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RASSEGNA STAMPA gennaio - giugno 2018
IL PICCOLO - SABATO, 30 giugno 2018
Pagelle alle Alpi: quindici bandiere verdi
Il dossier di Legambiente che premia turismo dolce ed energia pulita.
Vince la Lombardia con cinque riconoscimenti
Torino - C'è speranza per il futuro delle Alpi. Nonostante il cambiamento
climatico, i ghiacciai che scompaiono e il crescente consumo del suolo, i
territori montani sono sempre più spesso protagonisti di esperienze virtuose e
rispettose dell'ambiente. Si tratta di progetti e iniziative in grado di dare
impulso a una nuova economia fatta di agricoltura responsabile, turismo dolce e
salvaguardia del territorio. Buone pratiche che Legambiente racconta e premia
con le tradizionali bandiere verdi della Carovana delle Alpi, la campagna che
ogni anno monitora lo stato di salute delle nostre montagne. Nell'edizione 2018
sono quindici i riconoscimenti assegnati (cinque in Lombardia, quattro in
Piemonte, due in Valle d'Aosta, due in Trentino Alto Adige e due in Friuli
Venezia Giulia). Ci sono il trekking di quarantadue tappe attraverso venti
foreste lombarde, la pista ciclabile sulla ferrovia dismessa al confine tra le
province di Torino e Cuneo, il recupero delle antiche mulattiere della Val
Brembana, la campagna per il salvataggio dei rospi sul lago di Endine.
Quest'anno tra i premiati con le bandiere verdi figurano anche i comuni di
Bardonecchia e Oulx (alta Val Susa), che assieme a diverse organizzazioni non
governative e a gruppi di cittadini portano avanti iniziative di accoglienza dei
migranti. Le pratiche virtuose premiate raccontano come sia possibile vivere le
Alpi senza sfruttarle, valorizzandone aspetti e caratteristiche. «Ma queste
iniziative - è l'appello che lancia Stefano Ciafani, presidente nazionale di
Legambiente - devono essere accompagnate anche da una politica nazionale che
metta al centro il recupero e la valorizzazione delle aree montane e da
strategie di adattamento ai cambiamenti climatici». Nonostante le tante buone
pratiche segnalate lungo tutto l'arco alpino, Legambiente ricorda anche che
continuano le «aggressioni» alle montagne. È il caso dell'eliski, «malcostume»
imperversante un po' ovunque sulle Alpi, dello sfruttamento a scopo
idroelettrico dei piccoli torrenti, della riproposizione di gare di enduro o
quad dannose per gli ecosistemi, o dei progetti per impianti sciistici di
risalita in zone di grande pregio naturalistico (come le Cime Bianche in Valle
d'Aosta). E allora far rinascere la montagna conviene ascoltare le parole di
Giorgio Elter, agricoltore valdostano premiato da Legambiente con una bandiera
verde per aver denunciato le ripercussioni dei cambiamenti climatici alla Corte
di Giustizia europea: «Abbiamo il dovere di preservare queste montagne per
lasciarle ai nostri figli, così come le abbiamo ricevute noi».
Gabriele Martini
Il giro delle coste in barca a vela per salvare il mare
dalla plastica
Parte oggi da Trieste la nuova avventura di Mauro Pelaschier - Dodici i
porti che verranno toccati. Rientro il 20 settembre
Trieste - Siamo tutti sulla stessa barca che naviga in un mare sempre più
inquinato dalle plastiche: 8 milioni di tonnellate finiscono ogni anno negli
oceani, dai quali traiamo ben il 70% dell'aria che respiriamo. Per questo
motivo, lo skipper Mauro Pelaschier, ex timoniere di Azzurra, salperà oggi dalla
Società Velica Barcola-Grignano a bordo di "Crivizza", una barca a vela in legno
costruita a Trieste nel 1966, per compiere il giro delle coste italiane entro il
20 settembre, con lo scopo di sensibilizzare gli amanti del mare sul tema della
salvaguardia degli oceani. Assieme a lui Daniele Gabrielli e Gianfranco Bonomi,
ai quali si uniranno nel corso delle tappe altri compagni di navigazione, tra i
quali alcuni ricercatori di due istituti del Cnr. L'itinerario marittimo
toccherà tutte le coste italiane e dodici porti con i relativi circoli nautici:
Trieste, Venezia, Ancona, Bari, Crotone, Catania, Napoli, Gaeta e Arzachena,
quindi ulteriori tappe in Liguria e a Luino, per comprendere anche i laghi.
L'iniziativa è supportata dalla One Ocean Foundation, di cui Pelaschier è
ambasciatore, fondata dallo Yacht Club Costa Smeralda, presieduta dalla
Principessa Zahra Aga Khan. La Fondazione si propone di sensibilizzare il grande
pubblico sugli aspetti più critici che mettono in pericolo l'oceano promuovendo
la Blue Economy, diffondendo la cultura e la conoscenza dei mari e coinvolgendo
in azioni concrete il mondo dello sport, le imprese, le associazioni e gli
scienziati. La Società Velica di Barcola e Grignano è stato uno dei primi Club
velici a sottoscrivere la Charta Smeralda, il documento redatto dalla One Ocean
Foundation per promuove la consapevolezza sui principali aspetti di impatto
ambientale legati alla vita degli oceani, impegnandosi nelle proprie attività a
ridurre l'utilizzo di plastiche e sensibilizzare i soci e il territorio sul tema
della salvaguardia dei mari. «Siamo consapevoli che il compito sia difficile, ma
solo educando le giovani generazioni si educano i più grandi», ha dichiarato il
commodoro Riccardo Bonadeo della Yacht Club Costa Smeralda, nel corso della
conferenza stampa di presentazione del progetto tenutasi ieri al circolo della
Svbg. Il commodoro ha poi raccontato l'aneddoto della storia che ha determinato
la presa di coscienza sua e di Mauro Pelaschier, avvenuta in una regata molto
complicata e pericolosa tra l'Irlanda e l'Inghilterra. «Dovevamo solo pensare a
riportare la barca in salvo. Al largo, a un certo punto, è apparso un grande
lenzuolo di plastica che costituiva un pericolo e che abbiamo dovuto evitare.
Per fortuna siamo riusciti a arrivare a terra, poi abbiamo rimosso quella
storia. Solo anni dopo, quando ci trovavamo con le nostre famiglie in mare,
vedendo un sacco di plastica galleggiante, ci è scattata in mente l'associazione
con quell'episodio e quindi abbiamo sviluppato una consapevolezza: siamo noi i
responsabili dell'inquinamento e anche della possibilità di fermarlo». Al
termine della conferenza stampa, il presidente della Società Velica di Barcola e
Grignano, Mitja Gialuz, e il primo cittadino di Trieste, Roberto Dipiazza, hanno
firmato la Charta Smeralda, il documento per promuovere gli aspetti ambientali
negli oceani. «Chi ama il mare, ama la Terra», ha concluso Mitja Gialuz
Simone Modugno
«Solo educando i più piccoli preserveremo la bellezza»
Lo skipper pronto a mettersi in gioco per il bene del pianeta - E per
centrare il risultato si prepara pure a parlare al grande pubblico
TRIESTE - Mauro Pelaschier è cresciuto in una famiglia di velisti e per i
primi anni della sua carriera ha gareggiato e vinto nella classe Finn, le
imbarcazioni a vela con un singolo posto. Così, quando divenne nel 1983
timoniere di Azzurra, la prima barca italiana alla America's Cup, racconta di
aver imparato a parlare con un equipaggio. Dopo essere stato chiamato a fare da
ambasciatore per l'Oof e aver subito accettato, Pelaschier si troverà a dover
veicolare un messaggio fondamentale per il suo amato mare a una gran schiera di
persone. Questa volta dovrà parlare tanto, vero? Sì, ma per fortuna sono aiutato
da bravissime persone che sanno parlare meglio di me in pubblico. Io sono
sintetico nel mio linguaggio, perché più abituato a pensare che a parlare, ma
sarà per me importante dire qualcosa che tocchi la società umana, per
influenzare il pensiero di quelli che frequentano il mare e non solo. Da dove si
parte per educare al rispetto del mare? Si parte dalle scuole vele, dai bambini,
perché noi siamo cresciuti in modo da rovinare l'ambiente che ci circonda e
quindi non più capaci a preservare un bene così importante. Solo educando i
bambini si riesce poi a educare i genitori a comportarsi meglio e a far sì che
ci sia un interesse comune a preservare il mare, che è fonte di vita. Vorrei
riportare sulla terra questo discorso. Cerco di far interessare il pubblico che
segue il mare e che naviga a comportarsi meglio e a evitare di avere a bordo
delle plastiche che non sono riciclabili. Perché questa barca? Navigheremo a
vela e l'idea è di far vedere un oggetto quasi dimenticato come una barca
d'epoca, che rappresenta il vero spirito marinaresco: il legno è vivo e
nonostante l'età rimane integra, non inquinando. La barca è stata acquistata da
Gianfranco Bonomi e Saverio Mecca dopo un colpo di fulmine, poi a marzo ho
partecipato al primo simposio dell'One Ocean Foundation e a quel punto ci è
venuta idea del periplo d'Italia, un'occasione di toccare molti circoli velici
per la firma della charta Smeralda.
MUGGIA - Il pesce rondine diventa una web star
La nuova star del web? Il pesce rondine immortalato a Muggia intento a
nuotare tra le barche ormeggiate al mandracchio. Una presenza inusuale per una
specie abituata al mare aperto: «D'estate si avvicina alle coste, ma non al
punto di entrare in un porticciolo» ha commentato il naturalista Nicola Bressi.
IL PICCOLO - VENERDI', 29 giugno 2018
Una "costa triestina" per sviluppare l'area dalla
Lanterna al parco di Miramare
È il progetto presentato ieri dagli architetti Lorenz e Decorti - Il
fulcro di tutto è Porto vecchio: edifici di qualità e marine
Un'unica idea di sviluppo per tutta l'area inclusa fra la Lanterna e
Miramare. È la proposta presentata ieri sera dagli architetti Peter Lorenz e
Giulia Decorti al Molo IV, di fronte alle istituzioni e alla cittadinanza.
Un'idea complessiva elaborata in questi mesi dallo studio austriaco di Lorenz, e
che ha il suo fulcro inevitabile nel Porto vecchio. Lo studio suggerisce di
adottare i modus operandi urbanistici ormai istituzionalizzati in Austria per lo
sviluppo dell'area. Sia il sindaco Roberto Dipiazza che il presidente dell'Adsp
Zeno D'Agostino auspicano che la serata di ieri funga da inizio per un dibattito
aperto sul Porto vecchio. Anche se l'approccio "complessivo" degli architetti ha
risvegliato la storica allergia di Dipiazza per i «masterplan». Sono troppi i
punti presentati da Lorenz e Decorti, moderati dal presidente di Barcolana Mitja
Gialuz, per esporli tutti. Le linee generali della proposta sono le seguenti: lo
studio identifica un'area di sviluppo complessiva, definita "Costa triestina",
compresa fra la Lanterna e Miramare. «Il castello è già un polo di attrazione
forte - ha detto Lorenz -, la Lanterna ha un enorme potenziale per diventarne un
altro». Anche attraverso il Parco del Mare, ha aggiunto, «purché sia il più
attrattivo del mondo, non della Venezia Giulia». Gli architetti propongono di
far correre lungo tutta la linea un lungomare pedonale e ciclabile. Questa idea
richiede l'eliminazione dei parcheggi sulle Rive, che andrebbero sostituiti da
un diverso modello di mobilità (sistemi park-and-ride, car sharing, e-bike).Il
fulcro del tutto è il Porto vecchio, sui cui moli gli architetti suggeriscono di
collocare edifici di alta qualità e marine (in Porto nuovo invece lo scalo
crocieristico). Molte le proposte per lo sviluppo dell'antico scalo, financo due
grattacieli. Quanto alla viabilità, la proposta è di rinunciare alla doppia
arteria stradale attualmente in progetto, in favore di una bretella esterna e
dell'applicazione della Ztl. Fino a Miramare, invece, l'idea è prolungare la
pineta di Barcola e addirittura arricchire la linea di costa con delle isole
artificiali. Ma il perno della presentazione sta nel metodo proposto, ispirato a
quello d'oltralpe: «Serve una commissione di qualità con parere consultivo
composta da esperti di livello che non lavorano a Trieste - hanno spiegato i
relatori -. Una progettazione coordinata e condivisa con la cittadinanza.
Concorsi internazionali di architettura per tenere alto il livello di qualità.
Una dichiarazione dell'architettura triestina sulla falsa riga di quella
viennese». Dipiazza ha lodato la presentazione, ribadendo poi quali sono le
linee guida da lui seguite finora. «Giusto confrontarsi - ha aggiunto -. Ad
esempio quello che chiedo alla città è se dobbiamo allungare il molo III per le
navi da crociera, oppure accogliere ad esempio la tua idea, e sul Porto vecchio
fare tutto marina». Il sindaco ha concluso l'intervento precisando però «che
abbiamo visto troppi masterplan in questi decenni, ed è ora di passare ai
fatti». D'Agostino ha dichiarato: «I tanti interessi sull'area rischiano di
farci dimenticare che bisogna pianificare, e la fretta è cattiva consigliera. La
serata di oggi può essere una base su cui costruire un dibattito pubblico. La
proposta di Lorenz e Decorti ci invita a riflettere sul metodo. Ad esempio trovo
stimolanti le idee sulla mobilità. Penso ad esempio, pur essendo coinvolto, che
il bilancio della società che gestisce i parcheggi sulle rive non possa
pregiudicare lo sviluppo della città». Tra gli intervenuti poi anche il
presidente dell'ordine degli architetti Thomas Bisiani, che ha messo a
disposizione le competenze dell'ordine per i concorsi, e l'ex sindaco Roberto
Cosolini.
Giovanni Tomasin
Arvedi triplica gli utili - parte il piano di sviluppo
Accordo con le banche guidate da Intesa per un finanziamento da 435
milioni: al via investimenti per 300 milioni. Interventi sull'innovazione anche
a Servola
MILANO - Un finanziamento da 435 milioni di euro per supportare il business
plan messo a punto da Arvedi, azienda siderurgica che tra gli altri conta lo
stabilimento di Servola, rilevato quattro anni fa dall'ex-Lucchini e tra quelli
a maggiore tasso di sviluppo del gruppo. A concederlo è stato un sindacato di
dieci banche, guidato dal gruppo Intesa SanPaolo. Un pool molto articolato,
dunque, per un'operazione su più linee di credito (term loans e revolving credit
facility) con scadenza a cinque anni, che ha avuto l'obiettivo di rifinanziare
parte dell'indebitamento bancario esistente, anche migliorandone i costi e
allungandone la maturità. CAPITALI - Capitali che arrivano a due anni di
distanza dai 240 milioni concessi alla società con headquarter Cremona, tra i
big italiani ed europei dell'acciaio, per finanziare un altro step del piano
ultradecennale messo a punto nel 2007 e che si completerà nel 2020 con
investimenti complessivi superiori a 1,5 miliardi. Costi sostenuti per aumentare
la produzione di prodotti siderurgici da 1,5 a 3,8 milioni di tonnellate su base
annua, con il polo siderurgico triestino che è uno dei più impattati dalle
innovazioni. Il gruppo guidato da Giovanni Arvedi ha appena approvato il
bilancio 2017, che si è chiuso con un +8% nei volumi di produzione (poco più di
4 milioni di tonnellate) e ricavi consolidati in crescita di circa il 29%
rispetto all'esercizio precedente, attestandosi a 2,85 miliardi, grazie anche al
favorevole andamento dei prezzi medi di vendita congiuntamente all'incremento
dei volumi venduti. Il margine operativo lordo a livello di gruppo è stato
significativamente migliore rispetto all'esercizio precedente passando da 270,9
a 466,7 milioni; da considerare l'incremento dal 12,2% al 16,3% dell'incidenza
della stessa rispetto ai ricavi consolidati. Al miglioramento hanno contribuito
tutte le società del gruppo, tra le quali si distingue Acciaieria Arvedi, che ha
incrementato l'incidenza del mol sui ricavi di vendita di circa 5% punti
percentuali rispetto al 2016, raggiungendo quota 350 milioni (176 milioni nel
2016). Il risultato operativo consolidato risulta pari a 301,4 milioni, più del
doppio rispetto ai 135,3 milioni del 2016). RISULTATO - Il risultato netto di
pertinenza del gruppo è triplicato in un anno, raggiungendo a livello
consolidato 162,4 milioni, circa il 6% dei ricavi. «I risultati - commenta il
presidente Giovanni Arvedi- sono il frutto di un forte impegno pluriennale, in
termini di investimenti e di razionalizzazioni». Quindi ricorda che, mentre
all'indomani della crisi mondiale del 2008, un po' ovunque si è ridotta la
produzione a causa dei minori consumi. INVESTIMENTI Il gruppo ha scelto di
intraprendere «un importante percorso di investimenti che ci ha permesso di
triplicare la produzione, ridurre considerevolmente i costi fissi e quelli
variabili per unità prodotta e di migliorare il mix di vendita, consentendoci di
rimanere concorrenziali». Ora si punta «ad azzerare l'indebitamento, pur
lanciando nel 2018 e per i due anni successivi un piano di investimenti da 300
milioni di euro».
