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RASSEGNA STAMPA  luglio - dicembre 2019

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 31 dicembre 2019

 

 

Biglietti e abbonamenti bus - Mini rincari dal 1° gennaio   -   le nuove tariffe

Ok della giunta Fedriga all'adeguamento delle tariffe: il ticket orario a 1,35 euro con 5 centesimi in più rispetto al 2019. Modifiche anche ai collegamenti via mare

TRIESTE. È una fase di transizione nel trasporto pubblico locale, ma con ritocco all'insù: il biglietto dell'autobus costerà 5 centesimi in più da domani, 1° gennaio. «Aumento contenuto», sottolinea l'assessore alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti nel chiarire che non si andrà oltre il +2,6% medio rispetto al 2019, «a fronte di servizi nettamente migliori». Nell'ultima seduta di giunta dell'anno - occasione per Fabio Scoccimarro, assessore all'Ambiente, di costituire una unità regionale per il rischio idrogeologico -, si definiscono come di consueto le tariffe del Tpl Fvg. Stavolta però si guarda già in prospettiva al gestore unico, la Tpl Scarl che unisce in consorzio Trieste Trasporti, Apt Gorizia, Saf Udine e Atap Pordenone. E in delibera si rimanda infatti a un successivo atto che, a valere da maggio, rivedrà la materia sulla base dei contenuti dell'offerta presentata in gara. Nel primo quadrimestre 2020, con un adeguamento ancorato al tasso medio di inflazione, precisa Pizzimenti, l'utente di Trieste e del Fvg si ritroverà intanto con un biglietto orario sull'intera rete da 1,35 euro (contro 1,30), mentre il pluricorse da 10 viaggi costerà 12,45, a fronte degli attuali 12,15, e l'abbonamento mensile urbano 35,75 (da 34,85). In quest'ultimo caso c'è una differenza tra il capoluogo e il resto della regione, dove si passerà da 34,30 a 35,20. Trieste Trasporti informa inoltre che il ticket giornaliero salirà da 4,50 a 4,60 euro, gli abbonamenti quindicinali aumenteranno di 60 centesimi, quelli mensili di 90 centesimi, quelli annuali per l'intera rete di 9 euro. Ma c'è anche un aggiornamento sui servizi ferroviari: per acquistare un abbonamento mensile del trasporto su rotaia Udine-Trieste via Gorizia si dovrà pagare 104,25 euro, quando il costo adesso è di 101,60. Restano invece invariate le tariffe relative ai transfrontalieri sperimentali Trieste-Udine-Villacco e Udine/Trieste-Lubiana. Viene infine modificato dal 1° gennaio anche il costo di biglietti e abbonamenti del servizio marittimo Trieste-Muggia: la corsa singola passa da 4,35 a 4,45 euro, l'abbonamento 10 corse da 13,50 a 13,85 euro, l'abbonamento 50 corse da 32,60 a 33,45 euro. La Grado-Trieste è invece a 7,40 euro e la Marano-Lignano a 3,55 euro. Un quadro temporaneo. Il 2020, rimarca infatti l'assessore Pizzimenti, segnerà una svolta: «Per quanto riguarda il trasporto su gomma è in programma la rivisitazione dell'intero servizio e a tal proposito sono già iniziati i confronti sul territorio con gli enti locali per capire quali siano le reali esigenze al fine di implementare o migliorare l'esistente, mentre per quanto concerne i trasporti ferroviari procederemo all'affidamento del servizio con la possibilità di avere a disposizione nuovi treni regionali». Nell'attesa, Trieste Trasporti fa sapere che biglietti e abbonamenti acquistati nel 2019 (serie 19A) potranno essere utilizzati per tutto il 2020 e non saranno sostituiti. Le modifiche tariffarie, altra informazione, riguarderanno pure i biglietti acquistati da dispositivi mobili, con l'app My Cicero o con sms (con la seconda modalità non da subito, peraltro, per dare modo agli operatori telefonici di recepire le variazioni). Tutti i tipi di abbonamento (con sconto del 5% via sito di webticketing dell'azienda), compresi quelli annuali, si potranno acquistare da oggi in una delle oltre 150 rivendite informatizzate presenti sul territorio.

Marco Ballico

 

 

Merci in treno dal Fvg a Ovest Via dalla strada 12 mila Tir

Il nuovo servizio intermodale fra l'interporto di Cervignano e quello di Torino Orbassano sarà operativo dal 13 gennaio. Si parte con sei convogli a settimana

TRIESTE. C'è una novità per il trasporto merci lungo un asse che, su strada, è sempre complicato percorrere, quello in direzione Est-Ovest e ritorno nel Nord Italia. L'alternativa è ferroviaria e, comunica il gruppo Fs, sarà operativa da lunedì 13 gennaio da Cervignano del Friuli a Torino Orbassano. Secondo Mercitalia Intemodal, il maggiore operatore di trasporto combinato in Italia e il terzo in Europa, il servizio consentirà di alleggerire le autostrade di circa 12mila camion all'anno e di risparmiare oltre l'80% delle emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera per ogni carico trasportato rispetto alla soluzione "tutto strada". Tecnicamente si tratta di trasporto merci combinato non accompagnato fra l'Interporto di Cervignano e quelle piemontese. Nella fase iniziale, si legge in una nota, sono previsti sei treni alla settimana: lunedì, mercoledì e venerdì da Est a Ovest; martedì, giovedì e sabato nella direzione opposta. Da aprile 2020 un ulteriore step: i collegamenti diventeranno giornalieri. I treni (capacità di trasporto 1.600 tonnellate, lunghezza 550 metri) sono composti da 16 carri doppi di ultima generazione che consentono di caricare 32 semirimorchi Mega (altezza 4 metri, lunghezza 13,60 metri) o casse mobili da 40 piedi. La tipologia delle merci? A poter essere trasportati sui convogli saranno prodotti industriali, groupage e alimentare secco. Tutto scritto e definito nel protocollo d'intesa siglato da Mercitalia Intermodal, società del Polo Mercitalia (gruppo Fs), e Space Logistic di Salgareda, azienda specializzata nell'organizzazione e nell'esecuzione di trasporti multimodali. La collaborazione tra le parti permetterà appunto di potenziare i servizi sul segmento italiano del Corridoio europeo Ten-T Mediterraneo da Lisbona a Kiev.«Questo nuovo servizio costituisce un ulteriore esempio di come le società di Mercitalia stiano oggi operando in modo sinergico e coordinato, rendendo agevole ed efficace l'interlocuzione con i clienti e permettendo un presidio diretto del processo di trasporto delle merci da terminal a terminal - sottolinea Marco Gosso, amministratore delegato e direttore generale di Mercitalia Logistics, la sub-holding del Polo -. Mercitalia Intermodal curerà la commercializzazione, assisterà i clienti e metterà a disposizione del servizio carri di ultima generazione, mentre Mercitalia Rail effettuerà i servizi di trazione e di manovra ferroviaria». Questa iniziativa, aggiunge Gosso, «è inoltre coerente con gli obiettivi che prevedono un sempre più spinto trasferimento del trasporto delle merci dalla gomma al ferro in modo da contribuire a migliorare la sostenibilità ambientale delle attività svolte da Mercitalia. Lo spostamento del traffico merci dalla strada alla ferrovia è infatti uno degli elementi strategici del piano industriale 2019-2023 del gruppo Fs Italiane». I carri di ultima generazione, informa ancora la società statale, sono dotati di un innovativo sistema elettronico per il monitoraggio in tempo reale delle prestazioni, in modo da assicurare sia il perfetto funzionamento del treno sia significativi miglioramenti in termini di efficienza operativa, servizio al cliente e sicurezza di esercizio.

Marco Ballico

 

 

Ferriera, l'8 e il 9 gennaio il voto sull'accordo Arvedi-sindacati

L'orientamento sulle date è emerso durante una riunione del "fronte del sì" Oggi Fiom volantina contro l'intesa contestandone le garanzie occupazionali

Lo si è detto in tante situazioni passate, ma stavolta la prossima settimana ha tutte le premesse per diventare decisiva nella storia della Ferriera. Con ogni probabilità i 580 dipendenti dello stabilimento siderurgico saranno chiamati mercoledì 8 e giovedì 9 gennaio a votare la bozza di accordo negoziato tra il gruppo Arvedi e la maggioranza delle sigle sindacali sulla chiusura dell'area "a caldo" prevista il 31 gennaio. Il referendum pro/contro l'intesa, raggiunta l'Antivigilia, verrà anticipato e preparato da un'assemblea che sarà convocata martedì 7 dalle ore 13.30 alle ore 15, giusto alla vigilia della consultazione. Queste le decisioni assunte ieri pomeriggio dal "fronte del sì".La rilevanza di questo appuntamento, che si carica anche di forti significati politici, attenua l'atmosfera festosa di fine-inizio d'anno perché è già cominciata una campagna elettorale ad alta temperatura. Se prevalgono i "sì", si procederà con la chiusura dell'area a caldo e la ricollocazione di 310 dipendenti, di cui 198 nell'area a freddo e 163 distribuiti tra bonifica, aziende terze, aziende del gruppo, pensioni & esodi. Se a prevalere saranno i "no", l'intesa Arvedi-sindacati, che dovrebbe essere recepita nell'accordo di programma Governo-Regione-Autorità portuale, salterà e, a distanza di venti giorni dalla chiusura dell'impianto, sarà tutto da rifare. A favore dell'accordo sono schierate Failms, Fim Cisl, Uilm, Usb. Un fronte piuttosto composito formato da autonomi (i più rappresentativi secondo le ultime elezioni della rsu), 2/3 dell'abituale Triplice, il sindacato "di base".Contro, "in solitaria", Fiom Cgil: oggi i metalmeccanici cigiellini distribuiranno un volantino nel quale ribadiscono il "no" alla bozza e invitano i dipendenti a fare altrettanto nell'urna. La contrarietà della Fiom si articola su più punti: la perdita occupazionale dello stabilimento che scende da 580 a 417 addetti; «l'assenza totale di garanzie» per una quarantina di unità una volta terminate le fasi di dismissione; la chiusura dell'area "a caldo" avviene senza che neppure sia iniziata la realizzazione dei nuovi impianti "a freddo"; «sostanziale licenziamento» dei 66 lavoratori somministrati; la «mancata definizione» dell'anticipo di cassa integrazione; poca chiarezza sul reimpiego di 198 addetti nell'area "a freddo" previa visita medica per l'idoneità. Fiom Cgil sottolinea inoltre che i 150 milioni, per potenziare il laminatoio, provengono da pubbliche risorse la cui fonte non è stata ancora esplicitata. Dal punto di vista politico, la categoria, diretta da Marco Relli, rileva come al tavolo dell'Antivigilia fossero assenti il ministro (Patuanelli), la Regione, il Comune: contesta quindi alle pubbliche istituzioni l'attendibilità dell'impegno. La posizione della Fiom è fiancheggiata da Open Fvg, che interviene con una nota co-firmata dal presidente Giulio Lauri e dal consigliere regionale Furio Honsell. «Se le garanzie occupazionali sono solo quelle riportate nell'ipotesi di accordo - sostengono - esse sembrano largamente insufficienti». In passato l'impatto ambientale della Ferriera - riprende il comunicato - è risultato «pesantissimo» ma la situazione delle emissioni è migliorata e si potrebbe continuare a investire su parchi minerari e bonifiche. «Fedriga si fermi e Patuanelli rifletta», esorta infine la leadership di Open.A favore dell'accordo si è espressa Usb Lavoro privato, che in un incontro con l'informazione ha fatto il punto con Sasha Colautti e Alexander Vecchiet. Fiom Cgil - hanno attaccato gli esponenti "di base" - sfugge al confronto nel merito e risponde a logiche politiche, in questo modo indebolendo il fronte sindacale impegnato nella tutela dei posti di lavoro. Inutile intestardirsi nel difendere l'area "a caldo" destinata alla chiusura, molto più produttivo sarebbe trovare soluzioni tali da evitare traumi occupazionali, ma Fiom preferisce fare la sponda alla politica. Certo - dicono Colautti e Vecchiet - l'intesa va monitorata per non incorrere in un nuovo caso Sertubi. 

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30 dicembre 2019

 

 

«La Slovenia ci dia garanzie sulla tutela della Val Rosandra»

San Dorligo alza la voce e chiede chiarimenti sull'impatto ambientale del cantiere Votata all'unanimità una mozione destinata a governo e Comuni d'oltre confine

SAN DORLIGO. È forte e unanime la richiesta del consiglio comunale di San Dorligo della Valle al governo sloveno e alle amministrazioni locali di Capodistria ed Erpelle-Cosina, di conoscere quale sarà l'impatto ambientale della realizzazione della seconda linea ferroviaria Capodistria-Divaccia sulla Val Rosandra e sul territorio che la circonda. La decisione di rivolgersi alle istituzioni d'oltre confine è maturata nel corso della recente seduta del consiglio, convocata dal sindaco di San Dorligo della Valle, Sandy Klun, su precisa iniziativa del consigliere di opposizione Alen Kermac, capogruppo dei Verdi, che ha presentato una mozione al riguardo. Dopo una discussione, maggioranza di centrosinistra e opposizioni hanno votato compatte su un testo rielaborato nel corso di un breve incontro fra i partiti che sostengono Klun e lo stesso Kermac e che, rispetto a quello originario proposto dall'esponente dei Verdi in lingua slovena, «ha comportato - come ha sottolineato il vicesindaco, Goran Cuk - solo modifiche formali, per adeguare la traduzione in lingua italiana e renderla perfettamente coerente con quella di Kermac».«Nella prospettiva della cooperazione transfrontaliera - si legge nel documento approvato da tutti i consiglieri - chiediamo di conoscere in quale maniera il governo e i due Comuni sloveni interessati intendono rispettare la direttiva Habitat (un documento dell'Ue, che definisce la politica comunitaria in materia di conservazione della biodiversità e che rappresenta la base legale su cui si fonda Natura 2000, ndr) e come mai l'appaltatore non abbia optato per un percorso alternativo, che non influirebbe sull'area del parco e della Riserva naturale della Val Rosandra».In particolare, nel testo approvato si fa riferimento ai rischi che potrebbero derivare, dagli scavi e dal cantiere per il raddoppio della linea ferroviaria, sulle risorse idriche del fiume Risano, del rio Ospo e del torrente Rosandra, e si chiede pure quali provvedimenti di salvaguardia e quali garanzie giuridiche saranno offerti nel caso di impatti negativi del secondo binario sull'ambiente, nello specifico a favore dei cittadini del Comune di San Dorligo della Valle. Infine si chiede al Comune di Erpelle-Cosina di trasmettere all'amministrazione Klun «l'atto con il quale è stata resa possibile la realizzazione dell'intervento su un'area tutelata dalla direttiva europea Habitat, le cui conseguenze potrebbero ricadere direttamente sul territorio di San Dorligo della Valle». 

Ugo Salvini

 

 

Ferriera, quattro sindacati schierati contro la Cgil

Failms, Fim, Uilm, Usb favorevoli a concertare la dismissione. Accusano la Fiom di alimentare «paure e incomprensioni»

In Ferriera si spegne l'area a caldo ma si accende la polemica tra i sindacati. Da una parte gli autonomi Failms, Fim Cisl, Uilm, Usb-lavoro privato. Dall'altra parte Fiom Cgil. A dare fuoco alle polveri, interviene stavolta una nota congiunta stilata dalle sigle favorevoli a chiudere un accordo con il gruppo Arvedi sulla base della dismissione dell'area "a caldo", in cambio di una serie di garanzie. Proprio su questa differente impostazione le quattro organizzazioni sindacali, schierate lungo uno schieramento dal marcato tratto "trasversale", attaccano frontalmente Fiom Cgil: il messaggio è inequivocabile già dal titolo del comunicato «Fiom Cgil difende l'area a caldo, non i lavoratori. Basta strumentalizzazioni dell'accordo sindacale».Le quattro sigle rilevano lo «stillicidio di assurdità» sul possibile accordo che si va profilando con l'azienda, in quanto Fiom Cgil - a loro giudizio - starebbe creando «paure e incomprensioni a regola d'arte», al fine di innalzare «strumentalmente una vera e propria cortina fumogena». Come fa poi Fiom Cgil- incalza la nota quadripartita - a sapere di cosa si parla, dal momento che in occasione dell'ultimo incontro ha abbandonato il tavolo prima che la discussione iniziasse. La quadruplice alleanza spiega inoltre gli «elementi di garanzia» che saranno formalizzati nel redigendo accordo di programma: rioccupazione di tutti i lavoratori dell'area a caldo, maggiori tutele per i contratti dei precari in scadenza a breve, applicazione di una cassa integrazione ammorbidita attraverso rotazioni, anticipi, maggiorazione della quota prevista per legge. L'area a caldo sarà chiusa il 31 gennaio 2020. Il piano industriale, che dovrebbe essere votato dalle maestranze il 7 gennaio, prevede la bonifica della zona interessata, rilancio della logistica, riconversione della centrale elettrica, rafforzamento del laminatoio, la possibilità di installare una linea di ricottura. Arvedi ci metterà 180 milioni e si dà due anni per realizzare il piano. Stamane alle 11 Usb ne parlerà nella sede di via Ponziana. Sul piano politico da rilevare l'intervento di Antonella Grim (Italia viva), che contesta motivi e modalità della chiusura dell'area a caldo, scrivendo in una nota «di giacobinismo ambientale che porterà Trieste a privarsi di un altro pezzo di produzione industriale nazionale».

Massimo Greco

 

 

La Sala Tripcovich col sipario goliardico Salvarla? Un paradosso - l'analisi di Gianni Contessi, professore ordinario fuori ruolo di Storia dell'arte contemporanea, Università di Torino

Continua il dibattito sul futuro dell'ex stazione delle autocorriere "blindata" dal Ministero ma non ci sono elementi per considerarla neanche reperto di archeologia industriale

Come docente triestino di Storia dell'arte contemporanea nelle università italiane e curatore della mostra su Umberto Nordio alla Triennale di Milano (1981), vorrei intervenire per riflettere sulla questione Sala Tripcovich. Procederò per punti, per rendere il più chiaro e schematico possibile il mio pensiero. Punto primo. Nel catalogo delle opere dell'architetto Nordio realizzate negli anni Trenta del Novecento, la Stazione autocorriere non è edificio di particolare pregio, al contrario di ben più riuscite costruzioni, come la Stazione marittima, il Museo del Risorgimento, la palazzina ex Onmi, la casa Zelco e la casa Ras. Punto secondo. Il destino dell'architettura è reso precario da manomissioni e distruzioni; valga per tutti il caso di Bernini che, a Roma, non esitò a eliminare il palazzo Branconio dell'Aquila di Raffaello. Sono risaputi il prolungato utilizzo del Colosseo come cava di pietra e le superfetazioni gravanti sul Teatro di Marcello. A Trieste a fine Ottocento venne serenamente demolita villa Murat. In anni recentissimi la parte meno antica della sede del Corriere della Sera, opera di qualità di Alberto Rosselli, è stata molto modificata da Vittorio Gregotti. Gli uffici triestini del Lloyd Adriatico di Luciano Celli hanno cambiato radicalmente i connotati come sede del gruppo Allianz.Non pertanto si vuol sostenere che l'architettura debba necessariamente subire gli oltraggi degli umani e quelli non meno umani della storia, ma che la misura dell'autorialità non è di per sé un valore assoluto. Il già citato "palazzo" Ras, lavoro fra i più raffinati di Nordio, impreziosito da interventi di Achille Funi, Felicita Frai e Ugo Carà, ha subito in anni non lontani affronti gravissimi nell'indifferenza dei più. La stessa ex stazione autocorriere, per come si presenta oggi, non può più essere considerata opera originale e "autentica" di Nordio. Retrospettivamente, ciò che giustificherebbe un vincolo sarebbe la sopravvivenza dello spazio che ospitava, entro apposite corsie, coincidenti con le tipiche saracinesche a carrucola, le corriere di linea, ben più piccole di quelle odierne. Però tutto questo e il resto dei servizi connessi sono stati eliminati per realizzare la pur utile e, allora necessaria, Sala Tripcovich, grazie alla generosità del maestro de Banfield, cui va la riconoscenza della città. Punto terzo. Si ribadisce, dunque, che al momento non sussistono neppure gli elementi caratteristici propri di una sorta di "archeologia industriale" di cui la stazione, garantita nella sua integrità, sarebbe stata testimonianza. Punto quarto. Per quanto concerne l'atto mecenatesco di Raffaello de Banfield, non sarebbe difficile individuare opportuna forma di onoranza (busto? targa? intitolazione? nel Teatro Verdi, di cui fu brillante direttore artistico). Sempre che una cosa del genere non sia già stata fatta. Non ci si può nascondere che la Sala Tripcovich, sebbene dotata, come dicono, di magnifica acustica, è stata prodotto della fretta e di stanziamenti limitati, come attestato dalla evidenza incresciosa dell'impiantistica. Si aggiunga che il colore rosato della tinteggiatura e soprattutto il goliardico, mal eseguito intervento pittorico che vorrebbe evocare il tendaggio di un palcoscenico, contribuiscono a svilire la presentabilità dell'edificio. Punto quinto. Il monumento all'imperatrice Elisabetta in origine era situato sul lato della piazza su cui insiste la Sala Tripcovich alias Stazione autocorriere, avendo per sfondo la facciata del Silo. La ricollocazione, una volta eliminata la presenza ingombrante dell'opaco volume di Nordio, non risulterebbe impropria e valorizzerebbe gli accessi monumentali al Porto vecchio, peraltro pensati da Giorgio Zaninovich. Ben inteso sistemando l'intero slargo in modi appropriati. Punto sesto. A prescindere dall'eventuale, ma auspicabile spostamento del monumento all'imperatrice, va considerato che se dovesse prevalere la volontà di mantenere in vita la Sala, essa dovrebbe venire ripristinata secondo un decoro, attualmente e prima, inesistente, dotandola delle strutture che si erano tradotte in superfetazioni disdicevoli a base di containers addizionati al retro del corpo di fabbrica. Il degrado dell'edificio, divenuto sala teatrale, nel tempo si è reso complice di quello complessivo dell'area prospiciente il Silo. Punto settimo. Secondo le norme che regolano la conservazione dei manufatti di interesse storico e/o artistico, essi devono mantenere le tracce delle varie stratificazioni che ne hanno determinato l'assetto. Ciò a volte dà luogo a situazioni stridenti, ma, per dirla brutalmente: "È la Storia, bellezza!". Per rispettare tali norme si dovrebbero paradossalmente mantenere sia le tracce di una stazione autocorriere che non c'è più, sia una sala teatrale da modificare radicalmente. Ricostruire la stazione per come essa si presentava fino a quando è rimasta attiva sarebbe impossibile, ma solo a queste condizioni un vincolo troverebbe qualche giustificazione. Ribadisco: un paradosso.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 dicembre 2019

 

 

Escalation di cinghiali e piogge acide Boschi di rovere a rischio scomparsa

L'allarme degli esperti: «Senza correzioni di rotta tra 30 anni Farneto e Villa Giulia saranno deserti»

Se non si agisce in tempo, nel giro di una trentina di anni si corre il pericolo di veder scomparire i circa 130 ettari di boschi di rovere di Villa Giulia e del bosco del Farneto. Quello che sembra molto tempo in un'ottica umana, è in realtà ben poco dal punto di vista della natura. Questo è l'allarme lanciato da Livio Poldini, professore emerito di Ecologia Vegetale, durante un recente convegno sul tema del valore ecologico del bosco, le particolarità e le emergenze floristiche e faunistiche e le strategie gestionali future per il miglioramento dell'ecosistema forestale, moderato dal giornalista Maurizio Lozei e organizzato dal Comune e dal Museo Civico di Storia Naturale.«Si osserva da tempo che i boschi periurbani, quelli a contatto tra il bosco e la città, non si stanno più rinnovando, ovvero producono ghiande che però non germinano», spiega Poldini. Poiché le roveri hanno un ciclo vitale di circa un secolo e quelle attuali hanno una settantina di anni, questo significa che tra tre decadi gli alberi rischiano di non essere più sostituiti da nuovi esemplari. Le due ipotesi principali sulle cause riguardano le piogge acide provocate dall'inquinamento atmosferico, che penetrano nel terreno e ne causano un inaridimento, e un'eccessiva presenza di cinghiali (determinata anche dal fatto che troppe persone continuino a nutrirli impropriamente), i quali mangerebbero le ghiande prima che possano germinare. Tutto ciò comporterebbe una perdita, oltre che estetica, soprattutto di un importante alleato nella lotta contro i cambiamenti climatici, poiché le superfici verdi sono in grado di assorbire grandi quantitativi di anidride carbonica. «Gli interventi previsti dalla politica non vanno avanti e le foreste restano l'ultima avanguardia. Se non si pone rimedio, si corre pericolo che i boschi decadano e scompaiano», avverte Poldini. Per evitare che questa nefasta circostanza si possa verificare, il dirigente del Servizio Verde Pubblico del Comune, Francesco Panepinto, elenca tre possibili soluzioni che dovrebbero venir adottate: la ricostruzione di un mantello protettivo di cespugli all'esterno del bosco per creare un filtro contro le emissioni delle macchine, la recinzione di alcuni lotti per evitare l'ingresso dei cinghiali, la rinnovazione forzata con giovane piante provenienti dai vivai forestali, anch'esse protette dagli animali con uno scudo. Infine, un quarto "non intervento" sarebbe quello di sospendere nuove urbanizzazioni attorno ai boschi periurbani, per evitare di caricarli di ulteriore stress ambientale. Sul piano dei costi e dei tempi, Panepinto ipotizza che coi ritmi attuali potrebbero essere richiesti circa 15 mila euro all'anno per una decina di anni, i quali potrebbero essere reperiti tra i fondi ministeriali e dell'Unione europea per i progetti legati al verde pubblico. Ma prima di procedere con qualsiasi intervento, sarebbe necessario condurre un periodo di studi di 3-4 anni sulle possibili cause e i rimedi, per il quale potrebbe essere attivato un apposito dottorato di ricerca con l'Università di Trieste grazie al fondo innovazione del Comune. L'assessore comunale ai Lavori e al Verde pubblico, Elisa Lodi, si dice consapevole del problema e dell'importanza di manutenere e valorizzare quello che rappresenta un polmone verde dentro la città. «Come vediamo ogni giorno - afferma Lodi -, andiamo incontro a cambiamenti climatici importanti e l'amministrazione deve essere più attenta su come cambierà il nostro modo di vivere. Gli investimenti futuri si dovranno concentrare su queste modifiche ambientali per essere pronti ad affrontare anche interventi di manutenzione straordinaria».

Simone Modugno

 

 

Sardine pronte a "invadere" piazza Unità in febbraio

Sarà l'evento clou per il movimento. Ieri l'incontro al Knulp per fare il punto Proposta anche una staffetta partendo dalla Risiera il giorno della Memoria

Trieste. Un aperitivo per conoscersi e guardarsi negli occhi pensando a quello che sarà l'evento clou delle Sardine del Friuli Venezia Giulia che vogliono "bonificare" piazza Unità a inizio febbraio. Ieri sera al Knulp si sono incontrati simpatizzanti e rappresentanti del movimento. A spiegare come si muoveranno nelle prossime settimane le sardine sono stati i referenti locali: Ilaria Cecot e Giulia Filingeri che insieme ad Andrea Verona gestiscono le pagine di Gorizia e Trieste, Antonio di Capua per Pordenone, Sofia Giunta di Udine e con la supervisione di Norina Tiussi la fondatrice del gruppo del Fvg. La manifestazione di Trieste sarà l'appuntamento più importante e per questo la volontà è di prepararlo con cura e senza fretta. In questo senso l'agenda troppo piena di Mattia Santori, uno dei fondatori delle Sardine, gioca un ruolo fondamentale visto che fino al 26 gennaio, quando Emilia Romagna e Calabria andranno alle urne per eleggere i nuovi governatori, non ci saranno spazi disponibili. Piazza Unità viene vista come fortemente simbolica visto che è il luogo da cui Benito Mussolini ha proclamato le leggi razziali e per questo da "bonificare".«Dobbiamo tenere alta l'attenzione fino al 26 gennaio - ha sottolineato Cecot - perché il movimento deve essere presente sul territorio. Pensiamo a fare soprattutto iniziative semplici come il "sardinaggio" al mercato spiegando quelli che sono i nostri valori che partono dall'antifascismo e dall'antirazzismo». A parlare di numeri è stato Davide Prisco, triestino di nascita, tra i primi aderenti al movimento in Emilia Romagna e presente al Knulp in qualità di osservatore: «La Lega ha voluto fare leva sull'ignoranza, non può essere questo il nostro Paese. Noi vogliamo rispondere con trasparenza e valori. Se il Carroccio dovesse vincere le elezioni in Emilia Romagna cadrebbe il governo, ma per i sondaggi questo pericolo è al momento lontano con Stefano Bonaccini, del centrosinistra, favorito rispetto a Lucia Bergonzoni, candidata dalla Lega e dal centrodestra». «L'obiettivo delle Sardine - ha aggiunto - deve essere quello di arrivare a 40 mila persone in Fvg perché sappiamo che il movimento vale il 25% anche se non c'è la volontà al momento di fare un partito politico. Oggi siamo al 6% e per questo dobbiamo impegnarci tutti». Di Capua ha sottolineato come sia fondamentale opporsi all'odio sui social evitando assolutamente di fare commenti volgari «perché altrimenti andiamo ad alimentare la "bestia" (lo strumento che usa la Lega per la discussione sul web, ndr). Sarà fondamentale restare compatti, uniti come regione perché così possiamo essere più forti, non dobbiamo perderci». Julia Filingeri ha già annunciato che il prossimo incontro aperto a tutti si terrà il tre gennaio sempre al Knulp alle 17.30: «Portate carta e penna perché avremo bisogno di idee, magari creeremo dei tavoli dedicati al digitale e alla parte creativa». Tante le proposte che sono state lanciate, tra cui una staffetta dalla Risiera di San Sabba a piazza Unità, magari il giorno della Memoria il 27 gennaio, o la presenza alla fiaccolata per ricordare Giulio Regeni a Fiumicello. «Sono contenta - ha detto alla fine la fondatrice Tiussi - perché in così poco tempo abbiamo visto il movimento crescere». 

Andrea Pierini

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 dicembre 2019

 

 

Stop all'altoforno a Servola il 1 febbraio Rischio esuberi per quaranta operai

Indicazioni contenute nella bozza di accordo sindacale. In bilico i lavoratori impiegati nella bonifica dell'area a caldo

Doveva essere un piano industriale a esuberi zero, ma l'accordo sindacale impostato a Roma nei giorni scorsi rappresenta un'incognita per quaranta lavoratori che verranno impiegati nella bonifica dell'area a caldo della Ferriera di Servola. L'intesa ne prevede il ricollocamento in un nuovo reparto del laminatoio (la ricottura), ma non è chiaro se questo vedrà mai la luce. Il patto fa così riferimento alla possibilità di incentivi all'uscita e si appella affinché Regione, Comune e Autorità portuale battano un colpo sulla possibilità di assorbire manodopera per vie alternative. Il documento apprestato da Siderurgica Triestina e sindacati attende il via libera dei lavoratori, che si esprimeranno sulla firma il 7 gennaio. Il giorno successivo è fissata ancora ufficiosamente la convocazione al Mise del gruppo di lavoro sull'Accordo di programma, che attende però di conoscere gli esiti della trattativa sui terreni fra azienda e Autorità portuale, nonché l'entità dei finanziamenti da parte del ministero dello Sviluppo economico, che potrebbe chiedere alla Regione di fare la sua parte per chiudere la partita. Il quadro è insomma ancora incerto. L'accordo sindacale parte dal ribadire come sia stata la Regione a volere la chiusura dell'area a caldo e a manifestare «l'intenzione di accompagnare il percorso con misure compensative finalizzate a realizzare la riconversione e la contestuale occupazione della popolazione lavorativa eccedente». L'intesa cita pure la lettera in cui la Regione a fine agosto aveva legato la riqualificazione agli sviluppi della Piattaforma logistica. Una doppia esplicita chiamata in causa della mano pubblica a garanzia (anche finanziaria) del riassorbimento della manodopera e di una riqualificazione che comincerà dal primo febbraio, data di spegnimento dell'altoforno. Il documento recepisce i quattro pilastri del piano industriale: smantellamento e bonifica dell'area a caldo, rilancio della logistica, riconversione a metano della centrale elettrica e potenziamento del laminatoio con aggiunta dei reparti di zincatura e verniciatura, nonché possibilità di installare una linea di ricottura. Senza quest'ultima non potrà essere reimpiegata la stragrande maggioranza dei cinquanta lavoratori impegnati nella bonifica. L'intesa conferma inoltre gli impegni economici dell'azienda: un investimento da 180 milioni, cui potranno aggiungersene 50 in caso si decida di realizzare il forno di ricottura. Arvedi ribadisce di voler provvedere in proprio allo smantellamento e alla bonifica dell'area a caldo, evidenziando come «le operazioni di spegnimento degli impianti inizieranno tassativamente dall'1 febbraio 2020». Per la prima volta si indicano poi i tempi per realizzare il business plan: 24 mesi dalla firma dell'Accordo di programma, con incontri trimestrali delle parti per verificare lo stato di avanzamento. Ma gli interrogativi arrivano sulle conseguenze per i lavoratori. Siderurgica rinnova l'impegno per «la ragionevole salvaguardia dei livelli occupazionali, pur non avendo il gruppo Arvedi alcuna responsabilità nella chiusura dell'area a caldo». Il documento promette in effetti il saldo zero e indica l'obiettivo di passare a Servola da 580 a 417 lavoratori: l'area a caldo perderà tutte le sue 361 unità e quella a freddo passerà da 140 a 338, mentre centrale e logistica manterranno rispettivamente le attuali 41 e 38. Ballano quindi 163 lavoratori: per 66 si procederà con trasferimenti in aziende terze o in altri siti produttivi del gruppo, 58 verranno prepensionati e per i restanti 39 sono previste uscite volontarie con incentivi, a meno che l'impianto di ricottura non ne garantisca l'assorbimento dopo i due anni trascorsi nelle operazioni di bonifica. All'interno dei 163 figurano interinali e tempi determinati, già invitati a valutare il trasferimento nell'impresa Cln di San Giorgio di Nogaro perché, dopo la proroga del contratto concessa su pressione del ministro Stefano Patuanelli, l'impegno è di tenerli al lavoro non oltre il 31 gennaio. L'accordo fissa 24 mesi di cassa integrazione a partire dallo spegnimento dell'area a caldo, ma non fa menzione della promessa maggiorazione degli importi con fondi di Siderurgica. I sindacati assicurano comunque che gli impegni dell'azienda saranno rispettati e inseriti in successive intese. Nel corso della cigs i lavoratori saranno via via riqualificati per le nuove mansioni: la formazione sarà a carico della Regione sul piano organizzativo ed economico. Ma per i firmatari l'impegno della parte pubblica non può limitarsi a questo. Come recita l'accordo, «le parti hanno preso atto che Regione Fvg, Comune di Trieste e Autorità di sistema portuale hanno dato ampie assicurazioni di un proprio diretto e concreto impegno in materia di tutela e valorizzazione dei lavoratori. Le istituzioni formuleranno proposte occupazionali a integrazione, ove necessario, del piano illustrato nell'accordo sindacale». Le proposte dovranno essere avanzate dal gennaio 2021, ma non è chiaro quanto simile previsione sia impegnativa per enti che non firmeranno l'accordo sindacale.

Diego D'Amelio

 

Il pressing sulle istituzioni e la riunione bis con Patuanelli

Rilanciano il pressing sulle istituzioni per limitare il più possibile i danni a livello occupazionale, ma fanno comunque capire di aver imboccato una buona strada. Quella che, salvo imprevisti o incidenti di percorso, porterà alla stipula dell'accordo con Siderurgica Triestina. A pochi giorni dal confronto romano con l'azienda, insomma, Fim Cisl, Uilm, Failms, Usb e Ugl - che pur attendono l'esito delle assemblee dei lavoratori, chiamati ad esprimersi sull'intesa il 7 gennaio - manifestano un cauto ottimismo sull'esito della trattativa.«Abbiamo definito un testo di ipotesi di accordo sindacale che rappresenterà parte integrante del nuovo Accordo di programma per il rilancio della Ferriera di Servola - dichiara Guglielmo Gambardella, responsabile nazionale Uilm del settore siderurgico -. Nel confronto con i vertici di Arvedi al Ministero dello sviluppo economico - continua - abbiamo chiesto chiarimenti, modifiche ed integrazioni al primo testo di ipotesi di accordo proposto nell'incontro della scorsa settimana».«Ad integrazione dell'accordo sindacale - prosegue - abbiamo bisogno che Regione, Comune di Trieste e Autorità Portuale formulino nell'Accordo di programma le dichiarate proposte occupazionali più volte dichiarate rispetto allo sviluppo futuro della logistica dell'area interessata. È necessario - sottolinea - che tutti i lavoratori abbiano la garanzia di una occupazione nel corso dell'attuazione del piano industriale e nella durata dell'accordo. Auspichiamo - conclude - che le istituzioni recepiscano le nostre richieste e le inseriscano nel testo definitivo dell'intesa. Nei prossimi giorni si terrà l'assemblea con i lavoratori per illustrare i contenuti dell'ipotesi di accordo che sarà sottoposta a referendum in prospettiva della convocazione dell'8 gennaio da parte del ministro Patuanelli.

 

«Mancano le condizioni per sottoscrivere l'intesa»

Dopo l'abbandono del tavolo romano la Fiom conferma il no al patto con l'azienda

La Fiom Cgil non firmerà l'accordo sindacale condiviso invece dagli altri sindacati presenti al tavolo organizzato il 23 dicembre al ministero dello Sviluppo economico. Fim Cisl, Uilm, Failms, Usb e Ugl hanno subito manifestato apprezzamento per la mediazione raggiunta con Siderurgica Triestina, in un incontro che ha visto il segretario provinciale della Fiom Marco Relli lasciare invece la sede del Mise dopo aver valutato l'impossibilità di ottenere un'intesa soddisfacente. Il no alla stipula viene espresso ora formalmente dal segretario nazionale Fiom Gianni Venturi, che elenca tutti gli elementi non convincenti del documento. «Pur non condividendo - dichiara Venturi - la scelta della chiusura dell'area a caldo, la Fiom si è detta disponibile a verificare la praticabilità di un piano in grado di fornire prospettive nella cornice più ampia dell'Accordo di programma. Il Piano industriale presentato da Arvedi non ha queste caratteristiche e l'ipotesi di accordo sindacale che ne conferma le scelte non può garantire la certezza della continuità occupazionale di tutti gli addetti». Secondo Venturi, «non ci sono certezze sugli investimenti pubblici e privati; non si sa se si farà la linea di ricottura continua (la scelta industriale più rilevante perché da essa dipende la possibilità di tenere aperta una prospettiva per la produzione dell'acciaio magnetico); non c'è una consistente certezza sullo sviluppo dell'attività logistica; non si sa se la riconversione della centrale elettrica porterà alla costituzione di una nuova società di gestione con conseguente uscita degli addetti dal settore metalmeccanico. Di certo c'è che i lavoratori a tempo determinato e in somministrazione saranno licenziati dal 31 gennaio, se non si troveranno soluzioni in imprese terze».Ecco allora che, per quanto riguarda la Fiom, l'accordo sindacale contiene solo «apprezzabili dichiarazioni di intenti. La Fiom ritiene non esistano le condizioni per sottoscrivere un'ipotesi di accordo sindacale, che tra l'altro rimanda a impegni e soggetti terzi (le istituzioni pubbliche, ndr) non presenti al tavolo della trattativa. Adesso la parola alle assemblee e al referendum dei lavoratori il cui esito sarà, come sempre, vincolante anche per la Fiom Cgil».

 

 

Con MyCicero il bus si paga con un clic

I biglietti orari e giornalieri sono acquistabili via smartphone sulla nuova piattaforma allo stesso prezzo di quelli cartacei

A Trieste si possono acquistare i biglietti per l'autobus con nuovo sistema: l'app MyCicero. Si tratta di una piattaforma nazionale che consente, in pochi clic, di pagare una pluralità di servizi, dai parcheggi ai servizi comunali. Nel capoluogo giuliano, per ora, è collegata a MyCicero solo la Trieste Trasporti. Per usufruire del servizio occorre scaricare l'app MyCicero (disponibile per Android e iOS), cliccare sulle voci trasporti e biglietteria e, solo al primo accesso, scegliere Trieste Trasporti, che poi verrà selezionato automaticamente. Sono a disposizione, allo stesso prezzo del cartaceo, sia i biglietti orari da 60 minuti sia quelli giornalieri, validi fino alla mezzanotte del giorno di emissione. La medesima applicazione può essere utilizzata sull'intero territorio nazionale, poiché vi aderiscono diverse compagnie di trasporto pubblico, come ad esempio Trenitalia e altre società. Molteplici inoltre sono le modalità di pagamento disponibili per saldare il proprio acquisto: oltre che la carta di credito, si possono utilizzare anche il borsellino elettronico ricaricabile, Satispay, Postepay e Sisalpay.La stessa app verrà brandizzata dal primo maggio, quando diventerà operativo il nuovo gestore dei trasporti regionali Tpl Fvg, la società consortile che riunisce le quattro principali aziende del trasporto pubblico locale e che ha vinto la gara europea per la gestione del servizio urbano, extraurbano e marittimo su tutto il territorio.Da ricordare inoltre che, per chi è in possesso di un abbonamento di Trieste Trasporti, non è più necessario che lo presenti in forma cartacea, ma può anche scaricarlo sul cellulare esibendo così il codice QR. Contemporaneamente, dal 1° gennaio, sarà disattivata la possibilità di acquistare biglietti dall'app di Trieste Trasporti (che rimarrà attiva solo per le funzioni di pianificazione del viaggio). Rimane operativo invece il canale di acquisto di biglietti via sms con credito telefonico attraverso l'invio del messaggio "TST" (biglietto orario) o "TSTG" (biglietto giornaliero) al numero 4850850. Il canale sms è attivo al momento solo sulle reti degli operatori Vodafone e Wind3, mentre non funziona sulle reti Tim e su quelle degli operatori virtuali (come Iliad o ho).Il biglietto elettronico, ricorda Trieste Trasporti, deve sempre essere acquistato prima di salire a bordo ed è necessario, prima di iniziare il viaggio, essere già in possesso del messaggio di conferma. In assenza di quest'ultimo si è passibili di sanzione. Il messaggio può non arrivare nel caso il credito telefonico non sia sufficiente oppure se sul dispositivo siano bloccati i servizi a pagamento. Al costo del biglietto acquistato via sms può aggiungersi il costo del messaggio se previsto dal proprio piano tariffario.

Benedetta Moro

 

Fermate, solo il 15% è a norma Mezzi inaccessibili ai disabili

Le pedane ci sono ma spesso non sono utilizzabili. Parte la mappatura delle 1.450 postazioni A inizio 2020 gli enti firmeranno un protocollo d'intesa per risolvere l'annosa questione

Mappare una a una le circa 1.450 fermate dei bus presenti sul territorio provinciale per cercare di renderle il più possibile fruibili alle persone con disabilità. È partito con questo obiettivo il tavolo tecnico convocato dall'assessore alle Politiche sociali Carlo Grilli nelle scorse settimane, a cui hanno partecipato i rappresentanti di Regione, Comune di Trieste - anche con gli assessorati ai Lavori pubblici e all'Urbanistica -, Trieste Trasporti e Consulta territoriale delle associazioni delle persone con disabilità. La riunione ha anticipato il futuro protocollo che i quattro enti firmeranno all'inizio del 2020 per stabilire modi e tempi al fine di riuscire a risolvere, laddove possibile, l'annosa questione delle soste dei bus non conformi alle pedane necessarie per la salita e discesa delle persone con disabilità motorie. Dati alla mano, riportati dalla stessa Trieste Trasporti, si stima infatti che su circa 1450 fermate a Trieste non più del 15% sia a norma. Nonostante tutti i mezzi dell'azienda siano dotati da molti anni di pedane, elettriche o manuali, diversi sono i casi in cui utilizzarle si è rivelato difficile se non impossibile. Questo accade ad esempio quando il marciapiede non c'è o ha un'altezza ridotta che non garantisce la pendenza idonea oppure quando non c'è spazio sufficiente per la movimentazione della carrozzella nell'area di uscita della pedana. Al momento, su una trentina di fermate analizzate - da piazza della Repubblica a piazza Goldoni, da piazza Tommaseo a riva Gulli fino a Villa Opicina -, 22 sono risultate idonee. Saranno coinvolti nell'attività anche i Comuni minori: molte fermate sull'altopiano non hanno un marciapiede e spesso si atterra su uno sterrato. È ovvio però che sarà difficile sanare le aree che hanno una determinata conformazione o che si trovano in zone impervie. Al termine della mappatura, che durerà circa un anno, ogni fermata idonea e non idonea sarà indicata con un apposito simbolo. Con il protocollo d'intesa verrà definita la road map delle attività in corso, le possibili soluzioni e gli investimenti necessari per adeguare le fermate. Le associazioni dei disabili forniranno inoltre un elenco di fermate da modificare per loro prioritarie.«Si continua nel percorso di inclusione con l'obiettivo di rendere protagoniste le persone in qualunque condizione si trovino - ha commentato l'assessore Grilli -. La collaborazione è intensa con l'azienda di trasporto pubblico proprio per trovare giuste soluzioni». «È un argomento che sta particolarmente a cuore - ha commentato l'assessore regionale Graziano Pizzimenti -. Abbiamo risorse per rendere accessibile il servizio Tpl su tutto il territorio. Tutti i nuovi autobus da quest'anno saranno dotati di pedane per l'accessibilità. E anche le fermate saranno adeguate a chi ha problemi di deambulazione».Con l'auspicio di coinvolgere nel protocollo anche la polizia locale, Michele Scozzai, responsabile della comunicazione di Trieste Trasporti, ha aggiunto: «Da parte nostra da tempo ci sono attenzione e sensibilità per i bisogni delle persone con disabilità e non solo per quella motoria, come dimostra la recente installazione del sistema Letismart (su progetto di Marino Attini, ndr), su tutti i mezzi della flotta». «Tra tecnologia e infrastruttura - ha concluso Vincenzo Zoccano, ex viceministro alle Disabilità del governo Conte e consigliere nazionale dell'Unione ciechi e ipovedenti - c'è di mezzo anche la cultura: bisogna capire che dove vive bene una persona con disabilità, viviamo meglio tutti. E non solo: quante mamme con passeggini o anziani avrebbero meno problemi?».Al tavolo ha partecipato Ornella Brogioni, responsabile Malattie rare della Consulta di Trieste, che ha posto l'attenzione su un altro punto: distribuire degli adesivi sui bus per segnalare la presenza anche di quelle persone con disabilità non visibili come l'autismo.

B. M. 

 

«Sosta selvaggia e inciviltà sono il vero problema»

Parcheggiando l'auto sui posti riservati ai mezzi pubblici si impedisce la discesa alle persone affette da difficoltà motorie

Se per adeguare i marciapiedi delle fermate dei bus alle esigenze delle persone con disabilità motorie Comune, Regione, Trieste Trasporti e le associazioni dedicate stanno lavorando ad alcune soluzioni tecniche, al contrario risulta essere ben più difficile educare i cittadini a non parcheggiare le auto sulle soste dei mezzi pubblici. «Pur avendo marciapiedi perfetti e bus funzionanti - osserva Valter Mahnic, giovane triestino costretto a muoversi in carrozzina -, resta comunque un problema quello delle fermate occupate. Chi non ha mai fatto questa cosa? Anch'io l'ho fatta in passato. Lo facciamo perché non ci pensiamo, perché non abbiamo un'educazione civica. Purtroppo qui a Trieste siamo abbastanza selvaggi da questo punto di vista. Eppure tutti siamo contrari ad azioni di questo tipo, però poi nel quotidiano le mettiamo in pratica. Parcheggiando i famosi cinque minuti su una fermata del bus, siamo noi a creare l'inaccessibilità».In questo modo le persone con disabilità motoria sono costrette a scendere o salire alla fermata precedente o successiva. «Un esempio che capita spesso è sulla linea 39 - afferma Mahnic -, davanti al supermercato Lidl alla fine di via Fabio Severo: la fermata è sempre occupata. Anche se il marciapiede è idoneo e quindi abbastanza alto perché la pedana possa poggiarsi con facilità, è la fermata che non è mai fruibile, perché c'è sempre almeno un'auto parcheggiata. Io allora scendo prima o dopo. Non hai alternative. La cosa peggiore è che questo aspetto non è prevedibile. E, nelle giornate in cui il meteo è avverso, invece di cento metri bisogna farne 500. E se va bene, si è in discesa o in piano altrimenti in salita». La conseguenza? «Comportamenti di questo tipo - sottolinea Mahnic - fanno desistere le persone con disabilità a muoversi con i mezzi pubblici. Io per lavoro mi muovo abbastanza e anche per questo mi do da fare affinché ci sia un'attenzione maggiore su questo tema».Per ovviare a questa pratica del parcheggio selvaggio ecco dunque che la Consulta territoriale di Trieste e altre associazioni cercano di organizzare degli incontri per promuovere una maggiore educazione civica. «Ma proporremo anche incontri specifici, magari chiedendo a Trieste Trasporti, sempre attenta alla questione, di distribuire dei cartelli sul bus, come già fatto in precedenza per altre cose». -

B. M. 

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27 dicembre 2019

 

 

Nel 2020 in arrivo il bonus facciate: sconto fiscale al 90%

Investimenti per quattro miliardi, prorogati gli altri incentivi Sgravio del 50% per le ristrutturazioni fino a 96mila euro

TORINO. Secondo le stime della relazione alla legge di Bilancio l'introduzione del bonus facciate dovrebbe mettere in circolo investimenti per quattro miliardi di euro, secondo l'Ance, l'associazione dei costruttori sarà almeno di 2,8 miliardi l'anno. Si tratta, in ogni caso, di un intervento di stimolo importante per il comparto dell'edilizia come ha dimostrato lo sconto fiscale per l'efficientamento energetico che ha generato investimenti privati per 3,3 miliardi. Si vedrà. Quel che è certo, però è che dal 1° gennaio per i lavori edilizi realizzati dai proprietari di appartamenti per migliorare l'efficienza degli esterni degli immobili è prevista una detrazione fiscale del 90% spalmata su dieci anni. Per il 2020 il governo ha deciso di confermare anche gli altri interventi di sostegno al settore dell'edilizia attraverso il sistema degli sgravi compreso il bonus verde previsto nel decreto Milleproroghe appena approvato dal Parlamento. Le facciate - Il nuovo bonus avrà un importo par al 90% dei lavori documentati realizzati nel 2020 relativi agli interventi di rifacimento delle facciate degli immobili con l'obiettivo produrre effetti immediati sull'occupazione nel settore edilizio, sul decoro urbano e sulle entrate fiscali. Ci sono però dei limiti. Lo sconto fiscale riguarderà solo gli edifici esistenti e ubicati nelle zone ad alta densità urbana, in pratica in centro e nelle aree periferiche di grandi e piccole città ma sono escluse le aree a scarsa densità urbana. Gli interventi per pulitura e tinteggiatura saranno interamente detraibili al 90% ma sono esclusi i lavori per la sistemazione delle grondaie, dei cavi esterni e degli infissi. Ristrutturazioni - Il bonus ristrutturazioni dà diritto ad ottenere uno sgravio anche per l'acquisto dei mobili. Il governo ha deciso di prorogare al 2020 una detrazione del 50% fino a lavori per 96 mila euro e dello stesso importo per l'acquisto di mobili fino a 10 mila euro. Ecobonus - Confermato anche il bonus per i lavori di efficientamento energetico. Le regole non cambiano e anche le due aliquote di detrazione 65% e 50%, in questa categoria rientrano gli interventi per infissi e schermature solari e il cambio della caldaia esistente con una a condensazione. Giardini - Si tratta di una detrazione del 36% fino a cinquemila euro per lavori di sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili. Il sisma bonus (sgravi fino all'85%) per la messa in sicurezza degli edifici è valido fino al 31 dicembre 2021 e sono già state stanziate le coperture relative. -

Maurizio Tropeano

 

 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO - GIOVEDI', 26 dicembre 2019

 

 

Raccolta differenziata, dalle lampadine agli scontrini: i 10 errori più comuni da evitare

I consorzi si occupano solo del recupero degli imballaggi, eppure nella raccolta della plastica finiscono spesso giocattoli, cannucce, addirittura scarpe da ginnastica. Corepla: "Differenziare bene è il primo passo necessario per far partire l’economia circolare". Guida pratica in dieci punti

Pranzo della domenica, pasticcini in tavola: ma il vassoio poi, dove si butta? E lo scontrino della pasticceria? E un bicchiere di cristallo rotto? Fino a che si tratta di riconoscere vetro, carta e plastica è tutto semplice, ma nella vita quotidiana può capitare di essere in dubbio di fronte ai bidoni della spazzatura. “Il cittadino spesso è confuso sulla raccolta differenziata anche perché ogni Comune ha le sue regole”, spiega Antonello Ciotti, presidente di Corepla, il consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica. “I Comuni ricevono circa 350 milioni ogni anno come ricompensa per il loro impegno. La cosa più importante è la sensibilizzazione del cittadino: se le persone non sono motivate a fare bene la differenziata, noi facciamo il doppio del lavoro. Differenziare correttamente i rifiuti può essere impegnativo, ma è il primo passo necessario per far partire l’economia circolare”. Guida pratica ai dieci errori da evitare.

1 - TAPPI DI BOTTIGLIA - Le bottiglie sono l’oggetto più comune in plastica, quello che viene immediatamente associato al riciclo, eppure, c’è un errore che si commette spesso: «Il tappo va lasciato attaccato perché i lettori ottici stabiliscono cos’è PET (la bottiglia) e cos’è PP (il tappo). Se il tappo viene gettato separatamente, essendo molto piccolo, rischia di finire nelle maglie dei macchinari e di perdersi». spiega Antonello Ciotti, presidente di Corepla. «Le bottiglie poi non andrebbero schiacciate dall’alto verso il basso, ma vanno spianate nel senso della lunghezza, tipo sogliole».

2 - GIOCATTOLI - Per legge, i consorzi si occupano solo del recupero degli imballaggi, quindi bottiglie, flaconi, contenitori, dispenser, buste e simili. Nient’altro – se non esplicitamente specificato nelle linee guida che ogni Comune fornisce ai cittadini – può essere gettato nel sacco della raccolta plastica. «Per legge possiamo occuparci solo di imballaggi, anche se abbiamo già avanzato la proposta di cominciare a riciclare tutti i tipi di plastica», aggiunge il presidente di Corepla. «Ma il 10% di ciò che viene gettato non è un imballaggio, ed è un problema: spesso troviamo giocattoli e perfino le scarpe da ginnastica».

3 TETRAPAK - Usato per le confezioni di bevande e succhi di frutta, il Tetrapak è composto da diversi materiali diversi: cartoncino, un sottile foglio di alluminio e vari strati di polietilene. Per questo motivo, ogni Comune ha le sue regole e a quelle bisogna far riferimento: alcuni prevedono di raccoglierlo con la plastica, altri con la carta. In questo secondo caso, va da sé, bisogna togliere il tappo e l’anello di plastica.

4 CANNUCCE - Dal 2021 saranno bandite per legge, nel frattempo si stanno facendo notevoli sforzi per ridurle: McDonald le ha eliminate dai suoi ristoranti, molti bar le hanno sostituite con l’alternativa in cartoncino, metallo o con uno zito (sì, proprio la pasta). Quelle ancora in circolazione, però, non devono essere gettate nel sacchetto della plastica perché non sono imballaggi. Stessa regola vale per pennarelli, penne, spazzolini e tutti gli altri oggetti in plastica che non sono imballaggi: va tutto nell’indifferenziato.

5 - SCONTRINI - La carta più usata per gli scontrini fiscali è la carta termica, quella del rotolo bianco dei registratori di cassa. Al loro interno dei componenti che reagiscono al calore, quindi vengono considerate non riciclabili e non vanno buttate insieme al resto della carta. Per riconoscerle, consiglia il sito del consorzio Comieco, basta scaldarle: se anneriscono sono carte termiche. Ovviamente il discorso non vale per fatture e ricevute stampate su carta normale, che possono essere tranquillamente gettati insieme a giornali e quaderni.

6 - BIGLIETTI - A differenza degli scontrini, i biglietti del treno sono stampati su carta, perciò possono essere riciclati insieme alle riviste e ai giornali. Ma per essere ancora più ecologici, l’ideale è passare al biglietto elettronico, quando si può, conservandolo in formato digitale sullo smartphone: gli alberi ringraziano.

7 - LAMPADINE - Alogene, a basso consumo, led – le lampadine sono tutte diverse, ma hanno una cosa in comune: non vanno gettate con il vetro. Ognuna, per via dei suoi componenti, ha una catalogazione diversa e segue un diverso percorso: per evitare di sbagliare, si può consultare il sito di Ecolamp o del centro di coordinamento RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche). In particolare, le lampadine a risparmio energetico (led compresi) non vanno smaltite neppure nell’indifferenziato: vanno riportate nei punti vendita o alle isole ecologiche.

8 - CARTONE DELLA PIZZA - Il cartone della pizza si butta nel contenitore di carta e cartone solo se è completamente pulito, avverte Comieco, il consorzio che si occupa della raccolta della carta. Ma è difficile che la pizza non lasci macchie: bisogna allora verificare cosa prevede il proprio Comune, che stabilisce se il cartone sporco vada nell’indifferenziato o nell’organico. Stesso discorso per il cartoccio del fritto e il sacchetto in carta dei pop corn. A proposito di peccati di gola: il vassoietto dorato dei pasticcini può essere gettato nel bidone della carta senza sensi di colpa (se non per la linea).

9 - CRISTALLO, SPECCHI E PYREX - Sono i falsi amici del vetro: viene spontaneo associarli a bottiglie e vasetti, ma hanno caratteristiche chimiche diverse e quindi non devono essere mischiati. Il Pyrex è un vetro borosilicato trasparente con cui vengono fatte pirofile e teglie da forno: avendo una più alta resistenza al calore crea difetti nelle operazioni di fusione per ridare forma al vetro. Si dice che rompere uno specchio porti sfortuna, di sicuro gettarne i pezzi nel bidone del vetro fa male all’ambiente. Stesso discorso per il cristallo, che, come spiega il consorzio per il riciclo del vetro Coreve, è più brillante e sonoro del vetro per via del suo alto contenuto di piombo, metallo pesante che può essere pericoloso se disperso nell’ambiente.

10 - LENTI A CONTATTO - Quella di gettare le lenti a contatto nello scarico del lavandino è un’abitudine tanto diffusa quanto dannosa. Essendo morbide e molto flessibili, difficilmente vengono ‘trattenute’ nelle operazioni di filtraggio delle acque reflue e finiscono spesso in mare. Qui, come succede con tutto l’inquinamento da plastica e microplastiche, i frammenti – che spesso funzionano da spugne e assorbono altri inquinanti a cui sono stati esposti – possono essere ingeriti dai pesci e entrare nella catena alimentare.

 

 

ILBLOG DI BEPPE GRILLO - GIOVEDI', 26 dicembre 2019

 

 

L’economia è una forma di danno cerebrale - L’economia convenzionale è una forma di danno cerebrale (David Suzuki)

“Gli economisti dicono: «Se disboschi le foreste, prendi i soldi e li metti in banca, potresti farci il 6%, il 7%, se disboschi le foreste e investi in Malaysia e in Nuova Guinea puoi farci il 30%, il 40 % ».  Quindi chi se ne frega della foresta, buttala giù e investi i soldi altrove. Quando saranno andate investi in pesci, finiti i pesci investi in computer. Il denaro non ha un significato reale e ora cresce più velocemente del mondo reale, l’economia convenzionale è una forma di danno cerebrale. L’economia è talmente disconnessa dal mondo reale, è distruttiva. Ad un corso introduttivo di economia il professore vi mostrerà delle slide sull’economia durante la prima lezione ed è impressionante sapete, materie prime, processi di estrazione, vendita all’ingrosso, vendita al dettaglio, queste frecce che vanno avanti e indietro, cercano di impressionare perché sanno bene che l’economia non è una scienza, cercano di fregarci e farci credere che lo sia, ma non lo è. L’economia è un insieme di valori che poi loro cercano di usare con equazioni matematiche pretendendo che sia una scienza. Ma se chiedi all’economista: “In quell’equazione dove metti lo strato di ozono? Dove metti le falde acquifere profonde come l’acqua fossile? Dove metti il terriccio e la biodiversità?” la loro risposta è “oh quelle sono esternalità”. Beh, allora potresti essere anche su Marte, quell’economia non si basa su qualcosa di simile al mondo reale; è la vita, la rete della vita che filtra l’acqua nel ciclo idrologico, sono i micro-organismi del suolo che creano il terreno sul quale facciamo crescere il nostro cibo. La natura fornisce ogni tipo di servizio, gli insetti fertilizzano tutte le piante in fiore, questi servizi sono vitali per la salute del pianeta, l’economia chiama tutto questo esternalità, è follia!”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24 dicembre 2019

 

 

Crolla una parete sopra Strada del Friuli "Mare" di fango e massi sfiora una casa

I detriti si sono staccati dopo le recenti precipitazioni e hanno invaso il giardino di una villa. Sfollati padre, madre e due figli

«Erano circa le nove e un quarto di sera, a un tratto abbiamo sentito un boato da far gelare il sangue nelle vene...». Edda Macovaz e Silvio Pentrella, moglie e marito, stavano cenando tranquillamente con i due figli nella loro villetta monofamiliare di Strada del Friuli 171/1. Quel rumore era un pezzo di monte precipitato improvvisamente in giardino, a qualche metro di distanza dalla casa. «Ci siamo affacciati alla finestra con una torcia... un disastro», raccontano i due coniugi. Ciò che vedono è un cumulo spaventoso di terra, fango e pezzi di roccia grandi tanto quanto intere automobili. Settanta metri cubi di detriti, secondo le prime stime, franati come pasta frolla. L'intervento dei Vigili del fuoco, domenica sera, è stato immediato. I pompieri hanno fatto evacuare la villetta e hanno transennato l'intera area. Ma con il buio, nonostante i potenti fari puntati sul punto del crollo, poco si poteva fare. Il sopralluogo tecnico per valutare i danni e il rischio di altri pericolosi smottamenti è stato dunque rimandato all'indomani. La famiglia ha dovuto trascorrere la notte in albergo. I residenti delle abitazioni attorno, vicini di casa della famiglia Macovaz-Pentrella, dicono di non essersi accorti di nulla domenica sera. Ieri mattina sul posto si sono dati appuntamento i funzionari dei Vigili del fuoco e del Comune, tra cui il geologo Giorgio Tagliapietra e l'ingegner Roberto Rovatti. Con la luce del giorno la gravità della situazione è apparsa decisamente più chiara: il crollo, come constatato dagli esperti, è dovuto alla pioggia di questi giorni. La frana ha letteralmente divelto la rete metallica che era stata installata sulla parete del monte all'epoca in cui la famiglia è venuta ad abitare in Strada del Friuli, vale a dire nel 2015. Anzi, quell'anno erano stati gli stessi proprietari della villetta a commissionare a una ditta il posizionamento della rete, proprio per evitare la caduta di pietre e detriti. Ma domenica sera non sono precipitati sassolini. «Una cosa del genere non era mai accaduta prima», commenta la signora Macovaz. Il rischio di altri smottamenti c'è, anche se il materiale franato in giardino e la parete di terra e roccia che lo sovrasta sembrano stabili. Non si sa ancora quando l'area sarà agibile. La famiglia, questo è certo, al momento non può abitare lì. «Escluso», dice uno dei funzionari intervenuti ieri mattina. Mamma, papà e figli ieri sono stati accompagnati dai Vigili del fuoco a prendere le proprie cose. Dovranno trascorrere il Natale lontani da casa.

Gianpaolo Sarti

 

«Terreno reso troppo pesante dall'ultima pioggia Ma 4 anni fa un fenomeno così non era ipotizzabile»

L'analisi del geologo che nel 2015 progettò la rete di protezione a monte «Si è verificata in qusto caso un'importante compressione in profondità»

Ieri mattina, all'indomani della frana, sul posto c'era anche il geologo della ditta che in passato aveva progettato la rete di protezione per la parete crollata, Fabio Bosso. Era il 2015, ricordano i due coniugi proprietari della villa, Edda Macovaz e Silvio Pentrella. «Avevamo fatto mettere quella rete proprio per una questione di sicurezza - spiegano - in modo da evitare che si staccassero pezzi di roccia, come ogni tanto succedeva». Era stato quindi Bosso a occuparsi della rete metallica. «Nell'anno del nostro intervento - ripercorre il tecnico - il pendio si presentava stabile». Stavolta, con le abbondanti piogge di questi giorni, il sistema di protezione non è riuscito a contenere la pressione esercitata dall'acqua nel terreno e la forza del volume che si è creato. «Un volume che era difficile da individuare nell'anno in cui siamo intervenuti noi», precisa il geologo. Il tecnico ieri ha preso parte al sopralluogo assieme ai funzionari dei Vigili del fuoco e del Comune di Trieste per valutare la situazione. «Attualmente il quadro appare stabile, perché in realtà quello che doveva crollare è crollato», spiega l'esperto. Nonostante ciò, la famiglia non può ancora far ritorno a casa. I tecnici dei Vigili del fuoco e del Comune non hanno dato il via libera. E ieri, in serata, una breve nota dei pompieri confermava la decisione presa: «A seguito dei sopralluoghi effettuati - si legge nel comunicato - permangono le condizioni di inagibilità dell'abitazione di Strada del Friuli coinvolta dalla frana». Bosso, è già riuscito a farsi un'idea precisa su cosa è effettivamente accaduto domenica sera qui in Strada del Friuli?Stiamo facendo le dovute valutazioni. Comunque non ci sono molti dubbi su cosa ha causato la frana: la pioggia di questi giorni. Tecnicamente cosa succede nel terreno?La pioggia appesantisce il terreno, creando delle pressioni che provocano la frana. Questa zona di Strada di Friuli può essere considerata a rischio?In realtà ci sono molti punti della città considerati a rischio frana, come si è visto in altri casi. Ma qui, per questa villetta che è proprio sotto al punto che è crollato, al momento c'è un ulteriore pericolo di frana?Attualmente la situazione appare stabile, perché in realtà quello che doveva crollare è crollato. Nel 2015, l'anno in cui la famiglia proprietaria della villetta è venuta ad abitare in Strada del Friuli, la sua ditta ha progettato le reti istallate sulla parete. Come mai non hanno tenuto?Si è creato è un volume molto più importante rispetto a quanto possono reggere le reti: in questo caso si è verificata una compressione in profondità. Quindi le reti non sono riuscite a contenere la forza del volume. Un volume che era difficile da individuare quando siamo intervenuto noi: quell'anno il pendio si presentava stabile. L'intervento era stato fatto perché dalla parete ogni tanto si staccavano dei pezzi di pietra. L'ho progettata io questa rete. All'epoca, ripeto, non era ipotizzabile un fenomeno di questo genere, altrimenti avremmo predisposto un'altra tipologia di intervento.

G.S.

 

Muggia intanto torna sott'acqua Oggi un'altra giornata "critica"

L'allerta meteo, a Muggia, continua. Anche stamane, infatti, la Protezione civile effettuerà una ricognizione pressoché continua lungo il litorale, poiché è prevista un'altra volta l'alta marea. Negozianti ed esercenti che gestiscono attività collocate in prossimità delle Rive sono dunque chiamati a un'ulteriore giornata di «estrema attenzione», in quanto l'alta marea potrebbe provocare nuovamente disagi e danni. Ieri il livello del mare ha superato la soglia di guardia, arrivando fino al Mandracchio e inondando i locali più esposti. Fortunatamente le "difese" erano state predisposte per tempo, perciò le conseguenze sono state molto ridotte. «Dobbiamo richiamare tutti alla massima attenzione possibile, anche se siamo alla vigilia del Natale - ha detto il sindaco Laura Marzi - perché le previsioni sono pessime e le condizioni meteo potrebbero mettere tutti in difficoltà. Finora il sistema di difesa ha funzionato - ha aggiunto la prima cittadina - ma sarà fondamentale continuare su questa linea di estrema attenzione, perché non si può mai prevedere nel dettaglio cosa può accadere. Non vogliamo creare eccessivi allarmismi - ha sottolineato il sindaco di Muggia - ma mantenere alta la soglia di attenzione sarà necessario».Insomma: fino a domani, il giorno di Natale, a Muggia tutti coloro che vivono e lavorano lungo il litorale faranno bene a prestare appunto la massima attenzione alle condizioni meteo e ad adottare tutte le contromisure possibili in caso di necessità. Per il fine settimana è previsto un miglioramento, perciò si potrà allentare l'attenzione, ma almeno fino a venerdì sarà indispensabile dare un'occhiata alle previsioni e ai siti che garantiscono un costante monitoraggio della situazione meteo generale. Poi si comincerà già ad analizzare la situazione in previsione del Capodanno.

Ugo Salvini

 

 

FERRIERA - Arvedi apre a due anni di cassa più "ricca"

Sindacati e azienda vicini alla chiusura dell'accordo sulla riconversione. Fiom fuori dal coro. A giorni il referendum tra gli operai

Proprietà e sindacati (a eccezione della Fiom) escono dalla sede del Mise ottimisti sulla possibilità di chiudere a breve l'accordo sindacale relativo alla riconversione della Ferriera di Servola. Il confronto si conclude a metà pomeriggio con l'intesa di scambiarsi oggi stesso una versione definitiva dell'intesa, che entro i primi giorni di gennaio dovrà essere votata dai lavoratori dello stabilimento e approvata dal cda del gruppo Arvedi, prima di venire allegata all'Accordo di programma che sarà a questo punto firmato con ogni probabilità a gennaio. Mercoledì 8 è già fissato un nuovo incontro al ministero, stavolta nell'ambito del gruppo che lavora alla stesura del nuovo Adp. Al ministero dello Sviluppo economico si confrontano ancora una volta soltanto azienda e sindacati. La Regione è assente nonostante la disponibilità dell'assessore Alessia Rosolen e la richiesta delle rappresentanze dei lavoratori, ma non si tratta di una scelta della giunta Fedriga, che semplicemente non risulta nemmeno stavolta invitata alla trattativa. Nell'ultima assemblea in fabbrica i lavoratori avevano dato mandato ai sindacati di proseguire nel confronto a patto di chiarire una serie di punti ritenuti dirimenti ed è quello che Fim, Uilm, Usb e Fialms ritengono sia avvenuto ieri. Di avviso ben diverso la Fiom, il cui delegato Marco Relli abbandona il tavolo anzitempo, non accettando l'assenza della Regione e contestando alla base la chiusura dell'area a caldo, come già avvenuto nel corso della riunione precedente. Le altre sigle sono invece soddisfatte dell'esito del confronto aperto con l'ad del gruppo Arvedi Mario Caldonazzo, a sua volta ottimista dopo i passi avanti fatti. I sindacati evidenziano di aver ricevuto sufficienti garanzie sull'assenza di esuberi come esito della riconversione, sul futuro dei cinquanta dipendenti che saranno impegnati nelle bonifiche, sul ricorso agli ammortizzatori sociali e sulle clausole di salvaguardia da far scattare qualora il piano industriale non rispettasse gli impegni. Di particolare rilievo l'impegno dell'azienda sul fronte della cassa integrazione, che dovrebbe durare due anni, essere aumentata a spese di Siderurgica e poggiare su una rotazione al 100%, in modo da garantire a tutte le maestranze i salari più alti possibile. Positiva la valutazione della Fim Cisl: per Umberto Salvaneschi, «si è andati molto avanti e le nostre richieste sono state accolte, ma nulla si farà senza il referendum dei lavoratori. Ora serve un tavolo territoriale per impegnare Regione, Autorità portuale e Comune su livelli occupazionali e formazione». Antonio Rodà della Uilm conferma «l'ipotesi di accordo raggiunta, chiarendo aspetti su occupazione e cassa integrazione: stiamo valutando la data per convocare i lavoratori». Sasha Colautti per la Usb evidenzia che «l'incontro è andato piuttosto bene e ci sono solo le virgole da limare, ma deve essere l'Accordo di programma a blindare la riconversione e a garantire il ruolo delle istituzioni». La Fiom è l'unica voce critica: per Marco Relli «l'azienda si impegna su esuberi zero ma non sappiamo se significa essere assunti a Cremona».

Diego D'Amelio

 

 

Tripcovich, la "sfida" di Dipiazza Accesso agli atti, pronta l'istanza

Il Comune si prepara ad acquisire il documento col "no" ministeriale all'abbattimento Poi deciderà quali carte giocare: dal pressing politico al ricorso gerarchico fino al Tar

Roberto Dipiazza ha dichiarato che farà richiesta di accesso agli atti, per ottenere dalla Soprintendenza la documentazione che spiega il "niet" all'abbattimento di sala Tripcovich, diniego espresso dalla direzione generale Archeologia-belle arti-paesaggio del Mibac. Tutto avviene secondo copione amministrativo: infatti la Soprintendenza si è limitata a informare il Comune che il ministero aveva espresso parere negativo riguardo il venir meno del vincolo a protezione dell'ex stazione delle autocorriere. Ma, trattandosi di corrispondenza all'interno di uno stesso ambito della pubblica amministrazione, il Municipio deve attivare l'accesso agli atti per poter leggere la missiva spedita dalla Direzione ministeriale al suo organo periferico. D'altronde il tema, ovvero il vincolo su un bene culturale, non è competenza del Comune, che, solo una volta ottenuta ed esaminata la documentazione, valuterà il da farsi per raggiungere l'obiettivo dell'abbattimento. Dunque, il Municipio avrà modo di pensare quale sarà la strada più opportuna da imboccare. Le ipotesi sul tavolo del sindaco, che aveva accolto molto male le notizie romane, sono più o meno queste: la politica, l'approccio alla direzione, il ricorso gerarchico, il contenzioso amministrativo. Percorrere i canali della politica verso il ministro "dem" Dario Franceschini, casomai chiedendo una mano al collega triestino Stefano Patuanelli, è un argomento al vaglio, che consentirebbe di sbrigare la pratica senza impelagarsi negli iter burocratici o nelle pandette. Altrimenti, si potrebbe tentare di convincere il neo-direttore Archeologia-belle arti-paesaggio, l'architetto Federica Galloni, insediatasi pochi mesi fa in seguito alla quiescenza di Gino Famiglietti: ha richiamato la coerenza con il vincolo imposto a metà dello scorso decennio, bisognerebbe spiegarle - come per la verità ha già provato la Soprintendenza - come alcune cose, da piazza Libertà al Portovecchio, siano cambiate rispetto ad allora. Terza carta da calare sarebbe il ricorso gerarchico, ovvero rivolgersi al superiore dell'architetto Galloni, il neo-segretario generale del ministero Salvo Nastasi, esperto navigatore nelle acque del dicastero, dove è stato capo-gabinetto "trasversale" con Sandro Bondi, Giancarlo Galan, Lorenzo Ornaghi, per poi approdare a palazzo Chigi in era renziana. Ulteriore chance - probabilmente ritenuta extrema ratio - il ricorso al Tar. Asfaltare la Tripcovich è una profonda convinzione di Dipiazza che, non a caso, ci provò - invano - anche durante il secondo mandato nel 2007. Stavolta sembrava fatta, perchè la Soprintendenza, in un'ottica di valorizzazione dello spazio urbano, aveva accettato che il terminal disegnato da Giovanni Baldi e Umberto Nordio fosse ablato dalla cartolina dell'ingresso a Porto vecchio. 

Massimo Greco

 

La Sala Tripcovich rovina l'armonia di piazza della Libertà - la lettera del giorno di Nicolò Zuffi

Ho vissuta come un fulmine a ciel sereno, una sorta di "pugnalata alla schiena", la decisione del Ministero dei beni archeologici e culturali, d'impedire la demolizione della Sala Tripcovich, l'ex Stazione autocorriere, nonostante il parere favorevole della locale Soprintendenza. Pur essendo stato progettato dall'architetto Nordio, ritengo che l'edificio costituisca un'autentica stonatura. È una struttura risalente al 1935, tra i primi in cemento armato, che a mio parere ricorda un capannone industriale senza alcun pregio architettonico. Credo che s'inserisca male nel contesto di grande pregio degli edifici ottocenteschi che si affacciano su piazza della Libertà, firmati da famosi architetti quali Hansen, Schachler, Gross, Scalamini-Zabeo (Palazzo Economo), H. Fertel (Stazione), G. Bruni (Palazzo Miller).Per quanto non sempre condivisibile (vedi ad esempio l'abbattimento degli alberi), ritengo che questa volta la "battaglia" del sindaco Dipiazza vada sostenuta al 100%, magari organizzando un Comitato che scenda in piazza in modo permanente. L'Esof 2020 è alle porte e i molti visitatori che sono attesi entrando in città da viale Miramare non dovrebbero essere accolti da questa disarmonica struttura, che oltretutto toglie alla vista il pregevole ingresso al Porto vecchio. Nello spazio recuperato troverebbe anche opportuna collocazione la statua di Elisabetta (Sissi) che, attualmente relegata in un angolo cieco, volge la schiena al turista che arrivi dal Castello di Miramare, rimanendo un'illustre "sconosciuta".Non mi resta quindi che sperare che la demolizione di Sala Tripcovich avvenga per altra causa, o che il sindaco di Trieste abbia a riguardo un asso nella manica.

 

 

SEGNALAZIONI - Mobilità urbana - Sarebbero utili altri stalli per bici

Dò atto alle amministrazioni comunali precedente e attuale di avere meritoriamente risistemato i capolinea degli autobus in piazza della Libertà. Purtroppo i 5 precedenti stalli per biciclette antistanti il Silos, già insufficienti prima dei lavori, anziché essere aumentati sono completamente spariti: non si sa dove posteggiare la bici. Vicino ai nuovi stalli per il bike-sharing di spazio ce ne sarebbe in abbondanza per posizionare stalli, forse meno suggestivi di quelli attuali, in acciaio inox ma probabilmente meno costosi.

Bruno Spanghero

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23 dicembre 2019

 

 

Il maltempo non ferma le magliette bianche - il dibattito sul SIN

TRIESTE. Hanno sfidato il maltempo - esponendo lo stesso in piazza della Borsa uno striscione con la scritta "La nostra salute viene prima del vostro profitto" - gli ambientalisti del movimento delle "Magliette bianche". Era infatti in programma anche a Trieste, come in decine di piazze di altre città sedi di Siti di interesse nazionale (Sin), la mobilitazione dei cittadini che si riconoscono in un movimento di base indipendente e non violento, che ne chiede la bonifica. Ai passanti è stato distribuito un volantino con cui si chiede fra l'altro anche una nuova normativa per i Sin, l'inasprimento delle pene per i reati ambientali, studi epidemiologici e un organismo nazionale di controllo.

U.Sa.

 

Muggia, botti di fine anno vietati È l'ora della "tolleranza zero"

L'amministrazione Marzi rilancia il Regolamento che prevede multe fino a 300 euro L'assessore Decolle: «La Polizia locale interverrà laddove non venisse rispettato»

MUGGIA. «Sono vietati l'accensione, il lancio e lo sparo di materiale pirotecnico nelle vie del centro storico e in genere in luoghi frequentati e in prossimità di abitazioni e attività ricettive». Questo il passaggio principale contenuto nel Regolamento di Polizia urbana del Comune di Muggia, che sancisce i doveri da parte dei muggesani sui cosiddetti "botti di fine anno". L'amministrazione Marzi, visto il periodo, sta ricordando in questi giorni ai propri concittadini l'esistenza della normativa in questione anche se il divieto di utilizzare materiale pirotecnico, giova puntualizzarlo, non ha orari né date ma è in vigore per tutto l'anno. Una decisione assunta nove anni fa anche in seguito allo storico episodio del lancio di un razzo che rischiò di trasformarsi in tragedia con un principio d'incendio che interessò Municipio. All'epoca fu l'amministrazione retta dal sindaco Nerio Nesladek a porre rimedio attraverso un'ordinanza specifica, risalente per la precisione al 2010. Nel 2014 il Comune ha poi approvato il nuovo Regolamento di Polizia urbana all'interno del quale - nel titolo II, all'articolo 7, comma 1 - è chiaramente evidenziato come «a tutela della sicurezza e del decoro della città è vietato accendere fuochi o gettare oggetti accesi nelle strade e nei luoghi di passaggio pubblico, nonché sparare mortaretti o altri oggetti pirotecnici, causando pericolo o disturbo alle persone».Le sanzioni per i trasgressori vanno da un minimo di 100 a un massimo di 300 euro, oltre al sequestro del materiale pirotecnico. La decisione di inserire una linea di condotta rigida all'interno del Regolamento di Polizia urbana è stata assunta anche tenendo conto dei grandi problemi che i botti di fine anno provocano agli animali, domestici e non. «È noto a tutti come i soggetti che soffrono maggiormente per i fuochi d'artificio e i petardi sono i cani e in generale gli animali domestici, dotati di un udito estremamente sensibile e quindi facilmente coinvolti da questa tipologia di rumori», spiega in proposito l'assessore alla Polizia locale Stefano Decolle. Secondo accurati studi scientifici pare proprio che il rumore dei petardi provochi un enorme stress emotivo agli amici a quattro zampe, che emerge anche a distanza di diversi giorni. «Al di là del discorso degli animali l'invito che facciamo ai nostri concittadini è quello di rispettare comunque il Regolamento per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani e sul territorio in genere, oltre che la convivenza civile e la coesione sociale», aggiunge Decolle. Insomma, a Muggia le regole sono nero su bianco da tempo. E sull'argomento l'assessore della giunta Marzi promette la mano dura: «Monitoreremo la situazione perché questo passaggio del Regolamento di Polizia urbana è molto importante, anche se sappiamo che grazie alla lungimiranza dei muggesani esso verrà sicuramente rispettato. In caso contrario ci sarà la Polizia locale a intervenire».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 dicembre 2019

 

 

Ferriera, Pd all'attacco «Giochi inaccettabili sulla testa di chi lavora»

«Si stanno facendo giochi inaccettabili sulla testa dei lavoratori della Ferriera, che sono sempre gli ultimi a essere coinvolti quando si decide il loro destino». È la denuncia che arriva in queste ore dal fronte dem con la deputata ed ex governatrice Debora Serracchiani e la segretaria provinciale e consigliera comunale Laura Famulari. «Ci sono delle - spiega in particolare Serracchiani - responsabilità ben precise con soggetti istituzionali ben identificati, ai quali spetta l'obbligo della trasparenza e della tutela del lavoro. Pare invece che tra pezzi del governo e della giunta regionale ci sia una specie di accordo a non intralciare troppo il percorso di disimpegno di Arvedi, che verosimilmente porterà alla perdita di posti di lavoro. Sul futuro dell'area che sarà dismessa - aggiunge la parlamentare - non si sa nulla di veramente sicuro. Piani industriali degni di questo nome non si sono visti, il nuovo accordo di programma che doveva esser fatto entro la fine dell'anno con "un cronoprogramma stringente e condiviso che porti alla sigla del nuovo Accordo di programma", diceva Patuanelli, è ancora pieno di buchi, dall'accordo sindacale ai finanziamenti pubblici a un quadro non vago del futuro sviluppo logistico, inclusivo delle aree di proprietà che Arvedi potrebbe cedere». Per Famulari «non si deve dimenticare che questo imbizzarrimento della situazione è totale responsabilità della giunta Fedriga, che con atti politici sconsiderati ha causato un "effetto domino" che non riesce a controllare. La voglia di chiudere a tutti i costi per portare a casa una medaglia politica senza sapere che fare dopo è il segno di una amministrazione che non guarda oltre il suo naso, pensando solo all'oggi. L'oggi però è fatto di una serie di crisi industriali su Trieste che fanno paura e che - conclude la segretaria Pd - ci fanno pensare con grandissima preoccupazione al 2020, quando sapremo ad esempio che accadrà alla Wärtsilä».

 

 

Piano antenne a Duino Aurisina Via al confronto con i cittadini

Pronta la bozza che indica come prioritarie le aree pubbliche lontane dalle case «Inviteremo i residenti in commissione». Il nodo della nuova rotatoria di Sistiana

DUINO AURISINA. Privilegiare le aree pubbliche, meglio se lontane dalle private abitazioni, come per esempio quelle vicine ai cimiteri. Proporre, laddove possibile, il potenziamento delle antenne già esistenti sul territorio. Garantire una buona ricezione alle zone di maggiore affluenza turistica. Sono queste le principali caratteristiche del Regolamento comunale per l'installazione di stazioni radio- base per la telefonia mobile la cui bozza è stata presentata in occasione dell'ultima seduta che la Commissione consiliare per l'Ambiente del Comune di Duino Aurisina, presieduta da Chiara Puntar, ha dedicato all'argomento. «Si tratta di un tema molto delicato», sottolinea l'assessore comunale all'Urbanistica e alla Pianificazione territoriale Lorenzo Pipan: «È indispensabile, infatti, predisporre questo Regolamento in modo da poterlo presentare alle società interessate. Se l'amministrazione non lo prepara - ammonisce - gli operatori possono fare più o meno ciò che vogliono, rivolgendosi direttamente ai privati, proprietari di terreni adatti ad accogliere i ripetitori, in ragione del fatto che è necessario poter assicurare, in tutte le aree del territorio comunale, un'adeguata copertura».Nel tempo, in effetti, si sono moltiplicate le richieste di residenti e turisti di poter avere a disposizione un idoneo sistema di copertura per la telefonia mobile, perché oramai l'esigenza di poter essere costantemente collegati è sentita in tutte le categorie sociali. «Per questi motivi - riprende Pipan - stiamo individuando aree che possano soddisfare le necessità delle società di telefonia. Favorire l'insediamento in aree pubbliche - aggiunge l'assessore - significa anche assicurare un introito, sotto forma di locazione, alle casse comunali, in modo che tali risorse possano essere poi destinate a spese di pubblica utilità». Nel Regolamento saranno così indicate, come aree preferibili, quelle definite «di primo livello». A seguire, nel caso non soddisfino le esigenze delle società di telefonia, quelle «di secondo e di terzo». Alla pari, sono previste «aree controindicate di tipo 1, 2 e 3», da escludere dal novero. «Per lavorare di concerto con i cittadini - evidenzia Puntar - convocheremo una nuova Commissione, invitando la popolazione a intervenire, per poter sentire l'opinione della gente».Pipan, in via preliminare, già propone comunque di installare un ripetitore al centro della grande aiuola che sarà ricavata al centro della rotatoria attualmente in fase di costruzione all'ingresso di Sistiana. L'idea trova l'immediato parere contrario del consigliere di opposizione Vladimiro Mervic (Lista per il Golfo): «Sarebbe meglio installare in quel punto un monumento o una scultura. Ritengo inoltre necessario - conclude - considerare i criteri paesaggistici e quelli tecnici nella distribuzione delle antenne».

Ugo Salvini

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21 dicembre 2019

 

 

Fondi Ue: 45 milioni al Porto di Trieste Nel '25 raddoppia la capacità ferroviaria

Prestito Bei da 39 milioni. Il pacchetto di opere vale 400 posti l'anno. Nel piano i raccordi per le aree Wärtsilä ed ex Aquila

TRIESTE. Il Porto di Trieste lancia la sua sfida intermodale con l'obiettivo di raddoppiare la capacità ferroviaria nel 2025 con 25 mila treni l'anno. Il piano, che vale 400 nuovi posti di lavoro durante la gestione delle varie opere, si realizza grazie al via libera dell'Unione europea a un finanziamento di 45,5 milioni nell'ambito di un pacchetto complessivo di 190 milioni stanziato dalla mano pubblica. Ieri la Banca europea per gli investimenti (Bei) ha firmato l'accordo per un prestito di 39 milioni con l'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale cui si aggiungono 6,5 milioni da parte della Ue con i fondi Cef (Connecting Europe Facility) nell'ambito del progetto TriesteRailPort, già approvato da Bruxelles. Il mutuo rientra nel più ampio programma di finanziamento per la realizzazione delle reti ferroviarie Ten-t, che la Bei ha approvato nel 2014 e che mette a disposizione dei porti italiani mezzo miliardo di euro. L'Unione europea è intervenuta direttamente con il contributo del fondo Cef, lo strumento finanziario diretto a migliorare la qualità delle reti europee nei settori del trasporto, dell'energia e delle telecomunicazioni. Il progetto - spiegano alla Bei - comprende l'espansione della capacità ferroviaria e il potenziamento delle operazioni nel porto, riprogettando il principale scalo di smistamento ferroviario (Campo Marzio, ndr) e ripristinando le ferrovie interne esistenti. Sarà ridisegnato così il layout ferroviario del porto di Trieste per consentire la piena operatività degli accessi ferroviari a più treni contemporaneamente di lunghezza fino a 750 metri con il ripristino dei raccordi ferroviari industriali per le aree Wärtsilä ed ex Aquila. Nello specifico la stazione di Aquilinia al servizio di FreeEste e i capannoni ex Wärtsilä del nuovo punto franco. «Questo finanziamento dimostra l'interesse e l'attenzione che l'Ue ha per il porto di Trieste, un hub strategico e dinamico che sta investendo molte risorse nel settore ferroviario e quindi su una modalità di trasporto sostenibile», chiarisce Zeno D'Agostino, presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale. Il progetto al centro del finanziamento comprende non raddoppia solo la capacità del sistema ferroviario del porto ma «aumenta capacità ed efficienza delle operazioni ferroviarie nell'area di servizio portuale».Trieste consolida così la sua posizione di primo porto ferroviario in Italia dotato di una rete interna (70 km di binari) che si collega con le reti nazionali e internazionali e consentirà a tutti i moli di essere serviti su rotaia, con la possibilità assemblare treni merci direttamente nei vari terminal: «Più di 400 treni al mese collegano il porto di Trieste alle aree manifatturiere e industriali dell'Italia nordorientale e dell'Europa centrale, con destinazioni diverse come Germania, Austria, Repubblica Ceca, Ungheria, Svizzera e Lussemburgo», sottolineano all'Autorità portuale.«Per la Bei l'operazione rientra nei filoni tradizionali di attività, sia come progetto delle reti europee di trasporto (Trans European Network-Transport), sia per le rafforzate politiche ambientali, che puntano al sostegno d'investimenti di contrasto ai cambiamenti climatici», chiariscono fonti dell'istituto.«Questa è un'operazione significativa per la Bei per due motivi. Da una parte rientra a pieno titolo nel sostegno ai progetti ambientali; dall'altra rafforza il nostro impegno nel cruciale settore dei porti: nove operazioni negli ultimi anni per circa 600 milioni», spiega infine il responsabile della sede italiana della Bei, Andrea Clerici. 

Piercarlo Fiumanò

 

IL PRESIDENTE - D'Agostino: siamo un hub strategico per Bruxelles

Questo finanziamento - ha sottolineato Zeno D'Agostino, presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale - dimostra l'interesse e l'attenzione che la Ue ha per il porto di Trieste, un hub strategico e dinamico che sta investendo molte risorse nel settore ferroviario e quindi su una modalità di trasporto sostenibile».

 

 

Dalla città a Porto vecchio in bus La linea diretta pronta a gennaio

Il servizio collegherà ogni giorno da mattina a sera piazza della Borsa e l'antico scalo rendendo facilmente raggiungibile il polo espositivo e congressuale che sta nascendo

Da piazza della Borsa a Porto vecchio in bus. Da gennaio Trieste Trasporti metterà a disposizione una "navetta" che collegherà dalle 10 del mattino fino alla sera, ogni giorno, il centro con l'antico scalo, destinazione Magazzino 26 e dintorni. Ad annunciare la novità è stato ieri il sindaco Roberto Dipiazza durante la consueta cerimonia di auguri di fine anno nella sede dell'azienda di trasporto pubblico in via Caduti sul lavoro (si faccia riferimento all'articolo a destra, ndr). Sta dunque per entrare in servizio una nuova linea bus attraverso la quale si potrà arrivare appunto fino al cuore dell'antico scalo, anche in vista di Esof2020 e dell'apertura delle nuove realtà museali (si legga sotto, ndr) che si affiancheranno agli spazi dedicati alla collezione del Lloyd e al nuovo Infopoint, che verrà inaugurato proprio nel mese di gennaio dal Comune. Il varo di un apposito mezzo pubblico per Porto vecchio - che probabilmente avrà una sola fermata intermedia tra piazza della Borsa e Porto vecchio - è stato studiato da Comune e Trieste Trasporti, che hanno messo a punto l'idea nelle scorse settimane dopo aver ipotizzato più volte, nel recente passato, un percorso di questo tipo. «Mettiamo in moto questo servizio per prepararci al boom della primavera e dell'estate - ha sottolineato ieri il primo cittadino - e quindi a Esof2020. È un momento molto interessante per la città: in questa settimana in particolare abbiamo annunciato diversi progetti». Tra questi ovviamente la firma del documento che dà il "la" all'iter che porterà nella primavera del 2020 alla definizione dell'Accordo di programma e alla successiva costituzione del Consorzio di gestione dedicato al riuso di Porto vecchio da parte di Regione, Comune e Autorità portuale: «Ora continuiamo con questa nuova linea. In questa prima fase la navetta viaggerà all'interno di Porto vecchio. Poi, una volta ultimata la rotatoria, il mezzo raggiungerà Porto vecchio attraverso viale Miramare per poi immettersi in Porto vecchio appunto e raggiungere il Magazzino 26». Il 30 dicembre invece sarà il giorno in cui verranno consegnati i lavori per la realizzazione dell'Infopoint all'interno dello stesso Magazzino 26, in Porto vecchio, che aprirà nel corso del mese dei gennaio. «Abbiamo eseguito degli interventi per gli interni e arredato l'area», ha spiegato l'assessore alla Cultura Giorgio Rossi: «L'Infopoint sarà attrezzato per accogliere i turisti come in piazza Unità, che arriveranno anche con le corriere che verranno parcheggiate dietro il magazzino. Ci sarà anche un "visitor bureau" al servizio del Centro congressi, oltre a una serie di attività gestite da PromoTurismoFvg, albergatori e altre realtà, con le guide, anche allo scopo di organizzare viaggi e altri servizi sia via terra che via mare». L'Infopoint nell'antico scalo sarà gestito proprio da PromoTurismoFvg, che ha una collaborazione diretta con l'amministrazione municipale, e sarà il più grande tra quelli a disposizione del Comune (piazza unità e San Giusto): con il "visitor bureau" si parla di uno spazio di circa 150 metri quadrati.

Benedetta Moro

 

Il Museo di storia naturale trasloca al Magazzino 26 e "ritrova" quello del mare - L'annuncio alla Mostra "Pescatori si diventa"

Il Magazzino 26 apre le porte al Museo di Storia naturale di via Cumano con le sue star (il dinosauro Antonio e lo squalo Carlotta). «È il suo destino», annuncia l'assessore alla Cultura Giorgio Rossi a margine dell'inaugurazione della mostra di diorami "Pescatori si diventa", che trasloca in Porto vecchio un primo pezzo (diorami, modelli di navi, dipinti e stampe) del Museo del Mare di Campo Marzio, che si aggiunge al "Deposito a vista" al piano terra di una parte della collezione del Lloyd Triestino. «È una giornata storica», conferma l'assessore, che annuncia una riunificazione delle collezioni dei civici musei scientifici novant'anni dopo la separazione. «Più che un Museo del mare sarà un grande museo scientifico che vogliamo dedicare a Josef Ressel», afferma Rossi che preferisce non scomodare Guglielmo Marconi, tirato in ballo dall'architetto spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra che ha vinto la gara per il progetto. Un ritorno al passato. Il Civico Museo del Mare trova fondamento nel Museo della Pesca, promosso agli inizi del Novecento dalla Società austriaca di pesca e piscicoltura marina. Nel 1922 la raccolta, allestita quale "Esposizione marittima" nel 1910 e arricchita di nuovi e importanti beni, assume il nome di Museo del Mare e si sviluppa in due sezioni: una dedicata alla pesca, l'altra centrata sulla nautica. Nel 1932 i beni passano al Comune di Trieste e il museo si dota di un primo inventario: modelli di navi, strumenti per la navigazione, modelli di motori, dipinti e stampe. Risale probabilmente a questa fase la decisione di spostare gli animali marini e gli uccelli acquatici tassidermizzati, nonché le raccolte di conchiglie, coralli e scheletri al Museo di Storia naturale, collocato al terzo piano di Palazzo Biserini in piazza Hortis sopra la Biblioteca civica. E ora, nel nuovo Museo del Mare del Magazzino 26 le collezioni torneranno assieme. Un nuovo trasloco in vista per il Museo di Storia, insomma, dopo quello del 2010 che costò le pinne allo squalo Carlotta. Il compito di riunificare il Museo del Mare con il Museo di Storia naturale spetta all'architetto sivigliano, che dovrà fare spazio anche al Museo della Bora e a quello dell'Antartide. La mostra "Pescatori si diventa" resterà dov'è ora fino al pesce d'aprile quando salirà di un piano (assieme ad arrivi più consistenti dell'attuale Museo del mare) liberando così i locali per Esof. «Questa mostra è un Temporary Museum. Un museo in progress», spiega la direttrice dei Civici musei Laura Carlini Fanfogna. Il Magazzino 26 è ormai un cantiere aperto. «Costituisce uno degli impegni strategici più importanti del Comune di Trieste nel breve e medio periodo», evidenzia l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi: «Gli uffici hanno predisposto i progetti esecutivi per realizzare gli spazi che accoglieranno i laboratori dell'Immaginario Scientifico, al piano rialzato e al primo piano dell'ala sinistra del fabbricato. Sarà un'opera del valore complessivo di due milioni e 105 mila euro, finanziati con contributo regionale». Un altro milione verrà utilizzato per realizzare ulteriori spazi espositivi ai piani superiori, destinati a ospitare al secondo piano le masserizie degli esuli oggi contenute nel Magazzino 18 e al terzo piano i materiali da esposizione dell'odierno Museo del Mare che troverà la sua collocazione definitiva negli ampi spazi contigui destinati al grande Museo scientifico: «La realizzazione del nuovo Museo del Mare, del valore complessivo 33 milioni di euro, costituito da quattro piani su una superficie totale di 19 mila metri quadrati all'interno del Magazzino 26, è un progetto che, oltre al grande valore economico, rappresenta un'opera di carattere strategico capace di richiamare l'attenzione sull'area grazie a un museo assolutamente all'avanguardia in tutti i suoi aspetti. Il Museo infatti dovrà possedere canoni non solo di livello nazionale ma adeguati allo sviluppo di un'offerta capace di competere con i più grandi musei europei». A fine gennaio l'architetto sivigliano Consuegra sarà Trieste per la firma del contratto.

Fabio Dorigo

 

 

La Cgil dice no all'accordo sindacale sulla Ferriera

La Cgil non ci sta a firmare l'accordo sindacale sulla Ferriera. Marco Piga, segretario provinciale triestino, contesta premesse e conseguenze dell'intesa sollecitata dall'azienda: in primo luogo perchè non c'è alcun riferimento circostanziato agli investimenti e alla tenuta occupazionale, in secondo luogo perchè non c'è l'accordo di programma a costituire la cornice entro cui risolvere la questione Ferriera. A tale riguardo Piga richiama l'accordo di programma risalente al 2014 che collocava lo stabilimento siderurgico nell'ambito della cosiddetta "area di crisi industriale complessa", la quale implicava interventi di carattere industriale e ambientale. Oggi - a giudizio di Piga - la vicenda Ferriera viene affrontata in maniera de-contestualizzata, senza alcun ragionamento "di sistema" che preveda di mettere mano alla crisi industriale triestina attraverso la programmazione di bonifiche ambientali e l'attivazione dei punti franchi come punto di convergenza tra portualità e manifattura. «Nessun sindacalista serio - scrive Piga in una nota - può sottoscrivere un accordo sul nulla ed è altrettanto evidente che il silenzio assordante delle istituzioni è ormai inaccettabile». Il dirigente cigiellino contesta il fatto che Governo, Regione, Comune, Autorità portuale non abbiano «una posizione chiara». E insiste affinchè si entri nel merito della proposta sulla Ferriera, perchè la crisi della fabbrica servolana non va attribuita a ragioni di ordine industriale-finanziario ma a motivi politici legati alle posizioni di Regione e Comune favorevoli alla chiusura dell'area "a caldo". --

 

 

Fridays For Future lascia i «regali ambientali» sotto il presepe in piazza - I MESSAGGI ECOLOGISTI DESTINATI ALLA GIUNTA

Come ogni venerdì, i giovani di "Fridays For Future" hanno tenuto un presidio per ricordare a tutta la cittadinanza i rischi del riscaldamento globale e l'urgenza di compiere a tutti i livelli azioni concrete ed efficaci per evitare il disastro ambientale planetario e la possibile estinzione del genere umano. Ieri sera una decina di attivisti di "Fridays For Future Trieste" hanno deposto sotto il presepe di piazza Unità alcuni «regali ambientali» per la giunta comunale, ovvero i consigli raccolti fra i cittadini durante una precedente manifestazione su come spendere in modo alternativo i 570 mila euro stanziati per gli addobbi di Natale. Il consiglio che spicca fra tutti è quello di utilizzare tale somma per rendere gratuiti i trasporti pubblici e ridurre così le emissioni di anidride carbonica. Tra gli altri «regali ambientali» si potevano trovare il raddoppio degli impianti fotovoltaici sugli edifici comunali, la piantumazione degli spazi all'aperto, la decementificazione della città, l'incremento degli orti urbani, la creazione di ulteriori piste ciclabili, la cessione gratis dell'occupazione del suolo pubblico per i mercatini dei produttori locali e l'installazione di erogatori d'acqua nelle strade. Tutti provvedimenti che, seppur su scala cittadina, recano in sé l'obiettivo di contrastare i sempre più tangibili effetti dei cambiamenti climatici in atto sulla Terra. Nonostante tutto ciò, secondo gli attivisti di "Fff" continuano a non arrivare risposte dai politici né a livello globale né a livello locale, dove «la giunta della nostra città sembra più occupata a investire in addobbi natalizi che in azioni atte a contrastare l'emergenza climatica».

Simone Modugno

 

 

ISTRIA - Un branco di otto lupi fotografato sul Risnjak - alle spalle di Fiume

FIUME. L'ultima segnalazione sulla presenza dei lupi, grazie a foto trappole, nel parco nazionale del Risnjak si è avuta un paio di settimane fa, con otto esemplari in ottima forma che sono stati immortalati in ore diurne. Il Risnjak, per far capire il fenomeno della circolazione nella Regione quarnerino-montana di uno dei tre grandi predatori europei (gli altri sono l'orso e la lince), dista in linea d'aria da Fiume non più di 15 chilometri. Il branco è apparso, bello vispo, in un'area molto lontana dai percorsi turistici del parco, facendosi riprendere senza avere il benché minimo sospetto che qualcosa fosse stata posizionata dall'uomo, che temono e con il quale non intendono avere nessunissimo rapporto. Stando agli esperti, i lupi visti nel parco del Risnjak sono animali capaci di vagare quotidianamente per decine di chilometri alla ricerca di cibo e dunque coprono lunghe distanze in Gorski kotar e nel Quarnero.

 

 

La Sala Tripcovich? Nessun pregio Anzi, cela la quinta del Porto vecchio

Sono deboli le motivazioni storiche e artistiche per salvarla mentre l'ingresso allo scalo ha una sua notevole valenza

Dopo il recente blocco della demolizione della sala Tripcovich, voluto dal ministro Franceschini, le cui motivazioni aspettiamo di conoscere, il dibattito su questo edificio, sito proprio davanti alla Stazione Centrale, sta imperversando a Trieste (lo si vede dalla marea di interventi in rete). Ed è un bene, indubbiamente, perché coinvolge un'opinione pubblica attenta alle cose progettuali della città. Sicuramente più attenta di quanto non lo fosse vent'anni fa, di fronte a trasformazioni altrettanto importanti della piazza Goldoni o della piazza Vittorio Veneto. Ciò premesso, è bene entrare nel merito, e fare alcune considerazioni. Il punto di partenza del nostro ragionamento riguarda il rapporto fra un bene culturale e la sua storia. Infatti, va da sé che alla base delle scelte di conservazione di un edificio o di un locale queste due componenti debbono interagire. Questo è (ma non sempre) il criterio su cui si basano i giudizi della Sovrintendenza, che nel fornire le ragioni e l'opportunità di una tutela artistica non può basarsi soltanto su uno di questi due parametri. Un esempio per tutti, il più recente: il vincolo sulla Pasticceria Pirona, da poco salvata, che non era stata vincolata dalla Sovrintendenza perché si era basata solo sull'aspetto artistico (gli arredi d'inizio Novecento, Liberty non erano stati giudicati degni) dimenticando quello storico (cento anni di attività e un aggancio letterario con uno dei massimi scrittori del XX secolo, James Joyce). Bene, è un dato di fatto, pertanto, che quel che non è supplito dalla rilevanza artistica può benissimo esserlo dalla rilevanza storica. Ora applichiamo questo concetto alla Tripcovich, e ragioniamone serenamente. L'edificio è stato progettato da due importanti architetti nel 1931, Baldi e Nordio, con una precisa funzione: essere un'autorimessa per le corriere. Collocata proprio lì perché accanto alla Stazione, in una fondamentale sinergia di mezzi di trasporto (treno e prosecuzione su gomma del viaggio). Infatti, la sua struttura potremmo definirla "funzionale", con cinque porte di accesso, una affiancata all'altra. Fu inaugurata nel 1934 e svolse egregiamente questa funzione per parecchi anni. Nella sua forma originaria, la nostra stazione non presentava particolari segni di distinzione, né era stata voluta come forma monumentale che potesse richiamare, per esempio, la struttura eclettica, marcata nel contesto Liberty, della grande quinta del Porto (ora Porto vecchio) che le stava alle spalle. Certo, ciò non era nell'intenzione di Baldi e Nordio, dato che in quel periodo la città si andava riqualificando (non tutti sono d'accordo su questo termine) in senso moderno, con la sostituzione di una fetta della Città vecchia con un vasto complesso in stile fascista (la definizione appartiene alla storia dell'arte e può ben collegarsi, per esempio, al "nuovo" mercato coperto di Largo Barriera, edificio di sicuro pregio). Dunque la "nuova" stazione doveva essere prima di tutto adatta allo scopo, senza preoccupazioni ornamentali. Col passare degli anni l'edificio è caduto in disuso e il suo recupero, nel 1992, è stato legato a una impellente necessità: supplire con i suoi spazi al blocco del Teatro Verdi, in fase di ristrutturazione. Per questa ragione si pensò a un recupero ad hoc, e il progetto della sua trasformazione in teatro fu affidato ad Andrea Viotti (lavori a cura di Dino Tamburini). Ne risultò una sala teatrale apprezzabile, per un totale di 934 posti, con uno spazio adeguato per biglietterie e servizi, ma non adatto per il complesso dei camerini. La sala fu in gran parte donata da Raffaello de Banfield, che l'intestò alla sua compagnia armatoriale, la Tripcovich. In seguito, con la ripresa del Verdi, fu usata per eventi musicali e teatrali, ma la cosa non poteva durare. Con le nuove norme di sicurezza per i teatri la Tripcovich, che aveva usufruito di deroghe eccezionali date le contingenze, risultò inutilizzabile, a meno di subire interventi costosissimi. Ora veniamo ai dati oggettivi. A parte la trasformazione della facciata in una sorta di quinta posticcia color rosa (di dubbio gusto), la stazione delle corriere rimase all'esterno quel che era. Un volume indefinito, con una sola modanatura interessante: il timpano a curvatura su due piedistalli laterali. Un po' poco per decretarne il valore artistico. E allora veniamo al secondo parametro di cui si parlava: il suo valore storico. Certo, è un esempio di struttura legata al mondo dei trasporti (un po' poco però, anche in questo caso). Deboli sono dunque le motivazioni per impedirne l'abbattimento. E attenzione, qui stiamo facendo un ragionamento che prescinde dai problemi finanziari (immensi) legati al suo ripristino come teatro. Qui stiamo parlando di Storia dell'arte (una dimensione che la Sovrintendenza ha analizzato, dando il suo benestare all'abbattimento).E proprio perché parliamo "solo" di Storia dell'arte, entriamo nel merito della quinta del Porto Vecchio che questo edificio nasconde alla vista, la vista di chi, arrivando a Trieste dalla stazione, se la trova davanti. Questa quinta è assai apprezzabile dal punto di vista architettonico: omogenea, con i suoi volumi articolati, con i fornici e le finestrature aggraziate. E non a caso alludo a una "quinta" teatrale, il cui valore è storico e artistico insieme. A precluderne la vista attualmente c'è un edificio "funzionale" alle corriere negli anni Trenta. Tecnicamente si tratta d'una "superfetazione", cioè qualcosa che si è sovrapposta in seguito. È qualcosa che ha migliorato quello scenario? I dubbi non mancano di certo.

Renzo S. Crivelli

 

 

Muggia, gli alberi andavano abbattuti: l'importante è piantarne altri - la lettera del giorno di Paolo Parmegiani

Vorrei con questo mio intervento cercare di mettere la parola "fine" alle polemiche ed agli strascichi relativi all'abbattimento delle piante presso il Teatro Verdi e ai Giardini Europa di Muggia. Lo faccio innanzitutto come professionista agronomo nonché redattore della perizia che ha supportato l'Amministrazione nella decisione degli abbattimenti, in secondo luogo come semplice cittadino anche se non residente a Muggia.Come agronomo non posso far altro che confermare la pericolosità delle piante che sono state abbattute: invece, quelle mantenute ai Giardini Europa si trovano in condizioni tali da non destare preoccupazioni per cose e persone nei prossimi anni. Non entro nel merito di "chi" e "quando" sono stati effettuati errati interventi di gestione (sicuramente ben più di 30 anni fa); posso invece affermare che situazioni di pericolo come quelle evidenziate ce ne sono a decine nell'ambito del verde pubblico ma anche e soprattutto in quello privato. Le operazioni sul verde - potature ma anche abbattimenti e piantumazioni di nuove piante - fanno parte della gestione ordinaria e straordinaria del patrimonio pubblico, similmente a riasfaltature e ripavimentazioni di piazze e marciapiedi. Ancora troppo poco si sta facendo nei contesti urbanizzati al fine del monitoraggio costante e degli interventi - ahimè talvolta drastici - di gestione del verde. A tale proposito ritengo che ogni Amministrazione dovrebbe dotarsi, se non proprio di un "Regolamento del Verde", almeno di "linee guida condivise" sul modo di operare nel contesto urbanizzato, sia pubblico ma anche privato. Come semplice cittadino devo complimentarmi per la scelta dell'Amministrazione, una scelta coraggiosa di eliminare una fonte di pericolo per cose e persone, scelta che si immaginava impopolare per le possibili reazioni che ne sono effettivamente scaturite. In ogni intervento drastico di questo tipo tuttavia l'importante è andare a mettere a dimora nuove piante - così come programmato ed in fase di attuazione - per dare un segnale di rinnovamento del patrimonio arboreo che, per sua natura, è soggetto ad un ciclo vitale come tutti gli esseri viventi. Mi dissocio pienamente dai pseudo ambientalisti pronti a far polemica per ogni cosa, mossi spesso da facili sentimentalismi. Spezzo invece una lancia a favore di tutti i veri ambientalisti, che lavorano nel silenzio e senza pubblicità, come coloro che scrupolosamente attuano la raccolta differenziata, quelli che puliscono e mantengono in efficienza le canalette di scolo delle acque nei loro terreni in collina per evitare il dissesto, quelle due persone che in una fredda mattinata di novembre in Val Rosandra provvedevano al recupero di indumenti e rifiuti lasciati dai migranti di passaggio (ai quali non possiamo chiedere il rispetto di una etica ambientale), sopperendo in tal modo con il proprio lavoro volontario alle carenze di risorse delle pubbliche amministrazioni.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20 dicembre 2019

 

 

Le Magliette bianche domenica in piazza nel nome dell'ambiente - APPELLO ANCHE PER BONIFICARE IL SIN

«Chiediamo alla politica, in maniera trasversale, di procedere nel minor tempo possibile alle bonifiche delle aree dei Sin, Siti inquinati nazionali, oltre che di intraprendere un radicale cambiamento della politica industriale del nostro Paese». Questo è quanto anticipato all'unisono, ieri mattina, al Circolo della Stampa di Trieste da Lino Santoro, di Legambiente, Alda Sancin, dell'Associazione NoSmog, Laura Zorzini, referente locale di Fridays for Future, e Giorgio Jercog, del Comitato Salvaguardia del Golfo di Trieste. Un'anticipazione di quello che verrà chiesto alle istituzioni dal popolo delle "Magliette bianche" il 22 dicembre, dalle 16 alle 19, nelle varie piazze delle città e località interessate dalla presenza dei Sin, tra cui Trieste. «La scelta del simbolo delle magliette di colore bianco - ha evidenziato Zorzini - scaturisce dalla necessità di trovare un indumento facilmente reperibile e riconoscibile, che si identifica con la purezza e la correttezza di un movimento cittadino spesso allo scuro di quello che accade». Dieci i punti su cui le "Magliette bianche" proveranno a farsi sentire, uno dei quali riguarda l'implementazione di studi epidemiologici di coorte per ogni Sin e la creazione di una tessera sanitaria denominata "Green Card Sin" gratuita per tutti gli abitanti vicini o interni ad aree Sin, con screening stabiliti da linee guida predisposte dal Ministero della Sanità. Aree che, come ricordato da Sancin, «rappresentano un costo importante per il Sistema sanitario nazionale per le patologie che ne scaturiscono, e ci si chiede se non valga piuttosto la pena attuare degli interventi risolutivi, come appunto le bonifiche». Quanto al Sin triestino sia Santoro che Jercog hanno ripercorso la storia del sito, compresa l'ultima riperimetrazione, con quest'ultima che, come affermato da Jercog, «ha "liberato" aree nei pressi del canale navigabile e su parte delle quali pare esserci l'attenzione da parte del gruppo ungherese Mol, attivo nell'estrazione e produzione di idrocarburi». 

Luigi Putignano

 

 

Ferriera, i lavoratori compatti: «Quattro richieste all'azienda»

Ieri l'assemblea di fabbrica con i sindacati in vista del tavolo di lunedì al Mise Priorità fissate su tutela occupazionale e ammortizzatori. L'appello alla Regione

Si compatta il fronte sindacale nella trattativa con il Gruppo Arvedi per il futuro della Ferriera. Sebbene la Fiom mantenga una posizione più oltranzista a cominciare dalla contrarietà alla chiusura dell'altoforno il 1º febbraio, l'assemblea con i lavoratori che si è svolta ieri ha consentito di trovare una convergenza su quattro punti prioritari da presentare lunedì al tavolo del Mise a Roma al quale siederanno l'azienda e i rappresentanti dei lavoratori: "blindare" i posti di lavoro, assicurare una ricollocazione ai 50 dipendenti impegnati nella bonifica, garantire ammortizzatori sociali adeguati e, qualora la situazione dovesse precipitare, un paracadute occupazionale. Poi altre due richieste: la presenza di un esponente della Regione al tavolo delle trattative e un incontro con il prefetto. Sono le istanze emerse dall'assemblea unitaria alla quale hanno partecipato ieri più di 200 lavoratori. Ancora non è stato possibile trovare una sintesi totale per quanto riguarda i contenuti da inserire nell'accordo con Siderurgica Triestina. Nessun mandato da votare, dunque, ma un pacchetto di richieste con le istanze ritenute inderogabili: dalla garanzia che nessun posto di lavoro vada perso alla clausola di salvaguardia. La linea dell'azienda è ormai tracciata: firmare entro l'inizio del 2020 l'Accordo di programma. I lavoratori hanno chiesto a Fiom, Fim, Uilm, Failms, Usb e Ugl di proseguire la trattativa, ma pretendendo garanzie e, prima ancora, chiarezza. La Fiom appare la più agguerrita: «Se la Regione non dovesse essere presente a Roma, noi non ci saremo», ha preannunciato Marco Relli (Fiom-Cgil). «Lavoratori, azienda e istituzioni devono essere coinvolti nell'approvazione dell'Accordo di programma - ha aggiunto -. Non ci possono essere tavoli separati. Va rilevato che in questa fase ci sono ancora sensibilità diverse tra noi sindacati». «La tensione tra i lavoratori era palpabile - ha osservato Umberto Salvaneschi (Fim) al termine dell'assemblea - anche perché c'è ancora molta incertezza. È fondamentale fare chiarezza perché il futuro della Ferriera non riguarda solo le famiglie dei lavoratori ma le prospettive economiche dell'intera città». Per Franco Palman (Uilm) «servono al più presto garanzie sia sulle intenzioni dell'azienda che su salvaguardia occupazionale e ammortizzatori, perché finora l'unica certezza è la volontà di chiudere l'area a caldo il 1º febbraio». «La situazione è ancora troppo confusa - ha evidenziato anche Cristian Prella (Failms) -, sarebbe stato impossibile chiedere mandati e far votare i lavoratori». Secondo Sasha Colautti (Usb) occorre pensare anche ai 70 lavoratori destinati al trasferimento a San Giorgio di Nogaro: «Andrebbero invece mantenuti nel circuito di gestione degli esuberi e ricollocati a Trieste». Infine, ieri l'assessore regionale Alessia Rosolen ha precisato che l'assenza al primo tavolo sindacale è stata dovuta semplicemente al fatto di non essere stata invitata.

Piero Tallandini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 dicembre 2019

 

 

La firma sul patto a tre: Porto vecchio accelera Da giugno le alienazioni

Comune, Regione e Authority: intesa sul testo che avvia l'Accordo di programma Il Consorzio di gestione nascerà fra 6 mesi, da lì partirà la vendita dei magazzini

TRIESTE. Sei mesi. E poi dieci anni. Sono i tempi scanditi per l'inizio della vendita dei magazzini e per il termine ideale dei lavori, così come li delinea il testo che avvia l'accordo di programma sul Porto vecchio. Il documento è stato firmato ieri mattina dal sindaco Roberto Dipiazza, dal presidente regionale Massimiliano Fedriga e dal presidente dell'Autorità di sistema portuale Zeno D'Agostino. Il cronoprogramma fissa a giugno prossimo la nascita del Consorzio di gestione (entità pubblica al 100% che sostituisce la fantomatica «società di gestione» di cui s'era parlato finora) e quindi l'inizio delle alienazioni. La conclusione delle attività è fissata invece al giugno 2030. Seguiamo le orme di Keynes, secondo cui l'unica plausibile previsione a lungo termine è che «saremo tutti morti», e concentriamoci quindi sui passi più imminenti. I prossimi passaggi sono il completamento della Vas, la Valutazione ambientale strategica, per la quale nel febbraio 2020 è prevista la predisposizione del Rapporto ambientale, ovvero il testo in cui si individuano, descrivono e valutano gli impatti che il piano potrebbe avere. In quell'occasione il Rapporto sarà messo a disposizione del pubblico. Al contempo il Comune si impegna a definire le necessarie varianti al Piano regolatore cittadino, la cui entrata in vigore è prevista per il maggio prossimo. In aprile dovrebbe venir stipulato l'Accordo di programma, mentre in giugno è prevista la costituzione del Consorzio di gestione (da quanto riportato nell'accordo, l'ente si chiamerà "Ursus"), cui prenderanno parte Comune, Regione e Adsp.Un calendario serrato, al termine del quale dovrebbe iniziare la fase di «valorizzazione dei beni da parte del Consorzio», de facto la vendita dei lotti di cui è prevista l'alienazione. Il sindaco Roberto Dipiazza ha commentato in termini euforici la firma: «Oggi è una delle mie più belle giornate da sindaco e dà l'avvio a una serie di iniziative con tappe ben precise coordinate da Comune, Regione e Autorità portuale. Sono molto soddisfatto dal sodalizio di tre enti che corrono verso lo stesso obiettivo e che preannuncia uno straordinario 2020, grazie alla grande collaborazione con i presidenti Fedriga e D'Agostino».Lo stesso Fedriga ha tessuto le lodi della propensione a «fare sistema» delle istituzioni territoriali, citando l'esempio della collaborazione sul Porto nuovo. «In tale quadro - ha aggiunto - il Porto vecchio rappresenta un'occasione fondamentale per l'intero Paese, perché grazie alla sua estensione è lo spazio ideale per l'insediamento di nuove attività economiche ad elevato valore aggiunto».D'Agostino ha sottolineato il carattere pratico e non solo formale della firma: «Coordinando gli sforzi fra gli enti si evitano intoppi. Così evitiamo di dover addossare alla "burocrazia" eventuali ritardi». A dispetto della sdemanializzazione di buona parte dell'area, il Porto continuerà a giocare il suo ruolo sul fronte mare, anche alla luce del possibile sviluppo crocieristico dell'area. Ma anche perché l'obiettivo "merci zero" in Porto vecchio fa sì che «chi oggi fa business in quello spazio potrà usufruire delle alternative che stiamo costituendo in Porto nuovo», ha spiegato D'Agostino.Sono stati resi pubblici ieri il testo sottoscritto in mattinata, il cronoprogramma e una mappa delle aree che resteranno di pertinenza comunale (i magazzini 20, 26, 27 e 27-bis, 28 e altri ancora, vedi articolo a destra). La mappa esibita in occasione della firma dell'accordo è invece la bozza di zonizzazione urbanistica, che vede linea di costa e moli di pertinenza portuale, l'area dal 26 al terrapieno destinata ai servizi e la gran parte dei magazzini (quelli da alienare) adibiti a «funzioni miste». Come rilevato da Riccardo Laterza dell'associazione Trieste, ancora non si conoscono i contenuti del futuro statuto del Consorzio, il cui ruolo almeno sulla carta sarà nodale per lo sviluppo dell'area. 

Giovanni Tomasin

 

Dagli States alla Cina I potenziali investitori

Anche fondi britannici interessati a uno sviluppo alberghiero si sono fatti avanti. E c'è la cordata per la cittadella sportiva

TRIESTE. Arabi, cinesi, americani, russi. Negli anni scorsi il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza non ha mancato di citare, a riprova del «momento straordinario» della città, gli appetiti internazionali addensatisi sul Porto vecchio. Se il cronoprogramma allegato all'accordo di ieri verrà rispettato, da giugno si potranno scremare gli interessi autentici dalle generiche richieste di informazioni. Ma quali sono i soggetti che nel tempo si son fatti vivi manifestando la volontà di investire sui magazzini made in Asburgo? C'è stato, ad esempio, l'interessamento della divisione immobiliare di un colosso europeo dell'arredamento. Anche dei fondi di investimento britannici hanno contattato il Comune in vista di un possibile sviluppo dell'area in senso ricettivo e alberghiero. Dagli Stati Uniti, invece, operatori del mondo dello yachting hanno messo gli occhi sul lungomare del Porto vecchio. Fra 2017 e 2018 è spuntata poi l'ipotesi che l'attuale concessione Adriaterminal (quasi completamente in mano alla Steinweg-Genoa metal terminal fino al 2022) possa diventare una base per il traffico passeggeri di Msc: l'arrivo del gigante della crocieristica raddoppierebbe la potenzialità ricettiva della città, affiancandosi alla Stazione marittima. Quanto alle economie emergenti, il sindaco aveva parlato di potenziali investitori russi e degli emirati, interessati però a operazioni complessive, e quindi poco compatibili con il procedimento di vendita graduale su cui si orientano le istituzioni regionali. Contestualmente al coinvolgimento del Porto nuovo nella Nuova Via della Seta di Pechino, anche alcune delegazioni della Repubblica popolare hanno visitato il sito. Pare però che non si siano sbilanciate in un senso o nell'altro. Sempre a margine dello sviluppo del Porto nuovo, l'approdo sul golfo del governo ungherese ha portato anche i magiari a puntare gli occhi sull'antico scalo. Proseguono invece gli incontri fra il Comune e la cordata che vorrebbe realizzare nell'area del terrapieno di Barcola una cittadella dello sport: è l'idea del manager triestino ma trapiantato a Treviso Leo Bassi, che dopo il tramonto del progetto in terra benettoniana ha raccolto una squadra di aziende del settore sportivo con l'intenzione di realizzarlo a Trieste. Il sindaco Dipiazza e i suoi tecnici hanno incontrato diverse volte i responsabili del progetto. Sono loro ad aver messo in contatto il Comune con il Credito sportivo in seguito al crollo della piscina Acquamarina: nei giorni scorsi il presidente della "banca dello sport" Andrea Abodi ha incontrato Dipiazza dando la disponibilità dell'ente a partecipare con un prestito alla costruzione di una nuova piscina terapeutica in Porto vecchio. Al di là delle critiche sollevate dagli utenti della struttura in Sacchetta, i potenziali investitori vedono nella piscina il primo tassello di un parco sportivo destinato a comprendere palestre e strutture di ogni genere. In questi anni, insomma, di carne al fuoco se n'è messa tanta. Ora non resta che vedere se ne uscirà un arrosto o soltanto fumo.

G.Tom.

 

Il Magazzino 26 in cima all'elenco di edifici che il municipio terrà

TRIESTE. Non solo alienazioni. Il Porto vecchio è composto anche da strutture che resteranno saldamente in mano pubblica, come il Magazzino 26 che il Comune ha farcito di destinazioni turistico-museali, o che verranno date in concessione temporanea a privati, come gli edifici del Trieste Convention Center. I lavori di quest'ultimo procedono a ritmo spedito e i prossimi mesi diranno se sarà pronto in tempo per ospitare Esof2020 nel luglio dell'anno prossimo: il maltempo è infatti il peggior nemico dei cantieri. I mesi estivi e autunnali sono stati messi a profitto da Tcc, che ha fatto avanzare i lavori in modo sensibile, ma da adesso in poi il programma dovrà per forza venire a patti con Giove Pluvio. Gli stessi responsabili di cantiere nei giorni scorsi hanno assicurato che finora la scaletta è stata rispettata spaccando il secondo, e che il principale fattore di incertezza ora è il meteo. Altro elemento ancora in sospeso è l'allestimento degli interni della struttura: Tcc ha chiesto al socio Generali un prestito corposo per dare al centro attrezzature all'altezza. Altrimenti, come ha spiegato l'ad Diego Bravar, si ricorrerà a soluzioni alternative, come l'affitto della strumentazione. La prospettiva di lungo periodo è che il centro torni in mano al Comune: la concessione per i magazzini 27 e 28 (in cui sono in corso i lavori) è infatti di durata ventennale. Nel frattempo Tcc conta di riuscire a incamerare ricavi annui da tre milioni, a fronte di un indotto calcolato sulla città di circa trenta milioni. Oltre a questi spazi, resteranno al Comune la recinzione che corre attorno a tutta l'area (incluso l'ingresso monumentale che si affaccia sul retro della Sala Tripcovich) ma anche il gruppo di edifici che comprende la Centrale idrodinamica, la Sottostazione elettrica e il Magazzino 26. Quest'ultimo, recuperato ai tempi ormai antidiluviani di Portocittà, ospiterà nelle intenzioni della giunta il Museo del mare, un nuovo infopoint turistico, le masserizie degli esuli attualmente custodite nel magazzino 18 e chi più ne ha più ne metta. In mano a palazzo Cheba resteranno anche il magazzino 30, il magazzino 20, la palazzina del Demanio.

 

 

Bici a noleggio a prezzi stracciati Il "bike sharing" pronto al lancio

Definite le tariffe per i primi sei mesi di sperimentazione della "mobilità condivisa" Abbonamenti gratuiti, ricariche simboliche e affitti low cost per fasce da 30 minuti

Le colonnine erano già state istallate. Ora ci sono anche le tariffe. Il "bike sharing" a Trieste è pronto a partire. In via sperimentale per un periodo di sei mesi. L'amministrazione comunale - lo scorso 9 dicembre, su proposta dell'assessore all'Urbanistica Luisa Polli - ha approvato il primo piano tariffario per la "bicicletta condivisa". «Un piano a carattere promozionale e temporaneo (della durata appunto di sei mesi, ndr), al fine di promuovere il servizio e di incentivarne al massimo l'utilizzo da parte dell'utenza, nelle more della definizione puntuale del piano tariffario da sottoporre al Consiglio comunale per la sua definitiva approvazione», si informa nella delibera. Un "bike sharing" da favola. Si partirà con un abbonamento dalla validità semestrale e ricaricabile a consumo, gratuito per chi si abbona nei primi sei mesi dall'avvio del servizio e con ricarica obbligatoria minima per utilizzare il servizio stesso pari a tre euro. Molto economico anche il costo del noleggio delle bici: «Prima mezz'ora gratuita, ogni mezz'ora successiva alla prima e fino alle prime due ore di utilizzo 50 centesimi, ogni mezz'ora successiva alle prime due ore di utilizzo un euro». Ovviamente il vero piano tariffario del "bike sharing" sarà ridefinito dopo la sperimentazione e sottoposto all'esame del Consiglio comunale per la sua definitiva approvazione. La prima fila di colonnine per il "bike sharing" installata in città è stata quella nei pressi di piazza Oberdan, nel tratto di via XXX Ottobre a lato del capolinea "morto" del tram di Opicina. Ci sono quindici supporti, che ospiteranno altrettante due ruote. Un cartello, in italiano e in inglese, riporta informazioni utili a riguardo e illustra dove si troveranno gli altri punti nei quali lasciare o riprendere il mezzo, tutti già completati: via Cumano, accanto ai musei comunali (Storia naturale e de Henriquez), campo Marzio (Stazione Rogers), piazza Hortis (Biblioteca civica), Stazione Marittima, Teatro Romano, Teatro Rossetti, piazza Libertà (accanto alla Stazione ferroviaria), park Bovedo (Porto vecchio) e pineta di Barcola. In origine il servizio di "bike sharing"prevedeva una ciclostazione anche in piazza Ponterosso. La realizzazione della rete, costata complessivamente 390 mila euro, è stata finanziata con contributi della Regione per 280 mila euro. A vincere la gara è stata l'impresa Bicincittà Srl, che si è impegnata a garantire a titolo gratuito, a vantaggio dell'amministrazione comunale, il servizio di gestione e manutenzione del sistema di "bike sharing" per un anno a partire dalla messa in funzione del sistema. L'avvio del servizio, si fa sapere, è previsto «nel breve periodo». A disposizione degli utenti ci sarà un'apposita app. Ma, attivato il "bike sharing", serviranno poi le piste ciclabili. Così la pensa l'associazione Ulisse Fiab, impegnata sul fronte della ciclomobilità. «Trieste, per diventare una città più ciclabile, ha bisogno di molti altri interventi. Va implementata una rete di piste ciclabili continue e di qualità a partire da Porto vecchio e dal percorso Trieste-Muggia», spiega Federico Zadnich: «Solo così il "bike sharing" avrà la sua dignità di servizio al cittadino».

Fabio Dorigo

 

A Muggia - Piano della mobilità a misura di ciclista Stanziati 23 mila euro

Il Comune di Muggia avrà il proprio Piano della mobilità ciclistica comunale. La Regione ha accolto la richiesta di finanziamento avanzata dal sindaco Laura Marzi per la realizzazione del Biciplan. Erogati 12.838 euro a cui si aggiungeranno altri 10 mila dal Comune. Il Biciplan comunale è un piano programmatico della mobilità ciclistica di medio periodo che individua i principali percorsi ciclabili da realizzare con la loro tipologia, priorità e gerarchia. Promuove il marketing dell'uso della bicicletta, individua obiettivi, strategie, azioni e forme di monitoraggio, prevede i principali ciclo-servizi come parcheggi protetti, ciclonoleggi, intermodalità col trasporto pubblico. Secondo questa filosofia, la rete ciclabile deve avere funzione trasportistica per spostamenti casa-lavoro-scuola-attività sociali e per il tempo libero. I principali aspetti qualitativi di una rete ciclabile sono: continuità, comfort, riconoscibilità, attrattività, sicurezza e convenienza. Oltre alla realizzazione di piste ciclabili, rientrano nella logica del Biciplan anche gli interventi di moderazione del traffico, le zone 30, le piattaforme rialzate, gli attraversamenti ciclopedonali rialzati o protetti con isole salvagente e le situazioni di messa in sicurezza. A Muggia la spesa stimata per la realizzazione di questo strumento di pianificazione è di circa 23 mila euro. «Siamo felici che la Regione abbia cofinanziato questo progetto condividendo la nostra visione» ha commentato il sindaco Laura Marzi. Dopo l'affidamento dell'incarico, nella prossima primavera si svilupperanno le attività progettuali a cominciare dall' analisi integrata del territorio. «Da tempo portiamo avanti numerosi interventi a sostegno della mobilità lenta - ha aggiunto Marzi -. Il Biciplan contribuirà alla progettazione di interventi volti al miglioramento della qualità di vita e della salute della collettività, alla tutela ambientale e alla salvaguardia del territorio e del paesaggio senza sottovalutare le peculiarità della nostra Muggia».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 dicembre 2019

 

 

Un vincolo del 2005 sta "salvando" la Tripcovich

Oggi arriva in Comune la lettera con il "niet" all'abbattimento. Dipiazza pronto alla replica: «In 14 anni la città è cambiata»

Roberto Dipiazza risponderà - non prima però di aver letto le motivazioni e averci meditato sopra - al "niet" del ministero dei Beni culturali alla demolizione della Sala Tripcovich. «E sono convinto che vincerò la guerra», ha detto il sindaco ieri, giorno in cui era di tutt'altro umore rispetto a venerdì, quando era andato su tutte le furie dopo aver appreso la notizia di quel "niet", comunicata poi da lui stesso in Consiglio comunale. Certo deve ora capire come muoversi, in attesa anche della lettera con le motivazioni dettagliate sul perché il ministero abbia negato la demolizione, che dovrebbe arrivare oggi in Comune dalla Sopraintendenza, la "longa manus" del dicastero sul territorio, che invece aveva dato parere positivo al progetto del Municipio. Il primo cittadino però conosce già in parte i contenuti di questa oramai famosa lettera. Stando ad alcune indiscrezioni, infatti, da Roma - da dove lui stesso aveva riferito di aver ricevuto una "soffiata" lo scorso venerdì - Dipiazza già conoscerebbe parzialmente il contenuto della missiva, almeno nella sostanza: «Il ministero dice che nel 2005 il bene è stato vincolato (dall'ex Direzione regionale dei Beni culturali, ndr) e che ora la situazione sarebbe cambiata ben poco». «Ma - incalza il sindaco - dal 2005 al 2019 le cose sono cambiate completamente, la città è cambiata. Con la sdemanializzazione del Porto vecchio e la realizzazione del Centro congressi, la Tripcovich ha un'altra logica». Questo - insomma - il succo della "contromossa" che Dipiazza intende adottare «dopo aver letto le carte e aver parlato con la Soprintendenza: quando sarò pronto, farò tutti i passi. Non sarà domattina». Intanto il consigliere comunale Pd Giovanni Barbo ha inviato una richiesta agli uffici del Comune «per sapere se era arrivata questa famosa lettera "piena di insulti", come aveva detto venerdì Dipiazza in Consiglio. «È singolare che si parli di una lettera ancor prima che arrivi una lettera», così il dem. Sul versante M5s, invece, a quanto è dato sapere ci sarebbe una netta divisione tra i grillini a Trieste e quelli a Roma, in testa il ministro Stefano Patuanelli. I primi sono contrari all'abbattimento tanto che hanno depositato un esposto in Procura per essere certi che la permuta Tripcovich-Noghere tra Verdi e Comune abbia seguito l'iter corretto. Il ministro al contrario sarebbe favorevole alla riqualificazione di piazza Libertà con la demolizione della sala.

Benedetta Moro

 

Meglio "dirottare" i soldi del Parco del mare verso l'Acquamarina - la lettera del giorno di Marina Ghersinich (seguono altre 52 firme)

Siamo fruitori della struttura dell'Acquamarina per la riabilitazione, ora alle Torri, per la palestra e la riabilitazione, non per la piscina terapeutica con acqua di mare tiepida, con risultati e benefici noti nel tempo, unita all'attività dei terapisti. Con il crollo tutto è finito, come la speranza di vedere la struttura ricostruita e poter guarire o migliorare nella malattia. Tocca a tutti qualche problema o disabilità che blocca o limita la quotidianità, e dovrebbe essere prioritario il ripristino di una struttura quasi esclusivamente terapeutica principalmente rivolta a disabili. La precarietà della struttura, rilevata dopo l'incidente, solo per fortuna non ha causato vittime, e silenzio e vaghezza sui progetti e l'abbandono in cui si trova la stessa non prospettano un futuro. Leggiamo invece di cospicui fondi per iniziative culturali riteniamo non sempre di successo, di fondi per l'illuminazione natalizia e poi l'eterno dibattito sul Parco del mare che blocca parecchi milioni da anni e piace a pochi addetti ai lavori, non certo alla città. Perché non dirottare quei fondi sulla ricostruzione dell'Acquamarina, dimostrando sensibilità che porterebbe prestigio a chi lo fa e utilità a coloro, disabili e pazienti in riabilitazione, che riprenderebbero le terapie, spesso preventive, che mancando causerebbero patologie gravanti sul sistema sanitario, Regione e contribuenti. Tale struttura esclusivamente terapeutica non va associata ad altre "wellness", sebbene ospitasse anche altre attività, erano tutte indirizzate alla salute e alla riabilitazione. La sensazione è che non ci sia un progetto o una volontà per il futuro, solo un campare fino alle prossime elezioni, contando sulla memoria corta della gente, con grandiosi progetti rivolti ad una fascia di pubblico esclusiva, e non ai cittadini e a quanti su questa struttura contavano per motivi di salute, come si legge spesso sul quotidiano locale, e che ne chiedono la riattivazione per riprendere le terapie, essenziali per affrontare dignitosamente malattia e invalidità. Crediamo che coloro cui spetta una decisione in merito, dal Comune alla Regione, tantomeno i fautori del Parco del mare, non abbiano mai visitato la struttura, con i terapisti al lavoro e i pazienti, spesso molto giovani e invalidi, trovare beneficio fisico e psicologico in attività nell'acqua di mare, altrimenti per loro impossibili da ricevere. Forse un pensiero su chi non può permettersi strutture private l'avrebbero fatto... ma forse no, purtroppo.

 

 

Ferriera e sindacati al primo confronto: per ora niente intesa

I rappresentanti dei lavoratori: bozza del documento vaga L'azienda: ok allo stop all'area a caldo anche senza accordo

Fumata grigia. Siderurgica Triestina sperava di firmare subito l'accordo con i sindacati ma dovrà attendere almeno fino al 23 dicembre, quando il ministero dello Sviluppo economico ospiterà il secondo incontro fra l'azienda e le rappresentanze dei lavoratori. Fiom, Fim, Uilm, Failms, Usb e Ugl hanno infatti chiesto numerosi chiarimenti all'azienda, considerando troppo vaga la bozza di documento che dovrà essere allegata all'Accordo di programma.Domani i sindacati convocheranno intanto un'assemblea unitaria dei lavoratori, per saggiare la volontà dei dipendenti dello stabilimento, cui sarà assicurato che la stipula dell'intesa avverrà solo in caso di chiarezza su tutti i punti sottoposti alla proprietà, che continua nel frattempo a dirsi pronta ad avviare lo spegnimento dell'altoforno dal primo febbraio. L'incontro di ieri è durato dalla prima mattinata a metà pomeriggio. Il confronto è stato aperto dall'azienda, che ha chiarito di essere intenzionata a firmare l'Accordo di programma entro fine anno, ma di essere disposta ad avviare la chiusura dell'area a caldo anche in assenza di un'intesa al tavolo del Mise. La prima parte della giornata è stata però caratterizzata dalla necessità di trovare una linea comune fra i sindacati, con la Fiom unica a ribadire la contrarietà alla cessazione della produzione di ghisa a Trieste, che per le altre organizzazioni è invece questione da considerare ormai definitivamente acquisita. Le diverse sigle sono giunte tuttavia a fine giornata a porre in modo unitario una serie di interrogativi all'azienda su investimenti, cassa integrazione, finanziamenti pubblici e futuro dei cinquanta operai impiegati nelle bonifiche. I sindacati firmeranno solo in caso di certezze sulle questioni, ma Siderurgica fa sapere di considerare l'incontro positivo e di essere ottimista sulla possibilità di chiudere l'accordo sindacale alla prossima riunione, trovando dunque l'intesa su piano industriale, salvaguardia occupazionale e gestione del personale nelle varie fasi della riconversione. Dopo la stipula servirà comunque il voto di ratifica da parte dei dipendenti dello stabilimento. La Fiom resta critica e Marco Relli evidenzia che «l'accordo sindacale ricalca un piano industriale che abbiamo sempre giudicato inadeguato, con un assetto poco credibile del nuovo laminatoio e incertezze sui fondi pubblici. Fra prepensionati e tempi determinati trasferiti altrove, Trieste perde inoltre 130 posti di lavoro». Prudente la Fim con Umberto Salvaneschi: «La situazione è complicata e molto delicata. Ora i sindacati devono fare assieme il punto e sciogliere i nodi del testo, ma intanto non servono le accelerazioni dell'azienda perché per fare le cose giuste non servono fughe in avanti». Antonio Rodà (Uilm) sottolinea che «nella bozza proposta da Siderurgica mancano dettagli e garanzie, a cominciare delle clausole di salvaguardia se le cose non dovessero andare bene. Cosa ne sarà poi dei cinquanta che lavoreranno alle bonifiche?». Cristian Prella auspica «sintesi fra i sindacati», chiarendo che «la Failms di spenderà fino alla fine su questo». L'Usb chiede con Sasha Colautti «garanzie piene sull'occupazione e un impegno delle istituzioni, che devono essere pronte a intervenire se gli strumenti proposti dall'azienda fallissero: i lavoratori vogliono poi chiarezza sulla cassa integrazione e sui tempi di rioccupazione nell'industria e nella logistica».

Diego D'Amelio

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17 dicembre 2019

 

 

Il tavolo romano si spacca sulla firma dell'intesa decisiva "Giallo" sulla data

La Regione: «Trattative rinviate a gennaio». Arvedi smentisce Tanti i nodi ancora aperti. Oggi il faccia a faccia con i sindacati

Sulla Ferriera il nodo è il quando e non il se. Nella videoconferenza di ieri è proseguito il confronto sul nuovo Accordo di programma (Adp) per la riconversione, ma sui tempi della firma il tavolo è spaccato a metà. Il ministero dello Sviluppo economico e Siderurgica Triestina insistono per chiudere entro l'anno, ma la Regione parla in una nota di rinvio delle trattative a gennaio, incassando una smentita da parte dell'azienda. Oggi si terrà intanto al Mise la riunione tra proprietà e sindacati per imbastire l'intesa necessaria ad accompagnare l'Adp, dopo lo slittamento voluto la settimana scorsa da Fiom e Fim, che avrebbero voluto trattare a Trieste. Che il vertice di ieri sia finito in modo interlocutorio, lo dice il comunicato asettico della Regione, in cui si evidenzia che «le parti hanno aggiornato la riunione a un prossimo incontro, che si terrà a gennaio». È la prima volta che gli assessori al Lavoro Alessia Rosolen e all'Ambiente Fabio Scoccimarro non rilasciano dichiarazioni in una nota ufficiale. Siderurgica Triestina è però di ben altro avviso: in un comunicato diramato in tarda serata, l'azienda precisa che «i lavori stanno procedendo senza interruzioni e nella riunione odierna nessun riferimento è stato condiviso riguardo a un prossimo incontro a gennaio. Azienda e Mise lavorano pertanto con la comune volontà di definire la tematica in tempi rapidi». Entro mercoledì le parti dovranno inviare nuove proposte di modifica, ma al momento non risultano convocazioni in programma. Mentre Regione e proprietà fanno il tiro alla fune sulla firma, il confronto va avanti con il coinvolgimento dei ministeri dello Sviluppo economico, dell'Ambiente e del Lavoro, dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e dell'Autorità portuale. Questi gli enti che risulteranno firmatari di un documento che dovrà essere sottoscritto d'intesa con Regione e Comune. Dalla bozza di Adp in possesso del Piccolo, emerge tuttavia che non sono pochi i punti da dirimere e che la tempistica di fine dicembre risulti non semplice da rispettare, con le festività natalizie alle porte. A mancare all'appello sono ancora l'accordo sindacale, riferimenti chiari sui finanziamenti pubblici e un quadro esaustivo del futuro sviluppo logistico, tanto più davanti alla rinnovata disponibilità di Arvedi alla cessione delle aree di proprietà, esclusa in precedenti incontri al Mise. Regione e Comune chiedono ad esempio che l'Adp incorpori l'accordo coi sindacati, ma non è facile dire se basterà una singola riunione per giungere alla firma già oggi. La Regione vuole inoltre che Autorità portuale e Comune si esprimano sul piano industriale e garantiscano condivisione. La giunta Fedriga domandano infine che si definiscano con chiarezza destinazione dell'area caldo e piani per la logistica: passaggi centrali e oggetto in questi giorni di trattative riservate fra Siderurgica e Autorità portuale, con la mediazione diretta del ministro Patuanelli (vedi articolo a destra). La bozza dell'Adp, ancora passibile di modifiche, richiama le intese strette nel gennaio 2014 in occasione dello sbarco del cavalier Arvedi a Trieste. Nel testo provvisorio del nuovo accordo l'obiettivo fissato è «promuovere lo sviluppo industriale e portuale» dell'area «in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale» attraverso la messa in sicurezza, il rilancio e la riconversione. Siderurgica Triestina ha chiesto di prevedere nel testo un colpo di spugna su possibili addebiti rispetto alla mancata esecuzione di quanto contenuto nel vecchio Accordo di programma, trovando tuttavia l'opposizione di Mise e Regione. L'Adp comprenderà il piano industriale già presentato da Arvedi e sottolinea che la riconversione affidata alla parte privata avverrà «nel rispetto del livello occupazionale». Gli elementi sono noti: chiusura, smantellamento e bonifica dell'area a caldo, investimenti sul laminatoio e riconversione della centrale elettrica. Più una parte logistica che resta tuttavia tratteggiata in modo indefinito. Da quanto si può intendere dall'Adp, comunque, la Ferriera non potrà chiudere già a gennaio, come più volte affermato dalla proprietà: nella bozza si evidenzia infatti che ogni passaggio della dismissione e della bonifica dovrà essere oggetto di apposita conferenza dei servizi a Roma, ovvero di un incontro al ministero dell'Ambiente fra tutti i soggetti pubblici e privati interessati, nel quale definire procedure e dettagli delle operazioni. Ci vorrà una conferenza per il piano dismissione, un'altra per i due altoforni e così continuando per cokeria, agglomerato, macchina a colare, gasometri, parchi minerali e smaltimento dei residui. Il tutto è accompagnato dalla messa in sicurezza della falda sottostante, con il barrieramento a mare e il sistema di trattamento delle acque sotterranee, per cui già esiste un finanziamento pubblico da 41 milioni, rimasto inutilizzato per anni. Mise e Regione si impegnano inoltre a individuare risorse finanziarie in coerenza con le regole Ue sugli aiuti di Stato. Per il rilancio industriale, le due istituzioni prevedono anche «stanziamenti di risorse per il cofinanziamento fino a...». Ma nella bozza la cifra resta in bianco e si tratta di un altro passaggio da dirimere per arrivare alla firma.

Diego D'Amelio

 

L'incontro segreto sull'ipotesi cessione dei terreni occupati dall'area a caldo

Bocche cucite sui contenuti del confronto Caldonazzo-D'Agostino. Patuanelli media

La trattativa per la cessione dei terreni dell'area a caldo della Ferriera è iniziata, con la mediazione del ministro Stefano Patuanelli. Risale a sabato scorso l'incontro tenutosi a Trieste fra l'ad del gruppo Arvedi Mario Caldonazzo e il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino. Il primo valuta la cessione e il secondo l'acquisto, a patto che si trovi un'intesa benedetta dal Mise. Sui contenuti del summit non trapela niente e anzi tutti negano che sia esistito, ma le indiscrezioni trovano sufficienti conferme per dire che Siderurgica Triestina e Authority stanno esplorando la vendita. L'idea è maturata durante le trattative estive condotte dall'assessore Fabio Scoccimarro. Ai primi incontri tenutisi al Mise, l'ingegner Caldonazzo aveva però cancellato l'ipotesi, spiegando di voler entrare in prima persona nella riconversione alla logistica portuale: probabilmente un espediente tattico per alzare i valori dell'area, visto che solo alcune settimane dopo l'azienda ha aperto di nuovo al subentro dell'Autorità portuale. L'incontro fra Caldonazzo e D'Agostino è avvenuto a questo punto. Non è dato a sapere se si sia parlato già di cifre, ma è certo che l'Autorità sia intenzionata a entrare in possesso dell'area a caldo, che D'Agostino si era offerto di bonificare e poi cedere in concessione a nuovi investitori. L'idea è affidare la gestione a chi assumerà il controllo della Piattaforma logistica e userebbe i terreni per organizzare un terminal container servito da uno snodo ferroviario in grado di permettere la costruzione di convogli da 750 metri. Proprio questo momento di sospensione spiega l'assenza di proposte concrete da parte dell'Autorità portuale nella stesura del nuovo Accordo di programma. È stato lo stesso segretario generale del Porto Mario Sommariva ad affermare nella teleconferenza di ieri che l'Adp potrà essere chiuso solo quando sarà chiaro il destino delle zone occupate dell'area a caldo. Il dirigente avrebbe anche ammesso l'esistenza di una trattativa. Al momento la bozza di Accordo dice che «ultimata la messa in sicurezza delle aree dismesse, Siderurgica o altra società del gruppo si rende disponibile a valutare la partecipazione a progetti di sviluppo delle aree». Bisognerà capire se ciò avverrà da protagonista o dentro una nuova cordata, dentro cui Siderurgica potrebbe a quel punto mantenere una partecipazione più limitata.

 

 

Il Comune va a caccia di sei milioni per riqualificare Villa Haggincosta

Ufficializzata da Giorgi la decisione di non vendere la residenza, cancellandola dal Piano alienazioni

Ieri sera "obtorto collo" Lorenzo Giorgi, assessore comunale al Patrimonio, ha recepito un emendamento, firmato dai capigruppo di centrodestra, con il quale Villa Haggincosta viene depennata dall'elenco degli immobili da vendere, elenco compreso nel Piano delle alienazioni discusso in consiglio. Alcune ore prima lo stesso Giorgi aveva confermato il nuovo indirizzo della maggioranza durante una riunione della commissione Trasparenza, presieduta da Sabrina Morena (Open Fvg). «La scelta di vendere - ha voluto spiegare l'assessore forzista - nasceva dalla difficoltà di reperire risorse per ristrutturare l'edificio. È bene ribadire che l'eventuale incasso dell'alienazione, autorizzata nel 2018 dalla Regione ma con vincolo di destinazione, avrebbe finanziato la realizzazione di un centro diurno dedicato alla disabilità».Quindi non ci sarebbe stata "diversione" di impiego della cifra ottenuta. «Va inoltre sottolineato - ha insistito Giorgi a margine della commissione - che riqualificare villa Haggincosta significherà investire tra i 5 e i 6 milioni di euro». Un compito - ha fatto intendere Giorgi - che toccherà in prima battuta al collega Carlo Grilli, titolare del Welfare municipale.La commissione Trasparenza si è svolta in un clima un po' surreale. Sul banco della giunta c'era Grilli. L'aula consiliare era sostanzialmente disabitata perchè i consiglieri di maggioranza - con l'eccezione dell'italicofratello Porro - avevano dato forfait, ma la stessa opposizione non affollava certo gli scranni di competenza, dove sedevano solo Paolo Menis (M5s), Giovanni Barbo (Pd), Maria Teresa Bassa Poropat (Cittadini). In proporzione era più numerosa la delegazione delle associazioni che si batte contro la vendita della storica villa affinchè essa torni all'operatività sociale come struttura per i disabili, da oltre dieci anni assegnati ad altri istituti a causa delle precarie condizioni di sicurezza di villa Haggincosta. Cinque 5 presenti tra Aias e Amis, hanno parlato Claudia Marsilio, Roberto Delise, Federica Verin, Fabiano Mazzarella. Era stato invitato anche Giorgi, ma si è verificato un qui-pro-quo sull'orario, per cui l'assessore si è palesato alle 13 invece che alle 12. Quando Giorgi è comparso in aula, è però venuto meno il numero legale per cui la discussione è proseguita in libertà, senza verbale. Giorgi ha riferito che all'Aias era stato proposto di traslocare in uno stabile in Riva Ottaviano Augusto, dietro l'ex Meccanografico, ma l'associazione non aveva gradito il sito, offerto dal Comune, per ragioni logistiche e per l'incertezza del cronoprogramma restaurativo. Interessante la vertiginosa "biografia" di villa Haggincosta raccolta dallo staff di Giorgi. Costruita a fine '800 per Giorgio Haggincosta, su disegno di Ruggero Berlam. Comprata dall'ingegnere Iberti nel 1923. Permutata con il Comune in cambio di una villa a Chiadino. Offerta a Emanuele Filiberto duca d'Aosta (che declinò). Passata all'Opera nazionale balilla nel 1934. Nel 1949 trasferita al Demanio statale. Nel 1955 intavolata alla Gioventù Italiana (ex Gil) per ospitare l'Opera orfani di guerra. Nel 1976 trasloca alla Regione da dove nel 2010 torna al Comune, autorizzato l'anno scorso alla vendita con incasso vincolato a utilizzo sociale. 

Massimo Greco

 

 

Siglata l'intesa per il via alla linea marittima Muggia-Capodistria

Accordo ratificato nella sede dell'Ince per far partire al più presto il collegamento tra le due località rivierasche

Muggia. Avvicinare concretamente Muggia a Capodistria attraverso un collegamento marittimo. Si è parlato di questo e dell'implementazione di un hub a Trieste che metta in connessione i trasporti marittimi, provenienti dall'Istria e da Lussino, e quelli terrestri, su gomma e su ferro ma anche attraverso l'utilizzo del bike sharing, nella sede dell'Iniziativa Centro Europea, prima della firma di un protocollo di intesa tra i vari stakeholder per la promozione dei servizi del progetto europeo Inter-Connect. Presenti alla firma tra gl altri il segretario generale dell'Ince, Roberto Antonione, l'assessore regionale alle Infrastrutture, Graziano Pizzimenti, l'assessore comunale di Trieste all'Urbanistica Luisa Polli, e i sindaci di Muggia e Capodistria, Laura Marzi e Ales Brzan. «Il protocollo di intesa firmato dai partecipanti - ha spiegato Paolo Dileno di Ince - conferma la volontà di migliorare la connettività tra il sistema del trasporto pubblico a Trieste e le linee marittime estive operanti verso Slovenia e Croazia, e la volontà di condividere le proprie visioni circa il potenziale sviluppo di un nuovo servizio marittimo che colleghi Trieste e Muggia alla vicina Capodistria». La Regione è tra gli attori principali di questo memorandum: «Il protocollo firmato oggi - ha affermato Pizzimenti - è un punto di partenza per sviluppare un modo innovativo di immaginare il trasporto pubblico transfrontaliero tra Trieste, Muggia e Capodistria; occorrerà valutare il punto di vista dei cittadini rispetto alla realizzazione di un servizio in grado di raggiungere costantemente il capoluogo del litorale sloveno».Intanto grande la soddisfazione dei due sindaci. «Francamente non vedo l'ora che si attivi un servizio del genere, non vedo perché non usare il mare per il trasporto pubblico locale», ha sottolineato Brzan. «È una soluzione che chiediamo da moltissimo tempo - ha aggiunto Marzi - e trovo inspiegabile il fatto che ci debbano essere così tanti cittadini costretti a usare l'auto per raggiungere Capodistria, quando sarebbe molto più rapido arrivarci via mare, come avviene già con Trieste».

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 16 dicembre 2019

 

 

Nuovo piano del centro storico - Via alla consultazione popolare

Indirizzo mail a cui inviare pareri sugli elaborati. C'è tempo fino al 31 gennaio Obiettivo del Comune è incentivare l'investimento privato nella riqualificazione

A disposizione 45 giorni di tempo fino al 31 gennaio 2020. Volete esprimere il vostro parere o un vostro contributo sul nuovo Piano del centro storico? Bene, andate sul computer all'indirizzo http://urbanistica.comune.trieste.it/ dove vi sarà indicato il percorso da seguire per intervenire sul futuro pianificatorio di una fondamentale area urbana delimitata da Campo Marzio, da Villa Necker, dal Colle di San Giusto, dall'asse di via Carducci, da via Rossetti, da via Coroneo, da via Udine (fino a via Solitro), da viale Miramare da Roiano fino alla stazione centrale. Ancora a luglio il sindaco Dipiazza e l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli avevano annunciato che il Piano, chiamato a sostituire quello elaborato negli anni Settanta da Luciano Semerani, sarebbe stato sottoposto a pubblico confronto. Oltre al coinvolgimento della popolazione, la documentazione sarebbe stata esaminata con gli ordini professionali e le associazioni imprenditoriali di settore. Un iter di consultazione che, in una certa misura, richiama quello adottato sui progetti riguardanti piazza Sant'Antonio. Ascoltati popolo e categorie, in primavera il Piano dovrebbe essere adottato. Nel succitato incontro estivo il Comune delineò gli obiettivi di massima del Piano: valorizzazione del patrimonio edilizio, miglioramento dell'immagine urbana attraverso la salvaguardia delle caratteristiche architettonico-edificatorie, il mantenimento degli spazi verdi, il recupero delle aree degradate. Alla base di questo ragionamento la volontà di connettere indirizzo amministrativo e investimenti privati, puntando a incentivare la trasformabilità degli edifici, la costruzione di nuovi stabili se di «elevata qualità formale», riqualificazione del patrimonio edilizio dismesso, il "ripopolamento" economico-sociale anche attraverso l'integrazione residenza-servizi-commercio, le forme di risparmio energetico. Il tutto, ovviamente, in coerenza con il dettato regionale e con le prescrizioni della Soprintendenza. La delibera, che detta le direttive pianificatorie, dedica un passaggio, particolarmente caro al sindaco, riguardo «eventuali trasformazioni dei tetti per il riutilizzo dei sottotetti e per la possibilità di realizzare terrazze a vasca». All'attenzione dei potenziali utenti ci sono 32 allegati, che costruiscono l'impalcatura del pensiero pianificatorio della civica amministrazione. Un classico work in progress, svolto negli anni, con particolare riferimento al lavoro ricognitivo svolto per aggiornare il contesto urbanistico: è stata effettuata una schedatura che ha interessato 230 stabili della cosiddetta "città murata", il nucleo più antico compreso tra Teatro Romano e asse San Michele-Venezian. Sono stati inoltre classificati 207 isolati nel Borgo Teresiano, nel Borgo Giuseppino, in parte del Borgo Franceschino, in via Udine, nell'area che si estende tra via della Pietà e viale XX settembre (a eccezione dell'Ospedale Maggiore). 

Massimo Greco

 

 

Trasporto pubblico, dal 1° maggio biglietto unico per tutta la regione

Una sola rete di vendita e servizi sempre più integrati. Potenziata la linea Trieste-aeroporto-Udine

Trieste. Raggiungere, con un unico biglietto, le diverse località del Friuli Venezia Giulia servite dagli autobus: possibile? Sì, quando il prossimo 1° maggio diventerà operativo il contratto firmato dalla Regione Fvg e Tpl Fvg, il nuovo gestore del trasporto pubblico regionale che sarà unico per tutto il territorio. A Udine l'assessore regionale alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti, in uno degli incontri con gli amministratori comunali, ha snocciolato le novità che caratterizzeranno i servizi futuri. «Verrà creata un'unica rete di vendita dei titoli di viaggio - ha spiegato l'esponente della giunta Fedriga - ma soprattutto si assisterà all'integrazione di tutto il sistema del trasporto pubblico regionale sia su gomma che marittimo, da ampliare, in prospettiva, anche al servizio ferroviario» . Sul piatto sono previsti cinque milioni di investimenti per migliorare molteplici aspetti della mobilità via bus. A cui si aggiungono investimenti per oltre 2,7 milioni per favorire l'accessibilità delle persone a ridotta mobilità nonché la realizzazione di numerose ciclostazioni per favorire l'interscambio bici-bus. Al centro delle novità c'è anche l'informazione, che verrà implementata «con il posizionamento di 40 paline a messaggio variabile alle fermate del servizio urbano di Udine - spiega Pizzimenti -, la creazione di una specifica app per le informazioni e l'acquisto dei biglietti e la creazione di una rete di informazioni integrata tra stazione ferroviaria ed autostazione». In particolare, l'applicazione avrà come base la già esistente "MyCicero" , sfruttabile in alcune zone d'Italia e da gennaio anche a Trieste, ma con ulteriori contenuti che la renderanno un prodotto evoluto. Per quanto riguarda i nuovi abbonamenti, ne verrà creato uno che consentirà di muoversi all'interno di un raggio di 14 chilometri (55 euro mensili) rispetto ai principali poli insediativi regionali (Pordenone, Udine, Gorizia, Trieste e Monfalcone). Un altro, del valore di 34 euro mensili, servirà per utilizzare tutti i servizi urbani della regione e altri due - il primo per percorrenze fino a 50 km (80 euro al mese) e il secondo che supera questa soglia (100 euro al mese) - per viaggiare su tutti i servizi urbani ed extraurbani. Infine ci sarà anche un biglietto urbano giornaliero da 3 euro per viaggiare sull'intera rete regionale urbana. Per la rete extraurbana, il contratto prevede un potenziamento delle linee di primo livello con origine o destinazione Udine. Quella a beneficiare di un maggior incremento è la tratta Maniago-Sequals-Spilimbergo-Udine con un aumento annuo di circa 82 mila chilometri. Ulteriori 65 mila chilometri annui verranno messi a disposizione per la linea Grado-Cervignano-Udine, che porteranno - nel periodo invernale - a tre corse in più verso il capoluogo friulano e due in direzione della località balneare mentre nel periodo estivo saranno due le corse in più verso l'isola d'oro. Altri 55.700 chilometri sono aggiunti nella tratta San Daniele-Udine, 48.500 sulla Tolmezzo-Udine e infine 20.200 sulla Tarcento-Tricesimo-Udine. Ci sono poi altri 202.000 chilometri che potenzieranno la linea Udine-Trieste Airport-Trieste fino ad arrivare a 13 coppie di corse dal capoluogo friulano all'aeroporto nei giorni feriali. Infine sulla rete urbana a Udine si assisterà a un incremento di 338.000 chilometri annui. Tra le altre facilitazioni, verrà istituita una nuova linea che collega San Gottardo all'ospedale civile. 

Benedetta Moro

 

Park&Bus nei weekend Da Barcola o Opicina verso il centro a 1 euro - IN VIGORE FINO AL 5 GENNAIO

La mobilità sostenibile, nel periodo natalizio, torna protagonista anche quest'anno. Più bus e meno auto è il refrain che si cerca di applicare da sabato scorso, per tutti i fine settimana di dicembre e fino al 5 gennaio del 2020, con il servizio di Park&Bus di Trieste Trasporti, organizzato come di consueto in collaborazione con il Comune di Trieste. Il servizio consente di lasciare l'automobile nel parcheggio Bovedo a Barcola oppure in quello del quadrivio di Opicina (in direzione Banne) e di raggiungere il centro città con i mezzi pubblici, pagando un biglietto a prezzo ridotto. I ticket dei bus, che vengono venduti da personale addetto nei parcheggi dalle 9 alle 20 in tutte le giornate di operatività del servizio, costano un euro e consentono di viaggiare su tutta la rete di Trieste Trasporti fino alla mezzanotte, senza scadenza. Inoltre, danno diritto a uno sconto sui biglietti del servizio turistico HopOn HopOff, come noto attivo per permettere ai visitatori di scoprire Trieste in bus (per informazioni: www.hoptour.it). «Questo servizio - afferma Luisa Polli, assessore comunale con delega alla Mobilità - è un'iniziativa che spinge a evitare di raggiungere il centro città in automobile, in particolare in queste giornate di festa: non è solo un modo per risparmiare sui parcheggi e sottrarsi allo stress da traffico, ma soprattutto un'occasione per rendere la città più vivibile. Trieste, da sempre, usa moltissimo il trasporto pubblico, ma ci sono ancora grandi spazi per migliorare». Dal weekend appena trascorso, dunque, si è dato il via allo «shopping natalizio sostenibile», come evidenziato anche dall'assessore comunale alle Attività economiche Serena Tonel, che aggiunge sul tema: «Evitiamo così che cittadini e turisti debbano affannarsi per un parcheggio».

Benedetta Moro

 

 

Ecobonus bloccato in Senato "Salve" 4000 aziende regionali

Stoppato l'articolo 10 del "decreto crescita" che avrebbe consentito lo sconto immediato in fattura per i lavori di riqualificazione energetica

Ossigeno per la microazienda nazionale e regionale. L'altolà in commissione bilancio di Palazzo Madama al cosiddetto "ecobonus", cioè allo sconto immediato in fattura sugli interventi di riqualificazione energetica, è stato salutato con grande soddisfazione dal mondo delle "pmi". In Friuli Venezia Giulia Confartigianato si era mobilitata contro l'articolo 10 del decreto-crescita, che era stato fortemente voluto nel precedente esecutivo dall'allora titolare del Mise Luigi Di Maio: ricordiamo che a Udine il 9 novembre la stessa Confartigianato, Cna, Confapi, LegaCoop, ConfCooperative avevano chiamato a raccolta "trasversale" i parlamentari eletti in regione, affinché si impegnassero a bloccare una norma ritenuta esiziale per la piccola imprenditoria. Confartigianato, attraverso il direttore della controllata "Servizi srl" Enrico Eva, aveva stimato che in regione edili, serramentisti, termoidraulici sarebbero state le categorie più duramente colpite dall'ecobonus. Tradotto in statistica, il via libera alla detrazione fiscale avrebbe significato il coinvolgimento nei sistemi economici delle quattro province di ben 4000 aziende e 12.000 lavoratori, di cui 1500 nella sola Trieste. Dario Bruni, che oltre a presiedere Confartigianato Trieste è esponente nazionale dell'associazione, osserva che «la misura avrebbe escluso dal mercato migliaia di piccole imprese del "sistema casa"». «L'abrogazione dello sconto in fattura - insiste Bruni - consentirà di restituire equilibrio ed efficacia a un sistema di incentivi che rappresenta un valido strumento per la riqualificazione energetica e la sostenibilità del patrimonio immobiliare». La piccola impresa regionale si era fatta sentire presso il ministro dello Sviluppo economico, il pentastellato triestino Stefano Patuanelli. Bruni, insieme all'udinese Graziano Tilatti, aveva attaccato duramente lo sconto in fattura, in quanto avrebbe favorito le aziende maggiori (come le multi-utility) meglio attrezzate finanziariamente nell'anticipare la detrazione. Se l'ecobonus fosse andato avanti, secondo Eva la microimpresa avrebbe potuto subire flessioni di fatturato in una forbice tra il 40 e il 60% nel segmento interessato.

Massimo Greco

 

Fotovoltaico, parte la corsa ai contributi per gli impianti

Si potranno presentare da questa mattina le domande per abbattere i costi di acquisto e installazione. Sergo del M5s: «Solo online fino al 30 gennaio»

Trieste. Dalle 9 di oggi sarà possibile inoltrare le domande per i contributi regionali per l'acquisto e l'installazione di sistemi di accumulo di energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici destinati a utenze domestiche. Lo mette in evidenza il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle Cristian Sergo, proponente dell'emendamento approvato nell'assestamento di bilancio regionale di luglio scorso che istituisce la misura. «Parliamo di batterie che permettono di assorbire e rilasciare l'energia elettrica in modo da consentire il funzionamento dell'impianto in maniera continuativa, favorendo così un concreto contenimento dei costi energetici» spiega Sergo. «Le domande potranno essere presentate esclusivamente online fino alle 16 del 30 gennaio 2020 - sottolinea ancora l'esponente pentastellato -. Il contributo può raggiungere sino al 50% della spesa (il tetto massimo è fissato a tremila euro) ed è cumulabile con altri incentivi. Per questa misura, sono stati stanziati 200 mila euro, ma la nostra proposta era di destinare un milione». «Il contributo sarà destinato soltanto ad acquisti ancora da effettuare. Nel corso della manovra di stabilità approvata nei giorni scorsi - puntualizza Sergo -, abbiamo presentato un emendamento per allargare la platea anche a coloro che hanno installato un sistema di accumulo dal momento dell'entrata in vigore dello scorso assestamento, ovvero dall'estate 2019, ma purtroppo non è stato accolto». «In Veneto - conclude il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle - bandi analoghi hanno riscontrato un grande successo, inducendo la Regione a implementare le risorse stanziate per fare fronte a tutte le domande pervenute».

 

 

Polemica sugli alberi del teatro La mozione del M5s non passa - IN AULA A MUGGIA

Muggia. «Individuare i responsabili degli interventi che hanno condotto all'abbattimento degli esemplari e procedere con le azioni di rivalsa». È la mozione presentata in consiglio comunale da Emanuele Romano (M5s). Oggetto del contendere gli alberi del giardino del teatro comunale "Verdi", recentemente abbattuti dal Comune. In base al documento presentato da Romano ogni albero del "Verdi" - teatro risalente agli anni Venti - avrebbe potuto essere definito ai sensi della Legge 10/2013 "albero monumentale" in quanto ad alto fusto isolato, considerato come raro esempio di maestosità e longevità, per età o dimensione, che reca un preciso riferimento ad eventi o memorie dal punto di vista storico, culturale, documentario o delle tradizioni locali. Nella legge rientrano anche gli alberi ad alto fusto in particolari complessi architettonici di importanza storica e culturale. Nell'analisi redatta dal perito incaricato dal Comune era stato evidenziato inoltre come «in alcune situazioni, alla rottura accidentale di una branca, non è seguito un intervento di pareggiamento della superficie del taglio con conseguente deperimento del legno». Tenuto anche conto del «valore ambientale e sociale dell'alberatura e dell'importanza storica e culturale del teatro Verdi» Romano ha chiesto di individuare i responsabili degli interventi che hanno condotto all'abbattimento. Il consiglio comunale ha bocciato la mozione. Sereno l'assessore ai Lavori pubblici Francesco Bussani: «Gli alberi hanno un loro ciclo di vita e prendersi cura del verde pubblico significa anche capire quando arriva il momento di intervenire, come è stato detto a chiare lettere nella perizia tecnica commissionata a un esperto. Comunque abbiamo deciso di reimpiantare altri alberi al posto di quelli tagliati».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 dicembre 2019

 

 

Esposto M5s sulla Tripcovich Dipiazza studia il "piano B"

I grillini contestano la permuta tra l'ex stazione dei bus e il deposito alle Noghere firmata da Comune e Verdi. Il sindaco medita il ricorso contro lo stop di Roma

Da una parte i pentastellati, che hanno depositato un esposto in Procura, perché convinti che la permuta Sala Tripcovich-magazzino delle Noghere formalizzata lo scorso Natale, tra la Fondazione Teatro Verdi e il Comune, «non abbia valore legale». Dall'altra il sindaco Roberto Dipiazza, che non si arrende e pensa a come muoversi per ottenere la demolizione dell'ex stazione delle corriere di largo Santos. Sono giornate movimentate quelle che seguono la notizia, annunciata e diffusa venerdì scorso dallo stesso primo cittadino in Consiglio comunale, del diniego del Mibac al progetto del Comune di radere al suolo la Tripcovich per riqualificare l'area di fronte all'entrata di Porto vecchio.Ad annunciare battaglia innanzitutto i Cinquestelle cittadini, che vogliono vederci chiaro su un passaggio sul quale avevano già chiesto delucidazioni nei mesi scorsi. Secondo la consigliera Chiara Bertoni infatti, già a fine 2018 il M5S, «dimostrò che l'operazione era contraria alle norme che regolano la permuta: il valore del magazzino delle Noghere, situato a Muggia in una zona industriale e inquinata, era stimato a circa 3,2 milioni di euro, mentre la sala Tripcovich, ancora in buono stato e posta di fronte alla stazione centrale di Trieste, veniva valutata circa 1,2 milioni». E, ricorda ancora Bertoni: «In occasione del voto sulla delibera relativa alla permuta l'assessore Serena Tonel (con delega ai Teatri, ndr), spiegava che la differenza di valore tra i due immobili andava a colmare il "buco" della Fondazione Teatro Verdi».Ciò che potrebbe pesare di più allo stato attuale è «che con l' assunzione di proprietà dei magazzini, il cui valore reale è potenzialmente molto inferiore a quello dichiarato in delibera e nel contratto di permuta, la Fondazione Verdi si ritrovi ora con un potenziale buco di bilancio molto importante, che potrebbe influire negativamente sulle future attività del teatro e quindi sulle prospettive lavorative degli oltre 200 dipendenti».Un'ulteriore perdita, osserva la pentastellata Elena Danielis, capogruppo M5S, deriva dal fatto che la sala Tripcovich «poteva essere impiegata dal Verdi come volano per le attività di propria produzione, in base alle quali la Fondazione può chiedere i finanziamenti del Fondo unico per lo spettacolo». Ecco allora che il M5s, «per far sì che vengano avviati accertamenti sul caso», ha inoltrato negli scorsi giorni tutta la documentazione alla magistratura, al Mibac e alla Corte dei conti. Contattato per una risposta in merito all'operazione contestata, Dipiazza non è risultato reperibile. Il tema Tripcovich resta comunque nella sua agenda. Già venerdì mattina, subito dopo aver appreso la notizia del nient al piano di demolizione della Tripcovich, si è subito messo all'opera per capire quali strade percorrere per riuscire a ottenere il permesso dal Mibac. Tra le ipotesi allo studio c'è la possibilità di valutare se chiedere la revisione della decisione al ministero o in tribunale. Dipiazza comunque ci penserà in modo più approfondito da domani, quando dovrebbe ricevere le motivazioni che hanno spinto il dicastero a dire no all'abbattimento. Motivazioni che, specifica il capogruppo di Forza Italia Alberto Polacco, potrebbero essere legate a una decisione politica: «Il dubbio - afferma - che si sia voluto giocare una partita politica c'è tutto. Chi pensa di lucrare politicamente su quanto ferma lo sviluppo della città ne subirà le conseguenze in termini elettorali. È del tutto evidente che la campagna elettorale è iniziata». 

Benedetta Moro

 

 

Collegamenti veloci da Trieste a Venezia, Rfi replica alle accuse e assicura progressi

La società fa sapere che l'operazione non è ferma. «Nel 2019 completati studi di fattibilità e attività di progettazione»

Trieste. Criticata dalla politica e dall'economia, Rete Ferroviaria Italiana risponde sul caso della velocizzazione della linea ferroviaria Venezia-Trieste, confermando che, nel 2025, un viaggio in treno passeggeri tra le due città durerà poco più di un'ora. Relativamente a quel progetto, concordato nel 2014 con l'allora giunta Serracchiani, e con un primo stanziamento di 200 milioni del ministero Delrio nel 2016, l'assessore regionale alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti ha fatto sapere di non aver visto nulla sul tavolo della Regione. La società ribatte però che qualcosa in realtà si è mosso. In particolare quest'anno. «Nel corso del 2019 - si legge in una nota di precisazione di Rfi - sono state ultimate le attività di ingegneria relative alla progettazione definitiva del potenziamento tecnologico della tratta Mestre-Ronchi dei Legionari Sud; la progettazione di fattibilità tecnico economica delle opere per la soppressione dei passaggi a livello presenti, nonché delle varianti della linea a Portogruaro, Latisana e in corrispondenza del fiume Isonzo, oltre che del nuovo Posto di Movimento a San Donà di Piave; lo studio delle opere esistenti per l'eliminazione delle limitazioni di velocità alla categoria D4 (il peso massimo che possono raggiungere i carri merci)». Confermate pure le risorse note: ai 200 milioni di Delrio se ne sono aggiunti altri 31, una cifra al momento peraltro decisamente lontana dal costo complessivo stimato in 1,8 miliardi. Ancora Rfi assicura comunque che l'attivazione degli interventi «è prevista per fasi a partire dal 2023 (potenziamento tecnologico e soppressione di alcuni passaggi a livello)». E spiega che è attualmente in fase di avvio «l'attività negoziale per l'affidamento dei lavori di potenziamento tecnologico, che consentirà di aumentare a 200 chilometri orari la velocità massima su alcuni tratti già entro il 2023. Sono state conseguite dalle Regioni del Veneto e Friuli Venezia Giulia e dai Comuni interessati le autorizzazioni per la realizzazione dei fabbricati che ospiteranno le nuove tecnologie; sono stati altresì acquisiti i pareri delle Soprintendenze ai beni archeologici». L'assessorato alle Infrastrutture non è informato dei recenti passaggi? I progetti, fa sapere Rfi, «sono stati presentati alla Regione Fvg in sede di tavolo permanente di monitoraggio sugli interventi che rientrano nell'accordo quadro per lo sviluppo delle infrastrutture ferroviarie di interesse regionale». Possibile realizzare una simile opera in soli 5 anni, come da dichiarazioni del 2016? La società non ha dubbi: «Siamo costantemente impegnati nel rispetto degli accordi e del cronoprogramma degli interventi che, come più volte ribadito, consentiranno nel 2025 il collegamento fra il capoluogo giuliano e la città lagunare in poco più di un'ora». 

 

 

INIZIATIVA DEL M5S - Ambiente in classe, 87 mila euro per i progetti

TRIESTE. "Facciamo EcoScuola" è il nome dell'iniziativa lanciata in Regione dal Movimento 5 Stelle e che ha come obiettivo quello di aiutare i ragazzi di scuole primarie e secondarie a realizzare, con il contributo di presidi, insegnanti e genitori, progetti in materia di sostenibilità ambientale, da presentare entro il 15 gennaio 2020. Come specificato dai consiglieri regionali Mauro Capozzella, Ilaria Dal Zovo, Andrea Ussai e Cristian Sergo, congiuntamente ai deputati Luca Sut e Sabrina De Carlo, per questa attività, supportata a livello nazionale da oltre 3 milioni di euro provenienti dalle restituzioni degli stipendi degli eletti del Movimento, in Friuli Venezia Giulia sono disponibili 87 mila euro (20 concessi dai consiglieri regionali e 67 dai parlamentari M5s). Ussai ha specificato che si tratta di un'iniziativa facente parte di una più ampia progettualità ecologista che "strizza l'occhio" a movimenti internazionali come Fridays for Future e altri. Ogni scuola riceverà una donazione, per un massimo di 20 mila euro, per lavorare su obiettivi, quali miglioramento dell'efficacia energetica della scuola, riduzione dei rifiuti, messa in sicurezza degli edifici scolastici, mobilità sostenibile, e un importo fino a 10 mila euro per l'ideazione e lo sviluppo di progetti per l'ambiente, la rigenerazione dello spazio scolastico e l'organizzazione di giornate per la sostenibilità. I progetti verranno messi al voto sulla piattaforma Rousseau e, scelti i migliori, saranno rendicontati e realizzati. Capozzella, dopo aver precisato che per la messa in sicurezza degli istituti scolastici il Friuli Venezia Giulia disporrà di 10 milioni di euro nel 2021 e di altrettanti nel 2022, ha voluto evidenziare che il luogo scuola deve essere visto come luogo «avveniristico» nel quale sviluppare e maturare il proprio pensiero. Il M5s, con questo piccolo gesto, ha voluto ribadire che «più di mille parole conta l'esempio». 

Maria Chiara Billi

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 14 dicembre 2019

 

 

Doccia gelata da Roma «No alla demolizione della Sala Tripcovich»

Dopo l'apertura della Soprintendenza, il ministero boccia il progetto del Comune Motivazioni in arrivo la prossima settimana. Ed è rebus sul futuro dell'immobile

Il Ministero dei Beni e delle Attività culturali blocca la demolizione della Sala Tripcovich. Una doccia gelida per il sindaco Roberto Dipiazza, che ieri mattina ha appreso del veto romano per mezzo di una "soffiata" telefonica. Al momento, infatti, le motivazioni del Mibac non sono pubbliche: ne sarà data comunicazione ufficiale al Comune la prossima settimana, in forma scritta. Chi conosce le carte parla di un «secco no» all'abbattimento della struttura, sul cui futuro rimane il rebus, dal momento che il primo cittadino promette battaglia all'ultimo sangue ed esclude la possibilità di restaurarla in funzione teatrale. Nel frattempo la Soprintendenza Fvg, che pure aveva dato l'ok al piano della giunta Dipiazza, mantiene un silenzioso riserbo. Dopo aver appreso in via informale del «no» di Roma, il primo cittadino ha riferito in Consiglio comunale (vedi articolo a fianco). In un secondo momento ha risposto alle domande dei giornalisti, spiegando che non intende accettare passivamente la situazione: «La prossima settimana, carte alla mano, metterò in moto gli uffici e la Soprintendenza per capire dove sta l'inghippo. Vedremo di leggere i documenti, insomma, e poi penseremo a come agire di conseguenza. Si è trattato di uno schiaffo morale, non solo per me ma per tutta la città: ecco perché in Consiglio ho reagito come ho reagito. Adesso mi sono ripreso e sono determinato a lavorare per raggiungere l'obiettivo. Abbiamo perso una battaglia ma non la guerra». Nel caso che in futuro la "guerra" fosse vinta da Roma, l'amministrazione cittadina sarebbe disposta a fare dietrofront, investendo nella riqualificazione della Tripcovich? «Non ci penso nemmeno - afferma il sindaco Dipiazza -. In quel caso, staremo a vedere se qualcuno sarà disposto ad accollarsela. Per dirne una, non c'è lo spazio per i camerini: in passato avevano addirittura messo i container dietro la sala, per ovviare al problema». La demolizione dell'edificio, da sempre auspicata da Dipiazza, a luglio aveva preso la forma di un progetto, dal costo stimato in 2 milioni di euro. Via la sala: al suo posto una piazza aperta sul Porto vecchio, con alberi nuovi e statua di Sissi, fatta appositamente spostare dal centro di piazza Libertà. L'idea non era dispiaciuta alla soprintendente, Simonetta Bonomi, che aveva pertanto aperto alla rimozione del vincolo delle Belle arti. Ad agosto era però comparso un nuovo ostacolo, eredità del precedente governo, per effetto del quale adesso l'ultima parola spetta al Mibac, in materia di vincoli culturali. Subito dopo la Soprintendenza ha di conseguenza avviato l'iter necessario, che ora è stato bloccato appunto da Roma: a riguardo Bonomi non rilascia dichiarazioni. Voci di corridoio parlano tuttavia di una «lettera» a uso interno, pervenuta agli uffici di Palazzo Economo, in cui si dice un «secco no» alla rimozione del vincolo delle Belle arti dalla Tripcovich e, di conseguenza, alla sua demolizione. 

Lilli Goriup

 

La rabbia di Dipiazza in aula «Mi vergogno dell'Italia» Le opposizioni: «Surreale»

Dal primo cittadino invettive contro i funzionari della capitale a cui ha augurato persino «qualcosa di male». Il Pd: «Affermazioni gravissime». Il M5s: «Sia coerente e si dimetta»

«Fino a stamattina ero orgoglioso di appartenere a questo Paese. Ma ora darei volentieri le dimissioni e me ne andrei. Quando vado a Roma c'è da vergognarsi a essere italiani: buche, autobus che prendono fuoco, una situazione ingovernabile. Questi signori, cui per la prima volta auguro qualcosa di male, hanno bocciato l'abbattimento della Tripcovich dopo che la nostra Soprintendenza aveva dato il benestare. Una vergogna». È sbottato così ieri mattina in aula Roberto Dipiazza al momento di comunicare la doccia fredda arrivata dalla capitale. Un autentico "show", quello del primo cittadino, che ha spiazzato i consiglieri presenti, procurandogli le critiche dell'opposizione ma pure la solidarietà di esponenti del centrodestra, come il deputato Renzo Tondo. «È incredibile - ha proseguito Dipiazza -. La nostra città è tenuta in una maniera che, credo, è orgoglio di noi tutti. E proprio quelli che hanno le città in ben altre condizioni, ci impongono dei vincoli assurdi. Farò una seria riflessione ma non mi aspettavo uno sgarbo simile da parte di chi non conosce la città, peraltro tramite una lettera pesantissima di insulti verso l'amministrazione. Visto che non sono nato ieri, immagino che dietro ci sia la mano di qualcuno: non è pensabile che il ministero a Roma conosca la storia di una nostra vecchia stazione delle corriere». Un'espressione, quest'ultima, che ha fatto insorgere le opposizioni: «La Tripcovich è un teatro!», si è sentito urlare dai loro banchi. Tornando al sindaco, «studierò con gli uffici che cosa si può fare - ha concluso -. Ma in questo momento non mi sento più di appartenere alle leggi romane». Una sorta di minaccia rimasta poi sospesa, così come il contenuto della «lettera pesantissima di insulti». Lettera che Dipiazza, intervistato poi fuori dall'aula, ha ammesso di non aver visto, lasciando intendere di essersi forse fatto prendere dalla foga del momento. Sospetti sul presunto "mandante"? «No. Ma se io e te adesso ci mettiamo a parlare di Palermo, è ovvio che non ne sappiamo niente. Qualcuno a Roma avrà detto che l'importante è che non vinca il sindaco di Trieste». Quanto all'invettiva anti-romana, «non parlo della sindaca ma del fatto che abbiamo mezza Italia che crolla». Immediata la reazione delle opposizioni. «È un film surreale quello di Dipiazza che straparla sul destino della Tripcovich - attacca la segretaria provinciale Pd, Laura Famulari -. Al di là del merito, non è accettabile che si dicano cose tanto pesanti, mettendo in un mazzo Comune di Roma e organi ministeriali e insinuando sospetti di interferenze». Il dem Giovanni Barbo parla di «dichiarazioni avventate: è grave augurare il male a qualcuno solo perché ha comunicato una decisione contraria all'indirizzo del Comune». La capogruppo M5s, Elena Danielis, definisce «lo stop del ministero una vittoria della ragione. Si tratta di un edificio d'autore, dotato di ottima acustica e di misura congeniale a festival e saggi scolastici, ad esempio. Assurdo abbatterlo senza sapere quanto costerebbe la demolizione». «Ora mi aspetto che il sindaco sia coerente e rassegni le dimissioni», le fa eco il pentastellato Paolo Menis. Così Sabrina Morena (Open Fvg): «La Tripcovich è parte del patrimonio teatrale della città e andrebbe ristrutturata in modo importante».Per contro, l'ex governatore Tondo ha fatto sapere che presenterà alla Camera «un'interrogazione urgente. L'autonomia degli enti locali dev'essere un caposaldo della leale collaborazione istituzionale. Spese se il Comune di Trieste aveva già acquisito pure il parere favorevole della Soprintendenza regionale». 

 

 

"Miraggio" treni veloci Industriali e artigiani esasperati dai ritardi

Categorie pronte ad alzare la voce contro le tante promesse disattese. Razeto: «Situazione sconfortante». Tilatti: «Ci hanno illusi». E Tondo interroga il governo

Trieste. Debora Serracchiani dice che bisogna andare a Roma «a battere i pugni». Un invito alla giunta regionale visto il ritardo nella velocizzazione della ferrovia Venezia-Trieste concordato con Rfi già nel 2014. Con Massimiliano Fedriga che preferisce per ora il silenzio, e con l'assessore ai Trasporti che ha già bacchettato la compagnia statale, a rispondere è un altro ex presidente della Regione, Renzo Tondo. Pronto a coinvolgere l'ex ministro Maurizio Lupi per un'interrogazione parlamentare da presentare la prossima settimana. Lupi, eletto alla Camera in quota Noi con l'Italia come Tondo, fu protagonista dell'intesa, cinque anni fa, con il governo Fvg di Serracchiani e con quello Veneto di Luca Zaia, con il commissario straordinario per la Tav Venezia-Trieste Bortolo Mainardi e l'amministratore delegato di Rfi Michele Mario Elia per un collegamento ad alta velocità per fasi, un'opera da 1,8 e non da 7,5 miliardi, come era stato ipotizzato nel 2010. Di qui l'intenzione di Tondo di concordare con lui il question time per verificare le responsabilità dei tempi lunghi di un'opera che avrebbe dovuto essere realizzata entro il 2025 e di cui invece non si vede nemmeno il progetto di fattibilità. «Di certo è la conferma che pesiamo poco - osserva l'ex governatore carnico -. Me ne accorgo personalmente ogni volta che salgo in treno e inizio a viaggiare in velocità solo da e verso Mestre. Dopo di che c'è pure la contraddizione di fondo di governi con i 5 Stelle che frenano sulle grandi opere». Politica a parte, la pensa come Tondo anche Sergio Razeto, presidente di Confindustria della Venezia Giulia. «A mio parere la Tav sarebbe stata la soluzione migliore -commenta-. Ma, una volta preso atto che si era deciso per lavori meno costosi e più tempestivi, piuttosto che niente ci siamo accontentati di piuttosto. È ora sconfortante constatare che siamo fermi al palo, per passeggeri e per merci, sul potenziamento della linea esistente». Di «amara realtà» parla anche Graziano Tilatti, presidente regionale di Confartigianato. «Ci hanno raccontato che eravamo al centro dei rapporti con la Mitteleuropa e dei Corridoi transeuropei e invece continuiamo a fermarci a Mestre - dice l'imprenditore friulano -. Una situazione che si aggiunge a voli direzione Roma limitati e a caro prezzo: siamo realmente tagliati fuori. Colpa della politica? Più che altro la politica non è più attrezzata come in passato a ottenere riscontro nell'interlocuzione con gestori che non si curano delle esigenze del territorio e si nascondono dietro il pretesto dell'economicità del servizio». Se il presidente del porto Zeno D'Agostino si dice convinto che Rfi faccia «quello che serve» e auspica che si tratti solo di «ritardi sul cronoprogramma», la presidente degli industriali udinesi Anna Mareschi Danieli promuove il capitolo passeggeri: «L'attuale servizio ferroviario sulle lunghe percorrenze garantito dalle Frecce di Trenitalia fornisce buone opportunità di collegamento con Milano e Roma, le due principali destinazioni per viaggi di lavoro, e rappresenta una valida alternativa al trasporto aereo. L'ingresso di ItaloTreno ha poi ampliato ulteriormente l'offerta da Udine su Roma». Il nodo è il trasporto ferroviario merci: «Per renderlo più efficiente e vantaggioso sarebbe necessario adeguare l'infrastruttura agli standard internazionali che possono rendere competitiva questa modalità. In particolare, si tratta di consentire il transito di convogli fino a 550 metri di lunghezza e 2 mila tonnellate di peso. Dal punto di vista intermodale poi - conclude - accanto al successo dei servizi che fanno capo al porto di Trieste, sarebbe altrettanto necessario sviluppare l'offerta di quelli sull'Interporto di Cervignano, a beneficio delle attività manifatturiere regionali e delle zone contermini, in modo da ridurre il peso dei traffici su strada». 

Marco Ballico

 

«Il gioco di squadra con la Slovenia è fallito E noi siamo troppo piccoli per contare da soli»

L'analisi dell'ex governatore Illy. «Per le Ferrovie restiamo una regine da un milione di abitanti, pochi per garantire treni pieni. Colpe della politica? Bisogna andare a battere i pugni a Roma»

Riccardo Illy guarda più a Est che a Ovest. Rfi è in ritardo sulla velocizzazione della linea ferroviaria Venezia-Trieste ma, secondo l'ex governatore, la causa dell'isolamento del Friuli Venezia Giulia la regione sul fronte dei treni sta da un'altra parte. Illy, dal Corridoio 5 alle poche Frecce di cui doversi accontentare. Cos'è cambiato da quando il Fvg sembrava dover essere al centro dei trasporti?La grande battaglia è stata cercare di convincere i governi sloveni ad avviare la progettazione e possibilmente gli investimenti sull'alta velocità ferroviaria nel loro territorio. Perché quel passaggio è così determinante anche per noi?Come vale per l'aeroporto, anche per la ferrovia restiamo una regione di un milione e 200 mila abitanti e Trieste una città di 200 mila abitanti. Ciò ha indotto negli anni Fs a prevedere diverse fermate tra il capoluogo regionale e Venezia: l'unico modo per riempire i vagoni. Alla base di tutto c'è dunque un paradosso sin qui irrisolvibile per il Fvg: treni pieni ma lenti, oppure treni mezzi vuoti ma non economici. Che cosa si sarebbe dovuto fare?Era la nostra speranza: aggiungere alle presenze da e per Trieste quelle in transito dall'Ungheria e dalla Slovenia verso l'Italia e magari domani fino alla Francia. Purtroppo la Slovenia ha dimostrato una quasi totale insensibilità al tema del trasporto ferroviario per i passeggeri. L'unica preoccupazione è stata quella del raddoppio della Capodistria-Divaccia. Un'opera assurda. Per quale motivo?In un regime di mercato unico per le merci, gli sloveni potrebbero tranquillamente usare come secondo binario il passaggio per Trieste. Ci troveremo invece con un binario costruito a metà dell'Ottocento e un secondo binario con tecnologie moderne e tracciati diversi. Ma è proprio una mentalità, come si vede pure con le autostrade. Nella rete slovena manca ancora il collegamento verso Fiume dalla Trieste-Lubiana. Siccome quel tratto servirebbe ai croati e non a loro, gli sloveni non ci pensano. Torniamo alla ferrovia e alla partita persa. Le ferrovie italiane svolgevano anni fa un servizio, poco meno che ridicolo, Venezia-Budapest, che toccava Trieste, Lubiana, Maribor e poi su verso Graz e Vienna. Non solo non si è preso in considerazione lo sviluppo di una nuova rete ferroviaria moderna, ma non si è nemmeno adeguato l'esistente, elettrificando il collegamento da Maribor al confine ungherese. Guardiamo a Ovest. Bene aveva fatto la presidente Serracchiani a superare la Tav e favorire l'accordo per la velocizzazione. Visto il numero di fermate, andare a 250 chilometri all'ora non avrebbe cambiato granché. Con i flussi attuali proiettati nel futuro la saturazione si raggiunge a qualche decennio di distanza. Meglio dunque velocizzare i binari esistenti. Anche per la conformazione del territorio: tolta l'ansa di Latisana, è tutto dritto. Che io sappia è un progetto fortunatamente ancora attuale. I ritardi però sono sotto gli occhi di tutti. Responsabilità di Rfi o della politica?Occorrono le pressioni politiche. Quando nel 1993 divenni sindaco, firmai un protocollo d'intesa con Palazzo Chigi e istituzioni locali in cui entrò una serie di opere poi quasi tutte realizzate. Ero un rompiscatole. Chiamavo, chiedevo e verificavo se arrivavano i soldi in Finanziaria. In quel documento c'erano pure 50 miliardi di lire a fondo perduto per la Trieste-Capodistria. Anche a favore degli sloveni, che li hanno sempre rifiutati pensando, a torto, ci fosse chissà quale trucco.

