siti terrestri e marini. Nel 2019, i siti Natura 2000 rappresentavano il 20% o più della superficie terrestre totale in dodici paesi dell'Ue, con le quote più elevate registrate in Slovenia (38% o 7.700 km2), Croazia (37% o 20.700 km2) e Bulgaria (35 %, 38.700 km2), ha segnalato l'ufficio statistico dell'Ue. Una quota superiore alla media Ue, ora al 18%, è stata osservata anche in Slovacchia (29%) e in Grecia (27%).

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 maggio 2020

 

 

"Minivalzer" di dirigenti - L'Ambiente cambia capo

In pensione Caputi dopo 37 anni di servizio: al suo posto Cortese che lascia l'edilizia scolastica al "nuovo" Fantini. I sindacati contestano l'operazione

Avvicendamento alla dirigenza di un servizio comunale abituato ai fascicoli scottanti: dopo 21 anni di onorata milizia alla guida dell'Ambiente l'ingegnere Gianfranco Caputi ha salutato la platea al centro del campo e ha raggiunto gli spogliatoi pensionistici. L'atmosfera ancora rarefatta del Municipio non ha al momento consentito una "ola" di saluto a un manager che ha sempre coltivato un profilo defilato e atteggiamenti all'insegna di una particolare cautela. Prenderà il suo posto il collega ingegnere Enrico Cortese, 62 anni in novembre, che si stava occupando di edilizia scolastica-sportiva dopo aver maturato una notevole esperienza sul sistema viario triestino: a sua volta è prossimo alla quiescenza. Ma lo switch dirigenziale prevede un'ulteriore casella, come si evince dal verbale di concertazione in video-conferenza datato 21 aprile 2020, natale di Roma. Il terzo ingegnere di questa lotteria, Luigi Fantini, friulano, 57 anni a settembre, uno degli ultimi acquisti del management municipale e finora incaricato dell'edilizia scolastica "superiori", subentra a Cortese negli edifici scolastico-sportivi. Di fatto Fantini non abbandona alcuna postazione, poichè le scuole superiori, per le quali era stato reclutato un anno fa in previsione di una competenza comunale, restano in carico alla Regione Fvg. Quindi, per farla breve, il Comune non deve fare ulteriore campagna acquisti e risparmia una paga. Anche se, per non penalizzare la minore pesatura del nuovo incarico, lascia a Cortese il compito di seguire la galleria Montebello-Foraggi e ne rafforza la "delega" alla Ferriera, conguagliando con 12.000 euro lordi fino al termine del Dipiazza 3° e il semestre successivo. Caputi si è ritirato dal servizio venerdì 8 maggio, 75° della resa del Reich, il giorno dopo aver compiuto 67 anni. Il curriculum documenta l'ingresso in Comune avvenuto 37 anni fa nell'agosto 1983, durante l'effimera giunta del listaiolo Deo Rossi, che durò da maggio a ottobre, quando divenne sindaco il democristiano Franco Richetti. Sembra sia passato un secolo. Laureato in ingegneria civile, Caputi assunse la direzione delle fognature e degli interventi per l'edilizia. All'Ambiente approdò nella primavera 1999 quando Riccardo Illy viveva il suo secondo mandato. Ma la Triplice comunale non ha firmato il verbale di concertazione riguardante lo switch Cortese-Fantini. Alla video-conferenza erano presenti Angelo Ruggero Giglio (Cgil), Walter Giani (Cisl), Maurizio Petronio (Uil); la Direl, sindacato dei dirigenti, schierava Luigi Leonardi, attuale responsabile del Patrimonio, e Corina Sferco, indimenticabile ragioniere-capo della civica amministrazione. Per la parte datoriale Santi Terranova e il capo-personale Manuela Sartore. I dirigenti hanno detto sì, chiedendo però di rivedere funzioni/pesature delle posizioni e sollecitando soluzioni per i colleghi a tempo determinato. Uil e Cisl hanno co-firmato una nota allegata al verbale, che contesta le modalità del valzerino dirigenziale, in quanto sarebbe bastato mantenere Cortese all'edilizia scolastico-sportiva e mettere Fantini all'Ambiente. Duro il giudizio di Maurizio Petronio (Uil) verso la gestione Terranova: «Molto reattiva quando si parla di dirigenti, assai meno quando si parla di lavoro "agile" non regolamentato, di orari serali protratti, di 100 euro di bonus Covid ancora non pagati alla Polizia Locale e al personale delle case di riposo». 

Massimo Greco

 

Sì al "piano regolatore" della Val Rosandra con 52 idee di sviluppo

Spiccano nell'agenda il restyling della stazione di Draga, il rilancio dell'area di Bottazzo e il recupero delle ghiacciaie

SAN DORLIGO. Un Piano ricco di 52 idee-progetto, che vanno dal recupero delle ghiacciaie al rilancio di Bottazzo, dalla ristrutturazione della vecchia stazione ferroviaria di Draga Sant'Elia alla valorizzazione della fonte Oppia e della rocca di Moccò. Le idee-progetto verranno suddivise nell'ambito di tre filoni: ambientale, primario, turistico. Il primo guarderà alla predisposizione di misure per la conservazione della flora e della fauna autoctone, il secondo allo sviluppo agricolo e forestale, il terzo alla promozione del territorio. Dopo una dozzina d'anni di attesa, la Val Rosandra ha finalmente un proprio Piano di conservazione e sviluppo. Lo ha approvato ieri mattina, all'unanimità, il Consiglio comunale di San Dorligo della Valle, riunitosi online per la prima volta nella sua storia. A illustrarlo è stato l'assessore per l'Ambiente e il Territorio, Davide Stokovac: «Nella redazione del Piano - ha detto l'esponente dell'Unione Slovena - abbiamo tratto spunto dai principi contenuti nell'Agenda 21, il programma scaturito dalla conferenza Onu su ambiente e sviluppo del 1992, che costituisce una sorta di manuale per lo sviluppo sostenibile del pianeta. I nostri obiettivi infatti - ha aggiunto - sono quelli di garantire la conservazione di un bene preziosissimo, come la Val Rosandra, coniugandola con uno sviluppo compatibile e rispettoso dell'ambiente. Va precisato - ha sottolineato Stokovac - che alla realizzazione del Piano hanno contribuito numerosi soggetti portatori d'interesse, dai privati alle associazioni locali, alle Comunelle. Inoltre va ricordato che buona parte dell'area della Valle rientra nell'ambito di queste ultime». L'assessore ha poi sottolineato che il Piano ricade anche nell'ambito del sistema "Natura 2000", «il principale strumento della politica dell'Unione europea per la conservazione della biodiversità. Si tratta di una rete ecologica - ha aggiunto - istituita ai sensi della Direttiva "Habitat", che ha l'obiettivo di garantire il mantenimento degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari». In sostanza, l'assemblea di San Dorligo della Valle ha dotato la Val Rosandra di una sorta di Piano regolatore ambientale. «Abbiamo previsto una divisione in zone - ha ripreso Stokovac - perché ogni singola area avrà una propria funzione nel contesto generale. Si tratterà di predisporre le misure atte a difendere la flora e la fauna tipiche della valle dalle invasioni di elementi che le sono estranei - ha evidenziato - di assicurare la manutenzione dei prati, favorendo, soprattutto nella parte alta del versante che sale verso San Lorenzo, le attività di coltivazione del terreno, di dotare l'intera area della necessaria segnaletica per agevolare l'arrivo di turisti e visitatori». In questa prospettiva, sono state individuate tre zone: la Rn, che sarà caratterizzata dalla massima tutela naturalistica, e che riguarderà per esempio la Gola del torrente Rosandra; la Rg, nella quale la difesa dell'ambiente andrà fatta convivere con le attività agricole; la Rp, che ospiterà le strutture funzionali alla Riserva, come le strade e gli accessi. Idee chiare anche per quanto riguarda i finanziamenti: «Siamo aperti a interventi sia pubblici, sia privati, sia misti - ha concluso Stokovac - ma contiamo soprattutto sui progetti europei. Fondamentale era avere pronti nel cassetto i 52 progetti da sottoporre a chiunque sia seriamente interessato a realizzarli». Il sindaco, Sandy Klun, si è detto «molto soddisfatto per l'approvazione del Piano, che ha visto unite le forze della maggioranza e quelle di opposizione, a conferma che questo documento rappresenta una svolta per il nostro territorio».

Ugo Salvini

 

Apre il parco della Cona sanificati i due musei e le aree pubbliche

STARANZANO. Riapre domani la riserva naturale della foce Isonzo-Isola della Cona dopo l'adeguamento e la messa in sicurezza alle nuove normative in vigore per l'emergenza coronavirus. Si è provveduto alla sanificazione delle aree aperte al pubblico, cioè i due musei, il bar, il parco giochi per bambini, i servizi igienici, gli osservatori principali della Marinetta, del Cioss e di Punta Spigolo, oltre ai capanni utilizzati dai birdwatcher per l'osservazione ornitologica degli uccelli nonché all'ascolto e il riconoscimento dei loro canti e richiami. La Rogos che ha in gestione l'area protetta, si è presa qualche giorno in più per la ripresa per preparare un protocollo nel rispetto delle norme e consegnarlo al Comune, nel quale è indicato in che modo verrà regolamentata la presenza dei visitatori in questa delicata fase di emergenza sanitaria. L'imminente apertura è stata assicurata da Letizia Kozlan, operatrice della Rogos. «Credo - afferma - che saremo pronti sicuramente per domani e accogliere nel fine settimana gli ospiti che hanno una gran voglia di immergersi nella natura e godere di tutte le novità degli ultimi due mesi. Abbiamo stabilito nei sentieri anche percorsi obbligati segnalati dai cartelli, raccomandando nel contempo di rispettare le regole imposte per la sicurezza di tutti».Il sindaco Marchesan sottolinea che fino a oggi non era possibile dare il via all'ingresso dei visitatori. «Il non poter utilizzare le strutture chiuse di centro visite, servizi, osservatori faunistici origini delle proteste nei giorni scorsi - ha detto Marchesan - si era reso necessario in quanto il quadro normativo in merito alla fruibilità e alla modalità di sanificazione delle stesse non era ancora chiaro. Quindi, in via prudenziale, visto anche quanto indicato secondo interpretazioni dal servizio biodiversità, si era optato per questa scelta sino a nuove indicazioni».

 

 

Gemini la "curiosa" - Ecco l'Ibis eremita di casa in zona Siot - l'identikit dell'esemplare avvistato di recente

S. DORLIGO. È una femmina, si chiama Gemini e ha 5 anni. L'ibis eremita che da alcune settimane sta gravitando attorno alla Siot di San Dorligo della Valle ha un identikit. Il raro animale fa parte del progetto per la Reintroduzione della specie in Europa promosso dall'associazione austriaca Waldrappteam come ha spiegato Nicoletta Perco, referente italiana del Progetto Life+ per la reintroduzione dell'ibis eremita in Europa: «La specie impara la rotta di migrazione dall'Austria alla Toscana seguendo i genitori umani che guidano lo stormo fino al sito di svernamento. Poi da adulti gli ibis migrano da soli e tramandano la rotta appresa ai loro figli». Gemini è un soggetto particolarmente curioso. Nel marzo dello scorso anno il volatile si fece apprezzare essendosi fermato sul davanzale di una finestra dell'ospedale di Pordenone dove cercava attenzioni sulle vetrate del reparto di Pediatria. «Per questo motivo era stata tolta dal gruppo di migratori, tuttavia quest'anno, rimasta con gli altri ad Orbetello, si è mossa verso nord - racconta Perco - frequenta per lo più gli altri ibis nell'Oasi dei Quadris, a Fagagna, ed ogni tanto si fa vedere in zona San Dorligo. Difficilmente andrà più a nord». Ciò significa che Gemini potrebbe decidere di rimanere ancora nel nostro territorio, motivo in più dunque, come raccomandato dalla ornitologa, di non avvicinarla né disturbarla. Ancora una curiosità per gli appassionati. Gli ibis del Progetto Life+ possono essere virtualmente seguiti sul cellulare scaricando la App Animal Tracker oppure attraverso la pagina @Bentornato Ibis ed il sito www. waldrapp. eu. 

Riccardo Tosques

 

 

Una bomba ecologica alle porte di Gorizia Fumi velenosi in caso di un incendio

Stabili i rifiuti plastici sequestrati, ma un rogo sarebbe devastante. Il sito scelto perché ben collegato e vicino al confine

Sono stabili e al momento non rappresentano un pericolo per la salute pubblica le 4.500 tonnellate di rifiuti stoccate e sequestrate nel capannone di Mossa nell'ambito dell'operazione del Nucleo investigativo del Comando carabinieri di Gorizia coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Trieste, ma il rischio potenziale rimane, e non soltanto perché si attende ancora il risultato della caratterizzazione delle "ecoballe" da parte dei tecnici dell'Agenzia regionale per l'ambiente. Il materiale scaricato nell'Isontino dai camion giunti da Veneto e Slovenia è all'apparenza plastico e come tale non è soggetto a sversamento, diventerebbe però un pericolo in caso di combustione. Il calore libererebbe nell'aria una nube tossica incontrollata di diossine, furani e policlorobifenili e il rilascio di queste sostanze comprometterebbe l'ambiente anche a chilometri di distanza. Per azzerare ogni rischio, è quindi necessario operare la bonifica in tempi quanto più rapidi possibili. Non è da escludere che i responsabili dell'operazione criminale che ha portato il gip Antonio Miggiani ad emettere sei misure di custodia cautelare avessero in mente di dare tutto alle fiamme. Una volta saturato il magazzino, non avrebbero più avuto interesse a tenerlo e per far sparire le prove a loro carico, avrebbero potuto dare fuoco ai rifiuti stoccati. Non sarebbe la prima volta che accade. Ne sarebbe venuto fuori un incendio di dimensioni colossali e le conseguenze sarebbero state incalcolabili per Mossa, ma anche per le comunità limitrofe. A seconda dei venti, da Gorizia al Collio, fino a Gradisca, ogni area sarebbe stata a rischio. La zona artigianale di Mossa sarebbe stata scelta perché facilmente raggiungibile dall'uscita autostradale di Sant'Andrea. Che i camion arrivassero dall'impianto di recupero del Bellunese o che arrivassero dall'area dismessa di Borovnica, oltreconfine, una volta imboccata la rotonda, si trovavano praticamente già a destinazione. Si trattava solo di percorrere la 56 Bis e alla seconda rotonda svoltare alla prima uscita. A quel punto a separarli dal cancello dell'ex Bertolini c'erano solo 300 metri di asfalto e una curva a sinistra. Era un percorso di pochi minuti e sicuro. Difficilmente il carico sarebbe stato intercettato da una pattuglia. Il piano era ben studiato e, infatti, per un po' ha funzionato. Poi però il via vai di mezzi pesanti è stato notato e le indagini sono partite. Per controllare quanto accadeva al di là del recinto dell'ex Bertolini gli investigatori si sono avvalsi anche di un drone. Secondo gli inquirenti anche se il legame con le ecomafie campane non è così evidente, per le chiare affinità con le dinamiche criminali dell'area campana, potrebbe esserci un collegamento con la criminalità organizzata di stampo mafioso.

Stefano Bizzi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 maggio 2020

 

 

Maxi finanziamento da 96 milioni di euro per riconvertire l'area della Ferriera
A stanziare le poste ministero, Regione ed Invitalia. Metà budget per il piano Arvedi su laminatoio e centrale elettrica
Aiuti pubblici per quasi cento milioni. Tanto vale il finanziamento che il ministero dello Sviluppo economico e la Regione metteranno a disposizione della riconversione della Ferriera di Servola. La cifra è ancora da mettere nero su bianco, ma filtra nel corso delle trattative sull'Accordo di programma: il Mise stanzierà 40 milioni, cui si aggiungeranno i 15 milioni in possesso della Regione per il rilancio dell'area di crisi industriale complessa di Trieste e i 41 che Invitalia attende di spendere da anni per la messa in sicurezza ambientale del sito. Si tratta di 96 milioni, 55 dei quali destinati a sostenere il piano industriale del gruppo Arvedi per il rafforzamento del laminatoio e la riqualificazione della centrale elettrica. Dopo lo spegnimento dell'altoforno e lo stop alle trattative coinciso con l'emergenza coronavirus, il dialogo fra istituzioni e imprese sull'Accordo di programma è ripreso, ma i sindacati incalzano perché si arrivi alla firma. Per chiudere mancano però alcuni tasselli, anche se l'intesa sui finanziamenti pubblici trovata fra governo e Regione rappresenta un importante elemento di spinta. La bozza di Adp non cita espressamente le cifre e anzi rimanda la loro fissazione a un'intesa successiva, ma dalle parti del Mise si assicura che i numeri sono scolpiti nella pietra e che il posticipo dipende dalla necessità di coinvolgere successivamente la Regione Lombardia, perché altri fondi pubblici andranno parallelamente allo sviluppo dello stabilimento Arvedi di Cremona. Patuanelli assicurerà 40 milioni del ministero, che andranno interamente a sostenere il processo contenuto nel business plan di Arvedi, così come i 15 milioni della Regione. Complessivamente l'aiuto vale quasi un terzo del piano da 180 milioni presentato dall'imprenditore dell'acciaio. La dotazione proveniente da Roma fa parte di uno stanziamento più ampio apprestato dal ministro nell'ultima legge di stabilità a supporto delle riconversioni in tutta Italia, mentre le risorse regionali rappresentano la totalità del fondo ricevuto nel 2017 sempre dal Mise per rivitalizzare l'area ex Ezit, ma rimasto inutilizzato finora, nonostante gli annunci di bandi dedicati alle imprese da parte dell'assessore alle Attività produttive Sergio Bini. Risorse fresche piazza Unità non potrà metterne, almeno per ora: la giunta Fedriga ha sempre frenato nei mesi addietro su un impegno economico ex novo e la batosta sul bilancio dovuto alla crisi Covid toglie ogni possibilità di manovra, a eccezione di 200 mila euro aggiuntivi che saranno versati per cofinanziare la fase progettuale della riqualificazione. I 55 milioni daranno gambe alla parte industriale dell'Adp, mentre altri 41 risalgono all'Accordo precedente e potranno essere spesi dopo essere rimasti a propria volta fermi per molto: si tratta della dotazione con cui Invitalia avrebbe dovuto procedere al cosiddetto barrieramento a mare, necessario per arginare gli sversamenti in acqua delle sostanze inquinanti contenute nel sottosuolo del sito produttivo, attraverso il consolidamento di quasi due chilometri di costa. Si trattava dell'unica opera ambientale che il vecchio Adp assegnava alla parte pubblica e della sola realizzazione mancata, mentre Arvedi ha sempre sottolineato di aver rispettato tutte le prescrizioni, tranne l'ormai abortita costruzione delle coperture dei parchi minerali.

Diego D'Amelio

 

Mobilitazione in vista «Risposte entro lunedì o scendiamo in piazza» - operai in video assemblea
Se non arriveranno risposte entro la fine di questa settimana, i lavoratori della Ferriera si mobiliteranno per scendere in piazza. È quanto emerso ieri sera nel corso dell'assemblea in teleconferenza autorganizzata dagli operai, alla quale ha preso parte quasi un centinaio di persone, e che ha visto anche la partecipazione dei rappresentanti di alcune sigle sindacali. Sigle che, in maniera unitaria, durante la mattinata di ieri avevano incontrato il prefetto Valerio Valenti, per chiedergli di sollecitare le istituzioni per avere indicazioni sul completamento dell'accordo di programma. «Chiediamo da tempo un incontro in grado di fare chiarezza, ma senza risultato. Se entro lunedì non arriveranno novità in questo senso, decideremo quali iniziative assumere», ha riferito Marco Relli della Fiom.«Quello del virus è stato un alibi buono fornito a chi deve fare qualcosa a livello istituzionale per insabbiare la questione», ha dichiarato Umberto Salvaneschi della Cisl. «In questo momento è di assoluta importanza tenere sotto pressione le istituzioni coinvolte nei ritardi, che iniziano a essere eccessivi e portano pensieri poco felici nella testa dei lavoratori che non sanno cosa succederà», ha affermato Gianluca Castelli dell'Usb. I sindacalisti hanno puntualizzato che, nel caso in cui si deciderà di organizzare una manifestazione, si farà il possibile per rientrare nella legalità ed evitare di incorrere in sanzioni. Tra i lavoratori della Ferriera che hanno preso la parola durante l'assemblea, in molti hanno chiesto di scendere in piazza il prima possibile per ottenere delle risposte certe sul loro futuro.

Simone Modugno

 

 

Indagini su un traffico illecito di rifiuti: sei arresti fra Gorizia, Grado e Belluno
Stoccate in un capannone dismesso a Mossa 4.500 tonnellate di ecoballe. Spazzatura proveniente da Veneto e Slovenia
GORIZIA. Sei arresti fra Gorizia, Grado e Belluno con l'accusa di traffico illecito di rifiuti a carattere transnazionale. L'indagine, partita dal Comando provinciale dei carabinieri di Gorizia cui ha collaborato anche la Guardia di finanza di Trieste ha portato, all'alba di ieri, all'esecuzione delle misure di custodia cautelare disposte dal Gip di Trieste, su richiesta di Antonio Miggiani della locale Direzione distrettuale antimafia (Dda). I sei coinvolti sono ai domiciliari. L'antefatto del 2019Un camion targato Capodistria fermo con la motrice e una parte del rimorchio fuori dal grande capannone. L'automobile dei carabinieri messa di traverso a sbarrargli la strada. E, ancora, verifiche e controlli su tutti i dettagli. Il nastro bianco e rosso a tenere lontani i curiosi nell'ex stabilimento Bertolini di Mossa. Sono alcuni degli elementi del blitz che scattò nel marzo di un anno fa nella zona artigianale di Mossa. All'interno erano stoccate diverse centinaia di ecoballe. L'ipotesi di reato era, allo stato dei fatti, "discarica abusiva" e "deposito incontrollato di rifiuti". Pareva una pagina chiusa ma le indagini, iniziate dal tenente colonnello Pasquale Starace, allora numero uno del Nucleo investigativo di Gorizia e oggi comandante del Gruppo carabinieri per la tutela dell'ambiente di Napoli, hanno avuto importanti sviluppi. Gli arresti odierni - Le verifiche, avviate con il sequestro del capannone industriale stracolmo di rifiuti da parte dell'Arma di Gorizia e condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale del capoluogo isontino, assieme al personale del Ros e ai finanzieri del Gico di Trieste e dello Scico di Roma, hanno consentito di dare riscontro alla nuova ipotesi investigativa. Ai domiciliari sono finiti così il gradese Giuliano Di Nardo, 48 anni, i goriziani Piero Pellizzon, 39 anni, Claudio Paoluzzi, 56 anni, Fiorenzo Giorgio Cammarata, 56 anni e i bellunesi Remo Dalla Santa, 51 anni e Alessio Dalla Santa, 44 anni. Secondo l'accusa, avevano smaltito illecitamente circa 4.500 tonnellate di rifiuti speciali, costituiti da "balle reggiate", di un metro cubo l'una, di rifiuti plastici. La spazzatura proveniva essenzialmente da un impianto di recupero di una società del Bellunese e da un'area dismessa sita a Borovnica in Slovenia, ed era stata stoccata all'interno del capannone industriale ex Bertolini di Mossa, di proprietà di due società con sede a Napoli e a Gorizia. La struttura era stata «adattata - spiegano i carabinieri di Gorizia - con un varco d'accesso laterale ricavato appositamente per effettuare gli scarichi abusivi al riparo da sguardi indiscreti. Il trasporto a Mossa dei rifiuti avveniva utilizzando i camion messi a disposizione da alcune aziende di trasporto slovene compiacenti».Il sequestro dei beni - Carabinieri e Fiamme gialle hanno proceduto anche al sequestro preventivo di beni nella disponibilità degli indagati, per un valore pari a circa un milione di euro, «profitto del reato», individuato quale danno ambientale arrecato dagli indagati al Comune di Mossa con l'abbandono dei rifiuti. Nel corso delle indagini gli investigatori hanno documentato inoltre la ricerca da parte degli indagati, una volta sequestrato il capannone di Mossa, di siti alternativi sul territorio friulano (si parla di una struttura a San Giorgio di Nogaro) ove continuare la presunta attività illecita. L'attività investigativa è stata condotta anche con l'ausilio di un drone che ha consentito di monitorare numerosi scarichi di rifiuti da parte delle persone coinvolte, per lo più nelle prime ore dell'alba, allo scopo di sottrarsi allo sguardo indiscreto di curiosi o ai controlli delle forze dell'ordine. Nonostante le difficoltà, l'attività di osservazione portata avanti dagli inquirenti ha permesso di seguire ogni movimento degli automezzi: dal loro ingresso in Italia sino al capannone di smaltimento finale dei rifiuti a Mossa. Le perquisizioni in Campania - Nelle ultime ore si sono svolte numerose perquisizioni in Friuli Venezia Giulia, Veneto e Campania. L'obiettivo? Recuperare la documentazione necessaria a ricostruire l'esatta provenienza dei rifiuti e le tappe intermedie toccate dai mezzi pesanti prima di giungere nell'area ex Bertolini. Il Gip, nel motivare le esigenze cautelari ha, inoltre, ricollegato la vicenda «al diffuso fenomeno delle ecomafie», parlando di «presenza di criminalità organizzata e di un particolare livello di pericolosità, emersi nel corso delle indagini, per le evidenti affinità dell'accaduto con dinamiche criminali tipiche dell'area napoletana», concludono carabinieri e Guardia di finanza.

Francesco Fain

 

Scontro a Muggia tra M5s e giunta sulla tassa rifiuti
Il grillino Romano rilancia la tariffa puntuale - Marzi: «Equità fra i contribuenti da tutelare»
MUGGIA. «Non è giusto che un esercizio chiuso paghi il servizio rifiuti». Emanuele Romano, consigliere comunale del M5S di Muggia, in occasione dell'ultima riunione dei capigruppo consiliari della cittadina rivierasca, torna con forza su uno dei cavalli di battaglia dei grillini: il costo dei rifiuti.«Sono anni che chiediamo una tariffa "puntuale" - ha proseguito Romano - che senza alcun aggravio per gli uffici consentirebbe, oggi, a chi non produce rifiuti di non pagare il servizio. Gli allagamenti, la fine precoce del Carnevale e ora il Covid-19 - ha proseguito il consigliere pentastellato - hanno messo a dura prova l'economia degli esercizi del centro storico e richiedono risposte immediate, e la Tari puntuale doveva partire con la differenziata spinta». Il consigliere, infine, ha proposto di avviare in questo mese «una sperimentazione per poi modificare la Tari del prossimo anno, sfruttando ogni opportunità di semplificazione che le norme sull'emergenza forniranno, perché non vorremmo che l'amministrazione perdesse anche questa opportunità per rendere più equa la tariffa». Non si è fatta attendere la risposta del sindaco Laura Marzi: «Convinti che non è giusto che un esercizio chiuso paghi l'imposta piena, si è da subito cominciato a lavorare sulle modalità concrete con cui venire incontro agli esercenti che hanno dovuto chiudere prevedendo una riduzione della Tari ma cercando, al contempo, modo e maniera che ciò non vada a gravare sugli altri contribuenti. La riduzione della tassa è assolutamente possibile anche in base all'attuale sistema di tariffazione, senza ricorrere al sistema della tariffazione "puntuale"». Su quest'ultima, «pur condividendo il principio del "chi inquina paga", vi è stata - ha proseguito Marzi - da subito la preoccupazione di procedere facendo scelte ben ponderate», dato anche che «numerosi comuni, anche della nostra provincia, l'hanno e poi abbandonata». Sulla sperimentazione proposta dal M5S, secondo Marzi, «il consigliere Romano sembra peccare ancora di semplicismo quando ipotizza un avvio a maggio e quando dice che il sistema potrebbe essere avviato rapidamente e senza aggravi per gli uffici e per l'utenza. Si tratterebbe di improntare un nuovo sistema che richiederebbe un adeguato periodo di sperimentazione su un campione di utenze. Il tutto con un aggiornamento della dotazione tecnica. Inoltre - conclude Marzi - senza i giusti correttivi, gli effetti prodotti dal nuovo sistema di tariffazione potrebbero produrre situazioni di dubbia "giustizia". Un esempio? Una famiglia di 5 persone in una casa Ater potrebbe trovarsi a pagare quanto una famiglia di pari numero di componenti in una ampia villa di lusso».

Luigi Putignano

 

 

Ibis eremita avvistato alle porte di San Dorligo - Su Fb è subito una star - il raro esemplare
San DORLIGO. "Cavelada" resa impertinente dalle raffiche di bora e muso perplesso. Si è presentato così l'ibis eremita immortalato ieri mattina nella zona industriale di San Dorligo della Valle. Il video è stato postato sulla pagina Facebook di Misteri & Meraviglie del Carso, gestita da Doro Balkan, che già in passato ha funto da ottimo veicolo per divulgare foto, video e informazioni sulla natura del nostro territorio. «Parliamo di un animale raro, una specie che in Europa è salva solo grazie agli zoo che li stanno rieducando a vivere liberi», il commento del naturalista Nicola Bressi. Si è appreso in effetti che l'animale è monitorato tramite Gps dal Waldrappteam, gruppo di austriaci, tedeschi e italiani che si occupa della reintroduzione di questa specie migratrice in pericolo di estinzione. Già ad inizio maggio un esemplare era stato avvistato in zona: che l'ibis stia pensando di prendere la residenza?

Riccardo Tosques

 

 

Quasi sessanta gradesi pronti a fare guerra al nuovo sistema 5G - comitato contro le onde elettromagnetiche
GRADO. Sono quasi sessanta le persone che al momento hanno sottoscritto un'iniziativa popolare di contrasto all'installazione di impianti di diffusione delle onde elettromagnetiche 5G il nuovo sistema che verrà diffuso per le comunicazioni con i cellulari di nuova generazione. Anche a Grado, come sta accadendo in molte altre città, è partita, infatti, una iniziativa di contrasto all'installazione del sistema 5G. Il comitato NO 5G Grado (GO) sorto recentemente e spontaneamente sulla piattaforma Facebook - sta mettendo in atto una serie di azioni di sensibilizzazione della cittadinanza sugli effetti potenzialmente negativi derivanti dall'adozione di questa nuova tecnologia. Precisano i referenti dell'iniziativa che il comitato gradese, ispirandosi all'azione di comitati analoghi sorti in tutta Italia, attivi nell' Alleanza Italiana Stop 5G ha recentemente chiesto un incontro al sindaco Dario Raugna, come responsabile della salute e della sicurezza locale, per approfondire e per definire con l'amministrazione una posizione di cautela e di precauzione sull'argomento.«Sono stati coinvolti anche - precisa il Comitato - alcuni consiglieri comunali che hanno manifestato adesione alle iniziative del comitato, predisponendo una mozione per una moratoria del 5G che verrà trattata nella prossima seduta del Consiglio comunale».Spiegano ancora i referenti del Comitato che da parte della comunità tecnico-scientifica l'introduzione della tecnologia 5G viene considerata una opportunità ma anche un potenziale problema, per gli eventuali rischi per la salute umana e per l'ambiente.«Preoccupazioni comprensibili, considerata la quantità sempre maggiore di onde elettromagnetiche cui siamo sottoposti ogni giorno».Infine la precisazione che sono ormai quasi 400 i Comuni italiani (recentemente anche quello di Udine) che, in attesa di conferma sull'innocuità della tecnologia 5G da parte del mondo accademico-scientifico, si sono dichiarati contrari agli attuali obiettivi in atto (su tutto il territorio nazionale) per la modifica delle correnti condizioni di diffusione dei campi elettromagnetici.

AN. BO.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 maggio 2020

 

 

I sindacati della Ferriera: «Troppi silenzi»

Chiesto un intervento del prefetto sulle istituzioni per avere informazioni su riconversione dell'area e futuro occupazionale

Il confronto sull'Accordo di programma per la riconversione dell'area caldo della Ferriera è ripartito, ma i sindacati non si fidano e invocano chiarezza su tempi e contenuti. Dopo la spaccatura delle rappresentanze dei lavoratori in occasione del referendum di inizio anno sull'accordo stretto con l'azienda, le sigle si ricompattano e chiedono alla Prefettura di farsi garante dei livelli occupazionali davanti al silenzio delle istituzioni. La preoccupazione serpeggia tra i lavoratori, che nel tardo pomeriggio di oggi terranno un'inedita assemblea in teleconferenza, autorganizzata al di fuori della Rsu. Ma intanto dalla Regione, l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen annuncia che l'occupazione non solo sarà difesa, ma incrementata con nuove assunzioni. Enti pubblici e imprese hanno ricominciato a discutere la scorsa settimana i termini dell'Adp, ma non tutti i nodi sono sciolti e i sindacati lamentano di non ricevere aggiornamenti ufficiali da tempo. Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb hanno così chiesto e ottenuto un confronto con il prefetto Valerio Valenti per esprimere al rappresentante del governo i timori rispetto a un'intesa che, causa anche il coronavirus, continua a slittare. «Gli impianti dell'area a caldo - scrivono i cinque sindacati in una nota congiunta - sono fermi da quasi due mesi e la gran parte dei lavoratori in cassa integrazione. Mentre dell'Adp si sa ancora troppo poco». Le segreterie dei metalmeccanici lamentano il silenzio del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e del presidente della Regione Massimiliano Fedriga, entrambi destinatari di una richiesta di incontro urgente spedita ormai il 29 aprile. «Ma da parte loro non è arrivato nessun feedback - lamentano le sigle - e le uniche informazioni sono quelle apparse sul giornale: questo non va assolutamente bene». A Valenti è stato così domandato di richiamare le istituzioni a riaprire un canale di comunicazione con le parti sociali, «per permetterci di informare i lavoratori, che attendono con ansia l'avvio della reindustrializzazione del sito e di riqualificazione delle maestranze». Per i sindacati vanno chiariti due punti: «I tempi di chiusura dell'Adp e le garanzie occupazionali che le istituzioni hanno più volte assicurato e che dovranno aggiungersi a quelle fissate nell'accordo sindacale». A discuterne saranno anche i lavoratori, che oggi si sono dati appuntamento su una piattaforma per teleconferenze, con un'iniziativa che non vede le segreterie provinciali come organizzatrici ma fra gli invitati. Una prima rassicurazione arriva dall'assessore Rosolen, che prevede un incremento occupazionale come esito della riconversione dell'area a caldo in zona logistico-portuale: «L'iter dell'Adp sta andando avanti nel confronto fra tutti i soggetti sottoscrittori e la Regione ha sciolto ormai tutte le sue riserve». Alla premessa segue l'impegno dell'esponente della giunta Fedriga: «Non mollerò nemmeno un metro sul fatto che i soldi pubblici messi sull'Accordo siano impiegati per il mantenimento dell'occupazione. L'accordo sindacale prevede 417 occupati futuri e, per quanto ci riguarda, è il numero minimo da cui partire. Chiederò di inserire espliciti riferimenti nell'intesa agli importanti soggetti che ne fanno parte» e cioè gruppo Arvedi e Piattaforma logistica Trieste. Secondo Rosolen, infatti, «417 è un numero prudenziale, perché il numero di lavoratori previsti nei piani industriali dei soggetti privati sottoscrittori è superiore e fa sperare che gli occupati saranno molti di più».

Diego D'Amelio

 

 

Due ruote sanificate e piattaforma attiva: torna il bike sharing

Da giovedì il servizio sarà nuovamente utilizzabile in città Raccomandazioni sull'uso di guanti e distanziamento

BiTS, il servizio di bike sharing a Trieste, riprenderà giovedì, il 21 maggio. Una buona notizia per i tanti amanti delle due ruote che già si erano iscritti e lo utilizzavano abitualmente per spostarsi in città. A inizio aprile tutto era stato sospeso per la situazione generale di emergenza sanitaria. Riattivati già il sito e l'app, e via libera alla sanificazione di tutte le strutture, per ricominciare in sicurezza. La società che gestisce i mezzi ricorda però alcune raccomandazioni, tra le quali l'utilizzo dei guanti monouso e il distanziamento adeguato dai pedoni o dagli altri ciclisti. Ieri a tutti gli utenti registrati è arrivata una mail. «Non vedevamo l'ora di dirtelo: BiTS riparte! I nostri operatori - si legge - hanno già cominciato le operazioni di sanificazione e messa in sicurezza del sistema, e le nostre piattaforme web e app sono nuovamente in funzione. Solo pochi giorni di pazienza e potremo ricominciare a pedalare insieme: a partire da giovedì 21 maggio il servizio di bike sharing sarà nuovamente fruibile al 100%. Ti informiamo inoltre che, insieme al Comune di Trieste, stiamo mettendo a punto le future tariffe del servizio e valutando eventuali "ricompense" per il periodo di chiusura forzata. Appena possibile ti comunicheremo le decisioni prese tramite e-mail e tramite i canali social. Prima di salutarci - aggiungono - ti chiediamo di prestare attenzione a queste brevi ma importanti raccomandazioni per la tua salute e per quella degli altri utenti di BiTS: utilizza la bicicletta solo per gli spostamenti consentiti dalle direttive nazionali, se non è necessario uscire rimani a casa; utilizza se possibile dei guanti monouso e comunque lava accuratamente le mani prima e dopo l'utilizzo delle biciclette - e ancora - la bici condivisa è il mezzo pubblico che più si adatta al distanziamento sociale: ricorda comunque di rispettare le distanze pedalando non troppo vicino ad altri ciclisti o pedoni. Buone pedalate!». Ieri la notizia è rimbalzata rapidamente sui social, accolta positivamente dagli appassionati di bici, ma anche da tanti triestini che hanno ripreso a pedalare proprio a fine lockdown, quando è stata consentita l'attività sportiva all'aperto. Nelle ultime settimane tanti hanno rispolverato le biciclette, per spostamenti brevi o più lunghi, auspicando però la ripresa rapida del bike sharing, per sfruttare BiTS al meglio, dopo aver riscoperto il piacere di muoversi in modalità lenta. «Avevamo concordato insieme ai responsabili del servizio di ricominciare in concomitanza con la riapertura di molte attività - ricorda l'assessore comunale al Territorio e Ambiente Luisa Polli -. Ci vorrà solo qualche giorno per consentire al personale di sistemare le bici e riposizionarle negli stalli. Prego tutti di rispettare i consigli suggeriti - sottolinea - come l'uso dei guanti, e di disinfettare il manubrio. Credo che questo sia un segnale importante verso il ritorno alla normalità e verso una libertà di movimento in città. Ricordo poi - aggiunge - che il servizio sarà ulteriormente arricchito da due postazioni, previste all'interno del Porto vecchio. Le tempistiche di realizzazione dipendono dal prosieguo del cantiere, che aveva subito un stop durante l'emergenza, ma ultimati i lavori per gli accessi all'area dell'antico scalo una stazione sarà collocata vicino al Magazzino 26 e una accanto alla rotonda di viale Miramare».

Micol Brusaferro

 

Il Mandracchio libero dalle auto dal primo giugno divide Muggia

Favorevoli gli esercenti della zona a caccia di spazi, ma preoccupa la rivoluzione del traffico verso salita delle Mura. Marzi: «Non chiudiamo "h24" né tutti i giorni»

MUGGIA. Dal primo giugno il Mandracchio diventa pedonale. Ma non si tratterà certamente di una chiusura "tout court". «Nei prossimi giorni verranno decise le modalità e gli orari di chiusura, ma con certezza posso dire che il Mandracchio non sarà chiuso tutti i giorni tutto il giorno», la risposta del sindaco Laura Marzi a chi aveva chiesto lumi sull'utilizzo del senso unico alternato in galleria. Ma più di questo per ora non trapela dal Municipio. Sta di fatto che il lancio sulla pagina Facebook del Comune ha stuzzicato la curiosità dell'utenza social della cittadina rivierasca, curiosa di sapere e capire quali alternative verranno messe in campo per aggirare il centro storico e per arrivare sul lungomare Venezia e riprendere la strada costiera. Certamente si tratta di misure che non riguarderanno solo il suggestivo scorcio del Mandracchio ma anche altre aree della cittadina istroveneta, all'interno delle quali si potranno concedere i 20 metri quadrati gratuiti di dehors. Soluzioni certamente non agevoli in quanto so dovrà fare i conti, come spiegato da Marzi, con «la conformazione della città e del centro storico in particolare, che rende la gestione degli spazi ancora più complessa». Per questo motivo, sempre per il sindaco «agli operatori per i quali non sarà possibile concedere o ampliare lo spazio adiacente alla sede della propria attività, verranno messe a disposizione aree comunali di analoga metratura, dando la precedenza in primis a quei soggetti che ad oggi non dispongono di spazi esterni». Ritornando alla chiusura - anche se ancora non chiara - ha incontrato il parere favorevole degli esercizi che sul porticciolo si affacciano: «Sicuramente - ha detto Andreina Camozzi, titolare della trattoria Due Leoni - si tratta di un'iniziativa positiva per dare ossigeno alle attività del centro storico in generale e delle rive in particolare. Abbiamo compilato la modulistica per fare richiesta di ampliamento ed è andata a buon fine». Stesso discorso vale per Paolo Lavince della trattoria Al Porto per il quale «si tratta di un aiuto importantissimo» anche se «sarebbe meglio aprire solo la sera per non danneggiare le altre attività. Veniamo da un periodo allucinante che ha visto prima il maltempo con l'acqua alta che ha fatto tanti danni ai miei concittadini e poi questo virus. Siamo tutti nella stessa barca». Meno soddisfatti alcuni cittadini che, attraverso la pagina ufficiale del Comune, sono preoccupati per la possibile deviazione del traffico veicolare verso salita delle Mura, cosa che non rappresenta comunque una novità in quanto in vigore durante le consuete chiusure estive del Mandracchio, propendendo, invece, sul ripristino del senso unico alternato in galleria.

Luigi Putignano

 

Il Pd plaude senza riserve Più cauti i Cinquestelle - le reazioni

MUGGIA. «La delibera adottata dalla Giunta raccoglie la manifestazione di indirizzo espressa dal circolo del Pd di Muggia per il tramite dei propri rappresentanti». Massimiliano Micor, segretario del Pd di Muggia, plaude alla chiusura veicolare del Mandracchio. «L'estate che ci aspetta - ha proseguito - sarà particolare ma riteniamo che l'unico modo per affrontarla sia quello di cercare soluzioni innovative come, ad esempio, l'attivazione di un percorso unico e sostenibile per pedoni e biciclette che da Felszegi passi per il centro storico fino a raggiungere la costa». D'accordo ma con riserva Emanuele Romano del M5S: «Siamo favorevoli alla pedonalizzazione del Mandracchio soprattutto per venire incontro alle istanze degli esercenti muggesani, ma occorre tenere presente che ci sono realtà, come il campeggio, che non vanno penalizzate da una viabilità alternativa ancora da scoprire».

 

Legambiente: «La salute ora viaggia su due ruote» - la videoconferenza

Come cambiare il nostro modo di muoverci in città? A chiederselo è Legambiente che cercherà di rispondere oggi alle 18 nel corso di una videoconferenza a cui parteciperà l'architetto urbanista Matteo Dondé, esperto in pianificazione della mobilità ciclistica, moderazione del traffico e riqualificazione degli spazi pubblici. «Nello scenario post pandemico, ripensare la mobilità ha anche il fine di rispettare le misure per prevenire il contagio. Questo elemento, se gestito in modo sostenibile, può aiutare a preservare parallelamente salute pubblica e ambiente», nota Legambiente. La videoconferenza si potrà seguire sulla pagina Fb: LegambienteFvg (www.facebook.com/legambientefvg/).Dondé ha partecipato alla progettazione di diversi Piani Urbani della Mobilità Sostenibile e Zone 30. Recentemente ha redatto per Bikeitalia.it "Piano Emergenziale della Mobilità Urbana post-Covid: il manuale d'uso". 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 maggio 2020

 

 

«La priorità della giunta? Demolire la Tripcovich» spendendo una follia» - La presa di posizione dei Cinque stelle
«In piena emergenza coronavirus, la priorità del centrodestra è l'abbattimento della sala Tripcovich». I consiglieri comunali del Movimento 5 stelle Cristina Bertoni e Elena Danielis hanno denunciato la mozione della maggioranza di centrodestra fatta propria martedì scorso in Consiglio comunale dall'assessore al patrimonio Lorenzo Giorgi. «Siamo in piena emergenza Covid-19 con migliaia di famiglie immerse in problemi quotidiani come l'instabilità del posto di lavoro, la gestione dei figli a casa da scuola, la povertà rapidamente crescente, la gestione della mobilità e dei flussi, l'organizzazione del telelavoro dei dipendenti comunali. E ancora situazioni di grande disagio per i disabili e i cittadini con difficoltà motorie a seguito del crollo del tetto dell'Acquamarina, le problematiche della sicurezza degli anziani in casa di riposo, la mancanza cronica di mascherine anche per i dipendenti comunali, la crisi di turismo e ristorazione e delle piccole attività commerciali e artigianali. Ebbene - attaccano Bertoni e Danielis -, in tutto questo la maggioranza di centrodestra si pone come priorità quella di spendere 600.000 euro per abbattere la Sala Tripcovich, dopo due dinieghi da parte del ministero dei Beni e le attività culturali e dopo che più volte è stata paventata la presenza di amianto nell'edificio, cosa che se fosse confermata ne aumenterebbe ulteriormente i costi».La morale della storia? «Queste sono le priorità della giunta Dipiazza - concludono i consiglieri Cinque Stelle -. Ai cittadini rimane solo da chiedersi: ma queste persone hanno la percezione del momento che stiamo vivendo e delle priorità che il coronavirus ci impone?».

 

 

«Ovovia di Monte Grisa autentica presa in giro» . Lo sfogo di De Gioia
L'ovovia che scaccia la cabinovia. E Opicina che spodesta Monte Grisa. «Fa specie l'annuncio a effetto dell'assessore Luisa Polli, accompagnata dal sindaco, di collegare il Porto vecchio a Opicina con una ovovia, non tanto per l'idea che può essere anche presa in considerazione, quanto per il metodo non proprio corretto nei confronti del Consiglio comunale che si apprestava a discutere a breve un altro progetto di collegamento in cabinovia, altrettanto affascinante, come quello tra Barcola e Monte Grisa». Roberto de Gioia, consigliere comunale di Progetto Fvg, si sente preso in giro dall'attuale giunta. «Alcuni mesi fa, senza inventare nulla ma richiamandosi a tutte le proposte che in 40 anni sono state avanzate sull'idea di collegare mare e Carso, ho presentato una mozione che invitava l'amministrazione comunale a rivedere i vecchi progetti già pervenuti da privati (chi non ricorda il fervore di Angelo Ritossa sulla Barcola-Monte Grisa) e sulla scia di questi avviare uno studio di fattibilità, visto il momento di grazia del turismo e del Porto vecchio». La cosa comica è che i "capigruppo di tutte le forze politiche, ritenendola importante e di attualità, hanno voluto tutti sottoscrivere la mozione". E l'assessore Polli, in commissione, fatto "orecchio da mercante" prima di andare in televisione e tirare fuori dal cilindro l'ovovia del secolo».

 

 

Treni e alta velocità - Sindaci in rivolta: «Comuni esclusi, Rfi dia risposte» - dopo la presentazione del progetto
A prescindere dal passaggio attraverso il Carso, la nuova linea ad alta velocità, di cui si è tornato a parlare da fine aprile, rischia di avere impatti pesantissimi nel territorio del Basso Isontino. Monfalcone e Ronchi dei Legionari vogliono vederci chiaro e ottenere delle risposte da Rete ferroviaria italiana. «Da quanto siamo riusciti a capire, visto che Rfi non ha pensato assolutamente di coinvolgere i Comuni interessati - afferma il sindaco di San Canzian d'Isonzo Claudio Fratta -, il nuovo ponte ferroviario sull'Isonzo dovrebbe passare più a monte verso Turriaco, proseguendo vicino o sopra il cimitero di Pieris, dopo aver attraversato la zona artigianale di Turriaco. In buona sostanza, al tracciato dovrebbero essere sacrificate anche delle aziende e delle abitazioni e non solo una porzione del camposanto, fatto di per sé grave».A monte dello sfogo del sindaco di San Canzian la riunione della IV commissione del Consiglio regionale in cui è stata presentata da Rfi l'ipotesi di potenziamento e velocizzazione del collegamento Venezia Mestre-Trieste, in assenza delle amministrazioni comunali interessate, e l'incontro ottenuto (perché richiesto) con la società dai Comuni di Monfalcone e Ronchi dei Legionari. «Come amministrazione di San Canzian d'Isonzo ringraziamo quindi Rete ferroviaria italiana per il coinvolgimento e la disponibilità dimostrati nei confronti della nostra comunità - afferma Fratta, non nascondendo un accento ironico - in merito alle problematiche e le ricadute che subirà il nostro territorio in seguito ai lavori derivanti dal potenziamento e velocizzazione del collegamento Venezia Mestre-Trieste, tenendoci all'oscuro di tutto».Il sindaco di San Canzian chiede quindi un pieno coinvolgimento di tutte le municipalità coinvolte dal progetto. «Vogliamo ricordare che nella prima fase, per altro accettata da quasi tutti i soggetti, e ci riferiamo alla fase di velocizzazione della linea ferroviaria dalla stazione dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari a Venezia - afferma Fratta -, il nostro territorio viene interessato per una lunghezza di circa 2 mila metri, con un'opera altamente impattante come il ponte sull'Isonzo e lo sdoppiamento dei binari presso il cavalcavia di Begliano. Il comune di Ronchi dei legionari viene invece interessato per 600 metri, mentre il comune di Monfalcone in questa fase non è minimamente interessato dall'opera stessa».Al tavolo richiesto tramite l'assessore regionale alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti il sindaco di Monfalcone Anna Cisint spiega di aver sollecitato un pieno coinvolgimento di tutti gli enti locali del territorio.

Laura Blasich

 

 

I cigni sono tornati sul Rio Ospo a 4 anni dall'allarme tossina
Un'intera famigliola ha fatto in questi giorni la comparsa nelle acque del torrente - Nel 2016 cinque esemplari morirono avvelenati assieme a 30 germani reali
Muggia. Ritornano i cigni sull'Ospo. Il rio muggesano ospita da un po' di tempo una piccola colonia di cigni con i loro splendidi piccoli. E il loro arrivo non è passato inosservato. Sulla pagina Facebook "Te son de Muja se..." in tanti hanno fotografato la famigliola di cigni e commentato sulla loro bellezza, dispensando consigli su cosa dare o non dare da mangiare. Buona norma sarebbe non dare da mangiare agli animali selvatici, soprattutto è fondamentale non dare pane, come sottolineato da vari utenti intervenuti, consigliando, in maniera corretta di dare loro, se proprio non se ne può fare a meno, la lattuga, che è un buon alimento. I cigni, infatti, sono erbivori e si nutrono di alghe, piante acquatiche o erba collocata lungo le sponde. La presenza di questi splendidi volatili con i loro piccoli al seguito non è una novità per l'area. E purtroppo non sempre tutto è filato liscio. Nel 2016, dopo aver gravitato per tutto l'inverno nelle acque di Lazzaretto, una famigliola con sei baby cigni reali aveva deciso di trasferirsi lungo le sponde dell'Ospo, diventando subito, soprattutto i piccoli, le nuove star della cittadina rivierasca, con tanto di toto-nome con cui battezzare i componenti della bellissima famigliola. Pochi mesi dopo cominciò una moria terribile di uccelli acquatici che gravitavano proprio lungo il rio Ospo, tra i quali, oltre a una trentina di germani reali, persero la vita anche cinque giovani cigni reali. Si pensò dapprima a un diserbante utilizzato sul posto. Gli esemplari più colpiti furono numerosi germani reali, ma la morte dei cinque giovani cigni reali destò rabbia a sgomento nella comunità muggesana, forse anche per il fatto che pochi mesi prima i piccoli scorrazzavano lungo il corso d'acqua muggesano. Responsabile della morte dei volatili, come appurato dalle analisi condotte su campioni fisiologici degli animali, fu il clostridium botulinum, una neurotossina potenzialmente mortale. Sul rio Ospo arriveranno poi una serie di divieti, tra i quali pescare e dar da mangiare agli animali, attuati dal Comune di Muggia con un'ordinanza valida fino a quando le condizioni climatiche, ossia le temperature elevate e lo scarso ricambio delle acque nel rio Ospo, avrebbero scongiurato l'allora elevato rischio di sviluppo della neurotossina. Una brutta storia che forse è rimasta nella memoria dei cittadini di Muggia e forse anche per questo tra gli utenti della seguita pagina social sono in tanti quelli che sperano che alla nuova famigliola del Rio Ospo non accada nulla di grave, e che ai baby cigni sia data la possibilità di vivere in tranquillità e senza l'intrusione, spesso ingombrante, dell'uomo.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 17 maggio 2020

 

 

E il sindaco lancia il progetto per un'ovovia Molo IV-Opicina - LA PROPOSTA ILLUSTRATA DA DIPIAZZA
Una ovovia dal Molo IV a Opicina. Questo il progetto annunciato pubblicamente ai cittadini, ancora alle prese con l'emergenza sanitaria da Covid-19 e provati da tre mesi di lockdown, dal sindaco Roberto Dipiazza l'altra sera nel corso di "Ring", trasmissione tv di Telequattro. Qualcosa di simile era stato ideato già negli anni '30, anche se la meta finale era Monte Grisa. A ogni tornata elettorale - in tempi più recenti - il rilancio della proposta, sempre con protagonista il collegamento al tempio mariano, e lo scorso anno il consigliere comunale Roberto De Gioia aveva presentato pure una mozione in proposito in Consiglio. Il progetto dell'ovovia rientrerà nel piano urbano della mobilità sostenibile e nella riqualificazione del Porto vecchio. Questi i dettagli: partenza dal Molo IV, fermate intermedie all'altezza della Centrale idrodinamica, nella zona del polo museale, al Bovedo dove c'è il parcheggio di interscambio, e poi su fino a Campo Romano. Tempo di percorrenza del tragitto 13 minuti, capacità di 2 mila persone all'ora e altezza finestre dei magazzini, non oltre. Finisce definitivamente in archivio il trenino del centrosinistra per Porto vecchio e il centrodestra rilancia con un collegamento sospeso che, è stato garantito, non influenzerà skyline e vista dalle case. Costo dell'operazione 30 milioni, zero per il Comune a patto di vincere la gara del governo per la mobilità sostenibile, e l'impianto darà addirittura 30 posti di lavoro oltre a mantenersi con l'incasso dei biglietti. La reazione dei telespettatori è stata per la verità abbastanza fredda e non è mancato il tipico morbin triestino nei messaggi passati in sovrimpressione: «Ma posso andare con gli sci a Opicina?», «E prolungarla fin Pramollo?». Ieri è arrivata la presa di posizione di Sabrina Morena (Open Fvg): «Ma l'ovovia è venuta in mente al sindaco perché fa rima con pandemia? Voleva tirarci su di morale ed essere spiritoso in un momento così drammatico per l'Italia intera? Abbiamo bisogno di posti di lavoro, non di grandi opere inutili a spot, e - ha concluso - di una visione prospettica per il futuro della città».

Andrea Pierini

 

 

Maxi tunnel in Carso: ambientalisti già pronti a petizioni e sit-in
«Costi folli, natura devastata: protesteremo in ogni modo» - In campo per il "no" gli esponenti delle opposizioni locali
DUINO AURISINA. Il loro "no" è secco e, per ribadirlo, sono pronti a dare vita a un sit-in e a organizzare una raccolta di firme. È ferma e decisa la reazione degli ambientalisti locali - e degli esponenti delle opposizioni che siedono nel Consiglio comunale di Duino Aurisina - alla proposta, ribadita in questi giorni da Rfi Rete ferroviaria italiana, di realizzare sul Carso un tunnel lungo oltre venti chilometri per rendere più veloce la tratta Trieste-Venezia. I dirigenti di Rfi hanno presentato il progetto in Regione, senza comunque suscitare, a quanto è dato sapere, particolari entusiasmi verso un piano che - ricordano ora gli oppositori - la Commissione di Via del ministero dell'Ambiente ha peraltro bocciato due volte il pian, motivando tale diniego sulla base del pessimo rapporto fra danaro da spendere, circa 900 milioni per il tunnel sulla tratta Aurisina-Ronchi, e il risultato in termini di riduzione dei tempi di percorrenza, dato che si guadagnerebbe al massimo una ventina di minuti sulla Trieste-Venezia. «Le comunità locali e le amministrazioni comunali - tuona Igor Gabrovec, consigliere regionale e capogruppo della Lista Insieme nell'aula di Duino Aurisina - hanno sempre espresso il loro parere contrario. A fronte di un recupero, in termini di tempi di percorrenza, di pochi minuti, si andrebbe a intraprendere lo scavo di una galleria del costo di quasi un miliardo di euro. Senza parlare - aggiunge Gabrovec - del grave danno ambientale, originato da un traforo di decine di chilometri in un'area che ha innumerevoli cavità. Meglio pensare a un ammodernamento dell'attuale tratta che, con investimenti di pochi milioni, potrebbe comunque migliorare le proprie capacità». «I guadagni di tempo - evidenziano a propria volta Danilo Antoni del Gruppo Salute e Ambiente e il consigliere comunale Vladimiro Mervic, della Lista per il golfo - sono irrisori. E in cambio avremmo la devastazione delle zone di superficie, come pure delle località carsiche caratterizzate da un delicatissimo ecosistema. Senza dimenticare - concludono Antoni e Mervic - alle migliaia di viaggi di autotreni impegnati a trasportare materiale da scavo. Attueremo, se necessario - promettono - tutte le forme di protesta lecite». Il consigliere del M5s Lorenzo Celic annuncia infine di aver presentato una mozione, in cui si chiede che sindaco e giunta di Duino Aurisina «si impegnino a prendere posizione in ogni sede contro la progettazione e la realizzazione della costosissima variante Aurisina-Ronchi, che causerebbe pesanti danni all'ecosistema carsico».

Ugo Salvini

 

 

Piano salva Isonzo nel vivo - Il fiume tornerà balneabile
Irisacqua ha approvato il bilancio. Azienda in salute, utile vicino ai 700 mila euro - Il direttore generale Lanari: «Ammontano a 6 milioni di euro i lavori eseguiti»
Un bilancio solido quello di Irisacqua. Che chiude con un utile d'esercizio di 680.385 euro dopo aver contabilizzato ammortamenti per 4.503.748 euro e, al netto del carico fiscale, pari a 647.282 euro. Nell'esercizio appena concluso sono stati, inoltre, realizzati investimenti per complessivi 5.843.501 euro. Il 2019, poi, è stato un anno importante che ha visto la positiva conclusione del lungo iter avviato dalla società per la conferma e il mantenimento delle linee di credito esistenti sottoscritte nel 2008 e per il reperimento delle risorse finanziarie aggiuntive. «Un risultato positivo nei numeri, ma ancor più nell'attenzione all'ambiente e alla qualità del servizio - il commento del dg Paolo Lanari -: 6 milioni di lavori eseguiti, 100 di lavori completati e 180 da eseguire. Le qualità morali e le professionalità di tutti i collaboratori hanno consentito a Irisacqua di mantenere e migliorare questi risultati».La partita più grossa riguarda l'operazione «Isonzo pulito». Finalmente balneabile. Grazie alla realizzazione della "dorsale" che prevede la centralizzazione del sistema depurativo dell'intero Ato (fatta eccezione per 5 Comuni della provincia di Gorizia) al depuratore di Staranzano. L'obiettivo? Ottimizzare il sistema fognario in gestione ad Irisacqua e salvaguardare dal punto di vista ambientale il fiume Isonzo e la baia di Panzano, in quanto rientranti nell'area sensibile "Bacino drenante acque costiere e laguna di Marano e Grado". L'intervento è suddiviso in tre lotti: il primo riguarda l'adeguamento e l'ampliamento del depuratore di Staranzano (depuratore unico); il lotto 2 porterà alla realizzazione della dorsale fognaria da Staranzano a Gradisca d'Isonzo (dorsale Sud); il lotto 3 concerne la costruzione della dorsale fognaria da Gradisca d'Isonzo a Gorizia (Dorsale Nord).Per quanto riguarda il lotto 1, si prevede che nella seconda metà del 2020 si possa dare corso ai lavori. Relativamente al lotto 2, verrà indetta una conferenza dei servizi per poter ottenere tutte le autorizzazioni e tutti i pareri del caso in modo tale da avviare l'iter di verifica del progetto definitivo, completato il quale si procederà con l'approvazione del progetto definitivo. Si prevede quindi di dare l'avvio alla progettazione esecutiva entro il 2020. Nella seconda parte del 2019 è stato affidato, infine, l'incarico per la progettazione del lotto 3. Entro il primo semestre del 2020 verrà consegnato il progetto definitivo. Dopo di che verrà indetta una conferenza dei servizi per poter ottenere tutte le autorizzazioni e tutti i pareri del caso in modo tale da avviare l'iter di verifica del progetto definitivo, completato il quale si procederà con l'approvazione del progetto definitivo. Si prevede di dare avvio alla progettazione esecutiva all'inizio del 2021.

Francesco Fain

 

 

La figura di Fornasir rivive nel cuore di Porto vecchio - Le idee di Italia Nostra a un anno dalla morte
Una seria opera di rilancio filologico di diversi "angoli" del Porto vecchio sulla scia dei progetti portati avanti dall'architetto Barbara Fornasir, «perché restino la memoria e la testimonianza di una donna che ha svolto la sua professione con particolare riguardo alla bioarchitettura, all'arte, agli arredi interni, al restauro degli edifici storici e al Porto vecchio».La sezione di Trieste di Italia Nostra riprende dunque la "campagna" dedicata appunto al Porto vecchio, e lo fa, come si legge in un comunicato firmato dalla vicepresidente Giulia Giacomich, ribadendo, nel primo anniversario della scomparsa dell'architetto Fornasir, venuta a mancare il 18 maggio 2019, l'impegno a «realizzare, nelle sue iniziative future in Porto vecchio, la traccia dei progetti che lei ha curato per gli edifici storici minori: l'ex locanda, la rimessa storica delle locomotive, il magazzino XI e le vecchie espositure doganali». Iniziative su cui stanno lavorando tra gli altri l'architetto Lucia Krasovec-Lucas e la storica dell'arte Giuliana Carbi, a partire dagli atelier per artisti da realizzare nel magazzino XI, e l'architetto Giorgio Zaninovich per il progetto (H)all nell'ex locanda piccola. E sempre su iniziativa di Italia Nostra, ricorda la nota, «in collaborazione con l'associazione Biennale internazionale donna, Antonella Caroli ha dedicato un intero anno a questa cara amica non solo con una pubblicazione, "I sogni di Barbara" (Luglio), ma anche con la raccolta in numerosi faldoni di tutto il materiale recuperato nel suo studio, consegnato all'Archivio di Stato di Trieste, dove è stato creato il fondo Sergio e Barbara Fornasir grazie al soprintendente archivistico Viviano Iazzetti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 16 maggio 2020

 

 

In treno a Venezia in un'ora e un quarto: la linea veloce sarà pronta nel 2031

Ecco il piano di Rfi che accelera i tempi soprattutto sulla tratta Ronchi-Mestre. Variante di 23 chilometri in galleria sul Carso

TRIESTE. Da un minimo di 7 a un massimo di 20 minuti. È il risparmio temporale che Rete Ferroviaria Italiana ha prospettato alla Regione nell'ambito del progetto di potenziamento e velocizzazione del collegamento ferroviario Trieste-Venezia, un'operazione da 1,8 miliardi, la metà dei quali per la Ronchi-Aurisina, con attivazione prevista nel 2031 e variante di 23 chilometri in Carso, quasi totalmente in galleria. La simulazione presentata a Palazzo in videoaudizione dai tecnici della società statale parte dalla situazione attuale per i treni a lunga percorrenza, un viaggio che dura 1 ora e 34 minuti da Trieste a Venezia-Mestre e che verrebbe ridotto di 7 minuti con lavori di potenziamento tecnologico, di 10 minuti con l'aggiunta della velocizzazione e di 16-20 minuti appunto con la variante di Ronchi-Aurisina. In quest'ultimo scenario, spesi tutti i 1.800 milioni (di cui, al momento, risultano stanziati non più di 200), ci si metterebbe tra i 15 e i 19 minuti per arrivare a Ronchi e altri 59 fino a Mestre. Un totale di 1 ora e 14 minuti, meno di adesso, ma comunque non quell'ora di tempo o poco più che era stata prospettata dall'ad di Rfi Maurizio Gentile nel 2015, al via del progetto. Se il risparmio per quel che riguarda i treni regionali è di poco meno di 3 minuti rispetto a oggi (da 1 ora 10 minuti 33 secondi a 1 ora 7 minuti 40 secondi), è proprio la Ronchi-Mestre il collegamento in cui i lavori consentirebbero di migliorare decisamente il servizio per quel riguarda invece i mezzi ad alta velocità. Tra l'altro con costi molto inferiori, attorno a 800 milioni tra potenziamento tecnologico, soppressione di 23 passaggi a livello e le varianti di tracciato a Portogruaro, Latisana e sul fiume Isonzo. A cantieri chiusi, un treno no stop in partenza da Trieste Airport, con velocità fino a 200 chilometri orari (non la Tav, in sostanza) fermerebbe a Mestre dopo 42 minuti con il potenziamento tecnologico della linea e dopo 38 nel caso in cui si aggiungessero opere di velocizzazione, 11 minuti meno dei 49 minuti attuali. I tempi di realizzazione? L'agenda di Rfi parla del 2023-24 per il potenziamento, del 2023-26 per l'eliminazione dei passaggi a livello e il nuovo Posto di movimento a San Donà di Piave, del 2029 per le tre varianti. Con il solo potenziamento, spiega Rfi, aumenterebbe la capacità della linea del 25% con riduzione del distanziamento treni da 8 a 6 minuti e garanzia di una cadenza di un treno regionale veloce, uno lento e uno ad alta velocità no stop all'ora. Quanto alla velocità si passerebbe da 150 a 200 km/h nei tratti di linea che presentano già un tracciato in rettifilo. Se poi si guarda anche alla variante Ronchi-Aurisina, già ritornata al centro del dibattito politico, ma che in realtà pare non volere nessuno, Rfi informa intanto che «sarà redatto un nuovo progetto di fattibilità tecnica economica sulla scorta degli esiti della Via del 2003 e del 2016 del progetto Av Ronchi-Trieste». Già disponibile inoltre «uno studio di fattibilità di un collegamento tra Trieste Airport e la stazione di Aurisina, che prevede un'interconnessione con l'attuale linea Aurisina-Bivio di Aurisina, per arrivare a Trieste centrale attraverso la linea storica».

Marco Ballico

 

Dubbi dei pentastellati sul nuovo tracciato - i riflessi sull'aeroporto: Marano vede la svolta

TRIESTE. Il più soddisfatto dello scenario prospettato da Rfi in direzione Veneto è il presidente di Trieste Airport Antonio Marano. Il risparmio di tempo con potenziamento e velocizzazione della linea esistente riguarda soprattutto il collegamento da Ronchi a Mestre, «un'opportunità straordinaria che la politica dovrebbe sposare da subito: ci sono tutti i motivi per fare in fretta e agganciare il nostro territorio all'alta velocità». Il polo intermodale «viene riconosciuto come snodo di tutte la modalità di trasporto. Tra l'altro senza che Rfi ci chieda investimenti, se non un adeguamento dell'accoglienza passeggeri. Il resto c'è già». La sollecitazione di Marano alla politica trova riscontro, ma con il distinguo sulla Ronchi-Trieste. Se anche il M5S spinge per realizzare nel più breve tempo possibile il potenziamento tecnologico della tratta, l'avvertimento del consigliere regionale Cristian Sergo è a farlo «affrontando con i territori percorsi partecipativi». Il nodo chiave è però la Ronchi-Aurisina. «Se la Regione nulla dice sul tema - incalza il grillino -, significa che è d'accordo. Al contrario, si dovrebbe prendere posizione in ogni sede contro un'opera già bocciata due volte dalla commissione di Via del ministero dell'Ambiente, che costerebbe un miliardo e senza i significativi risparmi di tempo prospettati». I pentastellati avevano pronta una mozione da far votare in Consiglio, ma Lega e Fi, «solo a parole sono contrari alla galleria in Carso. Di fronte al nostro testo, che abbiamo poi ritirato perché sarebbe stato stravolto, ci è stato proposto di sondare le intenzioni del governo e ribadito che ce lo chiede l'Europa. A conferma che la specialità regionale si tira in ballo solo quando comoda». All'attacco del centrodestra anche il Pd con Diego Moretti e Mariagrazia Santoro: «Sul tracciato dell'alta velocità ferroviaria Trieste-Venezia, la giunta Fedriga è rimasta assente».

m.b. 

 

Un no bipartisan alla mega galleria per l'Alta velocità «Rovina il Carso»

Il progetto dell'alta velocità-alta capacità ferroviaria non si farà certamente in questi anni, ci vorranno ancora decenni e come ribadisce il sindaco Anna Cisint «non ci sono nemmeno i soldi per la progettazione». Intanto in maniera trasversale la politica dice no all'ipotesi avanzata da Rfi di continuare sul progetto della galleria tra Ronchi e Trieste: «Novecento milioni per devastare il Carso sotterraneo e per risparmiare 6 minuti non sono giustificati». Lo sostengono in maniera univoca i consiglieri regionali Giuseppe Nicoli di Forza Italia, quello del Pd Diego Moretti. E un intervento sul tema arriva anche dal consigliere della Lega Antonio Calligaris. «Ribadisco la mia contrarietà all'ipotesi di variante Aurisina-Ronchi presentata da Rfi nell'ambito della velocizzazione della ferrovia Venezia-Trieste. Una simile ipotesi, impattante per il territorio quanto inutile ai fini della velocizzazione, va scartata sul nascere. Avviamo invece un tavolo permanente sulle infrastrutture, ferrovie comprese, tra Regione, Rfi e gli altri soggetti che si occupano delle infrastrutture del territorio». Secondo Nicoli l'impatto sul Carso sarebbe devastante per velocizzare i convogli di una manciata di minuti. «Meglio pensare, invece, a velocizzare il resto della tratta - conclude - con il minor impatto possibile sul territorio, anche a beneficio del traffico merci soprattutto in ingresso e uscita dai porti, nonché a eliminare i passaggi a livello che causano disagi al traffico e ai mezzi di soccorso (vedasi proprio il caso di Ronchi dei Legionari) e a innalzare le barriere antirumore ai margini dei binari che attraversano i centri abitati». «Sul tracciato dell'alta velocità ferroviaria - dice Moretti - la giunta Fedriga è rimasta ferma ai titoli, totalmente assente e senza alcuna idea sulla programmazione. Scelte di tale portata vanno chiarite ora, non quando le cose saranno già chiuse. Lo stesso sindaco di Monfalcone, anziché accusarci, come al solito, di allarmismo o di poca responsabilità con il solito scaricabarile, adesso o nei prossimi mesi dica come la pensa, perché dopo potrebbe essere tardi. Ha senso sventrare il Carso per risparmiare 6 minuti? Ha una logica? Il Pd dice di no». Secondo Calligaris infine «se il M5S ritiene che RFI debba fermarsi per non spendere milioni per una progettazione che poi non verrà fatta, posso concordare, ma credo che il tema debba essere correttamente posto al ministero dei Trasporti e non alla Regione. Per questo motivo ho presentato un emendamento, mantenendo intatte le premesse ed i ragionamenti dei M5S, con cui si impegnava la Regione a chiedere al Governo di chiarire la propria posizione».

G. G.

 

 

Il Comune accelera sul progetto della nuova piscina terapeutica da costruire nell'area di Porto vecchio - la riunione operativa

Parlare di fumata bianca è ancora prematuro, ma alla fine dell'incontro di ieri tra i promotori del "Theresianum" - il progetto della struttura sportivo-riabilitativa da realizzare in Porto vecchio - e il Comune di Trieste, a trapelare è un cauto ottimismo. La prima fase per la costruzione della nuova piscina terapeutica pensata per sostituire l'Acquamarina, il cui tetto come noto ha ceduto lo scorso agosto, potrebbe completarsi il 30 giugno con la consegna del progetto di fattibilità e di quello economico e finanziario. Nel 2021 si potrebbe quindi avviare il cantiere con il taglio del nastro nel 2022. Davanti ai tecnici degli uffici comunali di Lavori pubblici e Bilancio si sono seduti i rappresentanti di Medio Credito del Trentino Alto Adige, i progettisti della Sgm Consulting, già impegnata nel Trieste Convention Center, il costruttore Monticolo&Foti e il Policlinico triestino che ne sarà, in caso di via libera, il gestore insieme alla Triestina Nuoto.«C'è ottimismo - spiega l'architetto Daniele Alberico -, siamo sul pezzo e stiamo affrontando gli elementi tecnici di dettaglio. Ci rivedremo all'inizio della prossima settima per poi, se tutto dovesse andare per il meglio, avviare la fase definitiva della progettazione che richiederà uno sforzo importante. Il Comune sta lavorando con grande attenzione a ogni piccolo dettaglio e per questo siamo fiduciosi».La superficie della futura piscina terapeutica è stimata in 5 mila metri quadrati, il doppio di Acquamarina. L'impianto dovrebbe sorgere tra il Centro Congressi e l'area destinata alla creazione della cittadella dello sport verso Barcola. "Theresianum", ricordano i proponenti, è un progetto legato al sociale nel quale verranno creati spazi per persone con disabilità e soggetti che necessitano di un percorso terapeutico: dagli sportivi ai cittadini impegnati in un percorso di riabilitazione. Da limare, al momento, è la possibilità di aggiungere quanti più servizi possibili e in questo senso si sta lavorando alla realizzazione anche di un bar in grado di fornire pasti. La formula immaginata è quella del project leasing con fondi del Medio Credito del Trentino Alto Adige. In sostanza il Comune inizierebbe a pagare dal 2023 un onere ventennale comprensivo dei costi di gestione ordinaria e straordinaria arrivando poi a diventare proprietario dell'immobile.

Andrea Pierini

 

 

Legambiente su A2A: «Stop al gas in centrale, ora tavolo scientifico» - l'accordo con i sindacati bocciato

Legambiente, regionale e locale, boccia l'accordo stretto da A2A con i sindacati per la riconversione a gas della centrale termoelettrica di Monfalcone. L'associazione ambientalista lo fa a fronte dell'attuale situazione del mercato energetico italiano e delle strategie di lungo periodo dell'Unione europea. Legambiente chiede quindi che torni a operare un tavolo tecnico-scientifico coordinato dalla Regione, «garantendo il protagonismo anche delle organizzazioni della società civile, per definire un Piano territoriale di riconversione industriale innovativo che non preveda l'uso di fossili e si ispiri a un vero Green new deal». A testimonianza «dell'inadeguatezza della proposta di A2a» l'associazione chiama i dati della domanda di energia elettrica nel primo bimestre del 2020 (in calo e non ancora intaccata dall'emergenza Covid-19) che «è stata soddisfatta per un terzo dalla produzione di fonti rinnovabili, con un trend in progressivo aumento nel futuro prossimo».«La Strategia climatica europea di lungo termine, proposta dalla Commissione europea, prevede inoltre uno scenario a emissioni zero di CO2 nel 2050 - aggiunge Legambiente -, adottando obiettivi di decarbonizzazione coerenti con il contenimento del riscaldamento globale entro 1, 5 gradi».Un recente studio di Legambiente prevede di raggiungere l'obiettivo nel 2040, adottando una serie di azioni orientate a semplificare le autorizzazioni, ad aprire alle comunità energetiche e all'integrazione del fotovoltaico in agricoltura, spingere sui sistemi di accumulo, sull'efficienza energetica, l'elettrificazione delle città, il potenziamento di reti e interconnessioni, e a imprimere una spinta al biometano e l'eolico galleggiante.

LA. BL.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 maggio 2020

 

 

Accordo di programma sulla Ferriera: riparte il confronto per la riconversione

Gruppo Arvedi e Piattaforma logistica hanno intanto trovato l'intesa sui compiti nella fase di smantellamento dell'impianto

La fase 2 comincia anche per la Ferriera di Servola, che ieri ha visto riprendere il confronto sulla stesura dell'Accordo di programma, oggetto di una teleconferenza fra tutti i soggetti pubblici e privati interessati. La principale novità è che il gruppo Arvedi e la società Piattaforma logistica hanno trovato un'intesa definitiva sui rispettivi compiti nella fase di smantellamento dell'impianto e successiva messa in sicurezza, anche se le parti devono ancora trovare il punto di caduta per la compravendita dei terreni. Resta inoltre in sospeso la quantificazione delle risorse economiche che governo e Regione metteranno a disposizione per sostenere la riconversione per uso portuale e industriale. L'area a caldo è spenta da settimane, ma quando arriverà la firma dell'Adp è difficile dirlo. Dalle parti della Regione filtra comunque ottimismo, tanto che si ritiene possibile arrivare a una versione definitiva del testo già la prossima settimana. Vero è tuttavia che, stando agli annunci del ministro Stefano Patuanelli e della proprietà dello stabilimento, la stipula sarebbe dovuta avvenire entro dicembre e dunque l'esperienza consiglia cautela. Al confronto ancora in corso tra i privati sulla cessione dei terreni si somma infatti la necessità di dirimere il punto delle clausole sospensive che questi pretendono di inserire nel testo, ma che il Mise considera inaccettabili, perché renderebbero incerto il destino della riconversione. Arvedi e Piattaforma logistica (che in questa fase siede al tavolo attraverso la società costruttrice Icop) chiedono di poter revisionare i patti che verranno sottoscritti, in caso di successive modifiche al quadro normativo che potrebbero rendere l'operazione meno conveniente sul piano economico. La fumata bianca si è invece avuta sui compiti che Arvedi e Icop assumeranno nel corso delle opere di riconversione. Il confronto su questi aspetti ha richiesto settimane ma l'esito è ora inserito nella bozza di Adp e attende il favore del ministero dell'Ambiente. Spetterà al gruppo siderurgico lo smantellamento dell'impianto e il riutilizzo successivo delle parti e dei rottami, mentre sarà Icop a occuparsi della pavimentazione dei terreni dell'area a caldo e a compartecipare alle spese di gestione dell'impianto di trattamento delle acque che sarà realizzato dalla parte pubblica. Come noto, nella zona oggi occupata da cokeria e altoforno sorgerà un terminal ferroviario, la cui costruzione sarà affidata a Rfi nell'ambito del piano di sviluppo del porto già finanziato a parte. Resta tuttavia ancora da delineare il ruolo nella partita dell'Agenzia del demanio, posto che l'accordo dei privati prevede un complicato scambio di terreni con il coinvolgimento dell'Autorità portuale, perché le aree sono in parte di proprietà dei privati e in parte date in concessione dall'Authority. Sta tutta qui dentro la questione dell'intesa economica tra Arvedi e Piattaforma logistica, che potrebbe essere formalizzata dopo la firma dell'Adp, non essendo intervenuto per ora nessun atto formale tra le parti. Anche su questo c'è tuttavia ottimismo, tanto più che la firma dell'Accordo impegnerà i privati con numerosi e onerosi adempimenti e dunque sono impensabili retromarce sulla compravendita dei terreni, che potrebbe costare a Piattaforma logistica una ventina di milioni, che potrebbero essere messi dal player internazionale interessato a entrare in Plt per partecipare poi alla realizzazione del Molo VIII.

Diego D'Amelio

 

 

Grado conserva il record - È di nuovo Bandiera Blu

Il riconoscimento assegnato per la 32.a volta. E subito dietro c'è Lignano E sono ben undici gli approdi turistici regionali che si piazzano in classifica

GRADO. L'Isola del Sole continua a guidare la particolare classifica nazionale delle località balneari che hanno ricevuto il maggior numero di Bandiere Blu: con quella annunciata ieri sono ben 32. Anche quest'anno, dunque il prestigioso vessillo blu sarà issato sulla città e sulle spiagge dell'isola. Ed si tratta, come si diceva, un record. Grado guida, infatti, questa classifica nazionale assieme alla località ligure di Moneglia in provincia di Genova. In ogni caso proprio subito dietro, in classifica c'è Lignano che ieri ha ricevuto il riconoscimento per la 31ma volta. Insomma le due importanti spiagge balneari del Friuli Venezia Giulia sono ai vertici di questa graduatoria nazionale della quale quest'anno fanno parte 195 località ossia 12 in più dello scorso anno. Complessivamente potranno issare la Bandiera Blu anche 75 approdi turistici italiani. Fra questi ci sono anche gli 11 approdi del Friuli Venezia Giulia che sono quello della Lega Navale di Trieste, Porto San Vito di Grado, l'Hannibal di Monfalcone oltre al Porto Turistico Marina Uno, Marina Punta Verde, Marina Punta Faro, Darsena Porto Vecchio di Lignano; Marina Punta Gabbiani, Darsena Aprilia Marittima e Marina Capo Nord di Aprilia Marittima; e la Marina Sant'Andrea di San Giorgio di Nogaro. Quindi confermati tutti gli approdi del Friuli Venezia Giulia che anche lo scorso anno hanno fatto sventolare la Bandiera Blu. I parametri previsti dal regolamento della Fee, Foundation for Environmental Education ovvero Fondazione per l'Educazione Ambientale, sono sempre più rigorosi. Fra questi ci sono il rispetto della massima vigilanza e cura ambientale e soprattutto della purezza delle acque (fanno testo i dati elaborati dal Ministero della Salute in base alle analisi effettuate dall'Arpa) ma anche della vivibilità di una città. Vivibilità intesa anche come pulizia, funzionalità e capacità dell'impianto di depurazione. Complessivamente si tratta di 32 criteri che quest'anno, proprio per le difficoltà legate alla questione Covid-19, hanno fatto lavorare ancor di più e con maggior difficoltà i componenti della specifica commissione. Il presidente di Fee Italia Claudio Mazza ha sottolineato che «quest'anno la Bandiera Blu sarà strumento di ripresa e di rilancio dell'immagine del Paese» e «insieme ai Comuni, gli stabilimenti balneari avranno un ruolo fondamentale in termini di presidio delle spiagge nel rispetto delle regole di sicurezza». Intanto l'amministratore unico della Git, Alessandro Lovato, si prepara a una inaugurazione forzatamente sotto tono della stagione turistica: «Siamo più forti del coronavirus e vogliamo dimostrare la nostra capacità di attrezzare la spiaggia con una chiara volontà di ripartenza. Bisogna lanciare il cuore oltre l'ostacolo». Le ultime due stagioni la stagione dell'isola d'oro era iniziata con una grande esibizione delle Frecce Tricolori. Domani ci sarà una inaugurazione, sia pure nel clima di incertezza attuale con la presentazione di un video promozionale in italiano e tedesco per superare a questi momenti di difficoltà, ma anche di ripartenza: «Un contributo personalizzato motivato dalla precisa volontà di aiutare il comparto turistico di questa località. Immagini dal forte impatto emozionale, con la regia di Tommaso Lessio, costruito con la partecipazione della gente di Grado.

Antonio Boemo

 

Le spiagge "promosse" quest'anno sono 12 in piu' - In tutta Italia

ROMA. Aumentano quest'anno in Italia le Bandiere Blu, i riconoscimenti ai comuni marinari e lacustri con le acque più pulite e il maggior rispetto dell'ambiente. Sono 195 i Comuni italiani che le hanno ottenute nel 2020, 12 in più rispetto ai 183 dell'anno scorso. I nuovi ingressi sono 12, e non c'è nessuna uscita. Le 12 new entry per i comuni sono Gozzano (Piemonte), Diano Marina (Liguria), Sestri Levante (Liguria), Montignoso (Toscana), Porto Tolle (Veneto), Vico Equense (Campania), Isole Tremiti (Puglia), Melendugno (Puglia), Rocca Imperiale (Calabria), Tropea (Calabria), Siderno (Calabria), Alì Terme (Sicilia). Fra gli approdi arrivano quest'anno Cala Cravieu (Celle Ligure, Liguria), Vecchia Darsena Savona (Savona, Liguria), Cala Gavetta (La Maddalena, Sardegna), Marina Porto Azzurro (Porto Azzurro, Toscana), Porto degli Aragonesi (Casamicciola, Ischia, Campania). Perdono la Bandiera Blu nel 2020 il Porto turistico Marina di Policoro (Policoro, Basilicata) e la Marina del Nettuno (Messina, Sicilia).La Liguria sale a 32 località, con due nuovi ingressi, e guida la classifica nazionale. Segue la Toscana con 20 località (un nuovo ingresso). La Campania raggiunge le 19 Bandiere con un nuovo ingresso. Con 15 località seguono le Marche. La Puglia conquista due nuove località mentre la Sardegna riconferma le sue 14 località. Anche la Calabria va a quota 14 con tre nuovi ingressi, mentre l'Abruzzo resta a 10. Il Lazio conferma le 9 bandiere, così come 9 sono quelle del Veneto, che segna un nuovo ingresso. L'Emilia Romagna conferma le sue 7 località, mentre la Sicilia ne guadagna una, passando a 8 Bandiere. La Basilicata conferma le sue 5 località. Il Molise rimane con una Bandiera.

 

 

Trieste Trasporti - Al via da lunedì le prime corse a bordo dei bus «a chiamata»

Dopo le navette point-to-point riservate ai dipendenti delle imprese che ne abbiano fatto richiesta, partono dalla settimana prossima a Trieste anche i servizi di trasporto a chiamata. Una sperimentazione che, in linea con le indicazioni regionali, permetterà su determinate direttrici di prenotare l'autobus avendo la certezza di viaggiare mantenendo il distanziamento sociale a bordo. Tre i percorsi lungo i quali il servizio sarà inizialmente attivato: il primo è fra via Svevo e piazza della Libertà (corrispondente al percorso della linea 1), il secondo fra corso Italia e palazzo Ferdinandeo in via De Marchesetti (corrispondente al percorso della linea 11) e il terzo fra piazza Tommaseo e via Alfonso Valerio (corrispondente al percorso della linea 17).«Quelli che stiamo vivendo - dice Graziano Pizzimenti, assessore regionale ai Trasporti - sono giorni difficilissimi: l'emergenza sta condizionando profondamente le nostre abitudini e anche i trasporti, inevitabilmente, ne escono segnati. Insieme con i gestori dei servizi, la Regione ha reso operativa una cabina di regia che, fin dal primo giorno, sta provando a monitorare la situazione, a ridurre i disagi e a rispondere adeguatamente alla trasformazione della domanda».Insieme con il servizio a chiamata, Trieste Trasporti attiverà da lunedì anche un call center dedicato, che risponderà al numero 0409720003: gli operatori saranno a disposizione della clientela sia per ricevere prenotazioni e sia per dare informazioni sul normale servizio di trasporto pubblico, in giorni in cui si moltiplicano le domande, le paure e i dubbi delle persone. «Abbiamo fatto tesoro dell'esperienza maturata sull'altopiano - dice Aniello Semplice, ad di Trieste Trasporti e del consorzio Tpl Fvg - e oggi trasponiamo in città, in un contesto e in una fase storica molto diversi, quella stessa tecnologia. Gli autobus a chiamata si muoveranno lungo i percorsi indicati e potranno essere prenotati, fino a mezz'ora prima dell'effettuazione della corsa, dal call center o dal sito internet di Trieste Trasporti: in presenza di una corsa disponibile, si riceverà dopo pochi istanti un sms e una mail di conferma, con l'indicazione dell'orario e della fermata di partenza e della fermata di destinazione. Il biglietto costerà come una corsa semplice e il pagamento potrà essere effettuato sia con carta di credito e sia con borsellino elettronico ricaricabile. Per gli abbonati la prenotazione e il viaggio saranno gratuiti».

 

 

MONFALCONE - Il sindaco assicura: «Dell'alta velocità sul Carso si riparlerà non prima del 2030»

È l'esito di un confronto con l'assessore regionale Pizzimenti «Semmai i lavori interesseranno la tratta Venezia-Ronchi»

A scanso di equivoci: l'amministrazione di Monfalcone non vuole il Carso-groviera. Ma di qui a dire che il progetto dell'alta velocità è materia attuale, di odierno dibattito ce ne passa. Ci fosse mai questa possibilità, stando al sindaco Anna Cisint, se ne parlerebbe dopo il 2030. Lei senz'altro non sarà più nelle stanze dei bottoni di piazza della Repubblica, ma cosa accadrà di qui a dieci anni è comunque materia oscura. L'interessamento del Comune, che ha avuto un recente confronto sul punto con i tecnici di Rete ferroviaria italiana e la Regione, sorge dopo l'allarme lanciato giorni fa dal democratico Fabio Delbello, dal suo segretario provinciale Diego Moretti e pure dal consigliere regionale della Slovenska Skupnost Igor Gabrovec su queste colonne. Tra l'altro Delbello, oltre alla Lega, tirava per le orecchie pure i suoi a livello nazionale, citando «l'ennesimo assalto del partito trasversale del cemento e dell'acciaio» e preannunciando la mobilitazione della società civile per scongiurare la realizzazione di una tratta di 23 chilometri dallo Zochet, fino alle grotte di Slivia. Riferendosi al collegamento fra il bivio di San Polo e la stazione di Aurisina, Cisint rileva che «al momento non c'è alcuna base su cui discutere o fare ragionamenti: se ne parlerà nel 2030 e Rfi non ha ipotizzato finora nemmeno uno studio di fattibilità, men che meno un progetto preliminare». «In questo contesto - sottolinea - gettare allarmi e minacciare sfracelli come hanno fatto Moretti e Del Bello è solo un segno di poca responsabilità». Stando a Cisint «lo stato dell'arte è il seguente: da qui al 2025 saranno fatti miglioramenti tecnologici sul tratto da Venezia a Ronchi e saranno predisposte le progettualità che riguardano tre opere che interessano il territorio: il nuovo ponte ferroviario sull'Isonzo e l'eliminazione di due passaggi a livello cruciali per la nostra viabilità fra Monfalcone e la cittadina dell'aeroporto, in area San Polo». Stando al sindaco il tutto avverrebbe con il «diretto coinvolgimento» degli enti, come «convenuto nell'incontro avuto assieme a Livio Vecchiet con i vertici tecnici di Rfi, presente pure l'assessore regionale Graziano Pizzimenti». La versione di Cisint è: «Da qui al 2030 non c'è altro, né risultano ulteriori finanziamenti disponibili, a eccezione di quelli per la progettualità della prima tranche di opere e i miglioramenti tecnologici fino al terminal aeroportuale». Ovvero: «Nulla che riguardi il tratto da Ronchi ad Aurisina, per il quale non ci sono neppure i fondi per le spese di progettazione». Eppure se ne discute. «L'ipotesi del tunnel da realizzare sotto il carso fra Monfalcone e Aurisina fa parte delle progettualità del passato di una vicenda che è iniziata nel 2003, diciassette anni fa - scandisce la prima cittadina -. Pensare che questa possa trovare ascolto acriticamente e senza discussione da parte della nostra amministrazione è fuori da ogni realtà, anche perché un investimento di tal genere, invasivo e costosissimo, avrebbe come risultato quello di ridurre la percorrenza dei treni in modo puramente simbolico di qualche minuto, senza coerenza e conformità, a mio avviso, di un rapporto costi-benefici». In questo caso un pensiero evidentemente sovrapponibile a quello del centrosinistra e dei grillini. Ma Cisint prosegue: «I tecnici di Rfi stanno raccogliendo idee nella prospettiva del 2030: naturalmente siamo pronti a confrontarci e a dire la nostra su ipotesi realmente in campo, ma sul nulla, a differenza di altri, non è serio farlo». Per l'amministrazione si è trattato a ogni modo di un incontro costruttivo, poiché ha consentito di apprendere informazioni sui programmi delle ferrovie e di «attivare una metodologia che in passato è mancata». «Ho ottenuto - conclude - che a breve ci possa essere un nuovo incontro nel merito concreto delle questioni che toccano gli aspetti del nostro territorio: i collegamenti portuali e i problemi dello sviluppo della rete e delle infrastrutture. È stato, infine, stabilito con l'impegno della Regione il protagonismo dei Comuni per tutte le scelte e gli interventi che incidono sulla comunità. Questi sono i fatti, rispetto ad un'opposizione invece priva di proposte».

Tiziana Carpinelli

 

 

Sos Carso in azione - Liberata la cavernetta della Strada romana - volontari impegnati sotto il monte spaccato

TRIESTE. Uno scaldabagno, un boiler, un neon, un bidone di ferro, quattro vecchi schermi da pc e oltre settanta sacchi neri di rifiuti vari. Anche in tempo di lockdown, Sos Carso non è riuscita a starsene con le mani in mano. Due volontari dell'associazione ambientalista hanno svolto un lavoro di pulizia lungo la Strada romana, all'altezza del cippo eretto nel 1939, a lato dell'ex strada camionale, sotto il Monte Spaccato. Prima che venisse posizionato il guardrail, l'area era spesso utilizzata come discarica da persone senza scrupolo. I vecchi lasciti ritrovati da Sos Carso lo testimoniano tristemente. Una pulizia non programmata, ma emersa durante una passeggiata. In un paio di uscite i volontari, con tanto di mascherina regolamentare e rispettando sempre le distanze previste dalla legge, hanno raccolto la spazzatura abbandonata impunemente da ignoti, ripulendo anche la cosiddetta cavernetta del valico romano. La strada romana in questione, come ricordava qualche anno fa lo storico e giornalista Bernardino de Hassek, nasce a Trieste, si inerpica lungo via Damiano Chiesa, incrociando la strada statale per Basovizza, poco dopo le cave Faccanoni. Per molti anni, dalla fine dell'Ottocento fino al secondo dopoguerra, l'arteria fu meta di frequenti escursioni dei triestini per raggiungere il Monte Spaccato, Padriciano e il Bosco Bazzoni. Nel 1939, su progetto dell'architetto Arduino Berlam, venne posto all'inizio della strada un grande cippo con un'iscrizione che ricordava il momento in cui la strada fu realizzata dai legionari romani, poi fatto saltare nel 1945 ma ancora oggi rintracciabile circa 200 metri sotto. Terminata questa pulizia i volontari di Sos Carso stanno già progettando i prossimi interventi. Il primo riguarderà la grotta sopra Longera, situata nel bosco Salzer a Padriciano, piena di ferraglia e rifiuti vari. Il secondo, più impegnativo, sarà la riqualificazione della vedetta Alice, un progetto ambizioso che farà seguito alla rimessa a nuovo della vedetta Slataper e della vedetta Italia.

Riccardo Tosques

 

 

MESSAGGERO VENETO - VENERDI', 15 maggio 2020

 

 

Gli esperti di Tlc e i timori per il 5G «Nessun danno per la salute»

UDINE La smentita arriva dall'Istituto superiore di sanità: l'introduzione del 5G non comporterà danni per la salute della popolazione. E un ombrello a eventuali effetti derivanti dall'esposizione ai campi elettromagnetici, comunque, c'è: linee guida internazionali sui limiti cautelativi «valutati e fissati sulla base di evidenze scientifiche». Tra le voci di chi, all'indomani della decisione della giunta guidata dal sindaco Pietro Fontanini di non autorizzare l'estensione del 5G su tutto il territorio comunale, cerca di arginare la fisiologica paura di pagare un prezzo troppo alto al progresso tecnologico, c'è anche quella di Asstel, che nel sistema di Confindustria rappresenta la filiera delle Tlc. «Tutte le frequenze utilizzate dal 5G, incluse le onde millimetriche, ricadono ampiamente all'interno di quelle considerate dalle linee guida», fa sapere. Anche perché a imporre rigorosi paletti sono prima di tutto le leggi. «Né - aggiunge - esistono ragioni scientifiche o logiche per prevedere effetti diversi da quelli legati alle precedenti tecnologie: gli effetti dei campi elettromagnetici sui biosistemi sono stati studiati da Icnirp per bande di frequenza fino a 300 Ghz, comprese quelle utilizzate o che lo saranno dalle tecnologie delle telecomunicazioni radio-mobili di tutte le generazioni dal 2G al 5G». Fin qui i dati tecnici. Poi ci sono le reazioni del mondo politico, che nel caso del vicesegretario del Pd regionale e già presidente della commissione d'inchiesta sulla digitalizzazione nella pubblica amministrazione, Paolo Coppola, arrivano da chi della materia è per definizione competente. «Fontanini smentisce la Commissione consiliare speciale sull'inquinamento elettromagnetico istituita dal suo assessore, Giovanni Barillari, dimostra di non fidarsi dell'Arpa Fvg, manca di rispetto agli esperti e soprattutto danneggia inutilmente il futuro di Udine», commenta. Tanto più dopo che l'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, ha ricordato essere attiva da tempo l'Agenzia regionale per la difesa dell'ambiente «per disporre di un monitoraggio concreto sull'eventuale diffusione a titolo sperimentale dei ripetitori». Per Coppola, allora, «sarebbe incredibile se il sindaco di Udine dubitasse dei monitoraggi di un ente terzo come l'Arpa. Non bisogna sfruttare le paure per scopi elettorali - la sua conclusione -, ma avere la pazienza di ascoltare gli esperti».

Luana de Francisco

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 maggio 2020

 

 

Impianti e più occupati ad A2A - Intesa sul gas con Cgil, Cisl e Uil
Il progetto prevede oltre alla creazione del nuovo polo energetico, la costruzione di un sistema fotovoltaico e di accumulo per mantenere il numero di addetti
Mantenimento della connotazione industriale del sito della centrale elettrica A2A di Monfalcone, salvaguardia dei livelli occupazionali, produzione di energia con il massimo rispetto dell'ambiente. Accordo pieno tra sindacati e A2A per il rilancio e la trasformazione della centrale elettrica monfalconese. Un passo importante in un momento di gravità assoluta per l'economia locale e italiana che sta tentando di uscire dal tunnel di chiusure per la pandemia da corona virus e per riavviare le attività commerciali e industriali per limitare i danni economici e occupazionali. Nei giorni scorsi c'è stato un incontro tra le segreterie provinciali di Cgil Cisl Uil e le organizzazioni di categoria Filtcem Cgil, Flaei Cisl, Uiltec Uil, le RSU di stabilimento e A2A Energie Future. Tema dell'incontro la prevista riconversione del sito A2A di Monfalcone e l'ampia analisi fatta sul tavolo di confronto tra azienda e sindacati, confermano gli stessi rappresentanti dei lavoratori, ha fornito una «preoccupante panoramica sulla fase attuale di crisi del mercato delle fonti di energia a carbone».La società, confermano Cgil, Cisl e Uil, si è detta «disponibile ad una riconversione del sito a gas, operazione questa che porterebbe alla salvaguardia del sito di Monfalcone ed, attraverso mirati ed ulteriori investimenti in altre tipologie industriali ed ambientali, alla salvaguardia dei posti di lavoro».E proprio in questa prospettiva, sottolineano Cgil, Cisl e Uil, è stata raggiunta una importante intesa tra le organizzazioni sindacali e la società A2A che prevede il mantenimento della connotazione industriale del sito, la salvaguardia occupazionale ed il rispetto dell'ambiente. Il progetto si articolerà in diversi punti. Innanzitutto la creazione di un polo energetico a gas (il nuovo impianto porterà benefici sensibili alla qualità dell'aria) per 850 MWe, investimento pari a 350 milioni euro e 50 addetti. Ma ci sarà anche un impianto fotovoltaico 2 milioni euro. Previsti poi «compensatori sincroni» con un investimento di 25 milioni euro e 10 addetti. Infine è previsto un sistema di accumulo energetico da 8 milioni di euro che darà lavoro a 5 addetti. «A2A ha anche dato disponibilità ad effettuare ulteriori investimenti in economie circolari e retroportualità per il raggiungimento di ulteriori posti di lavoro - spiegano Cgil, Cisl e Uil - fino oltre un centinaio in relazione, vincolati dalla possibilità di effettuare gli investimenti stessi in accordo con il territorio » . E ci sarà la demolizione del sito attuale comprensiva di gruppi ed abbattimento della ciminiera (per un costo di circa 16,5 milioni di euro).I sindacati giudicano «positivamente gli impegni sottoscritti con A2A», ed allo stesso tempo ritengono «improcrastinabile un analogo impegno delle istituzioni, affinchè questo importante progetto di sviluppo veda finalmente il via. Ulteriori ritardi rischierebbero di vedere svanire l'investimento, magari a favore di altri siti, compromettendo definitivamente il sito di Monfalcone, non salvaguardandone i livelli occupazionali e non fornendo al territorio l'opportunità di vedere smantellati la centrale e la relativa ciminiera».

Giulio Garau

 

 

Discarica a due passi dalla casa dei dinosauri - Reti e boe abbandonate
Cumuli di rifiuti nautici nei pressi del sito paleontologico - È il secondo caso dopo quello emerso alla baia di Sistiana
DUINO. Una vera e propria discarica di vecchio materiale nautico a pochi metri dal sito paleontologico del Villaggio del Pescatore. È quanto si staglia all'occhio nudo di chiunque si rechi nei paraggi della "casa" dei dinosauri Antonio e Bruno. Decine di boe alte più di un metro, altrettanti bidoni cilindrici in vetroresina, metri su metri di cime, reti da pesca, qualche copertone, pezzi di plastica sparsi: tutto abbandonato a pochi metri da riva. Quello che potrebbe essere un piccolo angolo di paradiso, dove lo sguardo spazia dalle foci dell'Isonzo al castello di Duino, passando per le cime dell'Istria interna in lontananza, è lasciato all'incuria, con la presenza di rifiuti di ogni foggia. La denuncia arriva da alcuni abitanti della zona, infastiditi per la situazione in cui è lasciato un territorio che vorrebbe innalzare l'offerta turistica della provincia, in considerazione del sito paleontologico lì presente e dell'offerta dei noti ristoranti di pesce del paesino istriano. «È un peccato che questo territorio non venga valorizzato», spiega Anna Maria, un'abitante del posto: «Hanno colonizzato questa ex cava con sporcizie di ogni tipo, tanto che alcuni materiali sono diventati un tutt'uno con la vegetazione. Pensare che basterebbe poco per mettere a posto l'area e trasformarla in una spiaggia con vista Castello». Sogni di nuovi lidi a parte, ancora più utopici in un periodo come questo, quando anche le spiagge già esistenti faranno fatica a svolgere la loro funzione, l'area in questione dimostra tutta la sua desolazione. «Spiace non si parli mai del tema ambientale delle nostre coste - commenta laconicamente un pescatore della zona - mentre qui siamo di fronte a un vero e proprio danno ambientale, seppur piccolo, del quale nessuno dice nulla e, soprattutto, non fa nulla per porvi rimedio». Trattandosi di rifiuti in vetroresina e in alcuni casi anche metallici, infatti, gli stessi non sono biodegradabili e pertanto il danno per l'ambiente, se non si interviene, rischia di diventare notevole. Un problema, quello dei rifiuti nautici nelle zone costiere del comune di Duino Aurisina, già portato alla luce nei mesi scorsi da altri operatori del mare che avevano lanciato un analogo allarme nella frequentatissima baia di Sistiana. Una situazione di degrado che fa il paio con quantosi può trovare al Villaggio del Pescatore. E che si protrae da anni, e alla quale, almeno all'apparenza, nessuno sembra interessarsi.

Lorenzo Degrassi

 

«Lo stagno avvelenato ha infranto i sogni dei bambini di Banne» - la lettera dei genitori sull'area off-limits
TRIESTE L'area rimane ancora recintata e off-limits poiché l'esito delle analisi delle acque dello Stari kal, lo stagno di Banne, non è ancora pervenuto. Lo specchio acqueo di via di Basovizza è in attesa di sapere cosa ha provocato la moria di tritoni, girini, lumache, api ed altri insetti che domenica scorsa hanno indotto la Stazione Forestale di Trieste a isolare la zona. Oli esausti oppure altri agenti chimici. La causa dell'avvelenamento dello stagno non è stata ancora chiarita, ma dalle testimonianze raccolte successivamente alla divulgazione della notizia, è cresciuta la tesi del gesto improvvido, criminale, da parte di qualche sconsiderato che ha deciso di svuotare uno o più bidoni utilizzati per il compostaggio, contenente olio esausto o altra sostanza liquida che ha provocato la morte di centinaia, forse migliaia, di animali. In attesa della risposta definitiva che verrà fornita dall'Arpa forse già domani, lo sdegno provocato dallo stupro ambientale di uno dei luoghi più amati del Carso triestino si è propagato velocemente. Tra le tante attestazioni di affetto nei confronti dell'amena località carsolina, il Comitato genitori scuole di Banne ha pubblicato una lettera particolarmente toccante. «Chiamare lo "Stari kal" uno stagno è riduttivo: da almeno tre generazioni questa piccola zona è stata l'aula verde del plesso scolastico di Banne. È stato per decenni il luogo dove i bimbi potevano osservare le trasformazioni della nostra Amica Natura, dove non serviva youtube per vedere come il girino si trasforma in rana, dove si facevano i primi passi verso il rispetto dell'ambiente e dove l'acqua diventava reale fonte di vita. Ci sono stati anni, ormai lontanissimi, in cui i bimbi nuotavano in questo stagno. Ricevere la notizia della morte di questo piccolo mondo - prosegue il Comitato - non può che provocare una enorme tristezza perché per i bambini della scuola di Banne lo stagno era un luogo di vita e di gioia, parole che negli ultimi mesi sono state quasi cancellate dal nostro vocabolario. Il pensiero dei bambini, insegnanti e genitori di Banne va alla persona che, al tempo del Covid-19, è uscita di casa per distruggere un ambiente, le sue creature ed i sogni di tanti bambini».

Riccardo Tosques

 

 

All'Isola della Cona un nuovo inquilino, è il gatto selvatico solitario e notturno
Avvistato dal naturalista e operatore scientifico De Luca - Una femmina era stata investita sulla strada del Brancolo
STARANZANO. Una stagione primaverile da incorniciare e ricca di sorprese nella riserva naturale regionale della Foce Isonzo a Staranzano. Dopo il festoso evento della nascita a fine aprile di tre puledrini Camargue, qualche giorno fa, durante una sessione di fototrappolaggio finalizzata a ricercare la "puzzola", per gli operatori un'altra bella scoperta: ha fatto la sua comparsa all'Isola della Cona quello che gli esperti faunistici chiamano gatto selvatico, mentre il termine scientifico è Felis silvestris. La notizia dell'avvistamento è stata diffusa con grande soddisfazione da Matteo De Luca, naturalista e operatore scientifico della Sbic, la Stazione Biologica della Cona. «Innanzitutto - afferma De Luca - il gatto selvatico è il primo che vediamo in un contesto costiero. Per noi inoltre si tratta di un osservazione notevole, la seconda per la nostra riserva in tempi recenti. La prima volta era un esemplare femmina trovato purtroppo investito lungo la strada del canale Brancolo e che tempo fa ho recuperato personalmente. I dati precedenti della sua presenza in quest'area sono riferiti addirittura alla fine del 1800. Il gatto selvatico - aggiunge De Luca - è una specie di straordinaria bellezza, molto elusivo e di abitudini prevalentemente notturne. In regione è diffuso in tutta la pedemontana e nei colli orientali e Carso. Recentemente abbiamo assistito a una discesa nelle zone di pianura in particolare lungo gli assi fluviali». Per tutti gli appassionati che lo desiderano, è anche possibile vedere il filmato registrato dalla Sbic dell'avvistamento del "gatto selvatico", sul profilo facebook digitando: https://www.facebook.com/RiservaNaturaleFoceIsonzo/videos/211041583524443/. Anche se al profano potrebbe sembrare un'osservazione che rientra nella normalità per la grande passione di tanti per il gatto "domestico", per i naturalisti e gli appassionati della fauna selvatica, l'osservazione e la presenza dell'animale rappresenta invece un importante passo in avanti nella biodiversità degli elementi che si trovano nella Riserva naturale. Si tratta, infatti, di un esempio di come alcune specie anche rare stanno colonizzando o ricolonizzando nuovi territori fino a questo momento inesplorati. A tale proposito, lo stesso De Luca, ricorda che nell'ambito di queste osservazioni nell'area della Riserva naturale, merita segnalare pure la lontra la cui presenza è stata accertata lungo l'Isonzo fino alla confluenza con il Vipacco e che verosimilmente in un futuro molto prossimo arriverà sino all'Isola della Cona. L'unico rammarico che rimane è proprio per i birdwatcher che dovranno ancora attendere per godere di questo meraviglioso spettacolo naturale all'aperto a causa dell'emergenza sanitaria, e ammirare la quantità di uccelli che sono arrivati, compreso il "gruccione" giunto dall'Africa a nidificare.

Ciro Vitiello /

 

Arnie date alle fiamme - Gli apicoltori pronti a ripartire da lunedì
Il sito verrà ripopolato grazie alla solidarietà dei colleghi - La Società Landa carsica: «Mai ricevute intimidazioni»
San Lorenzo. «Ripartiremo già dalla prossima settimana grazie all'aiuto di colleghi apicoltori di altre zone d'Italia e anche esteri, ma resta il danno sociale e morale ancor più che economico». Masticano amaro Pietro Lombardo e i suoi soci, ma guardano avanti dopo aver sporto denuncia, martedì pomeriggio, per il fuoco appiccato a una ventina di arnie nelle campagne di San Lorenzo. Quell'atto, ancora tutto da chiarire è costato la vita ad almeno un milione e mezzo di api. Un disastro naturale che, secondo Lombardo, non è da rubricare come una bravata. «Assolutamente no - commenta - qui c'è stata evidentemente la mano di qualcuno che sapeva bene cosa stesse facendo: il fuoco è stato appiccato all'ingresso di ogni arnia, e solo l'ultima, la ventunesima, è stata risparmiata evidentemente perché il combustibile era finito. Quindi non si tratta di un gruppo di sbandati: questo atto è stato realizzato da qualcuno che era venuto per fare apposta del male, con l'obiettivo preciso di sterminare tutte le api». Minacce o episodi in passato che possano dare qualche indicazione su chi possa essere stato? «Nulla, non eravamo mai stati presi di mira in alcun modo - aggiunge Lombardo - alle forze dell'ordine abbiamo chiesto che si indaghi sulle celle telefoniche della zona: in piena campagna, in orario notturno, quanti telefonini saranno stati agganciati a quell'area? Già così si potrebbe fare una scrematura di chi si trovava in quella zona: purtroppo non c'erano fototrappole o telecamere, essendo la zona piuttosto isolata, ma magari attraverso le indicazioni delle celle telefoniche qualcosa in più si riuscirà a sapere. Le nostre api si trovavano lì temporaneamente, perché l'area è piena di acacie: le avremmo poi riportate in un secondo momento sul Carso». Previste delle iniziative: «Abbiamo già parlato col Comune di San Lorenzo - dice - vorremmo realizzare qualcosa assieme al sindaco in modo che si evidenzi il valore naturale e sociale di questi insetti che svolgono un ruolo fondamentale per l'ecosistema. Nei prossimi giorni, inoltre, ci riuniremo come Consorzio Apicoltori e faremo il punto della situazione per capire come ripartire dopo questo dramma. Grazie alla solidarietà di molti colleghi a breve, già dalla prossima settimana, ripopoleremo il sito», conclude Lombardo. Intanto prende posizione anche il sindaco di San Lorenzo Ezio Clocchiatti: «Assieme alla giunta decideremo quali iniziative prendere a supporto degli apicoltori. Mi auguro che gli autori di tutto ciò vengano individuati e pesantemente puniti. Invito tutti coloro che nel bosco vanno a passeggiare, in bicicletta o a cavallo, a segnalare eventuali presenze di autoveicoli sospetti. L'unione fa la forza, aiutiamoci a vicenda in difesa del nostro ambiente».

Matteo Femia

 

 

In bici in viale fino al 20 giugno - Grado diventa un'isola ciclabile
L'obiettivo è favorire questo tipo di mobilità a favore di residenti e dei turisti nel progetto di vivibilità urbana. Divieto solo in centro storico e sulla diga
GRADO. Prorogata fino a fine giugno la possibilità di circolare in alcune zone pedonali che durante la bella stagione sono assolutamente vietate. L'isola detiene indubbiamente un bel numero di piste e corsie ciclabili, alcune delle quali in via di realizzazione e altre che devono ancora decollare ma che sono già state approvate. Ciò perché è stato rilevato che non solo i gradesi ma anche buona parte dei turisti ama spostarsi in bicicletta. Addirittura ci sono quelli che arrivano direttamente dall'Austria (quest'estate sarà impossibile, i confini sono chiusi a tempo indeterminato) in bicicletta attraverso la ciclovia Alpe Adria che collega Salisburgo e arriva a Grado dopo aver attraversato gli ultimi suggestivi 5 chilometri che da Belvedere collegano l'isola transitando attraverso la laguna. Che il flusso delle biciclette sia davvero significativo durante la bella stagione è fuor di dubbio ma anche durante i mesi più freddi i gradesi si spostano comunque in parte con la due ruote a pedali. Ecco così che sperimentalmente alcuni mesi fa è stato deciso di far circolare durante l'inverno le bici anche in alcune aree normalmente vietate. Ed ecco così che oggi, considerata anche la problematica Covid-19 che ha frenato e sta continuando a rallentare notevolmente il flusso di gente, che con un'ordinanza del comandante della Polizia Locale con l'indicazione dell'amministrazione comunale, è stata decisa la deroga con la possibilità di circolazione che è valida sino alla fine del prossimo mese di giugno. L'obiettivo dell'Amministrazione comunale, come è precisato nell'ordinanza, è, infatti quella di «migliorare la percezione della vivibilità urbana e che per realizzare tale progetto si intende anche sviluppare la pedonalità, a favore degli utenti deboli della strada, recuperando così il ruolo di aggregazione sociale delle aree pedonali». Tuttavia considerasti gli effetti della pandemia Covid 19 è stata decisa la proroga dell'efficacia dell'ordinanza dello scorso 20 febbraio 2020 sino al giorno 30 giugno prossimo. Rimangono a ogni modo escluse sempre alcune aree dove si può transitare unicamente a piedi. Il riferimento è evidentemente per tutto il centro storico delimitato dal cosiddetto anello (piazza Duca d'Aosta, via Gradenigo, piazza Biagio Marin, via Marina, via Orseolo, piazzetta San Marco) dove è possibile circolare liberamente e divieto assoluto di circolazione in bicicletta anche lungo la passeggiata a mare che va dal confine con la spiaggia gestita dalla Git e fino alla spiaggia della Costa Azzurra. Ciò significa che fino al 20 giugno prossimo è ancora possibile transitare anche lungo i viali pedonali.

Antonio Boemo

 

Il tratto fino alle Cove frenato dal marciapiedi I rischi di Città Giardino - i nodi ancora aperti per le due ruote
GRADO. Ci sono ancora alcune problematiche che riguardano piste esistenti e che andrebbero risolti prima possibile per la sicurezza di tutti. Primo riferimento per il tratto di ciclabile che va dal ponte Bullesi (ex ponte bianco) sino all'incrocio di valle Le Cove. Lungo questo tratto ci sono alcuni ingressi indicati anche con le strisce a terra ma c'è il marciapiedi della ciclabile che non consente un diretto ingresso alla stessa. Fatto sta che lungo la trafficata, e quindi pericolosa, una tangenziale, i ciclisti sono obbligati a scendere di sella e a salire a piedi con la bici a mano sulla ciclabile. C'è poi l'ingresso alla ciclabile che arriva in via Vespucci e passa poi davanti al palacongressi per arrivare fino al Parco delle Rose. Ebbene arrivando dal centrale e importante viale Italia di Città Giardino, per immettersi nella ciclabile l'incrocio è decisamente alquanto pericoloso. C'è, però, la possibilità di un ingresso diverso e più sicuro pochi metri prima di arrivare all'incrocio che dovrebbe diventare tale. Altro problema quello della ciclabile che corre lungo viale del Sole che essendo in ombra rispetto al lato opposto, è quasi sempre frequentata anche da pedoni. E i vicendevoli rimbrotti e anche insulti fra ciclisti e pedoni certamente non mancano. E a proposito di questo c'è da dire che ancora più caotica è la promiscuità nel tratto di viale Dante che poi va a raccordarsi con viale Regina Elena. Naturalmente ci sarebbero poi da "limare" le gibbosità e sistemare meglio alcuni tratti della ciclabile provinciale per Monfalcone. Senza contare, poi, che il tratto che corre lungo l'argine di Fossalon va messo in sicurezza. --

AN. BO.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 maggio 2020

 

 

Il nuovo servizio bike sharing "sconfinerà" a Nova Gorica
Il noleggio delle biciclette pubbliche riparte venerdì con il sistema tradizionale -È allo studio una applicazione per smartphone dal respiro transfrontaliero
A partire da metà maggio riparte il servizio comunale di bike sharing "Gorizia in bici". Si va verso una nuova versione del progetto iniziale, dopo diverse manutenzioni e integrazioni di biciclette e lo stop causato dall'emergenza sanitaria. I lavori per ripristinare le postazioni e i mezzi sono stati completati nel corso del 2019. Il tutto in vista di una gestione 2020 sempre più automatizzata e connessa, con la ventilata possibilità di una esternalizzazione del servizio e della manutenzione delle biciclette e delle relative stazioni. I mezzi si potranno noleggiare da venerdì. Ma per il momento lo si potrà fare ancora come avveniva in precedenza, ossia con una procedura cartacea considerata non troppo pratica dall'utenza - soprattutto da quella turistica -. Bisognerà cioé recarsi ancora in un ufficio apposito, aperto solo in determinati giorni e fasce orarie. Ma come spiega una recente delibera della Giunta comunale, e come meglio specifica l'assessore a Strade e mezzi comunali Francesco Del Sordi, presto si dovrebbe poter ricorrere a una app per smartphone dal profilo transfrontaliero.La parte ambiziosa del progetto vede coinvolta anche Nova Gorica, con la quale si ipotizza un servizio congiunto per le due città. Tutto però è ancora da vedere e perfezionare. «Dopo il fermo a causa del lockdown e i lavori si riparte a giorni. Stiamo cercando di farlo con moltissima fatica, in mezzo a mille problemi più urgenti. L'utilizzo della nuova applicazione è diventato un obiettivo strategico del progetto, ma deve essere definito con precisione. In particolare dovremo valutare l'eventuale coordinamento con Nova Gorica», osserva Del Sordi. L'incertezza in merito alla app espressa dall'assessore è dovuta al fatto che «dall'altra parte del confine il bike sharing è stato organizzato in base a un bando molto moderno che segue criteri del 2020». «Il nostro risale al 2007 e dovremo capire meglio come integrarci», conclude l'esponente della giunta Ziberna. Confermati invece i prezzi (gli stessi dal 2012), oltre alle vecchie modalità di iscrizione. Per quanto riguarda le tariffe, prevedono una quota minima di abbonamento annuale ed una tariffa oraria, in modo da scoraggiare l'indebito trattenimento delle biciclette a sfavore del principio su cui si fonda il bike sharing: la condivisione. Il noleggio prevede il pagamento, all'atto dell'iscrizione, di una quota annuale di 10 euro (gratuita per i residenti nel territorio comunale). Bisogna poi sommare 5 euro per la cauzione della tessera/card e la stessa cifra per il lucchetto, oltre a 5 euro di ricarica minima per l'utilizzo del servizio. Il costo orario è così articolato: da 0 a 15 minuti gratuito; da 16 a 30 minuti 20 centesimi; da 31 a 60 minuti 30 centesimi; da 61 a 90 minuti 1 euro; da 91 a 120 minuti 2 euro; oltre alle 2 ore e per un massimo di 3 ore 4 euro; per ogni frazione in più, oltre alle 3 ore 5 euro. Per i turisti le condizioni sono migliori. Con soli 5 euro si può utilizzare una bicicletta del Comune per tutta la giornata. Nella delibera si esplicita infine che, in un'ottica di razionalizzazione ed efficientamento del servizio, non si esclude l'esternalizzazione, preferibilmente con il coinvolgimento di enti di promozione turistica, associazioni di categoria ed operatori nel settore del turismo.

Emanuela Masseria

 

Le novità - Più postazioni e possibilità di ricarica elettrica
Le postazioni per il bike sharing attualmente sono 8, di cui 4 con la possibilità di ricaricare le bici elettriche, identificate con la lettera E. Le vecchie postazioni figuravano inizialmente in piazza Municipio, nei pressi della stazione ferroviaria, in piazza Vittoria e in via Diaz. Ora il quadro include le nuove strutture che si trovano al Parco della Rimembranza, nel parcheggio in via Manzoni, in via Boccaccio (zona mercato) e in via Alviano, nei pressi dell'Università. In tutto sono a disposizione 8 biciclette a pedalata assistita e 21 normali. Il tutto per favorire una mobilità sostenibile a misura di cittadino e di turista.

E. M.

 

 

Bandiere blu, Grado punta al record del 32.o vessillo
Domani in via telematica il conferimento dei riconoscimenti che premiano non solo la qualità della località ma anche la promozione

GRADO Il record potrebbe raggiungere quota 32. Stiamo parlando della Bandiera Blu che Grado ha già ottenuto per 31 volte (le ultime trenta consecutive). A differenza del solito causa le note problematiche legate all'epidemia di Covid-19, quest'anno la conferenza di presentazione dei nuovi risultati non sarà fatta in pompa magna a Roma con la presenza dei rappresentanti dei vari Comuni, ma sarà tenuta per via telematica.L'appuntamento per conoscere quelle che sono le località (e anche gli approdi) che potranno issare il prestigioso vessillo blu, è per la mattinata di domani. Ma se per Grado si tratterebbe di ricevere la trentaduesima Bandiera Blu (record assoluto in Italia assieme a Moneglia, una località della Liguria, per la cugina Lignano sarebbe la trentunesima. Il significato di questo riconoscimento assegnato dalla Fee ovvero dalla Foundation for Enviromental Education in Italia presieduta da Claudio Mazza, è quello della conferma del rispetto non solamente della massima vigilanza e cura ambientale e soprattutto della purezza delle acque (fanno testo i dati elaborati dal Ministero della Salute), ma anche della vivibilità di una città. Intesa anche come pulizia, funzionalità e capacità dell'impianto di depurazione. Altro aspetto significativo che viene valutato è la promozione di tutti questi valori ai giovani.In queste giornate che precedono l'annuncio ufficiale ci sono tante località italiane che danno per certa l'avvenuta assegnazione a loro favore. Ma non è detto. Sino all'ultimo è impossibile sapere l'esito e di sorprese negli ultimi anni ce ne sono state, anche con la mancata inclusione di importanti località balneari.

AN.BO.

 

 

Merende "bestiali" e cacce al tesoro per scoprire piante e animali
Il Wwf di Miramare lancia da domani un ciclo di incontri virtuali gratuiti sino a fine mese
Incontri virtuali per scoprire le specie animali e vegetali marino-costiere e imparare a riconoscerle partendo dagli uccelli marini, corsi sull'avifauna, ma anche workshop per i docenti. E per i bambini, dei tutorial (su Youtube) per imparare a disegnare gli organismi marini, merende "bestiali" e pure una caccia al tesoro. Maggio è il mese della biodiversità - il 22 si celebra la Giornata mondiale - e lo staff Wwf dell'Area Marina Protetta di Miramare la festeggia proponendo un ricco calendario di iniziative di divulgazione scientifica da fruire con un clic. Un mese intero di incontri "a distanza" sulla piattaforma Zoom - a partecipazione libera e gratuita grazie al sostegno della Regione servizio Biodiversità - per imparare a conoscere e riconoscere le specie animali e vegetali che compongono il mosaico di biodiversità del golfo e della costiera triestina, Riserva riconosciuta dall'Unesco; dai pesci pelagici agli uccelli costieri, dai crostacei alla fauna terrestre del promontorio, dai vegetali marini alle specie floreali del ciglione carsico. Si parte con "Tra cielo, mare e terra", corso di avvicinamento all'avifauna marina e costiera con dei webinar a cura degli ornitologi dell'Amp Miramare il 14, 18 e 21 maggio alle 18 in diretta su Zoom (dettagli per l'accesso su wwwriservamarinamiramare.it). Dal 18 al 24 maggio, alle 18, i biologi e naturalisti dell'Amp (con un cameo di Nicola Bressi, conservatore del Museo civico di Storia naturale) accompagneranno il pubblico in un "viaggio virtuale" alla scoperta di habitat e specie faunistiche e botaniche del golfo e della fascia costiera. Il 24 si celebrerà la Festa delle Oasi Wwf e il 28 alle 17 si svolgeranno un workshop ("I regali della Natura" sui servizi ecosistemici) e un progetto educativo per gli insegnanti, ai quali verrà presentato un kit di materiali gratuiti da proporre nel prossimo anno scolastico. «Dopo mesi di reclusione - spiega Maurizio Spoto, direttore dell'Amp - abbiamo un grandissimo desiderio di ritornare in natura, per le sensazioni di benessere e serenità che essa ci dà: è uno dei benefici (servizi ecosistemici, li chiamano gli esperti) che ci fornisce la biodiversità, quella straordinaria ricchezza e varietà di ecosistemi, animali, piante e microorganismi che costituiscono il nostro pianeta. Gli eventi che abbiamo ideato hanno proprio questo obiettivo: ricordarci quanto sia meravigliosa, ma soprattutto fondamentale per le nostra stessa sopravvivenza». Ulteriori informazioni allo 040/224147 e scrivendo a: info@riservamarinamiramare.it.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 maggio 2020

 

 

Grignano, verdesca tra le barche ferme in porticciolo - l'avvistamento: squalo di un metro e mezzo
«Dopo molti avvistamenti di origine ignota e alcune fake accertate, diventate virali come presunte osservazioni eccezionali durante il lockdown, è di questa mattina il reale avvistamento da parte dei nostri ricercatori di una bellissima elegante verdesca nel porticciolo di Grignano». Così l'Area marina protetta di Miramare ha annunciato ieri la presenza dell'animale su Fb, testimoniata anche in un video, girato da Marco Segarich, che ha rapidamente fatto il giro del web. L'esemplare, come viene precisato sempre sui social, di circa un metro e mezzo di lunghezza, si è aggirato a lungo tra le barche ormeggiate, prima di sparire alla vista degli osservatori, che hanno comunque avuto il tempo e la possibilità di realizzare le immagini poi condivise. «Lo squalo azzurro è un abituale frequentatore del nostro golfo, essendo l'Alto Adriatico la sua zona di riproduzione, dove purtroppo è anche intensamente pescato. Non sono osservazioni fuori dal comune - commenta il direttore della Riserva Maurizio Spoto - ma avvengono in condizioni certamente particolari in cui, ad esempio, l'assenza di rumore sotto costa rende gli animali più confidenti e più propensi ad entrare nei porti e lungo i moli per cacciare facilmente le prede. Il temporaneo fermo delle barche nelle baie, lungo i fiumi e nelle lagune ha creato poi delle condizioni di trasparenza innaturali, svelando la biodiversità che da sempre popola i nostri mari».E in attesa di riprendere la piena attività, l'Area marina continua con le iniziative di divulgazione proprio sui social. Ieri pomeriggio spazio a "Di cielo, di terra e di mare", una conferenza online con partecipazione libera e gratuita sugli uccelli marini, insieme a Davide Scridel, nel primo dei quattro incontri con l'avifauna marino-costiera del golfo.

Micol Brusaferro

 

Arnie devastate dalle fiamme - Il rogo uccide due milioni di api
Certa l'origine dolosa dell'incendio al sito della Società agricola Landa carsica - L'allarme lanciato da un passante che ha notato il fumo. Indagano i carabinieri
San Lorenzo. Trenta arnie nel mirino dei piromani. È stata una strage di api quella registrata la scorsa notte tra San Lorenzo Isontino e Capriva del Friuli nell'apiario della società agricola Landa carsica di Doberdò del Lago. Secondo le stime si calcola che nel rogo che ha ridotto in cenere 19 alveari, danneggiandone altri due, siano morte tra il milione e mezzo e i due milioni di api. Il numero fa impressione e dà l'idea di quanto il danno ecologico sia enorme e incalcolabile. A livello economico, invece, la stima è più contenuta (ma non per questo meno importante): si parla di circa 600 euro per arnia, più la postazione e il mancato guadagno legato alla produzione del miele. L'allarme è scattato ieri mattina quando una persona che si trovava a passeggiare nella zona ha notato il fumo tra le arnie e ha allertato i vigili del fuoco che sono accorsi per salvare il salvabile. La gran parte dell'apiario, però, era già andata in cenere. Sull'origine dolosa non sembrano esserci dubbi. Chi ha agito ha messo del pagliericcio all'ingresso delle singole arnie per poi dare fuoco all'erba secca e fuggire. Il piano ha però funzionato solo in parte. «Basta una scintilla per innescare la cera», osserva sconsolato Pietro Lombardo, vicepresidente del Consorzio apicoltori di Gorizia e amministratore del sito distrutto. «Hanno dato fuoco arnia per arnia bruciando tutte le api: nessuna è sopravvissuta - aggiunge -. Per fortuna alcune arnie si sono salvate: deve esser finito il combustibile». La consolazione però è minima. Il prezzo è altissimo. È lo stesso Lombardo a fare la conta delle vittime di questa assurda strage di insetti; una conta che può essere solo approssimativa, ma che - per quanto indicativa - conta numeri spaventosi. «Ci sono circa 80 mila api per arnia, qui sono state distrutte 21 famiglie. Il conto è presto fatto: parliamo di oltre un milione e mezzo di esemplari, forse quasi due. È una cosa incredibile. Non è rimasto niente. A parte gli elementi in lamiera è tutto carbonizzato. Le temperature sono state talmente alte che sono scoppiati anche gli elementi in cemento». In certi punti i sostegni armati si sono letteralmente sgretolati lasciando a vista l'anima in ferro. Per il momento non è possibile fare ipotesi sull'autore (o gli autori) del gesto e sui motivi di tale azione, ma sull'episodio stanno indagando i carabinieri della Compagnia di Gorizia.La società agricola Landa carsica riunisce una quindicina di apicoltori dell'Isontino con arnie dislocate in varie zone del nostro territorio, ma la comunità è molto più ampia. A livello provinciale il Consorzio apicoltori goriziano raccoglie circa 170 soci e conta intorno ai 5 mila alveari.

Stefano Bizzi

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 maggio 2020

 

 

Via Trento, imminente l'ampliamento dell'area "mezzi free" nel borgo teresiano
«Imminente». Giulio Bernetti, direttore dell'Urbanistica tergestina, risponde senza indugio: la zona pedonale di via Trento, che coinvolge gli isolati compresi tra via Machiavelli e via Valdirivo, non si farà attendere. Anche perché indirizzo della giunta Dipiazza è quello di creare quante più opportunità all'aperto per i locali bisognosi di incassare dopo oltre due mesi di astinenza. Con il prolungamento del pedonale, si amplierà la T formata dalla stessa via Trento e dal lungocanale Rossini, sia dalla parte di palazzo Gopcevich che da quella gremita di caffè. A dimostrare che si fa sul serio, l'ingegnere ha emanato un'ordinanza che detta le regole per la via Trento del futuro. Tanto per cominciare, saranno posizionati dissuasori di sosta per delimitare la zona interessata e per evidenziare i varchi ingresso/uscita: si entrerà da via Torrebianca e si uscirà da via Valdirivo. Entreranno solo emergenze, velocipedi, veicoli operativi (Comune, Acegas, Telecom), proprietari/utilizzatori di box-garage-rimesse, utilizzatori dell'autorimessa delle Generali, specifici permessi rilasciati dal Municipio. Chi ha il parking nel tratto pedonalizzato, deve munirsi di un contrassegno dalla biennale validità, anch'esso a cura degli uffici comunali. L'ordinanza precisa che in via Machiavelli sarà realizzato un attraversamento zebrato e saranno ricavati tre posti-auto dedicati a persone con limitate capacità motorie. E in via Torrebianca avanti con un nuovo attraversamento zebrato e uno spazio riservato alla "Pro Senectute".Interessante la premessa del documento, che riepiloga la vicenda amministrativa alle spalle della pedonalizzazione: c'è il programma di riqualificazione "borgo Teresiano" (Dipiazza 2°), c'è l'adozione del Pisus (Cosolini) con la ciclabile. Un'attenzione non casuale, legata alla funzione di collegamento che via Trento svolge tra il Canale e piazza Libertà finalmente riportata alla dignità. E che ha motivato i due provvedimenti del giugno e del novembre 2019, con i quali un'altra porzione, dopo quella dove si eleva l'assessorato regionale alle Attività Produttive, è riservata al pedone.

magr

 

 

«Stagno di Banne ucciso» - Olio o detersivi nell'acqua: morti api, girini e tritoni - le analisi dell'ARPA chiariranno la causa

TRIESTE. Lo "Stari Kal", lo stagno di Banne, in questo momento, è morto. Api, girini, lumache, tritoni galleggiano inermi, privi di vita. Una scena orribile, soprattutto per gli amanti della natura e del Carso in particolare. Ma cosa è successo: morte naturale oppure c'è lo zampino dell'essere umano? Il dubbio è perdurato per diverse ore ieri mattina quando Stazione Forestale di Trieste, tutori stagni e Comunella di Banne hanno effettuato un sopralluogo congiunto nell'area vicina alla scuola elementare "Julius Kugy", in via di Basovizza.Nel primo pomeriggio il naturalista del Museo di Storia naturale di Trieste Nicola Bressi, recatosi in loco, ha sciolto le riserve, con un esito estremamente amaro. «Ho visto oltre 200 api morte sul pelo dell'acqua, girini e lumache di stagno senza vita, tritoni crestati e punteggiati immobili, stecchiti. Speravo si potesse trattare di un fenomeno di anossia (insufficienza di ossigeno nell'ambiente, ndr) ma qui di naturale non c'è proprio nulla. C'è stato uno sversamento di liquami tossici. Secondo me oli esausti», racconta preoccupato e arrabbiato Bressi. In attesa che l'Arpa - ci vorranno un paio di giorni - fornisca l'esito delle analisi dei campioni di acqua prelevati, l'area è stata transennata dal comandante della Stazione Forestale di Trieste Lucio Ulian. Per diverse ore questo stillicidio del fragile ecosistema carsolino ero stato attribuito ad un evento naturale. Nello specifico si era ipotizzato il fatto che, in seguito alla scarsa presenza di acqua e con le temperature piuttosto elevate di questo periodo, si fosse venuta a creare una intossicazione della flora presente nello stagno. La memoria riportava al clamoroso caso del rio Ospo del 2016, quando decine e decine di germani reali morirono a causa della neurotossina botulinica di tipo C autoprodottasi all'interno del torrente muggesano.«L'odore proveniente dall'acqua, la presenza di foglie di ciliegie che non sono presenti nel verde attorno allo stagno e il numero spropositato di api morte sono stati i chiari segnali che non qualcosa, ma qualcuno ha ucciso questo splendido stagno», spiega Bressi. La prima ipotesi conduce, nel "migliore" dei casi, allo svuotamento di un bidone, magari utilizzato per il compost, nel quale era stato versato anche dell'olio o qualche altra sostanza liquida, che ha prodotto una proliferazione batterica che a sua volta ha creato una trappola mortale sia per gli insetti, che allo Stari Kal vengono ad abbeverarsi, ed è il caso delle api, sia per gli animali che stanzialmente popolano lo specchio acqueo, come girini, lumache e tritoni. L'altra ipotesi è che vi sia stato uno sversamento di agenti inquinanti, ad esempio detersivi: per avere una risposta bisognerà attendere l'esito delle analisi dell'Arpa.Lo stagno artificiale, risalente al Medioevo, è uno dei più antichi del Carso. Dopo essersi completamente prosciugato negli anni Sessanta, attorno alla metà degli anni Novanta la comunità di Banne, assieme al Comune di Trieste e ai bambini e ai genitori della scuola "Kugy", avevano ridato vita all'ecosistema, colpito ora a morte da ignoti.

Riccardo Tosques

 

 

Area Science Park e Ogs svelano ai ragazzi i segreti del clima e del dna
Via a una serie di webinar gratuiti per le scuole - I ricercatori illustreranno i progetti innovativi
Ci sono anche Area Science Park e Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale (Ogs) di Trieste tra i 20 enti pubblici di ricerca italiani che, fino al 31 maggio, si aprono al mondo della scuola, offrendo a tutti gli studenti, dalle primarie alle superiori, dei webinar gratuiti. Nel corso degli incontri, i progetti più innovativi e le attività di ricerca condotte saranno illustrati attraverso storie ed esperienze raccontate in prima persona dai ricercatori, ai quali potranno essere rivolte delle domande. Le due importanti realtà scientifiche triestine organizzeranno eventi su sequenziamento del genoma, economica circolare, cambiamenti climatici e studio del passato per creare modelli previsionali per il futuro. E si parlerà pure di covid-19. Negli oltre 350 contributi messi a disposizione su scala nazionale si parlerà anche di genetica, onde gravitazionali, biodiversità, robotica, cibo, chimica, virus, Marte e la Luna, ma pure di Salvador Dalì e Einstein. Si potrà accedere dal sito http://www.indire.it/webinar-per-gli-studenti-a-cura-degli-enti-pubblici-di-ricerca/ negli orari indicati. Il 15 maggio alle 10 la ricercatrice dell'Ogs Florence Colleoni spiegherà perché lo studio del clima del passato è così importante per creare modelli previsionali per il nostro futuro, mentre il 22 maggio alle 15 Danilo Licastro, ricercatore di Area Science Park, risponderà ai quesiti sul sequenziamento del dna. «Ogs - spiega il presidente, Nicola Casagli - ha aderito con entusiasmo all'invito di mettere a disposizione materiale didattico a uso delle scuole. Abbiamo raccolto una dozzina di videolezioni e documentari che avevamo già preparato ed erano sparsi su varie piattaforme online: si va dagli effetti dei cambiamenti climatici alla pesca sostenibile, approfondendo studi e affinando tecniche e modalità per programmare le attività umane così da sfruttare le risorse marine salvaguardando gli ecosistemi». «Area - afferma il presidente, Sergio Paoletti - ha risposto mettendo a disposizione contenuti legati a due filoni: il primo riguarda il sequenziamento genomico e l'insieme di strumenti e competenze che vanno sotto il nome di piattaforma genomica, che ha tra i pilastri un sequenziatore di prossima generazione con una capacità di elaborazione enorme. La nostra macchina, in collaborazione con Icgeb e Asugi, ha sequenziato il ceppo del Sars-Cov-2 isolato in regione che ha origine dalla Germania e si è diffuso a Codogno e nel Nord Italia».

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 maggio 2020

 

 

Dai serramenti alle scale anti incendio - Restyling da 6 milioni in asili e scuole
Entra nel vivo il piano manutenzioni all'interno degli istituti comunali. Interessati dai cantieri anche i ricreatori e le palestre
Dopo la lunga lontananza forzata da scuole, palestre e ricreatori, gli alunni troveranno al loro rientro dopo l'estate, quando cioè sarà possibile riprendere le lezioni, spazi risistemati, funzionali e più sicuri. Il Comune di Trieste ha avviato una lunga serie di interventi, per complessivi 6 milioni di euro, tra opere edili e manutenzione ordinarie e straordinarie. Alcuni lavori erano già partiti prima della situazione di emergenza, con lo stop obbligato durante il lockdown e la ripresa da qualche settimana, altri si sono aggiunti di recente, con il nuovo via libera all'attività dei cantieri. «Per i lotti generici di manutenzione - spiega l'assessore comunale ai Lavori Pubblici Elisa Lodi - si tratta di vari lavori nei ricreatori, nelle palestre e in diverse scuole per un totale di 2,5 milioni di euro. Ci sono poi alcuni progetti più consistenti, in particolare all'asilo Tuttibimbi di via Caboro è stato stanziato un milione di euro, stessa cifra anche per la Morpurgo e mentre alla scuola di via Forlanini a Melara sono previsti interventi per 1,5 milioni. Abbiamo riavviato i cantieri per l'edilizia scolastica appena possibile - sottolinea - perché è un settore al quale, come amministrazione, teniamo molto, con investimenti importanti già effettuati negli ultimi anni e destinati a continuare». Anche perché, come sottolineato varie volte anche in passato, molti edifici scolastici cittadini sono datati e hanno bisogno di cure costanti e di un monitoraggio attento. Nel dettaglio, in questo periodo, per via Caboro la riqualificazione riguarda tutto l'asilo, per le altre strutture i lavori si concentrano su determinati settori. Ad esempio per la primaria Sauro e la scuola d'infanzia Spaccini, si sta procedendo con l'adeguamento alle norme antincendio. A Melara si attende l'arrivo dei serramenti nuovi, per montarli sulle finestre. Operai al lavoro con cantieri meno impegnativi poi alla scuola Bergamas e alla Duchi D'Aosta, e anche alle scuole De Tommasini-Kosovel di Opicina e alla scuola Venezian-Levstik di Prosecco, dove si sta completando la copertura delle rampe delle scale. «Siamo soddisfatti della ripartenza dei vari lotti - aggiunge la Lodi - sia perché in questo momento di emergenza sanitaria siamo riusciti a realizzare la manutenzione necessaria in tanti punti già previsti, sia perché abbiamo consentito all' economia cittadina di ripartire, almeno in parte, attraverso il via libera fornito alle varie imprese, per ricominciare a operare nel settore dell'edilizia scolastica, dove sappiamo ci sono tante persone coinvolte, che finora erano ferme, e con loro, di conseguenza, anche tante famiglie». Quando sarà il momento di rientrare nelle aule, probabilmente a settembre, tutti gli interventi saranno ormai completati ovunque. Spazi quindi riqualificati per le lezioni, ma anche nelle varie palestre e negli ambienti ricreativi, dove i bambini trascorrono il tempo libero nel pomeriggio. Classi e luoghi abituali mancano agli alunni, come raccontano spesso i genitori sui social, riportando le considerazioni dei più piccoli. E fuori dal cancello dell'Istituto comprensivo Campi Elisi è apparso anche un disegno con un messaggio rivolto alla scuola. «Ci manchi tanto. A presto». Firmato Francesco e Nicolò.

Micol Brusaferro

 

 

La raccolta dell'umido non deve comportare altri oneri agli utenti - la lettera del giorno di Cristiano Prezzi

Ho visto sul nostro quotidiano del 5 maggio scorso l'estratto bando di gara di AcegasApsAmga per il "Servizio di ricevimento e recupero della frazione organica dei rifiuti solidi urbani". Penso che ai cittadini contribuenti interesserebbe sapere se la gestione del così detto "umido" costa più del conferimento al termovalorizzatore. Mi sarei aspettato che, fatto salvo il maggior costo per la gestione dei cassonetti dedicati e relativo svuotamento, la collettività non debba sostenere ulteriori costi. È infatti noto che da detti rifiuti si ricava biogas da utilizzare per la produzione di energia elettrica oltre alla produzione di concimi, per cui mi sarei aspettato che la ditta che si occupa di tali produzioni ritiri gratuitamente tali rifiuti o magari paghi qualcosa e non certo che debba essere pagata. In caso contrario tanto varrebbe che AcegasApsAmga si doti di un impianto per la produzione di biogas e relativi motori per la produzione di energia elettrica smaltendo il residuo nel termovalorizzatore dato che, da quanto ne so, l'offerta dei concimi derivanti dai rifiuti "umidi" è superiore alla domanda deprimendo di conseguenza il prezzo. Non ritengo del resto molto ecologico trasportate tali rifiuti in impianti lontani dalla nostra città.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 maggio 2020

 

 

Tutti pazzi per le due ruote - E le officine appena aperte iniziano con il piede giusto
Da articoli dimenticati in soffitta a oggetto del desiderio per persone di tutte le età

Le bici vivono un momento d'oro grazie anche al bonus da 500 euro promesso da Roma
Da oggetto dimentica in soffitta ad "amico" inseparabile per triestini di tutte le età. La bicicletta sta vivendo una fase di seconda giovinezza. Merito della voglia di tornare all'aria aperta e fare movimento dopo tante settimane di vita domestica basta farsi un giro lungo la pista ciclabile in viale Miramare, sempre piena di persone. Di questo rinnovato interesse per le due ruote sperano di poter beneficare anche i negozi di biciclette che, dopo l'ampliamento delle attività autorizzate ad operare in questo semi lockdown deciso dal governo, da lunedì hanno riaperto le officine. Stefano Bevilacqua di Track & Field a Basovizza ha alzato la serranda ieri: «Nel commercio sarà dura riprendersi dopo questa crisi - commenta -. A me non sono arrivati ancora i 600 euro e se mia moglie avesse avuto un negozio di parrucchiera o una bar non so come saremmo andati avanti. In questi giorni di riapertura registro un certo entusiasmo, speriamo duri. Diciamo che la bici, sui rulli, ha aiutato molti a non uscire di testa in questi due mesi». Ad auspicare un impegno concreto per il settore è Edi Kosuta titolare di 360bikestore al centro Lanza di Prosecco: «In questi primi giorni molti clienti sono entrati attirati anche dal bonus annunciato dal ministero dei Trasporti. Al momento non sappiamo nulla di concreto se non che sarà un contributo di 500 euro tanto per le bici a pedalata assistita quanto per quelle normali. Chiediamo di creare procedure il più semplici possibili: abbiamo perso il periodo migliore della stagione da febbraio a inizio maggio, ora servono aiuti. Avevo tre dipendenti in cassa integrazione e non hanno ricevuto ancora un euro, io ho provato a fare domanda per i 25 mila euro di finanziamento garantiti dallo Stato e non ho avuto una risposta. In altri Paesi queste cose non succedono. Poi servono le piste ciclabili, ma questa non è una novità». Uno dei punti vendita più storici in centro città è Cottur in via Crispi dove, a breve, arriveranno i monopattini elettrici, compresi negli incentivi. «Abbiamo riaperto rispettando tutte le limitazioni imposte dalla legge - spiega Giovanni, erede di Giordano Cottur -, è importante esserci soprattutto per garantire la sicurezza di chi usa le biciclette le quali, se poco utilizzate, richiedono manutenzione. Una due ruote è come una macchina o un motorino: cercare il prezzo più basso al momento dell'acquisto spesso significa rinunciare alla qualità e alla durata. Attenzione poi alla taglia del mezzo e all'abbigliamento, tutti aspetti da non sottovalutare». Negli ultimi anni stanno andando sempre più di moda le bici con pedalata assistita o elettrica «attraverso le quali - spiega Kosuta - è possibile andare al lavoro senza sudare, facendo quel minimo esercizio che aiuta a stare bene». «Sono mezzi sempre più evoluti - aggiunge Cottur - e semplici da usare». Per quanto riguarda i costi, secondo tutti e tre i rivenditori, il prezzo giusto per una Mountain bike - il modello più versatile rispetto ai telai da corsa o da città - parte dai 500 euro, sull'elettrico da circa 1.700 euro. La manutenzione ordinaria, al netto di lavori più importanti, è intorno ai 25 euro se il mezzo viene usato e controllato regolarmente.

Andrea Pierini

 

 

Cona proibita agli ambientalisti «Pesca sì, birdwatching no»
Benedetti: «Non c'è scritto da nessuna parte nei decreti che non si possono osservare i volatili. Il sindaco Marchesan riveda le sue posizioni»
STARANZANO «Perché pescare si può e osservare gli uccelli no?». Gli ambientalisti si scagliano contro il sindaco di Staranzano Riccardo Marchesan il quale, dopo gli ultimi decreti, ha deciso di vietare ancora l'ingresso al centro visite della riserva naturale regionale della Foce Isonzo. La polemica è stata sollevata dal presidente dell'associazione Co.Na. (conservazione della natura) Graziano Benedetti, in quanto innanzitutto la sede si trova proprio al centro visite della riserva naturale, poi ribadisce che il provvedimento adottato non è chiaro e non è scritto da nessuna parte nei decreti del divieto di osservare gli uccelli per evitare la diffusione del contagio. «L'ordinanza n.15 del 7 maggio del sindaco di Staranzano - sottolinea Benedetti - afferma infatti che c'è un ordine perentorio della chiusura fino a nuove disposizioni degli osservatori e dei capanni dell'Isola della Cona». E ciò sembra eccessivo. Per questo motivo l'associazione Co.Na., che fra l'altro ha la sede legale proprio all'Isola della Cona, «protesta vivamente a nome di tutti i soci e degli amanti della natura poiché chiedendo di rivedere tale decisione anche perché non si spiega il perché del permesso alla pesca sportiva lungo il canale del Brancolo e del fiume Isonzo, ma non il birdwatching alla Cona. Non sembra che perché la pratica dell'osservazione degli uccelli possa essere pericolosa ai fini della diffusione del coronavirus, specie se si rispettano tutte le normative in vigore. Pertanto - aggiunge il presidente Benedetti - chiediamo al sindaco di rivedere questa decisione che potrebbe essere una forzatura nell'interpretazione dei decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19». Il riferimento del divieto del sindaco Marchesan richiama inoltre l'ordinanza urgente n.12 del 3 maggio scorso del Presidente della Regione, Massimiliano Fedriga in quanto riferisce che «ritenuto che in base al Dpcm è consentito l'accesso del pubblico ai parchi, ville e giardini pubblici, condizionato al rigoroso rispetto di evitare ogni forma di assembramento di persone, non che della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro».

Ciro Vitiello

 

 

Bioest lancia la "fiera virtuale" - I produttori in vetrina sul web
Il coronavirus fa saltare anche l'edizione 2020 di Bioest, in programma dal 6 al 7 giugno, ma la cura del verde e l'amore per le piante non si fermano: si spostano online. Gli organizzatori puntano infatti a trasferire alcune delle iniziative sul we, puntando così a realizzare una vera e proprio fiera virtuale green. Nell'attesa di ritrovarsi nel 2012, come di consueto, al Parco di San Giovanni, per l'evento "reale", il Consiglio direttivo dell'associazione organizzatrice, Bioest, spiega: «Com'era da aspettarsi, anche noi abbiamo dovuto cedere alla realtà contingente. Abbiamo sperato fino all'ultimo in una evoluzione della situazione più favorevole, ma purtroppo così non è stato. L'associazione intende comunque permettere alle attività che avrebbero dovuto partecipare a Bioest di essere comunque presenti, sia pure virtualmente, sui canali informativi e le pagine sociale di Bioest. L'idea - spiegano ancora gli organizzatori - è quella di utilizzare la pagina e i contatti dell'associazione per offrire agli interessati una vetrina virtuale dei partecipanti alla manifestazione». Il progetto prevede l'allestimento di un tour virtuale tra i produttori e le associazioni, permettendo un successivo contatto diretto tra espositori e visitatori. Tutti gli interessati sono invitati a contattare l'associazione per autorizzare il proprio inserimento in questa "fiera virtuale", dove potranno essere presenti con i propri dati, recapiti e modalità di contatto, foto e un breve video con la presentazione dell'attività.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 maggio 2020

 

 

Bike sharing al palo, già 400 firme per farlo ripartire e potenziarlo
L'assessore Polli: «Il ripristino entro il 18 maggio». Ad Arezzo lo stesso servizio è attivo da mercoledì
Trieste riparte senza bike sharing. La fase 2 non prevede per ora la "bicicletta in condivisione". "BiTs", il servizio di bike sharing inaugurato il 3 febbraio, è stato sospeso a inizio aprile in piena emergenza coronavirus e a lockdown in corso. Le biciclette, a parte qualcuna, sono state tolte dagli stalli delle 10 stazioni cittadine e ora riposano in qualche magazzino. Intanto altre due stazioni sono già in via di realizzazione nell'area di Porto vecchio. Il problema più grosso riguarda i costi di sanificazione che si aggiungo a quelli già onerosi di manutenzione. Un vero peccato visto che le cifre del primo mese di utilizzo raccontano di un vero fenomeno: quattromila abbonati per più di 200 utilizzi al giorno. Alla faccia di chi sostiene che "Trieste non xé per bici". E si sta parlando di un mese invernale che non è il più indicato per l'uso della bicicletta, soprattutto nella città della bora. Ma quanto tornerà il bike sharing? Ad Arezzo, stesso gestore di Trieste (Bicincitta), il bike sharing è ripartito dal 6 maggio. Il sindaco Roberto Dipiazza, in una diretta Facebook del 2 maggio, ha detto di sperare di poter riaprire tutto nel giro di una settimana. «Il problema è che bisognerebbe pulire le biciclette di volta in volta», ha spiegato il primo cittadino: «Il bike sharing è una soluzione intelligente che consente di andare in giro senza grossi problemi».La riapertura alle pedalate condivise (e in alcuni casi assistite) per l'11 maggio non è una certezza e per ora resta nelle mani della Regione. «Non c'è una data certa ancora», spiega l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli: «Dobbiamo ancora capire come comportarci. Trattandosi di mezzi a uso promiscuo bisogna capire quali protocolli di sicurezza vanno applicati. Alla peggio si potrà ripartire 18 maggio assieme altre attività economiche. A meno che il governatore Fedriga non riesca a sbloccare la situazione prima». La sospensione del servizio, che ormai ha superato un mese, sarà recuperata allungando il periodo sperimentale e gratuito di sei mesi. La scadenza del 3 agosto dovrebbe essere dunque prorogata a settembre. «Gli abbonamenti sottoscritti - assicura Polli - saranno allungati»Su Change.org, intanto, è in corso intanto una raccolta di firme promossa da Ciclomonones (Diego Manna) e indirizzata al Comune per far ripartire e ampliare il bike sharing a Trieste: «Il servizio, visto il successo, oltre a essere ripristinato al più presto dovrebbe essere potenziato, con nuove stazioni a servizio di zone ora escluse, come Barriera, via Giulia, San Giovanni, Campi Elisi, Roiano». Le firme sono vicine a quota 400. Nell'attesa ci si interroga su come sarà la mobilità post Covid-19. BicinCittà, la società torinese che gestisce il bike sharing triestino, ha promosso un sondaggio tra i quattromila abbonati triestini. Tra le domande una rassicurazione: «Sei a conoscenza del fatto che i veicoli del bike sharing seguono regolarmente delle procedure di igienizzazione e di sanificazione ambientale?».

Fabio Dorigo

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 maggio 2020

 

 

Piano per la mobilità urbana post Covid: scatta la caccia ai suggerimenti sul web
Da Tryeste alla Fiab, dall'Uisp a Legambiente: idee da integrare con le proposte che arriveranno in rete e da consegnare poi in Municipio
TRIESTE. Le associazioni si appellano al Comune affinché si doti di un piano d'emergenza per la mobilità urbana post-coronavirus. E non solo. Per portarsi avanti con il lavoro stanno pure preparando alcune idee da proporre al sindaco Roberto Dipiazza: la più gettonata è quella che vorrebbe istituire una rete ciclabile emergenziale, aprendo alle bici le corsie preferenziali dei bus da un lato e, dall'altro, creando spazi riservati a chi va a pedali (ad esempio lungo le Rive, l'asse via Battisti-Giulia e quello Carducci-D'Annunzio-Flavia-Muggia). Fino al 12 maggio si potrà contribuire al brain storming, collegandosi al link "bit.ly/mobilitacovidts" e partecipando al questionario oppure scrivendo direttamente all'indirizzo email info@triestesecoloquarto.eu. Trascorso questo periodo, un comitato tecnico formato da alcuni membri delle realtà promotrici (ovvero Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Fridays for Future, Bora.La, Zeno, Link Trieste e Spiz) sintetizzerà le proposte ricevute in un documento, che il giorno 15 maggio sarà recapitato al sindaco Dipiazza e al contempo pubblicato sul web. Tra le altre esigenze registrate finora c'è quella di raddoppiare mezzi e stazioni del bike sharing - da subito amatissimo dai triestini - aggiungendovi magari ulteriori stalli dove poter parcheggiare le biciclette private. L'iniziativa nasce dal timore che il distanziamento sociale finisca per determinare un crollo dell'utilizzo del trasporto pubblico anche nel lungo periodo. Ciò a sua volta causerebbe un'impennata del traffico automobilistico, con conseguente aumento dell'inquinamento e congestione delle strade cittadine. Per contribuire alla fase di progettazione, oltre a partecipare secondo le modalità già descritte, è infine possibile commentare un documento tecnico già predisposto ( "bit.ly/docmobilitacovidts") oppure segnalare luoghi che presentano criticità su un'apposita mappa interattiva ("bit. ly/mappamobilitacovidts").

Lilli Goriup

 

 

ORTI E GIARDINI - Per gli ortaggi del balcone scegliere vasi capienti e profondi.

Ci piace ricordare che la conduzione di un piccolo orto o una micro coltivazione sul balcone è motivo di grande soddisfazione: un piacevole passatempo all'aria aperta, attività fisica e, al primo posto per importanza, la raccolta di prodotti buoni e sani!Nelle prime giornate di maggio è necessario dedicarsi ai trapianti delle colture estive: peperoni, pomodori, melanzane della famiglia delle solanacee e poi cucurbitacee quali cetrioli, zucchine, meloni e angurie. Inutile anticiparne la messa a dimora sperando di ottenere delle "primizie", questi ortaggi amano il caldo e le piante soffrono se aria e terreno hanno ancora temperature troppo basse. La scelta varietale innanzi tutto: in un vivaio ben fornito (anche di piantine bio), sarà possibile trovare varietà particolari, antiche, sicuramente più rustiche e resistenti alle malattie rispetto all'ultima novità sementiera. Prediligiamo il gusto, il sapore e non la resistenza alle manipolazioni e ai trasporti tipiche di un prodotto per la Gdo! Pomodoro ligure, cuore di bue, ciliegino e datterino, melanzana bianca (nella foto) e melanzana violetta, peperone a corno di bue e le diverse varietà di peperoncino più o meno piccante. Ampia scelta anche per cetrioli e zucchine e non dimentichiamoci delle zucche, che troveranno ottima collocazione in prossimità dello spazio dedicato al compostaggio. Nel terreno già preparato le piantine potranno essere messe a dimora ad una distanza di 40-50 cm circa, mentre si arriverà ai 50-70 cm per zucchine, meloni, angurie e zucche che, difficili da contenere, si faranno comunque strada tra gli altri ortaggi. Nella buca pronta ad accogliere la piantina va sistemata una buona manciata di compost o un miscuglio di compost/terriccio/stallatico per assicurare una pronta partenza. Per gli ortaggi sul balcone sarà bene utilizzare vasi capienti e profondi dove le radici possano trovare buona terra e sufficiente spazio e scegliere piantine di pomodoro ciliegino o datterino e peperoni dal frutto piccolo, dolce o piccante.

AIAB FVG - Associazione per l'agricoltura biologica

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 maggio 2020

 

 

Rispunta il progetto del tunnel nel Carso Gabrovec dice "No"

In Regione l'audizione dei rappresentanti Rfi sulla temuta galleria ferroviaria sotterranea
DUINO AURISINA. Anche il consigliere comunale di Duino Aurisina Igor Gabrovec, capogruppo della lista "Insieme-Skupaj", si schiera contro l'ipotesi della galleria ferroviaria di decine di chilometri da realizzare nel ventre del Carso, tra Monfalcone e Aurisina, per ridurre di pochi minuti i tempi di percorrenza sulla linea Trieste-Venezia. Gabrovec ha partecipato in Consiglio regionale, come esponente dell'Unione slovena, all'audizione dei rappresentanti di Rfi, che hanno riproposto la variante sotterranea del Carso.«Le comunità locali - scrive Gabrovec in una nota - così come le amministrazioni comunali hanno sempre espresso, negli anni, il loro parere contrario a tale progetto, motivandolo con argomenti di natura geomorfologica ed economici. A fronte di un recupero in termini di tempi di percorrenza nell'ordine di poco più di cinque minuti - osserva - si andrebbe a intraprendere lo scavo di una galleria del costo stimato in quasi un miliardo di euro. Non meno grave - prosegue il consigliere - sarebbe il danno ambientale per un traforo di decine di chilometri, in un'area contraddistinta da innumerevoli cavità conosciute e altre ancora celate, con ripercussioni sui centri abitati sovrastanti, o comunque vicini, e sul delicato e tutt'ora sconosciuto sistema dei corsi d'acqua sotterranei, da cui si alimentano i bacini di captazione idrica per gli acquedotti. Comuni e Regione rispondano nuovamente con un sonoro e unitario diniego alla riproposizione di soluzioni folli che non fanno che ritardare un più che necessario ammodernamento dell'attuale tratta ferroviaria. Con investimenti di pochi milioni di euro, la rete potrebbero reggere e migliorare di gran lunga le proprie capacità, sia in termini di qualità, sia di quantità delle merci veicolate. Senza dimenticare - conclude - le barriere fonoassorbenti, altra nota che trova sorde le orecchie dell'amministrazione ferroviaria».

u.s.

 

Mobilitazione contro l'alta velocità - Pd, M5S e Verdi: «Giù le mani dal Carso»
Delbello: «Faremo tutto ciò che serve per contrastare i 23 km di rotaia dallo Zochet alle cave di Aurisina». Pin: «Aberrante»
Ventitré chilometri di rotaia non sono molti, coprono a spanne la linea di estensione sulla fascia costiera di Monfalcone, ma paiono sufficienti a diventare un serio problema. Perché quella lanciata ieri dal consigliere democratico Fabio Delbello, componente della segreteria cittadina, è a tutti gli effetti una dichiarazione di guerra, diretta non solo alla Lega, ma allo stesso Pd, rivolgendosi a Regione e Governo, interlocutori politici di Rfi per il mai sopito progetto dell'alta velocità: «Faremo tutto ciò che serve per salvare il Carso della nostra città e di Duino». Per «proteggere le colline dallo Zochet alle Cave di Aurisina, con le Grotte di Slivia». Da chi? Dall'«ennesimo assalto del partito trasversale del cemento e dell'acciaio», dice. Infatti «riorganizzeremo rapidamente un movimento della società civile per fare - lo ribadisce Delbello - tutto ciò che serve». Verdi, anime ambientaliste, la sinistra in ordine sparso e la coscienza grillina sono della partita. Un fronte che, nel corso degli anni, si è sempre ricompattato all'occorrenza, dalla Snam ad A2A. «Non siamo né sprovveduti né complici - sottolinea Delbello - se Rete ferroviaria italiana ha riproposto in sede regionale la realizzazione di una tratta di ben 23 chilometri da Ronchi-aeroporto, e più precisamente dallo Zochet, fino ad Aurisina in realtà gli interlocutori politici sono segnatamente Lega e Pd, in cui è ben presente soprattutto a livello nazionale il mai domo "partito trasversale" dell'alta velocità. Che è ottima e sostenibilissima tra Milano, Napoli e Bari, nonché tra Torino e Venezia, ma del tutto inutile tra Venezia e Trieste. La ferrovia transpadana, che parte da Torino Porta Nuova attraverso Milano centrale Verona Porta Nuova e Mestre, termina sui respingenti di Trieste centrale. La minuscola Slovenia infatti è del tutto disinteressata all'alta velocità e la conclamata super tratta ferroviaria Lione-Kiev, l'ex Corridoio 5, è una bufala per creduloni». «Qui da noi - precisa - serve l'alta capacità ferroviaria per il sistema portuale e quindi la risagomatura della galleria esistente ad Aurisina e il potenziamento del bivio di San Polo. Poi c'è già la rinnovata Pontebbana che ci proietta verso i Tauri ed il Semmering nel cuore della Mitteleuropa». Altra battaglia storica: «Serve - incalza il dem - la liberalizzazione della tratta autostradale Lisert-Redipuglia, circonvallazione della conurbazione monfalconese, che a dispetto del provincialismo e populismo locali costituisce più una città comune delle dimensioni demografiche ed economiche di Mantova che la somma di tre enti storicamente deboli da un punto di vista politico e in balia dei poteri forti dell'economia, come pure in questo caso». Una tirata d'orecchi agli esiti del referendum 2016. Quindi la conclusione tranchant: «Ognuno faccia i passi in casa sua: se entro un paio di mesi non avremo dal Pd nazionale rettifiche e precisazioni sapremo bene come ricalibrare la nostra presenza alle prossime comunali del 2022». E se non è una minaccia questa...Fin qui il Pd, ma c'è pure il composito mondo grillino, con Pin a scandire: «Sulla salvaguardia del Carso c'è uno schieramento trasversale ben più ampio di quello visto con Snam e centrale. Per quanto riguarda il M5S, siamo sempre stati contro lo spreco e lo sfregio ambientale, contro la Tav a favore di opere sostenibili». «I 23 chilometri di rotaia nel Carso - conclude - sono un'aberrazione. Dove dovrebbe passare questa porcheria c'è anche la captazione dell'acquedotto che gestisce la Slovenia del sud. Il bacino dell'Isonzo arriva fin sotto la frangia carsica. Sarebbe un disastro di proporzioni terribili». Ma il primo a levare un grido sulla variante ferroviaria tra Ronchi e Aurisina era stato, il 1° maggio, il capogruppo regionale forzista Giuseppe Nicoli, che l'aveva definita «ingiustificata e inutile», raccogliendo peraltro il plauso di Diego Moretti, segretario provinciale Pd. Un'opera di tal portata «andrebbe a interessare l'ecosistema carsico con sovrappassi e sottopassi ferroviari altamente impattanti per geologia e ambiente: tutto per diminuire il tempo di percorrenza tra le stazioni di Trieste Airport e Trieste centrale di 6-8 minuti, a fronte però di centinaia di milioni di euro di spesa».

Tiziana Carpinelli

 

Avvio del cantiere previsto tra un anno Costo 1,8 miliardi - i dettagli fin qui emersi
Si concluderanno nel 2025. Rfi lo aveva già asserito e lo ha confermato due settimane fa: i lavori per la velocizzazione della linea Venezia-Trieste, che consentiranno a un treno passeggeri di collegare le due città in poco più di un'ora, termineranno in un lustro. I cantieri non sono nemmeno iniziati, ma Rfi stessa ha fissato nel 2021 l'avvio. Nel cassetto c'è l'ipotesi di tre fermate in Fvg: Latisana, Ronchi e Trieste. Il potenziamento della linea ferroviaria, secondo una sintesi della relazione dei tecnici di Rfi, passa attraverso interventi nel breve e medio periodo, in particolare quelli sulla tratta Mestre-Ronchi Sud, con la possibilità di velocizzare fino a 200 km/h la linea esistente e la soppressione di 23 passaggi a livello. Si parla di 160 milioni disponibili, la prima tranche di quel miliardo e 800 milioni che è la stima del capitale necessario complessivamente. «L'idea quantomeno bizzarra di scavare una galleria tra Monfalcone e Aurisina ricorda molto la fenomenologia dei fiumi carsici: all'improvviso scompare, per riaffiorare nuovamente ogni qualvolta le Ferrovie si mettono a narrare i loro progetti per il futuro», commenta Igor Gabrovec, esponente regionale di Slovenska Skupnost. «Non meno grave - conclude - il danno ambientale per un traforo di decine di chilometri in un'area contraddistinta da innumerevoli cavità conosciute e altre ancora celate, con ripercussioni sui centri abitati vicini e sul delicato e tutt'ora sconosciuto sistema dei corsi d'acqua sotterranei da cui si alimentano i bacini di captazione idrica per gli acquedotti».

 

 

Si prepara a rivivere la storica ghiacciaia sotto Draga Sant'Elia
I FONDI UE PER 139 MILA EURO AL COMUNE DI SAN DORLIGO
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Il ripristino di una delle più grandi ghiacciaie della Val Rosandra e la sistemazione del vicino stagno. Sarà questo l'intervento effettuato nel territorio di San Dorligo della Valle nell'ambito del progetto "Engreen", inserito nel progetto di cooperazione Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020, che mira ad attuare «soluzioni intelligenti, capaci di rispondere alle sfide territoriali nei campi dell'innovazione, dell'economia a basse emissioni di carbonio, dell'ambiente, delle risorse naturali e culturali e dello sviluppo delle capacità istituzionali». Sono quattro gli assi prioritari, il progetto "Engreen" rientra nel terzo, intitolato "Protezione e promozione delle risorse naturali e culturali", i cui partner sono l'Ente gestore del Parco delle Grotte di San Canziano, il Comune di San Dorligo della Valle, l'Università del Litorale di Capodistria e il Gal della Venezia Orientale di Portogruaro. Sono 16 le azioni pilota previste, fra le quali appunto il recupero della "jazera" della Val Rosandra, sotto Draga Sant'Elia, che circa un secolo fa, quando i frigoriferi non esistevano, riforniva di ghiaccio molti pubblici esercizi della città. Il Comune di San Dorligo - che, oltre che della gestione della propria parte del progetto, sarà responsabile della preparazione della strategia di comunicazione e della gestione della comunicazione dell'intero progetto - beneficerà di un contributo di 139.030 euro, così suddivisi: l'85% arriverà dal Fondo europeo di sviluppo regionale e il restante 15% da un contributo nazionale. La ghiacciaia (sei metri e mezzo di larghezza e cinque di profondità) è ben conservata, però necessita di un restauro per essere riportata al suo aspetto originale. Gli abitanti usavano tagliare il ghiaccio che si era accumulato negli stagni e impilarlo in doline murate e coperte. I blocchi di venivano ricoperti di fogliame di faggio secco per impedire loro di scogliere. Il ghiaccio rimaneva poi nelle ghiacciaie fino all'estate, per essere trasportato a Trieste e rifornire locande, macellerie, mercati ittici e birrifici.

u.sa.