Luigi Dell'Olio
Associazioni - «Incontri sulla Ferriera aperti a città e politica»
«Nonostante la moderata soddisfazione degli ultimi incontri, siamo consci che il percorso è ancora complesso, ma non impossibile. Il Presidente D'Agostino a termine del nostro confronto, ci disse "spesso il nosepol equivale al nosevol"», spiega Lorenzo Battista, portavoce dei comitati anti-Ferriera. «Contiamo di organizzare degli incontri pubblici aperti a tutti i cittadini, invitando anche i consiglieri regionali e i parlamentari della nostra città. Salvaguardiamo i posti di lavoro e battiamoci per difendere il nostro ambiente e la salute di tutti».
Bike sharing - De Gioia: «Buona idea ma più piste ciclabili»
«Era ora. Finalmente si incomincia a capire l'utilità di muoversi sulle due ruote anche in città. Ci arriviamo per ultimi e forse questa è la volta buona ma ci sono alcuni problemi», spiega in una nota il consigliere comunale Roberto de Gioia. Che aggiunge: «La città è priva di piste ciclabili. In questi anni tutte le proposte avanzate sono cadute nel vuoto e salvo alcuni segmenti, a dir la verità molto timidi come il tratto di Via Trento e quello incompleto di Campo Marzio, poco o nulla si è fatto».
Un Paese da "bonificare" in Serbia per l'ambiente
servono 9 miliardi di euro
Il monito per il risanamento lanciato dal Consiglio fiscale nazionale:
occorre far salire subito gli investimenti statali all'1,3% del Pil
BELGRADO - Quasi nove miliardi di euro per "bonificare" un intero Paese, fra
i più inquinati del Vecchio Continente e con problemi ecologici devastanti,
prima che possa aspirare a diventare membro Ue. È lo scenario che si prospetta
alla Serbia, che prima di poter issare la bandiera blu a dodici stelle, deve
iniziare seriamente a impegnarsi anche sul fronte ambientale. L'appello-monito
all'esecutivo è stato lanciato da Pavle Petrovic, presidente del "Fiskalni Savet",
il Consiglio fiscale nazionale, l'organo statale indipendente che si occupa di
verificare la «credibilità delle politiche fiscali» ma anche di consigliare il
governo sulle voci di spesa. E quella sull'ambiente dovrà salire nelle priorità
di Belgrado, visto che oggi lo stato di salute del Paese è critico. L'elenco
della criticita'. Lunga la lista delle cose da fare, ha ricordato Petrovic
citato dai media locali, con «acqua potabile di scarsa qualità, una rete
fognaria non sviluppata, scarichi» di acque reflue «direttamente nei fiumi»,
incluse quelle di città come Belgrado e Novi Sad, con cloache che sversano
direttamente nel Danubio e nella Sava e «un terzo della popolazione che respira
aria avvelenata». E lo smog è uno dei problemi più seri da affrontare, ha
ricordato lunedì anche l'Oms, che ha informato che solo nel 2016 sono stati
almeno 6.500 i serbi morti per problemi respiratori, un dato che potrebbe salire
per «l'aumento delle persone che vivono in città». Non è finita. Secondo i dati
resi pubblici a Belgrado dal Consiglio fiscale, la Serbia depura ora solo il 10%
delle acque di scarico, contro il 70% a livello Ue e servono sei miliardi solo
per mettere in sesto l'intero settore, tra acquedotti, depuratori e fognature.
Da non dimenticare le migliaia di discariche non regolamentate in tutto il
Paese, un problema comune anche al vicino Kosovo, dove sono ben 1.600 i depositi
illegali di rifiuti. Gli investimenti da affrontare. Che fare per affrontare il
problema? Per Petrovic la via è quella della spesa, facendo salire subito
all'1,3% del Pil la quota di fondi statali da investire per fognature,
depuratori e per abbattere lo smog, balzo rispetto allo 0,7% attuale. Non si
tratta, ha specificato Petrovic, di fare il passo più lungo della gamba: i conti
pubblici già risanati permetterebbero di usare almeno «500 milioni di euro» in
più «all'anno», più altre decine di milioni da imprese pubbliche come l'Enel
serba e amministrazioni locali, investimento che farebbe crescere pure il Pil di
almeno mezzo punto. Il tutto con l'obiettivo-dovere di "pompare" nella bonifica
del Paese, nei prossimi 10-15 anni, circa 8,5 miliardi di euro, il necessario
per far indossare alla Serbia il vestito migliore, il giorno dell'adesione alle
Ue.
Stefano Giantin
Centrali a carbone fra energia "sporca" e posti di
lavoro
Sono numerosi i progetti nella regione spesso sponsorizzati da Pechino
BELGRADO - Resta intenso, nei Balcani, il dibattito sul futuro del sistema
energetico regionale. E su quanto sia positiva o dannosa l'«ondata» di centrali
a carbone in progetto nella regione, spesso sponsorizzate da Pechino e ben viste
dai governi dell'area. A vivacizzare il dibattito è stata ieri Bankwatch,
autorevole rete di Ong che si occupa di vigilare su progetti potenzialmente
dannosi per l'ambiente. E per l'occupazione. Proprio sui possibili effetti
deleteri sul mercato del lavoro si è concentrata Bankwatch in un nuovo rapporto
aggiornato, "La grande truffa del lavoro nel carbone". Secondo lo studio, che ha
considerato otto Paesi dell'area balcanica, sarebbero errate le stime di
investitori e sostenitori della lignite, che assicurano che le nuove centrali o
il «prolungamento in vita di quelle inquinanti operative oggi», porteranno alla
creazione o al mantenimento di «quasi 30mila posti», una manna in una regione
affamata di lavoro. Ma la realtà sarebbe ben diversa. Per Bankwatch al contrario
si assisterà nei prossimi anni più che altro a una «perdita di più di 5 mila
posti» nel comparto, in tutti i Balcani, causa nuovi impianti che avranno
bisogno di un numero minore di occupati nel quadro di una riduzione naturale di
forza lavoro, in un comparto «oggi sovradimensionato». P er corroborare la
denuncia, Bankwatch ha citato la futura "Kosova e re", grande centrale a
lignite, sponsorizzata da Washington, che dovrebbe abbattere la dipendenza di
Pristina dalle super inquinanti "Kosovo A" e "Kosovo B", costruite ai tempi
della Jugoslavia. Kosova e re che, ha rivelato Bankwatch, non porterà come
annunciato alla «creazione di 10mila posti di lavoro» durante la costruzione e
ad altri «500 nella fase operativa», toccasana per un'economia dove la
disoccupazione supera il 26%. Invece, si parla di soli 1.200 operai per la
realizzazione dell'impianto, di cui «molti specialisti» dall'estero. E 190
addetti per il funzionamento della centrale.Discorsi simili, quanto a
occupazione, per altri impianti. Da Kostolac in Serbia a Rovinari in Romania,
passando per Pljevlja II in Montenegro e per sei impianti in Bosnia. I governi
della regione non direbbero la verità, che «l'industria» del carbone «sta
morendo» e «intrappolano i lavoratori in una falsa realtà», secondo Ioana Ciuta,
di Bankwatch. «L'era del carbone sta finendo», ha aggiunto la collega Pippa
Gallop chiedendo che si usino «le risorse» disponibili per aiutare la
transizione, anche dei lavoratori, verso le rinnovabili.
ST.G. BY NC ND
IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 giugno 2018
Il "Bike sharing" verso la partenza con nove stazioni
per le due ruote
Obiettivo del Comune è avviare entro settembre il sistema - Tessera da
ricaricare e 148 stalli da utilizzare per la sosta
Il Comune ci terrebbe molto a che la "prima" triestina si tenesse già
durante quest'estate. Per un'estate alternativa "a pedali" in una città che ha
scoperto, non da molto, le due ruote a trazione umana, talvolta assistita. Se
tutto va bene, se non ci saranno ricorsi ad allungare una vicenda che di aspetti
giudiziari ha già avuto consistenti assaggi, dopo la metà luglio potrebbe
decollare il primo progetto di "bike sharing" impostato a Trieste.Il mobility
manager comunale Giulio Bernetti ha firmato qualche giorno fa la determina, con
la quale si approva il progetto presentato dalla torinese Bicincittà srl, che si
aggiudica un appalto da 390 mila euro, 280 mila di provenienza euro-regionale
(Pisus A1) e i restanti stanziati dal Municipio. L'azienda torinese metterà a
disposizione di cittadini & turisti 9 ciclostazioni dotate di 130 biciclette, di
cui 36 a pedalata assistita. I cicloposteggi saranno complessivamente 148,
dislocati in 9 punti strategici dell'area urbana: piazza Libertà a supporto
degli arrivi in Stazione; piazza Oberdan dove prima o poi tornerà a funzionare
il tram di Opicina; il Teatro Romano a cavallo tra centro e zona
storico-archeologica; Riva del Mandracchio per percorrere le Rive; piazza Hortis
per sfruttare la prossimità della Biblioteca; all'intersezione di via Ottaviano
e Campo Marzio da dove si raggiunge facilmente la ciclovia di passeggio
Sant'Andrea; Barcola all'inizio della pineta; viale XX settembre davanti al
Rossetti; via Cumano vicino ai musei di Storia Naturale e de Henriquez, nonchè
alla futura sistemazione dell'ex Fiera nella duplice chiave fitness e shopping.
Comune e Bicincittà non hanno ancora dettagliato l'operatività del servizio,
quindi non sono note le tariffe e i luoghi delegati a informare residenti &
viandanti riguardo il funzionamento "sul campo" del "bike sharing" in salsa
giuliana. In linea di massima si può definirlo come uno strumento di mobilità
sostenibile, chiamato a ridurre traffico e inquinamento. Si parte da una tessera
personale sulla quale verrà caricato un abbonamento, l'utente potrà prendere una
bici da una stazione e lasciarla in un'altra: per esempio, il turista, dopo aver
visitato il museo del Risorgimento, raggiungerà, pigiando sui pedali lungo
l'asse Saba-d'Annunzio-Ippodromo, l'area museale allestita nell'ex caserma duca
delle Puglie in via Cumano. Il servizio potrà essere attivo anche 24-h-24, le
dimensioni del posteggio sono 175 x 175 x 930 millimetri, le strutture saranno
realizzate in acciaio Inox. Un pannello informativo consentirà l'agevole
individuazione della stazione ciclistica. L'accesso al servizio, secondo quanto
descritto nelle relazioni firmate da Pietro Drago e Gian Marco Satta, avviene
tramite il portale web, le stazioni sono dotate di un sistema di trasmissione
dati Umts. La piattaforma Bicincittà opera in un centinaio di comuni,
consentendo la fruizione delle "due ruote" a circa 75 mila utenti. La
documentazione, che accompagna l'atto di Bernetti, molto insiste sulla poca
invasività dell'intervento, in quanto le opere proposte hanno «modesta
consistenza volumetrica». Questa evidenza sul dato paesaggistico si spiega con
l'articolato pregresso giudiziario-amministrativo che ha accompagnato il
progetto. La torinese Bicincittà prevalse all'inizio del 2016 nell'ambito di una
procedura ristretta e a luglio il Comune trasmetteva il progetto alla
Soprintendenza archeologica-belle arti-paesaggio per ottenere l'autorizzazione.
Invece da palazzo Economo giunse un secco "altolà" motivato dal fatto che «la
scelta tipologica, dei materiali e dei colori delle ciclostazioni fosse
altamente impattante, costituendo elemento di disturbo visivo». A fine settembre
2016 gli uffici comunali provvedevano a escludere Bicincittà dalla gara e a
scorrere la graduatoria in favore del secondo classificato Tmr srl. Ma
Bicincittà non si rassegnava e impugnava avanti al Tar Fvg sia il diniego della
Soprintendenza che la decisione del Municipio: impugnazione accolta dall'organo
di giustizia amministrativa in quanto la Soprintendenza avrebbe dovuto indicare
le prescrizioni su cui calibrare il progetto.
Massimo Greco
Vicino alla Stazione previsti 24 spazi
Le 148 colonnine, distribuite su 9 ciclostazioni, sono così suddivise: 24 in Stazione, 16 in piazza Oberdan, 20 al Teatro romano, 14 in riva Mandracchio, 16 in piazza Hortis, 16 in via Ottaviano, 16 a Barcola, 14 al Rossetti, 12 in via Cumano. Piazza Hortis - Nell'aprile di quest'anno la Soprintendenza ha chiesto di modificare la postazione in piazza Hortis: non la vuole davanti a palazzo Biserini, edificio tutelato. Tra l'altro palazzo Biserini è sottoposto a un energico intervento di riqualificazione. L'eventuale riduzione - Palazzo Economo, qualora fosse realizzato l'ingresso del pubblico al Teatro Romano, vuole che gli stalli della ciclostazione vengano ridotti o ricollocati: l'attuale progetto ne prevede 20, è la dotazione più importante dopo quella di piazza Libertà. I pannelli - La stessa Soprintendenza vuole che le grafiche e le cromie dei pannelli informativi e delle colonnine «siano oggetto di specifica progettazione e di approvazione» da parte degli uffici di palazzo Economo. Riva del Mandracchio - Bicincittà ha accolto la richiesta di modifiche anche per Riva del Mandracchio e per via Cumano.
Applausi bipartisan dagli esponenti politici fan della
pedalata
«Da ciclista ritengo il bike sharing uno strumento utile per la mobilità,
sintomo di una città viva e smart». L'assessore comunale al Personale, Michele
Lobianco, dedica molto del suo tempo libero ad escursioni cicloturistiche. «Il
bike sharing per Trieste sarà una sfida che va raccolta, - sottolinea - un nuovo
servizio per il quale servirà fare una buona promozione, anche rivolta ai
turisti che, arrivando in città, potranno contare su un mezzo a due ruote con il
quale visitare il nostro territorio». Lobianco, ricordando come tutte grandi
città europee molti piccoli centri italiani dispongano di questo sistema,
afferma che il nuovo servizio «potrà diventare anche un utile strumento per
raggiungere le diverse attività che sorgeranno in Porto vecchio». Tra gli
inquilini del Consiglio comunale, ad utilizzare la bici per muoversi in città,
c'è l'ex vicesindaco Fabiana Martini. «È una grande opportunità per promuovere
la cultura della bicicletta, - spiega -. Troppi automobilisti a Trieste non
hanno ancora il sufficiente rispetto per le due a ruote che invece si riscontra
altrove. La bici consente di beneficiare di una grande libertà, è rispettosa
dell'ambiente e anche a livello turistico offrirà un servizio che verrà
certamente molto apprezzato».
La Regione accelera sul dossier Ferriera «Dialogo con
Arvedi e stop area a caldo»
Fedriga e Scoccimarro ricevono ambientalisti e associazioni - Si punta a
una risposta della proprietà entro il vertice di luglio
Venti giorni per imboccare la via della chiusura dell'area a caldo della
Ferriera. La nuova giunta regionale ribadisce la volontà di superare la
produzione di ghisa a Servola e mette nel mirino la data del 17 luglio, quando
si terrà a Roma la conferenza dei servizi dedicata alla realizzazione della
copertura dei parchi minerari, il cui progetto è previsto dall'Accordo di
programma. Un piano da 28 milioni, che non sarà concluso prima di quattro anni e
su cui il presidente Massimiliano Fedriga conta di far leva per convincere la
proprietà a non imbarcarsi nella costosa opera, accettando piuttosto l'apertura
di un confronto che individui alternative alla continuazione dell'area a caldo.
Se la tattica è al momento solo nella testa del governatore e dell'assessore
all'Ambiente Fabio Scoccimarro, la strategia è stata ribadita ieri in un
incontro con i comitati anti Ferriera, davanti ai quali Fedriga ha detto che
«l'obiettivo della Regione è cercare una soluzione condivisa con la proprietà,
con il concorso dell'Autorità portuale, per giungere alla chiusura dell'area a
caldo: questa è la via per dare risposte rapide alle istanze che i cittadini
sollevano sul tema della salute». Nessun muro contro muro, insomma, ma volontà
di procedere di concerto con Arvedi, dalla cui risposta dipenderanno a questo
punto i rapporti che si verranno a instaurare con la Regione ed è difficile
ipotizzare che la proprietà sia incline a chiudere la produzione. Da una parte,
la giunta non ha interesse a creare un braccio di ferro che potrebbe tradursi in
una serie interminabile di ricorsi, vista l'attuale versione di Aia e Accordo di
programma. Dall'altra, Arvedi dovrà tuttavia fare i conti con un clima mutato
rispetto agli anni precedenti: tanto la Regione quanto il governo gialloverde
sembrano infatti convinti a fermare la produzione siderurgica a Trieste, come
d'altronde confermato anche dal capogruppo del M5s al Senato, Stefano Patuanelli,
secondo cui i tempi sono maturi per la chiusura dell'area a caldo. Alla sua
prima uscita da commissario per la Ferriera, Fedriga ha evidenziato non a caso
la volontà di un pieno «coinvolgimento del governo, perché il problema non è
solo di Trieste ma nazionale». Il presidente e l'assessore hanno proposto una
serie di incontri periodici a Wwf, Legambiente, Comitato 5 dicembre e
Associazione No Smog. Le associazioni ambientaliste verranno così informate sui
progressi del confronto che vedrà protagonisti Regione, Comune, Autorità
portuale e gruppo Arvedi: è in questa sede che Fedriga proporrà di aprire il
dialogo sulle attività che potrebbero sostituire l'area a caldo e sulle
alternative da mettere in campo per assorbire la perdita di occupazione. Un
punto, quest'ultimo, su cui la Regione si aspetta molto anzitutto dall'Autorità
portuale, che ha già dato la propria disponibilità col presidente Zeno
D'Agostino: «Abbiamo tutta la volontà di sostenere un processo di revisione
dell'Accordo di programma, se pubblico e privato concorderanno. Il punto sta
tutto nella riconversione delle maestranze che lavorerebbero nella crescita del
sistema portuale e dei porti franchi».