 

I pendolari lanciano la petizione online per la linea serale con fermata Firenze

Sotto accusa la cancellazione della tappa del Frecciarossa in partenza da Trieste alle 18.15 E c'è chi richiede a gran voce l'Intercity notte per Lecce

Trieste. I triestini possono dire addio a una toccata e fuga nella culla del Rinascimento. Lo stesso vale per i fiorentini, che non potranno più raggiungere il Friuli Venezia Giulia, almeno non con un treno diretto la sera. Con l'entrata in vigore del nuovo orario dei treni, che scatterà domani, l'unica Freccia che garantiva un rientro serale a Trieste da Firenze (partendo alle 18.15) non fermerà più nel capoluogo toscano. Si tratta della Frecciaargento 8448 che oggi per l'ultimo giorno partirà da Roma Termini alle 16.35 per arrivare a Trieste alle 21.54 facendo tappa alla stazione Santa Maria Novella, peraltro l'unica prevista in Toscana. Da domani la Freccia in questione sarà stata sostituita con la numero 9480 che partirà da Termini alle 16.30, fermerà per la prima volta anche a Roma Tiburtina, manterrà tutte le classiche fermate (Bologna, Padova, Mestre, Trieste Airport e Trieste) senza però toccare Firenze e con essa l'intera Toscana. A fare l'amara scoperta un gruppo di abitanti toscani che, vuoi per lavoro, vuoi per piacere, usano abitualmente quel treno, «l'unica Freccia - incalzano con gli occhi sgranati - che ci consente di raggiungere di sera Trieste e il Friuli Venezia Giulia». Immediata la reazione: su change. org (http://chng.it/b4sZB9rKBr) ieri è comparsa una petizione, sottoscritta da «un gruppo di pendolari tra le due regioni» per ripristinare l'unico treno diretto serale tra la Toscana e il Friuli Venezia Giulia. Destinatari della richiesta sono gli ad di Trenitalia e Rfi, rispettivamente Orazio Iacono e Maurizio Gentile, e gli assessori regionali ai Trasporti del Fvg, Graziano Pizzimenti, e della Toscana, Vincenzo Ceccarelli. «Chiediamo a Trenitalia di non penalizzare la Toscana e il Friuli Venezia Giulia e che riconsideri quindi la decisione presa reinserendo la fermata di Firenze dell'unico treno pomeridiano diretto a Trieste» dichiara il portavoce dell'iniziativa, Cristiano Lucchi. «Garantire due fermate alla città di Roma e nessuna all'intera Toscana ci pare una decisione incomprensibile per un servizio pubblico come quello ferroviario». L'alternativa, spiega Lucchi, per chi dalla Toscana si reca a Trieste, prevede un cambio di treno e un'ora in più di viaggio. Un disagio non da poco che colpisce pendolari, lavoratori, turisti e tutti quelli che vivono o abitano in due regioni già scarsamente collegate tra loro». La decisione coglie di sorpresa anche l'assessore Pizzimenti, che nel valutare come «Trieste e Firenze non siano collegabili con i mezzi pubblici neanche tramite aereo» si dice pronto a interpellare il collega toscano per affrontare la questione. Anche perché, a non prendere il toro per le corna, si rischia che una possibile soluzione finisca alle calende greche. Come è successo nel 2013 con la soppressione dell'Intercity Notte Trieste - Lecce. Una decisione che la comunità di pugliesi residenti nella Venezia Giulia, a sei anni di distanza, non ha ancora digerito. D'altronde per raggiungere le loro famiglie d'origine in treno, i pugliesi devono affrontare un viaggio di almeno 11 ore . C'è il volo Trieste - Bari, direbbe qualcuno. «Ma per chi abita nel Sud della Puglia arriva troppo tardi e non ci permette di arrivare a destinazione» spiega Angelo Parisi de Il Trullo, il circolo dei pugliesi in Fvg. E quando il Natale si avvicina, la rabbia monta. Così la comunità pugliese di Monfalcone (che conta 2.500 persone agguerrite sul tema) ha risollevato il problema rivolgendosi al consigliere regionale Giuseppe Nicoli (Fi) che copre la carica di consigliere anche nel comune bisiaco. Da qui è partita un'interrogazione che Nicoli ha di recente presentato al Consiglio regionale. «Dalla soppressione del treno Intercity notte Trieste Lecce sono nati numerosi disagi per i passeggeri che devono recarsi nel Meridione - si legge -. Sono costretti a cambiare treno a Mestre e in alcuni casi anche a Bologna, con la conseguenza che bambini e anziani non sono in grado di affrontare un viaggio che può durare fino a 15 ore». Da queste premesse Nicoli ha chiesto all'assessore Pizzimenti «se intende intervenire per ripristinare il treno notturno». E a sua volta Pizzimenti si è impegnato a porre la questione «al Ministero dei Trasporti e alla direzione Lunga percorrenza di Rfi la prossima volta che andrò a Roma». 

Elena Placitelli

 

 

A Muggia corsi d'acqua da mettere in sicurezza Si parte da rio Pisciolon

Dal taglio di rami pericolanti alla sistemazione delle sponde Il municipio anticipa i fondi in attesa del sostegno regionale

MUGGIA. Pulizia del verde tramite sfalcio, decespugliamento e taglio dei rami pericolanti. Ma anche risistemazione delle sponde con pietre in loco, con tanto di analisi e smaltimento dei materiali. Questi gli interventi che a breve interesseranno due tratti di uno dei torrenti simbolo di Muggia: il rio Pisciolon. Con la legge regionale 11/2015, il Friuli Venezia Giulia ha riclassificato i corsi d'acqua presenti sul territorio affidando ai Comuni la manutenzione dei corsi d'acqua di classe 5, a cui appartiene appunto il Pisciolon, assieme agli altri corsi d'acqua muggesani, ossia San Bartolomeo, Almerigotti, rio Ronchi, torrente della Luna, un tratto del San Sebastiano, Fugnan, Farnei, Rabuiese, torrente del Diavolo e rio Menariolo. «In attesa di beneficiare delle risorse finanziarie regionali necessarie per la realizzazione di tali interventi (a seguito della relativa domanda inoltrata dall'amministrazione per il bando 2019-2020, ndr), è stato necessario sopperire con propri fondi risultando la manutenzione dei torrenti prioritaria», ha spiegato l'assessore all'Ambiente Laura Litteri. E gli interventi saranno molteplici. Oltre ai due tratti del torrente Pisciolon il Comune interverrà anche sul rio San Sebastiano e sul rio della Luna. Nello specifico, le operazioni prevedono diversi lavori. Innanzitutto di pulizia e svuotamento della vasca di decantazione lungo il rio San Sebastiano, con presa in carico e trasporto del materiale ad impianto autorizzato in modo da assicurare l'operatività idraulica del torrente e la sicurezza dei residenti nelle aree limitrofe. Intervento lungo il tratto terminale del rio della Luna attraverso azioni di pulizia e sfalcio della vegetazione con asporto del materiale e pulizia della griglia. Per quanto riguarda il Pisciolon, sarà la Società Gm Scavi e Miniscavi di Dolegna del Collio ad occuparsi dell'esecuzione degli interventi manutentivi nei due tratti d'interesse a fronte di una spesa di 9 mila 760 euro. Di 10 mila euro sarà invece la cifra che permetterà alla società agricola Bombardier evolution di Arta Terme di intervenire sul rio San Sebastiano e sul rio della Luna. 

Riccardo Tosques

 

 

Consiglio d'Europa - Il premier di Lubiana conferma alla Ue: raddoppiare Krsko

Il premier della Slovenia Marjan Sarec ha confermato a livello di Consiglio europeo la volontà del suo Paese di procedere al raddoppio della centrale nucleare di Krsko. Dopo che a Bruxelles il premier della Cechia Andrej Babos ha sostenuto che quella nucleare è un'energia pulita, priva di emissioni, il primo ministro sloveno Sarec ha ribadito chiaramente, sempre in tema di energia, come la Slovenia non può assolutamente allo stato attuale delle cose permettersi di chiudere la sua mega centrale termoelettrica Tes 6. Come energia rinnovabile per la Slovenia, Sarec ha proposto quella nucleare proprio con il raddoppio della centrale di Krsko.

M.Man.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 13 dicembre 2019

 

 

La nuova Trieste-Mestre "grande incompiuta" - E la regione resta isolata

A 5 anni dal patto con governo e Rfi per velocizzare la tratta nulla è cambiato L'impasse rende impossibile centrare il target di un'ora e 5 minuti entro il 2025

TRIESTE. A ogni cambio di orario dei treni l'isolamento ferroviario del Friuli Venezia Giulia trova puntuale conferma. Rimangono le frecce direzione Milano e Roma, cui la Regione contribuisce con tre milioni di euro, ma il quadro complessivo è quello di un territorio dimenticato. A rilevare in particolare i tempi lunghi sulla Trieste-Mestre, dove il mezzo più rapido impiega un'ora e 34 minuti (ma si arriva a due ore e 54 con un regionale "veloce"), ci ha pensato in aula, da relatore di minoranza della legge di Bilancio 2020, il pentastellato Cristian Sergo. «Sono sei anni che il M5s chiede di intervenire sui colli di bottiglia prima di pensare a opere faraoniche», le sue parole: «Il potenziamento della Venezia-Trieste continua a rimanere sulla carta e sulla bocca di chi preferisce facili annunci, gli studi di fattibilità non si vedono ancora». La sintesi di un perdurante stallo dai tempi di Riccardo Illy, quando il Corridoio 5 sembrava essere la madre di tutte le opere pubbliche e il Fvg la terra promessa che sarebbe stata attraversata dai treni ad alta velocità, a quelli di Massimiliano Fedriga. Era in particolare il 2014 quando la politica regionale e romana condivise che tra Veneto e Fvg non si potevano spendere per la Tav 7,5 miliardi, come da progetto di Rete Ferroviaria Italiana del 2010 (era il tracciato "balneare", giacché prevedeva il passaggio lungo la costa, a Sud dell'esistente, fino a scavare una galleria in Carso). Sarebbero perciò bastati 1,8 miliardi, risorse sufficienti per velocizzare la linea storica e far viaggiare i treni comunque a 200 chilometri orari, come sosteneva da anni il commissario della Tav Trieste-Venezia Bortolo Mainardi. Ed era il 2015 quando l'amministratore delegato di Rfi Maurizio Gentile, a margine del Forum ferroviario Italia-Balcani organizzato nel capoluogo regionale, anticipava un collegamento Mestre-Trieste, entro il 2025, in un'ora e cinque minuti, rispetto ai 55 minuti dell'ipotesi Tav, «una differenza di dieci minuti, ma con un risparmio di sei miliardi». Mentre in quello stesso contesto l'ad di Fs Michele Elia comunicava che si stava lavorando allo studio di fattibilità, «che contiamo di completare entro fine anno e condividerlo con gli enti locali», e parallelamente «per l'ammodernamento tecnologico sulla linea per aumentare già ora la velocità nei tratti in cui è possibile farlo».Buone intenzioni, nient'altro. Perché da allora si è mosso ben poco. Anzi, a sentire Graziano Pizzimenti, sul tavolo dell'amministrazione «non c'è ancora nulla». Eppure, sottolinea l'assessore regionale ai Trasporti, «ci sono esigenze della comunità che richiedono un sistema infrastrutturale ben più adeguato di quello che Rfi, al momento, mette a disposizione del territorio. Vanno accorciati i tempi e previsti investimenti». La partenza, sul fronte delle risorse, era stata in realtà promettente. Con la premessa dell'accordo 2014 tra la Regione Fvg presieduta da Debora Serracchiani, il Veneto di Luca Zaia, il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi e Rfi, con la società nazionale che concordava appunto su velocizzazione della tratta e risoluzione dei nodi di Latisana e Monfalcone, nel 2016 fu Graziano Delrio, ministro da un anno, ad annunciare lo stanziamento di 200 milioni per l'opera. C'era pure un cronoprogramma. Prevedeva a partire dal 2016 una decina di mesi per il progetto preliminare e altri quattro-cinque per la conferenza dei servizi con gli enti locali. Quindi un altro anno per il progetto definitivo e sette-otto mesi per lo svolgimento della gara. In sostanza, tre anni per le attività preparatorie e altri cinque per i lavori. Nel Contratto di Programma di Rfi, tra gli investimenti per la regione, dove entrano anche i finanziamenti per porto di Trieste, polo di Ronchi, nodo di Udine e raddoppio della Udine-Palmanova-Cervignano, compare in effetti anche la velocizzazione della Venezia-Trieste, con la precisazione delle risorse a disposizione: 232 milioni stanziati tra 2016 e 2017 e due ulteriori tranche da 35 (da dividere con la Milano-Venezia) e 29 milioni, meno del 15% di quanto servirebbe. A quanto risulta una parte sarebbe stata spesa per la progettazione del potenziamento tecnologico e per lo studio dell'esistente, mentre sarebbe in corso il progetto di fattibilità tecnico-economica degli interventi. Ma non c'è nemmeno l'ombra di una previsione concreta sui cantieri, nonostante Serracchiani nel giugno scorso, incontrato Gentile nel ruolo di deputata, confermasse che i 232 milioni «sono nella disponibilità di Rfi». E allora, perché non si parte? «Perché bisogna andare a Roma a battere i pugni», incalza l'ex presidente.-

Marco Ballico

 

Le Frecce aumentano un po' in tutto il Nord Fvg a bocca asciutta

Trieste. C'è l'abbondanza nell'offerta di Trenitalia disponibile con l'orario invernale al via da domenica prossima 15 dicembre. Un elenco di soluzioni che toccano le aree metropolitane, ma anche quelle di periferia. Le Frecce aumentano infatti a Milano (+85 fermate al giorno), Napoli (+33) e Roma (+26), ma anche a Reggio Emilia (+18), Ferrara (+16) e Rovigo (+4). Numeri che ampliano la forbice rispetto al "vuoto" del Fvg, regione costretta ad accontentarsi della "buona notizia" della conferma dell'esistente. Quella che emerge è una realtà di marcato isolamento, con le uniche destinazioni veloci direzione Milano (4 Frecciarossa) e Roma (un Frecciargento diretto e 4 Frecciarossa con l'obbligo però del cambio). Tutto questo mentre appunto Trenitalia annuncia 162 nuove fermate e 10 ulteriori collegamenti veloci fra Venezia, Padova, Bologna e Roma, oltre a una migliore copertura fra Milano e Venezia, stazioni collegate ogni giorno da 48 Frecce. E c'è pure la novità della corsa tra Bolzano e Milano, con fermate anche a Trento e Verona.Un piano complessivo da 7 mila treni al giorno, uno in partenza ogni 12 secondi, con 6.500 regionali, 297 Frecce, 108 InterCity Giorno e Notte, 20 FrecciaLink, 32 EuroCity e 8 EuroNight.Nell'orario invernale spuntano anche i collegamenti Frecciarossa di tarda serata: da Torino a Milano e viceversa nei fine settimana e da Milano a Bologna il mercoledì e giovedì. Da gennaio, inoltre, nuova partenza del week end per i rientri serali da Napoli a Roma. Ce n'è pure per gli amanti della montagna, che troveranno attivi collegamenti per Oulx e Bardonecchia da Napoli, Roma, Firenze, Bologna e Milano.Il Fvg sta a guardare, alla viglia tra l'altro di un appuntamento chiave, quello del nuovo contratto di servizio. Con i pendolari da tempo critici sui ritardi. «Mentre quasi tutte le altre regioni hanno chiuso un accordo di 6 o 9 anni - si legge tra l'altro nei blog degli utenti -, inserendo specifiche clausole che impegnano il gestore a migliorare l'offerta, con un maggior numero di corse e investimenti sul parco rotabile, il Fvg è ancora vincolato al vecchio contratto del 2009 che è stato prorogato più volte. Si tratta di una scelta importante, dopo un'impasse durata così a lungo».

M.B.

 

Passaggio a livello out  - Traffico in tilt per ore

Ennesima giornata di passione per i pendolari con ritardi fino a 70 minuti. La causa? Un "sabotaggio" delle sbarre

Trieste. Tutti accalcati nell'atrio della stazione con gli occhi incollati allo schermo che indica fino a 70 minuti di ritardo. Alla stazione centrale di Trieste ieri è iniziata così una nuova mattinata di passione per i pendolari. La causa stavolta è un guasto al passaggio a livello di Ronchi dei Legionari Sud: avvenuto di prima mattina all'ora di punta, ha letteralmente mandato il traffico ferroviario in tilt. Ma questa volta Rfi non c'entrerebbe nulla con il disguido da cui, anzi, si smarca annunciando di voler sporgere denuncia contro ignoti per danneggiamento. Di fatto a rimetterci sono stati i pendolari, costretti ad intraprendere un'altra odissea, a sole due settimane di distanza dal blackout che il 27 novembre scorso aveva messo a soqquadro la tratta Udine - Trieste. Quel giorno un guasto alla linea elettrica avvenuto nella stazione di Udine aveva coinvolto in tutto 16 treni. Ieri i convogli interessati da ritardi o cancellazioni sono stati una decina. Due Frecce (Trieste - Roma delle 6.44 e Trieste Milano delle 7.05, entrambe arrivate con più di 50 minuti di ritardo); un Intercity (Trieste - Roma delle 7.21 con più di 54 minuti di ritardo); cinque regionali (Venezia - Trieste delle 6.41, 32 minuti di ritardo; Venezia - Trieste delle 9.53, 27 minuti di ritardo; Trieste - Udine delle 6.20, 70 minuti di ritardo; Trieste - Udine delle 7.50 con 47 minuti di ritardo e Trieste - Mestre delle 7.15 con 57 minuti di ritardo). Peggio è andata a due regionali che sono stati perfino cancellati, uno nella tratta Cervignano - Trieste, l'altro da Venezia a Monfalcone. C'è una sostanziale differenza, si accennava, rispetto a quanto accaduto due settimane fa. Potrebbe esserci infatti la mano di un sabotatore dietro al guasto del passaggio a livello in questione. Alle 7.05 una delle due sbarre, quella sul lato destro in direzione Venezia, non si è più alzata perché i sensori hanno improvvisamente smesso di funzionare. Ciò ha comportato il blocco dei treni che sono dovuti rimanere fermi in linea fino a quando i tecnici di Rfi hanno provveduto a sistemare il marchingegno elettronico. Un intervento di una mezz'oretta in tutto che però è appunto bastato a provocare ritardi a catena a tutti i treni in circolazione. Ora, quel passaggio a livello si inceppa di frequente, grossomodo una volta al mese. Rfi conta 12 guasti all'anno, in parte causati dal maltempo in parte da attraversamenti avvenuti con le sbarre abbassate o in movimento. Ieri poi la sbarra risultava perfettamente integra anche dopo il guasto; pare dunque poco probabile che un'auto possa esserci andata a sbattere contro. Difficilmente si riuscirà a individuare eventuali resposabili perché le telecamere di sorveglianza in quel punto registrano immagini solo nel caso in cui vi siano ostacoli all'interno della linea. Rfi mantiene le riserve, parlando di un danneggiamento che può essere stato provocato in modo volontario o meno. Ma chi quel territorio lo frequenta, sa quanto il passaggio a livello Ronchi Sud sia odiato per i lunghi tempi di chiusura. Rfi è stata persino costretta a installare delle transenne per impedire ai pedoni d'infilarsi pericolosamente sotto. Il Comitato dei pendolari Fvg, per voce di Andrea Palese, chiede uno studio per valutare come extrema ratiodi bypassare il passaggio. «Un'operazione che andrebbe però concordata con gli enti locali», risponde Rfi. 

Elena Placitelli

 

 

Svolta Villa Haggiconsta: non sarà venduta

L'assessore Giorgi: «L'immobile verrà tolto dal piano delle alienazioni. Proveremo a recuperarlo con l'aiuto della Regione»

«Villa Haggiconsta non sarà inserita nel piano delle valorizzazioni ed alienazioni, per provare nuovamente una strada di finanziamento che permetta di recuperarla mantenendone la pubblica fruizione». Il forzista Lorenzo Giorgi, titolare della delega al Patrimonio nella giunta Dipiazza, risponde alle critiche indirizzategli dal Movimento 5 Stelle e dal Partito democratico sulla vicenda dello stabile di viale Romolo Gessi, annunciandone in via ufficiale lo stralcio dal piano delle alienazioni rinviato in aula lunedì scorso per l'assenza di Giorgi stesso. Parole che rassicureranno l'Aias, l'associazione di assistenza agli spastici che ha protestato per l'ipotesi di vendita. Ma Giorgi ne ha anche per l'opposizione, Partito democratico e Movimento 5 Stelle in primis, che nei giorni scorsi l'han fatto bersaglio di critiche: «Per sparare a zero bisogna saper caricare e puntare», dice. Spiega l'assessore: «Parliamo di un bene che da 12 anni risulta chiuso, abbandonato e con problemi di sicurezza. In merito, l'associazione Aias ha avuto modo di sottolineare che in tutto questo tempo nessuno ha fatto nulla. Ho provato quindi a dare un senso diverso alla questione cercando un percorso condiviso con il sindaco, l'assessore Grilli e auspicabilmente l'associazione stessa». Nei giorni scorsi il dem Giovanni Barbo aveva accusato Giorgi di aver lasciato intendere un via libera dell'Aias (nei fatti inesistente) alla vendita. L'assessore ricorda che «per la villa la giunta Cosolini (che ha guidato il Comune di Trieste nel quinquennio dal 2011 al 2016, ndr) non ha fatto nulla di nulla» e ribatte: «Barbo non può riportare falsità. Mai, ed esiste il verbale, ho dichiarato che oggi Aias è d'accordo con la proposta di vendere. Ho fatto un discorso più articolato: a fronte di un investimento di sei milioni per ristrutturarla, con il sindaco e gli assessori Grilli e Rossi avevamo proposto di realizzare in riva Ottaviano Augusto un nuovo centro diurno per disabilità gravi, facile a costruirsi e su un unico piano, privo quindi di barriere architettoniche. Una proposta che Aias era disponibile a discutere in consiglio direttivo. La stessa presidente ha dichiarato che sarebbe stata favorevole alla vendita dieci anni fa, ma che dopo tanto tempo non riscontra più fiducia nei possibili sviluppi». Il costo del nuovo centro, dice Giorgi, sarebbe stato di tre milioni, ma l'idea di vendere la villa non piace nemmeno alla maggioranza, Fratelli d'Italia e Lega in primis: «Proveremo quindi un altro percorso, che auspico possa trovare un contributo puntuale della Regione». Aggiunge ancora: «A Barbo ricordo poi che non ci sono associazioni nella villa, che dal 2008 è abbandonata e abitata al massimo da roditori. A Paolo Menis (consigliere M5s ndr), che ci ricorda di aver pensato di recuperarla con fondi regionali e di aver abbandonato l'idea, dico che con quella tipologia di fondi non era una via percorribile. Se l'idea del privato non gli piace, gli ricordo che il lavoro dell'imprenditore è onesto e pulito». 

Giovanni Tomasin

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 dicembre 2019

 

 

Costa e Carso uniti nel piano per la sostenibilità "griffato" Unesco

DUINO AURISINA. Trasformare la fascia costiera e il soprastante ciglione carsico in un «laboratorio di pratiche attive di sostenibilità». È questo l'obiettivo del Tavolo di coordinamento della Riserva della Biosfera Unesco di Miramare, che si è insediato in questi giorni nel palazzo della Regione di piazza Unità. Si tratta di un organo collegiale costituito da enti pubblici e privati che, attraverso una rete, sosterranno appunto gli indirizzi e le azioni della Riserva della Biosfera di Miramare, la cui competenza è stata ampliata, per abbracciare la fascia costiera fino a Santa Croce e il costone carsico che la sovrasta. Convocato dall'Area marina protetta di Miramare in quanto soggetto incaricato dal ministero dell'Ambiente del coordinamento del MaB (il programma ideato per promuovere, su base scientifica, un rapporto equilibrato tra uomo e ambiente, attraverso la tutela della biodiversità e modelli di sviluppo sostenibile) e dal Servizio biodiversità della Regione, il Tavolo ha visto la partecipazione di tutti gli enti che hanno sostenuto la candidatura della costiera triestina a Riserva Unesco e cioè i Comuni di Trieste e Duino Aurisina, la Capitaneria di Porto, l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), il Centro internazionale di fisica teorica "Abdus Salam" (Ictp), l'Università, l'Ordine degli architetti, la Camera di commercio della Venezia Giulia, l'Aries - Gruppo di azione costiera del Friuli Venezia Giulia e il Gal Carso. A questi enti si è aggiunto, in questi giorni, il sostegno del Museo di Miramare. Al Tavolo è rappresentato anche PromoTurismoFvg, come ente di promozione del turismo sul territorio. «Il ruolo del Tavolo - spiega Maurizio Spoto, responsabile dell'Area di Miramare - è di promuovere e avviare azioni in rete, per la valorizzazione delle risorse scientifiche, culturali e produttive della costiera triestina, sotto l'egida Unesco, in una prospettiva di sviluppo compatibile con la conservazione e tutela delle risorse naturali».«L'intento - aggiunge Spoto - è di avviare, nel prossimo anno, un processo partecipativo, che coinvolga i vari enti di questo Tavolo, nell'identificazione dei principali elementi identitari della Riserva e ne definisca obiettivi, progettualità e funzioni, garantendo la coerenza con le strategie internazionali del Programma MaB Unesco e con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite».-

Ugo Salvini

 

A Muggia in arrivo i fondi per la messa in sicurezza della scarpata dei 3 Lumini

L'operazione da 78 mila euro interessa una delle zone simbolo del comune rivierasco, spesso soggetta a fenomeni franosi

MUGGIA. La scarpata dei Tre Lumini verrà messa in sicurezza. Con un intervento pari a 78 mila euro il Comune di Muggia ha annunciato l'intervento per la sistemazione idrogeologico-idraulica dell'area a monte dell'edificio Ater di via Mocenigo 6. Redatto dal geologo Giovanni Pietro Pinzani e dall'ingegner Luciano Zarattini, il progetto mira a risolvere delle criticità geostatiche di una scarpata (di proprietà comunale), parzialmente di origine antropica, che ha uno sviluppo complessivo di 40 metri con un dislivello di 9,3 metri e pendenze oscillanti fino tra i 46 ed i 65 gradi. Nello specifico, l'intervento interesserà un'area di circa 160 metri quadrati, con una lunghezza media di 14 metri e dislivello di circa nove metri. Quasi 20 anni fa furono realizzati nella scarpata dei primi interventi di consolidamento, parte dei quali risultano però oggigiorno inadeguati. In quest'ottica si realizzeranno una rete "parasassi" e una chiodatura sistematica a maglia con tanto di funi perimetrali. «L'intervento prevede il consolidamento del versante con la necessaria pulizia della vegetazione per consentire la posa dei sistemi di stabilizzazione, vegetazione che, in ogni caso, come già si ha avuto modo di constatare in interventi similari, ricrescerà poi attraversando il sistema di protezione restituendo un versante sempre verde, ma più sicuro», spiega il vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici Francesco Bussani. La scarpata dei Tre Lumini non è stata l'unica, negli ultimi tempi, a essere al centro dell'attenzione dell'amministrazione retta dal sindaco Laura Marzi, che, proprio in seguito agli ultimi episodi di maltempo, ha ricordato agli eletti di Trieste alla Camera, al Senato e nel Consiglio regionale incontrati a Muggia quelle che sono le criticità e le fragilità del territorio muggesano che vanno tenute sotto costante attenzione, sia a livello nazionale che regionale. In tal senso, l'area costiera muggesana è, per sua natura, spesso soggetta a fenomeni franosi: composta da falesia verticale in arretramento, risulta costituita da Flysch, formato a sua volta da un'alternanza di differenti "litologie", date da arenarie in diversa proporzione. L'ultimo importante intervento risale alla messa in sicurezza della grande scarpata prospiciente l'ex Sp 14 interdetta a causa dei possibili crolli di materiale lapideo. Una questione annosa, che da tempo vedeva preclusa con new jersey e rete di protezione una gran parte dell'area dedicata alla sosta lungo strada di Lazzaretto proprio per impedire inopportuni stazionamenti di persone e parcheggi di automezzi in condizioni di eventuale rischio. Una situazione che si è risolta l'anno scorso con una decina di parcheggi "riabilitati" su quasi 50 metri di area restituita alla cittadinanza.

Riccardo Tosques

 

 

«Invitalia non ostacola l'intesa sulla Ferriera» - il futuro di Servola

«Invitalia non ha mai manifestato contrarietà rispetto all'accelerazione impressa dal ministero per lo Sviluppo economico alla bozza di accordo di programma sulla Ferriera di Servola». È la precisazione arrivata dalla società per azioni di proprietà dal Tesoro all'indomani del tavolo romano sul futuro dello stabilimento. «Siamo obbligati a smentire quella ricostruzione poiché Invitalia, nel corso dell'incontro di martedì, attraverso i suoi rappresentanti al tavolo ha garantito massima collaborazione ad enti e azienda al fine di accelerare i tempi dell'accordo. Invitalia inoltre - prosegue la nota - ha evidenziato le risultanze positive dei diversi incontri preparatori con il ministero e con l'azienda, per approfondire la possibilità di utilizzare gli schemi di incentivo disponibili per il sostegno degli investimenti necessari alla tutela dei livelli occupazionali e dell'ambiente. Invitalia dunque, non solo ha rimarcato la qualità dei confronti avuti, ma ha garantito l'operatività per la fine degli adempimenti necessari alla sottoscrizione dell'accordo il più rapidamente possibile». 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 dicembre 2019

 

 

Ferriera, corsa contro il tempo per la nuova intesa sul futuro

Il Mise vuole chiudere la bozza dell'Accordo di programma entro venerdì Istituzioni locali e Invitalia perplesse. Arvedi riapre alla cessione dei terreni

La bozza del nuovo Accordo di programma sulla Ferriera di Servola dovrà essere pronta entro venerdì. O almeno queste sono le intenzioni del ministero dello Sviluppo economico, che ha fretta perché il governo vuole rispettare gli impegni assunti dal triestino Stefano Patuanelli e arrivare entro dicembre alla firma della road map per la riconversione dello stabilimento siderurgico, la cui proprietà è tornata ieri a mettere sul piatto la possibilità di cedere i terreni di proprietà all'Autorità portuale. Sta tutta qui la sintesi del nuovo incontro convocato ieri mattina al Mise, dove è partito il confronto su una bozza di Adp che, per arrivare in porto, ha tuttavia bisogno di numerose integrazioni. Non sarà semplice produrle in così poco tempo, posto che lunedì è già fissata una videoconferenza che a Roma viene indicata come il momento per giungere alla versione finale del testo. Il vertice è servito ad aprire formalmente il confronto tra i ministeri interessati, Siderurgica Triestina, Regione, Comune e Autorità portuale. Le parti si sono date due giorni per l'invio di osservazioni, ma le istituzioni locali e la stessa Invitalia hanno gradito poco il tentativo di accelerazione del Mise. La bozza presentata ieri a Roma contiene infatti lacune importanti, difficili da colmare in meno di una settimana. Mancano il dettaglio del piano industriale e occupazionale di Siderurgica Triestina, la definizione dei fondi statali a supporto, la firma dell'accordo fra azienda e sindacati, le valutazioni di Comune e Autorità portuale sugli utilizzi futuri delle aree interessate alla riconversione. Scogli di non poco conto, che pesano sulla possibilità di una firma entro dicembre, tanto più che le istituzioni devono avere a disposizione tempi tecnici per approvare le delibere necessarie ad autorizzare la stipula. A Roma si è intanto confermato ancora una volta che il nuovo Accordo di programma non prevede esuberi e conferma l'investimento iniziale da 180 milioni, con 30 milioni già assicurati dall'azienda per la bonifica dell'area a caldo da dismettere e gli impegni legati al rafforzamento del laminatoio e della centrale elettrica. Novità è invece il ritorno alla disponibilità da parte della proprietà a valutare la cessione dei terreni: un passo inizialmente previsto, poi cancellato per l'asserita intenzione del gruppo Arvedi di occuparsi direttamente di logistica e infine riproposto, pur in mancanza di ogni riferimento al valore che l'azienda dà ai terreni di proprietà. L'assessore al Lavoro Alessia Rosolen assicura ad ogni modo «piena collaborazione della Regione nella stesura del nuovo Accordo di programma», chiedendo però che questo poggi su «un piano industriale condiviso dai soggetti istituzionali competenti e un piano occupazionale che deve far parte integrante del documento finale». Rosolen ha chiesto inoltre la condivisione dell'Accordo da parte di Comune e Autorità, rimarcando inoltre la necessità dell'intesa preliminare fra azienda e sindacati. Al proposito, Cgil Fiom e Fim Cisl chiedono un incontro urgente al Mise e alla Regione per conoscere i contenuti dell'Adp. La richiesta arriva dopo l'assemblea sindacale tenutasi lunedì in fabbrica, con cui le due sigle hanno rifiutato l'invito di Siderurgica a confrontarsi a Roma sull'intesa sindacale da raggiungere. Fiom e Fim chiedono di «predisporre e svolgere i tavoli necessari alle tematiche d'affrontare sul territorio». Quanto all'accelerazione del Mise, la nota dei sindacati chiede «che siano le cose a determinare i tempi e non viceversa». 

Diego D'Amelio

 

 

Trenitalia ritocca gli orari in vigore sui Frecciarossa e scommette su Lubiana - le novità invernali

Trieste. Alcune novità erano già emerse al tavolo tra Regione e pendolari, presenti Trenitalia e Rfi. Da ieri, giorno della presentazione a Milano dell'orario invernale 2019-20, c'è anche l'ufficialità su alcune minime variazioni di arrivi e partenze, sul treno aggiuntivo da Udine a Trieste e sulla conferma dei collegamenti transfrontalieri Trieste-Lubiana. Si parte il 15 dicembre con Trenitalia che, a livello nazionale, amplia il network Frecciarossa (162 nuove fermate), avvia una campagna anti plastica a bordo ed estende l'area Silenzio anche al servizio Standard. Nello specifico, il Fvg è interessato da un nuovo orario cadenzato (variazioni da 1 a 3 minuti) per le linee Trieste-Portogruaro, Venezia-Trieste e Udine-Venezia, con l'obiettivo, informa la società, di migliorare le corrispondenze nei nodi principali. L'offerta si arricchisce quindi di un nuovo treno (R 20947) che partirà da Udine alla 8.08 e arriverà a Trieste alle 9.32, circolando nei giorni feriali escluso il sabato. Altre variazioni riguardano la linea Sacile-Maniago la cui offerta si articolerà su 7 coppie di treni feriali e 6 coppie di festivi. L'offerta privilegia, nei feriali, il pendolarismo scolastico e lavorativo, mentre nei festivi gli spostamenti turistici, escludendo la fermata di San Liberale. Si prosegue inoltre con i quattro Trieste-Lubiana, di cui due prolungati a Udine. Per rendere maggiormente godibile la visita in giornata nella capitale della Slovenia, il 1896 partirà alle 18.55 e arriverà nel capoluogo regionale alle 21.32. Confermate pure le corse festive da e per Palmanova e Venzone nell'ottica di rafforzare il turismo culturale. Trenitalia rende noti anche i risultati del 2019. A oggi sono oltre 8 milioni e mezzo i viaggiatori trasportati in regione (+6,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso) con le tratte Udine-Trieste e Venezia-Trieste che risultano le più utilizzate. Si è invece raggiunta quota 95mila presenze per i servizi straordinari direzione Friuli Doc, Gusti di Frontiera, Barcolana e Festa della Zucca. Riscontro positivo anche per la nuova stazione di Trieste Airport, inserita nel polo intermodale, che da inizio 2019 ha registrato 220.000 viaggiatori, mentre, sempre da gennaio, sono 38.000 (+21,5%) le biciclette trasportate sui treni del territorio. Il richiamo delle ciclovie è in costante crescita e viene supportato da Trenitalia grazie ai collegamenti Treno+Bici della Sacile-Maniago (Pedemontana) e della Trieste-Udine-Tarvisio (AlpeAdria), confermati in tutti i giorni festivi. Ultima informazione l'assunzione di 12 addetti alla Customer Care e di 30 agenti equipaggio (macchinisti e capitreno), 5 manutentori, 4 addetti di biglietteria, 1 ingegnere ambientale, per un totale di 52 nuove risorse inserite nella Direzione Fvg di Trenitalia nel corso dell'anno. 

 

 

Rifiuti urbani Produzione pro capite in crescita  - il dossier di ISPRAROMA.

Il consueto Rapporto di Ispra (su dati 2018) sui rifiuti urbani, ci racconta un settore con buoni risultati ambientali ma grandi criticità infrastrutturali ed industriali. Il primo dato che sorprende è l'aumento della produzione dei rifiuti urbani (+ 2% totale, + 2,2% pro capite) contro un aumento del PIL dello 0,9%. La produzione di rifiuti sale dopo anni di stabilità pur non tornando ai livelli del periodo 2005/2010. Ma il disaccoppiamento fra produzione dei rifiuti e crescita economica tarda ad arrivare, non è un caso che l'aumento più importante ha riguardato le produttive regioni del Nord. Un elemento che dovrebbe spingere ad una riflessione sull'efficacia delle strategie di prevenzione messe in campo a livello europeo per la riduzione della produzione dei rifiuti. I dati sul riciclo invece sono positivi. Aumenta la raccolta differenziata, che è passata in un anno dal 55,5% al 58,2%, con il Nord al 67,7%, il Centro al 54,1% ed il Mezzogiorno al 46,1%. Il divario tra Nord e Sud va progressivamente riducendosi. Le criticità arrivano dai dati sul trattamento e sugli impianti. All'aumento della raccolta differenziata e della frazione organica non segue un aumento degli impianti di digestione anaerobica, che addirittura si riducono. Molte regioni sono sprovviste anche di quelli di compostaggio e la frazione organica viaggia per l'Italia a prezzi sempre più alti. Mancano impianti di trattamento e smaltimento dell'indifferenziato e cresce sia l'esportazione verso Paesi terzi, sia la movimentazione fra regioni. L'export aumenta del 30% passando da 355.000 tonnellate a 465.000 tonnellate, l'1,5% del totale dei rifiuti. Non cresce il recupero energetico, stabile intorno al 18/19% del totale, lontano ancora da quel 25%/35% atteso dall'applicazione delle nuove direttive. Mentre il conferimento in discarica scende di poco e si attesta al 22% (era 23% nel 2017). Valore ancora distante dal 10% massimo previsto sempre dall'Europa. Il costo del servizio torna a crescere, per il probabile effetto dell'aumento delle raccolte differenziate e dei costi di esportazione. Aumenta dell'1,7%, un po' meno dell'aumento dei rifiuti (2,2%) e po' più dell'inflazione (1,2%). Il costo ad abitante medio è di 175 euro (era 171 nel 2017).

Alfredo De Girolamo

 

 

Il patto antinucleare di ecologisti e pacifisti  - l'incontro trasversale tra attivisti

È un'area, l'Alpe Adria, che presenta la centrale obsoleta di Krsko, la base nucleare terrestre di Aviano e i due porti nucleari militari di transito di Trieste e Capodistria, in barba, questi ultimi due, al Trattato di pace del 1947 che prevedeva, per Trieste, la completa demilitarizzazione e neutralità: è quanto hanno sostenuto ieri pomeriggio a un dibattito che ha visto la partecipazione di Ican - che sta per International campaign to abolish nuclear weapons, rappresentata da Alfonso Navarra - l'attivista locale di Friday for Future Laura Zorzini, Alessandro Capuzzo del Comitato Dolci, e Aurelio Juri, ex sindaco di Capodistria ed ex europarlamentare, che ha ricordato come la Slovenia punti al raddoppio di Krsko. Capuzzo ha spiegato che «Trieste, insieme ad altri 11 porti nucleari militari italiani, rientra in quei "case studies" da affidare alla scuola di prevenzione dell'Agenzia atomica di Vienna, che ha sede a Trieste, all'Ictp». Ma si sono affrontate anche le problematiche relative all'uso civile del nucleare: «Il nucleare - ha sottolineato Navarra - non è assolutamente la soluzione ecologica ai problemi energetici e i nuovi movimenti ecologisti guidati dai giovani non devono lasciarsi trascinare in una direzione errata». «Per fugare ogni dubbio posso affermare che il nostro movimento - ha evidenziato Zorzini - è in netto disaccordo con l'utilizzo del nucleare, e penso di poter parlare per il movimento a livello nazionale».-

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 10 dicembre 2019

 

 

Ferriera, a Roma il confronto sull'Accordo di programma

La riscrittura dell'intesa al centro dell'incontro odierno dopo il lavoro dei tecnici Ribadita dalla proprietà la necessità di un «sostegno economico dal pubblico»

Il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e Siderurgica Triestina accelerano sulla riscrittura dell'Accordo di programma (Adp) relativo alla riconversione della Ferriera di Servola. Rappresentanti del governo, della Regione, del Comune, dell'Autorità portuale e dell'azienda si ritroveranno stamani al Mise per aprire il confronto sulla bozza di Accordo apprestata in queste settimane dai tavoli tecnici e i cui contenuti poggiano al momento soprattutto sul nuovo business plan preparato dal gruppo Arvedi. Se ne discuterà a Roma, proprio nel giorno in cui i lavoratori dell'ex Ilva di Taranto manifesteranno sotto la sede del Mise. Siderurgica Triestina ha depositato nei giorni scorsi istanza formale di revisione dell'Adp stretto da ministero dell'Ambiente, Mise, Regione e Autorità portuale nel novembre 2014. Quel testo delineava i compiti della società e delle istituzioni pubbliche dopo il passaggio della proprietà da Lucchini-Severstal ad Arvedi, quando al centro furono poste le bonifiche e la copertura dei parchi minerali. Il nuovo Adp partirà dalla constatazione del cambio di scenario, depennando dunque la prevista realizzazione dei capannoni a copertura dei cumuli di carbon fossile e polvere di metallo necessari fino a questo momento per la produzione di ghisa. Con la chiusura di cokeria, agglomerato, altoforno e macchina a colare le coperture non saranno infatti più necessarie. Nella cosiddetta istanza di novazione dell'Adp, Siderurgica Triestina ha ribadito ancora una volta che la richiesta di dismissione dell'area a caldo è stata avanzata dalla Regione e richiamato il riconoscimento formale da parte dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro dei grandi passi avanti registrati sul fronte della riduzione dell'impatto dello stabilimento a livello di inquinamento atmosferico e messa in sicurezza dei terreni. La proprietà ribadisce inoltre la necessità di ricevere «adeguato sostegno economico da parte pubblica» e proprio questo sarà uno dei nodi da sciogliere all'incontro di oggi. A margine della messa organizzata ieri in azienda a ricordo del manager Francesco Rosato, Scoccimaro ha sottolineato che «oggi dopo il lavoro prima sotto traccia e poi pubblico, siamo giunti all'imminente chiusura di un ramo dello stabilimento, quello impattante dal punto di vista ambientale, ma anche all'inizio di un percorso che porterà quell'area a essere un polo logistico di massimo rilievo per tutto il Paese. Ora senza fretta, nel rispetto degli impegni presi dalla giunta Fedriga e dal ministero dello Sviluppo economico, bisogna predisporre una modifica dell'Accordo di programma che verte sulla bonifica dell'area e riunire tutti i portatori d'interesse al tavolo, al fine di salvaguardare i posti di lavoro e investire sul futuro della città». Siderurgica ha intanto invitato i sindacati nazionali e provinciali a un incontro nel pomeriggio, dopo la conclusione del vertice al Mise. L'azienda intende infatti avviare il confronto sulle ricadute occupazionali dell'Adp, valutando la gestione dei lavoratori nei prossimi anni, l'accesso alla cassa integrazione, gli interventi sui singoli reparti e gli esiti della riqualificazione. L'assenza di alcune segreterie nazionali ha costretto tuttavia al rinvio di un appuntamento, che ha creato i malumori di Fiom e Fim. In un volantino affisso in fabbrica, le due sigle specificano di aver ricevuto la convocazione soltanto il 5 dicembre, evidenziando che l'incontro con i sindacati si sarebbe dovuto tenere a Trieste e non a Roma. Fiom e Fim confermano però la disponibilità al dialogo nei tempi e nelle sedi opportuni, sottolineando «l'importanza della condivisione da parte dei lavoratori di un piano industriale con al centro l'aspetto occupazionale oltre alla prospettiva industriale a medio-lungo termine». Diversa la posizione della Uilm, disponibile all'incontro romano. Per il sindacato, «l'azienda sta proseguendo velocemente verso un percorso di dismissione dell'area caldo: non possiamo restare a guardare l'evolversi degli eventi senza entrare nel merito della discussione, si rischierebbe di cominciare una trattativa quando ormai potrebbe essere troppo tardi per portare a casa tutte quelle garanzie di cui hanno bisogno i lavoratori della Ferriera».

Diego D'Amelio

 

 

Ex Fiera, sì in giunta alla variante-  Demolizioni dopo l'ok dell'aula

Il documento regolamenta gli aspetti commerciali, viari e urbanistici della zona È il "la" a un investimento di 100 milioni tra negozi, locali, aree giochi e parking

Dopo che il Consiglio comunale avrà approvato la Variante "4" al Piano regolatore generale, la carinziana Mid, proprietaria da oltre due anni dell'ex Fiera, darà inizio alle demolizioni degli edifici esistenti nel vecchio comprensorio espositivo, primo atto della "riedizione" di una delle più importanti aree urbane triestine in attesa di riscatto. In questo momento l'azienda procede al lavoro preparatorio, che precede l'abbattimento delle strutture. Radere al suolo il vecchio compendio fieristico significherà eliminare 130 mila metri cubi di cemento, che in buona parte saranno macinati sul posto per dotare di materia prima la costruzione della futura area compresa tra via Revoltella, via Rossetti, via Sette fontane. La demolizione porterà via quattro mesi di lavoro. Poi, finalmente, lo scavo delle fondamenta, che avrà luogo nella primavera inoltrata: gli inerti saranno trasportati in Cava Faccanoni e quello sarà uno dei momenti più difficili della riqualificazione. Ma il piccone risanatore non entrerà in azione prima del disco verde consiliare. Intanto la Variante, portata dall'assessore Luisa Polli, ha timbrato il passaggio propedeutico in giunta: poi toccherà alla commissione consiliare esprimersi, prima della discussione in aula. La volontà è di procedere con celerità, se possibile imboccando una corsia d'urgenza già prima di Natale. Il Consiglio conosce la Variante, avendola adottata lo scorso maggio: adesso vede approvarla. La ragguardevole mole di documenti abbraccia tre aspetti relativi alla riqualificazione dell'area: commercio, traffico, urbanistica in senso stretto. Il progetto, messo a punto dall'architetto monfalconese Francesco Morena, prende lo spunto da un investimento complessivo di 100 milioni di euro voluto dall'imprenditore carinziano Walter Mosser, leader della Mid che ha a Klagenfurt il quartier generale. I numeri vennero snocciolati dallo stesso Morena e dal manager Armin Hamatschek in giugno: superficie fondiaria di 24.000 metri quadrati, superficie coperta di 30.000 mq, superficie del parking di 36.000 mq. Sono previsti 1500 stalli per auto. Punta di diamante dell'operazione un'area ludica di 5000 metri quadrati dedicata ai piccoli clienti, presentata come il più grande spazio giochi indoor in Italia. Poi negozi, botteghe artigianali, studi professionali, bar, ristoranti per 15.000 mq, dei quali 4000 riservati al settore alimentare. Ma niente residenziale. Cambieranno radicalmente i connotati degli immediati dintorni: la parte finale di via Rossetti a doppio senso di marcia, piazzale De Gasperi, il giardino pensile raggiungibile da via Rossetti, la rotatoria tra Sette fontane e viale dell'Ippodromo. Mid conta di completare l'intervento entro il 2021. La previsione occupazionale è di dare lavoro a circa 200 addetti. Il bacino di utenza potenziale perimetra 400.000 persone. In ottobre la Regione, mediante una delibera giuntale, ha detto sì con riserve alle quali il Comune replicherà con controdeduzioni. Un anno fa Mid aveva rilevato nell'ex area fieristica la presenza dell'amianto e a maggio aveva ottenuto dalla "spa" in liquidazione un risarcimento di 325.000 euro. 

Massimo Greco

 

La resistenza dell'Aias fa slittare l'addio a Villa Haggiconsta - l'associazione Assistenza Spastici

L'Aias - Associazione assistenza spastici non molla e la Giunta Dipiazza alla fine prende tempo (il provvedimento slitta in aula, si legga sopra, ndr) rispetto al progetto originario di alienazione di Villa Haggiconsta, storico quartier generale dell'associazione stessa. L'Aias, ormai da molti mesi, contesta infatti al Comune il fatto di aver disatteso il fine assegnato alla struttura dalla Regione. Villa e parco, infatti, erano stati ceduti nel 2015 al Comune, che doveva successivamente provvedere a destinarlo alla disabilità quale «interesse pubblico meritevole di considerazione». Questo, almeno, secondo quanto è previsto dalla legge 57 del 1971, che permise l'attivazione della procedura di cessione del bene. Il Comune, a suo tempo, ha provveduto ad allontanare gli assistiti dalla villa per motivi di sicurezza. Con la promessa, poi disattesa, di un futuro rientro. Nel frattempo non è venuta a mancare la solidarietà da parte della cittadinanza all'associazione che da 60 anni si occupa di volontariato. Nel corso degli ultimi mesi l'Aias ha raccolto quasi duemila firme in "calce" alla richiesta alla Giunta comunale di ritornare sui suoi passi. Ciò, come sottolineano dalla stessa associazione per i disabili, «sta a significare quanto la comunità locale sia attenta ai nostri problemi e al tempo stesso al mantenimento di un importante bene architettonico cittadino». Il Comune, dal canto suo, valuta una serie di soluzioni alternative in favore della realtà di assistenza disabili, l'ultima delle quali prevede la costruzione di una struttura analoga fra l'ex Meccanografico e la stazione di Campo Marzio. «Contesteremo il cambio di destinazione nei modi in cui la giurisprudenza ce lo permetterà - ha fatto sapere la presidente dell'Aias Claudia Zacchigna prima dello stop in aula - e se necessario ci rivolgeremo alla Soprintendenza per mantenere il vincolo architettonico sul bene. In fin dei conti chiediamo solo che le nostre problematiche vengano ascoltate».

Lorenzo Degrassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 9 dicembre 2019

 

 

Raccolta differenziata: un Comune su cinque in ritardo sul target 65% - La raccolta dei rifiuti nel Friuli Venezia Giulia

Le amministrazioni più virtuose, con picchi all'80%, nell'udinese e nel pordenonese L'area triestina paga un avvio lento. In Fvg pratica cresciuta del 450% in vent'anni

TRIESTE. Il Friuli Venezia Giulia nelle classifiche nazionali si colloca ormai da anni tra le prime quattro regioni italiane per il raggiungimento degli obiettivi sulla raccolta differenziata. E infatti i numeri parlano chiaro: nell'ultimo ventennio questa pratica è aumentata del 450% con il contributo di una buona parte dei Comuni. Con il primo Rapporto sui rifiuti urbani in Friuli Venezia Giulia, sviluppato dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa), viene offerta, prendendo in considerazione l'ultimo ventennio e in particolare l'anno 2017, per la prima volta, una rappresentazione organica e per temi della situazione di un settore importante come quello dell'ambiente. L'andamento - Si ha così un quadro generale dell'andamento della produzione dei rifiuti, che si dimostra stabile dal 1998 a oggi, e della raccolta indifferenziata che, in modo inversamente proporzionale rispetto a quella differenziata, è in calo del 60%, ben oltre i dettami della legge che prevede la soglia del 50%. Restano tuttavia diverse criticità sulla raccolta dei rifiuti nei Comuni, in alcuni casi arrivati in ritardo, o ancora carenti. Insomma, resta molto da fare, in particolare per il conferimento corretto dell'olio esausto - alcuni Comuni non hanno ancora attivato la raccolta, soprattutto nel pordenonese e nell'udinese (Andreis, vicino al lago di Barcis, invece eccelle per il valore più alto di raccolta pro capite) - e per i rifiuti spiaggiati. I dati - La panoramica redatta dall'Arpa mostra diversi dati positivi. A partire appunto dalla produzione, sempre costante, nell'ultimo ventennio, di rifiuti. Tra le 500 e le 600 mila tonnellate l'anno. Lievi sono gli aumenti registrati tra il 2017 (571.500 tonnellate) e il 2018 (575.000 tonnellate). Così come invariati restano anche i chilogrammi pro capite: nel 1998 erano 471 e nel 2017 470. Una media inferiore a quella nazionale che è di 489 chilogrammi per abitante e a quella della macroarea del Nord Italia (503 kg/abitante), tanto da posizionare la regione al decimo posto nella classifica nazionale. Un grosso passo in avanti, sempre negli ultimi vent'anni, è stato fatto anche nell'indifferenziata, diminuita del 60%: da 489.000 tonnellate nel 1998 a 185.000 nel 2018. La percentuale di riciclo nel 2017 si è attestata al 69,45%. Il dato più eclatante è forse il 450% in più che registra la pratica della raccolta differenziata. Una crescita che fa bene all'ambiente. COMUNI VIRTUOSI E NON - Nel 2016 il territorio del Fvg ha raggiunto e superato il target del 65% della raccolta differenziata sul totale della produzione di rifiuti, rientrando tra le prime quattro regioni nelle classifiche su base nazionale per il raggiungimento degli obiettivi. Il prossimo target è per il 2024, quando si prevede di arrivare al 70%. Nel frattempo però si riscontra che i risultati non hanno visto la partecipazione di tutti i Comuni del Fvg: il 22% - più di uno su cinque - non è riuscito infatti a raggiungere la prima soglia imposta. Di questi, il 14% non arriva nemmeno al 40%. Sono in ritardo rispetto all'obiettivo quei Comuni, racconta l'Arpa, che non hanno ancora adottato il sistema di raccolta di separazione della frazione organica e del secco residuo. A influire sicuramente in generale le molte difficoltà legate ai diversi sistemi di gestione applicati, appunto, e alla comunicazione, non sempre univoca. Il 22% di amministrazioni municipali ha invece toccato valori eccellenti, superiori all'80%. Di queste, il 52% sono localizzate nell'udinese, il 44% nel pordenonese e il 4% nel goriziano. Trieste, invece, sta pian piano prendendo velocità poiché ha avviato la raccolta differenziata dei rifiuti più tardi rispetto ad altre aree.

Benedetta Moro

 

Ma Trieste guida a Nord Est per il recupero e il riciclo dei diversi tipi di materiale   -   composizione della differenziata in FVG

I dati del dossier di AcegasApsAmga relativo al 2018: il 96,8% di quanto viene correttamente conferito è reimmesso nel percorso circolare. Verde, legno, ferro e organico vicini al 100%

Nel 2018 sono stati recuperati quasi tutti i rifiuti differenziati raccolti sul territorio di Trieste. Eppure resta ancora molto da fare per sfruttare al massimo lo schema virtuoso dell'economia circolare: una buona parte delle immondizie infatti viene ancora gettata senza seguire i criteri di suddivisone previsti. Sono questi alcuni dei dati emersi dall'ultimo rapporto 2018 di AcegasApsAmga "Sulle tracce dei rifiuti", giunto nel Nord Est alla sesta edizione, che riporta i numeri e il percorso delle singole filiere della raccolta differenziata nei territori del Friuli Venezia Giulia e del Veneto serviti dalla multiutility. Il dossier risulta essere certificato dall'ente internazionale indipendente DNV-GL, che ha valutato l'attendibilità delle informazioni qualitative e quantitative relative all'anno scorso. Nel capoluogo giuliano la percentuale di raccolta differenziata dunque avviata a recupero si attesta al 96,8% (156 chili/abitante), una cifra che risulta essere sopra la media registrata nei territori in cui opera a Nord Est AcegasApsAmga (95,5%). Quindi la quantità di rifiuti scartata dagli impianti nel processo di recupero (perché, ad esempio, non idonea a essere riciclata o inquinata da corpi estranei) è stata complessivamente di appena il 3,2%. Nello specifico, i materiali che riescono a essere recuperati a Trieste al 100% sono il verde (sfalci e ramaglie), il legno, il ferro e l'organico. Seguono la plastica con il 99,3% (di cui il 42, 8% riciclato e il resto a recupero energetico) e il vetro con il 92,3%. Risultati dunque positivi, che si abbinano a quelli generali riguardanti i territori del Fvg e del Veneto serviti dalla multiutility: su 111 mila tonnellate di rifiuti differenziati raccolti nel 2018 (senza considerare i rifiuti indifferenziati) il 95,5% è stato appunto recuperato. Attraverso il report si scopre poi che il tasso di riciclo corrisponde al 47% (213 chili pro-capite, il 2% in più rispetto al 2017). Questa percentuale indica quanto materiale differenziabile venga effettivamente riciclato. Di conseguenza, resta ancora un 48% sul totale che riguarda invece i rifiuti che potrebbero essere differenziati ma che sono stati conferiti al contrario nei contenitori dell'indifferenziato. Ad esempio, il 56% della plastica come anche il 47% della carta vengono erroneamente conferiti nel secco dai cittadini. E ancora il 40% del vetro e il 48% dell'organico e verde finiscono nell'indifferenziato. Il restante 5% sul totale degli indifferenziati riguarda invece materiali estranei presenti nella raccolta differenziata, che non è stato possibile riciclare, e una parte di plastica difficilmente riciclabile che, quando possibile, è stata valorizzata e utilizzata per produrre energia. Sul tema del riciclo comunque la multi utility s'impegna, assieme alle istituzioni, a sensibilizzare i cittadini, anche perché il tasso di riciclo è uno dei nuovi parametri fissati dall'Unione europea per la promozione e lo sviluppo dell'economia circolare: l'obiettivo da raggiungere entro il 2025 è stato stabilito al 55%. L'occhio resta dunque puntato alla riduzione dei rifiuti, privilegiando il riuso grazie ad esempio ai progetti "Scart", "I sabati ecologici e del riuso", la raccolta di alimentari esausti e il coinvolgimento dei cittadini attraverso l'applicazione "Rifiutologo".

 

Evitare sprechi a Natale fra tavola e doni Arriva sui social la campagna "in pillole"  - L'INIZIATIVA DELLA MULTIUTILITY

TRIESTE. È quello di Natale uno dei periodi dell'anno in cui si diffondono sempre più messaggi per stimolare i consumatori a evitare il più possibile di sprecare. Lo fa, in questo caso, AcegasApsAmga con una nuova campagna ad hoc avviata negli scorsi giorni sui canali social della multiutility grazie a cinque simpatiche "pillole" da leggere e fare proprie. Ma non solo, perché lo stesso tema sarà al centro dello stand di AcegasApsAmga al mercatino di Natale del capoluogo regionale e del secondo Sabato Ecologico Christmas Edition l'11 gennaio al Ferdinandeo, sempre a Trieste, dalle 9 alle 15, per conferire gli alberi di Natale dopo le feste. Le cinque pillole per ridurre gli sprechi natalizi vengono diffuse proprio in questo periodo in cui cominciano i preparativi domestici in vista delle festività. E per aiutare i cittadini a predisporre cenoni d'auguri e l'acquisto di regali senza sprecare, AcegasApsAmga e Comune di Trieste lanciano la nuova campagna intitolata "Non sprecare il Natale". I consigli daranno modo di capire perché il Natale può comunque essere spettacolare e anche più apprezzato attraverso qualche piccola accortezza, che gioverà non solo all'ambiente ma anche al portafoglio. In forma di vignette, con uno stile un po' umoristico, che richiama il mondo del fumetto, le cinque pillole riguarderanno quegli ambiti che spesso a Natale provocano sprechi o errori nella raccolta differenziata come la carta regalo o l'acquisto di cibo per pranzi e cene natalizi. Ancora per qualche giorno queste simpatiche soluzioni verranno diffuse, una al giorno, sui canali social della multiutility per suggerire con tono leggero pratiche soluzioni per produrre meno rifiuti. Tra quelle già sul web: prediligere l'albero artificiale a quello vero e utilizzare illuminazioni a Led. Quanto al mercatino di Natale nel centro del capoluogo giuliano, AcegasApsAmga sarà presente per il sesto anno consecutivo con una casina tematica nella nuova posizione di piazza Ponterosso, vicino alla fontana del Nettuno. Sarà infatti allestita interamente con la campagna "Non sprecare il Natale". Sulla stessa linea d'onda anche i gadget, che verranno distribuiti alle persone che passeranno allo stand. L'azienda è presente fino al 24 dicembre con orario feriale dalle 12 alle 19, il sabato dalle 12 alle 19.30 e infine nelle giornate festive dalle 10.30 alle 19. L'11 gennaio infine si terrà una speciale raccolta degli alberi di Natale, organizzata come accennato nell'ambito dei Sabati Ecologici Christmas Edition. L'iniziativa è stata infatti avviata con successo all'inizio del 2019, quando insieme al Comune di Trieste era stata organizzata una speciale raccolta al termine delle feste che aveva permesso di raccogliere oltre 130 alberi, tra sintetici, veri, con e senza radici. Anche quest'anno quindi lo staff di AcegasApsAmga sarà presente sabato 11 gennaio dalle 9 alle 15 al parcheggio del Ferdinandeo, dove i cittadini troveranno gli addetti della multiutility ad assisterli nel conferimento di tutte le tipologie di albero di Natale. L'iniziativa nasce per agevolare il conferimento e per avviare al recupero in maniera corretta pini e abeti, veri oppure finti che siano. Infatti, quelli senza radici possono essere riutilizzati per produrre compost mentre da quelli sintetici si possono recuperare materiali. 

 

 

Museo del mare e masserizie degli esuli nel Magazzino 26: via libera al progetto

Deliberata la ristrutturazione delle aree al secondo e al terzo piano dell'edificio in Porto vecchio. Traslochi entro l'estate

Il Magazzino 26 del Porto vecchio diventerà un centro espositivo che in una prima fase ospiterà le collezioni del Museo del Mare di Campo Marzio (in attesa della realizzazione del nuovo museo) e le masserizie degli esuli del Magazzino 18. Un milione di euro (avanzo della vendita di titoli Hera) sarà utilizzato per riqualificare l'ala sinistra del Magazzino 26 allo scopo di ampliare lo spazio espositivo in tempo per Esof 2020 (5-9 luglio). La giunta comunale, infatti, ha approvato il progetto esecutivo per la ristrutturazione complessiva di alcune aree poste al secondo e terzo piano per destinarle, si legge, «ad attività espositive varie organizzate e gestite dall'Area Cultura del Comune di Trieste». Gli spazi, già parzialmente ristrutturati nel 2008 nell'ambito del progetto Portocittà, «necessitano di opere di completamento e di finitura architettoniche ed impiantistiche». L'opera, inserita nel programma triennale 2018-20 del Comune, ha ottenuto il 15 luglio scorso il parere favorevole della Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia. Si tratta di un'opera urgente visto che è intenzione dell'amministrazione avere gli spazi espositivi del secondo e terzo piano del Magazzino 26 (con dentro il Museo del mare di Campo Marzio e il Magazzino 18) pronti entro la prossima estate in modo da consentirne un parziale utilizzo già durante Esof 2020. Gli interventi previsti al secondo piano sono la realizzazione degli impianti antincendio e di un impianto di illuminazione. Al terzo piano si prevede una ristrutturazione più compiuta degli ambienti con le opere di completamento architettonico ed impiantistico delle sale. All'interno del vano di uno dei due montacarichi storici, inoltre, verrà realizzato un nuovo ascensore. Il progetto complessivo prevede in pratica il completamento della ristrutturazione della parte nord del Magazzino 26, tra la torretta centrale (che non è interessata dal progetto e che assieme a tutta la parte sud diventerà oggetto della realizzazione del nuovo grande Museo del Mare della città di Trieste) e gli ambienti della testata nord del Magazzino 26 già completamente restaurata nel 2008 e che nel 2011 ospitò la Biennale diffusa di Vittorio Sgarbi. «Ai primi due livelli del Magazzino 26 - si legge nel progetto - si prevede di sistemare gli spazi didattici ed espositivi dell'Immaginario scientifico, compresi dei servizi, uffici e degli spazi necessari al funzionamento della struttura. Ai livelli secondo e terzo è previsto l'intervento compreso nel presente appalto, che prevede la realizzazione di spazi espositivi quali il Museo del Mare ed il Magazzino 18, completi di una dotazione essenziale di servizi e spazi accessori». Il Museo del Mare, che ha attualmente sede in un edificio storico (l'ex Lazzaretto di sanità) di Campo Marzio, è chiuso al pubblico dal primo aprile scorso per motivi tecnici. «L'amministrazione comunale anche in vista della realizzazione del futuro grande Museo del Mare al Magazzino 26, ha deciso di non procedere agli adeguamenti dell'edificio che attualmente ospita il museo, ma di programmare un primo spostamento del materiale esposto all'interno del Magazzino 26, che diventerà sede transitoria del Museo del Mare così come è attualmente organizzato fino al completamento della nuova grande struttura museale». Analogo discorso per le masserizie degli esuli. «All'interno del Magazzino 18 di Porto vecchio, un hangar di struttura analoga a quella del 26, ma con condizioni di degrado dell'edificio assai più elevate, vengono conservati i beni abbandonati dagli esuli - si fa sapere -. Il Magazzino 18 viene saltuariamente aperto al pubblico. L'intento dell'amministrazione è quello di individuare all'interno del Magazzino 26 degli spazi in cui i materiali del Magazzino 18 possano essere esposti in maniera da costituire una mostra visitabile in maniera permanente». 

Fabio Dorigo

 

Ok anche agli spazi espositivi targati Immaginario scientifico - CON IL MEDESIMO OBIETTIVO TEMPORALE

L'Immaginario scientifico in Porto vecchio non è così immaginario. Il trasloco da Grignano dovrebbe concretizzarsi entro l'estate prossima, in tempo per Esof 2020 in programma dal 5 al 9 luglio in Porto vecchio. Il 28 novembre la giunta comunale ha approvato il progetto esecutivo per la "realizzazione di un polo scientifico museale e culturale nel Magazzino 26 del Porto vecchio" per una spesa complessiva di 2 milioni e 105 mila euro. È il contributo della Regione assegnato ancora nel febbraio del 2018 al Comune di Trieste «per l'intervento finalizzato alla collocazione dell'Immaginario scientifico all'interno del Magazzino 26». Gli spazi individuati per l'Immaginario scientifico di Grignano sono posti al piano rialzato e primo piano del Magazzino 26. La progettazione esecutiva è affidata all'ingegnere Mario Bucher dell'Immaginario scientifico. Gli interventi previsti riguardano il completamento architettonico e impiantistico degli ambienti del piano rialzato e del primo piano della parte centrale del Magazzino 26. In funzione dell'Immaginario scientifico saranno realizzate nuove pedane di accesso al basamento del Magazzino 26, i servizi igienici, i parapetti dei ballatoi dei piani superiori, impianti meccanici ed elettrici. L'intervento riguarda i primi due livelli in cui si prevede di sistemare gli spazi didattici ed espositivi dell'Immaginario Scientifico, compresi dei servizi, uffici e degli spazi necessari al funzionamento della struttura. Si prevede di utilizzare una delle scale storiche del fabbricato in pietra d'Aurisina quale accesso principale. Nel vano scale si trova anche uno dei vecchi elevatori che venivano utilizzati per movimentare le merci. Il progetto prevede la rimozione del vecchio macchinario (non percorribile l'ipotesi di un suo recupero) e la realizzazione di due nuovi ascensori. Il vano scale storico esistente nella torretta centrale lato Nord, restaurato e dotato di due nuovi elevatori, diventerà lo spazio comune distributivo delle varie strutture, con accesso indipendente ai vari musei e aree espositive del Magazzino 26. L'accesso principale all'Immaginario scientifico sarà realizzato dal basamento della seconda campata del lato nord. Sarà realizzata una rampa esterna di accesso che diventerà l'ingresso principale dell'Immaginario. Nel lato sud, al piano rialzato troveranno spazio biglietteria, bookshop e guardaroba. Il percorso espositivo si svilupperà per l'intera larghezza longitudinale dell'edificio. I visitatori passeranno al primo livello tramite il nuovo corpo scala e ascensori posto a sud- ovest dell'area interessata dal progetto. Le opere saranno realizzate in due fasi. La prima riguarda essenzialmente gli ambienti del piano rialzato, gli spazi di distribuzione adiacenti alla scala storica, le finiture del primo corpo scala nuovo, le dorsali e le opere impiantistiche complete. La seconda fase comprenderà le aree del primo piano, in particolare la zona uffici ed aule didattiche. Entro il 2020 il trasloco dell'Immaginario scientifico in Porto vecchio sarà completato.

 

«Nuovi interlocutori per l'area Greensisam E sul Molo VII puntiamo un centinaio di milioni»

Prima uscita di Antonio Maneschi dalla morte del padre Interesse confermato per Italia di navigazione e Monfalcone

Antonio Maneschi ha ricevuto in eredità dal padre Pierluigi, scomparso in primavera, interesse e interessi su quattro punti strategici concentrati nell'area giuliana: Molo VII, Porto vecchio, Italia di navigazione, Cpm a Monfalcone. Portualità, shipping, immobiliare: questa è la "gerarchia" tematica decisa dal nuovo leader del gruppo. Infatti, in questa sua prima uscita pubblica dopo la morte di Pierluigi, Antonio Maneschi conferma la volontà di proseguire l'azione paterna sui quattro fronti, indicando come priorità l'investimento sul terminal container. Amministrare l'eredità di una personalità come Pierluigi Maneschi, uno dei protagonisti dell'economia marittima nazionale, non è un compito da affrontare a cuor leggero. «Credo fosse opportuno - spiega al telefono l'imprenditore - prendermi qualche mese per un'indispensabile "due diligence" riservata a snodi complessi, dalla forte vocazione internazionale. Adesso ritengo si possano fissare alcuni punti fermi delle future attività».Presidente, la questione più stringente sul tappeto è la prospettiva di "cittadella Greensisam" in Porto vecchio. Vorrei chiarire subito una cosa: noi siamo innanzitutto operatori portuali, non immobiliaristi. Per cui la mia volontà, in linea con quella paterna, è quella di trovare un investitore che subentri nella concessione dei cinque magazzini. In questi anni, tra la redazione del progetto Botta e i canoni versati, abbiamo speso parecchi milioni, quindi evidentemente escluderei un disimpegno a somma zero. Quanti milioni? Troppi! Tenga presente che, solo di canoni, paghiamo da una decina di anni oltre mezzo milione di euro/anno. Ma ci sono concrete trattative per il passaggio di mano?Da tempo è in piedi un dialogo con interlocutori austriaci, ma sulla solidità di queste intenzioni - lo dico francamente - nutro più di un dubbio. Adesso, con il supporto di professionisti del settore, abbiamo aperto nuovi canali negoziali, che avranno però bisogno di tempo per stringere a una decisione. I rapporti con il sindaco Dipiazza sono molto collaborativi e corrette relazioni con le pubbliche amministrazioni sono di grande giovamento. Le nuove soluzioni resteranno correlate al progetto Botta?Non è detto. Non escludo, per esempio, forme di collaborazione pubblico-private: stiamo valutando con una realtà istituzionale la possibilità di trasformare in parking uno dei magazzini, operazione sulla quale in questo momento sarebbero premature anticipazioni. E veniamo alla sua vera priorità imprenditoriale, il Molo VII, dove cooperate con la Msc di Gianluigi Aponte. Una puntualizzazione strategica: Trieste è un'opportunità per l'intera nazione, perché è il porto italiano con il maggiore traffico da/per l'estero, da cui discende una potenzialità di crescita superiore agli altri scali del Paese. Sulla base di questo presupposto, d'accordo con Msc, investiremo dai 90 ai 110 milioni di euro nel prossimo triennio per potenziare, con opere edili e impiantistiche, il terminal. Avete un cronoprogramma orientativo dell'intervento?Già a gennaio sarà operativo un team interno, composto da profili professionali del gruppo. Lo dirigerà un manager esperto come Roberto Macrì. Prima puntata sarà uno stress test sulla progettualità ereditata, seconda puntata quella che definirei la parte software, cioè il bando di gara, il finanziamento...Punto di caduta?Tutto compreso, prevediamo 30 mesi di lavori, quindi la conclusione è programmata a metà del 2022. Vorrei ricordare che il nostro alleato gestisce un terminal della rilevanza di Gioia Tauro e vanta a sua volta un importante know-how. A Italia Marittima, l'ex Lloyd Triestino, la presidenza, che per vent'anni era stata ricoperta da suo padre, è passata a Michela Nardulli, storica collaboratrice di Pierluigi Maneschi. Un altro segno di continuità?Credo proprio di sì. Il vertice di Evergreen mi aveva chiesto - e la cosa mi aveva fatto molto piacere - di assumere la presidenza della compagnia, ma in questa fase sarebbe stato un impegno troppo oneroso. Terrà anche Monfalcone?Certo. Cpm è una bella realtà dove lavora una settantina di addetti.

Massimo Greco

 

 

Castelreggio, ambientalisti contro le tre sedi dei circoli

La proposta alternativa: «Unica struttura condivisa per tutti i sodalizi nautici Così si potrà preservare una vasta area da destinare alla balneazione»

Duino Aurisina. «Un'unica sede, con spazi condivisi, invece delle tre autonome previste, per preservare così una vasta area da destinare alla balneazione». È questa la correzione che il gruppo "Salute e ambiente" di Duino Aurisina propone, per quanto concerne il progetto che riguarda la ristrutturazione dello storico stabilimento di Castelreggio, destinato a ospitare le nuove sedi di tre storici sodalizi nautici della zona, Cupa, Diporto nautico e Sistiana '89. L'invito sottoscritto dai componenti del gruppo arriva all'indomani della presentazione del piano, avvenuta qualche giorno fa nella sede del Municipio di Duino Aurisina, nell'ambito di una seduta comune della capigruppo e della Commissione Trasparenza, aperta al pubblico. Criticando innanzitutto la formula scelta per la pubblicizzazione del progetto «che non ha rispettato i criteri di una vera procedura partecipativa», gli esponenti di "Salute e ambiente", pur riconoscendo «la legittimità dell'esigenza delle società nautiche di avere una loro sede», ricordano che «lo stabilimento di Castelreggio rappresenta, per le migliaia di cittadini che nella stagione estiva lo frequentano - sottolineano -, uno straordinario unicum, senza dimenticare l'importante rapporto storico affettivo dei residenti e dei turisti, categorie che già in gran numero, si sono espresse negativamente contro tale proponimento». «Il danno maggiore, se si proseguirà sulla strada indicata - continuano - lo subiranno proprio i fruitori di Castelreggio. Lo storico ingresso sarà cancellato e per i bagnanti sarà aperta un'entrata molto ridotta sulla strada che conduce verso Portopiccolo». Su questo specifico aspetto, "Salute e ambiente" fa riferimento a un recente parere del Servizio del Paesaggio della Regione, che prevede di tutelare la storicità del luogo sia dal punto di vista estetico sia riguardo l'utilizzo, nel cui testo si spiega che «lo spostamento dell'ingresso modificherebbe la consolidata percezione dello stabilimento». «Tutti i parcheggi antistanti Castelreggio - riprendono - saranno soppressi. Una parte notevole dei corridoi a colonne, che conducono nei vari punti della spiaggia, non ci saranno più, nonostante le prescrizioni di un precedente decreto paesaggistico della Regione del 2012, che afferma che tali strutture non dovrebbero essere modificate né abbattute». Uno specifico rilievo infine è mosso per quanto concerne i pini: «Sarà curioso - osservano - vedere in che modo saranno espiantati e ricollocati. Con questi progetti poi, si toglierà circa il 50 per cento di retro spiaggia e ricordiamo che non è il diportismo, ma il turismo la voce di gran lunga più importante dal punto di vista economico e occupazionale del nostro Comune». «Ci auguriamo - concludono - che le tre società moderino la continua e insensata espansione in una bellissima baia».

Ugo Salvini

 

 

Cinema "Cowspiracy", i danni dell'allevamento

Oggi alle 20.30, al Knulp, continua il ciclo di film sull'ambiente "I quattro elementi" organizzato da Legambiente Trieste e Fridays for Future in collaborazione con Circolo Metropolis e Knulp. Si proietta il film "Cowspiracy" di Kip Andersen e Keegan Kuhn. L'allevamento di animali è la principale causa di deforestazione, consumo d'acqua, inquinamento. In lingua originale con i sottotitoli. L'ingresso è per i soci Ficc. È possibile tesserarsi prima delle proiezioni.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 8 dicembre 2019

 

 

Un abitante su 4 va in autobus - E i viaggi in treno piacciono

Oltre il 35% ha effettuato almeno uno spostamento sulla linea ferroviaria durante lo scorso anno Giudizio positivo sul servizio

TRIESTE. Il treno a volte arriva in ritardo, e non sono mancate recentemente le polemiche dei pendolari alle prese con il blackout in stazione. Ma rimane comunque un mezzo molto utilizzato dagli abitanti del Fvg. Più di uno su tre (35,5%) se ne è servito nel 2018 almeno una volta all'anno e, in generale, con una buona soddisfazione. Il 76,9% ha infatti promosso la frequenza delle corse (76% nel 2017), il 65,8% la puntualità (contro il 64,2%), il 70,7% la comodità degli orari (67,7% l'anno precedente). L'autobus è stato invece utilizzato dal 25,4% della popolazione di 14 anni o più. Il 79,3% degli utenti si è dichiarato molto o abbastanza soddisfatto rispetto alla frequenza delle corse (media nazionale 55,4%), l'80,5% rispetto alla puntualità dei mezzi (53% in Italia) e il 79,1%, in decisa crescita rispetto al 2017, rispetto alla possibilità di collegamento con altri comuni (56,4% nazionale). Il Tpl rimane servizio chiave per lavoratori e studenti. Nell'anno scolastico 2018-2019 quelli iscritti alle medie erano 32.062 (+240 sul 2017) e quelli alle superiori 48.980 (+136), di cui 18.101 negli istituti tecnici, 10.473 nei licei scientifici, 1.772 nei classici e 3.633 nei linguistici. Alle università di Trieste e di Udine risultavano poi iscritti 30.124 studenti. Il gruppo di corsi più gettonato è quello medico e socio-sanitario, con 4.301 iscritti, seguito da ingegneria (4.072) e dai corsi letterari-umanistici (3.941). I docenti universitari presenti nelle due università regionali nell'anno accademico erano 2.232, 1.102 a Trieste e 1.130 a Udine. Sempre nel capitolo trasporti, "Regione in Cifre" conferma la buona salute per il sistema portuale. Nel 2018 il traffico merci è aumentato dell'1,3%, passando da 67.694.873 tonnellate a 68.557.380. Il porto di Trieste è nuovamente il primo porto dell'Alto Adriatico per movimento merci (62.676.502 tonnellate). Il traffico sulle autostrade complessivamente si è al contrario ridotto nel 2018. Sono diminuiti in particolare su tutta la rete i transiti dei mezzi leggeri, mentre sono incrementati i transiti di mezzi pesanti, in particolare del 3% sulla A23 Udine-Tarvisio e del 2,7% sulla A4 Venezia-Trieste. Il parco veicolare immatricolato al Pubblico registro automobilistico contava al 31 dicembre scorso 1.055.624 veicoli, di cui 800.810 autovetture, 144.463 motoveicoli e 76.371 autocarri; tutte e tre le categorie registrano un aumento rispetto all'anno precedente, dell'1,1% le autovetture e dell'1,5% le altre due tipologie di mezzi. Tra le autovetture, 141.199 rientrano nella classe ambientale Euro 6 e 158.022 nella Euro 5, ma la classe più numerosa è la Euro 4 con 245.563.

M.B.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 7 dicembre 2019

 

 

Muggia, strada per Lazzaretto diventa "zona 30" fino a luglio

Il limite di velocità interessa l'area dei lavori per la bonifica del terrapieno Acquario L'assessore Decolle: «Si sta trasformando in un'arteria litoranea, così ci si abitua»

MUGGIA. Novità in arrivo per la viabilità in strada per Lazzaretto. In concomitanza con il cantiere che sta interessando la riqualificazione del terrapieno Acquario, il Comune di Muggia ha emanato due disposizioni legate ai limiti di velocità e alla fermata dell'autobus. L'istituzione del limite di velocità pari a 30 chilometri orari in strada per Lazzaretto, in ambo le direzioni, lungo tutto il tratto del sito interrato denominato "Acquario" fino al 30 luglio 2020. Questo il succo dell'ordinanza emanata dalla Polizia locale muggesana che interesserà l'arteria stradale parallela all'area in cui sono in corso i lavori di messa in sicurezza permanente legati al secondo stralcio funzionale del terrapieno Acquario, consistenti nella riqualificazione della tratto costiero tramite la bonifica e messa in sicurezza permanente del sito inquinato. Dal 30 ottobre scorso è in vigore l'ordinanza che ha istituito il restringimento della carreggiata in strada per Lazzaretto in direzione Lazzaretto, lungo tutto il tratto del sito interrato denominato "Acquario", con obbligo di dare la precedenza alla corrente di traffico proveniente in senso inverso. Poiché nel tratto interessato vi è un limite di velocità pari a 50 km/h e dato il restringimento, il Comune ha ritenuto necessario abbassare tale limite, al fine di ridurre al massimo situazioni di pericolo durante il transito dei veicoli. Da qui l'abbassamento del limite di velocità, per tutta la durata dei lavori, a 30 chilometri orari. Considerato che l'area del cantiere è stata delimitata tramite posizionamento delle barriere "new jersey" in carreggiata in direzione Lazzaretto, la Polizia locale muggesana ha inoltre ordinato lo spostamento temporaneo della fermata per i veicoli del Trasporto pubblico locale, attualmente ubicata nella parte finale del terrapieno in direzione Lazzaretto, che verrà spostata all'esterno dell'area del cantiere, in corrispondenza del civico numero 77 di strada per Lazzaretto in direzione Lazzaretto. Lo spostamento sarà attivo fino a tutto il mese di luglio del 2020. L'opportuna segnaletica sarà posta a cura della Trieste Trasporti.«Ci sono dei lavori in corso con operai e macchine operatrici: per tutelare al massimo la loro incolumità, ma anche l'incolumità degli stessi automobilisti era necessario abbassare il limite di velocità». Stefano Decolle, assessore alla Polizia locale di Muggia, ha commentato così l'ordinanza che interesserà strada di Lazzaretto cogliendo l'occasione per un ragionamento più ampio: «La strada sta diventando un'arteria litoranea, quindi bisogna iniziare a prendere l'abitudine con delle velocità più moderate sulla nostra costiera, una filosofia che rientra in una nuova modalità di vedere il nostro territorio, una modalità più lenta».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 6 dicembre 2019

 

 

Protestano gli addetti ai rifiuti "Spettro" cassonetti stracolmi

Sindacati uniti nel blocco degli straordinari perché «AcegasApsAmga non vuole assumere». Lo sciopero inizierà domenica e andrà avanti fino a sabato 14

Un evento in un certo senso storico: perchè non accadeva da quando AcegasApsAmga è entrata nel perimetro Hera (2013) e perchè pare sia la prima volta che tale evento si verifica nel settore ambiente della seconda multiutility nazionale (attiva in Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia). Il fatto: un fronte sindacale trasversale, composto dalla triplice Cgil-Cisl-Uil e dagli autonomi Fiadel, ha proclamato lo stato di agitazione nella raccolta rifiuti a Trieste. L'aspetto più importante della protesta è il blocco degli straordinari e, poichè i sindacati ritengono che una parte assai consistente della raccolta avvenga fuori dall'orario ordinario, gli effetti dell'agitazione sui cassonetti dell'immondizia potrebbero rivelarsi molto evidenti. Il blocco degli straordinari scatterà dopodomani domenica 8 dicembre e si protrarrà fino a sabato 14 corrente mese. Altra annotazione: la raccolta dei rifiuti nei giorni festivi - come la prossima domenica - viene effettuata in "straordinario", quindi, se l'adesione alla protesta sarà massiccia nel non fare "straordinario", è intuibile quanto già lunedì 9 il paesaggio urbano ne conseguirà. Le quattro sigle promotrici hanno spiegato ieri mattina le ragioni dello "strike" bianco, ospiti nella sede cislina di piazza Dalmazia. Il motivo portante è che i carichi di lavoro crescono ma il personale non aumenta proporzionalmente, in quanto AcegasApsAmga non vuole assumere. Non solo: secondo le organizzazioni sindacali, l'azienda non comunica l'organico effettivamente utilizzato nell'espletamento del servizio. Quindi, Cgil-Cisl-Uil-Fiadel non sono in grado di sapere con puntualità quanta gente opera e quanta gente manca. In teoria si tratta di 86 addetti ogni giorno, ma senza tabella-organici, come verificare?Franco Gei (Fiadel), Antonio Pittelli (Cisl), Marino Sossi (Cgil), Natalizia Andresini (Uil) attaccano su tutti i fronti, quasi aprissero un vaso di Pandora da tempo tenuto serrato. C'è un problema di trasparenza organizzativa per quel che riguarda gli orari di lavoro. C'è un problema di carattere tariffario perchè sulla raccolta rifiuti triestina AcegasApsAmga applica la gabella più alta di tutta la regione e, nonostante questo, non assume: i sindacalisti hanno distribuito una sintesi del report "Cittadinanzattiva", secondo il quale Trieste capeggia la classifica giulio-friulana con 312 euro/famiglia contro i 167 di Udine. C'è un problema operativo perchè - sempre secondo i sindacati - la raccolta rifiuti privilegia le aree centrali e trascura quelle periferiche, per esempio in tema di differenziata. C'è un problema di rispetto del territorio, perchè AcegasApsAmga esternalizza attività in passato condotte "in house", per esempio in tema di officine. I sindacati hanno comunicato la protesta alla Commissione nazionale di garanzia sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali e al Prefetto, rilevando tra l'altro il mancato rispetto del protocollo di relazioni industriali sottoscritto il 28 luglio 2015. Al momento AcegasApsAmga ha diffuso una breve nota, nella quale avverte che potrebbero verificarsi disagi, si scusa ma conferma che «tutti i servizi si svolgeranno regolarmente».

Massimo Greco

 

 

La "carica" dei settanta al flash mob nel parco per i diritti dei bambini

Gli allievi di elementari e superiori si sono ritrovati in via Giulia per piantare insieme un ciliegio e appenderci i principi dell'Onu

Una settantina di bambini e ragazzi, appartenenti alla scuola elementare Josip Jurcic di Duino Aurisina, al liceo Dante - Carducci e al liceo Slomsek, sono stati i protagonisti ieri mattina di un flash mob all'interno del giardino de Tommasini di via Giulia. Sistemati a semicerchio, uno alla volta hanno letto ad alta voce un messaggio, un articolo per commemorare i primi 30 anni della Convenzione internazionale sui Diritti dell'infanzia, firmata all'Onu il 20 novembre 1989. I bigliettini, plastificati per durare le tempo, sono stati poi appesi a un albero, con un nastro rosso, accanto ai giochi dell' area attrezzata. Chiunque nei prossimi giorni potrà leggerli, passeggiando nel parco. Prima di arrivare all' appuntamento, nelle scorse settimane, gli studenti delle scuole superiori, in classe, hanno avviato un approfondimento sulla convenzione. La manifestazione, inizialmente, era stata programmata una decina di giorni fa, in occasione della Giornata mondiale sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, il 20 novembre, rimandata poi al 5 dicembre. E ieri il meteo, come auspicato da tutti, è stato clemente. Obiettivo per i giovani, attraverso l'aiuto e il supporto dei docenti, riflettere sull'importanza di tutelare e proteggere i bambini, e sui contenuti del documento. L'iniziativa è nata dalla Fondazione Luchetta Ota D'Angelo Hrovatin Onlus, dal liceo Dante-Carducci, promossa dall' associazione "Diritti e Storti". Quest'ultimo sodalizio ha dato vita a una rete che coinvolge scuole, università, biblioteche, ricreatori, associazioni e istituzioni che si occupano a vario titolo dei bambini, ideando un intero mese di incontri, laboratori, giochi, teatro, film, letture, musica e sport, per promuovere il tema dei diritti, per fare il punto su quanto è stato realizzato in questi 30 anni e per progettare nuove azioni. I vari appuntamenti organizzati sono visibili anche sulla pagina Facebook dell' associazione. Dopo le letture di ieri, è stato piantato un ciliegio giapponese, definito l'Albero dei Diritti dell'Infanzia, che la prossima primavera fiorirà a pochi passi dal parco giochi, sempre molto frequentato durante tutto l'anno da tante famiglie. «La speranza - è stato detto - è che cresca sano e robusto, così come ciò che rappresenta». Un simbolo di nuova vita, è stato sottolineato, e l' inserimento di una nuova tipologia di albero nel grande giardino. Tutti i ragazzi e i bimbi hanno seguito con attenzione la posa della pianta, prima di rientrare a scuola. Sul ciliegio è stato anche appeso un cartello con la scritta "Albero dei diritti dell' Infanzia - 30° anniversario della convenzione dei diritti dell' infanzia, 1989-2019, Fondazione Luchetta Ota D'Angelo Hrovatin, Liceo Carducci-Dante".

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 dicembre 2019

 

 

Eventi climatici estremi, 20mila morti in Italia dal 1999 - Il rapporto 2020 di Germanwatch

Madrid. Italia sempre più esposta ai rischi dei cambiamenti climatici. È stato presentato ieri il Climate Risk Index 2020, lo studio annuale del gruppo di esperti di Germanwatch che calcola in quale misura i Paesi del mondo sono stati colpiti da eventi climatici estremi (tempeste, inondazioni, ondate di calore, ecc.) e li classifica in base alla loro vulnerabilità a tali eventi. L'Italia è al sesto posto nel mondo per morti legati al climate change: 19.947 decessi sarebbero riconducibili agli eventi meteorologici estremi, in particolare alluvioni e ondate di calore. Questa cifra, derivata dai database dell'assicuratore MunichRE, considera il periodo 1999-2018, durante il quale l'Italia ha perso 32,92 miliardi di euro in danni economici correlati. Perdite che ci posizionano al 26° posto nella classifica globale, su oltre 200 Paesi analizzati. Non vanno meglio i dati del solo 2018. Ci posizioniamo al 21° posto nel mondo per impatti da eventi climatici estremi e siamo al 18° posto nel mondo per danni economici. Particolarmente esposta l'agricoltura: secondo Coldiretti nel 2018 ci sarebbero stati danni per oltre 14 miliardi di euro. Rispetto ai decessi nel 2018, siamo al 28° posto nella classifica, con 56 morti ogni 100mila abitanti. Il Climate Risk Index 2020 rivela come gli effetti nefasti del cambiamento climatico colpiscano nazioni industrializzate e Paesi fragili. In vetta alla classifica di quest'anno, il Giappone, colpito da un'ondata di calore senza precedenti e da un numero di tifoni ben superiore alla media annuale. Un segnale per il governo conservatore di Shinzo Abe, ostile a disinvestire in nuove centrali a carbone. Dopo il Giappone troviamo le Filippine, in questi giorni flagellate dal tifone Kammuni, la Germania devastata da ripetute alluvioni e da ondate di calore estreme; il Madagascar messo in ginocchio dall'uragano Idai, l'India, con la peggior siccità dell'ultimo decennio. Poi Sri Lanka, Kenya, Rwanda, Canada e Fiji al decimo posto. Il report arriva in momento critico del vertice mondiale sul clima "Cop25", in corso a Madrid. Uno degli argomenti centrali su cui si discute sono i finanziamenti per Loss&Damage, noto anche come Meccanismo internazionale di Varsavia (Wim), una sorta di assicurazione finanziaria per gli Stati meno industrializzati colpiti da condizioni meteorologiche estreme, per assisterli in caso di disastri devastanti.«L'indice di rischio climatico mostra che i cambiamenti climatici hanno impatti disastrosi soprattutto per i Paesi poveri, dove non nessuno è assicurato, ma causa anche danni sempre più gravi in Paesi industrializzati come il Giappone o la Germania, diventando un rischio anche per le compagnie assicurative», afferma uno degli autori del report, David Eckstein.Secondo Piero Pelizzaro, Chief Resilience Officer del Comune di Milano ed esperto internazionale di resilienza, «gli impatti dei cambiamenti climatici diventano ancora più evidenti su scala urbana. I governi delle città, i grandi assenti dei negoziati, devono purtroppo gestire gli impatti quotidianamente. Berlino, Karachi, Milano, Los Angeles, Amsterdam durante hanno vissuto situazioni di emergenza dalle temperature record agli incendi. Adattarsi al nuovo clima è fondamentale per tutelare la salute dei cittadini».Per i Paesi ricchi come l'Italia questo report diviene un monito per agire rapidamente sui cambiamenti climatici. Per prevenire impatti ben più gravi. -

Emanuele Bompan

 

Danni per 11 miliardi previsti entro il 2050 e il piano nazionale resta fermo al palo

Si spende più per gli interventi di emergenza che nella prevenzione - Inattuate le 350 azioni incluse nel documento ministeriale del 2017

L'Italia è fragile. Per l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale il 91% dei Comuni può essere interessato da frane o alluvioni; nel 2018 il ministro dell'Ambiente ha riconosciuto che «un quinto del Paese è a rischio desertificazione». E il futuro promette nulla di buono: più di 5mila chilometri quadrati, una superficie paragonabile alla Liguria, secondo uno studio dell'Enea da qui al 2100 rischiano di finire sott'acqua per l'innalzamento dei mari. Entro il 2050 le temperature medie aumenteranno di due gradi, le piogge diminuiranno ma saranno più intense, i frost days (temperature minime sotto lo zero) saranno più rari, ma i summer days (massime oltre i 29 gradi) più numerosi. Tutte le aree costiere saranno caratterizzate da un aumento di temperatura (1,30 gradi nel mar Jonio, Tirreno e Ligure, 1,6 nell'Adriatico). E saranno erose: oltre 1800 chilometri, più del 21%. La situazione peggiorerà: l'innalzamento del livello del mare tra 7 e 9 centimetri avrà «un impatto in termini di erosione ed esposizione alle inondazioni». Le alluvioni sono destinate ad aumentare, come le frane che spesso ne sono diretta conseguenza. Cresceranno anche siccità, incendi e ondate di calore. L'Italia è fragile. E vive al di sopra dei propri mezzi, consuma troppa energia e acqua: 52 miliardi di metri cubi l'anno, impiegando oltre il 30% delle risorse rinnovabili disponibili, ben oltre la soglia del 20% indicata dall'Europa. Il documento inattuato - Nel 2017 il ministero dell'Ambiente ha chiesto a un centinaio di esperti di comporre un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Il documento è stato redatto ma nessuno l'ha tradotto in decisioni politiche e amministrative. Prevede oltre 350 azioni per arginare il cambiamento climatico. E stima per l'Italia un potenziale danno diretto atteso da alluvioni nel 2050, agli attuali livelli di protezione, di 1,6 miliardi, il triplo rispetto a 50 anni fa, che negli scenari più pessimistici lievitano fino a 4 o anche11 miliardi. Già ora la spesa per la riduzione del rischio è quasi pari a quella per la gestione delle emergenze: dal 1998 al 2016 sono state finanziate più di 5mila opere di mitigazione, per un valore superiore ai 5,3 miliardi e stanziati quasi 2 per l'emergenza (esclusa la spesa dei privati). Il guaio è che anche la prevenzione sembra, in modo anomalo, guardare al passato. «La legislazione prevede che nelle valutazioni di impatto ambientale sulle opere non si considerino gli scenari futuri», spiega Riccardo Valentini, ordinario di Scienze dell'ambiente forestale all'Università della Tuscia e membro dell'Intergovernmental Panel on Climate Change cui è stato assegnato il Nobel per la Pace nel 2007. «In sostanza realizziamo opere per difenderci da quel che è accaduto in passato anziché per proteggerci da quel che accadrà, col risultato che si rivelano del tutto inadeguate allo scopo». Eppure il governo, che dovrebbe modificare le leggi, nei suoi dossier cita studi per quantificare il danno evitato qualora il livello di protezione contro il dissesto fosse adeguato al maggior rischio dovuto al cambiamento climatico: la perdita di Pil si ridurrebbe del 63% con picchi dell'86% in Regioni come Val d'Aosta e Trentino. Ispra, agenzia del governo, stima che proteggere le coste dall'erosione costerebbe un quarto rispetto agli interventi in emergenza. l'energia "verde"Un settore in cui l'Italia si è mossa per tempo è quello delle fonti rinnovabili, sulla scia di un evidente interesse privato da parte dei giganti dell'energia. E così la quota di energia "verde" l'anno prossimo salirà al 26% - rispetto a un obiettivo fissato dall'Europa del 17% - e raddoppierà entro il 2030. Per il resto si spende poco. Si spende male. E si fatica a tradurre le intenzioni in azioni. Il Piano nazionale ne contiene oltre 350, ma la loro concreta applicazione spetterebbe ai territori - Regioni e comuni - nelle cui mani stanno gli strumenti urbanistici e i piani di riassetto idrogeologico. «Purtroppo la strategia nazionale fatica a tradursi perché i livelli amministrativi locali tendono a non recepirla, o a farlo in maniera disordinata», dice Valentini. La dimostrazione sta nel fatto che il 16,6% del territorio nazionale è classificato ad alta pericolosità per frane e alluvioni e il 13% degli edifici (oltre un milione e mezzo) è in aree a rischio. «Nel corso dei decenni, attraverso permessi o condoni, si è riusciti a edificare, talvolta densamente, in aree esposte al pericolo d'inondazione», spiega Fabio Luino, dell'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Cnr, «e spesso lo si è continuato a fare anche dopo disastri tremendi, come l'alluvione del 1994 in Piemonte». Per questo nella comunità scientifica si sono fatti strada due argomenti: «Risarcire chi ha subìto un danno su aree a rischio ma solo a patto che ricostruisca in zone sicure - spiega Luino - così eviteremmo un continuo sperpero di denaro pubblico». E, per la stessa ragione, come avviene in Paesi ad alto rischio introdurre l'obbligo di assicurazione sugli eventi catastrofici. 

Davide Lessi - Andrea Rossi

 

 

ORTI E GIARDINI -  Arriva la proroga del bonus verde per gli orti e giardini

Tra i piccoli aggiustamenti qua e là all'impianto della Manovra, è compresa la proroga del bonus verde per i giardini. L'intesa raggiunta permette di detrarre il 36% delle spese per la riqualificazione dei giardini. In un primo momento non era stato confermato. Invece «ci sarà - ha annunciato il ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova -. Abbiamo fatto uno sforzo come Ministero e con nostre risorse abbiamo garantito la proroga».«Ora mi auguro che tante cittadine e tanti cittadini utilizzino questa occasione per piantare alberi, rinnovare giardini e terrazzi scegliendo i prodotti dei florovivaisti italiani, un nostro orgoglio. Anche così potremo lavorare sulla crisi climatica e rendere le nostre città più verdi e più inclusive. E per questo i Piani del verde dovrebbero divenire una priorità nelle progettazioni urbanistiche territoriali» ha concluso. «La conferma del bonus verde nella Manovra finanziaria risponde alle nostre ripetute sollecitazioni per favorire con le detrazioni fiscali la diffusione di parchi, giardini e terrazzi in città, capaci di catturare le polveri e di ridurre il livello di inquinamento» afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in riferimento agli emendamenti per confermare nel 2019 il cosiddetto bonus verde. «È importante rifinanziare - sottolinea la Coldiretti - un intervento innovativo che aiuta a fare crescere il verde privato con un impatto positivo anche sull'ecosistema e sul contrasto dei cambiamenti climatici, oltre che sulle imprese florovivaistiche nazionali. Senza proroga scadrebbe infatti a fine anno il bonus che prevede attualmente una detrazione ai fini Irpef nella misura del 36% delle spese sostenute per la sistemazione a verde di aree scoperte private e condominiali di edifici esistenti, di unità immobiliari, pertinenze o recinzioni (giardini, terrazze), per la realizzazione di impianti di irrigazione, pozzi, coperture a verde e giardini pensili. Una pianta adulta è capace di catturare dall'aria dai 100 ai 250 grammi di polveri sottili.

 

 

Viabilità, Porto vecchio diventi un'area a misura di bicicletta  - la lettera del giorno di Luca Mastropasqua, presidente Fiab Trieste Ulisse

Negli ultimi 24 mesi nel Friuli Venezia Giulia si è concretizzato uno straordinario cambiamento delle leggi sulla ciclabilità che hanno consegnato un quadro normativo finalmente capace di favorire una mobilità nuova e attiva. Lo scopo delle leggi è incrementare l'utilizzo della bicicletta per gli spostamenti quotidiani casa-scuola e casa-lavoro e promuovere nuovi stili attivi di vita e di mobilità. Per quanto riguarda le città, e quindi Trieste, le norme prevedono che siano sviluppati collegamenti ciclabili lungo le principali direttrici di traffico, con infrastrutture capaci, dirette e sicure, dando la netta preferenza all'uso di corsie ciclabili in carreggiata. La filosofia di fondo è dunque quella di riportare la bicicletta, in particolare quando destinata a un uso "utilitario" e veloce, sulla strada, mediante una serie d'interventi atti a controllare e ridurre le velocità degli autoveicoli, a dare continuità ai percorsi e a proteggere soprattutto gli attraversamenti trasversali dove avvengono la maggior parte degli incidenti. Sicurezza e comfort quali condizioni per un incremento dell'utilizzo della bicicletta. Nel medesimo periodo Trieste ha intrapreso la strada del recupero del Porto vecchio, ovvero la restituzione alla città di 66 ettari di area portuale centralissima, sul mare, ben collegata alla città, con il suo milione di metri cubi di hangar congelati da decenni quasi nella forma originaria e chilometri di strade e aree inutilizzate. Di quell'area tutti i triestini hanno interiorizzato due caratteristiche: lo spazio e la bellezza. In questa situazione di novità delle normative e nuovo assetto urbano della città, ricordiamo che è in corso di elaborazione il Pums, Piano urbano della mobilità sostenibile e contemporaneamente il Piano della ciclabilità (Biciplan) dell'Uti Giuliana. Come Fiab chiediamo che si utilizzino appieno le nuove leggi per progettare e ripensare tutta la città in senso sostenibile, e non si applichi all'area del Porto vecchio un superato modello urbano "centrato sull'automobile", in cui ogni metro quadro di spazio pubblico è stato invaso dalle automobili, fenomeno cui stanno rimediando tutte le città del mondo. È giunto il momento per la nostra città di misurarsi con le sfide del prossimo futuro. Fiab auspica che a Trieste si voglia tener conto anche degli esiti di esperienze note e studiate in Europa: a nostro parere dimostrano come un aumento dei servizi alla cittadinanza che si sposta in bici e una riduzione dell'utilizzo dell'automobile privata in ambito urbano, sia in grado di generare una serie di conseguenze positive. Per noi la bicicletta è una delle chiavi di volta di una mobilità urbana diversa, innovativa e smart: migliora il traffico, l'ambiente, la salute e l'economia. La bicicletta a nostro avviso fa bene alla città e a chi la usa e Trieste a nostro parere deve finalmente cogliere tutte queste opportunità.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 dicembre 2019

 

 

La richiesta di Spi Cgil: «Una pista ciclabile da Aquilinia a Bagnoli» - il Sindacato Pensionati

SAN DORLIGO DELLA VALLE. Una pista ciclabile che colleghi Bagnoli della Rosandra, Caresana e Aquilinia. È questa la richiesta formulata in questi giorni dal sindacato dei pensionati della Cgil, lo Spi, e indirizzata alle amministrazioni di Muggia e San Dorligo della Valle. L'esigenza è emersa nel corso della recente assemblea indetta dallo Spi Cgil di Muggia, alla quale hanno partecipato molti dei pensionati della zona dei due Comuni. «Abbiamo preso nota di numerose segnalazioni giunte dai cittadini - spiega il segretario dello Spi Cgil, Stefano Borini - perciò le abbiamo inoltrate ai Comuni interessati». La ciclabile intercomunale fa parte di un più complesso gruppo di richieste: i residenti hanno auspicato anche che siano recuperati gli edifici che un tempo ospitavano l'albergo "Monte d'oro" e l'ex caserma della Guardia di Finanza, «per adibirli a centro di aggregazione pubblica e a centro diurno per anziani». «In zona - riprende Borini - questa è un'esigenza particolarmente sentita. Garantire ai pensionati luoghi di socializzazione è sempre importante». Lo Spi Cgil aveva iniziato questo dialogo con la popolazione ad agosto. «In quell'occasione - conclude Borini - è cominciato un confronto molto costruttivo con il Comune di Muggia, che adesso vogliamo riproporre anche con San Dorligo della Valle, perché come sindacato valutiamo molto positivamente la partecipazione e la discussione attiva dei cittadini e pensionati in un rinnovato dialogo con i rappresentanti istituzionali». 

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 3 dicembre 2019

 

 

E per garantire sicurezza a chi si sposta a piedi a Opicina sbarca la prima zona a 30 all'ora

Intervento da 400 mila euro per installare dissuasori, ampliare marciapiedi e rifare i segnali

Inizieranno lunedì prossimo, dureranno 180 giorni, per una spesa complessiva di 400 mila euro, e avranno l'obiettivo di garantire una maggiore sicurezza ai pedoni che vivono o frequentano Opicina. Sono i nuovi interventi per la realizzazione di una zona con limite di 30 chilometri all'ora per il traffico veicolare e di un percorso sicuro sui marciapiedi, in un tratto particolarmente frequentato dai bambini. La consegna dei lavori è stata effettuata nei giorni scorsi e il progetto nasce dal confronto e dal dialogo tra Comune, circoscrizione, residenti, le famiglie della scuola primaria Carlo Lona e il ricreatorio Fonda Savio. Ducentomila euro derivano dal Piano nazionale della sicurezza stradale, l'altra metà è finanziata dall'amministrazione comunale.Il percorso tutelato e protetto per i pedoni, il Pedibus, si snoderà proprio lungo il tratto tra la scuola e il ricreatorio. Le vie interessate complessivamente dai nuovi limiti e da migliorie sui marciapiedi saranno via Carsia, via dei Salici, via della Vena, via Doberdò, via Sant'Isidoro, via dei Tigli e via San Mauro. «Siamo molto soddisfatti perché il cantiere era atteso da tempo - spiega l'assessore comunale ai Lavori Pubblici Elisa Lodi - e dimostra come questa amministrazione sia attenta non solo al centro città. A Opicina in particolare ricordo che abbiamo già effettuato tante nuove asfaltature di recente, oltre alla sistemazione della chiesa di San Bartolomeo». Le opere, nel dettaglio, riguarderanno la costruzione dei pezzi di marciapiede mancante, il rifacimento della pavimentazione di quelli esistenti, e in più punti danneggiati, la realizzazione di abbassamenti in corrispondenza degli attraversamenti pedonali, per agevolare persone con difficoltà motoria, ma anche passeggini e carrozzine. E sempre sugli abbassamenti sarà inserito anche un pavimento tattilo-plantare, come supporto per i non vedenti. Saranno installati poi dissuasori di sosta, per impedire il parcheggio selvaggio di mezzi. Verrà applicata anche una segnaletica colorata, per evidenziare che sulla carreggiata bisogna presentare attenzione alle persone in transito. È prevista la manutenzione generale di tutti i segnali presenti, oltre all'inserimento di nuovi, con l'indicazione della zona 30, e per identificare soprattutto il Pedibus e per ricordare gli automobilisti che sarà fondamentale procedere senza premere troppo il piede sull'acceleratore. «Abbiamo recepito in particolare le esigenze dei bambini e dei residenti - sottolinea l'assessore comunale all' Urbanistica Luisa Polli - in base agli incontri effettuati con la circoscrizione e con cittadini. Si tratta di una zona a 30 chilometri all'ora che rappresenta solo l'inizio, una novità che in futuro vorremmo applicare anche in altri rioni della città».Durante i vari interventi programmati, saranno sistemati anche i chiusini e il sistema di drenaggio dell'acqua piovana, e verranno creati anche nuovi attraversamenti pedonali nelle aree verdi.

 

 

«Il Porto vecchio non può ridursi a un'operazione immobiliare»  - L'incontro pubblico dell'associazione "Un'altra città"

Quale relazione si può costruire tra interessi privati e interessi pubblici nel recupero dell'area? Quali ricadute avrà questo auspicabile equilibrio di interessi sulla riappropriazione collettiva del Porto vecchio, così come sulla qualità degli spazi pubblici? Sono alcune delle domande che sono state al centro dell'incontro pubblico "Porto vecchio, impresa collettiva", organizzato ieri dalla rete civica "Un'Altra Città" nella Sala Giubileo. L'evento si è aperto con una riflessione dell'architetta Lucia Krasovec sul ruolo dei beni comuni per la costruzione di una città e della sua comunità, che spesso però «vengono distrutti in maniera passiva e neutrale». «Il Porto vecchio oggi dovrebbe diventare il luogo da cui parte la rigenerazione in tutta la città - spiega Krasovec -, perché è inevitabile che non determini dei cambiamenti in tutto il suo tessuto. Ogni intervento dovrà essere inserito in questa visione d'insieme della città per rideterminarne una partenza».L'intervento successivo è stato quello di William Starc, che ha ragionato attorno alle potenzialità e i rischi insiti nel futuro del porto vecchio. «Dagli anni '80 abbiamo visto un interesse per la trasformazione delle aree abbandonate - ha affermato Starc -, come porto San Rocco e l'area Fiat di Campo Marzio che sono due interventi che ora stanno soffrendo di sottoccupazione. La preoccupazione è: Porto vecchio sarà questo? Se fosse solo un'operazione di tipo immobiliare senza risultati per la città sarebbe molto grave». L'incontro è proseguito con una panoramica di Roberto Dambrosi su alcuni dei "buchi neri" presenti nel tessuto urbano della città e poi con una sessione partecipativa di tavoli di lavoro, coordinati da Riccardo Laterza e Gaia Novati, con il compito di approfondire i vari temi trattati in precedenza. 

Simone Modugno

 

 

SEGNALAZIONI - Pulizia strade - I soffiatori vanno aboliti

Per quanto riguarda i soffiatori si dovrebbero abolire con una legge, visto che quando si fa pulizia delle strade si sollevano le polveri cancerogene dovuto all'inquinamento di tutti i tipi. Inoltre domenica 1 dicembre sulla pagina delle segnalazioni del quotidiano Il Piccolo è stato scritto con il titolo Pulizia della strade i "soffiatori" erano per il tram, il sottoscritto si ricorda che si usava un attrezzo adatto per la pulitura delle rotaie. Inoltre per la rimozione dei rifiuti sui marciapiedi e nelle aree di sotto delle autovetture si potrebbe usare con la pressione dell'acqua e anche qualche volta non farebbe male disinfettare le strade.

Nevio Tul

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 2 dicembre 2019

 

 

A4, aperto il secondo ponte sul Tagliamento Le tre corsie ok da Palmanova a San Giorgio

Entro la fine dell'anno i chilometri percorribili saranno quasi 19, nel 2021 l'intero tragitto fino a Portogruaro

Ronchis. Sui viadotti del fiume Tagliamento è già terza corsia. Ieri Autovie Venete ha aperto al traffico il secondo manufatto che garantisce i transiti verso Trieste. Un'opera d'arte - così l'ha definita il presidente della concessionaria autostradale, Maurizio Castagna - per dimensioni, per capacità di ridurre i disagi all'utenza e di tutelare il fiume durante le piene, realizzata in tempo di record (dieci mesi, ndr) tanto da ridurre di un anno la durata del cantiere. Il tratto Alvisopoli-Palmanova sarà inaugurato a fine marzo 2020; entro il 2021 seguirà l'apertura dell'intero tratto Portogruaro-Palmanova, quello a maggior passaggio di traffico.«È un grande risultato per il Friuli Venezia Giulia e il Veneto, di cui dobbiamo essere orgogliosi. Generalmente in Italia è un successo quando le grandi infrastrutture vengono ultimate con qualche anno di ritardo» ha fatto notare il governatore Massimiliano Fedriga, auspicando che la terza corsia possa dimostrare, a livello nazionale, che «le opere pubbliche si possono fare bene e anche rapidamente». Un plauso è giunto pure dall'assessore regionale alle Infrastrutture, Graziano Pizzimenti, secondo il quale l'apertura del ponte sul Tagliamento dà maggior sicurezza all'utenza e ulteriori certezze in termini di arrivo e partenze a uomini e merci. Ridurrà i disagi ai comuni vicini sottoposti, negli ultimi mesi, a un aumento di traffico. Sotto un cielo plumbeo, autorità, amministratori, politici e i vertici di Autovie Venete e della Regione hanno aperto al traffico il secondo ponte sul Tagliamento. Lungo il primo viadotto i mezzi transitano da circa un anno. Da ieri quindi lungo la A4 si transita su tre corsie da San Giorgio a Palmanova in entrambe le direzioni di marcia. La terza corsia ha raggiunto una lunghezza di 6,8 chilometri. Tra qualche giorno si aggiungeranno i chilometri che uniscono Alvisopoli a poco prima del ponte sul fiume Stella, all'altezza di Rivignano-Teor in direzione Trieste. Entro fine anno lo stesso tratto sarà completato anche in direzione opposta per raggiungere quasi 19 km di terza corsia percorribili.«Possiamo vedere la fine del terzo lotto della terza corsia» ha spiegato Castagna agli ospiti nel tragitto, percorso in pullman, da Ronchis al viadotto, non senza evidenziare che a fine marzo 2020 l'avanzamento dei lavori avrà raggiunto l'80% dell'opera. «Lo sforzo fatto da imprese, commissario, Autovie Venete e da tutti coloro che hanno lavorato è stato tale da consentire l'apertura del terzo lotto con quasi un anno di anticipo rispetto alla data contrattuale». Castagna ha citato questo fatto tutt'altro che irrilevante proprio perché, chilometro dopo chilometro, si riducono i disagi agli automobilisti: «Abbiamo rispettato la promessa». Il terzo lotto, nella sua complessità, vale oltre 400 milioni di euro. A ricordare l'importo è stato il responsabile unico del procedimento (Rup), Enrico Razzini, nel ribadire che la riduzione dei tempi di costruzione «è un fatto unico. Il viadotto è l'opera più importante che abbiamo, sostituisce un manufatto che era delicato nella sua gestione, vetusto, costruito 60 anni fa e ormai giunto a fine vita. L'averlo sostituito ci ha dato serenità gestionale».Ma la domanda che ieri tutti si ponevano era: «Qual è la ricetta che ha consentito di tagliare i tempi di realizzazione?». All'intesa fra la committenza e le imprese (Rizzani de Eccher e Pizzarotti) unita alla «faticosissima trattativa raggiunta dopo aver sviscerato tutte le problematiche» illustrate da Castagna, Marco de Eccher, il presidente dell'omonimo gruppo, ha aggiunto «il sistema di gara che ha consentito di formulare proposte tecniche e il meccanismo contrattuale che prevede la premialità nel tempo. Abbiamo iniziato questo cantiere - ha precisato de Eccher - con 5/6 anni di ritardo rispetto al contratto per anticipare la consegna, questo ha presupposto la rinegoziazione con il premio di acceleramento che è stata la ciambella di salvataggio per l'impresa che è riuscita a prenderlo». A tutto ciò l'imprenditore ha aggiunto il processo industrializzato attuato per produrre, in un apposito stabilimento all'interno del cantiere, le parti prefabbricate. «Questo viadotto è stato fatto integralmente in proprio». De Eccher l'ha ripetuto con orgoglio spiegando che la produzione in proprio consente di recuperare i tempi morti determinati dal maltempo. E se la dimensione dell'opera è stata determinante per adottare questo metodo, altrettanto fondamentale è risultato «il saper fare, la caparbietà e la serietà delle maestranze friulane. Mentre la realizzazione della terza corsia brucia i tempi, l'ampliamento del casello al Lisert è fermo. A seguito dell'inchiesta giudiziaria "Grande Tagliamento" l'opera è sospesa fino a marzo 2020. «Togliendo gli ostacoli il traffico arriva più velocemente a Trieste e il rischio che al Lisert le code aumentino è reale» ha ammesso Razzini indicando però anche la via d'uscita: «Fortunatamente l'A34, l'autostrada Villesse-Gorizia, funziona da bypass e se la coda si allunga istituiamo l'uscita obbligatoria sull'A34».

Giacomina Pellizzari

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 1 dicembre 2019

 

 

Barcolana, puliti i fondali I sub recuperano due quintali di rifiuti  - bacino San Giusto

Quasi due quintali di rifiuti, più o meno ingombranti, riemersi dal mare grazie all'impegno di una trentina di volontari, tra i quali 25 sommozzatori, e il supporto delle unità cinofile dell'associazione Cani salvataggio Trieste. È il bilancio dell'operazione di pulizia dei fondali scattata ieri sulle rive del bacino San Giusto dalla Stazione Marittima al Molo Audace. Coinvolti Acegas, Polizia Marittima, Barcolana, Altritaliambiente, Sogit, Guardia Costiera Ausiliaria, Circolo Sommozzatori, Immersione Caschi Professionali, Ghisleri, Lega Navale, Sub Sea, Bignami Sub, Pompieri Volontari. I sodalizi fanno parte del gruppo di lavoro Fare Ambiente. Acegas ha messo a disposizione container e altro materiale per la raccolta. I sommozzatori si sono immersi passando al setaccio i fondali, trovando un po' di tutto: vecchie transenne ormai "colonizzate" dai mitili, una decina di cellulari, un vecchio passeggino e poi tantissime bottiglie e altri rifiuti vari. «Grazie a tutti i volontari - ha dichiarato il presidente della Società velica di Barcola e Grignano, Mitja Gialuz - e alle associazioni che hanno aderito al progetto, collegato a #UnplasticTrieste e alla nostra bella Alice: abbiamo così chiuso, con una pulizia dei fondali, l'edizione 51 della Barcolana e il nostro impegno per la salvaguardia dell'ambiente e del mare continua sempre».

 

SEGNALAZIONI - Pulizia strade - I "soffiatori" erano per il tram

In relazione alla lettera da voi pubblicata in data 29 novembre, dal titolo "Spazzamento, ecco perché siamo contrari all'uso dei soffiatori" AcegasApsAmga desidera innanzitutto precisare che la pulizia citata nella segnalazione rientra in un intervento straordinario a supporto di Trieste Trasporti e Amministrazione comunale. Tale pulizia è, infatti, risultata necessaria per permettere la completa rimozione dei detriti accumulatisi negli ultimi mesi nelle rotaie e nei vari interstizi della linea tranviaria, al fine di permettere le prove del tram. In merito all'utilizzo dei soffiatori negli interventi ordinari di pulizia stradale della città, tali strumenti vengono impiegati per la rimozione di rifiuti nelle aree al di sotto della auto. L'alternativa a tale soluzione richiederebbe l'istituzione di divieti di sosta permanenti nelle giornate di servizio di pulizia, con inevitabili disagi per i cittadini. Al fine di fornire un sempre migliore servizio ai cittadini, riducendo l'impatto acustico di tali interventi, AcegasApsAmga ha implementato l'utilizzo di soffiatori elettrici nelle aree cittadine.

Valentina Albanese - Comunicazione AcegasApsAmga

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 novembre 2019

 

 

Fridays For Future colora il venerdì da nero a verde «Sconti? Si pensi al clima»

I giovani del movimento ambientalista hanno sfilato lungo le vie cittadine rilanciando slogan "green". Ultima tappa in piazza Unità con le candele

È stato un confronto a distanza tra due diversi "venerdì": da una parte il corteo "verde" dei giovani che protestavano contro il cambiamento climatico, dall'altra quello "nero" dei consumatori che andavano a caccia delle migliori offerte nei negozi. Come nel resto del mondo, ieri pomeriggio si è svolto anche a Trieste il "Quarto Sciopero Globale" dei Fridays For Future, per protestare appunto contro i cambiamenti climatici in atto sul pianeta e chiedere un intervento concreto da parte della politica. Infatti, secondo gli attivisti del movimento, nonostante l'urgenza con cui la crisi climatica andrebbe affrontata, istituzioni e governi non si sono ancora dimostrati capaci di mettere in atto misure adeguate. «Abbiamo scelto questa giornata per dipingere di verde il Black Friday. Questo modello consumistico e di mercato al quale siamo abituati fa sì che le industrie producano tanta anidride carbonica e altri gas che causano il riscaldamento globale», ha spiegato Laura Zorzini, attivista di Fridays For Future Trieste. «Naturalmente noi non colpevolizziamo l'individuo - prosegue Laura - ma il nostro intento è di dare un segnale forte a tutti e tutte affinché possano riconoscersi in un modello differente di economia. Non siamo contro nessuno ma proponiamo un modello differente, quello dell'economia circolare ed ecosostenibile». Almeno un centinaio di giovani hanno sfilato da piazza Goldoni a piazza Unità passando per piazza Oberdan, al grido di "Cos'è che vogliamo? Giustizia climatica! E quando la vogliamo? Ora! ". Tra gli altri slogan anche "Spegnete i motori!", che ha trovato come risposta provocatoria da parte di alcuni automobilisti il rombare dei loro motori. Una volta giunti in piazza della Borsa, i manifestanti hanno inscenato un flash mob distendendosi per terra come se fossero morti, per simboleggiare il rischio che l'umanità sta correndo a causa dei cambiamenti climatici. Il corteo è terminato in piazza Unità, dove si è susseguita una serie di interventi al microfono ed è stato posizionato un cartellone sul quale ognuno poteva scrivere come avrebbe speso in maniera alternativa i 570 mila euro impiegati dal Comune per le luci e gli addobbi di Natale. Tra le proposte figuravano: "pannelli fotovoltaici", "piantare nuovi alberi", "potenziamento trasporto pubblico", "coperte e cibo per famiglie bisognose" e così via. Infine sono state accese delle candele per fare simbolicamente luce sulla crisi climatica e si è tenuto un dj-set organizzato assieme a Link Trieste.-

Simone Modugno

 

 

Auto elettriche nel "pubblico" Scatta la sfida da 20 milioni - LE STRATEGIE DELLA GIUNTA

TRIESTE. Non si risolverà il problema del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici, ma il segnale è quello "filosofico" di una regione che crede nella sostenibilità. Fabio Scoccimarro, assessore regionale all'Ambiente, parla di «rivoluzione elettrica» nell'illustrare l'investimento del Friuli Venezia Giulia, prima regione in Europa a dotarsi di un piano di mobilità elettrica, che porterà la Pa (Regione, Arpa, Aziende sanitari e Comuni capoluogo) a dotarsi di 600 veicoli elettrici nel 2021, grazie al bando Neomix da 20 milioni di euro. Ambiente - Scoccimarro entra nel dettaglio dell'iniziativa all'apertura della giornata di studio "Mobilità elettrica: trasporti, ambiente, energia", promossa dalla Regione in collaborazione con l'Associazione di elettrotecnica, dalla Federazione degli ingegneri Fvg e dal Dipartimento di Ingegneria e architettura dell'Università di Trieste. E non dimentica l'investimento nel fotovoltaico di Trieste Airport e l'impegno per la decarbonizzazione della Ferriera di Servola e del Polo industriale monfalconese. Quanto ai veicoli privati, con il Fvg che conta 800 mila mezzi, di cui 125 mila di categoria euro 0 o precedenti, «per favorire la sostituzione delle auto inquinanti, la Regione ha introdotto gli incentivi: si possono ricevere fino a cinquemila euro di contributo, oltre a quello statale». Da metà settembre a metà ottobre, con 524 domande in fila, sono già andati esauriti gli 1,8 milioni per favorire l'acquisto di auto ibride ed elettriche. UNIVERSITA' - La Regione, conferma la collega all'Istruzione Alessia Rosolen, ha messo invece a bilancio quasi 26 milioni triennali per il sistema universitario, di cui 16 nella parte corrente (docenti, assegnisti di ricerca, fiere di orientamento, eventi) e 10 per la riqualificazione e l'ammodernamento di strutture e infrastrutture di ricerca, con cinque milioni dedicati alla sola edilizia universitaria. «Dopo lunghi anni di paralisi - sottolinea Rosolen - sblocchiamo fondi strategici e fondamentali che vengono impiegati per dare risposta a esigenze plurime e complementari». I 200 mila euro tagliati a Udine? «Evitiamo derby territoriali al ribasso e puntiamo a creare le condizioni affinché il nostro sistema possa esprimere un livello di professionalità e specializzazione sempre più rimarchevole». Opere - Nella seduta di giunta di ieri è stato poi ancora Scoccimarro a deliberare uno stanziamento di quasi quattro milioni a integrare il programma degli interventi per il 2019 sui corsi d'acqua e sulle opere idrauliche della rete idrografica regionale. I lavori saranno curati dai Consorzi di bonifica e dal Comune di Chiusaforte. Su proposta di Graziano Pizzimenti, assessore al Territorio, la giunta ha quindi finanziato con un milione di euro Friuli Venezia Giulia Strade per l'installazione di barriere salva motociclisti nei tratti stradali più pericolosi.

Marco Ballico

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 novembre 2019

 

 

Nasce il comitato Barcolaverde «Basta cemento sul lungomare»

Residenti pronti a dar battaglia al progetto che prevede la costruzione di due edifici con garage interrati dietro all'Old Wilde West. Pressing sui consiglieri comunali

I residenti di Barcola, affiancati da diverse associazioni ambientaliste e da cittadini sensibili alla salvaguardi del lungomare, si preparano a dare battaglia. Lo faranno presentando opposizione al progetto delle due nuove palazzine che la Igei srl intende costruire nell'area verde di salita di Miramare, alle spalle dell'immobile che ospita l'Old Wild West. A questo scopo è nato il gruppo Barcolaverde che, supportato da professionisti, ha redatto un articolato documento, con una lunga serie di osservazioni. Ad essere evidenziate sono diverse criticità del progetto - presentabile in virtù dell'approvazione nel 2015 da parte del Comune del Piano particolareggiato di attuazione del Piano regolatore generale -, che prevede l'edificazione di due costruzioni a due piani con parcheggio interrato, oltre ad un altro parcheggio pubblico da 12 stalli che sorgerebbe all'imbocco della salita e, dunque, su viale Miramare. «Questo intervento - osservano i portavoce di Barcolaverde - rappresenterebbe un'ulteriore perdita di territorio e di aree verdi, con ripercussioni elevate sul patrimonio di flora e fauna, e solo per opere di urbanizzazione speculativa». Nel prendere visione del Piano attuativo comunale (Pac) di iniziativa privata per quell'intervento, delle relative delibere e ascoltando gli interventi sull'iniziativa nel corso di una recente seduta del Consiglio Comunale, al gruppo di lavoro di Barcolaverde è saltato subito all'occhio il rendering del progetto, ritenuto «incoerente». «È un'errata rappresentazione di come quel progetto trasformerà quell'area, tra l'altro valutando solo l'impatto dal mare e non dal Carso - sostengono i residenti -. Il risultato invece sarà diverso. Nel foto-inserimento presentato, gli edifici sono mitigati da una vegetazione, che, per consentire la costituzione verrà tagliata, mettendo di fatto in risalto anche altre costruzioni che oggi non si vedono dalla strada e dal mare. Affinché quella vegetazione ricresca in maniera tale da mascherare almeno parzialmente quelle palazzine, ci vorranno decenni». Osservazioni vengono sollevate anche in merito alla viabilità, al parcheggio, o all'obbligo per chi scende da quella salita per immettersi in viale Miramare, di svoltare a destra, «il che, - spiegano - ci obbligherebbe a dover arrivare fino al bivio di Miramare e poi rimettersi sulla strada per Trieste, allungando il tragitto verso la città di 2,4 km: una soluzione che ha un impatto anche sulla qualità dell'aria». Per i residenti, «l'amministrazione dovrebbe pretendere vengano adottati tutti i sistemi per mitigare l'impatto che quel progetto avrà su quell'area (vedi tetti verdi), preoccupandosi non esclusivamente di un eventuale ricorso da parte dei promotori del progetto, ma anche di possibili ricorsi da parte di chi subirà quell'iniziativa». I referenti di Barcolaverde - che invitano quanti intendono condividere queste preoccupazioni a scrivere a barcolaverde@gmail. com tenendo conto che il termine per presentare opposizione è fissato al 24 dicembre - hanno già contattato membri della maggioranza e dell'opposizione in Consiglio comunale, per manifestare la propria contrarietà e chiedere un'ulteriore mitigazione del progetto, in modo da renderlo più compatibile con l'ambiente. Alcuni consiglieri, evidenziano già sensibilità all'iniziativa del gruppo. «Sto procedendo con alcune verifiche tecniche circa la compatibilità con il piano regolatore vigente - anticipa il pentastellato Paolo Menis che ha già incontrato gli aderenti a Barcolaverde -. Restano molte perplessità sulla strada di collegamento che è molto stretta, sulle insufficienti opere di mitigazione dell'impatto visivo e ambientale, e comunque sul fatto che una gran fetta di bosco verrà rasa al suolo. Al di là del progetto specifico, la giunta Dipiazza e quelle successive dovranno lavorare per ridurre radicalmente il suolo edificabile sul nostro territorio». Perplesso anche il forzista Michele Babuder: «Ho già manifestato le mie preoccupazioni in Consiglio durante l'adozione del Pac di iniziativa privata, ritenendo per questo di non partecipare al voto. L'intervento risulta, a mio dire, fortemente impattante dal punto di vista ambientale e urbanistico, mentre le opere di urbanizzazione primaria di rilevanza pubblica previste a carico dei soggetti attuatori, mi sembrano soggettivamente residuali rispetto all'intervento complessivo. Andranno, quindi, valutate con estrema attenzione le osservazioni che, eventualmente, dovessero pervenire nel frattempo e sulle quali ci si dovrà nuovamente esprimere».

Laura Tonero

 

 

Via Trento verso l'addio al passaggio delle auto A metà gennaio i lavori

Conto alla rovescia per la pedonalizzazione della strada del Borgo Teresiano che si candida a diventare nuova tappa obbligata nella rotta della movida

Mancava solo la data di avvio del cantiere, perché i dettagli erano stati annunciati già da tempo. Ora anche il tassello mancante è arrivato: inizieranno a metà gennaio i lavori per la pedonalizzazione completa di via Trento. Un intervento che durerà circa un mese e porterà a una piccola rivoluzione nella zona. La nuova pavimentazione, ad uso esclusivo dei pedoni, sarà posata tra via Machiavelli e Torrebianca e tra quest'ultima e via Valdirivo. Invariata la viabilità nelle vie citate. Concluse le operazioni i locali potranno fare richiesta per i dehors e posizionare tavolini e sedie all'esterno. «Si procederà rapidamente - spiega l'assessore comunale all'Urbanistica Luisa Polli - perché non c'è necessità di semaforizzazione, quindi al di là dei paletti da posizionare, basterà rifare la superficie. Considerati anche gli eventuali giorni di maltempo, il tutto sarà concluso in un mese circa. Saranno eliminati una decina di posti auto, ma sarà garantito l'accesso, come accade per via San Nicolò, al parcheggio delle Generali, presente su via Trento. Sarà invece spostata un'area carico e scarico. Abbiamo tolto pochi stalli - precisa - alla luce della presenza di diverse attività. Ma l'obiettivo era quello di creare una continuità, una bella passeggiata che colleghi piazza Unità d'Italia a piazza Libertà, considerando che altri tratti della strada, che non vedranno la pedonalizzazione, come l'area della chiesa Luterana, sono stati interessati negli anni scorsi da migliorie e ampliamenti dei marciapiedi. Camminare qui diventerà ancora più piacevole». E l'eliminazione dei dieci stalli a pagamento, secondo l'assessore, non creerà troppi disagi. «A Trieste possiamo contare su un servizio di trasporto pubblico impeccabile e so che sempre meno persone scelgono di venire in centro in auto. Auspico poi che si comincino a scegliere di più i parcheggi di cintura, al momento sottoutilizzati, come quello di via Carli, collegato al centro in modo ottimale proprio attraverso i bus».La nuova pedonalizzazione trova d'accordo i locali affacciati su via Trento, che ormai da tempo attendono la partenza dei lavori, dopo l'annuncio fatto mesi fa da parte del Comune. «Abbiamo fatto un sopralluogo nella zona, sentendo i cittadini, che ci lavora, e anche la circoscrizione - ricorda Polli - perché sono processi di cambiamento importanti, che vanno sempre accompagnati e condivisi. E così faremo anche per tutti i lavori che saranno avviati in futuro in città». Sul fronte dei locali, nella via sono presenti un'enoteca, una birreria, un bar con ristorante e di recente ha aperto anche un ulteriore ristorante, molto ampio. In tanti hanno scommesso su quella strada, candidata a diventare una sorta di nuova via Torino vista anche la posizione strategica e il continuo via vai di turisti che arrivano in città con il treno. Molti non vedono l'ora di poter pianificare l'organizzazione della parte esterna, per poter sistemare gli arredi già in primavera. Una soluzione preziosa soprattutto per chi al momento conta su spazi ridotti all'interno. E se la parte di via Trento vicino al Ponte curto si prepara a una nuova vita, manca ancora una svolta per la strada nel tratto verso via Ghega, dove restano ancora diversi fori commerciali vuoti, in alcuni casi anche molto grandi, da anni in attesa di nuovi investitori. 

Micol Brusaferro

 

 

Spazzamento, ecco perché siamo contrari all'uso dei soffiatori - la lettera del giorno di Elisabetta Crismani e Renato La Rosa

II 27 novembre scorso alle 7.30 salendo in automobile lungo via Martiri della Libertà ci siamo imbattuti in una particolare nuvola di polvere, già deprecata in altre segnalazioni dei lettori di questo giornale: quella creata artificialmente dall'uso dei soffiatori. Nel caso specifico veniva effettuata la pulizia del marciapiede e dello spazio occupato dai binari del tram accumulando il fogliame, insieme a ogni genere di rifiuti al suolo, per la successiva raccolta con l'aspiratore dotato di spazzole rotanti. All'interno della densa nuvola di polvere sollevata si muoveva l'operatore "ecologico" (la definizione in questo caso è paradossale) e molti passanti, compresi bambini che andavano a scuola. L'operatore era "protetto" da una mascherina ma i passanti si trovavano esposti e senza difesa, obbligati a respirare la nuvola di polvere da cui erano investiti. Ricordiamo che l'argomento è già stato oggetto di discussione in Consiglio comunale a seguito di una mozione presentata in passato da alcuni consiglieri: si evidenziava opportunamente che l'uso dei soffiatori provoca la diffusione nell'aria (insieme a fogliame, carte e plastiche) di deiezioni animali, polveri di ogni genere, fra cui le famigerate Pm10 e Pm2,5, nonchè altri inquinanti pericolosi per la salute. La pulizia stradale con i soffiatori è perciò una pratica palesemente in contrasto con il dovere dell'amministrazione responsabile, tenuta invece a mettere in atto ogni possibile misura per ridurre le fonti d'inquinamento dell'aria. È bene ricordare, inoltre, che il Regolamento comunale d'igiene urbana non contempla l'uso dei soffiatori; precisa invece che "l'attività di spazzamento meccanizzato viene svolto, in supporto a quello manuale, con automezzi aspiranti provvisti di spazzole" (art. 22). Come si spiega che gli uffici e gli organi competenti in materia di salute pubblica non abbiano ancora rilevato la violazione di tale Regolamento e l'incompatibilità di questo uso dei soffiatori con le misure di contrasto all'inquinamento atmosferico in città?

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 novembre 2019

 

 

Incidenti stradali in lieve flessione ma aumentano gli schianti mortali - la mappa degli incidenti in FVG nel 2018

Rapporto di Automobile Club Italia e Istat sui sinistri in Fvg Trieste unica provincia a registrare un calo delle vittime

TRIESTE. Diminuiscono gli incidenti stradali in regione, anche se aumenta la percentuale di quelli mortali. L'Automobile Club d'Italia e l'Istat hanno stilato un rapporto sui sinistri avvenuti sulle strade del Friuli Venezia Giulia nel 2018: si sono registrati in totale 3.351 incidenti (3.468 nel 2017) con 4.537 feriti (4.675 l'anno precedente) e 77 morti (69 nel 2017).Solo sulle strade della provincia di Trieste il numero degli incidenti - 980 in totale rispetto ai 1.027 del 2017 - che hanno provocato una vittima è diminuito, passando dai 15 del 2017 agli 11 dello scorso anno. In quella di Gorizia, invece, i morti sulle strade sono addirittura raddoppiati passando da 4 a 8, con un aumento anche delle persone ferite. A lasciare la vita sulle strade della nostra regione sono prevalentemente persone di età tra i 30 e i 40 anni e gli over 65, nella maggior parte dei casi uomini, 64 in totale lo scorso anno. Ovviamente, a pagare il prezzo più alto sono i conducenti ma tra le vittime si contano anche 9 pedoni. Nel 68,2% dei casi i mezzi coinvolti sono automobili, nel 13,6% motociclette, nel 1,7% ciclomotori e nel 6,6% veicoli di tipo industriale e commerciale come tir, camion, furgoni. Il 6,5% degli incidenti ha visto coinvolte delle biciclette: in 37 casi a Trieste, in 67 a Gorizia, 127 a Pordenone e 166 a Udine. A Trieste, visto l'elevato numero dei motocicli, la percentuale di questi mezzi coinvolti nei sinistri (il 28,48%) ha un peso diverso rispetto al resto della regione. Gli incidenti derivano soprattutto da comportamenti errati. Tra i più frequenti si confermano la distrazione alla guida, il mancato rispetto della precedenza e la velocità troppo elevata (a livello nazionale nel complesso il 40,8% dei casi). Le violazioni al Codice della Strada risultano in diminuzione rispetto al 2017; le più sanzionate sono l'inosservanza della segnaletica, il mancato utilizzo di dispositivi di sicurezza a bordo e l'uso del telefono cellulare alla guida. In diminuzione le contravvenzioni per eccesso di velocità. Il numero di sinistri in regione avviene soprattutto sulle strade urbane. Proprio in queste circostanze, che prevedono limiti di velocità tali da limitare gli impatti più pesanti, nel 2018 è avvenuto il numero più elevato di incidenti mortali. Dei 1.879 incidenti sulle strade urbane, 24 hanno avuto esito mortale; dei 484 avvenuti sulle strade extraurbane secondarie, 19 sono risultati mortali; 672 gli incidenti sulle extraurbane principali con 18 mortali. Sulle tratte autostradali del Friuli Venezia Giulia si sono contati 170 incidenti: in 11 casi ci sono state delle vittime. Con la popolazione invecchiano anche gli automobilisti. Confrontando i dati delle patenti attive all'inizio del 2018 con quelli di circa 10 anni prima emerge un marcato aumento del numero di patentati con più di 65 anni di età. I residenti in regione con più di 15 anni che hanno una patente di guida attiva per auto o moto sono 827.202, il 77,48%. Tra le donne che vivono nel nostro territorio il 68,3% è patentato. La provincia del Friuli Venezia Giulia con la maggiore percentuale di residenti patentati è Pordenone (80,10%), seguita da Udine (79,48%) e Gorizia (77,21%); quella con la minore percentuale Trieste (69,71%). Diminuisce su tutto il territorio nazionale invece il numero di patentati giovani, soprattutto fino a 24 anni di età, un dato confermato anche dalle autoscuole triestine, che da tempo testimoniano un certo disinteresse verso quello che fino a pochi anni fa era sinonimo di maggiore età e autonomia.

Laura Tonero

 

Pedoni categoria a rischio specie da marzo a ottobre - incidenti FVG 2018

Dei quasi 400 investimenti del 2018 sono 177 quelli avvenuti in zona triestina Vengono coinvolti soprattutto over 65. Le cause? Distrazione e velocità elevata

TRIESTE. I pedoni restano tra i soggetti più coinvolti negli incidenti. Trieste si conferma da anni maglia nera in regione, malgrado sia la provincia più piccola d'Italia per estensione, e registra tra i pedoni il più elevato numero di vittime e di feriti in Friuli Venezia Giulia.Nella nostra regione nel 2018, su un totale di 76 incidenti mortali, nove hanno coinvolto dei pedoni: quattro di questi sono morti sulle strade triestine, uno su quelle della provincia di Gorizia - l'area che registra da sempre meno vittime a piedi sulla strada in regione - e due rispettivamente in quella di Udine e Pordenone. Seppur in lieve calo, resta elevato il numero dei pedoni feriti, in molti casi con conseguenze importanti che determinano anche invalidità permanenti. I dati dell'Automobile Club Italia relativi allo scorso anno indicano che sulle strade della nostra regione siano rimaste ferite a seguito di sinistri stradali 397 persone: ben 177 nella sola provincia di Trieste, 53 in quella di Gorizia, 120 di Udine e 47 in provincia di Pordenone. Delle nove vittime in Friuli Venezia Giulia, 4 avevano superato i 65 anni, 2 avevano un'età tra i 55 e i 64 anni e 3 tra i 30 e i 54. Gli over 65 restano i più fragili, basti pensare che tra i 397 feriti, 138 avevano superato quel limite di età. Una percentuale che rispecchia anche la fotografia su Trieste, dove i pedoni feriti in età anziana sono stati 66 ma se ne sono registrati anche 13 tra i minori tra 0 e 13 anni, 23 tra i 18 e i 29 anni. Tra le cause soprattutto la distrazione, anche dello stesso pedone, e l'elevata velocità del veicolo che li ha investiti. A livello nazionale, in queste circostanze, nel 2018 su un totale di 172.553 incidenti (3.086 mortali) a perdere la vita sono stati 609 pedoni, un dato in crescita dell'1,5%. Nel 2017 nei 3.378 incidenti mortali, 600 vittime erano pedoni, un peggioramento del 5,3% rispetto al 2016. L'indice di mortalità per i pedoni, pari a 3,2 ogni 100 incidenti per investimento di pedone, è quasi cinque volte superiore a quello degli occupanti di autovetture (0,7). All'interno di un ambiente molto complesso come la viabilità stradale, i pedoni rappresentano la categoria di utenti maggiormente vulnerabile perché spesso non percepiti dall'utente "forte", in particolare le automobili. In generale, in regione, più del 40% dei sinistri stradali avviene lungo un rettilineo, sia sulle strade urbane che su quelle extraurbane. In ambito urbano gli incidenti che avvengono nei pressi di una intersezione rappresentano il 22,8% del totale, seguono quelli che si verificano in corrispondenza degli incroci (17%) e in curva (9,7%). Lungo le strade extraurbane il 21,2% degli incidenti si verifica in curva, il 14% nei pressi di una intersezione. La concentrazione degli incidenti e più elevata nei mesi che vanno da marzo ad ottobre, periodo in cui è maggiore la mobilità legata a periodi di vacanza. In questi otto mesi si conta in Fvg oltre il 70% degli incidenti. Quasi il 77% degli incidenti ha luogo tra le 8 e le 20 ma l'indice di mortalità raggiunge i valori più elevati nella fascia oraria tra mezzanotte e l'una e tra le 4 e le 5 della notte, soprattutto il venerdì e il sabato notte.

 

Il maggior numero di episodi in autostrada - E c'è anche la Costiera   -   gli indicatori statistici

TRIESTE. Sono i tratti autostradali della A4 (con 71 incidenti con 3 morti e 120 feriti), della A23 (41 incidenti con 6 morti e 79 feriti) e della A28 (30 incidenti con 48 feriti) quelli che in regione nel 2018 hanno registrato un indicatore statistico di incidentalità più elevato. A Trieste, sul raccordo autostradale Trieste-Sistiana, nello stesso anno i soccorsi e le forze di polizia sono dovute intervenire per 17 sinistri, in due casi mortali. Nessuna vittima ma addirittura 42 incidenti sono stati registrati invece sulla Statale 202. Passando alla Statale 14, Costiera inclusa, ha visto accadere 40 incidenti, in un caso con una vittima. Via Flavia ha registrato 8 incidenti. Il report dell'Aci che tiene conto anche dei dati dell'Istat, consente di mettere in evidenza anche la tipologia di incidete. A Trieste, ad esempio, i sinistri sono nel 22,83 per cento dei casi degli scontri fronto-laterali, nel 5,5 solo frontali. Nel 22,05 per cento si è trattato di fuoriuscite dalla carreggiata causa alta velocità, malori ma pure per distrazione del conducente, nel 21,26 per cento causa tamponamenti. A livello nazionale, nel 2018, gli incidenti stradali con lesioni a persone sono stati 172.344, in calo rispetto al 2017 (-1,5%), con 3.325 vittime (morti entro 30 giorni dall'evento) e 242.621 feriti (-1,7%) Il numero dei morti torna a diminuire rispetto al 2017 (-53 unita, pari a -1,6%) dopo l'aumento registrato lo scorso anno. Tra le vittime risultano in aumento i pedoni (609, +1,5%), i ciclomotoristi (108, +17,4%) e gli occupanti di autocarri (188, +15,3%). In diminuzione, invece, i motociclisti (685, -6,8%), i ciclisti (219, -13,8%) e gli automobilisti (1.420, -3,0%). Aumentano però le vittime sulle autostrade - da 296 nel 2017 a 327 nel 2018, +10,5% -, un dato sul quale ha inciso in maniera determinate il dramma stradale avvenuto il 14 agosto 2018 sul Ponte Morandi della A10 Genova-Savona-Ventimiglia, che ha coinvolto numerosi veicoli e causato 43 vittime. Il numero degli incidenti con esito mortale sulle autostrade italiane rimane comunque invariato: da 253 a 255 tra 2017 e 2018.

L.T.

 

Funivia su Opicina Dibattito fra partiti sul percorso finale - in commissione

C'è chi fa risalire gli albori del progetto al 1937 e chi addirittura all'epoca asburgica. La celebre funivia, che nell'immaginario di generazioni di triestini un giorno dovrebbe collegare il Carso al lungomare, ieri ha ricevuto il primo ok dell'aula dopo anni di silenzio. La proposta, riportata in auge dal consigliere comunale Roberto De Gioia (Progetto Fvg), ieri è passata in quarta commissione, presieduta dal forzista Michele Babuder. Ma con un colpo di scena, che non è piaciuto a tutti: il tragitto potrebbe non essere quello ipotizzato finora, da Monte Grisa a Barcola. In alternativa gli uffici stanno infatti vagliando l'opzione Opicina-Park Bovedo, particolarmente «comoda - ha spiegato il dirigente comunale Giulio Bernetti - perché consentirebbe un tracciato diretto, senza toccare le case. L'ovovia avrebbe risvolti non solo turistici ma anche trasportistici innovativi. Abbiamo affidato uno studio di fattibilità a un esperto, che prenderà in considerazione entrambe le opzioni». Antonella Grim (Italia Viva) ha auspicato «una valutazione complessiva. Forse sarebbe più opportuno trovare un punto d'arrivo tra Barcola e Miramare, invece che in Park Bovedo». Diversi si sono poi schierati a difesa di Monte Grisa, tra cui lo stesso De Gioia: «Una balconata stupenda su Trieste, con ristorante, parcheggi e altri servizi. Quell'area ha una valenza sia logistica che storiografica». Propendono per Monte Grisa pure il presidente del Consiglio comunale, Francesco Panteca, e il patriota Salvatore Porro, secondo cui «il santuario di padre Luigi Moro è il punto d'arrivo ideale. A Opicina c'è già il tram, ma non strutture turistiche adeguate». Per Babuder prioritario è «minimizzare impatto visivo, costi di manutenzione e consumo del suolo. Un'eventuale stazione intermedia in piazzale 11 Settembre consentirebbe inoltre di ovviare all'imbuto stradale». L'impianto dovrà in ogni caso avere anche un secondo spezzone, che colleghi il lungomare con il centro. L'operazione potrebbe valere circa 15 milioni di euro. 

Lilli Goriup

 

 

Fissata a fine gennaio l'udienza sul ricorso anti-pirogassificatore - il contenzioso al TAR

DUINO AURISINA. È stata fissata per la mattinata del prossimo 29 gennaio la discussione, davanti al Tar del Friuli Venezia Giulia, del ricorso presentato dai legali del Gruppo "Salute e ambiente" contro il decreto, emesso qualche mese fa dalla Regione, in base al quale il progetto per l'installazione di un impianto di pirogassificazione alla Burgo di San Giovanni di Duino non necessita di essere assoggettato alla procedura di Via. Gli ambientalisti di Duino Aurisina si erano subito attivati all'indomani dell'emissione del decreto, chiedendone la «revoca in autotutela», spiegando che la decisione dell'amministrazione regionale «facilita incredibilmente il procedimento di verifica della proposta e ne minimizza la pericolosità». Ai rappresentanti del Gruppo "Salute e ambiente" si erano subito affiancati numerosi pubblici amministratori degli enti locali della zona della Slovenia a ridosso dell'area in cui opera la Burgo «perché in linea d'aria - avevano spiegato - siamo vicinissimi al punto in cui il pirogassificatore dovrebbe essere realizzato, perciò le conseguenze sarebbero molto pesanti anche per noi». Molte proteste avevano visto protagonisti pure i residenti di Duino Aurisina, preoccupati per «la possibile nascita di un impianto destinato a provocare un'accentuata forma di inquinamento atmosferico». «La nostra azione - si legge in un documento diffuso dal Gruppo "Salute e ambiente" - è principalmente indirizzata all'appoggio degli operatori turistici e agli agricoltori».-

Ugo Salvini

 

 

Cinghiale sulla Gvt  - La Forestale lo abbatte per evitare incidenti

L'animale, ferito e imbizzarrito, avvistato vicino a Cattinara La strada è stata chiusa per consentire la messa in sicurezza

TRIESTE. Abbattuto prima che potesse procurare qualche incidente sulla Grande viabilità triestina. Questa la sorte di un esemplare femmina di cinghiale, vittima suo malgrado, ieri mattina, di un intervento molto complesso compiuto dalla Stazione forestale di Trieste. In seguito a una segnalazione dell'Anas, è stato infatti richiesto il pronto intervento delle guardie forestali, affiancate da due pattuglie della Polstrada, per neutralizzare appunto un cinghiale di circa 60 chili, avvistato lungo un canale ai bordi della Grande viabilità, in zona Cattinara, a circa 300 metri dall'uscita di Basovizza, in direzione Nord. L'esemplare era gravemente ferito alle zampe e per questo fortemente imbizzarrito. Viste anche la stazza dell'animale e la situazione critica, potenzialmente pericolosa, il rischio legato a una sua eventuale cattura è stato ritenuto troppo elevato. Da qui la scelta di colpire mortalmente il cinghiale prima anche che potesse arrivare sulla carreggiata della Gvt - peraltro piuttosto frequentata ieri mattina, chiusa il tempo necessario allo svolgimento dell'operazione - e provocare qualche incidente. La carcassa è destinata a una ditta che si occupa di smaltimento di animali morti, in Veneto, dove sarà incenerita. La presenza di cinghiali a Cattinara e dintorni non è certo una novità. Uno dei casi più eclatanti risale a qualche anno fa, quando una famiglia composta da papà, mamma e cinque cuccioli entrò nella pista di sci d'erba "Tre Camini", già sede di varie gare inserite nel programma di Coppa del Mondo di questo sport. Gli animali lasciarono profondi solchi in almeno dieci punti del terreno, in particolare lungo la parte bassa del tracciato, ma si resero autori anche di qualche incursione nella parte alta, vicino al magazzino della struttura gestita dallo Sci Cai Trieste. Un terreno appetibile, quello di Cattinara, in quanto ricco di vermi. Ancor più grave fu il clamoroso episodio nella vicina Longera, dove all'interno della sua proprietà il residente Bruno Zerial venne aggredito da un cinghiale che poi uccise Billy, il suo cane, un pastore di Ciarplanina di cinque anni.

Riccardo Tosques

 

 

Cambiamento climatico Un ciclo di conferenze - Italia Nostra

Il riscaldamento globale del pianeta è una realtà riconosciuta e studiata dai climatologi a livello mondiale. Dato l'interesse generale per questo tema, l'Associazione Italia Nostra - Trieste ha organizzato il ciclo di incontri culturali "Il clima e il riscaldamento globale del pianeta" in cui studiosi ed esperti del settore presenteranno le nozioni fondamentali sul clima e la sua storia, la situazione climatica attuale, i possibili effetti del riscaldamento globale sulla vita del pianeta e le possibili iniziative per avviare un controllo del riscaldamento climatico. Gli incontri si terranno, da novembre a febbraio, nella sala conferenze dell'Università della Terza Età, in via Corti 1/1, nei venerdì pomeriggio, dalle 17.30 alle 19. Domani Federica Flapp (Arpa Fvg - Osmer) parlerà di "Cambiamenti climatici in Fvg: evidenze attuali e scenari futuri". Il 6 dicembre Giovanni Bacaro di Units con "Il clima e gli effetti del cambiamento climatico globale sulla vegetazione". Il 10 gennaio il direttore del Servizio musei scientifici Nicola Bressi con "Clima che cambia, animali che cambiano - Ricaduta del cambiamento climatico sulla fauna selvatica". Il 24 gennaio Renato Colucci del Cnr - Istituto di Scienze Marine di Units con "I mutamenti climatici attuali rapportati alle variazioni occorse negli ultimi 12.000 anni". Il 7 febbraio Paola Del Negro di Ogs con "Impatti del cambiamento climatico sull'ecosistema marino". Il 21 febbraio Filippo Giorgi di Ictp chiude con "Quale futuro climatico ci aspetta?".

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 novembre 2019

 

 

«Logistica portuale e attività industriali per il post Ferriera» - IL MONITO DELLA UILM

 «Per la tutela e lo sviluppo dei livelli occupazionali della Ferriera è necessario prevedere nel progetto di sviluppo del sistema logistico del Porto di Trieste una piena integrazione delle attività industriali e logistiche delle Acciaierie Arvedi e di Siderurgica Triestina». Il monito è del segretario nazionale Uilm per il settore, Guglielmo Gambardella, che ieri ha incontrato in assemblea i lavoratori dello stabilimento. All'ordine del giorno, ieri, lo stato di avanzamento del confronto tra istituzioni e azienda sulle prospettive del sito triestino, a cominciare dall'appuntamento ministeriale dello scorso 20 novembre.«La Uilm - si legge in una nota - vuole essere in questa vertenza un soggetto attivo per contribuire al consolidamento delle attività industriali ma anche allo sviluppo di quelle logistiche ad esse collegate del Porto di Trieste. Abbiamo ribadito di essere disponibili a verificare se c'è questa opportunità per assicurare una prospettiva di lungo periodo ai lavoratori del polo siderurgico».L'intenzione, viene precisato nel comunicato sindacale, è «migliorare le linee guida del Piano industriale presentato da Arvedi che prevede per la riconversione del sito di Trieste un investimento stimato di almeno 180 milioni». Inoltre, chiarisce la Uilm, è necessario accertare «se realmente è possibile ricollocare i lavoratori attualmente impegnati nell'area a caldo».Il sindacato domanda un approfondimento del piano, in modo da verificare la sostenibilità, definire tutte le garanzie occupazionali e la tempistica per la realizzazione del progetto.

 

 

Enel investe 14,4 miliardi per dire addio al carbone

Il progetto dell'ad Starace punta sulla rivoluzione elettrica, sulla transizione alle fonti rinnovabili e sulla digitalizzazione. Confermato il dividendo

Milano. Investimenti per quasi 29 miliardi, di cui la metà destinati a procedere a passo svelto verso l'addio al carbone fissato al 2030. È il cuore del piano strategico 2020-22 presentato dall'Enel agli analisti, l'ultimo, a meno di ulteriore riconferma dopo sei anni alla guida del colosso elettrico, dell'attuale amministratore delegato Francesco Starace, il cui mandato scade a primavera. In una Milano già addobbata a festa per il Natale, ma la cui temperatura decisamente primaverile fa toccare con mano i guai portati dal cambiamento climatico, l'Enel ha rafforzato il proprio impegno per uno sviluppo energetico sostenibile. Gli investimenti organici totali per il prossimo triennio saranno pari a 28,7 miliardi di euro, in crescita dell'11% sul piano precedente. Alla decarbonizzazione del parco impianti sarà destinato il 50% del totale, con 14,4 miliardi per accelerare la realizzazione di nuova capacità rinnovabile (14,1 GW in più) e sostituire progressivamente la generazione da carbone. Il basket di investimenti prevede anche circa 1,2 miliardi per l'elettrificazione dei consumi, 11,8 per la digitalizzazione e l'automazione delle reti e anche 1,1 miliardi riservati a Enel X per la continua realizzazione di servizi ed infrastrutture a sostegno della decarbonizzazione e dell'elettrificazione, come per esempio le colonnine per la ricarica delle auto elettriche. L'uscita dal carbone sarà ovviamente graduale: attualmente l'Enel conta su una produzione di 40 TWh (terawattora) annui, cioè il 17,3% del totale, nel 2022 scenderà al 6,8% e nel 2024 al 3,9%, fino a ridursi a una forchetta tra zero e 2 TWh nel 2030, con una quota inferiore all'1%. Appena sette anni fa, nel 2012, la produzione a carbone era pari a 92 TWh, vale a dire il 31,1% del totale. Del resto l'avanzata delle rinnovabili è inarrestabile, tanto che Starace ha definito il 2019 un «punto di svolta», visto che è stato l'anno in cui la produzione green è stata pari a quella termoelettrica e non potrà far altro che aumentare ancora, ma non a scapito della redditività. Il gruppo prevede infatti per il 2022 un Ebitda di oltre 20 miliardi (+13% sul 2019), un utile netto ordinario di oltre 6 e un dividendo minimo garantito in crescita di un 1 centesimo nel 2020 e nel 2021 rispetto al piano precedente, con un nuovo obiettivo di 0,40 euro per azione nel 2022. Tutti numeri in crescita, dunque, che però lasciano tiepida la Borsa, dove il titolo ha chiuso a +0,86% a 6,8 euro. La presentazione del piano è stata, come ogni anno, anche l'occasione per fare il punto sui principali dossier sul tavolo dell'azienda: dalle potenziali acquisizioni (ma non c'è niente in vista, «puntiamo sulla crescita organica», ha detto Starace) alle cessioni, Open Fiber in primis: ma questo dossier, oggetto di grande attenzione da parte di Tim, si dimostra ancora lontano dalla chiusura. L'a.d. ha prima spiegato di non aver «nessuna fretta», per poi rincarare la dose: «Abbiamo avuto molte manifestazioni d'interesse ma non abbiamo nessuna intenzione di vendere». Fino alla fine del mercato di maggior tutela di luce e gas, che, come annunciato dal ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, dal previsto luglio 2020 subirà un nuovo rinvio: «È logico e non sorprende», ha tagliato corto Starace.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 novembre 2019

 

 

Cantiere a pieno regime - E il centro congressi incassa i primi "ingaggi"

Viaggio tra i magazzini 27 e 28 dove si lavora senza sosta in vista di Esof2020 - Ma la struttura è già prenotata anche per due grandi convegni tra i 2021 e il 2022

Cresce a vista d'occhio il futuro centro congressi polifunzionale di Porto vecchio. Il cantiere procede in una corsa contro il tempo in vista di Esof2020 ma, durante il sopralluogo organizzato ieri per stampa e istituzioni, la società Trieste Convention Center ha assicurato che i lavori chiuderanno puntualmente a fine aprile. E ha annunciato che sono già stati prenotati due congressi medici da oltre 1.500 persone per la primavera del 2021 e per il giugno del 2022. Durante il sopralluogo di ieri mattina, il presidente e ad di Tcc Diego Bravar e i responsabili del cantiere hanno accompagnato nel ventre del centro congressi i giornalisti, oltre agli assessori ai Lavori pubblici e alle Attività economiche Elisa Lodi e Serena Tonel e al direttore dell'area Lavori pubblici del Comune Enrico Conte. Nel Magazzino 28, quello più vicino al mare, il cantiere è in stato avanzato, come dimostra la sala da 420 posti i cui spazi sono pressoché ultimati. Ma la parte che più colpisce è senza dubbio il cosiddetto "28 bis", l'ampliamento dell'edificio iniziale, che ospiterà la sala congressi principale da 1.848 posti: un immenso spazio colonnato che a seconda delle esigenze potrà anche essere utilizzato come area fieristica. Le strutture del 28 bis sono prefabbricate in calcestruzzo armato, con travi di copertura a campata unica lunghe 39 metri. L'ampliamento è lungo 68 metri, per una superficie complessiva di 2.652 metri quadrati. È stata quasi ultimata anche la passerella che collega i due magazzini passando sopra alla strada. Nel 27 i lavori sono in stato avanzato, spiega Tcc: l'edificio conterrà una reception guardaroba, uffici gestionali, una sala espositiva polifunzionale da circa 1.990 metri quadrati, quattro sale congressi di cui una da 110 posti, una da 272 posti e due da 56 posti. Il responsabile dei lavori e project manager del progetto Uberto Fortuna Drossi, commenta: «Abbiamo avuto dei ritardi fisiologici, dovuti principalmente al meteo, ma nel complesso il cantiere è al 70%. Stiamo lavorando sodo, sette giorni su sette». La gestione dell'area non è semplice, anche perché mentre il centro congressi è in costruzione, proseguono i lavori di infrastrutturazione che il Comune sta facendo a partire dalla rotonda di viale Miramare. Un altro cantiere, quindi, che interseca quello di Tcc attraverso la strada che passa tra i due magazzini: «Questo ha complicato le cose, perché abbiamo dovuto far combaciare le esigenze di sicurezza di tutti i lavori», spiega Fortuna Drossi. L'investimento per la realizzazione del centro è di 12 milioni di euro Iva esclusa, costi sostenuti al 42% dal Comune e al 58% da Tcc Srl. Cristiana Fiandra, membro del cda di Tcc, annuncia comunque che il centro è stato «già prenotato per congressi per tutto settembre prossimo, e nell'ottobre successivo ospiterà la Fiera del caffè (oltre agli eventi medici, ndr)». L'obiettivo della società è che il centro congressi ospiti almeno 10 congressi di proporzioni nazionali o internazionali e una quindicina di eventi minori ogni anno. A queste condizioni, la società prevede un indotto su Trieste e le zone limitrofe da 30 milioni di euro l'anno.

Giovanni Tomasin

 

Entra nel vivo la caccia ai partner privati Si tratta con Generali

In ballo con il Leone un prestito per gli interni, «altrimenti li manterremo più semplici» «Ma da qui parte la riunificazione tra la città e il suo antico scalo. Ed è soltanto l'inizio»

Che altri privati vengano a investire nel centro congressi. È l'auspicio tanto di Trieste Convention Center quanto del Comune. Il presidente di Tcc Diego Bravar ha spiegato ieri che è in corso una trattativa tra la società e il gruppo Generali (che alla fine dello scorso anno è entrata a far parte della stessa compagine societaria di Tcc) per un prestito corposo: «Servirà a garantire un livello degli interni all'altezza degli standard più elevati, dall'attrezzatura di posizione alle sedie. Ce la faremmo anche senza, ma in quel caso gli allestimenti sarebbero più semplici». Anche il direttore dell'area Lavori pubblici del Comune, Enrico Conte, spera che altri privati intervengano: «È importante che le realtà economiche scommettano sullo sviluppo di quest'area. Noi faremo il nostro lavoro con i fondi che abbiamo a disposizione, e probabilmente ne avremo anche di ulteriori, ma le infrastrutture sono tante e se ci fossero altri investitori tutto potrebbe essere ancora più rapido». Un esempio è il lungomare a lato del Magazzino 28: avrebbe bisogno di bonifica e riqualificazione, ma è difficile che il Comune possa rimetterlo in sesto in tempo per Esof.A tal proposito l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi ha colto l'occasione per fare il punto dei lavori comunali in Porto vecchio: «Il primo lotto quello che parte dalla rotonda, è già avviato e l'anno prossimo lanceremo il secondo lotto, che arriverà fino al Magazzino 26». L'assessore alle Attività economiche Serena Tonel ha aggiunto: «Stiamo di fatto reintegrando alla città un'area molto grande che per decenni è stata su un altro pianeta. Il Comune la sta ricollegando al resto di Trieste attraverso i cantieri stradali e di infrastrutturazione, ma lo farà anche attraverso la mobilità». È in fase di studio un sistema di navette che dovrebbe collegare il centro città con l'area dei magazzini 27 e 28, da finanziarsi con i fondi della tassa di soggiorno. «Una struttura come il centro è fondamentale - ha proseguito Tonel - perché ci si riappropria di un'area anche attraverso i grandi eventi come Esof e i congressi che verranno ospitati qui nei prossimi anni».Lo sviluppo della città è anche nella mente di chi guida Tcc, assicura Bravar: «Qual è il senso di questo progetto? Noi contiamo di portare 30 milioni di indotto ogni anno, a fronte di tre milioni di ricavi che serviranno più che altro a ripagare i mutui. Ma l'obiettivo finale è più ampio». Ed è, ha aggiunto il presidente di Tcc, mettere proficuamente a contatto ricerca e realtà produttive: «Il 5% della popolazione di Trieste è composto di ricercatori, parliamo di 10 mila persone, che vivono qui grazie alle varie realtà scientifiche insediate a Trieste e dintorni. Si fa già tanto, la densità di startup innovative sul nostro territorio non ha eguali in Italia. Eppure rendiamo meno degli svizzeri e molto meno degli statunitensi». L'idea di Tcc è che il centro congressi possa fungere da acceleratore e da punto di incontro: «Finalmente la città avrà un contenitore all'altezza delle realtà economiche e scientifiche che ospitano, nel Nordest solo Riccione ha una sala così ampia. Qui potranno organizzare i loro congressi la Sissa, Area ma anche Generali o Wärtsilä».Tutti sono concordi nel rilevare che il centro congressi è «soltanto l'inizio», un primo passo verso la riunificazione di Trieste con il suo antico scalo portuale. Vada come vada, il 2020 sarà un'annata decisiva per Porto vecchio.

G.Tom.

 

Una porta vetrata con vista sul Lloyd per il nuovo infopoint destinato al 26 - l'ok al progetto definitivo

Il " Visitor Center" al Magazzino 26 in Porto vecchio sarà un "Infopoint Convention & Visitor Bureau" e dividerà lo spazio con la mostra "Lloyd Deposito a vista". Il riferimento al costruendo centro congressi dei Porto vecchio appare curioso, ma così si legge sull'intestazione del progetto finalizzato alla riqualificazione dei locali situati al piano rialzato del Magazzino 26, approvato dall'amministrazione comunale l'11 novembre e redatto dall'architetto Barbara Bellinati con studio a Muggia. La professionista, che si è occupata anche della metamorfosi teatrale della sala conferenze al terzo piano dello stesso Magazzino 26 (opera da 110 mila euro), vanta diversi interventi progettuali all'interno di numerosi edifici storici vincolati del centro storico di Trieste e ha collaborato alla redazione della variante generale al Piano regolatore per il Porto vecchio del 2003. Per il doppio intervento progettuale (infopoint e sala polifunzionale) l'architetto Bellinati incasserà una parcella pari a 31.599 euro. Il progetto relativo all'"Infopoint Convention & Visitor Bureau" del Magazzino 26 si limita per ora a un primo intervento in alcuni locali al piano rialzato per l'inserimento di una porta vetrata e la creazione di un nuovo accesso alle scale. La spesa prevista è di 48 mila euro, che rientra in un budget da 450 mila euro per il "Visitor Center", che sarà finanziato con una fetta consistente degli incassi provenienti dall'imposta di soggiorno. L'opera ha ottenuto l'autorizzazione del ministero per i Beni e le attività culturali e per il Turismo il 30 ottobre scorso. La riqualificazione dei locali del piano rialzato del Magazzino 26 avverrà in corrispondenza dell'entrata del "deposito" a vista del Lloyd Triestino (che in futuro entrerà a fare parte delle collezioni del nuovo museo del mare previsto sempre al Magazzino 26) con la realizzazione di un nuovo accesso alle scale dell'edificio già ristrutturato ai tempi del progetto di Portocittà nel 2011 per la Biennale diffusa di Vittorio Sgarbi. «È infatti necessario rendere operativi due uffici (nei due locali immediatamente all'ingresso) e collocare un infopoint per i visitatori del Museo (la mostra del Lloyd Triestino, ndr) e delle restanti attività esistenti», si illustra nella relazione tecnica: «Il locale ora destinato a deposito sarà destinato a una sala riunioni. Si propone di replicare la parete vetrata attualmente esistente e di posizionarla a delimitazione dei locali che ospitano il deposito a vista del Lloyd».La parete vetrata sarà suddivisa in quattro pannelli di vetro con la parte centrale apribile. «Verrà inoltre demolito parzialmente il tramezzo in cartongesso per creare un passaggio in modo che il flusso dei visitatori sia garantito in continuità, senza passare necessariamente dall'esterno», si spiega: «La parete in cartongesso sarà tinteggiata in colore grigio scuro con lo spessore dipinto in rosso». Il progetto prevede anche la chiusura con pannelli di cartongesso dell'armadio contenente il quadro elettrico. Saranno anche necessari alcune modifiche alle linee elettriche e al sistema di illuminazione realizzato solo nel 2003 ma «non più in commercio». I nuovi sistemi illuminanti saranno a "Led" anche per una questione di risparmio energetico: «Nella sala riunioni la torretta elettrica esistente si trova in una posizione non consona alla nuova disposizione della stanza e pertanto sarà rimossa e coperta con una piastra in acciaio». Nella sala conferenze al terzo piano sono stati creati ex novo un palco teatrale, un impianto audiovisivo e alcuni locali a disposizione degli artisti. Sarà il Politeama Rossetti a solcare per primo il nuovo palco del Magazzino 26 con lo spettacolo "I triestini d'oltremare", in scena a partire dal 5 dicembre.

Fa.Do.

 

 

Più spazio "regionale" per il Sito inquinato: sperano 150 imprese- LA BOZZA SUL TAVOLO DEL MINISTERO

Se il ministero dell'Ambiente, sotto il confermato generale Sergio Costa, non avrà nulla da obiettare alla modifica dell'accordo di programma datato 25 maggio 2012 (epoca Clini), l'area dei terreni da bonificare di competenza regionale aumenterà considerevolmente, consentendo un più rapido disbrigo delle pratiche che fanno impazzire le aziende da tre lustri. Dal punto di vista tecnico, il Sito di interesse nazionale (Sin) cederebbe ulteriore spazio al Sito di interesse regionale (Sir). Le carte sono pronte, il dossier - annunciato in aprile dall'assessore Fabio Scoccimarro - è all'esame del dicastero di via Cristoforo Colombo. Il cambio di governo (ma non di ministro) ha frenato l'iter: per la verità la Regione potrebbe "de-perimetrare" la zona anche indipendentemente da Roma, ma andrebbe a perdere un finanziamento governativo di 7,5 milioni. Sarebbe un peccato, per cui Trieste preferisce aspettare. La nuova proposta di "de-perimetrazione", che la Regione ha trasmesso al ministero, riguarda quasi 150 piccoli operatori. Ma coinvolge anche realtà maggiormente dimensionate come Italcementi, il termovalorizzatore Hera, Janousek, Harpo, Jotun, Cantieri San Rocco. Senza contare i terreni di proprietà Coselag (ex Ezit) a valle Noghere. L'idea della Regione, che sarebbe condivisa dal ministero, è quella di lasciare nel Sin solo le aree interessate dall'inquinamento da idrocarburi, assegnando al Sir tutto il resto. Una prima "de-perimetrazione" aveva riguardato, nel febbraio 2018 (governatorato Serracchiani), la zona attorno al Canale navigabile, dove finalmente hanno scosso la polvere una quindicina di fascicoli, tra cui gli uffici di via Carducci rammentano Sea Service, Colombin, Bruno Pacorini, Redaelli, AcegasApsAmga ex Aluwork, AutaMarocchi, illycaffè, Quaiat. Passi avanti soprattutto in tema di suoli, più complessa la procedura sulle acque: comunque, meglio del passato e aziende soddisfatte. È chiaro che una pratica in Regione a Trieste è preferibile a una pratica al ministero nella capitale. Date queste premesse, Scoccimarro vuole fare il bis. «A luglio - racconta l'assessore - avevamo avuto un proficuo incontro al ministero grazie all'allora sottosegretario Vannia Gava, con cui avevamo predisposto l'iter amministrativo per de-perimetrizzare il Sin». «La bozza del nuovo accordo è pronta - chiude Scoccimarro -, spero che il nuovo governo possa dare via libera ai propri dirigenti». Il dibattito su Sin/Sir aveva ripreso fiato dopo un recente intervento del geologo Carlo Alberto Masoli, buon conoscitore delle problematiche legate alla bonifica, che aveva suggerito un percorso per effettuare comunque lavori anche su terreni inseriti nel Sito di interesse nazionale. Sull'argomento prende posizione il vicepresidente dell'Ordine degli ingegneri, Vito Ardone, a sua volta esperto di bonifiche. Il professionista ritiene che un utile contributo a sbloccare l'impasse può essere la previsione di incentivi fiscali a favore dei proprietari "non responsabili" della contaminazione, attraverso la detrazione dei costi sostenuti nell'ambito degli interventi effettuati (caratterizzazione, esecuzione, messa in sicurezza). Anche l'Ordine - spiega Ardone - è favorevole all'ampliamento del Sir, nel quale andrebbe ricompresa tutta l'area "a terra", a eccezione di quella a maggiore criticità dalla discarica di via Errera alla Piattaforma logistica, Ferriera compresa. Ardone giudica positivamente la "regionalizzazione" delle competenze, avendo consentito l'insediamento di nuove attività come Java Biocolloid (le alghe rosse indonesiane).

Massimo Greco

 

 

I soldi per il Parco del mare vadano in aiuto alle imprese - la lettera del giorno di Glauco Rigo

Preso atto della dichiarata disponibilità del presidente della Camera di commercio Paoletti ad investire 9 milioni di euro per realizzare il Parco del mare nel sito della Lanterna (vincolato dal 196I) e del sostegno incassato dalle amministrazioni comunale Dipiazza e regionale Fedriga, a mio avviso è arrivato il momento di aprire in merito, una volta per tutte, una discussione aperta coinvolgendo tutte le categorie interessate. Gli organismi dirigenti della Camera di commercio dovrebbero riflettere se le risorse pubbliche da loro amministrate, derivanti dai contributi delle imprese associate e dal Fondo benzina, sono effettivamente con tale investimento davvero ben spese. Le "anime" di chi è contrario al progetto e alla sua collocazione sono numerose; a queste si aggiunge di recente l'evidente incompatibilità fra questa iniziativa e la maggiore dimensione sulle Rive del traffico legato all'arrivo delle navi da crociera, che potrebbe essere affrontato, ad esempio, con un prolungamento del molo prossimo alla Stazione marittima. Nel contempo ritengo che nessuno possa trattenere un imprenditore ad assumersi tutto il rischio di impresa di allestire un Parco del Mare in una diversa area, non vincolata, dell'area cittadina ritenuta appropriata. In un momento di grave difficoltà, che si manifesta con le crisi industriali, con i tagli ad esempio alle risorse che la Sissa intendeva investire sul territorio e con il veloce declino del piccolo commercio che, con le decine di locali sfitti, contribuisce a rendere un deserto intere vie cittadine, urge a mio avviso investire in iniziative mirate al sostegno delle categorie economiche e delle imprese già operanti. Una città, a mio parere, non può vivere solo della cosiddetta movida e di turismo.

 

 

«Ecco come difenderci dalle mareggiate»

Florence Colleoni (Ogs): «Abbiamo sottovalutato i cambiamenti climatici. Mai più case nelle zone più basse delle città»

Maree eccezionali, fiumi che straripano, intere zone costiere allagate per giorni. I disastri a cui abbiamo assistito in queste ultime settimane, che hanno messo in ginocchio Venezia e non hanno risparmiato Grado e buona parte della Bassa friulana, saranno sempre più frequenti. L'ultimo rapporto speciale del gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) parla chiaro: «Abbiamo sottovalutato la rapidità di questi cambiamenti: lo si comprende comparando le proiezioni climatiche effettuate nei primi anni '90, con i metodi d'analisi e gli strumenti allora a disposizione, con la situazione attuale», spiega Florence Colleoni, glaciologa dell'Ogs che ha collaborato alla revisione dello studio, realizzato da più di 100 autori di 36 diversi Paesi, facendo riferimento a circa settemila pubblicazioni scientifiche. «Tra i diversi scenari prefigurati ci stiamo avvicinando a quello peggiore, chiamato Rcp 8.5 o Business - as - usual: gli interventi per la riduzione delle emissioni sono stati del tutto insufficienti, sia dal punto di vista dell'utilizzo di energie rinnovabili, su cui anche l'Ue ha investito poco, sia da quello della riduzione dei consumi. Anche se c'è la volontà di cambiare strada, si tratta di un lungo cammino che stiamo percorrendo troppo lentamente».Il rapporto evidenzia dunque l'urgenza di agire tempestivamente, stabilendo priorità coordinate per affrontare i cambiamenti senza precedenti dell'oceano e della criosfera e rivela i vantaggi di un adattamento ambizioso ed efficace per lo sviluppo sostenibile e, al contrario, i crescenti costi e rischi di un'azione ritardata. L'oceano e la criosfera - le parti coperte di ghiacci del pianeta - svolgono un ruolo fondamentale per la vita sulla Terra, ricorda il rapporto, snocciolando alcune cifre: 670 milioni di persone nelle regioni di alta montagna e 680 milioni di persone nelle zone costiere basse dipendono direttamente da questi sistemi. Quattro milioni di persone inoltre vivono permanentemente nella regione artica e gli stati in via di sviluppo delle piccole isole ospitano 65 milioni di persone. Anche se si riducessero pesantemente emissioni e consumi, dice Colleoni, comunque gli effetti non sarebbero immediati e per un certo periodo il livello del mare continuerebbe ad aumentare e le acque a riscaldarsi: «Il fenomeno è fisico: le calotte polari, così come gli oceani, reagiscono alle variazioni di temperatura su tempi molto lunghi, perciò anche se la temperatura esterna diminuisse per un determinato periodo continuerebbero a sciogliersi».Questo non significa che non si debba intervenire in tal senso, ma che accanto a una strategia di mitigazione dei cambiamenti climatici è necessario ripensare anche all'utilizzo delle zone costiere più basse, sia dal punto di vista abitativo sia da quello delle attività economiche. A Lignano, evidenzia Colleoni, per esempio non è più consentito costruire appartamenti nei sotterranei, perché il rischio d'allagamento è elevato. Nel delta del Po si sta riflettendo su barriere antisale e su come cambiare l'attività di un territorio da sempre agricolo. «È indispensabile pensare subito alle azioni che si possono intraprendere per evitare allagamenti: dobbiamo adattarci rapidamente a situazioni che da eccezionali diventeranno frequenti per evitare danni alle attività economiche», sottolinea Colleoni.

Giulia Basso

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 novembre 2019

 

 

Treni rumorosi, cresce la protesta - cittadini di Barcola sul piede di guerra - Scoccimarro: «L'Arpa controllerà»

Assieme alla crescita dei traffici commerciali ferroviari, aumenta anche il disagio degli abitanti di Barcola e Grignano per i rumori provocati dal passaggio dei treni nei pressi delle loro case. Ma ci potrebbero volere ancora anni prima di vedere una soluzione, poiché questa tratta non è attualmente in cima alla classifica degli interventi prioritari sulla rete ferroviaria nazionale. La questione è stata dibattuta nel corso della sesta commissione comunale, alla quale hanno preso parte anche l'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, e Cinzia Giangrande della direzione tecnica di Rfi. Il comitato di cittadini della zona aveva inviato oltre sette mesi fa al Comune e a Rfi una lettera per esporre il problema e chiedere informazioni sulla ventilata installazione di alcuni pannelli fonoassorbenti. Interventi che erano stati auspicati dall'approvazione nel dicembre 2018 del "Piano Comunale di Classificazione Acustica del Comune di Trieste", che invitava l'amministrazione ad attivarsi presso la Regione e i ministeri competenti per garantire la priorità dell'adeguamento delle infrastrutture. «Siamo ben felici che il traffico del porto sia in ascesa e sappiamo che l'intermodalità con la ferrovia rappresenta uno dei suoi sviluppi principali. Ciò non toglie che comporta nocumento a 30 mila abitanti della zona di Barcola, che da oltre 15 anni aspettano una serie di interventi dal gestore delle ferrovie» ha affermato il consigliere comunale Michele Babuder (Forza Italia). Come ha spiegato Cinzia Giangrande di Rfi, il piano degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore è stato redatto in origine nel dicembre 2003 e prevedeva una serie di lavori sul territorio nazionale da svolgere in un arco di 15 anni. L'ultima mappatura acustica degli assi ferroviari principali è stata conclusa nel dicembre 2016 ed era finalizzata all'aggiornamento del piano d'azione e dei relativi indici di priorità. Tra gli interventi previsti è presente anche quello relativo alla tratta Trieste-Monfalcone nelle zone di Barcola e Grignano, che in quell'occasione avevano risalito la "classifica" passando rispettivamente dal tredicesimo posto al decimo e dal quindicesimo al dodicesimo. Infatti, l'ordine in cui essi vengono svolti dipende dal grado di priorità assegnato all'interno di una "classifica" stilata ogni 5 anni durante la conferenza Stato-Regioni: la prossima si svolgerà nel 2020 e le Regioni saranno rappresentate dalla Sardegna. Ciò significa che ogni modifica al piano degli interventi deve ottenere il consenso di tutte le Regioni interessate, rivelandosi quindi un iter tutt'altro che semplice. Durante l'ultima riunione della Sesta Commissione l'assessore regionale all'ambiente Fabio Scoccimarro (che conosce bene la questione in quanto residente in una zona interessata dal passaggio dei treni) si è impegnato ad aumentare i controlli sull'inquinamento acustico attivando l'Arpa e, allo stesso tempo, a far leva sul suo omologo sardo per far risalire Trieste nella classifica durante la prossima conferenza Stato-Regioni. 

Simone Modugno

 

 

Salvare la Terra? Dieci cose da fare subito

2,6 sono i milioni di pro-fughi climatici nel 2019, per alluvioni estreme e siccità. 70%È la crescita del-le emissioni di anidride carbonica fra il 1990 e il 2019. 30Gli anni che restano per invertire la tendenza all'innalzamento della temperatura, per non superare la soglia dei due gradi in più. Dopo questa soglia la crescita potrebbe essere irreversibile.

Trent'anni di tempo per invertire la tendenza e ridurre la temperatura superficiale media globale al di sotto dei due gradi celsius: l'Accordo di Parigi sul clima prescrive che le emissioni globali di gas serra dovranno essere ridotte, entro il 2050, del 50% rispetto ai livelli del 1990. L'Unione Europea mira a ridurre per quella data le proprie emissioni dell'80- 95%. Per raggiungere l'obiettivo e evitare il disastro - scioglimento dei grandi ghiacciai, aumento del livello dei mari, la sparizione di interi territori e città sommerse dalle acque - la stessa Unione Europea ha deciso di adottare una serie di norme per promuovere l'utilizzo di energie rinnovabili (eolico, solare, idroelettrica e da biomasse) ma i singoli Stati devono mettersi al passo con i tempi e promuovere una serie di iniziative ecologiche per ridurre gli sprechi energetici e l'inquinamento delle proprie città rendendo più costosa la produzione di emissione di anidride carbonica. I cambiamenti climatici di questi anni, alluvioni, allagamenti, piene dei fiumi, sono frutto dell'incuria ambientale e dell'innalzamento della temperatura globale. L'industrializzazione non ha aiutato, anzi, l'innalzamento del Pil (Prodotto interno lordo) dei singoli Paesi ha spinto anche in su le temperature della Terra fino a un limite da catastrofe. Secondo le previsioni, le fonti rinnovabili sono un toccasana - la domanda di petrolio secondo le stime dovrebbe cominciare a scendere a partire dal 2023 - ma da sole non basteranno. Oltre a diminuire le emissioni di gas serra bisognerà "catturarne" dall'atmosfera con sistemi tecnologici e naturali. Evitare sprechi e trovare metodi ecosostenibili di vita quotidiana: dai trasporti al risparmio energetico domestico, eliminare gli sprechi di cibo reimmettendoli nella filiera alimentare, fino alla riforestazione e alla creazione delle smart city (città intelligenti), dovranno essere regole basilari per permettere ai 9,2 miliardi di persone - tanti saremo nel 2035 - di sopravvivere sul pianeta Terra. Gli esperti sostengono che entro il 2090 il Pianeta riuscirà a liberarsi dalle emissioni di gas serra, a patto che la rivoluzione delle nostre abitudini cominci oggi, anzi ieri. Come vedrete nelle pagine interne ci sono interventi che si possono anche fare subito, alcuni anche individualmente. A partire dalla migliore gestione del cibo e dei consumi.

Rosaria Federico

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 novembre 2019

 

 

Parco del mare, i 7 criteri dettati dall'ente di tutela

Allo studio la modifica dei divieti di costruire. La priorità: Lanterna sempre visibile

Sette criteri dai quali partire per riqualificare l'area del Molo Fratelli Bandiera, a cominciare da una priorità: la Lanterna dovrà restare sempre visibile, senza nuovi edifici che ne impediscano la visuale, da terra e dal mare. Sono queste le condizioni imprescindibili fissate dalla Soprintendenza per la procedura di rinnovo del vincolo che dal 1961 rende inedificabile l'area per un raggio di 130 metri dalla Lanterna. Vincolo i cui contenuti, come riferivamo nei giorni scorsi, potrebbero essere modificati, ma solo alla conclusione del procedimento si saprà se lasceranno o meno spazio alla realizzazione del progetto del Parco del mare.Per ora le certezze sono rappresentate proprio dai criteri fissati dalla Soprintendenza nel documento inviato agli enti interessati per notificare l'avvio della procedura, una lettera in cui si constata anzitutto lo stato di degrado della zona. Nel corso dei decenni, nonostante i provvedimenti di tutela, sono avvenute «significative e disordinate trasformazioni degli edifici presenti sul Molo Fratelli Bandiera - si legge nel documento - che hanno completamente disatteso la disciplina imposta dal vincolo e la perdita totale di funzionalità di capannoni e officine abbandonati e preda di un inarrestabile degrado. L'attuale situazione è lesiva della dignità e del decoro del suo monumento principale, la Lanterna, il più antico faro di Trieste, sorto in corrispondenza dell'antico Scoglio dello Zucco, progettato dall'architetto Matteo Pertsch ed entrato in funzione dal 1833».La Soprintendenza ha valutato quindi l'opportunità di una revisione del vincolo esistente «che tenga conto dell'attuale stato, degli attuali utilizzi e che fissi nuovi parametri di tutela dell'area circostante la Lanterna, in modo da garantirne visibilità e fruibilità in un contesto edilizio e funzionale rinnovato e di alta qualità architettonica». Il tutto auspicando che «la riproposizione di nuove norme di tutela indiretta della Lanterna promuova progetti di riqualificazione urbana dell'area del Molo Fratelli Bandiera».Il rinnovo del vincolo si ispirerà a sette criteri. Anzitutto «la Lanterna dovrà essere sempre visibile attraverso coni visuali sgombri da edifici che ne permettano l'agevole osservazione da tutte le rive del Molo, secondo i punti cardinali, come pure dal mare e dalla Riva Nazario Sauro e in generale dalle Rive». Inoltre, «lo spazio ai piedi della Lanterna dovrà essere lasciato libero e non potrà essere adibito a parcheggio e agli edifici circostanti esistenti non potranno essere aggiunti nuovi piani». Dovranno essere demoliti «gli edifici o le costruzioni in stato di abbandono o non più funzionanti e funzionali all'attività, comprese quelle nautiche e militari, che si svolgono sul Molo». Le cubature demolite «potranno essere riutilizzate in nuove costruzioni ubicate nella stessa area a condizione che non ostacolino la vista e la fruizione della Lanterna e che portino al recupero e a un generale miglioramento della qualità architettonica e urbanistica come pure del decoro dell'intera area».La Soprintendenza precisa che «non è ammessa la ricostruzione, una volta demoliti, degli edifici minori immediatamente adiacenti alla Palazzina Piloti». Le eventuali nuove costruzioni e le ristrutturazioni di quelle esistenti «dovranno privilegiare l'uso di materiali coerenti con gli edifici storici presenti sul molo o adottare soluzioni di architettura contemporanea di alta qualità compositiva, comunque non dissonanti rispetto all'architettura della Lanterna».

 

«Salvate la Tripcovich»: pressing sulle istituzioni

Due triestine si mobilitano e dicono no alla demolizione «La sua scomparsa renderebbe largo Santos desolante»

«Salviamola!». Non tutti si sono rassegnati alla decostruzione della Sala Tripcovich. A lanciare un nuovo «appello per salvare dalla demolizione un edificio storico triestino in funzione di una nuova destinazione d'uso per eventi e spettacoli» sono l'imprenditrice Ambra Declich Grandi e la scenografa Elena Zamparutti. Due innamorate dell'ex stazione delle autocorriere trasformato in teatro negli anni 90' grazie al mecenatismo del barone Raffaello De Banfield. L'appello, corredato da colorate ipotesi di restyling, è stato indirizzato al sindaco Roberto Dipiazza, al presidente della Regione Massimiliano Fedriga e alla soprintendente alle Belle Arti Simonetta Bonomi. Non è escluso che si arrivi presto anche a una raccolta di adesioni e firme per salvare la Sala Tripcovich. Una corsa contro il tempo. L'obiettivo è arrestare il piccone demolitore del primo cittadino che non vede l'ora di radere al suolo l'edificio ora che ne è rientrato in possesso avendolo avuto indietro dal Teatro Verdi (di cui è pure presidente) in cambio dei magazzini teatrali delle Noghere.«La Sala Tripcovich, che sostituiva il Teatro Verdi nel periodo della sua chiusura e prima ancora fu un'attivissima stazione autocorriere della Trieste-emporio dei Balcani ha le ore contate - si legge nell'appello -. Lo spettro del piccone si avvicina di giorno in giorno poiché i vertici del Comune hanno deciso la sua demolizione e, non esistendo un valido piano alternativo, non sorgerà nulla al posto di quei 1.350 mq fuori dalla stazione ferroviaria. La sua scomparsa renderebbe largo Santos uno spiazzo desolante antistante il muro del Porto vecchio nonché anonimo capolinea degli autobus. Come dire la riqualificazione del nulla», spiegano le promotrici dell'appello. Una versione che ribalta l'idea di Dipiazza che vorrebbe mettere la statua di Sissi al posto della Tripcovich per valorizzare l'ingresso monumentale al Porto vecchio. Sulla Sala Tripcovich c'è un vincolo che la Soprintendenza non ha ancora tolto (la pratica è ferma a Roma). «Non tutto è da demolire, ce lo insegna anche Fiume, eletta Città europea della Cultura 2020, che per allestire le mostre di questo evento poggia sul recupero di una fabbrica dismessa di tabacco e di una vecchia cartiera. Se Fiume è avanti in questo campo, Trieste non può essere da meno pensando alla Tripcovich e ai magazzini storici di Porto vecchio. Facciamo notare che la Sala Tripcovich con la sua ubicazione strategica costituisce un trait d'union ideale con il Porto vecchio che ospiterà Esof 2020», aggiungono Ambra Declich Grandi e Elena Zamparutti ricordando come nel gennaio 2017 alla Sala Tripcovich, che ospitava i festival cinematografici, venne consegnato a Monica Bellucci il premio "Eastern Star Award 2017" del Triste Film Festival.«La Sala Tripcovich opportunamente restaurata - ricordano le promotrici dell'appello - può diventare uno spazio di aggregazione multifunzionale alle porte della città, un luogo dello spettacolo per ospitare drammi, commedie, concerti, festival, cinema e iniziative culturali. Senza contare che una sala teatrale di riserva può sempre tornar utile, come il passato insegna. Senza contare che ha un' ubicazione strategica, è servita da un comodo parcheggio, ci si arriva con il bus e con il treno, quindi rispetta adeguatamente il principio della mobilità». 