 

 

GORIZIA - Legambiente e Fiab chiedono piste ciclabili da Sant'Andrea al Corso
Un migliore collegamento ciclabile tra centro città e stazione ferroviaria, e pure nuove piste, complete e riparate, per raggiungere il quartiere di Sant'Andrea e dirigersi verso Savogna d'Isonzo, dove proprio in questi anni si sta lavorando all'ultimazione di nuovi percorsi riservati specificatamente alle due ruote. Sono gli spunti di lavoro e le richieste al Comune di Gorizia formulate da Legambiente e dalla Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta) di Gorizia, che partono proprio dalle riflessioni offerte da questo momento di emergenza che sta rivoluzionando le abitudini di tutti noi. In molti, infatti, stanno scoprendo una mobilità differente e potrebbero scegliere anche in futuro di spostarsi maggiormente in sella alla bicicletta, e per questo è necessario, secondo ambientalisti e amanti del pedale, potenziare la rete di percorsi ciclabili sicuri presente sul territorio comunale.«Sappiamo che a breve verranno appaltati i lavori per la realizzazione di un collegamento ciclabile tra via del Carso ed il corso, sulle previsioni del lontanissimo piano del traffico - si legge in una nota congiunta di Legambiente e Fiab -. Piste ciclabili sui marciapiedi, meglio identificabili come ciclopedonali. Si dice che a "caval donato non si guarda in bocca", ma per dare un minimo contributo si vuol sottolineare che sarebbe importante realizzare meglio il collegamento dal corso verso la stazione ferroviaria, in piazzale Saba, senza costringere il ciclista ad andare fino al distributore di via Aquileia e poi farlo risalire». Un'altra richiesta riguarda la realizzazione di una rampa adeguata per le bici, o uno scivolo, dove la scalinata risale da via Aquileia verso la stazione, e «manca, in ogni caso, un collegamento adeguato e sicuro con Sant'Andrea e, da lì, con Savogna d'Isonzo». La richiesta è di prestare maggiore attenzione alle bici.

M.B.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 maggio 2020

 

 

Mascherine e guanti in lattice, campagna "buttali nel secco"

Parte sui social l'offensiva per mettere fine al vizio di gettare in strada i presidi protettivi. «È un problema sanitario oltre che di decoro»

"Mascherine e guanti: buttali nel secco". È questo il titolo della campagna social lanciata da Comune e AcegasApsAmga per promuovere il corretto smaltimento di guanti e mascherine, che accompagneranno la vita di tutti nei prossimi mesi. Un modo per risolvere un problema ambientale e sanitario ormai sempre più sentito, spiegano i promotori del progetto.«Nei giorni scorsi, con il rapido e progressivo impiego di presìdi di protezione, in città hanno cominciato purtroppo a verificarsi anche fenomeni di abbandono a terra di guanti e mascherine usati - scrive in una nota la multiutility -. Il fenomeno non costituisce solo un problema ambientale e di decoro, ma anche sanitario, dal momento che tali oggetti potrebbero, potenzialmente, essere contaminati». Ecco allora che il Comune, in collaborazione con AcegasApsAmga, ha deciso di attivare una campagna istantanea, destinata soprattutto a web e canali social, per sensibilizzare i cittadini allo smaltimento corretto delle protezioni individuali. Il messaggio veicolato dalla campagna non solo raccomanda di evitare l'abbandono a terra, ma ricorda come guanti e mascherine debbano essere conferiti nel rifiuto indifferenziato (il cosiddetto secco) e non avviati a recupero tramite altre raccolte differenziate, ad esempio plastica.«Si tratta di un'iniziativa importante che richiede la collaborazione di tutti - afferma Luisa Polli, assessore a Città territorio, urbanistica e ambiente del Comune di Trieste -. L'utilizzo di questi dispositivi in questa fase cruciale è fondamentale: l'iniziativa nasce per ricordare l'importanza della tutela del decoro della nostra città, ma anche e soprattutto dell'aspetto sanitario».Sempre AcegasApsAmga, ieri, ha comunicato anche la riapertura dei i centri di raccolta per rifiuti ingombranti e speciali presenti sul territorio di Trieste. L'accesso contingentato agli utenti sarà consentito nel rispetto delle misure adottate in materia di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 e verrà disciplinato dagli addetti dei centri. L'ingresso potrà essere effettuato solo indossando guanti e mascherine, mantenendo una distanza interpersonale di almeno un metro tra i presenti. AcegasApsAmga ricorda poi che sono pienamente operativi tutti i servizi di raccolta domiciliare su prenotazione (come ritiro ingombranti e raccolta verde). Per informazioni rimane disponibile il numero verde Servizi Ambientali al numero verde 800.955.988 (gratuito anche da telefono cellulare).

 

 

Zanzare in "agguato" Muggia alza la guardia

Nel vivo le attività stagionali di disinfestazione delle larve I cittadini chiamati a evitare ristagni dai sottovasi ai secchi

MUGGIA. Con l'arrivo della bella stagione e il conseguente innalzamento delle temperature, anche a Muggia si torna a trattare il "tema" zanzare. Proprio in questo periodo, infatti, si stanno concretizzando le periodiche azioni sinergiche messe in campo da Azienda sanitaria e Comune per la prevenzione delle cosiddette "arbovirosi", ovvero le malattie trasmesse dalle zanzare, come la febbre del Nilo. Quelli che si stanno compiendo in questi giorni sono interventi programmati di disinfestazione attraverso la collocazione di pastiglie antilarvali o di un liquido speciale a base di silicone nelle caditoie delle aree pubbliche, prevalentemente nelle zone del centro storico, dove più che altrove si può registrare il ristagno di acqua, e presso il nido "Iacchia", che ospita (anche se non attualmente per la nota emergenza coronavirus) un'utenza "sensibile". Tali interventi vengono realizzati appunto da primavera fino a ottobre, con cadenza trisettimanale nei periodi più freddi e bisettimanale in quelli più caldi. È una problematica, questa, da anni all'attenzione dell'amministrazione rivierasca. «La disinfestazione - evidenzia l'assessore all'Ambiente Laura Litteri - va effettuata in questo periodo con prodotti antilarvali nei potenziali focolai, costituiti da raccolte d'acqua di vario genere». Resta comunque assodato che, sottolinea sempre l'assessore, «la migliore arma è la prevenzione attraverso tutte quelle azioni che ciascuno di noi può mettere in campo per impedire o per lo meno rallentare il proliferare delle zanzare». Ma quali sono, nello specifico, le indicazioni dell'Asugi per affrontare il problema? Si va dallo svuotamento e dalla pulizia accurata e periodica (almeno una volta a settimana) dei contenitori di uso comune, come sottovasi, abbeveratoi per animali e annaffiatoi, per eliminare eventuali uova, fino all'attenzione nell'evitare, nelle aree contigue alle case come giardini, terrazzi e orti, la formazione di raccolte d'acqua, con la rimozione di ogni sorta di potenziale contenitore per lo sviluppo delle larve, come ad esempio secchi, bacinelle e bidoni, anche di piccola dimensione. Inoltre i contenitori d'acqua "inamovibili", come vasche in cemento, bidoni e fusti per l'irrigazione degli orti, vanno coperti con strutture rigide, teli di plastica o zanzariere. Infine, nelle fontane da giardino, vanno introdotti pesci "larvivori", dai pesci rossi alle "gambusie". Accorgimenti che sono in parte già inseriti nei regolamenti comunali: «Nel nostro Regolamento sulla tutela del benessere animale - ricorda Litteri - allo scopo di contenere la diffusione della zanzara tigre ogni cittadino è tenuto periodicamente, che significa almeno ogni 10-15 giorni, allo svuotamento e alla pulizia di sottovasi da fiori, secchi, ciotole e piccoli contenitori di acqua stagnante. È inoltre raccomandata la pulizia di qualsiasi punto di raccolta delle acque meteoriche delle grondaie».-

Luigi Putignano

 

Zecca e morbo di Lyme: come riconoscere un'eventuale infezione - LE INDICAZIONI DELL'ASUGI

TRIESTE. Azienda sanitaria in prima linea nella Giornata mondiale sul morbo di Lyme, in occasione della quale l'Associazione Lyme Italia ha organizzato un evento di sensibilizzazione ora caricato su Fb, cui è intervenuta la dottoressa Katiuscia Nan, responsabile dell'Ambulatorio Lyme della Clinica Dermatologica dell'Asugi gestita dalla professoressa Iris Zalaudek. La borreliosi di Lyme, è stato spiegato, può determinare un'infezione a carico di cute, articolazioni e diversi altri apparati, e può essere trasmessa all'uomo alla fine del "pasto" ematico della zecca, attraverso il rigurgito. Per questo motivo la zecca deve rimanere attaccata a lungo, si ritiene almeno 24 ore, prima che avvenga la trasmissione. Il morso è indolore. La borreliosi si manifesta entro 30 giorni dopo il morso di zecca infetta, con una chiazza omogenea di color rosso, oppure costituita da anelli concentrici, che si allarga. Un adeguato trattamento antibiotico è risolutivo. Chi frequenta il Carso dovrebbe indossare indumenti possibilmente di colore chiaro. Nei bambini è indicato anche l'uso di un cappello. Utili i repellenti di Dietiltoluamide (Deet) sulla cute, o Permetrina all'1% per i tessuti. Una volta a casa il corpo va controllato: attenzione, nei bambini, alle zone vicine a orecchie e nuca. In caso di zecca, essa va rimossa con pinze adeguate (in commercio), ruotando delicatamente e tirando. Quindi bisogna disinfettare la zona. È controindicato l'utilizzo di creme, olii e altre sostanze, in quanto vi è un alto rischio che rigurgiti e quindi trasmetta batteri se infetta. Importante poi monitorare attentamente la zona: se compare dopo 7-30 giorni una lesione che si allarga va contattato il medico.

 

 

Dalle Canarie a Trieste, i droni a vela arancioni in navigazione per scoprire i segreti del mare

L'Ogs fra le 12 istituzioni europee coinvolte assieme a una società americana nel progetto di rilevazione di dati oceanografici e atmosferici

Nei giorni scorsi quella presenza a sud del mar Ligure, in acque internazionali nel triangolo fra il nord della Corsica e la costa da Genova a La Spezia, aveva messo in allerta molti marinai, che avevano segnalato un "battello fantasma arancione" battente "bandiera americana" che, privo di un identificativo radio, si spostava a bassa velocità sempre in una stessa zona. Poi l'enigma, di cui ha scritto il quotidiano Il Tirreno, è stato svelato. La coppia di droni a vela avvistata nello specchio di mare davanti alla Liguria e alla Toscana è il braccio operativo della missione Atlantico-Mediterraneo (Atl2Med), una campagna internazionale per il rilevamento e la raccolta di una grande mole di dati oceanografici e atmosferici, utili per rispondere alle molte domande aperte in tema di riscaldamento globale e del suo influsso sulle acque degli oceani e dei mari e sulla vita sottomarina. La campagna è un ottimo esempio di collaborazione tra pubblico e privato, perché riunisce una società californiana, la Saildrone, che produce questi droni a vela, e un network di 12 istituzioni europee di sette Paesi: per l'Italia c'è in prima linea Trieste con l'Ogs - Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale - e un po' della galassia Cnr, con l'Istituto di scienze marine e l'Istituto sui sistemi intelligenti per l'Automazione. Per gli altri Stati ci sono l'Helmholtz centre for Ocean research, The Oceanic platform of the Canary islands, il Laboratoire océanographique Villefranche, il Centre nationale de la recherche scientifique (Cnrs), l'Università della Sorbona e altri ancora. L'attività è svolta inoltre in collaborazione con l'infrastruttura europea Icos - Otc (Integrated carbon observing system - Ocean thematic centre).Di cosa si tratta? Invece di utilizzare le tradizionali navi oceanografiche, con costi di decine di migliaia di dollari al giorno, equipaggi imponenti e non propriamente ecologiche, la campagna Atl2Med impiega una coppia di droni arancio lunghi e alti sei metri che si muovono molto lentamente, a una velocità che varia da 3 a 5 nodi, in qualsiasi condizione di mare. Sono veicoli senza equipaggio, dotati di numerosi sensori per vari tipi di misurazione, ed estremamente ecologici perché alimentati a energia eolica e solare: come vela sfruttano una superficie al cui interno sono custodite le batterie per l'alimentazione. Possono eseguire missioni di durata fino a un anno, nelle condizioni oceaniche più difficili e senza disturbare l'ecosistema marino che stanno sorvegliando. Sono già stati sperimentati in Alaska, nello Stretto di Bering, e in altri test negli oceani del pianeta. Per il progetto Atl2Med i due droni a vela sono partiti lo scorso ottobre dal molo del minuscolo porto di Taliarte, nella parte orientale dell'isola di Gran Canaria. Da lì si sono diretti a sud ovest per raggiungere Capo Verde, di fronte alle coste del Senegal, quindi sono risaliti verso nord per inserirsi, attraverso lo stretto di Gibilterra, nel mar Mediterraneo, passando a sud delle Baleari e giungendo nel mar Ligure. Nei prossimi giorni proseguiranno la navigazione passando davanti alle coste toscane, per poi scendere a sud e risalire l'Adriatico fino a concludere la missione a Trieste.«Grazie a questi droni, pilotati dalla sede di Saildrone in California, potremo raccogliere dati di tipo biogeochimico (Co2, pressione parziale, pH, e così via), fisico, ecologico e di controllo (biomassa/idroacustica) - spiega Vanessa Cardin, una dei tre responsabili della campagna per Ogs -. Con questo sistema è possibile il monitoraggio da remoto di siti molto distanti tra loro». Saildrone ritiene che l'aumento dei dati "in situ" contribuirà a una migliore comprensione dei processi, degli ecosistemi e delle condizioni che hanno un impatto sulle comunità costiere nell'Atlantico, nel Mediterraneo e a livello globale. 

Giulia Basso

 

Arrivo a fine mese, poi il raffronto con gli elementi raccolti a terra

Vanessa Cardin, fra le responsabili del progetto nel capoluogo giuliano: «L'obiettivo è contribuire alle strategie contro i cambiamenti climatici»

«Quando i due droni arriveranno a Trieste, a fine maggio, speriamo di poterli festeggiare adeguatamente. Perché avranno concluso un viaggio di 3200 miglia nautiche durante le quali, grazie ai loro sensori, avranno raccolto una grandissima quantità di dati, per la prima volta anche ad alta risoluzione e rilevanti dal punto di vista geospaziale. In questa campagna l'Italia, con Ogs e Cnr, è coinvolta in maniera importante», spiega Vanessa Cardin, responsabile per Ogs del progetto, insieme a Michele Giani ed Elena Mauri. «Il ruolo nostro e dei ricercatori del Cnr sarà confrontare i dati in tempo reale ottenuti con i droni a vela con quelli che stanno misurando i nostri siti osservativi fissi, composti da boe dotate di sensori. Sono quattro le stazioni osservative fisse italiane: c'è quella nel Mar Ligure, dove attualmente si trovano i droni a vela, monitorata dal Cnr, ce n'è una nel Sud Adriatico di cui sono responsabile io per Ogs, e ancora due a Trieste: una del Cnr, al centro del Golfo, e una a Miramare, di Ogs».La ricercatrice, che è stata coinvolta nel progetto fin dalla fase di progettazione, si è occupata anche di ottenere i permessi e gestire la comunicazione tra la società californiana Saildrone e la Marina militare italiana.«Questa missione si propone di contribuire con i dati raccolti ai programmi e alle strategie per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite e in particolare all'obiettivo 13, per l'adozione di misure urgenti per la lotta contro i cambiamenti climatici e i loro impatti e all'obiettivo 14, che mira alla conservazione e all'utilizzo sostenibile delle risorse marine e della vita sottomarina», conclude Cardin.

G.B.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 maggio 2020

 

 

Pastini crollati e niente acqua, Sos dal Carso
Si riaggrava la situazione di chi coltiva i terreni sul ciglione. Il richiamo alle istituzioni: «Manutenzione e rete idrica assenti»
TRIESTE. Pastini che continuano a cedere, muretti interpoderali che crollano, impianti d'irrigazione, per i terreni adibiti a coltivazione, che tardano a essere realizzati. È sempre più precaria la situazione sul ciglione carsico. A denunciarne la gravità è ancora una volta la presidente della Circoscrizione Altipiano Ovest Maja Tenze. «Recentemente - spiega - sono crollati ben tre muri, sui sentieri di Prosecco, Santa Croce e Contovello, quest'ultimo nel tratto che va dal laghetto al nucleo storico della frazione, oltre alla ringhiera della scalinata che da Santa Croce porta a Sonik, mentre nessuno si occupa di sistemare la sempre più fitta boscaglia che sta crescendo a dismisura lungo l'antico sentiero che collega Prosecco a Sk'denc. In uno stato di fatto di questo tipo, diventa difficilissimo per i coltivatori della zona dedicarsi con profitto alle loro attività. Sull'area in passato sono stati fatti investimenti e altri ne sono stati annunciati per dare impulso a tali attività , ma senza reali interventi di ripristino a poco serviranno». Non è comunque questo l'unico problema per gli imprenditori agricoli del costone. Manca anche un allacciamento con la rete idrica, capace di fornire con regolarità acqua a chi coltiva i terreni. «Nell'ultimo incontro con il Consorzio di bonifica della pianura isontina che risale oramai all'agosto del 2018 - riprende Tenze - ci era stato comunicato che, entro un semestre, sarebbero stati ultimati i lavori relativi ai collegamenti idrici e ai sistemi di raccolta delle acque piovane, come previsto nel piano di lavoro, comprendendo l'avvio della fase 2 sotto l'abitato di Prosecco. A oggi non è stato fatto nulla. La mancanza di precipitazioni sta provocando ulteriori gravi danni all'agricoltura, alla viticoltura e alle altre colture pregiate, considerando che poi vi è un alto rischio di incendi». Una soluzione per questo problema, a Santa Croce, sembrava possibile: era stata fatta richiesta alla locale Comunella di costruire sul Monte Babica un serbatoio idrico per poi prolungare un acquedotto esistente. «Anche di questo progetto - chiosa Tenze - non si è fatto nulla. Chiedo perciò che siano portati a termine i lavori annunciati ma anche di definire e programmare al meglio il futuro del territorio a favore delle giovani generazioni dei nostri agricoltori».

Ugo Salvini /

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 maggio 2020

 

 

L'asse green dice no agli scavi sotto la linea Aurisina-Ronchi
La galleria di 23 chilometri incassa il niet dei consiglieri Celic (5S) e Mervic (Lista Golfo) Contrarietà anche di Antoni del gruppo "Salute e Ambiente"
DUINO AURISINA «Ci opporremo con tutte le nostre forze alla realizzazione di un "mostro" che andrebbe a lacerare e ferire mortalmente un territorio di una bellezza unica». Decisa levata di scudi degli ambientalisti locali e di una parte dell'opposizione che siede in consiglio comunale a Duino Aurisina contro la proposta di Rete ferroviaria italiana (Rfi), riemersa in questi giorni, riguardo la realizzazione di una galleria sotterranea, della lunghezza di 23 chilometri, sulla tratta Aurisina-Ronchi che nello specifico andrebbe ad invadere la Grotta delle Torri di Slivia. «Questa variante ferroviaria - scrivono in un comunicato i consiglieri comunali Lorenzo Celic (M5S) e Vladimiro Mervic (Lista per il Golfo) e Danilo Antoni, portavoce del gruppo "Salute e Ambiente" - è stata bocciata già due volte a livello di "Via" sia nel 2005 che nel 2016. Evidentemente Rfi non demorde - aggiungono - perciò è opportuno ricordare che l'opera, inserita nel progetto Alta Velocità/Alta Capacità tra Venezia e Trieste, comporterebbe costi elevatissimi, tali da sfiorare un miliardo di euro, e porterebbe a un risibile risparmio di tempo, da un minimo di 6 a un massimo di 10 minuti, per i treni di lunga percorrenza». Ma il costo maggiore sarebbe un altro: «Parliamo della devastazione che subirebbero le zone coinvolte e le località carsiche con il loro delicatissimo ecosistema. L'impatto ambientale e sociale risulterebbe poi di proporzioni impensabili - insistono Celic, Mervic e Antoni - con migliaia di viaggi di autotreni impegnati a trasportare e depositare materiale da scavo. Senza contare le continue vibrazioni dovute al passaggio dei treni che, a opera finita, si ripercuoterebbero sulle abitazioni dei molti paesi delle vicinanze. Siamo convinti che il nostro territorio debba cominciare a limitare il più possibile gli interventi infrastrutturali, energetici e industriali. È infine incomprensibile - concludono - che queste notizie le si debba sempre apprendere dalla carta stampata e non da chi ci amministra. Auspichiamo una rapida presa di posizione del Comune».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 1 maggio 2020

 

 

Debutta in centro a Trieste la formula "bus a chiamata"
L'opzione rientra tra le misure allo studio per ridurre l'affollamento dei mezzi - Entro fine mese previsto il via alla app per prenotare il posto su tutte le linee
Trieste. Una app per prenotare il posto a bordo. L'estensione anche al centro città del servizio "smart bus" (una sorta un bus a chiamata tramite call-center o web, che consente di scegliere fermate di partenza e arrivo oltre a alla fascia oraria del tragitto). E ancora l'attivazione di una serie di corse riservate al personale delle varie aziende. Trieste Trasporti si prepara ad affrontare la fase 2 adottando misure in grado di rispettare le disposizioni emanate dal governo per ridurre il rischio di contagio da Covid-19. Misure che, inevitabilmente, continueranno ad avere una ricaduta sotto il profilo economico: da marzo, dopo l'inizio del lockdown, Trieste Trasporti ha perso l'85% dei ricavi. Il confronto tra aprile 2019 e 2020 parla di incassi crollati da 2,2 milioni a 700 mila euro. «Con queste cifre possiamo pensare di reggere pochi mesi - spiega l'amministratore delegato Aniello Semplice -. Sappiamo della volontà di attivare un fondo nazionale da 800 milioni, che potrebbe concretizzarsi già con il prossimo dpcm. Di questi dovrebbero arrivarne a Trieste circa 4/5 milioni. Un aiuto che consentirebbe di mitigare la situazione».Nel prossimo decreto nazionale dovrebbe anche essere prevista l'estensione di alcuni mesi dei soli abbonamenti annuali e scolastici. Sul fonte anti-contagio al momento il governo vorrebbe un'occupazione dei mezzi al massimo del 20%: dei 160 posti presenti negli autobus snodati da 18 metri ne saranno disponibili solo 30. «Un numero che renderebbe insostenibile il trasporto pubblico locale - aggiunge Semplice -. Per questo stiamo mediando con il governo per arrivare al 50%. Il vero banco di prova sarà poi a settembre, quando inizieranno le scuole e dovremo gestire mediamente 150 mila persone al giorno. Con queste regole, pur avendo 271 mezzi, sarà impossibile garantire il servizio se non verranno rimodulati gli orari di ingresso degli studenti - oggi il 99% inizia alla stessa ora -, e degli uffici. In questo senso l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti con il suo ufficio sta facendo un lavoro molto importante».Dal 4 maggio verranno create delle linee dedicate alle aziende alle quali si potrà accedere solo attraverso l'esposizione del tesserino di lavoro e del titolo di viaggio. Un esempio sono le tre corse verso Cattinara e due per la Sissa. Le imprese interessate possono contattare TT per la creazione di un servizio ad hoc. Entro l'11 maggio, dopo la sperimentazioni in Carso, partirà poi come detto il servizio smart bus anche in centro città su tre direttrici: piazza Libertà via Svevo, piazza Tommaseo San Cilino e Corso Italia Ferdinandeo. Infine dal 15 maggio è previsto il via alla sperimentazione di una app in grado di garantire la prenotazione del posto sulle linee normali. Se il test dovesse andare a buon fine, il servizio potrebbe essere operativo da giugno. Al momento a bordo dei mezzi rimane l'obbligo di indossare la mascherina. Gli spazi interni saranno delimitati con degli appositi adesivi da lunedì prossimo. In caso di necessità verranno avviate delle corse aggiuntive in tempo reale. A controllare il rispetto delle norme sarà il personale delle forze dell'ordine e non quello di Trieste Trasporti. L'azienda ha già comunicato le diverse iniziative al Comune. L'assessore alle Partecipazioni societarie Francesca De Santis parla di «situazione difficile sia per l'azienda che per cittadini, lavoratori e studenti. L'invito è di avere pazienza e attenersi alle disposizioni».

Andrea Pierini

 

Già rotta la "tregua pandemica" bipartisan in Consiglio comunale

Pd e Open contro la giunta: «Boccia il nostro sostegno agli alberghi» - FI rivendica la mozione sui migranti. M5S: «Ora mobilità alternativa»
Prosegue il dibattito sulla scia del Consiglio comunale di martedì: incrinato il clima di collaborazione, l'opposizione accusa la giunta di ignorare le categorie economiche, mentre il centrodestra rivendica l'approvazione di una mozione in materia di rotta balcanica. La consigliera e segretaria dem Laura Famulari attacca: «Dipiazza si riempie la bocca di turismo ma poi il centrodestra si rifiuta di aiutare gli albergatori. È inspiegabile e ingiustificabile che la maggioranza abbia detto "no" all'urgenza per la mozione con cui chiediamo di differire la scadenze per il versamento dell'imposta di soggiorno dal 30 aprile al 31 luglio 2020, che in alcuni casi avrebbe consentito di anticipare la cassa integrazione per i dipendenti». Al fianco di Famulari si schiera anche la consigliera di Open Fvg Sabrina Morena, che martedì ha lasciato l'aula assieme ai colleghi del Pd in segno di protesta per la bocciatura della mozione.Dal canto suo il capogruppo di Forza Italia Alberto Polacco rivendica una mozione, cofirmata da Lega, Fratelli d'Italia e Lista Dipiazza e fatta propria dalla giunta in cui chiede il blocco del confine: «Il testo invita il comune, anche a mezzo del Prefetto di Trieste, affinché si provveda al blocco degli ingressi irregolari provenienti dalla rotta balcanica, tenuto conto della criticità assoluta che tale situazione sta generando in relazione alla possibile diffusione del coronavirus e non solo e garantire la stabile presenza anche dei militari in supporto alle forze dell'ordine per il monitoraggio della fascia confinaria».La capogruppo M5S Elena Danielis lamenta la bocciatura di una lor mozione sulla mobilità alternativa: «Al termine del lockdown potremmo ritrovarci con un traffico urbano completamente diverso rispetto al passato. Occorre quindi creare degli spazi sicuri per chi è disponibile a usare la bicicletta. La bici è infatti il mezzo di trasporto che più di ogni altro potrà limitare la vicinanza tra le persone, da un lato, e contribuire alla riduzione dell'inquinamento, dall'altro».

Giovanni Tomasin

 

Rete ciclabile transfrontaliera - Sì al progetto da 1,7 milioni
La realizzazione nel parco dell'Isonzo è curata dal Gect e finanziata dall'Ue - Prevista anche un'area verde con stalli per camper e percorsi pedonali
Prosegue senza intoppi l'iter per arrivare alla realizzazione, entro la prossima primavera, dell'itinerario ciclabile e pedonale del parco transfrontaliero sull'Isonzo promosso nell'ambito del Gect Go. In questi giorni è stato approvato il progetto definitivo relativo al lotto 4, cofinanziato dal programma di cooperazione territoriale Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020.A predisporlo è stata una rete temporanea di professionisti del gruppo Stradivarie architetti associati di Trieste, per una spesa complessiva di 1.727.797,97 euro. In una delibera del Comune sono indicati tutti i pareri favorevoli ottenuti in questi mesi da parte di un gran numero di enti, come la Regione, l'Acegas Aps Amga, il Consorzio di bonifica "Pianura isontina", l'Insiel, la Soprintendenza, la Forestale e le principali compagnie telefoniche. Complesso infatti il piano dei lavori che prevede diverse concessioni e espropri. Come è noto, l'iniziativa porterà all'attesa rete transfrontaliera comune di percorsi ciclabili e pedonali lungo l'Isonzo che formerà un parco urbano tra Gorizia, Sempeter-Vrtojba e Nova Gorica, con la predisposizione di infrastrutture ricreative che valorizzeranno il territorio anche dal punto di vista turistico. Entro il 2021 verranno realizzati consistenti lavori infrastrutturali che miglioreranno la fruibilità dell'area per i cittadini e per i cicloturisti. I lavori previsti all'interno del progetto Isonzo-Soca sono divisi in quattro lotti. Il primo ha portato alla realizzazione di un'area verde attrezzata con parcheggi per i camper a Vrtojba. Il secondo, in corso di svolgimento, riguarda invece la costruzione di una passerella sul fiume Isonzo a Salcano e a delle piste ciclabili di collegamento con la ciclabile proveniente da Salcano-Plave. Questo percorso proseguirà fino al confine di San Mauro. Il lotto 3 riguarda invece un itinerario ciclabile e pedonale tra Salcano, via degli Scogli e Kolodvorska pot, ancora sul lato sloveno. Questo tratto attraverserà la piazza della Transalpina per estendersi fino alla Erjavceva cesta di Nova Gorica e a via San Gabriele. Il lotto 4 prevede, infine, percorsi pedonali e ciclabili lungo l'Isonzo da via degli Scogli al Parco di Piuma e fino a Straccis, oltre che lungo l'asse trasversale dallo stesso Parco a via San Gabriele. Si tratta di un itinerario ciclopedonale lungo l'Isonzo e di uno trasversale che collega via San Gabriele al Ponte del Torrione.

Emanuela Masseria

 

 

«Ingiustificata e inutile la variante ferroviaria tra Aurisina e Ronchi» - il consigliere regionale Nicoli (FI)
RONCHI«È ingiustificata e inutile la variante ferroviaria tra Aurisina e Ronchi dei Legionari, prevista tra gli interventi nel lungo periodo dal progetto di potenziamento e velocizzazione del collegamento Venezia Mestre-Trieste, presentato da Rete ferroviaria italiana nella IV commissione consiliare». Lo afferma il presidente del gruppo consiliare regionale di Forza Italia, Giuseppe Nicoli. Un'opera di tal portata, dice, «andrebbe a interessare l'ecosistema carsico con sovrappassi e sottopassi ferroviari altamente impattanti per la geologia e l'ambiente. Tutto ciò per diminuire il tempo di percorrenza tra le stazioni di Trieste Airport e Trieste centrale di 6-8 minuti, a fronte di centinaia di milioni di euro di spesa». Per Nicoli, l'opera è inutile per l'alta velocità riferita al trasporto passeggeri, che va ottimizzato tra Venezia e Trieste nell'ambito della pianura, anche grazie «agli interventi decritti da Rfi, che dovrebbero partire a breve e concludersi nel 2025». La variante «non risolve nemmeno i problemi dell'alta capacità per il trasporto merci da e per i porti di Trieste e Monfalcone. Problemi sul tavolo da tempo, che vedono nei colli di bottiglia di Aurisina e bivio San Polo i principali nodi da risolvere. Rfi - continua - è un esecutore tecnico delle direttive impartite dal ministero referente e a questo dovremo rivolgere le nostre proposte e perplessità». Nicoli ricorda i problemi irrisolti: «Il posizionamento delle barriere antirumore, previste da un decreto ministeriale del 2000 non ancora messe in cantiere. I Comuni poi sono in difficoltà a concedere permessi in deroga alle norme sui rumori per cantieri ferroviari a ridosso delle abitazioni. Resta il problema dei passaggi a livello (come quello sulla statale 305 a Ronchi) e vanno ammodernate le stazioni (barriere architettoniche tra un marciapiede e l'altro)». Per la stazione di Monfalcone, Nicoli ritiene sia necessario anche riqualificare il piazzale esterno: «La stazione potrebbe diventare inoltre luogo di attrazione storico-culturale vista l'immediata contiguità con il parco tematico della grande guerra».

 

 

Ex Fiera, la Regione fissa gli ultimi paletti: tetto agli spazi commerciali e tutele green
Pronte le indicazioni che consentiranno alla variante urbanistica di divenire esecutiva in vista del mega progetto della Mid
Non si potrà incrementare la superficie totale coperta del centro commerciale. Per la riqualificazione poi di piazzale De Gasperi sarà necessario utilizzare un manto che sia permeabile per rispettare il criterio di sostenibilità. Ecco alcune delle indicazioni vincolanti, dettate dalla Regione, da inserire nella variante 4 al piano regolatore, approvata dal Municipio lo scorso gennaio, per la realizzazione del futuro centro commerciale dell'Ex Fiera della carinziana Mid, proprietaria da oltre due anni del complesso. Passaggi questi necessari e ordinari che gli enti regionali sono tenuti a espletare per verificare la coerenza dei piani regolatori comunali con il piano urbanistico regionale e le norme del settore. Le indicazioni, che non erano state recepite dal Comune, sono state adottate automaticamente attraverso la giunta regionale, che ieri su questo argomento ha approvato una delibera presentata dall'assessore alle Infrastrutture e al Territorio Graziano Pizzimenti. Si tratta di misure ovviamente «concordate sempre con il Municipio stesso», precisa l'assessore, che specifica: «Il Comune di Trieste ha superato praticamente tutte le riserve che avevamo già presentato, salvo alcuni elementi di dettaglio. È stato necessario perciò introdurre alcune integrazioni alla documentazione della Variante urbanistica e al Piano di settore del Commercio, per superare tutte le osservazioni formulate e consentire alla variante di divenire esecutiva». Ma quali sono queste integrazioni per la futura costruzione compresa tra via Revoltella, via Rossetti, via Sette fontane? Innanzitutto non è previsto un aumento della superficie complessiva coperta dedicata al centro commerciale. Allo stesso tempo però «questa superficie - evidenzia Pizzimenti - potrà essere invece ridotta per favorire l'inserimento di altre attività non legate al centro commerciale». Questo vuol dire che per realizzare ad esempio una palestra bisognerà ridurre lo spazio dedicato ai negozi. Una nota all'insegna della sostenibilità riguarda il materiale che dovrà essere utilizzato per la riqualificazione di piazzale De Gasperi. L'intervento rientra infatti tra gli oneri di urbanizzazione di questa area, che saranno comunque da definire in una fase successiva. La superficie calpestabile della zona, sottolinea la Regione, dovrà essere dunque permeabile: si tratta di una specifica indirizzata al risparmio del consumo di suolo. Quali sono i materiali da utilizzare in questo senso? Si potrà ricorrere a una pavimentazione drenante o realizzando una zona verde. Tra le ultime indicazioni poi emerge anche la necessità di limitare le destinazioni d'uso ammesse per l'ex Fiera per mantenere i parametri stabiliti del volume di traffico. Ovvero, nel caso in cui il privato esprima l'esigenza di realizzare spazi direzionali o dedicati a servizi e attrezzature collettive, artigianali, alberghieri o a parcheggi, sarà necessaria «una nuova verifica di sostenibilità dell'impatto viabilistico che escluda incrementi dei volumi di traffico». Con la variante 4 completa, lo step successivo riguarda il piano particolareggiato. La proprietaria Mid sta elaborando in questo periodo, grazie al confronto settimanale con gli uffici del dipartimento Territorio, Economia, Ambiente e Mobilità (direttore Giulio Bernetti), la seconda fase, che dovrà essere approvata dal Comune e che permetterà al privato di ottenere i permessi per iniziare l'opera edilizia. Nel frattempo, già dallo scorso gennaio, sono iniziati i primi lavori di demolizione. In totale saranno rasi al suolo 130 mila metri cubi di cemento, in gran parte macinati sul posto per fornire materia prima alla futura realizzazione. Si potrà ora passare a mettere a punto il progetto dell'architetto monfalconese Francesco Morena, prevede un investimento complessivo di 100 milioni di euro voluto dall'imprenditore carinziano Walter Mosser, leader della Mid che ha a Klagenfurt il quartier generale. In un'area di 15mila metri quadrati l'imprenditore intende infatti realizzare negozi, botteghe artigianali, studi professionali, bar, ristoranti ma anche attività di wellness, fitness e saune.

Benedetta Moro

 

Alloggi hi-tech, park e palestra nella villa secolare di Opicina - IL PIANO DI RECUPERO
In via Ermada, a Opicina, in una villa d'inizio Novecento, nascerà un nuovo complesso abitativo, che sarà affiancato da altre due costruzioni. Il progetto di riqualificazione iniziale, firmato dallo studio Marzi & Sterni e realizzato dall'impresa edile Monticolo & Foti, prevedeva la realizzazione di 15 "aparthotel". Ma l'attuale emergenza ha spinto a un ripensamento della destinazione d'uso in corso d'opera. Il committente è Villa Wisteria, srl di cui è amministratore unico Edi Kraus, l'ex assessore allo Sviluppo economico e allo Sport della giunta Cosolini. Con un investimento di quasi quattro milioni di euro totali, verranno quindi realizzati nove appartamenti con 11 parcheggi sotterranei, più altri esterni, da affittare o vendere. La società aveva acquisito la villa nel 2008. «Due anni fa - spiega Kraus - ho deciso di fare quest'investimento, perché gli indici di turismo stavano aumentando. Sul Carso e a Opicina non c'erano strutture simili». La casa ha una sua storia: è stata costruita nel 1902, quando Opicina è stata collegata con il tram, diventando così luogo di villeggiatura estiva. «Le ville più belle vennero costruite vicino alla stazione del tram», sottolinea Kraus: «Grazie poi ai proprietari che si sono succeduti, questa dimora è rimasta uguale da un punto di vista architettonico». Gli esterni sono stati salvaguardati, mentre la parte interna è stata completamente sventrata e sarà ricostruita da zero. La palazzina, dotata già di adeguamento antisismico, sarà affiancata da altre due abitazioni moderne. «Sono stati adottati gli attuali criteri di costruzione - evidenzia ancora Kraus - con un impianto geotermico e pannelli solari fotovoltaici che alimentano gli impianti tecnologici, tutti molto avanzati. Inoltre ci sarà anche una piccola palestra». Il cantiere ripartirà lunedì e dovrebbe terminare alla fine dell'anno. «In questo cantiere abbiamo realizzato con il mio socio Luca Foti un lavoro davvero particolare», sottolinea Andrea Monticolo, ad dell'impresa e vicepresidente nazionale, al terzo mandato, dell'Associazione costruttori d'impianti, aderente a Confindustria: «Adesso siamo pronti a ripartire, ma per i cantieri si palesano grandi criticità dopo quest'emergenza. Pensiamo alla difficoltà negli spostamenti, in quanto sarà permesso di muoversi con due persone per autovettura, oppure ai dipendenti, che dovranno lasciare a casa i propri figli: con chi staranno? Il governo deve provvedere a risolvere queste criticità».

be.mo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 aprile 2020

 

 

A Bosc di Sot 35 specie protette - L'area del laghetto va tutelata
Legambiente evidenzia la presenza di fauna selvatica d'interesse comunitario - Chiesto un monitoraggio prima di concedere variazioni al piano regolatore
Cormons. Nel laghetto di Bosc di Sot ci sono specie protette di anfibi e uccelli. Lo stabilisce uno studio effettuato da Legambiente Gorizia che, attraverso l'occhio di due scienziati naturali, ha osservato a distanza quali siano gli animali stanziati ormai da tempo all'interno dell'area verde non distante dalle strutture delle Fornaci Giuliane. La relazione di Legambiente, firmata dai naturalisti Michele Tofful e Davide Roviani, è stata consegnata a Regione e Comune e identifica la presenza di 35 specie di fauna selvatica vertebrata: 8 sono inserite nella Direttiva Europea sulla protezione degli uccelli, mentre sono quattro le tipologie di anfibi inseriti nella Direttiva "Habitat" d'interesse comunitario. «L'area di Bosc di Sot - si legge nella relazione - si trova all'interno di un sistema collinare utilizzato da molti anni per l'estrazione di argilla. La zona umida è composta da un bacino di circa 60 mila metri quadrati e da una zona palustre sopraelevata, formatosi nell'ultimo lotto di estrazione dell'argilla, di circa 8 mila mq. Il vasto bacino si è formato nel corso degli ultimi due anni, in seguito all'abbandono dell'attività estrattiva, e si è rapidamente riempito d'acqua». È lì che Tofful e Roviani, pur non potendo accedere all'area, sono riusciti ad accertare la presenza di 35 specie di fauna selvatica vertebrata: si tratta di 6 anfibi, 24 uccelli e 5 mammiferi. Come uccelli sono stati osservati il tarabuso, la casarca, il marangone minore e ben 210 oche grigie. «Tra gli uccelli ben otto sono elencati nell'allegato I della Direttiva Europea sulla protezione degli uccelli 79/409/CEE, recentemente sostituita dalla Direttiva 2009/147/CE. La Direttiva impone agli Stati membri di tutelare tali zone umide». Il tarabuso in particolare è una specie di airone che in Italia è piuttosto raro. «Per quanto riguarda gli anfibi finora rilevati - proseguono i due studiosi - la specie di maggior pregio è la rana di Lataste, un anfibio endemico della pianura padana. È una specie prettamente boschiva e si riproduce nelle piccole pozze d'acqua che si creano ai lati di un torrente o negli avvallamenti. La Rana di Lataste è inclusa nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" ed è quindi specie d'interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione (Zsc). Quattro specie, sul totale delle sei rilevate, sono invece incluse nell'Allegato IV della stessa Direttiva; rana di Lataste, rospo smeraldino, rana agile e raganella italiana». È fatto divieto di «catturare o uccidere esemplari di tali specie nell'ambiente naturale, perturbare tali specie, in particolare durante tutte le fasi del ciclo riproduttivo, distruggere o raccogliere le uova e i nidi nell'ambiente naturale, danneggiare o distruggere i siti di riproduzione o le aree di sosta». Secondo i ricercatori, dunque, l'area umida di neo formazione risulta essere «un ambiente ad elevato interesse naturalistico». In conclusione, sostengono: «Prima di concedere qualsiasi autorizzazione o effettuare delle modifiche al Piano regolatore comunale è necessario attuare una serie di monitoraggi di flora e fauna presenti».

Matteo Femia

 

 

Petrolio ancora sotto zero: «Addio all'energia pulita» - Secondo l'analisi di Generali Investments

«Gli investitori obbligazionari hanno qualcosa da dire agli operatori del mercato petrolifero: benvenuti nel club! I prezzi del petrolio sono scesi sotto zero!»: Vincent Chaigneau, Head of Research di Generali Investments analizza sul sito della compagnia l'era del petrolio sotto zero. Secondo Moody's i prezzi resteranno bassi quest'anno sia per il West Texas Intermediate sia per il Brent, rispettivamente a circa 30 e 35 dollari al barile.«La carenza di strutture di stoccaggio e i costi complessivi di un'interruzione della produzione hanno portato a questa anomalia. Ma la causa principale è il calo della domanda provocato dai lockdown. Il taglio del 10% della produzione deciso in aprile si è rivelato ampiamente insufficiente».Ora i prezzi sono tornati positivi, ma i future restano sotto i 30 dollari per il resto dell'anno: «Sono livelli insostenibili -continua l'economista del Leone-e il numero di impianti di trivellazione negli Usa sta già diminuendo. Neanche i produttori più efficienti possono sopravvivere: il pareggio di bilancio per l'Arabia Saudita è sopra gli 80 dollari al barile».Previsioni? «I prezzi dovranno risalire, ma probabilmente non lo faranno a breve. Il presidente Trump vuole usare il denaro dei contribuenti per sostenere l'industria petrolifera statunitense. Sarebbe chiaramente un'allocazione impropria di quelle risorse. I produttori americani avevano guadagnato quote di mercato: gli Usa guidano ora la classifica mondiale dei paesi produttori. Ciò è ridicolo se si considera che il loro costo di produzione è più alto di quasi tutti gli altri. Tenere in vita queste compagnie non farebbe che aggravare l'eccesso di offerta e mantenere i prezzi più bassi più a lungo».A cosa ci condurrà questo processo? «Purtroppo il prezzo basso ritarderà la transizione verso l'energia pulita, in un momento in cui i piani per contrastare il cambiamento climatico sono già messi a rischio dalle implicazioni della crisi per i conti pubblici. Parliamo di un deficit di bilancio Usa pari a circa il 20% del Pil».

 

 

L'orso bruno catturato tra i monti - La trappola dopo mesi di libertà
Dopo la fuga del luglio 2019, il giovane maschio M49 è ricomparso. In Trentino convivenza impossibile con l'esemplare
Non è una buona notizia quella della cattura appena avvenuta dell'orso Papillon (odiosamente marcato con la sigla M49, quasi a indicare un ineludibile destino da recluso) nella zona delle Giudicarie. E non ha molte spiegazioni, almeno da un punto di vista scientifico e contingente. Non risultano infatti, dopo l'ibernazione, attacchi o comportamenti pericolosi verso gli uomini (e nemmeno verso il patrimonio zootecnico) e anche quelli indicati in passato non permettevano una sicura connotazione di pericolo per quell'orso. In definitiva, Papillon è tutt'al più da considerarsi un orso problematico, visti i danni economici ad alcune attività produttive, peraltro favoriti dalla mancata adozione di strumenti di prevenzione adeguati. Ma la sua pericolosità per le persone è ancora da dimostrare. Tutt'al più possiamo definirla 'potenziale'.Non è una buona notizia perché dimostra che in Italia riesce difficile la convivenza con quel mondo naturale, e con i suoi abitanti non umani, che, a parole, molti dicono di auspicare. Proprio mentre siamo tutti sorpresi dalla forza e dalla ricchezza della vita naturale che prorompe nelle aree cittadine e nei paesi in cui le persone sono obbligate in casa per via della pandemia. Ci piace osservare quella reazione naturalistica, purché non ci riguardi troppo da vicino o non sia prolungata nel tempo. L'orso è una specie protetta sia da Direttive internazionali che da leggi nazionali (Legge 157/92), e eventuali interventi di cattura e captivazione di un individuo devono rispettare alcune fondamentali e comprovate condizioni di necessità. Inoltre non sembra un'ottima idea quella di rinchiuderlo nella stessa recinzione del Casteller, mostratasi, nel migliore dei casi, totalmente inadeguata in occasione della fuga precedente. Come l'orso sia riuscito a scappare, nel luglio 2019, da un recinto alto più di quattro metri e per di più elettrificato fino a 7000 volts, visto che gli orsi ancora non hanno sviluppato la capacità di volare, resta un mistero non chiarito dalle autorità locali. E valgono le considerazioni fatte già a suo tempo a proposito del fatto che circa un milione di italiani, in Trentino, dove la densità di popolazione è di 79 abitanti per kmq, non riescono proprio a convivere con questo orso bruno lasciandolo libero. E neanche con qualche decina di suoi compari sparsi nelle Alpi orientali. Quando non ci sono evidenze di problemi per l'incolumità di chi va a fare una passeggiata e nemmeno danni soverchi alle attività produttive. Nella vicinissima Slovenia, si convive abbastanza tranquillamente con 450 orsi (da noi sono una cinquantina), con rare catture e ancor più rari abbattimenti in condizioni estreme, registrando, di media, un caso pericoloso di aggressione l'anno. Dimostrando che sono l'informazione e l'educazione gli elementi per la convivenza. Inoltre ricordiamo che è sempre necessario il parere positivo dello Stato, e la dimostrazione concreta che non esistano valide soluzioni alternative, nel deprecato caso in cui si volesse optare per l'abbattimento. Ma da questa storia usciamo tutti sconfitti e vediamo prevalere l'ignoranza delle questioni naturalistiche oppure gli interessi di parte. L'orso è una "specie-ombrello", che garantisce la sopravvivenza anche di altre specie. Ma è anche una "specie-critica", che espleta una seria di funzioni fondamentali per l'intero ecosistema. Infine è una "specie-bandiera", perché amato dalle persone e dai turisti e catalizzatore di interesse. Cioè a dire che, se si è intelligenti, si può addirittura sfruttare in senso positivo la libertà di cui gode in territori che così si gioverebbero dell'imprimatur di "intatti" e dunque degni di visita e residenza. In questo quadro l'eventuale danno, sempre limitato per definizione, in quanto la dieta dell'orso è vegetariana al 70%, al patrimonio zootecnico è rimediabile e di importanza secondaria. Semmai è chiara la necessità di investire sempre più energie e risorse nella prevenzione dei danni, per lavorare per la convivenza con l'uomo e evitare che simili episodi si ripetano, considerato anche che la popolazione trentina di orsi è in continua espansione spaziale e numerica. Gli orsi sono esseri magici, una mescolanza di uomini, dei e animali. Ricordiamo che la ninfa dell'Arcadia Callisto fu trasformata in orsa per avere trasgredito il suo voto di castità. Peraltro Callisto lo tradì con Zeus, che, dopo averne approfittato, non impedì che fossa punita dagli dei. Per farsi perdonare, però, la trasformò in costellazione (insieme con il figlio Arcade). E in cielo abbiamo almeno due orse, una maggiore e una minore. Ribadiamo che l'orso ci somiglia da vicino, per questo lo abbiamo inserito nel mito: abbiamo iniziato insieme la nostra parabola da animali a dei, solo che noi non siamo più in capaci di una convivenza armonica.

Mario Tozzi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 aprile 2020

 

 

Via al bando di gara per l'installazione di 30 boe ecologiche nel golfo di Panzano
Messe a disposizione dei diportisti che vanno a fare il bagno per evitare l'uso dell'ancora che erode i fondali marini
Avviata la gara per la sistemazione di trenta boe ecologiche nel golfo di Panzano. A causa dell'emergenza virus Covid-19 non si sa se si riuscirà a fare vacanza quest'anno e se vanno avanti così le cose nemmeno l'anno prossimo, non si sa neppure se sarà possibile spostare la barca. Quello che è certo è che se non si riuscirà ad andare in Croazia per qualche anno si potrà almeno godere delle bellezze naturali locali e ormeggiane nel golfo di Panzano in maniera ecologica al largo dell'isola dei bagni. È stata avviata infatti dal Comune la procedura di gara pubblica per la fornitura di 30 boe ecologiche. Entra nella fase finale il piano di intervento per la tutela del litorale da Panzano alla Cona nell'ambito del progetto europeo Saspas che ha già visto la piantumazione in mare delle fanerogame. «Quello dell'erosione della linea di costa e dei fondali è l'effetto più evidente dei cambiamenti climatici in corso - ricorda il sindaco Anna Cisint - che stanno trasformando in modo irreversibile le comunità marino costiere distruggendone gli ecosistemici. Un tema rilevanti per il nostro territorio nel quale ci sono circa 4 mila posti barca e importanti siti naturalistici». L'unico rimedio è ripristinare la flora marina attraverso piantumazioni di fanerogame e con ormeggi per i diportisti per evitare di calare l'ancora quando si staziona davanti alla costa e non provocare danni. Le praterie di fanerogame sono habitat importanti per la biodiversità, sono le nursery per molte specie ittiche anche di interesse commerciale abbattendo la CO2 , come fanno le foreste. L'Ue come è noto ha accolto il progetto di sperimentazione di questo modello nel territorio. E proprio Monfalcone è l'ultima riserva per alcune tipologie di flora e fauna marina sparite dall'intero golfo di Trieste e dall'Adriatico. Il progetto diventerà una buona pratica per altri contesti.Il Comune, a cui è stato concesso un finanziamento di oltre 2 milioni di euro, fa da battistrada e capofila di un progetto che riguarda anche altre aree come le Incoronate, la laguna di Venezia e il parco marino di Brindisi. Anche Esof 2020 nel panel dei propri incontri scientifici ha previsto un incontro di presentazione visto il valore dell'iniziativa, che il Comune riproporrà nel nuovo programma dell'esposizione dedicata alla scienza.Il corona virus non ha fermato il progetto Saspas. In questi giorni gli uffici hanno rimodulato il piano delle attività e conseguentemente il budget, prevedendo una proroga di 9 mesi al completamento dei lavori e stanno avviando diverse procedure di gara per i relativi affidamenti. Già effettuato quello che ha dato il via alla collaborazione scientifica con la società Shoreline, che gestisce il parco marino di Miramare, ora è aperto l'affidamento per la fornitura, installazione e funzionamento dei sistemi di ancoraggio "environmental-friendly" che possono ridurre significativamente l'impatto sui prati di piante marine causato dall'ancoraggio di imbarcazioni da diporto o da altre cause.Si prevede il posizionamento di 30 gavitelli nella baia di Panzano per favorire l'ormeggio giornaliero dei diportisti che escono in barca per fare il bagno, in una zona lontana dalle aree colonizzate da praterie a fanerogame marine e per contenere il fenomeno dell'estirpazione della vegetazione. L'intervento riguarderà le prossime due stagioni balneari estive, ma a seconda dell'emergenza potrebbe essere richiesta la proroga di un anno per il completamento del servizio, che comprende anche la predisposizione di cartelli e adesivi informativi circa l'utilizzo delle stesse boe, che avranno forma sferica o semi-sferica e dimensioni minime di cm 55 di diametro e altezza sull'acqua di circa 60 cm.

Giulio Garau

 

 

Nuovi arrivi alla Cona i puledri di Camargue - Delfino a Marina Julia
Nella riserva sull'Isonzo sono nati tre cavallini ed è atteso un quarto - Belle sorprese per festeggiare le passeggiate lungo il litorale
STARANZANO. Cresce la famiglia dei cavalli Camargue all'Isola della Cona. In una decina di giorni sono nati, infatti, tre puledrini, due maschi e una femmina curati dalle "mamme" e protetti da "papà Tomo. Se i calcoli degli operatori sono giusti ne a breve ne dovrebbe arrivare un quarto. Una bella notizia per questi giorni molto particolari. La famigliole sono state avvistate a brucare l'erba nell'area del "ripristino" di fronte al finestrone del "Museo della papera", poiché il branco in genere vive allo stato brado in prossimità della foce lontano dal centro visite. Sono scene familiari emozionanti che purtroppo non sono alla portata dei fruitori e dai birdwatcher perché la riserva è ancora off limits ai visitatori. Anche se i lieti eventi erano già nell'aria, per gli operatori della riserva si è trattata ugualmente di una bella sorpresa scoperta durante il quotidiano giro di perlustrazione dell'area. I Camargue rappresentano da sempre una delle attrazioni più caratteristiche dell'Isola della Cona per bambini e adulti, specie nelle escursioni estive utilizzando quelli addestrati che hanno un carattere mite, sono addomesticati e pronti per essere cavalcati. La festa delle nascite dovrebbe continuare secondo gli operatori Matteo De Luca, Silvano Candotto della Stazione biologica della Cona (Sbic) e Letizia Kozlan domatrice dei Camargue e vicepresidente della Rogos che ha in gestione la riserva, poiché erano quattro le cavalle che dovevano dare alla luce altrettanti puledri. Tre sono già arrivati e se ne attende un altro. «I puledrini, che hanno il pelo scuro da piccoli, sono nati a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro probabilmente all'alba - ha spiegato ieri Matteo de Luca - poiché ho visto le famigliole attorno alle 6 mentre albeggiava durante il consueto giro di monitoraggio per gli uccelli. Le cavalle che erano "in attesa" si vedevano a mangiare l'erba nei giorni scorsi nei pascoli davanti al bar della Cona. Non appena sarà riaperta la fruizione della riserva potranno essere facilmente osservati. Tra il 10 ed il 15 aprile - aggiunge De Luca - sono nati invece altri due puledrini Camargue anche nella vicina Riserva di Val Stagnon a Capodistria, con la quale collaboriamo da anni nelle attività scientifiche».Non resta che trovare i nomi ai nuovi arrivati che in base al regolamento, comincerà con la "K" ("K" indica appunto l'anno 2020) e dovrà essere anche l'iniziale di un sostantivo che richiama elementi della natura o anche fenomeni naturali. La tradizione prevede, secondo quanto riferisce Letizia Kozlan, un concorso pubblico che verrà attivato in rete già nei prossimi giorni. Chi vuole partecipare può farlo comunicando le sue proposte o votando i nomi presenti sul profilo Facebook dell'isola della Cona. Avvistato inoltre al largo di Marina Julia un delfino come attesta la foto inviata dal lettore Andrea Cristin, che spiega: «Stavo passeggiando una pinna scura ha destato la mia attenzione. Fortuna ha voluto che avessi la macchina fotografica e dopo un po' di pazienza sono riuscito a scattare qualche foto della splendida creatura che faceva capolino tra le onde a meno di 70 metri dalla battigia».

Ciro Vitiello

 

 

«Discarica davanti al cimitero, scempio senza giustificazioni»
Si scatena il fuoco incrociato contro l'amministrazione di Duino Aurisina accusata di non aver vigilato a sufficienza nei pressi delle tombe di Visogliano
DUINO AURISINA. Commenti molto severi da parte dei residenti. Accuse sia a chi ha eseguito i lavori sia all'amministrazione municipale, che «avrebbe dovuto controllarne l'operato». E, in generale, un forte senso di disagio in tutta la comunità. Ha suscitato grande eco, a Visogliano e nell'intero territorio comunale di Duino Aurisina, la notizia della discarica a cielo aperto a ridosso del muro di cinta del cimitero della piccola frazione carsica. Le spiegazioni dell'assessore Massimo Romita, che ieri ha confermato che «l'ammasso è il risultato di una serie di demolizioni di tombe eseguite a febbraio, nell'ambito del periodico intervento di esumazioni, e poi lasciato sul posto perché nel frattempo è scattata l'emergenza da coronavirus», non sono dunque state ritenute sufficienti. A puntare il dito per primi verso l'esecutivo municipale sono stati ovviamente gli esponenti dell'opposizione.«È palpabile quanto comprensibile e giustificata - ha detto a questo proposito Igor Gabrovec, capogruppo della Lista Insieme-Skupaj - l'indignazione dei cittadini nel vedere una discarica, per quanto definita provvisoria, a fianco del cimitero, un luogo sacro e, in quanto tale, caro alla sensibilità di ciascuno di noi. Per non parlare della legislazione - ha aggiunto Gabrovec - giustamente severa e inflessibile quando si tratta di terre e rocce da scavo. Ci aspettiamo risposte e rassicurazioni chiare e inequivocabili da parte dell'amministrazione comunale già in occasione della prossima riunione dei capigruppo (che è in programma oggi pomeriggio, ndr), affinché scene come quella di Visogliano non vengano più a ripetersi». Di «spettacolo ignobile, con giustificazioni che rasentano il ridicolo» ha parlato a sua volta il capogruppo della Lista per il golfo Vladimiro Mervic. «I residui dello scavo andavano portati via subito - ha sottolineato Mervic - e non lasciati davanti all'ingresso del cimitero. Capitò la stessa cosa l'anno scorso al cimitero di San Giovanni di Duino e la discarica rimase sul posto per mesi». «Ritengo che questa sgradevole situazione - ha commentato Lorenzo Celic (M5s) - non sia solo una pessima immagine per il territorio, ma anche il risultato di una grave svista da parte di chi, in Comune, dovrebbe controllare che i lavori siano eseguiti a regola d'arte. Questo stato di fatto è irrispettoso di ogni forma e di ogni norma sulla sicurezza. Spero che gli assessori competenti - ha concluso l'esponente grillino - prendano in mano la questione con la massima urgenza». «Se non si provvederà rapidamente allo spostamento di quei materiali - ha osservato infine Elena Legisa (Rifondazione comunista) - si rischia di veder crescere quell'ammasso di rifiuti, perché le persone potrebbero essere portate a lasciare altre immondizie sul posto. In ogni caso, era ed è compito del Comune vigilare».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 aprile 2020

 

 

«Mobilità urbana da ripensare per evitare il collasso da auto»
Nove associazioni chiedono un Consiglio comunale straordinario
T
rieste. Una mobilità urbana completamente da ripensare a Trieste alla luce dell'emergenza Covid-19. A partire dalla fase 2. Nove associazioni (Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Fridays For Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz) hanno chiesto un Consiglio comunale straordinario «per iniziare un percorso e mettere a sistema una serie di proposte per far sì che la tanto attesa fase 2 possa diventare il momento per sperimentare soluzioni che agevolino la mobilità, rendano maggiormente appetibile il mezzo pubblico, in un contesto di maggior sicurezza per i pedoni e i ciclisti». L'occasione è offerta dalla ripartenza prevista per lunedì prossimo. «Dal 4 maggio l'allentamento delle restrizioni per il contrasto della diffusione del Covid-19 porterà progressivamente alla riapertura delle attività produttive e commerciali. Per farlo però dovrà essere ancora mantenuto per lungo tempo un distanziamento sociale tra le persone - spiega Federico Zadnich, portavoce della nove associazioni -. In questa situazione è verosimile che l'uso del trasporto pubblico, che a Trieste copriva il 20% degli spostamenti urbani, sarà fortemente ridotto».Gli effetti del distanziamento sociale rischiano di portare a Trieste il traffico al collasso. «In assenza di un Piano emergenziale per la mobilità urbana Post-Covid è facile prevedere che chi abbandonerà il trasporto pubblico avrà come unica alternativa per raggiungere il posto di lavoro e muoversi in città l'automobile - spiega Zadnich -. Se questo dovesse avvenire ci troveremmo di fronte a un aumento rilevante del traffico, con danni per la sicurezza, la salute, l'ambiente». A confermare questa preoccupazione ci sono i dati della provincia del Wuhan, in Cina, dove nella fase post Covid l'uso privato dell'auto è passato dal 34% al 66% degli spostamenti urbani mentre quello del trasporto pubblico è crollato dal 56% al 24%. Per questo bisogna intervenire subito «prendendo decisioni utili a gestire questa fase transitoria rafforzando la mobilità alternativa all'auto». Città come Budapest, Bogotà, Philadelphia, Vancouver, Calgary, Vienna, Città del Messico, Berlino e Londra e in questi giorni anche Milano, Roma e Torino si stanno attivando. Si pone dunque il problema di garantire anche a Trieste altre forme di mobilità alternative all'auto attraverso la realizzazione di un Piano emergenziale per la mobilità urbana Post-Covid che preveda «una serie di contromisure per mitigare gli effetti dello sbilanciamento dell'offerta di mobilità sulle auto». Possibili azioni di questo piano emergenziale sono ampliamento degli spazi pedonali per dirottare su questa forma di mobilità gli spostamenti urbani inferiori a 3 chilometri e per gli spostamenti dai 3 ai 10 chilometri la realizzazione di una rete ciclabile di emergenza con corsie dedicate alle bici, realizzate con semplice segnaletica orizzontale lungo le principali strade di scorrimento di Trieste e il potenziamento del servizio di bikesharing.

Fa.Do.

 

SEGNALAZIONI - Limiti di velocità - I 30 all'ora adatti a Trieste

Su Internet leggo: "Milano, la fase 2: limite di velocità a 30 l'ora e spazio alle bici. Tavolini nei posti auto". Questi provvedimenti potrebbero essere estesi a tutte le città, Trieste compresa. La velocità media di un'automobile, in condizioni di scarso traffico in centro, non supera i 25 km/h. Lo scorso 25 aprile, 10.30, con Google Maps ho controllato il percorso Stazione centrale-piazza Perugino: 2,8 km in 8 minuti, velocità media stimata 21 km/h. Quindi il limite di 30 all'ora è pienamente compatibile con le esigenze della circolazione automobilistica urbana, con benefici effetti per tutti: meno inquinamento, meno stress per automobilisti e autisti di Trieste Trasporti, ciclisti in carreggiata e non sui marciapiedi. Che ne pensano i nostri amministratori?

Bruno Spanghero - ciclista urbano

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 aprile 2020

 

 

"Resto a casa e curo le piante" - Tutorial online per pollici verdi.

Io resto a casa e...curo le piante. In casa, sul balcone, nel giardino o nell'orto. È questa infatti la stagione giusta per prendersi cura delle piante e in questo periodo sarebbero dovuti iniziare pure gli annuali corsi di ortocultura urbana a cura del Gruppo Urbi et Horti, anche con uscite pratiche nei campi, cosa purtroppo attualmente impossibile. Ma la natura non attende la fine della pandemia. Quindi, ecco l'idea delle lezioni a distanza. Con consigli utili, aneddoti, curiosità e anche qualche fiaba per i bambini che in questi giorni sono a casa o qualche piccola attività pensata apposta per loro. Per proseguire l'attività in modalità "smart" in questo particolare momento e offrire preziosi consigli, anche se a distanza, l'associazione Bioest, che da anni ormai organizza corsi di orticultura per contadini urbani nell'ambito del progetto "Urbi et Horti", ha pensato di dare il via a una serie di incontri giornalieri su facebook rivolti a tutti coloro che hanno voglia di iniziare un'attività di giardinaggio biologico in casa o sul balcone. «In questo periodo infatti - spiega la referente, Tiziana Cimolino - bisogna invasare e rinvasare le nostre piante, poiché siamo al cambio di stagione, mettere graticci, sostegni, ripararle e dal freddo e imparare a coltivare, fare un po' di semenzario, prendersi cura delle piccole piantine». «Ogni giorno sul profilo di Bioest o di "orticomunitrieste", ma anche sulla mia pagina personale - prosegue la naturalista - sarà possibile seguire dei mini video di tutoraggio su piccole attività di giardinaggio casalingo. Sono tanti - prosegue Cimolino - i motivi per coltivare una pianta sul proprio balcone: da quelli estetici alla necessità di passare il tempo immergendoci in un'attività coinvolgente. Grazie alle lezioni in pillole - piccoli video dove imparare tecniche orticole, curiosità e notizie dal mondo verde -, sarà possibile partecipare attivamente alle attività proposte direttamente da casa». Impareremo quindi a pulire la pianta dai rami secchi e foglie marcite e a fare una talea.

Gianfranco Terzoli

 

Potature in tree climbing e gli alberi tornano protagonisti
L'alleggerimento delle chiome restituisce la bellezza  del viale dei lecci e permette di leggere in profondità lo spazio
Il Parco di Miramare è un complesso paesistico costituito da molteplici ambiti che vogliono essere scoperti, guardati e visti da plurimi punti di osservazione collocati lungo i suoi percorsi. Essi permettono una visita articolata e trasportano, chi li percorre, a trovarsi "casualmente" a godere di coni ottici sul mare ritagliati nei belvedere dei suoi percorsi in quota, camminare nelle fresche ombre degli alberi per poi allargare lo sguardo nella luce dei parterre che consentono, nuovamente, di traguardare il mare, il golfo di Trieste e il vicino castello, consentendo così di orientarsi in un microcosmo di bellezza e natura in cui l'artificio è sempre celato. Come è noto il progetto formale del Parco si articola a partire da alcuni punti salienti oltre i quali si snoda in una serie di episodi che, anche a seguito delle operazioni di svelamento e manutenzione che sono in corso in questo periodo propizio ai lavori boschivi, i nostri ospiti sono invitati a scoprire. Nell'ambito del vasto programma di manutenzione del parco storico, il piano delle potature è volto a perseguire una triplice finalità: garantire la sicurezza degli utenti, valorizzare il nostro giardino ed assicurare ogni cura al patrimonio vegetale. Si tratta di potature di selezione e di trasparenza realizzate in tree climbing. Tale scelta è stata dettata dalla conformazione del sito che, per le sue caratteristiche intrinseche (posizione, accessibilità, pendenza dei versanti) consente un esiguo uso di piattaforme aeree. A metà gennaio molti dei nostri visitatori hanno visto procedere giorno per giorno l'avanzamento delle potature sul viale dei Lecci: dapprima con curiosità, poi fermandosi ad osservare le lavorazioni eseguite da questi operatori che, arrampicandosi apparentemente senza fatica, curavano e alleggerivano le chiome dei lecci seguendo le nostre indicazioni. Lo scopo è stato quello di ritagliare e focalizzare in modo preciso lo sguardo, favorendo così una lettura di profondità dello spazio attraverso operazioni di selezione e contenimento. Il risultato che volevamo ottenere era quello di avanzare di un passo nel processo intrapreso, ossia il passaggio da bosco a giardino: ora infatti possiamo leggere ogni elemento che forma la volta ombrosa del viale dei lecci, gli alberi si definiscono uno ad uno come attori su un palcoscenico accompagnati dai coprotagonisti: i percorsi superiori in quota, l'articolazione delle rocailles, i belvedere, i gazebo. I prossimi lavori coinvolgeranno l'area del Lago dei loti e il versante a monte del Bagno Ducale, anche qui la potatura di trasparenza sarà occasione per poter tornare a traguardare il mare e il castello. Il tutto volto a confermare che ciascun ambito del Parco si presenta con la sua personalità, e nell'insieme esso racconta un grande amore per la natura.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 26 aprile 2020

 

 

E ora in città rispunta pure la volpe - Avvistamento in zona San Vito
Esemplare "immortalato" vicino a Villa Necker. L'esperto: «È un ottimo derattizzatore naturale»
E dopo i falsi lupi vennero le volpi. Quelle vere. Complice lo scarso traffico e le poche persone in giro, sono stati diversi nell'ultimo mese gli avvistamenti di animali, sia nei quartieri più periferici che nel centro città. Dopo il cane lupo cecoslovacco, visto nei giorni scorsi fra Bagnoli e San Giuseppe della Chiusa, ora è il caso della volpe, vista aggirarsi attorno al giardino di Villa Necker, tra via Belpoggio e salita al Promontorio. Solo, svagato e dal passo incerto, l'animale è stato ripreso da un lettore nel suo viavai proprio in cima al muretto divisorio fra i giardini del comprensorio appartenente all'Esercito e le due strade cittadine, colto molto probabilmente nell'atto di andare a caccia di cibo. Una presenza, quella di animali come la volpe, alla quale non eravamo abituati, ma che, come spiega lo zoologo ed ex direttore dei musei scientifici del Comune, Nicola Bressi, non rappresenta assolutamente una novità per una città come Trieste. «È scorretto dire che nelle città tornano a fare la loro comparsa animali come le volpi - spiega Bressi - questi animali in realtà sono sempre stati presenti, ma la presenza dell'uomo ha sempre fatto da deterrente alle loro apparizioni. Ora, a causa del confinamento collettivo, semplicemente escono allo scoperto con più facilità». Il parco di Villa Necker, inoltre, si è trasformato in habitat privilegiato per molte delle specie animali solitamente osservabili nei boschi del Carso. «Trattandosi del parco di una struttura militare non più frequentata come invece accadeva fino a qualche tempo fa - prosegue Bressi - negli anni là dentro si è creata una specie di oasi verde che non ha paragoni con quelle di altri parchi o giardini presenti in città. Proprio perché trattandosi di struttura militare, vi accedono pochissime persone e ciò ha contribuito a questa "urbanizzazione" delle volpi». Una zona piena di verde vicinissima al centro cittadino nella quale, probabilmente, non sarà così difficile incontrarne anche in futuro. Cosa fare in quei casi? «L'importante, se ne incontrassimo una - ammonisce Bressi - è non dare loro da mangiare. La volpe è un animale carnivoro, ma abituato a mangiare un po' di tutto. Se la abituassimo a non procacciarsi il cibo scombussoleremmo il suo regime alimentare abituandola alla vita cittadina». Al contrario questo bell'animale dal pelo rossiccio è da sempre considerato un animale efficace per la caccia ai ratti. «È un ottimo derattizzatore naturale - conclude Bressi - infatti le volpi, al contrario dei gatti che si nutrono di soli topini, riescono a cacciare anche i ratti più astuti e veloci». Che sia la volpe, quindi, la risposta definitiva per debellare l'odiosa presenza dei ratti in città?

Lorenzo Degrassi

 

 

Qualità delle acque: da domani i monitoraggi - le analisi dell'ARPA

L'epidemia non ferma i monitoraggi Arpa sulle aree balneabili. Domani i campionamenti verranno effettuati nella fascia di costa tra Lignano e Monfalcone, oltre che su Natisone, Arzino, Tagliamento e lago di Cavazzo. Martedì toccherà alla fascia tra Duino e Muggia. I controlli riguardano i parametri microbiologici di derivazione fecale, cianobatteri, macroalghe e fitoplancton marino. «Anche per le aree balneabili - sottolinea l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro - la Regione si sta adoperando per garantire una ripresa sicura e un ritorno alla normalità per i gestori degli stabilimenti».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 25 aprile 2020

 

 

Sars-Cov-2 sulle polveri sottili: conferma dalle analisi triestine.

Esaminati nei laboratori dell'Università giuliana e dell'Asugi campioni provenienti da Bergamo per tracciare la relazione fra inquinamento da particolato atmosferico e diffusione del virus.

I sospetti c'erano già. E adesso è arrivata la conferma, grazie ad analisi realizzate dall'Università di Trieste in collaborazione con i laboratori dell'Asugi: il coronavirus Sars-Cov-2 è stato ritrovato sul particolato (Pm). Ad annunciarlo è la Società italiana di medicina ambientale (Sima), che già un mese fa aveva pubblicato sul proprio sito una relazione nella quale si ipotizzava una correlazione tra l'effetto dell'inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione del virus nella popolazione. Per confermare questa ipotesi è stato avviato uno studio con l'obiettivo di ricercare la presenza dell'Rna del Sars-CoV-2 sul particolato atmosferico. Vi hanno partecipato, oltre a Sima, ricercatori delle Università di Bari, Bologna, Trieste e della Cattedra Unesco dell'ateneo di Napoli Federico II. Le prime evidenze provengono da analisi eseguite su 34 campioni di Pm10 in aria ambiente di siti industriali della provincia di Bergamo, raccolti con due diversi campionatori d'aria per un periodo continuativo di tre settimane, dal 21 febbraio al 13 marzo. I campioni sono stati analizzati appunto dall'Ateneo triestino in collaborazione con i laboratori dell'Azienda ospedaliera Giuliano Isontina, che hanno verificato la presenza del virus in almeno 8 delle 22 giornate prese in esame.«Mi è stato chiesto di analizzare una serie di filtri di campionamento che provengono dalla bergamasca e normalmente vengono utilizzati per quantificare le polveri sottili», spiega Alberto Pallavicini, biologo e genetista esperto in analisi di Dna ambientale che ha portato avanti i test in collaborazione con il chimico Pierluigi Barbieri, esperto in contaminanti ambientali. «Ho utilizzato la strategia di estrazione degli acidi nucleici da matrici ambientali "complicate", seguito da un sistema di diagnostica molecolare approvato dall'Oms: dalle prime analisi ho riscontrato una presenza importante di Rna virale del Sars-CoV-2, che poi è stata confermata in misura minore da una seconda tranche di analisi effettuata nei laboratori dell'Ospedale Maggiore».Questo risultato è supportato da evidenze precedenti: c'è una solida letteratura scientifica riguardo alla diffusione dei virus nella popolazione che correla l'incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico. È noto che il particolato atmosferico funziona da carrier, ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus, che si "attaccano" al Pm, che costituisce così un substrato che può permettere al virus di rimanere nell'aria in condizioni vitali per un certo tempo. «Sono in corso ulteriori studi di conferma di queste prime prove sulla possibilità di considerare il Pm come carrier di nuclei contenenti goccioline virali, ricerche che dovranno spingersi fino a valutare la vitalità e soprattutto la virulenza del Sars-CoV-2 adeso al particolato», conclude Alessandro Miani, presidente Sima e coordinatore del gruppo di ricerca insieme ai professori Leonardo Setti e Gianluigi De Gennaro.Se dunque resta per ora tutto da dimostrare che vi sia una via di contagio attraverso il particolato, intanto quanto alla situazione dell'aria a Trieste, Barbieri rassicura: «Le polveri possono avere un ruolo di carrier solo in particolari condizioni di stagnazione atmosferica, come quelle che stagionalmente si possono verificare nel bacino padano, che per certi versi somigliano a un ambiente indoor con poco ricambio d'aria. All'aperto, con la ventilazione e il bel tempo che abbiamo nelle condizioni attuali a Trieste e in Friuli Venezia Giulia, la dispersione e diluizione atmosferica di virus e inquinanti è ben maggiore rispetto a quella invernale lombarda, veneta ed emiliano romagnola, e il distanziamento, a due metri o più, e l'impiego di mascherine filtranti forniscono una ragionevole tutela rispetto al possibile contagio».Oltre all'elemento polveri sottili, che certamente impatta a livello epidemiologico anche perché compromette la salute polmonare, un'altra ricerca italiana condotta da esperti della Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica (Siaaic), punta il dito sulla densità abitativa: più che lo smog, sostiene la ricerca, sarebbe la maggiore densità di popolazione ad avere avuto un ruolo decisivo nei contagi in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto.

G.B.

 

 

Centro congressi in Porto vecchio - in arrivo un'iniezione da 1 milione.

Il presidente Bravar portera' la delibera in cda: la cifra servira' a completare i lavori entro i primi di luglio

Centro congressi in Porto vecchio, giovedì 30 aprile una delibera da 1 milione di euro sarà portata dal presidente e amministratore delegato Diego Bravar all'attenzione del consiglio di amministrazione Tcc (Trieste convention center) con l'obiettivo di finanziare il completamento dei lavori edile-impiantistico-logistici.In modo che già il 1° luglio la società possa consegnare a Fit/Esof le chiavi dell'inaugurando compendio: l'attuale disponibilità finanziaria, gli stretti tempi condizionati dall'emergenza sanitaria non consentono di arredare la struttura, soprattutto il Magazzino 28 bis dove si concentrano i quasi 1900 posti dove si accomoderanno i futuri convegnisti. Esof, primo cliente di Tcc, provvederà in proprio con il noleggio degli allestimenti mediante gara. Entro fine settembre, quando Fit/Esof avrà disallestito la manifestazione e Tcc sarà tornato in possesso del centro, la società riprenderà l'iniziativa per l'acquisto degli arredi, confidando che nel frattempo Generali abbia concesso il prestito da 3 milioni. Ricordiamo che Generali è il secondo azionista di Tcc con il 12%, superato solo dalla TriesteValley di Diego Bravar, mentre al terzo posto si classifica la Illy: i tre soci maggiori rappresentano un terzo abbondante del capitale sociale, per il resto costituito dagli apporti di 60 azionisti. Tra questi il più grande dei più piccoli è il mobiliere friulano Alessandro Calligaris. Intanto ieri mattina l'assemblea, svoltasi in forma telematica, ha approvato il bilancio 2019, che ha chiuso con una perdita pari a poco più di 230.000 euro, perdita preventivata causa l'assenza di ricavi, essendo il cespite-base ancora in costruzione. La struttura finanziaria dell'operazione - riepiloga una nota - è costituita da 14,5 milioni, di cui 2 di capitale sociale, 5 di contributo del Comune triestino, 7,5 di mutui contratti con Bpm, Bcc Staranzano e Villesse, Fruie, Civibank, Mps, Unicredit, Intesa San Paolo, Cassa rurale Fvg. In consiglio siedono, oltre a Bravar, Cristiana Fiandra, Paco Ferrante, Claudio Sambri, Roberto Morelli, Simone Mocchiutti, Adrio Maria de Carolis, Aldo Minucci.

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 aprile 2020

 

 

«Mobilità urbana, serve un Consiglio straordinario» - l'appello di nove realtà
Bus, ciclabili, bikesharing, marciapiedi: «Nella fase 2 va ripensata la mobilità urbana». È l'appello di Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Friday For Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz al Comune: «Il distanziamento sociale rischia di portare il traffico al collasso», scrivono le nove associazioni, che reclamano «un Consiglio straordinario».

 

 

Avanti con la Trieste-Venezia ma è scontro su stazioni e fondi
Rfi conferma la realizzazione della linea ferroviaria veloce entro cinque anni senza però spegnere le perplessità. Fermate solo a Latisana e Ronchi, è rebus
Rete Ferroviaria Italiana lo aveva ribadito mesi fa: i lavori per la velocizzazione della linea ferroviaria Venezia- Trieste, che consentiranno a un treno passeggeri di collegare le due città in poco più di un'ora, si concluderanno nel 2025. Quei lavori non sono nemmeno iniziati, ma ieri - dopo l'audizione in videoconferenza nella Quarta commissione del Consiglio regionale, su sollecitazione del gruppo 5 Stelle, che ha consentito di svelare almeno gli studi di fattibilità di Rfi - già presentati o in fase di redazione - Rfi stessa ha fissato nel 2021 l'avvio dei cantieri e l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti lo ha ripetuto: tra cinque anni l'opera sarà completata. L'opposizione non si accontenta, il Pd non trova risposte sul numero delle stazioni (l'assessorato evita di entrare nel merito, ma nel cassetto c'è l'ipotesi di tre fermate in Fvg: Latisana, Ronchi e Trieste), il M5s evoca il «bluff di chi parla di alta velocità», ma Pizzimenti tira dritto e dichiara che il progetto, da 1,8 miliardi, «è propedeutico» alla Tav (che, nel caso, costerà quattro-cinque volte di più). Anzi, «o i lavori si fanno pensando all'alta velocità in futuro oppure è meglio non farli». Dibattito aperto, e anche acceso. Ma per adesso non resta che prendere atto di quello che c'è. Le slide di Rfi sono una prima informazione dopo anni di soli annunci. Il potenziamento della linea Venezia-Trieste, informa una nota di Palazzo che riassume la relazione dei tecnici della società statale, passa attraverso una serie di interventi da realizzarsi soprattutto nel breve e medio periodo, in particolare quelli relativi alla tratta Mestre- Ronchi Sud, con la possibilità di velocizzare fino a 200 chilometri all'ora la linea esistente e la soppressione di 23 passaggi a livello. I vantaggi? Stabilità degli orari, regolarità dell'esercizio e tempi di percorrenza ridotti, insieme ad affidabilità e aumento della velocità. Le cronache raccontano di un primo stanziamento di 200 milioni del ministero Delrio nel 2016. Nel comunicato della Regione si parla però ora di 160 milioni disponibili, «la prima tranche di quel miliardo e 800 milioni che è la stima del capitale necessario per l'intero intervento». Il resto delle risorse? Nulla più che un auspicio: «In seguito se ne potranno aggiungere di nuove». Pizzimenti si mostra fiducioso: «Si comincia a ragionare su un tracciato ben preciso e su una lunga serie di particolari relativi sia al trasporto di passeggeri che a quello delle merci». Ma non nasconde le criticità, «soprattutto nelle varianti di Latisana, dove è prevista la realizzazione di una nuova stazione, esterna al centro abitato, del fiume Isonzo e della tratta Ronchi- Trieste. Importanti saranno la massima trasparenza e l'interazione con il territorio, continuando nell'ottica della condivisione e individuando soluzioni che non precludano l'alta velocità». Il Pd, però, attacca. «Sul tracciato dell'alta velocità ferroviaria Trieste-Venezia, la giunta Fedriga è rimasta ferma ai titoli, assente e in totale confusione, senza andare oltre a quanto vagamente annunciato nel programma elettorale», dice Mariagrazia Santoro. «L'audizione è stata utile per il confronto con Rfi - aggiunge Diego Moretti - ma del tutto interlocutoria per quanto riguarda la giunta. Sono mancati in particolare chiari indirizzi sulla variante Ronchi-Aurisina, opera molto impattante dal punto di vista ambientale, e sul tema stazioni». E sulla Ronchi-Aurisina interviene anche il pentastellato Cristian Sergo: «Non vorremmo si spendessero altri milioni in progettazione di opere simili a quelle che sono già state bocciate due volte dalla Commissione Via». Per Massimo Moretuzzo del Patto per l'Autonomia la Tav «è opera anacronistica», mentre il capogruppo di Fi Giuseppe Nicoli chiede un tavolo permanente tra Regione, Rfi, comuni e territorio.

Marco Ballico

 

Pronta nel 2025 l'alta velocità Trieste-Venezia
La stazione di Latisana e il nodo di Ronchi i maggiori dubbi progettuali
Rete Ferroviaria Italiana lo aveva ribadito mesi fa: i lavori per la velocizzazione della linea ferroviaria Venezia- Trieste, che consentiranno a un treno passeggeri di collegare le due città in poco più di un'ora, si concluderanno nel 2025.Quei lavori non sono nemmeno iniziati, ma ieri - dopo l'audizione in videoconferenza nella Quarta commissione del Consiglio regionale, su sollecitazione del gruppo 5 Stelle, che ha consentito di svelare almeno gli studi di fattibilità di Rfi - già presentati o in fase di redazione - Rfi stessa ha fissato nel 2021 l'avvio dei cantieri e l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti lo ha ripetuto: tra cinque anni l'opera sarà completata. L'opposizione non si accontenta, il Pd non trova risposte sul numero delle stazioni (l'assessorato evita di entrare nel merito, ma nel cassetto c'è l'ipotesi di tre fermate in Fvg: Latisana, Ronchi e Trieste), il M5s evoca il «bluff di chi parla di alta velocità», ma Pizzimenti tira dritto e dichiara che il progetto, da 1,8 miliardi, «è propedeutico» alla Tav (che, nel caso, costerà quattro-cinque volte di più). Le slide di Rfi sono una prima informazione dopo anni di soli annunci. Il potenziamento della linea Venezia-Trieste, informa una nota di Palazzo che riassume la relazione dei tecnici della società statale, passa attraverso una serie di interventi da realizzarsi soprattutto nel breve e medio periodo, in particolare quelli relativi alla tratta Mestre-Ronchi Sud, con la possibilità di velocizzare fino a 200 chilometri all'ora la linea esistente e la soppressione di 23 passaggi a livello.Le cronache raccontano di un primo stanziamento di 200 milioni del ministero Delrio nel 2016. Nel comunicato della Regione si parla però ora di 160 milioni disponibili, «la prima tranche di quel miliardo e 800 milioni che è la stima del capitale necessario per l'intero intervento». Il resto delle risorse? Nulla più che un auspicio. Pizzimenti si mostra fiducioso: «Si comincia a ragionare su un tracciato ben preciso e su una lunga serie di particolari relativi sia al trasporto di passeggeri che a quello delle merci». Ma non nasconde le criticità, «soprattutto nelle varianti di Latisana, dove è prevista la realizzazione di una nuova stazione, esterna al centro abitato, del fiume Isonzo e della tratta Ronchi- Trieste».Il Pd, però, attacca. «Sul tracciato dell'alta velocità ferroviaria Trieste-Venezia, la giunta Fedriga è rimasta ferma ai titoli, assente e in totale confusione, senza andare oltre a quanto vagamente annunciato nel programma elettorale», dice Mariagrazia Santoro. «L'audizione è stata utile per il confronto con Rfi - aggiunge Diego Moretti - ma del tutto interlocutoria per quanto riguarda la giunta. Sono mancati in particolare chiari indirizzi sulla variante Ronchi-Aurisina, opera molto impattante dal punto di vista ambientale, e sul tema stazioni». E sulla Ronchi-Aurisina interviene anche il pentastellato Cristian Sergo: «Non vorremmo si spendessero altri milioni in progettazione di opere simili a quelle che sono già state bocciate due volte dalla Commissione Via».

Marco Ballico

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 aprile 2020

 

 

Trieste e Muggia "lontane" - Il collegamento ciclabile con la Parenzana traballa
L'amministrazione Dipiazza punta a un by-pass via mare ma quella rivierasca non ci sta «Nulla osta però non può escludere un'opera via terra»
MUGGIA. La ciclabile da Trieste a Muggia, per mettere in connessione la Parenzana con il capoluogo regionale, è ferma ai box. Tra i motivi della stasi del progetto ci sono questioni squisitamente tecniche, come il nodo dell'attraversamento della galleria di Montebello, punto di partenza della ciclabile: senza partenza dei lavori riguardanti quella galleria, niente ciclabili. Ma le questioni sono anche politiche: nell'affaire ciclabile è da Trieste che arrivano delle novità sul percorso: «Noi stiamo procedendo - le parole dell'assessore all'Urbanistica del capoluogo Luisa Polli - per quel che ci compete con la pista lungo la galleria di Montebello, e poi con Uti e Regione per la parte relativa al collegamento Flavia - Muggia. Attualmente è all'esame il superamento del problema della ferrovia, che ora serve al Porto». Tutto nella norma, se non fosse per la seconda "porzione" delle dichiarazioni dell'assessore della giunta Dipiazza: «La ciclabile non si farà in via Flavia, stiamo studiando alternative alla luce dello sviluppo economico dell'ex zona Ezit. Un'opportunità che sto valutando con l'assessore regionale Pizzimenti è quella di potenziare i collegamenti per bici via mare». Pronta la risposta da Muggia: «Il potenziamento dei servizi bici via mare è senz'altro auspicabile, ma non come alternativa a un collegamento via terra», così il vicesindaco e assessore alla Viabilità della cittadina rivierasca Francesco Bussani. «Le piste ciclabili devono poter consentire una mobilità lenta intercomunale. È quindi importante finalizzare una volta per tutte lo sviluppo delle direttrici su cui ci si è già confrontati in questi anni con l'Uti», taglia corto Bussani a proposito delle novità dell'ultima ora. Si tratta insomma di una ciclabile che da anni deve fare i conti con dei veri e propri "colli di bottiglia". Uno di questi, per quel che riguarda il territorio muggesano, è rappresentato dall'attraversamento del rio Ospo, dove si trova anche il punto di partenza della Parenzana stessa. «Il ponte alla foce dell'Ospo - spiega Bussani - è riconosciuto da tutti come uno dei punti più pericolosi per la mobilità lenta dell'intera ex provincia, tanto che l'Uti ha già realizzato degli interventi sulla segnaletica per garantire per quanto possibile una maggior sicurezza». La soluzione trovata, come riconosciuto dal vice Marzi, consisterebbe nel «realizzare una pedana ciclopedonale parallela al ponte attuale, che andrebbe ad allacciarsi alla ciclabile di prossima realizzazione che dalla rotonda si svilupperà verso Muggia. L'alternativa, più onerosa, sarebbe che la Regione riportasse a galla il vecchio progetto della Provincia, che prevedeva il rifacimento totale del ponte, come secondo lotto rispetto alla realizzazione della rotonda. La speranza è che la soluzione "minore" trovi nella progettualità e nella realizzazione della ciclabile Trieste-Muggia una motivazione sufficiente per essere finalmente realizzata». Infine da Bussani arriva pure una suggestione: «Dal punto di vista turistico sarebbe un'ottima cosa realizzare anche il collegamento ciclabile tra Muggia e San Dorligo della Valle, consentendo lo spostamento in sicurezza dal nostro mare alle bellezze del Val Rosandra».

Luigi Putignano

 

 

 

 

 

Video "green" sul nuovo sito di Mediatecambiente FVG.

È online la nuova versione di www.mediatecambiente.it, uno spazio web che raccoglie progetti, sperimentazioni e novità che riguardano l'educazione ambientale attraverso l'audiovisivo. Mediatecambiente è un progetto nato nel 2007 grazie alla collaborazione tra l'Arpa Fvg-Laboratorio regionale di educazione ambientale (LaRea) e il Sistema regionale delle mediateche del Friuli Venezia Giulia (di cui fanno parte la mediateca Pordenone di Cinemazero, la Mario Quargnolo di Udine, la Ugo Casiraghi di Gorizia e La Cappella Underground di Trieste). Nel sito sono raccolti tutti i progetti svolti negli ultimi anni e quelli in corso; inoltre sono disponibili più di 60 video, tra spot realizzati con le scuole, minidoc, tutorial e documentari. Una delle sezioni più ricche del sito è quella dedicata agli spot realizzati con le scuole secondarie di secondo grado e con le università. In particolare, durante i laboratori audiovisivi della durata di circa 20 ore, gli studenti scelgono uno o più aspetti chiave legati al tema ambientale trattato, per sviluppare un'idea e trasformarla in uno spot video, legando così conoscenze tecniche del montaggio audiovisivo all'approfondimento della tematica ambientale con un esperto dell'Arpa Fvg. Un altro format audiovisivo sul quale ha puntato il progetto Mediatecambiente è quello dei documentari quali veicolo culturale per sviluppare sul territorio riflessioni e progettualità volte alla sostenibilità. A tal proposito, dopo il successo di "Un paese di primule" e "Caserme" del 2014, dedicato al recupero delle caserme abbandonate in Friuli Venezia Giulia, sono stati prodotti tre documentari sugli aspetti socio-culturali legati ai fenomeni meteo e il documentario "Binari", sull'abbandono e recupero delle linee ferroviarie per promuovere progettualità legate al turismo lento e alla mobilità sostenibile. Nel sito è visualizzabile anche un catalogo tematico per ricercare audiovisivi e progetti su tematiche inerenti l'ambiente e la sostenibilità. Sempre dal sito è possibile verificare quali film sono disponibili nelle diverse mediateche della regione. Dal 2007, grazie alla collaborazione tra Arpa Fvg e il Sistema regionale delle mediateche del Fvg, sono state organizzate più di 250 manifestazioni tra proiezioni cinematografiche e altri eventi per le scuole e il pubblico in regione. Mediatecambiente si rivolge ad appassionati di cinema e di ambiente, può essere utile agli studenti per approfondire tematiche ambientali in modo informale, agli educatori per progettare dei percorsi di educazione ambientale attraverso l'audiovisivo e ai videomaker per promuovere i loro progetti.

 

Le Aree tutelate - Arato un prato stabile di Lucinico - Legambiente chiede il ripristino
Un prato stabile di tre ettari stravolto dall'aratro e trasformato in un campo coltivato come tutti gli altri. Un autentico sfregio ad un ambiente naturale prezioso che, in seguito all'allarme lanciato dagli ambientalisti, dovrà essere in qualche modo sanato, sperando che la natura possa presto riprendersi ciò che le è stato tolto. È accaduto a Lucinico, in un'area in prossimità del corso dell'Isonzo, dove Legambiente ha denunciato alla Regione - e nello specifico al Servizio biodiversità - la distruzione di un prato stabile della superficie di circa tre ettari: di qui l'azione degli uomini della stazione forestale di Gorizia e l'attivazione di una procedura che porterà il Comune a emettere un'ordinanza di ripristino. Quel prato era tutelato in quanto inserito nell'inventario regionale con tipologia "magredo a forasacco", ed è uno dei tanti prati stabili che arricchiscono il territorio regionale, rappresentando autentici scrigni di biodiversità. In molti casi, ad esempio, ospitano specie rare come le orchidee. «Questo tipo di prati stabili sono sottoposti ad una protezione rigorosa proprio per questo motivo - spiega in una nota Legambiente, il cui comitato goriziano è guidato dal presidente Luca Cadez, e che punta in futuro ad organizzare iniziative di divulgazione ed escursioni per far conoscere meglio i prati stabili alla cittadinanza -: ospitano fino a settanta specie diverse di piante per ogni 100 metri quadrati, ma anche tanti animali, insetti e le api così preziose per l'ecosistema». I prati stabili però oggi sono a rischio, anche perché le mutate condizioni economiche degli ultimi decenni stanno portando a fenomeni differenti. Da un lato i prati spariscono perché non vengono più sfalciati con regolarità, e dunque si riempiono di cespugli e arbusti. Dall'altro, invece, i proprietari ignorano o violano la legge e li arano per poi coltivarli, causando però in questo modo un danno immenso all'ambiente. Non solo. Accanto a comportamenti poco attenti ci sono anche atti vandalici più volte segnalati dagli ambientalisti, per non parlare delle scorribande di alcuni praticanti di motocross che spesso attraversano e, dunque, danneggiano anche aree tutelate. «La riduzione dei prati stabili sta portando alla perdita di numerosi servizi propri dell'ecosistema - l'allarme lanciato da Legambiente -, tra cui l'impollinazione. Il rapporto con la natura e l'ambiente è fondamentale per il benessere umano, e ce ne stiamo rendendo conto mai come in questo periodo segnato dal coronavirus, e anche per questo motivo è importante preservare ecosistemi come i prati stabili». La legge poi parla chiaro. Fin dal 2005 la Regione ha tutelato i prati stabili prevedendo in caso di danneggiamenti, oltre all'obbligo del ripristino, anche sanzioni fino a mille euro per ogni mille metri quadrati rovinati. Esistono poi anche incentivi (fino a 250 euro all'ettaro) per i proprietari dei prati chiamati ad eseguire lo sfalcio, che possono presentare richiesta di contributo entro il 30 giugno.

Marco Bisiach

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 aprile 2020

 

 

Acegas dichiara guerra ai rumori prodotti dal depuratore di Servola
Completata l'installazione di moderni impianti di insonorizzazione per eliminare i disagi per i residenti
Il depuratore di Servola diventerà super silenzioso e non arrecherà più disturbo alla cittadinanza. Parola di AcegasApsAmga che ha reso nota ieri la conclusione dei lavori per l'installazione di nuovi sistemi di insonorizzazione durati una scorsa settimana. Lo scopo principale dell'intervento è stato quello di integrare l'impianto di depurazione con l'area circostante. AcegasApsAmga definisce con soddisfazione l'impianto di Servola «come uno dei più innovativi al mondo nel campo della depurazione». E ora anche uno dei più silenziosi grazie alla scelta di minimizzare ogni rumore così da rientrare nei limiti previsti dalle normative in materia di inquinamento acustico. «Un depuratore che dialoga con il mare - si legge nella nota della multiutility-, rimanendo muto come un pesce». Il progetto è stato realizzato attraverso il partner francese Veolia ed il Gruppo Hera, avvalendosi della collaborazione di Arpa e Comune di Trieste. I sistemi d'insonorizzazione ed i pannelli fonoassorbenti impiegati contro le emissioni acustiche hanno portato «quindi molto al di sotto dei limiti normativi, mirando all'impronta zero». Un monitoraggio accurato ha evidenziato subito il fatto che alcune delle emissioni avrebbero comunque «potuto essere percepite dalle abitazioni circostanti, in particolare ai piani più alti di via Svevo». Ecco allora la decisione dell'ex municipalizzata di intervenire direttamente per evitare ogni possibile fastidio acustico. La posizione del depuratore di Servola è particolare rispetto ad altri: la vicinanza alla città è un dato di cui s'è tenuto conto fino dalla costruzione. Per questo motivo AcegasApsAmga ha stabilito «di realizzare un impianto completamente chiuso: in particolare nella galleria tecnica, vero cuore del depuratore, sono stati alloggiati i macchinari potenzialmente più rumorosi, impedendo in questo modo che le emissioni acustiche vengano percepite all'esterno». Secondo i rilievi due erano le fonti acustiche sul tetto del depuratore che avrebbero potuto causare emissioni impattanti: una tubazione e l'estrattore d'aria. Una scatola fonoisolante e fonoassorbente è stata individuata come la soluzione ideale per bloccare i rumori in uscita dall'estrattore. La tubazione è stata invece chiusa grazie ad alcuni pannelli (fonoisolanti e fonoassorbenti) lunghi quasi 23 metri e di 2 metri all'incirca d'altezza. Tra tetto e tubazione sono poi stati posti blocchi capaci di contenere eventuali onde sonore. Gli ultimi lavori effettuati da AcegasApsAmga seguono altri compiuti sui miscelatori nel 2019: in quell'occasione «per ridurre il suono proveniente dalle vasche di miscelazione» era stata fatta una copertura «con lastre in fibrocemento integrate con un pannello fonoisolante». Anche i motori dei miscelatori sul tetto del depuratore avevano avuto copertura tramite «scatolari appositamente creati in materiale fonoassorbente».

Lorenzo Mansutti

 

 

L'Ogs a caccia del virus nell'acqua di mare per assicurare una balneazione sicura
La direttrice Paola Del Negro: «Un lavoro complesso per la diversità dell'ambiente marino, è presto per i primi risultati»
TRIESTE. Come saranno le nostre vacanze estive al mare? Saremo ancora ostaggio del coronavirus o liberi di nuotare in acque limpide e sicure? Tutto dipende se il Covid-19 sopravvive nell'acqua del mare. Proprio per dare evidenza scientifica e una risposta a questi interrogativi l'Ogs, (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale con diverse sedi a Trieste e Udine), ha appena avviato una precisa ricerca. Un verdetto in tempi brevi non sarà possibile, ma è quello che chiedono anche i tavoli di lavoro regionali sul turismo che si svolgono settimanalmente in questo periodo. L'indagine dell'Ogs, infatti, è nata in concomitanza alla richiesta degli operatori del turismo regionali che cercano di metterci nelle condizioni più sicure per trascorrere l'estate al mare.«Assieme al Dipartimento di Scienze della vita dell'Università di Trieste - spiega il direttore generale dell'Ogs Paola Del Negro - stiamo lavorando a un protocollo che adatti all'ambiente marino i sistemi attualmente usati per la rilevazione del virus. L'acqua del mare, come ci si può immaginare, ha caratteristiche del tutto particolari». Nella fattispecie, il team di ricercatori messo in campo sta cercando di capire se e come il virus può trovare le condizioni per sopravvivere e, soprattutto, se possa essere infettivo nell'acqua del mare. La sabbia, infatti, può essere pulita e disinfettata con regolarità, in qualche modo le distanze di sicurezza possono essere rispettate sia nei ristori e nei bar sia in spiaggia ma, nell'acqua del mare, il problema della diffusione del virus si complica. C'è chi è molto ottimista, e si spinge a dichiarare che in acqua stiamo al sicuro, preannunciando bagni senza alcuna limitazione. La maggioranza degli esperti sostiene la tesi secondo la quale il coronavirus con le temperature estive perderà forza. È però di questi giorni la notizia che un laboratorio in Francia, alle porte di Parigi, ha scoperto tracce "minime" del virus in diversi punti della rete idrica non potabile utilizzata in particolare per lavare le strade (il suo RNA in quantità minime in 4 dei 27 punti idrici testati). Un'analisi analoga non è ancora stata svolta per l'acqua del mare.«Abbiamo appena iniziato ad occuparci di questa ricerca - spiega ancora il direttore Del Negro - e non abbiamo ancora alcun risultato, benché le risorse messe in campo e le collaborazioni avviate siano davvero autorevoli proprio per l'urgenza e l'importanza di avere risposte attendibili. L'ambiente marino è molto diverso da quello che si può riscontrare nelle matrici analizzate in un laboratorio sanitario, su un tampone o su un espettorato. È complesso, come cercare una goccia nell'oceano. Va considerata la presenza del sale e di molti altri microrganismi che potrebbero interagire sulla determinazione genetica del coronavirus. Questioni diverse, inoltre, sono la possibile sopravvivenza del virus, e soprattutto la sua infettività, cioè capire se il segnale virale corrisponde ad un effettivo rischio, tutti fattori che vanno attentamente valutati se si rilevasse la presenza di tracce di RNA virale nell'acqua marina». Anche per l'Ogs, che si occupa generalmente dei batteri presenti in mare e della funzionalità dell'ecosistema marino, è una prova considerevole, pur avendo le competenze, tecnica e strumentazioni adeguate a coniugare la conoscenza delle dinamiche oceanografiche con l'individuazione delle componenti biologiche. Per questo, con UniTs che è partner scientifico dell'Ogs, ha attivato anche una collaborazione con la San Diego State University e la Colorado State University, per avere il massimo supporto nello studio dei virus nell'ambiente marino.

Isabella Franco

 

 

Il Friuli Venezia Giulia incluso nel maxi studio su smog e lockdown - il Progetto europeo
L'Emilia-Romagna e il bacino padano, fino alla Slovenia, saranno un grande «laboratorio a cielo aperto» per conoscere e misurare nel dettaglio gli effetti che le misure di lockdown, previste per l'emergenza Covid-19, e la drastica riduzione del traffico hanno avuto sulla qualità dell'aria. Al via un maxi progetto di ricerca guidato da Regione Emilia-Romagna e Arpae nell'ambito del piano europeo Prepair che coinvolgerà l'area del bacino nord-adriatico incluso il territorio del Friuli Venezia Giulia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 aprile 2020

 

 

A Trieste guanti e mascherine buttati in aiuole e marciapiedi
C'è chi ha preso la pessima abitudine di gettare a terra le protezioni fuori dai negozi. Il monito dei vigili
Trieste. Mascherine e guanti gettati a terra in diverse zone di Trieste. Le segnalazioni arrivano dai cittadini, anche attraverso foto pubblicate sui social. Tra il verde delle aiuole, sotto le panchine o le auto in sosta. E ancora sulle strade o accanto ai bidoni delle immondizie. C'è chi si libera di questi rifiuti un po' ovunque, senza troppi pensieri. Spesso fuori dai supermercati o dai negozi di alimentari. Tra i guanti gettati a terra molti sono quelli in lattice, ma tanti anche quelli abitualmente a disposizione nei reparti di frutta e verdura, che alcune persone indossano nei supermercati, talvolta messi a disposizione dagli stessi punti vendita all'ingresso. Parecchi clienti hanno evidentemente preso la cattiva abitudine di liberarsene all'esterno una volta conclusa la spesa, ma senza poi conferirli correttamente. E per le mascherine il discorso è simile. Tra strade, marciapiedi e aree verdi sono tante quelle abbandonate, in particolare quelle di tipo chirurgico. Ma cosa rischia chi getta a terra le protezioni usate? «La sanzione prevista dal regolamento della gestione dei rifiuti è di 100 euro - spiega il comandante della Polizia Locale Walter Milocchi - perché sono dispositivi utilizzati da privati e non possiamo considerarli rifiuti sanitari. Da parte nostra finora non abbiamo ricevuto segnalazioni, tranne una telefonata giunta nei giorni scorsi dalla sala operativa». L'appello comunque è al buon senso e al rispetto dell'ambiente. Anche perché con l'arrivo del vento nelle scorse ore la situazione potrebbe peggiorare. Mascherine e guanti vanno gettati nei contenitori dell'indifferenziata. Disposizioni diverse invece nel caso di rifiuti, di tutti i tipi, che appartengono a persone risultate positive. AcegasApsAmga, in collaborazione con la Regione e la Protezione Civile già nelle scorse settimane ha comunicato le linee guida sulla raccolta rifiuti urbani, predisposte dall'Istituto Superiore di Sanità nell'ambito delle direttive delle Autorità Competenti volte al contenimento del Covid19. Per i nuclei familiari dove siano presenti una o più persone risultate positive o soggette a quarantena obbligatoria, tra le indicazioni, si ricorda che i rifiuti urbani prodotti nell'abitazione non devono più essere differenziati, ma raccolti nello stesso contenitore utilizzato per i rifiuti indifferenziati. Vanno usati due o più sacchetti, posizionati uno dentro l'altro, all'interno del contenitore per l'indifferenziata. I fazzoletti, la carta assorbente da cucina, le mascherine, i guanti e i teli monouso vanno sempre nell'indifferenziata. I sacchetti devono essere chiusi con cura, indossando guanti monouso, utilizzando i lacci di chiusura o nastro adesivo ed evitando di schiacciarli. Meglio poi lavarsi subito le mani. E sempre in caso di abitazioni con persone positive, gli animali da compagnia presenti, non devono entrare in contatto con i rifiuti. Qualora la famiglia fosse impossibilitata a conferire le immondizie autonomamente, può richiedere al Comune di Trieste l'assistenza per tale mansione, nell'ambito dei servizi già messi a disposizione.

Micol Brusaferro

 

«Surreale vedere la città così vuota - Noi rischiamo per tenerla pulita»
La pandemia non ha modificato i ritmi dei quasi 100 addetti dei Servizi ambientali di Acegas «Ogni giorno in strada con le protezioni necessarie. La paura c'è ma non ci si tira indietro»
Sono tra i pochissimi a muoversi dal tramonto all'alba, quando Trieste addormentata è ormai completamente deserta e irriconoscibile rispetto a prima. Ma si vedono in giro anche durante il giorno, quando può capitare che a seguito di un incontro fortuito qualcuno li ringrazi per quello che fanno. Stiamo parlando dei circa cento operatori dei Servizi ambientali di AcegasApsAmga, i netturbini ma non solo, che rappresentano una delle categorie rimaste in prima linea, nelle nostre città, durante l'intero corso dell'emergenza sanitaria. E tra mascherine in spogliatoio, guanti e camion disinfettati più e più volte al giorno, anche tra di loro c'è chi assicura di non aver mai vissuto nulla di simile in quarant'anni di carriera.«Pure noi andiamo a lavorare con un po' di preoccupazione da un lato e, dall'altro, un grande senso di responsabilità - spiega ad esempio Stefano Riosa -. Tutti abbiamo qualcuno a casa, vuoi un genitore anziano, vuoi un bimbo piccolo. Il più grande cambiamento, nella nostra routine, è rappresentato dall'adozione di tutta una serie di misure di sicurezza. Per il resto si continua a lavorare». Le sue giornate lavorative, così come quelli dei suoi colleghi, iniziano negli spogliatoi della centrale operativa, dove «ci cambiamo nel minor tempo possibile, indossando guanti e mascherine - prosegue Stefano -. Siamo spalmati su tre turni in modo da evitare assembramenti appunto negli spogliatoi nonché nell'autoparco. Poi ci si prepara alla partenza: prima di salire a bordo di un furgone lo si sanifica. E una volta tornati in sede si ripete l'operazione, per far trovare il veicolo nelle migliori condizioni possibili ai colleghi del turno successivo». A bordo di quel mezzo gli operatori ambientali si aggirano per la città che può essere deserta o semideserta, a seconda dei momenti della giornata. Se si lavora in orario diurno, può capitare infatti di incontrare qualcuno sceso a gettare la spazzatura: «A volte le persone ci ringraziano - continua l'operatore -. Se prima il rapporto con l'utenza era parte della nostra quotidianità, adesso chiaramente c'è meno gente in giro. Ma nonostante tutto quello che sta accadendo, la città continua a essere tenuta in maniera decorosa e pulita: le persone lo percepiscono».Esistono poi anche i turni al buio: quello che inizia alle 5, prima dell'alba, e quello che dalle 22 prosegue nel cuore della notte. In quelle ore i netturbini sono tra i pochissimi esseri umani che hanno il permesso di percorrere le nostre strade: «Osservare Trieste così vuota è surreale e un po' si fatica ad abituare l'occhio - conclude l'operatore del'ex municipalizzata -. Di solito stiamo in mezzo al traffico, vediamo l'affaccendarsi della città che si addormenta e che si sveglia. Il cambiamento è stato davvero repentino». Gli operatori in prima linea, proprio come Stefano Riosa, in questo momento sono circa un centinaio. Si cerca di mantenere un atteggiamento positivo e di continuare a fare il proprio dovere come prima, nella consapevolezza di svolgere un servizio di pubblica utilità. «Si lavora a pieno regime anche adesso - spiega il loro coordinatore, Fulvio Macoratti -. In queste giornate particolari ci rendiamo ancora più conto di quanto sia fondamentale il nostro lavoro. Non ci si può fermare». Del gruppo fa parte anche Roberto De Santis. «In quarant'anni di lavoro - chiarisce - non avevo mai vissuto un'emergenza simile». Nonostante tutto, comunque, De Santis non si abbatte. «Io sono e rimango ottimista. Tutto questo finirà». Stesi turni e identiche preoccupazioni anche per Edi Apollonio, il quale sottolinea come «in questo periodo il carico di lavoro sia aumentato notevolmente. Garantire la continuità dei servizi - aggiunge Apolonio - diventa allora fondamentale, a maggior ragione».«Operare in questo periodo non è facile, anche perché si respirano timore e tensione fra la gente - commenta un altro operatore dei Servizi Ambientali, Gaetano Minenna -. Ma so che il nostro lavoro è essenziale e questo mi dà motivazione».

Lilli Goriup

 

 

Balene al largo di Sebenico nel mare pulito e senza navi
L'assenza di traffico marino causa Covid-19 ha indotto i grandi cetacei a risalire anche l'Adriatico. Delfini si esibiscono in danze spettacolari davanti a Spalato
SPALATO. Negli anni passati erano decine di migliaia le imbarcazioni che solcavano ogni giorno le acque croate dell'Adriatico durante i mesi estivi (cifre ufficiose indicavano la presenza quotidiana di 200 mila natanti), mentre oggigiorno il traffico marittimo - complice la serrata da coronavirus - è rarefatto neanche fossimo durante la Seconda Guerra Mondiale. E allora i grandi animali marini si sono reimpossessati del loro habitat naturale, ringalluzziti dall'assenza di imbarcazioni da diporto, pescherecci, traghetti, mercantili, navi cisterna e d'altro tipo, situazione che ha permesso al mare di godersi un po' di tregua e ai suoi abitanti, quelli di notevole taglia, di uscire allo scoperto. A tre anni di distanza dagli ultimi avvistamenti, in questi giorni si sono potute ammirare non poche balene, notate (e filmate) da pescatori dilettanti e diportisti. Il via allo spettacolo è stato dato tre miglia al largo di Rogosnizza, località di villeggiatura della Regione di Sebenico. I pescasportivi spalatini Tomislav Copic e Marin Nozina sono rimasti strabiliati dalle performance di un gruppo di cetacei: «Le balene sono apparse intorno alle 11 del mattino - ha raccontato Copic al Dalmatinski portal - ed è stato qualcosa di fantastico. Non ho mai visto in vita mia questi grandi mammiferi marini, per giunta a poche decine di metri dalla nostra imbarcazione. Le loro evoluzioni sono durate alcuni minuti e poi sono spariti dalla nostra vista».Il suo collega Nozina si è pure emozionato nel vedere i giganti: «Sentire il rumore degli sfiatatoi e vedere emergere le balene in superficie è qualcosa di indescrivibile. È come vedere un autoarticolato. Solo allora capisce quanto l' uomo sia piccolo di fronte a simili colossi». Durante lo scorso weekend, un branco di balene è stato visto nelle acque del canale tra le isole di Solta e Lissa, sempre in Dalmazia. La notizia è stata comunicata da una fonte autorevole, il biologo Alen Soldo del Dipartimento Studi del Mare dell'Ateneo di Spalato: «Ci ha fatto visita un numero imprecisato di balenottere comuni, specie tutelata in Croazia e che non va importunata, pena severe ammende - spiega il biologo - non sono autoctone in Adriatico perché il nostro mare non assicura sufficiente cibo per questi grandi cetacei. Succede che le balenottere si spingano nelle nostre acque dal Mediterraneo e magari perdano l' orientamento trattandosi di un bacino chiuso. A quel punto non è raro che possano arenarsi. L'ultima volta sono state viste nel 2017 di fronte a Lussinpiccolo. Non sono pericolose per le barche, ma possono diventarlo per chi le riprende durante le immersioni».Domenica scorsa a beneficiare di un autentico spettacolo sono state le persone che passeggiavano nel parco boschivo del Monte Mariano, l' altura che sovrasta Spalato: a poche decine di metri dalla costa, otto delfini hanno dato vita a giochi, salti e spruzzi, che hanno entusiasmato gli occasionali spettatori. Raramente, hanno raccontato gli spalatini, si erano visti in questo braccio di mare. Dinanzi alla sede dell'Istituto oceanografico spalatino, si è poi visto in pochi centimetri d' acqua un esemplare di Lepre di mare (Aplysia fasciata), mollusco estremamente raro da queste parti. Non era così fino a 30-40 anni fa, ma evidentemente il "disimpegno umano", definiamolo così, ha giovato a tante specie animali, in mare, sulla terraferma e nel cielo.

Andrea Marsanich

 

 

"Salute e ambiente" s'appella al governo contro l'A2A bis
Ennesimo "no" al progetto di modifica della centrale termoelettrica del Lisert nella dettagliata lettera inviata dall'associazione al ministero
DUINO AURISINA Nuovo secco no al progetto della A2A, che prevede la modifica della Centrale termoelettrica del Lisert (Monfalcone). A pronunciarlo è il gruppo "Salute e ambiente", attraverso il proprio rappresentante, Danilo Antoni, che ha inviato al Ministero per l'Ambiente le osservazioni riguardanti lo Studio di impatto ambientale. «La proposta della A2A Energiefuture - scrive Antoni - non è compatibile con il contesto ambientale, paesaggistico e culturale nel quale dovrebbe essere realizzato, in quanto è evidente l'obsolescenza dei riferimenti programmatici in materia di lotta ai cambiamenti climatici. Altrettanto palese - aggiunge - la mancata trattazione di aspetti rilevanti sotto il profilo delle emissioni inquinanti. Incompatibile poi la realizzazione del metanodotto di collegamento tra la centrale in progetto e la rete di Snam ReteGas, in considerazione della vulnerabilità ambientale di alcune aree attraversate». Risulta poi importante, «in senso negativo - sottolinea il tecnico del gruppo - la mancata definizione del futuro delle aree occupate dalla centrale termoelettrica esistente, ma non interessate dalla costruzione della centrale proposta, che creerebbe un'ulteriore elemento dequalificante della fruizione paesaggistica di Monfalcone e del suo contesto. Molto rimane infatti - continua - nell'area interessata, in termini di storia e archeologia e di vocazione turistica. In sostanza, la già avvenuta perdita definitiva e irreversibile dei valori culturali e paesaggistici di questa parte di territorio - conclude Antoni - è in palese contrasto con i dati di fatto e lo spirito delle strategie della gestione territoriale regionale e statale di valorizzazione e tutela, sostenuta dalla cittadinanza».

U.SA.

 

 

UNA CRISI EPOCALE CHE CI DÀ L'OCCASIONE DI CAMBIARE ROTTA
L'appello di tre eminenti accademici triestini che osservano gli sconquassi di Covid-19 senza perdere la lucidità: «Situazione limite da cui l'umanità può trarre la forza per consegnare un mondo migliore a figli e nipoti»
 

Lo scenario - Esistono un mondo prima e un mondo dopo la crisi pandemica del Coronavirus Covid-19. Per le nostre generazioni, che non hanno vissuto la guerra in prima persona, questa crisi è un punto di svolta senza precedenti. Non è solo una crisi epidemiologica e sanitaria, ma anche, e forse soprattutto, una crisi economica e sociale, che ha drammaticamente messo in evidenza le vulnerabilità della struttura socioeconomica su cui si fonda la nostra società. Molti dicono che ci vorrà tempo prima di tornare a una vita normale, a una vita "come prima". Ma è davvero questo quello che vogliamo? Oppure si può utilizzare questo punto di svolta, questa ripartenza, per costruire un mondo migliore? L'esperienza del passato - Già nel 1912 il triestino Giacomo Ciamician aveva raccontato al mondo che «... se alla civiltà del carbone, nera e nervosa dell'epoca nostra dovesse far seguito una civiltà più tranquilla basata sull'uso dell'energia solare non sarebbe male per il progresso e la felicità umana». Più recentemente nel 2009 John Beddington aveva predetto per il 2030 la tempesta perfetta di eventi globali dovuta alla scarsità di acqua, cibo ed energia, mescolati a un livello di inquinamento insostenibile. In fondo al tunnel - Il pianeta è ancora attanagliato dalla crisi pandemica, con miliardi di persone chiuse in casa, e con attività di ogni tipo ancora ferme. Stiamo attraversando una delle crisi economiche più gravi e dirompenti della storia, che probabilmente avrà ripercussioni drammatiche sulla vita di molti per anni a venire. Però si comincia a intravedere una "luce alla fine del tunnel", almeno nei Paesi che hanno avuto il coraggio, la tenacia e la coscienza civile di seguire, spesso con enormi sacrifici, le indicazioni della comunità scientifica sull'unica arma che oggi abbiamo per combattere il virus, e cioè il distanziamento sociale. Uno di questi Paesi, uno dei primi e dei più coraggiosi, infatti, è l'Italia. Cominciamo a parlare di ripartenza, di quante centinaia, forse migliaia, di miliardi saranno necessari a far ripartire l'economia. Ma come saranno spesi questi miliardi? Rifaremo gli stessi errori che sono stati alla base della crisi in atto, o quantomeno dei danni provocati da questa crisi? Non è finita - In queste settimane abbiamo praticamente solo sentito parlare di Coronavirus, e questo è sicuramente legittimo e importante. Però non dobbiamo dimenticare che ci sono altre crisi, con ogni probabilità ben peggiori, che ci aspettano dietro l'angolo se qualcosa non cambierà. La crisi dei cambiamenti climatici: il 2019, dopo il 2016, è stato il secondo anno più caldo da quando si prendono misure su scala globale, mentre durante gli ultimi mesi abbiamo assistito a eventi climatici di entità inaudita, come le ondate di calore che hanno alimentato i devastanti incendi in Australia o lo scioglimento senza precedenti dei ghiacci della Groenlandia. Anche in Italia, l'alluvione di Venezia dello scorso anno (perché chiamarla "acqua alta" è certamente un eufemismo) o la tempesta Vaia, che ha distrutto intere foreste delle Dolomiti. E poi la crisi dell'inquinamento atmosferico, che secondo studi recenti causa nel mondo da 5 a 7 milioni di morti premature all'anno (più di 40 mila in Italia), diminuendo la nostra aspettativa di vita di 2-3 anni; il degrado del suolo e la perdita di fertilità; la scarsezza di acqua a causa di siccità più frequenti e dello scioglimento dei ghiacciai; l'inquinamento degli oceani, in primis a causa delle plastiche; la perdita di biodiversità, che per molti è uno dei veicoli che facilita lo svilupparsi di epidemie come quella del Covid-19; l'urbanizzazione selvaggia e il degrado delle megalopoli urbane. E questa lista di eventi estremi potrebbe continuare, a lungo. Tutte queste crisi però, in ultima analisi, sono figlie di un unico problema: lo sfruttamento indiscriminato, eccessivo e iniquo delle risorse limitate del pianeta. Non perdere l'opportunità - La crisi Covid-19 ci offre l'occasione di cambiare rotta, un'occasione storica che non dobbiamo perdere, anche perché le soluzioni sono già qui, alla nostra portata. Facciamo alcuni esempi. L'energia: oggi circa l'80% dell'energia che utilizziamo è derivata dall'uso di combustibili fossili, uso che porta all'emissione di gas serra e di particolato atmosferico che modificano il clima globale e inquinano aria e acqua. Cosa ancora peggiore, sprechiamo circa il 60% dell'energia prodotta. Ma già oggi sappiamo di avere le tecnologie per produrre la maggior parte del nostro fabbisogno energetico da fonti rinnovabili, come il solare, l'eolico, l'idroelettrico e il geotermico, e per ridurre gli sprechi tramite politiche di elettrificazione delle attività produttive e di maggiore efficienza energetica. Quindi sarebbe logico spendere quei miliardi per incentivare le energie rinnovabili, l'uso di auto elettriche e di una mobilità più sostenibile, cosa che non solo aiuta l'ambiente, ma anche l'economia (i costi per la produzione di energia elettrica rinnovabile che sono oggi pari a quelli delle fonti fossili, saranno nel brevissimo ben inferiori a quest'ultimi). E l'occupazione. Questa direzione, incidentalmente, renderebbe l'Italia indipendente dal punto di vista energetico. Economia circolare - Altro esempio: economia circolare e a chilometro zero. È sorprendente che a due mesi dall'inizio della pandemia non siano ancora disponibili mascherine per tutti, perché non riusciamo a produrle e dobbiamo importarle dalla Cina o dalla Russia, come tanti altri beni che potrebbero facilmente essere prodotti qui da noi, anche se magari con un minore profitto. Con quei miliardi valorizziamo le nostre risorse ed eccellenze, come l'artigianato, l'agricoltura, l'enogastronomia di pregio, le inestimabili bellezze paesaggistiche e culturali; l'offerta turistica; i nostri marchi conosciuti in tutto il mondo (come la moda, o la Ferrari). E con quei miliardi incentiviamo lo sviluppo dell'alta tecnologia e della economia digitale, che sono la via del futuro. Queste sono tutte azioni che non richiedono una rivoluzione tecnologica, ma una rivoluzione culturale, incentrata non sul Pil, ma sulla qualità della vita. Questa rivoluzione culturale però ha bisogno di alcune basi come l'educazione e la ricerca. Oggi capiamo quanto la scienza e la cultura siano importanti per salvaguardare la società, eppure l'Italia è uno dei Paesi che spende meno fra quelli industrializzati per educazione, ricerca e sviluppo, anzi questi sono tradizionalmente fra i primi settori a essere tagliati nei casi di riduzione di disponibilità finanziarie. E poi la riduzione delle disparità socioeconomiche e dell'accentramento delle ricchezze. Oggi circa il 50% della ricchezza globale è detenuto dall'1% della popolazione, qualcosa di assolutamente innaturale, perché dal punto di vista ecosistemico la natura stessa ci insegna che l'accentramento eccessivo delle risorse insieme a una estesa povertà, e quindi debolezza, aumenta la vulnerabilità di un sistema e la sua capacità di reagire alle crisi. In un sistema naturale la condivisione delle risorse è forza determinante. Le virtù della globalizzazione  - E infine la cooperazione internazionale. La crisi del Coronavirus ci sta insegnando che, in un mondo ormai globalizzato, se tutti i Paesi non si coordinano nella risposta a una crisi, non se ne esce fuori facilmente. Non basta che sia l'Italia ad adottare delle determinate politiche se ciò non viene fatto anche dagli altri Paesi, europei o di altri continenti. Non serve erigere muri o chiudere confini, anzi bisogna agire in maniera condivisa. E ovviamente a nulla servono gli accordi internazionali e le direttive se non c'è l'impegno del singolo cittadino a rispettarle, proprio come nel caso dei cambiamenti climatici. Le immagini dallo spazio - In questo aprile 2020 lo stato dell'ambiente non è mai stato così positivo, immagini satellitari ci mostrano come l'inquinamento sia stato abbattuto; dalle pianure dell'India si vede l'Himalaya; le acque dei canali di Venezia e di tutte le coste sono limpide e ricche di pesci, l'inquinamento acustico e ottico sono diminuiti. Eppure la società sembra in frantumi. Questo paradosso deriva dal fatto che la nostra società si è completamente disconnessa dall'ambiente in cui vive, anzi in Italia spesso si esprime l'assurda opinione che l'ambiente si opponga al benessere e al "progresso". Potremmo magari chiederlo a quei bambini che hanno solo ambienti degradati e inquinati in cui giocare. Tutti quei soldi - E allora noi chiediamo che quelle centinaia di miliardi non siano spesi per tornare a come le cose erano prima, ma per costruire un'Italia e un mondo migliore, più equo, più resiliente, più solidale verso tutti, e più in sintonia con il pianeta che è la nostra casa. Chiediamo che quei miliardi vengano spesi ascoltando le richieste di milioni di ragazzi, di nostri figli, che come i Fridays for Future, ormai da tempo reclamano il diritto a un futuro migliore, perché ricordiamo che questo è il loro secolo e che questo è il loro pianeta. Uno degli elementi che hanno prodotto la crisi Covid-19 è stata l'impreparazione del sistema socioeconomico e sanitario ad affrontarla, perché non la conoscevamo. Ma la scienza conosce molto sulle crisi ambientali a cui andiamo incontro, come l'emergenza dei cambiamenti climatici, ed è da tempo che manda i suoi avvertimenti. Sarà doveroso e necessario porre maggiore enfasi sulla prevenzione e preparazione di crisi ambientali, ivi incluse anche possibili nuove pandemie, dovute agli sconvolgimenti ambientali derivanti dal riscaldamento globale e da altre pressioni sull'ambiente. Queste crisi non possono essere affrontate con l'impreparazione con cui è stata affrontata l'attuale pandemia. Pensiamoci finché siamo in tempo e agiamo subito.

Filippo Giorgi (climatologo Premio Nobel per la pace 2007come membro Ipcc),

Maurizio Fermeglia e Alessandro Massi Pavan (docenti dell'Universitàdi Trieste)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 20 aprile 2020

 

 

Il futuro centro congressi in Porto vecchio riparte dal "cappotto" esterno a tre colori
Scelti due grigi e il giallo-oro: cantiere riaperto da Cmr e Metecno per il rivestimento urgente dei Magazzini 27, 28 e 28-bis
Il cantiere del Centro congressi (Tcc) in Porto vecchio ha ripreso l'attività martedì scorso, il giorno dopo Pasquetta. E ha ripreso con lavori che cambieranno l'attuale, dimesso aspetto dei Magazzini 27-28, cui si è aggiunto il 28-bis, la novità saliente nella realizzazione del compendio congressuale. Infatti le aziende Cmr e Metecno, entrambe pordenonesi, stanno provvedendo al montaggio dei rivestimenti esterni, quelli definiti in gergo il "cappotto". La prima fase prevede il posizionamento di strutture metalliche, sulle quali saranno poi inseriti i pannelli colorati: tre le tinte scelte, due tonalità di grigio e una giallo-oro. Tra un mese - sostengono i tecnici - l'effetto sarà gradevolmente visibile. Questo intervento, sul quale opera una squadra di 3-5 addetti, ha rivestito il carattere di estrema urgenza, per consentire che fosse rispettato l'appuntamento di lunedì 13 luglio, quando il cantiere sarà consegnato a Esof, in vista della manifestazione scientifica spostata a settembre causa coronavirus. Perché il resto dei lavori sarà ripreso - salvo diversa disposizione governativa - lunedì 4 maggio. «Ma prima della sospensione - spiega Andrea Monticolo, imprenditore in prima linea - eravamo ormai al 90% del programma». Per cui c'è un prudente ottimismo sul rispetto delle tempistiche: nel menu la rifinitura dell'impiantistica con quadri elettrici, condizionatori d'aria, ecc.Ma c'è anche consapevolezza che si dovrà lavorare in condizioni di massima sicurezza. Monticolo ricordava che in certi giorni, prima della sospensione di fine marzo, il cantiere arrivava a mobilitare persino una settantina di addetti, ma adesso l'altolà agli assembramenti inciderà anche sul Tcc. Per questo la ripresa delle attività non potrà avere un ritmo frenetico, dovranno essere rispettate le distanze tra i lavoratori, sarà prestata attenzione ai fornitori, si procederà a sanificare il sito. L'organizzazione della ripresa non potrà prescinderne, tecnici e imprese non vogliono giungere a luglio con apprensione. Diego Bravar, presidente della società Tcc, queste cose le sa bene e sembra sicuro del contesto: «Lavori secondo previsione, le due settimane di stop saranno recuperate». Giovedì prossimo si terrà un consiglio di amministrazione, che valuterà la situazione a due mesi e mezzo dallo showdown con Esof. L'idea è che Tcc proceda con la propria disponibilità finanziaria fino dove possibile, perché una parte degli arredi non potrà essere allestita in tempo per la manifestazione e allora sarà lo stesso Esof a provvedere con noleggi. Una volta smontato Esof, Tcc riprenderà in mano la struttura congressuale per completarne gli interni. Nell'auspicio che le Generali confermino l'intervento a supporto.

Massimo Greco

 

Il ponte tra gli hangar sarà rifatto in vetro - Avanti con bar e cucine
Qualche passo in avanti "estetico" il Centro congressi lo sta compiendo e il presidente di Tcc Diego Bravar ci tiene a sottolinearlo. A cominciare dai nuovi accessi vetrati e dai nuovi serramenti, che consentono alla luce di rischiarare l'interno del "27". Ma uno dei maggiori progressi nella veste esterna riguarderà il ponte tra i Magazzini 27 e 28, anch'esso destinato a svestire l'attuale aspetto per assumere un più leggiadro rivestimento in vetro. Tcc conta inoltre di procedere nella logistica interna, per esempio nell'organizzazione del bar e delle cucine che serviranno al catering di Esof. A fine opera, la superficie del Tcc si estenderà per 9000 metri quadrati, cui si aggiungeranno 4500 metri quadrati di parcheggio. Un investimento rilevante di 12 milioni, sostenuto al 58% da Tcc e al 42% dal Comune, nel quadro di un project financing di iniziativa privata. Il clou della realizzazione è il "28/bis", costruito su un'unica campata di 40 metri, che conterrà un auditorium da 1848 posti. Gli attempati "27" e "28" avranno una caratterizzazione più espositiva. Il Comune ha concesso a Tcc il diritto di superficie sulle aree, in base a un canone annuo di 80.000 euro corrisposto in 5000 euro di numerario e in 5 giornate di utilizzo delle strutture congressuali.

Magr

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 aprile 2020

 

 

Guerra delle antenne usate per il 5G - Parte la diffida contro il Comune
Una richiesta di moratoria al Comune di Trieste per bloccare la costruzione di antenne per la navigazione a 5G in per la presunta pericolosità degli impianti sulla salute dell'uomo. Pericolosità che, però, viene smentita dall'Arpa. L'avvocato Alessandra Devetag per conto del presidente del Circolo Miani, ha inviato la diffida al sindaco Roberto Dipiazza nei giorni scorsi: «Nel documento - spiega la legale - abbiamo riportato numerose ricerca tra cui lo studio effettuato dall'Istituto Ramazzini di Bologna, uno dei centri più importanti nel campo oncologico. Anche il Comitato scientifico sulla salute della Commissione europea nel 2018 specificava come mancassero studi certi sul tema. Fino a quando non verrà fatta chiarezza attraverso una ricerca eseguita da un istituto indipendente sulla sicurezza per l'uomo riteniamo che questi impianti non dovrebbero venir installati».Il Circolo Miani ricorda che 220 comuni in Italia, oltre alla Svizzera e alla Slovenia hanno al momento vietato l'uso del 5G. «La vicenda ricorda quella dell'amianto - rincara Devetag -: per anni nel caso dell'eternit è stato usato materiale con effetti cancerogeni gravissimi e in molti ne erano a conoscenza». Il presidente del Circolo, Maurizio Fogar, in ogni caso si dice pessimista: «Mi pare problematico trovare una interlocuzione con questa amministrazione, temo dovremo proseguire con l'azione legale cui è associata una richiesta di accesso agli atti su nuove installazioni». Non è esclusa neanche una manifestazione pubblica quando l'emergenza Covid-19 sarà rientrata. L'amministrazione comunale preferisce non ribattere ed evitare di entrare nel caso specifico essendoci un procedimento in corso. Dal Municipio però si precisa che non vi sono al momento richieste di installazione di impianti 5G sul territorio e che non è nemmeno prevista la costruzione di nuove antenne: gli attuali lavori in corso segnalati da alcuni cittadini servono esclusivamente per la predisposizione degli impianti. Dall'amministrazione ricordano inoltre la sentenza della Corte Costituzionale nella quale le antenne vengono indicate come «servizio essenziale» e dunque impossibile da vietare. Il Comune precisa poi che, nel momento in cui arriverà una richiesta relativa al 5G, verrà fatta un conferenza dei servizi con Arpa, Azienda Sanitaria e gli enti preposti e la decisione verrà presa su base scientifica. Dal canto suo Arpa inoltre conferma come non vi siano impianti 5G attivi a Trieste, precisando che però sono arrivate delle richieste di parere per 19 impianti da installare su strutture già esistenti. Sul discorso salute viene inoltre specificato come lo studio dell'Istituto Ramazzini sia stato bocciato dall'Icnirp, la Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti, organismo non governativo riconosciuto dall'Oms che definisce lo studio non in grado di fornire evidenze coerenti e affidabili per intervenire sulle attuali linee guida. Quanto alla pericolosità delle frequenze, si fa notare che la maggiore ha 26Ghz, vale a dire una potenza 10 mila volte meno elevata rispetto alla luce visibile, anch'essa una radiazione magnetica.

Andrea Pierini

 

 

A Muggia la raccolta di cozze rimane proibita
Da gennaio la presenza di benzo(a)pirene nei molluschi tiene sotto scacco anche la vendita. Disco verde per le altre zone
MUGGIA. Pedoci muggesani ancora off-limits. Prosegue la sospensione della raccolta e il divieto di immissione sul mercato dei molluschi bivalvi allevati nelle acque antistanti il territorio muggesano (Ts 02). Revocata invece la sospensione per le zone di produzione di Santa Croce (Ts 06), Canovella (08), Duino (10) e Villaggio del Pescatore (11) perché almeno due campioni, analizzati dall'Istituto zooprofilattico delle Venezie, hanno riportato parametri conformi. Una chiusura, quella muggesana, che va avanti da gennaio a causa soprattutto dell'incertezza relativa alla questione del rilevamento di benzo (a)pirene. Pare invece sia stato superato, almeno per gli allevamenti di mitili a nord di Trieste, la questione della presenza oltre i limiti consentiti di biotossina algale liposolubile Dsp, acronimo di Diarrethic Shellfish poisoning, oltre che di un elevato tenore di acido okadaico, che era stata riscontrata praticamente lungo tutta la costa triestina interessata dagli allevamenti.«Per quel che concerne le biotossine - ha spiegato Paolo Demarin, direttore del dipartimento di prevenzione della struttura complessa di igiene degli alimenti di origine animale di Asugi - le ultime analisi sono conformi», invece per la presenza dell'idrocarburo «proseguiamo ancora e aspettiamo le evidenze delle analisi e le valutazioni generali degli enti preposti alla tutela ambientale». Il Dipartimento di Gorizia dell'Asugi è il centro di riferimento regionale per le biotossine algali, è in stretta connessione con il centro di riferimento nazionale per le biotossine marine di Cesenatico per la vigilanza della qualità dei molluschi nell'Alto Adriatico, e controlla dal 1989 il fenomeno evolutivo delle alghe marine tossiche e potenzialmente tossiche ed esegue sui molluschi bivalvi la ricerca di tossine.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 18 aprile 2020

 

 

Consigli preziosi per pollici verdi dall'anteprima web di Horti Tergestini
La tradizionale rassegna ospitata nel parco dell'ex Opp slitta in autunno ma regala intanto dritte green online
Horti Tergestini, la rassegna dedicata a fiori e piante, diventa virtuale. La kermesse, che da 15 anni si svolge nel Parco di San Giovanni, inizialmente prevista in questo week end, slitta fisicamente in autunno e regala intanto agli appassionati del verde una speciale anteprima online. Sul sito www.montepanta.it e sul canale YouTube collegato, 32 aziende si presentano e illustrano i loro prodotti, pronte a spedirli in tutta Italia e a dispensare informazioni utili. Già online anche l'intervento di Franco Rotelli, ex direttore generale dell'Azienda sanitaria, che ricorda l'avvio della manifestazione e la rinascita del parco. «Con Horti Tergestini abbiamo voluto valorizzare San Giovanni - racconta Giancarlo Carena, della Cooperativa Agricola Monte San Pantaleone - e anno dopo anno è diventato un appuntamento sempre più amato, e che anche a livello economico si rivela un'iniziativa importante. E inoltre - sottolinea - abbiamo dato un nostro originalissimo contributo per costruire una cultura del verde a Trieste».Sul web gli appassionati di giardinaggio possono trovare tanti consigli utili per prendersi cura delle proprie piante, grazie ai suggerimenti delle varie realtà, con le clip già pubblicate da ieri sul sito di riferimento. In un momento dove la cura di fiori e piante diventa anche una terapia. «Certo chi in questa situazione di emergenza, chi ha un balcone o un giardino può ritenersi fortunato - prosegue Carena - ma ci si può dedicare comunque a una piantina aromatica, ad esempio, o si può osare, acquistando qualcosa di nuovo. Io non ho un balcone, eppure i miei davanzali non sono mai stati così rigogliosi e amati. Basta una finestra appunto o prendersi cura anche delle piante d'interno. E non servono grandi spazi. Credo ci sia un generale riavvicinamento al verde, che fa sicuramente bene a tutti». E in attesa di ritornare a passeggiare tra i vari stand di Horti Tergestini, seguendo anche laboratori, letture e altre iniziative collaterali, la soluzione può essere quella di scegliere una piantina nei negozi aperti in città. «Un'aromatica, o qualche seme da piantare - dice ancora Carena - sono soluzioni semplici. Anch'io ho scoperto un'agraria sotto la mia abitazione e ne ho approfittato per scegliere proprio alcuni semi. In questo periodo credo che tanti stiano apprezzando i punti vendita di prossimità, vicini a casa, che prima magari non si frequentavano». Horti Tergestini dunque continuerà ad aggiornare tutti online. Nelle ultime edizioni l'evento ha registrato 10mila visitatori ed è cresciuto grazie alla tenacia e alla determinazione della cooperativa sociale Agricola Monte San Pantaleone, che in questi anni ha promosso numerose iniziative per valorizzare l'ex ospedale psichiatrico, e grazie alla competenza e passione dell'Associazione orticola del Fvg "Tra Fiori e Piante". Ogni anno migliaia di persone camminano tra un tripudio di fiori profumati, arbusti da frutto e tante curiosità, portandosi a casa piante di tutti i tipi, o partecipando alle conferenze e ai momenti di approfondimento, organizzati nelle diverse giornate. «L' appuntamento, sostenuto anche dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, per ora è a portata di click e consentirà a chiunque in qualunque momento di restare in contatto con tanti imprenditori, che coprono tutte le regioni d'Italia, fino alla capitale e si spingono oltre il confine con la Slovenia, che hanno messo per un attimo da parte gli arnesi da giardinaggio - concludono i promotori - per accendere una telecamera e condividerla con gli amanti del pollice verde».

Micol Brusaferro

 

Aziende e professionisti a portata di un clic - la formula
Conoscere i protagonisti di Horti Tergestini 2020 è molto semplice. Dopo essersi collegati sul sito, è necessario selezionare l'area in alto, che indica l'anteprima della manifestazione, ed ecco la piantina, con una serie di numeri collegati alle varie aziende presenti. Cliccando sulle varie postazioni si apre un video, che permette di effettuare un viaggio virtuale tra serre, splendidi giardini, fiori coloratissimi, descritti dai professionisti del settore. E sulla pagina web un ringraziamento da parte degli organizzatori dell'evento va a chi si è cimentato dietro l'obiettivo di una camera o semplicemente di un telefonino.«Mai come ora possiamo dire che la rete fa rete e annulla le distanze, anche quelle imposte per proteggerci. Grazie a tutti quelli che credono che la bellezza non conosce confini e hanno accettato di togliere per un attimo le mani dalla terra o dal cioccolato e metterle dietro una telecamera - si legge nel ringraziamento -, per condividere i frutti del proprio lavoro».

 

 

 

 

 

TriesteCafe.it - VENERDI', 17 aprile 2020

 

 

In Fvg è permesso andare a fare attività in orto: lo riferisce il Gruppo Urbi et Horti citando le parole del sindaco di Pontebba

Fare orto si può. E' permesso infatti andare a fare attività in orto. "Finalmente - spiega Tiziana Cimolino di Bioest e Urbi et Horti - tutti i nostri orticoltori urbani potranno riprendere la loro attività. Il 13 aprile scorso il presidente della Regione Fvg ha emanato una nuova ordinanza che parla anche della “manutenzione del verde su aree pubbliche e private” permesse dalla data 14 aprile, ma non si precisa se l'attività può essere fatta anche dal privato possessore di orto distante da casa. Sull'argomento è intervenuto però il sindaco di Pontebba (Udine) che ha riferito che, a una sua precisa domanda in tal senso, la Protezione civile regionale del Fvg ha risposto che:“per quanto riguarda la coltivazione dell’orto, si ritiene che questa attività costituisca una forma di approvvigionamento alimentare e che come tale rientri nei casi di necessità che giustificano lo spostamento”.
"Sono consentiti - riporta il sindaco sul proprio profilo facebook - gli spostamenti all'interno del territorio comunale per l'esecuzione delle attività agricole anche non professionali, nel rispetto delle norme in vigore relativamente alle autocertificazioni ed al distanziamento sociale".
"Quindi - afferma Cimolino - muoversi all’interno del proprio comune di residenza per coltivare l’orto è consentito. Si riprende quindi l'attività dei nostri contadini urbani".
"In questo periodo in cui tutti stiamo a casa - rileva ancora Cimolino - abbiamo pensato di rivitalizzare i nostri “social” inserendo una serie di contenuti riguardanti i temi dell'orticoltura, cura delle piante, informazioni sul verde e la natura.
Quest'anno però come Gruppo Urbi et Horti non riusciremo ad organizzare i nostri consueti corsi e quindi invitiamo tutti coloro che negli anni hanno partecipato alle nostre attività a connettersi tramite facebook (orticomunitrieste e Bioest) per partecipare attivamente, condividendo anche contenuti propri, per creare un gruppo di condivisione che potrà proseguire nella consueta attività anche dopo questo difficile periodo.
In questo periodo in cui tutti stiamo a casa, abbiamo pensato infatti di rivitalizzare i nostri “social” inserendo una serie di contenuti riguardanti i temi dell'orticoltura, cura delle piante, informazioni sul verde e la natura.
I social verranno aggiornati giornalmente e le brevi lezioni di orticoltura potranno essere seguite due o tre volte alla settimana.
"Abbiamo ottenuto - prosegue Cimolino - la collaborazione di un'agronomo, Mattia Viti, dell'architetto Luciana Boschin, del veterinario Alessandro Paronuzzi e di Livio Dorigo, già insegnanti dei nostri corsi, di Marco De Donà, collaboratore di comunicazione, Roberto Marinelli maestro contadino, Elena Toncelli naturalista e tanti altri amici che da tempo lavorano con noi.
"Vi aspettiamo sui social" conclude la naturalista, che ricorda che "è sempre attiva la proposta “vuoi un orto?, hai un orto?” con posti ancora disponibili anche in centro città ancora liberi.".

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 aprile 2020

 

 

Scatta il taglio degli alberi vicini all'alta tensione
La concessionaria nazionale Terna pronta alla messa in sicurezza stagionale dei cavi aerei degli elettrodotti sul Carso
DUINO AURISINA. Il territorio di Duino Aurisina sarà interessato, nelle prossime settimane, dal taglio delle piante e dei rami che possono risultare pericolosi, in virtù della loro crescita primaverile, a causa della vicinanza ai fili dell'alta tensione gestiti da Terna rete Italia spa. Può accadere infatti che rami e cime possano allungarsi a tal punto da andare a pesare sulle condutture aeree fino a spezzarle o comunque a provocare danni che potrebbero generare interruzioni nel servizio di fornitura di energia elettrica. Si tratta di un intervento che Terna, società che opera in concessione dallo Stato per portare l'energia elettrica alle società di gestione territoriali, che sono a loro volta a contatto con i consumatori finali, effettua ogni anno, avvalendosi in alcuni casi di personale proprio, in altri di aziende che operano in subappalto. In particolare, sull'altipiano Terna invita i proprietari dei fondi che possono essere interessati, in questo periodo, alla raccolta della legna tagliata, a verificare all'albo del Comune tempi e modi dell'operazione che sarà effettuata appunto dalla concessionaria. In ogni caso, Terna invita al tempo stesso «la popolazione a non procedere con il taglio della vegetazione in prossimità degli elettrodotti, che sono da considerare sempre in tensione. Siamo disponibili - aggiunge la spa - a definire, con i proprietari che ne avessero la necessità, le modalità operative dell'intervento». Il taglio degli alberi non riguarderà solo le aree più vicine ai tralicci, ma anche la cosiddetta fascia di rispetto, cioè l'area sottostante gli elettrodotti e che si allarga per qualche metro da ambo i lati. Stesso discorso vale anche per i sentieri di accesso ai sostegni delle linee elettriche di proprietà della stessa società concessionaria. Terna attualmente gestisce poco meno di 74.500 chilometri di linee ad alta tensione, distribuite in tutto il Paese. Le origini dell'azienda sono datate 1962, quando per legge si sancì la nazionalizzazione del settore, affidando a Enel tutte le fasi della filiera elettrica, fino ad allora private. Successivamente l'Unione Europea favorì il processo di riliberalizzazione del settore, e, nel 1999, furono costituite due società: la stessa Terna, proprietaria della rete di trasmissione nazionale, e il Gestore della Rete di trasmissione nazionale.

Ugo Salvini

 

Chiusa la trafila burocratica Aurisina dà il disco verde alla nuova piazza senz'auto
Ok in giunta al progetto definitivo da quasi un milione e mezzo per la rivitalizzazione dell'area ai piedi della chiesa di San Rocco
Il rifacimento della piazza di Aurisina è finalmente ai blocchi di partenza. È stato approvato infatti dalla giunta di Duino Aurisina il progetto definitivo del primo lotto. Si è così completato il primo passo formale di un percorso molto atteso dall'intera comunità dell'altipiano, che vede, nella piazza che si allunga davanti alla chiesa di San Rocco, uno dei simboli del territorio. Il primo lotto, che vale 1.461.308,10 euro, prevede una vera rivoluzione. In particolare, la viabilità sarà fortemente limitata, essendo riservata solo alle operazioni di carico e scarico, mentre la fermata dell'autobus sarà spostata all'esterno della piazza, lungo la strada provinciale. Il capolinea troverà una nuova collocazione nella piazza del Municipio, ad Aurisina Cave. Un'operazione molto importante, quest'ultima, nella gestione del traffico, perché così la piazza potrà beneficiare di una più ampia fruibilità pedonale, in quanto spariranno le auto in sosta, proprio perché lasciate in loco dai proprietari per utilizzare l'autobus e raggiungere la città.La pavimentazione sarà sostituita con un massiccio impiego di pietra locale: Aurisina carsica, fiorello e granitello, e Repen. Vi sarà inoltre un importante richiamo storico all'acqua, per ricordare che, originariamente, in piazza la cisterna riforniva tutto il paese. Il progetto prevede, a questo proposito, un'apertura sopra la cisterna stessa e due vasche, mentre di fronte sarà collocata la vecchia fontana, oggi decentrata sul retro della piazza. Per dare un'impronta di verde, saranno posizionati tre tigli e 17 lecci, oltre ad altre aree "green" e fioriere, tra le quali quella del monumento, che rimarrà nella stessa posizione attuale ma sarà rivisitata. Infine saranno installate pure cinque colonne per le prese elettriche a scomparsa per gli allacci in caso di eventi e manifestazioni. Tutta l'illuminazione sarà sostituita utilizzando impianti a luce led a risparmio energetico. «Sono soddisfatta - così il sindaco Daniela Pallotta - perché, nonostante il difficile momento, possiamo proseguire con questo progetto, che ridarà vita alla piazza di Aurisina, negli ultimi anni abbandonata, con riflessi negativi anche per le realtà commerciali, che così ora speriamo di richiamare. Non siamo in grado oggi di dare una tempistica precisa, ma ci piacerebbe tagliare il nastro entro fine mandato». «Arrivare a questo punto - sottolinea l'assessore Lorenzo Pipan - è stato impegnativo, perché l'iter si era arenato».--U.SA.

 

 

Porto vecchio, via al recupero della banchina storica crollata
Bando da quasi 300 mila euro per la riqualificazione dell'area dell'ormeggio 15 tra la sede dei pompieri e l'Adriaterminal, vincolata peraltro dalle Belle arti
Verrà messa in sicurezza e ricostruita a partire da quest'estate la banchina del Porto vecchio ceduta nella zona dell'ormeggio 15, poco distante dall'Adriaterminal. L'intervento è - in questo momento - oggetto di gara da parte dell'Autorità portuale, che ha pubblicato sul sito il bando da 297 mila euro. L'aggiudicazione è prevista sulla base del massimo ribasso e il termine per presentare la domanda è mezzogiorno del 22 maggio prossimo. L'area interessata dal cantiere si trova nel bacino compreso tra il molo dove hanno base i Vigili del fuoco e le attuali banchine dell'Adriaterminal all'interno della zona del Punto franco. Ad aver ceduto - recentemente - è stato un tratto non eccessivamente lungo proprio nell'area prospiciente il Magazzino 9. Tutta la zona entra nel "sistema moli", uno dei quattro sistemi previsti dal Comune per la riqualificazione del Porto vecchio. Gli altri sistemi sono: ludico e sportivo; museale, scientifico e congressuale; misto. Sull'area grava comunque il vincolo di tutela delle Belle arti, che impedisce l'abbattimento dei magazzini 6, 7, 9 e 10, la cui riqualificazione è però aperta a ogni possibile destinazione. Pure per quanto concerne l'Adriaterminal, oggi in concessione a Steinweg-Gmt, le ipotesi sono plurime e non è escluso uno sviluppo legato al mondo delle crociere, con la creazione di una stazione marittima e il lancio di attività collegate. Al momento però sono tutte ipotesi: di certo c'è il completamento del polo congressuale pronto per ospitare Esof2020, evento slittato a causa dell'emergenza coronavirus al prossimo settembre. I lavori sono quasi in dirittura d'arrivo, con il collegamento stradale attraverso la rotatoria di viale Miramare, il parcheggio del Bovedo e la "promenade", che verrà completata più avanti con la pista ciclabile e un collegamento su rotaia per arrivare fino alla zona della stazione. Tornando all'attualità e al bando dell'Authority, sono previste nel dettaglio la messa in sicurezza e la ricostruzione del tratto storico della banchina. La partenza del cantiere è programmata per questa estate, visto che la gara - per l'appunto- si chiuderà il 22 maggio e ci sono dei tempi tecnici di legge per l'assegnazione del cantiere. L'intervento edile non dovrebbe comunque avere problemi qualora dovesse proseguire il "lockdown" per l'emergenza Covid-19 in quanto si tratta di un'area con accesso fortemente limitato nella quale è difficile che si possano verificare degli assembramenti di persone, magari di quelle interessate a seguire il cantiere. Inoltre i lavori saranno in parte subacquei e non è un'opera nella quale peraltro si prevede un'elevata concentrazione di operai. Dall'Autorità portuale fanno inoltre sapere che, anche grazie al telelavoro, l'iter burocratico sta procedendo normalmente dal momento che le procedure di gara vengono espletate in maniera telematica e dunque senza rischi per partecipanti e dipendenti. Viene infine rilevata, in questo momento, una partecipazione importante ai diversi bandi rispetto al solito: la motivazione potrebbe essere legata proprio all'attuale blocco dei cantieri e quindi a un'attenzione maggiore, da parte delle imprese, alle diverse occasioni offerte dalle pubbliche amministrazioni.

Andrea Pierini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 aprile 2020

 

 

Strade, aiuole e giardini, il piano alberi entra nel vivo
Irrigazioni, potature e taglio periodico dei rami rientrano tra gli interventi a tutela della pubblica incolumità. Nell'elenco dei lavori clou quello di viale D'Annunzio
Non si fermano le potature e gli interventi per la cura del verde pubblico, avviati come ogni anno dal Comune di Trieste in questo periodo. Solo alcuni lavori, non ritenuti urgenti e necessari, sono stati sospesi. I manutentori sono dunque in azione nei principali parchi della città, ma anche in altre zone dove, alla luce della prolungata assenza di pioggia, è stato necessario mettere in funzione i sistemi di irrigazione, e in altre zone ancora, dove è stato effettuato un taglio dei rami già programmato, come ad esempio nel caso di viale D'Annunzio. Ripulito anche il laghetto del giardino pubblico di via Giulia. «In riferimento alle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica Covid-19 con particolare riguardo alla sospensione delle attività produttive non essenziali - spiega l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi - abbiamo valutato con i tecnici di mantenere operativi alcuni appalti nell'ambito della gestione del patrimonio verde ornamentale, ricorrendo i presupposti della pubblica utilità, previa comunicazione alla Prefettura. Si è infatti ritenuto necessario garantire l'operatività delle varie imprese appaltatrici, ai fini dell'esecuzione di interventi urgenti di potatura e di interventi di messa in sicurezza di rami e alberi pericolanti, il tutto a tutela della pubblica incolumità. Inoltre è stata garantita la presenza delle ditte anche per le irrigazioni di soccorso ai più di 130 alberi recentemente messi a dimora e per la messa in funzione di altri impianti, per evitare che l'attuale andamento climatico possa causare la morte di alberi e arbusti, con conseguente danno patrimoniale per il Comune. Ulteriore continuità è stata assicurata per quanto riguarda i controlli di stabilità degli alberi, a cura di un professionista esterno». Su un totale di 12 appalti, ne sono così stati sospesi quattro, che non presupponevano manutenzioni urgenti. Tutti gli altri sono regolarmente al lavoro. Tra le opere più consistenti le consuete potature dei grandi rami degli alberi di viale D'Annunzio, immortalate sui social anche da qualche residente nei giorni scorsi. E poi ci sono le aree verdi al momento chiuse al pubblico dove, proprio grazie all'assenza di frequentatori, il Comune ha deciso di avviare anche una serie di manutenzioni straordinarie, approfittando del momento. «In questo periodo di chiusura dei parchi anche il personale delle squadre dei manutentori comunali dei giardini sta ugualmente operando all'interno dei parchi di villa Sartorio, villa Revoltella e villa Engelmann oltre che in alcune aiuole del centro cittadino - prosegue Lodi - per piccole potature degli alberi, riordino degli arbusti, verifica e riparazione degli impianti di irrigazione, lavori nelle zone prive di impianto automatico, diserbi attorno alle piante e primi tagli dei prati». Personale in azione anche al giardino pubblico Muzio de Tommasini, dopo i danni causati di recente dalla forte bora, dove è stato appunto ripulito anche il laghetto, grazie all'intervento di Acegasapsamga in accordo con l'Ente nazionale di protezione animale.

Micol Brusaferro

 

Alcuni esemplari "schermati" per gli scavi Acegas - IL CANTIERE PARALLELO
In viale D'Annunzio, teatro di uno degli interventi più importanti, il protocollo prevede anche che alcuni alberi siano protetti, con assi di legno, per consentire la sostituzione delle condotte gas in ghisa grigia, nell'ambito di un più ampio progetto che riguarda anche altre zone della città. La rete gas triestina, vecchia di quasi un secolo, necessita di ammodernamenti per rispondere alla normativa vigente, e per garantire la sicurezza dei cittadini. AcegasApsAmga sta infatti procedendo alla totale sostituzione dei tratti rimasti, con tubazioni in polietilene ad alta densità. In viale D'Annunzio, in particolare, si tratta di un intervento che permetterà la riqualificazione di circa 310 metri di condotte, da largo Mioni a piazza Foraggi. I lavori in questione, partiti a inizio 2020, dovrebbero concludersi nel corso dell'estate.

(mi.br.)

 

 

«Una metropolitana Trieste già ce l'ha ed è la Transalpina» - Il progetto di "Podemo"
A Trieste esiste già una metropolitana leggera. Dai tempi dell'Austria. A ricordarlo è il neonato gruppo politico "Podemo" che, nato in seno ai movimenti indipendentisti triestini, vuole presentarsi alle comunali del 2021. «Il tratto della Ferrovia Transalpina che collega Campo Marzio con Opicina, via San Giacomo e Rozzol, è da poco tornato in attività e, oltre ad essere in grado di aumentare la capienza ferroviaria da e per il nostro porto, con convogli già in transito, può rappresentare uno dei tasselli di un sistema di ferrovia metropolitana leggera in grado di risolvere la stragrande maggioranza dei problemi di trasporto pubblico oggi presenti», si spiega in un comunicato stampa. Le stazioni coinvolte da questa linea sono: Campo Marzio, San Giacomo, Rozzol, Guardiella (con possibile collegamento all'Università), Sissa, Opicina e Sesana. «Esiste uno studio articolato, denominato "Adria A", realizzato da varie università e presentato nel 2014, che è però stato frettolosamente messo in un cassetto dalla politica locale», dichiara il direttivo di "Podemo": «Si tratta, semplificando, di uno studio per creare un sistema di ferrovia metropolitana leggera in grado di unire varie zone di Trieste a Capodistria, Sesana e Monfalcone, utilizzando in stragrande maggioranza infrastrutture tuttora esistenti, come il tratto riaperto di recente». La riattivazione della Transalpina è al centro del progetto di Trieste «città allargata che si sviluppa a partire dall'aeroporto di Ronchi fino a Portorose».«I vantaggi di una vera integrazione di tutta quest'area sono evidenti: fare sistema significherebbe aumentare il bacino d'utenza e il potenziale di crescita per qualsiasi azienda e associazione esistente. E genererebbe condizioni migliori per intraprendere nuove iniziative», prosegue "Podemo": «I blocchi su questo progetto sono, ad oggi, solo ed esclusivamente politici, trattandosi di una realizzazione dai costi relativamente bassi, in quanto basata su infrastrutture esistenti che, in molti casi, come quello della linea Transalpina e della stazione di Campo Marzio, sono state realizzate dall'Austria più di un secolo fa». La morale? «Mentre le città di mezzo mondo stanno spendendo in questo momento miliardi su miliardi per creare questo tipo di infrastrutture - conclude "Podemo" - noi che le abbiamo a disposizione per una frazione del costo non le stiamo utilizzando, se non in minima parte».

Fa.Do.

 

 

Maxi sequestro di ricci di mare e oloturie
Oltre 1700 chilogrammi di molluschi, pescati irregolarmente in Croazia, intercettati a bordo di un furgone diretto in Puglia
Guidavano un furgone con cinquecento chili di ricci privi della documentazione di rintracciabilità, tutti stipati in cassette di plastica, e 1260 chili di oloturie, i cosiddetti cetrioli di mare, molluschi di cui sono vietati la pesca, il trasporto e la commercializzazione. Due autotrasportatori italiani non sono sfuggiti ai controlli, nelle scorse notti, del personale del Nucleo pesca della Capitaneria di porto che, durante un'attività congiunta con i militari della Tenenza di Muggia della Guardia di Finanza, ha intercettato, in prossimità del confine di Rabuiese, un camion proveniente dalla Croazia e diretto in Puglia. Nonostante l'emergenza del coronavirus, infatti, continuano le ispezioni sulla filiera della pesca che, pur avendo registrato un sensibile calo dell'attività in mare e della commercializzazione del prodotto, rappresenta ancora un elemento di interesse, soprattutto per i transiti ai valichi di frontiera. Il mezzo è stato subito scortato al Mercato ittico per procedere all'ispezione della merce. I ricci, come detto, non erano accompagnati da una documentazione che provasse la loro rintracciabilità. I commercianti clandestini di questi frutti di mare cercano di reperirli in Croazia perché «vengono acquistati a un prezzo inferiore rispetto a quello italiano - spiega il 1° maresciallo Nicola Bavila, ispettore comunitario e vice capo del Nucleo regionale, che ha condotto l'operazione -. E inoltre in Puglia non sono presenti in grandi quantità. Peraltro, a livello nazionale, da maggio a 30 giugno, vige il divieto di raccolta, poiché è il periodo in cui i ricci si riproducono». Gli stessi ispettori poi, esaminando meglio il furgone, hanno individuato un doppio fondo al quale si accedeva dall'impianto refrigeratorio situato sul tetto. È qui che hanno scoperto, nascosti in parte in bidoni chiusi, le oloturie. «Si tratta di una specie di lombrico, come quello di terra, che serve per l'ossigenazione dell'ambiente marino e di cui sono vietati pesca e commercializzazione sia in Italia sia in Croazia. In Puglia, in particolare, è stata emanata un'ordinanza regionale, che equipara la la pesca di questo prodotto itti al reato per disastro ambientale». Non in Europa, ma in Oriente, spiega sempre Bavila, è reputata una prelibatezza. In Paesi come Cina e Giappone le oloturie vengono in particolare vendute essiccate: il prezzo si aggira tra i 10 e i 600 dollari al chilo fino ad arrivare, per alcune specie particolari, a 3 mila. I due autotrasportatori sono stati dunque multati con una sanzione amministrativa di 1.500 euro per la mancata rintracciabilità dei ricci e denunciati per il trasporto di oloturie, mentre il prodotto ittico è stato requisito assieme al furgone. Il sequestro è stato convalidato dalla Procura della Repubblica diretta da Carlo Mastelloni. I ricci e le oloturie, dopo che i veterinari hanno verificato che fossero ancora vivi, sono stati rigettati in mare dagli uomini della Capitaneria.

Benedetta Moro

 

 

Inquinamento meno 40% nel Nord Italia per il blocco
Roma. La Rete italiana ambiente e salute, a cui partecipano esperti del Sistema sanitario nazionale (Ssn) e del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (Snpa) ha pubblicato un documento su Scienzainrete sulle correlazioni fra inquinamento ambientale e Covid19. Indagando su tre aspetti. Primo: il virus tende a diffondersi di più nelle aree molto inquinate? Per il report è «un'ipotesi che non sembra avere alcuna plausibilità biologica. Infatti, pur riconoscendo al Pm la capacità di veicolare particelle biologiche (batteri, spore, pollini, virus, funghi, alghe, frammenti vegetali), appare implausibile che i coronavirus possano mantenere intatte le loro caratteristiche morfologiche e le loro proprietà infettive anche dopo una permanenza più o meno prolungata nell'ambiente outdoor». Secondo: le restrizioni decise per arginare il contagio hanno prodotto una riduzione significativa dell'inquinamento atmosferico? Sì. Dal 9 marzo i livelli di NO2, diossido di azoto, a Milano e in altre parti del nord Italia sono diminuiti di circa il 40%. Occorrerà studiare meglio le ragioni, ma è plausibile una responsabilità alla drastica diminuzione del traffico e delle attività industriali. Terzo: la crisi economica da Covid19 aprirà la strada a politiche di abbassamento dei vincoli ambientali e di ritorno al passato? Il rischio c'è. La crisi economica potrebbe avere conseguenze disastrose per la transizione energetica globale perché l'impoverimento a livello mondiale determinerà una minore disponibilità di risorse da investire in fonti di energia alternativa. Occorrerà vigilare.

Alfredo De Girolamo

 

 

Nuovi progetti. Giovani volontari in azione si confrontano sul clima.

Al via il primo hub tematico del progetto finanziato dalla Regione Fvg "Giovani volontari in azione", che stimola i ragazzi all'azione su diversi fronti. Il prossimo incontro si terrà oggi alle 14.30 sulla piattaforma Zoom ed è aperto sia ai ragazzi che ai rappresentati di enti e istituzioni o aziende. "Giovani Volontari in Azione" è un progetto nato, per idea dell'Associazione Mondo 2000 e di altri undici partner del Terzo settore regionale, dall'esperienza di "Open Door. Conosco, Capisco, Imparo: percorso di avvio al volontariato di giovani tra i 16 e i 19 anni", finanziato dal ministero del Lavoro. Oggi "Giovani Volontari in Azione" intende portare a conoscenza dei giovani della nostra regione le diverse realtà nelle quali vivono, stimolando quel desiderio di intervento nella soluzione di problemi legati ai loro territori. Come? Con l'attivazione di alcuni hub tematici, appunto, intesi come incubatori di idee. Ciascuno è articolato in tre o quattro incontri, nel corso dei quali i ragazzi, assieme a degli esperti e a un coordinatore, trattano alcuni temi e trovano dei modi per sviluppare una soluzione a delle problematiche. Ogni tema è affrontato per step: presentazione dell'argomento, brain storming pilotato con la partecipazione e predisposizione del progetto. La modalità originaria di svolgimento degli hub era dal vivo, ma le necessità imposte dal covid hanno ridisegnato i modi di incontro, spostandoli su Zoom. Il primo hub è dedicato al clima: il secondo incontro si terrà oggi alle 14.30. Per partecipare si può inviare la richiesta a mondo2000@uwcad.it. Ha già dato la sua adesione Andrea Cicogna, dell'Arpa Fvg, che darà un contributo su "Clima e cambiamento climatico in Fvg: evidenze e possibili impatti". Gli spunti provenienti dalle riflessioni dei ragazzi e dagli interventi degli ospiti sono condivisi sulla pagina Facebook "Giovani Volontari in Azione" e sul profilo Instagram "@giovanivolontariinazione".

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 aprile 2020

 

 

Lettura delle targhe e "conta persone" - Telecamere hi-tech pronte allo sbarco
L'appalto, vinto dalla ditta Calzavara, fa parte del progetto Civitas Portis sulla mobilità urbana sostenibile in città
Ironia della sorte. Trieste avrà a breve un sistema di telecamere di analisi di flusso pedonale e del tipo a lettura targhe per il monitoraggio dei flussi di traffico. In questi giorni di città vuota per l'emergenza sanitaria del coronavirus c'è stata l'aggiudicazione in via definitiva della fornitura e della posa in opera di questo doppio sistema di telecamere inserite nel progetto europeo "Civitas Portis" (Porti-cities: innovation for sustainability), lo stesso che ha regalato alla città il bike sharing, le biciclette in condivisione, anch'esso fermato ora dal Covid-19. Quasi un paradosso, ora che c'è poco o nulla da misurare in termini di mobilità e ora che i flussi turistici si sono completamente arrestati. Un sistema che tornerà utile, si spera in futuro quando Trieste potrà accarezzare di nuovo un milione di presenze nei musei e alle mostre e magari l'arrivo di 400 mila crocieristi. Intanto è aggiudicato l'appalto delle telecamere all'impresa Calzavara spa di Roma, per il costo totale di 44.597 euro (iva inclusa). Il progetto Civitas Portis, finanziato dalla Commissione europea, ha preso avvio a Trieste il 6 settembre 2016: prevede la realizzazione di un piano urbano della mobilità sostenibile per organizzare i collegamenti tra Porto nuovo, Porto vecchio e il centro urbano. Il piano europeo coinvolge sei realtà portuali internazionali destinate a diventare "città laboratorio": Trieste in Italia, Aberdeen nel Regno Unito, Costanza in Romania, Klaipeda in Lituania, Anversa (coordinatrice dell'iniziativa) in Belgio e Ningbo, porto affacciato sul mar cinese orientale. Il Comune di Trieste, tra le altre cose, si è impegnato a realizzare la misura sul controllo degli accessi urbani ("Controlling urban accesses"). È qui che si inserisce il doppio sistema delle telecamere da attivare. «La misura "Controlling urban accesses" - si legge nella determina firmata dall'ingegner Giulio Bernetti - prevede un sistema di controllo degli accessi urbani atto al monitoraggio dei flussi di traffico (sia di automobili che di veicoli pesanti) attraverso i principali punti di accesso in città e l'implementazione di un progetto pilota al fine di monitorare aree pedonali e zone a traffico limitato del centro città». A Venezia, per esempio, esiste dal Carnevale di quest'anno un sistema di rilevazione dei flussi pedonali attraverso telecamere e barriere laser e appositi algoritmi di videoanalisi. Nel caso di Trieste si prevede «espressamente l'acquisto di telecamere, sistemi di rilevazione e altra strumentazione necessaria a garantire l'implementazione del sistema di controllo». La scelta della ditta Calzavara consente al Comune anche un certo risparmio. È stata prenotata la somma complessiva di 70 mila euro (contributo europeo). Si tratta di una «spesa urgente, dal momento che il mancato rispetto del cronoprogramma del progetto Portis comporta la perdita di contributi europei, con conseguente danno per il Comune». La Calzavara Spa, che ha la direzione e la sede amministrativa a Basiliano (Udine), è un'azienda italiana che progetta, costruisce e vende in tutto il mondo strutture per le telecomunicazioni. La specialità è la progettazione e installazione di infrastrutture di telecomunicazione integrate nel contesto urbano. «In oltre 50 anni di attività - fa sapere l'azienda romano-friulana - abbiamo reinventato i pali per le telecomunicazioni, prima mascherandoli sotto le sembianze di finti alberi - pini, palme e cipressi - e diminuendone l'impatto visivo sul paesaggio, poi trasformandoli in strutture di arredo urbano e di design, idonee per installazioni in contesti urbani di alto profilo».