Diego D'Amelio
I PRECEDENTI
26 giugno 2017 - Una nube scura si solleva dalla Ferriera oscurando la baia di Muggia. L'episodio è dovuto a uno "spolveramento", ovvero alla dispersione di polveri per effetto del forte vento. 5 luglio 2017 - Arvedi annuncia interventi per la copertura dei parchi minerari. La misura era stata chiesta a marzo dalla Regione. È l'Aia a disporre l'obbligo di presentare il progetto, che riguarda la costruzione di due capannoni su aree da 25 mila metri quadrati ciascuna, dedicate allo stoccaggio di minerale di ferro e carbon fossile. 24 luglio 2017 - In seguito a un nuovo spolveramento, l'Arpa definisce «sempre più urgente la realizzazione» delle coperture. 17 luglio 2018 - Dopo una serie di proroghe concesse dalla Regione ad Arvedi, si terrà a Roma la conferenza dei servizi dedicata al progetto da 28 milioni per la costruzione delle coperture dei parchi minerari.
AREA SCIENCE TRIESTE - Elettra Sincrotrone: accordo
quadro con l'Eni sulle energie rinnovabili
TRIESTE - Un accordo di collaborazione scientifica e tecnologica per studi e
ricerche nell'ambito delle energie rinnovabili e delle tecnologie ambientali è
stato siglato da Eni ed Elettra Sincrotrone, centro di ricerca internazionale
che ha sede nell'Area Science Park di Trieste. Elettra - spiega Area Science
Park - potrà dare contributi importanti nella caratterizzazione di nuovi
materiali da utilizzare nella produzione di energie rinnovabili, in studi in
ambito geo-fisico e nell'analisi dei processi chimico fisici legati all'uso di
combustibili fossili e lubrificanti al fine di ridurre gli impatti ambientali
legati al loro impiego. L'accordo quadro avrà durata pluriennale. Il sodalizio
tra le due realtà - ricorda l'area di ricerca - risale alla nascita di Elettra
nei primi anni Novanta. Il nuovo accordo arricchisce il portafoglio delle
collaborazioni che Eni ha già in corso con enti di ricerca internazionali, tra
cui il Massachusetts Institute of Technology, il Cnrs francese e i Politecnici
di Milano e Torino. Dal 2014 ad oggi Eni ha investito più di 650 milioni di euro
in ricerca e sviluppo, con circa 500 unità di personale dedicato. «Promuoviamo
da tempo l'utilizzo della nostra infrastruttura da parte di aziende italiane e
straniere con una forte propensione all'innovazione e alle tecnologie -
sottolinea Alfonso Franciosi, presidente e amministratore delegato di Elettra
Sincrotrone Trieste. --
Idee per la costa triestina tra Lanterna e Miramare
targate Lorenz e Decorti - IL CONFRONTO ALLE 18 AL MOLO IV
"La costa triestina" e le proposte per la sua valorizzazione complessiva
futura saranno i grandi protagonisti dell'appuntamento odierno in programma
dalle 18 in poi nella sala 3 del capannone 1 del Molo IV (con ingresso da piazza
Duca degli Abruzzi).Non solo la riqualificazione del Porto vecchio, ma una
visione globale che abbracci il perimetro che corre dalla Lanterna sino a
Miramare, affacciato sul golfo triestino. A lanciare delle soluzioni saranno,
presentando la loro visione urbanistica in questo senso, gli architetti Peter
Lorenz e Giulia Decorti (Lorenz Ateliers). Il loro intervento inizierà alle
18.05 subito dopo l'introduzione affidata al docente universitario e presidente
della Società velica di Barcola e Grignano (realtà che organizza la Barcolana)
Mitja Gialuz, a cui è assegnato quale "uomo di mare" il compito di moderare
l'intero appuntamento. Dopo la presentazione delle linee individuate da Lorenz e
Decorti, seguirà alle 18.45 una tavola rotonda a cui sono stati invitati i
rappresentanti delle istituzioni. Saranno presenti il sindaco Roberto Dipiazza e
il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino. Non parteciperanno invece
il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga e il presidente
della Camera di commercio della Venezia Giulia Antonio Paoletti. Alle 19.15
dibattito pubblico, alle 20 la conclusione dei lavori. È prevista la presenza di
duecento persone, provenienti anche da fuori Trieste, ad esempio da Vienna,
Salisburgo, Innsbruck, Monaco di Baviera e Bolzano.
GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 27 giugno 2018
Legge sul consumo di suolo: una priorità per il ministro Costa
Il consumo di suolo rappresenta un problema che non può
essere ignorato. Gli ultimi dati a disposizione su questo fenomeno, che sono
stati forniti dall’Ispra, mettono in evidenza un problema dalle dimensioni
sempre più ampie.
La trasformazione di aree agricole naturali in terreni su cui vengono
costruiti edifici o infrastrutture in generale può essere definita con una
velocità di circa 3 metri quadrati al secondo, una quantità che corrisponde a
circa 30 ettari al giorno. Si rischia così di perdere una risorsa ambientale
molto importante. Ecco perché il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha
affermato che a breve sarà fatta una legge apposita per limitare il consumo di
suolo. Il ministro dell’Ambiente è intervenuto alla tavola rotonda organizzata
dall’associazione Tes a Roma, che ha avuto come oggetto proprio il problema del
consumo del suolo e rigenerazione urbana. Le parole di Costa sono state davvero
molto chiare, perché ha fatto presente: Il mio dicastero si farà garante
affinché la legge sul consumo di suolo proceda il più velocemente possibile. E’
una priorità del mio ministero e sarà uno dei miei primi atti, per il quale
confido nella collaborazione del Parlamento e delle forze politiche affinché
finalmente possa venire approvata. Quindi il nuovo ministro dell’Ambiente vuole
fare del consumo di suolo una priorità, per mettere un argine all’urbanizzazione
che mette in pericolo una risorsa non rinnovabile, fondamentale per garantire
gli equilibri del nostro ecosistema. Il ministro ha spiegato che il suo
dicastero si impegnerà per preservare il suolo all’interno dei parchi naturali e
delle aree protette, mettendo in atto una vera e propria linea di tutela
ambientale. Anche l’Europa ha richiamato varie volte in questa direzione, nel
cercare di diffondere la consapevolezza della rilevanza della tutela del suolo e
del patrimonio ambientale in generale. I dati dell’Ispra che si riferiscono al
2016 evidenziano che la costruzione di nuove coperture artificiali ha riguardato
altri 50 chilometri quadrati di territorio negli ultimi tempi. Per questo una
legge apposita sarebbe strettamente necessaria.
Gianluca Rini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 giugno 2018
Scarica mobili in strada, Facebook lo inchioda
L'uomo si serviva del furgone della ditta. Rintracciato dalla municipale
grazie a un post: 600 euro di multa
Tavoli, sedie e interi mobili. In strada, come fosse una discarica. Ma ai
residenti tutto ciò non è passato inosservato. E così, in era social, non è
stato difficile pizzicare il responsabile. Il Distretto B della Polizia Locale,
quello di via Giulia, ha intercettato un post su Facebook pubblicato da un
cittadino che segnalava un comportamento quanto meno scorretto del conducente di
un furgoncino. L'uomo, in più di un'occasione, è stato notato mentre si
accostava nelle vicinanze dei cassonetti delle immondizie e abbandonava
materiale di ogni tipo. Spesso vecchi arredi. I commenti delle persone al post
confermavano la frequenza con cui veniva lasciata la roba per terra. Quasi
sistematicamente. «Cogliere questi comportamenti nel momento esatto in cui si
verificano è di solito piuttosto arduo», sottolinea la Polizia Locale. Ma
analizzando con più precisione le foto scattate dai residenti non è stato
difficilissimo risalire al veicolo usato: era quello di una ditta vera e
propria, come hanno scoperto gli agenti della municipale durante le indagini.
L'impresa, subito contattata dalla municipale per avere spiegazioni
sull'accaduto, si è resa disponibile e ha immediatamente fornito le generalità
del sospettato. I vigili urbani sono riusciti a raccogliere in poco tempo indizi
sufficienti per tracciare un quadro dettagliato del caso: l'uomo si offriva per
sgomberare mobili di amici e conoscenti senza però preoccuparsi di smaltire i
rifiuti ingombranti nelle apposite discariche comunali. In più lo faceva
servendosi del furgone della ditta di cui era dipendente. E senza che il proprio
datore di lavoro fosse a conoscenza di questa attività parallela e illegale.
L'ultima volta che l'uomo è stato sorpreso mentre abbandonava oggetti, è stata
alcuni giorni fa in via Svevo. Ma stavolta gli agenti della municipale lo hanno
colto in flagranza. Il conducente del camioncino è stato fermato e sanzionato:
il regolamento comunale per la "Gestione dei Rifiuti" all'art. 23 comma 1
prevede una multa di 600 euro. Ora il responsabile dovrà rendere pure qualche
spiegazione al proprio datore di lavoro, di certo non felice di essere finito
con il nome della propria ditta in un giro di rifiuti.
(g.s.)
MUGGIA - Rifiuti, sollecito del Comune per il kit
L'amministrazione Marzi: sacchi colorati per il "porta a porta"
disponibili entro il mese
«Preme ricordare che, nel centro storico, la raccolta della carta avviene
secondo le stesse modalità di conferimento, ma il martedì e non più il
mercoledì, che resta una giornata dedicata al solo secco residuo». Inizia così
il nuovo promemoria del Comune sui cambiamenti inerenti la raccolta dei rifiuti
"porta a porta" di Muggia. Chiaro il messaggio dell'amministrazione Marzi: «La
raccolta porta a porta del centro storico è soggetta a "due levate". Una volontà
riconfermata a Net dall'amministrazione comunale che vuole garantire il decoro
del centro con due prelievi ogni mattina e concentrare, quindi, ogni tipologia
di rifiuto in una propria giornata mirata».Il calendario delle raccolte, sempre
con orario di esposizione dalle 5 ed entro e non oltre le 9 del giorno di
asporto, cambia al martedì: martedì carta e cartone, mercoledì e sabato secco
residuo, venerdì plastica. Anche il rifiuto organico e vetro e lattine andranno
sempre conferiti nei punti dedicati di via Roma e Piazzale Caliterna. Per
semplificare il reperimento del materiale necessario per attuare il nuovo
sistema di raccolta anche da parte di tutti coloro che non hanno ricevuto, o che
inizialmente hanno rifiutato l'occorrente, fino a fine giugno, con orario dalle
9.30 alle 11, nei magazzini comunali di via Trieste sarà offerta l'opportunità
di ritirare il kit necessario. «La dotazione di sacchetti messi a disposizione
rispecchia la fornitura annuale. Se fossero stati già esauriti, può essere usato
qualsiasi sacchetto in vendita purché del colore della giornata di ritiro: blu
per carta e cartone, giallo per la plastica, verde per vetro e barattolame, nero
per il secco residuo», puntualizza il Comune. E se qualcuno non dovesse
rispettare i colori? «I sacchi di colori non consoni purtroppo non possono
essere differenziati incrementando, ovviamente, la quota di secco residuo».
(ri.to.)
MUGGIA - Variante urbanistica consultabile sul web
Il Comune di Muggia informa che è stato pubblicato sul Bur l'avviso di
adozione della variante 36 al Piano regolatore. La delibera di adozione 33 del
28 maggio e i relativi elaborati rimarranno depositati negli uffici del Servizio
Pianificazione territoriale fino al 20 luglio affinché chiunque possa prenderne
visione. Gli elaborati sono consultabili altresì al link
www.comune.muggia.ts.it/index.php?id=60078&L=4%27A%3D0.
Entro il 31 luglio chiunque può presentare le proprie osservazioni, così come i
proprietari degli immobili vincolati possono presentare opposizioni, al
Protocollo di piazza Marconi 1.
Nidi di rondine spariti a Borgo San Rocco - La protesta
animalista
Tolta buona parte dei ricoveri durante lavori nei sottoportici - Liberi
di volare insorge. La replica: un incidente, non si ripeterà
MUGGIA - Polemica a Muggia tra l'associazione animalista "Liberi di volare"
e la proprietà del complesso residenziale Borgo San Rocco. Al centro del braccio
di ferro la sparizione di numerosi nidi di rondine. Ricoveri costruiti dai
volatili l'estate scorsa nei sottoportici del villaggio e ora spariti. Nessun
mistero, comunque. La rimozione dei giacigli, si è appreso in seguito, è
avvenuta in conseguenza di alcuni lavori eseguiti sugli edifici di Borgo San
Rocco. Non c'è stata quindi volontà di far del male intenzionalmente alle
rondini né, men che meno, di spingerle ad allontanarsi dal complesso muggesano.
Si è trattato invece della necessità di eseguire una pulizia profonda degli
immobili, ima che alcune aree esterne venissero ridipinte. Caso chiuso quindi?
No. La spiegazione "tecnica" dell'episodio non ha soddisfatto gli ambientalisti
dell'associazione "Liberi di volare", che hanno sollevato il caso e non
escludono nemmeno di presentare esposti, chiamando in causa il reato penale
disciplinato, spiegano, dalla legge 157 del 1992 e dall'articolo 635, comma 2,
del Codice penale. L'Associazione Liberi di volare, che sensibilizza i cittadini
sull'importanza di proteggere la specie ed è riuscita a stimolare la
realizzazione a Trieste di circa 120 nidi su edifici privati e pubblici,
comprese diverse scuole, si è mossa immediatamente. Dopo aver effettuato un
sopralluogo, ha dapprima sollecitato con una lettera l'amministrazione e la
proprietà a tutelare le rondini e poi si è rivolta alla Guardia forestale e alla
Polizia municipale di Muggia per denunciare la scomparsa delle "casette". «Si
tratta di un danno ecologico per questi uccelli migratori, che dovranno
ricostruire il nido distrutto - spiega la presidente dell'associazione
ambientalista Silvana Di Mauro -. Uno sforzo supplementare che, oltre a mettere
a rischio la stessa sopravvivenza del migratore, ne pregiudica spesso la
stagione riproduttiva. Noi avevamo fornito una serie di indicazioni che, se
seguite, avrebbero potuto risolvere facilmente il problema. Per esempio -
prosegue - avevamo suggerito di sostituire i nidi distrutti con altri
artificiali, da collocare nello stesso punto. Questa soluzione, però, non è
stata accolta e al posto dei nidi artificiali sono comparse delle ciotoline, di
cui ignoriamo lo scopo. Questi animali, veri insettivori naturali - conclude
Silvano Di Mauro -, sono fedeli per tutta la vita al partner e al loro nido».
Alle accuse animaliste risponde a stretto giro Marco Pacini, amministratore di
Borgo San Rocco: «Sono stato convocato dalla Guardia forestale, ma ho spiegato
che l'incidente è avvenuto nell'ambito di lavori di riqualificazione, peraltro
nemmeno di competenza della nostra amministrazione. Noi peraltro, a fine aprile,
avevamo diramato una comunicazione in cui invitavamo a fare attenzione alla
normativa, anche penale, per rispettare i volatili. Mi sono anche già accordato
con Liberi di volare per fare delle manifestazioni di sensibilizzazione. Ci
dispiace per l'incidente, ma penso possa capitare - conclude Pacini -, nessuno
l'ha fatto volontariamente. Credo poi che le rondini, anche se in altri punti,
ci siano ancora. Le vedo volare».
Benedetta Moro
ISTRIA - «Gasolio in mare, errore umano» - Sversate
oltre 5 tonnellate, 200 uomini impegnati nella bonifica
ALBONA - «A causare l'inquinamento del Canal d'Arsa è stato un errore
umano»: lo afferma Denis Vukorepa, direttore dell'Autorità portuale di Fiume che
gestisce lo scalo merci di Valpidocchio (Brsica) dove venerdì scorso sono finite
in mare oltre cinque tonnellate di gasolio. E la Televisione pubblica, che segue
costantemente l'operazione di pulizia della chiazza oleosa sia in mare che lungo
la costa, riporta le voci secondo cui l'equipaggio del mercantile libanese
Fidelity, all'origine del disastro ecologico, si sarebbe addormentato durante
l'operazione di travaso del combustibile dal camion cisterna al serbatoio della
nave. Un volta colmatosi il serbatoio, il gasolio sarebbe così finito in mare.