 

Ex Maddalena, riparte il cantiere "infinito"

Con il posizionamento della seconda maxi gru entrano nel vivo i lavori. Previsti negozi, parcheggi e uffici destinati al Burlo

Con la sistemazione della seconda gru entra ufficialmente nel vivo il cantiere di recupero dell'area dell'ex Maddalena. Un'operazione che nei giorni scorsi ha creato qualche disagio al traffico veicolare di via dell'Istria, a causa del semaforo provvisorio utilizzato per il montaggio dell'enorme argano e che costringeva macchine e soprattutto autobus a uno sgradito senso unico alternato e a fastidiose chicane. Disagi però ben tollerati dai residenti che, dopo anni di attesa, vedono finalmente l'avvio di un vero e proprio cantiere nell'area perimetrale fra la stessa via dell'Istria e via Costalunga. Dopo la bonifica e il prosciugamento di quella che si era trasformata in un'autentica palude, i lavori sono partiti veramente. Come primo step la ditta incaricata ha puntellato le fondazioni dell'area, per passare ora alla fase edificatoria vera e propria, con l'innalzamento di due gru nel giro di pochi giorni. Nell'area, rilevata in fase di concordato preventivo dalla Cervet di Francesco Fracasso (che ha nel curriculum oltre 150 centri commerciali su siti da riqualificare) sorgerà un piccolo centro commerciale, tre livelli di parcheggi in grado di accogliere 500 vetture e un parcheggio esterno a raso. Le iniziative commerciali saranno costruite con accesso sia da via Costalunga sia da via dell'Istria. A completare la futura nuova area anche una serie di uffici, alcuni dei quali destinati al Burlo Garofolo. Grande "sponsor" dell'operazione di definitivo rilancio dell'area il sindaco Roberto Dipiazza che nei mesi scorsi ha dapprima chiesto a Fracasso di intervenire da un punto di vista finanziario nella voragine debitoria creata dall'inizio dei lavori abbandonati nell'ex Maddalena, per poi caldeggiare l'accelerazione all'operazione di risanamento di un'area che rischiava di rimanere abbandonata fino a data da destinarsi. «Io mi sono limitato a cercare di mettere insieme gli imprenditori per risolvere il problema - sottolinea il sindaco - e finalmente nel giro di pochi mesi la Maddalena verrà rimessa a posto. Trattandosi di privati credo che già nel secondo semestre del 2020 si potrà vedere la fine. Sono davvero soddisfatto per i cittadini, perché era davvero diventato un problema serio per la città». La conversione dell'ex ospedale per infettivi "La Maddalena" in area edificata ha una lunga genesi alle spalle, paragonabile forse solamente al recupero del vecchio stadio Grezar. I lavori sono iniziati tra il 2010 e il 2011, quando le imprese Riccesi-Cogg, Cividin, Carena, Palazzo Ralli, Platon Gas Oil hanno dato vita a GeneralGiulia2, con l'obiettivo di costruire 300 appartamenti. Il progetto è stato poiu ridimensionato e riformulato su due lotti, uno dei quali destinato a diventare centro commerciale a griffe Carrefour, marchio che però nel 2013 si tira indietro. Nella primavera del 2018 è entrato in campo Francesco Fracasso (Cervet) che ha rilevato la GeneralGiulia2 dal concordato preventivo, immettendovi più di sette milioni di euro per l'avvio del cantiere. Adesso è il tempo dell'inizio dei lavori edili veri e propri. La corsa per recuperare parte del tempo perduto può quindi dirsi iniziata.

 

 

Abbandona lavatrice, tv e mobili sulla strada: multato con 600 euro

L'episodio in via Piccardi: l'uomo aveva lasciato oggetti, vestiti ed elettrodomestici vecchi vicino ai cassonetti

Pensava di disfarsi facilmente di vecchi elettrodomestici, mobili e vestiti abbandonandoli accanto al cassonetto dei rifiuti. Invece, dopo una veloce indagine, l'uomo è stato pizzicato dagli agenti della Polizia locale che gli hanno comminato una sanzione da 600 euro, obbligandolo a rimettersi tutto sulle spalle e a riportarselo a casa. L'episodio è avvenuto in via Piccardi. Pochi giorni fa, nelle ore notturne, quando aveva meno probabilità di essere visto, un residente della zona ha pensato bene di liberarsi di una serie di cose vecchie, lasciandole nell'isola ecologica vicino a casa. Ma il giorno successivo, quell'ammasso di oggetti vicino ai cassonetti, non è passato inosservato agli agenti della Polizia locale che, transitando in zona, si sono imbattuti in quello che era un evidente tentativo di un residente di liberarsi con troppa facilità di una parte dell'arredamento. Vicino ai cassonetti l'uomo aveva sistemato una vecchia lavatrice, un televisore, un mobile, suppellettili e capi di abbigliamento oramai lisi e sistemati in grandi borsoni. Insomma, aveva deciso di liberarsi delle cose vecchie portandole semplicemente accanto ai contenitori della spazzatura. Risalire ai responsabili di questi comportamenti non è semplice. Invece, in questo caso, agli operatori del distretto di via Locchi della Polizia locale sono bastati alcuni accertamenti per individuare il "furbetto". L'uomo è stato sanzionato ai sensi dell'articolo 23 del Regolamento di Gestione rifiuti urbani e pulizia del territorio che prevede una multa di 600 euro in situazioni del genere. Non solo: il protagonista della vicenda ha dovuto provvedere a riprendere tutto il materiale abbandonato sulla strada, riportandoselo a casa. I rifiuti ingombranti non vengono asportati durante i normali giri di raccolta delle immondizie, e devono quindi essere recuperati con altre modalità: è possibile conferirli gratuitamente nei punti di raccolta o farli prelevare - anche in questo caso senza alcun costo - chiamando il numero dedicato di AcegasApsAmga. Ogni anno a Trieste vengono effettuati in media 2.500 interventi di raccolta di rifiuti ingombranti abbandonati, con una spesa di 500 mila euro che pesa sulle tasche di tutti i cittadini.

 

 

Sempre più caldo agricoltura al bivio: le aziende devono adattarsi al clima - i cambiamenti nel FVG

Il Triveneto è tra le aree più vulnerabili per impatti ambientali Cala la produzione di frumento, in tre anni perso il 35%

Udine. I cambiamenti climatici costringeranno le aziende agricole del Friuli Venezia Giulia, del Veneto e del Trentino Alto Adige a ripensare gli investimenti e il tessuto produttivo. In futuro l'aumento delle temperature favorirà precipitazioni sempre più intense alternate da periodi di siccità con grandine e venti forti. Gli studiosi della Fondazione Nord Est, nella ricerca "Cambiamenti climatici e agricoltura nel Nordest", per mitigare i danni che saranno sempre più evidenti dal 2021 al 2100, suggeriscono agli agricoltori di conservare la vita sulla terra realizzando infrastrutture verdi. La consultazione dei servizi climatici diventerà fondamentale nei prossimi decenni quando si tratterà di salvaguardare le colture e la produttività. Il documento sarà presentato mercoledì prossimo, alle 17.30, nel salone del Popolo (palazzo D'Aronco) a Udine, dal direttore scientifico della Fondazione Nord Est, Carlo Carraro, e dalla presidente di Crédit Agricole FriulAdria, Chiara Mio. L'evento sarà moderato dal direttore del Messaggero Veneto, Omar Monestier.La situazione attuale - Rispetto ai livelli preindustriali, entro la fine del ventunesimo secolo la temperatura media della superficie terrestre potrebbe aumentare di oltre 4 gradi. Proprio perché le attività agricole dipendono direttamente dalle condizioni climatiche, le conseguenze sono già sotto gli occhi di tutti e a pagare il prezzo più alto è proprio il settore agricolo che, nel Nordest, occupa 179 mila addetti a tempo pieno (21% della media nazionale) e garantisce una produzione pari a 12,3 miliardi e un valore aggiunto di 6,4 miliardi di euro. Questi i numeri legati all'attività delle 240 mila imprese distribuite su 3,47 milioni di ettari. Frumento, Mele e vino - Nel Nordest vengono coltivati a frumento 74.566 ettari (14.069 in Veneto, 388 in Fvg, 60.103 in Emilia Romagna), il 16% in meno rispetto a un anno fa. E se la percentuale è stabile su base decennale, risulta più bassa del 35% rispetto al 2016. Lo stesso vale per la produzione: le stime per l'anno in corso si aggirano attorno alle 327.450 tonnellate, un valore in calo rispetto al trend degli ultimi anni. Il Nordest si conferma player importante pure sul fronte delle mele: nel solo Trentino Alto Adige si producono circa 1,5 milioni di tonnellate, in Veneto 198.628 e 42.00 in Friuli Venezia Giulia. Buone le performance pure per l'area produttiva vitivinicola, ecco alcuni dati: Veneto 12,9 milioni di ettolitri, Trentino Alto Adige 1,3 milioni e Friuli Venezia Giulia 1,7 milioni. Gli effetti«Il Nordest è una delle aree più vulnerabili al mondo per gli impatti dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale». Gli autori della ricerca, Jaroslav Mysiak, Silvia Torresan e Dionisio Perez Blanco, lo scrivono facendo notare che gli effetti positivi dovuti a stagioni di coltivazione più lunghe rischiano di essere superati dagli effetti negativi con l'aumento della frequenza e dell'intensità di eventi esterni che colpiscono il territorio. La tempesta Vaia è solo un esempio. Gli scenari futuri - Secondo le simulazioni fatte nel corso della ricerca, le temperature estreme continueranno ad aumentare costantemente. I cambiamenti più significativi sono previsti tra il 2071 e il 2100. Diverso il quadro per le precipitazioni: stando ai modelli matematici, dal 2021 al 2050 le piogge diminuiranno sia per quantità che intensità in tutto il Nordest, mentre tra il 2071 e il 2100 saranno più copiose soprattutto in Trentino Alto Adige.Soluzioni possibili«Sul piano delle emissioni è comprovato che l'agricoltura biologica riduca le emissioni di origine antropica. Favorisce - si legge nella ricerca - un maggior sequestro di Co2 aumentando la fertilità naturale del suolo, diversità biologica e la connettività degli ecosistemi agrari senza l'impiego di fertilizzanti». Detto questo la Fondazione Nordest invita a riflettere anche sulla cosiddetta "gestione intelligente dell'agricoltura" e sull'utilizzo di tecnologie di telerilevamento e servizi meteo-climatici. Un metodo che potrebbe consentire di andare oltre i prodotti bio. A tutti i livelli, l'informazione diventa fondamentale per consentire alle imprese di adottare scelte consone ai cambiamenti climatici già in atto. «Il Nordest - recita ancora la ricerca della Fondazione - deve stimolare le aziende agricole e agroalimentari a ridurre la propria impronta ecologica e ad adattarsi ai possibili impatti dei cambiamenti climatici». Da qui la proposta di costituire un partenariato sul rischio climatico.

 

Tutelare i livelli delle falde trasformando le aree in foreste - le buone pratiche

Udine. A causa dell'eccessivo sfruttamento e degli impatti delle attività agricole, nei prossimi decenni, quando farà sempre più caldo, si andrà verso il calo dei livelli delle falde acquifere e la scomparsa delle zone umide e dei fontanili. In previsione di tutto ciò, facendo proprio le buone pratiche messe a punto da Veneto agricoltura, gli studiosi della Fondazione Nord Est propongono la realizzazione di interventi ingegneristici «che permettono di ricaricare le falde acquifere in modo controllato durante i periodi di maggior disponibilità di risorsa idrica, ovvero da settembre ad aprile».L'obiettivo è incanalare le acque superficiali in aree agricole convertite a bosco, per poi utilizzare la risorsa durante il periodo irriguo, da aprile a settembre. Le aree di infiltrazione - questa la denominazione tecnica - consentono «di trarre beneficio dall'alto tasso di infiltrazione dei suoli localizzati al di sopra della fascia delle risorgive, convertendo le superfici agricole precedentemente coltivate a mais in foreste che consentono di massimizzare il tasso di infiltrazione». Sperimentato nel comune di Carmignano di Brenta (Padova) da un privato, il progetto porta nelle casse del proprietario 1.500 euro l'anno per l'apertura del bosco limite alla comunità e 1.200 euro a ettaro all'anno dal Consorzio di bonifica per la fornitura del servizio idrico di infiltrazione. Questo vuole essere solo un esempio di contaminazione tra enti pubblici e i privati per correre ai ripari contro i possibili effetti negativi che provocheranno i cambiamenti climatici. La Fondazione Nord Est lo suggerisce per spronare tutte le Regioni a ragionare su questi temi utilizzando le linee di finanziamento messe a disposizione anche dalla Comunità europea.

 

«Le catastrofi si possono prevenire Necessario investire in sostenibilità»

Parla Chiara Mio, presidente di Crédit Agricole Friuladria: «Non dimenticare che non tutto è riparabile»

L'INTERVISTA - Fare impresa in modo ambientalmente sostenibile non solo è possibile «ma è vincente». Ne sa qualcosa l'agricoltura che, anche in Friuli Venezia Giulia e a Nordest, ha imboccato con convinzione questa strada. Che fa bene all'ambiente «ma anche al portafogli, perché il conto che stiamo pagando causa il cambiamento climatico è già molto salato. Prevenire - ricorda Chiara Mio, presidente di Crédit Agricole FriulAdria - è più conveniente che riparare. Ammesso che i danni provocati da eventi estremi siano riparabili: le vite umane e i mosaici della basilica di San Marco, non lo sono». Presidente, l'Ue definisce il cambiamento climatico un pericolo che va contrastato e assume impegni che indirizzano verso la sostenibilità.«È assolutamente necessario investire in sostenibilità. E la motivazione forse più importante è: perché conviene. Qualche dato. Tra il 2000 e il 2016 a livello mondiale le catastrofi naturali di origine meteorologica hanno registrato un incremento del 46%, e tra il 2007 e il 2016 le perdite economiche dovute a condizioni meteo estreme, nel mondo, sono aumentate dell'86%, con 117 miliardi di euro solo nel 2016. Cifre e dati sono della Commissione Europa». E quindi che si fa?«Si inizia a agire coerentemente con la convinzione che prevenire è sempre meglio che riparare». Investendo, quindi.«Viste le cifre enormi richieste dal ripristino dei danni, è evidente la convenienza nell'investire in prevenzione. Perché non dimenticherei che non tutto è riparabile».Non è curioso che, pur di fronte a uno scenario drammatico, ci sia chi sbeffeggia Greta Thunberg e il cambiamento climatico? «Secondo me è bellissimo che, dopo il '68, i giovani nel mondo abbiano una causa comune e una prospettiva di futuro e ci chiamino alla responsabilità. E credo indichi un atteggiamento di "vecchiaia" e di "stanchezza" il cercare la pagliuzza invece di fare i conti con le proprie responsabilità». Torniamo alla sostenibilità. Nel convegno si parla solo di quella ambientale? «No. La sostenibilità, come ci spiega Carlo Carraro, ha tre "gambe": economica, ambientale e sociale. La giornata è dedicata al cambiamento climatico e alla sostenibilità nel settore agroalimentare, ma i cambiamenti climatici generano immediatamente problemi sociali e viceversa. Qualche settimana fa abbiamo visto le immagini delle cascate Vittoria di fatto scomparse: dell'acqua che precipita nel fiume Zambesi resta un rivolo. Questo spingerà le persone di quei Paesi a emigrare. E dove? In Europa, ovviamente, e tra un anno o due assisteremo a questa nuova ondata migratoria. Quindi i cambiamenti climatici possiamo sì vederli dal punto di vista ambientale, ma sono correlati a impatti sociali». Che cosa possiamo fare? «Possiamo investire in modo sostenibile e win-win, in modo rispettoso verso l'ambiente e guadagnando. È un approccio "rifondativo". Un altro modo di fare business, scelto perché conviene e produce valore nel lungo termine». L'Ue indica la strada della sostenibilità, ma ci sono Paesi molto lontani da questi principi che portano i loro prodotti sul nostro mercato. Come difendere le aziende? «Ci vogliono politiche europee mirate. Non dazi, ma deterrenti che penalizzino prodotti (e materie prime) fabbricati con dumping sociale o con criteri ambientali non conformi. E i consumatori devono essere informati». Il settore primario è sensibile a questi temi? «Generalizzare è sempre difficile, ma il biologico nasce in agricoltura. Ora scienza e tecnologia, con la possibilità di selezionare piante e sementi resistenti a determinate malattie, permettono di uscire dall'eccesso delle logiche produttive. Non so se tutte le aziende siano pronte, ma questa è la strada. Chiaro, ci vuole il collegamento tra mondo produttivo e centri di ricerca». Il ruolo di Crédit Agricole FriulAdria in questo processo? «Certo di accompagnamento verso maggiore consapevolezza su questi temi. E soprattutto, in considerazione della comunicazione della Commissione europea del 2018, a preparare le aziende a un ulteriore cambiamento che prevede che le banche tengano conto, negli affidamenti, dei rischi ambientali delle attività svolte dai propri clienti. E gli istituti di crediti avranno obbligo di riserve di capitale differenziati a seconda del profilo ambientale, sociale e di sostenibilità dei clienti. Cambieranno le regole del gioco e il nostro compito è anche aiutare le aziende».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 novembre 2019

 

 

Consumo del suolo, nuove case a Barcola con la legge ferma - la lettera del giorno di Tiziana Cimolino e Lino Santoro

Il Piano regolatore del Comune di Trieste in vigore dal 5 maggio del 2016 è stato propagandato come un piano che esprimeva delle visioni sulla città del futuro e che avrebbe perseguito la riduzione del consumo di suolo. Le osservazioni di Legambiente, Italia Nostra, Wwf e Trieste Bella puntualizzavano invece la contraddizione fra questo assunto e la realtà manifesta dell'apertura all'edificazione di nuove aree verdi del Comune. Il Parlamento comunitario ha votato per l'azzeramento del consumo di suolo netto entro il 2050, l'allineamento alla crescita demografica e il contenimento del degrado del territorio e il suo recupero alla naturalizzazione entro il 2030. Per contenere il dissesto idrogeologico, sempre più compromesso dall'aumento della frequenza degli eventi meteorologici estremi. Ma la legge sulla Riduzione del consumo di suolo è ferma al Senato. Intanto in un anno sono stati consumati 24 mq di suolo cittadino per ogni ettaro di aree verdi dice il Rapporto 2019 del Sistema nazionale per la Protezione dell'ambiente sul Consumo di suolo in Italia: aumenta lo spreco di suolo all'interno delle città italiane. A livello generale lo screening del territorio italiano segna in rosso altri 51 chilometri quadrati di superficie artificiale solo nel 2018, in media 14 ettari al giorno, al ritmo di 2 metri quadrati ogni secondo. Un ritmo molto lontano dagli obiettivi europei che ci richiamano alla tutela del suolo. Nel Piano regolatore triestino attraverso la dicitura di nuova città dei giardini si è voluto mitigare in qualche modo l'imbarazzo per la creazione di nuove urbanizzazioni e cementificazioni, aggiuntive rispetto a quelle ereditate dal precedente Piano regolatore. Si tratta di nuove urbanizzazioni ingiustificate sia dal trend demografico sia dal rilevante e crescente patrimonio edilizio esistente inutilizzato o rimasto invenduto. Nell'area in salita di Miramare a Barcola attualmente oggetto del Piano di attuazione comunale è prevista l'edificazione in un'area verde di due nuovi condomini di 12 unità abitative per un volume di 3.453 metri cubi su un fondo di 4.064 mq. Non è una riduzione del consumo di suolo: l'attuale Piano regolatore è un anacronistico mostriciattolo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 novembre 2019

 

 

Fim: «Troppe incertezze sulla Ferriera di Servola» - Dopo il secondo incontro al MISE

 «In una partita così importante per l'industria e il futuro di tanti lavoratori e famiglie, le cose devono determinare i tempi e non può essere che i tempi determino le cose». La Fim Cisl vede il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto dopo il secondo incontro al Mise (mercoledì scorso), presente il ministro triestino Stefano Patuanelli, sulla Ferriera di Servola in mano all'Acciaieria Arvedi Stabilimento di Trieste. «Si è assistito - racconta Umberto Salvaneschi, segretario Fim Cisl - di un ulteriore incontro "interlocutorio" con una novità (non dettagliata) riguardante un interessamento Ungherese sulla logistica». Il bicchiere mezzo pieno riguarda il lavoro. «Sul tema della ricollocazione dei settanta lavoratori con contratto a termine - spiega Salvaneschi - è emerso che esiste la possibilità di ricollocazione presso un'azienda di San Giorgio di Nogaro la Centro servizi navale spa, costituita da joint venture tra ArcelorMittal Cln Distribuzione Italia, Fincantieri e Palescandolo Lavorazioni Siderurgiche». Il bicchiere mezzo vuoto è il futuro produttivo dell'area di Servola. «Con preoccupazione, invece, non abbiamo rilevato grossi passi avanti sulle importanti questioni aperte e sui principali nodi ancora da sciogliere a distanza di 63 giorni dal primo incontro - aggiunge la Fim - . Non risulta ancora chiara una fondamentale partita, tra Autorità e Gruppo Arvedi relativa agli interessi su determinate aree (alcune di proprietà Arvedi e altre demaniali). Altresì sono state evidenziate delle perplessità sul piano industriale in relazione a tempi di realizzazione e all'occupazione». --

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 novembre 2019

 

 

Divieto a costruire: la Soprintendenza riapre la partita del Parco del mare.

Avviata la procedura che valutera' se rinnovare il vincolo. Subito mobilitate le associazioni contrarie al progetto.

Nuova svolta nell'ambito del sempre più annoso iter progettuale del Parco del mare. La Soprintendenza ha avviato infatti la procedura - notificandola agli enti interessati, Comune compreso - riguardante il rinnovo d'ufficio del vincolo che dal 1961 rende inedificabile l'area per un raggio di 130 metri dalla Lanterna. Vincolo i cui contenuti, ora, potrebbero essere modificati. Impossibile prevedere se l'apertura del procedimento possa preludere a un'attenuazione del vincolo o, viceversa, a una conferma delle limitazioni attuali che sancirebbe di fatto la discesa della pietra tombale sul progetto multimilionario del Parco del mare, ma intanto la polemica si riaccende. A innescare la miccia dando la notizia dell'avvio della procedura sono stati ieri i rappresentanti dei sodalizi che si battono contro la realizzazione del Parco del mare e a favore di una riqualificazione in chiave ambientale e paesaggistica del lungomare: sono decisi a fare chiarezza e hanno presentato una richiesta formale di accesso agli atti. Nell'istanza indirizzata alla Soprintendenza (e per conoscenza al ministero per i Beni e le Attività culturali) si ribadisce che il progetto è «non rispettoso della storia del luogo e delle sue potenzialità ai fini di una vera valorizzazione». Già pronto lo "slogan": «Riqualificazione del lungomare dalla Lanterna a Miramare». E l'imperativo è «no a ulteriori interventi edilizi», tantomeno quello che viene considerato un "maxi-acquario" dispendiosissimo e ormai superato come concezione dalle nuove tecnologie visuali digitali, immersive e tridimensionali, oltre che dalla diffusione di una maggiore sensibilità animalista. Nella richiesta si allega una corposa documentazione a sostegno del "partito del no" secondo il quale la procedura avviata dalla Soprintendenza, se anche modificherà i contenuti del vincolo, non potrà che ribadire comunque il divieto di edificazione e «rafforzare la possibilità di salvaguardare il contesto circostante la Lanterna». I promotori ieri hanno illustrato l'iniziativa in una conferenza stampa aperta dall'architetto William Starc. C'erano, tra gli altri, l'architetto Roberto Barocchi di Trieste Bella, Giorgetta Dorfles del comitato La Lanterna, Andrea Wehrenfennig di Legambiente, Giorgio Uboni della Cgil che ha sostenuto l'iniziativa assieme al Wwf e all'associazione Un'altra città. Il rischio paventato da Starc è che la procedura porti ad alleggerire il vincolo «concedendo ad esempio la possibilità di costruire e obbligando solo a garantire un cono di visuale». Nel corso della conferenza è stato reso noto che in una nota integrativa al verbale di assemblea di Trieste Navigando (che ha in concessione l'area) viene comunicato che il vincolo di inedificabilità «genera ritardi all'iter di predisposizione della proposta di project financing per la realizzazione dell'opera» e si precisa che la futura acquirente Camera di commercio si è subito attivata «per acquisire chiarimenti sul vincolo e ricercare le soluzioni più veloci per un suo superamento». I sodalizi hanno preparato 6 domande da rivolgere «a chi ha responsabilità di governo del territorio». Anzitutto «come è stato possibile che la Camera di commercio spenda consistenti risorse finanziarie dei contribuenti per un progetto da realizzare in un'area su cui c'è un vincolo di inedificabilità?». E poi «con quale diritto un ente autonomo di diritto pubblico continua ad accumulare e non spendere consistenti risorse derivanti dal Fondo benzina e dalla maggiorazione del diritto annuale? Perché a fronte delle potenzialità nel Porto vecchio ci si ostina sull'area adiacente la Lanterna?».Hanno preso la parola anche il consigliere regionale del Pd ed ex sindaco Roberto Cosolini e il giornalista Paolo Rumiz. Per Cosolini l'ente camerale avrebbe dovuto accorgersi per tempo del vincolo («avevo avvertito di fare attenzione») e accogliere la proposta dell'allora primo cittadino che aveva caldeggiato il Porto vecchio come location. Così Rumiz: «Subiamo il potere ereditario di una Camera di commercio che ormai è nelle stesse mani da vent'anni e tiene ferme risorse per 14 milioni di euro».

Piero Tallandini

 

Il nodo accantonamenti L'ente camerale spiega «14 milioni? No, solo 9» - I costi dell'opera

A tenere banco nella polemica sul Parco del mare è anche e soprattutto la questione finanziaria. I sodalizi hanno ribadito ieri che la Camera di commercio ha accantonato 14 milioni di euro. In giornata l'ente camerale ha smentito («accantonati con vincolo di destinazione non più di 9 milioni») in una nota stampa nella quale sono stati puntualizzati anche altri aspetti.«È erroneo e fuorviante citare, come ha fatto Starc, lo studio del 2010 dell'allora assessore comunale Ravidà - si legge nella nota -. Va invece indicata la congruità e sostenibilità della realizzazione emersi dal documento realizzato nel 2015 su incarico della Fondazione CRTrieste, ovvero lo studio sulle analisi economico-patrimoniali e finanziarie del progetto. Seguirono a gennaio 2016 la lettera ufficiale del sindaco Cosolini in cui esprimeva sostegno alla realizzazione di un acquario sulla base degli studi e dell'idea progettuale commissionati dalla Fondazione e a febbraio la lettera ufficiale della presidente della Regione Debora Serracchiani, nella quale esprimeva il suo favore di massima».Poi la replica a Cosolini secondo il quale la Camera di Commercio doveva sapere del vincolo: «Il piano regolatore previgente prevedeva solo la possibilità di realizzare Porto Lido, quindi porto turistico. Con la variante del settembre 2018 l'area diventa compatibile con la realizzazione del Parco del mare, quindi nessun vincolo mai è emerso sul piano regolatore, neanche quello del periodo in cui Cosolini era sindaco. Il vincolo risalente agli anni Sessanta non è mai stato riportato in alcun piano regolatore e mai è stato annotato nel Libro Fondiario». 

 

 

Ferriera e futuro degli operai: spunta l'opzione Fincantieri

Il ministro Patuanelli annuncia che una parte delle maestranze in uscita per la riconversione potrebbe essere ricollocata in una «società partecipata»

Il percorso di ricollocazione degli operai della Ferriera vedrà anche il coinvolgimento di Fincantieri, mentre Siderurgica Triestina si conferma disponibile a investire i primi 180 milioni per la riqualificazione del sito, puntando a entrare nella partita della logistica e annunciando di avere in tasca accordi con realtà ungheresi non meglio precisate. Sono queste le novità della terza riunione del tavolo convocato al Mise, dove il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha ribadito l'intenzione di chiudere il nuovo Accordo di programma entro l'anno, aprendo però alla possibilità di slittare ai primi mesi del 2020. Patuanelli ha richiamato ancora una volta la volontà di giungere alla riconversione salvaguardando tutti i lavoratori. E secondo la nota del Mise, «l'azienda ha evidenziato come siano già state individuate le risorse previste nel piano industriale», che punta su smantellamento e bonifica dell'area a caldo, riconversione della centrale elettrica e potenziamento di laminatoio e attività logistica. «L'azienda - ancora la nota del ministero - ha assicurato che verrà garantita la ricollocazione ai circa settanta lavoratori con contratto a termine presso altre realtà aziendali locali». E qui esce confermata la possibilità del passaggio alla ArcelorMittal Cln Distribuzione di San Giorgio di Nogaro, ma spunta anche l'annuncio di Patuanelli sulla possibilità di trasferire una parte non quantificata delle maestranze in una «società partecipata». Il riferimento criptico è a Fincantieri, con cui istituzioni locali e ministro hanno avviato il confronto. L'ad del gruppo Arvedi Mario Caldonazzo si è impegnato invece a investire i primi 180 milioni sul totale di 230 previsto dal business plan. Caldonazzo non ha legato l'investimento all'arrivo di fondi pubblici come fatto in precedenza, ma ha chiarito ad ogni modo che Mise e Invitalia stanno studiando le modalità per massimizzare gli aiuti statali nei limiti dei vincoli delle norme Ue. L'ad ha confermato poi la volontà di gestire in proprio le aree bonificate, valutando l'uso logistico in collaborazione con non precisati soggetti ungheresi. I sindacati continuano a chiedere attenzione. Per Mirco Rota (Fiom), «Arvedi vorrebbe giungere entro l'anno a un accordo sindacale, oltre alla revisione dell'accordo di programma, per noi i tempi non potranno che essere quelli che consentiranno di dare una soluzione a tutte le questioni aperte» su occupazione e ammortizzatori. Per i rappresentanti della Uilm Antonio Rodà e Guglielmo Gambardella, si tratta di «prevedere nel progetto del sistema del porto una piena integrazione delle attività industriali e logistiche per lo sviluppo dei livelli occupazionali». L'Usb con Sasha Colautti sottolinea «le rassicurazioni ricevute in merito al percorso di dismissione dell'area a caldo a esuberi zero». Dal canto suo l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen ha rimarcato la necessità di accompagnare la realizzazione del piano industriale al mantenimento dei livelli occupazionali e alla definizione degli ammortizzatori sociali, di concerto con azienda e sindacati. «L'amministrazione regionale non prenderà in esame alcuna proposta che non affronti con chiarezza il nodo occupazionale», ha ribadito Rosolen, secondo cui «non è opportuno fissare scadenze per la riscrittura dell'Accordo di programma». A metà dicembre verrà intanto presentata istanza formale per la modifica degli accordi relativi alle bonifiche e dell'Autorizzazione integrata ambientale, in modo da recepire il percorso di riconversione. Secondo l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, «la partita ambientale della Ferriera non si esaurisce con lo spegnimento dell'area a caldo. È fondamentale per lo sviluppo dell'area da riconvertire la questione bonifiche, senza le quali neanche un chiodo può essere fissato». Assenti a Roma sia il governatore Massimiliano Fedriga che l'assessore alle Attività produttive Sergio Bini. Sul punto attacca il segretario del Pd Fvg Cristiano Shaurli: «Se capiamo che il presidente sia rimasto in regione per verificare i danni del maltempo, non ha scuse l'assenza di Bini, dopo che ha già snobbato il Consiglio comunale di Trieste. Bini ha deleghe pesanti, fondamentali in questa vicenda, e deve esercitarle». 

Diego D'Amelio

 

 

Nuove antenne a Duino Aurisina Scatta il piano "anti giungla"

Il Comune aggiorna le regole sui ripetitori per la telefonia in modo da evitare che i privati concedano le loro proprietà. Priorità alle aree lontane dalle case

DUINO AURISINA. Le prime aree a essere utilizzate allo scopo saranno quelle di proprietà pubblica e lontane dalle abitazioni. In subordine, si proseguirà con quelle iscritte al patrimonio comunale, come ad esempio quelle delle comunelle, sempre situate a debita distanza dalle case e, solo in ultima istanza, si procederà con quelle di proprietà privata. È questo il criterio che sta per essere ufficializzato con un atto di giunta, che dovrà poi essere ratificato dal Consiglio comunale, con il quale l'amministrazione di Duino Aurisina intende procedere per dare risposta alla crescente e sempre più pressante richiesta, proveniente dalle grandi società di telefonia mobile, che hanno bisogno di installare ripetitori sul territorio per assicurare un migliore servizio all'utenza.«La normativa che disciplina la materia - spiega Chiara Puntar, presidente della Commissione Ambiente del Comune di Duino Aurisina - prevede che, se l'amministrazione non risponderà alle richieste delle società entro un determinato termine, che a quanto si sa è di 90 giorni, tutti i privati potranno agire autonomamente e mettere a disposizione, come aree per il posizionamenti dei ripetitori, le proprie proprietà. Per evitare che si crei questa situazione - prosegue l'esponente di Forza Duino Aurisina - ho indetto una Commissione Ambiente e una "Capigruppo" per condividere le scelte e così abbiamo stabilito che l'indirizzo sarà quello di iniziare con zone di proprietà pubblica lontane dalle case». L'amministrazione comunale di Duino Aurisina ha fatto fra l'altro realizzare uno studio propedeutico alle decisioni, per l'installazione di ripetitori per la telefonia mobile, da cui si evincono i livelli di campo elettrico presenti sul territorio di Duino Aurisina. «Le misure del campo elettrico le ha effettuate l'Arpa - riprende Puntar - e, mentre la normativa prevede che, a livello di Ue, i limiti da non superare siano di 16 volt per metro e che in Italia bisogna invece restare sotto i sei volt per metro, nel nostro territorio essi non toccano i livelli di un volt per metro, anzi, spesso restano ben al di sotto di questa soglia. Ecco perché - continua la presidente della Commissione Ambiente - oggi risulta necessario redigere un regolamento all'interno del quale, in un'apposita tavola grafica, stante le esigenze già avanzate dai gestori di telefonia mobile, vi sia una chiara indicazione delle aree in cui l'amministrazione acconsentirà l'installazione degli impianti. In assenza di questo documento - conclude Puntar - l'installazione non potrà essere negata e potrebbero cominciare trattative fuori controllo fra le società di telefonia mobile e i privati ed è proprio questo che vogliamo evitare».Sul tema interviene anche Vladimiro Mervic, consigliere comunale d'opposizione ed esponente della Lista per il Golfo: «A mio avviso tutti dobbiamo tenere bene a mente il fatto che il nostro territorio è già saturo di infrastrutture. Ovviamente, se si devono collocare ripetitori per migliorare il servizio, non dobbiamo ostacolare tali richieste, ma abbiamo il dovere e il diritto di pretendere che quest'operazione si faccia nel modo meno impattante possibile. Il tutto - conclude Mervic - nel pieno rispetto del paesaggio e della salute dei cittadini».-

Ugo Salvini

 

 

Il report di "Cittadinanzattiva": a Trieste i rifiuti più cari del Fvg

Trecento euro: a tanto ammonta in media, nel 2019, la tassa dei rifiuti nel nostro Paese, con differenze territoriali molto marcate. Trieste, in un simile contesto nazionale, si ritrova più cara rispetto a tale media tricolore, con 312 euro, e il suo territorio provinciale viene "schedato" come il può salato tra i quattro del Friuli Venezia Giulia. È quanto emerge da un report statistico appena reso noto da "Cittadinanzattiva", secondo il quale la regione più economica del Bel Paese risulta essere il Trentino Alto Adige, con una media di 190 euro l'anno, mentre la più costosa è la Campania che si attesta a quota 421. A livello "sottoregionale" quindi, è Catania il capoluogo di provincia più costoso (con 504 euro e un aumento del 15, 9% rispetto al 2018), mentre all'estremo opposto, quello minimo, ecco Potenza (121 euro, per un decremento del 13,7% rispetto all'anno precedente).Analizzando le tariffe dei 112 capoluoghi di provincia presi in considerazione, sono state riscontrate - si legge nel documento di sintesi di "Cittadinanzattiva" - variazioni in aumento in circa la metà, 51 capoluoghi per l'esattezza. Tariffe stabili in 27 capoluoghi e in diminuzione, infine, in 34. A Matera l'incremento più elevato (+19,1%), a Trapani la diminuzione più consistente (16,8%).A livello di aree geografiche, i rifiuti costano meno al Nord (in media 258 euro), segue il Centro (299 euro), infine il Sud, più costoso (351 euro). E veniamo al Friuli Venezia Giulia, dove la media è di 228 euro a famiglia (per un +3% rispetto al 2018). Qui si passa dai 167 euro di Udine ai 312, come detto, di Trieste, dove si registra un incremento del 7,1% rispetto all'anno precedente. Molto ampia la forbice regionale anche in fatto di raccolta differenziata: si va dal 38,5% di Trieste all'ottimo 84, 5% di Pordenone. Tornando alle statistiche nazionali, il report di "Cittadinanzattiva" sostiene che più di due famiglie su tre (precisamente il 68,2%) ritengono di pagare troppo per la raccolta dei rifiuti: la percentuale sale all'83,4% in Sicilia, segue l'Umbria con l'80,2%, la Puglia con il 79,1%, la Campania con il 78,4%. Solo il 60% delle amministrazioni comunali o delle aziende che gestiscono il servizio - fa sapere ancora "Cittadinanzattiva" - ha elaborato e reso disponibile la cosiddetta "Carta dei servizi". Solo due su tre indicano il tipo di raccolta effettuata, la metà esplicita la frequenza con cui essa viene effettuata. E al cittadino - incalza "Cittadinanzattiva" - è ancor meno dato sapere con quale frequenza vengono igienizzati i cassonetti (lo indica appena il 47% delle "Carte"), pulite le strade (37%) o svuotati i cestini per strada (25%). La rilevazione dell'Osservatorio prezzi e tariffe di "Cittadinanzattiva", disponibile online, gratuitamente dietro registrazione, è consultabile su www.cittadinanzattiva.it. L'indagine prende come riferimento, nel 2019, una famiglia tipo composta da tre persone e una casa di proprietà di 100 metri quadrati.

 

 

Lezione di arboricoltura a palazzo Gopcevich per tutelare il "verde" - DOMANI ALLE 9.30 ALLA SALA BAZLEN

Per chi non lo sapesse, il 21 novembre è la giornata nazionale degli alberi. È in questo contesto che il Comune, oltre a programmare attività didattiche ad hoc per le scuole, ha organizzato per domani dalle 9.30 nella sala Bazlen di palazzo Gopcevich, con il Dipartimento Territorio, Ambiente, Economia e Mobilità, Servizio Strade e Verde pubblico, una conferenza tecnica per diffondere la conoscenza delle corrette procedure e tecniche dell'arboricoltura moderna per la cura degli alberi e dei controlli di stabilità del patrimonio arboreo. L'incontro, pensato da Francesco Panepinto del Servizio Strade e Verde pubblico e supportato dall'Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari (Anaci), è rivolto a operatori e gestori pubblici ma soprattutto privati del verde così come agli amministratori di condominio al fine di sottolineare l'importanza del verde urbano per la qualità di vita in città e incentivarne la preservazione anche nell'ottica di migliorarne la stabilità in un contesto climatico in continuo cambiamento. «Abbiamo pensato a questo appuntamento - ha spiegato l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi ieri in sala giunta, presenti anche Gaetano Oliva e Silvio Spagnul, presidenti delle sezioni regionale e provinciale dell'Anaci - perché la gestione degli alberi è complessa sia per l'amministrazione comunale sia per i privati». A Trieste, «unico Comune in Italia con un bosco urbano in un tessuto edilizio», ha specificato Ivan Snidero, agronomo e arboricoltore che parteciperà al panel d'interventi, questo sarà il primo di una serie di eventi mirati proprio alla divulgazione di tali temi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 novembre 2019

 

 

«Area a caldo in chiusura? Fretta cattiva consigliera Puntiamo sul magnetico» - i sindacati sulla Ferriera

L'accelerazione verso la chiusura dell'area a caldo? La fretta è cattiva consigliera. Si affidano a uno dei proverbi più popolari Umberto Salvaneschi, Marco Relli e Antonio Rodà, per Fim, Fiom e Uilm, per sbilanciarsi in merito alla piega che sta prendendo il caso Ferriera. I responsabili locali dei metalmeccanici della Triplice firmano insieme una nota in cui suggeriscono, più che una rivoluzione produttiva, un percorso graduale. «Zincatura e Verniciatura Coils: questo propone l'azienda come verticalizzazione della produzione a freddo. Se andiamo a vedere la richiesta e la concorrenza, potrebbe essere una soluzione non così proficua, anzi», scrivono i tre sindacalisti, che poi si chiedono: «E se facessimo il magnetico? Probabilmente "ci costa" uguale, ma ci darebbe la possibilità di verticalizzare enormemente la produzione viste anche le future trasformazioni dei trasporti a motore elettrico. "Ci costa" perché l'azienda ha esplicitato la possibilità di conversione solo in presenza di fondi pubblici, e non pochi. Allora adottiamo il plurale, facciamo intervenire la Cassa Depositi e Prestiti e progettiamo il futuro dell'area tutti assieme», osservano Salvaneschi, Relli e Rodà, arrivando al dunque.«Avendo la ghisa liquida - prosegue infatti la nota - saremmo veramente concorrenziali. Visto l'alto valore aggiunto non servirebbero enormi produzioni della ghisa stessa. Inoltre, se l'aggiunta di gas naturale all'altoforno desse gli effetti desiderati, ridurremmo in maniera importante l'utilizzo del coke. Ipoteticamente si potrebbe pensare di comprare il carbone necessario, ed avviare quindi, anche a Trieste, quel processo di decarbonizzazione di cui si sta parlando nel nostro Paese. Il tutto senza impatto occupazionale anzi, visto che il nuovo impianto per fare il magnetico assorbirebbe anche più persone della cokeria. A quel punto ci sarebbe l'opportunità di bonificare quella zona, che potrebbe essere reimpiegata a livello industriale o altro». «Siamo consci - chiudono i sindacalisti - che l'accelerazione per la chiusura dell'area a caldo dal confronto azienda-istituzioni non ha concesso i tempi necessari per fare valutazioni approfondite. Noi riteniamo però che "la fretta" sia "cattiva consigliera", che si rischi di fare investimenti anche corposi che però non garantiscono prospettive occupazionali nei numeri e nella stabilità. Riteniamo indispensabile prenderci il tempo necessario per progettare qualcosa che guardi a una produzione mirata, all'ambiente e che sia veramente un valore aggiunto per l'occupazione».

 

 

«Sprecare meno acqua si può» Enti e categorie a confronto - IL CONVEGNO ORGANIZZATO ALLA CNA

Di "oro blu" declinato in vari modi si è discusso ieri pomeriggio al Salone degli Incanti, in occasione del convegno organizzato dalla Cna "Elemento acqua: ambiente, innovazione, economia". L'incontro ha trattato in effetti il grande tema degli sprechi e dell'efficientamento idrico ma è stato foriero anche di qualche suggerimento sulle buone pratiche e sul consumo etico. Per l'assessore comunale Luisa Polli nel nostro territorio «occorrerebbe gestire separatamente l'acqua del rubinetto e le cosiddette acque grigie». La Regione, comunque, nel contesto nazionale è «territorio virtuoso» tanto che, a detta di Fabio Scoccimarro, assessore regionale, qualcuno «addirittura ci "rimprovera" per la rigidità delle nostre leggi regionali in materia ambientale, che appaiono più stringenti di quelle europee». Il presidente Cna Giancarlo Carena ha evidenziato come per la questione relativa alle bollette sia stato chiesto ad Acegas di «azzerare gli aumenti del 2018» e alla Regione di «nominare il Comitato utenti». Guerrino Lanci, presidente Federalberghi Trieste, ha ricordato come «attraverso sistemi di addolcimento e di defangamento, oltre che con l'utilizzo di strumenti di filtraggio ad areazione che rendono il getto più "soddisfacente" è possibile ridurre, per gli alberghi, categoria ritenuta "idroesigente", i consumi da 55 a 35 metri cubi a camera». Giada Rossi, del Dipartimento politecnico di ingegneria e architettura dell'Università di Udine, ha presentato il Master in Innovazione tecnologica e management del ciclo idrico integrato e il progetto ComuniCare H2O attraverso il quale «creare una mentalità di collaborazione tra stakeholder». Infine Andrea Rubin, responsabile reti AcegasApsAmga, ha spiegato come «ogni gestore è tenuto a rispettare accordi su due fronti differenti, quelli con l'Autorità e quelli nei confronti di ogni singolo cittadino».--

Luigi Putignano

 

 

Città sott'acqua, è solo l'inizio Trieste nella mappa del rischio - Temperatura media  e variazione del valore climatico 1971-2016 per capoluogo di regione

Inserita tra le 40 aree costiere in cui ci sarà il maggiore pericolo di inondazioni Preoccupazione anche per l'impatto sul patrimonio storico: citato il caso Risiera

L'ondata di maltempo che ieri ha flagellato buona parte della regione (compreso l'Isontino) ha risparmiato l'area triestina, ma se questa volta l'allerta meteo è potuta rientrare senza lasciare strascichi resta la preoccupazione per una tendenza climatica che non autorizza l'ottimismo. Tracimazioni e allagamenti in coincidenza con i picchi di marea e determinate condizioni climatiche (pioggia abbondante e vento) rischiano di rappresentare non più eventi eccezionali, ma fenomeni abituali per i triestini. La conferma arriva dal rapporto 2019 dell'Osservatorio di Legambiente sull'impatto dei mutamenti climatici presentato proprio ieri mattina a Roma nella sede della Commissione europea ed incentrato sulla situazione delle città. Dal 2010 a oggi, sono stati ben 563 gli eventi registrati sulla mappa del rischio climatico, con 350 Comuni in cui sono avvenuti impatti rilevanti. Nel 2018, l'Italia è stata colpita da 148 eventi estremi, che hanno causato 32 vittime e oltre 4.500 sfollati, un bilancio di molto superiore alla media degli ultimi cinque anni. Dal 2014 al 2018 le sole inondazioni hanno provocato la morte di 68 persone. Nelle città italiane la temperatura media è in continua crescita e a ritmi maggiori rispetto al resto del Paese, un fenomeno che riguarda anche Trieste. Rispetto al periodo 1971-2000, tra il 2002 e il 2016 la temperatura media registrata nel capoluogo giuliano è aumentata di più di un grado e il numero dei giorni con ondate di calore (l'indice di durata dei periodi di caldo) è addirittura quadruplicato raffrontando gli stessi periodi. «Le aree urbane costiere rischiano di subire rilevanti danni e di scomparire con l'innalzamento dei mari - sottolinea il rapporto di Legambiente -. Se i ghiacciai continueranno a sciogliersi a questo ritmo, 300 milioni di persone che vivono in aree costiere saranno sommerse almeno una volta l'anno entro il 2050, anche se le barriere fisiche come dighe e sbarramenti saranno potenziate. Giacarta si sta già preparando a questo scenario. A finire sommerse sarebbero anche Mumbai, Dacca, Calcutta, Alessandria d'Egitto, Bassora, con un terzo di New York allagata almeno una volta l'anno. In Europa toccherebbe ad Amsterdam, Anversa, Gent, Londra». «In Italia sono impressionanti gli scenari di allagamento delle coste italiane elaborati da Enea, in collaborazione con Cnr e altri centri di ricerca universitari italiani ed esteri - si legge nel rapporto -. In totale sono state individuate 40 aree costiere a rischio inondazione: 13 di queste aree sono state mappate, per un totale di 384,8 km di costa allagata, corrispondente a una perdita di territorio pari a 5686,4 kmq. In particolare, a rischio è una vasta area nord adriatica tra Trieste, Venezia e Ravenna». «Non meno importanti - affermano ancora gli autori del dossier - i danni ai beni archeologici e al patrimonio storico culturale. In uno studio di Ispra-Iscr emerge che in Italia sono 28.483 i siti esposti ad alluvioni. Nel 2019, il 3 agosto, è toccato anche a Trieste dove è rimasta chiusa per giorni la Risiera di San Sabba, unico campo di concentramento nazista in territorio italiano. I forti temporali che si sono abbattuti sulla città hanno allagato la struttura rendendola inaccessibile».

Piero Tallandini

 

Mare e cambiamenti climatici Esperti in cattedra per l'Aidda - L'APPUNTAMENTO ALLA STAZIONE MARITTIMA

Un pubblico d'impresari tutto al femminile quello di ieri sera alla Stazione Marittima per l'evento "Il mare e cambiamenti climatici: rischi e prospettive anche sull'alimentazione", promosso dall'Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti d'Azienda (Aidda). Una lectio magistralis di approccio scientifico, condotta da Antonio Terlizzi, professore di biologia marina, e da Aurelia Tubaro, professoressa di tossicologia, entrambi docenti ordinari all'Università degli studi di Trieste. L'evento, attualissimo nella portata, è stato incentrato su un argomento "gettonato". Assistiamo costantemente a come gli effetti dei cambiamenti climatici si manifestano infatti sull'uomo e sull'ambiente circostante - argomento differente dalla meteorologia -, ma il mare da dove peschiamo, quanto ne risente? «La CO2 che stiamo bruciando viene assorbita dagli oceani (il 70% del pianeta) e il suo ph, leggermente basico, si abbassa comportando la cosiddetta "acidificazione degli oceani"», ricorda Terlizzi, spiegando come l'uomo vada influenzando gli habitat marini. «Immaginate - ha aggiunto - cosa può succedere se si vanno ad alterare i complessi di funzionamento della biodiversità (da cui l'uomo dipende)». Ovviamente il risultato sarebbe tragico: non si avrebbe più un mondo idoneo alla presenza umana. Ma oltre alla nozionistica accademica, sono state somministrate alla platea delle pillole di "routine", più pragmatiche, riferite all'alimentazione di pesce: i pericoli che si possono incontrare mangiandolo crudo, come conservarlo e come cucinarlo per evitare "spiacevoli incontri". Più tecnico invece l'intervento di Tubaro su problematiche e patologie causate dalle microalghe tossiche. Circa quaranta i presenti.

Stefano Cerri

 

 

Piano anti schianto per gli alberi di Muggia

Lavori nei giardini Europa e vicino al bar Verdi: stanziati 150 mila euro. L'assessore Bussani: «Proteggiamo un patrimonio»

MUGGIA. «Si tratta di un'operazione di sicurezza e prevenzione mirata in particolare su alcuni esemplari ben precisi, ma che interesserà diverse aree del territorio comunale». Francesco Bussani, assessore ai Lavori pubblici del Comune di Muggia, illustra così l'inizio degli interventi di protezione del patrimonio naturalistico. L'operazione, promossa dall'amministrazione comunale con 150 mila euro derivanti dall'extra gettito Imu, vedrà in questi giorni una serie di interventi sugli alberi nelle aree pubbliche, azioni che sono state precedute da una perizia agronomica al fine di verificare lo stato di salute degli alberi del territorio, valutarne le condizioni fitosanitarie e di stabilità e individuare le operazioni e le cure arboricolturali da eseguire e la loro urgenza. Il patrimonio arboreo muggesano è stato analizzato e controllato da Paolo Parmegiani, dottore agronomo e forestale oltre che divulgatore agricolo del Fvg. «Abbiamo voluto verificare e proteggere un patrimonio che è naturalistico ma soprattutto storico ed alberi che a volte possono rappresentare anche dei veri e propri simboli identitari della comunità», ha puntualizzato Bussani.Si interverrà nei giardini Europa, dove sono presenti esemplari in evidente mala salute o cresciuti in contesti di potenziale criticità, e sugli alberi siti nell'area esterna del bar Verdi e vicini al parcheggio, da cui proprio ieri ha avuto inizio l'opera che, tempo permettendo, sarà realizzata anche nei prossimi giorni. Il patrimonio arboreo muggesano di quell'area è costituito prevalentemente da ippocastani. Le piante sono nel complesso datate e con diametri considerevoli. Messe a dimora nel secondo dopoguerra e in alcuni casi anche prima, il loro posizionamento spesso non ha tenuto conto del loro sviluppo futuro. L'obiettivo è quello di conservare alberi che si dimostrino sani e stabili in presenza degli eventi meteorologici che normalmente possono verificarsi, intervenendo il più possibile con potature volte a migliorarne lo stato di salute e a scongiurare ogni eventuale criticità. «Non si può tuttavia sottovalutare che tutti gli alberi conservano inevitabilmente una certa dose di propensione al cedimento e, quindi, di pericolosità. Non è possibile garantire che un albero sarà sano e strutturalmente sicuro in tutte le circostanze o per un preventivato periodo di tempo - ha ricordato Bussani -. A seguito degli interventi proposti, però, si ritiene altamente improbabile lo schianto di piante o di branche, anche se il rischio "zero" non può essere garantito, in relazione a molti fattori, come il fatto di lavorare con materiale vegetale in continua evoluzione e con eventi meteo che negli ultimi anni assumono anche caratteristiche di eccezionalità».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 novembre 2019

 

 

Una Giornata e tanti eventi per celebrare l'amico albero

A Trieste il Comune domani dà il via alla festa alla scuola dell'infanzia Borgo Felice

Un festa centenaria, giocata sui concetti di rispetto e del saper "prendere cura" di qualcosa. È la Giornata nazionale degli alberi, celebrazione le cui origini in Italia pare si leghino a spunti del fine Ottocento perfezionati poi negli anni Venti, sino alla rivisitazione ufficiale avvenuta nel 2010. Epoche e nomi diversi ma un solo messaggio, quello della tutela dell'ambiente e di una maggiore consapevolezza del respiro ecologico, temi recepiti dal Comune di Trieste sulla base di un ciclo di iniziative in programma sino al 13 dicembre. La festa in salsa agreste parla soprattutto ai giovani: ecco quindi che domani alle 10, alla scuola dell'infanzia Borgo Felice di via del Pane bianco 14, a Servola, va in scena la messa a dimora di un albero dono del Comune, sorta di rituale con la partecipazione dei bimbi del nido comunale. Giovedì, data ufficiale della festa, si replica in varie sedi: un teatro è la scuola dell'infanzia Pallini di via Pallini, luogo (alle 9) di una messa a dimora di due alberi dono del Comune di Trieste ai nuovi nati del 2019, progetto istituito in collaborazione con la Quinta Circoscrizione e che vedrà gli assessori Elisa Lodi e Angela Brandi in veste di madrine. Al giardino di Villa Bazzoni in via Navali 9 (alle 10), presentazione dell'attività didattica a favore di bimbi della scuola dell'infanzia dell'Istituto Sacro Cuore di Gesù, della Casetta di via Besenghi e dell'asilo nido Mapà di via Testi; alle 11, altro "battesimo" di due alberi donati dal Comune. Il cartellone di giovedì prevede inoltre, alle 13, l'incursione nell'area giochi del Giardino pubblico dove debutta l'albero donato dalla Fondazione Lucchetta Ota D'Angelo Hrovatin, grazie anche alla collaborazione con gli studenti del liceo Carducci. Due le tappe pomeridiane: alle 15 in piazzale Gioberti, con ben 20 nuovi alberi, qui dono dell'associazione Il Ponte, e alle 15.30 alla scuola Tomazic di Trebiciano, dove spuntano altri due alberi (II Circoscrizione Amministrativa). Ma anche Legambiente assieme a Bioest, Il Ponte, Proloco San Giovanni Cologna, Luna e L'altra hanno in programma la Festa dell'albero: giovedì alle 15, dopo la piantumazione di uno dei venti alberi in piazzale Gioberti, alle 15.10 allegro girotondo dei bambini della scuola dell'infanzia Finzi Grego; alle 15.20, lettura del messaggio "Amico albero amico di vita" da parte delle classi V della scuola primaria Suvic e alle 15.30 letture sotto l'albero a cura di L'una e l'altra per raccontare la storia e l'importanza degli alberi.

Francesco Cardella

 

Bar Knulp - Docufilm sulle lotte per l'ambiente in India

Oggi alle 18.30 al bar Knulp di via Madonna del Mare, Sinistra Anticapitalista Trieste presenta il documentario "Drowned out" dedicato alle lotte per l'ambiente, dove la scrittrice indiana Arundathi Roy spiega il significato nefasto delle grandi opere e racconta le lotte dei contadini indiani contro una immensa diga nell'India centrale. Nei piani del governo e delle grandi compagnie interessate all'ambizioso progetto, ampie porzioni di territorio verranno inondate divenendo bacini del sistema. I terreni destinati a ospitare i bacini ospitano popolazioni che vivono sostentandosi con l'agricoltura.

 

Salone degli Incanti - Incontro pubblico sullo spreco d'acqua

Si intitola "Acqua, una ricchezza da non sprecare" l'incontro promosso da Cna e in programma oggi alle 16.45 nell'auditorium del Salone degli Incanti. Si tratta di un'occasione di riflessione e confronto a cui sono invitati tutti i soggetti che possono e devono contribuire a non sprecare quel bene prezioso, dagli amministratori ai cittadini.

 

 

SEGNALAZIONI - Caccia Non ci si rilassa uccidendo animali

Sulla caccia mi riesce difficile rapportarmi con chi ha una concezione così diversa della vita e del rispetto della sofferenza e per questo motivo non vedo perché dovrei dare credito a quanto affermato da Fabio Merlini (Federcaccia), dal momento che mi sembra decisamente una parte in causa. Quello che ho scritto nella lettera precedente non è una mia idea basata su una concezione idilliaca della Natura, ma quanto affermato più volte, dalla Lega Antivivisezione che, oltre a battersi contro ogni forma di inutile violenza, propone sempre soluzioni che non sono mai campate in aria, come fa intendere il tono della sua risposta. Detto questo sono convinta che la contraccezione possa essere più onerosa e complicata, ma questo non vuol dire che non si debba fare. Sarebbe ora che l'uomo la smettesse di sentirsi il padrone del mondo, in diritto di uccidere o provocare sofferenza agli animali. Ma capisco che, per chi si diverte e si rilassa uccidendo, questa possa sembrare un'idea disneyana.

Daniela Schifani Luchetta

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 novembre 2019

 

 

Ennesimo allagamento in centro a Muggia Villaggio del Pescatore, regge il mini Mose - I comuni lungo la costa

TRIESTE. Nuova giornata campale causa maltempo, ieri, per i Comuni del circondario di Trieste, in particolare in quelli esposti alle mareggiate e cioè Muggia e Duino Aurisina. Nel primo è stata particolarmente difficile la mattinata, in quanto lo scirocco ha iniziato a soffiare molto forte prima del previsto. La situazione non è stata così grave come martedì, quando i titolari dei negozi e dei pubblici esercizi del centro cittadino si sono ritrovati con l'acqua all'interno dei loro locali, ma ugualmente le difficoltà sono state notevoli. «L'acqua è arrivata fino alla piazza del Municipio e alla via Dante - ha confermato il sindaco, Laura Marzi - e i negozianti e i pubblici esercenti hanno dovuto nuovamente cercare di fronteggiare la situazione, cercando di limitare i danni». L'intera zona attorno al Mandracchio in altre parole ha subito un nuovo allagamento, anche se in proporzioni meno pesanti rispetto all'apice del fenomeno, registratosi appunto martedì. Dopo mezzogiorno la situazione è tornata a normalizzarsi, ma la preoccupazione è rimasta notevole, anche perché le previsioni per la parte finale della settimana che inizia oggi sono pessime. Oggi dovrebbe esserci tempo migliore, ma già domani le piogge dovrebbero tornate abbondanti. Mercoledì e giovedì nuova pausa ma, da venerdì in poi, arriveranno nuove perturbazioni.«Siamo in costante monitoraggio delle previsioni del tempo - ha ripreso Marzi - e comunque dobbiamo tenere conto del fatto che alcuni aspetti, come per esempio l'alzarsi del vento, possono mutare indipendentemente dalle rilevazioni degli strumenti, perciò se lo scirocco comincia a soffiare improvvisamente, le difficoltà aumentano». È del resto noto che l'attendibilità delle previsioni del tempo cala proporzionalmente con l'aumentare della distanza temporale rispetto al momento al quale si riferiscono. Sono cioè più valide nelle prime 24 o 48 ore, lo sono molte meno per quelle successive. «Abbiamo le Polizia locale sempre all'erta - ha concluso il sindaco di Muggia - e siamo in costante collegamento con la centrale di crisi che è stata installata, con competenza per tutta la regione, a Palmanova». Un ragionamento simile è quello che ha fatto Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina. «Il momento peggiore - ha precisato - è stato martedì, poi ci siamo attrezzati e, grazie alla collaborazione della Protezione civile e dei cittadini, siamo riusciti a mantenere la situazione sotto controllo». Come sempre, il punto più esposto alle mareggiate nel territorio comunale di Duino Aurisina, è quello del Villaggio del Pescatore. «Il mini Mose non è ancora del tutto realizzato - ha aggiunto Pallotta - ma la parte esistente ha assolto al meglio al compito per il quale è stato costruito, perciò non abbiamo registrato danni. Certo il disagio c'è stato - ha proseguito il sindaco di Duino Aurisina - perché l'acqua ha superato i livelli di guardia, arrivando sulle strade più vicine al mare, ma non ci sono stati danni nelle abitazioni. Il problema peggiore per noi - ha continuato Pallotta - è quello nel quale inizia a soffiare il vento di scirocco, fenomeno che, se abbinato all'alta marea, può provocare conseguenze peggiori per tutti». Ieri molti dei proprietari delle barche ormeggiate negli spazi d'acqua delle numerose società nautiche del territorio hanno approfittato della giornata festiva per andare a verificare la tenuta degli ormeggi e, anche in questo caso, sembra non si siano verificati danni alle imbarcazioni. «Siamo in contatto anche noi con la Regione - ha concluso Pallotta - e continueremo in questa maniera anche nei prossimi giorni finché questa emergenza non sarà finalmente conclusa». 

Ugo Salvini

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - DOMENICA, 17 novembre 2019

 

 

Acqua alta, Venezia in allarme per nuovo picco previsto alle 13. Stop per un anno alle rate dei mutui

Nella notte l'acqua è tornata a salire, il nuovo picco dovrebbe arrivare a 160 centimetri. Bar e negozi alzano le paratie.

Il sindaco Brugnaro nominato commissario, firmata l'ordinanza per contributi di 5mila euro ai privati e di 20mila alle aziende.

VENEZIA - Il giorno di tregua è già passato e Venezia si prepara per una nuova super-marea prevista in tarda mattinata: verso le 13 si attende acqua alta di 160 centimetri sopra il medio mare, acqua che ha ricominciato a salire intorno alle 3 di questa notte. Lungo le calli i negozi e i bar che hanno scelto di rimanere aperti hanno alzato le paratie di metallo. Chi non le aveva è corso ai ripari, ha fatto fare pannelli di legno, che da ieri sera ha sistemato come poteva. In molti locali, le poltrone, le sedie, i cuscini sono già stati messi in bilico sui tavoli, più in alto che si può. Nei bar la zona fruibile è limitata, ma presto si chiuderà del tutto, raccontano, perché l'acqua arriverà all'altezza dei tavoli. Lo stesso vale per gli hotel, dove la colazione è stata anticipata dalle 6:30 perché poi il pianterreno si allagherà. Dopo la mareggiata di martedì notte, in città moltissime prese elettriche sono ancora fuori uso, così come gli ascensori, i computer, i pos dei negozi. Anche le macchine per convalidare i biglietti ai vaporetti, non funzionano più. Un'altra giornata durissima, dunque, se le previsioni saranno rispettate. Intanto procede la macchine degli interventi per l'emergenza, con la firma dell'ordinanza della Protezione Civile che ha assegnato al sindaco Luigi Brugnaro il ruolo di commissario delegato, per l'impiego dei 20 milioni di euro già stanziati dal governo, da suddividere nei rimborsi di 5mila euro per i privati e di 20mila per le aziende, secondo lo schema indicato dal premier Conte. Brugnaro avrà 40 giorni di tempo per redigere il piano, potendo derogare al Codice dei contratti pubblici, e tra pochi giorni metterà a disposizione dei veneziani la modulistica per segnalare i danni di maggiore entità. Nell'ordinanza c'è la conferma della sospensione del pagamento dei mutui per un anno. E anche un contributo - da 400 euro a 900 euro mensili a seconda dei componenti del nucleo familiare - per chi ha avuto la casa inagibile a causa della marea e troverà autonomamente una sistemazione abitativa. In città oggi sono giunte anche la presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, e il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, insieme al capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, per portare solidarietà ai veneziani e alle forze di polizia e ai vigili del fuoco. "In questo momento non c'è bisogno di polemiche, di fronte ad una situazione del genere devono sparire le differenze politiche e ci deve essere solo l'interesse per Venezia" ha detto la responsabile del Viminale. Tuttavia qualche segno di contestazione, dopo i molti 'passaggi' politici su san Marco allagata, si è registrato in città: sul ponte di Rialto gli attivisti del movimento 'Fridays for future" hanno srotolato uno striscione che diceva "Da Venezia a Matera, basta passerelle elettorali". E all'arrivo della presidente del Senato in piazzale Roma un'altra piccola contestazione è stata inscenata da un gruppo di una quindicina di manifestanti, attrezzati con pala e stivaloni da acqua alta. Momenti di gioia ha regalato invece a Venezia la presenza della Nazionale azzurra di Roberto Mancini, reduce dal successo di ieri sera in Bosnia. Una delegazione composta dal presidente federale, Gabriele Gravina, dal capodelegazione, Gianluca Vialli, e dal portiere, Gianluigi Donnarumma, si è recata in centro città per una visita di solidarietà dopo l'acqua alta eccezionale di martedì. "A nome di tutta la squadra, siamo vicini alla città di Venezia e mandiamo un grande abbraccio a tutti" ha detto Donnarumma, dal centro di pizza San Marco ancora coperta dalla marea. Adesso però le apprensioni di Venezia sono rivolte a ciò che potrebbe succedere oggi. Le previsioni meteo lasciano pochi spiragli: la sciroccata durerà a lungo, fino a 18 ore, e sarà tale da prender dentro due punte di massima, con in mezzo un picco di minima, che non scenderà mai sotto il metro. In sostanza  Venezia rimarrà sommersa fino al pomeriggio di oggi. "La marea si manterrà su valori molto alti per diversi giorni" si legge sul sito del Centro del Comune, che prevede fino a martedì picchi sopra il metro, leggendo più avanti un affievolimento dei fenomeni.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 16 novembre 2019

 

 

Cna - Acqua e sprechi - Cittadini a confronto

Martedì alle 16.45 all'Auditorium dell'ex Pescheria la Cna organizza un pomeriggio di riflessione a cui sono invitati tutti i soggetti che possono e devono contribuire a non sprecare quel bene vitale e prezioso che è l'acqua. A confronto rappresentanti istituzionali, esperti e cittadini.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 novembre 2019

 

 

Nel 2100 la super marea di oggi sarà la norma sulle nostre coste

Lo studio dell'agenzia Enea: «L'innalzamento del mare renderà permanente il fenomeno» Nel golfo di Trieste rischiano di finire sott'acqua le città di Grado e Marano. Erosi i litorali

L'acqua di mare che in questi giorni ha sommerso le rive di Trieste e del resto della regione è un fenomeno che nel futuro potrebbe diventare una consuetudine. Anzi, secondo la ricerca effettuata dall'Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) per conto del Sole 24 Ore, nel giro di 80 anni vedere il mare allo stesso livello del molo Audace o il Canal Grande alla stessa altezza di via Rossini sarà cosa normale. Il motivo? Il continuo e inesorabile innalzamento del livello dell'acqua marina, al quale stiamo andando incontro in maniera costante. Nei prossimi 30 anni, infatti, secondo i dati raccolti da questa ricerca, il mar Mediterraneo si alzerà mediamente di 30 centimetri lungo le coste e i porti dello Stivale, e di 90 centimetri/un metro nel giro di novant'anni. Con alcune aree nelle quali l'innalzamento marino potrebbe anche essere maggiore e che nemmeno l'Adriatico e il golfo di Trieste potranno, allo stato attuale, esimersi dall'andare incontro. Scambio di calore «Tra tutte le variabili climatiche in fase di cambiamento - spiega Gianmaria Sannino, il climatologo dell'Enea che ha redatto l'indagine per il Sole 24 Ore - il livello del mare è una di quelle già pesantemente compromesse». Per trovare il motivo bisogna partire dallo stato degli oceani per poi studiare il Mediterraneo e l'Adriatico con le loro peculiarità che, per certi aspetti, differiscono da quelle dei grandi mari. «L'immaginario comune vuole che il livello del mare si alzi a causa della fusione dei ghiacci terrestri - spiega Sannino - che è certamente vero, ma non è chiaro a tutti che va tenuto conto anche di uno scambio termico in atto fra mare e atmosfera. Il 93% di tutto il calore prodotto dalla Terra in eccesso dal 1860 (anno dell'inizio delle rilevazioni) ad oggi è finito negli oceani e non nell'atmosfera». In pratica, secondo il ricercatore dell'Enea, il 60% della variazione del livello del mare dipende dalla fusione dei ghiacci, mentre il 40% dipende invece dall'espansione termica. nei nostri mari«Passando al Mediterraneo - sempre seguendo il filo logico del ricercatore dell'Enea -abbiamo potuto vedere che nel mare che ci riguarda più da vicino la componente della dilatazione termica ha un peso ancora più importante». Pur essendo molto più piccolo rispetto all'Atlantico, il Mare Nostrum avrà zone diverse di innalzamento. Ecco il perché dello scostamento nell'innalzamento fra 0,9 e 1,1 metri. Da questo punto di vista l'Adriatico è una di quelle parti di mare che si alzerà di meno. Qui, però, al fattore climatico si inserisce anche quello geologico. Nel mare Adriatico è presente la subsidenza, ossia quel fenomeno che porta ad abbassare la terra sul quale il mare poggia. «Pertanto - conclude Sannino - nel nord Adriatico il mare si innalzerà meno di altre parti del Mediterraneo per motivi climatici, mentre avranno una maggiore rilevanza gli impatti geologici». Trivellazioni - All'aspetto geologico naturale, però, va aggiunto anche quello indotto. Il mare Adriatico, soprattutto nella sua parte centro-meridionale, è zona di trivellazioni. Costituisce perciò un territorio dalla subsidenza indotta che non fa altro che accelerare la fase di innalzamento marino. «È una questione fisica - ammette Sannino - se le falde di questa parte di mare vengono sfruttate in maniera considerevole, ecco che viene a mancare quella pressione che "spinge" in alto la terra. Di conseguenza questa tende ad abbassarsi». Golfo di Trieste Il problema dell'innalzamento marino esiste, quindi, e la speranza che possa ridursi in futuro gode di pochi estimatori. Ma cosa accadrà al golfo di Trieste, se l'uomo non sarà capace di porvi rimedio nel corso degli anni? «Quanto visto in questi ultimi giorni di mareggiate potrebbe essere la quotidianità - spiega Cosimo Solidoro dell'Ogs - se il mare si alzerà, come dice la ricerca, di 0,98 metri è chiaro che una parte delle nostre coste verranno erose. Grado e Marano, tanto per capirci, rischiano di andare sott'acqua». In caso di episodi come quelli accaduti negli ultimi giorni le conseguenze sarebbero ancora peggiori. «Se a quel 0,98 metri in più le acque si dovessero alzare di un ulteriore metro per le ondate e le maree - spiega Solidoro - l'impatto sarebbe devastante, si potrebbero spazzare via l'intero litorale». Resta evidente, perciò, che lo scenario al quale stiamo andando incontro impone una serie di risposte e di strategie che consentirebbero di fronteggiare il pericolo "acqua alla gola". «È anche vero che a questo innalzamento non si giungerà in un giorno - conclude Solidoro -. Non è una condanna scritta sulla pietra, abbiamo 80 anni di tempo per trovare un rimedio. Se per esempio riducessimo le emissioni di CO2 probabilmente si potrebbe ridurre l'innalzamento di mezzo metro nello stesso arco temporale».

Lorenzo Degrassi

 

L'Isola d'oro la più sofferente con oltre 10 milioni di danni

È la prima stima del sindaco Il capo della Protezione civile Borrelli in sopralluogo per verificare la situazione: «Procedure più snelle»

GRADO. Anche se è ancora impossibile quantificare esattamente quanti siano stati i danni, il sindaco di Grado Dario Raugna ha azzardato una cifra affermando che i danni di questa ondata di maltempo supereranno sicuramente i 10 milioni di euro. Ieri è stata un'altra giornata impegnativa per continuare a sistemare le varie attività ferite, e non poco, dal mare ma anche perché a Grado è arrivato il capo del Dipartimento della Protezione civile nazionale, Angelo Borrelli, accompagnato oltre che dal suo staff e dai responsabili regionali anche dall'assessore regionale alla Protezione civile, Riccardo Riccardi. Indubbiamente la località più colpita in assoluto nella nostra regione è risultata Grado tanto che Borrelli s'è fermato parecchio tempo per esaminare tutte le varie situazioni. Il sindaco Raugna (presente anche il vicesindaco Matteo Polo) ha elencato a grandi linee quali sono i danni più evidenti, e le problematiche annesse, che hanno colpito Grado. Parliamo della diga che ha subito parecchi danni strutturali, dell'erosione delle spiagge, degli argini della laguna, in particolare quelli delle valli da pesca. La richiesta del sindaco, oltre degli interventi finanziari necessari. Per questa mattina, attorno alle 10.15-10.30 è previsto un altro picco di acqua alta (le scuole sono chiuse precauzionalmente ancora oggi), ma tutto dipenderà anche dalle altre componenti meteo. Nella sede della Protezione civile dell'Isola della Schiusa sono a disposizione dei sacchetti di sabbia da utilizzare come protezione.

Antonio Boemo

 

 

Tutela e restauro di beni culturali: ok al nuovo polo in Porto vecchio

Il Magazzino 20 concesso gratis per 5 anni dal Municipio alla Direzione archeologia, belle arti e paesaggio del Fvg

Il Comune supera il "confine" tra il polo culturale-espositivo e la grande fascia di hangar e magazzini che in Porto vecchio arriva fino alla cittadella Greensisam. Infatti, immediatamente oltre il reticolato, concede in comodato d'uso gratuito il Magazzino 20 alla Direzione generale archeologia-belle arti-paesaggio del Friuli Venezia Giulia. L'organo periferico del MiBac ha la disponibilità di un finanziamento da 1 milione 350 mila euro, per trasformare la vecchia struttura mercantile in un centro di attività vocato alla tutela, al restauro, alla conservazione del patrimonio culturale. Se ne parlava da tempo e adesso si è giunti a concretizzare la richiesta ministeriale. La concessione durerà cinque anni, l'intervento di recupero e di riqualificazione - spiega la delibera portata in giunta dal sindaco Dipiazza - motiva la gratuità dell'operazione. In carico al comodatario gli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria. L'atto giuntale si è reso necessario in quanto la Soprintendenza non può impegnare fondi ministeriali su un immobile di un altro ente, senza un passaggio formale di «obbligazione reciproca». Il "20" si presenta con un'altezza di oltre 15 metri ripartita su 4 piani, con una superficie coperta di 930 metri quadrati e con una superficie totale di 3632.Spetterà a Luigi Leonardi, da alcuni mesi responsabile della gestione immobiliare, il "closing" con palazzo Economo. La concessione del "20" è uno dei numerosi movimenti che riguardano Porto vecchio in questo ultimo scorcio dell'anno. L'altra mattina si è svolto il programmato incontro tecnico Regione/Comune/Autorità per fare il punto sullo stato di avanzamento di società consortile, relativa "governance", variante al Piano regolatore, accordo di programma. La Regione sembra incline a procedere dopo l'adozione dello strumento urbanistico da parte del Municipio: è probabile che si addivenga alla sottoscrizione di un atto d'intenti preparatorio dei successivi step. La variante, che segue un cronoprogramma amministrativo obbligato, dovrebbe essere approvata dal Consiglio comunale a febbraio-marzo. Nel corso della riunione spazio anche al restauro della gru "Ursus", al quale sono destinati ben 3 milioni provenienti dai 50 stanziati dal MiBac (33 sul Museo del mare, 14 sulle infrastrutturazioni viarie-reti ecc.): l'intervento, a cura dell'Autorità, deve focalizzare il "cosa fare" dell'impegnativo reperto. Il Comune non vorrebbe più sentire parlare di musei e preferirebbe qualcosa di diverso, più "pop", come un ristorante panoramico. Dipiazza ha poi incontrato operatori interessati a investire nella porzione "ludica" di Porto vecchio, quella che nelle linee pianificatorie comunali occupa la parte a nord, dal polo culturale-espositivo in direzione di Barcola. Il sindaco aveva già ricevuto attenzioni per la gestione sportiva dell'area, dove sono in corso analisi ambientali per verificare le condizioni ereditate dalla discarica Barcola-Bovedo.Infine, procede secondo cronoprogramma la realizzazione del centro congressi Tcc, il maggiore cantiere aperto in questa fase in Porto vecchio. All'interno dei Magazzini 27-28 sono stati montati gli impianti di condizionamento, 14 macchine fabbricate dalla Roccheggiani, azienda che opera a Camerano in provincia di Ancona. La spesa ammonta a 1,1 milioni di euro. Adesso bisogna attendere il responso delle Generali per quanto riguarda l'investimento negli arredi: si parla di tre graduazioni di intervento, da 1,7 a 3,8 milioni. La decisione è imminente. 

Massimo Greco

 

 

Trieste riconosciuta «città fiorita» Sesta in Italia per verde pro capite

L'Associazione florovivaisti certifica la qualità di parchi e giardini: «Nonostante la bora e i vandalismi urbani la dotazione è rilevante»

«Trieste è fiorita": lo dice Asproflor (ovvero l'Associazione produttori florovivaisti) che domenica ha conferito al comune il marchio nazionale di qualità 2019. Una certificazione rimarchevole che, al di là del nome fuorviante, riconosce all'amministrazione cittadina un merito ben più ampio rispetto all'arricchimento del decoro urbano con qualche fioriera: esso attesta infatti l'attivo impegno profuso nel miglioramento del quadro di vita quotidiano. Dal roseto dell'ex ospedale psichiatrico al Bosco del Farneto, infatti, Trieste risulta la sesta città in Italia per verde pro capite e possiede oltre 120 mila alberi. Nelle conclusioni della commissione si legge: «La superficie verde del territorio può sembrare, a prima vista, ridotta ma, ad un'analisi più attenta, Trieste si scopre una città molto ricca di verde. Nonostante le limitazioni imposte dalla bora e dal fisiologico vandalismo presente in una grande città, la dotazione di fioriture è rilevante». Ma quali sono i "parametri che hanno soddisfatto la giuria? Il comune ha superato i 76 punti previsti dal regolamento della certificazione e si è distinto in particolare per la bontà di "azioni ed educazione ambientale" (le politiche, gli statuti e i programmi tesi al riciclaggio, alla gestione dei rifiuti e alla riduzione di sprechi), "ordine pulizia e decoro urbano" (il lustro degli spazi pubblici nella loro interezza e le azioni di prevenzione al vandalismo), "verde pubblico e fioriture" (la selezione, l'impianto, la manutenzione degli alberi e la pianificazione fruttuosa con successiva costruzione di parchi e spazi verdi). I giudici Enrico Leva, Gabriele Schetter e Luca Zanellati hanno apprezzato la promozione di mobilità sostenibile, con l'adozione di uno specifico piano urbano, l'adesione al Paes (Piano d'azione energia sostenibile), con il quale si intende ridurre la produzione di CO2 del 20%, la buona qualità dell'aria, l'illuminazione a led e il fotovoltaico presente su alcune scuole, e altro ancora. 

Stefano Cerri

 

 

Sabati Ecologici, raccolti rifiuti per 90 tonnellate - il consuntivo dell'iniziativa ambientale

Oltre 90 tonnellate di rifiuti ingombranti tra vecchi arredi, cosiddette "Raee" (apparecchiature elettriche ed elettroniche), inerti, pile, batterie, pneumatici, olii vegetali e molto altro. È il risultato dei "Sabati Ecologici 2019", l'iniziativa antidegrado promossa da AcegasApsAmga e Comune di Trieste. I cittadini, fa sapere la stessa Acegas, hanno così dimostrato «il proprio coinvolgimento» nell'evento, consistito in un tour di 12 tappe, in altrettanti quartieri e altrettanti sabati da marzo a novembre, di cui si è reso protagonista il centro di raccolta mobile di AcegasApsAmga «per offrire l'opportunità di smaltire correttamente quelle tipologie di rifiuti che non possono essere conferite con l'ordinario servizio di raccolta», senza dover per forza recarsi in uno dei centri di raccolta presenti sul territorio. La multiutility ricorda che, in tutto, sono quattro: quello di via Carbonara a San Giacomo, aperto dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19 e la domenica dalle 9 alle 13, quelli di via Valmartinaga a Roiano e di Strada per Vienna a Opicina, aperti entrambi dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19, e quello di via Giulio Cesare a Campo Marzio, aperto a sua volta dal lunedì al sabato dalle 6 alle 16. AcegasApsAmga ribadisce infine nella nota sui "Sabati Ecologici 2019" diffusa ieri che è «comunque sempre possibile conferire i rifiuti ingombranti, elettronici, insoliti e pericolosi» anche «prenotando al numero verde 800 955 988 il servizio gratuito per il ritiro a domicilio».

 

Non c'è nulla di cui vantarsi per la raccolta dei rifiuti a Muggia - la lettera del giorno di Bruno Baldas

Ha dell'incredibile il vanto del sindaco di Muggia secondo il quale la tassa sui rifiuti resta immutata per "merito dei risultati raggiunti nella raccolta" (Il Piccolo, 11 novembre). Glissa, la signora Marzi, sul metodo avviato nel marzo di un anno fa, dunque 19 mesi, che ha determinato sin dal primo giorno malcontento, disguidi e proteste generali anche eclatanti in tutti i muggesani non solo di colore politico avverso a questa amministrazione ma anche suoi stessi elettori; un metodo perseguito con offensiva indifferenza e senza tenerne alcun conto ma perseverando all'insegna del "tanto prima o poi si stancheranno". Difatti la cittadina si è stancata, o per meglio dire rassegnata, adattandovisi e limitandosi a recriminare senza tregua in tutte le occasioni di discussione nelle strade e negli esercizi pubblici. In questi 19 mesi la situazione persiste sotto gli occhi di tutti: bidoni stracolmi davanti ad ogni casa, sacchi abbandonati sopra di essi e sul selciato, puzze nei mesi estivi. Con il vecchio sistema i contenitori dell'indifferenziata venivano svuotati tutti i giorni e quelli di carta e plastica con periodicità settimanale soddisfacente, oggi lo si fa una volta alla settimana per tutti indistintamente con il risultato che si vede in ogni via. Il risparmio deriva dunque non dalla maggior obbedienza dei cittadini, bensì dal ritmo della raccolta instaurato, del tutto carente ma che fa risparmiare sui costi. Ci si doveva aspettare dunque, a fronte di tale disagio constatato, non solo un mantenimento delle tariffe ma semmai una riduzione, altro che la millanteria di non aver preteso aumenti! E che dire poi del problema di carattere igienico? Ad un condominio che ha chiesto al gestore del servizio (Net spa) un lavaggio periodico dei contenitori, è stato risposto che per contratto col Comune lo si fa una volta al mese solo per l'organico e solo nei mesi estivi, per gli altri (cassonetti da mille litri alti un metro e mezzo) ci si arrangi da soli! Una risposta che definire offensiva è dir poco.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 novembre 2019

 

 

Le colonnine per il bike sharing all'esordio in via XXX Ottobre

Ha preso forma la prima della serie di stazioni previste in città per l'uso di biciclette a noleggio

Prima fila di colonnine per il bike sharing installata in città: si tratta del sistema automatico che prevede l'uso di biciclette a noleggio, in varie zone. La novità è comparsa pochi giorni fa vicino a piazza Oberdan, nel tratto di via XXX Ottobre a lato del capolinea del tram. Quindici i supporti, che ospiteranno altrettante due ruote. Posizionato anche il cartello, in italiano e in inglese, che illustra informazioni utili e riassume dove si troveranno gli altri punti nei quali lasciare o riprendere il mezzo: via Cumano, accanto ai musei comunali, stazione Rogers, piazza Hortis, Stazione Marittima, Teatro Romano, Teatro Rossetti, piazza Libertà accanto alla stazione dei treni, park Bovedo e pineta di Barcola. Il servizio "bits", cioè bike sharing Trieste, mette a disposizione degli utenti un'app, la possibilità di acquistare una tessera e ancora un numero telefonico e uno whatsapp. Il Comune spiega che illustrerà nel dettaglio tutto a breve, in una conferenza stampa che verrà convocata ad hoc, ma di fatto le foto dei supporti hanno già fatto rapidamente il giro dei social in questi giorni. C'è chi ha immortalato anche gli operai al lavoro durante l'installazione delle colonnine, e c'è chi auspica che, a questo punto, vengano implementate anche le piste ciclabili, a beneficio di cittadini e turisti. Su questo fronte interviene anche Ulisse Fiab: «Quelle necessarie, oltre alla Trieste-Muggia e a quella del Porto vecchio - ricorda Federico Zadnich, del sodalizio -, coincidono con i tre assi urbani delle Rive, di via Carducci-via Battisti e di viale D'Annunzio-via Cumano, fondamentali per la mobilità ciclistica, previsti anche nel piano del traffico». E sul tema la Fiab si era già espressa lo scorso anno: «Trieste per diventare una città più ciclabile, ha bisogno di molti altri interventi prioritari e il bike sharing in questo senso rappresenterebbe semmai la ciliegina sulla torta - avevano detto i rappresentanti dell'associazione -. Ai ciclisti, siano essi turisti in visita alla città o residenti e pendolari che usano la bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano, servono però molti altri ingredienti: la sicurezza innanzitutto, la velocità di spostamento, la qualità dei percorsi e la possibilità di avvalersi dell'intermodalità. A questo proposito è chiaro che servizi quali il bike sharing necessitano a priori di un contesto urbano favorevole». Fiab Trieste, «sulla scorta di esperienze simili in molte altre realtà cittadine, più o meno grandi», aveva sottolineato la necessità di interventi da parte dell'amministrazione comunale «quali ad esempio la moderazione della velocità, con zone 30, rotonde compatte e platee rialzate, interventi che favoriscono l'uso della bici su tragitti più brevi, incentivi, ciclo-parcheggi e lotta al furto, diffusione di una cultura della bicicletta e della mobilità sostenibile in generale. Oltre a tutto ciò è evidente anche che va implementata una rete di piste ciclabili continue e di qualità a partire da Porto vecchio e dal percorso Trieste-Muggia. Solo così - questa la conclusione di Fiab - il bike sharing avrà la sua dignità di servizio al cittadino». 

Micol Brusaferro

 

 

Trieste-Vienna in treno con l'obiettivo del 2021

L'idea della tratta di lunga percorrenza al centro di un vertice fra l'assessore Fvg Pizzimenti e una delegazione austriaca

Dopo una decina d'anni si ritorna a parlare di un collegamento ferroviario tra il Friuli Venezia Giulia e l'Austria. L'obiettivo è una tratta di lunga percorrenza Trieste-Udine-Vienna. Graziano Pizzimenti, assessore regionale ai Trasporti, non esclude che ci si possa arrivare entro un anno e mezzo, forse anche prima, «se sapremo giocarcela a livello di Regione». Di certo le parti hanno iniziato a parlarsi alla luce del costante aumento del numero di viaggiatori. Il progetto avrebbe valenza soprattutto turistica, hanno concordato in un incontro a Trieste il Fvg, rappresentato da Pizzimenti, e la delegazione carinziana, con a capo l'assessore ai Trasporti e Turismo Sebastian Schuschnig. Il punto di partenza è il Micotra, il servizio istituito nel 2012 dalla Regione assieme al Land carinziano per unire Udine e Villaco, affidato a Ferrovie Udine-Cividale, che lo realizza con le Österreichische Bundesbahnen. All'epoca fu la risposta alla sospensione da parte di Trenitalia dei collegamenti ferroviari con l'Austria. Nel giorno di Santa Lucia del 2009 fu infatti soppresso l'Eurocity per Vienna "Allegro Johann Strass", l'ultimo collegamento diurno oltre il confine tarvisiano. Si parte dunque dalla «consolidata collaborazione» del Micotra (che verrà rinnovato), osserva Pizzimenti: «Il progetto ha portato un valore aggiunto in termini turistici, economici e anche di conoscenza reciproca tra le popolazioni. Vogliamo ora sviluppare l'esistente puntando in primis sul pieno coinvolgimento della società in house della Regione, la Fuc, quale componente strategica dell'iniziativa». L'obiettivo è farcela nel 2021. Il tragitto va ancora però definito. Tra le opzioni in campo, con la linea che passa per Salisburgo, anche quella di un percorso via Maribor, coinvolgendo pure la Slovenia e dando quindi all'operazione un'impronta ancor più transfrontaliera. Quanto alla procedura, Pizzimenti osserva che la parte relativa ai permessi e alle autorizzazioni è di competenza statale e quindi «sarà determinante l'apertura di un dialogo con il ministero al fine di seguire e accelerare il più possibile l'iter amministrativo e burocratico previsto dalla legge». Sul fronte austriaco c'è totale disponibilità, a quanto pare. Schuschnig ha ribadito più in generale a Trieste come non tutte le Regioni d'Europa possano vantare «collaborazioni di questo livello», in virtù dell'importanza in ambito comunitario dei processi di mobilità transfrontaliera, «in un contesto nel quale è in costante aumento il numero di persone che utilizza il trasporto pubblico preferendolo ai mezzi privati, soprattutto nell'ottica dell'intermodalità bici-treno». Dal comitato pendolari arriva intanto una sottolineatura sull'importanza del nuovo contratto di servizio (se ne parlerà a inizio 2020), un piatto da 40 milioni all'anno che «dovrà necessariamente prevedere da parte dell'impresa ferroviaria investimenti al parco rotabile, oltre che una rinnovata offerta di corse, con orari più competitivi e una riduzione dei tempi». Nell'attesa, i pendolari di Trieste dovrebbero poter utilizzare alcuni treni Pop e quelli di Udine alcuni Rock. Trenitalia, nel presentare i 78 nuovi mezzi destinati alla Direzione regionale Veneto, ha reso noto che saranno messi a disposizione anche lungo i binari Fvg della Venezia-Udine e della Venezia-Portogruaro-Trieste. -

Marco Ballico

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 novembre 2019

 

 

A Barcola la cementificazione edilizia continua a scapito del verde - la lettera del giorno di Angelo Lippi

L'edificazione di due palazzi per un totale di 12 appartamenti fronte mare in salita Miramare, per capirsi nella zona del ristorante Old Wild West è una notizia che apprendo dal Piccolo. Sulle prime, in totale buona fede, pensavo di avere letto male l'articolo: credevo di essermi sbagliato perchè a mio parere la notizia mi sembrava davvero assurda. In realtà, ahimè, si è rivelata assolutamente vera. Una delle più belle zone di Trieste, immersa nel verde, dovrebbe essere investita da un progetto di edificazione privata. In merito le domande che mi sorgono spontanee sono ovvie. Con un numero considerevole di abitazioni disabitate, sfitte e vuote da riqualificare, è proprio necessario costruire ancora e per giunta in una zona, quella di viale Miramare, pregiata proprio per il verde e che attira turisti? Le forze politiche che si riempiono la bocca di parole come ecologia e ambiente, dove sono? Come si sono espresse a tale proposito? E soprattutto chi sta autorizzando l'operazione immobiliare? Ricordo, addirittura, che il nuovo governo nazionale ha come primario punto programmatico il problema ambientale e, a livello locale, i referenti di questi partiti su Barcola tacciono? Quale amministrazione è responsabile di questo atto? I triestini hanno il diritto di sapere che cosa sta succedendo a Barcola e chi vuole questa edificazione.

 

 

SEGNALAZIONI - Animali Contraccettivi inadatti per i cinghiali

In risposta all'intervento apparso nella rubrica "segnalazioni", in data 9 novembre, a firma della signora Daniela Schifani Luchetta restiamo sempre perplessi di fronte alla, quanto meno, disinformazione nei confronti della gestione della fauna selvatica e della caccia. Il controllo delle popolazioni delle varie specie selvatiche, regolamentato da apposite leggi, è un'attività fondamentale di gestione faunistica, che si applica come nel caso del cinghiale per ridurre l'espansione e l'impatto sulle colture agricole e per prevenire gli incidenti stradali. Per l'attivazione di forme di controllo basate invece su interventi riguardanti la riproduzione, quali l'immunocontraccezione, bisogna considerare che un contraccettivo ideale da applicare alla gestione dei selvatici dovrebbe essere efficace solo sulle specie target, capace di sterilizzare gli animali per sempre, relativamente poco costoso da produrre e da somministrare sul campo, nonché privo di effetti collaterali per gli animali che si cibano di carcasse trattate con tale contraccettivo. Nessuno dei contraccettivi attualmente disponibili in commercio possiede tutte le caratteristiche sopra menzionate. Questo non lo afferma la Federcaccia bensì l'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) del ministero dell'Ambiente, massimo organo tecnico nazionale in materia di contraccezione. Molte volte il mondo venatorio si è reso disponibile al confronto collaborando con le associazioni ambientaliste, ma risulta invece impossibile ogni collaborazione con certe associazioni animaliste che hanno un'immagine distorta e idilliaca della natura

Fabio Merlini - Federcaccia provinciale Ts

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 novembre 2019

 

 

LO DICO AL PICCOLO - Via dell'Istria Il pericoloso scioglimento dell'asfalto

Mentre i ghiacciai del nostro pianeta si stanno sciogliendo, assistiamo in città a un fenomeno un po' meno importante ma ugualmente pericoloso: o scioglimento da usura dell'asfalto di via dell'Istria. Una strada ritengo insicura e piena di buche crea un rischio per il conducente di un veicolo, che rischia di non vederle e di non frenare in tempo, scivolare e tamponare. Ma le strade dissestate sono un reale pericolo anche per motociclisti e ciclisti. Guidare "saltellando" in continuazione sulla sella del proprio mezzo o facendo lo slalom tra le buche presenti per terra fa aumentare notevolmente il rischio di caduta. Questo non solo per il fatto che si possa perdere il controllo della moto ma anche perché distrae da ciò che ci circonda, il traffico ad esempio. Rappresentano un pericolo per il pedone che, oltre a cadere - e a Trieste abbiamo ai Pronto soccorso varie persone che ruzzolano su strade e marciapiedi insicuri - può essere coinvolto in incidenti causati da veicoli saltellanti o devianti. Via dell'Istria, in particolare nel tratto vicino a piazzale Valmaura, nei pressi del cimitero, è una strada ad alta densità di traffico. Pertanto ritengo che dovrebbe essere tenuta sotto osservazione costante dall'amministrazione comunale proprio per garantire quella sicurezza dei cittadini di cui tanto si parla.

Tiziana Cimolino - medici per l'Ambiente Isde Trieste

 

Mobilità - Documentario Arpa proiettato all'Ariston

Martedì 19 novembre l'Arpa presenta "Gambe", un documentario sulla mobilità sostenibile e sulla sicurezza stradale prodotto dalla Fondazione Michele Scarponi. Il documentario verrà proiettato alle 20.30 al Cinema Ariston - Trieste. Ingresso gratuito.

 

La città e la sua Ferriera

Oggi al Circolo della Stampa (corso Italia 13), alle 17, sarà presentato il libro "Cercando l'oro: Trieste e la sua Ferriera" di Barbara Belluzzo e Andrea Rodriguez. Parteciperà all'incontro il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli. Modera il giornalista Luciano Santin, vicepresidente del Circolo; saranno presenti gli autori. Nonostante la provincia di Trieste sia da anni in cima alle classifiche nazionali per il tasso di incidenza delle malattie tumorali del polmone la popolazione continua a subire gli effetti dell'inquinamento prodotto dalla Ferriera. 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 novembre 2019

 

 

Muggia, la tassa dei rifiuti resta immutata

Il sindaco Marzi: «Merito dei risultati raggiunti nella raccolta». La differenziata è passata dal 46 al 74% in neppure due anni

MUGGIA. «Grazie a una lunga e proficua trattativa con Net i muggesani non avranno alcuna sorpresa nella rata conclusiva del 2019 della Tari». Il sindaco di Muggia Laura Marzi ha ufficialmente rassicurato i propri concittadini chiudendo di fatto una questione sorta solo pochi mesi fa. L'intesa raggiunta con Net spa, la società che ha la gestione del servizio muggesano di raccolta, smaltimento e recupero dei rifiuti solidi urbani e dei servizi di igiene urbana, relativa ad alcune modalità di svolgimento del servizio e alla quantificazione dei relativi costi, seguendo il previsto iter amministrativo, sarà ora sottoposta alla necessaria approvazione del Consiglio comunale di Muggia.Questa intesa consente di non modificare le tariffe deliberate dall'amministrazione comunale in sede di approvazione del bilancio 2019 che confermavano le tariffe dell'anno precedente. Per quanto attiene ai risultati prodotti dal nuovo sistema sulla differenziazione dei rifiuti muggesani, i dati sono peraltro positivi: dal 46 per cento di differenziazione dell'inizio del 2018 si è passati a punte del 74 per cento del riscontro attuale.«I risultati ottenuti in termini di differenziazione, oltre che meritevoli dal punto di vista ambientale, hanno anche degli importanti effetti economici consentendo di contenere l'aumento dei costi di smaltimento dei rifiuti che hanno colpito gli operatori del settore (non solo su scala nazionale) e, conseguentemente, tutte le amministrazioni comunali e in speciale modo chi ha bassi livelli di differenziazione», ha commentato il sindaco Marzi. L'economia stimabile è quantificabile in circa 130 mila euro. Tanto sarebbe stato l'aumento del costo del servizio da recuperare necessariamente attraverso la tassa richiesta ai contribuenti (per legge tutti i costi del servizio devono essere recuperati attraverso il prelievo fiscale). L'intesa raggiunta con l'amministrazione e la definizione delle pendenze con la Net costituiscono, in oltre, il presupposto imprescindibile per avviare una nuova fase del sistema di raccolta cosiddetto "porta a porta".Nelle intenzioni dell'amministrazione comunale di Muggia c'è ora la volontà di avviare lo studio e la realizzazione di un nuovo e più moderno e funzionale sistema di raccolta per quanto concerne il centro storico di Muggia e le sue zone limitrofe: un intervento di miglioria del servizio che in base al pensiero della giunta comunale Marzi dovrà facilitare i cittadini e le attività produttive nella gestione quotidiana dei rifiuti consentendo, al contempo, un abbattimento dei costi dello stesso.

Riccardo Tosques

 

SEGNALAZIONI - Rimozione fogliame - I soffiatori sono pericolosi

Giovedì 7 novembre alle 8.15 circa transitavo col mio motorino in via Crispi. Appena attraversato l'incrocio con via Rossetti trovai due addetti alla pulizia stradale di cui uno aveva in mano un soffiatore in funzione. Mi trovai con un gusto di sale in bocca che mi rimase per una mezz'ora. Segno evidente che la polvere della strada sollevata dal soffiatore mi arrivò in bocca! E non è la prima volta che ciò mi succede. Sempre nello stesso punto una mattina di qualche tempo fa fui investito dalla polvere sollevata proprio mentre stavo attraversando l'incrocio col rischio che mi arrivi negli occhi annebbiandomi la vista proprio in quel punto pericoloso che richiede molta attenzione! Un'altra volta ancora fui investito dalla polvere sollevata dal soffiatore mentre mi trovavo sul marciapiede di via Battisti nei pressi dell' Oviesse.Ritengo che tali episodi siano assolutamente inaccettabili. Invito le autorità competenti a prenderne atto e a prendere i necessari provvedimenti per evitare nel modo più assoluto il loro ripetersi.

Diego Logar

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 novembre 2019

 

 

Rifiuti, Italia a due velocità Centomila tir all'anno in viaggio tra le regioni - Il rapporto di Utilitalia: Centro-Sud arretrato

Nei rifiuti, l'Italia è un Paese a due velocità: un Centro-Nord con performance di servizio ed impiantistica paragonabili o addirittura migliori dei più avanzati Paesi europei, e un Centro-Sud arretrato, con bassa raccolta differenziata, poco recupero energetico. Risultato finale: molto export e molta discarica. Questo il dato più significativo del recente rapporto di Utilitalia presentato a Ecomondo. Oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani viaggiano da regione a regione (l'export estero è di circa 350. 000 tonnellate): si esporta di tutto, rifiuti organici e compostaggio (1,3 milioni di tonnellate), rifiuti per i termovalorizzatori (650.000 tonnellate) e rifiuti per le discariche (600.000 tonnellate). Centomila tir che viaggiano per le strade italiane piene di rifiuti, 350 al giorno, 170 dalla sola città di Roma. Una scelta contraria al principio di prossimità e che genera inquinamento e spreco di energia. Al di là delle disomogeneità territoriali, l'intero sistema Paese è lontano dagli obiettivi della nuova Direttiva comunitaria sull'economia circolare, da approvare entro primavera 2020, che fissa per i rifiuti urbani al 2035: il 65% di riciclo, 10% massimo di discarica e il resto a recupero energetico. Il quadro è chiaro: per gestire al meglio i flussi di rifiuti e per raggiungere gli obiettivi europei di una corretta gestione è indispensabile dotarsi di tutti gli impianti necessari.

Alfredo De Girolamo

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 novembre 2019

 

 

Dai bonus infissi ai contributi per la rottamazione - La manovra si svela

Definite le poste principali della Finanziaria da oltre 4 miliardi Prevista l'estensione degli sconti studenti su autobus e treni

Trieste. La legge di stabilità regionale 2020 comincia a prendere forma. La manovra licenziata ieri dalla giunta Fedriga pesa oltre 4 miliardi e già cominciano a delinearsi alcune misure cardine. Modifiche e integrazioni arriveranno durante il lavoro delle Commissioni e nelle sedute di dicembre del Consiglio regionale, ma al momento l'esecutivo punta sull'estensione alle tratte urbane dello sconto studenti sul trasporto pubblico e valuta di introdurre un contributo rottamazione per i veicoli inquinanti, mentre dovrebbe essere cosa fatta il ritorno del bonus per l'installazione di nuovi infissi nelle abitazioni private. La giunta ha diffuso ieri soltanto le dotazioni a disposizione dei singoli assessorati, ma una bozza del testo ha cominciato a circolare e permette di fornire le prime anticipazioni sul ddl che lunedì verrà esaminato dal Consiglio delle autonomie locali per l'approvazione di rito. L'unica anticipazione ufficiale l'ha fatta il governatore Massimiliano Fedriga durante una diretta Facebook, in cui ha annunciato la volontà di estendere «lo sconto del 50%» per l'acquisto di biglietti e abbonamenti da parte degli studenti «anche al trasporto pubblico urbano» oltre che extraurbano. L'assessore alle Finanze Barbara Zilli fa invece sapere che ci sono a bilancio 20 milioni di maggiori entrate grazie alla ripresa dell'economia. E nel comunicato di Palazzo di ieri spuntano i numeri principali, anche se è complicato il confronto con l'anno scorso, quando l'esecutivo non rese note le macrocifre in avvio di percorso. Come previsto la manovra pareggerà poco sopra i 4 miliardi, con Salute e Protezione sociale sostenute con 2,7 miliardi: sanità e welfare conquistano come al solito oltre metà delle risorse a supporto, spiega Zilli, anche al ddl di riforma della programmazione socio-sanitaria in aula a dicembre. Un altro finanziamento molto consistente riguarda i Trasporti (323 milioni). Lavoro, famiglia e formazione conquistano a loro volta 121 milioni, anche per la messa a regime del contributo per l'abbattimento delle rette per i nidi d'infanzia a partire dal secondo figlio e per il rafforzamento del sistema dei Centri per l'impiego. Lunedì il Cal entrerà soprattutto nel merito dei 725 milioni annunciati per la "periferia": risorse che dovranno pure accompagnare il nuovo assetto, con le Comunità e le aree vaste ripescate dalla giunta Fedriga. In quella voce rientra tra l'altro un provvedimento tutto padano: 3, 8 milioni dedicati al fondo per la sicurezza urbana e per l'adozione di steward urbani, mentre altri 3 milioni verranno destinati all'installazione di sistemi di videosorveglianza negli asili. Per Sergio Bini e le Attività produttive ecco invece 87 milioni, nell'anno in cui diventerà operativa la nuova agenzia Lavoro&SviluppoImpresa Fvg. Nel riparto entrano quindi i 63 milioni per le Risorse agroalimentari, i 53 milioni per Cultura e Sport, gli 80 milioni per l'Ambiente (35 dei quali serviranno per lo sconto sui carburanti), i 96 milioni per il Patrimonio. Non mancheranno azioni a favore della viabilità forestale e della tutela delle malghe, garantisce Zilli, senza dimenticare di segnalare l'ulteriore milione a favore degli ex soci CoopCa e Coop operaie. La bozza della legge di stabilità e della cosiddetta collegata permette però di andare oltre. Si scopre così che l'estensione dello sconto sul trasporto pubblico locale dovrebbe costare 4 milioni e che altri 3 verranno spesi tra Comuni e Università per adeguare il sistema degli enti locali al recente Piano paesaggistico regionale. Vale invece 500 mila euro l'incentivo per la sostituzione degli infissi e altrettanto l'acquisto di alcune case popolari in quel di Sappada. La giunta destinerà poi un milione ai municipi per l'abbattimento delle barriere architettoniche e altri due milioni all'anno ai musei pubblici e privati per la stessa finalità. Allo studio l'entità dei contributi che il centrodestra vuole assegnare alle scuole private per adeguamenti antisismici, mentre un milione verrà destinato alle attrezzature delle scuole dei piccoli comuni. La maggioranza punta infine sulla creazione dello Sportello unico per l'edilizia e ad ampliare le attività in edilizia libera, che non prevedono cioè la comunicazione di inizio lavori. Sarà anche una manovra a sfondo ambientalista, se si conta il mezzo milione che dovrebbe essere destinato alla riduzione della plastica: metà ai Comuni per l'installazione di erogatori d'acqua nei palazzi pubblici e nei centri urbani, metà a bar e ristoranti che utilizzano prodotti con imballi riutilizzabili. Ma sul versante ecologico, la giunta sta considerando seriamente l'introduzione di bonus alla rottamazione per veicoli da Euro 0 a Euro 3 con almeno sette anni di vita: la finalità è l'acquisto di mezzi nuovi o usati secondo regole ancora da definire. La posta più cospicua è però quella da 20 milioni, che servirà a dare gambe al progetto Noemix, che prevede il noleggio a lungo termine di veicoli elettrici da parte di enti pubblici e la realizzazione di colonnine di ricarica sul territorio. In montagna l'esecutivo prevede il raddoppio del contributo agli esercizi commerciali, in caso questi mettano a disposizione nuovi servizi ai cittadini, dalle consegne a domicilio all'accesso alla rete wi-fi. La giunta fornirà poi 300 mila euro a PromoTurismo per il progetto di promozione turistica delle spiagge altoadriatiche in collaborazione col Veneto e l'agenzia sarà inoltre dotata di 2, 8 milioni per sponsorizzare squadre sportive e atleti regionali al fine di aumentare l'attrazione turistica del territorio. Nel campo della cultura e dello sport figurano invece 200 mila euro per le imprese culturali e creative, 800 mila euro per le manutenzioni degli impianti sportivi e 100 mila per far nascere sotto l'egida di Pordenonelegge un premio letterario dedicato agli autori che raccontano i luoghi della regione. Dal Pd arrivano i primi commenti. «Leggeremo attentamente le carte - dice il segretario regionale Cristiano Shaurli -, ma ciò che appare è la mancanza di una visione strategica e di sviluppo della regione, strumenti anche innovativi per aiutare e rilanciare economia, lavoro e impresa». Il consigliere Roberto Cosolini aggiunge: «Alle Attività produttive è stato destinato appena il 2% delle risorse, così come all'Ambiente. Un impegno decisamente timido per dare vere e attese risposte».

Marco Ballico, Diego D'Amelio

 

 

SEGNALAZIONI - Basovizza - La caccia resta un divertimento crudele

Quale sarebbe la tanto millantata sicurezza dalla riserva di caccia di Basovizza? Poter sparare in pieno giorno, in zone abitualmente frequentate, sarebbe sicuro? Se si vuole parlare di controllo delle popolazioni delle varie specie selvatiche, perché non si contattano le associazioni animaliste che da anni dichiarano che l'unico modo per prevenire la diffusione di alcune specie è la contraccezione? Un esempio è il tanto vituperato cinghiale che non si riesce a contenere proprio perché viene cacciato, facendo scattare una legge naturale che porta le femmine a figliare più spesso. Basta leggere e informarsi un po' per capire che, alla base di tutto, c'è sempre lo stesso discorso legato ai soldi. Inutile cercare di dare ad uno "sport", che niente ha di sportivo, una colorazione diversa da quello che è: un divertimento inutilmente crudele.

Daniela SchifaniLuchetta

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 novembre 2019

 

 

Dai vestiti alle stoviglie vintage Tutti pazzi per la corsa al riciclo

Contano decine di migliaia di iscritti anche a Trieste i gruppi nati in rete per ridare nuova vita a vecchi oggetti, scambiarli o donarli a chi ne ha bisogno

Trieste ricicla. Abbigliamento, calzature, accessori, mobili, attrezzature sportive: tutto viene rimesso sul mercato, attraverso i social, e spesso in forma gratuita. L'obiettivo è non eliminare oggetti ancora funzionali e utili, offrendoli a chi magari ne ha bisogno. Ha raggiungo quasi 7 mila utenti il gruppo "A me non serve più, chi lo vuole? Trieste", una vivace vetrina su Facebook dove le parole d'ordine sono "non si vende e non si compra nulla", si può soltanto regalare. E gli annunci sono tanti e chiamano in causa, come detto, un po' di tutto: , vestiti e scarpe, giocattoli, libri, dvd, cd o vecchi vhs, e ancora stoviglie, decorazioni, bigiotteria o mobilio, spesso legato ad appartamenti che per vari motivi devono essere svuotati. Alle volte vengono donate intere stanze, camere da letto o soggiorni. Solo a chi, però, è in grado di ritirare tutto in forma autonoma e secondo tempi e modalità fissate dal proprietario. Tra le persone iscritte anche tanti amanti del fai da te, che vogliono dare nuova vita a cose vecchie con fantasia e creatività. E non ci sono solo tanti annunci "offro": si può anche inserire un di "cerco", quando un utente punta a trovare qualcosa di cui ha necessità. In tal senso c'è anche chi, in difficoltà economiche, chiede un aiuto per arredare un'abitazione, vestiario e giocattoli nel caso si tratti di una famiglia con bambini o supporto per associazioni e onlus. La generosità si dimostra anche donando attrezzature sanitarie o beni di prima necessità, quando la persona che le utilizzava non c'è più. È il caso ad esempio di prodotti e supporti per anziani. Poche e semplici le regole per partecipare, che vanno lette con attenzione prima di aderire. Finalità simile anche per un altro movimento Facebook, che però promuove appuntamenti "dal vivo". È la "Swap community Trieste e Gorizia", fondata sul baratto. Swap infatti significa "scambiare". «Questo gruppo - si legge - nasce con l'idea di creare una piccola comunità di persone interessate a partecipare ad eventi dove i presenti scambiano tra di loro beni che non utilizzano più (abiti, accessori, libri, oggetti per la casa, ecc)». E se a fine giornata qualcosa avanza, viene destinato a realtà del territorio che operano nel sociale. Per scoprire i prossimi appuntamenti, basta seguire la pagina social dedicata. Supera le 6mila donne iscritte sempre su Facebook, infine, "Il piccolo bazar delle mamme di Trieste": in questo caso è consentita anche la vendita, per tutto ciò che riguarda esclusivamente i bimbi o chi è in dolce attesa. «Nasce con l'intento - viene specificato - di dare la possibilità a tutte le mamme di Trieste e dintorni, di vendere, scambiare, regalare o cercare qualcosa che può tornare utile ai nostri piccoli o durante il periodo di gravidanza». Anche in questo caso lo strumento si rivela prezioso per un riciclo mirato e pratico. Il record di utenti appartiene però a "Vendo Compro Scambio e Regalo a Trieste", con oltre 13 mila persone. Anche qui regole chiare da seguire per chi partecipa e una lunga serie di oggetti, anche vintage, che spuntano da cantine e soffitte, alla ricerca di un nuovo proprietario. 

Micol Brusaferro

 

Jeans e sacchi di juta rinascono come zaini - Cooperativa Lister

Il riciclo è anche sinonimo di solidarietà. La dimostrazione arriva dalla cooperativa Lister Sartoria Sociale, con sede nel parco di San Giovanni. Nell'atelier viene svolta attività di sartoria, maglieria e arredo, con il solo impiego di materiali tessili riciclati. Nel laboratorio si trasforma un po' di tutto: dai vecchi jeans alla juta, passando per striscioni dismessi. Nel 2009 è stata costituita la cooperativa sociale, finalizzata all'inserimento di persone provenienti dall'area dello svantaggio e sono sempre più strette le collaborazioni tra servizi sociali e sanitari. Informazioni e attività legate a Lister si possono scorrere sul sito www.listersartoriasociale.it. mi.b.

 

 

Traffico in tempo reale via app Sbarca a Trieste "Luceverde"  - IL NUOVO SERVIZIO INTERATTIVO

Da oggi muoversi tra le strade di Trieste e del circondario è più facile. È nato "Luceverde", il servizio interattivo di informazioni su traffico, condizioni meteorologiche, trasporto pubblico, incidenti, rallentamenti e cantieri aperti. Sarà sufficiente scaricare gratuitamente sul proprio telefonino o tablet un'applicazione - denominata per l'appunto "Luceverde" - per ottenere, praticamente in tempo reale, un notevole numero di informazioni utili per districarsi meglio e in maniera più dinamica sulla strade di Trieste e dei suoi dintorni.«Si tratta - come ha spiegato ieri l'assessore con delega alla Polizia locale, il vicesindaco Paolo Polidori, nel corso della presentazione della novità ieri in Comune - di uno strumento che è il prodotto di una collaborazione fra l'Aci e la Polizia locale, pensato per i cittadini. Utilizzando le più moderne tecnologie e personale altamente specializzato, e grazie alla collaborazione con le polizie locali, gli enti gestori di strade e autostrade e del servizio di trasporto pubblico - ha aggiunto - si potranno ottenere in tempo reale tutte le informazioni utili per chi si muove con mezzi propri».Il progetto "Luceverde" è nazionale e Trieste sarà la decima città italiana, dopo Roma, Milano, Genova, Modena, Pescara, Vicenza, Salerno, Trapani e Prato, a essere dotata di questa nuova "app". «L'idea è maturata in casa Aci - ha ricordato Danilo Spizuoco, della società strumentale dell'Aci "Infomobility" - per favorire in generale tutti coloro che si mettono alla guida. Fra le altre caratteristiche di "Luceverde" - ha proseguito - c'è anche quella che riguarda la possibilità di ascoltare i bollettini diffusi in rete, utilizzando il telefono con l'auricolare o con il "viva voce", evitando così di farsi magari distrarre da ciò che appare sul video del cruscotto».Per poterlo fare, basterà chiamare il numero 800. 18. 34. 34. I soci dell'Aci godranno in questo caso di un servizio personalizzato. A poter beneficiare di "Luceverde" saranno anche i turisti in avvicinamento a Trieste, che potranno così conoscere in anticipo le strade migliori per arrivare in centro o per raggiungere musei e punti di interesse. Tutte le informazioni che riguardano la "app", è stato spiegato alla presentazione, verranno gestite dalla Polizia locale, con il Comando che disporrà di uno specifico gruppo di lavoro con il compito di inserire i dati disponibili in un sistema predisposto dall'Aci, che le elaborerà a sua volta grazie all'intervento di personale specializzato visualizzandole su una mappa di Trieste, disponibile sia sul sito del Comune sia direttamente attraverso il servizio "Luceverde". Parole di apprezzamento per tale novità sono state espresse pure dal comandante della Polizia locale Walter Milocchi.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 novembre 2019

 

 

Ferriera, salta il vertice al Mise «Trieste scalzata da Taranto»

I sindacati temono il declassamento del caso Servola dopo l'allarme Arcelor Mittal «No a dossier di serie A e serie B». Lo staff di Patuanelli: «Solo un rinvio tecnico»

Il ministero dello Sviluppo economico convoca il terzo tavolo sulla Ferriera di Servola, anzi no. Succede tutto martedì, quando le istituzioni coinvolte e (per la prima volta) i sindacati ricevono l'invito a presentarsi a Roma giovedì mattina per un nuovo incontro sulla riconversione dello stabilimento. Lo scarso preavviso provoca qualche malumore tra i destinatari e il fastidio aumenta quando attorno alle nove di sera il summit viene annullato dal Mise senza spiegazioni. I sindacati temono che sia il primo segnale della priorità che il ministro Stefano Patuanelli dovrà dare alla bomba esplosa all'Ilva di Taranto: il timore è che la minaccia di sganciamento di ArcelorMittal possa far diventare agli occhi del governo la Ferriera un problema secondario, proprio mentre si apre la partita degli esuberi nelle ditte esterne. Dall'entourage del ministro filtra però che l'annullamento è dipeso dalla difficoltà di alcuni invitati a presentarsi a Roma con poco preavviso. L'incontro sarà recuperato nella seconda metà di novembre, ma i sindacati denunciano il rischio di veder passare la Ferriera a questione di serie B. Fiom, Fim e Uilm sottolineano in una nota che dalla presentazione a Roma del piano industriale di Siderurgica Triestina non si è avuta «nessuna notizia fino al mattino del 5 novembre in cui ci veniva recapitata la convocazione al Mise per il 7 novembre (largo anticipo!). La stessa sera ci veniva comunicato il rinvio. Evidentemente le problematiche rispetto alla gestione della crisi dell'Ilva hanno impedito alle istituzioni di presenziare al tavolo». Cgil, Cisl e Uil si dicono «solidali con lo sforzo del ministero e di qualche leader dell'opposizione nell'azione di difesa del sito di Taranto, assolutamente strategico per il Paese. È paradossale però che lo stesso ministro e lo stesso partito d'opposizione (la Lega, ndr) che a Taranto levano le barricate, a Trieste siano i promotori della chiusura di uno stabilimento totalmente a norma con le leggi ambientali e non in crisi di mercato. Scopriamo oggi che nel nostro Paese c'è la siderurgia di serie A e di serie B: siamo contrari a un'impostazione che vede soluzioni diverse per due vicende industriali che dovrebbero stare in un contesto comune. Se la siderurgia italiana è strategica, anche quella triestina dovrebbe esserlo, sempre che Trieste risulti ancora una provincia dell'italico Stato». L'assessore al Lavoro Alessia Rosolen preferisce non entrare nel merito delle ragioni dell'annullamento dell'incontro, ma non risparmia una tirata d'orecchi al ministero: «I tavoli vanno programmati per tempo, soprattutto perché gli attori coinvolti sono tanti». Sul rischio del passaggio in secondo piano della partita di Servola, Rosolen ritiene che «il governo ha certamente ben chiaro che la partita della siderurgia è una sola: ci sono due fronti aperti, uno al Nord e uno al Sud, dunque il tema va affrontato nel suo complesso e non può essere disgiunto». La deputata Pd Debora Serracchiani incita intanto le parti a fare in fretta: «Auspico che in questo momento siano al lavoro i tecnici dei ministeri e della Regione, impegnati a tappe forzate nell'aggiornamento dell'accordo di programma. Mancano 55 giorni alla fine dell'anno e al disimpegno annunciato da Arvedi: sarebbe grave trovarsi di fronte al fatto compiuto senza aver fatto tutti i passi per evitare l'esplosione di una bomba sociale e ambientale a Trieste». Non manca un attacco al governatore Massimiliano Fedriga: «Auspico che il commissario straordinario della Ferriera stia dispiegando tutti i mezzi istituzionali e politici a sua disposizione per dare un futuro certo all'area produttiva e ai lavoratori». Si sono tenute intanto ieri all'interno dello stabilimento le assemblee degli operai delle ditte esterne Olam e Mti, che operano nelle manutenzioni meccaniche all'interno della Ferriera. Gli incontri con il segretario provinciale della Fiom Marco Relli si sono chiusi con la decisione di avviare le procedure per la cassa integrazione ordinaria: quella straordinaria è preclusa alle imprese che lavorano in appalto. Sono interessati i dieci operai che la Olam inviava quotidianamente nello stabilimento e 11 dei 16 dipendenti della Mti. La Fiom attende ora comunicazioni dalle aziende dell'indotto Tse e Semat, mentre per i 27 della Astl sono già cominciate le procedure per il licenziamento collettivo. 

Diego D'Amelio

 

 

Lo staff del ministero in Porto vecchio - Il Comune ora spera in fondi aggiuntivi

E mercoledì si terrà l'incontro tecnico decisivo tra il Municipio e la Regione su società di gestione e accordo di programma

Domani, venerdì, una commissione del ministero dei Beni culturali sarà in visita al cantiere del Porto vecchio, che in questa fase si concentra nella parte nord, sul polo espositivo-culturale. Il dicastero di via del Collegio Romano, retto dal "dem" Dario Franceschini, è il soggetto governativo che ha stanziato i 50 milioni, che permettono la realizzazione del museo del Mare nel Magazzino 26, le opere di infrastrutturazione (elettricità, gas, acqua), il restauro dell'Ursus. Negli ambienti comunali non si fa mistero sulla gradita eventualità che dal ministero possano essere erogate nuove risorse destinate alla riqualificazione di Porto vecchio: non va dimenticato che la Soprintendenza regionale ha chiesto al Comune il Magazzino 20, immediatamente aldilà della "linea di demarcazione" tra polo espositivo-culturale e la grande fascia che dovrà essere valorizzata-promossa-venduta dalla futura società consortile Comune-Regione-Autorità portuale. Anche su questo punto c'è un interessante aggiornamento: mercoledì 13 corrente mese tavolo tecnico presso la presidenza regionale. La delegazione comunale con Santi Terranova, Enrico Conte, Giulio Bernetti attraverseranno piazza Unità per confrontarsi con il segretario generale del "governatorato" Gianfranco Rossi. Un incontro, secondo indiscrezioni di palazzo, dal quale potrebbe sortire un'accelerazione dei tre dossier allo studio: la costituzione della società consortile (52% Comune, 24% Regione, 24% Autorità), lo statuto della medesima, l'accordo di programma con la definizione degli strumenti pianificatori. Quest'ultimo documento è decisivo, perchè contempera gli "itinera" amministrativi di Comune e Autorità, del retroporto e della linea d'acqua, di possesso terrestre e di concessione marittima: passaggio chiave, insomma, per convincere futuri investitori. Dal Municipio arrivano buone notizie sul lavoro istruttorio svolto in chiave urbanistica. Finalmente, un po' di movimento anche sul versante Greensisam. Dai Lavori pubblici comunali viene data via libera a una proroga fino al 15 gennaio per ottenere un concreto riscontro dalla più antica concessionaria di Porto vecchio. Stavolta, però, il Comune, che vuole trasformare la concessione in locazione, intende verificare in modo più stringente lo stato delle trattative per reperire un investitore. In ottobre il manager Marco Rambaldi aveva prospettato la possibilità di tre candidature interessate a operare sui cinque magazzini iniziali di Porto vecchio (2A- 2-1A-4-3).Infine, un altro passo avanti di carattere amministrativo sul museo del Mare: Lucia Iammarino, responsabile comunale dell'edilizia pubblica, ha proceduto all'aggiudicazione definitiva del progetto all'associazione temporanea capeggiata dall'architetto sivigliano Guillermo Vazquez Consuegra, che coordina Politecnica coop di Modena, Consilium di Firenze, Sgm di Trieste, Cooprogetti di Pordenone, Mads di Trieste, Re.Te. di Trieste, Filippo Lambertucci di Roma, Monica Endrizi di Casale sul Sile. Ribasso del 38% sulla base di gara. Spesa prenotata: circa 1 milione 450 mila euro.

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 novembre 2019

 

 

Muro contro muro fra Rsu e Ferriera Cgil via dal vertice

L'azienda ha ribadito le proprie posizioni, i rappresentanti dei lavoratori le loro perplessità sulle mansioni in più in vista Aria tesa: Trost lascia il tavolo

Fumata nera, ieri, al termine dell'atteso incontro fra le rappresentanze sindacali della Ferriera e l'azienda sulla situazione riguardante la contrazione dei servizi forniti dalle imprese esterne. L'appuntamento, che doveva svolgersi in mattinata, si è tenuto invece in serata, dopo un doppio rinvio chiesto dalla direzione della Ferriera che ha suscitato il malumore dei rappresentanti dei lavoratori («Non è questo il modo di affrontare una problematica così complessa», ha commentato Thomas Trost della Fiom), ed è servito in sostanza a ribadire le posizioni già note. Le Rsu hanno confermato la loro forte preoccupazione sull'ipotesi di affidare le manutenzioni, finora competenza di addetti appartenenti ad aziende esterne, al personale interno. Alla base della rivendicazione sia una problematica di sicurezza, perché si tratterebbe di affidare a personale che finora ha svolto altre mansioni anche quella delle manutenzioni, con conseguente aggravio di lavoro, sia una questione più ampia. Le piccole ditte dell'indotto lavorano spesso in regime di monocommittenza e rischiano perciò, se dovesse venir meno l'incarico loro affidato finora, di dover chiudere. Da parte della Ferriera è stato confermato che, in determinate situazioni, tutti devono dare il proprio apporto, anche svolgendo compiti che finora erano appaltati all'esterno. Il tutto in un contesto di tensione diffusa, al punto che lo stesso Trost ha deciso di abbandonare anzitempo il tavolo. «Si è creata una situazione tale che, a mio avviso - ha spiegato più tardi -, non c'erano i presupposti per poter continuare. Riferirò alla mia segreteria». All'incontro hanno partecipato anche Franco Palman (Uilm), Umberto Salvaneschi (Fim) e Cristian Prella (Failms).

Ugo Salvini

 

 

ISTRIA - Mery Fisher e Zoki Tornano in mare le tartarughe salvate - MONITORATE GRAZIE A UN TRASMETTITORE GSM

Pola. Dal Centro di recupero di Verudella, due tartarughe marine sono ritornate nel loro ambiente naturale dopo un periodo di cura e convalescenza: un evento seguito, come altre volte, da centinaia di persone. La prima tartaruga, hanno spiegato gli addetti del Centro, è stata chiamata Mery Fisher: lo scorso dicembre era stata soccorsa dagli abitanti di Curzola mentre galleggiava inerte lungo la costa con vistose ferite alla testa. Portata all'ambulatorio veterinario di Spalato e da lì al Centro di Pola, si è completamente ristabilita. Zoki, com'è stata chiamata l'altra tartaruga, era stato invece portato nel Centro a fine luglio: i dipendenti dell'istituto marino Plavi Svijet lo avevano trovato, anche esso in pessime condizioni, davanti a Sansego.Gli spostamenti dei due animali potranno essere seguiti in tempo reale: sui loro corpi è stato installato un piccolo trasmettitore Gsm nell'ambito del progetto "Life Euroturtle" attuato in collaborazione col Dipartimento per la biodiversità dell'Università del Litorale di Capodistria. I dati raccolti saranno preziosi per i progetti di tutela di questi animali. Il Centro per la cura e riabilitazione delle tartarughe, fondato nel 2006, ospita la "stanza delle piscine" dove le tartarughe vengono curate, e un'aula didattica dove è custodita la documentazione di tutte le tartarughe finora salvate, fra le 10 e le 15 l'anno. Il Centro è stato aperto grazie al progetto NetCet e ai finanziamenti dell'Istituto nazionale per la tutela della natura.

 

 

Distribuiti l'anno scorso oltre 40 milioni di acqua nelle case dei triestini - IL REPORT DI ACEGASAPSAMGA

È ora disponibile sul sito di AcegasApsAmga l'11.a edizione del Report "In Buone Acque", sulla qualità dell'acqua potabile nell'anno 2018 nella provincia di Trieste e nelle zone servite dal gruppo Hera. Nel territorio triestino, attraverso una rete di 910 chilometri, sono stati distribuiti a 234.638 cittadini 40,7 milioni di metri cubi di acqua 100% conforme alle norme di legge. L'acqua, monitorata 48 volte al giorno dal punto di prelievo principale che è la falda, è oligominerale, sicura (come è possibile verificare dall'App aggiornata Acquologo), presenta una durezza medio - bassa ed è microbiologicamente pura, vantando, tra l'altro, il primato della più bassa concentrazione (10,1% ove il limite di legge è il 100%) dei quattordici parametri (ammonio, arsenico, clorito, cloruro, conduttività, durezza totale, fluoruro, manganese, nitrato, nitrito, residuo secco, sodio, solfato, trialometani-totale) che vengono misurati e monitorati. Perfettamente in linea con quello che rappresenta Trieste, Capitale europea della Scienza 2020, Hera si è a tal punto spinta nello sviluppo tecnologico per la depurazione dell'acqua da aver investito 52,5 milioni di euro nell'adeguamento, ultimato lo scorso anno, del depuratore di Servola. Fra l'altro, grazie alla collaborazione dell'Ogs, l'impianto può essere definito "smart": è capace di regolare, a seconda delle necessità della flora e della fauna marine, l'abbattimento dei nutrienti nelle acque di scarico. Da ultimo, uno degli aspetti più interessanti del documento riguarda i dati relativi ai consumi di bottigliette di plastica. Il report affronta il problema dello spreco di denaro e dell'inquinamento causato dalle bottiglie di plastica appunto. Perché dunque bere "acqua di casa" e non quella comprata nei negozi? Perché - spiega Hera - l'acqua del rubinetto è economica (si parla di 2,1 euro per mille litri di acqua di rubinetto contro i 270 euro di acqua imbottigliata), non inquina ed elimina ben 250 milioni di bottiglie. 

Maria Chiara Billi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 novembre 2019

 

 

«Industria, la crisi morde: sono 1500 i posti in bilico» Sindacati contro Dipiazza

Venerdì 15 presidio in piazza Unità per chiedere interventi a sostegno del settore «Il manifatturiero è solo il 10% del Pil triestino». Sul sindaco: «Ignora i problemi»

Obiettivo: Roberto Dipiazza. Motivo: il sindaco ignora o finge di ignorare la crisi del settore industriale a Trieste, ritenendo che la città viva un momento positivo legato soprattutto ad alcuni grandi progetti e all'afflusso turistico. Protesta: venerdì 15 novembre, ore 17, presidio in piazza Unità e assemblee sui luoghi di lavoro. Ricadute occupazionali: 1500 posti ritenuti a rischio, comprese le attività indotte, con una forte concentrazione in Ferriera, valutabile tra un terzo e la metà del totale provinciale. Principali punti critici: Wärtsilä, Flex, Sertubi, Burgo, Dukcevich, Colombin. Debolezza strategica: il manifatturiero rappresenta solo il 10% del Pil triestino, basandosi su una struttura produttiva multinazionale in larga misura poco connessa con il territorio. Cgil con Michele Piga, Cisl con Luciano Bordin, Uil con Antonio Rodà hanno aperto il fuoco ieri mattina contro il Municipio dalla sede cigiellina di via Pondares. «Dipiazza non può fare finta di niente - ha dato le carte Piga - o dire che il Comune non ha gli strumenti di azione in ambito industriale. Perché il Comune è presente nel Coselag (ex Ezit, ndr), è proprietario di un asset straordinario come Porto vecchio, è firmatario di un accordo di programma sull'area di crisi industriale complessa». Rodà gira il coltello nella piaga della polemica: «Mi ricordo del sindaco, quando lo scorso 19 febbraio abbandonò una riunione convocata in via Trento dall'assessore regionale Bini, dedicato alla crisi industriale triestina. Era disturbato dalle cattive notizie. A Dipiazza rammento che sono 14.000 i lavoratori nel manifatturiero e che un'economia sana non può fondarsi solo sul turismo, ma deve contemperare tutte le energie presenti e attivabili».A proposito di Comune, a Bordin viene in mente che Trieste possiede il 4% di Hera, controllante di AcegasApsAmga: «Quando nel 2012 Hera acquisì la multiutility, allora si parlava di investimenti. Dipiazza dovrebbe ricordarlo a Bologna».I "triplicisti" incalzano all'unisono: «Trieste ha 7000 disoccupati, alla faccia del momento magico! Le situazioni di crisi non possono essere affrontate a livello di singola azienda, necessita una politica industriale che promuova gli investimenti». La risposta del terziario è insufficiente - si contesta - anche perché in termini salariali le paghe del commercio sono sensibilmente inferiori a quelle dei comparti industriali. Il pettine sindacale, sia pure con minore veemenza, non risparmia neppure l'Autorità portuale, perché dai punti franchi, dall'operazione-Bagnoli, dal Coselag (52% Ap, 48% distribuito tra i Comuni di Trieste, Muggia, San Dorligo) non sono ancora giunti risultati concreti in termini di insediamenti produttivi. «Stiamo attenti - puntualizza Piga - a non immiserire l'opportunità puntofranchista in un enorme magazzino. La logistica non sfama la città. Coselag è uno strumento che va rivisto, nella gestione e nelle finalità, perché sono assenti imprese e sindacati».Piga-Bordin-Rodà aprono il gioco su Fincantieri, «il maggior traino del territorio». A Giuseppe Bono chiedono chiarezza sui 1800 assumendi («diretti o indiretti?») e sul recupero, soprattutto a Trieste, di attività dell'indotto «da tempo trascurate». 

Massimo Greco

 

 

È allarme sciacalli dorati sul Carso «A rischio gli equilibri naturali»

Le tesi emerse a un convegno della Federcaccia alla presenza di diversi docenti universitari: sono tra le cause della diminuzione dei caprioli

È allarme sciacalli dorati sul Carso triestino e sloveno, come del resto in tutto il centro Europa. È questa la conclusione alla quale si è giunti al termine del convegno sull'argomento organizzato a Trieste dalla sezione locale della Federcaccia, in collaborazione con il Sodalizio delle associazioni venatorie delle Alpi sudorientali (Agjso).La crescente presenza di questa specie sembra infatti provocare un calo del numero di caprioli, soprattutto di quelli appartenenti alla cosiddetta "classe 0", cioè degli esemplari che non hanno ancora raggiunto l'anno d'età. «Lo sciacallo dorato - spiega Fabio Merlini, presidente della Federcaccia della Venezia Giulia - è predatore del capriolo, per questo stiamo effettuando attenti monitoraggi, che proseguiranno anche nei prossimi mesi, in quanto questa situazione rischia di alterare un equilibrio di fondo». Lo sciacallo dorato non è pericoloso per l'uomo: finora non si è mai avuta, infatti, notizia di attacchi alle persone. Ma questi esemplari, delle dimensioni di un cane e dal peso di circa 15 chili, sono capaci di modificare gli equilibri naturali di un territorio. «Da recenti studi - riprende lo stesso Merlini - risulta che la popolazione complessiva di sciacalli dorati in Europa sia cresciuta dalle 70 mila unità del 2016 alle quasi 120 mila attuali, 84 mila delle quali all'interno dei paesi dell'Unione europea. Se si proseguirà in questa direzione - precisa - si potrebbe minare quella situazione di biodiversità che ha sempre caratterizzato il nostro territorio».Nel corso del convegno, al quale hanno partecipato importanti studiosi del tema, come i professori universitari Stefano Filacorda, dell'ateneo di Udine, Hubert Potocnik, di quello di Lubiana, e Jennifer Hatlauf, da Vienna, e lo zoologo Franco Perco, è stato ricordato anche che «i primi avvistamenti di sciacalli in Italia risalgono agli anni '90, mentre un'autentica esplosione la si è avuta nell'ultimo decennio. Questa specie - è stato precisato - oltre a essere predatrice di caprioli si nutre di carogne e di rifiuti, per questo si avvicina sempre di più anche alle abitazioni».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 novembre 2019

 

 

Basta un nullaosta dell'Ambiente per sbloccare le pratiche del Sin

Il geologo Carlo Alberto Masoli scova un documento ministeriale che snellisce le procedure per le opere

Il geologo Carlo Alberto Masoli è uno dei maggiori conoscitori delle questioni riguardanti il Sito di interesse nazionale (Sin), di cui si occupa da vent'anni come consulente-progettista di enti pubblici e di aziende private. Ha una proposta utilizzabile per ridare sprint a un territorio strategico per l'economia giuliana bloccato/frenato da 16 anni, proposta che però ha bisogno di ampliare la platea dei possibili fruitori.Nel suo studio di via Cicerone prende un foglio di carta, ci disegna sopra una figura rettangolare, vi segna tre punti e spiega: «Poniamo che il rettangolo sia un terreno collocato nel Sin e che i tre punti coincidano con altrettante evidenze inquinate. Se il proprietario ha già provveduto alla caratterizzazione dell'area, nella porzione non inquinata del terreno in esame, fatte salve talune prescrizioni, può eseguire interventi di scavo o di natura edile previo ottenimento di un nulla-osta ministeriale». «Attenzione - precisa il professionista - nei punti inquinati il nostro proprietario dovrà comunque procedere alle attività di bonifica». Masoli definisce questa procedura «una finestra che risolve urgenze e lavori inderogabili», consente di saltare in queste specifiche situazioni le conferenze di servizi. La casistica è ampia: sicurezza sui posti di lavoro, manutenzioni, adeguamenti a prescrizioni autorizzative, opere di fornitura di servizi (per esempio le reti di AcegasApsAmga).È un messaggio con molti destinatari: Comuni, imprese, associazioni come Confindustria e come Confartigianato che rappresenta gran parte delle micro-aziende insediate nel perimetro del Sin. Con un obiettivo dichiarato: snellire le pratiche, ridare impulso agli investimenti, promuovere nuove realizzazioni, scuotere dalla rassegnazione pubblici uffici e private risorse. Con una postilla dedicata esplicitamente ai Comuni (Trieste, Muggia, San Dorligo), che rilasciano permessi di costruzioni, Scia, ecc, e che sono quindi in prima fila nel rapporto con l'utenza: Municipi che sono prudentissimi, spesso zavorrati da timori e dubbi. Veniamo al merito. Masoli estrae dalle carte un parere che il ministero dell'Ambiente ha emesso il 2 maggio scorso, firmato dal direttore generale Maddalena Mattei Gentili. Si riferisce al bacino del fiume Sacco, nel Lazio meridionale, ma è applicabilissimo al caso triestino. Dal punto di vista normativo il documento ministeriale combina i comma 7-8 dell'articolo 34 della legge 164/2014 e l'articolo 25 del Dpr 120/2017.L'iter, che il proprietario interessato dovrebbe percorrere, è in estrema sintesi il seguente: trasmette il suo quesito al ministero dell'Ambiente e ad alcuni enti (Ispra, Iss, Inail, Arpa, Asl). Allega la documentazione relativa all'intervento da eseguire, i risultati della caratterizzazione svolta, le possibili interferenze con la bonifica da svolgere, gli eventuali rischi per i lavoratori. Il ministero chiede a sua volta la valutazione degli enti coinvolti. La dottoressa Mattei Gentili riporta significativamente un passo dell'articolo 25 Dpr 120/2017 che prescrive «le attività di scavo sono effettuate senza creare pregiudizio agli interventi e alle opere di prevenzione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino ... e nel rispetto della normativa vigente in tema di salute e sicurezza dei lavoratori». In teoria, il ministero di via Cristoforo Colombo dovrebbe riscontrare entro trenta giorni: se le condizioni sopra citate sono rispettate, se l'attività di caratterizzazione "a monte" è stata fatta, Roma manderà al nostro proprietario un parere-nulla osta, con il quale l'interessato potrà recarsi in Comune e chiedere legittimamente permessi-licenze ecc. di cui ha necessità. Poi Masoli passa a un'altra avvertenza. Al tempo della giunta Serracchiani, una parte del Sin, in particolare quella più prossima al Canale navigabile, divenne Sir, cioè Sito di interesse regionale. Il professionista ritiene positivo il bilancio di questa esperienza, perché la velocità delle pratiche in sede regionale è decisamente maggiore rispetto a quella ministeriale. Tant'è che lo scorso aprile l'assessore regionale competente, Fabio Scoccimarro, aveva chiesto al ministero di ottenere un'ulteriore fetta del Sin. Venendo a noi, per analogia, il titolare di terreni, che insistono nel Sir, può fare capo agli uffici della Regione per quel che riguarda la procedura sopraindicata da Masoli, finalizzata a lavorare sia pure in presenza di attività di bonifica da attuare. 

Massimo Greco

 

 

L'Alpe Adria Trail verso il rifacimento Lavori al via nell'area di Muggia

Partirà entro la fine del mese il restauro del sentiero fra Santa Barbara e Rabuiese Investimento da 45 mila euro per sistemare il tracciato

Muggia. Rifacimento del look in arrivo per la parte muggesana dell'Alpe Adria Trail. Si chiama "Mobilità lenta: ripristinare e mantenere i percorsi esistenti" l'intervento che interesserà l'itinerario nel tratto compreso fra l'abitato di Santa Barbara e quello di Rabuiese, posto sul sentiero n. 1 del Cai. I lavori partiranno entro il mese e sono stati affidati alla ditta Klasiv di Poci Hysen con sede a Buttrio (Udine), a fronte di un finanziamento di quasi 45 mila euro. In seguito allo studio di fattibilità, il progetto di cantiere è stato suddiviso in tre sottointerventi dei quali quello che interesserà l'Alpe Adria Trail è il più consistente. La proposta consiste nelle opere di manutenzione e valorizzazione di tre aree. La prima parte, di circa 900 metri, collega l'abitato di Santa Barbara con quello di Sant'Andrea: itinerario che corre su un fondo prevalentemente sterrato. Il secondo tratto, lungo circa 700 metri, unisce l'abitato di Sant'Andrea con la cava di arenaria ed è dotato di un sedime misto calcestruzzo-pietrame. La terza parte, di circa 600 metri, dalla cava scende all'abitato di Rabuiese e si sviluppa su un fondo accidentato a causa della pioggia. I lavori consisteranno nella collocazione di cinque canalette trasversali di sgrondo delle acque meteoriche nonché nel ripristino e nella riprofilatura mediante mezzo meccanico della parte superficiale delle porzioni sconnesse al fine di mitigare il progressivo dilavamento del tracciato e l'aggravarsi della situazione attuale. «L'Alpe Adria Trail - spiega il sindaco di Muggia Laura Marzi - si colloca a pieno titolo all'interno di una strategia di sviluppo abbracciata già da tempo, che vede il nostro impegno volto a una valorizzazione sostenibile del nostro territorio. Il valore della lentezza, della qualità e dell'identità sono elementi imprescindibili per il turismo del futuro di Muggia, senza dimenticare il valore internazionale di un percorso di trekking che attraversa tre Stati: non solo dal punto di vista turistico, ma anche per l'indiscutibile valenza sociopolitica che porta con sé». L'assessore ai Lavori pubblici Francesco Bussani spiega a sua volta che «a giorni interverremmo in quella che un'area di pregio della città, area che rappresenta un luogo importante della e per la comunità oltre che, ovviamente, per tutti coloro che sempre più frequentemente scelgono il nostro territorio per il proprio turismo esperienziale».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 novembre 2019

 

 

Anche in Fvg è corsa alle fonti rinnovabili

Nella classifica della potenza connessa la nostra regione cresce nel settore fotovoltaico dai 3,8 ai 5 megawatt

TRIESTE. Anche il Friuli Venezia Giulia partecipa al boom delle fonti rinnovabili. In un contesto in cui fotovoltaico, eolico e idroelettrico, nei primi sette mesi dell'anno, crescono in Italia dell'86% rispetto al 2018, la nostra regione fa segnare significativi incrementi di potenza. Nel dettaglio reso noto dall'Osservatorio Fer realizzato da Anie Rinnovabili, il Fvg passa nel fotovoltaico (i dati vanno in questo caso da gennaio a maggio) dal 3,8 a 5 megawatt di potenza connessa (+31% rispetto all'anno precedente), mentre nell'idroelettrico (1,39 Mw) fa segnare con Emilia Romagna e Valle d'Aosta il maggiore incremento tra le regioni. Anie Rinnovabili rileva dunque una nuova crescita dopo la frenata brusca del 2018. Con i 55,8 Mw di luglio, le installazioni fotovoltaiche solo salite a un totale di 287 (+30% sullo stesso periodo), con aumento anche del numero di unità di produzione connesse (+24%), frutto principalmente delle detrazioni fiscali previste per il cittadino. In questo settore tutte le regioni hanno registrato un incremento in termini di potenza; tra quelle con incremento maggiore si segnalano Basilicata, Campania, Marche, Sardegna e Trentino Alto Adige. Quali gli impianti preferiti? Il dossier informa che si tratta delle piccole istallazioni di tipo "residenziale" (vale a dire i pannelli da tetto, tettoia o capannone fino alla potenza di 20 chilowatt) che costituiscono il 54% della nuova potenza istallata nel 2019. Considerando anche eolico e idroelettrico si sale a 727 Mw complessivi nel Paese, appunto il +86% evidenziato dall'Osservatorio. Prosegue infatti anche la crescita sostenuta degli impianti alimentati dal vento. Con 111,7 megawatt istallati in luglio, la capacità produttiva realizzata nel corso dell'anno ha toccato i 412 Mw, addirittura il +226% sul 2018. Anie Rinnovabili segnala tra l'altro l'attivazione di diversi grandi impianti nei mesi di aprile e maggio, in particolare in Campania (16 Mw in provincia di Avellino e due impianti da 15 Mw e 4 Mw in provincia di Benevento) e in Emilia Romagna (un impianto da 20 Mw in provincia di Parma). A calare è invece il numero di unità di produzione connesse (-68% rispetto al 2018), dato che le nuove tecnologie consentono costruzioni di grandi dimensioni, in sostituzione di impianti che hanno superato i 10 anni, ormai piccoli e poco potenti. In riferimento alla taglia, non a caso, le richieste di connessione di impianti di potenza inferiore ai 60 kW sono soltanto lo 0,2% del totale installato nel 2019, mentre gli impianti superiori ai 200 kW costituiscono oltre il 99% del totale. Quanto all'idroelettrico, se nel primo semestre le istallazioni 2019 erano state in calo (29 megawatt, -34%), in luglio c'è stata una crescita di 5,7 megawatt aggiuntivi. All'insù anche le bioenergie. Il loro contributo da gennaio a giugno è stato positivo con 13 Mw di potenza aggiuntiva. In materia di costi, quelli sostenuti dal Gestore dei servizi energetici per l'incentivazione e il ritiro dell'energia elettrica sono stati di 13,4 miliardi, in calo rispetto ai 14,2 miliardi del 2017, perché sono scaduti per molti impianti i periodi di sussidio secondo le regole sui certificati verdi e sugli incentivi Cip6. Inoltre, ritirando e collocando sul mercato elettrico 30,6 miliardi di chilowattora puliti, nel 2018 il Gse ha realizzato un ricavo di 1,8 miliardi, circa 100 milioni in più del 2017. Dunque, ricorda l'Anie, il netto degli incentivi in bolletta è stato nel 2018 di 11,6 miliardi.

Marco Ballico

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 2 novembre 2019

 

 

Passo indietro di Arvedi - Congelati per tre mesi i primi esuberi a Servola

La proprietà della Ferriera cambia idea all'indomani del tavolo in Regione dove aveva ribadito la linea iniziale. «E da marzo una nuova collocazione»

Trieste. Siderurgica Triestina cambia idea e congela per tre mesi l'esubero dei primi venti lavoratori precari della Ferriera di Servola, cui l'azienda aveva deciso di non rinnovare il contratto, prevedendone il contemporaneo ricollocamento in un'impresa metallurgica di San Giorgio di Nogaro. Davanti alle pressioni del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e dell'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen, il gruppo Arvedi ha deciso di imprimere una frenata sulle proprie decisioni per appianare il terreno di un confronto cominciato in salita dopo il via libera del Mise alla riconversione dell'area a caldo. La notizia è accolta con soddisfazione dalle istituzioni e dai sindacati, che hanno subito annullato il nuovo sciopero programmato per l'inizio della prossima settimana. L'amministratore delegato di Siderurgica Triestina Mario Caldonazzo spiega il passo attraverso un comunicato ufficiale della società. «La Direzione - recita la nota - comunica di avere completato gli incontri con tutti i lavoratori con contratto a tempo determinato o somministrato, per i quali nell'evento di chiusura dell'area a caldo non è previsto il rinnovo. Per tutti è stato programmato un colloquio di lavoro con azienda sita a San Giorgio di Nogaro, interessata ad assumere 73 lavoratori entro marzo 2020, ed è stata prospettata dunque una concreta possibilità di reimpiego immediato». Poi l'annuncio del mantenimento in attività per i primi dipendenti interessati alla mobilità perché titolari di un contratto scaduto a fine ottobre: «Per i venti lavoratori ai quali non è stato possibile prorogare il contratto in quanto non più estendibile a norma di legge e che hanno quindi terminato il rapporto di lavoro il 31 ottobre, si propone la riassunzione immediata da parte di società di somministrazione per un periodo di tre mesi in attesa di trovare collocazione definitiva presso l'azienda di San Giorgio di Nogaro». Una possibilità che Siderurgica non considera l'unica sul tavolo: «Per tutti i lavoratori interessati - conclude il testo - resta sempre aperta l'opzione di un impiego presso Acciaieria Arvedi sito di Cremona o altra azienda del Gruppo». L'annuncio viene accolto positivamente dalla giunta regionale: «È un'ottima notizia - commenta al telefono Rosolen - e credo che la Regione abbia avuto una parte importante in quanto accaduto». L'assessore sottolinea ancora come «piano occupazionale e piano industriale dovranno andare assieme perché strettamente collegati. Ma intanto abbiamo questo passo di buon senso della proprietà: è ancora tutto da discutere, ma Siderurgica Triestina ha dimostrato di avere attenzione a prerogative che per noi sono imprescindibili». Il rinnovo contrattuale in questione non implica ad ogni modo una mutazione del quadro, che vede l'azienda decisa a chiudere al più presto l'area a caldo, definendo l'Accordo di programma con Mise, Regione e Autorità portuale. Patuanelli ha ribadito ieri di voler arrivare a fine anno con un percorso impostato e di avere in serbo alcune decine di milioni per accompagnare il piano industriale di Siderurgica, che potrà accedere agli incentivi per la creazione di nuove attività nelle aree di crisi e ai fondi per la decarbonizzazione. Sulla procedura arriva comunque l'allarme del presidente di Confindustria Venezia Giulia Sergio Razeto, presente al tavolo di giovedì a Trieste. «La situazione - dice - è tesa e la sensazione è che i tempi della politica non coincidano con quelli dell'azienda: questo è un elemento di difficoltà. La notizia del rinvio è positiva, ma dobbiamo sperare che in questi tre mesi venga fuori un accordo di programma che indichi chiaramente tempi e costi della riconversione. Il nodo dei soldi è centrale: quali soggetti li metteranno, quanti ne metteranno e per fare cosa. Senza chiarezza su questo punto, si rischia di fare un passo avanti per poi fermarsi immediatamente. Per questo è importante che l'accordo sia scritto nella cornice dell'area di crisi complessa, perché ci possa essere uno sblocco della situazione di tutto il sito inquinato di interesse nazionale». Sulle procedure avviate da Siderurgica sul personale, Razeto si schiera al fianco dell'azienda: «Ci sono problemi che non conosciamo e non mi sento di dire che la società stia forzando la mano. Arvedi è imprenditore equilibrato e non ha certo bisogno di essere affamato».

Diego D'Amelio

 

A San Giorgio la soluzione Cln per 70 addetti - MISTERO SVELATO

Il velo di mistero che avvolge l'azienda metallurgica di San Giorgio di Nogaro pronta ad assorbire la settantina di precari della Ferriera potrebbe essere caduto. Secondo fonti sindacali, dovrebbe essere il gruppo Cln quello interessato a rafforzare la propria presenza in Friuli e ad accogliere gli operai che hanno dato la propria disponibilità a sostenere un colloquio la prossima settimana, pur senza essere stati informati sull'identità dell'impresa. Curioso che a dare una mano ad Arvedi a compiere la riconversione potrebbe essere ArcelorMittal, che dell'imprenditore cremonese è stata rivale nel tentativo di acquisizione dell'Ilva di Taranto e che detiene il 25% delle quote di Cln.Esattamente un anno fa, la controllata ArcelorMittal Cln Distribuzione Italia (700 dipendenti e un fatturato da 760 milioni), Palescandolo Lavorazioni Siderurgiche e Fincantieri hanno costituito una società denominata "Centro Servizi Navali Spa", specializzata in servizi logistici e lavorazioni per il parco lamiere degli stabilimenti Fincantieri di Monfalcone e Marghera. Fincantieri punta sull'impresa nell'ambito della sua strategia di esternalizzazione di una parte delle proprie lavorazioni. La joint venture con sede a San Giorgio impiega al momento venti persone e ha deciso evidentemente di accrescere le proprie attività.

 

I sindacati esultano -  Subito revocato lo sciopero unitario

Trieste. I sindacati avevano deciso di rispondere ai venti mancati rinnovi di contratto con un'assemblea da convocare per lunedì e uno sciopero unitario indetto nei giorni successivi da tutte le sigle presenti all'interno della Ferriera. Dopo il passo di Siderurgica Triestina, però, le rappresentanze dei lavoratori annunciano una tregua armata con l'azienda. In una nota congiunta, i segretari provinciali dei metalmeccanici Marco Relli (Fiom Cgil), Umberto Salvaneschi (Fim Cisl) e Antonio Rodà (Uilm) prendono atto della decisione della proprietà: «Riportare la discussione sul futuro della Ferriera a bocce ferme sui livelli occupazionali, come ribadito anche dalla Regione, dev'essere un punto saldo della trattativa che caratterizzerà i prossimi mesi. È necessario che quanto prima venga convocato il tavolo ministeriale a garanzia di un piano industriale che dev'essere chiaro, credibile, con date certe e che deve salvaguardare l'occupazione al primo punto. In questo senso, la mobilitazione generale programmata per i prossimi giorni viene al momento sospesa per riprendere qualora l'azienda dovesse riproporre un modus operandi che vede una discussione sul futuro della Ferriera e dei suoi lavoratori partire affrontando il tema esuberi prima di un confronto chiaro sul piano industriale». Sulla stessa linea si attesta il segretario della Failms Cristian Prella: «I risultati ottenuti sono sicuramente un passo avanti in un percorso ancora poco chiaro. Rimangono da risolvere diverse problematiche, ma l'ottenimento di una stabilizzazione contrattuale dei contratti a tempo determinato è un traguardo importante che l'azione congiunta di tutti i sindacati ha conseguito. Lo sciopero viene sospeso in attesa dell'evolversi della situazione». Secondo l'Usb, «era necessario un segnale di distensione da parte dell'azienda. Il percorso può essere realizzato solo se si evitano azioni unilaterali che mettano a repentaglio posti di lavoro». Mirco Rota, responsabile Siderurgia della Fiom nazionale, parla a sua volta di «decisione positiva che risponde alla richiesta avanzata nella discussione di ieri (giovedì, ndr). Decisione che consente ai lavoratori di continuare a lavorare e al sindacato di continuare il confronto con Arvedi in modo positivo, con l'obiettivo di salvaguardare tutta la manodopera occupata nell'impianto di Trieste». 

 

Il nodo crisi Fvg all'attenzione del Parlamento - L'INIZIATIVA LEGHISTA

«Soddisfazione» per «l'approvazione dei nostri ordini del giorno al decreto sulle crisi aziendali a favore dei lavoratori del Friuli Venezia Giulia, che lottano per salvare il proprio posto di lavoro», è stata espressa dalla deputata e commissario Lega in Fvg, Vannia Gava. «Dopo aver inserito 30 milioni di euro per le crisi aziendali in Sicilia, era il minimo che il governo potesse fare a favore anche delle aziende del nostro territorio: il Friuli Venezia Giulia - sottolinea l'esponente leghista - non è una regione di serie B. Finora la Regione ha fatto un grande lavoro per ricollocare i lavoratori, ma ora il governo deve fare la propria parte. Oltre al mio ordine del giorno a favore dei lavoratori di Lavinox di Villotta di Chions sono infatti stati approvati quelli dei colleghi Aurelia Bubisutti, Massimiliano Panizzut e Daniele Moschioni per Cartiere Burgo e Kipre, che ho sottoscritto. È ora che il governo passi dalle belle parole ai fatti, mantenendo innanzitutto gli impegni assunti formalmente in aula».

 

In partenza nell'indotto la cassa integrazione

Mti, Olam, Tse e Astl, operanti tra manutenzioni e logistica, sono le prime a pagare la contrazione dei servizi richiesti

Trieste. Decine di lavoratori delle ditte esterne aspettano la ghigliottina dalla prossima settimana e saranno almeno due le imprese costrette ad aprire a stretto giro tavoli di crisi per avviare con sindacati e istituzioni il ragionamento sulla cassa integrazione. È questo l'effetto della richiesta da parte di Siderurgica Triestina di ridurre i servizi che buona parte delle imprese dell'indotto fornisce allo stabilimento in regime di sostanziale monocommittenza. A pagare saranno i lavoratori meno tutelati nell'ambito di un percorso di riconversione che non è ancora iniziato ma che comincia a fare le sue prime vittime. Lo stop scatterà il 6 novembre nel caso della società triestina Olam, impegnata in manutenzioni e riparazioni di macchinari: su 15 dipendenti sono 10 quelli che lavorano in Ferriera e almeno metà dovrà stare a casa. I sindacati fanno sapere che le procedure per la cassa integrazione sono imminenti. Incontro allo stesso destino andrà la branca locale della lombarda Mti, anch'essa operante nelle manutenzioni meccaniche: 11 dei 16 dipendenti lavorano a Servola, ma nel giro di due giorni Siderurgica ha comunicato prima la necessità di dimezzare le maestranze impiegate e poi la volontà di azzerarle del tutto. Mti attende di sapere quanti dovranno restare a casa: se si trattasse di 5-6 unità potrebbe essere aperta una procedura di cassa integrazione ordinaria a rotazione, ma in caso di tabula rasa le prospettive sarebbero nere, dopo vent'anni di servizi prestati allo stabilimento. Grave appare anche la situazione per gli assunti della toscana Tse Ingegneria e impianti, che a Trieste impiega dieci persone nelle manutenzioni della cokeria: per tutte la prospettiva pressoché certa è di rimanere a casa dalla prossima settimana. Già fonte di polemiche tra Siderurgica e sindacati è poi il caso della cremonese Astl, che svolge attività di movimentazione, logistica e trasporto ferroviario nell'ambito dello stabilimento. Alcuni giorni fa la Filt Cgil ha denunciato l'avvio della procedura di licenziamento collettivo per i 27 dipendenti triestini, motivato da Astl con la risoluzione del contratto di fornitura da parte della Ferriera. «Siamo certi - scriveva il sindacato - che assisteremo allo stillicidio di simili dichiarazioni di esubero, che in barba a tutti i proclami continueranno a falcidiare l'indotto della Ferriera». Siderurgica ha smentito la risoluzione del contratto, sebbene fonti sindacali confermino almeno una decina di uscite imminenti. Prospettive incerte per altre imprese dell'indotto. La bresciana Semat invia ogni giorno in Ferriera una dozzina di addetti: l'azienda non ha ancora ricevuto indicazioni dal committente, ma fra le maestranze di Servola si dice che i lavoratori saranno presto ridotti a quattro. Più cospicuo è l'impegno delle ditte Step e Digital, che lavorano nel campo delle manutenzioni meccaniche ed elettriche: in questo caso gli operai sono oltre trenta e, pur in assenza di comunicazioni, le due imprese ammettono di essere pronte a una riduzione in tempi ravvicinati. L'elenco potrebbe continuare fino a comprendere circa 150 lavoratori di oltre una decina di aziende, il cui destino è sempre più appeso a quello della riconversione.

 

 

L'acqua del sindaco è il servizio meno caro - Nell'Ue costa il doppio- la rete idrica in Italia

ROMA. In Italia, la spesa media familiare per la bolletta del servizio idrico è stata pari nel 2018 a circa 15 euro al mese. L'acqua del sindaco è il servizio meno costoso che c'è: i rifiuti costano 20 euro al mese, il telefono 55, l'energia elettrica 50, il gas 57. Gli italiani spendono in media 12,5 euro al mese di acqua minerale per comprarne 15 litri, mentre con 15 euro comprano 10.000 litri di acqua dell'acquedotto. Questi i dati più sensibili del Rapporto "Blue Book" sul servizio idrico integrato in Italia, presentato da Utilitalia, proprio mentre in Parlamento si discute di una possibile riforma legislativa a livello nazionale.Altro numero interessante è quello che racconta come la tariffa idrica italiana, continui ad essere fra le più basse d'Europa con poco più di 2 euro al metro cubo, contro un valore medio di 4 euro. Crescono, ed è questa invece una buona notizia, gli investimenti in acquedotti e depurazione, passati da 30 euro ad abitante all'anno nel 2012 a 44,6 nel 2019, con un aumento del 24% negli ultimi 7 anni, ed in costante crescita. Peccato però che non sia così in tutto il Paese. Resta in condizioni di forte arretramento il servizio nelle regioni del Mezzogiorno: frammentazione della gestione, molte quelle in economia, pochi i gestori industriali strutturati, pochissima regolazione, tariffe alte per servizi di bassa qualità, pochi gli investimenti con problemi di qualità e di depurazione. Un grande problema nazionale.

Alfredo De Girolamo

 

 

Porto Vecchio - Italia Nostra lancia l'hub sulla storia dei trasporti

Italia Nostra nazionale continua a seguire il processo di riqualificazione del Porto vecchio di Trieste e conferma «l'attenzione al lavoro del coordinamento che la sezione di Trieste ha attivato già da alcuni anni per salvare questo patrimonio di alto valore e riutilizzarlo garantendo l'identità del porto storico». Così, in una nota, Mariarita Signorini, presidente nazionale di Italia Nostra, e Antonella Caroli, presidente della sezione di Trieste. Italia Nostra, proseguono, «interesserà anche l'Associazione italiana per il Patrimonio archeologico industriale, con la quale ha siglato di recente un protocollo d'intesa. Importante in questo senso, la proposta della sezione del Trieste Heritage Transport Hub da realizzare al Magazzino 27b del Porto vecchio», dove ospitare «una collezione di mezzi pubblici e /o privati (a rotazione con esposizioni dedicate), contestualmente - specificano - all'organizzazione di manifestazioni a carattere storico e rievocativo riguardanti i trasporti».

 

 

FareAmbiente - "Una rete di volontari per l'ecosostenibilità"

«Fare sistema con le altre realtà del volontariato per progetti di ampio respiro sulla tutela ambientale e di servizio alla collettività, anche in supporto agli enti pubblici». È uno degli obiettivi di Giorgio Cecco, rieletto coordinatore regionale di FareAmbiente. Cecco sarà affiancato da Sabrina Polacco per il coordinamento dei volontari, da Italo Toncich (agricoltura, flora e fauna), da Bruno Fortuni (industria e imprese) e da Dante Tommasini (sport e turismo).

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 1 novembre 2019

 

 

Il Tar "archivia" anche il metanodotto - Dopo la pietra tombale sul rigassificatore, riconosciuto il «difetto di interesse» sull'opera ad esso collegata

Dopo anni di polemiche e proteste ora è la giustizia amministrativa a scrivere la parola fine sul progetto del metanodotto Snam che avrebbe dovuto collegarsi al rigassificatore di Gas Natural a Zaule. Un epilogo frutto essenzialmente dell'impegno del Comune di Muggia che era stato l'unico ente territoriale italiano ad avviare una battaglia legale ricorrendo al Tar del Lazio, iniziativa appoggiata anche dal governo sloveno. Il ricorso era stato presentato nel novembre 2017 contro il ministero dell'Ambiente, coinvolgendo nella controversia la Snam rete gas spa e la Gas Natural Rigassificazione Italia spa. Ora il Tar di Roma ha riconosciuto il "sopravvenuto difetto di interesse" in seguito all'accordo tra le parti per l'abbandono della controversia. La Snam, dopo aver già rinunciato alla realizzazione dell'impianto nel Golfo di Trieste, ha deciso a questo punto di non proseguire il procedimento giudiziario amministrativo. Insomma, il progetto metanodotto può considerarsi ufficialmente archiviato. L'obiettivo del Comune muggesano (difeso da Walter Coren e Antonella Gerin dell'Avvocatura civica) era ottenere l'annullamento del decreto del ministro dell'Ambiente con il quale era stata disposta la compatibilità ambientale del progetto del metanodotto presentato da Snam e dei pareri della Commissione di valutazione di impatto ambientale che negli anni aveva emesso i pareri tecnici sulla base dei quali si era espresso il dicastero. Nel Decreto ministeriale si leggeva che il metanodotto era un'opera «direttamente collegata alla realizzazione del rigassificatore» proposto da Gas Natural, la quale aveva presentato richiesta di allacciamento alla rete di metanodotti Snam. Un progetto, però, che avrebbe potuto essere realizzato anche senza il rigassificatore. Secondo il ricorso l'ubicazione del metanodotto nel Vallone di Muggia sarebbe stata problematica e il progetto «irragionevole da innumerevoli punti di vista». Evidenziate le «molteplici criticità anche in merito alla compatibilità ambientale». «La scelta del tracciato - l'osservazione del sindaco Laura Marzi - avrebbe dovuto essere preceduta dalla puntuale considerazione dei dati geologici e geofisici, in modo da poter definire in concreto la pericolosità dell'intervento e la valutazione del rischio, ma non si aveva idea neanche dello stato del fondale sul quale posizionarlo». All'inizio di quest'anno, facendo seguito ai contatti intercorsi tra i legali delle parti, è stato raggiunto un accordo per l'abbandono della controversia, confermato nell'udienza dell'8 maggio. A suggellare l'epilogo è stato infine il Tar con la sentenza pubblicata mercoledì. «Non ci siamo risparmiati in questi anni per tutelare Muggia e il golfo in qualsiasi sede possibile contro rigassificatore e metanodotto - è il commento di Marzi -. Il tutto è sempre stato inaccettabile per noi, perché la sicurezza della popolazione e il rispetto per l'ambiente debbono essere considerati preponderanti. Progetti come questi non si sarebbero sposati con l'azione di sviluppo economico che coinvolgerà Muggia e il futuro di tutte le attività legate allo sviluppo portuale. Abbiamo sempre sostenuto tutte le intese del piano del porto e il progetto per l'area degradata dell'ex Aquila, da recuperare per usi industriali e portuali. La bonifica di parte dell'ex Aquila, con la riqualificazione di una zona importante di Muggia, e poi l'indotto in termini economici e occupazionali rientrano tra gli obiettivi che da sempre abbiamo portato avanti e che tutt'ora sosteniamo. Obiettivi che sarebbero inevitabilmente andati a scontrarsi con rigassificatore e metanodotto». 

Piero Tallandini

 

 

Esuberi in Ferriera, nessun dietrofront Sindacati compatti: «Sciopero unitario»

Il tavolo convocato in Regione si chiude con un nulla di fatto per i 20 lavoratori in uscita. Confederali e autonomi insieme

Trieste. Da una parte Regione e sindacati, dall'altra Siderurgica Triestina. Si è chiuso con una fumata nerissima e con l'annuncio di un nuovo sciopero il tavolo di confronto convocato ieri a Trieste per tentare di disinnescare la mina dei primi venti contratti a tempo determinato non rinnovati dalla proprietà della Ferriera di Servola e destinati a essere assunti da un'azienda metallurgica a San Giorgio di Nogaro. Nonostante le pressioni, l'azienda non ha ammesso passi indietro e si è limitata a dare la disponibilità ad aprire un ennesimo tavolo di confronto con i sindacati, usciti dal vertice annunciando la fine dei dissidi fra confederali e autonomi: la prossima settimana vedrà la prima mobilitazione unitaria, nel tentativo di mettere alle spalle la quasi nulla partecipazione allo sciopero di ieri. Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb hanno manifestato delusione per l'assenza al tavolo del presidente Massimiliano Fedriga (fuori gioco per un'indisposizione) e hanno minacciato di non abbandonare il tavolo fino al congelamento dei mancati rinnovi dei venti esuberi, ma le parti sono rimaste sulle proprie posizioni e i sindacati denunciano che entro febbraio saranno costretti a lasciare una sessantina dei 76 lavoratori a tempo oggi assunti alla Ferriera. «Tavolo assolutamente inconcludente», ha esordito all'uscita dal palazzo della Regione il segretario provinciale della Uilm Antonio Rodà, secondo cui «non resta che fare una mobilitazione generale di tutti i lavoratori o discuteremo del destino delle persone con gli operai già fuori dalla porta». Per il collega della Fiom Marco Relli «siamo partiti malissimo» e secondo Umberto Salvaneschi «la soluzione per questi primi venti lavoratori è il banco di prova per la gestione della riconversione». Dopo la divisione fra confederali e autonomi, Failms e Usb hanno annunciato la mobilitazione assieme a Cgil, Cisl e Uil. Il segretario della Failms, Christian Prella, ha sottolineato che «la salvaguardia di tutti i posti di lavoro ad oggi non c'è e il mancato rinnovo ai primi lavoratori è un atto gravissimo: ora parte la fase di mobilitazione generale con un coordinamento unitario». Per Mirco Relli, responsabile nazionale Siderurgia della Fiom, «l'azienda non può creare problemi occupazionali prima di presentare un piano industriale e per giunta chiedendo soldi pubblici. La scelta di Arvedi è liberarsi di questi lavoratori prima di un confronto sindacale. Visto questo comportamento unilaterale e irresponsabile chiederemo al ministro di convocare un incontro, senza escludere una immediata mobilitazione». L'assessore al Lavoro Alessia Rosolen ha sottolineato durante la riunione che gli interventi dell'azienda sui livelli occupazionali non potranno cominciare prima della chiusura dell'accordo sul piano industriale di Siderurgica. «La tutela dei livelli occupazionali è la priorità - ha detto l'assessore - e la Regione ha chiesto all'azienda di bloccare qualsiasi decisione unilaterale prima della valutazione complessiva del piano industriale. Piano industriale e riconversione degli occupati devono andare di pari passo: la vicenda esige la massima serietà. L'individuazione di un percorso condiviso non prevede imposizioni». Rosolen ha sollecitato le parti ad affrontare quanto prima il tema dei tempi determinati su un tavolo di confronto sindacale. Dal canto suo Siderurgica fa sapere che non ritiene percorribile la proroga dei venti contratti scaduti da oggi, perché il rinnovo richiederebbe la stipula di tempi indeterminati per effetto del decreto Dignità. La società ha dunque optato per l'immediata ricollocazione a San Giorgio, al fine di tutelare i lavoratori con maggiore anzianità, parte dei quali passerà dall'area a caldo all'area a freddo, in sostituzione dei neoassunti a tempo determinato.

Diego D'Amelio

 

LE VOCI SOTTO IL PALAZZO - La piazza si svuota e la protesta si sgonfia «Ci hanno abbandonati, siamo sfiduciati»

TRIESTE. Il fatto che ieri ci fossero non più di 50 persone, a protestare sotto il palazzo della Regione, secondo alcuni dei presenti si spiega in maniera «molto semplice: non c'è più fiducia verso le istituzioni». Con un esiguo numero di presenze in piazza, senza neanche una bandiera sindacale dispiegata, il futuro si fa sempre più incerto, agli occhi dei lavoratori della Ferriera. Anzi. Ai timori sui destini occupazionali adesso si aggiungono quelli per le condizioni di sicurezza all'interno dello stabilimento, su cui a partire da oggi peserà il graduale venir meno di una parte della manodopera esterna. A descrivere l'atmosfera di «disillusione» che ieri si respirava nello spiazzo di via dell'Orologio sono stati in particolare tre operai del complesso di Servola, Fabrizio Blasi, Sergio Ziani e Luca Bevilacqua. Tra di loro c'è chi lavora da quando aveva 15 anni, avendo provato le più svariate professioni: adesso che ne ha 50, spera di «lasciare il posto a qualcuno di giovane, in futuro». E c'è chi invece è in Ferriera da quando ne aveva 22, una vita fa: «Ricordo le tante manifestazioni, a partire da quella del 1994. Allora la città era con noi, compresi sindaco e vescovo. In piazza eravamo più di mille. I tempi sono cambiati: si parla di città turistica, che non vuole più il cosiddetto mostro sul mare. Ma ciò va a discapito nostro: restiamo gli unici a farne le spese». Secondo i tre «ormai c'è una mancanza di fiducia diffusa tra tutti i colleghi. Ci siamo presentati tante volte fuori da questo palazzo. Ogni anno è la stessa storia: a settembre si chiude. Stavolta però è peggio, perché le istituzioni ci remano contro. E siamo rassegnati. Ci troveremo senza lavoro, con una cassa integrazione che non può bastare, chiedendoci se domani arriverà o meno la pagnotta. A 50 anni e passa chi ci assumerebbe?» . Come detto, a ciò si aggiunge la preoccupazione per le condizioni di sicurezza sul posto di lavoro: «Stiamo letteralmente in mezzo alla polvere. Ci sono nastri che perdono, si rompono, devono essere cambiati. Eppure da domani (oggi, primo novembre, ndr) scattano i tagli alle ditte esterne di pulizie e di manutenzione, che d'ora in poi lavoreranno perlopiù a chiamata. Il timore è che ci possa scappare il morto, in queste condizioni».Sotto il palazzo della giunta c'era anche Igor Sale, uno dei 17 operai del laminatoio (cui si aggiungono tre dell'area a caldo) che non si è visto rinnovare il contratto, scaduto proprio ieri. «L'azienda pensa di ricollocarci ma non sappiamo ancora dove», ha spiegato Igor, che ha 37 anni ed è uno dei «lavoratori più anziani dell'area a freddo. Qui infatti l'età media è molto più bassa. Ci sono colleghi che hanno solo 19 anni. Ragazzi che devono pagare l'affitto, le bollette e così via. La speranza è che le istituzioni ascoltino le nostre testimonianze: così magari così potranno rendersi conto delle tante situazioni personali in essere». Al presidio erano presenti infine alcuni esponenti diversi politici, tra cui i consiglieri regionali Francesco Russo (Pd) e Furio Honsell (Open Sinistra Fvg). Sempre di Open, c'erano il presidente Giulio Lauri e Sabrina Morena, consigliera a Trieste. Nel Consiglio comunale del capoluogo regionale siede anche Antonella Grim (Italia Viva), che ha fatto sapere tramite una nota: «Continuo a essere basita dalla superficialità con cui si vuole dismettere una realtà industriale regolarmente operante. Mi domando inoltre se le amministrazioni regionale e comunale si preoccupino delle difficoltà in cui versano altri soggetti, come Wartsila o Flex. Esiste una strategia industriale per territorio? E per la siderurgia italiana? Ci sono interlocuzioni in tal senso con il ministro Patuanelli?».

Lilli Goriup

 

Patuanelli spinge la riconversione «Dal ministero decine di milioni»

Il titolare dello Sviluppo economico: «Rifinanziata la legge sulle aree di crisi fra cui c'è Trieste E ci sono i fondi per la decarbonizzazione». Non esclusa la vendita in blocco del comprensorio

Aiuti pubblici per decine di milioni. È quanto il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli mette sul tavolo per la riconversione della Ferriera. Siderurgica Triestina potrà accedere ai fondi appena rifinanziati per gli insediamenti industriali in aree di crisi e a quelli per la decarbonizzazione, ma per prima cosa l'azienda dovrà rallentare sulla messa in mobilità dei lavoratori che il ministro giudica «irricevibile». Ministro, si è sbloccata la partita degli aiuti pubblici? Il Mise ha appena varato il decreto per rifinanziare la legge sulle aree di crisi, fra cui c'è Trieste: sarà uno degli strumenti per agevolare la riconversione. La dotazione degli incentivi aumenta di ulteriori 120 milioni, cui potranno accedere le aziende interessate a nuovi insediamenti. A Trieste i bandi erano finora andati deserti, ma potrà approfittarne Arvedi: la disponibilità è di alcune decine di milioni. Sono in corso valutazioni. Ci sono altri strumenti? Il Fondo per la decarbonizzazione: potrebbe servire a riconvertire la centrale elettrica. Ma fare cifre è prematuro. Gli operai sono affranti...Voglio dire loro che la tutela occupazionale è prioritaria e il Mise sta vegliando affinché il piano industriale garantisca tutti i posti. Li aspettano due anni di cassa integrazione in attesa della riconversione? Saranno attivati tutti gli strumenti di ammortizzazione sociale in capo a ministero del Lavoro e Regione affinché ci siano due anni di formazione e sostegno al reddito. Nessuno dovrà subire un detrimento della qualità della vita. Intanto a casa in venti...Mi associo alla Regione e dico che prima vanno definiti piano industriale e accordo di programma, poi si procederà con quanto stabilito. Il dialogo con le istituzioni non può cominciare così. Che ne pensa della chiusura annunciata dall'azienda per il 31 dicembre? L'azienda organizza il ciclo produttivo e vuole determinare in modo chiaro i tempi, ma non possono esserci scelte unilaterali. Sono stato io a chiedere tempi stretti e il tentativo è definire il più possibile il quadro entro fine anno. Qual è il piano di Arvedi? Un forte investimento sull'area a freddo e la dismissione dell'area a caldo con contestuale liberazione da impianti e materie prime. Come procedono i tavoli tecnici sul business plan? Come da programma. Il piano è sostenibile? Sì, se verranno superati alcuni nodi aperti, come la tutela dei posti di lavoro attraverso le realizzazioni proposte da Arvedi e la ricollocazione in altre aziende. Mi concedo un po' di riservatezza, ma lavoriamo per avere uno sviluppo che consenta anche di aumentare l'occupazione attuale. È un problema che Arvedi non abbandoni i terreni come pareva all'inizio? Una parte dell'area è di proprietà di Siderurgica Triestina e una parte è zona demaniale. È normale che Arvedi ritenga fondamentale l'utilizzo della banchina per l'area a freddo, ma con la messa in sicurezza dell'area a caldo si può avere utilizzo logistico. Sull'area a caldo sorgerà un terminal ferroviario o un'altra industria? Sono due soluzioni complementari e non opposte, ma l'uso va determinato da proprietà e Autorità portuale. Non ci saranno problemi a farlo. C'è l'alternativa di una vendita di tutto il comprensorio da parte di Arvedi? La mia intenzione è arrivare alla riconversione nel rispetto dei livelli occupazionali, dell'ambiente e della volontà di una città di arrivare al superamento dell'area a caldo. Quanto costa l'area intera? La stima non è mia competenza. Esistono investitori esterni pronti a intervenire sul fronte della logistica portuale? Il presidente D'Agostino lavora in questo senso da tempo e con grande capacità. Sono fiducioso sulla possibilità di una crescita della città che manca da troppo tempo. C'è la possibilità che Siderurgica, a fronte del ritardo pubblico, decida di continuare con la ghisa? Surreale che qualche settimana di eventuale slittamento spinga alla costruzione della copertura dei parchi dopo anni di attesa. La parte pubblica lavora: ho giurato a inizio settembre e ci sono stati già numerosi incontri e una proposta di piano industriale con relative verifiche in corso. Quanto costano le bonifiche e quanti soldi ci sono da parte? Le farà Arvedi? Stiamo valutando. Verranno concessi contributi pubblici per questo? Ci sono approfondimenti in corso. La riconversione avrà il sostegno pubblico: le risorse ci sono, l'importante è saperle spendere. Ricordo i 41 milioni vincolati dal 2014 per il barrieramento a mare. Resta viva l'idea di unire in un unico procedimento le bonifiche dell'area a caldo e quelle dell'area portuale destinata agli ungheresi? Era la volontà iniziale, ma ho ritenuto di limitarci solo a Servola perché servono tempi certi, pur comprendendo la necessità di accelerare nell'area ex Teseco. È vero l'interessamento di Arvedi su Taranto? Indiscrezioni giornalistiche infondate. 

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 31 ottobre 2019

 

 

Sciopero e presidio - Gli operai di Servola tornano in piazza

Mobilitazione di 4 ore indetta da Cgil, Cisl e Uil questa mattina in concomitanza con il confronto Regione-funzionari Arvedi

Quattro ore di sciopero per ciascun turno di lavoro e un presidio sotto il palazzo della Regione in piazza Unità, dove stamattina alle 11 si terrà il tavolo dedicato al futuro della Ferriera di Servola. È questa la risposta che Cgil, Cisl e Uil hanno deciso di dare davanti alle incertezze sul destino dello stabilimento, in attesa che dal ministero dello Sviluppo economico si faccia chiarezza sull'effettiva praticabilità del piano industriale di riconversione presentato da Siderurgica triestina una decina di giorni fa. «Partecipa per il tuo futuro», è lo slogan riportato in calce al volantino firmato da Fiom, Fim e Uilm, che si attendono un'adesione massiccia alla manifestazione che accompagnerà il confronto fra giunta regionale, proprietà, sindacati e Confindustria. Le quattro ore di sciopero comprenderanno anche le due ore di astensione dal lavoro indette sempre per oggi dalle segreterie nazionali dei sindacati metalmeccanici in risposta alle difficoltà di un settore attanagliato da ben 160 crisi industriali aperte al Mise. La Ferriera continuerà comunque a funzionare come sempre in caso di sciopero, perché la gestione dell'altoforno è molto complessa e non prevede in nessun caso lo spegnimento: da qui la necessità di garantire la presenza di un presidio di sicurezza per tenere in funzione il tutto. Il segretario provinciale della Uilm Antonio Rodà si augura intanto che «l'azienda chiarisca per prima cosa che i primi venti lavoratori dichiarati in esubero non vadano a casa. Cosa che altrimenti accadrà già domani (oggi, ndr)». Per Rodà, «non è poi possibile accettare quanto viene prospettato e cioè che una parte delle maestranze possa rimanere posteggiata due anni in cassa integrazione in attesa che si avvii la nuova vita dell'area. Alla Regione chiederemo lumi sugli ammortizzatori sociali e su eventuali interventi integrativi proposti dalla giunta». La partecipazione inizialmente non prevista dei funzionari del gruppo Arvedi permetterà anche alla Regione di richiamare l'azienda alle sue responsabilità. Dopo le trattative riservate condotte in estate dall'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, è probabile che siano il presidente Massimiliano Fedriga e l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen a condurre la partita di oggi. La Regione domanderà alla proprietà come procede il confronto sul Piano industriale al vaglio del Mise e chiederà conto dei mancati rinnovi contrattuali dei lavoratori a tempo determinato, la cui uscita è stata annunciata da Siderurgica triestina ma che sta procedendo molto più velocemente di quanto le istituzioni si sarebbero attese. Ma la giunta ribadirà soprattutto che la chiusura dell'area a caldo al 31 dicembre non è ricevibile. Intanto al ministero dello Sviluppo economico procedono i tavoli tecnici per approfondire i contenuti e l'applicabilità del piano industriale. Sempre oggi si terrà a Roma un incontro fra le parti e Invitalia, dedicato ad approfondire la parte relativa ai finanziamenti pubblici. Com'è noto il piano di Arvedi richiede un cospicuo sostegno economico delle istituzioni, ma i fondi pubblici non sono normalmente erogabili alle imprese private, come previsto dalle norme comunitarie sugli aiuti di Stato e il regime de minimis. Da qui la necessità di approfondire il nodo, fondamentale per il buon esito della riconversione. 

Diego D'Amelio

 

Serracchiani incalza Patuanelli sulla siderurgia

«Chiedo se il ministero da lei guidato stia elaborando un Piano nazionale per la siderurgia quale premessa per il mantenimento delle nostre capacità produttive, affinché il rango di potenza industriale dell'Italia non sia gradualmente eroso e perduto». È la domanda che la deputata dem Debora Serracchiani rivolge, in una lettera inviata ieri al responsabile dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli.Precisando di «considerare anche politicamente rilevanti le parole pronunciate dal ministro in merito alla necessità che il nostro Paese mantenga una sua produzione siderurgica», la parlamentare chiede inoltre a Patuanelli di «prendere in mano con energia questo settore, senza esitazione, esplorando tutte le opportunità di rilancio al netto di pregresse valutazioni individuali. Non c'è solo Terni - conclude Serracchiani -. La guardia dev'essere alta anche su Cremona e Trieste».

 

 

CONSUMATORI - Trieste "indecisa" sulla sperimentazione dei monopattini elettrici

La Finanziaria del 2019 ha voluto regolare la circolazione su strada di monopattini elettrici, segway, monowhell e hoverboard, demandando al Ministero delle Infrastrutture il compito di emanare un Decreto, il 229 del 04/06/ 2019, nel quale dare avvio ad un progetto sperimentale, volto ai Comuni che vorranno aderirvi, della durata massima di due anni. Durante tale periodo sarà compito dei Comuni pubblicizzare il progetto, individuare aree pedonali e piste ciclabili, provvedere ad una segnaletica mirata, vigilare sul rispetto della condotta di guida dei conducenti che "non deve essere di ostacolo ai pedoni "e il rispetto delle caratteristiche tecniche dei mezzi. Tralasciamo al momento le specifiche del Decreto, ovviamente importanti ma premature. È basilare avere cognizione se il Comune di Trieste aderisce/aderirà o meno alla sperimentazione. Se lo farà dovrà far fronte ad un notevole impegno economico, amministrativo per un fenomeno che attualmente è di scarsa rilevanza e che interessa per lo più i cittadini e commercianti residenti nell'area pedonale. L'attuale parco circolante non genera controversie, ha un suo equilibrio, certo se il loro numero dovesse crescere queste aumenterebbero. Incidenti, infortuni che in assenza di una formula assicurativa, mirata od obbligatoria, farebbero venir meno la certezza del risarcimento inoltre un bambino, un cane, che per loro stessa natura si muovono scompostamente in un incidente con un mezzo a motore, vincolato alla sua struttura e velocità, a chi assegnereste la responsabilità nel caso di sinistro? Problema delicato, rimaniamo in attesa della decisione del Comune.

Antonio Ferronato - Adoc - (Associazione difesa orientamento consumatori)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 ottobre 2019

 

Il ministero rassicura «Ogs non è a rischio» - Ma Pedicchio attacca

Nessuna volontà di accorpare l'Ogs, ma solo di creare un coordinamento per ottimizzare i progetti di ricerca. È la linea ribadita ieri dal Miur nel corso del vertice romano a cui ha preso parte anche la presidente dell'Istituto di oceanografi Maria Cristina Pedicchio, che però continua a non credere del tutto alle rassicurazioni. Nel corso dell'incontro, a cui hanno partecipato anche i vertici di Cnr, Ingv e Ogs, è stata ribadita l'intenzione del ministero di voler solo migliorare l'efficacia e l'efficienza dell'attività svolta dai quattro istituti per razionalizzare la spesa dando maggiore incisività alla ricerca. Pedicchio però, come detto, non ci sta e dopo l'allarme lanciato venerdì mattina su un possibile accorpamento tra istituti va all'attacco: «Le motivazioni riportate oggi (ieri, ndr), a nostro avviso, non sono state convincenti. Si è parlato solo di coordinamento, ma i coordinamenti di norma non necessitano di un passaggio in Finanziaria. Se si vuole coordinare e valorizzare la ricerca italiana sul mare o su qualsiasi altro tema, gli strumenti ci sono e si basano essenzialmente su dialogo, responsabilità condivise ed analisi trasparente di cosa si può fare e di chi può farlo, non certo su proposte di disegni di legge portate avanti da pochi interessati, all'insaputa della comunità scientifica».Pedicchio ha ribadito poi l'impossibilità di inserire Ogs, che si occupa anche di geofisica e sismologia, in un costituendo Istituto del Mare con sede a Roma visto che «la multidisciplinarietà è uno dei punti di forza dell'istituto». Intanto il consigliere regionale del Pd Francesco Russo ha depositato una interrogazione alla giunta per chiedere come si intenda difendere le eccellenze nel campo scientifico del territorio. «In capo all'esecutivo - spiega Russo - c'è la responsabilità della tutela di questo enorme patrimonio. L'esercizio della Specialità, intesa come tutela dell'autonomia dal governo centrale, passa anche attraverso sfide come queste. Fedriga faccia valere il suo ruolo e allontani il rischio di un accentramento del sistema della ricerca».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 ottobre 2019

 

 

Pordenone al quarto posto fra le città più "verdi" - Ma in Fvg si spreca l'acqua   -   il rapporto di LEGAMBIENTE

Dalla raccolta dei rifiuti alla sostenibilità dei sistemi di trasporto: il capoluogo recupera posizioni intorno al 30mo posto con a Gorizia

TRIESTE. La città più "green" d'Italia è Trento, ma poco sotto, dietro a Mantova e Bolzano, ecco Pordenone al quarto posto. Per trovare Gorizia e Trieste bisogna scendere alle caselle 29 e 30, mentre Udine è diciottesima. La classifica, targata Legambiente, è contenuta nel ventiseiesimo rapporto "Ecosistema urbano" che traccia la fotografia delle prestazioni ambientali del Paese attraverso una analisi dei numeri dei 104 capoluoghi. Il rapporto, presentato ieri a Udine dal presidente regionale di Legambiente Sandro Cargnelutti, si basa su vari indicatori. A ogni città è dedicato un obiettivo specifico con una serie di mete da raggiungere come l'accesso ai sistemi di trasporto e a spazi verdi pubblici sicuri, la qualità dell'aria, la gestione dei rifiuti, l'efficienza delle risorse, la sicurezza stradale. Voci che servono a Legambiente per individuare una città ideale, quella che otterrebbe il punteggio massimo di 100. Se Trento è a 81,2, Pordenone (che guadagna 2 posizioni) a 75,45 e Udine a 63,84 (6 posti in meno), Gorizia (scende di 4) fa segnare 60,22 e Trieste (guadagna 6 posti) 59,93. Nel raffronto tra capoluoghi Fvg, Trieste mostra le migliori performance nella concentrazione di ozono (26 giorni di superamento della soglia), nei consumi idrici (149,8 litri per abitante), nell'efficienza della depurazione (l'Istat la rileva al 100%), nel trasporto pubblico (58 km di percorrenza per abitante), nelle isole pedonali (0,49 metri quadri per abitante), nell'uso del suolo e nel rapporto auto/residenti (53 ogni 100), mentre viene bocciata in dispersione idrica (40,7%), raccolta differenziata (non oltre il 41%), ciclabilità (1,97 mq ogni 100 abitanti), incidenti d'auto (5,5 morti più feriti ogni 1.000 abitanti) e solare pubblico (con 0,49 kW costanti nei due anni rientra tra le 12 città capoluogo in cui ancora non si raggiunge 1 kW/1000 abitanti). Gorizia fa invece sorridere gli ambientalisti quanto a concentrazione di polveri sottili (17,6 ug/mc), raccolta differenziata (64,7%) e incidenti (4,3 morti più feriti ogni 1.000 abitanti). Le critiche riguardano il trasporto pubblico (16 km di percorrenza per abitante) e l'uso del suolo. Precisato che la mobilità rappresenta il 30% complessivo dell'indice, seguita da aria e rifiuti (20%), acqua (15%), ambiente urbano (10%) ed energia (5%), e che è stata confermata la scelta di privilegiare gli indicatori di risposta (che misurano le politiche intraprese dagli enti locali e pesano il 59% contro il 20% degli indicatori di stato e il 21% di quelli di pressione), Cargnelutti dà anche una lettura dei dati a livello regionale. «In Fvg - spiega il presidente di Legambiente - due sono i dati in sostanziale peggioramento: la produzione di rifiuti pro capite e l'incremento del parco auto. Rispetto alla situazione nazionale delle realtà più virtuose - prosegue - siamo inoltre in difficoltà sulle isole pedonali, su cui gli enti locali dovrebbero investire molto di più, sul consumo d'acqua, perché siamo purtroppo grandi spreconi, e il verde urbano, spesso carente». Cosa chiedere alla Regione? «Di avviare subito una strategia per lo sviluppo sostenibile, lo scenario di fondo su cui instradare le corrette politiche». 

Marco Ballico

 

 

Riccesi-Comune, la lunga guerra su Ponterosso in Corte d'Appello

Il braccio di ferro è di natura giurisdizionale: per l'ente deve decidere il Tar, secondo l'azienda invece il Tribunale

Il fascicolo di Ponterosso Park, nel suo ventennale peregrinare, trasloca dal Tribunale civile alla Corte d'appello, davanti alla quale la Cogg-Riccesi ha impugnato la sentenza 426/2019 che statuiva la competenza del Tar e la contestuale incompetenza di Foro Ulpiano nel contenzioso con il Comune. Ma Riccesi non si rassegna: è convinto che la causa intentata alla amministrazione Dipiazza per danno emergente e lucro cessante - valore di 3,5 milioni - vada discussa in sede civile e non davanti al giudice amministrativo. Il Comune la pensa diversamente, ha vinto in primo grado e difenderà questo suo successo in Corte d'appello: una recente delibera, portata dallo stesso sindaco Roberto Dipiazza, ha deciso la costituzione in giudizio e l'affidamento della difesa municipale all'avvocato Antonio Sette, lo stesso professionista che aveva ottenuto la vittoria nel primo round in tema di giurisdizione. Al legale udinese andrà una parcella «omnicomprensiva» pari a 38.000 euro. Riccesi chiede la riforma integrale della sentenza di primo grado viziata - a suo dire - sotto numerosi profili circa la corretta ricostruzione fattuale e normativa della fattispecie: la controparte comunale replica che detti vizi non sussistono, perché la sentenza risulta emessa nel pieno rispetto della normativa alla luce della giurisprudenza cassazionista.Il duello su chi, Tribunale o Tar, debba giudicare eventuali responsabilità nella pluriennale vicenda, riveste un significato non solo tecnico-giuridico, ma soprattutto economico: perché se la Corte d'appello ritiene competente il Tribunale, vorrà dire che verranno valutati sia il danno emergente che il lucro cessante, come richiesto da Riccesi attraverso l'avvocato Fabio Padovini. Se invece si andrà al Tar, si discuterà solo del danno emergente, che ammonta a 523.000 euro, cioè una porzione decisamente inferiore rispetto ai 3,5 milioni pretesi da Riccesi. Pretesa che, per quanto riguarda i 3 milioni di lucro cessante, il Comune non ha mai riconosciuto. In prima istanza il giudice Roberta Mastropietro aveva dato pienamente ragione al Comune, perché la richiesta dell'imprenditore sorgerebbe dalla revoca comunale dell'operazione Ponterosso, quindi il riconoscimento di un danno patrimoniale causato dall'esercizio di un potere amministrativo è materia del Tar, non del Tribunale civile.Il contenzioso Comune/Riccesi in sede giudiziaria è iniziato nel giugno 2018, quando l'ex presidente dell'Ance si è rivolto al Tribunale per ottenere soddisfazione sulla vicenda Ponterosso. Ricapitoliamo allora i termini di una querelle che ha festeggiato il genetliaco ventennale. La vicenda si trascina dal 1999, quando la seconda giunta Illy approvò la realizzazione di un parcheggio sotterraneo in piazza Ponterosso, a cura di Riccesi. La prima giunta Dipiazza cassò l'iniziativa e cercò un accordo con l'impresa, che aveva portato all'individuazione di tre alternative (Teatro Romano, Tigor-Cereria, Roiano), nessuna delle quali però a buon fine. La giunta Cosolini tentò un'ulteriore intesa, punto di caduta in piazza Foraggi: anche in questo caso niente da fare. 