Fabio Dorigo

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 aprile 2020

 

 

Strada a due corsie, pista ciclabile e luci - Via in Porto vecchio a 9 milioni di lavori
Entro un mese il bando di gara per il lotto 2. Dall'affidamento dell'appalto un anno di cantiere: l'obiettivo è autunno 2021
Nove milioni di euro per rifare i 20.000 metri quadrati che si allungano tra il varco Silos in largo Città di Santos e la parte retrostante del Magazzino 26. Strada, ciclabile, pedonali, illuminazione pubblica, sottoservizi relativi ad acqua e gas. Il Comune si accinge a scrivere il secondo capitolo del Porto vecchio post-sdemanializzazione: entro il 30 aprile Giulio Bernetti, direttore del dipartimento Team (territorio-economia-ambiente-mobilità), licenzierà il progetto del lotto 2 ed entro la metà di maggio conta di bandire una ricca gara europea perché sopra soglia. Una volta affidati i lavori all'impresa vincitrice, Bernetti calcola un anno di cantiere coordinato tra Municipio e AcegasApsAmga: insomma, taglio del nastro nell'autunno 2021. La documentazione dovrà ottenere il benestare della Soprintendenza. Il Lotto 1, finanziato da circa 5 milioni di euro, è quasi terminato con la sua dose di infrastrutturazione urbana e con la rotatoria che smista il traffico da/per viale Miramare, per cui può partire la seconda fase dell'operazione Pfv incentrata sull'area culturale-espositiva. L'obiettivo è collegare Magazzino 26-Centrale idrodinamica-Centro congressi con piazza Libertà. Collegamento per auto, biciclette, mezzi di San Francesco (pedibus calcantibus), trasporto pubblico che nelle aspirazioni comunali andrà ben oltre l'attuale "81". La prossima area di lavoro si svolgerà dal lato B del "26", dove si allarga il parking per pullman, per proseguire lungo la cosiddetta "bretella", che costeggia il muro divisorio dalla zona ferroviaria. La soluzione, predisposta dai progettisti comunali a partire dall'elaborato di fattibilità tecnico-economica risalente all'ottobre 2018, si sovrappone in parte al tracciato esistente: sarà una carreggiata a due corsie di marcia, accompagnata dalla ciclabile che correrà lungo il muro confinario con il sedime Fs.Il sistema viario così ottenuto andrà a congiungersi con il nuovo tronco stradale che separa i Magazzini 27 e 28, entrambi coinvolti nel Centro congressi. Dal punto di vista tecnico si pensa a una pavimentazione in conglomerato bituminoso; le lastre di arenaria, presenti sotto l'attuale asfaltatura, saranno riutilizzate nell'immenso altrove dell'ex punto franco. A chi è capitato di transitare a piedi/ciclo/auto nella "bretella", avrà notato la presenza di numerose rotaie - le triestinissime "sine" -, retaggio dell'antica logistica al servizio del Porto vecchio, prima che lo scalo ammuffisse. I binari saranno "tutelati" negli spazi pedonali e nelle aree che saranno attrezzate a verde da alberi, arbusti, piante stagionali. Dove il binario triste e solitario caro a Claudio Villa intralcerà la costruzione della nuova carreggiata, sarà invece rimosso ed eventualmente ricollocato in qualche anfratto del Porto vecchio desideroso di arredi urbani originali. Si cercherà di garantire il transito pedonale a fianco della pista, realizzando rampe di raccordo tra marciapiedi e sede stradale. Allo scopo di ridare sicurezza e visibilità all'attuale spettrale habitat, un nuovo impianto di illuminazione correderà l'asse viario: in programma pali artistici e corpi "a goccia".Certo la "bretella" ha veramente bisogno di brusca & striglia. Sporcizia sparsa sul lato ferrovia. Dove nell'ex palazzina 117 il Comune farà formazione, un migrante fa merenda all'ombra della vegetazione che non vede da tempo pietose potature. Ci sono ancora i parcheggi dell'Istituto di cultura marittimo-portuale liquidato nel 2014. Scalcinati dissuasori dissuadono soprattutto i ciclisti che non siano affetti da disturbi masochisti. Alcuni ruderi sembrano elemosinare il piccone risanatore. Un vagone solitario, dipinto da imbianchini contemporanei, reclama un locomotore misericordioso.

Massimo Greco

 

I dossier inesplosi dell'area tra marina e fishmarket - in attesa di tempi migliori
A un anno dal termine del Terzo Dipiazza, accanto ai lavori conclusi e quelli in rampa di lancio (vedi sopra), nella zona di Porto vecchio restano alcuni importanti dossier da disinnescare. Due di essi si specchiano - o quasi - nel Bacino 0: sono i Magazzini 24-25 e il Magazzino 30. Le prime citate sono le strutture utilizzate fino agli anni Novanta come terminal animali vivi, come risulta da una veloce osservazione degli interni. Sembrava ci fosse un interessamento di Fincantieri, ma da tempo non se ne ha notizia. Poi era spuntata una cordata, al cui interno c'è il dinamico Monticolo, attratta dall'idea di realizzarvi un albergo e una marina ma pare che il progetto si sia arenato nella fase del crowdfunding. L'architetto Vazquez Consuegra, incaricato di realizzare il Museo del mare al Magazzino 26, vuole inserire la prua della marconiana Elettra nel pertugio divisorio dei due hangar. E vuole ormeggiare il sommergibile "Fecia di Cossato" dove ora languono in attesa di compratori le residue unità dell'ex flotta Napp.Più spostato verso il mare si acquatta nella sua rosea tinta il "30", che pareva destinato a un vivace destino di fishmarket, con annesso ristorante panoramico e corner per la musica jazz: anche in questo caso si attendono tempi migliori. Eataly, contattata, ritiene che la zona sia ancora troppo selvaggia. Il Centro congresso ha tempo alcuni mesi per chiudere il cantiere, visto che Esof slitterà a settembre. Tutto da meditare alle sue spalle il futuro del cosiddetto "quartiere Ford", dove i magazzini (27b, 31, 32, 33 133) rimandano a ruggenti primi dopoguerra. Fermi i cantieri di manutenzione e sicurezza al Magazzino 26, affidati a Cp e Walter Pittini.Il Magazzino 20 aspetta 1,5 milioni del MiBac per farsi bello. Infine, auguri pasquali dalla "cittadella Greensisam".

Magr

 

 

Muggia, ipotesi via D'Annunzio per la "ciclabile dei bambini"
Il vicesindaco Bussani non esclude lo spostamento del futuro percorso previsto lungo viale XXV Aprile. E sulle polemiche della Fiab: «Stop strumentalizzazioni»
MUGGIA. La "ciclabile dei bambini" ancora fa discutere. Dallo scorso 30 settembre, giorno in cui il Consiglio comunale ha respinto le mozioni presentate in primis da Roberta Tarlao, consigliera comunale della lista civica Mejo Muja e, a ruota, dall'ex Pd, diventato tale dopo la risposta ricevuta, Marco Finocchiaro, sulla realizzazione del progetto della ciclabile in viale XXV aprile, ne è passata di acqua sotto i ponti. Eppure la partita non è terminata. Anche perché l'amministrazione comunale della cittadina rivierasca sta nel frattempo cercando una soluzione alla "vexata quaestio". E spunta l'opzione di via D'Annunzio. Ma andiamo a ritroso. «Abbiamo avuto l'opportunità - racconta Finocchiaro - nei lavori di parziale riasfaltatura di viale XXV Aprile di mettere in atto quanto previsto nella variante 31 al Piano regolatore, ovvero realizzare un percorso ciclopedonale che servisse gli impianti sportivi e le scuole, riorganizzando i parcheggi della zona, ma la maggioranza ha preferito mettere la testa sotto la sabbia, consolidando dei parcheggi fuori norma che non garantiscono nemmeno la transitabilità su detta via ai mezzi adibiti al trasporto pubblico locale e ai mezzi d'emergenza». Rincara la dose la Fiab Ulisse per voce del suo presidente, Federico Zadnich, secondo cui «manca ancora tra chi amministra Muggia una visione e la volontà di sviluppare una mobilità a misura di persona. Negli ultimi anni si sono fatti passi indietro invece che avanti. Dopo la bocciatura della mozione da parte della Giunta Marzi non ci sono state novità positive. La mozione chiedeva la realizzazione di un percorso ciclabile lungo viale XXV Aprile dove ci sono scuole, campi sportivi e palestre raggiunti ogni giorno da centinaia di bambini e ragazzi. Un progetto che avrebbe dato ai giovani una importante occasione di crescita in autonomia e la promozione della ciclabilità e di stili di vita sani ma purtroppo hanno prevalso altre logiche». Accuse, quelle di Finocchiaro, che il vicesindaco e assessore alla viabilità, Francesco Bussani, rimanda al mittente in quanto «strumentali e non veritiere». La questione di viale XXV Aprile e del percorso ciclabile, per Bussani «è una cosa che andrebbe presa in considerazione solo una volta che i lavori allo stadio Zaccaria saranno ultimati, realizzando i nuovi spogliatoi e la pista di atletica, consentendo così di ospitare nella struttura più di una società sportiva e far gravitare nella stessa molte più persone rispetto ad oggi. In questo momento si otterrebbe solo di far sparire moltissimi parcheggi per realizzare una pista che per la gran parte della giornata sarebbe vuota». Quindi, ha proseguito l'assessore «rassicuriamo la cittadinanza che ad avere la testa sotto la sabbia non è l'Amministrazione, che invece immagina una mobilità diversa per Muggia, tenendo però conto che le cose vanno fatte un passo alla volta, senza strappi, soprattutto quando non c'è la copertura economica per realizzare le opere». Bussani si è poi rivolto a Zadnich e al sodalizio da lui rappresentato: «Quando le proposte della Fiab apparivano realizzabili, sono state sempre prese in considerazione dall'Amministrazione. La nostra porta è quindi sempre stata aperta e dispiace che da Zadnich vengano sempre e solo messe in luce le occasioni in cui le visioni non sono state allineate, con la differenza che i nostri eventuali dinieghi sono sempre stati motivati, mentre da Zadnich giungono solo polemiche e slogan». Infine un suggerimento e una proposta al presidente di Fiab Ulisse da parte dell'assessore della cittadina rivierasca, ossia di «non basarsi su informazioni di seconda mano, ma di verificare di persona quanto afferma. In viale XXV Aprile non ci sono né scuole, né asili, né palestre se si esclude l'ex Palacoop. Tutte queste strutture si trovano invece su via D'Annunzio e forse un ragionamento per la realizzazione di una pista ciclopedonale, una volta trovati i finanziamenti, andrebbe fatto su quella direttrice. Fiab rimane un interlocutore prezioso, ma trovo fuori luogo certe uscite dell'attuale presidente».

Luigi Putignano

 

MUGGIA - Il turismo su due ruote: un business in crescita da un milione di euro - i dati dalla cittadina istroveneta
Muggia e la bici, un binomio che funziona a livello turistico. A confermarlo i dati presenti su www. viaggiareslow.it: i turisti in bicicletta che, nel 2019, sono giunti a Muggia, dove è presente pure un infobike, si attestano tra i 16 mila 800 e 17 mila, con un aumento complessivo tra il 12 e il 13% rispetto ai valori 2018. Il 65% di questi ha percorso la Parenzana. Una conferma dell'attrattività di Muggia per gli amanti delle due ruote è arrivata anche dai lusinghieri numeri della linea marittima con Trieste. Da dove arrivano i cicloturisti? Il 35% è di provenienza nazionale, dei quali il 40% dal Triveneto, il 15% Lombardia, stessa percentuale di Emilia Romagna, il restante 30% principalmente da Lazio, Piemonte, Toscana e Umbria. I cicloturisti stranieri provengono per il 25% dall'Austria, per il 15% dalla Germania, stessa percentuale dei cicloturisti proveniente dall'est Europa (nell'ordine Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Russia, Ungheria), per il 10% da Svizzera, Francia, Olanda, Spagna, Gran Bretagna, Scandinavia, Australia, Stati Uniti d'America e Canada. Importante l'impatto economico sulla cittadina rivierasca, calcolando le spese medie giornaliere dei cicloturisti, le permanenze medie in città e aggiungendo a queste gli effetti indiretti e indotti dall'aumento di spesa sul territorio con un beneficio diretto per tutta la comunità, che si aggira intorno a un volume economico diretto medio per il 2019 non inferiore al milione di euro, che alimenta soprattutto la ristorazione, la ricettività e il microcommercio. Restano delle criticità che vanno risolte: «Da tre anni - sottolinea Federico Zadnich di Fiab Ulisse - c'è un finanziamento regionale per realizzare una ciclabile all'ingresso di Muggia in via Battisti che non è ancora venuta alla luce. In questi anni, inoltre, nonostante il favoloso esempio della pedonalizzazione della vicina strada costiera che collega Capodistria a Isola è mancata la visione e il coraggio di ripensare anche alla strada lungomare che va da Muggia a Lazzaretto rendendola a senso unico, perlomeno nei mesi estivi, per dare spazio a un percorso dedicato a bici, pedoni e runner e creare un nuovo modo di vivere la costa». La ciclabile in via Battisti, il lungomare verso Lazzaretto e la Parenzana sono temi che presto faranno parte di un confronto con soluzioni proposte fattibili e concrete tra l'amministrazione e la Fiab Ulisse.

L. P.

 

 

Da Duino il "no" definitivo alla centrale termoelettrica
Frutto di un lavoro collettivo tra maggioranza e opposizione, il documento conclusivo boccia in toto il progetto di modifica dell'opera nella zona del Lisert
DUINO AURISINA Diventa definitivo il no del Comune di Duino Aurisina al Progetto di modifica della Centrale termoelettrica A2A Energiefuture spa di Monfalcone. Il documento conclusivo, comprensivo delle osservazioni frutto del lavoro svolto dalla seconda Commissione e della Conferenza dei capigruppo, riunitesi congiuntamente il 3 marzo, e ribadito nella comunicazione fatta due settimane dopo ai consiglieri componenti dalla presidente della stessa seconda Commissione, Chiara Puntar, sarà ora trasmesso ai competenti organi regionali. «Non essendo arrivati ulteriori interventi dai consiglieri componenti - ha spiegato la stessa Puntar - ho ritenuto sufficiente il tempo trascorso, perciò mi sembra corretto ritenere approvato il testo formulato di comune accordo e ho perciò deciso di inviarlo al nostro sindaco, Daniela Pallotta, per l'immediata trasmissione agli organi decisori della Regione. Questo - ha concluso - a conferma dell'attenzione della nostra amministrazione al tema dell'ambiente». «Abbiamo voluto esser sempre vigili e attenti in tutti i passaggi legati all'iter autorizzativo del progetto - ha sottolineato l'assessore comunale all'Ambiente, Massimo Romita - e abbiamo perciò ripresentato le puntualizzazioni già illustrate in occasione della scadenza delle osservazioni sull'Aia, sulla quale, insieme al Comune di Monfalcone, abbiamo ottenuto ottimi risultati». La richiesta di modifica della Centrale termoelettrica prevede l'installazione di centrali termiche e altri impianti di combustione e la costruzione di un metanodotto, atto a collegare la centrale stessa alla rete di distribuzione del gas metano della Snam, di lunghezza complessiva pari a 2,386 chilometri, oltre al recupero del sistema di trattamento delle acque reflue. Le criticità evidenziate dal Comune di Duino Aurisina riguardano proprio due aspetti del progetto: la realizzazione del nuovo impianto a ciclo combinato alimentato a gas naturale e la realizzazione del nuovo metanodotto a servizio dello stesso. «Nel dettaglio - avevano precisato Puntar e Romita - i camini esistenti hanno un altissimo impatto visivo, perciò è fondamentale non degradare ulteriormente, anche a livello paesaggistico, la zona interessata dal progetto. Non si rileva inoltre nella documentazione alcun intervento compensativo. Per quanto attiene la dismissione carbonile - avevano concluso Puntar e Romita - si segnala la necessità che la bonifica avvenga secondo quanto previsto per un materiale come il carbone minerale, prevedendo una caratterizzazione del sito, sottolineando come il carbone contiene anche uranio e torio e i prodotti del loro decadimento, radio e radon, che sono elementi radioattivi».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 aprile 2020

 

 

Dimezzate in città le emissioni provocate dal traffico veicolare

Un effetto del lockdown e della conseguente diminuzione di mezzi in circolazione. La riduzione è pari al 40-50% della presenza nell'aria degli ossidi di azoto

L'aria di Trieste è meno inquinata, con un dimezzamento degli ossidi di azoto generati soprattutto dal traffico veicolare. L'Arpa conferma che, a seguito del lockdown per ridurre la diffusione del Covid-19, in città si è registrato un calo degli agenti inquinanti correlato alla riduzione delle macchine in circolazione. Si tratta di un fenomeno che all'apparenza potrebbe sembrare scontato, ma tale decrescita non è avvenuta in altre città come ad esempio a Roma e Milano. Entrando nel dettaglio, secondo l'Agenzia regionale, il dato più rilevante e da tenere in considerazione è quello degli ossidi di azoto prodotti in natura dai fulmini e dalle eruzioni vulcaniche e dall'uomo attraverso i motori a combustione interna, dove si generano a causa delle temperature elevate che vengono raggiunte per la combustione del carburante. Gli ossidi di azoto possono formarsi anche nelle centrali termoelettriche o dalla combustione della legna. Si tratta di sostanze inquinanti che hanno ricadute negative in particolare su malati di asma, bambini e per quei soggetti che soffrono di malattie respiratorie croniche e cardiache. Possono creare anche irritazioni a livello di mucose delle vie respiratorie nei soggetti sani e sono il motivo per il quale in alcune città con un alto tasso di traffico veicolare si fa fatica a respirare. Arpa ha scelto come riferimento la centralina di piazza Volontari Giuliani, considerata quella ideale per monitorare gli impatti del traffico sull'atmosfera. Rispetto ai dati registrati negli ultimi cinque anni nello stesso periodo, nel 2020 la riduzione degli ossidi di azoto è stata del 40/50% nei momenti di picco collocati di solito al mattino e alla sera. Il valore medio registrato dal 2016 al 2019 tra febbraio e marzo si attestava intorno ai 60 ?g/Nm3 (microgrammi/Normal metro cubo, unità di misura del volume usata per i gas). Negli scorsi giorni di bora il dato è sceso addirittura sotto i 20 ?g/Nm3, attestandosi attorno ai 40 ?g/Nm3 nei giorni non ventosi. «Gli effetti del lockdown sulle Pm10 - spiegano da Arpa - sono molto meno evidenti e in generale molto meno agevoli da individuare, in quanto le polveri sono prodotte da molteplici sorgenti: dal riscaldamento domestico all'agricoltura. Inoltre, a differenza degli ossidi di azoto, sono molto più dipendenti dalla variabilità meteorologica». «La riduzione delle emissioni - spiega l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro - è chiaramente uno degli obiettivi che il mio assessorato si è posto e oltre agli incentivi per rinnovare il parco macchine circolante, sia dei cittadini che dell'amministrazione, e l'acquisto di bici elettriche, abbiamo raggiunto l'importante risultato della riconversione industriale dell'area a caldo della Ferriera. Entro l'anno, poi - conclude Scoccimarro -, andremo ad aggiornare il piano regionale di qualità dell'aria dove sarà introdotta una prescrizione per le nuove autorizzazioni ambientali, che andrà a tener conto della sommatoria delle sorgenti emissive di un'area geografica e non amministrativa».

Andrea Pierini

 

 

«Interinali in Ferriera in cassa integrazione come gli altri operai»
Rosolen rivendica l'efficacia del pressing della Regione per assicurare tutele a tutti
«Anche i lavoratori assunti con contratto di somministrazione saranno tutelati dalla cassa integrazione attivata per gli altri dipendenti della Ferriera di Servola. Come chiarito dalla circolare Inps 47 del 28 marzo 2020, per questa categoria non è possibile ricorrere alla cassa in deroga, ma restano valide le tutele previste dal fondo di solidarietà bilaterale del settore, tra cui l'ammortizzatore sociale dedicato». Lo afferma Alessia Rosolen, assessore regionale al Lavoro, intervenendo sul caso dei 66 lavoratori interinali dello stabilimento siderurgico di Servola. Precari che, secondo il monito lanciato dal Nidil-Cgil, tra tre settimane rischiano di trovarsi senza lavoro e senza gli annunciati "paracadute" rappresentati dall'opzione Csn di San Giogio di Nogaro e dall'ipotesi assorbimento in Fincantieri. Rosolen ha espresso soddisfazione per la lungimiranza e la lucidità dimostrate dalla Regione e da chi, sin dall'autunno, ci ha sostenuti nella richiesta di prorogare al 30 aprile i contratti in essere, estendendo quelle misure di tutela per i lavoratori interinali che, in questa fase, risultano determinanti». «Abbiamo delineato - aggiunge Rosolen - un quadro per ogni singolo lavoratore e predisposto i cv che verranno inviati oggi a un'azienda del territorio. Quando saremo usciti dall'emergenza determinata dal Covid-19 si terranno i colloqui. A febbraio abbiamo organizzato una serie di incontri per prospettare in modo chiaro ai lavoratori quale fosse la situazione. Possiamo ritenerci soddisfatti per quanto abbiamo fatto, anticipando i tempi e creando le condizioni per ampliare la superficie della rete di protezione sociale per tutti i lavoratori e immaginando già un percorso di reimmissione nel mercato del lavoro. In via collaborativa, ribadisco - conclude - che l'accesso alla prestazione del Fondo bilaterale si ricollega all'utilizzo della Cassa integrazione attivata per gli altri lavoratori dell'azienda: questo grazie alla proroga per i somministrati successiva all'avvio della cassa integrazione straordinaria dei dipendenti a tempo indeterminato».

 

 

Più caldo e meno predatori - Meduse star a Ponterosso
Rive invase dalle "botti di mare", spinte in gran quantità fino al Canal Grande - L'esperto: «Con la pesca intensa degli ultimi anni, diminuiti i loro competitori»
Il golfo è pieno di meduse. Ne sono comparse tante, in questi giorni, anche nel Canal Grande. Un fenomeno certamente non frequente, ma neppure inedito, che sta catturando l'attenzione di chi, in questo periodo di serrata forzata, si reca comunque al lavoro o va a fare la spesa, passando lungo le Rive o nella zona di Ponterosso, e immortala il tutto con delle foto scattate dai cellulari, tante delle quali sono già finite puntualmente sui social. «Si tratta della nostra comune botte di mare chiamata anche polmone di mare - spiega Maurizio Spoto, direttore dell'Area marina protetta di Miramare - ed è tra le meduse più grandi del Mar Mediterraneo. Gli esemplari piccoli compaiono in primavera mentre gli adulti di maggior dimensioni si ritrovano alla fine dell'estate e all'inizio dell'autunno. È considerata una specie costiera, vive in superficie. Solitamente si trova in associazione con dei granchietti, che ci vivono sopra, o dei giovani pesci della famiglia Carangidae, che nuotano proprio vicino alle meduse per proteggersi dai predatori. In questo periodo è frequente, l'abbiamo vista di sicuro anche gli anni scorsi. Sono le maree che possono spingerla fino a Ponterosso. Aumenti improvvisi, magari proprio come questo, non sono rarissimi». Nelle foto si nota come nuotino in superficie, anche tra le barche ormeggiate nel canale. C'è chi, pubblicando gli scatti su Fb, ipotizza che la massiccia presenza degli animali sia legata al numero minore di mezzi nel golfo e quindi anche a un inquinamento ridotto del mare verificatosi nelle ultime settimane. E chi pensa pure sia dovuta all'innalzamento della temperatura, dato il clima quasi estivo registrato in questi giorni. Ma Spoto ricorda come ormai da qualche anno le "botti" siano numerose nel golfo a intermittenza, in diverse stagioni. «Difficile prevedere al momento se aumenteranno ulteriormente in futuro», aggiunge l'esperto: «Certo è che sono più frequenti perché non hanno più, come competitori, alcuni pesci. Vivono e si nutrono più facilmente quindi, in un ambiente diventato, per loro, ideale. La pesca intensa degli ultimi anni ha fatto diminuire i pesci, qui, come in altre aree in tutto il mondo - ribadisce Spoto - tanto che in qualche paese hanno iniziato a utilizzare le meduse anche in cucina». E sul web si legge già di chef e appassionati di cucina anche in Europa, pronti a sperimentare nuove ricette, non prima di aver raccolto tutte le informazioni e le indicazioni utili. E proprio alla luce della diffusione delle meduse segnalata in diverse aree del mondo e all'interesse culinario suscitato, lo scorso anno l'Ogs, nell'ambito del ciclo di conferenze "Mare&Salute", aveva promosso un incontro al Revoltella, con gli interventi di ricercatori ed esperti, per parlare proprio della possibilità di introdurle nei menù del futuro. Tra i relatori era intervenuto Ferdinando Boero, dell'Università degli Studi del Salento. «Per il 70% il mondo è coperto da oceani - aveva spiegato Boero, definito il massimo esperto italiano ed europeo di meduse - e gli ecosistemi oceanici sono i più importanti del pianeta. Nel tempo abbiamo sovrasfruttato i pesci, abbiamo incrementato e migliorato i sistemi di pesca, finché si sono esaurite le risorse naturali e siamo passati agli allevamenti. Nei nostri mari ci sono sempre meno pesci e sempre più meduse, aumentano quindi gli animali mangiatori di meduse, e anche noi possiamo diventare "mangiameduse"». Nell'occasione era stato ricordato come, su più di 1.400 specie esistenti, solo 40 siano commestibili, quelle più grandi e poco urticanti. Dai dati emersi da alcune ricerche, rese note sempre durante l'appuntamento dell'Ogs, erano state indicate come ricche di proteine, e collagene, con un'importante attività antiossidante, tale da interessare le realtà del settore cosmetico. Sulle nostre tavole però non sono ancora arrivate. «Servono verifiche. Vanno studiate, va definita la filiera, bisogna individuare - era stato precisato - la tecnologia alimentare adeguata e i punti critici di questo processo in termini di sicurezza alimentare». Forse vederle nei nostri piatti, quindi, non sarà una possibilità così immediata. «Anche se tra una medusa e uno sgombro da gustare - scherza Spoto - non avrei dubbi su cosa scegliere».

Micol Brusaferro

 

Gattare in azione senza limiti - Nei rifugi si continua a operare - l'assistenza agli animali
Modulo di autocertificazione in tasca e, possibilmente, anche tesserino di riconoscimento rilasciato dall'Ufficio zoofilo del Comune a mano. Così attrezzate, le oltre 300 gattare di Trieste continuano a prendersi cura delle 730 colonie feline censite in città anche in questo periodo di emergenza. Il servizio quotidiano che svolgono è ritenuto uno stato di necessità, indispensabile a garantire la sopravvivenza degli animali. «I gatti delle colonie sono di proprietà del Comune,- ricorda l'assessore con delega anche all'Ufficio Zoofilo, Michele Lobianco - le gattare sono autorizzate a prendersi cura di loro. Ovviamente, le uscite a questo scopo devono essere limitate e finalizzate alla cura dei mici: basta andare in colonia una volta al giorno». Alcune colonie vivono in aree cittadine oggi interdette all'accesso della cittadinanza. «Per situazioni come quelle della colonia all'interno del parco di villa Revoltella o del cimitero, - spiega Lobianco - è stato garantito l'accesso alle gattare». Anche per accudire le bestiole ospitate nei diversi rifugi cittadini, si continua ad operare adottando le misure di sicurezza idonee. Le porte delle strutture sono interdette alle visite e sono sospese le adozioni. «Stiamo facendo lavorare solo i dipendenti, rinunciando ai volontari, - spiega Manuela Stancic, consigliera dell'Astad -. Non è facile, lavoriamo tutti di più ma era necessario per limitare i rischi. Chi ci vuole aiutare può farlo con una donazione: le indicazioni utili si trovano sul nostro sito». Anche ai mici ospitati a Il Gattile e all'Oasi felina non manca nulla. «Abbiamo organizzato i turni dei volontari in modo che possano operare in sicurezza - spiega Cociani - ci concentriamo sulle emergenze, abbiamo sospeso le sterilizzazioni e pappe per i mici non mancano. Non registriamo un aumento delle rinunce o degli abbandoni». L'attività di ricovero e cura degli animali prosegue anche all'Enpa. «Il soccorso agli animali è una necessità non differibile, - ricorda la presidente Patrizia Bufo -. Il cancello di accesso alla struttura è chiuso ma all'ingresso ci sono le indicazioni per farsi aprire da chi deve consegnare un animale ferito». Anche il Canile sanitario di via Orsera resta aperto dal lunedì al sabato dalle 7.30 alle 9 e poi raggiungibile telefonicamente allo 040.3996621 fino alle 13 o chiamando il 348.4487013 per segnalazioni urgenti o per la consegna di un animale deceduto. E proprio dal canile di via Orsera, il medico veterinario di Asugi, Massimo Erario, smentisce le voci circolate in merito ad aumento degli abbandoni di cani a Trieste. È bene ricordare che gli ambulatori veterinari restano aperti solo per terapie e visite urgenti. Portare gli animali domestici dal veterinario rientra nei casi di necessità, e quindi è uno spostamento consentito. Le visite di routine che non rispondo a nessuna particolare esigenza devono essere rimandate.

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 11 aprile 2020

 

 

Servola volta pagina e attende la rinascita «Qui c'è bisogno di fiducia e investimenti»
Abitanti ed esercenti celebrano la fine di un'epoca e auspicano il ripopolamento grazie a nuovi spazi pubblici, locali e negozi
Una rinascita. Una nuova vita, per il rione, che inizierà - auspicabilmente . fin dai prossimi mesi. È questo il pensiero più diffuso tra residenti ed esercenti di Servola nelle ore immediatamente successive alla chiusura dell'area a caldo della Ferriera. Un cambiamento epocale, atteso da molto tempo, che per molti è destinato a garantire una svolta decisa a tutta la zona. «Abito qui fin da piccolo - racconta ad esempio Alessandro Radovini - e così anche i miei nonni, nella casa dove vivo ora con la mia famiglia. Il rapporto che ho con la Ferriera è di amore e odio. Ha dato lavoro a tante persone. Ricordo, quando ero bambino, i servolani impiegati all'interno: contenti, anche perché erano vicini a casa. E poi c'era il fascino di quell'imponente stabilimento, come ne erano ormai rimasti pochi. Ma non posso dimenticare l'inquinamento, la polvere nera sui balconi: un problema discusso e dibattuto senza sosta a Servola, soprattutto di recente. Spero che questa chiusura porti a una rivalutazione del rione, ora degradato, ma che un tempo era pieno di gente, vivace, con tante attività. Molti hanno chiuso o se ne sono andati. Mi auguro che ci siano nuovi investimenti, che si torni all'atmosfera di allegria e "morbin" che un tempo caratterizzava questa parte della città». Sentimenti molto simili anche in Maria Luisa Bruna, titolare della farmacia: «Mi aspetto una ripopolazione del rione, è un "villaggio" bellissimo, dove l'inquinamento prima faceva paura. Penso che anche le tante casette presenti attireranno nuovi residenti. Alcune famiglie, negli ultimi tempi, sono già arrivate, forse proprio in prospettiva del cambiamento annunciato. Spero davvero che Servola riprenda la vita di una volta». «L'antico rione si era spento proprio come è successo ora alla Ferriera», commenta a propria volta Marinella Pausin, parrucchiera: «Sono approdata qui nel 1996, conoscendolo precedentemente solo per il Carnevale, che già stava cambiando. In tutto questo tempo ho trovato nella mia clientela, spesso locale, un tesoro. Purtroppo la vita di Servola anno dopo anno è mutata. Ora mi auguro con il cuore che tutto rinasca, in una nuova e sincera primavera».Ora, insomma, il rione attende nuova linfa, anche attraverso lavori da portare a termine e nuovi investimenti, alla luce delle tante chiusure registrate negli ultimi anni. Roberta Millini, presente con il suo negozio di abbigliamento, ricorda come ci siano già tanti progetti. «Che per ora hanno subito uno stop a causa del Covid-19, ma che a maggior ragione, visto il miglioramento della vita a livello ambientale che avremo, dovranno essere conclusi: il giardino dell'ex teatro, per ridare ai residenti l'opportunità di vivere il rione con diversi appuntamenti, come il Torneo di basket San Lorenzo o la Festa del Pane. D'obbligo poi anche un'area gioco per i bambini. Senza dimenticare la Scuola Biagio Marin, con il campo di atletica che deve essere reso fruibile di nuovo da parte dai ragazzi. Nel rione inoltre abbiamo tante scuole, il Museo dei Presepi e dei Trenini, il Carnevale, che quest'anno ha ripreso vigore, il mercatino alimentare in funzione da gennaio e tanto ancora. Oltre al miglioramento della qualità di vita, sul fronte della salute c'è l'auspicio che il Comune dia una svolta decisiva alle pratiche in sospeso. Abbiamo una marea di cose per ridare a Servola la sua vitalità». Pensieri condivisi da molti residenti affezionati al rione, come ad esempio Luciana Turco: «Si tratta di una decisione epocale. Se da un lato per tanti anni questo gigante fatiscente è stato il sostentamento di numerose famiglie, dall'altro le polveri emesse hanno minato la salute, lasciando lungo la strada parecchie vittime. Un elogio va ai pochi titolari dei negozi e dei locali che con buona volontà forniscono i loro servizi nella zona, e un grazie va anche al presidente della circoscrizione Stefano Bernobich, sempre attento ai nostri bisogni, che ci fa sentire parte di una comunità che, speranzosa, vorrebbe ripartire. Qualità di vita migliore, dunque, ma deserto, finché qualcuno non si deciderà a investire in qualche attività commerciale. In pratica qui siamo in quarantena da qualche anno». «Ora si spera ci venga tolta la brutta nomea dell'inquinamento cittadino e che vi sia in futuro l'insediamento di piccole botteghe artigiane nel rione», aggiunge Sandra Godina. E sul mercato immobiliare arrivano già i primi annunci che propongo villette e appartamenti in zona, sottolineando proprio la chiusura dell'area a caldo.

Micol Brusaferro

 

Da Sora Bea l'altra faccia del rione «Operai trattati in modo assurdo»
Gli umori nel locale vicino alla fabbrica. La titolare: «Gente onesta, non meritava simili cattiverie»
A Servola c'è un locale dove una porzione di carbonara sfama due persone. Gli operai della Ferriera sono ovviamente di casa e, tra piatti abbondanti e birroni, la romanissima Beatrice Coppolecchia ha creato una famiglia molto allargata. La "Cucina de sora Bea" sta letteralmente a due passi dall'entrata dello stabilimento: per un'imprenditrice la chiusura dell'area a caldo sarebbe un'ottima notizia, ma non per Bea «perché me li sono presa tutti a core' sti ragazzi». L'osteria è aperta per le consegne a domicilio e al cattivo umore da coronavirus si somma quello per la fine di un'epoca: «Io difendo la Ferriera, anche se molti potenziali clienti non vengono per colpa sua. Dovrei essere contenta, ma il lavoro e le persone vengono prima». La signora Coppolecchia ricorda che, «quando sono arrivata 4 anni fa, c'era il delirio e dovevo spolverare i tavoli ogni mezz'ora. Arvedi ha migliorato tantissimo la situazione ambientale e, proprio ora, hanno deciso di chiudere. La Ferriera non è una gioielleria, ma tutta 'sta cattiveria non la capisco: la gente s'è fissata ma io sto in città e i miei davanzali sono neri di smog. Il massimo poi sono quelli che lavoravano in Ferriera e vivono a Servola, ma ora sono in pensione e ci sputano su per farla chiudere». Bea è «dispiaciuta per ogni lavoratore, pure quelli che non vengono da noi. Un operaio è venuto a salutarmi: lavora in area a caldo e va in cassa, ma gli ho detto di non sparire. Lo chiedo col cuore in mano ad Arvedi: pensi a 'sta gente che mettete in strada. Arvedi se ne va solo perché la politica e i triestini gli hanno rotto le scatole, ma prima bisognava trovare lavoro per tutti». La ristoratrice è tormentata all'idea che si rompa la piccola comunità che le ruota attorno: «Si è creato un bel rapporto, con persone oneste, che si comportano bene. Con alcuni è nata una vera amicizia, si scherza prima dell'inizio del turno, si fa una pasta a cucina chiusa se qualcuno ha fame dopo il lavoro. Questi sgobbano per tirare avanti la famiglia, come noi qua al ristorante. Ma la città li ha trattati male e qua intanto va in strada chi c'ha 50 anni: gente col mutuo, l'affitto, i figli. Gente che si fa un mazzo così, mica davanti a un pc». Il primo pensiero va ai ragazzi che lavorano con contratto interinale e che da fine mese non avranno stipendio né cassa integrazione: «Avete voluto chiudere? Applausi, ma la Fincantieri dov'è sparita? E San Giorgio di Nogaro? I più giovani finiscono il 30: non c'hanno niente dopo essersi sacrificati per farsi assumere, poveri figli». Ed è sulla situazione dei precari che interviene il segretario provinciale Nidil-Cgil Nicola Dal Magro: «Le prospettive per il loro futuro diventano estremamente oscure. La Cgil manifesta da mesi preoccupazioni sull'opportunità di un accordo con la proprietà per la chiusura dell'area a caldo antecedente alla firma dell'accordo di programma in cui siano contenute le necessarie garanzie occupazionali e di riconversione. I somministrati sono sempre stati ricompresi in quello che oggi risulta un mero slogan politico: "Esuberi zero". La Regione non prospetta le garanzie occupazionali che andava sbandierando al momento del referendum in azienda, proprio mentre il ministro Patuanelli paventava la garanzia di ricollocazione presso Fincantieri. Gli interinali si troveranno senza lavoro fra 3 settimane, ma non sono previste proroghe, la proposta su Csn di San Giorgio di Nogaro è svanita del tutto e quella di Fincantieri non si sa che fine abbia fatto. Si eviti la vergognosa scusa dell'emergenza sanitaria per l'assenza di soluzioni».

Diego D'Amelio

 

 

TAPPI SUGHERO - La Colombin riapre i battenti e tratta la vendita di due terreni - il silenzio-assenso della prefettura
Lunedì scorso la Colombin ha riaperto i battenti nella sede di via Cosulich in zona industriale. La Prefettura non ha obiettato a che la produzione di tappi afferisse in maniera derivata alla filiera alimentare, così il silenzio-assenso ha consentito alla dirigenza aziendale di riprendere l'attività. Lo ha comunicato ieri l'amministratore delegato Roberto Bergamo. «Siamo ancora a ritmo ridotto, in regime di Cassa integrazione ordinaria, tra gli addetti presenti e quelli in "smart working" lavora una quindicina di persone - dice il manager veneto - una parvenza di normalità con una lieve ripresa degli ordini, la stagione commerciale si gioca in questi mesi. La prossima settimana è atteso un carico di sughero in arrivo dalla Sardegna e dal Portogallo». Ai dipendenti è stata saldata l'ultima rata stipendiale di febbraio e dopo Pasqua Bergamo conta di mettere avanti la paga di marzo. Durante il mese scorso si è registrato un avvicendamento in consiglio di amministrazione, dove l'avvocato bolognese Alessandro Monti ha preso il posto dell'avvocato romano Pasquale Giordano. Bergamo ha inoltre informato sulle trattative in corso tra un fondo inglese e la Colombin riguardo la cessione dei due terreni dove si estende la fabbrica e dove una volta operava la Veneziani: si tratta di asset immobiliari di rilevante importanza per l'azienda, che dalla loro vendita potrebbe ricavare le risorse finanziarie per coprire in buona parte l'indebitamento con le banche stimato in circa 20 milioni di euro. Dal punto di vista azionario, ricordiamo che la nuova controllante è la società romana F.imm group con il 60%, l'ex controllante Rahhal Boulgoute (che ha una pendenza avanti il Tribunale civile triestino) detiene il 30%, la famiglia Colombin-Verginella il 10%.

Magr

 

 

 

 

OggiTreviso.it - VENERDI', 10 aprile 2020

 

 

Asolo dice no al 5G e lo sospende su tutto il territorio comunale
Primo comune della provincia di Treviso a adottare un provvedimento contro la nuova tecnologia delle telefonia mobile

ASOLO – Il sindaco di Asolo, Mauro Migliorini, ha firmato un’ordinanza per la sospensione immediata del 5G sul territorio comunale, diffidando inoltre la società Iliad Italia S.p.A. da eseguire il nuovo impianto di radio telecomunicazione previsto in via Fermi. Una decisione senza precedenti nella Marca, presa, si legge in una nota della Municipalità: “… in attesa della nuova classificazione della cancerogenesi annunciata dall’International Agency for Research on Cancer, applicando il principio precauzionale sancito dall’Unione Europea, prendendo in riferimento i dati scientifici più aggiornati, indipendenti da legami con l’industria e già disponibili sugli effetti delle radiofrequenze, estremamente pericolose per la salute dell’uomo”.
Il tema è delicato anche sotto il profilo giuridico e dal Comune fanno sapere che: “Contestualmente, l’ordinanza diffida la società di telefonia mobile Iliad Italia S.p.A. ad eseguire l’installazione del nuovo impianto di via Fermi 14 ad Asolo, previsto su infrastruttura già esistente, e l’installazione di tecnologie 5G fino all’intervenuta emissione del parere sanitario sulla sicurezza delle esposizioni elettromagnetiche da parte dell’Istituto Superiore di sanità e dell’INAIL”.
Le ragioni della scelta asolana sono così motivate: “Sul piano globale le radiofrequenze del 5 G sono “inesplorate”, mancando “qualsiasi studio preliminare di valutazione del rischio sanitario e per l’ecosistema derivabile da una massiccia, multipla e cumulativa installazione di milioni di nuove antenne che andranno a sommarsi alle decine di migliaia di Stazioni Radio Base ancora operative per gli altri standard di comunicazione senza fili, oltre alle migliaia di ripetitori Wi-Fi attivi”.
L’ordinanza del Sindaco di Asolo è stata trasmessa a tutte le autorità competenti in materia: all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per conoscenza al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministeri della Salute, dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e Trasporti e dell’Interno. “L’ordinanza - spiega il Sindaco Mauro Migliorini - è stata emessa non contro la tecnologia 5G in sé, ma in attesa di avere chiare disposizioni al riguardo dagli enti superiori nazionali e dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale. È un’ordinanza di sospensione, in attesa di comunicazioni da parte del legislatore”.

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 aprile 2020

 

 

Arvedi sullo stop all'altoforno della Ferriera «Uno dei giorni più tristi della mia vita lavorativa»
«Questo è uno dei giorni più tristi nella mia lunga vita di lavoro». Così il cavalier Giovanni Arvedi ha commentato ieri lo stop all'operatività dell'area a caldo della Ferriera di Servola, rilevata appunto dal Gruppo Arvedi nel 2014.«In cinque anni di presenza - si legge in una nota dell'azienda -, Acciaieria Arvedi ha investito a Trieste oltre 250 milioni di euro, riattivando l'attività di produzione di ghisa nel rispetto delle prescrizioni previste dall'Aia, adempiuto interamente alle prescrizioni dell'Accordo di programma, insediato una nuova unità produttiva di laminazione a freddo e salvaguardato i livelli occupazionali dello stabilimento. Su richiesta formale delle istituzioni locali, Arvedi ha proceduto con senso di responsabilità ed in coordinamento con il Mise ad avviare un processo di decarbonizzazione e riconversione industriale del sito, di cui questo evento, marcato dall'ultima colata dell'altoforno, rappresenta il primo passo».Le complesse operazioni di spegnimento, sono iniziate a fine marzo e con la supervisione dell' Arpa. Durante il processo di fermata, non ci sono state emissioni anomale di nessun tipo: né dalla cokeria, né dall'impianto di agglomerazione o dall'altoforno. Sullo stop all'area a caldo è intervenuta anche la deputata Pd Debora Serracchiani. «I lavoratori della Ferriera sono una grande risorsa di professionalità e dignità: meritano una prospettiva migliore della sola cassa integrazione. Le istituzioni, che hanno portato così rapidamente alla chiusura, siano ancor più veloci a creare le condizioni per la reindustrializzazione dell'area».

 

E gli operai danno l'addio alla loro fabbrica
«Dopo 123 anni di onesto lavoro, la fabbrica si congeda con onore». È la scritta comparsa ieri sull'altoforno spento definitivamente poche ore prima. Così gli operai dello stabilimento siderurgico hanno voluto salutare simbolicamente quello che a lungo è stato il loro luogo di lavoro.

 

 

Trasporto pubblico - Scatta il rinnovo del parco bus - È boom di immatricolazioni
Nel 2019 in Fvg le immatricolazioni di autobus sono state 107, con un aumento del 105,8% rispetto al 2018. L'aumento più elevato si registra a Udine, con 54 unità e una variazione rispetto all'anno precedente del 2.600%. Trieste, invece, ha registrato il 52% in meno di immatricolazioni di autobus rispetto al 2018. La spiegazione per questa sostanziale differenza a livello numerico è semplice: nel dicembre 2018 la Saf a Udine, investendo quasi 16 milioni di euro, ha rinnovato gran parte del suo parco mezzi utile a garantire il trasporto pubblico locale di Udine e periferia. Quegli autobus sono stati immatricolati in blocco nelle prime settimane del 2019. Trieste Trasporti, invece, che vanta uno dei parchi mezzi più giovani e meno inquinanti d'Italia, ha un programma annuale costante di rinnovo dei mezzi, e «acquista con sistematicità 33 autobus all'anno, - spiega il responsabile della comunicazione di Trieste Trasporti, Michele Scozzai - con le consegne dei mezzi che arrivano spalmante da novembre a giugno, e le immatricolazioni dei nuovi acquisti che possono slittare all'anno successivo, dipende da quando arrivano gli autobus».Gorizia, su questo versante, registra il 21,4% di immatricolazioni in più. Mentre Pordenone il 118,2%, sempre a fronte di un rinnovo straordinario del parco vetture. Per ciò che riguarda, invece, le immatricolazioni di veicoli pesanti per il trasporto merci, tutte le provincie regionali fanno registrare dati in calo. Si va dal -22,6% di Udine al -25,7% di Trieste, dal -27,7% di Pordenone per arrivare al -37,2% di Gorizia. A livello nazionale, lo scorso anno, le nuove immatricolazioni di autobus sono state 4.321, con una crescita del 31,3% rispetto al 2018. Sempre nel 2019 le immatricolazioni di veicoli pesanti per il trasporto merci sono state 19.605, con un calo del 30,7% rispetto al 2018.

 

 

Ripulito da foglie e rifiuti il laghetto del giardino "Muzio de Tommasini"
Proseguono gli interventi di manutenzione del Giardino pubblico Muzio de Tommasini, ad opera di AcegasApsAmga, in accordo con il Comune di Trieste. Nei giorni scorsi il personale della società ha effettuato la pulizia del laghetto del giardino che è stato ripulito da tutti i materiali, come foglie e rifiuti, che anche a causa della bora si erano riversati in acqua. Si è trattato di un intervento non invasivo che ha permesso di lasciare gli animali nel loro habitat all'interno del laghetto, in accordo con l'Enpa.

 

 

Dopo quella al virus, sapremo fare la guerra in difesa dell'ambiente? - la lettera del giorno di Renato La Rosa

È naturale che ora l'attenzione sia concentrata sullo sforzo sanitario per la cura dei malati di Covid-19, sui sistemi per impedire la diffusione del virus Sars-CoV-2, sulla ricerca di farmaci antivirali e vaccini. Tuttavia ci si interroga anche sul dopo. Come faremo a risollevarci da questa catastrofe? Saremo migliori o ricominceremo con la stessa incoscienza a segare il ramo sul quale siamo sospesi? Allora non dimentichiamo che mentre ci poniamo queste domande, la distruzione degli ecosistemi e della biodiversità si è (forse) solo un pò ridotta per la sosta forzata ma non di meno prepara il terreno al prossimo spillover o al prossimo patogeno che, parafrasando lo scrittore David Quammen, si diffonderà "come polvere che si solleva dalle macerie". Se tutto andrà bene avremo 8, 10 anni di tregua, prevedono gli epidemiologi. Negli ultimi decenni la frequenza delle epidemie zoonotiche sta aumentando. Già nel 2010 uno studio pubblicato su Nature affermava che deforestazione e distruzione di habitat naturali sono la causa di almeno la metà delle zoonosi emergenti (oltre che del global warming). In Occidente i piani di emergenza per il coronavirus in arrivo sono risultati molto carenti. Ritengo che l'emergenza in atto rischia di essere solo una pallida anticipazione di quello a cui andiamo incontro anche per gli effetti drammatici del surriscaldamento globale. Contro un patogeno o il global warming ritengo non ci si possa neppure arrendere: la difesa (con perdite) può essere fatta solo a costo di sconvolgimenti simili o peggiori di questo che stiamo vivendo. A mio parere la metafora della guerra non funziona, a meno che non ammettiamo che la guerra la stiamo facendo noi al pianeta. Ora il prezzo da pagare è molto alto anche per chi fra noi non ha responsabilità diretta. Per gestire una situazione più o meno permanente di emergenza dovremmo subire limitazioni alla nostra libertà di movimento e non solo: controllo sui nostri spostamenti, assorbimento di enormi risorse economiche per la costruzione e l'adattamento di strutture sanitarie e attrezzature specialistiche, per la produzione di farmaci e vaccini, in una estenuante rincorsa a contrastare nuovi patogeni sconosciuti o mutanti. Il passaggio di un agente patogeno da una specie ospite all'altra è un fenomeno in parte provocato dall'alterazione degli ecosistemi a opera dell'uomo. O siamo sempre noi che prepariamo il terreno a pericolose infezioni (influenza aviaria, influenza suina, infezioni antibiotico-resistenti) con pratiche zootecniche di sfruttamento intensivo. Se vogliamo evitare di combattere fino allo sfinimento con altre emergenze peggiori in un prossimo futuro, sostengo che dovremmo prima di tutto finirla di devastare e rapinare il pianeta che ci ospita, imparare il rispetto degli animali, cominciare a recuperare gli habitat distrutti e consumare (non sfruttare) le risorse naturali nei limiti consentiti, senza rubarle alle generazioni future. E ricordarci che, come ha scritto Yuval Noah Harari, "la non sostenibilità è un lusso che non ci possiamo permettere".

 

Opportuno il lavaggio di strade e piazze, magari con il disinfettante - Sara Vianello - lo dico al Piccolo

Questo inverno è stato scarso per pioggia e bora, ma nelle ultime settimane la bora ha fatto il suo ingresso in città. Mentre la pioggia è mancata.Il tutto in concomitanza della pandemia. Il Comune di Trieste, come già fatto da quasi tutti i comuni nel nord Italia, dovrebbe provvedere al lavaggio delle strade della città, magari utilizzando qualche soluzione disinfettante leggera.Il momento sarebbe propizio, visto la mancanza di traffico e i parcheggi del centro quasi tutti vuoti.

 

 

 

 

ALTROCONSUMO.it - GIOVEDI', 9 aprile 2020

 

 

5G: che cos’è e perché non c'è da allarmarsi

Il 5G è la tecnologia di rete mobile che si prepara a superare l'attuale 4G LTE. Al momento è in fase sperimentale in alcune città. Abbiamo fatto le prime prove sul campo: la rete è ancora instabile, ma come funzionerà e quali i pro e i contro che potrebbe comportare in futuro? Tanti i timori sui pericoli per la salute, persino rispetto a una sua possibile correlazione con la diffusione del coronavirus: ma non fatevi allarmare da tutto ciò che si sente dire. Abbiamo analizzato gli studi più citati a riguardo.
L'Italia si sta preparando a quella che viene definita la "rivoluzione" del 5G. Ma, mentre le sperimentazioni di questa nuova tecnologia di connessione mobile sono già in corso, circolano anche grandi timori sui rischi che potrebbe comportare per la salute pubblica. Ecco cos’è il 5G e perché non bisogna allarmarsi.
Cos'è il 5G
Con il termine 5G si indicano tecnologie e standard di nuova generazione per la comunicazione mobile. Questa “quinta generazione”, che segue le precedenti 2G, 3G e 4G, è quindi la tecnologia di connessione che utilizzeranno i nostri smartphone, ma anche e soprattutto i tanti di oggetti connessi (IoT, Internet of things) intorno a noi, destinati a essere sempre più numerosi (elettrodomestici, auto, semafori, lampioni, orologi…). Una delle caratteristiche principali di questa rete è, infatti, proprio quella di permettere molte più connessioni in contemporanea, con alta velocità e tempi di risposta molto rapidi.
Non si tratta, inoltre, della semplice evoluzione dell’attuale rete 4G, perché ha caratteristiche tecniche completamente diverse, non solo per la quantità di banda più ampia e per la velocità; si tratta proprio di un modo diverso di gestire le comunicazioni e la copertura, con frequenze, antenne e tecniche di trasmissione dei dati differenti rispetto al passato.
Quando arriverà il 5G
L'implementazione della rete 5G sta attraversando una fase sperimentale solo in alcune città, il lancio sul mercato vero e proprio - con copertura e servizi maggiori - dovrebbe avvenire nel 2020. Al momento, per le sperimentazioni, Vodafone sta coprendo Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli. TIM è presente a Torino, Genova, San Remo, San Marino, Bari e Matera. Wind Tre ha puntato su alcune città, come Prato e L’Aquila. Iliad sembra sui blocchi di partenza. Tim e Fastweb promettono diffusione a tutti entro il 2020, Vodafone sul sito prevede una copertura del territorio italiano, progressivamente nelle principali città, nel corso dei prossimi anni.
Vantaggi e svantaggi
Rispetto alle precedenti tecnologie, permette maggiore velocità di trasmissione, tempi di risposta (latenza) più rapidi e la possibilità di gestire un numero molto superiore di connessioni in contemporanea.
Per quanto riguarda la velocità, potenzialmente il 5G può arrivare fino a 10 Gigabit per secondo. La prospettiva più accreditata ipotizza però una velocità 10 volte più elevata rispetto al 4G. Se quindi, per fare un esempio, consideriamo di passare dai 25 megabit al secondo del 4G ai 250 megabit al secondo del 5G, si potrebbe scaricare un cd audio (700 megabyte) in una ventina di secondi, contro gli attuali 4 minuti.
Le prestazioni saranno superiori soprattutto in termini di latenza, cioè di tempi di risposta al comando dato all’oggetto connesso (ad esempio, se pensiamo alle auto connesse, è il tempo che trascorre tra quando un sensore per la strada che indica lo stop trasmette all’auto il comando di fermarsi e il momento in cui l’auto effettivamente si ferma). Questo tempo di risposta scenderà a 1-10 millisecondi, circa 10 volte meno degli attuali 50-100 millisecondi del 4G (e questo è uno degli aspetti considerati più importanti per i nuovi servizi digitali che si pensa di sviluppare).
Il fatto che gran parte del lavoro, nelle reti 5G, sia fatto dal sistema di antenne e non dall'hardware dello smartphone, potrebbe anche comportare un notevole risparmio energetico, con una maggiore durata delle batterie dei device.
I veri cambiamenti per le persone, però, non saranno solo relativi alla velocità e alle prestazioni dei loro dispositivi, saranno legati soprattutto ai potenziali nuovi servizi possibili.

Il 5G: effetti sulla salute
Nonostante il panico scatenatosi intorno al 5G (si teme sarà causa di varie malattie, ad esempio tumori), al momento non ci sono dati che permettono di escludere o confermare che questa nuova tecnologia abbia effetti dannosi per la salute o meno (non ci sono risposte chiare e definitive neanche sulle tecnologie precedenti, figuriamoci sul 5G che è ancora agli albori). Per poter valutare i potenziali effetti negativi sulla salute del 5G possiamo però rifarci alle prove disponibili sugli effetti delle emissioni legate a 2G e 3G, cercando di ipotizzare cosa possa verificarsi in conseguenza di esposizioni differenti. Ma anche in questo caso, serviranno anni di studi dalla sua diffusione per avere risposte chiare. Quello che sappiamo fino ad ora, però, rassicura più che allarmare: il 5G viaggerà sì su frequenze più elevate rispetto a 2G, 3G e 4G (e questo è uno degli elementi che spaventa), ma la rete di antenne, in realtà, utilizzerà segnali dotati di potenza inferiore (spieghiamo in seguito perché). Inoltre resta fermo il fatto che, anche se a frequenze maggiori, la capacità di penetrazione di queste onde nei tessuti umani rimane sempre molto bassa e limitata agli strati superficiali della pelle, mancando anche l’energia necessaria per causare un danno al Dna. Con una rete di questo genere, per la capillarità delle antenne del 5G, l’intensità dei segnali necessari e le frequenze utilizzate, viene da pensare a un’esposizione limitata e dagli effetti negativi paragonabili o addirittura inferiori a quelli derivanti dall’uso di tecnologie precedenti.

Conclusione: le onde elettromagnetiche sono pericolose?
Sulle onde elettromagnetiche emesse con il 5G, come dicevamo, non ci sono ancora dati che permettono di capire se ha effetti dannosi. Ci sono dati validi, riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale, sull’esposizione alle frequenze di 2G e 3G, dati che non danno ancora risposte definitive e che, comunque, non possono essere trasferite in automatico sul 5G (antenne e frequenze sono molto diverse).
Si tratta, comunque, di analisi da cui emerge un quadro contraddittorio, ma tendenzialmente non preoccupante. Alcuni studi di tipo caso-controllo (basati sul confronto tra malati e sani rispetto al tipo di esposizione che hanno avuto in passato) hanno rilevato un lieve aumento del rischio di tumori cerebrali e del nervo acustico nelle persone con un uso elevato e prolungato del cellulare (non si parla di antenne), mentre altri studi epidemiologici (considerati più chiari nelle conclusioni perché verificano nel tempo l’emergere dei casi), ci dicono che da prima dell’arrivo del cellulare ad oggi non c’è stato un aumento significativo dei tumori ascrivibile all’uso del cellulare. Lo Iarc (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) sulla base di queste analisi, ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza come cancerogeni di gruppo 2B, ovvero come "possibilmente cancerogeni": è il livello più basso di rischio, usato quando ci sono prove limitate. Sulla base di quello che vediamo, quindi, non dobbiamo preoccuparci particolarmente; ma per evitare qualsiasi tipo rischio anche solo potenziale, è sempre meglio adottare alcuni semplici accorgimenti in modo da ridurre l’esposizione di testa e corpo alle emissioni dei cellulari. E bastano davvero pochi centimetri perché il livello di esposizione si riduca drasticamente.

Stefania Villa

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 aprile 2020

 

 

Dopo 123 anni di attività si spengono gli impianti della Ferriera di Servola
All'alba l'ultima colata dell'altoforno, atto finale dello stop all'area a caldo - L'amarezza degli ex operai. «Un delitto chiudere così, la politica ha grosse colpe»
«Quanto durerà la Ferriera? Non è facile dirlo. Personalmente la amo e spero che riesca a non chiudere mai; ma i triestini di oggi hanno una spiccata tendenza al suicidio della loro città». Così scriveva nel 2010 Aldo Raffaello Stura nella prefazione al libro "Omo de fero", sottotitolo: "Sotto la bianca fumata della Ferriera di Servola" (Luglio Editore). Lo stop decisivo, monitorato dall'Arpa, è avvenuto ieri dopo un'agonia di 5 giorni. L'area a caldo è stata spenta definitivamente, all'alba, dopo l'ultima colata dell'altoforno. Ma in realtà la Ferriera ha cessato di vivere il 28 marzo alle ore 13.37 con l'ultima sfornata della cokeria e con gli operai che lanciano nel carbone incandescente i loro caschetti di lavoro.«Una grande tristezza. Un sentimento comune con tutte le persone che anno lavorato in quella fabbrica. Mi ha telefonato l'ex direttore al tempo della Pittini. Sono tutti dispiaciuti di come sono andate le cose», attacca Roberto Decarli, ex consigliere comunale, 32 anni passati alla Ferriera, nato a Servola da madre servolana. «La cosa incredibile, dal punto di vista politico, che a tutt'oggi non abbiano ancora firmato l'accordo di programma. Parlano e basta. É andato male tutto. Questa cosa è capitata anche in un momento triste per tutto il Paese. Con la pandemia in corso la chiusura di una fabbrica storica per Trieste rischia di passare inosservata. Non si è potuto fare niente. Neanche un incontro pubblico». Una storia lunga 123 anni finita in un lampo e già dimenticata. «Mi è piaciuta la proposta dell'ex assessore Umberto Laureni di aprire lo stabilimento alla città come è avvenuto alle Acciaierie di Cornigliano (Genova) nel 2005 - continua Decarli -. Qualche tempo fa, prima che esplodesse il virus, ho incontrato il direttore dello stabilimento Vincenzo Dimastromatteo e gli ho chiesto di fare un giro per l'impianto per vedere se riusciamo a salvare qualche pezzo che può raccontare la storia della fabbrica. Speriamo, che superata questa emergenza si riesca a fare a qualcosa. Non vorrei che venisse tutto rottamato in silenzio. Si rischia di buttare via storia, umanità e lotte di tanti lavoratori. É importante salvaguardare almeno la memoria».Non si tratta solo di archeologica industriale. «Nel caso della Ferriera c'è un intero rione in gioco. Servola era una collina di contadini e pescatori - spiega Decarli -. Con l'avvento della Ferriera si è sviluppato e collegato alla città. Oggi è un rione morto, un cadavere. É tutto chiuso. E non per il coronavirus. É il risultato di vent'anni di lotta del sindaco Dipiazza e della destra triestina contro la Ferriera. Hanno voluto chiudere tutto per un pugno di voti. Una bruttissima pagina della politica triestina. Molti di quelli che si sono opposti alla Ferriera non sono servolani».Un delitto, anche secondo Osvaldo Bianchini, che ha lavorato come impiegato tecnico fino al 1989 dirigendo una squadra della fonderia: «Mio padre fa lavorato dal 1935 fino alla pensione. Io sono entrato dopo il servizio militare in marina. Con la Ferriera ha mantenuto la famiglia. Non era facile il lavoro in fonderia, ma c'era una grande solidarietà tra i lavoratori. Un'umanità vera. Eppoi la fabbrica era tutto. Andavamo con mia mamma a fare la spesa allo spaccio aziendale- racconta Bianchini -. Resta il fatto sono entrato dopo il servizio militare in marina, mi hanno assunto come perito».«Non riesco a digerire questa chiusura. La Ferriera è stata chiusa per raccattare un po' di voti. I primi 100 anni non ci sono mai stati problemi. Hanno montato tutta la città contro la Ferriera - spiega Bianchini -. Il sindaco ci ha paragonato a un "cancro". E pensare che Servola non esisterebbe senza la Ferriera. Sotto l'Austria nessuno si lamentava e c'erano tre altoforni in funzione. C'era anche una canzone che diceva: "Ti col mus, mi col tram / 'demo a Servola doman"». Il rione più attrattivo di Trieste grazie alla Ferriera.«Sono un nostalgico ex altofornista, ho lavorato per ben 27 anni in quel impianto della Ferriera di Servola e da 35 anni sono in pensione - scrive Alessandro Vidoli -. Io, che ho vissuto giorni e notti in quella area dell'impianto, mi sento un po' "mutilato", sono come uno che ha perso un amico. Ho iniziato a lavorare alla Ferriera nel 1957 e allora essere destinato all'altoforno era come lavorare nell'inferno dei vivi».Ma c'è anche chi, pur con il magone, è convinto che il destino dell'area a caldo fosse segnato da tempo. La Ferriera era da un decennio un impianto morente. «Doveva finire così. Il primo a preventivare la chiusura dell'area a caldo è stato Arvedi quando è arrivato. Ma è da decenni che la Ferriera era uno stabilimento di servizio alle altre acciaierie italiane. Negli anni migliori noi facevano le lingottiere per Taranto», spiega Waldy Catalano, ex segretario provinciale della Cgil, che, prima di approdare al sindacato rosso, ha lavorato in cokeria per 12 anni, dal 1970 al 1982. «Certo, resta un po' di magone. É stata la fabbrica di mio nonno e poi di mio padre. E un pezzo della mia vita che si chiude - aggiunge Catalano -. Ero bambino che a casa arriva per l'inverno il carbone della Ferriera. E l'estate c'erano le colonie. E poi quando andavi in banca e nominavi Italsider ti stendevano il tappeto rosso. Così mi sono sposato subito dopo il militare e senza preparativi. La Ferriera, con tutte le sue contraddizioni e il suo impatto ambientale, ha segnato lo sviluppo di questo territorio. A Trieste c'erano due fabbrica forti: l'Aquila e l'Italsider. La Fincantieri veniva un gradino dopo». Per questo anche lui appoggia l'idea di Laureni. «É importante che resti una memoria di quello che ha rappresentato la Ferriera per sviluppo di questo territorio» aggiunge Catalano. All'ex caporeparto Giorgio Damiani, da 25 anni in pensione, «fa male vedere la Ferriera che sparisce». «La nostra generazione è stata più fortunata - ricorda -. Fino alla pensione abbiamo potuto mantenerci, dando sicurezza alle nostre famiglie. Ora siamo arrivati alla fine di un percorso costellato di scelte politiche sbagliate fin dagli anni '80».«Gli albori del Novecento la città veniva illuminata dal gas della Ferriera, il nuovo millennio si annuncia anche all'insegna dell'energia elettrica che sarà prodotta dalla sua centrale. Sono legami sottili quanto fervidi, ai quali piacerebbe sposare un domani denso di speranze. Decisivo sarà "lavorare assieme": perché, com'è stato scritto, le grandi speranze sono la prova dei grandi amori». Così scriveva a fine 1997 Riccardo Illy, sindaco di Trieste, nella prefazione al libro "Ferriera 1897-1997" in occasione della mostra del Comune per il centenario della Ferriera di Servola. Ma anche i grandi amori finiscono. E non resta che consolarsi con la lingottiera "Eva" piazzata sulle Rive alla fine di Corso Cavour all'imbocco del Canale del Ponterosso. «L'impianto fu per 25 anni fra i più grandi e moderni del mondo. Viene dismesso all'inizio degli anni '90, superato da nuove tecnologie. Le maestranze posero a ricordo delle ricorrenti lotte per il proseguimento della tradizione siderurgica cittadina», si legga sulla targa affissa sulla lingottiera prodotta nel 1964 dalla Fonderia della Ferriera di Servola. Quasi un necrologio. La cronaca di una morte o annunciata.

Fabio Dorigo

 

Nove denominazioni in oltre un secolo di vita
L'inizio il 24 novembre 1897 (prima colata) con il nome di Kranische Industrie Gesellschaft, sede a Lubiana. Dagli anni '20 del Novecento Società Alti Forni e Acciaierie della Venezia Giulia, quindi Ilva, Italsider, Nuova Italsider, Terni, Altiforni e Ferriera di Servola, e infine Servola Spa dopo essere entrata nell'orbita del gruppo Lucchini. La fine, ieri, 8 aprile 2020, come Siderurgica Triestina (gruppo Arvedi).

 

L'accordo chiave ancora in alto mare e le incertezze sulla riconversione
Il cuore della Ferriera si è fermato alle prime ore dell'alba. Da adesso a Trieste non si produrrà più ghisa: una svolta storica, che sta avvenendo in sordina a causa dell'emergenza coronavirus e che lascia nell'incertezza quasi seicento famiglie. Tante quante i dipendenti triestini del gruppo Arvedi, che ancora attendono le garanzie del mai firmato Accordo di programma: la Regione aveva annunciato la ripresa degli incontri istituzionali, ma questi sono spariti dai radar sine die. Il ministro Stefano Patuanelli non comunica sul tema da settimane, dopo aver sempre detto che non ci sarebbe stato spegnimento senza intesa fra azienda e soggetti pubblici e privati. L'area a caldo ha cessato la sua funzione, ma la riconversione è ferma e la clessidra comincia a contare il tempo della cassa integrazione che coprirà parte degli stipendi dei lavoratori durante la trasformazione dell'area. Nove settimane di trattamento eccezionale Covid-19, probabilmente raddoppiate con prossimi atti del governo, cui seguiranno 24 mesi di cigs e un possibile allungamento di altri 12, qualora il percorso di bonifica e trasformazione logistica non riuscisse a compiersi. Cosa probabile, visto il rallentamento imposto dall'epidemia, la complessità dell'operazione e la lentezza burocratica italiana.L'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro assicura che oggi, con due giorni di ritardo sul cronoprogramma, «si chiuderà l'era della ghisa a Trieste, con la conclusione dell'operatività dell'altoforno». Le operazioni sono cominciate dalla cokeria e toccano ora l'ultimo e più simbolico ramo della produzione: tutto svolto «con la massima professionalità dal personale della società e di tutti gli enti di controllo», sottolinea Scoccimarro, evidenziando che «al momento non si sono verificati incidenti né danni ambientali: la messa in sicurezza passiva dovrebbe completarsi entro sabato».L'esponente della giunta Fedriga ammette che l'iter della firma dell'Accordo di programma è impantanato e con esso le certezze sul futuro della zona e sulla difesa dei livelli occupazionali. «Abbiamo ricevuto 10 giorni fa l'ennesima bozza e la preallerta di una riunione - spiega - ma presumo che l'emergenza Covid abbia fatto cambiare programmi al Mise». Patuanelli preferisce non commentare, preso dalle urgenze del sistema produttivo nazionale, ma messo in difficoltà dalla mancata definizione della trattativa sul passaggio dei terreni da Arvedi a Piattaforma logistica srl e dell'entità dei finanziamenti messi a disposizione da Mise e Regione. Aspettano i lavoratori e una città che spera di non dover convivere con un rudere d'acciaio e terreni inquinati da mettere in sicurezza.

D.D.A.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 aprile 2020

 

 

Si spegne oggi l'area a caldo a 123 anni dalla prima colata - la dismissione della ferriera
Oggi a Servola finisce una storia iniziata 123 anni fa. Era il 24 novembre 1897 quando la Ferriera produsse la prima di una lunga serie di colate di ghisa. Lo spegnimento definitivo dell'area caldo è previsto per oggi. E potrebbe, come si legge sul sito dell'Arpa, terminare con gli effetti speciali: «Prosegue la marcia dell'altoforno in regime ridotto. Nelle ultime 12 ore circa di funzionamento dell'altoforno potrebbero verificarsi degli effetti visibili o percepibili all'esterno con la possibile apertura delle valvole Bleeder o l'accensione delle torce di emergenza». Il diario dello spegnimento della Ferriera di Servola è riportato appunto sul sito dell'Arpa. Le procedure di fermata dell'altoforno di Servola sono iniziate venerdì scorso. Un procedimento a tappe. Tali passaggi (prefermata dal 3 aprile e a seguire marcia ridotta fino alla fermata definitiva prevista come detto per l'8 aprile) costituiscono la fase terminale della chiusura dell'area a caldo. Il processo si è suddiviso in cinque fasi: il montaggio di alcuni specifici componenti coinvolti direttamente in questa procedura, l'ultimo caricamento dell'altoforno, operante già in regime di marcia ridotta; l'effettuazione dell'ultima colata, la fermata dell'impianto di agglomerazione, lo stop finale della caldaia del generatore di vapore ausiliario. Determinate operazioni erano già state ripetutamente attivate in passato in occasione delle fermate per la manutenzione ordinaria dell'altoforno. La cokeria, invece, non veniva spenta da oltre 20 anni. Lo spegnimento dell'altoforno ha avuto un effetto ritardato sulla partenza della cassa integrazione in deroga con la motivazione del Covid-19 per i 580 lavoratori della Ferriera. La misura, prevista dal decreto Cura Italia a sostegno delle aziende per fare fronte all'emergenza coronavirus, avrà una durata di nove settimane e partirà da domani.

Fa.Do.

 

 

 

 

greenreport.it - MARTEDI', 7 aprile 2020

 

 

L’inquinamento atmosferico incrementa la mortalità di Covid-19: la conferma da Harvard

I risultati in una ricerca guidata dall’italiana Francesca Dominici
«L’aumento di solo 1 μg/m3 di PM2.5 è associato ad un aumento del 15% nel tasso di mortalità da Covid-19»

Anche solo un piccolo aumento nell’esposizione a lungo termine all’inquinamento da PM2.5 porta a un grande aumento del tasso di mortalità da Covid-19, la malattia dovuta al contagio da coronavirus Sars-Cov-2: se lo studio pubblicato ieri da tre ricercatori italiani ha messo in relazione la letalità della malattia con l’esposizione all’inquinamento atmosferico presente nel nord del nostro Paese, stavolta la conferma arriva – ancora una volta grazie a una ricerca a guida italiana – anche per quanto riguarda gli Stati Uniti.
Lo studio Exposure to air pollution and COVID-19 mortality in the United States è stato condotto da un team internazionale in forze all’Università di Harvard e vede come autore senior Francesca Dominici, in qualità di co-direttrice di Harvard Data Science. I ricercatori hanno preso in esame dati raccolti in circa 3mila contee degli Usa coprendo il 98% della popolazione statunitense, dai quali emerge che «l’aumento di solo 1 μg/m3 di PM2.5 è associato ad un aumento del 15% nel tasso di mortalità da Covid-19». Si tratta di un incremento 20 volte più significativo rispetto a quello riscontrato in un precedente studio dagli stessi ricercatori, relativo all’aumento di mortalità per tutte le cause a seguito dell’esposizione a lungo termine di inquinamento da PM2,5.
Le polveri di dimensione inferiore a 2.5 µm – ovvero il PM2.5 – sono una delle principali fonti di inquinamento atmosferico presenti anche in Italia (in immagine i dati più aggiornati forniti dall’Agenzia europea dell’ambiente), dove si registra il secondo più alto numero di morti premature per questa fonte in tutta Europa: 58.600 solo nel 2016. Le principali fonti d’inquinamento da PM2.5, almeno in Italia, sono gli impianti di riscaldamento nel settore civile (commerciale, istituzionale e residenziale), seguiti da fattori come i trasporti e gli allevamenti intensivi.
«Sebbene l’epidemiologia di Covid-19 sia in evoluzione – precisano i ricercatori – abbiamo osservato che esiste una grande sovrapposizione tra le cause di decesso dei pazienti Covid-19 e le malattie che sono legate all’esposizione a lungo termine al particolato fine (PM2.5)», che influisce negativamente sul sistema respiratorio e cardiovascolare. Anche in Italia, del resto, in larga parte dei decessi da Covid-19 sono presenti simili comorbidità.
«I risultati di questo documento suggeriscono che l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico aumenta la vulnerabilità al verificarsi degli esiti più gravi di Covid-19 (come il ricovero in ospedale e la morte in terapia intensiva, ndr). Questi risultati si allineano alla relazione nota tra l’esposizione al PM2.5 e molte delle comorbidità cardiovascolari e respiratorie che aumentano notevolmente il rischio di morte nei pazienti Covid-19. Sono anche coerenti con i risultati secondo cui l’esposizione all’inquinamento atmosferico ha aumentato notevolmente il rischio di morte durante l’epidemia di sindrome respiratoria acuta grave (Sars) nel 2003, causata da un altro tipo di coronavirus. Questo studio – concludono i ricercatori – fornisce un motivo per estese indagini di follow-up man mano che saranno disponibili dati Covid-19 sempre più e di qualità più elevata».

Luca Aterini

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 aprile 2020

 

 

Caldaie o stufe vecchie nelle abitazioni: il 68% delle emissioni di Pm10 viene da lì
Il rinnovo degli impianti di solito si effettua dopo la metà di aprile ma l'emergenza sta creando problemi per il via ai lavori
A Trieste l'incidenza degli impianti di riscaldamento domestico sull'immissione totale di Pm10 nell'aria è, secondo gli ultimi dati Ispra, superiore a quella generata dal trasporto su strada o dall'attività industriale. L'impatto sull'inquinamento di caldaie, stufe, caminetti in città è pari al 68%, quando i mezzi di trasporto su strada incidono per l'8% e l'industria per il 13%. Un dato superiore alla media nazionale che si attesta intorno al 60%, e determinato in larga parte dalla vetustà degli immobili in città. Basti pensare che l'80% delle abitazioni condominiali di Trieste è stato costruito prima del 1970. Oltre metà degli edifici dove vivono le famiglie triestine risulta composta da palazzi energivori, con dispersioni termiche rilevanti, impianti di vecchia concezione, in alcuni casi alimentati ancora a gasolio. Il report di Ispra "Qualità dell'ambiente urbano", che monitora le diverse fonti di emissioni di Pm10, evidenzia come, tra il 2005 e il 2015, a Trieste quella rappresentata dai riscaldamenti sia stata l'unica a crescere, del 59% per l'esattezza. «I benefici fiscali, gli ecobonus, pari oggi al 65% per le spese documentate relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici - spiega Giorgio Golinelli, amministratore delegato di AcegasApsAmga Servizi Energetici (Ase), società che interviene sull'efficienza energetica dei condomini con riscaldamento centralizzato - hanno spinto negli ultimi anni molti condomini a decidere di avviare gli interventi utili a rendere gli immobili dove vivono più performanti dal punto di vista del riscaldamento con, ad esempio, la sostituzione dei gruppi caldaia, il rinnovo degli infissi o la realizzazione di cappotti esterni». Lavori di riqualificazione importanti che si avviano dopo la metà di aprile, quando con lo spegnimento degli impianti di riscaldamento termina la cosiddetta "stagione termica". L'emergenza coronavirus, quest'anno, sta però imponendo agli amministratori stabili anche di Trieste una corsa contro il tempo per riuscire a far deliberare dalle assemblee l'esecuzione dei lavori di riqualificazione energetica degli immobili. Le assemblee, in questo caso, sono sempre straordinarie visto che l'intervento sullo stabile è rilevante e, di conseguenza, prevede un impegno di spesa importante. «Servirebbe - evidenzia Attilio Lombardo, titolare della Gestionistabili - che un decreto del Governo riconosca, almeno per questo periodo di emergenza, la validità delle assemblee effettuate attraverso piattaforme informatiche, altrimenti non sarà possibile approvare l'avvio dei lavori, con un danno importante nei prossimi mesi per l'indotto di molte aziende artigiane». «La riqualificazione termica, a seconda delle condizioni di partenza dell'immobile - spiega Golinelli -, può portare a risparmi rilevanti, nell'ordine anche del 70-75%, che ovviamente si riversano sia in bolletta che nel miglioramento della qualità dell'aria». Per sostenere le consistenti spese, alcune società sono oggi in grado di anticipare ai condomini la totalità del credito fiscale maturato per l'intervento, grazie alla cessione del credito d'imposta. «In questo modo - specifica Golinelli - le famiglie possono beneficiare immediatamente della totalità del vantaggio fiscale che viene detratto dall'investimento iniziale. Sarà, nel nostro caso, poi Ase in 10 anni a riscuotere il credito ceduto dalle famiglie. Il Decreto Salva Italia, previsto per metà aprile, potrebbe portare tale detraibilità dal 65% al 100%». Ora la società del gruppo Hera riserva anche un trattamento personalizzato per la singola famiglia del condominio, che sarà libera di scegliere se cedere o meno il proprio credito d'imposta (65% dell'importo) ad Ase e di rateizzare anche il restate 35%.

Laura Tonero

 

 

Area a caldo della Ferriera: ultima tappa dopo 123 anni
Si chiude domani una della pagine più importanti della storia industriale di Trieste - L'ex assessore Laureni: apriamo l'impianto alle visite come a Genova nel 2005
The End. Fine. Domani, 123 anni dopo, al termine di lunghe battaglie politiche, si spegne definitivamente l'area a caldo della Ferriera di Servola. E l'impianto siderurgico diventa freddo come la "Siberia", il soprannome che si era conquistato a inizio del Novecento per le condizioni di lavoro che offriva. L'operazione di spegnimento, avviata venerdì scorso (3 aprile) con la fermata dell'altoforno dell'impianto di agglomerazione, termina domani. Era il 24 novembre 1897 quando l'impianto siderurgico tecnologicamente avanzato produsse la prima colata di ghisa. Un gioiello nato sotto l'Austria da un progetto avviato nel 1894, quando la Krainische Industrie Gesellschaft (Kig), su suggerimento della ditta Eulambio di Trieste, costruì l'impianto di Servola.Non è solo una fabbrica che chiude, è un pezzo fondamentale della storia di Trieste che si conclude. «Comunque la si guardi, quali che siano la nostra sensibilità e il nostro vissuto, c'è una storia importante dietro i 123 anni dell'area a caldo della Ferriera, di cui si sta avviando la chiusura definitiva. È una storia che andrebbe in qualche modo conservata», racconta l'ingegner Umberto Laureni, assessore comunale all'Ambiente con il sindaco Roberto Cosolini, che conosce a fondo questa incredibile storia industriale. «Semplicemente ripercorrendone alcune tappe, ci si accorge che c'è una grande storia dietro alla Ferriera e ai 123 anni della sua area a caldo - spiega Laureni -. Storia industriale complessa, ma anche umana, dell'evoluzione di un rione (Servola), di diritti pretesi, di fuoco, di malattie, di dignità del lavoro. Oggi che le tensioni si sono stemperate, sarebbe bello riscriverla quella storia. Con un libro a più voci, pieno di immagini, che sopravviva agli impianti».Ma non solo. «Si può forse fare qualcosa d'altro - aggiunge l'ingegnere con la passione della tutela ambientale - . Quando nel 2005 a Genova si chiuse definitivamente l'area a caldo delle Acciaierie di Cornigliano, e si mantenne attivo solo il laminatoio a freddo, la città fu invitata a visitare gli impianti oramai spenti. Se la pandemia e se i tempi del piano di demolizione lo consentiranno, possiamo ipotizzare nel futuro qualcosa di simile per l'area a caldo di Servola, prima che gli impianti vengano smantellati? Possiamo chiedere che si organizzino visite guidate per gruppi, con il supporto di chi ci ha lavorato? E fare in modo che la città, i giovani sopratutto, possano avvicinarsi agli impianti oramai chiusi, quasi toccarli con mano, intuire almeno quella che doveva essere stata la fabbrica del ferro e del fuoco?». Domande che, una volta smaltita l'emergenza Covid-19, dovrebbero trovare una risposta positiva. Si spera. «Per il borgo di contadini e di pescatori di Servola la Ferriera aveva avuto un prevedibile, traumatico impatto ambientale e sociale. Con la fabbrica, vissuta come "colosso in un piccolo villaggio", era iniziato un rapporto complesso e conflittuale», ricorda Laureni.Ma non fu sempre così. «Talvolta il rapporto città-Ferriera fu positivo - ricorda ancora Laureni -. Il tardo pomeriggio del 18 novembre 1994 Trieste aveva manifestato compatta a difesa della Ferriera e contro la sua ventilata chiusura, facendo catena umana da Servola fino a piazza Unità». Una catena umana che vide in prima fila anche il sindaco di allora, l'industriale Riccardo Illy. Altri tempi, altra storia.

Fabio Dorigo

 

Un mega impianto nato sotto l'Austria col nome "Siberia" nel 1897
«La Ferriera di Servola entra in attività il 24 novembre del 1897 con la prima colata», ne racconta la storia Umberto Laureni. «Serviva tanto ferro per supportare lo sviluppo dell'impero austroungarico, per costruire ponti, ferrovie. La fabbrica era poi progressivamente cresciuta, col suo gas si illuminava la città. Nel 1913 il ciclo siderurgico integrale comprendeva due cokerie, tre altiforni, un forno Martin per l'affinazione, il laminatoio e un corposo impianto per il recupero degli allora preziosissimi sottoprodotti della distillazione del carbone. Nei primi anni del Novecento, per le carenti condizioni di lavoro e per le insalubri condizioni igieniche dei reparti, la Ferriera era stata soprannominata "Siberia". Anche dopo la guerra e fino agli anni Quaranta chi ci lavorava descriveva l'ambiente di lavoro come un inferno».

 

 

Lezioni di ambiente e sostenibilità: pure Acegas si attrezza a distanza
Accessibili online i percorsi didattici che la multiutility ha destinato quest'anno a 500 classi dalle scuole dell'infanzia fino alle superiori
Le scuole sono ormai chiuse da oltre un mese, i ragazzi sono costretti a casa, lontano da compagni e insegnanti, seguono le lezioni a distanza senza sapere quando e se l'anno scolastico riprenderà. AcegasApsAmga, per quanto le compete, ha pensato bene di non abbandonare né gli studenti né i loro insegnanti. I progetti didattici digitali del Gruppo Hera, che erano già in campo, non si fermeranno: "La grande macchina del mondo" e "Un pozzo di scienza", le due iniziative all'insegna dell'educazione ambientale e della divulgazione scientifica, continuano così a essere a disposizione delle scuole. L'emergenza sanitaria ha imposto in effetti una trasformazione delle attività da svolgere in aula in progetti che ora si possono seguire online. Tutti i materiali sono stati resi accessibili da AcegasApsAmga alle oltre 500 classi che vi hanno aderito sul territorio. In linea con le direttive del ministero dell'Istruzione sono previste dunque "aule virtuali", con l'affiancamento di esperti alle attività in rete come modalità per soddisfare le necessità degli istituti scolastici. "La grande macchina del mondo" comprende ben 12 percorsi per le scuole dell'infanzia, le primarie e le medie. I temi toccati sono l'energia, l'acqua e l'ambiente: gli insegnanti si possono avvalere di videolezioni, racconti animati, laboratori, tutorial e anche App con "sfide" interattive su vari argomenti. Si può scegliere la modalità in presenza col docente o quella in piena autonomia: lo studente può anche interagire con i suoi tempi dalla sua postazione. Chi non riesce a collegarsi online può comunque richiedere un kit di contenuti didattici digitali a scelta. Le superiori possono invece sfruttare al meglio il progetto "Un pozzo di scienza". Materiali di approfondimento e di supporto alle attività sono disponibili all'indirizzo www. gruppohera.it/scuole/area_insegnanti/aule_virtuali: vi sono presenti laboratori pratici ("hands-on") e incontri di tipo scientifico ( "science stories") a proposito del concetto di resilienza. Gli studenti avranno di fronte a loro una ricca offerta e anche i docenti potranno ampliare la didattica a distanza, una modalità imprescindibile in un periodo così difficile.

Lorenzo Mansutti

 

Il bollino verde Fvg a Duino Aurisina - E in Comune arriva un esperto gratis
L'ente carsico premiato per le sue politiche ambientali - Un tecnico ad hoc contribuirà ora ai progetti ecosostenibili
DUINO AURISINA. Un importante traguardo, sulla strada della tutela ambientale, è stato tagliato in questi giorni dal Comune di Duino Aurisina. L'amministrazione municipale guidata dal sindaco Daniela Pallotta è risultata infatti vincitrice, alla pari con quella di Trieste capoluogo, del bando regionale destinato alla predisposizione del Piano d'azione per l'energia sostenibile (Paes), al quale hanno partecipato una trentina di comuni del Friuli Venezia Giulia. Il Comune di Duino Aurisina sarà dunque beneficiario di una serie di interventi tecnici finalizzati all'elaborazione del Paesc, il Piano di azione per l'energia sostenibile e l'adattamento climatico. Nella preparazione dei progetti, l'amministrazione sarà affiancata dall'Area Science park. Sul piano concreto, il Comune non riceverà contributi in danaro, ma avrà gratuitamente a disposizione un tecnico del settore, per il periodo di un anno. Da definire sarà la frequenza delle sue presenze negli uffici preposti alla definizione del Piano, ma si partirà da un minimo di un giorno a settimana a crescere. «È con estrema soddisfazione - ha annunciato ieri Pallotta - che rendo pubblico l'arrivo della comunicazione della Regione e, in particolare, della Direzione centrale Ambiente, in base alla quale risulta che il nostro Comune, unitamente a quello di Trieste, è il vincitore. L'adesione al "Patto dei sindaci", elemento propedeutico alla partecipazione al bando e strumento operativo del Paesc stesso, ha consentito alla nostra amministrazione di puntare ancora un volta nella direzione della realizzazione di quelle azioni sostenibili, e concrete, utili a contrastare il cambiamento climatico e abbassare le emissioni di gas serra in atmosfera». «Fin dal nostro insediamento - ha ricordato a sua volta l'assessore all'Ambiente Massimo Romita - abbiamo sempre guardato all'ambiente come a una priorità, avendo ben presente come sia fondamentale mobilitare la società, nelle rispettive aree geografiche, per sviluppare, insieme, un Piano di azione per l'energia sostenibile e l'adattamento climatico. Questo percorso non è iniziato ora o lo scorso anno - ha proseguito Romita - ma ben prima, con l'adesione a numerose iniziative legate appunto alla valorizzazione dell'ambiente nel quale viviamo, ad alcune di turismo lento, ad altre di consapevolezza dell'importanza e del valore derivanti dal fatto di abitare in un ambiente protetto. Basta citare la nostra partecipazione a "Cammino di pace", "Wbr" e "Biosfera", le decisioni in merito alla fruizione della Riserva delle Falesie, la collaborazione con il Wwf, i percorsi in bici, i bus navetta per la Baia, le giornate legate alla salvaguardia dell'ambiente con il coordinamento delle varie iniziative di pulizia del mare presentate all'inizio dell'anno». La presidente della Commissione Ambiente Chiara Puntar (Forza Duino Aurisina) ha spiegato a questo proposito che «nelle riunioni della commissione dedicate a questo tema si è sempre cercato di coordinare le azioni della nostra amministrazione, volte proprio all'ottenimento di risultati concreti a favore dell'ambiente e del territorio. Tra le azioni in questione c'è stata ad esempio l'adesione al progetto con il Comune di Monfalcone finalizzato alla creazione di sistemi di filtraggio ecologico dell'aria nelle nostre scuole. Adesso - ha aggiunto Puntar - inizieremo un percorso che punti a un'ancora maggiore attenzione all'ambiente e che guardi alla riduzione delle emissioni di Co2 in atmosfera. Aderendo al "Patto dei sindaci" - ha concluso la presidente della Commissione Ambiente - ci siamo impegnati a ridurre, entro il 2030, il 40% delle emissioni di gas serra e ad adottare in quest'ottica un approccio condiviso e partecipato».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 6 aprile 2020

 

 

Strade e terreni senza barriere - E l'allarme cinghiali si aggrava - le preoccupazioni della Coldiretti
«Ci sono 20 mila cinghiali in Friuli Venezia Giulia liberi di circolare nelle campagne e nelle aree urbane: danneggiano le colture e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini. L'emergenza si è ulteriormente aggravata nelle settimane del coronavirus a causa dell'interruzione dei servizi di controllo della fauna selvatica». L'allarme è della Coldiretti Friuli Venezia Giulia, che, con il suo presidente Michele Pavan lancia anche un appello alle istituzioni, a partire dai prefetti, invitandoli a dare disposizioni per un'operazione di contenimento di animali che stanno devastando i campi proprio nella fase della semina. «La richiesta alle autorità - spiega Pavan - è di consentire alla Regione di avviare un'attività di controllo che consenta alle aziende agricole di assicurare adeguate forniture alimentari in un periodo in cui i raccolti sono ancora più preziosi del solito. Altrimenti, saremo costretti ad aggiungere danno a danno, in una situazione drammatica causa Covid-19».Quella dei cinghiali è una calamità. E Trieste è in testa alla problematica. Un paio di settimana fa c'è stato il grido di allarme del frutticoltore Vicenzo Ferluga, 68 anni, che da mezzo secolo lavora un appezzamento di terra, situato sopra Roiano, nella zona di Pisc'anzi, dotato di circa 600 piante da frutta, che danno soprattutto susine e amoli. «Quello che sta accadendo non l'avevo mai visto prima. Oramai - spiegava Ferluga - sono all'ordine del giorno gli attacchi alle mie piante da parte dei cinghiali, che si avvicinano alla città sempre di più, anche perché si moltiplicano a dismisura. Mediamente mi rovinano dai 30 ai 40 alberi all'anno, cioè più del 5% del totale, con una diretta conseguenza sulla capacità produttiva che, nei tempi migliori, arrivava a qualche decina di quintali di frutta all'anno». E poi la "beffa" della Regione che, come risarcimento, propone «cifre irrisorie e fuori mercato».

Fa.Do.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 5 aprile 2020

 

 

I treni cargo si riprendono la Transalpina

Riattivato ufficialmente il servizio ferroviario lungo la storica linea asburgica che collega Opicina con Campo Marzio
Dopo i primi test avvenuti nelle settimane scorse, è diventato operativo a tutti gli effetti il servizio ferroviario lungo la storica linea asburgica Transalpina: la tratta di collegamento da Villa Opicina a Trieste Campo Marzio e viceversa, che conta un percorso di 14 km, con inoltro dei treni via Rozzol, e una pendenza massima del 25 per mille. Il compito di svolgere il servizio di trazione dei treni merci sulla tratta è stato affidato ad Adriafer. La controllata al 100% dell'Authority giuliana ha infatti ottenuto da Rfi l'autorizzazione al trasporto di convogli cargo, per container da 40 piedi High Cube (HC) lungo il percorso, con l'ammissione in servizio di due locomotori: Siemens E191 elettrico e Vossloh D 100 diesel. Già due i servizi effettuati nelle ultime settimane: venerdì è transitato un treno composto da 20 carri e un carico di 48 container diretto al molo VII, proveniente da Dunajska Streda, in Slovacchia.«Al via un altro importante progetto di ripristino di linee, - ha voluto rimarcare il presidente dell'Autorità di Sistema Portuale, Zeno D'Agostino - che la storia ferroviaria di Trieste ci aveva lasciato e che Rfi ha attuato, per consentire l'esercizio di treni cargo di collegamento del sistema logistico del porto di Trieste, in particolare con l'Interporto a Fernetti». La tratta di Transalpina ripristinata, pur in presenza di qualche limitazione di esercizio, sarà anche un alternativa all'inoltro dei treni merci per Trieste, che oggi privilegiano la linea costiera. Si costituisce così un importante collegamento diretto tra Opicina e la stazione di Campo Marzio, che evita di impegnare la Trieste-Venezia fino a Bivio d'Aurisina. Dal presidente D'Agostino è arrivato infine un ringraziamento alle direzioni di RFI di Trieste e al team di Adriafer, che nonostante l'emergenza del Covid-19, è riuscito ad effettuare i primi treni prova lungo il tratto italiano della vecchia ferrovia asburgica, a cui ne seguiranno altri nelle prossime settimane, compatibilmente con l'evolversi della situazione in corso.

 

 

Sospensione servizio Bike Sharing

Il Comune di Trieste informa che, considerate le misure attualmente in atto per il contenimento e il contrasto all'epidemia da Covid-19 "coronavirus", è stata disposta la sospensione della gestione e manutenzione del servizio di Bike Sharing in città. Le biciclette saranno messe a ricovero e quando sarà opportuno il servizio verrà ripristinato.

 

 

Cosolini apre a Dipiazza e bacchetta le banche - l'intervento su fb dell'ex sindaco
Banche, turismo, misure di contrasto all'emergenza e... mascherine. Sono i temi attorno ai quali è ruotato l'intervento di ieri mattina dell'ex sindaco e attuale consigliere regionale dem Roberto Cosolini, in diretta attraverso la sua pagina ufficiale su Fb. Invitato a dire la sua anche Alexandros Delithanassis: «Possiamo tranquillamente abortire l'idea del Parco del mare - ha confermato il titolare del Caffè San Marco - per venire incontro a tutti quegli attori che stanno ampiamente soffrendo, in primis agli albergatori, categoria che per prima ha lanciato l'idea di una Trieste turistica. Penso anche che la tassa di soggiorno debba essere destinata a tutti coloro che si troveranno in sofferenza nei prossimi mesi».Dopo aver posto l'attenzione sul ruolo del sistema bancario, che per Cosolini «non sta funzionando come dovrebbe», il consigliere dem, sulla questione dei bonus da destinare alla popolazione, ha voluto spezzare una lancia a favore del sindaco Roberto Dipiazza, «che ha visto nell'intervento governativo una base a cui aggiungere altro come è poi avvenuto con il contributo di Allianz. Differente lo stile del sindaco di Monfalcone, Anna Cisint, che poteva magari chiedere a Fincantieri quello che Allianz ha fatto per Trieste». Infine, sull'obbligo di indossare mascherine e guanti per chi entra nei supermercati e nei negozi alimentari, Cosolini è d'accordo «ma solo se ne viene garantita la disponibilità ai cittadini. Non ne discuto l'utilità ma si deve dare la possibilità concreta di applicazione».

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 4 aprile 2020

 

 

A Servola - Avviata la fermata dell'altoforno in Ferriera

Al via ieri le procedure di fermata dell'altoforno della Ferriera di Servola. Si tratta di passaggi, specifica l'Arpa Fvg in una nota, che costituiscono la fase terminale dello stop all'area a caldo che verrà definitivamente chiusa l'8 aprile. La procedura prevede anche l'installazione di tutti i dispositivi di protezione necessari.

 

 

Sostenibilità verde - Oltre 200 mila euro al Porto di Trieste

L'Autorità portuale giuliana guida il programma europeo Interreg Italia-Slovenia in partnership con Luka Koper Venezia e la Regione Fvg

È stato di recente avviato Clean berth ("Cooperazione istituzionale transfrontaliera per la sostenibilità ambientale ed efficienza energetica dei porti"). Si tratta di un progetto co-finanziato dal Programma Interreg Italia-Slovenia, con un budget di 880 mila euro, di cui 219.400 a favore del Porto di Trieste, e una durata di 24 mesi. Clean berth sarà guidato dall'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, e avrà come partner la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, l'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale, l'Università del Litorale e Luka Koper.Obiettivo primario sarà quello di migliorare la performance ambientale di tutti i porti dell'area di programma (Trieste, Monfalcone, Porto Nogaro, Venezia, Chioggia e Capodistria).Sulla base dell'analisi della situazione attuale e utilizzando come benchmark le migliori pratiche europee e internazionali nel settore, i partner di progetto elaboreranno dei piani d'azione per il rafforzamento della sostenibilità ambientale ed efficienza energetica dei porti di propria competenza. Ai piani faranno seguito delle concrete azioni pilota, quali la realizzazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici, l'installazione di sensori multispettro su droni e radar per individuare la presenza di idrocarburi e inquinanti in mare, la sostituzione di impianti di illuminazione portuale con sistemi a led e l'acquisto di centraline per il monitoraggio dell'inquinamento acustico. L'inquinamento connesso ai trasporti marittimi solo negli ultimi decenni sta venendo a galla, connesso alla gestione via terra dei porti. basta pensare che 11 milioni di tonnellate di CO2 nel 2018, pari al 25% dell'inquinamento dell'intero Mediterraneo solo solo le emissioni della compagnia di trasporti Msc.

 

 

«Sistema rumoroso ma pale ecologiche»
Dal proprietario delle torri anti-brina le scuse a Mariano: «Ci spiace aver creato disagi in queste ultime notti»
Mariano. Contro il gelo primaverile sono entrate per la prima volta in funzione a Mariano le torri di ventilazione dell'azienda vitivinicola "Vie di Romans". Una soluzione fondamentale per salvaguardare i germogli della vite messi a serio rischio dalle eccessive basse temperature di questi giorni, ma il cui utilizzo ha anche creato nella cittadinanza sconcerto e grossi punti interrogativi per l'impatto rumoroso. «Ci dispiace molto -spiega Gianfranco Gallo, titolare dell'azienda - di aver creato disagio durante queste ultime nottate a diverse persone della comunità di Mariano e di Romans a causa dell'utilizzo di un nuovo sistema per scongiurare i danni da gelata ai germogli della vite. In questo momento così difficile per l'emergenza sanitaria, non era nostra intenzione creare un simile stato di inquietudine alle persone già provate per una forte limitazione delle proprie abitudini». Le torri di ventilazione sono state acquistate e posizionate nel 2018 e a tre anni dall'installazione è stata la prima volta che si è resa necessaria la loro utilizzazione per mitigare le temperature. «Storicamente le gelate tardive - evidenzia Gallo - si manifestano una volta ogni dieci anni, ma nell'ultimo decennio, forse a causa dei cambiamenti climatici, la loro frequenza è salita ad una ogni tre anni. È così che noi come azienda abbiamo preso in considerazione di investire seriamente in un sistema di difesa meno inquinante e quindi più sostenibile rispetto a quelli più tradizionali, che prevedevano la combustione di idrocarburi con tutte le implicazioni ambientali connesse. Le torri di ventilazione sono macchine che vengono prodotte da più di 40 anni e sono diffuse in diversi paesi del mondo e a tutt'oggi risultano essere il metodo più incisivo e rispettoso per l'ambiente, unico neo è l'elevato costo che ne giustifica la limitata diffusione nel nostro paese. La loro installazione è avvenuta nel totale rispetto delle norme urbanistiche, anti-incendio e strutturali e abbiamo ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie prima di procedere alla realizzazione dell'investimento». Le 14 torri di ventilazione disseminate in diversi punti del territorio funzionano grazie a un motore a gpl. «Noi per primi avremmo preferito -specifica Gallo- che l'impatto acustico di questa pratica agronomica fosse di minor rilevanza. Dobbiamo dire che anche questo aspetto è stato preso seriamente in esame, incaricando un tecnico abilitato per eseguire delle misurazioni fonometriche a diversa distanza dalle macchine. I risultati hanno confermato il rispetto degli standard previsti. Certo è che oggi, il vuoto acustico derivante dal fermo di tutte le attività, rende ancora più evidente ciò che in un altro momento storico forse apparirebbe di minor impatto. Avremmo voluto informare la cittadinanza coinvolta prima di questo evento, in modo da non suscitare tutti quegli interrogativi che hanno animato tante discussioni, quindi cogliamo l'opportunità di farlo ora. Mi auguro che queste gelate tardive non siano molto frequenti e se dovessero capitare sarà nostra cura e responsabilità limitare al massimo i nostri interventi per non ledere quella tranquillità ambientale a cui tutti noi aspiriamo».

Marco Silvestri

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 aprile 2020

 

 

«Si ricostruisca l'Acquamarina con i soldi del Parco del mare»

Comitati e associazioni reclamano il reimpiego delle risorse destinate all'opera per ripristinare la piscina terapeutica ma anche per sostenere le imprese in crisi

«Si utilizzino le risorse finanziarie destinate al Parco del mare per le imprese in difficoltà e per la ristrutturazione della piscina terapeutica (l'Acquamarina, ndr)». La riconversione del progetto che da 16 anni si aggira per Trieste arriva nel mezzo dell'emergenza sanitaria per coronavirus da un gruppo di realtà associative: Comitato La Lanterna, CamminaTrieste, Triestebella, Legambiente, Wwf e Un'altra città. «Termina in questi giorni l'iter avviato dalla Soprintendenza per la modifica del vincolo apposto sull'area del Molo Fratelli Bandiera nel 1961», spiega infatti il portavoce delle associazioni, l'architetto William Starc: «Nel novembre scorso, dopo la conferenza pubblica al Circolo della stampa, ci eravamo impegnati a evidenziare in un successivo incontro le azioni che si sarebbero intraprese per concorrere alla salvaguardia dell'area circostante la vecchia Lanterna, per non compromettere ulteriormente il sito e renderla fruibile con l'eliminazione dei corpi di fabbrica inutilizzati, precari e abusivi». Purtroppo l'attuale blocco delle manifestazioni non consente di indire un incontro pubblico. Così le associazioni hanno scelto la stampa per rendere note le loro intenzioni sul Parco del mare. «Dopo aver avuto un incontro con il soprintendente, abbiamo inviato agli uffici competenti un documento per esporre dettagliatamente l'opposizione a quanto è previsto dal provvedimento di modifica del vincolo», aggiunge Starc: «Si conviene che è necessario ridare dignità a un'area sulla quale le autorità preposte, nonostante il vincolo vigente dal 1961, non sembra abbiano esercitato i compiti di vigilanza e repressione degli abusi commessi nel corso degli anni. Questo obiettivo non deve essere perseguito attraverso la possibilità di nuova edificazione al posto di quella vecchia usando la cubatura degli immobili abusivi».Alle associazioni non piace dunque la ridefinizione del vincolo. «Nel nuovo dispositivo di vincolo vi sono notevoli margini di discrezionalità che non tutelano sufficientemente la visibilità della Lanterna e la restituzione delle aree adiacenti a una fruizione pubblica», sostengono: «Alle nostre osservazioni la Soprintendenza ha risposto con una nota riconfermando i contenuti del suo provvedimento». E quindi? «Si procederà con un'azione in sede ministeriale per sensibilizzare la sede centrale su quanto sta avvenendo e si sensibilizzeranno le forze politiche per evitare un danno irreparabile a una zona che è stata colpevolmente lasciata nel degrado e che deve tornare a essere un "bene comune"», spiega ancora l'architetto Starc.Nel frattempo viene rivolto «un accorato appello all'opinione pubblica e alle istituzioni competenti per un ripensamento sull'iniziativa relativa al Parco del mare, promossa dalla Camera di Commercio, affinché le risorse di cui essa dispone, frutto dei versamenti degli iscritti e di tutti i cittadini che accedono alla benzina agevolata, siano utilizzate a sostegno delle categorie economiche in estrema difficoltà in questo momento e nell'immediato futuro, una volta cessata la pandemia, e per un intervento, al più presto possibile, di ripristino della piscina terapeutica». I sospetti non mancano: «La demolizione e la ricostruzione in Porto vecchio della piscina terapeutica - conclude Starc - potrebbe essere propedeutica alla realizzazione di parcheggi a supporto del cosiddetto Parco del mare». 

Fabio Dorigo

 

Progetto blindato da un patto di ferro tra le istituzioni - il vertice di gennaio

Il Parco del mare "s'ha da fare". Il progetto del presidente camerale Antonio Paoletti resiste a tutte le intemperie da più di 15 anni. Il 17 gennaio scorso si è tenuta una riunione nella sede della Camera di Commercio durante la quale le istituzioni (Cccia stessa, Comune e Regione) hanno ribadito la validità e l'attualità del progetto da realizzare nell'area della Lanterna. «Andiamo avanti», così nell'occasione il sindaco Roberto Dipiazza. «Siamo concordi e stiamo lavorando per arrivare questo obiettivo», l'eco del governatore Massimiliano Fedriga. «Lavoro sottotraccia, senza grandi annunci, ma non mollo», la promessa di Paoletti.

(fa.do.)

 

 

LO DICO AL PICCOLO - A Roiano, nell'area ex Polizia c'e' posto per posti-auto e verde

Sul Piccolo nei giorni scorsi ho visto il nuovo progetto per la sistemazione dell'area già occupata dalla Polizia di Stato a Roiano.Quello precedente veniva criticato perché non risolveva il problema dei parcheggi del rione. Neppure l'attuale lo risolve. Non entro nella valutazione estetica del lavoro. Più di settanta anni fa l'ingegner Jurcotta, nostro professore di Costruzioni, ci raccomandava di fare sempre progetti funzionali all'uso cui sono destinati. L'estetica è importante, ma molto di più lo è la funzionalità. I progettisti rispettano i desideri del committente. Se viene richiesto un bosco urbano (entro meno di cento metri ci sono campagne e alberi a volontà), loro lo fanno. Se è richiesto un asilo nido (ma è il posto più indicato?) loro lo progettano. Ma l'asilo nido può occupare meno di un terzo della superficie e, negli oltre 5.000 mq residui, anche senza scomodare il Neufert, ci stanno molte macchine, molti alberi e anche una zona verde, ma certo non un bosco. L'area in questione è prossima a due torrenti sotterranei: è opportuno fare un posteggio "seminterrato"? Si sono persi due anni per fare il nuovo progetto. Si faccia ancora uno sforzo per assicurare un numero adeguato di posti-auto, risolvendo almeno parzialmente il problema dei posteggi, oggi così sentito a Roiano.

Ottone Cassano

 

 

Ferriera, da oggi lo stop dell'altoforno

Nei prossimi giorni, nelle ultime fasi della procedura, potrebbero essere visibili le torce d'emergenza accese

«Domani (oggi, ndr) partiranno le procedure di fermata dell'altoforno dell'impianto di agglomerazione e del generatore del vapore ausiliario (Gva) della Ferriera. Tali passaggi costituiscono la fase terminale della fermata complessiva dell'area a caldo». L'annuncio, di portata indubbiamente storica considerato l'impatto che per oltre un secolo ha avuto l'impianto "a caldo" sulla vita di Servola e della città, è stato dato nella giornata di ieri dall'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro.Lo stesso Scoccimarro, nella nota diramata dalla Regione, ha puntualizzato nell'occasione i passaggi del processo di dismissione avviato lo scorso 27 marzo con l'ultimo carico della cokeria. «Se da un lato la cokeria non veniva spenta da oltre 20 anni, dall'altro l'altoforno si tratta di procedure già ripetutamente attivate in passato in occasione delle fermate per manutenzioni ordinarie e straordinarie», ha spiegato l'esponente della giunta Fedriga: «A causa però della delicatezza e della complessità delle procedure necessarie alla fermata in regime di sicurezza, Arpa Fvg ci informa che non è possibile definire in anticipo e con precisione la cadenza temporale delle varie fasi». L'assessore regionale, nel ribadire «l'ottimo operato dell'Agenzia regionale per la protezione dell'Ambiente, che continua il suo lavoro assieme agli altri organi preposti alla supervisione e al controllo delle operazioni di spegnimento», ha reso noto inoltre che «per contenere al massimo gli effetti ambientali e per operare in sicurezza, Acciaieria Arvedi ha predisposto un piano di intervento ad hoc con l'installazione di dotazioni ausiliarie di sicurezza». La stessa Acciaieria Arvedi, si precisa un'ulteriore nota Arpa, ha fatto sapere che «nei giorni scorsi sono state effettuate attività di manutenzione straordinaria al fine di garantire, anche nella fase finale prima della chiusura, gli stessi standard ambientali della marcia normale. Questo ha comportato la necessitò di allungare i tempi di produzione delle ghise fluide, la cui data per lo stop definitivo è fissata all'8 aprile». Rimane tuttavia invariata la data dell'11 aprile come termine ultimo delle operazioni di spegnimento dell'altoforno e degli altri componenti. Scoccimarro avverte infine la popolazione che «nelle ultime 12 ore circa di funzionamento dell'altoforno potrebbero verificarsi degli effetti visibili o percepibili all'esterno con la possibile apertura delle valvole "bleeder" o l'accensione delle torce di emergenza».Arpa Fvg sta seguendo appunto tutte le fasi del processo «per assicurare un costante presidio ambientale durante le operazioni di spegnimento dell'area a caldo» e sta mettendo a disposizione online, sul proprio sito, le informazioni, i dati, le immagini e i filmati per documentare l'iter.

 

 

Due basi per il bike sharing nell'area del Porto vecchio

Ciclostazioni all'altezza della rotonda di viale Miramare e vicino al polo museale con dieci stalli ciascuna. Il totale di punti di scambio in città salirà a quota dodici

Da dieci a dodici. "Bits" (bike sharing Trieste) si allarga al Porto vecchio. Mentre il coronavirus ferma il bike sharing (è di ieri la comunicazione della sospensione del servizio), l'amministrazione comunale avvia la procedura per la realizzazione di due nuove ciclostazioni. Si tratta dei due punti di scambio delle biciclette condivise promessi già all'inaugurazione del 3 febbraio scorso, da aprire alla rotonda di viale Miramare che rappresenta l'ingresso al Porto vecchio e davanti ai Magazzini 27 e 28 dove sta nascendo il nuovo centro congressi e nei pressi del Polo espositivo museale (Sottostazione elettrica, Centrale idrodinamica e Magazzino 26). L'intenzione dell'amministrazione era di avere le due nuove ciclostazioni pronte per Esof2020 in programma a luglio e ora slittato a settembre a causa dell'emergenza Covid-19. «Le due ulteriori ciclostazioni - si legge nella determina - serviranno allo scopo di promuovere un modello di trasporto più sostenibile e salutare, nonché migliorare l'accessibilità all'area del Porto vecchio». Le due stazioni, che si aggiungeranno a quelle già esistenti in zona Park Bovedo (viale Miramare) e Barcola (piazzale XI Settembre), costeranno al Municipio 71.992 euro incluse la manutenzione e la gestione fino al 2 febbraio 2021. La realizzazione è stata, mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di gara, affidata alla ditta Bicincittà srl di Torino che ha fornito, e attualmente gestisce "Bits", il servizio di bike sharing di Trieste. Non c'era quindi possibilità di scelta. «Considerate le caratteristiche tecniche e tipologiche dei beni e servizi forniti da Bicincittà, che è la sola detentrice della relativa piattaforma informatica su cui poggia la gestione del servizio - spiega l'amministrazione comunale -, un cambio di fornitore obbligherebbe l'amministrazione ad acquistare forniture con caratteristiche tecniche differenti, il cui impiego e la cui manutenzione e gestione comporterebbero incompatibilità con il servizio di bike sharing attualmente in uso».Entrambe le ciclostazioni del Porto vecchio avranno a disposizione 10 ciclostalli, sia tradizionali che elettrici (pedalata assistita). Bicincittà avrà anche in carico il servizio di contact center fino al 2 febbraio 2021. Il nuovo appalto prevede, infatti, l'estensione dell'attuale servizio di contact center per ulteriori 9 mesi (dopo i 3 mesi compresi nell'appalto iniziale), e quindi fino appunto al 2 febbraio 2021, per le 10 ciclostazioni esistenti. L'inizio per il bike sharing in città, prima dell'interruzione del servizio a causa del coronavirus, è stato promettente: quasi 4 mila abbonati.

Fabio Dorigo

 

Prenotati 37 mila euro di pezzi di ricambio per le 148 biciclette - Il costo della manutenzione

Bits, il sistema di bike sharing pubblico di Trieste gestito dalla società Bicincittà di Torino, non è indolore per le casse comunali. Il servizio è costato 390 mila euro (fondi messi a disposizione da Regione Friuli Venezia Giulia e Comune di Trieste) per 10 ciclostazioni funzionanti con 148 biciclette di cui 36 a pedalata assistita (18 offerte dall'Autorità portuale). A questa cifra vanno aggiunti i 72 mila euro per l'imminente realizzazione delle due ciclostazioni di Porto vecchio. E ora, a servizio sospeso a causa dell'emergenza coronavirus, si scopre che servono 37 mila euro di pezzi di ricambio per biciclette come recitano due distinte determine comunali. È il risultato del successo del servizio (4 mila abbonati il primo mese) e dell'usura dei mezzi. «Considerato che il servizio avviato nel mese di febbraio ha da subito riscosso un grande successo e in conseguenza all'elevato utilizzo del sistema (biciclette e ciclostazioni), è necessario provvedere all'acquisizione urgente di materiale di ricambio per garantire la regolare continuazione dell'attività di bike sharing», si legge nelle motivazioni. In un caso, per la cifra di 11.102 euro, ci si rivolge direttamente a Bicincittà. «Alcuni pezzi - si fa sapere - presentano caratteristiche tecniche tali da rendere impossibile il ricorso ad altro fornitore per incompatibilità e non omogeneità con i pezzi originariamente acquistati». Per altri 25.986 ci si rivolge invece al libero mercato trattandosi di forniture standard. Va anche detto che l'offerta iniziale di Bicincittà, che prevedeva un anno di servizio gratuito di gestione del sistema di bike sharing, era stata ridotta da 70 mila a 40 mila euro.

Fa.Do.

 

Effetto covid-19 - Servizio sospeso da ieri fino a data da destinarsi

«In allineamento alle misure nazionali di contrasto e di contenimento del contagio da Covid-19, il Comune di Trieste ha deciso di sospendere temporaneamente il servizio di bike sharing fino a nuova comunicazione». È il messaggio inviato ieri agli utenti dallo staff di Bicincittà. In realtà il servizio era inutilizzato da settimane nel rispetto delle norme restrittive legate agli spostamenti.

 

 

 

 

Messaggero Veneto - GIOVEDI', 2 aprile 2020

 

 

Raccolta e gestione dei rifiuti in deroga

Il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha firmato un'ordinanza per la gestione dei rifiuti sul territorio regionale, in considerazione delle mutate esigenze di raccolta e smaltimento determinate dall'emergenza Covid-19. I gestori dei rifiuti possono valutare di aumentare la frequenza di raccolta dei rifiuti indifferenziati e devono fornire alle utenze attrezzature adatte a evitare la diffusione del contagio quali contenitori, bidoncini, mastelli o sacchi telati, o attrezzature maggiormente capienti. Gli impianti di trattamento rifiuti sul territorio regionale dovranno destinare la propria capacità di trattamento prioritariamente al recupero e allo smaltimento dei rifiuti prodotti in regione, con particolare riguardo a quelli provenienti dalla raccolta e dal trattamento dei rifiuti urbani. L'ordinanza prevede inoltre la possibilità per i gestori di ottenere, in deroga alle disposizioni vigenti, l'incremento della capacità di stoccaggio fino a un massimo del 40 per cento della capacità annua ed istantanea degli impianti autorizzati alla messa in riserva o per il deposito preliminare. La deroga è concessa nel rispetto di alcune prescrizioni in materia di prevenzione incendi e di elaborazione dei Piani di emergenza, nel rispetto delle norme tecniche di stoccaggio, anche in relazione alle caratteristiche chimico fisiche dei rifiuti stoccati; dovranno inoltre essere previsti sistemi di copertura, anche mobili, per limitare le infiltrazioni di acque meteoriche e l'emissione di odori, nonché idonei sistemi di confinamento e contenimento per separare i quantitativi di rifiuti stoccati rispetto al quantitativo ordinario. Potrà inoltre essere concessa l'ottimizzazione della gestione degli spazi dedicati agli stoccaggi dei rifiuti e dei materiali in ingresso e in uscita dagli impianti, utilizzando gli spazi in funzione delle necessità di deposito, indipendentemente da quanto previsto dall'autorizzazione, eventualmente utilizzando anche aree non coperte. La deroga potrà riguardare anche l'incremento delle capacità fino al massimo del 20 per cento rispetto ai quantitativi autorizzati degli impianti di recupero e smaltimento che trattano i rifiuti di cui ai codici "Eer" indicati nell'ordinanza, quali imballaggi, carta, vetro, plastica, metallo.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 aprile 2020

 

 

CIO' CHE NON VA - Alberi bistrattati dalle autorita' pubbliche

Ritengo gli alberi siano creature viventi e più di molti uomini provvedano al mantenimento di un'atmosfera sana e vivibile per gli altri esseri viventi. Sono preziosi e vanno salvaguardati con un'accurata potatura che permette la rimozione di rami secchi e vecchi per fare crescere nuovi rami, elastici e sani. Questo va fatto, credo, a inizio primavera. Ma una persona preparata sa certo meglio di me come curarli.In diverse occasioni ho avuto modo di dubitare della competenza, in termini di "cura", degli addetti al verde pubblico, tanto che credo siano solo "esecutori" di ordini dettati dall'alto. Chiedo a chi di dovere di porre maggiore attenzione al verde pubblico. Un albero come quelli abbattuti in questi giorni di bora ci mette anche 100 anni per crescere. Non è questione di "sostituire". Vorrei, credo in tanti, una cura attenta e competente. Non venitemi a dire che ci sono altre priorità. Ci sono diverse priorità che impiegano diverso personale. In questi giorni, con i giardini chiusi, vedo piante appena messe in terra piegarsi e morire perché prive d'acqua. Osservo anche nel piccolo angolo di mondo che posso percorrere in questi giorni, ripetere l'errore di valutazione che ci ha portati al momento che stiamo vivendo. La natura va protetta e salvaguardata: è un bene comune! Perciò sta agli enti preposti da noi eletti corrispondere alle nostre aspettative, curando e non abbattendo alberi come fossero erbacce da estirpare.

Manuela Marussi

 

 

SEGNALAZIONI - Parco del mare - Destinate i fondi alla città

Ho letto la proposta di Trieste Bella che chiede al presidente camerale di mettere a disposizione della città i quattrini accantonati per quello che ritengo il visionario Parco del mare: la trovo geniale, motivata e anche giusta. Prima di pensare magari a nuove tasse e patrimoniali, che quei fondi vengano usati per i cittadini che ne hanno bisogno. Se serve, che vengano raccolte firme.

Giorgio Grius

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 1 aprile 2020

 

 

Coronavirus, parte la mobilitazione per riaprire gli orti

Le limitazioni agli spostamenti dovute al coronavirus stanno minacciando la manutenzione degli orti: scatta una mobilitazione online.

Ai tempi del coronavirus per molti coltivare un orto è diventata un’attività impossibile. Per chi non può disporre di uno spazio coltivato in balcone o all’interno del giardino della propria abitazione, ma si avvale di terreni mediamente distanti, la coltivazione è inibita a causa delle limitazioni imposte sugli spostamenti. E ora parte la petizione, per richiedere una finestra d’azione affinché i raccolti non vengano sprecati. L’iniziativa è stata lanciata da Matteo Cereda, responsabile della sito e della community Orto Da Coltivare: un portale che fornisce utili informazioni per tutti gli appassionati della coltivazione. Molte persone si trovano impossibilitate a raggiungere i loro appezzamenti, poiché distanti dalle abitazioni oppure ospitati in terreni di proprietà altrui, e ciò ne starebbe bloccando le operazioni di cura e manutenzione: la mia richiesta riguarda la possibilità di coltivare un orto anche per chi ha un terreno in proprietà o in usufrutto distante qualche chilometro dalla propria abitazione. […] Condivido l’importanza di serie misure anti contagio, che inevitabilmente chiedono dei sacrifici a ciascuno e mi sento grato a chi affronta responsabilità di governo in questo periodo. Chiedo però alle autorità di valutare la possibilità di aprire uno spiraglio per chi coltiva. L’obiettivo è quello di ottenere un permesso agli spostamenti, dimostrando di essere gestori di un piccolo orto e garantendo le ovvie misure di sicurezza, come la presenza sull’appezzamento in questione di una persona alla volta e l’eventuale utilizzo di presidi di sicurezza. L’orto è infatti per molti un’irrinunciabile integrazione al bilancio della famiglia: Orti e piccoli frutteti sono importanti per molte persone e per questo andrebbero tutelati. La piccola agricoltura famigliare per autoconsumo rappresenta per molte persone un’integrazione importante al bilancio famigliare. A maggior ragione in questo drammatico momento in cui tanti non sono in condizione di lavorare. Penso anche all’importanza che rivestono in molte zone piccoli oliveti e vigne. […] Molte persone coltivano un orto non è adiacente alla propria abitazione.Sono spostamenti molto brevi, visto che la terra richiede una cura quasi quotidiana, ma che oggi non è possibile compiere. La motivazione di coltivare l’orto non è presente tra quelle stabilite dal decreto, per cui si presume sia vietato spostarsi per farlo.

Roberto Rossi

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 aprile 2020

 

 

Aziende bloccate - Il riciclo rifiuti è a rischio - l'allarme

Le attività di riciclo dei rifiuti in Italia rischiano il blocco a causa dell'emergenza Coronavirus. Il Consorzio nazionale imballaggi (Conai) ha scritto ufficialmente a Governo e Protezione Civile lanciando l'allarme. Il problema è a un passo da esplodere. Il blocco di molte attività economiche ha infatti determinato una crescente difficoltà per l'avvio a recupero di materiali provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani. Molte industrie del riciclo adesso sono chiuse e non ritirano materiali (metalli, legno, plastiche). Altre hanno crescenti problemi logistici e di trasporto (carta). Per non parlare delle filiere che mandano all'estero materiale riciclabile, ora che l'esportazione è bloccata. Il riciclo della plastica è fermo per la mancanza di sbocco degli scarti del riciclo (plasmix) nei cementifici e nei termovalorizzatori. Il problema quindi non sta in fase di raccolta. In tutta Italia i gestori dell'igiene urbana stanno garantendo la raccolta differenziata dei rifiuti, pur tra mille difficoltà. Il problema più serio sta a valle, nelle filiere industriali di riciclaggio. L'Italia ricicla moltissimo (il 50% dei rifiuti urbani e il 65% di quelli speciali) e l'effetto della crisi può essere drammatico sull'intero sistema di gestione dei rifiuti. Il nostro Paese non dispone di impianti di smaltimento sufficienti per gestire un'improvvisa riduzione dell'avvio a recupero. In questa situazione, il ministero dell'Ambiente deve definire un provvedimento orientato a consentire a Regioni e Comuni una maggiore flessibilità. Ma questa crisi è anche l'occasione per riflettere su un problema più generale. Il sistema di gestione dei rifiuti, in un Paese moderno, non è solo un asset industriale e ambientale; è un punto centrale della sicurezza nazionale e lo si vede chiaramente in questi giorni di emergenza sanitaria. Come appare chiaro oggi, economia circolare vuol dire collocare sul mercato quote enormi di rifiuti, oltre due terzi. Raccolta e ritiro dei rifiuti sono un servizio primario ed essenziale, non interrompibile, neanche in situazioni di crisi. Ecco perché le politiche nazionali devono garantire al sistema alti livelli di "sicurezza", con un'adeguata riserva di impianti di smaltimento finale. 

Alfredo De Girolamo

 

Tari e tributi, stop al pagamento prolungato fino al 30 settembre

Oltre alla tassa rifiuti, sospese quelle su occupazione suolo pubblico e pubblicità Dipiazza: «Recuperate risorse non erogate per mense e supplenze scolastiche»

Alla fin fine la giunta comunale ha optato per una sospensione di lungo termine della Tari e dei tributi su occupazione del suolo pubblico e pubblicità: il termine di scadenza è il 30 settembre. È quanto emerso dalla seduta dell'esecutivo di ieri, al termine della quale il sindaco Roberto Dipiazza ha esposto i contenuti della delibera disposta su suo mandato dal vicesindaco Paolo Polidori. «Le prime misure che concretamente adottiamo - spiega Dipiazza - sono le sospensioni dei termini di pagamento dei tributi Tari, dell'imposta comunale di pubblicità e degli importi relativi a tutte le entrate derivanti dall'occupazione del suolo pubblico». Ma inizia ora una revisione settimanale di tutte le spese dell'ente, così da poter convogliare ogni risorsa inutilizzata in misure anti-crisi: «Ho dato mandato a tutti gli assessorati - precisa il primo cittadino - di predisporre dei report settimanali relativamente alle spese e alle entrate, in modo da individuare quelle eventuali sacche di risparmio economico che poi, armonizzandole con le misure che verranno adottate dal governo e dalla Regione, potremo ulteriormente impiegare a favore dei nostri cittadini e delle nostre realtà commerciali e produttive». Dipiazza ringrazia il vicesindaco «per l'importante lavoro di armonizzazione» e i consiglieri di maggioranza e opposizione «per la grande responsabilità e gli importanti contributi».Entrando nello specifico, la delibera prevede la sospensione per tutti i contribuenti del pagamento della Tassa rifiuti 2020 fino al 30 settembre. Il canone per l'occupazione di suolo pubblico in tutte le sue varianti (dehors, aree pubbliche...) è sospeso fino alla stessa data. Per l'anno in corso le tariffe dello stesso Cosap non verranno aggiornate. Sarà sospesa fino al 30 settembre anche l'imposta sulla pubblicità. La delibera contiene inoltre la sospensione dei parcheggi a pagamento fino al 30 aprile. Le misure costeranno al Comune minori entrate per un milione 580 mila euro, di cui 620 mila dal Cosap e 960 mila dai parcheggi. Le misure, spiega Dipiazza, possono essere adottate perché «siamo riusciti, in tempi brevissimi, a immettere nel sistema risorse provenienti da minori spese come i 980 mila euro non utilizzati per la fornitura dei pasti per le mense scolastiche, ora chiuse, e i 600 mila euro per lo stanziamento a copertura delle spese per le supplenze nelle scuole comunali, ora chiuse. Di un tanto, ringrazio l'assessore all'Educazione Angela Brandi e i suoi uffici che sono stati tempestivi nel calcolare e liberare le risorse economiche».Resta il problema delle cooperative in appalto per quei servizi, che non percepiscono i fondi comunali corrispondenti. Una delle nuove emergenze sociali del territorio, per il momento irrisolta. 

Giovanni Tomasin

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 31 marzo 2020

 

 

Ok alla Cig Covid in Ferriera - Due mesi a partire dal 5 aprile

Il sindacalista Uilm Rodà: «L'Accordo di programma atteso entro metà del mese» Trost (Fiom): «"Strano" accada dopo la chiusura della cokeria»

Siderurgica triestina ha comunicato ieri ai sindacati la partenza della cassa integrazione in deroga con la motivazione Covid-19 per i 580 lavoratori della Ferriera di Servola. La misura, prevista dal decreto Cura Italia a sostegno delle aziende per fare fronte all'emergenza coronavirus, «avrà una durata di 9 settimane e partirà successivamente allo spegnimento dell'altoforno, previsto il 5 aprile prossimo». Lo spiega il sindacalista Antonio Rodà (Uilm), precisando che la proprietà «ha risposto positivamente alla richiesta dei sindacati di garantire lo stesso accordo economico previsto dalla cassa straordinaria già negoziata e inserita nell'intesa sindacale firmata un mese fa». Una volta terminate le 9 settimane, aggiunge Rodà, per i lavoratori dell'impianto siderurgico triestino partirà come previsto la Cigs che avrà una durata di due anni. In merito alla firma dell'Accordo di programma che dovrà essere firmato dai ministeri dello Sviluppo economico e dell'Ambiente, insieme con Regione Friuli Venezia Giulia, Comune di Trieste, Autorità portuale e Gruppo Arvedi, conclude il sindacalista, questa dovrebbe avvenire «entro la prima metà di aprile».A tal proposito commenta il sindacalista Fiom Thomas Trost: «È una bizzarra concomitanza. Da un mese chiedevo a tutte le istituzioni coinvolte se fosse possibile incontrarsi per discutere dell'Accordo di programma, mi si rispondeva sempre con un nulla di fatto. Guarda caso ora che abbiamo avviato la chiusura della cokeria, processo irreversibile, le cose si smuovono. È un mio pensiero, ma mi sembra una coincidenza singolare». Prosegue ancora il sindacalista: «L'azienda ha colto l'occasione della Cig Covid per allungare i tempi, spero vivamente che le tempistiche di riconversione e riqualificazione del sito vengano confermate. Dal nostro punto di vista, due mesi in più fanno comodo - prosegue ancora il sindacalista -, tanto più che i 24 mesi preventivati per la rimessa a nuovo dell'area mi paiono una previsione ottimistica».

G.Tom.

 

 

«Una pandemia raccontata in un libro»

Parla lo zoologo Nicola Bressi: «Da leggere il saggio del giornalista scientifico David Quammen». Il fenomeno "spillover"

Nuovi virus patogeni per l'uomo prima circolanti solo in altre specie animali sono all'origine dell'attuale pandemia globale che così tanto sta cambiando le nostre vite. L'Oms ha identificato il nome della malattia in Covid-19 (abbreviazione per Coronavirus disease-2019) mentre la Commissione internazionale per la tassonomia dei virus ha assegnato al virus che causa questa malattia il nome definitivo Sars-Cov-2 (Sindrome respiratoria acuta grave - Coronavirus 2). Si tratta, infatti, di un virus simile a quello della Sars, ma più contagioso e meno letale. «La pandemia era attesa dagli evoluzionisti spiega Nicola Bressi naturalista, zoologo ed ecologo della Società italiana di Scienze naturali - quando una specie è così sovrabbondante e ricca di individui deboli come ad esempio gli anziani, diventa estremamente appetibile per un virus. L'uomo inoltre interferendo direttamente con i diversi ecosistemi ha indebolito l'animale ospite spingendo il virus a fare il cosiddetto spillover o salto di specie». Che cos'è lo spillover e come avviene? «Quando un virus, ma in realtà anche un batterio o più in generale un parassita, passa da un animale a un altro, o in questo caso a un essere umano e causa una zoonosi, ovvero una malattia infettiva. Il salto può avvenire anche intraspecie e nel caso del Sars-Cov-2 non sappiamo ancora se sia avvenuto direttamente dal pipistrello all'uomo o attraverso un ospite intermedio: dal pangolino al pipistrello e infine all'uomo».Che cosa spinge il virus a fare il salto di specie? Noi uomini siamo la preda più ambita: dal punto di vista di un virus infettare la tigre o il panda porterebbe ben poca fortuna perché sono animali che abbiamo reso molto rari, mentre gli esseri umani sono tra le specie animali più abbondanti della Terra, per fortuna inoltre non siamo sottoposti a molta selezione naturale dal punto di vista fisico e all'interno della nostra società sopravvivono anche molti anziani, persone deboli o malati e ciò ci rende l'ospite ideale per un virus che riesce a replicarsi, stabilizzarsi e diffondersi direttamente tra gli individui. Spillover è il titolo di un libro di successo del giornalista scientifico David Quammen (2012) in cui è previsto che la futura grande pandemia sarebbe stata causata da un virus trasmesso da un pipistrello venuto a contatto con l'uomo attraverso un wet market in Cina». La pandemia era dunque attesa? «Sì era attesa dagli evoluzionisti: da sempre, quando una specie vivente è estremamente abbondante, diventa inevitabilmente più soggetta alle malattie, purtroppo in questo caso noi siamo le vittime, ma è sempre regolarmente accaduto quando una specie diventa sovrabbondante e ricca di individui deboli». Può farci altri esempi di spillover ? «Uno dei primi spillover studiati è stato il virus Hendra in Australia portato dai pipistrelli della frutta australiana: contagiava i cavalli che si infettavano mangiando la frutta rosicchiata dai pipistrelli. Il cavallo si ammalava e si verificavano poi casi di veterinari e fantini morti perché avevano provato a curare gli animali. Il fenomeno dello spillover è stato approfondito negli anni, scoprendo che praticamente tutte le pandemie sono arrivate dagli animali: il morbillo dalle mucche, la peste bubbonica dai ratti, l'Ebola dai pipistrelli». Che cosa possiamo imparare da questo virus? «Dobbiamo dare molti più finanziamenti alla ricerca: infatti che la famiglia dei coronavirus potesse essere letale lo si sapeva dalla prima epidemia di Sars e subito dopo di Mers, ma per i tagli alla ricerca molti esperimenti non sono stati portati avanti. Se invece avessimo coltivato in laboratorio questi virus forse oggi avremmo già il vaccino. Non dobbiamo aver paura della scienza. La seconda lezione è che l'uomo, interferendo con gli ecosistemi, è venuto in contatto con animali selvatici, indebolendoli e spingendo il coronavirus a fare il famoso salto di specie».

Lorenza Masè

 

 

Mauro dell'OGS dà la caccia ai batteri nei mari più profondi

È nato a Pordenone ma vive a Trieste da venticinque anni Mauro Celussi: «E poi mia madre è triestina, ma si è trasferita a Pordenone da piccola, quando i triestini lavoravano con gli americani - dice - per cui quando sono giunto a Trieste era come rivivere tutte le storie che mi raccontavano i miei nonni». Laureato in Scienze naturali, ha poi conseguito il dottorato di ricerca a Siena in Scienze polari. Oggi lavora all'Ogs: «La mia tesi di laurea è stata svolta in quello che si chiamava Laboratorio di biologia marina, che oggi corrisponde alla Sezione mare con sede ai Filtri di Aurisina. Dopo di che ho avuto la fortuna di rimanere disoccupato solo cinque mesi, prima impegnato con una borsa di studio fino al ruolo di ricercatore e strutturato». Il suo campo di studio è l'Ecologia microbica: «La mia ricerca esamina il comportamento dei batteri in mare. È un settore molto sfaccettato per cui ho la possibilità di spaziare parecchio. Per esempio ora mi sto occupando di due questioni che possono sembrare distanti. Da un lato sono il referente per Ogs di un progetto Italia-Croazia che si chiama AdSwim e ha lo scopo di valutare i sistemi di miglioramento del trattamento delle acque reflue urbane. In questo contesto la mia attività è valutare l'effetto di nuove tecnologie sull'efficienza dell'immissione in mare di patogeni, cioè quanto i nuovi sistemi possono abbattere la carica di micro organismi patogeni. Dall'altra parte mi occupo anche del funzionamenti dei batteri nei sistemi marini profondi. Sono ambienti poco studiati perché poco accessibili e perciò ci danno molta soddisfazione in termini di nuove scoperte. Ho appena concluso una ricerca sul Mare di Ross per studiare come i batteri riescano a manipolare la sostanza organica che arriva nel sistema profondo». Le passioni di Mauro sono la musica: «Soprattutto quella degli anni '90». E i i viaggi: «Trasferte spesso unite alla musica, viaggio per assistere a grandi concerti».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30 marzo 2020

 

 

Ferriera, riparte il confronto sull'Accordo di programma

C'è la nuova bozza dell'intesa per la riconversione dell'area. Le riunioni da oggi Ipotesi cassa integrazione Covid-19: i sindacati chiedono garanzie alla proprietà

La Regione annuncia la ripresa del confronto sull'Accordo di programma per la riconversione della Ferriera di Servola. Al momento dal ministero dello Sviluppo economico non arrivano conferme, ma una nuova bozza del testo è stata spedita venerdì sera e qualcosa potrebbe muoversi a breve a livello di incontri tecnici, dopo l'ultima riunione tenutasi ormai mesi fa tra Acciaierie Arvedi, Mise, Regione, Comune e Autorità portuale. L'azienda ha nel frattempo avviato lo stop dell'area a caldo, previsto per la fine della settimana con la fermata dell'altoforno. I dipendenti entreranno in cassa integrazione straordinaria (cigs) dal primo aprile, ma la proprietà ha chiesto al governo di farli slittare e accedere anzitutto alle nove settimane di cassa integrazione Covid-19: una mossa che preoccupa i sindacati, perché per quasi due mesi l'azienda non sarebbe obbligata ad aggiungere la maggiorazione concordata invece per i 24 mesi di cassa straordinaria. La notizia di maggior peso è la ripresa del tavolo sull'Accordo di programma, che arriva dopo il silenzio scelto dal ministro Stefano Patuanelli nei giorni che registrano la fermata della cokeria, in assenza di quell'intesa fra società e istituzioni sempre indicata dall'esponente cinquestelle come condizione indispensabile per chiudere la produzione di ghisa. In un post su Facebook, l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro annuncia però che dopo l'avvio dello spegnimento servono «le tappe successive per la riconversione e per finalizzare gli accordi con i sindacati: da lunedì riunione per il nuovo accordo di programma con tutti gli attori». Dal Mise si parla per ora di incontri tecnici, evidentemente preliminari a un tavolo dei vertici che tuttavia non è ancora in calendario. Al momento risulta solo la condivisione di una nuova bozza di Adp, al cui interno dovrà essere inserita anche la società Piattaforma logistica, che deve ancora definire la creazione della newco che rileverà i terreni dell'area a caldo di proprietà di Arvedi. Ma firma o non firma, la riconversione è congelata dall'emergenza coronavirus e la proprietà della Ferriera ha chiesto di accedere alle nove settimane di cassa integrazione Covid-19 introdotte dal governo per le imprese ferme a causa dell'epidemia. Arvedi non può infatti cominciare al momento il percorso di affiancamento dei lavoratori dell'area a caldo con quelli del laminatoio, necessario per formare i primi al passaggio all'area a freddo. L'azienda conta così di prendere un po' di tempo e aggiungere altri due mesi ai 24 già garantiti dall'accordo cigs firmato con i sindacati alla presenza dell'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen. «Per la Regione - spiega però Rosolen - l'unica cosa che vale al momento è l'accordo sottoscritto sulla cigs a rotazione per 24 mesi, secondo modalità decise da azienda e sindacati». L'intesa prevede una maggiorazione di 2,35 euro lordi all'ora da parte di Arvedi. Un lavoratore a zero ore mensili potrebbe fruire di un'aggiunta di circa 400 euro lordi e arrivare a superare i 1.000 euro netti, che oltrepasserebbero i 1.300 per i dipendenti che trascorreranno la riqualificazione metà in cassa e metà al lavoro, grazie alle rotazioni che la società si è detta intenzionata ad assicurare. I sindacati non sono del tutto tranquilli. Per le nove settimane di cassa Covid-19 non esistono infatti vincoli di sorta sull'incremento economico e le sigle hanno chiesto unitariamente garanzie in merito. Arvedi dirà oggi ai sindacati come intende comportarsi, qualora la cassa Covid-19 sia effettivamente concessa. Per Umberto Salvaneschi (Fim Cisl), «l'azienda avrebbe nove settimane di cassa in più e la riconversione prevede anche la possibilità di un terzo anno di cigs: con questi vantaggi la stessa maggiorazione deve valere anche sulla cassa da coronavirus. Speriamo che arrivi inoltre quanto prima la firma dell'Accordo di programma, che contiene l'accordo sindacale votato dai lavoratori, il cui futuro dipende da questo». Antonio Rodà (Uilm) spiega che «la proprietà sembra abbia verificato la fattibilità della cassa Covid-19 e tutti i sindacati hanno chiesto di garantire l'integrazione negoziata nell'accordo sindacale». Thomas Trost (Fiom Cgil) si dice «quasi sicuro che parta la cassa Covid-19 e l'azienda sta valutando come comportarsi sulla maggiorazione. Purtroppo però dalle istituzioni non abbiamo alcun segnale sulla ripresa degli incontri sull'Accordo di programma, anche se ora l'annuncio di Scoccimarro significa che sarà stato comunicato qualcosa. Così speriamo che sia, perché senza intesa non c'è copertura alla riconversione e salta l'accordo sindacale: sarebbe il nulla cosmico».

Diego D'Amelio

 

 

A Muggia altro passo verso la rinascita del sito di Acquario

Rivisto il quadro economico dell'operazione e affidato l'incarico per la perizia di variante e il collaudo dei lavori

MUGGIA. Approvati con una determina dirigenziale il nuovo quadro economico e l'affidamento dell'incarico di redazione della perizia di variante - con l'adeguamento dell'onorario per la direzione dei lavori e per il coordinamento della sicurezza - relativi all'opera di bonifica, tramite messa in sicurezza permanente, del sito inquinato "Acquario" a Muggia.La fine dei lavori è prevista entro l'estate, e nell'area saranno realizzati, tra le altre cose, un ulteriore tratto di ciclabile che costeggerà la strada, chioschi per il ristoro, con annessi servizi legati alla balneazione, un'area giochi e fitness, campi da beach volley, un campo da bocce e uno skate park. Giova ricordare che i lavori, a seguito dell'espletamento della procedura di gara, sono stati aggiudicati in via definitiva lo scorso 7 agosto al Rti composto dalla E.Ma.Pri.Ce. di Bolzano, come mandataria, e Italverde di Lendinara come mandante, per un importo complessivo dei lavori pari a 5 milioni 53 mila euro di cui 4 milioni 368 mila euro per lavori, oneri della sicurezza non soggetti a ribasso e lavori in economia. La spesa complessiva per la realizzazione dell'opera trova copertura finanziaria per 910 mila euro dall'avanzo d'amministrazione vincolato, per 5 milioni da contributi dell'Uti Giuliana, relativi all'intesa 2018/20, e per altri 400 mila euro sempre con contributi Uti, ma relativi al 2017/19. Si è riscontrata la necessità di apportare al contratto alcune modifiche qualitative e quantitative, utilizzando la somma di 75 mila euro disponibile alla voce "economia derivante a seguito del ribasso di gara", per rimpinguare del medesimo importo la voce "spese tecniche generali". Inoltre è stato conferito l'incarico per la redazione della perizia di variante e suppletiva nonché per l'aggiornamento dell'onorario delle spese tecniche e per il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, contabilità lavori e collaudo dei lavori a Carlo Glauco Amoroso della Società Hmr Ambiente di Padova per un importo pari a 37 mila 684 euro.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 marzo 2020

 

 

Trieste chiama Roma: più gestione diretta nell'area da bonificare

La Regione delibera un allargamento delle competenze vicino al Canale navigabile e chiede disco verde al governo

 Un "pro-memoria" per scuotere il ministero dell'Ambiente dal torpore: la giunta Fedriga ha approvato la delibera, con la quale propone di sottrarre la cosiddetta area dei "piccoli operatori" al Sito di interesse nazionale (Sin), che passerebbe invece alla competenza della Regione Fvg (Sir). Un modo per rendere più agili e veloci le procedure relative alla bonifica dei siti inquinati, come è già accaduto con i terreni attorno al Canale Navigabile che nel febbraio 2018 durante la giunta Serracchiani transitarono sotto la giurisdizione regionale. Perché è chiaro che un conto è gestire una pratica in via Carducci a Trieste e un conto è gestirla in via Cristoforo Colombo a Roma. Lo ha annunciato l'assessore all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, tenendo fede all'impegno assunto una ventina di giorni fa nel corso di un incontro con le imprese che operano nell'area "piccoli operatori". Adesso la delibera sarà trasmessa a Roma, per cercare di ottenere quello che non è stato possibile portare a casa sulla base di una semplice trattativa intra-istituzionale. L'atto giuntale è una "forzatura" che Trieste si sarebbe volentieri evitata, ma che si è resa di fatto inevitabile alla luce delle non-risposte ministeriali. Scoccimarro intende salvare nel nuovo accordo di programma da definire con Roma i finanziamenti statali garantiti nel vecchio accordo del 2012, circa 8 milioni. A giudizio dell'assessore, la revisione del perimetro consentirebbe di risolvere le sovrapposizioni di competenze tra centro e periferia. La delibera esclude dal Sin anche il sito dell'ex raffineria Aquila Teseco, dove il procedimento di bonifica si è concluso. La nota della Regione ricorda che, oltre alla parte terrestre di 500 ettari suddivisa tra "grandi" e "piccoli" operatori, c'è una parte a mare che si estende per 1200 ettari nella zona più orientale del Golfo, tra Molo V e Punta Ronco, delimitata dalle dighe foranee. Alla decisione della giunta regionale si è giunti in seguito al pressing esercitato da una ventina di aziende, che operano nei 12 ettari tra la riva nord del Canale e via Caboto. Tra esse Facau, Bruno Pacorini, Pittway, Illycaffè, Java Biocolloid, Ortolan Mare. Da segnalare infine un commento di Sara Vito, oggi responsabile regionale Ambiente del Pd e predecessore di Scoccimarro all'assessorato. Scoccimarro dice che da anni la situazione è ferma - puntualizza - ma in realtà il lavoro è iniziato nell'estate 2017 con la giunta Serracchiani e ha portato al positivo risultato dell'inverno 2018, con l'apprezzamento di Autorità portuale e Area di ricerca.

Massimo Greco

 

 

Particelle sabbiose in arrivo dall'Asia. Boom di polveri rilevate nell'aria - il monitoraggio ARPA

Un'impennata nelle concentrazioni di polveri nell'aria è stata registrata negli ultimi giorni nei territori affacciati sul Nord Adriatico. In Fvg, precisa l'Arpa, venerdì le concentrazioni medie orarie hanno raggiunto valori superiori ai 250 microgrammi al metro cubo. I valori delle polveri sono progressivamente diminuiti nella notte. L'origine è da ricercarsi in un fenomeno di trasporto di particelle sabbiose dalle zone desertiche dell'Asia.

 

 

SEGNALAZIONI - Coronavirus: utilizzare i soldi del Parco del mare

Sono molti anni che la Camera di commercio di Trieste riceve denaro dai suoi iscritti per realizzare un acquario pomposamente chiamato Parco del Mare. L'Associazione Triestebella, così come altre associazioni, è contraria alla sua realizzazione e propone che quei milioni vengano usati per sostenere gli artigiani, commercianti ed imprenditori che a causa dell'emergenza Coronavirus si trovano in difficoltà economiche e, quando sarà possibile, per il restauro del tetto della piscina Acquamarina. Siamo contrari al nuovo acquario in Sacchetta per ragioni etiche (dei pesci sarebbero costretti in vasche comunque piccole, un acquario esiste già e il Comune ha intenzione di restaurarlo); museali (meglio realizzare un acquario virtuale assieme agli altri musei che saranno collocati in Porto Vecchio); urbanistiche (l'area della Sacchetta già intasata dai veicoli, non sopporterebbe ulteriori auto e bus che porterebbero le previste molte centinaia di migliaia di visitatori all'anno); paesaggistiche (l'area della Sacchetta dovrebbe piuttosto diventare un Parco sul mare, sistemandola ad esempio secondo il progetto vincitore del concorso del 2002 costato allora 200.000 euro).

Rita Guglielmotti Anna Bizjak ed Ezio Righi - Associazione Triestebella

 

 

 

 

ilGiornale.it - SABATO, 28 marzo 2020

 

 

Tutta la verità sulla relazione tra Covid-19 e l'inquinamento

L'assenza di traffico e di automobili in strada non ferma la presenza delle polveri sottili in Lombardia, Piemonte e Veneto: il livello di Pm10 rimane alto. Stupore tra gli scienziati

Sì è spesso detto in queste settimane di lockdown che l'assenza di traffico e delle automobili per strada avrebbe quantomeno ripulito l'aria che respiriamo per un po', soprattutto nelle città del nord. È infatti noto che sono diminuiti i livelli di inquinamento atmosferico e di Co2 in decine di città e regioni del pianeta, in primis in Cina e Italia del Nord. Le immagini satellitari della Nasa e dell'Esa, l'Agenzia spaziale europea, hanno mostrato nei giorni scorsi una drastica riduzione delle emissioni di biossido di azoto. I sensori Tropomi (Tropospheric Monitoring Instrument) a bordo del satellite hanno rilevato il progressivo ridursi della nube rossa. Se si guardano bene le immagini, anche nei grandi agglomerati urbani come Roma e Napoli, il "rosso" dell'inquinamento è sparito dalle mappe. Le aree con aria ancora più pulita sono quelle del basso versante adriatico (soprattutto la Puglia) e la Sicilia. La nostra è dunque più pulita? Nì. Nonostante le nostre città siano deserte, cioè che il satellite non vede sono le polvere sottili (Pm10), che sembrano infischiarsene dell'assenza delle automobili e continuano a circolare nell'aria come se nulla fosse. Come riporta La Verità in edicola, infatti, dal 16 al 20 marzo le Arpa (le aziende regionali per la protezione ambientale) negli indici della qualità dell'aria hanno continuato a registrarle sui cieli di Piemonte, Lombardia e Veneto pericolosamente vicine al limite di legge dei 50 microgrammi per metro cubo. A determinare la presenza di Pm10 in queste settimane di lockdown l'assenza dei venti e il ristagno d'aria. Un dato che ha stupito anche Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana. "Mi sarei aspettato il crollo o una forte diminuzione del particolato, visto che ce ne stiamo tutti a casa" spiega a La Verità. Invece non è andata affatto così. "In questi giorni le polveri sottili ugualmente si sono avvicinate al limite, superato il quale sono ritenuti certi i danni per la salute. In base alle normative sono tollerati 35 giorni di sforamento all'anno, poi è obbligatorio il divieto di circolazione ai mezzi privati". Secondo l'Arpa del Veneto, "con ogni probabilità abbiamo sopravvalutato il traffico come fonte delle polveri sottili". Ergo, in questo senso le domeniche senz'auto potrebbero essere del tutto inefficaci nel frenare la presenza di Pm10, che dipende molto dai venti. Curiosità, nonostante il lockdown, la presenza del particolato è particolarmente importante nelle zone di Milano, Cremona, Pavia, Brescia, Mantova, proprio dove ha colpito di più la pandemia da Covid-19, anche se sulla eventuale correlazione tra i due eventi gli scienziati sono divisi. "L'ipotesi è stata smentita dalla Società italiana degli aerosol" spiega Mercalli. Ciò nonostante, come ha spiegato Andrea Muratore su Inside Over, uno studio internazionale guidato dall’Università “La Sapienza” di Roma aveva segnalato la correlazione tra la crescita delle epidemie su scala globale, inclusa quella attualmente in corso, e lo "sviluppo insostenibile" che ha stravolto il rapporto tra uomo e ambiente. Nei giorni scorsi, invece, uno studio della Società italiana di medicina ambientale (Sima) insieme alle Università di Bari e di Bologna, che hanno esaminato i dati pubblicati sui siti delle Arpa (Agenzie regionali per la protezione ambientale) ha presentato dei dati che evidenzierebbero un nesso tra gli elevati quantitativi di inquinamento della Pianura Padana e il boom dei contagi che sta caratterizzando attualmente la Lombardia.

Roberto Vivaldelli

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 marzo 2020

 

 

Avviato lo spegnimento dell'area a caldo nella Ferriera di Servola

«Oggi (ieri, ndr) pomeriggio è previsto l'ultimo caricamento di carbon fossile nella cokeria, iniziando così ufficialmente lo spegnimento dell'area a caldo della Ferriera di Servola. Le fasi che seguiranno potrebbero generare degli effetti visivi; come già assicurato, grazie ad Arpa Fvg manterremo i cittadini informati, di modo che le procedure avvengano nella maniera più trasparente possibile, al fine di evitare allarmismi in una situazione già resa complessa dall'emergenza sanitaria in corso». A renderlo noto è l'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, ricordando «l'attuale fase storica dello stabilimento di Servola, che vedrà la dismissione dell'area a caldo per potenziare le attività industriali decarbonizzate». L'assessore ribadisce inoltre che «l'attenzione degli organi di controllo e di sicurezza è massima. Il cronoprogramma prevede alcune giornate "rosse" dal punto di vista degli aspetti visibili all'esterno dello stabilimento, che comunque dovrebbero durare solo poche ore. Si verificherà una graduale riduzione della produzione del gas che porterà all'accensione automatica delle fiaccole di emergenza. Anche in questa fase sono garantiti tutti i presìdi ambientali volti all'abbattimento delle sostanze inquinanti emesse. L'accensione delle torce di emergenza non comporta necessariamente impatti significativi sulla qualità dell'aria». Critica invece Antonella Grim (Italia viva): «Inizia la fine di un'epoca per la nostra città e anche per un pezzo della produzione siderurgica italiana. Non ho mai condiviso questa scelta. Chi è al governo deve mediare e trovare il necessario, vedi Austria, equilibrio tra produzione industriale, ambiente e salute».

 

 

Orti privati colpiti e frenati dall'arrivo di freddo e bora

Con le temperature favorevoli delle settimane passate, molti avevano sistemato le piantine in giardino o sul balcone. Coldiretti: «Meglio aspettare l'inizio di aprile»

L'ondata di freddo, con bora forte, per fortuna non ha danneggiato alberi da frutto e coltivazioni a Trieste, a differenza di quanto accaduto in altre zone d'Italia. Più colpiti gli orti casalinghi, di chi, approfittando delle giornate di sole di qualche settimana fa, aveva già sistemato le piantine in giardino o sul terrazzo. Ma c'è preoccupazione per l'arrivo di un ulteriore fronte freddo, con raffiche di vento in aumento da lunedì e con il rischio di neve sul Carso martedì. «Ho ricevuto i messaggi sulla situazione a livello nazionale e purtroppo in alcune aree si sono verificate gelate che hanno compromesso gli alberi già in fiore - racconta Alessandro Muzina, presidente della Coldiretti Trieste -. Qui da noi per il momento i danni sono pochi, anche perché non ci sono state precipitazioni, e quindi non si è formato ghiaccio. In realtà - aggiunge - solo i mandorli erano già fioriti. Inoltre molte coltivazioni devono ancora germogliare, il freddo dunque non ha causato particolari problemi. Ma le aziende agricole del territorio - sottolinea -, come probabilmente in altre regioni, stanno comunque soffrendo per la mancata possibilità di effettuare la vendita diretta. La gente non si muove più e chi può, ma non sono molti, ha attivato la consegna a domicilio». Secondo la Coldiretti nazionale il gelo ha fatto strage di frutta e verdura in molte regioni, come Emilia Romagna, Veneto e Puglia. «Alcuni alberi di pesco, albicocco e mandorlo - si legge sul sito della Coldiretti - hanno addirittura già i frutticini, ciliegi e susini sono in fiore e tra i filari di pere, mele e kiwi ci sono le gemme pronte che sono state intrappolate dal ghiaccio e bruciate dal freddo mentre nei campi gravi danni si contano per le primizie di stagione dai carciofi agli asparagi, dalle bietole alle cicorie fino ai piselli». Ma quando ormai a Trieste si pensava che il peggio fosse passato dal punto di vista del meteo, ecco nuove previsioni negative per la prossima settimana. Nel dettaglio, secondo l'Osmer, l'osservatorio meteorologico regionale, si parla di bora forte di nuovo, da lunedì, e precipitazioni nevose anche a quote basse, che potrebbero imbiancare il Carso martedì. Il timore, per le coltivazioni, è sempre legato al rischio di ghiaccio al suolo. La Coldiretti monitora la situazione, in attesa di capire l'evolversi del quadro meteo anche per quanto riguarda le temperature. Per i tanti triestini che invece si erano già dedicati agli orti privati, tra giardini e balconi, alcuni errori di troppo prima del freddo potrebbero aver compromesso il raccolto. «C'è stato un grande caldo fino a qualche settimana fa, che ha spinto molti ad acquistare piantine come pomodori o zucchine - continua Muzina - che però ora sono state sicuramente messe alla prova dai valori rigidi portati dal freddo. Consiglio a tutti di aspettare ancora un po', fino alle prime settimane di aprile, quando il meteo sarà più stabile e le temperature saranno più miti. Per chi invece si dedica alle piantine aromatiche - aggiunge - ricordo che è preferibile non sistemare ancora all'esterno le più delicate, come basilico e prezzemolo. Non è ancora il momento giusto, proprio perché la primavera ci sta riservando qualche brutta sorpresa».

Micol Brusaferro

 

 

I giovani volontari non si fermano La difesa del clima continua online

Al via oggi in forma virtuale due progetti dell'associazione legata all'Istituto

Partono oggi, in formato online, causa emergenza coronavirus, due progetti allestiti dall'associazione Mondo 2000, che vede protagonisti gli studenti del Collegio del Mondo unito dell'Adriatico di Duino. Si tratta di "Giovani volontari in azione" e della "Fiera del volontariato e della sostenibilità", organizzati con il sostegno della Regione e finalizzati a mettere in relazione i giovani con associazioni ed enti del terzo settore, per diffondere le numerose opportunità di volontariato a disposizione dei ragazzi del territorio. Il primo progetto guarda alle attività volte ad attivare hub territoriali, per offrire ai ragazzi della regione la possibilità di sperimentare la co-progettazione e lo sviluppo strutturato di progetti di volontariato, stimolando quel desiderio di intervento nella soluzione di problemi legati al loro territori. Il secondo quest'anno dedica la giornata al tema della sostenibilità ambientale, incentrando le attività sui 17 obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni unite. L'efficacia dell'evento è data in larga misura dall'utilizzo dell'educazione tra pari. Sono infatti gli studenti del Collegio a condividere con quelli della regione il loro entusiasmo per il volontariato, i motivi che li spingono a dedicarsi al lavoro nel sociale e il potenziale del volontariato per stimolare la propria autostima e la consapevolezza di sé e della società in cui vivono. A partire da oggi e per qualche settimana, gli studenti proporranno una serie di anteprime virtuali della Fiera della sostenibilità. La piattaforma online, su cui è migrata a fine febbraio tutta l'attività didattica del Collegio, ospiterà un incontro con l'antropologa Sabina Kienzel, animatrice al Collegio di un'attività pomeridiana di video - making e ricerca etnografica. Inoltre, saranno diffusi, sul profilo Instagram dedicato alle attività del Collegio "@casportfoliouwcad" e sulla pagina facebook del Collegio, una serie di video a tema, realizzati sia da associazioni che collaborano con Mondo 2000, sia da docenti, studenti e amici del Collegio, che tratteranno tematiche quali l'architettura resiliente, l'acqua come risorsa primaria in Nigeria, la criminalità organizzata e la narrazione, attraverso l'arte, di problemi come l'istruzione, la povertà, la fame, le diseguaglianze, le questioni di genere. Per informazioni consultare il sito www.uwca.it o scrivere a mondo2000@uwcad.it.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27 marzo 2020

 

 

Ferriera, inizia lo spegnimento - Finisce un'era durata 123 anni

Al via stasera l'iter per la chiusura dell'area a caldo, che durerà tre settimane Primo atto la fine della cokeria, poi sarà la volta di altoforno e centrale elettrica

Tre settimane per mettere la parola fine a una storia durata 123 anni. La chiusura dell'area a caldo della Ferriera prenderà il via oggi e, stando al cronoprogramma consegnato da Acciaierie Arvedi al tavolo tecnico attivato dalla Prefettura, tutto si concluderà il 17 aprile con le ultime operazioni di messa in sicurezza. Come anticipato su queste pagine nei giorni scorsi, lo stabilimento siderurgico di Servola darà il via allo stop della cokeria (alle 22 l'ultima carica) passando nella settimana successiva a disattivare altoforno, agglomerato e centrale elettrica. Che tutto sia pronto lo dice anche l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro: «Domani (oggi, ndr) verrà a avviato dopo oltre vent'anni lo spegnimento della cokeria. Tutto questo permetterà di migliorare la situazione ambientale e quindi le condizioni di salute. Al tempo stesso vi sarà quindi un potenziamento delle attività industriali "decarbonizzate": centrale a gas naturale, zincatura a caldo, verniciatura, linea di ricottura, oltre al definitivo sviluppo portuale e logistico». Tra gli enti di controllo figura l'Arpa, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, che seguirà tutti i passaggi pubblicando sul proprio sito informazioni, dati su qualità dell'aria e rumorosità, immagini e filmati. L'Arpa vuole testimoniare «gli eventuali impatti ambientali associati alla delicata fase di spegnimento ai fini di una maggiore trasparenza e condivisione nei confronti della popolazione». Come spiega l'Agenzia, comunque, «il piano non prevede impatti ambientali significativi», mentre sono previsti episodi visivi, come l'accensione delle fiaccole per eliminare i gas residui. La notizia della fermata è arrivata una decina di giorni fa. L'azienda aveva più volte annunciato date di spegnimento, sempre rinviate per la necessità di arrivare prima alla definizione dell'Accordo di programma, come chiesto dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e dal presidente della Regione Massimiliano Fedriga. Lo stop avverrà ora, senza intesa firmata: il confronto fra azienda e istituzioni è stato congelato dal coronavirus, che sta facendo passare in sordina quello che sarà un momento storico per Trieste da qualsiasi prospettiva lo si guardi. L'azienda ha deciso di procedere davanti all'esaurirsi delle materie prime e per ridurre le presenze in fabbrica durante l'epidemia: un lavoratore è risultato positivo a inizio marzo ma non si registra un'estensione dei casi. Lo spegnimento in assenza di una cornice definita dal nuovo Adp apre interrogativi sui tempi di bonifica e riconversione, nonché sul futuro di centinaia lavoratori: nella bozza dell'Accordo mancano infatti ancora i riferimenti ai finanziamenti pubblici e al piano industriale da modificare dopo la discesa in campo di Piattaforma logistica srl, che ha in tasca l'intesa di massima sulla cessione dei terreni dell'area a caldo, destinati a diventare terminal ferroviario a servizio del futuro Molo VIII. Si comincia dunque in queste ore con lo svuotamento delle due batterie di forni per il carbon coke: l'operazione richiederà due giorni e sarà seguita dallo svuotamento della torre che contiene il fossile, dalla fermata dell'estrattore e dalla messa in sicurezza della torre di spegnimento. Lo stop della cokeria sarà concluso solo il 17 aprile, dopo la chiusura e la messa in sicurezza dell'impianto di refrigerazione, della sezione lavaggio gas e della decantazione catrame. La fermata dell'altoforno si svolgerà fra il 3 e il 5 aprile, seguita da alcuni giorni per rendere inerti le sezioni gas e raffreddamento. Sempre il 3 aprile sarà bloccato l'agglomerato, mentre fra il 4 e il 5 si fermerà la centrale elettrica. L'iter è stato spiegato ieri dalla Direzione alle Rsu dello stabilimento. La giunta regionale si gode il raggiungimento di un obiettivo che il centrodestra ha sbandierato in ogni campagna elettorale negli ultimi vent'anni. «La trattativa e il lavoro di questi mesi - dice Scoccimarro - stanno dando seguito al mandato elettorale dei cittadini. Il risultato giunge a un anno dal mio primo incontro riservato con il cavalier Giovanni Arvedi, avvenuto il 28 marzo 2019». Quel primo confronto fu ruvido, ma pose le basi per le trattative avviate durante l'estate. «Il 28 e 29 agosto - ricorda l'assessore - c'è stato lo scambio formale di lettere tra me e la società che si dichiarava per la prima volta disponibile a valutare le proposte della Regione». Qualche giorno dopo Arvedi fece pubblicare a pagamento sul Piccolo una dura lettera in cui attribuiva alle istituzioni la responsabilità per una chiusura non voluta. Il cavaliere di Cremona e il suo erede Mario Caldonazzo resteranno comunque a Trieste, dove si sono impegnati a rafforzare le attività del laminatoio a freddo.-

Diego D'Amelio

 

 

Idrocarburi e tossine: i "pedoci" muggesani restano ancora proibiti

IL BENZO(A)PYRENE SCENDE, MA SALGONO I "VELENI BIO"

MUGGIA. Si prolunga a tempo indeterminato lo stop ai mitili muggesani. Perché stabilire una data per la ripresa delle attività è, a detta di Paolo Demarin, da febbraio direttore della Struttura complessa Alimenti di origine animale per l'Asugi, «senz'altro prematuro. Aspettiamo le evidenze delle analisi e le valutazioni generali degli enti preposti alla tutela ambientale, come l'Arpa». È dei giorni scorsi l'ordinanza bis, che segue la prima del 15 gennaio, che indica nella zona Ts 02 di Muggia la «non conformità al requisito sanitario comunitario previsto in presenza del superamento del limite previsto di biotossine marine liposolubili», così come confermato dai più recenti campionamenti di cui è stato reso partecipe anche l'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie. Al benzo(a)pyrene riscontrato lo scorso 24 dicembre, quindi, si sono aggiunte le biotossine algali. Queste ultime, come informa Demarin «è la prima volta che sono presenti nell'area in questione in questo periodo dell'anno. Anche per questo sono in contatto con il Centro di riferimento di Cesenatico. Parliamo di biotossine algali ingerite dai molluschi bivalvi, che sono sostanze tossiche prodotte dal fitoplancton. Queste alghe hanno la capacità di produrre tossine che possono produrre problemi gastrointestinali nell'uomo». I pericoli per la salute dei consumatori, insomma, sono due: oltre alle biotossine resta infatti la questione degli idrocarburi ad attirare l'attenzione di Demarin: «Sulla presenza di idrocarburi occorre andare a fondo e la Regione si è fatta carico di questo problema, anche perché la qualità e la salubrità del mollusco dipende più di altri dalla qualità dell'ambiente. Per quanto riguarda il benzo(a)pyrene, cioè l'indicatore principale, il valore somma non conforme risale a un'analisi effettuata il 3 febbraio. Le successive analisi, del 17 e 24 febbraio e del 9 marzo, sono tutte conformi e quindi la presenza è diminuita. Ma occorre definire il motivo di questa contaminazione». La costa muggesana potrebbe rischiare una declassificazione? «No - spiega Demarin - perché la classificazione in A, B e C dipende dalla qualità microbiologica delle acque, determinata dall'indicatore E.coli. Una contaminazione chimica determina la chiusura, come avviene adesso, e solo se persiste si arriva a una declassificazione, in questo caso però definitiva, con la revoca dell'autorizzazione a raccogliere. Per questo è importante per me conoscere le cause di questo episodio di positività».