Si tratta al momento - va sottolineato - solo di un'ipotesi tutta da verificare
per le eventuali pesanti implicazioni sia sul piano della responsabilità penale
che del risarcimento danni da pare delle assicurazioni. L'unità, lunga 115,3
metri e della portata di 5.395 tonnellate lorde, rimane comunque ormeggiata al
molo in quanto l'ispezione è ancora in corso. Continua intanto senza sosta
l'operazione di bonifica. Quasi tutta la chiazza oleosa è stata rimossa dalla
superficie marina e ora si procede alla pulizia meccanica di ogni palmo di costa
e di spiaggia del canale. In pratica sulla costa vengono gettati violenti
spruzzi d'acqua calda, senza detersivi chimici per non inquinare ulteriormente
il mare e danneggiare flora e fauna. In più punti, causa il terreno impervio, i
mezzi meccanici non possono intervenire via terra per cui occorre procedere via
mare: per questo è stata fatta arrivare un'apposita chiatta galleggiante da
Sebenico. Nei punti più critici intervengono le ruspe per asportare e caricare
su camion le pietre inzuppate di petrolio. Il gasolio si è appiccicato sulla
chiglia delle 300 barche medie e piccole ormeggiate nel canale, che vengono
tirate in secca e ripulite nella vicina fabbrica di calce spenta a Ponte
sull'Arsa. Nelle operazioni sono impegnati circa 200 uomini dell'azienda
Dezinsekcija di Fiume coi suoi battelli spazzamare, vigili del fuoco e
l'equipaggio della chiatta. La sindaca del Comune di Arsia Glorija Paliska
Bolterstein non nasconde forte preoccupazione per i danni al settore turistico
dell'area, e ha invitato gli affittacamere del posto a denunciare i danni: la
documentazione che verrà allegata alla richiesta di risarcimento.
(p.r.)
Patto sul gas fra Italia e Croazia - L'Ina compra il
100% di Eni Croazia: si studia una interconnessione fra i due Paesi
ROMA - Eni e la società Croata Ina (Industrija nafte) hanno firmato un
accordo di cooperazione bilaterale per valutare l'opportunità di realizzare una
interconnessione tra Italia e Croazia per il trasporto del gas naturale. Lo
annuncia Eni in una nota precisando che l'iniziativa mira a fare leva
sull'infrastruttura esistente, oggi deputata alla produzione offshore di gas
nell'alto mar Adriatico, per realizzare un'interconnessione per il trasporto di
gas tra i due Paesi. L'interconnessione consentirà di aumentare il grado di
integrazione, sicurezza degli approvvigionamenti, competitività e sostenibilità
del mercato croato, ma anche di quello italiano data la natura bidirezionale
dell'infrastruttura. Inoltre, lo sviluppo di questa iniziativa contribuirà a
consolidare la posizione dell'Italia come hub del gas in Europa. Nei giorni
scorsi Eni e Ina-Industrija Nafte hanno peraltro firmato un accordo che consente
a quest'ultima di acquistare il 100% di Eni Croatia. La produzione corrente di
gas della società ceduta ammonta a circa 2.500 barili di olio equivalente al
giorno. L'acquisizione è soggetta all'approvazione da parte delle Autorità
competenti. La fornitura di gas naturale dalla Croazia al mercato italiano sarà
garantita grazie alla sigla di un accordo commerciale tra Ina ed Eni, in base al
quale il gas prodotto dal giacimento Marica continuerà ad essere trasportato in
Italia. Con questo accordo, in linea con il piano di razionalizzazione del
portafoglio mediante vendita degli assets marginali, Eni esce dal business
Upstream in Croazia, dove è presente dal 1996 in partnership con Ina-Industrija
Nafte.
IL PICCOLO - MARTEDI', 26 giugno 2018
Campagna informativa su Civitas Portis al via
Mobilità sostenibile: primo appuntamento al Mib per architetti,
ingegneri, geometri e periti industriali
Parte la campagna informativa sulle attività che riguardano la mobilità
innovativa e sostenibile, che il Comune di Trieste sta conducendo nell'ambito
del progetto europeo Civitas Portis. Oggi primo appuntamento al Mib, per gli
iscritti agli ordini professionali di architetti, ingegneri, geometri e periti
industriali, sul tema dell'integrazione urbana fra Porto vecchio e città. Le
principali attività che si svolgeranno nel quadro degli obiettivi del progetto e
il programma di comunicazione di massima sono stati presentati ieri
dall'assessore a Città territorio, urbanistica e ambiente Luisa Polli e
dall'attore Lino Guanciale, ambassador di Trieste Portis, protagonista di "La
porta rossa", impegnato in questi giorni nelle riprese della seconda serie della
fiction. Il progetto europeo Civitas Portis nasce per sperimentare soluzioni
innovative di mobilità urbana sostenibile al fine di aumentare la coesione
funzionale e sociale tra centri urbani e porti, spingendo la crescita economica
e migliorando l'attrattività degli ambienti urbani. Il progetto vede coinvolte
cinque città portuali europee: Trieste, Anversa (Belgio), Aberdeen (Regno
Unito), Costanza (Romania), Klaipeda (Lituania). Partner triestini del progetto
sono: Comune di Trieste (coordinatore locale), Autorità di Sistema portuale del
mare Adriatico orientale, Area Science Park, Università di Trieste e Trieste
Trasporti. A Trieste il progetto si propone l'obiettivo di integrare l'area del
Porto, in particolare Porto vecchio, con la città migliorando la mobilità urbana
e sperimentando azioni di mobilità sostenibile quali ad esempio il bike e car
sharing. Le azioni previste sono numerose: dalla predisposizione di un Piano
urbano della mobilità sostenibile, al potenziamento del sistema di raccolta ed
analisi dei dati sul traffico, dalla progettazione e realizzazione di app e
sistemi informatici che forniscano informazioni utili ed aggiornate a chi si
muove in città, all'incremento dei percorsi ciclabili e delle aree pedonali.
Alcune attività sono già state avviate e altre lo saranno nei prossimi mesi.
Trieste intende avviare una campagna informativa che preveda, da oggi alla fine
di agosto 2020, con cadenza almeno semestrale, l'organizzazione di momenti
pubblici, per informare i cittadini sull'avanzamento del progetto, e di eventi
tematici, seminari, convegni e tavole rotonde, per raccogliere idee e
suggerimenti utili ad un processo decisionale partecipato. Il primo appuntamento
è per oggi alle 14 al Mib, con il convegno dal titolo "L'integrazione tra Porto
vecchio e città: le sfide in corso e lo sviluppo sostenibile - Cenni storici,
situazione attuale, sfide future", organizzato dai partner di progetto con la
collaborazione degli ordini professionali di architetti, ingegneri, geometri e
periti industriali e riservato agli iscritti a tali ordini. A settembre,
nell'ambito della 17.a edizione della Settimana europea della Mobilità
sostenibile (Sem 2018) che si terrà dal 16 al 22 settembre, il Comune intende
riservare spazi al progetto Civitas Portis.
Soccorso ad animali feriti a rischio dal primo luglio
Tra pochi giorni il servizio di assistenza alla fauna selvatica transita
dall'Enpa al Corpo forestale del Fvg. Ma il passaggio di consegne è ancora in
alto mare
La "dead line" è fissata al primo luglio. Da quel giorno le attività di
soccorso diurno e notturno per la fauna selvatica nel territorio di Trieste,
finora assicurate dai volontari dell'Enpa -Ente protezione animali, diventeranno
ufficialmente di competenza del Corpo forestale della Regione. Tutto pronto per
il passaggio di testimone e di competenze, dunque? Assolutamente no. A pochi
giorni dalla "rivoluzione", la partita è ancora in alto mare. La Regione non si
è minimamente fatta avanti, spiegano dall'associazione zoofila. E il rischio è
che, a farne le spese, siano gli animali feriti e in difficoltà che, di punto in
bianco, resteranno senza i loro "angeli custodi". E pensare che di tempo per
preparare il passaggio di testimone ce n'è stato parecchio. Se ne parla infatti
dal 2016, anno dell'addio alle Province, prima competenti in materia, previsto
dalla riforma Panontin. Già nell'ottobre di quell'anno, dunque, avrebbe dovuto
concretizzarsi l'avvicendamento. Invece è scattata la prima proroga, con lo
slittamento dei termini fissato a ottobre 2017. Nemmeno quella data, però, è
stata rispettata e si è spostata la scadenza più in avanti, ad aprile 2018
seguito poi, come detto, dal rinvio al 1 luglio. Oltre quel termine però,
assicurano dall'Enpa, questa volta non si andrà. '«Finora, a beneficio degli
animali e della cittadinanza ma con notevoli sacrifici -spiegano dalla sede di
via Marchesetti - abbiamo continuato a portare avanti il servizio di soccorso di
animali su strada durante il giorno. Uno sforzo che, tuttavia, pensiamo di non
poter più assicurare in futuro». Il riferimento, prima di tutto, va alla squadra
di preziosissimi volontari, animati da grande dedizione ma, ormai, un po' avanti
con gli anni: «A far fronte a questa importante attività di recupero e
salvataggio di animali - spiegano ancora i vertici dell'Ente protezioni animale
di Trieste - è un gruppo di "highlander ultrasettantenni". Gruppo che nel tempo
si è sempre più assottigliato e cesserà di esistere proprio alla fine di giugno
perché non vi sono stati ricambi generazionali». Come superare l'ostacolo,
dunque? Il neoassessore regionale alle Risorse agricole e forestali, Stefano
Zannier, invita a non drammatizzare perchè, assicura, una soluzione si troverà.
«Stiamo accelerando in queste ore i tempi di uscita del bando di manifestazione
di interesse - annuncia -. La data del primo luglio, per il passaggio di
competenza del servizio di soccorso di animali di fauna selvatica su strada,
sarà rispettata». L'avvicendamento Enpa-Corpo forestale regionale rappresenterà
una svolta per Trieste e il suo territorio, notoriamente ricco di fauna
selvatica. Nel gruppo rientrano gli "eroi del tramonto e della notte" ovvero
caprioli, cinghiali, tassi, faine e volpi, animali diurni come gabbiani e
cornacchie, è instancabile l'attività volontaria di soccorso. Decine gli
esemplari che ogni settimana i volontari (25 quelli operativi attualmente nella
struttura) soccorrono e accudiscono in via di Marchesetti dove, allo stato
attuale, sono ricoverati circa 200 animali. Particolarmente sentita in questo
periodo dell'anno è la questione dei gabbiani, che in città potrebbe rivelarsi
una vera emergenza: «Ogni giorno - dichiarano ancora i responsabili dell'Enpa -
da mese a questa parte spiccano il volo dai tetti, su cui sono nati, decine e
decine di gabbiani che atterrano sull'asfalto delle trafficate strade, o anche
nei cortili o nei giardini condominiali, creando non pochi disagi ai cittadini».
Gabbiani, ma non solo. A luglio atterreranno su strada anche cornacchie, merli,
cincie, fringuelli e altri volatili, mentre in periferia si aggireranno piccoli
di capriolo e di cinghiale. Insomma, è chiaro che luglio risulterà essere un
mese decisivo per l'attività di gestione e soccorso della fauna selvatica.
Attività che all'Enpa piace definire come una «corsa continua, certamente
faticosa, ma fatta da chi ogni giorno ci mette il cuore».
Alexandra Del Bianco
Avvistato uno squalo al largo di Muggia - È una
verdesca di due metri e mezzo
Lo squalo filmato a largo di Muggia una settimana fa è proprio una verdesca.
Lo conferma Maurizio Spoto, direttore dell'Area marina protetta di Miramare. «Sì
- afferma l'esperto - si tratta di una verdesca, uno tra gli squali di
dimensioni maggiori in Adriatico. Assieme allo squalo volpe si trova nelle acque
costiere Nord adriatiche anche per motivi riproduttivi essendo quest'area la sua
zona di nursery». Il video dell'avvistamento, visibile sul sito internet e sulla
pagina Facebook del Piccolo, è stato registrato dal lettore Davide Bidussi. Il
lettore si è imbattuto in un esemplare di circa 2,5 metri di lunghezza, filmato
sott'acqua a 6 miglia nautiche al largo di Muggia. «Non è un evento molto
frequente - ha spiegato ancora Maurizio Spoto, dopo aver visionato il breve
filmato - quindi è certamente un'osservazione interessante. Le verdesche sono
comunque presenti nell'Alto Adriatico».
(g.s.)
«Grazie a Esof 2020 Porto vecchio sarà il motore della
città»
Una squadra di esperti e scienziati già formata, «che sta lavorando a pieno
regime». Un programma di eventi «da definire nei dettagli, che allestiremo
senz'altro in tempo». Un piano logistico, che prevede «la realizzazione di un
tendone per ospitare Esof, se non dovessero esserci alternative diverse».
Stefano Fantoni, presidente della Fondazione internazionale Trieste per il
Progresso e la Libertà delle Scienze (Fit) e guida del gruppo che sta lavorando
in vista di Esof 2020, si è dichiarato ottimista, ieri sera, rispondendo alle
domande che gli ha rivolto Roberto Cosolini, in qualità di presidente
dell'Associazione Luoghi Comuni nel corso dell'appuntamento dedicato dalla
stessa associazione a Trieste capitale europea della scienza nel 2020.«Quella di
Esof è un'avventura - ha esordito Frantoni - anche perché la città non dispone
ancora di un Centro congressi adeguato. La nostra idea originaria, cioè quella
di un progetto in divenire, è molto piaciuta, per questo abbiamo vinto la
concorrenza olandese, anche se non abbiamo ancora la struttura che ospiterà
l'evento. Lo sforzo principale finora è stato dedicato alla costruzione di una
squadra - ha precisato - e su questo fronte sono ottimista. Il primo incontro
ufficiale del gruppo si farà a Trieste a settembre - ha annunciato Fantoni - ma
già il prossimo 14 luglio andremo a Tolosa per la cerimonia conclusiva di Esof
in quella città, e in quella sede riceveremo il testimone di Città europea della
scienza. Nel corso del tempo che ancora ci separa dal 2020 realizzeremo eventi e
tavoli di discussione, con l'obiettivo di fare rete, in modo che Trieste
conquisti una posizione internazionale». Per Fantoni la sfida di Trieste
capitale della scienza entrerà nel vivo nei primi mesi del 2019: «Non rimarrà un
episodio per quanto rilevante - ha proseguito il presidente della Fit - e spero
che Trieste possa anche ereditare un Museo della scienza e della tecnica». Il
presidente della Fondazione ha poi ricordato che «il Comune ha aperto un project
financing per creare una struttura stabile, un Auditorium capace di duemila
persone, nei magazzini 27 e 28 del Porto vecchio. In ogni caso, c'è il piano B,
cioè il tendone. Puntiamo a fare di Porto vecchio un porto delle idee - ha
continuato - e un volano capace di riqualificare l'intera città, all'insegna del
motto "Se non ora quando"». Sul piano finanziario, Fantoni ha detto di aver già
raccolto 3,8 milioni dal settore pubblico. «Ne servirà ancora uno - ha concluso
- che spero arrivi dai privati».
Ugo Salvini
Emodnet, monitoraggio dei mari
Al programma per proteggere l'ambiente marino partecipa l'Ogs
Circa il 70% della superficie terrestre è coperta dall'acqua salata degli
oceani, una risorsa fondamentale da preservare e proteggere. Parte da questi
presupposti Emodnet, la più grande rete europea di monitoraggio dell'ambiente
marino, le cui attività sono state presentate di recente da Ogs e Regione Fvg.
Emodnet, acronimo di European Marine Observatory and Data Network, raccoglie e
mette a disposizione da quasi un decennio dati marini a livello europeo,
attraverso una rete di oltre 150 organizzazioni di ricerca e di monitoraggio
dell'ambiente marino ed esperti nella gestione di dati oceanografici. Obiettivo
del progetto è quello di facilitare l'inserimento e la classificazione dei dati
di monitoraggio degli ambienti marini, garantendone la massima visibilità,
affidabilità e condivisione. Un esempio pratico dell'utilità della condivisione
di dati è la gestione delle emergenze da sversamento di oli combustibili in mare
e l'impatto sulle attività antropiche, su cui Emodnet è stato già ''testato''
per analizzare un caso di sversamento avvenuto nel 2013 davanti alle coste
africane. Proprio l'incrocio tra dati come la posizione della chiazza, il tipo
di olio e il tasso di sversamento, confrontati con i dati di vento, onde e
maree, ha permesso l'elaborazione di un bollettino entro le prime 24 ore
dall'allerta e aggiornamenti per i 5 giorni successivi, creando una previsione
d'impatto su attività quali acquacoltura, rotte commerciali e altro. Il
confronto tra quanto previsto e la situazione poi verificatasi ha dimostrato la
qualità molto buona della simulazione, ha spiegato Simona Simoncelli,
dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. "Grazie ai dati finora
raccolti abbiamo contribuito all'implementazione delle direttive europee -
spiega Alessandra Giorgetti, responsabile del Centro nazionale dati
oceanografici con sede in Ogs e coordinatrice del portale Chemistry, uno dei
sette parte del progetto Emodnet -. Emodnet Chemistry ha recentemente inserito
nel programma anche i dati di monitoraggio dei rifiuti sulle spiagge e sul fondo
marino, un tema di forte interesse nell'ultimo periodo". Il progetto è
un'iniziativa a lungo termine della Commissione Europea, uno dei pilastri della
strategia Marine Knowledge 2020.
g. b.