Massimo Greco

 

PROGETTI DIMENTICATI - Che fine ha fatto Park Audace con 600 posti sotto le Rive?

Il suo nome era impegnativo, storico, altisonante. Il suo nome non era Cerutti Gino, sull'inerzia gaberiana, ma Park Audace. In Comune a momenti manco si ricordano del progetto di un parking sotterraneo sulle Rive, più o meno a metà strada tra palazzo Carciotti e il teatro Verdi. Se ne era parlato molto all'epoca della giunta Cosolini, quando questa possibilità sembrava avere chance di progredire. Avrebbe dovuto essere un contenitore da 600 veicoli e, per la verità, il progetto aveva danzato già anni prima sui tavoli del Municipio. Scorrendo l'archivio del giornale, l'ultima citazione del Park Audace risale a oltre tre anni fa, quando il Dipiazza III si era appena insediato e il neo-assessore Luisa Polli osservava che non sarebbero stati apposti ostacoli alla costruzione del parking da parte dell'esecutivo di centrodestra. Va detto che, dal punto di vista autorizzativo, la maggior parte del parking avrebbe interessato più il demanio portuale che il terreno comunale. Comunque da allora al Municipio non risultano sviluppi sul dossier, che per il direttore dei Lavori pubblici Enrico Conte rappresenta uno dei periodici maxi-progetti destinati all'archivio. Argomento più fresco e più interessante è invece il parcheggio al Molo IV gestito da Trieste terminal passeggeri (Ttp). L'area è passata al Comune, con l'operazione Porto vecchio, e la civica amministrazione ha modificato in modo sensibile la locazione richiesta. Ttp non era d'accordo e si è rivolto al Tar, dove ha perso. Sommando le due annualità in questione, Ttp deve al Municipio quasi 1,5 milioni di euro. Una cifra considerevole, sulla quale la società avrebbe chiesto una rateizzazione. Ma nel contempo ha presentato appello al Consiglio di Stato. Recente riunione con Dipiazza e Terranova: si attendono disposizioni.

 

 

A2A, addio alla centrale di Monfalcone: «Pronti 500 milioni per la riconversione»

L'amministratore delegato Camerano: «Ma chiediamo garanzie». Fedriga: «Partita chiusa entro la prossima primavera»

TRIESTE. Un investimento di 500 milioni di euro che porterebbe alla dismissione della centrale a carbone di Monfalcone per un nuovo impianto a gas a impatto ridotto, la condizione è il superamento delle contrapposizioni politiche. Il presidente di A2A Giovanni Valotti a margine del convegno dedicato alla crescita economica del Friuli Venezia Giulia organizzato dalla multiutility, in collaborazione con Confindustria Venezia Giulia, lancia un messaggio chiaro. Nel corso dell'incontro l'amministratore delegato di A2A Valerio Camerano aveva presentato gli investimenti dedicati alla regione dove oltre alla centrale di Monfalcone ci sono i due impianti idroelettrici di Ampezzo e Somplago che nella volontà di A2A verranno rinnovati e serviranno a garantire la fornitura di elettricità alla rete in caso di blackout. L'interesse è però concentrato su Monfalcone: «Entro qualche settimana - ha spiegato Camerano - presenteremo il nostro progetto che prevede la creazione di un impianto Ccgt (Combined cycle gas turbine, ndr) con l'azzeramento di polveri e ossidi di zolfo. A questo vogliamo affiancare anche lo sviluppo di un impianto fotovoltaico ad alto consumo, l'installazione di compensatori che consentono di regolare la tensione della rete e uno sviluppo dell'area retroportuale sostenibile».Le tempistiche dunque iniziano ad essere chiare, A2A presenterà il progetto nelle prossime settimane, Comune e Regione dovranno poi dare il parere e nel caso di via libera ci vorranno dai 24 ai 30 mesi per arrivare al nuovo impianto. La dismissione del carbone era prevista entro il 2025. Il presidente della Regione Massimiliano Fedriga nel suo intervento di saluto non ha nascosto l'interesse dell'ente «entro la primavera del prossimo anno dobbiamo chiudere la partita». Se la tempistica dovesse quindi essere rispettata il taglio del nastro potrebbe arrivare con due anni di anticipo rispetto al 2025 con l'obiettivo, come ha sottolineato l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro di «lasciare alle future generazioni un ambiente pulito: una frase che non deve essere solo un motto». Valotti in ogni caso apre anche a possibili scenari alternativi: «Bisogna superare le contrapposizioni guardando nel merito le proposte per questo non escludiamo alternative». Nel dettaglio ci potrebbe essere la chiusura dell'impianto con 150 lavoratori diretti e altrettanti dell'indotto che perderebbe il posto di lavoro oltre al problema ambientale. Il secondo è legato alla necessità di Terna che potrebbe chiedere che l'impianto resti operativo a carbone. «Infine la terza ipotesi che noi - ha aggiunto Valotti - auspichiamo, prevede l'investimento di 500 milioni di euro, non di soldi pubblici, e la riqualificazione dell'impianto con il superamento del carbone, le tutele ambientali e le garanzie occupazionali». Sul fronte del consumo del fossile Luigi Michi Responsabile strategia e sviluppo di Terna ha ricordato che «a livello italiano partiamo da una situazione non adeguata per l'eccessivo uso di carbone». Il ministro della Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha mandato un indirizzo di saluto nel quale ha sottolineato come «la riconversione dei nostri sistemi energetici è un processo fondamentale per uscire dal carbone». Infine Sergio Razeto, presidente di Confindustria Vg, ancora una volta ha ricordato la complessità e l'incertezza della situazione economica mondiale: «Serve un rinnovato piano di sviluppo che metta al centro gli investimenti dando vita a una sburocratizzazione del sistema che possa portare a liberare risorse». 

Andrea Pierini

 

 

Via libera alla raccolta di cozze in otto punti su dieci nel golfo

Parzialmente revocata l'ordinanza del 13 settembre, emanata per la presenza eccessiva di biotossina algale liposolubile. Ancora out Grignano e Santa Croce

TRIESTE. Cozze ancora parzialmente off-limits nelle acque del golfo di Trieste. L'ordinanza emanata dall'Azienda sanitaria lo scorso 13 settembre è stata per ora revocata solamente in parte. Le fasi di raccolta, commercializzazione, trasformazione, conservazione e immissione al consumo dei molluschi bivalvi vivi estratti dalle acque della provincia di Trieste sono nuovamente consentite in otto delle dieci zone di produzione. Più di un mese fa a ricevere il disco rosso da parte dell'AsuiTs erano stati tutti i siti tra Muggia e i confini occidentali del territorio comunale di Duino Aurisina, ossia quelli di Lazzaretto, Punta Sottile, Grignano, Santa Croce, Filtri, Canovella, Sistiana, Duino, Villaggio del Pescatore e foci del Timavo. In base ai riscontri analitici relativi al monitoraggio delle acque triestine il Dipartimento di prevenzione Struttura complessa veterinaria - Struttura semplice di Tutela igienico sanitaria alimenti di origine animale aveva evidenziato lo scorso settembre una positività per la presenza di biotossina algale liposolubile Dsp (Diarrethic Shellfish Poisoning) con un tenore di acido okadaico pari a 320 microgrammi per chilo. Troppo, tanto da poter generare un possibile rischio per la salute umana. Nello specifico l'ingerimento della biotossina può comportare diversi sintomi quali forte diarrea, dolori all'addome, nausea, vomito e la possibilità elevata di disidratazione. Conseguenze sostanzialmente non letali, ma certamente molto dolorose e fastidiose. Il primo ad accorgersi del problema sanitario era stato il Consorzio giuliano maricolture Cogiumar, che tramite le analisi incrociate aveva fornito il primo allerta all'Azienda sanitaria. Lazzaretto e Villaggio del Pescatore le zone in cui Cogiumar aveva emanato per primo il fermo volontario per allerta ambientale. La "permanenza" della Dsp, arrivata in anticipo rispetto agli altri anni, avrebbe dovuto avere una durata di circa un mese. Così in effetti è stato, ma non per tutte le acque del golfo. Dopo l'ordinanza è stato attuato un attento controllo delle acque e dei molluschi bivalvi vivi del litorale regionale, secondo un piano di monitoraggio prestabilito, sottoponendo i campioni prelevati alle analisi prescritte. Da qui è emerso chiaramente come l'idoneità biologica sia stata ripristinata in otto siti: Lazzaretto, Muggia, Filtri, Canovella, Sistiana, Duino, Villaggio del Pescatore e Foci del Timavo. Rimangono invece ancora escluse le zone di produzione di Grignano e Santa Croce, in quanto i requisiti sanitari dei molluschi non risultano ancora conformi alla normativa comunitaria. Proibite dunque, solamente in queste due aree, la raccolta delle cozze e le conseguenti commercializzazione, trasformazione, conservazione e immissione al consumo. Il fenomeno delle cosiddette "fioriture algali", dovuto sia all'aumento del fitoplancton in nuove aree geografiche, che all'immissione nelle acque di prodotti inquinanti da parte dell'uomo, è un fenomeno che comporta gravi danni al settore della mitilicoltura. Walter De Walderstein, responsabile tecnico-scientifico di Cogiumar, aveva confermato come sia difficile fare una stima precisa del danno economico, ma che il fenomeno della Dsp è oramai una costante nelle nostre acque. 

Riccardo Tosques

 

 

Fincantieri lancia la nuova società per avere energia dalle onde marine - l'intesa annunciata in aprile CON CDP, ENI E TENA

ROMA. Il progetto dell'Eni, con Cdp, Terna e Fincantieri, per la produzione di energia dalle onde marine «è fortemente innovativo, ideato e realizzato da una filiera completamente italiana»: così il premier Giuseppe Conte che ieri ha partecipato alla firma dell'accordo tra le quattro società. Alla firma avvenuta ieri a Ravenna erano presenti gli amministratori delegati Fabrizio Palermo (Cdp) Giuseppe Bono (Fincanrtieri), Luigi Ferraris (Terna) e Claudio Descalzi (Eni). Il primo passo sarà la costituzione di una società per lo sviluppo e realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da moto ondoso. Grazie a questo accordo, che segue l'intesa firmata lo scorso 19 aprile, la collaborazione tra le società entra in una fase più operativa che consentirà di trasformare il progetto pilota Inertial Sea Wave Energy Converter, l'innovativo sistema di produzione di energia dal moto ondoso, in un impianto realizzabile su scala industriale e, quindi, di immediata applicazione e utilizzo. L'accordo di partnership si svilupperà in due fasi: nella prima fase, si metterà a punto il modello di business, definendo un vero e proprio piano di realizzazione in Italia. Parallelamente, verrà completata la prima installazione industriale di Iswec presso la piattaforma Eni Prezioso nel Canale di Sicilia al largo delle coste gelesi, con avvio previsto nella seconda metà del 2020. La seconda fase sarà, invece, dedicata da un lato alla vera e propria costituzione della società, e dall'altro alla conseguente esecuzione del piano di realizzazione e sviluppo delle attività, a partire dalle applicazioni per le isole minori in Italia e successivamente all'estero. Per il Ceo del gruppo triestino Giuseppe Bono «questa cooperazione di grande respiro industriale e tecnologico apre una nuova frontiera per lo sfruttamento delle energie pulite in Italia, valorizzando la morfologia del Paese. Fincantieri viene riconosciuta come la massima autorità in campo marittimo e navale, e siamo certi che, grazie alle sinergie fra i partner coinvolti, questo progetto d'avanguardia segnerà un punto di svolta per lo sviluppo sostenibile del Paese».

 

 

Lo smog soffoca Belgrado la città più inquinata al mondo - IN AUMENTO GLI ACCESSI AL PRONTO SOCCORSO

BELGRADO. Incendi visibili a distanza di chilometri, fumo denso che penetra nel naso, irrita e raschia la gola producendo una tosse stizzosa. E per strada la gente prova a difendersi come può, anche con una mascherina sulla bocca. Non sono scene dalla superinquinata Pechino o da Nuova Delhi, ma quelle della quotidianità di Belgrado, capitale serba da giorni in piena emergenza smog. Da sabato scorso - e l'allarme non accenna a rientrare - la metropoli ha superato più volte per quantità di polveri sottili, Pm2 e Pm10 in testa, tutti i maggiori centri urbani mondiali, alternandosi sul podio e conquistando più volte la triste palma di città più avvelenata al mondo secondo i dati del portale Air Visual, che raccoglie misurazioni da sensori piazzati sul territorio. A collimare sono anche altri dati, ad esempio quelli di "Air Quality Index", dove Belgrado, in testa il centro cittadino, ha superato più volte i 220 punti, con aria «molto pericolosa» in particolare per anziani, bambini e persone afflitte da difficoltà respiratorie. «Cosa mi metto oggi?», il commento a una delle tante foto postate sui social, con in primo piano persone con mascherine contro le polveri sottili; ma tantissimi altri hanno scattato immagini di una città - in particolare al mattino e verso sera - soffocata da una cappa plumbea. Quello dello smog non è certo un tema nuovo, in tutti i Balcani, ma quest'anno la situazione in Serbia appare più allarmante del solito. A contribuire all'inquinamento, oltre all'alta pressione e all'assenza di vento, centinaia di roghi accesi nei campi attorno alla capitale e ad altre città serbe, stoppie date alle fiamme da contadini insensibili all'ambiente. A Belgrado, dove sono aumentati gli accessi ai pronto soccorso per problemi respiratori, la situazione è resa ancora più seria da incendi alla mega-discarica di Vinca, a pochi chilometri dal centro. Ma si tossisce anche a Novi Sad, Nis, Bor, Pancevo, Subotica, Uzice. E anche oltre i confini dalla Serbia. I dati dell'Air Quality Index sono da giorni fuori scala pure a Sarajevo, a Skopje e a Sofia. Analoghe difficili condizioni sono segnalate da ieri anche in parte dell'Ungheria, a Debrecen e a Szeged. Se le premesse autunnali sono queste, si prevede un inverno nero fumo in tutti i Balcani e nell'Est Europa. -

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 ottobre 2019

 

 

SERRACCHIANI - «Emergenza Ferriera Patuanelli e Fedriga non voltino le spalle»

La deputata attacca il leghista «Molto grave la sua assenza nel confronto con i lavoratori» Poi il grido d'allarme sulla crisi industriale in corso a Trieste

È stata l'artefice della chiamata del gruppo Arvedi a Trieste per salvare la Ferriera dalla crisi di Severstal e ha sempre difeso la possibilità di coniugare impresa, lavoro, salvaguardia dell'ambiente e diritto alla salute. Ora l'ex presidente della Regione e deputata Debora Serracchiani invoca il protagonismo del ministro Stefano Patuanelli e del governatore Massimiliano Fedriga per mettere chiarezza in una situazione che rischia di avvitarsi davanti alla ribadita decisione di Siderurgica Triestina di chiudere l'altoforno il 31 dicembre. «Per i posti di lavoro che si stanno perdendo e per quelli che sono a rischio già nei prossimi mesi - scrive Serracchiani in una nota - ci sono responsabilità precise della politica, regionale e anche nazionale. La volontà di chiudere la Ferriera, al più presto e comunque, è stato uno dei pochi punti chiari del programma della destra e dei Cinquestelle: e pur di raggiungerlo hanno messo in un angolo il sacrificio dei lavoratori. L'assenza più grave all'incontro con i lavoratori era quella del commissario per la Ferriera, cioè Fedriga, che al Circolo Ferriera avrebbe dovuto esserci e portare risposte a chi aveva negli occhi l'angoscia del futuro». Ma Serracchiani ne ha anche per Patuanelli: «Siamo ancora in tempo per guidare un processo che eviti la deindustrializzazione di Trieste, che costringa l'imprenditore a sedersi a un tavolo nazionale con istituzioni e lavoratori. Ma deve volerlo Fedriga e deve volerlo il ministro Patuanelli: nessuno dei due può voltare le spalle a un territorio che sta precipitando verso una crisi industriale diffusa. È difficile impegnarsi e mostrare la faccia quando arriva la tempesta sull'economia ma devono farlo e senza delegare, perché più passa il tempo e meno si può fare».

 

 

In più di cento a Miramare per bonificare dai rifiuti spiaggia protetta e fondali

Molte famiglie con bambini a "#splastichiamo il mare", raduno dalla doppia finalità: pulire il sito e promuovere la tutela dell'ambiente

Oltre 100 volontari, in rappresentanza anche di molte famiglie con bambini, hanno partecipato ieri alle operazioni di pulizia della spiaggia protetta di Miramare e del tratto di costa tra il parco e lo stabilimento Sticco. In acqua intanto una decina di sub si sono immersi per rimuovere le immondizie dai fondali. È l'iniziativa "#splastichiamo il mare", che ha coinvolto anche gli studenti del liceo Galilei, pronti a separare e conferire a terra i rifiuti raccolti. Ad accogliere tutti è stato Maurizio Spoto, direttore dell'Area Marina Protetta di Miramare. «La giornata è stata resa possibile grazie al sostegno di EstEnergy e Gruppo Hera - ha ricordato lo stesso Spoto - con i contributi raccolti nello stand realizzato durante Barcolana51. È un progetto rivolto a tutti, che ha visto l'adesione di tantissime persone». Dopo una breve spiegazione sull'importanza di tutelare l'ambiente, ai partecipanti sono stati forniti guanti e sacchetti. «Siamo qui non solo per pulire i tanti oggetti spiaggiati - ha sottolineato ancora Spoto - ma anche per sensibilizzare tutti sul rischio derivato soprattutto dalla plastica, che ha invaso i nostri mari e che finisce sulle nostre tavole. I cibi che mangiamo purtroppo già contengono le microplastiche, piccole particelle che si creano, ad esempio, dalle bottigliette disgregate in acqua. Il 70% degli scarti che troviamo lo produciamo noi. Quindi i comportamenti devono cambiare». Tra i pezzi recuperati proprio bottiglie e teli di plastica, involucri per cibi, reti, contenitori vari, ma anche lattine e vetro, accumulatisi in particolare a ridosso del muretto del parco, spinti dalle onde. Complessivamente sono stati eliminati dieci chili di metallo, altrettanti di vetro, cinque di ceramica, due e mezzo di legno. Tra i mucchi più corposi quello del polistirolo, derivato da strumenti e attrezzature utilizzate per la pesca, e poi quello dei mozziconi di sigaretta, in tutto 450, e ancora quello con ben 15 chili di plastica, comprendenti pure un centinaio di stoviglie usa e getta, tra bicchieri, cannucce, cucchiaini e piatti. Uno scenario simile a quello emerso in occasione di altri interventi realizzati nei mesi scorsi. Mai come quest'estate infatti sono state attivate tante iniziative di pulizia, in particolare dei fondali, tra Sacchetta, Rive e Grignano, passando per più punti del lungomare barcolano. «Perché finalmente c'è una maggiore sensibilità - ha concluso Spoto - in particolare verso l'utilizzo responsabile della plastica, che è il materiale presente più di tutti gli altri durante queste operazioni di pulizia». Al termine della raccolta sono state fornite alle persone anche informazioni su pesatura e classificazione dei sacchi smaltiti. La giornata si inseriva nell'ambito della campagna scientifica "Act4Litter Marine Litter Watch Month", promossa dalla Mio-Ecsde, la Federazione delle associazioni del Mediterraneo che si batte per lo sviluppo sostenibile: il progetto Interreg ha coinvolto, oltre a Miramare, altre 20 aree marine protette del Mediterraneo.

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 ottobre 2019

 

 

LA PARTITA SIDERURGICA FRA TARANTO E SERVOLA - Arvedi vuole l'ex Ilva. Intanto in Ferriera stop agli ordini di materie prime.

La proprietà della fabbrica triestina punta all'alt all'area a caldo il 31 dicembre e guarda allo stabilimento pugliese.

Il gruppo Arvedi potrebbe giocare a Taranto la sua prossima partita nel settore della siderurgia. Mentre a Trieste l'azienda annuncia la chiusura dell'area a caldo e ne attribuisce le responsabilità alle pressioni della giunta Fedriga, la stampa nazionale rilancia l'ipotesi di un interesse della società a rilevare l'ex Ilva. Se ne parla su Repubblica e Sole 24 ore, secondo cui l'ingegner Giovanni Arvedi non ha mai rinunciato ad assumere il controllo del più grande stabilimento siderurgico d'Europa, capace di dare lavoro a 10 mila persone. L'occasione potrebbe essere offerta dal possibile abbandono del campo da parte di ArcelorMittal, dopo che il governo giallorosso ha ottenuto l'approvazione al Senato del decreto Salva imprese, senza la conferma dello scudo penale richiesto dalla multinazionale per avere certezza di non incorrere in eventuali reati ambientali commessi nella precedente gestione. È alla luce di questo passaggio che Repubblica ricostruisce la volontà di inserimento di Arvedi, che nel 2018 aveva cercato di strappare Taranto ad ArcelorMittal, costituendo una cordata assieme a Leonardo Del Vecchio, Jindal e Cassa depositi e prestiti. Per il quotidiano, «fonti vicine al gruppo Arvedi non escludono un eventuale interessamento verso l'ex Ilva in caso di passo indietro del colosso euroasiatico». Lo scenario vedrebbe il ritorno in pista di quella stessa alleanza, anche se il patron di Luxottica sembra non volerne più sapere di acciaio. Secondo Repubblica, Arvedi starebbe pensando all'Ilva perché la chiusura dell'area a caldo di Trieste significherebbe rinunciare del tutto alla presenza di un ciclo siderurgico integrale, che a Taranto continua invece a funzionare, almeno per ora. Come per Trieste, molto dipenderà dalle scelte della politica, con la Camera che deve ancora esprimersi sul Salva imprese. Il ministro Stefano Patuanelli ha dichiarato di avere a cuore il tema della produzione di acciaio in Italia, ma di non considerare la Ferriera strategica da questo punto di vista. Ben diverso è il caso di Taranto, ma la politica ondeggia: in un solo anno il M5s si è prima espresso per la chiusura e poi per il mantenimento in vita, sostenendo la necessità di garantire lo scudo ad ArcelorMittal e infine cancellandolo dal decreto in accordo col Pd che di quella salvaguardia era stato sostenitore. A distanza di un anno dall'acquisizione, simile scelta potrebbe segnare il clamoroso addio da parte di ArcelorMittal, complici anche i risultati economici negativi dei primi mesi di gestione. Arvedi sta a guardare. Il gruppo continua intanto a ripetere che il 31 dicembre staccherà la spina all'altoforno triestino e ha comunicato ai sindacati di avere già un accordo con realtà russe e ucraine per la fornitura di quella ghisa che a Trieste non verrà più prodotta. Intanto il Sole svela - mai smentito - che gli ordinativi di materie prime sono stati cancellati. Taranto diventa allora un'opportunità importante, ma perché ci siano sviluppi si dovrà capire quali meccanismi si innescheranno in reazione al decreto del governo Conte bis. Per quel che riguarda Trieste, l'azienda si è seduta al tavolo per la riconversione convocato dal Mise e continua a ribadire che le serrande dell'area a caldo si abbasseranno a fine anno. Si trattasse anche di affermazioni pronunciate tatticamente per alzare il prezzo e velocizzare la stesura del nuovo Accordo di programma, la chiusura di cokeria e altoforno si realizzerà probabilmente nei primi mesi del 2020. L'azienda ha intanto comunicato il mancato rinnovo del contratto ai primi venti dipendenti a tempo determinato (17 dei quali in forza al laminatoio e non all'area a caldo), mentre i sindacati pensano di indire una giornata di sciopero per il 31 ottobre, quando la Regione convocherà i rappresentanti dei lavoratori per fare il punto su un percorso che al momento cammina stretto fra riconversione e crisi industriale.

Diego D'Amelio

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 ottobre 2019

 

 

Siderurgica lascia a casa 20 operai interinali - Stop all'altoforno, braccio di ferro sulla data

Annunciata in assemblea la fine del contratto per 17 addetti del laminatoio e 3 dell'area a caldo. Il rebus del 31 dicembre

Mentre Siderurgica Triestina e le istituzioni fanno il tiro alla fune in merito alla data di chiusura dell'area a caldo della Ferriera, sui lavoratori si abbatte la prima doccia gelata. Venti dipendenti dello stabilimento di Servola non si vedranno infatti rinnovare il contratto in scadenza a fine ottobre. Si tratta di 17 operai del laminatoio e 3 dell'area a caldo: lavoratori a tempo determinato o somministrati, che fanno parte dei 76 precari che l'azienda ha già chiarito di non voler confermare e a cui sarà proposta l'assunzione da parte di «una nuova entità operante nel settore della carpenteria metallica di recente costituzione e operante in zona». La notizia degli esuberi è stata data dai sindacati all'apertura dell'incontro organizzato ieri al circolo della Ferriera. I rappresentanti dei lavoratori hanno poi letto una nota della società, in cui si evidenzia che la direzione ha presentato mercoledì alla Rsu il business plan portato sul tavolo del Mise. In questa occasione sono state comunicate le uscite imminenti, dovute alla volontà dell'azienda di tutelare i dipendenti più anziani, facendo spazio a chi sarà trasferito al laminatoio dall'area a caldo. Nel comunicato l'azienda evidenzia che il 29 e 30 ottobre «saranno organizzati incontri individuali con il Dipartimento risorse umane per definire tempi e modalità per una tempestiva ricollocazione, per la quale esistono concrete possibilità». L'incontro di ieri si è tenuto alla presenza di un centinaio di lavoratori, che nonostante le tensioni di queste settimane hanno ascoltato con grande civiltà gli assessori regionali Alessia Rosolen e Fabio Scoccimarro, gli esponenti Pd Debora Serracchiani e Francesco Russo, il funzionario dell'Autorità portuale Vittorio Torbianelli. Assenti il sindaco e i membri della giunta comunale. I rappresentanti istituzionali hanno tutti ribadito che, anche sulla scorta di quanto affermato dai ministri Stefano Patuanelli e Paola De Micheli, la chiusura al 31 dicembre non è un'opzione possibile. Raggiunti telefonicamente, i delegati dell'azienda hanno tuttavia ribadito in serata che Siderurgica è fermamente intenzionata a rispettare la scadenza. La proprietà ne fa una questione di salvaguardia della sicurezza dei lavoratori, ma è assai probabile che la decisione unilaterale sia un modo per spingere il Mise a chiudere in tempi strettissimi il nuovo Accordo di programma. Un comunicato diramato dalla Regione sottolinea però che sulla data «non c'è alcuna condivisione da parte delle istituzioni». Rosolen ha fissato intanto per giovedì prossimo la convocazione del tavolo di confronto sulla Ferriera, dichiarando che «il riassorbimento completo dei lavoratori è l'unico punto attorno a cui le istituzioni stanno costruendo il percorso: tavoli tecnici stanno verificando la realizzabilità del piano industriale presentato da Arvedi e, se così fosse, lo gestiremo anche con ammortizzatori sociali. Se non ci sarà sostenibilità, si dovranno cercare nuovi investitori per quest'area strategica». Torbianelli ha confermato l'interesse dell'Autorità portuale, rivendicando di aver «tracciato rapidamente gli scenari logistici e occupazionali» nella cosiddetta due diligence. Serracchiani ha chiesto di attivare subito il tavolo romano per «ragionare sull'accordo di programma». Secondo la deputata, «la scadenza del 31 dicembre non è verosimile ed è funzionale alle trattative, ma quando si prendono decisioni che portano alla chiusura bisogna avere un "piano b" perché serve una prospettiva per i lavoratori e le decisioni non possono essere lasciate all'imprenditore». Per Russo, «le cose si sono velocizzate nel modo sbagliato, ma gli unici che rischiano sono i lavoratori». Le rassicurazioni non leniscono le preoccupazioni dei lavoratori. «Se Arvedi non compra le materie prime, facciamo noi una colletta? », ha chiesto sarcasticamente un dipendente, ma c'è anche chi ha usato toni più duri: «A Trieste abbiamo politici che si adoperano per chiudere le fabbriche, ma ci sono colleghi con famiglie o che hanno genitori invalidi. Come si vive con la cassa a 800 euro? Io li vado a cercare uno a uno». 

Diego D'Amelio

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 ottobre 2019

 

 

Scontro sui primi esuberi alla Ferriera - Per la Cgil sono 27, per l'azienda solo 8

Si tratta dei dipendenti dell'Astl, ditta dell'indotto. Siderurgica replica: «Nessun licenziamento, ma una scelta contingente»

È scontro sui primi esuberi alla Ferriera di Servola. Ieri a lanciare l'allarme è stata la Cgil con un comunicato stampa diffuso nel tardo pomeriggio in cui si parlava dell'avvio della procedura di licenziamento collettivo per 27 lavoratori triestini dipendenti di un'azienda dell'indotto, la Astl, che svolge attività di movimentazione, logistica e trasporto nell'ambito dello stabilimento. In serata secca smentita di Siderurgica Triestina che ha parlato di un numero di esuberi decisamente inferiore, negando di aver risolto il contratto. Ecco l'incipit della nota sindacale: «Le rassicurazioni della politica si scontrano con i fatti reali. È giunta alla Filt Cgil e alle altre organizzazioni sindacali del settore la prima comunicazione ufficiale di riduzione del personale che opera nell'indotto della Ferriera. Attivata la procedura di licenziamento collettivo per tutti i 27 lavoratori dipendenti dell'Astl (Azienda Servizi Trasporti Logistica)». Secondo il comunicato «la motivazione, che citiamo testualmente, è la risoluzione del contratto di fornitura, inaspettata e anticipata rispetto alle intese, da parte di Siderurgica Triestina, che comporta la chiusura dell'unità operativa dedicata e per quello scopo costituita a suo tempo da Astl srl, con la conseguente dichiarazione di esubero su tutto il personale impiegato nella sede di Trieste».Stando a quanto comunicato, le cessazioni del personale impiegato avverrebbero «progressivamente e fino alla totale chiusura dell'unità operativa prevista per il 31 marzo 2020». Una presa di posizione conclusa da un fosco presagio: «Siamo certi che d'ora in avanti assisteremo allo stillicidio di simili dichiarazioni di esubero, che in barba a tutti i proclami di parte politica locale e nazionale continueranno a falcidiare l'indotto e i lavoratori diretti della Ferriera. Non si vede in tutto ciò un complessivo progetto, né politico né aziendale, degno di questo nome che possa fin da subito mettere al riparo i lavoratori coinvolti e le loro famiglie». Poche ore dopo la diffusione del comunicato, pubblicato anche sul sito web del Piccolo, Siderurgica Triestina ha categoricamente smentito - non nascondendo il proprio stupore in merito alle accuse sindacali - di aver risolto in anticipo il contratto con Astl, precisando inoltre che l'Azienda Servizi non ha avviato per il momento alcun procedimento di licenziamento collettivo. L'individuazione di eventuali esuberi va considerata - secondo la precisazione di Siderurgica - come un adeguamento al ribasso del numero dei lavoratori reso necessario dalla situazione contingente di mercato. Non è scontato - sempre stando a quanto precisato da Siderurgica - che il destino dei lavoratori sia segnato e comunque questi esuberi nulla hanno a che fare con i progetti di riqualificazione dell'area a caldo. Paolo Magli, vicepresidente di Astl, ha infine puntualizzato che sono solo 8 i lavoratori ai quali non verrà rinnovato il contratto, 2 dei quali avviati al prepensionamento e altri 2 intenzionati a trasferirsi a Cremona.La preoccupazione per gli esuberi, insieme alle perduranti incertezze sul futuro della Ferriera, ha però indotto Fim, Fiom e Uilm a organizzare un volantinaggio dalle 5.15 di oggi in coincidenza con il turno montante. Ma l'iniziativa clou è prevista nel pomeriggio: dalle 17.15 assemblea al Circolo Ferriera aperta a lavoratori, cittadini e istituzioni. Tra gli invitati il sindaco Dipiazza, il governatore Fedriga, gli assessori regionali Scoccimarro e Rosolen, oltre ai parlamentari del Friuli Venezia Giulia.

Piero Tallandini

 

 

Splastichiamo il mare: domenica dotatevi di guanti e buona volontà

L'appello del Wwf per un golfo "libero" A essere puliti saranno spiaggia e fondali

Come ti combatto l'inquinamento marino, lavorando concretamente a terra e magari in chiave di immersione. Eccolo il programma di massima di "#Splastichiamoilmare", appello in salsa ecologista promosso dal Wwf-Area marina protetta di Miramare. Pochi indugi e molta pratica. Il senso delle operazioni sembra questo e il primo scalo si traduce nella giornata di domenica, partendo da un luogo simbolo come i fondali di Miramare, dalla spiaggia protetta antistante le scuderie del castello e sede del BioMa, teatro dalle 14 di un doppio intervento di bonifica da articolare sia a riva che in mare (quest'ultimo con raduno al moletto di Sticco). Cosa necessita? Come accade sempre in progetti del genere, la priorità è data alla buona volontà, a voler contribuire armati di sacchi e guanti sotto la scorta dello staff del Wwf. Appello analogo ai subacquei, chiamati a ripulire i fondali e badando poi a differenziare i rifiuti, indirizzandoli nei contenitori appositi. Il cartellone di domenica comporta altre tinte collaterali, vedi il focus sulla campagna scientifica "Act4Litter Marine Litter Watch Month", promossa dalla federazione delle sigle del Mediterraneo che operano in campo ambientale e che ha coinvolto una ventina di Aree marine protette, e l'immancabile visita guidata al BioMa. Spazio anche per i bimbi, con laboratori a tema e corredo di favole animate. Come partecipare? L'adesione è gratuita, telefonando anche per informazioni allo 040-224147 (dalle 10 alle 13) oppure scrivendo a info@riservamarinamiramare.it. Quella di domenica è solo la prima di un viaggio di "bonifica" di altre tre tappe. Sì, perché dalla primavera si salpa nuovamente toccando i Filtri di Aurisina (22 marzo), la riviera barcolana (19 aprile) e persino lo storico "Pedocin" (il 5 giugno). --

Francesco Cardella

 

Plastica addio

Alle 18, alla Bottega del mondo di via Torrebianca 29, alla presenza delle autrici Elisa Nicoli e Chiara Spadaro, presentazione del libro "Plastica addio-Fare a meno della plastica: istruzioni per un mondo e una vita zero waste".

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 ottobre 2019

 

 

Investimenti fino a 210 milioni per far rinascere l'area della Ferriera

È la somma indicata nel piano di riconversione dell'Authority Ipotizzate soluzioni in grado di generare 200 posti di lavoro

Trieste. Un progetto di riconversione con necessità di investimenti compresi fra 110 e 210 milioni, cui aggiungere il costo per l'acquisto dei terreni occupati dall'area a caldo della Ferriera di Servola. È questo il piano previsto dall'Autorità portuale nella due diligence consegnata lunedì al ministero dello Sviluppo economico e alla Regione. Il documento era stato richiesto per stimare il valore della zona, qualora Siderurgica Triestina si rendesse disponibile a vendere. Ma la proprietà sembra aver intenzione di rimanere proprietaria dei terreni e dunque l'Autorità ha preferito mantenere le carte coperte, evitando di fare quelle cifre che pure erano state la ragione principale del lavoro di valutazione.Il piano pare al momento superato dalla decisione dell'azienda di giocare in prima persona la partita della logistica, ma dice molto su quanto potrà accadere a Servola nei prossimi anni. Le prospettive sono contenute in un report di una settantina pagine, riguardante un'area di 100 mila metri quadrati, di cui 77 mila di proprietà e 23 mila in concessione. La zona interessata è quella occupata da cokeria, altoforno, parchi minerali e banchina, che l'Autorità propone di trasformare in «un'area logistica risanata dal punto di vista ambientale e attrattiva per futuri investitori». Allo scopo vengono fornite quattro proposte di realizzazione, in grado di generare fino a 200 posti di lavoro, a patto che si mantenga l'unità dell'area a caldo con banchina e parchi minerali. La premessa è che, stando alle prime analisi dei terreni, la parte interessata è quella «con la contaminazione ambientale maggiore» e dunque «il percorso di bonifica basato sulla rimozione o il trattamento in situ non risulta economicamente sostenibile». La strada è allora quella del tombamento dei terreni e del marginamento fisico già previsto sulla linea di costa. Demolizione degli impianti e messa in sicurezza ambientali vengono stimati in 30 milioni, con un costo di risanamento di 300 euro al metro quadrato. Toccherà poi alle realizzazioni: sistemazione della banchina e costruzione di un parco ferroviario e un capannone di dimensioni variabili, a seconda di quello che sarà il layout scelto per creare attività di movimentazione di container e merci varie, con possibilità di abbinare lavorazioni industriali che non andrebbero a intaccare la presenza del laminatoio. I lavori per la riconversione prevedono: demolizione delle strutture e bonifica, gestione del cumulo di rifiuti presente sull'area cosiddetta "nasone", copertura impermeabile dei terreni, opere di dragaggio, arredo della banchina, raccordi ferroviari e stradali, costruzione del magazzino. Le opere di bonifica nascondono inevitabilmente le incognite dovute alla necessità di valutare la situazione con appositi campionamenti dopo la fase di demolizione controllata di due altoforni, un gasometro, cokeria e depositi di materie prime. Per quanto riguarda le nuove infrastrutture, si parte dal consolidamento dei 350 metri di banchina esistente, ma il piatto forte è la parte ferroviaria con il collegamento dell'area alla rete nazionale attraverso la stazione di Servola e un doppio raccordo con Piattaforma logistica e Porto Petroli. I treni partiranno senza passare per Campo Marzio e potranno raggiungere i 750 metri di lunghezza, organizzati lungo un fascio da 4 binari connesso all'area scoperta del terminal container. Altri due binari serviranno l'area multipurpose del magazzino, che potrà essere in parte dedicato a lavorazioni industriali e che avrà una superficie compresa fra 30 mila e 40 mila metri quadrati a seconda del layout scelto. Il piano propone quattro sistemazioni differenti: terminal container e magazzino con e senza la realizzazione del secondo lotto della Piattaforma logistica (nell'ultimo caso la banchina attuale verrebbe allungata di 100 metri), inversione degli spazi tra terminal container e capannone, assenza del capannone. Il costo è fissato in 110-125 milioni cui aggiungere altri 100 milioni per l'eventuale realizzazione del secondo lotto della Piattaforma logistica. Per entrare a regime le nuove strutture hanno bisogno di 4 anni con una previsione fra i 100 e 200 dipendenti diretti a seconda del layout e delle attività privilegiate. Senza dimenticare l'impatto che il tutto avrebbe sullo sviluppo del Molo VIII che partirà in futuro dalla Piattaforma.

Diego D'Amelio

 

Ma Arvedi lancia l'ultimatum e fissa la deadline tra tre mesi - Conferenza dei servizi

Trieste. Siderurgica Triestina aspetterà le istituzioni fino alla metà di gennaio e poi darà il via all'iter burocratico per la costruzione della copertura dei parchi minerari, abbandonando la strada della riconversione della Ferriera e imboccando quella del mantenimento della produzione di ghisa. L'ultimatum è stato pronunciato ieri dai rappresentanti del gruppo Arvedi nel corso della Conferenza dei servizi riguardante la realizzazione dei grandi capannoni previsti dall'Accordo di programma per ridurre il problema degli spolveramenti di carbone e minerali di ferro. La Conferenza era stata calendarizzata mesi fa con l'obiettivo di decidere una volta per tutte se dare il via alle coperture e al connesso investimento da oltre 35 milioni oppure se archiviare la questione e lavorare dunque alla riconversione. Arvedi ha sempre legato la costruzione alla necessità di avere chiarezza sulle intenzioni delle istituzioni e, col tavolo aperto nel frattempo al Mise, era certo che l'appuntamento di ieri si chiudesse con un rinvio. Ma la novità di giornata sta appunto nell'indicazione da parte di Siderurgica di una data entro cui definire il futuro dello stabilimento. I rappresentanti dell'azienda hanno indicato in un tempo massimo di tre mesi la scadenza per riconvocare la Conferenza dei servizi che dovrà chiudere la partita in un senso o nell'altro. Il gruppo Arvedi ritiene che si tratti di un tempo sufficiente affinché il tavolo del Mise si esprima sulla riconversione. E se così non sarà, alla prossima Conferenza l'azienda domanderà di andare avanti sulla realizzazione dei parchi, sinonimo del permanere della produzione di ghisa a Trieste. Scoccimarro non si scompone per l'indicazione di una deadline da parte di Arvedi, perché essa costituisce «il limite temporale entro cui tutte le istituzioni dovranno dare risposte per far fronte in particolare alla questione lavorativa, premesso che quella ambientale e della salute pubblica sembrano ormai avviate verso la risoluzione. La sospensione della Conferenza dei servizi conferma che tutti gli enti stanno andando nella stessa direzione, ossia la riconversione». L'assessore approfitta per lanciare un messaggio distensivo dopo le dure polemiche dei sindacati: «Toni accesi e tempistiche troppe ravvicinate possono esasperare una situazione già molto complessa. Dopo il proficuo confronto dei mesi scorsi, si stanno verificando troppe fughe in avanti. Il piano industriale presentato dall'imprenditore vede due anni cuscinetto in cui ministeri e Regione dovranno gestire la riconversione e gestire le partite ambientali e occupazionali (ammortizzatori e formazione) al fine di recuperare un'area che secondo lo studio dell'Autorità portuale potrebbe vedere investimenti fino a 200 milioni con il rilancio economico e lavorativo di Trieste».

 

De Micheli frena sull'area a caldo «L'alt il 31 dicembre non esiste»

Il ministro delle Infrastrutture, oggi a Trieste, benedice l'intesa Authority-Pechino sull'export e garantisce sul «graduale ampliamento della capacità ferroviaria al servizio del porto»

Benedice il progetto dell'Autorità portuale riguardante l'export in Cina ma glissa sullo sviluppo delle relazioni con Pechino. Rassicura sullo sviluppo ferroviario del porto e sottolinea infine che non esiste alcuna ipotesi di chiusura dell'area a caldo della Ferriera entro il 31 dicembre. Il ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli sarà in visita oggi a Trieste per partecipare al quarto Forum di Pietrarsa, dedicato allo sviluppo ferroviario nazionale. Ministro, la sua nomina è stata contesa fino all'ultimo dal triestino Patuanelli: ha prevalso il Pd per evitare liti sulle grandi opere? Non c'è stato terreno di scontro: si tratta di due ministeri importanti e si è fatto un accordo di governo che tutti stanno rispettando. Sulle grandi opere, specialmente col programma legato alla green economy, non ci sono distonie. Gli sviluppi del memorandum con la Cina sul porto di Trieste hanno avuto un rallentamento. Il nuovo governo rilancerà le relazioni nonostante la guerra dei dazi? Gli sviluppi del memorandum ci sono soprattutto in relazione all'investimento per la costruzione di una piattaforma logistica in Cina a beneficio dei prodotti agroalimentari del Fvg. Non si è mai parlato di investimenti cinesi per il raddoppio ferroviario dello scalo: c'è un progetto di upgrading finanziato per 80 milioni da Rfi e per 55 dall'Autorità portuale. Ma a che punto è la progettazione di Trihub da parte di Rfi? Ce la farete per il 2023? Trihub è già in fase esecutiva e i cantieri sono aperti. Saranno a breve riaperte la linea Transalpina, la Galleria di Cintura e la stazione di Aquilinia. A seguire, Campo Marzio con l'abbattimento del "muro" e l'ampliamento della capacità ferroviaria. Il 2023 non è mai stato indicato come data finale, ma il progetto è modulare e amplierà gradualmente da subito la capacità ferroviaria di Trieste. A proposito di treni, il presidente Fedriga parla di Tav mentre il centrosinistra punta sulla velocizzazione della Trieste-Mestre anche se al momento non ci sono risorse...Nessun ritorno alla Tav. Il progetto attuale è un'ottimizzazione della linea esistente. Il costo di questi interventi è di 1,8 miliardi: è un progetto inserito nel contratto di programma, confermato anche nell'ultimo aggiornamento al Cipe di luglio 2019. Il porto franco non decolla per la difficoltà di dialogo con l'Agenzia delle Dogane. Che farà il governo? L'Agenzia delle Dogane non ha mai voluto compiutamente riconoscere il regime di extradoganalità del porto franco triestino. Non vi è necessità di riconoscimenti a livello Ue, essendo il regime di Trieste stato escluso dal regime comunitario. Sono aperti sulla questione confronti con Mef, Mit e Agenzia delle Dogane con cui attiveremo un tavolo specifico per il superamento delle criticità. Che ne pensa dell'integrazione tra porto e interporti condotta dall'Authority? Il processo a livello regionale è in fase di completamento. Fernetti, l'area ex Wärtsilä e Cervignano sono già integrati fra loro. A breve lo sarà anche lo Sdag di Gorizia. Proseguono anche le intese con Duisburg per una più ampia sinergia a livello europeo. Trasformazione dei porti in spa e nodo della tassazione: che ne pensa? La mia intenzione è quella di negoziare con l'Europa per trovare un accordo. La volontà è quella di avviare un negoziato con l'Ue senza intraprendere alcun contenzioso di natura giurisdizionale. A Servola si arriverà davvero alla riconversione logistica chiudendo l'area a caldo della Ferriera? Siderurgica Triestina è stata oggetto di un'iniziativa politica del Comune di Trieste e della Regione volta a una chiusura in tempi brevi dell'area a caldo. Nella riunione di lunedì tutti i ministeri hanno constatato che la data del 31 dicembre non esiste per la chiusura. Un'eventuale riconversione potrà anche essere frutto di una collaborazione fra Arvedi e nuovi partner, cosa che Arvedi non ha escluso. Cosa serve al Trieste Airport per il salto di qualità? Lo scalo non ha criticità infrastrutturali che ne impediscano la crescita e il traffico è stazionario da diversi anni. Lo schema di Piano nazionale per gli aeroporti prevede una "forchetta" compresa fra 1,3 e 2,2 milioni di passeggeri al 2030. La presenza di aeroporti di maggiori dimensioni a distanza contenuta genera una situazione competitiva che può rappresentare un limite all'attivazione di nuovi collegamenti. Autovie Venete: quando la nuova concessione? La newco è stata costituita. Attualmente è in corso di registrazione da parte della Corte dei conti la delibera Cipe che approva l'Accordo di cooperazione. All'esito dell'efficacia della delibera, la newco dovrà sottoscrivere con il Mit il testo di convenzione sulla gestione dell'infrastruttura. È considerata vicina a Francesco Russo: è lui l'uomo giusto per la corsa a sindaco di Trieste, magari in un'alleanza Pd-M5s? Conosco le qualità umane e politiche di Francesco e sarebbe un ottimo candidato, per capacità di dialogo e ascolto delle persone. A me non dispiacerebbe nemmeno rivederlo a Roma, dove al Senato ha portato a casa risultati importanti per questo territorio.

 

La numero uno della Fiom-Cgil invoca un cambio di passo

Trieste. La crisi industriale di Trieste preoccupa la segretaria nazionale della Fiom Cgil, Francesca Re David, intervenuta all'assemblea locale del più antico sindacato metalmeccanico italiano, svoltasi ieri alla Casa del popolo di Ponziana. Tra Ferriera, Wärtsilä e Flex, i posti di lavoro a rischio nel capoluogo giuliano risultano infatti essere più di 700. Quanto a Wärtsilä, ieri c'è stato uno stop di quattro ore, indetto dalle sigle confederali. Altre quattro ore, a completamento del pacchetto di sciopero, sono chiamate per il 13 novembre. Nella stessa data, a mezzogiorno, i rappresentanti dei lavoratori di Wärtsilä parteciperanno a un incontro in Regione.«Siamo nel bel mezzo di una crisi che coinvolge varie aziende del nostro Paese e che finora non ha visto alcun cambio di passo, da parte dei governi che si sono susseguiti», ha detto Re David, denunciando una diffusa mancanza di politiche industriali a livello nazionale e paragonando la Ferriera di Servola all'Ilva di Taranto. La numero uno della Fiom ha commentato la frase del leader della Lega Matteo Salvini, secondo cui bisogna fare «le barricate» per difendere gli operai dell'Ilva. «Io penso che a Taranto vada rispettato il programma industriale, ambientale e occupazionale - ha detto Re David -. Salvini si occupi di quello che dice il presidente del Fvg Massimiliano Fedriga, secondo cui la Ferriera va chiusa "a prescindere"». Durante l'assemblea, cui erano presenti tra gli altri i delegati Fiom locali Marco Relli, Thomas Trost e Roberto Felluga, sono stati messi in luce alcuni dati: Wärtsilä ha annunciato 350 esuberi in Italia, di cui «si vocifera» 50 a Trieste. «Per questo abbiamo fatto 4 ore di sciopero - ha detto Felluga - e cercheremo di portare gli operai con le bandiere sotto la Regione, il 13 novembre. Ci preoccupa soprattutto lo scarso carico di lavoro in programma per il prossimo anno, che non consentirà allo stabilimento di essere a regime». I numeri dello stop, ieri, non erano ancora stati diffusi. Erano tuttavia bassi a causa della «scarsa credibilità» dell'iniziativa secondo Sasha Colautti, dell'Usb, che non ha aderito. Passando alle altre crisi occupazionali, ci sono anche i 23 lavoratori lasciati a casa dalla Flex. E c'è poi la Ferriera dove, secondo Relli, sono a rischio 400 posti diretti e 150 dell'indotto. 

Lilli Goriup

 

 

Un golfo plastic-free. Il WWF cerca volontari.

Al via la campagna del Wwf-Area marina protetta di Miramare per un golfo plastic-free: #splastichiamoilmare è ai nastri di partenza. Il primo evento sarà domenica, a Miramare, con la pulizia della spiaggia, le visite guidate e i laboratori per i più piccoli. Interventi che vedranno il coinvolgimento a mare di diversi club subacquei locali, e a terra del pubblico, sia nella raccolta e selezione dei rifiuti spiaggiati ma anche in attività di animazione per famiglie e bambini. Dalle 14, i partecipanti verranno accolti dallo staff Wwf davanti alle scuderie di Miramare e una volta "armati" di sacchi e guanti, verranno divisi in due gruppi. Nel frattempo i bimbi saranno coinvolti in giochi. La partecipazione a tutte le attività è gratuita ma è consigliata la prenotazione chiamando lo 040224147 int.3 entro venerdì dalle 10 alle 13 o inviando una mail a info@riservamarinamiramare.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 ottobre 2019

 

 

Scontro aperto azienda-Rsu tra accuse e minacce di querele

Si alza il livello dello scontro dopo la mancata consegna del piano industriale ai lavoratori E a distanza scoppia pure la polemica Serracchiani-Salvini

Trieste. I sindacati attaccano a testa bassa Siderurgica Triestina per non aver consegnato il piano industriale ai lavoratori e l'azienda minaccia querele per i toni considerati troppo aggressivi attribuiti alla Rsu. La società nota come «dobbiamo registrare commenti infondati e denigratori da parte di un rappresentante sindacale a carico della nostra azienda, di cui non comprendiamo ragione e finalità». Siderurgica rileva che «se questo sarà l'atteggiamento dovremo adottare adeguate soluzioni» e rivendica «tutto ciò che ad oggi abbiamo già fatto (ed è stato certificato) e stiamo proseguendo a fare per il futuro di Servola e dei lavoratori, assicurando la massima collaborazione alle istituzioni, in primis il ministero». A nome della Rsu risponde Thomas Trost (Fiom Cgil): «Le parole dell'azienda sembrano avere carattere intimidatorio, anche se non si fanno nomi e non si citano sigle. Ciò crea attriti e non dà la possibilità di replica all'imputato: questo modo di fare non è corretto». Il Pd polemizza intanto con la politica siderurgica della Lega, ritenuta ambigua da Debora Serracchiani. La deputata critica le parole di Matteo Salvini, che in merito alla situazione dell'Ilva di Taranto, ritiene «inaccettabile che il governo metta a rischio 15.000 posti di lavoro: diritto alla salute e al lavoro possono e devono marciare insieme. Faremo le barricate per evitare un solo licenziamento». L'ex presidente della Regione invita provocatoriamente il leader leghista a «venire a Trieste, a fare le barricate per difendere i posti di lavoro della Ferriera. L'incertezza della situazione occupazionale alla Ferriera è ormai sempre più grave. Al principio enunciato da Salvini la giunta Fedriga ha rinunciato fin dal suo insediamento».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 ottobre 2019

 

 

Svelato il piano Arvedi «L'area a caldo chiusa entro la fine dell'anno»

La proprietà della Ferriera di Servola: garanzie occupazionali per tutti gli addetti fra laminatoio e riconversione. «Ma serve l'aiuto finanziario della parte pubblica»

Trieste. Un piano industriale da 230 milioni e la richiesta pressante per ottenere l'aiuto finanziario della mano pubblica. Siderurgica Triestina ha scoperto le carte al tavolo del ministero dello Sviluppo economico convocato per la seconda volta per discutere della Ferriera di Servola. L'azienda ha posto di fatto le sue condizioni per chiudere cokeria e altoforno: un risultato che, dopo la trattativa avviata dalla Regione, Giovanni Arvedi auspica di raggiungere addirittura entro il 31 dicembre, impegnandosi da una parte a salvaguardare interamente i livelli occupazionali e annunciando dall'altra di non avere intenzione di cedere la proprietà dei terreni dell'area a caldo, ma di voler anzi partecipare in prima persona alla riconversione in chiave logistica. Toccherà ora al Mise esprimersi sulla sostenibilità della proposta e avviare assieme a Regione e Autorità portuale la trattativa per la riscrittura dell'Accordo di programma, mentre si profila una fase di necessario ricorso alla cassa integrazione in attesa che i vari tasselli del piano si vadano a realizzare, con tempi che si stimano di almeno un anno e mezzo dall'inizio delle operazioni. All'incontro presieduto dal ministro Stefano Patuanelli, il ceo di Siderurgica Mario Caldonazzo ha espresso l'auspicio di una chiusura più rapida possibile per non dover continuare a investire sulla sicurezza dei lavoratori e sulla riduzione dell'impatto ambientale di un impianto destinato alla dismissione. Il primo punto del piano è allora quello relativo a smantellamento e bonifica, che il gruppo Arvedi ha confermato di voler gestire in proprio, con investimenti pari a 30 milioni di euro: gli stessi che servirebbero altrimenti a realizzare le coperture dei parchi minerari e andare avanti a produrre secondo l'attuale Accordo di programma. Perché va detto che, se le parti non troveranno un'intesa, lo stabilimento continuerà a produrre come oggi. Secondo Siderurgica le opere di smantellamento permetteranno di impiegare 50 dei 365 lavoratori oggi a servizio dell'area a caldo (cifra ufficializzata ieri definitivamente dall'azienda). Le altre ricollocazioni prevedono il passaggio di 182 persone all'area a freddo, 57 pensionamenti grazie a quota 100 e 76 trasferimenti di lavoratori a tempo determinato in un nuovo impianto di carpenteria metallica prossimo a installarsi a Trieste. Il secondo punto trattato è quello della riconversione logistica. E qui Arvedi ha posto probabilmente il paletto più ingombrante di tutti: nonostante la due diligence avviata dall'Autorità portuale per stimare il valore dei terreni dell'area a caldo, Caldonazzo ha chiarito infatti che la società non intende cedere alcunché ma vuole anzi valutare partnership nel settore. Un vero e proprio veto all'idea iniziale di far subentrare l'Autorithy nella proprietà e assegnarle il compito di gestire la bonifica assieme agli investitori esteri interessati alla realizzazione di un terminal ferroviario a servizio della limitrofa Piattaforma logistica. Dovranno essere gli attori pubblici a esprimersi sulla sostenibilità di un nuovo Accordo di programma stipulato a queste condizioni. Da quanto trapela, Arvedi valuterebbe l'ingresso in una società con altri investitori, portando in dote i terreni dell'area a caldo, ma la soluzione pare non convincere l'Autorità portuale. Il piano prevede inoltre il mantenimento del controllo della banchina, che Siderurgica utilizza per lo scarico di materie prime e che potrebbe essere rinnovata con l'acquisto di una nuova gru e utilizzata per sbarcare la ghisa acquistata all'estero e i coils di metallo che verranno lavorati dal laminatoio. I livelli occupazionali della banchina rimarranno quelli attuali (39 lavoratori) così come nel caso della centrale elettrica (41 unità) che continuerà a funzionare esclusivamente a metano e non più grazie all'impiego dei gas prodotti dal ciclo siderurgico: i costi per la sostituzione della turbina e ulteriori interventi migliorativi sono stimati in 50 milioni. Gli investimenti più cospicui sono quelli riguardanti il potenziamento del laminatoio a freddo, che permetterà di accogliere 182 unità in forza all'area a caldo, che si sommeranno alle 156 già inserite in questa parte del ciclo produttivo. Il piano stabilisce l'installazione di una linea di zincatura e verniciatura (100 milioni), ma c'è pure l'ipotesi di una nuova linea di ricottura continua (50 milioni e l'assorbimento delle 50 unità inizialmente impegnate nella bonifica). L'ampliamento delle attività non richiederà più superficie, perché i nuovi impianti si dovrebbero sviluppare in verticale. Per sostenere i 230 milioni di impegno economico, Arvedi ha chiesto l'aiuto di Mise, Invitalia, Regione e Commissione europea. Negli incontri precedenti l'imprenditore si è sempre limitato a chiedere la stipula di mutui a tasso agevolato e non è chiaro quale possa essere la quota di finanziamenti a fondo perduto. Certo è che l'accesso ai fondi pubblici viene ritenuto indispensabile: «In considerazione della esplicita richiesta di chiusura dell'area a caldo - recita il piano -, sussiste una indifferibile necessità di incentivare il piano industriale attraverso aiuti pubblici, in quanto il Gruppo non può assicurare il sufficiente livello di redditività necessaria a sostenere gli investimenti, mantenere la presenza produttiva nell'area e garantire un importante livello occupazionale. Le riallocazioni sono condizionate allo stanziamento degli incentivi pubblici previsti dal presente piano». Un nodo che dovrà essere sciolto quanto prima per procedere sulla riconversione voluta da Mise e Regione. 

Diego D'Amelio

 

I PROTAGONISTI ISTITUZIONALI - Il Mise: ora un cronoprogramma serrato La Regione pronta a fare la sua parte

Trieste. La prudenza del ministro Stefano Patuanelli e il cauto ottimismo della Regione, mentre Siderurgica Triestina e Autorità portuale preferiscono non commentare in attesa che le istituzioni si esprimano compiutamente sul piano industriale presentato ieri a Roma. Patuanelli evita di rilasciare dichiarazioni e si affida a un freddo comunicato del ministero in cui si spiega che «il piano industriale sarà incentrato sulla riconversione dell'area a caldo e sulla decarbonizzazione del sito produttivo». Secondo il Mise, «la riconversione continuerà il percorso di rilancio del sito siderurgico avviato da Arvedi nel 2014, che prevede il potenziamento sia dell'area a freddo, con le linee di zincatura e verniciatura, che delle attività logistiche. Nel piano è prevista inoltre una trasformazione della centrale elettrica, la cui turbina ad alto rendimento verrà alimentata con gas da fonte rinnovabile e sarà funzionale anche alle attività di capacity market gestite da Terna». Il ministero non scioglie per ora il nodo dei finanziamenti pubblici, limitandosi a dire che «le attività prospettate dall'azienda comporteranno circa 230 milioni di investimenti, in parte autofinanziati da Arvedi e in parte rientranti nell'ambito di un nuovo Accordo di programma che dovrà essere sottoscritto dall'azienda e dalle istituzioni nazionali e locali». In attesa di conoscere le opinioni di Patuanelli, il comunicato dà conto del fatto che «l'incontro odierno (di ieri, ndr) rappresenta una accelerazione nel percorso di riconversione industriale della Ferriera. L'obiettivo è quello di definire tra i soggetti coinvolti uno stringente cronoprogramma degli interventi necessari a tutelare il territorio e i lavoratori. È stato stabilito di procedere con ulteriori riunioni operative per verificare i tempi e gli strumenti funzionali al percorso di riconversione del sito siderurgico triestino». Il gruppo Arvedi preferisce non commentare a propria volta, facendo sapere di ritenere istituzionalmente corretto che il ministro prenda visione del piano e renda noto per primo la sua posizione. La Regione raccoglie intanto la richiesta di collaborazione lanciata da Siderurgica Triestina: «A fronte di quanto prospettato dall'azienda - dice l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen - deve corrispondere un impegno delle istituzioni pubbliche per orientare gli investimenti sullo sviluppo dell'area a freddo, al fine di favorire la crescita economica del sito industriale di Servola salvaguardando gli attuali livelli occupazionali». Il responsabile dell'Ambiente Fabio Scoccimarro parla di «primo passo concreto che vede la finalizzazione degli sforzi compiuti dalla Regione per la chiusura dell'area a caldo dopo il lavoro fatto in questi mesi e le lettere scambiate ad agosto tra Regione e proprietà». Lo stesso Scoccimarro rimarca come la Regione sia disponibile a collaborare con l'azienda, al fine di accelerare la parte burocratica relativa agli incentivi e alle agevolazioni previste dalla legge, «con l'obiettivo di far coincidere i tempi e le scadenze a cui deve sottostare l'impresa con le aspettative dei lavoratori. Bisogna definire in tempi brevi il piano industriale, che diminuirà le emissioni con impianti meno impattanti e aumenterà le possibilità logistiche, fermo restando l'impegno della società a mantenere inalterati i posti di lavoro. Ora tutti gli attori dell'Accordo di programma si tirino su le maniche per raggiungere l'obiettivo comune». Al tavolo l'assessore avrebbe proposto una gestione commissariale per rendere più fluido l'intero processo. L'Autorità portuale si trincera dietro il "no comment" del suo presidente Zeno D'Agostino, che attende probabilmente il parere del Mise sulla possibilità di chiudere un nuovo Accordo di programma senza la cessione dei terreni dell'area a caldo. Critiche arrivano invece dal Pd, che con la deputata Debora Serracchiani sottolinea che «è incredibile che il presidente Fedriga non vada a un tavolo in cui si decide il futuro di un pezzo dell'industria siderurgica nazionale e di centinaia di posti di lavoro. Non solo ha sostanzialmente smantellato la struttura commissariale della Ferriera, ma ha rinunciato a partecipare al governo della riconversione. Spero che qualcuno stia in queste ore lavorando al nuovo Accordo di programma e che i lavoratori non siano solo uno sgradevole dettaglio in un quadro in cui la politica della destra finora non ha costruito nulla. A Roma Fedriga va solo se è per Salvini, per la Ferriera non si scomoda». 

 

Operai sul piede di guerra «Esclusi dal tavolo romano Lotteremo come nel '94»

Tra i lavoratori e i loro rappresentanti domina la diffidenza. Il timore principale è una totale assenza di certezze dopo un eventuale periodo di "buco". Istituzioni invitate all'incontro pubblico di venerdì

«Belli gli annunci, ma vogliamo fatti concreti». È la reazione dei sindacati dopo che, ieri sera, sono emersi i primi dettagli del nuovo piano industriale, incentrato su riconversione dell'area a caldo e decarbonizzazione del sito produttivo. Il piano era ancora ignoto al pubblico - parti sociali comprese - fino al pomeriggio di ieri, quando si era tenuta la conferenza stampa dei rappresentanti dei lavoratori di fronte all'ingresso della fabbrica. In quell'occasione operai e sindacati si sono detti pronti a scendere sul piede di guerra e hanno ribadito l'invito, «caldamente» rivolto alle istituzioni, a presentarsi all'assemblea pubblica che si terrà venerdì nello stabilimento. Hanno espresso rabbia per non essere stati coinvolti al tavolo romano e per non essere stati per lo meno informati in via prioritaria su quanto andava man mano accadendo ieri al ministero dello Sviluppo economico. Il delegato della Fiom Cgil Thomas Trost, contattato in tarda serata, ha commentato così le prime indiscrezioni: «È facile fare gli annunci ma poi vanno concretizzati. Gli investimenti e la riconversione sono processi che richiedono tempo. Il potenziamento del laminatoio, ad esempio, in questo momento nemmeno è all'orizzonte. È un impianto "on off". Lavora se ci sono gli ordini, altrimenti si spegne». «Si verificherà ciò che più temiamo - ha aggiunto Trost - ovvero un periodo di buco, che sarà presumibilmente riempito dalla cassa integrazione. E i cassintegrati non avranno un percorso facile per il rientro. Vorremmo la possibilità di riorganizzare il personale, in caso di fermata di un impianto: cosa che al momento non sembra fattibile. Anche l'area a freddo sta passando un periodo di flessione negativa e i turni stanno saltando. Non vorrei che questi annunci fossero l'equivalente del ponte sullo stretto di Messina». Il sindacalista ha poi ripetuto che i vertici istituzionali - tra cui il governatore Massimiliano Fedriga, gli assessori regionali Alessia Rosolen (Lavoro) e Fabio Scoccimarro (Ambiente), il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino - sono appunto «caldamente attesi all'assemblea pubblica di venerdì (25 ottobre, alle 17.30 al circolo della Ferriera, ndr). Se non dovessero presentarsi, prenderemo atto del segnale di disinteresse e agiremo di conseguenza». La presenza di Rosolen è già prevista. Tale invito, come anticipato sopra, era stato infatti annunciato durante la conferenza stampa del pomeriggio. Davanti alla fabbrica sono intervenuti Umberto Salvaneschi (Fim Cisl) e Franco Palman (Uilm), oltre che Trost. «Sul piatto ci sono 600 posti di lavoro - ha detto Palman - cui si sommano oltre 200 di indotto. In un contesto in cui abbiamo già perso 400 posti nel metalmeccanico. I nostri lavoratori hanno in media 50 anni. Scoccimarro può permettersi di parlare di ambiente ma non di lavoro. Fedriga ha sempre fatto orecchie da mercante sul tema della sicurezza. L'azienda sta perseguendo i propri interessi e puntando a delocalizzare, nell'indifferenza delle istituzioni». Così Salvaneschi: «Non siamo stati minimamente invitati né informati del tavolo. Nonostante ce lo avessero promesso. Una situazione grave e vergognosa. Abbiamo paura che non ci siano piani veramente realizzabili, né da parte delle istituzioni né da parte della proprietà». I sindacalisti e i lavoratori presenti hanno evocato la mobilitazione del 1994 e si sono detti «pronti a ripeterla se necessario, anche andando a suonare il campanello degli amministratori pubblici casa per casa». «La mia storia inizia in un negozio che ha chiuso», ha raccontato un operaio, Fabio T.: «Per fortuna poi ho trovato lavoro qui, 15 anni fa. Mi butto ogni giorno letteralmente nelle fiamme perché lavoro in piano colata con la ghisa, a 1.500 gradi, allo scopo di mantenere la mia famiglia. Nessuno viene qua per divertirsi bensì per la paga. Se perderò il lavoro i miei figli avranno una vita diversa dai bambini che hanno la fortuna di avere genitori che lavorano in Regione o in Comune. Mia figlia una sera mi ha chiesto se per caso diventeremo poveri. Questa è la nostra quotidianità».

Lilli Goriup

 

 

Rapporto - Rinnovabili, produzione in aumento del 50%

La produzione di energia da fonti rinnovabili cresce più del previsto, e nei prossimi 5 anni potrebbe aumentare del 50%, grazie soprattutto a una ripresa del solare. Lo prevede il rapporto «Rinnovabili 2019» dell'Agenzia internazionale per l'energia (Iea). Lo studio sostiene che la capacità produttiva mondiale delle rinnovabili crescerà del 50% fra il 2019 e il 2024. Si tratta di un aumento di 1.200 gigawatt.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 ottobre 2019

 

 

Ferriera-day a Roma, Arvedi svela le carte.

Oggi al ministero dello Sviluppo economico la presentazione del piano industriale con le tappe della decarbonizzazione.

È il giorno del secondo incontro del tavolo aperto a Roma sulla Ferriera. Contemporaneamente, a Servola, i lavoratori si riuniranno in assemblea. Dal vertice, in programma al ministero dello Sviluppo economico, ci si aspetta che Siderurgica Triestina riveli quali saranno i prossimi passi verso la riconversione dell'area a caldo, compresi nel piano industriale che l'azienda ha messo a punto nelle ultime settimane. La scelta della riconversione può infatti essere ormai data per assodata, come ribadisce il ministro Stefano Patuanelli: «A questo punto mi sembra abbastanza evidente che si voglia optare per il superamento dell'area a caldo e per la decarbonizzazione del sito di Servola. Stiamo camminando rapidamente verso quello che è un obiettivo comune e anche questo incontro ci consentirà di fare un ulteriore passo in questo senso». L'atteso piano industriale consentirà dunque di chiarire innanzitutto quali saranno le tempistiche per la cessazione della produzione di ghisa, come evolverà di conseguenza il futuro della manodopera e se sarà necessario o meno fare ricorso ad ammortizzatori sociali. La riunione al Mise servirà inoltre a conoscere più in generale le intenzioni del cavalier Giovanni Arvedi sul futuro dello stabilimento. Gli interrogativi riguardano lo sviluppo del laminatoio, l'ipotesi di produrre ghisa in Russia e in Ucraina, l'utilizzo della banchina antistante la Ferriera e, ancora, la riconversione logistica, in cui non si sa se l'azienda avrà un ruolo. C'è infine la partita del soggetto attuatore delle bonifiche ambientali, a proposito delle quali Patuanelli dovrà fornire entro l'anno dettagli circa le eventuali risorse che il ministero potrebbe mettere a disposizione. «Quanto all'ipotesi trasferimento, si tratta di scelte industriali del privato, su cui il ministero non interviene», osserva l'esponente del governo: «A noi spetta il già citato compito di superare l'area a caldo, fare gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica dell'area, capire quale ulteriore sviluppo industriale questa possa avere. Lo sviluppo portuale è evidente così come l'ottimo lavoro che sta facendo Zeno D'Agostino». Siderurgica dovrebbe infatti specificare, tra le altre cose, quale parte dei terreni sia disponibile a cedere all'Autorità portuale. Oggi pomeriggio a Servola, intanto, si terrà un'assemblea dei lavoratori. «A partire dalle 15 ci riuniremo all'interno della fabbrica», rende noto Umberto Salvaneschi, segretario provinciale Fim Cisl: «Alle 17 convocheremo poi una conferenza stampa davanti al portone principale dello stabilimento». Mercoledì a Roma c'è inoltre in agenda una nuova Conferenza dei servizi sul tema dei parchi minerari, non più necessari in caso di effettiva riconversione.

 

 

Treni merci vecchi e rumorosi Residenti di Barcola in rivolta

Abitanti esasperati dalle vibrazioni provocate dal continuo passaggio di convogli carichi di materiali pesanti. Ma il pressing su Rfi finora non ha prodotto risposte

I residenti di Barcola dichiarano guerra a Rfi, Rete ferroviaria italiana. Colpa dei treni merci, che mettono a dura prova il sonno e la pazienza di chi abita nel rione. Rumori, sostengono, i residenti, talvolta insopportabili nel pieno della notte, tra fischi fastidiosi e vibrazioni che fanno tremare le pareti. Il comitato di cittadini della zona ha inviato al Comune e a Rfi una lettera oltre sei mesi fa, per esporre il problema e chiedere informazioni sulla ventilata installazione di alcuni pannelli fonoassorbenti, ma al momento non hanno mai ricevuto risposta. Protesta uguale a quella promossa da alcuni residenti dell'area di Sistiana. «Non ce la facciamo più - sbottano alcuni barcolani -, soprattutto nell'ultimo anno il traffico si è intensificato tanto e in alcuni punti i convogli transitano davvero a pochi metri da condomini e casette. Serve trovare una soluzione, altrimenti sarà sempre peggio». «La prospettiva - aggiunge un altro residente - è che i treni aumentino ulteriormente in virtù dei potenziati traffici portuali. Ma sui convogli, spesso vetusti, ci sono materiali pesanti, che provocano rumori e vibrazioni continui». Sempre il comitato ha scovato anche un testo importante. «Si tratta di un documento emesso dal Comune di Trieste relativo ad un piano di contenimento dei rumori, che deriva da una normativa nazionale e indica una dozzina di interventi previsti, con l'installazione di pannelli fonoassorbenti proprio a Barcola. Non sono chiari però i luoghi scelti, non è specificato il tipo di barriera e non si fa cenno ai tempi di attuazione. Abbiamo quindi inviato una lettera sia al Municipio sia a Rfi mesi fa per ricevere chiarimenti. Finora nessuno ci ha risposto e crediamo sia importante e urgente avviare al più presto un canale di dialogo, anche per preparare i residenti agli eventuali lavori che potrebbero essere avviati, per la posa di queste protezioni». Ma secondo alcune persone che vivono a Barcola, le soluzioni anti rumore potrebbero non bastare, molti lamentano infatti le scosse provocate dal passaggio dei vagoni. Dell'argomento si era interessata di recente anche Debora Serracchiani. La parlamentare del Pd aveva esposto il problema durante un incontro lo scorso giugno con Maurizio Gentile, amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana. In quell'occasione era stata sottolineata la necessità di adempiere agli obblighi europei che prevedono di dotare i treni del cosiddetto "retrofitting", una sorta di risanamento acustico dei mezzi, e un adeguate delle barriere antirumore. «Per ora però - continuano i cittadini sul piede di guerra - nulla di concreto è stato fatto e nessuna risposta è arrivata alle nostre lettere di chiarimenti». 

Micol Brusaferro

 

SEGNALAZIONI - Porto di Trieste - I rumori molesti di traghetti e treni

Ho già avuto modo di intervenire sullo sviluppo del traffico dei traghetti in porto compiacendomi dell'incremento dei traffici, facendo presente comunque, che il lato negativo viene rappresentato dalla continua ed incontrollata rumorosità provocata dai generatori, sempre in funzione. Nel frattempo e me ne rallegro, è aumentato in maniera consistente in porto anche il traffico dei convogli merci. Questa novità comporta ovviamente un aggravio dell'inquinamento acustico della zona riguardante in particolare il rione di Sant'Andrea. Abitando in viale Romolo Gessi sono, mio malgrado, coinvolto pesantemente. Mi chiedo se quanto avviene in maniera così tumultuosa sia suscettibile di modifiche organiche e tecniche in tempi ragionevoli. Faccio presente che l'inquinamento acustico,al pari di quello atmosferico, viene tutelato dalle leggi vigenti.

Franco Del Fabbro

 

Lignano, un'altra tartaruga in fin di vita sulla spiaggia - FERITA ALLA TESTA PROBABILMENTE DA UN'ELICA

LIGNANO. L'ennesima Caretta Caretta in fin di vita è stata ritrovata ieri mattina sulla battigia. Dopo le vicende di Bibione, il bilancio delle tartarughe trovate in spiaggia sale a quattro: nel giro di pochi giorni, nell'ultima settimana due testuggini sono state scoperte all'altezza del faro alla destra del Tagliamento e una terza nella porzione di spiaggia del Lido del Sole, tutte già morte. Ritrovata ieri all'altezza dell'ufficio spiaggia 11 di Lignano Sabbiadoro da una signora che passeggiava sul litorale con il proprio cane attorno a mezzogiorno, la tartaruga marina presentava una profonda ferita alla testa, causata molto probabilmente dall'impatto con un'elica di una imbarcazione. Subito allertata, è intervenuta la Capitaneria di Porto dell'Ufficio locale marittimo del territorio, presenti anche alcuni volontari dell'Associazione Insieme per gli animali Onlus e un veterinario di turno dell'Asl, che ha provveduto a curarla. La testuggine infatti, di una cinquantina di centimetri di lunghezza per una ventina di chili di peso, respirava a fatica ma era ancora viva.«In attesa dell'arrivo del veterinario ho provveduto ad ossigenare la tartaruga perché faceva difficoltà a respirare. Ogni anno, durante il periodo invernale, troviamo nelle nostre spiagge circa sette individui di Caretta Caretta, la gran parte dei quali purtroppo è moribonda: a causa di squarci dovuti alle eliche delle barche o alla plastica ingerita, quando muoiono qua da noi spesso è per causa antropica», spiega Giosuè Cuccurullo, referente della sezione Fauna selvatica di Insieme per gli animali, Onlus presieduta da Manuela Del Sal. «Nel periodo della stagione balneare per casi analoghi a questo interviene il personale del salvataggio perché è già attivo sul posto e provvede ad allertare la Capitaneria di Porto e l'Asl. Ma d'inverno ci siamo noi: solo nell'ultima settimana, tra la spiaggia di Bibione e questa di Lignano ci hanno segnalato quattro tartarughe, la maggior parte delle quali era però già senza vita». Qualche mese fa, a fine luglio, si era verificato un fatto simile. In quattro giorni due tartarughe, sempre della medesima specie protetta, erano state ritrovate sulla spiaggia di Pineta dai bagnini di salvataggio. La prima, una giovane tartaruga cieca di circa 50 anni e grande circa mezzo metro, è stata assistita e salvata. La seconda al momento dell'avvistamento era già senza vita ed è stata ritrovata con della plastica addosso. Quando direzionata verso Lignano, è normale che la corrente marina trasporti alcune specie di fauna, soprattutto se già prive di vita, verso la località friulana. Poiché solitamente viene ritrovata una sola tartaruga a stagione balneare, tali vicende paiono piuttosto anomale.

Nicoletta Simoncello

 

 

Stop a cicche e cartacce - Offensiva anti rifiuti negli spazi della Pineta

A volte inquinare può essere anche un gesto involontario: basta lasciare su una superficie esterna un mozzicone di sigaretta o una cannuccia di plastica che poi, al primo colpo di vento, finiranno a terra, venendo difficilmente raccolti e smaltiti e rischiando quindi di giungere fino in mare. Per sensibilizzare su tale tipologia di tutela ambientale si è svolta ieri mattina una manifestazione nella pineta di Barcola, organizzata da FareAmbiente con la collaborazione del Comune e di AcegasApsAmga nell'ambito del "Progetto per l'Ambiente", che vede coinvolte varie associazioni di volontariato locali. Proprio l'importanza di questa sinergia è stata evidenziata da Giorgio Cecco, coordinatore regionale di FareAmbiente, che ritiene importante il coinvolgimento di più associazioni ed enti possibile per creare un percorso di sensibilizzazione e di tutela ambientale coordinato e condiviso. «A prima vista può sembrare pulito, ma se camminiamo nell'erba troveremo di tutto a causa della nostra educazione ambientale sbagliata, come quando lasciamo dei rifiuti sul tavolino e poi colpo col vento vanno a terra o in mare, poi finiscono nei pesci e quindi nel nostro stomaco», ha spiegato Adriano Toffoli di "Un'Altraitalia Ambiente" durante la presentazione dell'evento. Tra i volontari presenti, soprattutto famiglie con bambini che, una volta divise in squadre e dotate di sacchetti, si sono sparse nella pineta e si sono adoperate nella pulizia dei numerosi piccoli rifiuti, come mozziconi di sigarette e residui plastici di cannucce e tappi. «Penso sia importante insegnare ai figli il rispetto per l'ambiente e a gestire i rifiuti», spiega Claudia, una mamma che ha preso parte all'evento assieme a suo figlio. Coinvolti anche i "Cani da salvataggio Trieste", che hanno compiuto un'esibizione a mare, e il corpo "Pompieri volontari di Trieste" con i mezzi di servizio e attivi nell'ambito della settimana della protezione civile, i quali hanno informato i presenti sulla prevenzione degli incendi boschivi. L'evento era collegato alla "Corsa dei Castelli" in programma il 27 ottobre prossimo e organizzata dalla Promorun, quando gli atleti della manifestazione percorreranno anche il tratto della pineta ripulito appositamente ieri mattina.

Simone Modugno

 

 

Una nuova rete di stazioni per e-bike tra Carso e Istria - La sfida del turismo "slow"

Con un apposito bando il Gal mette a disposizione 70 mila euro per lo sviluppo di un piano dedicato alle bici elettriche che tocchi Muggia e San Dorligo

TRIESTE. Creare una rete di punti di riferimento per biciclette elettriche che consenta, alla fine, di collegare il Carso triestino e goriziano con i Comuni di Muggia e San Dorligo. È questo l'obiettivo cui tende il Gal del Carso, l'agenzia di sviluppo economico e sociale del territorio, con l'allestimento e la pubblicazione, sul Bollettino ufficiale della Regione, il cosiddetto Bur, del bando di concorso dedicato proprio ai progetti di questo tipo, presentati sia da imprenditori che da enti locali. I vincitori potranno attingere fino a 70 mila euro di fondi Gal. Il bando, intitolato "Rete di e-bike di Carso e Istria", è il secondo che rientra nel piano "Strategia di sviluppo locale" 2014-2020 del Gal, dedicato al territorio locale rurale e convalidato dalla Regione nel dicembre di tre anni fa. Al suo interno ci sono fondi per circa 3,7 milioni. In questo specifico caso, è evidente la grande volontà di sostenere la filiera del turismo in bici, oggi scarsamente popolata e organizzata. Con questa visione e con la collaborazione dei comuni interessati, negli ultimi due anni il Gal ha realizzato a Caliterna, a Muggia, un infopoint & bikepoint che, durante la stagione, è diventato un punto di riferimento per tanti cicloamatori, sia turisti che residenti. Sempre in questa prospettiva, il Gal sta lavorando da tempo per la valorizzazione di un percorso ciclabile affacciato sul golfo e chiamato "Via Bora - Pot Burje", per rendere spettacolari le attraversate in bicicletta tra Carso e Istria. «Il bando - precisa David Pizziga, presidente del Gal - è stato concepito più di tre anni fa grazie ai suggerimenti degli imprenditori ed è, oggi, una concreta opportunità per il territorio di creare un primo sistema di mobilità sostenibile. Grazie alle e-bike - continua Pizziga - potremo far scoprire e riscoprire paesini, boschi, praterie, cibi tipici e amenità culturali a un pubblico più ampio. Potremo iniziare ad alimentare un sistema turistico nostrano che crei reddito da servizi ecologici e ad alto valore aggiunto, come per l'appunto le bici elettriche. Speriamo - conclude - che la futura rete di bici elettriche sia una delle micce utili ad accendere la creatività, la sensibilità per l'ambiente, la collaborazione e il fatturato sul nostro territorio».Al bando possono partecipare gestori di B&B e affittacamere, imprese, comprese quelle agricole, associazioni, Uti e altre aggregazioni di enti locali. Inoltre la domanda può essere presentata da una pluralità di soggetti attraverso un progetto integrato. Il progetto che sarà selezionato e finanziato godrà come detto della copertura del 70% delle spese grazie ai fondi Gal, con esclusione dell'Iva.

Ugo Salvini

 

 

SEGNALAZIONI - Inquinamento - I danni alla salute delle polveri sottili

I dati forniti dall'Agenzia Europea per l'Ambiente ci dicono che sono 498.100 le morti premature dovute all'esposizione a poveri sottili, biossido di azoto e ozono. Nei 41 Paesi del continente europeo sono 4.223.000 gli anni di vita persi attribuibili all'esposizione alle polveri sottili, 707.000 quelli causati dal biossido di azoto e 147.000 quelli per l'ozono. I maggiori impatti sulla salute in termini di decessi prematuri e anni di vita persi attribuibili alle polveri sottili sono stimati per i paesi con le più grandi popolazioni, come Germania, Italia, Polonia, Francia e Regno Unito. Tuttavia, in termini relativi, quando si considera gli anni di vita persi per 100.000 abitanti, si osservano gli impatti maggiori nei paesi dell'Europa centrale e orientale dove si hanno anche le concentrazioni più elevate, vale a dire Kosovo, Serbia, Bulgaria, Albania e Macedonia settentrionale. Noi a Trieste abbiamo numerosi primati: con Gorizia siamo al top per le malattie legate a esposizioni lavorative, l'inquinamento finora monitorato su suolo e aria non fornisce certo dati confortanti. I cittadini oggi hanno deciso di monitorati da soli perché non si sentono ascoltati. Bisogna porre l attenzione su questo tema in maniera forte e seria per monitorare ma soprattutto per trovare soluzioni che portino certezza di salute ai lavoratori e ai cittadini.

Tiziana Cimolino - presidente Medici per l 'Ambiente Isde

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 ottobre 2019

 

 

Circoscrizione - Volontari in azione per pulire il Boschetto

Più di ottanta persone, tutte a titolo volontario, ieri mattina si sono rimboccate le maniche e hanno ripulito dalle immondizie abbandonate il Bosco Farneto. L'iniziativa, organizzata dalla Sesta circoscrizione, si chiama "Netemo el boscheto". «Abbiamo riempito cinque furgoncini "porter" - spiega Alessandra Richetti, presidente circoscrizionale - nonché un camion da 500 chili. Grazie veramente a tutti».

L.G.

 

Tra le falesie spunta una torretta gialla Scatta la rivolta social Ugo Salvini

Fa discutere la boa terrestre comparsa sotto il castello - Mervic: «Obbrobrio». Pallotta: «Serve per la sicurezza»

DUINO AURISINA. Esigenze di sicurezza contro tutela del paesaggio. Quando ci sono di mezzo le magnifiche rocce della Riserva delle Falesie, a Duino Aurisina è impossibile evitare la polemica. A scatenare l'ennesima discussione, stavolta, è il posizionamento, a pochi "passi" dalla riva, a qualche centinaio di metri dal castello dei Principi di Torre e Tasso, di una boa terrestre di segnalazione marittima. Si tratta di una torretta gialla, alta circa tre metri, fissata in una posizione tale da essere visibile a tutti, perché è questa la sua funzione: segnalare il confine della parte a mare della Riserva a tutti coloro che navigano davanti alla costa. Ma proprio la caratteristica di essere molto visibile, troppo secondo alcuni, ha messo in movimento l'inevitabile ondata di critiche, alimentate come oramai avviene sempre dai social. "Bruttissima", "orrenda", "antiestetica", "il paesaggio è di tutti, guai a deturparlo in questo modo". Sono questi alcuni dei commenti sul web, e sono quelli più garbati. A inquadrare la storia di questa boa terrestre è Vladimiro Mervic, consigliere comunale di opposizione, appartenente alla lista civica "Per il golfo" e, da qualche settimana, nuovo presidente della Commissione per la Trasparenza sdel Consiglio comunale di Duino Aurisina: «Si tratta di un'iniziativa maturata parecchi anni fa - ricorda - contro la quale, a suo tempo, raccogliemmo ben 420 firme, perché eravamo consapevoli, noi duinesi, che sarebbe stato un obbrobrio posizionarla sulle rocce delle Falesie. Ma fu tutto inutile, la burocrazia ha continuato il suo lungo iter, arrivando a questo risultato».Stavolta, però, ad arrabbiarsi è anche Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina: «Qui c'è troppa gente che non capisce che il posizionamento della boa terrestre è un elemento di sicurezza per tutti - spiega la prima cittadina - e che le sue caratteristiche, cioè il colore, l'altezza, la fisionomia, devono essere uguali ovunque. Stiamo rispettando le regole della Capitaneria di porto e rammento a tutti che a Venezia opera il Comando di zona dei fari e dei segnalamenti marittimi, in gergo "Marifari", e che dobbiamo sottostare a quanto dispongono proprio per motivi di sicurezza».«Siamo nell'ambito della straordinaria manutenzione della Riserva delle Falesie - sottolinea Pallotta - perciò non capisco proprio le ragioni di chi, anche con eccessiva pesantezza, utilizza i social per accusare la mia amministrazione. Rispedisco le critiche al mittente e invito queste persone a fare una gita in Croazia per vedere che anche oltreconfine le boe terrestri si posizionano in questa maniera». Una polemica simile era sorta esattamente quattro anni fa all'epoca della giunta Kukanja, quando furono messe in mare le boe marine, gialle come la torretta di cui si parla oggi. Identiche le ragioni del Comune. Dello stesso tenore le accuse.-

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 ottobre 2019

 

 

BRIONI - Ferite da arma da taglio sulla carcassa di delfino

Pola. Un delfino senza vita, la testa piena di ferite. A notarlo, arenato sulla costa dell'isolotto di Cosada dell'Arcipelago Brioni, è stata una giovane coppia che si trovava su una barca. I due si sono diretti a riva per soccorrere l'animale, ma non c'era niente da fare: «Aveva ferite di arma da taglio su tutto il corpo», hanno raccontato poi alla polizia chiamata sul posto.La carcassa dell'animale sarà trasportata nel laboratorio della facoltà di Veterinaria di Zagabria, dove si tenterà di definire le cause del decesso. «Casi del genere lungo l'Adriatico croato se ne verificano 20-30 volte all'anno», spiega Tomislav Gomercic dell'Istituto di biologia veterinaria, aggiungendo che però mai sono stati individuati dei colpevoli.

 

 

Ambiente - Rotonda del Boschetto - C'è il Sabato ecologico

Stamane Sabato ecologico con AcegasApsAmga a San Giovanni presso la Rotonda del Boschetto con orario continuato dalle 10 alle 16. Sempre stamane, la VI Circoscrizione ha organizzato la pulizia del Bosco Farneto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 ottobre 2019

 

 

Il futuro della Ferriera - Nuovo vertice a Roma - Attesa per i contenuti del piano industriale

Si terrà lunedì prossimo nella sede del ministero dello Sviluppo economico la seconda riunione del tavolo sulla Ferriera. All'incontro dovrebbe finalmente essere svelato il piano industriale che Siderurgica Triestina ha preparato in queste settimane per delineare le tappe della riconversione dell'area a caldo. Le intenzioni del cavalier Arvedi sono coperte da riserbo, ma la decisione di chiudere cokeria e altoforno è ormai ufficiale. Il secondo vertice romano potrebbe allora essere quello della svolta, tanto più che il ministro Patuanelli ha più volte detto di voler impostare il nuovo Accordo di programma entro la fine dell'anno. Il piano industriale permetterà di capire quali saranno le decisioni di Siderurgica, a cominciare dai tempi per lo stop alla produzione di ghisa. Un aspetto fondamentale perché legato al futuro della manodopera e al ricorso ad ammortizzatori sociali, necessari qualora l'azienda imprima una velocizzazione sullo spegnimento dell'altoforno. L'ipotesi al momento non si può escludere, visto che il gruppo di Cremona non ha smentito le indiscrezioni del Sole 24 ore, secondo cui Siderurgica avrebbe cancellato tutti gli ordinativi per le materie prime. Il confronto al Mise servirà anche a capire quali sono le idee di Arvedi per il futuro del comprensorio, dallo sviluppo del laminatoio alla scelta di produrre ghisa in Russia e Ucraina. Ma sul piatto ci sono anche la questione dell'utilizzo della banchina antistante la Ferriera, l'intenzione dell'azienda di inserirsi o meno nella partita della riconversione logistica e infine il progetto di candidarsi come soggetto attuatore delle bonifiche ambientali, rispetto alle quali Patuanelli dovrà fornire entro l'anno indicazioni concrete sulle risorse economiche che potrebbero arrivare da Roma. Siderurgica sarà chiamata poi a definire quale parte dei terreni sarà disponibile a cedere all'Autorità portuale: nodo centrale per progettare la riconversione logistica e per individuare definitivamente il valore dei terreni. L'Autorità portuale ha infatti concluso la sua stima, ma la due diligence necessita di indicazioni più chiare per poter offrire una stima precisa. Mercoledì prossimo è inoltre prevista a Roma una nuova Conferenza dei servizi, che affronterà il tema dei parchi minerari, non più necessari in caso di effettiva riconversione.

 

 

Una rete bis di sensori per monitorare meglio la qualità dell'aria

Al via i controlli targati Legambiente e No Smog con rilevatori di Pm10 collocati nelle case vicine allo stabilimento siderurgico

Utilizzare una serie di sensori a supporto delle centraline Arpa per monitorare l'aria della città. È quanto propongono le associazioni ambientaliste locali No Smog e Legambiente attraverso i loro portavoce Andrea Wehrenfennig e Alda Sancin. «A Trieste esiste una particolare sensibilità ed attenzione per le emissioni legate all'attività della Ferriera di Servola - commentano -. Il problema deriva essenzialmente dal fatto che tale stabilimento, a differenza di altre strutture produttive, è situato all'interno di un contesto urbano densamente antropizzato». All'interno del rione di Servola sono già presenti quattro stazioni di rilevamento dell'aria dell'Arpa, che forniscono però una rilevazione parziale perché riferita a una media giornaliera e mensile delle emissioni. Oltre a ciò, soltanto una di esse è presente a stretto contatto con lo stabilimento siderurgico. «È pertanto di comune interesse avere una visione della situazione molto più dettagliata - sottolinea il professor Mario Mearelli di Legambiente - che misuri la qualità dell'aria in tempo reale e non rappresenti il frutto di una media ponderata nell'arco della giornata. Oltretutto dev'essere di facile consultazione per i cittadini e fruibile a tutti».Per tale motivo No Smog e Legambiente hanno deciso di aderire alla campagna di monitoraggio proposta da Luftdaten, collocando una decina di rilevatori di PM 10 e PM 2,5 presso le abitazioni dei alcuni soci residenti nei dintorni dello stabilimento, in luoghi interessati dal traffico scarso o nullo, in modo da ridurre al massimo i fattori di confondimento. Lo scopo dell'intervento è duplice: consentire ai cittadini di verificare in tempo reale la situazione oggettiva dell'inquinamento presso le varie postazioni, particolarmente in concomitanza con il verificarsi di fenomeni odorosi o polverosi marcati, in modo che gli stessi non possano venire poi definiti, come già successo in passato, come "percezioni soggettive " di alcuni privati cittadini. In questo modo potranno venire forniti all'Arpa ulteriori elementi sullo stato dell'aria che respira la popolazione. «In nessun caso - ci tiene a sottolineare Mearelli - queste rilevazioni vogliono essere di intralcio alle rilevazioni ufficiali dell'Arpa, bensì esserne complementari costituendone perciò un valido supporto».

Lorenzo Degrassi

 

 

Trieste - Il Mediterraneo tra storia e mito

Oggi alle 18, al San Marco, conversazione su "Il Mediterraneo contemporaneo tra ambiente, storia e mito". Caterina Condoluci, scrittrice, presenta la raccolta di saggi "FuturaMente", con la relazione: "Il mito ci salverà?". Gianluca Paciucci (Associazione Tina Modotti) interviene su "Il Mediterraneo nascosto. Crisi politica e possibili rinascite nel mare tra le terre" e Andrea Wehrenfennig (Legambiente) su "I rifiuti di plastica in mare: minacce per il futuro del mare e del pianeta".

 

Conferenze - "La grande cecità" il clima che cambia oggi alla Gambini

È il tema del momento, fatto di troppe ipotesi e ben poche certezze. Si tratta dell'emergenza climatica, lo spunto al centro dell'incontro di oggi, alle 17.30, alla biblioteca di Quarantotti Gambini di via delle Lodole. Spazio alla scienza naturalmente ma soprattutto al dibattito pubblico e a qualche divagazione socio-artistica sull'argomento, dettata in questo caso dalla lettura di alcuni passi estrapolati da "La grande cecità. Il cambiamento climatico e l'impensabile", di Amitav Ghos. L'appuntamento non intende tradursi in una chiave cattedratica quanto in un momento di riflessione, da alimentare con i contributi popolari, anzi, con i crismi di un laboratorio interattivo. Questo almeno il parere del relatore di turno, Gianrossano Giannini, docente di Fisica all'Università di Trieste, oggi a suo modo il "faro" di un incontro formalmente intitolato "Emergenza climatica? Parliamone", dove quel punto di domanda possa rappresentare l'elemento atto a trascinare all'esplorazione e al dibattito.«Nonostante sia abituato alla trattazione, questo progetto mi emoziona - ha premesso Giannini -. Non sarò infatti a trarre le conclusioni massime ma prevalentemente a raccogliere quanto la gente vorrà esporre, lavorandoci su assieme poi in fase di risposte ed elaborazioni. È significativo piuttosto ricoprire quanto l'arte e la letteratura abbiano nei secoli aiutato l'umanità in determinati periodi di crisi. Bene, ecco perché partiremo dalla lettura di un testo, scoprendo quanto la cultura sia fondamentale». Insomma, non solo scienza a corredo di un dibattito che prevede l'ingresso libero, sino all'esaurimento posti.--

Francesco Cardella

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 17 ottobre 2019

 

 

“L'ARIA CHE RESPIRO: UNA RETE DI SENSORI LOW COST PER LE POLVERI SOTTILI ANCHE A SERVOLA”

Alla conferenza stampa tenutasi alle 11.00 presso l'Antico Caffe' San Marco, il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste e l'Associazione Nosmog hanno presentato la nuova rete di sensori low cost, che misurano in tempo reale le polveri sottili nell'aria (PM10 e PM2.5), collocate nel rione di Servola a Trieste. Il prof. Mario Mearelli di Legambiente Trieste ha richiamato l'attenzione sulla pericolosità delle polveri sottili per la salute umana e il loro pesante impatto in termini di malattie e mortalità. Dopo aver sottolineato che i sensori a basso costo non sostituiscono o si contrappongono alla rete di centraline di Arpa FVG, Mearelli ha ricordato che i nuovi sensori – a differenza delle centraline, che misurano i valori medi giornalieri – effettuano la misurazione delle polveri sottili ogni due minuti e mezzo, e trasferiscono i dati al centro di raccolta dell'Università di Stuttgart, che li rende visibili e consultabili in rete (luftdaten.info). La possibilità di avere molti sensori installati, di vedere i dati in tempo reale e di effettuare frequenti misure permette di integrare coi dati di questa nuova rete quelli ufficiali forniti da Arpa FVG, e di stimolare cittadini e autorità a prendere coscienza dell'”aria che respiro”. Il Circolo Verdeazzurro di Legambiente mette a disposizione del pubblico una pagina apposita: http://circoloverdeazzurro.altervista.org/ con informazioni sulle polveri e sui sensori e i link alla rete di Trieste e di Servola, in cui chiunque può vedere i dati rilevati dai sensori. La prof. Alda Sancin, presidente di Nosmog, associazione che da anni si batte per il diritto alla salute degli abitanti del quartiere di Servola, e soprattutto contro l'inquinamento causato dalla Ferriera, ha motivato la scelta di installare i sensori presso le abitazioni di numerosi soci e residenti nel quartiere – presenti in massa alla conferenza stampa – con la volontà di conoscere lo stato dell'inquinamento nelle proprie case e vie. Le emissioni di fumi e polveri dei vari impianti della Ferriera continuano, e i dati prodotti dai sensori si aggiungeranno alle frequenti segnalazioni dei cittadini alle autorità per quanto riguarda tutte le forme di inquinamento, atmosferico, acustico e di odori. Il prof. Lino Santoro di Legambiente Trieste ha concluso chiarendo la differenza tra i metodi di rilevamento usati dalle centraline Arpa, basate sulla misurazione del peso delle polveri, e quelli dei sensori, che invece effettuano un conteggio delle polveri nell'aria aspirata periodicamente. Ciò significa che la nuova rete low cost può completare e arricchire i dati Arpa, con cui Legambiente intende collaborare.

Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste    -   Associazione Nosmog

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 ottobre 2019

 

 

Edilizia - Ecco il bonus "facciate" con lo sconto del 90%

ROMA. A rifare il trucco di case a palazzi per ridare lustro alle nostre città dal prossimo anno ci penserà il Fisco. Nel decreto fiscale spunta infatti il «bonus facciate», sotto forma di una mega detrazione del 90% per rifare gli esterni degli edifici. Come dire che il 10% lo metteremo noi e il resto il fisco, scalando le spese dalle tasse da pagare. Fatto che rischia di tagliare fuori dal beneficio incapienti e bassi redditi, che di imposte ne pagano poche o non ne pagano affatto. L'unica cosa è che bisognerà fare presto perché, per ora, il bonus varrà solo per il 2020. In Francia un'analoga legge ha ridato lustro alle città e il governo italiano spera di replicare. Del resto rifare la facciata di un palazzo costa caro e le spese sono a carico di tutti i condomini, anche di quelli che non approvano la delibera di rifacimento, che in base ai millesimi devono pagare cifre non da poco. Tanto per capire solo il costo della manodopera varia tra i 100 e i 250 euro al metro quadro. Più i materiali. Plaude al bonus Alessandro Genovesi, segretario della Cgil edili: «Si dovrebbe consentire di cedere il credito d'imposta alle banche che anticiperebbero così le somme da pagare per la ristrutturazione. E il bonus andrebbe subordinato alla certificazione del pagamento dei contributi ai lavoratori edili». Arrivano poi le detrazioni del 50% per gli interventi di ristrutturazione edilizia da suddividere in 10 quote annuali, la proroga al 31 dicembre 2020 della detrazione al 50 o 65% per l'efficientamento energetico e l'acquisto di elettrodomestici a classe energetica elevata. 

Paolo Russo

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 ottobre 2019

 

 

Ferriera di Servola la logistica portuale destinata a vincere sulla siderurgia

Un grande snodo ferroviario al posto di altoforno e cokeria La Cina spettatrice interessata di una metamorfosi epocale

Era il 1994. Un grande corteo percorse Trieste, aperto dall'allora sindaco Riccardo Illy, in prima linea nella mobilitazione dei lavoratori e di un'intera città per mantenere in vita la Ferriera di Servola, in crisi dopo la fine della siderurgia di Stato. Altri anni. Un quarto di secolo dopo, la parabola dell'acciaieria fondata al tempo degli Asburgo sembra arrivata al capolinea. Il tavolo di crisi appena aperto al Mise potrebbe infatti sancire l'avvio della dismissione dell'area a caldo. L'idea di una riqualificazione logistico-portuale del comprensorio è condivisa dal ministro cinquestelle Stefano Patuanelli, dalla Regione guidata dal leghista Massimiliano Fedriga e dall'Autorità portuale presieduta da Zeno D'Agostino. Vi si aggiunge ora la proprietà, con Giovanni Arvedi decisosi a chiudere «a malincuore» la produzione di ghisa, ma pronto a investire in modo cospicuo sulle lavorazioni del laminatoio a freddo. Patuanelli è da sempre favorevole allo smantellamento di cokeria e altoforno, così come il centrodestra locale. Alla volontà politica corrisponde la disponibilità dell'Authority presieduta da Zeno D'Agostino a valutare l'acquisizione dell'area e avviare il percorso di bonifica, a patto di avere alle spalle l'appoggio finanziario del governo e un investitore privato interessato al successivo sviluppo logistico. La zona oggi occupata dall'area a caldo potrebbe trasformarsi nei prossimi anni in uno snodo ferroviario fondamentale per il porto: una stazione merci di ultima generazione realizzata da Rfi e un terminal container dato in concessione, posti al servizio della Piattaforma logistica e inseriti in un piano di raddoppio della capacità ferroviaria dello scalo con investimenti pubblici già stanziati per quasi 200 milioni. La Cina ne è spettatrice interessata, attraverso società pubbliche come Cccc e China Merchants, ma negli ultimi tempi si registra pure l'attenzione di attori europei. Dopo anni di polemiche, la vicenda della Ferriera ha avuto la sua accelerazione ad agosto, quando si sono diffuse indiscrezioni sulla due diligence avviata dall'Autorità portuale e sui contenuti di incontri riservati tra l'imprenditore dell'acciaio Arvedi e l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro. Le parti hanno a quel punto ufficializzato, non senza qualche frizione, la volontà di progettare la riconversione dell'impianto rilevato dal gruppo Arvedi nel 2014, quando governo e Regione di centrosinistra chiamarono la società cremonese per garantire il rilancio dopo le gestioni Pittini, Lucchini e Severstal. A fine settembre le parti si sono incontrate al Mise, dicendosi pronte a ragionare sulla riconversione. I sindacati Fiom, Fim e Uilm denunciano però l'assenza di un piano industriale che permetta di fare valutazioni serie su ciò che aspetta i lavoratori, in una città dove la manifattura produce ormai solo il 10% del Pil. Il ceo Mario Caldonazzo si è per ora limitato a confermare l'intenzione di Siderurgica di rafforzare la presenza a Trieste, investendo altri 150 milioni sul laminatoio. Ma questa parte del ciclo produttivo assorbirà solo un centinaio dei 350 lavoratori dell'area a caldo. Si profila un percorso che a una serie di pensionamenti anticipati vorrebbe affiancare l'impiego del resto delle maestranze nell'ambito logistico e nella centrale elettrica a servizio del laminatoio, oltre che nello smantellamento dell'impianto e relativa bonifica dei terreni. Nel ribadire la volontà di salvaguardare tutti i posti di lavoro a rischio, Patuanelli ha chiesto all'azienda di presentare una bozza di piano industriale all'imminente seconda convocazione al Mise. Il ministro vuole definire entro l'anno un percorso «breve, intenso e definitivo»: gli attori in campo immaginano lo spegnimento dell'area a caldo alla fine del 2021. È stato d'altronde lo stesso Arvedi a scrivere di voler fermare la produzione di ghisa e coke «nel più breve tempo possibile»: una decisione assunta «con amarezza» davanti alle pressioni di Regione e Comune, nonostante i risultati oggettivamente centrati sul piano della riduzione dell'impatto ambientale della fabbrica. Ma l'uscita di scena dipende anche dalla consapevolezza dell'imprenditore di dover altrimenti investire a breve decine di milioni per la copertura dei parchi minerari e il rinnovo dell'altoforno. Nell'Est Europa esistono possibilità di investimenti migliori per un colosso dell'acciaio come Arvedi, con un fatturato da oltre tre miliardi di euro (+10% nell'ultimo anno) e quasi due miliardi di investimenti nell'ultimo decennio. Patuanelli ha chiarito di considerare la Ferriera uno stabilimento di qualità ma non strategico per la produzione siderurgica nazionale e ad ogni modo non compatibile con il tessuto urbano triestino. Da qui l'accordo tra Mise e Siderurgica Triestina per arrivare alla firma di un nuovo Accordo di programma, finalizzato alla riconversione. Il primo punto da chiarire sarà ad ogni modo la distanza tra la richiesta economica di Arvedi e la stima che l'Autorità portuale sta concludendo per considerare il subentro sui terreni. 

Diego D'amelio

 

Spunta Rail Cargo Austria mentre Pechino è in surplace

Nuovi soggetti interessati alla banchina in costruzione Piattaforma, partita intrecciata con quella della chiusura della produzione di ghisa e coke

La trattativa per l'ingresso di China Merchants nella compagine societaria di Piattaforma logistica Trieste continua ma la chiusura non arriva e nel frattempo prendono corpo i contatti con società mitteleuropee a propria volta interessate a mettere piede nella banchina in costruzione nel porto di giuliano. Il futuro assetto del nuovo terminal resta dunque ancora in sospeso, ma i lavori si avvicinano alla conclusione: e così, mentre trattano l'entrata di un partner industriale di peso, i concessionari Francesco Parisi e Icop hanno intanto deciso di dare il via alla fusione della Piattaforma con il vicino Scalo legnami. Ne sortiranno un approdo da 482 metri e un unico piazzale da 28 ettari collegato dalla ferrovia. La società Plt è al lavoro da tempo per individuare un investitore disposto ad acquisire parte delle sue quote e assicurare volumi di traffico adeguati a sostenere la banchina e a giustificare il successivo avvio della costruzione dell'imponente Molo VIII, che il piano regolatore del porto immagina come progressivo allungamento della piattaforma verso il mare e che assieme al raddoppio del Molo VII segnerà l'uscita dal nanismo che affligge il porto triestino. La trattativa con China Merchants ha rallentato di pari passo alla frenata dei lavori che avrebbero dovuto essere conclusi a inizio anno ma che verranno ultimati entro il primo semestre 2020 per il ritardo dovuto alla necessità di bonifiche ambientali impreviste. La cordata costituita dall'operatore portuale triestino Francesco Parisi e dal costruttore friulano Vittorio Petrucco ha così privilegiato la realizzazione della banchina che sorge accanto alla Ferriera e che comprenderà anche lo Scalo legnami. Ad oggi i lavori mostrano un buon livello di avanzamento ma anche la necessità di un'accelerazione per quanto riguarda la creazione dei piazzali a terra. La trattativa con i cinesi non è tramontata ma, dopo l'intesa di massima con Plt, Pechino sta valutando la situazione del sistema italiano, segnato dall'ennesimo momento di instabilità politica e dal ritorno all'ancoraggio atlantico dopo l'apertura alla Cina senza se e senza ma del governo gialloverde. Ne hanno approfittato per inserirsi le ferrovie austriache, che con Rail Cargo Austria hanno messo nel mirino la gestione del terminal ferroviario che dovrebbe sorgere in una parte dell'area occupata dalla Ferriera, la cui riconversione è oggetto di confronto al tavolo del Mise in questi giorni. Rca valuta di rilevare quote di Plt ed entrare in partenariato con l'operatore logistico-marittimo che userà la Piattaforma per sbarcarvi i propri container e ro-ro. Le possibilità non sembrano mancare, se accanto a China Merchants prende quota l'ipotesi di un coinvolgimento dei francesi di Cma Cgm, come prima erano circolato voci sull'interesse di Terminal Investment Limited (Msc) e Yildrim. Parisi e Icop hanno avviato intanto con l'Autorità portuale le procedure per unificare fisicamente il terminal in realizzazione e il vicino Scalo legnami, dato in concessione a General Cargo Terminal, società controllata sempre da Piattaforma logistica Trieste. A questo primo passo seguirà alla fine dei lavori la fusione societaria tra Plt e Gct, da cui nascerà quell'unico soggetto che si offrirà al mercato in cerca di un'alleanza con un gigante internazionale capace di assicurare un numero adeguato di navi container e ro-ro, quanto la gestione del terminal ferroviario previsto accanto alla banchina, dove oggi insistono la cokeria e l'altoforno della Ferriera. L'accordo quadro stretto fra l'Autorità, Plt e Gct contiene elementi che permettono di ricostruire le prossime linee di sviluppo della Piattaforma. Evidentemente ottimiste sull'andamento delle trattative, le due società si impegnano a progettare entro il 2021 la prima sezione del Molo VIII, che a partire dalla banchina verrà allungato gradualmente verso il mare, correndo parallelo al Molo VII controllato da Msc e To Delta. In cambio Parisi e Petrucco vedranno la concessione della parte assegnata a Gct (in scadenza nel 2024) equiparata a quella di cui gode Plt, che avrà a disposizione trent'anni dal collaudo della banchina. Nell'ambito di un investimento da 130 milioni, di cui 100 a carico della mano pubblica e 30 di Plt, serviranno ora 12,5 milioni per procedere all'unificazione dei due terminal. Risorse destinate alla realizzazione dei binari che collegheranno la Piattaforma e per redigere il progetto della nuova stazione di Servola, da cui partiranno treni da 750 metri verso l'Europa centrorientale. I lavori prevedono inoltre il pareggio del dislivello dei terreni tra Piattaforma e Scalo legnami al fine di creare un unico piazzale per la movimentazione e lo stoccaggio delle merci derivanti dalle «nuove tipologie di traffico che Plt intende intercettare sulla base di negoziati in corso con importanti interlocutori terzi». Sarà questa alleanza, sempre che un accordo si trovi, ad avere la possibilità di realizzare e gestire in futuro il Molo VIII e il terminal ferroviario di Servola. Le trattative vanno avanti con una pluralità di soggetti, da società specializzate nella gestione di scali portuali a realtà dello shipping e dei trasporti ferroviari. L'intenzione di Plt è arrivare a un'intesa entro la prima metà dell'anno prossimo o diventerà difficile sfruttare il vantaggio competitivo che oggi deriva dal rallentamento del raddoppio ferroviario del porto di Capodistria e che vede Trieste a caccia di un sorpasso rispetto a volumi di traffico che sembrano destinati ad aumentare in Alto Adriatico. Con i lavori sulla Piattaforma avviati alla conclusione, un accordo potrebbe sbloccare anche la partita sulla Ferriera.

Diego D'Amelio 

 

 

Ferrovie TAV, via alla consegna delle aree da Verona

VICENZA. È prevista entro il prossimo gennaio la consegna al general contractor delle aree interessate dal percorso della Tav a ovest di Vicenza, da Verona ad Altavilla Vicentina. Lo ha reso noto il sindaco della città berica, Francesco Rucco, che ha incontrato a Roma, assieme a una delegazione di tecnici comunali, l'amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana Maurizio Gentile e alcuni tecnici dell'azienda, per un punto della situazione su aspetti burocratici relativi al progetto della Tav. «Ho ricevuto la conferma che la volontà di procedere velocemente verso la realizzazione della Tav è ancora molto forte - riferisce Rucco - e questo era ciò che ci attendevamo». Ora non ci resta che prendere in mano la situazione del tragitto che interessa la parte ad Est del percorso dell'alta velocità, finora mai decollato a livello progettuale.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 ottobre 2019

 

 

Una mattinata per ripulire il Bosco Farneto - VI circoscrizione

La VI circoscrizione, in collaborazione a Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste, Associazione MiTi, Società Adriatica di Speleologia e col supporto di Acegas e Comune, organizza "Pulimo El Boscheto", una giornata di pulizia del Bosco Farneto che avverrà sabato dalle 10 alle 13. Il ritrovo è fissato alle 9.30 in uno di questi tre punti: Rotonda del Boschetto 6, parcheggio del Farneto a San Luigi altezza via di Chiadino o sullo sterrato del Ferdinandeo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 ottobre 2019

 

 

«Mini-centrali idroelettriche favoriti affaristi vicini al potere»

La denuncia delle organizzazioni ambientaliste: sussidi pubblici sproporzionati per strutture che producono il 3,6% dell'energia totale, i governi dicano basta

Che fossero dannose per l'ambiente è ormai risaputo, come confermano tanti studi e le immagini di fiumi e torrenti prosciugati, con le loro acque canalizzate verso le centrali. Che abbiano creato fortissime tensioni sociali, con forti proteste in varie parti della regione - di questi tempi in particolare in Serbia - è noto. Ma ora nuove rivelazioni disegnano un quadro ancora più serio: le mini-centrali idroelettriche che stanno sorgendo come funghi nei Balcani vengono favorite da «sproporzionati sussidi pubblici», che hanno rovinato la natura e «favorito ricchi affaristi vicini o parte dei governi della regione».È questa la durissima denuncia contenuta in un ampio studio realizzato da autorevoli organizzazioni come Bankwatch Network, Wwf, Euronatur e Riverwatch. L'accento dell'analisi cade sui sussidi statali che hanno favorito un fenomeno che riguarda circa 400 mini-centrali realizzate fra il 2009 e il 2018 nei Balcani, mentre circa tremila sono quelle in progetto. Lo studio ha evidenziato che «il 70% degli incentivi all'energia rinnovabile» nella regione va a favore delle mini-centrali idroelettriche, che producono però solo «il 3,6% dell'energia elettrica totale» nell'area. Ed è singolare che immagazzinino milioni di euro di incentivi, attraverso "tariffe agevolate" destinate ai gestori delle strutture, pensate per favorire le rinnovabili - una buona idea, sulla carta. E i denari sono proprio tanti. Solo per il 2018 si parla di 93,5 milioni in Albania - il 100% degli incentivi per le rinnovabili - di 20,3 in Bosnia (81%), 6,5 in Kosovo (72,6%), di 7,3 in Montenegro (31,9%), di 15 in Macedonia del Nord (42%) e di 24,9 in Serbia (47,4%), per un totale di 168 milioni al mini-idro in tutti i Balcani, su 240 stanziati per tutte le rinnovabili. Soldi che fanno gola a molti, ma che sarebbero finiti nelle tasche di pochi eletti impegnati in affari quantomeno fumosi, si legge nello studio, che in questo caso riprende anche denunce pubblicate in passato da autorevoli media locali. Incentivi di cui «hanno beneficiato uomini d'affari» con collegamenti privilegiati con il potere, tanto in Serbia quanto in Montenegro, alcuni dei quali già coinvolti in pesanti scandali. E persino uomini della leadership al potere (ma si fanno anche nomi di esponenti del maggiore partito d'opposizione) in Macedonia, si legge ancora nel rapporto che cita vari personaggi associandone le relative concessioni possedute. Che qualcosa non funzioni del resto è confermato dalla marcia indietro del Montenegro, che ha deciso di sospendere gli incentivi mentre lo stesso dovrebbe fare l'Albania nel 2020. Ma bisogna fare di più, hanno chiesto le Ong, per eliminare completamente i sussidi. Sussidi che «sono un motore importante per la devastazione ambientale e per conflitti sociali nella regione», ha commentato Ulrich Eichmann, numero uno di Riverwatch. Ancor peggio, le mini-centrali «non producono un ammontare significativo di energia», aprendo invece buchi nei bilanci. «I governi mettano fine agli incentivi», puntando invece su altre fonti energetiche, «come solare ed eolico», ha suggerito Eichmann. Sulla stessa linea Pippa Gallop (Bankwatch), secondo la quale è evidente che si tratti di schemi «che favoriscono i ricchi e producono danni ambientali», ostacolando una comunque necessaria «transizione» dal carbone. Ma la soluzione non sono le mini-centrali, che violentano la natura. E arricchiscono pochi fortunati. 

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 ottobre 2019

 

 

Sensi unici e precedenze - Scatta la rivoluzione in zona piazza Libertà   -   LA NUOVA VIABILITA'

Cambiamenti al via tra martedì e mercoledì. In via Ghega marcia obbligata verso la stazione. Maxi snodo a cinque corsie per via Gioia e largo Città di Santos

Era la piazza più triste, malinconica e mal tenuta di Trieste. Neanche il "cenotafio" di Sissi ne rimuoveva quell'inconfondibile atmosfera di smistamento para-ferroviario. Ma tra martedì e mercoledì per piazza Libertà & adiacenze comincerà la riscossa: le cinque corsie, che la attraverseranno dalla foce di via Carlo Ghega all'imbocco di via Flavio Gioia, conferiranno alla porta settentrionale urbana un'aura boulevard decisamente inedita. Un'ampiezza da parata militare, da operazioni elitrasportate. Siamo alla seconda fase di una riqualificazione attesa da una quindicina d'anni e finalmente attuata: il primo step ha riordinato il servizio di trasporto pubblico, questo inaugurando rivede radicalmente il traffico. Il nuovo assetto è definito dall'ordinanza 25 emessa da Giulio Bernetti, direttore del dipartimento comunale territorio-economia-ambiente-mobilità, che ha controfirmato i ben 33 punti messi in fila dalla p.o. Edoardo Collini. La micro-rivoluzione viaria si impernia su tre ambiti: via Trento, via Ghega, piazza della Libertà. Seguiamo l'itinerario, già in buona parte consultabile "in diretta" sulla segnaletica disegnata sulle strade interessate. Via Trento - Alla fine di via Trento i veicoli dovranno obbligatoriamente svoltare a sinistra in via Ghega, che avrà due corsie di marcia a senso unico da via Cellini fino a piazza della Libertà. Sempre in via Trento, vengono creati un attraversamento pedonale con semaforo e un'area carico/scarico riservata all'hotel Roma.Via Ghega - Come anticipato, la novità principale è costituita dalle due corsie di marcia "obbligate" verso piazza della Libertà. Nella stessa direzione un percorso ciclo-pedonale proseguirà quello di via Trento. Una corsia è riservata a bus e taxi con direzione di marcia inversa, da piazza Libertà a via Cellini. Viene ricavato un parcheggio dedicato alle moto, lungo una quarantina di metri. Attenzione alle precedenze e ai divieti di sosta per buona parte della strada. Piazza Libertà - E' l'innovazione più interessante della rilettura operata dal Municipio nel governo della circolazione veicolare. Viene istituito un senso unico su 5 corsie di marcia dalla fine di via Ghega verso via Gioia, cioè verso la stazione centrale e il Silos. Più esattamente, le cinque corsie (dove per anni hanno sostato i bus) attraversano/tagliano piazza Libertà, così ripartite: tre vanno verso il compendio stazione-Silos e largo Città di Santos (lo spazio alle spalle della demolenda Tripcovich), due virano invece verso sinistra per consentire l'inserimento sulle Rive. Una fermata/capolinea dei bus sarà mantenuta nell'ultima corsia di destra, adiacente al giardino centrale. La ciclo-pedonale riprende la trama cucita da via Trento e da via Ghega, aiutata da attraversamenti dotati di semaforo. Tra attraversamenti pedonali e ciclo-pedonali, la mobilità di piazza Libertà sarà servita da 6 "guadi" in corrispondenza degli snodi Ghega, Miramare-Cavour, stazione centrale. Quindi, nulla cambia per chi proviene da corso Cavour e voglia portarsi verso via Miramare (lato palazzo Economo, per intendersi) o verso Sant'Anastasio. Chi viaggia nella parte iniziale di via Miramare (lato palazzo Economo) non potrà più girare a sinistra davanti alla stazione. Davanti alla stazione potrà invece transitare chi arriva da nord, percorrendo via Miramare da Barcola-Roiano.Ultima fase ancora aperta per il completamento dei lavori che riguardano la piazza nella parte nord-est (fronte stazione e lato Economo). Ma una consistente parte dei lavori è andata avanti: il cantiere, iniziato un anno fa, ha assorbito quasi 5 milioni di euro, appaltato a un'associazione temporanea formata da Mari&Mazzaroli, Riccesi, Rosso. La maggior parte del finanziamento è statale (2,3 milioni), la Regione investe 1,5 milioni, AcegasApsAmga quasi un milione. Il protocollo d'intesa per la riqualificazione venne firmato il 30 giugno 2004. Il progetto fu affidato nel 2007 all'associazione temporanea Baubüro-Fierro-Zelco&Lazzari-Zlatich. 

Massimo Greco

 

Terminal bus - Mancano le pensiline - Forse a fine novembre

Entro la fine di novembre. Se tutto va per il verso giusto. Giulio Bernetti non si sbilancia, anche perché una volta tanto il fascicolo non è di sua immediata pertinenza. Insomma, le pensiline in piazza Libertà potrebbero essere montate tra un mese e mezzo. Giusto in tempo per riparare quanto possibile l'utenza dalle intemperie di stagione. La questione era balzata agli onori delle cronache a fine agosto, quando, una volta completati i lavori del terminal bus a fianco del Silos, si notava l'assenza di un ingrediente importante: le pensiline, in genere strettamente connesse al trasporto pubblico. Marciapiedi nuovi, segnaletica nuova, paline nuove ma ... la clientela può abbronzarsi o inzupparsi di acqua perché non v'è riparo alcuno. Na scarpa e un socolo, come si dice nell'area nordorientale. Le strutture sono competenza di Clear Channel, una multinazionale che, in cambio degli introiti pubblicitari, si occupa delle pensiline. O meglio, dovrebbe occuparsene perché al momento, in un angolo-chiave della mobilità urbana, non ci sono. Trattative ancora in corso. Affari in vista per gli ombrellai.

Magr

 

Le pedane dei bus per disabili bloccate dalla sosta selvaggia

Ogni giorno diversi utenti in carrozzina non riescono a salire a bordo o scendere L'attrezzatura è inutilizzabile perché le fermate sono occupate da auto e moto

Ogni giorno a Trieste in media cinque persone in sedia a rotelle non riescono a salire o a scendere dai bus. Colpa degli automobilisti indisciplinati che, lasciando il proprio mezzo sulla fermata, non consentono l'apertura della pedana in dotazione ai mezzi pubblici. È il triste bilancio che quotidianamente registra la Trieste Trasporti, attraverso le lamentele degli utenti e le segnalazioni degli stessi autisti, che comunicano all'azienda le difficoltà riscontrate a fine percorso, dopo aver concluso il proprio turno di lavoro. Ma sono i portatori di handicap a subire, naturalmente, i maggiori disagi. «Il problema - spiegano dalla Trieste Trasporti - capita quotidianamente, e più volte. Chi è in carrozzina, fermo ad aspettare l'autobus, spesso non può salire a bordo perché se c'è un'auto o un mezzo a due ruote in sosta nella zona della fermata, la pedana non può essere azionata regolarmente. Peggio ancora poi quando l'utente è a bordo e non può scendere, per lo stesso motivo, alla fermata desiderata. A quel punto rischia di doverlo fare più avanti, in una zona completamente diversa. Anche questo, purtroppo, succede tante volte». Sempre secondo l'azienda, ogni giorno sono una decina gli utenti con handicap che si spostano con i mezzi pubblici e si servono della pedana installata sui bus, ma in alcune giornate il dato è anche superiore. Almeno la metà, quindi, riscontra difficoltà ogni giorno. Tra le fermate dove si registrano i disagi maggiori c'è quella di via D'Alviano, davanti al centro commerciale Torri d'Europa. Qui le auto in sosta irregolare sono presenti spesso, con persone in attesa di chi è entrato nella struttura a fare shopping. Alcuni utenti denunciano la maleducazione degli automobilisti anche sui social, come una ragazza che qualche giorno fa ha raccontato di un uomo in carrozzina impossibilitato a salire sulla linea 10, per una vettura sullo spazio della fermata. «Pensateci - scrive - quando, mentre state facendo una cosa sbagliata, vi giustificate dicendo "cosa vuoi che sia, se mi fermo cinque minuti?"». Tra le altre zone segnalate via Battisti, via Giulia o via Carducci. Ma se nella maggior parte dei casi sono le auto a creare un ostacolo all'uscita dell'attrezzatura utile al disabile, anche gli scooter e le moto possono rappresentare un problema, quando il bus non riesce a impegnare completamente lo spazio riservato e avvicinarsi quindi al marciapiede. Trieste Trasporti negli ultimi anni si è dotata di autobus attrezzati per accogliere persone disabili, e in particolare il parco veicoli è caratterizzato da 245 vetture con pianale ribassato e 181 con pedana estraibile automatica, per consentire un accesso più facile a persone con difficoltà motorie e anziani. A bordo è disponibile anche un apposito spazio, allestito secondo la normativa vigente, con blocco carrozzina e cinture di sicurezza, per consentire un viaggio confortevole. Non sono attrezzati con queste soluzioni tecniche solo i veicoli di dimensioni ridotte, sia per i problemi pratici di installazione, sia in quanto questi autobus transitano lungo percorsi che non si prestano all'utilizzo.

Micol Brusaferro

 

 

MUGGIA - Il Comune vince la guerra legale sull'antenna di Chiampore -  per il TAR il traliccio è abusivo

MUGGIA. «Il traliccio della Finmedia posizionato a Chiampore è abusivo». Il sindaco di Muggia Laura Marzi annuncia l'epilogo dell'annoso braccio di ferro tra il Comune istroveneto e la società triestina. Il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia ha rigettato infatti il ricorso proposto da Finmedia contro il Municipio rivierasco, ricorso avanzato per conservare il traliccio di 30 metri d'altezza realizzato a Chiampore. «Questa nuova sentenza del Tar è la conferma che il traliccio sia abusivo e che quindi il Comune di Muggia potrà anche in futuro avere potere sulla localizzazione di questi impianti», le parole del sindaco. La vicenda in questione è iniziata nel febbraio 2010, quando Finmedia chiese al Comune di Muggia l'autorizzazione a sostituire due suoi tralicci preesistenti con un unico traliccio nuovo, molto più impattante a livello di dimensioni, su cui fissare le antenne utilizzate da sei emittenti per la radiodiffusione. Nel dicembre 2014 il Comune evidenziava la decadenza dell'autorizzazione poiché le opere progettate non risultavano ultimate nel termine dei 12 mesi previsti. Finmedia, però, propose ricorso al Tar, ricorso che venne accolto nel 2015 e che annullò il provvedimento di decadenza del Comune, ristabilendo in quattro anni il termine da considerare per la conclusione dei lavori. La sentenza venne appellata dal Comune, il quale, con la pronuncia del Consiglio di Stato del giugno 2017, vide una vittoria piena e il capovolgimento totale di quanto stabilito in primo grado, con la perdita di efficacia immediata del titolo autorizzatorio della società. A seguito della decisione del Consiglio di Stato, il Comune aveva emanato l'ordinanza con l'ingiunzione della demolizione del traliccio per trasmissioni radiofoniche nel frattempo realizzato dalla società a Chiampore, nonché il diniego del rilascio del permesso a costruire in sanatoria. La Finmedia srl si era opposta a questi provvedimenti proponendo il ricorso al Tar e sviluppando ben 12 motivi di impugnazione. Un numero considerevole di argomentazioni, al quale tuttavia il Comune, difeso dalla propria avvocatura civica con i legali Coren e Gerin, ha replicato con quattro memorie difensive che hanno di fatto avvalorato l'esistenza di poteri di pianificazione in capo al Comune di Muggia. Alla fine il Tar Fvg ha disposto il rigetto totale del ricorso della società Finmedia srl, la quale è stata peraltro condannata a pagare le spese di lite in favore del Comune di Muggia. Soddisfatta l'assessore all'Ambiente Laura Litteri: «Non è stata una vicenda semplice, ma con la stessa grande motivazione e determinazione che da sempre hanno contraddistinto il nostro impegno in questo campo, abbiamo visto riconosciuta la legittimità del nostro Piano di delocalizzazione: dopo quasi dieci anni, è una vittoria inequivocabile quella che vede il Comune di Muggia protagonista di una svolta storica sul fronte delle antenne». 

Riccardo Tosques

 

 

Quarantotti Gambini - Cambiamenti climatici - Dialogo con l'esperto

Venerdì alle 17.30 alla biblioteca comunale Quarantotti Gambini di via delle Lodole 6 (San Giacomo), Gianrossano Giannini, ordinario di Fisica Nucleare e Subnucleare all'Università degli Studi di Trieste, condurrà una conversazione dal titolo "Emergenza climatica? Parliamone". L'incontro si rivolge a giovani e adulti di ogni età, interessati a discutere su di un argomento di stretta attualità con un esperto. Ingresso libero e gratuito.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 ottobre 2019

 

 

Incidenti sulle strade, è ancora allarme Undici morti e 1.196 feriti nell'ultimo anno - GLI INCIDENTI SULLE STRADE TRIESTINE

Lieve calo dopo l'impennata del 2017, ma il numero di sinistri resta ancora elevato anche in rapporto alla media regionale

Quattro morti in meno sulle strade della provincia di Trieste rispetto all'anno precedente. È il dato che emerge dall'ultimo report statistico elaborato da Aci e Istat, relativo al 2018: sono state 11 le persone che hanno perso la vita lo scorso anno. Un trend che può essere letto positivamente solo se messo a confronto col 2017, anno in cui a Trieste e provincia si era registrato un impressionante boom di incidenti mortali: ben 15, più di uno al mese. Ma già comparando gli 11 morti dell'anno scorso con il 2016 ci si rende conto che il problema sicurezza sulle strade resta ancora tutto da risolvere: due anni fa le vittime erano state 9, dunque due in meno rispetto al 2018. Lo stesso discorso vale per il numero di incidenti. Nel 2018, sempre a livello provinciale, sono stati in tutto 980, per un totale di 1.196 persone ferite. Nel 2017 il numero di incidenti era stato più alto (1.027, con 1.262 feriti) ma nel 2016 il dato era stato inferiore: si erano verificati infatti 952 sinistri (con 1.190 feriti).Tornando agli incidenti mortali, si supera di pochissimo l'1 per cento: ovvero, un incidente ogni 89 fa registrare almeno una vittima. Un dato che pone la provincia di Trieste tra i territori in cui gli incidenti sono meno gravi. Per avere un'idea dei territori dove si verificano più incidenti mortali, basti pensare che nella provincia del Sud Sardegna si registrano 6,5 morti ogni 100 incidenti, poi Vibo Valentia (6,2), Vercelli (6), Benevento (5,3) e Catanzaro (5,1): sono le province in cui l'indice di mortalità è più elevato (1,9 morti ogni 100 incidenti è la media a livello nazionale). In altre 12 province (Aosta, Sondrio, Rieti, Frosinone, Chieti, Caserta, Foggia, Potenza, Matera, Cosenza, Crotone, Enna) l'indice supera i 4 morti ogni 100 incidenti, risultando (oltre Oristano), più che doppio rispetto alla media nazionale. Milano, Monza, Rimini e Ascoli Piceno, invece, sono le province in cui gli incidenti sono meno gravi. L'indice di mortalità, infatti, risulta inferiore a un morto ogni 100 incidenti. Tutt'altro che incoraggiante lo scenario in provincia di Trieste per quanto riguarda l'incidentalità a confronto con le altre tre province del Friuli Venezia Giulia. Nel territorio udinese si sono verificati lo scorso anno 1.190 incidenti, 210 in più rispetto a quello triestino, ma a fronte di un numero di veicoli circolanti che è più del doppio: 472.592 in provincia di Udine, 193.322 in provincia di Trieste. In pratica, nel territorio triestino si è registrato un incidente ogni 197 veicoli circolanti. Meno incidenti, rispetto al parco veicolare, anche a Gorizia (uno ogni 256 veicoli) e a Pordenone (uno ogni 376). Gli incidenti in provincia di Trieste, quantomeno, risultano mediamente meno gravi. A Udine 38 vittime a fronte di 1.190 incidenti: quindi, un incidente ogni 31 fa registrare almeno un decesso. Nella Destra Tagliamento una vittima ogni 36 incidenti, in provincia di Gorizia una ogni 56. Per quanto riguarda i vari territori comunali, si è registrato un incidente ogni 181 veicoli circolanti a Trieste: sono stati rilevati infatti 903 sinistri, 7 dei quali con esito mortale, e 1.093 feriti. Dati sostanzialmente invariati rispetto al 2017. Confortante il calo a Duino Aurisina, territorio pur percorso da arterie extraurbane molto trafficate come la Costiera e il raccordo autostradale: dai 54 incidenti registrati nel 2017 si è scesi nel 2018 a 28, due dei quali mortali. Calo anche a Muggia: si è passati dai 35 del 2017 ai 21 del 2018. Pressoché invariati i dati a Sgonico e San Dorligo. Quasi un incidente su cinque (il 19,7%) è da mettere in relazione con la velocità eccessiva. Il 14,1% è causato da guida distratta (circostanza in cui rientra anche l'uso del cellulare al volante). Il 9,8 % dal mancato rispetto della distanza di sicurezza, ma come si può facilmente intuire la causa più frequente (nel 37,3 % dei casi) è il mancato rispetto dei segnali stradali.

Piero Tallandini

 

 

Dal golfo di Trieste alle Incoronate - Ecco le boe che fanno bene al mare

Al via il progetto Sapas. Previste la semina di piante fanerogame sui fondali e la posa di gavitelli "green"

Dal golfo di Panzano fino alle Incoronate. Toccando in futuro, probabilmente, anche la stessa costa triestina. È la rotta tracciata dal progetto Sapas, operazione innovativa finanziata dalla Ue con 2 milioni di euro, che vede il Comune di Monfalcone in veste di capofila. Cosa prevede Sapas? Prima di tutto trapianti di fanerogame, piante marine come la Posidonia che caratterizzavano i fondali del Mediterraneo e ora stanno scomparendo, mettendo così a rischio i sedimenti costieri, esposti ai pericoli dell'erosione provocata dalle variazioni climatiche. E, parallelamente, l'installazione di corpi morti sul fondale con boe e gavitelli ecologici per permettere ai diportisti di ormeggiarsi senza dover usare le ancore che arano e rovinano il fondale marino. I primi trenta gavitelli verranno installati già in primavera nel golfo di Panzano poco lontano della foce dell'Isonzo proprio davanti all'area naturalistica. E molti di più saranno posizionati nel Parco delle Incoronate in Croazia, con annesso trapianto di fanerogame e lo stesso nel parco delle Dune in Puglia. Il filo conduttore è quello dell'Europa Green, ma accanto a questo c'è la volontà di preservare la biodiversità e ricostruire il sistema delle piante acquatiche: grazie alla trama radicale con la quale si ancorano al fondale, infatti, sono fondamentali per consolidare i fondali costieri e consentono la cattura degli inquinanti contribuendo a limitare la torbidità delle acque. Una realtà che ieri il gruppo di esperti della Selc di Venezia ha fatto vedere e toccare con mano a diversi ospiti nel corso di una speciale visita organizzata in occasione della Barcolana, partita dallo stand del Comune di Monfalcone alla base del molo Audace. La partenza con un'imbarcazione messa a disposizione dal Marina Hannibal, poi la prosecuzione della visita con due gommoni nell'area della riserva e nei canali interni. Proprio l'Hannibal ha fatto da base ai tecnici del Selc di Venezia (società di biologia e geologia applicate), che sono andati a poche centinaia di metri dalla costa per seminare le fanerogame e scegliere i siti dove posizionare corpi morti (i blocchi di cemento nel fondale) e realizzare i gavitelli. Lunghi sopralluoghi sui bassi fondali che vanno dall'Isola dei Bagni sino a Punta Sdobba per scegliere le aree migliori. Siti che sono stati ripercorsi ieri con un gruppo di tecnici: tra i partecipanti anche Annalisa Falace del Dipartimento di scienze della vita dell'Università di Trieste. Lunedì prossimo la squadra di esperti della Selc sarà a lavorare nel Parco delle Incoronate. Entro la primavera bisognerà installare tutti i gavitelli e il gruppo di lavoro che conta sul partenariato di prestigio di cui fanno parte anche il Consorzio interuniversitario per le scienze del mare, l'Università di Fiume e il Consorzio di ricerca per la laguna di Venezia sta per vincere la sfida di realizzare questo progetto in soli 30 mesi.

Giulio Garau

 

 

Presidio in piazza Unità in solidarietà con i curdi

Circa 200 persone hanno partecipato al presidio di solidarietà con il popolo curdo organizzato ieri in piazza Unità dalla rete "Trieste antifascista antirazzista", che raccoglie un po' tutte le anime della sinistra radicale cittadina. Ma la partecipazione in piazza è stata per la verità ancora più composita. C'erano consiglieri comunali e sindacalisti, presenti a titolo rigorosamente individuale, ma anche tanti comuni cittadini sia triestini sia curdi. Sono stati ricordati il coinvolgimento dell'industria bellica italiana con lo Stato turco, l'esperimento femminista, ecologista, socialista e democratico in corso in Rojava, la resistenza contro l'Isis a opera dei combattenti Ypg e Ypj, anche a costo della vita. Tra questi ci sono pure diversi italiani, come Lorenzo Orsetti, di recente scomparso. «Sono stato in Rojava - ha raccontato il medico Marino Andolina - e devo dire amaramente che l'esperimento in corso laggiù è forse troppo perfetto per sopravvivere a questo mondo». 

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 ottobre 2019

 

 

Decreto clima Via libera per rottamare auto e moto - ok del cdm

ROMA. Il Green New Deal del governo Conte 2 parte dalla rottamazione di auto e motorini, incentivi per i commercianti che attrezzeranno "green corner" per vendere prodotti sfusi, corsie preferenziali per i mezzi pubblici, scuolabus ecologici e nuovi alberi nelle città. Sono le misure da 450 milioni di euro in tre anni contenute nel Decreto legge Clima, approvato dal Consiglio dei ministri. Paragonati ai 50 miliardi stanziati per l'ambiente dal governo tedesco, i 450 milioni del Decreto Clima appaiono un assaggio, un primo passo. Ma l'Italia non ha certo il surplus commerciale da compensare della Germania. I fondi per il clima, il decreto li trova nelle "aste verdi", cioè il sistema di scambio delle emissioni di gas serra nella Ue, l'Ets. «E' il primo atto normativo del nuovo governo, che inaugura il Green New Deal - commenta il ministro Costa - il primo pilastro di un edificio le cui fondamenta sono la legge di bilancio e il Collegato ambientale, insieme alla legge Salvamare, in discussione alla Camera, e a Cantiere ambiente, all'esame del Senato». Tra le novità introdotte dal decreto clima, il buono mobilità per le città e le aree sottoposte a infrazione europea per la qualità dell'aria: vengono stanziati 255 milioni di euro per garantire fino a 1500 euro per la rottamazione dell'auto fino alla classe euro 3 e fino a 500 euro per i motocicli a due tempi. I soldi potranno essere spesi in tre anni per abbonamenti a mezzi pubblici o acquisto di biciclette. Il decreto prevede per i Comuni 40 milioni di euro per le corsie preferenziali dei bus e 20 milioni per scuolabus elettrici o ibridi. Trenta milioni di euro saranno destinati a piantare alberi nelle città. Venti milioni saranno destinati ai commercianti (fino a 5 mila euro per ciascuno) per la realizzazione di un "green corner" nei negozi per la vendita di prodotti sfusi. Il Movimento 5 Stelle festeggia "i 255 milioni in incentivi per la mobilità green", mentre la deputata della Lega Vannia Gava parla di un provvedimento "ridicolo" e "pieno di marchette". Critiche anche dagli ambientalisti. Per Greenpeace il provvedimento «sostanzialmente non è un decreto sul clima, dato che inciderà davvero molto poco sulla lotta all'emergenza climatica in corso, per cui occorrerebbero provvedimenti ben più radicali».

 

 

L'appello di #ioaccolgo per cambiare rotta su migranti e diritti

Anche a Trieste diverse voci si uniscono all'appello lanciato dai promotori della campagna #ioaccolgo al nuovo esecutivo, affinché l'Italia abroghi i due decreti sicurezza voluti da Matteo Salvini, rinunci agli accordi con la Libia, e metta in atto un piano di salvataggio nel Mediterraneo. È quanto emerso ieri durante una conferenza stampa in molo Audace, dove la campagna di sensibilizzazione è stata simbolicamente "accolta" a propria volta dal veliero del Progetto Buon Vento, riconoscibile dalla presenza della bandiera della pace sui suoi alberi. «L'appello, che durerà per alcuni mesi, chiede in sostanza il ripristino del sistema d'accoglienza basato sullo Sprar - ha detto Gianfranco Schiavone, presidente dell'Ics -. Ma anche un serio programma di salvataggio in mare e la fine dell'indecente collaborazione con la Libia, ovvero con le sue milizie criminali che, di fatto, il nostro Paese sta finanziando». Per firmarlo è sufficiente collegarsi al sito web dell'iniziativa ("ioaccolgo.it"). Franco Codega, storico esponente Acli, ha ricordato «l'ennesimo naufragio» di recente avvenuto al largo di Lampedusa, in cui hanno perso la vita donne e bambini. Alfredo Racovelli, della sezione locale di Mediterranea Saving Humans, ha parlato «dell'ignobile aggressione militare turca ai danni di chi non solo ha combattuto l'Isis ma ha anche avviato un esperimento democratico. Aggressione che avviene con il silenzio complice dell'Europa, che non a caso nel 2016 ha dato 6 miliardi di euro a Erdogan per bloccare i profughi». Presenti anche alcuni rappresentanti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, secondo cui l'accoglienza è un precetto fondamentale per chi è credente, mentre il Comitato Pace Danilo Dolci invita ad andare al cimitero di Sant'Antonio in Bosco, il giorno della Barcolana, per depositare un fiore sulla tomba di quattro ragazzi africani morti per assideramento il 13 ottobre 1973: «Le prime vittime della rotta balcanica». L'appuntamento in Val Rosandra è domenica alle 16. --

Lilli Goriup

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 ottobre 2019

 

 

Nel decreto salva clima riecco gli incentivi

Sgravi sui prodotti sfusi ed eco-bonus per auto e scuolabus: ecco le norme anti-emergenza. Ma sono ancora pochi i soldi

Roma. Alla fine il ministro dell'Ambiente Sergio Costa ce l'ha fatta a portare nel Consiglio dei ministri di oggi il suo «decreto clima». È ovviamente soddisfatto: «Avremo norme che contribuiranno a contrastare l'emergenza climatica a 360 gradi». Politicamente è un risultato, dopo la frenata delle scorse settimane. Vero è che le tante novità positive contenute nel decreto sono alimentate con risorse modeste, solo qualche centinaio di milioni. E per adesso la promessa del premier Giuseppe Conte - al vertice Onu di New York ha annunciato che l'Italia diventerà «carbon neutral» entro il 2050 - non trova riscontri in misure concrete. A maggior ragione se si pensa che ieri il governo tedesco ha approvato un «pacchetto salva-clima» che investirà 10 miliardi di euro ogni anno per i prossimi 10 anni (i Verdi tedeschi ne chiedono 35) e spenderà 84 miliardi nel trasporto pubblico. A parte i possibili ritocchi dell'ultim'ora, il decreto rimette in campo gli incentivi per la vendita dei prodotti sfusi o alla spina, con una disposizione denominata «green corner». Il Cipe non sarà più luogo di armonizzazione delle politiche economiche in chiave ecologica, salta il Comitato interministeriale ad hoc sui cambiamenti climatici, e finirà in manovra il taglio progressivo dei sussidi ambientalmente dannosi per i carburanti fossili. Arriva l'eco-bonus anche per la rottamazione dei motocicli e per gli scuolabus a basso impatto ambientale, alimentato dal fondo di 255 milioni per il «buono mobilità». Il buono è destinato ai cittadini residenti nei Comuni sotto procedura d'infrazione Ue per smog che, entro il 31 dicembre 2021, cambiano auto (fino ai modelli Euro3) o motocicli (fino alla classe Euro2 e Euro3 a due tempi); vale 1.500 euro per i primi e 500 euro per i secondi. Il buono non è reddito imponibile e potrà essere utilizzato entro i successivi tre anni per abbonamenti al trasporto pubblico locale, altri servizi e per bici anche a pedalata assistita. Ci sono 40 milioni per finanziare progetti per le corsie preferenziali per il Tpl e 20 milioni per gli eco-scuolabus (ibridi, elettrici o almeno Euro6) che saranno selezionati dal ministero e andranno agli alunni di asili e scuole elementari. La norma sui green corner vale 5mila euro di contributo economico a fondo perduto per i negozianti che venderanno «prodotti sfusi o alla spina, alimentari e per l'igiene personale», e a disposizione ci sono 20 milioni. Nella bozza resiste la campagna sui cambiamenti climatici per le scuole e assume più sostanza la parte dedicata ai rifiuti e alle disposizioni per il superamento delle infrazioni europee. C'è anche un fondo di 30 milioni per la messa a dimora di alberi, reimpianto e silvicoltura nelle città. 

Roberto Giovannini

 

 

Troppa plastica sui fondali - Mediterraneo malato grave

Gli studi di Ispra raccontano che le aree del Po sono tra quelle con maggiore densità di rifiuti ma è sos anche nelle acque siciliane e del Mar Ligure. Ecco il lavoro dei pescatori-spazzini

Una delle principali minacce ambientali del pianeta è la massiccia presenza di plastica in mare. Ad illustrare la situazione italiana arrivano i risultati delle attività effettuate da Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale del ministero dell'Ambiente e dal Sistema per la protezione dell'ambiente Snpa, che ha monitorato la qualità dei nostri mari negli anni 2017 e 2018. Il 7% degli otto milioni di plastiche in mare ogni anno, finisce nelle acque del Mediterraneo. Un dato che in termini di quantità significa che il 77% dei rifiuti presenti nelle nostre acque è composto dalla plastica, e che ogni zona di mare è colpita, a più livelli, da questo terribile fenomeno. Allarmante la situazione dei nostri fondali: nella regione adriatico-ionica la media degli scarti rinvenuti supera i 300 rifiuti ogni chilometro quadrato, l'86% dei quali è plastica, in particolare usa e getta. Imballaggi industriali e alimentari, shopper e bottiglie di plastica, comprese le retine per la mitilicoltura, sono i rifiuti più comuni. L'area costiera a sud del delta del Po (983 rifiuti al chilometro quadrato), quella settentrionale (910 rifiuti al chilometro quadrato) e meridionale (829 rifiuti al chilometro quadrato) sono le località adriatiche-ioniche con la maggiore densità di rifiuti in fondo al mare. Nelle acque siciliane sono stati rinvenuti quasi 800 oggetti di plastica, per un peso complessivo superiore ai 670 kg, mentre gli oltre 400 oggetti in plastica trovati nelle calette della Sardegna ammontano a quasi 90 kg. Nei fondali rocciosi, dai 20 ai 500 metri di profondità, il primato della concentrazione più elevata di rifiuti per ettaro va al Mar Ligure, con circa 1500 oggetti, seguito dal Golfo di Napoli (1200 oggetti). Significativo anche il dato relativo alla plastica pescata dai pescherecci (fondamentale la loro collaborazione), 224 mezzi coinvolti nel monitoraggio dei fondali marini nel mare Adriatico dal 2013 al 2019, ben 194 le tonnellate di rifiuti impigliati nelle reti dei pescatori, di cui 45 solo nella zona di Chioggia. Non ultimo, il dato sulle microplastiche, particelle di plastica praticamente invisibili (inferiori ai 5 millimetri) presenti in superficie che spesso finiscono per essere mangiate dai pesci che ritroviamo sulle nostre tavole: la densità media delle microplastiche è compresa tra 93mila e 204mila per chilometro quadrato. Anche nel nostro Paese il problema della plastica in mare è ormai tangibile e contribuisce ad una situazione internazionale insostenibile. L'Europa sta facendo la sua parte, varando nei mesi scorsi la nuova Direttiva che vieta a partire dal 2021 piatti, posate, cannucce, aste per palloncini, bastoncini cotonati e altri oggetti di consumo creati in plastica monouso. Una stretta, quella proveniente dalla Ue che, se non ancora decisiva, mira a indebolire ulteriormente il fenomeno della dispersione di plastica nell'ambiente. Il resto dobbiamo farlo noi. Il Parlamento approvando rapidamente il ddl 1310, fermo dal 15 luglio in Senato, per definire le misure per il recupero della plastica in mare con i relativi incentivi e noi fruitori dei nostri territori e delle nostre acque, per contribuire ad allungare la vita del pianeta, mantenendolo pulito. 

Alfredo De Girolamo

 

 

Posteggi per scooter in via Donadoni e strada "allargata" - TRANSITO PIÙ AGEVOLE PER I MEZZI ACEGAS

La viabilità di via Donadoni è stata parzialmente modificata attraverso la sostituzione di alcuni posti auto, precedentemente presenti su uno dei due lati della strada, con nuovi posteggi per scooter e moto. Il tratto interessato è quello situato subito dopo il supermercato Zazzeron, dal punto di vista di chi proviene da via Settefontane. A rilevarlo con soddisfazione è la Cgil Funzione pubblica, che in passato aveva richiesto tale intervento all'amministrazione comunale per garantire il transito e la piena operatività dei mezzi mono operatore di AcegasApsAmga impegnati nella pulizia della via. «Siamo contenti perché finalmente il problema è stato risolto - afferma Mauro Minni, segretario territoriale della Cgil Fp per il settore in questione -. I camion addetti al trasporto rifiuti che passano per via Donadoni sono tra i mezzi più grandi che abbiamo. Negli ultimi anni il transito per i nostri autisti era diventato pressoché impossibile, complici anche le crescenti dimensioni delle automobili utilizzate dai cittadini, che venivano abitualmente parcheggiate su entrambi i lati della strada». «Spesso i mezzi AcegasApsAmga rimanevano di conseguenza, per così dire, intrappolati - prosegue il rappresentante sindacale - ed erano costretti a fare retromarcia per liberarsi, rischiando di andare pure contro il Codice della strada. Senza contare i disservizi causati ai cittadini e la pericolosità delle manovre, denunciati più volte dai nostri autisti. Due anni fa l'azienda ha pertanto chiesto al Comune di creare posteggi per veicoli a due ruote, e non più a quattro, su un lato della strada. Come sindacato, nel frattempo, abbiamo reso pubblico il disagio dei dipendenti». La vicenda si è conclusa la scorsa settimana, «quando AcegasApsAmga mi ha comunicato che in tempi brevi sarebbe stata effettuata una modifica della viabilità nella zona interessata, con appunto l'aggiunta dei posteggi per motorini - chiosa Minni -. E all'annuncio, in effetti, sono immediatamente seguiti i fatti concreti, poiché a terra sono già comparsi i disegni delle strisce che delimitano il perimetro dei nuovi "posti scooter". Ribadisco la soddisfazione per la risoluzione della questione, finalmente». -

Lilli Goriup

 

Prof e allievi "a lezione" di mobilità sostenibile - protocollo

Trieste. Firmato ieri a Trieste il protocollo d'intesa per l'educazione alla mobilità sicura e sostenibile delle scuole della regione. A siglare l'accordo, della durata di tre anni e rinnovabile per altri tre, l'assessore alle Infrastrutture, Graziano Pizzimenti, e la dirigente dell'Ufficio scolastico del Fvg, Patrizia Pavatti. «Non è il primo protocollo che viene sottoscritto - ha ricordato Pavatti - ma segue quello del 2010, con il Fvg all'avanguardia perché già nel 2007 portava avanti progetti riguardanti quella che allora si chiamava educazione stradale e oggi prende il nome di educazione sostenibile».Il nuovo documento allarga l'impegno dei contraenti e prevede una collaborazione attiva per definire percorsi e strumenti finalizzati a una rinnovata cultura della mobilità sicura e sostenibile e della cittadinanza consapevole, nell'ottica di promuovere la salute e il benessere psicofisico del cittadino. «La sicurezza - ha osservato Pizzimenti - parte dalla cultura prima ancora che dalle infrastrutture. E nella cultura che intendiamo promuovere figurano, accanto alla sicurezza, la mobilità sostenibile e la salute». Aspetti fondamentali per attuare il protocollo saranno la formazione dei docenti e il coinvolgimento diretto dei ragazzi, attraverso lo strumento dell'educazione alla pari, con gli studenti più grandi che sotto la guida dei prof insegnano le buone pratiche a quelli più giovani. Inoltre «le famiglie saranno maggiormente coinvolte in riunioni e coinvolte nella promozione di percorsi sicuri bici-scuola», ha sottolineato Pavatti. Dall'incontro di ieri è anche emersa una novità assoluta: «A breve sarà costituito un consiglio regionale dei ragazzi che, attivato in collaborazione con l'Unicef, permetterà ai giovani studenti di elaborare proposte concrete da sottoporre ai consiglieri regionali del Fvg». Cultura sì, ma anche infrastrutture: per l'assessore Pizzimenti «la promozione dell'uso della bici nei percorsi casa-scuola e casa-lavoro è fondamentale» e per questo motivo, ha concluso, «stiamo investendo molto per raccordare alle dorsali Alpe Adria nord-sud, per la quale ci sono sul piatto un milione e 200 mila euro per la messa in sicurezza, e ovest-est i percorsi ciclabili di competenza comunale». 

Luigi Putignano

 

 

La fascia verde del ciglione carsico è in preda alla cementificazione - la lettera del giorno di Sergio de Luyk

"Come osate? Ci avete rubato i sogni e l'adolescenza" grida Greta Thunberg al Climate Action Summit di New York. Prima di Greta, prima dei Fridays for Future, il 24 maggio 2015 Papa Francesco presentava l'enciclica Laudato Si', uno dei documenti più elevati di denuncia della scarsa cura che gli uomini stanno dimostrando di avere "per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa..." come scriveva san Francesco.Prima ancora, in Italia, nel 1972 Aurelio Peccei presentava, nell'ambito del Club di Roma, il suo rapporto "I limiti dello sviluppo", che considerava l'ambiente, le risorse e la popolazione in una visione globale e olistica del futuro. Tale rapporto suscitò al tempo molte critiche sia dagli ambienti di sinistra che di destra, e venne sostanzialmente dimenticato, rifiutando di fatto il concetto di "finitezza" delle risorse. Oggi Papa Francesco apre il Sinodo sull'Amazzonia che brucia per interessi e nuovi colonialismi. La consapevolezza del degrado ambientale, al di là del problema del riscaldamento globale, è ormai un dato acquisito dalla maggior parte della popolazione. Il tema stesso della Barcolana 51 verte al rispetto dell'ambiente, con il richiamo di Alice sull'abuso della plastica. In questo contesto, è comparso su "Il Piccolo" del 1 ottobre 2019 un ampio e documentato servizio (Condomini e parcheggi sul lungomare cittadino) in cui viene descritta la prossima apertura di cantieri da Barcola alla Costiera, con l'edificazione di alcune palazzine alle spalle dell'Old Wild West, consentita dall'attuale Piano regolatore. In una città che ha un noto e progressivo calo demografico il consumo di suolo è un nonsenso, soprattutto quando questo suolo ha un valore ambientale e paesaggistico di alta caratura. La "fascia verde" del ciglione carsico che da Sistiana giunge a Barcola costituisce parte essenziale della "carta d'identità" della città, oltre a rappresentare, assieme a tutto l'altipiano carsico, il polmone verde di Trieste. Ada Colau, Sindaco di Barcellona, al vertice dell'Onu di New York sull'emergenza climatica del 23 settembre, ha rivendicato il ruolo centrale delle città in questa sfida all'ambiente e al clima. Il mezzo potente che ha la città nella programmazione del suo futuro è il Piano Regolatore. Oggi le evidenze ambientali non possono consentire ulteriore consumo di suolo. Se l'attuale piano regolatore presenta delle larghe maglie che lo consentono, non è probabilmente adeguato, senza voler fare dei distinguo "di destra" o "di sinistra". Il piano regolatore è sostanzialmente una legge, e le leggi possono venir modificate. La lotta per la tutela dell'ambiente deve essere globale, ognuno di noi deve mettere in atto un nuovo comportamento virtuoso. L'Amazzonia brucia a decine di migliaia di chilometri da noi. Cerchiamo di tutelare qui, adesso, la nostra piccola Amazzonia, il verde pubblico del nostro Carso, chiedendo alle autorità Piani regolatori più coraggiosi e rispettosi dell'ambiente.

 

 

Un'«OndaBlu» sommerge il Toti A San Giusto il festival è eco

Nel pomeriggio incontri e conferenze, la sera concerti per sensibilizzare sui temi ambientali

Incontri, conferenze nel pomeriggio e concerti la sera, una festa dedicata alla sensibilizzazione sulle tematiche ambientali: è la prima edizione di OndaBlu Ecofestival, in programma oggi al Toti di San Giusto, a ingresso libero, organizzato da Trieste Senza Sprechi con le associazioni ProgettiAmo Trieste e Jambo Gabri e l'etichetta discografica Mold Records. Apertura alle 15: sulla terrazza saranno presenti espositori, venditori e associazioni e alle 16 parte il dj set Essi Parlano (Radio Fragola). Dalle 17.30, in teatro, interventi di esperti dal mondo accademico e scientifico che esporranno studi e considerazioni, creando anche un momento di dialogo con il pubblico. Le tematiche verteranno sull'ambiente marino, sullo stato di salute degli ecosistemi acquatici, sulla presenza e impatto di plastiche e microplastiche nel mare e sugli scenari futuri; intervengono: Maria Cristina Pedicchio e Simone Libralato (Ogs e Marevivo), Fabio Del Missier (Università di Trieste), Valentina Tirelli (Ogs).Alle 19 la cantautrice Fiore, che inizia fin da giovanissima a suonare la chitarra e a scrivere canzoni, presenta il suo debutto "Choices" (Mold Records), otto canzoni dal folk al pop con i testi in inglese, attualmente sta già pensando a un secondo album e ha cominciato a comporre alcuni pezzi in italiano che propone nei live; alle 20 i Pussy Wagon, tre noti musicisti triestini (Jacopo Tommasini, Francesco Cainero e Giulio Roselli) già attivi in altre formazioni, danno luce a un progetto per far ballare a suon di boogie woogie e rock'n'roll. Conclude alle 21 il dj set di Btaste, a cura del produttore e batterista Michael Petronio che, vivendo in terra di confine, usa sample contaminati e i beat lo hanno portato a creare un progetto che trova ispirazione nella downtempo, passando da ritmi orientali a riff di rebetiko.

Elisa Russo

 

Giovani - Servizio civile - scadenza domanda

Scade oggi alle 14 il termine per fare domanda per il Servizio civile: una opportunità per i giovani dai 18 ai 28 anni che dura 12 mesi. Arci Servizio civile ha aperto un punto informativo negli uffici in via Fabio Severo 31 dalle 9 alle 11 e dalle 15 alle 17. Le domande vanno fatte on line e necessita del codice spid. Progetti visibili sul sito arciserviziocivilefvg.org.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 ottobre 2019

 

 

Mobilità - Monopattini e segway - Conto alla rovescia per la sperimentazione

Clima e mobilità "alternativa". Sono stati questi gli ingredienti inseriti ieri nel menu della sesta commissione consiliare. Due le mozioni da discutere: la prima, presentata da Antonella Grim del Pd e sostenuta da Sabrina Morena di Open Fvg, aveva per oggetto i cambiamenti climatici ma, anche su invito dei ragazzi di Friday For Future, è stata ritirata visto l'interesse dell'assessore all'ambiente, Luisa Polli, e la consapevolezza che «le tematiche ambientali non sono "proprietà" di nessuno». La seconda mozione, presentata da Roberto Cason della lista Dipiazza, relativamente alla sperimentazione della micromobilità elettrica a Trieste, ha portato a un dibattito acceso. Cason ha invitato il sindaco e la giunta a partire con la sperimentazione della circolazione di monopattini, hoverboard, monowheel, segway, ovvero tutti quei dispositivi ammessi dal decreto del ministero delle infrastrutture entrato in vigore lo scorso 27 luglio, che pone dei limiti che hanno preoccupato non poco gli operatori che in città noleggiano questi dispositivi. L'assessore Polli ha dichiarato che «nonostante ci siano tante contraddizioni nel testo normativo ministeriale abbiamo valutato l'importanza della questione e quindi si darà avvio alla sperimentazione in città in aree ciclabili». Il tutto partirà a breve come anticipato dal responsabile Territorio e ambiente del Comune, Giulio Bernetti, «attraverso una delibera di giunta e attraverso l'integrazione del Puns con un biciplan». Naturalmente non si potrà circolare liberamente in carreggiata o sui marciapiedi: come spiegato dal vice comandante della polizia locale, Paolo Jerman, «è previsto il transito di questi "acceleratori di velocità" nelle aree pedonali, senza però che gli stessi intralcino ai pedoni e senza superare i 6 km orari». La consigliera M5S Cristina Bertoni ha definito la problematica «ineludibile e da affrontare al più presto anche in virtù del fatto che ci sono numerosi anziani che si muovono mediante dispositivi elettrici a tre o quattro ruote». Infine Babuder per il quale «l'utilizzo dei dispositivi di mobilità elettrica è ormai una realtà consolidata», ha posto l'attenzione sull'implementazione della rete ciclabile cittadina «all'interno del Porto vecchio, attraverso il park Bovedo e, a seguire, lungo l'asse di scorrimento prospiciente la linea di costa, dove esiste già un tragitto affacciato sul mare dal "Bagno Ferroviario" fino al futuro centro congressi». 

Luigi Putignano

 

I monopattini elettrici richiedono attenzione e nuove norme - la lettera del giorno di Fulvio Chenda

Sono sempre più numerosi i monopattini elettrici che sfrecciano in città: ho visto sulle Rive alcuni ragazzi "slalomavano" tra il marciapiede e il centro della carreggiata. È indubbio che i monopattini elettrici, che raggiungono velocità di tutto rispetto, possano essere un mezzo utilissimo per decongestionare il traffico nonché rispettoso dell'ambiente (dipende dalla fonte da cui è tratta l'energia elettrica) ma il loro uso dovrebbe essere regolamentato per prevenire situazioni di pericolo sia per gli utilizzatori sia per i pedoni. Per ora il Codice della strada non li prevede: i monopattini elettrici rientrano genericamente nella categoria degli "acceleratori di andatura" citati nell'articolo 190, in cui si specifica che non possono circolare sulle strade e dove ci siano pedoni. In realtà un decreto legge entrato in vigore il 27 luglio scorso ha cercato di affrontare il problema: consente ai Comuni di avviare una sperimentazione fissando però delle regole (per esempio una velocità massima di 20 km l'ora e nelle aree pedonali 6 km l'ora). I monopattini devono essere dotati di segnalatori acustici e luminosi e possono essere utilizzati solo da maggiorenni o minorenni provvisti del patentino per scooter. Stabilisce inoltre che i Comuni devono dotarsi di un regolamento, per fare in modo che i mezzi elettrici possano circolare in zone pedonali e su piste ciclabili, ma con apposita segnaletica. Ma siccome il provvedimento comporta costi non indifferenti, sono pochissimi i Comuni che hanno intrapreso la sperimentazione. Un ragazzo lombardo è stato multato per quasi 900 euro dalla Polizia locale, che gli ha contestato sia la circolazione con un "acceleratore di velocità" non consentito dal Codice della strada, sia la mancata immatricolazione, poiché il monopattino poteva superare i 30 km l'ora, sia la mancanza dell'assicurazione. Sarebbe stupido dichiarare guerra ai monopattini elettrici ma forse sarebbe opportuno un intervento specifico del Comune in merito.

 

 

La "grande puzza" torna a farsi sentire - Segnalazioni a vigili del fuoco e polizia locale

La "grande puzza" è tornata ieri pomeriggio ad ammantare Trieste con tutto il suo mistero sulle sue origini. . La grande puzza si è fatta sentire attorno alle 15. Molte le segnalazioni arrivate al centralino dei vigili del fuoco e quello della polizia locale provenienti da a Valmaura, Ponziana, San Vito, Chiarbola, Campanelle, Campi Elisi, Campo Marzio, via Baiamonti, Piazza Sansovino, largo Pestalozzi, via Settefontane, via del Roncheto. Molti hanno parlato della presenza di un forte odore di gas. «Xe una spuza che non ve digo». Segnalazioni virali sui social. Alcune segnalazioni olfattive sono state dirottate anche all'Arpa, l'agenzia regionale per l'ambiente, in attesa delle verifiche. Le ipotesi sono sempre lo stesse: Si va dalla Ferriera di Servola al nuovo depuratore, dai depositi della Siot alle petroliere presenti nel Golfo.

 

 

Premio Ande Scuola 2019 Una sfida per 206 studenti sui cambiamenti climatici

L'appuntamento è stato aperto dalle riflessioni sul tema dello scienziato Giorgi - I riconoscimenti per i migliori elaborati consegnati a febbraio

Sono 206 i ragazzi che hanno partecipato ieri al "Premio Ande Scuola 2019", nell'aula magna dell'Ictp (International Center for Theoretical Physics). Tema centrale i cambiamenti climatici, con l'intervento di Filippo Giorgi, uno dei più importanti climatologi a livello mondiale, che con il suo gruppo di lavoro ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 2007. Ad accogliere tutti Etta Carignani, presidente dell'Ande, Associazione nazionale donne elettrici di Trieste, insieme al Gruppo scuola del sodalizio. Gli studenti sono stati chiamati a sviluppare un proprio pensiero, dopo aver ascoltato le parole di Giorgi. «Mi occupo da anni di cambiamenti climatici. Il 2019 - ha sottolineato - è stato davvero un anno particolare, le temperature potrebbero essere le più alte mai registrate, ma ci sono stati anche altri eventi eccezionali. Ad esempio abbiamo assistito a un'estate caldissima, un'ondata di calore simile al 2003, che sarebbe dovuta succedere una volta ogni 10 mila anni. Ci indica che qualcosa sta cambiando. Ricordiamo poi altre situazioni, come la siccità in Australia, gli incendi nell'Artico, mai visti prima. I ghiacci artici che hanno raggiunto il minimo storico, alluvioni negli Stati Uniti e in Sudamerica e non solo. Anche in Italia alcuni fenomeni anomali. Il ghiacciaio del monte Bianco sta destando preoccupazione o ancora ricordiamo l'impressionante tempesta che ha colpito lo scorso inverno anche la nostra regione. Vi chiederete, sono cose capitate anche in passato, perché preoccuparci? Il motivo è che di questi eventi, che chiamiamo catastrofici, ci colpiscono ora la frequenza e l'intensità, in aumento». Concluso l'approfondimento, gli studenti sono stati chiamati a sviluppare due domande. «Quali sono secondo voi gli aspetti più preoccupanti del problema del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici ad esso associati e perché?» e «Supponete di essere ai comandi dell'"astronave terra", che si sta surriscaldando, come affrontereste il problema dei cambiamenti climatici?».L'iniziativa, riservata ai giovani di quarte e quinte superiori, ha visto la presenza delle scuole Volta, Dante, Galilei, Petrarca, Oberdan, Deledda, Preseren e Nautico. I temi saranno corretti prima dal gruppo Ande Scuola, con Marina Bartolucci Sedmak, Angela Borruso Salvi, Luisa Fazzini, Giuliana Frandoli, Daniela Pericoli Novajolli e Marina Tutta. Il giudizio finale sarà affidato alla commissione presieduta da Etta Carignani e composta da Giorgi e Bartolucci Sedmak, e da Cristina Benussi, professore ordinario di Letteratura italiana contemporanea all'Università di Trieste, e Enrico Grazioli, direttore del quotidiano "Il Piccolo". La premiazione è prevista a febbraio.

Micol Brusaferro

 

 

Domani - Servizio civile - scadenza domanda

Scade domani alle 14 il termine per fare domanda per il Servizio civile: una opportunità per i giovani dai 18 ai 28 anni che dura 12 mesi. Arci Servizio civile ha aperto un punto informativo negli uffici in via Fabio Severo 31 dalle 9 alle 11 e dalle 15 alle 17. Le domande vanno fatte on line e serve il codice spid.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 ottobre 2019

 

 

Sentieri in Carso ridotti a zero - A rischio la difesa anti-incendi

La crescita degli arbusti rende le piste forestali impraticabili alla Protezione civile Il sindaco ronchese Vecchiet: «Non c'è sicurezza per il territorio e gli operatori»

RONCHI. Una constatazione che suona come un campanello d'allarme. È quella fatta, nei giorni scorsi, in occasione dell'assemblea dei sindaci che fanno parte del distretto Carso Isonzo di Protezione civile e che vede nel Comune di Ronchi dei Legionari il capofila. La viabilità dei sentieri e delle piste forestali che si sviluppano lungo il Carso è praticamente ridotta a zero e ciò a causa dell'eccessiva crescita degli arbusti sui sedimenti dei sentieri. Senz'altro anche questo dovuto ai cambiamenti climatici. A nulla sono valse le pulizie, svolte dai volontari, con l'utilizzo di mezzi manuali, quali motoseghe e decespugliatori. La crescita è talmente rapida che da un anno all'altro i sentieri si chiudono impedendo la viabilità dei mezzi di emergenza. Per evitare il peggio ci vogliono trattori e macchine forestali adatte a questo scopo, con personale specializzato in questo lavoro, che il volontariato non è in grado di fare solo nel week end.«Abbandono e degrado - sono le parole del sindaco Livio Vecchiet - hanno compromesso soprattutto le prerogative di accessibilità e transitabilità delle piste forestali con i veicoli ad uso speciale utilizzati dal Corpo forestale regionale, Vigili del fuoco e gruppi comunali di Protezione civile-antincendio boschivo, chiamati ad assicurare vigilanza e pronto intervento contro la propagazione delle fiamme in caso di innesco del fuoco. Si tratta di una situazione che non solo pregiudica la sicurezza del territorio, ma anche lo svolgimento in sicurezza delle attività di vigilanza e di emergenza prestata da quanti sono impegnati, soprattutto nel corso della stagione estiva, a contrastare l'innesco e la propagazione degli incendi».Per fortuna gli incendi di questa estate, sia sul nostro territorio sia su quello sloveno, sono stati prontamente domati, grazie l'efficienza di tutto il comparto antincendio, terrestre ed aereo. Ma non si può sempre lavorare al limite del rischio, che interessa sia gli operatori, che possono rimanere intrappolati in sentieri non agibili, sia le aree residenziali prospicienti a superficie boscate, che diventano sempre più pericolose, perché aumentando la massa combustibile a terra, risultando potenzialmente esposte al rischio incendio.«L'indisponibilita delle vie di accesso ai luoghi da raggiungere - aggiunge Vecchiet - rende il territorio piu vulnerabile, costringe gli operatori ad esporsi a maggiore pericolo e ritarda lo spegnimento degli incendi, poichè si possono propagare fino a diventare piu intensi e persino incontrollabili». Da qui l'esigenza di intervenire, al più presto, con mezzi adeguati e con stanziamenti che possano rendere agevoli le piste e i sentieri del nostro Carso.-

Luca Perrino

 

Chiesto alla Regione un intervento concreto - l'appello dei comuni

Ad aver chiesto un intervento concreto alla Regione, in qualità di Comune capofila, è stato il sindaco Livio Vecchiet. Assieme a lui quelli di Doberdò, Fogliano, San Pier, Sagrado e Savogna. I Comuni facenti capo al distretto Carso-Isonzo chiedono alla Regione di collaborare con le amministrazioni locali e programmare le azioni necessarie a scongiurare i gravi effetti degli incendi boschivi.--

 

 

«I danni dei cinghiali hanno fatto perdere a un'azienda vinicola settemila bottiglie»

L'assessore Sartori: «Grandi anche i rischi per la viabilità» Bandelj: «Bisogna promuovere maggiori abbattimenti»

Un'azienda agricola ha prodotto 7 mila bottiglie di vino in meno a causa delle scorribande dei cinghiali. E dopo il primo tavolo sull'emergenza cinghiali in Prefettura di alcuni giorni fa ne seguiranno altri. Il problema però intanto rimane, dato che le istituzioni locali possono fare fino a un certo punto su un tema che non è di loro competenza. Al momento a questo primo vertice hanno partecipato in tanti. Ciò potrebbe aiutare nel veicolare la questione fino a Roma.Importante anche l'interessamento della Prefettura, nel cui palazzo sono stati sentiti l'assessore regionale Stefano Zannier, i consiglieri regionali Ilaria Dal Zovo e Igor Gabrovec, i referenti delle associazioni di categoria, vari amministratori locali e regionali e imprenditori agricoli del Goriziano. Nel corso della riunione è stata evidenziata l'inadeguatezza della legge 157 dell'11 febbraio 1992, intitolata "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio", rivolta soprattutto alla conservazione delle specie faunistiche a rischio estinzione. Niente insomma che fronteggi i danni ingenti che sono stati fatti dagli ungulati soprattutto durante questo ultimo anno. Al tavolo c'era anche il consigliere comunale Walter Bandelj, delegato per le zone Piedimonte, Piuma, San Mauro e Oslavia, che a questo punto dichiara: «Non basta un occhio di riguardo per le aziende agricole che con difficoltà cercano di risolvere i propri problemi con il loro raccolto. Anche i cittadini non possono contare su un risarcimento danni. Gli animali però sono di proprietà dello Stato, come dice la legge, e pertanto è lo Stato che dovrebbe pagare in questi casi».Nell'ottica del consigliere la Regione deve attivarsi e allearsi al più presto con altre regioni con gli stessi problemi per far pressioni a livello centrale «prima che non ci scappi il morto, come avvenuto in altre zone d'Italia. Bisogna poi effettuare più abbattimenti, non vedo altra soluzione», aggiunge. «Gli anziani dicono di non aver mai visto una cosa del genere. Oggi i cinghiali non stanno più nel loro ambiente naturale e entrano nelle case, nei giardini, superando pastori elettrici. Tutto ciò porta costi economici e rischi».Per l'assessore comunale Roberto Sartori, presente al tavolo dal Prefetto, «la questione ha più risvolti e affligge pesantemente gli agricoltori, creando danno ingenti soprattutto ai vigneti. Chi viene colpito può contattare la regione che poi effettua dei sopralluoghi, ma non ottiene risarcimenti. Dal tavolo in Prefettura sono poi emerse discrepanze tra le risposte date dalla regione a diversi agricoltori. Non sempre i tempi dei sopralluoghi sono gli stessi, e nemmeno le misure a posteriori sono adeguate. Attualmente i cinghiali sono in una fase di proliferazione e chi subisce certe situazioni è giustamente preoccupato».Sartori riporta il caso di un'azienda vinicola che è riuscita a perdere 7000 bottiglie di vino l'anno a causa degli ungulati. Ci sono poi i rischi per la viabilità, con segnalazioni sempre più frequenti sulle strade, ma anche nei giardini e altre pertinenze private a San Floriano, Piuma, Piedimonte. Il Comune, ad ogni modo, non può fare molto. «L'unica via è modificare la legge nazionale. C'è già una bozza a Roma, ma è ferma da tempo. La normativa esistente non è adeguata alla situazione e va aggiornata». 

Emanuela Masseria

 

 

Traffico di rifiuti al Nord Undici persone arrestate per l'indagine della Dda

Milano. Traffico illecito di rifiuti: l'ultima indagine coordinata dalla Dda di Milano ha portato ieri a 11 nuovi arresti restituendo la fotografia di un'Italia solcata da Sud a Nord - ma anche da Nord a Sud - dai "conferimenti" irregolari di migliaia di tonnellate di immondizia e rifiuti speciali. «Oro» pronto da monetizzare grazie a imprenditori in scacco, prestanome, e carte di credito prepagate, in un mix di intimidazioni, aggressioni finanziarie, consulenze compiacenti, roghi e discariche. E l'ambiente irrimediabilmente inquinato da fumi e sversamenti, in un sistema in cui alla fine «tutto torna», per usare le parole degli inquirenti, come nel caso degli incendi nei capannoni di Corteolona (Pavia) e Milano, che destarono tra la popolazione parecchio allarme. I rifiuti finivano al Nord a Como, (in località La Guzza), a Varedo (Monza e Brianza) nell'area ex Snia, a Gessate e Cinisello Balsamo (Milano), per un ammontare di circa 60 mila tonnellate accertate. Quando i punti di stoccaggio erano al collasso (su tutto il settore incombe il divieto di import della Cina) i rifiuti finivano al Sud, in una cava a Gizzeria (Catanzaro) e alla Cava Parsi a Lamezia Terme, in modo così incurante di ogni regola da causare «la devastazione di un intero territorio». Nel corso dell'indagine sono state sequestrate 14mila tonnellate di rifiuti che, nel 2018, «hanno fruttato 1 milione e 400 mila euro». Il principale indagato è Angelo Romanello, 35 anni, originario di Siderno (Reggio Calabria) , definito il «dominus del sodalizio», catturato a casa sua, a Erba (Como). Con lui è finito in carcere Maurizio Bova, di 41 anni, originario di Locri. Per altri nove sono stati chiesti i domiciliari. Tra di loro anche una consulente ambientale, iscritta all'albo in Lombardia. E c'è la Ipb di via Chiasserini, a Milano, tra le aziende in cui sono stati conferiti irregolarmente i rifiuti: si tratta del capannone che fu oggetto di un rogo doloso divampato il 14 ottobre 2018 per cui sono stati effettuati 15 arresti da parte della Polizia. L'indagine di ieri ha una fortissima connessione con un altro rogo avvenuto in Lombardia, a Corteolona il 3 gennaio 2017.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 ottobre 2019

 

 

Trenta sub a Grignano recuperano 600 chili di spazzatura dal fondo

Sabato mattina una trentina di sub ha effettuato la pulizia dei fondali della baia di Grignano, durante un'iniziativa organizzata da Società Nautica Grignano con la collaborazione del Circolo sommozzatori Trieste. Sono stati recuperati più di 600 chili di rifiuti. Raccontano le sigle organizzatrici in un comunicato: «Si sono immersi una trentina di subacquei e hanno partecipato oltre 50 volontari a terra». È stata condotta una pulizia dei fondali «eseguita in maniera selettiva», si legge nel comunicato, su una parte della scogliera interna. I volontari a terra segnalavano ai sub cosa recuperare dal fondale grazie alla visione pulita che si ottiene guardando il fondo dall'esterno. Spiegano gli organizzatori: «Abbiamo recuperato oltre 600 chilogrammi di rifiuti che sono stati pesati e catalogati con smaltimento differenziato da parte dell'AcegasApsAmga e dal Wwf». Anche altre associazioni hanno preso parte alla manifestazione sociale, oltre ai due sodalizi organizzatori. All'evento hanno partecipate le sigle Fare Ambiente, Altritalia Ambiente Gaia Trieste, Mare Vivo, Wwf, Mare NordEst, Acquatik Dream Trieste. La giornata di pulizia si è svolta con il supporto di AcegasApsAmga per il conferimento dei rifiuti raccolti, mentre Guardia di Finanza e Polizia marittima hanno provveduto a fornire la sicurezza a mare durante le operazioni. Conclude il comunicato: «La giornata ha avuto inizio con un minuto di silenzio dedicato alla memoria e ricordo degli agenti di Polizia di Stato Pierluigi e Matteo assassinati in Questura a Trieste».

 

 

Unesco, chiesta riserva-biosfera tra i fiumi Mura, Drava e Danubio

L'iniziativa proposta da Slovenia, Austria, Croazia, Ungheria e Serbia Verso la protezione di oltre 900 mila ettari di verde in Europa

Cinque Paesi europei, spesso litigiosi tra loro, alcuni con un recente passato di conflitti e ferite ancora non sanate, si mettono d'accordo e fanno fronte comune per proteggere un patrimonio mondiale, in certi tratti a rischio in particolare per la costruzione di centrali idroelettriche, ma non solo. È il grande passo fatto da Austria, Slovenia, Croazia, Ungheria e Serbia, che hanno presentato all'Unesco una domanda congiunta del tutto inedita. Stati che hanno chiesto infatti la proclamazione della prima riserva-biosfera al mondo condivisa da ben cinque Stati, un'enorme area che comprende i fiumi Mura, Drava e Danubio. Non si tratta di una mossa banale. L'idea, infatti, è quella di proteggere una lunghissima "lingua" verde, ricchissima di flora e fauna, lunga oltre 700 chilometri, vasta più di 900 mila ettari, una vera e propria "Amazzonia europea", da custodire al meglio per il bene dell'Europa intera. «La candidatura transfrontaliera è un indicatore forte del rafforzamento della cooperazione regionale» e segnala che i cinque Paesi «sono unti con l'unico obiettivo di conservare la natura», ha esultato Petra Remeta, direttore del programma per la conservazione della natura di Wwf Adria. Se arriverà la luce verde definitiva, attesa nel giugno del 2020, si potrà parlare di «un passo avanti fondamentale per proteggere i tesori della regione», le ha fatto eco Andreas Beckmann, numero uno del Wwf per l'Europa centro-orientale. Il progetto prevede di "unire" le biosfere protette a livello nazionali in un'unica riserva naturale, divisa in 13 aree a massima protezione, da 280 mila ettari, affiancate da 650 mila ettari di zone cosiddette transitorie, un enorme territorio fatto di fiumi maestosi, acque, correnti, isole fluviali, boschi e zone sabbiose, abitate da specie rare, sia uccelli sia pesci, zona di transito per 250 mila uccelli migratori ogni anno. Parliamo veramente di «aree» così ricche di flora e fauna che «possono essere paragonate alle foreste pluviali tropicali», ha specificato l'ambientalista Arno Mohl, fra i primi a premere per la nascita della biosfera transnazionale. «In tempi di cambiamenti climatici, è questione di sopravvivenza proteggere le ultime aree naturali» in Europa, ha aggiunto Mohl. Aree che, negli ultimi decenni, hanno subito rischi e attacchi importanti. Non solo inquinamento, ma anche progetti di centrali idroelettriche più o meno grandi ed espansione di porti fluviali che spesso fanno a pugni con le esigenze di protezione ambientale. Progetto della biosfera dell'Amazzonia d'Europa, sostenuto finanziariamente anche dall'Unione europea, che non è un'eccezione. Anche quello d'una pista ciclabile con lo stesso nome è stato lanciato nel giugno scorso ed è atteso che sia completato nel giro di due anni, creando percorsi ad hoc per ammirare la bellezza dei tre fiumi, sulle due ruote.

Stefano Giantin

 

 

"L'educazione ambientale va insegnata in classe. Il movimento di Greta ? E' positivo per i ragazzi"

Sara' il climatologo di fama mondiale, Filippo Giorgi dell'ICTP, a tenere la lectio magistralis davanti ai giovani degli istituti superiori cittadini.

Con un occhio che guarda a Greta Thunberg e il suo FridaysForFuture, e l'altro, un po' più scettico, rivolto verso il recente summit Onu di New York, Filippo Giorgi, uno dei più importanti climatologi a livello mondiale, direttore della sezione di Fisica della Terra all'Ictp, domani terrà, proprio nel centro di Miramare, una lectio magistralis sui cambiamenti climatici. Sarà questa la base, assieme al suo libro edito nel 2018, "L'uomo e la farfalla: 6 domande su cui riflettere per comprendere i cambiamenti climatici", da cui partiranno i giovani partecipanti alla prova del concorso "Premio Ande Scuola 2019". L'Associazione nazionale donne elettrici di Trieste, presieduta dalla marchesa Etta Carignani, ha lanciato, per il decimo anno consecutivo, questa stimolante sfida letteraria incentrata su un argomento di attualità. Vi hanno aderito 235 studenti provenienti dalle classi quarte e quinte di tutti gli istituti superiori del capoluogo giuliano. «Un numero record», ha commentato la coordinatrice del Gruppo Ande Scuola, Marina Bartolucci Sedmak. Professor Giorgi, che cosa spiegherà alla sua giovane platea? Sulla falsa riga del libro, pensato proprio per gli studenti, darò un'idea di che cosa sta accadendo a livello climatico, annuncerò gli scenari che si prospettano e spiegherò che cosa fare per contrastare gli effetti delle troppe emissioni di gas serra. Che cosa ci attende, se non agiamo subito? I gas che emettiamo in atmosfera rimangono per 100 anni. Per questo dobbiamo accelerare il processo di cambiamento. Se tutto continua come adesso, la temperatura del riscaldamento globale raggiungerà i 4-5 gradi entro la fine del secolo, un aumento che la Terra non ha mai visto in così poco tempo. Cambierebbe tutto. Innanzitutto con lo scioglimento dei ghiacci, perdiamo parte della maggiore fonte di acqua dolce che abbiamo al mondo. Questo restringimento potrebbe portare inoltre a un innalzamento del mare pari a 7 metri. Poi si assisterà a una maggiore frequenza delle cosiddette "bombe d'acqua". Avremo periodi secchi più lunghi però con piogge più intense. Se alcune zone risentiranno più di altre, si osserverà una migrazione di massa. Che cosa possiamo fare a livello pratico per evitare tutto ciò? Innanzitutto ridurre lo spreco. Noi sprechiamo il 60% dell'energia che utilizziamo e il 30% del cibo che consumiamo, che vuol dire anche acqua. Compriamo tante cose inutili. Dire di non viaggiare più in aereo non è possibile. Ma basta avere un approccio più razionale all'utilizzo dei mezzi pubblici, sfruttare di più la bici, non dico di non usare più l'auto. Fare la raccolta differenziata e acquistare frutta e verdura di stagione. Insomma, respingere questa follia di avere tutto in ogni momento. E poi privilegiare la riconversione energetica: passare da motori termici a quelli elettrici, con l'opportunità anche di risparmiare. Come insegnare questo ai ragazzi? Introducendo a scuola una vera e propria materia di educazione ambientale, perché i problemi ambientali sono tanti. Greta e i suoi coetanei hanno davvero coscienza di quello che stanno manifestando? Tutti non credo, ma non è una cosa negativa. Nel senso che secondo me è un movimento comunque molto positivo, pacifico, trasversale. E poi dà un obiettivo a questi ragazzi che al giorno d'oggi crescono un po' persi. Come valuta gli esiti del recente vertice Onu di New York? Ho pochissima fiducia in questi vertici. Si prendono degli impegni, talvolta non vincolanti, vedi Parigi nel 2015, ma alla fine cambiano i governi e cambia la posizione del Paese. E in più hanno prospettive per il 2050: ma quale governo pensa a che cosa accadrà fra 30 anni? Proprio per questo il movimento FridaysForFuture è importante, viene dalla società civile, dalle imprese, che in tante stanno investendo nella green economy, anche perché le energie rinnovabili sono economicamente competitive. Il processo di cambiamento è già iniziato infatti, ci sono tanti Paesi che stanno diminuendo le emissioni, anche l'America, ad esempio. Sulla scia di questo movimento quindi lei è ottimista riguardo un miglioramento... Diciamo che vedo buoni segnali. Negli aeroporti ad esempio ci sono molti cartelli con l'indicazione "carbon free". A me, per dire, in vacanza a Polignano, è capitato di chiedere un bicchiere d'acqua, che mi è stato dato, apparentemente, in un contenitore di plastica. E io, scherzando, ho detto: "Magari la prossima volta potreste servire un bicchiere in vetro". Il signore, quasi offeso, mi ha risposto: "Questa non è plastica, è biodegradabile, lo può mettere nel compost". Dobbiamo allarmarci per il Monte Bianco? L'allarme clima c'è. Purtroppo non ci si riesce a mettere d'accordo su che cosa fare. Il punto è che con questo caldo, succederà sempre di più che si stacchino grandi pezzi di ghiaccio. Vediamo che tutti i ghiacciai sono in fase di recessione, anche il Canin. 

Benedetta Moro

 

LA SCHEDA  - Origini abruzzesi, dal 1998 in città

Nel 2007 il Nobel Filippo Giorgi è stato componente del consiglio direttivo del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici che, nel 2007, vinse il premio Nobel. Di origine abruzzese, si è trasferito a Trieste nel 1998 per lavorare all'Ictp. L'associazione Ande, presieduta dalla marchesa Carignani, anche presidente vicario dell'ente a livello nazionale, è un'organizzazione femminile nata in Italia nel 1946, che si è caratterizzata fin da subito, tra le altre cose, per un alto senso civico. A Trieste la sezione ha preso forma nel 1983 ed è diventata associazione nel 2003. La sua attività ha riguardato sempre grandi temi di attualità, anche con dibattiti aperti al pubblico.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 ottobre 2019

 

 

Supermercato e parcheggio all'ex Maddalena fra 9 mesi

Bonificata e messa in sicurezza l'area, dopo la Barcolana toccherà alle gru Traguardo a giugno 2020 per la parte verso via dell'Istria. Poi la seconda fase

Reduce dal positivo esordio del monomarca Obi che in strada della Rosandra ha rivoluzionato i connotati dell'ex concessionaria Dino Conti, Francesco Fracasso, l'imprenditore veneto fondatore della miranese Cervet specializzata in "rigenerazioni urbane", vuole vincere una scommessa ancor più ardua: ridare redditività economica all'ex Maddalena, uno dei più clamorosi buchi (nella doppia accezione metaforica e letterale) dell'edilizia triestina contemporanea. Spiega i prossimi passaggi "risanatori" insieme a Adriano Tolomei, amministratore delegato della controllata Htm Nordest, incaricata di venire a capo della voragine in via dell'Istria, davanti al Burlo Garofolo. «Abbiamo provveduto alla bonifica e abbiamo messo in sicurezza l'area, dopo la Barcolana entreranno finalmente in azione le gru», dice Fracasso. L'obiettivo è chiaro: aprire un Eurospar e un parcheggio "a raso" nel giugno 2020, cioè in nove mesi di lavori. Ma questa è solo la prima parte dell'operazione ex Maddalena, la parte cosiddetta "a valle", verso via dell'Istria. Perché a seguire scatterà la seconda tranche di costruzioni stavolta "a monte", ossia verso via Costalunga: si tratterà di un intervento mixato tra commerciale e direzionale. Come già anticipato, è probabile che gli uffici interessino al Burlo Garofolo. Fracasso è l'emblema di quell'imprenditoria veneta che ha visto a Trieste buone opportunità di business nel settore edile-immobiliare. Cervet, insieme alle controllate, ha già tre operazioni all'attivo nel giro di quattro anni: Obi all'ex Conti (18 milioni), CenterCasa in corso Saba al posto di Universaltecnica (7,5 milioni), l'ex Maddalena (30 milioni). Sull'ex Maddalena Fracasso è intervenuto tra la fine del 2017 e l'inizio del 2018, dopo che i soci di General Giulia 2 (Riccesi-Cogg, Cividin, palazzo Ralli, Carena, Platon) avevano chiesto il concordato preventivo, ma soprattutto avevano deliberato un aumento di capitale proprio per agevolare l'ingresso del "cavaliere bianco". Nell'aprile 2018 Fracasso aveva poi ufficializzato l'impegno che, in termini finanziari, ha richiesto un'iniezione di 7,2 milioni tra ricapitalizzazione, parziale ristoro dei creditori, riapertura del cantiere. L'imprenditore veneto, che con Cervet ha recuperato 150 aree dismesse rilanciandole come spazi commerciali, ha cambiato il progetto di General Giulia 2, eliminando il residenziale e concentrandosi su commerciale, parking, uffici. Ma Fracasso non ha dimenticato il primo motivo che lo spinse a Trieste, Porto vecchio, quando sembrava che Maltauro e de Eccher fossero in grado di inaugurare una nuova stagione in quell'area. Allora non se ne fece niente. Ma ha in serbo due novità, su cui ancora mantiene il riserbo, per un investimento complessivo pari a 40 milioni. 