Luigi Putignano

 

Ricercatori si immergono a largo di Grado festeggiati da una ventina di delfini

Durante un monitoraggio della Pinna nobilis

GRADO Nei giorni scorsi due ricercatori dell'Area marina di Miramare, Saul Ciriaco e Marco Segarich, si sono trovati di fronte a una ventina di esemplari di tursiopi, in piccoli gruppetti. È successo alla fine di un'immersione a Grado, per il monitoraggio della Pinna nobilis, nell'ambito del progetto "Restorfan". «Probabilmente si tratta della stessa famiglia già avvistata in febbraio da alcuni pescatori locali», spiega Maurizio Spoto, direttore della Riserva: «Non è frequente avvistare gruppi così numerosi, solitamente capita quando si staccano da Pirano per ragioni di alimentazione, ma non dovrebbe c'entrare con la situazione attuale». Ma se a Grado i gabbiani hanno lasciato il centro cittadino un fenomeno contrario si sta verificando a Trieste. I pesci che popolano copiosamente il canale di Ponterosso. Le faine e le volpi che sbucano in città in momenti della giornata prima d'ora impensabili. I prati pieni di farfalle e api. E che dire allora del ritorno dei delfini tursiopi che piroettano a Grado. L'effetto #stateacasa risveglia la natura, che reagisce così ora che in giro non c'è la solita massa di esseri umani che ha inevitabilmente modificato le sue abitudini. La diminuzione della pesca professionale e la sospensione di quella amatoriale permette ad esempio ai pesci costieri di avvinarsi di più verso la città, fino appunto all'interno del canale di Ponterosso, come spiega il naturalista Nicola Bressi: «Ora è possibile vedere più sotto costa branzini, saraghi, qualche orata e prossimamente, se continua la quarantena, anche le seppie». Non è poi impossibile che durante le ore diurne sbuchino pure volpi e faine. Altre conseguenze di questo periodo di quarantena riguarderanno pure tutte quelle specie ormai diventate urbane, come il cinghiale, il gabbiano o il topo: in particolare a loro mancherà il cibo, che sono abituati a ricevere dall'uomo. «È un bene», osserva Bressi: «Cerchiamo sempre di spiegare all'amico degli animali che dare cibo a quelli selvatici è un male. Le specie invasive così aumentano, creando problemi ad altri animali, vedi le cornacchie che uccidono i merli. Allo stesso tempo questa abitudine nuoce pure al porcospino, perché così lo abituiamo a frequentare strade e case, mettendo a repentaglio la sua vita. Può capitare inoltre di aiutare animali malati. In natura questi di solito muoiono, così facendo possiamo invece favorire i contagi tra gli animali stessi». Ecco dunque che questa rivoluzione farà sì che i gabbiani, ad esempio, si riprodurranno di meno. Al contempo nidificheranno in quegli spazi che oggi sono vuoti, come i giardini delle scuole.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 marzo 2020

 

 

Traffico giù, cala l'inquinamento - Si dimezzano gli ossidi di azoto - LA SITUAZIONE

Negli ultimi giorni calo sempre più significativo fino a rasentare lo zero con l'ulteriore effetto della Bora

Trieste. Alcuni dei principali agenti inquinanti dell'aria stanno diminuendo in maniera significativa a seguito del blocco progressivamente introdotto dall'esecutivo per contenere la diffusione del contagio da Covid-19. Nelle regioni del Nord, in particolare, il Sistema nazionale di protezione ambientale (Snpa) parla pressoché di un dimezzamento: un dato in linea con quelli rilevati da Arpa Fvg, anche per quanto riguarda lo specifico di Trieste e Gorizia. L'Agenzia europea dell'Ambiente (Eea) ha registrato del resto tendenze simili in Spagna e Portogallo, dopo l'adeguamento al "lockdown" su modello italiano. Nella Pianura Padana, fa sapere l'Snpa, si stima una diminuzione della concentrazione di biossido di azoto (NO2) dell'ordine del 50%, affermatasi in maniera progressiva nelle settimane successive alla limitazione della mobilità adottata in Lombardia e Veneto (23 febbraio) e poi estese all'intero territorio nazionale (11 marzo). I valori mediani di tutte le stazioni presenti in quest'area sono infatti passati da quantità comprese tra i 26 e i 40 microgrammi di NO2 per metro cubo d'aria, a febbraio, ai 10-25 microgrammi in marzo. In Friuli Venezia Giulia, nello specifico, salta all'occhio la data dell'11 marzo, per la differenza particolarmente forte notata tra la concentrazione osservata (10-20 microgrammi per metro cubo) e quella attesa (50-70). I dati sono stati elaborati da un team di esperti Snpa tramite Copernicus, il sistema satellitare europeo di osservazione della Terra le cui rilevazioni sono state integrate con quelle raccolte sui territori dalle Agenzie per la protezione dell'ambiente regionali e provinciali (Arpa e Appa). Arpa Fvg, ancora più nel dettaglio, ha preso in considerazione inoltre il periodo tra il 17 e il 23 marzo scorsi. Mettendolo a confronto con gli stessi giorni degli anni precedenti (periodo 2016-2020 per Trieste; 2012-2020 per Gorizia), nelle due città capoluogo di provincia si osserva un abbassamento del 30-50% degli ossidi di azoto (un inquinante tipicamente associato al trasporto su gomma e alla combustione industriale) presenti nell'atmosfera, per quanto riguarda la loro fascia di oscillazione media. Negli ultimi anni, sia a Trieste che a Gorizia, le stazioni di traffico urbano avevano infatti registrato un'oscillazione media di questi agenti inquinanti che si aggirava tra i 40 e i 70 microgrammi per metro cubo. La stessa media, tra il 17 e il 21 marzo 2020, è scesa via via nella fascia 20-40 microgrammi. Il 22 e 23 marzo il dato si è abbassato ulteriormente fino a rasentare lo zero, per effetto "ripulente" della Bora. In città il fenomeno emerge nella parte centrale della giornata, mentre restano presenti - in misura proporzionalmente ridotta - i fisiologici picchi di mattino e pomeriggio, coincidenti con gli orari in cui la maggior parte delle persone si sposta per andare e tornare dal lavoro (rispettivamente ore 8 e 17). Nelle stazioni di traffico extra-urbano, poi, già dal 12 marzo i livelli di inquinanti - fa sapere Arpa - sono di molto inferiori rispetto al passato, anche in fasce orarie di punta. Ieri intanto l'Eea ha diffuso dati sul decremento di concentrazioni di NO2 non solo in alcune città italiane, come Milano e Roma, ma anche europee. A Barcellona, ad esempio, i livelli medi di NO2 sono scesi del 40% in una settimana: una riduzione del 55% sullo stesso periodo del 2019. 

Lilli Goriup

 

Smog, deforestazione, attacco alla natura è così che abbiamo reso profugo il virus

Esce oggi per Einaudi in edicola e on line il volumetto di Paolo Giordano, scrittore scienziato e docente alla Sissa

Ogni giorno alle 18 ci colleghiamo per ascoltare il bollettino della protezione civile, memorizziamo i numeri, confrontiamo i pareri degli esperti, attendiamo il messaggio del presidente. Ma le istituzioni sono caute, non si fidano della nostra tenuta emotiva. Nemmeno gli esperti si fidano di noi, per questo a volte parlano in modo talmente semplice che risulta sospetto. Delle istituzioni poi eravamo sospettosi da sempre. Così, in questa dubbiosa incertezza ci comportiamo peggio di come faremmo e il panico sale. Ecco il loop in cui a volte pare imprigionato il paese. Allora forse uscire per un attimo dal ritmo ansiogeno delle notizie giornalistiche e spostarci su un libro può aiutarci. "Nel contagio" il piccolo saggio di Paolo Giordano acquistabile da oggi in edicola e online (Einaudi, pp. 80, 10 euro) è una lettura tranquillizzante perché parla con fiducia a cittadini responsabili. E cerca, attraverso la competenza di uno scrittore scienziato, di capire meglio, non il Cov-2 (il virus responsabile dell'epidemia di Covid-19, ndr), ma quello che significa stare in un presente dove il Cov-2 ha preso il timone provvisorio della realtà. La matematica, ci dice Giordano, può aiutarci perché non è la scienza dei numeri ma delle relazioni: descrive i legami e gli scambi tra fattori diversi. E il contagio da Cov-2 è soprattutto un'infezione alla nostra rete di relazioni. Immaginiamo che gli esseri umani siano biglie, miliardi di biglie vicine tra loro. Se una biglia contagiata viene lanciata nel mucchio, questa toccherà almeno due o tre biglie, che a loro volta ne toccheranno altre tre o quattro e così in misura esponenziale fino alla situazione di pandemia. Questo esempio dovrebbe farci capire che più le biglie sono distanziate, minore è la probabilità che si scontrino propagando il contagio. Fuor di metafora: contatti sociali zero. Giordano ci esorta poi a rovesciare la nostra prospettiva: proviamo a guardare l'umanità dal punto di vista del virus. Per il Cov-2 siamo divisi in tre gruppi soltanto: i Suscettibili, cioè gli organismi che potrebbe contagiare, gli Infetti e i Rimossi, quelli cioè che non può più contagiare. Va da sé che la partita, il vero e proprio cordone sanitario, la giocano i Suscettibili. Quelli che togliendosi dal raggio del virus gli impediscono di moltiplicarsi. C'è qualcosa di rassicurante nei ragionamenti di Giordano, che ha a che fare con la competenza e il rispetto dell'interlocutore, con la capacità di affrontare contenuti scientifici rendendoli umani ma senza semplificarli, avvicinando il lettore alla comprensione e quindi abbassando la paura. Una tonalità che a volte fa tornare in mente le puntate di "Siamo fatti così", la serie educativa francese che ha insegnato a un'intera generazione a conoscere il corpo umano. Leggere questo libro aiuta a lasciarsi alle spalle i toni enfatici del giornalismo - "un'esplosione" di contagi, un aumento "drammatico" - perché, se la scienza è abituata a trattare l'evolversi non lineare dei fenomeni naturali, è la distorsione mediatica a generare la paura. Rimane però che il Cov-2 sta ridefinendo il nostro modo di abitare il mondo. Eravamo abituati a imporre il nostro tempo alla natura, e invece ora accade il contrario. È in questo tempo nuovo di forzata solitudine che, paradossalmente, potremmo riscoprire un senso di comunità che era andato perduto. L'epidemia ci incoraggia a un esercizio di immaginazione inedito: pensarci come un organismo unico e perciò solidale. Teniamolo a mente, prima di uscire di casa o invocare il diritto alla quotidiana passeggiata a Barcola. E non dimentichiamocene quando tutto sarà finito. Una domanda aleggia ancora nelle nostre menti: ma noi, come comunità umana, che responsabilità abbiamo su questa epidemia? È colpa dell'inquinamento? Della globalizzazione?Siamo esseri umani pieni di impegni, viaggiamo e ci spostiamo molto, e senza dubbio l'efficienza dei nostri trasporti ha cambiato la sorte della diffusione del virus, rendendola rapida e capillare. Ed è probabile che la nostra aggressività verso l'ambiente sia andata a stanare quei patogeni che se ne stavano tranquilli nelle loro nicchie naturali. Ancora una volta Giordano ci invita a smuoverci da noi stessi e invertire la prospettiva: non sono i virus a cercarci, ma siamo noi con la deforestazione, con gli allevamenti intensivi, con le azioni votate all'estinzione di molte specie, che andiamo a stanare i virus, trasformandoli in profughi della distruzione ambientale. Negli anni Ottanta, quando andavano di moda i capelli vaporosi pieni di lacca, scoppiò l'allarme per il buco dell'ozono. Tutti cambiarono pettinatura e l'umanità venne salvata. Ma oggi? Oggi siamo davanti a problemi più complessi da comprendere e per questo è necessario cogliere il tempo anomalo che viviamo come un'occasione per fermarci e pensare. A cosa? Al fatto che siamo parte di un ecosistema meraviglioso e fragilissimo e sta a noi mantenerlo in equilibrio. E in questo momento di conta dei morti e dei guariti, dei giorni di scuola persi, delle mascherine consegnate e dei miliardi bruciati in borsa, nelle pagine di Giordano risuona l'invocazione del Salmo 90: "Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio". Un cuore saggio, auguriamoci questo.

Federica Manzon

 

 

Alberi tagliati in baia, sul web è subito polemica

Le proteste social: «Patrimonio di Sistiana rovinato». Pallotta: «Piante a rischio, era necessario per ragioni di sicurezza»

DUINO AURISINA. Il Comune taglia alcuni alberi nella baia di Sistiana «per garantire l'incolumità dei cittadini in quanto a rischio caduta», e puntale monta la polemica, con l'immancabile megafono mediatico garantito dai social. Non c'è pace, insomma, per una delle zone più belle del golfo di Trieste. A scatenare la protesta sono stati numerosi cittadini che, osservando una serie di fotografie diffuse attraverso i gruppi social locali, hanno constatato che, a pochi passi da Castelreggio e nelle immediate vicinanze della zona dove fino a pochi mesi fa sorgevano i famosi chioschi tanto apprezzati soprattutto dai giovani, l'amministrazione guidata dal sindaco Daniela Pallotta ha provveduto a far tagliare alla radice alcuni alberi.«Vogliamo andare a fondo della questione - hanno subito annunciato in tanti - perché siamo stufi di veder depauperata una delle aree più belle del nostro territorio in ragione di un rischio che, a nostro avviso, è inesistente». Immediata la replica dell'esecutivo cittadino di Duino Aurisina: «In questi giorni - ha scritto a stretto giro Pallotta - è prevista bora da forte a molto forte sulla costa, con raffiche anche oltre i 120 chilometri orari, proprio nella zona di Trieste e provincia. La Protezione civile - ha precisato il sindaco - è dovuta intervenire in altre aree per il taglio di rami secchi, ma anche per rimuovere interi alberi secchi. La caduta di alberi o rami rappresenta spesso un pericolo per l'incolumità dei cittadini e io non voglio che ciò accada quando potremo nuovamente uscire, una volta esauritasi l'emergenza coronavirus. Ecco spiegato - ha sottolineato - perché stiamo tagliando anche altri alberi. Nessuno vorrebbe farlo, ma a volte è necessario e ritengo opportuno che si lasci fare il lavoro a chi è competente in questo campo». «Dai nostri uffici che si occupano del problema - ha fatto eco a Pallotta l'assessore Massimo Romita - abbiamo avuto un'informazione nella quale si legge molto chiaramente che si sta procedendo alla messa in sicurezza delle aree pubbliche dove sono presenti alberi morti in piedi. Gli interventi sono puntuali, urgenti e indifferibili. Mi sembra che ci sia poco da discutere». Non è dello stesso avviso il consigliere di opposizione Vladimiro Mervic: «Francamente gli alberi tagliati mi sembravano sani, ora intendo fare le necessarie verifiche».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 marzo 2020

 

 

Trieste al top per consumo di acqua a casa - E l'82% beve quella che esce dal rubinetto - le citta' in cui si consuma piu' acqua
Siamo tra le 20 città più "sprecone" ma ci distinguiamo pure per l'uso che ne facciamo al posto della minerale in bottiglia
Dalla doccia alla pulizia della casa, dagli usi in cucina all'irrigazione delle piante, senza tralasciare il fabbisogno di lavapiatti e lavatrice e lo sciacquone del bagno. I triestini giornalmente consumano in media 276 litri di acqua pro capite. È un dato, quello del consumo a residente, che colloca Trieste tra le 20 città più "sprecone" d'Italia. I dati Istat, riportati in un focus dedicato alla Giornata mondiale dell'Acqua dello scorso 22 marzo, evidenziano come a distinguersi, in tal senso, sia l'intera regione visto che nella classifica stilata rientrano, addirittura sopra la stessa Trieste, pure Gorizia (289 litri) e Udine (280). Va tenuto conto che a livello nazionale la media di consumo pro capite di acqua di attesta intorno ai 241 litri al giorno, con città come Isernia, Cosenza e Milano che superano persino i 360 litri pro capite.Il rilevante uso di acqua potabile a Trieste ha riscontro anche nei risultati dell'indagine "La tua acqua" effettuata da AcegasApsAmga nel 2019, attraverso una serie di interviste realizzate nei punti vendita Coop Alleanza 3.0. Un'iniziativa - che vede partner anche Cafc e Irisacqua - alla quale nella nostra città hanno risposto 486 persone, e che ha fatto emergere come addirittura l'82% dei triestini - il dato è il più elevato a livello regionale - beve sempre o comunque spesso "l'acqua del sindaco", quella del rubinetto per intenderci. In un paese come l'Italia, che insieme all'Arabia Saudita e al Messico è il maggior consumatore di acqua in bottiglia al mondo, una percentuale così elevata di residenti che si disseta bevendo l'acqua che esce dal rubinetto di casa ha dunque un valore aggiunto. Le centinaia di triestini che hanno risposto alle diverse domande hanno fornito uno spaccato delle loro abitudini ma anche di quelle del nucleo familiare dove vivono. Un campione ampio, quindi, che fotografa il rapporto tra i triestini e l'acqua pubblica. A bere l'"acqua del sindaco" sempre o comunque spesso sono più le donne (84%) degli uomini (80%). Dall'indagine di AcegasApsAmga emerge anche un altro aspetto in controtendenza rispetto ad altri territori dove è stato effettuato il medesimo sondaggio: la fascia di età che più spesso ne fa uso è quella tra i 31 e i 44 anni (87%). Alla domanda sul perché viene preferita a quella in bottiglia, la comodità e la bontà hanno la prevalenza su altre motivazioni. In controtendenza rispetto ad altri territori, poi, è accentuata (21%) anche la consapevolezza che non produce rifiuto plastico, segno di una crescente sensibilità ambientale. Nei target più avanzati di età, sembra prevalere l'elemento della fiducia, con prevalenza per motivazioni che evidenziano la bontà e un maggior controllo rispetto alle acque in bottiglia. Nei target più giovani, invece, oltre al fattore legato alla comodità emerge in maniera significativa quello ambientale. Il fatto che bere acqua di rete, dal rubinetto, non produca rifiuti plastici è un elemento che incide in maniera determinate per il 27% degli under 30 e per il 22% delle persone tra i 31 e i 44 anni. Tra i 45 e i 60 anni incidono allo stesso modo (22%) bontà dell'acqua, comodità e aspetto economico. L'acqua distribuita da AcegasApsAmga è da classificare come acqua oligominerale, di media-bassa durezza. e in base alle sue caratteristiche è da considerarsi acqua microbiologicamente pura. «Proviene da un acquifero sicuro dell'Isontino, - spiega Armando Pizzinato, responsabile acquedotti di AcegasApsAmga - ed è captata da falde profonde fino a 180 metri e garantita qualitativamente da un sistema di monitoraggio costante attraverso strumentazioni online in tele-controllo lungo tutta la filiera, supportato da analisi di laboratorio». Il piano di monitoraggio è stabilito da procedure aziendali e concordato con Asugi.

Laura Tonero

 

 

I pesci a Ponterosso e le faine a San Giusto - Gli animali vanno alla conquista della città
L'assenza di assembramenti da parte dell'uomo sta incoraggiando molte specie. Api e farfalle si riprendono i giardini
I pesci che popolano copiosamente il canale di Ponterosso. Le faine e le volpi che sbucano in città in momenti della giornata prima d'ora impensabili. I prati pieni di farfalle e api. E che dire allora del ritorno dei delfini tursiopi che piroettano a Grado. L'effetto #stateacasa risveglia la natura, che reagisce così ora che in giro non c'è la solita massa di esseri umani che ha inevitabilmente modificato le sue abitudini. La diminuzione della pesca professionale e la sospensione di quella amatoriale permette ad esempio ai pesci costieri di avvinarsi di più verso la città, fino appunto all'interno del canale di Ponterosso, come spiega il naturalista Nicola Bressi: «Ora è possibile vedere più sotto costa branzini, saraghi, qualche orata e prossimamente, se continua la quarantena, anche le seppie». Non è poi impossibile che durante le ore diurne sbuchino pure volpi e faine. Queste ultime frequentano spesso, di notte, il Parco della Rimembranza. «La faina tende a essere notturna - sottolinea l'esperto - più che altro perché ci siamo noi, ma ora che le strade sono vuote potrebbe uscire anche di giorno». Altre conseguenze di questo periodo di quarantena riguarderanno pure tutte quelle specie ormai diventate urbane, come il cinghiale, il gabbiano o il topo: in particolare a loro mancherà il cibo, che sono abituati a ricevere dall'uomo. «È un bene», osserva Bressi: «Cerchiamo sempre di spiegare all'amico degli animali che dare cibo a quelli selvatici è un male. Le specie invasive così aumentano, creando problemi ad altri animali, vedi le cornacchie che uccidono i merli. Allo stesso tempo questa abitudine nuoce pure al porcospino, perché così lo abituiamo a frequentare strade e case, mettendo a repentaglio la sua vita. Può capitare inoltre di aiutare animali malati. In natura questi di solito muoiono, così facendo possiamo invece favorire i contagi tra gli animali stessi». Ecco dunque che questa rivoluzione farà sì che i gabbiani, ad esempio, si riprodurranno di meno. Al contempo nidificheranno in quegli spazi che oggi sono vuoti, come i giardini delle scuole. «Le zone in cui non si taglierà l'erba o gli orti rimasti incolti sono destinati a diventare un paradiso per impollinatori e insetti», specifica Bressi: «Questi spazi saranno quindi pieni di api e farfalle. Più fiori hanno, più forti saranno». Negli scorsi giorni, peraltro, due ricercatori dell'Area marina di Miramare, Saul Ciriaco e Marco Segarich, si sono trovati di fronte a una ventina di esemplari di tursiopi, in piccoli gruppetti. È successo alla fine di un'immersione a Grado, per il monitoraggio della Pinna nobilis, nell'ambito del progetto "Restorfan". «Probabilmente si tratta della stessa famiglia già avvistata in febbraio da alcuni pescatori locali», spiega Maurizio Spoto, direttore della Riserva: «Non è frequente avvistare gruppi così numerosi, solitamente capita quando si staccano da Pirano per ragioni di alimentazione, ma non dovrebbe c'entrare con la situazione attuale».

Benedetta Moro

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24 marzo 2020

 

 

Ripopolate le foreste marine di Miramare
I biologi della Riserva hanno trapiantato le Cystoseire dal parco di Strugnano: sono alghe essenziali per gli "umori climatici"
A Miramare presto ricresceranno le foreste marine di Cystoseira, fondamentali per la conservazione della biodiversità e la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici sul nostro pianeta, grazie alla produzione di ossigeno e all'assorbimento di Co2 che le accomuna, per funzione, alle foreste terrestri. Lo confermano i biologi della Riserva, che stanno monitorando i risultati del trapianto dell'anno scorso e il livello di fertilità del sito donatore, il parco di Strugnano in Slovenia. «La situazione delle Cystoseire trapiantate è molto buona e fa ben sperare che questo impianto possa innescare quel meccanismo virtuoso naturale che consentirà alle alghe di proseguire autonomamente con la crescita e il ripopolamento», spiega Saul Ciriaco, biologo marino e subacqueo dell'Area marina protetta. Dopo due anni e mezzo anni di lavoro il progetto europeo ROC-POPLife, acronimo che sta per Restoration Of Cystoseira Population, sta raccogliendo i frutti di quanto seminato. Letteralmente. Scopo del progetto, che coinvolge due università, Trieste e Genova, e quattro Aree marine protette (Miramare, Cinque Terre, Portofino e Strugnano), è il ripopolamento delle foreste sottomarine di Cystoseira, un'alga bruna a rischio estinzione, con un metodo inedito: dai siti donatori, nel nostro caso Strugnano, vengono raccolte soltanto le parti apicali fertili dell'alga, che poi si posizionano in dischetti di argilla biodegradabili e si trasferiscono in laboratorio, all'interno di acquari per la coltivazione e la produzione di nuove "plantule". Quando le Cystoseire sono pronte i dischetti vengono prelevati e messi a dimora nel sito marino che si vuole ripopolare. Si tratta, ricorda Annalisa Falace, coordinatrice del progetto e ricercatrice del dipartimento di Scienze della vita dell'ateneo giuliano, di un metodo di restauro inedito, perché in questo modo non s'impoverisce il sito donatore. «Finora a Miramare abbiamo posizionato in due diversi eventi di trapianto 400 dischetti, ciascuno con un migliaio di plantule, protetti con dissuasori per impedire ai pesci e altri erbivori di cibarsene - racconta Ciriaco -. Le abbiamo monitorate di recente, verificando come, con l'inizio della primavera e l'aumento delle ore di luce, stiano iniziando a crescere autonomamente». Dall'altra parte di un confine attualmente blindato per l'emergenza Coronavirus c'è il sito di Strugnano, dove i ricercatori si sono recati poco prima della chiusura delle frontiere alla ricerca di parti apicali fertili per proseguire con il trapianto: a quanto pare manca pochissimo perché le piantine siano pronte, ora ci sarà da capire come operare per riuscire a portarle in Italia. Nel frattempo la notizia del successo di questo progetto di ripopolamento vegetale dei fondali marini si è diffusa, e sono fioccate da tutt'Italia e anche dall'estero proposte di collaborazione. Tanto che si sta già lavorando su un secondo progetto, che se verrà finanziato dall'Ue si amplierà andando a includere altre dieci Aree marine protette italiane e due nuovi partner scientifici: l'Ispra di Roma, che si occuperà del monitoraggio delle aree con droni, e l'Università Partenope di Napoli, che lavorerà per stimare i servizi ecosistemici e il valore anche economico di questo "capitale naturale" che si sta tentando di restaurare. «Vista la situazione critica del nostro Pianeta conservare l'esistente non è più sufficiente, bisogna invece operare per il restauro ambientale: lo sostiene con forza anche l'Onu, che dedica il prossimo decennio al ripristino degli ecosistemi», conclude Falace.

Giulia Basso

 

Le simulazioni di Valeria al pc sull'ecosistema mediterraneo
Valeria Di Biagio è romana, si è laureata alla Sapienza in Fisica e poi ha fatto un master in calcolo scientifico. A Trieste invece si è specializzata in Fluidodinamica.Attualmente si occupa di Modellistica degli ecosistemi marini all'Ogs: «Facciamo modelli e simulazioni al computer dell'ecosistema marino. Nel mio gruppo sono molte le linee di ricerca. Nello specifico, quella di cui mi occupo io, è produrre dei modelli accoppiati di fisica e biogeochimica. Quindi cerco di simulare essenzialmente il plancton che interagisce con costanti fisse: correnti, temperatura, radiazione solare. La mia area di ricerca è il Mar Mediterraneo».Lo scopo è anche quello di capire meglio come funziona l'ecosistema terrestre: «Per esempio monitorare la produzione di ossigeno che per metà proviene dall'ecosistema marino. Naturalmente nel mare avvengono molti fenomeni che ci riguardano tutti». Valeria Di Biagio è inoltre arrivata seconda al Premio FameLab, il talent-show della scienza, una competizione internazionale di divulgazione scientifica. Il tema va esposto in tre minuti: «Ognuno doveva parlare di due argomenti. Il mio primo tema è stato la fotosintesi, mentre l'altro argomento affrontato era più legato alla fisica: come, grazie allo studio delle correnti marine, sia stato possibile ricostruire il percorso di una fuga, in zattera, da Alcatraz».Gli interessi al di fuori del lavoro si spostano invece sullo sport: «Ho sempre praticato la danza. Anche qui a Trieste frequento un corso di danza contemporanea. Ma soprattutto pratico teatro a livello amatoriale. Anche l'idea del FameLab era per mettermi alla prova, benché su un testo scientifico anzi che teatrale. Credo però che comunicare, e per quel che possibile semplificare la scienza, stimoli molto la curiosità delle persone, per questo sono importanti concorsi come FameLab».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23 marzo 2020

 

 

Scatta l'offensiva anti-pantegane: 1.400 trappole dalle Rive ai parchi
Vicina la fase in cui i ratti giovani escono dalle tane: riposizionamento e controllo delle scatole in corso
Oltre 1.400 trappole in giro per la città con tanto di appello a non manometterle o rubarle. Il Comune - nonostante l'emergenza coronavirus - si prepara ad affrontare il periodo dell'anno, quello di maggio e giugno, in cui i ratti escono di più dalle loro tane in cerca di cibo, e lo fa sistemando le scatole col veleno nei punti strategici. L'appalto in questione, dalla durata biennale, era stato vinto dalla ditta "Il Girasole" di Porcia lo scorso anno con un'offerta di 30 mila euro Iva esclusa. «In questa fase - spiega l'assessore competente Michele Lobianco - vengono effettuati il riposizionamento e il controllo delle mangiatoie che, ricordo, sono create in modo tale da proteggere cani e gatti visto che l'esca non è raggiungibile dall'esterno. La scatola è costruita in modo tale che il topo entri attraverso una rotella, mangi e se ne vada. Al momento sono oltre 1.400 le trappole posizionate in tutta la città tra luoghi pubblici, palazzi di competenza del Comune e giardini». Il topo è un animale estremamente intelligente, per questo motivo le esce devono essere riposizionate in maniera costante. Gli animali comunicano anche tra di loro e nel corso degli anni la strategia anti-pantegane è mutata pure nel tipo di trappole. Oggi una volta mangiata l'esca il roditore non muore subito, ma solitamente dopo alcuni giorni. Questo per impedire che gli altri membri del gruppo capiscano che l'esca è avvelenata. «In questo periodo - prosegue l'assessore - non ci sono segnalazioni riguardanti la presenza di ratti ma in realtà il momento più critico è quello d'inizio estate anche se lo scorso anno il fenomeno era iniziato prima. Si vede comunque che la campagna massiccia con l'implementazione delle trappole e una strategia sempre nuova hanno prodotto risultati». La primavera e l'estate sono le stagioni in cui i giovani esemplari escono allo scoperto per cercare cibo ed esplorare il territorio. Lo scorso anno tra aprile e maggio il fenomeno era emerso in maniera importante in città anche a causa delle piogge intense che avevano spinto gli animali in superficie. A gennaio non erano invece mancate le polemiche politiche in seguito alla segnalazione della consigliera comunale di Open Sabrina Morena riferita in particolare alla zona di piazza Goldoni. Le trappole sono posizionate come detto in diversi punti della città: le Rive, gli uffici e ovviamente i giardini pubblici, come ad esempio il "Muzio de Tommasini". Sono spesso nascoste proprio per evitare manomissioni o furti. Per quanto riguarda le residenze private o i condomini l'invito è invece quello di rivolgersi agli amministratori stabili che poi contattano l'Azienda sanitaria. Per le segnalazioni nei luoghi pubblici ci si può rivolgere all'Urp del Comune.

Andrea Pierini

 

Sabotate, distrutte, addirittura rubate - Metà delle esche mappate in città è da sostituire da un anno all'altro
Nel 2019, in seguito a una serie di episodi e di successive "indagini" a riguardo, è stato accertato che esistono gruppi, se non una vera e propria banda più o meno organizzata, il cui scopo è quello di sabotare le esche per topi che il Comune sistema in tutta la città per cercare di contenere la popolazione dei ratti. Un fenomeno aggiuntivo, dunque, oltre a quello dei ladri di trappole, che rubano le scatolette pagate dalla collettività per portarsele nei propri giardini e cortili privati. Gli operatori incaricati del servizio di derattizzazione, nel corso dei periodici controlli volti a verificare appunto se l'esca sia intatta o consumata e dunque sia da sostituire o meno, trovano infatti palle di carta e scotch oppure schiuma espansa nel foro di accesso alla trappola: soluzioni che impediscono al topo di entrare e dunque di mangiare l'esca. In altri casi le scatolette vengono distrutte. Chi agisce ha uno scopo preciso: non far morire quegli animali. La morte da avvelenamento, d'altronde, è certamente atroce, e ci sono dei triestini che combattono la loro battaglia al fine di salvare i ratti da quella dolorosa fine. Ma a questi si aggiungono certamente i vandali "di professione". Il risultato è che nel 2018 sono state ben 700 su 1.400, il 50% quindi, le trappole da sostituire perché manomesse, rotte o addirittura sparite. Il dato del 2019 sarà presumibilmente disponibile alla chiusura delle operazioni di riposizionamento e controllo delle scatolette in corso in vista dell'inizio dell'estate e dell'uscita dalle loro tane degli esemplari di ratto più giovani. Occhio però a non dare la croce addosso alle associazioni animaliste: le azioni di sabotaggio è ritenuta infatti opera di singoli, cani sciolti, persone che nulla hanno a che vedere con le realtà organizzate del territorio.

 

«Non toccate le mangiatoie e non lasciate rifiuti in giro»
«Siamo in campo con l'appalto delle mangiatoie e nonostante l'emergenza coronavirus la ditta le sta posizionando cercando di nasconderle il più possibile perché purtroppo, anche in questo periodo, proseguono i fenomeni di furto e sabotaggio». Parola dell'assessore agli Affari zoologici Michele Lobianco, il quale spiega come sia decisivo, al di là dei comportamenti più propriamente "dolosi" come appunto furti e sabotaggi, il contributo di civiltà da parte dei residenti.«Un tema-chiave - spiega infatti a questo proposito lo stesso Lobianco - è quello di non lasciare rifiuti di cibo o sacchetti dell'umido a terra. I topi sono dotati di un olfatto importante, questo significa che riescono a sentire gli odori da lontano e ciò li attrae in superficie». Certo poi - insiste Lobianco senza usare giri di parole - continuano a esserci gli idioti che manomettono o addirittura rubano le mangiatoie. Vale la pena ricordare che questo è un reato penale visto che si tratta di furto. L'appello che rinnovo, dunque, è ancora una volta quello di non toccare le mangiatoie».

 

 

Le rilevazioni dell'Arpa: niente segnali anomali dalla centrale di Krsko
TRIESTE. Dopo una prima comunicazione in mattinata, ieri sera la conferma: la radioattività in aria misurata dalla stazione di monitoraggio del Centro regionale di radioprotezione di Arpa Fvg non ha rilevato alcuna variazione rispetto ai valori di fondo naturale. Il sisma di Zagabria non ha causato dunque anomalie alla centrale nucleare slovena di Krsko, distante in linea d'aria 136,5 km da Trieste. L'analisi di spettrometria gamma del particolato atmosferico raccolta da giovedì a ieri non evidenzia alcuna presenza di radionuclidi artificiali al di sopra della minima attività rilevabile. Né valori anomali sono stati evidenziati per la radiazione gamma in aria. «Situazione assolutamente regolare», ha riassunto l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro precisando che «nessuna anomalia al funzionamento della centrale» slovena «è stata segnalata dalle autorità» di Lubiana. Esiste un patto bilaterale con la Slovenia in base al quale «in caso di incidenti a Krsko è immediatamente avvisato l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare che subito trasmette alla Regione Fvg i dati per le verifiche del caso».Le scosse ieri sono state registrate anche dalla rete sismometrica gestita dal Crs - Centro di ricerche sismologiche dell'Ogs. Il sisma è stato avvertito in alcune zone della nostra regione: «A Trieste e nell'Isontino, ma anche nella piana del Friuli», sottolinea Stefano Parolai, direttore Crs. Le zone che si estendono fino ai Balcani, annota Parolai, sono del resto «sismicamente attive perché si trovano tra diverse placche tettoniche» il cui contatto, nell'area mediterranea, genera «giornalmente» delle scosse. Il terremoto di ieri è avvenuto in una zona sismica, quella di Zagabria, anche in passato colpita da importanti terremoti: si stima che il sisma del 1880 fu di magnitudo 6,3.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 marzo 2020

 

 

Acqua sicura nelle case con 50 analisi ogni giorno e oltre 17 mila all'anno
Il report di AcegasApsAmga sui 900 chilometri abbondanti della rete acquedottistica di Trieste e dintorni che serve in tutto 230 mila cittadini
Cinquanta analisi al giorno e un totale di oltre 17 mila all'anno, in collaborazione con l'Azienda sanitaria. Il tutto per garantire ai cittadini un'acqua più buona e sicura attraverso una rete idrica all'avanguardia. È quanto mette in evidenza AcegasApsAmga nella Giornata mondiale dell'acqua, che ricorre proprio oggi.«Più di 900 chilometri di rete acquedottistica, oltre 230 mila cittadini serviti, 50 analisi al giorno»: sono questi i dati che emergono dal report "In buone acque", il documento che rendiconta i dati quantitativi e qualitativi delle analisi effettuate sulle acque della rete triestina e di tutto il territorio servito da AcegasApsAmga nel corso del 2018. Il report, certificato da Dnv Gl e disponibile sul sito della multiutility (l'indirizzo al quale collegarsi è www.acegasapsamga.it), narra con trasparenza le origini dell'acqua che sgorga tutti i giorni dai rubinetti di casa e i motivi economici ed ambientali per i quali conviene berla. «In questo periodo di forte emergenza sanitaria per il coronavirus, in cui gli spostamenti sono limitati e la normale gestione della spesa al supermercato può divenire un'azione complessa, è importante ricordare che nelle proprie abitazioni è presente una vera e propria sorgente oligominerale a chilometro zero: l'acqua di rubinetto», sottolinea una nota dell'azienda del gruppo Hera. Peraltro, rifornirsi dell'acqua del rubinetto, soprattutto in questi giorni, «significa dire addio ai carrelli colmi di acque in bottiglia, alla fatica di caricare le casse in auto e trasportarle fino a casa», aggiunge il comunicato. Inoltre, come ricordato proprio in questi giorni dall'Istituto superiore di sanità e dal ministero della Salute, l'acqua potabile è totalmente sicura e si può utilizzare in completa tranquillità. Nel territorio triestino vengono effettuate oltre 17 mila analisi ogni anno in collaborazione con l'Azienda sanitaria giuliano isontina. L'acqua di rete è ecologica, evita infatti il ricorso a qualcosa come 270 milioni di bottiglie di plastica, ed economica, giacché consente di risparmiare in media quasi 440 euro l'anno rispetto a quella in bottiglia. L'acqua presente nelle abitazioni dei triestini è buona, classificata come oligominerale e a basso contenuto di sodio (per eliminare l'eventuale sapore di cloro, basta riempire una caraffa d'acqua e lasciarla riposare, meglio se in frigo).Infine, va ricordato l'Acquologo, cioè la app che spiega tutti i segreti e i dettagli del servizio idrico. Conoscere la qualità dell'acqua del rubinetto o segnalare una perdita in strada è sempre possibile grazie appunto all'Acquologo: si tratta di una applicazione gratuita sviluppata da AcegasApsAmga, insieme ai tecnici incaricati del gruppo Hera, e che è disponibile per i sistemi operativi iOS, Android e Windows Phone. Sono molte le funzioni disponibili sull'app, che permette di inviare comodamente via smartphone la lettura del proprio contatore idrico oppure ancora di essere avvisati tempestivamente in caso di momentanea interruzione dell'erogazione dell'acqua per lavori programmati.

 

 

Raccolta differenziata proibita ai contagiati in quarantena
Nel caso di malati in isolamento  i rifiuti domestici vanno conferiti in un doppio sacchetto nei bottini per l'indifferenziato indossando guanti monouso
TRIESTE - I contagiati dal Covid-19 o sospetti tali non devono in alcun modo fare la differenziata. Mentre vale per tutti la regola di gettare nel secco residuo fazzoletti, mascherine e guanti usati. Ecco le direttive predisposte da Regione, Protezione civile e Arpa Fvg assieme ai vari gestori del servizio raccolta rifiuti presenti sul territorio, a seguito delle indicazioni dell'Istituto superiore di Sanità. Partiamo appunto dalle famiglie in cui sono presenti persone risultate positive al tampone oppure sottoposte a quarantena obbligatoria. In questi casi non importa se plastica, vetro, carta, umido o metallo: tutto (ma proprio tutto) deve finire nel contenitore abitualmente utilizzato per l'indifferenziato, meglio ancora se con apertura a pedale. L'immondizia deve poi essere sigillata con lacci di chiusura o nastro adesivo, all'interno di 2 o più sacchetti messi l'uno dentro l'altro, indossando guanti monouso che saranno a loro volta raccolti in nuovi sacchetti. I rifiuti così prodotti vanno conferiti quotidianamente nei cassonetti, mentre in caso di porta a porta vanno svuotati ogni giorno nel mastello del secco residuo. Questo dev'essere conservato all'esterno dell'abitazione in attesa del ritiro, della cui frequenza si può chiedere un aumento rivolgendosi ai gestori del servizio nel proprio Comune di residenza. Agli stessi enti, analogamente, si può domandare aiuto qualora si fosse impossibilitati a gettare l'immondizia autonomamente (a Trieste il numero da chiamare è 800-388-688, dalle 9 alle 18 da lunedì a venerdì). Gli animali domestici devono inoltre essere tenuti alla larga dai rifiuti e al termine di ogni operazione bisogna lavarsi le mani. Questo tipo di gestione della spazzatura vale non solo per l'intera durata dell'isolamento, ma anche nei 14 giorni successivi la dichiarazione di guarigione e/o fine della quarantena obbligatoria. Per tutti gli altri, come anticipato, restano in vigore le consuete modalità di raccolta differenziata. Si fa eccezione per fazzoletti di carta usati in caso di raffreddamento, mascherine e guanti, che vanno appunto nell'indifferenziato, utilizzando ancora una volta un minimo di 2 sacchetti, da sigillare con cura.A Trieste, infine, AcegasApsAmga ricorda che i centri di raccolta sono chiusi ai cittadini privati dal 14 marzo: possono accedervi solo le attività produttive autorizzate. Restano operativi tutti i servizi di raccolta domiciliare su prenotazione, come ad esempio ritiro di ingombranti e raccolta verde.Per ulteriori informazioni rimane disponibile il numero verde gratuito dei Servizi ambientali comunali (800- 955-988).

Lilli Goriup

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21 marzo 2020

 

 

Il ministero boccia per la seconda volta l'abbattimento della Sala Tripcovich
Il Comune annuncia il ricorso al Tar. La rabbia del sindaco: «Loro hanno vinto la prima battaglia, ora inizia la guerra»
«È giunto il momento di prendere l'avvocato: loro hanno vinto la prima battaglia, ma adesso incomincia la guerra». Queste le parole lapidarie del sindaco Roberto Dipiazza, dopo il secondo diniego da parte del ministero dei Beni e delle Attività culturali all'abbattimento della sala Tripcovich. Il primo cittadino ha deciso questa volta di intraprendere le vie più dure: dopo un ricorso amministrativo "soft", il prossimo passo sarà invece un ricorso al Tar. Risponderà così dunque alla Direzione generale che ha cassato il progetto di demolizione dell'edificio proposto per valorizzare l'ingresso alla città e all'antico scalo e riportare la piazza al suo assetto ottocentesco. Il Mibact questa volta ha ritenuto "inammissibile" e "improcedibile" il ricorso amministrativo avviato dal Comune al primo niet dello scorso dicembre. La motivazione riguarda innanzitutto una questione di forma, spiegano gli uffici romani: il primo parere dato sulla questione rientrava in una comunicazione tra lo stesso Mibact e la Soprintendenza. E quindi non poteva essere un atto impugnabile da enti esterni al ministero. Sul contenuto, poi, gli uffici romani ribadiscono ciò che era stato già detto. Ovvero che, al fine della demolizione, la rimozione del vincolo, può avvenire «d'ufficio, su richiesta dei proprietari, possessori o detentori interessati», ma solo «in presenza di elementi di fatto sopravvenuti ovvero precedentemente non conosciuti o non valutati». Per il Mibact tutti gli elementi riguardanti la trasformazione del teatro erano già stati valutati nel 2006, quando era stato posto il vincolo. Viene inoltre sottolineato come il Comune debba garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di proprietà. Non ultimo si specifica che «non è condivisibile il parere espresso dalla Soprintendenza territoriale competente» - che invece da sempre si è dimostrata favorevole all'abbattimento a patto che la demolizione avvenisse nell'ambito della riqualificazione della piazza verso Porto vecchio -, che si è pronunciata sulla base di argomentazioni in contrasto con le motivazioni del provvedimento di tutela dell'edificio. Dal canto suo il Municipio, attraverso un fascicolo con uno studio approfondito di una decina di pagine in mano a Enrico Conte, direttore dei Lavori pubblici, e inviato lo scorso gennaio, ha cercato di spiegare come non sia la Sala Tripcovich a essere cambiata ma il paesaggio urbano circostante. E lo sarà ancora di più con il progetto di riqualificazione da 2 milioni di euro dell'area di largo Città di Santos, che sarà completamente rivisitata per fare spazio all'ingresso monumentale di Porto vecchio. Nel documento era stata avanzata anche una richiesta di incontro, a cui però non è stata data risposta. «Ci sono giochi della politica che mi hanno infastidito - commenta ancora Dipiazza -. Se mi chiederanno qualcosa da Roma per altro, domanderò loro di farmi per la prima volta un piccolo favore.... » . Intanto, oltre al ricorso al Tar, l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi propone comunque di andare in visita a Roma - quando l'emergenza coronavirus sarò rientrata - per «spiegare e mostrare de visu la realtà che è cambiata e che dalle carte forse non si evince». Il parere con il ministero, lo ricordiamo, era divenuto un passaggio obbligatorio dopo che, dallo scorso agosto, con la legge dell'ex ministro Bonisoli non era più la Soprintendenza locale assieme alla Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale (CoRePaCu) a dare il proprio parere bensì il Mibact. Con la riforma Franceschini di gennaio però è stata istituita nuovamente la Corepacu, con sede presso il Segretariato regionale e a questo istituto spetta ora di nuovo l'ultimo parere su dichiarazioni e verifiche d'interesse culturale. Pare non però non ci sia speranza affinché la pratica Tripcovich torni indietro. «Visti i due dinieghi - spiega il soprintendente Simonetta Bonomi - mi pare difficile che la Corepacu possa andare contro il parere del Mibact. Non c'è motivo dunque, per me, di fare una nuova richiesta».

Benedetta Moro

 

 

Il frutticoltore di Pisc'anzi in lotta con cinghiali e burocrati
Vincenzo Ferluga, uno degli ultimi superstiti della categoria, vede ogni anno i suoi alberi danneggiati dagli ungulati. «I risarcimenti della Regione? Ridicoli»
TRIESTE. Solo, in perenne lotta contro i cinghiali che, sempre più aggressivi, gli distruggono gli alberi da frutta. E oramai in difficoltà anche nel rapporto con la Regione che, come risarcimento, gli propone quelle che lui definisce «cifre irrisorie e fuori mercato». Vincenzo Ferluga è l'ultimo superstite di una categoria oramai in via di estinzione, quella dei frutticoltori. Da mezzo secolo lavora un appezzamento di terra, situato sopra Roiano, nella zona di Pisc'anzi, dotato di circa 600 piante da frutta, che danno soprattutto susine e amoli, ereditato da uno zio che, prima di lui, faceva lo stesso lavoro. «E con il quale - precisa - imparai questa attività da giovanissimo. Ma quello che sta accadendo da qualche tempo in qua non l'avevo mai visto prima, in mezzo secolo di cura delle mie piante. Oramai - evidenzia Ferluga, oggi 68enne - sono all'ordine del giorno gli attacchi alle mia piante da parte dei cinghiali, che si avvicinano alla città sempre di più, anche perché si moltiplicano a dismisura ed essendo molto numerosi sul territorio, sono di conseguenza costretti a cercare il poco cibo che c'è in giro nel circondario di Trieste, assaltando anche i miei terreni».Per Ferluga un problema enorme, perché i cinghiali non solo mangiano la frutta, ma abbattono i rami, mordono i tronchi, in certi casi riescono ad abbattere gli alberi più piccoli, pur di raggiungere il loro obiettivo. «Mediamente mi rovinano dai 30 ai 40 alberi all'anno - riprende il frutticoltore - cioè più del 5 per cento del totale, con una diretta conseguenza sulla capacità produttiva che, nei tempi migliori, arrivava a qualche decina di quintali di frutta all'anno».E qui si innesca il secondo problema di Vincenzo Ferluga: i rapporti con la Regione, ente che dovrebbe provvedere a risarcire i danni. «I guai sono iniziati con l'eliminazione della Provincia - sottolinea -, alla quale era possibile rivolgersi con buone probabilità di essere ascoltati e capiti. Poi, dopo l'eliminazione dell'ente di palazzo Galatti, le competenze in materia sono state assunte dalla Regione. Il primo risultato è stato lo spostamento a Udine degli uffici che dovrebbero assistermi, obbligandomi quindi a continue trasferte. Poi è stato fatto un nuovo regolamento in base al quale il risarcimento, in questi casi, è di 7 euro per ogni albero distrutto, più un euro per le spese di reimpianto. Cifre ridicole - denuncia - al punto che, esasperato, ho proposto alla Regione di provare ad acquistare loro piante da susine e amoli a quei prezzi e di venire a impiantarle al costo di un euro. Gli unici che mi sostengono sono i responsabili dell'Associazione degli agricoltori del Carso, ma non possono essere certo loro a risarcirmi».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20 marzo 2020

 

 

Valori elevati di benzene per un guasto in Ferriera - ARPA: problema risolto

L'Arpa continua a presidiare l'area di Servola con assiduità e costanza, anche in questa fase di pre-chiusura dell'area a caldo della Ferriera (la data per l'avvio dell'iter di spegnimento è, come noto, quella del 27 marzo prossimo). Lo segnala la stessa Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, Arpa appunto, che ha rilevato, tramite la rete di monitoraggio della qualità dell'aria, alcuni dati anomali lo scorso martedì, cioè il 17 marzo. Nello specifico - riferisce l'Arpa attraverso un comunicato ufficiale - sono stati riscontrati dei valori elevati di benzene, causati da un malfunzionamento nell'impianto della Ferriera di Servola. Dell'anomalia è stata data comunicazione alle autorità competenti come da prescrizioni. Il malfunzionamento è stato prontamente risolto dal personale tecnico incaricato dell'azienda del gruppo Arvedi. Tutti i dati raccolti dalla rete di monitoraggio Arpa sono disponibili e consultabili sul sito web dell'Agenzia. Intanto alla Ferriera è iniziato ieri alle 12 uno sciopero a oltranza, proclamato da Usb Lavoro privato Trieste, a tutela della salute dei lavoratori. La protesta proseguirà, secondo il programma, fino al 31 marzo. «Sappiamo - afferma Sasha Colautti dell'Usb - che le persone stanno scioperando, ed è giunto un plauso per l'iniziativa da parte dei lavoratori. Valuteremo passo passo - conclude il sindacalista - la situazione».

 

 

Fernetti, cumuli di rifiuti dopo lo sblocco dei Tir

La sosta forzata dei camion lascia in eredità una discarica. Il sindaco Kosmina tuona: «Lasciati soli da Anas e Demanio»

MONRUPINO. Un piazzale ridotto a un immondezzaio a cielo aperto, con bottigliette di plastica, cartacce, scatolette e avanzi di cibo sparsi dappertutto. È la situazione venutasi a creare nella parte italiana del valico di Fernetti all'indomani dello sblocco dei Tir diretti in Slovenia. Come si ricorderà a causa delle drastiche decisioni di alcuni paesi dell'Est per alcuni giorni, nell'area dell'ex posto di blocco della frazione del Comune di Monrupino, hanno sostato decine e decine di camion provenienti da varie parti d'Europa e diretti appunto a Est. I camionisti, costretti a una lunga sosta imprevista, si sono arrangiati come potevano, in condizioni di assoluta precarietà. Alla loro partenza, il piazzale ha assunto così un aspetto indecoroso, denunciato in primis da Tanja Kosmina, sindaco di Monrupino: «Ricevo continuamente chiamate dai residenti - spiega - che si lamentano per una situazione insostenibile. L'area non è mai stata molto pulita - precisa - perché il Demanio e l'Anas, che dovrebbero occuparsene, non provvedono. In questo caso però - insiste la stessa Kosmina - abbiamo raggiunto livelli di sporcizia mai visti prima. Mi sono rivolta a Demanio e Anas con tutti i mezzi possibili, telefonando, scrivendo e-mail, cercando contatti personali. Non ho ricevuto uno straccio di risposta - evidenzia - come se il problema non esistesse. Del resto il mio è un Comune piccolissimo, ho un solo addetto alla pulizia delle strade, ma non posso indirizzarlo al piazzale di Fernetti, sia perché una persona da sola ben poco potrebbe fare, vista la dimensione dell'area da sistemare, sia perché, soprattutto, non è nostra competenza farlo». Insomma, uno stato di fatto inaccettabile, anche perché Fernetti, come sottolinea Kosmina, «è il biglietto da visita dell'Italia per tutti coloro che entrano da lì e devo confessare che mi vergogno di ciò che trovano».La zona dell'ex valico di Fernetti è inserita in un progetto dell'Anas che ne prevede la totale ristrutturazione. «Ma ci vuole ancora molto tempo per vederne la realizzazione - continua il sindaco di Monrupino - e non possiamo aspettare, soffrendo ancora questa situazione. Siamo disponibili a collaborare, a condizione di non essere lasciati soli. Il piazzale attualmente è impresentabile e temo che, quando finirà l'emergenza coronavirus e torneranno i turisti, ci troveremo davanti a un grosso problema da risolvere».

Ugo Salvini

 

La giunta "bacchetta" i sindaci sulle maxi pulizie delle strade

Sconsigliato l'utilizzo su larga scala di prodotti disinfettanti «Non c'è evidenza che le superfici calpestabili agevolino la trasmissione delle infezioni»

Trieste. La Regione bacchetta i sindaci intenzionati a lavare le strade con scenografiche battute di pulizia a suon di disinfettante e domanda loro di ragionare piuttosto su altre misure per per evitare assembramenti, limitandosi per il resto a detergere più spesso la pavimentazione dei luoghi frequentati. È quanto un comunicato di Protezione civile e direzione Salute chiede ai Comuni del Friuli Venezia Giulia.La nota è dedicata alla prevenzione della diffusione del coronavirus negli spazi urbani e il punto su cui insiste è la necessità di evitare l'utilizzo su larga scala di disinfettanti, dannosi per l'ambiente e la salute. Una risposta a quei municipi che, come nel caso di Trieste e Udine, hanno manifestato in questi giorni la volontà di organizzare grandi manovre di pulizia nelle strade, forse rassicuranti per la popolazione, ma di nessun effetto sul piano della prevenzione. «Per quanto riguarda strade, piazze e luoghi aperti - recita il testo - non vi è evidenza che le superfici calpestabili siano implicate nella trasmissione di infezioni respiratore virali. Inoltre, i prodotti disinfettanti, soprattutto se usati su larga scala, hanno un considerevole impatto ambientale e possono essere dannosi per la salute umana». Secondo la Regione, è pertanto «consigliata, e potrà esser utilmente incrementata, la normale pulizia delle strade. Si raccomanda invece di evitare le procedure di spazzamento a secco e l'utilizzo di soffiatori al fine di ridurre l'aerodispersione di polveri». Protezione civile e direzione Salute ritengono giusto poi aumentare le azioni di lavaggio di marciapiedi e aree pedonali nei punti di maggiore aggregazione (farmacie, supermercati, capolinea degli autobus, stazioni) mediante idropulitrici con acqua e detersivo. Non è invece considerata utile la pulizia degli arredi urbani (panchine, corrimani, pensiline) in quanto, per essere efficace, dovrebbe essere ripetuta più volte nell'arco della giornata. La Regione chiede inoltre di diffondere a cittadini, amministrazioni di condominio e Ater la raccomandazione di «incrementare la pulizia e disinfezione delle superfici che vengono più spesso a contatto con le mani. È raccomandato, infine, l'aumento della ventilazione, possibilmente naturale, in tutti gli edifici pubblici o privati di uso comune». Tra le raccomandazioni per l'igienizzazione delle abitazioni anche quella di «pulire ogni giorno gli ambienti e i servizi igienici con acqua e un comune detergente; disinfettare con prodotti a base di cloro (candeggina) o, per le superfici che potrebbero essere danneggiate dall'ipoclorito di sodio, con alcol al 70 per cento. Particolare attenzione va riposta alle superfici che vengono toccate con maggiore frequenza (maniglie, pomelli, pulsanti, tablet, tastiere, telefoni)».

D.D.A.

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 19 marzo 2020

 

 

Raccolta differenziata e coronavirus: cosa c’è da sapere

Nuove disposizioni legate al Coronavirus anche per la raccolta differenziata, ecco come cambia il conferimento dei rifiuti.

Le nuove disposizioni delle autorità sanitarie in ambito Coronavirus comporteranno la messa in atto di alcune specifiche pratiche. Questo riguarderà anche la raccolta differenziata dei rifiuti, che subirà determinate variazioni in funzione di quelle che sono le condizioni di chi conferisce i sacchetti. Più stringenti le indicazioni per chi è risultato positivo o è soggetto a quarantena obbligatoria. A stabilire le nuove indicazioni per il conferimento della raccolta differenziata è l’ISS. Lo stesso Istituto Superiore di Sanità ha chiarito che il Sars-CoV2 ha una sopravvivenza variabile a seconda della superficie su cui si appoggia. In merito alla possibilità di trasmissione del Coronavirus attraverso i sacchetti della spazzatura ha dichiarato: Si deve considerare che i virus provvisti di involucro pericapsidico (envelope) – come il Sars-CoV2 – hanno caratteristiche di sopravvivenza inferiori rispetto ai cosiddetti virus nudi (senza envelope: per esempio, enterovirus, norovirus, adenovirus ecc.) e quindi sono più suscettibili a fattori ambientali (temperatura, umidità, luce solare, microbiota autoctono, pH, ecc.) e a trattamenti di disinfezione e biocidi. Ciò si traduce nella possibilità che le particolari condizioni ambientali e il materiale utilizzato per la produzione dei sacchetti potrebbero fornire al virus, in linea teorica, i mezzi necessari per il passaggio a un altro ospite. La differenziata potrebbe quindi compromettere la salute non soltanto degli altri membri della famiglia, ma anche degli operatori deputati alla raccolta dei sacchetti in regime di “porta a porta”. Di seguito le disposizioni diffuse dall’ISS all’interno del documento “Indicazioni ad interim per la gestione dei rifiuti urbani in relazione alla trasmissione dell’infezione da virus Sars-Cov-2“. Coronavirus: test rapido in arrivo nelle farmacie, risposta in 15 minuti Soggetti positivi o in quarantena forzata Stop alla raccolta differenziata per chi è risultato positivo o è sottoposto a quarantena forzata. Tutta l’immondizia dovrà essere conferita come indifferenziata, utilizzando più di un sacchetto per il conferimento: le buste dovranno essere infilate una dentro l’altra e annodate singolarmente. Tali operazioni (inclusa quella di conferimento) andranno svolte indossando guanti monouso, da gettare poi nei sacchetti vuoti che sostituiranno quelli appena conferiti. Disinfettare o lavare bene le mani dopo il conferimento. All’interno della casa i sacchetti dovranno essere tenuti a distanza dai propri animali da compagnia. Tutti gli altri La raccolta differenziata prosegue normalmente per chi non è sottoposto ad alcuna misura cautelativa o di limitazione a scopo sanitario. Unica differenza varrà per quanto riguarda rifiuti potenzialmente a rischio come guanti monouso, mascherine e fazzoletti di carta utilizzati da chi è raffreddato. In questi casi varranno le medesime precauzioni utilizzate da chi è risultato positivo al tampone o sottoposto a quarantena obbligatoria.

Claudio Schirru - Fonte: Istituto Superiore di Sanità

 

 

Coronavirus, pulizia strade: le indicazioni dell’Istituto Superiore della Sanità

Mercoledì 18 marzo si è finalmente riunito il Consiglio del sistema nazionale a rete per la protezione dell’Ambiente, dove si è parlato, fra l’altro, dell’analisi della situazione in merito al tema dello spazzamento delle strade.

Mercoledì 18 marzo si è finalmente riunito il Consiglio del sistema nazionale a rete per la protezione dell’Ambiente, presidiato dal Ministro Sergio Costasi dove si è parlato, fra l’altro, dell’analisi della situazione in merito al tema dello spazzamento delle strade. Il coronavirus ha reso necessario l’isolamento per tutti, ma le strade sono ancora battute per l’acquisto di beni di prima necessità come la spesa e le medicine. L’Istituto Superiore di Sanità ha fornito indicazioni sulla disinfezione delle strade e degli ambienti esterni in genere, confermando l’opportunità di procedere con la pulizia straordinaria delle strade per affrontare l’emergenza sanitaria con prodotti convenzionali. Ha, tra le altre cose, approfondito la pratica corretta per l’utilizzo di ipoclorito di sodio. In media stat virtus: è sbagliato usarlo massicciamente, la sua capacità di distruggere il virus è tutt’altro che accertata. L’ipoclorito appare anche fra i consigli del Ministero per la pulizia della casa in era Covid-19: “Pulire i diversi ambienti, materiali e arredi utilizzando acqua e sapone e/o alcol etilico 75% e/o ipoclorito di sodio 0,5%.” Questa sostanza, però, è corrosivo per la pelle e dannosa agli occhi se usato in grandi quantità; ecco perché è importante saperne utilizzare la quantità giusta.  Sull’incontro in questione il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha detto: Un incontro importante, quello di stamattina con i direttori Arpa di tutte le regioni. E’ più che mai essenziale che lo Stato, a tutti i livelli, lavori insieme e all’unisono. Ho voluto partecipare all’incontro proprio per dire alle regioni: siamo con voi. Oggi bisogna remare tutti insieme nella stessa direzione e tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini, anche e soprattutto in una situazione di emergenza come questa.

Alessia Cornali

 

 

quotidianosanità.it - GIOVEDI', 19 marzo 2020

 

 

Lettera al direttore: COVID-19 e cambiamenti climatici

La discussione su quanto COVID-19 abbia a che fare con i cambiamenti climatici si sta sviluppando con sempre maggiore intensità, specie dopo che l’OMS mercoledì 11 marzo ha dichiarato la pandemia.

Adesso l’attenzione e lo sforzo sono giustamente concentrati sulla crisi da Covid-19, ma speriamo che presto si apra un dibattito pubblico sulle cause e in particolare su quanto la perdita di habitat, guidata in parte dai cambiamenti climatici, ha facilitato la diffusione dei patogeni tra la fauna selvatica e il virus che passa alle persone. Confidiamo che insieme si possa approfondire il ruolo dell'inquinamento atmosferico, principalmente causato dall’uso di combustibili fossili, nel rendere le persone più vulnerabili alla contrazione della malattia.   Questo articolo vuole rimarcare alcuni punti fermi in termini di salute nel contesto planetario, e ragionare su come meglio organizzare la sanità pubblica di fronte alle sfide che ci attendono.

Leggi tutta la lettera

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 marzo 2020

 

 

In via Milano troppe vibrazioni al passaggio degli autobus - la lettera del giorno di Edoardo Bensi

Volevo utilizzare la vostra rubrica per segnalare al Comune di Trieste, le notevoli vibrazioni a cui sono sottoposti i solai del mio edificio al passaggio dei bus della Trieste Trasporti che transitano in via Milano a velocità non proprio basse. Incredibilmente, anche quando transitano in via Filzi le vibrazioni sono notevoli. Il problema è riscontrato da molti cittadini in questa zona ma sembra che il Comune sia sordo ad ogni richiesta di intervento per ripristinare il manto stradale ammalorato o di limitare la velocità dei bus. Ultimo non per importanza segnalo che in via Milano transitano regolarmente (non ora per il noto problema) pullman di oltre 7 tonnellate diretti in Slovenia ed in Croazia non rispettando i limiti di transito che vengono apertamente disattesi in quanto non controllati dalla polizia locale interessata maggiormente ai divieti di sosta. Tramite le Segnalazioni chiedo al Comune di intervenire a tale proposito ripristinando l'asfalto ammalorato e ponendo almeno dei limiti di velocità ai mezzi della Trieste Trasporti che in questi giorni hanno scambiato il centro città per un circuito cittadino. Il borgo Teresiano è costruito su un terreno fragile e va assolutamente preservato non discriminando i suoi abitanti già colpiti da inquinamento acustico e dell'aria vista la mole del traffico in questo quartiere.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA -  MERCOLEDI', 18 marzo 2020

 

 

ISPRA - Documento di indirizzo approvato dal Consiglio del SNPA il 18/03/2020

Indicazioni tecniche del Consiglio del Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell'Ambiente (SNPA) relativamente agli aspetti ambientali della pulizia degli ambienti esterni e dell'utilizzo di disinfettanti nel quadro dell'emergenza CoViD-19 e sue evoluzioni.

leggi il documento completo

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 marzo 2020

 

 

In arrivo 9 milioni di euro per pulizia di aree verdi e sistemazione dei parchi - appalti di regione e comune
Due milioni di euro per le aree verdi di competenza della Regione a cui si aggiungeranno poco meno di 7 milioni per quelle del Comune di Trieste. Alberi, piante, aiuole e giardini saranno al centro di importanti investimenti «perché come amministrazione - spiega l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi - abbiamo a cuore il verde e abbiamo intenzione di manutenerlo e di curarlo visto che lo consideriamo indispensabile per la vita della cittadinanza». A questo proposito la Regione attraverso la Direzione Centrale patrimonio ha pubblicato una gara europea a procedura aperta per la stipula di convenzioni per l'affidamento del servizio di gestione e manutenzione del verde pubblico non gestito dalle amministrazioni comunali. Il termine per la presentazione delle offerte era fissato al 2 marzo, a causa però dell'emergenza coronavirus la scadenza è stata posticipata alle 12 del 15 maggio. La gara è suddivisa in 10 lotti, il primo è quello dedicato all'ambito triestino mentre il sesto comprende tutta la provincia. Per il Comune di Trieste l'importo massimo spendibile è il più alto ed è pari a due milioni, quello per la provincia è invece di 760 mila euro. Si tratta di importi al netto di iva e ogni operatore economico non potrà vincere più di due lotti. La convenzione avrà una durata di 24 mesi o fino alla fine delle somme a disposizione. Per quanto concerne invece l'attività propria del Comune, Lodi conferma che nel piano triennale delle opere, che dovrà essere approvato insieme al Bilancio dall'aula del Consiglio, sono previsti investimenti per 6.835.000 euro di cui 4,3 milioni serviranno per la bonifica e la destinazione a fruizione pubblica del terrapieno di Barcola. «Una zona verde curata ha un impatto importante sul decoro e la pulizia - aggiunge Lodi - per questo abbiamo a cuore tutte le aree verdi. Se 4,3 milioni saranno utilizzati a Barcola 2,535 milioni saranno dedicati al resto del verde del Comune che comprende i parchi cittadini, le aree gioco, le alberature, i viali e i giardini senza dimenticare le aiuole e le aree spartitraffico. Abbiamo inserito tra le opere il potenziamento delle aree per i cani e ne verrà creata una anche a Villa Engelmann. Sono previsti interventi importanti anche nel giardino di piazza Carlo Alberto e a Guardiella. Per il parco della Rimembranza, un punto storico culturale importante, è prevista una riqualificazione complessiva che nel corso degli anni riguarderà anche le stradine e i sentieri».

Andrea Pierini

 

I parchi restano aperti - Via alle pulizie delle strade - Le decisioni dell'amministrazione Dipiazza
«In una città da oltre 200 mila abitanti l'urgenza è rispondere alle esigenze reali della salute pubblica, come la pulizia delle strade». Il sindaco Roberto Dipiazza, reduce dalla riunione di giunta di ieri, fissa le priorità del Comune nella lotta al coronavirus. Non ultima la necessità di evitare assembramenti: «Per questo ci accingiamo ad aprire il centro diurno di via Udine anche durante il giorno in modo da non avere gruppi di persone in piazza Libertà». La giunta non ha ritenuto necessario vietare l'accesso ai parchi cittadini: «Chiudere tre giardini non mi pare la priorità in una città di oltre 200 mila abitanti con 180 chilometri di marciapiedi», dice Dipiazza. L'assessore all'Urbanistica Luisa Polli comunica infatti che un piano speciale di pulizie stradali partirà da domani di concerto con AcegasApsAmga: «Il servizio si concentrerà sui punti di maggior traffico pedonale e in particolare in corrispondenza dei centri di servizi primari come farmacie, supermercati, uffici postali aperti». Le pulizie, spiega ancora Polli, «saranno calendarizzate progressivamente in modo da raggiungere tutti i quartieri cittadini, e saranno svolte in prevalenza al mattino». Conclude Polli: «Al di là dell'emergenza, sarà l'occasione per ridisegnare un piano di pulizie cittadine ancora più efficiente». Nel frattempo il Comune si dota di competenze necessarie a fronteggiare la crisi. È di ieri la pubblicazione del bando di assunzione a tempo determinato di tre figure professionali: un farmacista, un infermiere professionale e un addetto ai servizi tutelari. I contratti dureranno fino al permanere dell'emergenza Covid-19.

G.Tom.

 

Duino Aurisina dice "no" alla nuova centrale A2A e al metanodotto collegato
La presidente Puntar: «Tante criticità nel progetto, a iniziare dalla zona, quella del Lisert, già adesso degradata. Non va penalizzata ulteriormente»
DUINO AURISINA No all'installazione della nuova Centrale termoelettrica della A2A Energiefuture spa e no alla costruzione del metanodotto che dovrebbe servirla. Non lascia dubbi il documento redatto dalla Commissione Ambiente del Comune di Duino Aurisina, firmato dalla presidente Chiara Puntar, in relazione all'istanza presentata lo scorso dicembre dalla spa al Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, per l'avvio del procedimento di valutazione di impatto ambientale (la cosiddetta "Via"). Il progetto prevede l'installazione nell'area del Lisert, nel territorio del Comune di Monfalcone, a ridosso di quello di Duino Aurisina, di un nuovo ciclo combinato di ultima generazione, alimentato a gas naturale, al quale è coordinata la costruzione di un metanodotto atto a collegare la centrale alla rete di distribuzione del gas metano della Snam, per una lunghezza complessiva di quasi due chilometri e mezzo. «Dall'analisi della documentazione - spiega in premessa Puntar - si segnalano numerose criticità nel progetto. Innanzitutto il sito nel quale si vorrebbe intervenire appare già adesso degradato e riteniamo che qualsiasi nuova opera, se autorizzata, dovrebbe essere adeguatamente supportata da interventi compensativi e mitigativi, allo stato attuale inesistenti. Inoltre, i camini della Centrale già presenti hanno un altissimo impatto visivo. Si ritiene pertanto fondamentale - continua la presidente della Commissione - non penalizzare ulteriormente, anche a livello paesaggistico e visivo, la zona interessata dal progetto». Dello stesso tenore le valutazioni sul metanodotto: «Il tracciato proposto - precisa Puntar - andrebbe a interferire con aree di importante rilevanza paesaggistica e ambientale, che sono le zone speciali di conservazione del "Carso triestino e goriziano" e "Carsiche della Venezia Giulia", il Parco comunale del Carso di Monfalcone, il Biotopo del Lisert, la zona a Nord del Lisert, dichiarata di notevole interesse pubblico, e il Canale dei Tavoloni. Inoltre, la realizzazione del tracciato prevede una riduzione della superficie boschiva di 0,5 ettari lungo la fascia dedicata al metanodotto, elemento - sottolinea - in netto contrasto con la legge istitutiva del Parco del Carso, anche perché, dalla Relazione allegata dal proponente, si evince che, per la realizzazione del metanodotto, sia prevista una pista di lavoro di larghezza tra i 14 e i 16 metri. Come noto - continua Puntar -, sul territorio del Carso, le realizzazioni di altri metanodotti hanno portato alla permanenza di questo tipo di piste lavori anche dopo decenni dalla loro definizione, con grave danno per le specie arboree». In chiusura del documento, si richiede anche «che sia predisposto uno studio circa la possibile presenza di grotte di rilevante interesse naturalistico, geologico e paleontologico nelle zone potenzialmente interessate dello scavo del metanodotto. Senza dimenticare - conclude la presidente - che tale zona è di grande valore antropico, culturale e storico, con la presenza di camminamenti, trincee, cippi, monumenti risalenti alla prima e alla seconda Guerra mondiale, di manufatti edilizi rurali tradizionali, i cosiddetti "muretti a secco", già diventati patrimonio dell'Unesco».

Ugo Salvini

 

 

Tornano le temibili zecche - Dal Carso fino a Campanelle
Veicolati dal passaggio di uccelli, topi e animali selvatici, gli insetti iniziano a farsi vedere non solo nei boschi dell'altipiano ma pure nei giardini in periferia
Con l'arrivo delle giornate più calde e la voglia di passeggiate nei giardini, arrivano le prime segnalazioni di zecche, finite su braccia e gambe di chi magari si stava dedicando a sistemare fiori, piante e alberi all'aperto o semplicemente chi ha scelto di tagliare l'erba. In particolare nelle abitazioni sul Carso. C'è poi chi l'ha già trovata sul pelo del proprio cane, anche in città, a passeggio nelle uscite sotto casa, perchè non aveva ancora pensato, o si era dimenticato, di applicare i consueti trattamenti preventivi. Stesso problema anche per molti proprietari di gatti.«Ricordiamo che in realtà le zecche non vanno mai in letargo - spiega il naturalista Nicola Bressi -. D'inverno vivono al calduccio nelle pellicce di alcuni animali in particolare. Con le temperature più elevate, quelle più giovani vengono rilasciate, anche grazie alla presenza dell'erba fresca. Si trovano sempre più spesso su caprioli e cinghiali, motivo in più per evitare, come già detto tante volte, di dar loro da mangiare. Una pessima abitudine, purtroppo, ancora molto diffusa tra tanti triestini». Ma come arrivano le zecche dagli esemplari selvatici ai giardini privati? «Se i giardini sono ben recintati c'è il 90% delle possibilità in meno che le zecche entrino, ma va detto che questi insetti sono ospiti anche di uccelli e topi e queste in particolare sono ubiquitarie, possono colpire altri animali, come ad esempio le tartarughe, e anche l'uomo. Le zecche che si attaccano ai cani invece, non sono le stesse che scelgono le persone». Chiudere con attenzione i giardini può aiutare quindi, ma non sempre evita completamente il problema. «Chi ha spazi verdi all'aperto dà spesso da mangiare agli animali selvatici o lascia cibo in giro anche durante l'inverno, motivo per il quale i cinghiali, ad esempio, finiscono per portare la zecca accanto alle case. Non finiremo mai di dirlo, meglio lasciare che gli animali si trovino da mangiare da soli». Qualcuno tuttavia segnala la presenza di zecche non solo sul Carso, ma anche in altre zone, come Campanelle, San Giovanni o Borgo San Sergio. Alcuni lo raccontano sui social, dicendo a tutti di fare attenzione. Fondamentale secondo Bressi è individuare la zecca in tempi brevi ed evitare errori, che purtroppo molti ancora fanno, seguendo vecchi suggerimenti o indicazioni fornite talvolta online, applicando prodotti non idonei o cercando di strappare l'animaletto fastidioso. «Evitiamo i rimedi della nonna - precisa - niente olio, accendini o altri metodi. Non servono e alle volte creano più danni che benefici. Tra gli sbagli più frequenti c'è quello di muoverla o non toglierla completamente. Disturbandola, si provoca il vomito, che può trasmettere il morbo di Lyme, contenuto dell'esofago della zecca». Per chi sta trascorrendo le giornate nel proprio giardino (e non facendo scampagnate o gite di piacere in Carso, come noto da evitare assolutamente durante l'attuale periodo di emergenza coronavirus), e magari ha già verificato la presenza di qualche zecca, meglio scegliere un abbigliamento che copra il corpo quanto più possibile e soprattutto è fondamentale un controllo rigoroso e attento, sulla superficie della pelle, a fine giornata. Per agire in modo tempestivo, nel casco in sui l'animaletto fosse presente.

Micol Brusaferro

 

Per rimuoverla esiste in farmacia un attrezzo ad hoc
Cosa utilizzare quando ci si ritrova con una zecca sulla pelle? Il suggerimento di Bressi è quello di rimuoverla immediatamente e l'attrezzatura più adatta è una sorta di piede di porco in miniatura, che si trova facilmente nelle farmacie o si può acquistare online per pochi euro. Il consiglio è di eliminarla appena notata, senza aspettare, per procedere poi con un disinfettante forte, come l'acqua ossigenata o la tintura di iodio, anche questi reperibili senza difficoltà. Il procedimento quindi è semplice e indolore. La vecchia e consueta pinzetta invece, che molti pensano sia utile, sia per gli uomini sia per gli animali rischia di non togliere completamente la zecca dalla pelle, creando infiammazioni o ulteriori fastidi.

 

«Per proteggere cani e gatti fidiamoci dell'antiparassitario»
Le raccomandazione dell'esperta. «Se trovate l'ospite sul pelo del vostro animale, rimuovetelo con un movimento a rotazione»
«Applicare regolarmente l'antiparassitario è l'unica soluzione che fa la differenza per una corretta profilassi, sia per i cani che per i gatti». È il primo consiglio di Fulvia Ada Rossi, veterinario, diretto ai proprietari di amici a quattro zampe. «Il problema può presentarsi tutto l'anno - continua - quindi la costanza è fondamentale, perché se le zecche si notano di più con l'arrivo del caldo, possono manifestarsi comunque anche d'inverno». Sul mercato negli ultimi anni i prodotti legati alla prevenzione si sono rapidamente diffusi. Tra negozi e web è possibile scegliere tra una lunga lista di possibilità, a seconda della stazza e del peso del quadrupede. «Non ci sono scuse, gli animali in qualsiasi modo possono essere protetti: ci sono pastiglie da assumere ogni mese o ogni tre mesi, forse il metodo più semplice, e poi pipette con liquido da versare direttamente sulla pelle o i classici collarini». E se per i cani ormai la prassi è diffusa da tempo, serve ricordare che anche per i gatti, per quelli abituati a uscire all'aperto e a scorrazzare tra cortili e giardini, è necessario adottare un buon antiparassitario. «I mici sono più puliti, possono magari eliminarla da soli se finisce sul pelo, ma se ormai si è attaccata - sottolinea la Rossi - comunque non sono in grado di toglierla. Aggiungo che per i gatti fuori casa è buona regola applicare anche il microchip». Chi trova una zecca sull'animale può tirarla via autonomamente, con lo stesso strumento utilizzato per gli uomini, a forma di piede di porco, con un movimento a rotazione. Mai tirarla quindi ma svitarla. «Serve portare cane o gatto dal veterinario - precisa ancora - solo se si manifesta una reazione dolente e persistente. Se si lamenta ad esempio accarezzandolo. Talvolta il cane può anche piegare la testa, per il fastidio, perché tra i posti preferiti dalle zecche ci sono le orecchie». E un' ultima indicazione è diretta alle tante persone che ancora scelgono di spostarsi sul Carso o a Barcola con la scusa del cane, da far sfogare con qualche corsetta. «Invito la gente - aggiunge la Rossi - a limitarsi a un giretto sotto casa in questo periodo, vale per tutti la raccomandazione di restare a casa».

M.B.

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - MARTEDI', 17 marzo 2020

 

 

Coronavirus: collegamento tra polveri sottili e contagi

Esiste un legame tra Coronavirus e polveri sottili, a sostenerlo uno studio condotto dalla Società Italiana di Medicina Ambientale.

Parliamo di: Coronavirus Inquinamento atmosferico Lo sforamento dei limiti delle polveri sottili può aver favorito la diffusione del Coronavirus. Secondo uno studio appena presentato dai ricercatori della SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale), svolto in collaborazione con i colleghi dell’Università degli Studi di Bari e dell’Università degli Studi di Bologna, il numero di contagi e l’inquinamento atmosferico da particolato risulterebbero connessi. In sostanza, spiegano gli esperti della Società Italiana di Medicina Ambientale, la presenza di polveri sottili nell’aria favorirebbe la creazione di una sorta di “substrato”, che il Coronavirus utilizzerebbe per rimanere vitale in un periodo compreso tra poche ore e alcuni giorni. Confrontando il numero di casi accertati di COVID-19 con i dati Arpa delle varie Regioni, relativamente al numero di sforamenti dei limiti di legge, i ricercatori hanno concluso che: Esiste una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo dal 10 al 29 febbraio e il numero di casi infetti da COVID-19 aggiornati al 3 marzo. Dati che si sarebbero rivelati coerenti con quelli registrati in Pianura Padana, spiega il Prof. Leonardo Setti dell’Università di Bologna: Le curve di espansione dell’infezione che hanno mostrato accelerazioni anomale, in evidente coincidenza, a distanza di 2 settimane, con le più elevate concentrazioni di particolato atmosferico, che hanno esercitato un’azione di boost, cioè di impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia. Effetto più evidente in quelle Province dove ci sono stati i primi focolai. Una tesi sostenuta anche dal Prof. Gianluigi de Gennaro, dell’Università di Bari, che ha dichiarato: Le polveri stanno veicolando il virus. Fanno da carrier. Più ce ne sono, più si creano autostrade per i contagi. Ridurre al minimo le emissioni e sperare in una meteorologia favorevole. Una buona notizia arriva però dal CNR, secondo il quale le limitazioni alla mobilità delle persone favorirà un calo dei contagi entro il finire della settimana: Oggi siamo a cinque giorni dall’introduzione del decreto ‘Io resto a casa’”, e come riportato in un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità il valor medio del tempo tra l’insorgenza dei sintomi e la diagnosi è 2-4 giorni, per cui se, come crediamo, l’introduzione delle misure restrittive sulla mobilità sono efficaci per la riduzione del rischio di contagio, ci aspettiamo di osservare una significativa riduzione del tasso di crescita tra circa tre giorni.

(Claudio Schirru - Fonte: RaiNews)

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17 marzo 2020

 

 

Area a caldo della Ferriera, stretta finale «Il 27 marzo parte l'iter di spegnimento»

La Regione ufficializza la data annunciata dalla proprietà. La procedura al via senza firma sull'Accordo di programma

È stato annunciato e rimandato più volte, ma stavolta il momento della chiusura dell'area a caldo della Ferriera di Servola potrebbe essere davvero arrivato. Ne è convinta la Regione, che ieri con l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro ha indicato il 27 marzo come data di avvio dello spegnimento della cokeria, seguito la settimana successiva dal graduale stop del resto dell'impianto per la produzione di ghisa e della centrale elettrica. «La società annuncia lo spegnimento dalla fine di marzo», sottolinea Scoccimarro, precisando che «oggi (ieri, ndr) Acciaierie Arvedi ha dichiarato che indicativamente dal prossimo 27 di marzo partirà la fase di spegnimento della cokeria, poi la settimana seguente sarà la volta di altoforno, agglomerato e centrale». L'azienda ha così risposto alla nota inviata da Arpa Fvg per avere chiarimenti sulle procedure di spegnimento e sicurezza, dopo l'ultimo tavolo del gruppo di lavoro nominato dal prefetto Valerio Valenti. Difficile però che il Covid-19 permetta una stipula dell'Accordo di programma in tempo utile per il 27 e dunque l'azienda agirebbe fuori dalla nuova cornice. Il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli aveva infatti assicurato che la firma dell'intesa sulla riconversione sarebbe arrivata nella prima settimana di marzo, ma l'emergenza coronavirus e l'autoisolamento dell'esponente triestino del Movimento 5 stelle hanno ritardato la fumata bianca tra azienda e istituzioni. Le cose sembrano essersi comunque definitivamente sbloccate, prima con il via libera all'accordo sindacale e poi con l'intesa fra gruppo Arvedi e Piattaforma logistica per la cessione dei terreni dell'area a caldo. Nel testo finale mancano però ancora due aspetti fondamentali: l'aggiornamento del piano industriale dovuto all'ingresso nella partita di Plt-Icop e gli aiuti pubblici a sostegno della bonifica e della riconversione produttiva e logistica. «I chiarimenti delle Acciaierie Arvedi - continua Scoccimarro - in merito all'imminente spegnimento dell'area a caldo sembrano delineare un quadro più chiaro del prossimo futuro, anche nel rispetto della sicurezza, viste le numerose simulazioni effettuate per quanto riguarda lo "storico" spegnimento della cokeria, che non avviene da oltre 20 anni». Non sarà un'operazione on-off: chiudere un altoforno richiede un processo complesso e delicato anche sotto il profilo della sicurezza e di un possibile - per quanto limitato nel tempo - impatto ambientale. Per questo la società di Cremona conta di impiegare professionisti già coinvolti nello stop all'acciaieria di Piombino. Pur avendo più volte lanciato ultimatum sulla data di chiusura, puntualmente rinviati per il protrarsi delle trattative sull'Adp, il gruppo Arvedi sembra stavolta convinto di arrivare in fondo. L'avvio dello spegnimento è peraltro dettato anche dall'opportunità di ridurre le presenze in fabbrica durante l'epidemia di coronavirus e dall'esaurirsi delle materie prime stoccate a Servola, se nella lettera ad Arpa la società scrive di avere carbone e minerali sufficienti per far marciare l'impianto a ritmo ridotto non oltre la fine mese. Scoccimarro vede alla portata la possibilità di staccare il dividendo politico della chiusura e rivendica di averne creato i presupposti: «Un iter avviato un anno fa con trattative dirette con il cavalier Arvedi e l'ad della società Caldonazzo, che hanno portato allo scambio formale di lettere tra me e la società in cui per la prima volta la stessa si è detta "disponibile a trattare"». E sul futuro Scoccimarro impegna la Regione, «garante dal punto di vista ambientale e occupazionale, di uno sviluppo finalmente sostenibile in un'area residenziale della città».

Diego D'Amelio

 

Operazione da 3-4 settimane - Gestione a una cabina di regia

Per completare l'operazione di spegnimento dell'area a caldo della Ferriera di Servola serviranno fra le tre e le quattro settimane. A gestire le operazioni, come annunciato alla fine di gennaio al termine di un vertice in Regione presieduto dall'assessore Fabio Scoccimarro, sarà una cabina di regia composta da proprietà dello stabilimento, Regione stessa, Arpa, Vigili del fuoco e Azienda sanitaria. Il procedimento, aveva fatto sapere l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente Fvg, determinerà probabilmente degli sforamenti nelle emissioni ambientali (oltre a manifestazioni visibili come l'accensione delle torce): saranno le centraline di monitoraggio già attive nell'area di Servola a misurarli. Tecnicamente il primo passaggio della procedura di spegnimento - dunque quello che verrà avviato il 27 marzo - sarà lo stop alle fiamme del nastro trasportatore dell'agglomerato. Ecco poi a ruota la fermata della cokeria e infine quella dell'altoforno, la cui disattivazione potrebbe a questo punto cadere nella seconda metà di aprile. Gli ultimi macchinari a spegnersi saranno quelli che lavorano alla depurazione delle acque e le caldaie che producono il vapore inviato dalla Ferriera alla vicina Linde Gas. Un collegamento, quest'ultimo, necessario per ottenere l'azoto utile a tenere in pressione e così in sicurezza gli impianti, sostituendo di fatto le sostanze gassose usate per la combustione. Come definito, l'intervento in fabbrica verrà effettuato da personale del gruppo Arvedi debitamente formato e che già si era occupato della fermata dello stabilimento Lucchini di Piombino ormai sei anni fa. Nell'incontro di fine gennaio l'azienda aveva fatto sapere di essere in attesa dell'arrivo delle componenti impiantistiche aggiuntive decisive per iniziare l'opera di stop all'area a caldo. Componenti evidentemente giunte ora a destinazione. A spegnimento ultimato, si passerà all'azione di bonifica.

 

 

 

 

NEWSTREET.it - LUNEDI', 16 marzo 2020

 

 

Le polveri sottili nell'aria ai tempi del Coronavirus

I dati dicono che nella città di Milano i livelli delle polveri sottili siano crollati nel giro di pochi giorni: troppo poco per trarre conseguenze, quanto basta per le prime riflessioni.

Si leggono dati contrastanti circa il valore delle polveri sottili a distanza di pochi giorni dai blocchi agli spostamenti delle persone per le strade. Trattasi spesso di analisi strumentali, che tirano per la giacchetta i numeri nel tentativo di dimostrare o stigmatizzare le analisi precedenti, quando ancora il problema principale per tutti era il clima e non il Coronavirus .
La verità sulle polveri sottili sarà chiara soltanto tra qualche settimana, quando la realtà si sarà consolidata a seguito di un vero periodo di chiusura. Tutto quel che si può fare oggi è leggere i dati e tentare di guardarli in prospettiva, con tutte le loro contraddizioni. A livello sperimentale è questa una occasione unica: improvvisamente abbiamo visto scomparire quasi del tutto uno dei fattori additati di essere la causa delle polveri sottili nelle grandi città, il che porterà inevitabilmente delle conseguenze nel dibattito che farà seguito a questa grande emergenza. Si possono isolare le cause, se ne possono misurare i pesi.
Polveri sottili: primo check
La prima verifica indica un dato inoppugnabile: il livello di polveri sottili nelle aree a rischio della pianura padana è crollato nel giro di pochi giorni . Il caso vuole che le aree colpite dal contagio (Lombardia in primis) siano anche quelle maggiormente legate alla Covid-19. Nota bene: cercare una qualche correlazione tra i due fenomeni sarebbe un esercizio del tutto acrobatico e privo di ogni logica. Se vi siano correlazioni tra la diffusione del contagio e le polveri sottili, è qualcosa che va cercato in una fitta trama causale tra i rapporti sociali, il movimento delle persone, la posizione geografica e molti altri elementi, ma non v’è nesso diretto tra le due entità.
Era il 2 febbraio quando Milano affrontava il blocco del traffico a causa del superamento dei livelli di guardia delle polveri sottili per troppi giorni consecutivi. Era il 2 febbraio e il nostro dibattito nazionale era fermo al ragionamento di quartiere sull’opportunità o meno di aprire o chiudere singole strade al traffico, nonché sull’opportunità di consentire l’arrivo dei tifosi per Milan-Verona: nel giro di pochi giorni saremmo stati travolti da uno tsunami che ha bloccato tutto il traffico a livello nazionale, ha affondato le borse, ha bloccato il campionato di calcio e ancora non sappiamo come e quando andrà a finire.
Coronavirus: le regole per gli spostamenti
A distanza di un mese e mezzo da allora, e a distanza di pochi giorni dal DPCM che ha fermato la circolazione delle persone (ma non quella delle merci), i dati dicono che la situazione è del tutto cambiata. Prendiamo il caso emblematico della città di Milano, dati del 12 marzo:
•SO2: 9 in media (limite massimo: 125)
•PM10: 23 in media (limite massimo: 50)
•NO2: 100 in media (limite massimo: 200)
•CO: 0.9 in media (limite massimo: 10)
•O3: 82 in media (limite massimo: 180)
Tutti i valori sono dunque ben al di sotto della norma. Attenzione, il dato va comunque interpretato alla luce del fatto che:
•il traffico non è completamente fermo
•le buone temperature hanno allentato anche l’uso del riscaldamento
•la diminuzione del traffico non solo riduce le emissioni, ma anche il sollevamento di polveri dal selciato
Ognuno tragga le conseguenze che ritiene, questi sono i dati. Attenzione inoltre ad un elemento ulteriore:
Polveri sottili: le previsioni di ilMeteo.it
Come si può vedere dall’immagine (le previsioni delle polveri sottili secondo i dati de ilMeteo.it, la situazione rimane ancora “mediocre” presso i grandi centri abitati e in tutta la parte centrale della pianura padana. Nel nord il problema è soprattutto l’assenza di precipitazioni, che rallentano fortemente la capacità di filtro dell’atmosfera lasciando l’aria impregnata di polveri. Questo dimostra quanto i blocchi sporadici del traffico siano poco utili , mentre una più profonda e radicale rivoluzione della mobilità sia diventata ormai necessaria.
Questa situazione potrà accelerare le politiche di stimolo per l’auto elettrica? A questo punto potrebbe essere cosa auspicabile, purché nel contesto di una politica energetica legata alle rinnovabili. Non è semplice, insomma, ma il “cigno nero” della Covid-19 sprigionerà sicuramente ampia consapevolezza su quanto il cambiamento sia la scintilla fondamentale per inseguire la sostenibilità.
(leggi versione originale)

 

 

Triesteallnews.it - LUNEDI', 16 marzo 2020

 

 

Pulizia anti virus, ricompaiono a Trieste i soffiatori.

Via, almeno in alcune zone, alle opere di pulizia straordinaria delle strade per agevolare le attività di prevenzione della diffusione del Covid-19: la preoccupazione arriva però, stavolta, dalla ricomparsa dei soffiatori utilizzati dagli addetti impegnati sull’area urbana.

Se ne è già parlato: i soffiatori, ideati per spargere polvere con più facilità in particolare sulle coltivazioni e sugli alberi, sono stati via via usati negli anni per raccogliere foglie e in periodo più recente anche per la pulizia delle strade. Già temuti dai portatori di allergie e da chi ha problemi respiratori, sollevano ora l’inquietudine di chi teme il Coronavirus: quanto possono essere pericolosi? Possono aiutare a spargere il contagio?
La risposta non è ancora nota; certo è che il getto d’aria proveniente da un soffiatore è sufficientemente potente da sollevare anche grossi granelli di polvere e residui di metalli pesanti dalla strada, facendoli arrivare fino a numerosi metri d’altezza (e quindi, all’interno delle case e sui davanzali delle finestre). Il virus del Covid-19 può trasmettersi da persona a persona nel caso di contatti ravvicinati anche a più di un metro di distanza, se si aggrega ad altri elementi presenti nell’aria, come le goccioline d’acqua e altri corpuscoli: è per questo che vengono utilizzate, in ambienti a rischio (le cosiddette ‘zone soggette ad aerosol’) le mascherine filtranti FFP, le uniche che hanno utilità. Se gli occhi sono scoperti, il virus può entrare nel corpo umano anche attraverso di essi, è meno facile ma non impossibile ed è il motivo per cui non bisogna mai portare le mani al viso e agli occhi senza averle lavate con cura. Un buon uso, definito in molte municipalità del mondo (in molte altre, negli Stati Uniti e in Europa, lo strumento è vietato) come ‘cortese’, del soffiatore raccomanda di non utilizzarlo senza aver preso preventivamente accordi con i consigli di quartiere e gli abitanti, di tenere sempre una distanza di almeno 10, meglio 15 metri dalle persone, e di evitare l’uso contemporaneo di altri strumenti che possano contribuire ulteriormente a sollevare la polvere. Se l’uso è ‘scortese’, fatto senza bagnare a sufficienza le strade, le possibilità di effetti anche potenzialmente pericolosi come quello di un attacco allergico aumentano esponenzialmente. I corpuscoli e i microorganismi sollevati e proiettati ad alta velocità dal soffiatore, se la distanza è ravvicinata, si attaccano ai vestiti, alle scarpe e alle sciarpe di chi non trovando una mascherina FFP ha pensato di sentirsi più al sicuro dal virus intabarrandosi: e se il Covid dovesse essere presente fra questi microorganismi, ecco che la velocità di diffusione, dalla pulizia delle strade, verrebbe aumentata anziché diminuita. Oltre alla possibilità che entri in casa attraverso la finestra (cosa che non accadrebbe in presenza di vento, che lo porterebbe molto più in alto e lontano). Non c’è certezza che il soffiatore, se usato senza presidio di disinfezione e al di fuori da una strategia mirata e concordata, possa essere pericoloso, ma neppure il contrario, e anzi è provato che contribuisca al peggiorare dei problemi respiratori; quindi, perché adoperarlo? #iorestoincasa; ma, allo stesso tempo, #usolatesta.

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 16 marzo 2020

 

 

È pronto ad Aurisina il progetto che sfratta le auto dalla piazza

Il restyling prevede la scomparsa del traffico con deroghe minime per le merci e una pavimentazione in pietra. L'ok della giunta a emergenza sanitaria finita

DUINO AURISINA. Interdizione al traffico sia privato che pubblico, con deroga per un'asse centrale per le sole operazioni di carico e scarico. Spostamento della fermata dei mezzi pubblici sulla vicina ex Provinciale e della fontana dalla sua attuale sede. Pavimentazione interamente realizzata in pietra. Totale ristrutturazione e abbellimento dell'area che circonda il monumento. Sono queste le principali caratteristiche della futura piazza di Aurisina Centro. Il progetto definitivo è stato delineato in questi giorni ed è pronto per essere approvato dalla giunta del Comune di Duino Aurisina.«Se non avessimo avuto come tutti il problema del coronavirus che ci sta impedendo di riunirci con le modalità classiche - spiega l'assessore ai Lavori pubblici Lorenzo Pipan - l'esecutivo avrebbe già approvato il piano. In ogni caso è solo una questione di tempo - aggiunge - perché d'accordo con il progettista, l'ingegner Peter Sterni, abbiamo già pronto l'intero progetto. Manca solo la delibera della giunta».In altre parole, c'è solo da aspettare che passi l'incubo del virus. Per quanto riguarda le modalità, Pipan precisa che «se il costo complessivo per tale iter supererà i 40 mila euro, allestiremo come previsto una gara, altrimenti se resteremo sotto tale cifra potremo procedere con l'affidamento diretto, scegliendo nell'ambito di un lotto di professionisti, individuati attraverso i criteri stabiliti dagli uffici tecnici del nostro Comune».La piazza, nelle intenzioni dell'amministrazione di Duino Aurisina, dovrà dunque diventare un'oasi per i pedoni, abbellita dalla presenza della pietra carsica. «In ogni caso - riprende l'assessore ai Lavori pubblici - ritaglieremo uno spazio laterale, davanti alla facciata della chiesa di San Rocco, per permettere agli automobilisti che vivono qui di raggiungere la strada vicinale».Ma sarà, questa, l'unica eccezione. E intanto si sta pensando a come recuperare i parcheggi attualmente utilizzati dai fruitori dei negozi e dei pubblici esercizi che si affacciano sulla piazza: «Abbiamo pensato - continua Pipan - di utilizzare lo spazio attualmente vuoto di proprietà della locale Comunella situato sempre lungo la ex provinciale, proprio all'altezza dell'accesso alla piazza, ma sul lato opposto della strada. In virtù di una convenzione con la stessa Comunella, lo trasformeremo in un piazzale attrezzato per parcheggi e il problema sarà risolto». Infine la tempistica: "Coronavirus permettendo - conclude l'assessore di Duino Aurisina - l'auspicio è di poter affidare i lavori entro la fine di quest'anno e di vederli cominciare nella primavera del 2021».

Ugo Salvini

 

 

Monfalcone - Dimezzati i piccioni in città La caccia non è ancora finita

Si è passati dai 1.300 tra il 2018 e il 2019 ai 718 tra la fine dello scorso anno al febbraio del 2020. Nuovo bando per una ditta che li trasferirà in Veneto

La loro presenza si è ridotta nell'arco di due anni, grazie alle azioni di contrasto messe in campo dal Comune, ma i colombi non sono affatto scomparsi da Monfalcone. Dal 1° novembre 2019 alla fine di febbraio sono stati prelevati in totale 718 volatili, quasi la metà rispetto ai 1.300 dei mesi a cavallo tra 2018 e 2019. Sono quelli entrati nelle 10 gabbie dislocate in altrettanti punti critici della città e poi trasferiti in Veneto da una ditta specializzata. Le speciali voliere, delle dimensioni di 2 metri di lunghezza per 1 di larghezza e di altezza, sono corredate di cibo (30 chilogrammi di mais circa) e dotate di abbeveratoio con sistema automatico di livello dell'acqua e di una parziale copertura per proteggere i volatili dalle intemperie ed evitare sofferenze. Ne sono state collocate 4 in centro storico, 2 nell'area ovest e largo Anconetta, una zona in cui i piccioni continuano a sentirsi a casa, 2 in altre aree del centro, 2 nella zona del canale de' Dottori. I colombi catturati vengono raccolti con cadenza settimanale per essere trasportati in Veneto per il mantenimento dei soggetti raccolti nelle strutture autorizzate. Un'attività che il Comune intende proseguire anche nella prossima stagione autunnale-invernale, come dimostra l'avviso pubblicato per raccogliere la manifestazione di interesse delle imprese specializzate a svolgere il servizio per i prossimi 24 mesi rinnovabili per ulteriori 24 a fronte di un compenso di 21 mila euro annui Iva esclusa. L'impresa dovrà occuparsi comunque anche di effettuare il censimento dei colombi, elaborando i dati raccolti, così da permettere al Comune di valutare la consistenza del fenomeno e le aree cui va dedicata maggiore attenzione. «Rispetto agli anni scorsi i piccioni sono in ogni caso visibilmente diminuiti - afferma l'assessore all'Ambiente Sabina Cauci - e credo che molti cittadini se ne siano già accorti. Comunque l'azione del Comune continuerà in primavera estate con la distribuzione di mangime antifecondativo, oltre che con la sistemazione di dissuasori meccanici, se ce ne fosse l'esigenza».Strumenti che da soli, però, non sono sufficienti e dovranno continuare a essere affiancati appunto dall'attività di cattura in esecuzione del Piano di controllo regionale del colombo o piccione di città. Proprio seguendo le disposizioni del piano regionale, l'attività di cattura si svolge da novembre a marzo dell'anno successivo con il posizionamento di gabbie nei siti degli edifici pubblici più critici (come la Biblioteca comunale), oltre che in zone come quella di largo Anconetta interessata da una grande frequentazione di piccioni che stazionano in particolare su balconi, sbalzi e tetti di alloggi disabitati.

Laura Blasich

 

A Trieste è invasione di cornacchie e gabbiani

A Trieste non solo i colombi ma anche le tortore sono scomparse dai davanzali. Hanno preso con prepotenza posto, le cornacchie che insieme ai gabbiani, stanno occupando sempre più quegli spazi aperti, che frequentavano le tortore. Si tratta di un fenomeno che non è solo locale, e del quale si trova riscontro ormai anche oltre i confini nazionali.

 

La Processionaria invade il territorio - Scatta la campagna per eliminare i nidi - una piaga non solo sul Carso

RONCHI. Scatta la lotta alla processionaria, a Ronchi dei Legionari. Un primo stanziamento, di poco superiore ai 700 euro, è stato stanziato dalla giunta per una prima serie di interventi. Saranno messi in cantiere da una ditta specializzata nell'area verde di via Angelo Cernic e negli impianti di base. La processionaria non è solo un fenomeno ed una piaga che invade i boschi del nostro Carso. Il terribile insetto, anche a Ronchi dei Legionari, si sta spingendo all'interno del centro, aggredendo soprattutto quei parchi e quei giardini dove, nel passato, sono stati messi a dimora esemplari di pino nero. Si interverrà attraverso un controllo nei siti individuati sul territorio comunale e ciò dopo che è stato concretizzato un sopralluogo congiunto con il personale dell'ufficio problematiche ambientali, ma anche alla verifica puntuale nelle aree scolastiche e nell'area pubblica di via Matteotti angolo Cernic. Si procederà alla rimozione tempestiva dei nidi di larvali non appena le condizioni climatiche possano far ritenere l'annidamento di tale insetto all'interno dei propri bozzoli e quindi nel prossimo periodo freddo, ovvero tra la fine dell'autunno e l'inverno, indicativamente fra dicembre e i primi di febbraio, procedendo alla rimozione meccanica dei nidi larvali e la loro bruciatura. Accanto a ciò il programma prevede anche la collocazione di fitotrappole sulle specie alboree cui le larve sono principalmente attratte e all'adozione di ogni eventuale tecnica fitosanitaria anche di ultima innovazione, con trattamenti preventivi qualora ritenuti risolutivi al problema della processionaria. Nel tempo, poi, si arriverà alla ricognizione in periodo autunnale ed invernale per individuare la presenza di nuovi bozzoli e nuove emergenze. La processionaria, oltre a desfogliare piante intere, può costituire un pericolo maggiore per l'uomo e gli altri animali. I peli urticanti dell'insetto allo stato larvale sono velenosi, e in alcuni casi, fortunatamente limitati, possono provocare una grave reazione allergica. Nei mesi scorsi, ricordiamolo, un appello in tal senso era stato lanciato dal capogruppo del Movimento 5 Stelle, Lorena Casasola, la quale aveva posto l'accento sulla situazione del parco di piazzale Candotto, nel rione di Vermegliano. Bisogna intervenire presto, anche perché, va ricordato, a primavera le larve riprendono l'alimentazione cibandosi degli aghi di pino. Compromettendo la salute e la stabilità della pianta. Una piaga conosciuta da molto, moltissimo tempo e che, come detto, già negli anni Ottanta era stata uno dei cavalli di battaglia dell'allora neonato Gruppo Ambiente capitanato da Nicola Rusca.

Lu. Pe.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 marzo 2020

 

Italia, impennata contagi: 2.800 in più «Lombardia al punto di non ritorno»

Arriva l'accelerata prevista, l'assessore: «Terapie intensive esaurite». Nei due focolai la zona rossa funziona: casi azzerati

ROMA. Nessun rallentamento era previsto e così è stato. Ieri la conta serale dava 2.795 contagi in più per un totale di 17.750 positivi, che portano a 21.157 il totale delle persone infettate dall'inizio dell'epidemia. Purtroppo si allunga anche l'elenco delle vittime del Coronavirus: 175 solo ieri per un totale di 1.441. Ma a far scattare l'allarme rosso sono i 1.518 in terapia intensiva, quasi la metà nella sola Lombardia, dove i posti sono oramai pochissimi. Tanto da far dire all'assessore al welfare Giulio Gallera di essere «oramai vicini a un punto di non ritorno. Restano 15-20 posti letto nelle Terapie Intensive».Una speranza arriva però da Codogno, nel Lodigiano, dove i nuovi casi si contano oramai sulle dita delle mani e di Vo' Eugeneo in Veneto, dove addirittura da due giorni non si riscontra alcun positivo. «Abbiamo applicato la quarantena con grande senso di responsabilità e fatto due screening ai quali ha aderito il 95% della popolazione», spiega il sindaco Giuliano Martini. Una ricetta, quella dei tamponi di massa, che spacca la comunità scientifica, tra chi giudica i controlli a tappeto l'arma più efficace per impedire nuovi contagi e chi invece si richiama alle linee guida internazionali che prevedono i test solo per i sintomatici. Anche perché i nostri laboratori non ce la fanno a farne di più. I controlli intanto li stanno intensificando le forze dell'ordine, che in 24 ore hanno fermato 157mila persone, denunciandone 6.942, il 49% in più rispetto al giorno precedente. Nel mirino anche 83.454 esercizi commerciali, con 239 titolari denunciati. Intanto il virus continua a colpire la politica. Ieri a doversi mettere in quarantena dopo essere risultati positivi al tampone sono stati il viceministro alla salute Pierpaolo Sileri e la collega dell'Istruzione Annalisa Ascani, quest'ultima in quarantena volontaria da una settimana. In quarantena continua a restare larga parte degli italiani. Ieri in una Roma deserta ha varcato i cancelli dello Spallanzani la delegazione di nove esperti cinesi, sbarcati direttamente da Wuhan con un carico di monitor e ventilatori per allestire 40 letti di terapia intensiva più 200mila mascherine. Liang Zongan, responsabile della medicina intensiva polmonare nell'ospedale dello Sichuan, prima ha lodato il governo italiano, «che ha adottato tutte le misure necessarie in linea con gli standard internazionali». Poi ha tirato le orecchie agli italiani: «Vedo ancora un po' troppa gente nelle vostre strade». L'incontro, a cui faranno seguito altri in diversi ospedali d'Italia, è servito soprattutto per scambiare esperienze sulle terapie anti- Covid. «Sulla base dell'esperienza maturata in Cina - spiega il primario infettivologo dello Spallanzani, Giampiero D'Offizi- verrà avviata anche da noi una sperimentazione sull'utilizzo degli anticorpi neutralizzati ottenuti dal plasma dei pazienti Covid oramai in convalescenza. Dopo un trattamento per neutralizzare eventuali altri virus, il sangue sarà reimmesso nei pazienti con progressione grave della malattia. Nei pochi casi trattati -assicura- si è assistito a un miglioramento dei parametri infiammatori e della saturazione di ossigeno nel sangue». Arriva dall'Olanda invece la promessa di un nuovo farmaco anti-Covid. La ricerca è stata pubblicata sul sito dell'Università di Utrecht, ma gli studi sono ancora in corso e richiederanno mesi di test rigorosi prima che il farmaco sia disponibile sul mercato. Per ora gli strumenti nella cassetta degli attrezzi anti-virus sono made in Italy e China.

Paolo Russo

 

La Regione arruola altri 357 infermieri I morti salgono a 13, 44 nuovi contagi

Previsti anche contratti a chiamata per operatori d'emergenza e richiami in servizio per specializzandi e medici in pensione

Trieste. Il coronavirus comincia a colpire gli operatori della sanità e la Regione corre ai ripari, annunciando un piano straordinario di assunzioni, che porterà all'ingresso a tempo indeterminato di 357 nuovi infermieri e che prevede inoltre contratti a chiamata per ogni tipo di figura professionale utile nell'emergenza. In trincea potranno finire anche medici specializzandi e pensionati, in vista dell'aumento dei casi positivi che probabilmente nelle prossime due settimane si abbatterà sul Friuli Venezia Giulia, dove il tasso di crescita dagli ammalati sta andando incontro per ora a una lieve riduzione cui corrisponde tuttavia un aumento dei ricoverati. Ieri la nota di riepilogo diramata dalla Protezione civile ha portato i casi conclamati a 301, con un incremento di 44 persone rispetto al giorno precedente. Il trend mostra una lieve flessione: il +44 di sabato segue infatti il +52 di venerdì e il +79 di giovedì. Saranno i prossimi giorni a dire se si tratta di una tendenza consolidata: bisognerà attendere i 596 tamponi in corso di analisi su un totale di 3.376 test effettuati. I decessi registrati dall'inizio dell'emergenza passano nel frattempo a 13 con tre nuove morti nella giornata di ieri, tutte nell'area dell'Azienda sanitaria giuliano isontina, che conta 10 deceduti. I morti, tutti con pluripatologie, sono 8 donne e 5 uomini, con età media sopra gli 80 anni. Col tempo che passa sale però anche il numero dei guariti, che sono 17. Preoccupa la crescita dei ricoveri, saliti a 77 contro i 59 di venerdì, ma stabile resta il numero dei pazienti in Terapia intensiva, anche se gli 11 casi aumenteranno già nelle prossime ore, dal momento che la Protezione civile nazionale ha chiesto al Friuli Venezia Giulia di ospitare altri tre ammalati di coronavirus provenienti dalla Lombardia. Finiranno a Cattinara dopo la saturazione della Terapia intensiva di Udine. L'aumento dei ricoveri e l'inizio dei contagi tra i sanitari ha spinto la giunta regionale a rompere gli indugi sul piano di assunzioni straordinarie. Un passo sempre più urgente dopo gli 8 positivi tra medici e infermieri del Maggiore di Trieste (fonti sindacali attestavano ieri un aumento non quantificato), le infezioni negli ospedali di Udine e Pordenone, nonché i primi ammalati tra i dipendenti delle case di riposo. Nella mattinata di ieri, l'Agenzia regionale di coordinamento per la salute ha annunciato il decreto per lo scorrimento della graduatoria del concorsone degli infermieri. Sono 545 i sanitari per i quali la Regione aveva già deciso l'assunzione a febbraio e altre 357 unità seguiranno nei prossimi giorni, anche in questo caso con contratto a tempo indeterminato, nella speranza di ottenere un aiuto nell'ambito del piano emergenziale promesso dal governo. Le assegnazioni sono così ripartite: 99 all'Azienda sanitaria giuliano isontina 99, 180 in quella friulana, 53 a Pordenone, 17 al Burlo di Trieste e 8 al Cro di Aviano. La graduatoria del concorso conta 1.544 idonei e ci sarebbe quindi spazio per ulteriori scorrimenti, ma la Regione non può permettersi altri ingressi stabili e ha pubblicato bandi per reclutare rapidamente professionisti di ogni tipo. Le chiamate resteranno aperte per la durata dell'emergenza, rivolte anche a personale non specializzato o in quiescenza: medici di terapia intensiva, pneumologi, internisti, infettivologi, medici d'urgenza, geriatri, radiologi, esperti di prevenzione e igiene, infermieri, operatori sociosanitari, tecnici di laboratorio, di radiologia e di fisiopatologia cardiocircolatoria. Nessun concorso: basterà dimostrare di avere i requisiti e saranno le singole Aziende a procedere con incarichi diretti, pagati da 20 a 60 euro lordi all'ora. I sindacati continuano intanto la battaglia per ottenere dispositivi di protezione individuale, con le istituzioni in difficoltà a reperire mascherine a norma sul mercato. Lo ammette lo stesso vicepresidente Riccardo Riccardi: «Il Fvg ne ha chieste 600 mila ma la gestione commissariale nazionale ne ha fornite 3 mila. Il problema riguarda l'intero Paese». Orietta Olivo (Fp-Cgil), Massimo Bevilacqua (Cisl-Fp) e Luciano Bressan (Uil-Fpl) ritengono «positivo il pressing della Regione» ma notano che «la distribuzione nelle strutture viene centellinata, creando incertezza tra i lavoratori». Fabio Pototschnig (Fials-Confsal) parla di «carenze quotidiane: non mandiamo i nostri operatori a combattere il nemico a mani nude». L'Ordine delle professioni sanitarie segnala a sua volta alla Regione «criticità sui dispositivi di protezione», chiedendo alle Aziende sanitarie «procedure di lavoro adeguate» su distanze di sicurezza, disinfestazione dei reparti, smart working e sospensione delle attività riabilitative non urgenti. A dura prova sono messi anche i numeri dell'emergenza: sia il 112 che il numero verde per le informazioni 800 500 300. Quest'ultimo viaggia a 4 mila contatti al giorno, mentre giovedì (ultimo dato raccolto) il 112 ha ricevuto 3.639 chiamate, superando di circa 2 mila contatti la media di marzo. Tutte le telefonate al 112 con oggetto Covid-19 vengono trattate subito da operatori sanitari, scremate e instradate al 118 in caso di reale necessità, lasciando così una corsia preferenziale per quelle di vera emergenza negli altri ambiti della salute. La Regione continua a invitare la popolazione a restare a casa e una sessantina di mezzi della Protezione civile circola nei centri urbani ricordando l'obbligo attraverso altoparlanti. La Protezione civile si muove a sua volta per rafforzare i suoi ranghi e invita a farsi avanti volontari provenienti da altre associazioni o privati cittadini, che possano mettersi a servizio dei Comuni, ad esempio per il trasporto della spesa a casa delle persone anziane.

Diego D'Amelio

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 14 marzo 2020

 

 

In primavera pronti i corsi per diventare contadini urbani

In programma le lezioni di orticoltura per imparare a curare gli spazi verdi

Si sa. La primavera porta con sé da sempre anche la voglia di stare all'aperto e di curare giardini e orti. In questo caso, urbani. Anche quest'anno - naturalmente appena le misure legate al contenimento del Coronavirus lo consentiranno - si terranno i corsi di orticoltura per diventare "contadini urbani" proposti con successo da cinque anni dal gruppo "Urbi et Horti" nell'ottica della tutela dei beni comuni. I corsi di orticultura urbana a Trieste hanno già formato più di 200 contadini urbani e permesso di aprire oltre 20 orti, sia su suolo pubblico che privato: singoli o condivisi, con spazi di socialità comune e spazi di coltivazione personali. Gli orti comuni offrono infatti la possibilità a molti concittadini di poter coltivare un piccolo appezzamento di terra in zona urbana e periurbana. «Sono in molti a chiederci la disponibilità di un orto - riferisce Tiziana Cimolino, coordinatrice del progetto per l'associazione Bioest - ma tante sono anche le persone o gli enti che vogliono darci in gestione il loro orto da curare. Tutti possono avere un orto o uno spazio verde da coltivare: sono molti - conferma Cimolino - i terreni ancora disponibili che possono essere consegnati da subito a chi ne faccia richiesta». A corsi teorici in classe, che si terranno all'interno della strutture ospitate nel Parco di San Giovanni, come sempre seguiranno attività pratiche con il maestro contadino per mettere a frutto quanto imparato in aula. «Quest'anno - anticipa Cimolino - intendiamo parlare di piante aromatiche e creare un "Giardino dei semplici", ossia un giardino di piante aromatiche che realizzeremo assieme ai corsisti e cercheremo in proporre poi a tutti gli orti. Intendiamo sviluppare una conoscenza più ampia delle piante aromatiche e delle loro caratteristiche e proprietà - i loro utilizzi in cucina e i loro effetti benefici sulla salute - così da diffonderla il più possibile. Alla teoria seguirà come sempre la pratica. In primavera organizzeremo almeno due uscite con il maestro di oleoliti per osservare e raccogliere le piante spontanee del nostro territorio e che si possono utilizzare poi negli olii essenziali e, se possibile, - conclude la naturalista - organizzeremo anche una visita in distilleria per assistere dal vivo alle fasi della produzione». Informazioni e prenotazioni allo "Sportello ambiente", attualmente attivo solo telefonicamente al 3287908116.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 13 marzo 2020

 

 

Primo convoglio in prova lungo la storica Transalpina

Impiegato per i test un treno da 550 metri con un carico di decine di container - La rotta? Da Opicina verso Guardiella e da lì fino a San Giacomo e Campo Marzio

Primo convoglio sulla rinnovata linea ferroviaria Transalpina. Martedì pomeriggio un treno da 550 metri, composto da 20 carri e con almeno il doppio di container, ha percorso i 14,4 chilometri che separano la stazione di Villa Opicina da quella di Trieste Campo Marzio. Un tragitto in discesa che ha permesso di valutare per la prima volta la risposta di un convoglio "completo" su una linea decisamente particolare, a causa della sua pendenza - che raggiunge in alcune parti il 25 per mille - e della conformazione strutturale. «Questo primo convoglio era pesante quasi ai limiti - spiega Lorenzo Marsi di Adriafer - a causa del suo peso totale di 1350 tonnellate. Le prove proseguiranno nei prossimi giorni, sempre in discesa, con un convoglio solo per settimana». Un treno lungo e pesante, quindi, il primo che ha attraversato la linea che passa per i principali rioni della città. Scendendo da Opicina, infatti, la Transalpina esce da una prima galleria nei pressi di via Bonomea, per poi scendere verso Guardiella. Da lì un nuovo tunnel la fa sbucare direttamente a San Giacomo, per poi sfociare a Campo Marzio dopo aver attraversato via San Marco, via Alberti e Campi Elisi. «Rispetto alle dimensioni e alle criticità offerte dalla linea - spiega ancora Marsi - siamo riusciti a inserire di più carri distribuendo maggiormente il peso. La velocità di crociera non è mai superiore ai 50 km/h - racconta - e in certe gallerie il macchinista è costretto a rallentare fino ai 25 km/h. La pendenza estrema della linea per un convoglio ferroviario, inoltre, farà sì che nel momento in cui inizieranno le corse anche in salita, lo stesso dovrà avere un tonnellaggio massimo inferiore, attorno alle 1200 tonnellate». Una seconda giovinezza, quindi, per la linea Transalpina. Inaugurata la prima volta nel 1906 e sospesa definitivamente sei anni fa, la vecchia ferrovia rappresenta una valida alternativa per il crescente traffico merci del porto, utile a non intasare la linea (anche) passeggeri da e per Venezia nel tratto tra Barcola e Bivio d'Aurisina. Il tratto ferroviario in questione, come detto totalmente risistemato, è stato mantenuto il suo status originale, soprattutto nella palificazione. Che è stata sì rinnovata, mantenendo però i pali originali con il classico verde FS. L'intervento di riattivazione nel suo complesso è costato circa nove milioni, con interventi che hanno riguardato dapprima l'ammodernamento di rotaie, scambi, traversine e massicciata, seguito dalla manutenzione straordinaria della linea elettrica. Successivamente Rfi ha provveduto al rinnovamento dell'importante blocco conta-assi, infine l'intervento di ammodernamento della sagoma delle gallerie e il taglio del verde che gravava sulla linea.

Lorenzo Degrassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 marzo 2020

 

 

L'Oms dichiara la pandemia globale Italia promossa, bocciati gli altri Paesi

L'Organizzazione mondiale della sanità: «Ok le misure aggressive adottate da Roma, poche azioni dai governi del mondo»

Mancava solo la conferma che ora è arrivata. L'epidemia di coronavirus è ufficialmente una pandemia. Parola dell'Oms che attraverso il suo direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha certificato l'ultimo salto di qualità e gravità dell'emergenza sanitaria globale. Tecnicamente per pandemia si intende un contagio che riguarda un'area geografica molto estesa (diversi continenti) e per il quale non esiste immunizzazione. Due giorni fa era stato proprio Tedros ad anticipare che il rischio di giungere a questo stadio era «molto elevato». In 48 ore sono stati i numeri a convincerlo che il momento era arrivato. Per prima cosa il fatto che un virus, sconosciuto fino a tre mesi fa, ha ormai contagiato oltre 121.000 persone in 138 Paesi del mondo. Poi la rapidità con cui l'epidemia si è diffusa oltre i confini del primo focolaio. «Nelle ultime due settimane il numero di casi al di fuori della Cina è aumentato di tredici volte e il numero di Paesi colpiti è triplicato» sottolinea Tedros. Nemmeno le previsioni a breve termine sono buone perché «nei giorni e nelle settimane a venire prevediamo che il numero di casi, morti e Paesi colpiti aumenteranno ancora». Tedros si rivolge quindi ai leader mondiali, spiega che a preoccupare l'Oms non è solo la diffusione e la gravità del virus bensì «il livello allarmante di inazione e la mancanza di determinazione» da parte di alcuni Paesi. Un rimprovero chiaro ai governi per non aver agito abbastanza rapidamente o drasticamente. Il giudizio negativo risparmia però l'Italia. Tedros approva «le misure aggressive adottate» da Roma e spera «che abbiano effetti nei prossimi giorni».Gli esperti dell'Oms hanno rimandato a lungo la classificazione di pandemia preoccupati delle conseguenze che questa mossa avrebbe potuto avere, specie in un momento in cui le economie mondiali sono fragili e le Borse sotto stress. Il direttore esecutivo del programma di emergenza sanitaria, Mike Ryan, spiega che l'Oms considera molto seriamente la definizione di pandemia capendo «le implicazioni della parola». Il problema è che in questo momento «ci sono ospedali, operatori sanitari e pazienti che hanno bisogno del nostro supporto» prosegue Ryan. Detto in altre parole: il tempo per le valutazioni e la prudenza è scaduto, adesso bisogna agire. Nelle prossime ore si vedrà se i capi di Stato avranno recepito il messaggio. «Abbiamo suonato un campanello di allarme forte e chiaro» conclude Tedros cercando di lanciare anche un segnale di speranza: «Tutti i Paesi possono ancora cambiare il corso di questa pandemia». 

Alberto Abburrà

 

 

Cinque magazzini Greensisam, due cordate vicine al traguardo

Antonio Maneschi contava di poter già chiudere adesso ma l'emergenza virus si fa sentire pure in Porto vecchio

Greensisam comunica di avere «trattative avanzate» con due gruppi di valenza internazionale, cui trasferire la concessione 99ennale che riguarda cinque magazzini nella parte meridionale di Porto vecchio, quella più prossima al centro cittadino, confinante con il Molo IV. Comunicazione in linea con quanto riferito prima di Natale. Antonio Maneschi, figlio e da circa un anno erede di Pierluigi, sperava di concludere l'operazione già a inizio primavera, ma la definizione del negoziato è stata frenata nelle ultime settimane dall'incombenza del coronavirus. L'imprenditore portuale, che a Trieste co-gestisce con Msc il Molo VII e opera nello scalo di Monfalcone con Cpm, ha domandato al Comune una proroga per chiudere l'affare, proroga relativa alla conversione della vecchia concessione demaniale (legata all'Autorità portuale) in contratto di locazione (legato alla nuova proprietà municipale).Il Comune non ha ancora riscontrato in via ufficiale la richiesta di Maneschi, che sarà comunque esaudita con il probabile protrarsi dei termini fino a giugno: va ricordato che Greensisam versa nelle casse municipali 513.000 euro/annui di canoni, quindi da parte dell'interlocutore pubblico ci sono l'intenzione e la convenienza a trovare ragioni di collaborazione. Il principale motivo, che ha frenato la conversione, riguarda gli oneri di urbanizzazione della "cittadella Greensisam" (reti elettriche, idriche, fognarie, viarie) che ammontano a 11 milioni di euro: il Comune ritiene che siano competenza del concessionario-locatario, il quale però nicchia. Il valore dei 5 edifici è stimato 16 milioni di euro e il Municipio li metterà all'asta con diritto di prelazione al concessionario-locatario. Fonti vicine a Maneschi aggiungono che i due gruppi in ballo non sono necessariamente concorrenti e potrebbero cooperare su una soluzione concertata. Altro per ora non trapela dalla Svizzera, dove l'imprenditore risiede e lavora: indicazioni ancora generiche ma segnale della dichiarata volontà di affrancarsi da un coinvolgimento immobiliare che Antonio Maneschi non ritiene debba rientrare nel core business aziendale. Lo stesso Maneschi aveva dichiarato lo scorso dicembre che, avendo Greensisam impegnato milioni sulla partita di Porto vecchio, non aveva voglia di disimpegnarsi gratis. In passato si era parlato di un interessamento da parte di fondi austro-tedeschi per realizzare nella "cittadella Greensisam" investimenti immobiliari da 150 milioni, ma Antonio Maneschi si era dichiarato scettico sulla tenuta di questi conversari. I due gruppi, agganciati con il supporto di professionisti del settore, sono "new entry" nel quadro relazionale di Greensisam.La concessione 99ennale si trova a uno stadio adolescenziale in quanto nel 2020 compirà 15 anni avendo iniziato il count-down nel 2005. I cinque magazzini coinvolti sono 2A, 2, 1A, 4, 3, ben visibili dalla bretella che da largo città di Santos porta sulle Rive. Sul progetto aveva lavorato l'architetto ticinese Mario Botta. Maneschi sr. contava di realizzarvi la sede italiana di Evergreen, il colosso taiwanese proprietario di Italia Marittima (ex Lloyd Triestino), ma l'operazione non andò in porto. Da allora la ricerca di un acquirente in grado di subentrare a Greensisam.

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 marzo 2020

 

 

Piano del centro storico verso la svolta: l'obiettivo è l'adozione prima dell'estate

Poi i due mesi per osservazioni e obiezioni, appuntamento finale in autunno: Dipiazza vuole chiudere la partita nel 2020

Roberto Dipiazza vuole assolutamente chiudere entro il 2020 il pluriennale conto con il Piano particolareggiato del centro storico (da adesso Ppcs). Numerosi professionisti lo hanno sollecitato in questo senso e il primo cittadino, mai indifferente al sismografo del consenso soprattutto negli ambiti riconducibili al settore edile-costruzioni, ne ha parlato con l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli e con gli uffici competenti. L'obiettivo a breve è procedere all'adozione del Ppcs prima dell'estate per poi, trascorsi i 60 giorni dedicati a osservazioni & obiezioni, riprendere e terminare il lavoro in autunno. Allo scopo di quagliare quanto prima, nelle giornate del 24 e 27 febbraio, prima che deflagrasse la grana del coronavirus, sono state organizzati incontri con ambientalisti, paesaggisti, categorie economiche, ordini e collegi professionali: nel giro di venti giorni da quelle date, cioè con scadenza la prossima settimana, potranno inviare al Comune contributi sull'impostazione del piano. In largo Granatieri opera un apposito ufficio Ppcs, coordinato da Beatrice Micovilovich, composto da Ezio Golini, Michele Grison, Mauro Pennone, Andrea Zacchigna.Ricevute note e proposte dagli stakeholders, altri due mesi di rielaborazione per approdare, come anticipato, all'adozione tardo-primaverile del piano. Luisa Polli punta a un documento flessibile, aggiornabile, non troppo rigido, in grado di accompagnare l'evolvere del tessuto urbano. Nelle riunioni di fine febbraio il Municipio ha fissato all'attenzione dei partecipanti otto temi forti sui quali costruire in termini operativi il lavoro pianificatorio: i gradi di trasformabilità del patrimonio edilizio; la riqualificazione di piazze, giardini, parchi; la conservazione delle "scene" urbane; le connessioni tra i luoghi di maggiore interesse culturale-turistico; la chiarezza dell'apparato normativo; la riutilizzazione dei sottotetti; la riqualificazione energetica degli immobili esistenti; l'identificazione di zone di trasformazione o di completamento. Il tutto in un contesto di tutela, recupero, rivitalizzazione socio-economica di un'area molto vasta (la più vasta della regione giulio-friulana) che comprende la "città murata" (teatro romano-San Michele), i borghi imperiali (teresiano, giuseppino, in parte franceschino), via Udine, l'asse via XX Settembre-via Pietà. Nel luglio dello scorso anno Dipiazza e la Polli avevano illustrato le linee-guida del Ppcs, su cui da dicembre a fine gennaio si era aperta una consultazione popolare in Internet. Ma queste erano solo le ultime tappe di un viaggio iniziato una ventina di anni orsono, quando c'era ancora Riccardo Illy che coinvolse un nome di punta della pianificazione urbana come Leonardo Benevolo. Poi iniziò l'era Dipiazza e del centro storico passò a occuparsi l'urbanista veneziano Alberto Cecchetto. Il secondo Dipiazza riprese il filo pianificatorio tra il 2008 e il 2009. Non lo smise neanche il successore Roberto Cosolini e l'assessore Elena Marchegiani condusse un lavoro istruttorio, ereditato dal terzo Dipiazza.Però, dopo un ventennio di esperimenti trascorso tra grandi griffe e tentativi domestici, la casella è ancora vuota. Deve trattarsi di una sorta di fato che accompagna i piani del centro storico triestino: quello vigente, il cosiddetto "Semerani", venne adottato nel 1980 ma Luciano Semerani vinse la gara, ex aequo con Roberto Costa, nel 1968.

Massimo Greco

 

«Strumento che nasce già vecchio Ora serve il coraggio di cambiare»

Il presidente degli architetti Thomas Bisiani teme che il confronto abbia margini piuttosto stretti

«Il Piano particolareggiato del centro storico (Ppcs) rischia di nascere già vecchio. Non è colpa del Comune, ma degli strumenti obsoleti a sua disposizione per realizzare l'attività pianificatoria. Basti dire che il Piano urbanistico regionale è entrato in vigore nel 1978». Thomas Bisiani, presidente dell'Ordine degli architetti triestini, lo dice chiaramente: «Bisogna avere il coraggio di un cambio in corsa, di un approccio metodologico differente. Il tempo ci sarebbe, prima che la consigliatura termini». «Un esempio, per me molto significativo - insiste - il tessuto edificato del centro è composto da stabili uno diverso dall'altro. Il Piano continua a muoversi alla ricerca di una regola standard, senza però che vi sia uno standard di stile, di costruzione, di materiali ... Andrebbe ribaltata l'ottica, partendo invece dalle specificità di ogni edificio, valutandone le particolarità, le differenze».«Problemi nuovi, impostazioni vecchie - riprende il presidente - verificabile con un altro esempio: le Rive. Ebbene, non rientrano nel centro storico, perlomeno tutta la parte verso il mare, partendo dalle facciate degli edifici, non partecipa alla pianificazione comunale perchè è competenza dell'Autorità portuale. Il Molo Audace è fuori dal campo d'azione municipale. Come si fa a ragionare in modo organico su una porzione fondamentale del centro con un'attribuzione così schematica?» Bisiani rifà un po' di storia del Ppcs, una storia che dura da vent'anni e attraversa le giunte Illy, Dipiazza, Cosolini. «Non nego che sono preoccupato da questa lentezza, perchè per i professionisti del settore l'edilizia privata incide all'80% sulle opportunità di lavoro. Il piano Semerani sul centro storico compie quarant'anni ma è stato incubato nel decennio precedente, era un'altra città». «Di conseguenza il centro storico assume una rilevanza notevole, per cui abbiamo occorrenza di un quadro urbanistico di riferimento. Si tratta di promuovere e gestire le trasformazioni, valorizzando il patrimonio immobiliare e rilanciando il mercato. Non si tratta solo di tutelare e conservare».Il presidente degli architetti teme che una bozza di piano, presentata a poco più di un anno dalla scadenza del mandato giuntale, abbia margini di confronto e di discussione molto stretti. Non esclude, nonostante l'impegno della struttura comunale, il rischio che il lavoro sul Ppcs non venga completato e che slitti a futura amministrazione». Avendo la possibilità di tornare indietro nel tempo e nei processi decisionali, non gli sarebbe spiaciuto un "piano d'autore", coinvolgendo una firma di grido nel panorama urbanistico nazionale. Ma ormai la strada è tracciata e si deve continuare lungo la direttrice avviata, ciò non toglie - ribadisce Bisiani - che vi sia spazio per un aggiornamento dei punti di vista in termini di flessibilità e di attenzione alle specificità. «Anche da parte di quelli che saranno gli interpreti del Piano, cioè i tecnici comunali».

Magr

 

 

Deperimetrazione del Sin: Muggia rialza il pressing per la piazzola di Vignano

La possibile sburocratizzazione degli iter di bonifica e recupero rievocata dalla Regione "incoraggia" anche l'amministrazione Marzi

Arrivare quanto prima a una deperimetrazione del Sito inquinato di interesse nazionale (Sin) di Trieste è anche nell'interesse del Comune di Muggia, che all'interno dell'area è proprietario della porzione di terreno in cui trova posto la vecchia piazzola ecologica, non più operante perché non pavimentata e quindi non conforme. Una deperimetrazione attraverso la quale, secondo quanto evidenziato nei giorni scorsi a Trieste dall'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, il Sin finirebbe per cedere ulteriore spazio al Sito di interesse regionale (Sir), coinvolgendo complessivamente circa 150 operatori. Cosa che consentirebbe di procedere al nuovo Accordo di programma, in sostituzione di quello siglato il 25 maggio 2012. Con l'effetto di aumentare in modo considerevole l'area dei terreni di competenza regionale, e garantendo così la possibilità di ultimare le pratiche necessarie molto più velocemente, possibilmente senza perdere i finanziamenti garantiti dallo Stato nel 2012, pari a circa otto milioni di euro. Possibilità di cui potrebbe beneficiare anche la comunità muggesana, che oggi paga un canone per l'attuale piazzola ecologica. «La piazzola ecologica di Vignano - evidenzia l'assessore comunale all'Ambiente Laura Litteri - rientra nell'area Sin. Si tratta di un'area non pavimentata, motivo per cui la Regione non ha rinnovato la concessione che dieci anni fa era stata data dalla Provincia». Intanto il Comune ha intrapreso tutte le procedure previste per poter svincolare l'area: «Abbiamo inviato la documentazione richiesta il 20 dicembre 2017 - sottolinea sempre Litteri - ma da allora non è mai stata convocata la Conferenza dei servizi, di nomina ministeriale, che deve analizzare i risultati delle analisi e decidere se l'area è inquinata oppure no. Nella stessa situazione si trovano altre aree su cui sorgono attività commerciali che attendono una risposta da anni». In soldoni, insomma, sono tante le realtà, anche del territorio muggesano, che non possono espandere le proprie attività. «A giugno dell'anno scorso, su richiesta del Ministero - chiude Litteri - il Comune ha ripetuto alcuni test i cui risultati sono rientrati nei limiti previsti dalla norma. Siamo ancora in attesa del via libera del ministero per iniziare i lavori di pavimentazione e restituire una piazzola ecologica sicuramente migliorata ai cittadini». E, soprattutto, a costo zero.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 10 marzo 2020

 

 

Sito inquinato, Regione in pressing per incassare più poteri da Roma

In arrivo una delibera "ad hoc". Primo obiettivo: l'area dei piccoli operatori a Nord del Canale navigabile

La Regione assume l'iniziativa sul piano politico-amministrativo per forzare la mano al governo centrale riguardo la cosiddetta deperimetrazione del Sin (Sito di interesse nazionale), ovvero per ottenere il parziale trasferimento di competenze circa le procedure di bonifica da Roma a Trieste, dal ministero dell'Ambiente all'assessorato all'Ambiente. Modificando l'accordo di programma risalente al maggio 2012.Venerdì una apposita delibera sarà portata all'esame della giunta Fedriga con l'obiettivo di ampliare il Sito di interesse regionale (Sir) e rendere più rapide le pratiche di bonifica. L'area interessata si estende a Nord del Canale navigabile in direzione di via Caboto, includendo i cosiddetti "piccoli operatori", cioè 150 operatori desiderosi di ottenere udienza da parte di un soggetto istituzionale che non sia un ministero a 600 km di distanza. La delibera rappresenta un atto formale mediante il quale Trieste spera di ottenere l'attenzione romana. Il titolare della delega, Fabio Scoccimarro, lo ha comunicato ieri mattina a una ventina di imprenditori, convocati e sparpagliati nel salone di rappresentanza del governatorato onde consentire il rispetto delle distanze regolamentari imposto dal coronavirus. L'assessore e il suo staff tecnico avrebbero preferito un percorso all'insegna di una maggiore condivisione insieme al dicastero di via Colombo, con il quale però il dialogo si è rivelato finora piuttosto difficile, per motivi che attengono più all'organizzazione del lavoro che alle differenze politiche. Così Scoccimarro, ampliandone il raggio d'azione, riprende la strada che era stata battuta negli ultimi mesi della giunta Serracchiani, che ottenne lo stralcio di un'ottantina di ettari dal Sin al Sir, operazione che ha consentito di velocizzare i dossier, come gli imprenditori beneficiati hanno sottolineato. La riunione di ieri era stata sollecitata da una lettera trasmessa da 16 aziende in data 28 febbraio, aziende che costituiscono un condominio industriale operante su 12 ettari: Facau immobiliare, Euris, Inasser, B. Pacorini, Pittway tecnologica, Ibc, Illycaffè, Basf, Mosetti, Alta Trade, Eco.Ca., Java Biocolloid, Ortolan Mare, Sifra, Coop operaie in concordato preventivo, Sea service. Supportati dall'ingegnere Vito Ardone, esperto della materia e convinto assertore di una politica di incentivi fiscali mirati ad ammortizzare i costi degli interventi ambientali. Argomento della missiva: insistere sulla strada della "regionalizzazione" del Sin, per sbloccare un'imbarazzante storia che dura dal 24 febbraio 2003 e che limita fortemente gli investimenti delle imprese. Dal punto di vista tattico, la delibera vorrebbe essere il "grimaldello" per ottenere una risposta dal ministero, che sul punto dovrebbe convocare una conferenza dei servizi. Scoccimarro conta di portare a casa, oltre alla gestione delle bonifiche, i quasi 8 milioni di euro di finanziamento governativo correlati all'accordo di programma sottoscritto nel maggio 2012. Prima della lettera inviata a fine febbraio, l'Autorità portuale, il Coselag (l'ex Ezit per intenderci), le associazioni datoriali avevano chiesto alla Regione di prendere l'iniziativa per un'ulteriore riperimetrazione del Sin.

Massimo Greco

 

 

Pronto il piano anti-zanzare Multe a chi non cura i sottovasi

Disinfestazione a tappeto del Comune da fine mese, la Regione prepara la "cura" contro le larve fra tombini e grondaie. I cittadini chiamati a fare la propria parte

Partirà nelle prossime settimana - e sarà effettuata durante le ore notturne - la disinfestazione per impedire la proliferazione delle zanzare. Lo annuncia l'assessore comunale agli Affari zoofili Michele Lobianco, il quale conferma che «la ditta che aveva vinto il bando biennale avvierà le procedure a fine marzo e la proseguirà fino ai primi di novembre». Iniziativa analoga è stata presa dall'Arcs, l'Azienda regionale di coordinamento per la salute in tutto il Friuli Venezia Giulia e in particolare nelle zone rurali. Le zanzare, in particolare quelle "tigre", sono considerate gli insetti più pericolosi per quanto riguarda la proliferazione di alcune malattie.«Gli interventi - spiega Lobianco - saranno effettuati la notte dalle 22 alle 6 del mattino. La disinfestazione riguarderà i giardini e le zone umide. Partiamo prima rispetto al solito perché di fatto non c'è stato l'inverno, serve quindi un impegno ulteriore per evitare un sensibile aumento del fenomeno». Il bando ha un valore da circa 38 mila euro, ma un ruolo di primo piano spetta anche ai cittadini che devono impedire ristagni di acqua verificando ad esempio i propri sottovasi. Chi non dovesse ottemperare alle disposizioni rischia una multa che va da 25 euro e arriva fino a 500. Come detto in Friuli Venezia Giulia l'Arcs ha aperto il bando per affidare il servizio di bonifica su tutto il territorio, inclusa anche Trieste. La base d'asta è di 234 mila euro e prevede i trattamenti di disinfestazione larvicida che dovranno essere eseguiti nelle caditoie stradali (pozzetti, bocche di lupo e quant'altro) durante i mesi di aprile e maggio. Particolare attenzione è ovviamente richiesta nelle aree più a rischio come le zone di Staranzano, San Giorgio di Nogaro, Capriva del Friuli, Mossa e San Lorenzo Isontino. Trieste rientra invece nelle aree a rischio contenuto. Con questo primo bando si punta a intervenire sulle caditoie stradali e nelle aree di pertinenza degli immobili comunali. L'attenzione viene poi rivolta anche ai fossati a lento deflusso e in particolare a quelli dove non sono presenti i pesci che di solito li puliscono dalla presenza di sostanze organiche che favoriscono la formazione delle larve. A supportare la ditta che eseguirà i lavori ci saranno i comuni che forniranno le schede e l'elenco dettagliato delle aree da sottoporre al trattamento provvedendo anche allo sfalcio lungo le strade. Negli scorsi anni erano state effettuate numerose campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini, che avranno pure stavolta l'importante ruolo di evitare i ristagni di acqua piovana. L'appello rinnovato è di porre attenzione in particolare alle grondaie, ai pozzetti, agli scarichi e anche a vasi e sottovasi. Per i tombini è consigliato l'utilizzo di prodotti larvicidi da aprile a ottobre ed è necessario provvedere allo sfalcio dell'erba. Nelle vasche e nelle fontane decorative è raccomandato infine l'utilizzo dei pesci per prevenire sempre la formazione delle larve. Nel Comune di Trieste, come detto, sono previste anche delle multe per chi non rispetta le disposizioni: partono appunto da 25 euro e possono arrivare a 500 euro.

Andrea Pierini

 

Il caldo sveglia le api ma Coldiretti teme il ritorno del freddo

L'allarme della sigla: «Un colpo di coda del gelo metterebbe a rischio gli alveari»

Le api sono insetti estremamente sensibili sia ai cambiamenti climatici che all'attività dell'uomo. E le temperature sopra la norma di questi mesi quasi primaverili (1,65 gradi in più rispetto alla media storica quest'inverno) hanno svegliato con un mese di anticipo gli insetti presenti sul territorio. È l'allarme lanciato dalla Coldiretti nazionale: è un risveglio pericoloso, avverte la sigla, perché in caso di colpo di coda dell'inverno potrebbero morire gran parte delle api. Si tratterebbe di un colpo non indifferente per il settore, già colpito da quanto accaduto nel 2019, una delle peggiori annate per la produzione di miele in tutta Italia. «Finora molto difficilmente la temperatura notturna è scesa sottozero - spiega Pietro Lombardo, vicepresidente degli apicoltori della provincia di Gorizia - e le temperature sopra la norma hanno fatto sì che le api continuassero a "metter covata", che da un lato è un sintomo positivo considerando la costante moria di api che caratterizza il pianeta, ma dall'altra è una situazione estremamente pericolosa perché c'è il rischio, con un eventuale ritorno di freddo, di perdere parte delle covate». In provincia di Gorizia sono presenti quasi 200 apicoltori che gestiscono circa 4 mila alveari. In quella di Trieste, invece, un centinaio di apicoltori lavorano tra i mille e i 1.200 alveari circa. «Si tratta in prevalenza di hobbisti - sottolinea Lombardo - che hanno una disponibilità limitata di alveari. Sono pochi, infatti, quelli che operano in maniera professionale». Proprio a causa della forte connotazione hobbistica non è possibile stabilire con esattezza quale sia il fatturato del settore apistico. «Come Coldiretti non abbiamo mai eseguito un rilevamento capillare degli apicoltori nel territorio - prosegue Lombardo - proprio a causa del prevalente elemento hobbistico. Possiamo solo affermare che un alveare alle nostre latitudini ha una produzione media di 30/40 chili all'anno, ad eccezione di quelli del Carso che è più limitata, intorno ai 20/25 chili». Chi ha fatto dell'apicoltura un elemento indispensabile del proprio business è Ales Pernarcich di San Giovanni di Duino, già presidente degli apicoltori di Trieste. «Qui non siamo in più di 5 o 6 aziende che lavorano con le api - spiega - e possediamo fino a un massimo di cento arnie ad azienda. A queste però vanno aggiunti una grande quantità di altri apicoltori che, pur provenendo da altre zone della regione, depositano i propri alveari qui sul Carso». Un'usanza molto in voga in altri Paesi come la Slovenia, dove il settore dell'apicoltura è molto sviluppato. Conclude Coldiretti: «Un ritorno tardivo di freddo, quando ci sono le migliori fioriture a disposizione, come la marasca o l'acacia, limiterebbe giocoforza la produzione. Le api fanno centinaia di migliaia di "visite" ai fiori per portare a casa i loro 30/40 grammi di miele a insetto. Sono una specie di regolatore naturale dell'ecosistema. Oltre al rischio di una diminuzione della produzione del miele c'è anche quello legato all'agricoltura. Meno api ci sono, nel lungo periodo, significa anche meno frutta per l'essere umano». 

Lorenzo Degrassi

 

 

Dalle bottiglie di vetro fino alle batterie esauste Sei tonnellate di rifiuti abbandonati sui fondali

Bilancio delle operazioni di pulizia svolte nel 2019 dai volontari di Mare Nordest. Previste nei prossimi mesi uscite davanti a Sticco e in Sacchetta

Cinque interventi di pulizia dei fondali marini effettuate a Trieste nel 2019, che hanno portato alla rimozione di sei tonnellate di rifiuti. E tanti nuovi progetti per il 2020, mirati anche alla divulgazione, con particolare attenzione a bambini e ragazzi. Mare Nordest conferma anche quest'anno la lotta a favore della tutela dell' ambiente, anche con ulteriori operazioni di eliminazione di immondizie nel golfo. «Nel 2019 le attività portate a termine sono state davvero tante, tra Rive, Sacchetta, Sistiana e Sticco, dove siamo riusciti a riportare a galla materiali di diverso tipo - spiega Roberto Bolelli, general manager di Mare Nordest insieme a Edoardo Nattelli - un totale di 6 tonnellate di scarti, dove la plastica abbondava, oltre a batterie, lenze e tanto altro. Su questo fronte continueremo ancora nel 2020, abbiamo tantissime richieste di pulizia fondali che stiamo valutando. Ringrazio Paolo Melis, che nel nostro team si occupa di questa sezione. Di sicuro saremo ancora da Sticco e in Sacchetta - anticipa - dove tra le barche abbiamo trovato di tutto. Ma c'è davvero tanto da fare ancora, anche in altre zone. Tra le varie iniziative poi proporremo la sfilata di moda con oggetti recuperati, annullata lo scorso anno per maltempo». Sarà anche l'anno dei messaggi sull'importanza del riciclo veicolati ai giovani, dalle scuole d'infanzia alle superiori. «Già lo scorso anno a Trieste Next abbiamo avuto l'occasione di realizzare un'importante momento di divulgazione, mirata a quanto sia importante il riutilizzo di tanti materiali. Si continuerà su questa strada, attraverso progetti che cureremo insieme a Comune e Regione, oltre a iniziative di respiro europeo, attraverso le quali entreremo nelle scuole, per mostrare quanto sia fondamentale proteggere il mare ed evitare di gettarci dentro qualsiasi cosa. Per gli studenti di medie e superiori abbiamo previsto anche uscite "sul campo". L'obiettivo principale sarà quello di mostrare ai ragazzi quello che succede in acqua e in che direzione vanno le ricerche di una soluzione concreta. Di sicuro sensibilizzare su queste problematiche è fondamentale, ed è importante partire proprio dai più piccoli, con informazioni utili. Per l'ambito della divulgazione - aggiunge - un ringraziamento va a Edoardo Nattelli e Monica Rana». Mare Nordest è una società sportiva dilettantistica senza fine di lucro, che punta a promuovere la cultura del rispetto del mare e di ogni organismo che lo popola, attraverso un impegno che prosegue ormai da anni, per uno stile di vita sostenibile. «Quello che vogliamo trasmettere - viene evidenziato nella missione del gruppo - alle istituzioni, al mondo dell'associazionismo, alla collettività, con particolare attenzione alle nuove generazioni, è l'importanza di una consapevolezza di noi stessi e delle nostre azioni, in riferimento alla salvaguardia agli equilibri ecologici del biosistema, la nostra casa, il Pianeta Blu».

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 9 marzo 2020

 

 

L'estensione dei bonus facciate riempie la città di impalcature - il comparto edile

Spuntano impalcature in tutta Trieste. È l'effetto del bonus facciate che fino allo scorso anno consentiva di detrarre minimo il 50% dagli importi sostenuti per il rifacimento delle facciate degli edifici, e che con il pacchetto casa introdotto dalla Legge di Bilancio 2020 prevede una detrazione addirittura del 90%, senza limiti massimi di spesa. A Trieste quelli per la sistemazione delle facciate sono gli interventi che più impegnano le amministrazioni stabili negli ultimi anni, che stanno consentendo di ridare decoro a tanti vecchi edifici cittadini, dando un contributo molto importante al comparto dell'edilizia. Le novità previste nella manovra fiscale, erano iniziate a circolare ad ottobre dello scorso anno e gli amministratori stabili, così come gli altri ordini professionali coinvolti in questo tipo di interventi, erano rimasti alla finestra in attesa delle norme attuative che sono state pubblicate da pochi giorni. «Non sono di semplice interpretazione - osserva Enrico Coral della amministrazione stabili Coral Immobiliare -, servirà un confronto tra l'Anaci e tutti gli organi tecnici per stabilire corrette linee guida da adottare. Una novità, ad esempio, è che la detrazione non è applicabile alle facciate interne, quelle delle corti per intenderci». L'amministratore sottolinea come il bonus facciate stia dando una forte spinta a queste tipo di interventi anche nella nostra città, ma «oltre ad uno snellimento burocratico - valuta - un aiuto ulteriore, venendo incontro anche a condomini che posso avere difficoltà di fronte ad una spesa di migliaia di euro, potrebbe essere rappresentato da un più facile accesso al credito da parte dei condomini. Se come amministratore mi presento in un istituto chiedendo un finanziamento per un condominio senza morosità, con la richiesta di credito sottoscritta da tutti i condomini, non capisco perché ci debbano oggi essere delle difficoltà». Per quanto riguarda le zone ammesse al rimborso, ora si può recuperare «il 90% delle spese effettuate solo nelle zone A e B, rispettivamente centri storici e aree totalmente o parzialmente edificate, indicate nel decreto ministeriale n.1444/1968, o comunque in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai regolamenti edilizi comunali». Ciò significa che, per esempio un condominio spende 100.000 euro per rifare la facciata, avrà diritto a 90.000 euro di rimborso Irpef. Ogni condominio può scaricare la parte di bonus spettante con la propria dichiarazione dei redditi. Solitamente la detrazione Irpef si può far valere nell'arco di 10 anni.

L.T.

 

 

Emergenza odori - Pronto lo studio realizzato dall'Arpa

L'accertamento è stato affidato al gruppo di tecnici dal Comune col finanziamento della Regione per individuare cause e soluzioni dell'ormai annoso fenomeno

San Dorligo della Valle. Si registra un importante passo in avanti sulla strada che dovrebbe portare alla soluzione del grave e datato problema dei cattivi odori nel territorio del Comune di San Dorligo della Valle. In questi giorni, il gruppo di lavoro, composto da tecnici ed esperti dell'Università di Trieste e dell'Arpa del Friuli Venezia Giulia, ha completato lo studio che le era stato commissionato dall'amministrazione guidata dal sindaco, Sandy Klun, con il finanziamento dalla Regione. Sull'argomento si potrà perciò finalmente iniziare a ragionare sulla base di risultati di natura scientifica. Per il momento l'esito del lavoro svolto è secretato, ma è naturale che, in una fase successiva, potrebbe essere utile, oltre che rispettoso del diritto dei residenti, che esso sia reso pubblico. A essere coinvolti dalla problematica dei cattivi odori, che comprende sia la loro origine, sia i riflessi sulla salute delle persone, sono non solo buona parte dei cittadini che vivono nel territorio di San Dorligo della Valle, ma anche i residenti del comune di Muggia, che abitano a ridosso del confine amministrativo fra i due centri, e quelli di borgo San Sergio, popoloso rione di Trieste. Nello studio dovrebbero essere comprese anche ipotesi di intervento per cercare di ridurre la diffusione di questi cattivi odori. Il problema è stato spesso trattato in consiglio comunale a San Dorligo della Valle e nell'ambito di incontri pubblici. Stando alle testimonianze dei residenti sembra infatti che la presenza di questi cattivi odori sia in aumento rispetto a qualche anno fa. Il tema perciò è scottante e di grande attualità. Per questo motivo l'attenzione è massima, soprattutto per quanto riguarda le possibili soluzioni.

U. Sa.

 

 

In Consiglio il caso dei mitili contaminati

Interrogazione sull'ordinanza che vieta il consumo di cozze Si parlerà anche di misure da attuare per la processionaria

Muggia. Si terrà regolarmente il consiglio comunale, previsto per mercoledì in seduta straordinaria alla sala congressi "Millo", per ottemperare alle disposizioni previste dal decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 4 marzo: a Muggia fino al 3 aprile le sedute della giunta si terranno nella sala del consiglio in Municipio mentre quelle del consiglio comunale, e delle sue articolazioni quando necessario, saranno ospitate nella sala conferenze di piazza della Repubblica. Due le interrogazioni all'ordine del giorno: la prima sull'individuazione della fonte di contaminazione dei mitili nell'area muggesana, la seconda relativa alle misure da adottare per preservare la flora del territorio dalla processionaria del pino. Sul primo tema giova ricordare che il 22 gennaio con un'ordinanza dell'azienda sanitaria è stato posto il divieto alla consumazione delle cozze muggesane perché era stato riscontrato un elevato valore di benzoapirene. Sulla questione del dannoso lepidottero che tanti danni arreca alle pinete, da un po' di tempo pare aver intaccato tutto il territorio, infestazione forse - è opinione dell'Ersa - causata dal caldo atipico. Anche se a detta di Silvio Silich, ispettore della stazione forestale di Trieste ed esperto di fitopatologia forestale, «è più un problema sanitario che fitosanitario». Si discuterà della variazione di bilancio e dell'affidamento della riscossione coattiva dell'Uti Giuliana all'Agenzia delle entrate-Riscossione. Altro tema sarà la designazione dei componenti della commissione per l'ammissibilità delle richieste referendarie ai sensi del regolamento. Sarà poi la volta delle variazioni consiliari al bilancio di previsione 2020-2022. La prima riguarda l'avanzo vincolato di amministrazione di parte corrente dell'ambito Carso Giuliano per l'erogazione dei contributi del Fondo Sociale Europeo per i servizi per la prima infanzia relativi all'anno scolastico 2019-2020. La seconda, sempre per l'ambito Carso Giuliano, è relativa al trasferimento di fondi al Comune di Duino Aurisina per garantire le prestazioni previste in convenzione istitutiva del servizio sociale dei comuni dell'ambito territoriale Carso Giuliano. Infine, si parlerà dell'adozione della variante al piano attuativo comunale con valenza di piano di recupero e per l'abbattimento delle barriere architettoniche, il cosiddetto Peba, per il nucleo antico di Muggia e la contestuale adozione della variante 39 al Piano regolatore generale comunale.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 8 marzo 2020

 

 

Via Trento isola pedonale - Stop alle auto entro Pasqua

Si inizierà a breve con una chiusura provvisoria per ultimare l'iter in aprile L'inaugurazione "ufficiale" con l'arrivo in zona del mercato Piazza Europa

Via Trento completamente pedonale entro Pasqua. Ad annunciarlo è l'assessore all'urbanistica, Luisa Polli, rispondendo così a quanti nel corso degli ultimi mesi hanno iniziato a scommettere sul rilancio, anche da un punto di vista turistico, di questa parte di Borgo Teresiano.«Siamo a buon punto con l'iter della pedonalizzazione - spiega l'assessore Polli - tant'è che assieme alla collega con delega alle attività economiche, Serena Tonel, abbiamo deciso di allargare anche a via Trento l'edizione di quest'anno di Piazza Europa, in modo da rendere immediatamente viva l'area».Il mercato europeo del commercio ambulante, con oltre 150 operatori del settore enogastronomico, è in programma in città dal 25 al 28 aprile prossimi e vedrà, quindi, "l'inaugurazione" della via in chiave solamente pedonale. «Sarà un modo per rendere l'area immediatamente viva - prosegue la Polli - inserendola così in una nuova accezione di tipo turistico». Il tutto compatibilmente con la situazione di emergenza dovuta al coronavirus che, al momento, ha rallentato anche il processo di ripavimentazione che doveva iniziarsi a febbraio.«Le aziende hanno dovuto rifare il piano della sicurezza per i propri lavoratori che operano nei cantieri alla luce di quanto contenuto nel recente Dpcm - spiega l'assessore in merito al ritardo nel via ai lavori -. Ciò significa che questi slitteranno di un po', ma intanto provvederemo a rifare la segnaletica stradale e ad apporre i panettoni di cemento per delimitare le zone permesse agli autoveicoli. Inizieremo con una chiusura provvisoria, come già accaduto in altre parti della città, in modo da avere l'area completamente fruibile da parte dei pedoni entro Pasqua».I lavori sono in programma già da tempo, ma al concreto via libera alla cantierizzazione mancava solo la data, posticipata anche a causa di Esof. «I tecnici del Comune negli ultimi mesi sono impegnati con i cantieri dell'area del Porto Vecchio dedicata ad Esof - spiega sempre l'assessore Polli - perciò abbiamo deciso di optare per una soluzione emergenziale ed alternativa, vale a dire di procedere intanto alla chiusura definitiva dell'arteria alle macchine in modo da poter intanto valorizzare il percorso che va dal Canale a via Ghega e le vie attigue».L'intervento sul selciato, posticipato quindi a dopo l'evento di Piazza Europa, durerà circa un mese e porterà a una piccola rivoluzione nella zona. La nuova pavimentazione, ad uso esclusivo dei pedoni, sarà posata tra via Machiavelli e Torrebianca e tra quest'ultima e via Valdirivo.Il progetto di nuova pedonalizzazione già da tempo ha trovato la piena soddisfazione dei commercianti operanti su via Trento, che attendono la partenza dei lavori per poter poi ottimizzare quella che diventerà la passeggiata pedonale più rapida per chi si avvicina al centro provenendo dalla stazione centrale. «L'obiettivo della Giunta è chiaramente la valorizzazione del Borgo Teresiano in chiave turistica - conclude la Polli - con la creazione di una sorta di centro allargato rispetto a quello "classico" qual è l'area attorno a piazza dell'Unità fino alla rinnovata piazza Libertà».

Lorenzo Degrassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 7 marzo 2020

 

 

Fincantieri, Eni, Cdp Via a un patto a tre per la lotta ai rifiuti dispersi in mare

Il colosso triestino coinvolto nello sviluppo di progetti comuni porterà competenze sviluppate in chiave tutela ambientale

ROMA. Eni, Cassa depositi e prestiti (Cdp) e Fincantieri dichiarano guerra alla plastica in mare e uniscono le forze per creare nuovi impianti in grado di trasformare i rifiuti in bio combustibili e acqua. Riutilizzare il "Forsu", la frazione organica dei rifiuti solidi urbani, il cosiddetto "umido" costituito dagli scarti di cucina, è per Eni uno degli obiettivi fondamentali per imprimere al gruppo quella svolta green protagonista del prossimo piano industriale. E per spingere sul progetto Eni e Cdp hanno costituito una nuova società, CircularIt: Eni ed Eni Rewind apporteranno la tecnologia proprietaria per il trattamento dei rifiuti, oltre alle proprie competenze industriali nell'ambito della costruzione e gestione degli impianti per la produzione di bio combustibili. Ma l'accordo non è l'unico annunciato ieri. Eni e Cdp hanno infatti coinvolto il colosso navalmeccanico triestino in un protocollo di intesa mirato allo sviluppo di progetti comuni con l'obiettivo di «individuare e implementare soluzioni tecnologiche per fronteggiare in modo sinergico il fenomeno del marine litter (la "spazzatura marina", ndr) che compromette l'ecosistema marino e costiero principalmente a causa dei rifiuti plastici galleggianti e delle microplastiche». I tre gruppi si impegnano in pratica a studiare e sviluppare tecnologie per la raccolta dei rifiuti dispersi in mare e lungo le coste e utilizzarli per generare prodotti per la mobilità e applicazioni industriali. Cdp ed Eni hanno concordato lo sviluppo di progetti congiunti per la valorizzazione dei rifiuti urbani, con riferimento ai rifiuti plastici non riciclabili (Plasmix) e al combustibile solido secondario (Css). Cdp contribuirà a promuovere iniziative focalizzate sulla creazione di nuovi modelli di business; Eni apporterà competenze industriali e tecniche per studio e sviluppo di iniziative di industrializzazione della tecnologia waste to chemical per valorizzare la materia da Plasmix e Css. Fincantieri, per l'accordo relativo al marine litter, apporterà le proprie competenze per fare la scelta dei mezzi navali, definirne la configurazione e studiare le implicazioni logistiche per consentire raccolta, selezione e trattamento in mare dei rifiuti. La firma rientra nel più ampio impegno di Cdp, Eni e Fincantieri a supporto della transizione energetica per il raggiungimento dei target fissati al 2030 dal Piano nazionale integrato energia e clima, nell'ambito della strategia energetica Ue.È un impegno a tre che l'ad di Cdp Fabrizio Palermo definisce - riporta una nota - «strategico in un'ottica di sistema, per lo sviluppo di progetti innovativi legati alla transizione energetica e all'economia circolare», mentre l'ad di Eni Claudio Descalzi parla di «operazioni di sistema» «che uniscono gli operatori più importanti del mondo industriale ed economico». «Siamo stati il maggiore costruttore navale ad aderire al Global Compact delle Nazioni Unite», ricorda l'ad di Fincantieri Giuseppe Bono annotando che per le navi «ci occupiamo del trattamento dei rifiuti con tecnologie che potranno trovare applicazione anche in altri ambiti». Nell'ambito del protocollo il ruolo di Fincantieri sarà legato all'esperienza nel campo navale a tutto tondo in termini di sostenibilità portata avanti da tempo: per fare qualche esempio, si va dai prodotti vernicianti a basso tenore di solvente già introdotti nella Divisione militare - e nella stessa direzione opera quella Mercantile - al trattamento di tutte le acque reflue di bordo; fino ai motori diesel di ultima generazione abbinati a sistemi di depurazione dei fumi di scarico, ai motori a gas naturale liquefatto e alle unità navali elettriche o ibride, con l'energia fornita dalle batterie elettriche usata in situazioni come la sosta in porto, o a integrazione dei motori diesel nei momenti di massima richiesta di potenza.

 

Duino Aurisina nel network per la raccolta rifiuti in mare - l'adesione al protocollo "amare fvg"

 DUINO AURISINA. Il Comune di Duino Aurisina aderirà al "Protocollo aMare Fvg", progetto che ha lo scopo di favorire la corretta gestione dei rifiuti raccolti in mare da diportisti e volontari, nell'ambito delle iniziative di pulizia. La proposta in tal senso è stata definita nella seduta dedicata all'argomento dalla Consulta del mare, organismo presieduto dall'assessore comunale Massimo Romita, al quale partecipano anche i rappresentanti del mondo della pesca, dell'itticoltura e dell'acquacoltura. Il protocollo prevedeva già l'adesione di Autorità portuale, Capitaneria di porto, Arpa Fvg, Comune di Trieste, AcegasApsAmga e HestAmbiente Srl, oltre ad associazioni e società. Con l'ingresso del Comune di Duino Aurisina, il novero dei partecipanti ad "aMare Fvg" si arricchirà così di un soggetto che ha diretto interesse alla salvaguardia della qualità delle acque del golfo. Con il monitoraggio della tipologia, della quantità e della qualità dei rifiuti, si conta di poter definire efficaci modalità di gestione del problema. Romita ha inoltre proposto di inserire anche Isontina Ambiente, gestore dei rifiuti per conto del Comune, fra i soggetti che aderiscono al protocollo. Nel corso della riunione è stata condivisa, da parte degli operatori, anche la proposta di individuare due aree, a Sistiana e al Villaggio del Pescatore, che potrebbero diventare isole ecologiche, dedicate al mondo della pesca e della mitilicoltura. Infine è stata condivisa l'iniziativa che prevede di dare al settore della pesca una nuova immagine, attraverso azioni mirate, che conservino tutta la storicità del comparto, in modo che chi arriva a Sistiana o al Villaggio del Pescatore si incontri con l'importante passato del settore nel golfo di Trieste, mettendo in rete il Museo della pesca di Santa Croce.

Ugo Salvini

 

8 marzo - Pulire il verde insieme per celebrare le donne ambientaliste

Celebrare la festa della donna pulendo il verde insieme. È il progetto annunciato sui social dal gruppo "Trieste Senza Sprechi" e organizzato nel pomeriggio di domenica 8 marzo.«Jane Goodall, Rachel Carson, Vadavana Shiva, Greta Thunberg sono i nomi di solo alcune delle donne attiviste ed ambientaliste dei nostri tempi. Ma cos'hanno in comune queste eroine con noi? - si legge nell'invito social - Sono (e sono state) scienziate, insegnanti, lavoratrici, madri e semplicemente donne che hanno deciso di scendere in campo per la salvaguardia del nostro pianeta. Con le loro azioni, ci insegnano che ognuno di noi può fare molto e può essere di ispirazione per gli altri. Per celebrare l'8 Marzo e tutte le grandi e piccole donne ambientaliste del nostro territorio, Trieste Senza Sprechi vi invita a partecipare alla pulizia organizzata domenica».L'invito è rivolto a tutti, non solo alle donne. Il luogo di ritrovo è via Carlo Marchesetti 12, all'altezza della fermata del bus 25 alle 14.30, con un impegno fino alle 16.30.Ogni persona deve portare guanti riutilizzabili e resistenti, come quelli per il giardinaggio, sacchi per le immondizie che saranno raccolte, scarpe e abbigliamento comodo e una borraccia per l'acqua. In caso di maltempo l'iniziativa sarà rimandata. I dettagli dell' appuntamento sono presenti su Facebook. Trieste Senza Sprechi è un progetto nato in modo spontaneo, che punta, tra le priorità, a promuovere il riciclo e a sollecitare l'acquisto di prodotti senza imballaggi, in modo da ridurre l'impatto ambientale, tema di grande attualità.

mi.b.

 

 

SEGNALAZIONI - "I buchi neri" - Le visioni diverse sul futuro della città

Franco Rotelli, fra i promotori del gruppo politico Un'altra città, ha una sua idea del perché a Trieste ci siano tanti, i "buchi neri", inventariati dalla pregevole ricerca di Roberto D'Ambrosi; e individua una responsabilità tutta politica per lo "spreco di risorse pubbliche".Resto convinto che puntando esclusivamente all'uso pubblico non si risolve la riqualificazione di tante aree oggi abbandonate perché le risorse degli enti, non ci sono (solo per il Porto vecchio servirebbero 2 o 3 miliardi di euro a fronte di un bilancio comunale che ha disponibili ogni anno, per investimenti, da 3 ai 4 milioni) ma non ho la pretesa di affermare che le mie siano quelle giuste. Quello che non condivido dello scritto di Franco Rotelli sono i casi emblematici che ha citato nel loro significato paradigmatico. Lamenta la mancata realizzazione, oggi, di un parco pubblico alla Maddalena che ben poteva essere realizzato 15 anni se l'Azienda sanitaria non avesse sottoscritto (7 marzo 2006) la convenzione con il Comune prima di vendere le aree a un consorzio di costruttori. Denuncia il mancato uso del Padiglione Ralli a San Giovanni che in effetti è lì, pronto e ristrutturato con un finanziamento dello Stato e della Regione di oltre 10 milioni concesso per realizzare un centro diurno per i malati di Alzheimer ma, da anni, il "buco nero" è la conseguenza del contrasto con coloro che il centro non lo vogliono e che propongono, alla scadenza del vincolo sui finanziamenti (2022) di destinarlo a sede di associazioni. Cita la mancata realizzazione di Polis in Porto vecchio come se fosse esclusiva responsabilità della (cattiva) "politica" non ricordando che le Generali ottennero già il 10 maggio 1984 il permesso di costruzione da parte del Comune di Mogliano Veneto per realizzare il loro centro e che avrebbero potuto ritirare, dal 20 maggio 1992, il permesso dal Comune di Trieste dopo l'approvazione della variante urbanistica, per realizzare la loro sede in Porto vecchio. Non lo fecero per contrasti con Fiat Impresit, socio di Polis come documenterà un pregevole libro di prossima pubblicazione. Ironizza sull'"anatomopatologo" alla guida del Porto di Trieste come se quella nomina fosse lo spartiacque fra la buona e la cattiva amministrazione. Lungi da me difenderlo ma se elencassi gli sprechi nelle antiche gestioni portuali per tenere in piedi un sistema assistito che si fondava sulla spartizione fra Compagnia Portuale ed Ente Porto dovrei chiedere la cortesia di un supplemento speciale.