GREENSTYLE.it - LUNEDI', 25 giugno 2018
Microplastiche in pesci e invertebrati del Tirreno, è allarme
Tra il 25 e il 30 per cento dei pesci e invertebrati presenti nel Mar Tirreno, contiene micro particelle di plastica (microplastica). Lo rivelano i risultati di una nuova ricerca scientifica condotta dall’Università Politecnica delle Marche, Greenpeace e Istituto di Scienze Marine del CNR di Genova, pubblicata in giornata odierna sul sito dell’associazione.
I dati sono quelli pubblicati all’interno del rapporto “Mare mostrum” di Greenpeace e rivelano una situazione preoccupante per gli organismi marini presenti nel mar Tirreno. Avvenute a Genova, Grosseto, Isola del giglio, Ventotene e Napoli, le rilevazioni sono state effettuate per analizzare oltre 200 pesci e invertebrati che vengono comunemente pescati e consumati in Italia, come acciughe, triglie, merluzzi, scorfani, gamberi e cozze. Si apprende alla documentazione che il polimero più presente in questi organismi è il polietilene, utilizzato per la maggior parte dei packaging e dei prodotti usa e getta, che diversi Paesi stanno cercando di combattere. Come spiegato da Serena Maso della Campagna Mare di Greenpeace: Ciò che ci preoccupa maggiormente è la rapida evoluzione di questo problema e la graduale trasformazione delle microplastiche in nanoplastiche, particelle ancora più piccole che se ingerite dai pesci possono trasferirsi nei tessuti ed essere quindi ingerite anche dall’uomo, con rischi per la salute ancora sconosciuti. Preoccupanti dunque i livelli di contaminazione paragonabili a quelli già riscontrati negli organismi analizzati nell’Adriatico, soprattutto se si considera che le microplastiche vengono poi ingerite dall’uomo quando consuma questi pesci, rappresentando così un pericolo per la salute.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - LUNEDI', 25 giugno 2018
ISTRIA - Canal d'Arsa, un mese per la bonifica
Pesanti le conseguenze della perdita di gasolio da una
nave: bagni vietati quest'estate, stop agli allevamenti di cozze
ALBONA - Nel Canal d'Arsa restano costantemente all'opera i battelli
ecologici dell'azienda fiumana Dezinsekcija, incaricati di rimuovere dalla
superficie marina l'enorme chiazza oleosa provocata dalla fuoriuscita in mare di
tonnellate e tonnellate di gasolio durante il rifornimento del mercantile
Fidelity, battente bandiera libanese: l'incidente era avvenuto intorno alle 5 di
venerdì mattina. Pesanti le conseguenze: le operazioni di bonifica si
protrarranno per circa un mese, e stanno impegnando 150 tra pompieri, tecnici
specializzati e addetti della Capitaneria di Porto. È stata anche collocata una
barriera galleggiante alla foce del fiume Arsa per impedire che la chiazza nera
entri nel corso d'acqua, mentre si stanno ripulendo le spiagge e la costa del
canale toccate dal gasolio che si è spinto fino sotto Castelnuovo d'Arsa. Qui
sorge l'insenatura di Pedrola, frequentata di solito dai bagnanti che non amano
le spiagge affollate. Ebbene, sono una quindicina gli affittacamere privati
della zona che potrebbero chiudere i battenti per questa stagione: almeno per
quest'anno, i bagni in mare lungo tutto il canale non si potranno più fare. Come
ha spiegato Dolores Brenko Skerjanc, a capo della Capitaneria di Porto di Pola,
il lavaggio della costa viene effettuato con energici spruzzi d'acqua poiché non
è consentito l'uso di detergenti chimici a causa della presenza di allevamenti
di cozze in mare. Cozze la cui raccolta è stata immediatamente bloccata
dall'Ispettorato sanitario, che ne ha prelevati diversi campioni per l'analisi
di laboratorio. Allo stesso scopo sono stati prelevati campioni di mare in
diversi punti del canale. È inoltre in vigore il divieto di navigazione per le
imbarcazioni ormeggiate al molo di Traghetto fino a che il mare non sarà
totalmente ripulito, così come le barche stesse imbrattate dalla chiazza oleosa.
Intanto al mercantile Fidelity è stato imposto il blocco nel porticciolo di
Brsica fino alla conclusione dell'inchiesta che dovrà accertare le eventuali
responsabilità dell'incidente. Non è ancora chiaro se sia stata rispettata o
meno la regola secondo cui durante il rifornimento di combustibile devono essere
collocare le barriere galleggianti attorno alla nave. E sono anche sorte
contestazioni per il fatto che i meccanismi per far fronte all'emergenza siano
scattati in ritardo. In ogni caso, è stato sottolineato come in pratica sulla
costa orientale dell'Istria da Pola ad Abbazia non ci sia un distributore per
natanti: chi vuole rifornirsi lo fa con i camion cisterna, mentre i proprietari
delle piccole barche da pesca o da diporto ricorrono alle taniche riempite al
distributore di Albona. E il travaso del carburante in situazioni del genere
nasconde sempre insidie.
(p.r.)
Premiato il "ritorno al futuro" di Porto vecchio
Il progetto di Italia Nostra inserito dal Mibact nel calendario dell'Anno
europeo del patrimonio culturale
È arrivata la conferma ufficiale dal Coordinamento nazionale dell'anno
europeo del patrimonio culturale 2018 del Mibact) per il progetto di "Porto
vecchio: ritorno al futuro" presentato da Italia Nostra Trieste, che rientra nel
calendario italiano dell'Anno europeo del patrimonio culturale 2018.
«L'inclusione dell'iniziativa - commenta Antonella Caroli, presidente di Italia
Nostra Trieste - porterà la nostra città e il patrimonio del distretto storico
portuale all'attenzione europea. Si utilizzerà il marchio Mibact/Anno europeo
del Patrimonio culturale del 2018 e lo slogan ufficiale europeo "Il nostro
patrimonio: dove il passato incontra il futuro". Questo comporterà anche
l'impegno a riferire regolarmente sul suo sviluppo e a inviarne report e dati a
conclusione degli Eventi alle istituzioni e al Coordinamento nazionale dell'Anno
europeo del patrimonio culturale 2018 (Mibact)». L'iniziativa prevede di
concordare con le istituzioni percorsi itineranti nel distretto storico portuale
di Trieste, presentazione del masterplan del Porto Vecchio ai cittadini, momenti
di incontri, esposizioni e pubblicazioni per informare costantemente sul
processo di riqualificazione del distretto storico portuale. Importanti saranno
incontri a livello europeo, visite dei rappresentanti degli Istituti Italiani di
cultura all'estero e il coinvolgimento del comitato scientifico internazionale
del Porto vecchio che ha sede ad Amburgo. «I risultati raggiunti dalla nostra
associazione grazie all'esperienza e l'impegno costante su questo fronte -
prosegue Caroli - ci hanno indotto a predisporre, grazie al lavoro di un pool di
esperti e tecnici, attualmente anche in collaborazione con le istituzioni, un
aggiornamento del Masterplan del 2013, che verrà presentato ufficialmente a
breve, per tener conto degli sviluppi più recenti del contesto normativo,
istituzionale ed economico-finanziario. Sarà cura pertanto di Italia Nostra
Trieste- conclude la presidente Caroli sottoporre all'attenzione degli enti
istituzionali coinvolti la nuova versione del Masterplan, confidando che esso
possa contribuire al raggiungimento dell'obiettivo da tutti condiviso di una
rinascita di questa parte della Città di Trieste».
L'assalto dei cicloturisti innervosisce Trebiciano
I residenti chiedono di regolare il grande afflusso di auto e scooter
parcheggiati alla rinfusa
TRIESTE - L'assalto di cicloturisti e escursionisti mette a dura prova la
tranquillità dei residenti di Trebiciano. Tanto da obbligarli a rivolgersi alla
circoscrizione di Altipiano Est per cercare di rimettere ordine a una viabilità
ritenuta compromessa e alterata dal grande afflusso di auto e scooter che gli
escursionisti parcheggiano alla rinfusa prima di raggiungere i sentieri e le
piste che dal borgo si sviluppano nei boschi circostanti. Proprio a Trebiciano
infatti c'è il "capolinea", in località Fanterec, di una pista ciclopedonale
molto frequentata. Specialmente nei fine settimana, si legge in un documento del
parlamentino e inviato al sindaco e ai competenti uffici municipali, Trebiciano
viene letteralmente invasa da ciclisti che, prima di iniziare a girare,
abbandonano quattro e due ruote dove capita. Per tacere delle velocità praticate
nel dedalo di viuzze che caratterizzano il borgo. «La situazione è insostenibile
- spiega il presidente del parlamentino Marko De Luisa - è necessario riportare
l'ordine nella viabilità del cuore della frazione. Autovetture e scooter vanno
parcheggiati fuori dal centro abitato, permettendo ai residenti di circolare in
sicurezza e tranquillità». La ricetta c'è, e il parlamentino la documenta in un
documento approvato e inviato al municipio. Alla periferia di Trebiciano, in
prossimità del campo sportivo, esiste un'area di parcheggio sterrata che, una
volta sistemata, consentirebbe ai cicloamatori di lasciarvi con comodità il
proprio mezzo e di connettersi alla ciclopedonale grazie a un ampio sentiero
carrabile che inizia nel parcheggio contiguo al cimitero della frazione. «Per
mezzo di una adeguata segnaletica e di una opportuna cartellonistica - riprende
il presidente - la fruizione di questo comprensorio risulterebbe molto più
semplice, a tutto vantaggio sia dei residenti che dei forestieri. Per queste
ragioni chiediamo all'amministrazione comunale di prendere in considerazione la
nostra proposta, un tanto a sgravare quel centro storico da un traffico
veicolare che mette a repentaglio sicurezza e vivibilità». Il parlamentino
chiede inoltre al Comune di dotare gli immediati dintorni del vecchio stagno
paesano di cestini porta rifiuti e di contenitori per le deiezioni canine, per
incentivare i frequentatori a una fruizione educata dell'area.
Maurizio Lozei
Conferenza stampa Mobilità Sostenibile - Campagna al via
Oggi alle ore 12.00, nel Salotto Azzurro del Municipio, si terrà la conferenza stampa di presentazione della Campagna informativa sulla mobilità innovativa e sostenibile del progetto "CIVITAS PORTIS".L'iniziativa punta a creare soluzioni innovative di mobilità urbana sostenibile.
Rock e musica celtica per aiutare i volontari da tutta
Europa
Come ti racconto le attività di volontariato e le prassi riguardanti la
mobilità giovanile in campo europeo, anche tra eventi, arte e musica. È quanto
caratterizza il primo dei quattro appuntamenti targati Sportello Europe Desk, in
programma mercoledì, alle 16, al Polo Giovani "Toti" di via della Cattedrale 3 a
San Giusto, teatro di una iniziativa inclusa nel cartellone di Trieste Estate
Giovani, sezione speciale della rassegna a cura del Comune di Trieste.
L'appuntamento, aperto per l'occasione al pubblico, segna il rilancio dell'asse
collaborativo tra l'Area Scuola, Educazione, Cultura e Sport (Pag, Progetto Area
Giovani) e l'Area Turismo, Innovazione e Sviluppo Economico (Eurodesk) del
Comune di Trieste, qui uniti sul piano degli sviluppi e della formazione dei
temi legati al Corpo Europeo di Solidarietà e al Servizio Volontario Europeo. In
primo piano quindi le opportunità, le mete, i canali di formazione, le risorse
finanziarie previste a supporto dei progetti che parlano di solidarietà. Per i
giovani che aspirano a esperienze formative all'estero in tal senso, la tappa
del 27 giugno prova a spalancare le porte sul panorama europeo e sui primi passi
da compiere nel campo della mobilità educativa e nelle varie sigle coinvolte,
una vetrina incastonata all'interno della seconda edizione del Festival Estivo
di Scienza e Tecnologia, manifestazione curata dall'Associazione Sinapsi in
collaborazione con il Pag - Progetto Area Giovani del Comune di Trieste.
L'Europe Direct di Trieste è un centro di informazione gestito direttamente dal
Comune di Trieste in convenzione con la Direzione Generale Comunicazione della
Commissione Europea, ufficio che sul piano pratico intende fare da mediatore tra
la UE e i cittadini a livello locale. Quello presente a Trieste - in via della
Procureria 2/a, dietro al palazzo municipale - rappresenta uno dei 44 centri
presenti in Italia e dei 434 dislocati nella rete dell'Unione Europea. La
missione dell'Europe Direct si dirama su vari fronti, offrendo non solo
informazioni e consulenza ma attuando diversi progetti di collaborazione con il
mondo della scuola, attraverso incontri, laboratori e seminari tematici. Il
servizio a fianco dei giovani si traduce inoltre nel segno dell'orientamento
generale, offrendo le coordinate per l'accesso al Programma Erasmus o per altri
sbocchi formativi o di lavoro all'estero. Il tema della mobilità giovanile
quest'anno gode di altre vetrine, qui dal respiro artistico, racchiuse sotto la
voce "Party con l'Europa" . Un percorso che proseguirà giovedì 21 luglio, alle
21, con "Rock History - Suona la Storia", continuerà giovedì 2 agosto, ancora
alle 21, questa volta con "Musica Celtic & Folk Night" e sfocerà il 9 agosto,
alle 18, con l'evento "Porto il PAG al Porto Vecchio" ; un trittico di
appuntamenti ospitati nella sede della Centrale Idrodinamica del Porto Vecchio.
Ulteriori informazioni scrivendo a europedirect@comune.trieste.it o al Numero
Verde Europeo: 00800 67891011.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - DOMENICA, 24 giugno 2018
PORTO VECCHIO - Centro congressi, gara al via - Un mese
per le proposte
Decolla l'iter per il polo espositivo in Porto vecchio. Investimento di
10 milioni - Diritto di prelazione riconosciuto dal Project financing alla
cordata triestina
Si chiuderanno alla fine di luglio i termini di gara per la costruzione e la
gestione del futuro Centro congressi di Porto vecchio. Si avvicina così al
compimento il processo avviato con la presentazione del Project financing fatta
dalla Trieste Convention Center srl, la cordata di imprenditori triestini. La
struttura dovrebbe servire a ospitare la manifestazione Esof2020, rimanendo poi
in dote alla città. Non a caso l'idea è partita proprio da chi ha avuto un ruolo
in Esof praticamente dal principio, figure come Diego Bravar, vicepresidente
della Fondazione internazionale Trieste e presidente di Trieste Convention
Center, e l'ingegner Pierpaolo Ferrante. Trattandosi di un Project financing, la
gara prevede il diritto di prelazione per il proponente, favorito quindi
nell'aggiudicazione dell'opera. La proposta, come più volte scritto su queste
pagine, prevede la realizzazione di un'ampia struttura che dovrebbe interessare
i magazzini 27 e 28, nei pressi della Centrale idrodinamica. L'oggetto della
concessione, si legge nel bando di gara, è infatti «la progettazione,
costruzione e gestione di un nuovo centro congressi come meglio dettagliato
nella proposta di Project financing presentata dal promotore», ovvero Trieste
Convention Center. La concessione non è divisibile in lotti e le varianti al
progetto sono ammesse e valutate con il criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa.Il valore della concessione è stimato in quasi 64 milioni 400 mila
euro. L'importo stimato dell'investimento è di 10 milioni 600 mila euro. Di
questi, 5 milioni e mezzo verranno versati dal Comune di Trieste. La durata
della concessione è di 21 anni e sette mesi. Comprende i tempi di progettazione
(130 giorni), quelli di costruzione (15 mesi) e il ventennio di gestione.Il
termine per il ricevimento delle offerte è fissato alle 12.30 del 24 luglio. Le
buste verranno aperte la mattina successiva alle 9.30.Le spese previste per la
realizzazione dell'opera includono circa quattro milioni per gli interventi
sugli edifici, oltre due milioni per impianti termici e di condizionamento, più
di un milione per i sistemi elettrici, telefonici e video. La realizzazione di
una struttura che possa portare Trieste nel circuito del turismo congressuale è
questione dibattuta da tempo. L'unica vera sala presente al momento in città per
manifestazioni di questa portata è infatti la Stazione marittima, che non
risponde però alle esigenze del mercato odierno.