Massimo Greco

 

 

Esperti a confronto su vantaggi e pericoli della tecnologia 5G

La connessione dati di quinta generazione promette una grande rivoluzione tecnologica ma, allo stesso tempo, sta facendo discutere per i presunti danni alla salute. Una discussione appunto di grande attualità, che ha innescato dibattito pure a Trieste. Il tema è stato al centro dell'incontro intitolato "Internet delle cose. Sistema 5G" svoltosi lo scorso martedì al Savoia Excelsior Palace di Trieste. Come ha brevemente spiegato Alessio Minin, ingegnere informatico in Radiotecnica, il 5G è un nuovo standard con una velocità estremamente elevata (tra 100 e 1000 volte più del 4G) e una bassa latenza che sfrutta le onde millimetriche e una rete di 20 mila satelliti, il quale verrà impiegato soprattutto per la domotica e l'industria automatizzata. Ha poi preso la parola Giorgio Rossi, ricercatore nel campo delle radiofrequenze e referente regionale di "EcoltaliaSolidale", che ha esposto le sue teorie contrarie al 5G secondo le quali la nuova tecnologia prometterebbe molto ma nasconderebbe di più. «La nuova tecnologia opera nelle microonde, dove le cellule lavorano per donarci la salute e la vita. Sono altissime frequenze che alterano il lavoro delle cellule e causano malattie», ha affermato Rossi. Secondo i dati esposti dal ricercatore nel corso del dibattito, il 3 per cento della popolazione italiana soffrirebbe già di elettro-sensibilità, ovvero una patologia che causerebbe problemi di salute nei pressi di campi elettromagnetici ma che non è stata riconosciuta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.

Simone Modugno

 

 

Il clima è un vero problema, ma le masse sono pronte a rinunce? - la lettera del giorno di Dario Padovani

Mentre mi unisco alla segnalazione di Nevio Poclen apparsa il 29 settembre scorso non posso restare silenzioso a quanto sta avvenendo sulla condotta delle masse giovani. Scioperiamo per porre all'attenzione di coloro che vivono nelle camere dei bottoni i danni che stanno causando alla natura. Ma ne siamo convinti? Avete pensato di quante comodità stiamo godendo ogni giorno a discapito delle energie?  Da quanto dicono gli studiosi siamo noi a rovinare la terra. Ma è proprio vero? Pongo un interrogativo banale sotto gli occhi della storia: l'impero dei faraoni di 4000 anni fa viveva un Egitto florido, ricco di boschi, di acqua e il Nilo era generoso. Ora l'Egitto è costituito da deserti e di come si viveva a quell'epoca restano solo le Piramidi e la Sfinge. All'epoca non c'erano fabbriche inquinanti, fumanti generatori di energia, centrali atomiche o quanto altro loro assomigliasse. Di chi fu la colpa di quella desertificazione?È vero che stiamo producendo tanta CO2, ma è anche vero che la nostra terra muta geologicamente e climaticamente per motivi indipendenti dalla nostra volontà. I cicli climatici seguono le periodiche variazioni dell'orbita terrestre intorno al Sole. Ahimè i ghiacci si scioglieranno avanti, come altresì potranno ricostituirsi tra qualche secolo. Se diventassimo più disciplinati, da quali sporcaccioni siamo, forse potremo ridurre il CO2, ma il nostro clima migliorerà sostanzialmente? E poi saremo veramente in grado di rinunciare alle nostre comodità incalzanti, quali telefonini, l'uso dell'automobile, ai viaggi in mega aerei o alle crociere in mega navi? Ovviamente condivido il percorso per una migliore razionalizzazione dei consumi e il miglior rispetto per la natura, ma non incolpiamo solo i nostri stravaganti vizi quotidiani e chi li produce per quanto sta accadendo. Se i ghiacciai si sciolgono, non frustiamoci col cilicio per gli errori nostri o dei padri, ma rassegnamoci al fatto che viviamo su una palla che muta costantemente, che cambia la sua temperatura, che sposta le sue zolle, che scioglie o riforma i suoi ghiacci secondo le sue ere. Su un tema di cui si parla ogni giorno in maniera battente, si nascondano altre verità, ahimè ancora una volta legate al denaro. A chi conviene agitare le masse giovani e a creare il terrore sociale? Per concludere, per cosa stiamo scioperando? Contro le bizze del sole, per andare tutti in bicicletta entro i prossimi venti anni o per vendere, ad esempio, nuove auto elettriche o aprire mercati di altro genere?

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 ottobre 2019

 

 

A "Draga in festa" corti e porte aperte per (ri)scoprire flora e fauna

Dalle 10 alle 18 il giro dei pollai, la raccolta delle erbe, laboratori di pittura e tanti giochi

Draga Sant'Elia si vestirà ancora una volta a festa domani, per far conoscere a tutti coloro che vorranno partecipare l'agricoltura sostenibile, l'alimentazione, l'ambiente.Dalle 10 alle 18 "Draga in festa", questo il nome della manifestazione, promossa e organizzata da Arci Servizio civile, Bioest, Legambiente, #Maidiremai, Oltre quella sedia e Usi-Ait, cercherà di avvicinare e sensibilizzare le persone di tutte le età sulla realtà di questo bellissimo borgo del Carso triestino, aprendo non solo le porte delle fattorie e delle case private, ma coinvolgendo i visitatori in attività ed escursioni finalizzate alla conoscenza della fauna e della flora, vere ricchezze del territorio e dei suoi abitanti.L'evento coinvolgerà tutto il paese attraverso l'apertura delle abitazioni private dei cittadini che vorranno partecipare, offrendo i loro prodotti o illustrando attività di artigianato. Lo spirito dell'iniziativa è infatti quello della convivialità e della condivisione, arricchite da un'attività ludica e informativa curata dalle associazioni operanti sul territorio.«Quest'anno avremo un'importante novità - spiega Tiziana Cimolino, presidente della sezione di Trieste dell'associazione Medici per l'ambiente - che consisterà nella pulizia della zona delle famose "jazere" di Draga Sant'Elia. Assieme agli amici di Sos Carso e a quanti vorranno unirsi a noi - aggiunge - elimineremo dall'area tutto ciò che nel tempo si è ammassato vicino alle vecchie "jazere", un luogo che, a nostro avviso, può e deve diventare un punto di riferimento turistico, sotto il profilo storico e culturale».Nel programma, come di consueto, è previsto anche il giro dei pollai, evento molto apprezzato dai partecipanti alla manifestazione. Nell'occasione sarà presentata la prossima Marcia della pace. Ma ci saranno anche la raccolta delle erbe, le letture sui prati, i laboratori di pittura, giochi per bambini e mostre con installazioni artistiche. Nel parcheggio della locanda Mario, storico locale situato nel cuore della frazione del Comune di San Dorligo della Valle, per tutta la giornata saranno attivi banchetti informativi e promozionali e sarà allestito un mercatino di attività artigianali legate al territorio. --

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 ottobre 2019

 

 

Partito il secondo round per riqualificare Acquario in area sportivo-balneare

Il progetto sarà presentato oggi alle 18 in sala Millo Sulla costa sorgeranno 200 posti auto, campi da beach volley e da bocce, uno skatepark

MUGGIA. Redenzione di Acquario, il secondo round della riqualificazione viene presentato oggi alle 18 nella sala Millo in centro a Muggia. Il cantiere è già stato aperto negli scorsi giorni a cura dell'associazione temporanea di imprese (ati) che s'è aggiudicata l'appalto di 6 milioni finanziato dall'Uti con risorse regionali (è lo stesso capitolo cui ha attinto la bonifica di Barcola-Bovedo). Questa "ati" è formata dalla triestina Sqs e dalla padovana Hmr.I lavori dureranno dieci mesi e intendimento dei realizzatori è procedere all'inaugurazione durante l'estate del prossimo anno.Ad anticipare le caratteristiche dell'intervento è Gianni Guidolin, titolare di Sqs, realtà nata in Area di ricerca poi trasferitasi nel centro del capoluogo, dove opera, fatturando 750 mila euro, con una decina tra dipendenti e collaboratori impegnati nella progettazione ambientale e strutturale. Tra le attività in corso, da notare la partecipazione alla messa in sicurezza dell'acqua di falda sotto la Ferriera, operazione pilotata da Invitalia.Ma torniamo alla "riscossa" di Acquario. Riscossa perché, dopo oltre quindici anni di stop legati al sequestro del terreno avvenuto nel 2003, un'interessante area della costiera muggesana diventa fruibile per il bagnante di zona. In principio si parlava di secondo round, perché una prima parte della riqualificazione è stata completata e inaugurata un anno fa.Cosa sorgerà in questo chilometro di lungomare che si estende tra Punta Olmi e Punta Sottile? Un chilometro che racchiude una superficie di 28 mila metri quadrati, con una larghezza variabile dai 10 ai 40 metri, davanti alla località Boa sulla Provinciale 14. Sarà un'area "open", gestita dal Comune muggesano, per accedere alla quale non si pagherà il biglietto: un po' come i "Topolini" barcolani. Guidolin provvede all'elencazione di quello che sarà costruito nella lingua di terra tra la litoranea e il mare. I parcheggi conterranno 200 posti auto. A definire l'area sportiva un campo regolamentare da beach volley, un campo di bocce in sabbia, uno skatepark di 600 metri quadrati utilizzabile per competizioni internazionali. Tre chioschi consentiranno idratazione e alimentazione dei bagnanti, che potranno scendere nelle acque adriatiche fruendo di otto scalette: connessi alle strutture bar-ristoro, i servizi igienici. C'era - racconta ancora Guidolin - il problema di creare ombra, perché, insistendo la copertura del terrapieno sopra strati inquinati, non sarebbe stato possibile piantare alberi, che avrebbero avuto le radici in zone contaminate. Problema risolto con 14 installazioni coperte, sotto le quali il bagnante troverà riparo dal bollore estivo.Tra il serio e il faceto, Guidolin dice che Acquario somiglia molto a quello che Roberto Dipiazza avrebbe intenzione di fare nel terrapieno Barcola-Bovedo, una volta bonificato. Ma, scongiuri premessi, stavolta il Comune di Muggia dovrebbe precedere il suo sindaco di 23 anni fa. 

Massimo Greco

 

Risolta una vicenda durata oltre 20 anni

MUGGIA. La vicenda di Acquario dura dalla bellezza di ventuno anni, cioè da quando nel 1998 la società, denominata appunto Acquario, provvide ad interrare il tratto di costa in località Boa, sulla litoranea che da Muggia porta al vecchio valico confinario di San Bartolomeo. Dalle analisi sulla terra riportata emersero però tracce di metalli pesanti e di idrocarburi, incompatibili con la destinazione turistica dell'area. Nel 2003 il terrapieno di Acquario venne così sequestrato e rimase lunghi anni nella disponibilità dell'autorità giudiziaria. Il progetto turistico restò sulla carta e il Tribunale ebbe occasione di lavoro tra cause di rivalsa e individuazione di responsabilità.Dovettero trascorrere 12 anni perché nel 2015 si giungesse all'approvazione del progetto definitivo sulla messa in sicurezza permanente e sulla riqualificazione dell'area, che avvenne in seguito all'analisi e monitoraggio ambientale: le indagini verificarono l'inquinamento a terra ma la buona qualità delle acque marine antistanti il terrapieno. Ne conseguì una prima parziale apertura avvenuta durante il 2018.

 

 

Premi - L'ambiente paga con l'Associazione Eugenio Rosmann

L'Associazione ambientalista "Eugenio Rosmann" di Monfalcone promuove la terza edizione dell'omonimo premio rivolto a studenti e ricercatori per le loro tesi di laurea, master o dottorato. Il premio ha lo scopo di promuovere le professionalità di giovani laureati che hanno approfondito tematiche ambientali e naturalistiche utili alla conservazione e al miglioramento del nostro ambiente. L'importo destinato al premio è di mille euro per il primo classificato e di 500 per il secondo, oltre a eventuali attestati per ulteriori lavori che saranno ritenuti meritevoli di menzione. I premi sono resi possibili dal contributo dell'Associazione e della Banca di credito cooperativo di Staranzano e Villesse. Il bando è su ambientalistimonfalcone.it/bandi-concorsi-per-lambiente-2019.

G.B.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 ottobre 2019

 

 

L'aula boccia la mozione sulla ciclabile di Muggia Finocchiaro se ne va dal Pd

L'ex assessore lascia il gruppo dem e attacca: «È stato tradito l'elettorato ambientalista». Ma Bussani rassicura: «La pista si farà»

«Con grande sofferenza, a breve rassegnerò le dimissioni dal gruppo consigliare del Pd locale che, a mio parere, ha smarrito la strada maestra, e dal Pd nazionale, che invece proclama rivoluzioni green ed ecologiste che forse, chissà, un giorno verranno attuate». Marco Finocchiaro, consigliere comunale di Muggia ed ex assessore della giunta Nesladek, saluta i dem. Una decisione nell'aria da tempo e presa in seguito all'ennesimo strappo con il maggior partito che regge l'amministrazione guidata da Laura Marzi. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è la mozione presentata nell'ultima seduta dell'aula da parte del capogruppo di Meio Muja Roberta Tarlao sulla richiesta d'impegno di togliere i parcheggi sul lato destro di viale XXV Aprile per creare una pista ciclopedonale in grado di collegare il centro con gli impianti sportivi di Piasò. «Abbiamo perso un'occasione grandissima, potevamo far nostra una mozione che chiedeva maggior sicurezza per i bambini che vanno a scuola e agli impianti sportivi, modificandola ed emendandola per portare a casa il risultato caro a noi, al nostro elettorato ambientalista e associazionista, invece ci siamo nascosti dietro a problemi di facciata e false ideologie - spiega Finocchiaro -. Il mio impegno prosegue fino a termine mandato nel Gruppo misto, pur continuando a sostenere i valori del centrosinistra. Auguro al Pd uno splendido futuro». Pronta la replica del segretario rivierasco dei dem Massimiliano Micor: «Dispiace per Marco a cui va il mio in bocca al lupo, se, come sono certo, resterà fedele ai valori di centrosinistra da qui alla fine combatteremo insieme altre battaglie. La mozione presentata risultava puramente strumentale e di conseguenza politicamente non accettabile». A bocciare il comportamento della maggioranza è arrivato il commento di Federico Zadnich di Ulisse Fiab: «La giunta Marzi ha bocciato la ciclabile dei bambini, importante palestra di mobilità sostenibile, di stili di vita sani ed un'opportunità di crescita per i ragazzi». A calmare le acque l'assessore ai Lavori pubblici Francesco Bussani che conferma che la ciclabile si farà: «La pista deve legarsi ad una progettazione più ampia di mobilità lenta che interessi l'intero Comune e tenga conto dei problemi di chi in quell'area vive e parcheggia la propria autovettura, per questo abbiamo finanziato il biciplan, strumento progettuale che analizzerà tutte le criticità».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 ottobre 2019

 

 

Arvedi incontra i sindacati a Cremona - Ma il piano industriale slitta a metà mese - il futuro della ferriera

Trieste. Il piano industriale di Siderurgica Triestina per la Ferriera esiste e sarà illustrato al prossimo incontro in programma al ministero dello Sviluppo economico per metà ottobre. La conferma arriva dalla bocca del cavalier Giovanni Arvedi, presente ieri a Cremona all'incontro convocato con i sindacati, dopo che il primo appuntamento era stato cancellato per decisione dei rappresentanti dei lavoratori in risposta alla lettera in cui l'imprenditore ha annunciato la volontà di chiudere l'area a caldo e annunciato che l'approvvigionamento di ghisa avverrà in futuro attraverso stabilimenti ucraini e russi. L'intenzione è stata ribadita anche ieri nella sede lombarda del Gruppo Arvedi, dove la società ha convocato Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb, presenti con i propri rappresentanti aziendali, provinciali e nazionali. Alla presenza del nipote e ceo Mario Caldonazzo, Arvedi ha spiegato che «c'è la nostra massima disponibilità a collaborare per contribuire a risolvere in modo positivo e costruttivo la situazione. Il piano industriale, come da accordi, sarà consegnato al ministro Patuanelli in occasione del prossimo incontro in agenda il 15 ottobre». La data è in realtà in attesa di conferma dal Mise, mentre è fissato da tempo l'incontro che il governatore Massimiliano Fedriga e l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro avranno giovedì sempre a Cremona per avviare il confronto sulla riscrittura dell'Aia con Arvedi. In un'ora di confronto, il cavaliere ha confermato che l'area a caldo è giunta al capolinea e che la società ha tutta la volontà di potenziare l'area a freddo e adoperarsi per la tutela dei livelli occupazionali. Arvedi ha però rifiutato di anticipare i contenuti del piano industriale, limitandosi a dire di essere stato costretto dalle circostanze a stringere accordi per l'approvvigionamento di ghisa in Ucraina e Russia. Un passo corrisposto anche alla definitiva rinuncia a un piano di espansione dell'area a caldo, che l'imprenditore ha spiegato di aver commissionato a progettisti cinesi, rinunciando tuttavia davanti a quella che la società considera manifesta ostilità di istituzioni e organi di controllo locali. La Fiom nazionale boccia intanto l'esito del confronto con Mirco Rota: «Arvedi ha spiegato che, per reggere economicamente, la fabbrica avrebbe dovuto portarsi a una produzione di 800 mila tonnellate ma che il contesto locale non lo consente. Continuano a restare incomprensibili e non accettabili le motivazioni dell'azienda. È fondamentale aspettare il piano industriale per capire quale possa essere la strada della riconversione e se potrà salvare i posti di lavoro». Delusi i sindacati triestini. Per Marco Relli (Fiom) «è stata una messa cantata: resta da capire su quali aree si potrà ampliare il laminatoio e se gli ordini di materia prima cesseranno all'inizio dell'anno come emerso sul Sole 24 ore». Umberto Salvaneschi (Fim) evidenzia che «sull'occupazione sentiamo rassicurazioni da parte di tutti, ma stiamo ancora aspettando che il presidente Fedriga convochi il tavolo regionale per fare il punto. La giunta parla ad esempio di 70 pensionamenti, ma fino al 2021 gli accordi ne programmano solo 33: e gli altri? Veglieremo intanto perché non cali di un grado il livello di sicurezza e affinché continuino gli ordini di materiale perché gli impianti non devono fermarsi». Secondo Antonio Rodà (Uilm), «i punti di domanda e le preoccupazioni restano quelli di prima: è urgente poter elaborare un giudizio di merito sulla credibilità e sostenibilità del piano industriale, anche se Arvedi ci ha tenuto a precisare che metterà in campo tutte le soluzioni per evitare che il prezzo sia pagato dai lavoratori». Christian Prella (Failms) chiede infine «il mantenimento dei posti di lavoro di chi oggi opera nello stabilimento, anche considerando le difficoltà a riconvertire chi in tanti anni ha sviluppato patologie per ragioni di lavoro». -

Diego D'Amelio

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 ottobre 2019

 

 

Condomini e parcheggi - Sul lungomare cittadino tornano in azione le gru

Via libera del Piano regolatore all'apertura di cantieri da Barcola alla Costiera In arrivo due palazzine da sei appartamenti ciascuna in salita di Miramare

Gru e squadre di operai si preparano a tornare in azione sul lungomare. All'orizzonte, infatti, ci sono nuove e corpose edificazioni, in grado anche di innescare più di qualche timore per le conseguenze di tipo paesaggistico e ambientale. Le new entry di maggiore impatto interesseranno con esattezza la zona di Salita di Miramare, alle spalle dell'immobile che ospita l'Old Wild West. In quella posizione di verde la ditta Igei srl intende costruire due palazzine da due piani, da 6 appartamenti ciascuna, con autorimessa interrata. Oltre ad un parcheggio pubblico da 12 stalli che sorgerebbe all'imbocco della salita e, dunque, con accesso da viale Miramare. Il piano particolareggiato di attuazione del Piano regolatore generale approvato nel 2015, consentirà la presentazione del progetto propedeutico all'intervento che ricade in zona residenziale "C" . Nel luglio del 2016 Luciana Milkovic, Milena Modugno, Kirk Woynar e Igei srl con procura di Stefano Guzzetti, in qualità di proprietari di quelle particelle di terreno, hanno presentato una proposta di Piano Attuativo Comune (Pac), di iniziato a privata sui quei fondi, redatta dall'architetto Piero Cordara. Il procedimento istruttorio è stato avviato dopo la presentazione delle integrazioni, e a seguito degli esiti istruttori sono state presentate ulteriori modifiche e integrazioni. Lo scorso 24 settembre la delibera che prevede l'adozione del Pac della nuova edificazione - che ha ottenuto il parere favorevole della Circoscrizione -, è stato discusso dalla sesta Commissione che l'ha licenziato con discussione. A breve approderà in Consiglio Comunale. Le nuove costrizioni avranno un'altezza a massima di 6, 5 metri e un volume massimo di 3. 453 metri cubi. Oggi la zona verde di circa 4 mila metri quadrati interessata al progetto, risulta abbandonata e "appare - si legge nella relazione sulla vegetazione allargata al Pac - in una condizione critica, causa la presenza di specie rustiche e aggressive che si stanno affermando progressivamente" . Il Comune, su indicazioni anche della Soprintendenza tenendo conto dei vincoli paesaggistici che insistono su quell'area, prevede che l'intervento edilizio attui «il mantenimento delle quantità degli esemplari arborei attualmente presenti in buone condizioni fisiologiche, con la sostituzione delle piante morte o deperenti con nuovi esemplari più affini alla composizione della vegetazione spontanea del contesto». A fonte dell'intervento, i soggetti attuatori assumono a proprio carico gli oneri per l'esecuzione di una serie di opere urbanistiche e funzionali, come la realizzazione del parcheggio pubblico che verrà ceduto al Comune quale opera di urbanizzazione primaria. Oppure, il ripristino di un antico percorso pedonale che attraversa l'intero ambito, e che un tempo veniva utilizzato dai pastori per condurre il gregge dal Carso verso la zona più a mare. Quel percorso consentirà di raggiungere da viale Miramare il ciglione carsico. Se il progetto è conforme, la possibilità di costruire in quella porzione di Trieste è un diritto acquisito. Lo prevede il Piano regolatore. Ma in parecchi storcono il naso. A partire dall'assessore all'Urbanistica, Luisa Polli. «Nella passata consigliatura - valuta - il piano di riferimento era la legge regionale voluta dall'assessore Mariagrazia Santoro con consumo di suolo "0" e, quindi, continuo a restare sorpresa che l'assessore comunale Marchigiani e la giunta Cosolini abbiano previsto nel piano regolatore l'edificabilità di una zona "c" di espansione, senza dare dovuta attenzione al recupero del patrimonio edilizio esistente». Perplessità anche dal pentastellato, Paolo Menis. «Questo progetto è figlio di un piano regolatore che noi M5S non abbiamo votato - sottolinea - perché conteneva 14 zone "c" di espansione, in un contesto in cui era invece necessario, secondo noi, limitare l'edificabilità del tessuto cittadino. A prescindere dal fatto che ci sia un diritto acquisito dei presentatori del progetto di ricevere l'ok da parte del Consiglio comunale, ho molte perplessità. Mi preoccupa si vada a edificare in una zona molto critica sotto l'aspetto geologico. Faremo una riflessione - anticipa - e vedremo come comportarci in aula». 

Laura Tonero

 

Dalle ville da sogno per facoltosi russi al taglio del nastro dell'atteso locale

La struttura della Terrazza a mare, l'ex Voce della Luna, inizia a prendere forma ma aprirà solo nei primi mesi del prossimo anno

Sul lungomare che da Barcola porta verso Duino, nell'ultimo anno gli interventi edilizi si sono intensificati. Le gru che svettano in quell'area di Trieste si sono moltiplicate. Cantieri di dimensioni più o meno importati, in una zona sulla quale insistono vincoli e tutele fissate da leggi regionali e da un Piano regolatore pensati per difendere l'affascinate tratto di costa, sul quale hanno messo gli occhi facoltosi milionari: russi, bielorussi, austriaci, imprenditori lombardi e veneti. Il Piano regolatore entrato in vigore nel 2016 ha reso più semplice demolire, ricostruire o ampliare immobili già esistenti, piuttosto che edificare su nuove aree. Ma le eccezioni non mancano, come conferma appunto il cantiere che si dovrebbe aprire in salita di Miramare. Tra i cantieri più importati da un anno questa parte, procedendo da Trieste verso Duino, ci sono quello della Costiera srl, di proprietà di un'imprenditrice veneta che sta terminando di rifinire sette nuove villette a schiera, mentre al civico 130 un albergatore viennese ha realizzato una casa vacanze da sogno a picco sul mare. All'altezza del ristorante Tenda Rossa, sta realizzando la sua villa invece un magnate russo. A poche centinaia di metri di distanza un imprenditore di origini triestine ha fatto demolire e ricostituire a suo piacimento una villa, dove passare le vacanze estive al riparo dal tran tran quotidiano. Il lungomare è disseminato di altri piccoli cantieri meno impattanti. Casette che vengono sistemate, ville che aumentano di volume. Tornando verso Barcola, è visibile a tutti ormai la costruzione della nuova Terrazza a Mare (Tam) che, finalmente, sta prendendo forma. Le opere strutturali sono concluse, i lavori di muratura del piano a livello del mare sono terminate. È stata chiesto e ottenuto il via libera dalla Regione per una variante paesaggistica utile a delle migliorie estetiche e funzionali. Come quella che prevede l'istallazione di un ascensore esterno utile alle persone con disabilità. Ora la struttura è interessata dai lavori volti a realizzare il nuovo impianto elettrico e quello idraulico. Finita questa fase, prenderanno il via le opere affidate alle sapienti mani di falegnami e fabbri. L'ultima fase sarà quella delle rifiniture esterne e degli arredi. La nuova Terrazza a Mare aprirà nei primi mesi del 2020. L'idea è di anticipare rispetto all'avvio della stagione estiva per consentire il necessario rodaggio dello staff della struttura. 

 

 

Rotatoria di accesso al Porto vecchio, accelerazione ai lavori dopo la Barcolana

La rotatoria su viale Miramare con lavori annessi, la gara per il secondo lotto infrastrutturale, l'accordo di programma Comune-Regione-Autorità e la chiarezza sulla parte più vicina al centro cittadino (Greensisam e parcheggio Ttp). E ancora la bonifica Barcola-Bovedo, il concretizzarsi dell'interesse imprenditoriale sui Magazzini 24-25 e la verifica sull'ipotesi di un progetto di parco sportivo verso Barcola firmato Benetton. Ecco l'eptalogo autunno-primavera su cui Giulio Bernetti, direttore del dipartimento comunale territorio-ambiente-economia, ha impostato una densa agenda di lavoro per rendere Porto vecchio una realtà vivente. Sette temi, a differente priorità. Evidentemente non tutto dipende da Bernetti, che opera a stretto contatto con il collega Enrico Conte e che comunque si rapporta con l'autorità politica, ma il calendario del campionato 2019-20 sembra chiaro. La rotatoria - L'intervento tra via Miramare e l'ingresso nord di Porto vecchio sarà completato nel gennaio 2020. Dopo la Barcolana, allo scemare del traffico, si inciderà su viale Miramare, non prevedendo problemi alla circolazione. Fanno parte di questo pacchetto relativo al 1° lotto (5 milioni) il viale al servizio del Tcc e i cosiddetti "sottoservizi" (acqua, luce, gas). Poi stop ai lavori aspettando il Centro congressi ad aprile ed Esof a luglio. La gara - Nella primavera 2020, per guadagnare tempo, il Comune lancerà una gara europea sopra-soglia dal valore di 9 milioni: è il secondo lotto delle opere di infrastrutturazione, davanti e dietro il Magazzino 26, coinvolgendo l'asse viario confinante con il recinto ferroviario fino al portale. L'accordo di programma - Dipiazza, Fedriga, D'Agostino lo debbono chiudere rapidamente. Il Comune prenderà l'iniziativa. Due obiettivi: la variante urbanistica al Piano regolatore e la costituzione della società consortile a tre per promuovere gli investimenti, che oggettivamente porta ritardo. La variante recepirà i quattro sotto-sistemi già approvati dal consiglio comunale: ludico-sportivo, culturale-congressuale, turistico-residenziale, i "moli".La parte meridionale - È quella più vicina al centro cittadino. Dopo la riqualificazione di piazza Libertà non ci sono più alibi: Greensisam deve dare una risposta sui 5 magazzini in concessione da tre lustri, il Consiglio di Stato è chiamato a decidere il contenzioso Comune/Ttp sul parcheggio del Molo IV. La bonifica - A Bernetti hanno portato una buona notizia: le analisi hanno accertato che l'acqua di Barcola-Bovedo non è contaminata. Quindi non vanno costruiti costosi contenimenti dei reflui e basterà coprire il terrapieno proteggendo il lato mare.Il parco sportivoL'idea era stata "esportata" da Benetton, per realizzare nella vasta area a nord del polo culturale-espositivo un'area per i cosiddetti sport "minori" (palestre, bocciofila, ecc.). Si attende documentazione. I Magazzini 24-25 - Per quanto riguarda l'utilizzo nel futuri di due dei numerosi magazzini storici, appunto il 24 e il 25, in effetti il Comune ha ricevuto manifestazioni di interesse. Ma anche in questo caso nessuna carta ufficiale. --

Massimo Greco

 

 

A Trieste la firma della Regione sull'intesa anti spreco di cibo

L'OBIETTIVO E' DI AUMENTARE LE DONAZIONI AGLI INDIGENTI

Lo spreco di cibo nel solo Friuli Venezia Giulia si può stimare sia pari a circa 113 mila tonnellate annue, delle quali il 43% da attribuire alle famiglie: questi i dati emersi in occasione della firma a Trieste del protocollo tra la Regione Fvg e i partner del progetto Life-Food.Waste.StandUp, coordinato da Federalimentare in partenariato con Federdistribuzione, Fondazione Banco alimentare onlus e Unione nazionale consumatori, e finalizzato a sviluppare una serie di attività volte ad aumentare e rendere più agevoli, per le aziende che operano sul territorio, le donazioni di prodotti alimentari in favore delle persone indigenti, come previsto dalla normativa.«Su questi temi - ha detto il presidente della Regione Fvg, Massimiliano Fedriga - è fondamentale avere un approccio scientifico: dobbiamo avere il coraggio di dire che non si può immaginare che i rifiuti non vengano più prodotti e che i termovalorizzatori non verranno più utilizzati perché sarebbe insensato». Il presidente di Federdistribuzione, Claudio Gradara, ha ricordato come «questa firma da parte della Regione Fvg la fa entrare nel novero di quegli enti che hanno già siglato il protocollo d'intesa, che ad oggi sono undici». Paolo Olivo, presidente di Banco Alimentare Fvg, ha sottolineato come «dare una seconda vita al cibo apporta benefici sociali, ambientali, economici e educativi» e che in Fvg «nel 2018 sono state distribuite 2 mila 930 tonnellate, di cui 300 in provincia di Trieste, giunte a oltre 50 mila 200 persone assistite, di cui 8 mila 122 nella provincia del capoluogo regionale». Sul fronte distribuzione Federica Coppo, responsabile marketing di Aspiag Service, ha ricordato che, nel 2018, «negli 82 punti vendita regionali sono stati raccolti 2 milioni di euro di merce donata». 

Luigi Putignano

 

 

Copertoni, bidoni e un boiler trovati in una grotta a Prosecco

Riempiti 63 sacchi neri di rifiuti vari, individuati anche materiali edili e ferraglia Il portavoce dell'associazione ambientalista Bencich: «Siamo al 40% del lavoro»

PROSECCO. Esattamente 63 sacchi neri di rifiuti vari, ferraglia di tutti i tipi e un forno. Aggiungiamoci pure due batterie d'automobile, vetri, bidoni e vario materiale edile. E perché no, un boiler e quattro copertoni. Ecco quindi che il menù offerto dall'area della grotta "presso Prosecco" è stato decisamente ricco per i volontari di Sos Carso tornati in azione per ripulire (gratuitamente) il territorio triestino. Complessivamente sono tre le uscite ecologiche compiute nell'anfratto di Prosecco, otturato da circa 40 anni. «Per ora abbiamo trovato l'apertura della cavernetta presente nella grotta, che dovrebbe essere integra dai rifiuti data la sua posizione, cavernetta che sicuramente riapriremo nella prossima uscita. Siamo al 40% del lavoro. Abbiamo scavato 4 metri in profondità (dei 9,5 totali della grotta, ndr) tra terra, rifiuti e materiali edili», racconta il portavoce di Sos Carso Cristian Bencich. La pulizia, organizzata assieme ai soci della Società Adriatica di Speleologia, ha visto tra l'altro il rinvenimento di un vero e proprio reperto storico: una lattina di Coca Cola dei Mondiali di calcio svoltisi in Argentina nel 1978. Ma i volontari di Sos Carso sono entrati in azione anche a Borgo San Sergio. Nell'area delle "cascatelle" sono stati trovati circa 30 metri cubi tra ferraglia, plastiche, coperture in vetroresina e materiale edile, oltre a 38 pneumatici, cinque bidoni, due forni, due boiler, mobili, tavoli e altro materiale ancora per un totale di 33 sacchi neri di rifiuti piccoli vari. In occasione della manifestazione mondiale del Word Cleanup Day 2019 la giornata ha visto in prima linea i volontari di diverse associazioni quali Trieste Senza Sprechi, Trieste Altruista e pure l'associazione ambientalista "Eugenio Rosmann" di Monfalcone. Una giornata veramente impegnativa, ma anche ricca di soddisfazioni per i 40 partecipanti. Anche se il lavoro non è stato ancora del tutto completato, tanto che per il futuro immediato, l'associazione ambientalista apolitica ed apartitica ha già le idee chiare come racconta il cofondatore di Sos Carso Furio Alessi: «Per ultimare il lavoro possiamo tranquillamente dire che ci vorranno ancora almeno altre due uscite. In questo momento siamo circa a un 70% del lavoro fatto. Onestamente non pensavamo di trovare così tanti rifiuti nascosti tra il verde. Ancora un grande grazie a tutte le persone che hanno deciso di investire il loro tempo e le loro forze». Il lavoro di Sos Carso si inserisce in una vasta azione capillare sul territorio provinciale di Trieste. Pulizia di grotte, doline, boschi, ma non solo. L'associazione si è contraddistinta per la rimessa a nuovo di qualche manufatto, come la vedetta Slataper di Santa Croce e la vedetta d'Italia vicino al santuario di Monte Grisa. «Noi ci mettiamo la buona volontà e il nostro tempo, certo è che - conclude Bencich - questi lavori continuano a basarsi sul volontariato. Confidiamo sempre che le istituzioni pubbliche possano supportarci». 

Riccardo Tosques

 

 

In Fvg arriva l'energia pulita «Così tagliamo gli sprechi»

Dai contatori intelligenti per risparmiare sulla bolletta ai prezzi flessibili: come cambia un mercato che dovrà rinunciare alle centrali a carbone

TRIESTE. Vantaggi per i consumatori, tra cui i contatori intelligenti, prezzi dinamici e possibilità di cambiare fornitore più rapidamente di quanto accade oggi. E ancora, soppressione graduale degli aiuti di Stato alle centrali a carbone e nuove misure Ue per prevenire blackout elettrici. Sono i punti centrali delle nuove regole per creare un mercato europeo dell'elettricità più pulito, più competitivo e in grado di affrontare più efficacemente le emergenze. Ieri a Udine, nella sede di palazzo Torriani, Confindustria ha promosso un convegno per informare le imprese sul cambio di paradigma che interesserà il settore con l'attuazione del cosiddetto Pacchetto Energia Pulita (Clean Energy Package), approvato a maggio 2019, che ha avviato nel mercato elettrico europeo un mutamento strutturale.«Dobbiamo aiutare le imprese a ridurre i costi energetici e scegliere le tecnologie più performanti, accompagnando l'uscita dalle fonti fossili per entrare nelle rinnovabili investendo in eolico, fotovoltaico, geotermico, senza però penalizzare né le imprese, né il mercato, né i singoli utenti finali», le parole del presidente del consorzio Friuli Energia Marco Bruseschi, deciso nel sottolinea come il "Pacchetto" imponga una strada segnata: «Dobbiamo solo decidere che cosa intendiamo fare a livello di Paese per realizzare gli obiettivi previsti fino al 2030». Concretamente, il vettore elettrico è stato collocato al centro delle politiche comunitarie di decarbonizzazione, fortemente indirizzate a una diminuzione delle emissioni del 50% nei prossimi dieci anni e a un sistema economico a "emissioni zero" nel 2050. «Adesso stiamo chiudendo le quattro centrali a carbone - osserva ancora Bruseschi -, che dovranno essere sostituite da una centrale a metano o dalle rinnovabili. Quale l'impatto delle novità sulle aziende? Stanno virtuosamente facendo molti investimenti per la competitività, perché dobbiamo assolutamente colmare un gap con Francia e Germania, avendo noi un costo più alto delle commodities». Il nuovo regolamento interessa naturalmente anche i consumatori, che avranno accesso a contatori intelligenti (per ridurre gli sprechi e risparmiare in bolletta) e a prezzi dinamici. Disporranno inoltre della possibilità di cambiare fornitore senza costi, entro un periodo massimo di tre settimane (24 ore entro il 2026). Gli Stati membri potranno anche regolamentare temporaneamente i prezzi per assistere e proteggere le famiglie povere o vulnerabili, mentre sistemi di sicurezza sociale faranno da rimedio alla povertà energetica. Nel convegno di ieri, presenti tra gli altri il presidente di Pordenone Energia Valerio Pontarolo, e del consorzio Energia Confindustria Fvg Alessio Lilli, l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, che ha ribadito la posizione della Regione sulla centrale di Krsko - contrarietà al nucleare, ma urgenza di maggiori controlli, c'è pure l'ipotesi di acquisto delle quote -, ha quindi annunciato il progetto di educazione ambientale per la creazione di "Green energy park" in regione, percorsi formativi fin dalla prima infanzia dedicati all'università e alle imprese. 

Marco Ballico

 

 

Centrale di Krsko, fra Slovenia e Croazia niente accordo sulle scorie da smaltire

Fumata nera dall'incontro a Bled. Il trattato bilaterale permette lo stoccaggio comune solo per i materiali provenienti dall'impianto sloveno

LUBIANA. Nella sessione di ieri della Commissione interstatale per la centrale nucleare di Krsko (Nek) a Bled, la Slovenia e la Croazia non sono riuscite a raggiungere un accordo su una discarica nucleare comune a Vrbina. La Croazia prosegue quindi le attività per la ricerca di una sua discarica, rinfocolando la rabbia degli ecologisti della Bosnia-Erzegovina al cui confine Zagabria avrebbe identificato un nuovo sito per le scorie nucleari.In questo momento non vi è una soluzione comune per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a basso e medio livello. «La Slovenia va quindi avanti per la sua strada puntando su Vrbina. Tuttavia, restiamo aperti ai colloqui con la Croazia, ovviamente, in conformità con l'accordo interstatale», ha detto il ministro delle Infrastrutture Alenka Bratusek dopo l'incontro che si è svolto a Bled. Il ministro croato per l'Ambiente e l'Energia Tomislav Coric ha spiegato che diversi aspetti della discarica condivisa a Vrbina sono problematici per il suo Paese in quanto tale soluzione presuppone solo lo smaltimento dei rifiuti generati in Nek. Ciò significa che la Croazia non ha una soluzione per i rifiuti prodotti dalle proprie aziene pubbliche, per cui dovrebbe costruire un'altra discarica. Bratusek, dal canto suo, ha affermato che in base a quanto contenuto nel trattato interstatale attualmente è previsto un salvataggio congiunto solo per i rifiuti generati in Nek. «Per il momento, i documenti preparati a livello comunale - ha puntualizzato Bratusek - prevedono solo lo smaltimento dei rifiuti generati nel territorio della Slovenia».Centinaia di persone sono scese intanto in piazza a Novi Grad, una cittadina nel nord-ovest della Bosnia-Erzegovina, per protestare contro i piani della vicina Croazia di creare a ridosso del confine, nella zona di Trgovska gora, il deposito per parte delle scorie a bassa e media intensità della centrale nucleare di Krsko. Il deposito, da realizzare in un'area particolarmente ricca dal punto di vista paesaggistico e attraversata dal fiume Una, potrebbe rappresentare un rischio per la natura e per le 250mila persone residenti nell'area. --

 

 

Studenti uniti per rendere la loro città più ecologica - il progetto

Una selezione di studenti delle classi quarte e quinte dei tre Istituti tecnici di Trieste - il "Max Fabiani", il "Volta" e il "Nautico" - partecipano da ieri a venerdì alla seconda edizione di "Sustainable City: Creiamo la resilienza", il concorso ideato e organizzato in occasione di Barcolana da Siram Veolia, gruppo che lavora a soluzioni per la gestione delle risorse ambientali per enti pubblici e imprese. Siram è "gold sponsor" di questa edizione di Barcolana.Lo scorso anno, il progetto ha visto partecipare gli studenti di 11 classi del Volta: i ragazzi avevano lavorato con i propri insegnanti e con i tecnici di Siram Veolia per applicare le misure incentivanti previste nel Conto Termico 2.0 per progettare una "scuola sostenibile". Visto il successo, Siram Veolia ha voluto quest'anno ingrandire l'iniziativa, coinvolgendo tre diverse scuole superiori di secondo grado e spostando il focus dalla progettazione di una scuola sostenibile a quello di una "città sostenibile".A seconda dell'indirizzo delle scuole il concorso, che è stato diviso in tre sezioni: mare, terra e terra-mare - porterà quindi gli studenti a progettare sistemi di climatizzazione, recupero di calore, raccolta e riutilizzo dell'acqua piovana, di sfruttamento dell'energia geotermica e di quella generata dal moto ondoso, con l'obiettivo di migliorare Trieste e renderla quindi resiliente dal punto di vista ambientale.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30 settembre 2019

 

 

Morìa di pinna nobilis - Allarme degli esperti dell'Università di Zara - MONITORAGGIO

FIUME. A lanciare l'allarme è stato il team di esperti dell'Università di Zara che sta studiando il problema. Nelle acque dell'Adriatico orientale, tra l'arcipelago raguseo delle Elafiti e Lussino, si sta verificando una moria di esemplari di nacchera di mare - o pinna nobilis - che ha assunto dimensioni definite gravi. Il fenomeno che riguarda quello che è il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo, in regime di severa tutela in Croazia fin dal 1992 e capace di crescere fino a 120 centimetri, si è manifestato fin dallo scorso maggio, quando le prime nacchere morte sono state rinvenute sui fondali delle Elafiti e della penisola di Sabbioncello, nella Dalmazia meridionale. In luglio e agosto la moria di pinna nobilis - che fra l'altro accumula assorbendoli dal mare grandi quantità di inquinanti e patogeni - è andata crescendo e ha riguardato anche le acque dell'Adriatico centrale, dell'arcipelago delle Incoronate e dell'Isola Lunga; secondo le ultime informazioni alcune nacchere di mare sono state ritrovate prive di vita nelle acque che bagnano l'isola di Lussino. In pochi mesi dunque l'epidemia si è espansa lungo circa 300 chilometri, decimando la popolazione di pinna nobilis soprattutto nella regione insulare ma risparmiando - almeno per ora - le coste della terraferma. L'équipe zaratina, guidata dalle biologhe marine Bruna Petani e Bosiljka Mustac (ne fanno parte altri tre studiosi), effettuerà nelle prossime settimane dei monitoraggi sui fondali del Quarnero e dell'Istria, in particolare nei dintorni di Rovigno, per capire se il fenomeno abbia raggiunto l'Adriatico settentrionale. Gli studiosi hanno appurato che nelle aree colpite i casi di mortalità del bivalve vanno dal 90 al 100%, e molto probabilmente sono stati provocati dall'Haplosporidium pinnae: un microrganismo rinvenuto all'interno dei molluschi che, dopo avere colonizzato l'apparato digerente, risulta fatale per le funzioni vitali del bivalve, specie endemica del Mediterraneo. L'unica speranza per il ripopolamento, almeno per ora, è legata a quanto emerge da alcuni studi in base ai quali la patologia scompare del tutto in presenza di acque fredde, di temperature inferiori ai 13,5 gradi. Una situazione che si verifica però in un periodo limitato a qualche mese. La speranza degli esperti è che comunque si riesca così a rallentare la diffusione del microrganismo, che si è rivelato molto più pericoloso della pesca di frodo delle nacchere registrata negli ultimi decenni nelle acque dalmate, istriane e quarnerine.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 settembre 2019

 

 

«Ferriera, nuovo accordo entro fine anno Porto vecchio? Vedo ancora pochi risultati»

L'analisi del responsabile per lo Sviluppo economico Patuanelli. «Massimo impegno per sciogliere il nodo delle bonifiche Turismo, logistica e agricoltura le chiavi per il rilancio del Fvg. I rapporti con Fedriga? Erano e continueranno a essere ottimi»

In bilico tra sviluppo e declino, Trieste e il Friuli Venezia Giulia hanno trovato nel ministro Stefano Patuanelli il punto di riferimento cui affidare speranze e velleità di rilancio. Erano trent'anni che il territorio non aveva un rappresentante al governo e il responsabile dello Sviluppo economico non si sottrae alle aspettative, indicando nel porto e nella manifattura le chiavi per la svolta covata a Trieste da qualche anno. Il ministro conosce le criticità, ma vede il decollo della città a portata di mano: assicura allora i fondi necessari alle bonifiche delle aree portuali, si impegna a facilitare l'applicazione di un regime di franchigie impantanatosi sui tavoli delle Dogane e si fa garante del futuro dei lavoratori della Ferriera, promettendo che la riconversione non lascerà indietro nemmeno uno di loro. Consigliere comunale d'opposizione, capogruppo al Senato, mediatore del nuovo governo e infine ministro. Parabola sorprendente...Nessuno mette in conto nella sua vita di andare a fare il ministro. Oltre all'impegno che ci vuole negli incarichi elettivi, serve una serie di combinazioni ed eventi per arrivare in una simile posizione, che ora dovrò mostrare di aver meritato. È giusto che la politica porti in ruoli di tale responsabilità esponenti con un'esperienza amministrativa limitata?L'esperienza si acquisisce facendo le cose. È giusto che prima di esercitare le proprie funzioni in ruoli di vertice si faccia un percorso e il M5s ha fatto la sua riflessione, permettendo ai consiglieri comunali di fare un terzo mandato in Regione o in Parlamento. Ma non è nemmeno pensabile che ci sia chi vive da trent'anni di sola politica: il Movimento ha trovato l'equilibrio tra la giusta dose di esperienza e l'adagiamento nelle istituzioni. È stato amico di Casaleggio e parte del gruppo dei fondatori. Eravate duri e puri: ora cosa siete diventati? Al di là del rapporto con Gianroberto, ricordo la spinta propulsiva dei meetup e dei singoli cittadini che portavano avanti singole battaglie. L'esperienza di governo ci ha fatto allontanare dalla pur necessaria relazione con quella parte di società civile che si batte per singoli risultati: governare significa prendere decisioni trovando un equilibrio sulla base delle diverse esigenze del Paese. Il Fvg è un territorio in difficoltà economica? Per dove passa il rilancio?Il Fvg ha retto meglio in alcuni settori e in altri ha pagato il prezzo della crisi. Ma strumenti e carte per rilanciarsi non mancano: porto, turismo e agricoltura sono i settori con maggiori margini di crescita. A Trieste però non si contano le industrie in difficoltà...Il crollo del pil industriale è preoccupante, ma con le istituzioni locali e l'Autorità portuale si può lavorare bene per attrarre nuovi investimenti. E il Friuli?La sua specificità imprenditoriale e manifatturiera va sostenuta, anche nella transizione verso un'innovazione necessaria. Il Fvg è comunque una regione piccola e non possiamo continuare a vedere una divisione fra le diverse anime: l'offerta deve essere unica per attrarre investitori. Cosa farà il ministro per il suo territorio?Devo occuparmi di tutto il Paese e di tutti i settori produttivi provati da anni di crisi, ma la maggior conoscenza delle difficoltà e delle potenzialità del mio territorio mi consentiranno di individuare gli strumenti più adeguati al rilancio del Fvg e di Trieste in particolare. Dovrà dialogare con la Regione, ma il rapporto con la giunta Fedriga è teso dopo il crollo del governo e l'impugnazione della Omnibus...Ricordo che la procedura d'impugnazione è stata avviata dagli uffici del ministro leghista Stefani. Ciò detto, i rapporti col governatore erano e continueranno a essere ottimi. Il primo dossier sul tavolo è la Ferriera. Qual è il piano?Per la prima volta istituzioni, cittadini e proprietà hanno un obiettivo comune: chiusura dell'area a caldo e riconversione. Lo dicono anche i lavoratori, pur con lecita preoccupazione. Vogliamo far presto ma anche bene: l'obiettivo è delineare i tratti del nuovo Accordo di programma entro l'anno. Assicuro che ci sono tutte le condizioni per poter dire che sarà data massima tutela ai singoli lavoratori della Ferriera. Saranno individuati percorsi specifici per ciascuno di loro. Ci sono investitori pronti?Il primo sarà lo stesso Arvedi, che vuole raddoppiare l'investimento già fatto sulle lavorazioni a freddo. L'Autorità portuale è impegnata da tempo su diverse ipotesi di utilizzo dei terreni liberati dall'area a caldo: su questo e sul valore dei terreni stiamo lavorando. Siderurgica Triestina ha risposto ai dettati dell'Accordo di programma?Non è stata realizzata la copertura dei parchi minerari e l'altro tema critico è l'inquinamento acustico. Il M5s ha sempre sostenuto che quel tipo di produzione non potrà mai essere compatibile con la città, a prescindere dagli investimenti per ridurne l'impatto. Perché avete unito il nodo Ferriera con l'insediamento ungherese in porto? Vogliamo avere un unico strumento per velocizzare gli investimenti in diverse aree del porto. Ciò potrebbe accorciare i tempi per le bonifiche di tutte le zone inquinate. Le bonifiche costano: ci sono i soldi?C'è massima disponibilità di tutto il governo: parliamo di importi compatibili con le dotazioni del Mise e di Invitalia soggetto attuatore. Il porto è il futuro dell'economia triestina o un miraggio?È il futuro di Trieste e del Fvg sia per ricadute dirette che indirette. È necessario accompagnare il processo messo in campo dal presidente D'Agostino: bisogna definire finalmente come area extradoganale quella del porto libero di Trieste e individuare percorsi amministrativi certi e semplici per le autorizzazioni alla trasformazione manifatturiera delle merci, che potrà essere il vero motore dello sviluppo. A proposito di allegato VIII, è ancora contro la sdemanializzazione del Porto Vecchio?Conosco i vantaggi dell'allegato VIII su regime di punto franco ed extraterritorialità: per questo ritengo che il Porto Vecchio avrebbe dovuto restare nella disponibilità del patrimonio pubblico. Non mi sembra che la cessione delle aree stia dando i risultati sperati. Il percorso però è ormai un altro e l'importante è riuscire ad attrarre investimenti. Nel 2020 il presidente D'Agostino andrà in scadenza: sarà rinnovato?Non dipende dal Mise ma farò il possibile perché continui a lavorare per Trieste. Il dialogo con i cinesi si è inabissato?La trattativa va avanti e, se la Cina si apre al mercato occidentale, è giusto che Trieste possa aprirsi al mercato cinese. Preciso comunque che gli Usa sono il nostro principale alleato, ma ciò non esclude che la Cina possa essere nostro partner commerciale. Venendo all'industria, che futuro per l'ex Ezit?Va risolto definitivamente il tema delle caratterizzazioni e delle bonifiche: mi adopererò in prima persona presso il ministero dell'Ambiente. Il pil industriale di Trieste è sempre più in difficoltà e in quell'area bisogna fare industria, anche con lo strumento del punto franco. In regione tira invece Fincantieri, il cui rapporto col M5s non è sempre stato facile...Il ruolo internazionale acquisito da Fincantieri è fuori discussione. Sarà importante rimarcare questa leadership negli accordi internazionali con i partner francesi. Le criticità riguardano ancora la gestione materiale dei cantieri, la manodopera e i subappalti: su questo ci sono margini di miglioramento anche se comprendo le difficoltà dell'azienda in un settore in cui trovare manodopera disponibile non è facile. Il porto cresce e si collega con la ferrovia al mondo mitteleuropeo. Resta invece in sospeso la velocizzazione del binario Trieste-Mestre. Continuerà l'isolamento rispetto alla penisola?L'opera è prevista nel contratto di programma e sono certo che la ministra De Micheli saprà darle giusta priorità. Il presidente Fedriga dice però di volere la Tav...Cosa significa Tav? È evidente che sia necessario velocizzare la Trieste-Mestre, ma il discorso dell'alta velocità è stato abbandonato da tempo da Rfi in tutta Italia, tranne che nelle tratte già realizzate: si lavora invece al miglioramento delle infrastrutture esistenti. Dall'alleanza con la Lega a quella col Pd. Quanto è credibile una simile svolta e quanto durerà un governo con distanze siderali su Tav, autostrade, Alitalia e rapporti con la Cina, solo per citare alcune partite che la riguardano?Quel che ci interessa è dare risposte ai cittadini e migliorare la loro qualità della vita. Viviamo in un'era post ideologica e quello che si aspettano gli elettori è avere politici che parlano meno e lavorano di più. Questa alleanza di governo non è "contro" ma "per" e ha un senso soltanto se arriva a fine legislatura. L'esperimento giallorosso è ripetibile a livello regionale e triestino?A fine ottobre ci saranno le elezioni in Umbria, dove ci sono state condizioni per provare ad avere un candidato unico e indipendente. Non è detto però che su altri territori si trovino le stesse condizioni: contano i progetti, i temi e le cose da fare. 

Diego D'Amelio

 

 

SEGNALAZIONI - Ambiente/1Paghiamo i nostri vizi

Ultimamente si sono moltiplicate le iniziative a favore di un maggiore controllo del clima del nostro bistrattato pianeta: peraltro nobili e volte a sensibilizzare l'opinione pubblica. Ma c'è un ma. Ci sono una sequenza di problemi pratici che non consentono una soluzione immediata e radicale della questione. Le fabbriche a esempio, di qualsiasi tipo necessitano e assorbono molta energia restituendo all'ambiente, specie nei Paesi più poveri e con leggi meno restrittive, emissioni di gas nocivi enormi e non facilmente quantificabili. Qualsiasi forma di trasporto, sia privato che pubblico, per quanto "pulita", continua a emettere Co2 in quantità più che significative. Si pensi solo ai milioni di chili di Co2 emessi da aeromobili e navi. Ritengo che ora come ora sia impensabile una riduzione del trasporto delle merci. Stiamo parlando di milioni di veicoli e migliaia di aerei e navi che, ogni giorno, per 24 ore al giorno viaggiano e trasportano merci e persone. Oggi siamo talmente assuefatti a realtà che reputiamo ordinarie ma sono "energivore". A esempio nella grande distribuzione i banchi frigo sono tarati spesso a temperature bassissime per molte tipologie di alimenti o merci. E fino a che vorremo avere a disposizione ciliegie e fragole a Capodanno o uva a Ferragosto, la situazione non potrà mutare di molto. Lo diamo per scontato ormai, ma è veramente logico e necessario?Lodevoli le iniziative per sensibilizzarci sul problema del cambiamento del clima e il riscaldamento globale. Spetta però a tutti noi agire in modo razionale e consapevole ma, soprattutto, ritengo sia dovere dei governanti di tutti i Paesi adottare soluzioni responsabili e idonee a garantire un futuro al pianeta e le generazioni future.

Nevio Poclen

 

SEGNALAZIONI - Ambiente/2Problemi da risolvere senza "lippe"

Per salvare il nostro pianeta è senz'altro necessario innestare la retromarcia dall'edonismo consumista e recuperare la frugalità operosa dei nostri antenati. Per questa presa di coscienza sarebbe stato utile, come ha detto il professor Cacciari, che il ministro dell'Istruzione facesse organizzare lezioni in classe di esperti dando modo agli studenti di prendere appunti e approfondire il tema, invece di autorizzare una giornata di "lippe" per tutti. Da cui mi sembra di avere visto venerdì mattina a Trieste che ne abbiano tratto vantaggio soprattutto i consumi dei bar e le vendite di alcun i negozi. Il centro era affollato di adolescenti che facevano "vasche" calzando sneacker alla moda prodotte dall'altra parte del mondo, il cui trasporto contribuisce non poco all'inquinamento globale. Non so quanto siano stati utili all'ambiente i residui di panini e merendine mangiati sedendo per terra in piazza della Borsa, dimenticati insieme a mozziconi e pacchetti vuoti di sigarette. Non "lippe" autorizzate dalle autorità ma decoro, educazione, semplicità, sobrietà, impegno, studio sono a mio avviso le basi per riportare il mondo sulla retta via.

Franca Porfirio

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 settembre 2019

 

 

L'onda verde conquista il centro di Trieste - Oltre 3 mila in corteo

Studenti arrivati anche dall'Isontino per ricordare al mondo «che non esiste un pianeta di riserva». Sindacati e politici rimangono in coda al serpentone

Trieste. In piazza perché vogliono un futuro. E perché "there's no a planet B", non c'è un pianeta di riserva. Oltre tremila persone, soprattutto ragazzi delle scuole del capoluogo regionale e dell'Isontino, sono scesi in strada a Trieste ieri per il terzo sciopero globale per il clima organizzato da "Fridays for future" in tutto il mondo. Una lunga giornata iniziata prima delle nove del mattino con il ritrovo in piazza Goldoni. Sorrisi, voglia di passare una giornata diversa, dimostrando di credere in qualcosa nel quale tutti in realtà dovrebbero credere: la tutela del pianeta. Gli organizzatori, tutti giovanissimi e tutti studenti, alle nove precise iniziano a distendere il corteo in via Saba, fino a largo Barriera per poi scendere lungo via Carducci. Un po' di disagio al traffico. Qualche automobilista, altri nei loro mezzi la prendono con filosofia: «Tutte le generazioni hanno il diritto e il dovere di credere in qualcosa e combattere per quel qualcosa». Il corteo si muove dietro lo striscione "Respect existence or expect resistance" (rispettate l'esistenza o aspettatevi resistenza). Più in là si vedono tantissimi cartelli diversi: dal classico "Save the world", il più gettonato insieme a "dobbiamo agire ora", al più ironico "Ci state scaldando le birre" fino alla più ricercata citazione musicale di De André: «All'ombra dell'ultimo sole avremo i rifiuti alle costole». Lungo il cammino il microfono passa di mano per ricordare a tutti il motivo della protesta lanciando i cori dedicati a "No petrolio" alla denuncia "i soldi per l'ambiente non ci sono mai", "Se ci toccano il futuro noi blocchiamo la città" e "Salviamo la terra dall'effetto serra". I sindacati, invitati, sono rimasti in coda con le bandiere di Cgil, Cobas e Unione di base. Tanti anche i politici, soprattutto di centrosinistra. La vetrina era però tutta per gli studenti di elementari, medie, superiori e pure Università. In alcuni momenti i cori sono stati intervallati dalle canzoni e anche da un'inedita versione di "Bella ciao" in inglese. All'arrivo in piazza della Borsa le casse rimandano però "Another brick in the wall" dei Pink Floyd. Lungo il tragitto Sara Segantin e Anna Lilian Gardossi, due delle rappresentanti del Fridays for future di Trieste, sorridono soddisfatte: «C'è un entusiasmo che non ci aspettavamo. Abbiamo avuto successo alla prima edizione lo scorso anno, l'esplosione di oggi ci fa capire che i temi legati alla protezione dell'ambiente sono sempre più importanti. La lettera del ministro dell'Istruzione Fioramonti, i professori e la presenza di così tante scuole vogliono dire che il cambiamento è in corso e il mondo sta finalmente salvando il mondo. Alla fine chiediamo solo un futuro degno di essere vissuto». Il riscaldamento globale è un rischio che era stato denunciato proprio dal mondo della scienza diversi anni fa senza però ottenere l'attenzione che è riuscita a creare il popolo di Greta. «Ci chiamano "gretini" ma i cretini sono loro», taglia corto una delle organizzatrici che, in piazza della Borsa, ha ricordato come nell'anno 2100 Trieste, insieme ad altre 33 città italiane, sarà sommersa dallo scioglimento dei ghiacci. Cambierà anche la meteorologia con alluvioni e grandine, fenomeni già oggi più frequenti. E saliranno pure le temperature: già nel 2019 per 10 giorni all'anno si sono registrati valori superiori ai 32 gradi, che diventeranno sei volte più alti nel 2100. Chi ha preso il microfono ha parlato anche di obesità, di malnutrizione e una ragazza brasiliana del Collegio del mondo unito ha raccontato cosa sta avvenendo nel suo in Amazzonia, il polmone del mondo, dove la deforestazione è aumentata del 150% con il presidente Bolsonaro. Hanno preso la parola anche i rappresentati della Comunità slovena («grazie ragazzi per quello che state facendo»), Legambiente, Federico Zadnich della Fiab, che ha posto l'accento sui piccoli gesti che chiunque può fare per tutelare l'ambiente, e l'associazione Trieste impegnata a sostenere l'economia circolare. Anche Celeste ha voluto raccontare il suo progetto di riscatto per difendere e proteggere il pianeta e che si potrà scoprire sull'account Instragram "celecelly99". La giornata è poi proseguita con il picnic in piazza e il flashmob: una rappresentazione teatrale nella quale alcuni volontari salvavano la terra, una palla in miniatura, da mali come individualismo e indifferenza. Nel pomeriggio ancora il mondo della scienza a raccontare i rischi del global warming e i laboratori per i bambini con colori e tanti giochi. Perché salvare il mondo è un gioco da ragazzi. 

Andrea Pierini

 

«I problemi del pianeta riguardano tutti noi Serve consapevolezza»

Al centro del dibattito con Peter Wadhams temi di grande attualità come lo scioglimento dei ghiacciai dall'Artico al Val d'Aosta

Si è parlato anche di clima e scioglimento dei ghiacci ieri nella prima giornata del festival della ricerca scientifica di TriesteNext. Ad affrontare l'argomento Peter Wadhams, geologo e glaciologo di fama mondiale, noto per il suo libro dal titolo "Firewell to ice", ossia "Addio ai ghiacci". Un tema quanto mai attuale, affrontato proprio nel giorno del terzo sciopero globale per il clima, che ha coinvolto anche a Trieste centinaia di studenti. Un supporto, quello dei più giovani, quantomai necessario a detta di Wadhams in quanto «i politici di rango internazionale parlano del problema ma lo fanno quasi per allontanarne gli effetti; con i loro scioperi e cortei, invece, i giovani fanno notare loro che si continua a parlare del problema senza fare niente di concreto per risolverlo». Il movimento dei Fridays For Future, quindi, a detta del geologo britannico è un ottimo strumento per mantenere alto lo stato di allerta su questo tema. «Senza dimenticare, però, che i cambiamenti da attuare per invertire la tendenza sarebbero talmente radicali che potrebbero sconvolgere le abitudini delle persone e ciò - sempre a detta di Wadhams - finirebbe con l'incrinare il rapporto esistente fra i politici e le popolazione mondiali». Un aspetto da non sottovalutare, quello della relazione fra ambiente, politici e popolazione, che potrebbe innescare altri e non trascurabili problemi di tipo sociale. Quanto mai attuale l'argomento del suo intervento incentrato sullo stato dei ghiacciai, tanto da riguardare da vicino anche la stessa Italia che, proprio in questi giorni, vede quello del Monte Bianco incombere sulla cittadina di Courmayeur, in Valle d'Aosta. Un argomento che però non riguarda solamente i luoghi vicini a noi, come possono essere i ghiacciai alpini, bensì abbracci un ambito molto più ampio. «Siamo portati a renderci conto di un problema solamente quando ci tocca da vicino - ha spiegato Wadhams - ma nel caso dei ghiacciai, il loro scioglimento è un grosso problema per esempio per tutte quelle popolazioni che vivono nell'Artico, che adesso vedono venir meno intere parti di territori nei quali sono soliti andare a caccia per sopravvivere». Fari puntati poi sul riscaldamento climatico. «Le superfici chiare, come possono essere i ghiacci, sono le parti della Terra che maggiormente riflettono il calore che la stessa riceve dal sole - ha spiegato Wadhams -. Circa l'80% del calore assorbito viene riflettuto e riemesso nell'atmosfera e dal momento che questo calore non viene riflettuto a causa dello scioglimento delle cosiddette parti bianche, questo calore resta sulla Terra». 

Lorenzo Degrassi

 

 

Villa Revoltella sfigurata dalla farfalla "killer" che distrugge le siepi

Le larve stanno divorando il parterre e il verde vicino alla chiesa Inutili le disinfestazioni, probabile l'asportazione delle piante

La piralide del bosso sta devastando le siepi del parco di Villa Revoltella. Ha già distrutto il parterre e la porzione di verde davanti alla chiesetta. La Cydalima perspectalis - questo il suo nome scientifico - è una piccola farfalla dai colori poco vistosi. Nativa dell'Est asiatico è oramai diventata un temibile nemico anche dei giardini di mezza Europa. Molti triestini hanno riscontato la presenza della piralide anche sulle siepi di bosso del loro giardino, o in quelle sistemate su alcuni grandi terrazzi. Ne sanno qualcosa pure gli amministratori stabili impegnati a gestire il verde condominiale. Anche chi cura il parco del Castello di Miramare ha dovuto prendere dei provvedimenti per tentare di salvare quelle siepi. Passeggiando nel parco di Villa Revoltella, la situazione è evidente. Le siepi di bosso sono scheletriche. Ne sono responsabili le larve della piralide, nate dalle uova depositate dalle farfalle sul rovescio delle foglie. I trattamenti di due anni fa non hanno dato i risultati sperati, l'infestazione prosegue e centinaia di metri quadrati di siepe sono irrecuperabili. Chi frequenta il parco - che comunque evidenzia altre criticità - resta allibito da quelle piante che appaiono secche, trascurate. Invece sono vittime di un insetto. «Ora andrà presa un decisione su come affrontare il problema», ha evidenziato ieri l'assessore ai Lavori Pubblici Elisa Lodi nel corso di un sopralluogo nel parco della Quarta commissione consiliare presieduta da Michele Babuder: «Bisogna capire quali interventi sono possibili facendo una valutazione costi-benefici e inserendo eventualmente la spesa necessaria nel bilancio 2020». Due le possibilità al vaglio. «Per affrontare radicalmente il problema - propone l'architetto Laura Visintin del Verde Pubblico del Comune - servirebbe asportare tutte le siepi di bosso, ma pure 50 centimetri di terra sottostante per evitare infestazioni, e poi decidere se rischiare ripiantando il bosso e facendo regolarmente i trattamenti preventivi. O si potrebbe optare per delle piante di evonimo, una specie con cui abbiamo già provato a sostituire alcune siepi di bosso davanti alla chiesa».-

Laura Tonero

 

Allarme "pantigane", invasa la boscaglia in baia di fronte a Castelreggio

DUINO AURISINA. Un'invasione di "pantigane". L'area di Castelreggio, nella baia di Sistiana, non aveva bisogno d'altro. Dopo le critiche piovute nel corso dell'estate da parte dei bagnanti, per i numerosi disservizi registrati in vari punti della spiaggia, adesso arriva anche quest'inedita iattura. Sono stati alcuni residenti del Comune di Duino Aurisina, fra cui il neopresidente della Commissione Trasparenza Vladimiro Mervic, i testimoni di un fenomeno che non ha precedenti. «Sono stato chiamato da dei conoscenti - così Mervic - che mi hanno spiegato il problema. Sono accorso sul posto, verificando, in prima persona, la presenza di decine di ratti. Il punto esatto in cui li ho individuati è la boscaglia che si apre sul lato a monte della strada dal vecchio ingresso di Castelreggio a Portopiccolo. Vivo a Duino da sempre, ma non ho mai visto una situazione del genere». A far scattare l'allarme è stato Dario Chiatti, che abita in zona e che vanta una certa conoscenza in "materia", in quanto ex amministratore di un'azienda agricola: «Stavo percorrendo la strada vicina a Castelreggio - racconta Chiatti - quando in mezzo alle foglie ho avvertito strani rumori. Mi sono avvicinato pensando fossero scoiattoli, ma osservando da vicino ho visto che c'era un notevole numero di "pantigane". Una situazione in cui non mi sono mai imbattuto, pur frequentando da anni la baia. Sono rimasto sul posto per alcuni minuti, per rendermi bene conto di cosa stesse accadendo. La zona è solitamente utilizzata da gattare, che lasciano sul posto cibo per gatti. Forse le "pantigane" ne sono state attratte. Il problema non è da sottovalutare, anche perché dall'altra parte della strada c'è il vecchio edificio che un tempo ospitava il ristorante di Castelreggio, da anni abbandonato. Non vorrei che i ratti riuscissero a entrarci. La capacità riproduttiva di tali animali è notevolissima. Se la colonia dovesse stabilizzarsi i danni sarebbero ingenti".

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27 settembre 2019

 

La mozione forzista sulla Ferriera fa arrabbiare il M5s - Consiglio comunale

Tutti contro l'area a caldo, ma in modo diverso. Lunedì scorso l'assessore Luisa Polli ha fatto propria una mozione a firma dei capigruppo di maggioranza, primo firmatario Alberto Polacco (Fi), che chiede al sindaco di «riconfermare la propria richiesta di chiusura dell'area a caldo, dandogli mandato per tutte le iniziative necessarie». Duro il M5s Paolo Menis: «Assurda e ormai inutile. Inoltre impegna l'aula, quindi non poteva esser fatta propria».

 

 

Fridays For Future - Obiettivo 3 mila presenze per il corteo di Trieste Pordenone anche in bici - LE MANIFESTAZIONI IN FRIULI VENEZIA GIULIA

TRIESTE. Tutto pronto anche in Fvg per il terzo sciopero globale per il clima. Trieste oggi farà da capofila alla protesta dei giovani ambientalisti i quali, in sintonia con il verbo di Greta Thunberg, sfileranno per le vie della città a partire dalle 9 muovendo da piazza Goldoni. Da qui il popolo dei Fridays for Future imboccherà corso Saba e, una volta raggiunto Largo Barriera, svolterà su via Carducci per percorrerla nella sua interezza. Una volta in via Ghega, il corteo svolterà su via Roma per raggiungere infine piazza della Borsa. Qui gli attivisti terranno un dibattito sul clima aperto agli interventi della cittadinanza. Dopo il pranzo collettivo in piazza, rigorosamente "green", sarà il momento del flash mob. Un momento particolare dal titolo evocativo: "Abbiamo l'acqua alla gola". I partecipanti improvviseranno uno spettacolo teso a lanciare il grido d'allarme sui pericoli per il nostro pianeta. Il pomeriggio proseguirà con tanta musica, intervallata da momenti tematici all'interno di laboratori dedicati a bambini e famiglie, ma non solo: ci sarà spazio anche per la divulgazione scientifica grazie agli interventi di scienziati e tecnici della materia, in modo da affrontare l'argomento anche da un punto di vista empirico. Ma in regione non sarà solo a Trieste che il numeroso popolo di Greta sfilerà. Oggi sono previsti cortei dall'Isontino alla Destra Tagliamento. A Ronchi dei Legionari è previsto quello per il mandamento monfalconese, con il via alle 9 dalle scuole medie Da Vinci per proseguire poi su piazza del Municipio, dove i ragazzi tenteranno di farsi sentire dai politici locali. Più mattinieri i giovani friulani, che già alle 8. 30 si ritroveranno a Udine in piazzale Cavedalis per dare il via alla marcia pacifica che si concluderà in piazza Matteotti. Anche qui musica e microfono aperto a tutti coloro i quali vorranno dire la loro in tema di ambiente. Cortei anche a Tolmezzo e a Pordenone: in Carnia inizio alle 9, mentre nella Destra Tagliamento alle 13.30. Peculiarità della manifestazione pordenonese sarà la possibilità di partecipare in bicicletta. Una manifestazione, quella di oggi, dai connotati più solidi rispetto ai due cortei precedenti, svoltisi nella scorsa primavera. Per l'occasione, infatti, i fan di Greta Thunberg sono riusciti a darsi un'organizzazione e una struttura, come dimostrato nel corso delle varie conferenze stampa indette nei giorni scorsi in regione a presentazione dell'evento di oggi. Organizzatori che sperano così di bissare il numero di partecipanti dell'edizione dello scorso 15 marzo, quando nelle piazze della regione, in conformità a quanto accadde anche nel resto d'Italia e d'Europa, accorsero migliaia di persone (a Trieste tremila). Un popolo costituito non solo da studenti. A favorire l'afflusso di oggi la chiusura di un occhio da parte di molti istituti scolastici nel caso di partecipazione dei propri studenti, grazie al benestare ufficioso arrivato attraverso la circolare inviata nei giorni scorsi dal ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti.

Lorenzo Degrassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 settembre 2019

 

 

Ferriera, snodo a metà ottobre col piano industriale di Arvedi

Il ministro Patuanelli ha ribadito la richiesta con scadenza nel prossimo vertice E il nuovo Accordo di programma ingloberà le bonifiche nell'area dell'ex Teseco

Il momento della verità è fissato per metà ottobre, quando la seconda convocazione del tavolo al Mise vedrà Siderurgica Triestina presentare la bozza di piano industriale chiesta anche ieri dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli per valutare le intenzioni della proprietà sul destino della Ferriera di Servola. Il passaggio rimane ricco di incognite, a cominciare dalla volontà o meno del gruppo Arvedi di quantificare in quell'occasione la richiesta economica per la cessione dell'area a caldo, senza cui non sarà possibile verificare la compatibilità col valore stimato dall'Autorità portuale, che conta di concludere la sua due diligence entro una decina di giorni. Le scadenze sono state indicate ieri nel corso del vertice del Gruppo di coordinamento e controllo, tenutosi al Mise alla presenza dei funzionari dei ministeri dello Sviluppo economico, dell'Ambiente e delle Infrastrutture, oltre che degli assessori regionali Fabio Scoccimarro e Sergio Bini, del sindaco Roberto Dipiazza e del segretario generale dell'Autorità portuale Mario Sommariva. Se il Mise parla di stesura di un nuovo Accordo di programma «entro i prossimi mesi», la Regione fissa la scadenza alla «fine dell'anno». Le parti hanno convenuto di inserirvi anche il nodo della bonifica dell'area ex Teseco, sede dell'insediamento ungherese in porto, sottoposto all'accordo fra governi sul risanamento dei terreni. L'incontro ha avviato il confronto tecnico per verificare gli impegni assunti dal gruppo Arvedi e dalla mano pubblica in merito alla bonifica ambientale e alla tutela dell'occupazione. Aspetti su cui la proprietà farà pesare il riconoscimento da parte della Regione del rispetto di quasi tutti gli adempimenti, tranne la realizzazione delle coperture dei parchi minerari: un modo per alzare l'asticella della richiesta economica nell'ovvio tentativo di cedere l'area con la piena salvaguardia degli investimenti sostenuti dal 2014. L'assessore all'Ambiente Scoccimarro ha rivendicato ancora una volta «la trattativa tra Regione e proprietà» alla base dell'avvio di un percorso che vede Siderurgica «comunicare la volontà di chiusura dell'area a caldo, contestualmente all'intenzione di investire ulteriormente sul laminatoio. Un risultato storico». Il responsabile delle Attività economiche Bini sottolinea l'importanza di vedere al più presto il piano industriale e la richiesta di Arvedi per la cessione dell'area a caldo. «Bisognerà dare certezze sui tempi e le modalità di ricollocazione delle maestranze», ha aggiunto l'assessore. Dal canto suo, Dipiazza ha evidenziato come «i grandi interessi internazionali su porto e riconversione di aree come l'ex Aquila ci consentono un certo ottimismo». Il Pd nota infine con Debora Serracchiani come «la partita della Ferriera è passata nelle mani del governo, dove confidiamo sarà gestita con la necessaria terzietà».

Diego D'Amelio

 

 

Krsko, la Regione Fvg rispolvera l'ipotesi di un partenariato

UDINE. Solo un'ipotesi quella di un partenariato per la centrale slovena di Krsko, ma tanto basta per un nuovo scontro in Regione. Da una parte l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro che dà la linea del governo regionale sul nucleare a un passo dal confine, dall'altra Massimo Moretuzzo, capogruppo del Patto, che aveva interrogato sul tema, e Debora Serracchiani, deputata del Pd, che denuncia «l'insistenza della giunta Fedriga sull'opzione nucleare fuori dal tempo e fuori dal buon senso». Scoccimarro, in risposta all'interrogazione, premette che la Regione «sta valutando diverse opzioni, senza pregiudizi né posizioni estreme». Garantisce massima attenzione sulla sicurezza (Arpa riceverà mandato di stabilire un calendario più stretto di riunioni bilaterali ai fini del controllo) e un percorso verso le fonti alternative. Ma, ricordando che la centrale è una proprietà mista sloveno-croata e fornisce elettricità in una dimensione locale-regionale, aggiunge che si «potrebbe esplorare la possibilità di un partenariato attraverso una verifica con i governi di Slovenia e Croazia, magari come futuro asset della "società energetica regionale"», un po' il caso dell'Enel che detiene quote di centrali nucleari del continente. Molto duro il Patto: «Mentre l'industria dell'atomo è in declino e Francia e Germania annunciano la dismissione delle loro centrali, la giunta regionale vaneggia di un Fvg nuova potenza nucleare. Siamo alla follia». Moretuzzo definisce «un vero abominio» l'idea che una società energetica regionale «che abbiamo chiesto a gran voce per gestire le centrali idroelettriche della nostra montagna oggi in mano a multinazionali, acquisisca quote della centrale di Krsko». Anche Serracchiani attacca: «Il rischio rappresentato da una centrale nucleare a 130 km dai nostri confini non può essere sottovalutato in modo così grossolano, inventando ruoli di politica estera che nemmeno una Regione autonoma può esercitare». Scoccimarro ribatte: «Siamo solo nel campo di ipotesi, tra l'altro su una proposta fatta in passato dall'ex ministro D'Alema e dall'ex governatore Tondo. Come pure un'ipotesi che potrei condividere è la linea estremista di Serracchiani: a quel punto dovrà chiedere al suo governo, in particolare al ministro Di Maio, d'intercedere con Svizzera e Francia affinché chiudano le loro centrali, alcune anche a meno di 130 km dal confine italiano. Certo, poi dovremmo spiegare ai cittadini le bollette più care».

Marco Ballico

 

Nel vivo la bonifica di Acquario «Un anno e la costa rinascerà»

Al via lunedì il secondo lotto da oltre 6 milioni per la riqualificazione del terrapieno Previsti chioschi, nuovi servizi per la balneazione e punti dedicati a giochi e sport

MUGGIA. «Riapriremo all'utilizzo della cittadinanza un'area che da più di vent'anni attende di essere restituita alla comunità». È entusiasta il sindaco di Muggia Laura Marzi. Dopo tanto attendere, infatti, ieri la prima cittadina rivierasca ha annunciato che a partire da lunedì inizieranno i lavori per il secondo lotto della riqualificazione del terrapieno Acquario. L'esecuzione dell'opera, della durata di un anno, comporterà una spesa complessiva di sei milioni e 310 mila euro. Il progetto di Acquario prevede, oltre alla bonifica tramite la messa in sicurezza permanente del sito, anche un intervento di recupero e di riqualificazione estetico - funzionale dell'area. Accanto al percorso ciclopedonale, già realizzato, vi sarà così un ulteriore tratto di ciclabile che costeggerà la strada. A tal proposito saranno allestiti due punti di bike sharing. La zona si arricchirà poi di alcuni chioschi per il ristoro, con annessi servizi legati alla balneazione, e alcune strutture ombreggianti per trovare riparo dal sole. Inoltre, nel progetto promosso dalla giunta Marzi, è contemplata pure la realizzazione di un'area giochi e fitness, di un campo da beach volley, di un altro campo da bocce e dello skate park, che, dal piazzale ex Alto Adriatico, verrà allestito sul lungomare rivierasco. Il nuovo look di Acquario si completerà con arredi, docce, fontanelle e otto scalette a mare, oltre che con l'allargamento del parcheggio esistente, che vedrà quasi raddoppiata l'attuale capienza. «La volontà e l'impegno sono sempre andati nella direzione della restituzione della costa ai muggesani: come promesso, abbiamo proseguito e stiamo tuttora proseguendo in questo non facile percorso. Una volta completato il lotto - analizza Marzi - si avrà un miglioramento decisivo della fruibilità e della balneabilità della costa. Si avvieranno nuove attività economiche, con beneficio in termini sia di occupazione che di servizi. Si apriranno nuovi spazi ludici e per il tempo libero. E tutto ciò - conclude il sindaco - migliorerà la vivibilità della nostra città e sarà un importante volano per tutta la nostra economia». Concorde l'assessore ai Lavori pubblici muggesano Francesco Bussani: «Con questo ulteriore consistente intervento, Muggia potrà finalmente raccogliere i frutti di un complesso lavoro durato anni per restituire un tratto di lungomare che le appartiene ma di cui per oltre un ventennio non ha potuto godere».Il progetto sarà presentato alla cittadinanza venerdì 4 ottobre alle 18, nella sala "Millo" in piazza della Repubblica. Nel frattempo, per seguire l'avanzamento dei lavori di riqualificazione di questo pezzo di costa muggesana e per restare sempre aggiornati, ci si potrà connettere alla pagina Facebook "Acquario 2020", che da oggi accompagnerà i muggesani e chiunque sia interessato in questo nuovo importante capitolo della storia di Muggia.-

Riccardo Tosques

 

 

Da piazza Goldoni fino a piazza della Borsa Il corteo per il pianeta invade il centro città

Domani la manifestazione dei giovani di Fridays for Future. Gli organizzatori: «Vogliamo portare in strada 3 mila persone»

Una grande mobilitazione per denunciare i cambiamenti climatici in atto sul pianeta, ma anche per attivare la politica e la cittadinanza in merito. È quanto accadrà domani lungo le strade della città, che verranno "invase" dai partecipanti al corteo in occasione del terzo sciopero globale dei Fridays For Future che, partendo da piazza Goldoni, raggiungerà piazza della Borsa. Un corteo che inizierà alle 9 e, visto il percorso prescelto, potrebbe mettere a dura prova il traffico veicolare di una giornata feriale. La marcia festosa dei giovani ambientalisti si snoderà nella direttrice corso Saba e largo Barriera per poi immettersi su via Carducci. Una volta percorsa tutta l'arteria e imboccata via Ghega, i manifestanti svolteranno poi a sinistra su via Roma che percorreranno fino a piazza della Borsa dove, attorno alle 11, si concluderà il corteo. Qui i baby ambientalisti trascorreranno il resto della giornata, interamente dedicata al tema della tutela del clima. Il "menù" prevede dapprima uno spazio dedicato agli interventi della cittadinanza, con microfoni aperti, all'interno del quale chi vorrà potrà intervenire offrendo il proprio contributo. A seguire si terrà un vero e proprio pic-nic in piazza, al quale ciascuno potrà partecipare portandosi il pranzo da casa, mentre alle 15.30 sarà la volta di un flash mob dal titolo "Abbiamo l'acqua alla gola".La giornata sarà caratterizzate anche da intermezzi musicali, laboratori per bambini e famiglie con interventi da parte di scienziati e professori fino a sera, nell'ottica di una divulgazione scientifica da destinare a tutti gli interessati. Ad illustrare l'iniziativa, nel corso di una conferenza stampa svoltasi ieri mattina presso il Caffè San Marco di Trieste, la referente triestina dei Fridays For Future Trieste, Laura Zorzini, assieme a Fabio Feri, professore del liceo scientifico "Oberdan" e rappresentante del movimento "Teachers For Future". Lo sciopero di domani sarà il terzo della serie, dopo quelli degli scorsi marzo e maggio. Soprattutto il primo ebbe un grande riscontro di pubblico, nonostante l'organizzazione improvvisata, quando in Piazza dell'Unità accorsero quasi tremila persone. Cifra che i giovani organizzatori della manifestazione di domani puntano a ripetere. Per raggiungerla, però, chiedono a gran voce che i presidi delle scuole cittadine giustifichino gli studenti e gli insegnanti che vorranno prendere parte alla manifestazione (vedi articolo in basso). Lo sciopero, come sottolineato più volte dalla referente triestina dei F.F.F. Laura Zorzini, non avrà connotazioni politiche. Hanno comunque aderito alla mobilitazione i sindacati Cobas, Usb e Cgil. «Ci siamo schierati subito sulla stessa linea - spiega il segretario regionale Cgil Villiam Pezzetta - nella consapevolezza che quella contro i cambiamenti climatici rappresenta la madre di tutte le sfide per il nostro pianeta». Un monito condiviso dalla Flc-Cgil, che ha aderito allo sciopero, proclamando per domani l'astensione dal lavoro di tutto il personale del comparto. «Quella dei giovani é una partecipazione che infrange gli stereotipi negativi», commenta il capogruppo Pd in Regione Sergio Bolzonello mentre Giorgio Cecco di Progetto Fvg auspica «che quello di domani non sia uno sciopero "giustificato" né "ministeriale", con un fronte comune fra cittadini e istituzioni».Ieri, intanto, una delegazione di giovani del movimento Fridays for Future Fvg ha consegnato al presidente del Consiglio regionale Piero Mauro Zanin, una serie di proposte e richieste di stampo ecologista. 

Lorenzo Degrassi

 

E in molti istituti i seguaci di Greta saranno ritenuti assenti giustificati

Dante-Carducci, Preseren e Da Vinci in linea con il ministro. Dubbi al Nautico e al Petrarca

A 24 ore dalle manifestazioni per il terzo Global Strike, il dubbio rimane. Gli studenti triestini che parteciperanno all'evento saranno considerati o meno assenti giustificati da parte dei prof? Difficile dirlo ora. Di certo c'è che gli istituti della nostra città hanno recepito la circolare inviata nei giorni scorsi dal ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti, con l'auspicio che le scuole, «pur nella propria autonomia», possano considerare l'assenza degli studenti per quella giornata «motivata dalla partecipazione alla manifestazione per il clima», utilizzando «le ordinarie modalità di giustificazione delle assenze». Un invito che, a quanto pare, verrà accolto un po' a macchia di leopardo. «Noi la giustificazione la chiederemo comunque, - spiega Donatella Bigotti, dirigente del Nautico - perché si tratta di minori e i genitori devono essere al corrente delle scelte dei figli. Nel primo Collegio docenti utile, mi confronterò sulla possibilità di non computare l'eventuale assenza ai fini della frequenza obbligatoria del 75%». Linea condivisa anche dai altri presidi. Al liceo Petrarca - che in occasione della "Settimana per lo Sviluppo sostenibile", domani dalle ore 14.30, invita studenti maggiorenni, docenti e personale Ata a partecipare alla pulizia delle aree verdi della scuola - la dirigente Cesira Militello precisa che «servirà la giustificazione, sarà poi competenza del Collegio docenti valutate se inserire o meno questa giornata di assenza, come specificato nella nota del capo dipartimento del ministero Carmela Palumbo, tra quelle che concorrono a costituire il monte ore necessario per la validità dell'anno scolastico». Una competenza che Palumbo rimanda alle scuole. Ariella Bertossi, dirigente del Da Vinci, de Sandrinelli e Carli anticipa che sulla questione si confronterà con i suoi collaboratori, «personalmente - indica - ritengo i ragazzi vadano incentivati al senso civico: ci atterremo alle linee ministeriali». Recepito l'auspicio di Fioramonti anche al Dante - Carducci. «Ne abbiamo parlato martedì scorso Consiglio di istituito, e abbiamo condiviso la linea - riferisce la dirigente Oliva Quasimodo -. Servirà una giustificazione con la dichiarazione dei genitori che sono a conoscenza che il figlio non era a scuola per la partecipare all'iniziativa. Vorremo una presa di coscienza anche dei ragazzi». La progettualità del Deledda-Fabiani evidenzia già una sensibilità nei confronti dei temi legati all'ambiente. «Per lo sciopero di domani - anticipa la dirigente Tiziana Napolitano - ci comporteremo come facciamo sempre in situazioni di sciopero, premesso che sarà facoltà del Collegio docenti, quando si riunirà, decidere se riconoscere o meno questa giornata come assenza». Decisione, quella relativa al conteggio della mancata presenza in classe, già adottata dalla dirigente del liceo Preseren, Loredana Gustin. «I ragazzi porteranno la giustificazione con la relativa indicazione della loro partecipazione allo sciopero, e quella giornata non verrà conteggiata come assenza». 

Laura Tonero

 

MONTE BIANCO - Il ghiacciaio sarà monitorato con il radar

Inevitabile il collassamento dell'enorme massa: resta da sapere quando. E la notizia sul Monte Bianco fa il giro del mondo

Verrà giù. È solo questione di tempo: ore, settimane, mesi. Ma il destino dei 250 mila metri cubi di ghiaccio che incombono su Courmayeur e la Val Ferret è segnato: «La frattura è troppo profonda. Continuerà a muoversi, lo farà anche se le temperature scenderanno violentemente. Non c'è più nulla che possa riportarlo alle condizioni di partenza». Da vent'anni Renato Colucci, ricercatore del Cnr, studia i ghiacciai. Di questo passo, prevede, entro trent'anni, sotto i 3.500 metri saranno estinti. Del collasso del Planpincieux è sicuro: da giorni ha accelerato la sua corsa, 60-70 centimetri al giorno. Ha costretto il sindaco di Courmayeur a evacuare case e chiudere le strade. Solo Marco Belfront, proprietario dell'hotel Miravalle, in frazione Planpincieux, tiene duro: «Siamo aperti, ci sono quattro ospiti. Abbiamo quanto basta per rimanere aperti qualche giorno, poi tutto dipenderà da cosa succede lassù». Da giorni ricercatori, esperti, funzionari della Protezione Civile e istituzioni confrontano dati e rilevazioni. Non ci sono più dubbi: crollerà. Bisogna solo capire quando, ma nessuno lo può prevedere. «Non sappiamo se a breve si determinerà un'evoluzione», ammette Raffaele Rocco, responsabile del settore difesa del suolo della Val d'Aosta. Il sindaco Stefano Miserocchi ieri ha convocato un'assemblea pubblica per informare la popolazione: «Non c'è ghiacciaio che possa cadere su Courmayeur, non sta crollando il Monte Bianco, non c'è pericolo per la popolazione».È vero. Eppure è uno choc. «Sta accadendo qualcosa di difficilmente immaginabile fino a qualche tempo fa», confessa Rocco. Le immagini rimbalzano sui siti di tutto il mondo. A New York, dove partecipa all'assemblea generale dell'Onu, il presidente del Consiglio Conte cita il Planpincieux per ribadire che non c'è tempo da perdere: «La notizia che un ghiacciaio sul versante del Monte Bianco rischia di collassare è un allarme che non può lasciarci indifferenti». A Courmayeur aspettano e osservano. Il cedimento dei ghiacciai, per chi li studia, non è una sorpresa. Questo versante del massiccio del Grandes Jorasses è monitorato da cinque anni: un'équipe dell'Istituto per la protezione idrogeologica del Cnr, coordinato da Daniele Giordan, ogni giorno acquisisce fotogrammi, li confronta con quelli dei giorni precedenti e verifica il movimento del fronte. Da oggi a questo sistema si affiancherà un radar in grado di rilevare il minimo spostamento, anche di notte o in caso di maltempo. Non è anomalo che quel ghiacciaio si muova, spiegano gli esperti. È anomalo che lo faccia ora. «Non è compatto; è una sequenza di crepacci. E scorre su una pendenza del 35% che diventa del 50 nell'ultimo tratto», spiega Renato Colucci. «È normale che si sposti, l'ha sempre fatto. Non è normale che acceleri la corsa a fine estate, quando le temperature dovrebbero scendere sotto lo zero, ma si mantengono ben al di sopra: la superficie si scioglie, l'acqua che si forma scorre tra ghiaccio e roccia, come un lubrificante accentua il movimento. «Si sono formate spaccature molto più profonde ed estese del normale. Non è più in equilibrio. Non si ferma più». La verità, ammette Colucci, è che i ghiacciai, sotto i 3mila metri sono come intrusi; retaggi di un mondo che non fa più per loro. «Non dovrebbero più essere lì, con questo clima. E si ritirano». Il Planpincieux anziché estinguersi ha deciso di collassare. «Resta solo da capire se lo farà in blocco o per frammenti», spiega l'esperto. «Il primo caso mi sembra il più probabile». Sarebbero 11 mila metri quadrati di ghiaccio che in un solo momento piombano a valle. Come due campi di calcio.

Andrea Rossitorino

 

Tra incredulità e rassegnazione la valle si interroga sul futuro

L'ex sindaco di Courmayeur è fatalista: «La bellezza vietata fa male» Una turista è stupita: eccessivo che ne abbiano parlato anche all'Onu

Nubi nere e un velo di nebbie trascinate da venti in vortice spazzano il fronte spaccato del ghiacciaio di Planpincieux, in una Val Ferret deserta, vietata. In alto qualche folata scopre la "Bouteille", strambo picco a bottiglia alle spalle della costola su cui è piantato il rifugio Boccalatte. Il Planpincieux ha avuto un piccolo crollo ieri. Tutto ciò che si vede è in bilico, spuntano tagli a "V", forme emerse alla rinfusa. Si muove. Mille metri più in basso nell'omonima frazione la signora Anna parla con l'albergatore che la ospita da anni, Marco Berfrond. Dialogo sul da farsi. Lei: «È pericoloso stare qui al Miravalle?». Lui: «No, ci avrebbero sgomberati». Vacanza turbata - Così la signora Anna, del Milanese, continua la sua settimana di vacanza di fine estate. Corre, fa escursioni, lontano dal ghiacciaio fragile, su sentieri e pendii di fronte alle Grandes Jorasses. L'albergatore dice: «Un gran chiasso. Ne ha parlato anche il presidente del Consiglio Conte all'Onu. Mi pare eccessivo. Non mi permetto certo di contraddire gli scienziati, il pericolo c'è, ma così... Noi sopravviviamo sotto questa cosa».Dove il pianoro della Val Ferret cede ai pendii, una casupola e un cartello di "Pesca sportiva". Laghetto e vasche con quattro quintali di trote. La località è Lavachey. Cesare Ollier, guida alpina e maestro di sci ormai a riposo, è il gestore. Per 33 anni è stato il direttore delle piste di fondo della Val Ferret. Conosce i ghiacciai delle Jorasses come fossero casa. «Sono stato qualche anno fa sul Whymper, quello in alto che doveva cadere come adesso. E spero ogni giorno che il crollo avvenga prima delle nevicate, altrimenti sono dolori, formerebbe valanghe. Meglio non pensarci. Se nevicasse come due inverni fa, ne ho misurati 3 metri qui nel piano, pensi che cosa potrebbe succedere con blocchi di seracchi in caduta. Sa quante valanghe ci sono qui in Val Ferret? Ventitrè, se ci si mette anche il ghiacciaio...». E quello in basso del Planpincieux? «Ogni tanto fa cadere qualche pezzo. È la sua vita. Adesso è di nuovo in momento, ma non credo venga giù tutto in una volta».Il passato insegna - Convinzione comune, perché crolli catastrofici, di ghiacciai che scivolano, appartengono a un lontano passato. Franco Perlotto, guida alpina con una carriera da grande alpinista alle spalle, è l'uomo che più di ogni altro vive vicino al ghiacciaio. Gestisce il rifugio Boccalatte, sul dosso granitico a poco più di 2.800 metri. Dalla prima settimana di settembre ha dovuto chiudere e tornarsene a valle per il divieto di salire lungo il sentiero che conduce al rifugio per colpa del ghiacciaio Whymper.In basso, in una casa fra i larici e i pascoli, vive il costruttore Marco Busanelli. È appena rientrato, ma in casa, in località Montitaz, non può più entrare. «È l'unica con ordine di sgombero. Ho anche la sede della mia azienda. Ne prendo atto». Scusi, ma dove dormirà? «In un'altra proprietà a cento metri da casa mia, quella non è sgomberata come nessuna delle altre case, soltanto la mia che è lì da 150 anni e non ha mai ricevuto addosso neanche un sassolino. Altre hanno avuto danni in passato, ma sono rimaste agibili. Non sono un geologo, credo però che una scienza senza storia antica metta qualche dubbio. Insomma, l'approssimazione mi pare sia nei fatti».Dino Derriard, già sindaco di Courmayeur, vive in Val Ferret, a Le Pont, oltre Planpincieux. «Vado e vengo senza problemi. Da ragazzino andavo al pascolo proprio sotto il Planpincieux. Ne ho visti di crolli». Con la moglie gestisce d'estate il ristorante "Oasi", chiuso da una settimana. Dice: «Venezia, Capri non chiudono mai. Capisco il problema proprio perché ho fatto il sindaco, ma la bellezza vietata fa male». 

Enrico Martinet

 

Il mare che si alza, le tempeste: ecco milioni di migranti climatici

Allarmanti per il pianeta i dati diffusi dal comitato scientifico dell'Onu In Italia sos ghiacci: persa in 70 anni una superficie pari al lago di Como

Il mondo degli oceani e la criosfera, i regni dei ghiacci, un tempo eterni, hanno già subito mutamenti irreversibili. Il riscaldamento globale ha già superato di 1 grado il livello preindustriale, a causa delle emissioni di gas serra passate e attuali. L'oceano è più caldo, più acido e meno produttivo. Lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte glaciali sta causando l'innalzamento del livello del mare, e gli eventi estremi costieri stanno diventando più gravi e frequenti. Le «tempeste del secolo» saranno un'occorrenza annuale entro il 2050, e causeranno inondazioni e devastazione sulle coste dove sono collocate metà delle megalopoli e quasi 2 miliardi di persone. Anche se il riscaldamento sarà limitato entro i 2 gradi a livello globale, gli scienziati si aspettano che l'innalzamento del mare causerà danni per diversi miliardi di dollari all'anno. E molti milioni di migranti climatici. Sono le informazioni che emergono dallo Special Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate, il rapporto dell'Ipcc, il comitato scientifico sul clima dell'Onu, dedicato a oceani e ghiacci e diffuso ieri. Le novecento pagine redatte sulla base di 7 mila lavori scientifici di 104 studiosi, provenienti da oltre 30 Paesi, rappresentano il primo documento approfondito sulla scomparsa dei ghiacciai e sulle mutazioni del mare. Per noi italiani l'allarme più immediato è proprio quello dei ghiacciai (ne abbiamo 907 ora) dalle cui acque dipende tanta della ricchezza (agricola, turistica ed energetica) del Nord. Secondo il report i nostri ghiacciai alpini - insieme a quelli dell'Africa Orientale, delle Ande Tropicali e dell'Indonesia, entro il 2100, perderanno oltre l'80% della loro attuale massa di ghiaccio se non si riducono le emissioni. Il ritiro della criosfera di alta montagna avrà impatti economici rilevanti, oltre che ambientali e paesaggistici. «La situazione in Italia è drammatica, come racconta anche il Catasto dei ghiacciai che stiamo aggiornando usando foto satellitari», spiega Davide Fugazza, del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali (ESP) dell'Università di Milano. «Dagli anni '50 abbiamo perso una superficie di ghiacciai pari al lago di Como. Se non si riducono le emissioni a livello globale - afferma - con l'obiettivo di una riduzione del 50% entro il 2030, vedremo effetti negativi entro poco tempo sul turismo invernale e sulla produzione di energia idroelettrica, viste anche le precipitazioni più scarse». Peggiorano anche le proiezioni sull'innalzamento del mare. Il livello degli oceani cresce di 3,6 millimetri l'anno (il doppio della media dello scorso secolo), e il ritmo accelera. Colpa, ha affermato Valérie Masson-Delmotte, Copresidente del gruppo di lavoro IPCC I, «dei crescenti apporti idrici delle calotte glaciali di Groenlandia e Antartide, oltre al contributo delle acque di fusione dei ghiacciai e all'espansione delle acque più calde del mare» . 

Emanuele Bompan

 

Mercalli sale in cattedra e scommette sulla finanza per proteggere l'ambiente

Per il meteorologo «i governi sono lenti a prendere decisioni mentre basta un momento per spostare capitali verso le fonti rinnovabili»

Accanto alle azioni individuali, immediate ma con piccoli effetti, e alle politiche dei governi, su grande scala ma lente, esiste la finanza che può agire in un tempo molto più rapido e globalmente per combattere il cambiamento climatico. È quanto sostiene Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana e giornalista scientifico, che ieri sera alla Sissa è stato ospite dell'evento "Scelte etiche - L'investimento del futuro", promosso e realizzato dalla Zkb - Credito cooperativo di Trieste e Gorizia in collaborazione con il Gruppo Cassa centrale e Nef. «Abbiamo delle cose da fare in prima persona. La prima regola d'oro è sprecare di meno in una società occidentale opulenta», sostiene Mercalli. Secondo il climatologo, sono quattro i settori fondamentali dove agire: nelle case con l'isolamento termico e gli elettrodomestici efficienti; nei trasporti con il maggior uso dei mezzi pubblici e minore dell'aereo, tramite il telelavoro; nell'alimentazione con la diminuzione dei consumi di carne e l'aumento dei prodotti a chilometro 0 e di stagione; infine, meno usi superflui e temporanei degli oggetti di ogni giorno, come gli abiti e i cellulari, e la raccolta differenziata. Dopodiché, sono necessarie delle scelte ai livelli più alti, sia politici che economici. «I governi sono lenti a prendere le scelte e si devono aspettare anni prima di una normativa - afferma Mercalli -, mentre la finanza è rapidissima e può ribaltare situazioni in un momento, ad esempio spostando i capitali dalle fonti fossili a quelle rinnovabili». Il climatologo si dice però consapevole del fatto che così si potrà guadagnare di meno e della natura «non sempre lodevole» della finanza. In merito ai giovani dei Fridays For Future che scenderanno domani in piazza per protestare contro l'emergenza climatica, Mercalli sostiene la presa di coscienza in atto, che però si auspicava avvenisse almeno 20 anni fa, e consiglia loro di dimostrare coerenza con quanto sostengono. «Spesso vedo nel movimento una tendenza a investire la politica della soluzione del problema - rileva Mercalli -, mentre le due cose vanno assieme: una parte di azioni all'individuo, che può influenzare la politica con il voto e la finanza con il portafoglio».

Simone Modugno

 

 

Mangia le api e vive in maxi nidi È arrivato il calabrone orientale

L'insetto, diffuso in Asia minore, Madagascar e Sud Est Europeo, è sbarcato a Trieste da qualche nave. Gli esperti: «Pericoloso? Come le altre vespe locali»

Mancano tre mesi alla chiusura del 2019, ma già si candida a rientrare di buon grado tra le notizie scientifiche dell'anno. Dopo tanti dubbi, infatti, ora è ufficiale: il calabrone orientale (Vespa orientalis) è approdato a Trieste. La presenza di quest'insetto, diffuso in Medio Oriente, in Madagascar e nel Sudest europeo, dopo un'unica segnalazione registrata lo scorso anno, quest'estate è stata riscontrata compiutamente nella zona del Porto nuovo, in Passeggio Sant'Andrea: facile dunque ipotizzare che il calabrone orientale sia arrivato in città tramite qualche nave. Da lì poi ci sono state ulteriori segnalazioni, in altre zone del territorio cittadino, per un totale di quattro "popolazioni", confermate dai naturalisti Nicola Bressi, Andrea Colla e Gianfranco Tomasin del Museo civico di Storia naturale di Trieste, i quali hanno evidenziato come a Trieste si sia «insediata la popolazione più a Nord al mondo per questa specie e per di più nel centro di una città».Se tutti, insomma, si aspettavano l'arrivo della Vespa mandarina, calabrone asiatico di grosse dimensioni più volte segnalato (ma in maniera inattendibile) anche in provincia di Trieste, a sorpresa, in pieno "global warming", a raggiungere le nostre terre è stato un altro imenottero, più piccolo, questo sì, ma da tenere comunque assolutamente sotto controllo. Questo particolare insetto si caratterizza da un punto di vista fisico per la presenza di un colore rossiccio in cui spiccano due parti gialle: una sulla testa e l'altra lungo l'addome, con una banda uniforme. E proprio la funzione dell'addome è una delle peculiarità: grazie alla presenza di un pigmento, la xantopterina, queste vespe hanno la capacità di assorbire l'energia solare che le rende attive. A differenza di altre specie di calabroni, dunque, che preferiscono operare con il fresco del mattino o prima di sera, la Vespa orientalis ama muoversi perlopiù nei pomeriggi assolati. Altra caratteristica, che potrebbe avere un importante impatto ambientale, è che il calabrone orientale si nutre spesso e volentieri di api. Non a caso una delle segnalazioni che hanno confermato la presenza di questo insetto è giunta da parte di un residente che ha notato la sostituzione delle api, da sempre presenti nel suo giardino, con queste "strane" vespe. Vespe che si nutrono anche delle spazzature prodotte dall'uomo. Motivo in più per non lasciare cibo fuori dai contenitori per l'umido, come già accade per arginare ratti e gabbiani. Ma la Vespa orientalis è pericolosa per l'uomo? Il veleno di questo insetto non è né più né meno potente di quello delle nostre vespe. C'è però una grande differenza: i nidi. Il nido della orientalis può contenere sino a mille individui. Quindi: massima attenzione. Di regola i i favi di cellulosa vengono costruiti in maggio, sottoterra o dentro muri e edifici. In passato questo vespide aveva toccato Genova (un solo esemplare) ma anche i porti di Londra e Bruxelles. Sostanzialmente, a causa degli inverni freddi, la orientalis però non è mai riuscita ad ambientarsi, estinguendosi da sola. Riuscirà dunque questo insetto a superare un altro inverno triestino? «Non possiamo esserne certi. Ogni specie animale si comporta diversamente quando viene importata in ambienti differenti. Impossibile garantire come si evolverà la sua biologia con il clima, la vegetazione e le ore di luce di Trieste. Forse un inverno molto freddo potrebbe estinguerla. Ma vivendo in città potrebbe pure facilmente svernare tra tiepidi controsoffitti e cantine», spiegano Bressi, Colla e Tomasin. Se dovesse farcela, il nostro ecosistema si troverebbe a dover ospitare una specie "alloctona" con tutto ciò che ne consegue, in primis, per l'appunto, il possibile impatto sulle api.Ancora un paio di informazioni. È importante sapere che il calabrone orientale può essere facilmente confuso con alcune specie di insetti locali (su tutti la Vespa Delta unguiculatum) utili o innocui, da cui si distingue soprattutto per avere solo due anelli gialli sull'addome, mentre la punta con il pungiglione è sempre completamente scura. Da qui la raccomandazione, avanzata anche dal Comune di Muggia, di rispettare la già minacciata biodiversità e di segnalare eventuali avvistamenti, inviando foto alla mail sportellonatura@comune.trieste.it, o portando eventuali esemplari trovati morti al Museo civico di Storia naturale di Trieste di via Tominz. Il Museo civico ha infine in programma un incontro pubblico per conoscere questo nuovo "abitante" della città, mercoledì 16 ottobre alle 18. Nessuna psicosi, in ogni caso, ma massima attenzione, quella sì.-

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 settembre 2019

 

 

Mini infornata di nomine all'Arpa Due donne nei ruoli di vertice

Anna Toro confermata alla guida della direzione amministrativa A capo del settore tecnico-scientifico arriva la new entry Lutman

Una conferma e un volto nuovo nei ruoli di direttore amministrativo e direttore tecnico scientifico dell'Arpa Fvg. Su indicazione del neo direttore generale Stelio Vatta, con condivisione dell'assessore Fabio Scoccimarro, Anna Toro succede a sé stessa, mentre Anna Lutman subentra a Franco Sturzi, che lascia l'Agenzia regionale per l'ambiente per raggiunti limiti di età. Nomine di fiducia, conferma Vatta, spiegando che «il ragionamento, una volta individuato il profilo più aderente alle aspettative, è stato in primo luogo quello di valorizzare risorse interne». All'amministrazione ecco dunque di nuovo Toro, in Arpa dal 2004 come responsabile della struttura degli affari generali e legali e della Soc gestione risorse economiche, già con l'incarico di direttore dal 2012 e dal 2016 anche responsabile della Soc affari generali e risorse umane. A Sturzi, si legge in una nota dell'Agenzia, «va un sincero ringraziamento per l'impegno e la professionalità dimostrata nell'espletamento di numerosi incarichi di crescente responsabilità». La novità è Lutman, cui è servita anche l'esperienza iniziata nella primavera 2018 da direttore del servizio gestione risorse idriche nella direzione Ambiente, ma che ha fatto contare soprattutto i 10 anni da responsabile del laboratorio dell'Arpa di Udine. Sempre in Arpa aveva ricoperto i ruoli di dirigente responsabile della struttura pareri e supporto alle autorizzazioni ambientali e di rappresentante del gruppo di lavoro interdirezionale per gli adempimenti della Direttiva nitrati. A suo carico pure l'attività di coordinamento per la definizione dei valori chimici di riferimento locali, sull'intero arco costiero. Non è escluso che il suo nome possa segnare l'approdo a un obiettivo di vecchia data, quello del laboratorio unico regionale. «Rivedere l'assetto delle sedi è uno dei miei mandati - dice Vatta - e non c'è dubbio che Lutman, con quanto consolidato alle spalle, mi aiuterà nel portare avanti le strategie mirate ad attuare un passaggio fondamentale per poter rendere più efficace il nostro lavoro. Ma si tratta anche di metterci nella condizione di poter operare nei casi di calamità, con strutture in grado di resistere soprattutto sul fronte sismico».

M.B.

 

 

In terrazza e dentro casa - È boom di gechi in città

L'innalzamento delle temperature ha modificato le abitudini degli animaletti Frequente in questo periodo avvistare baby esemplari a caccia di avventure

«Il geco ha colonizzato l'intera città, è diventato comunissimo, e se ne vedono molti piccoli esemplari in questi giorni, perché siamo nella stagione nelle nascite». Così il naturalista Nicola Bressi risponde ai tanti triestini che in questi giorni hanno pubblicato foto dei simpatici animaletti sui muri dentro e fuori casa e che, in alcuni casi, si sono chiesti il motivo della proliferazione, notata di recente. «È dovuta all'innalzamento delle temperature - spiega ancora Bressi - e il numero è aumentato notevolmente negli ultimi anni. Il primo dato sulla sua presenza in città risale al 1925, poi fino agli anni '90 se ne sono visti pochissimi, confinati solo nella zona costiera, vicino al porto, dove viveva una colonia, anche se non molto grande». Di recente, appunto, il cambiamento notato da molti. «Dagli anni '90 appunto qualcosa è cambiato, in tutta Trieste. Sono diventati tantissimi, in particolare in alcune zone come ad esempio in viale Miramare e anche nello stesso castello di Miramare, ma sono saliti anche sul Carso, nelle aree più calde, come a Prosecco e a Santa Croce. E si trovano talmente bene qui da noi - aggiunge - da lasciare l'habitat più comune, il muro, per preferire anche altri, come i tronchi degli alberi. È uno dei pochi fenomeni positivi dovuti ai cambiamenti climatici, perché ci aiuta a contenere alcuni insetti nocivi, gli adulti infatti mangiano tarme o blatte, i piccolini le zanzare». Attenzione però, i gechi vanno lasciati in pace, non devono essere catturati o conservati in spazi "artificiali". Sui social alcuni si domandano anche cosa fare quando l'animaletto è presente in casa da giorni, sgattaiolato magari da una finestra aperta. «È fondamentale ricordare che si tratta di un animale protetto - continua Bressi -. L'unico consiglio, se si trova in un ambiente chiuso dove è entrato ma non ha più la possibilità di uscire, è quello di farlo cadere con delicatezza ed estrema attenzione in una scatola, per poi portarlo fuori e lasciarlo andare. Ricordo anche che non è pericoloso o velenoso, quindi non arreca danno alle persone. Se invece si trova in un locale con finestre e porte spesso aperte, non ci sarà alcun problema, entrerà e uscirà senza difficoltà, liberamente». In questi giorni, come detto, tanti hanno pubblicato su Facebook immagini di gechi piccoli, che si arrampicano all'esterno delle abitazioni, e altri entrati anche attraverso fessure di dimensioni molto ridotte. «Capita di frequente perché siamo nel periodo delle nascite, in più i "cuccioli" sono curiosi di esplorare, a differenza degli adulti che si nascondono facilmente». Curiosità, a Trieste esistono due specie. «C'è il geco comune, "tarentola mauritanica", che si trova un po' ovunque ed è quello in cui ci imbattiamo con più facilità, e poi c'è il geco verrucoso, più piccolino, "hemidactylus turcicus", che ormai vive quasi esclusivamente nel cuore della città, in particolare nel Borgo Teresiano». 

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24 settembre 2019

 

 

Mare "sballato" a Duino: scarichi privati sotto tiro - La caccia ai motivi delle analisi fuori soglia

DUINO AURISINA. Sensibilizzare la cittadinanza affinché ci sia un sistematico controllo del funzionamento degli impianti di trattamento fognario privato. È la strategia dalla "task force" allestita dal Comune di Duino Aurisina, di cui fanno parte anche Arpa e AcegasApsAmga, per cercare di individuare la fonte di contaminazione delle acque di Duino. Come si ricorderà, nel corso della stagione balneare il sindaco Daniela Pallotta ha dovuto emettere più ordinanze di divieto di balneazione, dopo i rilievi Arpa. Come primo passo, si è svolto così un incontro con i residenti della zona della Cernizza, a monte della spiaggia di Duino, invitati a effettuare «attente verifiche agli impianti». «Gli ultimi dati sono comunque positivi», ha riferito Pallotta, affiancata dall'assessore Massimo Romita.

 

 

Clima, Greta sgrida l'Onu «Mi avete rubato l'infanzia con tante parole vuote»

Schiaffo dell'attivista svedese ai capi di Stato presenti al Palazzo di vetro Accordo tra 59 Paesi per dimezzare le emissioni di CO2 entro il 2030

New York. «Voi avete rubato i miei sogni e la mia infanzia, con le vostre parole vuote. La gente soffre. La gente muore. Interi ecosistemi stanno collassando. Siamo all'inizio di una estinzione di massa, e tutto ciò di cui potete discutere sono i soldi, e le favole di una eterna crescita economica. Come vi azzardate!». Più di così, Greta Thunberg avrebbe potuto solo prendere a schiaffi i capi di governo che la stavano ascoltando, durante il suo discorso all'apertura del Climate Action Summit nell'Assemblea Generale dell'Onu. Epperò, anche se non è abbastanza, qualche impegno concreto per moltiplicare gli sforzi finalizzati a contenere i cambiamenti climatici è venuto, tipo l'alleanza di 59 Paesi che hanno promesso di aumentare i contributi nazionali per tagliare le emissioni di CO2 del 45% entro il 2030, o il totale di 65 nazioni più l'Unione Europea, 10 regioni, 102 città, 93 imprese e 12 investitori, che si sono impegnati a ridurle a zero entro il 2050.La denuncia di Greta, quasi in lacrime, ha commosso l'Assemblea. Ma alla fine lo stesso presidente americano Trump non ha resistito al richiamo di sentire cosa accadeva, oppure di sfidare i suoi critici, presentandosi a sorpresa in aula durante i discorsi del leader indiano Modi e quello tedesco Merkel. «Speriamo - lo ha sfottuto l'ex sindaco ambientalista di New York Michael Bloomberg - che le nostre deliberazioni siano di aiuto, quando formulerete la politica del clima». Il pubblico in aula ha riso, conoscendo anche l'acrimonia personale fra i due miliardari di Manhattan, ma forse ha sperato anche che le motivazioni scientifiche dell'allarme finiscano per fare breccia. Un video ha catturato il momento in cui Greta si è vista passare davanti Trump in un corridoio del Palazzo di Vetro, e sul suo viso era impossibile non leggere la rabbia. Anche le emozioni alla fine potrebbero avere un peso, ma Guterres ha insistito sui danni già evidenti per gli esseri umani: «La natura è arrabbiata. E ci prendiamo in giro, se pensiamo di poter prendere in giro la natura. Perché la natura si vendica sempre, e nel mondo sta colpendo con furia. C'è un costo per tutto, ma il costo più grande è non fare nulla».Il vertice era stato diviso in nove coalizioni di Paesi, che dovevano presentare iniziative concrete per contrastare i cambiamenti climatici e contenere l'aumento delle temperature sotto 1,5 gradi, aiutati dal settore privato. E oltre 70 annunci sono arrivati. Il presidente cileno Pinera, che ospiterà la prossima conferenza COP25, ha detto che la "Climate Ambition Alliance" si impegna ad aumentare le "nationally determined contribution" nel 2020, ed arrivare a zero emissioni entro il 2050. Si tratta di 59 Paesi che hanno già definito i nuovi obiettivi e 11 che li stanno studiando. Compagnie che valgono oltre 2,3 trilioni di dollari hanno dichiarato che si allineeranno ai parametri dettati dalla scienza, e la Powering Past Coal Alliance si è allargata, arrivando ora ad includere 30 Paesi, 22 Stati o regioni, e 31 corporation che smetteranno di costruire centrali elettriche a carbone, puntando sulle fonti rinnovabili. La Asset Owner Alliance, che raggruppa fondi pensione del valore di 2 trilioni di dollari, investirà ora solo su aziende carbon-neutral. I Paesi dell'America centrale destineranno entro il 2030 10 milioni di ettari di terra alla produzione agricola sostenibile, per ridurre le emissioni del 40% rispetto al 2010. Il premier italiano Conte, che presenterà un piano per migliorare la digitalizzazione delle infrastrutture limitando gli sprechi di elettricità, ha detto che l'Italia punta al completo raggiungimento degli obiettivi fissati dall'Agenda 2030, e ad una strategia di decarbonizzazione entro il 2050.Tutto ciò è comunque troppo poco, per restituire a Greta e alla sua generazione i sogni e l'infanzia perduta. La speranza però è che sia l'inizio di un processo, per assicurare almeno la loro sopravvivenza. 

Paolo Mastrolilli

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23 settembre 2019

 

 

Dalle batterie alle bottiglie: ripescate dalla baia due tonnellate di rifiuti

L'operazione di Mare Nordest, che entra proprio in queste ore nel circuito europeo "Clean Sea" ha riguardato il giorno prima anche i fondali della Sacchetta

DUINO AURISINA. Tre tonnellate di rifiuti rimosse tra i fondali della Sacchetta a Trieste sabato e la baia di Sistiana ieri. L'operazione "Clean Waters Coast to Coast", a cura di Mare Nordest, ha visto impegnata una grande macchina organizzativa, con l'obiettivo, ancora una volta, di salvaguardare il mare. E ieri a Genova il sodalizio ha stretto una collaborazione che porterà Mare Nordest a entrare anche nel progetto europeo "Clean sea", volto sempre alla tutela ambientale. Tra i protagonisti delle due mattinate di lavoro sott'acqua le società "La Sacchetta" e Asd Sistiana 89 con AsD Area51 Scuola Sub e Deep Blue. In prima fila, per Mare Nordest, Edoardo Natelli, Paolo Melis, Monica Rana e Tiziana Tassan. Sabato è stata portata a galla una tonnellata di immondizia: tanti i materiali pesanti fatti riemergere, come batterie di veicoli, pneumatici, carrelli della spesa, bottiglie, plastica in abbondanza e pure una stampella. Ieri il risultato parla di quasi due tonnellate. Anche in questo caso c'è la plastica al primo posto, e poi nasse, maschere e palloni di gomma. Sul fronte del vetro bottiglie, vasi e lampade. E anche qui ecco spuntare batterie di auto ma anche piccoli elettrodomestici. L'oggetto più voluminoso recuperato è stato un timone di due metri. L'intervento del weekend si colloca all'interno della "Settimana Aware" di Project Aware e Padi, l'evento globale che comprende attività organizzate per contrastare l'inquinamento dei mari, per creare consapevolezza sulle specie vulnerabili e per mettere le comunità locali in grado di dare il proprio contributo per la protezione degli ambienti acquatici. E sempre nel week end una delegazione di Mare Nordest ha preso parte anche al Salone Nautico di Genova. «Dove abbiamo siglato un accordo importante - spiega Roberto Bolelli, general manager di Mare Nordest - per quanto riguarda la divulgazione scientifica e le tematiche ambientali, grazie al quale entreremo a far parte del circuito "Clean sea", progetto europeo che pone al centro proprio la necessità di pulire i mari e che ci metterà a disposizione anche alcuni strumenti per proseguire su questa strada. E per raccontare l'iniziativa - annuncia Bolelli - saremo presenti anche alla Notte dei Ricercatori» Nella due giorni appena conclusa, spazio anche a una mostra fotografica costituita da una decina di opere che hanno partecipato alle quattro edizioni del Trofeo internazionale di Fotografia subacquea "Città di Trieste" - Memorial Moreno Genzo, il contest organizzato da Mare Nordest in collaborazione con Emanuele Vitale, che richiama fotografi da tutto il mondo e contribuisce a diffondere la cultura del mare e a far conoscere Trieste e tutte le sue realtà, scientifiche, culturali ed economiche.-

Micol Brusaferro

 

 

Clima, ultima chiamata Traditi i patti sul caldo

A Parigi 4 anni fa tutti i Paesi si impegnarono a varare interventi Molti hanno ignorato il taglio alle emissioni dei gas serra

Roma. È il giorno dell'UN Climate Action Summit, il vertice convocato a New York in cui il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, chiederà ai leader mondiali di dare "gambe" efficaci e realistiche per centrare gli impegni per fermare la catastrofe climatica stabiliti dall'Accordo di Parigi del 2015. i gas serraLa situazione la conosciamo, e non è per niente buona: quattro anni fa, nella capitale francese, tutti i Paesi si impegnarono a varare piani - che da subito furono definiti insufficienti dagli scienziati - per tagliare in modo drastico le emissioni di gas serra che stanno infiammando il Pianeta, allo scopo di limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5 gradi centigradi. Ma le promesse non sono state mantenute: dopo tre anni di stabilizzazione, nel 2017 prima e nel 2018 poi le emissioni di CO2 nel mondo sono aumentate, rispettivamente, di 527 e 565 milioni di tonnellate, dice l'Iea, l'Agenzia internazionale dell'energia. La concentrazione di CO2 in atmosfera è in continua crescita, e ha raggiunto e superato le 410 parti per milione. Secondo uno studio di Climate Action Tracker, se i piani nazionali venissero rispettati (e non è detto), andremo oltre la soglia di 1,5 gradi nel 2035, di 2 nel 2053, e arriveremo a più 3,2 gradi nel 2100.Che la situazione sia pericolosissima, a parte gli allarmi della scienza, lo dicono le cronache di tutti i giorni: uragani sempre più distruttivi nei Caraibi, area ghiacciata sempre più ridotta nell'Artico, estati roventi ovunque. Temperature elevate - Se guardiamo a casa nostra, le temperature medie annuali nell'area del Mediterraneo sono ora 1,4 gradi sopra i livelli di fine Ottocento, e continuano a crescere, specie d'estate. Insomma, si rischia di perdere l'ultimo treno per limitare in modo significativo il surriscaldamento globale. Servirebbe - lo dicono gli scienziati dell'Ipcc dell'Onu - uno sforzo grandioso e coordinato di tutti gli Stati, a cominciare da quelli più importanti dal punti di vista economico. Il tempo, le tecnologie e le risorse le abbiamo. Servirebbe, insomma, il multilateralismo; ma oggi tira il vento del sovranismo. Proprio quando anche negli Stati Uniti d'America i negazionisti climatici sono diventati (a dire dei sondaggi) una minoranza, i leader politici mondiali preferiscono giocare in splendida solitudine, pensando alle convenienze nazionali del momento, e del tutto disinteressati a quanto accadrà nel giro di pochi decenni. Da Trump, a Putin, al brasiliano Jair Bolsonaro. I paesi più impegnati - Alla tribuna Onu di New York il segretario generale Guterres inviterà come relatori solo i leader di Paesi impegnati sulla sfida del clima, sperando in nuovi impegni e soluzioni. Dunque no a Trump e Bolsonaro, e no anche ai rappresentanti di Giappone, Arabia Saudita, Australia e Corea del Sud. Ci saremo invece noi dell'Unione Europea, che come Cina e India siamo in una situazione curiosa: l'Europa ha indicato impegni di taglio delle emissioni davvero molto modesti, quando invece concretamente è molto più avanti. La green economy - Si stanno ottenendo risultati migliori del previsto nel potenziare la green economy e mettere a punto nuove tecnologie pulite. Settori che oltre a creare posti di lavoro, possono migliorare la vita di tutti, nei paesi ricchi come in quelli in via di sviluppo. Aumentare l'ambizione degli obiettivi, osservano gli ambientalisti, potrebbe spingere altri paesi a imitare il buon esempio. E anche l'Italia può e deve fare la sua parte, trasformando in fatti e provvedimenti lo slogan del nuovo governo per un «Green New Deal», che al momento contiene poca sostanza. Si può ancora intervenire - Anche perché siamo ancora in tempo per evitare il peggio. Tra i tanti fattori preoccupanti, sull'altro piatto della bilancia va posta la rivolta dei più giovani sotto l'egida di Greta Thunberg. Le indagini sociologiche e demoscopiche mostrano che la pacifica ma determinata protesta dei ragazzi ha grandi effetti sull'opinione pubblica nel suo complesso in tutti i paesi economicamente più avanzati. E quelle stesse indagini rivelano un altro fattore nuovo, che potrebbe paradossalmente rivelarsi decisivo: cresce il timore per il disastro climatico. Le continue ondate di calore, le impressionanti devastazioni provocate dagli uragani tropicali, le migrazioni di massa indotte dall'emergenza clima, i fenomeni meteo sempre più gravi anche nelle aree più temperate colpiscono potentemente l'immaginazione di tante persone. Chissà che non si riveli la carta vincente per salvare il Pianeta: quando il tasso di «paura climatica globale» supererà una certa soglia, allora tutti i politici dovranno dare risposte. Purché non sia troppo tardi.

Roberto Giovannini

 

È l'economia circolare il segreto per un mondo sempre più green Affare da 26mila miliardi di dollari

Serve un cambio di rotta rispetto al modello "lineare": è questa la grande sfida Salvaguardia del suolo, risparmio energetico, trasporto collettivo basi irrinunciabili

La green economy è un cambio di mentalità in grado di creare opportunità per tutti gli attori delle comunità (cittadini, imprese, istituzioni) a patto di abbandonare posizioni di rendita e puntare su un ridisegno di sistemi, produzioni e prodotti avendo come guida una visione ispirata all'economia circolare. Secondo stime della Global Commission on the Economy and Climate, organismo indipendente voluto da Regno Unito, Svezia, Indonesia, Norvegia, Corea del Sud, Colombia ed Etiopia, una "nuova" economia garantirebbe un "guadagno" cumulato di 26mila miliardi di dollari, rispetto all'attuale modello economico lineare. Inoltre, si potrebbero creare, entro il 2030, 65 milioni di posti di lavoro e evitare 700mila morti premature dovute all'inquinamento dell'aria. Ma questi cambiamenti non dipendono solo dalle scelte di indirizzo politico. Ecco alcuni comportamenti che possono contribuire al mutamento. Cambiamento culturale - Vivere bene entro i limiti naturali è l'obiettivo del nostro secolo, ed è una sfida culturale prima ancora che tecnologica. Dobbiamo ripensare le nostre abitudini consolidate, che rappresentano il maggiore ostacolo alla sperimentazione di nuovi modelli e rischiano di ritardare il processo di cambiamento. Cibo vicino - Privilegiare filiere più corte e sostenibili per un cibo più salutare e per creare nuove opportunità per i territori, rafforzando le reti locali e sviluppando una nuova relazione tra il mondo agricolo e quello urbano. Un esempio virtuoso è la Food Policy della Città di Milano. Sul sito www.improntawwf.it ognuno può calcolare il costo ambientale delle proprie scelte alimentari. Leggiamo spesso che per produrre un etto di carne si consumano 150 litri di acqua ma già oggi è possibile ridurre a 20-30 litri il reale input non derivante da cicli naturali se l'alimentazione dei capi è solo a base di erba e foraggio. Suolo risorsa - Il suolo è una risorsa non rinnovabile - occorrono più di 2 mila anni per formare 10 cm di terreno - è il punto di partenza per la produzione alimentare, è fondamentale per mantenere la vita sulla Terra e, grazie al sequestro di carbonio è cruciale per ridurre le emissioni di CO2 dall'atmosfera. Tuttavia, secondo la FAO, il 33% dei suoli è oggi degradato e affetto da salinizzazione, compattazione, inquinamento chimico, acidificazione, accumulo di sostanze non biodegradabili e esaurimento dei nutrienti. Il Joint Research Center dell'Unione Europea sostiene che il 20% della superficie dell'Unione è soggetta ad erosione con una velocità di 10 tonnellate per ogni ettaro all'anno, mentre la copertura del terreno con materiali impermeabili (per esempio edificando immobili) conduce ad una perdita di terra produttiva di 1000 km 2 ogni anno. Sostanza organica - Nell'ottica della rigenerazione del suolo attraverso l'apporto di sostanza organica va rilanciata l'iniziativa internazionale denominata "4 per mille - Il suolo per la sicurezza alimentare e il clima", lanciata nel 2015 in concomitanza con gli Accordi di Parigi, che ci dice che ogni anno un aumento dello 0,4% della quantità di materia organica sarebbe sufficiente a compensare l'aumento della concentrazione di CO2 nell'atmosfera legato alle attività antropiche. A questa grande impresa possiamo dare tutti il nostro contributo facendo correttamente la raccolta differenziata della frazione organica. Viaggiare sostenibile - Privilegiare il trasporto collettivo rispetto all'utilizzo di mezzi privati (anche se elettrici), è una delle azioni concrete più efficaci. Il rapporto delle emissioni di CO2 tra auto e treno è di 118 a 44 grammi per chilometro. Energia autoprodotta - Oggi è possibile autoprodurre l'energia utilizzando fonti rinnovabili senza ricorrere ad incentivi dopanti. Le simulazioni del Politecnico di Milano stimano che 500 mila comunità energetiche distribuite sul territorio nazionale, di cui l'80% in ambito residenziale, possano garantire un risparmio economico tra i 2 e i 6 miliardi di euro l'anno, con una riduzione delle emissioni di CO2 fra i 3,6 e gli 11 milioni di tonnellate nello stesso periodo. Nei prossimi trent'anni 4 miliardi di persone vivranno in zone aride e la combinazione del degrado del suolo e del cambiamento climatico potrebbe ridurre la produzione agricola fino al 50% in alcune regioni. Come ha ricordato Carlo Petrini in occasione dell'inaugurazione di Cheese 2019, è quanto mai fondamentale e urgente l'adozione di un'adeguata normativa a livello europeo e italiano sul suolo, in grado di promuovere l'utilizzo responsabile dei terreni agricoli e la creazione di nuove filiere integrate del valore, basate sulla diffusione di buone pratiche, sull'uso sostenibile delle biomasse e sull'aggiunta di materia organica. 

Catia Bastioli

 

 

In vigore il fermo pesca per le reti a strascico - FINO AL 15 OTTOBRE

FIUME. Ancora un fermo pesca nelle acque croate dell'Adriatico, stavolta però dalle conseguenze soft per mercati ittici e consumatori. Il fermo biologico, che durerà fino al 15 ottobre, riguarda i pescherecci con reti a strascico, i cui equipaggi non possono esercitare nelle aree C e D e parzialmente in quella E. Le reti a strascico cioè non possono essere usate nel mare della Dalmazia centrale e meridionale (C e D), e il divieto concerne poi in parte la zona E ovvero le acque interne dell'Adriatico settentrionale. I pescatori locali possono lavorare nelle acque non comprese dal fermo pesca. Questo particolare regime di pesca, adottato dal ministero croato, non ha avuto effetti rilevanti per le pescherie dell'Alto Adriatico, dove l'offerta di pesce bianco è rimasta ai livelli delle settimane scorse.

A.M.

 

 

Stop alla centrale a carbone Podgorica sceglie l'ambiente

Il Montenegro preferisce impegnarsi nel rispetto delle regole fissate dall'Unione europea nella quale punta a entrare

Podgorica. In una regione - quella dei Balcani - fra le più avvelenate dallo smog in Europa, anche un timido passo soltanto all'apparenza minore può rivelarsi di enorme importanza. Lo è sicuramente quello del Montenegro, che ha annunciato di aver fatto marcia indietro su uno dei progetti energetici più controversi mai pianificati nel Paese e nell'intera regione.Si tratta di una unità ex novo, la seconda, nella super-inquinante centrale elettrica alimentata a carbone di Pljevlja, nel nord del Montenegro, già oggi una delle città più "affumicate" dalla lignite dell'intera regione. L'unità, della potenza di 254 megawatt, avrebbe rappresentato circa l'8% totale della produzione di energia del piccolo Stato, da realizzarsi per un costo di circa 320 milioni di euro. Pljevlja II tuttavia non si farà, come avevano chiesto per anni ecologisti e Ong, anche internazionali.Ad annunciarlo è stato personalmente il premier montenegrino Dusko Markovic, che ha svelato che Podgorica ha «rinunciato alla valorizzazione di un grande deposito di carbone nell'area di Pljevlja per la costruzione della seconda unità, malgrado fosse un grosso investimento, volano per un gran numero di posti di lavoro». La scelta era però quasi obbligata. Il Montenegro, assieme alla Serbia Paese in pole nei Balcani per l'adesione all'Unione europea, deve puntare quanto più possibile sulle rinnovabili, abbandonando il carbone, per rispettare le regole Ue. Anche per questo «abbiamo concluso che non è più possibile realizzare il progetto su basi commercialmente giustificabili, rispettando gli ambiti standard ambientali», ha spiegato all'agenzia Reuters il consigliere per l'Energia del primo ministro, Ljubo Knezevic.Invece di realizzare Pljevlja II, il Montenegro cercherà dunque di modernizzare l'esistente unità 1, ormai più che obsoleta, oltre a impegnarsi nel ripristino ambientale dell'area. La vecchia centrale, aveva denunciato negli anni scorsi l'Ong BankWatch, assieme alle emissioni causate dal riscaldamento a legna e carbone, ha reso l'aria in città «insopportabilmente cattiva» e le cose sarebbero solo peggiorate in caso di potenziamento dell'impianto.Pljevlja non è sola, nei Balcani. Un recente studio ha svelato che le sedici centrali più grandi nella regione emettono tanta anidride solforosa quanto 250 impianti nella Ue. Ma i Balcani - Montenegro a parte - continuano a puntare sul carbone, con 2,7 GW di potenza in più prevista nei prossimi anni grazie a nuovi impianti, in progetto o in costruzione soprattutto in Serbia e in Bosnia, in gran parte finanziati da prestiti cinesi. La retromarcia di Podgorica però, forse, potrebbe portar consiglio ai vicini.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 settembre 2019

 

 

I Grandi del mondo all'angolo sul clima Greta all'Onu: «Noi giovani inarrestabili»

Il Segretario generale rende omaggio agli attivisti: «All'inizio ero scoraggiato, ma adesso sento nuovo slancio»

New York. «Ieri milioni di persone in tutto il globo hanno marciato e chiesto azioni reali sul clima, soprattutto i giovani. Abbiamo dimostrato che siamo uniti, e inarrestabili». Così Greta Thunberg ha celebrato il successo della protesta planetaria di venerdì, aprendo ieri lo Youth Climate Summit all'Onu, col segretario generale Guterres e altri 700 ragazzi di tutto il mondo. La marcia però è stata solo un punto di partenza, come ha sottolineato l'attivista delle Fiji Komal Karishma Kumar, lanciando questo avvertimento ai leader politici: «Non dubitate della scienza, tornate ad applicare gli impegni presi con l'accordo di Parigi. E ricordatevi una cosa: vi obbligheremo a rendere conto delle vostre azioni. Se non lo farete, ci mobiliteremo per cacciarvi con il voto». Lo Youth Climate Summit è stato pensato da Guterres e dal suo inviato speciale Luis Alfonso de Alba, come anticipazione del Climate Action Summit che si terrà domani con i capi di Stato e di governo. Lo scopo era sfruttare la spinta prodotta dal movimento dei giovani, per aumentare la pressione sugli adulti, che dovranno presentarsi con piani concreti d'azione. Lo ha ammesso lo stesso Guterres: «Quando avevo cominciato, un paio di anni fa, ero molto scoraggiato. Stiamo fronteggiando un'emergenza climatica, ma c'era un senso di apatia. All'improvviso, però, ho iniziato a sentire un nuovo slancio». Il segretario ha avvertito che l'emergenza è peggiorata: «Stiamo ancora perdendo la corsa. I cambiamenti climatici corrono più veloci di noi. Abbiamo ancora i sussidi per l'energia fossile, le centrali a carbone vengono costruite, e tante cose che dovrebbero accadere non succedono. Ma c'è un cambio nell'abbrivio. In larga parte è dovuto alla tua iniziativa (di Greta, che stava seduta vicino a lui, ndr), e del coraggio con cui hai avviato questo movimento, trasformandolo in un fenomeno che ha coinvolto milioni di persone nel mondo. Non solo chi decide deve cambiare, ma dovrà rendere conto di cosa fa». Guterres ha notato che per secoli gli uomini si sono scontrati fra loro, ora si stanno scontrando con la natura, «e ciò può essere distruttivo per il nostro futuro». L'emergenza non riguarda solo l'ambiente, ma «molte persone che stanno drammaticamente morendo e soffrendo per l'impatto dei cambiamenti climatici». Il segretario ha detto che è possibile conciliare la crescita economica con la protezione dell'ambiente, e ha concluso: «Alcuni vi diranno che è molto pericoloso, complicato. Vi solleciteranno ad essere prudenti. Io non sono prudente per nulla. Vi incoraggio ad andare avanti. La mia generazione ha fallito finora nel preservare la giustizia e il pianeta. Io ho delle nipoti, e voglio che vivano in un pianeta vivibile. La vostra generazione deve assicurare che non tradiremo il futuro dell'umanità». Kumar ha denunciato che «molti giovani in tutto il mondo vivono nella paura costante e l'ansia per il clima, l'incertezza per la propria salute e la vita dei loro figli». Bruno Rodriguez ha attaccato: «Dobbiamo fermare il comportamento criminale e contaminante delle grandi corporation. Quando è troppo è troppo».Il vertice dei giovani però non è stato fatto solo di parole. Alcuni hanno proposto progetti concreti per contrastare il riscaldamento globale, presentandoli ai rappresentanti di aziende tipo Google che dovevano votarli e sponsorizzarli. Secondo lo spirito delle iniziative pratiche che domani i leader dei Paesi membri, incluso Conte, dovranno annunciare. Uscendo dal summit, Greta è andata con i suoi accompagnatori a rilassarsi nel giardino di Tudor City, davanti al Palazzo di Vetro: «È una grande vittoria, che non mi sarei mai aspettata così in fretta. Abbiamo bisogno di fatti concreti. E se non verranno dal summit di domani, andremo avanti. Arrendersi non è un'opzione». 

Paolo Mastrolilli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21 settembre 2019

 

 

Traffici illegali di rifiuti pericolosi dall'area di Trieste fino all'Est Europa

La Finanza scopre un giro milionario di marmitte esauste non smaltite e rivendute all'estero. Otto persone denunciate

Trieste. Trafficava marmitte. Nell'era delle ecomafie, dei rifiuti tossici e delle discariche abusive, lui aveva puntato su questo per fare soldi a palate: a Trieste, fuori regione e nell'Est Europa. E ci era riuscito, fintanto che la Guardia di finanza non ha scoperto un'evasione fiscale di 2,5 milioni di euro. Il trafficante è quarantenne serbo che risiede da anni a Trieste. Il suo elevato tenore di vita, assolutamente sproporzionato rispetto ai modesti redditi dichiarati al Fisco, ha insospettito i finanzieri. L'identità del quarantenne resta ancora segreta perché l'indagine potrebbe riservare altre sorprese. Nei guai sono finiti anche altri sette complici collegati ad altrettante ditte sparse tra l'Italia e l'estero. Andranno tutti a processo. Dovranno rispondere di una serie di reati ambientali, ma anche di riciclaggio e illeciti fiscali. Le indagini dei militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria e della Guardia di Finanza di Trieste, dirette dalla Procura, hanno portato a galla il "business trash", così è stato chiamato dagli inquirenti. Il sodalizio criminale aveva base a Trieste, la città dove il serbo abita. A partire dal 2016 l'uomo era riuscito a procurarsi - soprattutto dall'Est Europa - tonnellate di marmitte catalitiche esauste destinate allo smaltimento: materiali considerati rifiuti pericolosi. Il serbo agiva in totale violazione delle leggi in materia di tutela ambientale. L'assenza di adeguamenti normativi (l'uomo non aveva alcun requisito per custodire e smaltire le tonnellate di marmitte che si era procurato per gli affari) gli permetteva poi di rivendere la merce a prezzi bassissimi ad altre aziende specializzate nel recupero di materiali ferrosi. Il quarantenne aveva prima aperto una società in Italia, poi un'altra in Bulgaria, in costante contatto con le varie imprese. Le società (del tutto consapevoli dell'attività abusiva escogitata dal loro fornitore) risultavano riconducibili a prestanome. Le imprese talvolta garantivano il proprio supporto finanziario e logistico per incentivare gli affari del quarantenne. E il business rendeva. Il serbo, nonostante la rete che aveva messo in piedi, comunque non aveva legami con la criminalità organizzata.L'uomo è stato incastrato anche dai flussi di denaro che confluivano sui conti correnti a lui intestati. Nel corso dell'inchiesta la Guardia di finanza ha anche intercettato e poi sequestrato un camion con targa svizzera che trasportava le marmitte destinate alle società complici. L'inchiesta continua: la finanza sta ancora valutando la posizione di altri individui che sarebbero implicati nel giro. L'evasione fiscale dell'intero traffico di marmitte catalitiche esauste, oggetto dell'istruttoria, ammonta a circa 2,5 milioni di euro; il passaggio di contanti tra un Paese all'altro ha raggiunto i 3 milioni. Le attività di smaltimento dei rifiuti in Friuli Venezia Giulia e il loro passaggio da una ditta all'altra - settore che da decenni nel resto del Paese è entrato negli interessi delle mafie italiane - in questi anni è sotto il rigido controllo delle istituzioni e delle forze di polizia. I segnali di possibili anomalie in Fvg, oggetto di monitoraggio, arrivano anche dai misteriosi incendi registrati negli ultimi anni in alcune discariche localizzate nella zona di confine tra il territorio provinciale di Pordenone e il Veneto. 

Gianpaolo Sarti

 

Cresce la sensibilità green dei cittadini - E le istituzioni si adeguano ai tempi

Trieste. I temi legati all'ambiente e alla sua tutela, nel frattempo, vanno acquisendo giorno dopo giorno maggiore attualità. Tanto da aver iniziato a dettare le agende politiche a più livelli. Proprio ieri è cominciata la Climate Action Week, in Friuli Venezia Giulia come nel resto del pianeta, per un totale di circa 150 Paesi e più d'un continente coinvolti. E anche a Trieste il Consiglio comunale si prepara a discutere l'adesione della città al Patto dei sindaci per il clima e l'energia promosso dall'Unione Europea. Quanto alla settimana di mobilitazione mondiale per la crisi climatica, è organizzata dalle ragazze e dai ragazzi di Fridays For Future e culminerà con lo sciopero (che in Italia è indetto a livello nazionale dalle sigle sindacali Flc Cgil, Cobas e Usb) del 27 settembre: quel giorno in regione sono previsti cortei a Trieste, a Ronchi e a Udine. Che il clima stia mutando, d'altronde, lo registra anche il report "Popolazione, economia e clima del Friuli Venezia Giulia": dal 1961 a oggi si è rilevato un aumento delle temperature medie di 0,3 gradi ogni dieci anni «con una chiara tendenza all'accelerazione nei decenni più recenti».Sempre in materia di ambiente, lunedì l'assemblea municipale di Trieste sarà chiamata a discutere una proposta di deliberazione riguardo l'adesione della città al Patto dei sindaci per il clima e l'energia. Le città firmatarie, si legge sul sito dell'Unione europea, s'impegnano a sostenere l'attuazione dell'obiettivo comunitario di riduzione del 40% dei gas a effetto serra entro il 2030, adottando un approccio comune per affrontare la mitigazione e l'adattamento ai cambiamenti climatici. Finora vi hanno aderito quasi 10 mila Comuni in 59 diversi Paesi. «In cinquant'anni di danni ne abbiamo fatti - è il commento del primo cittadino di Trieste, Roberto Dipiazza -. All'epoca per tante cose eravamo indietro ma l'acqua era pura. Penso che adesso sia necessario fermarsi e guardare a che cosa sta accadendo, avviando una riflessione. Ci sono campanelli d'allarme incredibili».

 

Dalle discariche abusive al cemento "selvaggio"

Il business dei reati ambientali ha coinvolto lo scorso anno in Fvg 440 persone Al Veneto la maglia nera del Nordest con 872 irregolarità e 116 arrestati

Trieste. Dalle discariche a cielo aperto agli abusi edilizi. Sono solo alcuni esempi delle numerose tipologie di reati ambientali. Un business illegale in crescita che non risparmia nemmeno il Friuli Venezia Giulia. In regione, in quest'ambito, lo scorso anno sono state commesse quasi 300 infrazioni. La quota più consistente, come nel resto d'Italia, ha riguardato il settore dello smaltimento dei rifiuti e quello del ciclo abusivo del cemento. Ma si sono verificati pure alcuni tentativi di corruzione. Numeri ancora contenuti, specie se confrontati con quelli di altri territori finiti ormai da anni e in maniera sistematica nel mirino delle ecomafie. Ma che, secondo gli esperti, vanno comunque letti come campanelli d'allarme che non devono spingere ad abbassare la guardia. IN REGIONE Come detto, è stato appurato che l'anno scorso in regione sono state commesse almeno 292 infrazioni ambientali. Di queste 95 erano legate al ciclo illegale dei rifiuti, 80 a quello del cemento e 3 ad episodi di corruzione sempre in ambito ambientale. Tra denunce e arresti, le indagini hanno coinvolto 440 persone. A fornire i numeri è il dossier pubblicato a inizio anno a livello nazionale da Libera, che a sua volta ha rielaborato dati raccolti da varie realtà, tra cui Legambiente. Rispetto al passato il fenomeno sembrerebbe essere in diminuzione. Se da un lato, infatti, purtroppo non esiste un "archivio" unico delle informazioni inerenti la criminalità ambientale in Fvg, dall'altro «le relazioni che la Procura Generale e la Corte d'Appello ogni anno pubblicano in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario evidenziano una diminuzione di questi reati», spiega Alessandro Giadrossi, avvocato esperto di Diritto ambientale oltre che presidente del Wwf Fvg. Non è detto però che la flessione sia legata ad un maggior rispetto delle norme ambientali. «Potrebbe invece essere dovuta ad una minor vigilanza in questo campo, non lo sappiamo con certezza - continua Giadrossi -. È persino difficile dare una precisa definizione di reati ambientali. Discariche e scarichi abusivi in acqua e in aria sul suolo, distruzione di habitat, deturpamento del paesaggio ma anche bracconaggio sono solo alcuni degli illeciti contemplati dalle diverse norme vigenti in materia: non esiste un testo unico bensì un vasto corpus, di cui la legge del 2015 (sui delitti ambientali, ndr) è solo l'ultimo tassello». A NORDEST Il quadro si fa più pesante se si allarga lo sguardo al resto del Nordest. Sempre secondo il report di Libera, tra Fvg, Veneto e Trentino Alto Adige le infrazioni ambientali nel corso del 2018 sono state nel complesso 1.706. Il che vale a dire che l'anno scorso sono stati messi a verbale quasi 5 reati al giorno, con 1.914 persone coinvolte in denunce oppure arresti e 552 sequestri effettuati: si tratta di circa il 7% del totale nazionale. «Numeri che da una parte raccontano di un Nordest afflitto dagli ecocriminali - è il commento che l'associazione scrive a corredo dei dati -, ma dall'altra parlano del successo dell'attività di contrasto. Di corruzione e reati ambientali sono piene le cronache giudiziarie. Dall'1 gennaio 2010 al 31 maggio 2018 Legambiente ha censito nelle tre regioni 19 inchieste che hanno portato all'arresto di 158 persone e alla denuncia di 346». La maglia nera spetta al Veneto, con 15 inchieste aperte, 116 persone arrestate e 275 denunciate per corruzione ambientale. Ma il Veneto è anche la regione con il maggior numero di eco-reati in generale, ovvero 872, con 1.267 persone tra denunce e arresti. Segue il Trentino con 542 infrazione accertate e 207 persone denunciate oppure arrestate. NEL RESTO D'ITALIAIl report "Ecomafia 2019. Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia", pubblicato a luglio da Legambiente, descrive infine una penisola in cui continua l'attacco ai danni dell'ambiente da parte della criminalità, talvolta anche organizzata: è il caso appunto delle ecomafie, che secondo tale dossier lo scorso anno hanno avuto un giro d'affari di 16,6 miliardi di euro, ovvero 2,5 in più rispetto al 2017. Tornando agli illeciti ambientali in generale, nel 2018 i settori che sono andati per la maggiore sono stati ancora una volta il ciclo illegale del cemento e dei rifiuti, ma anche la filiera agroalimentare e il racket degli animali. Il bilancio complessivo dei reati contro l'ambiente ha subìto un lieve calo, dovuto soprattutto alla diminuzione degli incendi boschivi di origine dolosa. Al contempo sono però cresciute le infrazioni legate ad ambiti specifici: appunto lo smaltimento abusivo dei rifiuti (quasi 8mila, cioè 22 al giorno), il cemento selvaggio (qui gli illeciti hanno subito una vera e propria impennata: sono stati 6.578, con una crescita del +68%) e i delitti contro gli animali e la fauna selvatica (sono stati commessi 7.291 reati, ovvero circa 20 al giorno, contro i "soli" 7 mila del 2017). Il 45% delle illegalità ambientali si è concentrato tra Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Seguono nella classifica Lazio, Toscana e Lombardia. 

Lilli Goriup

 

 

La ciclabile di viale XXV Aprile "incompiuta" da quattro anni

Le ultime asfaltature sembrano aver "cancellato" l'idea di un percorso diretto al centro sportivo di Piasò. Ma la giunta Marzi non chiude: «Dipende dai fondi Uti»

MUGGIA. Che fine ha fatto il percorso ciclabile da realizzare sul lato destro della carreggiata di viale XXV Aprile?Il dibattito sul progetto - fortemente caldeggiato dall'ex assessore e attuale consigliere del Pd Marco Finocchiaro, e sposato dalla precedente amministrazione Nesladek - è tornato in auge in questi giorni in seguito all'asfaltatura della strada che collega il centro alle strutture sportive di Piasò. Un intervento che, per il suo stesso svolgimento, dà l'impressione di aver cancellato quel progetto. La realizzazione del percorso ciclabile era stata affrontata già quattro anni fa, con un emendamento alla delibera consiliare numero 72 del 2015 - "Integrazione del piano parcheggi" - proposto dagli allora consiglieri d'opposizione Nicola Delconte, Claudio Grizon, Daniele Mosetti, Claudio Di Toro e Paolo Prodan, e approvato a maggioranza. L'approvazione di questo emendamento riguardava appunto l'istituzione di un divieto di sosta lungo il lato destro di viale XXV Aprile, in direzione campo sportivo, al fine di attuare una serie di interventi finalizzati alla mobilità sostenibile una volta completati i parcheggi previsti e ultimati pure i lavori relativi ai percorsi casa-scuola. Da tempo il parcheggio nel piazzale ex Enel e quello presso l'ex campo di calcio a sette dello stadio Zaccaria sono operativi, e gli stessi lavori relativi ai percorsi casa-scuola sono stati ultimati. Roberta Tarlao (Meio Muja) ha chiesto così se «l'asfaltatura delle strade e la contemporanea liberazione degli stalli dalle macchine per permettere i lavori» potevano essere «l'occasione giusta per realizzare il percorso dedicato alla mobilità sostenibile».Tale progetto, peraltro, trova tuttora d'accordo Finocchiaro, che ritiene sempre valida l'idea di creare una pista ciclopedonale nell'area del comprensorio sportivo muggesano di Piasò. Il punto di vista della giunta Marzi sulla questione è stato fornito dal vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici Francesco Bussani, che in realtà non ha chiuso le porte all'intervento: «Come già fatto presente in più occasioni, l'opzione della pista ciclopedonale lungo viale XXV Aprile verrà valutata una volta ultimati gli interventi allo stadio Zaccaria». «In questo momento stiamo attendendo una risposta rispetto alla nostra richiesta di finanziamento all'Uti e alla Regione per il rifacimento degli spogliatoi dello stadio, per la creazione di un'area ristoro a servizio dell'intero plesso sportivo e per la riqualificazione della pista di atletica», conclude Bussani: «Tutti interventi che consentirebbero di far gravitare attorno alla zona un maggior numero di società sportive e atleti in quella struttura, rendendo di conseguenza più utile proprio un'eventuale collegamento ciclopedonale».-

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20 settembre 2019

 

 

Consumo di suolo in Italia: Friuli Venezia Giulia terzo Persi 239 ettari in un anno

Il rapporto Ispra sui metri quadrati "mangiati": Basilicata e Abruzzo ai primi posti A Monfalcone il 48% di terreno è cementificato, a Trieste il 34,7%. Il peso dell'A4

TRIESTE. Dal secondo posto 2017 al terzo 2018. Il Friuli Venezia Giulia rimane una delle regioni italiane che più consumano suolo: sono spariti altri 239 ettari. Nella fotografia di due anni fa solo il Veneto stava davanti al Fvg per incremento di consumo pro capite, mentre ora sui gradini alti del podio spuntano Basilicata e Abruzzo, con il Veneto quarto. Un quadro che, a livello provinciale, vede in testa Trieste con il 23% di terreno "mangiato", davanti a Gorizia (14,1%), Pordenone (9,1%) e Udine (7,8%), con una media regionale dell'8,9% (7,6% in Italia). Il dossier, zeppo di cifre e tabelle, è dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), che annualmente aggiorna i processi di trasformazione del territorio. Nel 2018, viene reso noto, è stata distrutta nel Paese una superficie verde di 51 chilometri quadrati, equivalente alla città di Bologna, in media 14 ettari al giorno, 2 metri quadrati al secondo. Un fenomeno che non procede di pari passo con la crescita demografica: ogni abitante italiano ha in "carico" 381 metri quadrati di superfici occupate da cemento, asfalto o altri materiali artificiali, con la popolazione che, al contrario, diminuisce. In totale, quasi la metà della perdita di suolo nazionale dell'ultimo anno si concentra nelle aree urbane, il 15% in quelle centrali e semicentrali, il 32% nelle fasce periferiche. La cementificazione avanza senza sosta soprattutto nelle zone già compromesse. A Roma, ad esempio, il consumo cancella, in un solo anno, 57 ettari di aree verdi (su 75 ettari di consumo). Record a Milano dove la totalità del consumo di suolo spazza via 11 ettari di aree verdi (su 11,5). In controtendenza Torino che inverte la rotta e inizia a recuperare terreno (7 ettari di suolo riconquistati nel 2018). Nel Rapporto 2018 emerge che, in un contesto di 2,3 milioni di ettari consumati in Italia, l'incremento maggiore da un anno all'altro è del Veneto (+923 ettari), quindi Lombardia (+633), Puglia (+425), Emilia Romagna (+381) e Sicilia (+302). Il Fvg passa da 70.459 a 70.698 (+239) ettari ed è appunto terzo in rapporto alla popolazione residente: +1,96 metri quadrati per abitante (Basilicata +2,80, Abruzzo +2,15, mentre la media nazionale è 0,80). Ciascun residente della regione consuma 582 metri quadri (200 più del dato Italia), con la punta della provincia di Udine (728), davanti a Pordenone (661), Gorizia (480) e Trieste (207). La classifica dei comuni vede invece in testa Trieste con 2.944 ettari di asfalto e cemento nel 2018, poi Udine (2.442), Pordenone (1.551), Aviano (1.117), Gorizia (1.096), San Vito al Tagliamento (1.044), Codroipo (1.033), Monfalcone (990), Spilimbergo (907) e Fontanafredda (832). Quanto alla percentuale rispetto alla superficie del territorio comunale, Monfalcone è al primo posto come gli scorsi anni con il 48%, con Trieste al 34,7%, Muggia al 34,4%, Lignano al 32,8% e Gorizia al 26,6%. Il Rapporto contiene anche la classifica dei comuni per quel che riguarda il consumo pro capite. La piccola Drenchia svetta con 5.117 metri quadrati per abitante, seguono Dogna (4.396), Barcis (4.028), Malborghetto Valbruna (3.435) e Stregna (3.255). Al sesto posto Dolegna del Collio (3.061). Nel focus sull'incremento dal 2017 al 2018, Gonars, area dove insistono da tempo i lavori per la terza corsia dell'A4, ha aggiunto altri 27 ettari al pregresso, e la vicina Porpetto 17. Un tema non a caso sollevato da Graziano Pizzimenti, assessore regionale a Infrastrutture e Territorio, e dai costruttori. «Se i numeri dell'Ispra tengono conto anche dei lavori in autostrada - osserva Pizzimenti -, credo si possa parlare di un disagio comprensibile rispetto ai benefici che l'opera determinerà a favore della comunità». Roberto Contessi, presidente Ance Fvg, non nasconde perplessità sul Rapporto: «Mi pare un quadro freddo, senza spiegazione dei fatti. La terza corsia incide senz'altro, ma per il resto il nostro è un settore ancora bloccato. Quando poi si costruisce, quasi tutto ricade nella ristrutturazione, visti anche i vantaggi fiscali. Dopo di che, chiunque viaggia in regione si accorge che viviamo in un territorio con ampi spazi verdi. Io, di gru in giro, ne vedo molto poche».

Marco Ballico

 

Pressing Legambiente per una legge ad hoc

L'appello di Cargnelutti alla giunta Fedriga «per una svolta fino al 2030». E pensa a un'alleanza con gli agricoltori

TRIESTE. Legambiente Fvg non si stupisce davanti ai dati dell'Ispra. Il trend, osserva il presidente regionale Sandro Cargnelutti, «è purtroppo consolidato: la nostra è una regione tra le più infrastrutturate». Di qui l'intenzione di chiedere al governo Fedriga di assecondare una proposta di legge per l'azzeramento del consumo di suolo: «L'obiettivo è di determinare una svolta di questo tipo fino al 2030. Ogni consumo va giustificato e compensato, altrimenti non si frenerà una pericolosa deriva». In Italia manca una legge nazionale, ma le proposte ci sono: al Senato sono in fila 12 disegni di legge. Il ministro dell'Ambiente Sergio Costa, del Movimento 5 Stelle, ne ha parlato proprio in occasione della presentazione del Rapporto: «Intendiamo accelerare sui ddl sul consumo del suolo. In queste ore ho fatto una riunione con le compagini di governo per chiudere la quadra, anche perché stiamo viaggiando a ritmi di 2 metri quadrati al secondo di territorio cementificato. E c'è poi il tema della desertificazione: è a rischio il 20% del territorio italiano. È il momento di farla questa legge». Il ministro si ritiene un «facilitatore». E aggiunge: «Altra cosa che posso fare è il raccordo fra le norme regionali e quella nazionale. Infine ho aperto un tavolo di confronto per prendere le migliori idee dal territorio e poter arricchire la norma nazionale. Vorrei finire la legislatura con la legge approvata». Nell'attesa, Legambiente regionale pensa di poter convincere la politica regionale a fare da battistrada. L'alleato, secondo Cargnelutti, può essere il mondo dell'agricoltura: «Pensiamo di poter fare fronte comune con le associazioni di categoria, a loro volta molto interessate a porre un freno al fenomeno». Il riferimento è alla perdita negli ultimi 25 anni in Italia di un quarto della terra coltivata per colpa della cementificazione e dell'abbandono, il risultato di modelli di sviluppo che il mondo agricolo non condivide. Stefano Zannier, assessore regionale all'Agroalimentare, prende atto dei numeri e della richiesta. Ma evidenzia le problematiche: «Per poter fare agricoltura ci devono essere margini economici sufficienti, e non sempre ci sono. Vanno necessariamente individuate attività che consentano di riutilizzare zone del territorio con vantaggi per l'impresa». Proprio dal ministero delle Politiche agricole arrivano tuttavia altri dati allarmanti. Con una superficie agricola utilizzata ridotta dai 18 milioni di ettari di 25 anni fa agli attuali 12,7 milioni, il Paese oggi è in grado di produrre appena l'80-85% del proprio fabbisogno primario alimentare, contro il 92% del 1991. A livello globale il pianeta ha del resto perso un terzo del suo terreno coltivabile negli ultimi 40 anni - a causa dell'erosione o dell'inquinamento -, con conseguenze disastrose in presenza di una domanda globale di cibo che sale alle stelle. Nella prospettiva di una popolazione mondiale di 9 miliardi di persone nel 2050. 

 

L'aumento dei volumi nelle ristrutturazioni tema di scontro in aula - LE NORME VOLUTE DAL CENTRODESTRA

TRIESTE. Per la Lega è una legge per il rilancio dell'economia. Per l'opposizione, in particolare del fronte Pd, una norma che devasta il Friuli Venezia Giulia. Sul tema della cementificazione, «virtuosa» o «selvaggia» a seconda dei punti di vista, lo scontro è recente in Regione. Conseguenza del dibattito e poi dell'approvazione della legge 6 "Misure urgenti per il recupero della competitività regionale".L'orientamento del centrodestra è stato di consentire l'aumento dei metri cubi di edifici già costruiti, con l'esclusione delle zone storiche, regolate da vincoli nazionali. Il capo II, che tratta di semplificazione in materia edilizia nell'ambito della modifica del Codice regionale del 2009, prevede in particolare all'articolo 16 che, in deroga alle distanze, alle altezze, alle superfici o ai volumi previsti dagli strumenti urbanistici e dai regolamenti edilizi comunali, sono ammessi interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ampliamento e ristrutturazione fino al 50% delle superfici utili o accessorie, nel limite di 200 metri cubi. Interventi da realizzare contestualmente all'adozione di misure antisismiche, riqualificazione energetica, miglioramento igienico-funzionale. Ma c'è anche, all'articolo 17, la misura per la ristrutturazione e la riqualificazione delle strutture ricettive alberghiere con il via libera, sempre in deroga, a un aumento fino al 40% dei volumi, con incremento di un 10% aggiuntivo in caso di servizi alla persona (centri benessere, piscine, saune, ma anche parchi e verde) e di un ulteriore 20% per la riqualificazione dell'intero edificio fino almeno alla classe A1. «Sono provvedimenti che puntano al rilancio di un comparto segnato da molti anni da una profonda crisi - sottolinea l'assessore al Territorio Graziano Pizzimenti -, ma ragionano sull'esistente e dunque riducono l'incremento di consumo di suolo». Ma se è vero che le imprese si scontrano ora con un minor numero di vincoli e regolamenti, l'"aggiramento" dei piani regolatori comunali e urbanistici ha prodotto la dura reazione dei sindaci. Non è mancata l'accusa pure di un sindaco di centrodestra, Rodolfo Ziberna, che da Gorizia ha parlato di intervento «a gamba tesa» prima di alcune correzioni in aula. 

 

 

Intanto in commissione arriva la proposta di Fi sulla caccia ai cinghiali - PRIMA FIRMATARIA PICCIN TRIESTE.

Intervenire sulla legge nazionale 157/92 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) in modo che le Regioni possano gestire il controllo degli ungulati anche al di fuori dei periodi e degli orari vigenti, affidando l'attuazione dei Piani di abbattimento ai cacciatori soci delle riserve di caccia, coordinati dalle guardie venatorie delle amministrazioni pubbliche. È l'obiettivo della proposta di legge nazionale numero 9, contenente norme in materia di prevenzione dei danni causati dalla fauna selvatica, illustrata dalla consigliera regionale di Forza Italia, Mara Piccin, ai componenti della IV Commissione, presieduta da Lorenzo Tosolini della Lega. Prima firmataria del provvedimento, Piccin ha spiegato come la modifica della legge nazionale sia necessaria per poter regolare in maniera uniforme situazioni inesistenti all'epoca in cui entrò in vigore, ma che oggi sono all'ordine del giorno, anche in considerazione del fatto che i tentativi di normare la materia avviati in passato da altre amministrazioni regionali siano stati interrotti dalla Corte costituzionale per il conflitto con lo Stato sul piano del riparto di competenza. «La presenza incontrollata di animali selvatici - ha proseguito Piccin - sta diventando un fenomeno preoccupante non solo a livello locale, ma europeo: è causa di incidenti stradali e di gravi danni all'agricoltura. In un simile contesto un'importante funzione di monitoraggio e di prevenzione è costituita dall'attività di controllo della popolazione attraverso specifiche azioni di intervento su alcune specie, come ad esempio i cinghiali. Di qui la necessità di giungere a una nuova regolamentazione a livello nazionale in materia di caccia».

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 settembre 2019

 

 

Ferriera, il tavolo romano dà il via alla riconversione Arvedi: pronti 150 milioni

Parte con la regia del ministro triestino Patuanelli l'iter di chiusura dell'area a caldo L'azienda investirà ancora sul laminatoio e punta su banchina e opere di bonifica

Trieste. Il percorso di chiusura dell'area a caldo della Ferriera di Servola è ufficialmente iniziato e il tavolo convocato ieri dal ministero dello Sviluppo economico si è chiuso con la disponibilità di tutte le parti a ragionare sulla riconversione dello stabilimento. Siderurgica Triestina ha inoltre annunciato la volontà di mantenere una forte presenza a Trieste, consolidando le attività industriali con un investimento da 150 milioni per l'incremento del laminatoio attraverso la creazione di lavorazioni dedicate a zincatura e verniciatura. Il tavolo si riaggiornerà a metà ottobre: il ministro Stefano Patuanelli ha chiarito che in quell'occasione vorrà ascoltare dalla proprietà un primo schema del piano industriale che sarà alla base della riscrittura dell'Accordo di programma e dell'Autorizzazione integrata ambientale. L'idea di Patuanelli è di arrivare a una definizione del percorso entro la fine dell'anno. Davanti ai rappresentanti di Siderurgica Triestina, sindacati, ministeri, Regione, Comune e Autorità portuale, il ministro triestino chiesto un percorso «breve, intenso e definitivo», chiarendo di avere a cuore la produzione siderurgica in Italia ma anche di considerare la Ferriera uno stabilimento di qualità ma non strategico per il Paese e ad ogni modo non compatibile con il tessuto urbano. Il ministro ha dunque aperto formalmente il tavolo di crisi per discutere del futuro del sito produttivo, ribadendo la volontà di arrivare alla chiusura dell'area a caldo nella piena salvaguardia dell'occupazione. «È importante - ha sottolineato il responsabile del Mise - che il confronto proceda in maniera costruttiva e condivida all'interno di un percorso istituzionale, nel quale il ministero assume il ruolo di coordinamento per verificare le prospettive future dello stabilimento e del territorio di Trieste. Il percorso dovrà viaggiare su tre binari principali: ambiente, sviluppo dell'attività portuale e tutela occupazionale». Il Gruppo Arvedi ha confermato a sua volta quanto già scritto alla Regione a fine agosto. Come ha evidenziato al termine del tavolo il ceo di Finarvedi Mario Caldonazzo, «all'incontro è emersa la volontà delle istituzioni triestine e del ministro di trovare un accordo condiviso e intraprendere un percorso comune, con l'obiettivo di arrivare alla graduale riconversione dell'area a caldo, salvaguardando gli interessi di tutti, in primis l'occupazione. Abbiamo preso atto delle decisioni e confermato la nostra collaborazione tramite la presentazione in tempi ragionevoli di nuovo piano industriale e conseguente Accordo di programma». Dichiarazioni ufficiali a parte, l'azienda ha rivendicato i quasi 250 milioni spesi sul sito e ha confermato la volontà di proseguire un percorso cominciato a Trieste nel 2014, impegnandosi a garantire tutti i lavoratori oggi impiegati e pari a circa 350 unità. Caldonazzo ha chiarito di essere pronto a mettere sul piatto 150 milioni di euro per rafforzare le attività dell'area a freddo, dove potranno essere impiegati un centinaio di lavoratori. Siderurgica ha poi affermato di voler seguire altri tre settori di attività: rafforzamento della centrale elettrica, attività logistica attraverso l'esistente banchina da tenere al servizio del laminatoio, smantellamento e bonifica dell'area a caldo. Settori che permetteranno di assorbire altri segmenti di manodopera, parte della quale è destinata invece al pensionamento. Resta ancora da capire quale parte dell'area a caldo l'azienda vorrà cedere all'Autorità portuale o ad altri soggetti. Conservare la banchina non inficerebbe la possibilità di realizzare lo snodo ferroviario e il terminal merci a servizio della Piattaforma logistica, anche se il piano di massima dell'Autorità portuale prevede l'acquisizione anche del fronte mare. E qui dunque subentra il vero interrogativo, ovvero quale sarà il prezzo fissato da Arvedi, mentre al tavolo il presidente Zeno D'Agostino ha anticipato i tempi per la conclusione della due diligence, con la stima del valore dei terreni che sarà comunicato entro fine mese a proprietà e Regione. La prossima settimana il Mise comincerà il lavoro propedeutico alla riscrittura dell'Accordo di programma, mentre l'assessore regionale Fabio Scoccimarro sarà a Cremona per affrontare con l'azienda la revisione dell'Aia, la cui stesura spetta alla Regione. In entrambi i casi si tratterà di tracciare un iter che conduca alla chiusura dell'area a caldo, che le parti vorrebbero raggiungere entro la fine del 2021. Già oggi il presidente Massimiliano Fedriga diramerà inoltre una nuova convocazione del tavolo regionale con le parti sociali. Secondo il comunicato del Mise, «i sindacati hanno accolto positivamente il percorso proposto dal ministro», cui hanno chiesto di farsi garante del rispetto degli impegni presi con Arvedi. Le note diramate da Cgil, Cisl e Uil parlano tuttavia di aperte preoccupazioni su ciò che sarà. 

Diego D'Amelio

 

La giunta Fedriga preme sull'acceleratore Dipiazza festeggia. Dem pronti a vigilare

Trieste. Il governatore della Regione Massimiliano Fedriga spinge sull'acceleratore per portare a casa il risultato il prima possibile e l'Autorità portuale mostra ottimismo, anche se dalle parole del presidente Zeno D'Agostino traspaiono gli interrogativi che dovranno essere sciolti per spianare la strada alla riconversione della Ferriera. Fedriga chiede di far presto: «Il Mise definisca un calendario dei lavori che preveda precise scadenze». Il presidente leghista ritiene che «il percorso di riconversione di cui la Regione è stata promotrice è fondamentale quanto la salvaguardia dei livelli occupazionali. Ecco perché il tavolo ministeriale, oltre a definire le tempistiche per la chiusura dell'impianto, dovrà dare risposte in merito al futuro dei lavoratori attraverso soluzioni condivise, costruite non su ammortizzatori sociali ma su concrete prospettive di reimpiego». Al tavolo, Fedriga ha posto a proposito l'accento sulla disponibilità dell'amministrazione ad avviare un dialogo con le realtà produttive regionali interessate ad assorbire i lavoratori dell'area a caldo e ad investire risorse sulla formazione e individuando percorsi personalizzati per il reimpiego della forza lavoro. Rafforza il concetto l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen: «Parliamo di riconversione e non di ammortizzatori. Adesso il percorso va riempito di contenuti». Dopo aver avviato il dialogo con Arvedi, l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro è raggiante: «La prossima campagna elettorale per le comunali non avrà più per oggetto la Ferriera che sarà in fase di chiusura nel 2021. In pochi mesi abbiamo avviato una trattativa che chiuderà una questione che si trascina da 25 anni. L'area a caldo verrà chiusa senza se e senza ma, con Arvedi intenzionato a non lasciare la città ma a potenziare il suo impegno industriale». Il presidente D'Agostino parla a sua volta di «sensazioni molto positive dopo le parole della proprietà sull'impegno per l'area a freddo, ma bisogna capire quali aree verranno liberate e quale sarà il prezzo richiesto, fondamentale per impostare una trattativa con potenziali investitori, che oggi non ha ancora senso coinvolgere. Per questo stiamo procedendo alla stima come deciso con il cavalier Arvedi, ma sottolineo che nessuno può dissanguarsi per comprare le aree o si blocca tutto». Secondo il responsabile del Porto, «se l'Autorità compra ci deve essere un piano condiviso: il ministro dice di voler avere una visione chiara entro l'anno e faremo la nostra parte». Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza ritiene di essere ormai vicino «al capolinea dalla produzione a caldo e al conseguente sviluppo dell'area come piattaforma a servizio del porto. Il Comune ha sempre agito per tutelare la salute di lavoratori, cittadini e ambiente: da questi binari non ci siamo mai mossi segnalando le criticità. Faremo la nostra parte per trovare le più opportune soluzioni a garanzia dei livelli occupazionali: lo scenario era prevedibile e per questo più di un anno fa avevamo chiesto alla Regione di attivare un tavolo per accompagnare il percorso di riqualificazione dei lavoratori». Sul fronte politico, la deputata del Partito democratico Debora Serracchiani considera «un buon risultato aver ricondotto il confronto sulla Ferriera nella sua sede istituzionale propria. L'obiettivo di tenere assieme sviluppo, ambiente e occupazione è lo stesso che aveva improntato l'accordo di programma nel 2014: quel modello ha dimostrato di funzionare e produrre risultati concreti. Nonostante il fuoco incrociato di polemiche strumentali sono stati fatti importanti investimenti, sono state abbattute le emissioni, bonificate ampie aree e accresciuti i livelli occupazionali». L'ex governatrice chiede ora «massima vigilanza sulle fasi e sui compiti che dovranno svolgere i soggetti istituzionali e privati. Occorre inoltre che sia svolto un ruolo proattivo nell'individuazione di altri investitori adeguati a subentrare in un'area da bonificare e riconvertire». Il consigliere regionale grillino Andrea Ussai sottolinea infine che «finalmente grazie a un ministro triestino del M5s è partito quel processo di vera riconversione che chiedevamo da anni, attraverso la chiusura progressiva dell'area a caldo e la tutela dei livelli occupazionali». 

 

Cgil, Cisl e Uil in allarme: «Quadro troppo incerto» - Soddisfatti gli autonomi

Resta la profonda spaccatura nel mondo sindacale. La triplice definisce «non credibili» le rassicurazioni sul rilancio in chiave logistica. Usb e Cisal condividono percorso e strategie

Denunciano tutta l'incertezza dovuta alla mancata presentazione di un piano industriale da parte di Siderurgica Triestina e rifiutano di aprirsi al dialogo prima di vedere fatti concreti da azienda e istituzioni. Cgil, Cisl e Uil manifestano preoccupazione dopo il tavolo aperto da Stefano Patuanelli, ma il fronte sindacale appare ancora una volta diviso con autonomi e Usb che parlano invece di un percorso positivo. In una nota congiunta delle segreterie provinciali e della Rsu della Ferriera, la triplice conferma «le preoccupazioni espresse circa il rischio derivante dalla chiusura dell'area a caldo. Tutto ciò non è supportato da un piano industriale che ci permetta di esprimere una valutazione, né le istituzioni sono state in grado di presentare un progetto in cui si parli di ricollocamento dei lavoratori e opportunità concrete di riqualificazione dell'area, che deve essere di carattere industriale e non esclusivamente logistico». Ne deriva «estrema preoccupazione per uno scenario che si prefigura con poche certezze. Non può essere sufficiente la dichiarata volontà del neo ministro di focalizzare l'attenzione del governo su una vicenda che rischia, se mal gestita, di mettere a rischio il futuro lavorativo di centinaia di operai». Fiom, Fim e Uilm giudicano allora «non credibili le affermazioni dell'azienda su un impegno in area logistica e a freddo» e denunciano il fatto che Arvedi non abbia ancora fissato un prezzo per l'area, «dirimente per la compravendita». La chiosa è eloquente: «Abbiamo letto un comunicato dal sito del Mise dove si afferma di un'espressione positiva da parte del sindacato ma è vero l'esatto opposto». Presenti al tavolo anche i sindacati nazionali. A nome della segreteria della Fiom Cgil, Mirco Rota sottolinea che «non è possibile parlare di chiusura fino a quando non ci sarà una proposta complessiva, dal piano industriale agli investimenti e alla salvaguardia dell'occupazione. Preoccupano le dichiarazioni del ministro secondo cui, anche se Arvedi rispetta i parametri ambientali, la presenza della Ferriera non è compatibile nel contesto triestino. La chiusura vedrebbe l'Italia perdere ulteriore produzione di acciaio col conseguente indebolimento del Paese dal punto di vista industriale». Di tutt'altro avviso gli autonomi della Failms Cisal. «La proprietà ha sparigliato le carte - afferma il segretario provinciale Christian Prella - dicendo che è disponibile a chiudere l'area a caldo e al contestuale mantenimento dei livelli occupazionali nello stabilimento. Prospettiva condivisa anche dalle istituzioni. Il nostro unico obiettivo è salvaguardare le maestranze: approviamo dunque il percorso istituzionale avviato ma ci riserviamo di verificare che gli impegni si concretizzino in fatti». Il collega Sasha Colautti esprime a sua volta a nome dell'Usb «un giudizio abbastanza positivo: era necessario condividere il percorso di dismissione dell'area a caldo che l'azienda ha di fatto avviato oggi e che va inserito in un percorso con contenuti che abbiamo verificato essere possibili. Siamo disponibili a discutere della dismissione ma il percorso va supportato dal totale riassorbimento della manodopera oggi impiegata, dalla presentazione di un piano che confermi il mantenimento del laminatoio e dall'utilizzo logistico della banchina. La Ferriera serva però anche ad avviare un ragionamento sulla reindustrializzazione di Trieste». 

 

E la centrale elettrica scommette sul metano

Trieste. Mentre al Mise andava in scena il grande tavolo di crisi aperto da Stefano Patuanelli, al ministero dell'Ambiente andava parallelamente in scena una riunione tecnica riguardante la centrale elettrica attiva presso la Ferriera. L'incontro era convocato da tempo, finalizzato a valutare il funzionamento dell'impianto integrato nel sistema produttivo dello stabilimento siderurgico. La centrale è infatti alimentata dai gas prodotti dall'altoforno, grazie ai quali sprigiona una potenza di 164 megawatt. Nel corso della riunione, i tecnici della Regione hanno evidenziato come la legge preveda la riduzione dell'utilizzo delle fiaccole di emergenza, che al momento vengono sfruttate anche per la manutenzione ordinaria e non solo per gli eventi accidentali, quando sono chiamate a bruciare i gas che la centrale non riesce a utilizzare in caso di blackout. Da qui la richiesta di contenere l'utilizzo dei dispositivi, innocui ma fortemente impattanti sul piano visivo. La questione, così come l'attuale processo di funzionamento della centrale, potrebbe comunque essere superata già nelle prossime settimane davanti al percorso di dismissione dell'area a caldo. Siderurgica Triestina potrebbe infatti presentare un'istanza di revisione dell'Aia in virtù del nuovo piano industriale che, prevedendo lo spegnimento dell'altoforno e la conseguente rinuncia all'utilizzo dei gas per alimentare la centrale, richiederebbe un'alimentazione a metano che la centrale già prevede ma che non è più in uso dal 2014. Il futuro della centrale elettrice non è comunque a rischio e Arvedi ha già fatto sapere di voler potenziare l'impianto nell'ambito del nuovo corso. --

 

 

"Krsko 2", è giallo sui legami del consigliere del premier

Conflitti d'interesse, le rivelazioni di un portale additano il sottosegretario di Stato e il colosso Westinghouse. Il governo: tutto in regola. Si muove l'Anticorruzione

LUBIANA. La Slovenia annuncia l'obiettivo a lungo termine dell'acquisizione di un secondo reattore per l'unica centrale nucleare sul suolo nazionale, solleticando l'interesse di Usa, Russia e di altre potenze, come ha confermato lunedì il premier di Lubiana Marjan Sarec. Ma a stretto giro di posta emerge che uno degli uomini più vicini allo stesso primo ministro avrebbe cooptato una persona a libro paga di uno dei maggiori colossi del nucleare, con alta probabilità in corsa per il progetto. È uno scenario politicamente sostenibile? Se lo chiedono in molti in questi giorni in Slovenia, dopo la pubblicazione di articoli e documenti che hanno messo implicitamente in dubbio l'imparzialità della leadership di Lubiana nella scelta di un partner per la realizzazione della possibile futura "Krsko-2". A lanciare la bomba è stato il popolare portale "Pozareport", specializzato in denunce e inchieste, anche controverse, gestito dal giornalista Bojan Pozar.Il portale ha rivelato, sulla base di «documenti ufficiali», che l'influente sottosegretario di Stato con delega alla sicurezza nazionale, Damir Crncec, ex alto esponente dell'intelligence e «braccio destro di Sarec», ha scelto lo scorso gennaio come nuova direttrice del suo think tank privato, l'Istituto per la Governance globale, tal Zvonka Truden, un nome sconosciuto ai più. Ma Pozar ha svelato che Truden sarebbe il «managing director» di un piccolo ufficio di rappresentanza a Krsko della Westinghouse Electric Asia, una consociata della statunitense Westinghouse, lo stesso gigante che fornì la tecnologia nucleare alla centrale di Krsko alla fine degli Anni Settanta e che produce ancora - messaggio inviato a Lubiana in giugno dal segretario Usa all'Energia, Rick Perry - i «migliori reattori». La nomina è avvenuta otto mesi prima della dichiarazione d'interesse di Lubiana, pronunciata a fine agosto da Sarec, per una "Krsko-2", fatto che fa sorgere qualche «sospetto che Crncec possa influenzare Sarec nello scegliere Westinghouse per la fornitura di equipaggiamenti per Krsko»: così ha sintetizzato i dubbi generali l'agenzia di stampa slovena Sta.Truden appare tuttavia essere un pesce piccolo, con i media di Lubiana - sui quali l'affare ha avuto forte eco - che l'hanno descritta come una semplice contabile, forse una banale "prestanome". Ma «si tratta sicuramente dell'unica impiegata di Westinghouse in Slovenia e, da giornalista che conosce la scena politica e del business slovena, non credo che Crncec, ex direttore dei servizi e segretario di Stato, l'abbia scelta per caso, non siamo in un film di fantascienza», ribatte Pozar.Pozareport ha chiesto intanto al premier Sarec se sussistano dei «rischi alla sicurezza associati con questi fatti» e quale sia «il ruolo di Crncec nella definizione delle politiche energetiche» della Slovenia. E la replica del gabinetto di Sarec non si è fatta attendere. Crncec ha «rispettato» tutti «i suoi obblighi relativi a integrità e prevenzione della corruzione», ha precisato il governo, citato ancora dalla Sta. Intanto il capo della Commissione per la prevenzione della corruzione (Kpk), Boris Stefanec, ha annunciato che studierà il caso alla ricerca di potenziali conflitti d'interesse.

Stefano Giantin

 

 

Domenica a Sistiana la maxi "bonifica" di spiaggia e fondali - L'INIZIATIVA SPOSATA DALL'AMMINISTRAZIONE PALLOTTA

DUINO AURISINA. La pulizia della spiaggia di Castelreggio, a cura dei volontari, e quella dei fondali della baia, da parte dei sub. Sono le due operazioni di "bonifica" ambientale che si svolgeranno in contemporanea domenica a Sistiana. Il Comune di Duino Aurisina, su proposta dell'assessore all'Ambiente Massimo Romita, ha deciso di aderire all'iniziativa "Puliamo il Mondo", organizzata in Italia da Legambiente ogni anno a fine settembre, con i patrocini di vari ministeri, che vede coinvolti centinaia di città. I soggetti aderenti vanno dalla Protezione civile alla Consulta giovani, dai Genitori del Rilke all'Ajser 2000, dal Lions Club al Circolo Verdazzurro di Legambiente.Il ritrovo dei volontari è fissato alle 9 all'ingresso di Castelreggio, dove sarà distribuito il materiale per la raccolta dei rifiuti, da conferire poi nell'apposito contenitore di Isontina ambiente. In concomitanza ci sarà la manifestazione promossa a sua volta dal Sistiana 89 con l'Asd Area51 Scuola Sub, nell'ambito di "Fondali puliti" 2019. Fra i sub volontari che si immergeranno è prevista una presenza inedita, quella dell'assessore ai Lavori pubblici Lorenzo Pipan.L'evento è inserito nella "Settimana Aware" di Project Aware e dell'organizzazione di addestramento sub Padi, che comprende per l'appunto attività per contrastare l'inquinamento dei mari, creare consapevolezza sulle specie vulnerabili e mettere le comunità locali in grado di contribuire alla protezione degli ambienti più fragili, in acqua e fuori.«Abbiamo iniziato quest'anno a coordinare le iniziative legate alla salvaguardia dell'ambiente e alla pulizia del nostro territorio - il commento del sindaco Daniela Pallotta - supportando le associazioni e le scolaresche che si sono prodigate in numerose azioni. Riteniamo fondamentale la collaborazione tra tutte le entità a cui sta a cuore il bene del territorio perché lavorare insieme ai giovani è di vitale importanza per trasmettere messaggi positivi».-

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 settembre 2019

 

 

Patuanelli: «Basta ghisa a Trieste» Oggi il maxivertice sulla Ferriera

Il titolare del Mise: «L'impatto ambientale c'è a prescindere dagli investimenti». E Arvedi minaccia querela alla Regione

Trieste. Il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli rompe il riserbo e avvia il conto alla rovescia per la chiusura dell'area a caldo della Ferriera di Servola. La posizione dell'esponente Cinquestelle è coerente dagli esordi del Movimento, da sempre schierato per mettere la parola fine alla produzione di ghisa a Trieste. E ora, pur con il riserbo richiesto dal ruolo e dalla necessità di attendere l'avvio ufficiale del confronto al Mise, nella giornata di oggi, Patuanelli lascia intendere che indietro non si torna. Pur rimarcando la necessità della piena salvaguardia dei posti di lavoro, il ministro ritiene infatti lo stabilimento incompatibile con la città per ragioni ambientali e di sviluppo portuale. «È evidente - esordisce Patuanelli - che negli ultimi mesi il tema della chiusura dell'area a caldo della Ferriera sia stato svolto più sugli organi di stampa che altro, ma la questione va affrontata invece sui tavoli istituzionali e qui sta il motivo della convocazione del primo incontro chiesta dai sindacati e fattaci poi pervenire dalla Regione». Il ragionamento seguente è quello da cui traspaiono in controluce le idee del responsabile del Mise, secondo cui bisogna procedere contemporaneamente lungo tre assi: «Dobbiamo tenere presenti tre esigenze. La chiusura dell'area a caldo, che ovviamente ha un impatto ambientale che esiste a prescindere dagli investimenti e dal rispetto delle norme. Le esigenze e le potenzialità dello sviluppo del porto, che ha necessità di quell'area per continuare a crescere. E la necessità di tutelare il futuro dei lavoratori dello stabilimento. Ma tutto questo deve avvenire nei tavoli istituzionali e non sugli organi di stampa». Patuanelli punta insomma a incontrare a Roma tutte le parti in causa per fare chiarezza dopo le indiscrezioni che si sono rincorse in quest'ultimo stralcio di estate. La volontà del Mise è mettere al centro il nodo del lavoro, tanto che i sindacati saranno i primi a parlare dopo l'introduzione affidata al ministro. Solo successivamente toccherà a Regione, Autorità portuale e Siderurgica Triestina. In attesa di sentire gli attori sul campo, il ministro non aggiunge altro ma si sa comunque che incontrerà in mattinata la proprietà della Ferriera in un confronto bilaterale organizzato subito prima di un tavolo che si preannuncia elefantiaco. Il governo dovrebbe schierare infatti rappresentanti del Mise, dell'Ambiente, delle Infrastrutture e del Lavoro, mentre la Regione ha inviato ben 16 persone, a cominciare dal presidente Massimiliano Fedriga e dagli assessori Fabio Scoccimarro, Sergio Bini e Alessia Rosolen. Presenze cui si affiancheranno quelle di rappresentanti di Siderurgica Triestina, del sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e del presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, oltre ai rappresentanti locali e nazionali dei sindacati. La vigilia del vertice è tuttavia segnata anche da nuovi spunti polemici nella mai distesa relazione tra la giunta regionale e la proprietà. Dalle parti di Siderurgica Triestina sarebbe un eufemismo dire che sia stata mal digerita la nuova insistenza di Scoccimarro in Consiglio comunale sulla mancata realizzazione della copertura dei parchi minerari. Questione annosa e intricata perché, con un cortocircuito possibile solo nel Belpaese, Aia e Accordo di programma contengono prescrizioni contrastanti: la prima stabilendo che i grandi capannoni da oltre 30 milioni vadano solo progettati, il secondo richiedendone invece anche la realizzazione, pena la decadenza dell'autorizzazione a produrre. Ecco allora che dai piani alti di Cremona arriva un messaggio laconico ma più che diretto: «Basta diffondere falsità e informazioni lesive della correttezza del nostro lavoro. Ora passeremo alle vie legali». Il cavalier Arvedi risponde dunque a Scoccimarro minacciando querele, stufo di veder messo sotto accusa un lavoro di risanamento ambientale riconosciuto nelle ultime settimane dalla stessa giunta regionale. Dal canto suo la società può vantare d'altronde a Servola investimenti per quasi 230 milioni di euro: 55 per la sistemazione dell'area a caldo, 155 per il laminatoio e 18 per il resto del comprensorio. Cifre cui è corrisposto il pressoché totale adempimento degli obblighi sul fronte ambientale, come attestato anche nei documenti ufficiali della Regione. Non lo stesso si può dire invece sul fronte del barrieramento a mare, unica opera assegnata alle mani pubbliche attraverso Invitalia ma ancora lontana anche soltanto dall'avvio della sua realizzazione, pur trattandosi del consolidamento di quasi due chilometri del fronte mare necessario ad arginare il travaso in acqua di sostanze inquinanti. Il futuro dell'opera, per la quale sono già pronti 40 milioni, è a questo punto in sospeso: l'eventuale chiusura dell'area a caldo e la trasformazione logistica richiederebbero infatti una riprogettazione della linea di costa, ferma restando la necessità di arginare la presenza di idrocarburi ampiamente oltre le soglie di guardia. Le risorse disponibili potranno comunque essere investite nella bonifica. Ecco allora che il «semaforo rosso», come Scoccimarro ha definito la situazione relativa alla copertura dei parchi, ha stupito negativamente l'impresa, tanto più dopo il pubblico riconoscimento dell'assessore sui progressi prodotti in cinque anni da Arvedi e dopo la lettera alla società in cui lo stesso assessore metteva sul tavolo «l'opportunità o meno della realizzazione della copertura del parco fossile e minerario», data la volontà della giunta di arrivare alla chiusura. Un atteggiamento considerato contraddittorio e controproducente alla vigilia del tavolo che potrebbe presto diventare di negoziato. I tecnici della Regione e della proprietà si sono comunque incontrati ieri a Roma alla vigilia del tavolo. I contenuti del confronto non sono noti, ma testimoniano che le parti continuano a parlarsi, al di là delle pubbliche tensioni tra la giunta regionale e Arvedi, che da quanto trapela non sarà presente al Mise. 

Diego D'Amelio

 

«Non esistono progetti veri di riconversione dell'impianto»

Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil vogliono sentire nella capitale la versione dell'azienda sulla dismissione e sul nodo occupazione

TRIESTE. «È importante innanzitutto che la questione della Ferriera trovi la sua opportuna sede al Ministero dello Sviluppo economico, tale è il peso della vertenza». Lo afferma il coordinatore nazionale Siderurgia Uilm-Uil, Guglielmo Gambardella, alla vigilia del tavolo romano. «Trieste è un pezzo fondamentale del settore siderurgico - prosegue Gambardella -. Quando si apre una simile discussione è giusto che il governo ne assuma la regia. Il manifatturiero può fare a meno della produzione della Ferriera? Come si concilia la disponibilità di Arvedi alla chiusura con la tutela dei posti di lavoro? Al momento non abbiamo visto progetti concreti di riconversione ma meri annunci».«Questo primo incontro è figlio della rapidissima esplosione della questione - afferma Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl Trieste) -. Vogliamo sapere qual è la versione dell'azienda sull'esistenza di un'eventuale piano industriale. Se c'è davvero un accordo tra l'azienda e la Regione e se quest'ultima ha ancora le idee confuse a proposito di porto, dismissione degli impianti e numeri dei pensionamenti. Infine il ministro Patuanelli, nostro concittadino: con il nuovo ruolo cambierà approccio alla questione?».Thomas Trost (Fiom-Cgil Trieste) punta il dito contro l'assenza di «alternative di insediamento a carico di nuovi imprenditori sul sito. Bisogna prima sapere chi verrà a fare cosa e con chi, in modo che nessun posto di lavoro vada perso - continua Trost -. A quel punto, con un programma ben definito, si potrà pensare di spegnere gli impianti e ricollocare le maestranze. Siamo ben lontani da una soluzione indolore».