Gianfranco Carbone

 

 

Duecento stalli per motorini davanti al Molo IV

Spunteranno lungo la bretella che collega largo Santos a piazza Duca degli Abruzzi. Prossima tappa viale D'Annunzio

Penuria di parcheggi? La prossima settimana in città spunteranno 200 stalli in più per i motorini. Il luogo prescelto si trova lungo la bretella che da largo Città di Santos conduce al Molo IV e a piazza Duca degli Abruzzi. Lo spazio dedicato ai nuovi parcheggi si trova nella parte iniziale del collegamento, verso la stazione dei treni. Il punto rientrava nell'area doganale del Porto vecchio da cui è stato diviso attraverso delle grate in ferro: sono stati creati due varchi per accesso e uscita. Gli stalli saranno tracciati la prossima settimana, meteo permettendo, dalla Porto di Trieste servizi, società in house dell'Autorità portuale. A seguire il progetto invece sono gli uffici dell'ingegner Giulio Bernetti, direttore del dipartimento Territorio, Economia, Ambiente e Mobilità del Comune. «È stata eliminata una serie di posti motorino nelle zone limitrofe, fino anche a via Santa Caterina - spiega l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli -. Ecco dunque una risposta immediata alle persone che lavorano nell'area. Certo, i posti non sono esattamente centrali come prima, ma questa è la conseguenza di una maggiore pedonalizzazione del centro e di una rete urbana meno trafficata. Dunque, anche chi è in motorino dovrà fare qualche passo in più. Tra questi ci sono tantissimi pendolari, che ad esempio viaggiano in treno e poi utilizzano il mezzo a due ruote. In seguito - osserva -, quando si prenderà in mano la viabilità del Porto vecchio in toto, vedremo come rivisitare tutti gli spazi». L'assessorato all'Urbanistica sta continuando a lavorare anche su un altro progetto che riguarda i parcheggi della zona delle Rive: «Da quest'anno dovrebbero arrivare delle navi da crociera infrasettimanali - evidenzia Polli -. Visto che le transenne devono essere inserite 48 ore prima, ci sarà una mancanza di stalli da piazza Unità all'Aquario, che sono in mano a Ttp su un'area del demanio portuale. Stiamo lavorando per incrociare tutti i soggetti coinvolti per collocare in zona Molo IV, sempre di proprietà demaniale, un altro park in modo da dare una risposta a tutti. Poi si potrà arrivare in piazza Unità anche con il bus 81 che attraversa l'antico scalo». Oggetto dell'attenzione del Comune sono inoltre le aree più periferiche: «Stiamo valutando di inserire in viale D'Annunzio degli stalli per motorini, che ora non ci sono - conclude Polli -, preservando la sicurezza stradale. Spazi per motorini verranno infine realizzati pure nelle vicinanze del cimitero».

Benedetta Moro

 

Bonus regionali  - In arrivo i contributi per l'acquisto di bici

La giunta regionale, riunita ieri a Trieste, ha approvato, su proposta dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, il Regolamento per la concessione dei contributi destinati all'acquisto di mezzi a due ruote per ripartire la somma, già stanziata a tal fine, di 500 mila euro. I benefici saranno concessi sia per comprare biciclette a pedalata assistita (nella misura del 30% del prezzo d'acquisto, iva compresa, fino a un massimo di 300 euro per ciascuna bicicletta) sia per quelle tradizionali a pedale, ma in questo caso per un numero minimo di cinque velocipedi, sempre nella misura del 30% del prezzo d'acquisto, fino a un massimo di 1.500 euro. L'obiettivo è contribuire alla tutela dell'ambiente promuovendo la mobilità sostenibile. I contributi saranno erogati tramite le Camere di commercio con procedimento a sportello.

 

 

«Capodistria-Divaccia: il rebus ambientale resta Vertice a San Dorligo» - i Verdi dopo la risposta di 2TDK

 SAN DORLIGO DELLA VALLE. «Siamo esclusivamente esecutori del progetto. Per i riflessi di natura ambientale derivanti dalla realizzazione dell'opera, bisogna rivolgersi al ministero sloveno competente in materia». Così la 2TDK, impresa incaricata dell'intervento destinato a dotare di un secondo binario la linea ferroviaria Capodistria-Divaccia, ha risposto in questi giorni alle numerose richieste di chiarimento pervenute dal territorio e inerenti le conseguenze che tale opera potrebbe causare nella zona di San Dorligo della Valle. «Non possediamo la documentazione richiesta che riguarda l'impatto ambientale - ha scritto in un comunicato la 2TDK - anche perché abbiamo acquisito il ruolo di azienda incaricata della realizzazione del progetto con un decreto legge del 21 luglio del 2018, quando tutte le scelte inerenti questo aspetto erano già state fatte». «Dalle loro affermazioni - sottolinea il consigliere comunale di San Dorligo della Valle, Alen Kermac - si evince che la 2TDK è subentrata solo dopo il completamento della procedura di Via transfrontaliera. Perciò, non hanno la competenza sull'aspetto ambientale, che ricade interamente sul ministero. Del resto - prosegue Kermac - la 2TDK non intende garantire in alcun modo per i danni che potrebbero derivare al territorio in conseguenza dell'ultimazione dell'opera, confermando la propria estraneità alle scelte di natura ambientale. A questo punto - conclude l'esponente dei Verdi - si conferma la necessità di un incontro, che peraltro abbiamo più volte richiesto, da organizzare in Comune, a San Dorligo della Valle, alla presenza di tutti i soggetti coinvolti».

U.Sa.

 

 

Apre il concorso di foto "green" per gli studenti a difesa della Terra

L'iniziativa è rivolta a tutti gli istituti In palio due macchine fotografiche

Bambini e ragazzi in vacanza da scuola si annoiano? Arriva un concorso fotografico nazionale, con ricchi premi in palio. L' idea parte da una scuola di Torino, la Wins; il tema è "One Action for a Green Planet", l'iniziativa è gratuita e aperta alle classi della primaria e secondaria e in generale ai ragazzi dai 14 ai 20 anni, di tutta Italia. Tutti sono invitati a scattare foto che possano raccontare le azioni green per il pianeta, i piccoli gesti che aiutano a ridurre e mitigare i livelli di Co2 nell'atmosfera. «Uno degli obiettivi del concorso - spiegano i promotori - è aiutare gli insegnati, a caccia di idee per i loro alunni, a superare con il sorriso questi giorni di fermo scolastico. Ciascun alunno può scattare la propria fotografia e poi inviarla all'insegnante, che si occuperà di caricarle sul sito www.worldinternationalschool.com». Per la categoria scuola primaria-secondaria l'iscrizione sul sito www.worldinternationalschool.com deve essere effettuata dai docenti. I ragazzi invece devono avere un profilo Instagram pubblico, possono quindi iscriversi personalmente e poi postare su Instagram la propria foto attraverso l'utilizzo dell'hashtag #oneactionwins e del tag @wins_torino e oltre a seguire il profilo di @wins_torino. Tra tutte le fotografie che saranno pervenute entro le 12 del 6 maggio, verranno decretati i vincitori. Per i ragazzi saranno assegnati due premi, una macchina fotografica, su decisione dalla giuria, e un'altra, in base alla scelta del pubblico di utenti, per la foto che avrà ottenuto più "like" Per le classi la giuria ne selezionerà una vincitrice tra le primarie e una tra le secondarie, che riceveranno due kit per realizzare l' orto didattico in classe. Altre info su worldinternationalschool.com.

Micol Brusaferro

 

 

Budapest vuole una quota del rigassificatore di Veglia

Richiesta ufficializzata al governo croato, gli ungheresi hanno fretta di chiudere In ballo un metanodotto fino al confine magiaro per calmierare i costi del gas

FIUME. È forte l'interesse dell'Ungheria verso il progetto che vedrà le acque della località di Castelmuschio (Omisalj in croato), sull'isola quarnerina di Veglia, ospitare il rigassificatore galleggiante. A confermare ufficialmente la posizione di Budapest è stato il ministro magiaro degli Affari esteri e del Commercio, Peter Szijjarto, che a Zagabria ha firmato assieme al ministro croato del Mare, Trasporti e Infrastrutture, Oleg Butkovic, il documento relativo al potenziamento della collaborazione economica bilaterale tra Ungheria e Croazia, incentrato sul miglioramento delle comunicazioni nelle regioni transfrontaliere dei due Paesi vicini e amici.«Budapest ha tra i suoi obiettivi la partecipazione al progetto del terminal Lng (rigassificatore), sia in termini di costruzione che di acquisto di una sua quota azionaria - ha detto Szijjarto - mi sono rivolto al ministro croato dell'Ambiente ed Energia, Tomislav Coric, proponendogli il nostro progetto relativo a tre punti. Spero in una risposta positiva».È stato specificato nell'incontro a Zagabria che il primo punto concerne l'allacciamento delle condutture tra l'isola nordadriatica e lo Stato magiaro, al fine di eliminare le tasse transfrontaliere, rendendo così il metano ad un costo più contenuto. Quindi Zagabria e Budapest dovrebbero agire congiuntamente nelle trattative con i potenziali partner stranieri, sinergia che riguarderebbe il rifornimento di gas fino al rigassificatore isolano. Le trattative, ha precisato il ministro magiaro, andrebbero imbastite in primo luogo con Egitto, Stati Uniti, Qatar e Australia. Infine Szijjarto ha asserito che l'Ungheria vorrebbe acquistare una percentuale della quota di proprietà, con la decisione finale che comunque spetterà alla Croazia. «Le nostre proposte sono precise e dettagliate, il mio governo nell'ambito del progetto del rigassificatore ha voluto creare un gruppo di lavoro - ha aggiunto il ministro ungherese - e vorremmo che Zagabria ci desse una risposta in tempi brevi. L'impianto dell'isola di Veglia è destinato ad avere un impatto importante e strategico sui rifornimenti metaniferi in questa porzione d'Europa. Non vediamo progetti similari a breve e medio termine in grado di diventare realtà».Non è comunque la prima volta che l'Ungheria si fa avanti nei confronti del futuro impianto quarnerino: già nell'aprile di due anni il ministro Coric aveva affermato che Budapest era intenzionata a rilevare il 25 per cento del pacchetto azionario del rigassificatore. Le parole del ministro erano arrivate dopo alcune settimane prima il ministro Szijjarto aveva inviato a Zagabria, a nome della Repubblica d'Ungheria, la relativa lettera d'intenti. Stando a quanto confermato dal governo croato del premier Andrej Plenkovic, il costo della struttura ammonterà a 234 milioni di euro: la Commissione europea ha già destinato a fondo perduto la cifra di 101 milioni e 400 mila euro, dopo che il rigassificatore vegliota è stato inserito nella lista dei progetti di interesse comune dell'Unione europea. Da parte sua, intanto, Zagabria ha assicurato nel 2018 la somma di 100 milioni di euro, altri 50 sono stati messi a bilancio l'anno scorso e altrettanti riguarderanno il bilancio statale 2020. I restanti 32,6 milioni di euro andranno a carico dell'impresa Lng Croazia (portatore del progetto), dell'Azienda elettrica croata e della Plinacro.A meno di imprevisti, l'ex nave metaniera Viking entrerà in funzione quale rigassificatore tra circa undici mesi, per una movimentazione annua di 2,6 miliardi di metri cubi di gas. 

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 6 marzo 2020

 

 

I magazzini del quartiere Ford verso nuovi vincoli di tutela

Sopralluogo di Comune e Soprintendenza su richiesta di Italia nostra Interessati alcuni edifici, fra cui il "27b", dell'area espositivo-museale

L'orientamento è quello di estendere il regime di vincolo in Porto vecchio a tutela dell'interesse culturale e architettonico di alcuni edifici, che erano rimasti fuori dai provvedimenti di tutela assunti dalla Soprintendenza nell'agosto 2001.A distanza di quasi vent'anni da quella prima stagione tesa a proteggere il patrimonio immobiliare del Punto franco vecchio, è il cosiddetto "quartiere Ford" dal nome della casa automobilistica nord-americana, nell'ambito del nascente polo museale-espositivo, a sollecitare l'attenzione dei pubblici organismi. Con buonissime possibilità che palazzo Economo entri in azione sottraendo alcuni stabili anni Venti alla tentazione della ruspa: sotto la lente i magazzini 27b, 31, 32, 33 e l'edificio 133. Uno sguardo particolare si posa sul "27b", che si trova subito alle spalle del "27", incaricato, insieme al "28", di costituire il centro congressi, il cui esordio è previsto a luglio per ospitare la manifestazione scientifica Esof2020. Se in effetti dovesse scattare il vincolo sul "27b", naufragherebbe l'idea di radere al suolo l'anziana struttura, creando lo spazio per montare tensostrutture a scopo fieristico: opportunità che sembrava non dispiacere all'ente camerale. Le informazioni provengono da una nota diramata dalla sezione triestina di Italia nostra e sono comunque confermate da fonti comunali. Di recente si è svolto un sopralluogo "interforze" nel quartiere Ford, che ha visto cooperare Municipio, Soprintendenza, la stessa associazione: c'erano i direttori di dipartimento Enrico Conte e Giulio Bernetti, la soprintendente Simonetta Bonomi, la presidente di Italia nostra autoctona Antonella Caroli. Presente l'assessore alla Cultura Giorgio Rossi. Un'iniziativa messa in moto dalla richiesta che era stata formulata già lo scorso ottobre da Italia nostra, impegnata ad ampliare il livello di guarentigia in Porto vecchio. I magazzini, non tutti contigui, sono posizionati tra la linea di costa e il rondò di viale Miramare. Secondo il Municipio, la logica da perseguire è quella del «mantenimento del contesto», con il possibile - ma non ancora ufficializzato - obiettivo di sviluppare il polo culturale-museale nell'ottica dell'archeologia portual-industriale. Nel "27b" - secondo il comunicato di Italia nostra - «si riconoscono all'interno l'applicazione del sistema Hennebique e nella facciata posteriore i caratteri stilistici della Wagnerschule». Riferimenti a stili e tecniche diffusisi tra fine Ottocento e inizi Novecento. La nota di Italia nostra rievoca la vicenda dell'avventura triestina della Ford, protrattasi per un breve periodo dal 1923 al 1929: fu lo stesso presidente del gruppo industriale di Detroit, Henry Ford, a scegliere il porto di Trieste come base adriatica dove montare vetture e trattori. L'operazione non piaceva alla Fiat e il senatore Giovanni Agnelli intervenne su Mussolini, che decise di bloccare l'esperienza americana in Punto franco vecchio, nonostante la Ford avesse buone relazioni con Costanzo Ciano, autorevole esponente della dirigenza fascista e consuocero del Duce.

Massimo Greco

 

 

Salvato un falchetto in Costiera: ora è ospite all'Enpa - l'intervento dell'arma

Una pattuglia dei Carabinieri di Miramare ieri pomeriggio è intervenuta su richiesta di un passante che aveva appena soccorso un falchetto. Il volatile era appena stato investito in Costiera poco dopo la galleria che precede il bivio di Miramare. L'automobilista in transito ha notato l'animale ferito e ha chiamato il 112. I Carabinieri di Miramare lo hanno poi preso in carico e portato all'Enpa a Trieste dove riceverà le cure prima di essere rimesso in libertà.

 

 

Vincoli, dehors, "basi": ora il centro di Muggia ha un vestito su misura

Il Piano del nucleo storico svelato in Commissione congiunta Inizia così la fase che consente le "osservazioni istituzionali"

I vincoli, i dehors, i punti strategici individuati all'interno della cornice: è stato presentato ieri in Sala Millo, davanti alla Commissione consiliare congiunta, il Piano attuativo comunale relativo al centro storico di Muggia, condensato in 15 tavole necessarie a capire lo stato dell'arte del vecchio nucleo urbano. Dopo l'introduzione di Alberto Menegante, del Servizio di Pianificazione territoriale del Comune, ha relazionato sulle specificità del progetto Gianluca Ramo, a capo del "consorzio" di professionisti che ha realizzato il lavoro. Un'area, quella che ricade nella perimetrazione del centro antico muggesano, che riesce di facile lettura, grazie al suo impianto "a testuggine", e che rappresenta un complesso ben differenziato dal punto di vista urbanistico dal resto della cittadina. «Da aprile a giugno dello scorso anno - ha spiegato Ramo - sono stati organizzati incontri aperti alla cittadinanza e agli stakeholders per presentare i contenuti del progetto e gli elementi caratterizzanti il nucleo antico di Muggia, dando la possibilità di formulare specifiche richieste e apporti sia durante gli stessi incontri che in forma scritta successivamente».Ieri mattina, invece, si è passati alla fase che prevede ora la possibilità di presentare le cosiddette "osservazioni istituzionali". Relativamente ai criteri di individuazione degli edifici esistenti, Ramo ha sottolineato che «più che sui singoli edifici, a parte quelli vincolati, è stato fatto un lavoro sul contesto, ossia in funzione della loro rilevanza all'interno del centro, dal punto di vista sia storico-culturale che urbanistico».Inoltre sono stati individuati cinque «progetti strategici», a introdurre appunto le strategie generali per i futuri interventi di riqualificazione: il "centro dell'ospitalità e dell'accoglienza", che vede il suo focus tra piazza Marconi e il mandracchio, il "porto", ossia l'area sul mare dove insistono l'ex caserma della Finanza e il parcheggio, il "molo", che investe oltre alla struttura portuale l'area in cui è situato l'ex ittiturismo, la "piazza", in cui è posto l'ex lavatoio, e il "castello", nei pressi del quale è prevista una «terrazza su Muggia». Infine è stata analizzata la questione dei dehors, che il Piano attuativo prevede di regolamentare in aree ben definite, come piazza Marconi, l'area che gravita attorno al mandracchio e alcune zone minori a monte. L'obiettivo è di ridurre gli ingombri anche per consentire una maggiore visibilità ai prospetti monumentali della città. Sono previste strutture stabili, in vetro e acciaio, nella parte a ridosso del mare. Dopo l'illustrazione tecnica si è sviluppata una "pacata" discussione politica: Roberta Tarlao, di Mejo Muja, dopo avere evidenziato le «pessime condizioni in cui versano tratti di calle San Francesco e calle Volta», ha chiesto al sindaco Laura Marzi se ci fosse qualche novità sulla possibilità di «installare pannelli fotovoltaici sui tetti del centro storico», ricevendone risposta negativa. Marco Finocchiaro, del Gruppo misto, ha evidenziato la «mancanza di dati relativi alla mobilità ciclistica»: Raro ha risposto che, di questa problematica, deve occuparsi un eventuale biciplan. Infine Nicola Delconte, di Fdi, ha chiesto lumi sugli edifici del Demanio prospicienti il porto, una volta utilizzati dalla Finanza e per i quali è previsto un utilizzo ricettivo e non residenziale: Marzi ha risposto che si tratta di edifici dell'Authority per i quali ci sono già accordi.

Luigi Putignano

 

 

Da "Salute e ambiente" alert a governo e Regione contro A2A bis al Lisert - il gruppo ecologista

DUINO AURISINA. Deturpazione delle qualità naturali e dei caratteri visivi e morfologici della zona del Lisert. Degrado e compromissione paesaggistica, con la conseguente distruzione degli ecosistemi locali, ai quali è direttamente correlata la perdita di qualità della vita delle popolazioni residenti e del loro senso di appartenenza. È questo il drammatico quadro di previsione delineato dal gruppo regionale "Salute e ambiente" nel testo inviato in questi giorni a ministero dell'Ambiente e Regione, in opposizione al progetto di realizzazione della Centrale termoelettrica A2A Energiefuture SpA nell'area monfalconese del Lisert, a ridosso del confine amministrativo di Duino Aurisina. «Le osservazioni andavano presentate entro il 4 marzo - ricorda Danilo Antoni, portavoce del gruppo - e noi abbiamo rispettato tale termine. Fra l'altro - aggiunge - la dismissione dell'attuale centrale comporterebbe pure il riutilizzo possibile di un'area di circa 200 mila metri quadrati in una zona baricentrica dell'abitato in termini funzionali, ambientali e paesaggistici. Non va poi dimenticato che la nuova centrale turbogas di Torviscosa, da 800 Mw di potenza, localizzata ad appena 17 chilometri da Monfalcone, è entrata in funzione nel 2016. Critichiamo perciò il fatto che la proposta di A2A non consideri l'alternativa di un utilizzo con contenuti diversi dalla produzione di energia dell'area attualmente occupata dall'impianto. Visto l'impegno, determinato dalla normativa europea e nazionale, di obbligo di dismissione della produzione di energia con l'utilizzo di fonti carbone fossile, risulta obbligatorio considerare non solo un programma di riconversione, ma anche, in alternativa, uno di ripristino. Inoltre la proposta di A2A non considera i dati, in parte disponibili, in parte da produrre, sull'attuale situazione della salute della popolazione».«Infine - evidenzia ancora Antoni - per attuare il progetto di conversione a metano della centrale sarebbe necessaria la realizzazione di un'opera di allacciamento, in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Per fortuna - conclude il portavoce di "Salute e ambiente" - ancora molto rimane nell'area interessata in termini di storia e vocazione turistica: sono perciò auspicabili un recupero e la valorizzazione dell'esistente".

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 marzo 2020

 

 

Chiusa la partita sui terreni della Ferriera L'area a caldo va a Plt-Icop per 20 milioni

Ad Arvedi l'onere di smantellare gli impianti. Alla cordata di Parisi e Petrucco il compito di realizzare il terminal ferroviario

L'intesa sui terreni della Ferriera tra Acciaieria Arvedi e Piattaforma logistica Trieste è raggiunta. L'operazione vale 20 milioni e permetterà alla società Plt di mettere piede nel comprensorio di Servola, creando le condizioni per costruire il terminal ferroviario a servizio del futuro Molo VIII. Il gruppo siderurgico manterrà invece la possibilità di continuare a movimentare le materie prime necessarie ad alimentare il laminatoio. Il patto è a un soffio dalla firma, che sbloccherà a sua volta la stipula dell'Accordo di programma e che cambierà le modalità inizialmente previste per la bonifica della zona. Da una parte il gruppo Arvedi, che prima aveva aperto alla cessione dei terreni, poi aveva fatto marcia indietro dicendo di voler gestire la logistica in proprio e infine era ritornato sui propri passi. Dall'altra la società composta dalla ditta di spedizioni triestina Francesco Parisi e dall'impresa friulana di costruzioni Icop, che sta ultimando la realizzazione della Piattaforma logistica e che ha già in tasca il via libera a progettare il primo lotto del Molo VIII, cui da tempo guardano con interesse soggetti cinesi ed europei che potrebbero definire nei prossimi mesi l'ingresso da protagonisti nella gestione del nuovo terminal. La banchina che verrà ha bisogno di avere alle spalle spazi per lo stoccaggio e un grande snodo ferroviario, la cui costruzione sarà a questo punto affidata a Plt, inserita non a caso proprio nei giorni scorsi tra i firmatari dell'Accordo di programma riguardante la riconversione della Ferriera. Il meccanismo è complesso e ci si è arrivati dopo una lunga opera di mediazione fra le parti, che il ministro Stefano Patuanelli e il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino hanno condotto sotto traccia dalla metà di gennaio. L'iter prevede anzitutto una formalizzazione da definire entro il 10 marzo, dopo la lettera di intenti sottoscritta in questi giorni e l'impegno reciproco a inserire nell'Adp le linee portanti del percorso. L'atto di compravendita vero e proprio arriverà ad ogni modo nei mesi successivi. Ma come si giungerà all'ingresso di Plt nella partita? Lo schema prevede uno scambio alla pari fra i terreni dell'area a caldo oggi di proprietà di Arvedi e quelli che l'Autorità portuale ha dato a suo tempo in concessione al gruppo siderurgico per impiantarvi l'area a freddo dietro il pagamento di un canone da un milione all'anno. In questo modo il gruppo di Cremona diventerà proprietario dei terreni dove continuerà a operare il laminatoio e smetterà di pagare la concessione. L'operazione avverrà con il beneplacito dell'Agenzia del demanio, che provvederà a sdemanializzare la zona dell'area a freddo e a demanializzare quella dell'area a caldo, che l'Autorità portuale darà poi in concessione con gara a evidenza pubblica, cui parteciperà una newco costituita da Arvedi. Se questa otterrà il via libera come scontato, potrà avvenire il passaggio dei 20 milioni, con cui Plt pagherà di fatto Arvedi, acquisendo la newco e con essa la concessione dei terreni e del fronte mare, su cui verrà permesso al gruppo siderurgico di mantenere una gestione diretta o indiretta dei servizi logistici via mare e via ferro di cui la società continuerà a necessitare per il laminatoio. Il tutto verrebbe compiuto dopo la firma dell'Adp, che le istituzioni continuano a ritenere di poter firmare entro la prima settimana di marzo, come annunciato da Patuanelli nell'ultima visita a Trieste. Le parti si sono già date un cronoprogramma di massima: toccherà ad Arvedi smantellare nel 2020 cokeria, agglomerato, altoforno e macchina a colare, potendo così rivendere macchinari e metalli, mentre dall'anno successivo spetterebbe a Plt cominciare la copertura dell'area con pavimentazione in cemento, su cui passeranno i binari e su cui poggeranno i container scaricati dalle navi attraccate nelle vicinanze, trasformando così l'area a caldo della Ferriera in una zona a servizio delle attività portuali. Il barrieramento del fronte mare verrà invece realizzato dalla mano pubblica, che ha già da parte 41 milioni necessari al tombamento degli inquinanti presenti nel terreno. Plt dovrà ora reperire i 20 milioni per l'operazione e non è escluso che possa farlo appoggiandosi alle Ferrovie austriache (da tempo interessate alla co-gestione del piazzale ferroviario) o direttamente al soggetto che entrerà nella partita del Molo VIII. Il presidente di Icop Vittorio Petrucco resta abbottonato: «Stiamo trattando, preferisco non dire altro». Sarà lui il nuovo invitato al tavolo tecnico dell'Adp, che si sarebbe dovuto riunire in via telematica oggi pomeriggio, ma che ieri è rinviato ai prossimi giorni. Probabile che l'annullamento sia dovuto all'autoisolamento deciso dal ministro Patuanelli, negativo al tampone del coronavirus ma decisosi ad adottare misure preventive dopo aver incontrato un assessore regionale lombardo risultato positivo al contagio.

Diego D'Amelio

 

 

Il Comune punta al car sharing e molla l'opzione monopattini

Dopo le bici in Municipio si scommette sulle auto elettriche condivise: presentato a Roma un piano che prevede nuove aree di scambio con colonnine di ricarica

Car sharing sì, monopattini no. Il futuro della mobilità condivisa a Trieste, dopo il successo delle biciclette, potrebbe allargarsi anche ai mezzi a quattro ruote elettrici. A confermare la volontà del Comune è l'assessore a Urbanistica e Viabilità Luisa Polli: «Abbiamo partecipato a un bando nazionale del ministero dell'Ambiente presentando il progetto per la creazione del servizio di car sharing elettrico che prevede nel contempo l'installazione di nuove di aree di sosta con le colonnine di ricarica dedicate anche a chi possiede una vettura elettrica propria. È un servizio che ci piace e lo stiamo monitorando con grande attenzione, va però studiato e realizzato nel modo corretto e per questo, in una prima fase, sarà in via sperimentale». Il Comune aveva ricevuto a febbraio un finanziamento da 300 mila euro per la creazione di nuovi parcheggi intermodali con totem informativi e la possibilità di installare anche ulteriori stazioni del bikesharing. In questo senso Polli conferma che il bando a cui ha preso parte l'amministrazione Dipiazza per il futuro car sharing è relativo sempre al cosiddetto Pums, il Piano per la mobilità urbana sostenibile. I tempi però sono ancora incerti visto che queste procedure burocratiche, di solito, hanno uno sviluppo molto lungo, anche di anni, e anche a fronte di risorse aggiuntive, frutto delle manovre di bilancio, eventualmente intervenute in corso d'opera. Il car sharing è un servizio che esiste già in altre città italiane - come ad esempio Milano o Torino - e solitamente ha una tariffa base di 28 centesimi al minuto con la possibilità di acquistare pacchetti promozionali. L'utente prenota l'auto con il telefonino, la usa fino a quando ne ha bisogno e poi la può tranquillamente lasciare in un parcheggio regolare a disposizione di un altro utente. Esistono servizi simili con autovetture a benzina, che non sono però oggetto di incentivi statali ed europei. L'attenzione dell'amministrazione comunale è incentrata anche sulle colonnine di ricarica, che adesso sono presenti in 13 punti della provincia, da Sistiana a Domio. Il Comune, in collaborazione con il gruppo Hera e AcegasApsAmga, sta lavorando per creare dei nuovi parcheggi dedicati alle macchine elettriche in zone strategiche della città e negli impianti multipiano. «Si tratta di un servizio - spiega Polli - che servirà anche per i triestini che hanno un'autovettura che necessita di essere ricaricata». Se il car sharing potrebbe arrivare in tempi ragionevoli discorso diverso per quanto riguarda i monopattini. «Al momento c'è poca chiarezza sulle responsabilità individuali - spiega l'assessore - e questo ci frena. Il governo ha preso una decisione condivisibile dal punto di vista ambientale: serve però comprendere appieno le responsabilità del soggetto che lo guida in caso di incidente. Al momento quindi preferiamo attendere per questo tipo di servizio». Uno dei prossimi step sarà - come annunciato - spostare i posti auto delle Rive, oggi ricavati tra Capitaneria di Porto e Salone degli incanti, alla base del Molo IV: un passaggio che sarà completato già entro Esof2020 con la successiva creazione di un parcheggio contenitore multipiano, dove in futuro saranno presenti parcheggi modali di bike e car sharing.

Andrea Pierini

 

Udine intanto "scalda" il servizio con 10 eco-vetture

Si sono chiusi il 28 febbraio i termini del bando del Comune di Udine per la gestione di 10 autovetture elettriche dedicate al servizio di car sharing. Il contratto proposto nel capoluogo friulano ha un valore di 4,3 milioni di euro per una concessione di cinque anni riguardanti appunto il servizio delle macchine condivise e di 20 anni invece relativi alla gestione delle attuali colonne di ricarica e per l'installazione di nuove analoghe strutture. Il costo stimato del solo servizio di car sharing nel lustro è di 312 mila euro. Il Comune ha previsto, in questa partita, anche l'acquisto di pacchetti orari per quattromila euro l'anno.

(an.pi.)

 

 

DUINO AURISINA - Il Villaggio pianta 10 alberi per la lotta al clima che cambia

L'evento in programma domani nei pressi del parcheggio rappresentano lo strumento con cui il Comune ha deciso di aderire a "M'illumino di Meno"

DUINO AURISINA. Una decina di alberi da frutta e un ulivo saranno piantati domani pomeriggio, alle 15, al Villaggio del Pescatore. È questa la modalità scelta dal Comune di Duino Aurisina, di concerto con il locale Lions club, per partecipare all'edizione 2020 di "M'illumino di Meno", la Giornata del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili lanciata, nel 2005, dalla trasmissione radiofonica "Caterpillar" e da Radio Due. L'appuntamento quest'anno è dedicato agli alberi, alle piante, al verde intorno a noi. L'invito di "Caterpillar" è infatti di piantare alberi, perché essi, nutrendosi di anidride carbonica, sono lo strumento naturale per ridurre la principale causa dell'aumento dei gas serra nell'atmosfera e quindi dell'innalzamento delle temperature. Gli alberi e le piante emettono ossigeno, filtrano le sostanze inquinanti, prevengono l'erosione del suolo, regolano le temperature, sono macchine meravigliose per invertire il cambiamento climatico. Gli alberi, che saranno piantati nei pressi del parcheggio della frazione di Duino Aurisina, saranno "adottati" da alcune associazioni che hanno voluto condividere tale iniziativa come la Consulta Giovani, il Leo Club, le associazioni "Genitori Rilke" e "Timava MedjaVas Stivan", la società nautica "Laguna", la Polisportiva San Marco, il Gruppo speleologico Flondar, il Gruppo culturale Ajser 2000, il Circolo velico Duino e la Proloco. Ma altri enti hanno annunciato la loro partecipazione in futuro. Ulteriori alberi saranno poi piantati a ridosso del 22 marzo, Giornata mondiale dell'Acqua. «Nella prospettiva di un proseguimento delle attività di salvaguardia e tutela del nostro territorio - così il sindaco di Duino Aurisina Daniela Pallotta e l'assessore all'Ambiente Massimo Romita - iniziative come queste sono le benvenute».--U.Sa.

 

Aurisina e Monfalcone alleati contro A2A bis

Decisa l'attivazione di un'«azione congiunta» tra Comuni per contrastare il nuovo insediamento nell'area del Lisert

DUINO AURISINA. Attivare un'«azione congiunta» con il Comune di Monfalcone per evitare l'installazione, nell'area del Lisert, di un nuovo impianto industriale, quello della A2A. Sarà questa, nell'immediato futuro, la linea politica che l'amministrazione di Duino Aurisina porterà avanti. Lo ha annunciato il sindaco Daniela Pallotta nel corso della seduta congiunta della Commissione Ambiente, presieduta dalla consigliera Chiara Puntar (Forza Duino Aurisina) e della Commissione Capigruppo. «L'impianto che la A2A intende realizzare - ha spiegato Pallotta - è potenzialmente pericoloso per la salute dei cittadini e distante dal benessere ambientale che abbiamo a cuore». Lo scopo della convocazione era quello di «poter condividere la documentazione predisposta dall'assessore all'Ambiente Massimo Romita e da me - ha precisato Puntar - sul procedimento relativo all'Aia da parte della Energiefuture spa per la centrale termoelettrica A2A di Monfalcone». Gli stessi Romita e Puntar, assieme al consigliere Sergio Milos (Autonomia responsabile), avevano presenziato, qualche giorno fa, all'omonima commissione in Comune a Monfalcone. «Siamo perplessi in relazione al progetto - ha sottolineato Puntar - visto, fra l'altro, che il camino che vogliono realizzare sarà di 60 metri, mentre quello attuale ne ha oltre 150, e il nuovo metanodotto interferirà sul territorio in numerosi punti».Romita ha ricordato la costante volontà dell'amministrazione di Duino Aurisina nel porsi «dalla parte dell'ambiente, contrastando ogni forma di potenziale pericolosità per lo stesso». Durissima è stata la critica all'esecutivo formulata dal consigliere di opposizione, Vladimiro Mervic (Lista per il Golfo): «La presenza dei tre esponenti di questa maggioranza alla commissione di Monfalcone - ha osservato - ha garantito loro un facile approccio e un repentino ammantarsi di colore green, perché è stato sufficiente replicare le osservazioni che quel Comune ha presentato al ministero dell'Ambiente. Ecco perché - ha aggiunto Mervic - faccio molta fatica a credere alla svolta ambientalista di questa amministrazione, la cui azione in questo campo la valuto evanescente e impegnata nell'apparire e non nel fare». Lorenzo Celic (M5S) ha definito l'impianto «un cancro per l'ambiente», mentre Danilo Antoni, ospite per conto del gruppo "Salute e Ambiente", ha parlato del polo industriale del Lisert come di una «Krsko monfalconese». Puntar in chiusura ha annunciato che, accogliendo una proposta della A2A, sarà indetta una commissione con la partecipazione di esponenti di tale società.

Ugo Salvini

 

 

Cinque anni a "caccia" di ruderi e memorie alla scoperta di un tempo che non esiste più

Caserme, discoteche, alberghi e case fantasma: Triesteabbandonata festeggia il primo lustro con un libro e un contest che guarda al futuro

Compie cinque anni Triesteabbandonata, il progetto curato dai giornalisti Micol Brusaferro ed Emilio Ripari, insieme alla fotografa Giada Genzo, che ha la finalità di mappare edifici in disuso in tutta la provincia, raccontandone la storia nella speranza che tornino a nuova vita. In cantiere c'è anche un libro e il coinvolgimento di architetti triestini che lavorano in città e all'estero, per realizzare idee da sottoporre agli enti pubblici per la riqualificazione urbana in alcune aree in particolare. Tra i fabbricati toccati finora nel lungo giro, che ha visto anche alcune puntate in altre località della regione, figurano caserme, scuole, fabbriche, impianti sportivi e ricreativi, discoteche e alberghi. Con un denominatore comune: tutti sono stati chiusi e lasciati nel degrado. L'archivio raccolto nei cinque anni di lavoro è illustrato anche in un blog e in diverse occasioni il gruppo è stato contattato da privati, spesso da fuori città, interessati a conoscere le caratteristiche di un edificio, pensando a un suo riutilizzo.«Ma ci scrivono persone da tutta Italia - spiega Genzo -. Ad esempio militari che hanno fatto il servizio di leva a Trieste, in caserme che ormai sono fatiscenti, per ricordarci com'erano prima. C'è chi lavorava all'interno di stabilimenti ormai caduti in rovina, chi descrive l'attività che veniva svolta negli ambienti produttivi e ancora parecchi nostalgici che hanno aneddoti legati a spazi che da decenni hanno chiuso i battenti. Storie e testimonianze molto belle, che aiutano a scoprire o riscoprire siti spesso caduti nel dimenticatoio».Proprio attraverso queste segnalazioni, oltre alle ricerche storiche effettuate per ogni posto, è nata anche la proposta di un libro, che dovrebbe concretizzarsi nel 2020 e che ripercorrerà le vicissitudini di alcuni dei luoghi abbandonati più conosciuti a Trieste, tornando indietro nel tempo per spiegare la prima destinazione e il successivo declino. Una decina gli immobili scelti, per diverse motivazioni, che tuttora attendono un nuovo proprietario o che si trovano bloccati da anni tra aste, tentativi di vendita falliti o altri iter burocratici complessi. Intanto nei prossimi mesi Triesteabbandonata lancerà una sorta di contest, dedicato agli architetti: «Anche in base ai suggerimenti di alcuni professionisti impegnati a Trieste e in altri Paesi - prosegue Genzo - presenteremo nel dettaglio cinque edifici agli architetti che vorranno darci una mano a pensare a come si possano cambiare, immaginando qualcosa di diverso e utile per la città. Ciò che emergerà, verrà sottoposto al Comune o ad altri enti».I dettagli saranno annunciati sulla pagina Facebook, seguita da quasi 8mila utenti, dove sono pubblicate anche migliaia di foto scattate anno dopo anno. E nel cammino tra spazi vuoti, muri crollati e palazzine fantasma, non mancano le curiosità, oggetti strani immortalati qua e là, che nulla c'entrano con il luogo dove sono stati portati. Facciamo qualche esempio. Un paio di sci con attacchi è spuntato qualche anno fa nel magazzino di un cotonificio, mentre nella stanza di un'ex stazione ferroviaria, in parte crollata, sono stati reperiti cumuli di giocattoli, alcuni in perfetto stato. E ancora una bambola, datata, è stata lasciata sulla scrivania di un fabbricato dove si trovava una serie di uffici.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 marzo 2020

 

 

Trattativa sul post Ferriera verso la svolta Icop punta a rilevare alcune aree di Arvedi

La compagine impegnata nell'operazione Piattaforma logistica "irrompe" nella partita con il ministero delle Infrastrutture

Due nuovi attori, uno pubblico e uno privato, compaiono sulla scena dell'Accordo di programma per la Ferriera di Servola: sono il ministero delle Infrastrutture, che sarà tra i firmatari finali del testo, e la compagine Piattaforma logistica - Icop, che sta trattando con il Gruppo Arvedi l'acquisizione di parte dell'area su cui sorge lo stabilimento. Un'operazione, quest'ultima, ancora in via di definizione: dovesse andare in porto, farebbe della Icop un ulteriore firmatario dell'Accordo di programma. La riunione del tavolo per l'Adp si è svolta nel pomeriggio di ieri fra Trieste e Roma. In origine l'incontro doveva svolgersi nella capitale, ma le ribalderie del coronavirus hanno convinto le istituzioni a ricorrere alla teleconferenza. Vi hanno partecipato la Regione (con gli assessori al Lavoro Alessia Rosolen e all'Ambiente Fabio Scoccimarro), il Comune, l'Autorità portuale e il ministero dello Sviluppo economico con i loro rappresentanti. Il tavolo non si riuniva dallo scorso 22 dicembre: domenica sera Roma ha inviato agli interlocutori del Friuli Venezia Giulia una nuova bozza del documento che di fatto, spiegano fonti interne alle istituzioni, muta a fondo il contenuto dell'Adp.La bozza è arrivata a ridosso dell'incontro, impedendo alle istituzioni locali di approntare le osservazioni. Anche per questo la riunione è stata sospesa e riprenderà domani, in modo da dare il tempo a tutti gli attori di consultare la nuova versione del testo e mettere a punto le proposte. Commenta l'assessore Scoccimarro: «Non abbiamo potuto non sottolineare come in una fase così delicata si debba dare la possibilità a tutti i sottoscrittori di valutare con tempi idonei il testo». L'assessore Rosolen sintetizza come segue la nuova versione dell'Adp: «Il testo cambia in modo importante perché aumentano i soggetti che lo sottoscrivono, e quindi si suddividono gli impegni». In ogni caso il nuovo quadro, sottolinea con forza Rosolen, «non avrà conseguenze sugli accordi sindacali sottoscritti di recente per la cassa integrazione». Un punto fondamentale per la Regione, visto che quella firma ha garantito 24 mesi di cassa integrazione straordinaria per i 450 lavoratori di Acciaieria Arvedi Spa e per i 36 dipendenti di Siderurgica Triestina srl, nonché la messa in sicurezza dei 66 lavoratori assunti con contratto di somministrazione. «Gli accordi già presi sono vincolanti», aggiunge ancora l'assessore al Lavoro. Molti particolari della nuova versione del testo sono ancora riservati. Certo è che entra far parte della partita il ministero delle Infrastrutture, che va ad aggiungersi ai ministeri dell'Ambiente e dello Sviluppo economico, da subito parte della trattativa. Il punto più rilevante, però, è la possibilità che anche Icop, la società che sta realizzando la Piattaforma logistica nel Porto nuovo di Trieste, diventi un firmatario dell'Accordo di programma. È un'ipotesi che la Regione accoglie positivamente, come spiega Scoccimarro: «Come ribadiamo da sempre, la volontà della Regione è garantire a Trieste uno sviluppo sostenibile di quell'area. L'ingresso di Piattaforma logistica - Icop è quel passo in più che delinea il futuro».La conferma definitiva in proposito è attesa per i prossimi giorni. In queste ore ferve infatti il confronto fra il Gruppo Arvedi - Siderurgica Triestina e Piattaforma logistica Srl - Icop Spa per limare i termini dell'accordo che porterebbe quest'ultima a estendersi su parte del sito della Ferriera. Lo stabilimento è contiguo all'area della Piattaforma logistica: da quanto risulta al momento, sarebbe al vaglio uno "scambio" di aree grazie al quale una parte della proprietà Arvedi finirebbe per entrare a far parte del Demanio, mentre degli spazi che sono di proprietà demaniale verrebbero sdemanializzate e acquisite dal privato. L'Autorità di sistema portuale del Mare adriatico orientale, che fa da supervisione e cabina di regia di tutto il processo, preferisce almeno per ora mantenere il riserbo sui termini del confronto. La materia è delicata, anche perché si tratta di stabilire a chi spetta l'onore e l'onere di provvedere alla bonifica e allo smantellamento dell'area a caldo della Ferriera: un lavoro da 30 milioni di euro, che dovrebbe anche impegnare per un anno una cinquantina di lavoratori attualmente nell'organico dello stabilimento. Non resta che attendere la riunione di domani per sapere nuovi particolari su contenuti e tempistica. Tanto più che nelle settimane scorse il ministro dello Sviluppo economico, il triestino Stefano Patuanelli, aveva dichiarato di voler chiudere il confronto entro l'8 marzo, fra pochi giorni.

Giovanni Tomasin

 

 

Lascia rifiuti in strada sotto a San Giusto - Multa da 600 euro - guardie ambientali

Una maxi multa dell'importo di 600 euro. Se l'è vista appioppare un cittadino sorpreso ad abbandonare vicino all'isola ecologica di via Guerrazzi, sotto San Giusto, rifiuti e materiali che, invece, avrebbero dovuto essere portati in discarica. L'autore del comportamento scorretto, peraltro, non è stato preso in flagrante, ma rintracciato in un secondo tempo grazie alla segnalazione di un altro cittadino e alla collaborazione di AcegasApsAmga. Sulle sue tracce si sono messe, subito dopo le prime indicazioni, le guardie ambientali del Comune. Gli operatori, pur sapendo che la speranza di trovare l'utente incivile fosse ridottissima, non si sono arresi. Una determinazione che ha dato loro ragione. In breve tempo infatti le ricerche hanno permesso di risalire al responsabile. Nei suoi confronti quindi è scattata la sanzione da 600 euro prevista dall'articolo 23 del Regolamento gestione rifiuti urbani e pulizia del territorio. Quanto ai rifiuti abbandonati, AcegasApsAmga ha subito provveduto a rimuoverli e a portarli in discarica. Nei giorni scorsi era stato "pizzicato" anche un altro cittadini decisamente poco rispettoso delle regole in vigore per quanto riguarda il corretto conferimento dei rifiuti e la raccolta differenziata. La persona in questione ha lasciato per terra per terra, in strada, accanto ai cassonetti delle immondizie, ben trenta casse di birra. Dentro c'erano circa 700 lattine. Una scena accaduta in largo Barriera sotto tra gli sguardi sbigottiti dei passanti. Anche perché pochi passi più avanti c'erano i contenitori dell'indifferenziata: pure quelli per la raccolta del vetro e dell'alluminio. L'uomo è stato notato da una pattuglia delle Guardie ambientali della Polizia locale e si è beccato una multa da 100 euro.

 

 

Pastini e sentieri pericolanti L'allarme degli agricoltori

A rischio i terreni terrazzati del ciglione carsico, soprattutto nella zona di Prosecco, dopo l'autunno molto piovoso. Gli addetti ai lavori reclamano fondi da Stato e Ue

TRIESTE. Muretti a secco e pastini franati, sentieri pieni di pietre sui quali non si può transitare, vigneti raggiungibili a fatica. È questo il quadro della situazione sul costone carsico, in particolare nella zona di Prosecco, quando mancano poche settimane all'arrivo della primavera. Un problema che mette per primi in difficoltà i proprietari dei vigneti, ma che più in generale riguarda l'intera popolazione, in quanto le passeggiate sul Carso nella bella stagione sono un passatempo molto diffuso ed è necessario garantire a tutti l'incolumità e la sicurezza. «Purtroppo l'autunno del 2019 - spiega Edy Bukavec, membro dell'esecutivo regionale dell'Associazione degli agricoltori - è stato particolarmente piovoso, di conseguenza il terreno è diventato friabile, andando a pesare più del consueto sui muretti e sui pastini, facendoli franare in molti casi. Laddove sono state utilizzate pietre in flysch, roccia a base di arenaria e perciò ruvida, la tenuta è stata maggiore - precisa - ma nei casi in cui i muretti e i pastini sono stati realizzati con pietre di calcare, più lisce, i danni sono stati superiori». Il problema è stato sollevato in varie occasioni anche da Erik Tence, persona molto attiva nell'ambito del mondo delle associazioni del Carso e proprietario di un pastino: «Nei pressi di via del Pucino - evidenzia - c'è una scala sulla quale incombono alcuni massi che potrebbero mettere veramente a rischio gli escursionisti. Ma questo è solo uno dei tanti esempi che si possono fare di situazioni di pericolo per quanti avranno l'intenzione di avventurarsi sui sentieri dell'altipiano». Del tema si sta occupando anche Maja Tenze, presidente della Circoscrizione Ovest: «Sto preparando una mozione - annuncia - che presenterò ai consiglieri della mia consulta nella prossima seduta, nella quale si sottolinea la gravità della situazione e in cui richiamo le competenti autorità alle responsabilità del caso. Il Carso è patrimonio di tutti - conclude - e va preservato nella sua integrità». Una soluzione la ipotizza lo stesso Bukavec: «Nel corso del 2020 - osserva - l'Ue dovrà iniziare a mettere mano al Piano di sviluppo rurale. Si tratta di un documento che viene rinnovato ogni sette anni e quello in essere andrà a scadenza proprio alla fine di quest'anno. Nel contesto di tale Piano che rientra nel più generale programma dell'Ue per l'agricoltura - prosegue l'esponente del direttivo regionale dell'Associazione degli agricoltori - esistono due tipi di contributi, quelli che vanno direttamente a favore degli operatori del settore e quelli che vanno invece ad alimentare i cosiddetti interventi non produttivi. Considerando che i muretti a secco del Carso sono stati dichiarati patrimonio dell'Umanità in quanto rappresentano una relazione armoniosa fra l'uomo e la natura - ricorda Bukavec - ecco che questa potrebbe diventare la premessa per chiedere di inserire il recupero dei pastini del costone carsico nel contesto dei finanziamenti del secondo tipo». Ma una delle ipotesi al vaglio è anche quella di far intervenire lo Stato, che recentemente ha adottato provvedimenti d'urgenza a favore di alcune zone della Liguria, dove si sono verificate frane. «La normativa in questi casi è favorevole per i proprietari dei terreni - conclude Bukavec - e si potrebbe chiederne l'estensione anche all'altipiano carsico».

Ugo Salvini

 

 

Piano del centro storico: primo "atto" a Muggia - la commissione congiunta domani

MUGGIA. Domani mattina nella sede municipale si riunirà la commissione consiliare congiunta in cui sarà presentato il Piano particolareggiato del centro storico di Muggia, dopo la cui pubblicazione sarà possibile presentare osservazioni a riguardo. Il centro di Muggia è un nucleo antico che rappresenta un unicum nel suo genere nel territorio triestino e all'interno del quale sono situati ovviamente gli edifici storici di maggior pregio architettonico della cittadina rivierasca, oggetto di un piano attuativo - progettato da Gianluca Ramo, Sara Malgaretto, Michele Miotello, Gianluca Malaspina e Fabio Saccon, diviso in due fasi e partito ad aprile dello scorso anno - che investe gli aspetti generali, gli interventi ammessi, le tipologie e gli elementi architettonici di tutto il centro storico, oltre che quelli cromatici (che ricadono a loro volta nel cosiddetto Piano colore).

Lu.Pu.

 

 

Sciacalli sull'isola: a Veglia allevatori di nuovo in allarme - a nuoto dalla terraferma

VEGLIA. Dopo gli orsi e i cinghiali, Veglia viene ora tormentata da un'altra specie alloctona, anch'essa giunta a nuoto sull'isola quarnerina: gli sciacalli. Diffusisi specialmente nei comuni di Bescanuova, Verbenico e Ponte, rappresentano una iattura per gli allevatori di ovini, gente messa a dura prova nelle ultime settimane da sanguinarie scorribande, nelle quali sono stati fatti a pezzi numerosi agnelli e anche qualche pecora. Lo Stato croato, per legge, risarcirà sicuramente gli allevatori, ma lo farà come da tradizione con notevole ritardo e scucendo somme non corrispondenti al reale valore degli animali sbranati da questa specie invasiva, che non teme ostacoli di sorta. Proprio per porre freno al fenomeno e dopo quanto avvenuto negli ultimi 20 anni con plantigradi e "porchi selvatici" (come a Veglia e altrove in Croazia si definiscono i cinghiali), a Bescanuova c'è stato un incontro di lavoro che ha riunito esponenti delle tre municipalità interessate, le preposte autorità della Contea quarnerino-montana e i rappresentanti delle società venatorie e degli allevatori locali. «Abbiamo convocato questa seduta - ha dichiarato il sindaco di Bescanuova, Toni Juranic - per fare il punto sulla situazione e individuare le prime soluzioni che dovrebbero contrastare l'invasione. Alcune greggi sono state decimate dall'inizio dell'anno, andando incontro allo stesso destino di centinaia di pecore e agnelli uccisi da metà degli anni'90 del secolo scorso da orsi e cinghiali. Grazie ad una mirata campagna di abbattimenti, le due specie alloctone sono praticamente scomparse dall'isola (l'ultimo orso è stato abbattuto nell'ottobre 2018), che invece adesso deve misurarsi con le conseguenze delle scorrerie di questo piccolo ma micidiale canide, presente non solo a Veglia ma anche in diverse altre isole dell'Adriatico, come Arbe, Pago, Curzola, Giuppana, Puntadura e anche la penisola dalmata di Sabbioncello». Juranic e i colleghi sindaci di Ponte e Verbenico, rispettivamente Marinko Zic e Dragan Zahija, si sono rivolti alle autorità di Zagabria, proponendo di cofinanziare l'acquisto di scanner termici e di droni, con cui dare la caccia agli sciacalli.

A. M.

 

 

Grandi motori di Wärtsilä alimentati a energia verde

La costituzione del consorzio SeaTech grazie ai fondi europei per elaborare in tre anni una nuova tecnologia che riduce del 30% i consumi di carburante

TRIESTE. I colossi industriale di motoristica e navalmeccanica da tempo studiano soluzioni "green" per le loro produzioni. Di recente Fincantieri con Cdp e Terna ha annunciato di voler sviluppare e realizzare su scala industriale impianti di produzione dell'energia dalle onde del mare. Un progetto partito da una tecnologia già testata dell'Eni, che ha installato nell'offshore di Ravenna questo sistema innovativo di generazione dell'energia dal moto ondoso. Ora anche il colosso dei motori finlandese Wärtsilä, insieme a un consorzio di altri sei partner industriali e accademici, grazie anche ai fondi europei, ha varato un progetto triennale per ridurre il consumo di carburante e sfruttare l'energia che deriva dalla forza delle onde del mare per alimentare la forza propulsiva delle navi. Da qui la costituzione del consorzio SeaTech che grazie al miglioramento delle tecnologie che alimentano i motori navali si propone di ridurre del 30% del consumo di carburante: «L'efficienza e la sostenibilità ambientale sono ormai una strada obbligata. La nostra missione è quella di garantire un futuro più redditizio per il settore marittimo grazie anche all'energia verde», ha chiarito in una nota del gruppo Jonas Åkerman, direttore del progetto di ricerca e sviluppo tecnologico, Wärtsilä Marine. La nuova tecnologia punta a generare un livello di potenza dei grandi motori della Wärtsilä in grado di raggiungere un'altissima efficienza di conversione energetica: «Tutto ciò -chiarisce la nota del gruppo- implica un controllo preciso del motore per ottenere radicali riduzioni dei livelli di emissione dei gas di scarico». Grazie alle energie rinnovabili si riesce a catturare l'energia delle onde. Wärtsilä punta a commercializzare questo tipo di innovazione sui mercati europei e asiatici a corto raggio entro il 2025. L'impatto ambientale diventa importante: alimentando con SeaTech il 10 percento delle navi europee per il trasporto marittimo a corto raggio, ogni anno si eliminerebbero 32, 5 milioni di tonnellate di CO2, l'equivalente delle emissioni di 200 mila auto. E -ipotizza il colosso finlandese dei motori- si potrebbero creare nuovi posti di lavoro indiretto nel settore della costruzione navale. I partner del progetto SeaTech sono Wärtsilä, Huygens Engineer BV dai Paesi Bassi, la società estone Liewenthal Electronics, Utkilen AS dalla Norvegia, la National Technical University di Atene, la UiT The Arctic University della Norvegia e la University of Southampton nel Regno Unito. Di recente, come abbiamo già riportato, il presidente e ad di Wartsila Italia, Andrea Bochicchio, ha annunciato che che dalla seconda metà del 2020 nello stabilimento di San Dorligo della Valle) sarà avviata la produzione dei Wartsila Modular Block. Si tratta di «un sistema avanzato e innovativo di moduli prefabbricati, configurabile e scalabile, facilmente trasportabile e installabile in sito, che permette la creazione di centrali per la produzione di energia sostenibile. Il sistema utilizza i motori a media velocità, altamente efficienti e competitivi, che grazie a flessibilità di combustibile ed eco-sostenibilità, possono essere integrabili in diversi sistemi di reti elettriche».

pcf

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 3 marzo 2020

 

 

Si rispetta l'ambiente riusando gli abiti

Trieste Senza Sprechi nasce dal desiderio di un gruppo di giovani triestini e non di rendere Trieste una città più sostenibile, in modo da ridurre gli sprechi e i rifiuti della città e dei suoi abitanti promuovendo pratiche di vita con un minor impatto sull'ambiente. Tra i vari temi trattati (plastica, riuso, riciclo, riduzione sprechi), il gruppo s'impegna nel sensibilizzare tutti i cittadini (a prescindere dall'età) anche verso i problemi ambientali causati dalla Fast Fashion, ossia quella moda a basso costo che utilizza materie prime di bassa qualità con tempistiche di confezione veloci e dannose per l'ambiente e che genera un'insostenibile quantità di rifiuti e un incredibile sperpero di materie prime, di energia per la produzione e costi per il trasporto. A tal proposito il Mercatino senza sprechi (o Swap in inglese) organizzato da Trieste Senza Sprechi con il Pag (Progetto Area giovani) in occasione del Natale e del Carnevale vuole essere un incontro rivolto a tutti per scambiare abbigliamento in un'ottica del riuso. Durante gli Swap si punta a spiegare che tipologia di capi d'abbigliamento offre il mercato attuale, come prendersi cura delle varie fibre tessili, fare durare un capo più a lungo e reinventare il proprio armadio e i propri vestiti inutilizzati.

 

 

Così salveremo le Pinna nobilis dal parassita che infesta il golfo

Messa a punto una App per raccogliere segnalazioni da parte dei subacquei che hanno avvistato nacchere di mare ancora vive

Le nacchere di mare (Pinna nobilis) il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo, simili a cozze che possono raggiungere 1 metro di lunghezza, rischiano di scomparire. Decimate da un parassita, l'Haplosporidium pinnae, che dal 2016 ha colpito la popolazione di grandi molluschi dalla Spagna alla Grecia in tutto il Mediterraneo. Anche nel golfo di Trieste, da Muggia a Sistiana, il 70-80% degli individui è già morto, mentre nella riserva di Miramare la percentuale di mortalità appare leggermente più bassa. Tuttavia, i dati dei monitoraggi condotti nelle ultime settimane sono sempre più sconfortanti: dalla laguna di Grado e Marano a Muggia la percentuale di individui morti è in graduale aumento e il rischio che la Pinna nobilis scompaia dal golfo di Trieste si fa sempre più concreto. Il progetto #cirimettiamolepinne finanziato dalla French Facility for Global Environment e dalla Fondazione Principe Alberto II di Monaco e selezionato nell'ambito dei piccoli progetti di MedPan vuole davvero "rimettere" le pinne nel nostro golfo. Spiega Saul Ciriaco ricercatore e subacqueo dell'Amp: «Setacciando i fondali alla ricerca degli individui che hanno sviluppato una resistenza genetica al parassita killer che le sta decimando in tutto il Mediterraneo e con l'aiuto di una task-force scientifica che ci sta seguendo in queste azioni di studio e monitoraggio, gli individui sani potrebbero ricolonizzare il golfo grazie all'utilizzo di tecniche di ripopolamento sui fondali o utilizzando appositi stabulari».Continua Ciriaco: «La sua scomparsa sarebbe un duro colpo per la ricchezza specifica dei fondali del nostro golfo, le Pinna nobilis che si stagliano in verticale dal fondale, simulano molto bene ambienti come le rocce e contribuiscono ad aumentare nelle nostre zone, in cui prevalgono le sabbie e i fanghi, la quantità di fondali duri e grazie alle loro grandi dimensioni diventano il supporto ideale di spugne, briozoi, ascidie, alghe e molto altro» Monitorare l'intero golfo di Trieste alla ricerca dei sopravvissuti non è tuttavia pensabile per il solo staff di ricercatori dell'Area marina. Ecco perché la campagna #cirimettiamolepinne mira a coinvolgere chi il mare lo frequenta abitualmente, anche in questa stagione, e lo conosce palmo a palmo: i club subacquei, protagonisti della campagna di citizen science #sub4fan - da "fan mussel", pinna nobile in inglese - che sarà coordinata dall'Amp Miramare attraverso l'individuazione dei diversi transetti su cui operare, la formazione iniziale dei club per la metodologia di censimento da adottare e la gestione finale dei dati raccolti. Le segnalazioni potranno essere raccolte anche tramite la nuova app messa a disposizione dall'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale: l'avvistAPP (www. avvistapp. it). Grazie a questa applicazione gratuita, - che consente, a chiunque la scarichi sui propri smartphone, di registrare in tempo reale i propri avvistamenti di specie marine.

Lorenza Masè

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 2 marzo 2020

 

 

Dipiazza chiede a Roma altri 50 milioni di euro per la sfida Porto vecchio

I fondi servirebbero a ristrutturare anche i varchi di largo Santos, l'ex locanda e gli hangar 19 e 20. Intanto si accelera sui traslochi all'interno del Magazzino 26

Il Comune ha chiesto altri 50 milioni di euro al ministero per le Attività e i beni culturali per la riqualificazione di Porto vecchio. L'occasione si è presentata dopo una visita, lo scorso novembre, di un dirigente del dicastero, che si è complimentato con il sindaco Roberto Dipiazza per la celerità con cui sono stati impiegati i primi finanziamenti ottenuti nel 2016. Si tratta dei 50 milioni di euro concessi all'epoca del primo mandato del ministro Dario Franceschini, che aveva stanziato 1 miliardo di euro per il Piano cultura e turismo destinato a diversi siti culturali italiani. A Trieste erano stati chiesti e ottenuti fondi anche per il restyling della viabilità e l'infrastrutturazione dell'antico scalo. Con il primo lotto da 5 milioni è stata interessata la parte che va dal Polo museale a viale Miramare: l'intervento più evidente è la rotatoria da 450 mila euro, che dovrebbe essere terminata entro una quindicina di giorni. Il secondo, da 9 milioni di euro, andrà in gara questa primavera con i lavori che partiranno in estate dopo Esof 2020, e riguarderà l'area che dal Magazzino 26 arriva fino ai varchi monumentali di largo Città di Santos. Ulteriori 33 milioni sono destinati al Museo del mare mentre 3 verranno impiegati per il restauro del pontone Ursus. «Non tutti gli enti beneficiari dello stanziamento di Franceschini sono stati capaci di impegnare i finanziamenti ricevuti, ci ha detto il Mibact in quell'occasione - osserva il primo cittadino -. In effetti in due anni e mezzo noi abbiamo fatto molte cose, tra cui la rotatoria e i sotto servizi, per non dire il Centro congressi che ha avuto altri finanziamenti. Dopo la visita, il dirigente mi aveva inviato un messaggio che diceva: "Egregio sindaco, volevo ringraziarla per la visita e farle le più sincere congratulazioni e i miei migliori auguri". Queste parole - confessa Dipiazza - mi hanno fatto prendere coraggio per avanzare una nuova proposta, chiedendo quindi al Mibact altri 50 milioni di euro». Con questa ulteriore boccata d'ossigeno gli uffici dell'ingegner Giulio Bernetti, direttore del dipartimento Territorio, Economia, Ambiente e Mobilità, rup dell'intero progetto e punto di riferimento in Municipio per la pianificazione sul Porto vecchio, vorrebbero ristrutturare i varchi d'entrata di largo Città di Santos, i magazzini 19 e 20, l'ex locanda e la rimessa delle locomotive, attuare un terzo lotto relativo a infrastrutture nonché realizzare un parco urbano lungo il tracciato principale dell'area. Tuttavia, Dipiazza non ha sensazioni positive sugli esiti della richiesta: «Non penso ci siano grandi speranze, ma è solo un problema politico. Purtroppo sappiamo che nella politica italiana non è che ti finanziano perché sei bravo...». In attesa comunque di un responso da parte del Mibact, il Comune continua a portare avanti i progetti in cui si è impegnato per la riqualificazione del Magazzino 26. Il primo inquilino che vi si insedierà a tempo indeterminato è l'Immaginario scientifico proprio per l'inaugurazione di Esof2020. «Il 9 aprile noi chiudiamo la nostra sede di Grignano - spiega la direttrice Serena Mizzan - per iniziare le operazioni che ci permetteranno di aprire i battenti nel Magazzino 26 il 26 giugno, intanto in versione ridotta, che poi amplieremo in tempi successivi. Proporremo contenuti e un allestimento completamente nuovi». Nella seconda metà dell'anno si aggiungeranno, come spiega l'assessore alla Cultura Giorgio Rossi, altre esposizioni cosiddette "a vista" - con un allestimento provvisorio - che poi confluiranno nel grande "attrattore culturale transfrontaliero" che entro il 2025 accoglierà il Museo del mare, secondo il progetto dell'archistar spagnola Guillermo Vázquez Consuegra, il Museo di Storia naturale che verrà trasferito da via Cumano e un centro studi internazionale. Tra le esposizioni a vista, oltre alla Collezione del Lloyd, già visitabile, rientreranno i materiali del "vecchio" Museo del mare di Campo Marzio chiuso da aprile scorso. A fine 2020, poi, il Magazzino 26 accoglierà anche i circa duemila metri cubi di masserizie, tra mobili, attrezzi di lavoro e oggetti personali, che già lì furono collocati un tempo, appartenuti agli esuli istriani, fiumani e dalmati, ora al magazzino 18. In quest'ultimo hangar, specifica il direttore dell'Irci Piero Delbello, per le scolaresche, in particolare, continuano le visite almeno fino a maggio. 

Benedetta Moro

 

Rete in ferro anti intrusione, edifici vuoti e la linea blu che corre lungo le banchine

Viaggio all'interno dell'antico scalo fra i palazzi al momento non inclusi nella riqualificazione In un immobile otto alloggi per operatori della Capitaneria. Il presidio doganale sarà spostato

Che cos'è quel lungo reticolato in ferro, che si nota all'interno di Porto vecchio, lungo la bretella? No, non è la linea di demarcazione tra l'area demaniale, con il Punto franco, e quella diventata di proprietà del Comune nel 2017. È solo una rete di protezione installata per evitare che i frequentatori del sito si inoltrino fra i tanti magazzini vuoti e abbandonati, compreso il quartetto che fa capo a Greensisam. Una zona semi-deserta, dove comunque c'è gente che non solo lavora ma perfino vive. «La staccionata di ferro in realtà è stata realizzata da noi su richiesta del Comune - spiega il segretario dell'Autorità portuale Mario Sommariva -, come effetto anti-intrusione». La zona di sicurezza parte già all'altezza della postazione della Guardia di finanza che, con la vigilanza privata, sorveglia l'ingresso sotto il grande varco monumentale, di fronte alla stazione delle corriere. Bisogna avere il permesso per accedere perché si entra in area doganale. Un permesso di cui dispongono tante fasce di dipendenti pubblici, dagli impiegati dell'Autorità portuale e della Capitaneria di porto, a quelli dell'Agenzia delle Entrate. E poi quelli delle forze di polizia che sulle banchine hanno ormeggiati i propri mezzi nautici. Ma quindi la linea di demarcazione tra proprietà statale e comunale dov'è? È a ridosso del mare. Sulle piantine dei tecnici di Comune e Autorità portuale è segnata in colore blu e scorre lungo banchine e pontili. Banchine che, in alcuni casi, «sono in cattive condizioni - osserva Sommariva - mentre altre sono in fase di riqualificazione». C'è chi accede a quest'area solo per parcheggiare. E chi invece addirittura ci vive: si tratta di alcuni operatori della Capitaneria di porto. Abitano in una palazzina di otto appartamenti, fronte mare, un po' sgarrupata, in mezzo al nulla. Naturalmente c'è poi chi lavora. Sul molo III, ad esempio, all'hangar 5, diventato un deposito di Adriaterminal. Il terminalista genovese occupa anche la vicina banchina, l'unica che veramente esercita ancora attività portuale nell'antico scalo, in concessione fino al 2022. Si occupa di diverse merci, tra cui l'alluminio, di cui si vedono pile e pile ammassate in diversi punti. E quando scadrà la concessione? «Vedremo - spiega Sommariva -, l'opzione è quella di un terminal per le navi da crociera, ma vogliamo salvaguardare anche l'attività di Adriaterminal, si tratta di capire come e dove ricollocarla». Sul molo III c'è anche la sede del Nucleo sommozzatori dei Vigili del fuoco. Ecco che vicino, attraccati, ci sono i rimorchiatori della Tripmare, i mezzi nautici della Polizia, con i vicini uffici, e il Delfino verde che qui viene a "riposare". E anche le imbarcazioni di Crismani group, che si occupa di salvaguardia ambientale. Chiuso e dismesso sembra l'ufficio del Nucleo carabinieri Cites, che si occupava della tutela delle specie di fauna e flora protette, come sbarrato è l'edificio che una volta ospitava il quartier generale dell'Autorità portuale. Più in fondo, al magazzino 23, svetta la sede della Saipem, contractor a livello mondiale del settore della costruzione e manutenzione delle infrastrutture al servizio dell'industria oil&gas. E poi protagonista assoluto è l'Ursus ovviamente, in attesa di essere ristrutturato con 3 dei 50 milioni del Mibact. In quella che invece è già area comunale, ma al momento off limits, c'è anche il Magazzino 18, che ospita le masserizie degli esuli istriani, fiumani e dalmati. Vi si accede solo accompagnati dall'Irci. Che prospettive per il fronte mare quando inizieranno a essere venduti i magazzini? Per tutti i soggetti che rientrano in area demaniale, dovrebbe essere l'Authority, una volta scadute le diverse concessioni, a occuparsi di trovare delle alternative in Porto nuovo. Il Consorzio Ursus, che gestirà il Porto vecchio (con i soggetti Comune, Regione e Autorità portuale), «ha l'impegno di utilizzare la parte a mare in modo coerente con gli usi urbani della parte retrostante - sottolinea Sommariva -, quindi sì ad attività di diporto e crociera, per esempio, per noi importanti». Un altro fondamentale cambiamento, una volta che si inizierà a riqualificare la zona, riguarderà la nuova delimitazione del Punto franco che, con il relativo presidio doganale, oggi adiacente a largo Città di Santos, verrà fatto arretrare verso Adriaterminal: «C'è già un progetto pronto, per ora il presidio rimane solo per un fatto di attenzione e di cura di quell'area», conclude Sommariva.

B.M.

 

 

Fareambiente «Discarica a cielo aperto nella zona del Silos»

FareAmbiente, su segnalazione di numerosi cittadini, ha verificato in un sopralluogo lo stato di degrado in cui versa la zona del Silos, diventato una vera discarica a cielo aperto, tra bottiglie, materassi e rifiuti. Sulla situazione è stato allertato il Comune attraverso gli assessori Giorgi e Lodi.

 

 

Il maltempo frena il cantiere per la rinascita di Acquario

Le forti piogge dello scorso novembre hanno provocato rallentamenti ai lavori Possibile lo slittamento della data dell'inaugurazione, prevista il primo agosto

MUGGIA. Rallentamenti significativi ai lavori di riqualificazione del terrapieno Acquario. È la stessa pagina Facebook "Acquario 2020", creata per seguire l'avanzamento del progetto di riqualificazione dell'area compresa tra punta Sottile e punta Olmi, a denunciare dei ritardi nel maxicantiere muggesano. I rallentamenti sulla tabella di marcia sono dovuti alle «piogge straordinarie concentratesi nel mese di novembre», che hanno causato danni sia alla costa muggesana che in altre zone del Nord. Dal 30 settembre dello scorso anno, l'accesso al terrapieno di Acquario, compresa la pista ciclopedonale e i parcheggi, è stato interdetto per l'avvio dei lavori di bonifica mediante la messa in sicurezza permanente del sito. Lavori che grazie alla pagina Fb Acquario 2020 possono essere seguiti con aggiornamenti piuttosto costanti. Secondo il cronoprogramma, l'inaugurazione al pubblico dell'area è prevista per il primo agosto di quest'anno. In seguito a questi rallentamenti, che non hanno comunque compromesso l'operatività del cantiere, la data di apertura sarà rispettata? «La data di ultimazione dei lavori dipende anche dalle soluzioni progettuali che verranno adottate per risolvere l'imprevisto che sta rallentando le attività. Non appena avremo informazioni più dettagliate vi aggiorneremo», si legge sulla pagina social.«Il maltempo che ha colpito il nostro territorio in quei giorni si è abbattuto in special modo sui locali e sulle abitazioni più vicini al mare, che hanno vissuto molteplici allagamenti, seppur di diversa entità» ha ricordato il sindaco Laura Marzi. «Muggia ha una serie di fragilità e dopo quelle giornate di fortissimo maltempo, possiamo, purtroppo, annoverare fra queste anche Acquario: essendo composto da terreno limoso e argilloso proveniente dal fondo marino, ha assorbito una grande quantità d'acqua che il tiepido sole invernale e la poca bora non sono riusciti ad asciugare adeguatamente», puntualizza il sindaco. Tecnicamente, ciò ha reso impossibili le lavorazioni di stabilizzazione del terreno, dovendo tener conto dei vincoli previsti per un'area sottoposta a bonifica ambientale.«Gli ingegneri e i tecnici hanno valutato diverse soluzioni tecniche per risolvere la problematica emersa, nel frattempo in cantiere sono in ripresa tutte le lavorazioni possibili nonostante l'imprevisto che si è verificato. Chiaramente - conclude Marzi - vedere rallentare un cantiere per il quale si è tanto lottato e che stava procedendo addirittura meglio di quanto sperato non può che lasciare fortemente amareggiati, ma restiamo fiduciosi: non ci siamo risparmiati per poter restituire il prima possibile questa parte di costa ai muggesani e continueremo a portare avanti il nostro impegno con tenacia, auspicando che anche il tempo ci sia più amico». 

Riccardo Tosques

 

 

Domani in aula a Duino Aurisina le perplessità sulla centrale A2A

La commissione Ambiente esporrà al Consiglio le sue osservazioni sul progetto di riconversione del sito di Monfalcone

DUINO AURISINA. Si svolgerà domani sera alle 18, nell'aula del consiglio comunale di Duino Aurisina, la seduta congiunta dei capigruppo e della commissione Ambiente sull'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) al progetto di riconversione del sito della centrale termoelettrica della A2A Energiefuture a Monfalcone.Per il Comune di Duino Aurisina l'argomento è di notevole interesse, in quanto in linea d'aria l'impianto sarebbe molto vicino al territorio governato dall'amministrazione Pallotta e infatti la preoccupazione in seno al consiglio è notevole. «Su input dell'assessore all'ambiente, Massimo Romita - spiega Chiara Puntar, presidente della Commissione Ambiente - ho convocato la seduta congiunta per poter dare il nostro apporto, con osservazioni puntuali, circa i due procedimenti della centrale A2A di Monfalcone i cui termini scadono mercoledì per il rinnovo dell'Aia e il 13 aprile per la Via. La Energiefuture spa - prosegue - intende realizzare un nuovo impianto a ciclo combinato alimentato a gas naturale, creando anche un nuovo metanodotto a servizio dello stesso. Abbiamo analizzato la documentazione reperibile sul sito del ministero dell'Ambiente e ci siamo subito allertati, in modo particolare in conseguenza degli aspetti legati al territorio e all'ambiente che non devono essere sottovalutati».Prosegue poi Puntar: «Innanzitutto il metanodotto dovrebbe passare anche nella zona del Parco comunale del Carso di Monfalcone, istituto nel 2016 con legge regionale e con precise finalità di tutela naturalistica, di valorizzazione del territorio e di piena fruizione ambientale. Il tracciato dell'impianto pare sia in contrasto con questi obiettivi. Un secondo punto di immediata attenzione corrisponde ai camini ora attivi. Proprio per evitare l'ennesima elevazione di camini - aggiunge - si richiede che, in via prioritaria, siano smantellati quelli non utilizzati. Questo per limitare il già terribile impatto visivo. Obiettivo della seduta sarà pertanto fornire ancora una volta un contributo agli organi decisori, ricordando come la difesa dell'ambiente o deve essere sempre in cima alle nostre priorità, anche perché il nostro territorio è già martoriato da corridoi tecnologici. Sia nel 2006, sia nel 2013 - conclude - il consiglio di Duino Aurisina si è espresso per la riconversione, seppur parziale, esprimendo dubbi e perplessità».

U. Sa.

 

Skopje sorpassa i Paesi vicini e vara il piano "carbon-free"

Tra i progetti la dismissione della centrale a lignite di Bitola, fra le più inquinanti dei Balcani, e la conversione di una miniera in mega-parco solare

BELGRADO. Smog, livelli d'allarme crescenti, gente costretta a circolare solo con la mascherina nei giorni peggiori - in generale d'inverno -, persone con problemi di salute sempre più gravi, morti precoci (circa 1.600 all'anno), un danno al Pil tra il 5 e l'8%, proteste. E alla fine qualcosa si muove, nei Balcani, una delle regioni d'Europa e del mondo maggiormente afflitte dal problema inquinamento, causato in particolare da un uso massiccio del carbone per produrre energia. Carbone che diventerà un nero ricordo almeno in Macedonia del nord, nel giro di un decennio o poco più. Lo prevede una storica decisione del governo di Skopje, che ha adottato nei giorni scorsi una nuova "Strategia energetica nazionale" che renderà l'ex repubblica jugoslava il primo Paese balcanico "carbon-free". La strategia, ha illustrato il gruppo BankWatch, contempla vari scenari, tra cui quello più ottimistico contempla un'uscita totale dal carbone già nel 2025. Quelli più realistici si riferiscono invece alla «dismissione della centrale a lignite di Bitola», una delle più inquinanti degli interi Balcani, al massimo entro il 2040, mentre anche Oslomej, un impianto più piccolo e già sottoutilizzato, dovrebbe andare in pensione già nei prossimi anni. Come sostituire il carbone, la materia prima più usata nell'intera regione per riscaldamento e per la produzione di elettricità? Con una mossa davvero "green". Skopje infatti - oltre che un potenziamento dell'idroelettrico - progetta soprattutto di convertire una grande miniera di lignite a cielo aperto, quella di Oslomej, in un mega-parco solare, con una capacità di 120 Mw. Una prima frazione del futuro parco è già in costruzione e dà lavoro a tanti operai del carbone, oggi "riciclati" nel comparto delle rinnovabili. Solo parole vuote e promesse irrealizzabili? Non sembra: Skopje fa veramente sul serio e la Macedonia del nord veramente «diventerà il primo Paese» dell'area «a trasformare miniere di carbone in parchi solari», ha confermato la Energy Community europea. Skopje «ha compreso che la fine del carbone è vicina e ha preso l'iniziativa per salvaguardare la salute della sua gente, dell'economia e del clima», ha commentato Kathrin Gutmann, di Europe Beyond Coal. La strategia che sarà scelta per il "phasing-out" dal carbone entro l'anno deve essere la più «rapida» possibile, ha aggiunto. Felice anche Nevena Smilevska, di Eko-svest, che ha parlato di passo «forte» fatto dal governo. Ma non c'è solo Skopje. Anche il vicino Montenegro mira a salire dal 60 al 100% di energie rinnovabili nel giro di pochi anni, ha già informato tempo fa Podgorica, che lo scorso autunno ha cancellato il controverso progetto di potenziamento della super-inquinante centrale a carbone di Pljevlja, spostando fondi ed energie su eolico e solare.

Stefano Giantin

 

 

 

 

TriesteAllNews.it - DOMENICA, 1 marzo 2020

 

 

Arpa FVG, prime misurazioni delle nuove antenne con tecnologia 5G

Le prime misurazioni del campo elettromagnetico delle nuove antenne con tecnologia 5G evidenziano valori molto inferiori ai valore di attenzione e all’obiettivo di qualità previsto dalla normativa. Questo è il risultato delle indagini svolte nei giorni scorsi dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, Arpa, sulle prime installazioni attivate dai gestori. I primi impianti 5G realizzati in regione sono stati attivati a metà gennaio di quest’anno.
Come noto, l’installazione di ogni impianto radiobase è soggetto ad un parere preventivo di Arpa, che si esprime sulla compatibilità del progetto con i limiti previsti dalla normativa per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici. Le valutazioni di ARPA, inviate come previsto al Gestore e ai Comuni, considerano l’impatto massimo sia dell’impianto in progetto che degli impianti già presenti sul territorio, verificando il rispetto dei limiti di legge in tutti i punti accessibili dalla popolazione.

I risultati del parere (il primo per il 5G è stato emesso da Arpa a ottobre 2019) hanno evidenziato il rispetto dei limiti di legge in tutti i punti considerati con un valore di campo elettrico “calcolato” sempre inferiore ai 6 V/m, che rappresenta il valore di attenzione e l’obiettivo di qualità per il campo elettrico.
Si ricorda che il valore di attenzione e l’obiettivo di qualità sono i più cautelativi tra i limiti di legge, questi si applicano ai luoghi con permanenza superiore alle 4 ore giornaliere e alle loro pertinenze esterne, mentre i limiti di esposizione, pari a 20 V/m, 40 V/m e 60 V/m in relazione alla frequenza dell’impianto, si applicano a tutte le aree accessibili alla popolazione. Arpa ha anche effettuato misure “di fondo” del campo elettromagnetico (prima dell’installazione dell’impianto 5G) e misure post-operam a seguito della comunicazione dell’attivazione dell’impianto. Le misure sono visibili sul sito dell’Agenzia nella sezione “radiazioni/campi- elettromagnetici”.

Tutte le misurazione nell’area prossima agli impianti hanno evidenziato un campo elettrico compreso nel range 0,3-1 V/m, quindi molto inferiori al valore di 6 V/m.
I valori misurati evidenziano pertanto che l’impatto del 5G è attualmente molto basso rispetto alle altre tecnologie, o addirittura nullo, visto anche il poco traffico su tale tecnologia. Corre l’obbligo di ricordare che le valutazioni preventive sono solo una parte delle misurazioni effettuate dall’Agenzia per l’ambiente, in quanto, successivamente all’installazione di un impianto radiobase, il campo elettromagnetico viene verificato periodicamente. Se dovessero emergere dei superamenti dei limiti, si procede ad un risanamento così come previsto dall’attuale normativa.
Per quanto riguarda gli strumenti di misura riferiti alla tecnologia 5G, è da segnalare che l’Arpa del Friuli Venezia Giulia dispone già di tutta la strumentazione necessaria ad effettuare le valutazioni e le misure richieste. Nuove dotazioni verranno acquisite nei prossimi anni in accordo con i protocolli tecnici di valutazione e misura che verranno perfezionati dai gruppi di lavoro attivati in seno a Ispra e a SNPA, ai quali anche l’Arpa del Friuli Venezia Giulia partecipa attivamente.
[c.s]

 

 

Altra Economia - DOMENICA, 1 marzo 2020

 

A che punto siamo in Europa con l’eliminazione del glifosato
Da febbraio 2020, il Lussemburgo ha iniziato a ritirare dal commercio tutti i prodotti contenenti glifosato, l’erbicida più utilizzato al mondo. L’obiettivo del governo è proibirne la vendita dal prossimo 30 giugno e vietarne l’uso entro la fine dell’anno. Secondo quanto previsto dalle procedure dell’Unione europea, che autorizza l’uso del glifosato fino al 2022, il Granducato deve motivare la sua decisione che può essere presa su scala nazionale se si dimostra che esistono rischi per la salute e per l’ambiente. Quanto agli altri Paesi, la Germania ha annunciato la messa al bando dopo la fine del 2022. In Austria il Parlamento, dopo avere votato per il divieto nella fase in cui il Paese era senza governo, ha poi cambiato decisione. Introdotto negli anni Settanta, il glifosato è da tempo al centro delle critiche degli ambientalisti che lo considerano una delle cause dello sterminio delle api. Secondo un rapporto dell’Agenzia per la ricerca sul cancro, pubblicato sulla rivista Lancet, ci sarebbe una correlazione tra l’uso del glifosato e il manifestarsi di malattie come il linfoma di non-Hodgkin.

 

 

La “scienza dei cittadini” per misurare la qualità dell’aria
UN ESEMPIO DI CITIZEN SCIENCE È LA LA RETE LUFTDATEN CHE IN EUROPEA CONTA 12MILA CENTRALINE (intervista al prof. Mario Mearelli)
Coinvolgere gli abitanti nei controlli creando una “rete della qualità dell’aria” dal basso è un modo per sensibilizzare le istituzioni e i media per un cambiamento urgente in materia di inquinamento. I casi di Trieste, Milano, Roma e Brescia.

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Elena Paparelli

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 1 marzo 2020

 

 

Scatta l'ordinanza salva-rane tra San Dorligo e Caresana

In questo periodo gli anfibi attraversano le stradine della zona per deporre le uova nelle pozze: gli automobilisti sono invitati a evitarle o per lo meno a stare attenti

SAN DORLIGO. Scatta l'avviso "salva rane e rospi" nella vallata del Breg. Come ogni anno, infatti, in questa stagione, con l'approssimarsi del periodo primaverile, nelle campagne  fra San Dorligo della Valle e Caresana, inizia la migrazione per decine di migliaia di rospi e rane che si dirigono verso gli stagni della zona per deporre le loro uova. Si tratta di un fenomeno che affonda le sue origini molto lontano nel tempo, perché la vallata fra San Dorligo della Valle e Caresana è sempre stata caratterizzata da un clima particolarmente favorevole alla riproduzione di questi anfibi: in varie specie di ranidi, infatti, gli adulti cacciano le loro prede soprattutto nella zona di transizione fra terra e acqua, muovendosi agilmente in entrambi gli ambienti. Le rane in particolare si recano in acqua soltanto per la riproduzione e depongono le uova in pozze temporanee. «Queste antiche rotte migratorie - si legge però in un comunicato diffuso dall'amministrazione comunale di San Dorligo della Valle - sono oramai interrotte e attraversate da strade asfaltate e il traffico automobilistico causa ogni anno vere e proprie stragi di questi animali considerati molto preziosi. La loro migrazione - prosegue la nota - è un segnale che alimenta ottimismo e speranza. Significa infatti che il territorio fra San Dorligo della Valle e Caresana mantiene intatto il suo valore naturale, che vi possono convivere uomini e animali e che le tradizionali pratiche agricole locali si integrano ancora bene con quella biodiversità oggi minacciata. Rane e rospi poi - si sottolinea nel documento - nutrendosi di insetti nocivi alle colture sono ottimi alleati dei contadini».«Invitiamo perciò gli automobilisti a scegliere, se possibile, strade alternative per i loro spostamenti - così l'invito del Comune - in modo da agevolare il lavoro di tutti i volontari che percorrono, soprattutto di sera, quelle stesse strade a piedi, per favorire il passaggio degli animali».Nel testo dell'amministrazione di San Dorligo della Valle si precisa anche che le migrazioni avvengono specialmente nelle prime ore dopo il crepuscolo, fra le 18 e le 22, soprattutto nelle serate umide e piovose. «Automobilisti disattenti - conclude la nota - possono schiacciare e distruggere, in pochi minuti, con il loro transito, anche numerose centinaia di esemplari. Per questo motivo invitiamo tutti coloro che dovranno raggiungere le zone indicate negli orari di maggiore affluenza di questi piccoli anfibi a prestare la massima attenzione possibile».Del tema si è sempre occupata anche l'Associazione di volontariato "Tutori stagni" del Friuli Venezia Giulia, per l'organizzazione delle attività di quanti si prestano ad aiutare la migrazione, presidiando i punti di attraversamento. L'invito a quanti vorranno partecipare è di indossare giubbotti che garantiscono la visibilità al buio e di dotarsi di torce. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito www.tutoristagni. it.

Ugo Salvini

 

 

Dentro i "buchi neri" di Trieste c'è uno spreco di risorse pubbliche - la lettera del giorno di Franco Rotelli

Nel corso dell'affollato incontro di venerdì 21, " I buchi neri e le strategie per lo sviluppo della città", organizzato da "Un'altra città" al Teatro Miela, l'architetto Roberto Dambrosi ha presentato, per conto dell'associazione, un efficace (dirompente?) dossier relativo agli spazi ed edifici pubblici in degrado o in abbandono che, nel loro insieme, superano superfici e cubature del Porto vecchio. Sul perché di tanti "buchi neri", Gianfranco Carbone era intervenuto il giorno precedente su "Il Piccolo" collegandoli al mancato sviluppo demografico ed economico della città. La sua tesi è che queste ultime condizioni determinano la carenza di interventi imprenditoriali privati e da qui i buchi neri che non potrebbero certamente essere "aggrediti" dal "pubblico" date le scarse risorse finanziarie di cui dispone. A me sembra che, le responsabilità della classe politica e delle amministrazioni pubbliche che si sono succedute siano invece del tutto prevalenti sia sulle cause che sulle possibili soluzioni. L'elenco dei fatti da citare sarebbe lunghissimo. Dallo spreco di risorse per allestire piazze orribili come Goldoni e Perugino a Dipiazza che dice: "quelle si trovano" , per immaginare la riconversione della caserma di Via Rossetti in polo scolastico per cinquemila studenti (! ) che moltiplicherebbe solo i "buchi neri" dove ora sorgono le scuole della città. Ma Carbone ricorderà benissimo che, per responsabilità tutte politiche, il progetto Polis, che avrebbe consentito di creare un centro direzionale a cui le Generali avrebbero conferito risorse e migliaia di posti di lavoro (finiti poi a Mogliano Veneto), venne a cadere per precise ed esclusive responsabilità politiche. Analoga politica ha poi messo a capo dell'Ente Porto per anni un professore di Anatomia e poi, a dire di tanti, una inadeguata Presidente. Per quanti decenni la classe politica non ha saputo scegliere sul destino di Porto vecchio! E oggi? Dal mio piccolo osservatorio del comprensorio di S. Giovanni vedo un edificio comunale (Ralli) perfettamente ristrutturato a spese milionarie sostenute dalla Regione e lasciato inutilizzato da anni. Vedo un altro in cui i lavori di restauro, finanziati, stanno durando da più di un decennio (istituto tecnico Ziga Zois). Ne vedo altri che hanno beneficiato di un ingente finanziamento a favore dell'Università e che continuano a non vedere l'avvio dei lavori. Ma perché tutto è fermo dove stava la sede della Polstrada a Roiano? Perché a seguito del fallimento della ditta che aveva acquistato l'area della Maddalena, il pubblico non poteva recuperare quell'area per un grande parco? Perché non si sarebbero trovate le risorse? O solo per ignavia? Quanto è costato l'infinito Magazzino 26 in Porto vecchio, per quanti anni inutilizzato? Perché la Stazione Marittima è praticamente inutilizzata per la funzione convegnistica che doveva svolgere? E perché il Molo Quarto è stato ristrutturato per essere lasciato vuoto? Quanto a Cattinara facciamoci auguri o scongiuri. I soldi c'erano tutti! Vogliamo continuare?

 

 

SEGNALAZIONI - Ambiente - "Un albero,un nato"

Leggo nell'edizione del 14 febbraio l'articolo intitolato "Pochi spazi per alberi, il tema sotto la lente" a firma di Luigi Putignano. Premetto che non finisco mai di stupirmi con quanto poco approfondimento, da parte di vari proponenti, si affrontino temi già discussi e ridiscussi nella nostra città. Nel mio passato di amministratore pubblico, ho sempre cercato di documentarmi e talvolta richiedevo dei più o meno corposi dossier sui temi da trattare, al fine di aumentare la conoscenza e la consapevolezza per prendere delle decisioni, che potevano anche non essere condivise nell'immediato, ma rientra nel ruolo dell'amministratore assumersi le responsabilità della realizzazione dei progetti e sottostare al giudizio dei posteri. Alla premessa mi riallaccio all'articolo citato, che richiama la legge dello Stato del gennaio 2013 che obbliga i Comuni superiori ai quindicimila abitanti a piantare un albero per ogni bambino nato, per far presente che già nel 1996, allora assessore nel Comune di Trieste, introdussi l'iniziativa di "un albero un nato", facendo riferimento ad una poco conosciuta legge dello Stato del 1992. Fino alla fine del mio mandato si piantarono alberi ad ogni nato nel Comune di Trieste, iscrivendo sul certificato del nuovo nato il luogo e l'essenza dell'albero messo a dimora. Tutto ciò lo si fece con non poca difficoltà nel trovare dei luoghi adatti alla piantumazione, infatti Trieste è molto antropizzata e se non fosse per l'area verde del "Boschetto", ci sarebbero ben pochi metri quadrati per abitante (oggi circa 22 mq/ab.) Undici anni dopo, nel 2007, in qualità di presidente della commissione legislativa della Regione Friuli Venezia Giulia, durante la discussione di una legge regionale in materia di risorse forestali, proposi un emendamento (art. 31 comma 2 lettera (e) della legge 9 dl 2007) che prevedesse l'obbligo da parte dei Comuni, di messa a dimora di un albero per ogni nato. La morale è che ad oggi questo obbligo viene rispettato solo da pochi Comuni della Regione; apparentemente può sembrare una piccola cosa, invece ha un grande significato pedagogico, oltre che accrescere la consapevolezza di quanto importanti siano gli alberi, non tanto per la terra, ma per l'uomo. Cordiali Saluti

Uberto Fortuna Drossi

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 febbraio 2020

 

 

Riparte dopo 6 anni la storica Transalpina Treni pronti a salire dalle Rive a Opicina

Domani il giorno del ritorno in esercizio, la prossima settimana gli ultimi collaudi sui 14 chilometri da Campo Marzio al Carso

A distanza di 114 anni dall'inaugurazione, che nel luglio 1906 ebbe ospite d'onore l'arciduca Francesco Ferdinando, la ferrovia Transalpina non ha alcuna intenzione di disarmare, anzi, dopo alcuni anni di lavori costati 9 milioni di euro, è pronta a sentire sferragliare treni merci e passeggeri. Quando dell'opera si parlò l'ultima volta nell'agosto 2018, la previsione di fine lavori fissava l'appuntamento nel primo semestre 2019, quindi si registra uno slittamento di quasi un anno. Comunque fonti di Rete ferroviaria italiana (Rfi gruppo Fs)) annunciano che domani domenica 1° marzo la tratta tra Trieste Campo Marzio e Villa Opicina tornerà in esercizio. Nel corso della prossima settimana le ultime corse-prova, a cura di Adriafer, verificheranno dal punto di vista tecnico la tenuta dell'intervento che ammoderna i 14 chilometri tra i 3 metri sul livello del mare (slm) di Campo Marzio "smistamento" e i 310 slm di Opicina. L'utilizzo era stato sospeso nel giugno del 2014 a causa di alcuni cedimenti rilevati nelle gallerie. Rfi aveva allora deciso di un restyling radicale, tale da consentire al binario di accompagnare anche il traffico merci e non solo i trenini storici. Il rientro in attività della Campo Marzio-Opicina rappresenta, nella strategia territoriale delle Fs, un'alternativa che intende evitare ingorghi sulla Treste-Venezia da/per il Bivio di Aurisina: locomotori e convogli "leggeri" potranno arrampicarsi lungo la pendenza del 25 per mille. La riedizione della tratta è stata pensata soprattutto in funzione dei traffici portuali. Ciò non esclude che tornino in onda i convogli d'epoca a scopo turistico. Sarà la Fondazione Fs, che sta provvedendo al recupero della stazione di Campo Marzio, a mettere a punto il cartellone: al momento non è dato sapere quando i "passeggeri" andranno a spasso nel Carso, poichè - secondo voci di Rfi - nel 2020 le iniziative si concentreranno sulla Gemona-Sacile.Il viaggio mare/collina supera la galleria di San Giacomo, sfiora la stazione di Rozzol-Montebello, attraversa la galleria Revoltella, tocca la stazione di Guardiella, sale a Pischianzi e approda a Opicina. E'un segmento lungo 144 chilometri della Trieste-Jesenice, a sua volta una parte della Transalpina, che ai primi del Novecento venne realizzata come alternativa statale alla privata Südbahn.Una volta fuori dal territorio nazionale, il percorso ferroviario attraversa l'Isonzo sul ponte di Salcano, corre lungo il traforo di Piedicolle, tocca San Daniele, Montespino, San Pietro prima di giungere a Nova Gorica. Una vita tormentata perchè la Transalpina era stata costruita interamente all'interno dell'Impero Asburgico, per cui, già dopo la Prima guerra, dovette affrontare la frammentazione della proprietà e dell'esercizio. L'intervento si suddivide - spiegano le fonti di Rfi - in quattro tipologie di lavori: 2,1 milioni hanno finanziato l'armamento (rotaie, scambi, traversine, massicciata); 4 milioni hanno provveduto alla trazione elettrica con manutenzione straordinaria, rinforzi sui blocchi ammalorati, nuova linea di contatto a 440 mmq; 450.000 euro agli impianti di segnalazione per attivare il cosiddetto "blocco contassi" in sostituzione del blocco elettrico manuale; 2,4 milioni di investimenti edili sul consolidamento delle scarpate, la messa in sicurezza delle volte delle gallerie, il taglio della vegetazione, la pulizia delle canalette lungo la linea, la sistemazione dei manufatti. Tutto a posto? Quasi. E'indubbio che il recupero della stazione di Campo Marzio e la riattivazione del binario siano belle operazioni sotto il duplice aspetto logistico e turistico. Però resta la perplessità sulle antiche stazioni lungo il tragitto. Soprattutto Rozzol-Montebello, oggi proprietà dell'imprenditore veneto Claudio De Carli, che l'aveva comprata da Fs a 2,5 milioni e che un anno e mezzo fa era disposto a ritornarla al proprietario pubblico per 800.000 euro. La graziosa stazione casca a pezzi nel degrado e nella sporcizia. Chissà cosa ne penserebbero i turisti in transito. 

Massimo Greco

 

 

Ferriera, intesa trovata su cassa integrazione e lavoratori interinali - estese le misure di tutela

Ventiquattro mesi di cassa integrazione straordinaria dal primo aprile di quest'anno fino al 31 marzo 2022 per i 450 lavoratori di Acciaieria Arvedi e i 36 dipendenti di Siderurgica Triestina. In più c'è la disponibilità dell'azienda a mettere in sicurezza i 66 lavoratori assunti con contratto in somministrazione, per i quali verrà attivato un fondo di solidarietà, come richiesto dalle sigle sindacali. Ecco gli esiti dell'esame congiunto sulla Ferriera di Servola che si è tenuto ieri pomeriggio nella sede regionale di via San Francesco tra le proprietà aziendali, le sigle sindacali, le Rsu e Confindustria Venezia Giulia, alla presenza dell'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen. Determinante, per estendere le misure di tutela ai 66 lavoratori interinali, la disponibilità della proprietà a prorogare al 30 aprile 2020 i contratti in essere. Sul punto, la Regione ha espresso soddisfazione e posto l'accento sulla centralità del ruolo dell'amministrazione regionale per garantire tutele occupazionali a tutti i lavoratori, compresi gli assunti con formule diverse dai contratti a tempo indeterminato. «Al di là dell'accordo sindacale sulla cassa integrazione, che ha costituito la tappa di un percorso già delineato, credo vada rimarcata l'importanza dell'intesa sul contratto dei lavoratori somministrati - sottolinea l'assessore Rosolen -. Così sarà possibile estendere anche a loro quelle misure di ammortizzazione sociale che altrimenti non ci sarebbero state. Ricordiamo, inoltre, che sono già stati presi in carico dai nostri centri per l'impiego. Insomma, è stato fatto tutto il possibile per tutelarli». «Positivo il fatto che stia proseguendo l'impegno che coinvolge le sigle sindacali e la Regione. Ma soprattutto è importante l'estensione fino a tutto il mese di aprile del rapporto di lavoro per gli interinali - rimarca Umberto Salvaneschi della Fim Cisl -. A questo punto speriamo che l'accordo di programma venga completato e chiuso in maniera positiva e che per gli stessi interinali si trovino delle soluzioni per un percorso di continuità lavorativa, soprattutto a beneficio dei più giovani che si trovano ora davanti a un futuro incerto». «La prossima settimana - afferma Antonio Rodà della Uilm - ci troveremo con l'azienda per discutere del piano di rotazione dei lavoratori. Intanto apprezziamo che per gli interinali sia stata conferma la volontà di prorogare il contratto fino al 30 aprile. Allungando la durata dei contratti dei lavoratori interinali si potrà anche attuare l'intervento del fondo di solidarietà per gli stessi interinali».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 febbraio 2020

 

 

L'ex hotel Obelisco aggiudicato all'asta Per il Carciotti invece altra fumata nera

Assegnazione provvisoria della struttura di Opicina al trio Ritossa, Pedone e Diasparra per un milione e 125 mila euro

Una notizia buona e una cattiva. Come nelle barzellette. Al triplice fischio finale il derby degli immobili belli e impossibili è terminato 1 a 1.Iniziamo dalla lieta novella: l'ex hotel Obelisco di Opicina, dopo 35 anni dalla chiusura e dopo un decennio di vani tentativi di vendita, è stato aggiudicato in via provvisoria nell'asta svoltasi ieri pomeriggio alle ore 15 a Segrate, al prezzo-base di 1.125.000 euro, più o meno un quarto della quotazione stimata nel 2010.A comprare l'obliata struttura alberghiera, disegnata da Gae Aulenti negli anni Settanta, il triumvirato composto da Gabriele Ritossa, Alessandro Pedone, Alberto Diasparra soci paritari nella Ferret, la società che ha messo a segno l'ex Filodrammatico in via degli Artisti e l'ex torre Telecom in via dei Bonomo al Giulia. Più correttamente, Ferret ha utilizzato, nel definire l'operazione, la controllata "Fur veicolo 4" srl.La cattiva: la fumata nera si è ancora levata da palazzo Carciotti, perché nessuna offerta è pervenuta ieri in Comune entro il termine fissato delle ore 12.30, per cui stamane alle ore 10.30 non vi sarà naturalmente alcuna apertura di busta. Nel caso del grande stabile neoclassico sulle Rive, progettato da Matteo Pertsch, il prezzo partiva da 14,9 milioni di euro. Torniamo in terra lombarda. A organizzare l'asta, con cui è stato alienato il complesso "ex park hotel Obelisco", è stata la Sivag, società del Tribunale di Milano, nella sede di via Milano 10 a Segrate. Su indicazione dei curatori del "fallimento Gladstone" Patrizia De Cesari, Giorgio Canova, Andrea Carlo Zonca. L'avvocato De Cesari ha spiegato al telefono che l'aggiudicazione è ancora provvisoria, perché, secondo l'articolo 107 comma 4 della Legge fallimentare, «il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d'acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto». Per cui eventuali interessati sono ancora in tempo a farsi vivi presentando una proposta perlomeno pari a 112.500 euro, più ovviamente 1.125.000 euro: niente pronostici sulle tempistiche. Prudente, in attesa di conoscere l'esito finale, anche il portavoce dell'acquirente. Filippo Facile, amministratore unico di Ferret, preferisce tenersi largo sul futuro dell'ex albergo. «Due idee finora sul tavolo - dice -: il ripristino dell'hotel o, in collaborazione con Zaffiro (società del gruppo Ritossa, ndr), la realizzazione di una casa di riposo. Comunque la metratura disponibile è notevole e consente ampie opportunità di lavoro». Ricordiamo che Gabriele Ritossa (da solo) ha di recente acquistato l'antico stabile comunale di via dell'Ospitale, attiguo all'ex Distretto, anch'esso proprietà dell'imprenditore triestino, intenzionato a riconvertire il complesso in un sito recettivo. Contrariamente alle previsioni della vigilia, non hanno partecipato alla gara i fratelli italo-austriaci Franz Christian e Paolo Zotti, che in un primo tempo sembravano convinti del blitz sul Carso. Gli Zotti, con la controllata BZ Hotels, dopo aver lanciato il Laguna gradese, hanno comprato il palazzo dell'ex Intendenza in largo Panfili, con l'obiettivo di trasformarlo nel più grande "4 stelle" giulio-friulano, che sarà gestito dalla Marriott. Pare che le pesanti ricadute del coronavirus sul comparto alberghiero abbiano persuaso i fratelli a non spingere l'acceleratore in direzione di Opicina. L'Obelisco ha una lunga storia alle spalle. Nella vecchia stazione di posta ottocentesca Francis Richard Burton, 130 anni orsono, tradusse dall'arabo "Le mille e una notte". Gae Aulenti, come già ricordato, ha progettato nell'era Settanta l'albergo che chiuse a metà anni Ottanta. Da allora 8000 metri quadrati di struttura edificata, 6000 mq di piscina e tennis, 30.000 mq di parco sono rimasti ad aspettare che qualcuno resuscitasse il rudere. L'Obelisco era entrato nel patrimonio della "Gladstone", società partecipata da Norman95, gestione immobiliare facente capo a Massimo Cimatti e Corrado Coen.Prima e dopo il fallimento si sono succeduti i tentativi di vendita, partiti da un valore di 4,6 milioni e scesi fino al milione 125.000 euro dell'aggiudicazione provvisoria di ieri. Niente di nuovo sul fronte del Carciotti, come intitola un best seller della letteratura comunale. I bookmakers londinesi avrebbero quotato altissima l'eventualità di una vendita, sulla quale lo stesso vertice municipale nel pre-partita aveva espresso vive perplessità. Anche la quarta asta, a 14,9 milioni, ha fatto cilecca. L'assessore Lorenzo Giorgi e il direttore dei Lavori pubblici Enrico Conte hanno riferito al sindaco Dipiazza, che li ha autorizzati a cambiare rotta. Basta con inutili aste che sembrano un'offensiva della Prima guerra mondiale, avanti con l'attuale quotazione ma con un diverso strumento: l'accordo di programma tra pubblico e privato, che specificherà cosa effettivamente potrà fare l'investitore. Senza attendere il Piano particolareggiato del centro storico. 

Massimo Greco

 

 

Una scia di plastica sulla spiaggia protetta - la riserva WWF

Una lunga scia bianca che attraversava tutto il bagnasciuga: si presentava così, ieri, la spiaggia protetta della riserva di Miramare, uno dei luoghi più suggestivi e incontaminati del lungomare triestino. Di suggestivo, la scia bianca, non aveva proprio niente: si trattava di una serie di frammenti di macro e microplastiche. «Polistirene, poliuretano espanso, frammenti di schiume isolanti e di gommapiuma, fibre, tappi e bottiglie di plastica, cartine di caramelle, mozziconi di sigarette - precisa la pagina Facebook dell'Area protetta -. Sono i rifiuti che il mare riporta a riva, sono solo la punta dell'iceberg delle tonnellate di plastica che ogni giorno si riversano nei nostri mari». Ieri lo staff Wwf Oasi ha provveduto a ripulire la spiaggia dai frammenti più grossolani. «Ma tutti noi possiamo fare molto di più, a partire dalle nostre scelte quotidiane».

 

La strada per Gropada invasa da un ammasso di rifiuti ingombranti - la scoperta delle guardie forestali

TRIESTE. La strada tra il cimitero di Basovizza e Gropada ostruita da un ammasso di mobili. È una situazione al limite dell'inverosimile quella che si è presentata ieri mattina sull'ex Provinciale dell'altipiano carsico. Durante una normale ricognizione da parte della Stazione di Trieste del Corpo forestale, le "guardie" si sono appunto imbattute inaspettatamente in una montagna di rifiuti ingombranti abbandonati proprio lungo la strada, rendendola quasi inaccessibile. Un divano, un forno e altri mobili ostruivano di fatto il passaggio lungo l'arteria stradale. Sul posto è poi arrivata la Polizia locale che ha constatato la situazione paradossale. L'intervento di rimozione e pulizia è stato immediato ed è stato portato avanti da Fvg Strade. Da quanto poi appurato, pare che inizialmente i mobili fossero stati accatastati da ignoti lungo il bordo della strada nel pomeriggio precedente. Molto probabilmente, dunque, durante la notte qualche residente, infastidito dalla situazione, ha deciso di spostare l'ammasso di rifiuti in mezzo alla strada cercando di lanciare un chiaro e inequivocabile messaggio: portate via questi rifiuti da qui.

Ri.To.

 

 

Il bike sharing conquista la città - Abbonamenti a quota tremila

La stazione più gettonata è quella di piazza Oberdan, seguita da via Rossetti Undicimila gli utilizzi, nel 94% dei casi per tragitti brevi. Ipotesi potenziamento

Triestini sempre più appassionati del bike sharing BiTS, il sistema di noleggio bici in autonomia installato a Trieste all'inizio di febbraio, grazie alle stazioni dislocate in diverse zone della città. C'è chi lo usa ormai quotidianamente per recarsi al lavoro o all'università o semplicemente per spostarsi nel centro cittadino, e chi sceglie il week end, lasciando fermi auto e scooter, per godersi le strade da una diversa prospettiva E il Comune di Trieste annuncia di aver partecipato a un bando per incrementare ulteriormente il servizio. Finora sono 3000 gli abbonamenti registrati, circa 11 mila gli utilizzi e, di questi, il 93% ha una durata inferiore alla mezz'ora, sia perché i primi trenta minuti sono gratuiti, sia perché i tragitti scelti da chi pedala sono di solito brevi. Molti, come detto, utilizzano il mezzo per spostarsi da casa al lavoro e viceversa. Il 4% ha trascorso in sella più di mezz'ora, il 3% più di un'ora, come chi, negli ultimi fine settimana, ha scelto di raggiungere il lungomare barcolano in modo "green". La stazione più frequentata è quella di piazza Oberdan con il 14,6%, segue la postazione a pochi passi dal Teatro Rossetti al 13,9%,, poi piazza Libertà con il 13,2%, Stazione Rogers con il 11,4%. E ancora piazza Hortis (11,1%), il Teatro Romano (10,8%), la Stazione Marittima (10,6%), Barcola (8,4%) e, fanalini di coda, via Cumano e Bovedo, al 3%.Le istruzioni da seguire per le bici normali o elettriche sono semplici, illustrate sui pannelli presenti in ogni stazione. Il metodo più immediato per attivare la due ruote è quello di scaricare l'app sul telefonino.«Sono diversi i soggetti pubblici e privati interessati all'ampliamento del sistema attuale - anticipa l'assessore comunale al Territorio Luisa Polli -. Intanto nel breve periodo è prevista l'implementazione del sistema con due ciclostazioni aggiuntive all'interno dell'area del Porto Vecchio, una in corrispondenza della nuova rotatoria in viale Miramare e l'altra nei pressi del Magazzino 28 (nell'ambito del progetto europeo Civitas Portis). Ritenendo fondamentale cercare di accedere a tutte le opportunità di finanziamento su bandi nazionali e europei - annuncia - abbiamo partecipato a un bando per la richiesta di un contributo nell'ambito del "Programma di incentivazione della mobilità urbana sostenibile (PrIMUS), per la creazione di dieci aree di sharing mobility sul fronte mare e siamo in attesa dell'esito».E sui social continuano i suggerimenti dei cittadini, che indicano al Comune nuovi punti da inserire, come il parco di Miramare, quello di San Giovanni o la zona dello stadio. Segnalazioni che l'assessore terrà in considerazione: «È intenzione dell'amministrazione comunale sperimentare il servizio di bike sharing per almeno sei mesi, raccogliere nel frattempo eventuali richieste e successivamente studiare soluzioni di implementazione del sistema - sottolinea la Polli -, prevedendo ciclostazioni aggiuntive e l'eventuale ampliamento di quelle esistenti. Il tutto tenendo conto dell'indice di gradimento del servizio, delle criticità rilevate e delle previsioni del Biciplan in fase di redazione».

Micol Brusaferro

 

Bici abbandonate: il fenomeno torna d'attualità - le regole ribadite dalla polizia locale

Biciclette ormai senza gomme, prive di sellino, invase dalla ruggine. Le segnalazioni alla Polizia locale, per la rimozione di mezzi dimenticati e in cattivo stato, sono frequenti da parte dei cittadini. Tra le zone dove i "cicli" vengono abbandonati, probabilmente perché rotti e quindi inutilizzabili, c'è per esempio l'area della stazione ferroviaria, ma non mancano "eredità" nemmeno tra gli stalli regolari, dove però della bicicletta è rimasto, talvolta, solo il telaio. Altre sono assicurate con catene o altri tipi di antifurto a pali o ringhiere, e - se lasciate per lungo tempo sulla strada - finiscono comunque per subire danni o furti. Sulla pagina Fb "Agente Gianna", da ieri, si ribadiscono le modalità con le quali le bici vengono tolte dal suolo pubblico, con riferimenti anche agli ultimi casi che hanno richiesto l'intervento dei vigili. «Alcuni cittadini avevano segnalato il problema, la Polizia locale ha preso in carico la richiesta e si è attivata subito. Tre biciclette sono state ritrovate in stato di abbandono in via Montorsino», si legge: «Erano lì da un po' di tempo nella medesima posizione, da oltre sei mesi, e in cattivo stato di conservazione. Con il Regolamento di polizia urbana il problema è stato risolto. L'articolo 6 vieta l'abbandono di velocipedi sulla pubblica via: prevede una sanzione di 100 euro ma, ben più importante, la possibilità di togliere il mezzo dalla strada. Gli operatori, dalla presa in carico delle segnalazioni fino alla rimozione delle bici, hanno programmato costanti passaggi per accertare che esse non fossero affatto usate: trascorsi i prescritti 60 giorni di inutilizzo hanno potuto raccogliere le tre biciclette. Essendo legate abusivamente ad un manufatto di proprietà del Comune di Trieste si è proceduto, per la rimozione delle stesse, al taglio della catena antifurto». Risalire al proprietario per la multa appare difficile, se la bici poi non viene reclamata. Rischia quindi di vederla sparire chi la lascia parcheggiata magari per mesi senza usarla. L'inevitabile usura legata agli agenti atmosferici può così far scattare la segnalazione da parte dei residenti e da chi frequenta la zona, come spesso accade. Ma la Polizia locale è attiva anche su un altro fronte: recuperare bici lasciate in giro che possono però risultare rubate, come accaduto a gennaio per un mezzo recuperato in via San Marco. E pure in qualche altro caso è stato pubblicato un annuncio, con tanto di foto, sulla pagina "Agente Gianna", per tentare di restituirla al legittimo proprietario.

Mi.Br.

 

Intanto è cicloturismo-mania - Ecco le mete più apprezzate - Sempre più triestini scelgono di "viaggiare pedalando"

«Il cicloturismo è in aumento in tutta Europa, anche in Italia e a Trieste. Si sceglie di viaggiare sempre più pedalando, anche per lunghe vacanze all'estero». Luca Mastropasqua, presidente della sezione locale di Ulisse Fiab, ricorda come la due ruote sia ormai ampiamente utilizzata dai triestini anche per scoprire nuove destinazioni in modo lento, apprezzando paesaggi e itinerari senza fretta. «Con la nostra associazione ne abbiamo in programma due quest'anno - ricorda - un giro in Dalmazia e poi uno nell' Algarve, in Portogallo, entrambi dureranno una settimana. Si tratta di una tipologia di spostamento che raccoglie sempre più appassionati e di solito la bici si noleggia dopo aver raggiunto la meta, ma capita anche chi preferisce portarsi il proprio mezzo con sé, su auto o camper. È più comodo comunque affittarla direttamente sul posto, come d'altra parte suggeriscono molte agenzie di viaggio, che organizzano tour e proposte di questo tipo». La bici viene anche caricata sul treno, per chi sceglie poi di rientrare pedalando, sfruttando, dove possibile, le piste ciclabili, o sul traghetto, per esplorare isole piccole o grandi. Tra i tragitti più amati dai triestini c'è la Parenzana, mentre all'estero l'Olanda resta una delle nazioni più gettonate per viaggi tra grandi città e piccoli paesi, nel verde o nelle fioriture dei tulipani, grazie ai tanti itinerari, promossi e raccontati anche sul web. E ancora molto apprezzata è l' Austria, anche qui tra i tanti spazi verdi e pianeggianti. Per ogni località, tra agenzie o internet, viene solitamente indicata la difficoltà, il tipo di bici consigliata, la durata stimata del tour e anche la possibilità di pernottare lungo il percorso.

Mi.B.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 febbraio 2020

 

 

Settecento lattine di birra abbandonate sulla strada Arriva la multa di 100 euro

I contenitori, vuoti, erano stati lasciati vicino ai cassonetti della raccolta rifiuti. Il colpevole sorpreso dalla Polizia locale: «Avevo deciso di pulire casa...»

Gli piace la birra, non c'è dubbio. E probabilmente pure collezionare le lattine vuote. Solo che tutto a un tratto ha deciso di buttar via tutto, ma senza usare gli appositi contenitori. Se l'è cavata con una multa di 100 euro l'allegro bevitore che l'altro ieri pomeriggio ha lasciato per terra, in strada, accanto ai cassonetti delle immondizie, ben 30 casse di birra. Dentro c'erano circa 700 lattine. È accaduto in largo Barriera tra gli sguardi sbigottiti dei passanti. Anche perché pochi passi più avanti c'erano i contenitori dell'indifferenziata: pure quelli per la raccolta del vetro e dell'alluminio. L'insolito episodio è stato notato anche da una pattuglia delle Guardie ambientali della Polizia locale. L'uomo è un privato cittadino che non gestisce alcuna attività di ristorazione. Né in zona né altrove. Fermato dagli agenti della municipale, il diretto interessato ha risposto così: «Dopo un anno avevo deciso di fare un po' di pulizia in casa...». Insomma, quelle 30 casse di birra, che il cittadino avrebbe potuto gettare nel cassonetto del vetro e dell'alluminio (magari un po' per volta) le aveva bevute tutte lui. Non si sa in quanto tempo esattamente, anche se l'uomo sostiene che le 700 lattine sono state accumulate grosso modo nel giro di un anno (una media di due al giorno se è vero quanto dichiarato). In ogni caso il responsabile è stato sanzionato secondo quanto regolamentato dall'articolo 16 comma 3 lettera "a" del Regolamento di gestione rifiuti urbani e pulizia del territorio: come accennato, una sanzione da 100 euro tondi.

G.S.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 febbraio 2020

 

 

Sistiana apripista col punto di consegna dell'olio vegetale - LA NOVITA' IN TEMA AMBIENTALE

DUINO AURISINA. Inaugurato, a Sistiana, nell'isola ecologica, il primo punto di consegna per l'olio vegetale. A breve, ne saranno installati altri a Duino, ad Aurisina e al Villaggio del Pescatore. L'olio di questo tipo, dopo l'uso domestico, viene riutilizzato per la produzione di oli lubrificanti per motore, cementi, asfalti e bitumi, biodiesel per trazione. La sua raccolta consente un risparmio energetico e aiuta a salvaguardare l'ambiente, evitando l'inquinamento dei fiumi e il sovraccarico dei depuratori. A decidere di dotarsene è stata l'amministrazione comunale, di concerto con la Isontina ambiente. «Era uno dei traguardi che ci eravamo prefissati - hanno detto il sindaco Daniela Pallotta e l'assessore Massimo Romita - e vogliamo sviluppare altre azioni di salvaguardia. L'installazione di quattro contenitori da 200 litri ciascuno per l'olio vegetale - hanno continuato - deriva dalla necessità di dare risposte a esigenze della cittadinanza».

U.Sa.

 

Il team Sos Carso a Prosecco: grotta liberata da chili di rifiuti

Volontari impegnati per 6 mesi e una ventina di uscite Recuperati pneumatici, forni, lavatrici, una lattina del 1978 e una spilla della Guardia civica

PROSECCO. «Sapevamo ci fosse una grotta qui sotto da un vecchio rilievo fatto nel 1923 trovato nel catasto grotte regionale». Inizia così il racconto di Cristian Bencich, il cofondatore e portavoce di Sos Carso, l'associazione ambientalista triestina reduce da una nuova impresa di stampo ecologico. «Dopo sei mesi di lavori, costituiti soprattutto da scavi e dalla conseguente raccolta di una grossa quantità di rifiuti estratti dalla cavità, finalmente abbiamo riaperto la caverna chiusa da oltre 60 anni presente nella Grotta vicina al centro del paese di Prosecco», spiega Bencich. All'arrivo dei volontari la cavità si presentava completamente otturata. «Dopo una ventina di uscite e mezzo anno di lavoro siamo riusciti a riaprirla. Siamo scesi scavando circa 6 metri in questi mesi e una volta trovato il fondo della cavernetta abbiamo raggiunto i 10 metri verticali di profondità entrando al suo interno», aggiunge Furio Alessi, cofondatore di Sos Carso. Come accaduto nelle altre uscite ecologiche - quasi cento negli ultimi due anni - i volontari dell'associazione apartitica e apolitica, coadiuvati in questa pulizia dalla competenza di alcuni soci della Sas-Società adriatica di Speleologia, hanno trovato un po' di tutto. Dal mitico reperto di una lattina di Coca Cola risalente ai Mondiali di calcio svoltisi nel 1978 in Argentina, a forni, lavatrici, bombole, pneumatici, brandine. Ma anche un televisore, un motorino e tanta ferraglia varia. La chicca è stata una spilletta con l'alabarda, probabilmente appartenente alla Guardia civica di Trieste degli anni '40. «È stata una grande sorpresa ritrovare questo reperto sepolto da 6 metri di terra. Ciò testimonia da quanto tempo la grotta fosse chiusa», puntualizza Bencich. Un'ultima nota il cofondatore di Sos Carso l'ha voluta rivolgere a chi sta ripulendo il territorio carsico dai rifiuti: «Mi stanno arrivando diverse foto e segnalazioni di gruppi di persone, soprattutto di giovani, che si stanno cimentando nel ripulire alcune zone. Sono segnali ben auguranti». 

Riccardo Tosques

 

 

«L'ex caserma Monte Cimone da consegnare alla collettività»

Approvata la mozione del Pd che chiede di sdemanializzare il comprensorio di Banne Identica istanza presentata in Comune a Trieste

TRIESTE. Sdemanializzare l'ex caserma Monte Cimone di Banne, per procedere poi con uno studio di fattibilità, che definisca i costi di una successiva operazione di bonifica dell'area, pianificando la sua riqualificazione ambientale in maniera partecipata per metterla a disposizione della collettività. È questo, in sintesi, il contenuto della mozione, presentata dalla consigliera Lara Dipace (Pd) e approvata dalla Circoscrizione Altipiano Est, con i voti dello stesso Pd e dell'Unione slovena, mentre si sono astenuti i rappresentanti della Lega e della lista Dipiazza. A darne notizia è stato il presidente della circoscrizione stessa, Marko De Luisa. «Si tratta di una mozione che si allaccia a quella consegnata in Consiglio comunale, a Trieste, dalla consigliera Valentina Repini, anche lei del Pd - ha spiegato -, e la cui importanza è stata sottolineata dalla presenza, nel corso della seduta, di una rappresentanza degli abitanti di Banne. Il comprensorio - ha ricordato De Luisa - è costituito da 28 fabbricati principali, 5 dei quali dichiarati di interesse culturale, e si sviluppa su un'area di 17 ettari, ai quali si affianca una vicina area boschiva, denominata "ex tenuta Bidischini - Burgstaller", per ulteriori 34 ettari. Considerando che la caserma è stata dismessa dall'Esercito nei primi anni '90 e da allora è abbandonata e che la collina sulla quale sorge è di grande pregio ambientale, con significative testimonianze della storia locale - ha continuato il presidente della circoscrizione - ecco che un suo riutilizzo a beneficio della città e della collettività ci sembra un'operazione da favorire». Fra l'altro, l'area è definita, dagli strumenti urbanistici in vigore, «di grande trasformazione», perciò su di essa potrebbero sorgere servizi e attrezzature di interesse collettivo. «Date queste premesse - ha concluso De Luisa - chiediamo sia allestito un tavolo di lavoro con Demanio, Regione e Comune di Trieste, per mettere questo patrimonio a disposizione della comunità locale, magari utilizzando i finanziamenti reperibili nel quadro della nuova programmazione regionale dei fondi strutturali e di investimento europei 2021-2027».

U.Sa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 25 febbraio 2020

 

 

Slitta lo sciopero della Ferriera ma la CGIL non molla: "Fedriga ci incontri"

Secondo tavolo tecnico ieri in Prefettura sullo spegnimento. Sospese intanto le assemblee di Colombin, Flex e Principe.

Il coronavirus fa saltare lo sciopero indetto per domani in Ferriera dalla Fiom Cgil e rinviato a questo punto a data da destinarsi. Lo stesso avviene per le assemblee sindacali che si sarebbero dovute tenere fra ieri e oggi nelle aziende Colombin, Flex e Principe. L'allarme contagio mette i bastoni fra le ruote alla mobilitazione con cui la Cgil voleva portare in piazza Unità non solo i lavoratori di Servola, ma anche i dipendenti di altre realtà industriali in crisi, nel tentativo di aprire il dibattito sul declino della manifattura giuliana e sulla conseguente emorragia occupazionale. È una stringata nota del segretario provinciale della Fiom Marco Relli ad annunciare che «in base all'ordinanza del ministero della Salute viene revocato lo sciopero indetto per il 26 febbraio». Il comunicato è firmato anche dal segretario provinciale della Nidil Cgil Nicola Dal Magro, che aveva aderito a nome dei 66 lavoratori interinali coinvolti la settimana scorsa nel primo incontro in Regione finalizzato a presentare le occasioni di riqualificazione. Resta ad ogni modo inalterata la richiesta dell'incontro con il presidente Massimiliano Fedriga, che la Cgil continua a domandare si tenga domani mattina in Regione. Come spiega il segretario provinciale della Cgil Michele Piga, «la Fiom si è adeguata alle disposizioni del ministero e sono state sospese le assemblee convocate in tutte le fabbriche davanti alla preoccupazione dei lavoratori per il proprio futuro. Ci aspettiamo comunque la conferma dell'incontro chiesto al presidente Fedriga». Non è ancora chiaro se il tavolo tecnico dell'Accordo di programma si ritroverà ugualmente venerdì 28, magari limitandosi a farlo in videoconferenza. In attesa di sviluppi nel confronto fra istituzioni e proprietà, nonché di conferma delle indiscrezioni che vorrebbero a un passo dalla chiusura l'intesa sul passaggio di proprietà dei terreni dell'area a caldo, si è riunito ieri a Trieste per la seconda volta il tavolo della Prefettura dedicato allo spegnimento degli impianti. Vi hanno partecipato Comando dei Vigili del fuoco, Comune, Arpa, Azienda sanitaria, Acciaieria Arvedi e rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori. Una nota della Prefettura spiega che la proprietà «ha precisato che il cronoprogramma presentato nel corso del precedente incontro sarà rispettato per quanto riguarda la sequenza delle operazioni di spegnimento, previsto entro marzo. L'Azienda ha ribadito l'impegno a comunicare tempestivamente alla cittadinanza l'avvio delle fasi più delicate della procedura». Arvedi ha inoltre assicurato che «gli impianti, pur operando attualmente a regime ridotto, non presentano problemi dal punto di vista della sicurezza». Affermazione quest'ultima che non trova concordi gli rls, se il segretario della Failms Cristian Prella sottolinea che «i rappresentanti dei lavoratori continuano a riempire di segnalazioni l'azienda su varie situazioni di sicurezza e la proprietà continua a dire che la situazione è ordinaria, anche se rimangono i nostri dubbi funzionali». Prella ha contestato all'azienda di non aver mai inviato agli rls la documentazione relativa allo spegnimento. Gli rls hanno intanto ottenuto di potersi confrontare alla fine di ogni sopralluogo con gli enti deputati alla visite ispettive, che continueranno per verificare i presidi per la sicurezza dei lavoratori e quelli ambientali. Al proposito, Arpa rende noto che il 17 febbraio è stato effettuato un secondo sopralluogo congiunto nello stabilimento per verificare il posizionamento delle dotazioni necessarie per lo spegnimento.

Diego D'Amelio

 

LA SCHEDA.

Lo sciopero - La mobilitazione era stata indetta dalla sola Fiom Cgil come ultimo atto di protesta nei confronti delle istituzioni pubbliche, ritenute responsabili di aver avviato la chiusura dell'area a caldo della Ferriera senza apprestare salvaguardie sufficienti per i lavoratori. L'Accordo di programma - Il ministro Stefano Patuanelli ha assicurato nella sua ultima visita a Trieste che l'intesa definitiva tra Mise, Regione, Comune, Autorità portuale e gruppo Arvedi sarà raggiunta non oltre la prima settimana di marzo, data compatibile con l'intenzione della proprietà di fermare l'area a caldo entro il mese prossimo. I punti in sospeso - Perché l'Adp contenga tutti gli elementi necessari alla stipula, è necessario che azienda e Autorità portuale trovino l'intesa sulla cessione dei terreni dell'area a caldo. Restano tuttavia ancora aperti i nodi riguardanti le modalità di bonifica della zona e i finanziamenti pubblici alla riqualificazione.

 

 

Giardino del rione di San Vito in arrivo il piano di recupero

La sistemazione dell'area verde, inutilizzata in alcune parti da più di un anno, è stata ora inserita tra le priorità del Comune. Intervento da 100 mila euro

Il giardino di piazza Carlo Alberto, stretto tra le via Locchi, Tagliapietra e Franca, sarebbe un tipico esempio di stile Liberty con la sistemazione del verde all'italiana. Ma da quasi un anno resta interdetto in alcune sue parti a causa del crollo in particolare del pergolato nella parte più alta. Risulta anche essere inaccessibile qualche piccolo gioco per i bambini e la rete del campo da calcio è semidistrutta. Un degrado che però, e questa è la buona notizia, sembra avere i mesi contati. Per il giardino, esteso su quasi 6mila metri quadrati in quattro scaglioni, il 2020 dovrebbe essere l'anno fortunato. O, più precisamente, l'anno giusto per tornare a splendere come un tempo. L'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi infatti ha inserito l'intervento nel piano delle opere 2020-22, che è stato presentato in giunta e inserito nella delibera di bilancio. Quest'ultima attende ora l'approvazione delle Circoscrizioni e del Consiglio comunale. Se tutto va bene, tra gli interventi che Lodi ha previsto proprio per quest'anno, c'è appunto anche il restyling di piazza Carlo Alberto. Sono centomila euro i fondi messi a disposizione. «L'anno scorso abbiamo provveduto a inserire l'illuminazione nel campo di basket perché si possa giocare fino a sera. Ora dobbiamo per forza sistemare la struttura collassata, il pergolato, che abbiamo per questo dovuto interdire da circa un anno - spiega l'esponente della giunta Dipiazza -. Questa è la parte più importante dell'intervento. Poi dobbiamo anche occuparci della recinzione dal campo da calcio che, tra atti vandalici e l'utilizzo generale, è ormai diventata vetusta. Abbiamo finora cercato di sistemarla come potevamo, facendo piccoli interventi, ma non sono bastati. Poi, se ci avanzerà qualcosa rispetto alle emergenze, proporremo anche altre cose per rendere il giardino più fruibile». Il progetto non è ancora stato realizzato proprio perché il piano delle opere deve essere approvato definitivamente. Una volta ultimato poi verrà avviata la gara. «L'amministrazione vuole realizzare questo intervento - continua Lodi - che penso sia anche condiviso dai consiglieri in maniera trasversale». I consiglieri Antonella Grim (Italia Viva) e Giovanni Barbo (Pd) si sono fatti più volte sentire, anche sui social network, per attirare l'attenzione su questo spazio verde che sembra in parte abbandonato. A proposito di giardini, il piano delle opere prevede anche un altro lotto dedicato ai parchi cittadini da 300 mila euro, in cui è prevista, spiega Lodi, la realizzazione di un giardino in Rotonda del Boschetto, dove ora c'è solo una staccionata, che fa riferimento a un vecchio progetto. «E poi - conclude l'assessore - ci occuperemo della manutenzione di un'altra area verde interdetta da tempo in vicolo dell'Edera».

Benedetta Moro

 

 

Le Ferrovie accelerano sul piano di restyling del Museo ferroviario a Campo Marzio

 Spunta una nuova impalcatura alla stazione ferroviaria di Campo Marzio, propedeutica ai lavori per la copertura, mentre prosegue il maxi cantiere per la ristrutturazione del museo. Tempi rispettati, con la fine delle opere esterne prevista tra maggio e giugno. Si passerà quindi alla risistemazione interna e all'allestimento dell'esposizione dedicata al mondo dei treni. Secondo la tabella di marcia, annunciata mesi fa, tutto si dovrebbe concludere a fine 2020. A confermare il procedere dell'iter è Luigi Cantamessa, direttore generale della Fondazione FS, proprietaria dell'immobile. «Sono molto soddisfatto per l'avanzamento di lavori - spiega - perché la ditta sta rispettando i tempi. E ringrazio il compartimento Rfi di Trieste, che ci sta supportando in particolare nei rapporti con la Soprintendenza. Le cose stanno andando per il meglio. Gli interventi interni sono già tutti finanziati, quindi procederanno senza stop, e siamo in costante collegamento e collaborazione con l'associazione che fa capo al museo e che si occuperà della curatela del patrimonio presente. Si sta continuando tutto in un clima sereno e molto positivo».Ma se la tabella di marcia per gran parte dell'edifico è ormai stabilita, manca ancora da definire il destino della zona che si affaccia verso il mare. «Per il fronte della stazione - precisa Cantamessa - non ci sono ancora i finanziamenti, per questo chiederò a breve un incontro con il presidente della Regione Massimiliano Fedriga, per discuterne assieme». Nei giorni scorsi molte persone intanto hanno notato la "gabbia" che ha avvolto anche il tetto dell'immobile, per sistemare quella copertura che andava curata in tempi brevi, per evitare nuove infiltrazioni o cedimenti.

M.B.

 

 

C'è un nido di corvi imperiali: off-limits la falesia dei "Falchi" SAN DORLIGO - L'ORDINANZA PER TUTELARE LA LORO RIPRODUZIONE

Tornano i corvi imperiali e in Val Rosandra scatta il divieto di arrampicata su tutte le vie della falesia denominata "I Falchi". L'ordinanza, che sarà in vigore fino al 4 maggio, è stata emessa dal Comune di San Dorligo della Valle in qualità di organo gestore della Val Rosandra e prevede sia il divieto di transito sotto la stessa falesia, fino a una distanza di 30 metri dalla sua base, sia quello totale di sorvolo con droni di qualsiasi tipologia, dimensioni e massa all'interno dell'area che circonda la parete rocciosa. All'origine del provvedimento è la segnalazione fatta qualche giorno fa dall'ispettore forestale Massimo Visintin, che ha avvistato un nido costruito sul posto da una coppia di corvi imperiali. Il Comune di San Dorligo della Valle è da anni organo gestore della Val Rosandra, in virtù di un accordo che, in base all'ultima proroga, rimarrà in essere fino al 31 dicembre del 2021. Una delle funzioni dell'amministrazione titolare di tale incarico è, in base al Regolamento di gestione, proprio quella di tutelare l'habitat e le specie di particolare pregio, individuando aree all'interno delle quali si possono vietare attività escursionistiche, alpinistiche o di altra natura. Il corvo imperiale rientra nel novero delle specie di particolare pregio: inoltre il suo periodo di accoppiamento, deposizione e involo dei piccoli dovrebbe terminare entro il 4 maggio. Ecco la ragione della necessità di evitare che la coppia di corvi imperiali sia disturbata in questo delicato periodo. E l'unica modalità per arrivare a tale risultato è un'ordinanza restrittiva come quella che è stata emessa. Ai trasgressori del provvedimento sarà applicata una sanzione. Il corvo imperiale è il più grande rappresentante della famiglia dei corvidi. Originario dell'Eurasia, il corvo imperiale sfruttò il ponte di terra dello stretto di Bering, formatosi durante le ere glaciali del Pleistocene, per colonizzare il Nord America: si tratta quindi di uno dei pochi animali a essere presente in ambedue i continenti senza esservi stato importato dall'uomo. Il testo dell'ordinanza, oltre che essere esposto all'Albo pretorio del Comune di San Dorligo della Valle, è stato inviato alle stazioni forestali di Duino e Trieste, al Servizio Paesaggio e Biodiversità della Regione, al Cai XXX Ottobre, alla Società Alpina delle Giulie, all'Associazione Alpina slovena di Trieste, alle guide alpine, alla Stazione di soccorso alpino di Trieste, alla Lipu e alle forze dell'ordine. In questa maniera la diffusione dei divieti sarà capillare.

U.Sa.

 

Boom di processionarie M5s e Pd alla giunta: «Serve un numero unico» - Gli effetti dell'inverno caldo

Un numero telefonico utile ai cittadini per segnalare la presenza della processionaria a Trieste. È la richiesta avanzata in una mozione urgente presentata dai consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle, sottoscritta anche dal consigliere dem Marco Toncelli, e che punta ad «agevolare - si legge nel documento depositato lo scorso venerdì - su tutto il territorio comunale la localizzazione delle infestazioni e facilitare gli interventi per la loro rimozione». Al sindaco e ai tecnici comunali si chiede inoltre di darne diffusa informazione al pubblico, redigendo e diffondendo un vademecum sulle norme di sicurezza da osservare nelle vicinanze degli insetti e dei loro nidi. La situazione è più seria rispetto agli anni precedenti, complice il clima mite, una primavera anticipata e la mancanza di un'efficace azione di prevenzione sistematica di distruzione dei nidi, prima che le uova si schiudano e le larve scendano dall'albero diventando un serio pericolo per persone e animali. Le segnalazioni si moltiplicano, molti ambulatori veterinari stanno mettendo all'erta i proprietari di cani sui rischi di un contatto con la processionaria. I privati cittadini che dispongono di un giardino e gli amministratori di stabili con annessa area verde o parco, stanno usufruendo dei servizi di ditte specializzate nella disinfestazione da questi insetti. Ma per le aree di verde pubblico chi si deve avvisare in caso di infestazione da processionaria, e chi deve provvedere a rimuovere nidi e larve? Quali sono i metodi per rimuovere correttamente un nido di processionaria da un albero o una scia di larve sulla strada? La mozione proposta dalla capogruppo del M5S, Elena Danielis, intende dare una risposta proprio a questi quesiti, posti in questi giorni dai tanti cittadini che anche sui social-media postano immagini di nidi di processionarie e di lunghe scie di larve, chiedendo chi sia l'ente preposto ad intervenire. «Il Comune - spiega l'assessore con delega al Verde Pubblico, Elisa Lodi - ha competenza sui giardini pubblici e sta provvedendo a rimuovere in quei siti e i nidi di processionaria. Manca un intervento mirato solo nel giardino di Villa Cosulich ma è già programmato. In caso di un'infestazione di particolare portata, - precisa - il sindaco può emanare un'ordinanza ad hoc, di concerto con la Sezione dei servizi fitosanitari regionale per un'azione mirata ai privati e su tutto il territorio comunale». Va precisato che alcune strade sul territorio comunale come, ad esempio, la pista ciclopedonale Cottur, sono di competenza di Fvg Strade. Negli ultimi anni sono state sviluppate da alcune aziende delle trappole speciali da disporsi sui tronchi dei pini infestati da processionaria. Il meccanismo d'azione sfrutta l'idea di poter invischiare il fastidioso insetto con della particolare colla durante la "processione" delle larve. L'azione di eliminazione della "processionaria" è dovuta per legge nelle aree pubbliche, dove la presenza dell'insetto può rappresentare dei seri rischi per la salute di persone (soprattutto bambini) e animali.

Laura Tonero

 

 

Gli scout ripuliscono il bosco vicino a strada per Chiampore - l'uscita ecologica

MUGGIA. «Per cambiare le cose non servono le parole ma i gesti, quelli concreti, quelli che lasciano il segno. Non possiamo accettare che abbandonare i rifiuti sia considerata una cosa normale». È chiarissimo il pensiero del 19enne Alberto Nesladek a nome del Gruppo Scout Agesci Muggia 1, reduce da un'uscita ecologica nel territorio rivierasco. Il team, formato anche da Riccardo Anselmi, Irina Chersovani, Marta Giordani, Aurora Schnautz, Marco Vattovaz e Josef Vuch, è intervenuto nel bosco che costeggia strada per Chiampore. Grazie anche alla collaborazione con l'Ufficio Ambiente comunale è stato organizzato il ritiro dei materiali recuperati dai ragazzi. «Ci aspettavamo di trovare qualche sacchetto gettato nel verde o qualche rifiuto di passaggio, ma abbiamo dovuto ricrederci. Abbiamo trovato di tutto: attrezzi, contenitori, bottiglie, ruote, e pure un televisore... Una vera discarica a cielo aperto lasciata colpevolmente abbandonata da chi, a quanto pare, non ha a cuore l'ambiente in cui vive e pensa sia tutto lecito. E invece ogni singolo gesto fa la differenza perché non siamo persone isolate, senza doveri o regole da rispettare, ma parte di una comunità», così Vattovaz. «Abbiamo ammirato da subito lo spirito d'iniziativa di questi ragazzi che vogliono rendersi utili per il bene comune, il bene del proprio Paese. Ed è un gesto ancora più significativo perché va a prendere una posizione netta e concreta nei confronti dell'inciviltà di chi continua ad abbandonare rifiuti a discapito del territorio», le parole dell'assessore all'Ambiente di Muggia Laura Litteri. «È stata un'esperienza bella e gratificante», dice a sua volta Giordani: «Spero che il nostro piccolo contributo possa essere d'ispirazione ad altri e in special modo a quelle persone che alle questioni ambientali non pensano più di tanto, come fossero un problema d'altri».

Riccardo Tosques

 

 

Tutelare il Mediterraneo dall'inquinamento

Il progetto interreg Sheremed coordinato dall'Ogs può contare su un finanziamento di tre milioni per valutare i vari pericoli

Il programna - Il Mediterraneo sta cambiando: cambiamenti climatici che hanno un impatto sia in termini di aumento della temperatura sia di acidificazione delle acque, inquinamento, traffico marittimo e sfruttamento delle risorse, solo per citarne alcuni. Un progetto da 3 milioni di euro, Sharemed, finanziato dal programma Interreg Mediterranean, coordinato dall'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - Ogs che mira ad aumentare la capacità delle autorità regionali, subregionali e locali, e della comunità di ricerca dell'Area del Mar Mediterraneo di valutare e affrontare congiuntamente i pericoli connessi all'inquinamento e alle minacce ambientali a livello costiero e nelle acque transnazionali. Otto i Paesi del bacino Mediterraneo coinvolti - Italia, Slovenia, Croazia, Montenegro, Portogallo, Spagna, Francia e Malta e numerosi enti di ricerca e gestione. «Il mare si muove e connette tutto con tutti, quello che accade in Slovenia è collegato con quanto avviene in Italia e così via - commenta Cosimo Solidoro, direttore della Sezione di Oceanografia di Ogs e responsabile del progetto - tuttavia - spiega l'esperto - il monitoraggio di mari e oceani è spesso difficile e costoso quindi attualmente l'oceano è ancora ampiamente sottocampionato e le banche dati esistenti sono incomplete. Nonostante negli ultimi anni sia stato raccolto un gran numero di dati, spesso l'insieme delle informazioni a disposizione è frammentato, eterogeneo e costituito da dati che non sono sempre comparabili, né di facile accesso e utilizzo», precisa Solidoro. Il quadro è ancora più complesso nelle aree transnazionali, dove la frammentazione di governance implica che autorità diverse potrebbero avere diversi programmi di monitoraggio e valutazione dello stato ambientale e dei pericoli connessi alle minacce ambientali, rendendo più difficile avere una pianificazione efficiente dell'area. In questo contesto Sharemed nasce quindi per aumentare la capacità delle autorità di gestione e della comunità scientifica di valutare e affrontare i rischi relativi alle minacce ambientali: da un lato fornendo modelli per la raccolta, il confronto, l'integrazione, l'armonizzazione delle esperienze esistenti.«Il progetto ci permetterà di migliorare le capacità di osservazione e valutazione dello stato del mare, definendo le pratiche di cooperazione, l'integrazione delle infrastrutture esistenti, la definizione e l'effettiva attuazione di un sistema di previsione trasferibile», conclude Solidoro.

Lorenza Masè

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 febbraio 2020

 

 

Trasporto pubblico, a Parenzo arriva il minibus elettrico

L'iniziativa nell'ambito del progetto europeo Sutra per la promozione della mobilità sostenibile al quale partecipano partner di Italia e Croazia

Parenzo. Nel giro di qualche mese all'interno del perimetro urbano di Parenzo entrerà in funzione un minibus elettrico per il trasporto pubblico, acquistato nell'ambito del progetto europeo Sutra - Sustainable Transport in Adriatic Coastal Areas and Hinterland ("Trasporto sostenibile nella costa adriatica e nelle aree interne"). Il veicolo verrà fornito dall'azienda Auto market bus di Zagabria. Parenzo segue dunque le orme di Capodistria, dove sono entrati in servizio di recente tre minibus elettrici che transitano nel centro storico.Come ha ricordato il sindaco della cittadina Loris Persuric, il progetto Sutra tende alla promozione del traffico di tipo sostenibile nell'area adriatica, compreso il suo immediato entroterra, con l'obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica e migliorare in questo modo la qualità dell'aria negli abitati urbani. Capofila progettuale è il Comune di Caorle, mentre tra i partner italiani figurano i Comuni di Chioggia, Pescara e Ravenna, la Uti Riviera Bassa Friulana e l'Istituto di sociologia internazionale di Gorizia. Per quanto riguarda la parte croata invece i partner dell'iniziativa sono la Regione di Spalato e della Dalmazia nonché le Città di Spalato, Dignano e Parenzo. Si tratta dunque di realtà che si affacciano su entrambi i versanti adriatici lungo i quali il traffico stradale è in continua crescita, generando problemi di intasamento e inquinamento, soprattutto nei mesi estivi. In questo scenario dunque il progetto Sutra intende dare risposte con la promozione di una mobilità ecosostenibile. L'iniziativa rientra nell'ambito del Programma di cooperazione transfrontaliera Interreg V-A Italia-Croazia, che gode del cofinanziamento del Fondo europeo per lo sviluppo regionale nella misura dell'85 per cento mentre il resto della cifra sarà a carico dei partner di progetto. Progetto il cui valore complessivo ammonta a 2.897.500 di euro, dei quali 242 mila andranno a Parenzo. Lo sviluppo del progetto è previsto nell'arco di trenta mesi, ed è destinato a concludersi nel 2021. Tornando al minibus elettrico, va detto che il veicolo che è stato acquistato sarà dotato di un "conta passeggeri", strumento che servirà per stabilire i punti e i percorsi più frequentati. Per la ricarica delle batterie verrà introdotta un'apposita colonnina di 50 kwh. Il mezzo, che avrà un'autonomia di 120-140 chilometri di percorrenza, potrà trasportare fino a venti passeggeri e sarà dotato di una rampa meccanica per favorire l'accesso agli invalidi. Per quel che riguarda la consegna, il fornitore si è impegnato a consegnarlo entro sei mesi, ma l'auspicio è che entro in servizio prima dell'estate. -

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 febbraio 2020

 

 

Count down in Riviera per la tappa triestina della Marcia per la pace - l'arrivo della carovana in agenda mercoledì

TRIESTE. La seconda Marcia mondiale per la pace e la non violenza, iniziata a Madrid lo scorso 2 ottobre, si avvicina a grandi passi e la provincia triestina, a cominciare da Muggia, è pronta ad accoglierla. Ieri mattina al San Marco sono state date le coordinate della tappa triestina che vede tra gli attori principali il Comitato Danilo Dolci e l'Associazione mondo senza guerre e senza violenza. Mercoledì a Muggia, come ricordato da Alessandro Capuzzo, referente in città della marcia, «giungeranno nella tarda mattinata cinque marciatori, uno spagnolo, un indiano e tre colombiani, provenienti dalla Slovenia». L'arrivo della carovana a Trieste è previsto nel primo pomeriggio alla Risiera di San Sabba. Il passo successivo sarà al comprensorio del Parco di San Giovanni, nei pressi dello studio che fu di Franco Basaglia, dove ci sarà la visita all'albero di kachi di Nagasaki e alle rose di Hiroshima, superstiti dell'olocausto atomico che investì nell'agosto del 1945 le due città nipponiche. Appuntamento successivo in piazza Oberdan, davanti alla sede del Consiglio regionale, dove si cercherà di formare un grande simbolo della pace umano. Infine, alle 17, la carovana dovrebbe confluire davanti al Narodni Dom, luogo che per Luciano Ferluga, presidente del Comitato Danilo Dolci, «assume un significato storico importante per la nostra città, soprattutto per ricordare i limiti che la stessa ancora presenta», all'interno del quale si terrà una conferenza dal titolo "Guerra, ambiente e persone: convivenza possibile?".Nella mattinata di giovedì all'aula magna dell'Università si terrà un evento, organizzato dal Liceo musicale Dante/Carducci, che coinvolgerà circa 400 ragazzi provenienti dagli istituti comprensivi Bergamas, Dante, Dolina, Bartol e Valmaura, dalle primarie alle secondarie superiore, che proporranno tutti insieme, senza distinzioni d'età, vari momenti musicali e coristici.

Luigi Putignano

 

 

SEGNALAZIONI - AcegasApsAmga - I soffiatori non sono intensi

In relazione alla lettera pubblicata giovedì 20 febbraio scorso, dal titolo "Ancora usati i soffiatori" AcegasApsAmga desidera precisare che, diversamente da quanto indicato nella segnalazione, i soffiatori smuovono la polvere grossolana presente sulle strade, ma non le polveri sottili inquinanti. Si tratta infatti di un soffio la cui intensità non supera lo spostamento d'aria provocato dal vento, venendo poi ulteriormente attenuato dall'acqua diffusa dalle apposite macchine che accompagnano i soffiatori nella pulizia stradale.

Valentina Albanese - AcegasApsAmga

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 febbraio 2020

 

 

La Cgil indice lo sciopero in Ferriera - Ma gli altri sindacati non ci stanno

Agitazione programmata per mercoledì. Ad aderire dipendenti e interinali. Possibile "effetto domino" in molte fabbriche

La fabbrica che non sciopera (quasi) mai stavolta scenderà in piazza o lo farà almeno una parte di essa. La Ferriera è sempre stata giudicata negli ambienti sindacali nazionali uno stabilimento a bassissimo tasso di conflittualità, ma la Cgil continua a denunciare le incertezze del piano di riconversione e ieri ha indetto una mobilitazione di otto ore per mercoledì prossimo. Sotto la sede della Regione di piazza Unità manifesteranno i lavoratori dipendenti e gli interinali, che sempre ieri hanno avuto il primo incontro con l'assessore Alessia Rosolen, giudicato tuttavia insoddisfacente. Il fronte sindacale resta spaccato, con le sigle favorevoli alla riconversione che non si asterranno dal lavoro. Nell'assemblea convocata dalla Fiom, il segretario provinciale Marco Relli ha messo in fila tutti i motivi che hanno condotto il sindacato a dichiarare lo sciopero: i continui slittamenti della chiusura dell'area a caldo e della firma dell'Accordo di programma, il rinvio della cassa integrazione, i timori rispetto a un piano di trasformazione che non convince la Cgil. Qualcosa potrebbe muoversi in realtà già la prossima settimana: il 28 febbraio è stato infatti indicato proprio ieri dal ministero dello Sviluppo economico per un nuovo incontro del tavolo tecnico sull'Adp, convocato l'ultima volta il 23 dicembre. La speranza dei metalmeccanici della Cgil è ribaltare sul campo gli equilibri del referendum con cui a gennaio i dipendenti della Ferriera hanno approvato col 59% l'accordo fra sindacati e proprietà. I no furono il 41%, ben oltre la rappresentanza della Fiom in fabbrica. Ecco allora che davanti alle incertezze sul processo di riconversione, l'unico dei sindacati schierato contro l'intesa ritiene di poter far incrociare le braccia alla maggioranza della fabbrica, facendo leva anche su una parte dei dipendenti che si sarebbero nel frattempo pentiti di aver approvato l'accordo sindacale. La mobilitazione potrebbe allargarsi oltre la Ferriera. Ieri sono state indette assemblee che si terranno all'inizio della prossima settimana in aziende in crisi come Colombin, Flex e Principe. In alcuni casi le riunioni sono state volute dall'intera Rsu, in altri dalla sola Cgil. Bisognerà capire se, tra lunedì e martedì, i lavoratori degli altri impianti appoggeranno la mobilitazione dei dipendenti della Ferriera, trasformando il loro sciopero in una più ampia manifestazione del disagio rispetto alle difficoltà in cui si dibatte il sistema industriale triestino. A scendere in piazza saranno anche gli interinali della Ferriera, in scadenza il 31 marzo. Ieri sono stati ricevuti tutti e 66 nel palazzo della Regione, dove Rosolen e i funzionari del Centro per l'impiego hanno illustrato le strade per la riqualificazione. La prima ipotesi di ricollocazione si basa su contratti a tempo determinato nelle ditte esterne che lavorano nell'appalto Fincantieri. «La presa in carico - spiega Rosolen - partirà prima della scadenza dei contratti. Una strada non obbligata, ma che la Regione ha voluto percorrere con forza, dopo essere sempre stata accanto ai lavoratori. Chiediamo intanto alla proprietà di chiarire i progressi dell'ipotesi di San Giorgio di Nogaro». Gli interinali saranno convocati per colloqui individuali nelle prossime settimane ma, stando alla Cgil, l'80% di essi si è già schierato per lo sciopero dopo aver subìto l'esclusione dall'accordo sindacale e non potendo quindi partecipare al referendum. Relli spiega che «la mobilitazione in Ferriera è stata decisa da un'assemblea partecipata da una settantina di lavoratori: mancavano gli operai della cokeria impegnati sui forni e gli interinali chiamati in Regione. Gli altri sindacati erano assenti nonostante l'invito». Il sindacalista sottolinea che «c'è incertezza sul piano industriale, timori di esuberi alla centrale e nella logistica, la Regione ha provocato la chiusura ma non incrementerà la cassa integrazione con risorse pubbliche, il ministro Patuanelli ci aveva assicurato un incontro ma è sparito da ottobre. Figuriamoci come sarà gestita la riconversione: per questo abbiamo indetto lo sciopero e chiesto un incontro immediato al presidente Fedriga». Relli è ottimista sull'esito della protesta: «Se i presenti in assemblea e gli interinali aderiscono, lo stabilimento si ferma». Al di là delle appartenenze sindacali, i lavoratori schierati per il no e i somministrati rappresentano d'altronde circa metà dei dipendenti della Ferriera. Il segretario della Cgil Nidil Nicola Dal Magro proclama pure lui lo sciopero per mercoledì 26 febbraio, «ritenendo di poterlo estendere a tutte le aziende dove sia necessario difendere la posizione dei somministrati».Scontata l'assenza in piazza di Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb, firmatari dell'accordo con l'azienda. Per l'esponente della Cisl Umberto Salvaneschi, «lascia perplessi che la Fiom scioperi dopo aver comunque sottoscritto l'accordo sindacale per adesione. Pesano evidentemente gli strascichi di questi mesi. Sappiamo che l'industria triestina è in difficoltà, ma per questo serve un approccio unitario di Cgil, Cisl e Uil».

Diego D'Amelio

 

«La firma decisiva sull'accordo chiave entro l'8 marzo»

L'annuncio di Patuanelli visti i passi avanti sul nodo terreni «Le assunzioni in Fincantieri? Dirette e non nell'indotto»

L'Accordo di programma della Ferriera di Servola sarà firmato entro la prima settimana di marzo. La trattativa sui terreni fra gruppo Arvedi e Autorità portuale pare essere giunta alla limatura dei dettagli e il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli si sente abbastanza sicuro per dire in un incontro pubblico a Trieste che «se non sarà firmato nell'incontro del 28 febbraio, l'Adp sarà stipulato nella settimana successiva». Il ministro rassicura inoltre i lavoratori dello stabilimento, assicurando che Fincantieri procederà ad assunzioni dirette e non si ricorrerà dunque a meno sicuri posti nell'indotto. Il ministro affronta la questione di Servola prima del suo ingresso in sala: «Siamo arrivati al dunque dopo molti anni. L'interlocuzione tra Autorità portuale e azienda sta procedendo e sta arrivando alla sua conclusione. Nei prossimi giorni mi auguro che il camino finalmente fumerà di bianco, liberando le aree e rendendole interessanti dal punto di vista della portualità. Potremo così procedere con la firma dell'Adp e avviare il percorso di chiusura dell'area a caldo». Durante l'incontro arriva poi l'annuncio che suona come definitivo, con la prima settimana di marzo segnata sul calendario come quella in cui istituzioni e azienda metteranno nero su bianco l'Adp. Patuanelli non elude la proclamazione dello sciopero indetto poche ore prima dalla Cgil: «L'accordo sindacale è stato sottoscritto anche dalla Fiom dopo il referendum e credo sia un buon accordo. Stiamo lavorando per dare tutte le garanzie promesse ai lavoratori. L'obiettivo è sempre stato chiudere l'area a caldo, tenendo all'interno del percorso tutte le persone che lavorano nello stabilimento. Riusciremo a raggiungere entrambi gli obiettivi». Sul come fare, il ministro ha le idee chiare e le espone quando alcuni lavoratori di Servola gli chiedono rassicurazioni sul futuro durante il dibattito finale: «Il raddoppio dell'area a freddo darà parziale assorbimento della forza lavoro che parteciperà a un apposito percorso formativo. C'è inoltre un'interlocuzione molto positiva con Fincantieri per dare occupazione con posti diretti, per i quali sto chiedendo un impegno a Giuseppe Bono perché l'indotto è ovviamente meno rassicurante. Negli attuali terreni dell'area a caldo ci sarà inoltre uno sviluppo che porterà nuova occupazione e chi oggi lavora nell'area a caldo potrà essere garantito alla fine dei due anni di riconversione previsti dal piano industriale. Perdiamo alcuni posti in un'area fortemente inquinata ma il porto lavora e permette di trovare nuove soluzioni». Patuanelli si è concentrato poi in particolare sul ruolo dello scalo: «I dati sono molto positivi, ma la vera sfida non si misura sul traffico merci ma sul fatto che deve essere certificata la possibilità di trasformare le merci in regime extradoganale. La scorsa settimana ho incontrato il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta assieme al presidente Zeno D'Agostino e sulla creazione del regime extradoganale ho trovato una disponibilità del Mef più ampia di mesi fa. Se il Mef ha bisogno di una norma primaria per farlo, la faremo e così potremo finalmente insediare attività produttive in regime di porto franco». Il ministro non ha esitato a dichiarare che, rispetto a Trieste, l'extradoganalità sarà la cartina di tornasole del proprio mandato.

D.D.A.

 

 

Si apre il sipario sul dossier che racconta gli spazi abbandonati - presentazione al Miela

Trieste è il centro di una vasta area tra Mediterraneo ed Europa centrale: in questa fase la città decide il suo avvenire. E' lo spunto di partenza sul quale s'è tenuto l'incontro pubblico, al Teatro Miela, promosso dalla rete "Un'altra città". In particolare, il confronto si è acceso su un meticoloso rapporto, che ha avuto il merito d'identificare 90 "buchi neri" in città. Parliamo di edifici abbandonati da anni, aree in disuso, siti mai conclusi, su cui ancora non c'è un'idea di riconversione urbana. «Sono rimasto stupito dal lavoro fatto - ha affermato Giovanni Fraziano, docente nell'Università di Trieste - il dossier è in grado di pianificare il futuro apportando un valore nuovo. E' giusto osservare la città in una dimensione globale». Per i prossimi 30 anni il disegno di Porto Vecchio sarà tanto fondamentale quanto il legame, il nesso, il rapporto con il resto della città: perchè non ci si può permettere di rimanere fermi ad una vecchia distinzione tra centro e periferia. «Lo sviluppo di Trieste - ha esordito l'ex dirigente pubblico William Starc - va stabilito con un 'masterplan' che non escluda a priori i processi di partecipazione. Non dimentichiamo che Trieste ha perso 1000 abitanti l'anno scorso, si sono ridotte le case in affitto per le fasce deboli e c'è poca mobilità sociale». Nel futuro non può esistere solo il progetto di una città dedita al turismo: se l'area a caldo della Ferriera rappresenta il passato, non si potrà fare a meno di un'industria manifatturiera. «La nostra indagine su 850.000 metri quadri di tessuto cittadino - ha dichiarato l'architetto Roberto Dambrosi -, tanto quanto è lo spazio occupato da luoghi abbandonati, è un quaderno aperto. E' importante che se ne discuta in modo da avere un piano strategico, comprendendo che nel Dna della città c'è la scienza». Ciò che gli organizzatori chiedono è un recupero magari lento, ma graduale: da Porto Vecchio deve partire lo sviluppo futuro per tutta la città. 

Lorenzo Mansutti

 

SEGNALAZIONI - I buchi neri - L'istituto abbandonato di via del Lazzaretto

Ho letto con piacere e interesse lo studio del gruppo di lavoro dell'architetto Roby Dambrosi e senza dubbio molti sono i palazzi da ristrutturare a Trieste ma desidero cominciare da uno solo in particolare. Si trova sulle Rive, in via Lazzaretto Vecchio cara anche al poeta Umberto Saba, da anni svuotato e in stato di abbandono totale, con lavori non fatti che una volta era la sede di un Istituto Tecnico, Professionale per Odontotecnici Lipsia, a Trieste per i triestini che volevano avere tale cultura e quella volta studenti poi nella vita professionale hanno curato migliaia di concittadini, ed ora sono in pensione. Mi meraviglia il fatto che il palazzo comunale adibito negli anni 60 a tale scopo, oggi sia ancora in uno stato di abbandono nella nostra città che vuole crescere con la cultura ed il turismo. Attualmente la Scuola professionale fa parte del Galvani che si trova in tutt'altra parte della città, ma forse l'Università che già nella vicinanza ha diversi istituti potrà intervenire adeguatamente. Forse un primo passo cominciando da un solo palazzo si potrà dimostrare la volontà di fare, bella e accogliente la città- porto Trieste sul mare.

Giovanni Franzil

 

Il declino e degrado della vecchia Caravella della baia di Sistiana - La lettera del giorno di Rubina Menin

Dopo anni di assenza, sono ritornata nella splendida baia di Sistiana, lato Caravella, per ritrovare l'incanto del luogo che un tempo mi era familiare. Lo stato di abbandono e lo squallore che ho trovato mi hanno disorientata ed avvilita. La vecchia Caravella, un tempo ristorante e sala da ballo con pista affacciata sul mare sul mare, apparteneva all'Amministrazione dei beni del principe Raimondo della Torre e Tasso ed era un'elegante costruzione opera dell'architetto A.R.Meng , ora è semidistrutta e nascosta da fatiscenti manufatti in legno. L'area è attualmente chiusa al pubblico - salvo quella parte da anni destinata allo sport nautico - ed immagino verrà riaperta alla balneazione durante la stagione estiva. L'Albergo Vecchio e le adiacenti strutture ricettive stanno ormai sgretolandosi perdendo per sempre le loro pregevoli architetture interne ed esterne. E' possibile, inoltre, che questo patrimonio non sia tutelato? Mentre la proprietà può legittimamente fare l'uso che crede più opportuno della baia, mi chiedo perché il Comune di Duino Aurisina non intervenga per trovare le opportune soluzioni - possibilmente senza eccessive contrapposizioni tra pubblico e privato - per restituire dignità a questo luogo speciale che, assieme al porticciolo di Duino potrebbe dare impulso al turismo di qualità a vantaggio di tutto il territorio comunale ed alla sua collettività. Non so se i residenti di Sistiana e Duino si siano fatti portatori di istanze di riqualificazione presso l'Amministrazione pubblica, ma, in caso contrario, questo immobilismo mi meraviglierebbe molto. Per loro fortuna il Castello di Duino, con la sua imponente mole perfettamente conservata e con le numerose iniziative culturali realizzate al suo interno esercita quell'attrattiva turistica che va ben oltre i confini nazionali.

 

 

Siti inquinati da bonificare - Ok al Piano da 62 milioni

La giunta approva l'elenco di 159 aree: dalle Noghere all'ex Sin Laguna di Marano Da Roma però solo il 10% dei fondi. Scoccimarro: «Troveremo ulteriori risorse»

TRIESTE. Un elenco di 159 siti inquinati, di interesse nazionale e regionale. Sono in ordine di priorità, con tanto di punteggio, a partire dai 70,9 dell'ex Sin Laguna di Marano. Dopo il via libera del Cal, la giunta regionale, su proposta dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, dà l'ok definitivo al Piano regionale di bonifica dei siti contaminati (comprensivo del Rapporto ambientale e della Sintesi non tecnica), documento che riguarda 5 mila ettari di terreni, per un valore stimato degli interventi pari a circa 62 milioni di euro, a fronte dei quali il Fondo statale riserverà al Friuli Venezia Giulia 6 milioni. Concretamente, si tratta della mappa delle aree che necessitano di un risanamento ambientale. L'ordine di priorità serve a individuare gli interventi più urgenti. Oltre all'ex Sin Laguna con punteggi alti ci sono anche, tra gli altri, l'Ezit di Valle delle Noghere, l'ex Opp di San Giovanni, l'ex Raffineria Aquila, la zona della piattaforma logistica compresa tra lo Scalo legnami e la Ferriera nel territorio triestino, e poi la Caffaro di Torviscosa, il comprensorio minerario di Cave del Predil. Servola compare al diciottesimo posto con un indice di 57,7, mentre in provincia di Gorizia si segnalano in località Cavana a Monfalcone sospetto olio combustibile e pneumatici abbandonati, le ceneri pesanti provenienti dalla centrale termica cantierina, la storica contaminazione nell'ex manifattura Tabacchi a Straccis, il mercurio nell'ex cava Postir a Sagrado. La maggior parte dei siti è localizzata in territori pianeggianti in corrispondenza di zone ad elevata vocazione industriale. La contaminazione è solitamente legata a più tipi di inquinanti, fra i quali anche composti cancerogeni, ma sono pure presenti alcuni casi di inquinamento diffuso e di inquinamento di area vasta per i quali le autorità competenti stanno valutando quali azioni specifiche intraprendere. «Grazie a questo strumento - osserva Scoccimarro sull'importanza del Piano - siamo in grado di privilegiare in modo prioritario l'impiego di materiali provenienti da attività di recupero, la stima degli oneri finanziari e le modalità di smaltimento dei materiali da asportare. Vengono inoltre stabiliti gli obiettivi e le azioni specifiche per affrontare problematiche peculiari del nostro territorio». Ricordato che, in assenza di soggetti responsabili della contaminazione individuabili, le procedure sono realizzate d'ufficio dal Comune competente e dalla Regione, c'è poi il tema delle risorse. Il Fondo statale è di 250 milioni di euro, ma in Fvg non arriverà più del 10% di quanto servirebbe. «L'amministrazione Fvg - dice ancora l'assessore - si impegnerà a reperire ulteriori fondi per affrontare soprattutto gli interventi prioritari, che questo piano individua in una settantina di procedimenti». Scoccimarro, ieri in giunta, ha visto approvato anche il nuovo regolamento per la concessione dei contributi per l'allacciamento alla rete fognaria pubblica, conseguenza dell'assestamento estivo 2019 che ha previsto la redazione della graduatoria delle domande in ordine cronologico di trasmissione anziché a punteggio e ha istituito un nuovo capitolo di spesa. Con le nuove disposizioni potranno accedere ai contributi (tetto a 3.500 euro), oltre ai richiedenti con dichiarazione Isee inferiore o uguale a 29 mila euro, anche coloro che hanno Isee superiori.