Giovanni Tomasin
Scienziati dal mondo per gli oceani - Da domani al 27
giugno la summer school sulla "crescita blu"
Approda a Trieste domani la Summer School on Blue Growth in the
Euro-Mediterranean Region 2018, quinta edizione dell'evento internazionale di
formazione sulla crescita sostenibile nell'area mediterranea, legato alla
cosiddetta "economia blu", l'insieme di tutte le attività economiche,
scientifiche, culturali e sociali legate all'ambito marino e marittimo. Un
settore che a livello europeo impiega 5,4 milioni di persone, genera un valore
aggiunto lordo di quasi 500 miliardi di euro l'anno e presentano ulteriori
margini di crescita. Ventotto i partecipanti tra ricercatori, scienziati e
manager provenienti da Istituzioni, Università ed Enti di Ricerca di varie
nazionalità. Scopo della Summer School è far rafforzare le competenze
professionali nel campo della oceanografia, scienze marine e "crescita blu". La
Summer School è organizzata dall'Istituto Nazionale di Oceanografia e di
Geofisica Sperimentale - Ogs e dalla Euro-Mediterranean University - Emuni.
L'iniziativa si svolge con il supporto del programma Erasmus + dell'Unione
Europea, dell'Unione per il Mediterraneo, del Miur - Ministero dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca, del Programma 5+5, dell'Iniziativa Centro
Europea (Cei) e dell'Institut Français. L'evento si inserisce nel filone della
Blue Growth Initiative, strategia a lungo termine dell'Ue che riconosce che i
mari e gli oceani rappresentano un motore per l'economia europea, con enormi
potenzialità per l'innovazione e la crescita, e costituisce il contributo della
politica marittima integrata al conseguimento degli obiettivi della strategia
Europa 2020 per uno sviluppo intelligente, sostenibile e inclusivo. Parte
integrante e fondamentale della Blue Growth Initiative, infatti, è la creazione
di adeguate opportunità di formazione e di mobilità per una nuova generazione di
scienziati marini. Gli obiettivi della Summer School on Blue Growth in the
Euro-Mediterranean Region 2018 sono: aumentare le competenze professionali e la
qualità della ricerca nel campo delle scienze marine, clima aspetti connessi, la
tutela ambientale e la gestione integrata delle zone costiere; aumentare
l'offerta formativa per estendere l'attuale sviluppo e crescita economica
inerente le attività e gli aspetti legati al mare ai paesi del Mediterraneo.
IL PICCOLO - SABATO, 23 giugno 2018
Via San Michele a rischio, scatta la petizione
Iniziativa del gruppo "La qualità della via". Tra le richieste limite di
30 km/h e marciapiedi più ampi
Si è aperta la raccolta firme del gruppo "la qualità della via" per chiedere
maggiore sicurezza nelle vie San Michele, Felice Venezian e Madonna del Mare.
Strade, secondo il comitato, minacciate dalla pericolosità degli attraversamenti
a causa della ristrettezza delle carreggiate, con la conseguente scarsa
visibilità per i conducenti dei veicoli, e dei marciapiedi, con il loro generale
dissesto, assieme all'alta velocità di percorrenza delle macchine. In seguito ai
non rari incidenti e vista l'alta densità dei bambini nella zona, per iniziativa
di una parte dei residenti della zona e delle famiglie che frequentano il
giardino di San Michele e l'istituto comprensivo Dante Alighieri, è nata la
pagina Facebook "La qualità della via", che ha da poco superato i 300 "mi
piace", con lo scopo di raccogliere opinioni e idee per promuovere la sicurezza
e la vivibilità delle vie.Il gruppo si è incontrato fisicamente per la prima
volta poco tempo fa al giardino di San Michele per elaborare una petizione
comune e così lanciare la relativa raccolta firme. Al termine dell'assemblea,
queste le richieste dei cittadini rivolte al comune: l'applicazione di un limite
di 30 km/h sulle vie e la contemporanea installazione di un autovelox e/o di
telecamere per il rispetto del suddetto limite; l'apposizione di cartelli
verticali e di strisce illuminanti che migliorino la visibilità degli
attraversamenti pedonali; l'introduzione di segnaletica orizzontale adatta a
separare le carreggiate nei tratti a doppio senso, al fine di scoraggiare i
sorpassi che sono causa di frequenti incidenti; il rifacimento dei marciapiedi,
per assicurare una loro sicura percorrenza da parte dei pedoni, in particolare
di anziani e persone disabili. La raccolta firme sta procedendo attraverso due
canali, cioè il "porta a porta" dei promotori e nei locali pubblici della zona.
Questo l'elenco dei commercianti che sostengono l'iniziativa: Mimì e Cocotte,
Stranomavero, Portacavana bazar, Equinoxio Fiorito, Hops Beer Shop, Knulp Bar,
Piolo Max, Farinoteca Moras, Cemut Piccola osteria friulana, BarBacan,
Stilemisto, Emporio d'Arte LiberArti. È possibile aderire anche nel giardino di
San Michele grazie all'associazione AnDanDes. Le firme verranno raccolte fino a
giovedì 28 giugno 2018 e, inoltre, la prossima settimana saranno anche
organizzati dei banchetti in zona Cavana, piazza Hortis e via San Michele.
(s.m.)
ISTRIA - Gasolio in mare: è emergenza
Catastrofe ecologica nel Canal d'Arsa a causa della
perdita da una nave battente bandiera libanese
ALBONA - Sta assumendo le proporzioni di una catastrofe ecologica l'
inquinamento del Canal d'Arsa sulla costa orientale dell'Istria dove ieri
mattina è finito in mare un grosso quantitativo di gasolio. La massa oleosa ha
invaso tutte le imbarcazioni ormeggiate nel porticciolo creando una situazione
di emergenza per i pescatori costretti a ributtare in mare il pescato: un grosso
danno dunque per i ristoratori del luogo che si rifornivano regolarmente di
cozze. Ed è una mazzata anche per i pescatori che ora non potranno gettare in
mare le reti o la lenza per un lungo periodo di tempo. Un grosso danno economico
ed ambientale con riferimento particolare alla flora e fauna marina subito
rilevato dalle associazioni ambientaliste della zona che hanno invocato
interventi immediati per tamponare l'emergenza. Notevoli le conseguenze anche
per la stagione balneare: per molti turisti sarà impossibile immergersi in acque
solitamente cristalline che da ieri hanno acquistato un inquietante colore nero
pece. Ma cosa è accaduto? Nel comunicato stampa diffuso dal Ministero del Mare,
Trasporti e Infrastrutture, praticamente si confermano le fonti ufficiose. Ieri
mattina intorno alle cinque sono fuoriuscite in mare da 5 a 15 tonnellate di
gasolio durante le operazioni di rifornimento di carburante di un mercantile
battente bandiera libanese. É il Fidelity ormeggiato allo scalo merci di Brsica
( Val Pidocchio) lungo 115.3 metri della portata di 5395 tonnellate. Ad
aggravare ulteriormente la situazione hanno provveduto il mare agitato e il
forte vento che hanno spalmato la chiazza oleosa praticamente su tutto il
bacino, fino a 3,5 miglia al largo. I cittadini del luogo sono accorsi subito
sulla riva attirati dal forte odore di benzina: il primo a dare l'allarme al
Centro allertamento regionale è stato un allevatore di cozze. Una catastrofe
annunciata- ha amaramente commentato qualcuno. L'inquinamento è stato di tali
proporzioni che ben presto è scattato il divieto di navigazione lungo il canale
mentre i proprietari delle imbarcazioni danneggiate sono stati invitati a
presentare denuncia dei danni subiti. Dopo l'allarme sono subito scattate le
misure di risanamento o rimozione della massa oleosa coordinate dalla
Capitaneria di Porto di Pola che ha riattivato il Centro operativo regionale ora
in seduta permanente. Sul posto sono stati inviati alcuni battelli i cui
equipaggi hanno collocato delle barriere galleggianti intorno alla chiazza per
impedire che si diffondesse ulteriormente. Il grosso dell'operazione di pulizia
della superficie marina, viene affidato alle unità della società Dezinsekcija di
Fiume, specializzata in emergenze del genere. Ancora non è possibile sapere
quanti giorni serviranno per rimuovere la massa oleosa dalla superficie marine
sempre che le condizioni del mare non siano proibitive a causa della situazione
meteorologica in queste ore molto instabile. Intanto il Fidelity rimane bloccato
nel porto mentre a bordo sono saliti gli ispettori della Direzione per la
sicurezza della navigazione che opera in ambito ministeriale. Ovviamente si sta
indagando anche per l'accertamento delle responsabilità.
p.r.
Tante Bolle ai Topolini per conoscere le meraviglie in
fondo al mare di Barcola
Come poter vivere il battesimo della subacquea in assoluta sicurezza e in un
clima di educazione ambientale. È il copione di "Bolle ai Topolini", la
manifestazione dedicata ai ragazzi e ragazze dagli 8 ai 14 anni, progetto a cura
del Circolo Sommozzatori Trieste in programma oggi a Barcola, zona III topolino
(spiaggetta rampa disabili), dalle 9 alle 11. Si tratta di un copione
consolidato, da anni inserito nel quadro delle attività didattiche rivolte ai
più giovani targate Circolo Sommozzatori Trieste, un piano che coniuga
l'approccio alla pratica subacquea con i temi della sensibilizzazione e della
conoscenza dell'ecosistema marino, spunto quest'ultimo che si avvale della
collaborazione con Lega Ambiente, attesa con una sua delegazione nella mattinata
del 23 giugno. La giornata è comunque incentrata maggiormente sulla esperienza
in mare e sulla possibilità di vivere il battesimo da sub sotto la guida di
tecnici qualificati, in grado di accompagnare il neofita in una avventura che si
traduce appena sotto la superficie, in un contesto quindi di massima sicurezza.
Per aderire a "Bolle ai Topolini" servono alcuni requisiti, come un certificato
medico di idoneità sportiva non agonistica e l'iscrizione alla Fipsas, tessera
acquisibile anche sul posto (10 euro). Il Circolo Sommozzatori Trieste è sorto
nel 1986, fondato da un gruppo di istruttori della Scuola Federale di Immersione
della Fipsas, la Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee. La
missione principale è dunque la didattica, nel campo della subacquea e della
apnea, indirizzi che in estate vengono tradotti con i corsi con maschera e pinne
per ragazzi dagli 8 ai 14 anni, e con bombole (Mini Ara) dai 10 ai 14. Per
informazioni sulle attività in calendario e sull'appuntamento del 23 giugno, è
attivo il portale www. circolosommozzatoritrieste. it e l'indirizzo info@sommozzatoritrieste.
it. La sede del Circolo è in via Mascagni 1/3, con telefono 040826576. Francesco
Cardella
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 22 giugno 2018
Un mare assediato, da tonnellate di rifiuti, dagli scarichi inquinanti delle tante località che ancora non hanno una depurazione efficiente, dal cemento abusivo che non viene demolito, così come dall’invadenza degli stabilimenti balneari che rendono inaccessibili interi tratti di litorale. Ma anche dai pescatori di frodo che fanno razzie e dai diportisti che sfrecciano su barche, motoscafi e moto d’acqua senza alcun rispetto per il codice della navigazione.
IL PICCOLO - VENERDI', 22 giugno 2018
A Trieste dal 1971 la temperatura media è salita di 1,3
gradi -
il clima che cambia
Valore sopra la media nazionale. Istat: città sul podio per durata delle
onde di calore. Piogge in diminuzione
TRIESTE - In Italia fa sempre più caldo: la media nazionale è quella di un
grado centigrado in più rispetto alle temperature registrate quasi cinquant'anni
fa. È questo uno dei dati salienti che emergono da un report dell'Istat, che ha
esaminato e comparato i valori registrati nei capoluoghi di regione. Il
riferimento temporale analizzato dal dossier si divide in due periodi distinti
che l'Istat ha confrontato: quello che va dal 1971 al 2000 e quello che
comprende gli anni dal 2002 al 2016. In quest'ultimo periodo, la temperatura
media annua nelle città italiane è stata di 15,5 gradi contro i 14,5 del periodo
precedente. Un rialzo che a Trieste - anche se per queste ore è previsto
l'arrivo di una ondata di fresco a seguito di piogge consistenti - è stato
ancora più rilevante: nel 2002-2016 si sono registrati in media 15,9 gradi, con
un rialzo di 1,3 rispetto al periodo 1971-2000.Ma non ci sono solo le
temperature medie: a essere aumentati, in Italia e - in taluni casi in modo più
marcato - anche nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia sono stati anche giorni
e notti torridi, e ondate di calore. Nel capoluogo regionale i giorni estivi -
quelli cioè con temperatura superiore a 25 gradi - sono saliti da 75 a 100
(anche se siamo sotto la media nazionale di 110); e le notti tropicali - con
temperatura minima superiore a 20 gradi - sono aumentate da quota 42 a 60, in
questo caso sopra la media nazionale delle 45.Ma l'incremento più consistente
riguarda il numero dei giorni caldi, ovvero quelli in cui la temperatura massima
giornaliera è superiore al 90° percentile: si è passati da 32 a 101, dato che
proietta Trieste al primo posto in Italia assieme a Perugia. Il capoluogo
regionale conserva il podio anche quando si parla di onde di calore, oltre le
sei giornate consecutive, posizionandosi alle spalle soltanto di Perugia e
Ancona. «Balza agli occhi un dato veramente preoccupante - rileva Marcellino
Salvador dell'Osmer Fvg, al di là dei dati Istat - che è quello dell'aumento di
un grado della temperatura media degli ultimi cinquant'anni nel nostro Paese.
Basti pensare che il World Meteorological Organisation ha indicato in 0,82 gradi
centigradi l'aumento della temperatura del pianeta negli ultimi cento anni. Un
dato che la dice lunga sulla situazione preoccupante che sta affrontando la
Penisola».Meno marcata è invece la diminuzione delle giornate di gelo in Italia,
con la sola L'Aquila in controtendenza: a Trieste le otto giornate con
temperature sotto lo zero restano invariate. Sempre più caldo, dunque. Ma anche
le piogge sono in aumento. Dal 2000 infatti la quantità media di precipitazioni
totali annue nel Paese è aumentata dell'1,6%, ma con differenze che si
presentano marcate fra le diverse città: Genova per esempio ha visto decrescere
il valore del 16,2%, Milano del 13,1%, Napoli del 9,5%; mentre in alcuni
capoluoghi del Sud i rialzi sono stati rilevanti (dal +35,5% di Palermo al
+15,1% di Bari, per esempio). A Trieste c'è stato un decremento medio pari al
7,3%, da 986 a 914 mm. Decisamente meno marcati invece gli indici degli estremi
climatici relativi alle precipitazioni relativi al periodo preso in esame: a
Trieste sono diminuiti da 91 a 89 i giorni con precipitazioni lievi sopra il
millimetro, da 14 a 12 quelli sopra i 10 millimetri; resta invariato il dato
relativo alle giornate di pioggia con precipitazioni superiori ai 50 mm, con una
sola giornata. Quasi invariato il dato dei giorni consecutivi con pioggia, da 7
a 6, e quello dei giorni senza pioggia, passati da 23 a 25.
Luigi Putignano
E a giugno le cifre da record sono nel mare
Anche il mare a Trieste ha raggiunto temperature da record. A certificarlo
in questo caso è l'Osmer Fvg: «Nei primi 20 giorni del mese di giugno - dice
Marcellino Salvador, previsore dell'Osmer - la temperatura media del mare è
stata di 25 gradi centigradi, un dato da record che non può passare inosservato.
Parliamo naturalmente di un mare poco profondo come l'Adriatico; e nonostante il
continuo apporto di acque fredde che si sono originate dallo scioglimento
dell'abbondante neve dello scorso inverno, da fiumi come il Tagliamento e
l'Isonzo, le temperature restano decisamente elevate». Una situazione che
discende anche da un aprile caldo come non accadeva dal 2007, dopo un marzo
dalle temperature rigide: basti ricordare che a Trieste la temperatura del mare
ha raggiunto una media di 18,7 gradi, valori da record per il mese. A Lignano lo
scorso 26 aprile la temperatura del mare ha raggiunto i 20,4 gradi di valore
medio. Ed è la prima volta che si sono superati, sulle coste della regione, i 20
gradi centigradi prima di maggio.
(l.pu.)
Al via i lavori per il Pedibus di Barcola
Consentirà ai bimbi di attraversare la strada in sicurezza per
raggiungere le scuole della zona
È appena terminato l'anno scolastico e sono già partiti i lavori per la
realizzazione del percorso Pedibus di Barcola, pensato per consentire ai bambini
un attraversamento a piedi in sicurezza per raggiungere le scuole e i vicini
luoghi d'aggregazione. Attraversamenti pedonali, segnaletica orizzontale e
dissuasori ottici di velocità andranno a tracciare un itinerario che si
estenderà tra via Moncolano, via Bonafata e via del Boveto. In questo modo sarà
coperto non solo il collegamento tra la scuola primaria di lingua slovena Fran
Saleski Finzgar dell'istituto comprensivo Vladimir Bartol e l'oratorio della
chiesa di San Bartolomeo, ma anche i collegamenti tra le fermate dell'autobus e
le tre scuole materne presenti nella zona: la paritaria Sacro Cuore delle
Orsoline, in via del Cerreto 2, dove si trova anche una casa albergo per
anziani, e le statali dell'istituto comprensivo Roiano-Gretta, all'inizio di via
di Vallicula, e dell'istituto sloveno Vladimir Bartol, che ha sede nella stessa
via. Delle zebre sono già state dipinte all'ingresso di via del Cerreto da via
Moncolano, con l'aggiunta di due dissuasori ottici per rallentare le auto che
percorrono via Moncolano nei due sensi di marcia. Altri due attraversamenti
saranno realizzati all'inizio e alla fine di via Bonafata, un altro con
dissuasori ottici all'inizio di via del Cerreto. L'operazione Pedibus è scattata
dopo un sopralluogo della sesta commissione effettuato in seguito alle
segnalazioni di genitori e insegnanti, che, con il sostegno di alcuni
consiglieri comunali, avevano richiesto a gran voce una soluzione: proprio in
via del Cerreto lo scorso ottobre un bimbo era stato investito da un'auto.