Lilli Goriup

 

«Dipendenti da blindare E per l'area c'è interesse anche da gruppi europei» - L'ASSESSORE ALL'AMBIENTE SCOCCIMARRO

Trieste. Stempera la polemica sollevata nei confronti di Siderurgica triestina, tenta di rassicurare i lavoratori su quel che sarà e lascia intravvedere qualche elemento concreto sul fronte della riconversione. L'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro sa di avere davanti l'occasione politica della vita e cerca di sedersi al tavolo del Mise con una tovaglia di velluto. Sarà un tavolo di crisi o di che genere? Non sarà un tavolo di crisi ma un incontro tecnico-politico. Si svolgerà al Mise, che è uno dei firmatari dell'Accordo di programma, anche per rispetto del ministro triestino Patuanelli. Cosa chiederà la Regione al ministro? La nostra posizione sulla chiusura dell'area a caldo è nota e rafforzata da una mozione bipartisan del Consiglio regionale. Abbiamo cercato l'incontro e non lo scontro con la proprietà: ora aspettiamo di vedere le intenzioni dell'azienda. Ho avuto ampia delega a trattare con Giovanni Arvedi, ma spetterà al presidente Fedriga definire gli aspetti che esulano da quello ambientale di mia competenza. Senza bonifica del sito, comunque, nulla potrà essere fatto. Negli incontri riservati come sono andate le cose? L'inizio è stato ruvido, poi abbiamo trovato un modus operandi e Arvedi ha aperto alle richieste della Regione, assicurando verbalmente che la riconversione dell'area a caldo avverrà senza che laminatoio e centrale elettrica siano toccati. L'area a freddo dovrebbe anzi rafforzarsi con l'introduzione di nuovi processi. Arvedi vuole un ritorno rispetto agli investimenti e ha chiesto alla Regione di affiancare l'azienda nella ricerca di un acquirente, garantire agevolazioni di credito per il rafforzamento dell'area a freddo e formare le maestranze per la riqualificazione. Tutto bene insomma. Perché allora la lettera del cavaliere sul giornale? Credo sia figlia delle tensioni nate dopo la fuga di alcune informazioni. Ma gli unici documenti che contano sono le due lettere scambiate fra Regione e proprietà nei giorni precedenti, dove Siderurgica parla di riconversione e salvaguardia dei posti di lavoro. Lei prima riconosce il risanamento e poi parla di punti gialli e rossi. Arvedi non è un pirata. Mi sono limitato a dire che fra tanti punti verdi da noi riconosciuti, non ha realizzato la copertura dei parchi e altri progetti minori. La mia Direzione non ha avuto difficoltà a certificare gli investimenti milionari effettuati in materia ambientale. Qual è il piano di riconversione e dove si mettono i 350 lavoratori? La società parla di 317 operai e 33 impiegati. Di questi, 70 si stanno avvicinando all'età da pensione e un centinaio potrebbe essere assorbito dall'area a freddo. Per gli altri 150 auspichiamo che metà trovi sistemazione nella logistica portuale e metà nello smantellamento e bonifica dello stabilimento. La Regione si è già impegnata a garantire la formazione per la riqualificazione perché il nostro faro è che nessuna famiglia resti senza reddito. L'Autorità portuale comprerà i terreni? Ha avviato la due diligence per la stima dell'area e mi sembra dunque l'ipotesi più probabile. Rendendo pubblica l'area, sarà possibile fruire dei finanziamenti statali per la bonifica. Esiste o no un investitore interessato? Sì, non soltanto cinesi o asiatici ma anche gruppi di provenienza mitteleuropea. 

 

 

Settimana europea della mobilità - Trieste si interroga sulla ciclabilità a partire da Muggia e Porto vecchio

Un momento di incontro e confronto, un dibattito su quanto Trieste possa essere proiettata verso una mobilità e un turismo sempre più sostenibili. E' l'argomento dell'appuntamento di ieri al caffè San Marco, organizzato nell'ambito della Settimana Europea della Mobilità, e curato dall'Università di Trieste insieme a Fiab, la Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta di Trieste. L'evento rientra anche nella cornice del progetto europeo Interreg Italia-Croazia "Step up" con il Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell'Università di Trieste, che ha promosso un contatto diretto con i cittadini nel corso del pomeriggio. Il pubblico ha compilato un questionario sul tema del turismo, utile a capire la percezione della gente a Trieste sull'argomento, e ha ascoltato i dettagli di "Step up", il programma che punta a creare uno sviluppo dei collegamenti tra Italia e Croazia all' insegna della tutela ambientale. Un lavoro di gruppo, che vede impegnate realtà italiane e croate, al lavoro anche per migliorare la mobilità sostenibile nei rispettivi ambiti. A margine dell'incontro è stato fatto anche un punto sui tanti progetti di ciclabilità per il futuro della città. «E' in fase di progettazione la Trieste-Muggia - ricorda Luca Mastropasqua, presidente di Ulisse Fiab - che farà parte di una rete europea di ciclabili, c'è poi quella che riguarda il Porto Vecchio, con un primo lotto già pronto, che percorrerà l'intero comprensorio e sarà bidirezionale. E ancora di sta operando anche per la ciclabile del Carso, già finanziata ma ancora non realizzata. Poi c'è la prospettiva di crearne anche una sulla strada Costiera, nell'ambito di una possibile trasformazione della via in strada turistica».Grandi iniziative ma anche piccole attenzioni. «Lavoriamo anche per l'aumento degli stalli in città e per rendere in generale Trieste sempre più fruibile da chi ama la bicicletta, anche se stiamo constatando con un po' di amarezza - dice - che dal Comune sentiamo una chiusura nei nostri confronti e una scarsa collaborazione». 

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17 settembre 2019

 

 

Ferriera in bilico Domani il vertice Ma Patuanelli resta in silenzio

Riflettori puntati sul tavolo convocato nella sede del Mise retto dal ministro triestino che, in questa fase, non si espone

Trieste. Alla vigilia del tavolo romano sulla Ferriera, nella capitale tutto tace. Almeno formalmente. Domani mattina si riunirà il primo vertice nazionale sul futuro dello stabilimento di Servola. A convocarlo è stato il ministero dello Sviluppo economico attualmente retto da un pentastellato che la vicenda Ferriera la conosce bene: il triestino Stefano Patuanelli. Che però, nonostante il coinvolgimento diretto, scegli di restare in silenzio. Dal giorno dell'ingresso al governo il successore di Luigi Di Maio al Mise non si è sbilanciato sull'argomento, limitandosi a far sapere che rilascerà dichiarazioni alla stampa a margine della riunione di domani. Riunione sulla quale hanno acceso i riflettori tutti gli attori, a partire dalla Regione che auspica un processo di riconversione dell'area con il coinvolgimento dell'Autorità portuale. Il vertice di domani nella capitale vedrà la partecipazione anche dei ministeri del Lavoro e dell'Ambiente. La lettera di convocazione non specifica se a partecipare saranno i titolari dei dicasteri in persona (rispettivamente Nunzia Catalfo e Sergio Costa, entrambi in quota Cinque Stelle) oppure dei loro rappresentanti. Certa appare invece la presenza dei vertici istituzionali locali: il presidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, il presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale Zeno D'Agostino. Ci saranno poi i rappresentanti della direzione delle Acciaierie Arvedi e i sindacati. Sono chiamate in causa, nello specifico, le segreterie nazionali e territoriali di Cgil, Cisl e Uil nonché di Fim, Fiom, Uilm, Usb e Ugl metalmeccanici. L'attesa è grande anche perché si tratterà dell'esordio di Patuanelli sul tema - in veste di ministro, beninteso. In conformità alla linea del M5s, il triestino è da sempre critico sul mantenimento dell'area a caldo. Appena ricevuta la nomina, una decina di giorni fa, aveva paragonato l'impianto a «una piccola Ilva» e si era impegnato ad andare personalmente a Taranto oltre che a Trieste. Città che, ora, attende con il fiato sospeso le indicazioni che emergeranno dal tavolo romano. L'auspicio a brevissimo termine dell'amministrazione regionale è di arrivare a «un cronoprogramma condiviso con l'azienda sugli aspetti ambientali - afferma l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro -, con cui andare ai tavoli successivi. Senza il superamento del sito inquinato nessun sviluppo potrà essere pensato». Resta però il nodo dei tempi e, ostacolo forse ancora più complesso da superare, dei costi. «In merito alle risorse necessarie allo smantellamento degli impianti e alle bonifiche - prosegue l'assessore -, affinché i costi possano essere finanziati dallo Stato l'area deve diventare di proprietà pubblica. Da qui l'eventuale coinvolgimento dell'Autorità portuale». L'idea è in sostanza che l'Autorità portuale acquisisca l'area, in modo da poter beneficiare di contributi pubblici che adesso sono preclusi all'attuale proprietà, in quanto soggetto privato. «L'Autorità portuale potrà senz'altro aiutare il processo nei termini descritti da Scoccimarro, nel momento in cui sarà stabilito il futuro della Ferriera - fa sapere il presidente Zen D'Agostino, contattato telefonicamente -. Per noi è impossibile invece assumere un ruolo in assenza di un progetto definito, che difatti al momento non c'è. Mi aspetto d'altronde che proprio questo sarà lo scopo del tavolo romano: mettere assieme le volontà e da lì iniziare a ragionare». 

Lilli Goriup

 

Botta e risposta in aula tra Dipiazza e Pd I sindacati: «Per ora una scatola vuota» - LE REAZIONI ALL'INTERVENTO A PALAZZO

TRIESTE. Dalla politica al mondo delle organizzazioni civili e sindacali. L'intervento nell'assemblea cittadina di Trieste dell'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, ha suscitato una pioggia di reazioni, fuori e dentro l'aula. Il primo cittadino Roberto Dipiazza ha fatto gli onori di casa ricordando gli investimenti fatti su Servola a partire dal 1988, data della privatizzazione del complesso industriale: «Ci abbiamo messo tanto denaro che, con la stessa somma, avremmo potuto comprare una villa a ogni dipendente - ha detto il sindaco -. Quanto al parco minerario, visto il costo nessuno lo farà mai: guardiamoci negli occhi. La novità è che con la piattaforma logistica l'area inizia a diventare interessante. Dobbiamo però cominciare a fare un ragionamento, benché doloroso, perché la situazione attuale non rappresenta lo sviluppo per la nostra città». La consigliera comunale Pd Laura Famulari ha liquidato il discorso di Scoccimarro come «mera propaganda», sostenendo che «sulla promessa della chiusura dell'area a caldo è stata vinta una campagna elettorale. Ora che ci sono le condizioni per realizzarla serve una seria politica industriale, oltre che ambientale e del lavoro: non abbiamo visto nulla di tutto ciò». «I danni li avete fatti voi, non io», ha replicato il sindaco. E Famulari: «Il percorso con Arvedi è stato fondamentale per questo nuovo inizio». Sempre a centrosinistra, Sabrina Morena (Open) ha auspicato una relazione più dettagliata e Maria Teresa Bassa Poropat un'altra audizione con l'assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen. Molto critica pure la pentastellata Elena Danielis: «È in corso una crisi industriale che non dipende dalla politica, la quale finora nulla ha fatto, bensì dal contesto. Evidentemente all'imprenditore non serve più produrre ghisa, di conseguenza non serve più l'area a caldo». Passando al centrodestra, Vincenzo Rescigno (Lista Dipiazza) ha plauso alla linea Dipiazza-Fedriga. «Ci siamo presentati con l'obiettivo di chiudere l'area a caldo - ha detto Alberto Polacco (Fi) -. Non serve allarmismo, l'apertura del tavolo di confronto è una svolta costruttiva». Per Claudio Giacomelli (Fdi) «chiudere l'area a caldo in accordo con la proprietà era d'altronde l'elemento che in campagna elettorale teneva assieme destra, sinistra e M5s». Analogamente per il leghista Everest Bertoli «con un serio processo di riconversione tale obiettivo sarà raggiungibile». Secondo Giorgio Cecco, di Progetto Fvg, «l'errore principale è stato continuare con l'accanimento terapeutico sull'area a caldo, invece di cercare alternative sostenibili». I sindacati intanto temono per i posti di lavoro. «Da parte della Regione abbiamo ricevuto una scatola vuota, a proposito del discorso occupazionale», ha detto Umberto Salvaneschi (Fim Cisl). «Stiamo parlando di uomini di ferro - ha aggiunto Thomas Trost (Fiom) -, che fanno la ghisa da trent'anni. Sono usurati. Riconvertirli sì ma come?» . Perplessità anche da parte di Antonio Rodà (Uilm), mentre Sasha Colautti a nome dell'Usb chiede «al ministro Patuanelli di lavorare non solo per la salvaguardia di tutti i posti di lavoro ma anche per il rilancio manifatturiero della città, dal momento che c'è bisogno di una progettualità per Trieste». Infine l'Associazione No Smog, che raccoglie residenti di Servola e non solo: «Nessuno parla delle indagini epidemiologiche, che sono state fatte e cadute nel vuoto. Noi e Taranto siamo rimasti gli unici produttori di ghisa a queste condizioni, in Italia. All'estero ci sono altri metodi e tecnologie». 

 

«Impegni ambientali non rispettati» - Attacco bis della Regione ad Arvedi

La replica dell'azienda: «È falso e Scoccimarro lo sa». Serracchiani: «La giunta apre una crisi al buio»

Trieste. L'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro ieri ha puntato nuovamente il dito contro le inadempienze di cui accusa Siderurgica Triestina a proposito dei parchi minerali e fossili. Lo ha fatto durante la seduta del Consiglio comunale di Trieste appositamente convocata per ospitare l'audizione dello stesso Scoccimarro, in merito alla chiusura dello stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola. Ma l'assessore non ha risparmiato neppure l'ex governatrice Debora Serracchiani e il suo «compagno di partito Renzi». Non si sono fatte attendere le repliche di Serracchiani da un alto e, dall'altro, dell'azienda. Ma andiamo con ordine. Scoccimarro ha esordito ricordando che «sono oltre vent'anni che se ne parla. Nel 2001 io stesso, da presidente della Provincia, avevo proposto la riconversione. Furono però fatte scelte diverse, benché legittime, come l'Accordo di programma del 2014 e il rilascio dell'Aia regionale nel 2016 - ha proseguito l'assessore all'Ambiente -, quando la giunta Serracchiani ha deciso di rilanciare lo stabilimento chiedendo aiuto al compagno di partito Renzi affinché il cavaliere Arvedi arrivasse a Trieste. Scelta legittima, appunto, ma poco lungimirante. E lo stesso vale per Accordo di programma e Aia». Al centro del discorso del rappresentante della Regione c'è stata la rivendicazione di essere «riuscito nella svolta storica sulla Ferriera, ossia la disponibilità alla chiusura dell'area a caldo», assieme all'enfasi sull'indirizzo politico suo e in generale del centrodestra: «L'area a caldo non è più compatibile con lo sviluppo della città né con il tessuto urbano che la circonda. In questi mesi ho lavorato sottotraccia partendo dal presupposto che in uno stato di diritto non si possono revocare d'imperio concessioni e autorizzazioni rilasciate, nella fattispecie, dall'amministrazione regionale precedente. Si correrebbe infatti il rischio di far ricadere il costo di eventuali contenziosi sulle tasche dei cittadini». Per quanto riguarda il versante occupazionale, Scoccimarro ha inoltre affermato che «nessuna famiglia dovrà rimanere senza stipendio. Non è una promessa ma un obiettivo cardine che la giunta regionale si prefigge, poiché ambiente e lavoro devono coesistere». Passando ai rapporti con l'azienda, ha constatato che «partendo da posizioni distanti, con la proprietà si sia arrivati a un dialogo costruttivo». E tuttavia poi ha aggiunto: «A differenza di quanto scritto nella lettera di Arvedi sul Piccolo, non tutto l'accordo di programma né tantomeno l'Aia hanno per così dire la luce verde. Alcuni punti sono gialli e c'è pure un importante semaforo rosso sulla copertura dei parchi minerali e fossili: Arvedi si è limitato a fare il progetto, senza coprirli». Siderurgica Triestina, per voce del proprio ufficio stampa, si è limitata a replicare evidenziando che «l'assessore conosce la risposta a tali dubbi perché l'ha scritta lui stesso». Il riferimento è alla lettera indirizzata a fine agosto all'azienda da parte della Regione, in cui si parla di considerare «l'opportunità o meno della realizzazione del parco fossile e minerario», vista la sopravvenuta volontà dell'amministrazione regionale di riqualificare l'area.Più dura la risposta di Serracchiani. «Fedriga ha mandato un emissario in Consiglio comunale per raccontare una storia taroccata - contrattacca la deputata Pd con una nota -. Rivendico di aver lavorato nel solo interesse di Trieste e del territorio, sulla Ferriera e anche sul porto: temi su cui oggi a destra fanno gli smemorati mettendoci il cappello». E ancora: «La destra ha spinto verso la chiusura senza alcun piano alternativo, a fini esclusivamente elettorali - continua Serracchiani -. Hanno aperto una crisi industriale al buio e adesso devono venirne fuori ma non sanno come: il discorso fumoso di Scoccimarro lo conferma. Chi meschinamente cita Renzi come mio compagno di partito dovrebbe ricordare anche Delrio e Franceschini, grazie ai quali la Lega e i suoi possono oggi riempirsi la bocca con le potenzialità del porto. Mentre io cercavo il management migliore per il porto - conclude l'ex presidente della Regione -, la destra tentava di rimpiazzare Marina Monassi». 

 

 

Gli ecologisti alla Ue: «Salvate le foreste della Romania» - LA DENUNCIA: «NO ALLA DISTRUZIONE DELIBERATA»

Bucarest. La Romania non è in grado, o addirittura non vuole, preservare quelle che sono fra le più preziose e antiche foreste vergini d'Europa. È ora che si muova l'Ue, per evitare un vero ecocidio. È quanto auspicano tre autorevoli organizzazioni non governative - Agent Green, ClientEarth ed EuroNatur - che hanno presentato una denuncia alla Commissione europea, chiedendo a Bruxelles di imporre a Bucarest lo stop totale alla «distruzione deliberata» dei boschi nazionali, in particolare di quelli più antichi e preservati, che sono «i due terzi delle foreste vergini nell'Ue». Una distruzione - è l'accusa delle tre Ong - che va attribuita in particolare a Romsilva, l'impresa romena per la gestione del patrimonio forestale - e di 22 parchi naturali su 29 in Romania - imputata di condurre «operazioni di taglio di alberi» in aree protette, «senza una corretta analisi d'impatto» e «in violazione delle leggi europee», ha specificato Ewelina Tylec-Bakalarz, legale di ClientEarth. É «una delle crisi ambientali» meno note «ma più gravi in Europa», ha aggiunto il direttore esecutivo di EuroNatur, Gabriel Schwaderer. La soluzione, secondo le Ong, sta in una «azione legale» contro il governo romeno, come accaduto con quello polacco per la foresta primigenia di Bialowieza. In Romania, hanno segnalato nei mesi scorsi dati di Greenpeace, 360 mila ettari di foreste sono stati abbattuti - o gravemente degradati dall'incuria - tra il 2000 e il 2011, con un aumento di oltre il 30% del fenomeno del disboscamento negli ultimi anni. Ma il tema della deforestazione selvaggia non riguarda la sola Romania. Mesi fa forti polemiche erano esplose in Serbia per il taglio di alberi - per molti ecologisti eccessivo e immotivato - nel parco nazionale della Fruska Gora. Il disboscamento senza autorizzazioni è un tema sempre più sentito anche nella Lika, in Croazia. E in Albania, Paese che nel 2016 ha deciso una moratoria decennale alla deforestazione, ma dove le cose non vanno meglio, con 2 mila ettari di foreste in meno tra 2016 e 2018. I Balcani sono fra le aree europee più ricche di vegetazione arborea. La copertura boschiva va dal 60% della superficie totale in Montenegro al 53% in Bosnia, 47% in Kosovo, 39% in Macedonia del nord, 36% in Albania e 29% in Serbia. 

 

 

Stop alla raccolta delle cozze nelle acque del golfo di Trieste

Rilevata presenza di biotossina algale. Sospese anche vendita, conservazione e immissione al consumo dei molluschi coltivati da Muggia alle foci del Timavo

"Pedoci" off-limits nelle acque del golfo di Trieste. L'Azienda sanitaria ha comunicato che sono sospese temporaneamente raccolta, commercializzazione, trasformazione, conservazione e immissione al consumo dei molluschi bivalvi vivi estratti dalle acque di dieci zone di produzione della provincia di Trieste. Questi i siti che hanno ricevuto il disco rosso da parte dell'Asuits: Lazzaretto, Punta Sottile, Grignano, Santa Croce, Filtri, Canovella, Sistiana, Duino, Villaggio del Pescatore e foci del Timavo. Dal territorio di Muggia sino ai confini occidentali del Comune di Duino Aurisina, dunque, vige lo stop al commercio dei molluschi. In base ai riscontri analitici relativi al monitoraggio delle acque triestine il Dipartimento di prevenzione Struttura complessa veterinaria - Struttura semplice di Tutela igienico sanitaria alimenti di origine animale ha evidenziato positività per la presenza di biotossina algale liposolubile Dsp (Diarrethic Shellfish Poisoning) con un tenore di acido okadaico pari a 320 microgrammi per chilo, quantità che può comportare un rischio per la salute umana. Cosa può provocare l'ingestione della biotossina? Forte diarrea, dolori all'addome, nausea, vomito e la possibilità elevata di disidratazione. Conseguenze dunque non letali per l'uomo, ma certamente molto dolorose e fastidiose. Walter De Walderstein, responsabile tecnico-scientifico del Consorzio giuliano maricolture Cogiumar, conferma: «I primi ad accorgersi del problema siamo stati noi visto che facciamo sempre delle analisi incrociate lanciando il primo allerta, seguiti poi dall'Azienda sanitaria. Siamo un po' in anticipo rispetto al tradizionale arrivo della Dsp e credo che ci vorrà un mesetto prima di tornare alla normalità». Lazzaretto e Villaggio del Pescatore le prime zone in cui Cogiumar ha emanato il fermo volontario per allerta ambientale. La situazione comunque è assolutamente sotto controllo. E tutto questo non significa che non si possano consumare le cozze provenienti da altre zone: «I consigli ai clienti sono piuttosto elementari, ossia non acquistare i mitili se non hanno l'etichetta di origine e ovviamente non mangiare quelli che giacciono nel nostro mare», aggiunge De Walderstein. Ma cosa sta accadendo esattamente nelle acque del golfo di Trieste? Negli ultimi vent'anni circa nel mare Adriatico - tanto a sud quanto a nord - si è registrata una intensificazione del cosiddetto fenomeno delle "fioriture algali", legato a due principali fattori: da una parte la progressiva diffusione di fitoplancton in nuove aree geografiche, dall'altra la "eutrofizzazione", ossia, in parole semplici, le mutazioni causate dall'immissione nelle acque di prodotti inquinanti da parte dell'uomo. 

Riccardo Tosques

 

 

Pedala Trieste un fiume di biciclette per tutta la città

Aperte le iscrizioni per la manifestazione di domenica con maglietta celebrativa

Un fiume di biciclette nelle vie della città, per celebrare il cambiamento "verso una mobilità più sostenibile". Si sta definendo nei particolari il programma di "Pedala Trieste", la passeggiata in bici che si svolgerà domenica prossima, con partenza alle 10 da piazzale de Gasperi. L'evento, che chiuderà la Settimana europea della Mobilità 2019, vuole rappresentare una vera e propria festa per celebrare un percorso, iniziato da anni, volto a incentivare l'uso quotidiano della bicicletta a Trieste e sarà allestito in collaborazione fra Fiab Trieste Ulisse, Spiz, Bora.La, TS4 Trieste secolo quarto, associazione Cottur e Uisp, con la collaborazione di sesta Circoscrizione, Circolo Verdeazzurro Legambiente, Friday For Future Fvg, Arci Trieste, Museo della Bora, Associazione CapoeiraTrieste.org, Art in Progress, Senza Confini, Brez Meja, Aidia e Trieste Altruistica. Le iscrizioni, a un costo simbolico di 2 euro, si possono già effettuare con queste modalità: on line sul sito www.bora.la, alla Piccola bottega spiritosa di Piolo&Max (via Venezian 11) il martedì dalle 16 alle 19.30 e il giovedì, venerdì e sabato dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19.30, durante l'evento Aperibici, giovedì 19 dalle 17 alle 20 in piazza Cavana, direttamente il giorno di "Pedala Trieste", dalle 8.30 alle 10 in Piazzale de Gasperi. Per agevolare il lavoro dell'organizzazione, l'invito è di iscriversi prima o arrivare il 22 per tempo. Per la lunghezza e le caratteristiche del tracciato, cioè una decina di chilometri dal via fino a Barcola, attraversando la città, la partecipazione in bicicletta richiede l'età minima 12 anni. I più piccoli potranno però essere trainati o trasportati sugli appositi seggiolini. All'arrivo saranno organizzate animazioni alle quali sono invitati anche coloro che non possono partecipare alla pedalata, ma condividono la voglia di rendere la mobilità di Trieste a misura di persona. E' possibile sostenere l'iniziativa, prenotando la maglietta celebrativa da Urbanwear, in via Torino 13. L'incasso servirà a coprire le spese organizzative, l'eventuale avanzo sarà devoluto al progetto di realizzazione di 950 chilometri di segnaletica leggera dell'itinerario cicloturistico Alta Italia Da Attraversare (Aida), che collegherà Trieste e Torino. Hashtag della manifestazione: #pedalatrieste #lastradaèditutti #triestexeperbici #SEM2019. --

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 16 settembre 2019

 

 

Banja Luka crea un parco naturale contro le scorie nucleari di Krsko

Dichiarata zona protetta l'area bosniaca lungo il corso del fiume Una con l'obiettivo di stoppare il piano croato di un eventuale deposito

Un parco naturale contro un controverso deposito di scorie radioattive. Chi prevarrà? Se lo chiedono in questi giorni in molti, a Banja Luka, Sarajevo e Zagabria, città dove tema sempre più caldo è la questione Trgovska Gora, località in Croazia - ma a un tiro di schioppo dal territorio della Republika Srpska, in Bosnia - su cui hanno posato lo sguardo le autorità di Zagabria per ricevere in un futuro non lontano la parte croata dei rifiuti prodotti dalla centrale nucleare di Krsko, condivisa tra Croazia e Slovenia.Quel deposito non s'ha però da fare, la posizione della Bosnia e in particolare della Republika Srpska, che per renderne più ardua la creazione ha deciso di dichiarare parco naturale una larga parte dell'area appartenente a tredici municipalità a ridosso del fiume Una, in testa quella dirimpetto a Trgovska Gora, zona dove vivono - e si dissetano con le acque del fiume - in 300 mila. L'idea, quella di rendere più difficili i piani della Croazia, che a breve - sicuramente in autunno - dovrebbe ufficialmente decidere se optare o meno per il sito per lo stoccaggio delle scorie nucleari a media o bassa radioattività della centrale di Krsko.«Vogliamo mandare un chiaro messaggio alle autorità croate che non possono» costruire il deposito, considerato pericoloso dalla popolazione locale in Bosnia e da svariate Ong e associazioni ecologistiche, a un passo «da un Paese confinante», ha spiegato Srebrenka Golic, ministra serbo-bosniaca dell'Ambiente. Ed è ancora più inimmaginabile che un Paese Ue decida di costruire il deposito di scorie nucleari vicinissimo «a un parco naturale» e anche «a un parco nazionale», quello del fiume Una, creato nel 2008 tra l'Una, il Krka e l'Unac, il più vasto della Bosnia. L'obiettivo, ha aggiunto Golic, è costringere alla retromarcia Zagabria, che «deve iniziare a cercare un altro sito che non sia abitato, non metta a rischio aree naturali e non si trovi a ridosso di un confine». La mossa è giusta e condivisibile e bisogna evitare che la Croazia scarichi la sua "spazzatura" più pericolosa «nel nostro cortile», ha affermato anche il parlamentare verde Sasa Magazinovic, che ha paventato che Trgovska Gora possa diventare non solo sito di stoccaggio per Krsko, ma anche per altri rifiuti radioattivi provenienti da tutta Europa. Più critico Jasmin Emric, dell'Sda - il maggior partito bosgnacco - che ha affermato che la Bosnia «avrebbe dovuto reagire quando la Croazia ha indicato Trgovska Gora come sito per le scorie, già nel 1999», suggerendo che oggi sarebbe tardi per evitare il peggio. Sono ancora ottimisti, tuttavia, i residenti nella parte bosniaca dell'area interessata, pronti a scendere in piazza il 27 settembre a Novi Grad contro il deposito. Solo tre giorni prima di una visita-chiave delle delegazioni slovena e croata al sito. 

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 settembre 2019

 

 

Ferriera, caso eccezionale che richiede provvedimenti eccezionali la lettera del giorno di Lucio Vilevich - Uil Pensionati Trieste - ex segretario gen. Uil

L'annuncio di Arvedi dell'intenzione di chiudere l'area a caldo della Ferriera - e successivamente forse anche l'intero impianto - pone un problema che non è solo di posti di lavoro, ma di convivenza civile. Se si considerano i seicento addetti di Servola, più quelli dell'indotto, e se si aggiungono anche quelli della Sertubi, per i quali non si intravvedono per ora soluzioni possibili, si raggiunge un numero di circa ottocento lavoratori, sui quali gravano due o tre familiari a testa, per un totale di tremila concittadini: è la popolazione di una piccola città, è un intero quartiere, è l'1,50% della popolazione di Trieste. Risulta chiaro da queste cifre che si tratta di una situazione altamente drammatica che non può venir affrontata solo con i consueti mezzi con cui è possibile risolvere le difficoltà di altre minori aziende in pericolo, e che il principale obiettivo di ogni possibile intervento deve essere anzitutto - oltre il fattore retributivo - la salvaguardia della dignità dei lavoratori e delle loro famiglie. In questo caso l'intera città ne risentirebbe le peggiori conseguenze per il disorientamento generale e la depressione non solo economica indotta dalla quotidiana presenza di notizie in genere non confortanti per la soluzione di un problema di tale complessità. Ma in questo momento, in cui le prospettive sembrano aprirsi con una sicurezza che in passato non era neppure immaginabile, sarebbe un'assurdità accettare soluzioni che venissero a scompigliare profondamente il tessuto sociale e culturale della città. C'è però un timore, di cui il mondo del lavoro ha già sofferto: il timore che chi può, chi pontifica, chi informa pensi, anche se non lo scrive: "Sono solo operai". Su queste premesse è difficile avanzare proposte, né spetta farlo a chi scrive, che per sua fortuna da tempo non riveste più compiti operativi nel sindacato. Ma l'esperienza comunque suggerisce che per affrontare una crisi eccezionale occorrono provvedimenti altrettanto eccezionali che competono alla struttura più vicina al mondo del lavoro, quella regionale, senza che si attendano interventi da Roma, che ha ben altre gatte da pelare. Occorre la convinzione che i lavoratori non sono disposti a farsi trattare come carne da cannone.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 14 settembre 2019

 

 

L'ascensore di Park San Giusto apre le porte anche ai pedoni

Trovato finalmente l'accordo Comune-spa per rendere l'impianto fruibile a tutti e non solo ai clienti del multipiano. Al privato la gestione di alcuni stalli in via Cadorna

Trieste conquista l'ascensore per San Giusto. Non è quello per l'inferno, ma infernale è stato il percorso di buone intenzioni che hanno portato al suo utilizzo. É entrato in funzione nell'ottobre 2015 con l'apertura al pubblico del Park San Giusto. Ma solo tra qualche giorno sarà fruibile a tutti e gratuito. Il Park San Giusto è dotato di quattro ascensori: due portano all'uscita per il centro cittadino, in via del Teatro Romano, mentre gli altri due conducono esclusivamente a San Giusto nell'area della cattedrale e del castello. Finora l'ascensore poteva essere utilizzato esclusivamente dai fruitori del parcheggio a pagamento. «Abbiamo trovato un accordo con i gestori del Park San Giusto - racconta Giorgio Rossi, assessore al Turismo -. Una bella notizia. Finalmente i triestini e i turisti potranno usare l'ascensore in salita ma anche in discesa senza dover per forza parcheggiare l'auto».La chiave di volta è stata quella di un baratto tra la società che gestisce il Park San Giusto e l'amministrazione comunale attraverso la società Esatto spa. «Si è ipotizzato di coprire i maggiori oneri manutentivi dell'ascensore attraverso l'affidamento in gestione alla Park San Giusto dei posti auto a pagamento presenti in via Cadorna e ora gestiti dalla società Esatto spa adeguando le relative tariffe», si legge nel documento di fine luglio e inviato alla IV circoscrizione. L'accordo alla fine è stato trovato e firmato dall'assessore comunale ai Lavori pubblici Elisa Lodi. «Sono mesi che tentavamo di trovare una soluzione per potere far salire, ma soprattutto scendere, da San Giusto senza bisogno di avere il ticket del parcheggio. Era inoltre una richiesta pressante da parte degli albergatori», aggiunge Rossi che già pregusta i grandi numeri turistici che potrà dare il castello San Giusto che già viaggia oltre le 130 mila presenza all'anno. «Per gli anziani e i disabili era un vero problema arrivare a San Giusto», spiega l'assessore. Restano da abbattere le barriere architettoniche. «Abbiamo presentato anche una mozione per rendere veramente accessibile ai disabili l'uscita superiore del Park a San Giusto», fa sapere Paolo Menis, consigliere comunale del Movimento 5 Stelle. Una questione di cui appunto, secondo il pentastellato, dovrebbe farsi carico l'amministrazione comunale. Dell'uso dell'ascensore si parla da fine 2015. «Ho verificato la disponibilità della Park San Giusto spa non solo a rafforzare la sorveglianza e la manutenzione dei due ascensori in modo da permetterne l'uso a chiunque, ma anche a realizzare un tapis roulant che copra il centinaio di metri di distanza tra l'ingresso pedonale al park e l'ascensore . In cambio, il Comune dovrebbe cedere alcuni dei parcheggi di superficie a pagamento che vi sono in via Capitolina», racconta il 5 settembre 2015 in Consiglio Comunale l'ex assessore Paolo Rovis. Da allora sono passati solo 4 anni.

Fabio Dorigo

 

 

Carta, scotch, schiuma: in un anno manomesse 700 trappole per i topi

Si tratta di oltre la metà dei dispositivi distribuiti sul territorio "Ricarica" in piazza Venezia. Il Comune: «Non ci fermiamo»

Esiste una banda di sabotatori delle esche per topi, di quei dispositivi che il Comune di Trieste sistema in tutta la città per cercare di contenere la popolazione dei ratti. Oltre a quelli che vengono rubati, sono ormai centinaia i dispositivi che la ditta titolare dell'appalto di derattizzazione trova manomessi. Gli operatori, nel corso dei periodici controlli volti a verificare se l'esca sia intatta o consumata e dunque da sostituire, trovano palle di carta e scotch oppure schiuma espansa nel foro di accesso alla trappola: soluzioni che impediscono al topo di entrare e dunque di mangiare l'esca. In altri casi le scatolette vengono distrutte o rubate. Chi agisce ha uno scopo preciso: non far morire quegli animali. La morte da avvelenamento è certamente atroce, e ci sono dei triestini che combattono la loro battaglia al fine di salvare i ratti da quella dolorosa fine. A questi si aggiungono i vandali "di professione". Nel 2018 sono state quasi 700 le trappole che la ditta incaricata ha dovuto sostituire perché danneggiate o sparite. Va precisato che questa azione di sabotaggio delle esche per i ratti è opera di singoli, cani sciolti, di persone che nulla hanno a che vedere con le associazioni animaliste del territorio. Ma il Comune non si ferma di fronte a questi tentativi di boicottaggio. Ieri, a testimonianza del fatto che l'attenzione al problema è costante, la ditta Girasole di Porcia che fino al prossimo dicembre gestisce - con appalto biennale da 40 mila euro lordi totali - il servizio di derattizzazione con 1.250 erogatori posizionati nei giardini pubblici, negli spazi verdi, in musei, scuole e punti critici della città, ha avviato la verifica dell'efficienza delle trappole in piazza Venezia. Dove, tutte le esche erano state consumate (a una attingono, leccando il veleno, molte bestiole), il sistema ha funzionato e gli erogatori sono stati ricaricati. Un'operazione di monitoraggio che viene effettuata regolarmente su tutti i dispositivi. «Non abbassiamo la guardia - sottolinea l'assessore comunale con delega all'Ufficio zoofilo, Michele Lobianco - e nel prossimo appalto inseriremo anche l'operazione di chiusura di tutte le tane, fessure e varchi sui muraglioni che oggi viene svolta dal servizio Lavori pubblici. Le segnalazioni di situazioni critiche sono diminuite rispetto allo scorso anno: significa che il servizio sta dando i suoi risultati». A vanificare spesso l'opera di derattizzazione sono alcuni cittadini «che, purtroppo, specialmente in alcune zone della città come Ponterosso o il Giardino Pubblico - sottolinea Lobianco - non perdono la cattiva abitudine di gettare a terra pezzi di cibo. Lì, malgrado la presenza di ratti, le esche risultano intonse. Segno evidente - conclude - di immediata disponibilità per i topi di cibo fresco». Ed è risaputo che, pure per i ratti, un pezzo di tramezzino è più appetitoso di un'esca velenosa.

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 13 settembre 2019

 

 

Ferriera, lunedì alle 8.30 Scoccimarro in aula - l'audizione: il PD critica l'orario scelto

È in programma lunedì alle 8.30 l'audizione dell'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro sulla Ferriera di Servola in Consiglio comunale. Lo si apprende da una convocazione dell'aula diffusa ieri dal Comune con l'ordine del giorno della seduta. In giornata è poi arrivata una nota del Pd che critica l'orario dell'audizione. «Lascia molto perplessi, se non peggio, la decisione di riunire il Consiglio comunale lunedì alle otto e mezzo del mattino per ascoltare le "comunicazioni" dell'assessore Scoccimarro sulla Ferriera: è forte il sospetto che si voglia rendere difficoltosa la presenza dei lavoratori, forse poco graditi quando si deve parlare del loro futuro occupazionale», scrive la segretaria provinciale dem Laura Famulari, a proposito della «decisione, presa dai capigruppo consiliari, di convocare la seduta del Consiglio alle 8.30 del mattino, anziché di sera come accade usualmente». «Adesso che il centrodestra deve fare da reggicoda alle ambigue operazioni della Regione - incalza Famulari - non ci sono scrupoli a usare il Consiglio per somministrarci una lezione di Scoccimarro sulla Ferriera».--

 

 

Bici e guida sicura: Duino Aurisina per l'ecomobilità - SETTIMANA EUROPEA DELLA MOBILITA' SOSTENIOBILE - gli eventi

DUINO AURISINA. Sono tre, raggruppati tutti nel weekend che va dal 20 al 22, gli appuntamenti in programma a Duino Aurisina in occasione della Settimana europea della mobilità sostenibile (Sem). Si comincerà venerdì 20, alle 18, al Ristorante San Mauro di Borgo San Mauro, con l'evento "I giovani e la sicurezza stradale", promosso dal Lions Club di Duino Aurisina in collaborazione con Sap, Leo Club, Onlus "Guido per vivere" e Consulta giovani di Duino Aurisina e con il patrocinio del Comune. Nel corso dell'incontro saranno illustrate le regole più importanti da rispettare nell'approccio alla guida e al traffico. Il giorno dopo, con ritrovo alle 9.45 all'Infopoint di Sistiana e partenza alle 10, prenderà il via "Pedalando per la via della Bora". Organizzato dal Gal Carso, in collaborazione con i comuni di Trieste, San Dorligo e Duino Aurisina, l'evento punterà a riscoprire il Carso attraverso un percorso in bici, che permetterà ai partecipanti di "assaporare" le numerose sfaccettature del territorio. Domenica 22 si svolgerà infine la quinta edizione del trofeo "Enoteca Why not" di Sistiana, organizzata dal Ciclo club Trieste. La gara sarà valida come quarta prova del 28.mo Trofeo cicloturistico regionale Credito Cooperativo e come quinta prova del Campionato regionale ciclosportivo di mediofondo. Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina, ieri, in sede di presentazione, ha sottolineato il ruolo del Comune, «di vitale importanza per coordinare le attività e le iniziative che enti e associazioni promuovono sul territorio». «Sin dall'inizio del mandato - così Massimo Romita, assessore alla Viabilità - abbiamo posto l'attenzione sulla viabilità e sulla mobilità, recuperando progetti rimasti nei cassetti, nonché presentandone di nuovi all'Uti e alla Regione per la realizzazione di un'ampia e diffusa rete di percorsi pedonali e cicloturistici». Lorenzo Pipan, assessore ai Lavori pubblici, ha osservato che, «oltre allo sviluppo della mobilità lenta, è fondamentale l'integrazione tra i vari tipi di mobilità che si ottengono attraverso nodi di interscambio e modificando le abitudini, anche predisponendo parcheggi che invitino ad abbandonare la macchina».-

Ugo Salvini

 

 

Gli obiettivi Onu per il clima «Stop al carbone nel 2020»

Dieci giorni al summit mondiale. Le Nazioni Unite: «Basta sussidi a chi inquina» L'inviato De Alba: «L'Europa faccia di più per compensare il disimpegno Usa»

NEW YORRK. Non costruire più centrali elettriche a carbone dopo il 2020; cancellare i sussidi statali per l'energia fossile; presentare piani concreti per aumentare i contributi nazionali alla lotta contro il riscaldamento globale entro il prossimo anno, in linea con l'impegno a ridurre le emissioni dei gas serra del 45% in un decennio e arrivare a zero emissioni nel 2050. Sono gli obiettivi principali del Climate Action Summit, convocato all'Onu per il 23 settembre dal segretario generale Antonio Guterres, secondo il suo inviato speciale Luis Alfonso de Alba che ha preparato il vertice. L'ambasciatore messicano li ha discussi intervenendo ad una conversazione ospitata a Bruxelles dell'European Climate Foundation. «Gli obiettivi posti dal segretario generale - ha detto - sono molto ambiziosi, perché è necessario esserlo se vogliamo risolvere il problema». La situazione è drammatica, anche se non volessimo attribuire i 1.300 dispersi provocati dall'uragano Dorian nelle Bahamas alla straordinaria forza che il riscaldamento globale sta dando ai fenomeni naturali. L'ex ambasciatrice americana all'Onu Samantha Power, presentando il suo nuovo libro «The Education of an Idealist», ha raccontato una drammatica conversazione avuta con i rappresentati di Tuvalu, che stavano considerando i piani per evacuare l'intera popolazione quando il loro Paese sarebbe scomparso: «Se negli Usa scatta l'allarme per un uragano, la gente può rifugiarsi dalla costa in zone più elevate. Ma noi non abbiamo zone più elevate: al massimo possiamo arrampicarci su un albero di cocco». Secondo l'Onu, le emissioni globali stanno raggiungendo livelli record e non danno segno di aver toccato il massimo. Gli ultimi quattro anni sono stati i più caldi di sempre e le temperature invernali dell'Artico sono aumentate di 3 gradi dal 1990. I livelli del mare salgono e anche la Grande Barriera corallina dell'Australia muore. Non è più una questione ambientale ma una minaccia per i sistemi di vita, l'alimentazione, la salute e quindi la sopravvivenza di molti Paesi. Nonostante l'emergenza, l'Onu ritiene che agendo subito, nell'arco dei prossimi 12 anni potremmo contenere l'aumento delle temperature sotto i 2 gradi centigradi, anche a 1,5 gradi sopra i livelli dell'epoca pre-industriale. Per riuscirci, de Alba ha elencato così gli obiettivi da raggiungere al Climate Action Summit: «Non costruire centrali elettriche a carbone dopo il 2020, ma i Paesi che lo producono dovrebbero anche smettere di esportarlo. Cancellare i sussidi statali per l'energia fossile, altrimenti si continuerà ad alimentarla, ed investire sulle fonti rinnovabili. I Paesi partecipanti dovrebbero presentarsi con piani concreti per aumentare i contributi nazionali alla lotta contro il riscaldamento globale da subito, entro il prossimo anno. Tali piani dovranno essere in linea con l'impegno a ridurre le emissioni dei gas serra del 45% in un decennio, e arrivare a zero emissioni nel 2050». De Alba ha diplomaticamente evitato scontri con l'amministrazione Trump, uscita dall'accordo di Parigi: «Abbiamo lavorato con loro». Ma ha chiesto all'Europa di fare di più e alla Cina di mantenere gli impegni, garantendo che il progetto per le infrastrutture della nuova Via della Seta sia verde. Per compensare quanto mancherà dagli Usa.

Paolo Mastrolilli

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 settembre 2019

 

 

Il rebus Ferriera sbarca a Roma Patuanelli apre la cabina di regia

Trieste. Un tavolo interministeriale coordinato dal ministero dello Sviluppo economico per affrontare la possibile chiusura dell'area a caldo della Ferriera di Servola e il nodo del futuro dei lavoratori, che denunciano l'assenza di un piano di riqualificazione da parte della Regione, in prima linea sulla dismissione della cokeria e dell'altoforno. L'appuntamento è per la prossima settimana a Roma, dove sarà il neoresponsabile del Mise Stefano Patuanelli a guidare il confronto tra Siderurgica Triestina, sindacati, ministeri, Regione, Comune e Autorità portuale. L'annuncio della convocazione, che sarà formalizzata nei prossimi giorni, è arrivato ieri mattina durante il confronto organizzato tra il presidente Massimiliano Fedriga, le parti sociali e gli assessori competenti Sergio Bini (Attività produttive), Alessia Rosolen (Lavoro) e Fabio Scoccimarro (Ambiente). Fuori dalla sede della giunta regionale in piazza Unità, i lavoratori hanno organizzato un presidio animato da circa duecento persone e la produzione della Ferriera è stata bloccata da otto ore di sciopero. Presenti non soltanto i dipendenti, ma anche le rappresentanze di altre realtà produttive, come Wärtsilä, Fincantieri e Sertubi. Dopo l'incontro Fedriga ha spiegato ai giornalisti che «la richiesta al governo della convocazione di un tavolo interministeriale è già stata accordata. Non sarà un tavolo di crisi, ma la costituzione di una regia per governare un processo di riconversione occupazionale fondato sullo sviluppo economico dell'area». Il presidente ha sottolineato che «una riconversione è possibile, vincolata alla tutela dei posti di lavoro. Possiamo unire gli obiettivi e trovare una soluzione condivisa. Ipotesi in ballo ci sono, ma non ne parlo finché non ci saranno certezze». Da qui la richiesta della cabina nazionale, dove potrebbe sedere il cavalier Giovanni Arvedi in persona e che sarà affidata a uno strenuo sostenitore della chiusura come Patuanelli, anche se quanto accaduto nei mesi scorsi con l'Ilva di Taranto dimostra che il Movimento 5 stelle può cambiare repentinamente le proprie posizioni. Al tavolo nazionale saranno presenti i ministeri dello Sviluppo economico, dell'Ambiente, del Lavoro e delle Infrastrutture. Vi si affiancherà «un tavolo regionale che entrerà più dettagliatamente su quanto condiviso a livello romano», ha chiarito Fedriga. Braccio statale è anche quello dell'Autorità portuale, che sta nel frattempo procedendo alla due diligence per la stima del valore dell'area, propedeutica all'ipotetico acquisto a opera del Porto, che coordinerebbe la prima parte dei lavori di bonifica e l'affidamento della concessione a investitori interessati allo sviluppo logistico della zona. Soggetti che sono tuttavia ancora da individuare, sebbene continuino a circolare le voci sui colossi cinesi che puntano alla Piattaforma logistica. Fedriga ha dichiarato di essere convinto della volontà collaborativa dell'azienda «nella presentazione del piano industriale per chiarire in particolar modo quali siano i programmi di sviluppo del laminatoio», su cui Siderurgica vuole proseguire a investire e che potrebbe diventare uno degli sbocchi occupazionali per i 350 lavoratori dell'area a caldo, secondo le cifre ufficiose provenienti dall'azienda. Questa era assente ieri a Trieste solo per volontà della Regione, intenzionata a confrontarsi con i soli sindacati, autori della richiesta di convocazione del tavolo. Le parole distensive di Fedriga nei confronti dell'impresa arrivano dopo la lettera con cui Arvedi ha annunciato non senza vene polemiche di prendere atto della decisione della Regione sulla dismissione della produzione di ghisa a Trieste. L'imprenditore sottolineava l'intenzione di fermare «nel più breve tempo possibile» la produzione. Parole interpretate da più parti come la scelta di un rapido sganciamento dalle amarezze triestine, ma temperate nei giorni successivi dalla proprietà che in una nota ha evidenziato di non aver «comunicato nessun licenziamento né volontà di effettuarne, tant'è che gli impianti stanno regolarmente funzionando. L'allarme nasce a seguito delle decisioni assunte da altri». Cgil, Cisl e Uil comunicano intanto con una nota congiunta di aver ascoltato in Regione «tante dichiarazioni d'intenti, ma manca un progetto concreto». I sindacati sono preoccupati anzitutto dal possibile calo degli investimenti sul fronte della sicurezza e più di qualcuno ieri in piazza ha evocato la morte dei lavoratori della ThyssenKrupp, avvenuta proprio nella fase di dismissione dello stabilimento. Da qui la richiesta alle istituzioni di imporre un abbassamento dei livelli produttivi e verificare «con costanza la manutenzione ordinaria». La triplice «respinge l'ipotesi anche di un solo esubero», pur non negando la possibilità di una riqualificazione dell'area, «a patto di salvaguardare la centralità del tema occupazionale, salariale e ambientale, e di ragionare di sviluppo industriale per il territorio di Trieste». Dopo le polemiche dei giorni precedenti, al tavolo erano presenti anche gli autonomi della Failms-Cisal, così una rappresentanza della Fiom nazionale, secondo cui «si va al Mise per andare dal governo perché nel 2014 ha sottoscritto un Accordo di programma con l'obiettivo di non chiudere lo stabilimento: se il cavalier Arvedi dichiara di voler chiudere, non sta rispettando l'Accordo». Lunedì prossimo il Consiglio comunale si riunirà intanto in sessione straordinaria per discutere della Ferriera.

Diego D'Amelio

 

 

Sterilizzazione delle nutrie: partenza in salita a rio Ospo

MUGGIA. È ufficialmente partita la cattura delle nutrie del rio Ospo. Da alcuni giorni alcuni volontari dell'associazione Mujaveg stanno perlustrando il territorio rivierasco per ingabbiare gli animali destinati poi alla sterilizzazione e al successivo reinserimento in natura. Il Comune ha formalmente chiesto alla popolazione di non interferire con le attività che si svolgeranno nelle ore serali. Per ora la "caccia" non sta dando però grandi risultati come racconta il portavoce di Mujaveg Cristian Bacci: «Le nutrie, seppur attirate dalle nostre esche (perlopiù verdura cruda ndr) non entrano nelle gabbie-trappola. Sarà più dura del previsto, ma ce la faremo». Dotati di tesserino e abbigliamento visibile, formati ad hoc dell'Enpa ed autorizzati dalla Regione, i volontari sono entrati in azione con l'obiettivo di dare il via al progetto di riduzione del numero di esemplari presenti sul territorio comunale con metodi ecologici e non cruenti, seguendo le linee base del progetto per il contenimento della nutria approvato dall'Ispra su proposta proprio di Mujaveg e promosso da subito dalla giunta Marzi. Una soluzione alternativa all'abbattimento selettivo inizialmente proposto dalla Regione. Qualche mese fa, dopo aver setacciato le zone attigue al rio Ospo per rinvenire i grossi roditori (la nutria è la seconda specie più grande in Europa dietro al castoro), i volontari avevano ufficialmente censito 13 esemplari: dieci adulti e tre giovani. Un numero ben al di sotto della stima iniziale che si era attestata a quasi cinquanta animali. Il progetto prevede, dopo la cattura, il trasporto di una nutria alla settimana all'interno della struttura dell'Enpa triestina, in via De Marchesetti. Qui il medico veterinario, una volta valutate le condizioni dell'esemplare, praticherà la puntura con cui verranno sterilizzati sia i maschi che le femmine. Dopo circa 4-5 giorni di permanenza all'Enpa, gli animali verranno reimmessi nel rio Ospo con tanto di apposita marca auricolare. La marcatura sarà di due colori: verde per i maschi e rosa per le femmine. Un procedimento necessario sia per non ripetere la stessa operazione allo stesso esemplare, sia per monitorare il reinserimento dell'animale sterilizzato nel nucleo famigliare di origine. Un plauso al lavoro dei volontari è giunto dall'assessore all'Ambiente del Comune di Muggia Laura Litteri: «Muggia è l'unico Comune in Friuli Venezia Giulia che ha deciso di procedere con un progetto di sterilizzazione dei castorini, andando quindi controcorrente rispetto alle altre amministrazioni che hanno deciso di puntare a risolvere la questione tramite la soppressione degli animali. Siamo un esempio positivo da seguire».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 settembre 2019

 

 

SULL'AMBIENTE E SUL CLIMA STAVOLTA L'UE NON TRADISCE

La Commissione europea è nata e la presidente Ursula von der Leyen è stata di parola. La svolta verde da lei preannunciata nel suo discorso al Parlamento europeo non era solo un'espressione gettata al vento. L'olandese Franz Timmermans è stato infatti confermato vicepresidente esecutivo, ma questa volta con una delega molto importante e strategica, quella al Clima. Ursula dunque va avanti per la sua strada. A luglio, nel giorno del suo insediamento, aveva dichiarato che mantenere in salute il nostro Pianeta era la sfida più urgente dei prossimi anni, sostenendo che entro il 2050 l'Europa dovrà diventare il primo continente al mondo neutrale climaticamente parlando, grazie a una riduzione delle emissioni del 50-55% al 2030, e annunciando entro tre mesi dall'inizio del suo mandato un Green Deal europeo che dovrà essere accompagnato da un piano di investimenti proveniente dalla trasformazione della Bei in una banca per la lotta ai cambiamenti climatici, operazione che consentirà almeno mille miliardi di risorse finanziarie nei prossimi 10 anni. La delega assegnata a Timmermans conferma le volontà della von der Leyen, che ha scelto di affidare la sua rivoluzione verde a chi a sua volta già aveva manifestato pubblicamente la propria attenzione verso i temi ambientali.«È tempo di mettere in cima alle priorità il clima e l'ambiente», aveva dichiarato Timmermans nel maggio scorso a Bruxelles nel corso del dibattito dei cosiddetti Spitzenkandidaten, ovvero i candidati capilista alle elezioni dell'Europarlamento. In quella occasione, il leader del Pse propose tra le altre cose una tassa sul cherosene e una sulle emissioni di Co2 da applicare a tutta l'economia europea, dichiarandosi inoltre promotore di una coalizione progressista con la sinistra e i Verdi, così da garantire che la lotta al cambiamento climatico fosse in cima alle priorità degli impegni della Commissione. L'Europa dunque sulle tematiche ambientali non retrocede, come dimostra anche il fatto che la delega di Timmermans non ha cancellato la figura del commissario all'Ambiente e oceani, dove troviamo il ventottenne lituano Virginijus Sinkevicius, o quella dell'Energia affidata alla estone Kadri Simson, o ai Trasporti guidato dalla rumena Rovana Plumb. Tuttavia, se l'Europa va avanti spedita, in Italia il neonato governo "giallorosso" sembra non aver colto del tutto l'attenzione e la sfida che questo tema merita. Insieme alle intenzioni programmatiche occorreva dare corso a una connotazione ambientalista più marcata, con una maggiore centralità al ministero dell'Ambiente, dotandolo di portafoglio, con competenze chiare in materia di energia, di incentivi, di politica industriale e di accordi internazionali. Invece questa strada non è stata presa, col rischio serio che niente cambi rispetto agli ultimi 14 mesi. Occorrerà un ruolo maggiore della Presidenza del Consiglio in materia di strategia ambientale nazionale ed internazionale, per sfruttare al meglio l'indirizzo politico della neo Commissione europea. 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 10 settembre 2019

 

 

Centro rifiuti di Vignano esiliato dalla burocrazia almeno fino a inizio 2020

MUGGIA. «La piazzola ecologica di Vignano rientra nell'area Sin e poiché non è pavimentata la Regione non ha rinnovato la concessione che 10 anni fa era stata data dalla Provincia». Il sindaco di Muggia Laura Marzi interviene per fare chiarezza sulle motivazioni per cui l'area in cui vengono convogliati i rifiuti dei muggesani è attualmente chiusa. Come noto nel 2003 una vasta area dei comuni di Trieste e Muggia venne dichiarata Sito inquinato d'interesse nazionale, ossia zona sospettata di essere fortemente inquinata destinata dunque a essere sottoposta a una lunga e complessa serie di procedure per verificare l'effettivo inquinamento delle varie "porzioni" e di eventuali opere di bonifica. Tecnicamente dunque, fino a quando tale procedura non è completata, all'interno del Sin non si può spostare alcun materiale e quindi non si può eseguire alcun tipo di lavoro: se la "porzione" risulta inquinata deve essere bonificata, nel caso invece non ci sia inquinamento l'area può essere "riconsegnata ai cosiddetti "usi legittimi". «Per quanto riguarda la piazzola ecologica in questi 10 anni il Comune non è stato fermo - spiega Marzi - ma ha intrapreso la complessa procedura prevista da un apposto Decreto ministeriale per poter svincolare l'area dal Sin. Abbiamo inviato la documentazione richiesta il 20 dicembre del 2017, ma da allora non è mai stata convocata la Conferenza dei servizi, di nomina ministeriale, che deve analizzare i risultati delle analisi e decidere se l'area è inquinata o no, e nella stessa situazione si trovano altre "porzioni" su cui sorgono attività che attendono una risposta da anni». A giugno di quest'anno, su richiesta del ministero, il Comune ha ripetuto alcuni test e i responsi analitici rientrano nei limiti previsti dalla norma, per cui l'iter dovrebbe finalmente essere concluso. In questi giorni il Comune si trova così costretto ad approntare la nuova location nella quale spostare per un certo periodo la piazzola ecologica, in due capannoni al chiuso di proprietà del Coselag, al quale verrà erogato il pagamento di un affitto per il loro utilizzo. «È per questo che non può essere altro che un luogo provvisorio, visto che l'area "vecchia" è di proprietà del Comune e non ha costi di locazione. Nei prossimi mesi - conclude Marzi - saranno pertanto fatti i lavori necessari nella stessa piazzola "vecchia" che potrà, alla fine, essere asfaltata ed essere riutilizzabile, presumibilmente nei primi mesi del prossimo anno, e comunque non appena arriverà il via libera del ministero che permetterà di restituire appunto una piazzola ecologica sicuramente migliorata ai cittadini».--Ri.To.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 9 settembre 2019

 

 

Copertoni, boe e metalli recuperati sui fondali davanti al porticciolo

Un container riempito di immondizie e vari bidoni stipati di rifiuti di ogni tipo. È il "bottino" della pulizia dei fondali effettuata sabato e domenica a Barcola, nella zona del porticciolo, dall' associazione "Amici del Bunker". Dodici gli operatori scesi in acqua, a coppie, sotto la supervisione di Franco Mancinelli, responsabile per le attività subacquee. Personale esperto e qualificato che si è immerso per recuperare centinaia di oggetti, poi conferiti a terra in appositi contenitori forniti dall' AcegasApsAmga.«Abbiamo trovato di tutto - racconta Alfonso Lattanzio, dell'associazione promotrice dell'iniziativa - anche un vecchio ferro da stiro, e poi gomme, corde, scale, bottiglie e tanta plastica. Speriamo che queste pulizie servano non solo a ripulire i nostri fondali, ma anche a sensibilizzare la gente e far capire a tutti che ora di finirla. Bisogna salvaguardare l'ambiente con attenzione». Due mattinate di lavoro intenso per tutti i volontari coinvolti, tra i quali anche i consiglieri comunali Michele Babuder e Massimo Codarin. L'intervento realizzato nel week end è l'ultimo di una lunga serie di immersioni che in estate hanno interessato vari tratti di costa, dalla Sacchetta fino a Sticco. 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 8 settembre 2019

 

 

LA SVOLTA SULLA FERRIERA E IL FUTURO DEI LAVORATORI

Era prevedibile che la svolta sulla Ferriera suscitasse reazioni molteplici e contrastanti, avendo portato un'improvvisa accelerazione in un quadro su cui si fanno chiacchiere, e quasi solo chiacchiere, da almeno vent'anni. Il sostanziale accordo tra la Regione, il Porto e l'imprenditore Arvedi per la dismissione della produzione a caldo e la trasformazione dell'area in terminal ferroviario (quasi certamente a guida cinese) al servizio del futuro Molo VIII, ha dato concretezza e prospettiva a un nodo altrimenti irrisolvibile: la bonifica ambientale di Servola è un'operazione gigantesca alla quale non basterebbero capitali italiani, né privati né a maggior ragione pubblici. Che questa soluzione - per ora solo disegnata e tutta da costruire - generi amarezza nell'imprenditore e preoccupazione tra i lavoratori (e lo stesso specularmente tra le rappresentanze industriali e sindacali), è non solo comprensibile, ma meritevole di ogni attenzione. Servola è il problema dei problemi esattamente per questo: qualunque soluzione venga adottata lascia per strada qualche scheletro (impiantistico), guadagna qualcosa e perde altro, genera ansie e apre un vuoto. Nel caso specifico, un deficit di produzione industriale ch'è un grave problema della città. Ma la soluzione buona per tutto e tutti non c'è. Entrambe le posizioni emerse in questi giorni richiedono ascolto e soluzione; quella dei lavoratori, con tutto il rispetto per l'azienda, persino di più. La lettera aperta di Giovanni Arvedi alla città è quella di un uomo che tiene alla sua parola e all'etica personale almeno quanto tiene all'impresa, e non a caso si sofferma a lungo sui valori cristiani. Figuriamoci se un imprenditore che salvò la Rizzoli dopo lo scandalo P2, e fu quasi l'unico a metterci soldi suoi, si spaventava a salvare Servola. È venuto, ha investito molti quattrini per risanare il risanabile, ha mantenuto quanto aveva promesso. L'ha fatto con la schiena diritta, da imprenditore e nella logica del profitto, e guai se non fosse così. Non è un pirata dell'Est, né un volpone venuto a prendersi i contributi dello Stato: e avevamo conosciuto entrambe le categorie. La città deve comunque essergli grata. Dopodiché, egli sa bene che la situazione creatasi gli consentirà di vendere un impianto comunque vetusto a condizioni di grande vantaggio. Sempreché si trovi un accordo sul prezzo, e con un contraente pubblico quale il Porto: e sarà questo il punto di caduta della vicenda, come ha fiutato dal principio il sindaco Dipiazza. I lavoratori, sia giovani che di lungo corso, vivono una fibrillazione comune a molte aziende e settori e connaturata alla nostra epoca, ma che l'eterno protrarsi ha reso insopportabile: come pianificare una famiglia, un figlio, una casa? Eppure, a ragionarci su, tre elementi possono alleggerire il pessimismo di queste ore. Il primo è che la situazione è all'attenzione pubblica quanto nessun'altra. Il loro caso è sotto i riflettori e le istituzioni non possono permettersi di abbandonarli (come inevitabilmente accade a tanti ignoti esuberi in tante ignote piccole imprese). Il secondo è che quest'operazione, se e quando si compirà, varrà cifre mai viste, soprattutto di provenienza cinese. È impensabile che tra esse non si trovi il necessario per riconvertire, riassumere o prepensionare le persone colpite dalla dismissione produttiva. La terza è che i tempi saranno molto lunghi. Trascorreranno forse dieci anni prima che le aree siano vendute, date in concessione, bonificate e ricostruite, attività nelle quali gli stessi lavoratori attuali potranno essere impiegati. Se poi v'era il timore sulla necessaria interlocuzione governativa, ecco che il nuovo ministro sul cui tavolo pioverà il caso è il triestino Patuanelli. Sembra che una mano invisibile ci stia mettendo tutti i tasselli.

 

I Cinque stelle: «Noi gli unici a volere chiusa l'area a caldo»

«L'unica forza politica che ha seriamente cercato di far chiudere l'area a caldo della Ferriera in Friuli Venezia Giulia è il Movimento 5 Stelle». Il gruppo pentastellato in Consiglio comunale attacca destra e sinistra sulla vicenda Ferriera. In un lungo comunicato, i consiglieri ne hanno per tutti, dal presidente Fedriga al sindaco Dipiazza, dal capogruppo Polacco all'ex sindaco Cosolini e l'ex presidente Serracchiani. Il M5S si intesta poi il ruolo di protagonista nella lotta alla Ferriera, elencando petizioni e segnalazioni al Ministero. Concludono: «Oggi siamo alle comiche finali. Arvedi compra una pagina del Piccolo per dire, nero su bianco, il processo industriale che si svolge nell'area a caldo ha "la prospettiva di essere fermato nel prossimo futuro". E chi dovrebbe fermarlo? Le istituzioni, ovviamente. Che hanno, viste le dichiarazioni scritte della proprietà, tutti gli elementi giuridici per farlo. E che tuttavia continuano a non farlo. Questo la dice lunga sul vero atteggiamento di Comune e Regione». E ancora: «Non sarà che le notizie di questi giorni sulla prossima (quanto prossima?) chiusura dell'area a caldo non sono altro che un elaborato e concordato balletto per allarmare i lavoratori e le loro famiglie e far aprire il borsellino pubblico, in modo che il cristianissimo cavalier Arvedi possa uscirsene da Trieste con in tasca qualche spicciolo, invece che una serie di condanne per violazione della normativa sull'inquinamento acustico?». 

 

 

Allarme Ue: «I terreni perderanno valore per il clima mutato»

L'anno prossimo in Italia l'erosione dei suoli potrebbe provocare una contrazione della produzione di oltre lo 0,5% con perdite milionarie difficili da quantificare. Temperature più calde (soprattutto minime più elevate durante la stagione invernale) e siccità possono aumentare le infestazioni da parassiti come la mosca dell'ulivo, portando a una riduzione della produzione di olive. In futuro, senza correttivi, per l'effetto dei cambiamenti climatici l'Italia potrebbe subire la più grande perdita aggregata di valore dei terreni agricoli d'Europa, da 58 a 120 miliardi entro il 2100, una riduzione del 34-60% rispetto al valore nelle attuali condizioni climatiche. L'impatto socio-economico dell'innalzamento delle temperature sull'agricoltura europea è descritto nel nuovo rapporto dell'Agenzia europea per l'ambiente (Eea). Lo studio delinea altri scenari tra cui il possibile calo dei redditi agricoli fino al 16% entro il 2050, l'aumento della domanda di acqua per l'irrigazione dal 4 al 18% e la svalutazione dei terreni coltivabili fino all'80% nell'Europa meridionale. Secondo il report, i cambiamenti climatici avranno l'impatto più severo nel Sud Europa, con il benessere degli agricoltori più a rischio in Austria, Francia, Romania, Grecia, Spagna e Portogallo. E poi c'è l'Italia dove il prezzo della terra ha superato i 20.000 euro per ettaro, anche se c'è una forte differenziazione territoriale con il Nordest dove si registrano valori sopra i 40.000 euro/ettaro e il Mezzogiorno dove si scende in media tra 8-13.000 euro/ettaro. Si raggiungono anche prezzi milionari nelle aree più vocate alla produzione del vino di qualità dal Brunello al Barolo. Per salvaguardare questo patrimonio servono interventi urgenti anche perché, come sottolinea Coldiretti, negli ultimi dieci anni in Italia gli effetti dei cambiamenti climatici hanno provocato oltre 14 miliardi tra perdite della produzione agricola e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne. Ettore Prandini, presidente dell'organizzazione agricola spiega: «L'Italia deve difendere il patrimonio agricolo e la disponibilità di terra fertile, perché con la chiusura di un'azienda agricola, assieme alla perdita di posti di lavoro e di reddito, viene a mancare il ruolo insostituibile di presidio del territorio». L'Agenzia Ue sottolinea il ruolo delle istituzioni: «L'adattamento ai cambiamenti climatici deve essere una priorità assoluta per il settore agricolo dell'Ue se si vuole migliorare la resilienza a eventi estremi come siccità, ondate di calore e inondazioni». Massimo Gargano, direttore dell'Anbi, invita il governo a prendere in considerazione il patrimonio di progetti dei consorzi di bonifica: 592 interventi irrigui, di cui 144 esecutivi o definitivi, capaci di attivare oltre 11.000 posti di lavoro; per la prevenzione del rischio idrogeologico sono approntati 3.708 piani, di cui 527 esecutivi o definitivi, in grado di garantire quasi 40.000 occupati. 

Maurizio Tropeano

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 7 settembre 2019

 

 

«Uno stop non controllato rischia di fare gravi danni»

Prosegue serrato il confronto sulla Ferriera. Il presidente regionale Massimiliano Fedriga anche ieri è tornato a chiedere un intervento rapido del governo. Stessa richiesta arrivata dai vertici nazionali dell'Usb, che sollecitano un tavolo ministeriale sulla questione occupazione, mentre sul fronte dell'ambiente il professor Pierluigi Barbieri, nel tempo consulente sulla Ferriera di Comune e Regione, avverte: «Nell'eventuale fase di chiusura bisognerà tenere alta l'attenzione per evitare il ritorno delle emissioni inquinanti». Cominciamo con il presidente della Regione. Ha dichiarato ieri Fedriga commentando la lettera aperta che il presidente di Siderurgica Triestina Giovanni Arvedi ha pubblicato sul Piccolo: «Se si fa un serio processo di riconversione con gli investitori adeguati, ovviamente con un coinvolgimento dell'attuale proprietà e delle istituzioni coinvolte, dall'Autorità di sistema portuale al Comune di Trieste, penso che riusciremo a raggiungere l'obiettivo di chiudere l'area a caldo che è particolarmente impattante e gravosa sull'ambiente e sulla salute dei cittadini e a garantire il lavoro a tutte le persone coinvolte». La Regione, ribadisce il governatore, «sta lavorando. Abbiamo inviato una lettera ai Ministeri competenti, chiedendo che venga subito istituito un tavolo». Poi un affondo all'azienda: «Arvedi ha ammesso di fatto che l'impianto inquina e che è disponibile a chiuderlo. Dopo di che non entro in merito alle sue valutazioni personali e sulla strada da perseguire». Affermazioni che, da Cremona, si affrettano comprensibilmente a contestare. L'azienda non interviene sull'argomento con note ufficiali, ma precisa che in alcun modo le parole del cavalier Arvedi possono essere lette come un'ammissione d'inquinamento da parte di Siderurgica Triestina. Nel frattempo il responsabile nazionale di Usb Siderurgia Sergio Bellavita chiede un tavolo al Mise: «Le ultime dichiarazioni di Arvedi appaiono l'ennesimo tentativo di scaricare su altri le responsabilità di un'azienda che si sta sganciando dai propri impegni e che prova per l'ultima volta a produrre un'operazione di "cassa" sulla pelle dei lavoratori e della città di Trieste. Usb ritiene sia necessario che l'azienda venga a rispondere delle sue scelte industriali davanti alle istituzioni nazionali».Il professor Pierluigi Barbieri, del dipartimento di Scienze chimiche, è stato consulente del Comune e, attraverso UniTs, lo è della Regione in materia di Ferriera. Tutti gli riconoscono padronanza del tema sotto il profilo ambientale: «Nel tempo il Comune e la Procura hanno creato una rete di rilevazione dati che affianca quella iniziale, considerata anche dall'Aia. Il risultato è che ora disponiamo di molti dati aggiuntivi che, venendo da macchine non previste dall'Aia, non possono essere utilizzati. Quel che stiamo facendo con la Regione è semplificarli e integrarli in maniera da avere un quadro che consenta poi di decidere». L'informazione scientifica, secondo Barbieri, dovrebbe essere il punto da cui la politica parte: «È importante per questo che l'attenzione rimanga alta e che ci sia tempestività nel comunicare i risultati delle analisi, tale da permettere alle istituzioni di rispondere per tempo». L'eventuale periodo della chiusura dovrà essere un momento di alta vigilanza: «Nel tempo le pressioni sull'azienda hanno ridotto in modo significativo le emissioni di benzene. In una fase di chiusura, però, sarà fondamentale impedire che l'allerta venga meno. Basta un attimo a far risalire i valori».

Giovanni Tomasin

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 6 settembre 2019

 

 

Ferriera a rischio stop La Regione chiama Roma Dipiazza attacca Arvedi

Le reazioni delle istituzioni all'indomani dell'addio alla città annunciato da Arvedi Fedriga: «Tocca al governo tutelare il lavoro». Il sindaco: «Azienda inadempiente»

Il futuro della Ferriera di Servola approda subito sul tavolo del nuovo governo. All'indomani dell'annuncio "choc" del cavalier Giovanni Arvedi, pronto a dare l'addio alla città e ad accelerare la chiusura dell'area a caldo, è la Regione a chiamare in causa l'esecutivo (dove, peraltro, fino a poche settimane fa, sedevano ministri leghisti), inviando una lettera a Roma per sollecitare al più presto la convocazione di un tavolo ad hoc. Tavolo, si legge nella nota firmata Massimiliano Fedriga, necessario per «garantire il futuro dei lavoratori impiegati nell'area a caldo», messo a rischio dalla mossa a sorpresa del numero uno di Siderurgica Triestina. Con la proprietà, però, la giunta regionale sceglie di non entrare in polemica. Non ora, almeno. «Fermo restando il fatto - sottolinea il presidente Fvg - che l'azienda deve continuare a garantire la piena sicurezza degli impianti fino alla loro chiusura, apprezziamo gli sforzi compiuti da Siderurgica, che hanno portato all'adempimento di quasi tutte le prescrizioni previste negli accordi. Allo stesso tempo - prosegue il governatore - prendiamo atto delle sue difficoltà a far fronte a nuovi investimenti sull'area che risulterebbero antieconomici». Ecco allora la scelta di "passare la palla" al Conte bis e, in particolare, al neoministro triestino per lo Sviluppo economico Stefano Patuanelli. «Per questo - conclude Fedriga - è fondamentale che il governo si attivi, coinvolgendo le istituzioni locali, per garantire il mantenimento dei livelli occupazionali a seguito della chiusura dell'area a caldo». «Servono garanzie anche per la salute - aggiunge l'assessore al Territorio Graziano Pizzimenti, contattato telefonicamente -. Serve un tavolo di concertazione perché la situazione è così complessa che un singolo ente non può ottenere risultati positivi, senza l'aiuto degli altri». «Sulla vicenda non ho mai avuto fretta - dichiara il responsabile Ambiente Fabio Scoccimarro -, per i motivi noti. In gioco non ci sono solo ambiente e salute, ma anche occupazione, che non si può garantire in un giorno. La proprietà adesso ha dato un'accelerazione. Bene. Lavoreremo assieme affinché siano tutti soddisfatti». Più dure le parole del sindaco. «Abbiamo sempre affermato che l'area a caldo non è compatibile con la mutata sensibilità ambientale e non rappresenta lo sviluppo della città - dice Roberto Dipiazza -. Sin dall'inizio abbiamo attuato azioni volte alla tutela della salute e al controllo del rispetto degli accordi di programma e dell'Aia». Il primo cittadino ricorda poi che lo stabilimento è stato "resuscitato" da «scelte politiche fatte da altre amministrazioni» e accusa l'azienda di «ritardi nell'adempimento dei doveri e riluttanza nel rispettare misure importanti sotto il profilo ambientale». Un'accusa, quest'ultima, da sempre contestata dall'azienda, tornata anche ieri a precisare la propria posizione. «Il paventato "addio" a Trieste - si legge in una nota -, non è una scelta di Arvedi, ma la conseguenza di scelte operate da altri, delle quali, appunto, - a malincuore e con amarezza e dispiacere- si prende atto. La riprova si ha nel fatto che il gruppo ha investito in quattro anni milioni di euro sugli impianti per giungere alla compatibilità ambientale, scelta che ovviamente non avrebbe compiuto se avesse pensato alla chiusura. Il cavalier Arvedi pertanto chiede che si tenga conto della situazione reale, facendo un appello a coloro che propongono, sostengono e gestiranno questa fase a tenere in prioritaria considerazione il posto di lavoro degli addetti di Servola, che in quattro anni sono passati da 400 a quasi 600 unità». Sul caso intervengono anche altri esponenti della maggioranza di centrodestra. L'assessore comunale forzista Lorenzo Giorgi definisce quelle di Arvedi «lacrime da coccodrillo», mentre per il capogruppo di Fi in Municipio, Alberto Polacco, «l'ostilità percepita dalla proprietà non è altro che la fermezza con la quale l'amministrazione comunale prima e quella regionale a guida centrodestra poi stanno affrontando il tema». Più moderata invece la deputata forzista, Sandra Savino: «Non è tempo di polemiche: ognuno si assuma le proprie responsabilità per gestire la crisi».

Lilli Goriup

 

Serracchiani incolpa il centrodestra - La Curia teme ora per i posti di lavoro

Non solo gli attuali amministratori. Lo "sfogo" pubblico di Giovanni Arvedi, con la notizia di una possibile e ravvicinata chiusura dell'area a caldo della Ferriera, hanno innescato numerose reazioni. «Atto premeditato o gesto imprudente che sia - ha affermato la deputata Pd nonché ex governatrice Debora Serracchiani -, l'accelerazione impressa dalla Regione ha evidentemente ottenuto il risultato di accendere la miccia della crisi industriale e occupazionale più grave di Trieste, da decenni. Fatto il danno, ora Fedriga chiede l'intervento del governo per scaricare su Roma la responsabilità di mantenere i livelli occupazionali. Non si è pensato a cosa significhi la chiusura non guidata e traumatica di un pezzo di industria, in assenza di alternative concrete già sul tavolo».«Non sono un fan dell'area a caldo a tutti i costi - ha commentato l'ex sindaco dem Roberto Cosolini -. Ai miei tempi ho cercato una soluzione praticabile che tutelasse il lavoro e migliorasse l'impatto, a costo di una perdita di consenso. I risultati ci sono stati e Arvedi ha ottemperato agli impegni». Per il consigliere regionale Cosolini alcuni nodi rimangono aperti: «Restano le attività a freddo del gruppo Arvedi? C'è un'idea di riconversione dell'area e dell'occupazione che non si riduca all'aspettativa che D'Agostino tolga tutte le castagne dal fuoco? La Regione e il Comune sono consapevoli della responsabilità che devono assumersi verso i lavoratori? C'è l'Assessore all'Industria?».La decisione è un bene invece per i Cinque Stelle: «La chiusura dell'area a caldo in tempi brevi è una notizia che non può che farci piacere - ha detto il consigliere regionale pentastellato Andrea Ussai -. Si tratta di un obiettivo che perseguiamo da tempo e che finalmente trova la condivisione della proprietà. Nel frattempo si sarebbero dovute programmare una chiusura e riconversione dello stabilimento che tutelassero anche i livelli occupazionali».Il presidente di Open Fvg Giulio Lauri ha espresso grande preoccupazione «per il futuro dei lavoratori impiegati nello stabilimento e nell'indotto, nonché per le loro famiglie» e si è appellato «al nuovo governo e al ministro Patuanelli» affinché garantiscano tutele ambientali e occupazionali. I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil del Fvg - rispettivamente Villiam Pezzetta, Alberto Monticco e Giacinto Menis - hanno chiesto l'apertura immediata di un tavolo sul futuro del sito, manifestando preoccupazione e rimarcando che «si è interrotto il percorso tracciato quattro anni fa con l'Accordo di programma, per consentire da un lato la progressiva riduzione dell'impatto ambientale della Ferriera, dall'altro la continuità produttiva e occupazionale del sito. Due obiettivi che fin qui sono stati contemperati».Il presidente di Confindustria Venezia Giulia, Sergio Razeto, ha ringraziato «un imprenditore della levatura del cavalier Arvedi» e si è accodato ai timori «per il futuro di un complesso industriale sul quale non riusciamo a intravedere reali e concreti progetti di riconversione, nonché per la dismissione di uno stabilimento che contribuiva all'incidenza del settore manifatturiero sul territorio».A livello cittadino, il gruppo Pd di Trieste ha chiesto «di audire i sindacati in merito alla crisi che appare sempre più certa». Lo ha reso pubblico una nota firmata dalla capogruppo dem in Consiglio comunale Fabiana Martini, assieme ai colleghi Antonella Grim e Giovanni Barbo. Attraverso l'ufficio stampa della Curia il vescovo Giampaolo Crepaldi ha ribadito la posizione già esplicitata negli scorsi giorni («Bisogna dare atto alla proprietà di aver operato in questi anni con l'intento di rinsaldare i livelli occupazionali e, al contempo, di essere state attente alle implicazioni ambientali»), aggiungendo che alla luce dei più recenti sviluppi si sente da un lato dispiaciuto per l'esito dello sforzo imprenditoriale e dall'altro preoccupato per il tema dell'occupazione.

 

La disillusione degli operai «Abbiamo la città contro Lottare? Non vale la pena»

Rassegnazione mista a rabbia nelle parole delle maestranze all'uscita dai cancelli. «Siamo in balia degli eventi». Ma c'è chi prevede tempi lunghi per la reale chiusura dello stabilimento

Rassegnazione e disillusione. E poca voglia di parlare. Sono questi i sentimenti principali che emergono dai lavoratori della Ferriera sull'annunciato disimpegno del Cavalier Arvedi dall'impianto di Servola. Al cambio turno delle 14 l'andirivieni è quello di sempre, anche se il nervosismo è latente e lo si respira. «Non so cosa dire - accenna Sergio -. La paura di perdere il lavoro c'è, ma finché non vedo questa porta chiusa (dice rivolgendosi al portone d'entrata dello stabilimento) preferisco non fare commenti. Io lavoro qui da 20 anni e ne ho sentite di tutti i colori perciò non so proprio più cosa pensare». Gli operai escono a gruppetti, molti di loro cambiano espressione quando vengono avvicinati e preferiscono non commentare. Sono soprattutto gli operai dell'area a caldo, la parte che per prima dovrebbe essere spenta, a rinchiudersi nel silenzio. «Non sappiamo praticamente niente - ci spiega uno di loro mentre si allontana verso la propria macchina - e le notizie le scopriamo dalla stampa». La poca voglia di parlare è la spia di un fatalismo portato allo stremo. «Se ne sentono tante di voci qua dentro - ci dice un altro operaio allontanandosi infastidito -, e sinceramente non me ne frega più molto. A me interessa solo la paga alla fine del mese, per il resto possono anche spegnere tutto». Francesco lavora nel laminatoio. «Percepisco tanta rassegnazione, però credo sia comprensibile dal momento che la notizia è ancora fresca e deve ancora essere assimilata. Credo però - prosegue - che forse questa potrebbe essere la volta buona perché la gente che lavora qui possa alzare la testa e dire la sua». Barricate in piazza Unità? «Forse non è ancora giunto il momento, oppure molti si stanno rassegnando all'opinione comune per la quale la Ferriera rappresenta un peso per la città. Fra qualche giorno ne sapremo di più». Uno sguardo in avanti lo dà anche Diego: «Io non sono preoccupato perché non lavoro nell'area a caldo, ma quando la gente toccherà con mano la possibilità di perdere il lavoro allora ne potremo sentire delle belle, perché qui siamo stufi di passare per il capro espiatorio di tutti i mali della città». I sentimenti di disillusione tornano a farsi sentire nella vicina trattoria dove molti vanno a mangiare a fine del turno. «Abbiamo contro tutti, l'opinione pubblica e i politici - spiega Maurizio, sigaretta alla bocca e birra in mano -, ma credo non ci sia più molto da fare per il nostro futuro». E sull'ipotesi di perdere il lavoro ribadisce tutta la sua sfiducia: «Noi operai cosa ci possiamo fare, se il "vecio" decide di chiudere? Niente, tanto più dal momento che anche i sindacati sono disuniti sul tema. In poche parole siamo totalmente in balia degli eventi». La consapevolezza di essere contro tutto e tutti emerge anche dalle parole di Stefano: «Non so quanto dobbiamo preoccuparci della chiusura dell'impianto - prosegue - dal momento che da Arvedi dovrà comunque arrivare un compratore che gli garantisca una cifra congrua per la vendita dell'impianto. Non penso - conclude Stefano - che sia un'operazione dall'oggi al domani». Chi non ha peli sulla lingua è la titolare della trattoria. «Qualcuno su questa vicenda dovrebbe mettersi una mano sulla coscienza, soprattutto chi ha comprato le case del rione a poco e ora si batte perché la Ferriera chiuda e possa così rivenderle a un prezzo molto superiore. Il tutto sulla pelle di questa povera gente». 

Lorenzo Degrassi

 

 

L'Authority triestina apre le sue porte ai "pirati" ecologisti di Sea Shepherd

I vertici italiani della discussa organizzazione sbarcano alla Torre del Lloyd. «Senza tutela dei mari non c'è futuro»

TRIESTE. Oggi più che mai il mare è il sensore dello stato di salute del mondo e degli umani che ci vivono. Ieri alla torre del Lloyd l'Autorità di sistema portuale dell'Adriatico orientale ha ospitato una conferenza di Sea Shepherd, organizzazione la cui flotta nera solca i sette mari per proteggere balene, delfini, squali e altre specie a rischio. I relatori sono stati, dopo l'introduzione del presidente dell'Adsp Zeno D'Agostino, il presidente di Sea Shepherd Italia Andrea Morello e il volontario Tommaso de Lorenzi. Moderava il giornalista Giovanni Marzini.Morello racconta com'è nata Sea Shepherd Italia: «Nel 2010 per la prima volta una nave dell'organizzazione entra nel Mediterraneo. È la Steve Irwin, proviene dalle acque dell'Antartico. Al timone c'è il capitano Paul Watson, fondatore di Sea Shepherd nel 1977 e prima ancora di Greenpeace, nel 1971». La Steve Irwin passa il canale di Suez per proteggere il tonno rosso, che quell'anno è entrato nella lista delle specie in estinzione e subisce una pesca senza quartiere in molte parti del Mediterraneo. «A quei tempi c'erano 15 volontari in Italia - ricorda Morello - e l'organizzazione ci chiese di dare supporto alla nave, cosa che facemmo». Da quell'esperienza nasce Sea Shepherd Italia: «Assieme al capitano Watson valutammo che c'era molto lavoro da fare in queste acque. Piuttosto che mandare i volontari in giro per il mondo, era meglio costituire una onlus qui che facesse da base per le attività mediterranee». Oggi Sea Shepherd Italia conta più di 900 volontari iscritti: «Lavoriamo nelle scuole in sei o sette regioni, ci occupiamo di pulizia di spiagge e fondali in dieci regioni».Dal 2014 le navi della Neptune's Navy, così si chiama la flotta dell'organizzazione, iniziano ad approdare con regolarità nel nostro Paese. Il primo obiettivo è tutelare l'area marina protetta del Plemmirio, subito a sud di Siracusa. «Quando ormeggiammo nella città siciliana - ricorda il presidente -, nonostante la nave nera e il simbolo del Jolly Roger, venimmo accolti molto bene dal comandante della Guardia Costiera e dal leggendario apneista Enzo Maiorca». Sea Shepherd inizia così una collaborazione con la Guardia costiera, la Guardia di Finanza e la Polizia ambientale per combattere la pesca illegale. I risultati sono palpabili: «È aumentata la qualità di pesce e la biodiversità, ma anche gli animali sono più socievoli». Dal 2016 a oggi le navi di Sea Shepherd hanno frequentato con regolarità le acque italiane, collaborando con le autorità nella lotta contro il bracconaggio d'altura: «Quest'anno siamo andati a cercare le cosiddette spadare, reti vietate ormai da vent'anni ma ancora in uso. Ne abbiamo eliminate tre. In quella più lunga, da sei chilometri, abbiamo trovato pesci spada, tonni, squali: tutti morti. L'ultimo, però, era un'enorme verdesca da tre metri: era ancora viva e, con un piccolo aiuto, è sfrecciata nel blu delle acque fra Alicudi e Filicudi». A dispetto dell'etichetta di «ecopirati» che il governo giapponese gli affibbia a causa della loro ferma opposizione alla caccia alla balena, Sea Shepherd si vede più come un fattore d'equilibrio: «Ad esempio ora lavoriamo in diversi Paesi africani, aiutando le marine del posto a combattere la pesca illegale. Spesso condotta da equipaggi di schiavi, porta via l'unica risorsa a popolazioni che vivono del mare, e a cui poi non resta altro da fare che cercare un'altra vita a nord del Mediterraneo». Nel mondo contemporaneo, infatti, tutto si tiene: «Noi lavoriamo per gli animali e per le generazioni future, nell'idea che l'umanità debba andare verso un'interconnessione sempre maggiore con le altre specie. Verso un pianeta meno antropocentrico. In questo senso, se qualcuno ci dà dei pirati, vale la risposta che diede il capitano Watson: "Noi siamo i pirati della compassione che combattono contro i pirati del profitto».

Giovanni Tomasin

 

Sott'acqua a Barcola per scovare la plastica - Pulizia del porticciolo domani e domenica

Domani e domenica si rinnova l'appuntamento con la "Pulizia del porto", a Barcola. Anche quest'anno gli Amici del Bunker, in accordo con le società del consorzio di Barcola, organizzano un intervento di rimozione dei rifiuti sotto la superficie del mare, nel porticciolo. Saranno dodici gli operatori che scenderanno in acqua, sotto la supervisione di Franco Mancinelli, responsabile per le attività subacquee. Il personale impegnato nell'iniziativa è qualificato e molti hanno già preso parte alla prima edizione dell'evento, promosso con successo due anni fa.Divisi in sei squadre, ognuna con un supporto a terra, si occuperanno di eliminare scarti o altri materiali gettati in mare, di riportarli a riva e conferirli negli appositi contenitori per la raccolta differenziata. Il programma del dettaglio prevede domani, alle 8, il raduno degli operatori al bunker a mare, alle 9 operazioni al via, pausa alle 12 e ripresa dei lavori alle 14 con chiusura previsto alle 17. Domenica interventi solo al mattino, dalle 9 alle 12 e pranzo finale per tutte le persone coinvolte."Pulizia del porto" è l'ultima in ordine di tempo di una serie di progetti che anche nei mesi scorsi, a opera di vari sodalizi, hanno portato a operazioni di salvaguardia e tutela dei fondali del golfo, svolte in Sacchetta, davanti a piazza Unità d'Italia, nel porticciolo di Grignano e qualche giorno fa anche davanti allo stabilimento Sticco. In ogni occasione sono state recuperate tonnellate di immondizie, di diversi materiali, plastica soprattutto, ma anche vetro, legno e ferro, e nel complesso oggetti di tutti i tipi, gettati in acqua o portati dal vento.

Micol Brusaferro

 

 

Servizio civile, si parte - A Trieste 188 posti per volontari under 29

Pubblicato il bando regionale. I partecipanti dedicheranno un anno di vita a progetti su infanzia, cultura e ambiente

Al via il bando per il servizio civile nazionale, pubblicato il 3 settembre, con scadenza il 10 ottobre. Previsti complessivamente 604 posti in Friuli Venezia Giulia, 188 a Trieste, 231 a Udine, 108 a Pordenone. Per tanti ragazzi, dai 18 anni compiuti ai 29 non compiuti, si apre un ampio ventaglio di possibilità, per un anno di lavoro, che prevede 25 ore settimanali e un riconoscimento economico di 433 euro al mese. «Penso sia un'occasione unica per molti giovani - spiega Alberto Meli, coordinatore di Infoserviziocivile Fvg -. Un'esperienza lunga e all'insegna dell'impegno rivolto alla comunità, in un momento in cui spesso c'è un distacco dei ragazzi nei confronti di istituzioni e del bene pubblico. Possono dare il loro contributo in modo importante e in ambiti diversi, scegliendo in base a desideri e competenze, dalla cultura all'infanzia, passando per la promozione sportiva e altri settori. Ed è forte anche la componente formativa, durante tutto il periodo». Da quest'anno i progetti non durano tutti un anno, è possibile scegliere anche quelli da dieci o undici mesi. Un'altra novità è rappresentata dall'obbligo di iscriversi attraverso lo spid, Sistema Pubblico di Identità Digitale. Tutte le procedure comunque si effettuano online, seguendo le indicazioni su servizicivile.gov.it. «Chi partecipa lo fa spesso per affrontare la prima esperienza lavorativa della vita - prosegue Meli - alcuni lo fanno per il lato economico, altri ancora per la vocazione sociale delle iniziative. Nella maggior parte dei casi vedo giovani con il desiderio di mettersi in gioco, di dare una mano. Ricordiamo che gli enti li scelgono in base alla motivazione espressa, non sono richiesti pre requisiti specifici, a parte l'età, devono quindi dimostrare di essere realmente interessati».Ogni anno si registra, a livello nazionale, una media di 100 mila domande all'anno, questa volta a fronte di 39 mila posti. Al momento non sono disponibili i numeri sulle richieste ricevute da ogni singola regione. «Ma un altro dato che mostra la valenza del servizio civile - aggiunge Meli - è che dopo un anno dalla conclusione del progetto, oltre il 60% dei ragazzi coinvolti trova un lavoro a tempo indeterminato. Questo accade perché durante i mesi acquisiscono responsabilità, imparano il lavoro in gruppo o il rispetto delle regole. Certo spesso lavorare a contatto con il disagio non è facile, in determinate situazioni, ma gli enti seguono tutti con grande attenzione e forniscono un supporto costante». Sempre sul sito ufficiale del servizio civile sono pubblicate nel dettaglio tutte le informazioni sulle modalità e le tempistiche per presentare la domanda. Indicazioni utili sono presenti anche su Facebook, mentre sono a disposizione, in tante città, anche gli sportelli, dove i ragazzi possono ricevere assistenza sulla compilazione dei moduli e anche sulla registrazione dello spid. 

Micol Brusaferro

 

«Che gioia poter aiutare i bambini con difficoltà a divertirsi come gli altri»

Nadia Rondino, triestina, 26, è impegnata nel servizio civile da febbraio alle ACLI, nel doposcuola, con bambini e ragazzi. «Ho iniziato grazie al passaparola, parlando con mia sorella - racconta -. Dopo gli studi avevo scelto un periodo di volontariato in Spagna, nel campo delle disabilità, e al mio rientro ho fatto domanda per il servizio civile qui a Trieste. D'inverno seguo i bambini con i compiti e le attività dopo la scuola, d'estate il lavoro è simile, con l'aggiunta di momenti più ludici, ricreativi E uscite pomeridiane all'aria aperta. Mi piace molto, è divertente e garantisce una crescita umana e professionale». E in autonomia Nadia, con altri ragazzi, ha avviato anche iniziative nuove. «Abbiamo deciso di introdurre un progetto rivolto ai bambini della scuola primaria, per cercare di sensibilizzarli sull'importanza della raccolta differenziata, sempre attraverso giochi o laboratori, perché partendo dai più piccoli sappiamo come si possano raggiungere anche tante famiglie, con un messaggio utile». Sono tante le gratificazioni raccolte finora dalla giovane educatrice. «C'è la consapevolezza di aiutare bambini che spesso hanno difficoltà nell'apprendimento o che semplicemente hanno bisogno di un sostegno. Ma la soddisfazione c'è soprattutto quando ti cercano, chiedono di te, quando non vedono l'ora di vederti. Qualche giorno fa un bimbo, al rientro da una giornata al mare, ci ha detto quanto si fosse divertito, quanto fosse contento. Per me è una gioia, significa che stiamo facendo qualcosa di buono».

M.B.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 settembre 2019

 

 

«Stanco di attacchi continui e clima ostile» Il cavalier Arvedi dà il suo addio alla città

Il presidente di Siderurgica Triestina annuncia la volontà di sospendere al più presto la produzione e cede il passo al nipote

«La produzione dell'area a caldo, per quanto ci riguarda, dovrà fermarsi nel più breve tempo possibile». Il cavalier Giovanni Arvedi dà il suo addio a Trieste. Dopo l'avvio del confronto con la Regione e l'Autorità portuale sul superamento della produzione di ghisa da parte della Ferriera di Servola, il presidente di Siderurgica Triestina si accomiata amaramente dalla città, con una lettera pubblicata a pagamento sul Piccolo, in cui l'imprenditore rivendica quanto fatto in questi quattro anni di continue polemiche attorno allo stabilimento. «Rispondo una volta per tutte - comincia Arvedi - alle annose, scoraggianti, tendenziose, distorte informazioni che sono state diffuse e prendo atto delle decisioni assunte a carico della Ferriera e del nostro onesto lavoro a seguito delle volontà espresse dalle Istituzioni». Il cavaliere addossa insomma alla Regione la responsabilità di quanto potrebbe accadere e annuncia l'auspicio di un'uscita di scena veloce, perché «è doveroso e responsabile considerare i rischi sulla sicurezza dei lavoratori e l'impatto ambientale connessi alla gestione di un processo che ha la prospettiva di essere fermato nel prossimo futuro». Un'affermazione che corrisponde alla necessità di un'impresa attiva sul mercato di non continuare a investire su un sito di cui si è deciso lo smantellamento. L'imprenditore prende atto «delle decisioni delle Istituzioni regionali e locali», confidando in «proposte di soluzione corrette, che tengano conto della situazione reale». Pur disponibile alla trattativa dopo anni di tensioni con il centrodestra locale, l'azienda ritiene che l'accelerazione della Regione sia prematura rispetto all'effettiva possibilità di una riconversione logistica, che per decollare ha bisogno di certezze sul piano delle bonifiche e di un investitore che giustifichi il ruolo di coordinamento dell'Autorità portuale. Arvedi si definisce «imprenditore cristiano» e ricorda di essere approdato a Trieste su richiesta del governo, assumendosi «l'impegno e il dovere di "ridare vita" alla Ferriera». Il cavaliere rivendica il rispetto dell'Accordo di programma relativo alla riduzione dell'impatto ambientale, «come recentemente riconosciuto con atto formale dalla Regione». Lo scrivente dice di aver accettato «la sfida, consapevole dell'impegno imprescindibile relativo al rispetto delle persone e della natura». D'altronde, sottolinea, citando l'enciclica di Papa Francesco «per un cristiano, inquinare "è un crimine verso la Natura e un peccato verso Dio"». Non sarà tuttavia Arvedi a seguire le tappe che potranno portare nei prossimi anni alla chiusura della Ferriera. «Ringrazio tutti coloro che hanno creduto nel nostro impegno ed auguro a Servola e a Trieste ogni bene. Sono certo che mio nipote Mario (Caldonazzo, vicepresidente di Finarvedi già presente a tutti gli ultimi incontri sul futuro dello stabilimento, ndr) chiuderà questa triste vicenda nel segno dell'onestà, correttezza e professionalità». L'imprenditore ricorda il modo in cui è stato trattato in questi anni: «La vicenda Servola è stata per me un'esperienza amara, unica e molto sofferta, mai vissuta prima. Siamo orgogliosi di poter restituire al nostro Paese e alla città un sito Sin, totalmente inquinato, ora totalmente risanato e di avere gestito, con i nostri bravi tecnici e operai, il processo di adeguamento tecnico e strutturale, che in virtù dei nostri significativi investimenti, consente di produrre rispettando tutti i valori e parametri fissati dall'Aia». Ormai è chiaro, si volta pagina. Ma per farlo servono soggetti pronti a investire e prospettive di ricollocamento per 400 lavoratori. Con Arvedi ormai intenzionato a lasciare, la Ferriera rischia altrimenti di diventare una pagina nera nella storia economica e sociale di Trieste.

Diego D'Amelio

 

E il fronte sindacale si spacca La triplice "sfida" gli autonomi

Sotto accusa la mancata partecipazione degli esponenti della Failms Cisal alle assemblee sulle trattative per l'area a caldo

Trieste. La spaccatura interna ai sindacati della Ferriera di Servola esce definitivamente allo scoperto. Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm hanno più volte evidenziato l'assenza degli autonomi della Failms Cisal dalle assemblee dei lavoratori convocate dalla triplice davanti alle voci sulle trattative riguardanti l'area a caldo e ora denunciano la divisione delle sigle sindacali. Il fatto è di particolare rilevanza, perché la Rsu dello stabilimento vede gli autonomi occupare metà dei sei posti a disposizione e detenere dunque la maggioranza nell'organismo che rappresenta i lavoratori della fabbrica. Cgil, Cisl e Uil esternano la propria preoccupazione per le frizioni interne alle categorie, con un comunicato affisso ieri nelle bacheche dello stabilimento. «Siamo stupiti, basiti, increduli che il sindacato rappresentante la maggioranza della fabbrica in tutto questo lasso di tempo non abbia aperto bocca su nessun tema, non abbia partecipato a informare le maestranze con la scusa di non essere in possesso di dati certi e non allarmanti. Ora che grazie a Fim, Fiom e Uilm si ottengono risposte e dichiarazioni importanti anche la Failms vuole salire sul carro di quelli che fino a oggi hanno lavorato. Questo non è fare sindacato e, causa l'incompetenza nella gestione del problema, tutti ci troviamo ad affrontare un periodo difficilissimo. Chiediamo alla Failms che annunci le proprie intenzioni e considerazioni pubblicamente a tutte le maestranze. Il futuro di 600 persone è troppo importante»«Le Rsu di Fim, Fiom e Uilm - recita ancora il volantino - da più di un anno annunciano che il tempo sta scadendo. È sempre più necessario reperire rassicurazioni afferenti la forza lavoro dello stabilimento. In tutti i tavoli abbiamo messo come priorità la difesa dei posti di lavoro e del sostegno al reddito. Abbiamo esposto comunicati, avvisi, proclami, abbiamo richiesto incontri e avanzato richieste per tavoli a livello ministeriale. Ora siamo molto vicino al baratro nonostante tutti gli sforzi messi in campo, ma va ricordato che dopo il rinnovo delle Rsu siamo parte minoritaria nella rappresentanza sindacale». La Failms replica per bocca di Christian Prella, membro della Rsu e segretario provinciale degli autonomi: «La nostra segreteria nazionale monitora da tempo la situazione e i progetti allo studio sia da parte della Regione, attore principale, sia del governo. Come obiettivo principale abbiamo quello di salvaguardare occupazione e salari nel rispetto della salute di lavoratori e cittadinanza. Tempi e modi di intervento della nostra organizzazione sono quelli decisi attraverso fatti seri e concreti, non per fini propagandistici. Cominceremo la nostra azione solo quando ci saranno novità sostanziali». La Failms conferma la propria presenza a Cremona per partecipare la settimana prossima all'incontro con la società. 

 

 

Patto bipartisan in Consiglio per la Costiera "turistica"

Sintonia in commissione tra le forze politiche: sarà discussa in aula entro il mese Una relazione fatta preparare da Polidori accompagnerà una mozione del Pd

La "strada turistica costiera" torna sulla cresta dell'onda. Arriverà entro il mese in Consiglio comunale in un'inedita veste bipartisan: lo farà attraverso una mozione della consigliera Pd Valentina Repini presentata con l'appoggio del vicesindaco leghista Paolo Polidori, che vi affiancherà un'apposita relazione preparata dagli uffici. È il primo passo verso la realizzazione dell'opera che rivoluzionerebbe la via d'accesso alla città, e «che ha già ottenuto il favore della Regione e del Comune di Duino-Aurisina», assicura Polidori. La svolta è arrivata nella commissione competente nei giorni scorsi. Vi si discuteva appunto una mozione di Repini (firmata dal gruppo del Pd e da Sabrina Morena di Open Fvg) sul rilancio della Costiera, dopo che nel 2018 il richiamo di Procura e Prefettura ha portato al rispetto delle normative sui parcheggi, portando a una pioggia di multe. Spiega Repini: «È ormai la seconda estate che dobbiamo affrontare il tema della sicurezza in Costiera. Ci ha lavorato molto la prima circoscrizione, c'è stata anche una petizione con 400 firme. Il problema non riguarda solo i bagnanti, ma anche gli agricoltori che hanno terreni in quella zona». La mozione invitava a riflettere sulle possibili vie d'uscita: «C'è l'ipotesi della strada turistica costiera, la possibilità di rimettere in sesto i vecchi sentieri dal Carso al Mare, così come i servizi navetta. Su questi tre punti c'è stata una condivisione da parte di tutti i commissari». Tanto che il vicesindaco Polidori ha deciso di cogliere la palla al balzo per rilanciare l'idea di cui si è fatto promotore fin da quando le prime multe son fioccate dal bivio in poi: «Ho rilevato che sull'ipotesi di strada turistica costiera c'era l'unanimità delle forze politiche, almeno in commissione. Mi sembra un ottimo segnale in un momento di divisioni a livello nazionale come quello odierno, e mi è sembrato giusto cogliere l'occasione. Ho proposto quindi che la mozione venga discussa in aula assieme a una relazione che farò preparare agli uffici sulla fattibilità dell'opera». Una sorta di progetto a grandi linee, insomma, su cui l'aula dovrà dire la propria. Prosegue ancora Polidori: «C'è l'interesse sia della Regione che del Comune di Duino Aurisina, competente sulla strada dalla galleria naturale in poi». Commenta l'assessore alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti: «L'idea è giusta, ed è corretto perseguirla anche perché viene dal territorio e condivisa un po' da tutti. I sono molto attento alle idee condivise che vengono dalle diverse parti della nostra regione. Al di là di tutto ora bisognerà farsi un due conti e vedere il progetto, ma in linea di massima io sono favorevole all'idea». La palla ora passa agli uffici incaricati di elaborare lo studio di fattibilità. Secondo il vicesindaco si tratta di un progetto che potrebbe esser portato a compimento «senza grandissime spese», anche perché consisterebbe in buona parte in interventi sulla segnaletica orizzontale. La posizione condivisa delle forze politiche nasce, com'è ovvio, da posizioni opposte. Nella sua mozione Repini è critica sull'operato del Comune, rilevando che si tratta della «seconda estate» in cui la Costiera ha perso la praticabilità di un tempo. Dal canto suo il numero due della giunta rivendica il lavoro fatto: «Abbiamo creato 400 parcheggi in tutto lungo la Costiera. Ora il progetto di strada turistica non solo può porre rimedio al problema, ma anche rivoluzionare la frizione della strada».

Giovanni Tomasin

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 settembre 2019

 

 

Ipotesi chiusura per la Ferriera - I sindacati nazionali dicono no

Nel dibattito sul futuro dello stabilimento irrompono i piani alti di Cgil, Cisl e Uil Fissato per mercoledì a Cremona l'incontro azienda-rappresentanti dei lavoratori

I sindacati nazionali dei metalmeccanici irrompono nel dibattito sul futuro della Ferriera, schierandosi con nettezza contro la chiusura dello stabilimento. Con una nota congiunta Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm invitano «la Regione Friuli Venezia Giulia, il Comune di Trieste e Arvedi» a non fare «scelte sbagliate», mettendo «in discussione 400 posti di lavoro». Il comunicato arriva nel giorno in cui Siderurgica Triestina e Rsu dell'impianto fissano l'incontro tra sindacati e proprietà per mercoledì prossimo. Su espressa richiesta della società, al tavolo convocato a Cremona saranno presenti anche rappresentanti delle segreterie nazionali dei metallurgici, che rivendicano di aver «seguito con molta attenzione l'evoluzione della situazione produttiva e occupazionale della Ferriera. Abbiamo dichiarato in tutte le sedi le nostre preoccupazioni sulle prospettive del sito siderurgico per le "contraddittorie" dichiarazioni delle istituzioni locali e della proprietà sulla volontà di salvaguardare e sviluppare le attività di Siderurgica Triestina». Cgil, Cisl e Uil ne fanno anche una questione di strategia nazionale: «Al tavolo ministeriale abbiamo sempre rivendicato la necessità di una visione complessiva di politica industriale che salvaguardasse il settore siderurgico, con particolare attenzione per Taranto e Trieste, ultimi due siti in Italia di produzione di acciaio con aree a caldo». I sindacati bocciano la possibilità di dismissione di quella che in realtà è produzione di ghisa: «Non riusciamo a comprendere le motivazioni, soprattutto a fronte del risanamento ambientale compiuto da Siderurgica Triestina nei cinque anni di gestione. Non riusciamo a comprendere quale progetto di sviluppo economico e produttivo "alternativo" potrebbe essere in grado di valorizzare le professionalità dei lavoratori al pari di quello previsto dall'attuale Accordo di programma e del piano industriale del gruppo Arvedi. È necessario aprire immediatamente a livello territoriale un confronto sulle prospettive della Ferriera e riportare la discussione al tavolo ministeriale ponendo la questione fra le priorità del nuovo governo». L'assessore al Lavoro Alessia Rosolen cerca ancora una volta di tranquillizzare le parti sociali: per l'esponente della giunta Fedriga, «il processo di riconversione non può prescindere da una condivisione con tutti i soggetti istituzionali, la proprietà e i sindacati. Centrale resta l'individuazione di una soluzione che consenta di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali». Secondo Rosolen, «il processo va gestito con attenzione, cautela e consapevolezza da parte di tutti e prendiamo pertanto atto con soddisfazione e della disponibilità al dialogo delle sigle sindacali». L'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro aggiunge: «Capisco le preoccupazioni dei lavoratori, ma ribadisco che al momento c'è stata solo l'apertura formale verso la riconversione, che da inizio mandato affermo essere prioritaria per la salute dei cittadini e lo sviluppo della città, senza che una sola famiglia resti senza reddito. Utopia? Non a sentire le intenzioni del cavalier Arvedi con cui abbiamo intavolato una trattativa basata su quattro pilastri: ambiente, salute, lavoro e impresa. Ribadisco: nessuna decisione verrà presa sulla pelle dei lavoratori né a scapito dei cittadini che, anzi, ho intenzione di includere nella decisione finale». In area centrodestra, Progetto Fvg si schiera intanto per la chiusura. «Piena solidarietà ai lavoratori - scrive il referente triestino Giorgio Cecco - che da anni vivono nell'incertezza, però la priorità della salute pubblica non può essere messa in secondo piano e, pur con tutte le cautele, la conferma della volontà da parte di Siderurgica di discutere sulla chiusura dell'area a caldo può accelerare un processo di riconversione che risolva sia il problema ambientale che occupazionale. Ci sono attività diverse su cui puntare per uno sviluppo sostenibile del territorio». L'Usb annuncia intanto lo stato d'agitazione dei propri iscritti dipendenti di Siderurgica Triestina. Il sindacalista Sasha Colautti minaccia «lo sciopero a oltranza in mancanza di un confronto con l'azienda. Un percorso di dismissione non può prescindere dall'impegno sulle garanzie derivanti dal piano organico del porto ed esplicitando gli scenari di nuovo insediamento industriale basato sullo sfruttamento dell'extraterritorialità doganale. Non stiamo vedendo ancora nulla di concreto». Usb non esclude la riconversione, ma ricorda che «se oggi qualcuno pensa che il porto sia la soluzione di tutto, abbiamo già avuto smentite dalla stessa Autorità portuale». Sul tema interviene anche il Pci di Trieste, esprimendo solidarietà ai lavoratori e invitando i sindacati a «impegnarsi per costringere la proprietà al rispetto dei diritti dei lavoratori».

Diego D'Amelio

 

 

Nuove visite guidate al depuratore di Servola

La multiutility AcegasApsAmga promuove nel corso di questo mese altre due giornate di visite guidate gratuite al nuovo depuratore di Servola. Tali visite si svolgeranno nei sabati 14 e 21 settembre, distribuite in due turni, il primo dalle 8.30 alle 10 e il secondo dalle 10.30 alle 12, per un totale massimo di 80 persone a giornata. Per le visite di sabato 14, cioè la prima delle due giornate previste in questo mese, il termine per iscriversi è quello di lunedì 9: è necessario andare sul sito della multitutility, cliccare sullo slider presente in home page e compilare il modulo con i dati richiesti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 3 settembre 2019

 

 

FERRIERA - I lavoratori occupano la direzione e incassano un incontro con Arvedi

Chiedevano da oltre un anno di essere ricevuti dall'imprenditore che ha acconsentito: a Cremona la prossima settimana

Trieste. Le rappresentanze sindacali dei lavoratori della Ferriera saranno a Cremona la prossima settimana per ascoltare direttamente dal cavalier Giovanni Arvedi i progetti di Siderurgica Triestina sulla Ferriera di Servola. I lavoratori chiedevano da oltre un anno di essere ricevuti dall'imprenditore e ora l'azienda ha aperto al confronto, rispondendo così all'assemblea sindacale tenutasi ieri mattina nello stabilimento e soprattutto alla successiva occupazione simbolica della direzione fino al via libera al dialogo diretto. Quello della prossima settimana sarà il primo faccia a faccia organizzato dopo parecchio tempo tra la proprietà e i lavoratori, a poca distanza dalla lettera con cui Siderurgica ha ufficializzato alla Regione la propria disponibilità ad ascoltare possibili offerte per la cessione dei terreni su cui sorge l'area a caldo, destinata nelle intenzioni della giunta Fedriga e dell'Autorità portuale a una riconversione di carattere logistico. Interpellata dal Piccolo, la società preferisce ad ogni modo continuare a non commentare la vicenda. Cgil, Cisl e Uil hanno indetto due ore di assemblea per ieri mattina. Un fatto straordinario, considerando che le assemblee di solito durano un'ora soltanto. E straordinario è anche il fatto che, in una fase di tensione e preoccupazione per il futuro occupazionale di centinaia di dipendenti, l'iniziativa sia stata voluta soltanto da metà della rappresentanza sindacale unitaria dello stabilimento, dove la triplice occupa una casella a testa e dove gli autonomi della Failms ricoprono invece gli altri tre posti. Le maestranze partono dunque divise e parliamo tra l'altro di quella minoranza che sta partecipando al dibattito interno, visto che all'assemblea non hanno partecipato più di una settantina di operai e impiegati, sui circa 400 interessati alla possibile dismissione dell'area a caldo. Tra i confederali il fastidio per il comportamento degli autonomi è evidente: «Li abbiamo invitati a tutte le assemblee ma non si sono presentati anche stavolta, perché dicono che non sono a conoscenza di aspetti concreti e che essendo maggioranza nella Rsu saranno loro a convocare l'assemblea. In un anno non l'hanno mai fatto, ma bisogna prepararsi ora perché poi sarà troppo tardi», sottolinea una fonte sindacale. Dopo l'assemblea e l'incontro con l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen, un gruppo di dipendenti si è spostato nella palazzina della direzione, occupando simbolicamente la sala della direzione per pretendere un incontro con il cavaliere. Prima di mezzogiorno il direttore dello stabilimento ha comunicato l'assenso della presidenza al confronto, che avverrà la prossima settimana in giornata ancora da fissare. Dipenderà dall'agenda di Arvedi, ma anche da quella delle segreterie nazionali dei sindacati metalmeccanici, che Siderurgica Triestina ha chiesto di avere al tavolo, a dimostrazione che l'incontro potrebbe non essere soltanto interlocutorio ma contenere anche indicazioni sul piano industriale chiesto a gran voce dei lavoratori.

Diego D'Amelio

 

Cosolini: «La situazione è grave ma l'ha capito solo la Rosolen»

L'ex sindaco: «Era valido l'accordo raggiunto da noi Ora Scoccimarro e Bini devono risolvere il problema di 400 famiglie più l'indotto»

Trieste. «La giunta regionale, e in particolare l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, devono essere consapevoli che hanno la responsabilità del futuro occupazionale dei lavoratori della Ferriera di Servola». Roberto Cosolini, consigliere regionale del Partito democratico, va all'attacco dell'esecutivo che sarà impegnato con una mozione in aula e mette nel mirino, oltre a Scoccimarro, anche l'assessore alle Attività produttive Sergio Bini che «sarebbe opportuno chiamare assessore alle inaugurazioni». Al fianco dell'ex sindaco anche la deputata Debora Serracchiani, entrambi sono stati protagonisti nel 2014 dell'accordo con il gruppo Arvedi per il risanamento e la bonifica dello stabilimento siderurgico. «Dalla lettera che Scoccimarro ha inviato ad Arvedi - ha spiegato Cosolini - emerge chiaramente la validità dell'accordo che avevamo raggiunto e i relativi miglioramenti. Questa giunta ha però deciso, invece di avviare una nuova trattativa con la proprietà, di invitarla a chiudere l'area a caldo, una scelta annunciata sulla stampa senza neanche aprire un tavolo con l'imprenditore. Arvedi ha anche accettato la richiesta "a condizione che vengano riconosciuti gli investimenti e garantito il livello occupazionale" quindi ora sarà compito di Scoccimarro e Bini, che mi sembra si occupi di tutto altro, risolvere la situazione di 400 famiglie più l'indotto, sempre che non ci siano ulteriori ripercussioni. L'assessore Rosolen è stata la più cauta, forse perché è l'unica che ha capito esattamente la gravità della situazione». Serracchiani ha rincarato: «Si sta affrontando un tema complesso come la Ferriera in modo superficiale. Abbiamo creduto nel risanamento ambientale e nell'industrializzazione e se oggi parliamo di logistica portuale, di piattaforma e riconversione dell'area lo dobbiamo alla nostra insistenza e al modo in cui abbiamo operato garantendo anche le bonifiche dell'area. La Ferriera avrebbe dovuto chiudere se inquinava, la Regione ha invece riconosciuto che le cose sono state fatte bene e nel rispetto degli accordi». Cosolini ha quindi ricordato l'allarme lanciato dai sindacati pochi mesi fa sulla crisi occupazionale triestina con oltre mille posti di lavoro persi e dove, oltre alla Ferriera, sono già reali quelle di Sertubi e di Duckcevich. «Il sindaco Roberto Dipiazza - ha aggiunto il consigliere - sta banalizzando la situazione parlando di un reimpiego nel terziario: faccio fatica a immaginare un siderurgico altamente specializzato con trent'anni di esperienza a fare il commesso, il giardiniere del Comune o in Porto. Quest'ultimo sta crescendo, ma non può essere il parafulmine occupazionale». 

Andrea Pierini

 

Silenziosi e sfiduciati, gli "uomini d'acciaio" temono il trasloco forzato in Lombardia

All'assemblea e all'incontro con l'assessore al Lavoro prevale la rassegnazione, ma c'è chi non molla: «Pronti a fiondarci in piazza Unità»

Facce stanche e sfiduciate. Quelle di chi fa dieci ore in turno davanti all'altoforno, mentre da trent'anni sente dire tutto e il contrario di tutto sulle sorti della Ferriera e del proprio posto di lavoro. Escono con lo sguardo perso gli "uomini di d'acciaio" presenti ieri mattina all'assemblea sindacale nella mensa dello stabilimento, dove ascoltano gli aggiornamenti dei sindacalisti e dove nessuno se la sente di intervenire per dire la sua.Qualcuno riserva poche parole per l'incontro che subito dopo si tiene con l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen davanti al cancello d'ingresso accanto allo Scalo legnami. I dipendenti ascoltano le rassicurazioni dell'esponente della giunta Fedriga e poi qualcuno interviene rispettosamente. «La Regione dimentica che 400 famiglie rimarrebbero in strada con la chiusura dell'area a caldo. Ma io devo portare da mangiare ai miei figli: siamo pronti a fiondarci in piazza Unità». Un collega batte sullo stesso tasto: «Ci buttiamo nel fuoco ogni giorno per dar da mangiare alla famiglia e siamo incazzati. Andiamo in direzione e non ci spostiamo finché non avremo l'incontro con Arvedi. Ci hanno fatto firmare un contratto dove c'è scritto che siamo disposti ad andare negli altri stabilimenti del gruppo: se mi spostano a Cremona, come vedrò i miei figli?» . La questione pesa sullo stato d'animo dei lavoratori, per quella clausola del contratto che recita che il dipendente «per esigenze di carattere operativo potrà essere trasferito presso altri stabilimenti del Gruppo Arvedi». Fra le maestranze circola il timore che, in caso di chiusura, la società pensi di risolvere il problema occupazionale proponendo a tutti il trasferimento a Cremona e ottenendo una lunga serie di risposte negative da presentare come volontaria rinuncia alla ricollocazione. «Il clima è spento, la gente non ci crede più», ammette un sindacalista mentre si aspetta l'incontro fra la delegazione e Rosolen. La settantina di lavoratori sistemati in cerchio è in effetti solo una piccola parte degli interessati e colpisce l'assenza quasi completa dei colleghi del laminatoio, più giovani e non toccati dal ragionamento sull'area a caldo. L'assessore ribadisce quanto detto in questi giorni: «C'è un'apertura di Arvedi su un problema che esiste da decenni, ma l'impresa ha solo detto che è interessata a discutere con Regione, Autorità portuale e investitori. Non avverrà tutto oggi o domani e, a nome della giunta, assicuro che non ci saranno decisioni non condivise». Rosolen chiarisce di non voler parlare di ammortizzatori sociali «solo perché è prematuro: li utilizzeremo, ma qualsiasi percorso non prescinderà dai livelli occupazionali. La vostra vita è stata fatta di alti e bassi continui, ma quanto accadrà non significa perdere 400 posti perché la dismissione sarà accompagnata da investimenti sul laminatoio, sviluppo logistico, nuovi insediamenti». Il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino spiega intanto alla stampa che «la due diligence serve a non parlare del nulla. Una volta finita, dovremo capire se ci sarà incontro tra domanda dell'azienda e offerta. L'Autorità è disposta ad acquisire le aree, se ci sarà disponibilità dello Stato sulle bonifiche e un piano industriale che preveda la presenza di un investitore pronto a un progetto di sviluppo. Non si fa nulla se non c'è un piano chiaro sulla ricollocazione dei lavoratori». Ma i sindacalisti incalzano. Franco Palman (Uilm) chiede «l'incontro con Arvedi: qui l'età è alta ed è difficile ricollocarci. Vogliamo sapere che investimenti ci saranno, ma la vedo in salita». Umberto Salvaneschi (Fim Cisl) sottolinea che «il recupero degli investimenti dell'impresa non può mangiarsi le risorse che serviranno a garantire nuova occupazione. Vogliamo poi continuare a pagare le tasse a Trieste, non a Cremona. Una due diligence non si fa per nulla: Fedriga finisca le ferie e apra un tavolo con istituzioni, impresa, Autorità portuale e parti sociali. In Ferriera lavorano persone abituate a subire ma ogni pazienza ha un limite. Servono paletti sulle nuove aziende che arriveranno e su dove andranno spostati i lavoratori». 

 

«Un tavolo per coinvolgere i cittadini nella dismissione»

«I residenti e le associazioni ambientaliste saranno al centro della trattativa Pronto a condividere con loro le scelte»

Trieste. Nella dismissione saranno coinvolti tutti, cittadini e lavoratori. Lo assicura l'assessore regionale Fabio Scoccimarro, sottolineando che «non appena verranno delineate le prospettive future dell'area, le persone saranno messe al centro di questa trattativa. Prima di passare alle vie ufficiali, condividerò con loro le scelte istituendo un tavolo cui far partecipare rappresentanti sindacali e delle associazioni ambientaliste e dei cittadini. È finito il tempo dualismo "ambiente e salute" contro il "lavoro"». Dopo le prudenze espresse anche ieri dalla collega Alessia Rosolen, Scoccimarro rivendica l'importanza della «svolta storica rappresentata dall'apertura di Siderurgica Triestina alla riconversione dell'area a caldo. Si tratta del frutto di un lavoro iniziato mesi fa con azioni politiche e atti amministrativi che hanno preparato il terreno gli incontri che ho avuto con il presidente Arvedi». Per l'assessore, «le dinamiche nazionali impongono intanto un tavolo regionale di confronto. Una volta trovato l'accordo e soprattutto valutato i piani industriali e di espansione che garantiscano livelli occupazionali e sviluppo per la città, mi farò parte attiva con i ministeri dell'Ambiente e dello Sviluppo economico) per concordare una revisione dell'accordo di programma del 2014. Attenzione, l'auspicabile conferma della riconversione, con spegnimento finale di altoforno e cockeria, non sarà una liberatoria ambientale e degli investimenti: con la modifica dell'accordo di programma verranno imposte prescrizioni stringenti per quello che riguarda la salute e la sicurezza di cittadini e lavoratori». 

 

 

Jovanotti, la rabbia dopo le polemiche «Ambientalismo inquinato come fogne»

Sfogo del cantante su critiche e ricorsi delle onlus. «Io stesso ho preteso che il Wwf valutasse le tappe del Beach Tour»

«Il mondo dell'ambientalismo è più inquinato dello scarico della fogna di Nuova Delhi»: a due tappe dalla fine del Jova Beach Tour, con cui ha finora portato la sua musica e quella di più di 60 ospiti su 14 spiagge italiane e una montagna, Jovanotti (Lorenzo Cherubini, 53 anni) esprime tutta la rabbia accumulata in questi mesi per gli attacchi sull'impatto ambientale del suo show. «Non mi sarei mai aspettato, nonostante non sia un ingenuo rispetto a questo genere di cose, che il mondo dell'associazionismo ambientalista fosse così pieno di veleni, divisioni, inimicizie, cialtroneria, sgambetti tra associazioni, protagonismo narcisista, tentativi di mettersi in evidenza gettando discredito su tutto e su tutti, diffondendo notizie false, approfittando della poca abitudine al "fact checking" di molte testate». Il Jova Beach Party, un festival itinerante senza precedenti e non solo in Italia, è stato organizzato in collaborazione col WWF: «Sono stato io personalmente a metterla come condizione di partenza - scrive ancora Jovanotti - è una grande organizzazione che non cerca visibilità a ogni costo ma opera sul campo, ha competenze specifiche, è radicata nei territori, ha un vero comitato scientifico e una rete vera e diffusa di operatori e osservatori». Dirigenti e volontari del WWF sono stati presenti a ogni tappa, hanno agito anche da consulenti per risolvere le questioni ambientali sorte nel corso del tour, come a Ladispoli, dove - scrive Jovanotti - «c'era una criticità (non accertata pienamente, diciamo un rischio di criticità) e ci siamo spostati». Ma la verità è che ogni appuntamento è stato preceduto da denunce e ricorsi, quasi tutti poi rigettati (solo a Vasto l'appuntamento è saltato per decisione del Prefetto, verrà recuperato sabato a Montesilvano) e ancor più da miriadi di fake news tese a ingigantire danni ambientali mai verificati. Jovanotti fa, a questo proposito, anche i nomi. Sono due, e molto noti: «Addirittura Legambiente ed Ente Nazionale Protezione Animali recentemente sono cascate in una trappola tesa loro dai mitomani che se non fossero pericolosi farebbero anche ridere (sono emerse storie che superano sceneggiature di commedie grottesche)». Sotto accusa, insomma, c'è la frammentazione e la litigiosità interna del mondo ambientalista italiano. Jovanotti parla di «farabutti che dietro alla maschera dell'ambientalismo nascondono ansia di protagonismo quando non disonesta ricerca di incarichi ben pagati». Le reazioni sono arrivate puntuali: a Italia Nostra, peraltro non citata esplicitamente, si dicono «esterrefatti da linguaggio usato da Jovanotti»; Carla Rocchi, presidente dell'Enpa dice che «se uno pensa di fare dei concerti, che per fortuna sua sono così affollati, in un ecosistema fragile non può aspettarsi che stiamo lì a guardare. Jovanotti fa giustamente la sua iniziativa, noi facciamo le nostre osservazioni». Il presidente di Legambiente Stefano Ciafani nega che «sui grandi temi» ci sia competizione, «non ci sono inimicizie, né gelosie. Non abbiamo criticato il Jova Beach Party, noi abbiamo fatto rilievi puntuali su tre tappe: in provincia di Ferrara, a Policoro in Basilicata e a Roccella Jonica in Calabria, nella prima c'era un problema sulla presenza del fratino, sulle altre due di nidificazione delle tartarughe Caretta Caretta. Così come si è trovata un'altra soluzione a Ladispoli, si poteva trovare un altro posto anche in queste altre località». Una controrisposta, in un dibattito che potrebbe rivelarsi interessante e produttivo, arriva da Jovanotti sui social: «La tutela dell'ambiente è una cosa serissima e di tutti, le associazioni non è che dichiarandosi dedite a una causa nobile sono legittimate a sparare balle, come tutti devono dimostrare cosa fanno davvero. Il tema ambientale è troppo serio per essere carne da polemica». 

Piero Negri

 

Incendi in Carso, i danni all'ecosistema

Ne parla Nicola Bressi, naturalista e zoologo: «Un vero disastro ambientale. E le piante aliene possono approfittarne»

Prima la Siberia, l'Alaska, la Groenlandia e il Canada, poi l'Amazzonia. Dall'inizio dell'estate si susseguono le notizie sui roghi che stanno intaccando vaste aree naturali del Pianeta, con effetti disastrosi sull'ecosistema, perché ormai è chiaro che a bruciare sono i polmoni della Terra. Anche in Europa quest'anno la stagione degli incendi è stata più intensa, con oltre 270.000 ettari in cenere da inizio 2019, 100mila in più della media del decennio precedente secondo i dati del Copernicus' European Forest Fire Information System (Effis). Quest'estate anche il Carso è stato flagellato da alcuni incendi, il più grave dei quali è divampato proprio nei giorni scorsi in territorio sloveno. Pur trattandosi di episodi su scala ridotta, il loro impatto sull'ecologia del paesaggio e sulla fauna locale non va trascurato.«Lo stretto legame tra cambiamenti climatici ed emissioni di Co2 in atmosfera è ormai sotto gli occhi di tutti. Gli incendi inaspriscono ulteriormente questo problema: da un lato liberano nei nostri cieli grosse quantità di anidride carbonica mentre sono in atto, dall'altro distruggono boschi e foreste, che ricoprono un ruolo chiave nell'immagazzinare carbonio su scala globale e mitigare il cambiamento climatico», evidenzia Nicola Bressi, naturalista e zoologo della Società italiana di scienze naturali. Secondo uno studio del Politecnico federale di Zurigo se aumentasse la superficie terrestre occupata dalle foreste di poco meno di un miliardo di ettari si ridurrebbe di circa il 25% la quantità di Co2 in atmosfera. E poi ci sono gli enormi danni alla biodiversità ambientale: «Anche se l'incendio non si sviluppa velocemente e lascia il tempo agli animali di scappare non è detto che essi possano trovare un altro posto nelle vicinanze dove vivere. Questo perché ogni area ha la capacità di ospitare soltanto un determinato numero di individui: è come un bus con un certo numero di posti a sedere - spiega Bressi -. E anche se dopo un incendio ripiantiamo gli alberi che sono andati bruciati servono moltissimi anni prima che l'ecosistema si rigeneri. L'idea di "lasciar fare alla natura il proprio corso" in questi luoghi non funziona, per almeno due motivi. Da un lato ci sono piante, come i pini e i ginepri, che non ricrescono naturalmente, ma vanno riseminate. Dall'altro c'è il problema delle specie aliene, che nel Carso sono rappresentate in particolare dall'ailanto, un albero d'origine asiatica, e dal senecio sudafricano, un'erba che produce fiori gialli: c'è il rischio che queste piante dalla fortissima capacità adattiva ricolonizzino il territorio molto più rapidamente rispetto alle specie che definiamo autoctone, anche per effetto dei mutamenti climatici che hanno già modificato e continueranno a modificare il clima carsico. Perciò l'intervento umano è fondamentale per guidare il ripopolamento delle aree devastate dai roghi».Infine c'è un ultimo elemento da tenere in considerazione quando parliamo di incendi nei nostri territori: «Qui gli incendi spontanei sono eventi rarissimi, possono essere causati soltanto dai cosiddetti "fulmini a ciel sereno". Nella stragrande maggioranza dei casi la causa è tutta umana: si va dal mozzicone di sigaretta al falò non completamente spento, fino alle scintille provocate dalle ruote dei treni». -

Giulia Basso

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 2 settembre 2019

 

 

I volontari di "Senza sprechi" ripuliscono Villa Giulia - E i cinghiali si fanno più in là

Una trentina di persone coinvolta nella "bonifica" degli spazi verdi di Cologna da bottiglie di vetro, pezzi di plastica, cartacce e rifiuti vari

Non si aspettavano di trovare così tanti rifiuti in una sola ora, peraltro in una zona piuttosto piccola. Ieri sera una trentina di volontari ha preso parte alla pulizia di Villa Giulia, nella parte accanto alla chiesa Maria Pacis di Cologna, organizzata da Trieste Senza Sprechi come pre- evento in vista del debutto del Festival del turismo responsabile Itaca, che si terrà il 6 settembre al Parco di San Giovanni. Dopo una breve presentazione dell'iniziativa e la distribuzione di guanti, pinze e sacchi, i volontari hanno iniziato subito a ripulire il boschetto di Villa Giulia. Un luogo poco conosciuto anche tra i triestini presenti. Talvolta più frequentato dalle zanzare e dai cinghiali, che infatti sono stati visti scappare, allarmati da una presenza umana così inusuale. Quando le organizzatrici avevano compiuto un primo sopralluogo nella zona circa una ventina di giorni fa, non avevano immaginato però la mole di rifiuti che si nascondeva al di fuori dei sentieri della villa. Invece, ieri, come detto, una volta dentro nel boschetto e guardato con più attenzione, si sono svelati più strati di rifiuti, anche apparentemente molto vecchi: bottiglie di vetro, cartine di caramelle, preservativi e mozziconi, oltre a un paio di tergicristalli e, addirittura, una bilancia. Molta della plastica ritrovata risultava così rovinata da non poter essere riciclata. Tra i rinvenimenti sembravano poter essere presenti anche quelli abbandonati dai migranti, probabilmente in discesa dal Carso verso la città, ma per la maggior parte - da quanto è stato possibile ricostruire - sono stati gettati da "autoctoni" incivili. Alla fine della pulizia, i volontari sono stati allietati da un rinfresco preparato dai giovani di Trieste Senza Sprechi, un progetto nato a metà luglio dall'idea di una studentessa triestina con lo scopo di rendere la città più sostenibile e disponibile all'acquisto di prodotti senza imballaggi, così da ridurre l'impatto sull'ambiente. I materiali per la pulizia di ieri sono stati forniti da Oway, un'azienda che produce prodotti cosmetici realizzati secondo i principi dell'agri- cosmetica sostenibile, partendo da coltivazioni biodinamiche, biologiche ed equo-solidali, che è anche il partener ufficiale del Festival Itaca. Quest'ultimo verrà ufficialmente aperto il 6 settembre al Parco di San Giovanni con un itinerario tenuto da Franco Rotelli e organizzato dalla Cooperativa La Collina, incentrato sui temi della de-istituzionalizzazione, della salute mentale, della rivoluzione basagliana, dei percorsi di salute, della cooperazione e dell'impresa sociale.-

Simone Modugno

 

 

Fonti energetiche - Esplorazioni idrocarburi: Zagabria dà 4 permessi

ZAGABRIA. La Croazia ha concesso a quattro società il permesso di condurre esplorazioni e sfruttamento di idrocarburi in sei località del Paese. Parte così la fase operativa del nuovo piano energetico del Paese. Lo ha annunciato il governo croato. Le compagnie selezionate sono Ina, Crodux Derivati Dva, Vermilion Zagreb Exploration e Aspect Croatia. Le società opereranno nella Croazia nord-orientale, nella regione della Slavonia occidentale, un'area in gran parte delimitata dai fiumi Danubio, Drava e Sava, dove potranno perforare 25 pozzi di sfruttamento in due fasi, ha riferito il portale specializzato SeeNews. Le attività delle quattro società rappresentano «la più grande campagna di esplorazione e sfruttamento degli idrocarburi in Croazia negli ultimi 20 anni», ha dichiarato il ministro della protezione dell'ambiente e dell'energia Tomislav Coric. 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 1 settembre 2019

 

 

Ferriera alla svolta Industriali in ansia e la giunta rallenta: «Priorità il lavoro»

Le reazioni all'apertura di Arvedi sull'addio all'area a caldo Razeto: «Preoccupato per gli operai». Rosolen: «Iter lungo»

Trieste. Dopo la lettera con cui Siderurgica Triestina ha ufficializzato la disponibilità ad ascoltare offerte per l'area a caldo della Ferriera di Servola, per la Regione arriva il momento della prudenza. Se l'apertura è stata ottenuta nel confronto tra il cavalier Giovanni Arvedi e l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, tocca ora all'assessore al Lavoro Alessia Rosolen raccomandare cautela. E intanto Confindustria Venezia Giulia manifesta «grossa preoccupazione» sul futuro del tessuto manifatturiero locale. La stima del valore dei terreni da parte dell'Autorità portuale arriverà entro fine anno e sarà solo la prima tappa di un percorso non breve. Da qui parte Rosolen per rassicurare chi lavora nello stabilimento: «Non sappiamo nemmeno chi potrà essere l'acquirente e non ha senso cominciare la discussione sugli ammortizzatori sociali. I tempi saranno lunghi: deve arrivare la valutazione, si deve trovare un acquirente, poi ci saranno contrattazione, bonifica e riqualificazione. Aprire uno scenario non significa chiudere subito ma procedere solo quando si avrà piena certezza». Concetti che l'assessore ribadirà domattina all'assemblea dei lavoratori, cui ha domandato di presenziare. «Chiedo a tutti gli attori - aggiunge Rosolen - di non fare allarmismo sulle tempistiche. Il lavoro in Ferriera comporta dei rischi: servono investimenti da parte dell'azienda e serenità per i lavoratori». Quanto ai livelli occupazionali, l'assessore sposa «le parole di Arvedi, che ha detto chiaramente di volersi impegnare. La disponibilità a cedere è una novità importante, ma la difesa dell'occupazione è il tema numero uno per la giunta. Senza, qualsiasi piano va a fallire». E qui Rosolen abbozza le possibilità per riassorbire i circa 400 dipendenti interessati: «Ampliamento del laminatoio, logistica portuale, magari un nuovo insediamento produttivo nell'area e poi bonifica e riconversione. Ma sono ipotesi che vanno studiate bene: dopo vent'anni di tira e molla i lavoratori meritano totale comprensione». Sulla capacità del tessuto produttivo locale di farsi carico di un così cospicuo numero di lavoratori, il presidente di Confindustria Sergio Razeto non mostra però alcun ottimismo e si schiera contro l'ipotesi della chiusura. Per il manager, «oggi in Italia c'è un clima antindustriale, ma l'industria che rispetta ambiente, salute e sicurezza va aiutata, senza dimenticare che la siderurgia è un settore strategico. La Ferriera rispetta i livelli di inquinamento, come riconosciuto dalla Regione». Per Razeto, «non è chiaro chi metterà i soldi per il subentro e smantellare gli impianti non è un gioco da ragazzi. Nel frattempo 400 dipendenti e 200 di indotto non saprebbero che fare. Dopo decenni di lavoro in un'acciaieria non è facile riconvertirsi e ciò mi dà grosse preoccupazioni». Poi lo sguardo si allarga al panorama triestino: «Ci aspetta un autunno difficile tra Sertubi, Diaco, Colombin, Burgo e Principe. Intanto la Germania rallenta, arriverà la Brexit e c'è la guerra dei dazi: la politica si svegli. E si spinga sulle attività industriali in porto franco». Che la manifattura giuliana sia al lumicino non è un mistero e lo smantellamento della Ferriera sarebbe un altro duro colpo per un settore che produce solo il 10% del pil di una città dove la fa da padrone il terziario. Una struttura economica debole, perché turismo, pubblica amministrazione e servizi non bastano a supplire a una desertificazione cominciata dalla chiusura dei cantieri navali nel 1966 e passata per lo svuotamento dell'area Ezit. E così su 95 mila occupati, lavorano ormai nella manifattura poco più di 15 mila persone. La Cgil ha denunciato nei mesi scorsi l'esistenza di mille posti di lavoro a rischio nell'industria. Per il segretario provinciale della Fiom Marco Relli «servono nuove aziende perché turismo e porto non bastano». E il segretario provinciale della Cgil Michele Piga evidenzia che «lo scarso apporto dell'industria determina la contrazione dei salari e così abbiamo sempre più lavoro povero anche nella città del momento magico, che conta 7 mila disoccupati. Servono investimenti e una regia». Tornando alla Ferriera, il sindacalista Christian Prella (Failms) spiega che «in azienda sappiamo che la bomba dovrebbe arrivare ma al momento non ci sono novità sostanziali. Nessuno sconto sui livelli occupazionali: ci sono 500 persone da ricollocare e ciò coinvolge tutte le forze politiche. Col centrosinistra abbiamo imprenditori che investono a metà, con il centrodestra salti nel vuoto». 

Diego D'Amelio

 

Asse Comune-Regione al Tar nella "guerra dei rumori"

L'azienda ha impugnato la nota che indicava le prescrizioni sui nuovi limiti del piano acustico. Ora l'ente triestino si è costituito in giudizio

Trieste. Sarà un autunno caldo sul fronte della giustizia amministrativa per Acciaieria Arvedi Spa, Regione e anche Comune. L'amministrazione municipale di Trieste ha deciso infatti con delibera di giunta (su proposta del sindaco Roberto Dipiazza) di costituirsi in giudizio davanti al Tribunale amministrativo regionale nella causa avviata dalla società sul piano di risanamento acustico aziendale. Arvedi, con ricorso proposto davanti al Tar, ha impugnato la nota della Regione Friuli Venezia Giulia del 29 marzo di quest'anno citando in giudizio l'ente regionale. La Spa «chiede l'annullamento della nota regionale con la quale sono indicate varie prescrizioni acustiche alle quali l'azienda dovrebbe ottemperare per adeguarsi ai nuovi vigenti limiti definiti dal Piano comunale di classificazione acustica», si legge nella delibera della giunta comunale. Nota che secondo l'amministrazione municipale è invece «perfettamente legittima e coerente con le previsioni del piano comunale di classificazione acustica» e che «sussiste pertanto l'interesse del Comune di Trieste a costituirsi in giudizio per sostenere la legittimità della nota regionale». La difesa dell'amministrazione è stata quindi affidata ai legali dell'Avvocatura comunale. Da ricordare che, sulla questione dell'inquinamento acustico, Arvedi aveva presentato ricorso al Tar anche un anno fa, contro Comune e Regione: il primo per non aver ancora provveduto alla realizzazione del Piano di classificazione acustica della città, la seconda per non averlo fatto in sua vece.

 

Un quarto di secolo di tira e molla - E ora Dipiazza non ci crede più

Dai copertoni bruciati in piazza negli anni Novanta ai "cento giorni": una parabola che ha coinvolto tre sindaci da Illy in poi. Cosolini rivendica i meriti della sua gestione

Era il 1994 e il sindaco Riccardo Illy apriva il corteo che chiedeva garanzie sul futuro della Ferriera in bancarotta. Altri anni: un quarto di secolo dopo sembra impossibile immaginare manifestanti sfilare allo slogan "studenti e operai uniti nella lotta, la Ferriera non si tocca". Le tute blu occuparono il Consiglio regionale e organizzarono un presidio in piazza Oberdan, dove i dimostranti bruciavano grandi copertoni in uno scenario da anni Settanta. La sensibilità ambientale non era sviluppata come oggi e il Consiglio comunale votò una mozione unanime per invocare la continuazione della produzione dell'acciaieria, che rimase viva grazie al subentro della Lucchini a Pittini. L'esistenza della Ferriera e dei lavoratori fu però costantemente coperta da dubbi, annunci di chiusura e polemiche che sarebbero esplose con l'avvento di Roberto Dipiazza, che dal 2001 ne fece un cavallo di battaglia delle sue campagne. Il sindaco è uomo dai modi coloriti. Nel 2005, alla vigilia dell'arrivo dei russi di Severstal, definì lo stabilimento un «cadavere senza futuro». Dopo il subentro di Giovanni Arvedi nel 2014 minacciò di prendere il cavaliere a calci nel didietro perché se ne andasse. Oggi non crede all'ennesimo annuncio di riconversione: «Quella roba lì era già chiusa negli anni Novanta ma fu riavviata con Illy e poi ci furono le invenzioni di Serracchiani dopo la quasi chiusura del 2012. Centinaia di milioni messi su uno sviluppo sbagliato. Ci siamo raccontati mille balle, sono stato a Roma decine di volte e ora sono scettico: Arvedi si è detto disponibile ma chiederà una cifra spropositata per non chiudere e saremo al punto di partenza. Non è pessimismo verso la Regione ma verso l'imprenditore». In effetti sulla Ferriera si è detto di tutto. Dopo decenni di gestione da parte di Ilva e Italsider, negli anni Novanta sembrava morta ed è rinata. Illy puntò tutto sulla ripresa: all'epoca la città non aveva alternative, con il turismo che era solo suggestione, il porto incagliato fra veti incrociati e l'industria in declino. Poi Lucchini andò in difficoltà e cedette ai russi, ma anche questi finirono male. Illy non vuole commentare le ultime notizie, dopo aver sempre predicato la necessaria convivenza fra industria, lavoro e salute pubblica. Lui che a Servola ci ha vissuto e che non ha cambiato idea, tanto da affermare da candidato senatore che a Servola era arrivata prima la fabbrica e poi le case. Dipiazza è sempre stato di tutt'altro avviso. Da candidato sindaco si scaglia nel 2001 sul «cancro della città». Nessuna chiusura, nonostante la gestione commissariale del 2002 avesse profilato la dismissione. Si ripete nel 2006, ma la Ferriera resta lì. Alle ultime comunali rilancia con i famosi "cento giorni", ma la fabbrica non smobilita. I rapporti con la proprietà sono costantemente tesi e lo stesso avviene per la Regione di Renzo Tondo e Roberto Antonione. Solo con Massimiliano Fedriga e Fabio Scoccimarro pare aprirsi un rapporto disteso. L'interlocutore dal 2014 è il cavalier Arvedi, re dell'acciaio chiamato dal centrosinistra, all'epoca alla guida di governo, Regione e Comune. Debora Serracchiani e Roberto Cosolini lavorano per salvare un'impresa bollita, coniugando limiti di inquinamento e tutela dell'occupazione: il risultato ambientale è riconosciuto ora anche da Scoccimarro, ma la percezione cittadina non cambia e Cosolini perde le elezioni del 2016 proprio a Servola. La Ferriera è arma propagandistica della destra e imbarazzo della sinistra. Cosolini oggi rivendica i meriti della gestione Pd: «La Regione ha dovuto riconoscere gli interventi ambientali e Arvedi dice quello che ha sempre detto, cioè che è disponibile ad ascoltare offerte che garantiscano investimenti e occupazione. Con i suoi annunci la giunta Fedriga si prende carico del futuro di centinaia di persone, ma finora abbiamo sentito dire che possono venire tutte a lavorare in Comune. Il futuro è nell'industria, perché il porto non può assorbire tutti. Chi ne è consapevole in Regione, a parte l'assessore al Lavoro?». Lo sviluppo portuale è in effetti una garanzia relativa: è la stessa Authority a dire che lo scalo non può sostituire l'industria. I cinesi mettono gli occhi sul porto, per l'area a caldo si profila la possibilità di una trasformazione in snodo ferroviario, ma laminatoio e banchine basterebbero? La chiusura dello stabilimento ultrasecolare (è stato acceso nel 1897) torna attuale ma i lavoratori non sono quelli del 1994: gli anziani sono stanchi dei tiramolla, i giovani hanno perso il senso di appartenenza. L'assemblea di domani dirà di più sulla combattività delle maestranze.

 

Gara milionaria per le centraline - "Ribaltone" in Consiglio di Stato - l'appalto dell'ARPA

Trieste. Il Consiglio di Stato "ribalta" la sentenza del Tar di Trieste che aveva annullato l'aggiudicazione della gara milionaria indetta dall'Arpa per la manutenzione delle centraline di rilevamento dell'aria in tutto il territorio del Friuli Venezia Giulia. Appalto di durata quadriennale. A poco meno di due anni dallo svolgimento della gara da un milione e 850 mila euro per il monitoraggio della qualità dell'aria in regione, si materializza dunque un nuovo colpo di scena. Nel maggio del 2018 il Tar aveva accolto il ricorso della seconda classificata nonché aggiudicataria uscente, la Project Automation Spa, congelando così, di fatto, l'affidamento dell'appalto alla prima classificata, la rete temporanea d'impresa spagnola Dnota medio ambiente. Secondo il Tar di Trieste l'offerta di Dnota era «indeterminata» e non consentiva di capire «con quale cadenza sarebbero state effettuate le calibrazioni multipunto». Dnota, in qualità di capogruppo dell'associazione temporanea di imprese con Multiproject Srl e Sol Spa, difese dagli avvocati Giuseppe Sbisà e Daniele Villa, aveva impugnato la sentenza presentando ricorso al Consiglio di Stato. Nelle more del giudizio, Project Automation aveva intanto continuato a svolgere l'attività di manutenzione delle centraline dell'Arpa con un contratto-ponte. Ora la sentenza della Sezione Quinta del Consiglio di Stato (presidente Roberto Giovagnoli) «conferma la legittimità dell'aggiudicazione del contratto a favore di Dnota medio ambiente - scrivono i magistrati romani -, la cui domanda di subentro nel contratto in essere, a questo punto, deve essere accolta». Come detto, il Tar aveva ritenuto indeterminata l'offerta per quanto riguardava la frequenza delle tarature multipunto, «visto che erano state indicate due alternative frequenze, annuale e semestrale, tra loro incompatibili». Secondo il Consiglio di Stato, invece, la proposta formulata da Dnota «non risultava affatto indeterminata» ma si evinceva che la cadenza delle manutenzioni sarebbe stata semestrale. Per il collegio romano il riferimento alla cadenza annuale riportato nelle tabelle di sintesi (che il Tribunale amministrativo regionale aveva ritenuto fonte di contraddizione) aveva in realtà solo una finalità comparativa. Un dato "fuori contesto" inserito soltanto per illustrare la maggiore vantaggiosità della proposta formulata.

Piero Tallandini

 

 

L'iter per demolire la Sala Tripcovich trova un ostacolo: la palla al ministero

Cancellata la Commissione regionale sul Patrimonio culturale Il parere romano è ora vincolante. Nessuna certezza sui tempi

Spunta un nuovo ostacolo sulla strada della demolizione della sala Tripcovich. A piazzarlo, indirettamente, è stato l'uscente ministro pentastellato dei Beni e delle Attività culturali, Alberto Bonisoli. Sì, perché, con la sua riforma sulla riorganizzazione del dicastero, entrata in vigore il 22 agosto, ha stabilito che per la procedura di verifica o dichiarazione dell'interesse culturale di un bene mobile o immobile, l'ultima parola ora spetti per forza agli uffici ministeriali di Roma. Uffici che però sono già subissati di pratiche da smaltire e che non hanno ancora dato istruzioni alla Soprintendenza su come procedere. Questa svolta - che è un déjà vu dell'era pre-Franceschini - potrebbe dunque incidere sulle tempistiche utili a ottenere il parere sull'abbattimento dell'edificio progettato da Umberto Nordio: è questo un altro cambiamento imposto di recente dalla normativa che, in Friuli Venezia Giulia, ha già inciso radicalmente sull'assetto della rete museale regionale, prevedendo l'abolizione del Polo museale Fvg, sostituito dal Museo autonomo di Miramare. Ma le carte in tavola potrebbero ulteriormente essere modificate dal prossimo governo. Eppure l'iter della pratica "sala Tripcovich" sembrava essere a buon punto. Proprio in questo periodo infatti gli uffici della soprintendente Simonetta Bonomi dovevano esprimere il loro giudizio sul progetto che, lo scorso luglio, dopo svariati annunci da parte del sindaco Roberto Dipiazza, il Comune aveva ufficialmente presentato a Palazzo Economo. L'obiettivo è la riqualificazione dell'ultimo tratto di piazza della Libertà, più precisamente dell'area di largo Città di Santos, con la valorizzazione dell'entrata del Porto vecchio e appunto lo smantellamento del teatro. Progetto che, pur in assenza di documenti ufficiali, era visto di buon occhio dalla soprintendente. Con la riforma Bonisoli, però, l'iter per l'approvazione o meno contempla l'opinione degli uffici romani, aspetto fino a oggi non obbligatorio. Ma che cosa cambia ora? Prima della riforma il soggetto che avanzava una richiesta, nello specifico per la rimozione di un vincolo su un bene tutelato dalle Belle arti, presentava la domanda in Soprintendenza. Da lì scattava il countdown dei 120 giorni in cui l'ente di Palazzo Economo doveva esprimersi a riguardo. Veniva avviata un'istruttoria che coinvolgeva anche la Commissione regionale per il Patrimonio culturale (Corepacu), di cui facevano parte anche il direttore del Polo museale Fvg, il direttore del Segretariato regionale e il soprintendente, e che poteva pure, in un secondo momento, inviare il fascicolo al ministero per un parere. Ora questo organo viene spazzato via e la palla passa direttamente a Roma. Sulla carta dovrebbero rimanere intatte le tempistiche - 120 giorni - previste dal codice dei Beni culturali. A meno di nuove modifiche. Tuttavia, nel caso della Tripcovich, bisogna vedere se, visto che è già passato un mese dalla consegna del progetto, si riescono comunque a rispettare i tempi. Bonomi su questo è cauta: «Non necessariamente si allungheranno i tempi, però non abbiamo ancora avuto istruzioni in merito. Non sono in grado di dare opinioni sulla normativa ora che è appena l'inizio. Questa novità, certamente, complica le cose, soprattutto per gli uffici romani, che si troveranno anche queste pratiche da smaltire. Quel che è certo è che, come per tutti i procedimenti, se chiederanno delle integrazioni, s'interromperà l'intervallo dei 120 giorni». Quanto al parere della Soprintendenza Fvg, «l'istruttoria - conclude - non è ancora terminata, forse in una decina di giorni lo sarà, devo vedere con i miei funzionari». 

Benedetta Moro

 

Dipiazza: «Niente paura Faremo tutto quello che prevede la legge» - LA REAZIONE DEL SINDACO

La legge Bonisoli mette lo zampino nell'iter per la demolizione della sala Tripcovich? Il sindaco Roberto Dipiazza non si scompone. Alla notizia, infatti, il primo cittadino reagisce con molto savoir-faire: «Sono abituato ad applicare le leggi», afferma senza indugio. Un tema, questo, a cui tiene particolarmente, visto che ha spesso sottolineato come in tutti questi anni di amministrazione non abbia mai ricevuto un avviso di garanzia. In ogni caso, Dipiazza non ha intenzione di abbandonare la sua idea di radere al suolo quella che è stata per lungo tempo la dependance del teatro Verdi, ora bisognosa di restauro e per questo chiusa dal 2017. Anche se il ministero si mette di mezzo. Dipiazza, proprio per dare testimonianza della sua tenacia, ripesca dal passato l'altro mega abbattimento da lui portato a compimento, quello della piscina Bianchi, avvenuto nel lontano 2004. «Anche all'epoca - ricorda - siamo andati a Roma, ho esposto al ministero il progetto e mi è stato concesso l'abbattimento. Non mi fascio la testa, non ho paura di nulla. Non mi rovino la giornata per questo. Se anche questa volta dovrò andare a Roma, ci andrò senza problemi. Diciamo che se era più facile, era più facile, se è più difficile, sarà più difficile e basta». L'abbattimento della piscina Bianchi è stato in effetti per lungo tempo un altro cavallo di battaglia del sindaco, portato avanti sempre con il fidato Giorgio Rossi, che dirigeva al tempo l'assessorato ai Lavori pubblici. All'epoca, a gestire la pratica per il ministero dei Beni culturali, era stato il direttore del ministero stesso, Pio Baldi. L'operazione costò 800 mila euro. L'attuale progetto di riqualificazione, con annesso smantellamento dell'ex stazione delle corriere, per cui è richiesta la rimozione del vincolo delle Belle arti, richiede invece un investimento di 2 milioni di euro. È prevista «la realizzazione di una vera e propria piazza - spiegava nelle scorse settimane l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli -, con la piantumazione di nuovi alberi e lo spostamento della statua di Sissi dal giardino di piazza della Libertà». Si calcolava che nel 2020 si potesse bandire la gara e affidare il progetto definitivo. Ora, alla luce della legge Bonisoli, non si possono fare più previsioni.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 31 agosto 2019

 

 

Ferriera, arriva la svolta «Pronti a discutere l'addio all'area a caldo»

La proprietà chiede garanzie economiche e un piano per riqualificare gli addetti ma per la prima volta si dice disponibile al confronto. I sindacati: lunedì assemblea

Trieste. «La scrivente prende atto della volontà della Regione di arrivare alla chiusura dell'area a caldo e manifesta disponibilità a discutere costruttivamente la proposta». Siderurgica Triestina conclude così la lettera inviata il 29 agosto all'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, per aprire alla dismissione della cokeria e dell'altoforno della Ferriera di Servola in caso di proposte economiche adeguate. L'anticipazione del Piccolo sulla possibilità del definitivo superamento dell'area a caldo trova conferma, ma la proprietà chiede alla giunta Fedriga di garantire «un contesto che tenga conto della necessità di recuperare gli investimenti effettuati e salvaguardare i livelli occupazionali». E qui si inserisce la due diligence con cui l'Autorità portuale sta stimando il valore dei terreni, che potrebbero essere rilevati dalla mano pubblica e, dopo la bonifica, affidati in concessione a privati. Voci interne all'azienda parlano della recente visita dei vertici di St proprio per affrontare aspetti connessi alla valutazione economica. Si affaccia dunque la possibilità di avviare una fase nuova dello sviluppo industriale e logistico di Trieste, che entro qualche anno potrebbe mettersi alle spalle oltre un secolo di produzione siderurgica. L'idea di fondo maturata negli incontri tra l'imprenditore Giovanni Arvedi, l'assessore Fabio Scoccimarro e il presidente Zeno D'Agostino è lo sviluppo del laminatoio (la cosiddetta area a freddo) con la transizione dell'area a caldo verso un impiego logistico, perché proprio lì dovrebbe sorgere in futuro un nodo ferroviario posto al servizio della Piattaforma logistica, oggetto di interessi cinesi e non solo. Arvedi si è insomma detto disposto ad accettare offerte e ieri ha fatto pervenire ai sindacati copia delle comunicazioni intercorse con la Regione. Dopo un anno di muro di gomma rispetto alle richieste dei lavoratori, la proprietà chiarisce che convocherà un incontro «non appena in possesso di elementi di approfondimento». La lettera in questione è la risposta positiva a una missiva del 28 agosto in cui Scoccimarro ha chiesto di accogliere formalmente l'invito della Regione a dismettere l'area a caldo. L'assessore ha preso atto che «gli obblighi imposti a Siderurgica Triestina sul risanamento ambientale sono stati quasi del tutto ottemperati» e ha assicurato che in caso di chiusura «sarà cura dell'Amministrazione accompagnare l'intero percorso di riqualificazione», per quanto riguarda il reimpiego dei lavoratori e l'interlocuzione col governo per la stesura di un nuovo Accordo di programma finalizzato alla conversione logistica. L'alternativa per Arvedi sarebbe la realizzazione dei capannoni per la copertura dei parchi minerari (oltre 30 milioni) e la costruzione di un nuovo e meno inquinante altoforno. E qui i detrattori della giunta sussurrano che i meriti della politica siano limitati, visto che il cavaliere non avrebbe mai avuto intenzione di andare oltre il 2026 per non imbarcarsi in investimenti eccessivi. Meglio spostare altrove la produzione di ghisa. Dopo il confronto con il presidente Massimiliano Fedriga avvenuto dieci giorni fa e dopo aver letto nero su bianco della svolta, i sindacati hanno convocato un'assemblea per lunedì mattina. A rischio ci sono poco meno di 400 lavoratori sui quasi 600 assunti in Ferriera, cui si aggiunge un indotto che per Cgil, Cisl e Uil sfiora le 200 unità. Numeri che le Rsu non considerano possano essere riassorbiti da laminatoio e porto, tanto più che l'Autorità portuale avrebbe già parlato di un massimo di 80 assunzioni. Thomas Trost (Cgil) ricorda che «i lavoratori hanno in media più di 50 anni di cui metà passati nella siderurgia: sono "uomini di ferro" difficili da ricollocare. Eliminando la cokeria l'anno prossimo, potrebbe inoltre cadere da subito la continuità produttiva dell'intera area a caldo. I lavoratori prendano coscienza di quello che può succedere e Arvedi dica chiaramente quanti anni abbiamo davanti e che investimenti ci saranno per sostenere la produzione». Per Umberto Salvaneschi (Cisl) «la difesa del lavoro è la difesa del reddito sul territorio: niente proposte di trasferimento fuori Trieste». Franco Palman spiega infine che «l'azienda a luglio ci ha assicurato di avere un piano industriale per il rilancio: un cambio di passo così rapido lascia stupefatti». Scoccimarro rivendica «la formale manifestazione di disponibilità di Siderurgica Triestina. La lettera pervenuta al mio assessorato è il traguardo di un percorso condotto sotto traccia, ma anche il punto di partenza di un nuovo e complesso iter: i tempi dovranno essere brevi e nessuna famiglia dovrà restare senza reddito. Siamo a un cambio netto d'impostazione rispetto a quanto avevamo sentito fino all'affermazione del centrodestra». Ma l'ex governatrice Debora Serracchiani sottolinea che «se l'area a caldo chiuderà non sarà perché la Ferriera inquina né perché l'hanno promesso Fedriga o Dipiazza, ma perché si sono preparate condizioni favorevoli in anni di lavoro. Grazie all'impegno di governo, Regione e Autorità portuale si sono realizzate infrastrutture logistiche, che ora si presentano appetibili a investitori anche stranieri. Abbiamo fortemente sostenuto la vocazione emporiale di Trieste e del suo porto». 

Diego D'Amelio

 

Voglia d'aria pulita e ombra licenziamenti Il dilemma che divide l'anima dei servolani

TRIESTE. Tra il quartiere di Servola e la Ferriera c'è un legame indissolubile, del resto molti di quelli che vivono nelle case tra via Dei Giardini e via Pitacco hanno lavorato o hanno un parente che faceva l'operaio e per questo il pensiero va ai posti di lavoro. Secondo Elisa la chiusura dell'area a caldo «potrebbe migliorare la situazione visto che in tanti dicono che inquina. Diciamo che sono preoccupata per gli operai e per come possono essere reimpiegati visto che anche mio padre ha lavorato là dentro». «Sono qua da 54 anni - racconta Maria - e sento le voci della chiusura da allora. Sarebbe una cosa bella però non credo più a nulla visto che troppe volte avevano promesso che sarebbero intervenuti. Io ho il nero in casa e la polvere. Per fortuna abito in un piano basso e sono più protetta». Maurizio Urbano è passato a trovare la mamma che abita, invece, all'ultimo piano di una delle tante palazzine Ater della zona: «Siamo venuti qua negli anni '60 e la gente neanche notava lo stabilimento. Ora è visto come il male assoluto quando una volta era il bene per la città. Le industrie inquinano e si sa. Diciamo che non è il posto ideale per un impianto siderurgico. Se dovessero chiudere l'area a caldo non deve essere a discapito delle persone che rischiano di perdere il posto». Carlo abita da 60 anni a Servola e ha anche lavorato nella Ferriera: «Per la polvere la chiusura dell'area a caldo è una buona notizia, per i lavoratori no. Sono preoccupato per il futuro degli operai». Anche Mario è stato un dipendente dello stabilimento «quindi per me è difficile dire che deve chiudere. La polvere c'è sempre, lavori ne fanno pochi, dicono di farne tanti, ma non abbiamo miglioramenti. Io spero che si chiuda, ma spero anche che gli operai non perdano il posto di lavoro». Chiede l'anonimato una signora che aveva il padre, il marito e il figlio impegnati in Ferriera: «Ho solo dei bei ricordi di quanto portavamo il pranzo a papà. Speriamo che un giorno si possa unire la produzione con la riduzione dell'inquinamento». Ideale Scuz evidenzia che «le persone che lavorano hanno diritto a lavorare, noi però sono 30 anni che sentiamo promesse a partire dalla politica e da Roberto Dipiazza che prima di diventare sindaco aveva promesso mari e monti. Vediamo ora come va». La pensa in modo diametralmente opposto Barbara Cresevich: «Abito qua da sempre. Negli anni precedenti c'era tanto smog, ora posso dire che è cambiato totalmente. Bisogna incentivare perché le cose vadano ancora meglio, ma chiudere sarebbe follia perché non sappiamo dove mettere la gente che ci lavora». «Sono anni che parlano di chiusura - replica Milva - c'è qualche piccolo cambiamento, ma fino ad ora abbiamo solamente visto aumentare la polvere e l'odore. Guardiamo con diffidenza a questa apertura, non ci credo almeno fino a quando non vedrà qualcosa di concreto». Anche Daniela non ha visto progressi: «Sono qua da tanti anni, ci sono troppi posti di lavoro in ballo e ora stanno anche per chiudere la Sertubi quindi non ci credo. Qua non si vive male, la zona è tranquilla, ma quando fanno la colata c'è puzza e poi ci sono i "brillantini" che si disperdono nell'aria. Magari chiudessero l'area a caldo, sarebbe finalmente un borgo felice». Alda Sancin e il marito Ettore Bellanti abitano a Servola e da sempre sono attivi nel gruppo "No smog", alla notizia dell'apertura del gruppo Arvedi per la dismissione dell'area a caldo sono scettici: «Abbiamo qualche perplessità perché Arvedi fa il suo lavoro da industriale e deve fare soldi, non il missionario. Ora che vuole parlare con i sindacati o capisce che la situazione è molto tesa o intravede qualche interesse nell'evoluzione dell'area a caldo. È strano poi che un industriale comunichi prima le sue volontà, probabilmente vuole alzare il prezzo». -

 

L'eterno limbo degli operai: «Da anni voci e incertezza Senza lavoro che faremo?»

Fuori dai cancelli dello stabilimento fra rabbia e rassegnazione: «A 50 anni che occupazione potrò trovare?». E qualcuno si scaglia contro la giunta Fedriga: «Vuole farci restare in strada»

«Ormai ho 50 anni, non penso che se dovessero chiudere l'area a caldo della Ferriera troverei un altro lavoro». È una delle voci che vengono dallo stabilimento siderurgico di Servola, da dove gli operai escono alla chetichella alla fine del turno del mattino, poco dopo le 14. C'è chi si accende una sigaretta, qualcuno guarda il cellulare, altri si fermano a parlare con i sindacalisti presenti. Quattro chiacchiere in particolare sul calcio mercato, poi il pensiero va al futuro, o meglio alle tante incognite che lo accompagnano. I più anziani sono quelli che lavorano nell'area a caldo, i più giovani solitamente sono impiegati invece nel laminatoio a freddo, l'impianto installato dal gruppo Arvedi. Quelli "nuovi" hanno poca voglia di parlare visto che alla fine il loro reparto non è quello a rischio: non manca la solidarietà verso i colleghi ma forse pesa di più la paura di dire qualcosa di sbagliato. Andrea Leo è uno della "vecchia guardia" ed è preoccupato: «Qua non si sa niente, si parla di qualcosa che dovrebbe avvenire a ottobre o novembre, le uniche cose che sappiamo le apprendiamo dai giornali e dalla televisione, dove fino a poco tempo fa dicevano che la proprietà voleva andare avanti sia con l'area a freddo che con l'area a caldo». Le voci di una possibile chiusura di quest'ultima lo preoccupano: «A 50 anni è normale anche perché non so come si andrà avanti. Ho una moglie e due figli e restare per strada a questa età non è pensabile. Il brutto poi è che nessuno parla chiaramente, solo promesse. Se ci guardiamo intorno però ci sono mille persone che rischiano di rimanere per strada». Massimiliano ha invece fretta e non vuole parlare più di tanto: «Io ho iniziato a lavorare qui nel 1997, due anni dopo ho fatto la prima cassa integrazione. Se questa esperienza dovesse finire, cercheremo altro», si lascia sfuggire andando via in motorino. «Non si possono fare progetti né pianificare qualcosa perché non hai sicurezze e certezze - c'è amarezza nelle parole di Tihomir -, aspetti e speri. Sono qua dentro da 19 anni, non ho idea di cosa succederà in futuro. So che molti hanno un contratto a termine, e anche per loro non deve essere facile. Servono risposte e lasciare solo l'area a freddo non consente di riassorbibire tutte le persone che lavorano dentro l'impianto. Diciamo che ormai siamo rassegnati e ce ne facciamo una ragione. Poi è anche vero che se uno ha voglia di lavorare qualcosa potrebbe anche trovare in caso di licenziamento, però non è facile». Luigi Saia è un fiume in piena, la rabbia verso le istituzioni è tanta: «La Regione sta lavorando per far sì che 430 persone più l'indotto restino a casa. Io ho 56 anni, ho tre figlie e sono anche nonno, i politici lavorano per farmi licenziare e se dovesse avvenire è giusto che sappiano che diventerò la loro ombra, visto che senza lavoro avrò tanto tempo libero». A spaventare Saia sono anche le promesse: Vorrei chiedere a questi "signori" cosa intendono quando parlano di riconversione. Io ho 50 anni, mi insegnano a fare l'idraulico e poi dove vado a lavorare? Ci sono già molti disoccupati in città, come pensano di rioccupare 400 persone in una volta sola? Viviamo in una città dove il comparto industriale è sotto il 10%, pensano che l'economia possa restare in piedi grazie a quattro navi da crociera? Le persone che lavorano alla Ferriera pagano le tasse che mandano avanti la città, e sono in tanti i miei colleghi che fanno questo ragionamento. Ho iniziato a lavorare qua dentro nel 2000: da allora ho paura a programmare il futuro e la politica non ha mai capito questa cosa». Anche Stefano Hamerle lavora in Ferriera dal 2000: «È parecchio tempo che sentiamo queste dichiarazioni. Prima la vendita della banchina, poi la piattaforma logistica, la vendita ai cinesi e adesso la chiusura dell'area a caldo. Sinceramente non capisco come si possa pensare di dividere gli impianti che sono collegati tra di loro, così facendo il sistema rischia di non stare più in piedi. Diciamo che, da quando ho iniziato a lavorare a Servola, ho sempre la preoccupazione per quello che sarà il futuro, ho cresciuto mia figlia con l'ansia e faccio anche fatica a rassicurare la mia famiglia. Credetemi, non è facile». Alessandro ha poca voglia di parlare, si lascia andare a una dichiarazione veloce: «La preoccupazione c'è sempre, andiamo avanti e vedremo». 

Andrea Pierini

 

 

I giovani ambientalisti al Consolato di Brasile - la protesta

Il movimento "Fridays for Future Trieste" si è riunito ieri pomeriggio sotto al consolato onorario di Brasile in via San Francesco per protestare contro il rogo dell'Amazzonia. «Finché i nostri polmoni avranno abbastanza ossigeno per permetterci di respirare, alzeremo la nostra voce».

 

 

 

 

SLOWFOOD.it - VENERDI', 30 agosto 2019

 

 

Sei trucchi per mangiare meno plastica

Lo sapete tutti, acqua e cibo che mangiamo ogni giorno sono contaminati dalla plastica. E sul pericolo microplastiche sono sicura siete tutti ben consapevoli. Oggi invece vi diamo qualche dritta per ingerire quanta meno plastica possibile. Perché se non si può evitare del tutto di buttar giù microplastiche e sostanze chimiche che compongono la plastica (sono davvero ovunque, anche nella polvere domestica) possiamo però pensare di darci un grosso taglio. Sicuramente il primo passo, spero per voi inevitabile, è quello di non comprare e non mangiare più cibo e bevande che sono confezionati in plastica. Anche se è quasi impossibile da fare, avverte Sherri Mason, Ph.D., coordinatrice della sostenibilità presso il Penn State Behrend College e chimica, che ha studiato la presenza di plastica in acqua di rubinetto, birra, sale marino e acqua in bottiglia (risultati dello studio qui). Ma questi piccoli stratagemmi possono aiutare a evitare almeno la plastica extra. Bere l’acqua del rubinetto. L’acqua potabile è tra gli elementi che maggiormente contribuiscono all’ingestione di microplastica. Secondo quanto verificato da Mason però l’acqua in bottiglia (di plastica) ha circa il doppio del livello di microplastica dell’acqua del rubinetto. Inoltre, alcune acque imbottigliate hanno anche dimostrato di avere alti livelli di sostanze chimiche PFAS. Insomma, scegliete l’acqua del sindaco o se avete la possibilità raccoglietela da qualche fonte in montagna.   Non riscaldare il cibo in plastica. La plastica riscaldata rilascia prodotti chimici nel cibo. Meglio anche evitare la lavastoviglie.   Evitare contenitori di plastica per alimenti con problemi noti. Imballaggi con codici di riciclaggio “3”, “6” e “7” indicano rispettivamente la presenza il PVC/ftalati, il poliestere/stirene e policarbonato/Bisfenolo A, quindi si consiglia di evitare di utilizzare contenitori che hanno quei numeri nel simbolo di riciclaggio sul fondo. Se invece gli imballaggi sono etichettati come “biobased” o “greenware”, non contengono bisfenoli.   Mangiare più cibo fresco. E questo non ci stanchiamo di ripetervelo. Anche se i livelli di microplastica nei prodotti freschi sono stati in gran parte non testati, questi prodotti hanno meno probabilità di esporvi a sostanze chimiche. Oltre ad essere più sani, perché più ricchi di nutrienti, più buoni e più ecologici.   Ridurre al minimo la polvere domestica. Insomma ragazzi diamoci da fare con le pulizie domestiche. La polvere può esporre le persone a sostanze chimiche, inclusi ftalati, PFAS e ritardanti di fiamma.   Pensiamo in grande. Se tutti possiamo intraprendere azioni per ridurre il consumo di plastica, è anche vero che sono necessarie azioni su larga scala. Quasi nessuna plastica è effettivamente riciclabile o riciclata. E questo è particolarmente vero per il packaging del cibo.   Si prevede che la produzione di plastica quadruplichi entro il 2050, il che significa che la quantità di contaminazione della plastica nell’ambiente farà altrettanto. E allora diamo quei segnali forti che la moltitudine può dare. Evitiamo la plastica mono uso, preferiamo lo sfuso, facciamo sempre la differenziata e cerchiamo di scegliere contenitori in plastica riciclata. Insomma proviamo a evitare almeno questa catastrofe annunciata.   Fonte https://www.consumerreports.org/food/how-to-eat-less-plastic-microplastics-in-food-water/      

Michela Marchi   m.marchi@slowfood.it

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 agosto 2019

 

 

Oltre 3 ore di braccio di ferro tra impresa e ambientalisti sulle vasche dei pesci a Duino

Confronto serrato nella commissione comunale. Improbabile il trasloco al largo dell'impianto ma l'Arpa apre a «verifiche sui fondali» in futuro

Il conflitto continua. Tre ore e mezza di discussione, nel corso della seduta che la Commissione Ambiente del Comune di Duino Aurisina ha dedicato al tema, non sono bastate. Sulla presenza delle vasche per l'allevamento del pesce, situate al largo di Duino e di proprietà della Valle Ca' Zuliani, le parti in causa sono rimaste ciascuna della propria idea. Da un lato l'azienda, forte dei pareri dell'Arpa, che ha confermato che «nella lavorazione sono rispettati tutti i criteri di legge che riguardano sia la tutela dell'ambiente sia l'utilizzo di mangimi di qualità», dall'altro gli ambientalisti e il consigliere di opposizione Vladimiro Mervic impegnati a chiedere «ulteriori controlli sui fondali» e a proporre di «spostare più al largo le vasche». In mezzo il Comune, con il sindaco Daniela Pallotta che ha sottolineato «il valore delle attività produttive che garantiscono importanti realtà occupazionali». La Valle Ca' Zuliani dà lavoro infatti a una cinquantina di persone. Del resto, l'obiettivo della seduta, come ribadito dalla presidente della Commissione Chiara Puntar, affiancata dagli assessori Stefano Battista, Lorenzo Pipan e Massimo Romita, era di «approfondire le conoscenze sul problema», ed è stato centrato. Il direttore della produzione della Valle Ca' Zuliani Stefano Caberlotto ha precisato che «l'allevamento dei branzini non è forzato e la qualità del mare sta a cuore anche a noi che viviamo qui». Pasquale Romagno, referente sanitario dell'azienda, ha sottolineato a sua volta che «l'impresa è certificata per la totale assenza di antibiotici nella lavorazione». Claudia Orlandi dell'Arpa ha quindi ricordato che «lo stato delle acque a Duino è costantemente buono», e che si potrebbero effettuare in futuro «verifiche sui fondali», rispondendo così a una specifica richiesta di Mervic e del consigliere Igor Gabrovec (Us). Quest'ultimo ha anche proposto una verifica dei fondali con l'ausilio dei sub. Il consigliere Giorgio Ret (As) ha rammentato che «le gabbie sono qui da decenni». Quanto allo spostamento degli impianti, Michele Doz, delle imprese di pesca locali, lo ha definito «molto problematico» mentre Franco Manzin, della Direzione regionale risorse ittiche, ha spiegato che «andare oltre il chilometro dalla costa implica un'autorizzazione ministeriale». Mervic ha parlato poi di «vita vegetale scomparsa nella zona delle vasche» e di un «evidente problema di deturpazione del paesaggio». Sull'analisi dei fondali ha insistito anche Elena Legisa (Rifondazione). Tiziana Cimolino (Medici per l'ambiente) ha accennato al fatto che «solo di recente i controlli sono diventati rigorosi, mentre in passato l'uso degli antibiotici nell'allevamento dei pesci era massiccio». Lino Santoro, consulente di Medici per l'ambiente, ha posto l'accento sul rischio di «interruzione del ciclo naturale della biosintesi delle sostanze umiche e della demolizione delle sostanze organiche, senza dimenticare l'ipotesi dello stress che si può creare nei pesci costretti nelle gabbie».

U.Sa. 

 

 

Greta attacca «Un piano concreto per il clima»

New York. Gli Usa sotto Donald Trump recalcitrano, ma i giovani attivisti come lei costringeranno i leader della Terra ad affrontare la crisi del clima impazzito: l'ha detto al Guardian la 16enne Greta Thunberg, arrivata l'altro ieri a New York in barca a vela per partecipare, il 23 settembre, al vertice dell'Onu sul cambiamento climatico. «È folle che una sedicenne debba attraversare l'Atlantico per far conoscere la sua posizione, ma le cose stanno così», ha detto Greta: «Siamo a un punto di rottura. I leader sanno che hanno più occhi puntati addosso, sentono più pressione, devono fare qualcosa, devono trovare una soluzione. Io voglio un piano concreto, non parole», ha detto l'attivista. Quanto al disastro in Amazzonia, Greta ha definito «disastrosi» gli incendi , affermando che è «il segnale chiaro che bisogna smettere di distruggere la natura». --

 

Fridays for future - Doppio presidio contro gli incendi in Amazzonia

Il movimento "Fridays for future" organizza oggi in città il presidio "No es fuego: es capitalismo - #sosamazonia". Appuntamento alle 17 sotto il consolato onorario del Brasile in via San Francesco 4/1 per protestare contro gli incendi che stanno devastando la foresta amazzonica. Al primo presidio, cui parteciperanno anche gli attivisti di udine e pordenone, seguirà una seconda "testimonianza" in piazza Unità sotto il Comune dalle 18.30 in poi.

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 agosto 2019

 

Gli incerti effetti sulla salute dell'esposizione ai telefoni cellulari - LA LETTERA DEL GIORNO di Mariano Cherubini - Professore universitario - Medico chirurgo specialista

Una recente lettera, richiama l'attenzione su alcuni effetti sulla salute dell'esposizione a radiofrequenze, inferiori agli standard di protezione internazionali, commentando uno studio dell'Iss di S. Lagorio, 2019. Alcuni risultati sembrano difformi dalle conoscenze correnti, pur limitate, e da approfondire. Rimane un certo grado di incertezza per un uso molto intenso di cellulari ad elevato potere di emissione. In un diagramma riportato sulla ricerca, colpisce il gran numero di soggetti di minore età, che usano, pur giovanissimi, i cellulari: risultano aumentati nel periodo 2000-2006. Non si sono potuti analizzare effetti a lungo termine, quando l'uso è iniziato da bambini. La ricerca si limita allo studio dei tumori senza considerare le sedi encefaliche di contatto con l'apparecchio, che sono il lobo frontale e temporale omolaterale, maggiormente esposte. Non sono approfonditi eventuali incrementi di malattie neurologiche e metaboliche. La Iarc, organismo al quale il triestino L. Tomatis diede un importante apporto, classifica i campi elettromagnetici a RF come possibili cancerogeni. Il professor A. Levis ha illustrato in passato a Trieste (2012), un caso di neoplasia del trigemino seguito in ambito giuridico. Un neurinoma è stato segnalato e seguito a Ivrea. Il principio di precauzione, consigliato a questo proposito, indica che deve essere usata cautela nei casi nei quali sussistano dubbi sui riscontri scientifici. Questo principio si collega a quello di "proporzionalità", che richiede minori sacrifici possibili, proporzionati, per la tutela del pubblico interesse. Il Tar del Lazio ha recentemente prescritto una campagna informativa a scopo preventivo, che non sembra attualmente potersi sviluppare. Un ulteriore proficuo approfondimento a queste tematiche, può essere riscontrato nell 'Int. J. Hyg. Environ. Health , articolo di A. Di Ciaula, 2018. In conclusione si possono apprezzare i risultati finora ottenuti, ma l'argomento non è chiuso, merita indagini sulla "misura dell'esposizione personale a radiofrequenze. La variabilità di strati della popolazione e il contributo di diverse sorgenti", che costituiscono "un'altra priorità di ricerca in particolare per l'Italia" (S. Lagorio 2019).

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 agosto 2019

 

 

È allarme lupi in Slovenia - Cresce la "psicosi" in Carso

I contadini d'oltreconfine denunciano un aumento delle incursioni negli allevamenti E le zone "calde" sarebbero a ridosso dell'Italia. Ma per gli esperti non c'è emergenza

DUINO AURISINA. È "psicosi" lupi sul Carso, in particolare nelle zone di Duino Aurisina più vicine al confine con la Slovenia, nonostante alcuni esperti del settore affermino che, in realtà, non tutti gli episodi di segnalazione di questa specie sarebbero veritieri e che i testimoni potrebbero anche confonderli con altri animali, come ad esempio gli sciacalli dorati, di norma non aggressivi né pericolosi nei confronti dell'uomo. Tant'è, i residenti e i contadini dell'altipiano stanno prendendo molto sul serio la protesta di piazza da poco inscenata a Velike Lasce, piccolo centro vicino a Lubiana, dal Sindacato dei contadini Sks. Il portavoce della sigla, Anton Medved, nell'occasione ha spiegato che «i provvedimenti previsti dal governo, intenzionato ad abbattere 11 lupi, che, assieme agli orsi, sarebbero responsabili dell'uccisione di circa mezzo migliaio di animali da cortile e d'allevamento, non sono sufficienti».Ad allarmare la gente del Carso sarebbe in particolare la denuncia, fatta dallo stesso Medved, che ha indicato la parte meridionale della Slovenia, assieme a quella occidentale, cioè proprio i versanti più vicini all'Italia, come le regioni «nelle quali si verifica la maggiore concentrazione di lupi».Secondo le autorità di Lubiana, il territorio della Slovenia potrebbe ospitare in totale una novantina di unità. Stando invece a quanto affermato dai responsabili dell'Sks, il numero dei lupi in circolazione sarebbe doppio. Al punto che la sigla ha fatto promettere al ministro dell'Ambiente, Simon Zaic, che «saranno eliminati quelli in sovrannumero». In Slovenia, stando a un documento ufficiale del ministero sloveno dell'Ambiente e del Territorio, i novanta lupi sarebbero suddivisi in 14 branchi di cui 4 provenienti dalla Croazia. Dal luglio del 2017 all'aprile del 2018 sono state trovate inoltre 386 prove genetiche della presenza dei lupi in vari luoghi della Slovenia. Sono stati poi analizzati geneticamente i corpi e il sangue di dieci lupi morti in questo periodo. In tutte le aree definite più "calde" è stato adottata la ricerca con il cosiddetto "howling test" e con le testimonianze dirette dei cacciatori. Dei 14 branchi individuati, sei sono stati classificati come vitali, cinque in crescita, sue in declino e uno completamente stanziale in Croazia. In 12 di questi gruppi ultimamente sono nati dei cuccioli. Da otto anni a questa parte poi sarebbe in atto una lenta ma continua crescita della popolazione dei lupi dovuta anche all'esiguo numero di abbattimenti. Tutto questo non significa ovviamente che i lupi debbano per forza avvicinarsi ai paesini del Carso triestino, ma la preoccupazione è legittima. Gli esperti italiani, come si accennava, restano comunque scettici su alcune testimonianze che parlano di presenze di lupi vicino al confine. Si potrebbe in effetti trattare, in certi casi, di «persone che scambiano cani con particolari caratteristiche per lupi». E sempre stando agli esperti del settore, in Europa i lupi sarebbero 17 mila, tremila dei quali in Italia, accentrati in particolare nelle zone del Salento, della provincia di Bologna e in Versilia. Sul Carso, dunque, non ci sarebbe motivo di particolare preoccupazione, pur rimanendo necessario prestare sempre la massima attenzione.

Ugo Salvini

 

 

Rifiuti in strada, barista inchiodato dai filmati

Maxi multa al dipendente di un locale del centro: a lui le Guardie ambientali della Polizia locale sono risalite grazie alle telecamere

Lascia per strada la spazzatura prodotta dal locale del centro in cui lavora. Scoperto grazie alle telecamere dalla polizia locale, si vede recapitare una sanzione da 600 euro. L'operazione contro il "barista sporcaccione" è stata condotta e poi resa pubblica dalle Guardie ambientali del corpo di sicurezza cittadino. Spiegano le forze dell'ordine in un comunicato stampa: «Alcuni giorni fa le Guardie hanno accertato in una via del centro l'abbandono di un grande sacco contenente tovagliette, bottiglie in plastica, lattine, tutti chiaramente rifiuti di un pubblico esercizio».Dinanzi alla palese infrazione, gli agenti ricorrono agli occhi elettronici che, come ormai in tante vie del centro, sorvegliano la strada. Grazie alle telecamere è quindi possibile dare un volto al responsabile dell'abbandono del sacco di immondizie. Scrive la municipale: «Grazie alla visione delle immagini delle telecamere posizionate in zona si estrapolavano dei fotogrammi della persona e del percorso effettuato dal responsabile dell'abbandono; l'uomo, dopo essersi guardato attorno, abbandonava al suolo il sacco».È a partire da quei fotogrammi che la nostra municipale si è messa alle calcagna dell'uomo, cercando di intercettarlo in caso di recidiva: «Nei giorni successivi gli operatori hanno effettuato quotidianamente degli appostamenti nella zona nella speranza di veder passare la persona ripresa dalle telecamere senza, purtroppo, successo». La svolta, quasi romanzesca, arriva nel modo più inaspettato quando una delle Guardie, fuori servizio, individua l'uomo per caso, riconoscendo per strada il volto che giocoforza gli era rimasto impresso: «Si trattava di un dipendente di un pubblico esercizio a cui gli veniva successivamente contestata la sanzione da 600 euro», fanno sapere i vigili urbani. La Polizia locale sottolinea infine l'importanza della tutela ambientale: «Le Guardie ambientali sono un servizio in seno al corpo di Pl e si dedicano in modo particolare agli aspetti del degrado urbano legati alla gestione dei rifiuti, applicando a 360 gradi le norme nazionali e locali. Al Codice della strada, al Regolamento verde pubblico, alla Legge sul benessere degli animali, alle norme in materia di Diritto ambientale, senza dimenticare il Regolamento di polizia urbana».

Giovanni Tomasin

 

Centro rifiuti di Vignano Location bis temporanea - L'IMPIANTO DI SMALTIMENTO

MUGGIA. Nuova location (temporanea) per il centro di raccolta dei rifiuti urbani. Da lunedì 2 settembre la struttura collocata in strada per i laghetti, in località Vignano, sarà chiusa al pubblico per lavori di manutenzione. Dove andranno i muggesani a conferire i rifiuti? Il Comune è riuscito ad allestire uno spazio quasi di fronte all'attuale struttura, nello specifico in via Colombara di Vignano, nei civici 1 e 5.Il "nuovo" centro di raccolta è collocato nella zona industriale e consta di due capannoni di piccole dimensioni di proprietà del Consorzio di sviluppo economico dell'Area giuliana (Co. Selag), siti a pochi metri dalla tradizionale area che sarà in uso fino a domenica. Le strutture saranno concesse in locazione per l'allestimento temporaneo del centro di raccolta in attesa del completamento degli interventi di manutenzione dell'attuale sede di località Vignano. «Tali interventi potranno essere avviati dopo la fine dell'iter ambientale di competenza ministeriale avviato, con proprie risorse finanziarie, dall'amministrazione comunale muggesana», ha puntualizzato l'assessore all'Ambiente Litteri. L'area ricade, infatti, all'interno del sito inquinato d'interesse nazionale di Trieste. «I campionamenti eseguiti sulle matrici acqua e suolo hanno dimostrato che non sussistono più le cause che avevano imposto l'iter riguardante la presenza del vincolo del Sin, da Muggia è stata richiesta l'archiviazione della pratica relativa all'analisi di rischio e la conseguente conclusione dello stesso» ha puntualizzato Litteri. In attesa, dunque, della risposta di svincolo dell'area da parte del ministero dell'Ambiente da lunedì 9 settembre il nuovo centro di raccolta sarà sito in via Colombara di Vignano.

 

A Zindis gli scout diventano "spazzini"

Ottimo successo per l'appuntamento con la "pulizia partecipata" organizzata da Microarea Zindis col supporto della Cooperativa La Collina e la collaborazione del Comune. L'evento ha visto come protagonisti i bambini del Ricremattina, un gruppo Scout di Ancona, i volontari di Ics e alcuni abitanti del rione.

 

 

Comitato Dolci Pace e "Nuclear Free" - Raduno a Pirano

In adesione alla Seconda Marcia mondiale per la Pace e la Nonviolenza in Slovenia, e con l'obiettivo della creazione di una Zona Nuclear Free del Mediterraneo, il Museo del Mare "Masera", il Comitato Dolci e l'Associazione Mondosenzaguerre di Trieste organizzano con il Comune di Pirano un pomeriggio di sensibilizzazione verso le istituzioni di Slovenia, Italia e Croazia domani alle 16 proprio nel Palazzo del Comune di Pirano. Info www.theworldmarch.org.

 

 

SEGNALAZIONI - La pensilina di Cattinara in pessime condizioni

l crollo del Ponte Morandi a Genova e i crolli del tetto della piscina Acquamarina e del pontile dell'Ausonia a Trieste rivestono d'urgenza il controllo di strutture in apparente degrado. Il 27 marzo 2019 il Piccolo ha gentilmente pubblicato una mia segnalazione sul preoccupante degrado nel quale si trovano i muri portanti della pensilina al capolinea del trasporto pubblico autobus presso l'ospedale di Cattinara. A tutt'oggi 23 agosto 2019 lo stato delle pensiline del capolinea a Cattinara rimane inalterato, come indicano le fotografie allegate. La sicurezza è fondamentale. Sollecito l'istituzione responsabile a fare un sopralluogo e risolvere con la tecnica migliore la ricostruzione degli elementi strutturali.

Oscar García Murga

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 agosto 2019

 

 

Marina da 200 posti con albergo nel destino degli hangar 24 e 25

Una cordata triestina ha preso contatto con Dipiazza e lo staff tecnico del Comune L'interesse degli imprenditori locali segue quello emerso inizialmente di Fincantieri

Fincantieri ha una rivale. Per mesi si era scritto, senza che per la verità fossero state manifestate intenzioni ufficiali, che il gruppo navalmeccanico sarebbe stato interessato a prendere i Magazzini 24-25 in Porto vecchio, per svolgervi un'attività legata ai maxi-yacht. Si tenga presente che la coppia di edifici si affaccia sul Bacino 0: in passato ospitava il cosiddetto "terminal animali vivi" ed era gestito in concessione da Roberto Prioglio, che acquistava il bestiame nell'Europa orientale e lo esportava nel Medio Oriente. Non si dimentichi inoltre che la parte a mare del Porto vecchio resta competenza dell'Autorità portuale, quindi l'investitore "anfibio" deve coordinare la sua progettualità tra due titolari, Comune e Porto. Il Municipio, che inizialmente propendeva per realizzare il Museo del mare nel "24-25", aveva poi cambiato idea, scegliendo il retrostante "26". Il "24-25" sarebbero stati messi a rendita: la prossimità al mare li rende appetibili per farci qualcosa di alternativo a un museo. Infatti, l'occhio di alcuni imprenditori triestini, ai quali potrebbe aggiungersi anche un investitore estero, si è acceso dinnanzi a questa opportunità: utilizzare il Bacino 0 per realizzarvi un marina e trasformare i ruderi del "24-25"- dove sono ancora visibili i divisori, le mangiatoie, gli abbeveratoi - in albergo. Gli esponenti di questa cordata, sulla quale per ora vige una certa riservatezza, sono stati ricevuti in Municipio dal sindaco Dipiazza e dalla dirigenza tecnica. Non è ancora tempo di dettagli, che dovrebbero essere noti in autunno. In linea di massima, secondo quanto filtra dal Comune, il marina potrebbe ospitare 200 ormeggi, avendo le dimensioni - per intenderci - più o meno del San Giusto sulla punta di Molo Venezia. Riserbo anche sull'investimento, che comunque supererà i 10 milioni di euro.Se questa candidatura andrà a buon fine, il Comune sarà in grado, dal punto di vista urbanistico, di completare la gran parte della zona settentrionale del Porto vecchio, quella che le linee pianificatorie dedicano a cultura, congressi, esposizioni. Una foto eseguita da un drone, su commissione della Monticolo & Foti, aiuta a riassumere la situazione dall'alto: Sotto-stazione elettrica (quartier generale di Esof 2020), Centrale idrodinamica, centro congressi Tcc in costruzione, Magazzino 26 (Museo del mare che sarà progettato dal sivigliano Vazquez Consuegra). Se il Comune riesce a collocare il "24-25" in collaborazione con l'Autorità, l'ingresso da nord al Porto vecchio sarebbe quasi ultimato. Già, quasi: resta da decidere il destino del Magazzino 30, una struttura di costruzione relativamente recente, in mediocre stato di conservazione. I Lavori Pubblici comunali avevano cercato un alleato privato che lo trasformasse in "fish market" e in ristorante specializzato in pesce, dove consumare deliziose cenette ittiche, ascoltando musica jazz e ammirando la venustà del Golfo. Al riguardo era stata avvicinata Eataly, dove l'attività di pescheria-gastronomia funziona piuttosto bene: ma i responsabili hanno ritenuto prematuro assumere l'iniziativa in un sito ancora allo stato brado. Il polo museale-espositivo-congressuale è solo una parte dell'immenso lavoro sul Porto vecchio. Ci sono 30 ettari di magazzini da vendere (quando la società Ursus sarà finalmente attuata). E c'è un'altra partita che attende, in un modo o nell'altro, il fischio finale: si disputa nel "villaggio Greensisam".