Marco Ballico

 

 

In arrivo treni e autobus nuovi a basso impatto ambientale

Due convenzioni con il ministero per l'acquisto dei mezzi, dal valore totale di 16 milioni: nel trasporto su gomma operatività entro fine 2021

TRIESTE. C'è anche il contributo dello Stato e la Regione investe su treni e autobus a bassa emissione. Su proposta dell'assessore alle Infrastrutture e Territorio Graziano Pizzimenti, la giunta approva lo schema di due convenzioni con il ministero dei Trasporti che consentiranno di acquisire nuovi mezzi per un valore complessivo che supera i 16 milioni di euro. Il piano prevede l'acquisto di cinque autobus interurbani per un valore di 2 milioni e 270 mila euro, di cui un milione e 360 mila cofinanziato dallo Stato. I veicoli, della lunghezza di 12 metri e sviluppati su due piani, entreranno in servizio entro la fine del 2021 e saranno gestiti dalla Tpl-Fvg, il gestore unico del Tpl regionale. Su strada ferrata, l'intervento consiste invece in due treni a trazione diesel-elettrica del valore di oltre 14 milioni (5,4 milioni di provenienza statale) che, gestiti da Trenitalia entro la fine del 2022, permetteranno di attivare l'alimentazione elettrica e migliorare la sostenibilità ambientale anche nelle linee al momento non elettrificate come la Sacile-Gemona e la Casarsa-Portogruaro. La giunta, su proposta dell'assessore alle Autonomie locali Pierpaolo Roberti, ha poi deciso con una generalità che la Direzione centrale competente avvii i contatti con le altre strutture dell'amministrazione per acquisire le indicazioni inerenti le funzioni conferibili alle Comunità di montagna, enti di nuova istituzione previsti nella legge regionale 21 del 2019 e che saranno operativi a partire dal 1° gennaio del 2021. L'operazione andrà completata entro il prossimo 16 giugno. L'effettivo conferimento delle mansioni alle Comunità di montagna verrà disciplinato con successive leggi regionali di settore. Tra le delibere di Riccardo Riccardi, vicegovernatore con delega alla Protezione civile, c'è ancora l'autorizzazione a interventi per 432 mila euro per la messa in sicurezza e il ripristino di beni - edifici di pregio architettonico e culturale e patrimonio boschivo - colpiti dalla tempesta Vaia di fine 2018, fondi frutto anche delle donazioni liberali che sono state accreditate sul Fondo regionale per la Pc. Nel dettaglio, 210.000 euro permetteranno di mettere in sicurezza e restaurare la pieve di San Floriano di Illegio a Tolmezzo (95.000 euro), la chiesa di San Martino Martire di Luincis a Ovaro (25.000 euro) e la chiesa di Santa Maria del Mare a Lignano Sabbiadoro (90.000 euro). Le restanti risorse saranno impiegate per interventi di ripristino, valorizzazione ambientale e rimboschimento delle porzioni boscate più danneggiate: si tratta delle aree di Claut (90.000 euro), Paularo (40.000 euro), Sappada (50.000 euro) e Sauris (41.945,33 euro).

M.B.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 febbraio 2020

 

 

Impatto ambientale: valutazione imposta a Krsko dal Tar sloveno - vittoria delle ONG

LUBIANA. Una piccola vittoria, ma non di Pirro. Che suggerisce che la decisione di allungare la "vita" di una centrale nucleare sia stata forse presa un po' troppo frettolosamente. Vittoria che è stata conseguita dal Tribunale amministrativo sloveno da un gruppo di organizzazioni non governative di Lubiana, Focus, Umanotera e il Legal Information Center for NGOs (Pic). Le Ong contestavano una decisione dell'Agenzia slovena per l'ambiente (Arso), che aveva stabilito che una «valutazione di impatto ambientale» non sarebbe stata necessaria al momento di dare luce verde, nel 2015, «all'estensione» dell'operatività della centrale di Krsko «per altri vent'anni», dal 2023 al 2043, ha informato l'agenzia di stampa slovena Sta. Il tribunale sloveno, hanno spiegato in una nota le tre Ong, ha basato il suo giudizio su una precedente decisione della Corte di giustizia Ue, la C-411/17, che l'anno scorso aveva sancito la necessità di una valutazione di impatto ambientale (Via) nel caso del prolungamento del ciclo produttivo di una centrale nucleare belga, quella di Doel. In casi del genere - vedi Krsko - «il progetto deve essere considerato di scala simile, in termini di rischi di impatto ambientale, alla commissione iniziale» di un impianto, aveva deciso la Corte Ue.E quindi una Via sarebbe obbligatoria. Cosa cambia, ora? Non si tratta di una decisione «radicale», ma qualcosa si muove, spiega Senka Sifkovic Vrbica, del Pic. La palla passa di nuovo all'agenzia Arso, competente per la Via, che chiederà nuova documentazione al management di Krsko sui miglioramenti fatti alla centrale e su quelli programmati per poi «decidere di nuovo» sui passi da prendere. L'obiettivo delle Ong è quello di ottenere «una Via» sul prolungamento della vita di Krsko, un passo che sarebbe assai importante anche per altre ragioni. L'analisi, suggerisce Sifkovic Vrbica, potrebbe coinvolgere anche i Paesi vicini, tra cui l'Austria. Sempre molto critica e in prima fila contro la centrale di Krsko.

St. G.

 

 

Porto vecchio - Tre interventi in programma nell'area

Per le due poste più corpose rispettivamente 37 e 25. Cantiere principe quello della galleria Montebello

Porto vecchio merita una trattazione a parte. Elisa Lodi censisce tre interventi localizzati, a vario titolo, in quest'area. Ci sono 4,3 milioni che riguardano il terrapieno di Barcola, dove intenzione del Comune, una volta concluse le operazioni di bonifica, è realizzare una zona ricreativo-sportiva. L'ulteriore lotto di lavori infrastrutturali a servizio del Polo museale-espositivo (Centro congressi, centrale idrodinamica, Magazzino 26) disporrà di 2,7 milioni. Il Magazzino 26, che conterrà un po' di tutto (Museo del mare, masserizie istro-dalmate, forse il Museo di storia naturale), iscrive nelle proprie spettanze 1 milione 130 mila euro. Negli asset culturali attenzione anche alla Risiera (700 mila euro) e a via Cumano (400 mila euro). L'assessore è soddisfatta di questo rush finale del Dipiazza 3° «perché in questi anni non ci siamo limitati alla manutenzione ma abbiamo avviato lavori nuovi, con una forte caratterizzazione sociale, lavori che potessero coinvolgere ampie fasce di popolazione, per questo abbiamo puntato su strade, scuole, sport». Un altro aspetto, sottolineato dalla Lodi, concerne il decollo dei project financing pubblico-privati, in passato guardati con diffidenza: «Ferrini, Samer, Tcc, mercato coperto di via Carducci dimostrano la praticabilità di questo strumento. Speriamo che anche da casa Francol arrivino risposte positive».

Magr

 

 

A scuole e strade oltre 60 milioni dal Piano delle opere del Comune

Sulla parte più alta del podio salgono le scuole che assorbiranno 37 milioni di euro. Al secondo posto si classificano le strade, sulle quali saranno investiti 25 milioni. Poi, decisamente più staccati, gli impianti sportivi avranno 8,5 milioni; ai beni culturali andranno 7 milioni; rinverdire il verde significa impiegarne 6. Tra le voci più consistenti i 3,5 milioni destinati al tram di Opicina. L'Oscar della spesa più alta single, comunque, va alla galleria Montebello-Foraggi, alla quale solo nel 2020 vengono consegnati 9,8 milioni. Il programma - Il Piano triennale delle opere, che costituisce una delle più sostanziose pietanze del bilancio 2020 comunale, sarà presentato oggi alle 14.30 in Salotto azzurro alla presenza del sindaco Roberto Dipiazza, del vice Paolo Polidori, dell'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, dei capigruppo di maggioranza. In preparazione dell'appuntamento, Elisa Lodi scalda i motori, anticipando nel suo ufficio al quarto piano di largo Granatieri le principali direttrici di spesa scelte dall'amministrazione. Il triennale 2020-22 assomma 192,6 milioni di lavori, comprendendo quelli che verranno effettivamente realizzati e quelli che fanno parte del consueto libro dei sogni: l'annuale 2020, che non va dimenticato è l'ultimo esercizio "pieno" del Dipiazza 3° prima delle elezioni 2021, rappresenta oltre la metà del programma con 104, 7 milioni. Gli interventi - In coerenza ai riparti di spesa sopracitati, l'avvocato Lodi, esponente di Fratelli d'Italia, individua alcuni degli interventi di maggiore rilievo. Nel settore dell'educazione si proseguirà il grande lavoro riqualificativo edile-impiantistico-ambientale impostato sulla Fonda Savio, sulla Dante, sulla Caprin, sul Nordio, sul Nautico, sul compendio di via Manzoni. Tra le novità da avviare, l'asilo-nido nell'ex caserma Chiarle a San Giovanni, a cui è assegnato un finanziamento da 3,3 milioni e che sconta ritardi nella demolizione. Le strade - Sul tema viario già si è accennato al cantiere "principe" che interesserà la galleria tra piazza Foraggi e via Salata: Elisa Lodi confida che la gara per l'affidamento dell'opera si svolga tra marzo e aprile, così da consentire l'avvio dei lavori nella tarda estate. Lavori destinati a protrarsi per 18 mesi fino alla primavera 2022. Galleria a parte, si continueranno a costruire rotatorie, le più importanti saranno su via Brigata Casale e in via Fianona-via dell'Istria, vicino al cimitero di Sant'Anna. Gli impianti sportivi - L'impiantistica sportiva accenderà i suoi "focus" sui project financing del "Giorgio Ferrini" a Ponziana e della "cittadella Samer" in via Locchi. Il "fiat lux" dell'illuminazione allo stadio Grezar costerà 800 mila euro, il campo del Vesna altri 700 mila. Importante risulta l'intervento del credito sportivo con 4 milioni di mutui. 

Massimo Greco

 

 

I "buchi neri" di Trieste - Oggi l'incontro pubblico al Miela

La Trieste dei "buchi neri": luoghi incompiuti della città che segnano il gap fra pianificazione urbanistica e realizzabilità. Il tema sarà al centro del nuovo incontro pubblico promosso dalla Rete civica Un'altra città oggi alle 18 al Miela. I 90 "buchi neri" sono stati mappati dalla nuova pubblicazione curata dall'architetto Roberto Dambrosi. Oggi si parlerà anche del Porto vecchio. L'incontro, presentato da Marcela Serli, sarà introdotto da William Starc che aggiornerà sullo stato di avanzamento dei lavori. Il dossier sui "buchi neri" sarà illustrato da Dambrosi con Anna Laura Govoni e un contributo di Giovanni Fraziano. Subito dopo si aprirà, con Riccardo Laterza e Gaia Novati, il resoconto sui tavoli di lavoro.

 

Una città universitaria per risanare i 90 "buchi neri" di Trieste - la lettera del giorno di Gianfranco Carbone

L'architetto Roberto Dambrosi ha curato una interessantissima ricerca sui "buchi neri" di Trieste che sono i palazzi e le aree della città abbandonate e non utilizzate. I numeri che emergono dal suo lavoro fanno riflettere: si tratta di una superficie più ampia del Porto vecchio quindi, nei prossimi anni la città dovrà pensare come riutilizzare più di 130 ettari, migliaia di metri cubi di edifici, alcuni di gran pregio architettonico, e aree definite "strategiche" per lo sviluppo.Lo studio verrà presentato dal movimento "Un'altra città" che propone, sostanzialmente, una riqualificazione pubblica. Sul "come" è tutto da capire perché le risorse disponibili sono notoriamente scarse. Perciò mi sfugge la proposta politica al di là dello slogan. Se tante aree e tanti edifici sono caduti in stato di abbandono c'è una causa anche demografica. Dal 1991 c'è stato un crollo verticale degli abitanti: si è passati dai 230mila del 1991 ai 200mila dei giorni nostri. Di questi il 10% del totale sono stranieri e un triestino su tre ha più di 65 anni. La prospettiva nei prossimi decenni è ancora più preoccupante. I "buchi neri" sono spazi abbandonati non per responsabilità delle amministrazioni che si sono succedute negli ultimi anni ma a causa della progressiva diminuzione della domanda d'uso e dell'assenza di modelli di sviluppo capaci di invertire i processi in atto. Per "riempirli" di nuovo" bisognerebbe prima pensare "al che fare". Basterebbe copiare dalle città piccole e medie che in Europa hanno dovuto affrontare, anche se in termini demografici meno vistosi dei nostri, lo stesso problema. Le soluzioni sono state sostanzialmente tre: città universitaria che è cosa diversa da una città con una università, implementazione dei servizi finanziari (la più complicata per il progressivo accentramento a Milano di molte funzioni storicamente presenti a Trieste) e infine sviluppo di attività innovative richiamando attrattori di peso internazionale con il contemporaneo sostegno a start up. Quando mi occupavo di queste cose immaginavo una Trieste universitaria dedicata alla formazione di giovani talenti stranieri e, dopo la realizzazione dell'Area di ricerca e del Sincrotrone, ad un sistema di sostegno delle imprese nel campo dell'innovazione tecnologica. Forse bisognerebbe ripartire da queste o, ben venga, da altre magari "più moderne" per evitare che il buco nero si allarghi invece che restringersi senza sperare che sia una mano pubblica impoverita a trovare le soluzioni possibili.

 

 

Appello dei biologi ai club subacquei «Salviamo insieme la Pinna nobilis» - Campagna dell'Area protetta di Miramare

S.os., salviamo insieme la Pinna nobilis. I dati dei monitoraggi condotti nelle ultime settimane sono sempre più sconfortanti: dalla laguna di Grado e Marano a Muggia la percentuale di individui morti è in graduale aumento e il rischio che la Pinna nobilis scompaia dal Golfo di Trieste si fa sempre più concreto. Se volessimo fare una battuta, potremmo dire che stiamo per "rimetterci le pinne". Ma non è affatto uno scherzo: nei nostri fondali questa specie ha raggiunto una tale densità da rappresentare una sorta di barriera naturale capace, al pari di quella corallina, di offrire rifugio a tantissime specie. La sua scomparsa sarebbe un duro colpo per la biodiversità complessiva del nostro mare.«Ed è per questo - dicono i responsabili dell'Area marina protetta di Miramare - che noi vorremmo davvero "rimettere" le pinne nel nostro Golfo». Come? «Setacciando i fondali alla ricerca degli individui che hanno sviluppato una resistenza genetica al parassita killer che le sta decimando in tutto il Mediterraneo», rispondono alla Riserva: «Con l'aiuto della task-force scientifica che ci sta seguendo in queste azioni di studio e monitoraggio, gli individui sani potrebbero ricolonizzare il Golfo grazie all'utilizzo di tecniche di ripopolamento sui fondali o utilizzando appositi stabulari».Monitorare l'intero Golfo di Trieste alla ricerca dei sopravvissuti però non è tuttavia pensabile per il solo staff di ricercatori dell'Area marina: «Ecco perché la nostra campagna #cirimettiamolepinne parte subito con una call to action rivolta a chi il mare lo frequenta abitualmente, anche in questa stagione, e lo conosce palmo a palmo: i club subacquei». Saranno loro dunque i protagonisti della campagna di citizen science #sub4fan - da "fan mussel", pinna nobile in inglese - che sarà coordinata dall'Amp Miramare attraverso l'individuazione dei diversi transetti su cui operare, la formazione iniziale dei club per la metodologia di censimento da adottare e la gestione finale dei dati raccolti». Le segnalazioni potranno essere raccolte anche tramite la nuova app messa a disposizione dall'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale: l'avvistAPP. Ma la campagna #sub4fan avrà anche un risvolto "ricreativo": i migliori scatti subacquei della Pinna nobilis saranno i protagonisti di una mostra fotografica sulla biodiversità del Golfo di Trieste esposta al congresso della Società Italiana di Biologia Marina, a Trieste dall'8 al 12 giugno. Info 040 224147 info@riservamarinamiramare.it

 

 

Salvare l'Astronave Terra dalle sue cattive abitudini

Serve un impegno collettivo per arginare i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale Dall'adozione dei pannelli solari alle pale eoliche, dall'uso della plastica al trasporto su gomma

Il tema vincitore - Martina Stefani* I cambiamenti climatici ed il riscaldamento globale sono molto preoccupanti in quanto eccessivamente rapidi negli ultimi cento anni. Le conseguenze delle emissioni di gas serra come CO2 e Ch4 nell'atmosfera sono l'innalzamento delle temperature, che nel 2100, secondo la peggiore delle ipotesi, potrebbero aumentare ulteriormente di 4 o 5 °C, insieme allo scioglimento dei ghiacci, l'innalzamento del livello del mare e l'aumento di eventi climatici estremi. L'intero pianeta, in caso di un completo disinteresse verso la questione climatica, in un centinaio di anni non sarebbe più come lo vediamo e conosciamo oggi: molte città che si trovano sulla costa verrebbero sommerse e in altre zone la vita sarebbe resa impossibile, o comunque molto dure, a causa dei lunghi periodi di siccità, alternati a forti alluvioni. Di conseguenza le persone sarebbero costrette a emigrare per spostarsi in luoghi dal clima più favorevole, ottenendo così una concentrazione della popolazione mondiale in determinate zone, dove la densità di popolazione crescerebbe in maniera molto evidente. Oltre alle città e al modo di viverle, dovrebbe cambiare anche la nostra alimentazione, perché non sarebbe più possibile coltivare le stesse piantagioni in territori aridi e allo stesso tempo soggetti ad allagamenti. I problemi non riguarderebbero quindi esclusivamente l'ecosistema, inteso come flora, fauna e ambiente in cui vivono, ma anche l'uomo nella sua organizzazione sociale e nelle sue attività. I problemi sono numerosi, ma si possono risolvere. Ci vuole impegno. Impegno e collaborazione da parte di tutti coloro che si trovano sulla mia "Astronave Terra!".Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica e metano, investendo il più possibile sull'energia pulita; ogni casa dovrà essere dotata di pannelli solari e, nelle zone in cui il vento è costante ma non eccessivamente forte, costruiremo delle centrali con pale eoliche. Inoltre, per aumentare le zone verdi e di conseguenza il ricambio di ossigeno, si pianterà un albero per ogni nuovo nato e gli si darà il suo nome, in modo da sensibilizzare i cittadini riguardo alle tematiche ambientali. É importante, infatti, che tutti siano parte del cambiamento che dobbiamo mettere in atto per non danneggiare ulteriormente il pianeta e le nostre stesse vite. A partire dalle scuole dell'infanzia ed elementari, bisogna insegnare ai bambini a riciclare, separando i rifiuti nei contenitori adatti per ridurre al massimo l'attività degli inceneritori, e riutilizzare i materiali dando loro nuova vita in altre forme. Promuoverò eventi e piccoli festival, a volte anche accompagnati da conferenze di esperti in materia, in cui si venga a contatto con i prodotti alimentari a chilometro zero ed i loro produttori, in modo da incentivare il mercato locale e ridurre le emissioni dovute in particolare al trasporto su gomma. Per lo stesso motivo proporrei una riduzione del presso di biglietti e abbonamenti dei treni e stabilirei, in varie zone della città e della periferia, punti attrezzati in cui poter noleggiare biciclette o pattini e effettuare piccoli interventi di manutenzione in caso si viaggiasse con i propri mezzi. Per ridurre ulteriormente gli sprechi, impiegherò i motori elettrici su tutti i mezzi pubblici e aumenterò il numero di postazioni in cui poter caricare la batteria di automobili e motorini elettrici. Eliminerò, in tutti i casi possibili, l'utilizzo di plastiche, sostituendole con bambù, carta ed altri materiali più sostenibili. Vi sono molti campi in cui intervenire ma, sicuramente, è fondamentale un'educazione all'utilizzo consapevole dei materiali e delle risorse e al rispetto dell'"Astronave Terra" in quanto unica disponibile. Esattamente: non ne ho altre a disposizione. Passo e chiudo.

Martina Stefani - Quinta C Liceo Carducci-Dante

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 febbraio 2020

 

 

Pulizia strade - Ancora usati i soffiatori

Qualche tempo fa, alla segnalazione di un cittadino che si lamentava dell'uso dei soffiatori per la pulizia stradale in quando sollevano pericolose polveri, almeno l'AcegasApsAmga dette una riposta da cui sembrava che questa pratica fosse stata adottata almeno dall'azienda in via eccezionale per la pulizia delle foglie dei binari del tram di Opicina. E che comunque si sarebbe provveduto a sostituire i soffiatori in uso con soffiatori elettrici più silenziosi. Saranno passati circa due mesi, ma continuo a vedere che vengono abitualmente usati i soffiatori per la pulizia stradale anche dove non ci sono binari di tram. Li ho ripetutamente incontrati all'inizio di viale XX Settembre verso le 7.20, in corso Saba e piazza Goldoni verso le 5.20-5.30, in via Giulia a lato del giardino Pubblico e, in via Gatteri tra via Rossetti e via Strehler verso le 7.50.Anche se i soffiatori usati sono elettrici, più silenziosi di quelli usati tempo fa e non emettono gas di scarico, resta comunque il fatto principale che sollevano la polvere della strada tant'è vero che l'operatore è sempre munito di mascherina, come in genere non lo sono le malcapitate persone che si trovano nella zona. Vorrei sapere chi ne ha autorizzato l'uso e se prima di concedere tale autorizzazione sono state fatte delle misure oggettive sulla quantità e qualità delle polveri sottili sollevate e ne è stato valutato l'impatto sull'ambiente cittadino e sulla salute pubblica.

Diego Logar

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 febbraio 2020

 

 

AMBIENTE - Parenzo in prima linea in Adriatico per la lotta contro i gas serra

Emissioni abbattute già del 4%. A breve saranno sette le colonnine per la ricarica delle automobili elettriche. Uso di pannelli fotovoltaici

La città di San Mauro, Parenzo, è all'avanguardia nella tutela e rispetto dell'ambiente tanto da meritarsi anche un riconoscimento internazionale oltre a quello nazionale di località smart negli anni 2017 e 2018. Anche Greenpeace ha confermato come Parenzo sia la realtà adriatica che più si adopera contro le emissioni di inquinanti. Conferma che arriva a coronamento della trentina di progetti avviati dal 2013 a questa parte dall'amministrazione municipale intesi ad alleviare sul territorio gli effetti di tutta una serie di cambiamenti soprattutto climatici. In primo luogo le piogge sempre meno frequenti e i lunghi periodi di siccità, le manifestazioni temporalesche estreme, le estati calde e secche e gli inverni sempre più umidi. E i settori più colpiti sono il turismo considerato il pilastro economico del territorio, le forniture idriche, l'ecosistema e la gestione della fascia costiera. Ebbene i progetti citati hanno riguardato in primo luogo l'efficienza energetica, lo sviluppo sostenibile e la mobilità ecologica finalizzata in primo luogo alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra che in questo periodo sono calate del 4% come dimostrato dalle misurazioni. Un dato forse non troppo marcato, ma sicuramente incoraggiante verso l'obiettivo futuro più vicino che è l'abbassamento di ben il 40% entro il 2030. Da non dimenticare che Parenzo è stata la prima città istriana ad introdurre le colonnine di ricarica pubblica per le automobili a trazione elettrica. Oggi sul territorio ce ne son 7, numero destinato ad aumentare in proporzione alla crescita di veicoli elettrici sulle strade. E poi vanno citati i continui investimenti nella riqualifica energetica degli edifici pubblici che significa non solo l'isolamento termico delle facciate e dei tetti ma anche la collocazione di pannelli fotovoltaici in grado di far fronte al fabbisogno totale o parziale di energia elettrica. A proposito di mobilità green, il 22% del parco macchine municipale è ora a trazione elettrica e ad esso sarà aggiunto un altro veicolo ecologico per il servizio d'ordine comunale e tra non molto entrerà in servizio un minibus elettrico per il trasporto pubblico, il primo del genere nel paese.

P.R.

 

 

Ruote, bidoni e ferraglia Maxi bonifica di rifiuti in una dolina di Opicina - Le pulizie di SOS Carso, Masci e "I Girasoli"

 Il bottino è di quelli "ricchi". Basti pensare che sono stati riempiti qualcosa come 43 sacchi neri di rifiuti vari. Ai quali, peraltro, si aggiunge la bellezza di sette pneumatici, sei bidoni in ferro, due doghe letto sempre in ferro, una lavatrice, un motore e una batteria d'automobile, una bombola, moltissima ferraglia varia, plastiche, gommapiuma e bottiglie di vetro. È stata un'uscita ecologica decisamente proficua per i volontari di Sos Carso, riunitisi per una "vasta" pulizia in zona Opicina campagna. Altrettanto proficua è stata, in tale contesto, la collaborazione con gli scout della comunità di Trieste del gruppo Masci (Movimento adulti scout cattolici italiani) e con i ragazzi del centro diurno di Repen appartenente alla cooperativa sociale "I Girasoli". «Dopo aver visionato nei mesi scorsi un terreno pieno di vecchi rifiuti, siamo così passati all'azione ripulendo quasi completamente questa dolina nei pressi di Opicina campagna», racconta il portavoce di Sos Carso Cristian Bencich. Complice anche la bella giornata, la partecipazione all'evento è stata piuttosto alta, con oltre una trentina di partecipanti. Il gruppo più numeroso era composto dagli scout del Masci, ai quali si sono affiancati appunto i membri della cooperativa capitanati da Giuliano Grizancic. «Grazie di cuore a tutti i partecipanti che non si sono certo risparmiati, lavorando e sudando parecchio per riuscire a ripulire una delle tante aree inquinate del nostro amato Carso», così il cofondatore di Sos Carso Furio Alessi. Un lavoro coi fiocchi, insomma, in favore dell'altipiano triestino. L'ennesimo. «Abbiamo l'imbarazzo della scelta su dove poter operare - conclude Bencich - tanto è vero che proprio durante quest'ultima uscita abbiamo scoperto un'altra dolina, a pochi centinaia di metri da quella ripulita, piena zeppa di rifiuti ingombranti abbandonati decine di anni fa. Molto probabilmente sarà il luogo del nostro prossimo intervento».

Ri.To.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 18 febbraio 2020

 

 

Campo Marzio-Porto vecchio in bici con 300 mila euro

Il sostegno arriva dal ministero dell'Ambiente e riguarda anche il bike sharing - Al centro progetti di mobilità sostenibile casa-scuola-lavoro

Nuovi parcheggi intermodali dotati di totem informativi, ulteriori stazioni del bike sharing e una ciclabile vera che dal Porto Vecchio arriva fino a Campo Marzio. Il Comune riceverà a breve un finanziamento di 300 mila euro da parte del ministero dell'Ambiente, che servirà a supportare i progetti di mobilità sostenibile riguardanti gli spostamenti dei cittadini casa/scuola/lavoro. Si tratta di uno stanziamento che viene spalmato su 81 amministrazioni rispetto alle 114 domande pervenute, per un totale di 164 milioni di euro. Il bando in realtà risale al 10 gennaio del 2017 e all'epoca prevedeva risorse per 35 milioni di euro, poi ampliate dall'attuale ministro Sergio Costa. «Promuovendo e finanziando pratiche come l'uso della bicicletta, il bike sharing, il car pooling, la mobilità elettrica collettiva, l'introduzione di mobility manager nelle amministrazioni pubbliche e nelle aziende - spiega Costa - si punta a qualificare ambientalmente la cultura della mobilità, a migliorare la qualità della vita e dell'aria nelle città e a ridurre le emissioni di gas serra responsabili dei cambiamenti climatici». Le risorse serviranno quindi per la realizzazione di percorsi ciclabili e pedonali, servizi di mobilità condivisa per le macchine, le biciclette e gli scooter, la creazione di sistemi modali dove ad esempio poter lasciare l'automobile e prendere un mezzo a due ruote, sistemi informativi e colonnine per la ricarica della auto elettriche.«Sono interventi che stiamo già realizzando - spiega l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli - e che saranno in una seconda fase concentrati sul lungomare da Miramare a Campo Marzio. A livello politico ho deciso di partecipare sempre a tutti i bandi sia statali che europei, in quanto consentono di ottenere risorse utili a portare a termine progetti importanti». I prossimi finanziamenti, che potrebbero arrivare, serviranno a ridurre il costo per le casse del Comune delle nuove piazzole del bike sharing che saranno collocate a Miramare, al nuovo park di Esof, in largo Roiano, alla base del Molo IV dove verranno creati ulteriori posti auto che sostituiranno quelli sulle Rive e in largo Irneri. In alcune aree, soprattutto quelle dei parcheggi, verranno anche installati dei totem informativi dove i turisti potranno ricevere indicazioni sulle strade da percorrere, gli itinerari dedicati o il calendario degli eventi. «Sono progetti sui quali abbiamo puntato - precisa Luisa Polli - per rendere la città più vivibile da un punto di vista turistico e pedonale. Le risorse pubbliche serviranno per supportarli economicamente». -

Andrea Pierini

 

 

Ferriera di Servola - L'avvio della "cassa" slitta al primo aprile

Il rinvio, dal previsto 24 febbraio, imposto da tempi tecnici Prorogati di un ulteriore mese i contratti dei 67 interinali

Viene posticipato al primo aprile l'avvio della cassa integrazione per 477 lavoratori della Ferriera di Servola, inizialmente previsto per il 24 febbraio. L'ha sancito la riunione avvenuta ieri fra sindacati e azienda, sotto l'egida della Regione. In teoria era la giornata in cui si sarebbe dovuto firmare l'accordo per la Cigs, ma la sottoscrizione è stata rimandata al 28 febbraio. È stata inoltre concordata una proroga di un altro mese per i contratti dei 67 lavoratori interinali. L'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen è tra i registi del procedimento. Spiega: «La firma è stata rinviata al 28 febbraio perché lo impongono i tempi tecnici necessari a far partire la cassa integrazione al primo aprile. Restiamo in attesa di notizie da Roma sull'Accordo di programma». E forse proprio qui sta la necessità di un rinvio dell'intesa sulla cassa integrazione, cui si è aggiunta la volontà espressa ieri dall'azienda di continuare a far lavorare lo stabilimento per tutto il mese di marzo, facendo slittare evidentemente l'inizio dell'iter per lo spegnimento dell'area a caldo. Secondo gli addetti ai lavori, il tavolo romano dovrebbe riunirsi in settimana per sbrogliare la matassa dell'Adp. Prima si deve però risolvere la trattativa sulla cessione dei terreni e anche ieri un nuovo incontro fra Autorità portuale e azienda si è concluso con un nulla di fatto. L'approvazione dell'Adp è vitale per l'avvio della cassa integrazione, perché senza di esso l'azienda sarebbe costretta a far domanda di ammortizzatori sociali per cessata attività e non per riorganizzazione, come previsto dalla trattativa in corso. A dirlo è stata l'azienda stessa, durante l'incontro. Commenta il sindacalista Antonio Rodà (Uilm): «La firma si terrà il 28 ma durante l'incontro abbiamo discusso i termini della cassa integrazione. Durerà 24 mesi e sarà a rotazione, il più ampia possibile». Quanto alle 71 posizioni in eccedenza, le prospettive sono queste: «Sull'arco dei due anni l'azienda punta a pensionare 50 lavoratori. Per i rimanenti verranno prese in considerazione tre possibilità: dimissioni volontarie più incentivo, trasferimenti volontari in altri rami del gruppo, riqualificazione professionale. L'azienda qualifica l'operazione a "esuberi 0", nel senso che non sono in programma licenziamenti collettivi». Durante questo periodo il laminatoio continuerà a lavorare, a dispetto delle voci contrarie circolate in questi giorni: «L'azienda assicura che non ci saranno stop, neanche durante l'intervento sulla centrale elettrica, che al laminatoio è collegata». Dichiara il sindacalista Fiom Thomas Trost: «La cosa importante ora è che si arrivi alla firma dell'Adp, senza cui tutto il processo rischia di diventare ancor più delicato. Lunedì prossimo parteciperemo alla riunione del tavolo di coordinamento per la dismissione in Prefettura, in quella sede speriamo di avere notizie in proposito».Quanto al futuro della struttura, questi sono per sommi capi gli investimenti che nel frattempo dovrebbero venir messi in campo: su un totale di 150 milioni, 90 andranno sull'area a freddo e 60 per la centrale elettrica, a questi si aggiungono altri 5 milioni di interventi per la banchina. Di queste cifre il 75% dovrebbe venire da fondi del gruppo Arvedi, mentre il restante 25% sarà pubblico. La spesa prevista per l'azienda per lo smantellamento e la messa in sicurezza dell'area a caldo è di 30 milioni. 

Giovanni Tomasin

 

 

Passa in Consiglio il piano antenne - Si apre la stagione dei dibattiti pubblici

L'ok con i voti del centrodestra. È scontro sui metodi di coinvolgimento dei cittadini

Approvazione "preliminare" da parte del Consiglio comunale di Duino Aurisina, nel corso dell'ultima seduta, del Regolamento per l'installazione di stazioni radio base per la telefonia mobile. Si completa così il primo passo dell'iter che porterà il territorio di Duino Aurisina a dotarsi di uno strumento fondamentale. «Senza questo Regolamento - spiega l'assessore Lorenzo Pipan - le società di telefonia avrebbero potuto sistemare le antenne un po' ovunque. Abbiamo invece individuato noi parecchie zone utili, che dovrebbero bastare per soddisfare le esigenze delle compagnie che puntano a una copertura totale. Lo strumento è flessibile e mi sembra un buon punto di partenza». Il testo, predisposto dalla maggioranza di centrodestra, prevede una lunga serie di indicazioni con cui «si è cercato di far coesistere l'esigenza di una adeguata copertura del territorio con quella della salute delle persone, individuando aree lontane da scuole e zone densamente abitate». Il "sì" è arrivato dai consiglieri di maggioranza, mentre l'opposizione ha optato per l'astensione, con l'eccezione di Elena Legisa (Rifondazione comunista), che ha votato "no", spiegando che «era necessario sentire la popolazione in via preliminare. Mi sento presa in giro, perché avevo chiesto per tempo che si facesse così, invece si è scelta la strada opposta». Un'accusa alla quale replica Chiara Puntar, presidente della Commissione Ambiente: «Abbiamo fatto tre commissioni sul tema negli ultimi tre mesi e ogni volta abbiamo accolto le indicazioni dei consiglieri. Gli incontri li faremo dopo l'approvazione perché il testo si potrà ancora modificare». In ogni caso, in effetti, il cammino per arrivare a una conclusione sarà ancora lungo. Il documento dovrà infatti ora passare dapprima il vaglio della Commissione paesaggistica regionale e poi tornare in Consiglio per un nuovo voto. A quel punto non sarà ancora finita, proprio perché inizieranno, come promesso in aula anche dal sindaco Daniela Pallotta, «i pubblici incontri con la popolazione, per ascoltare suggerimenti, proposte, critiche, e arrivare a un testo definitivo». Per l'opportunità di sentire in via preliminare i residenti anche Lorenzo Celic (M5s) e Vladimiro Mervic (Lista Golfo). «Sappiamo che c'era fretta nel fare il Regolamento - ha sottolineato il primo - ma ascoltare la gente subito era meglio». «Sarebbe stata una scelta - così il secondo - di rispetto verso la popolazione».

U.Sa.

 

 

I novanta "buchi neri" di Trieste che attendono la rigenerazione

In un libro "Un'altra città" censisce i luoghi incompiuti o abbandonati del capoluogo giuliano - Un'area che supera gli 850 mila metri quadrati, superiore persino ai 60 ettari dell'antico scalo

Trieste, capitale della scienza con Esof 2020, è un groviera di buchi neri. Sono 90 quelli censiti finora. Dalla Caserma di via Rossetti a Palazzo Parisi, dalla Rotonda Pancera a Palazzo Kalister in Piazza Libertà e Palazzo Carciotti, passando per il Campo Profughi di Padriciano, Piazzale Gretta, l'ex Ippodromo e l'ex Aci, il palazzo delle Ferrovie, via Udine, l'Urban Center DI Corso Cavour, l'Autopark Belvedere, il Tram di Opicina. Una lista lunghissima per una superficie di oltre 850 mila metri quadrati, materia "sottratta" all'utilizzo pubblico superiore all'estensione di Porto Vecchio. "Non luoghi" dove lo spaziotempo congela tutto. Il dossier inedito, curato dall'architetto Roberto Dambrosi per l'associazione Un'altra città, mappa questi luoghi incompiuti della città che raccontato le "contraddizioni" o "implosioni" della pianificazione urbanistica. E venerdì, al Teatro Miela, il lavoro fresco di stampa verrà presentato in un incontro pubblico promosso dalla Rete civica "Un'altra città" e in particolare dal Tavolo qualità dell'ambiente urbano e Porto vecchio, che si è costituito un anno fa e ha promosso nel dicembre 2019 l'evento "Porto vecchio impresa collettiva". L'obiettivo è quello di condividere un aggiornamento sullo stato delle cose e restituire i contenuti dei tavoli di lavoro di dicembre, vere e proprie strategie per lo sviluppo della città. Al rovescio delle strategie ci sono invece i "buchi neri": aree che rendono evidente e tangibile il declino urbano e che sono state mappate dalla nuova pubblicazione promossa da Un'altra città e curata dall'architetto Roberto Dambrosi, "Buchi neri. Indagine sui luoghi incompiuti o abbandonati della città di Trieste". «Si tratta di decine di siti progettati e abbandonati a se stessi, o mai definitivamente realizzati e per i quali ad oggi manca qualsiasi prospettiva di riconversione o rigenerazione urbana» spiega Dambrosi. E il Porto vecchio sarà il convitato di pietra dell'incontro sulle eterne incompiute cittadine. La madre di tutti i buchi neri di Trieste. «Rappresentano l'altra faccia dell'antico scalo - spiegano i promotori -. Si può sperare che la città sappia affrontare la riqualificazione di Porto vecchio meglio di come sta trattando i tanti buchi neri presenti nei suoi quartieri? E si può lavorare affinché la riqualificazione del Porto vecchio sia un'occasione per ripensare anche a quei buchi neri e per attivare un processo di rigenerazione urbana di cui benefici tutta la città, rioni popolari e periferici compresi? ». Belle domande. «Dopo l'analisi sui buchi neri, possiamo trarre alcune conclusioni anche in ragione del rapporto che si può prospettare tra i luoghi del declino urbano ed il più grande dei buchi neri, il Porto Vecchio» aggiunge Dambrosi. L'incontro al Miela, presentato da Marcela Serli, sarà introdotti da William Starc. Il dossier sui buchi neri sarà illustrato da Roberto Dambrosi con Anna Laura Govoni e un contributo metodologico di Giovanni Fraziano. Subito dopo si aprirà, con Riccardo Laterza e Gaia Novati, il resoconto sui tavoli di lavoro dedicati alle strategie per lo sviluppo della città. Dagli 8 tavoli di lavoro avviati a dicembre, con la riflessione di centinaia di cittadini, sono emerse tre direttrici: Porto Vecchio come laboratorio per la sostenibilità e la qualità della vita cittadina, anche in risposta alla crisi climatica, a una maggiore accessibilità, a spazi pubblici di qualità; in chiave dialettica fra Porto Vecchio e sviluppo economico e produttivo, in connessione con eccellenze cittadine come il sistema della ricerca e il mondo della cultura. E infine con la visione di Porto vecchio quale ponte verso l'Europa e il Mediterraneo, spazio che ospita occasioni di incontro, confronto e cooperazione con mondi vicini e lontani, per riportare la città al centro di un'area vasta collocata tra Mediterraneo, Mitteleuropa e Oriente. Tre linee guida di lavoro, per tre domande precise che saranno rivolte all'amministrazione comunale di Roberto Dipiazza. La prima: "cosa si è fatto e cosa si vorrà fare per rendere il Porto Vecchio un'area autosufficiente dal punto di vista energetico, ridurre al massimo la mobilità inquinante e la produzione di rifiuti?". La seconda: "cosa si è fatto e cosa si vorrà fare per garantire che gli investimenti pubblici e privati sul Porto Vecchio generino un'occupazione di qualità, stabile e adeguatamente remunerato?". La terza: "cosa si è fatto e cosa si vorrà fare per coinvolgere istituzioni, enti, associazioni e operatori privati nel disegno del futuro del Porto Vecchio, anche su una scala transfrontaliera, considerato che l'area in oggetto è totalmente sproporzionata rispetto alle dimensioni della città?". Si attendono ovviamente le risposte. A meno che di non candidare il Porto Vecchio a diventare il "buco nero" dei "buchi neri" di Trieste. -

Fabio Dorigo

 

Al Miela la presentazione del dossier curato dall'architetto Dambrosi - Venerdì 21 Febbraio

"I Buchi neri e le strategie di sviluppo della città" sono il tema dell'incontro pubblico promosso dalla Rete civica Un'altra città: appuntamento venerdì 21 febbraio alle 18 al Teatro Miela. Il dossier sui "buchi neri", diventato una pubblicazione a cura dall'architetto Roberto Dambrosi, sarà disponibile e in vendita al Miela. L'incontro, presentato da Marcela Serli, sarà introdotto da William Starc e dopo la presentazione del dossier si aprirà, con Riccardo Laterza e Gaia Novati, il resoconto sui tavoli di lavoro dedicati alle strategie per lo sviluppo della città.

 

Salviamo le api (e il mondo) - Tutti a lezione di allevamento

Al parco di San Giovanni le lezioni teoriche incontri settimanali fino al 15 aprile

Come diventare apicoltori in dieci lezioni. Parte il nuovo corso di avviamento all'apicoltura 2020 il cui obiettivo è quello di far acquisire ai partecipanti le competenze per iniziare ad allevare le api. È previsto un ciclo di lezioni teoriche a cui seguirà, a fine corso, un'attività pratica in apiario. Le lezioni, della durata di circa un'ora, svolte in collaborazione con il Consorzio tra gli apicoltori della provincia di Trieste e il Circolo Istria, si terranno nell'edificio rosa che si affaccia sul roseto al Parco di San Giovanni. Agli iscritti verrà distribuita una guida pratica di apicoltura e la quota (di 30 euro) è valida come associazione al Consorzio. Giovedì alle 18 si parlerà di "Biologia e fisiologia delle api e dell'alveare". Quella dell'apicoltura urbana è un'attività che sta riscuotendo un grandissimo successo: alla precedente sessione ha preso parte infatti una cinquantina di partecipanti. «Il corso - spiega la naturalista Tiziana Cimolino - è formato da 10 incontri teorici che serviranno a preparare i nuovo apicoltori urbani. La partecipazione è aperta a tutti, anche a chi non ha esperienza: s'inizia dalle basi affrontando i temi più semplici per arrivare a fornire tutti gli strumenti per poter gestire autonomamente un'arnia» . Alla base dell'apprendimento, il confronto con esperti del settore. «Una parte del corso - prosegue Cimolino - sarà dedicata ai gusti del miele, attraverso delle degustazioni per riconoscere al palato le varie tipologie di miele e le loro specifiche qualità. Saranno presenti numerosi produttori locali che mostrano nel pratico come iniziare un'attività e svolgerla in maniera naturale e rispettosa dell'ambiente. A tenere le lezioni sarà l'apicoltore Livio Dorigo. Collaboreranno agli incontri altri esperti che da anni si interessano a progetti di apicoltura locale, mentre il Consorzio fornirà le arnie e tutto l'occorrente per gestire l'attività». «La grande partecipazione ai corsi - riprende Cimolino - è una dimostrazione dell'interesse per l'argomento ed è utile per tutelare l'ape locale: anche a Trieste si assiste infatti alla continua moria di api dovuta all'inquinamento dell'aria e del suolo e ai cambiamenti climatici che mettono a dura prova la specie. Da qui, l'importanza di mantenerle in buona salute. L'ape rappresenta infatti una sentinella ecologica molto importante ed è quindi necessario aumentarne il numero. Al corso contribuisce anche l'associazione Impronta Muggia aprendo al Consorzio un'altra area di attività nell'ambito provinciale».Info, 3287908116.

Gianfranco Terzoli

 

 

Acciughe e sarde tornano protagoniste dopo il fermo pesca - Al mercato ittico di Fiume

FIUME. Finalmente. È quanto hanno esclamato ieri mattina le persone riversatesi nelle pescherie istriane, dalmate e quarnerine, notando cassette piene di sardelle e acciughe, specie assente da più di 45 giorni dai mercati ittici. Il fermo biologico per sardelle, acciughe e papaline, decretato dal ministero croato dell'Agricoltura e Pesca, era scattato lo scorso 24 dicembre, assicurando pertanto pesce azzurro di taglia minore per la Vigilia di Natale. Il divieto si è concluso alle 12 del 16 febbraio, con i pescatori professionisti che hanno mollato gli ormeggi delle loro imbarcazioni nel tardo pomeriggio di domenica. L'attività è stata favorita dalle ottime condizioni del mare e meteorologiche, con ottimi pescati che sono stati particolarmente apprezzati dagli amanti del pesce azzurro piccolo, a buon mercato, gustoso e molto sano. Ieri nella pescheria centrale a Fiume c'è stato un via vai notevole di acquirenti, che quasi non degnavano di uno sguardo le altre specie di pesci, né molluschi e crostacei, puntando l'attenzione sulle sardelle a 20 kune (2,7 euro) il chilo e sulle acciughe, che costavano invece 30 kune, circa 4 euro, il chilo. A Zara, tanto per fare un esempio, le sardelle venivano offerte a 30 kune. Non sono mancati a Fiume nemmeno acquirenti italiani, ai quali i prezzi di queste due specie non sono sicuramente proibitivi, anzi. Come da tradizione, gli italiani hanno comprato specialmente acciughe, preferite di gran lunga alle sardelle. Secondo quanto disposto dal predetto dicastero, fino a mezzogiorno dell'ultimo giorno di febbraio, il 29, ogni peschereccio con reti da circuizione avrà una quota massima di prelievo dell'azzurro minuto, fissata a 40 tonnellate. Il fermo pesca in Croazia ha ormai una quindicina d'anni, introdotto per tutelare l'azzurro da una pesca indiscriminata, che ne aveva ridotto la biomassa. I divieti, sostengono gli esperti, stanno dando i frutti sperati, sia in fatto di catture, sia in quanto ad aumento medio della pezzatura dei pesci.

A. M.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 17 febbraio 2020

 

 

Ruote a terra e danni, i dolori del bike sharing

Vandalismi e intoppi tecnici penalizzano il servizio attivato di recente. E c'è chi suggerisce «più controlli e manutenzione»

Il bike sharing, da poco introdotto a Trieste, piace a cittadini e turisti, com'era evidente anche ieri dalle tante biciclette prese a noleggio che animavano le vie del centro. Ma non mancano i problemi: numerosi gli episodi di danneggiamento e vandalismo segnalati nelle varie "stazioni fisse" dove sono posteggiati i nuovi mezzi, compresi quelli a pedalata assistita. Ieri pomeriggio nella stazione fissa di piazza Oberdan si contavano almeno due bici con le gomme a terra. Non è noto se i copertoni fossero semplicemente sgonfi oppure bucati appositamente. In ogni caso inutilizzabili. Una bicicletta, inoltre, aveva anche il parafango divelto. Qualcuno, forse di notte, deve averlo tolto e buttato sul pavimento accanto alla ruota. Sempre ieri pomeriggio una giovane coppia ha lamentato che non si poteva usare nessuna delle biciclette posizionate in Stazione Rogers: «Una aveva il sellino mollo - racconta una ragazza -, un'altra non si staccava dallo stallo. Un'altra ancora aveva il sostegno del parafango staccato e il manubrio che si muoveva. Tre su tre, dunque, non andavano bene. Forse bisognerebbe pensare a come assicurare un maggior controllo e una manutenzione continua», suggerisce la giovane coppia. Il primo inghippo con il bike sharing si era verificato proprio all'indomani del lancio del servizio: in piazza Oberdan - ancora - una bicicletta a pedalata assistita aveva la batteria che penzolava dal telaio. In quel caso, più che a un atto vandalico, il danno era dovuto a un uso improprio della bicicletta: qualcuno doveva averla infatti utilizzata "in doppio". La ditta che si occupa della manutenzione in strada aveva ripristinato rapidamente il mezzo.

Gianpaolo Sarti

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 16 febbraio 2020

 

 

Divieti light, le Falesie tornano "vivibili"

In vigore la norma che restituisce più margini ad arrampicatori, diportisti e pescatori «preservando comunque l'ambiente»

DUINO AURISINA. Torna liberamente fruibile per tutti lo specchio di mare davanti alle Falesie. Se si esclude una stretta striscia sottocosta, denominata "zona A", della larghezza media di una trentina di metri, la cui funzione è di «evitare disturbo alla fauna e danno agli habitat naturali», e di una ulteriore zona cuscinetto di un'altra decina di metri, i diportisti d'ora in poi potranno godere appieno dello splendido tratto del golfo in cui si specchia il castello di Duino. Ne dà notizia il Comune di Duino Aurisina: «È entrato in vigore - si legge in una nota - il nuovo Regolamento della Riserva naturale regionale delle Falesie, con sostanziali modifiche rispetto al precedente, rispondendo così a richieste formulate da molti cittadini e operatori». Nel recente passato infatti era stata delineata una "zona B", molto ampia, che di fatto obbligava coloro che vanno per mare ad ammirare le Falesie solo da lontano, salvo completare l'iter per avere un'autorizzazione individuale. Il percorso per arrivare a questo risultato è stato lungo. Ad avviarlo era stato il Consiglio comunale di Duino Aurisina, con una delibera di un anno fa, alla quale era seguito il passaggio al Comitato tecnico-scientifico regionale per le aree protette, che doveva esprimere, come ha poi fatto, il necessario parere favorevole. «È stato un iter complesso - sottolinea Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina - ma alla fine abbiamo raggiunto lo scopo di garantire un nuovo approccio di tipo aperto che, pur nel rispetto dell'ambiente, non ostacoli la fruizione delle aree naturali, invertendo la vecchia impostazione di tipo chiuso, non adatta a tutte le aree protette, in quanto ostacolava gli utenti, senza vantaggi significativi per gli ecosistemi da tutelare».Nello stesso provvedimento si stabilisce anche l'estensione dell'area per l'arrampicata sportiva, che non sarà più limitata alle placche di Duino, ma comprenderà anche la cosiddetta "panza" dell'elefante di Sistiana. «Su questo fronte - aggiunge Pallotta - ho inteso accogliere le richieste delle due sezioni Cai di Trieste, XXX Ottobre e Alpina delle Giulie, fermo restando il divieto di arrampicata nel primo semestre di ogni anno, per favorire la nidificazione delle specie protette».È infine consentita la piccola pesca artigianale, nonché quella ricreativa dei cefalopodi per i residenti, per cinque anni, fermo restando un periodo di interdizione del prelievo per garantire gli obiettivi di ripopolamento ittico. «Esprimo il mio apprezzamento per l'obiettivo raggiunto - conclude il sindaco - e ringrazio chi ha collaborato, ribadendo in ogni caso che i valori e i princìpi di rispetto e tutela della biodiversità e degli habitat naturali rimangono obiettivi imprescindibili per la nostra comunità nell'ottica della valorizzazione sostenibile del nostro territorio».-

Ugo Salvini

 

Pesca di frodo svuota i fondali delle Brioni.

Il patrimonio ittico e' diminuito del 60%. L'allarme dell'istituto oceanografico di Spalato. Difficile catturare i trasgressori.

POLA. Da 11 anni a questa parte il patrimonio ittico nel Parco nazionale di Brioni è diminuito addirittura del 60%, come affermano gli studiosi dell'Istituto oceanografico di Spalato, e se non si corre ai ripari quanto prima, ben presto si arriverà a una situazione senza ritorno. Quali le cause del fenomeno? Risponde il biologo del parco Sandro Dujmovic spiegando che l'indice va innanzitutto puntato contro i pescatori di frodo che è difficile cogliere con le mani nel sacco a causa della legislazione alquanto lacunosa.«I pescatori fuorilegge li conosciamo bene, non sono molto numerosi però con la loro pesca sconsiderata arrecano danni enormi. Dispongono di imbarcazioni con motori di 250-300 cavalli e di radar molto sofisticati che segnalano subito l'avvicinamento delle motovedette della polizia o dei ranger del parco per cui si danno alla fuga in tempo utile», spiega il biologo. «Molte volte succede - aggiunge Dujmovic - che fuggendo lasciano in mare chilometri e chilometri di reti, una perdita calcolata per la quale dunque vale la pena rischiare. Qualcuno siamo riusciti a coglierlo sul fatto, però poi ha spiegato al giudice di esser sconfinato nelle acque del parco causa un guasto al motore, per cui era in balia delle onde e della corrente». Secondo Dujmovic ai ranger del parco bisognerebbe assegnare maggiori competenze come la possibilità di comminare sul posto multe più pesanti e il sequestro degli arnesi da lavoro. «Comunque la soluzione ideale per combattere il bracconaggio in mare - spiega il biologo - sarebbe quella di installare sui motopesca fuorilegge gli apparecchi Gps in modo da monitorarne continuamente i movimenti».Suggerisce inoltre una campagna di sensibilizzazione della cittadinanza a segnalare ai ranger o alla polizia la presenza dei motopesca nelle acque proibite. Ed è risaputo che le acque attorno alle isole Brioni abbondano o abbondavano di pesce pregiato come orate, branzini, sogliole, dentici, cefali che dunque rischiano di sparire. Di solito il pescato di frodo finisce nella cucina dei ristoranti più rinomati i cui proprietari pagano piuttosto bene. Però oltre all'uomo c'è un'altra causa della sensibile riduzione del fondo ittico. Una causa naturale, vale a dire il pesce serra uno dei maggiori predatori del mare che negli 15 anni ultimi anni si è spinto dall'Adriatico meridionale verso quelle settentrionale. «La presenza del pesce serra - spiega Dujmovic - è confermata dalle ferite sui pesci che sono riusciti a liberarsi dalla sua presa». «Ma non solo - continua - lo vede in azione anche il personale sulle piattaforme del gas, attorno alle quali c'era molto più pesce di adesso». Per il biologo comunque c'è ancora spazio di manovra per salvare il salvabile.

P.R.

 

 

Tra 10 giorni la tappa locale della Marcia per la pace - il tour mondiale

«Per il Doomsday clock siamo a un minuto e 40 secondi dalla mezzanotte e non siamo mai stati così vicini da quando, nel 1947, l'orologio è stato ideato»: così Fulvio Tessarotto, dell'Istituto nazionale di Fisica nucleare, ieri al San Marco alla presentazione della tappa triestina della seconda Marcia mondiale per la pace, che tra gli attori principali vede Comitato Dolci e Associazione mondo senza guerre e senza violenza. Tra gli intervenuti Alexander Heber, vicepresidente dei Verdi carinziani, e il vicesindaco di Umago Mauro Jurman. Il programma prevede la prima tappa il 24 febbraio a Umago, per poi proseguire il giorno successivo a Pirano, mentre il 26 febbraio sarà la volta di Capodistria, Muggia, San Dorligo e Trieste. Numerose le iniziative in programma in città, dalla visita ai luoghi più significativi per la non violenza al parco di San Giovanni fino al flash mob in piazza Oberdan. Poi al Narodni Dom la conferenza "Guerra, ambiente e persone: convivenza possibile? ". Il 27 si ripartirà alla volta di Fiumicello.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 15 febbraio 2020

 

 

«Sì alle Rive libere dalle auto ma urgono park alternativi»

Confcommercio e Federalberghi: «I siti per la sosta possono essere periferici» La Fipe: «Servono posteggi contenitore da subito. E il solo Molo IV non basta»

Le categorie economiche promuovono la proposta del Comune di togliere i posteggi dalle Rive purché ne vengano creati altrettanti nei parcheggi contenitore. Confcommercio, Fipe e Federalberghi, seppur con qualche distinguo, approvano infatti il piano del sindaco Roberto Dipiazza e dell'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, che hanno annunciato che in concomitanza con l'avvio della stagione crocieristica e di Esof, quindi entro fine giugno, i circa 500 parcheggi che vanno dalla Capitaneria di Porto all'Acquario saranno trasferiti all'interno del Molo IV. Contemporaneamente all'approvazione della variante "Porto vecchio", presumibilmente entro aprile, verrà invece avviata la progettazione di un maxi park contenitore a più piani da circa mille posti e collegato in maniera importante con la città attraverso il bike sharing e i mezzi pubblici. Dipiazza ha anche rilanciato confermando che dopo la cessione dell'area dell'attuale Mercato ortofrutticolo verrà creato in zona un altro maxi parcheggio che consentirà di liberare tutto il lungomare anche se su questo fronte i tempi sono più incerti. «La cosa più importante per noi - spiega Franco Rigutti, vicepresidente vicario di Confcommercio - è che non diminuisca il numero di posti auto, ma che, anzi, possibilmente aumenti. Possono anche essere periferici purché siano ben collegati con il centro: ciò potrebbe anche far aumentare le zone pedonali, la cui creazione porterebbe a dei vantaggi economici dal punto di vista turistico e commerciale. Ribadisco però che i parcheggi devono essere ben collegati anche con i mezzi pubblici, e qui si dovrebbe creare quello scorrimento circolare degli autobus che molti auspicano». Anche secondo il presidente di Federalberghi della provincia di Trieste Guerrino Lanci «maggiori pedonalizzazioni darebbero maggiore respiro alla città, una scelta che sarebbe in linea con le grandi capitali europee. Per quanto riguarda i turisti i parcheggi possono anche essere più periferici visto che tendenzialmente preferiscono dimenticare l'auto. La "promenade" non dovrà però essere una tabula rasa, si dovranno pensare anche a dei servizi terzi e a una pista ciclabile, e in questo senso abbiamo stanziato delle risorse derivanti dalla tassa di soggiorno proprio per fare una progettazione strutturata». La presidente della Fipe Federica Suban parla a sua volta di un sì condizionato perché «dal punto di vista dell'estetica e del beneficio del turista sarà sicuramente positivo, ma servono parcheggi contenitori fin da subito. Con il solo ampliamento del Molo IV potrebbero rimetterci i locali tra piazza Unità e Campo Marzio, in particolare nel periodo invernale vista la distanza ragguardevole. Il trasporto urbano è inoltre complesso da utilizzare per una certa categoria di clienti che magari sono in abiti da sera o con tacchi importanti. Trieste ha una conformazione particolare e quindi bisognerà pensare a un qualcosa per il futuro che richieda anche un cambiamento culturale importante». E sulla possibilità di creare una pista ciclabile Luca Mastropasqua della Fiab Ulisse Trieste si dice chiaramente favorevole «almeno a livello concettuale. Prima di esprimere un parere completo però vorremmo vedere il progetto. Da parte nostra l'eliminazione dei parcheggi sulle Rive non può che essere positiva». Nessuna criticità invece al momento per la creazione di orari specifici per il carico e lo scarico della merce nei negozi o nei ristoranti, con gli operatori disponibili a sedersi al tavolo con il Comune.

Andrea Pierini

 

«L'idea è nostra ma oggi esistono le condizioni» - FAMULARI (PD) E GRIM (IV)

«Saremo le prime a vigilare e incalzare affinché il progetto di liberare le Rive dalle auto sia realizzato e resti permanente, anche dopo Esof. Già come componenti della giunta Cosolini abbiamo creduto in questa soluzione». Così la segretaria Pd e la coordinatrice di Iv, Laura Famulari e Antonella Grim. «Liberare le Rive - osserva Grim - è una scelta doverosa, soprattutto oggi che abbiamo l'occasione di ridisegnare la linea di costa dalla Sacchetta a Miramare». Famulari riconosce a Dipiazza «il merito di aver saputo raccogliere una nostra buona idea e attuarla. Oggi ha il vantaggio di poter disporre del Molo IV e degli spazi del recuperato Porto vecchio, restituiti alla città dal famoso emendamento Russo».

 

Bus senza più fermate: via Ghega ora è un caso - l'interrogazione del forzista Marini

I lavori di riqualificazione di piazza Libertà hanno avuto, come effetto collaterale, la soppressione della fermata dell'autobus di via Ghega, dove in precedenza facevano tappa le linee 24 e 30. Affinché il servizio sia ripristinato in tempi brevi Bruno Marini, consigliere comunale di Forza Italia, ha presentato un'interrogazione a Luisa Polli, assessore con delega a Traffico e Viabilità. «Adesso la 24 e la 30 corrono ininterrottamente dalla fermata di via Filzi, che fa angolo con piazza Sant'Antonio, fino a piazza Libertà, uno spazio enorme», afferma Marini: «Si tratta di un grave disagio per gli anziani e per chi ha difficoltà di deambulazione. La centralissima zona di piazza Oberdan, piena di uffici, rimane inoltre esclusa dal servizio. Il problema mi è stato segnalato non solo da tanti cittadini ma anche dagli stessi conducenti dei bus». Trieste Trasporti spiega che quella fermata, nello specifico, non è ripristinabile a causa della nuova viabilità, ma che si stanno valutando soluzioni alternative: a tal fine l'azienda ha chiesto a Comune e Regione di effettuare un sopralluogo congiunto e di procedere quindi alla riattivazione alternativa del servizio. L'assessore Polli tuttavia frena: «Stiamo ripianificando tutti i percorsi, in vista del contratto con la nuova società consortile del trasporto pubblico (Tpl Fvg, operativa dal prossimo primo maggio, ndr) e del Piano urbano della mobilità sostenibile, che sarà attivato contestualmente. In questo senso stiamo ripensando tutti i punti delicati, tenendo conto sia della sicurezza che della fluidità del traffico e puntando a ottimizzare il servizio. Vedremo».

Lilli Goriup

 

 

«Area a caldo chiusa, promesse mantenute» - L'INCONTRO DI SCOCCIMARRO CON "NO SMOG"

«Poche settimane alla chiusura dell'area a caldo. Un risultato storico, in linea con il programma di governo, conseguito anche grazie al lavoro della squadra di funzionari e dirigenti della direzione regionale competente». Questo il concetto espresso dall'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, che ha incontrato l'associazione "No Smog". L'incontro, si legge in una nota della Regione, «è servito anche per far visionare ai componenti del sodalizio "No Smog" tutti i documenti ufficiali di questi quasi due anni di percorso politico-amministrativo» sulla Ferriera. Nel corso della riunione, ancora, «l'amministrazione ha fornito ampie rassicurazioni sugli aspetti legati alla sicurezza».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 14 febbraio 2020

 

 

Addio ai parcheggi sulle Rive entro luglio Cinquecento posti da trasferire in Molo IV

Comune al lavoro con Authority e Ttp per liberare il tratto fra Capitaneria e Aquario. L'obiettivo è riuscirci per Esof2020

Addio parcheggi sulle Rive, con i pedoni che a breve riconquisteranno completamente il tratto di lungomare dalla Capitaneria di porto fino all'Aquario marino. Il Comune, d'intesa con l'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale e Trieste terminal passeggeri, sta lavorando infatti al trasferimento di oltre 500 posti per la sosta a pagamento delle auto dalle Rive appunto al Molo IV, con l'obiettivo di renderlo definitivo già in occasione di Esof2020. Cioè per l'inizio del prossimo luglio. A confermare quella che ormai è molto più di una semplice intenzione è l'assessore comunale all'Urbanistica Luisa Polli: «Dobbiamo attendere il calendario definitivo degli arrivi delle navi da crociera. Se queste avranno una cadenza regolare e maggiore di una toccata alla settimana diventa assurdo togliere e rimettere i posti auto sulle Rive. Il lavoro che stiamo facendo è di aumentare gli stalli a disposizione in Molo IV, al fine di garantire lo stesso numero di posti totali liberando però dalle auto la zona fino all'Aquario». Quello di "liberare" le Rive è un obiettivo che il sindaco Roberto Dipiazza insegue da diverso tempo ed è in linea anche con il Piano del traffico approvato dalla precedente giunta comunale guidata da Roberto Cosolini e firmato dall'allora assessore Elena Marchigiani, un dettaglio sottolineato dalla stessa Polli per chiudere immediatamente a possibili polemiche politiche. «Quando completeremo il progetto sull'area del mercato ortofrutticolo (dopo il trasloco dello stesso, ndr) - rilancia Dipiazza -, con la costruzione pure di un maxi parcheggio, potremo pensare di togliere le auto in sosta anche da quella parte finale delle Rive creando una promenade bellissima con una pista ciclabile. Il più bel lungomare che ho visto è quello di Reggio Calabria che si affaccia sulla Sicilia: ecco, spero di riuscire a fare qualcosa di simile». In una prima fase i posti in Molo IV saranno a raso, «però - aggiunge l'assessore Polli - con l'approvazione definitiva della variante Porto vecchio da parte del Consiglio comunale, procederemo con la realizzazione di un grande parcheggio coperto nell'area, che ci consentirà di liberare in via definitiva le Rive creando un "polmone" in cui, chi arriva da fuori città e magari lavora in centro, potrà lasciare il mezzo per poi spostarsi a piedi, con il bike sharing o con i mezzi pubblici». Per arrivare all'approvazione della variante manca ancora una serie di passaggi tecnici, come ad esempio il parere della Regione. Dopo l'ok dell'aula, verrà redatto il progetto della struttura che prevede un migliaio di posti nell'antico scalo, incluso uno spazio per i pullman che, giocoforza, non troveranno più spazio dietro al Magazzino 26. In futuro e solamente dopo il completamento del Piano urbano della mobilità sostenibile, realizzato in collaborazione con i cittadini attraverso un sondaggio, si lavorerà anche a nuove pedonalizzazioni in centro città. Ma su questo aspetto c'è più cautela e la giunta non vuole creare disagi ai residenti. «Una cosa che introdurremo sicuramente - anticipa Polli - sono gli orari per il carico e lo scarico merci, come già in tantissime città. Questo per impedire che una corsia sia occupata dai furgoni nel momento in cui magari il centro è congestionato da chi deve andare al lavoro o portare i figli a scuola». 

Andrea Pierini

 

 

L'opposizione se ne va - Salta a Duino la seduta sul termovalorizzatore - lo scontro politico in consiglio comunale

DUINO AURISINA. Sono usciti in blocco dall'aula, facendo mancare il numero legale, obbligando così il sindaco Daniela Pallotta a sospendere immediatamente la seduta. Di questa clamorosa modalità, con la quale si è anzitempo concluso l'altro giorno il Consiglio comunale di Duino Aurisina, sono stati protagonisti, per protesta, tutti i consiglieri di opposizione, cioè Marisa Skerk e Massimo Veronese (Pd), Igor Gabrovec (Insieme-Skupaj), Elena Legisa (Rifondazione comunista), Vladimiro Mervic (Lista per il golfo) e Lorenzo Celic (M5S).La decisione degli esponenti del centrosinistra è maturata verso la fine della seduta, quando si è iniziato a parlare del delicato tema del rapporto fra industrializzazione e tutela dell'ambiente, con un chiaro riferimento al progetto del termovalorizzatore del Lisert. Sull'argomento avevano preparato una mozione i consiglieri Celic e Mervic da una parte e gli esponenti della maggioranza Puntar, D'Errico, Romita, De Vita, Pernarcich, Gruden, Spadaro, Milos e Ret dall'altra. Dai banchi dell'opposizione è stata manifestata più volte la volontà, vista l'importanza del tema, di arrivare a un testo comune. Dalla maggioranza è invece emersa l'intenzione di non derogare alla propria mozione. Ne è scaturito un vivace dibattito. A un certo punto, quando è parso evidente che non si sarebbe arrivati a una conclusione concordata, i consiglieri dell'opposizione, fatta una rapida conta, hanno optato per l'abbandono dell'aula, anche perché nelle file della maggioranza c'erano ben tre assenti, lanciando così il segnale che, senza la loro collaborazione, nessun testo sarebbe stato approvato. E così è stato.

U.Sa.

 

 

Pochi spazi per alberi - Il tema sotto la lente

Trieste città degli alberi: sì ma non dappertutto, in quanto esistono criticità molto evidenti soprattutto nelle aree centrali e in quelle semicentrali ad alta densità abitativa. Basta fare un giro a Roiano o Barriera vecchia per rendersi conto della quasi assoluta mancanza di alberature. O in centro, dove si discute dell'opportunità di inserire alberature che a volte vengono osteggiate anche dalla soprintendenza. Il problema è arrivato in commissione attraverso una mozione della consigliera leghista Barbara Dal Toè, che ha presentato l'opportunità di utilizzare il servizio offerto da Rete Clima, che promuove il patrimonio arboreo nazionale e lo sviluppo di verde urbano, anche attraverso la realizzazione di boschi urbani. Una soluzione potrebbe venire dalle norme nazionali: la legge 10 del gennaio 2013 obbliga i comuni superiori ai 15 mila abitanti a piantumare un albero per ogni bambino nato e registrato all'anagrafe. Con la messa a dimora che va fatta entro sei mesi dall'iscrizione anagrafica. Un problema non da poco per una città come Trieste nonostante la buona dotazione di verde pro capite. E comunque di difficile applicazione, almeno a detta degli amministratori: «Non avendo a disposizione - ha spiegato l'assessore Elisa Lodi - lo spazio necessario alla piantumazione di circa 1.200 nuovi alberi, tante sono mediamente a Trieste le nascite annuali, abbiamo dato il compito alle sette circoscrizioni, di rintracciare spazi idonei alla piantumazione di due alberi all'anno, un bambino e una bambina, per un totale di 14 alberi». Un numero che, sempre a detta dell'assessore, «è comunque maggiore anche grazie all'intervento di associazioni». 

Luigi Putignano

 

Disboscamenti selvaggi L'Ue a Bucarest: pronta procedura d'infrazione - ROMANIA NEL MIRINO

BUCAREST. Dietro la lavagna in attesa della possibile e più temuta punizione, l'apertura di una procedura d'infrazione Ue che potrebbe comportare anche sanzioni economiche. La Romania è finita nel mirino di Bruxelles causa il decennale problema del disboscamento selvaggio, in particolare nelle foreste vergini. Ad avvisare Bucarest è stata la Commissione europea, in una lettera ufficiale d'avvertimento alle autorità romene. La Commissione ha citato in particolare le «fragilità nella legislazione nazionale» romena, che «impedisce alle autorità di vigilare» in modo adeguato su «grandi quantità di legname tagliato illegalmente». Non solo: gli organi pubblici romeni che hanno la responsabilità di mantenere le foreste pubbliche sarebbero anche colpevoli di dare via libera a massicce operazioni di disboscamento legale, senza però prima valutare l'impatto del taglio degli alberi sull'ambiente, nel rispetto delle leggi europee. Impatto - così la Commissione - che è forte anche nelle aree protette, «in violazione» aperta delle direttive Ue sull'ambiente e gli habitat naturali. Ma Bucarest è nel mirino Ue anche perché non vigilerebbe sulla vendita del legname - business da 6 miliardi di euro - illegalmente abbattuto e poi smerciato all'interno del mercato comune europeo. La Romania avrà poco tempo per mutare registro: 30 giorni per sviluppare un piano accurato e risolvere un problema che è serio. La Romania è lo Stato Ue (esclusa l'area scandinava) con la più ampia superficie ricoperta da foreste vergini - oggi più di 500mila ettari boschivi su 7 milioni totali - boschi preziosissimi e habitat per specie protette. Ma dal 2000 al 2011, secondo Greenpeace, 360mila ettari sarebbero stati degradati o abbattuti, con 20 milioni di metri cubi di legname che "sparisce" ogni anno dalle foreste nazionali, tre ettari l'ora tagliati illegalmente. A partecipare al saccheggio spesso anche organizzazioni criminali che non hanno remore ad attaccare chi cerca di difendere le foreste romene. Nel 2019 sono state 16 le aggressioni contro guardie forestali di Romsilva, l'azienda pubblica che gestisce i boschi romeni, e due guardie sono rimaste uccise in agguati tesi dai "ladri di boschi". A provare a fermare il disastro l'anno scorso anche tre organizzazioni non governative - Agent Green, ClientEarth ed EuroNatur - che hanno presentato una denuncia alla Commissione Ue sollecitandola a muoversi per imporre a Bucarest un cambio di rotta, accusando la Romania di inazione e disinteresse intenzionale o meno al problema deforestazione illegale. La Commissione, si è visto, ha preso seriamente la denuncia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 febbraio 2020

 

 

Tavolo della Prefettura: «La Ferriera si ferma entro la metà di marzo» - Verso lo spegnimento dell'impianto

«Le operazioni di fermata inizieranno con ogni probabilità nella prima quindicina di marzo». Stavolta è una nota ufficiale della Prefettura a ribadire il sempre più prossimo avvio dello spegnimento dell'area a caldo della Ferriera, precisando che «la durata dell'intero processo di spegnimento è fissata in tre settimane circa» e che «è già stata avviata una fase preparatoria allo spegnimento». Il comunicato viene diramato nel pomeriggio di ieri, al termine della riunione del tavolo tecnico coordinato dalla Prefettura, alla presenza del Comando provinciale dei Vigili del fuoco, del Comune, dell'Arpa, dell'Azienda sanitaria e dei rappresentanti di Acciaieria Arvedi e della Direzione centrale Ambiente della Regione. Le operazioni dovrebbero cominciare entro la metà di marzo «salvo ulteriori necessità tecniche». Lo spegnimento interesserà le batterie forni della cokeria e gli impianti sottoprodotti, l'altoforno, l'agglomerato, la macchina a colare e l'impianto di generazione vapore ausiliario. «Le fermate - prosegue la nota - dei principali impianti avverranno già nei primissimi giorni del processo a cui seguiranno le operazioni di messa in sicurezza degli impianti». I tecnici di Arpa, Azienda sanitaria e Vigili del fuoco hanno intanto effettuato martedì un sopralluogo «finalizzato a verificare - così la nota - se i presidi per la sicurezza dei lavoratori, i presidi ambientali e le misure di autocontrollo sono garantiti ed efficaci». Come già evidenziato dall'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, le procedure di spegnimento produrranno nelle ultime ore di funzionamento degli impianti effetti a livello di impatto ambientale e visivo. La conferma arriva anche dalla Prefettura, in riferimento ai rumori per l'apertura di valvole di sicurezza dell'altoforno e all'accensione delle torce di emergenza, «in concomitanza con lo svuotamento degli ultimi forni della cokeria e con la fermata dell'altoforno». Ad ogni modo, «per tutta la durata delle operazioni - dice ancora la Prefettura - verranno mantenuti attivi tutti i sistemi di monitoraggio e controllo ambientale previsti», mentre «l'azienda si è impegnata a dare comunicazione preventiva alla cittadinanza sullo stato di avanzamento dei lavori». Il tavolo si riunirà di nuovo lunedì 24, quando l'incontro sarà allargato anche ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori, come richiesto dai sindacati.

Diego D'Amelio

 

 

Un vero "salotto" sull'altipiano: cinque divani gettati nel bosco- caso di inciviltà a Gabrovizza

GABROVIZZA. Un set completo di arredamento per soggiorno formato da cinque divani: due di colore blu, due rossi e uno bianco. Se ne stava lì in mezzo bosco. Facile immaginare quindi lo stupore dei frequentatori del sentiero di Gabrovizza che conduce alla cosiddetta grotta dell'Orso di fronte trovandosi di fronte a quella scena quasi surreale. L'ennesimo gesto di inciviltà compiuto ai danni del territorio carsico, che ha spinto molti passanti ad allertare i nuovi "paladini" dell'altipiano: i volontari di Sos Carso. «Chi ha portato i divani sino a lì deve essere veramente pazzo. Parliamo di un luogo davvero scomodo e nascosto. Ad ogni modo, dopo aver ricevuto la segnalazione, abbiamo recuperati i divani che però da cinque sono rimasti "solamente" due, ossia uno rosso e quello bianco. Che fine hanno fatto gli atri? Forse saranno entrati a far parte dell'arredamento della casa di qualcuno attratto dalle foto sui social», commenta il cofondatore di Sos Carso Cristian Bencich. I due divani superstiti, con non poche difficoltà visto il peso e l'ubicazione, sono stati portati in discarica. Il sentiero che conduce alla grotta dell'Orso, identificata dal numero 7 del catasto regionale delle grotte, sito a meno di un chilometro a nord della località di Gabrovizza, nel comune di Sgonico, è tornato dunque ad essere pulito. Dopo questo blitz, i volontari di Sos Carso stanno organizzando la prossima uscita ecologica che sarà in programma domenica in coorganizzazione con gli scout del Masci (Movimento adulti scout cattolici italiani) come conferma lo stesso Bencich: «Interverremo nella pulizia di una dolina sita in località Opicina. Una zona purtroppo in cui vi è una notevole quantità di vecchi elettrodomestici, copertoni di automobili e camion e altri rifiuti abbandonati negli anni come spesso purtroppo accade sul nostro amato Carso».

R.T.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 febbraio 2020

 

 

Parte il ricorso del Comune per abbattere la Tripcovich

Dovrebbe decollare in giornata alla volta di tre indirizzi ministeriali. Il ministero avrà tempo fino a metà maggio per decidere. Delegazione municipale a Roma

Il documento è pronto e, accomodatosi sulla scrivania del sindaco, attende solo l'autografo di Roberto Dipiazza. Poi da piazza Unità ne decolleranno tre copie destinate rispettivamente al segretario generale del MiBact, Salvo Nastasi, al direttore generale di archeologia-belle arti-paesaggio dello stesso ministero, Federica Galloni, alla dirigente del medesimo dicastero Alessandra Marino. Dunque, sul dossier Tripcovich il Comune ha scelto la strada no-Tar, preferendo quella del ricorso amministrativo prevista dall'art. 16 del Codice dei beni culturali (D.lgs. 42/2004).L'articolo 16 prevede, appunto, il ricorso al ministero contro la dichiarazione di interesse culturale «per motivi di legittimità e di merito». Il termine di presentazione è di trenta giorni, che dovrebbe scadere tra oggi e domani se il count-down è scattato dallo scorso 13 gennaio, quando la Soprintendenza Fvg ha "girato" al Municipio l'altolà ministeriale all'abbattimento dell'ex stazione delle corriere trasformata in teatro all'inizio del decennio Novanta. Il ministero si riserva novanta giorni per decidere e, qualora dovesse accogliere il ricorso, «annulla o riforma l'atto impugnato». Quindi, giorno più giorno meno, il MiBact avrà tempo fino a metà maggio per emettere il verdetto sulla sorte della Tripcovich: se sarà il Municipio a spuntarla, tempi serrati per bandire la gara necessaria ad affidare i lavori di abbattimento. Lorenzo Giorgi, assessore al Patrimonio, conferma la strategia comunale, che, per non cadere nello sbaglio autunnale, prevede di accompagnare la documentazione cartacea con un viaggio degli amministratori nella Capitale, dove rappresentare "de visu" in sede ministeriale le ragioni municipali favorevoli a omettere la Tripcovich dal paesaggio urbano. L'impostazione del ricorso rispecchia a grandi linee quanto già emerso. Si basa sul superamento del vincolo risalente al luglio 2006, in quanto è cambiato l'habitat nel quale è calata la sala/stazione: la Tripcovich copre i varchi di un Porto vecchio sdemanializzato e in parte aperto alla città. Piazza Libertà - insiste il ricorso - non è più lo scalcinato angiporto della stazione, ma è stata ripulita con un intervento complesso da quasi 5 milioni di euro che ha ridisegnato marciapiedi, traffico, trasporto pubblico, verde. Un contesto dove i begli edifici, che la circondano, possono essere apprezzati e valorizzati: tre di essi - palazzi Economo, Kallister, Panfili - sono vincolati dalla Soprintendenza. In Comune c'è consapevolezza che non si tratterà di un percorso in discesa: la lettera dell'11 dicembre, scritta da Federica Galloni al soprintendente Simonetta Bonomi per bocciare la richiesta di abbattimento, era piuttosto perentoria nei toni e negli argomenti. C'è poi un quesito procedurale: il Comune trasmette il ricorso a tre uffici, perchè in effetti l'art. 16 non specifica la competenza, ma quale sarà quello deputato alla decisione? -

Massimo Greco

 

 

In Dalmazia è morìa di pinne nobili spugne e mussoli - Esperti in allarme

Sparito ormai il 90 per cento dei bivalvi Situazione migliore in Istria e Quarnero

Pinne nobili, spugne marine, mussoli: tutti uniti da un comune e purtroppo avverso destino sui fondali meridionali e centrali dell'Adriatico (sponda croata). Negli ultimi mesi e anni si stanno verificando morie di queste tre specie che fino a non tanto tempo fa godevano di ottima salute, situazione che si è completamente capovolta, con l'eccezione delle acque quarnerine e istriane, dove il quadro è più che incoraggiante. Tomislav Saric, biologo del dipartimento di ecologia, agronomia e acquacoltura dell'Ateneo di Zara, è stato intervistato dalla Tv pubblica, rilevando che le pinne nobili o nacchere vengono mortalmente aggredite dall'Haplosporidium pinnae. Si tratta del microorganismo rinvenuto all'interno dei molluschi che, dopo averne colonizzato l'apparato digerente, distrugge le funzioni vitali del bivalve, specie endemica del Mediterraneo, che cresce fino a 120 centimetri di lunghezza e fin dal 1992 è tutelata in Croazia da legge molto severe. «Abbiamo un tasso di mortalità molto alto tra questi splendidi molluschi bivalvi, compreso tra il 90 e il 100 per cento - ha rilevato l'esperto - la nostra speranza è che il calo invernale della temperatura del mare possa arginare o fermare il fenomeno». Non è purtroppo così perché le notizie provenienti dai parchi naturali dell'isola di Lagosta e di Telascica (Isola Lunga) parlano di autentiche stragi, che non hanno risparmiato nemmeno un esemplare di pinna nobile. La stessa cosa avviene per la Spongia officinalis, da cui si ricavano le spugne da bagno. Anche in questo caso, i pescatori professionisti non possono fare altro che constatare i tanti esemplari senza vita, falcidiati probabilmente da qualche batterio o da parassiti. Devono essere gli esperti a stabilirlo, proponendo misure di risanamento nei confronti di una specie diventata tra i simboli della Croazia adriatica, tra i souvenir più apprezzati dai turisti. Che dire poi dell'Arca di Noé, noto altrimenti come mussolo, letteralmente sparito in vaste aree dei fondali dalmati, come ad esempio nell'isola di Brazza, dove non è possibile rinvenire neanche un esemplare. A detta dei biologi dell'Istituto spalatino di Oceanografia, ci sarebbe una specie di confine all'altezza di Zara, varcato il quale in direzione nord la situazione appare di gran lunga migliore. 

Andrea Marsanich

 

 

Tempeste di vento e terra che si riscalda Colpa del carbonio e dell'indifferenza

Se le emissioni di colpo si azzerassero ci vorrebbero almeno 45 anni prima di tornare ai livelli pre-industriali. Solo Greta e il Papa protestano

Uno spettro si aggira per il pianeta Terra, lo spettro del cambiamento climatico, ma nessuna delle potenze del vecchio mondo sembra aver compreso quanto grave possa già essere la situazione. E le persone illuminate che lo hanno capito si rassicurano pensando che non sarà domani e si domandano perché dovrebbero fare qualcosa se neanche gli scienziati sono d'accordo. Iniziamo dalle conseguenze. Incendi smisurati hanno portato sull'orlo della fusione il terreno permanentemente ghiacciato della Siberia, compromesso la ricchezza dei viventi, sapiens e non, in Amazzonia, liberato ingenti quantità di anidride carbonica e spinto verso l'estinzione i marsupiali australiani (per non parlare delle vittime). Questi roghi sono stati certo favoriti dalla siccità e dall'abbassamento delle falde idriche. Temperature calde come mai in passato hanno interessato tutto il pianeta, da Parigi (+43°C, mai registrati prima) a Biarritz, da Torino all'Antartide (record di +18°C, più caldo che a Roma), mentre tempeste di vento a 200 km/h flagellano il Nord del mondo e l'Italia settentrionale. Secondo l'Università di Oxford, entro il 2030 (nei mesi estivi) non si riformerà più la grande banchisa del Polo Nord, passando i ghiacci artici da più di 11 a circa 4 milioni di km quadri dal 1980. E la fusione dei ghiacciai terrestri porterà a un innalzamento del livello medio dei mari calcolato fra 1 e 10 metri nei prossimi trent'anni. Perturbazioni meteorologiche a carattere violento stanno diventando più numerose, più frequenti e avvengono anche al di fuori delle regioni e delle stagioni tradizionali. Tutto questo dipende dal fatto che fa più caldo e che il sistema atmosferico deve evacuare maggiori quantità di energia termica e regolare contrasti termici sempre più profondi. Gli scienziati non sono affatto divisi sul cambiamento climatico: tutti gli specialisti del clima sostengono unanimemente che stiamo assistendo a un cambiamento climatico anomalo e accelerato rispetto al passato. E che dipende dalle attività produttive dei sapiens. Se si calcolano le pubblicazioni scientifiche (unico terreno su cui si confrontano i ricercatori, che non hanno maggiore calibro se vengono intervistati dai media), si vede chiaramente che, su decine di migliaia di articoli pubblicati in riviste peer reviewed, solo alcuni non concordano sulle responsabilità degli uomini. Purtroppo l'audience di questa straminima minoranza (che in altre discipline neanche avremmo considerato), è amplificato da alcune personalità autorevoli e da una gran massa di siti e articoli (non scientifici) prezzolati dalle compagnie petrolifere. È curioso, però, che anche scienziati esperti in altre discipline discettino allegramente del ruolo del Sole o neghino il riscaldamento rilasciando interviste, non, invece, scrivendo articoli sulle riviste scientifiche che potrebbero certificare il loro dissenso. Il clima della Terra può variare solo per cinque motivi: irregolarità dell'orbita terrestre (che spiega le grandi glaciazioni del Quaternario), correnti oceaniche (che riscaldano, per esempio, maggiormente la Scandinavia), posizione dei continenti (il nostro emisfero ha più continenti e perciò è più freddo di quello australe), Sole (se è più caldo o più freddo) e presenza di carbonio in atmosfera. Ma possiamo considerare attualmente irrilevanti i primi quattro motivi, in quanto cambiano molto lentamente e addirittura perché il Sole raramente è stato così freddo. Rimane solo un motivo che può cambiare il clima sulla Terra oggi, ed è il carbonio in atmosfera. Ed è anche l'unico su cui i sapiens possono intervenire, non potendo certo influire sugli altri. Nonostante ci siano cicli naturali del carbonio che muovono 770 miliardi di tonnellate di CO2, il contributo degli uomini è significativo (30-40) e, soprattutto, interviene su sistemi all'equilibrio: la classica goccia che fa traboccare il vaso. La logica rafforza i numeri degli specialisti del clima. Bisogna sempre distinguere il tempo dal clima, ma ormai gli eventi meteorologici si ripetono così frequentemente da diventare climatici. Ed è inutile pensare che anche nel passato il clima cambiava: certo, ma solo alcune regioni alla volta e più lentamente. Oggi il cambiamento è globale e avviene in maniera più accelerata del passato, tanto che ogni anno che passa è ormai più caldo di quello precedente. Inoltre le previsioni delle tendenze climatiche di 15 o 10 anni fa si sono rilevate esatte, segno che i modelli fisici e matematici utilizzati erano corretti. Va poi rilevato che non stiamo soffrendo di tutto il potenziale negativo del cambiamento climatico, che è ancora di là da venire: il carbonio persiste in atmosfera per cento anni, dunque quello riversato in passato è ancora largamente attivo. Se oggi potessimo azzerare istantaneamente tutte le combustioni degli uomini e tutto quello che non è energia rinnovabile si fermasse, ci vorrebbero 45 anni perché la CO2 tornasse ai livelli pre-industriali (cioè attorno alle 350 ppm, oggi siamo a 415). Come a dire che la temperatura media continuerebbe ancora a salire per decenni prima di tornare al livello di oggi, perché l'inerzia dell'atmosfera è considerevole. Dunque il famigerato punto di non ritorno (il tip-point) rischiamo di vederlo negli specchietti retrovisori, lanciati a tutta velocità verso uno schianto che non procurerà alcun fastidio al pianeta, ma ai sapiens e ai viventi sì, riducendo drasticamente il nostro benessere e portando alla morte e alla migrazione forzata gli uomini della parte povera del pianeta. È davvero avvilente constatare che solo una ragazzina e un uomo vestito di bianco amplifichino le preoccupazioni degli scienziati, mentre tutti gli altri fanno finta di niente. 

MARIO TOZZI

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 11 febbraio 2020

 

 

«Una palestra di arrampicata al Gasometro del Broletto»

Il project financing da cinque milioni di euro presentato a Comune e Regione ipotizza un impianto all'avanguardia sui modelli di Stoccolma, Londra e Zurigo

Scalare il Gasometro del Broletto. È l'impresa verticale che si pone lo studio di Project financing della società Iblarei srl con un investimento stimato di cinque milioni di euro (2,5 pubblici e 2,5 privati). Il progetto è stato già presentato al Comune e alla Regione. «Ci è arrivata la proposta di una scuola di arrampicata», aveva confermato l'assessore Lorenzo Giorgi illustrando di recente l'iniziativa di aprire il Gasometro ad alcuni eventi (discoteca e concerto) per attrarre dei possibili investitori. In realtà un piano pubblico-privato di riutilizzo dello straordinario contenitore del Broletto abbandonato da decenni c'è già. Si tratta del "Gasometro Trieste Climbing" che vorrebbe trasformare lo storico edificio industriale nella sede di una palestra d'arrampicata sportiva d'avanguardia.«Quella pensata è una struttura sportiva senza eguali nel raggio di 260 chilometri, paragonabile in Europa solo ad altri tre casi di recupero di siti industriali, riqualificati appunto come impianti sportivi per l'arrampicata: Stoccolma (edificio industriale motori diesel), Londra (stazione di pompaggio acque) e Zurigo (gasometro)», illustra Alberto Ieralla, triestino, 53 anni, laureato in Economia e commercio, alpinista per passione, presidente del Collegio delle Guide alpine e titolare proprio della società Iblarei, proprietaria del progetto. Il Gasometro triestino ha un diametro di 42 metri, è alto 35 metri al centro e 20 metri alla spalla. La struttura interna per l'arrampicata - stando al progetto - sarà totalmente autoportante e quindi senza impatto sull'edificio storico, vincolato dalla Soprintendenza. Il piano economico del progetto "Gasometro Trieste Climbing" prevede 2,3 milioni per gli interventi di recupero e 2,5 milioni per la realizzazione dell'impianto sportivo. I muri interni d'arrampicata saranno alti tra i 13 e i 20 metri, omologabili anche agli standard delle gare olimpiche (visto che l'arrampicata sportiva è diventato una specialità a cinque cerchi). Si tratterebbe insomma di un'assoluta rarità nell'offerta italiana ed europea delle palestre di arrampicata sportiva. La palestra, che prevede anche l'impiego a tempo pieno di otto persone, potrebbe essere utilizzata anche dal Soccorso alpino e dai Vigili del fuoco per le esercitazioni di routine. Oltre ai muri per l'arrampicata (adatti alle discipline specialistiche "lead", "speed", "boulder"), gli spogliatoi e i locali di servizio per la palestra, il "Gasometro Trieste Climbing" conterrà bar, ristorante, negozi e aree dedicate ad altre attività come la "Fitness e Yoga room", il Centro wellness con spa e sauna.«Al di là delle attività indoor, certo fondamentali a soddisfare le esigenze del turismo sportivo anche nei mesi invernali - aggiunge il promotore Ieralla - sarà importante il ruolo che il nuovo Gasometro fungerà nel contesto cittadino: diventerà cioè un centro di riferimento per le attività outdoor, e un punto di partenza per arrampicate in falesia, escursioni, trekking a piedi e in bici. Per questo nel progetto è previsto un noleggio mountain bike». Del resto l'arrampicata a Trieste, che vanta una lunga tradizione di grandi nomi dell'alpinismo, è praticata nelle falesie della Costiera e del Carso, a Sistiana, sulla Napoleonica e in Val Rosandra. A Trieste arrivano "climber" provenienti dal Triveneto, dalla Lombardia, dal Piemonte e dal Centro Italia, oltre che da Slovenia, Croazia, Austria e Germania. Non mancano poi gli arrampicatori locali, che sono un numero tutt'altro che irrilevante: oltre ottomila, grazie alle due sezioni del Cai (seimila iscritti) e alle associazioni di arrampicata sportiva. Il numero dei "climber" è in crescita anche grazie all'aumento della pratica agonistica dell'arrampicata sportiva, divenuta come si diceva sport olimpico: in dieci anni la Federazione ha registrato un più 400% di iscrizioni con l'ingresso nel Coni. L'idea del "GasometroTrieste Climbing" è nata nella fucina dell'Università di Trieste nell'ambito del Protocollo d'intesa con il Comune che aveva affidato allo studente magistrale del Dipartimento di Scienze economiche Alberto Benericetti il compito di pensare a un progetto di recupero e valorizzazione del Gasometro del Broletto, che includesse anche un piano di fattibilità. Benericetti, sotto la guida del professor Giorgio Valentinuz, ha realizzato il progetto per conto dell'associazione di arrampicata sportiva "Mano Aperta".La società Iblarei, che ha acquisito il progetto, è già in contatto con partner internazionali ed è alla ricerca di soci per sostenere la realizzazione della palestra d'arrampicata al Gasometro del Broletto. Il piano finanziario prevede una concessione di 32 anni. Spetta ora al Comune dare una risposta pronunciando il fatidico "sisespol", ovvero l'hashtag preferito dell'assessore Giorgi, che riuscirebbe così a piantare la bandierina sul tetto del Gasometro. Un'impresa che non è ancora riuscita a nessuno.-

Fabio Dorigo

 

Il risiko immobiliare giocato su tre tavoli tra il Comune e la Cdp

L'ex caserma di via Rossetti, l'area di Campo Marzio, l'ex Manifattura Tabacchi: gli incastri tra campus scolastici e mercati all'ingrosso

Il triangolo no, nel 1978 Renato Zero non lo aveva considerato. Ma sono trascorsi da allora 42 anni e il Comune triestino lo ha preso in considerazione, in modo del tutto innocente. Un casto triangolo, o meglio una triangolazione, che ha come partner Cassa depositi e prestiti (Cdp), con cui da qualche anno il Municipio discute di importanti affari immobiliari senza però aver finora quagliato. Allora, tre le carte sul tavolo verde del business: l'ex caserma Vittorio Emanuele III in via Rossetti, l'area del Mercato ortofrutticolo in Campo Marzio, l'ex Manifattura Tabacchi vicino al Canale navigabile. Partite distinte ma connesse o meglio connettibili, come argomenta l'assessore all'immobiliare Lorenzo Giorgi, che illustra alcuni passaggi del risiko.Tutto parte dall'ex caserma in via Rossetti, un vastissimo compendio da 50.000 metri quadrati lordi, proprietà di Cdp che la stima 17 milioni di euro. Un anno fa si parlava di uno scambio con palazzo Carciotti, ma il negoziato non si è chiuso a causa delle quotazioni non coincidenti. Il Municipio è attratto dall'ex struttura militare perché è intenzionato a realizzare al suo interno un campus scolastico, che privilegerebbe l'insediamento delle succursali e degli istituti attualmente acquartierati negli edifici più fatiscenti. Gli stabili sono inseriti nel perimetro di via Rossetti, via Mameli, via Angeli, via Revoltella. Vengono considerati in discreto stato conservativo, di agevole trasformazione in chiave scolastica senza bisogno di stanziamenti troppo onerosi. Cdp sembra incline ad affittare, più che a vendere e si parla di una locazione annua attorno agli 800.000 euro, cifra ritenuta decisamente elevata dal Comune. E comunque, qualora si dovesse passare all'acquisto, largo Granatieri non intende prescindere dal diffalco dell'affitto versato. Qui passiamo alla seconda parte della triangolazione. Perché il Comune potrebbe considerare uno scambio con Campo Marzio, dove funziona l'ingrosso dell'ortofrutta: ma il valore di Campo Marzio ammonta ufficialmente a 26 milioni di euro, indicazione giudicata anch'essa fuori mercato. Quindi, l'operazione Rossetti-Campo Marzio deve essere calibrata onde evitare evidenti sperequazioni valutative. Terzo tassello: se Cdp accetta di intervenire su Campo Marzio con un importante investimento immobiliare, è lapalissiano che debba avere la disponibilità del terreno. In una città appassionata di storia come Trieste, il passato tende a non passare: rispunta l'ipotesi dell'ex Manifattura Tabacchi, proprietà di Fintecna, nella stiva di Cdp. Che potrebbe addirittura ospitare anche il Mercato ittico (oggi in affitto dell'Autorità portuale all'ex Gaslini), consentendo in questa maniera di risolvere due problemi con una sola mossa. E l'ex Duke, comprata per 1,2 milioni dall'Ezit in liquidazione allo scopo di accogliere l'ortofrutta? Andrebbe sul mercato. Quello immobiliare.

Massimo Greco

 

 

Muggia capitale del cicloturismo - Presenze su del 12% ma è mordi-e-fuggi

La cittadina rivierasca meta "slow" gradita da viaggiatori provenienti da tutto il mondo

È ancora boom per il cicloturismo a Muggia. I numeri di stima dei flussi del turismo in bicicletta sul territorio rivierasco nel 2019, forniti da Fabrizio Masi, fondatore di Viaggiare Slow, sono inequivocabili: rispetto al 2018 i cicloturisti sono aumentati del 12%. I dati sono stati raccolti rilevando fonti multiple: soggiorni registrati da PromoTurismo Fvg, tour operator italiani e stranieri, accessi all'Info-bike point di piazza Caliterna e i contatti ricevuti attraverso i canali Facebook e web www.viaggiareslow.it, www.viaggiarefree.it e www.parenzana.it. I numeri dei tour operator - tra i quali FunActive, GiroLibero, Jonas, Helia, Die Landpartie, e altre agenzie - sommati a escursionisti autonomi e gruppi nazionali e internazionali portano le cifre totali dei turisti in bici ad attestarsi (probabilmente per difetto) tra i 16.800 e i 17 mila all'anno, con un aumento complessivo tra il 12 e il 13% rispetto ai valori del 2018. Piuttosto chiare le direzioni: il 65% si muove in direzione Parenzana, il 30% lungo la costa in direzione Capodistria, il restante 5% seguendo altri itinerari. Altro dato interessante riguarda la crescita delle agenzie: ad oggi più di 15 tour operator nazionali e internazionali propongono nel loro catalogo viaggi con transito (alcuni con pernottamento) nel comune di Muggia. Un numero in aumento rispetto agli 11 del 2018. Ma da dove arrivano i cicloturisti? Il 35% dall'Italia, così ripartiti: 40% Triveneto, 15% Lombardia, 15% Emilia Romagna e il restante 30% da altre regioni italiane tra le quali spiccano Lazio, Piemonte, Toscana ed Umbria. Una grandissima fetta è data poi dai paesi germanofoni con l'Austria al 25% e la Germania al 15%. Seguono i paesi slavofoni al 15% con particolare riguardo per Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia ma anche Russia. Seguono poi vari paesi sparsi tra i quali anche Australia, Usa e Canada. Rispetto al 2018 il flusso di turisti stranieri è cresciuto circa dell'8%. I mesi con i maggiori afflussi? Settembre, agosto, luglio, ottobre e giugno. L'unico dato negativo riguarda, come già accaduto negli anni scorsi, la percentuale di coloro che soggiornano più giorni sul territorio. Seppur in leggero aumento, a fermarsi a Muggia almeno una notte è solo il 20-25% dei cicloturisti, che poi si sposta verso l'Istria. La cittadina rimane, almeno per ora, punto di passaggio e non di sosta.

R.T.

 

 

"Investigatori" del mare con uno smartphone

Iniziativa lanciata dall'Ogs con una particolare App: basta fotografare meduse, noci di mare, tartarughe e delfini e inviarle agli esperti

Vuoi aiutare i ricercatori a conoscere meglio il nostro Adriatico? Scarica sul tuo cellulare l'applicazione avvistApp e partecipa alla maratona di avvistamenti di organismi marini promossa dall'Ogs. Partita ufficialmente la scorsa settimana, è una sorta di caccia al tesoro che consente ai cittadini di essere protagonisti della ricerca scientifica. Gli indizi da ricercare sono meduse, noci di mare, tartarughe e delfini: una volta individuato uno di questi organismi basta scattare una foto geolocalizzata con lo smartphone e tramite avvistApp inviare la segnalazione ai ricercatori, che potranno utilizzarla per una mappatura delle specie marine che popolano le nostre acque. «L'app è stata pensata in particolare per mappare la presenza delle noci di mare (Mnemiopsis leidyi), una specie aliena fortemente invasiva che da alcuni anni sta creando parecchi problemi in Adriatico - ha spiegato Valentina Tirelli dell'Ogs presentando il progetto nello spazio di Trieste Città della Conoscenza -. Le noci di mare sono organismi gelatinosi che a prima vista potrebbero essere scambiati per meduse. In realtà sono ctenofori, animali non urticanti ma pericolosi per l'ecosistema. Sono carnivori incredibilmente voraci, che si nutrono di zooplancton, uova e larve di pesce, sottraendo così cibo prezioso agli altri organismi marini. Questa specie è stata inserita tra le cento specie aliene invasive più pericolose, perché può vivere a salinità e temperature molto diverse e ha una straordinaria capacità riproduttiva: è un'ermafrodita in grado di produrre in una notte migliaia di uova». Si parla di "specie aliena" perché Mnemiopsis leidyi è originaria delle coste atlantiche delle Americhe ed è giunta in Adriatico con le acque di zavorra delle navi. E' un ospite indesiderato che ha già causato danni nel mar Nero e nel mar Caspio e dal 2016 sta provocando problemi ai pescatori nella laguna di Grado e di Marano. Per questo motivo la Regione ha finanziato all'Ogs uno studio sull'impatto di questi organismi nell'Adriatico, al quale con questa maratona possono contribuire anche i cittadini. Come ogni gara che si rispetti, anche la maratona avvistApp, che si concluderà il 10 maggio, mette in palio tre abbonamento alla rivista National Geographic. Le premiazioni avverranno il 24 maggio, in occasione della conferenza Encounters in Citizen Science 2020, l'evento internazionale dedicato alla scienza partecipata che quest'anno si terrà per la prima volta a Trieste.

Giulia Basso

 

470

Sono le segnalazioni validate dal 12 luglio, giorno in cui avvistApp è entrata in funzione, a oggi: ogni segnalazione della cittadinanza viene infatti verificata dai ricercatori. Nel 57 per cento dei casi la segnalazione ha riguardato una noce di mare: per i ricercatori queste indicazioni fornite capillarmente dai cittadini sono molto preziose, perché aumentano in maniera significa i dati a disposizione per studiare lo stato di salute del nostro mare.

 

 

Cambiamenti climatici

Alle 18, alla XXX Ottobre in via Battisti 22, Dario Gasparo terrà una video conferenza sul tema dei cambiamenti climatici, che preluderà all'escursione guidata di domenica sulla salita al Monte Kojnik, in Ciceria.

 

Domani - Gas, infrastrutture e clima

L'Accri, insieme a Cevi, Cvcs e Aiab, organizzano - nell'ambito del percorso formativo "Semi di giustizia" - l'intervento dal titolo "Gas, grandi infrastrutture e cambiamenti climatici: quali implicazioni e quali prospettive per un futuro giusto e sostenibile ?". Relatrice Elena Gerebizza dell'associazione Re:Common. L'incontro si terrà domani, al Caffè San Marco a Trieste, alle 18

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 10 febbraio 2020

 

 

AMBIENTE - Fra Croazia e Bosnia sale l'allarme per l'inquinamento dei grandi fiumi

Dalle 800 mila tonnellate di rifiuti che ogni anno finiscono nella Drina, ai livelli di antibiotici segnalati nel Danubio.

BELGRADO. Quelli più piccoli, gli impetuosi ruscelli e torrenti di montagna, sono da anni nel mirino di investitori spesso senza scrupoli, che li irreggimentano per creare piccole ma distruttive dighe da sfruttare poi per la produzione di energia elettrica. Ma anche quelli più conosciuti non stanno troppo bene. Sono i fiumi dei vicini Balcani, il cui stato di salute appare assai precario, tra controlli carenti, spazzatura scaricata illegalmente, scarichi selvaggi e scarsa attenzione da parte delle autorità. Attenzione che resta invece alta da parte di ambientalisti e media locali, che negli ultimi mesi hanno lanciato allarmi ricorrenti sui problemi che affliggono i "giganti" dell'acqua balcanici. L'ultimo in ordine di tempo è l'Sos lanciato dal portale Birn, che è andato ad analizzare la situazione della Sava, in Croazia, che pure appare uno dei corsi d'acqua meglio conservati e più puliti della regione. Ma anche le acque blu della Sava, in particolare in aree a ridosso di Zagabria, nasconderebbero pericoli seri, come «livelli allarmanti di due comuni antibiotici, la azitromicina e la eritromicina», ha sostenuto il portale citando analisi di un locale team di esperti dell'autorevole Istituto Rudjer Boskovic. La causa del problema, secondo Birn, andrebbe ricercata a Savski Marof, cittadina dove sorge uno degli impianti di produzione di uno tra i maggiori produttori di farmaci in Croazia. Il livello di antibiotici in certe parti del fiume sarebbe infatti così alto da essersi trasformato in una «incubatrice per microbi resistenti agli antibiotici, immuni alle sostanze che dovrebbero» teoricamente distruggerli e dunque rappresenterebbero una diretta «minaccia alla salute umana». «Inquinando l'ambiente con alti livelli di antibiotici, rischiamo di far emergere nuove forme di resistenza nei patogeni», l'allarmata denuncia dell'esperto di biomedicina Joakim Larsson.Ma non c'è solo la Sava. Anche il grande Danubio - che tocca Vienna, Budapest e Belgrado - è risultato essere il fiume europeo più contaminato da antibiotici, ha svelato uno studio dell'Università di York, pubblicato l'anno scorso, mentre le analisi preliminari in corso per il prossimo Joint Danube Survey, uno dei più approfonditi studi regolari sulla qualità delle acque del fiume, hanno denunciato alti livelli di escherichia coli in Romania, Bulgaria e Serbia. E proprio per quanto riguarda la Serbia la sorpresa è relativa: nei giorni scorsi, infatti, la capitale Belgrado - che scarica tutto nella Sava e nel Danubio - ha annunciato in pompa magna un investimento da 270 milioni di euro per iniziare a creare il suo primo impianto di trattamento delle acque reflue. Nel frattempo, da Belgrado si continueranno a riversare 190 milioni di metri cubi di acque sporche ogni anno nei due fiumi, secondo stime del locale ministero delle Infrastrutture. Anche in Bosnia la situazione è seria. Nei mesi scorsi avevano fatto scalpore le immagini di una vera e propria "isola" galleggiante di rifiuti in navigazione sulla verde Drina, con stime che dicono di 800 mila tonnellate di rifiuti che finiscono ogni anno nel corso d'acqua che attraversa Montenegro, Serbia e Bosnia. Rifiuti che arrivano anche dal Lim, nel sud della Serbia, affluente della Drina che sta vivendo problemi simili, e dove i media che hanno parlato in questi giorni di «fiume trasformato in canale di scolo» a causa delle 70 discariche presenti solo nell'area di Prijepolje. E lo stesso, secondo ambientalisti e giornali locali, avviene in Bosnia, a Tuzla e zone limitrofe, luoghi in cui polvere di carbone finisce nei corsi d'acqua locali. E poi nella Borska Reka, in Serbia, che si getta nel Danubio, ancora nella Sava, presso Belgrado, per gli scarichi di una mega-fabbrica cinese. E ancora il canale Vrbas-Becej e tanti, troppi altri, avvelenati da scarichi senza controlli, fognature senza depuratori. E colpevole distrazione da parte delle autorità. 

Stefano Giantin

 

Nasce il comitato Muggiambiente per la difesa di alberi e animali

MUGGIA L'ambiente, a Muggia, ha un nuovo alleato: si tratta del comitato Muggiambiente, nato dallo stimolo di un gruppo di cittadini - una settantina finora gli aderenti -, che hanno a cuore temi quali «la protezione della fauna ittica e selvatica, la tutela degli animali di affezione, l'inquinamento ambientale e acustico e la salvaguardia degli alberi».Come gruppo di cittadinanza attiva, il comitato non solo si pone come obiettivo quello di proporre soluzioni al Comune, ma intende anche «offrire il proprio contributo su base volontaria per la pulizia e l'abbellimento delle aree di arredo urbano, come aiuole e rotonde, giardini di quartiere con giochi per bambini, aree verdi scolastiche e per cani, panchine, etc» si legge nella nota di presentazione dell'iniziativa, firmata da Giuliana Corica, una delle socie fondatrici assieme a Nelly Cosulich.«Anche l'inquinamento acustico è un tema sensibile nella cittadina - continua la nota -. Le disposizioni comunali spesso non vengono osservate e sono comunque insufficienti: seghe e motori durante domeniche e feste comandate, l'abbandono riprovevole di cani per 12 ore e più con conseguente latrare delle povere bestiole, ad esempio, tolgono non solo il riposo, ma anche la concentrazione alla cittadinanza, che richiede nuove normative sull'emissione di rumori». Tra i temi più sentiti da Muggiambiente, ci sono quelli del «risanamento ambientale» e del «miglioramento della qualità dell'aria nella cittadina, realizzabili anche mediante la piantumazione di alberi che assorbano le polveri sottili - precisa la lettera -. Il taglio improvviso degli alberi secolari del Teatro Verdi, di via Mazzini e via D'Annunzio, ma anche quello indiscriminato da parte di privati, ha preoccupato i cittadini. Riteniamo indispensabile - si legge nella nota di intenti - l'assunzione da parte del Comune di personale e in particolare di ditte qualificate nella conoscenza e potature dei nostri alberi».A detta del comitato, «Muggia viene depauperata sistematicamente da decenni, con la sua cementificazione, delle sue alberature urbane e periurbane, ad opera di decisioni di precedenti amministrazioni, ma anche per la mancanza di un regolamento comunale che gestisca il verde pubblico e privato».Il comitato, contattabile sulla pagina Facebook "S.o.s. Muggiambiente", si impegna «a segnalare le problematiche che affioreranno nel corso dell'anno, con la richiesta che il Comune avvisi in tempo i cittadini sulle decisioni in tema abientale, per poter così confrontarsi». 

 

 

Servola - Manifestazione contro l'abbattimento di alberi

Il Circolo Miani organizza, oggi alle 18, al circolo Arci "Falisca" di via Soncini 191, una manifestazione contro l'abbattimento di alberi e il degrado di giardini e zone verdi a Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 9 febbraio 2020

 

 

Prende forma la nuova Terrazza a mare Taglio del nastro previsto a metà aprile

Quasi finite le parti strutturali dell'ex Voce della Luna che avrà uno staff di 15 persone e funzionerà dall'alba a notte fonda

Dopo quasi due anni di lavori è iniziato il conto alla rovescia per l'apertura di Tam, la nuova Terrazza a Mare sul lungomare di Barcola. La struttura ormai ha preso forma. L'inaugurazione è prevista subito dopo Pasqua. «Il progetto è stato portato a termine come da autorizzazioni: le parti strutturali sono terminate, manca il rivestimento delle facciate e alcune rifiniture interne», spiega Tazio Di Pretoro, direttore dei lavori dello studio Metroarea che ha disegnato la realtà che dalle macerie dell'ex Voce della Luna ridarà dignità a quell'area. «Entro un mese il cantiere sarà finito, così come l'arredamento interno, - precisa l'architetto - e poi resteranno disponibili alcune settimane per attrezzare il locale di quello che serve per renderlo operativo». Passando a Barcola, si notano i progressi del cantiere anche se mancano le rivestiture delle facciate e i lavori sembrano ancora in alto mare. Invece, basteranno poche settimane per notare un forte cambiamento e vedere trasformarsi in realtà quel progetto che, già dal rendering presentato in fase di gara, aveva incantato molti triestini. Rispetto al locale che sorgeva lì in precedenza, i lavori che hanno portato alla costruzione della nuova realtà sono intervenuti persino sulle fondamenta, rinforzando anche i piloni sui quali poggia la terrazza. La piattaforma esterna e i gradoni sono stati alzati rispetto alla struttura precedete per prevenire i danni provocati dalle mareggiate che negli ultimi anni stanno mettendo sempre più alla prova quel lungomare. Il mal tempo dello scorso dicembre ha rallentato i lavori sulla parte esterna, ma il cronoprogramma ormai sta giungendo alla fase finale. La data dell'inaugurazione non è stata ancora individuata. Indicativamente sarà a metà aprile. Giusto in tempo per consentire allo staff di effettuare un periodo di rodaggio prima che scoppi l'estate e il locale venga preso d'assalto non solo dagli amanti delle tintarella e dagli habitué di Barcola ma anche da chi, passando in viale Miramare, si fermerà per un caffè o un aperitivo. Senza contare che in quel contesto si potrà pranzare, cenare, organizzare eventi. Tam aprirà all'alba per chiudere a tarda notte: insomma, le porte chiuderanno solo per un paio d'ore, quelle utili a fare le pulizie e risistemare la struttura per un'altra giornata pieno ritmo. Tra il rinnovato locale della famiglia Maracich al posto del Befed, la nuova gestione più modaiola di Sticco e la prossima apertura di Tam, l'estate a Barcola si prospetta a pieno ritmo. Tornando alla nuova Terrazza a Mare che vede la gestione affidata a Il Pane Quotidiano, avrà uno staff di 15 persone, coordinate da un direttore. Le selezioni sono iniziate già mesi fa. «Abbiamo già individuato gran parte della squadra, - spiega Sabrina Kraus, responsabile del Il Pane Quotidiano -. Le figure che abbiamo scelto stanno già lavorando nelle nostre strutture, acquisendo l'esperienza e la formazione idonea a lavorare in quel tipo di locale, e appena Tam aprirà verranno trasferite lì». La ricerca del personale - che lavorerà ovviamente su più turni visto l'ampio orario di apertura e viste anche le diverse declinazioni della struttura -, lascia però ancora qualche posizione libera: «Stiamo cercando ancora un barman e un cameriere con buona esperienza, - specifica la responsabile - i candidati possono inviare il loro curriculum a risorseumane@ilpanequotidiano.com». 

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 8 febbraio 2020

 

 

Rotatoria davanti al cimitero e nuovi posteggi in via Fianona

Con il prossimo intervento nell'area verrà realizzato anche il nuovo market targato Cadoro al posto dell'ex centro meccanografico della Cassa di Risparmio

Una nuova rotatoria per semplificare l'accesso all'area parcheggio del cimitero di Sant'Anna e la riqualificazione della zona dell'ex Cadavere in via dell'Istria, dove - in quello che era il centro meccanografico della Cassa di Risparmio di Trieste - aprirà il nuovo supermercato di medie dimensioni della catena Cadoro. La data dell'inizio dei lavori è ancora incerta, a breve il Comune firmerà il contratto con la società Prelios sgr che gestisce la maxi struttura all'interno del Fondo patrimonio uffici. In realtà sarà solo un passaggio intermedio perché entro maggio la stessa Prelios concluderà la cessione dell'edificio alla Parfina srl, società di Quarto d'Altino proprietaria dei 23 supermercati della catena Cadoro. Oltre alla rotatoria in via dell'Istria verrà creato anche un nuovo parcheggio in via Fianona, dedicato ai cittadini che si recano al cimitero e con degli stalli pure per i motorini che oggi vengono lasciati in modo "creativo" davanti all'ingresso monumentale di Sant'Anna. «L'obiettivo - spiega l'assessore comunale all'Urbanistica Luisa Polli - è quello di migliorare i servizi ai cittadini a fronte di un consumo del suolo pari a zero. Con la rotatoria andremo a creare anche degli attraversamenti pedonali a raso perché il sottopassaggio, recentemente riqualificato, non può essere utilizzato da tutte le persone, in particolare dai più anziani. Il costo del cantiere è di 650 mila euro e solo una piccola parte sarà a carico del Comune. L'intervento ci consentirà anche di recuperare la zona dell'ex Cadavere che è a forte rischio degrado». Le spese del cantiere saranno per la maggior parte a carico della Parfina, che contemporaneamente procederà alla creazione del nuovo punto vendita (il primo della catena in città) di medie dimensioni, quindi con una superficie compresa tra i 100 e gli 800 metri quadrati, al posto dell'ex centro meccanografico della Cassa di Risparmio che verrà abbattuto. Il centro venne inaugurato tra il 1974 e il 1975 e fu poi dismesso all'inizio del 2000: da allora - racconta chi abita nelle vicinanze - spesso si vedono entrare e uscire persone e non si sa cosa succeda all'interno. L'edificio è in totale stato di abbandono e dentro vi sono alcune aree con presenza di amianto. Elisa Lodi, assessore ai Lavori pubblici, ricorda che «via dell'Istria è un asse viario di grande intensità di traffico e di attraversamenti e con questa opera andiamo a mettere in sicurezza la zona davanti al cimitero. Il vantaggio è che c'è una forte partecipazione del privato e stiamo concludendo un intervento con una procedura simile anche tra via Brigata Casale e Campanelle. Sono poi in fase di completamento la rotatoria di piazza Volontari Giuliani e quella tra le vie Marchesetti e Forlanini. Oltre agli interventi di manutenzione su strade e marciapiedi, andiamo quindi a realizzare opere che possano garantire maggiore sicurezza per pedoni e mezzi che percorrono le strade». -

Andrea Pierini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 febbraio 2020

 

 

Nasce la cabina di regia sullo stop all'area a caldo

Definita la road map in vista dello spegnimento di cokeria e altoforno Arvedi conferma la volontà di concludere le operazioni a metà marzo

Trieste. Fabio Scoccimarro, venerdì scorso, aveva chiesto al gruppo Arvedi il cronoprogramma della chiusura dell'area a caldo della Ferriera di Servola e la risposta è arrivata ieri. I tempi sono quelli annunciati: le operazioni partiranno entro fine febbraio e si chiuderanno verosimilmente tra la seconda e la terza settimana di marzo. Un lavoro dunque lungo circa una ventina di giorni, durante i quali sarà attiva una cabina di regia composta da Siderurgica triestina, Regione con l'assessorato all'Ambiente, Arpa, Vigili del fuoco e Azienda sanitaria. I passi definitivi verso la "fermata" erano stati resi noti proprio nella riunione della scorsa settimana in cui la proprietà informò di avere ordinato i componenti tecnici e gli impianti necessari ad avviare le procedure di disattivazione di cokeria, agglomerato, altoforno e macchina a colare. Ma l'assessore regionale all'Ambiente aveva insistito in merito alle tempistiche. Ed è stato ascoltato. «Dopo il tavolo convocato in assessorato e la lettera formale con cui si chiedeva alla società il cronoprogramma della "fermata" dell'area a caldo della Ferriera - la precisazione di ieri -, Acciaierie Arvedi ha presentato la documentazione richiesta comunicando che le procedure cominceranno entro fine febbraio». L'iter è dunque sostanzialmente definito. Gli uffici dell'amministrazione, fa sapere ancora Scoccimarro, «valuteranno la documentazione e la prossima settimana, come promesso, convocherò una conferenza stampa per spiegare cosa sta per succedere nello stabilimento siderurgico e gli eventuali inconvenienti che potrebbe comportare lo spegnimento dei vari impianti, anche se va ricordato che la società si avvale di esperti che già nel 2014 hanno spento la cockeria di Piombino, mentre a Trieste questo non avviene da oltre vent'anni».Saranno gli stessi tecnici in passato alle dipendenze della toscana Lucchini a gestire il protocollo, a partire dallo stop alle fiamme del nastro trasportatore dell'agglomerato, cui seguirà la fermata della cokeria e infine dell'altoforno, che potrebbe arrivare alla disattivazione nella prima metà di marzo. Secondo l'Arpa non mancheranno gli sforamenti, che saranno misurati attraverso le centraline di monitoraggio di Servola. Gli ultimi macchinari a spegnersi saranno quelli dedicati alla depurazione delle acque e le caldaie che producono il vapore che dalla Ferriera verrà inviato alla vicina Linde Gas, per ottenere l'azoto necessario a tenere in pressione e dunque in sicurezza gli impianti. Le informazioni di dettaglio giunte ieri, osserva ancora Scoccimarro, «sono un ulteriore tassello che si aggiunge allo scambio di lettere di agosto con i massimi vertici del gruppo Arvedi che porterà Servola a un'industria finalmente ecosostenibile. Adesso tutte le energie della Regione si concentreranno sul controllo di questa fase delicata e alla tutela del livello occupazionale con il contributo di tutti gli enti coinvolti nell'Accordo di programma». La seconda fase sarà poi quella della dismissione, in vista della quale andrà peraltro deciso l'eventuale passaggio di proprietà dei terreni all'Autorità portuale, con conseguente bonifica in capo a un soggetto diverso, individuato dalle istituzioni pubbliche. 

 

 

Dai treni in Carso ai fanghi di Grado i rebus ambientali al tavolo romano

Trasferta nella capitale per Scoccimarro ma sfuma l'atteso faccia a faccia con il ministro Costa. Presenti solo funzionari

TRIESTE. È un Fabio Scoccimarro soddisfatto a metà quello che esce dal ministero dell'Ambiente. L'assessore triestino avrebbe voluto un faccia a faccia con il ministro Sergio Costa e invece, ieri a Roma, si è dovuto accontentare dei funzionari. Nemmeno tutti presenti quando si è trattato di entrare nel merito di questioni ambientali «cruciali» per il Friuli Venezia Giulia. L'assessorato aveva anticipato via posta elettronica i temi all'ordine del giorno. Otto argomenti, con proposte di «partecipazione attiva» della Regione in particolare su mercurio e amianto. Ma le risposte sono state in buona parte interlocutorie per l'assenza dei responsabili di settore. Al tavolo erano presenti il capo segreteria tecnica del ministro Tullio Berlenghi, il funzionario Carlo Percopo e la dirigente della Divisione III bonifiche e risanamento Luciana Distaso. «Ringrazio ministero e staff - commenta Scoccimarro a fine incontro - ma contavo di incontrare almeno un delegato del ministro». Il primo punto ha riguardato il Sito inquinato di interesse nazionale di Trieste, con l'assessore che ha annunciato una prossima proposta di deperimetrazione per procedere al nuovo Accordo di programma (con garanzia che le attività avviate continueranno a essere finanziate dallo Stato), un passo successivo alla bozza inviata nei mesi scorsi in cui si chiede di modificare l'Adp del 2012 tenendo conto dell'intervenuta liquidazione dell'Ezit e della soppressione della Provincia. Preso atto che pure sul Sin Caffaro di Torviscosa prosegue il confronto sull'iter (Distaso ha assicurato «attenzione»), l'assessore ha quindi aperto la partita del mercurio. Troppo alte le concentrazioni, conseguenza dell'attività estrattiva della miniera slovena di Idrija, nel bacino idrografico dell'Isonzo. Precisato, in tema di dragaggi, di non avere avuto ulteriori informazioni dal ministero dopo quanto riscontrato a ottobre dalla Direzione Ambiente, Scoccimarro ha ufficializzato quindi il passo avanti della Regione che si offre come leader di un tavolo tecnico interregionale (la contaminazione da mercurio interessa anche Lazio, Toscana e Umbria) che, insieme alle Arpa, possa condividere con Roma un modello di gestione e una modifica normativa che estenda al mercurio le procedure previste per l'inquinamento diffuso. «Avremo un ruolo di primo piano - si sente di garantire Scoccimarro - nel contribuire a una nuova norma sui valori di fondo in modo da risolvere il nodo della gestione dei fanghi di Grado». Sul resto si è però proceduto quasi a una voce sola, con la Regione che ha ripetuto quanto già comunicato. Dallo scambio di osservazioni sulla bozza di Accordo di programma di fine dicembre sulla Ferriera si è passati alla questione della rimozione di amianto da scuole e ospedali, con Scoccimarro che ha denunciato come «del tutto insufficiente» l'assegnazione al Fvg di tre milioni statali (su un riparto nazionale di 385 milioni) in una regione in cui, basti pensare a Monfalcone, si riscontra una mortalità tra le più alte d'Europa. Anche su questo il Fvg avanza una proposta: prevedere un commissario regionale una volta raccolti i dati della mappatura dei droni. Insufficiente anche la risposta ministeriale sugli ultimi due punti. Questioni transfrontaliere su cui Roma si è limitata ad ascoltare. Scoccimarro ha comunque ricostruito l'iter del raddoppio della linea ferroviaria Divaccia-Capodistria, su cui la Regione ha espresso già nel 2013 parere non favorevole di compatibilità ambientale, trasferendo al ministero la preoccupazione per un'apertura dei cantieri che, nonostante il parere negativo anche della Commissione Via, sembra avvicinarsi. E ha infine citato le 135 mila tonnellate all'anno di rifiuti inceneriti nel cementificio Salonit di Anhovo, a una ventina di chilometri da Gorizia, con presumibile connessione con l'alta incidenza in zona del mesotelioma. L'Arpa Fvg, in forza di una convenzione con l'Arso (l'Agenzia ambientale slovena), ha chiesto così informazioni sullo stato delle autorizzazioni, nonché sui dettagli impiantistici, compresi i presidi ambientali e i monitoraggi effettuati. Casi aperti, avverte l'assessore, «che rischiano di compromettere la salute e l'ambiente della Val Rosandra e di Gorizia».

Marco Ballico

 

Duino, primo sì al Piano antenne. Ma è polemica

Il sindaco Pallotta: «Evitati gli impianti "selvaggi" ovunque». L'opposizione: «È mancato un confronto con la cittadinanza»

DUINO AURISINA. Approvazione con vivaci polemiche ieri mattina a Duino Aurisina, da parte della Commissione comunale Ambiente, del nuovo Regolamento locale per l'installazione di stazioni radio base per la telefonia mobile. Da un lato il sindaco Daniela Pallotta ha parlato di «un testo che sarà a tutela di tutti e inibirà l'installazione di antenne in ogni luogo, convergendo su luoghi previsti. Se non lo avessimo approvato il testo le società di telefonia avrebbero avuto campo libero». Un concetto, questo, sottolineato anche dalla presidente della Commissione Chiara Puntar, capogruppo di Forza Duino Aurisina, partito guida della coalizione cittadina di centrodestra: «Abbiamo ascoltato varie voci - ha ribadito - e confermato quanto già inserito nel documento visto e condiviso con l'opposizione».Dall'altra parte della barricata, però, si è registrata una dura critica, in particolare, della capogruppo di Rifondazione comunista Elena Legisa, che ha puntato il dito contro il metodo utilizzato dalla maggioranza per arrivare al Regolamento, che mercoledì approderà per l'approvazione definitiva in Consiglio comunale, dopo - per l'appunto - il passaggio di ieri in Commissione: «In un sistema democratico - ha sottolineato Legisa con forza - non si può approvare un Regolamento che riguarda tutti, in quanto la collocazione delle antenne si riflette sulla salute delle persone, senza prima averne discusso in un contesto aperto alla popolazione, in modo da mettere chiunque nella condizione di esporre le proprie ragioni. Avevo chiesto a suo tempo che si facesse precedere l'approvazione del Regolamento da una pubblica assemblea, per sentire il parere della gente, le osservazioni, le critiche, le proposte. Questo esecutivo invece - ha concluso Legisa - ha agito, come al solito, senza tenere conto dell'opinione dei cittadini». Le ha replicato la stessa Puntar, ricordando che la Commissione di ieri era «aperta a tutti» e che «comunque il Regolamento è suscettibile di modifiche». Una spiegazione che non ha certamente soddisfatto Legisa. Facile prevedere, a questo punto, una vivace discussione in aula prima del voto finale. Discussione alla quale non mancherà di fare sentire la sua voce Lorenzo Celic del M5s: «Anch'io avrei preferito un confronto preliminare con i cittadini - ha sostenuto il rappresentante pentastellato - e invece la maggioranza ha optato per un'altra soluzione. Modificare il Regolamento dopo la sua prima approvazione mi sembra alquanto difficile».-

Ugo Salvini

 

Ok all'adesione al Patto dei sindaci contro i gas serra

La Commissione Ambiente, ieri, ha detto sì anche all'adesione del Comune di Duino Aurisina al Piano d'azione per l'energia sostenibile (Paesc), il documento redatto dalle amministrazioni che sottoscrivono il cosiddetto Patto dei sindaci impegnando le singole municipalità a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di Co2. Il Patto dei sindaci è un'iniziativa sottoscritta dalle città europee che puntano per l'appunto ad abbattere la produzione di gas serra in scia ai dettami comunitari. «L'adesione del nostro Comune al Patto - così il sindaco Daniela Pallotta - costituisce un elemento di orgoglio, perché conferma la nostra volontà di dare un'impronta "green" al nostro territorio». Più critico Lorenzo Celic, dal M5s: «Non basta l'adesione del nostro piccolo Comune per garantire una politica a favore dell'ambiente- ha osservato il pentastellato - perché siamo circondati da aree fortemente industrializzate. È la Regione che deve intervenire in prima persona».

(u.sa.)

 

 

E' tempo di potature all'Aperitivo verde - oggi

Oggi alle 18, in via XX Ottobre 8/A, torna l'Aperitivo verde, un momento light dove incontrare persone accomunate dallo stesso interesse per il green. A ogni incontro c'è un ospite che in maniera molto leggera introdurrà un argomento di discussione. Oggi continueremo a parlare di orti in città e presenteremo le potature. Ormai la stagione è quella giusta, e possiamo cominciare a pensare alle potature delle nostre piante. Accompagnare un albero nel suo sviluppo di crescita richiede rispetto e ascolto. Anche tra membri dello stesso genere, c'è diversità di sviluppo e di messa a fiori. Il compito del potatore è di adeguarsi alle caratteristiche di ogni specie e di ogni varietà, sostiene l'organizzatrice Tiziana Cimolino. Verranno presentati gli eventi e i corsi specifici organizzati dalle associazioni e dalla cooperativa sociale Oltre i grembani per imparare a fare questa attività nel modo corretto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 febbraio 2020

 

 

Validatrici "hi tech" sugli autobus Il Tar ribalta la gara da 1,5 milioni

Consentiranno di pagare il biglietto con la carta di credito: accolto il ricorso della seconda classificata

Il Tar ribalta l'esito della gara da quasi un milione e mezzo di euro per le nuove macchinette emettitrici e validatrici "hi tech" da installare sugli autobus che daranno la possibilità di pagare il biglietto con carta di credito. Un passo avanti verso un'era in cui la validazione meccanica "classica" sarà solo un ricordo. Accolto il ricorso (avvocato Flavia Pozzolini) dell'azienda fiorentina Aep Ticketing Solutions, già fornitrice storica di Trieste Trasporti, presentato contro la Spa triestina e nei confronti della vincitrice della gara, la marchigiana Pluservice. Quest'ultima era risultata prima nella graduatoria con 85,88 punti, Aep seconda con 83,79. Il collegio giudicante presieduto da Oria Settesoldi ha sentenziato che Pluservice andava esclusa dalla gara e ha deciso l'annullamento del provvedimento di aggiudicazione, disponendo il subentro di Aep nell'appalto. L'offerta della vincitrice è stata ritenuta dal Tar, in parte, «artificiosa» e «fittizia». Scontata, a questo punto, la decisione di Pluservice di impugnare la sentenza, contestando il giudizio del Tar: nei prossimi mesi, dunque, secondo "round" davanti al Consiglio di Stato. Anche Pluservice è già partner di Trieste Trasporti: fornisce la piattaforma del nuovo servizio a chiamata. Il capitolato scomponeva la gara in varie voci e a essere contestata è l'offerta economica riguardante il costo annuale necessario a garantire per i cinque anni dell'appalto la sicurezza informatica delle nuove validatrici, aspetto molto importante visto che il software di funzionamento è collegato al circuito bancario e deve risultare impenetrabile. Per le voci "costo del canone annuale del Saas (il software ndr)" e "costo del canone annuale di manutenzione per i requisiti di sicurezza informatica", Pluservice aveva offerto 0,01 euro (un centesimo) mentre Aep aveva proposto rispettivamente 42.500 e 8.530 euro. Una differenza di 51 mila euro. Secondo il Tar «appare evidente - si legge nella sentenza - che un'offerta così congegnata dissimulava il vero intento di ottenere il massimo punteggio previsto per tali componenti dell'offerta economica (4 punti più 3 punti) e di conseguire, quindi, un decisivo vantaggio sulle altre concorrenti che sono state precipitate tutte, in virtù della formula matematica adottata dal capitolato speciale, a zero punti». Il fatto che «l'amministrazione abbia sottoposto, poi, l'offerta economica della controinteressata (Pluservice ndr) a verifica di anomalia e che essa si sia risolta favorevolmente - aggiunge la sentenza -, non sposta la censurabilità dell'offerta così congegnata, perché altro è la sostenibilità complessiva dell'offerta, altro è la sua formulazione artificiosa e fittizia che, oltretutto, rivela come la controinteressata non investirà alcunché in Saas e manutenzione per i requisiti di sicurezza informatica». Inevitabile che a fronte di questo giudizio "tranchant" Pluservice proceda col controricorso. Trieste Trasporti resta quindi in attesa del pronunciamento del tribunale amministrativo di secondo grado. «La differenza di circa 50 mila euro, su una fornitura che vale più di un milione, è irrisoria - rimarca il responsabile comunicazione Michele Scozzai -. La commissione di gara ha operato correttamente e che vinca un'azienda o l'altra per noi è del tutto indifferente: l'unica cosa davvero importante, per quanto ci riguarda, è far partire quanto prima il progetto di innovazione che permetterà, fra l'altro, l'acquisto di biglietti a bordo con carta di credito. Un minuto dopo che il Consiglio di Stato si sarà espresso, Trieste Trasporti farà partire il contratto».

Piero Tallandini

 

Scarica la app, paga e parti Il bike sharing in tre mosse

Successo immediato per il nuovo servizio di due ruote a noleggio. Il meccanismo è rapido ed economico. Unica pecca la difficoltà nell'estrarre i mezzi dai supporti

Il sole splende, il quadro meteo è clemente. È il giorno ideale insomma per testare e mettere alla prova BiTS, il nuovo servizio di bike sharing a stazioni fisse del Comune di Trieste, inaugurato ufficialmente da qualche giorno in diverse piazze del centro. il primo passo - La scelta cade sugli stalli di piazza Oberdan. Il primo passo è la registrazione. Il metodo più semplice è con lo smartphone. Si scarica la app gratuita e si inseriscono i propri dati e il numero della carta di credito, che servirà per la prima ricarica obbligatoria, di 3 euro. Chi vuole usare la tessera cartacea, deve richiederla invece online, su www.bicincitta.com, e arriverà a casa in pochi giorni, al costo della spedizione, pari sempre a tre euro. Per ogni noleggio i primi 30 minuti sono gratis. La schermata sul telefonino indica subito quante bici e quanti posti vuoti sono disponibili negli altri stalli del servizio e quanto distano pedalando. Un'indicazione utile, in particolare per i turisti che puntano a esplorare Trieste magari fermandosi in diverse tappe. la prova - È arrivata l'ora di staccare la bici dal supporto. Sempre sullo smartphone si sceglie il numero di uno dei vari stalli, che inizia a suonare. La colonnina emette prima alcuni "bip" lenti e poi più rapidi. È il segnale che la due ruote è pronta. A questo punto chi sceglie la card, dovrà posizionarla sopra la colonnina e le modalità saranno le stesse. L'operazione è molto semplice e richiede pochissimi minuti. Unica pecca, staccare la bici dalla colonnina si rivela un po' faticoso. Un ragazzo a poca distanza non riesce nell'intento. Ma è solo perché le attrezzature sono nuove. I mezzi A disposizione ci sono sia biciclette tradizionali sia quelle a pedalata assistita. Per un giretto nel centro cittadino basta quella classica, ma per chi prevede anche qualche salita più impegnativa, il supporto del modello elettrico si rivela fondamentale. Il tempo di regolare il sellino e sistemare la borsa nel cestino in dotazione, e si parte, lungo via Trento Ottobre, piazza Sant'Antonio, privilegiando le aree pedonali, scegliendo alle volte anche alcuni tratti di strada. Al passaggio della bici la gente si ferma e chiede se la novità funziona e le modalità di utilizzo. Anche alle fermate del bike sharing sono tanti i curiosi che osservano da vicino il cartello con le informazioni, leggendolo con attenzione, o guardano le bici. Il ritorno alla base - Dopo una ventina di minuti si torna alla base, in piazza Oberdan. La pedalata cittadina non costa praticamente nulla. Per consegnare la bici basta rimetterla a posto, semplicemente inserendola in una qualsiasi colonnina libera, attendendo i tre "bip" di conferma. Una ragazza lo sta facendo in modo agevole. «La prendo in piazza Hortis - spiega - e vengo qui in pochi minuti, lavoro in zona, è molto comodo, e l' ho fatto anche per uscire alla sera, anche non ce n'erano molte». Attenzione a controllare che la bici sia sempre fissata correttamente a fine utilizzo. Il segnale acustico confermerà il posizionamento giusto, a conclusione del noleggio. il traffico - Osservando anche gli altri punti presenti in città, il via vai di utenti è già molto vivace. Ieri a metà giornata molti mezzi erano in giro: nella stazione di piazza Hortis era disponibile una sola bici, quattro davanti alla Marittima, sei al Teatro romano, cinque alla stazione dei treni, tre vicino al Rossetti. Fate attenzione però se gli stalli sono occupati. È vietato lasciare le biciclette al di fuori delle ciclostazioni. Meglio quindi dare un'occhiata alla mappa sul telefonino, che in tempo reale indica quali sono i posti liberi. Ogni colonnina inoltre riporta una lucetta verde, che indica il funzionamento corretto della stazione e del mezzo inserito. In caso contrario si accenderà una spia rossa. Gli utenti Il servizio è riservato ai maggiorenni, farà fede la data di nascita obbligatoria in fase di registrazione. Le bici sono a disposizione 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Per qualsiasi informazione aggiuntiva o per eventuali problemi da segnalare, sono a disposizione alcuni numeri, per telefonare o per scrivere un messaggio via whatsapp. Chiamando quello esposto sui cartelli accanto alla bici, la risposta è immediata e chiara. E sui social arrivano anche i primi commenti dei triestini che si sono spostati in città pedalando. Alcuni sottolineano come sia già necessario potenziare BiTS breve, mettendo a disposizione ulteriori bici e creando, vista l' immediata risposta positiva da parte di triestini e turisti, nuove postazioni anche in altre parti della città come la zona dell'Università, San Giovanni, Roiano e largo Barriera. 

Micol Brusaferro

 

Il cartello ingannevole sull'acquisto della card

Il cartello presente in ogni stazione indica che chi si vuole munire della card, può farlo acquistandola nelle rivendite autorizzate. In realtà l'unico modo per ordinarla è attraverso il sito di riferimento. Solo prenotandola lì sarà poi possibile riceverla a casa. La tessera infatti non viene venduta in città. La soluzione più veloce resta comunque l'app sullo smartphone.

 

«Passo importante ma ora si amplino le zone pedonali»

«Grazie al servizio di bike sharing, da oggi Trieste è una città un po' più europea». Così commenta l'avvio del progetto l'associazione di volontariato "ProgettiAmo Trieste", secondo cui «l'intervento è davvero significativo per la mobilità triestina, in particolare per il centro città, rivolto a cittadini e turisti. Questa azione risulterà ancora più incisiva se si procederà alla completa pedonalizzazione di via Trento, importante percorso di raccordo tra la stazione centrale e Piazza della Borsa. È già presente in questa via una pista ciclabile, ma l'attuale traffico ne rende difficile l'utilizzo da parte dei residenti e dei turisti».«Comunque guardiamo il bicchiere mezzo pieno - conclude l'associazione -: la mobilità triestina si avvia ad una nuova fase di sviluppo».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 febbraio 2020

 

 

Ferriera, dalla fine di febbraio cassa integrazione per 477

Il gruppo Arvedi ha scritto alla Regione chiedendo l'avvio della procedura Le perplessità di Rosolen per l'accelerazione senza Accordo di programma

Il gruppo Arvedi ha attivato le procedure per l'avvio della cassa integrazione per i lavoratori della Ferriera. I dipendenti coinvolti saranno 477 sul totale di 580: rimarranno esclusi i 66 operai interinali impiegati nel laminatoio fino a fine mese e che non potranno godere degli ammortizzatori sociali, mentre altre 37 unità resteranno in servizio full time per garantire i servizi di portineria e sorveglianza, ma anche una serie di attività tecniche e impiegatizie che dovranno continuare anche dopo lo spegnimento dell'area a caldo. Facendo seguito alla firma dell'accordo raggiunto con Fim, Uilm, Failms e Usb (firmato successivamente anche dalla Fiom), l'azienda ha inviato alla Regione la richiesta di avviare la procedura di «consultazione sindacale relativa alla richiesta di trattamento straordinario di integrazione salariale per riorganizzazione aziendale a seguito del processo di dismissione dell'area a caldo». La lettera parla di «un massimo di 477 lavoratori per un prevedibile periodo di 24 mesi con decorrenza presumibile dal 24 febbraio». La data non è dunque ancora sicura e non fornisce certezze rispetto all'avvio dello spegnimento dell'area a caldo. L'indicazione ad ogni modo tradisce l'ottimismo dell'azienda sulla possibilità di arrivare in meno di una ventina di giorni all'intesa con l'Autorità portuale sulla cessione dei terreni, cui le istituzioni hanno subordinato la firma dell'Accordo di programma, che potrebbe dunque essere sancito entro la fine del mese. Gli uffici della Regione decideranno stamattina la data dell'incontro per l'accordo sulla cassa fra sindacati e azienda, che l'assessorato al Lavoro sottoscriverà come previsto dalle norme. L'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen manifesta però tutti i suoi dubbi: «La Regione farà la propria parte, com'è ovvio, ma rimane la perplessità su un'accelerazione dei tempi che a questo punto non tiene conto delle indicazioni che potranno arrivare dall'Accordo di programma in merito a tutti i futuri asset di produzione». Rosolen avrebbe insomma preferito che le cose si mettessero in moto dopo la firma dell'Accordo di programma, per il quale mancano per ora nuove convocazioni a Roma. La cigs chiesta per la Ferriera serve infatti ad accompagnarne la riorganizzazione e non la chiusura: si basa dunque su un piano industriale che non è stato ancora sancito dal patto fra azienda e istituzioni, al cui interno verrà anche recepito l'accordo sindacale accettato con il 59% dei voti favorevoli da parte dei lavoratori. Dopo gli accordi intercorsi fra sindacati e proprietà, la cassa integrazione verrà maggiorata dall'azienda con 2,35 euro lordi all'ora. Un lavoratore a zero ore mensili potrebbe fruire di un'aggiunta di circa 400 euro lordi e arrivare a superare i 1.000 euro netti, che oltrepasserebbero i 1.300 per lavoratori che trascorreranno la riqualificazione metà in cassa e metà al lavoro, grazie alle rotazioni che l'azienda si è detta intenzionata ad assicurare ai dipendenti. A breve la Regione convocherà inoltre i lavoratori interinali dell'area a freddo, cui è stato nel frattempo prolungato il contratto fino alla fine di febbraio. La giunta Fedriga è infatti in procinto di avviare i colloqui nei Centri per l'impiego, in modo da stilare i profili dei lavoratori in scadenza e proporre loro percorsi di formazione e ricollocamento. 

Diego D'Amelio

 

I sindacati - La Uil garantisce: «Nessun addetto lasciato a zero ore»

«Non ci saranno lavoratori a zero ore, a meno di richieste volontarie». Lo spiega il segretario provinciale della Uilm Antonio Rodà, assicurando che «a tutti sarà garantito uno zoccolo minimo di lavoro per ridurre il disagio economico». Il sindacalista sposta poi l'attenzione sulla sicurezza: «Spero si arrivi al cronoprogramma di chiusura, perché i lavoratori segnalano il costante deterioramento degli impianti. Chiediamo al prefetto di coinvolgerci nei tavoli di monitoraggio». Thomas Trost, Rsu in quota Fiom, sottolinea che «la data del 24 non c'entra con le procedure di spegnimento, ma serve ad attivare la cassa prima dello spegnimento, che viene indicativamente previsto per metà marzo».

 

 

Discarica abusiva in via Peco, multe e denunce

La Polizia locale ha pizzicato quattro cittadini e i dipendenti di tre ditte edili mentre gettavano rifiuti. Sanzioni da 2.400 euro

Materiali di risulta abbandonati in mezzo alla natura. Siamo in via Peco, all'altezza della superstrada, a Borgo San Sergio. Una discarica a cielo aperto, una delle tante seminascoste dalla vegetazione. Diversi cittadini avevano segnalato di recente le mosse di alcuni "furbetti" che, senza rispettare le normative vigenti, depositavano in zona ogni genere di rifiuto. In base a queste segnalazioni, dopo attente e dettagliate indagini, il Nucleo di Polizia ambientale della Polizia locale è riuscito a risalire a sette soggetti, responsabili appunto di aver lasciato, proprio in quel punto, di tutto e di più: quattro sono risultati privati cittadini, cui sono state comminate multe per un totale di 2.400 euro. Avevano depositato svariati rifiuti provenienti dallo svuotamento di cantine e soffitte. Tre invece sono le ditte edili, i cui responsabili sono stati denunciati. I fatti contestati si riferiscono al mese di dicembre e ai primi giorni di quest'anno, quando gli agenti hanno eseguito una serie di controlli nella zona di via di Peco, piccola e nascosta stradina di campagna. I privati sono stati sanzionati ai sensi del Regolamento comunale per la gestione dei rifiuti urbani con un verbale di 600 euro ciascuno, con l'obbligo della rimozione a proprie spese di quanto abbandonato. Diversa sorte, come si è detto, per le tre ditte di ristrutturazione: la legge prevede infatti che lo smaltimento dei rifiuti da parte di una società debba essere effettuato da personale autorizzato e iscritto all'Albo nazionale gestori ambientali, e che i rifiuti vengano conferiti in centri specializzati riservati alle imprese. Un servizio che per le ditte edili che devono smaltire i rifiuti è a pagamento. Proprio per risparmiare, alcune aziende preferiscono così il fai-da-te, lasciando in giro per il Carso o in angoli riparati, di notte e di giorno, i rifiuti. Il Testo Unico dell'Ambiente del 2006 fa scattare la denuncia penale. Plaude all'intervento Giorgio Cecco di FareAmbiente: «Si tratta di una situazione cronica e segnalata da molto tempo. Ricordo molto bene l'intervento di sensibilizzazione con la pulizia effettuato dai nostri volontari insieme ai i consiglieri circoscrizionali nel 2017. Ora è importante continuare con i controlli e tenere alta l'attenzione qui e in altre zone». E a questo proposito la Polizia locale ha specificato che si adopererà attivamente per contrastare il fenomeno con adeguate risorse umane e mezzi tecnologici. Ieri infatti via Peco era nuovamente invasa da mattonelle, mobili, stendini e caldaie.-

Benedetta Moro

 

 

Tossine fuorilegge nei "pedoci" - Divieti a Sistiana e al Villaggio

Acido okadaico oltre i limiti: proibite la raccolta e la commercializzazione È il secondo stop dopo quello imposto a Muggia dalla presenza di idrocarburi

DUINO AURISINA. Scatta il divieto di raccolta, commercializzazione, trasformazione, conservazione e immissione al consumo dei molluschi bivalvi vivi estratti dalle acque delle zone di produzione di Sistiana (Ts 09) e Villaggio del Pescatore (Ts 11) fino a quando non risulteranno ripristinate le condizioni di idoneità biologica. Un nuovo stop ai "pedoci" delle acque triestine, dopo quello recente di Muggia, arriva ora dalla referente della Struttura complessa Igiene degli alimenti di origine animale dell'Azienda sanitaria Paola Devescovi. Visto il riscontro analitico ufficiale relativo alle zone di raccolta di Sistiana e del Villaggio del Pescatore, attraverso il riscontro dei dati del 30 gennaio, che evidenziano una positività quanto a presenza di biotossina algale liposolubile Dsp (Diarrethic shellfish poisoning) con un tenore di acido okadaico maggiore rispetto ai limiti di legge, e visto anche il preventivo fermo volontario per allerta ambientale emanato dalla Cogiumar il giorno seguente, sempre a causa della presenza superiore ai limiti di acido okadaico, l'Azienda sanitaria - appunto - ha ufficialmente sospeso in modo temporaneo e cautelativo raccolta, commercializzazione, trasformazione, conservazione e immissione al consumo dei molluschi bivalvi vivi estratti dalle acque delle due zone di produzione "incriminate" fino a quando non risultino ripristinate le condizioni di idoneità biologica. L'acido okadaico è una tossina che tende a concentrarsi principalmente nell'epatopancreas dei molluschi ed esercita i suoi effetti sugli esseri umani adulti provocando diarrea, nausea, vomito e dolore addominale. I sintomi iniziano a manifestarsi da 30 minuti fino ad alcune ore dopo l'ingestione di molluschi contaminati per scomparire spontaneamente nel giro di tre giorni. Per ora - dunque - saranno consentite esclusivamente le operazioni di gestione degli allevamenti fatte a bordo delle imbarcazioni. Inoltre i produttori interessati sono tenuti a mettere in atto le procedure di ritiro del prodotto raccolto e spedito a far data dal prelievo dei campioni (28 gennaio) e di trasmettere le apposite informazioni alla rete di commercializzazione ai fini dell'attivazione del sistema di allerta, fatta salva l'attivazione delle procedure di fermo volontario. Nel frattempo continua a vigere l'ordinanza parallela di divieto di raccolta, commercializzazione, trasformazione, conservazione e immissione al consumo dei molluschi bivalvi di Muggia in seguito allo sforamento delle concentrazioni di idrocarburi, benzo(a)pirene in particolare. Ancora ignote le cause che hanno portato alla scoperta di questa sostanza cancerogena nei "pedoci" muggesani.

Riccardo Tosques

 

Meduse, tartarughe e "noci" aliene - Con una app scatta il monitoraggio - domani la presentazione

Meduse, noci di mare e persino tartarughe e delfini... Vi è mai capitato di avvistarne uno? La prossima volta che vi succede e avete il cellulare sottomano, scattate una foto e inviala con avvistApp, la app gratuita per il monitoraggio marino. Aiuterete i ricercatori a conoscere meglio il mare, imparando allo stesso tempo cose nuove sugli organismi che vivono nel Mediterraneo e in particolare nell'Adriatico. Partecipando alla "Maratona avvistApp", da domani al 10 maggio potrete anche vincere un premio: in palio tre abbonamenti alla rivista National Geographic. La maratona di avvistamenti con avvistApp è un'iniziativa promossa dall'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale-Ogs che tiene conto del prezioso contributo dei cittadini nell'ampliare le conoscenze sul nostro mare. La maratona verrà inaugurata ufficialmente domani alle 18, allo spazio Trieste Città della conoscenza, con un intervento di Valentina Tirelli, ricercatrice dell'Ogs, che illustrerà il progetto e la app al pubblico. La maratona terminerà appunto il 10 maggio. Il 24 maggio, in occasione della conferenza Encounters in Citizen Science-Ecsa2020 che quest'anno si terrà a Trieste, verranno premiati i partecipanti che avranno inviato il maggior numero di segnalazioni. Uno dei focus di ricerca di Ogs in questo momento è per esempio il monitoraggio della presenza in Adriatico della noce di mare (Mnemiopsis leidyi). A prima vista la noce di mare potrebbe sembrare una medusa, ma in realtà non lo è. È uno ctenoforo e, sebbene non sia urticante, può rappresentare un serio problema per l'uomo e per l'ecosistema marino: è un vorace predatore di zooplancton e di uova e larve di pesce ed e è tra le 100 specie invasive più dannose al mondo. Dall'estate 2016 la noce di mare forma enormi sciami (bloom) anche in Nord Adriatico, creando serie difficoltà al settore della pesca nella laguna di Grado e Marano. I dati raccolti con la Maratona avvistApp serviranno anche a seguire l'invasione della noce di mare durante i mesi più freddi dell'anno, quando questo animale sembra (solo apparentemente) scomparire. Maggiori info su www.avvistapp.it, www.triesteconoscenza.it e www.inogs.it/it/content/noce-di-mare.

 

 

Rovigno, sospesi i lavori in porto per il "trasloco" delle pinne nobili

Dopo l'Sos del Centro di ricerche marine l'Autorità portuale ha istituito un team che ha prelevato la colonia a rischio per riposizionarla altrove

I lavori di costruzione del porticciolo comunale di San Pelagio in zona Valdibora, a Rovigno, hanno subito una brusca battuta d'arresto imposta dal Centro di ricerche marine dell'Istituto Ruggero Boscovich. Il motivo? C'era da salvare la ricca colonia di pinne nobili che rischiava di essere devastata dai macchinari utilizzati nelle operazioni in mare, spostandola fuori pericolo, in uno specchio di mare più tranquillo. L'Sos è stato raccolto dall'Autorità portuale il cui direttore Donald Schiozzi ha messo in piedi una task force per portare a termine l'operazione. Della squadra hanno fatto parte 25 sommozzatori del Club subacqueo "Rovigno", i vigili del fuoco e i dipendenti della stessa Autorità portuale. Il team ha prelevato con delicatezza dal fondale del bacino di San Pelagio, su un'area di circa 600 metri quadrati, circa 300 pinne nobili vecchie - hanno rilevato gli esperti esaminandone le dimensioni - di 40 e più anni, oltre ad altre più recenti. Le pinne nobili, riposte in cassette, sono state trasportate su un gommone nella baia di Val de Lesso per essere poi sistemate sul fondale, in un ambiente del tutto nuovo, "abitato" finora soltanto da qualche esemplare.Lungo la costa rovignese questi bivalvi, endemici del Mar Mediterraneo, sono ancora molto numerosi e non si avvertono nell'area segnali di spopolamento, a differenza di quanto accade nell'Adriatico meridionale e centrale dove risultano in via di estinzione. In Croazia le pinne nobili sono rigorosamente tutelate dalla legge, con forti sanzioni per chi infrange il divieto di estrarle dal mare.Salvata dunque la colonia, possono ora riprendere i lavori di costruzione del porticciolo, resosi necessario per fronteggiare la crescente domanda di ormeggi da parte dei residenti e che contribuirà ad alleggerire la pressione sul porto Andana, nel centro cittadino, dove le barche sono ormeggiate ora perfino in "quinta fila". La nuova struttura portuale si estenderà su 33.080 metri quadrati. Il progetto comprende la costruzione di una diga frangiflutti lunga 142 metri. --P.R.

 

 

Scuola Addobbati - Il Nobel Giorgi discute di clima con gli studenti

Venerdì nell'auditorium della scuola media Addobbati, il Nobel Filippo Giorgi parlerà di cambiamenti climatici ai ragazzi delle terze. Giorgi è il direttore della sezione di Scienze della Terra del Centro di fisica. Dal 2002 al 2008 è stato membro del Comitato esecutivo (dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), che nel 2007 ha vinto il Premio Nobel per la Pace.

 

Sbarca ad Aurisina il Patto dei sindaci Ue contro i gas serra - la commissione in agenda domani

DUINO AURISINA. Il Piano d'azione per l'energia sostenibile (Paesc) e il Regolamento per la distribuzione sul territorio dei ripetitori delle compagnie telefoniche. Sono questi gli argomenti di cui si discuterà domattina, nella sala del Consiglio del Municipio di Duino Aurisina, in sede di Commissione Ambiente. L'appuntamento è stato indetto dalla presidente della Commissione Chiara Puntar. «Il Paesc - spiega - è un documento redatto dai comuni che sottoscrivono il cosiddetto Patto dei sindaci, per dimostrare in che modo le singole amministrazioni comunali intendono raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di Co2. Il Patto dei sindaci - aggiunge la stessa Puntar - è un'iniziativa sottoscritta dalle città europee che si impegnano a dare una risposta agli obiettivi della politica energetica comunitaria in termini di riduzione, appunto, delle emissioni di Co2. L'amministrazione di Duino Aurisina vi ha già aderito - conclude la presidente della Commissione Ambiente - e domani ho invitato a partecipare anche alcuni ingegneri di Area Science Park per approfondire il tema». Il nuovo Patto dei sindaci integrato per l'energia e il clima era stato presentato dalla Commissione europea nel 2015 e i firmatari si erano impegnati ad agire per raggiungere, entro il 2030, l'obiettivo di ridurre del 40% le emissioni di gas serra e ad adottare un approccio condiviso. L'adesione al Patto rappresenta dunque, per gli enti locali, un'opportunità per ridurre le emissioni nel proprio territorio garantendo così una maggiore sostenibilità ambientale e cogliendo le opportunità economiche che ne derivano.

Ugo Salvini

 

Duino Aurisina - Arriva in aula il "no" al termovalorizzatore

DUINO. Sarà ancora battaglia sul termovalorizzatore del Lisert mercoledì prossimo, in occasione del Consiglio comunale a Duino Aurisina. Due consiglieri di opposizione, Lorenzo Celic (M5S) e Vladimiro Mervic (Lista per il golfo), hanno presentato una mozione nella quale chiedono al sindaco di impegnarsi «affinché si pongano in essere le modifiche necessarie alle proposte contenute nel Piano del porto di Monfalcone e nella Variante al Prgc di Monfalcone, con le quali prevedere esplicitamente l'impossibilità di realizzazione di nuove aree industriali, logistiche e portuali sulle attuali zone umide e sullo specchio acqueo del golfo». In sostanza, i due consiglieri ritengono che il Piano del porto e la Variante «incidano negativamente sul rispetto delle norme fondamentali di carattere ambientale».

U.S.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 4 febbraio 2020

 

 

Ferriera, al via il tavolo tecnico che seguirà lo spegnimento

Oggi la proprietà presenterà il piano in quattro fasi per la dismissione dell'area a caldo Sarà l'Arpa a coordinare tutti i controlli a Servola

Non c'è ancora una data certa e non esiste neppure un piano definitivo di dismissione. In ogni caso la chiusura dell'area a caldo della Ferriera di Servola dovrà avvenire in tutta sicurezza. Il tavolo tecnico per lo spegnimento dell'impianto siderurgico di Servola, chiesto dall'Azienda sanitaria, si è costituito ieri in Prefettura e si riunirà ogni settimana per monitorare ogni fase dell'operazione. Il prossimo incontro è stato già fissato per mercoledì 12 febbraio alle 16.Al vertice sulla sicurezza, convocato dal prefetto Valerio Valenti dopo gli appelli dei sindacati e i due incidenti registrati la scorsa settimana, erano presenti l'azienda, il Comune (con il sindaco Roberto Dipiazza), l'Arpa, i Vigili del fuoco e l'Azienda sanitaria. Oggi l'azienda, in mano ad Arvedi, illustrerà il piano con le quattro fasi delle procedure di disattivazione di cokeria, agglomerato, altoforno e macchina a colare. La fermata completa richiederà fra le tre e le quattro settimane, durante le quali sarà attivo il tavolo tecnico. «C'è piena disponibilità dell'azienda a collaborare con i vari soggetti preposti a monitorare queste fasi ovvero Vigili del fuoco, azienda sanitaria e Arpa», spiega il prefetto: «Il tavolo sarà gestito dall'Arpa che avrà il coordinamento tecnico degli accessi all'impianto di Servola. L'obiettivo è verificare che tutto si svolga secondo le procedure concordate. Non devono essere in alcun modo compromessi i livelli di sicurezza per i lavoratori».Alla Prefettura spetta il compito di comunicazione all'esterno delle verifiche effettuate nelle varie fasi . «Vogliamo garantire la massima trasparenza da qui fino alla data in cui verranno spenti definitivamente gli impianti», spiega Valenti. La data precisa non si conosce ancora. «È stata indicata dall'azienda tra la fine del mese e metà marzo», aggiunge il prefetto. Arvedi, comunque, ha comunicato che la produzione è già scesa al 70%. É stato anche affrontato il tema delle manutenzioni in relazione agli ultimi incidenti. «Va precisato che sono stati incidenti di modesta entità. In un caso si è trattato di un evento straordinario che sarebbe potuto accadere in un qualsiasi momento. Nell'altro caso invece c'è stata una certa negligenza. Non si può ascrivere a una carenza di manutenzione ordinaria. L'azienda tuttavia ha ammesso che in questa fase gli investimenti sono concentrati sulla fase di spegnimento e chiusura piuttosto che sulla manutenzione ordinaria, dando ragione a quanto sollevato dai sindacati». Soddisfazione anche dall'Azienda sanitaria. «È molto positivo che si sia costituito il tavolo tecnico», spiega Antonio Poggiana, direttore generale dell'Asugi: «Noi daremo tutto il supporto necessario per gestire l'attività di spegnimento nelle condizioni di massima sicurezza».

Fa.Do.

 

 

Piazza Libertà in via di restyling battezza il bike sharing triestino

Dipiazza, il vice Polidori e l'assessore Polli hanno inaugurato davanti alla Stazione ferroviaria la novità della "bici condivisa". Partenza a tariffe low cost per incentivarne l'utilizzo

Trieste ha il suo bike sharing. Il progetto della "bici in condivisione", iniziato nel 2012, ha visto la luce ieri a mezzogiorno in una piazza Libertà avvolta nella nebbia e assediata dai cantieri. Si chiama BiTs il sistema di bike sharing pubblico realizzato nell'ambito dei "Piani Integrati di Sviluppo Urbano Sostenibile - Pisus" per un valore 390 mila euro attraverso fondi messi a disposizione da Regione Friuli Venezia Giulia e Comune di Trieste. All'attesa partenza di fronte alla Stazione ferroviaria sono arrivati in molti. La prima pedalata è stata del sindaco Roberto Dipiazza, seguito a ruota dal vicesindaco Paolo Polidori e dall'assessore comunale al Territorio, Urbanistica e Ambiente Luisa Polli. A illustrare l'iniziativa è stato il direttore commerciale di BicinCittà Gianluca Pin: «L'obiettivo è quello di sviluppare una mobilità sostenibile, in grado di promuovere la cultura degli spostamenti a piedi e in bicicletta per contrastare l'inquinamento urbano e per offrire una servizio di mobilità green ai turisti che visitano la città». «Green» e «sostenibile» sono le parole chiave di BiTs.In questa prima fase del progetto sono dieci le stazioni attivate ubicate in punti strategici per la mobilità cittadina come appunto piazza Libertà (Stazione), piazza Oberdan, Teatro Romano, Stazione Marittima, piazza Hortis, Stazione Rogers, Barcola, Teatro Rossetti, via Cumano (musei), Park Bovedo. In questi punti sarà appunto possibile prelevare e depositare le biciclette. Trieste non arriva certo prima al traguardo della "bici condivisa". BiTs fa parte di BicinCittà, il più esteso network di bike sharing pubblico italiano presente in oltre 100 comuni. Gli utenti potranno usufruire dei servizi di BiTs tramite il sito web www.bicincitta.com e, soprattutto, attraverso la nuova App BicinCittà. Un'operazione semplice, ma prima bisognerà registrarsi, creare il proprio account e acquistare un abbonamento e utilizzare l'App stessa anche per prelevare e riconsegnare la bicicletta nelle diverse stazioni. In questa prima fase sperimentale pedalare con BiTs è estremamente conveniente: tutti i viaggi sotto i 30 minuti sono gratuiti e, per festeggiare l'avvio del nuovo servizio, fino al 30 giugno si potrà acquistare un abbonamento semestrale al prezzo simbolico di tre euro. «In un momento di cambiamenti nella mobilità cittadina, è con grande orgoglio e soddisfazione che diamo avvio al servizio di bike sharing nella città di Trieste», l'annuncio orgoglioso di Polli: «L'obiettivo di questa giunta è di incentivare al massimo l'utilizzo del bike sharing da parte dei cittadini, ma anche dei turisti, avvicinandoli così a una mobilità sostenibile e condivisa».Tocca poi al sindaco tessere l'elogio del bike sharing triestino con inevitabile coinvolgimento del vicino Porto vecchio: «Questa amministrazione comunale - così Dipiazza - è molto attenta al tema della mobilità nelle sue più differenti declinazioni. Relativamente alla mobilità in bicicletta tutti gli interventi che stiamo portando avanti in città tengono conto di questo sempre più diffuso mezzo di spostamento. La nuova viabilità in Porto Vecchio è probabilmente l'esempio più evidente. A tutto ciò si somma l'esponenziale crescita in termini turistici. Dovere di una buona amministrazione è anche quello di offrire sempre maggiori e migliori servizi a tutte le persone che vivono la città, avendo attenzione all'ambiente ed alla sicurezza. Questa nuova iniziativa di bike sharing va in questa direzione». Una direzione confermata dall'assessore che, a margine dell'inaugurazione, annuncia pure l'apertura di due nuove stazioni di bike sharing in funzione proprio dello sviluppo di Porto vecchio e dell'arrivo di Esof2020. «Da evidenziare ancora - conferma Polli - che, nell'ambito del progetto Civitas Portis, in particolare nella misura "Promoting soft mobility", il Comune di Trieste amplierà e migliorerà ancora il sistema di bike sharing attraverso l'installazione di ulteriori due ciclostazioni nelle aree del Porto vecchio, in prossimità del Polo espositivo museale, nell'area antistante i magazzini 27 e 28 e vicino alla rotatoria di accesso da viale Miramare, che sono già state autorizzate dalla Soprintendenza».Dalla "pedalata condivisa", insomma, non si torna indietro. «A giugno faremo un bilancio dell'iniziativa e apporteremo i correttivi» spiega il responsabile Pin. E probabilmente cambieranno anche le tariffe. Ma fino allora si potrà pedalare a spese del Comune. O quasi. 

Fabio Dorigo

 

Giro d'onore affidato al sindaco che "raggela" le piste ciclabili

Per il primo cittadino e la giunta le priorità sono altre: «Non è detto che servano tutti questi percorsi dedicati. Va affrontato anzitutto il problema sicurezza»

«Sono nato in bici». Matematico. Il sindaco Roberto Dipiazza non si tira indietro. E inforcata la bici a pedalata "muscolare" (non quella assisitia) del bike sharing di BiTs si fa due giri attorno al giardino di piazza Libertà doppiando il vicesindaco Paolo Polidori e l'assessore competente Luisa Polli. «Fantastico. Bellissimo». Il sindaco "nato in bici" non vuole però sentire parlare di piste ciclabili. «Tipo Campo Elisi», sbotta alla domanda piovuta il giorno dell'inaugurazione in una piazza Libertà che è ancora un cantiere. Il riferimento è alla ciclabile da 400 mila euro stoppata all'inizio del terzo mandato proprio da Dipiazza («Un progetto demenziale»). Come dire: lasciamo perdere. Le promesse ciclabili dell'attuale amministrazione sono in fase di profondo ripensamento. Il Pi-greco immaginato dal precedente assessore Elena Marchigiani per Trieste rischia di restare sulla carta, altro che costante matematica. «Non è detto che servano tutte queste piste ciclabili», abbozza a sua volta l'assessore Polli: «Vanno bene anche zone promiscue come è il marciapiede davanti alla Stazione. Stiamo valutando. Certo c'è un problema di sicurezza da affrontare». Una questione che sta a cuore anche al sindaco. «Sono troppi che girano senza luci la sera o che pedalano con le cuffiette. Tipo quelli che portano le pizze», aggiunge il sindaco con il pensiero rivolto ai rider. Eppure il programma ciclabile di Dipiazza era stato promosso a pieni voti all'associazione Fiab Ulisse. È arrivato il bike sharing a Trieste, insomma, ma le piste ciclabili possono attendere.

Fa.Do.

 

Capodistria, ecco i nuovi minibus elettrici

Iniziativa del Comune con Arriva Slovenia. Sui tre veicoli che girano lungo le vie del centro storico si sale gratuitamente

Capodistria. Ormai un po' dappertutto si stanno mettendo in atto provvedimenti mirati a limitare e, in prospettiva, a eliminare gradualmente il traffico nei centri cittadini, così da portare a una diminuzione le emissioni dei veicoli e dunque far scendere i livelli di smog. Misure utili anche a limitare l'inquinamento acustico originato dai motori a scoppio. Ebbene, l'amministrazione comunale di Capodistria guidata dal sindaco Ales Brzan si adegua al trend e introduce i minibus elettrici all'interno del perimetro storico. È un servizio messo gratuitamente a disposizione della cittadinanza, e che prelude all'obiettivo futuro di allontanare le auto dal centro storico e non solo: saranno sgombrate dai veicoli anche alcune aree adibite a parcheggio, così da offrire spazi da destinare a diverse fruizioni. I minibus saranno in servizio ogni giorno dalle 8 alle 18 con orario prolungato nel periodo estivo. Queste in sintesi le linee guida del progetto di mobilità sostenibile promosso dal Comune di Capodistria e denominato "Kurjerce", ossia "corrierine". L'iniziativa è stata illustrata in una conferenza stampa dal sindaco stesso, che ha spiegato come il progetto sia indirizzato principalmente a favore delle persone anziane o con problemi di mobilità. «Per salire sul bus - ha spiegato Raf Klinar dell'Ufficio dei servizi pubblici, affari economici, ambiente e traffico - basterà alzare la mano in qualsiasi punto del tragitto, che non sarà rigorosamente definito. Sarà inoltre possibile scaricare l'app Mok Mobi per vedere in tempo reale dove si trovano i minibus elettrici e, quindi, regolarsi di conseguenza» I minibus, che saranno complessivamente tre, viaggeranno alla velocità massima di 40 chilometri orari e potranno imbarcare sei passeggeri. Il loro costo è di 220 mila euro di cui 153 mila erogati dalle casse comunali e dal Fondo pubblico sloveno per l'ambiente e 53.500 stanziati nell'ambito del progetto Multi-e. (Multiple Trasnport Initiatives - Electric and Cng). Il sindaco ha infine annunciato altre iniziative sostenibili come un nuovo parcheggio ai margini del centro storico e l'introduzione delle biciclette elettriche a disposizione dei cittadini. La nuova acquisizione è stata inoltre accolta favorevolmente da Bo Erik Stig Karlsson, direttore e presidente del consiglio di amministrazione del gruppo Arriva Slovenia, che fornirà servizi di navetta in loco nell'ambito del servizio pubblico. «Nel 2018, con la creazione della prima linea di autobus elettrici in Slovenia, con la quale abbiamo collegato Koper e Zusterna - ha affermato il Ceo - abbiamo intrapreso un percorso di mobilità verde comune, che viene aggiornato oggi con veicoli elettrici più piccoli per il trasporto di passeggeri nel centro della città».