«Siamo partiti da questa segnalazione per poi decidere d'intervenire su un'area
più ampia, così da dare una risposta complessiva a tutte le scuole e gli
abitanti della zona ottimizzando interventi e costi», spiega l'assessore
comunale all'Urbanistica Luisa Polli, che sottolinea anche come davanti alla
scuola Finzgar verrà aggiunto anche un cestino per l'immondizia e lungo
l'itinerario due nuovi cestini per la deiezioni canine a uso dei residenti. I
lavori dureranno una decina di giorni. Nel frattempo sono iniziati anche i
lavori in Strada del Friuli, nelle vicinanze del faro, per la realizzazione di
un nuovo attraversamento pedonale posto a metà tra i due già esistenti, così da
consentire l'attraversamento in sicurezza ai residenti.
Giulia Basso
«Ora i muggesani portano i rifiuti a Trieste» - Vertice
tra sindaci
MUGGIA - I muggesani portano i propri rifiuti a Trieste? L'avvento del
"porta a porta" rivierasco pare proprio aver comportato questa nuova usanza. La
denuncia ufficiale è arrivata dai banchi consiliari triestini della maggioranza
di centrodestra. «Si è venuti a conoscenza che diversi cittadini muggesani si
avvalgono delle piazzole ecologiche presenti nel Comune di Trieste per far
fronte ai disagi che si trovano costretti ad affrontare», racconta il capogruppo
forzista Piero Camber: «È evidente che tale situazione crea un aggravio
economico al Comune di Trieste dal momento che aumenta il volume dei rifiuti da
smaltire con tutto ciò che ne consegue in termini di costi sopportati da
AcegasApsAmga. Costo che poi i triestini devono coprire integralmente tramite la
tassa rifiuti». In un'interrogazione Fi chiede così all'assessore Maurizio Bucci
«di intervenire presso l'amministrazione comunale muggesana affinché una scelta
sbagliata che sta creando enormi problemi alla cittadinanza non si riverberi
anche sul nostro Comune a danno di tutta la collettività del capoluogo
regionale». Pronta la replica del sindaco di Muggia Laura Marzi: «Sono a
conoscenza del problema sollevato dal consigliere Camber, ho incontrato il
sindaco di Trieste Roberto Dipiazza su mia richiesta. Abbiamo concordato di
monitorare attentamente la situazione e adottare al caso strategie di intervento
comuni». Intanto nell'ultima riunione del Consiglio di Muggia, la Lega con il
capogruppo Giulio Ferluga ha presentato un'interrogazione sulle difficoltà che
il nuovo servizio di raccolta sta comportando agli esercenti di Aquilinia. Un
altro documento è stato presentato da Roberta Tarlao (Meio Muja) che ha chiesto
soluzioni per Piasò, Zindis, Caliterna e punta Olmi.
(r.t.)
In 120 mila per salvare il cuore blu dell'Europa
Alla Bers una petizione che chiede di bloccare i fondi per la costruzione
di dighe e centrali idroelettriche lungo i fiumi balcanici: 2800 gli impianti
progettati (l'articolo)
BELGRADO - Un mare di sottoscrizioni contro una pericolosissima - per la
flora e la fauna locali e per un ambiente in molti casi incontaminato - ondata
di dighe, sbarramenti e mini centrali idroelettriche. Sono evidentemente in
molti, in Europa, a tenere alla vita e al futuro dei fiumi dei Balcani, negli
ultimi anni al centro di controversi piani per la produzione di energia
elettrica. Energia pulita solo sulla carta, perché spesso non si tiene conto
delle conseguenze ambientali di interrompere con sbarramenti fiumi finora
intatti. Sono stati più di 120 mila i cittadini che hanno così deciso di firmare
una petizione per chiedere una moratoria nei riguardi di questi progetti: le
adesioni sono state consegnate, direttamente a Londra, al vicepresidente della
Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers). È la prima volta che la
Bers riceve un numero così elevato di appelli di protesta. Anime dell'iniziativa
sono le organizzazioni River Watch, EuroNatur, Bankwatch e Patagonia, unite
nell'ambito della campagna "Save the Blue Heart of Europe", "Salvate il cuore
blu dell'Europa». La petizione - che come hanno ricordato le Ong ha superato le
centomila firme nel giro di un solo mese di raccolta - è diretta in particolare
«a Bers, alla Banca europea degli investimenti e alla Banca Mondiale», affinché
interrompano «i loro finanziamenti all'idroelettrico nei Balcani, prima che gli
ultimi fiumi selvaggi in Europa vengano irreversibilmente distrutti». Finora le
tre istituzioni nel loro insieme hanno destinato risorse a 82 centrali
idroelettriche nei Balcani, di cui 37 localizzate in aree protette, per un
valore totale di 724 milioni di euro, come ricordano le organizzazioni. Ma i
rovinosi effetti vanno ben oltre questi numeri, comunque alti. I progetti nel
mirino degli ambientalisti, secondo studi di River Watch, investono infatti una
regione, quella balcanica, che è uno «dei più importanti hotspot per la
biodiversità delle acque in Europa». I fiumi balcanici infatti «ospitano 69
specie di pesci che vivono solo in quest'area e da nessun'altra parte al mondo»,
oltre al «40% dei molluschi d'acqua dolce a rischio in Europa». È un cuore blu
«a rischio infarto», perché sono in tutto 2.800 - sempre nei dati forniti dalle
organizzazioni - le centrali idroelettriche in cantiere in futuro nell'area
balcanica, in Grecia, Bulgaria e Turchia. Secondo una recente analisi
dell'agenzia Fluvius le strutture già oggi in costruzione ammontano a circa 200,
in particolare in Albania (81), una sessantina in Serbia e Macedonia e
Bosnia-Erzegovina. Fra i fiumi più minacciati figurano il Valbona, in Albania,
ma anche la Sava, la Neretva e altri corsi d'acqua minori. La speranza ora,
visti i rischi denunciati dalle Ong, è quella di una marcia indietro definitiva
sui progetti, magari puntando su investimenti rispettosi degli ambienti
naturali. «Speriamo che la Bers prenda in considerazione le voci della gente e
sposti i suoi investimenti su un mix diverso di rinnovabili», ha auspicato
Fidanka McGrath, di Bankwatch. Sulla stessa linea anche Theresa Schiller, una
delle coordinatrici della campagna "Save the Blue Heart of Europe", che ha detto
di sperare che «le banche internazionali si prendano le loro responsabilità in
tempi di cambiamenti climatici e sfruttamento eccessivo delle risorse naturali».
«Stop all'investimento in uno tsunami di dighe», si punti invece sul «solare», è
l'auspicio di Ulrich Eichelmann, di Riverwatch.La palla, ora, passa alle
istituzioni messe nel mirino dagli ecologisti. Istituzioni che non potranno fare
orecchie da mercante davanti alle rimostranze di 120 mila persone.
Stefano Giantin
IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 giugno 2018
Grandi opere - La Tav resta congelata e lo Stato pensa
ad Alitalia
ROMA - Il nuovo Governo si prepara a decidere quali grandi opere vedranno la
luce e quali invece rimarranno nel cassetto. Il ministro delle Infrastrutture e
dei Trasporti Danilo Toninelli ha infatti annunciato l'obiettivo di «riesaminare
in tempi brevi» i diversi dossier lasciati sul tavolo dal precedente Governo. In
particolare, sul tema caldo della Tav Torino-Lione la posizione rimane quella
dettata dal contratto di Governo M5s-Lega dell'impegno a ridiscutere il
progetto. Attesa a breve anche una decisione sul dossier Alitalia. Determinante
nella decisione sulle grandi opere è il beneficio per i cittadini: «quelle
necessarie e buone» dovranno essere concluse, a partire da quelle già iniziate -
ha detto il ministro alla Camera - mentre quelle non a vantaggio della
popolazione verranno valutate in un secondo momento». In particolare, sulla Tav
è confermato l'impegno a «ridiscutere integralmente» il progetto visto che per
Toninelli non c'è stato il previsto incremento dei traffici di merci a
presupposto dell'opera. Quanto al dossier Alitalia ieri la Camera ha approvato
(512 sì) la proroga al 31 ottobre della vendita e al 15 dicembre del rimborso
dei 900 milioni di prestito ponte. Il sottosegretario allo Sviluppo Davide
Crippa però ha chiesto di non inserire in un ordine del giorno a firma Stefano
Fassina (Leu), che impegna il Governo a promuovere l'ingresso dello Stato nel
capitale della compagnia, l'indicazione di una quota definita (25%).
Eco-bollette e risparmio energetico: accordo Ue - il
regolamento
BRUXELLES - Aumentare l'efficienza energetica con un obiettivo di riduzione
dei consumi a livello Ue del 32,5% entro il 2030, con informazioni più
trasparenti ai consumatori e con misure per contrastare il fenomeno della
povertà energetica. Sono le novità del doppio accordo raggiunto dalle
istituzioni Ue sulla direttiva che aggiorna il target per l'efficienza
energetica (oggi al 20% entro il 2020) al 2021-2030, e sul regolamento per la
governance dell'Unione dell'energia. Serve ancora l'ok formale da Consiglio Ue
ed Europarlamento. Ma la combinazione del target efficienza con quello del 32%
dei consumi da rinnovabili al 2030 (su cui le istituzioni Ue si sono accordate
il 13 giugno), secondo il commissario al clima e all'energia Manuel Caniete, «ci
permetterebbe di aumentare l'obiettivo di riduzione delle emissioni dall'attuale
40% a poco più del 45% entro il 2030» aumentando «il contributo all'accordo di
Parigi» sul clima. Oltre al target a livello Ue e all'obbligo per i Paesi di
realizzare almeno lo 0,8% l'anno di risparmi energetici senza deroghe, la nuova
direttiva sull'efficienza dispone che i consumatori - soprattutto quelli
allacciati a sistemi di riscaldamento collettivi - ricevano informazioni più
dettagliate sui loro consumi, così da controllarli meglio. I Paesi dovranno
inoltre riservare una quota di interventi sull'efficienza al contrasto della
cosiddetta povertà energetica. Vuol dire affrontare le situazioni strutturali
che limitano l'accesso all'energia, da bollette troppo salate per una quota
sempre crescente di popolazione a case talmente fatiscenti da essere impossibili
da riscaldare o raffreddare. Il regolamento sulla governance include un
obiettivo Ue a 'zero emissioni nettè il più presto possibile. Alcuni
eurodeputati avrebbero preferito fissare una data, il 2050.
Sea watching a Miramare - scoprire la biodiversità con
maschera e boccaglio
Alla scoperta della biodiversità marina poco sotto il pelo dell'acqua. È la
nuova stagione di Sea Watching da terra e da barca, anche serale, sia per
bambini che per adulti e famiglie nell'Area marina protetta di Miramare. Ai
piedi del castello, si nasconde un piccolo scrigno di biodiversità marina. Per
scoprirlo, l'Amp ha organizzato una nuova stagione di snorkeling. Accompagnati
dallo staff del Wwf sarà possibile osservare decine di specie, animali e
vegetali: alcune più abbondanti e comuni, altre più rare. Per tutta l'estate,
nei mesi di giugno, luglio e agosto piccoli gruppi verranno accompagnati a
osservare la grande varietà di habitat particolarmente ricchi: la riserva ospita
corvine, blennidi, nudibranchi e stelle marine. Il Sea watching, attività
formato famiglia che si svolge nell'arco di tre ore, si può praticare sia da
terra, con partenza dal Bagno Ducale il sabato alle 10 e la domenica alle 16, ma
anche da barca, con partenza dal porticciolo di Grignano mercoledì alle 18.30.
«Partiamo- spiega il biologo marino e naturalista Saul Ciriaco - sia dal
Biodiversitario Marino (il museo immersivo alle scuderie del castello) che da
Grignano. Dopo una breve presentazione si parte per la zona classica delle
immersioni: la scogliera sotto il castello. L'area si può raggiungere sia con la
barca che da terra. La peculiarità di queste attività è che sono davvero alla
portata di tutti». L'osservazione è facilitata dalla presenza della piscinetta
che si incontra appena usciti dal bagno: un metro d'acqua dove si ha la fortuna
di incontrare, a bassa profondità, svariati organismi: banchi di cefali che a
breve entreranno nella fase riproduttiva, granchi, seppie e calamari, bavose e a
volte anche saraghi di grosse dimensioni. Unica condizione richiesta, saper
nuotare e usare lo snorkel.Il ritrovo è al Bioma e la prenotazione obbligatoria.
Per info e prenotazioni: www.riservamarinamiramare.it, 040 224147 interno 3 (da
lunedì a venerdì dalle 10 alle 13),
infosub@riservamarinamiramare.it.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 giugno 2018
I raccoglitori fantasma per i farmaci scaduti - In
tutto il Friuli Venezia Giulia le farmacie triestine sono le uniche a non averli
In città vengono gettati nell'indifferenziata. Perché non ci sono
cassonetti appositi?
Una singolare specificità territoriale: potrebbe essere letta così la
mancanza dei raccoglitori per i farmaci scaduti nel comune di Trieste. In tutto
il Friuli Venezia Giulia, infatti, solo le farmacie alabardate non prevedono, al
loro esterno, la presenza di questi raccoglitori. Perché? Ma prima di tutto, a
Trieste, dove va buttata quella scatola di aspirine ormai scadute? Una prima
risposta arriva dal sito dell'Acegas con il "Rifiutologo": i farmaci «sono
prodotti potenzialmente pericolosi. Non conferire nella raccolta ordinaria dei
rifiuti». Quindi dove si buttano? La risposta appare leggermente schizofrenica,
ma precisa: nei «cassonetti grigi indifferenziato». L'Acegas scrive poi che «i
farmaci scaduti di provenienza domestica sono rifiuti urbani che non si possono
recuperare. Sono composti da principi attivi che possono alterare gli equilibri
naturali dell'ambiente» e che nei cassonetti grigi vanno comunque conferiti i
farmaci scaduti avendo però l'accortezza di gettare la scatola e il foglio
informazioni in quelli per la raccolta carta. Il termovalorizzatore - Chiarisce
la situazione Andrea Moro, responsabile Servizi Ambientali Trieste di Acegas.
Richiamando la direttiva europea in materia, Moro sottolinea come la stessa
vieti «il conferimento dei farmaci scaduti e in genere dei rifiuti sanitari in
discarica e impone che i rifiuti sanitari siano termodistrutti per evidenti
ragioni di salute pubblica». Ed è qui che entra campo il termovalorizzatore
triestino. «I farmaci scaduti risultanti dalla vita domestica, a tutti gli
effetti rifiuti urbani il cui costo di gestione viene pagato attraverso la Tari,
vanno conferiti al gestore dei rifiuti urbani. A Trieste, essendo il rifiuto
indifferenziato avviato a termovalorizzazione, i farmaci scaduti in possesso dei
cittadini possono essere correttamente conferiti assieme al secco
indifferenziato. Nelle realtà dove il rifiuto indifferenziato viene conferito in
discarica esiste una raccolta differenziata anche dei farmaci». Trieste, non
pervenuta - A Trieste, quindi, essendoci il termovalorizzatore, non serve munire
la farmacie di appositi cassonetti che sono invece utilizzati dove il
termovalorizzatore non c'è. Sicuri? «In tutta la regione - dice Cristina Sgubin,
che si occupa del catasto rifiuti - compresi gli altri comuni triestini, i
farmaci scaduti vengono conferiti negli appositi cassonetti, dove vengono
raccolti da imprese specializzate che li stoccano e poi li conferiscono
all'inceneritore di Spilimbergo al quale arrivano i farmaci scaduti, anche da
comuni extra regionali. Formalmente non arrivano farmaci dal comune di Trieste,
l'unico che non dichiara di produrre farmaci scaduti». Non essendo raccolti
separatamente, i farmaci scaduti non possono essere tracciati e quindi non è
possibile conoscerne l'entità se non facendo delle indagini a campione. Chi
decide?Ma se la destinazione finale dei farmaci scaduti in regione è sempre un
inceneritore, perché tutti i comuni fanno la raccolta differenziata e quello
alabardato no? «Sta al Comune scegliere se attivare una raccolta separata o
meno» dice Sgubin, confermando le dichiarazioni di Federfarma nazionale: «I
raccoglitori per la raccolta differenziata dei farmaci scaduti dei cittadini
sono di proprietà del Comune perché sono rifiuti della popolazione. La farmacia
si occupa dei propri rifiuti, derivanti dalle attività commerciali, mentre qui
stiamo parlando di quelli dei cittadini». Il fatto che i raccoglitori si trovino
spesso nei pressi delle farmacie può far sorgere il dubbio che queste siano
tenute alla raccolta, ma in realtà «è tutto un problema del Comune. I farmacisti
danno la disponibilità a posizionarli davanti ai propri esercizi ma non essendo
un bene della farmacia devono comunque esserci accordi con il Comune. La
competenza è del Comune». Per capire il perché il Comune di Trieste abbia deciso
di non fare la raccolta differenziata dei rifiuti, scelta peraltro, come si è
visto, legittima, non resta quindi che rivolgersi direttamente a Luisa Polli,
assessore all'ambiente la quale gela ogni speranza di comprensione: «Il Comune
non ha competenze». Curioso che invece Arpa Fvg; Federfarma nazionale e anche
Federfarma locale dicano che la competenza sia proprio del Comune. Chi avrà
ragione? Nel dubbio di una cosa siamo sicuri: quella scatola di aspirina
possiamo buttarla nell'indifferenziata senza problemi. Ma sempre differenziando
confezione e bugiardino.