Massimo Greco

 

I due magazzini vennero costruiti tra il 1883 e il 1893

Le ex stalle gestite dalla Prioglio hanno alle spalle una storia lunga ben più di un secolo. Partiamo dal 1879, quando a Vienna il ministero del Commercio affidava a un ente portuale concessionario, denominato Pubblici Magazzini Generali, la gestione delle operazioni portuali svolte a terra, mentre quelle a bordo delle navi restavano prerogativa dei comandanti e degli armatori. Si apriva così un'ulteriore fase progettuale e costruttiva per rendere Trieste competitiva nei confronti dei principali scali europei. Tra il 1883 e il 1893 vennero costruiti i magazzini 7, 10, 18, 19, 20 e 26 e gli hangar 6, 9, 17, 21, 22, 24 e 25. Con l'allestimento del Molo IV il nuovo complesso portuale veniva completato.

 

 

Chiudere la centrale nucleare di Krsko per evitare il crac atomico - la lettera del giorno di Marco Barone

È vero che la Slovenia dipende sostanzialmente dalla centrale nucleare di Krsko, a soli 130 km da Trieste, alle porte del Friuli Venezia Giulia, è una centrale che anziché essere chiusa, la Slovenia sta pensando al raddoppio per raggiungere la piena indipendenza energetica. Di quella centrale se ne è già parlato più volte, soprattutto per la zona ad alta sismicità dove è collocata. E di allarmi ve ne sono stati diversi, nel 2008, una fuga di acqua di raffreddamento del reattore, nel 2007 la centrale venne isolata e chiusa per un mese per interventi urgenti. Come ha evidenziato Report con un suo vecchio servizio su quella centrale, emerse chiaramente come fosse l'unica centrale atomica europea in zona sismica ad attività medio-alta ed in Europa complessivamente ci sono 140 reattori nucleari attivi, molti più vecchi di 30-40 anni. Insomma quello che è stato definito come #crackatomico non pare essere pura fantascienza drammatica. Certo, il direttore della centrale di Krsko ha dichiarato che: «Rispettiamo i più alti standard di sicurezza». Ma i terremoti son terremoti, le zone sismiche son zone sismiche e l'Europa deve attivarsi quanto prima per chiudere quella centrale nucleare. Per questo chi vuole che quella centrale venga chiusa, può firmare anche una piccola petizione lanciata sulla piattaforma change. org dal titolo "Evitiamo il crac atomico. Chiudete la centrale di Krsko" con la quale si chiede, appunto, la chiusura della centrale. L'obiettivo è chiaro: "Evitiamo il crac atomico. Chiudete la centrale nucleare di Krsko". Gli amici sloveni hanno tutte le capacità e le possibilità di poter individuare altre forme di produzione e ottenimento d'energia che non sia quella nucleare.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 agosto 2019

 

 

Sprint verso l'accordo di programma per gestire la partita di Porto Vecchio

Comune, Regione, Authority pronti a definire pure lo statuto della nuova società Ursus. Al Municipio oltre il 50% delle quote

Evaporate le ferie, Santi Terranova, Gianfranco Rossi, Mario Sommariva stanno riaprendo le rispettive agende di capi-macchina amministrativi rispettivamente comunale, regionale, portuale: c'è un impegno che a mo' di filo rosso collega il loro calendario e riguarda il varo del consorzio "à trois" per la rigenerazione urbana e la riqualificazione di Porto vecchio. Tutti e tre gli attori sono ora legittimati a procedere. Più esattamente, la società consortile, che sarà costituita secondo il modello Coselag (il successore dell'Ezit per intenderci) e che si chiamerà Ursus, si occuperà di collocare sul mercato una quarantina di magazzini e hangar, che sorgono nella parte centrale del Porto vecchio, tra il "villaggio Greensisam" e il polo museale-fieristico-congressuale. Una trentina di ettari, che rappresenta più o meno la metà dell'area sdemanializzata. Difficile stimare il possibile incasso perché tutto dipenderà dalla congiuntura immobiliare e dal "sentiment" degli investitori. Bisogna valorizzare gli asset, tessere le relazioni, bandire le gare, ecc. Non sarà un lavoro di poco momento. La sequenza preparatoria della società consortile prevede - seguendo la logica dell'emendamento approvato un mese fa dal Consiglio regionale nel quadro dell'assestamento estivo di bilancio - un accordo di programma e l'approvazione della bozza di statuto, che è stata predisposta dal Comune e consegnata ai due partners. L'accordo di programma - ritmava l'emendamento regionale - detterà indirizzi, finalità, tempi di costituzione della società consortile. L'idea-base è che il Municipio detenga la maggioranza della compagine azionaria con una quota superiore al 50%, mentre Regione e Autorità portuale si spartiranno equamente l'altra porzione. L'emendamento regionale indicava esplicitamente in 100 mila euro il limite massimo dell'intervento da parte della giunta Fedriga. Il primo atto rilevante, in termini di pianificazione, risale al novembre dello scorso anno, quando la giunta approvò la delibera di indirizzo, che individuava i cosiddetti quattro sotto-sistemi in cui venivano ripartiti i 65 ettari di Porto vecchio, cioè «misto, moli, museale-congressuale, ludico-sportivo». Non va dimenticato che, se l'intera parte a terra del Porto vecchio è competenza urbanistica municipale, la parte a mare è prerogativa pianificatoria e concessoria dell'Autorità, quindi è determinante per l'investitore avere un quadro chiaro degli strumenti e degli interlocutori che governeranno l'area.

Massimo Greco

 

 

Guerra sul pesce «Via quelle gabbie che inquinano»

La crociata ambientalista corre sull'asse tra Duino e Monfalcone. Gli avannotti seguiti dalla Valle Ca' Zuliani con sede in zona Lisert

Duino Aurisina. Gli impianti per la piscicoltura al largo del castello di Duino, in linea d'aria 700 metri, risalgono addietro di almeno 30 anni. Eppure negli ultimi tempi, prima sotterranea e sopita poi esplosa sulla roboante piazza pubblica dei social, con un rimbalzo perfino nei palazzi regionali a seguito di dettagliata interrogazione dell'Unione slovena (a firma Igor Gabrovec) si è scatenata la rivolta ambientalista che qualcuno ha già ribattezzato come la "guerra del golfo". Monfalcone è la sede operativa della Valle Ca' Zuliani, la srl agricola che detiene la cinquantina abbondante di "gabbie" oggetto di contestazione da parte di alcuni e invece difesa a spada tratta da altri. A Duino bagnanti, residenti e ambientalisti si sono uniti. E pure stavolta hanno trovato un asse a Monfalcone, con i grillini capitanati dal consigliere Gualtiero Pin, che già a maggio si era mobilitato con un'interrogazione sulla «quantità di reflui organici prodotta dalle specie ittiche presenti nel recinto delle vasche in immersione acquea», ritenuto il problema maggiore. Anche se per Vladimiro Mervic, capogruppo della Lista per il golfo a Duino Aurisina che non esita a parlare di «isola di plastica», la principale preoccupazione riguarda «la paesaggistica»: «È una cosa bruttissima da vedere, che si nota da piazza, porto e castello», dice. Senza per questo sorvolare sulla criticità dettata «dalla defecazione massiccia di orate e branzini». Non si arriva a chiedere l'eliminazione dell'impianto, ma uno spostamento al largo sì. «Come se fosse cosa semplice» ribatte invece Michele Doz della Cooperativa pescatori, che leggendo sui social della "guerra" ha chiesto informazioni ed è voluto intervenire da esperto. Afferma che il trasloco costerebbe «300 mila euro», non bruscolini, per una srl agricola. Stando a Doz in trent'anni «le orate e branzini hanno mangiato, defecato e, da quanto mi risulta, non hanno reso un deserto il fondale sottostante»; infatti precisa che nell'ecosistema marino esistono «lame di acqua che fanno scorrere e disperdere il particolato presente nel mare».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 agosto 2019

 

 

Anche dall'Italia giunge il primo "no" ufficiale al raddoppio di Krsko

È quello della ex governatrice Serracchiani. Sarec duro all'Austria: «Quando sarete al buio non chiederete da dove arriva l'energia»

LUBIANA. La polemica dell'atomo esplode in questa ultima parte d'estate. Fatta "deflagrare" dal premier della Slovenia Marjan Sarec che si è detto favorevole a un raddoppio dell'attuale centrale nucleare di Krsko, ha visto la netta opposizione di Carinzia e Slovenia e si arricchisce anche con il fermo "no" della deputata del Pd Debora Serracchiani già presidente della Regione Friuli Venezia Giulia.Mentre l'Italia e l'Austria non hanno centrali nucleari e la Croazia condivide con la Slovenia la centrale nucleare di Krsko, l'Ungheria ha quattro reattori operativi e prevede di costruirne altre due. Le dichiarazioni del primo ministro Marjan Sarac secondo cui è necessario fare uno sforzo per costruire una seconda centrale nucleare sono riecheggiate in Austria negli ultimi giorni, dove hanno ripetutamente sottolineato che non vogliono impianti atomici nei Paesi vicini. «Quando l'Austria avrà bisogno di elettricità e sarà nell'oscurità, non chiederà da dove proviene l'energia necessaria, ma sarà felici di averla», ha dichiarato sabato il primo ministro sloveno alla festa del suo partito la Lms, rispondendo così senza peli sulla lingua alle critiche mosse da Carinzia e Stiria in prima fila. Ieri, come detto, è giunta anche la presa di posizione dell'ex governatrice del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani. Le parole «del premier Sarec suscitano stupore e preoccupazione: abbiamo da anni e più volte ribadito la contrarietà all'aumento della capacità della centrale nucleare di Krsko, auspicando una progressiva dismissione dell'impianto. Le posizioni del centrosinistra, sia dall'opposizione sia al governo della Regione Fvg, hanno sempre messo al primo posto la sicurezza». Con queste parole contenute in una nota la deputata del Pd commenta le parole del primo ministro della Slovenia Marjan Sarec in merito alla costruzione del nuovo reattore nucleare oltre a quello già esistente di Krsko.«Nonostante le passate posizioni nucleariste del centrodestra regionale, confido che il clima sia cambiato e che il presidente Fedriga vorrà farsi portavoce di un sentimento diffuso e radicato nella nostra popolazione, che percepisce Krsko come un rischio immanente. L'Italia è uscita dall'opzione nucleare e la Regione con il centrosinistra - ricorda Serracchiani - è stata spontaneamente concorde. Spero che su scelte strategiche come questa ci sarà continuità. Purtroppo l'assenza di un governo nella pienezza dei poteri inficia i passi della Regione per sensibilizzare le Autorità centrali dello Stato e chiedere un'interlocuzione ad hoc con la Slovenia. Ma esistono canali praticabili anche dalla Regione, a partire dal Comitato congiunto Fvg-Slovenia». «Ricordo che su quel tavolo - conclude Serracchiani - la Slovenia ha sostenuto le sue ragioni anche in materia di energia e di ripercussioni ambientali».Quando parla di «posizioni nucleariste» del centrodestra Serracchiani allude alle idee trapelate durante la gestione della Regione Fvg della giunta guidata da Renzo Tondo in cui si auspicava una gestione dell'impianto nucleare di Krsko da parte di un'azienda italiana, nella fattispecie l'Eni, con una partecipazione anche del Friuli Venezia Giulia. Ma tutto rimase a livello di idea e nulla a tale proposito fu mai concretizzato dai governi dei due Paesi nei loro numerosi incontri bilaterali. Sarec però sembra intenzionato a proseguire sulla sua strada nuclearista visto che finora non ha trovato opposizione alcuna dagli altri partiti che costituiscono l'attuale coalizione di minoranza che regge le sorti dell'esecutivo sloveno. 

Mauro Manzin

 

 

Verme di fuoco punge bagnante a Sebenico

La donna ha accusato dolore e gonfiore sulla parte colpita accompagnato da febbre alta. Paura tra i turisti in spiaggia

SEBENICO. È stato come se qualcuno le avesse versato dell'acido sulla gamba. La donna, residente nella località costiera di Rogosnizza di Sebenico, si trovava in una spiaggia locale, bagnando i piedi in pochi centimetri d'acqua. Improvvisamente ha percepito un dolore acuto, causatole dalla fitta di un verme di colore rossastro, che le aveva toccato la pelle. «È stato qualcosa di lancinante - ha spiegato la bagnante ai medici - sono riuscita subito a togliere alcuni minuscoli aculei, ma al dolore si è aggiunto un gonfiore nella parte colpita. Nel corso della notte, sentendo un calore diffuso in tutto il corpo, ho preso il termometro, scoprendo che avevo febbre, con temperatura superiore ai 38 gradi. A quel punto sono stata ricoverato al Pronto soccorso di Rogosnizza, dove i sanitari mi hanno dato due iniezioni per placare il gonfiore e il dolore, con una terza iniezione inoculata la mattina dopo. Ad alcuni giorni dall' accaduto, la situazione si è normalizzata. Mai in vita mia ho avuto a che fare con simili creature marine. È stata un'esperienza davvero poco piacevole».Stando agli esperti, la bagnante di Rogosnizza ha avuto a che fare con il vermocane, detto anche verme di fuoco (Hermodice carunculata), un verme marino errante appartenente alla classe dei Policheti. Si tratta di un anellide dotato di fastidiose setole urticanti. Infatti, se toccato inavvertitamente o infastidito, riesce a procurare delle dolorose irritazioni, tramite il lancio di aghi ad uncino verso la minaccia. La cura immediata è una sola: rimuovere le minuscole setole con nastro adesivo, per poi applicare sulla ferita dell'alcol, oppure lavare la zona della puntura con acqua marina fredda. La notizia della puntura del vermocane si è diffusa subito in questo centro di villeggiatura della Dalmazia centrale, spaventando non poco i bagnanti, specie i bambini.

Andrea Marsanich

 

 

Quaranta sdraio, pezzi di cabine e tavoli recuperati dai sub in mare davanti a Sticco.

Nuova pulizia dei fondali messa in atto dai volontari di Mare Nordest affiancati da altre associazioni del territorio

Sono 40 le sdraio, oltre a cabine e altre attrezzature, riemerse ieri dal mare, nello specchio acqueo davanti allo stabilimento Sticco. È il frutto della pulizia dei fondali a cura di Mare Nordest, effettuata in mattinata, grazie a una quarantina di volontari, muniti di attrezzature professionali per immergersi e di contenitori per raccogliere i rifiuti a riva. A trasportare sott'acqua lettini, ombrelloni, assi di plastica e legno era stata la mareggiata dello scorso anno, a ottobre, con forti venti di libeccio, che aveva causato danni in vari punti della costa. «Un'iniziativa realizzata in collaborazione con i gestori di Sticco mare - racconta Roberto Bolelli, general manager della società dilettantistica Mare Nordest -, abbiamo effettuato un sopralluogo sott'acqua sabato, muniti di telecamera, per mappare nel dettaglio la zona. È seguito un briefing con i volontari, per illustrare ciò che avrebbero trovato una volta iniziata l'immersione e le attività necessarie per rimuovere tutto. I rifiuti sono stati poi conferiti regolarmente grazie alla collaborazione con AcegasApsAmga». Tutto sotto gli occhi dei bagnanti, che a pochi metri hanno seguito con interesse e curiosità l'attività, conclusa a fine mattinata. «Complessivamente è stata eliminata una tonnellata di materiali vari - spiegano ancora gli organizzatori -: oltre ai lettini anche le pareti in plastica di quattro cabine, che erano andate distrutte, finite poi in mare, e ancora tavoli, sedie e altre suppellettili che c'erano da Sticco e probabilmente anche nel vicino bagno militare. Ed è spuntato pure un copertone». Il lavoro svolto rientra nell'ultima, in ordine di tempo, di una serie di iniziative per la pulizia dei fondali, che Mare Nordest ha promosso, nel rispetto dell'ambiente. «Importante ricordare - aggiungono - come siano state preservate e tutelate con grande attenzione la fauna e la flora presenti. Grazie al contributo di tutti siamo riusciti a portare via l'80% dei rifiuti presenti sott'acqua, servirà un altro intervento, programmato più avanti, per ultimare la rimozione delle immondizie rimaste». Alla mattinata hanno collaborato tante realtà del territorio: Fare Ambiente, Deep Blue, Area 51, Triblù, l'associazione dei bersaglieri e Sistema Diving. Presente anche l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro. Un'altra giornata di pulizia a cura di Mare Nordest si era svolta a maggio, con la tradizionale manifestazione "Clean Water", vicino alla Scala Reale. In quell'occasione erano state recuperate decine e decine di bottiglie, e poi lattine, pezzi di ferro, cassette di plastica, un cartello stradale e tanti altri scarti, gettati volontariamente o portati dal vento. E nelle foto delle varie edizioni, sul sito della manifestazione, tra vari oggetti "strani" finiti in acqua si nota anche un paio di sci. 

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 agosto 2019

 

 

Ferriera, fenomenale occasione cinese

Da problema insormontabile a cuore del nuovo Porto di Trieste. È quanto potrebbe prendere forma nell'area della Ferriera, senza che la città se ne sia ancora resa conto: il lavoro preparatorio è tutto sottotraccia, com'è bene che sia, tanto è irto di ostacoli. Ma il mostro ambientale che si offre allo sguardo lungo la superstrada; il generatore delle emissioni più discusse nella storia di Trieste; la madre di tutte le battaglie politico-ambientali che da un quarto di secolo offre il campionario di lacerazioni in cui Trieste si crogiola con voluttà (destra contro sinistra, residenti contro lavoratori, salute contro impresa); tutto questo potrebbe trovare soluzione nel volgere di alcuni anni - diciamo da cinque a dieci - grazie a una serie di tessere che come per incanto sembrano comporre un mosaico perfetto. Il puzzle, manco a dirlo, parla cinese. È noto che il governo di Pechino ha messo gli occhi sul porto di Trieste, alla partnership con il quale è dedicato uno dei 29 capitoli del recente accordo italo-cinese. Ma uno sviluppo d'interesse asiatico postula spazi portuali che siano almeno il doppio di quelli attuali. Fortuna vuole che sia già tutto scritto nel piano regolatore e in parte già in attuazione. La costruenda Piattaforma logistica, nell'area dello Scalo legnami, darà lo spazio retroportuale fondamentale allo sviluppo di qualsiasi banchina. Il futuro Molo VIII garantirà i nuovi spazi di scalo. Al servizio dei quali, tuttavia, è indispensabile anche l'accesso alle vie di trasporto, che dal bel principio il presidente del Porto Zeno D'Agostino vede essenzialmente sui binari. Ebbene, l'area a caldo della Ferriera si presterebbe perfettamente a tal fine, se riconvertita in un terminal ferroviario al servizio delle nuove infrastrutture. Detta così sembra facile, ma è un'impresa titanica: l'area dovrà essere in parte venduta dalla Ferriera al Porto, resa demaniale e data in concessione ai futuri gestori, i quali dovranno sobbarcarsi gli enormi costi di bonifica e realizzare il terminal. E tremano i polsi al solo pensare quel che si troverà lì sotto, dopo 120 anni di produzione siderurgica. Né lo Stato, né imprenditore privato italiano avrebbero i mezzi per un'opera del genere. La Cina, sì. Tanto dall'aver già schierato due colossi controllati dal governo, nelle sigle Cmg (il possibile acquirente della Piattaforma) e Cccc (il partner ferroviario).La perfezione dei tasselli avrebbe dell'incredibile: la Ferriera continuerebbe a produrre, senza più altoforni ed emissioni; l'area sarebbe bonificata; lo scalo raddoppierebbe gli spazi prefigurando una città a vocazione portuale, scientifica e turistica, grazie al parallelo recupero del vecchio scalo. E per quanti legittimi dubbi un porto parzialmente "cinesizzato" possa sollevare, bisogna riconoscere che la chance non solo è fenomenale, ma è anche l'unica. L'alternativa sarebbe un impianto dismesso e desertificato per decenni. Va da sé che questo quadretto idilliaco ha una montagna di rischi: la volontà delle parti, la coesistenza di attività così diverse, i costi tra gli otto e i nove zeri, l'impatto culturale sulla città di una presenza cinese così rilevante. E però da più di vent'anni, da quando l'emergente sensibilità ambientale pose il tema della chiusura della Ferriera, per la prima volta oggi s'intravede una via d'uscita. La quale ha un contesto bizzarro quanto virtuoso: la coabitazione istituzionale di Regione, Comune e Autorità portuale nella gestione del territorio e delle aree non solo è sopravvissuta, ma ha perfino prosperato nei cambi di colore politico (Serracchiani-Fedriga e Cosolini-Dipiazza) che avrebbero tranquillamente potuto farla esplodere con conseguente paralizzanti. Non l'abbiamo visto accadere spesso. È un grande merito della capacità strategica di D'Agostino, di chi lo nominò e di chi lo ha lasciato al suo posto. 

Roberto Morelli

 

 

Carinzia e Stiria dicono no alla centrale di Krsko 2

Dure proteste dopo che il premier Sarec si è detto favorevole al raddoppio dell'impianto nucleare. Il mondo politico del Paese non si oppone al progetto

LUBIANA. «No Nuke» è quanto hanno affermato le autorità regionali della Carinzia e della Stiria in risposta alle parole del primo ministro sloveno Marjan Sarec sulla necessità di installare un altro blocco della centrale nucleare di Krsko. «Questo è inaccettabile», ha dichiarato il vice governatore della Stiria Michael Schickhofer (Spö). Il leader dei nazional-liberali della Carinzia (Fpö), Gernot Darmann, ha annunciato invece «un'opposizione di massa» al progetto di raddoppio della centrale nucleare di Krsko. Schickhofer ha invitato il governo federale di Vienna, secondo l'agenzia di stampa austriaca Apa, ad agire immediatamente e ad avviare colloqui con il governo di Lubiana per bloccare l'intenzione del premier Sarec. «Dovremo disconnettere la centrale nucleare di Krsko oggi piuttosto che domani. In nessun caso, non dovremmo opporci al suo raddoppio», ha detto il leader stiriano, osservando anche che la centrale nucleare di Krsko si trova in una zona sismica. «Abbiamo bisogno di un'alleanza nazionale ed europea per impedire l'ulteriore espansione della centrale nucleare», ha affermato Schickhofer. Darmann, invece, ha scritto in un comunicato di attendersi che il governatore Peter Kaiser (Spö) rediga una protesta ufficiale da parte del governo carinziano. Allo stesso tempo, il leader della Fpö si è rivolto agli sloveni che vivono nella regione austriaca. «Esorto le organizzazioni slovene - ha scritto - a prendere una posizione chiara sulla questione della centrale nucleare di Krsko e ad affermare la loro influenza presso il governo di Lubiana». Sarec, lo ricordiamo, ha esplicitato la necessità di installare un secondo blocco della centrale nucleare di Krsko giovedì scorso durante una visita all'impianto. «Dobbiamo riporre tutti i nostri sforzi in questo progetto - ha dichiarato - e iniziare a costruire un secondo blocco, poiché avremo bisogno di sempre più elettricità in futuro, soprattutto se vogliamo essere un Paese prospero». La centrale attuale è stata costruita al tempo dell'ex Jugoslavia ed è in funzione dal 1983.E se il ministero delle Infrastrutture afferma all'agenzia Sta che non è stato ancora deciso nulla e che «la risposta alla quantità e soprattutto a quale tipo di energia la Slovenia ha bisogno a lungo termine sarà definita nel piano nazionale per l'energia e il clima», il dibattito politico nel Paese prende quota dimostrandosi alla fine concorde alle affermazioni del suo premier che, dicono alcune fonti diplomatiche, guarda caso si è recato a Krsko e ha pronunciato il suo endorsement al nucleare dopo che a giugno c'è stata la visita a Lubiana del segretario di Stato americano per l'Energia, Rick Perry il quale qualche promessa alla Slovenia deve pur averla fatta. L'opposizione in Parlamento della Sds (democratici di Jansa) sono assolutamente favorevoli al raddoppio visto che l'idea era già presente nei piani del suo leader quando era primo ministro. I socialdemocratici (Sd), partner di governo sono favorevoli alle fonti rinnovabili di energia ma a fronte dell'autosufficienza energetica del Paese sostengono che il raddoppio di Krsko «è sensato» mentre la Smc del ministro degli Esteri Miro Cerar chiede che prima si risolva il problema dello stoccaggio delle scorie nucleari.

Mauro Manzin

 

Antenna tv di monte Castellier "spostata" lontano dalle case

Muggia modifica il Piano di delocalizzazione dei tralicci: individuato un altro sito perché quello attuale è ora vincolato dopo il ritrovamento di reperti archeologici

MUGGIA. Il traliccio di monte Castellier verrà spostato lontano dalle abitazioni. Il Comune di Muggia ha ufficialmente avviato l'iter in seguito alla decisione maturata durante l'ultima riunione del Consiglio, in cui l'aula ha approvato la variante di livello comunale numero 38 al Piano regolatore per l'adeguamento al piano comunale di settore per la delocalizzazione degli impianti radiotelevisivi. Contro l'approvazione della variante erano giunte entro i 30 giorni dall'adozione, sia una opposizione da parte di un privato che una osservazione da parte della Monte Barbaria srl, la società che gestisce il traliccio sul monte Castellier. Una volta fornite le controdeduzioni da parte degli uffici tecnici del Comune, il Consiglio si è riunito per dare l'ok all'approvazione. «Riportare nei limiti di legge l'inquinamento elettromagnetico nella zona di Chiampore ed eliminare le antenne abusive è l'obiettivo che dal 2013 le amministrazioni comunali muggesane di centrosinistra hanno deciso di intraprendere nell'abitato di Chiampore stesso, dove erano sorti 14 tralicci che ospitavano emittenti radiotelevisive, 5 di questi abusivi», spiega il sindaco muggesano Laura Marzi. Da 6 anni dunque è partita l'opera di delocalizzazione degli impianti. Impianti che in base a uno studio commissionato all'Università di Udine hanno trovato due nuovi possibili siti idonei: monte Castellier e Fortezza. Da lì il Comune ha dato vita alla costruzione del traliccio in località monte Castellier che ha comportato il contestuale abbattimento di altri 7 nella zona di Chiampore e la riduzione degli sforamenti delle emissioni. «È un dato di fatto che, a fronte di una cinquantina di punti di misurazione che erano in precedenza al di sopra dei limiti di legge, attualmente non c'è alcun punto sopra i valori consentiti, come confermato dai rilievi di Arpa Fvg dello scorso febbraio», ha spiegato l'assessore all'Ambiente Laura Litteri. Anche le emissioni nel nuovo sito di monte Castellier risultano «perfettamente a norma». La questione, apparentemente risolta, è stata però riaperta recentemente dalla decisione della Regione che ha tolto dal piano di delocalizzazione il sito di monte Castellier in seguito al rinvenimento di reperti di interesse archeologico: l'area è diventata dunque vincolata. Il Comune si è così adoperato per attuare un aggiornamento del Piano di delocalizzazione trovando, d'intesa con la Soprintendenza archeologica, un nuovo sito alternativo compatibile, sempre in località monte Castellier. «L'effetto di questo atto è che una antenna televisiva si sposterà su un traliccio più distante dalle abitazioni, lasciando vuoto quello su cui si trovava, che potrà così essere abbattuto. Quindi - conclude Litteri - le emittenti attualmente presenti sul monte Castellier non potranno essere trasferite a Chiampore». 

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 agosto 2019

 

 

Nucleare, il premier sloveno favorevole a una Krsko 2

Per Sarec è l'unico modo per ottenere l'indipendenza energetica del Paese Meno convinta la ministra delle Infrastrutture Bratusek. Ambientalisti furiosi

LUBIANA. Sembra che la Bulgaria con la costruzione della sua nuova centrale nucleare abbia sfatato una sorta di tabù presso gli esecutivi dell'Europa orientale. E così è probabile che la Slovenia inizi la costruzione della seconda unità della centrale nucleare di Krsko. Il primo ministro Marjan Sarec ha sostenuto per la prima volta chiaramente questo mega-progetto, che va oltre il mandato di uno, forse anche due governi, e vale almeno altre cinque "tracce", o tre e mezzo, della centrale termoelettrica TES 6. Si suppone che fornirebbe alla Slovenia l'autosufficienza energetica. Il premier sloveno ha reso di pubblico dominio la sua posizione nel corso della visita alla centrale nucleare di Krsko e alla viglia della stesura di due documenti importantissimi per il futuro del Paese dal punto di vista energetico, vale a dire il Progetto energetico-climatico della Slovenia e la Bozza energetica del Paese. Per adesso, all'interno dei documenti l'energia nucleare non è prevista ma il premier Sarec e il direttore dell'azienda Nek che gestisce il 50% del pacchetto azionario della società Gen padrona della centrale di Krsko (l'altra metà appartiene allo Stato della Croazia), Martin Novsak sostengono il contrario. E Sarec è il primo politico sloveno dall'indipendenza della ex Repubblica jugoslava a parlare chiaro sul tema supportando il raddoppio della centrale. «Dobbiamo concentrare tutti gli sforzi su questo progetto - ha dichiarato il premier sloveno - e giungere alla costruzione del secondo reattore, visto che in futuro avremo bisogno di maggiore energia soprattutto se vogliamo essere una nazione sviluppata». «Con la direzione di Krsko - ha precisato - siamo giunti alla conclusione che la Slovenia è un Paese nucleare visto che questa centrale produce una quantità molto significativa del nostro fabbisogno energetico (40% ndr.).Meno chiara di Sarec è stata in passato la ministra delle Infrastrutture Alenka Bratusek, la quale in un'intervista sul Dnevnik di Lubiana, ha sostenuto che se si trovassero fonti alternative di energia non sarebbe una sostenitrice ad oltranza del raddoppio di Krsko, così come non sarebbe una sostenitrice della chiusura della stessa senza, per l'appunto, fonti alternative in grado di coprire il fabbisogno energetico fornito fin qui dalla centrale nucleare. Insomma un bel ics nel toto-raddoppio. Decisa e immediata invece l'opposizione degli ambientalisti. «Gli Stati che sono più attivi sul fronte della crisi climatica edificano centrali eoliche e solari e non reattori nucleari», ha replicato sul Dnevnik Katja Hus di Greenpeace Slovenia e ha sostenuto che il governo dovrebbe puntare su fonti energetiche rinnovabili e prendere provvedimenti mirati a un abbassamento del consumo energetico nell'industria.

Mauro Manzin

 

 

Attivisti in piazza: «Il Comune dichiari l'emergenza climatica» - mozione di pd e open

«Serve un governo che dichiari l'emergenza climatica, perché non dobbiamo arrivare al punto di non ritorno che per gli scienziati sarà tra dieci anni». Sono le parole di Laura Zorzini, attivista triestina di Friday for Future, ieri pomeriggio in piazza Unità sotto il palazzo municipale insieme a un piccolo ma agguerrito gruppo di attivisti. Numeri lontani da quelli dello scorso 15 marzo, sciopero globale indetto dal movimento di Greta Thunberg, con ben 3 mila persone in piazza Unità. Un movimento che non si pone dei limiti anche per quel che concerne l'età degli aderenti, anzi: «Abbiamo bisogno dell'esperienza di chi ha già vissuto momenti di cambiamenti di massa, e anche per questo chiediamo la collaborazione di tutti e ci definiamo apartitici. Quello che chiediamo ai politici è di ascoltare la scienza. E a Trieste abbiamo la possibilità di dialogare con diverse istituzioni scientifiche. Chiediamo al sindaco e alla giunta di approvare una dichiarazione di emergenza climatica e ambientale come altre città anche più piccole della nostra hanno già fatto». Intanto qualcosa si muove all'interno di Palazzo Cheba: la consigliera del Pd, Antonella Grim, ha presentato ieri una mozione che chiede di dichiarare lo stato di emergenza climatica e ambientale, firmata dai consiglieri Valentina Repini e Giovanni Barbo del Pd e da Sabrina Morena di Open Fvg. Intanto Friday fo Future cresce e si confronta a livello globale: dal 4 al 10 agosto si è tenuto a Losanna un meeting per discutere del futuro del movimento a cui hanno partecipato 450 attivisti, tra cui 30 dall'Italia: per il Fvg ha partecipato anche Laura Zorzini che ha svelato che «l'idea è quella di realizzare un secondo meeting per l'estate del prossimo anno, con l'Italia che ha candidato Torino per giugno 2020». L'estate di Esof 2020. 

Luigi Putignano

 

 

Cibi scaduti nei locali, ecco la "black list"

Ristoranti etnici e non nel mirino della Procura. Riscontrate anche irregolarità nella tracciabilità del tonno servito a tavola

Dai cibi mal conservati e scaduti alle frodi commerciali. Nella lista dei gestori sanzionati nelle scorse settimane dopo i controlli a tappeto dell'Azienda sanitaria, della Polizia locale e della Guardia costiera, figurano ben sei locali che servono sushi. Ma nel novero spuntano anche la "Osteria del Sindaco" di via delle Beccherie e il "Time Out" di via Malcanton. L'indagine, partita su impulso del pm Federico Frezza, ha preso corpo dopo alcune lievi irregolarità riscontrate nelle modalità di somministrazione del pesce; in particolare lì dove nei menù figurava la semplice dicitura "tonno" (da intendersi come "rosso", stando a quanto annota la Procura) quando invece veniva servita la varietà "pinne gialle". Una frode, secondo le rigide leggi in materia, che potrebbe trarre in inganno gli avventori sulla qualità e origine del prodotto. Se ne è accorta la Capitaneria di Porto, durante una verifica del 22 maggio nel ristorante "Zushi" di via San Nicolò. La Procura ha fatto scattare un procedimento nei confronti del legale rappresentante Piergiuseppe Mangone e Manuela Noacco, responsabile del locale. Stesso discorso per il "Isushi Trieste" di via Bonafata. Il procedimento, in questo caso, riguarda il trentaseienne cinese Jian Qiu, socio del locale. Così per il connazionale Lixin Hu, trentatreenne, titolare del "Kaori" di piazza Dalmazia. Dopo questi accertamenti le verifiche si sono quindi allargate a macchia d'olio su altri commercianti. Più pesante, in effetti, la posizione della ventinovenne Zhenyi Zhou, pure lei cinese, in servizio al ristorante giapponese "Sakura" di Riva Nazario Sauro 6/B: qui, oltre al problema del tonno, nel congelatore sono stati trovati alimenti deperibili in cattivo stato di conservazione e pulizia: carni congelate e ravioli, ma anche un'anatra originariamente fresca e destinata al consumo in tale stato, ma poi congelata in proprio. Dai controlli sono state poi rintracciate delle mazzancolle scongelate e poi ricongelate, mantenute nella cella frigorifera in vaschette aperte con evidente brinatura e senza alcuna indicazione. Il pm Frezza ha voluto andare a fondo: la frode sulla tipologia di tonno è stata contestata anche alle "Terre d'Oriente" di Riva Nazario Sauro 12 (il titolare chiamato a rispondere è il quarantaquattrenne cinese Jianhua Lai); al "Koko Sushi" di via dell'Orologio, (il titolare è il trentacinquenne cinese Yangxiao Hu) grazie all'intervento congiunto di Capitaneria, Polizia locale e Azienda sanitaria. L'inchiesta è proseguita. A fine maggio gli accertamenti si sono estesi all' "Osteria del Sindaco" (titolare il trentanovenne triestino Marco Bencich) di via delle Beccherie. Oltre all'illecito sul tonno (analogo agli altri locali) dalle verifiche nei frigoriferi sono stati rivenuti alimenti mal conservati (alcuni emanavano cattivo odore), tra cui prodotti ittici in contenitori da cui colavano liquidi e carne in scomparti sporchi. Le condizioni igieniche sono inoltre risultate carenti sia sui pavimenti che sugli attrezzi. A metà luglio, invece, nel mirino è finito il "Time Out" di via Malcanton, gestito dal greco Myron Lagouvardos: in un ripostiglio «sporco» e «in cattivo stato di manutenzione» annesso alla cucina del locale, il 12 luglio è stato trovato un congelatore a colonna «stracarico» di alimenti, a sua volta sporco, posizionato in uno spazio angusto, con illuminazione non funzionante e con una temperatura elevata. All'interno erano ammassati crostacei congelati, prodotti nel 2016 e scaduti il 5 luglio del 2018. E, ancora, carni e cibi molli da cui colavano liquidi. Nel magazzino di via delle Beccherie gli inquirenti si sono imbattuti in casse di ortaggi appoggiate sul pavimento «sudicio». Era presente pure un frigorifero il cui display segnava una temperatura di 10°, con all'interno salsicce scadute ad aprile dove l'etichetta indicava una conservazione tra i 2° e i 4°. 

Gianpaolo Sarti

 

 

Muggia - L'assessore Decolle: «Nessun pugno di ferro sulla raccolta dei rifiuti»

MUGGIA. «Voglio fugare ogni dubbio: la raccolta dei rifiuti rimane di competenza dell'assessorato all'Ambiente, non diventerà una questione di polizia e non ci sarà nessun pugno di ferro». Stefano Decolle, assessore alla Polizia locale del Comune di Muggia, fa chiarezza dopo le polemiche sorte in seguito alla proposta di deliberazione consiliare sulle sanzioni per chi abbandona i rifiuti nel territorio di Muggia, deliberazione passata nel corso dell'ultima riunione del Consiglio comunale. «Gli agenti della Polizia locale non avranno indicazioni di infliggere ammende, ma avranno l'indicazione di vigilare sulla correttezza della nostra comune azione di cittadini consapevoli, lasciando le sanzioni per gli incivili» ha puntualizzato Decolle. Per l'esponente della giunta Marzi, dunque, un passaggio necessario quello delle sanzioni poiché «il nostro impegno era quello di fornire i giusti strumenti ai tecnici, e fornire alle forze di polizia delle adeguate leggi e regolamenti per poter esercitare il proprio compito nella correttezza delle regole».Ma le lamentele politiche sulla novità introdotta dall'amministrazione comunale non cessano come evidenzia Emanuele Romano (M5S Muggia): «Siamo contrari all'introduzione di sanzioni che possano punire i cittadini virtuosi. In mancanza di un regolamento rifiuti si va a creare un impianto sanzionatorio che punisce indistintamente tutti, anche chi soffre dei disservizi del Gestore o deve andare in vacanza. L'amministrazione già sa quali sono le criticità del territorio, agisca e punisca i pochi colpevoli senza incolpare la collettività che già oggi permette di superare il 70% di raccolta differenziata».

 

 

SEGNALAZIONI - Ferriera - Sono stati 5, non 35 gli sforamenti

Si comunica che, diversamente da quanto riportato dal quotidiano di giovedì scorso, gli "sforamenti" - peraltro di lievissima entità - rilevati dalla centralina di via Pitacco nel corso dell'intero 2018 sono stati 5 e non 35. Nei soli giorni di "sforamenti" la media giornaliera rilevata è stata di 56 microgrammi/mc rispetto al limite di 50 microgrammi. Tale dato è confermato anche dal report dell'Arpa, che evidenzia e conferma la drastica riduzione rispetto agli anni precedenti: nel 2017 si erano verificati 17 episodi e 32 nel 2015. Tali concreti e positivi risultati, certificati da enti terzi, sono il frutto degli ingenti investimenti effettuati: dall'installazione del sistema bleeder dell'altoforno e del nuovo filtro a maniche in agglomerato, alla manutenzione straordinaria del filtro Daneco, dall'installazione del post combustore gas e sfiati nell'area cokeria all'intensificazione delle filmature dei parchi e della pulizia all'interno dello stabilimento. A ciò si aggiunge la professionalità e la qualità del lavoro di tutti gli addetti impiegati.

White Sheep - Ufficio stampa Siderurgica Triestina

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 agosto 2019

 

 

Migliora la qualità dell'aria ma resta il problema ozono

Il report 2018 presentato dall'assessore Scoccimarro e dal direttore Arpa Vatta «Anche gli sforamenti degli inquinanti a Trieste in zona Ferriera sono calati»

TRIESTE. La pagella è buona, come quella dell'anno precedente. Una delle migliori del Nord industriale, con una riduzione degli sforamenti di Pm10 a Trieste e in provincia di Gorizia. Ma l'aria del Friuli Venezia Giulia rimane comunque in parte inquinata. Un po' dappertutto per quel che riguarda l'ozono. Solo nella pianura occidentale invece, area in cui le caratteristiche climatiche sono simili a quelle della pianura padana, quanto alle polveri sottili. Fabio Scoccimarro presenta il suo secondo rapporto sulla qualità dell'aria Fvg da assessore all'Ambiente. Al suo fianco Stelio Vatta, neo direttore dell'Arpa. «Nel 2018 la situazione è ulteriormente migliorata rispetto al 2017 - premette Scoccimarro -, con dati nettamente inferiori ai limiti di legge. Ha senz'altro inciso un meteo favorevole, ma raccogliamo anche i frutti delle politiche della Regione e di una maggiore educazione ambientale della popolazione». Il capitolo a parte è sempre quello della Ferriera di Servola. «È un impianto siderurgico ed è detto tutto - osserva il dg -. Ma la normativa legata al processo autorizzativo viene rispettata e si sta lavorando su altri fronti per un futuro il più virtuoso possibile. Gli sforamenti? La centralina di via Pitacco ne ha segnalati oltre il numero massimo di 35 all'anno, ma in misura inferiore che in passato. Pure sul benzene a Servola siamo in calo». La relazione Arpa, illustrata dal responsabile di struttura Fulvio Stel, evidenzia più in generale l'andamento dei macroinquinanti (materiale particolato, ossidi di zolfo e azoto, ozono, benzene e monossido di carbonio) e dei microinquinanti (benzo(a)pirene e metalli pesanti quali arsenico, cadmio, nichel e piombo). Nella prima "famiglia" sotto osservazione il Pm10, sopra il limite (non si dovrebbe andare oltre i 50 microgrammi a metro cubo per più di 35 giorni all'anno) solo tra Veneto e Tagliamento, a interessare una popolazione di circa 112 mila persone. L'Agenzia rileva inoltre 5 superamenti annui a Trieste in piazza Carlo Alberto e in via del Carpineto (erano stati 20 e 18 nel 2017) e l'azzeramento a Fossalon dopo i 16 sforamenti dell'anno precedente. Il Pm2.5, il più pericoloso per la salute, è invece rimasto al di sotto del limite di legge in tutta la regione (25 microgrammi per metro cubo) ed è anzi già inferiore ai 20, parametro in vigore nel 2020. Nell'attesa dei focus nel Monfalconese (sui composti organici volatili) e nel Maniaghese (sull'impatto di un eventuale inceneritore), a preoccupare, con il benzo(a)pirene (le concentrazioni sono nei limiti ma, oltre alle industrie, c'è da fare i conti con i caminetti), è l'ozono, l'inquinante più critico in Fvg, soprattutto a Udine. La causa principale è il meteo, vista l'elevata radiazione solare del periodo estivo. «Un problema europeo», sottolineano assessorato e Agenzia, mentre le carte parlano di 32 superamenti giornalieri (su una soglia di 25) a Basovizza, 20 in via del Carpineto, 44 a Fossalon e 14 a Ronchi. 

Marco Ballico

 

 

«Si acceleri sulla legge per limitare i cinghiali» - LA FORZISTA PICCIN

TRIESTE. «L'unica soluzione al momento praticabile per il contenimento dei cinghiali, necessario per limitare non soltanto i danni all'agricoltura ma anche i pericoli nelle strade e nei centri abitati, passa attraverso una nuova regolamentazione in materia di caccia». Risponde così, la consigliera regionale Mara Piccin (Forza Italia) alle dichiarazioni della pentastellata Ilaria Dal Zovo circa presunti metodi alternativi per contenere i danni causati dalla fauna selvatica. Piccin rilancia: «Alla ripresa dei lavori consiliari, faremo in modo che la nostra proposta di legge nazionale "Norme in materia di prevenzione dei danni causati dalla fauna selvatica" sia discussa per essere al più presto portata all'attenzione del Parlamento. Abbiamo sentito dagli agricoltori quanto il settore non possa più attendere. E va preservata l'incolumità degli utenti della strada e degli abitanti dei nostri centri». La proposta di legge ha «l'obiettivo di far sì che le Regioni gestiscano il controllo degli ungulati anche al di fuori dei periodi e degli orari oggi vigenti, affidando l'attuazione dei Piani di abbattimento ai cacciatori soci alle Riserve di caccia, coordinati dalle guardie venatorie dipendenti degli enti pubblici». --

 

 

Pesce semiavariato spacciato per fresco - Cinque locali chiusi e nove denunce

Raffica di controlli su ristoranti italiani, etnici e "low cost" Multe per 55 mila euro. Sequestrati 5 quintali di prodotti

Tolleranza zero per i ristoratori triestini che non rispettano scrupolosamente le normative per la conservazione del cibo o servono surgelati facendoli passare per pesce fresco. Ben nove ristoratori sono stati denunciati per frode in commercio o per il cattivo stato di conservazione del prodotto ittico e cinque esercizi sono stati temporaneamente chiusi dopo la scoperta di evidenti carenze in materia di igiene. Ecco i risultati più eclatanti della maxi operazione di Guardia costiera, Polizia locale e Azienda sanitaria, con il coordinamento della Procura, che ha portato a sequestrare e distruggere mezza tonnellata di pescato e a far scattare multe per oltre 50 mila euro. Un'attività di controllo sulla filiera della pesca a tutela dei consumatori che è proseguita, con discrezione, per un mese e mezzo, finché ieri, con una nota congiunta, è stato reso pubblico il bilancio dell'operazione. Sotto la lente d'ingrandimento i ristoranti triestini che servono prodotti ittici. Impegnate nell'attività di verifica le squadre miste composte da personale della Guardia costiera (Centro controllo Area pesca e Nucleo centrale ispettori pesca), della Polizia locale (Nucleo Polizia commerciale) e dell'Asuits (Dipartimento di prevenzione, igiene degli alimenti e della nutrizione). L'attività è entrata nel vivo a inizio luglio e nell'arco di un mese e mezzo le squadre ispettive hanno effettuato 169 controlli concentrando l'attenzione su 17 esercizi, sia italiani che di cucina etnica, nei quali viene commercializzato e servito pesce fresco o surgelato. Le maggiori irregolarità sono state rilevate nei ristoranti che propongono prodotti a basso costo. Le violazioni amministrative riscontrate hanno raggiunto, in totale, i 55 mila euro. Ecco le irregolarità più frequenti: mancanza di rintracciabilità del prodotto ittico, ampliamento della superficie di somministrazione, mancata esposizione di licenze, autorizzazioni e prezzi. In qualche caso è risultata mancante anche la cartellonistica del divieto di fumo. Inoltre, in alcuni locali è risultata evidente la carenza dei requisiti di igiene: è stato necessario disporre la sospensione dell'attività di ristorazione per cinque esercizi commerciali. Hanno tutti già riaperto dopo essersi adeguati ai requisiti richiesti. In tutto, come detto, sono stati nove i ristoratori denunciati nell'arco del mese e mezzo di ispezioni. Nella maggior parte dei casi la denuncia è scattata per il cattivo stato di conservazione del pesce trovato nel locale, ma controllando alcuni ristoranti sono emersi anche gli estremi del reato di frode in commercio: veniva venduto, cioè, pesce surgelato facendolo passare per prodotto fresco. A consuntivo dell'operazione, il messaggio rassicurante lanciato ieri è che ora turisti e triestini possono pasteggiare a base di pesce con rinnovata fiducia e la ragionevole certezza di non incappare in sgradevoli "sorprese". Tutti gli esercizi in cui erano state scoperte violazioni hanno subito dovuto provvedere a mettersi in regola. Inoltre, i controlli mirati sulla filiera del pesce da parte di Guardia costiera, Polizia locale e Asuits non si fermano qui: l'attività ispettiva continuerà a ritmo costante. Insomma, i ristoratori della città sanno di non potersi permettere leggerezze. In un'estate che sta consolidando il boom della Trieste turistica, cresce anche la necessità di una vigilanza ferrea sul rispetto delle regole nel settore della ristorazione, a tutela di chi visita la città e, ovviamente, della clientela autoctona. Garantire la qualità della materia prima, in questo senso, è essenziale per tutelare quella tradizione culinaria legata al pesce che costituisce un autentico patrimonio di Trieste. Da sottolineare che nel corso dell'attività di controllo, al netto delle irregolarità riscontrate, è emerso che la maggior parte dei ristoratori rispetta in modo scrupoloso le normative riguardanti conservazione e somministrazione del pesce. 

Piero Tallandini

 

 

A Trieste l'inerzia mentale frena la difesa degli alberi e del verde -  la lettera del giorno di Andrea Wehrenfennig, presidente Legambiente Trieste

Concordiamo con Tiziana Cimolino (lettera del 17 agosto scorso): gli alberi sono un elemento strategico della sostenibilità urbana e, quindi, della qualità della vita e della salute delle persone. Nessun amministratore pubblico affermerebbe il contrario ma poche sono le città che si sono dotate di strumenti che valorizzano questi formidabili alleati dell'uomo per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda Onu 2030.Una spinta in tale direzione viene dal Forum mondiale delle Foreste urbane tenutosi a Mantova nel dicembre 2018, dal quale è stato lanciato un appello a tutte le città del mondo per l'adesione al programma Tree Cities of the World, iniziativa congiunta della Arbor Day Foundation e della Fao (Food and Agriculture Organization of the United Nations), https://www.wfuf2018.com/en-ww/call-for-action.aspx. Le città che aderiscono all'iniziativa s'impegnano con azioni concrete a creare contesti favorevoli per una corretta gestione del verde urbano e del patrimonio boschivo e arboreo in genere, in linea con l'appello lanciato al Forum, che vuole contribuire a sviluppare politiche coordinate di pianificazione e investimenti pubblici per avere città più verdi e salutari.In varie circostanze abbiamo riscontrato che a Trieste esiste una vasto movimento di opinione pubblica a difesa degli alberi, del verde urbano e dell'ambiente naturale. La città è già dotata di un regolamento del verde urbano (da aggiornare) e di un sistema di censimento delle alberature, che ne consente il monitoraggio negli anni. Trieste avrebbe le carte in regola per aderire all'appello del Forum mondiale delle Foreste urbane. Dovrebbe però impegnarsi ad adottare uno strumento di pianificazione del verde e un piano di investimenti per l'incremento della copertura verde pubblica e privata (chiome e tetti verdi) adeguati all'impatto drammatico del cambiamento climatico e dei consumi energetici da questo causati. Riteniamo ci sia un problema d'inerzia mentale per cui tuttora non esiste proporzione fra quanto si investe in infrastrutture verdi rispetto alle altre infrastrutture. Anche le professionalità tecniche necessarie per la gestione e lo sviluppo del patrimonio pubblico verde (competenze agronomiche, arboricole, forestali) continuano a essere considerate inopinatamente di rango secondario e quindi sottostimate, rispetto a quelle ingegneristiche. Cambiare si può ma bisogna fare in fretta.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 agosto 2019

 

 

Dipiazza: piazza Sant'Antonio diverrà spazio verde e vivibile

Secondo il sindaco, è quanto emerge dal monitoraggio web svolto dal Municipio, al quale hanno partecipato 2271 utenti, per l'85% triestini

La gente del web, che ha partecipato alla cosiddetta "piattaforma partecipativa" indetta dal Comune per raccogliere indicazioni sul futuro assetto di piazza Sant'Antonio, ha chiesto all'amministrazione «uno spazio vivibile e verde». Il sindaco Roberto Dipiazza accoglie la richiesta/proposta e, scrutando i risultati del monitoraggio, anticipa gli indirizzi progettuali che trasmetterà ai Lavori pubblici, affinché l'anno prossimo si proceda con la gara.All'insegna di una dichiarata e deliberata "normalità". «Tanto per cominciare - scandisce il primo cittadino - avanti con i masegni, in linea con quanto è stato fatto sulle rive del Canal Grande. Pavimenteranno l'intera area di Sant'Antonio, dalle vie laterali Paganini e Ponchielli, fino al sagrato della chiesa e al centro della piazza, dove elimineremo l'attuale vasca e costruiremo un nuovo spazio acqueo». «Alberi incorniceranno la piazza, dove collocheremo panchine. I triestini si lamentano della scarsa fruibilità delle piazze realizzate negli anni scorsi, come Vittorio Veneto, Goldoni, Ponterosso - insiste -. E si lamentano della poca ombra, del troppo caldo. Li ascolteremo». «Via i cassonetti dell'immondizia, valuteremo dove ricollocarli - precisa il sindaco - penso che sposteremo il mercato in Ponterosso, dalla parte di via Genova, più o meno dove lavorava una volta».La pubblica consultazione web, avviata dal Gabinetto del sindaco in collaborazione con gli assessorati ai Lavori pubblici (Elisa Lodi) e alla Comunicazione (Lorenzo Giorgi), è durata un mese e mezzo, dai primi di luglio a ieri. Hanno partecipato - secondo i primi dati forniti dal piano nobile di piazza Unità - 2271 utenti: l'85,35% è triestino, il 6,8% italiano extra triestino, un 6% si è espresso in lingua inglese, vuoi perché statunitense vuoi perché britannico. Si sottolinea che la durata media della "sessione" ha superato i 4 minuti, a testimoniare una certa attenzione verso i contenuti della piattaforma. Quasi il 30% dell'utenza è "rimbalzata" da altri siti e dai social.

 

 

La crisi di governo stoppa il "trasloco" delle navi bianche dalla Serenissima

Toninelli non firma il decreto anti colossi del mare in laguna E Costa conferma l'arrivo a Venezia per Luminosa e Deliziosa

La crisi di governo frena, almeno per ora, il dirottamento di navi da crociera da Venezia a Trieste. Nel fine settimana non attraccheranno alla Marittima i giganti del mare, Costa Luminosa e Costa Deliziosa, in arrivo dalla Serenissima. La conferma ufficiale è arrivata ieri proprio dalla compagnia genovese. L'ormai ex ministero delle Infrastrutture Danilo Toninelli non ha firmato il previsto documento sullo spostamento dei "mostri marini" dalla laguna ad altre aree dell'Adriatico. Gli armatori pertanto non si sono dovuto scomodare nella ricerca di ormeggi alternativi e hanno lasciato invariato il programma degli oltre 8 mila passeggeri che viaggeranno su Costa Luminosa e Deliziosa, rispettivamente il 24 e 25 agosto. L'opzione Trieste era saltata fuori a seguito dei dubbi circolati sulle soluzioni alternative a quelle proposte dal ministro stesso, Fusina e Marghera. Dubbi legati in particolare alle difficoltà dei colossi del mare da oltre 40 mila tonnellate, troppo grandi per entrare a Fusina. Per questo la Trieste terminal Passeggeri, che gestisce le banchine della Stazione Marittima, in questi giorni stava iniziando ad approntare l'area per un eventuale doppio arrivo nel weekend delle due navi di Costa crociere che, nel lungo periodo, avrebbero poi potuto diventare "ospiti fisse", innescando un raddoppio dei passeggeri, già peraltro in crescita. Le stime parlano di un salto da 180 a quasi 400 mila ospiti in transito, solo con Costa crociere. Ora il freno a mano è d'obbligo. Resta così un grande punto di domanda sul futuro. Anche perché dal ministero delle Infrastrutture si fa sapere che è ancora troppo presto per capire se nell'ordinaria amministrazione del dicastero rientrerà anche il dossier grandi navi. L'unica certezza è che oggi rimane confermato il tavolo tecnico proprio per discutere delle proposte Fusina e Marghera, convocato dall'Autorità portuale della Serenissima nella sua sede, su disposizione del ministero del pentastellato Toninelli. Un appuntamento che riunirà diversi partecipanti, dagli armatori allo staff tecnico del ministero (la presenza del pentastellato non è mai stata prevista), che appaiono però decisamente smarriti. Anche se verranno infatti prese in considerazione le prospettive citate, resta il dubbio sull'eventuale arrivo di un nuovo ministro che poi possa buttare all'aria il lavoro fatto finora. «Sembrava fossimo vicini a dei ragionamenti di un certo tipo - precisa il presidente di Ttp Claudio Aldo Rigo -, che però ora si sono bloccati. Attendiamo anche noi. Una prima risposta potrebbe anche arrivare da Amburgo, dove andremo a settembre per due importanti fiere della crocieristica. E sarà l'occasione anche per tirare le fila su altri importanti contatti che abbiamo, a prescindere da Venezia, fino al 2021». Chi potrebbe invece tirare un sospiro di sollievo grazie al mancato arrivo delle navi il prossimo weekend, e in futuro, è il Circolo dell'Autorità portuale, che aveva concesso la propria sede a Ttp almeno fino al 25 agosto, proprio in vista del possibile arrivo di Deliziosa e Luminosa. «Per i fine settimana successivi però che cosa succederà? Da cittadino sono felice che arrivino delle navi, ma come presidente del Cral sono preoccupato afferma il presidente Lorenzo Deferri -. Dove andremo con la nostra sede? Intanto, per la nostra situazione, ho chiesto al segretario dell'Autorità portuale Mario Sommariva un incontro per domattina. Vorremmo delle rassicurazioni». 

Benedetta Moro

 

 

Sciacallo dorato preso e liberato sul Carso - Yama ora viene seguito con il radiocollare

Eccezionale operazione nella riserva naturale dei laghi di Doberdò e Pietrarossa da parte degli esperti

Un'operazione che testimonia come questa specie animale sia sempre più presente e diffusa anche nelle nostre zone. Nei giorni scorsi, per la prima volta in Italia, è stato catturato uno sciacallo dorato (Canis aureus), che è stato poi liberato dopo averlo munito di radiocollare. L'operazione è avvenuta nella zona della riserva naturale regionale dei laghi di Doberdò e Pietrarossa, tra Doberdò del Lago e Ronchi dei Legionari, nell'ambito del programma di monitoraggio del progetto Europeo Interreg Italia-Slovenia Nat2Care. La delicata quanto complessa operazione è stata condotta dal personale del Dipartimento di scienze agroalimentari, ambientali e animali dell'Università di Udine. Yama, ribattezzato così dal nome dei due operatori che hanno contribuito al suo monitoraggio nelle fasi di pre e post cattura, diventa così il secondo sciacallo dorato munito di radiocollare in Italia dopo Alberto, sciacallo soccorso in seguito a un investimento stradale e rimesso in libertà lo scorso aprile dopo essere stato curato. La cattura è stata realizzata dopo oltre un anno di ricerche e preparazione dei siti effettuate dal dottor Yannick Fanin, foglianino che, nel 2016, aveva realizzato proprio sul sciacallo dorato la sua tesi di laurea e dalla studentessa Marta Pieri, anche grazie al supporto delle stazioni del Corpo forestale regionale di Gradisca d'Isonzo, Duino e Trieste. Yama ha visitato il sito della cattura a partire dalle 5.30 del mattino, attivando la trappola e i dispositivi di allarme che hanno consentito al team di raggiungere tempestivamente il sito e di cominciare le operazioni per la predisposizione del radiocollare e dei rilievi biometrici. Una volta giunti sul posto gli operatori hanno messo in sicurezza l'animale e il medico veterinario ne ha accertato le buone condizioni di salute valutate nuovamente subito prima del rilascio. Nei giorni successivi Yama è stato seguito con la tecnica di radiotelemetria tradizionale per valutare che il collare funzionasse e per individuare le aree di riposo diurne. Il team di cattura diretto dal professor Stefano Filacorda, ricercatore e coordinatore degli studi sulla fauna selvatica dell'Università di Udine, era composto dal medico veterinario Stefano Pesaro del Di4A, che ha valutato le buone condizioni di salute dell'animale e raccolto i campioni biologici; dal tecnico del Di4A Andrea Madinelli, che ha predisposto il radiocollare; dall'assegnista di ricerca Yannick Fanin e dalla studentessa Marta Pieri, che hanno monitorato e predisposto il sito di cattura e che hanno seguito le fasi di radiotelemetria vhf nelle fasi di post rilascio. Un'operazione che va anche nella direzione della salvaguardia di questa specie animale che, nel 2018, era stata oggetto di un duplice abbattimento nella zona di Polazzo. «Yama - sono le parole di Filacorda - è un soggetto adulto territoriale, che vive con il suo branco composto dalla compagna e da due cuccioli nati ad aprile sul territorio della riserva. Pesa 14 chili e la sua dieta è prevalentemente composta da piccoli roditori, lepri e da carcasse di animali morti. Tra alcuni mesi i cuccioli saranno abbastanza grandi da abbandonare il nucleo familiare e si disperderanno in altri territori nel tentativo di colonizzarli. Oltre alla predisposizione del radiocollare lo sciacallo è stato sottoposto a prelievi di sangue, feci e pelo utili alla raccolta di informazioni sullo stato sanitario del soggetto e della popolazione, e alla valutazione dei livelli di cortisolo, un ormone legato ai fattori di stress».L'Università di Udine monitora costantemente questa specie con l'uso della stimolazione acustica, delle foto trappole e altre tecniche per stimare la consistenza, l'ecologia e lo stato di salute della popolazione sul territorio regionale. «Questa specie - conclude Filacorda - è in espansione in molti Paesi europei, ma molti aspetti della sua ecologia e biologia sono ancora poco noti alla comunità scientifica. In quest'ottica la raccolta di informazioni con la radiotelemetria satellitare sugli spostamenti degli sciacalli svolge un ruolo fondamentale per la comprensione e la protezione di questa specie». 

Luca Perrino

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 agosto 2019

 

 

Ferriera "in vendita" - I sindacati invocano garanzie sulle tappe della riconversione

Incontro con Fedriga e Scoccimarro dopo le indiscrezioni sulla stima dell'area avviata dall'Authority. Timore di esuberi

La giunta regionale non smentisce le indiscrezioni sulla due diligence avviata dall'Autorità portuale per stimare il valore della Ferriera, ma il presidente Massimiliano Fedriga e l'assessore Fabio Scoccimarro neppure si spingono a tracciare il profilo di un percorso di riconversione su cui il responsabile dell'Ambiente chiarisce di non avere ancora certezze ma solo fondate speranze. Dal canto loro i sindacati aprono a ipotesi di trasformazione logistica, ma lamentano di non essere stati coinvolti nella prima fase di confronto e stigmatizzano il mutismo di Siderurgica Triestina, chiedendo alla Regione di mediare affinché la proprietà incontri i lavoratori per illustrare un business plan atteso da anni. L'azienda si trincera però anche questa volta dietro il silenzio. Sta tutta qui la sintesi dell'incontro organizzato ieri in piazza Unità fra giunta regionale e organizzazioni sindacali, dopo il quale i rappresentanti delle rsu dello stabilimento escono con facce deluse. Fedriga non può dire più che la Regione è alla ricerca di soluzioni per chiudere l'area a caldo senza perdite occupazionali. Il presidente chiarisce anche di voler ottenere dall'impresa un documento che formalizzi il piano industriale. L'ufficio stampa di Siderurgica Triestina non fornisce però informazioni in merito né spiega i motivi del mancato confronto con i lavoratori, che domandano di essere ricevuti da un anno. Umberto Salvaneschi (Fim Cisl) parla di «incontro purtroppo interlocutorio. C'è grande preoccupazione perché anche con la dismissione servono investimenti per garantire la sicurezza. Si continua a parlare di riconversione e da un anno abbiamo chiesto un incontro presso il Mise senza avere risposta». I sindacati non credono all'assorbimento degli eventuali esuberi: «Il laminatoio non può occupare tanto personale e la logistica è sempre più automatizzata», dice Salvaneschi. Le stime sindacali parlano ad ogni modo di 150 assunzioni in caso di un ampliamento del laminatoio. Franco Palman (Uilm) sottolinea però che «manca la risposta del cavalier Arvedi sugli investimenti per il futuro. Tra i lavoratori c'è nervosismo e insicurezza: aspettiamo il piano industriale da tre anni. La riconversione? Un'opportunità di un cambiamento strutturale non vedrà mai il no del sindacato ma serve concretezza sulla tutela dei posti di lavoro». Marco Relli (Fiom Cgil) nota infine come «apprendiamo le cose solo dalla stampa, mentre ormai sappiamo che l'area a caldo nel protocollo firmato con i cinesi è considerata strategica per lo sviluppo di un terminal ferroviario. Intanto l'industria triestina si riduce sempre più». Scoccimarro intanto non va oltre quanto ripetuto in queste settimane: «Da quando la giunta si è insediata ha avviato un percorso che punta alla riconversione dell'area a caldo, attraverso cui sarà possibile tutelare sia la salute dei cittadini sia i posti di lavoro. Al momento non c'è un accordo scritto che formalizzi tale azione, ma il dialogo tra Regione e proprietà prosegue e questa interlocuzione da spigolosa e ruvida, grazie a mesi di lavoro e impegno, è diventata costruttiva. Ovviamente quando verranno formalizzate delle proposte queste verranno discusse anche con i sindacati». Assente all'incontro l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen, che tuttavia ha inviato i propri funzionari: dalla giunta assicurano si tratti di impegni istituzionali concomitanti, ma a palazzo si dice che Rosolen non abbia gradito il mancato coinvolgimento negli incontri con la proprietà. Quanto alla due diligence dell'Autorità portuale, Scoccimarro precisa che «se dovesse concretizzarsi la riconversione saranno necessari interventi di bonifica. Tali azioni dovranno essere eseguite dai privati oppure il sito dovrà essere acquisito da un ente pubblico, nello specifico l'Autorità, che potrebbe utilizzare fondi pubblici per la bonifica. Ovviamente in questo caso la proprietà della Ferriera vorrà avere un riscontro economico dalla cessione. Chi fa impresa non fa beneficienza». 

Diego D'Amelio

 

 

Butta tavoli e antenne tv tra i rifiuti, una passante lo filma e lo fa multare - guardie ambientali

Multa salata per un triestino di circa 60 anni, che dovrà pagare ben 1100 euro per aver abbandonato un tavolo e due antenne televisive in prossimità di un'isola ecologica, anzichè portarli alla discarica. A "beccarlo" è stata una passante, che ha filmato tutto con il cellulare e ha poi segnalato l'accaduto alle Guardie ambientali. L'uomo è arrivato all'isola ecologica a bordo di un autocarro Piaggio, dal quale ha scaricato un tavolo delle dimensioni di 1,5x1,5 metri, poi abbandonato al suolo. Nei cassonetti dell'indifferenziata ha invece buttato due antenne televisive, di cui una con un'asta metallica lunga circa 3 metri che, essendo troppo lunga, è stata piegata con la forza. La scena non è passata inosservata a una passante che, come detto, ha filmato tutto con il cellulare e si è poi recata dalle Guardie Ambientali, che hanno acquisito il video. Dopo aver visionato le immagini e aver svolto alcuni giorni di indagini, sono risalite all'autore dell'abbandono. L'uomo, un triestino di circa 60 anni, dovrà pagare due multe: una 500 euro per il conferimento delle antenne nei contenitori stradali e un'altra da 600 euro per l'abbandono del tavolo.

 

 

«Forti ondate di calore sempre più lunghe» Emisfero Nord a rischio - cambiamenti climatici

Roma. Gli scenari che si sono visti ripetutamente nelle scorse settimane (con ondate di calore che hanno flagellato tutto l'emisfero Nord dagli Usa al Giappone, passando per la Francia e l'Italia) sono destinati a peggiorare se non si frena il riscaldamento globale, mantenendolo sotto la soglia di sicurezza indicata dagli esperti. A lanciare l'allarme è lo studio pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, secondo cui se le temperature medie aumentassero di 2 gradi, si andrebbe verso un allungamento delle ondate di calore e dei giorni consecutivi di pioggia torrenziale, nella zona temperata dell'emisfero Nord. Nello studio i ricercatori della Humboldt University di Berlino hanno elaborato modelli matematici per stimare l'effetto di un aumento della temperatura media mondiale di 1, 5 gradi, l'obiettivo indicato dagli accordi di Parigi, e di 2 gradi sulla lunghezza dei periodi di meteo estremo. Le prime conseguenze della "febbre del pianeta", sottolineano, si stanno già vedendo con record di caldo in tutto l'emisfero. Il Giappone ha visto oltre 100 morti per il caldo a Tokyo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 agosto 2019

 

 

Monopattini elettrici, niente stop - Ma attenzione ai limiti di velocità

Mentre Milano ne vieta la circolazione, la giunta Dipiazza conferma il via libera Chi viaggia sopra i 6 chilometri orari e intralcia i pedoni rischia però sanzioni

Il primo a prendere provvedimenti è stato il Comune di Milano, che ha deciso di sospendere la circolazione dei monopattini elettrici. Uno stop, quello deciso dalla giunta Sala, diventato caso nazionale, tanto da spingere in seguito le amministrazioni di altre grandi città, da Torino a Roma, ad affrontare il tema, annunciando a breve regolamenti e atti per disciplinare la materia. E Trieste? Cosa pensa l'esecutivo Dipiazza di questa nuova forma di mobilità cittadina? Ritiene giusto che le "due ruote" alternative girino liberamente o estrae un temporaneo cartellino rosso per impedirne lo scorrazzare in attesa di regolamenti? La politica, va detto, non sembra affascinata dal tema, che peraltro al momento non riguarda flotte di monopattini elettrizzati, e la risposta giunge così a livello tecnico. La fornisce Paolo Jerman, vice-comandante della Polizia locale. Una risposta che, in assenza di disposizioni cartacee, molto deve al buon senso: «Il monopattino elettrico può circolare nelle aree pedonali, dove deve mantenersi a una velocità non superiore ai 6 chilometri orari, ma non deve recare intralcio ai pedoni». Jerman procede con metodo: «Il monopattino elettrico non può girare sulle carreggiate e tantomeno sui marciapiedi. Può immettersi nelle piste ciclopedonali, avendo la stessa avvertenza di non intralciare il pedone». Il vicario della Locale non chiude senza lanciare un avvertimento: «Qualora il conducente del monopattino non si attenga a queste regole generali e non abbia il necessario rispetto nei confronti dei pedoni, diventa sanzionabile». Quindi: se un proprietario dell'innovativo mezzo gironzola in piazza della Borsa, in piazza Unità, attorno a Sant'Antonio, in via Cassa di risparmio, in via XXX Ottobre, urta i piedi dei triestini impegnati durante le ore di punta nello shopping metropolitano, o facendo lo slalom tra anziani passanti e turisti con rimorchio di trolley, può essere fermato e multato dagli agenti della Locale. E redigere uno specifico regolamento? Jerman non si fa sorprendere: «La competenza è della Mobilità (assessore Luisa Polli e direttore Giulio Bernetti, ndr), ma la stesura di un regolamento è facoltativa, non obbligatoria». La questione, come detto, non pare tuttavia appassionare più di tanto gli assessori. Il responsabile Sicurezza Paolo Polidori, reduce dalla vittoria del torneo di tennis Virgili a Forni di Sopra, passa la palla alla collega Francesca De Santis, ex titolare al Turismo, che aveva buttato giù un progetto di stalli per monopattini proprio in chiave turistica. Ma ora quella delega è passata a Giorgio Rossi, cui apertamente dei monopattini elettrici "non può fregare di meno".La questione è salita di tono da quando il ministro Danilo Toninelli aveva licenziato un decreto con le prime regole, destinate alle città che vogliono sperimentare le "due ruote" elettriche: servono cartelli indicatori, ecc. Milano ha preso sul serio la cosa e ha bloccato la circolazione in attesa di preparare un bando e tutta l'attrezzatura occorrente. 

Massimo Greco

 

«È pratico, ecologico e veloce In due minuti arrivi dove vuoi»

Il titolare del Caffè San Marco è habitué del nuovo mezzo di trasporto «Indosso anche il casco. E qualcuno mi guarda come un marziano»

Utilizza il monopattino elettrico ogni giorno, per andare al lavoro, al Caffè San Marco, e portare la figlia all'asilo. Alexandros Delithanassis, titolare dello storico locale, si muove ormai da mesi con il mezzo, considerato comodo ed ecologico. «Ho iniziato a spostarmi così lo scorso febbraio - racconta -. Ero ad Atene e ne ho visti tantissimi, anche a noleggio in tutta la città, e poi mia figlia già lo usava per andare a scuola al mattino. Ho pensato fosse una bella idea andarci insieme». La scelta è caduta su modello base, ma con tutte le funzionalità necessarie a muoversi senza difficoltà e a trasportarlo. «La carica dura circa 30 chilometri, ma io ne percorro al massimo 15 al giorno, restando sempre in centro. Di solito in realtà sono molti meno, aumentano solo quando ho bisogno di recarmi in qualche ufficio, magari più lontano dal San Marco ma sempre in città. Se devo entrare da qualche parte, poi, lo piego e lo porto con me. L'ho preso anche perché nel mio condominio le biciclette non si possono parcheggiare nell'atrio dell'edificio. Lasciarle fuori è un rischio: ne hanno già rubate tre, quindi anche per questo il monopattino rappresenta una soluzione facile, da portare in casa al rientro». E gironzolando tra le vie, Delithanassis ha notato un aumento dei mezzi. «A febbraio ero uno dei pochi, ora ne vedo sempre di più. Per me è fondamentale ormai, perché in due minuti da casa arrivo al lavoro». Ma è pericoloso spostarsi con un veicolo elettrico a due ruote? «Basta non correre e avere un po' di buon senso. Io vado sia sulle carreggiate sia sulle zone pedonali. Sono stato anche fermato dalla Polizia locale, che mi ha spiegato alcune indicazioni e regole. Ma non ho mai avuto problemi. Utilizzo il caso e credo dovrebbe essere obbligatorio anche per il monopattino. Le persone ogni tanto mi guardano come fossi un marziano, ma sono convinto che se ci si comporta educatamente non può recare disturbo ad auto o pedoni. È chiaro però che può invece costituire un fastidio se chi lo guida non si comporti a dovere. Per me è fondamentale andare piano, non superare i limiti fissati e poi, come per le bici e altri mezzi, ci vuole sempre responsabilità e attenzione».

 

In via Trento una decina di noleggi al giorno - Altri negozi "in attesa" - IL BUSINESS IN CITTA'

Non sono tanti i negozi di noleggio di monopattini elettrici a Trieste, ma chi ha investito sul nuovo mezzo sta riscontrando un buon successo. Piace ai triestini, che chiedono di provare i vari modelli per qualche ora, e registra un gradimento in particolare da parte dei turisti, che lo scelgono per girare nel centro cittadino anche tutta la giornata. Cercando un noleggio sul web c'è solo un sito che rimanda subito a cellulare e informazioni utili. È Ones Moving Trieste, in via Trento. «Li teniamo da qualche mese - spiegano dal negozio - e sono molto richiesti. Noi applichiamo un costo di 9 euro all'ora, 19 euro per mezza giornata e 24 per la giornata intera. In media abbiamo una decina di clienti quotidianamente. L'età minima è 14 anni compiuti e forniamo a tutti casco e lucchetto. Diamo inizialmente informazioni e indicazioni anche sull'utilizzo, illustrando i vari comandi, anche se vediamo che adulti e ragazzini si muovono subito senza difficoltà. Abbiamo tanti triestini, che vengono a provare, magari con l'idea poi di comprarlo, e molti turisti, che lo considerano un modo pratico e semplice per girare la città. Tutti al ritorno sono entusiasti, dicono che è facilissimo da guidare e anche divertente». I monopattini elettrici sono anche nella "flotta" di Linkem Store, di via delle Zudecche, che però ancora non li noleggia. «Stiamo aspettando una risposta dal Comune - dicono -, al quale abbiamo inviato una mail lo scorso 3 luglio. Senza esito. Le città devono adeguarsi ed essere a norma e noi vogliamo fare le cose correttamente. Aspettiamo quindi che ci siano informazioni precise. Altrimenti si può incappare nel sequestro del mezzo, in una sanzione e c'è anche il rischio penale». Considerazioni simili pure da Citygreen E-Bike di via Giulia, che si occupa solo di vendita dei mezzi. «C'è interesse da parte della gente - sottolineano -: ragazzini e adulti, ma la normativa è ancora confusa, serve più chiarezza. Qui da noi al momento c'è la possibilità comunque di comprarli, si va dai 180 euro per salire con il prezzo e i watt. Vanno di più soprattutto i modelli economici». Negozi di noleggio e rivendite a Trieste quindi sono pochi e molti si affidano al web, dove è possibile scegliere tra centinaia di modelli, per tutte le tasche, di diverse dimensioni e con una resistenza differente. I veicoli più costosi possono raggiungere anche i mille euro. 

Micol Brusaferro

 

 

La guerra di Paros alla plastica «In tre anni la spazzeremo via»

Nell'isola greca delle Cicladi campagna a tappeto per insegnare il rispetto dell'ambiente Il paese abitato da 13.500 anime che diventano oltre 400 mila durante i mesi estivi

Da sei mesi circa dei cartelli accolgono i turisti che arrivano all'aeroporto di Paros. Raffigurano la coda di un pesce che si trasforma in una bottiglia di plastica, i tentacoli di un polpo che ha un bicchiere da succo con una cannuccia al posto della testa. Paros fa parte delle Isole Cicladi, è una delle più grandi. Ogni estate la sua popolazione da 13.500 persone circa cresce fino a toccare le 400 mila. E se già la popolazione locale sembra non fidarsi troppo dell'acqua che scorre dai rubinetti, optando più volentieri per l'acqua in bottiglia. Con la pressione turistica, le bottiglie di plastica consumate sull'isola e che finiscono quindi nella spazzatura si moltiplicano per trenta o quasi. Poi, dai bidoni della spazzatura, alcune raggiungono la discarica, altre vengono riciclate, e altre ancora raggiungono il mare. Il forte vento, caratteristico dell'isola, spalanca i coperchi dei cestini e ne trasporta con sé il contenuto. E con la crisi economica che ha messo in ginocchio la Grecia, la gestione dei rifiuti ha subito pesanti tagli. Così, dallo scorso metà aprile circa, l'isola ha deciso di cambiare rotta e dire addio alla plastica. E per farlo si è data tre anni. Zana Kontomanoli è originaria di Atene, ma abita a Paros da 11 anni. Insieme a Stella Cervello, arrivata in Grecia dalla Francia, coordina l'iniziativa Clean Blue Paros dell'organizzazione non governativa britannica Common Seas. Paros è la prima isola europea e del Mediterraneo a darsi questo obiettivo, ma non è la sola al mondo. Common Seas sta sperimentando un progetto simile anche in tre isole dell'Atollo di Baa, alle Maldive. Le isole, infatti, rappresentano per la Ong un perfetto microcosmo dove è possibile seguire facilmente i flussi della plastica. Quanta ne entra, viene consumata, raccolta, finisce in discarica, o in mare. E l'obiettivo di Clean Blue Paros è anche questo: non solo coinvolgere i vari esercizi commerciali sull'isola nel non usare più bottiglie, cannucce, bicchieri, o sacchetti usa e getta; ma anche monitorare i flussi di questi materiali che persistono per anni nell'ambiente ed educare i bambini a vivere senza. Tra i vari interventi in programma c'è la distribuzione di una borraccia riutilizzabile a 2. 500 bambini e 500 insegnanti. Secondo i calcoli dell'Ong, solo questa piccola azione sottrarrà 522mila bottiglie di plastica all'anno all'ambiente. Insieme alla diffusione di contenitori riutilizzabili, gli attivisti di Common Seas stanno poi lavorando col Comune di Paros, il Wwf locale e il fondo per la salvaguardia delle Cicladi, a un sistema di filtraggio dell'acqua che arriverà nelle case e nei locali di Paros così che abitanti e turisti si sentano più sicuri nel berla. L'acqua sarà pure testata, per tranquillizzare ulteriormente su possibili rischi collegati al suo consumo. E non è il solo tipo di ricerca che le organizzazioni che aderiscono a Clean Blue Paros intendono fare. Insieme all'università dell'Egeo, volontari e attivisti stanno conducendo ispezioni, in discarica, lungo la costa, e nelle strade, per verificare la presenza di plastica e di altre sostanze riciclabili. «Uno dei primi risultati che abbiamo riscontrato nella nostra ispezione dei rifiuti - dice Kontomanoli -, è che fra l'11 e il 32 per cento di quello che finisce in discarica potrebbe essere riciclato». Le ispezioni continueranno per i prossimi tre anni e nel mentre si cercheranno soluzioni. In questi primi mesi intanto l'iniziativa si concentra sui locali. «Abbiamo visitato 70 esercizi commerciali - racconta Kontomanoli -, in più di 50 si sono già impegnati a ridurre la plastica monouso come cannucce, bottigliette d'acqua, sacchetti, e contenitori take- away». E se l'isola senza plastica non succederà da un giorno all'altro, eppur qualcosa si muove. 

Guia Baggi

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 agosto 2019

 

 

A Trieste altre navi cacciate da Venezia -  In vista il raddoppio dei passeggeri

Sempre più vicino il trasloco sistematico dei giganti del mare. Previsto un balzo da 180 a 400 mila crocieristi nel 2020

Trieste. Venezia chiama e Trieste, ancora una volta, risponde. In città potrebbero arrivare nel prossimo fine settimana altre due grandi navi da crociera "cacciate" dalla città di San Marco. La Trieste Terminal Passeggeri, quindi, si è già messa sull'attenti iniziando ad approntare le grandi banchine della Stazione Marittima e l'area circostante in modo da gestire al meglio l'attracco dei maxi "ospiti", due colossi del mare di Costa crociere: la Deliziosa e la Luminosa. E il loro arrivo, dicono i ben informati, potrebbe essere solo un assaggio in vista di un piano di trasferimento dalla laguna ben più sistematico. Non a caso iniziano già a circolare le stime delle potenziali ricadute. Stime che parlano dell'arrivo di circa 200 mila turisti in più nel 2020 rispetto ai 180 mila previsti il prossimo anno da Ttp. Un totale quindi di quasi 400 mila crocieristi, vale a dire numeri più che più raddoppiati. Ma perché proprio ora si concretizza l'idea di trasferire parte del traffico crocieristico dalla laguna al capoluogo giuliano? Per via della promessa, fatta dal ministro dei Trasporti Toninelli dopo il recente incidente tra la Msc Opera e un battello, di spostare già da settembre fuori dal canale della Giudecca quelli che ormai i veneziani chiamano "mostri marini", le navi bianche in particolare sopra le 40 mila tonnellate. Un'indicazione che ha spinto gli armatori a correre ai ripari, individuando appunto un piano B nel caso in cui il governo (ora peraltro alle prese con le note tensioni interne), rendesse definitivo l'addio a Venezia. C'è poi un altro elemento che dimostra quanto sia concreta l'ipotesi dell'attracco della due navi veneziane questo week end: Ttp ha chiesto al Circolo dell'Autorità portuale (Cral) la disponibilità della sua sede, che si trova al piano terra della Stazione Marittima, almeno fino al 25 agosto. Cosa che ha creato non pochi allarmi tra i vertici del sodalizi, preoccupati per possibili "sfratti" in futuro. Il programma prevederebbe il 24 agosto l'attracco di Costa Luminosa e il 25 quello di Costa Deliziosa. A questo proposito però Costa crociere mantiene il massimo riserbo. Il presidente di Ttp Claudio Aldo Rigo, contattato, non è risultato invece raggiungibile. In ogni caso Trieste, con Ttp, non si farà trovare impreparata, anche perché ha già accolto in extremis delle navi provenienti dalla Serenissima. Sono state già tre quelle che da giugno hanno fatto tappa in città. Tanto che, appunto, negli ambienti della crocieristica si fa largo l'idea che anche nel 2020 Trieste possa diventare tappa fissa rispetto a Venezia per gli armatori. Con conseguenze appunto più che importanti. "Accaparrarsi" sistematicamente la Deliziosa e Luminosa, nel periodo che va dalla fine marzo 2020 addirittura fino a gennaio 2021, come riportato nel calendario di Venezia Terminal Passeggeri, significherebbe avere in città 200 mila passeggeri in più, oltre ai 180 mila previsti da Ttp, cifra peraltro già cresciuta del 30% grazie anche alle nuove 12 toccate di Msc Lirica. E va precisato che i 200 mila passeggeri in più sarebbe legati solo alle navi Costa. Se poi anche Msc decidesse di optare stabilmente per la Marittima, il conto salirebbe. Così come lo farebbe lievitare un eventuale arrivo di un'altra compagnia presente ora in laguna, la Norwegian cruise line, che al pari di Costa e Msc utilizza navi troppo grandi per poter utilizzare una delle soluzione indicata da Toninelli, l'approdo di Fusina, più adatto ai traghetti. Il rebus dovrebbe essere sciolto comunque già giovedì, giorno in cui sono attese risposte sulle sorti del governo ed è programmata la riunione del tavolo tecnico convocata dall'Autorità portuale di Venezia, incaricata dal Ministero, per individuare tutte le procedure tecniche necessarie per spostare le prime grandi navi. 

Benedetta Moro

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 agosto 2019

 

 

Bando volontari del servizio civile - da settembre candidature on-line - per i giovani

Il nuovo Bando volontari del servizio civile universale uscirà i primissimi giorni di settembre con probabilmente una scadenza a ottobre inoltrato e, per la prima volta, la candidatura dei giovani avverrà in modalità interamente on-line. I giovani potranno presentare domanda tramite una specifica piattaforma, raggiungibile da pc fisso, tablet o smartphone, cui potranno accedere dopo essersi registrati tramite Spid, il Sistema pubblico d'identità digitale. I requisiti per candidarsi sono sempre gli stessi (avere tra i 18 anni compiuti e i 28 anni non superati al momento della candidatura, non avere subito condanne di primo grado per reati penali, essere cittadini italiani, di un altro Paese Ue oppure stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e ovviamente non avere già svolto il servizio civile per più di 6 mesi), e lo stesso form di candidatura con la trasposizione digitale dei modelli previsti negli anni scorsi, con il vantaggio che molti dati saranno subito disponibili grazie allo Spid e che sarà possibile caricare documenti allegati direttamente in formato pdf. Gli interessati possono già rivolgersi negli uffici di Arci Servizio civile in via Fabio Severo 31 per scoprire tutti i progetti in regione, ogni giorno 9-12 e 15-17. Info: www.arciserviziocivilefvg.org.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 agosto 2019

 

 

Erba sfalciata dalla Siot - Gombac vuole risposte - IN COMUNE A SAN DORLIGO DELLA VALLE

Controlli sulla reale tossicità e pericolosità dell'erba sfalciata e sullo stato di salute delle falde acquifere sotto i serbatoi della Siot. Li ha chiesti il consigliere di opposizione nel Comune di San Dorligo della Valle, Boris Gombac (lista "Uniti nelle tradizioni"), attraverso un'interpellanza. «La Siot - spiega Gombac nel testo - provvede in autonomia allo sfalcio su quasi un milione di metri quadrati di superficie e non dobbiamo dimenticare che, in quella zona, si producono olio dop e la Vitovska di Monte d'oro. L'azienda - aggiunge - ha dichiarato che lo sfalcio si effettua in autonomia non per volontaria rinuncia al servizio comunale, ma per obbligo imposto da norme, regolamenti, ordinanze. Le affermazioni della Siot su tossicità e pericolosità dell'erba - conclude - non possono non destare attenzione e preoccupazione per il rischio d'inquinamento delle falde».

 

 

Gli alberi sono importanti per la nostra salute: più verde in città - la lettera del giorno di Tiziana Cimolino, presidente Medici per l'ambiente Trieste

Questa estate il caldo afoso è stato a volte insopportabile. In città i picchi di temperatura sono stati da record, con alti tassi di umidità: la salute di tutta la popolazione ne ha risentito. Muoversi è diventato rischioso per anziani e le fasce più deboli. Per esempio, aspettare il bus in piazza Goldoni sotto la pensilina, con le temperature dei scorsi giorni, è come sottoporsi a un bagno turco. Il materiale della tettoia, l'asfalto e gli alti edifici intorno assorbono infatti il caldo, creando la cosiddetta "isola di calore": una specie di forno. Poi, quando si entra in ambienti con aria condizionata sottoponiamo il nostro organismo a un vero e proprio choc termico: uno sbalzo di 10 o più gradi. La temperatura risulta piacevole, ma non per la nostra salute. Se il cambiamento climatico ci obbligherà come affermano gli esperti ad altre estati così calde, tutto questo ci deve far riflettere sull'interazione tra persone e ambiente urbano. Numerosissimi studi scientifici evidenziano l'esistenza di un microclima più caldo nelle aree urbane rispetto alle circostanti zone rurali. È risaputo e scientificamente provato che le superfici naturali riducono di più il calore rispetto alle pavimentazioni urbane, il terreno nudo o i materiali sintetici per merito della evapotraspirazione. Uno dei "materiali" biologici più efficaci per il controllo del microclima degli spazi esterni è la vegetazione che, se utilizzata in modo appropriato, può determinare un miglioramento consistente, abbassando fino a 3 gradi la temperatura. Tra i tanti benefici offerti dagli alberi c'è quello di creare ombra fresca. Il fogliame delle piante poi è in grado d'influenzare velocità e direzione del vento senza bloccare il passaggio dell'aria. Ricordo poi che le piante traspirano, assorbendo acqua dalle radici, che viene poi in parte restituita all'atmosfera sotto forma di vapore acqueo, contribuendo a sottrarre calore dall'ambiente e a rendere l'ombra degli alberi più fresca di quella artificiale. In base alle dimensioni dell'albero e alla quantità e compattezza del fogliame, varia la sua azione rinfrescante. Tra le specie più efficienti a garantire ombra e proteggerci dal caldo in città troviamo il tiglio, la quercia, l'acero, il frassino, il platano. Proprio quelle specie che vengono abbattute più di frequente per far spazio ad alberelli di terza categoria, se mai vengono piantati al loro posto. Altre strategie attuate in altre città sono i tetti e le terrazze verdi: migliorano l'efficienza energetica degli edifici e ne accrescono il rinfrescamento. Città pilota in Europa su questi progetti è Amburgo. Anziché costruire piazze sempre più grigie, case sempre più alte e installare condizionatori, che al di là dell'effetto immediato non fanno che peggiorare la situazione, dovremmo piantare più alberi, siepi e verde in città, tutelando ciò che abbiamo con una manutenzione accurata e puntuale. Dovremmo infine considerare l'abbattimento di un albero un evento eccezionale, in quanto fattore di rischio per la nostra salute.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 agosto 2019

 

 

Ferriera "in vendita", allarme dei sindacati.

Denunciata l'assenza di trasparenza nelle trattative. No comment dell'azienda. E Scoccimarro rivendica il ruolo della Regione.

«Nulla da dichiarare». Siderurgica Triestina, in mano ad Arvedi, non commenta le indiscrezioni rispetto alla triangolazione con Autorità portuale e Regione sul destino dell'area a caldo della Ferriera di Servola e dei posti di lavoro. Un silenzio che preoccupato non poco i sindacati che da mesi chiedono chiarezza sul futuro della cokeria che occupa 340 operai. In un volantino di inizio agosto denunciano lo scarica barile in atto sulla spalle dei lavoratori. «Non credo che l'Autorità portuale proceda alla valutazione di un terreno se questo non è in via di dismissione», riflette Michele Piga, segretario della Cgil di Trieste. «É da un anno che chiediamo senza risultato di riavviare la discussione sull'accordo di programma che riguarda tutta l'area e non solo la Ferriera. L'impegno politico al rispetto ai livelli occupazionali fa a pugni con l'aumento dei disoccupati a Trieste passati da 6 mila a 7 mila», aggiunge il segretario della Cgil. Sotto accusa c'è l'ambiguità dell'industriale di Cremona. «Dal punto di vista industriale Arvedi non ha sciolto alcun nodo: né sull'area a freddo, né su quella a caldo».C'è poi la Regione con il governatore Massimiliano Fedriga che veste anche i panni del commissario dell'area di crisi industriale complessa con il quale martedì prossimo di sarà un incontro con le categorie dei metalmeccanici. «Su questo fronte in un anno non si è fatto praticamente nulla», aggiunge Piga. In realtà si tratta di accordi fatti al buio sulla testa dei lavoratori. «Mi pare che tutti mettano le mani avanti su una partita decisa a tavolino. La situazione è invece molto più complessa - aggiunge Antonio Rodà, segretario della Uilm -. La chiusura dell'area a caldo porta con sè 450 addetti. Siamo ben lontani dal poter parlare di riassorbimento di queste persone in attività logistiche. La proprietà si è già messa in mano alla Regione. È da un mese che noi sollecitiamo senza risultato un confronto con la proprietà e le istituzioni. Ora scopriamo che questi incontri avvengono a porte chiuse».La politica, invece, plaude al dialogo in atto tra Arvedi, Authority e Regione. «Lo abbiamo sottolineato un mese fa e oggi appare ancora più chiaro: nuovi investimenti per continuare con la produzione dell'area a caldo della Ferriera non saranno convenienti per la proprietà - afferma il consigliere regionale del M5S, Andrea Ussai -. Non è merito della giunta regionale ma di un impianto obsoleto e, semmai, dell'Autorità portuale che ha creato le condizioni per rilanciare quell'area». Una sottolineatura che non è piaciuta all'assessore regionale Fabio Scoccimarro, titolare dell'Ambiente, che vuole intestarsi l'operazione. «Nei mesi di lavoro oscuro, ho avuto modo di incontrare il cavaliere Arvedi che ha preso atto della volontà della Regione di perseguire un nuovo percorso di sviluppo dell'area della cockeria e altoforno individuando evidentemente nell'Autorità portuale il soggetto che possa fungere da braccio operativo - spiega Scoccimarro -. Una soluzione che risolve solo una delle richieste di Arvedi al quale è stata prospettata l'idea nel corso di alcuni incontri riservati f e poi illustrata al presidente D'Agostino: questa opzione permetterebbe di chiedere al ministero dell'Ambiente fondi per la bonifica dell'area poiché la proprietà sarebbe pubblica. Più che un semplice dettaglio, perché questo renderebbe anche più appetibile l'arrivo degli investitori interessati allo sviluppo logistico».

 

 

Reti dei pescatori "invase" dalle noci di mare a Sistiana

Lavoro di pulizia e conseguenti costi in più per la categoria: vari gli avvistamenti di questa particolare specie al largo nei giorni scorsi. Nessun rischio per i bagnanti

TRIESTE. Sono trasparenti, filamentose, di struttura gelatinosa e di piccole dimensioni. Ad un primo impatto potrebbero sembrare delle meduse, ma non lo sono. Si tratta delle Mnemiopsis leidyi, comunemente note come noci di mare, avvistate in maniera copiosa in questi giorni dai pescatori al largo del golfo di Trieste. È una specie assolutamente innocua per l'uomo, dal momento che non possiede cnitoplasti, ossia tentacoli urticanti, pertanto le noci di mare non portano con sé quell'effetto bruciante caratteristico delle meduse e che provoca le tipiche ustioni una volta a contatto con la pelle. Al loro posto dei tentacolini elementari chiamati colloblasti che servono per agglutinare le prede, quali larve e uova di piccoli pesci. Queste caratteristiche fanno sì che nel giro di pochi giorni grandi quantità di questi invertebrati possano divorare tutte le sostanze nutrienti contenute nell'acqua marina. Come conseguenza interi tratti di mare si possono trasformare in una grande superficie gelatinosa, come già accaduto in passato nel golfo di Trieste. Chi subisce i fastidi maggiori a causa di questa particolare specie marina sono gli stessi pescatori, dal momento che grosse quantità di noci marine impediscono la cattura dei pesci e comportano un maggiore lavoro per la pulizia delle reti, fattore che si riverbera in un conseguente aumento dei costi della loro attività. Tendono a presentarsi in prossimità delle foci dei fiumi e potrebbe non essere una casualità il fatto che i primi avvistamenti si siano avuti proprio in prossimità di Punta Sdobba. «Tra lunedì e martedì - spiega Paolo de Carli, professionista del settore che ogni mattina prima dell'aurora è solito uscire con la sua barca dalla baia di Sistiana - ne ho trovati sciami interi fra la foce dell'Isonzo e la Costiera, che si sono attorcigliati fra le maglie delle reti e delle nasse. Il timore è che possano sopraggiungere anche a riva, come già accaduto nelle estati più recenti». Ma a cosa sono dovute queste improvvise e cicliche invasioni di organismi alle nostre latitudini? «Le modifiche climatiche in atto determinano delle risposte biologiche di quattro grandezze fondamentali - spiega Giuliano Orel, già professore di Ecologia marina all'Università di Trieste - e anche il nostro mare non si discosta da questa situazione generale. Innanzitutto - spiega - anche qui come in altre parti del Mediterraneo si ha una comparsa di nuove specie marine, sorgono delle nuove classi di popolazioni riproduttive e si modifica la forza delle classi di età dei pesci che vengono pescati». In pratica la durata della proliferazione di una stessa specie in una zona di mare diminuisce, portando con sé ulteriori cambiamenti nella fauna marina. Da qui la conseguenza più importante per il nostro golfo: «Con l'aumento della temperatura si complica la struttura produttiva del mare, che passa dall'essere costituito da plancton di grossa taglia e a riproduzione lenta ad altre forme a riproduzione più veloce. Questo fa sì che organismi come le noci marine riescano a riprodursi più velocemente riuscendo a trovare "cibo" molto più frequentemente». L'acqua calda, insomma, costituisce un habitat perfetto per queste colonie di invertebrati e la mancanza di ricambio in superficie, ha fatto da propulsione per la loro "calata" nel golfo di Trieste. L'invasione vera e propria, però, dovrebbe venir scongiurata proprio grazie al "neverin" dell'altra notte, che ha verosimilmente raffreddato la temperatura dell'acqua in superficie.

Lorenzo Degrassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 agosto 2019

 

 

La virata sull'area caldo - Il Porto avvia la stima dei terreni della Ferriera

L'Authority punta a quantificare il possibile investimento futuro in chiave logistica a Servola da parte di soggetti interessati. Intesa Arvedi-Regione sull'occupazione

Trieste. Qualcosa comincia a muoversi sul futuro della Ferriera di Servola. L'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro ha annunciato nelle scorse settimane la disponibilità di Siderurgica Triestina a valutare la dismissione dell'area a caldo, ma nulla di concreto era trapelato dalle riunioni estive tra proprietà, Regione e Autorità portuale. A distanza di quasi un mese dall'ultimo incontro, la prospettiva prende corpo davanti alla decisione dell'Authority di avviare una due diligence per stimare il valore della zona, nella prospettiva del subentro di soggetti pubblici o privati interessati a uno sviluppo logistico. La procedura è iniziata da alcuni giorni e quantificherà l'eventuale prezzo di vendita dei terreni di proprietà di Siderurgica Triestina e della linea costiera data in concessione alla società dall'Autorità portuale. Scopo dell'operazione, propiziata dal confronto tra impresa e Regione, è determinare l'investimento necessario per chi deciderà di rilevare la proprietà e modificare la destinazione d'uso del comprensorio. Per stessa ammissione di un'amministrazione regionale intenzionata a chiudere l'area a caldo, Siderurgica Triestina rispetta i limiti prescritti dall'Aia e dunque la giunta Fedriga ha escluso lo scontro con l'impresa, che qualche mese fa ha mobilitato i suoi legali per invitare Scoccimarro a cessare le esternazioni sulla volontà di smobilitare la parte inquinante dello stabilimento. La scelta è quella di passare per un approccio graduale, che salvaguardi i 340 operai dell'area a caldo ma che conduca all'addio della produzione di ghisa a Trieste. E qui entra in campo l'Autorità portuale, che potrebbe essere il soggetto pubblico incaricato di rilevare i terreni dell'area a caldo e procedere alla loro trasformazione in zona demaniale, secondo un percorso non dissimile da quanto l'Autorità sta facendo in quel di Monfalcone con l'Azienda speciale del porto isontino. La due diligence servirà allora a fissare il valore della concessione, che dovrà essere stipulata col soggetto privato interessato alla bonifica (leggi smantellamento dell'impianto e risanamento della parte sottostante) e alla trasformazione logistica. Il destino della zona è già messo nero su bianco nei progetti che vorrebbero realizzarvi un terminal ferroviario a servizio della Piattaforma logistica e del futuro Molo VIII, da tempo oggetto d'interesse di China Merchants Group e di altri colossi internazionali dei trasporti marittimi, capaci di garantire quei volumi di traffico che verranno poi smaltiti via terra grazie all'ambizioso piano di potenziamento ferroviario da 200 milioni, che nel giro di cinque anni promette di creare una capacità potenziale doppia rispetto a quella attuale. Sul futuro della cokeria e dell'altoforno non c'è ancora nulla di concreto, ma dalle parti della giunta ci si spinge a dire che novità importanti potrebbero arrivare in autunno, quando si spera di arrivare a un'intesa tra Gruppo Arvedi, ministeri e Autorità portuale, che conduca alla riscrittura dell'attuale accordo di programma, secondo linee che definiscano la cronologia del percorso di chiusura dell'area a caldo, che Scoccimarro vuole centrare entro il 2022. E proprio l'assessore ha scritto al presidente dell'Authority Zeno D'Agostino, chiedendo l'avvio della due diligence, per ora condotta da tecnici interni e non da un advisor come avviene di solito. I frutti si vedranno nei prossimi mesi ma da quanto risulta le parti hanno già stretto un patto d'acciaio, è il caso di dirlo, per la salvaguardia dei livelli occupazionali. La società è fortemente intenzionata a investire sul laminatoio, che rimarrebbe al suo posto e vedrebbe ampliata la produzione attuale secondo una strategia che promette di assorbire buona parte della manodopera dell'area a caldo. Un intervento cui Siderurgica Triestina lega la necessità di un impegno della Regione su formazione e ammortizzatori sociali in attesa degli investimenti sul laminatoio. È ormai evidente che qualcosa sia mutato negli orientamenti dell'impresa, che pare decisa a prendere atto dei mutati orientamenti della Regione, nel passaggio da Debora Serracchiani a Massimiliano Fedriga. Uno spostamento di indirizzo in parte anticipato da D'Agostino nel novembre scorso, dopo un incontro con il cavalier Giovanni Arvedi. Le cose si sono sbloccate durante la doppia riunione organizzata fra Roma e Trieste il 18 e 19 luglio, dopo un primo confronto avvenuto in gran segreto a Cremona fra Arvedi e Scoccimarro. In quell'occasione non era mancata qualche tensione, con l'imprenditore indispettito per non aver trovato al tavolo Fedriga in persona. I due sono però riusciti a intendersi e il cavaliere ha pure ottenuto il riconoscimento pubblico da parte di Scoccimarro sullo sforzo di risanamento ambientale dell'area e salvaguardia dell'occupazione. Nei successivi vertici la società ha aperto a valutare la dismissione della produzione di ghisa a Trieste, a patto della soddisfazione di una serie di richieste che possa giustificare la parziale uscita di scena dopo la chiamata del centrosinistra. Il nuovo piano industriale contempla dunque l'eventuale superamento dell'area a caldo: possibile che il gruppo valuti lo spostamento della produzione di ghisa all'estero o ritenga ancora aperta la partita dell'Ilva di Taranto, tanto più in una fase di instabilità che potrebbe ribaltare la linea del governo in crisi. -

Diego D'Amelio

 

Lo snodo Piattaforma logistica e l'ipotesi del terminal ferroviario

Il legame con il cantiere per la creazione della nuova infrastruttura su cui ha messo gli occhi il colosso cinese Cmg. Traguardo a metà 2020

Una due diligence da sola serve a poco. La pensano così dalle parti dell'Autorità portuale, dove si sa bene che il possibile interesse di investitori privati disposti a valutare la trasformazione logistica dell'area a caldo sarà possibile solo dopo la definizione dei destini della Piattaforma logistica, oggetto delle tentazioni del colosso China Merchants Group. La trattativa con Cmg ha rallentato di pari passo alla frenata sulla realizzazione dell'infrastruttura che avrebbe dovuto essere consegnata a inizio anno ma che sarà ultimata con ogni probabilità nel primo semestre del 2020, ad opera della cordata costituita dall'operatore portuale triestino Francesco Parisi e dalla società costruttrice friulana Icop. Il cantiere è andato incontro ad alcune difficoltà per il ritrovamento di amianto sulle aree a terra. La società concessionaria ha così deciso di lavorare sulla realizzazione della banchina che sorge accanto alla Ferriera e che comprenderà anche lo Scalo legnami. Nel frattempo si è proceduto nelle pratiche relative alla bonifica ambientale, che sono state ultimate due mesi fa, permettendo la ripresa dei lavori. Questi «procedono a pieno ritmo - dice Parisi - e la parte a mare è stata quasi completata. Nell'ultima fase ha rallentato anche questa solo per la necessità di collegare l'opera alla realizzazione dei piazzali, bloccata momentaneamente per questioni ambientali». Parisi spiega che «la variante firmata con l'Autorità portuale prevede il completamento a metà gennaio», ma la società ha ritenuto prudentemente di riservarsi uno slittamento, che si vuole contenere comunque entro il primo semestre 2020. Sulle trattative con società estere le bocche sono cucite come al solito. «Abbiamo sempre detto - continua Parisi - che i soci di Piattaforma logistica non hanno mai cercato di vendere quote a soci esterni. Il progetto è infatti interamente finanziato e sostenibile. Non abbiamo però mai escluso di sederci al tavolo con soggetti che portino un valore aggiunto in termini di traffico o di ampliamento dell'infrastruttura». Non è infatti un segreto che dalla Piattaforma partirà lo sviluppo del Molo VIII, già previsto dal piano regolatore e destinato a diventare la banchina più ampia del porto triestino. In questi anni non sono mancati abboccamenti con player di primo piano e il confronto più avanzato è stato quello con Cmg, disponibile a investire sull'infrastruttura mentre Cccc si sta interessando alla realizzazione del terminal ferroviario di Aquilinia. Indiscrezioni raccolte dalla stampa specializzata hanno tuttavia evidenziato l'emergere dell'interesse di possibili partner europei senza riuscire a rivelarne l'identità. Con i lavori avviati alla conclusione, un accordo potrebbe arrivare da un momento all'altro e sbloccare così anche la partita della Ferriera, posto che nella zona occupata dall'area a caldo dovrebbe sorgere un terminal ferroviario di ultima generazione pensato per servire il Molo VIII. -

 

Incontro tra i sindacati e Fedriga «Vogliamo chiarezza sul futuro» - pronti alla mobilitazione

Si terrà martedì prossimo l'incontro richiesto dai sindacati al presidente Fedriga per un aggiornamento sul futuro della Ferriera. Esattamente un anno fa, in contemporanea al primo vertice tra il governatore e il cavalier Arvedi, le rappresentanze dei metalmeccanici avevano indetto lo stato di agitazione, per denunciare il mancato coinvolgimento dei lavoratori. Solo pochi giorni fa, Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm hanno annunciato di essere pronte alla mobilitazione, denunciando di aver appreso dalla stampa dei nuovi incontri avvenuti fra Siderurgica Triestina, Regione e Autorità portuale. «Le nostre richieste di chiarimenti sono state sistematicamente ignorate. Non accetteremo alcuno scarica barile sulle spalle dei lavoratori», scrivono i sindacati nel volantino diffuso in azienda.

 

In arrivo sanzioni e diffide dopo le due fumate di luglio

Scoccimarro: «Noi sempre pronti a intervenire. Così garantiamo trasparenza» Allo studio anche nuove prescrizioni all'Autorizzazione integrata ambientale

Trieste. Le recenti fumate dai camini della Ferriera di Servola saranno colpite dalle sanzioni della Regione. Poca roba per la verità, se si considera che le cinque multe già comminate nel 2019 ammontano a circa 20 mila euro, cifra ovviamente irrilevante per una realtà delle dimensioni di Siderurgica Triestina. Mentre le parti hanno avviato il confronto sul futuro dell'area a caldo, con un dialogo che al momento è caratterizzato da buoni rapporti, l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro punta il dito su tre episodi verificatisi rispettivamente il 31 maggio, l'11 luglio e il 31 luglio. Nel primo caso si tratta dell'alta colonna di fumo nero alzatasi a causa dell'incendio del nastro a servizio dell'agglomerato. Negli altri due delle polveri rosse sollevatesi per la gestione irregolare del caricamento dell'altoforno e per la non corretta gestione del nuovo filtro a maniche dell'agglomerato. Tutto contenuto nella relazione pubblicata ieri dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, dopo l'ultima visita ispettiva allo stabilimento siderurgico. Nel dare comunicazione dei provvedimenti, Scoccimarro rivendica la volontà di «garantire la doverosa trasparenza e dare risposte ai cittadini che hanno inviato segnalazioni e richieste di chiarimento in merito alle azioni intraprese dalla Regione nei confronti di Siderurgica Triestina. La linea d'azione della giunta è cambiata radicalmente rispetto alla precedente Amministrazione: lavoriamo per riconvertire l'area a caldo, dialogando in maniera costruttiva con il cavaliere Arvedi per riuscire garantire il livello occupazionale e non danneggiare o azzerare gli investimenti industriali sollecitati dalla passata giunta, ma parallelamente Regione e Arpa intervengono puntualmente, secondo quanto previsto dalla legge, nel caso di problematiche ambientali che riguardino la Ferriera». Scoccimarro sottolinea in particolare che «dal mio insediamento nel maggio 2018 sono state comminate 5 sanzioni amministrative sulle 14 dal rilascio dell'Aia avvenuto nel 2014, oltre alla nuova prescrizione Aia sulla gestione dei parchi minerali e fossili». Non sono poi mancati una diffida e un avvio di procedimento di diffida, questi ultimi legati alla rumorosità dell'impianto. Arrivano ora «i due nuovi provvedimenti sanzionatori e verranno valutate anche nuove prescrizioni all'Autorizzazione integrata ambientale». Nel caso del nastro incendiato, dalla Regione assicurano che quello in tessuto resistente ai surriscaldamenti è stato sostituito con un nastro in metallo completamente ignifugo. «Sanzioni - assicura ancora Scoccimarro - deriveranno invece dalle polveri rosse che si sono sollevate l'11 e il 31 luglio. Per la gestione del caricamento del minerale seguirà anche una diffida e una nuova prescrizione Aia, mentre per il secondo episodio la società dovrà predisporre in tempi brevissimi una nuova procedura operativa». L'assessore riconosce una reazione non immediata rispetto agli eventi nel mirino, ma spiega che «per giungere a questi atti i dirigenti devono accertare le cause, identificare i responsabili, prescrivere i rimedi e poi, appunto, sanzionare. Si tratta di un iter complesso e burocratico che stride con la percezione dei cittadini ma che è necessario affinché le azioni intraprese non siano vane o peggio ancora generino, a fronte di possibili ricorsi, un costo per i contribuenti». 

 

A Trieste il primo malore per la paladina televisiva dei cittadini no-Ferriera

Nel dicembre del 2017 la donna era stata male in un albergo cittadino. Nel corso degli anni si era fatta "portavoce" della battaglia ambientalista

TRIESTE. Tutto era incominciato in via Oriani, all'hotel Victoria, il 2 dicembre 2017. Le prime avvisaglie della malattia la giornalista de Le Iene Nadia Toffa, morta ieri all'età di 40 anni a causa di un tumore, le aveva registrate proprio a Trieste. Durante una delle sue visite di lavoro, forse organizzata per un'inchiesta incentrata sull'impianto siderurgico della Ferriera di Servola, si era accasciata all'improvviso a terra nella hall dell'hotel letterario di largo Barriera, dove pernottava. Erano le 13. 45 di un sabato. Quel pomeriggio la nota conduttrice del programma di Italia Uno era stata ricoverata d'urgenza all'ospedale di Cattinara. Vi era rimasta ben poco perché già nella notte era stata trasportata in elisoccorso al San Raffaele di Milano. Ieri come allora, una pioggia di auguri e commenti commossi si era riversata sui social. Un post su Facebook, scritto già il giorno dopo, aveva però tranquillizzato i fan: «Ho preso una bella botta, ma tengo duro». Non si conosceva, all'epoca, da quale patologia fosse affetta. Analisi e diagnosi però avevano in seguito emesso il verdetto: era affetta da un tumore cerebrale. Nei mesi successivi Nadia, nonostante abbia ripreso più volte a lavorare, tra una chemioterapia e l'altra, non è più tornata a Trieste. Di lei però in tanti ricorderanno le domande a brucia pelo all'ex sindaco Roberto Cosolini e all'ex presidente della Regione Fvg Debora Serracchiani sull'argomento caldo del possibile inquinamento della Ferriera. Con entrambi aveva avuto dei battibecco accesi. Grazie alle sue inchieste era diventata la paladina dei servolani contrari all'acciaieria. È del 2014 infatti il suo primo servizio nel capoluogo giuliano dal titolo "Trieste. L'altra Ilva". Nel 2015, di nuovo, prosegue con tenacia la sua lotta: intervista i cittadini che raccontano alle telecamere che in quell'ultimo anno le condizioni di vita sono ulteriormente peggiorate. Toffa intercetta poi Serracchiani, con cui si verifica un altro faccia a faccia burrascoso. Dieci giorni dopo invece entra nell'acciaieria con la troupe, su invito di Arvedi, ma la visita non finisce proprio nei migliori dei modi. In seguito fa di nuovo arrabbiare la governatrice Serracchiani, intervistandola a sorpresa sempre sull'argomento Ferriera mentre la futura deputata Pd si trova a Vinitaly, a Verona. La visita successiva è del febbraio 2016. L'inviata delle Iene rivendica le promesse di risolvere il problema della Ferriera entro il dicembre dell'anno precedente. Davanti al microfono Serracchiani e Cosolini, affiancato dall'ex assessore all'ambiente Umberto Laureni. Nello stesso anno, ma questa volta l'impianto siderurgico non c'entra, partecipa a èStoria a un incontro con il filosofo Pier Aldo Rovatti, moderato dalla giornalista Emanuela Masseria, incentrato anche sul suo libro "Quando il gioco si fa duro". Nel maggio 2017 invece, il suo penultimo viaggio da queste parti prima del malore: torna alla carica sull'inquinamento, questa volta dietro la telecamera c'è il primo cittadino Roberto Dipiazza. Nadia però rimane legata a Trieste e alla regione anche per un importante riconoscimento: l'anno scorso è stata tra i vincitori del Premio Luchetta con il collega Marco Fubini per un reportage sulla prostituzione minorile a Bari.

Benedetta Moro

 

 

Slovenia, contadini in piazza: «Troppi lupi il governo deve agire»

La categoria lamenta diverse uccisioni di animali domestici e accusa l'inerzia di Lubiana: «Via il ministro dell'Ambiente»

Lubiana. Rabbia, richieste sempre più pressanti, proteste contro la presunta inazione del governo che continueranno finché non sarà raggiunto l'obiettivo: quello di una Slovenia che veda in circolazione meno lupi, minaccia per contadini e allevatori da settimane sul piede di guerra. In gran numero sono scesi in strada nei giorni scorsi a Velike Lasce, paesino nel cuore della Slovenia a poca distanza da Lubiana, organizzati dal Sindacato dei contadini (Sks). Contadini che «sono obbligati a vigilare affinché i nostri animali non causino danni ai vicini» mentre lo Stato dovrebbe fare lo stesso, impegnandosi «a prendersi cura degli animali selvatici, così che non provochino danni ai contadini», ha arringato la folla Anton Medved, numero uno dell'associazione. Le parole di Medved si riferiscono agli attacchi dei lupi che popolano le montagne del Paese transalpino. Sono stati decine negli ultimi mesi, come evidenziato in una mappa piena di punti rossi esibita durante la protesta, in particolare nel sud, ma anche nel nordovest. Giorni fa l'ultimo incidente presso il villaggio di Jurisce: qui un branco di 15-20 lupi ha attaccato e ucciso di notte 12 pecore, ferendone altrettante malgrado le barriere protettive poste dagli allevatori e la vigilanza dei cani da guardia. Non sono casi isolati, come conferma la decisione dei partiti di governo a Lubiana, presa già a giugno, di emettere una ordinanza d'emergenza che dà luce verde all'abbattimento di 175 orsi e 11 lupi che avrebbero sulla coscienza l'uccisione di oltre 500 animali da cortile e allevamento solo quest'anno, il doppio rispetto al 2018 con un danno stimato superiore ai 300 mila euro. La Slovenia, secondo le autorità, può ospitare senza problemi circa 400 orsi e un paio di branchi di lupi (tra i 90 e i 100 esemplari), animali protetti; ma i numeri reali sono praticamente il doppio. Svariati orsi, più di 60, «sono già stati abbattuti, ma finora nessun lupo», hanno segnalato i media locali. Anche da qui la collera dei contadini e dell'Sks, che ha pure chiesto la testa del ministro dell'Ambiente, Simon Zajc, che ieri ha promesso più rapidità nell'eliminazione dei lupi in sovrannumero. Ma l'Sks è andato oltre, spingendosi a chiedere - oltre a una rapida diminuzione del numero di lupi in circolazione - anche la creazione di riserve "chiuse" ad essi dedicate, delimitate da recinzioni; e anche agevolazioni fiscali per i contadini e gli allevatori che vivono nelle aree più a rischio. Il Sindacato dei contadini ha poi promesso nuove dimostrazioni, ogni weekend, finché le autorità non si piegheranno alle richieste. Le prossime sono previste a Ilirska Bistrica e poi a Gornja Radgona, dove è in programma la grande fiera "Agra".Ma c'è chi ha puntato in alto chiedendo che il premier Marjan Sarec e il ministro Simon Zajc siano "processati" per «il fallimento della loro azione sulla questione degli attacchi di orsi e lupi ad animali domestici», ha riportato l'agenzia Sta, citando la posizione del consigliere nazionale Branko Tomazic. E anche l'ombudsman per i diritti umani Peter Svetina ha chiesto ai ministeri di Ambiente e Agricoltura di unire le proprie forze per trovare soluzioni a un problema sempre più grave.

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 agosto 2019

 

 

«Sì al restyling conservativo di piazza Sant'Antonio»

«Una riqualificazione "conservativa" della piazza con il lievo e la ripulitura dei masegni, con una miglioria dell'arredo urbano in linea con quello del vicino Canale di Ponterosso e un'intelligente implementazione del verde esistente può essere ritenuta la soluzione migliore in grado di meglio valorizzare anche il contesto architettonico esistente. Tale soluzione va in linea con la volontà di quest'amministrazione e del sindaco di valorizzare il centro storico nel rispetto delle sue peculiarità». Lo afferma il capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale, Alberto Polacco, facendo seguito al dibattito innescato dalla presentazione del documento di Fi sulla riqualificazione di piazza Sant'Antonio. «Il Canale venne realizzato nel 1754-1756 da Matteo Pirona, quando le saline vennero interrate per consentire lo sviluppo urbanistico della città all'esterno delle mura - continua Polacco -. La sua funzione era di consentire alle imbarcazioni di raggiungere il centro città per caricare e scaricare le merci. Tale spazio si colloca nel cuore storico cittadino, uno dei punti maggiormente frequentati dai turisti, oltre che dai triestini, e che è nell'intenzione dell'amministrazione sviluppare un progetto per rinnovare e riqualificare la storica piazza, inserita in uno storico contesto».

 

Piazza del Ponterosso, la sfida di un lifting che rimetta al centro la memoria dell'acqua

Quattro progetti di riqualificazione di un'area piana, dove la pavimentazione è importante. Conterà il parere dei cittadini?

C'è una famosa serie di dipinti di Giorgio De Chirico intitolata "Piazze d'Italia" (1913-1950), in cui il grande pittore surrealista interpreta, in chiave metafisica, luoghi più o meno immaginari che interagiscono con la gente o addirittura sembrano soffocarla, generando angoscia negli individui. Ecco, questo aspetto progettuale, sia come raffigurazione pittorica che architettonica, sembra un buon punto di partenza per affrontare il problema di questi spazi, più o meno vasti, che nelle città interrompono la struttura viaria per instaurare aree di sosta, di apertura anche mentale, di ripensamento esistenziale. A Trieste, città monumentale e vissuta, abbiamo sempre avuto a che fare con le piazze storiche, un patrimonio difficile da trattare perché implica, sovrintendenza a parte, una particolare sensibilità che sappia raccordare il presente col passato. Perché ogni intervento in una piazza storica, se collocato nel tempo in cui avviene e in ottemperanza ai modelli estetici del momento, è degno di un'assoluta cautela. Rifare, restaurare, ri-progettare una piazza storica è frutto di un bel connubio: l'aspetto storico pre-esistente, le eventuali trasformazioni nel tempo, le possibili variazioni fra le capacità di fruizione di quel monumento da parte della gente, tenuto conto della loro sensibilità mutata. Infine, le sollecitazioni delle istituzioni, magari portate a indirizzare il progettista verso soluzioni urbanisticamente più consone ai tempi (esempio: variazioni del traffico).Vediamo cosa è successo negli ultimi trent'anni a Trieste. Si è cominciato con la piazza delle Poste (ora Vittorio Veneto), una delle più belle piazze triestine, dominata da una fontana di grande plasticità, quella dei Tritoni progettata da Franz Schrantz nel 1898. Lì l'amministrazione preferì operare un sostanziale cambiamento, attribuendo l'onere all'architetto Boris Podrecca nel 1999. Il quale ritenne di non rispettare l'organizzazione precedente sotto forma di giardino e introdusse varianti totalmente innaturali, anche dal punto di vista funzionale (nessuna persona avrebbe mai potuto sedersi sopra scatoloni privi di ombra). Passando a piazza Goldoni il discorso si complica. La vecchia piazza della Legna (a poco dal Ponte della Fabra) era un mercato all'aperto, un luogo di incontri e di commercio, e il progettista ha ritenuto di infrangere la sua unità storica, facendone un'area di scorrimento automobilistico la cui parte "conviviale" è risultata solo schiacciata dal cemento (del monumento taccio, per carità di giudizio). Insomma, per restare a questi recenti esempi, diciamo che non abbiamo avuto fortuna a Trieste. Ed ora, ecco che ci troviamo di fronte a un terzo tentativo di intervento su un'altra tra le sue piazze più belle: l'ultimo tratto di Ponte Rosso. Sorvoliamo sulla vera mutilazione che questa città si è autoimposta negli anni Trenta, quando costruttori disonesti hanno pensato bene di coprire l'ultimo tratto del canale con il materiale asportato dal piccone risanatore in via Donota e dintorni. Un bel risparmio sui costi di trasporto... Ma veniamo a oggi. Lì c'era il canale, certo; quel tratto su cui si riverberava la struttura neoclassica di Sant'Antonio, una vera icona di bellezza. E ora c'è un'area malandata, con al centro una piscina anni 50 di modesta fattura. Che fare? Quattro sono i progetti che il Comune ha presentato alla città, con la firma dell'arch. Maurizio Bradaschia, e a giorni sapremo quanto si terrà conto del parere già espresso dai cittadini sul web. A guardarli, questi progetti, sembrano molto simili (lasciamo perdere l'aggiunta di una scultura di Pomodoro che sta lì come attrazione inesistente) e hanno come elemento comune la ristrutturazione di un'area piana, con o senza alberelli striminziti. Si punta molto, inoltre, sul tipo di pavimentazione, sulla sua funzione estetica e immaginifica (per esempio al ritorno dei masegni, con un'illuminazione a terra che richiama Unità d'Italia). Ma, a mio avviso, quel che manca lì è innanzi tutto l'acqua, il riflesso di quella che ci fu un tempo. Solo il quarto progetto prevede una fontana quadrata. Ecco, forse riusciamo a evitare gli errori disastrosi del passato, tentando una mediazione storica con la piazza. E questo può solo avvenire attraverso l'evocazione dell'acqua. Che sia più di una piscina, che sia un corridoio d'acqua, una via immaginaria di collegamento con il canale e la chiesa. In cui i triestini riconoscano la vera parte finale del loro canale. 

RENZO CRIVELLI

 

SEGNALAZIONI - Piazza Sant'Antonio - Lasciate il verde invariato

I molti soci dell'Ada (Associazione diritti degli anziani Onlus) ci segnalano una delle tante "prese in giro" nei confronti dei cittadini ai quali quando c'è bisogno, i politici attribuiscono certe responsabilità. Un esempio è il rifacimento del giardino di piazza Sant'Antonio Nuovo. Esaminati i modelli presentati, gli esperti hanno scelto quattro progetti ritenuti idonei (a spese di non poco conto e con lungaggini dei lavori) affermando di volersi sottoporre al gradimento o meno della cittadinanza. Così però non di dà possibilità di suggerire cambiamenti a tali proposte. Nel caso del giardino in oggetto tale possibilità potrebbe e dovrebbe venire concessa ai cittadini proponendo i referendum con cinque e non quattro soluzioni. La quinta dovrebbe essere: "Lasciare il bel giardino così com'è". Per metterlo a nuovo sono sufficienti delle piccole manutenzioni, con spese irrisorie: avremmo un giardino arioso, con il bel selciato restaurato e panchine in stile (e non quei monoliti di pietra sparpagliati in centro). Un altro esempio analogo è la vicenda dei bozzetti della statua di Maria Teresa. Non ci fu la possibilità di esprimersi per l'annullamento dell'idea stessa, come sarebbero stati d'accordo i soci Ada. I nostri soci chiedono ai politici: non sarebbe meglio investire quelle somme per risanare completamente tutti quei marciapiedi con buche rattoppate alla meno peggio; avere più cura della periferia e dare il via a quei piccoli interventi che renderebbero la città ancora più accogliente e luminosa?I soci Ada gradirebbero una risposta alla domanda: a chi interessa investire tanto denaro pubblico per il già bel giardino di piazza Sant'Antonio?

Zoltan Kornfeind - Segreteria regionale Ada

 

Piano paesaggistico blocca il cantiere - L'impresa fa causa: Regione ko al Tar

Prevista sul terreno "conteso" la realizzazione di 6 palazzine ma l'ente l'aveva classificato come area non edificabile

Due "granchi" presi dal Piano paesaggistico nella classificazione dei terreni a Trieste. Nell'arco di pochi giorni il Tar ha dato per due volte torto alla Regione in altrettante cause in cui veniva impugnato il Piano regionale, strumento di pianificazione essenziale per salvaguardia e gestione del territorio, approvato lo scorso anno. La sentenza più rilevante (dell'altra riferiamo nell'articolo in basso) riguarda il ricorso presentato da un'impresa triestina, la Botta Group Constructions Srl, che aveva acquisito un vasto terreno in precedenza appartenuto, prima del fallimento, ai fratelli Perco. Un appezzamento collinare posizionato in una delle zone panoramiche più suggestive della città, delimitato dalla Strada del Friuli e dalle vie Bonomea e Bruni. Il terreno è già circondato da lotti edificati e da tempo era stata progettata la costruzione, da parte dell'impresa, di 6 nuove palazzine residenziali di pregio. Il progetto è pronto e gli investimenti previsti - come conferma l'avvocato Giuseppe Sbisà, che ha curato il ricorso - sono milionari. Ma nella primavera dello scorso anno si è materializzata una brutta sorpresa dopo il via libera al Piano paesaggistico regionale (approvato con decreto presidenziale del 24 aprile): si è scoperto che il terreno era stato inserito nell'area qualificata come "Paesaggio dei parchi e aree verdi urbane", dunque non edificabile. La Botta Group Constructions è subito corsa ai ripari ricorrendo al Tar. Ricorso fondato anzitutto su un motivo: «Il terreno, pur collocato in una zona di interesse pubblico, non è assoggettabile a tutela - era la premessa -, perché pertinente a un rione cittadino residenziale, caratterizzato da una graduale perdita delle aree verdi e dalla costruzione di molti edifici condominiali anche di grandi dimensioni nella parte inferiore della collina lungo le principali arterie che la attraversano, Salita Madonna di Gretta, Strada del Friuli, e via Bonomea, un reticolo di strade e vie secondarie anch'esse intensamente edificate». La densità degrada salendo verso le porzioni più elevate, con case, ville e piccoli condomini circondati da giardini e spazi verdi. Secondo i ricorrenti la scelta di classificare il terreno includendolo tra quelli inedificabili sarebbe stata quindi «incongrua e illogica», perché «in chiaro contrasto con la consolidata situazione dei luoghi», considerando «la presenza di un contesto urbano, per larga parte edificato, privo di significativi valori paesaggistico-ambientali». Dopo che l'amministrazione regionale si era costituita in giudizio, il Comitato tecnico per l'elaborazione congiunta del Piano paesaggistico, nella seduta del 31 gennaio, aveva escluso che ci fossero i presupposti per un aggiornamento, confermando la classificazione del terreno in quanto considerato parte restante di un assetto storico-territoriale e paesaggistico meritevole di tutela. Nella sentenza del Tar (presidente Oria Settesoldi) si conclude che l'inclusione del terreno nel "Paesaggio dei parchi e aree verdi urbane" non appare «sorretta da necessari presupposti di logicità e coerenza». Secondo il Tribunale amministrativo «la pur apprezzabile esistenza di un interesse pubblico, finalizzato alla conservazione del contesto paesaggistico ambientale, non consente di vanificare del tutto la connessione dell'area con il tessuto urbano e lo stretto legame che la riunisce al contesto circostante, mutuandone funzioni e destinazione». Insomma, quel terreno, per le sue caratteristiche, non poteva essere considerato come area non edificabile. Sempre secondo la valutazione dei magistrati, non ci sono «elementi di pregio ambientale sufficienti a sancire il regime di sostanziale inedificabilità del terreno».«In questo caso eravamo chiaramente di fronte non a un disguido di natura cartografica, ma a una valutazione erronea delle caratteristiche del terreno - commenta l'avvocato Sbisà -. Errore che aveva portato al suo inserimento tra le aree non edificabili. La perizia tecnica che abbiamo illustrato a sostegno del ricorso ha permesso di chiarire che quel terreno ha invece tutti i requisiti necessari per l'edificabilità». -

Piero Tallandini

 

 

acegasapsamga - Già cinquemila contatti per i primi quattro anni della app "Il Rifiutologo"

Il Rifiutologo, l'applicazione per smartphone e tablet dedicata all'ambiente nei territori serviti da AcegasApsAmga, festeggia quattro anni con oltre 5 mila utenti attivi sul territorio triestino, a conferma dell'apprezzamento e della partecipazione dei cittadini nei confronti dell'app. Il Rifiutologo, scaricabile gratuitamente dal sito www.ilrifiutologo.it, si dimostra quindi uno strumento digitale valido e pratico, che consente di comunicare con la multiutility in maniera rapida ed efficace. Il Rifiutologo viene prevalentemente utilizzato dai cittadini come assistente alla raccolta differenziata. È sufficiente, infatti, digitare il nome di un oggetto o leggerne il codice a barre, per sapere in quale raccolta va conferito. Il sistema utilizza una base dati in continua evoluzione, anche grazie alle segnalazioni degli stessi cittadini, di circa 2.000 voci e 1 milione di prodotti riconosciuti e fornisce indicazioni di conferimento targettizzate sul sistema di raccolta presente in città. Sempre più apprezzata, però, è la funzione che consente di segnalare in tempo reale problematiche ambientali, come, ad esempio, un cassonetto rotto, un rifiuto ingombrante abbandonato, la pulizia cittadina, ecc. Basta scattare una foto dall'applicazione e selezionare il tipo di problema dal menù. L'App il Rifiutologo, tramite gps, georeferenzia l'immagine (tenendo però rigorosamente anonimo il segnalante) e la invia direttamente al sistema informativo dei servizi ambientali AcegasApsAmga, che provvede a verificare e intervenire, solitamente entro le 24 ore successive. Dal gennaio 2019, si contano più di 700 segnalazioni complessive arrivate tramite Rifiutologo relative al territorio triestino, rappresentando quasi il 50% del totale - che consta di circa 2000 segnalazioni - a dimostrazione della sensibilità dei triestini, sul tema del decoro urbano. Tra le varie funzionalità disponibili sul Rifiutologo, i cittadini possono scoprire la stazione ecologica più vicina. Nell'app, è infatti disponibile la mappa dei centri di raccolta territoriali, con orari di apertura, modalità di accesso e materiali trattati. Inoltre, con un click, sono a disposizione le informazioni relative al servizio gratuito di ritiro ingombranti, cioè di quegli oggetti di scarto che per le loro caratteristiche non sono idonei al normale servizio di raccolta differenziata . Per informazioni o per prenotare questo servizio, AcegasApsAmga ricorda che basta contattare il Servizio Clienti al numero verde 800.955.988, da lunedì a venerdì dalle 8 alle 22, sabato dalle 8 alle 18.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 agosto 2019

 

 

"Seabin" anche nel Golfo di Trieste - Ecco i cassonetti per i rifiuti marini

Anche l'Adriatico avrà i suoi "seabin", i rivoluzionari cestini galleggianti, appositamente ideati per raccogliere i rifiuti in acqua. È uno dei dettagli che emerge dal progetto pilota "aMare Fvg", mirato alla salvaguardia dell'habitat marino. Su proposta dell'assessore alla Difesa dell'ambiente, Fabio Scoccimarro, la Giunta regionale ha appena approvato infatti la bozza del testo che permetterà a pescatori, diportisti e sommozzatori, spesso autori di iniziative "green" fai-da-te, di raccogliere le scorie rinvenute in mare o sui fondali marini del golfo di Trieste, trasportarle a terra e conferirle in apposite aree attrezzate. L'iniziativa diventerà realtà quando verrà firmato il protocollo d'intesa dai soggetti partecipanti: Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, Capitaneria di Porto di Trieste, Arpa Fvg, Comune di Trieste, AcegasApsAmga ed HestAmbiente. Il progetto prevede che vengano dislocati i cassonetti in aree riservate e i contenitori siano identificati con il logo "aMare Fvg", tra cui i "seabin". L'ubicazione di queste zone sarà individuata di volta in volta con il gestore del servizio in funzione degli specchi d'acqua oggetto di pulizia. «Con questo progetto - spiega Scoccimarro - desideriamo anche provvedere ad azioni incentivanti e a certificazioni premianti per chi si occupa di evitare che pericolose plastiche uccidano pesci e compromettano la qualità del pescato». Ricordiamo che furono due ragazzi australiani Andrew Turton e Pete Ceglinsk a lanciare nel 2016 una campagna per realizzare Seabin, una delle iniziative internazionali progettate per salvaguardare l'ambiente marino .Anche il golfo di Trieste infatti rientra nelle aree inquinate. A dirlo sono i dati emersi negli anni da più parti. Dai campionamenti stagionali effettuati da Arpa Fvg, ad esempio, che si focalizzano su dieci spiagge del litorale regionale, è risultato che nel 2018 sono stati raccolti 1045 oggetti per chilometro quadrato, quantità di rifiuti superiore a quella del 2017, quando ne sono stati raccolti 740. Dal 2015 a oggi inoltre Arpa Fvg ha raccolto 41.500 oggetti di cui il 77% è costituito da plastica. Il restante 23% è costituito da oggetti in vetro o ceramica, rifiuti sanitari, carta e cartone, legno, metallo, tessuti e gomma. L'ente, che monitora solo lo 0,8% di costa del Fvg, ogni anno raccoglie 200-250 kg di rifiuti spiaggiati. Si stima quindi che il cosiddetto "marine litter", lungo tutto il litorale regionale, sia pari a 6,5 tonnellate, equivalenti a circa tre camion all'anno. Significativi sono anche gli esiti forniti dall'Autorità portuale, che effettua la pulizia dello specchio acqueo di propria competenza pari a circa 13,7milioni di chilometri quadrati: ogni anno vengono a galla più di 11 tonnellate di rifiuti indifferenziati, oltre a quelli biodegradabili, ingombranti, di imballaggio, plastica ed emulsioni. 

Benedetta Moro

 

 

Comitato esercenti: la nostra "ricetta" per piazza sant'Antonio - la lettera del giorno di Roberto Dorigutti

Il Comitato esercenti Trieste Centro ha, al pari degli altri cittadini, visionato le soluzioni proposte riguardo alla riqualificazione di piazza sant'Antonio. Pur apprezzandone alcune caratteristiche riteniamo che, tuttavia, l'adozione di una di queste, una qualsiasi, avrebbe quasi il significato di "togliere l'anima" negli anni acquisita da questa che è una delle più belle e vissute piazze della città. Non solo: le darebbe una cifra stilistica diversa da quella delle zone vicine, da poco riqualificate. A parere del nostro Comitato, la piazza potrebbe riacquistare la sua bellezza attraverso una riqualificazione conservativa che mantenga, implementando e migliorando l'attuale verde pubblico (senza la sua estirpazione e successiva sostituzione con alberelli). Alla pavimentazione in lastre di arenaria che nel tempo si degradano e diventano brutte (quelle usate per la pavimentazione di piazza dell'Unità dovrebbero pur insegnare qualcosa...) sarebbe senz'altro da preferire, come dimostra lo splendido, a nostro parere, risultato ottenuto sulle due rive del Canal Grande con il ricorso al ricollocamento degli antichi masegni. Questa scelta, inoltre, creerebbe una sorta di continuità con le zone vicine, soprattutto se in futuro il Comune decidesse di replicarla anche nelle attigue vie Ponchielli e Paganini.La zona centrale della piazza, cioè quella attorno alla vasca, oggi ricoperta di lastre calcaree dissestate, a nostro giudizio va pure rivista in questa ottica e completata con un arredo urbano adeguato, con la rivisitazione della vasca centrale che non va tolta bensì resa coerente con il resto della piazza, con l'eliminazione dei tre getti d'acqua ora posti in posizione diagonale all'interno della vasca e la loro sostituzione con getti d'acqua che dal bordo perimetrale zampillano verso il centro. Il Comitato esercenti Trieste Centro, soprattutto, reputa che sarebbe opportuno ridare, almeno a questa piazza, una parte del ruolo di aggregazione e ritrovo che in origine le piazze avevano rendendola, possibilmente con qualche apposita struttura, fruibile anche ai bambini (per i quali non è attualmente presente un luogo dedicato al gioco tra piazza Hortis e il Giardino pubblico) e precludendola alla collocazione di mercatini di qualsiasi sorta, in particolare quelli gastronomici e di somministrazione, in modo da non precludere, sopratutto nei periodi di forte presenza turistica, l'ariosa visione della chiesa neoclassica. Parimenti, vorremmo fossero spostati altrove i cassonetti dei rifiuti posti sul lato di via San Spiridione, fortemente antiestetici e deturpanti la fruibilità visiva della piazza nel suo insieme.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 11 agosto 2019

 

 

Giù le facciate interne - La storica Transalpina ritorna a splendere

Al via i lavori di ristrutturazione per riportare la stazione agli sfarzi di inizio '900. Intervento da oltre 6,5 milioni

Anche se l'impalcatura sul lato esterno di via Giulio Cesare è ancora in fase di allestimento, sono ufficialmente entrati nel vivo i lavori di restauro e riqualificazione della stazione ferroviaria di Campo Marzio. Attualmente l'impresa ha iniziato la demolizione delle facciate interne: un intervento complesso e molto delicato, che ha lo scopo di riportare l'antico immobile agli sfarzi di inizio Novecento quando venne aperto, precisamente nel 1906. Trieste all'epoca disponeva di ben due stazioni ferroviarie, la Meridionale o Südbahn situata in piazza Libertà e appunto quella in Campo Marzio, la Transalpina. Con l'avvio della prima fase degli interventi di riqualificazione è iniziata la ristrutturazione dell'ala del fabbricato che si affaccia su via Giulio Cesare, i cui ambienti hanno ospitano fino al luglio 2017 la collezione del Museo Ferroviario. Dopo la solenne cerimonia di apertura del cantiere dello scorso 4 maggio, ora nel piazzale interno dello scalo si stanno concentrando i primi interventi che si possono intuire per la presenza di un'alta gru, il cui sbraccio sovrasta l'intera area. La filosofia dell'operazione punta a suddividere la rinnovata struttura in tre parti: ludico- educativa, tecnico-scientifica e socio-antropologica. L'obiettivo, insomma, è creare un museo che possa rivolgersi a vari target di utenza e non solo ad un pubblico interessato dal punto di vista storico e tecnico. Fra le novità sicuramente molto gradite, sul lato più stretto del complesso, di fronte alla piscina terapeutica attualmente "ingabbiata" dalle transenne, sorgerà il primo hotel italiano a tematica rigorosamente ferroviaria, che occuperà entrambi i piani dell'edificio. I lavori di ristrutturazione si articoleranno in tre fasi: le prime due riguarderanno il restauro di tutta l'area prospiciente via Giulio Cesare e il rifacimento degli interni, che costituiranno nuovamente la sede espositiva del museo ferroviario. Il tutto per un costo complessivo di 6 milioni e 500 mila euro, finanziati da Gruppo FS Italiane, MiBACT e Regione. La terza fase prevede la realizzazione dell'hotel a tematica ferroviaria, il restauro dell'altro lato del comprensorio, il rifacimento della volta metallica (che dal 1906 al 1942 sormontava il fascio binari, poi smantellata per donare il ferro alla patria per gli eventi bellici) e nonché la creazione di un enorme cortile interno coperto per ospitare eventi o manifestazioni. Questa terza fase, del valore di circa 12 milioni di euro, al momento però non dispone di alcuna copertura finanziaria. -

Andrea Di Matteo

 

 

Il supermercato fa lo sconto ai "virtuosi" del riciclaggio

Il supermercato Maci in via Pirano riduce i prezzi della spesa a chi consegna dieci bottiglie in plastica destinate al recupero

«Tu ci porti le bottiglie di plastica e noi ti facciano uno sconto». Funziona così in via Pirano 7, nel supermercato Maci aperto da poco più di sei mesi e pronto a sfidare, con una semplice iniziava, chi riserva poca attenzione all'ambiente ed è poco propenso al riciclo. La proposta del piccolo market avviata dallo scorso giugno e che sta già raccogliendo ampi consensi, è semplice: «Ogni 5 bottiglie di plastica di formato grande, ti diamo un buono sconto da 1 euro da poter scontare su una spesa minima di 10 euro. Stesso sconto portando 10 bottiglie di plastica piccole», recitano i cartelli che segnalano l'iniziativa. Insomma, una persona a casa mette da parte le bottiglie, stessa cosa per un'azienda o un ufficio dove spesso si producono cumuli di bottigliette, e poi, arrivando alla cassa di via Pirano si vede ricompensare per quel gesto. In questo modo la plastica si trasforma in un tesoretto, e non in un ingombro da smaltire. «La nostra non vuole essere solo una promozione, - spiega il titolare dell'esercizio commerciale, Massimo Colomban - ma un esempio, uno stimolo a non sporcare l'ambiente. Noi siamo piccoli, una sorta di bottega alla vecchia maniera. Ritengo sarebbe importante che anche i colossi della grande distribuzione avviassero simili iniziative». Alcuni grandi gruppi, a livello nazionale, hanno già messo a disposizione delle macchinette che, inserite le bottiglie, restituiscono dei buoni sconto. A Trieste ancora non sono state ancora installate. Colomban ha viaggiato parecchio nella sua vita. «E mi sono imbattuto spesso in simili proposte - racconta - così, appena ho potuto, ho adottato lo stesso sistema». E a giudicare dal numero di bottiglie di plastica che arrivano al punto vendita di via Pirano, l'iniziativa raccoglie consensi. «In una settimana ritiriamo oramai centinaia e centinaia di bottiglie, - riferisce - anche da parte di persone che non erano nostri clienti precedentemente. Le stocchiamo in magazzino in attesa del ritiro settimanale da parte di un centro di raccolta con cui abbiamo fatto un accordo». -

 

Conto salato per ripulire la ciclabile dagli pneumatici

Il Comune di Muggia ha dovuto tirar fuori 2 mila euro per smaltire una parte dei trenta copertoni che era stata segnalata dall'AsuiTs

MUGGIA - Ben 2mila euro di spesa a carico del Servizio di raccolta trasporto e smaltimento pneumatici. A tanto ammonta il costo per un intervento effettuato nell'area della pista ciclabile in località Rabuiese. Un'operazione che si è resa necessaria, dopo il rinvenimento di pneumatici abbandonati avvenuto lo scorso 5 aprile. Gli abbandoni di pneumatici costituiscono un problema ambientale di dimensioni significative e un aggravio per le casse dei Comuni chiamati a rimuoverli a proprie spese, anche a causa dei materiali utilizzati per costruirli, che sono di scarsa biodegradabilità: per esaurirsi del tutto in natura impiegano oltre mille anni. Questo aspetto, unitamente alla facilità di combustione e al ristagno d'acqua al loro interno, con conseguente proliferazione di insetti e rischio di infezioni, accentua il problema ambientale degli abbandoni. Il tutto senza trascurare che, se bruciati, sprigionano gas tossici nell'atmosfera, rilasciando metalli pesanti e benzene. «L'Azienda sanitaria ci aveva segnalato un deposito di almeno una trentina di copertoni abbandonati in un'area che solo in parte è di pertinenza comunale - spiega l'assessore all'Ambiente del Comune di Muggia, Laura Litteri - e ricordo che la rimozione e lo smaltimento sono procedure molto costose, cui ha dovuto fare fronte il Comune e il cui costo è ricaduto sull'intera comunità». «L'abbandono dei rifiuti - aggiunge - è un reato che ha effetti su tutti i cittadini, come in questo caso, in cui, oltre all'aspetto prettamente economico e quello estetico di deturpazione di un bene comune, c'è anche quello sanitario dato che, riempiendosi di acqua piovana, i copertoni diventano il terreno ideale per lo sviluppo delle zanzare». «E' difficile quantificare il numero di pneumatici fuori uso rinvenuti nella zona - ha concluso Litteri - ma è palese che ci troviamo di fronte a una vera e propria attività illecita di smaltimento. Il Comune è intervenuto nelle aree di propria pertinenza, non potendo agire in fondi privati adiacenti in cui persiste, però, il medesimo problema».

u.sa.

 

 

Siti storici, pochi vincoli architettonici e visti ingiustamente come limiti - la lettera del giorno di Antonella Caroli (presidente Sezione di Trieste e consigliere nazionale Italia Nostra)

L'associazione Italia Nostra nutre preoccupazioni per una Trieste storica che ormai da troppi anni sta andando in briciole o che si sta degradando, come il Porto vecchio, gli stabilimenti balneari Ausonia, alcune ville ottocentesche, palazzi e dimore importanti. Non si sa quanto sia dovuto al maltempo, quanto alla trascuratezza e quanto al volontà di non considerare il rischio "crolli" di strutture importanti (vedi i magazzini del Porto vecchio che non sono stati messi in sicurezza come dettava la delibera Cipe/ Mibac del 2016). Oltre al crollo del tetto della piscina terapeutica, anche il pontile degli Stabilimenti balneari Ausonia è andato in briciole mettendo in crisi molte attività. Ci spiace che sia stato smantellato il meraviglioso Bar Cattaruzza. I suoi arredi, le vetrate dipinte e i mosaici dorati, anche se salvati, non potranno ricostruire l'ambiente storico "com'era e dov'era". Ci si chiede come mai non fosse già tutelato. In città si scoprono, tutt'oggi, edifici importanti e luoghi non vincolati esposti a rischio di distruzione e/o manomissione. Forse ci sono sempre emergenze che non permettono di considerare la monumentalità dei luoghi e di tutelarli? Per di più, a torto, i vincoli sono spesso temuti e considerati un ostacolo allo sviluppo. Allora come mai a Londra, Amburgo e in altre città d'Europa si è riusciti a conservare il patrimonio storico a beneficio della città e a costruire secondo regole che ne hanno permesso il restauro con l'insediamento di nuove destinazioni d'uso nel rispetto delle identità storiche?Nel Porto vecchio è andato in briciole l'unico nucleo abitato, togliendo l'identità storica all'area di smistamento ferroviario anche se rimarranno a testimonianza la "rimessa delle locomotive" e la "piccola stazione". Mentre proseguono i lavori di nuova viabilità e delle opere per Esof 2020, sono ancora incerti i tempi per il restauro dei magazzini monumentali e per la riqualificazione dell'intera area. Intanto a causa dell'emergenza si è proposto di costruire la nuova piscina terapeutica in un'area limitrofa al nuovo centro congressi, mentre si potrebbero considerare altre possibilità, sempre nella stessa zona visto che per le aree di Campo Marzio, Lanterna e Mercato ortofrutticolo, sono previste nuove trasformazioni urbane. Con riguardo alla costituenda società di gestione del Porto vecchio, Italia Nostra ha inviato formale richiesta ai rappresentanti del Ministero dei beni culturali e delle istituzioni locali di partecipazione a tutte le fasi della istituenda società, considerato che da quasi tre anni è attivo un coordinamento che riunisce imprenditori, professionisti, operatori di settore e soggetti bancari perché si avvii in tempi brevi il processo di riqualificazione e restauro dei magazzini. Italia Nostra resta in allerta e si avvale della collaborazione dei cittadini per la segnalazione di possibili interventi che ne mettano a rischio l'identità storica, oggi riconosciuta come uno dei valori più significativi di civiltà.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 agosto 2019

 

 

Duino Aurisina - Inquinanti sotto la soglia - Revocato dal sindaco il divieto di balneazione

Tuffi in libertà, oggi, in tutta la riviera del Comune di Duino Aurisina. Ieri mattina il sindaco, Daniela Pallotta, ha firmato l'ordinanza di revoca del divieto scattato venerdì pomeriggio, in conseguenza dei rilevamenti effettuati dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale del Friuli Venezia Giulia (Arpa Fvg), che avevano evidenziato la presenza di «contaminati microbiologici (Escherichia coli) in misura superiore ai limiti indicati dal Decreto ministeriale sulla salute del 30 marzo 2010». Nuove rilevazioni, effettuate d'urgenza dall'Arpa Fvg, hanno dimostrato che i valori sono tornati normali, perciò, al termine di un incontro tecnico alla presenza della stessa Pallotta e degli assessori Massimo Romita (Turismo) e Lorenzo Pipan (Lavori pubblici), oltre che dei rappresentati di Arpa e Acegas Aps, è stata presa la decisione di liberalizzare la balneazione. Rimane però l'interrogativo che riguarda la causa del ripetersi di questa situazione. Già per tre volte, nel corso dell'estate, il sindaco ha dovuto vietare la balneazione in particolare all'altezza della Dama Bianca, nel porticciolo di Duino, e sotto il castello dei Principi di Torre e Tasso. «Stiamo effettuando verifiche - ha precisato Romita - perché è strano che, a distanza di poche ore e nello stesso specchio d'acqua, l'Arpa Fvg riscontri dapprima valori parecchio superiori alle soglie limite e nei giorni successivi una situazione normale». «Le punte di inquinamento sono troppo elevate - ha evidenziato l'assessore - sono situazioni eccezionali di cui vogliamo appurare le cause». Fra le ipotesi si sta valutando anche la possibilità che ci siano comportamenti colposi o addirittura dolosi. Ciò che è certo è che la causa dell'inquinamento temporaneo non può essere individuata nella presenza delle famose vasche per l'allevamento dei pesci situate al largo di Duino. «Arpa Fvg ogni settimana effettua verifiche sugli impianti - ha concluso l'assessore - per individuare eventuali anomalie e sforamenti».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 agosto 2019

 

 

Valori ancora sballati - Tuffi di nuovo proibiti nelle acque di Duino

Batteri oltre i limiti. Oggi balneazione vietata per la terza volta in questa stagione. La revoca ora dipende dalle controanalisi

DUINO AURISINA. Nuovo divieto di balneazione, oggi, in tre punti della riviera di Duino, e di nuovo a causa del mare inquinato. Tuffi proibiti per l'intera giornata, dunque, nel tratto di costa conosciuto come "Dama Bianca", cioè nell'area del vecchio porticciolo di Duino, oltre che sotto il castello dei principi di Torre e Tasso e lungo la scogliera in direzione di Trieste. Balneazione regolare invece nella baia di Sistiana. A emettere l'ordinanza di divieto, la terza in questa stagione, è stata Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina, che ha dovuto prendere atto delle rilevazioni effettuate in questi giorni, in particolare dopo le ultime forti piogge, da parte dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Friuli Venezia Giulia (Arpa Fvg). I campioni hanno infatti evidenziato la presenza di «contaminati microbiologici (Escherichia coli) - si legge nel verbale - oltre i limiti indicati dal Decreto ministeriale sulla salute del 30 marzo 2010». In base al Decreto legislativo 116 del 2008, spettano ai Comuni «la delimitazione, nell'ambito del proprio territorio, delle zone non idonee alla balneazione e la revoca dei relativi provvedimenti, in conformità e sulla base dei risultati delle analisi effettuate a cura dei servizi regionali competenti». In sostanza, per Pallotta non c'erano alternative: «Sono molto dispiaciuta - commenta il sindaco di Duino Aurisina - perché questa situazione mette in difficoltà gli operatori turistici delle aree coinvolte nel divieto e impedisce ai tanti numerosi ospiti, italiani e stranieri, di godere del nostro mare come vorremmo».«Domani (oggi, ndr) - aggiunge Pallotta - saranno fatti nuovi rilevamenti e speriamo di poter cancellare il divieto».Nel contesto di una situazione già problematica, non è mancata la polemica. C'è chi ha criticato la presenza di pochissime copie dell'ordinanza di divieto nelle aree interessate dal provvedimento. C'è chi si è tuffato ugualmente nelle acque del porticciolo di Duino, perché non si è accorto della presenza del foglio firmato dal sindaco, ed è stato avvisato a voce da alcuni residenti. Cresce intanto la curiosità per capire come mai, dopo i temporali di particolare intensità, siano sempre queste tre zone del mare di Duino a presentare la maggiore concentrazione di sostanze pericolose. Si dovranno in effetti effettuare studi più precisi per verificare se la causa di questa situazione ricorrente sia da attribuire alle correnti, ai venti o ad altro.-

Ugo Salvini

 

 

L'altipiano scommette su cicloturismo e mobilità sostenibile - PROGETTO "BICIPLAN"

Mettere Duino Aurisina, in virtù della sua posizione geografica, «al centro del progetto denominato "Biciplan", che prevede l'incremento della mobilità sostenibile e dei percorsi ciclabili nell'area dell'Uti giuliana». Lo ha annunciato il sindaco di Duino Aurisina Daniela Pallotta nel corso della seduta che ha dedicato al tema la Commissione consiliare Turismo del comune carsico, presieduta dal consigliere Sergio Milos, alla presenza della giunta al completo e di alcuni consiglieri "esterni". A illustrare "Biciplan" è stata l'architetto Adriana Cappiello dell'Uti giuliana. «In ambito urbano - ha detto - la bicicletta è un mezzo competitivo e flessibile in tutti i casi in cui mostrano i propri limiti l'automobile e il trasporto pubblico. Occorre quindi realizzare non singole piste ciclabili, ma una rete di percorsi ciclabili. "Biciplan" - ha proseguito - è un piano di area vasta che prevede l'abbandono della logica degli interventi "per frammenti", per realizzare una così in modo coordinato una rete ciclabile portante, da completarsi nel lungo periodo, e una di supporto a essa collegata e interconnessa». «"Biciplan" - ha sottolineato l'assessore Massimo Romita - rientra nelle linee strategiche del Comune di Duino Aurisina, diventando complementare al nostro progetto "Walking, running, bike", legato al mondo delle passeggiate, delle corse e delle camminate e a tutto il mondo delle biciclette. Stiamo elaborando anche proposte di intermodalità - ha continuato l'assessore della giunta di Duino Aurisina - come quella che coinvolge ad esempio la stazione di Visogliano». «Duino Aurisina - ha ribadito Pallotta - è l'anello di congiunzione dove tutti i percorsi ciclopedonali nazionali ed europei si intrecciano, perciò stiamo predisponendo proposte, anche attraverso il Gal Carso, e guardiamo anche alla vicina Slovenia». L'assessore Lorenzo Pipan ha ricordato infine che «sarà realizzata una serie di tratti della pista ciclabile, in testa quello del Villaggio del Pescatore, con i 181 mila euro ad esso dedicati».-

Ugo Salvini

 

 

La crisi climatica provocherà fame e migrazioni di massa

I ricercatori Onu pubblicano il rapporto 2019 sul riscaldamento globale Il Mediterraneo è ad alto rischio. Aumenta la desertificazione delle terre

La regione del Mediterraneo è una delle principali vittime del disastro climatico e dei flussi migratori compulsivi che da essi saranno generati. È questo il più recente monito lanciato dalle Nazioni Unite in materia di cambiamenti climatici, partendo da alcuni dati fondamentali. Il primo dei quali è che mezzo miliardo di persone già vivono in aree del Pianeta vittime della desertificazione, mentre l'erosione dei territori avviene a una velocità tra le 10 e le 100 volte superiore alla loro formazione. In un contesto dai toni già drammatici l'aumento delle temperature provocato dai gas serra emessi dall'uomo rende il fenomeno peggiore, agevolandone un'accelerazione in termini di aumento della siccità, ondate di calore e desertificazione. Fattori catastrofici che interessano «almeno» l'area del Mediterraneo avverte l'«Intergovernmental panel on climate change», il comitato scientifico dell'Onu sul clima, nell'edizione 2019 del rapporto «Cambiamento climatico e territorio». Al contempo si assiste a un'accelerazione degli eventi meteorologici estremi, come cicloni, uragani, tornado e alluvioni: più caldo vuol dire maggior evaporazione, e maggior vapore acqueo nell'atmosfera vuol dire piogge più intense. Quest'anno i ricercatori dell'Ipcc (un centinaio da 52 Paesi, fra cui l'italiana Angela Morelli) si sono concentrati sui rapporti fra il clima e la gestione del suolo. Ciò perché i fenomeni descritti nel rapporto danneggiano l'agricoltura e riducono la produzione di derrate alimentari. Le popolazioni dei Paesi più poveri sono quelle che ne risentono di più e quando non si ha più da mangiare si è costretti a spostarsi per cercare di sopravvivere, o a combattere per le poche risorse rimaste. Ed ecco allora l'aumento compulsivo dei flussi dal sud al nord del mondo, ovvero dalle zone afflitte dalla mancanza di mezzi di sussistenza a quelle che, almeno per ora, ne dispongono. Flussi che già interessano in particolar modo il Mediterraneo, ecco il perché dell'indicazione specifica contenuta nel dossier Onu. Un'area dove i fenomeni migratori insistono su varie direttrici e non solo dall'Africa verso l'Europa del sud. Il timore inoltre è che questi processi di desertificazione e le conseguenti crisi alimentari esploderanno contestualmente in diversi continenti, come spiega Cynthya Rosenzweig, ricercatrice scientifica del Nasa Goddard Institute for Space Studies e una degli autori del rapporto. «Il rischio di un fallimento contestuale a diverse zone del Pianeta sta aumentando», dice la scienziata descrivendo un fenomeno simile a una bomba a orologeria. «Si prevede che Asia e Africa avranno il maggiore quota di popolazione colpita dall'aumento della desertificazione - si legge nel rapporto di 1.200 pagine -. I cambiamenti climatici possono amplificare le migrazioni. Eventi atmosferici estremi possono portare alla rottura della catena alimentare, minacciare il tenore di vita, esacerbare i conflitti e costringere la gente a migrare». Non a caso molti ritengono che tra le cause dei conflitti più recenti, assieme alle questioni politiche e gli interessi economici vi sia una componente relativa al fattore climatico, in particolare alle crisi alimentari e idriche. In un quadro tanto desolante c'è però una lettura in parte rassicurante, ovvero una buona gestione del territorio è uno strumento fondamentale per contrastare la crisi climatica. L'agricoltura sostenibile ferma erosione e desertificazione, il ripristino di terreni degradati e la difesa delle foreste e degli ecosistemi garantiscono l'assorbimento naturale dell'anidride carbonica da parte delle piante. Il rapporto sottolinea anche come combattere lo spreco di cibo abbatterebbe i gas serra. Oggi il 25-30% della produzione alimentare viene persa o finisce nella spazzatura, e tale spreco contribuisce per l'8-10% alla produzione di emissioni nocive. Strategica è anche la dieta: meno carne (non solo per motivi di salute, ma anche e soprattutto per le emissioni ad alto contenuto di metano prodotte dagli allevamenti bovini) e più verdure, chiosa l'Ipcc, «possono agevolare la riduzione potenziale fino a otto miliardi di tonnellate di CO2 all'anno». 

Francesco Semprini

 

Il cambiamento climatico e la sicurezza alimentare

Lo sfruttamento della terra e il cibo sono collegati al cambiamento climatico. A Ginevra, IPCC - il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite - punta il dito su questo tema, e lo fa con il rapporto Climate Change and Land. Un lavoro di ricerca enorme che inorgoglisce IPCC per il fatto che il 53% degli scienziati che vi ha preso parte provengono da nazioni meno sviluppate, e dunque conosce in prima persona gli effetti del sovrasfruttamento delle risorse terrestri e del cambiamento climatico. Il cuore del rapporto è come i temi della sostenibilità, dello sfruttamento delle risorse, dei gas serra, della produzione e l'accesso al cibo possano condizionare irreversibilmente sul climate change. Al momento, il mondo è sotto attacco climatico, basti vedere come si susseguono incessantemente episodi ormai continui e diversi tra loro: scioglimenti dei ghiacciai (Groenlandia), incendi (Siberia), bombe d'acqua (Italia e Balcani), picchi anomali di temperatura (Francia). E il futuro per ora non ci sorride. In questo scenario, produzione e accesso al cibo, come già detto, giocano un ruolo centrale. La sicurezza alimentare infatti per l'IPCC è a rischio, perché il climate change sta influendo su pilastri quali resa e produzione di cibo, accesso in termini economici e stabilità, ovvero il poter produrre e distribuire alimenti con continuità e senza interruzioni. Perché questi pilastri rimangano saldi, bisogna venire incontro ai bisogni della terra. Alcune diete infatti richiedono un maggiore sfruttamento del territorio e delle risorse idriche, causando dunque più emissioni di gas che intrappolano il calore rispetto ad altre. Al contrario, diete bilanciate con alimenti a base vegetale - cereali, frutta, legumi, verdura e in generale alimenti di origine animale prodotti in modo sostenibile in sistemi a basse emissioni di gas a effetto serra - aiuterebbero non poco, se adottate, a contenere il cambiamento climatico. In generale, il messaggio lanciato a Ginevra è chiaro. La terra è satura, determinati sistemi di sfruttamento e allevamento la stanno uccidendo, e dunque bisogna in fretta agire in suo soccorso, provvedendo alla riforestazione, a ristabilire gli ecosistemi, a garantire una biodiversità sempre più a rischio. IPBES, altro organismo Onu, nemmeno due mesi fa ha ammonito che la complessità ecologica del Pianeta si sta riducendo e questo è un problema serio. Più del 40% della superficie terrestre è coltivata o urbanizzata, e meno del 23% può essere considerata "area naturale". Metà delle foreste non coltivate si è perso, nell'area tropicale la perdita di aree forestate si è triplicata in dieci anni. Circa un milione di specie animali o vegetali è a rischio estinzione, il cui ritmo è aumentato da 10 a 100 volte nell'ultimo decennio. Ci vuole un futuro più sostenibile, grazie all'impegno di tutti, e non solo dei giovani di Fridays for Future. Loro ci sono, dobbiamo esserci anche noi.

Alfredo De Girolamo

 

 

Po, un fiume di plastica - allarme inquinamento - È a rischio l'ecosistema

torino. Uno dei nemici del Po è la plastica che sta minacciando l'ecosistema del fiume più lungo d'Italia. Alla foce di Pila (Rovigo) ogni minuto il Po scarica nell'Adriatico oltre 7 chilogrammi di microplastiche che diventano 465 kg all'ora, 11 tonnellate al giorno e più di 4 mila tonnellate all'anno. Numeri impressionanti frutto del primo monitoraggio delle acque del fiume realizzato in occasione del Keep Clean and Run, un'iniziativa di sensibilizzazione ambientale giunta alla quinta edizione. Sette tappe lungo il fiume per conoscere il territorio, analizzarlo e insieme diffondere buone pratiche. Dalla sorgente del Po a Pian del Re (nel Cuneese) fino al suo delta in Emilia Romagna. A oggi si stima che solo nel Mediterraneo siano oltre 130 le specie naturali contaminate dai frammenti plastici.

Alb. Abb.

 

 

SEGNALAZIONI - Verde pubblico - Monitorare il fitorimedio

Utilizzare il fitorimedio come metodo per il recupero di spazi inquinati in città è sicuramente una buona pratica, nello specifico aver scelto di utilizzare questo metodo per i giardini di Trieste in cui si era rilevato un alto tasso di IPA all'analisi del suolo sembrava a tutti un'ottima scelta. Non bisogna minimizzare il problema però, fermandosi a raccontarsi dei soldi spesi e dichiarare di aver seminato e ci si lava la coscienza. Il Comune ha predisposto nuove analisi per dire che i terreni in questo poco tempo sono migliorati? Da alcuni sopralluoghi poi fatti da ambientalisti di città su questi siti si è osservato quasi sempre una manutenzione assente, le erbe seminate non crescevano non avevano un sufficiente metodo di irrigazione talvolta le specie non sono più neanche presenti. Quindi oltre a seminare bisogna controllare, monitorare e valutare il lavoro di depurazione del terreno. Attendiamo quindi i nuovi risultati che ci potrebbero dire che il lavoro fatto ha avuto successo e non una semplice dichiarazione dell'assessore con nessun risultato laboratoristico in mano I soldi vanno spesi ma bene. Quindi l'unico risultato è stato la chiusura di giardini e spazi di socialità e poca attenzione a quello che doveva essere un lavoro di progetto pilota da esportare in tutta la regione e oltre.

Tiziana Cimolino

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 agosto 2019

 

 

Firmato l'accordo bis con i Beni culturali su Magazzino 26, Ursus, strade e servizi

Rimodulata l'intesa sugli interventi del valore di 50 milioni di euro. Fissata la tabella di marcia: le gare entro primavera 2021

La "scheda" numero 11 è autorizzata a entrare nella fatidica urna di Porto Vecchio. Regione Fvg, Comune, Autorità portuale hanno detto sì alla rimodulazione dell'accordo operativo sugli interventi finanziati dal ministero dei Beni Culturali in Porto Vecchio per un importo complessivo di 50 milioni di euro. Ma l'aspetto più significativo dell'atto riguarda la definizione delle tempistiche organizzative e realizzative: le gare d'appalto relative al Magazzino 26 (Museo del mare), al secondo lotto delle infrastrutturazioni (strade, reti idriche elettriche fognarie, ecc.), al restauro del pontone Ursus debbono essere bandite entro il 31 marzo 2021. L'ultimazione di lavori, servizi, forniture dovrà avvenire per i tre obiettivi entro il 31 dicembre 2025. Al netto di oltre 8 milioni di euro già utilizzati, la scansione degli stanziamenti prevede 1,24 milioni di euro relativi ancora al 2018; 6,78 milioni nel 2019; 16,30 milioni nel 2020; 9,89 milioni nel 2021; 7,8 milioni spalmati nel 2022 e nel 2023. In tutto sono nel portafoglio 41,8 milioni. Il riparto complessivo dei finanziamenti è confermato su 33 milioni destinati al Museo del mare, 14 milioni diretti alle infrastrutturazioni, 3 milioni alla riqualificazione dell'Ursus: i primi due capitoli sono a cura del Comune, il pontone invece sarà spettanza dell'Autorità. La cosiddetta "rimodulazione" si era resa indispensabile dal punto di vista tecnico-amministrativo in seguito al cambiamento di programma avvenuto nella primavera-estate dello scorso anno, quando il Comune decise di trasferire la futura sede del Museo del mare dall'originaria idea dei Magazzini 24-25 al Magazzino 26. In questo modo la giunta Dipiazza contava/conta di mettere a reddito le due vecchie stalle utilizzate dalla Prioglio fino a una ventina di anni fa, che si affacciano sul Bacino 0. Mesi fa si parlava di un interessamento di Fincantieri per la coppia 24-25 ma non si è mai saputo se l'intenzione si sia trasformata in qualcosa di più impegnativo. Sempre sul versante di Porto Vecchio, nessun aggiornamento sulla società consortile che sarà formata dal Comune, dalla Regione, dall'Autorità per gestire la vendita di circa quaranta hangar nella fascia che intercorre tra il "villaggio Greensisam" e il polo museale-culturale-espositivo. Una bozza di statuto è stata preparata dal Municipio e prevede la maggioranza assoluta al Comune e quote di minoranza a Regione e Autorità. Insomma, il modello ex Ezit adattato alla nuova circostanza. Ma sembra che per la Regione sia indispensabile una norma specifica che passerà al vaglio del Consiglio.

Massimo Greco

 

 

"Caccia" alla plastica fino a Ferragosto per il sardon Alice - Barcolana 51

Rimarranno disponibili fino al 15 agosto gli speciali contenitori, collocati in 12 punti vendita Despar, in cui i cittadini possono conferire rifiuti plastici per contribuire alla costruzione del sardon "Alice", l'installazione artistica di 10 metri che sarà il simbolo di Barcolana 51.Il "Sardon Team" di AcegasApsAmga sta raccogliendo da questi contenitori la plastica che gli artisti di SCART e dell'Accademia delle belle arti di Firenze utilizzeranno per dare vita alla grande installazione che AcegasApsAmga, GruppoHera, Herambiente e Despar, assieme a Barcolana e al Comune di Trieste, realizzeranno a ottobre. Saranno necessarie oltre diecimila tra bottiglie, flaconi e tappi di plastica per completare Alice, un compito di raccolta che i triestini stanno portando avanti dal 7 luglio e che è quasi giunto al termine.L'obiettivo del progetto "Dalla pArte del Mare" è di sensibilizzare le persone, fare in modo che i triestini si appassionino a questa iniziativa e contribuiscano, conferendo la "materia prima" migliore possibile, per confezionare tutti assieme un eccezionale sardon: Alice, oltre che essere un importante simbolo a supporto della lotta alle plastiche, potrà essere così anche bellissima.A tutti i triestini che conferiscono la plastica "giusta" nei contenitori nei punti vendita Despar, Barcolana e AcegasApsAmga chiedono di inviare una foto via Facebook, Twitter o Instagram dei canali social di Barcolana o AcegasApsAmga, che creeranno delle specifiche gallery per rendere ancora più un "lavoro di squadra" la creazione del sardon.

 

 

Nuovo record della differenziata a Sgonico: 72,7%

Migliora ulteriormente il livello della raccolta differenziata nel Comune di Sgonico. Nel primo quadrimestre di quest'anno, in effetti, come rende noto la stessa amministrazione Hrovatin, nel territorio del piccolo centro carsico si è raggiunta quota 72,68%. Un traguardo definito «importante», anche «perché conferma un trend crescente»: nel 2017 la differenziata era arrivata al 68,67% e nel 2018 era salita ulteriormente al 71,09%. «Siamo molto soddisfatti - è il commento del sindaco di Sgonico Monica Hrovatin - perché questo costante miglioramento premia sia lo sforzo dell'amministrazione nel diffondere la cultura della raccolta, sia la risposta dei nostri concittadini, che hanno colto il messaggio e si sono impegnati su questo fronte».

(u.sa.)

 

 

Pedala vicino a San Pelagio e i lupi gli sbarrano la strada

Disavventura tra il valico e Comeno per un appassionato di ciclismo di Sistiana «Era una coppia, il maschio voleva aggredirmi, poi un'auto li ha fatti scappare»

DUINO AURISINA. A tu per tu con una coppia di lupi dall'atteggiamento aggressivo, in una sperduta stradina del Carso sloveno, nella zona di Comeno, mentre pedalava in solitudine per allenarsi. È questa la drammatica situazione - per fortuna conclusasi senza conseguenze, grazie all'arrivo di un'automobile che ha spaventato gli animali - nella quale si è venuto a trovare l'altro giorno Danilo Bergamasco, residente a Sistiana e molto conosciuto in zona anche per la sua grande passione per la bicicletta. «Sono 40 anni che pedalo - racconta Danilo, che lavora nella stazione di servizio situata proprio nel cuore di Sistiana, lungo la strada che attraversa il piccolo centro del Comune di Duino Aurisina - dapprima come giovane atleta di tante società della regione, mentre oggi gareggio nella categoria dei Master, per i colori del gruppo sportivo delle Generali. Per tenermi in forma mi alleno spesso, talvolta anche di sera - aggiunge - perciò posso dire che, nel tempo, ho percorso decine di migliaia di chilometri, ma mai mi ero trovato in una situazione di pericolo come quella vissuta vicino a Zagrajec, a poca distanza dal valico di San Pelagio. Erano circa le sei della sera - continua Danilo - e stavo spingendo sui pedali come sempre quando, dopo una curva, mi sono improvvisamente trovato davanti a una coppia di lupi, un maschio e una femmina».«Ho subito notato che il maschio aveva un atteggiamento minaccioso, perché mostrava i denti, aveva le bave che gli scendevano dalla bocca e le orecchie rivolte verso l'alto. Tutti segnali della sua volontà di aggredirmi - continua l'atleta - perché evidentemente sentiva il bisogno di difendere la femmina o forse perché era affamato. In ogni caso mi sono sentito veramente in difficoltà, perché ero solo e potevo contare solo sulla forza delle mie gambe. So però per esperienza che se un animale di quel tipo vede la potenziale preda scappare è tentato di seguirlo. Proprio nel momento in cui stavo pensando velocemente al da farsi - ricorda il ciclista - è sopraggiunta un'auto dalla parte opposta ed è stata una grande fortuna per me, perché i due lupi a quel punto si sono spaventati e sono ritornati nel bosco. Non voglio nemmeno pensare - conclude il suo racconto Danilo - a cosa sarebbe potuto succedere se non fosse arrivata quella vettura».Al suo ritorno a casa, Danilo si è immediatamente rivolto a chi conosce la zona ed è venuto a sapere che in alcuni punti della Slovenia, a ridosso del confine, si sono registrati vari attacchi alle pecore che pascolano proprio ad opera di lupi, evidentemente alla ricerca di cibo. L'episodio però non ha scalfito la passione di Danilo Bergamasco per la bicicletta. «Il giorno dopo l'accaduto - riprende - sono risalito in sella e sono tornato a pedalare sulle strade che da Sistiana, dove risiedo, portano verso il Carso sloveno, perché non voglio perdere la condizione atletica. Spero che la situazione non debba ripetersi - prosegue - ma per ora non voglio pensarci».Il fenomeno dell'avvicinarsi di lupi e cinghiali a zone abitate non è nuovo sul Carso. Il cibo per loro è sempre più difficile da trovare e l'istinto li porta a uscire dai sentieri abituali per inoltrarsi verso le fattorie isolate e gli agglomerati più piccoli. Zagrajec per esempio conta una trentina scarsa di abitanti.-

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 agosto 2019

 

 

Addio ai ghiacci della Marmolada Tra 25 anni non ce ne sarà traccia

Il nuovo allarme sui cambiamenti climatici in uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche - Le temperature medie sono troppo elevate. Ma la politica italiana non prende alcuna misura

Ancora 25 anni e poi del ghiacciaio sulla Marmolada non resterà più traccia. Il più grande ghiacciaio delle Dolomiti, collocato a 3mila metri tra Veneto e Trentino si sta sciogliendo a causa del riscaldamento globale provocato dai gas serra immessi nell'atmosfera. A lanciare l'allarme sono gli scienziati del Cnr che hanno effettuato uno studio dettagliato sulla Marmolada i cui risultati verranno pubblicati entro fine estate. Tre anni di studi e sopralluoghi eseguiti da un'equipe di ricercatori che ha utilizzato anche elicotteri e radar. «Lo spessore del ghiaccio della Marmolada è stato osservato con alcuni sorvoli radar in elicottero e i dati sono stati confrontati con le misurazioni del 2004 - spiega il professor Renato Colucci, glaciologo del Cnr di Trieste - Ne emerge che se la Terra continua a riscaldarsi in questo modo tra 25 anni la Marmolada resterà completamente senza ghiacciaio. Sarà sempre una montagna bellissima ma completamente diversa da quella di oggi». Lo scioglimento riguarderà tutto l'arco alpino al di sotto dei 3.500 metri, entro il 2050 spariranno i ghiacci eterni delle Alpi orientali e centrali e rimarranno solo quelli delle Alpi occidentali, le più alte: «I ghiacciai alpini di Italia, Francia, Austria e Svizzera si stanno ritirando a una velocità senza precedenti, non era mai successo in migliaia di anni - spiega Colucci -. Nell'ultimo secolo, è scomparsa la metà della copertura. Il 70% di questa metà è sparita negli ultimi 30 anni. La temperatura media dell'ultimo decennio è incompatibile con l'esistenza di ghiacciai sotto i 3.500 metri».La colpa è dell'uomo e dell'inquinamento prodotto, che ha sconvolto l'equilibrio naturale. «I carotaggi fatti sui ghiacci di Groenlandia e Antartico - spiega ancora Colucci - ci dicono che nell'ultimo secolo l'aumento dell'anidride carbonica nell'atmosfera è stato cento volte più rapido che in qualsiasi altra epoca negli ultimi 800.000 anni. E la responsabilità non può che essere dell'uomo». Oggi in atmosfera vengono immesse ogni anno 40 giga tonnellate di CO2, una cifra enorme che non si riesce a smaltire e che provoca il surriscaldamento del pianeta. Gli effetti immediati sul territorio saranno i problemi di irrigazione e approvvigionamento idrico dal momento che un ghiacciaio come quello della Marmolada alimenta centinaia di torrenti e ruscelli che confluiscono nei grandi fiumi. Ma anche il turismo subirà un contraccolpo: sulle Alpi si continuerà a sciare d'inverno ma il paesaggio sarà sempre più simile a quello degli Appennini.«Non possiamo più ignorare gli effetti del cambiamento climatico - spiega Giampiero Ghedina, sindaco di Cortina - La tempesta Vaia che ha distrutto i nostri boschi è l'ultimo esempio, ma poi ci sono le bombe d'acqua che devastano i nostri paesi. Se attendiamo ancora di ridurre l'effetto serra non potremo più tornare indietro. Nel 2026 le Dolomiti ospiteranno le olimpiadi invernali che saranno all'insegna della sostenibilità ambientale. È un segnale che la montagna manda per non scomparire».Il fenomeno dello scioglimento dei ghiacci riguarda tutte le catene montuose del mondo, dalle Ande all'Himalaya. «La fusione del ghiaccio che in questi giorni sta interessando la Groenlandia è il campanello di allarme di quanto sta succedendo nel nostro pianeta - dice Massimo Frezzotti, presidente del Comitato glaciologico italiano - Se non azzeriamo l'effetto serra non solo spariranno i ghiacciai come la Marmolada ma il livello dei mari si innalzerà, almeno di un metro entro fine secolo. Inghilterra e Olanda stanno costruendo barriere di sette metri ma altre zone povere del pianeta verranno sommerse e assisteremo a esodi di massa». Per Frezzotti le soluzioni per ridurre drasticamente l'effetto serra ci sono ma deve essere la politica a darsi da fare: «Di solito la politica guarda avanti al massimo di 5 anni, ora serve uno sforzo e una visione di quello che sarà il mondo tra 20 anni. Un po' quel che continua a dire la giovane Greta Thunberg ». -

Danilo Guerretta

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 agosto 2019

 

 

Sulla Tav l'asse inedito Lega-Pd «La mozione 5S non passerà»

Il Carroccio può contare anche sull'appoggio di Berlusconi Zingaretti pensa all'astensione per pungolare i gialloverdi Ma i renziani non lo seguono

Roma. In piedi al bancone della buvette del Senato, Luigi Zanda, tesoriere Pd, si concede una pausa e con un sospiro si lascia scappare questa frase: «In effetti per metterli in difficoltà dovremmo astenerci sulla mozione dei grillini». Poi subito si riprende, «però per farla passare dovrebbe astenersi Forza Italia». Senza i 50 e passa no del Pd, la mozione contro la Tav dei Cinque stelle domani rischierebbe infatti di essere approvata, perché Lega e Fi da soli potrebbero non avere numeri sufficienti. Ma al di là dei tecnicismi parlamentari, la questione che tiene alzate le antenne di tutti al Senato è come finirà il voto sulla Tav: se passasse il no dei grillini alla Tav di fatto sarebbe una sconfessione del premier Conte. Un campanello d'allarme di una possibile crisi di governo. Ma per l'eterogenesi dei fini, si crea di fatto un asse Lega-Pd che allontana la crisi. Le cose stanno così: la Lega voterà tutte le mozioni a favore della Tav, quella di Forza Italia e del Pd. Che a sua volta voterà, insieme alla Lega, contro la mozione M5S. I mal di pancia tra i dem - A decidere la linea del no è stato il capogruppo renziano Andrea Marcucci, «per coerenza alla nostra posizione favorevole alla Tav». Il quale non ha voluto sentire ragioni, malgrado ieri per un'ora Zingaretti abbia provato a convincerlo che forse andrebbe valutata un'uscita dall'Aula. Proprio per mettere in difficoltà Salvini e Di Maio. Alla fine il segretario si è adeguato: «Fate come volete, l'autonomia dei gruppi è sovrana». Ben sapendo che l'80 per cento del gruppo al Senato è composto da renziani. Anche se Antonio Misiani, vicino al segretario, è consapevole che il voto contro la mozione M5S sulla Tav si traduca in un aiuto al governo, non dispera che si cambi rotta verso l'astensione. «Di qui a mercoledì c'è tempo...». La verità è che i renziani non fanno mistero di non voler andare a votare per paura di essere fatti fuori dalle liste. Quindi come al solito il Pd è diviso alla meta. Ma per Salvini alla fine, com'è successo ieri per il decreto sicurezza bis, è il risultato che conta: portare a casa la Tav e dimostrare che in Parlamento come nel Paese c'è una grande maggioranza a favore della Torino-Lione e delle opere pubbliche. E che i grillini sono isolati. Archiviato questo tornante parlamentare, senza crisi di governo, Salvini si rimette le infradito e i bermuda per girare le spiagge come fosse in campagna elettorale. Il beach tour partirà domani da Sabaudia e Anzio per attraversare il litorale abruzzese e giù fino ai lidi calabresi e siciliani. Con le Europee il ministro dell'Interno ha già portato il Carroccio nel Centro-Sud ad una percentuale a due cifre: una media del 15-17 per cento. Ma vuole sfondare il muro del 20 ovunque, capitalizzando il consenso crescente nelle Regioni meridionali. Solo così potrà sperare di avvicinarsi al 40 per cento e fare della Lega un partito a vocazione maggioritaria, come voleva essere il Pd di Veltroni e come lo fu il Pd di Renzi.

Carlo Bertini, Amedeo La Mattina

 

 

 

 

MESSAGGERO VENETO - LUNEDI', 5 agosto 2019

 

 

Cambiamento climatico: premiata Legambiente

Il premio internazionale della Società meteorologica europea (Ems) sulla sensibilizzazione e comunicazione è stato assegnato alla giornalista e scrittrice Elisa Cozzarini e a Legambiente Fvg, per il progetto, realizzato due anni fa, "Comunicare il cambiamento climatico". Nel 2009 lo stesso riconoscimento era andato a Marco Virgilio di Telefriuli. «Elisa Cozzarini, - spiega il presidente regionale di Legambiente, Sandro Cargnelutti - ha saputo coinvolgere scienziati, ambientalisti, scrittori, insegnanti, studenti, esperti di varie discipline e cittadini integrando documentari disponibili in italiano con sottotitoli in inglese e sloveno a conferenze, escursioni ed eventi divulgativi di vario genere. I materiali video sono a disposizione delle scuole, dei giovani e di tutti gli interessati». Soddisfatta la premiata. «È un onore ricevere questo riconoscimento, - commenta Cozzarini. - Ci spinge a continuare sulla strada della comunicazione e sensibilizzazione, vista l'urgenza del problema. Negli ultimi mesi abbiamo visto acuirsi i segnali della crisi climatica: lo scorso autunno la tempesta Vaia ha devastato i boschi del Nordest e, a giugno, un'ondata di caldo eccezionale ha colpito l'Europa con temperatura in alcuni casi senza precedenti. Siamo al fianco del movimento Friday for future per chiedere azioni immediate prima che sia troppo tardi». Il progetto "Comunicare il cambiamento climatico" ha richiesto l'impegno di tante persone con competenze diverse e l'utilizzo di differenti modalità di comunicazione, per ampliare il più possibile il coinvolgimento dei cittadini e in particolare dei giovani.

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 5 agosto 2019

 

 

Lo Spi boccia il futuro di Roiano «Più cemento nel nuovo piano»

L'ULTIMA VERSIONE DEL PROGETTO DI RECUPERO DELL'EX CASERMA

Prosegue la discussione sulla futura conformazione della nuova piazza di Roiano che sorgerà sulle ceneri dell'ex caserma della Polstrada. Dopo l'assemblea pubblica di fine luglio, il sindacato Spi-Cgil espone infatti i propri dubbi sul progetto presentato ai cittadini dal Comune. «Abbiamo contestato che il nuovo progetto definitivo ha meno verde, avrà più cemento e quindi più irradiazione e calore, che è a parziale uso sociale, e gli unici che ne avranno un beneficio sicuro saranno gli automobilisti che troveranno con più facilità il posteggio», scrive lo Spi-Cgil in un comunicato. Le critiche principali che vengono dal sindacato riguardano la progettazione del nido, che avrebbe «ribaltato il concetto originario di luogo aperto» optando per un edificio quadrilatero che racchiuderà un orto/bosco didattico interno, e la mancanza di un luogo di aggregazione coperto per gli anziani e i giovani, dove trovare anche giornali, riviste e libri. Lo Spi-Cgil si dice poi preoccupato dai tempi annunciati per la realizzazione dell'intera opera, i cui lavori dovrebbero partire intorno alla prossima primavera. Tempi che metterebbero a rischio il finanziamento ottenuto dalla giunta precedente. A proposito dei nuovi parcheggi, inoltre, il sindacato sottolinea che «saranno a rotazione e a pagamento». Lo Spi-Cgil appoggia, invece, la richiesta dell'associazione di Roiano di un luogo all'aperto per rappresentazioni teatrali e cinematografiche e per altri momenti di socializzazione, emersa nel corso della stessa assemblea pubblica. «Tutto il resto del rione continuerà a spostarsi con i mezzi pubblici verso il centro per raggiungere un centro civico o per l'assistenza infermieristica - conclude il comunicato - e donne e uomini anziani andranno a socializzare nei centri commerciali, spesso lontani».-

Simone Modugno

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 agosto 2019

 

 

Il popolo di Greta a Losanna una triestina fra i 500 attivisti

DA DOMANI IL SUMMIT CON GIOVANI DA 37 PAESI

Trieste. A Losanna da Trieste per il clima. Da domani a venerdì 9 agosto l'ateneo della città svizzera ospiterà un summit con oltre 500 giovani attivisti da 37 diverse nazioni, allo scopo di dotare il neonato movimento contro il "global warming" di un coordinamento di respiro europeo. Sarà presente anche Greta Thunberg. Dal nostro Paese sono in partenza 30 esponenti di Fridays For Future Italia. E delegata per il Friuli Venezia Giulia sarà la triestina Laura Zorzini, 24 anni, studentessa di Psicologia. L'incontro al via domani si intitola "Summer meeting in Lausanne Europe", con l'acronimo "Smile". Si pone l'obiettivo di creare una base paneuropea per il movimento e di discutere delle sue future azioni per mettere pressione su istituzioni e società, affinché riducano le emissioni dannose. «È fondamentale che si arrivi all'azzeramento delle emissioni di Co2 e di altri gas clima-alteranti entro i prossimi 11 anni - spiega Zorzini -. La nostra proposta, come delegazione italiana, sarà che il movimento internazionale chieda alle istituzioni di fissare questo limite temporale al 2025. Se i nostri ultimatum non saranno ascoltati sarà davvero troppo tardi. C'è in gioco l'esistenza dell'umanità sul pianeta». E ancora: «Sì, perché il pianeta si salva anche senza di noi, e forse pure meglio. Il limite degli 11 anni è quello del non ritorno: poi il cambiamento sarà irreversibile, stando alle ultime ricerche scientifiche che abbiamo studiato nell'ambito del nostro percorso di attivismo. Noi siamo infatti solo studenti: chiediamo delucidazioni a chi è competente, organizziamo conferenze. Le nostre azioni sono soprattutto queste. Ci appelliamo a ogni scuola, università e altro ente affinché si unisca al nostro coro per chiedere al Consiglio dei ministri europeo e all'Europarlamento che sia proclamato lo stato di emergenza climatica, ambientale, ecologica e della biodiversità. Il clima sta letteralmente collassando. Si pensi ai roghi nell'Artico, ad esempio».Tornando al summit, ci saranno momenti assembleari di natura plenaria, workshop, convegni, gruppi di lavoro, conferenze e simili. Vi prenderanno parte ospiti come il premio Nobel Jacques Dubochet o l'ex vicepresidente dell'assemblea delle Nazioni Unite per l'Ambiente, Madani Kaveh, per citarne un paio. Il programma completo è sul sito "smileforfuture.eu".«La proposta che porterò personalmente - aggiunge Laura - sarà di promuovere le collaborazioni a livello locale tra enti e associazioni di confine: nella nostra regione gli interlocutori potrebbero essere soggetti sloveni e austriaci, ad esempio. E l'autunno sarà particolarmente caldo, in tutti i sensi».L'appuntamento all'orizzonte è la "Week for future", dal 20 al 27 settembre, che culminerà nel terzo sciopero globale per il clima. Saranno mobilitate quasi 5 mila piazze in tutto il pianeta, Fvg compreso. Esistono gruppi Fff a Trieste, Udine e Pordenone, nati lo scorso febbraio come nel resto del mondo. Quello triestino conta una decina di giovani. 

Lilli Goriup

 

Groenlandia, sciolti in un giorno 10 miliardi di tonnellate di ghiacci

Correnti torride dall'Africa. Conseguenze per l'intero ecosistema. Sotto accusa le emissioni di gas serra

ROMA. Se l'intera superficie della Groenlandia si sciogliesse, il livello medio del mare salirebbe di oltre 7 metri. Scenari apocalittici a parte, quanto sta accadendo nell'isola dell'Artico è preoccupante: il caldo eccezionale di questi giorni sta provocando uno scioglimento record dei suoi ghiacci. A luglio le correnti torride provenienti dall'Africa non hanno risparmiato il Nord Europa, tanto che in Belgio la scorsa settimana si sono sfiorati i 42 gradi e la Siberia è stata colpita da vasti incendi. L'ondata di calore ha proseguito il suo percorso, picchiando sulla punta più estrema del pianeta, la Groenlandia, particolarmente vulnerabile alle alte temperature perché costituita per l'82% da ghiaccio. Impressionanti le immagini: fiumi spontanei nati da macigni di ghiaccio liquefatti di colpo, che solcano la superficie bianca dell'isola più grande del mondo creando un paesaggio nuovo. Il picco mercoledì, con 10 miliardi di tonnellate disperse nell'oceano in un solo giorno, ha reso noto l'Istituto Meteorologico della Danimarca (di cui la Groenlandia è territorio semi-autonomo). Nell'intero mese di luglio sono andati perduti 197 miliardi di tonnellate di ghiaccio, 240 miliardi quest'anno. Il record del 2012, fissato a 290 miliardi di tonnellate, è a portata di mano: bisogna ancora attendere i dati di agosto. Lo ha confermato la climatologa danese Ruth Mottram: «Se è vero che l'onda africana sta lasciando la Groenlandia, tutto fa pensare che avremo ancora temperature miti e cieli limpidi, altrettanto importanti, se non più, per lo scioglimento della calotta glaciale».I numeri sono talmente alti da risultare difficilmente comprensibili: ma basta pensare che un miliardo di tonnellate di ghiaccio corrisponde al volume di acqua che può riempire 400 mila piscine olimpioniche. Con conseguenze per l'intero ecosistema: secondo uno studio di giugno condotto da scienziati americani e danesi, lo scioglimento del ghiaccio nella sola Groenlandia porterà all'innalzamento globale del livello del mare tra i 5 ed i 33 centimetri entro il 2100. La mano dell'uomo, con le massicce emissioni di gas serra nell'atmosfera, resta sotto accusa. L'Organizzazione meteorologica mondiale ha osservato che le ondate di calore estreme si stanno verificando almeno 10 volte più frequentemente rispetto a un secolo fa: «Eventi che possono verificarsi naturalmente, ma studi hanno dimostrato che sia la frequenza che l'intensità di queste ondate sono aumentate causa il riscaldamento globale», ha spiegato il portavoce dell'organismo Onu, Mike Sparrow. E se la temperatura sale a farne le spese per prime sono le zone polari: «Quando le persone parlano della temperatura media globale che aumenta di poco più di un grado, non è un problema enorme se sei ad Amburgo o Londra, ma questa è una media globale ed è di gran lunga maggiore nelle regioni polari». Nei giorni scorsi oltre 200 renne sono state trovate morte di fame nell'arcipelago norvegese di Svalbard, in pieno Artico. Per l'incapacità di trovare pascoli, inariditi da un clima sempre più africano.