P.R.

 

 

 

Cnr-Ismar: «2019 caldissimo su tutte le Alpi Orientali»

Lo studio si riferisce al lavoro della stazione meteorologica del monte Canin che ha registrato le temperature a una quota di 2203 metri

Sulle Alpi Orientali il 2019 è stato, dopo il 2015, il secondo anno più caldo degli ultimi 168, confermando la tendenza a un rapido incremento delle temperature osservata negli ultimi tre decenni, con l'aumento di 1,5 °C dagli anni '80 a oggi. È quanto risulta da un report curato dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar Trieste) recentemente pubblicato dall'Unione meteorologica del Friuli Venezia Giulia (Umfvg) in collaborazione con il Parco naturale delle Prealpi Giulie. Lo studio si riferisce alle temperature registrate dalla stazione meteorologica del monte Canin, la più ad alta quota del Fvg (2203 m), dove proprio per l'alta quota i fenomeni di cambiamento climatico risultano amplificati, più intensi e rapidi. «Il 2019 è stato il secondo anno più caldo che si sia mai potuto registrare, perché la misura della temperatura a quote elevate nelle Alpi Orientali è iniziata nel 1851 - precisa Renato Colucci, ricercatore del Cnr-Ismar -. E se pensiamo che l'anno più caldo in assoluto è stato il 2015, ovvero che negli ultimi quattro anni abbiamo registrato le due annualità con temperature più elevate dal 1851, ciò dà un'indicazione molto chiara della rapidità del surriscaldamento climatico». Dai dati risulta che il mese di giugno 2019 è stato il più caldo in assoluto degli ultimi 168 anni e che ciascuna delle quattro stagioni è stata caratterizzata da temperature superiori alla media della serie temporale. «La stagione che più di tutte mostra i segni del cambiamento climatico sulle Alpi Orientali è l'estate: in questa stagione negli ultimi 30 anni la temperatura è aumentata a un tasso di circa +0,8°C ogni 10 anni, e per ora non si evidenziano segnali di interruzione di questo trend», spiega Colucci. La giornata del 26 giugno 2019, con una temperatura media di 19,6°C, è risultata inoltre la seconda più calda da quando esistono osservazioni giornaliere in quota nelle Alpi Giulie, cioè dal 1954. L'innalzamento delle temperature medie non è l'unico effetto del surriscaldamento globale: «Dai dati raccolti dall'Ufficio neve e valanghe del Fvg nella stazione del rifugio Gilberti (1850 m) nel dicembre 2019 c'è stato un innevamento record in alta quota, risultato delle sciroccate di novembre e dicembre, che invece a valle hanno portato piogge molto intense per settimane. Anche questo è un effetto del riscaldamento globale, che accentua l'intensità degli eventi meteo e porta la quota della neve sempre più in alto». E se ad alta quota gli effetti del Global Warming sono maggiori ciò non significa che non impattino anche sulle temperature registrate in pianura e sulla costa: «Fino ad alcuni decenni fa a Trieste una sciroccata invernale faceva piovere con circa 10-12°C, ora si sale anche a 16-17°C. E lo stesso vale per la bora: 30-50 anni fa un'ondata di freddo estremo con bora portava le temperature cittadine a precipitare a circa -8°C, negli ultimi anni invece difficilmente siamo scesi sotto i -5°», conclude Colucci.

 

Cambiamenti climatici e capacità di adattamento: Acegas entra a scuola

Al via oggi le iscrizioni a "Un pozzo di scienza" per le superiori. E intanto parte "La Grande Macchina del Mondo" per i più piccoli

La resilienza e l'importanza di sviluppare le proprie capacità di adattamento nei confronti dell'ambiente sono divenuti temi ormai centrali nel panorama internazionale in risposta ai cambiamenti climatici. I loro effetti sul territorio sono infatti sempre più evidenti, a cominciare, per citare qualche esempio tra quelli a noi più vicini, dal rischio idrogeologico. Ma un mondo resiliente non dipende dalle sole infrastrutture, è fondamentale anche creare una coscienza e una cultura diffusa, pronta al cambiamento, a partire dalle nuove generazioni. L'edizione 2020 di "Un pozzo di scienza" - l'offerta didattica gratuita del Gruppo Hera promossa da AcegasApsAmga e dedicata agli studenti delle superiori - è così dedicata proprio al tema della resilienza, e si presenta alle scuole con il titolo "Ri-Adattiamoci". Le iscrizioni per la sesta edizione consecutiva di "Un pozzo di scienza", informa AcegasApsAmga in un comunicato diffuso ieri, sono aperte da oggi fino al prossimo 23 febbraio."Un pozzo di scienza", si legge ancora nel comunicato, è una proposta educativa - realizzata da ComunicaMente, Tecnoscienza e Immaginario Scientifico insieme a un Comitato scientifico composto da professori universitari - che integra il percorso scolastico, fornendo strumenti aggiuntivi per le nuove generazioni, per permettere loro di comprendere l'ambiente che le circonda, e contemporaneamente creare soluzioni: la resilienza è anche questo, la capacità di riadattarsi, rigenerarsi - appunto - anche di fronte ad eventi traumatici. Una volta completate le iscrizioni e confermato il calendario, le attività nei territori si svolgeranno direttamente nelle scuole dal 30 marzo al 4 aprile. Quest'edizione vedrà un'ulteriore novità per coinvolgere le classi che prenderanno parte al progetto. Gli studenti potranno infatti dare il loro contributo alla diffusione del messaggio "#riadattiamoci", postando sul proprio canale Instagram uno scatto che racconti il tema della resilienza, utilizzando l'hashtag. Quello che si aggiudicherà più like permetterà a tutta la classe di aggiudicarsi la vittoria: più studenti parteciperanno, maggiori saranno le probabilità di vincita. Come iscriversi a "Un pozzo di scienza"? Da oggi gli insegnanti, dopo aver consultato il catalogo disponibile sul sito www.acegasapsamga.it/ scuola, potranno inoltrare ad AcegasApsAmga le richieste di partecipazione per le attività proposte. A Trieste intanto è al via pure la quinta edizione de "La Grande Macchina del Mondo", il programma gratuito di iniziative didattiche del Gruppo Hera promosso sempre da AcegasApsAmga e dedicato, in questo caso, all'educazione ambientale dei più piccoli: quest'anno sono quasi 2.200 i bambini coinvolti in oltre 40 scuole tra materne, elementari e medie. Oggi la prima scuola coinvolta sarà la materna "Pika Nogavicka" di San Dorligo, dove i bambini si immergeranno nell'atmosfera incantata del "Sognambolesco", lo spettacolo teatrale del progetto didattico.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 3 febbraio 2020

 

 

I volontari svuotano Castelreggio dai rifiuti

Una decina i grandi sacchi riempiti di immondizie, in particolare di plastica, al termine della pulizia della spiaggia

DUINO AURISINA. Una notevole quantità di retine di plastica normalmente utilizzate per la pesca dei mitili, mozziconi di sigarette a non finire, vari pezzi di polistirolo e plastica, bottiglie di vetro e barattoli di alluminio, qualche boa per le segnalazioni marittime. Sono queste le immondizie recuperate - sulla spiaggia di Castelreggio - dai volontari che hanno aderito, ieri mattina, all'iniziativa dell'organizzazione "Fareverde", denominata "Il mare d'inverno - C'è un mare di plastica di cui possiamo fare a meno", promossa in collaborazione con il Comune di Duino Aurisina e il locale Lions club. Complessivamente sono stati raccolti una decina di sacchi per l'asporto delle immondizie, sei dei quali pieni di materiali plastici, a conferma che sono proprio questi gli elementi che originano il maggiore inquinamento in mare, in quanto tendono a conservarsi molto a lungo. «Siamo soddisfatti - ha detto al termine della mattinata Francesco Greco, presidente di "Fareverde" - perché abbiamo visto che ci sono tante persone molto sensibili a questo tipo di tematiche. Lo scorso anno - ha ricordato - nell'ambito della stessa iniziativa la raccolta era stata più cospicua. Quest'anno il risultato è stato quantitativamente meno significativo in conseguenza del fatto che, non essendoci state molte mareggiate, i depositi sulla costa sono stati inferiori rispetto al consueto».«Questo però - ha continuato - non deve portarci a un calo di attenzione sul problema delle immondizie sulle spiagge e sui litorali. Il nostro obiettivo - ha concluso - non è una pulizia per preparare la costa all'arrivo dei bagnanti, ma per ricordare che il mare e le spiagge non esistono solo con l'arrivo della stagione balneare e subiscono l'inquinamento per 12 mesi l'anno, e che tale inquinamento è dovuto principalmente a cattivi comportamenti, che portano a lasciare rifiuti sulla battigia». Ad affiancarsi ai volontari ieri sono stati anche l'assessore regionale Fabio Scoccimarro, che ha ribadito «l'utilità di interventi di questa natura», e quello del Comune di Duino Aurisina Massimo Romita.«La nostra amministrazione - ha sottolineato Romita - è sempre attiva sul fronte della lotta all'inquinamento in tutte le sue forme». Hanno partecipato all'iniziativa anche il Lions club di Duino Aurisina, rappresentato nell'occasione dalla presidente Lidia Strain, e gli esponenti dell'Associazione Ajser 2000, della Consulta giovani del Comune di Duino Aurisina e dell'Associazione "Timava Medjavas".

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 2 febbraio 2020

 

 

Agricoltori del Carso contro il termovalorizzatore

L'associazione di categoria alla Regione: «L'impianto previsto al Lisert potenzialmente dannoso per l'ambiente circostante»

DUINO AURISINA. Anche gli agricoltori del Carso dicono "no" al progetto del termovalorizzatore del Lisert. Con una lettera firmata dal presidente dell'associazione di categoria Franc Fabec - inviata al Servizio Tutela dall'inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico della Direzione centrale Difesa dell'ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile della Regione - gli imprenditori locali del settore, che comprende viticoltori, coltivatori e proprietari di orti e vigneti, esprimono infatti le loro forti perplessità nei confronti del progetto della Nord Composites Italia. Quest'ultima ha infatti presentato alla Regione un'istanza per il rilascio del Provvedimento autorizzatorio unico regionale (Paur) per la realizzazione di un impianto di termovalorizzazione dei rifiuti liquidi prodotti sul posto. Subito c'è stata una levata di scudi da parte di numerosi soggetti, a cominciare del Gruppo "Salute a ambiente", al quale l'associazione Agricoltori si è affiancata. I rischi che riguardano più da vicino gli agricoltori del Carso sono individuati da Fabec nella «possibilità di sversamento di sostanze nocive al di fuori dell'ambito dell'impianto, laddove non si prevede la creazione di un sistema di difesa verso il mare o nel sottosuolo», e nel «coinvolgimento delle emissioni dell'impianto trasformato con le emissioni degli impianti limitrofi, specialmente nei picchi giornalieri e settimanali». In sostanza gli agricoltori del Carso temono l'inquinamento dell'aria e delle acque,e ribadiscono che «il progetto parte da un presupposto viziato, quello secondo il quale sarebbe un diritto di ciascun impianto produttivo poter eliminare, con impianti di combustione termovalorizzatori, i propri rifiuti di produzione. Tale principio - conclude il testo - è in contrasto con le norme di tutela ambientale e con il buon senso».Sul tema va registrata anche l'interrogazione presentata dal consigliere regionale dell'Unione slovena Igor Gabrovec all'assessore all'Ambiente della giunta Fedriga Fabio Scoccimarro. Lo stesso Gabrovec ha ricordato fra l'altro che «l'impianto sorgerebbe in un'area con bacini di captazione idrica». Scoccimarro ha risposto spiegando che l'iter è ancora in corso e che «saranno fatte tutte le verifiche del caso». Nella controreplica, Gabrovec ha chiesto all'amministrazione regionale di tener conto della «sommatoria delle azioni inquinanti presenti e future» e «dell'effetto saturazione che possono provocare".

Ugo Salvini

 

Stamani il raduno per la pulizia di Castelreggio

Appuntamento oggi alle 10, in baia a Sistiana, per i volontari che vogliono partecipare a "Vieni anche tu a pulire il mare d'inverno", iniziativa finalizzata a liberare la spiaggia di Castelreggio dai rifiuti e organizzata, d'intesa col Comune, da "Fare verde". «È il primo evento - così l'assessore Massimo Romita - del Segmento turistico sportivo "Mare Morje Sailing"».

(u.sa.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 1 febbraio 2020

 

Ferriera, definito l'iter dello stop - Altoforno spento a metà marzo

La dismissione di tutti gli impianti dell'area a caldo richiederà 3-4 settimane Per avviare le procedure si attendono i pezzi necessari, già ordinati da Arvedi

Il gruppo Arvedi ha ordinato i componenti tecnici e gli impianti necessari per l'avvio dello spegnimento dell'area a caldo della Ferriera. L'azienda ha spiegato che sarà l'arrivo di questo materiale a consentire nelle prossime settimane la partenza delle procedure di disattivazione di cokeria, agglomerato, altoforno e macchina a colare. La fermata richiederà fra le tre e le quattro settimane, durante le quali sarà attiva una cabina di regia composta da Siderurgica triestina, Regione, Arpa, Vigili del fuoco e Azienda sanitaria. Sono queste le informazioni emerse durante l'incontro presieduto ieri dall'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimaro. L'esponente della giunta Fedriga ha chiesto ai tecnici della Ferriera di presentare un cronoprogramma, che si dividerà nelle due fasi di fermata e di dismissione. La prima sarà gestita dall'azienda, ma per la seconda bisognerà capire se ci sarà il passaggio di proprietà dei terreni all'Autorità portuale, che significherebbe l'attuazione della bonifica da parte di un soggetto diverso, individuato dalle istituzioni pubbliche. La road map richiesta alla società consentirà agli uffici della Regione di apprestare la nuova Autorizzazione integrata ambientale, facendosi trovare pronti non appena verrà apposta la firma al nuovo Accordo di programma, che attende proprio l'esito della trattativa sui terreni fra l'ad Mario Caldonazzo e il presidente Zeno D'Agostino. Con il cronoprogramma in mano sarà possibile determinare aspetti amministrativi, tecnici e di comunicazione, che verranno gestiti dalla cabina di regia affidata alla Direzione centrale Ambiente. Scoccimarro ha chiesto ad Arvedi di evidenziare cosa lo spegnimento significherà in termini di emissioni: l'Arpa prevede sforamenti, che saranno misurati attraverso le centraline di monitoraggio di Servola. Il primo passaggio sarà lo stop alle fiamme del nastro trasportatore dell'agglomerato, seguirà la fermata della cokeria e si passerà infine all'altoforno, che potrebbe arrivare alla disattivazione nella prima metà di marzo. Gli ultimi macchinari a spegnersi saranno quelli dedicati alla depurazione delle acque e le caldaie che producono il vapore che dalla Ferriera verrà inviato alla vicina Linde Gas, per ottenere l'azoto necessario a tenere in pressione e dunque in sicurezza gli impianti. Il tutto sarà gestito dai tecnici di Arvedi, che sono stati in passato alle dipendenze dello stabilimento Lucchini di Piombino lavorando alle operazioni di fermata del 2014. In attesa dell'arrivo delle componenti impiantistiche aggiuntive, l'azienda ha precisato di voler consumare la maggior quantità possibile di materie prime: gli avanzi saranno invece venduti in modo da liberare il sito da carbone e minerali. «Dopo l'iter avviato quest'estate dalla Regione - dice Scoccimarro - il treno è partito con questi colloqui tecnici e andremo incontro allo spegnimento nelle prossime settimane: non giorni ma neppure mesi. Il gruppo Arvedi attende alcuni materiali e ha già in casa le professionalità necessarie. Alla fermata seguirà la bonifica vera e propria per passare da un'industria impattante a una pulita. Con la cabina di regia ci coordineremo e daremo tutte le informazioni ai cittadini non appena possibile». 

Diego D'Amelio

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 31 gennaio 2020

 

 

Ferriera, rinnovo di un mese agli interinali - Vertice sui tempi dello stop all'area a caldo

Prorogati i contratti dei lavoratori somministrati. Oggi in Regione si discute di cronoprogramma e rischi dello spegnimento

Il gruppo Arvedi prolunga di un mese il contratto degli oltre sessanta interinali impiegati all'interno della Ferriera e il cui incarico sarebbe dovuto scadere oggi, dopo una prima proroga riconosciuta dall'azienda su pressione del ministro Stefano Patuanelli e dell'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen. La notizia è arrivata ieri, alla vigilia dell'incontro con la proprietà convocato per stamattina dalla Regione per discutere il cronoprogramma dello spegnimento dell'area a caldo: operazione complessa, destinata a impegnare alcune settimane e a concludersi probabilmente attorno alla metà di marzo. Il contratto degli operai somministrati del laminatoio verrà rinnovato fino al 28 febbraio. Una scadenza che i sindacati reputano non avrà altre proroghe, essendo imminente l'arresto di cokeria e altoforno. La Regione ha comunicato ai rappresentanti dei lavoratori che a breve i tempi determinati saranno contattati per iniziare i percorsi di formazione e ricollocamento. Si contano infatti sulle dita di una mano gli operai disposti a valutare il trasferimento a San Giorgio di Nogaro, mentre non è ancora chiaro se questo primo gruppo di addetti in uscita potrà rientrare nella disponibilità manifestata da Fincantieri ad assorbire gli esuberi a Monfalcone. Oggi si incontreranno intanto in Regione l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro e i tecnici di Siderurgica triestina. L'esponente della giunta Fedriga chiederà all'azienda di indicare una data definitiva per l'avvio dello spegnimento dell'area a caldo, sebbene dal Mise abbiano sempre detto che non esiste disattivazione senza firma dell'Accordo di programma, che dovrà anche chiarire chi sarà il soggetto incaricato di realizzare le bonifiche. Per arrivare all'Adp, è però necessario che Arvedi e Autorità portuale trovino un'intesa sul valore dei terreni dell'area a caldo, che l'Authority vuole rilevare e allestire per la logistica: l'ad Mario Caldonazzo e il presidente Zeno D'Agostino stanno trattando, ma fonti qualificate parlano di una fumata bianca alle porte. Regione e azienda si confronteranno stamani sull'iter amministrativo e tecnico dello spegnimento e dello smantellamento, alla presenza dei Vigili del fuoco. Scoccimarro non nasconde che la fase di cessazione della produzione potrebbe creare disagi alla cittadinanza, con la necessità di aumentare i controlli ma anche di prevedere deroghe sui limiti all'inquinamento. L'idea dell'assessore è ottenere una data dalla proprietà e quindi indire una conferenza stampa per illustrare il cronoprogramma di massima. Il solo spegnimento richiede alcune settimane e inciderà sulla qualità dell'aria di Servola e dintorni. Prima si arresteranno le fiamme sopra il nastro dell'agglomerato, che compatta il minerale diretto all'altoforno. In seconda battuta lo stop riguarderà quest'ultimo e la cokeria: due processi complicati, perché la cokeria stessa non viene disattivata completamente da vent'anni e perché l'abbassamento della temperatura dell'altoforno ne mette a rischio la stabilità. Da quanto risulta l'azienda ha già ridotto la produzione, ma sui tempi non c'è chiarezza. Arvedi ha prima parlato di arresto fissato per il primo febbraio e poi si è limitata a indicare genericamente il mese entrante. Le istituzioni hanno sempre preteso dal canto loro che le operazioni comincino dopo la firma dell'Adp. E si rincorrono infine le voci di chi nello stabilimento sostiene che i macchinari resteranno accesi fino allo smaltimento delle materie prime e di chi considera questo aspetto irrilevante. Dopo gli appelli dei sindacati e i due incidenti registrati negli scorsi giorni, il prefetto Valerio Valenti ha convocato infine per lunedì un vertice sulla sicurezza per valutare le misure da adottare in questa fase di delicata transizione. Saranno presenti azienda, Comune, Arpa, Vigili del fuoco e Azienda sanitaria.

Diego D'Amelio

 

 

Serata disco all'ex gasometro alla ricerca di un investitore - L'Iniziativa dell'assessore Giorgi con il Rotary

Al gasometro di Trieste si ballerà con il caschetto da cantiere. L'edificio abbandonato del Broletto la prossima primavera si trasformerà per una sera in una discoteca e in un'altra ospiterà un concerto jazz. È il programma di eventi con il caschetto (copiato dall'Ara Pacis di Roma) a cui sta lavorando il Rotary club di Trieste in collaborazione con il Comune (proprietario dell'immobile) e con la Trieste Trasporti titolare dell'area del Broletto. «Un'iniziativa che replica quella già svolta con successo a Palazzo Carciotti - spiega l'assessore comunale al Patrimonio, Lorenzo Giorgi -. Un modo per attirare l'attenzione dei cittadini e degli investitori privati come già sta succedendo in Porto vecchio». Di dare un futuro al gasometro del Broletto si parla da decenni senza risultati. La colossale struttura lasciata in eredità alla città dagli austroungarici ha il problema di accesso da superare visto che si trova nell'area del Broletto che a breve diventerà patrimonio di Trieste Trasporti. Attualmente al gasometro si accede dal deposito dei bus cittadini. «Un nuovo accesso si può realizzare da via D'Alviano basta che ci sia un progetto adeguato», aggiunge Giorgi che si è innamorato dello spazio dopo che ha visto quello che hanno fatto a Vienna con i quattro gasometri. Gli impianti si sono trasformati in una vera e propria città nella città con 800 appartamenti, una residenza universitaria, uffici, un cinema multisala, negozi, ristoranti, una sala per congressi e la sede dell'archivio nazionale di Vienna. Il complesso è costato circa 175 milioni di euro e ha visto l'intervento di architetti come Jean Nouvel e Wilhel Holzbauer. Ma anche a Milano, alla Bovisa si sta lavorando per realizzare il "Parco gasometri" dove collocare la sede ampliata del Politecnico. «È un passo necessario a far tornare la cittadinanza in contatto con i patrimoni dimenticati di Trieste, ma anche per rilanciare il gasometro, che grazie allo strumento del project financing potrebbe finalmente trovare un acquirente», spiega Giorgi. In passato si era parlato della possibilità di realizzare un planetario. «Un progetto che però non sta in piedi - aggiunge l'assessore -. Una delle proposte arrivate era anche quella di una scuola di arrampicata». Un'idea anche questa. Per il momento l'edificio circolare del Broletto è stato utilizzato come set dei film. Tre anni fa il gasometro triestino ha ospitato una delle sequenze clou del sequel de "Il ragazzo invisibile" di Gabriele Salvatores.

Fa.Do.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 gennaio 2020

 

 

Ferriera, «un tavolo tecnico per lo stop dell'area a caldo»

L'AZIENDA SANITARIA dopo gli incidenti dei giorni scorsi

Un tavolo tecnico con Arvedi e i rappresentati dei lavoratori per la sicurezza per gestire la chiusura dell'area a caldo della Ferriera di Servola ed evitare gli incidenti dei giorni scorsi. È quanto propone Asugi (Azienda sanitaria universitaria integrata giuliano isontina) dopo la richiesta di un intervento arrivata dalla Prefettura di Trieste. «Il 9 gennaio i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di Arvedi spa hanno incontrato il prefetto di Trieste per avere rassicurazioni sulle misure di prevenzione e protezione adottate dalla ditta in occasione della chiusura programmata dell'area a caldo - si legge in una nota di Asugi -. Il personale sanitario monitora costantemente la situazione relativa alla sicurezza dei lavoratori dello stabilimento siderurgico. Nelle giornate del 23 e del 28 gennaio sono stati fatti gli ultimi due sopralluoghi. Sono inoltre stati già programmati ulteriori interventi, in funzione della pianificazione prevista per la fermata e messa in sicurezza dell'area a caldo». Di qui la proposta del tavolo tecnico: «Il personale di Asugi, vista la complessità degli interventi legati alla fase di arresto degli impianti, ha proposto di istituire un tavolo tecnico a cui far partecipare, oltre ai rappresentanti di Arvedi spa, anche i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, al fine di migliorare il coordinamento nel corso dell'attività di spegnimento e perseguire condizioni di massima sicurezza». La valutazione della dinamica dell'incidente di lunedì è stata effettuata assieme al personale dei Vigili del fuoco. Domani, intanto, si terrà un incontro fra Regione e gruppo Arvedi. «Ho convocato la società - ha fatto sapere l'assessore regionale Fabio Scoccimarro - per determinare il cronoprogramma, le procedure e l'iter per spegnimento e smantellamento dell'area a caldo, in attesa che a Roma venga chiuso l'Accordo di programma che ci vede impegnati sia per quanto riguarda la salvaguardia occupazionale sia per la sicurezza degli ambienti lavorativi».

 

 

Il treno superveloce per raggiungere Venezia da Trieste in soli sedici minuti

Presentata a Roma la start up Hyperloop Italia: sei progetti per il Paese, coinvolto il Friuli Venezia Giulia. Incognita costi

TRIESTE. Altro che potenziamento della ferrovia esistente. Anche la Tav sfigurerebbe. Andare da Trieste a Verona in mezz'ora e da Trieste a Venezia in 16 minuti significa viaggiare a 1.200 chilometri all'ora. Fantascienza, forse, viste le risorse (al momento imprecisate) richieste agli enti pubblici. Ma il treno superveloce che sfrutta la levitazione magnetica è un'ipotesi anche per il Nordest. Ieri a Roma è stata presentata Hyperloop Italia, una start up che lavorerà per la diffusione e realizzazione di tecnologie Hyperloop e di infrastrutture di nuova generazione anche nel nostro Paese. I progetti interessano per ora sei regioni, tre al Nord e tre al Sud: con il Friuli Venezia Giulia e il Veneto anche la Lombardia, mentre in Meridione si tratta di Basilicata, Puglia e Sicilia. «Sì, i contatti con il presidente Fedriga ci sono stati - conferma l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti -, restiamo in attesa di valutare costi e modalità di infrastrutturazione. Parliamo del massimo che si può avere nel trasporto via treno e dunque di qualcosa di molto complesso. Ma è il futuro, e non ci facciamo trovare impreparati». Una tecnologia mai vista prima. Al posto delle carrozze Hyperloop prevede per persone e merci delle capsule aerodinamiche mosse da motori a induzione e compressori d'aria. Le rotaie sono invece costituite da tubi a bassa pressione nei quali le capsule viaggiano stabilizzate da un sistema di levitazione magnetica. Tutto questo permette al treno superveloce di avere un attrito al minimo fino a raggiungere punte superiori ai 1.200 km/h. In Fvg il tubo correrebbe a fianco dell'autostrada, sopraelevato tranne che in Carso, dove ci si dovrà inventare una soluzione meno impattante di quella che era stata disegnata per la Tav. Tutto sulla carta, in assenza di un prospetto costi-benefici. Per adesso non resta che ricostruire il percorso. Il progetto Hyperloop è nato nel 2013 da un'intuizione di Elon Musk, il fondatore di Tesla. Nel 2018, via Twitter, l'annuncio concreto: sperimenteremo una capsula Hyperloop in grado di raggiungere la metà della velocità del suono, 616 km/h, e di frenare in 1.200 metri. Lo sbarco in Italia è conseguenza di un impegno diretto da parte di Bibop Gresta, fondatore della californiana Hyperloop Transportation Technology, la prima società al mondo a sviluppare questo tipo di tecnologia. «Sono stati effettuati numerosi incontri con soggetti istituzionali, industriali e del mondo della ricerca - fa sapere Gresta -, per garantire quel retroterra necessario a raccogliere il consenso da mettere in campo per un progetto di tale dimensione. Ci sono delle rotte già individuate per le quali è imminente l'avvio di studi di fattibilità funzionali allo sviluppo di progetti altamente tecnologici e innovativi, con condizioni territoriali e morfologiche che risultano favorevoli all'implementazione di Hyperloop». Ma quali rotte? Se ne saprà di più a fine febbraio, ma alcune voci parlano di un collegamento Milano-Malpensa e proprio del Trieste-Venezia-Verona. Chissà che non possa essere convincente per la politica il modello di business che promette un ritorno dell'investimento in 8 anni (contro i 100 della Tav), visto che il sistema produce più energia di quella che consuma (e dunque il saldo positivo può essere rimesso in circolo e venduto). Una scommessa imprenditoriale che vede progetti in fase di realizzazione in tutto il mondo. La prima a essere operativa sarà la tratta commerciale in costruzione ad Abu Dhabi, ma si lavora in Brasile, Usa, Francia, Cina, India, Corea, Indonesia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Ucraina e Germania.

Marco Ballico

 

 

Scontro bis tra Carroccio e Pd sul futuro della Sala Tripcovich

Il leghista Bertoli critica l'intraprendenza di Russo: «A che titolo parla con il ministro?». I dem ribattono a Roberti: «Non è più vicesindaco»

La Tripcovich continua a seminar zizzania nel panorama politico cittadino grazie alla polemica Lega-Pd. Dopo lo stizzito scambio fra il dem Francesco Russo e l'assessore regionale Pierpaolo Roberti, la parola passa ai consiglieri comunali dei due partiti, in una polemica dal retrogusto elettorale. Tutto nasce, ricordiamo, dalla chiacchierata che Russo ha avuto con il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini sulla possibilità di sbloccare l'abbattimento della "teatrostazione". L'iniziativa ha attirato gli strali di Roberti. D'altra parte è un segreto di Pulcinella che ambedue abbiano adocchiato la poltrona attualmente occupata da Roberto Dipiazza. In mattinata il consigliere leghista Everest Bertoli riprende le bordate di Roberti: «Dicono che... la smania di protagonismo e l'ego smisurato in politica giochino brutti scherzi e Russo non fa eccezione». Bertoli definisce il dem un «aspirante sindaco» che «vuol farsi solerte paladino di qualsiasi cosa succeda in città»: «A quale titolo parli non è dato saperlo - scrive Bertoli -, anche se appare poco informato sulle vicende comunali, altrimenti non dovrebbe ignorare che il Comune i progetti ce li ha chiari da oltre un anno. Se non condivide i nostri piani almeno sciolga le riserve e chieda al Pd di farlo correre». I consiglieri uniti del Pd, invece, attaccano l'assessore leghista: «Siamo contenti che Roberti, nel rispondere infastidito al consigliere regionale Russo, si ricordi di noi, che a nostra volta lo ricordiamo per provvedimenti epocali per la nostra città come il daspo per i parcheggiatori abusivi e il taglio delle catene delle biciclette». Proseguono: «Visto che ci tiene tanto a puntare il dito contro ruoli passati, presenti e futuri, gli ricordiamo che non è più vicesindaco, carica che ha utilizzato sostanzialmente per farsi eleggere in Consiglio regionale». Concludono: «Visto che la Lega in questi anni ha fatto soprattutto campagna acquisti in altre forze di maggioranza, ricordiamo a Roberti che esistono all'opposizione persone che si comportano con lealtà, in accordo siano o meno col sindaco».

Giovanni Tomasin

 

Il piano Bradaschia per Sant'Antonio ancora nel cassetto - Ambulanti in ansia - il caso oggi in commissione

Che fine ha fatto il progetto di riqualificazione di piazza Sant'Antonio dell'architetto Maurizio Bradaschia, declinato in quatto versioni e sottoposto la scorsa primavera anche al giudizio dei triestini? La recente diffusione di un ulteriore progetto realizzato dall'architetto Matteo Cainer ha riacceso infatti i riflettori sul destino di quell'area che, inevitabilmente, interessa anche i commercianti ambulanti oggi sistemati al centro della piazza. I quali anticipano che, se non verranno accolte le loro proposte su una sede alternativa e definitiva, cioè Ponterosso, sono pronti a fare fronte comune. A tutela delle loro attività, gli aderenti all'Associazione Mercato storico di Ponterosso si sono rivolti a uno studio legale. Il futuro di questi commercianti e in generale della piazza sarà oggi al centro di una seduta congiunta di Terza e Quarta commissione che i presidente Michele Babuder e Massimo Codarin hanno convocato al fine di conoscere l'evoluzione della riqualificazione raccogliendo le istanze degli ambulanti. «Stiamo lavorando sul progetto di Bradaschia recependo le istanze emerse dalla piattaforma partecipativa», anticipa l'assessore ai Lavori pubblici, Elisa Lodi: «Si tratterà, di fatto, di una riqualificazione conservativa senza stravolgimenti». Le aiuole verranno mantenute nel loro assetto, tutta la piazza sarà portata "in quota", allo stesso livello, al fine di renderla fruibile alle persone con disabilità. La fontana e la sua vasca rimarranno come oggi al centro ma verranno rimesse a nuovo. Sparirà l'asfalto, che lascerà spazio ai masegni, in continuità con la riqualificazione dei bordi del canale di Ponterosso. «Indicativamente - spiega Lodi - entro fine estate partiranno anche i lavori per la sistemazione, allo stesso modo, delle vie Paganini e Ponchielli». Così, alla fine, mancherà all'appello solo l'apertura del cantiere proprio in piazza Sant'Antonio. E qui si apre la questione delle bancarelle che oggi la popolano. «Il suolo è disconnesso e scivoloso quando piove», spiega Francesco Ilardi, referente dell'Associazione Mercato storico di Ponterosso: «Vengono organizzati continuamente altri mercati nella zona, che inficiano il nostro lavoro e creano problemi con un viavai di furgoni. Inoltre, le aiuole circostanti, divenute il wc dei cani, non sono un bel biglietto da visita per chi vende frutta e verdura fresca. Siamo nati in Ponterosso e lì vogliamo tornare. Non ne vogliamo sapere di location alternative. Speriamo di trovare una linea d'incontro con l'amministrazione». Una soluzione, Ponterosso, che sposa anche l'assessore al Commercio Serena Tonel e che, dunque, non dovrebbe trovare ostacoli. «Ponterosso - osserva Tonel - è la sede storica di quel mercato e ritengo corretto che le bancarelle ritrovino casa in quella piazza, in maniera definitiva, in modo da poter avviare per quel mercato anche una promozione in chiave turistica».-

Laura Tonero

 

 

Pirogassificatore, "no" al ricorso ambientalista

Il Tar dichiara inammissibile per un errore procedurale la causa contro il progetto. I proponenti: «Lasciati soli dagli enti»

DUINO AURISINA. Respinto per un cosiddetto vizio di forma. Niente da fare per il Gruppo "Salute e ambiente", che aveva presentato un ricorso al Tar contro la Regione sostenendo che quest'ultima non aveva richiesto la procedura di "Via", cioè la Valutazione d'impatto ambientale, in relazione al progetto per la realizzazione di un pirogassificatore nell'area della Cartiera Burgo. Ieri mattina l'organo regionale di giustizia amministrativa ha riscontrato in effetti un errore procedurale, dichiarando inammissibile il ricorso. Per gli ambientalisti la decisione del Tar è stata difficile da digerire, anche perché nel frattempo sono scaduti i termini per poter presentare un nuovo ricorso, ma alla momentanea delusione è subentrata ben presto la voglia di continuare nella battaglia contro l'installazione dell'impianto di rigassificazione di cui è proponente la Burgo group spa. «Il ricorso andava presentato - hanno spiegato i rappresentanti di "Salute e ambiente" - non tanto per ottenere una decisione nel merito da parte del Tribunale amministrativo, quanto per dimostrare che i cittadini possono mettersi assieme e affrontare da soli le questioni riguardanti la tutela del territorio, pur avendo scarsi mezzi economici a disposizione e risorse molto limitate». In aggiunta, non è mancata una stoccata a chi si è trincerato dietro la sigla ambientalista: «Tutti gli enti che inizialmente avevano chiesto la "Via" - hanno aggiunto i portavoce di "Salute e ambiente" - si sono ben guardati dal proporre ricorso, non dando seguito a quelle che si sono rivelate mere chiacchiere politiche, costringendo noi cittadini a sostituirsi a loro».Chiaro anche il ragionamento riferito a una recente polemica che ha per oggetto una situazione molto simile: «Facciamo molta fatica a capire - ha sottolineato l'architetto Danilo Antoni, uno dei tecnici del gruppo - come mai la Regione non abbia richiesto la "Via" per il pirogassificatore della Burgo, ma l'abbia invece fatto per il termovalorizzatore che la Nord Composities Italia intende costruire a poca distanza dalla cartiera, sull'altra sponda del Lisert, che è un impianto di dimensione ben inferiore». Infine una considerazione di carattere generale: «Lo sviluppo della nostra area non può essere delegato al solo comparto industriale o a un consorzio industriale, né a una sola amministrazione comunale, perché qui siamo davanti all'ipotesi di un ulteriore aumento di consumo del territorio, con riflessi negativi su tutto l'ambiente».

Ugo Salvini

 

 

La Madre Terra e il futuro dell'uomo sabato esperti a confronto - convegno

"Madre Terra. Il Futuro dell'Uomo. Sistema, sostenibilità, soluzioni" è il titolo del convegno che si terrà sabato al Teatro Miela, alle 16, organizzato dal Collegio regionale del Grande Oriente d'Italia. Moderati da Francesco Zucconi del Dipartimento di matematica, informatica e fisica dell'Università di Udine, interverranno Alex Bellini, esploratore e divulgatore scientifico, Paola Del Negro, biologa e direttore generale dell'Ogs, l'Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale, Aaron Fait, biochimico esperto di desertificazione e biotecnologie, già docente all'Ateneo di Udine e oggi all'Università Ben Gourion di Tel Aviv, nonché Stefano Micheletti, meteorologo, direttore dell'Osmer presso l'Arpa del Friuli Venezia Giulia. Le conclusioni a Stefano Bisi, già vicedirettore del Corriere di Siena e dal 2014 Gran Maestro della massoneria di Palazzo Giustiniani. L'iniziativa, voluta dalle logge triestine del Grande Oriente parte da questa riflessione: «Il numero di esseri umani presenti sulla Terra ha raggiunto un livello inimmaginabile solo pochi decenni fa. Questo fenomeno ha provocato una serie di conseguenze legate non solo all'esistenza, ma anche alle abitudini dell'Umanità, causando un'accelerazione dei fenomeni climatici, delle alterazioni biologiche e dello sconvolgimento dei sistemi di equilibrio del nostro pianeta». Stiamo diventando una specie biologica infestante, da cui il pianeta prima o poi troverà il modo di difendersi, come già avvenuto in tempi remoti, con conseguenze catastrofiche per l'Umanità. Un'attenta analisi scientifica di quelli che sono i reali impatti antropici può condurci a trovare le opportune soluzioni per arginare il fenomeno e cercare di invertirlo. Quali siano questi dati e come debbano essere interpretati, e possibilmente risolti, sarà l'argomento della conferenza. «La Massoneria Universale - spiega Bisi - si impegna, da sempre, per il bene e il progresso dell'Umanità». A conclusione interverrà il coro dell'Università di Trieste diretto dal maestro Riccardo Cossi.

 

Ambiente - Extintion Rebellion si presenta al Knulp.

«Stiamo vivendo una crisi ambientale che minaccia il futuro dell'umanità e di moltissime altre specie viventi. Una serie di eventi concatenati e senza precedenti nella storiadell'umanità e del pianeta mette in pericolo la vita sulla Terra per come la conosciamo. Nonostante siamo ormai sull'orlo del disastro ecologico, i governi locali e nazionali si stanno dimostrando inermi. Se vogliamo tutelare la vita su questo pianeta, diventa necessario l'intervento diretto di tutte e tutti noi». È questo il manifesto di Extinction Rebellion, movimento internazionale basato sulla pratica della nonviolenza e dei metodi della disobbedienza civile, e ha l'obiettivo di «indurre i governi ad agire ora». Il movimento sabraca Trieste e sarà presentato oggi alle 17.30 al bar Knulp di via Madonna del Mare 7/a.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 gennaio 2020

 

 

I Verdi a Lubiana contro la Capodistria-Divaccia - l'intervento al parlamento sloveno

SAN DORLIGO. Una fidejussione di garanzia, a copertura di eventuali disastri futuri. È la richiesta dei Verdi Fvg al governo sloveno, in relazione al progetto di raddoppio della linea ferroviaria Capodistria- Divaccia, che secondo gli ambientalisti rischia di interessare la Val Rosandra. A farsene interprete è stato Giuseppe Prasel, segretario regionale dei Verdi, al Parlamento di Lubiana, presente la Commissione Ambiente Ue: «A nostro avviso servirebbe un sopralluogo, col monitoraggio di quantità e qualità delle acque. Il progetto presenta macroscopiche criticità e riteniamo necessario un approfondimento dell'Ue. Dal progetto si è passati alla fase esecutiva e la costruzione potrebbe minacciare l'ecosistema di aree sensibili. Il raddoppio del tracciato richiederebbe il raddoppio delle vasche di raccolta di eventuali sversamenti di liquidi all'imbocco delle gallerie e delle stazioni dei ventilatori di areazione, con conseguente aumento di rumore, nonché ulteriori vasche antincendio lungo il tracciato delle gallerie. Un impatto visivo e funzionale inaccettabile».

 

 

Ferriera, due incidenti in 24 ore - E tra gli operai crescono i timori

Non solo lo scoppio di lunedì in cokeria: domenica corto circuito e fiammata alla centrale elettrica

L'esplosione del tubo di gas avvenuta lunedì in Ferriera non è un incidente isolato. Soltanto il giorno prima, un compressore della centrale elettrica è andato in corto circuito sviluppando una fiammata che avrebbe potuto anche in questo caso ferire gravemente un lavoratore. L'episodio è emerso ieri e non risulta sia stato comunicato alle autorità competenti. Nel frattempo il gruppo Arvedi si difende in merito alla perdita di gas di lunedì, mentre l'assessore regionale Alessia Rosolen invita l'azienda a mantenere i livelli di sicurezza. Il tutto avviene in un quadro incerto, con il rapporto sulle condizioni di lavoro nello stabilimento consegnato solo ieri dall'Azienda sanitaria alla Prefettura: proprio all'indomani dell'esplosione e venti giorni dopo l'incontro tra il prefetto Valerio Valenti e i sindacati. Poco si sa al momento del precedente della centrale elettrica. Da quanto emerge, domenica sarebbe saltato il motore di uno dei cinque compressori a servizio della struttura. In Ferriera al momento ne funzionano due: il macchinario era sotto stress e al momento dell'accensione è andato in corto, producendo una fiammata che ha fatto spalancare le porte del grosso contenitore metallico che lo ospita. Se un addetto fosse passato in quel momento, avrebbe ricevuto un colpo capace di sbalzarlo per metri, senza nemmeno pensare al possibile effetto della fiammata. Ce n'è abbastanza perché fra gli operai serpeggi sempre più forte il desiderio di un rapido spegnimento dell'area a caldo, come emerge anche dalle dichiarazioni dei sindacalisti, secondo cui l'impianto vive un limbo di insicurezza per l'assenza di manutenzioni programmate. Il gruppo Arvedi chiarisce intanto in una nota le ragioni dell'esplosione verificatasi lunedì nella cokeria, a causa della formazione di una sacca di gas e aria rovente nella galleria di inversione per via di un trafilamento di gas da un collettore. L'azienda parla di «scoppio di modesta entità, senza danni a cose o persone». Acciaierie Arvedi precisa che «il tratto del collettore è oggetto di un programma di bonifica partito a luglio con sostituzione progressiva di tutti i tubi con componenti nuovi. Nella mattinata del 27 il personale di controllo ha identificato una possibile perdita da un collettore, avviando le procedure di ulteriore controllo, isolando l'area e sistemando in zona le apparecchiature di pronto intervento. L'azienda ribadisce l'assoluta idoneità delle procedure», ma il comunicato ammette di fatto che, dopo l'individuazione del problema e l'isolamento dell'area dal possibile passaggio di operai, non si è riusciti a evitare lo scoppio. L'assessore Rosolen stigmatizza la situazione: «Ci sono due temi su cui il gruppo Arvedi ha al momento responsabilità esclusiva e su cui deve garantire continuità: da una parte il futuro dei lavoratori e dall'altra la loro sicurezza e quella ambientale. La conclusione degli appalti esterni alle ditte di manutenzione non aiuta di certo e credo che la prima responsabilità del titolare dell'impianto sia garantire fino all'ultimo giorno che il percorso di dismissione avvenga in totale sicurezza». Si tratta di quanto ribadito anche dal prefetto Valenti nell'incontro con i sindacati sulla sicurezza: Valenti preferisce non commentare l'incidente, limitandosi a spiegare nella mattinata di ieri di essere ancora «in attesa del rapporto chiesto dopo la riunione all'Azienda sanitaria sulla situazione complessiva della sicurezza nell'impianto». Responsabile del procedimento è l'ingegner Renzo Simoni, dirigente della struttura Prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro, che chiarisce nel pomeriggio che «l'Azienda sanitaria ha fatto il suo sopralluogo la scorsa settimana e relazionato proprio stamattina alla Prefettura». Dopo venti giorni d'attesa, la relazione è stata dunque inoltrata proprio il giorno dopo l'incidente del tubo. La batteria dei forni della cokeria ha intanto ripreso a lavorare, mentre i sindacati hanno incontrato la direzione della Ferriera dopo lo scoppio. Come spiega Cristian Prella (Failms), «abbiamo ribadito di non condividere i tagli alle manutenzioni: poco importa che il trafilamento fosse sotto controllo, ora bisogna subito attivare un tavolo per il monitoraggio della dismissione, portare al minimo la produzione e aumentare le ditte di manutenzione. L'azienda si è impegnata su quest'ultimo punto». Marco Relli (Fiom) sottolinea che «non sono previsti scioperi, ma se rileveremo situazioni pericolose ci attiveremo immediatamente: serve un incontro immediato con l'azienda per scongiurare rischi per i lavoratori». Per Antonio Rodà (Uilm), «l'episodio testimonia la necessità di una gestione molto attenta dello spegnimento. La situazione è presidiata ma siamo preoccupati: ci auguriamo che la fermata avvenga in tempi rapidi per evitare che si faccia male qualcuno». -

Diego D'Amelio

 

Sicurezza ambientale: venerdì focus in Regione - l'incontro con l'azienda

Si terrà venerdì un incontro fra Regione e gruppo Arvedi per la gestione ambientale dello spegnimento dell'area a caldo. Lo annuncia l'assessore regionale Fabio Scoccimarro, evidenziando come «già lunedì mattina, prima dell'incidente verificatosi in Ferriera, ho convocato la società per determinare il cronoprogramma, le procedure e l'iter per spegnimento e smantellamento dell'area a caldo, in attesa che a Roma venga chiuso l'Accordo di programma che ci vede impegnati sia per quanto riguarda la salvaguardia occupazionale sia la sicurezza degli ambienti lavorativi». Al tavolo tecnico-amministrativo siederanno azienda, Direzione centrale Ambiente, Arpa e Vigili del fuoco. «Tengo a precisare - sottolinea Soccimarro - che non vogliamo accelerare i tempi. Si tratta solo di una fase di quel processo avviato lo scorso 28 agosto con lo scambio di lettere tra il sottoscritto e il gruppo Arvedi, in cui si avviava la trattativa per la chiusura e la riconversione dell'area a caldo. Ora che la trattativa è in fase avanzata, bisogna scongiurare danni e problematiche per l'ambiente, la sicurezza dei lavoratori e la salute pubblica. Siamo infatti di fronte a un caso più unico che raro: basti pensare che la cokeria della Ferriera non veniva spenta del tutto da oltre vent'anni. Inoltre è anche giusto informare i cittadini su quello che avverrà a Servola in questo periodo di spegnimento dell'impianto».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 gennaio 2020

 

 

FERRIERA - Esplode un tubo del gas nella cokeria

L'incidente in una zona non interessata dal passaggio di operai. Nessun ferito. Tra le possibili cause la poca manutenzione

 Un tubo per il trasporto di gas è esploso ieri nella cokeria della Ferriera di Servola. L'incidente si è verificato per la rottura del condotto che alimenta i forni impiegati per trasformare il carbon coke, utilizzato poi nell'altoforno per la produzione di ghisa. Il punto dove è avvenuto lo scoppio non è caratterizzato dalla presenza stabile di operai ma, se uno di essi fosse stato presente al momento dell'innesco, le conseguenze avrebbero potuto essere drammatiche. L'episodio si è verificato nemmeno venti giorni dopo l'incontro tra il prefetto Valerio Valenti e i sindacati, che in quell'occasione hanno denunciato il rischio incidenti dovuto alla manutenzione carente da parte dell'azienda. La notizia dello scoppio è stata fornita ieri sera da una nota emessa dall'assessore Fabio Scoccimarro per rassicurare sulla continuazione del monitoraggio ambientale dello stabilimento. Nel promettere «attenzione continua», Scoccimarro spiegava che «stando alle informazioni ricevute anche dai Vigili del fuoco, alle 16.15 di oggi (ieri, ndr) si è verificata l'esplosione di un tubo con del gas all'interno. Ora l'azienda dovrà fornire una relazione che gli uffici competenti valuteranno». Fonti sindacali fanno sapere che il tubo del gas per il riscaldo della batteria dei forni della cokeria avrebbe dovuto essere sostituito dopo anni di utilizzo. Al suo interno passa un gas corrosivo, esplosivo a contatto con aria, fonti di calore e scariche elettriche. Il tubo potrebbe aver subito una lesione in qualche punto debole, permettendo al gas di venire a contatto con un elemento di innesco. Ne è sortita l'esplosione, che avrebbe potuto avere esiti nefasti. La zona è raramente oggetto del passaggio di addetti alla cokeria, che tuttavia possono dover recarsi da quelle parti per regolare le percentuali di gas, aumentando o diminuendo la temperatura dei forni nelle vicinanze. Da quanto risulta, le riparazioni sono in corso al momento della chiusura di questo articolo: una ditta esterna è stata subito allertata, con l'obiettivo di ricominciare la produzione già in nottata. L'azienda non rilascia dichiarazioni, mentre fonti interne allo stabilimento rendono noto che la sostituzione del tubo era programmata e i pezzi di ricambio disponibili. A pesare sarebbe allora la drastica riduzione delle ore delle ditte esterne addette alle manutenzioni. La situazione era stata denunciata in occasione dell'incontro con il prefetto Valenti: i sindacati avevano parlato di rischi concreti dovuti alla decisione della proprietà di rinunciare alle manutenzioni programmate, preferendo ridurre i costi e limitandosi a interventi ad hoc. Valenti aveva chiesto pubblicamente al gruppo Arvedi di garantire i livelli di sicurezza nella fase di transizione e si era impegnato a rivolgere le sollecitazioni del caso ad Azienda sanitaria e Vigili del fuoco, che sono le istituzioni preposte a vigilare sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. I sindacati avevano chiesto di rallentare la produzione e raccontato proprio di una recente fuga di gas nello stabilimento, facendo richiamo a un «rischio ThyssenKrupp». Appelli alla sicurezza erano giunti anche dalla giunta regionale e in particolare dall'assessore Alessia Rosolen.

Diego D'Amelio

 

 

Comune e associazioni si alleano per liberare Castelreggio dai rifiuti

Il raduno calendarizzato la prossima domenica mattina Sarà il primo di una serie di eventi green in agenda nel 2020

DUINO AURISINA. Prenderà il via domenica - con l'iniziativa denominata "Vieni anche tu a pulire il mare d'inverno" e finalizzata a liberare la spiaggia di Castelreggio da ogni tipo di rifiuto, in particolare dalla plastica - il programma avviato dal Comune di Duino Aurisina per la tutela del territorio, che si articolerà in vari interventi distribuiti lungo tutto il 2020.Su iniziativa dell'amministrazione, si è infatti riunito il tavolo di lavoro e confronto con le associazioni e le varie realtà locali e non solo che, nel corso del 2019, hanno svolto lodevoli azioni di pulizia di grotte e spiagge, di prati e scogliere. L'obiettivo è quello di «predisporre assieme un piano - sottolinea l'assessore ad Ambiente, Sport e Turismo Massimo Romita - che coordini le diverse attività».L'appuntamento di domenica - che sarà organizzato d'intesa con il Comune da "Fare verde", l'associazione nazionale di tutela ambientale presieduta, in Fvg, da Francesco Greco - rappresenta dunque «il primo di tutti quegli eventi - precisa Romita, che ha coordinato il tavolo assieme alla presidente della Commissione Ambiente del Comune Chiara Puntar - che abbiamo inserito all'interno del Segmento turistico sportivo "Mare Morje Sailing", dedicato al rispetto del mare e del territorio in cui viviamo. Con la Regione stiamo inoltre completando un percorso, che si concluderà con la firma da parte di Isontina Ambiente del protocollo "Amare il mare Fvg"». «Ulteriori accordi - evidenzia Puntar - saranno definiti con il "Green Wall" e la riserva "Biosfera di Miramare». «Fra le varie iniziative alle quali abbiamo in animo di partecipare - continua la presidente della Commissione Ambiente - ci sono la Giornata mondiale dell'acqua e quella nazionale degli alberi, e poi "Puliamo il mondo", "Splastichiamo il mare", "Fondali puliti" e "Puliamo il buio", nonché l'operazione "Clean Water a MareNordEst"».Il presidente della Federazione speleologica del Fvg Furio Premiani ricorda a sua volta «l'importanza della conservazione delle grotte e delle pulizie fatte nel corso degli anni, iniziative che proseguiranno anche nel 2020». Di questi interventi sono stati protagonisti anche il Gruppo speleologico Flondar e i volontari di Sos Carso. Agli appuntamenti del 2020 hanno assicurato la loro presenza anche Legambiente Trieste, Fareambiente Fvg, il Lions Club Duino Aurisina, la Polisportiva San Marco, la Società nautica Laguna, il Circolo velico Duino, il Sistiana '89 e il Sistiana Diving. Ulteriori attività saranno garantire anche dalle studentesse del Collegio del Mondo unito, coordinate da Eva Paglia, e dal circolo sloveno "Igo Gruden". Romita annuncia infine un grande evento promozionale che si svolgerà a maggio, «dedicato alla sensibilizzazione della tutela del nostro mare, delle nostre grotte e dell'ambiente in cui viviamo». Greco ricorda che «domenica l'appuntamento è fissato alle 10 a Castelreggio. Si lavorerà fino alle 12.30».

Ugo Salvini

 

 

Sorseggiando l'Aperitivo Verde ti spiego bene come fare un orto

Da venerdì con cadenza bimensile una serie di incontri dedicati agli spazi urbani

Un momento leggero e conviviale per parlare di argomenti "green" e discutere insieme di ambiente e cultura verde, offrendo qualche interessante spunto e consiglio da utilizzare nella vita di tutti i giorni per diventare consumatori, utenti e cittadini più consapevoli, magari anche con la possibilità di risparmiare. Da venerdì con cadenza bimensile ritorna l'Aperitivo Verde, un momento "light" dove incontrare persone accomunate dallo stesso interesse per il verde e disquisire di argomenti "green" . Ad ogni incontro sarà invitato un ospite che, in maniera molto soft, introdurrà un argomento di discussione. «L'Aperitivo Verde - spiega Tiziana Cimolino di Urbi et Horti - rappresenta un contesto leggero e spensierato con la possibilità di formarsi e istruirsi, magari con un bicchiere in mano, annientando ogni tipo di logica formale e costruita. Ognuno potrà portare un proprio argomento da approfondire: che so, il taglio di un albero, la raccolta differenziata, le fonti rinnovabili o l'acqua pubblica» .Durante il primo ciclo si è parlato di alberi, cambiamenti climatici, fauna urbana, riqualificazione delle aree periferiche e paesaggio. «Quest'anno - anticipa la naturalista - contiamo di approfondire alcuni dei temi che si sono dimostrati di maggior interesse, come il turismo urbano o le aree dismesse. Questa settimana parleremo di orti in città, riferendo dell'esperienza ormai decennale di "Urbi et Horti" e presentando le attività 2020. Forti di un'esperienza associativa di quasi 10 anni, riprenderemo infatti a breve i corsi di orticoltura e apicoltura» . Il primo degli incontri della seconda edizione tratterà gli orti comuni, che da più di cinque anni danno la possibilità a molti concittadini di poter coltivare un piccolo appezzamento di terra in zona urbana e periurbana. «Sono molti - conferma Cimolino - i terreni ancora disponibili che possono essere consegnati da subito a chi ne faccia richiesta». I corsi di orticultura urbana a Trieste hanno già formato più di duecento contadini urbani e permesso di aprire oltre 20 orti, sia su suolo pubblico che privato. «L'incontro di venerdì - conclude Cimolino - consentirà di fare il punto della situazione, illustrare i contenuti e il calendario dei nuovi corsi e le modalità di acquisizione di un orto urbano, iniziando pure a offrire agli aspiranti nuovi contadini qualche suggerimento su come svolgere al meglio quest'attività» . L'appuntamento è per le 18 in via XXX ottobre 8/a. Per informazioni, 3287908116.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 gennaio 2020

 

 

Fasolari e cappelunghe a rischio per l'impatto dei mutamenti climatici - IL FENOMENO DEL RIPASCIMENTO

ROMA. Lupini, fasolari, cappelunghe e telline a rischio ancora una volta per colpa dei cambiamenti climatici. Scatta l'allarme dei pescatori per gli interventi di ripascimento (deposito di sabbia e sedimenti che determinano l'aumento del volume di una spiaggia) aumentati negli ultimi 10 anni del 10%, un'impennata dovuta anche agli eventi meteorologici sempre più estremi che erodono le spiagge. Un fenomeno che ha interessato oltre il 70% del litorale italiano, dove è stata riportata la sabbia che va perduta per l'azione delle onde e delle correnti in mare. «Dopo un ripascimento le specie che vivono più a ridosso della costa spariscono per due anni, tanto ci vuole perché si creino nuovi insediamenti», spiega Fedagripesca-Confcooperative nel fotografare il fenomeno. Il Veneto è il polo di eccellenza per la pesca dei molluschi ed è proprio queste coste che in primavera si rifaranno il look dopo le mareggiate invernali. Nei prossimi mesi, spiega Fedagripesca, il mare diventerà un cantiere a cielo aperto dove recuperare milioni di metri cubi di sabbia da riversare sulle spiagge per effettuare un ripascimento. Un po'quello che è stato fatto per le mareggiate che devastarono le coste nell'ottobre 2018 e in primavera del 2019. A preoccupare gli operatori del settore sono i prelievi massicci da dune sabbiose in mare dove sono presenti fauna e habitat importanti per l'ecosistema marino e per l'economia ittica; a questo si aggiungono le diverse opere infrastrutturali in programma in vista della nuova stagione turistica. «Ben vengano interventi a difesa dell'economa turistica», fanno sapere i consorzi di gestione di Chioggia e Venezia, «ma se non tengono conto dell'impatto sui sedimenti e sulla risorsa ci sarà la chiusura di centinaia di imprese». A soffrire del «mal da ripascimento» è tutta l'Italia.

 

 

Torna oggi a Muggia "Orto in condotta" - IN SALA MILLO ALLE 16.15

MUGGIA. Ritorna a Muggia "Orto in condotta". Il primo appuntamento 2020 si svolgerà oggi, dalle 16.15 alle 18.15, in sala Millo (piazza della Repubblica). Il progetto prevede una serie di incontri di formazione ora aperti a tutta la cittadinanza. «Questi incontri si collocano all'interno del progetto triennale di educazione ambientale-alimentare frutto della convenzione del 2017 tra Comune di Muggia, Istituto comprensivo Lucio e Slow Food associazione nazionale di promozione sociale», ha spiegato l'assessore all'Istruzione del Comune di Muggia Luca Gandini. A fronte di una spesa totale di 6 mila euro, il progetto, rivolto alle scuole muggesane con lingua d'insegnamento italiana, consta della creazione dell'Orto in condotta, luogo per la coltivazione di alcuni prodotti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 26 gennaio 2020

 

 

La bora fa "cantare" piazza Sant'Antonio: il progetto diventa virale   -   il rendering

Migliaia di "like" e condivisioni per la rivisitazione dell'area studiata dall'architetto triestino Matteo Cainer. «Un tema aperto su cui la città vuole discutere»

Ha collezionato fin da subito migliaia di like, commenti e condivisioni sui social il progetto di "Sant'Antonio musicale", una rivisitazione della piazza tra alberi, spazi d'acqua e sculture che suonano grazie alle raffiche di vento. A realizzarlo l'architetto triestino Matteo Cainer, che vive e lavora a Londra, dopo una carriera internazionale con tappe a New York, Vienna e in Francia. La sua idea da qualche giorno spopola sui social con tante considerazioni positive. «Un riscontro inaspettato - racconta -: in poche ore le foto e le informazioni sono diventate virali. Anche se non è stato scelto per la vera trasformazione della zona, ho deciso di pubblicarlo sulla pagina Fb del mio studio, dopo gli apprezzamenti ricevuti alla biennale di Pisa».Il progetto punta su diversi elementi chiave: «Primo tra tutti - dice -, quello di portare il mare nel cuore della città, fino alla chiesa, ripristinando l'elegante specchio d'acqua di una volta. Circondato da gradinate, il bacino può ospitare temporaneamente eventi musicali. E poi le aree verdi creano punti di aggregazione, che cambiano l'aspetto della piazza stessa nel corso dell'anno, colorata di fiori in primavera, tutta verde in estate e con fasce di rosso, giallo e arancio in autunno. E ancora, valorizza le direttrici del tipico vento triestino, la bora, creando luoghi protetti e generando al contempo musica. Da Rossini a Bellini, da Paganini a Ponchielli, tutte le vie che abbracciano sia il canale che la chiesa hanno nutrito il desiderio di portare la musica nel progetto, creando strumenti musicali urbani, sculture che possano essere suonate dal vento e dalle persone. Ultimo elemento, un progetto d'illuminazione innovativo, installazioni che trasformeranno le ombre del giorno in luce notturna».L'ambizione di Cainer è quella di dar vita a un'oasi in città che susciti emozioni. «Per quanto riguarda i social - conclude -, sono una piattaforma dove l'informazione e le idee viaggiano molto più velocemente. Il fatto che abbia trovato terreno fertile dà una forte indicazione: ha toccato un argomento aperto, vivo, su cui la città vuole e ha bisogno di discutere ancora. Il grande supporto ricevuto mostra un segno di una volontà di cambiamento. Siamo finalmente pronti ad osare?». 

Micol Brusaferro

 

 

Camosci in posa sui declivi dell'Hermada - L'AVVISTAMENTO SUL MONTE SOPRA DUINO

Sono marroni con striature bianche e nere. Posseggono due corna curvilinee e uno "sguardo" minaccioso solo all'apparenza. Si tratta dei camosci, avvistati ieri (il filmato è disponibile sul sito de Il Piccolo) sui declivi del monte Hermada, sopra Duino. Nel video sembrano addirittura mettersi in posa come delle star, a dimostrazione di quanto siano abituati alla presenza dell'essere umano. Un incontro di pochi minuti dal sapore estremamente suggestivo e, per quanto spiegato dal naturalista Nicola Bressi, per niente raro a queste latitudini. «Il loro arrivo è avvolto nel mistero - spiega Bressi -. I primi esemplari di camoscio sono comparsi sul Carso una ventina d'anni fa e da quella volta hanno colonizzato il territorio riproducendosi con facilità in un ambiente nel quale, pur non essendo il loro, si sono trovati a proprio agio fin da subito». Il loro habitat non è solo l'alta montagna, quindi, potendo spingersi fino a quote decisamente basse, come appunto sul Carso, vicino al livello del mare. «Qui da noi non ci sono predatori che possano avere la meglio su di loro - prosegue Bressi -, come soprattutto le linci e i lupi. Il camoscio ha rivali sul piano, mentre non ne ha in alta montagna ed è per un puro motivo di sopravvivenza che si è auto confinato in alta quota». Gli stambecchi, invece, non potrebbero vivere a quote basse perché non sopportano il caldo: «Il metabolismo dello stambecco è legato all'altitudine, mentre quello del camoscio no - racconta ancora Bressi - tanto è vero che esistono esemplari di camosci anche in Montenegro». I camosci del Carso non creano grossi problemi di competizione con altre specie animali. Ad eccezione del capriolo, in quanto competitivamente molto più debole. «Le uniche minacce per loro sono i cacciatori - conclude Bressi - ma, a meno che diventino preda dei cacciatori appunto oppure non arrivino predatori come lupi e linci, sono destinati a rimanere ancora a lungo alle nostre latitudini». 

Lorenzo Degrassi

 

 

 

 

 

IL CORRIERE DELLA SERA - SABATO, 25 gennaio 2020

 

 

Il 5G fa male? La protesta a Torino: «Non vogliamo fare da cavie»

Comitati in piazza Castello sabato 25 gennaio alle 15:30

TORINO - È una questione di precauzione, dicono comitati e assemblee di cittadini che oggi alle 15,30 manifestano in piazza Castello — e in altre città — per chiedere lo stop al 5G. «È una tecnologia sui cui effetti non ci sono ancora studi sufficienti — dice Cinzia Trentanelli, 44 anni, ristoratrice, di «Assemblea Stop 5G» — e allora chiediamo che si fermi la sperimentazione, come quella iniziata qui, per un principio di cautela. Non siamo cavie». Motivo: «Bisogna essere sicuri che le onde per il 5G non siano nocive per persone, animali e piante». Come sempre di fronte al progresso (e in Italia di più), è sempre questo il domandone: fa male?
L’impressione è che chi protesta ne ha quanto meno il dubbio, se non il sospetto. «Ma qui stiamo ragionando sul non si sa mai, e non sul fatto che ci sia qualche motivo di rischio o di preoccupazione», argomenta il fisico Alessandro Polichetti, 58 anni, 30 dei quali passati al Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni, all’Istituto superiore di Sanità. Si tratta dell’enorme differenza tra «limitata possibilità di effetti cancerogeni», evidenziata dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro parlando di campi elettromagnetici, e «probabili effetti cancerogeni», di cui al contrario non si parla. Per quel che la scienza ha accertato finora, continua ancora Polichetti, «non abbiamo motivi biologici per sostenere che i campi delle onde millimetriche — quelle usate dal 5G — abbiamo effetti diversi rispetto agli altri campi elettromagnetici». Promettono dati e fatti anche i sostenitori dello stop al 5G, che annunciano sul palco il professor Ugo Mattei, docente di diritto civile, la dottoressa Marisa Pastena, dell’associazione italiana medici per l’ambiente, e l’avvocato Stefano Bertone. Ovvero, il legale che qualche giorno fa, davanti alla corte d’Appello, ha vinto una causa, a favore di un lavoratore: c’è un nesso tra l’uso scorretto del cellulare e l’insorgenza di alcune tipologie di tumore, hanno sostenuto in sostanza i giudici. Detto che oggetto della contesa era altra (datata) tecnologia, dall’Istituto di Sanità consigliano di prendere la sentenza con cautela: «In una causa civile — ragiona ancora Polichetti — possiamo dire che c’è una valutazione in termini di probabilità, e non certo al di là di ogni ragionevole dubbio, come succederebbe davanti al giudice penale».

Detto in maniera ancora più netta: «Dubito che i giudici, o meglio i loro periti, abbiano sostenuto che l’uso del cellulare renda probabile forme di tumore. Prima, dovremmo dimostrare che i telefonini sono cancerogeni. E così, invece, non è». Ma anche Trentanelli ha la sua bibliografia: «Bisogna documentarsi, sempre — dice ancora la rappresentante dell’Assemblea 5G — e rispetto alle onde millimetriche, utilizzate dal 5G, ci sono dei rischi. Agiscono a livello di neurotrasmettitori, sotto la pelle». Pausa: «C’è anche uno studio dell’Istituto Ramazzini, nel quale si parla della rischio di cancerogeno del 3G. Con studi fatti sui topi, porta alcuni cancri, di quelli rari, a cuore e cervello».
Eppure, secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di Sanità, dell’agosto scorso, «l’uso del cellulare non risulta associato all’incidenza di neoplasie nelle aree più esposte durante le chiamate vocali». Riassume Polichetti: «Il punto è che i rischi di esposizione per una nuova tecnologia si possono valutare solo con studi epidemiologici, che ancora non ci sono. Detto ciò, certezza e sicurezza non si possono mai avere al mille per cento: tanto varrebbe dire di non introdurlo mai». Il 5G resta però una fantastica opportunità, per l’economia e per la vita, come ricorda il professor Carlo Cambini, del corso di Ingegneria gestionale del Politecnico: «È tutto molto futuristico, ma si parla di avere accesso a utenze ed elettrodomestici di casa, alle informazioni sui parcheggi, al miglior controllo dell’illuminazione pubblica, alla sensoristica di gallerie e ponti». Cose di una certa, e attuale, rilevanza.

Massimiliano Nerozzi

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 25 gennaio 2020

 

 

«Partecipativo e inclusivo Così sarà il Museo del mare»

Il progettista sivigliano Vazquez Consuegra lavorerà soprattutto all'interno del "26" ma vuole una struttura che dialoghi con gli spazi esterni. La prima idea tra un mese

Due giorni di immersione nella realtà istituzionale e amministrativa triestina. Incontri con il sindaco Dipiazza, con gli assessori Rossi e Lodi, con i dirigenti comunali dei Lavori pubblici e della Cultura. Uno sguardo al Magazzino 26, che dovrà trasformare in Museo del mare. Fissato un appuntamento di massima: pensa di tornare a Trieste tra un mese con una prima concreta idea su cosa intenda fare di quei 20.000 metri quadrati in Porto vecchio. Guillermo Vazquez Consuegra, architetto sivigliano, ha appena terminato una riunione in una saletta del museo Schmidl a palazzo Gopcevich: è la seconda volta che viene a Trieste nel giro di un anno. Trieste, Porto vecchio, Magazzino 26: il Museo del mare può essere di più di un contenitore culturale, ovvero il narratore della città?Senza dubbio. Trieste è una città bellissima e a noi architetti piace lavorare in contesti urbani gradevoli. Montagna, mare, magnificenza e monumentalità, penso per esempio a piazza della Borsa e a piazza Unità. E all'orizzonte marino: non è possibile capire Trieste senza il mare. Completamente diversa dalla mia Siviglia, molto estesa, con un centro medievale. Il museo, per quanto fisicamente distinto dal centro, deve dialogare con la città. Trieste è una città di frontiera, il porto è anch'esso frontiera nei confronti dello spazio acqueo. Vorrei disegnare un museo del XXI secolo, partecipativo, inclusivo, basato sull'interazione sociale. Premesso che l'elaborato definitivo sarà presentato entro la fine dell'anno, come pensa di affrontare la grande mole del "26"?Cominciamo col chiarire che è un edificio vincolato, di cui non possiamo alterare la fisionomia. L'intervento si concentrerà soprattutto sull'interno. Sarà, per forza, un intervento limitato, ma a me piace lavorare sul limite. Il rendering, presentato a dicembre al Ferdinandeo, prevedeva però un coinvolgimento degli esterni. Vero, il museo deve appropriarsi dello spazio che lo circonda, deve "scappare" dal confine edilizio. Lavorare sugli interni non significa ignorare il contesto nel quale è posizionato il "26". Il Museo cerca il mare, lo deve incontrare, deve avere un rapporto con esso. Confermato allora l'utilizzo dei reperti di Marconi?Certo, la prua di nave Elettra sull'asse del "26", inserita nello spazio tra gli hangar 24 e 25. E anche il sommergibile ormeggiato al Bacino 0.Nessun problema per il fatto che il Comune vuole vendere gli hangar 24-25? Prua e sommergibile sono compatibili con i programmi dei futuri acquirenti?Non vedo controindicazioni, la prua sfrutta il vuoto tra i due hangar. Allestiremo comunque altri materiali espositivi all'esterno del museo. In Italia lei ha già lavorato su un museo del mare, quello di Genova. C'è qualche affinità con l'impegno triestino?Si tratta di edifici completamente diversi. A Genova c'era molta più libertà di azione: l'ex arsenale venne trasformato e la facciata modificata. Gli interventi, susseguitisi nei secoli, avevano fortemente compresso gli spazi interni. A Trieste la situazione è differente: lo stabile è enorme, costruito molto bene, solido, con una bellissima facciata, per cui - come ho precisato in partenza - il lavoro si concentrerà soprattutto all'interno. Anche a Cartagena un incontro con il mare, nel Museo di archeologia marittima. A sua volta un edificio differente rispetto ai due passati prima in rassegna. Situato nel waterfront, aperto in due parti separate da una piazza pubblica, la parte espositiva allestita sotto terra. -

Massimo Greco

 

 

Pinna nobilis decimata da un parassita marino

Sterminato il 60-70% della specie di mollusco presente nel golfo triestino. Spoto (Amp): «Ora un monitoraggio a tappeto»

Trieste. Il parassita che sta decimando la popolazione del Pinna nobilis in tutto il Mediterraneo, ha raggiunto anche le acque del golfo di Trieste, sterminando il 60-70 % di questi grandi molluschi bivalvi. Le prime avvisaglie di quanto stava accadendo sono emerse lo scorso novembre, con una moria di questa specie a Barcola. Ora la situazione si è aggravata. Le incessanti attività di monitoraggio subacqueo condotte nelle ultime settimane dall'Area Marina Protetta di Miramare, abbinate agli esiti delle analisi genetiche compiute dall'Università di Trieste, non lasciano spazio a interpretazioni: stiamo assistendo a una vera e propria strage di questa specie endemica del mare nostrum, conosciuta anche come nacchera, pinna comune, cozza penna o stura. Anche se nella riserva di Miramare gli esemplari di Pinna nobilis sembrano godere ancora di buona salute, da Muggia a Barcola, da Santa Croce a Sistiana il 60-70% è già morto. La causa dell'epidemia è, come accennato, un parassita, con precisione l'Haplosporidium pinnae. L'attenzione dell'Area Marina Protetta di Miramare sullo stato di salute della Pinna è altissima da quando, nel 2016, è stato registrato in Spagna un evento di mortalità di massa. «Da allora - spiega il responsabile Maurizio Spoto - abbiamo iniziato monitoraggi specifici in coordinamento con Arpa, Regione e i principali istituti di ricerca locali e nazionali». Nel 2018 è stato attivato un progetto specifico: "Restorfan". Ed è in uno dei censimenti previsti da questo progetto che, lo scorso novembre, i ricercatori della Riserva hanno colto i primi segnali allarmanti, con un evento di mortalità che ha avuto come epicentro lo spazio acqueo che da Barcola si spinge fino al confine dell'Area Marina Protetta, sul molo Sticco. È così scattato l'allerta ed è stata attivata una task force tecnico-scientifica. Sono stati avviati dei monitoraggi a Muggia, Barcola, Santa Croce e Sistiana, mentre i ricercatori hanno prelevato alcuni esemplari e li hanno inviati all'Università di Trieste per le indagini genetiche necessarie per rilevare la presenza del dna del patogeno. I risultati hanno confermato la peggiore delle previsioni: «La sequenza del dna isolata dagli esemplari deceduti nel golfo di Trieste - spiega Alberto Pallavicini, professore associato di Genetica all'ateneo di Trieste - è identica a quella del patogeno isolato nell'estate del 2019 in Croazia e un anno prima sulle coste ioniche. In pratica si può affermare che esiste un unico ceppo patogenico di Haplosporidium pinnae che sta decimando la popolazione nell'intero Mediterraneo e che da ultimo è arrivato a colpire il golfo di Trieste». La stagione invernale con le sue basse temperature è un fattore limitante della diffusione ulteriore del patogeno. Si teme che, con l'arrivo della primavera, si verifichi una moria con effetti devastanti per una specie che nel nostro golfo raggiungeva una densità straordinaria, anche di 0,8 esemplari per metro quadrato. Spoto spiega: «L'epidemia non può essere fermata ma possiamo cercare di mitigarne gli effetti. L'azione più urgente è l'attivazione di un monitoraggio a tappeto su tutto il golfo per identificare i nuclei sani».

Laura Tonero

 

 

"Macabro" l'elenco degli alberi abbattuti, quel patrimonio va difeso - la lettera del giorno di Nora Cominotto

Di alberi, molti, anche secolari se ne continuano ad abbattere a ritmo forsennato anche a Trieste e i tecnici, forestali, agronomi, negli ultimi tempi sembra possano solo decretarne la fine: causa la bora, l'inquinamento, il cedimento radicale o la tanto usata dicitura, "a rischio schianto". Viviamo in un paradosso; le nuove politiche ambientali invitano all'incremento del verde pubblico ma se ci si addentra nell'omonimo sito del Comune, la "finestra sul verde pubblico" ci consegna in trasparenza un macabro elenco, dal titolo "Aggiornamento lista abbattimento alberi", calendarizzato per mese, in cui i numeri pubblicati fanno rabbrividire. Non si trova traccia dei 18 alberi sul Colle di San Giusto di cui si è deciso, sembra, l'abbattimento. Amare la città dovrebbe volere dire anche preservare e curare i propri polmoni verdi, parte significativa nel nostro tessuto urbano, come disse lo scorso 22 novembre l'architetto de Walderstein all'indomani della Festa nazionale dell'albero. Non esiste un parco senza alberi e non ci sono veri parchi senza giardinieri all'opera. Si assiste invece alla continua messa in campo di progetti per la viabilità, la costruzione di rotonde, di centri commerciali dove gli alberi vengono spesso eliminati o sembrano confinati alla voce "manutenzione a costo zero". Nei cantieri stradali il taglio netto delle radici è cosa non rara, come si può notare passando in viale d'Annunzio, in questi giorni. Poi va da sè che siano destinati all'abbattimento. Ritengo doveroso prendersi cura di loro, per migliorare la qualità della nostra vita, dell'aria e perché abbelliscono gli spazi e li arricchiscono con la loro magnifica presenza, anche e soprattutto laddove sono parte integrante di siti turistici frequentati da un numero crescente di persone. Nelle aree pedonalizzate il ristoro, la quiete e la cura del verde dovrebbero essere il valore aggiunto che fa la differenza. Siamo lontani dal progetto delle città "fiorite" eppure così vicini a Grado, esempio di come si può fare, mentre da noi si riqualificano le piazze svilendone la destinazione, e il senso del bello abdica altrove. Reperire fondi, se non sufficienti, si può: con l'incasso di sanzioni già previste ma a oggi utilizzate poco e in modo irragionevole, mentre devono diventare uno strumento virtuoso di rieducazione, per sensibilizzare chi ha perso o dimenticato il senso civico e il rispetto dei luoghi pubblici. Il nostro patrimonio arboreo, fragile e indifeso, va preservato prima che sia solo una triste memoria da leggere distrattamente su un'iscrizione.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 gennaio 2020

 

 

Ferriera, sottoscritto l'accordo - E alla fine lo firma pure la Fiom

Fronte sindacale unanime dopo il 59% di "sì" al referendum: area a caldo chiusa verso metà febbraio. Sale anche la maggiorazione oraria della cassa integrazione

Dopo essere stato perfezionato lunedì scorso a Milano, è stato firmato definitivamente ieri nella sede triestina di Confindustria l'accordo sindacale che definisce il futuro della Ferriera, a cominciare dalla chiusura dell'area a caldo che dovrebbe scattare, secondo quanto comunicato dalla proprietà, il gruppo Arvedi, attorno a metà febbraio. Non c'erano più dubbi sul patto stretto tra le parti, blindato dal voto referendario di quasi il 59% delle maestranze. Ma il passaggio formale di ieri è stato accompagnato da un lato dalla sottoscrizione anche della Fiom Cgil, e dall'altro, a margine, dall'intesa sulla maggiorazione della cassa integrazione: una stretta di mano che vale sulla carta 400 euro lordi per il lavoratore che dovesse restare a casa per un intero mese. L'accordo sindacale, parte integrante del nuovo Accordo di programma che prevede messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nell'area della Ferriera, era stato presentato da Arvedi alla vigilia di Natale al Mise e accettato dalle categorie, convinte dalle garanzie del gruppo sulla salvaguardia dell'occupazione. L'unica insoddisfatta, la Fiom, era scesa sul piede di guerra, con tanto di ipotesi di ricorso al giudice del lavoro per l'esclusione dalla trattativa di lunedì. Ma ieri ha invece dato seguito alle dichiarazioni in cui si assicurava il rispetto dell'esito del referendum. E dunque, in Confindustria, si è aggiunta a penna l'accettazione anche della Fiom, con conseguente firma del segretario provinciale Marco Relli e del delegato Rsu Thomas Trost. «Non abbiamo mai cambiato idea», precisa proprio Trost: «Certo, avevamo espresso perplessità a dicembre, ma il voto dei lavoratori è prioritario e dunque ci muoviamo nella direzione indicata dalla maggioranza». Soddisfazione piena, nessuna sorpresa, da parte di chi quelle perplessità non le ha avute. Il segretario provinciale della Uilm Antonio Rodà e Christian Prella della Failms si concentrano così sul secondo fronte della giornata di ieri. Arvedi aveva proposto due euro lordi di maggiorazione per ogni ora di cassa integrazione: un totale di 346 euro qualora il lavoratore rimanesse a casa per tutto il mese, ipotesi che tuttavia si tende a escludere per la volontà di entrambe le parti di far lavorare i dipendenti a rotazione, spostando ad esempio gli operai dell'area a caldo nel laminatoio per l'affiancamento finalizzato alla formazione. I sindacati hanno rilanciato con una richiesta di due euro e mezzo e hanno infine accettato l'intesa a 2,35 euro, che si traduce, sempre nel caso limite di un operaio mai al lavoro per un mese, in 400 euro lordi mensili. «Un altro obiettivo centrato - sottolinea Rodà - che auspichiamo possa corrispondere alle esigenze dei lavoratori nelle giornate in cui staranno a casa». «Quei soldi in più - aggiunge Prella - dovrebbero garantire una discreta sopravvivenza a chi farà cassa integrazione volontaria, con il punto di forza della rotazione che consentirà livelli di retribuzione accettabili per tutti».Dall'azienda non arrivano commenti. Il prossimo passo, ricordano i sindacati, riguarda ancora la cassa integrazione: serve infatti l'esame congiunto della Cigs nella sede della Direzione regionale Lavoro. Mentre per la stipula dell'Accordo di programma, cui verrà allegato l'accordo sindacale, si attende che Autorità portuale e proprietà trovino un punto d'incontro sulla cessione dei terreni e sulla quantificazione dell'impegno pubblico, del Mise e della Regione, a sostegno del piano industriale.-

Marco Ballico

 

 

«Il Centro congressi in Porto vecchio nasce fuorilegge» - Denuncia alla procura degli indipendentisti

Tutta "colpa" del Centro congressi in Porto vecchio. Gli indipendentisti dell'International Provisional Representative of the Free Territory of Trieste (Ipr-Ftt), con sede in piazza della Borsa, hanno presentato un mega esposto al Tribunale di Trieste. «I vertici del Comune di Trieste, sindaco, segretario generale e direttore dei Lavori Pubblici, e il presidente dell'Autorità portuale sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Trieste per i reati di falsità in atti pubblici commessa da pubblici ufficiali e finalizzata alla truffa a danno di due enti pubblici, il Comune e il Porto franco internazionale di Trieste, per decine di milioni di euro», ha spiegato ieri in una conferenza stampa il rappresentante legale Paolo G. Parovel, direttore della Voce di Trieste. Il testo della denuncia penale, depositata il 25 ottobre 2019, è divenuto ora accessibile - è stato spiegato - perché incluso tra le prove documentali nella causa civile azionata il 6 dicembre dalla Ipr-Ftt «per l'accertamento di violazioni di legge nella gestione italiana dell'intero Porto franco internazionale di Trieste», che includono le attività del Comune. Sotto accusa è il costruendo Centro congressi. «La denuncia riguarda la costruzione e la gestione privata in concessione comunale per 20 anni di un Centro congressi del valore stimato complessivo di 64,3 milioni di euro con opere edili per 11,7 milioni, dei quali 4,5 milioni a peso del patrimonio del Comune, che ne ricaverebbe un canone annuo nominale di soli 80 mila euro», ha rilevato Parovel. Il problema è la non disponibilità delle aree del Porto vecchio, anche se sdemanializzate. «Con l'operazione edilizia del Centro congressi l'amministrazione comunale del sindaco Dipiazza ha replicato il bluff del 2002-2004 con cui tentò di forzare contro legge l'urbanizzazione del Porto franco Nord offrendolo per l'Expo 2008 senza averne la disponibilità legale e coinvolgendo professionisti e imprese». Ora la storia si ripete con Esof 2020 (Trieste capitale europea della scienza). «Il Comune - insiste Parovel - offre un nuovo Centro congressi da 64,3 milioni di euro simulando di avere la libera disponibilità dell'area, con l'avallo dell'Autorità portuale che avrebbe dovuto smentirla».

 

 

A Duino nasce il patto anti-termovalorizzatore

Al "no" bipartisan della politica si aggiunge quello di tecnici e ambientalisti. Il dossier del Comune a breve in Regione

DUINO AURISINA. È unanime e articolato il "no" di Duino Aurisina al progetto del termovalorizzatore che la Nord Composites Italia srl vorrebbe realizzare al Lisert. Il documento che contiene le osservazioni che l'amministrazione che fa

capo al sindaco Daniela Pallotta presenterà alla Regione nei primi giorni della prossima settimana, oltre a comprendere al suo interno l'opinione unanime di tutte le forze politiche che siedono in Consiglio comunale, si è infatti arricchito, nelle ultime ore, dei contributi delle associazioni ambientaliste e dei pareri di tecnici esperti in materia. Diventa perciò globale il rifiuto di un impianto che tutti vedono come un ulteriore pericolo «in una zona già altamente inquinata sotto il profilo atmosferico».È stata la capogruppo di Forza Duino Aurisina Chiara Puntar a raccogliere, nel corso della seduta congiunta delle commissioni Ambiente e Capigruppo aperta al pubblico, tali osservazioni e a inserirle nel testo che, per l'appunto, sarà portato in Regione. «Si è trattato di un lavoro complesso - ha detto - che però riteniamo abbia dato un risultato fondamentale perché espressione collettiva». Sono stati così inseriti gli interventi di Danilo Antoni (Gruppo Salute e ambiente) sui rischi derivanti dalla «pressoché totale saturazione e conseguente potenziale inaccessibilità agli impianti in caso di incidente nell'unica zona di accesso», con il suo auspicio di una «razionalizzazione dei percorsi e dei parcheggi in funzione di un più sicuro sistema di accesso, fruizione ed evacuazione», e la sua denuncia della «carenza di indicazioni circa l'eventualità di sversamento al di fuori dell'ambito dell'impianto, non prevedendo la creazione di un sistema di difesa verso il mare o nel sottosuolo».Al pari, sono state recepite nel testo le richieste di Elena Rojac (Cordicom Fvg) di «prevedere l'utilizzo di centraline dedicate al monitoraggio secondo per secondo, come già in utilizzo in impianti della vicina Slovenia», e quella congiunta della stessa Rojac e del consigliere comunale Lorenzo Celic (M5s), esperto di chimica, finalizzate a «ottenere indicazioni sulla procedura di diluizione dei rifiuti speciali pericolosi prima del trasporto».L'assessore Lorenzo Pipan ha fatto aggiungere le richieste di «avere a disposizione maggiori dettagli sui piani di sicurezza attuali implementati con questo intervento» e, assieme ad Antoni, di «ottenere specifiche indicazioni in caso di sversamento». Infine il consigliere Vladimiro Mervic (Lista "Per il golfo") ha ricordato che «un'area vocata al turismo e piena di eccellenze storiche e archeologiche non può sopportare una nuova fonte di inquinamento atmosferico».-

Ugo Salvini

 

 

Doppio pressing di Forza Italia per sciogliere il nodo Tripcovich

Savino interroga Franceschini e chiede rispetto per le scelte del territorio. Gibelli invita i funzionari romani a vedere di persona piazza Libertà

«Quando è morto Gillo Dorfles ho pensato che ci sarebbe mancato tantissimo, specie a Trieste. Penso che se fosse ancora qui con noi, potrebbe ben più autorevolmente di me rispondere alla presa di posizione del ministero: per quanto mi riguarda la Sala Tripcovich va abbattuta e le istituzioni locali devono essere rispettate». È questo il parere espresso in merito al destino dell'ex stazione delle corriere dall'assessore regionale alla Cultura, Tiziana Gibelli, che ha ricordato come «un recente sondaggio, seppur non istituzionale, ha evidenziato che il 68% dei triestini è favorevole dell'abbattimento della struttura. Volontà popolare e istituzionale appaiono dunque essere concordi, quindi mi auguro che il Mibact riveda la propria posizione, magari in seguito a un più approfondito sopralluogo sul sito, che certamente offrirebbe un'idea più dettagliata della situazione rispetto alla semplice analisi delle planimetrie e dei rilievi fotografici». L'assessore ha quindi rimarcato che «il Fvg è una delle poche Regioni che non ha ancora affrontato il tema del ruolo delle Soprintendenze nell'ambito dell'ampliamento dell'autonomia. Se la situazione è rimasta invariata, è proprio perché fino a questo momento c'è sempre stato un rapporto di collaborazione tra la Regione e la Soprintendenza; ovviamente ci sono stati confronti anche decisi, però sempre e comunque tendenti alla ricerca di soluzioni e mai al contrasto. È in questo modo che si riesce a lavorare insieme sul bene comune: cercando i punti di contatto che sono sempre maggiori di quelli di divisione, come credo voglia fare anche il Mibact». Sul tema è intervenuta anche la deputata azzurra Sandra Savino, autrice di un'interrogazione sul caso. «Di tutto ha bisogno Trieste - osserva - tranne che diventare oggetto di una contesa tra burocrazie. Al di là dei giudizi sull'abbattimento della Sala, serve chiarezza per non lasciare piazza Libertà nel limbo. Le motivazioni della direzione generale del Ministero sono discutibili nel merito e nel metodo: nel merito perché la Sala non è certo edificio esteticamente all'altezza di Trieste, nel metodo perché rimette in discussione il concetto di autonomia delle istituzioni locali».

 

 

Dalle antenne alla differenziata - Le richieste green degli eletti Pd

La capogruppo dem in Consiglio firma quattro mozioni per sollecitare la giunta su temi legati a difesa dell'ambiente e sviluppo sostenibile

Trasferimento delle antenne di Conconello, stato di avanzamento del Piano d'Azione per l'Energia Sostenibile, raccolta differenziata nei pubblici esercizi e del verde nel cimitero di Sant'Anna: quattro questioni per altrettante tematiche ambientali quelle che il Pd, attraverso la consigliera comunale Fabiana Martini, ha posto agli assessori competenti nei giorni scorsi. Si tratta di problematiche già affrontate durante l'amministrazione Cosolini dall'allora assessore Laureni e per le quali ora il Pd è in attesa di ricevere risposte concrete sullo stato dell'arte. Sulla questione antenne, il Comune di Trieste nel 2014 aveva sottoscritto un protocollo d'intesa con la Regione e tre soggetti privati per avviare il loro trasferimento da Conconello al monte Belvedere. Relativamente al Paes, nel 2014 era stato approvato dal Comune di Trieste, con l'impegno di ridurre del 20% le emissioni di CO2 entro l'anno che è appena iniziato. In merito alla raccolta differenziata nei pubblici esercizi, sempre in occasione del mandato Cosolini, erano state avviate iniziative in collaborazione con AcegasApsAmga e la Fipe per promuovere la raccolta differenziata da parte dei pubblici esercizi, bar in primis, «soprattutto - così l'interrogazione - per il significativo contributo che questo settore potrebbe dare alla raccolta, a partire dalla raccolta nell'umido dei fondi di caffè)». Quanto a quella del verde nel principale cimitero cittadino, partita nella primavera del 2016, erano stati predisposti dei raccoglitori dedicati, che tuttavia oggi, così recita l'interrogazione, «risultano frequentemente pieni di materiale non corretto, di fiori di plastica ad esempio». «Oggi - aggiunge Martini - l'ambiente viene finalmente riconosciuto come una priorità, o forse sarebbe più onesto dire che è diventato di moda, ma non ci sarà nessun reale cambiamento se non modificheremo i nostri stili di vita, se non capiremo che la svolta può e deve iniziare dai fondi del caffè». Infine una stoccata conclusiva. «È davvero un peccato veder interrotte alcune azioni avviate dall'amministrazione precedente che andavano in quella direzione, con gesti concreti a beneficio della salute del territorio e dei suoi abitanti».

 

 

Legambiente: Torino città più inquinata d'Italia

ROMA. Torino città più inquinata d'Italia. Lo conferma "Mal'aria", il report di Legambiente che certifica un nuovo anno nero nel capoluogo piemontese dove in 147 giorni sono stati superati i limiti di guardia per polveri sottili (86) e ozono (61). Al secondo posto Lodi, con 135 giorni fuorilegge, terza Pavia, con 130 superamenti. Torino è in testa anche nella graduatoria del decennio 2010-2019, quando è stata in vetta alla classifica dello sforamento del Pm10 per 7 volte su 10, pari a 1086 giorni. Non è stata la sola a soffrire per lo smog: nello stesso periodo, il 28% delle città monitorate da Legambiente (19) ha superato ogni anno i limiti giornalieri di Pm10. Male anche Frosinone, che nei dieci anni è la sola altra città ad aver sfondato i mille giorni di smog, seguita da Alessandria (896), Milano (890), Vicenza (846) e Asti (836). Lo scorso anno, il limite previsto per il Pm10 è stato superato in 54 capoluoghi di provincia: dopo Torino, con 86 giorni, ci sono Milano, con 72 giorni, e Rovigo, con 69. In 26 di queste stesse città è finito fuori controllo anche l'ozono. Iniziato male anche il 2020: nelle prime tre settimane l'allarme polveri è stato registrato per 18 giorni in 5 città: Frosinone, Milano, Torino, Padova e Treviso. Male anche Napoli, con 16 giorni, e Roma, con 15. «L'ormai cronica emergenza smog va affrontata in maniera efficace - dice il presidente di Legambiente Stefano Ciafani - Le deboli e sporadiche misure, come il blocco del traffico a Roma e in altre città son solo palliativi. Urgono politiche e azioni efficaci a livello nazionale, che riguardino tutte le fonti inquinanti».

 

 

Tra i giganti verdi di Miramare passeggiata da Contovello al parco.

La Giant Trees Foundation onlus ha scelto Miramare e il suo parco secolare per dare avvio al percorso che porterà alla scoperta del mondo verde del Friuli Venezia Giulia, dodici appuntamenti mensili per conoscere, osservare e "ascoltare" gli alberi più vecchi e più grandi presenti nel territorio. L'uscita a Miramare, che si svolgerà domani, abbraccerà l'eclettismo del suo parco e la maestosità del suo castello, inserendolo nel contesto in cui l'ha voluto il suo ideatore e fondatore. È infatti la figura dell'arciduca Massimiliano d'Asburgo a permeare l'intero giardino storico: Massimiliano ha fatto del parco la sua "creatura", inventata quando nulla faceva intuire il potenziale di questo promontorio roccioso, amata e curata anche a distanza. L'escursione di sabato porterà dunque a scoprire i tesori botanici dell'arciduca, ma lo farà prendendo le mosse dall'alto, partendo a piedi - come usavano gli abitanti dei borghi di Prosecco e Contovello - con un itinerario che attraverserà i pastini terrazzati ormai riconosciuti come patrimonio culturale collettivo. La passeggiata prenderà avvio da Prosecco per proseguire quasi sempre in discesa lungo strade forestali sterrate, scalinate disuguali in arenaria e sentieri lastricati orlati da muretti in pietra di vecchia e nuova fattura: l'itinerario attraverserà querceti e terrazzamenti a viti e olivi. Permetterà di osservare la morfologia del territorio e di giungere a Miramare, attraverso la storica stazione ferroviaria contemporanea a Massimiliano. Nel parco, la passeggiata proseguirà studiando alcuni esemplari arborei molto speciali, tra cui spiccano un corbezzolo, un leccio e un pino grigio monumentali. L'escursione si chiuderà con una visita al castello accompagnati dall'esperta del museo storico Daniela Crasso, per scoprire il contesto storico e politico in cui è stato creato il Parco. A condurre l'escursione, per gli approfondimenti botanici ci sarà Pierluigi Nimis (professore ordinario di Botanica sistematica dell'Università di Trieste) il quale, insieme a Sara Famiani (guida naturalistica), Denia Cleri (operatore naturalistico e culturale), Andrea Maroè (esperto di alberi monumentali), accompagneranno la comitiva lungo tutto il percorso. Ritrovo: alle 9, fuori del parcheggio a pagamento del castello. Durata escursione: dalle 9 alle 15. Pranzo al sacco autogestito nelle aree autorizzate. Quota di partecipazione: escursione gratuita. Iscrizioni: inviare una mail a info@gianttrees.org.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 gennaio 2020

 

 

Sul caso della Tripcovich la Soprintendenza stroncata dal ministero

Roma, oltre a demolire l'apertura di palazzo Economo al possibile abbattimento, rileva: «irrituale» la trasmissione al Municipio di corrispondenza interna agli uffici

Più che una lettera, una stroncatura. La missiva, con cui Federica Galloni direttore generale archeologia-belle arti-paesaggio del Mibac boccia l'abbattimento della sala Tripcovich, colpisce e probabilmente affonda le velleità comunali di eliminare l'ex stazione delle autocorriere dalla prospettiva di piazza Libertà. E forse serve a comprendere una certa rassegnazione mostrata martedì in commissione dal sindaco Dipiazza. L'epistola ministeriale, datata 11 dicembre, riscontra la nota della Soprintendenza, a sua volta datata 11 novembre, con la quale Trieste chiedeva la revisione del vincolo risalente al 5 luglio 2006. Il tono dell'architetto Galloni risulta piuttosto acido, quasi irritato, fin dalle prime righe, nelle quali accusa la Soprintendenza Fvg di operato «irrituale», in quanto aveva trasmesso per conoscenza la nota al Comune di Trieste: errore - tuona il direttore - in quanto «atto interno, di natura endoprocedimentale». Poi Federica Galloni, coadiuvata dagli architetti Michela Peretti e Alessandra Marino, comincia a smontare la posizione della Soprintendenza. E lo fa partendo da un'argomentazione principale: ovvero il ministero può rivedere il provvedimento tutorio solo in presenza di fatti nuovi. E fatti nuovi non ci sono, perché l'ex stazione delle corriere è stata trasformata e destinata a nuovo utilizzo, quello di sala teatrale, a partire dal dicembre 1992. Allora il vecchio edificio firmato da Nordio & Baldi accolse negli spazi interni un cambiamento radicale. Via i vecchi serramenti, via i colori originari degli intonaci, mentre il fascio littorio stilizzato - scrive la Galloni - era già stato surrogato dalla meno impegnativa alabarda. A proposito dell'esterno - prosegue il direttore - esso «ha conservato una leggibilità che lo include a pieno titolo nel contesto urbanistico ed architettonico triestino in puro stile "littorio", evidenziando la modernità delle scelte funzionali ed estetiche adottate dai progettisti per la sua realizzazione». Una chiave di lettura che forse spiazzerà i contrari di destra e i favorevoli di sinistra...Fatto sta che la Tripcovich va considerata «un bene culturale di notevole importanza e perciò degno di particolare tutela». E di conseguenza non sia condivisibile il parere della Soprintendenza, che, nel supportare il progetto del Comune, aveva fatto riferimento alla perdita dei «valori originari» in quanto «il manufatto si presenta ormai depauperato di valenze storico-artistiche o architettoniche».Ma la direzione ministeriale ritiene vero l'esatto contrario. Non si limita a questa clamorosa smentita di carattere culturale e picchia ancora sodo. La Soprintendenza scrive di mancanza dei requisiti di sicurezza e di evidente degrado? Ebbene, l'architetto Galloni ricorda alla soprintendente Simonetta Bonomi che il decreto legislativo 42/2004 impone alla mano pubblica sicurezza e conservazione dei beni culturali di proprietà. Alla luce di questi motivi, la competente direzione del Mibac ritiene infine «inammissibile» la revisione del provvedimento tutorio emanato circa quattordici anni fa. Una risposta puntuta, che non lascia molto margine a ripensamenti. Vergata da un alto dirigente, potrà essere contraddetta da un collega in caso di ricorso gerarchico presentato dal Comune? In commissione IV-VI Dipiazza ha accennato più alla strada politica che a quella giudiziale: e comunque ha preferito non pubblicizzare la lettera ministeriale. Ma perché la Galloni è stata così tranchant nei confronti della Soprintendenza triestina? Un errore "diplomatico" da parte di palazzo Economo? Tensioni centro/periferia all'interno della struttura amministrativa?In Comune la risposta ministeriale è stata "girata" in data 13 gennaio, in relazione alla richiesta di accesso agli atti formulata dal Municipio il 23 dicembre. Il dossier andrà nell'aula consiliare in occasione della discussione sulla mozione presentata dalla maggioranza di centrodestra, favorevole all'abbattimento della sala. 

Massimo Greco

 

 

Duino dice no al progetto del termovalorizzatore vicino alle foci del Timavo

Decisa la linea dura in anticipo rispetto alle valutazioni attese dall'amministrazione di Monfalcone. «No a ulteriori emissioni industriali in zona»

DUINO AURISINA. Da una parte la paura per l'«impatto globale delle emissioni» di tutti i siti industriali insediati a Monfalcone, dall'altra la necessità di porre dei paletti a tutela del proprio recinto territoriale, contiguo alla città delle fabbriche. Così, volendo cercare alternative a un progetto che per settimane è rimasto sotterraneo nonostante il pubblico avviso della Regione datato 29 novembre e quindi fondamentalmente «appreso dalla stampa», Duino Aurisina - amministrazione governata dal centrodestra - ieri pomeriggio ha convocato la seduta congiunta delle commissioni Seconda (Assetto e utilizzazione del territorio) e Capigruppo. Lo ha fatto per predisporre osservazioni all'istanza avanzata dalla Nord Composites Italia srl per la realizzazione di un termovalorizzatore al Lisert, non distante dalle foci del Timavo. Un'indizione che Anna Cisint, sindaco di Monfalcone, si guarda (per ora) dal promuovere in Municipio, così prestando il fianco all'opposizione, sulle barricate da giorni proprio per l'accusa di scarsa condivisione delle informazioni. A Duino Aurisina è stata la presidente della Seconda commissione Chiara Puntar a richiedere la convocazione. Come rimarcato ieri mattina dall'assessore all'Ambiente Massimo Romita «l'amministrazione non ha competenze dirette», trattandosi di una realizzazione su suolo monfalconese e di natura privata, per la quale risulta richiesto al Servizio tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico il rilascio del Provvedimento autorizzatorio unico regionale (Paur). Ma l'impianto «è a due passi da noi», dalle foci del Timavo. Tra l'altro, per la prima volta, si è deciso di aprire le commissioni a interventi diretti del pubblico, previa sospensione dell'assise, per dar modo ai presenti di manifestare proposte, così da incamerarle poi nelle conclusioni della seduta, i cui esiti saranno, nelle prossime ore, fatti propri dalla giunta di Duino Aurisina con delibera e inviati alla Regione. I termini di presentazione delle osservazioni scadranno infatti mercoledì prossimo: Cisint ha annunciato per il giorno prima l'esposizione dei rilievi elaborati dai tecnici dell'Ufficio Ambiente, al lavoro sul punto. Intanto però Duino Aurisina già manifesta «contrarietà» alla proposta di Nord Composites e in particolare «piena contrarietà alla combustione di rifiuti chimici (si tratta di scarti liquidi che derivano dai processi produttivi, cioè la realizzazione di resine, ndr)». Romita ha espresso ieri «forte preoccupazione» per gli aspetti legati alle emissioni: «Secondo i proponenti gli impatti risultano di bassa o trascurabile significatività, riassumibili come modesto incremento in atmosfera e di rumore, che però sommati alle già presenti emissioni nel Monfalconese andrebbero ad aggravare presumibilmente la già critica situazione». Tra l'altro l'assessore esprime perplessità pure sull'attuale sistema di smaltimento delle acque reflue, circa 50, 60 mila chili di scarti a settimana, trasportate con una dozzina di autocisterne al mese da Monfalcone in vari paesi esteri a causa della saturazione dei siti nazionali. «Cosa che si sarebbe dovuta prevedere al rilascio delle autorizzazioni, visti anche i recenti tragici incidenti che hanno visto le nostre strade ed autostrade tristi scenari», puntualizza. «L'amministrazione guidata da Cisint - ha voluto ricordare il sindaco di Duino Aurisina Daniela Pallotta - ha dato fortemente una svolta green alle azioni e ai progetti per il territorio del Monfalconese, volgendo l'attenzione sul turismo, con infrastrutture collegate, e sulla qualità dell'aria e dell'ambiente, per presentare così congiuntamente un'area, quella isontina e la nostra, particolarmente attrattiva nell'offerta culturale e turistica e soprattutto del miglioramento della qualità della vita dei cittadini». Tra le osservazioni proposte ieri, la richiesta che «le emissioni in atmosfera permangano al di sotto dei limiti di legge» e un monitoraggio dell'aria con «centraline di rilevamento e campionamento in prossimità di San Giovanni e al Villaggio». E relativamente alla sicurezza la previsione di un piano «che prenda in esame il potenziale rischio contaminazione» e l'impiego di «tutti gli strumenti utili a evitare e ridurre potenziali danni ambientali per eventi eccezionali come cedimenti strutturali, terremoti, fulmini».

Tiziana Carpinelli

 

 

Orso avvistato a Savogna Attraversava la strada

La presenza del plantigrado sul Vallone segnalata da un automobilista All'arrivo dei carabinieri l'animale aveva fatto perdere le proprie tracce

GORIZIA. La presenza di un orso è stata segnalata nei giorni scorsi a Savogna d'Isonzo. A incrociare il plantigrado all'altezza di Gabria è stato un automobilista in transito lungo la Statale 55 "del Vallone" che si è visto attraversare la strada dall'animale nella notte tra sabato e domenica. Secondo il racconto fornito dall'uomo, l'incontro è avvenuto nelle vicinanze del albergo "Da Tommaso". Subito è stata allertata la centrale operativa della questura di Gorizia che, a sua volta, ha chiesto l'intervento dei carabinieri. La Compagnia di Gorizia ha inviato sul posto una pattuglia della territoriale, ma quando la macchina è arrivata nella zona dell'avvistamento, ormai dell'orso non c'era già più traccia. L'animale era sparito nella boscaglia e, con ogni probabilità, aveva già attraversato il vicino confine con la Slovenia.Per quanto improbabile, non è comunque impossibile incontrare un orso nella zona dove è avvenuto l'avvistamento. Anche se siamo in inverno, le temperature non sono troppo rigide: gli esperti spiegano che il letargo non è profondo e così può capitare di avvistare in giro degli esemplari adulti. Le ore di maggiore attività sono quelle notturne. Durante la notte un orso in buono stato di salute può percorrere anche 80-100 chilometri. Senza dubbio il caso di avvistamento più eclatante relativo all'Isontino è stato quello del 2015 quando a Villesse un orso ha attraversato il parcheggio del Tiare Shopping e il suo passaggio è stato registrato dalle telecamere di videosorveglianza del parco commerciale. Come venne poi dimostrato, quella di Madi - questo il suo nome - era stata un'avventura unica. Aveva attraversato la pianura friulano-isontina percorrendo 80 chilometri in perfetta linea retta nonostante si fosse mosso in un ambiente fortemente antropizzato. Madi era comparso alle 6.30 del 6 maggio 2015 alle porte di Sedegliano per poi dirigersi verso sud-est seguendo a nord la Napoleonica. Prima d'essere ripreso dalle telecamere di videosorveglianza del parco commerciale di Villesse, era passato dall'Outlet Village di Aiello, dove aveva sfondato due recinzioni. In qualche modo era prima riuscito a superare la A23, ma di certo, prima di spostarsi verso Fogliano, al Tiare Shopping aveva tentato (senza riuscirci) di entrare in autostrada. Le impronte ritrovate nelle vicinanze della tendopoli dei profughi allora accampati in riva all'Isonzo a Gradisca avevano dimostrato che aveva attraversato il fiume nuotando a valle del ponte di Sagrado. Le ultime tracce erano state poi quelle lasciate la mattina del 9 maggio all'agriturismo "Le Giare" dove aveva preso di mira alcune arnie. Se l'orso avvistato nei giorni scorsi sia stato lo stesso di cinque anni fa non è possibile stabilirlo, ma la presenza di Madi, dimostra che anche le zone fortemente urbanizzate (e quella di Gabria dove si è registrato l'avvistamento è solo parzialmente antropizzata) possono essere battute dai plantigradi. E improbabile non significa impossibile.

Stefano Bizzi

 

FIUME - Tre branchi di lupi vicini ai centri abitati - Nella Lika

Tre branchi di lupi, rispettivamente composti da otto, sette e cinque esemplari, stanno destando crescente preoccupazione nella popolazione di Korenica, località della regione della Lika situata circa 120 chilometri a sud-est di Fiume. Nel corso dell'inverno i lupi hanno deciso di abbandonare i loro territori di caccia naturali, probabilmente per la scarsità delle prede, avvicinandosi così ai centri abitati, dove per certi versi a questi predatori è più facile procacciarsi il cibo. I lupi hanno già predato decine di ovini e diverse mucche e vitelli di proprietà degli allevatori della zona. Nonostante la loro presenza, i tre branchi non invece destano preoccupazione tra i responsabili del vicino Parco nazionale dei laghi di Plitvice.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 gennaio 2020

 

 

Tracce fuorilegge di benzo(a)pirene «Proibito mangiare le cozze di Muggia»

La concentrazione di questo idrocarburo cancerogeno risulta a rischio sforamento Il divieto durerà finché i parametri non rientreranno

MUGGIA. Benzo(a)pirene oltre i limiti di legge nelle acque muggesane. E il termometro lo danno le concentrazioni nei "pedoci". C'è una bruttissima sorpresa nell'ordinanza dell'Azienda sanitaria in cui si intima il divieto di raccolta, commercializzazione, trasformazione, conservazione e immissione al consumo dei molluschi bivalvi vivi estratti dalle acque della zona di produzione di Ts 02 - Muggia del golfo di Trieste. Che i "pedoci" delle nostre acque siano tornati "off-limits" non sarebbe una grande novità. Ciclicamente le cozze nostrane si trovano alle prese con problemi legati sia alla presenza del batterio intestinale escherichia-coli, presenti di solito soprattutto dopo diversi giorni di forte pioggia, sia alla alta positività alla biotossina Mytilus-species prodotta da alghe microscopiche facenti parte del fitoplancton. Questa volta, però, l'ordinanza giunta dal Dipartimento di prevenzione - Struttura complessa igiene alimenti di origine animale, con la quale viene per l'appunto comunicata la sospensione temporanea dell'attività legata alla zona di produzione di Muggia, mette in rilievo che nel riscontro analitico è stata evidenziata la presenza di benzo(a)pirene. Ma cos'è questa sostanza? Come spiega anche l'Arpa, il benzo(a)pirene è un composto chimico che viene classificato come cancerogeno di categoria 1 dall'Ue e dall'Agenzia internazionale per la ricerca contro il cancro. Tra i cosiddetti idrocarburi policiclici aromatici (ipa), il benzo(a)pirene, oltre ad essere uno di quelli dotati di maggiore potenza cancerogena, risulta anche presente in concentrazioni significative nel particolato emesso dagli scarichi autoveicolari. Ma da dove viene? Altre fonti evidenziano come esso si formi per incompleta combustione di sostanze organiche a temperature comprese tra i 300 e i 600 gradi. «Il limite a norma di legge è di 10 microgrammi/chilogrammo sull'umido. Nei mitili muggesani è stato riscontrato il valore di 7. 9, ma sommando l'incertezza del metodo analitico viene superata la soglia dei 10 microgrammi», spiega il direttore Arpa Stelio Vatta. «Non ero stata informata direttamente, ora naturalmente sarà mia cura capire subito cosa sia successo e da dove possa provenire questo inquinante», assicura l'assessore all'Ambiente di Muggia Laura Litteri. L'ordinanza rimarrà in vigore fino a quando non risulteranno ripristinate le condizioni di idoneità dei parametri chimici.--

Riccardo Tosques

 

 

Mozione di maggioranza per abbattere la Tripcovich

O sindaco Dipiazza, fatti valere presso il ministero dei Beni Culturali perchè Roma rimuova il vincolo sulla Tripcovich, in modo tale che si possa abbattere quell'«edificio ingombrante e sgraziato» la cui mole molesta «strozza la naturale ariosità di piazza della Libertà». La mozione urgente reca gli autografi dei capigruppo di maggioranza, che sono il dipiazzista Vincenzo Rescigno, il forzista Alberto Polacco, il leghista Radames Razza, l'italicofratello Salvatore Porro, ai quali si aggiunge il "misto" Fabio Tuiach: il documento è stato vagliato ieri all'ora di pranzo dalle commissioni IV, presieduta dal forzista Michele Babuder, e VI, guidata da Porro medesimo. Un po' spregiativamente la mozione s'intitola sala Tripcovich «già stazione delle corriere», per rimembrarne la funzione originaria. La Tripcovich è un argomento che tira e in più nell'aula consiliare si è appalesato il primo cittadino: fatto sta che a un certo punto una ventina di consiglieri, pari a circa il 50% dell'intiera assise, si era assiepata sui banchi. Un Dipiazza, parso insolitamente malinconico e fatalista, ha spiegato per l'ennesima volta la sua Weltanschaaung, ricordando quando da piccolo proprio lì prendeva il pullman verso la natìa Aiello. Spera di convincere attraverso «importanti contatti romani» il ministero a mollare sulla vicenda: se no, pazienza. «Mi verrebbe voglia di costruirvi un palazzo di 26 piani», ha celiato per sdrammatizzare l'atmosfera. Rispetto al vincolo del luglio 2006, sono cambiate molte cose, a cominciare dall'apertura di Porto vecchio e dalla riqualificazione di piazza Libertà, dove palazzo Kallister si avvia a diventare un ulteriore albergo triestino. Argomenti che non hanno convinto l'opposizione, speranzosa in un ritorno al cinema, al rock, all'aggregazione sociale: così Morena (Open), Barbo e Repini (Pd), Bertoni e Danielis (M5s). Favorevoli a raderla al suolo Cason e Codarin (Dipiazza), Apollonio (FI). Ha chiuso Ambra Declich, comitatista pro Tripcovich.

Magr

 

Forse la Sala Tripcovich potrebbe tornare alla primitiva purezza - la lettera del giorno di Luciano Celli

E' ripresa sul Piccolo la pubblicazione di interventi in merito alla conservazione o meno della sala Tripcovich. Ricordo che il professor Gianni Contessi, in un ampio contributo pubblicato il 30 dicembre, a conclusione di una serie di motivazioni che giustificano l'opportunità della demolizione, cita un saggio dal titolo "Umberto Nordio, Architettura a Trieste 1926-1943" che aveva pubblicato in occasione di una mostra curata da lui stesso alla Triennale di Milano. Lo ritrovo nella mia biblioteca: in questo saggio compare un'ampia documentazione fotografica degli "interni" da cui risulta con grande chiarezza tutta la capacità di Nordio nell'elaborare progetti di stampo razionalista, anche se in scala minore. Penso che in architettura anche i progetti minori contribuiscono a definire la figura del progettista. Così per Nordio: anche questa architettura minore entra a far parte della "storia" di Nordio architetto. Credo quindi si debba porci la domanda se il recupero di questo edificio - che fa parte a tutto titolo della sua straordinaria produzione - non possa ritornare alla primitiva purezza razionalista tramite alcune azioni profonde: dal restauro delle facciate, all'eliminazione delle superfetazioni, dalla cancellazione del trompe-l'oeil che nella sua discutibile fattura allude alla figura di un sipario teatrale, al recupero degli interni. La documentazione fotografica citata testimonia di un' architettura degli interni di grande valore. Temo sia molto probabile che nella trasformazione Stazione autocorriere - Teatro tutto questo sia andato perduto, ma ciò non toglie che andrebbe fatta un' indagine attenta prima di qualsiasi decisione. Sia per verificare se possono essere recuperate alcune tracce del progetto di Nordio, sia per indagare la possibilità di articolare lo spazio del teatro in un centro culturale polivalente, in cui varie funzioni potrebbero coesistere, anche a servizio dei turisti in arrivo dalla Stazione ferroviaria. Il tutto (anche i percorsi del traffico pedonale -automobilistico) andrebbe definito-regolato all'interno di un progetto che tenga conto della posizione strategica di questa " piazza", primo impatto " urbano" per chi proviene da Viale Miramare, " vuoto" definito dai palazzi che ne disegnano i contorni , arredato da tratti erbosi e dal monumento della sfortunata consorte dell'Imperatore: nonché valorizzato da un'opera , anche se minore, di Umberto Nordio.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 gennaio 2020

 

 

Garanzia Fincantieri inserita nel patto sindacati-Ferriera

Nel testo il richiamo al salvagente assicurato da Patuanelli Il gruppo Arvedi conferma tutti gli impegni. Giovedì la firma

Dopo il referendum con cui i lavoratori della Ferriera hanno approvato l'accordo sindacale con quasi il 59% dei voti, l'intesa fra azienda e sigle favorevoli è stata perfezionata ieri a Milano e sarà definitivamente firmata giovedì nella sede triestina di Confindustria. La riunione è avvenuta alla presenza di Rsu, segreterie provinciali e vertici nazionali di Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb, che hanno ottenuto la limatura di alcuni dettagli, a cominciare dall'inserimento di un riferimento esplicito agli impegni assunti dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli sul totale assorbimento degli esuberi grazie alla disponibilità di Fincantieri. Da parte sua, il gruppo Arvedi ha confermato la disponibilità alla maggiorazione della cassa integrazione e ribadito che lo spegnimento dell'area a caldo comincerà il primo di febbraio. L'operazione si protrarrà per tutto il mese e, stando ai sindacati, i contratti dei lavoratori interinali potrebbero dunque essere prolungati fino al 28 febbraio. La convocazione a Milano ha riguardato solo i sindacati sottoscrittori dell'accordo trovato nei giorni di Natale nella sede del Mise. Come spiega il segretario provinciale della Uilm Antonio Rodà, «abbiamo rafforzato il riferimento al coinvolgimento delle istituzioni, citando l'impegno preso dal ministero. Abbiamo inoltre condiviso la necessità di definire tutti i tavoli tecnici tra Rsu e azienda indispensabili in questa fase di transizione per gestire le operazioni». Rodà evidenzia che «per quanto riguarda lo spegnimento dell'area a caldo, l'azienda ha confermato che le operazioni di spegnimento prenderanno tutto il mese di febbraio, nel rispetto dei protocolli di sicurezza». È facile immaginare che il gruppo Arvedi stia pensando a uno spegnimento graduale, per poter consumare tutte le materie prime ancora presenti nel sito e che altrimenti dovrebbero essere trasferite altrove con costi aggiuntivi. Forse proprio per questo, «l'azienda valuterà di fare le proroghe dei contratti in scadenza», dice il sindacalista della Uilm. Mentre per la stipula dell'Accordo di programma si attende che Autorità portuale e proprietà trovino un punto d'incontro sulla cessione dei terreni, l'intesa sindacale recepisce il piano industriale basato su smantellamento e bonifica dell'area a caldo, rilancio della logistica, riconversione della centrale elettrica e potenziamento del laminatoio. Il tutto dovrebbe durare 24 mesi e richiedere un investimento da 180 milioni. Al termine dell'operazione, i lavoratori di Servola passeranno da 580 a 417: per 66 si procederà con trasferimenti in aziende terze, 58 verranno prepensionati e per i restanti 39 sono previste uscite volontarie con incentivi. Per tutti scatteranno 24 mesi di cassa integrazione a rotazione. E proprio su quest'ultimo punto l'azienda ha confermato gli impegni assunti con i sindacati. Primo fra tutti la maggiorazione di due euro lordi per ogni ora di cassa integrazione: un totale di 346 euro lordi qualora il lavoratore stia a casa per tutto il mese, ipotesi che si tende a escludere per la volontà delle parti di far lavorare i dipendenti a rotazione, spostando ad esempio gli operai dell'area a caldo nel laminatoio per l'affiancamento finalizzato alla formazione. Il gruppo Arvedi prevede inoltre 28 mila euro lordi di buonuscita per chi volesse lasciare volontariamente il posto di lavoro, mentre per i pensionandi sono previsti due anni di cassa e poi una maggiorazione di 1.175 euro lordi per ogni mese di Naspi ricevuta nel periodo di disoccupazione, cioè fra l'uscita dall'azienda e la maturazione dei requisiti per la pensione.

Diego D'Amelio

 

La Fiom non invitata alla riunione: ipotesi ricorso al giudice del lavoro

La sigla dei metalmeccanici Cgil valuta il comportamento dell'azienda In ogni caso non risulterà firmataria dell'intesa ma potrà aderirvi

Firma o non firma, questo è il dilemma. Non è chiaro se quanto avvenuto ieri a Milano sia da considerare la stipula dell'accordo sindacale o se la sottoscrizione sarà quella di giovedì a Trieste. Particolare di non poco conto perché, nel primo caso, la mancata convocazione della Fiom potrebbe essere considerata una violazione dello Statuto dei lavoratori per comportamento antisindacale da parte dell'azienda, che fa però sapere di voler invitare i metalmeccanici della Cgil in occasione dell'incontro in Confindustria. La Fiom valuta di presentare istanza davanti al giudice del lavoro, per violazione dell'articolo 28 dello Statuto dei lavoratori. Ma il segretario provinciale Marco Relli tiene il profilo basso: «Io so solo che venerdì ho mandato una pec all'azienda, dopo aver saputo che ci sarebbe stato l'incontro per la firma. Nella mail ho ribadito che avremmo firmato l'accordo, rispettando l'esito del referendum. Ho rappresentato all'azienda che non invitarci a Milano sarebbe stata una discriminazione e avrebbe costretto la Fiom a difendersi. Non ho ricevuto risposta». Dal gruppo Arvedi si limitano a far sapere di considerare la situazione priva di criticità, perché quello di ieri è stato solo un incontro tecnico e perché la Fiom verrà convocata in Confindustria giovedì, quando avverrà la firma definitiva. Da quanto trapela però, il documento riporterà la data del 20 gennaio e ieri i sindacati avrebbero già apposto le firme dopo le ultime limature. La Fiom non risulterà in ogni caso firmataria, ma potrà sottoscrivere l'intesa per adesione, non avendo partecipato alla stesura dell'accordo. A gettare acqua sul fuoco prova Sasha Colautti a nome dell'Usb: «L'azienda deve provare a ricomporre la divisione senza escludere nessuna sigla nella fase di applicazione dell'accordo. La Fiom non c'era ma spero che le verrà chiesto di firmare per adesione giovedì. L'accordo è stato sottoscritto oggi (ieri, ndr) e sono state messe le firme, dopo aver rafforzato alcuni concetti dopo le dichiarazioni del ministro. Il lavoro fatto era necessario per ridurre le critiche emerse fra i lavoratori, di cui siamo consapevoli. Ora ci aspettiamo che le istituzioni mantengano gli impegni».

 

 

Prosecco, grotta liberata da un mare di rifiuti

Altra missione di Sos Carso: riesumati persino un frigo e una tv. Bonifica di volontari indipendenti pure in Val Rosandra

TRIESTE. Un frigorifero, un televisore, moltissima ferraglia e 12 sacchi neri pieni di vetro e rifiuti vari. Questo il bottino dell'ultima "uscita ecologica" compiuta dall'associazione apartitica Sos Carso in una grotta vicina a Prosecco. Sei volontari hanno ripulito infatti per l'ottava volta l'area, raccogliendo appunto una quantità notevole di spazzatura sepolta nella cavità. «Alla nostra prima ispezione fatta circa tre mesi fa, la grotta era completamente colma di rifiuti di tutti i tipi e di terra. Dopo queste prime pulizie la cavità presenta circa 10 metri di sviluppo verticale con una cavernetta al suo interno, otturata a sua volta da terra e rifiuti, che stiamo liberando, dove siamo riusciti a riaprire un varco intravedendo così ulteriori rifiuti», racconta il portavoce di Sos Carso Cristian Bencich. La grotta in questione pare fosse occlusa da circa 50 anni: «Una notizia parzialmente positiva, che conferma come il 90% dei rifiuti che troviamo in Carso risalgono a vecchi lasciti, anche se il restante 10% riguarda invece rifiuti "freschi", che vengono abbandonati nonostante la possibilità di conferimento di questi nelle discariche e le sanzioni per i trasgressori», aggiunge Bencich. Complessivamente la grotta di Prosecco ha prodotto finora circa 150 sacchi neri di rifiuti vari, un forno, un boiler, un frigorifero appunto, parecchi televisori e ferraglia di tutti i tipi. Nell'ultima uscita, accanto a Bencich, hanno operato il cofondatore Furio Alessi nonché Alessandro, Davide, Roby e Tania. Nello stesso giorno altri volontari, in modo indipendente, hanno compiuto una pulizia in Val Rosandra: un'iniziativa promossa dalla 39enne triestina Cristina Checco. Tornando a Sos Carso, oltre a terminare la pulizia della cavità carsica di Prosecco, in cui peraltro è stata rinvenuta anche una vecchia stufa di circa 100 chili, in progetto ci sono anche la pulizia di una dolina vicino a Opicina e colma di copertoni di auto e camion, oltre al proseguimento del lavoro di pulizia dell'area di Basovizza. Di fronte alle minidiscariche abusive recenti, secondo Bencich «la politica dovrebbe fare alcuni cambiamenti nelle proprie regole. Penso in particolare al Comune di Trieste, che potrebbe aumentare il numero di materiale edile da poter portare nelle discariche, installare delle fototrappole nei punti più sensibili dell'altipiano di propria competenza. Inoltre il posizionamento di qualche cassonetto in più non guasterebbe di certo. Anzi: disincentiverebbe l'abbandono di rifiuti nel nostro amato Carso».

Riccardo Tosques

 

 

Tornano le baracche alla Costa dei Barbari

Segnalate nuove costruzioni abusive attorno alla spiaggia E il sentiero per Portopiccolo è pieno di escrementi di cani

DUINO AURISINA. Tavolini in legno costruiti con materiale trovato sul posto, divani rudimentali, coperture improvvisate ma sufficienti per resistere a improvvisi piovaschi, addirittura un rotolo di carta multiuso appeso in alto a un apposito sostegno. È di nuovo allarme baracche alla Costa dei Barbari, il tratto di litorale attiguo all'area di Portopiccolo in direzione di Trieste. Non è la prima volta infatti che, in quella zona, e non solo in riva al mare, ma anche lungo i sentieri che permettono di salire fino alla Costiera, i frequentatori più assidui cerchino di rendere più confortevoli le loro soste improvvisandosi artigiani. Ingegnandosi con pietre e legni trovati in loco, e portando qualche suppellettile da casa, creano dunque queste capanne, la cui funzione sembra non essere solo quella di garantire comodità nel corso dell'estate. I passanti che hanno segnalato il problema parlano infatti di situazioni che fanno presagire una continuità nella presenza di qualcuno. In altre parole, non ci sarebbe da stupirsi se emergesse che qualcuno vive stabilmente, o quasi, in quelle capanne. Fra l'altro accumulando ingenti quantità di immondizie, evidenti anche a uno sguardo distratto. Più volte, in passato, l'amministrazione di Duino Aurisina, indipendentemente dalle maggioranze che si sono alternate alla guida del Comune, aveva affidato a imprese specializzate negli sgomberi di questo tipo l'incarico di riportare la zona alla sua fisionomia naturale. Nel corso delle operazioni di pulizia erano state trovate cucine da campo, bombole per il gas, posate, piatti, cuscini. Ora la situazione è nuovamente preoccupante. L'ultima testimonianza in questo senso è di alcuni partecipanti della Corsa della Bora, i quali, lambendo l'area, hanno visto queste capanne, e qualche giorno dopo sono tornati per verificare la realtà delle cose, ottenendo un risultato decisamente inquietante. Il problema non è solo legato alla sicurezza, perché una bombola del gas incustodita può esplodere e provocare ingenti danni, ma è anche una questione di decoro. Nel corso della bella stagione, il mare davanti alla Costa dei Barbari è solcato da centinaia di imbarcazioni, molte delle quali di turisti, e sono molti coloro che allungano la passeggiata dal vicino comprensorio di Portopiccolo in direzione di Trieste per ammirare la costa, che dovrebbe essere incontaminata. La presenza di baracche di questo tipo non è certamente il migliore biglietto da visita. A tutto questo si deve aggiungere che, nel tratto di sentiero che porta dalla Costa dei Barbari alla spa di Portopiccolo, sono stati notati escrementi di cani in notevole quantità. Sorge allora il sospetto che gli utilizzatori delle capanne abbiano anche dei cani e che li portino a soddisfare i loro bisogni nel vicino comprensorio "deluxe".

Ugo Salvini

 

 

SEGNALAZIONI - Trasporti - Anziani e mobilità

Abbiamo letto con interesse quanto riportato dal quotidiano di Trieste il 15 gennaio scorso riguardo alla "stretta" sui rinnovi delle patenti dei più anziani. Il contenuto degli articoli ci spinge ad alcune riflessioni: la prima, e più ovvia, è che le più recenti stragi avvenute sulle strade italiane hanno avuto per protagonisti degli automobilisti che di certo anziani non erano. Ma, al di là di questo, ci sentiamo di condividere una preoccupazione: cosa significa per un anziano a Trieste essere privato della patente: temiamo che, stando le cose come stanno, questo significhi essere costretti in casa, o in casa di riposo. Da molto tempo Legambiente e altre associazioni sostengono la necessità di un'alternativa all'uso del mezzo privato, soprattutto in città e quindi in questo senso sarebbe un bene che alcuni cittadini, non soltanto anziani, rinunciassero all'uso dell'automobile: ma che cosa si fa per dare un'alternativa valida al mezzo privato? Anche senza pensare agli aspetti economici (ma non sarebbe male ipotizzare delle agevolazioni per gli anziani che usano i mezzi pubblici) teniamo conto che usare il bus a Trieste, per un anziano, può essere un'esperienza assai più faticosa e pericolosa rispetto all'automobile. Questo per difficoltà di salita e soprattutto discesa dai mezzi, le curve brusche e le frenate quando si deve per forza stare in piedi nell'affollamento quotidiano. Riteniamo anche che a causa di scelte urbanistiche sbagliate, a Trieste gran parte della popolazione vive in zone poco servite dai bus, specialmente se non si deve solo andare in centro ma, come è assai probabile, spostarsi da una zona periferica ad un'altra: in questo caso i pochi minuti in macchina diventano tempi molto più lunghi in autobus. Da anni il circolo triestino di Legambiente e altre associazioni hanno proposto delle possibili soluzioni a questi problemi ma sembra che una seria politica di dissuasione dall'uso dell'automobile privata sia assolutamente impopolare e quindi impraticabile da destra e da sinistra.

Andrea Wehrenfennig - presidente Legambiente Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 20 gennaio 2020

 

 

Scatta la controffensiva per convincere Roma a cedere sulla Tripcovich

Uffici al lavoro per completare il dossier da inviare al ministero dopo il "niet" all'abbattimento. Ultima occasione di dialogo prima di passare alle vie legali

Il sindaco Roberto Dipiazza lo aveva detto: «Abbiamo perso la battaglia, ma non la guerra». Posate le armi per qualche settimana, giusto il tempo delle vacanze natalizie, il Comune riapre il faldone della sala Tripcovich, dopo il "niet" alla demolizione dettato circa un mese fa dal ministero per i Beni e le attività culturali. L'obiettivo resta sempre quello di convincere Roma della necessità di abbattere il teatro ex stazione delle autocorriere di largo Santos per dare luce all'entrata di Porto vecchio. L'intenzione di non mollare la presa è data anche dal fatto che il "parere negativo" del dicastero, che implica quindi anche il "no" alla rimozione del vincolo sull'edificio, non è definitivo. C'è infatti ancora un margine di dialogo tra i due enti pubblici prima di ricorrere eventualmente alle maniere forti ovvero a un ricorso, ad esempio. Il Comune, in particolare, elaborerà delle controdeduzioni da inviare al Mibact tramite la Soprintendenza. Con quest'ultima ha già aperto un dialogo proprio in questi giorni. Controdeduzioni che, specificano dal Municipio, punteranno a confutare la tesi di Roma integrando una documentazione più ampia sul cambiamento del contesto avvenuto attorno alla Tripcovich. Ma anche sottolineando come la nuova piazza s'inserisca in un progetto già avviato di rigenerazione urbana. Per giungere a questo obiettivo, il primo passo è stato quello di fare richiesta di accesso agli atti alla Soprintendenza, che funge da tramite tra Comune e Mibact. In questi giorni è arrivata in piazza Unità infatti la lettera contenente le motivazioni che specificano meglio il famoso parere negativo. Bisogna qui però fare un passo indietro. Cioè ricordare che cosa la Soprintendenza, tutto sommato favorevole alla riqualificazione della piazza con la demolizione del teatro, aveva inviato a Roma negli scorsi mesi. Passaggio quest'ultimo "obbligato" dalla riforma agostana dell'ex ministro per i Beni culturali Alberto Bonisoli che aveva imposto, per le richieste di rimozione del vincolo, di sentire anche il parere romano e non solo quello locale. Palazzo Economo aveva elaborato dei documenti allegando il progetto preliminare commissionato dal Comune allo studio di architettura triestino Gasperini con oggetto la trasformazione di largo Santos. Veniva quindi specificato che, in breve, era superiore l'interesse a risanare l'area, riportandola all'assetto ottocentesco, rispetto al mantenimento di una Tripcovich ormai inutilizzata e decadente; che appunto il contesto attorno all'immobile era cambiato dal 2006, quando era stato posto il vincolo, e che lo stesso edificio - peraltro contenente amianto - aveva subìto molte modifiche nel tempo. Elementi questi che però non hanno convinto gli uffici romani i quali, in linea generale, sostengono non si sia palesato alcun nuovo elemento dal 2006. Si specifica poi che le diverse modifiche subìte dall'edificio negli anni Ottanta e Novanta - tra cui la trasformazione da stazione delle corriere a teatro e la rimozione del fascio littorio presente un tempo - in realtà non avevano costituito motivo ostativo già prima che fosse posto il vincolo. Si legge ancora nella lettera: «L'involucro esterno dell'immobile, tuttavia, ha conservato intatta una leggibilità che lo include a pieno titolo nel contesto urbanistico e architettonico triestino in puro stile "littorio", evidenziando la modernità delle scelte funzionali ed estetiche adottate dai progettisti per la sua realizzazione». E dunque che il bene culturale resta «di notevole importanza e perciò degno di particolare tutela». Non ultimo, sulla «mancanza dei necessari requisiti di sicurezza« e sull'«evidente stato di degrado», ecco che il Mibact ricorda ancora che l'articolo 30 del Codice dei beni culturali e del paesaggio obbliga «lo Stato, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente e istituto pubblico a garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza«. Ora la palla passa dunque agli uffici del Comune, al Dipartimento dei Lavori pubblici diretto da Enrico Conte che ha ricevuto il non facile compito di studiare la lettera e di persuadere Roma. 

Benedetta Moro

 

Spunta una cordata pronta a rilanciare i vecchi fasti dello storico hotel Obelisco - a fine febbraio il verdetto

Un momento d'oro per il comparto immobiliare triestino. O, per dirla con il sindaco Dipiazza, un momento magico. Persino l'Obelisco, un monumento all'inerzia e al declino della metropoli triestina, sembra trovare pretendenti. L'asta avverrà giovedì 27 febbraio ed è lo studio De Cesari in via Lodovico Mancini a Milano a curare l'operazione. Una emblematica quasi contemporaneità: il giorno seguente, venerdì 28, sarà il turno del Carciotti ad aprire le auspicate buste. Dato ricorrente in molti casi recenti relativi al patrimonio immobiliare triestino, l'Obelisco, che si estende alle porte della maggiore frazione del Comune triestino, ha visto scendere vertiginosamente la quotazione: nel 2010 ammontava a 4,6 milioni e oggi il compendio viene venduto partendo da un prezzo-base di 1.125.000 euro. La vera novità non è l'implacabile deprezzamento del sito, ma il fatto che stavolta dovrebbero esserci candidati all'acquisto. Circostanza non smentita da Stefano Nursi, presidente della Federazione immobiliaristi triestini, che con la sua società Equipe ha ottenuto l'incarico di preparare il dossier dai fratelli italo-austriaci Christian e Paolo Zotti. Una coppia che ci sta abituando ai colpi di scena: infatti quasi un anno fa gli Zotti, attraverso la controllata BZ Hotels, avevano acquistato l'ex palazzo dell'Intendenza di finanza dall'immobiliare di Cassa depositi e prestiti, edificio da trasformare in albergo, per il quale stanno ancora vagliando il possibile gestore su un carnet di 24 proposte spulciate da Ernst & Young. I lavori devono iniziare e dureranno un paio di anni. In precedenza gli Zotti si erano cimentati a Grado nel Laguna Palace. Ma oggi è l'Obelisco, a quasi 35 anni dalla chiusura, ad avere la ribalta. Numeri importanti: 8.000 metri quadrati di struttura edificata, 6000 mq tra campi da tennis e piscina, poco meno di 30.000 mq di parco. Se i denari per l'acquisto indicano una somma molto abbordabile, i lavori di ripristino e di rilancio di un'area abbandonata da decenni implicheranno però un investimento stimato non inferiore ai 15 milioni di euro. Il duo Zotti ha intenzione di parlarne con Dipiazza, perchè, qualora dovesse aggiudicarsi la partita all'asta, avrà bisogno di uno strumento urbanistico più flessibile di quello attuale, in grado di consentire una certa diversificazione delle attività, dall'albergo al residenziale-turistico. Gli operatori del settore, dopo lunghi anni di scetticismo, cominciano a pensare che gli Zotti potrebbero non gareggiare in solitaria nel puntare al complesso di Opicina. Come dimostrano anche le tre offerte per il rudere di via dell'Ospitale (vedi articolo sopra), al comparto immobiliare triestino si aprono prospettive fino a poco tempo fa inattese. Si pensi che l'Obelisco era stato messo all'asta nel marzo dello scorso anno a 2 milioni di euro ma nessuno si era fatto vivo con lo studio dell'avvocato Patrizia De Cesari. La storia dell'Obelisco, come sovente accade nelle trascorse narrazioni tergestine, è sicuramente suggestiva. Nella vecchia stazione di posta Francis Richard Burton, console di Gran Bretagna, tradusse le "Mille e una notte". Circa un secolo più tardi l'architetto Gae Aulenti progettò quello che fu una struttura di punta nell'ospitalità alberghiera e gastronomica triestina. Dagli anni Ottanta l'Obelisco andò in picchiata: l'ultimo proprietario si chiamava Gladstone ed era una società controllata da Norman95, i cui gestori Massimo Cimatti e Corrado Coen sono stati condannati per bancarotta fraudolenta. Il fallimento Gladstone finì poi nelle mani di tre professionisti milanesi, Patrizia De Cesari, Giorgio Canova, Andrea Carlo Zonca.

Magr

 

All'asta domani il vecchio atelier di Nino Spagnoli in via dell'Ospitale

Tre i gruppi intenzionati ad acquistare lo storico edificio a due passi dall'ex monastero di San Cipriano valutato attorno ai 650 mila euro

Chi l'avrebbe mai detto? Tre offerte per acquistare l'antico edificio in via dell'Ospitale 12, a metà strada tra il Teatro romano e il Castello di San Giusto, prossimo all'ex monastero di San Cipriano. Non lontano dal "capolinea" dell'ascensore all'interno di Park San Giusto. Si tratta di uno stabile dotato di una rispettabile superficie pari a 1020 metri quadrati, vincolato dalla Soprintendenza, con qualche secolo iscritto a curriculum, confinante con l'ex Distretto militare. Vanta anche alcuni carati artistici, perchè ancora alla metà del primo decennio Duemila accoglieva l'assai sobrio atelier dello scultore Nino Spagnoli. Il Comune proprietario lo ha messo all'asta per ben sei volte a partire dal novembre 2008, scendendo da una valutazione iniziale di 2 milioni a quell'attuale di 650.775 euro, deliberata dalla giunta nel maggio 2019. Finora tutti gli esperimenti si sono rivelati vani: il sito è sicuramente suggestivo, ma anche di non agevole accesso e bisognoso di un recupero radicale. Servono soldi e passione. La prossimità all'ex Distretto lo rende naturale partner di una riqualificazione affascinante e difficile: con l'intenzione di farvi un hotel, la struttura militare era stata acquistata nel 2017 da Gabriele Ritossa, imprenditore nei settori dell'edilizia e delle case di riposo, recentemente in cordata insieme ad altri due uomini d'affari nell'acquisto dell'ex Filodrammatico.Torniamo allora al tema iniziale: domani si affaccia una importante possibilità per un Comune desideroso di fare cassa. Alle 11.30 in seduta pubblica, al quarto piano del "palazzo di vetro" in largo Granatieri, di fianco all'ufficio del direttore Enrico Conte, si apriranno le tre buste. Per facilitare la vendita, il Comune non ha posto alcuna cifra come limite verso il basso e consente ai partecipanti di rilanciare liberamente. Questo non vuole dire però che sia disposto a svendere lo stabile. Si riserva quindi l'aggiudicazione definitiva, qualora il prezzo spuntato non venga ritenuto congruo. A quel punto sarà la giunta a valutare cosa fare di un sito bello e impossibile: sondare ancora il mercato oppure pensare a un progetto in proprio. 

Massimo Greco

 

 

Vienna in pressing contro il nucleare. Ma i paesi dell'Est chiudono la porta.

No del Gruppo di Visegrad alla richiesta di Kurz. Dalla Cechia all'Ungheria, piani per centrali da costruire o potenziare.

BELGRADO. Da una parte l'Austria, da anni "nuclear free", che cerca di convincere i Paesi dell'Europa centro-orientale a rinunciare all'energia nucleare. Dall'altra il Gruppo di Visegrad, ma anche Slovenia e Bulgaria, che fanno spallucce e ribadiscono di non avere alcuna intenzione di rinunciare all'atomo. Sono gli attori di quella che si prospetta essere la prossima "guerra" all'interno della Ue, quella tra nazioni fieramente anti-nucleare e altre che invece su quel tipo di energia puntano da sempre e continueranno a farlo in futuro.A suggerirlo sono le ultime evoluzioni nella regione, in particolare un vertice con i Paesi del "Visegrad 4" e il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, ora alla testa di un nuovo governo dalle posizioni ancora più ecologiste che in passato grazie alla presenza in maggioranza dei Verdi. Visione che Kurz ha tentato di inculcare anche nei colleghi della Mitteleuropa nella speranza di persuaderli ad abbandonare il nucleare e a scegliere altre strade nella transizione verso la neutralità ambientale e la decarbonizzazione voluta dalla Ue.Ma l'obiettivo pare essere fallito. Da Praga infatti è uscita l'immagine concreta di un blocco compatto Austria-Visegrad su temi come la sicurezza delle frontiere, lo stop alle quote di ricollocamento dei profughi, il sì all'allargamento ai Balcani. Ma su una cosa Vienna e gli altri si sono dimostrati agli antipodi: proprio il nucleare. Su questo fronte «le nostre posizioni sono completamente differenti» e «abbiamo obiettivi opposti a quelli dei Visegrad», ha ammesso Kurz. L'Austria - come Bruxelles - ritiene infatti che «i Paesi Ue debbano passare dal carbone a risorse energetiche più verdi» ma al contempo per Vienna «è importante non sostenere l'energia nucleare», soprattutto usando fondi Ue.Non la vede così però la Slovacchia. «Ogni Stato Ue deve mantenere il diritto di scegliere il proprio mix energetico e il nucleare gioca un ruolo importante» per Bratislava, ha chiuso le porte il premier slovacco, Peter Pellegrini. Sulla stessa linea il primo ministro ceco, Andrej Babis. «Non siamo in grado di raggiungere la neutralità climatica senza il nucleare», ha aggiunto. Porte chiuse a Kurz anche in Polonia, il Paese Ue più dipendente dal carbone, che sta però alacremente lavorando per realizzare la sua prima centrale nucleare da aprire entro il 2033. E neppure l'Ungheria di Viktor Orbán ha alcuna intenzione di ascoltare le sirene austriache. La posizione di Vienna è «problematica» per l'Ungheria, che continua a puntare sul nucleare, ha spiegato proprio il premier Orbán, il cui governo ha reso pubblico un nuovo Piano energetico contro il cambiamento climatico, che prevede che il 90% della produzione venga coperto da atomo e solare entro il 2030. Si tratta di un programma «basato su valori cristiano-democratici», perché è necessario «conservare la natura per i nostri nipoti immaginando di salvaguardare qualcosa creato da Dio», ha spiegato il segretario di Stato magiaro all'ambiente, Peter Kaderjak. Parole che si basano su programmi concreti. Bratislava sta infatti costruendo due nuove unità da 440 MW alla centrale nucleare di Mochovce. Anche la vicina Cechia ha annunciato lo scorso novembre piani per un nuovo reattore a Dukovany da attivare entro il 2035. L'Ungheria procede invece spedita alla modernizzazione e al potenziamento, con prestito russo, della centrale di Paks, che già oggi copre il 50% della produzione magiara. La stessa Slovenia, malgrado l'opposizione austriaca, prende in considerazione una Krsko-2. Pure la Romania non fa marcia indietro sull'atomo. E intanto sul limes della Ue, in Bulgaria, avanzano i piani per la costruzione della nuova centrale nucleare di Belene. La battaglia di Vienna contro il nucleare sembra destinata, almeno a Est, a infrangersi contro un resistente muro di gomma.

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 gennaio 2020

 

 

Ruspe in azione nel maxi rudere - Ma solo per rimuovere l'eternit

Al via i lavori di bonifica della vecchia mensa Crda nell'ex Fabbrica Macchine. Delusi i residenti che da anni chiedono un recupero radicale della zona

Partiranno domani i lavori di bonifica dell' ex mensa Crda di via Carli, parte della vecchia Fabbrica Macchine, il grande comprensorio dismesso e abbandonato ormai da decenni, di proprietà del Comune. Il cantiere sarà operativo per circa quattro mesi. Verrà rimossa una copertura in eternit e saranno eseguiti anche interventi di pulizia del verde che circonda il rudere. Nei giorni scorsi sono apparsi i divieti di sosta davanti all'ex ingresso, con vari avvisi, per evitare che auto e moto si trovino ancora ferme al momento dell'arrivo dei mezzi operativi. L'unico accesso all'edificio si trova sotto il parcheggio comunale di via Carli, con il grande cancello arrugginito e di recente forzato nella parte superiore, da parte di chi, probabilmente, è entrato per curiosare o per bivaccare, come già successo più volte in passato. «Abbiamo accolto le richieste dei cittadini sulla problematica amianto delle tettoie presenti e di altre parti del sito - spiega l'assessore comunale ai Lavori Pubblici Elisa Lodi - abbiamo ricevuto finanziamenti per la rimozione dell'amianto appunto, per complessivi 48 mila euro e con il lotto di manutenzione approfitteremo per ripristinare la copertura. Inoltre sarà ripulita l'area dove è cresciuto il verde e poi si procederà con la rimozione vera e propria dell' eternit. Il cantiere proseguirà nei prossimi mesi, con conclusione prevista entro giugno». Nei mesi e negli anni scorsi alcuni residenti avevano sollecitato il Comune ad intervenire, lamentando anche la carenza di cura del verde, come dimostra un albero caduto proprio davanti all'ingresso, oltre a cespugli cresciuti un po' ovunque e tanta sporcizia accumulata nelle parti esterne. Chiuso definitivamente negli anni '70, lo stabilimento, con una superficie totale di 8.830 mq, di cui 7.119 interni, nel tempo è stato dimenticato, con un lento e inesorabile degrado, al quale si sono aggiunti ripetuti atti vandalici. Distrutte le porte, rotti i vetri all' ingresso principale e le grandi finestre che caratterizzano l'immobile, diventato anche un deposito per immondizie. Vani i tentativi di vendita all' asta, come aveva spiegato alcuni mesi fa l' assessore comunale al Patrimonio Lorenzo Giorgi, a causa delle condizioni in cui versa il fabbricato, ma anche per la posizione, visto che il rudere è ormai chiuso tra la piscina bianchi, il parcheggio e altre palazzine, di fatto poco appetibile per una riconversione. Il valore attuale, sempre secondo l'assessore, si aggira sui due milioni di euro, anche se sembra difficile che possa trovare un interessamento concreto da parte di qualche privato. Nella zona c'è chi spera che in futuro possa diventare magari un nuovo spazio per i giovani, collegato al "Trieste Campus", la cittadella dello sport, che sorgerà su via Locchi, proprio qualche metro più su. Ma per ora l' ex fabbrica di cinque piani non si tocca. O meglio non si può toccare, tra vincoli esistenti e progetti pare non fattibili. L'unico spiraglio per una riconversione si era aperto nel 2013, quando per il complesso, definito nel dettaglio "ex mensa Crda - Cantieri Riuniti dell'Adriatico" si parlava di una trasformazione in caserma e alloggi per la Finanza, partendo da un restauro da parte del Comune. Un piano però mai decollato.

Micol Brusaferro

 

 

Fra i giganti verdi del Fvg patrimonio da riscoprire - Si parte da Miramare

GIANT TREES FOUNDATION: SABATO PRIMO APPUNTAMENTO

TRIESTE. Un'avventura di un anno con 12 escursioni - una al mese - nel mondo verde della regione per scoprire gli alberi più vecchi e grandi e capirne, dalla voce di vari esperti, storia e storie. È il progetto divulgativo che la Giant Trees Foundation onlus propone a chi voglia scoprire il nostro territorio. L'iniziativa, che sarà attivata in collaborazione con Promoturismo Fvg, Il Piccolo, Messaggero Veneto, associazioni e enti locali, coinvolgerà esperti di botanica e altri settori per approfondire il valore ecologico, culturale e storico dei giganti arborei del Fvg. Sono in preparazione anche iniziative con la community di Noi Il Piccolo. Intanto Giant Trees Foundation ha già programmato una uscita preliminare, sabato 25 gennaio, fra i tesori botanici di Miramare, in collaborazione col Museo storico del parco e del castello. Sarà coinvolto anche il Cai con le sue sezioni (Alpina delle Giulie e Alpina Friulana-Sezione di Udine), per un'uscita che abbraccerà l'eclettismo del parco di Miramare e la maestosità del castello inserendolo nel contesto in cui lo volle il suo ideatore e fondatore, Massimiliano d'Asburgo, appassionato botanico. Si partirà da Prosecco per proseguire - quasi sempre in discesa - lungo strade forestali sterrate, scalinate in arenaria e sentieri lastricati e arrivare al parco, dove si vedranno esemplari arborei molto speciali, tra cui un Corbezzolo, un Leccio e un Pino grigio monumentali. Ospite della passeggiata per gli approfondimenti botanici Pierluigi Nimis, ordinario di Botanica sistematica dell'Università di Trieste che con Sara Famiani, guida naturalistica, Denia Cleri del Cai, Daniela Crasso guida museale, e Andrea Maroè, agronomo e arboricoltore, accompagnerà il gruppo lungo il percorso. Chi vorrà potrà poi proseguire al castello. L'uscita, indicativamente dalle 9 alle 12.30, è per un massimo di 30 persone. Il percorso di difficoltà turistica prevede circa 50 metri di dislivello positivo, e circa 200 di dislivello negativo. Ritrovo alle 9 fuori dal parcheggio del castello di Miramare. Iscrizioni (obbligatorie entro il 23 gennaio) via mail: info@gianttrees.org.

 

Fai - Visita al depuratore sabato 8 febbraio

La Delegazione Fai di Trieste organizza per sabato 8 febbraio una visita al depuratore «per scoprirne il salto di qualità decisivo nella sostenibilità ambientale della città», così si legge in una nota. Ritrovo in piazza Oberdan, da dove alle 8.30 partirà un pullman «perché entriamo in zona doganale». Per informazioni la nota invita per questo a «telefonare al 348 7734262».

 

Duino, incontro pubblico sul termovalorizzatore - il progetto al Lisert

DUINO AURISINA. È stata convocata per mercoledì alle 17, nell'aula del Consiglio del Municipio di Aurisina, la seduta congiunta delle commissioni Seconda e Trasparenza del Comune di Duino Aurisina per la predisposizione delle osservazioni sull'ipotesi di realizzazione di un termovalorizzatore nella zona delle foci del Timavo, sul confine fra i Comuni di Monfalcone e di Duino Aurisina. A convocare i consiglieri che compongono i due organismi è stata la presidente della Seconda Chiara Puntar. È stato fra l'altro deciso che la seduta sia aperta al pubblico. Com'è stato pubblicato in questi giorni dal Piccolo, la società Nord Composites Italia srl intende realizzare un impianto di termovalorizzazione all'interno della propria sede del Lisert, in via Timavo 61. Un inceneritore di rifiuti liquidi che derivano dai processi produttivi legati alla realizzazione di resine sintetiche. L'impianto nascerebbe a ridosso del territorio di Duino Aurisina, da questo l'urgenza di un approfondimento.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 18 gennaio 2020

 

 

Regione e Comune blindano il progetto del Parco del mare sul molo Bandiera

Vertice fra il sindaco Dipiazza, il governatore Fedriga e il presidente della Cciaa Paoletti. Ma si attende il responso del Mibact

Il Parco del Mare è vivo e lotta insieme a noi. O quantomeno assieme alle istituzioni, visto che ieri i vertici di Regione, Comune e Camera di commercio sono usciti - almeno a parole - concordi e ottimisti da un incontro per fare il punto sul grande acquario che dovrebbe sorgere sul molo Fratelli Bandiera. La riunione si è tenuta nel pomeriggio in piazza della Borsa, nella sede della Cciaa della Venezia Giulia. Vi hanno preso parte il presidente della Regione Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza e il presidente della Camera Antonio Paoletti, in veste di anfitrione e propugnatore del parco. Il sindaco Dipiazza è il primo a uscire dall'incontro: «Resta valida la condivisione di intenti fra gli enti per la realizzazione del progetto, andiamo avanti», commenta. In passato Dipiazza aveva accarezzato l'idea di collocare l'acquario in Porto vecchio, ma ormai paiono dissipati i dubbi sulla destinazione scelta dalla Camera di commercio, in Sacchetta. Fa eco al sindaco, poco dopo, il presidente regionale Fedriga: «Abbiamo fatto il punto della situazione, le istituzioni sono concordi e stiamo lavorando per arrivare a un obiettivo, la realizzazione del parco, fissato ormai parecchi anni addietro». La Regione conferma la propria disponibilità ad affiancare la Cciaa nella battaglia per sbloccare il progetto, attualmente in attesa di vaglio da parte del Ministero dei Beni culturali a Roma a causa dei vincoli che insistono sull'area della Sacchetta: «Ci sono tutte le istituzioni proprio per agevolare il percorso e superare tutti i blocchi possibili», commenta Fedriga. Infine tocca al presidente della Cciaa Paoletti: «Ormai sono 16 anni che sto dietro al Parco del mare. Lavoro sottotraccia, senza grandi annunci, ma non mollo». Sintetizza così il contenuto dell'incontro: «Si è trattato di una riunione operativa, un punto di inizio anno. Abbiamo avuto modo di confermare il sostegno di Comune e Regione all'idea».Quanto alle prospettive, Paoletti preferisce non parlare di date. Anche perché s'attende ancora il responso finale del Ministero, che potrebbe sbloccare oppure mettere una pietra sul progetto. Un vincolo risalente al 1961 proibisce infatti di edificare un'area di circa 130 metri attorno alla Lanterna. I vincoli si possono modificare, ma è indispensabile l'assenso romano: «Le carte devono essere valutate dagli uffici del Mibact. È un procedimento che fino a pochi mesi fa era in capo agli uffici delle sovrintendenze regionali: conoscendo bene il patrimonio del territorio se ne occupavano in tempi rapidi. Purtroppo da agosto queste competenze sono state riportate in capo a Roma tutte in un colpo, sicché gli uffici ministeriali devono essere pieni di pratiche di questo genere».C'è ottimismo, insomma, ma il Parco del mare è materia scivolosa, come dimostra oltre una decade e mezza di intoppi, passi indietro, passi falsi, cambi di destinazione. Basta gettare uno sguardo ai giornali di un paio di anni fa per trovar traccia della visita del medesimo terzetto, Dipiazza-Fedriga-Paoletti, sul sito della Sacchetta. A quei tempi l'affare sembrava dietro l'angolo, tanto che venne annunciata una possibile partenza del cantiere nel dicembre del 2018. Come potranno testimoniare i cocai e le pantigane che popolano l'area, non s'è mosso un mattone. E mica a caso: nel frattempo è "spuntato" infatti il vincolo del '61, di cui parlavano da tempo gli oppositori al progetto (Legambiente Trieste, comitato La Lanterna, Wwf per dirne alcuni). Ieri la nuova affermazione di unità delle istituzioni, e l'idea prende quota per l'ennesima volta.

Giovanni Tomasin

 

È stato archiviato il rendering della struttura blu

Qual è il progetto definitivo del Parco del mare? L'aspetto definitivo dell'opera (dovesse venir realizzata) non è ancora stato reso noto. Sappiamo che un progetto è stato stilato dalla friulana Icop e che la Cciaa pensa di realizzarlo con un project financing. Archiviati invece i primi rendering, che mostravano una struttura blu molto alta dominare il molo.

 

 

Una nutria a passeggio nel centro di Muggia fra i cittadini sbigottiti - l'esemplare e' poi fuggito in mare

MUGGIA. Spadroneggiava in via Dante, sentendosi completamente a proprio agio. Incuriosito guardava qualche vetrina, scorrazzando tra i passanti un po' attoniti e perplessi. Castorino superstar ieri mattina nel centro cittadino di Muggia. Un grosso esemplare di nutria ha scombussolato il regolare flusso del venerdì muggesano facendosi diversi giretti nei pressi del municipio di piazza Marconi. La via che ha attratto di più il vivace roditore è stata via Dante Alighieri. Qui la nutria si è fermata diversi minuti e decine di muggesani hanno potuto assistere alla scena del "roditore cittadino". Qualche solerte residente ha avvertito la Polizia locale riferendo dell'intruso. E per gli agenti non è stato affatto facile recuperare l'animale che, una volta capito che la sua gita fuori acqua era giunta al termine, ha fatto retromarcia avviandosi in tutta fretta verso Caliterna, da dove probabilmente era sbarcato sulla terraferma istroveneta, prima di prendere la via del mare e salutare così gli agenti muggesani. «Sono subito stato informato dell'accaduto, so che non ci sono stati problemi per le persone né danni. Immagino lo sbigottimento dei residenti. Da parte nostra ora sarà da capire se la presenza di una nutria sia stato un fatto estemporaneo o se questi animali si stiano effettivamente avvicinando per chiedere la residenza in centro», ha commentato con un pizzico di ironia l'assessore alla Polizia locale di Muggia Stefano Decolle. In effetti, un avvicinamento così netto, nel centro cittadino non era mai stato registrato. Diversi gli esemplari segnalati nelle acque e nelle scale del mandracchio, e lungo diversi tratti del rio Ospo, il corso d'acqua preferito da parte dei castorini muggesani, in zone quindi periferiche. Essendo questo un periodo in cui i maschi dominanti tendono a contendersi il territorio con altri è possibile quindi che l'esemplare visto ieri in via Dante fosse in cerca di un nuovo territorio dove mettere su famiglia.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 gennaio 2020

 

 

Altri alberi "sacrificati" all'edilizia, stavolta nell'area dell'ex Fiera - la lettera del giorno di Tiziana Cimolino

Passando davanti al sito dell'ex Fiera di Trieste si stanno cominciando già a vedere gli effetti dell'inizio dei lavori di riqualificazione dell'area. Ci hanno descritto l'opera come un modello di edilizia rispettosa dell'ambiente e lo "ostentano" pure i cartelli pubblicitari affissi davanti alla zona dei cantieri con parole come "ambiente", "ecologia" e così via. Il progetto del nuovo centro commerciale prevede la realizzazione di un fabbricato di 180mila metri cubi, dotato di contenuti tecnologici d'avanguardia e di alta efficienza energetica. Qui verranno ospitate nuove attività commerciali, di wellness, di ristorazione e artigianali. Inoltre si prevede un'importante area verde che prevede anche un giardino pensile, oltre alla presenza di numerosi parcheggi. Tutto questo è stato presentato pochi mesi fa da Walter Mosser (titolare dell'impresa proprietaria dell'area, la Mid Holding GmbH di Klagenfurt) e da Armin Hamatschek (ad della filiale per l'Italia di Mid Immobiliare Srl). Tutti noi triestini abbiamo accolto con compiacimento e fiducia l'interesse di questa impresa austriaca, seria e importante, per il recupero dell'area di pregio dell'ex Fiera ma da molti anni dismessa, della nostra città. Ma se qualcuno passasse oggi davanti al cantiere troverebbe l'area fronte strada con almeno sei, sette alberi di alto fusto abbattuti a livello del suolo: non ci sono più. Resistono invece i due alberi di pregio all'interno dei cancelli. Mi chiedo se fosse necessario abbattere quegli alberi: erano del Comune o della proprietà? Era questo il sacrificio richiesto per la modifica della viabilità? I due abeti all'entrata rimarranno? Mi chiedo se forse i nostri amici austriaci, storicamente più sensibili di noi sui temi ambientali, possano aggiungere del verde in più nel progetto per compensare questo atto apparentemente poco ecologico d'inizio attività, così da potere dimostrare ancora più concretamente che le parole "ecologia" e "ambiente" possano coniugarsi a lavoro e impresa, indicando la via per un futuro green anche per Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 gennaio 2020

 

 

L'obiettivo 2020 di Acegas: la differenziata fino al 50%   -   i piani della multiutility per il territorio

Raccolta dei rifiuti: la priorità indicata dal direttore generale Gasparetto - E la società è pronta a investire a Trieste 35 milioni su acqua, gas ed elettricità

AcegasApsAmga vuole chiudere l'annata 2020 a Trieste portando la raccolta differenziata dei rifiuti al 50% del totale. All'utility, controllata dal gruppo multiregionale Hera, manca solo un attaccatura per sfondare il muro della metà, perché il 2019 ha già segnato quota 47% a 44.000 tonnellate su 98.000. Pro-capite, significa salire a 214 kg/anno prodotti da ogni cittadino. «Trieste è cambiata - commenta Roberto Gasparetto, direttore generale della società -: quando siamo arrivati nel 2013 era una città dominata dalla logica dello smaltimento, dopo sette anni sono cresciuti mentalità, cultura, risultati del recupero». Gasparetto prende una mappa che illustra il ciclo della differenziata: «Il recupero, oltre a buoni motivi ambientali, diffonde opportunità di lavoro e di intrapresa». L'economia circolare, attivata da Hera e dalla controllata nordorientale nell'Italia centro-settentrionale, elenca 18 impianti di prima destinazione, 84 di recupero finale, 8 mila dipendenti, 3,3 miliardi di fatturato. Anche l'imprenditoria del territorio partecipa al business: Verde Noghere (verde), Logica (legno, metallo, plastica, vetro, pneumatici, inerti), Metfer (ferro), Calcina (carta, plastica), Bioman (umido), Fenice (bombole, vernici), Querciambiente (toner, abiti).Ma non è l'unica notizia con cui Gasparetto vuole inaugurare la stagione. Solo su Trieste, AcegasApsAmga impiegherà 35 milioni, un terzo della programmazione globale, per effettuare investimenti: capoclassifica con il 25% è il comparto idrico, seguono gas ed elettricità con un 20% cadauno, il 35% è spalmato sugli altri settori. L'intera azienda occupa 1800 persone. A Trieste sotto l'holding Hera lavorano quasi 800 addetti nelle controllate AcegasApsAmga, Ase, Hera Luce, Hestambiente, Heratech, Estenergy.E il direttore generale non smentisce le voci sul possibile impegno di AcegasApsAmga a supporto della dismissione dell'area a caldo in Ferriera: «Se vi fossero esuberi in coincidenza con nostre esigenze operative, non avremmo problemi ad assorbire personale. Non sarebbe la prima volta, è già successo a Gorizia in seguito alla dismissione della centrale elettro-termica».In linea di massima, il 2020 insisterà nel rinnovo tecnologico e infrastrutturale avviato in questi anni. Attenzione sempre alta sull'idrico, dove le perdite sono scese dal 40 al 30%. Saranno inseriti 5000 contatori tele-letti nelle aziende e altri 1000 nei nuclei familiari. Sotto la lente la condotta sottomarina, dove, d'accordo con l'Università di Perugia, vengono eseguite prove con aria compressa per verificare i punti sensibili dell'infrastruttura.Il fronte gas avrà quattro cantieri aperti (anche in senso letterale): Gasparetto non esclude che il Comune lanci la gara da tempo attesa (300 milioni per 12 anni), avanti con l'inserimento di tubi di ghisa grigia e con il risanamento degli allacciamenti condominiali, montati 25.000 nuovi contatori tra aprile e luglio. Si procederà inoltre con una campionatura di contatori "nexmeter" dotati di dispositivi protettivi nel caso di eventi sismici o di sensibili scarti di consumi rispetto allo "storico".

Massimo Greco

 

 

Il niet romano a Palazzo E si riaccende lo scontro sul caso della Tripcovich - la lettera del ministero in trasparenza

La sala Tripcovich e il suo destino continuano a far discutere: durante l'ultima seduta della Commissione trasparenza, presieduta dalla consigliera di Open Fvg, Sabrina Morena, alla presenza dell'assessore alla Valorizzazione immobiliare, Lorenzo Giorgi, si è riparlato della famosa lettera giunta da Roma e per la quale il sindaco Dipiazza, lo scorso 12 dicembre, era andato su tutte le furie. Lettera - l'unica a quanto pare ad essere giunta da Roma per il tramite della Soprintendenza - che, a detta del sindaco, era «pesantissima» e riportava «insulti all'indirizzo dell'amministrazione comunale». La missiva, invece, in poco più di tre righe non fa altro che dare parere negativo alla rimozione del vincolo di tutela e alla possibilità di abbattere il manufatto. Al ché si è aperto l'ennesimo dibattito. Leitmotiv della discussione: demolizione e riqualificazione dell'area o recupero architettonico e funzionale dell'edificio. Il tutto senza tuttavia la possibilità di confrontare i costi e valutare le alternative esistenti (auditorium di via Tor Bandena) o in fieri (naturalmente in Porto vecchio). L'unico dato certo è il costo dell'intervento di riqualificazione dell'area che, con la previsione dell'abbattimento, si aggirerebbe intorno al milione e 350 mila euro. Non pervenuto, invece, il dato relativo al recupero funzionale della struttura. Contrario al suo recupero il consigliere forzista Michele Babuder: «La struttura è stata ceduta dalla Fondazione Teatro Verdi al Comune anche in ragione di una evidente inservibilità e inadeguatezza, fortemente dispendiosa nella gestione». Diametralmente opposto il commento della consigliera Pd, Fabiana Martini: «La decisione di abbattere uno spazio culturale mi lascia molto perplessa, soprattutto considerando che non sono state proposte alternative né sul fronte culturale né su quello paesaggistico. Attendiamo ancora di conoscere le motivazioni del diniego del Mibac». Un "niet" che per l'assessore Giorgi «è frutto di una scelta prettamente politica». «Fa piacere - ha ironizzato - che per rispondere alla nostra richiesta di eliminazione del vincolo per procedere alla riqualificazione dell'area ci abbiano messo poco più di un mese, invece per altre questioni siamo in attesa di risposte da mesi». Infine sul tema relativo alla presenza di amianto nella struttura, la consigliera pentastellata Cristina Bertoni ha ricordato che «sono state fatte indagini nell'edificio, ad aprile 2019, su incarico del Servizio Gestione immobiliare del Comune, seguite da analisi svolte da un laboratorio certificato dell'Università di Padova, che hanno dato esito negativo».

Luigi Putignano

 

La Sala Tripcovich toglie il respiro a una piazza straordinaria - la lettera del giorno di Luigi Usco

In questi giorni si discute molto a proposito della Sala Tripcovich: sull'opportunità di mantenerla o piuttosto demolirla. Ebbene sarebbe meglio abbatterla, perché toglie respiro a quella che potrebbe essere una piazza straordinaria, proprio come sarebbe giusto fosse all'uscita della stazione ferroviaria cittadina e all'imbocco della strada che corre lungo il mare per portare al cuore della città. Eliminato questo edificio, ne risulterebbe un grande spiazzo delimitato e definito dalla facciata della Stazione dei treni; dal lato mare dall'accesso monumentale al Porto Vecchio di Trieste, singolare alto muro scandito architettonicamente da tre grandi porte (che potremo chiamare "porta d'Oriente", "porta del Mediterraneo" e "porta dell'Europa"); dal lato a monte dalla piazza Libertà, della quale si valorizzerebbero i meravigliosi edifici circostanti e il giardino, dove alberi maestosi, platani bellissimi, crescono e formano una macchia verde eccezionale da apprezzare ulteriormente con la costruzione una grande fontana illuminata di notte da tanti colori; infine dalla via di fuga rappresentata da Corso Cavour, che si stende verso il centro cittadino. Così facendo la nuova piazza Libertà, ingrandita, abbellita, resa ariosa e più spaziosa per la assenza della Sala Tripcovich potrebbe ospitare tanti eventi, alleggerendo piazza Unità. Una città è bella quando vanta piazze, giardini e fontane che danno vita ai suoi palazzi e Trieste ne vanta di stupendi. Trieste è un bellissima città già naturalmente e noi cittadini la vogliamo sempre più bella e ancora più accogliente per i turisti. Dobbiamo perciò cogliere questa occasione, trascurando beghe e polemiche spesso solo politiche o di parte. La demolizione della Sala Tripcovich, ex-stazione di autocorriere, trasformata temporaneamente in teatro per supplire al Verdi all'epoca in ristrutturazione, è necessaria e dovuta per creare un impatto enorme che provochi stupore, emozione e interesse per visitare il resto della città distesa lungo il mare e arrampicata sui colli. La decisione deve venire solo da noi triestini e non dai burocrati, che spesso non conoscono la situazione e si appigliano a competenze e giudizi di parte che non tengono conto dell'opinione e degli interessi dei cittadini.

 

Lunedì in Consiglio la variante-base per l'area ex Fiera - la seduta

La variante urbanistica numero 4, denominata "Fiera", e il contestuale adeguamento del Piano del commercio e del Piano del traffico che insiste nella zona sarà discussa ai fini dell'approvazione e del "via libera" alla riqualificazione dell'area il prossimo lunedì in occasione della seduta del Consiglio comunale. Tra gli altri punti all'ordine del giorno è prevista la delibera sul conferimento della cittadinanza onoraria agli agenti di polizia Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, uccisi nella sparatoria dello scorso 4 ottobre in Questura, e il vaglio di una serie di eventuali modifiche al Regolamento sulla tassa di soggiorno.

 

 

L'inverno latita, fioriture mai così precoci Vivaisti e orticoltori spiazzati dalla natura il fenomeno

Il monito degli esperti: se arriva il gelo, le piante muoiono. E i lavori tipici della stagione rischiano di rivelarsi inutili

La natura è in tilt. Anche nella nostra provincia ci imbattiamo in mimose già fiorite, o fragole già spuntate. C'è chi in questi giorni passeggiando in Val Rosandra ha notato ad esempio che la crescita delle piante dei bruscandoli è in fase avanzata. Le temperature molto più elevate della media e l'inverno che, di fatto, tarda ad arrivare stanno provocando una certa confusione anche tra le piante. Molti triestini stanno constatando che sulle loro terrazze, nei loro giardini, e ovviamente pure negli orti, è come se fossimo a marzo inoltrato, in certi casi già ad aprile. Pure dai gerani iniziano a spuntare le foglie nuove, e le piante aromatiche sono ancora vigorosissime. «Anche l'Hypericum Hydcote o la Cydonia stanno fiorendo», riferisce Luciano Marcon, titolare del vivaio Garden Service Miramare: «Una situazione che potrebbe creare problemi alla pianta perché se è in vegetazione, con l'arrivo del freddo, può ghiacciarsi. E se le temperature dovessero abbassarsi molto, soccombere». Pure nell'azienda agricola biologica Aluna di via Giannelli notano queste anomalie. «A livello climatico è come se stessimo assistendo a un prolungamento dell'autunno e non a un inizio dell'inverno», riferisce Gianni Zubalic, che con la sua famiglia conduce l'azienda da oltre 20 anni: «Ora per avere una sferzata invernale, da quanto sento, dovremmo attendere la fine di febbraio, forse marzo. Noi ora non possiamo lavorare attivamente, siamo in attesa di un'evoluzione meteo per iniziare con quelli che sono gli ordinari lavori invernali come l'aratura, la concimazione, le potature e la pulitura di scarti, gambi e radici che restano nei campi dopo la fase della raccolta».Questa preparazione dei terreni per la primavera, dunque, è rimandata, «altrimenti - spiega Zubalic - c'è il rischio di trovarsi come lo scorso anno quando, in fase di germogliamento o post semina, è arrivata una sferzata di gelo che ha rovinato tutto. Le piantine che vediamo già germogliare sono sterili, la pianta però conserva una "riserva di energie" e in primavera avrà un altro ciclo di fioritura, ovviamente non senza una dose di stress».A nulla vale la programmazione degli orticoltori e dei vivaisti di fronte a questa natura sconvolta, con il rischio che un improvviso abbassamento delle temperature abbia un effetto disastroso sulle piante in fiore, con una ricaduta negativa anche per la raccolta di frutti e ortaggi. «Non è più come un tempo», ammette Zubalic: «Ormai è impossibile fare una programmazione, si vive alla giornata, si valuta giorno per giorno l'andamento meteo per decidere come procedere. Per aprire una campagna agricola c'è un investimento economico non indifferente, non si deve sbagliare». E se la produzione è bassa, nella filiera che porta il prodotto al consumatore qualcuno può approfittare alzando i prezzi.-

Laura Tonero

 

 

Allarme dei geologi: il carbone di Arsia resta una minaccia per l'ambiente

Pubblicato uno studio sull'area delle ex miniere: pericolo di inquinamento dalle acque sotterranee, sì a nuove analisi

ALBONA. Il sottosuolo delle ex miniere di carbone situate ad Arsia, nell'area orientale dell'Istria, potrebbe influire negativamente sulla produzione alimentare in questa zona dell'Albonese. L'allarme viene lanciato in base alle analisi compiute da un team internazionale di studiosi (nove in tutto, tra cui un esperto croato), i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica International Journal of Coal Geology.Lo studio ha fatto emergere che le acque sotterranee che bagnano il carbone della zona inquinano l'ambiente circostante, rilasciando elementi ritenuti sì potenzialmente tossici, ma presenti - viene precisato - solo in tracce. Il monitoraggio ha confermato che i giacimenti carboniferi istriani, benché chiusi oltre vent'anni fa, costituiscono un grave problema per l'ambiente, le cui conseguenze meriterebbero ulteriori controlli approfonditi. È stata appurata la presenza di elementi potenzialmente nocivi come selenio, vanadio, uranio, stronzio e bario. Da qui la necessità, si legge nell'articolo da poco pubblicato, di dare appunto corso a ulteriori prospezioni idrogeochimiche. Le ex miniere dell'Albonese sono antiche, si estendono su un territorio stimato intorno ai 200 chilometri quadrati, con gallerie sotterranee lunghe 14 chilometri. Dopo la cessazione dell'attività estrattiva - l'ultimo vagone di carbone fu fatto risalire alle 11.30 del 28 maggio 1999 - tutti questi sottopassaggi risultarono riempiti d'acqua. Per questo motivo si sono rese inderogabili analisi geochimiche, petrolifere e mineralogiche del carbone arsiano, esposto alle acque sotterranee. Va rilevato pure che il carbone, estratto nel corso di quattro secoli, presenta uno tra i più alti contenuti di zolfo al mondo. È stato accertato inoltre che del 9,92% di zolfo presente nel combustibile fossile, il 9,87 è composto da zolfo o metilsulfonilmetano, il che lo potrebbe rendere deleterio per l'habitat. Stando a quanto concluso dagli esperti, gli strati carboniferi albonesi hanno uno spessore di centinaia di metri - 400 per l'esattezza - e dal punto di vista tettonico risultano friabili, al punto che alcune parti degli ex giacimenti si trovano a 400 metri sotto la superficie del mare, come nel caso del territorio di Albona. Nella vicina Fianona, talune porzioni di miniera sprofondano invece fino a 500 metri sotto il livello del mare. Si calcola che in circa 400 anni di estrazione nell'Albonese siano state portate in superficie all'incirca 40 milioni di tonnellate di carbone, di cui la metà compresa tra il 1945 e il 1984. Il record della produzione - quando l'Istria era amministrata dal Regno d'Italia - fu raggiunto nel 1942: in quell'anno i minatori - diecimila in tutto - scavarono qualcosa come 1,16 milioni di tonnellate. È rimasta viva nella memoria collettiva la tragedia accaduta il 28 febbraio 1940, quando morirono quasi 200 minatori e altri perirono nei giorni successivi per le ferite riportate: fu il più grave disastro minerario della storia per il numero di morti italiani. Le miniere erano complessivamente 11: si ritiene che il ventre di questa area orientale della penisola contenga ancora all'incirca 4,4 milioni di tonnellate di carbone, un quantitativo definito un rischio per la popolazione e l'ambiente. 

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 gennaio 2020

 

 

Ferriera, summit a Roma dopo il voto Il nodo cruciale è la vendita dei terreni

Archiviato l'ok dei lavoratori, vertice d'urgenza al Mise con azienda, Regione e Authority per accelerare sulla riconversione

Un incontro informale organizzato in tutta fretta a Roma ha aperto l'ultimo cruciale passaggio per arrivare alla firma dell'Accordo di programma per la riconversione della Ferriera di Servola. Dopo il voto favorevole dei lavoratori all'intesa sindacale, Mise, Regione, gruppo Arvedi e Autorità portuale si sono dati appuntamento nel tardo pomeriggio di ieri, mettendo al centro della discussione la cessione dei terreni dall'azienda all'Authority. Il confronto iniziato nelle scorse settimane fra l'amministratore delegato Mario Caldonazzo e il presidente Zeno D'Agostino entra insomma nel vivo, alla presenza del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, del governatore Massimiliano Fedriga e dell'assessore al Lavoro Alessia Rosolen. Alla fine della riunione, le bocche restano cucite e solo Patuanelli concede qualche dichiarazione di prammatica. «Abbiamo preso atto - dice il ministro - dell'appoggio dei lavoratori all'accordo sindacale, che ora mette istituzioni e azienda davanti alle proprie responsabilità. Ho già ribadito che ci sarà massimo rigore nel concretizzare impegni e promesse. Proprio per questo abbiamo fissato un aggiornamento ai massimi livelli subito dopo l'esito referendario, pronti a individuare le prossime tappe. Davanti al voto dei lavoratori, intendiamo definire il percorso dell'Accordo di programma, in modo da arrivare nelle prossime settimane a un'intesa complessiva che recepisca anche l'accordo sindacale». Patuanelli continua ad avere nel mirino il 31 gennaio per la stipula e annuncia che verrà convocato «molto rapidamente» un nuovo tavolo tecnico nell'ambito del gruppo di lavoro sull'Adp. Anche l'azienda vuole accelerare, con l'idea di far partire a metà febbraio la lunga e complessa procedura di spegnimento dell'area a caldo, anche se le istituzioni ripetono che l'interruzione non comincerà prima che tutti i dettagli siano stati definiti. E tutti sanno bene che, dopo il via all'accordo sindacale con il 59% dei voti, la madre di tutte le partite diventa quella della cessione dei terreni, che l'Autorità portuale rileverà dall'impresa per realizzarne la bonifica prima di darli in concessione al soggetto che ne dovrebbe garantire lo sviluppo logistico in connessione alla vicina Piattaforma. Ma sul tema, D'Agostino non vuole esporsi: «Ci siamo visti all'indomani del voto dei lavoratori per concordare la prosecuzione dei lavori. Trattativa? No comment». Il confronto è difficile, con l'Autorità che assegna un valore di una trentina di milioni ai terreni dell'area a caldo e l'azienda intenzionata a monetizzare al massimo per coprire parte dei 180 milioni previsti dal piano industriale, riducendo il più possibile il ricorso all'indebitamento. Il summit è stato convocato d'urgenza lunedì sera dopo l'esito del referendum interno alla fabbrica. Istituzioni e proprietà hanno così ripreso il filo interrotto a dicembre, consapevoli comunque che la questione dei terreni rappresenta solo uno dei nodi da sciogliere. Le istituzioni devono risolvere infatti anche il punto dei finanziamenti pubblici. Che il tema sia caldo lo ha riconosciuto ieri l'assessore alle Attività produttive Sergio Bini, nel corso di un'audizione in Consiglio regionale dedicata alle crisi industriali. Parlando del caso Ferriera, Bini ha sottolineato che «bisogna capire quanti soldi verranno messi e chi lo farà: parliamo di azienda, Stato e Regione. La trattativa è aperta e stiamo ragionando». Il Mise conta di mettere a disposizione almeno quaranta milioni e bisognerà ora capire quale sarà l'apporto della Regione. Fra i temi in sospeso figurano inoltre le modalità del coinvolgimento di Fincantieri con assunzioni che non è ancora chiaro se saranno dirette o affidate all'indotto. L'azienda deve inoltre chiarire se investirà o meno altri 50 milioni per dotare il laminatoio anche della linea di ricottura, mettendo così in sicurezza gli operai che saranno impiegati nella bonifica e che non troverebbero altrimenti collocazione a Servola a riconversione avvenuta. Senza dimenticare il destino dei 66 lavoratori interinali con il contratto in scadenza il 31 gennaio e di cui l'azienda non ha ancora fatto sapere nulla, tanto più che il previsto trasferimento a San Giorgio di Nogaro pare destinato a slittare per la mancanza di alcuni permessi da parte dell'impresa. 

Diego D'Amelio

 

La Cgil rispetta il verdetto ma accusa: «Sul voto ha prevalso la logica del ricatto» - le tensioni sindacali

Una forte accusa, «perché è prevalsa la logica del ricatto e nessuno ha protetto i lavoratori», e una richiesta di impegno rivolta alla politica, «per rilanciare l'industria e ragionare sul sistema Trieste». Queste le posizioni espresse dalla Cgil all'indomani dell'esito del referendum in Ferriera. L'organizzazione sindacale aveva puntato tutto sul no all'accordo con Arvedi. «Ma rispetteremo, come sempre, la volontà della maggioranza - ha detto il segretario provinciale Michele Piga -. Non cambiamo comunque il giudizio sull'accordo, che consideriamo pessimo nel metodo e nel merito, soprattutto perché i lavoratori hanno scelto in un contesto non protetto, con le minacce che ci sono state da parte di Arvedi e con la decisiva presa di posizione, proprio in prossimità della consultazione, del ministro Patuanelli, che ha ipotizzato un accordo con la Fincantieri. Il tutto nel silenzio del presidente della Regione, Massimiliano Fedriga e del sindaco, Roberto Dipiazza, che non hanno speso una parola a favore dei lavoratori. Su questo fronte - ha continuato Piga - abbiamo registrato solo l'intervento di Debora Serracchiani, che non ha esitato invece a criticare il clima nel quale si è votato».Piga, accompagnato dal segretario della Fiom, Marco Relli, ha anche denunciato «l'esclusione degli interinali dal voto, che sono poi quelli che, in conseguenza dell'accordo, perderanno da subito il posto di lavoro». Piga ha poi presentato la proposta della Cgil, in sette punti: «Chiediamo al ministero dello Sviluppo economico, a Fedriga, a Dipiazza e al presidente dell'Autorità portuale, Zeno D'Agostino, di ragionare in una logica di "Sistema Trieste", per il rilancio di una nuova industria, in grado di assicurare tutti i lavoratori della Ferriera all'interno di un progetto più ampio. Faremo un'assemblea con i lavoratori della Ferriera e dell'indotto - ha continuato - per discutere del futuro dell'industria locale, partendo dalla richiesta di una soluzione dei problemi del sito inquinato, per avere la possibilità di nuovi insediamenti e auspicando che la centrale elettrica sia a disposizione di tutta la manifattura e del porto. Serve infine - ha concluso - l'applicazione del regime di Porto franco internazionale di Trieste anche per quanto riguarda la manifattura». Piga e Relli hanno voluto anche ringraziare «i lavoratori che in questo contesto hanno aiutato i colleghi a capire l'accordo». Continua a farsi sentire anche il mondo politico. «Il percorso avviato con il sì al referendum per procedere con la chiusura dell'area a caldo da inizio febbraio concilia finalmente l'esigenza di tutelare la salute dei lavoratori con le garanzie occupazionali - afferma la deputata M5s Sabrina De Carlo -. Per il Movimento 5 Stelle è una battaglia storica quella della chiusura della parte dello stabilimento che inquina maggiormente e arreca quindi il danno più grave ai cittadini, tenendo sempre e comunque conto la salvaguardia degli interessi dei lavoratori. In passato, infatti, in tanti hanno promesso una soluzione alla questione e tuttavia, da quando si é insediato Patuanelli, si va avanti concretamente per la prima volta. Proprio il ruolo centrale che ha assunto il Ministro - conclude - in questo percorso verso la decarbonizzazione e riconversione, ci fa ben sperare che si possa arrivare a una soluzione positiva quanto definitiva».Di avviso diverso Antonella Grim di Italia Viva. «Si è deciso in modo superficiale e affrettato di chiudere un'attività produttiva non per problemi industriali o economici ma per una scelta politica - osserva -. Ora bisogna farsi carico di dare un futuro a tante persone e a una città che non può vivere senza industria manifatturiera». Soddisfatto invece Giorgio Cecco di Progetto Fvg. «Ora c'è finalmente la concreta possibilità di risolvere la questione ambientale tutelando le maestranze». 

Ugo Salvini

 

«Finalmente smetteremo di respirare carbone» «Sì, ma senza fabbrica il rione rischia di sparire»

Abitanti di Servola divisi tra soddisfazione per la chiusura dell'altoforno e paure per l'impoverimento del quartiere. Critiche ai ritardi della politica

Ci sono umori contrastanti fra i residenti di Servola sull'avvio del processo di riconversione della Ferriera. C'è soddisfazione, ma anche tristezza nel veder chiudere un impianto che ha dato da vivere a tanti dei suoi abitanti. Stati d'animo che si mescolano poi con il rammarico per il tanto tempo perso, con il timore per i modi e i tempi in cui avverrà la riconversione e con la preoccupazione per il futuro del rione. «Siamo contenti dello stop ormai vicino - spiega un avventore dell'Osteria da Gigi - anche se la Ferriera andava chiusa nel 2010, ossia prima dell'acquisizione di Arvedi, quando cioè l'impianto inquinava con livelli di benzopirene superiore di ben 7 volte ai limiti fissati dalla legge. Adesso è facile intervenire, però ricordiamoci che la chiusura dell'area a caldo è frutto di una decisione della proprietà, probabilmente dettata dall'obsolescenza degli impianti, e non della politica, che ha dimostrato ancora una volta tutto il suo ritardo». Rammarico per l'incapacità dimostrata in passato dalle istituzioni, che ha finito per far perdere tempo prezioso, lo esprime anche un altro dei clienti della storica osteria. «Fa specie che la chiudano adesso che l'impianto dà minor fastidio rispetto a una decina d'anni fa. Da un punto di vista ambientale negli ultimi tempi c'è stato un lieve miglioramento - spiega - così come nella percezione dei rumori, anche se nelle case attigue all'impianto le criticità sono rimaste sempre alte. In definitiva è un bene che l'area a caldo venga chiusa». Anni di annunci, però, hanno portato ad aumentare lo scetticismo fra gli abitanti del rione. «Finché non vediamo non crediamo - queste sono le parole di molti - perché abbiamo imparato a fidarci solo di ciò che vediamo con i nostro occhi». C'è chi pensa, con lo sguardo quasi sognante, a come potrà diventare "normale" la propria vita dopo lo spegnimento dell'altoforno. «Dopo 50 anni potremo finalmente non respirare più carbone - si rallegrano due signore appena scese dall'autobus - dopo che per molto tempo abbiamo dovuto togliere la fuliggine anche dal frigorifero». Sollievo per la chiusura dell'area a caldo misto a preoccupazione per la morte di una comunità che è qualcosa più di un semplice rione. È questa invece la sensazione che si respira in uno dei pochi bar rimasti ancora aperti nel centro di Servola. «Il "paese" resta senza niente - spiega uno degli avventori - chiude la Ferriera, chiude la posta, non c'è più la banca. Chissà cosa ne sarà di Servola fra qualche anno». Le opzioni se le fornisce da solo. «O rifiorirà grazie al venir meno di un elemento così inquinante oppure l'assenza di un impianto industriale del genere contribuirà a farlo morire definitivamente». «Nonostante la presenza di un impianto così inquinante, il nostro rione è sempre stato la capitale del buonumore - gli fa eco un altro cliente del locale -, non a caso la canzone popolare recita "E mi col mus e ti col tram andemo a Servola doman". Si veniva qui a divertirsi, e non solo nel periodo del Carnevale. C'erano molte attività, mentre adesso il paese è stato progressivamente distrutto. Una zona che era completamente a sé stante rispetto al resto della città perché aveva le caratteristiche proprie di un paese, ora lo è perché non ha più vita». C'è soddisfazione, infine, fra comitati e associazioni sorti per la difesa di Servola. «Siamo contenti anche se, come pare, il procedimento di dismissione dell'impianto non sarà rapido - spiega la responsabile del Comitato No Smog, Alda Sancin -. La vita continuerà a non essere facile per gli abitanti della zona ancora per alcuni anni, ossia fino a quando le strutture della Ferriera non verranno sostituite con altre produttive o portuali». Il presidente della Settima Circoscrizione, sotto la quale Servola ricade, vede nella chiusura dell'area a caldo un futuro volano per la rinascita del rione. «Io la vedo come una grande opportunità - spiega Stefano Bernobich -. Penso al mercato immobiliare: con il venir meno di un fattore inquinante come l'area a caldo della Ferriera credo che nei prossimi anni si potrà tornare ad investire qui e questo potrebbe contribuire a far rinascere il territorio».

Lorenzo Degrassi

 

 

Deciso l'abbattimento di 18 alberi pericolosi sul Colle di San Giusto

Si trovano nel Parco della Rimembranza e sono a rischio di schianto. Restyling dell'area bloccato dalla loro presenza

Nel giro di 20 giorni non ci sarà più ricordo di 18 alberi del Parco della Rimembranza sul Colle di San Giusto. Questi "soggetti arborei" (come vengono definiti) sono stati classificati in classe D (e quindi a rischio di schianto) a seguito della valutazione di stabilità alberature effettuata lo scorso anno dal Comune. Per il taglio dei 18 alberi "malati" sono stati stanziati 4.709 euro. Nell'operazione, in programma questo mese, sono previste anche 50 potature per limitare i fattori di rischio. Il loro mancato abbattimento sta praticamente bloccando la redazione del progetto esecutivo della riqualificazione dell'area verde sulle pendici del Colle di San Giusto dedicata ai caduti in guerra, per cui si prevede una spesa pari a 100 mila euro. «La redazione del progetto definitivo-esecutivo dell'opera - si legge nella determina firmata dal dirigente architetto Andrea de Walderstein - ha presentato aspetti di criticità che non sono stati risolti in tempo utile per approvare il progetto e metterlo in gara entro l'anno (il 2019, ndr)». Del progetto di riqualificazione si parla ormai da cinque anni. L'amministrazione comunale, con i 100 mila euro stanziati nel piano triennale delle opere, intende provvedere alla messa in sicurezza dei percorsi e delle scarpate anche interessate dalle lapidi commemorative. Nell'ottobre 2018 era stato fatto un censimento dei cippi del Parco della Rimembranza a cura degli studenti del Deledda-Fabiani, sotto la guida del professore e storico Roberto Spazzali. Il migliaio di cippi conservati nel Parco rappresenta un grande patrimonio umano e storico, ma negli ultimi anni si è raggiunto un livello di degrado tale da non permetterne un autentico riconoscimento da parte dei visitatori. Il Parco della Rimembranza di Trieste - inaugurato nel 1926 - è caratterizzato da una serie di pietre carsiche su cui sono stati scritti i nomi dei triestini caduti nelle guerre e i reparti di cui facevano parte. Sotto gli alberi sono ricordati i caduti della Prima guerra mondiale, ma anche numerosi militari che perirono nei conflitti di Spagna ed Etiopia, tra cui parecchi marinai, e anche civili. 

Fabio Dorigo

 

Muggia conquista quattro alberi in più: 33 nuovi impianti - Dopo le polemiche sugli abbattimenti

MUGGIA. Ventinove piante abbattute, "sostitute" con 33 nuove piantumazioni, 31 delle quali già effettuate. Questo il bilancio del lavoro svolto dal Comune di Muggia sul proprio patrimonio arboreo, una risposta definitiva alle polemiche sorte dopo l'abbattimento degli alberi siti nel giardino del Teatro Verdi. Soddisfatto il vicesindaco Francesco Bussani: «L'abbattimento di un albero è chiaramente l'estrema ratio e si realizza solo quando bisogna tutelare la sicurezza pubblica. Per questo, volendo noi valorizzare il patrimonio arboreo della città, il numero delle piantumazioni è stato superiore a quello delle piante purtroppo abbattute».A farla da padrone ora saranno i lecci, pianta sempreverde già presente in zona che spicca per il lungo fusto (raggiunge i 20-30 metri) e la sua folta chioma, due caratteristiche ideali per il centro cittadino. Nel novembre scorso, a fronte di 150 mila euro derivanti dall'extra-gettito Imu, il territorio muggesano era stato interessato da interventi di prevenzione e protezione del patrimonio naturalistico: un'operazione preceduta da una perizia agronomica al fine di verificare lo stato di salute degli alberi del territorio, valutarne le condizioni fitosanitarie e di stabilità e individuare le operazioni e le cure arboricolturali da eseguire.«Si è trattato di un'operazione di sicurezza e prevenzione mirata su alcuni esemplari ben precisi, ma che ha interessato diverse aree del territorio - ha commentato Bussani -. Abbiamo voluto verificare ed eventualmente proteggere un patrimonio che è naturalistico, ma soprattutto storico e alberi che a volte possono rappresentare anche dei veri e propri simboli identitari della comunità».Come spiegato dal Comune, l'obiettivo primario è sempre stato quello di conservare gli alberi che si sono dimostrati sani e stabili, intervenendo con potature volte a migliorarne lo stato di salute e scongiurare ogni eventuale criticità. «Non si può tuttavia sottovalutare il fatto che tutti gli alberi conservino inevitabilmente una certa dose di propensione al cedimento e, quindi, di pericolosità: non è possibile garantire che un albero sarà sano e strutturalmente sicuro in tutte le circostanze o per un preventivato periodo di tempo», ha ricordato Bussani. Secondo lo schema promosso dall'amministrazione mancano ora solo due nuove piantumazioni in sostituzione dei due pioppi all'imbocco di strada della Luna, piante che saranno anch'esse piantumate in tempi brevi.

 

Sotto la lente in Slovenia la Capodistria-Divaccia temuta dai Verdi italiani - al vaglio della magistratura di Lubiana

SAN DORLIGO DELLA VALLE. Sarà la magistratura slovena a occuparsi della regolarità del progetto 2Tdk per il raddoppio della linea ferroviaria che collega il porto di Capodistria al crocevia di Divaccia. È stata la Polizia d'oltreconfine a trasmettere alle competenti autorità giudiziarie di Lubiana il relativo incartamento, frutto di uno studio effettuato dall'Ordine degli ingegneri della Slovenia, che avrebbe ravvisato pesanti irregolarità, anche di natura penale, nella stesura del piano. La notizia viene diffusa sul versante italiano da Alen Kermac, capogruppo dei Verdi in Consiglio comunale a San Dorligo della Valle, movimento che ha fortemente criticato, fin dall'inizio, questo progetto, sostenendo invece la bontà di un altro piano, a minore impatto ambientale e con costi di realizzo di molto inferiori. «Il raddoppio della linea Capodistria-Divaccia - spiega infatti Kermac - è un problema di carattere internazionale, perché i lavori per la modifica del tracciato in territorio sloveno, in base al progetto 2Tdk, avranno pesanti e drammatiche conseguenze sulla zona di San Dorligo della Valle e su tutto il circondario. Senza dimenticare - aggiunge Kermac - i riflessi negativi sull'equilibrio naturale dell'area».Un primo rapporto, in cui si parlava di «grave frode» nella stesura del progetto 2Tdk, era stato presentato dall'ingegnere sloveno Jozef Duhovnik. Poi si era mosso, sulla stessa falsariga, Jani Moderndorfer, membro della Commissione parlamentare per il controllo delle finanze pubbliche, che aveva parlato di ipotesi di «frode, travisamento dei dati, con possibili gravi conseguenze per le finanze pubbliche». Per poter ottenere l'attenzione della Magistratura slovena sul tema era però necessario un intervento, dopo una verifica preliminare della documentazione, da parte della Polizia, che adesso è arrivato. «Aspettiamo di conoscere la decisione dei giudici», conclude Kermac.

Ugo Salvini

 

 

Il 2019 sul podio degli anni più caldi Mare da record: 13 gradi a dicembre   -   le temperature anomale del 2019

Arpa Fvg - Osmer: più che raddoppiati rispetto a 25 anni fa i giorni con temperature sopra i 30°

Trieste. Il 2019 è stato un anno «particolarmente caldo», con temperatura media di 1,5 gradi sopra la media del periodo 1919-2018. Ma se sotto questo profilo quello concluso si è posizionato al terzo posto dopo il 2014 e il 2018, è il mare ad aver fatto segnare picchi mai registrati: in conseguenza al surriscaldamento, l'anomalia termica nelle acque di Trieste si è concretizzata in un secondo semestre tutto sopra la norma «fino al record di 13 °C di temperatura a 2 metri di profondità registrati a fine dicembre». È questo uno dei dati contenuti nel bilancio meteo-climatico del 2019 in regione tracciato da Arpa Fvg - Osmer, che lo definisce «un anno più piovoso della norma e il terzo più caldo in 100 anni». Annotando come negli ultimi sei anni, quattro siano stati i più caldi da un secolo a questa parte. Le «anomalie termiche positive» hanno riguardato dieci mesi su 12. Arpa Fvg - Osmer fa notare i +4 gradi rispetto alla media registrati a febbraio in quota: un dato che il meteorologo previsore dell'Osmer Sergio Nordio definisce «molto significativo». E dopo maggio, il solo mese più fresco del normale (con gennaio a -0,7 gradi sotto la media), giugno ha portato un balzo termico rilevante con 4,5 gradi in più sulla norma. Proprio giugno, segnala Arpa Fvg - Osmer, è «uno dei mesi che più hanno mutato caratteristiche»: negli ultimi 15 anni la temperatura media ha sempre superato la norma degli ultimi 60 anni - con il 2019 secondo per media mensile al solo 2003 - fino a far divenire giugno un mese «pienamente estivo», con picco a 37 gradi. Una situazione che ha contribuito a vedere più che raddoppiati rispetto a 25 anni fa i giorni all'anno con massime oltre i 30 gradi in pianura: più di 60 nel 2019, contro la trentina di norma negli anni '90. Giugno è stato anche un mese fra i più secchi rispetto agli anni precedenti, in un'annata che invece è stata nel complesso piovosa, con maggio e novembre «molto sopra la norma». Una situazione che Arpa pone in relazione diretta con «l'anomalia termica del mare». La temperatura dell'acqua ha accentuato lo scambio di energia con l'atmosfera che a novembre, unita a costante scirocco nei bassi strati, ha portato piogge abbondanti. Del resto, il 2019 ha visto registrata a Trieste una temperatura media annua del mare di 17,2 gradi: 1,1 oltre la media del periodo 1995-2018. Ma in tutto il secondo semestre i valori sono rimasti sopra la media, fino al record di fine dicembre seguito nei primi giorni del 2020 da un altro "+13°" mai misurato a gennaio. Del resto, è di ieri la pubblicazione sulla rivista Advances in Atmospheric Sciences della ricerca di un gruppo internazionale di scienziati secondo cui le temperature degli oceani hanno raggiunto lo scorso anno le temperature più alte mai registrate. Tornando al Fvg, la situazione - così Arpa - è in linea «col progressivo aumento delle temperature che i dati rilevati evidenziano per il Fvg», «particolarmente accentuato negli ultimi decenni», come «a scala planetaria». I dati offrono anche un motivo di riflessione sul futuro climatico che ci attende, e che «potrà essere molto diverso in base alle scelte di sviluppo economico e politica energetica». L'ultima slide che Arpa propone delinea due scenari per il periodo 2071-2100 rispetto al 1976-2005: temperature medie uguali in inverno e più alte di 2 gradi in estate in caso di «rapida e decisa riduzione delle emissioni di anidride carbonica»; medie più alte di 3 gradi in pianura e di 4 in montagna in inverno, e di anche oltre 5 gradi in estate, se le emissioni continuassero «ad aumentare come ora». 

Paola Bolis

 

«Porto vecchio sia capitale Ue della lotta a difesa del clima» - La proposta di "un'altra città"

«L'Unione europea ha deciso di allocare grandi risorse nella ricerca sul cambiamento climatico. Il curriculum scientifico di Trieste rende il Porto vecchio il luogo ideale». L'architetto e urbanista Roberto Dambrosi è tra i fondatori dell'associazione Un'Altra Città, che nel dicembre scorso ha organizzato un dibattito proprio a tema Porto vecchio. Come valutate il nascituro Consorzio Ursus?Ci sembra uno strumento appropriato, proprio perché mette in campo tre realtà di tipo pubblico e parla da subito di partecipazione dei cittadini. Quel che secondo noi manca è un'idea portante che guidi il futuro accordo di programma. Quale potrebbe essere? Negli ultimi decenni Trieste è diventata una città della scienza, e questa è anche la sua possibilità di sviluppo ulteriore. In questo senso il Consorzio, secondo noi, dovrebbe guardare più a Bruxelles che alla Regione o a Roma.Perché? La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato che l'Ue investirà una quota molto rilevante delle sue risorse nella ricerca sul cambiamento climatico. A noi pare che Trieste abbia tutte le capacità per diventare un epicentro di questo processo. E il Porto vecchio ha le caratteristiche necessarie. Il tema basterebbe a rilanciare l'area? Von der Leyen parla di investimenti di lungo periodo, da qui al 2050. Gruppi internazionali da tutti i Paesi europei potrebbero venire a fare ricerca qui, con il beneficio che ne deriverebbe per il nostro sistema scolastico e, in prospettiva, per l'occupazione. Poi in Porto vecchio ci possono stare tante cose, dai musei alle sedi di enti vari ed eventuali, ma secondo noi deve esserci un'idea centrale forte che ridia a Trieste il suo ruolo internazionale. Anche se Trieste non dovesse cercare un ruolo da protagonista in questo processo, pensiamo comunque che bisognerebbe dare un segnale in tal senso. Come? Rendendo ecologicamente sostenibili tutti gli edifici. Il futuro della città non può essere alimentato a combustibili fossili: tutta l'area andrebbe alimentata a fonti rinnovabili, come quelle solari o geotermiche. La partecipazione dei cittadini in procedimenti del genere non è semplice. Ci pare che già il nome "Ursus" scelto per il Consorzio sia molto indovinato, è in sintonia con l'emotività dei cittadini. Anche per questo un ente del genere non dovrebbe trovare sede negli uffici del Comune o in qualche posto simile, ma in Porto vecchio e magari vicino all'Ursus.Dove?La struttura del Molo IV è spesso poco utilizzata, mentre potrebbe diventare una sede perfetta e un luogo di incontro e confronto con tutta la cittadinanza. Un posto dove esporre progetti e renderli accessibili ai triestini, agli studenti. Sarebbe il posto ideale.

Giovanni Tomasin

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 gennaio 2020

 

 

Referendum su Servola - Sì del 59% degli operai all'accordo con Arvedi

Lo schema d'intesa impostato a Roma con l'azienda passa con 277 voti a favore e 192 contrari. Stop all'area a caldo più vicino. Incognite su esuberi e fondi pubblici

Trieste. Con 277 voti a favore e 192 contrari, i lavoratori della Ferriera di Servola hanno deciso di dare il via libera allo schema di intesa impostato a Roma da sindacati e gruppo Arvedi. Il 59% dei 513 dipendenti aventi diritto (i tempi determinati non sono stati ammessi al voto) ha sposato la prospettiva della riconversione voluta da ministero dello Sviluppo economico, Regione e Comune. Il beneplacito delle maestranze autorizza dunque la firma e subito dopo toccherà ad azienda, istituzioni e Autorità portuale siglare quell'Accordo di programma che i rappresentanti dei lavoratori chiedono contenga tutte le garanzie sulla promessa assenza di esuberi. Le urne si sono chiuse alle tre di ieri pomeriggio e il risultato è arrivato meno di un'ora dopo. Terminano con la vittoria del "sì" i tre giorni di votazioni indetti da sindacati per un referendum segnato da una forte conflittualità interna e senza che in questi mesi si sia registrata una singola giornata di sciopero. La Rsu della Ferriera non è riuscita a mantenere una posizione unitaria e i rapporti tra le sigle sono andati sfilacciandosi in un ping pong di accuse reciproche. La Cgil Fiom ha sostenuto la posizione del "no", dopo aver abbandonato il tavolo del Mise e aver condotto una dura campagna contro un accordo che secondo il sindacato di sinistra non contiene sufficienti tutele per i lavoratori. Schierati per il "sì" al documento erano invece Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb. Bisognerà ora capire se ci sarà un ricompattamento in vista di una firma che verrà apposta ad ogni modo anche dalla Fiom. Il voto è stato orientato anche da importanti pressioni provenienti dall'esterno. Come nel caso dell'impegno del ministro Stefano Patuanelli per l'assunzione degli esuberi da parte di Fincantieri: annunciata non a caso alla vigilia del voto, la prospettiva sarà rafforzata nelle prossime settimane da un protocollo siglato dal gigante dei cantieri e dalla Regione. Impattante è stato pure il comunicato diramato dal gruppo Arvedi dopo un'assemblea dei lavoratori così tesa da aver fatto credere agli stessi sindacalisti che il "no" avrebbe prevalso: la proprietà specificava che la chiusura dell'area a caldo sarebbe arrivata anche in caso di bocciatura dell'accordo sindacale, con l'aggravante per i lavoratori di dover rinunciare alle forme di tutela previste nel patto e di potersi affidare solo all'eventuale trasferimento nel sito produttivo di Cremona. Il "no" avrebbe effettivamente significato navigare in mari sconosciuti, perché la bocciatura dell'intesa non avrebbe costretto l'azienda a sedersi nuovamente al tavolo e perché Regione e Comune hanno sempre detto di essere disposti a firmare l'Accordo di programma solo in presenza dell'accordo preliminare fra azienda e lavoratori. Con il "sì" i dipendenti della Ferriera spianano la strada alla chiusura dell'area a caldo: una prospettiva certo non voluta, ma vissuta da operai e impiegati con speranza, dopo le ripetute promesse di una riconversione industriale e logistica capace di non lasciare per strada nemmeno un dipendente. L'accordo sindacale recepisce i quattro pilastri del piano industriale, riportati anche nell'Accordo di programma: smantellamento e bonifica dell'area a caldo, rilancio della logistica, riconversione a metano della centrale elettrica e potenziamento del laminatoio con aggiunta dei reparti di zincatura e verniciatura, nonché possibilità di installare una linea di ricottura. La riconversione dovrebbe durare 24 mesi e richiedere un investimento da 180 milioni, cui potranno aggiungersene 50 in caso si decida di realizzare il forno di ricottura. Al termine dell'operazione, i lavoratori di Servola passeranno da 580 a 417: per 66 di essi si procederà con trasferimenti in aziende terze o in altri siti produttivi del gruppo, 58 verranno prepensionati e per i restanti 39 sono previste uscite volontarie con incentivi, a meno che l'impianto di ricottura non ne garantisca l'assorbimento. Per tutti scatteranno nel frattempo 24 mesi di cassa integrazione a rotazione, che l'azienda si è impegnata a maggiorare con 346 euro lordi, assicurando inoltre un'integrazione economica per i pensionandi pari a 1. 175 euro lordi ogni mese di Naspi e un incentivo all'uscita da 28 mila euro lordi per chi volesse lasciare il posto di lavoro. Per arrivare alla definizione del quadro ci sono tuttavia parecchie cose da chiarire. L'intesa sindacale richiama infatti esplicitamente gli impegni delle istituzioni a garanzia dell'occupazione: questi dovranno essere messi nero su bianco in un Accordo di programma, che allo stato attuale non contiene però tre passaggi fondamentali. Si tratta della definizione operativa e finanziaria del nodo bonifiche, delle risorse che governo e Regione intendono stanziare per il rilancio e dell'esito delle trattative tra Arvedi e Autorità portuale per l'acquisizione da parte di quest'ultima dei terreni dell'area a caldo, che dovrebbero essere usati per la creazione di un terminal ferroviario a servizio della Piattaforma logistica, di cui non è tuttavia ancora chiaro il futuro. I sindacati mettono inoltre in dubbio le modalità di assorbimento della manodopera in eccesso da parte di Fincantieri, che potrebbe dover assumere oltre un centinaio di persone, tra tempi determinati in scadenza a gennaio e una quarantina di lavoratori impiegati nella bonifica ma non previsti nell'organigramma finale. Non è chiaro se le maestranze verranno reclutate direttamente oppure nell'indotto, né rassicura il trattamento dei dipendenti ex Eaton per i quali era stato previsto lo sesso iter, non ancora concluso. Senza dimenticare che il passaggio alla Cln di San Giorgio di Nogaro potrebbe essere rallentato dalla necessità per l'impresa di acquisire permessi ancora non rilasciati.

Diego D'Amelio

 

 

Associazione #Maidiremai stila il suo programma

Si terrà oggi alle 18 nella sede di Via Fabio Severo 31 a Trieste l'Assemblea dell'Associazione giovanile #MaiDireMai-#NikoliReciNikoli. Tra i vari punti all'ordine del giorno la formulazione delle proposte e del calendario delle varie attività e iniziative previste in regione ma anche all'estero.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 13 gennaio 2020

 

 

La battaglia sulla Tripcovich in Commissione Trasparenza

La seduta domani in comune. intanto Gasperini difende l'abbattimento

Per domani martedì 14 alle 9 mattutine Sabrina Morena, consigliere comunale di Open Fvg e presidente della commissione Trasparenza del civico consesso, convoca i colleghi commissari per trattare l'argomento "sala Tripcovich". Così, nudo e crudo, senza condimenti. Oltre ai componenti, è invitato l'assessore Lorenzo Giorgi, che detiene la delega al patrimonio. E'presumibile che si parlerà di cosa il Comune ha intenzione di fare dopo l'altolà ministeriale all'abbattimento dell'ex stazione delle autocorriere: il sindaco Dipiazza aveva annunciato che il Municipio avrebbe esercitato la richiesta di accesso agli atti per ottenere la lettera con cui l'architetto Federica Galloni ha gelato l'auspicio del primo cittadino. Ma la Soprintendenza ha già "girato" la corrispondenza al Municipio?Intanto sul caso Tripcovich intervengono gli architetti Lorenzo Gasperini e Giulio Dagostini, che avevano ottenuto l'incarico di ridisegnare piazza Libertà alla luce della sparizione dell'ex stazione riconvertita in teatro. I due professionisti scrivono che «se guardiamo al di là della sala ci accorgeremo che oltre quei portali ora seminascosti si estende una città intera, nuova, ricca di spazi che potrebbero diventare quei luoghi d'arte, di cultura». Esplicito il riferimento ai varchi di Porto vecchio realizzati nel 1914 da Giorgio Zaninovich: «la sfortunata sala Tripcovich - sostengono Gasperini & Dagostini - sembra perciò solo un paravento o una sorta di ultima ridotta che ci impedisce di guardare un po' più in là». Perchè, al netto dell'ingresso da viale Miramare, Porto vecchio ha solo due accessi: Molo IV e piazza Libertà . I due architetti sostengono che la vita di una città non è caratterizzata dall'immobilità, altrimenti - argomentano - avremmo ancora piazza Unità chiusa al mare da un giardino!

Magr

 

 

 

Nasce il patto per l'ambiente tra giunta e giovani di Fridays

Scoccimarro riceve gli attivisti e promette una serie di tavoli co-organizzati: «Serve il contributo di tutti per una rivoluzione culturale»

TRIESTE. «Il confronto con i giovani su temi come difesa dell'ambiente, mobilità e sviluppo sostenibile diventerà un appuntamento fisso della mia agenda e per questo 2020 vorrei intanto programmare cinque appuntamenti co-organizzati con i rappresentanti di Fridays for future». L'annuncio è dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, che l'altro giorno ha incontrato, nella sede della Regione a Pordenone, i rappresentanti regionali del movimento giovanile che sta riempiendo le piazze di tutto il mondo. «Il mio mandato - spiega l'assessore - sarà caratterizzato dai contributi di tutti, per accompagnare la rivoluzione culturale in corso sui temi ambientali. Vorrei inoltre cogliere la disponibilità di questi ragazzi non solo per il confronto ma anche per veicolare iniziative messe in atto dalla Regione in campo ambientale. Ho infatti potuto apprezzare - prosegue Scoccimarro - come non vi sia una visione miope bensì di rispetto verso le imprese, purché ovviamente si tenga presente la protezione dell'ambiente. L'esempio perfetto è la riconversione dell'area a caldo della Ferriera di Trieste che vedrà non solo abbattersi le emissioni ma anche bonificare una parte del sito di interesse nazionale che desta molta preoccupazione nel movimento». Altri temi affrontati nell'incontro - riferisce una nota della Regione - sono stati quelli della mobilità sostenibile e della produzione di energia. «Temi che saranno al centro di alcuni tavoli tecnico-politici che il mio staff concorderà assieme ai giovani di Fridays for future con degli incontri bimestrali che potrebbero diventare propedeutici al primo dei due momenti istituzionali degli Stati generali dell'Ambiente della zona Alpe Adria che sto programmando per autunno 2020 e primavera 2021».

 

 

Ruote d'auto in mare, boe e bidoni nel bosco - Pure la baia di Sistiana ha il suo "lato oscuro"

Cumuli di rifiuti fra il porticciolo e il "retro" di Castelreggio. Le critiche dei pescatori della zona ai colleghi di fuori

DUINO AURISINA. Boe alte più di un metro, bidoni cilindrici in vetroresina e ulteriori materiali abbandonati sul declivio dietro l'entrata del bagno di Castelreggio. E poi, ancora, copertoni d'automobili, tubi di plastica, reti e perfino una sedia sul fondo del mare, all'interno del porticciolo. È lo stato in cui versa parte della baia di Sistiana, in particolar modo l'area attigua al molo cui fanno riferimento come "base" i pescatori della zona. Un angolo di paradiso frequentato nei mesi estivi da turisti provenienti da mezza Europa, complice l'attrattività offerta dal soprastante campeggio, e che, sotto gli occhi di tutti, annovera la presenza di rifiuti di ogni tipo. La denuncia arriva da parte degli stessi pescatori della baia, infastiditi soprattutto dai modi di operare di certi colleghi provenienti da Monfalcone e Trieste. «Hanno colonizzato il molo - spiega uno dei pescatori di Sistiana - depositandovi quanto più materiale possibile, che con il passare del tempo (alcune boe sono lì da svariati anni) è diventato un tutt'uno con la vegetazione». Come nel caso delle boe accatastate nel bosco retrostante Castelreggio, dove in passato era presente una casa colonica, crollata con il passare del tempo e che ora è stata assorbita dalla vegetazione stessa. Ora la zona è preda dei rovi e, nei pochi spazi aperti, ospita una cospicua colonia di gatti. Tra le casette dei felini e gli spineti ecco comparire una serie di boe bianche in vetroresina, ormai coagulate con la vegetazione tanto da confondersi con essa, a dimostrazione di quanto tempo si trovano lì. Il problema dei rifiuti nella baia di Sistiana si interseca con quello delle enormi boe spiaggiatesi sull'arenile sotto il castello di Duino, poi tolte alcuni giorni fa dai residenti della zona. Una situazione che si protrae da anni e della quale nessuno sembra interessarsi. «Boe come queste le si possono ritrovare abbandonate nei porticcioli di tutta la provincia - spiega un altro dei pescatori che operano in baia - dal Villaggio del Pescatore fino a Barcola, passando per Grignano». In questo caso, però, rispetto alle boe rinvenute sotto il castello, non si tratta di manufatti che, a causa delle mareggiate e dei venti della stagione invernale, si staccano dagli impianti degli allevamenti della costa e si spingono a riva. «È difficile che una boa alta un metro arrivi sola dentro la baia, esca dall'acqua e si "parcheggi" nel bosco retrostante», spiega sarcasticamente, ancora, uno dei pescatori: «La cosa che più mortifica è che dietro a tutti i progetti che ci sono per la valorizzazione della baia non si parla mai del tema ambientale. Qui siamo di fronte a un danno ambientale, seppur piccolo, del quale nessuno dice nulla e, soprattutto, fa nulla per porvi rimedio».Trattandosi di oggetti in vetroresina, e in alcuni casi anche metallici, non sono biodegradabili e pertanto il danno per l'ambiente, se non si interviene, rischia di diventare notevole. Fuori come dentro il mare, dove, come si può vedere dalle fotografie, attorno al molo dove attraccano le barche da pesca, vi è depositato materiale di ogni tipo che, nelle belle giornate di sole, si distingue nitidamente da riva, complice la limpidezza dell'acqua. Pezzi di ruote, tubi di plastica, una sedia, manufatti di ferro e rimasugli di cozze: tutti ammucchiati sul fondale. Questo, insomma, il quadro che accoglie chi, in estate, decide di fare il bagno a Sistiana mare. Poco edificante per un territorio che vuole fare del turismo il proprio punto di forza.

Lorenzo Degrassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 gennaio 2020

 

San Pelagio - Mattoni, pietre e un wc: la discarica abusiva davanti all'ex caserma

DUINO AURISINA L'equivalente di un camioncino bello pieno di rifiuti edilizi. Questo lo sgradito "regalo" rinvenuto nella stradina posta davanti all'ex caserma della Polizia di frontiera e della Guardia di finanza di San Pelagio, a poche decine di metri dall'ex valico di confine secondario che collega il territorio di Duino Aurisina a Gorjansko (Comeno). Una piccola arteria leggermente più nascosta rispetto alla strada ex provinciale n. 6, transitata quotidianamente da centinaia di automobilisti provenienti da entrambi i Paesi confinanti. E proprio il fatto di essere nascosti deve aver agevolato il compito degli incivili che hanno abbandonato chili e chili di masserizie a cielo aperto, a pochi passi dai boschi che caratterizzano l'altipiano carsico triestino occidentale. Nello specifico mattoni, pietre, malte e la tazza di un water stanno facendo brutta mostra di sé da qualche giorno. In realtà già da tempo l'area è stata presa di mira con diversi lasciti collocati all'interno dell'edificio più piccolo posto a ridosso della grande caserma. Un immobile ancora aperto e quindi accessibile a chiunque. Anche qui tanta la spazzatura abbandonata da ignoti: copertoni di automobili, secchi pieni di calcinacci, materassi, ma anche sacchi neri contenenti rifiuti di ogni giorno abbandonati da persone evidentemente troppo pigre per conferirle negli appositi spazi. Recentemente l'area attigua all'ex caserma di San Pelagio era stata oggetto di alcune scritte vergate con spray rosso inneggianti al Tlt, il Territorio libero di Trieste. Una situazione assurda quella dei due edifici, da tempo dismessi ed abbandonati a loro stessi, che ricorda quella di altre strutture simili disseminate nella provincia triestina. Tornando alla vicenda della mini-discarica abusiva creatasi a San Pelagio, vale la pena ricordare le sanzioni amministrative in cui si incorre nell'abbandono e deposito al suolo da parte di privati di rifiuti non pericolosi che prevede un minimo di 300 sino ad un massimo di 3 mila euro (600 euro il pagamento in misura ridotta) di multa. Sanzioni che passano direttamente al penale nel caso in cui l'abbandono e il deposito (sempre in caso di rifiuti non pericolosi) venga effettuato da parte di titolari di imprese, con pene che vanno da 3 mesi a un anno di arresto e ammende che oscillano da un minimo di 2.600 sino a un massimo di 26 mila euro.

R.T.

 

 

Ex Jugoslavia, polmone nero che inquina l'Europa intera   -   le 10 centrali termoelettriche piu' inquinanti d'Europa

L'Ue ha perso 600 mila giornate lavorative all'anno e 5,9 miliardi di euro in cure a causa dell'aria proveniente da Est. Nessun miglioramento registrato di recente

BELGRADO. Nel cuore dell'Europa pulsa un polmone nero che dalle narici sprigiona ogni sorta di emissioni inquinanti che poi si disperdono sull'intero continente. E i dati scientifici che lo confermano rischiano di scoraggiare la pur indomita Greta nella sua battaglia per il clima. Stiamo parlando dei Balcani con particolare focalizzazione sulla ex Jugoslavia. Un esempio? Giovedì scorso è stata una giornata soleggiata su tutta l'area in questione, ebbene i dati della qualità dell'aria nel corso di quelle 24 ore parlano chiaro: Sarajevo era la seconda città più inquinata del mondo (dietro Bishkek in Kirghizistan), Skopje era ottava, Belgrado era nona. Lubiana è stata moderatamente inquinata classificandosi al 50mo posto. Tale inquinamento atmosferico ha un effetto catastrofico sulla salute umana, come avverte l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Secondo i suoi dati, il più alto tasso di decessi prematuri a causa dell'inquinamento atmosferico nei Balcani e in Europa è registrato in Macedonia del Nord, dove 82.000 su 100.000 persone muoiono prematuramente a causa dell'aria che respirano. È seguita da Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Serbia. Questi dati indicano che per l'inquinamento atmosferico, per il quale sono disponibili gli ultimi dati relativi al 2016, 4.388 persone sono morte prematuramente in Serbia, 2.793 in Bosnia-Erzegovina, 1.702 in Macedonia del Nord e 489 in Montenegro. E non è tutto. L'ultimo rapporto dell'Alleanza per la salute e l'ambiente (Heal) mostra che una stretta contiguità geografica all'inquinamento influisce anche sulla salute umana nell'Unione europea, dove nel 2016 ci sono stati 2.013 decessi prematuri a causa dell'inquinamento atmosferico. L'Ue ha perso 600.000 giorni lavorativi all'anno e 5,9 miliardi di euro di cure mediche a causa dell'aria proveniente dai Balcani. I Paesi dei Balcani occidentali hanno 3,65 miliardi di euro di costi per il trattamento dell'inquinamento atmosferico, calcolata da Heal. Un importante inquinatore nei Balcani occidentali è costituito da 16 centrali termoelettriche obsolete, avverte Heal nel suo ultimo rapporto. Questo è simile ai rapporti degli anni precedenti, a conferma che la situazione non sta migliorando. Queste 16 centrali termoelettriche emettono la stessa quantità di anidride solforosa di tutte le 250 centrali termiche nell'Ue. La centrale termoelettrica di Ugljevik in Bosnia-Erzegovina emette tanto anidride solforosa quanto tutte le centrali termoelettriche tedesche messe insieme. Naturalmente, anche le centrali termoelettriche europee non sono "innocenti", ma tra le dieci più inquinanti in Europa, otto sono dislocate nei Paesi dei Balcani occidentali, una in Polonia e una in Bulgaria. «L'inquinamento atmosferico non conosce confini ed è ancora un assassino invisibile in Europa. La grande quantità di inquinamento dei Balcani occidentali arriva nell'Ue e contribuisce alla già scarsa qualità dell'aria nei Paesi occidentali, rendendo particolarmente difficile il rispetto degli standard di qualità dell'aria dell'Ue. È giunto il momento per i responsabili politici europei di intensificare gli sforzi per la purificazione dell'aria e la decarbonizzazione nell'Europa sudorientale», ha affermato al Delo di Lubiana Vladka Matkovic Pulji, autrice principale del rapporto Heal. Secondo la meteorologa Olgica Lazic di Belgrado, il movimento delle masse d'aria dipende dalla pressione. «Quando si crea un'alta pressione aerea su Romania e Ungheria, le masse d'aria iniziano a spostarsi da sud-est a nord-ovest, cioè sopra la Serbia verso l'Ungheria, forse più lontano verso l'Austria, ma non raggiungono affatto la Germania. In tali condizioni, il kosava soffia sulla regione del Danubio e sulla Serbia l'aria è pulita, è inquinata invece in assenza di vento», ha spiegato Lazic. E l'aria sui Balcani non migliorerà in futuro, secondo il rapporto di Heal. La regione ospita anche grandi riserve di carbone, motivo per cui i governi di quei Paesi sono favorevoli ai prestiti di Pechino per l'acquisto di centrali termiche cinesi e contano di acquisire sei GW di capacità aggiuntiva (inquinante) entro il 2030. 

Mauro Manzin

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 11 gennaio 2020

 

 

Consorzio "fatto in casa" per il Porto vecchio - Regia in mano al Comune

Il via atteso a giugno: lo statuto prevede una struttura snella e interamente pubblica Gli incarichi potrebbero essere coperti ricorrendo a personale dei soci fondatori

Si fa tutto in casa. La bozza dello statuto del Consorzio per la valorizzazione del Porto vecchio, approvata nel dicembre scorso, configura un modello tutto pubblico per l'ente che dovrebbe nascere nel giugno prossimo. Accantonata l'idea di mettere grandi nomi al timone e di imbarcare i privati, il futuro Consorzio è disegnato come un'espressione delle istituzioni cittadine e regionali, con il Comune nella parte del regista. Nell'aprile scorso il sindaco Roberto Dipiazza dava per imminente la costituzione della "società di gestione" del Porto vecchio. Già allora anticipava il modello da adottare: «La società avrà una prima fase in cui sarà completamente pubblica, diretta dai tre enti - dichiarava al Piccolo -. Quando il Comitato portuale funzionava così andava alla grande. Poi, in una seconda fase, potremo eventualmente pensare a far entrare alcuni privati».S'è dovuto attendere dicembre, però, per la firma dell'accordo fra Dipiazza, il presidente Fvg Massimiliano Fedriga e il presidente del Porto Zeno D'Agostino. Oltre a sancire la iniziative da concordare tra gli enti per l'avvio dei cantieri, l'accordo ha sancito la bozza di statuto e fissato a giugno la data in cui il Consorzio vedrà la luce. Cosa contiene la bozza? Il testo stabilisce che l'ente si chiamerà Ursus (l'omaggio è evidente, pur essendo acronimo di Urban Sustainable System)e che avrà il compito di «promuovere la rigenerazione urbana e la riqualificazione urbanistica» dell'area, fungendo da interfaccia unico fra istituzioni e potenziali investitori. Il Consorzio dovrà in sostanza fare il lavoro preparatorio per tutte le alienazioni dei beni comunali (la maggioranza dei magazzini) e per le concessioni che l'Autorità portuale darà alle aree di sua competenza (la linea di costa). Bandi di gara inclusi. A tal fine verrà redatto ogni tre anni un "Piano di valorizzazione operativo" che conterrà le linee guida per lo sviluppo del Porto vecchio e che servirà proprio ad armonizzare le azioni di Comune e Adsp.Le attività del Consorzio saranno suddivise in quattro aree, ognuna guidata da un dirigente (vedi articolo in basso). L'ente avrà un fondo di dotazione iniziale da 300 mila euro, conferito dai fondatori. Il fondo sarà diviso in quote di partecipazioni nominative da mille euro: al Comune è attribuita una quota minima di partenza di 160 quote, la maggioranza. Le casse del Consorzio potranno ingrassare grazie a ulteriori conferimenti, fondi europei, al pagamento di servizi o a proventi derivanti dalle alienazioni. L'assemblea consortile sarà l'organo di indirizzo politico, da convocare almeno due volte l'anno per approvare i bilanci ed eventuali modifiche al piano operativo. Sarà composta dai rappresentanti legali dei soci, cui spetterà un numero di voti pari alle quote di partecipazione al fondo. Il consiglio di amministrazione sarà la cabina di regia operativa e avrà un minimo di tre membri, eletti dall'assemblea sulla base dei nomi proposti dai soci: Comune, Regione e Adsp potranno proporre ognuna un elenco di potenziali consiglieri, ma solo un candidato per lista potrà venir eletto. Ai membri del cda si richiede «comprovata esperienza amministrativa, imprenditoriale o professionale» nella valorizzazione di immobili pubblici o privati, «attestata dallo svolgimento di almeno un quinquennio di attività». Il consigliere eletto su proposta del Comune sarà automaticamente il presidente del Consorzio. L'assemblea consortile sarà incaricata di nominare il Revisore, mentre al cda toccherà individuare il direttore, che potrà esser tanto un libero professionista quanto un «dipendente delle amministrazioni socie». Potranno essere ammessi altri soci, purché siano enti pubblici o associazioni di categoria (vedi articolo in basso). I compensi per tutti gli incarichi dovranno essere definiti dall'assemblea. Questa, in sintesi, l'impostazione voluta con forza da Comune e Regione: una società di gestione in versione "domaca", costruita in modo da poter essere amministrata anche solo poggiandosi sul personale degli enti amministratori.

Giovanni Tomasin

 

Dal maketing ai bandi di gara: tutto sarà nelle mani dell'ente

Il nuovo soggetto sarà diviso in quattro aree operative e si occuperà anche di definire il piano per il masterplan dedicato al rilancio dell'area

Dalla promozione ai bandi di gara, il Consorzio Ursus si occuperà dello sviluppo del Porto vecchio a 360 gradi. Il futuro ente sarà diviso in quattro aree, corrispondenti al suo fine istituzionale: area investimenti, area marketing e comunicazione, area tecnica, area amministrativa e dismissioni. Ogni area sarà guidata da un responsabile, la cui nomina sarà proposta dal direttore al consiglio d'amministrazione. Un punto che rende il direttore l'epicentro della macchina del Consorzio. I requisiti per la nomina a responsabile sono gli stessi richiesti al direttore. Come funzioneranno le quattro aree? L'area investimenti farà da «interfaccia e interlocutore unico con i potenziali investitori per la promozione, lo sviluppo e la realizzazione di investimenti, opere pubbliche e private che stimolino possibili finanziatori».L'area marketing e comunicazione dovrà condurre le attività di promozione di carattere generale, «anche mediante campagne pubblicitarie» sia analogiche che digitali, «finalizzate all'individuazione dei potenziali acquirenti o concessionari degli immobili». Spetterà all'area anche un lavoro più specifico sugli edifici da cedere o affidare, attraverso «attività di marketing immobiliare e home staging (l'allestimento dell'edificio in vista della vendita ndr)», volte a rendere più appetibili gli stabili. Alla stessa area spetterà anche «l'organizzazione di eventi, dibattiti pubblici e workshop finalizzati al coinvolgimento della città e del territorio».L'area tecnica effettuerà le attività di due diligence urbanistica, edilizia, ambientale ed energetica. Le spetterà anche predisporre le linee guida per le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria che i soci dovranno effettuare «al fine di massimizzare l'appetibilità sul mercato degli immobili».L'area amministrativa e dismissioni avrà il compito più impegnativo: predisporre, di concerto con i soci, tutta la documentazione tecnica nonché i bandi di gara o d'asta e «la successiva contrattualistica operativa» delle procedure di alienazione o concessione. L'area tecnica dovrà redarre anche il Piano di Valorizzazione operativo che fungerà da canovaccio per tutta l'operazione, incluse eventuali varianti.

G.Tom.

 

«Così si rischia di perdere treni che non ripassano»

Russo, "padre" della sdemanializzazione critico nei confronti del sistema proposto

L'intervista/1 «Se gestiamo la cosa in modo così provinciale rischiamo di perdere». Il vicepresidente del Consiglio regionale Francesco Russo, che in veste di senatore dem riuscì a far passare l'emendamento per la sdemanializzazione del Porto vecchio, alza il sopracciglio di fronte alla bozza di statuto del Consorzio. Cosa pensa della proposta?Sono passati 5 anni dal mio emendamento. Il 28 aprile scorso Massimiliano Fedriga dichiarava trionfalmente che entro 90 giorni la società di gestione sarebbe stata operativa. Abbiamo invece aspettato fino a dicembre perché si vedessero per decidere che forse la fantomatica società nascerà entro il 30 giugno. Il Porto vecchio è un tema su cui la politica deve essere unita, e io tifo per chiunque smuova le acque. Ma cinque anni per decidere quale sarà lo strumento operativo è un tempo che rischia di farci perdere dei treni. Ovvero?Serve una visione complessiva, è quel che chiedono gli investitori. Con lo spezzatino si rischia invece di depauperare l'area per mancanza di regia: oggigiorno pare che in Porto vecchio ci debba finire di tutto, dalla piscina al Luna Park. Cosa cambia fra il Consorzio così come definito e la società di cui si è parlato in questi anni?Io pensavo a una struttura con una capacità di visione e con la consulenza di realtà internazionali all'altezza della sfida. L'idea era ricalcare il modello Expo, come suggerito da Raffaele Cantone nel 2015, quando lo invitai a visitare l'area. Qui parliamo di investimenti tra i due e i tre miliardi: il pubblico non ha quei fondi, quindi servono risorse private. E il territorio deve strutturarsi come interlocutore credibile. Come?Ne abbiamo parlato spesso in passato con Dipiazza, io gli avevo proposto anche delle ipotesi. Si pensava a una società saldamente in mano pubblica, con il sindaco alla guida, ma accanto a lui un manager internazionale in grado di parlare con i fondi internazionali di New York, Dubai, Pechino. Le uniche realtà in grado di condurre operazioni simili oggi. Si è parlato a lungo di un ruolo dei privati nella macchina decisionale. Quand'ero ancora al senato chiesi ai principali vertici delle società con sede a Trieste (Generali, Allianz, Wartsila) se erano disponibili a entrare in un comitato dei saggi. Accettarono. Sarebbero entrati a titolo personale, ma portando la credibilità derivante dai loro ruoli. Anche il presidente di Fincantieri Bono aveva più volte manifestato il suo interesse. Temo che la maggioranza abbia fermato il sindaco per questioni politiche, forse anche per antipatia nei miei confronti. Io tifo a favore di chiunque faccia qualcosa per smuovere le acque, quindi mi auguro che il Consorzio nasca e sono disposto a dare il mio contributo. Ma per il momento stiamo parlando del nulla.

G.Tom.

 

«Ora si potrà trattare con i privati tutelando gli interessi collettivi»

Il presidente dell'Ordine degli architetti Bisiani ritiene positiva l'impostazione

L'intervista/2 «È uno strumento indispensabile. Necessario». Thomas Bisiani, presidente dell'Ordine degli architetti di Trieste, non dubbi: il Consorzio Ursus per la valorizzazione di Porto vecchio andava assolutamente fatto. Anzi, sarebbe stato meglio farlo prima...Avrebbe consentito di guadagnare tempo. Come dovrebbe essere utilizzato questo strumento?Un modello interessante, da questo punto di vista, è quello di Amburgo, fatto per trasformare il quartiere portuale di HafenCity. La società di gestione non si occupa solo di piazzare i magazzini storici, ma si occupa della loro trasformazione. È un programma più alto e articolato. È un bene che la società di gestione triestina sia composta solo da enti pubblici?Lo ritengo un aspetto positivo. Consentirà di trattare con gli operatori privati tutelando gli interessi pubblici. Senza alcuna confusione di sorta. La questione fondamentale, infatti, è come verrà gestita la partita del Porto vecchio tra la società di gestione e i soggetti che saranno prevalentemente privati. È un modello che mi pare coerente. Questo soggetto pubblico, ovviamente, deve però avere le capacità per trattare con i soggetti privati. Quali competenze dovrà avere il consorzio?Ci devono essere competenze per trattare sullo stesso piano, alla pari, con quelli che possono essere dei grandi player nazionali e internazionali delle trasformazioni immobiliari. Si tratta di un tavolo formato da due fronti, le cui competenze devono essere equivalenti. Ma come funziona ad Amburgo?Ad Amburgo si è creato un meccanismo molto interessante. La trasformazione delle aree portuali presuppone il passaggio di proprietà solo dopo la presentazione dei progetti. Questo consente alla società di gestione di poter intervenire fino all'ultimo sul contenuto del progetto. Non ci cedono magazzini a scatola chiusa...Esatto. A mio parere si tratta di un modello virtuoso a vantaggio di tutti. L'imprenditore privato non si compra le aree e poi ci fa sopra un progetto con le conseguenti esposizioni economiche. Nel caso di Amburgo, prima faccio un progetto, lo sottopongo alla società di gestione e poi compro le aree con relativo titolo edificativo e mi impegno finanziariamente con le banche. Serve un masterplan, come qualcuno chiede, per Porto vecchio?Amburgo, per esempio, non ragiona in termini rigidi, ovvero in base a un masterplan. Ma piuttosto si valutano le proposte che arrivano sul tavolo. Il masterplan non è l'unica soluzione. Questo significa lavorare su tempi lunghi...È quello che va fatto. Amburgo sta lavorando su una scala di 20, 25 anni.

Fa.Do.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 gennaio 2020

 

 

Proposte gourmet e spazi per fisioterapia - Così rinasce lo storico Mercato coperto

All'esame del Municipio un project financing di iniziativa privata per rilanciare la struttura. Investimento da 6 milioni di euro

Presto, tutti al rifugio anti-aereo! Ma come, è l'ora delle incursioni? No, è l'ora della merenda. Bando alle facezie, il recupero del semi-interrato, che durante il secondo conflitto mondiale era stato adibito a riparo dai bombardamenti, sarà una delle riscoperte proposte all'attenzione del Comune da un aggregato imprenditoriale-professionale, con l'obiettivo di recuperare a nuova vita il Mercato coperto di via Carducci, indirizzandolo - come vedremo meglio - a un utilizzo "misto" commerciale, culturale, gastronomico, ricreativo. Si tratta di un project financing di iniziativa privata, dal punto di vista tecnico simile all'operazione del centro congressi in Porto vecchio, che avrà bisogno, per diventare realtà, di 6 milioni di euro, il 49% dei quali a cura dell'amministrazione civica, proprietaria dell'edificio progettato da Camillo Iona negli anni Trenta. Entro gennaio il pool offerente, che al momento preferisce non esibirsi nell'ufficialità, si incontrerà con la delegazione municipale. Pare che l'idea piaccia molto al sindaco Roberto Dipiazza, anche perchè, se il dossier accelerasse, ci sarebbe la possibilità nel giro di 10-12 mesi di inaugurare il lifting appresso le elezioni amministrative 2021. Tremila metri quadrati da ripensare, un'operatività estesa dalle ore 8 alle ore 22, impiegabili a tempo pieno nelle varie opportunità di intrapresa una settantina di persone. Addio al vecchio modello di mercato a base di stand alimentari, via a un nuovo modulo che mira a una valorizzazione complessiva dell'interessante costruzione. Dall'interrato anti-aereo, come abbiamo già visto, alla terrazza che copre lo stabile e che sarà trasformata in uno spazio verde aperto alla cittadinanza. L'interno viene ri-giocato su due livelli: al pianterreno permane un'area destinata alla vendita di prodotti locali, in connessione con un ristorante promoter delle ghiottonerie autoctone, cui s'aggiunge la possibilità di organizzare eventi culturali. Prendendo scale o ascensore, si sale al primo piano, che sarà invece dedicato - scrive la relazione - al «benessere e cura della persona», una sorta di spazio medico/paramedico dove la fisioterapia avrà titoli in prima pagina. Dopo oltre ottant'anni il Mercato avrà finalmente un'impiantistica capace, a seconda delle stagioni, di scaldare e/o raffreddare. Dal punto di vista gestionale, si pensa a una conduzione «unica e centralizzata», nella quale comunque i locali saranno dati in affitto a singole attività indipendenti. I proponenti ritengono che la combinazione di molte attività sarà in grado di garantire la sostenibilità economica dell'iniziativa. Gli interventi all'esterno si concentreranno nella sostituzione delle vetrate con nuovi inserimenti trasparenti. Anche via Maiolica avrà la sua parte di gloria, con l'ampliamento del marciapiede. 

Massimo Greco

 

 

«Ferriera, sicurezza prioritaria Valutiamo possibili omissioni»

Valenti dopo l'incontro con i sindacati che denunciano i rischi dovuti alla rinuncia alle manutenzioni programmate: «Informerò Mise e Regione». In fabbrica si vota

Il prefetto di Trieste Valerio Valenti incalza il gruppo Arvedi affinché l'azienda garantisca i livelli di sicurezza per i lavoratori nella transizione verso la riconversione. L'impegno del commissario di governo arriva dopo l'incontro avuto ieri in piazza Unità con i rappresentanti dei dipendenti, che denunciano rischi concreti per la decisione della proprietà di rinunciare alle manutenzioni programmate, riducendo il ricorso alle ditte esterne impiegate nel controllo degli impianti dello stabilimento. Dopo il confronto con sindacati e Rls (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza), Valenti dice di attendere «un documento di sintesi che rappresenti puntualmente la base su cui rivolgere le singole sollecitazioni alla società, ma anche ad Azienda sanitaria e Vigili del fuoco, che sono le istituzioni preposte a vigilare». Il prefetto spiega che sentirà presto i vertici di Siderurgica Triestina «per dare un richiamo sull'opportunità di garantire gli interventi a salvaguardia di salute e sicurezza dei lavoratori, i cui rappresentanti hanno evidenziato omissioni che richiedono di valutare eventuali profili di responsabilità rispetto a una materia regolamentata da norme stringenti». Valenti evidenzia che «siamo in un momento delicato: informerò Mise e Regione, per coinvolgere anche le istituzioni sul tema sicurezza. Ora attendiamo il voto dei lavoratori, snodo fondamentale». I rappresentanti delle maestranze raccontano di una recente piccola fuga di gas nello stabilimento, parlando di «marasma completo» e facendo esplicito richiamo a un «rischio ThyssenKrupp», in riferimento all'incidente che nel 2003 costò la vita a sette operai per la somma di una serie di sfortunate fatalità. I sindacati puntano il dito contro la decisione dell'azienda di rinunciare alle prestazioni programmate delle ditte esterne, che hanno ormai avviato procedure di mobilità e ricorso ad ammortizzatori sociali. Per Thomas Trost (Fiom), «l'azienda procede con interventi a chiamata per risolvere singoli problemi, mentre prima c'erano controlli capillari e costanti. Abbiamo chiesto alla proprietà di rallentare i processi per non usurare gli impianti, visto che ormai i ricambi vengono comprati solo in caso di rotture. Bisogna stare attenti perché in Ferriera ci sono tantissime cose che possono scatenare problemi più grandi: basta che si fulmini la spia che segnala la presenza di monossido». Umberto Salvaneschi (Fim) sottolinea che «più di qualche episodio ha recentemente provocato la fermata degli impianti e inoltre gli addetti lavorano in forte pressione psicologica davanti alla chiusura: la concentrazione diminuisce e questo preoccupa». Antonio Rodà (Uilm) ricorda che «il percorso di chiusura sembra irreversibile, ma resta la necessità di garantire la sicurezza ora e durante la fase di spegnimento». Cristian Prella (Failms) evidenzia infine che «da settimane l'azienda ha razionalizzato la gestione delle ditte esterne, agendo ormai solo in caso di problemi». Alle nove di ieri sera sono intanto cominciate le operazioni di voto, all'inizio del turno di notte. Sulla scheda i lavoratori troveranno il quesito «Sei favorevole alla proposta di accordo sindacale del 23 dicembre?». Si useranno due urne: una per la società Siderurgica Triestina e l'altra per Acciaierie Arvedi, perché la prima copre solo le attività della banchina e la seconda tutto il resto. La richiesta è dei lavoratori dell'area a caldo, che vogliono distinguere il proprio voto da quello di settori non direttamente interessati alla riconversione. I risultati si avranno lunedì pomeriggio. 

Diego D'Amelio

 

Perché Fincantieri aiuta Servola e non altre realtà?» il dem isontino Moretti

««La soluzione messa sul piatto dal ministro Patuanelli sulla Ferriera», e cioè «che Fincantieri si faccia carico dei lavoratori in esubero per la chiusura dell'area a caldo, significa arrendersi alla desertificazione del tessuto produttivo, affidarsi a un solo potente soggetto industriale. Tutte le crisi, attuali e future, saranno assorbite da Fincantieri? Perché Ferriera sì e Eaton, Nidec o Safilo no? Non è un modo serio per affrontare la mancanza di una politica industriale». Così l'isontino Diego Moretti, vicecapogruppo Pd in Consiglio regionale, secondo cui è ora « che la giunta Fedriga smetta di perdere tempo: quasi due anni se ne sono andati e un piano integrato di politiche industriali non è ancora stato partorito».

 

 

Mobilità sostenibile, la Muse Winter School - A BOHINJ dal 22 al 24 gennaio

A Bohinj, in Slovenia, dal 22 al 24 gennaio, si terrà la "Muse Winter School" sulla mobilità sostenibile, con 10 moduli della durata di un'ora e mezza ciascuno condotti da esperti del settore, per approfondire i principali temi della mobilità sostenibile. La scuola è parte delle attività del progetto europeo Interreg Muse, che mira a integrare l'efficientamento energetico e la riduzione delle emissioni di anidride carbonica nelle strategie di pianificazione della mobilità urbana ed extra urbana degli enti locali transfrontalieri, in collaborazione con università, centri di ricerca e operatori del settore italiani e sloveni. La Muse Winter School è gratuita e si rivolge a studenti di tutte le discipline, nonché ai dipendenti e docenti dell'Università di Trieste. Per partecipare è necessaria la registrazione tramite l'apposito form reperibile sul sito web di UniTs. Nel corso delle tre giornate di studi si partirà da un'analisi delle attuali tendenze in tema di mobilità, legandole alla sfida climatica, per poi trattare di pianificazione a livello locale e regionale, di aree d'intervento, di mobilità elettrica, di sistemi di approvvigionamento energetico e di sistemi di alimentazione. I vari temi saranno presentati anche attraverso l'analisi di concreti casi di studio. Per maggiori informazioni è possibile contattare i docenti Vanni Lughi (vlughi@units.it) e Alessandro Massi Pavan (apavan@units.it).

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 gennaio 2020

 

 

Amianto, boom di risarcimenti davanti al giudice del lavoro

Il solo patronato Inca ha avviato finora 50 procedimenti. Salassi milionari per Fincantieri e Authority

Il 2019 ha fatto segnare un'impennata di risarcimenti decisi dal giudice del lavoro di Trieste per i decessi causati dall'amianto e a fare la parte del leone è il patronato Inca-Cgil che ha instaurato un rapporto fiduciario con lo studio legale padovano dell'avvocato Giancarlo Moro avviano negli ultimi anni più di 50 controversie, delle quali almeno 40 sono arrivate a sentenza (o quantomeno a conciliazione) con la concessione di risarcimenti ai familiari che mediamente, in caso di decesso, partono da 170 mila euro, ma possono arrivare a superare i 500 mila. Insomma, moltiplicando i singoli risarcimenti per il numero di casi patrocinati è chiaro che si sta parlando di parecchi milioni di euro che ricadono su società o enti "eredi" delle situazioni passive i quali si ritrovano a farsi carico di colpe non proprie e risalenti a decenni prima. Sì, perché per patologie come il mesotelioma pleurico possono passare oltre 40 anni tra il periodo in cui il lavoratore è stato esposto all'amianto e l'insorgenza dei sintomi.Tre quarti dei procedimenti giunti al traguardo con il supporto del patronato Inca-Cgil, sono per decessi causati dall'esposizione alla fibra killer e il numero di morti è purtroppo inevitabilmente destinato ad essere aggiornato. Il numero di controversie che sono state avviate negli ultimi anni, come detto, supera già quota 50. Mesoteliomi, asbestosi, carcinomi polmonari, fino alle placche pleuriche. Storie di lavoratori che dagli anni Sessanta in poi si erano trovati ogni giorno a contatto con l'amianto senza conoscere i rischi a cui sarebbero andati incontro. Il nuovo filone nell'ambito del quale è arrivata la prima sentenza civile, come riferivamo la settimana scorsa, è quello del periodo Italsider della Ferriera: 406 mila euro alla vedova e alla figlia di un 76enne triestino che aveva lavorato a contatto con la fibra killer prima nello stabilimento di Servola e poi come tecnico elettronico ospedaliero. A pagare saranno Sirti spa, considerata "erede" di Italsider, e la Regione chiamata a rispondere per i debiti della soppressa Usl 1 che a sua volta era subentrata nelle situazioni giuridiche passive all'Ente Ospedali Riuniti. A carico di Sirti spa, complessivamente, sono 5 le controversie che sono state avviate dallo studio Moro per lavoratori che erano stati esposti all'amianto in Ferriera dagli anni Sessanta in poi. Una quindicina sono i procedimenti che riguardano vittime dell'amianto che avevano lavorato nell'ambito dell'ente porto, risarcimenti che ricadono sull'attuale Authority. Una decina quelli per operai che lavoravano nei cantieri San Marco e San Rocco, poi Arsenale San Marco: in tutti questi casi a ritrovarsi "erede" delle situazioni passive è Fincantieri. A completare il quadro i procedimenti di ex operai di Grandi Motori, Isotta Fraschini Motori, Stabilimenti meccanici Vm (che era poi entrata a far parte del gruppo Finmeccanica) ed Ente Ospedali. In alcuni casi residuali, nei procedimenti rientrano anche malattie, come le placche pleuriche, sviluppate dalle mogli degli operai.Questa, dunque, una panoramica che può contribuire a dare l'idea dell'incidenza del fenomeno amianto a Trieste. Ma se in sede civile i risarcimenti fioccano, a livello penale i vari filoni oggetto di indagine hanno portato solo a proscioglimenti e assoluzioni. È risultato impossibile dimostrare delle responsabilità personali di singoli dirigenti e neppure le consulenze medico legali sono state in grado di quantificare con esattezza, nei vari contesti lavorativi, i periodi di esposizione rilevanti per l'insorgenza della malattia

Piero Tallandini

 

 

Patto "salva operai" prima del voto Fincantieri garantisce le riassunzioni

Vertice a Roma Patuanelli-Bono. Annunciato un protocollo per scongiurare esuberi. Oggi via al referendum sull'accordo

Sarà un protocollo firmato da Fincantieri, Mise e Regione la garanzia per i lavoratori della Ferriera. O almeno così assicurano le istituzioni e l'azienda di costruzioni navali, attraverso una stringata nota del ministero dello Sviluppo economico. Sulle ricadute pratiche non si sa però nulla di più: l'ad Giuseppe Bono, il ministro Stefano Patuanelli e il presidente Massimiliano Fedriga evitano infatti di rilasciare dichiarazioni di sorta. Tutti e tre considerano il passaggio troppo delicato, visto che da oggi a lunedì i lavoratori si esprimeranno sull'accordo sindacale riguardante la riqualificazione dello stabilimento. La mossa è il tentativo di tranquillizzare i dipendenti di Servola e orientarne il voto verso il sì, che appariva scontato ma che l'assemblea dei lavoratori ha mostrato essere in bilico. La nota del ministero chiarisce che Patuanelli ha incontrato al Mise Bono e sentito in videoconferenza Fedriga: «I tre hanno concordato sulla necessità di siglare a breve un protocollo d'intesa per integrare l'offerta occupazionale dei lavoratori impiegati nell'area a caldo. Ciò anche in continuità ai protocolli già sottoscritti e agli impegni presi». L'idea è mettere nero su bianco - non si sa se entro la firma dell'Accordo di programma - un piano di formazione e ricollocamento a Monfalcone. Qualcosa di simile all'intesa trovata a ottobre fra Regione e Fincantieri, che prevede la prossima creazione di corsi per saldatori, carpentieri e tubisti. Il progetto riguardava finora almeno 150 persone fra partecipanti al recruiting day organizzato da Fincantieri ed esuberi della Eaton. Vi si sommeranno in un secondo momento almeno 40 lavoratori della Ferriera che potrebbero non trovare più spazio a Servola dopo i due anni previsti per smantellamento e bonifica dell'area a caldo. Ancora da capire se la possibilità verrà invece offerta subito ai quasi 70 interinali che dal 31 gennaio perderanno il posto a Servola senza alcun ammortizzatore sociale. All'impegno di Bono, Patuanelli e Fedriga, si affianca la prudenza dell'Autorità portuale, che sta trattando col gruppo Arvedi sul valore dei terreni da acquisire. Dopo le anticipazioni sull'incontro fra il presidente Zeno D'Agostino e l'ad Mario Caldonazzo, il segretario generale dell'Authority Mario Sommariva conferma che «ci sono contatti per determinare possibili soluzioni ma l'Autorità attende l'esito della contrattazione sindacale per capire gli scenari che determineranno il futuro della Ferriera. L'Autorità amministra aree demaniali e oggi un concessionario c'è e si chiama Arvedi: siamo parte attiva, ma le scelte strategiche sono determinate da altri attori». I lavoratori si esprimeranno da oggi sull'accordo sindacale che recepisce il piano industriale da 180 milioni e prevede 163 uscite fra interinali da trasferire in altre aziende, prepensionamenti e rinunce volontarie incentivate. Il voto si terrà nonostante una richiesta in extremis di rinvio da parte della Fiom, rigettata dalle sigle schierate per il sì. Alle urne saranno chiamati solo i tempi indeterminati, lasciando così senza voce i lavoratori in scadenza di contratto. Sempre oggi i sindacati incontreranno il prefetto Valerio Valenti, per chiedere il suo intervento a garanzia della sicurezza sul lavoro in questa fase delicata. Tutte le sigle stigmatizzano nel frattempo «il diktat» dell'azienda, intervenuta dopo l'assemblea per chiarire che la chiusura dell'altoforno avverrà anche in caso di voto contrario. L'assessore al Lavoro Alessia Rosolen risponde intanto alle critiche rispetto al rallentamento attribuito dai sindacati alla Regione: «La Regione si è impegnata fin dal primo istante affinché al progetto di riconversione facesse paio la piena tutela dei lavoratori. Il basso profilo mantenuto dall'esecutivo nella propria comunicazione, nel rispetto delle centinaia di famiglie che vivono questa delicata transizione, non sia pretesto per denunciare un disimpegno che mai vi è stato». Parole che non evitano la polemica della deputata Pd Debora Serracchiani: «Questo meccanismo è stato innescato dalla giunta Fedriga, che ha consegnato ad Arvedi l'opportunità di fare i suoi interessi, nei tempi e nei modi preferiti. Sulla testa e alle spalle dei lavoratori si stanno facendo brutti giochi. Ricatti più o meno espliciti, scarichi di responsabilità, promesse vaghe: sembra che l'urgenza di Arvedi e dei soggetti istituzionali sia togliersi di torno l'intralcio della forza lavoro in esubero». 

Diego D'Amelio

 

L'appello delle sigle pro-intesa fa inalberare i contras Fiom

Fim, Uilm, Failms e Usb chiedono alle istituzioni di chiarire i propri impegni sul mantenimento dei livelli occupazionali

L'accordo sindacale può ben poco senza la garanzia delle istituzioni. Si appellano allora a governo, Regione, Comune e Autorità portuale i sindacati favorevoli all'intesa trovata con il gruppo Arvedi, che da oggi sarà oggetto del voto dei lavoratori. Dopo aver vissuto le tensioni dell'assemblea di martedì, i rappresentanti di Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb scrivono a Stefano Patuanelli, Massimiliano Federiga, Roberto Dipiazza e Zeno D'Agostino affinché chiariscano i propri impegni sul futuro occupazionale. Un'azione ritenuta dalla Cgil prova evidente dell'insufficienza dell'accordo. La lettera è stata spedita ieri, dopo che nell'accordo con l'azienda i sindacati hanno inserito un riferimento agli oneri che Regione, Comune e Autorità portuale dovranno assumersi nell'Accordo di programma. Un passaggio che tuttavia non obbliga i soggetti citati, che del testo non sono firmatari. Le sigle favorevoli al sì ricordano allora come «le istituzioni hanno espresso volontà di procedere alla chiusura dell'area a caldo salvaguardando i livelli occupazionali. Il rischio d'impresa non deve avere conseguenze per i lavoratori, viste le premesse alla base del nuovo piano industriale richiesto dalle istituzioni. Mise, Regione, Comune e Autorità portuale assumano l'impegno, oltre a quello assunto del gruppo Arvedi con l'accordo sindacale, di garantire l'occupazione esistente oltre ad assicurare tutti gli strumenti necessari a supporto della gestione di transizione del personale».Il segretario provinciale della Cgil Michele Piga critica l'iniziativa con forza: «Apprendere di questa lettera è incredibile. Ai lavoratori in assemblea non è stato fatto cenno, ma la lettera conferma tutte le nostre preoccupazioni sull'insufficienza dell'ipotesi di accordo. I firmatari sono consapevoli di non garantire i lavoratori e chiedono alle istituzioni di intervenire a valle dell'accordo. Siamo sempre più convinti che i lavoratori, con il loro voto, rigetteranno questo accordo per costruirne uno nuovo, con la presenza delle istituzioni». La posizione è rafforzata dai vertici nazionali del sindacato di sinistra. Il segretario confederale Emilio Miceli e il segretario nazionale Fiom Gianni Venturi chiedono al ministro Patuanelli di convocare «rapidamente un incontro in cui si individuino soluzioni credibili. Tutti sanno la verità e nessuno la dice: la chiusura dell'area a caldo comporterà il ridimensionamento delle attività e i conseguenti esuberi, a partire dai lavoratori con contratti a termine». Miceli e Venturi denunciano «la mancanza di un disegno di ripresa produttiva del sito. L'accordo azienda-sindacati, non sottoscritto dalla Fiom, non offre le necessarie garanzie per i lavoratori. Lo sanno anche le organizzazioni sindacali che lo hanno firmato, altrimenti non si capisce perché hanno scritto a Patuanelli chiedendo garanzie». 

 

 

Un piano da sei milioni di euro per illuminare a led centro e rioni

La sostituzione delle luci consentirà di centrare un doppio risultato: risparmio energetico del 60% e riduzione sensibile delle emissioni di CO2

Investimenti per oltre 6 milioni di euro con l'obiettivo di trasformare il sistema di illuminazione cittadina nel più economico (ed ecologico) sistema a led. È il piano che la giunta sta portando avanti e che consentirà un risparmio energetico, ad operazione di rinnovamento ultimata, nell'ordine del 60%. Una luce bianca, dal colore più caldo, quella emessa dai punti luce in led, che permetterà anche una decisa diminuzione delle emissioni di CO2 nell'aria. Costo totale, come detto, sei milioni di euro. Le opere sono state divise in quattro lotti: la prima, quella riguardante i lavori completati nel 2019 pari a 1, 8 milioni, stessa spesa per quelli in corso d'opera, così come per i lavori di manutenzione straordinaria, già approvati in giunta e in attesa di gara d'appalto; infine sono circa 700 mila gli euro stanziati dal Comune per i lavori già affidati e di prossima realizzazione. Interventi sparsi lungo l'intero territorio comunale, di carattere ordinario con la sistemazione di nuovi punti luce e altri di tipo straordinario, in modo da coprire quanto più possibile il perimetro comunale. «Si tratta di quattro lotti di intervento che riguardano l'intera area comunale e non solamente il centro - ha ricordato l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi -. Attraverso il lavoro di efficientamento energetico realizzato con la sostituzione delle lampadine in vapore di sodio con quelle più moderne in led, l'amministrazione potrà ottenere un risparmio energetico nell'ordine del 60%». Impianti di illuminazione che devono fungere anche da arredo urbano, come ha ricordato Diego Radin di Hera Luce, e non solo da semplici "pali della luce". «Hera Luce opera in base a requisiti che fanno riferimento a precise normative emanate dal governo - ha ricordato lo stesso Radin - e a quelle che tengono conto dei flussi di traffico stradale». Le opere edili per la realizzazione o il rinnovamento dei punti luce, inoltre, comporteranno, o hanno comportato nel caso di interventi già conclusi, anche alla contestuale realizzazione di nuovi marciapiedi nelle aree interessate dai lavori. Gli interventi migliorativi sull'illuminazione pubblica hanno riguardato anche il borgo di Opicina, i cui abitanti avevano sollevato alcune critiche per la scarsa illuminazione di alcune vie, evenienza che, sempre secondo gli abitanti del borgo carsico, aveva contribuito al verificarsi di episodi vandalici e di furti in alcune delle case della zona. «Abbiamo verificato caso per caso come intervenire - ha sottolineato ancora l'assessore - potando rami che oscuravano i lampioni e sostituito le lampade fulminate. Infine abbiamo provveduto alla creazione di un'illuminazione ex-novo all'interno dei giardini di Villa Carsia e Vitulli». Queste le altre zone cittadine che saranno oggetto di intervento nei prossimi mesi: via Belpoggio e San Vito, via Almerigotti, alcune vie dei rioni di San Giacomo e Servola, via Battera, Molo Fratelli Bandiera, via Lorenzetti e via dei Modiano.

Lorenzo Degrassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 gennaio 2020

 

 

Assemblea infuocata e accuse in Ferriera - In bilico il sì all'accordo

Sala gremita e tensione: delegati e Rsu nel mirino dei lavoratori. Sigle spaccate Domani, venerdì e lunedì il voto sul patto per la riconversione definito al ministero

La fabbrica è lacerata. La maggioranza dei sindacati schierata per il sì all'accordo con Siderurgica Triestina faceva immaginare un facile via libera da parte dei lavoratori della Ferriera, ma l'assemblea dei dipendenti tenutasi ieri a Servola si è svolta in un clima infuocato, con accuse reciproche all'interno della Rsu e non poche contestazioni degli operai alle sigle favorevoli. I pronostici sono andati a farsi benedire e bisognerà attendere lunedì affinché lo spoglio delle schede dica se le maestranze accetteranno le condizioni stabilite al tavolo del ministero dello Sviluppo economico o chiederanno la riapertura della trattativa. Ammesso che l'azienda voglia anche soltanto considerare questa seconda ipotesi e non si orienti invece per andare avanti a prescindere. La riunione comincia attorno all'una e si protrae per tre ore. La sala è gremita, come non lo era da venticinque anni in qua. L'accordo è presentato dal segretario provinciale della Uilm Antonio Rodà, sostenuto con successivi interventi da Umberto Salvaneschi (Fim Cisl), Cristian Prella (Failms) e Sasha Colautti (Usb). Sono i rappresentanti dei quattro sindacati favorevoli alla stipula dell'accordo, nella convinzione che la proprietà non sia disposta a riconoscere niente più di quanto contenuto nel testo. Di tutt'altro avviso la Fiom, che con Marco Relli e Thomas Trost definisce le garanzie poco chiare e insoddisfacenti, invitando l'assemblea al no nella speranza che la società stia bluffando e che accetterà di riaprire il confronto. La divisione è plastica anche visivamente, con i sindacalisti dei fronti opposti seduti in due tavoli diversi e un vistoso vuoto nel mezzo. La situazione in fabbrica è esplosiva. Due lavoratori sfiorano la rissa nel corso dell'assemblea e contestazioni anche pesanti arrivano all'indirizzo dei sindacati favorevoli da parte di alcuni lavoratori dell'area a caldo. Particolarmente bersagliati sono gli autonomi della Failms (tre rappresentanti su sei nella Rsu), ritenuti troppo morbidi nei mesi passati. Ma non mancano critiche neppure alla Fiom per la scelta di abbandonare il tavolo romano senza partecipare alla stesura del documento finale. E, ancora, si registra un nuovo scontro tra Uilm e Fiom, per la diffusione da parte di quest'ultima di una versione ancora non definitiva dell'accordo. Parlare con i lavoratori all'entrata non è un metodo statistico, ma prima della riunione la maggioranza dei dipendenti interpellati dai giornalisti risponde di essere contraria all'accordo. All'uscita le facce sono più dubbiose e molti ritengono di non avere ancora sufficienti elementi per valutare la bontà o meno della proposta. Fatto sta che il sì sembra minoritario e lo si capisce anche dalle facce e dalle dichiarazioni dei sindacalisti all'uscita dalla riunione, dove speravano in un'altra accoglienza. I lavoratori voteranno domani, venerdì e lunedì, quando avverrà lo spoglio del referendum. I dipendenti si arrovellano sui contenuti dell'intesa, che recepisce il piano di riconversione da 180 milioni presentato da Arvedi e promette esuberi zero. In realtà le uscite previste sono 163, fra interinali trasferiti in altre aziende, prepensionamenti e rinunce volontarie incentivate. Dubbi fra gli addetti sollevano anche l'assenza delle istituzioni (pur chiamate in causa nel testo) e le tempistiche, perché in molti considerano due anni di cassa integrazione insufficienti a coprire i tempi della riconversione. Nel frattempo l'azienda gioca la sua parte nella campagna elettorale: di ieri la diffusione della lettera scritta ai sindacati, in cui Siderurgica Triestina ribadisce i suoi impegni, ovvero 346 euro di maggiorazione mensile alla cassa integrazione, un'integrazione economica per i pensionandi pari a 1.175 euro lordi ogni mese di Naspi e un incentivo all'uscita da 28 mila euro lordi per chi volesse lasciare il posto di lavoro. Ma le incertezze maggiori sono sulle conseguenze della propria scelta nel referendum, perché il no non obbliga Siderurgica a sedersi nuovamente al tavolo e il sì non viene percepito come una sicurezza rispetto a un piano industriale che praticamente tutti i lavoratori intervistati considerano poco concreto. Prima dell'assemblea il "no" è il sentimento prevalente. Per Marco, «tante promesse e nessuna certezza, tanto più che i sindacati firmatari non ci hanno nemmeno mostrato l'accordo». La rabbia è tanta: «Mandano a f...... 600 famiglie - si scalda Dario - dandoci 900 euro di cassa. Non faremo la spesa: il danno è per tutta la città. A 58 anni io poi dove vado fra due anni? Sto all'opposto della Fiom, ma voto no». Una signora porta il pranzo al figlio turnista: «Dipiazza li prende tutti in Comune? Cominci ad allargare il municipio e si vergogni». Due operai entrano assieme in fabbrica: «I sindacati per il sì fanno solo promesse, ma ci fregheranno. E intanto Fedriga non lo abbiamo mai visto». Votano no anche due giovani del laminatoio «anche se abbiamo il posto sicuro», ma nell'area a freddo c'è anche chi il lavoro sta per perderlo, come Axl: «Sto mandando in giro il curriculum. Voto no per i colleghi che restano». Chi la pensa all'opposto è mosso non da fiducia nella riconversione, ma dalla speranza di ottenere qualcosa in più nel mentre. «Se vince il no - dice Luca - la chiusura arriva lo stesso ma non ci sarà copertura della cassa maggiorata». Fabrizio è pure lui a favore: «Le prospettive sono queste e di meglio non c'è, ma fra due anni che succede visto che saremo in alto mare con i lavori? Prendiamoci almeno le certezze che ci sono nel mezzo». Ma i dubbi sono forse la posizione prevalente: «Non ho capito niente - dice un operaio uscendo dall'assemblea - e l'unica cosa che so è che ho cinque figli da sfamare». E un lavoratore di origine balcanica: «Ho comprato casa due mesi fa. E adesso?».

Diego D'Amelio

 

 

Spiaggia del Principe libera dalla plastica grazie ai volontari - LA BONIFICA

DUINO AURISINA. Detto e fatto. Sono passati appena un paio di giorni da quando è scattato l'allarme e i volontari di Duino hanno subito completato la loro opera: la "Spiaggetta del Principe", quel lembo di ghiaia che si raggiunge solo via mare, situato sotto la dimora dei principi di Torre e Tasso, è tornato libero dalla plastica. Non più tardi di sabato, infatti, era stata evidenziata, da alcuni residenti, la presenza di boe di plastica depositate sulla spiaggia, dopo che mareggiate e correnti le avevano staccate dagli impianti per gli allevamenti situati di fronte alla costa. Il pericolo era che rimanessero là, perché l'area è raggiungibile appunto solo via mare. Essendo realizzate con materiale non degradabile, il danno per l'ambiente rischiava di diventare considerevole, proprio in un punto della riviera che, nella bella stagione, è frequentato da residenti e "puristi" per la bellezza e la tranquillità che può assicurare. Negli anni passati, alla pulizia della "Spiaggetta del Principe" - nata nel 1944, con i residui degli scavi compiuti dai lavoratori forzati della Todt per costruire il bunker del castello, tuttora visitabile - provvedevano alcuni volontari. E altrettanti volontari si sono impegnati anche stavolta per portare a termine un'opera meritevole: hanno utilizzato le loro piccole imbarcazioni per raggiungere il luogo e hanno così provveduto a raccogliere le boe abbandonate, per poi trasportarle in appositi contenitori. Successivamente saranno smaltite come tutti i residui di plastica. Alla storia della spiaggetta è legato anche un aneddoto: negli anni '70 era utilizzata da giovani del posto che andavano proprio là a rompere le pietre raccolte sott'acqua per ricavare i datteri di mare - di cui oggi è rigorosamente vietato il commercio, in quanto specie protetta - da rivendere ai ristoranti della zona.

Ugo Salvini

 

 

Cambia il clima, isole del Quarnero a rischio

Fiume deve già correre ai ripari nell'area del mercato. Il livello del mare potrebbe salire da 48 a 62 centimetri

FIUME. Le prime avvisaglie in centro città a Fiume hanno riguardato l'area dei Mercati cittadini, invasa dal mare gli anni scorsi e anche nello scorcio finale del 2019. Un paio di anni fa, la zona dei Mercati e del teatro Giovanni De Zajc (ex teatro Verdi) era stata colpita in modo grave dal fenomeno dell'acqua alta, al punto che si erano visti branchi di cefali nuotare tranquillamente in 20-30 centimetri d'acqua in luoghi dove solitamente si parcheggiano le auto. L'innalzamento del mare nel Quarnero, capoluogo compreso (parliamo di Fiume, naturalmente), è oggetto di studio di un team di esperti dell'Istituto di idraulica e ingegneria geotecnica della facoltà fiumana di Ingegneria edile. I cambiamenti climatici e il conseguente innalzamento del livello del mare sono destinati a provocare gravi problemi sociali e d'altro genere nelle regioni adriatiche della Croazia e qui parliamo di Istria, Dalmazia, Quarnero e contea della Lika e di Segna. Nel Quarnero il mare potrebbe salire da 48 a 62 centimetri, dando un colpo tremendo alle popolazioni dell'area costiera (e non solo) lungo la terraferma e nella regione insulare, comprendente le varie Arbe, Veglia, Lussino, Cherso, Sanpiero, Sansego, Unie e Canidole. È stato calcolato che se il mare salisse di 50 centimetri, inghiottirebbe qualcosa come 100 milioni di metri quadrati. Nel caso si trattasse di 88 centimetri, l'Adriatico si porterebbe invece via ben 112 milioni di metri quadrati. Il trend è già cominciato e nel caso della contea quarnerina l'esempio lampante arriva da Buccari, pittoresca cittadina situata in fondo all'omonima baia. Le misurazioni eseguite nel 2008 avevano evidenziato un'acqua alta da record, pari a 117 centimetri. Nel 2012 si era toccata la quota record di 122 centimetri, polverizzata nel 2018 dal livello di 127 centimetri, livello che sta suscitando grosse preoccupazioni: l'ulteriore lievitazione del mare a Buccari e in altre zone del Quarnero causerà danni immensi alle infrastrutture, alle zone abitate, alle colture e ai sistemi di comunicazione. Igor Ruzic, tra i componenti della predetta squadra di esperti, non ha avuto alcun dubbio dopo essere stato contattato dal quotidiano fiumano Novi list: «Il nostro obiettivo è di formulare una mappa delle aree costiere a rischio, utile per poter intraprendere nei prossimi anni e decenni le necessarie, anzi obbligatorie mosse preventive. Se parliamo del centro cittadino a Fiume, la situazione peggiore riguarda il teatro De Zajc e il mercato centrale, zona rubate al mare con l'opera di imbonimento attuata secoli fa.Qui, durante il secolo scorso, l'area ha ceduto di almeno un metro, con migliaia di metri quadri allagati ciclicamente dal mare, il che comporterà una serie di interventi in futuro per riportare il terreno al livello appropriato». Ruzic ha ricordato che buona parte del patrimonio naturale, storico e culturale della Croazia è sistemato in prossimità del mare, con tutto quanto ne consegue. Quindi ha rimarcato che Zagabria ha firmato il Protocollo Mediterraneo per la gestione integrata delle zone costiere, senza però mai applicare i punti salienti. 

Andrea Marsanich

 

CNR - Caldo record nel 2019 - Dicembre memorabile

Con il 2019 si è chiuso il decennio più caldo mai registrato in Italia: si conferma così il trend dal 1980 ad oggi, con + 0,45 gradi per decennio. Dicembre è stato il secondo più rovente dal 1800 a oggi. A indicarlo la Banca dati di climatologia storica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac) di Bologna.

 

 

L'Istituto superiore di sanità ha liberato 6 macachi, è un passo avanti - la lettera del giorno di Tiziana Cimolino - Isde Medici per l'ambiente Trieste

L'Istituto superiore di sanità ha liberato dopo 11 anni 6 macachi: ritengo tale decisione una scelta morale di grande significato per un ente pubblico. Ormai importanti centri di ricerca pubblica stanno eliminando la sperimentazione animale, in conformità con la legge del 2014 con cui l'Italia si impegnò a evitarla. Lo stesso preside dell'Iss Silvio Brusaferro ha ribadito l'impegno per la messa a punto di modelli innovativi che consentano di acquisire le evidenze scientifiche necessarie, a beneficio della salute, che non prevedano la sperimentazione animale. Ritengo che così facendo non si stia bloccando la ricerca, anzi: siamo di fronte a una svolta etica importante e di metodo. Questi animali costretti all'isolamento hanno subito per anni deprivazioni e sperimentazioni, ora sono stati affidati ad un centro riabilitativo per animali. La metodologia di sperimentazioni su animali è nata più di un secolo fa, nel 1800 e si è consolidata nel secolo scorso, ma come tutto evolve e a oggi, 2020, ritengo che la società sia pronta a un cambiamento, ormai le metodiche alternative ci sono e in tutto il mondo sono considerate alternative solide e sicure. Il problema è che c'è una parte della ricerca che prevede con obblighi legislativi come in ambito farmaceutico la sperimentazione animale su più specie per potere brevettare un farmaco. Tali norme chiaramente vanno cambiate, le leggi ci sono e l'innovazione è il futuro. Oggi l'Istituto superiore di sanità dà un segnale importante e segna un altro passo decisivo nella battaglia contro la sperimentazione animale nel nostro Paese.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 gennaio 2020

 

 

FERRIERA - Legambiente «Ora Siderurgica non scarichi le maestranze»

Quasi vinta la battaglia ambientalista contro fumate e spolveramenti della Ferriera, Legambiente invita la politica a farsi carico del problema occupazionale connesso alla chiusura di altoforno e cokeria. A parlare è il presidente di Legambiente Trieste Andrea Wehrenfennig: «Abbiamo sempre detto che bisogna chiudere l'impianto a caldo, assicurando tutte le garanzie per i posti di lavoro. Quanto abbiamo chiesto si sta realizzando, a differenza del passato, quando l'atteggiamento della giunta Dipiazza era fantascienza». Secondo Wehrenfennig, istituzioni e proprietà sono sulla strada giusta: «Bisognava cambiare l'Accordo di programma per avere un testo che dia garanzie ai lavoratori da parte dello Stato». La battaglia di Legambiente dura da decenni. L'associazione conserva online un cospicuo archivio degli articoli usciti sulla Ferriera e nei mesi scorsi ha annunciato l'installazione di mini centraline per avere misurazioni indipendenti delle polveri rispetto ai nasi elettronici dell'Arpa. La vittoria è vicina ma il futuro preoccupa su due piani diversi: «Attenti sulle bonifiche - dice Wehrenfennig - perché abbiamo visto come sono andate con il Sin. E poi il lavoro: è avvenuto il miracolo di convincere Arvedi ma ora l'azienda non scarichi i lavoratori e speriamo si palesino gli investitori di cui ha più volte parlato l'Autorità portuale per logistica e lavorazioni connesse».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 6 gennaio 2020

 

 

La Ue fissa nuovi paletti per la pesca in Adriatico - A rischio sardoni e triglie

Imposte limitazioni alla cattura di alcune specie ittiche e riduzioni del numero di giornate in mare. Gli addetti ai lavori: «Diktat assurdi, il settore è in ginocchio»

Trieste. Meno triglie e naselli, ma anche "sardoni" e "sardelle" per il 2020 dal mare che bagna il Friuli Venezia Giulia. È l'effetto delle limitazioni imposte dall'Unione europea alla pesca a strascico e a circuizione al fine di incentivare una gestione sostenibile degli stock ittici. Limitazioni che, sottolineano gli addetti ai lavori della regione, però non tengono conto delle peculiarità dei territori e metteranno dunque ulteriormente a dura prova un settore già penalizzato negli ultimi anni da altri interventi comunitari. Il regolamento del Consiglio dell'Unione europea, in linea con i Piani di gestione triennali nazionali concepiti sugli obiettivi della Politica comune della pesca, tocca appunto anche l'Adriatico, dove verrà ridotto lo sforzo pesca e cattura delle piccole specie pelagiche (acciuga e sardina) e lo sforzo pesca di "demersali" quali scampo, sogliola e gambero rosa. Mentre nel Mediterraneo Occidentale sono sottoposti a riduzione, oltre a scampo, nasello, triglia e gambero rosa, anche gambero rosso e viola. Si aggiunge poi, per l'intero Mare nostrum, un periodo di fermo di tre mesi per la pesca dell'anguilla. Non sfugge ai diktat Ue nemmeno il Mar Nero con la pesca di spratto e rombo chiodato. Le misure adottate, che riguardano Italia, Francia e Spagna, prevedono poi una diminuzione delle giornate trascorse in mare per i pescatori del 10%, cifra che potrebbe raggiungere il 40% nei prossimi quattro anni. Sono numeri che nell'area del Fvg colpiscono in primis la pesca del nasello e della triglia con 15 giorni di fermo pesca su 160, cinque in più rispetto ai dieci dello scorso anno. Il che, spiega Guido Doz, responsabile regionale A.G.C.I. Agrital (Associazione Generale Cooperative Italiane), «vuol dire non pescare proprio per una giornata: perché non esiste una specifica pesca del nasello e della triglia». «Questo - continua - significa non lavorare più e non tenere più in piedi l'azienda dal punto di vista economico, quindi adesso stiamo calcolando l'effetto che avrà e capendo se vale la pena andare avanti». Il regolamento europeo conferma anche il fermo pesca per le specie pelagiche, cioè in FVg sardine e alici, con l'uscita in mare per 144 giorni all'anno. In questo caso però il problema, che si era già posto lo scorso anno, come evidenzia Giovanni Dean, segretario del settore pesca di FedAgripesca Fvg, è che «il fermo è stato imposto ad agosto e, considerando il breve periodo nell'anno in cui queste specie stanno nelle nostre zone, questo è un grosso danno per i pescatori triestini. L'anno scorso la contrattazione con il ministero per spostare il fermo a settembre non è andata a buon fine - evidenzia -, adesso siamo a gennaio, speriamo di avere ancora dei margini per il 2020».Preoccupazioni queste che si sommano in un settore già provato negli anni scorsi da ulteriori tagli prescritti dall'Ue. «In Fvg noi pescatori abbiamo già ridotto del 40% in cinque anni le uscite in barca e pure il numero di imbarcazioni. Hanno pesato anche altre disposizioni come l'obbligo di allargare le maglie delle reti». Doz presenta i numeri: in cinque anni da 470 imbarcazioni in Fvg si è passati a 230 di oggi. Nel 2019 sono stati cento i pescatori che hanno tirato i remi in barca. «In 15 ad esempio hanno lasciato per la crisi e hanno demolito il peschereccio, licenziando l'equipaggio (4/5 marinai ciascuno) - spiega Doz -, una decina invece è andata in pensione». Per i rappresentanti di categoria le misure adottate da anni dall'Ue per raggiungere l'equilibrio tra numero di imbarcazioni e quota pesce non rispettano le peculiarità territoriali. «Bisognerebbe riuscire a proporre alla Commissione europea un controllo della pesca in Adriatico, non basato sul numero dei giorni di pesca, ma su altre misure tecniche, come l'uso di attrezzi che evitano di pescare nelle zone di riproduzione o nelle zone nursery. È però una contrattazione difficile». D'accordo su un cambio di rotta anche Riccardo Milocco, presidente della Cooperativa pescatori San Vito: «Se le attuali misure in atto non hanno ottenuto benefici, bisogna andare a vedere i problemi a monte, come i cambiamenti climatici».

Benedetta Moro

 

Lo sfogo dei operatori di Grado «Cos'altro vogliono da noi?»

Gli operatori dell'Isola del sole sono alle prese tra l'altro con i due mesi più duri segnati dalla sparizione delle sogliole in cerca di acque più calde

Grado. «Ci hanno già colpito pesantemente in questi ultimi anni, cos'altro vogliono da noi?». È lo sfogo di Antonio Santopolo, presidente della Cooperativa Pescatori di Grado in merito alle politiche dell'Unione Europea in un settore già in crisi. All'Isola del sole, tra l'altro, sono appena iniziati i due mesi durante i quali la pesca di norma soffre parecchio. Fino a qualche giorno fa c'erano le sogliole che ora, col freddo, se ne vanno lontano. C'erano anche, e ci sono ancora, le "canoce", seppur poche considerato che a Grado sono rimasti solamente due pescherecci che si dedicano a questa pesca. Per l'esattezza, sono sempre dati forniti dal presidente della Cooperativa Pescatori, Grado conta oggi solo due imbarcazioni che vanno a "coccia" e altre due con i ramponi. In questi ultimi anni la flottiglia gradese è diventata, infatti, via via sempre meno numerosa con diversi pescherecci, quelli più grandi, che sono stati "tagliati" con la restituzione delle licenze di pesca da parte degli armatori. Tant'è che oggi il mandracchio è pressoché deserto (solo saltuariamente sono ormeggiate barche da diporto): i pochi pescherecci rimasti, tutti di piccola stazza, sono ormeggiati unicamente lungo il canale del porto. Considerato che il mandracchio è vuoto in tanti hanno chiesto di far entrare in porto il Delfino Verde che, durante l'estate, collega Grado a Trieste. Una scelta che arricchirebbe l'immagine del porto ma soprattutto che farebbe evitare a tutti, anche a chi non soffre di nulla, la lunga camminata, sotto il sole cocente, fino al Molo Torpediniere (attuale punto d'attracco).

Antonio Boemo

 

Previsto un crollo dei ricavi di almeno un milione l'anno

Per i prodotti più comuni come i naselli si ipotizza una perdita di 100 tonnellate Nel 2019 è fallita una cooperativa di pescatori. Un'altra ha chiesto il concordato

Trieste. Crollo del pescato e degli incassi. Sono queste le amare conseguenze nelle previsioni di Guido Doz, responsabile regionale A.G.C.I. Agrital (Associazione Generale Cooperative Italiane), in seguito alle misure impartite dall'Unione europea sui limiti di cattura e di sforzo per gli stock di piccoli pelagici e demersali del Mare Adriatico. I calcoli sulle perdite, per la pesca in Friuli Venezia Giulia, li fa lo stesso Doz. Se si parla di demersali, quindi di triglie e naselli, che sono le specie intaccate dal nuovo Regolamento europeo per il 2020, in regione, sottolinea, il pescato si aggira annualmente attorno alle mille tonnellate. Con le imposizioni europee si registreranno, sempre in un anno, 100 tonnellate in meno. La perdita? «Un danno da 200/300 mila euro solo su quelle due specie», specifica Doz. Cifre che si gonfiano in un attimo visto che il fermo pesca dedicato a triglie e naselli coinvolge anche tutto il resto della pesca. Nella pratica infatti i pescatori quando escono in mare, raccolgono con le reti a strascico diverse specie, tra cui appunto i demersali. Dunque lo stop implica una riduzione anche di altro pescato che in un anno potrebbe provocare un ammanco complessivo di circa un milione di euro. Ma attenzione perché, avverte Doz, «nel 2022 i danni potranno essere quadruplicati, rendendo la pesca insostenibile dal punto di vista economico». Questo perché la percentuale di riduzione dei fermi pesca potrebbe aumentare fino al 40% nei prossimi quattro anni. Si tratta di cifre importanti, che andranno a indebolire una situazione già in crisi da anni, anche per le molteplici imposizioni Ue di cui i pescatori sono già stati oggetto negli ultimi anni. La crisi, cui si aggiungono i pensionamenti, infatti in Friuli Venezia Giulia ha già coinvolto nel 2019 un centinaio di persone. Tra le chiusure del 2019, compare una cooperativa che ha dovuto abbassa le serrande per fallimento mentre a Marano un'altra cooperativa ha presentato e ottenuto la richiesta di concordato in Tribunale. Anche a Monfalcone le cose sembrano non andare benissimo: c'è aria di crisi. E il 2020 non sarà purtroppo più roseo. Si potrebbe assistere ad altre due chiusure, una a Trieste e l'altra in un'altra località del Friuli Venezia Giulia. Per combattere le direttive Ue i pescatori hanno più volte provato a contrastare il metodo utilizzato dall'Unione Europea al fine della valutazione quantitativa dell'evoluzione di un determinato stock, effettuata sulla base di dati relativi alla biologia e allo sfruttamento dello stock in seguito a un esame scientifico. Ma non ci sono mai riusciti. «L'Ue - spiega Doz - utilizza un istituto scientifico che lavora prevalentemente nel mare del Nord, utilizzando quindi qui le stesse valutazioni per i nostri mari, cosa che noi abbiamo sempre contesto: qui il mare è diverso, ci sono i bassi fondali, tantissime specie in piccole quantità. Secondo noi - conclude - la volontà europea è di eliminare la pesca, però così si favorisce in continuazione l'importazione. In Friuli Venezia Giulia si parla di promuovere il prodotto locale, ma andando avanti così nemmeno lo avremo più. Il fatto è che non ci saranno più barche, perché in via di estinzione non è il pesce ma noi pescatori».

 

I titolari di allevamenti festeggiano «Più clienti si rivolgeranno a noi»

L'analisi del responsabile di uno degli impianti presenti nel golfo dove crescono orate e branzini. «Tutti perfettamente tracciabili»

Non tutti però sono rimasti delusi dalle nuove normative comunitarie sulla pesca. È il caso di Stefano Caberlotto, responsabile di Valle Cà Zuliani, impianto di allevamento di orate e branzini con base davanti al castello di Duino e produzione a Monfalcone, sulla terra ferma. «La riduzione del pesce pescato per noi risulta un vantaggio - sottolinea - anche perché ci consente di attrarre nuovi clienti che prima magari non ci conoscevano». La differenza tra pescato e allevato è così riassumibile: «Il pesce allevato prevede un ciclo chiuso e autosostenibile. Quindi possiamo produrlo in qualsiasi posto e in qualsiasi momento, senza la stagionalità della produzione marina. Invece il pescatore in mare deve appoggiarsi a stock ittici che hanno le loro dinamiche e sono messi inoltre in crisi dai cambiati climatici o dall'inquinamento». Diversi sono, secondo Caberlotto, gli aspetti che fanno del pesce allevato un prodotto di maggiore qualità e affidabilità. «Ad esempio è possibile garantire la rintracciabilità, specificando che cosa ha mangiato il pesce, dettagli che invece sul pescato non si possono sapere. La diffidenza che permane nei confronti dell'allevato è solo una questione di educazione al consumatore. Si pensa che il pescato sia più naturale ma non è così. Se andiamo al comparto carne di qualsiasi supermercato, sfido qualsiasi consumatore medio ad acquistare qualcosa di non allevato. Diciamo che per quanto riguarda il mare si è più legati alla tradizione, ma da qui a qualche generazione si assisterà sicuramente a un cambiamento».E proprio sul cibo il responsabile dell'impianto di allevamento fa un riflessione pro futuro. «Visto che nei mangimi che vengono utilizzati per allevare il pesce è presente anche del pesce carnivoro - osserva -, è chiaro che a livello mondiale la riduzione della quota pescata dovrà anche comportare una formulazione di mangimi più ecosostenibili, quindi con meno farina di pesce ma più farine di origine vegetale. Un mangime fatto con sardine è certamente più performante però pone delle questioni etiche che l'industria è tenuta ad affrontare. E la conseguenza, poi, sarà la necessità di ottenere la materia prima vegetale a un costo minore». 

 

Crociere, l'anno della svolta green per un settore da 150 miliardi

Attesi nel mondo 32 milioni di turisti, 2 in più rispetto al '19 Anche Fincantieri prosegue con il Piano di sostenibilità

MILANO. Circa 22 miliardi di dollari, ossia poco meno di 20 miliardi di euro. È la quota di investimenti stanziata dai costruttori di navi da crociera per rendere più sostenibile un settore che a livello mondiale fattura 150 miliardi di dollari (135 miliardi di euro). In particolare, l'intento è quello di abbattere del 40% le emissioni di carbonio rispetto a quanto fatto registrare nel 2008. È questo uno dei dati che emergono dal report annuale "State of the cruise industry outlook 2020", il rapporto sulle prospettive dell'industria delle crociere per il 2020 appena pubblicato dalla Clia, l'associazione internazionale di settore. «La crescita del turismo responsabile porta a una crescente focalizzazione dei costruttori verso la sostenibilità ambientale», si legge nella ricerca che precisa come «gli investimenti sono indirizzati soprattutto verso soluzioni e tecnologie ad alta efficienza energetica».Le innovazioni green abbracciano vari ambiti: dall'utilizzo di gas naturale liquefatto (carburante in dotazione al 44% delle navi in fase di costruzione), che annulla o quasi le emissioni di zolfo e di particolato, a nuovi sistemi di pulizia per i gas di scarico (disponibili in oltre due imbarcazione su tre tra quelle già operative) e per il trattamento delle acque reflue. In questa direzione, spiega ancora il report, va anche l'ammodernamento delle flotte, con navi che a fine 2019 registravano un'anzianità media di 14,1 anni contro i 14,6 anni registrati dal medesimo studio alla fine del 2018. Nel corso del 2020 inizieranno a operare 19 nuove imbarcazioni, portando il totale a 278.Sulla sostenibilità punta con decisione anche Fincantieri, a cominciare dal Piano di sostenibilità che declina gli impegni assunti dal gruppo triestino nelle quattro aree principali in cui è articolato il business plan, vale a dire visibilità a lungo termine, nuovi orizzonti e mercati, innovazione e produzione snella. Tra le iniziative che rispondono a questi principi - e i cui risultati vengono rendicontati annualmente - vi sono la promozione di una catena di fornitura responsabile, il coinvolgimento dei dipendenti, il costante miglioramento della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro, il supporto all'innovazione tecnologica, il mantenimento dei livelli di soddisfazione e fiducia dei clienti e la riduzione degli impatti ambientali, contribuendo così alla lotta ai cambiamenti climatici. Tra le altre cose, all'inizio dello scorso anno il gruppo guidato da Giuseppe Bono ha siglato un accordo di collaborazione con Cdp e Snam per individuare, definire e realizzare progetti strategici di medio periodo che tra le altre cose riguarda lo sviluppo di tecnologie sostenibili applicate al trasporto marittimo. Tornando al report della Clia, l'associazione segnala che il settore a livello mondiale fattura come detto 150 miliardi di dollari, impiega 177 mila persone e paga stipendi per 50 miliardi di dollari (45 miliardi di euro) per servire 32 milioni di utenti. Tanti sono infatti i passeggeri attesi nell'anno da poco iniziato, due milioni in più sul consuntivo stimato per il 2019. La Clia segnala il Mediterraneo al secondo posto (17%) fra le mete che saranno preferite, preceduto solo dai Caraibi a quota 32%. A livello globale il settore è reduce da un lungo percorso di crescita, che lo ha portato quasi al raddoppio dai 17,8 milioni di turisti del 2009. La Clia calcola 14 milioni di passeggeri - la quota più consistente - dal Nord America, seguiti dai 6,7 milioni di turisti dell'Europa occidentale e dai 4,2 milioni di asiatici. Nella città di imbarco, prima di salire a bordo, il report calcola infine una spesa di 376 dollari per ciascun passeggero, che ne sborserà poco più di 100 in ciascuna delle tappe successive. 

Luigi dell'Olio

 

MUGGIA - Progetto-pilota per smaltire i rifiuti abbandonati in mare

Muggia. Il Comune di Muggia chiederà di aderire al progetto regionale "aMare Fvg". È l'esito della mozione presentata durante l'ultima assemblea civica dal consigliere Nicola Delconte (Fdi-An) e sottoscritta trasversalmente da tutte le forze politiche presenti con adesione di Riccardo Bensi (Pd), Nicoletta Fait (Cittadini), Antonino Ferraro (Laura Marzi Sindaco), Giulia Demarchi e Andrea Mariucci (Forza Muggia-Dpm), Giulio Ferluga (Lega), Emanuele Romano (Movimento 5 Stelle), Roberta Vlahov (Obiettivo comune), Roberta Tarlao (Mejo Muja) e Marco Finocchiaro (Gruppo misto). Il documento, approvato all'unanimità, prevede di aderire al progetto pilota "aMare Fvg" finalizzato a favorire la corretta gestione dei rifiuti che vengono raccolti accidentalmente in mare durante le attività di pesca e occasionalmente da diportisti e associazioni di volontariato nell'ambito di specifiche iniziative di pulizia degli specchi d'acqua e dei fondali. «Questo progetto, attraverso il monitoraggio della quantità e della tipologia dei rifiuti, ha lo scopo di giungere alla definizione di efficaci modalità di gestione dei rifiuti abbandonati in mare che garantiscano la tutela di coloro che si adoperano in tali virtuose attività, nel rispetto dell'ambiente e delle normative di settore» ha ricordato in consiglio comunale Delconte. Tra i sottoscrittori del documento il capogruppo di Laura Marzi Sindaco, Antonino Ferraro: «Io vado spesso in barca a vela e correttamente tutte le società veliche sul bando di regata inseriscono la clausola in cui è assolutamente vietato gettare rifiuti in mare, pena l'esclusione dalla regata stessa. C'è grande sensibilità su questo tema e che vi sia un apposito luogo dove poter conferire i rifiuti è un obbiettivo condivisibilissimo». 

Riccardo Tosques

 

 

Scade la convenzione tra Enpa e Regione - E nessuno soccorre più gli animali feriti

Dal primo gennaio non esiste più una struttura organizzata per il recupero di esemplari feriti. Indignazione sui social

Tira una brutta aria per gli animali selvatici in difficoltà. Se vengono investiti o se restano, come è già capitato, incastrati in un cancello o in una rete, ad oggi non esiste più un puntale e organizzato soccorso. Se vengono salvati è per "miracolo" perché, dal primo gennaio scorso, è cessata la convezione tra la Regione e l'Enpa che prima provvedeva al recupero su strada di queste bestiole almeno dalle 8 alle 20. Se qualcuno oggi trova un esemplare selvatico in difficoltà e chiama i soccorsi, viene di fatto rimbalzato da un numero all'altro. Sembra che nessuno sappia cosa fare, chi mandare, chi chiamare. E intanto il tempo passa e l'animale soffre, si aggrava o addirittura muore. Nel raccontare questa mancanza di un sistema rodato di soccorso, va ricordato che la legge nazionale 157 del 1992 indica che «la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale». Dunque, il non tutelarla, il non soccorrerla, configura una violazione della legge: qualcuno potrebbe essere chiamato a rispondere. Di pochi giorni fa il ritrovamento da parte di due ragazze di un capriolo ferito in Strada del Friuli all'altezza del civico 246. Chiamano il 112. L'operatore tenta invano per 45 minuti di trovare una soluzione. L'animale non camminava, era ferito, ma non moribondo. Nella girandola di telefonate, viene contattato al cellulare anche il medico veterinario dell'Azienda Sanitaria, Massimo Erario che, fuori dal suo orario di lavoro e quindi per pura sensibilità, si precipita sul posto in scooter, somministra una terapia e poi chiede personalmente all'Enpa di recuperare la bestiola. I volontari dell'ente animalista, seppur senza convenzione, lo trasferiscono nel loro Cras, l'unico centro di recupero animali selvatici in provincia di Trieste autorizzato ad ospitare e curare queste bestiole. Il capriolo, un maschio giovane, seguito dai veterinari dell'Enpa resta in prognosi riservata. Ma se non ci fosse stato un veterinario disposto a intervenire a titolo personale, cosa ne sarebbe stato di quell'animale? Sarebbe stato lasciato morire sull'asfalto nella totale indifferenza? La storia del recupero di quel capriolo ha avuto spazio anche sui social, raccogliendo centinaia di messaggi di indignazione. Perché questo episodio è la prova che non esiste, se non sulla carta, un sistema di soccorso per gli animali selvatici. Ma facciamo un passo indietro per capire cosa sta accadendo. Con la soppressione delle Province, i guardiacaccia sono diventati guardie forestali regionali, e dal 2015 il soccorso ai selvatici è tornato di competenza regionale, in capo all'assessorato Agricoltura e Foreste. Fino al 1º luglio 2018, il soccorso dei selvatici era affidato completante all'Enpa, che copriva il servizio 24 ore su 24, malgrado la Regione nel 2016 avesse anticipato che quel servizio sarebbe stato presto gestito direttamente dalle guardie forestali. Fino al 31 dicembre scorso, invece, con convenzioni che procedevano di proroga in proroga, se ne sono occupate sempre realtà private, come appunto, a Trieste, l'Enpa. Che però, causa mancanza di personale e di volontari disposti a lavorare la notte nel recupero di animali anche di grande stazza, aveva dovuto fare un passo indietro garantendo fino all'estate del 2018 il servizio solo dalle 8 alle 20. Da allora, però, tra i recinti e le gabbie dell'Enpa dove chi recupera un selvatico deve portarlo, mancano all'appello decine e decine di esemplari che prima venivano recuperati la notte. Ora il problema riguarda l'intera giornata a discapito dei selvatici e della civiltà. 

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 5 gennaio 2020

 

 

La Fiom al contrattacco: «Non siamo sleali»

È guerra aperta dopo le critiche delle sigle pro intesa: «La chiusura è una scelta politica. Per noi inaccettabili 163 esuberi»

L'avvicinamento al "referendum" dei lavoratori sulla chiusura dell'area a caldo della Ferriera trascorre in un surreale clima di scontro fra i sindacati. Da una parte le sigle firmatarie dell'accordo stretto a Roma con Siderurgica Triestina e dall'altra la Fiom Cgil, contraria alla cessazione della produzione di ghisa a Trieste. Dopo la conferenza di Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb, il ping pong registra la replica della Fiom, che ribadisce il suo no con il segretario provinciale Marco Relli: «La Fiom non firma un accordo che mette nero su bianco 163 esuberi per un'azienda che non è in perdita e che rispetta le norme ambientali». Relli sottolinea che «la Ferriera chiude per una scelta politica come ricorda sempre l'azienda». Poi le precisazioni di carattere tecnico: «L'accordo prevede - dice Relli - che i lavoratori siano assumibili nel laminatoio dopo una visita che ne accerti l'idoneità fisica: chi non sarà idoneo dovrà accettare l'incentivo a uscire. L'accordo parla di uscite volontarie ma anche di 163 esuberi: se i numeri sono già noti, dove starebbe questa volontarietà? Sono ragionamenti basilari per chi fa sindacato». Il delegato Fiom della Rsu Thomas Trost risponde poi alle altre sigle, che accusano la Fiom di aver diffuso una bozza non definitiva dell'accordo per intimorire i lavoratori. «Ci danno degli sleali - contrattacca Trost - ma chi ha fatto la stampa ha solo confuso tra due file. Il disguido è stato fatto notare e, come giusto, ci siamo fermati. Ma si vede che dalla parte del sì le esigenze di portare a casa il risultato sono talmente vincolanti che ci si aggrappa ad ogni difformità». Il delegato accusa poi gli altri sindacati di essersi contraddetti nel corso dei mesi: «Se uno guarda le interviste, sono totalmente contrarie a ciò che viene proposto nell'accordo. Cosa ha fatto cambiare rotta?». Il discorso tocca anche il coinvolgimento di Fincantieri e qui Relli va giù duro contro l'impegno assunto dal ministro Patuanelli sull'assorbimento dei possibili esuberi: «Per la Eaton le proposte sono arrivate solo da ditte esterne alla Fincantieri, che anche in quel caso si era impegnata. Un 57 enne si è visto proporre la pulizia delle stive, da giovedì a domenica in orario notturno, per mille euro. In Fincantieri ci dovrebbero andare anche i dipendenti della cartiera: quelli della Ferriera hanno una priorità solo perché la decisione della chiusura è politica?». Sul nodo Fincantieri interviene pure il Pd con Diego Moretti: «Sarebbe irresponsabile accontentarsi di pseudo-soluzioni che rischiano di creare pericolose illusioni. I lavoratori della Eaton ancora senza lavoro lo stanno provando sulla loro pelle. L'ipotesi che Fincantieri si faccia carico dei lavoratori in esubero di alcune aziende in crisi significa arrendersi alla desertificazione del tessuto produttivo, affidarsi in via esclusiva a un solo potente soggetto economico-industriale. Quante crisi potrà assorbire la cantieristica?». 

Diego D'Amelio

 

 

Apre l'alimentari dedicato ai vegani La titolare: «Sarà unico nel suo genere»- in via Gatteri

Si chiama "Veg Veg" il negozio studiato soprattutto per vegani, ma anche per vegetariani, che aprirà i battenti lunedì 13 gennaio in via Gatteri 14. Un'avventura imprenditoriale lanciata da Dania Bianco, che a sua volta da due anni ha sposato l'alimentazione "veg" e che durante la settimana di inaugurazione organizzerà anche aperitivi e degustazioni. «Stiamo ultimando l'allestimento, sarà l'unico negozio di questo tipo a Trieste - spiega la titolare - dove trovare un po' di tutto. Ho deciso di avviare questa attività perché trovavo difficoltà a reperire i prodotti che consumo. Per fare la spesa mi devo recare in diversi punti vendita. In più ho sempre sognato di aprire uno spazio tutto mio. E ho pensato, perché non provarci? Qui si saranno solo alimenti per vegetariani e vegani, e anche per chi segue questi regimi, ma deve rinunciare al glutine. Un'offerta mirata». «Sono tutte specialità che non si trovano nei supermercati - prosegue Dania -, e che comunque avranno un costo contenuto, dai dolci alla pasta, dallo spezzatino di soia a vini e birre vegani, e ancora tante alternative alla carne, oltre ai formaggi, rigorosamente "veg", e altre proposte salate». «A Trieste finora ci sono pochi negozi simili - aggiunge -, quelli operativi però si concentrano solo sul biologico e non esclusivamente sullo stile vegetariano e vegano. In generale rispetto ad altre città qui si fa fatica. Mancano anche ristoranti ad hoc». Secondo Dania la novità sarà utile a tanti triestini. «Si sta diffondendo una maggiore consapevolezza sull'importanza di eliminare alimenti che derivano dagli animali, in particolare sapendo come vengono trattati. È questo che spinge tanti ad adottare solitamente prima la dieta vegetariana e poi quella vegana. Io da due anni ho cambiato il mio modo di mangiare. Sto bene e vedo che sempre più persone fanno la stessa scelta». Tra gli scaffali ci saranno biscotti, succhi di frutta, bibite di vario tipo, cibi confezionati o freschi. Il negozio sarà aperto da lunedì a venerdì dalle 15 alle 20 e il sabato dalle 8. 30 alle 13 e dalle 15. 30 alle 20. «Lunedì 13 gennaio non ci sarà una vera inaugurazione - annuncia Dania - ma festeggeremo la novità con una settimana di degustazioni speciali, per far conoscere alla gente i prodotti e per ricordare che qui, durante tutto l'anno, si potranno assaggiare, appunto, diversi alimenti, penso ad esempio a formaggi o birra, ma anche un bicchiere di vino con patatine, per aperitivi sempre e rigorosamente "veg"». Da sottolineare che secondo il rapporto Eurispes 2019, i vegani in tutta Italia sono in aumento, pari all'1, 9% (+1% rispetto al 2018), il 25, 1% lo considera uno stile di vita, mentre 3 su 10 sono sicuri dei benefici che ne deriverebbero per la salute.

Micol Brusaferro

 

 

Tariffe dei parcheggi scontate per chi sceglie veicoli "green"

Approvata in Consiglio comunale la mozione presentata da Romano (M5s) Riguarderà auto elettriche, ibride, a metano e gpl. Abaco definirà le agevolazioni

Muggia. Agevolazioni sulle tariffe per i parcheggi dei cosiddetti "veicoli green". Questa la proposta avanzata dal capogruppo del Movimento 5 Stelle di Muggia, Emanuele Romano, durante l'ultima riunione del Consiglio comunale rivierasco. Già presentata ma poi ritirata nel Consiglio comunale precedente, la mozione è stata nuovamente proposta dal consigliere di opposizione, mozione che è stata accolta da tutti i consiglieri comunali presenti in aula, all'unanimità (assenti tutti e tre i rappresentanti di Forza Muggia-Dipiazza per Muggia, Stefano Norbedo, Giulia Demarchi e Andrea Mariucci). «I veicoli green, ossia quelli a trazione ibrida ed elettrica, metano o Gpl - spiega il capogruppo pentastellato Romano -, portano dei benefici per la salute dati dal minor inquinamento durante il loro uso. Inoltre, per favorire la transizione dai veicoli a combustione inquinante ai veicoli green, la Legge affida le competenze alle Regioni, ad esempio con il bollo auto, e ai Comuni, ad esempio con le Zone a traffico a limitato. Abbiamo chiesto al sindaco Laura Marzi e agli assessori competenti di fare qualcosa anche a Muggia» In Friuli Venezia Giulia diversi Comuni hanno introdotto proprio delle agevolazioni sulle tariffe per i parcheggi. Nello specifico sono stati citati i casi di Udine, dove i veicoli green sono esentati dal pagamento del ticket, ma anche Trieste, comune nel quale non si paga la prima ora di sosta, oppure Pordenone, città in cui la tariffa è stata ridotta del 30% rispetto al prezzo pagato dagli altri autoveicoli. «Siccome Abaco, il gestore che si occupa a Muggia dei parcheggi a pagamento, non offre attualmente sul territorio alcun tipo di agevolazione su veicoli green abbiamo presentato questa mozione con l'obbiettivo di proporre al gestore l'introduzione di agevolazioni concrete sulle tariffe di parcheggio» conclude Romano. Tra i più convinti nell'aver votato la mozione il capogruppo della lista Laura Marzi sindaco, Antonino Ferraro: «Inquinare il meno possibile è un obbligo morale. Bene quindi che tutto il Consiglio abbia approvato questo indirizzo di agevolazione per i veicoli green. Naturalmente ora l'applicazione effettiva dipenderà dal gestore dei parcheggi muggesani a pagamento, ma sicuramente solleciteremo Abaco in tal senso affinché vengano applicati degli incentivi, così come sono convinto che dobbiamo continuare sempre di più ad incentivare l'utilizzo delle biciclette, il mezzo di trasporto green per eccellenza».

Riccardo Tosques

 

 

Duino Aurisina - Boe abbandonate nella baia «Un pericolo per l'ambiente»

La marea le deposita sulla spiaggia detta "del Principe", perché siamo proprio sotto il castello dei Torre e Tasso a Duino, ma là rimangono perché l'area è raggiungibile soltanto via mare. Ed essendo realizzate con materiale non biodegradabile, il danno per l'ambiente, se non si interviene per portarle via, rischia di diventare considerevole. Stiamo parlando delle boe rimaste incastrate nella roccia, a poche centinaia di metri dalla baia di Sistiana, frequentata durante i mesi estivi da migliaia di persone, e di cui nessuno sembra interessarsi. La denuncia arriva da alcuni residenti che evidenziano il problema nell'auspicio che le competenti autorità intervengano rapidamente. Molto probabilmente si tratta di boe che, con le mareggiate e i venti della stagione invernale, si staccano dagli impianti per gli allevamenti situati di fronte alla costa. Negli anni passati, alla pulizia della spiaggetta del Principe, nata nel 1944 con i residui degli scavi compiuti dai lavoratori forzati della Todt per costruire il bunker del castello, provvedevano alcuni volontari. Ma è evidente che l'eliminazione del problema non può essere lasciata alla buona volontà di residenti o amanti della natura che si impegnano per portare via queste boe in disuso. Serve invece un intervento ufficiale di chi deve provvedere alla manutenzione delle spiagge della zona. Alla storia della spiaggetta è legato anche un aneddoto: negli anni '70 era utilizzata da giovani del posto che andavano proprio là a rompere le pietre raccolte sott'acqua per ricavare i datteri di mare da rivendere ai ristoranti della zona. 

 Ugo Salvini

 

 

 Il riuso di Porto vecchio e i rischi dell'assenza di strategie complessive - la conviviale al Rotary

«Il recupero del Porto vecchio, un grande progetto per il rilancio di Trieste». È stata dedicata al rilancio dell'antico scalo l'ultima conviviale del Rotary Club Trieste presieduto da Francesco Granbassi. Nel corso della riunione all'hotel Savoia Excelsior sono intervenuti l'architetto Corrado Delben e lo specializzando in amministrazione e controllo Tomaz Daneu. Interessante soprattutto l'analisi frutto della tesi di laurea del giovane Daneu (22 anni), sulle ipotesi di sviluppo economico e turistico di Trieste. Il capoluogo regionale, secondo Daneu, ha nel suo futuro la possibilità di trasformarsi in una "smart city", alla pari di Taipei e Barcellona, entrambe città che si affacciano sul mare e che secondo lo studio del neolaureato hanno molte similitudini con la città giuliana. Uno sviluppo che però non potrà prescindere da quello del Porto vecchio. «Attualmente il Comune ha impostato il progetto di rinascita dell'area suddividendola in 5 distretti - spiega Daneu -, prevedendo insieme attività alberghiere e residenziali e un terminal crocieristico». Una convivenza che potrebbe creare qualche problema. «Le sinergie fra questi due distretti non sono positive perché sicuramente avere un hotel a 5 stelle dietro all'hub delle navi bianche non giova a una struttura ricettiva di lusso». L'interazione fra i vari distretti dunque, per Daneu, sono fortemente da ripensare. «Ho studiato la strategia del Comune per sei mesi - spiega Daneu - e ho riscontrato molte difficoltà perché nel riuso del Porto vecchio non c'è un'idea globale. Ho notato come l'area sia ritenuta una sorta di piano B, un contenitore per tutto ciò che non si sa dove ricollocare, dalla piscina terapeutica ad ogni tipo di museo».

L.D.

 

 

Abbattere la Tripcovich? Il 73% dei voti è favorevole - sul sito de il Piccolo

Quasi duemila triestini si sono già espressi sul mantenimento/abbattimento della sala Tripcovich, la vecchia stazione dei pullman costruita negli anni Trenta a pochi passi dalla Stazione centrale poi trasformata in teatro negli anno Novanta. La consultazione, lanciata venerdì pomeriggio dal "Piccolo", aveva registrato alle 19 di ieri una netta maggioranza di "sì" all'abbattimento, 73% contro un 25% di "no", mentre un 2% risponde "non so". Per la precisione, a esprimersi sono stati 1921 lettori, una partecipazione significativa che evidenzia l'attenzione verso questo dibattito urbanistico/architettonico. Continuate a dire la vostra con un clic online. Perché l'idea di questa domanda ai lettori? Per verificare se la volontà del sindaco Dipiazza, fortemente intenzionato a radere al suolo la Tripcovich, coincida con gli orientamenti dei lettori del giornale. Come noto, di recente, nonostante la differente posizione della Soprintendenza, la direzione generale del ministero dei Beni Culturali ha dichiarato la sua contrarietà all'abbattimento dell'edificio. Dipiazza non l'ha presa bene e continuerà la sua battaglia per eliminarlo da uno spazio urbano in via di riqualificazione. Il sindaco vorrebbe collocare, al posto dell'ex stazione delle corriere, il monumento a Sissi, che oggi è al centro del giardino di piazza Libertà.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 4 gennaio 2020

 

 

Ferriera, scontro sempre piu' duro "FIOM sleale sull'intesa sindacale"

Il fronte del si': "distribuito ai lavoratori dalla Cgil un testo dell'accordo senza le ultime modifiche"

No alla competizione sleale: Fiom Cgil la smetta di far circolare informazioni strumentalmente false sulla bozza di intesa sindacale riguardante la chiusura dell'area "a caldo" in Ferriera. I metalmeccanici cigiellini - accusano Failms, Fim, Uilm e Usb - hanno addirittura distribuito ai lavoratori un testo dell'accordo senza le modifiche poi apportate nel corso del confronto in sede ministeriale svoltosi sotto Natale. «Eh no, così si intossica il dibattito»: in rappresentanza delle quattro sigle del "fronte del sì", in vista del referendum indetto presumibilmente la prossima settimana, Cristian Prella, Umberto Salvaneschi, Antonio Rodà, Sasha Colautti rullano i tamburi della controffensiva elettorale durante un incontro nella sede cislina in piazza Dalmazia. E attenzione - sottolineano - che qui nessuno ha firmato alcunché, perché, prima di apporre autografi vincolanti, i quattro sindacati attendono il prossimo responso referendario, che sarà anticipato da un'assemblea generale fissata martedì 7 gennaio.La questione di fondo - insiste il "fronte del sì" - è che all'accordo non c'è alternativa, sia nel merito che nella tempistica. Cioè: se per ipotesi i 580 dipendenti della Ferriera dovessero bocciare la proposta negoziata tra Arvedi e Failms - Fim - Uilm - Usb, si aprirebbe una crisi al buio, perché l'azienda andrebbe avanti unilateralmente nella chiusura dell'impianto e 163 addetti dello stabilimento servolano si troverebbero per strada, forse coperti dalla cassa integrazione (ma non è detto). Già in ottobre il gruppo aveva informato i sindacati riguardo un investimento di 100 milioni di euro per approvvigionarsi di ghisa in Ucraina.Per evitare questa crisi al buio - obietta il "fronte del sì" - l'unica strada realistica da percorrere è quella di approvare un'intesa ragionevole, un «paracadute» che cerca soluzioni per non lasciare alcuno all'addiaccio. Intesa sindacale che, una volta votata dai lavoratori, farebbe parte integrante dell'accordo di programma firmato da Arvedi, Governo, Regione, Comune e Autorità portuale.«Se la bozza non passa - hanno ripetuto - in meno di venti giorni lavorativi non ci sarà tempo e non ci sarà margine negoziale per il percorso B. La prossima settimana incontreremo il prefetto, per sottoporre alla sua attenzione il delicato problema dei livelli di sicurezza, legato all'imminente dismissione dell'area "a caldo"».Il quartetto del sì ha apprezzato la disponibilità manifestata da Fincantieri sulla possibilità di assorbire una eventuale quota di esubero occupazionale, apprezzerebbe egualmente l'impegno della Regione che non è stato ancora dettagliato. Il ricollocamento dei 163 addetti, reso necessario dallo spegnimento dell'area "a caldo", ribadisce i numeri già noti: 66 somministrati a San Giorgio di Nogaro, 40 prepensionati, 50 impiegati nelle opere di bonifica e nello smontaggio degli impianti.Grande rilievo all'integrazione economica pari a 346 euro, che Arvedi è pronto ad aggiungere al trattamento di Cigs, per attenuare l'impatto dell'ammortizzatore sociale la cui durata si estenderà per 24 mesi. La rotazione del personale contribuirà ulteriormente ad ammorbidire l'incidenza della perdita salariale. 

Massimo Greco

 

 

I "pendolari dell'immondizia" ogni giorno in missione a Duino

DUINO AURISINA. Arrivano alla chetichella, preferibilmente in ore notturne, in modo da non dare troppo nell'occhio. Aprono il portellone posteriore delle loro autovetture, scaricano enormi sacchi neri e poi ripartono a tutta velocità. Sono i pendolari dell'immondizia che, di passaggio sulla Strada regionale 14, approfittano per disfarsi dei propri rifiuti nei cassonetti posti all'entrata dell'abitato di Duino, al bivio per il Villaggio del Pescatore, oppure nei contenitori posti all'interno del paese. Un fenomeno che in questo periodo, contraddistinto da molti giorni festivi e da grandi libagioni, è aumentato considerevolmente, tanto da poter osservare l'andirivieni di macchine praticamente a tutte le ore del giorno, e non soltanto in quelle notturne. Persone che, provenienti da Monfalcone o dai paesi del Vallone in direzione Trieste, approfittano per fermarsi e scaricare quanto accumulato nei loro bidoni della spazzatura. «Scaricatori in transito - così li definisce un abitante del condominio Mitreo -, a me è capitato di vederli poi "parcheggiati" in centro a Duino, seduti in bar». Caffè, sigaretta e monnezza, insomma, ma non solo. Ci sono anche quelli, evidentemente la maggioranza, che nemmeno aiutano l'economia del Comune con l'acquisto di un cappuccino, quale parziale "risarcimento" per aver regalato al paese la propria immondizia. «È più frequente - spiega ancora il residente - che la macchina proveniente dall'isontino arrivi appositamente qui per scaricare, effettui un'inversione a U e riparta a tutta velocità». Proviamo a toccare con mano la veridicità di quanto raccontato. Non passano nemmeno venti minuti che si vede una station wagon bianca arrivare da Monfalcone, effettuare l'inversione e affiancare i bidoni dei rifiuti. Dalla vettura scende un distinto signore, il quale apre il bagagliaio da cui fa uscire un enorme sacco nero che conferisce direttamente nel bidone dell'indifferenziata. A precisa domanda sul perché di questa manovra, risponde categorico con un «chi si fa gli affari propri campa cent'anni». Medesima operazione viene effettuata poco dopo da una Opel Corsa con targa di Nova Gorica. La proprietaria arrossisce quando le viene posta la domanda sul perché dalla Slovenia venga a conferire l'immondizia proprio a Duino. «In realtà - spiega con un po' di imbarazzo -, anche se ho la targa slovena, sono residente a Ronchi dei Legionari. Però devo ammettere che gettare qui i rifiuti mentre vado a lavorare mi viene molto comodo». Insomma, a distanza di 12 anni dalla sua istituzione, pare che in provincia di Gorizia ci sia ancora chi non ha digerito la raccolta "porta a porta" e preferisce accumulare le proprie immondizie in un unico sacco, per poi sobbarcarsi una decina di chilometri prima di scaricarlo. «Sono episodi spiacevoli che dovremo verificare - spiega il sindaco di Duino Aurisina, Daniela Pallotta -. Si tratta di una situazione anomala già registrata nel passato ma che speravamo con il tempo non si verificasse più». La stessa Pallotta segnala come proprio giovedì scorso la Polizia locale abbia fermato in pieno centro a Sistiana un furgone proveniente da Trieste, mentre stava scaricando materiale edile. Un fenomeno, pertanto, che riguarderebbe un po' tutte le frazioni del comune carsico e non la sola Duino. «Il Comune di Duino Aurisina - spiega il sindaco - ha un contratto per lo smaltimento dei rifiuti con Isontina Ambiente fino al 2028, un contratto peraltro gravoso per le casse del Comune, ma che l'attuale amministrazione ha trovato già in essere all'atto del proprio insediamento. Del servizio non siamo per niente soddisfatti. Ci stiamo muovendo per cercare di migliorarlo, però abbiamo già avuto modo di constatare che solamente attraverso l'istituzione di un servizio "porta a porta" si potrebbero abbassare i costi per gli abitanti del Comune. Dal canto nostro - spiega la prima cittadina duinese - noi come amministrazione stiamo insistendo con Isontina Ambiente per aumentare la frequenza del ritiro dell'immondizia». Un'intensificazione della raccolta, però, potrebbe portare a un parallelo aumento dei "pendolari dell'immondizia", finendo con il saturare ancora di più i cassonetti presenti nelle varie frazioni del comune. «Si tratta di un fenomeno molto fastidioso - conclude Pallotta - e pertanto invito i cittadini, in nome della coscienza civile propria degli abitanti di Duino Aurisina, a non esimersi dal segnalare alla Polizia locale o ai Carabinieri l'eventuale ripetersi di episodi del genere».

Lorenzo Degrassi

 

 

Capodistria-Divaccia - I Verdi di San Dorligo contestano Lubiana

SAN DORLIGO. La soluzione migliore per la tutela della Val Rosandra «è continuare sul progetto alternativo da noi caldeggiato da tempo. Le rassicurazioni del governo di Lubiana su quello su cui si sta lavorando attualmente oltre confine non sono sufficienti». Alen Kermac, capogruppo dei Verdi in Consiglio comunale a San Dorligo e autore della mozione approvata all'unanimità dall'aula, con la quale si chiedono garanzie all'esecutivo della capitale slovena, in relazione al raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia, replica così al documento diffuso in questi giorni dalla società slovena 2Tdk, creata da Lubiana per gestire la progettazione e la realizzazione del secondo binario della tratta. «Il progetto alternativo che sosteniamo - scrive Kermac - è più corto, perciò assicura tempi di percorrenza inferiori, consente, a differenza di quello proposto da 2Tdk, il collegamento con la Lubiana-Pola, prevede un risparmio energetico con sistema frenante delle locomotive, assicura la protezione dei bacini idrografici della Val Rosandra e del Rio Ospo, non richiede pareri degli Stati limitrofi, perché l'ambito di influenza è circoscritto al territorio sloveno e prevede tempi di realizzazione più brevi di due anni. Infine - conclude - il costo complessivo di questo progetto alternativo, realizzato dagli ingegneri Joze Duhovnik, Nino Gunde e Damir Josipovic, non arriva al miliardo di euro, mentre quello proposto dalla 2Tdk va dai 2,5 ai 3 miliardi».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 gennaio 2020

 

 

Operai di Servola a Fincantieri La "cautela" di Rosolen e Cisint

L'assessore: «Prematuro parlare di assorbimento di esuberi». Il Il sindaco di Monfalcone: «Priorità al personale locale»

Monfalcone. Ha innescato reazioni a catena l'annuncio, fatto dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, della disponibilità di Fincantieri ad assorbire gli operai della Ferriera a rischio esuberi. Tra i primi commenti quello del sindaco di Monfalcone Anna Maria Cisint, che ieri ha parlato con l'esponente di governo. «La prossima settimana - ha spiegato - concorderemo una data per un incontro, entro questo mese, con il ministro Patuanelli, il governatore Fedriga, l'assessore Rosolen e l'ad Bono per ragionare in ordine alle assunzioni, dirette e nell'appalto, per il settore della navalmeccanica, attraverso il "Patto per il lavoro", il percorso avviato due anni fa per affrontare le crisi aziendali del territorio attraverso assunzioni locali. Un processo nel quale il Comune ha la funzione di monitoraggio». Cisint ha aggiornato la situazione: «I primi due corsi di formazione, per carpentieri e saldatori, della Regione sono già partiti, a fronte di 155 partecipanti, mentre ai primi di febbraio inizierà il percorso formativo per la tubisteria. Inoltre, 55 persone, già formate, sono inserite nel processo di assunzione nell'appalto a seguito del Recruiting day. La Regione ha già confermato gli sgravi fiscali per quest'anno. Per quanto riguarda il Comune, continueremo a monitorare il percorso ai fini delle assunzioni stabili degli ex lavoratori di Eaton che andrò a verificare». Cisint parla del «Patto di lavoro come passo ulteriore rispetto al caso Eaton, estendendo l'applicazione di questo meccanismo ad altre realtà, come pure la Cartiera Burgo. Il concetto essenziale rimane il reclutamento di personale locale, in un processo in cui il lavoro diventa un valore a tutti gli effetti».Dunque ora la prospettiva si rivolge alla Ferriera. L'assessore al Lavoro, Alessia Rosolen, ha riferito che la disponibilità da parte dell'ad Bono «era stata espressa mesi fa al presidente Fedriga. Abbiamo iniziato a lavorare con Fincantieri, il recente Recruiting day è nato nell'ottica di promuovere un rapporto efficace tra domanda e offerta di lavoro». Quanto alla Ferriera ha osservato: «Al momento è prematuro poter ragionare in termini concreti, poiché va prima affrontata e conclusa l'operazione complessiva riguardo l'accordo di programma e l'accordo con i sindacati per l'impianto di Servola. Prima di parlare di assorbimento nell'appalto Fincantieri, è necessario capire quali sono le garanzie da parte del gruppo Arvedi, per la quale mi aspetto puntuali assunzioni di responsabilità, e avere un quadro completo. La Regione si impegnerà comunque anche su questo aspetto. Abbiamo 2 mila operai da formare in base alle esigenze occupazionali di Fincantieri, dall'altro ci sono i lavoratori della Ferriera per i quali non abbiamo ancora elementi certi sui quali ragionare».-

Laura Borsani

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 gennaio 2020

 

 

«Fincantieri è pronta ad assumere gli operai della Ferriera a rischio esuberi»

L'annuncio di Patuanelli che frena sullo stop all'altoforno il 1° febbraio. Dal Mise 40 milioni per sostenere gli investimenti

Trieste. Sarà Fincantieri a riassorbire i lavoratori della Ferriera che potrebbero restare a piedi dopo i due anni di cassa integrazione che prenderanno il via con lo spegnimento dell'altoforno di Servola. L'impegno è assunto dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, che cerca di tranquillizzare i dipendenti dell'azienda, davanti a un accordo sindacale in cui si parla di incentivi all'uscita per almeno quaranta dipendenti che verranno impiegati nelle operazioni di bonifica del sito. Il ministro fissa in «alcune settimane» il tempo necessario per la firma dell'Accordo di programma: si allunga così la scadenza da lui stesso fissata per il 31 dicembre, probabilmente per la necessità di attendere l'intesa sulla cessione dei terreni, cui stanno lavorando Siderurgica Triestina e Autorità portuale. Patuanelli lavora con la convinzione che le condizioni per la stipula del nuovo Adp siano a un passo, ma chiama in campo Fincantieri come attore capace di fare fronte alle uscite che potrebbero verificarsi in Ferriera qualora il gruppo Arvedi decida di non aggiungere la ricottura alle nuove lavorazioni previste nel potenziamento del laminatoio. L'impegno arriva alla vigilia del referendum dei lavoratori sull'accordo raggiunto a Roma fra proprietà e sindacati: «Sin dall'inizio - dichiara il ministro - ho detto che l'obiettivo primario è l'assenza totale di esuberi e che tutti gli attuali occupati dell'area a caldo trovino un'alternativa interna o esterna. Nel primo caso c'è il nuovo piano industriale di Siderurgica Triestina, mentre per la soluzione esterna sono certo che Fincantieri farà la sua parte, avendo fin da subito necessità di assunzioni nei suoi stabilimenti. Ci tengo a ringraziare per questo l'ad Giuseppe Bono». Patuanelli annuncia che «l'intenzione è chiudere l'Adp nelle prossime settimane perché ci sono tutte le condizioni», ma assicura nel contempo che l'accelerazione impressa negli ultimi mesi non diventerà una corsa fuori controllo. Da una parte, il responsabile del Mise chiarisce che «nulla sarà firmato prima di aver atteso l'esito del referendum sull'accordo sindacale (che si terrà l'8 e 9 gennaio, ndr) per rispetto verso lavoratori e sigle sindacali». Dall'altra, frena la volontà di Siderurgica di avviare lo spegnimento dell'altoforno il primo febbraio, chiarendo che «non esiste una data di scadenza, anche se vanno garantite certezze anche all'imprenditore». Ma su altre necessarie certezze necessarie per chiudere l'Adp il ministro preferisce non esporsi. È il caso del futuro dei terreni: Siderurgica li aveva promessi inizialmente all'Autorità portuale, facendo poi marcia indietro e manifestando la volontà di mantenere la proprietà dell'area, procedere alla sua bonifica e giocare in prima persona la partita dello sviluppo logistico. Si era trattato quasi certamente di tattica, finalizzata ad avviare la trattativa per la vendita da una posizione di vantaggio. Soltanto alcune settimane dopo l'azienda si è infatti smentita dichiarandosi di nuovo pronta a valutare ipotesi di cessione ad altri investitori. È in questo quadro che si inserisce la riunione fra l'ad Mario Caldonazzo e il presidente Zeno D'Agostino, officiata a Trieste dal ministro in persona. Ma Patuanelli nega: «Quale incontro? » . L'abboccamento è però confermato da fonti qualificate e, da quanto trapela, c'è la piena disponibilità del gruppo Arvedi a ad accordare all'Autorità portuale il subentro nei terreni dell'area a caldo. L'ottimismo è tale da far ritenere la soluzione imminente, con l'accordo che diventerebbe dunque parte integrante dell'Adp. Fra le indiscrezioni c'è anche quella relativa all'impegno finanziario del Mise, che avrebbe in serbo almeno 40 milioni per supportare gli investimenti di Arvedi su laminatoio e centrale elettrica. Patuanelli vorrebbe che anche la Regione facesse la sua parte sul piano finanziario, ma la giunta Fedriga non sarebbe per ora intenzionata a investire sulle realizzazioni previste del prossimo Adp: possibile che il ministro avvii un confronto con il governatore nei prossimi giorni. Ma la prossima tappa è il voto dei lavoratori sull'accordo sindacale e qui Patuanelli scende in campo per sostenere le ragioni del "sì": «C'è impegno massimo da parte di governo, Regione e Autorità portuale per garantire l'occupazione di chi lavora nell'area a caldo. Oggi non è più in discussione il "se". E sul "come" dico che il modo in cui stiamo procedendo è quello che più tutela i lavoratori. Capisco le preoccupazioni, ma credo che l'atteggiamento della quasi totalità delle sigle sindacali sia responsabile». La speranza del grillino è che dalla riqualificazione in senso logistico dell'area e dal parallelo sviluppo della Piattaforma logistica verso il Molo VIII nascano prospettive di crescita per la città, a patto che venga riconosciuto lo status di porto franco. «Lo scalo può sviluppare - ragiona il ministro - trasformazioni di merci con alto valore aggiunto. Ho provato a risolvere il nodo del porto franco nella legge di bilancio, senza trovare però la quadra col ministero dell'Economia. Ma l'impegno rimane fermo e proseguirà».

Diego D'Amelio

 

Lo scontro a suon di volantini sulla bozza di accordo sindacale

Fim, Uilm, Failms e Usb ribattono alle accuse della Fiom e aprono la campagna a favore dell'intesa siglata con Siderurgica Triestina

Con cinque membri su sei della Rsu, rappresentano la larga maggioranza dei lavoratori della Ferriera e hanno cominciato la propria campagna a favore dell'accordo stretto a Roma il 23 dicembre fra sindacati e Siderurgica Triestina. Fim Cisl, Uilm e gli autonomi della Failms rispondono alla contrarietà della Fiom Cgil, unica sigla contraria all'intesa. Ai favorevoli si unisce l'Usb, non rappresentata in azienda, ma nella società controllata che gestisce le attività logistiche a Servola. La volontà di operai e impiegati si conoscerà il 9 gennaio, quando si concluderanno le operazioni di voto che interesseranno i 580 dipendenti dello stabilimento. Nel volantino diffuso in questi giorni, le quattro sigle favorevoli accusano la Fiom di gettare «fumo negli occhi» dei lavoratori «in modo strumentale e politico». Fim, Uilm, Failms e Usb ribadiranno le proprie posizioni nell'assemblea unitaria in programma il 7 gennaio in fabbrica. Spiccano i ragionamenti sulla cassa integrazione, che sarà di 24 mesi, che prevede la più ampia rotazione per ridurre al minimo l'impatto economico sui singoli e che registra l'impegno di Siderurgica Triestina a incrementare il pagamento di base. Il volantino evidenzia che «l'azienda integra la cassa con un'aggiunta economica che ci è stata confermata essere di 2 euro per ogni ora. Nell'ipotesi di un mese tutto in cassa integrazione, l'azienda integrerà 346 euro oltre quanto previsto». L'altro punto al centro del manifesto è quello del futuro occupazionale. L'accordo parla di almeno 40 uscite incentivate, oltre ai lavoratori per cui si procederà con prepensionamenti o ricollocazione in altre realtà produttive del territorio e in siti di proprietà del gruppo Arvedi. Secondo i sindacati favorevoli all'intesa, «la Fiom parla di licenziamenti mentre sull'accordo si fa riferimento solo a strumenti volontari e incentivati. Nell'accordo inoltre si è inserito l'impegno a trovare assieme alle istituzioni soluzioni occupazionali laddove si riterranno necessarie», anche se non è chiaro in che termini Regione e Comune potranno essere impegnati da un accordo che non li vede coinvolti in quanto firmatari. Fim, Uilm, Failms e Usb rispondono così alla contrarietà della Fiom. I metalmeccanici della Cgil bocciano il piano che riduce gli addetti da 580 a 417, non dà garanzie a 40 di essi una volta terminate le bonifiche, prevede la chiusura dell'area a caldo senza contestuale avvio del potenziamento del laminatoio, non ha coinvolto Regione e Comune, non definisce per iscritto l'incremento della cassa integrazione e prevede il «sostanziale licenziamento» di 66 lavoratori interinali, di cui la proprietà propone il ricollocamento in uno stabilimento Arcelor-Fincantieri di San Giorgio di Nogaro. 

 

 

La Slovenia a San Dorligo sulla Capodistria-Divaccia: "Niente rischi ambientali"

La risposta alle richieste di chiarimento sul progetto

LUBIANA. La società slovena 2Tdk, appositamente creata dal governo di Lubiana per gestire la progettazione e la realizzazione del secondo binario della tratta ferroviaria Capodistria-Divaccia, ritiene i timori principalmente di carattere ambientale relativi al progetto stesso sollevati dal Comune di San Dorligo della Valle, e contenuti in una mozione bipartisan del Consiglio comunale, assolutamente infondati e lo fa in un lungo documento in cui spiega come le normative slovene ed europee in materia di ambiente sono state pienamente rispettate dal progetto.«I termini del progetto della nuova traccia - si legge nel documento di 2Tdk - sono stati elaborati in base alla normativa valevole all'epoca della progettazione, sia in Slovenia, sia nell'Unione europea. Nel 2000 è stata poi elaborata una variante (tracciato in galleria, ndr) anche questa pienamente rispettosa delle norme di tutela ambientale». «Tutte le analisi - precisa 2Tdk - sono state realizzate in modo da tenere conto delle ricadute ambientali del progetto sia in Slovenia che in Italia. È stata acquisita l'obbligatoria Conformità ambientale che include anche il procedimento relativo alle ricadute transfrontaliere con la vicina Italia». L'impatto ambientale del progetto è stato illustrato anche in Italia, dicono alla 2Tdk, sono stati ascoltati le osservazioni e i pareri e predisposte le relative risposte che sono pubbliche e presenti sul sito della società che si dice, comunque, sempre disponibile a qualsivoglia chiarimento le venga espressamente richiesto. Ma più che sull'impatto del progetto la 2Tdk nel suo documento punta sul fatto che il vero rischio per l'ambiente, sia in Slovenia che in Italia, «è costituito dall'attuale linea ferroviaria, come confermano anche i cittadini che vivono nelle vicinanze». La società ricorda come nel 2016 a causa delle scintille scaturite dai freni di un vagone si è sviluppato un incendio propagatosi anche alla vegetazione circostante, per avere la meglio sul quale è dovuto intervenire un centinaio di vigili del fuoco. Comunque finirono in fumo circa 350 ettari di superficie. Nel giugno scorso, poi, il deragliamento di un vagone cisterna ha causato lo sversamento nel terreno di circa 10 mila litri di cherosene che ha insidiato l'unica falda idrica di approvvigionamento di acqua potabile per l'intera Istria slovena. La popolazione, lo ricordiamo, rimase per alcuni giorni senza acqua e solo il lavoro dei tecnici è riuscito a evitare le peggiori conseguenze. Il progetto del secondo binario, spiega infine 2Tdk, si allontana dalle falde acquifere del Risano, certo attraversa l'ambito protetto di Natura 2000, ma con il minore impatto possibile e secondo le norme europee in materia. 

Mauro Manzin

 

 

Via libera ai monopattini: sfrecceranno in città

Equiparati alle biciclette: l'utilizzo è consentito anche nelle zone pedonali. Resta il problema dell'assicurazione

Torino. Le regole probabilmente non basteranno a evitare il caos. E la prova si è già avuta nei giorni scorsi, da quando Milano e Torino hanno dato il primo via libera all'utilizzo dei piccoli mezzi elettrici: le ordinanze sono entrate in vigore e nelle due città si è creato il disordine. Marciapiedi e piazze invasi dai monopattini parcheggiati in zone impensabili, pedoni che rischiano di essere travolti, insulti sulle strisce e agli incroci e anche qualche rissa. Da ieri, per chi decide di spostarsi su monopattini ma anche hoverboard, segway o monowhell le regole sono le stesse che devono rispettare i ciclisti. E valgono ovunque, anche se le amministrazioni locali possono prevedere alcuni limiti o decidere per il divieto di circolazione in alcune zone delle città. Velocità, modelli consentiti, norme di sicurezza e divieti sono inseriti nei sette articoli del decreto firmato qualche mese fa dall'ex ministro Toninelli e che, dopo l'emendamento alla Finanziaria, è diventato legge. Con la pubblicazione del testo sulla Gazzetta ufficiale per i monopattini elettrici finisce l'era della giungla, tra ordinanze diverse città per città, o del rischio di una multa imprevedibile. Restano da risolvere due problemi: quello dei parcheggi e quello dell'assicurazione. I tecnici sono a lavoro per una soluzione.

Nicola Pinna

 

 

 

 

 

 

 

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