 

 

Abbiamo poco tempo per proteggere beni comuni come l'acqua - la lettera del giorno di Paola Penco

Forse non tutti sanno che entro il 10 agosto prossimo, nella sede del proprio quartiere e al proprio Comune di residenza, è ancora possibile firmare per la legge di iniziativa popolare sui Beni pubblici e comuni. Tengo a precisare che questa legge è il prezioso lascito della Commissione Rodotà, a suo tempo incaricata di aggiornare il concetto di proprietà del Codice civile (risalente al 1942) alla nostra Costituzione. Con essa viene introdotto il concetto di beni comuni legati all'esercizio dei diritti fondamentali, soprattutto delle future generazioni. La legge riguarda acqua, aria, suolo, mari, foreste, flora e fauna selvatiche, laghi, fiumi, frequenze, conoscenza, patrimoni artistici e culturali, servizio sanitario ecc. Risulta evidente l'importanza e la vastità di beni trattati da questa proposta di legge, che però da anni giace nei cassetti del Parlamento! Da quanto sopra evidenziato ritengo più che necessario, anzi, doveroso che ogni cittadino si rechi agli uffici competenti per apporre la propria firma alla legge di iniziativa popolare alla quale faccio riferimento. Ritengo che in gioco ci sia il futuro dell'Italia, il futuro dei nostri giovani! È importante altresì che ognuno si renda promotore di tale iniziativa, diffondendone il contenuto con altre persone, proprio perché pur rivestendo quella che considero grande importanza, è stata scarsamente diffusa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 agosto 2019

 

 

Sant'Antonio, piace la "fontana al centro"

È l'ipotesi progettuale più gettonata nel sondaggio online Ma in commissione piovono critiche da Pd, M5s e Open

È "la fontana al centro" l'opzione per il futuro di piazza sant'Antonio più cliccata sulla "piattaforma partecipativa", ovvero lo strumento informatico messo a punto dal Comune per sondare i desideri di cittadine e cittadini in merito alla riqualificazione dell'area. Molto sentito sul web anche il tema del verde pubblico, mentre il Comitato per la salvaguardia del patrimonio urbano cittadino (Cosapu) si batte per la tutela degli antichi masegni. Ecco in sintesi quanto emerso ieri in quarta commissione consiliare, presieduta dal forzista Michele Babuder. Chi volesse dire la propria ha tempo fino a giovedì 8 agosto: anche in vista dell'imminente scadenza, in aula l'assessore Lorenzo Giorgi ha fatto il punto della situazione. Per leggere i commenti e aggiungervi il proprio basta collegarsi al seguente indirizzo: piattaforma-partecipativa.onlinetrieste.it. Come sottolineato via web da Enrico Conte, direttore del dipartimento Lavori pubblici, il tema più sentito è quello del verde. «Fino a oggi (ieri, ndr) abbiamo avuto 1.787 accessi - ha poi specificato Giorgi, contento -. Durata media di ogni sessione, 4 minuti e 19 secondi: un dato inatteso, se si considera che in media la permanenza davanti a un articolo di giornale online è di 17 secondi. Il 50, 2% degli accessi sono avvenuti da desktop. Sono stati pubblicati 63 commenti. Visite sono pervenute da Olanda, Stati Uniti, Croazia e Regno Unito oltre che dal resto d'Italia. L'opzione più visualizzata è quella con la fontana al centro».Le altre, come noto, prevedono "rigore geometrico", "il verde e la memoria" o ancora la presenza di una fontana davanti al tempio di San Spiridione. Roberto Cason (Lista Dipiazza) ha applaudito l'iniziativa. Al contrario del Pd: «Non si capisce il senso di questa ulteriore consultazione - è sbottata Laura Famulari, lasciando l'aula -. Di solito ci si rivolge a professionisti per progetti così». «Per me il disegno dovrebbe essere sottoposto alla sola consultazione dei residenti nella zona», ha aggiunto il dem Giovanni Barbo. Così Elena Danielis (M5s): «Non spetta al cittadino pianificare gli spazi urbani ma gli si chiede un'opinione. Equivoco». «Il progetto - ha detto Sabrina Morena (Open) - elimina l'attuale vegetazione». Un problema, dal momento che vi abita una colonia di passerotti. Lo ha messo in luce Forza Italia attraverso Alberto Polacco, che considera «virtuoso» il confronto con i cittadini e auspica «una riqualificazione conservativa della piazza», che tenga conto della sua storia. «Le ipotesi - ha detto Babuder - mi sembrano un po' fredde e prive di personalità». Bruno Cavicchioli, del comitato Cosapu, ha auspicato che nulla cambi, che siano recuperati «i masegni e sia ottimizzato l'elemento acqua attraverso il restauro dell'attuale vasca. Questa, assieme alle geometrie create dalle aiuole e dal verde originario, già realizza un collegamento visivo verso Ponterosso e il mare». Gli ha dato ragione il patriota Salvatore Porro: «Negli anni Settanta corso Italia era tutto pieno di masegni, io prendevo il filobus e mi battevo per il paesaggio».

Lilli Goriup

 

 

Servola - Fumata bis in Ferriera e fermo macchine causati dal nubifragio

Il violento temporale di ieri ha provocato un nuovo "spolveramento" all'interno della Ferriera di Servola. A confermarlo i vertici di Siderurgica Triestina, dai quali si è appreso anche che il nubifragio ha innescato un fermo macchine improvviso, poi rapidamente superato. Salgono quindi a due, nell'arco di tre giorni, le "fumate" registrate allo stabilimento siderurgico. In merito a quella di mercoledì scorso, peraltro, l'azienda specifica che il problema tecnico, «durato pochi minuti e senza rilascio di sostanze tossico nocive, si è verificato nell'ambito dei test e delle procedure di prova del nuovo impianto aspirazione agglomerato fumi, in vista della messa a regime».«Va ricordato - prosegue in una nota Siderurgica Triestina - che, dal 2016 ad oggi, sono stati eseguiti diversi interventi che hanno ridotto la frequenza di simili episodi e migliorato la situazione dal punto di vista ambientale. Le emissioni diffuse dalla cokeria sono ora ben al di sotto dei limiti di legge, con l'introduzione del nuovo filtro di captazione e abbattimento e, successivamente, grazie all'installazione del postcombustore, si sono abbattuti anche gli inquinanti organici. Per quanto concerne l'altoforno, con l'introduzione a fine 2017 del sistema del "bleeder pulito", negli ultimi 12 mesi le emissioni dovute alle aperture dei bleeder dell'altoforno sono state progressivamente ridotte fin quasi ad azzerarsi. Nuove procedure sono state poi adottate nel processo e nella gestione dei filtri di abbattimento, così da evitare sporadiche emissioni dai camini dell'agglomerato».Di recente poi, prosegue l'azienda, è stato compiuto un altro passo avanti. «Nel giugno 2019 è stato installato ed è, come detto, in fase di messa a regime un nuovo filtro a maniche in agglomerato per la captazione e abbattimento delle polveri dalle aree e zone dell'impianto di agglomerazione. In particolare - continua la nota di Siderurgica Triestina -, il nuovo filtro a maniche installato, molto potente e performante, sostituisce il vecchio elettrofiltro garantendo un rendimento triplo rispetto al precedente. Anche i parametri ambientali registrati dalle centraline esterne di qualità dell'aria, già diffusi ufficialmente dagli organi di controllo, hanno danno atto della netta diminuzione della pressione ambientale esercitata dallo stabilimento durante la gestione da parte di Acciaieria Arvedi». 

 

 

"Vola" la raccolta differenziata - Nuove maxi multe per i furbetti

In un anno e mezzo la percentuale dei rifiuti riciclati è salita dal 46 al 71% Prossimo step il giro di vite contro i trasgressori con sanzioni fino a 150 euro

MUGGIA. Dal 46 al 71 % di raccolta differenziata. È questo il considerevole risultato registrato a Muggia nel periodo che va dal gennaio del 2018 a oggi. Numeri che dimostrano come l'avvio della raccolta porta a porta, pur incontrando le fisiologiche difficoltà iniziali, costituisca un significativo passo nel percorso verso un'economia circolare, in cui gran parte dei rifiuti, degli scarti e le materie seconde siano riutilizzati nel sistema produttivo, puntando alla progressiva riduzione della loro produzione. Questi dati risultano ancora più significativi se si considera anche la produzione di rifiuti urbani pro capite. Secondo i dati Arpa, nel 2017 Muggia seguiva solo Monrupino (727 kg) e Duino (637 kg) nel quantitativo di rifiuti che ciascun cittadino aveva prodotto in quell'anno, arrivando a ben 577 kg di immondizie, contro i 465 di un triestino e i 292 di un abitante di San Dorligo della Valle. «Questi dati sono davvero importanti - è il commento del sindaco, Laura Marzi - e costituiscono il tangibile segno del grande impegno che i muggesani stanno dando a questo sistema di raccolta. Certo c'è ancora molto da fare - aggiunge - anche in termini di perfezionamento del sistema, ma i numeri ci confortano».All'aumento della percentuale della differenziata, fa da contraltare un calo del rifiuto indifferenziato, che ha visto più che dimezzarsi quanto conferito, passando dalle quasi 320 tonnellate di gennaio alle 153 di dicembre. Di pari passo, l'organico ha visto una crescita esponenziale, sintomo dell'efficacia della differenziazione, passando dalle 23 tonnellate al mese a una media di quasi 70. «Muggia sta andando nella direzione giusta rispetto alla gestione del rifiuto e i dati lo confermano - sottolinea l'assessore Stefano Decolle - a fronte dell'importante impegno dei più, però, continuano a persistere episodi di inciviltà o non curanza nella gestione dei rifiuti. Dal 4 maggio si è provveduto a mettere un bollino sui rifiuti non conformi - prosegue - ma continuano a essere diffusi i casi di conferimenti impropri. Nell'ultimo anno - ricorda Decolle - sono state elevate 16 multe per abbandono di rifiuti. Quasi tutte le violazioni sono state riscontrate nella zona del centro storico - conclude - anche se non mancano le segnalazioni di episodi relativi ad altre zone». In questa prospettiva, nel prossimo Consiglio comunale, su proposta di Decolle, sarà votata l'approvazione del Regolamento di Polizia urbana, modificato con l'introduzione dell'art. 10 bis "Sanzioni". Sul fronte della repressione e del contrasto all'abbandono di rifiuti, l'introduzione dell'art. 10 bis prevede cinque diverse sanzioni per altrettante violazioni: da 40 a 120 euro di multa per conferimento errato o non conforme delle diverse frazioni di umido, da 50 a 150 per conferimento rifiuti in contenitori destinati ad altre utenze, esposizione di rifiuti o dei contenitori al di fuori dell'orario o delle giornate previste, danneggiamento o manomissione delle attrezzature rese disponibili dal gestore o dal Comune per la raccolta, e conferimento di rifiuti non prodotti all'interno del territorio comunale. 

Ugo Salvini

 

 

Contributi fino a diecimila euro per chi passa all'auto ecologica

Innalzata la soglia Isee prevista per i beneficiari. E i bonus Fvg si potranno aggiungere a quelli statali

TRIESTE. Entrano nel vivo le nuove agevolazioni per i residenti del Friuli Venezia Giulia che intendono cambiare automobile, passando ai veicoli ecologici. Sono in vigore da giovedì infatti i contributi regionali per l'acquisto di vetture "green", con sostanziali novità rispetto alle norme del 2017. I contributi riguardano, infatti, non solo i veicoli elettrici o ibridi ma anche quelli bifuel (benzina/ metano) e non solo quelli nuovi, come accadeva con la precedente disciplina, ma anche quelli a chilometro zero o usati. Lo ha annunciato ieri l'assessore regionale per la Difesa dell'ambiente, l'Energia e lo Sviluppo sostenibile, Fabio Scoccimarro. «L'obiettivo è togliere dal parco circolante i mezzi inquinanti - ha premesso Scoccimarro -.In questo senso dunque la nuova normativa costituisce un cambio di passo culturale, con il quale l'amministrazione regionale vuole dare un segnale forte, facendo leva anche sulla cumulabilità dei contributi regionali con quelli statali». Con la nuova normativa infatti le agevolazioni, purché riconosciute da enti diversi, potranno andare a sommarsi tra di loro. In sostanza, chi acquisterà un veicolo elettrico in Friuli Venezia Giulia otterrà un contributo globale che raggiunge i 11 mila euro. Nel dettaglio, chi rottamerà veicoli diesel euro 0,1,2,3,4 e veicoli benzina 0,1,2,3,4,5, avrà un bonus regionale di 5 mila euro, in caso di acquisto di un veicolo elettrico nuovo o usato a chilometro zero (2.500 se veicolo usato, di 4 mila euro per l'acquisto di un veicolo ibrido nuovo o usato chilometro zero (2 mila se veicolo usato), di 3 mila euro per l'acquisto di un veicolo alimentato bifuel (benzina/metano) (1.500 se veicolo usato). A essi si potranno sommare i contributi statali L'usato che beneficia del contributo - va precisato - deve esser stato immatricolato da meno di due anni. Oltre all'ampliamento delle categorie dei veicoli rottamabili - passati dalle 6 del precedente regolamento alle 10 di quello attuale - si registra un'altra novità che concerne i requisiti del richiedente: l'innalzamento del tetto di reddito nel nucleo familiare da 85 mila a 150 mila euro, per poter accedere al beneficio. Nel 2018 arrivarono solo 240 domande di contributo regionale, tutte accolte, per un impegno di 950 mila euro, inferiore rispetto al milione e 400mila euro stanziato nella finanziaria del 2017. «Con le novità e gli ampliamenti introdotti - ha rilevato Scoccimarro - contiamo di soddisfare nel 2019 almeno 500 domande. Tuttavia - ha aggiunto - se si dovesse verificare un'esplosione di rottamazioni e vendite ne saremmo ben felici e saremo in grado di adeguare l'importo globale». Che, alla luce della legge regionale di stabilità, conta su una disponibilità di 1.392.287,00 euro. Per quanto riguarda la disponibilità di colonnine elettriche per la ricarica delle vetture, è stato reso noto che la loro dotazione salirà a 200-250 in Friuli Venezia Giulia già entro il 2020. 

Ugo Salvini

 

 

Posacenere portatili e birra gratis contro i mozziconi lasciati in spiaggia

Molti stabilimenti balneari si attrezzano per la svolta verde Ogni anno 800mila tonnellate di "cicche" nell'ambiente

TORINO. A Ravenna chi fuma può piantare piccoli coni di carta in spiaggia. Ci può mettere dentro della sabbia e spegnerci le sigarette. Quando se ne va, solleva il cono, e da tre fori i grani escono sul fondo. Nel contenitore rimangono solo i mozziconi, che così possono essere buttati altrove. Questi posacenere portatili sono distribuiti all'ingresso degli stabilimenti balneari della zona, o dalla polizia municipale nelle spiagge libere, grazie a un protocollo tra Cooperativa Spiagge Ravenna e il Comune, siglato dallo slogan #ilmaredicebasta. Tra i rifiuti più comuni - È solo una delle numerose iniziative lanciate quest'estate da enti locali, operatori turistici, e persino multinazionali del tabacco e tabaccai, per ridurre la presenza dei filtri di sigarette sulle spiagge. Meno chiacchierati di altri tipi di plastica, se dispersi nell'ambiente, impiegano fino a 15 anni a frammentarsi, senza contare che al proprio interno contengono oltre 4mila sostanze tossiche. «Sono tra i rifiuti maggiormente dispersi nell'ambiente: circa 800mila tonnellate ogni anno nel mondo», 10 miliardi di cicche al giorno. È scritto sul sito della campagna ideata dalla stessa Philip Morris e lanciata il 30 luglio sulla spiaggia di Mondello, a Palermo, dall'hashtag #CambiaGesto. L'iniziativa, curata dall'agenzia di comunicazione H, punta a quantificare quante sigarette verranno raccolte nel mese di agosto in sei stabilimenti balneari della famosa spiaggia siciliana. Ai frequentatori vengono dati come gadget posacenere portatili in plastica riciclata a forma di maialino da svuotare in appositi bidoni posizionati nei bagni. A fine agosto, delle tacchette segneranno quanti filtri saranno stati così sottratti a mari e oceani, e a chi vi ci abita. A colpi di hashtag - Tra gli altri hashtag dell'estate ecologista troviamo anche #spiaggesenzafiltro, campagna di sensibilizzazione dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche, e #spiaggepulite della Regione Toscana che vieta l'uso di plastica monouso sulle spiagge di 34 Comuni e ricorda le sanzioni per l'abbandono di rifiuti che per le cicche arrivano fino a 300 euro. E secondo l'ultima indagine Beach Litter di Legambiente, sui nostri lidi ci si imbatterebbe in media in 77 mozziconi ogni cento metri, ovvero il quarto rifiuto più comune dopo plastica, polistirolo e tappi. Così, ad esempio, a Bordighera alcuni proprietari di bagni e locali incentivano la raccolta dei mozziconi in spiaggia con una bevuta gratuita: una pinta di mozziconi per una birra o una bibita, per i più piccini. «Ci portano una decina di bicchieri pieni di mozziconi al giorno», dice Loris Bortolomei, che lavora al Romolo Mare, il ristorante bar di Giordano Romolo, il primo a lanciare l'idea nella cittadina ligure, dopo aver letto di un'iniziativa simile su un blog spagnolo. Sempre in Liguria, anche i tabaccai di Imperia e Sanremo distribuiscono gratuitamente piccoli posacenere portatili per prevenire l'abbandono sui litorali, grazie a un accordo tra la Federazione Italiana Tabaccai e i rispettivi Comuni. Per Maurizio Rustignoli, presidente della Cooperativa Spiagge Ravenna, «il 2019 è un anno di svolta sui temi ambientali». «Abbiamo intrapreso un percorso che se continua ci permetterà di ottenere risultati concreti». L'obiettivo è quello di eliminare l'uso della plastica, alternative sul mercato permettendo, e di spiagge smoke free, dove il fumo non è ammesso, se non in apposite aree, come a Bibione, in Veneto. Intanto, i risultati iniziano a vedersi anche solo durante la pulizia ordinaria. Da quando sono stati introdotti i posacenere a cono la spiaggia è più pulita.

Guia Baggi

 

Duino Aurisina - Documento ambientalista contro le 58 vasche ittiche

Continua la battaglia del gruppo "Salute & ambiente" contro le 58 vasche per l'allevamento del pesce che sono sistemate al largo della baia di Sistiana. Ieri sera si è tenuta una riunione dei componenti dell'organizzazione, alla presenza di esperti del settore. Dall'incontro scaturirà, nei prossimi giorni, un documento che avrà l'obiettivo di sollecitare, dati alla mano, l'intervento dei competenti organi di controllo e di amministrazione del territorio. «Non possiamo aspettare che finisca la stagione balneare - ha spiegato il portavoce di "Salute & Ambiente", Vladimiro Mervic, che è anche esponente dell'opposizione nell'aula del consiglio di Duino Aurisina - per affrontare un tema che riguarda vari aspetti della vita del nostro territorio, da quello paesaggistico a quello della salute delle persone, per concludere con quello economico». Da parte dell'amministrazione comunale, è stato annunciato che, a breve, sarà indetta una commissione consiliare, alla presenza di esperti e di tutti gli interessati, per approfondire la problematica. Sul tema si stanno sommando anche le proteste di numerosi bagnanti e di alcuni residenti, che vedono nelle vasche per l'allevamento un qualcosa di estraneo all'ambiente naturale delle acque nelle quali si specchiano le rocce delle Falesie e il castello di Duino.

 

 

Rigassificatore di Veglia, si parte Ok all'investimento di Zagabria

Via libera dalla Commissione Ue, il governo croato può versare i 100 milioni nelle casse della società che gestirà la struttura: non sono aiuto di Stato

ZAGABRIA. I lavori per la realizzazione del rigassificatore di Veglia (o impianto Lng galleggiante) ora possono iniziare. L'ultimo ostacolo politico-amministrativo è finalmente venuto meno. La Commissione europea, infatti, ha sancito che l'investimento di 100 milioni di euro da parte della Croazia non viola le norme della concorrenza e, quindi, non viene annoverato come "aiuto di Stato". Il progetto da 234 milioni di euro, dunque, diventerà realtà e sarà una delle principali infrastrutture in via di realizzazione del Paese. Il terminale Lng dovrebbe essere ultimato nel 2021.«La realizzazione del rigassificatore in Croazia - ha affermato il commissario alla Concorrenza Margrethe Vestager - accrescerà la sicurezza relativa all'approvvigionamento energetico e migliorerà la concorrenza fatto di cui beneficeranno gli abitanti dell'intera regione». «Abbiamo approvato gli aiuti della Croazia - ha concluso Vestager - perché sono collegati a lavori urgenti affinché si possa realizzare il progetto e questo nel rispetto delle norme europee sugli aiuti di Stato».A gestire il rigassificatore di Veglia sarà la società Lng Croatia il cui 85% delle azioni è in mano alla azienda fornitrice di gas ed elettricità croata Hep e il restante 15% è controllato da Plinacro, l'operatore di Stato dei 2.693 chilometri di gasdotti del Paese. La Lng Croatia è anche il finanziatore più "debole" del progetto mettendo sul patto degli investimenti 32,2 milioni di euro. L'Unione europea invece investe 101,4 milioni a cui si sommano i 100 milioni dalle casse dello Stato croato appena "sdoganati" dall'Unione europea stessa. L'impianto Lng di Veglia è un'infrastruttura strategica nella battaglia energetica che si sta consumando nei Balcani occidentali tra Stati Uniti e Russia con l'Unione europea che cerca di poter diversificare l'acquisto di fonti energetiche per non essere troppo "asservita" al gas marchiato Gazprom o dal petrolio di Rosnjeft. Veglia diventerà una sorta di terminale "privato" degli Usa che vi riverseranno milioni di metri cubi di gas (la capacità annua dell'impianto sarà di 2,6 miliardi di metri cubi) proprio per combattere la concorrenza marchiata Putin che si estende sotto l'egida della storica amicizia con la Serbia. E che anche l'Unione europea ci creda lo dimostra il fatto che Bruxelles sta cofinanziando la realizzazioni di impianti Lng in Spagna, a Cipro, in Svezia e in Irlanda e ha investito anche nell'ampliamento dell'infrastruttura già esistente in Polonia a Swinoujscie.La grande accelerazione dell'importazione da parte dell'Ue del gas americano (più 367 per cento) è avvenuta dopo gli accordi sottoscritti dal presidente della Commissione Jean Claude Juncker e il presidente Usa Donald Trump nel luglio scorso. Adesso è proprio l'Europa il maggiore mercato estero per il gas statunitense. Veglia diventa dunque strategica e c'è già la chiara manifestazione di interesse di entrare a far parte della Lng Croatia da parte dello Stato ungherese che punta a una quota del 25 per cento. C'è poi l'Iniziativa dei Tre Mari che sta elaborando l'idea di collegare Veglia alla Polonia con un gasdotto. Sarebbe la classica ciliegina sulla torta.

Mauro Manzin

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 agosto 2019

 

 

«Esclusi dal dibattito» Lavoratori della Ferriera pronti alla mobilitazione - il volantino di protesta

I sindacati della Ferriera di Servola si preparano alla mobilitazione. A darne annuncio sono le sigle Fim, Fiom, Uilm e Rsu Arvedi assieme alle rispettive segreterie territoriali. E lo fanno tramite un volantino, che nelle scorse ore è stato distribuito all'interno dello stabilimento in questione. Il motivo? Le parti sociali sostengono di essere state escluse dalla discussione che concerne il futuro della fabbrica. I rappresentanti dei lavoratori avrebbero, infatti, appreso solo dalla stampa di alcuni incontri di recente avvenuti tra i vertici aziendali (tra cui lo stesso cavalier Arvedi), quelli dell'Autorità portuale ed esponenti politici.«L'azienda, con una lettera ufficiale datata 4 luglio, chiede alla Regione se deve o meno continuare l'attività produttiva dell'area a caldo - si legge nel testo diramato dai sindacati -. L'ente pubblico a sua volta risponde con una mozione approvata a stragrande maggioranza in Consiglio regionale, in cui si afferma la volontà di procedere alla chiusura dell'area a caldo. Le nostre richieste di chiarimenti, da parte dei soggetti coinvolti, sono state sistematicamente ignorate». E ancora: «Non accetteremo alcuno scarica barile sulle spalle dei lavoratori, né da parte dell'azienda né da parte della politica. Se sarà necessario attueremo la mobilitazione per la salvaguardia dei posti di lavoro, ma anche per quella dei redditi e della sicurezza, sia all'interno che all'esterno dello stabilimento».

Li.Go.

 

 

Tuffi proibiti in spiaggia - Nuovi cartelli spiazzano gli habituè del Rio Ospo

Spuntano all'ex Fido Lido due tabelle che consentono il "toc" ai cani ma non ai padroni. Decolle: «Esplicitate regole antiche»

MUGGIA. «Ma davvero non si può fare il bagno qui?». È l'interrogativo che da qualche giorno risuona all'interno del Parco pubblico del Rio Ospo, l'ex Fido Lido, la spiaggia aperta ai cani ma non... agli esseri umani. Con l'apposizione di due cartelli sono stati infatti evidenziati tre macrodivieti: di pesca, di stazionamento in spiaggia e pure di balneazione. In mare, però, ci possono andare i cani.Regole che hanno colto di sorpresa diversi frequentatori. Ignari evidentemente che i divieti vigono come minimo dal lontano luglio del 2015, ovvero l'anno in cui l'area stessa venne inaugurata dall'allora sindaco di Muggia Nerio Nesladek. «Trovandosi il parco in questione all'interno dell'area portuale, la balneazione è vietata. È una regola che vige da sempre e i trasgressori sono sanzionabili da tutti gli organi competenti», il commento, sintetico ma al tempo stesso efficace, dell'assessore alla Polizia locale di Muggia Stefano Decolle. Accanto al cartello con i divieti, ne è stato apposto un altro indicante il "Regolamento per l'accesso e norme di comportamento dell'utenza all'interno del Parco". Si tratta di un lungo vademecum che prevede varie disposizioni che devono essere rispettate all'interno della struttura collocata all'entrata di Muggia. Tra le regole vigono peraltro il divieto di lasciare i cani in libertà incustoditi e l'obbligo di tenerli al guinzaglio nel perimetro del Parco stesso. È vietato anche campeggiare e pernottare nonché «soddisfare le naturali necessità al di fuori delle apposite strutture». Anche in questo testo sono esplicitati i divieti clou: è vietato stazionare con i teli da mare e le sdraio sulla spiaggia, sono vietate la balneazione degli esseri umani e la pesca, mentre i cani possono essere accompagnati alla spiaggia e possono accedere al mare solamente sotto la stretta sorveglianza dei proprietari. Naturalmente è obbligatorio raccogliere le deiezioni canine ed essere quindi muniti di sacchetto. I cartelli sono stati apposti molto probabilmente per ricordare le regole che vigono da quattro anni almeno ma che forse, anche a causa del grande caldo di questi giorni, non sono state rispettate dai padroni dei cani, desiderosi di farsi un "toc" in compagnia del loro fedele amico.-

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 agosto 2019

 

 

Fumata rossastra in Ferriera - E la Regione alza la voce

Nuovo episodio documentato dagli scatti postati sui social da numerosi residenti Scoccimarro torna a parlare di chiusura dell'area a caldo

Una densa fumata si è levata ieri poco dopo le 11 dalla Ferriera di Servola. È il secondo episodio in pochi giorni. La colonna rossastra è rimasta ben visibile per diversi minuti prima di cominciare a diradarsi. Il fenomeno è stato immediatamente notato da numerosi testimoni, fotografato e diffuso sui social. Segnalazioni sono giunte alla centrale dei vigili del fuoco, ma non si è reso necessario alcun intervento. Sulla questione è intervenuto l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, che nelle ultime settimane ha assicurato l'esistenza di una trattativa con la proprietà per giungere alla chiusura dell'area a caldo dello stabilimento. «La Ferriera di Servola - ha spiegato Scoccimarro - è stata protagonista di un nuovo episodio con polveri rosse innalzate dall'agglomerato, la cui nube ha preoccupato giustamente i cittadini».Secondo quanto riferito dai tecnici dell'Arpa Fvg, precisa l'assessore, «sono in corso le operazioni di messa a regime del nuovo filtro a maniche, a servizio dell'impianto per la produzione dell'agglomerato. Per cause che sono in corso di accertamento, si è verificato un distacco della polvere adesa a uno dei filtri mentre era aperto lo sportello di accesso all'impianto di depurazione. Questo ha determinato la fuoriuscita della polvere trattenuta dal filtro all'esterno dell'impianto di abbattimento, polvere che si è dispersa in atmosfera formando la nube». È stata la stessa Siderurgica triestina ad avvisare l'Arpa, che ha avviato subito gli approfondimenti di rito per accertare cause, responsabilità e azioni necessarie a evitare il ripetersi di simili episodi. «Dal giorno del mio insediamento - conclude Scoccimarro - le azioni relative alla Ferriera sono andate avanti su due binari paralleli, che potrebbero convergere nell'auspicata chiusura dell'area a caldo. Su un binario l'azione politica, da sempre chiara, volta a conseguire l'obiettivo con una trattativa sempre più fitta nelle ultime settimane, grazie ai molteplici incontri che ho avuto con il cavaliere Arvedi. Sull'altro binario invece l'azione amministrativa, svolta con assoluta terzietà dai dirigenti, che agiscono esclusivamente su basi tecniche e giuridiche». 

 

 

Scatta in piazza Libertà la "rivoluzione" dei bus

Chiusa la prima fase dei cantieri, nasce domani il nuovo "hub" dietro la Tripcovich. Qui si concentreranno nove capolinea. Spazio ad altri tre dalla parte opposta

Finisce la prima fase della riqualificazione di piazza Libertà (Stazione Centrale) e con sincronica coincidenza parte una radicale riorganizzazione del trasporto pubblico, al servizio dello spazio urbano della Stazione Centrale.Domani l'inaugurazione del nuovo terminal dove faranno base i mezzi di Trieste Trasporti: tre lunghi marciapiedi - inanellati tra il Silos e Sala Tripcovich, da piazza Libertà a largo Città di Santos - si protendono accanto a 9 stalli, che definiranno le postazioni a disposizione di altrettanti bus, come si rileva dalla mappa sopra pubblicata. Ieri mattina erano già state collocate le paline, ma non ancora le pensiline. Spiccavano invece i fanali "pastorali", autentici simboli dei mandati Dipiazza, incaricati di garantire pubblica illuminazione in una zona che presenta problemi di sicurezza. Quella che Trieste Trasporti chiama "mini-rivoluzione", interessa complessivamente 13 servizi sui 15 che gravitano in piazza Libertà. Nello "spicchio" Silos-Tripcovich l'utenza potrà ritrovare le linee 1, 3, 39, 19, 20, 21, 22, 30, 51. Attraversando la strada, all'intersezione tra la piazza e corso Cavour davanti alla pizzeria Capriccio, ecco altre tre postazioni, dove approderanno le linee 24, 40, 41 e dove fermerà la 8. Resteranno momentaneamente al loro attuale posto la 17/ e la 23, all'ingresso principale della Centrale. Un'operazione progettata per dare ordine e razionalità al movimento dei bus, per consentire un più agevole riferimento per l'utenza, soprattutto quella foresta. La conseguenza del cambiamento è che sono soppressi i capolinea di via Ghega, quelli al centro della piazza, quelli davanti alla Centrale sul lato del giardino. Avviso particolare per i bagnanti: la 36 transiterà per Cavour-Milano e non avrà più fermate in via Ghega e in via Carducci. Un nuovo lotto di lavori renderà necessario un ulteriore - ma assai più contenuto - mutamento di questo assetto nel mese di settembre. Chiarbola, Conconello, Altipiano Est, Poggi Sant'Anna, Muggia, Borgo San Sergio, Cattinara, San Vito, Area di Ricerca, Wärtsilä, San Giusto: partenze/arrivi dei bus accreditano a piazza Libertà una vera e propria funzione di perno del sistema trasportistico urbano. Periferie, provincia, siti produttivi, ospedali, richiami culturali: per residenti, pendolari, turisti l'hub di fianco alla stazione costituisce un riferimento di strategica importanza. Trieste Trasporti spulcia le statistiche e offre una campionatura molto interessante: prendendo a esempio una giornata feriale di giugno, lunedì 24, la concessionaria aveva annotato che 11.736 persone avevano utilizzato un bus, scendendo/salendo in piazza Libertà. Facendo una proiezione annua di questo dato del tutto orientativo, salta fuori che 3,2 milioni di clienti del trasporto pubblico potrebbero far capo all'area della Centrale, in termini percentuali il 5% dei passeggeri annualmente serviti da Trieste Trasporti. 

Massimo Greco

 

In dirittura il progetto Silos per la stazione dei pullman

Operatività a 11 stalli: tre di sbarco e otto di carico

Anche i pullman hanno un'anima. L'intero angolo a nord-ovest di piazza Libertà accentua, dopo il trasferimento di quasi tutti i bus urbani tra Silos e Tripcovich, la già forte caratterizzazione logistico-trasportistica. C'è la stazione Centrale ferroviaria, c'è il nuovo hub con 9 capolinea di Trieste Trasporti. E c'è pure la stazione dei pullman allestita all'interno del Silos, con ingresso dei mezzi da largo Città di Santos e uscita in via Flavio Gioia. La Regione Fvg identifica questo sistema come polo intermodale di primo livello. Come è noto da circa vent'anni, il Silos è oggetto di un progetto riqualificativo da 120 milioni di euro che, per svariate ragioni, non procede. La porzione progettuale, che potrebbe più facilmente accelerare, riguarda proprio la ristrutturazione dell'autostazione, su cui c'è interesse e attenzione da parte del Comune. Lo studio Archea di Latisana, incaricato dalla società Silos (controllata da Coop Alleanza 3.0), sta ridisegnando l'adeguamento della stazione. Questi gli aspetti più importanti del progetto: accesso da largo Città di Santos, la portata operativa sale a 11 stalli - 3 di "sbarco" e 8 di "carico" -, rotonda di manovra in Largo Città di Santos da realizzarsi nelle adiacenze dell'ingresso a Porto vecchio. Gli uffici dell'urbanistica comunale aspettano dallo scorso febbraio gli elaborati e, quando ci sarà il via libera, si dovrà aggiornare l'accordo di programma risalente al 2009 (Comune, Regione, Fs, Silos). L'auspicio, per la verità piuttosto generico, è di definire l'accordo all'inizio del 2020 per poi bandire la gara di affidamento dei lavori entro la fine del prossimo anno. Si rammenta che il rifacimento del Silos passa attraverso 14.500 metri quadrati di superficie di vendita, un parking di 1300 posti, un hotel da quattro stelle.

 

In sella da tutto il Triveneto per incentivare l'uso della bici

Attese centinaia di persone alla prima edizione del raduno "Pedala Trieste" Previsto un corteo da piazzale De Gasperi fino a Barcola con giochi e musica

Tutti in bicicletta domenica 22 settembre con "Pedala Trieste", la prima edizione di una festa dedicata interamente alle due ruote, promossa da tante associazioni del territorio, che punta a coinvolgere centinaia di persone, un po' da tutto il Nordest. Una giornata (il programma è stato annunciato ieri), per sottolineare l'importanza della mobilità sostenibile. Si partirà da piazzale De Gasperi alle 10, per raggiungere con un percorso di circa 10 chilometri la pineta di Barcola, dove troveranno posto animazioni, intrattenimenti, incontri e approfondimenti sul tema. L'iniziativa è organizzato da Fiab Trieste Ulisse, Spiz, Bora. La, TS4 Trieste secolo quarto, Ads Cottur e Uisp, e sarà l'evento di chiusura della Settimana europea della Mobilità 2019. La pedalata è aperta alla partecipazione di altri gruppi e associazioni. «L'obiettivo di Pedala Trieste - raccontano i promotori - non è solo quello di riempire le strade di ciclisti, ma è anche di veder crescere ogni giorno il numero di chi sceglie questo tipo di mobilità, dimostrando che "Trieste xe anche per bici". Da noi, come sta succedendo anche nel resto d'Europa, sempre più persone si muovono quotidianamente in bicicletta per i propri spostamenti urbani. È una manifestazione che celebra questo graduale cambiamento. I vantaggi sono molteplici, a partire dalla salute, che trae giovamento dall'attività fisica, al minor inquinamento, al risparmio economico e, non secondario, ai minori tempi di percorrenza su gran parte dei brevi percorsi cittadini». Le iscrizioni, aperte anche ai ragazzini, dai 12 anni in su, avranno con un costo simbolico e saranno raccolte nella settimana precedente l'iniziativa e il giorno stesso a partire dalle 8.30. I più piccoli potranno viaggiare con i genitori nei seggiolini, nei trasportini o potranno venire direttamente a Barcola, dove ci saranno giochi creati ad hoc per i bimbi. Dopo aver raggiunto la pineta, chi vorrà potrà tornare indietro. Il ritmo del serpentone sarà tranquillo, nessuna corsa o classifica ma semplicemente un itinerario da concludere tutti insieme. Alla domenica di festa hanno aderito finora: VI Circoscrizione, Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste, Friday For Future FVG, ARCI Trieste, Associazione Museo della Bora, Associazione Sportiva Dilettantistica e Culturale CapoeiraTrieste.org e Art in Progress. «Pedala Trieste non mira ad essere un semplice appuntamento puntiforme, ma vuole rappresentare una vera e propria festa per celebrare un percorso, iniziato da anni - dicono ancora gli organizzatori - volto a incentivare l'uso quotidiano della bici. Una mobilità sana è fatta infatti per favorire tutti, e non solo una parte degli utenti delle strade. Chi quotidianamente sceglie di pedalare dovrebbe quindi essere visto anche come "un'automobile in meno" in città, con evidente vantaggio in termini di traffico e di disponibilità di parcheggi liberi per quegli utenti che invece si vedono per forza di cose costretti a muoversi su quattro ruote». Gli hashtag della manifestazione sono #pedalatrieste #lastradaèditutti #triestexeperbici #SEM2019. Tutte le informazioni e gli aggiornamenti sull'appuntamento sono visibili da ieri anche su Fb. 

Micol Brusaferro

 

Una settimana prima la Rampigada Santa da Roiano a Opicina - GLI EVENTI COLLEGATI

All'iniziativa-clou del 22 settembre, fanno sapere i promotori, sono legati anche altri due eventi. In primis c'è la Rampigada Santa, ovvero la salita a piedi o in bici lungo la ripidissima Scala Santa, da Roiano fino a Opicina, in calendario il 15 settembre, diventata negli ultimi anni un appuntamento imperdibile per tanti sportivi. A novembre verrà invece organizzato un incontro sul tema della sicurezza stradale, alla presenza di Marco Scarponi, fratello del campione del pedale Michele Scarponi, che ha perso la vita proprio in un incidente stradale mentre si allenava in bicicletta.

(mi.b.)

 

 

La sfida ecologica di Myra In bici a raccogliere plastica

Un lungo percorso di oltre 1.200 chilometri pedalando nel cuore dell'Europa Partenza da Torino per il piano anti-inquinamento: «Tutti devono impegnarsi»

Torino. Più di 1.200 km a pedali nel cuore dell'Europa. Con quasi trenta chili di plastica raccolti per strada. Che, bilancia alla mano, non sembrerebbero nemmeno tanti: ma se si considera che sono l'equivalente di circa 2.800 bottigliette, l'eco-impresa assume un'altra dimensione. E non ha ancora terminato il suo viaggio Myra Stals, olandese di 34 anni, una laurea in Lingua e Cultura italiana e un amore spassionato per il nostro Paese, tanto da aver vissuto 6 anni a Firenze prima di prender casa, pochi mesi fa, a Torino. E da lì è partita a fine giugno con la sua bici cargo pesante 30 chili, con l'intento di riempire il suo cassone metro dopo metro e scaricare ogni sera il bagaglio accumulato negli appositi contenitori. «Un paio d'anni fa ho viaggiato per oltre 4 mesi, toccando 18 nazioni dall'Albania e la Finlandia, mentre l'estate scorsa ho attraversato i Balcani - spiega Myra, in una pausa poco a nord di Stoccarda -. La cosa che più mi ha fatto arrabbiare è stata l'enorme quantità di plastica trovata: anche nei posti più desolati e tra panorami mozzafiato saltava sempre fuori una bottiglia o qualche contenitore. Volevo fare qualcosa e, soprattutto, non volevo aspettare che fossero altri a darsi una mossa: dovevo iniziare io. Così è nato il progetto "Cycle 2 Recycle": non posso e non voglio pulire il mondo da sola, ma dimostrare che ognuno di noi può dare il proprio contributo sì». Un vecchio modem dismesso, una carota giocattolo, una ciabatta rimasta single, un telecomando apparentemente nuovo, una formina da sabbia per la spiaggia, un ciuccio azzurro. Poi tubi di gomma, avanzi di pneumatico e decine di cerchioni di auto che fanno capolino tra frutteti e campi arati. Sulla sua pagina Facebook, Mira pubblica gli oggetti più particolari che trova, una sorta di "Collezione della vergogna" per ricordare che abbiamo confuso il Pianeta per una discarica a cielo aperto. «Sono molto precisina e inizialmente mi ero ripromessa di raccogliere ogni frammento di plastica, ma presto mi sono accorta che avrei fatto pochi chilometri al giorno. E, forse, sarebbe venuto meno il mio obiettivo di sensibilizzare più persone possibili. Così mi sono data delle regole, come quella di prendere solo ciò che trovo dal mio lato della strada, senza scendere dalla bici, ma utilizzando una speciale pinza lunga più di un metro. Ogni tanto sgarro: la settimana scorsa, in mezzo a un fiume ho trovato un foglio grandissimo di materiale da imballaggio incastrato tra i rami. Non potevo lasciarlo là: ho parcheggiato la bici e sono andata a recuperare quello schifo».Per prepararsi alla sua avventura Myra ha passato un mese sulle colline di Chieri, per allenare le gambe e prendere confidenza con il mezzo. In vista anche delle tappe più pesanti del percorso, come la salita sul Colle del Gran San Bernardo. «Una gran fatica - confessa - E pure lì, a 2.400 metri di altitudine, ho dovuto fare delle soste per elle bottiglie e dei sacchetti lasciati sul ciglio di una strada meravigliosa». Maya conta di tornare sotto la Mole tra qualche settimane. Si metterà all'opera per realizzare il prossimo progetto. «Vorrei dare vita a un centro per il riciclaggio della plastica - racconta -. In Svizzera ho avuto modo di vedere un'apparecchiatura economica, quasi a uso domestico, che potrebbe rendere il recupero a portata di tutti. Assieme ad alcune buone pratiche importate dalla Germania, e che danno ottimi risultati, si potrebbero cambiare le cose. E Torino potrebbe essere la città giusta da cui cominciare». 

Federico Taddia

 

Ordinanza sul "monouso" nelle spiagge pugliesi bloccata dal Tar regionale - il caso

Sulle spiagge pugliesi la plastica non è più vietata. Lo ha deciso il Tar Puglia che ha sospeso l'ordinanza balneare adottata dalla Regione, nella parte sul "plastic free" imposto a gestori di stabilimenti balneari e utenti delle spiagge. Per i giudici la direttiva europea sulle plastiche monouso deve essere recepita dagli Stati entro il 3 luglio 2021 e non è di competenza degli enti locali. Il Tar ha accolto il ricorso delle associazioni dei produttori di acque minerali e di sorgente (Mineracqua), dei produttori di bevande analcoliche (Assobibe), dei distributori s Food&Beverage del canale Horeca (ITalgrob) e della distribuzione automatica (Confida) .

 

 

UN ANNO DI GRETA PER SPERARE DI FARCELA

Un anno, tanto è passato da quando Greta Thunberg ha iniziato a sedersi ogni venerdì davanti al Parlamento svedese con un cartello con su scritto "Skolstrejk för klimatet", sciopero scolastico per il clima. Era inizialmente da sola, Greta Thunberg. Poi ha iniziato a crescere la partecipazione attorno a lei, diventando un gruppo. Poi un movimento. Oggi si chiama Fridays for Future, raccoglie migliaia di giovani da tutto il mondo che con le loro manifestazioni stanno ammonendo i grandi della Terra a fare qualcosa per avere un futuro migliore. Lei, il motore di tutto, dà il buon esempio: è infatti su un mezzo da regata a emissioni zero che raggiungerà New York, dove parteciperà il 23 settembre al summit Onu sul clima. "Uniti dietro la scienza" è stato il titolo del suo intervento all'Assemblea Nazionale francese. Dal podio, la sedicenne svedese ha impostato il suo discorso sulle evidenze scientifiche fornite dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc). Nel cui dossier troverete scritto che se vogliamo avere il 67% di possibilità di mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C, al 1 gennaio 2018 possiamo emettere ancora 420 gigatonnellate di diossido di carbonio. Noi produciamo 42 gigatonnellate di CO2 ogni anno. Agli attuali ritmi di emissioni, il budget di CO2 rimasto sarà esaurito nell'arco di circa 8 anni e mezzo. Un anno di Greta ci è servito. Un altro anno potrebbe essere decisivo per continuare su questo cammino, o passare il famigerato punto di non ritorno, mai così vicino come oggi. 

ALFREDO DE GIROLAMO

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 luglio 2019

 

 

Ambiente - Fitorimedio per guarire i giardini inquinati

Entra nel vivo la fase bis Partirà a giorni il secondo lotto dell'intervento per contrastare attraverso il fitorimedio il fenomeno "giardini inquinati" di Trieste. Dopo la rizollatura, effettuata nei giardini delle scuole "Biagio Marin" e "Don Chalvien" (via Svevo), sono le piante "speciali", quali l'amaranto tricolore, la gramigna e la festuca falascona, lo strumento che verrà utilizzato per debellare la presenza di idrocarburi dalle aree verdi "infestate" di piazzale Rosmini, Giardino Pubblico e Pineta Minussi di Servola. A evidenziare i valori anomali di sostanze nocive era stata l'Arpa con delle analisi effettuate nel 2016 in sette giardini cittadini. L'attuale intervento, del costo di 129mila euro, che finirà in ottobre 2020, era stato individuato ancora tre anni fa dal Tavolo tecnico istituito dalla Regione. La cooperativa Monte San Pantaleone a breve - come annunciato ieri - opererà in tal senso nelle zone ancora non trattate durante la prima fase, avviata lo scorso ottobre. Le superfici interessate sono state recintate al fine di evitare qualsiasi contatto fisico con i fruitori dei parchi. Un primo esito, per capire se il fitorimedio, attività sperimentale, avrà funzionato, verrà divulgato il prossimo autunno. Nell'incontro di ieri - con gli assessori Luisa Polli ed Elisa Lodi, il direttore dell'Area Strade e verde del Comune Andrea de Walderstein, il responsabile Sostenibilità ambientale Gian Piero Saccucci Di Napoli, Umberto Bordon, tecnico del Verde pubblico e Corrado Zoratto della cooperativa - è stato precisato che l'attuale manutenzione dei giardini viene accuratamente attuata, pur con tempistiche diverse rispetto a quelli "ordinari".

 

 

Maxi tanica perde liquido corrosivo Allarme a Mattonaia

Sversati mille litri di "Rodax 7388", una sostanza chimica La bonifica dei Vigili del fuoco si è protratta per tutto il giorno

Alla fine della sua giornata di lavoro ha notato un borsello abbandonato sul bancone della biglietteria della stazione di Visogliano. A quell'ora non c'era più nessuno. E così un trentenne triestino ha rinunciato a prendere il treno che lo avrebbe riportato a casa, in città, e si è recato con quel borsello alla Stazione dei Carabinieri di Aurisina: la "buona azione" ha consentito a un 74enne, pure lui triestino, di recuperare documenti e portafogli, con dentro 1.600 euro in contanti. I militari dell'Arma hanno rintracciato il pensionato dandogli la lieta notizia del ritrovamento del suo borsello, dimenticato mentre faceva il biglietto del treno per rientrare in città dopo una giornata passata al mare. Il trentenne non ha preteso soldi e ha rinunciato al 10% del valore dell'oggetto rinvenuto, come prevede il Codice civile, e la vicenda si è conclusa con una stretta di mano tra i due protagonisti.

 

 

Pastini e tartarughe - Tre passeggiate nella Riserva tutelata dall'Unesco

L'Area marina protetta di Miramare organizza escursioni serali tra arte e natura adatte a tutti

Tre passeggiate agostane adatte a tutti, tra escursioni serali e caccia ai tesori naturalistici e storico-artistici, alla scoperta del ciglione carsico e della Riserva della biosfera di Miramare che, dagli anni '70, è tutelata dal programma MaB-Man and Biosphere dell'Unesco per l'equilibrio tra esigenze di sviluppo e conservazione della natura. Per favorire la conoscenza di Riserva, costiera e parco botanico di Miramare, l'Area marina protetta organizza tre eventi gratuiti (ma con prenotazione obbligatoria) per il 2, il 9 e il 17 agosto. I primi due, in programma alle 18 e svolti in collaborazione con il museo del castello e il contributo della Regione, sono volti ad avvicinare adulti e famiglie con bambini da 6 anni in su alle bellezze del promontorio. Aprirà il ciclo un'escursione tra arte e natura. A una passeggiata - guidati da un ornitologo del Wwf e armati di binocolo - alla scoperta delle tante diverse specie di uccelli che popolano il giardino e il mare prospiciente (gabbiani, balestrucci e picchi), seguirà una visita al museo. «L'iniziativa - spiega il naturalista Davide Scridel - è volta a promuovere la conoscenza di un'area che coniuga attività economiche ed ecosostenibilità: pastini, landa, pinete tipiche dell'ambiente carsico, vigneti e mitilicoltura, che presenta una diversità faunistica importante. Conosceremo gli habitat naturali e gli ingredienti tipici del paesaggio carsico, ma anche ambienti storici affascinanti come Santa Croce. Tra gli animali che speriamo di incontrare c'è il marangone dal ciuffo e le tartarughe marine. Infine illustreremo la notevole varietà botanica introdotta nel parco da Massimiliano». Molti anche i volatili fissati sulle tele e le decorazioni del castello, svelati dagli storici del museo. Il venerdì successivo si terrà una "caccia stellare" nei vialetti per squadre di "detective in erba" chiamati a cimentarsi con quiz e a scovare indizi nel giardino, tra laghetti, tunnel di glicini e alberi monumentali, guidati dalle stelle. La soluzione dell'enigma condurrà i partecipanti al tesoro dell'arciduca. Ultimo appuntamento, sabato 17 agosto alle 19.30, la "Passeggiata dei desideri", escursione per adulti e bambini dagli 8 anni per osservare il paesaggio e il cielo stellato con un telescopio dalla Vedetta Slataper. È consigliabile portare torcia, plaid e spuntino. Info e iscrizioni allo 040-24147 interno 3 (dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13) e a info@riservamarinamiramare.it. Ultima cosa: tutti i venerdì di agosto il castello di Miramare rimarrà aperto fino alle 22.30.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 luglio 2019

 

 

Centro congressi in Porto vecchio Il cantiere ora brucia le tappe

Dopo gli intoppi iniziali, i lavori stanno rispettando il cronoprogramma: "28 bis" coperto in autunno

Le attese per l'avvalimento progettuale da parte di Veritas Bureau e per il successivo via libera dal Comune? I timori che il cronoprogramma realizzativo non fosse rispettato? Il ritardo di un buon mesetto accumulato causa l'iter amministrativo? Qualche intoppo dal punto di vista finanziario in seguito alle iniziative legali degli indipendentisti? Solo un pallido ricordo. Perchè Tcc (Trieste convention center) ormai è certa: l'obiettivo della primavera 2020 sarà centrato e a luglio il centro congressi sarà in grado di ospitare la manifestazione scientifica Esof, il cui allestimento coinvolgerà anche gli altri edifici del polo museale di Porto vecchio. Poi, passato Esof, continuerà a vivere e a lottare con una previsione di 25 eventi/anno, internazionali e non. Un vivace corteo di imprenditori, tecnici, progettisti, consiglieri di amministrazione, shareholder e stakeholder a vario titolo fendeva ieri mattina l'afa della porzione più a Nord di Porto vecchio, per verificare da vicino i progressi compiuti dal cantiere che sta costruendo il Centro congressi. Il menu prevede la riqualificazione dei magazzini "27" e "28", l'edificazione ex novo del "28 bis". Un ponte, che sarà gettato a metà settembre, unirà i magazzini "27" e "28". In testa al pacifico snodarsi il leader della società Tcc, Diego Bravar, e il "champion" di Esof 2020, Stefano Fantoni. La pietanza portante della visita era costituita dalla vera novità del futuro compendio, ovvero il "28 bis", incaricato di avvolgere la sala da 1848 posti che rappresenterà il fulcro dell'operazione. Già posati 1000 metri cubi di calcestruzzo e 60 mila chili di ferro: attesa per il momento clou del progetto, quando a fine agosto attraverso 3-4 viaggi, ben 14 travi alari lunghe 40 metri ciascuna, provenienti da un produttore friulano, raggiungeranno con un carico straordinario il cantiere, scendendo in notturna dalla Grande Viabilità. A quel punto la copertura sarà completata entro la fine di settembre. I lavori al "28 bis" saranno accelerati quanto possibile in concomitanza con la bella stagione. Accanto all'opera principale, procede il lifting impiantistico all'interno degli esistenti "27" e "28": termoidraulica, condizionamento ad alta efficienza, quasi 4 chilometri tra tubazioni e canali portacavi destinati a veicolare l'elettricità. Installati quasi 2000 staffaggi antisismici, per consentire il fissaggio di questi impianti. Il cantiere, nelle sue varie attività, mobilita ogni giorno 40 addetti. A intervento completato, la superficie totale si estenderà per 9000 metri quadrati, cui vanno aggiunti 4500 mq di parcheggio. L'investimento è di 12 milioni di euro più Iva. Tcc copre il 58%, il Comune di Trieste il 42%. Dal punto di vista finanziario hanno già erogato mutui Bpm e Bcc Staranzano, per 500 mila euro cadauno. Una richiesta per 4 milioni è stata inoltrata al Frie. Erogheranno un mutuo di 500 mila euro cadauna Civibank, Intesa San Paolo, Unicredit, Montepaschi. Il Comune di Trieste ha versato una prima quota pari a 2,5 milioni. Tra presenti e intervenuti, Tcc ha giocato con un prudente 4-4-2: 4 i membri del board (Cristiana Fiandra, Paco Ferrante, Claudio Sambri, Aldo Minucci), 4 i profili tecnico-progettuali (Uberto Fortuna Drossi, Ermanno Simonati, Giulio Paladini, Alberto Cetolin), 2 le imprese (Paolo Rosso, Andrea Monticolo). Assente il Comune di Trieste per impegni precedentemente assunti.

Massimo Greco

 

 

Mare più caldo, meno cibo per i mitili

Le mutazioni nell'Alto Adriatico studiate dall'Ogs riguardano soprattutto la riduzione del fitoplancton e di altri organismi

Il costante aumento della temperatura superficiale del nord Adriatico, insieme ad altri cambiamenti indotti dall'intervento umano, sta modificando gradualmente le comunità marine che popolano il nostro golfo. A partire dai microorganismi, che rappresentano circa il 90% della biomassa totale degli oceani: il fitoplancton, che attraverso la fotosintesi rimuove il diossido di carbonio dall'atmosfera e rappresenta il primo anello della catena alimentare marina, negli ultimi 40 anni non si è ridotto solo quantitativamente, ma anche a livello di dimensioni, con comunità composte da microrganismi sempre più micro. Ciò si riflette a ruota sugli altri livelli della catena alimentare: per esempio anche i mitili, che di fitoplancton si nutrono, crescono con maggiore difficoltà. A spiegarlo è Paola Del Negro, direttrice generale dell'Ogs, cui abbiamo chiesto di raccontarci come l'aumento di temperatura del nostro mare da 1.1 a 1.3 gradi in un secolo - riscontrato grazie alle serie temporali di dati recentemente ricostruite dai ricercatori dell'Istituto di scienze marine del Cnr - influisca sulla vita degli organismi che popolano il nostro golfo.«All'Ogs abbiamo una lunga serie temporale di dati riferiti alle comunità marine del nostro golfo, che per alcune risale agli anni '70 - evidenzia Del Negro -. Le osservazioni più rilevanti riguardano i cambiamenti delle comunità planctoniche, la base della catena alimentare marina. Prima degli anni '80 nel nostro golfo erano presenti grandi fioriture fitoplanctoniche, che davano addirittura origine a maree colorate: si parlava di eutrofizzazione, un eccessivo accrescimento del fitoplancton che poteva causare nei fondali fenomeni di anossia, facendo da scudo agli scambi d'ossigeno con l'atmosfera».Per limitare questo fenomeno si è puntato alla riduzione del fosforo, uno tra i principali fertilizzanti marini, nei detersivi. A ciò si è sommata la normativa europea, che ha fortemente regolamentato la depurazione di tutti gli scarichi che vanno a mare, con un'ulteriore riduzione del fosforo e dei sali nutritivi che prima si sversavano in mare, portando al fenomeno opposto dell'eutrofia, l'oligotrofia, una povertà di sostanze nutritive per il fitoplancton. A questo intervento si sono sommati i mutamenti climatici: l'aumento della temperatura dell'acqua e gli sconvolgimenti negli apporti fluviali, sempre meno legati alla stagionalità e sempre più soggetti a eventi meteorologici estremi, hanno causato squilibri nel sistema, che era abituato a ricevere dai fiumi l'apporto di sali nutritivi in periodi ben determinati. Negli anni '80 e fino a inizio 2000 in Adriatico hanno proliferato le mucillagini, un chiaro segnale del mancato funzionamento dell'ecosistema. Le comunità che vivono nel nostro golfo, che si sono adattate a grandi variazioni termiche stagionali, si stanno adattando anche al generale impoverimento di sostanze nutritive: la conseguenza per ora più evidente è la riduzione delle dimensioni dei microrganismi planctonici e, a catena, degli organismi che di plancton si nutrono, come i mitili. In più il nostro mare oggi è popolato da specie aliene, come la noce di mare, che ne hanno modificato ulteriormente gli equilibri.«L'Alto Adriatico è molto diverso rispetto a una cinquantina d'anni fa e c'è il rischio che il surriscaldamento globale porti a una modificazione drastica delle comunità marine, con un impatto importante anche sulla vita dell'uomo», conclude Del Negro. 

Giulia Basso

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 luglio 2019

 

 

Dai bidet ai frigoriferi La mappa dei maxirifiuti abbandonati sulle strade

Sono oltre 1.600 gli oggetti ingombranti recuperati ogni mese dall'Acegas Il costo? Mezzo milione l'anno. Viaggio tra le zone più interessate dal problema

Nei primi sei mesi del 2019 l'AcegasApsAmga ha già raccolto a Trieste 17.091 rifiuti lasciati fuori dai cassonetti e 9.828 oggetti ingombranti. Si tratta soprattutto di mobili, reti, materassi, materiale ferroso, ma non mancano elettrodomestici e scarti edili. I costi - Ad abbandonarli in mezzo alle strade come se niente fosse centinaia di maleducati cittadini, i cui comportamenti incivili finiscono poi per pesare direttamente sulle tasche di tutti quei triestini che, invece, le regole le rispettano. La rimozione degli oggetti voluminosi in particolare, con una media di 1.600 abbandoni al mese, costa ben 500 mila euro all'anno all'azienda alla voce spese straordinarie per il servizio di igiene urbana. Un importo, appunto, che grava su tutta la collettività. L'inizio del tour - Chi deposita in maniera irregolare rifiuti e oggetti ingombranti, lo fa solitamente nelle ore notturne o nelle prime ore del mattino, per non incappare in sanzioni. Per capire l'entità del fenomeno, basta seguire il giro che ogni mattino effettua uno dei sei camion destinati a questo tipo di operazioni. Si parte dalle 6 dalla sede di via Orsera. Alla guida del mezzo c'è un giovane operatore, Lukic, che, ingranando la marcia, dice subito: «Ho visto di tutto, anche il contenuto di interi appartamenti scaricati sul marciapiede». Destinazione iniziale via Zorutti, dove il mezzo si ferma subito per raccogliere alcuni mobili fatti a pezzi. Percorsi pochi metri si arriva in via Lorenzetti, dove l'intervento è necessario per eliminare due materassi singoli. Il giovane autista scende, issa ogni volta tutto sul camioncino, e segna il materiale recuperato, che poi andrà comunicato e archiviato. Si prosegue lungo via D'Alviano e poco prima del centro raccolta ecco un ammasso di ferraglia e battiscopa: sarebbero bastati pochi passi per conferire correttamente i rifiuti nell'apposita area. Gratuitamente - San Giacomo - Il giro continua in piazza Vico, dove sono stati segnalati alcuni pallet semi distrutti, che però, giunti sul posto, non sono i soli scaricati accanto ai cassonetti. Spunta anche un secchio pieno di vernici, che in precedenza aveva impedito lo svuotamento regolare del vicino contenitore della carta. «Di pallet in particolare - commenta Lukic - ne trovo in media tra i 6 e i 10 al giorno, alcuni anche davanti a diversi negozi». Risalire però ai proprietari è impossibile. Si scende quindi su via del Bosco, una delle strade più problematiche dal punto di vista dell'abbandono. Qui a metà strada, sempre accanto a una batteria di bidoni, qualcuno ha lasciato un lavandino, smontato in due parti, due secchi che contengono malte e pezzi di muro, e ancora sparpagliati a terra confezioni di articoli per la casa. Le auto in coda - Il tempo di caricare tutto sul camion e gli automobilisti in coda cominciano a fremere. Un'altra conseguenza della mancanza di senso civico di chi si libera senza pensieri dei rifiuti: il traffico rallentato in alcune vie durante il tragitto. Si risale poco lontano verso piazza Puecher, dove un topolino scorrazza accanto a una borsa di immondizie lasciata vicina al cassonetto, distrutta dai gabbiani, e finita evidentemente dal roditore. Ma non basta. Anche qui c'è un contenitore di vernice. Il mezzo di Lukic è già quasi pieno dopo mezz'ora circa, anche perché si tratta di un veicolo "snello" e non troppo voluminoso: in caso contrario, infatti, non passerebbe tra le vie più strette e tra le auto, spesso parcheggiate in modo selvaggio nei rioni più popolosi - Via Gambini - L'ultima tappa della mattina è via Gambini, un'altra strada dove molto spesso i cumuli di mobili ed elettrodomestici vengono "dimenticati" sul marciapiede. E puntualmente la scena si ripete. C'è un materasso matrimoniale, una poltrona e un divano. L'operatore sistema tutto nell'ultimo spazio libero, prima di rientrare. «Ormai so a memoria le vie e i numeri civici - racconta -, dove la gente scarica con più frequenza. Non è un lavoro pesante, ma ogni tanto ho bisogno di aiuto, ad esempio quando piove e i materassi, pieni di acqua, diventano difficili da sollevare, o quando, ed è capitato, mi trovo davanti a lavatrici o altri elettrodomestici. In questi casi devo chiamare un collega per un supporto». Un servizio aggiuntivo, che pesa ulteriormente nel bilancio finale. Il punto d'arrivo - L'arrivo è fissato al centro raccolta di Campo Marzio, dove gli oggetti vengono scaricati e divisi. I tecnici AcegasApsAmga, che hanno seguito il "tour" mattutino, rientrano alla base in via Orsera. Qui i dati vengono raccolti con precisione e archiviati. Il tempo di aprire il computer e arrivano nuove segnalazioni. Un frigorifero, quel che resta di un divano letto e mobili fatti a pezzo in viale d' Annunzio. In pochi minuti un mezzo è già sul posto e la pulizia viene portata a termine. Per l'ennesima volta.

Micol Brusaferro

 

 

Centro congressi: prende forma il Magazzino 28/1 - oggi l'anteprima

La Tcc - Trieste Convention Center, l'iniziativa imprenditoriale nata per la progettazione, la realizzazione e la gestione in Porto vecchio del futuro Centro congressi polifunzionale in grado di ospitare eventi nazionali e internazionali a partire proprio da Esof2020, annuncia un importante passaggio dell'iniziativa: la posa della struttura portante del nuovo Magazzino 28/1. La posa, iniziata in questi giorni, sarà resa visibile in anteprima ai rappresentanti delle istituzioni, ai soci del progetto e alla stampa stamattina alle 11 nei pressi dell'area del cantiere. E questa sarà anche l'occasione - si legge in una nota di presentazione dell'appuntamento odierno - per presentare l'avanzamento dei lavori, «che proseguono nel pieno rispetto del cronoprogramma».

 

 

Alghe, pesci e acque pure Miramare rilancia i piani per la salute dell'Adriatico - i progetti di OGS e Shoreline

Progetti condivisi per lo sviluppo sostenibile dell'Alto Adriatico. Di questo si è parlato l'altro giorno a Trieste al BioMa, il Biodiversitario Marino di Miramare, in occasione dell'incontro promosso dall'Ogs con Area Marina Protetta di Miramare e cooperativa Shoreline finalizzato alla presentazione di alcuni progetti finanziati dalla Comunità Europea attraverso il programma Interreg Italia-Croazia. Il progetto "Ecological Observing System in the Adriatic Sea: oceanographic observations for biodiversity" si pone il fine di realizzare, in modo congiunto, un cosiddetto Sistema Osservativo Ecologico (EcoAdS) nel Mar Adriatico, con l'obiettivo di contribuire alla salvaguardia dei siti Natura 2000. Il progetto Roc-Pop, unico a far parte del programma Life, ha lo scopo di favorire il rimboschimento di alghe Cystoseira all'interno delle aree marine protette delle Cinque Terre e Miramare. «Il progetto - ha specificato Saul Ciriaco di Shoreline - prevede il trapianto di plantule di Cystoseira, con vantaggi in termini di tempo, costi e impatto ecologico». Il progetto "Fisheries in the AdriatIc Region - a Shared Ecosystem Approach" è a sua volta finalizzato all'aumento del cosiddetto prodotto ittico e a una raccolta economicamente più efficiente e sostenibile. «L'obiettivo - ha spiegato Simone Libralato dell'Ogs - è quello di creare piattaforme di lavoro transfrontaliere per coinvolgere i pescatori, i produttori, gli organi di gestione, gli stakeholder delle diverse aree coinvolte per arrivare allo sviluppo di uno strumento di supporto decisionale che integri gli aspetti ambientali e socioeconomici delle diverse attività di pesca in Adriatico».Infine, per il progetto "Managed use of treated urban wastewater for the quality of the Adriatic Sea" il target è quello di preservare la qualità delle acque costiere nell'Adriatico, attraverso la stretta collaborazione tra Università di Udine, Comune di Udine e Ogs di Trieste, per ricercare nuovi sistemi di trattamento delle acque di depurazione e migliorare la qualità delle acque.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 luglio 2019

 

 

Meglio riqualificare piazza Sant'Antonio come si presenta oggi - La lettera del giorno di Antonia Merizzi, architetto

Direi che sia giunto il momento di abbandonare la moda della "cementificazione" delle piazze: diventano spianate desertiche e roventi in estate, squallide e gelide d'inverno. Qui esiste una piazza inserita in un contesto ottocentesco, sapientemente disegnata, gradevole e molto frequentata. Io credo che non ci sia bisogno di stupire con progetti che modificano ciò che esiste: questa piazza rappresenta un prezioso spazio aperto, storico, ricco di memoria, rimasto ancora integro. Mi chiedo che necessità ci sia, per questa bella piazza, di dover per forza sperimentare innovazioni architettoniche "con piazze metafisiche" . Ricordo le ultime piazze recentemente "riqualificate": Vittorio Veneto, con il suo brutto abbeveratoio centrale, Goldoni con i suoi improbabili muri gocciolanti. La piazza S. Antonio Nuovo, così come si presenta oggi, ricca di spazi verdi, diventati componenti fondamentali di questo spazio aperto, è davvero molto piacevole nella sua attuale composizione, per cui sarebbe, a mio parere, opportuno proporre anche un progetto di il restauro / conservazione della piazza, eliminando l'attuale forte stato di degrado derivante da tanti anni di incuria. Infine, per quanto riguarda il proposto filare di alberelli, anche questi oggi tanto di moda, mi chiedo perché non si possa prendere in considerazione la riqualificazione delle aiole esistenti con specie arboree ed arbustive che consentano la vista dell'intorno anch'esso di grande valenza paesaggistica e ciò tenuto conto dell'art 3 comma 2 Titolo II del vigente Regolamento sul Verde Pubblico che così recita: 2gli alberi, i prati, i cespugli e i principali arredi verdi, possono essere compromessi. . solo in caso di impossibilità di utilizzare scelte alternative...che ne garantiscano l'integrità».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 luglio 2019

 

 

Amianto in Fiera. Il gruppo austriaco pretende e ottiene il maxi risarcimento

La Spa in liquidazione, di cui il Comune e' socio al 54%, versa agli investitori Mid 325 mila euro. M5s contesta l'operazione.

Ma era proprio necessario che Fiera Trieste spa in liquidazione dovesse versare 325 mila euro alla Mid di Walter Mosser, acquirente del compendio, a mo' di risarcimento per il decremento del valore immobiliare della Fiera, a causa della presenza di amianto rilevata nel novembre 2018? Paolo Menis, consigliere comunale del M5s, ne dubita fortemente, al punto che sta preparando sull'argomento un'interrogazione da rivolgere al sindaco Roberto Dipiazza. Menis, che sul dossier ha chiesto l'accesso agli atti, è perplesso riguardo la soluzione transattiva sottoscritta dalle parti lo scorso 2 maggio, poichè ritiene che l'articolo 2 del contratto risalente al settembre 2017 preveda «la compravendita è pattuita a corpo e non a misura o a stima, nello stato di fatto e di diritto in cui gli immobili attualmente si trovano, ben noti alla parte avente causa e come da questa visitati e graditi ...». Allora - si chiede l'esponente pentastellato - perchè dover risarcire il compratore austriaco, dal momento che esso ha accettato gli immobili nello stato di fatto in cui si trovavano? Sapendo con ogni probabilità che negli edifici dell'ex Fiera, per ragioni di anagrafe edilizia, la presenza di amianto sarebbe stata «abbastanza normale».Sulla base dei documenti consultati, Menis ricostruisce la trama della vicenda. La Mid aveva acquistato l'area della Fiera nell'aprile 2017, al prezzo di 13,3 milioni di euro, un paio in più rispetto alla base d'asta. Nel novembre dello stesso anno il patron del gruppo carinziano, Mosser, aveva presentato le linee portanti del progetto in Salotto azzurro, insieme all'architetto Francesco Morena. Esattamente un anno più tardi, quando batteva il giorno 7 novembre, Armin Hamatschek, manager della Mid, comunicava a Fiera spa «la potenziale presenza di amianto» nel comprensorio fieristico. La società di ingegneria Eva srl aveva mappato le emergenze del minerale rilevate negli stabili. Nel gennaio 2019 Mid chiede, in merito al reperimento di amianto, un risarcimento pari a 700 mila euro. Due settimane più tardi l'assemblea di Fiera in liquidazione - dove il Comune è azionista di riferimento con il 50,4% - delibera di chiudere il potenziale contenzioso offrendo - a titolo di contributo quale quota parte della spesa preventivata per la bonifica - 350 mila euro, cioè la metà di quanto chiesto dagli austriaci. Che alla fine accettano di transare a 325 mila euro «impegnandosi allo smaltimento integrale dell'amianto» e rinunciano a ogni azione giudiziaria esperibile nei confronti del Comune e di Fiera spa in liquidazione. L'atto transattivo viene firmato il 2 maggio 2019 da Santi Terranova, segretario generale del Comune, da Gianfranco Nobile, liquidatore della società, da Walter Mosser, legale rappresentante di Mid Immobiliare srl con sede a Bolzano.Finora della vicenda-amianto non si era saputo alcunchè. Forse il confronto tra le parti sulla delicata questione spiega il rallentamento dell'operazione Fiera, che ha accumulato, rispetto alle previsioni, un ritardo di alcuni mesi. A maggio Armin Hamatschek ha comunque annunciato che a settembre partiranno i lavori di demolizione, che saranno "bagnati" da una festa della birra organizzata in piazzale De Gasperi. Il progetto di riqualificazione dell'ex Fiera è ambizioso: valore finanziario di 100 milioni di euro, superficie fondiaria di 24 mila metri quadrati, superficie coperta di 30 mila mq, superficie deil parking di 36 mila mq. L'inaugurazione è prevista per la fine del 2021. Area giochi, negozi, posti auto, riassetto viario tra Rossetti e De Gasperi: ecco gli aspetti più significativi del recupero, che dovrebbe interessare un bacino d'utenza di 400 mila persone. 

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 luglio 2019

 

 

La Soprintendenza apre alla demolizione Per la Sala Tripcovich si prepara l'addio

La numero uno di Palazzo Economo Bonomi: «Possibile rimuovere il vincolo se in gioco c'è la riqualificazione di tutta l'area»

La Soprintendenza apre alla demolizione della Sala Tripcovich, ormai chiusa dal 2017, e alla conseguente rimozione del vincolo delle Belle arti. A una condizione però: che ciò avvenga nell'ambito della «prosecuzione della riqualificazione della piazza verso Porto vecchio». Ed è proprio questo il concetto che sta dietro alla recentissima proposta del Municipio, raccolta in un fascicolo arrivato sulla scrivania della soprintendente Simonetta Bonomi. Una proposta che prevede un investimento da 2 milioni di euro. Gli uffici tecnici del Comune hanno dato quindi una decisiva accelerazione all'iter che, appunto, Soprintendenza permettendo, metterebbe in pratica l'idea che il sindaco Roberto Dipiazza accarezza già dal suo primo mandato, per la precisione dal 2004. L'obiettivo è rimasto lo stesso: abbattere la sala - che, per poter riaprire, avrebbe bisogno oggi di un restauro da a 1,5 milioni -, e valorizzare così l'ingresso alla città e all'antico scalo. Dopo mesi di lavoro sul progetto (Rup è il direttore dei Lavori pubblici Enrico Conte), ora il momento è propizio, soprattutto in vista dell'attuale cantiere di piazza Libertà (sotto l'egida del direttore del Dipartimento Mobilità Giulio Bernetti), che coinvolge in primis la viabilità. In quest'ottica, dunque, s'inserisce il piano per sottrarre all'incuria l'area di largo Città di Santos, che prima dei lavori era in balia di parcheggi selvaggi e sporcizia in ogni angolo.«È un progetto interessante - afferma la direttrice di palazzo Economo -. Lo esamineremo, è arrivato da qualche giorno. Vedremo se approvarlo. Lo ritengo comunque probabile, perché c'è una riqualificazione significativa della seconda parte della piazza della Stazione. È vero, noi stessi abbiamo condotto a suo tempo una battaglia per vincolare l'edificio. Oggi però, vedendo il progetto che porterà a un miglioramento generale della piazza, non possiamo non fare una valutazione complessiva, di bilanciamento. La questione non è demoliamo la Tripcovich, ma è più ampia. Se non si demolisce, non si riqualifica la piazza». Il progetto preliminare presentato a Palazzo Economo, per cui è già prevista la copertura finanziaria, è stato affidato allo studio Gasperini. Nello specifico, una volta chiuso il capitolo viabilità e raso al suolo il teatro, il progetto contempla «la realizzazione di una vera e propria piazza - spiega l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli -, la piantumazione di nuovi alberi (dopo l'abbattimento, lo scorso autunno, di dieci fusti storici proprio di fronte alla stazione delle corriere, con tanto di protesta di Legambiente e Italia Nostra, ndr) e lo spostamento della statua di Sissi dal giardino di piazza della Libertà. L'intento è quello di far ritornare gli spazi come un tempo», quando, come ricorda anche la soprintendente, l'attuale area di piazza della Libertà e di largo Città di Santos formava un grande piazzale suddiviso in due blocchi di giardini. Bonomi si astiene, per ora, comunque, dal dare un parere definitivo, anche perché il fascicolo, come sottolinea, deve passare il successivo esame della Commissione regionale Patrimonio culturale. L'ente è «un organo collegiale del ministero - spiega Bonomi -, all'interno del nostro Segretariato regionale, che ha competenze in materia di tutela: darà il parere se l'edificio si può demolire oppure no e di conseguenza sulla rimozione del vincolo». Nell'ordine, dunque, sarà prima la Soprintendenza, che ha a disposizione 120 giorni, a valutare il progetto e preparare l'istruttoria da presentare alla Commissione, che si riunisce una volta al mese. Quest'ultima, però, può anche decidere di appellarsi a un organo superiore, il Comitato tecnico del Mibac. Probabilmente, se tutto filerà liscio, entro la fine dell'anno si potrebbe scoprire l'esito di palazzo Economo. Poi, il Comune deve bandire la gara e affidare il progetto definitivo. Se ne riparla quindi nel 2020. 

Benedetta Moro

 

 

Che aria tira a Muggia ? L'ARPA assegna il bollino di qualita' - il report ambientale

MUGGIA. «Non ci sono evidenze di particolari problematicità legate alla qualità dell'aria nella zona di Muggia». Inizia così la relazione dell'Arpa presentata l'altro giorno a un incontro pubblico in Sala Millo. I risultati dell'indagine, illustrati dal direttore dell'agenzia Stellio Vatta e dal responsabile Sos Qualità dell'aria Fulvio Stel, sono emersi da tre distinti approfondimenti: in primis sono stati analizzati i principali parametri della qualità dell'aria dell'intera fascia transfrontaliera da Trieste a Capodistria, successivamente si sono svolte delle indagini sulle deposizioni di polveri e microinquinanti, infine l'Arpa ha integrato i dati delle stazioni di misura a terra con i risultati dei modelli matematici di dispersione delle polveri nell'intero Golfo triestino. Per quanto riguarda la qualità dell'aria, per il report ci si è basati sui dati raccolti nella "Relazione transfrontaliera sulla qualità dell'aria" realizzata dall'Arpa stessa assieme all'omologa Agenzia slovena per l'ambiente, l'Arso, studio che ha valutato la qualità dell'aria e il livello dell'inquinamento atmosferico di fondo nelle aree transfrontaliere nel periodo 2009- 2017. «Lo studio ha evidenziato che nell'area di Muggia e Capodistria non sono presenti particolari criticità connesse ai principali inquinanti: le polveri sottili Pm10 e Pm 2,5 e gli ossidi di azoto sono ampiamente inferiori ai limiti fissati dalle direttive europee. Sussiste, invece, una criticità per l'ozono, che è un problema per tutta l'Europa, che deve essere affrontato con politiche a livello sovranazionale», si legge nella relazione dell'Arpa. Le deposizioni di microinquinanti (benzopirene) e di polveri sono stati indagati invece nell'area di Porto San Rocco dall'ottobre del 2018 sino al marzo scorso. E nemmeno per quanto riguarda i microinquinanti la zona di Muggia presenta criticità dato che «i livelli sono sempre mediamente più bassi rispetto a qualsiasi postazione di misura di Trieste e tranquillamente al di sotto della soglia di legge». Infine, Porto San Rocco, nel periodo di studio, «non è stato impattato da un significativo flusso di materiale particolato in ricaduta». Questa conclusione è confermata anche dagli studi integrati dai modelli matematici di dispersione delle polveri nell'intero Golfo, che evidenziano un rapido decremento del flusso di polveri aerodisperse via via che ci si allontana dalle sorgenti di emissioni presenti nella zona industriale (Servola ad esempio). «Sono soddisfatta - così l'assessore all'Ambiente di Muggia Laura Litteri - del fatto che i dati presentati confermino che la qualità dell'aria nel nostro territorio sia buona. Di certo i muggesani non vivono le problematiche triestine relative a Ferriera e inceneritore. Non direttamente per lo meno, anche se non si può sottovalutare che, a causa dei venti predominanti, se ne possa a volte risentire. Sicuramente per quanto riguarda la Ferriera molto è stato fatto dal 2012 ad oggi. Quanto all'inceneritore, che brucia i rifiuti non differenziati, il Comune di Muggia è riuscito con il sistema "porta a porta" a dimezzare proprio la quantità di rifiuto indifferenziato prodotta, contribuendo così alla qualità dell'aria che respiriamo».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 luglio 2019

 

 

La vecchia cava è da bonificare E Sgonico perde 200 mila euro

La legge impone al Comune uno sgombero di inerti nella zona di Rupinpiccolo Il privato responsabile è in difficoltà: è improbabile che l'ente recuperi quei soldi

SGONICO. Una mazzata da 200 mila euro. È l'imprevisto capitato al Comune di Sgonico, che dovrà impegnare tale cifra per sgomberare dai detriti una cava nei pressi di Rupinpiccolo. A originare la spesa è il Codice dell'ambiente del 2006, in base al quale «l'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati» e «il sindaco dispone con ordinanza le operazioni necessarie allo sgombero dei rifiuti e il termine entro cui il titolare deve provvedere», quindi «procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati e al recupero delle somme anticipate». Ma il recupero dei soldi, in questo caso, è improbabile. È proprio questa la situazione in cui si ritrova l'amministrazione retta dal sindaco Monica Hrovatin dopo la chiusura forzata dell'attività della Eco Carso. Quest'ultima aveva infatti acquistato la cava qualche anno fa, aggiungendo alla naturale attività estrattiva anche quella di recupero di inerti edili. La Provincia, all'epoca competente per le attività estrattive, aveva riscontrato però alcune irregolarità sospendendo l'autorizzazione all'esercizio d'impresa e dandone comunicazione all'amministrazione di Sgonico che, a sua volta, aveva emesso un'ordinanza di sgombero dei materiali ancora presenti nella cava. Il provvedimento non aveva mai trovato riscontro, anche perché nel frattempo le difficoltà economiche della Eco Carso erano notevolmente aumentate, al punto che l'impresa aveva non solo dovuto rinunciare a ottemperare all'ordinanza ma anche a vendere all'asta la cava stessa. A comperarla, a febbraio 2016, era stata la Marmi Repen srl. Dopo più di tre anni di attesa, adesso i nodi stanno venendo al pettine e l'amministrazione ha iniziato la procedura che porterà allo sgombero dei materiali residui. «Si tratta di un impegno di spesa di circa 200 mila euro - sottolinea Hrovatin - che andrà a toccare le spese correnti. Il nostro programma prevede miglioramenti nelle scuole e nelle strade, attività culturali e artistiche, tutte iniziative che dovremo limitare. Avevamo appena accolto con soddisfazione la notizia di un rimborso a nostro favore, originato dal riconoscimento dell'extra gettito Imu. Un vero peccato». Il Comune di Sgonico, non avendo a disposizione una struttura capace di provvedere allo sgombero della cava, dovrà esternalizzare tale servizio, allestendo una gara. D'altra parte è anche giusto che la Marmi Repen, che ha regolarmente acquistato la cava all'asta, possa cominciare a operare nell'ambito di un bene proprio. «La legge - spiega Ales Petaros, capo dell'Ufficio tecnico del Comune - prevede che l'amministrazione possa poi rivalersi nei confronti di chi non ha ottemperato allo sgombero, disattendendo così l'ordinanza del sindaco, ma è improbabile che un'impresa costretta a vendere la cava possa ora trovare le risorse per ricompensare il Comune».-

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 luglio 2019

 

 

Alpi, superfici glaciali in ritirata Estensione sparita per il 60%

Più a rischio se assolati e sotto i 3.000 metri. Con lo scioglimento sale il mare: 3,5 mm l'anno Nel 2100 nell'arco alpino con 4-5 °C in più se ne sarà andato il 90 per cento del ghiaccio

Di targhe come quella islandese per celebrare ghiacciai estinti sulle Alpi ne potremmo installare a decine. A sparire per ora sono stati soprattutto piccoli ghiacciai su versanti soleggiati a quote inferiori a 3.000 metri. Il Galambra, in Val Susa, è uno di questi: immortalato in cartoline storiche con una bella parete bianca immersa in un lago, a inizio Novecento vi si cavava il ghiaccio da vendere ai mercati di Torino. A segnarne la fine i 2 °C di aumento termico in un secolo. Oggi non è che una pietraia orlata da qualche nevaio. Al posto del ghiacciaio Quarnero, sul Monviso, ora c'è uno specchio d'acqua, e la stessa sorte è toccata a quello della Losa, sul Gran Paradiso. Poco più in là, sopra Ceresole Reale, c'era il ghiacciaio della Porta: la mulattiera di caccia voluta da Vittorio Emanuele II ora si ferma in un deserto di pietre al confine di quello che ai tempi era l'ammasso glaciale. Passando alle Alpi centrali, non c'è più il ghiacciaio del Pizzo Varuna (Bernina), e sulle Dolomiti si sono spogliati anche i celebri Sassolungo e Sassopiatto. Ma sono a rischio estinzione pure i ghiacciai più grandi: il Careser nell'Ortles-Cevedale, quello di Fontana Bianca in Alto Adige e quello di Sarennes nelle Alpi francesi. la deglaciazione - I dati sulla deglaciazione in atto sono impressionanti: nel 1850, al culmine della Piccola Età Glaciale iniziata sei secoli prima, l'arco alpino ospitava quasi 4.500 chilometri quadrati di superficie glaciale, ridottisi a meno di 1800 negli anni recenti secondo l'Università di Zurigo: una contrazione del 60 per cento che ci ha portati in una situazione verosimilmente inedita da almeno 5.300 anni, dacché la mummia Oetzi venne sepolta per riemergere solo nella calda estate 1991, la prima di una lunga serie. E le simulazioni per il futuro non lasciano scampo. I ghiacciai impiegano anni a mettersi in equilibrio con il clima, e anche senza un ulteriore incremento di temperatura perderebbero un altro terzo della superficie attuale. Se poi continueremo a seguire una traiettoria ad elevate emissioni-serra, nel 2100 con le Alpi più calde di 4-5 °C se ne sarà andato oltre il 90 per cento del volume di ghiaccio presente oggi, i cui ultimi relitti incappucceranno solo i «quattromila» come il Monte Bianco e il Monte Rosa. i dati della nasaDi tutto ciò preoccupa non tanto lo stravolgimento paesaggistico, quanto la riduzione dei deflussi idrici estivi e soprattutto l'aumento dei livelli marini. Secondo le misure satellitari della Nasa gli oceani globali sono saliti di 9 centimetri negli ultimi 25 anni, ovvero 3,5 millimetri all'anno, anche se non tutti derivanti dalla fusione glaciale. Sembrerà poco, ma forse non la pensano così gli abitanti dei quartieri già allagati di Giakarta, cui tra pochi decenni si aggiungeranno quelli di Grado, Venezia, Chioggia. Allora sarà evidente il filo che lega l'esistenza di un remoto ghiacciaio islandese e quella di milioni di persone che abitano le coste del mondo, Italia inclusa.

Luca Mercalli

 

 

Meno plastica e più ambiente con il Green Team sulle spiagge

Campagna di sensibilizzazione su sovrapproduzione e riciclo In regalo borraccia d'alluminio in cambio delle bottigliette Progetto patrocinato da Arpa

TRIESTE. Un "Green Team" che sulle spiagge di Grado e Lignano raccoglie tra i bagnanti le bottiglie di plastica regalando in cambio una borraccia di alluminio riutilizzabile. È l'iniziativa promossa e organizzata dal Gruppo Illiria: si intitola #NonTiScordarDiMe Tour il progetto itinerante che affronta il tema plastica, non solo in termini di sensibilizzazione alla sovrapproduzione, ma soprattutto quanto a cultura al riciclo e al riutilizzo: un progetto patrocinato da Arpa Fvg e realizzato in collaborazione con Lignano Sabbiadoro Gestioni e Git Grado. La prima parte del Tour è già partita e proseguirà anche in agosto sul lungomare delle due località balneari. Un Green Team Illiria composto da 4 "promoters" muniti di carriola ecologica percorre le spiagge raccogliendo fra i bagnanti le bottiglie di plastica e regalando una borraccia in alluminio riutilizzabile. Tutte le bottiglie raccolte in giornata vengono portate in speciali "conferitori" per la raccolta di Pet installati sul lungomare di Grado e Lignano: sono enormi secchielli ben visibili. Nelle vicinanze è presente personale di Arpa per illustrare le attività relative ai nodi dei rifiuti spiaggiati, in particolare quelli di plastica, sviluppate a supporto della strategia regionale per lo sviluppo sostenibile. L'iniziativa non mira solo a ridurre l'uso della plastica sulle spiagge della regione. Per ogni bottiglia raccolta Illiria stanzierà 10 centesimi a favore di un progetto per il nostro territorio mirato a sensibilizzare sul problema dell'inquinamento causato dalla dispersione della plastica. In autunno partirà la seconda parte del #NonTiScordarDiMe Tour, in cui il Green Team presidierà i luoghi e le manifestazioni più rilevanti e frequentati della regione.

 

 

Report transfrontaliero sull'aria di Muggia - la presentazione oggi alla sala Millo

MUGGIA. "La qualità dell'aria a Muggia e nel Golfo di Trieste".È questo il titolo dell'incontro pubblico in programma oggi alle 18 a Muggia all'interno della sala "Gastone Millo" di piazza della Repubblica. All'incontro, tra gli altri, prenderanno parte in qualità di relatori il direttore generale Arpa Fvg Stellio Vatta e il responsabile Sos qualità dell'aria della stessa Arpa Fulvio Stel. Hanno annunciato la loro presenza anche gli assessori all'Ambiente del Comune di Muggia Laura Litteri e della Regione Fabio Scoccimarro. L'incontro è stato indetto per presentare la relazione transfrontaliera sulla qualità dell'aria attraverso il resoconto dei monitoraggi condotti nel comprensorio di Muggia su polveri e microinquinanti. Verrà illustrato, inoltre, "Cabiria", il nuovo sistema di valutazione delle polveri nel Golfo di Trieste. «Sono molto felice di presentare a Muggia questo lavoro transfrontaliero fatto dall'Arpa in collaborazione con i colleghi di Capodistria dato che i temi ambientali non hanno confini e chi lavora in campo scientifico sa bene che la collaborazione tra stati è fondamentale per la ricerca», commenta Litteri. L'incontro si chiuderà attorno alle 19.15 con le domande del pubblico presente in sala.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 luglio 2019

 

 

Accordo di programma ancora fermo al palo - Stallo su Porto Vecchio

A distanza di mesi dalla richiesta del Comune, la Regione non ha firmato l'intesa essenziale per aggiornare il Piano regolatore e gestire la vendita dei magazzini

Trieste. Il gruppo austriaco che vuole costruire due hotel fronte mare da 160 milioni di euro. Importanti società con sede in Svizzera e Belgio interessate al blocco di magazzini accanto all'area Greensisam. Il colosso Msc da tempo associato all'ipotesi di un nuovo terminal per navi da crociera. Sono i progetti di peso che circolano da anni per il rilancio del Porto vecchio di Trieste. Peccato che nessuno di questi, ultimamente, abbia fatto progressi o passi avanti concreti. Nonostante il sindaco Roberto Dipiazza ripeta da tempo di avere la fila di imprenditoria pronti ad r aggiudicarsi un pezzo della pregiata area, a tutt'oggi lo stallo è totale. Mancano gli strumenti urbanistici e giuridici per dare avvio alla trasformazione dei 66 ettari del comprensorio. Non è stato fatto l'aggiornamento del Piano regolatore. E, prima ancora, non è stato siglato fra Regione, Comune e Autorità portuale l'accordo di programma, documento propedeutico proprio alla variante urbanistica, ma anche strumento che consentirà in seguito ai potenziali compratori o concessionari di acquisire il diritto sulle aree con passaggi burocratici estremamente semplificati. Manca, infine, il via alla società di gestione, di cui faranno parte sempre Regione, Comune e Autorità portuale, e che si occuperà di seguire le future vendite. La richiesta di adesione all'accordo di programma è stata inviata dal Comune lo scorso marzo. L'Autorità portuale ha risposto, la Regione no. Non ancora, almeno, anche se il presidente Massimiliano Fedriga assicura che i suoi tecnici ci stanno lavorando sodo. Nessun decollo ufficiale nemmeno per la società di gestione. La firma pareva imminente già alcuni mesi fa, poi non se ne è saputo più nulla. Pure in questo caso il governatore assicura la volontà di accelerare, chiudendo la partita entro l'estate. Prima ancora, però, è necessario fare un'apposita norma, che sarà inserita nell'assestamento di Bilancio in discussione da oggi: manca dunque ancora anche la base normativa. Eppure lo scorso novembre, in uno dei tanti briefing di aggiornamento sul Porto vecchio, in cui era stata presentata la delibera con le linee di indirizzo generali sul futuro assetto dei 66 ettari di Porto vecchio, approvata poi a febbraio, Dipiazza aveva promesso che la sottoscrizione dell'accordo di programma sarebbe stata piuttosto celere, tra fine 2018 e inizio 2019, prevedendo dunque a giugno 2019 il periodo in cui iniziare a bandire le gare per gli edifici che il Comune ha classificato come vendibili e che si concentrano soprattutto nella zona "mista", estesa tra le concessioni Greensisam e il Magazzino 26. A oggi, invece, chi chiama gli uffici comunali per presentare una manifestazione d'interesse, riceve la seguente risposta: «I magazzini non sono in vendita». Non possono che restare con le mani in mano quindi, in attesa di capire il da farsi, tutti quegli investitori che finora hanno bussato alla porta del primo cittadino, presentando rendering e proposte milionarie per la costruzione di hotel e centri commerciali, per dirne un paio. Ma perché è fondamentale questo accordo? È propedeutico, come accennato, alla variante del piano regolatore del Porto vecchio ovvero alla modifica dell'attuale assetto urbanistico, che specifica ciò che si potrà fare e ciò che non si potrà fare nell'area. Al momento esistono infatti solo delle ampie linee d'indirizzo, contenute nella delibera citata, che indicano quali magazzini avranno uso pubblico e quali rimarranno sotto l'egida del demanio. Ma l'accordo è essenziale soprattutto in vista dell'inserimento della funzione residenziale, che renderà così il Porto vecchio parte del centro storico. Una sorta di "quarto borgo". A questo proposito l'assessore comunale all'Urbanistica Luisa Polli, assieme a Dipiazza, ha più volte detto di voler dedicare alla parte abitata una quota tale da non superare il 10% dell'edificabilità: le abitazioni saranno ospitate nel sotto-sistema "misto" (che va dal Magazzino 26 verso la stazione) e in quello ludico-sportivo, che definiscono l'area assieme a quello scientifico congressuale (Magazzino 26, Esof, Centro Congressi) al sistema dei Moli (Autorità Portuale). Ma per far decollare questa impostazione, appunto, serve il sì degli altri partner. Che, nel caso della Regione, tarda ad arrivare. 

Benedetta Moro

 

Dall'Austria all'Asia passando per la Russia Una fila di investitori già in attesa alla porta - LE MANIFESTAZIONI D'INTERESSE

TRIESTE. È già piuttosto corposa la lista delle proposte, arrivate in questi ultimi anni tra le mani del sindaco Roberto Dipiazza, di chi vorrebbe acquistare e rinnovare i magazzini del Porto vecchio, se non addirittura ribaltare come un calzino determinate aree dell'antico scalo. Ad oggi l'unica società che è riuscita a metterci un piede dentro è ad ogni modo la Trieste Convention Center, che con il Comune ha dato vita, attraverso un project financing mirato, al cantiere che porterà alla luce nel 2020, secondo il cronoprogramma stilato, il nuovo Centro congressi. Giusto in tempo per Esof. Un cantiere, questo, che arriva dopo la nascita del Park Bovedo e, andando indietro nel tempo di un bel po', dopo le ristrutturazioni del Magazzino 26, della Centrale idrodinamica e della Sottostazione elettrica. Tutti gli altri potenziali investitori, provenienti per la maggior parte dall'estero, sono proprio in attesa del via all'accordo di programma tra Regione, Comune e Autorità portuale e della delibera che dia corpo alla variante al Piano regolatore, fondamentale per l'attività di vendita e per l'affidamento delle concessioni di tutte le strutture che meritano, a vario titolo, di essere valorizzate in Porto vecchio. Tra le prime manifestazioni d'interesse giunte sulla scrivania del primo cittadino c'è stata ad esempio quella riguardante la cosiddetta area Greensisam attraverso la quale si è più volte cercato di trasformare i cinque sili affidati in concessione per 99 anni. A questo proposito si era palesata una società austriaca, con sede in territorio italiano a Bolzano, che avrebbe previsto in cinque anni la realizzazione di due hotel fronte mare e la conversione degli altri immobili in residenze. L'investimento? Centosessanta milioni. E c'era poi pure Manfred Siller, l'amministratore delegato dell'austriaca Siller Real Estate, che già nel 2016 aveva intenzione di trasformare l'antico scalo in scia al modello amburghese: il porto tedesco, in effetti, è stato oggetto di una brillante operazione di recupero nota in tutto il mondo. Nel 2017 si erano affacciati anche due fondi di investimento americani e un altro russo con la volontà di comprare tutto. Nello stesso anno già si iniziava, peraltro, a parlare della realizzazione di un terminal crocieristico al posto dell'Adriaterminal. A capo dell'operazione il colosso Msc, teso a porre le proprie basi anche a Trieste. A maggio del 2018 erano arrivati quindi in città i rappresentanti di importanti società con sede in Svizzera e in Belgio. L'occhio si era fermato sul blocco di quattro magazzini subito accanto ai cinque targati Greensisam. Il progetto? È rimasto top secret. Ad aprile di quest'anno invece Dipiazza parlava di «tantissime lettere di varie società interessate: c'è il settore immobiliare di una nota multinazionale, un imprenditore russo, e un altro montenegrino. Vedremo. Noi come Comune abbiamo fatto il nostro: il progetto di urbanizzazione, la viabilità. Tutto questo in meno di due anni, calcolando anche il parcheggio Bovedo». Ed è stato più volte tirato in ballo il destino del Magazzino 30: su questo, sempre secondo il sindaco, c'è l'interessamento di una nota catena del settore agroalimentare. Per non dimenticare, e la conferma dell'Autorità portuale è di maggio scorso, gli investimenti immobiliari, anche con attività di tipo industriale, che potrebbero beneficiare del regime di Porto franco, attraverso alcuni investitori asiatici con garanti inseriti in società lombarde ed emiliane. Di loro si sa solo che sarebbero a capo di gruppi che operano nel settore immobiliare, logistico e industriale, dalla componentistica ai materiali da costruzione.

Be.Mo. 

 

 

Un clic e lo smartphone segnala la noce di mare

La nuova applicazione dell'Ogs è stata lanciata per raccogliere informazioni su una delle specie invasive più dannose al mondo

Ambiente - Mentre fate un bel bagno ristoratore o una passeggiata sul lungomare tenete gli occhi ben aperti e lo smartphone sottomano: le vostre osservazioni possono aiutare i ricercatori a studiare il nostro Adriatico. Grazie a un'app ideata da dall'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) con pochi clic potrete contribuire alla raccolta d'informazioni sugli avvistamenti delle noci di mare, organismi gelatinosi che negli ultimi anni stanno invadendo i nostri mari e particolarmente la zona dell'Alto Adriatico. L'applicazione, avvistApp, è stata lanciata in questi giorni per smartphone con sistema operativo iOS o Android ed è semplice da usare: una volta individuato l'organismo è possibile scattare una foto geolocalizzata e inviare una segnalazione con il proprio cellulare. Oltre alla noce di mare, con avvistApp è possibile segnalare anche altri organismi molto comuni per il nostro mare, come meduse, tartarughe e delfini. I dati saranno raccolti e analizzati dai ricercatori dell'Ogs e messi a disposizione di tutta la comunità scientifica. Ma perché la noce di mare? «Questo organismo è originario delle coste atlantiche dell'America ed è giunta nel Mediterraneo probabilmente con le acque di zavorra delle navi. A una prima osservazione sembra simile a una medusa ma in realtà non ne è nemmeno lontana parente, è uno ctenoforo. Anche se non è urticante per l'uomo la noce di mare, Mnemiopsis leidyi, può rappresentare un notevole problema per l'ecosistema marino: questa specie è infatti un vorace predatore che si ciba di uova e larve di pesce ma anche di zooplancton, del quale si nutrono i pesci stessi» spiega Valentina Tirelli, biologa marina di Ogs e coordinatrice del progetto. «A causa degli effetti negativi che Mnemiopsis leidyi può determinare è stata inserita nella lista delle 100 specie invasive più dannose al mondo. Dall'estate 2016 la noce di mare forma enormi sciami anche in Nord Adriatico, creando seri problemi al settore della pesca nella laguna di Grado e Marano» precisa la ricercatrice. La specie presenta caratteristiche fisiologiche che la rendono particolarmente adatta a invadere nuovi ambienti. Nel suo habitat originario può vivere a temperature comprese tra gli 0 e 32 gradi, è ermafrodita e con un'elevata fertilità. Grazie al progetto "Noce di mare", l'Ogs potrà approfondire le dinamiche della sua proliferazione e valutarne l'impatto sull'ecosistema.

Giulia Basso

 

 

SEGNALAZIONI - Passeggio S. Andrea - Non ci sono alberi pericolosi

In riferimento alla segnalazione del signor Cristiano Centis apparsa sulla rubrica delle Segnalazioni de Il Piccolo di data 10 luglio 2019 questa Amministrazione ritiene necessario precisare che gli alberi di Passeggio Sant'Andrea sono stati oggetto di potatura nel periodo novembre - dicembre 2017, con un cantiere ha occupato l'area per circa 2 mesi. Ulteriori interventi di potatura, prescritti in occasione delle recenti verifiche di stabilità, sono stati eseguiti a carico di alcuni alberi nei primi mesi del 2019. La Via di campo Marzio è stata invece oggetto di potatura nel mese di marzo 2019. Si segnala che tutti gli alberi sono oggetto di periodica valutazione di stabilità fra i quali il platano che ha subito il cedimento di una branca in occorrenza di condizioni meteorologiche avverse nella serata del 6 luglio. La pianta è stato oggetto di controllo di stabilità nel dicembre 2017 e, attesi gli esiti della verifica, è stato eseguito un consistente intervento di potatura di alleggerimento sempre nel dicembre 2017. Alla luce di quanto sopra le affermazioni riportate non solo non sono corrette quando riferisce dell'assenza da anni di interventi di potatura, ma non hanno alcun fondamento, anche in merito alla asserita elevata pericolosità degli alberi, fermo restando che in occasione di eventi meteorologici di particolare intensità, soprattutto durante la stagione vegetativa con la presenza di una densa chioma, anche alberi sani e potati possono subire danni.

Elisa Lodi - Assessore ai Lavori Pubblici Comune di Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 luglio 2019

 

 

Cittadella sportiva in via Locchi con l'alleanza Samer-Comune

Il progetto si basa sul recupero delle strutture inutilizzate e sul restyling del tetto del park. Operazione da 2 milioni

Pallanuoto Trieste, San Giusto Scherma, Fiamma Karate, Calicanto: su questo quadrilatero associativo poggia un ambizioso progetto che ha come obiettivo recuperare le strutture inutilizzate di via Locchi, sotto la sede della Polizia locale, per conferire a esse polifunzionalità di utilizzo sportivo. Il pivot finanziario della riqualificazione è la Samer, perché l'idea del lifting è venuta al capitano-console Enrico. Dal punto di vista tecnico-amministrativo, si tratta di un project financing in accordo con il Comune, proprietario del sito. Il valore dell'operazione è di 2 milioni di euro. Il proposito, equipaggiato di rendering e di ulteriori particolari in cronaca, sarà presentato tra un paio di settimane con i crismi dell'ufficialità. La notizia non è nuovissima, perché se ne era parlato già a inizio d'anno, quando ad anticipare alcuni aspetti del fascicolo era stato l'assessore allo Sport, Giorgio Rossi, che però non fece il nome dell'investitore privato. A sollecitare l'attenzione giuntale verso il recupero dell'area abbandonata fu il presidente della IV commissione consiliare Michele Babuder.Adesso il refitting di via Locchi è uscito dal riserbo, avendone accennato lo stesso Samer in una recente occasione pubblica. Contesto e programma meritano un rapido approfondimento. Innanzitutto l'intervento Comune-Samer riguarderà una palestra da anni in disuso, l'ex sede della Pallacanestro Trieste, una parte della copertura del park Sant'Andrea (accesso da via Carli). In sostanza, due piani vuoti da ristrutturare cui si aggiunge il tetto del garage. Samer ha impostato il negoziato con Rossi e con il direttore dei Lavori pubblici, Enrico Conte. Il recupero si veste di giovane, tant'è che una delle proposte di Samer riguarderà l'organizzazione di corsi dopo-scuola ad affiancare l'attività sportiva. Lo svolgimento di centri estivi rinforzerà l'utilizzabilità di questa porzione di via Locchi. Sia Rossi che Samer hanno visto in questa realizzazione l'opportunità di dare vita a una "cittadella dello sport" coinvolgendo l'intera impiantistica esistente nella zona: quindi il polo natatorio della Bianchi, la palestra usata prevalentemente dal basket ma non disdegnata dai campionati di volley, il campo di calcio del Sant'Andrea sul quale sta per iniziare un ripristino da mezzo milione di euro. Samer, patron della pallanuoto, pensa inoltre di evitare ai suoi atleti l'avanti/indietro per gli allenamenti da San Giovanni. Ma pensa soprattutto alla posizione strategica del futuro impianto: non è lontano dal centro e comunque è ben collegato dal trasporto pubblico, c'è il parking (tra l'altro proprio sotto i campi "open"). C'è un ampio bacino di utenza rappresentato da non meno di duemila persone che lavorano nel "polo direzionale" formato da Fincantieri (palazzo della Marineria), da Italia Marittima (idem), da Allianz (largo Irneri), da Autovie Venete e da Friulia: non faranno agonismo, ma qualche momento ginnico-sportivo potranno anche permetterselo. Senza dimenticare la presenza del comando regionale della Guardia di Finanza. A poche decine di metri, quasi un naturale serbatoio di energie fresche per le discipline sportive, il complesso scolastico "Campi Elisi" con gli istituti de Morpurgo e Stock. Dopo che si sarà fatta "Samer sport city", mancherà ancora una casella alla redenzione dell'area: l'ex mensa della Fabbrica Macchine, dove oggi pranzano topi e insetti. Cliente fissa delle alienazioni comunali, senza corteggiatori.

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 luglio 2019

 

 

Slovenia, uccisi 38 orsi ma per gli allevatori si procede troppo piano - legge d'intervento urgente

LUBIANA. La legge della Slovenia di intervento urgente che permette l'abbattimento di 200 orsi e 11 lupi entro la primavera del 2020 è entrata oramai nella fase operativa. Ad oggi i cacciatori hanno abbattuto 38 orsi ma le associazioni che raggruppano gli agricoltori e gli allevatori sono ancora scontente e protestano perché l'abbattimento procede troppo a rilento e orsi e lupi, nel frattempo, continuano a devastare i campi e a fare stragi tra le greggi. Secondo le associazioni il rilascio dei permessi per l'uccisione degli orsi va troppo a rilento e hanno annunciato nuove proteste contro il governo e il Parlamento se entro la metà di agosto la situazione non migliorerà, termine in cui si riunirà nuovamente il Consiglio per la valutazione dei danni arrecati ad agricoltura e allevamento in Slovenia dagli animali selvatici. Fino ad oggi a partire dal 1 gennaio il danno arrecato dagli orsi ammonta a 42 mila euro. Allevatori e agricoltori chiedono che tutti vengano forniti della necessaria recinzione e non solo quelli che hanno già subito danni da orsi o lupi e chiedono che per gli appezzamenti più vasti o per i pascoli sia previsto il permesso orale per l'abbattimento in tempo reale della bestia quando questa viene individuata. Inoltre si chiede che oltre all'orso e ai lupi si possa abbattere anche lo sciacallo dorato. All'inizio la trafila per ottenere il permesso di abbattimento era davvero lunga, ammette al Delo di Lubiana Miha Marence del Servizio forestale della Slovenia, ma adesso tutto si è velocizzato, bisogna comunque tener conto che per sparare a un orso bisogna mettere in funzione un procedimento amministrativo che vuole i suoi tempi. Fino ad oggi non è stato abbattuto ancora nessun lupo i cui attacchi agli insediamenti agricoli e agli allevamenti (complessivamente 138) hanno causato quest'anno danni in Slovenia pari a 96 mila euro.

M. Man. 

 

Diportisti salvano una tartaruga ferita

Sono riusciti a tenerla ferma vicino alla barca, chiamando i soccorsi. Da Grado l'esemplare è stato trasferito a Miramare

GRADO. Salvata in mare, in zona Porto Buso, una giovane tartaruga leggermente ferita che non riusciva più a immergersi. È accaduto ieri verso le 11, quando a Circomare è giunta la richiesta di soccorso da parte di alcuni diportisti che avevano notato la tartaruga in difficoltà. Diportisti che diligentemente sono riusciti a tener fermo l'animale nei pressi della loro barca in attesa dell'arrivo dei marinai di Circomare, che sono giunti sul posto, a circa 3 miglia e mezzo dall'ingresso di Porto Buso, con la motovedetta 846. La tartaruga, lunga una cinquantina di centimetri, aveva una leggera ferita alla testa ma evidentemente era tramortita tanto che non riusciva a immergersi. Con molta probabilità era stata da poco colpita alla testa da un'elica di qualche imbarcazione. Gli uomini di Circomare l'hanno recuperata e issata a bordo, dopo l'hanno coperta anche con delle coperte, ovviamente bagnate con acqua di mare. Giunti sul molo Torpediniere c'erano dei colleghi con un piccolo contenitore riempito con acqua di mare. Sul posto è arrivato anche il veterinario con al seguito un contenitore ben più grande. La tartaruga è stata quindi trasportata in un primo tempo fino al ricovero di Terranova per poi, dopo le prime cure, essere ulteriormente trasferita a Trieste, al centro di Miramare dove sarà rimessa in piena forma prima di liberarla nuovamente in mare. 

Antonio Boemo

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 luglio 2019

 

 

Studenti tedeschi e Sos Carso insieme per pulire l'ambiente - IL GEMELLAGGIO ECOLOGICO

«Dopo alcuni mesi di contatti possiamo dire con orgoglio che Sos Carso ha fatto la sua prima uscita ecologica internazionale con una scolaresca di ragazzi giunti dalla Germania». Cristian Bencich, portavoce dell'associazione ambientalista apolitica triestina, annuncia l'avvenuto "gemellaggio ecologico" con la scuola "Rudolf Steiner" di Nuertingen, località vicino a Stoccarda. «Dopo una nostra precedente ispezione al Villaggio del Pescatore, vicino alla zona paleontologica, abbiamo fatto circa tre ore di pulizia della scogliera, del sentiero e del parcheggio attiguo, raccogliendo complessivamente 19 sacchi neri tra barattoli, plastiche, microplastiche, reti di allevamento delle cozze, bottiglie, due copertoni d'automobile, una boa e alcuni pezzi di ferro», racconta Bencich. La "Rudolf Steiner" Schule è solita da anni organizzare ogni fine anno scolastico (per le 12 classi) una vacanza di volontariato in giro per l'Europa. Durante l'anno scolastico gli studenti tedeschi hanno organizzato mercatini e spettacoli di teatro fino a raccogliere la somma necessaria per affrontare questa loro esperienza. «Quest'anno siamo stati noi i fortunati a ricevere la loro visita e sono stati semplicemente fantastici. Oltre all'ennesima raccolta di rifiuti avvenuta nel nostro territorio, per una volta forse l'aspetto minore di questa uscita, è davvero giusto sottolineare il grandissimo gesto fatto da questi ragazzi ed insegnanti che di fatto si sono pagati di tasca propria questa "vacanza" per venire a ripulire un pezzo della nostra provincia», ha aggiunto il cofondatore di Sos Carso, Furio Alessi. In tutto sono stati 25 gli studenti della Steiner presenti nel comune di Duino Aurisina. Assieme a loro, tre insegnanti. Fondamentali per il lavoro di cooperazione le traduttrici Lea ed Enrica, presenti durante la lunga seduta di pulizia. Allo sgombero del materiale ha partecipato anche l'associazione Trieste senza sprechi. «Speriamo che queste azioni e questi messaggi servano a far capire che il destino del mondo dipende anche e soprattutto da questi piccoli gesti», hanno concluso all'unisono Bencich e Alessi. L'ennesimo piccolo gesto compiuto, gratuitamente, da Sos Carso.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - VENERDI', 19 luglio 2019

 

 

Clima: obbligo porte chiuse per i negozi a Milano, nessuno lo fa

Porte aperte nei negozi milanesi nonostante un'ordinanza che ne imponga la chiusura a tutela dell'ambiente.

Smog e inquinamento atmosferico hanno portato a Milano a un’ordinanza che impone ai negozi di tenere le porte esterne chiuse. Un provvedimento approvato per tutelare la salute, ma anche e soprattutto per ridurre la necessità di utilizzo (in estate come in inverno) di condizionatori d’aria e impianti di riscaldamento. Una misura nata quindi per ridurre le emissioni nocive nell’aria e ridurre l’inquinamento atmosferico di Milano, che vede negli impianti di riscaldamento uno dei maggiori responsabili dello smog meneghino. A sollevare nuovamente la questione, al centro già nei mesi scorsi di accese polemiche, l’esponente dei Verdi Cristina Simonini e poi Patrizia Bedori, consigliera comunale del Movimento 5 Stelle. Un provvedimento che è già stato approvato (nel 2017) come sottolineato da Carlo Monguzzi, presidente commissione Ambiente. Come lamentano però Simonini e Bedori non sono scattati in seguito i necessari controlli in merito alla reale applicazione della normativa. In base ad alcune verifiche effettuate senza preavviso da Legambiente i negozi con porte aperte erano soggetti a forti dispersioni termiche, pur mantenendo temperature all’interno fino a 27 gradi (controlli effettuati a dicembre 2016). Lo scontro tra ambientalisti e commercianti sembra giocarsi soprattutto sul versante economico. Secondo i negozianti tenere le porte chiuse allontanerebbe i clienti influendo negativamente sugli affari. Inoltre, secondo i gestori degli “shop” milanesi, le porte aperte sono dotate di “lame d’aria” che riducono le dispersioni termiche fino all’80%. Una soluzione tuttavia poco gradita alle associazioni ambientaliste, che sottolineano il maggiore consumo energetico (+25%) legato a questa “soluzione”.

Claudio Schirru

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 luglio 2019

 

 

La rivolta dei bagnanti contro l'itticoltura approda in Regione

Gabrovec porta il tema in Consiglio sostenuto da Mervic «Sempre più impianti, stanno inquinando i fondali»

DUINO AURISINA. Bagnanti, residenti e ambientalisti si ritrovano uniti contro gli impianti per la piscicoltura. È "guerra del golfo" a Sistiana. La presenza di ben 58 "gabbie" di proprietà della Valle Ca' Zuliani, srl agricola con sede a Conselice nel Ravennate, destinate all'allevamento dei pesci e collocate «a circa 700 metri al largo del castello di Duino», come precisano i residenti, è all'origine di un'aspra polemica che vede assumere il ruolo di accusatori sia rappresentanti istituzionali, come i consiglieri Igor Gabrovec, esponente in Regione dell'Unione slovena, e Vladimiro Mervic, capogruppo della Lista per il golfo, sia privati cittadini e bagnanti, che denunciano la situazione sui social. Gabrovec e Mervic, preoccupati dalla crescita del numero delle gabbie - «negli ultimi mesi ne abbiamo viste una decina di nuove», precisa il secondo - si sono così rivolti ai rispettivi enti di riferimento. Gabrovec ha presentato un'interrogazione in Consiglio regionale «inerente - ha scritto - l'impatto derivante dalle attività di itticoltura prospicienti Duino, in quanto si origina un grave problema, a causa dei reflui organici prodotti dalle specie ittiche concentrate in uno spazio ridotto rispetto agli equilibri naturali e dai depositi di mangime non consumato. È buona norma localizzare le vasche in mare aperto, ove i fondali profondi e le correnti favoriscono la dispersione dei reflui. A Duino invece abbiamo fondali bassi e correnti marine esigue». La risposta dell'assessore regionale Stefano Zannier, che si è riferito a una nota dell'Arpa, ha trovato del tutto insoddisfatto Gabrovec: «Avevo chiesto notizie sullo stato del fondale e delle attività svolte per monitorare i depositi e non sulla qualità dell'acqua in superficie. I dubbi sullo stato di salubrità del fondale che, a detta di taluni, risulterebbe già molto compromesso, permangono». L'altra interrogazione, quella di Mervic, indirizzata al sindaco Daniela Pallotta in quanto «responsabile della salute pubblica», è stata da quest'ultima girata alla Regione. Il consigliere della Lista per il golfo si fa anche portavoce di molti pescatori e diportisti locali «che mi parlano di uno strato di prodotti di rifiuto, come feci, escrezioni di pesci e mangime non consumato, depositati sul fondale». Mervic, insomma, reclama che ci si veda chiaro, anche alla luce del fatto che la Valle Ca' Zuliani ha ricevuto a suo tempo un contributo di 177 mila euro nell'ambito del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.-

Ugo Salvini

 

 

Isonzo «fortemente inquinato» Lo dice l'analisi Legambiente

Preoccupano i campionamenti eseguiti a Savogna, a Gradisca e a Gorizia Registrati sforamenti di legge significativi legati ai batteri di origine fecale

SAVOGNA. In territorio italiano il fiume Isonzo si presenta "fortemente inquinato" in almeno tre punti del suo corso: a Savogna d'Isonzo, nei pressi del depuratore di Gorizia; tra Gradisca e Villesse, anche in questo caso a valle del depuratore; e nel capoluogo isontino, dove il torrente Groina si immette nell'Isonzo. È il preoccupante - ma, purtroppo, non del tutto sorprendente - verdetto del monitoraggio condotto sul fiume transfrontaliero dai tecnici di Legambiente, arrivati nell'Isontino nell'ambito della quinta tappa di "Goletta dei laghi", la campagna nazionale che mira a portare all'attenzione dell'opinione pubblica il problema dell'inquinamento delle acque interne del nostro paese, quelle di fiumi e laghi appunto. La campagna arriva per la seconda volta nella nostra regione, dopo aver toccato lo scorso anno il lago di Cavazzo. Il monitoraggio è stato illustrato ieri mattina nella cornice verde del Parco di Piuma dal presidente di Legambiente Fvg Sandro Cargnelutti, dal suo omologo del circolo di Gorizia Luca Cadez e da Simone Nuglio, responsabile di "Goletta dei Laghi". All'incontro hanno preso parte anche numerosi rappresentanti di associazioni ambientaliste italiane e slovene perché l'iniziativa non ha trascurato il tratto sloveno dell'Isonzo, con l'indagine che si è concentrata su due fronti distinti. Da un lato sono stati effettuati dei campionamenti per verificare la presenza di microplastiche nell'acqua (e in questo caso i risultati dovrebbero arrivare nel corso dell'autunno), dall'altro sono state condotte analisi su sei siti distinti per valutare l'inquinamento microbiologico del fiume. E qui arrivano le prime note dolenti. Se i prelievi effettuati oltreconfine (a Salcano, a monte della diga, e nei pressi del ponte nel centro di Deskle) non hanno evidenziato particolari problemi, così come il prelievo nell'affluente Vipacco a Savogna d'Isonzo, tre punti dell'Isonzo in Italia sono caratterizzati da sforamenti significativi dei parametri di legge per ciò che riguarda la concentrazione di batteri di origine fecale, quelli legati cioè agli scarichi fognari nel fiume. Si tratta come detto di quelli vicini ai depuratori a Savogna e Villesse, e del sito a valle della traversa di Piuma, dove sfocia il torrente Groina e dove spesso molti goriziani fanno il bagno, ignari dei rischi ai quali vanno incontro. Anche per questo il presidente goriziano di Legambiente Luca Cadez ha chiesto "maggiore vigilanza" alle autorità locali, auspicando anche che l'entrata in funzione in futuro del nuovo depuratore di Staranzano e del "tubone" dell'Isonzo risolva i problemi legati agli scarichi fognari, così come avvenuto in Slovenia dopo l'attivazione del moderno impianto di depurazione. «La nostra attenzione su un fiume straordinario come l'Isonzo è alta - ha aggiunto il presidente regionale Cargnelutti -, e faremo pressione sulla Regione, sul Governo e sulle istituzioni della vicina Slovenia perché si arrivi finalmente al piano di bacino transfrontaliero, che è un nodo fondamentale da risolvere». A tal proposito due anni fa proprio le associazioni in difesa dell'Isonzo raccolsero 1.600 firme, presentate poi all'Unione europea, e la questione arrivò, attraverso un'interrogazione, anche in Parlamento.

Marco Bisiach

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 luglio 2019

 

 

Comune-  Riapre al pubblico dal 22 lo sportello sul Prgc

L'Ufficio Visure e informazioni sul Prgc (Piano Regolatore Generale Comunale), in passo Costanzi 2, al sesto piano, stanza 625, da lunedì prossimo, il 22 luglio, sarà nuovamente aperto al pubblico con i consueti orari: lunedì e mercoledì dalle 14.30 alle 15.30, martedì e giovedì dalle 12 alle 13. Lo fa sapere, attraverso un comunicato ufficiale diramato nella giornata di ieri, il Comune di Trieste, precisamente il Dipartimento Territorio, Ambiente, Economia e Mobilità.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 luglio 2019

 

 

L'Alto Adriatico è sempre più caldo Lo svelano 117 anni di misure non stop

La costanza dei rilievi fatti ogni giorno dai ricercatori triestini dice che la temperatura è salita di un grado in un secolo

Trieste. L'immagine romantica è quella di un termometro che per 117 anni passa da una mano all'altra degli scienziati che ogni giorno si sono presi la briga di rilevare e annotare su fitti registri la temperatura dello specchio d'acqua della Sacchetta di Trieste. Il termometro è diventato via via più tecnologico, ma la passione degli studiosi è rimasta la stessa e ne è scaturita una delle poche serie di dati capace di misurare su un così lungo periodo la temperatura superficiale di un pezzo di Mediterraneo. Lento ma inesorabile, dal 1899 al 2016 (ultimo anno preso in considerazione) l'Alto Adriatico è diventato più caldo di un grado e il tasso di crescita è destinato a intensificarsi, di pari passo all'effetto serra. I valori sono stati messi in fila dai ricercatori dell'Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar), ospitato all'Area Science Park di Trieste, che ha così ripercorso una tra le più lunghe serie di dati esistenti relative al Mare nostrum. Sebbene le temperature marine si registrino da un secolo e mezzo, solo in rari casi esistono serie che superino qualche decade. I ricercatori hanno utilizzato osservazioni effettuate nel porto di Trieste, pubblicandone gli esiti sulla rivista internazionale Earth System Science Data. Ore di lavoro passate a inserire nei terminali quanto riportato nei vecchi registri ingialliti, dove ogni giorno venivano appuntati luogo, ora e profondità del rilevamento. Il risultato ha permesso di seguire il trend di crescita della temperatura delle acque superficiali: «Emerge - spiega Fabio Raichich, uno degli autori - un aumento della temperatura alla velocità media di 1,1 gradi per secolo». I valori medi incrementano però se si vanno a guardare solo i dati successivi al 1946. La serie compresa dal dopoguerra al 2016 registra infatti «un aumento di 1,3 gradi per secolo e inoltre si osserva che negli ultimi 20 anni è diventato molto più frequente rispetto al passato il raggiungimento o superamento dei 28 gradi durante l'estate». Dall'area compresa fra il molo Fratelli Bandiera e l'Ausonia, l'analisi si può estendere non solo al golfo - dove le cifre registrano le prevedibili escursioni termiche stagionali e i repentini cambi di temperatura imposti dall'arrivo della bora - ma anche al Mediterraneo settentrionale. Il valore della ricerca sta nella capacità di mettere insieme una serie di così notevole lunghezza, grazie all'opera passata del personale dell'Osservatorio marittimo, dell'Istituto geofisico e dell'Istituto Talassografico, seguendo i cambi di denominazione intercorsi nel tempo. Secondo Renato Colucci, coautore della ricerca, «avere serie lunghe e per quanto possibile omogenee è fondamentale per comprendere come l'evoluzione recente del clima possa aver influito sui parametri fisici del mare, in questo caso sulla temperatura. Rispetto alle osservazioni meteorologiche, il problema è che la complessità strumentale e logistica chiamata in causa dalle osservazioni marine ha per lungo tempo impedito la rilevazione di dati caratterizzati da sufficiente continuità e qualità». Ma a Trieste la pazienza degli scienziati ha fatto il miracolo. Si è cominciato con strumenti analogici nel 1899: prima termometri immersi manualmente, che dal 1934 sono diventati termografi capaci di registrare in modo automatico le rilevazioni su un rullo di carta. Ma la storia è fatta anche di bruschi stop: nel 1943 lo strumento si ruppe e fu impossibile reperire i pezzi di ricambio. Un nuovo termografo entrò in scena solo nel 1952. Il balzo tecnologico avviene nel 1986, con il passaggio al digitale: in questo caso i dati venivano raccolti per effetto di un termistoro, ovvero di resistenze elettriche capaci di minuziose rilevazioni orarie, registrate su supporti informatici.

Diego D'Amelio

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 luglio 2019

 

 

Magazzini in Porto vecchio - Verso una proroga di tre mesi a Greensisam

La vecchia concessione deve essere "vulturata" in locazione ma occorre risolvere il problema di chi deve pagare gli oneri di urbanizzazione

Greensisam si accinge a presentare una richiesta di proroga sulla partita che la impegna in Porto vecchio insieme al Comune. La volontà è di chiedere un periodo di 5 mesi ma la civica amministrazione è intenzionata a non superare i tre mesi, a far data la fine di ottobre. In ballo la riconversione della vecchia concessione portuale nella nuova locazione comunale per 5 magazzini che sono il 2A, 2, 1A, 4, 3. La bozza d'accordo, trasmessa un anno fa, si è fermata davanti a quello che finora è stato il nodo irrisolto del negoziato con il Municipio, cioè chi paga le spese di urbanizzazione. La parte pubblica è convinta che gli 11 milioni di fogne-strade-allacciamenti da realizzare siano a carico di Greensisam. Il punto non è così semplice: il Comune incassa annualmente dalla concessionaria oltre 500 mila euro di canoni, una cifra non disprezzabile. Però è tutto fermo da sempre, fin da quel 2005 quando i 99 anni di concessione vennero contrattualizzati. Il Comune ragiona in questi termini: Porto vecchio è ripartito in tre grandi aree, quella culturale-espositiva è la più dinamica, quella dei quaranta magazzini da mettere all'asta aspetta la società Comune-Regione-Autorità per darsi una mossa, la zona-Greensisam resta - nonostante fosse stata battistrada nell'apertura di Porto vecchio alla mano privata - al palo. La scomparsa di Piero Maneschi ha consigliato agli eredi, com'era logicamente prevedibile, di prendere tempo. L'obiettivo sembra sempre essere quello di vendere il progetto recettivo-residenziale a una somma di 150 milioni di euro. C'era un fondo austriaco interessato all'operazione e Maneschi a questa prospettiva ci credeva, ma non è riuscito a vederne l'esito. Il Comune metterà all'asta i 5 stabili concessi a Greensisam, il cui valore complessivo è stimato in 16 milioni di euro: Greensisam potrà comunque, se lo vuole, esercitare diritto di prelazione, tenendosi gli asset.Ma il Municipio inizia a mostrare una certa impazienza sui dilatati tempi della ventilata cessione del progetto agli austriaci. Forzare sulla revoca è eccessivo e prematuro, però se le cose nelle altre due zone di Porto vecchio procederanno e invece in quella Greensisam sonnecchieranno, la questione prima o poi si porrà. Anche perchè - dicono in Comune - la porzione Greensisam è la prima che s'incontra, andando dal centro verso Barcola.

Magr 

 

 

Allarme climatico, nel 2050 Lubiana sarà la città più calda - uno studio su 520 centri urbani

ZAGABRIA. Lubiana sarà la città in cui le temperature cresceranno più in fretta da qui al 2050, stando allo studio pubblicato dal centro di ricerca svizzero sul clima «Crowther Lab», che ha analizzato 520 città. Tra poco più trent'anni, la capitale slovena registrerà un aumento medio delle temperature di 3,5 °C e il suo mese più caldo segnerà addirittura un +8 °C. Secondo i ricercatori del Crowther Lab di Zurigo, Lubiana soffrirà dell'aumento più rapido delle temperature perché si trova alla confluenza di due aree pesantemente colpite dal cambiamento climatico: il Mediterraneo settentrionale e la regione alpina. Come la capitale slovena, così altre città cambieranno la propria fisionomia anche se in misura minore: Londra avrà lo stesso clima di Barcellona (+5,9 °C nel mese più caldo), Madrid quello di Marrakech (+6,5 °C) e Stoccolma quello di Budapest. Per l'Europa centrale e per la regione dei Balcani, l'impatto sarà violento - avvertono gli esperti del Crowther Lab - e l'area si ritroverà a registrare delle temperature tipiche del Texas americano. Intervistato dal quotidiano di Lubiana Dnevnik, il climatologo sloveno Aljosa Slamersak ha spiegato che le previsioni di Crowther Lab sono in realtà in linea con quanto pubblicato l'anno scorso dall'Agenzia slovena per l'ambiente. Insomma, la previsione di un aumento di 8 °C per il mese più caldo a Lubiana è «drastica, ma non impossibile», perché - prosegue Slamersak - «dobbiamo tenere in considerazione la climatologia delle città, diversa da quella delle aree circostanti. Data l'alta concentrazione di superfici artificiali, le città sono come delle isole che si riscaldano più in fretta». Stando alle previsioni di Crowther Lab, alcune città saranno in una situazione ancora più difficile rispetto a Lubiana: si tratta di 104 città (da Jakarta a Montreal, da Las Vegas a Pechino) che registreranno «delle condizioni climatiche mai viste finora nelle grandi metropoli». Lo studio si basa sull'ipotesi che gli stati non mettano in pratica completamente l'accordo di Parigi sul clima, per cui lo scenario previsto può ancora essere evitato. «Ma la cattiva notizia è che la Slovenia non può influenza il cambiamento climatico da sola», ha commentato Slamersek.

Giovanni Vale

 

 

Segrè: imballaggi e frigo per combattere lo spreco

A colloquio con il docente triestino. «Nel 2050 saremo in 9 miliardi per aumentare la produzione dobbiamo ridurre ciò che buttiamo»

Se oggi digitiamo su Google il termine "sostenibilità", otteniamo in un nanosecondo ventisei milioni e mezzo di risultati. Abbiamo chiesto cosa significa davvero questa parola ad Andrea Segrè, triestino, docente di Politica agraria internazionale e comparata all'Università di Bologna, fondatore di Last Minute Market, spin off e realtà imprenditoriale che opera su tutto il territorio nazionale sviluppando progetti e servizi per la prevenzione e riduzione degli sprechi. Segrè - dal 2010 - promuove anche la campagna europea di sensibilizzazione Spreco zero per la riduzione e prevenzione dello spreco alimentare.«Il pedale del pianoforte, sustain in inglese, serve letteralmente a sostenere le note e, dentro la nota, ci sono il tempo e l'armonia. Sostenibilità - spiega il professore triestino - vuol dire guardare al futuro e al tempo, promuovendo uno sviluppo armonico che si possa misurare declinando i tre aspetti fondamentali della sostenibilità, ovvero quella economica, sociale e ambientale. Fondamentale - prosegue - applicarla al cibo per uscire da quella trappola che stiamo vivendo: produciamo e consumiamo le risorse naturali prima che queste si rigenerino».«Nel 2050 - spiega ancora Segrè - la popolazione mondiale arriverà a nove miliardi dai 7,7 miliardi attuali; per nutrire tutti, la Fao (l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura) stima che sarà necessario aumentare la produzione di circa il sessanta per cento. Il primo dato contraddittorio su cui si basano molte delle mie ricerche è che a livello globale sprechiamo circa un terzo di ciò che produciamo, quindi per aumentare la produzione dobbiamo per forza ridurre gli sprechi».Il secondo elemento contraddittorio è che se da un lato circa 820 milioni di persone sono denutrite, dall'altro in questo stesso mondo circa due miliardi di persone sono sovrappeso, di cui oltre un terzo obese. «È sorprendente - sottolinea il docente - come talvolta basti ribaltare la prospettiva per trovare le soluzioni migliori per risolvere un problema: l'importante è riconoscere che lo spreco alimentare rappresenta effettivamente un problema. Non solo etico ma anche economico e ambientale: smaltire i rifiuti infatti costa e inquina. Per non sprecare, oltre a rendersene conto e a fare il contrario nel nostro comportamento abituale, sono necessari altri passaggi fondamentali. Il primo è imparare a fare la spesa in modo intelligente e mirato, senza rincorrere le facili e ingannevoli promesse del marketing; il secondo è conoscere fino in fondo il nostro frigorifero e il suo mondo freddo che permette di conservare adeguatamente i prodotti alimentari che compriamo; infine il terzo passaggio riguarda gli imballaggi, che ricoprono gli alimenti da riporre in frigorifero o nella dispensa, per capire bene a cosa servono e come usarli al meglio per preservare i nostri acquisti».

Lorenza Masè

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 luglio 2019

 

 

Sportello amianto

L'Associazione europea rischi amianto-Eara di Trieste ricorda che l'Amianto Infopoint sito al Distretto 2 dell'ospedale Maggiore in via della Pietà 2/1 (al piano terra) riaprirà al pubblico domani con il consueto orario dalle 9.30 alle 12. Si rammenta invece che il nuovo Amianto Infopoint Servola, sito al Circolo Canciani in via di Servola 114- angolo via dei Soncini, aprirà al pubblico mercoledì, sempre con orario 9.30-12.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 luglio 2019

 

 

La città a due ruote: fra moto e scooter a salire in sella è un residente ogni 5

Nel capoluogo regionale immatricolato il 30% del totale Fvg E le auto sono 128 mila: metà ha oltre 10 anni "di servizio"

Il parco veicolare della provincia di Trieste conta 128.465 automobili, una ogni 1,8 residenti, la più bassa concentrazione a livello regionale, contrapposta invece a quella da record che riguarda i motocicli: 47.336 quelli in circolazione tra le strade del territorio triestino, uno ogni 5 residenti. Guardando alle sole automobili, ben 34.339, il 27 per cento del totale, risultano immatricolate prima del 2003. Calcolando anche gli altri mezzi come quelli speciali o autobus, autocarri e rimorchi, il parco veicoli triestino in tutto vanta 193.322 unità. Una consistenza che, negli anni, malgrado il numero dei residenti si sia notevolmente ridotto, è cresciuta. Basti pensare che nella nostra provincia nel 2004 il parco veicoli contava 183.834 mezzi (di cui 128.094 automobili e 34.794 motocicli), nel 2008 in totale 192.466 (127.545 automobili e 42.612 motocicli), mentre nel 2017 si registravano 192.076 immatricolazioni. Spulciando tra i dati forniti dall'ufficio statistiche dell'Automobile Club, si scopre che le automobili nel solo comune di Trieste sono 107.901, di queste 86.484 sono alimentate a benzina. La metà ha un'età media di oltre dieci anni, un quarto delle automobili circolanti in città ha addirittura più di 18 anni, e solo 12.675 sono state acquistate dal 2017 in poi. Numeri che, ancora una volta, fanno emergere l'anzianità dei veicoli immatricolati sul territorio. Analizzando invece i dati riferiti ai motocicli, la statistica evidenzia come tra le vie di Trieste ne sfreccino ben 41.818. E tenendo conto che in regione i motocicli sono in totale 142.876, significa che quasi il 30 per cento di questi mezzi a due ruote è di un triestino. Una concentrazione difficile da rilevare in altre località a livello nazionale, e basta dare un'occhiata agli stalli in città, con le file interminabili di scooter e moto, per averne riscontro. Vista la tendenza, emerge una necessità di nuovi parcheggi per i veicoli a due ruote, i cui proprietari sono spesso costretti a trovare sistemazioni di fortuna per moto, motorini o scooter appunto. È bene ricordare, comunque, che l'Italia detiene il record europeo di motocicli immatricolati, quasi 10 milioni, e a livello nazionale è Genova la regina delle due ruote con oltre 180 mila motocicli e ciclomotori registrati. Tornando al Friuli Venezia Giulia, negli anni, i numeri denotano in tutte le province un costante e lento aumento della portata del parco veicolare. In controtendenza, invece, con una lieve riduzione, il numero dei trattori e degli autobus. Nel dettaglio, nel 2018 in Fvg circolavano 1.055.624 veicoli (800.810 autovetture e 142.876 motocicli), 1.043.010 nel 2017 e 989.815 dieci anni fa quando si contavano 758.543 auto e 124.395 motocicli. Si viaggia più in automobile nelle province di Udine e Pordenone. Una curiosità, sempre a livello regionale: la Fiat Panda 1.2 con 5 porte, con 17.747 immatricolazioni, è l'automobile più diffusa, seguita dalla Fiat Punto 1.2 (8.970 veicoli) che fino a 10 anni fa era la più presente tra le strade del Friuli Venezia Giulia. A seguire la Ford Fiesta 1.2, la Fiat 500 e la Toyota Yaris.

Laura Tonero

 

 

Degli italiani citano l'Ue «Sul clima è debole»

BRUXELLES. «Sto cercando di proteggere il futuro dei miei figli, come farebbe qualsiasi genitore». A parlare è Giorgio Elter, agricoltore e proprietario di un albergo in Val d'Aosta, che si prepara a far ricorso alla Corte di giustizia Ue contro la stessa Unione. E presto potrebbe farlo anche contro lo Stato italiano. La famiglia di Elter e altre nove provenienti da quattro Paesi europei, Kenya e Fiji, si considerano parte lesa perché i cambiamenti climatici stanno sconvolgendo le loro vite e l'Ue non fa abbastanza per contrastarli. In particolare, i ricorrenti - sostenuti dalla Ong Climate Action Network che raccoglie 160 organizzazioni di 35 Paesi - chiedono di rivedere al rialzo gli obiettivi Ue di riduzione delle emissioni al 2030. «Le ondate di caldo seguite da forti piogge, grandinate e tempeste stanno distruggendo i nostri raccolti - racconta Elter - lo scioglimento dei ghiacciai colpisce tutte le attività turistiche e gli ostelli della mia regione. Non posso garantire un futuro sicuro alle mie figlie».

 

 

Il viaggio infernale delle pecore che Bruxelles cerca di bloccare

Un carico di 70 mila ovini in partenza su un cargo in piena estate con il macello come destinazione finale. Inutili le 35 mila firme di una petizione

BUCAREST. Prima un lungo viaggio - l'ultimo - in condizioni difficili con un caldo infernale, chiusi nella stiva di un enorme cargo. Poi l'arrivo nel Golfo Persico, dove sono attesi soltanto per essere abbattuti e macellati.È il destino di settantamila pecore romene, al centro di una complicata bagarre internazionale che va avanti da alcuni giorni e si sta infiammando, invece di rientrare. A raccontarne la vicenda è stato Eurogroup for Animals, organizzazione che si batte per il benessere degli animali a livello Ue. Le pecore romene sono in procinto di «essere caricate sulla nave Al Shuwaikh», di proprietà di una compagnia araba, la Kltt e spedite dalla Romania «in Kuwait, Qatar e negli Emirati Arabi Uniti» in tempo per l'Id al-adha, la "festa del sacrificio", una delle più importanti ricorrenze religiose islamiche. La Kltt, in passato sospettata di serie «violazioni» nel trasporto di animali, avrebbe sulla coscienza «la morte a bordo di più di un milione» di capi nell'ultimo decennio, ha segnalato Eurogroup for Animals. La stessa organizzazione ha ricordato che lo scorso anno, in condizioni simili di trasporto ma con un carico dall'Australia, ovini furono scoperti in condizioni inenarrabili, letteralmente «cucinati vivi all'interno» del cargo. Lo scandalo provocò una «sollevazione generale» e «il divieto di esportare ovini vivi dall'Australia» durante i mesi più caldi. Il trasporto della Romania invece è in agenda, malgrado una petizione online che ha superato le 35 mila firme. E malgrado si sia mosso per bloccare la partenza della nave persino il commissario Ue responsabile di Alimentazione e Sicurezza del cibo, Vytenis Andriukaitis. Andriukaitis ha spedito una dura lettera aperta al ministro romeno dell'Agricoltura, Petre Daea, contro l'imminente trasferimento delle settantamila pecore in un periodo in cui si attendono «temperature fino a 46 gradi». Malgrado Bruxelles avesse già lo scorso marzo fatto sentire la sua voce per denunciare gli standard di controllo di Bucarest e premere sulla Romania per indurla a migliorare «la legislazione nazionale», nulla è cambiato: così «chiedo, come gesto di responsabilità, di fermare» il trasporto degli ovini, misura obbligata per «prevenire inutili sofferenze agli animali», ha chiesto Andriukaitis.La richiesta partita da Bruxelles non è però stata accolta, con «Daea che si è rifiutato di impedire la spedizione», ha rivelato Eurogroup for Animals, chiedendo a questo punto che la questione arrivi fino al Consiglio Ue di domani. La Romania è al terzo posto nella Ue per numero di ovini e fra i maggiori esportatori nel Vecchio continente. 

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 luglio 2019

 

 

LE FALESIE, Cinquanta sfumature di verde

Contro ogni luogo comune, se sei una pianta la tua vita è molto interessante e avventurosa: ciclicamente a rischio di morire di sete, di essere divorate da qualche animale o di essere bruciate dal sole, concentrate allo spasimo a portare avanti la propria progenie con le tecniche più impensabili, è davvero straordinario constatare che le piante siano sopravvissute fino a oggi. Ma se da milioni di anni continuano a ossigenare il nostro pianeta, evidentemente l'evoluzione le ha dotate di armi e strategie fuori dal comune... e non solo, le ha anche fornite di sistemi evoluti per comunicare tra loro, e in caso di necessità, mandarsi brevi "messaggini" di pericolo, proprio come facciamo noi. Per questo domani ecco la passeggiata serale tematica "50 sfumature di verde" dedicata alla flora delle falesie adatta ad adulti e famiglie. L'iscrizione è gratuita ma la prenotazione obbligatoria. Per iscriversi: tel. 040-299166 e info.sistiana@promoturismo.fvg.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 luglio 2019

 

 

Polo turistico in Porto vecchio Accordo Comune-albergatori

Un info point al Magazzino 26 e un punto d'imbarco nelle vicinanze da creare con i proventi della tassa pagata dagli ospiti delle strutture ricettive cittadine

Un info point al Magazzino 26 con parcheggio per i pullman turistici, un mini centro marittimo nel quale convogliare i collegamenti ora sparsi fra Molo IV e le Rive, e poi una quota da destinare alla promozione turistica e un'altra fetta da indirizzare a mostre e iniziative culturali. Sono questi i punti focali dell'accordo in via di definizione fra l'assessorato al Turismo del Comune di Trieste e la Federalberghi cittadina sulla destinazione d'uso dei proventi della tassa di soggiorno, imposta entrata in vigore in città il 1° giugno 2018 e che è stata al centro, fino a poche settimane fa, di un braccio di ferro fra le parti sulle modalità d'impiego dei suoi ricavi. La legge regionale prevede che siano le categorie economiche in accordo con l'amministrazione comunale a decidere come utilizzare i proventi. Da qui la lunga querelle fra i due attori in campo, che ha prodotto lo stallo di 1 milione e 710 mila euro derivanti dalla tassa di soggiorno. Una cifra che per il 2019, come sottolineato in via prudenziale dall'assessore con delega al Turismo Giorgio Rossi, potrebbe superare i due milioni. Nelle ultime settimane Comune e Federalberghi hanno trovato un punto d'incontro sull'argomento, attraverso la destinazione d'uso suddivisa in tre macroaree: strutturale, promozionale e culturale. Come disposto dalla legge regionale, il 35% della cifra deve essere destinato a opere infrastrutturali. Da qui l'idea di creare nel Magazzino 26 un centro di accoglienza turistica, la cui realizzazione dovrebbe comportare una spesa di almeno 450 mila euro. L'obiettivo è quello di trasformare la zona attorno al 26 in una sorta di polo intermodale con la realizzazione, nell'attiguo bacino zero, di un punto d'imbarco per i collegamenti via mare con le località vicine. «L'intento è quello di fare in modo che per andare a Muggia, in Istria, a Grignano o a Sistiana via mare - sottolinea Rossi - non sia più necessario diversificare gli approdi. Allo stesso tempo l'idea è quella di fare del Magazzino 26 la base per collegamenti turistici via pullman con le località dell'interno». La zona, considerando anche il futuro Centro congressi in costruzione, nelle intenzioni delle due parti dovrà trasformarsi nel cuore dell'ospitalità turistica cittadina. «Con il Museo del mare - spiega l'assessore - la zona attorno al Magazzino 26 diverrà parte fondante di questo nuovo punto di attrazione culturale transfrontaliera». E i restanti due terzi dei proventi? Saranno suddivisi in due parti: circa 500 mila euro per la promozione turistica, grazie a un accordo da stipulare con PromoturismoFvg, in modo da pubblicizzare le iniziative che verranno proposte di volta in volta in città. E qui si interseca con la quota restante, circa 600 mila euro, che nelle ipotesi di Comune e Federalberghi dovranno essere destinati a iniziative culturali e mostre da svolgersi nei periodi dell'anno caratterizzati dal minor afflusso turistico. 

Lorenzo Degrassi

 

 

Tumori sospetti a Melara L'Arpa misura le "onde" nei pressi delle antenne - le analisi dei tecnici

Esiste davvero un "caso tumori" a Melara? Se sì, quali ne sono le cause? Per rispondere a queste domande, almeno in parte, si sono svolte ieri le rilevazioni dei tecnici dell'Arpa per monitorare le emissioni delle antenne nel quadrilatero, che hanno richiesto un giorno in meno del previsto per essere completate. Tale intervento è stato compiuto in seguito alle preoccupazioni emerse da parte di alcuni abitanti in merito a un numero di casi di tumore ritenuto da loro anomalo, ovvero una quarantina nel giro di cinque, sei anni, secondo quanto riportato da un'inquilina, che ha causato 19 morti in tre numeri civici adiacenti tra loro. Il sospetto di alcuni residenti è che ciò possa essere legato a ipotetiche emissioni fuori norma delle antenne, oppure, in alternativa, alla presenza di amianto all'interno dell'edificio. Oltre ad aver compiuto le misurazioni in una serie di appartamenti e sul tetto dell'ala blu, i tecnici dell'Arpa hanno anche installato un rilevatore nei pressi dell'Istituto scolastico comprensivo Iqbal Masih, che raccoglierà dati per un paio di settimane. Dalle prime misurazioni non paiono essere emersi dati allarmanti, ma la relazione finale verrà consegnata tra circa una ventina di giorni nelle mani del Comune e dello Spi-Cgil. Il sindacato si era infatti mosso nelle settimane scorse per richiedere un intervento dell'Arpa. La questione era anche stata oggetto di una seduta della Prima commissione comunale a fine maggio, nel corso della quale era stata presentata una mozione firmata da Michele Claudio della Lega che richiedeva al sindaco di adoperarsi a contattare l'Arpa e l'Azienda sanitaria affinché si svolgessero verifiche e riscontri su quanto riportato dai residenti della zona.

Simone Modugno

 

 

Fiume invasa dalle volpi «Sfuggono ai veleni dell'inquinamento»

Gli uffici veterinari tranquillizzano la popolazione: «Non sono pericolose. Dieci anni fa la vaccinazione contro la rabbia»

FIUME. Le volpi avvistate a Fiume. Negli ultimi anni la città di San Vito - parliamo dei suoi rioni periferici - è stata presa d'assalto da una moltitudine di volpi che, resesi conto delle precarie condizioni di vita nei dintorni di Fiume, hanno voluto avvicinarsi al mare, alla ricerca del quieto vivere. L'obiettivo è stato centrato, specie nei quartieri orientali di Fiume, Vezica superiore in primo luogo, dove volpi e volpacchiotti paiono ormai diventati animali domestici, che non temono la presenza umana. Un numeroso gruppo si è stabilito nell'ex fabbrica dell'Istravino (bevande alcoliche e analcoliche) ed è stato diverse volte fotografato dagli abitanti del rione. Uno di questi è Radivoj Kulacin, rivoltosi ai media locali per dire che una volpe si è avvicinata alla sua abitazione, dimostrando di non avere alcuna paura dell'uomo.«Sono convinto sia stata attirata dall'odore dei polli allevati nelle vicinanze da un mio amico. Mi ha stupito che si sia fatta vedere di giorno, mentre solitamente le volpi entrano in azione durante le ore notturne. Ho notato diversi altri esemplari e ognuno appariva mansueto, probabilmente perchè l'uomo non incute alcun timore a questi animali. La nostra preoccupazione è che in giro non vi sia qualche volpe rabida».A smentire tale ipotesi sono stati i responsabili della Stazione veterinaria di Fiume. La dottoressa Milka Milijanovic ha rilevato che la rabbia silvestre è sparita da parecchi anni nella Regione del Quarnero e Gorski kotar. «A debellare la malattia è stata la campagna di vaccinazione orale attuata dieci e più anni fa a livello nazionale. Le volpe apparse a Fiume, come pure nelle località vicine, sono sane e dunque non c'è da temere nulla. Si sono calate in città alla ricerca di cibo e perchè l'uomo ha distrutto o danneggiato il suo habitat naturale a monte di Fiume, in Gorski Kotar». Gli animali selvatici non sono più una rarità a Fiume e nel suo circondario. In questi anni si sono moltiplicate specie come cinghiali, volpi, caprioli, tassi, lepri. Non solo ma alcune settimane fa si sono visti orsi nei pressi delle località di Permani e Rupa.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 luglio 2019

 

 

L'Arpa analizza il mare dopo il forte temporale - RILIEVI NELLA BAIA DI SISTIANA

Duino Aurisina. Sono stati effettuati in questi giorni nella baia di Sistiana, a cura dei tecnici dell'Arpa, nuovi campionamenti dell'acqua di mare. Si tratta di rilievi periodici, finalizzati a poter dare ai bagnanti le migliori garanzie sulla qualità dell'acqua. In questo caso c'è stato un ulteriore motivo per l'azione dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente: il forte acquazzone che si è abbattuto sull'intera regione nella serata di sabato. In questi casi, succede che molti tombini saltino e che si riversino in strada e poi in mare residui di vario tipo. Il problema è particolarmente sentito a Sistiana, area la cui conformazione a imbuto provoca il riversamento di notevoli quantità di acque sporche. Sarà necessario attendere dalle 48 alle 72 ore per poter render noti i risultati.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 luglio 2019

 

 

«Dialogo con Arvedi per chiudere nel 2022 l'area a caldo» - l'assessore regionale Scoccimarro

«Su mandato del presidente Fedriga da qualche mese ho avviato un dialogo sul futuro della Ferriera con la società. L'incontro riservato con il cavalier Arvedi è stato propedeutico a un processo con il quale vorremmo si giungesse alla chiusura dell'area a caldo nel 2022». Lo ha reso noto ieri l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro dopo che «nei giorni scorsi si sono registrati due spolveramenti, un problema nell'altoforno e l'accensione delle fiaccole di emergenza a causa di un blackout». Secondo l'assessore «compromessi non sono più possibili. In questi anni la società ha salvato l'occupazione e fatto grossi investimenti facendo rientrare quasi tutti i parametri nei limiti di legge. Resta però uno stabilimento del 1800 nel cuore della città e quindi ho dato mandato agli uffici della Direzione Ambiente di procedere alla redazione di un documento che attesti lo stato di avanzamento lavori in merito all'Accordo di programma». Partendo da questo documento, annuncia Scoccimarro, «assieme a Fedriga incontreremo nei prossimi giorni il cavalier Arvedi con il quale sono convinto troveremo una strada per giungere a obiettivi soddisfacenti per tutti». «L'assessore chiarisca il futuro dei lavoratori», reclama il consigliere regionale Pd Roberto Cosolini. «Esiste un commissario straordinario per l'Accordo di programma per l'area della Ferriera che è il presidente della Regione cui va chiesto di farsi personalmente carico della situazione», fa eco la deputata dem Debora Serracchiani. «Siamo di fronte alle solite promesse»: così il consigliere regionale M5s Andrea Ussai, mentre la sua collega deputata Sabrina De Carlo annuncia un'interrogazione parlamentare sulle azioni in agenda «per tutelare la salute dei cittadini».

 

 

Dalle "zone 30" ai dossi anti-velocità San Dorligo si schiera con pedoni e ciclisti

Via libera in Consiglio all'iter di progettazione e realizzazione del nuovo Piano del traffico: stanziati 40 mila euro "ad hoc"

SAN DORLIGO DELLA VALLE. Individuare le zone del territorio comunale nelle quali fissare a 30 all'ora il limite di velocità, rivedere la rete delle piste ciclabili, per renderle sicure e trasformarle in attrattive turistiche, eppoi prevedere, in alcuni punti nevralgici, la creazione di dossi per obbligare i mezzi in transito a rallentare, trovare soluzioni per garantire meglio i pedoni quando attraversano sulle strisce. Sono queste le principali voci che saranno contenute nel nuovo Piano del traffico di San Dorligo della Valle, il cui iter di progettazione e realizzazione è stato approvato dal Consiglio comunale, con uno stanziamento di 40 mila euro, grazie a risorse reperite procedendo all'assestamento di bilancio. Si tratterà di uno strumento pianificatorio del tutto nuovo, finalizzato a migliorare complessivamente la circolazione nel territorio del Comune e a rendere più sicura la condizione di pedoni e ciclisti. A promuovere il Piano è l'assessore a Urbanistica e Trasporti Davide Stokovac. «Il nostro territorio comunale - spiega - è considerato troppo spesso una sorta di scorciatoia per chi deve andare in Slovenia. Abbiamo poi una serie di strade veloci, come la sopraelevata, che sono costantemente utilizzate da camionisti provenienti da vari paesi. Abbiamo allora pensato di intervenire per cercare di migliorare una situazione piuttosto complessa e tutti gli strumenti e gli accorgimenti per garantire la sicurezza del traffico, di pedoni e ciclisti».Stokovac è soddisfatto anche perché «questo non è uno strumento che l'amministrazione avrebbe dovuto adottare obbligatoriamente, si tratta invece di un documento che esprime proprio la precisa volontà di dotarsi di un Piano che porti a miglioramenti nella circolazione». Non bisogna poi dimenticare che, oltre ai già noti problemi derivanti dal rumore che provocano i Tir che corrono lungo la sopraelevata che unisce Cattinara, la zona industriale e Rabuiese, in prospettiva ci sarà anche un aumento del traffico pesante originata dalla presenza del nuovo Punto franco inaugurato pochi mesi fa a Bagnoli in un'area che l'Interporto ha acquisito dalla Wärtsilä, destinato non solo a logistica e stoccaggio, ma soprattutto ad attività manifatturiere e industriali in regime agevolato. È facile immaginare che, in quella zona, sarà crescente il numero dei mezzi in transito, perciò lì bisognerà dedicare molta attenzione alla disciplina del traffico. Sempre in occasione dell'assestamento di bilancio e dei lavori da fare, il sindaco Sandy Klun ha parlato in aula anche della valorizzazione della vecchia Stazione ferroviaria di Draga. L'obiettivo è farne un elemento d'interesse storico-culturale in seno alla Riserva della Val Rosandra, anche in virtù della sua collocazione lungo la ciclopedonale Cottur. L'edificio, inaugurato nel luglio del 1887 e testimone delle vicissitudini che le terre che lo circondano hanno vissuto nel corso di questi 132 anni, oggi rischia di diventare un rudere abbandonato. La volontà dell'amministrazione è invece proprio quella di trasformarlo in un fattore di richiamo, a due passi dalla Val Rosandra, in quello che sarebbe uno straordinario contesto paesaggistico. Klun ha infine assicurato che saranno fatti ulteriori piccoli interventi al teatro Preseren, che recentemente è stato sottoposto a una profonda ristrutturazione.

Ugo Salvini

 

 

Filippo Giorgi «La comunità scientifica è dalla parte di Greta L'aiutiamo a comunicare» - L'intervista

Al Castello di Spessa il climatologo Premio Nobel nel team di Al Gore venerdì dialoga con Mariella Trimboli e Attilio Scienza al Premio Casanova

I mutamenti del clima che stiamo vivendo, e che sono evidenti anche in questa estate, incidono sulle coltivazioni e quindi anche sulla produzione dei vini. Al castello di Spessa, nel cuore del Collio, in occasione del Premio Casanova, venerdì alle 20.30 si tiene una tavola rotonda dal titolo "Vino, clima, migrazioni: la sfida e la seduzione della sostenibilità": a dialogare, insieme a Mariella Trimboli e Attilio Scienza, il climatologo Filippo Giorgi, premio Nobel per la pace 2007 nel team di scienziati che affiancarono Al Gore. Giorgi è anche autore de "L'uomo e la farfalla. Sei domande su cui riflettere per comprendere i cambiamenti climatici" (Franco Angeli).«A Spessa - anticipa il professor Giorgi - parlerò dell'azione tra i cambiamenti climatici che stiamo vivendo e la produzione di vino. Già anni fa ho scritto un articolo sugli effetti del clima su vini californiani. Le culture vinicole dipendono da diversi fattori: ad esempio dall'assenza di gelate e dall'accumulo di calore eccessivo in un periodo prolungato. In California, a causa dell'aumento delle ondate di calore, la produzione di vini pregiati viene danneggiata. Questo discorso si applica anche da noi in Italia».E in Friuli Venezia Giulia?«I rapporti sugli eventi climatici in Friuli Venezia Giulia ci dicono che ormai è normale aspettarsi ondate lunghe e forti di caldo, almeno della durata di un mese o di quaranta giorni all'anno, e questo alla vite non piace. In particolare bisognerebbe trovare delle soluzioni per i vini pregiati perché gli altri vini sono più resistenti a questi sbalzi. Un altro aspetto di cui parlerò riguarda la stagione della vendemmia che sta cambiando, ormai avviene sempre prima, e uno dei problemi è che quando l'uva viene raccolta fa ancora molto caldo e bisogna refrigerarla prima di procedere alla spremitura».L'uomo sta influenzando il cambiamento climatico ma si può ancora fare qualcosa di virtuoso oggi?«Non è troppo tardi per correre ai ripari. L'accordo di Parigi del 2015 si è prefisso come obiettivo quello di limitare le emissioni di gas serra per abbassare di un grado i valori attuali della temperatura, se raggiungessimo quella soglia la situazione sarebbe già gestibile. Una soluzione, riguardo al vino, è quella di spostare i vigneti un po' più a nord, ad esempio. Ma certo bisogna diminuire le emissioni di anidride carbonica, anche limitando l'uso di carbone e petrolio e operando una maggiore elettrificazione dei sistemi, e usando sempre più energia prodotta da fonti rinnovabili. C'è poi il problema dello spreco...«Certo, si spreca moltissimo: a Trieste, ad esempio, ci sono ancora troppi impianti di riscaldamento centralizzato. Andrebbero adottati comportamenti di efficienza energetica anche nei trasporti con le auto elettriche. In Europa le emissioni stanno già diminuendo e ci sono nazioni molto virtuose come Germania, Inghilterra e Portogallo, a differenza dei paesi emergenti: malgrado la Cina investa su energia eolica e auto elettriche, i problemi di inquinamento nelle città sono gravi. Negli Stati Uniti, invece, le energie rinnovabili sono diventate più competitive».Cosa ne pensa di Greta Thunberg?«Greta è riuscita a creare un movimento positivo e utile per i ragazzi e per la coscienza collettiva. È la prima volta che aumentano interesse e consapevolezza verso i problemi ambientali, io e i miei colleghi veniamo chiamati di più a parlarne nelle scuole. È un movimento molto propositivo, le manifestazioni a marzo e maggio sono stati eventi trasversali e puliti, senza strali contro nessuno né violenza. Io nutro grandi speranze, può essere una spinta che farà fare ai governi azioni concrete. Non capisco perché a molti Greta sia antipatica, lei ha un buon ascendente sui giovani e come comunità scientifica cerchiamo di aiutarla specie negli aspetti legati alla comunicazione». 

Corrado Premuda

 

 

SEGNALAZIONI - Gli alberi da potare di Campo Marzio

A suo tempo avete pubblicato una mia segnalazione relativa alla pericolosità dei maestosi alberi dell'area Campo Marzio, Romolo Gessi, Passeggio Sant'Andrea che da anni non vengono potati e quindi pericolosi per le persone e cose in caso di grave maltempo. Infatti ieri, sabato sera, nel corso solito "neverino" parte di un albero è crollato in strada causando gravi danni alle automobili sottostanti e per fortuna nessuno si è fatto male. Poteva finire peggio. Sarebbe opportuno provvedere, quanto prima, a una vigorosa potatura che oltre a giovare alle piante eviterebbe in parte il solito immondezzaio di foglie che navigano col vento e intasano i tombini di scolo.

Cristiano Centis

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 luglio 2019

 

 

La Tripcovich sarà demolita in autunno Parte l'iter burocratico per abbatterla - LA RIVOLUZIONE

La Sala Tripcovich ha i mesi contatti. L'autunno, in coerenza stagionale, sarà il periodo delle esequie. Il Comune, che ha condotto un primo contatto esplorativo con la Soprintendenza, è pronto ad aprire ufficialmente il dossier "abbattimento". Nessuno parla a microfono acceso, ma chi sa annuisce. Innanzitutto gli uffici dei Lavori Pubblici devono preparare il fascicolo da inoltrare a palazzo Economo per ottenere il venir meno del vincolo, poi devono armare il progetto di demolizione che farà un passaggio deliberativo in giunta in quanto inserito nella riqualificazione (in corso) di piazza Libertà. Ma soprattutto bisogna trovare i quattrini per radere al suolo l'ex stazione delle autocorriere anni Trenta, trasformata in teatro all'inizio del decennio Novanta. Serviranno, a occhio e croce, 600 mila euro ma necessiteranno altre risorse (un paio di milioni) per completare l'intervento sull'intera piazza: se il Carciotti troverà un estimatore mercoledì 24 corrente mese, la questione finanziaria sarà risolta. Anche se resterà da capire il destino dello scambio Carciotti/Caserma via Rossetti con Cassa depositi e prestiti, di cui si parlava la scorsa primavera. Torniamo al punto. Connesso alla demolizione della Tripcovich dovrebbe - meglio usare ancora il condizionale - essere il trasferimento del monumento a Sissi dall'attuale sito: non è però chiara quale sarebbe la nuova, precisa sistemazione della sfortunata consorte di Francesco Giuseppe, perchè, se traslocherà al posto della defunta Tripcovich, si correrà il rischio che la statua vada a coprire gli storici accessi a Porto vecchio. E allora che senso avrebbe "asfaltare" la sala?Si vedrà. Intanto la volontà del sindaco Dipiazza, da sempre convinto sostenitore dell'abbattimento, è in procinto di concretizzarsi. La demolizione di una sala da 900 posti dotata di buona acustica non crea remore al primo cittadino, il quale ritiene che il prossimo varo del Centro congressi (primavera 2020) in Porto vecchio metterà a disposizione una struttura molto più moderna e molto più capiente. Argomento che aveva finito con il convincere anche i dubbiosi (come Bruno Marini) del centrodestra. Quindi per Dipiazza non esistono più alibi: delenda Tripcovich. A questo il sindaco aggiunge la considerazione che dal punto di vista manutentivo la sala non è certo in gran forma e rimetterla in sesto sarebbe alla fine anti-economico. In verità il destino della Tripcovich era praticamente segnato da quando nell'autunno dello scorso anno il Comune e la Fondazione Verdi avevano definito un accordo, per cui la Tripcovich (valore 1 milione 170 mila euro) veniva scambiata con un magazzino alle Noghere (valore 3,1 milioni di euro) dove il teatro avrebbe potuto stivare gli apparati delle scenografie. Operazione compiuta a fini contabili per patrimonializzare l'ente lirico. Alla fine del 2018 le opposizioni "dem" e pentastellata avevano contestato l'orientamento giuntale incline all'abbattimento. L'edificio venne progettato a metà anni Trenta da Giovanni Baldi e Umberto Nordio, allo scopo di dotare di un terminal per corriere la zona prossima a Trieste Centrale. Dopo un mezzo secolo di attività, la realizzazione di una nuova autostazione all'interno del Silos "liberò" il vecchio stabile, che, su progetto di Dino Tamburini, con il co-finanziamento di Regione-Comune-Tripcovich, venne recuperato per sostituire il Verdi interessato a interventi manutentivi. 

Massimo Greco

 

 

Lubiana chiede lumi sul pirogassificatore - il progetto

DUINO AURISINA. Il ministero dell'Ambiente della Slovenia, di cui è titolare Simon Zajc, ha chiesto di essere tenuto costantemente informato sull'iter delle autorizzazioni per la realizzazione del pirogassificatore a San Giovanni di Duino. È stato lo stesso Zajc a formulare tale richiesta a Sergio Costa, il suo omologo nel governo italiano, nell'ambito del recente incontro del Consiglio d'Europa sull'ambiente, in Lussemburgo. Costa ha chiarito che le decisioni sul progetto sono di competenza della Regione e che condividerà con Zajc tutti i passi che saranno intrapresi. La notizia è stata accolta con soddisfazione dal gruppo "Salute e ambiente": «Il fatto che l'attenzione per la tutela dell'ambiente carsico costiero sia arrivata a livello internazionale - è soddisfatto l'esponente del gruppo Danilo Antoni - lo consideriamo molto importante. È nostra convinzione che sia necessaria una seria valutazione del progetto dell'inceneritore».-

 

 

Il riciclo della plastica: la tecnologia Fvg va in Cina - Accordo tra Plaxtech e Jana Environmental

Una tecnologia sperimentata in Friuli per il riuso delle plastiche miste non facilmente riciclabili sarà trasferita in Cina, sulla base di un accordo sottoscritto tra l'azienda Plaxtech e la cinese Jana Environmental protection science and technology. La consegna, sia della tecnologia sia di un primo impianto per il trattamento della plastica riciclata, è in programma l'11 luglio a Basaldella, dove è attesa una delegazione di rappresentanti del governo cinese, della provincia di Shandong e del comune di Dezhou.L'accordo, della durata di 10 anni, darà il via a un progetto che si concluderà con la realizzazione a Dezhou di uno stabilimento dove saranno installati 8 impianti Roteax. Ciascuno di questi - riferisce una nota dell'azienda friulana - è in grado di trattare oltre 7000 tonnellate all'anno di plastica riciclata con una produzione di 500.000 pallet. Obiettivo del macchinario - aggiunge la nota - è consentire al materiale plastico eterogeneo a base di poliolefine di venir considerato materia prima secondaria; dunque riciclare, generando una nuova economia circolare eco-sostenibile.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 luglio 2019

 

 

Da via Dante a corso Saba la "mappa" dei palazzi imprigionati dal degrado

Abbandonato e vuoto anche l'immobile di Poste Italiane in via Sant'Anastasio I rebus del Kalister vicino alla stazione e dell'ex Banco di Napoli in corso Italia

In centro tornano a brillare dei gioielli, palazzi che avevano perso un po' del loro smalto ma che, una volta riqualificati, ridanno ora valore anche ad angoli e vie del "cuore" cittadino. Di pari passo, però, ci sono immobili "fantasma" che restano in stato di abbandono, ormai da anni, e che certamente sortiscono sull'area circostante un effetto opposto. Eppure, sembra che il boom turistico consenta di trasformare in oro ogni metro quadrato della città. In realtà, alcuni di questi palazzi "fantasma" hanno già trovato un nuovo acquirente che ha in mente un progetto per quelle mura, ma ad oggi fanno trasparire ancora trascuratezza e abbandono. IN VIA MAZZINIChi percorre via Mazzini, ad esempio, vede sì risplendere in tutta la sua maestosità l'ex sede Ras che a breve aprirà le sue porte agli ospiti dell'hotel Hilton, ma inevitabilmente si accorge pure di altri due immobili che, invece, versano in uno stato di abbandono. A partire dallo stabile al numero civico 11, quello che un tempo al piano terra ospitava lo storico negozio Marinoni Sport. È da anni nel degrado con vetri delle finestre rotti, colombi che entrano ed escono dallo stabile. Alla base di quella trascuratezza, le visioni diverse su cosa fare dell'immobile da parte dei rappresentanti della società che nel 2015 lo rilevò per 2,2 milioni di euro. Restando su quell'arteria, e arrivando all'angolo con via Dante, c'è un altro stabile in pessime condizioni: cinque piani che lo scorso anno sono stati acquistati da un imprenditore locale e sui quali si sta lavorando per un progetto di trasformazione in residence. Tra l'altro, la proprietà è alla ricerca di un gestore della struttura. L'ex filodrammaticoSempre in pieno centro, in zona di forte appeal turistico, c'è il rudere che un tempo ospitava il Filodrammatico. Lo scorso anno quel complesso è stato rilevato all'asta, ma i vincoli interni ed esterni della Soprintendenza rallentano in modo significativo l'iter di trasformazione in residenze e garage. A due passi, vuoto e senza progetti di imminente recupero anche l'ex Banco di Napoli di corso Italia. Spostandosi in corso Saba, un'annosa situazione che coinvolge direttamente l'anziana proprietaria grava sullo stabile al numero 23. Un cartello appeso al piano terra avverte che il foro commerciale non è in affitto o in vendita. Una testimonianza del fatto che in molti si sono fatti avanti per rilevarlo, ma la proprietà non è disposta ad alcuna trattativa. le altre situazioniPotrebbe subire presto una riqualificazione, invece, il palazzo di via Tarabocchia che ospitava un tempo anche la vecchia macelleria che fu gestita da Tito Rocco. Venduto lo scorso anno a un'impresa di fuori Trieste, ora potrebbe riacquistare dignità. Se l'ex Intendenza di Finanza di Largo Panfili ha trovato investitori pronti a trasformarla in un super albergo, sono ancora in attesa di un acquirente che riscriva il loro destino il palazzo delle Ferrovie dello Stato e palazzo Kalister di piazza Libertà. Quest'ultimo è sul mercato da anni, un vero immobile "fantasma", che malgrado la posizione strategica nei pressi della Stazione ferroviaria resta senza vita. Vuoto e abbandonato anche lo stabile di Poste Italiane di via Sant'Anastasio, una trascuratezza che, come testimoniano anche alcuni fatti recenti di cronaca, si riverbera pesantemente sulla zona. 

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 luglio 2019

 

 

Per l'Alpe Adria Trail di Muggia un restyling da 64 mila euro

Presto i lavori per valorizzare il tratto compreso tra Santa Barbara e Rabuiese Il sindaco Marzi: «Premiato l'impegno a favore di un turismo sostenibile»

MUGGIA. «Il 2019 è un anno indiscutibilmente corposo sul piano dei lavori pubblici, che vedranno investimenti di cifre davvero significative da parte del Comune di Muggia, a cui si aggiungono anche gli interventi finanziati dall'Uti». L'assessore ai Lavori pubblici Francesco Bussani inquadra così il progetto che andrà ad interessare l'Alpe Adria Trail, il sentiero che percorre, nel territorio triestino, il sentiero n. 1 del Cai, che attraversa il Carso lungo il suo crinale e che entra in territorio muggesano a livello del biotopo dei laghetti delle Noghere. Tramite un finanziamento pari a 64 mila euro, che il Comune di Muggia ha ricevuto direttamente dall'Unione Territoriale Intercomunale Giuliana nell'ambito del patto territoriale 2018-2020, all'interno del progetto "Mobilità lenta: ripristinare e mantenere i percorsi esistenti", l'Alpe Adria Trail sarà interessato da opere di manutenzione e valorizzazione dell'itinerario internazionale per il tratto compreso tra l'abitato di Santa Barbara e quello di Rabuiese. Il tracciato corre per circa 2210 metri sulle pendici del colle di Santa Barbara, su strade di accesso a diverse proprietà, secondo una concettuale suddivisione in tre aree: una prima parte, di circa 900 metri, collega l'abitato di Santa Barbara con quello di Sant'Andrea, corre su un fondo prevalentemente sterrato, una seconda parte, di circa 700 metri, collega l'abitato di Sant'Andrea con la cava di arenaria ed ha un sedime misto di calcestruzzo e pietrame, una terza parte, di circa 600 metri, che dalla cava scende all'abitato di Rabuiese, si sviluppa su un fondo accidentato a causa di fenomeni di dilavamento dovuti alle acque meteoriche. Il primo cantiere consisterà nella valorizzazione dell'itinerario Alpe Adria Trail mediante, in primis, il rifacimento della segnaletica orizzontale e verticale in modo da potenziare la riconoscibilità e la fruibilità dei luoghi. Oltre a ciò si interverrà con la sistemazione delle canalette di scolo delle acque meteoriche e la realizzazione di nuove canalette nei punti più critici, la riduzione della vegetazione lungo i bordi del percorso ed il ripristino del sedime, in particolare nel tratto, oggetto di dilavamento, che va da Santa Barbara a Rabuiese. Entusiasta l'assessore a Bussani: «Interverremmo in quella che è senza dubbio un'area di pregio della città; un'area che rappresenta un luogo importante della comunità oltre che, ovviamente, per tutti coloro che sempre più frequentemente scelgono il nostro territorio per il proprio turismo esperenziale». Soddisfatta il sindaco Laura Marzi: «L'Alpe Adria Trail si colloca a pieno titolo all'interno di una strategia di sviluppo abbracciata già da tempo che vede il nostro impegno volto ad una valorizzazione sostenibile del nostro territorio. Il valore della lentezza, della qualità e dell'identità sono elementi imprescindibili per il turismo del futuro di Muggia». -

Riccardo Tosques

 

Cittadinanza attiva a Muggia: riaperti i termini per i progetti - Oltre 10 le iniziative in campo per 43 mila euro

MUGGIA. Il Comune di Muggia ha ufficialmente riaperto i termini per la presentazione dei vari progetti di cittadinanza attiva. «Al momento, oltre a quelli dei privati cittadini, sono ben dieci i progetti delle realtà economiche del territorio che hanno aderito alla Cittadinanza attiva - ha spiegato il vicesindaco Francesco Bussani - un numero che è andato via via crescendo e che, a quanto pare, crescerà ancora proprio alla luce della valenza del progetto».Bricocenter, Triesteauto, Campeggio San Bartolomeo, Centrovacanze, Supermercato Tutto Pepe, Marinaz e QuerciaAmbiente sono alcune delle realtà che hanno aderito al progetto. Ad oggi era di ben 43 mila euro il totale degli interventi proposti dalle imprese muggesane- e riconosciuti dal Comune - che dovranno essere svolti entro il 15 dicembre di quest'anno e si snoderanno in diverse aree e tipologie di operazioni. Interventi di pulizia, tutela e valorizzazione del verde lungo alcune strade, la carteggiatura, verniciatura e ripristino di molte panchine site sul molo Colombo e nel piazzale Caliterna.Manutenzione e riqualificazione dell'area verde attrezzata in largo Caduti, ma anche la riqualificazione ambientale di un tratto di costa ad uso pubblico a Lazzaretto, nonché diverse azioni di manutenzione dell'area dei laghetti delle Noghere. Oltre agli interventi di manutenzione ordinaria dell'area verde del sito archeologico di Santa Barbara, c'è poi, per esempio, la cura dell'area esterna al Castello, del campo di calcio di Zindis e del parco Robinson, la manutenzione dell'area verde della Chiesetta di S. Sebastiano e della scalinata "San Bastian", la pulizia di un tratto della traversata muggesana e del boschetto di via Felluga. Progetti ad ampio raggio atti a promuovere lo sviluppo della cura del territorio e della tutela del decoro urbano offrendo in cambio di uno sconto sulle imposte. «Alla luce dei progetti presentati del fatto che c'è ancora disponibile una quota residua delle risorse stanziate per il sostegno economico dei progetti di cittadinanza attiva e che continuano a giungere manifestazioni di interesse per aderire, si è pensato che non vi fosse ragione per non dare altre possibilità - ha spiegato Bussani -. Non possiamo che ringraziare per la fattiva collaborazione tutti coloro che in questi anni hanno aderito alla Cittadinanza attiva del Comune di Muggia.-

 

 

Servola - Entro domani iscrizioni per visitare il depuratore

Il depuratore di Servola è pronto ad aprire le sue porte ai cittadini. AcegasApsAmga ha dato il via alle iscrizioni alle visite guidate gratuite nelle giornate del 13 e del 20 luglio. Per motivi di sicurezza sono previsti due turni, il primo dalle 8.30 alle 10 e il secondo dalle 10.30 alle 12, per un totale di 80 persone a giornata. Le iscrizioni chiudono domani: è sufficiente compilare il modulo sul sito www.acegasapsamga.it/richiesta_partecipazione_eventi/.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 luglio 2019

 

 

Contro le mini-centrali idroelettriche ambientalisti in piazza da Atene a Lubiana

AL VIA UNA SETTIMANA DI MANIFESTAZIONI IN VARI PAESI

BELGRADO. Alcuni progetti controversi - come quello delle centrali sulla Mura in Slovenia - sono stati congelati. Altri, dal Montenegro alla Serbia, sono per ora rallentati da sollevazioni popolari e proteste. Ma i Balcani rimangono una delle regioni con più nuove mini-centrali idroelettriche in progetto o in via di costruzione, un pericolo per fiumi e i torrenti a oggi fra i meno violati dalla mano dell'uomo in Europa.Si tratta di programmi al centro di molte proteste, negli anni passati: proteste che riprenderanno forza da oggi, con il lancio di una serie di manifestazioni "transnazionali", dalla Slovenia alla Grecia, organizzate da Ong e attivisti locali all'insegna del comune slogan «Our rivers - No DAMage», i nostri fiumi, no danni-dighe, con un gioco di parole. Le manifestazioni dureranno una settimana intera, fino al 16 luglio, a partire da quella di oggi a Tirana in contemporanea con altre a Belgrado e in varie località della Serbia dove si stanno costruendo mini-sbarramenti e mini-centrali. A Tirana si dirà no alle «500 centrali pianificate sui fiumi albanesi, che minacciano aree protette, fauna selvatica, risorse acquifere e comunità locali», hanno specificato gli attivisti. In Serbia ci si mobiliterà contro «lo tsunami di dighe» pianificato nei Balcani e sui fiumi serbi, in particolare nell'area di Stara Planina, ma anche contro le costruzioni abusive sugli argini della Sava, a Belgrado, causa di rabbia e proteste popolari. L'8 luglio le manifestazioni in Kosovo, dove nei giorni scorsi serbi e albanesi hanno manifestato insieme nell'area di Strpce contro una mini-centrale. Il 9 sarà invece la volta di Podgorica, in piazza di fronte al ministero dell'Economia con attivisti in arrivo anche da Berane, Lijeska e Savnik. Non è finita. Il 13 luglio una dimostrazione è in programma anche in Macedonia, nel cuore del parco nazionale di Mavrovo, tenuto in scacco «da tre centrali». Lo stesso giorno, una "mini-flotta" di barche solcherà le acque del bacino di Most na Soci, in Slovenia, mentre in contemporanea si scenderà in piazza pure a Sarajevo. Il gran finale, il 16 luglio, in Grecia, nell'area di Vovousa, con una marcia in luoghi dove sono previsti nuovi sbarramenti. Anche questi, secondo gli ecologisti, più che critici.

 

 

"Sardon Alice" - Da domani la raccolta delle plastiche - verso la Barcolana

Al via domani nei punti vendita Despar su iniziativa di AcegasApsAmga la raccolta degli scarti di plastica per la realizzazione del "sardon Alice" in vista della Barcolana. Fino al 9 agosto nei supermercati del gruppo saranno disponibili i contenitori per la raccolta dedicata ai rifiuti plastici utili a costruire appunto l'installazione finale, un pesce gigante di dieci metri, che sarà il simbolo della Barcolana 51. A questo proposito è di fatto operativo il "Sardon team" di AcegasApsAmga, che ogni giorno vuoterà i bidoni per consegnare le "migliori" plastiche agli artisti protagonisti di "Scart: il lato bello e utile del rifiuto".È la mostra che ha già riscosso successo nel Nord Italia e che sbarcherà a Trieste in occasione della Barcolana per esporre, nel palazzo della Regione, opere fatte al 100% di rifiuti. Opere create con la collaborazione di docenti e studenti delle accademia di Belle arti di Firenze e Bologna.--

 

 

La Fiab contro Marzi per il doppio senso in via San Giovanni - la querelle sulla viabilità

Muggia. Dopo aver innescato una resa dei conti nel Pd, il ritorno a Muggia del doppio senso in via San Giovanni raccoglie gli strali dei ciclisti urbani della Fiab Ulisse, che per voce del presidente della locale sezione triestina Luca Mastropasqua esprimono «fortissima delusione» per tale scelta auspicando «che il sindaco ritorni sui suoi passi. Oggi non si può più accettare che il traffico veicolare tolga spazio all'autonomia e alla crescita dei nostri ragazzi e alla sicurezza e alla fruibilità dei percorsi pedonali». «L'elevato inquinamento ambientale e acustico prodotto dal traffico nel centro di Muggia documentato da studi che lo stesso Comune ha commissionato nonché la protezione nel centro abitato delle utenze che il Codice della strada definisce deboli», scrive Mastropasqua, sono temi che «continuano a essere ignorati dal Comune di Muggia». E «ciò avviene anche in conseguenza dell'ordinanza 54, che restringe drasticamente il marciapiede di via San Giovanni, in nome di supposti e non documentati vantaggi per il traffico veicolare. Con questa ordinanza il sindaco Laura Marzi colpisce le utenze più deboli, i ragazzi che vanno a scuola, i pedoni, i disabili. Solo da pochi anni a Muggia si erano finalmente migliorate le condizioni di sicurezza nel percorso che va dalla Stazione delle autocorriere alle scuole. La constatazione che il tragitto da percorrere per andare a scuola, se fatto in autonomia, contribuisce allo sviluppo intellettuale e sociale dei bambini e favorisce l'attività motoria era stata la motivazione alla base di un progetto finanziato dalla Regione». Ora, sostiene Mastropasqua, si riporta «indietro l'orologio della vivibilità e della sicurezza delle strade».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 luglio 2019

 

«Cittadini sentinelle dell'aria» - Una rete di controlli fai-da-te

Cittadini come sentinelle dell'aria che respiriamo: è la mission del progetto internazionale "Citizen Science", che il circolo Verdeazzurro Legambiente di Trieste supporta e che prevede la collaborazione di cittadini, scuole, associazioni e istituzioni nella raccolta di dati ambientali, a scopo conoscitivo ed educativo: in questo caso si tratta della raccolta di dati sui livelli, nella aria, di polveri sottili - i famigerati Pm 2. 5 e Pm 10. Tutti possono diventare "monitoratori", basta acquistare il sensore a costi molto contenuti - da 35 a 40 euro, anche su Amazon - attivarlo e connetterlo alla propria rete wifi e da quel momento le rilevazioni fatte dallo strumento installato sul balcone di casa piuttosto sul davanzale di una finestra di un istituto scolastico sono immediatamente visibili sulla piattaforma dell'Università di Stuttgart, con la possibilità di verificare i dati settimanali, mensili, annuali e di scaricarli. «Queste misure - specifica Andrea Wehrenfennig, presidente del circolo triestino di Legambiente - non sostituiscono in alcun modo i rilevamenti ufficiali di Arpa Fvg, ma possono integrarli grazie alla presenza potenziale di molteplici punti di rilevamento, installati da associazioni, scuole, istituzioni e semplici cittadini». Si tratta di un progetto che in Europa e nel mondo è già molto diffuso, con quasi 9000 sensori in 61 paesi. «Legambiente Trieste e Legambiente Fvg - sottolinea Wehrenfennig - hanno rivolto particolare attenzione all'aspetto didattico ed educativo del progetto, collaborando all'installazione dei sensori all'Istituto Tecnico Superiore Malignani di Udine e presso diversi cittadini interessati. Alcuni sensori sono già attivi a Trieste, esattamente tre, due dei quali privati cittadini e l'altro un istituto scolastico che implementerà il tutto entro settembre. Per ora sono due gli istituti superiori triestini con i quali ci sono contatti. Abbiamo sentito anche l'associazione "No Smog" sulla Ferriera, perché c'è l'interesse a installare sensori in abitazioni a ridosso dell'impianto siderurgico».

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 luglio 2019

 

 

Ripulito dai rifiuti il bosco di Bagnoli lungo lo Zerjalen

SAN DORLIGO. Nonostante il forte caldo, ha riscontrato un ottimo successo l'intervento programmato dall'associazione MiTi per la pulizia di una zona boschiva di San Dorligo. Una ventina di volontari, nell'ambito del progetto "Creativamente giovani", ha operato per più di tre ore lungo il torrente secco Zerjalen, sito lunga la strada che da Bagnoli della Rosandra porta a Moccò, raccogliendo diversi metri cubi di materiale abbandonati nel verde pubblico. Ancora una volta è stata recuperata una grande quantità di rifiuti abbandonati probabilmente da più di trent'anni, tra gli anni Sessanta e Novanta: lo testimonia, fra le altre cose, la scarsa presenza di plastica. Tra i materiali più presenti, numerosi copertoni, scale di ferro, divani letto, forni, scaldabagni, lattine, filo di ferro. A rendere più difficile il recupero, profondamente immerso nel terreno e spesso coperto da massi. Per l'occasione è stata testata ufficialmente per la prima volta l'applicazione "iScovaze" progettata per segnalare la presenza di rifiuti. Il progetto iScovaze è nato proprio con l'obbiettivo di contribuire a diminuire la presenza di rifiuti abbandonati sul territorio, in particolar modo sull'altopiano carsico, troppo spesso vera e propria discarica a cielo aperto. L'idea è nata nell'ambito del progetto CreativaMente Volontari coordinato da Mila Sponza di Alt. «Di lavoro di pulizia del nostro territorio ce n'è da fare ancora - ammette Dario Gasparo, presidente dell'associazione MiTi - ma siamo contenti perché oltre ai volontari coinvolti nel progetto è stata una importante sorpresa vedere la disponibilità di un gruppetto di giovani studenti dei licei cittadini, che invece di trascorrere al mare le agognate giornate di fine hanno ritenuto più giusto impegnarsi in questa attività di cittadinanza attiva». 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 luglio 2019

 

 

Alla Lega Navale documentario "Mare antico. Viaggio alle origini della frontiera sommersa"

La "nascita" del golfo di Trieste, la sua origine geologica e i suoi mutamenti, il nostro mare com'era al tempo dei dinosauri, i segreti delle fonti termali di Monfalcone, i labirinti sommersi nelle bocche del Timavo a Duino. Domani, alle 19, nella sede della Lega Navale al Molo Fratelli Bandiera 9, si presenta il documentario di Pietro Spirito e Luigi Zannini, "Mare antico. Viaggio alle origini della frontiera sommersa", prodotto dalla sede regionale della Rai per la regia di Luigi Zannini. Il documentario - il quarto della serie dopo "La frontiera sommersa", "I segreti del golfo" e "Trincee del mare" - racconta un viaggio nella storia del golfo, alla scoperta delle sue origini geologiche, con le forme di vita più antiche, il Timavo e le acque termali di Monfalcone. Assieme ai geologi, ai ricercatori dell'Ogs, agli speleosubacquei del Club alpinstico triestino la troupe è scesa nel cuore del nostro mare in un viaggio che dal tempo profondo arriva fino ai nostri giorni. Ed è una scoperta dietro l'altra, con le telecamere che entrano nei labirinti sommersi del Timavo sotto la guida dello speleosub Luciano Russo, oppure indagano con Stefano Furlani la variazione dei livelli marini, o ancora con Flavio Bacchia fanno rivivere in realtà virtuale la vita nel mare milioni di anni fa. Fino all'attualità con Maurizio Spoto (Riserva di Miramare) che racconta com'è la vita marina oggi. --

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 luglio 2019

 

 

San Dorligo premiato per il suo "porta a porta senza confini"

SAN DORLIGO DELLA VALLE. Il Comune di San Dorligo della Valle è stato premiato l'altro giorno a Roma - durante la cerimonia conclusiva dell'iniziativa nazionale "Comuni Ricicloni", organizzata da Legambiente con il patrocinio del ministero dell'Ambiente - con la menzione speciale "La raccolta differenziata non ha confini", ritirata dal sindaco Sandy Klun assieme ai rappresentanti del gestore del servizio rifiuti A&T 2000 Spa. «L'importante riconoscimento di Legambiente - si legge in un comunicato - è stato motivato dall'attenzione con cui è stata impostata la raccolta "porta a porta" dal primo luglio 2017, sotto la nuova gestione di A&T 2000. Si è tenuto conto di come il sistema di raccolta sia stato adattato agli aspetti distintivi del territorio, caratterizzato anche dal bilinguismo. Questo aspetto in particolare non ha costituito una barriera bensì una nuova opportunità di dialogo tra gestore e utenti del servizio». Ed «è stato evidenziato anche come la presenza costante sul territorio, attraverso le attività informative, la capillare distribuzione delle attrezzature e il controllo puntuale sul servizio di raccolta, sia stato una leva determinante che ha permesso di ottenere i migliori risultati di differenziata (74% nel 2018) oltre che un'ottima qualità del rifiuto raccolto da avviare a riciclo».--

 

 

Centrale termoelettrica a carbone di Monfalcone - Progetti post-centrale incontri sul territorio

Sulle prospettive della centrale è in atto un confronto a tutto campo che coinvolge tre diversi livelli istituzionali sulla base del quale il Comune si appresta ad aprire (le convocazioni sono in corso) il confronto con i soggetti del territorio interessati. Lo dice l'amministrazione che rileva come alcuni soggetti, come Legambiente, rivendicano interventi sulla base di presupposti e informazioni carenti e sbagliate. Il Comune, si evince in una nota, è presente con l'assessore all'Ambiente Sabina Cauci nella commissione per il riesame dell'Autorizzazione Ambientale Integrata, dove sarà portata la posizione della giunta per una rigida applicazione delle migliori tecnologie disponibili (Bat) secondo le linee della Commissione europea. Il sindaco Anna Maria Cisint ha partecipato, in video conferenza, al tavolo istituito dal Ministero dell'economia con i gestori delle centrali e le parti sociali per la dismissione del carbone. Nei giorni scorsi s'è tenuto il tavolo istituito dalla Regione, presente anche il sottosegretario all'Ambiente, Vannia Gava. «La dismissione del carbone e la destinazione del sito - sottolinea Cisint - sono state poste dalla nuova giunta comunale dal suo insediamento e solo ora dopo il rinnovo dei vertici si registra l'impegno del nuovo Governo e della Regione sul problema cittadino di A2A, cui s'accompagna la disponibilità al dialogo della società». Il Comune ha programmato l'ascolto nei prossimi giorni di realtà locali, ambientaliste, rioni, associazioni di categoria e sindacati, sulle ipotesi emerse nel tavolo regionale.--

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 luglio 2019

 

 

Bombole di gas e rifiuti discarica in centro città

Non solo nessuno è intervenuto. Ma, con il passare del tempo, la situazione è ancora peggiorata. Perché gli scaricatori abusivi di rifiuti hanno continuato imperterriti e indisturbati a riempire l'area di immondizie di ogni genere. «E, come se non bastasse, sono state abbandonate diverse bombole di gas. Visto quanto è successo in viale XX Settembre, la sensibilità è ancora maggiore di fronte a quelle inquietanti "presenze"».Siamo in via del Poggio, in una discarica abusiva, a pochi passi dal centro cittadino: un'area in totale abbandono che ha finito con il procurare un autentico travaso di bile ai residenti. C'è di tutto: vecchi elettrodomestici, mobili sfasciati, contenitori (vuoti) di olio per auto. E poi, materiale edilizio, serramenti, scarti ferrosi. E chi ne ha più ne metta. A lanciare nuovamente l'allarme è un residente (Davide Carecci) ha preso carta e penna, facendosi portavoce del disorientamento di diverse famiglie che risiedono nel circondario. È scoraggiato perché a nulla sono valse le segnalazioni presentate, a suo tempo, al Comune e all'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa). «Volevo far presente alla vostra redazione la situazione che i residenti di via del Poggio stanno vivendo da ormai più di 3 anni - spiega Carecci -. Ebbene: continua ad esistere una discarica abusiva di vario genere: dal materiale inerte agli pneumatici, dagli elettrodomestici a sacchi neri pieni di rifiuti vari, fino ad arrivare alle bombole di gas. Non solo: ultimamente sono stati abbandonati diversi contenitori di olio alimentare usato. Ce n'é parecchio ed è evidente che qualcuno ha individuato quest'area per buttarlo, deturpando l'ambiente. Nonostante varie segnalazioni scritte e protocollate, non abbiamo mai avuto un riscontro da parte di nessuno». Carecci racconta di aver coinvolto l'amministrazione comunale. «Mi hanno rassicurato, un anno fa, che avrebbero fatto di tutto per intervenire e risolvere il problema. Sei mesi fa, anche gli uffici comunali pareva avessero preso a cuore la questione ma, oggi, sono nuovamente a segnalare lo stesso problema».A quanto pare, l'area è di proprietà privata. Ma abbandonata. E questa situazione di controlli-zero ha fatto prendere coraggio a coloro che pensano sia giusto smaltire così le immondizie. «La situazione sta peggiorando, giorno dopo giorno». Carecci ha scattato anche alcune foto che corredano questo nostro servizio. Non sono necessari ulteriori commenti perché le immagini parlano da sole e evidenziano bene lo stato in cui versa quell'area ridotta a discarica abusiva. E dire che la gran parte dei goriziani, animati dal sacro e asburgico rispetto delle regole, stanno applicando alla lettera i (rigidi) dettami della raccolta differenziata. E lo fanno con serietà, impegno, perseveranza. Hanno disseminato la casa di contenitori di colori diversi. Hanno trasformato i propri terrazzini in piccole isole ecologiche. Selezionano i rifiuti con grande maestria. Solo che ci sono sempre i menefreghisti. Tanti, ancora troppi. 

Francesco Fain

 

Lastre di eternit su una scarpata del monte Calvario

Si moltiplicano le segnalazioni di abbandono da parte di ignoti di rifiuti costituiti da pezzi di lastre in cemento-amianto lungo una scarpata sul Calvario e in via dell'Angolo a Gorizia rispettivamente da parte di Legambiente Gorizia e di un cittadino. Il Comune ha deciso di correre ai ripari affidando a una ditta privata il servizio di rimozione.Anche il responsabile della Stazione forestale di Gorizia aveva evidenziato abbandoni da parte di ignoti di rifiuti costituiti da lastre e tubi in cemento-amianto rispettivamente nel corso del rio Stoperca (a Piedimonte) e lungo la scarpata «presumibilmente sulla particella 504/5 di proprietà regionale" nelle vicinanze di via Pola, nel quartiere della Campagnuzza. 

 

 

 

 

 

 

 

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