Fabio Dalmasso
Scienza - Incontro su mari e pesca
«Pesca sostenibile e scelte consapevoli» è il tema di un'iniziativa che si
tiene domani giovedì 21 giugno alle ore 18 nell'Antico Caffè San Marco, via
Battisti 18. Intervengono Antonio Terlizzi, professore ordinario di zoologia
dell'Università di Trieste e ricercatore associato della Stazione zoologica A.
Dohrn di Napoli, e Simone Libralato, ricercatore presso l'Istituto di
oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) di Trieste. Secondo i relatori,
«lo sfruttamento eccessivo dei nostri mari e l'utilizzo di tecniche di pesca con
alto impatto ambientale contribuiscono al depauperamento delle risorse ittiche,
mettono in crisi la stessa industria della pesca e rischiano di portare
all'estinzione specie che per secoli hanno costituito un prezioso alimento per
l'umanità». L'overfishing si estende a tutto il pianeta e riguarda un numero
sempre maggiore di specie.
IL PICCOLO - MARTEDI', 19 giugno 2018
«In Porto vecchio serve una ciclabile veloce»
Già 700 le firme raccolte dalla Fiab per chiedere al Comune una pista
separata dal percorso pedonale
Sono 700 le firme raccolte finora dalla Fiab per chiedere al Comune la
realizzazione nel Porto vecchio di una pista ciclabile con determinati
requisiti, un percorso che sia di qualità, lineare, veloce e senza promiscuità
con i pedoni, per connettere in modo comodo e veloce il centro città con Barcola
e la Costiera. «La riqualificazione del Porto Vecchio potrebbe essere una grande
occasione di sviluppo per il capoluogo giuliano, in molti settori e anche nella
promozione di una nuova mobilità. Per questo Fiab Trieste - spiega il presidente
Luca Mastropasqua - lancia un appello al sindaco Dipiazza, chiedendo che si
progetti e realizzi nel vecchio scalo una pista ciclabile di qualità. Questo è
un impegno che Dipiazza si è preso in campagna elettorale sottoscrivendo i 10
punti del nostro documento "Trieste: il #futuro va in #bici"». La richiesta
parte dalla preoccupazione della Fiab emersa in seguito alle affermazioni fatte
da Dipiazza nei mesi scorsi, riguardo l'intenzione del Comune di realizzare un
itinerario ciclabile nell'asse pedonale che attraverserà tutto il Porto Vecchio.
«Fiab non contesta questa scelta - prosegue il presidente - ma ritiene che
questa non sia la principale infrastruttura di cui i ciclisti hanno bisogno per
raggiungere comodamente e velocemente Barcola. Gli inevitabili tratti in
promiscuità con i pedoni di questo progetto porterebbero infatti i ciclisti a
tenere, giustamente, una velocità bassa, rendendo meno fruibile questo asse
ciclabile. Inoltre i molti eventi che, si immagina e spera, potrebbero essere
realizzati su quegli spazi potrebbero bloccare o rendere complesso il passaggio
delle bici per molte giornate. Per questo avanziamo al sindaco e ai consiglieri
comunali la richiesta di realizzare anche un percorso ciclabile veloce più
interno, lungo il confine tra il Porto Vecchio e la ferrovia, che vada da piazza
Libertà a via del Boveto». La Fiab chiede quindi a Dipiazza un incontro per
discutere la proposta e ha aperto una raccolta di firme, chiedendo ai cittadini
di sottoscriverla. Già lo scorso anno, il 16 maggio, tre consiglieri comunali
avevano presentato una mozione per realizzare una ciclabile nell'ingresso nord
del Porto Vecchio da via del Boveto fino all'attuale ingresso di viale Miramare.
(m.b.)
Nuova Venezia - LUNEDI', 18 giugno 2018
San Benedetto ritira lotto di acqua contaminata da
idrocarburi
L'azienda di Scorzé disposto il ritiro dal commercio del lotto 23LB8137E
delle bottigliette da mezzo litro di acqua minerale naturale "Fonte Primavera",
dopo il richiamo del Ministero della Salute
SCORZE'. La San Benedetto Spa, notissima azienda di
produzione di acque minerali con sede a Scorzè, ha disposto il ritiro dal
commercio del lotto 23LB8137E delle bottigliette da mezzo litro di acqua
minerale naturale "Fonte Primavera", al cui interno è stata trovata la presenza
di idrocarburi aromatici.
La notizia è stata diffusa dall'agenzia Ansa. La decisione, rende noto l'azienda
in un comunicato, «è stata presa a seguito dei campionamenti svolti
dall'autorità sanitaria di competenza su alcune bottiglie prelevate presso un
distributore automatico di bevande refrigerate che hanno rilevato una non
conformità dovuta al superamento dei limiti per contaminanti idrocarburici
aromatici». Secondo quanto riportato nell'avviso del ministero della Salute,
emesso l'11 giugno 2018 e pubblicato sul proprio sito istituzionale il 15
giugno, il richiamo, avvenuto su indicazione dello stesso produttore, è avvenuto
a causa della «presenza consistente di contaminanti idrocarburici», in
particolare «xilene, etilbenzene, trimetilbenzene e toluene». Pertanto il Gruppo
San Benedetto Spa invita a «non consumare i prodotti appartenenti al lotto
sopraindicato e a restituirli al punto vendita». Precisa, inoltre, che «il
richiamo si riferisce solo ed esclusivamente all'acqua minerale Fonte Primavera
ed imbottigliata presso lo stabilimento Gran Guizza di Popoli con il nome San
Benedetto e limitatamente al lotto indicato», con scadenza il 16 novembre 2019.
Mentre «si garantisce l'assoluta purezza per tutti i prodotti e i lotti non
indicati nella comunicazione».
IL SOLE24ORE - LUNEDI', 18 giugno 2018
A Bolzano è psicosi-lupi: “Mettete un collare colorato ai cani lupo cecoslovacchi”
La Provincia di Bolzano invita i possessori di cani lupo cecoslovacchi di usare per loro un collare colorato per evitare gli allarmismi. “Non solo a noi, ma anche sui social media, giungono molte segnalazioni della presenza di lupi: nella stragrande maggioranza dei casi si tratta solamente di cani lupo molto simili, ma ciò basta per creare inutili allarmismi”, afferma il direttore dell’Ufficio caccia e pesca della Provincia, Luigi Spagnolli. Spagnolli si riferisce a episodi accaduti venerdì, quando due persone hanno contattato gli uffici provinciali raccontando di aver avvistato un lupo nel Comune di Bolzano. In realtà, come spesso accade, si tratta semplicemente di un cane lupo cecoslovacco, razza che trae origine dall’incrocio tra lupo dei Carpazi e pastore tedesco. Proprio per evitare segnalazioni errate e il diffondersi di allarmismi ingiustificati, l’appello dell’Ufficio caccia e pesca ai possessori di cani lupo cecoslovacchi è quello di usare un collare colorato e ben visibile.
IL FATTO QUOTIDIANO - DOMENICA, 17 giugno 2018
Diesel, taglio agli incentivi? Il ministero dell’Ambiente: “Noi al lavoro su trasporto pubblico locale elettrico e ibrido”
Dopo il deferimento dell'Italia alla Corte di Giustizia europea per aver violato le leggi anti-inquinamento, il piano sul tavolo del generale Costa prevede fondi da destinare alle Regioni per l'acquisto di nuovi mezzi. Non è allo studio invece un innalzamento delle accise sul gasolio, come aveva scritto il Corriere della Sera
Il pilastro sarà “lo sviluppo del trasporto pubblico locale elettrico e ibrido“. Così il ministero dell’Ambiente ha intenzione di combattere la guerra allo smog cara al M5s ed evitare che da Bruxelles, dopo il deferimento alla Corte di Giustizia europea per aver violato le leggi anti inquinamento, possano arrivare ulteriori ammonimenti, o peggio una multa. Nulla a che vedere con il taglio del bonus diesel che secondo il Corriere della Sera era invece allo studio per portare in cassa 5 miliardi di euro l’anno e ridurre le emissioni nocive. Il ministero infatti smentisce, spiegando al Fattoquotidiano.it che l’idea di riallineare le accise del gasolio e quelle della benzina faceva probabilmente parte di un vecchio dossier. Non è escluso che questa ipotesi sia al vaglio di qualche altro ufficio del governo, per esempio il ministero dei Trasporti che è competente in materia. Sicuramente non fa parte delle prospettive di azione del dicastero dell’Ambiente, che si attiene quindi all’obiettivo della “progressiva riduzione dell’utilizzo di autoveicoli con motori alimentati a diesel e benzina”, inserita nel contratto tra Cinquestelle e Lega, in cui si parla esplicitamente di “strumenti finanziari per favorire l’acquisto di un nuovo veicolo ibrido ed elettrico“, ma anche dell’eliminazione delle accise che invece renderebbe i carburanti più convenienti. Quindi il contrario di quello che prospettava un eventuale taglio degli incentivi al diesel. Resta il fatto che la necessità di ridurre la circolazione di auto a gasolio è un obiettivo anche di questo governo e del ministero dell’Ambiente. I danni prodotti dai diesel e dalla loro emissioni di particolato sono ormai noti e tutte le grandi città, a partire da Milano e Roma, stanno vietando le loro strade alle auto a gasolio. Beppe Sala ha varato lo stop in città da gennaio 2019: banditi tutti i veicoli fino a Euro 3, poi da ottobre anche Euro 4. La sua collega Virginia Raggi ha annunciato una Capitale completamente free-diesel nel 2024. L’Italia, da questo punto di vista, è tra l’altro molto indietro. Il 17 maggio scorso è stata deferita alla Corte di Giustizia europea per aver violato le leggi europee anti smog. E’ stato bocciato il piano presentato dall’ex ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, che aveva dovuto presentare al Commissario Ue per l’ambiente, Karmenu Vella, le misure per ridurre i livelli di emissioni inquinanti. Misure presentate ma che sono state giudicate insufficienti. L’Italia è stata deferita per il superamento delle soglie di Pm10, insieme a Ungheria e Romania mentre per Danimarca, Gran Bretagna e Francia il deferimento riguarderà le emissioni di NO2. E’ il primo passo verso una multa che potrebbe arrivare anche a un miliardo di euro e che scatterebbe se il deferimento dovesse ripetersi e l’Italia dovesse continuare a non risolvere la situazione. Per questo sul tavolo del ministro Sergio Costa c’è appunto un piano smog da dover presentare all’Europa. Al centro però non c’è il taglio del bonus diesel, bensì lo sviluppo della mobilità sostenibile: “Bisogna favorire il ricorso ai mezzi ibridi, o totalmente elettrici, cominciando dal trasporto pubblico”, ha detto lo stesso Costa in una recente intervista a La Stampa. Rispetto al piano originario, sono pronti nuovi fondi da destinare alle Regioni proprio per favorire l’acquisto di mezzi elettrici e ibridi.
IL PICCOLO - SABATO, 16 giugno 2018
Bonifica di Acquario - Si cercano 7 profili per
lo staff tecnico
Dai progettisti al geologo, dagli esperti di ambiente e sicurezza al
direttore dei lavori: gara finanziata con 186 mila euro dall'Uti
MUGGIA - La bonifica di Acquario - il sito da riportare a sicurezza
permanente attraverso copertura superficiale sulla riviera che da Muggia porta a
Lazzaretto - compie il primo passo con la gara per l'affidamento dei servizi
tecnici: progettazione esecutiva, sicurezza, contabilità, direzione lavori. Il
Comune di Muggia lancia il bando incaricato di selezionare i profili
professionali, che dovranno poi gestire i 4,5 milioni stanziati per chiudere un
capitolo di storia amministrativa aperto da molti anni. Finanziata dall'Uti
giuliana, la "parcella" destinata allo staff, che provvederà a pilotare
l'intervento di "capping", ammonta complessivamente a 186.747 euro, 80 mila dei
quali saranno appannaggio della direzione lavori. Le candidature debbono
pervenire agli uffici comunali muggesani entro mezzogiorno di venerdì 20 luglio
e i relativi plichi verranno aperti il lunedì successivo 23 luglio alle ore 9.
L'aggiudicazione premierà l'offerta economicamente più vantaggiosa, che sarà
pesata con 80 punti per la parte tecnica e con 20 punti per la parte
economico-temporale (la percentuale di ribassi). Il requisito di maggiore
valenza riguarda "le caratteristiche qualitative e metodologiche", in grado di
fornire alla candidatura fino a 45 punti. Nel caso di pareggio assoluto delle
offerte, deciderà il sorteggio pubblico.Il gruppo di lavoro, richiesto dal
Municipio muggesano, prevede 7 profili professionali: il progettista delle
componenti strutturali e impiantistiche; il progettista esperto in bonifica
ambientale; un ingegnere/architetto capace di integrare i contributi
specialistici; il geologo; l'architetto paesaggista; il direttore dei lavori
equipaggiato con esperienze di bonifica dal valore di almeno 1 milione
nell'ultimo triennio; il coordinatore della sicurezza. I profili possono
parzialmente coincidere ma comunque lo staff tecnico non dovrà essere inferiore
a 5 unità. Queste procedure di gara non interferiscono con la prevista apertura
alla balneazione del tratto a mare, esteso per quasi un chilometro: il sindaco
Laura Marzi aspetta a giorni le autorizzazioni di Regione e Autorità portuale,
che dovrebbero consentire entro la fine di giugno la fruizione marina attraverso
i varchi situati all'altezza dei posteggi.
Massimo Greco
VEGLIA - «Rigassificatore, alzeremo le barriere»
La sindaca di Castelmuschio: «Sarò la prima davanti alle ruspe». Komadina:
«I nostri deputati ci hanno traditi»
FIUME - Traditori, gente a cui sta a cuore solo l'interesse personale, senza
badare al presente e al futuro del Quarnero e delle sue genti. Sono state
roventi le accuse lanciate in coro dal governatore della Regione di Fiume,
Zlatko Komadina, e dalla sindaca della località vegliota di Castelmuschio
(Omisalj), Mirela Ahmetovic, contro quei deputati della regione nordadriatica
che giovedì pomeriggio hanno appoggiato la lex Lng, la legge che permette
l'approntamento del rigassificatore galleggiante nelle acque dell'isola di
Veglia, proprio di fronte a Castelmuschio.Un attacco durissimo anche perché
l'alzata di mano di cinque deputati quarnerini ha consentito al provvedimento di
avere una risicata accettazione. C'era bisogno della maggioranza assoluta dei
151 deputati del Sabor, il parlamento croato: dunque 76 voti, mentre alla fine
vi è stato un voto in più, 77. Sarebbe bastato che i parlamentari accadizetiani
Josip Boric, Tomislav Klaric e Anton Kliman, quindi Ivan Kirin del Partito
croato dei Diritti "Ante Starcevic" e infine la deputata minoritaria Ermina
Ljekaj Prljaskaj, contravvenissero agli ordini di scuderia, chiamiamoli così, e
per la lex Lng sarebbe stata la fine.Nonostante faccia parte della coalizione
governativa, il vice presidente del Sabor e deputato connazionale Furio Radin,
si è espresso contro il provvedimento, annunciandolo in tempo e rilevando che
non poteva accettare quella legge e quel terminal offshore in una regione
turisticamente di alto richiamo come il Quarnero. «Entriamo nella seconda fase
della lotta contro l'impianto che sull'isola nessuno vuole - ha detto la sindaca
Ahmetovic - agiremo dentro le cornici legali in Croazia e nell'Unione europea,
senza atti illeciti o violenti. In qualità di prima cittadina non posso invitare
gli insoddisfatti a bloccare il ponte di Veglia, ma statene certi che se la cosa
avverrà mi assocerò a questa forma di protesta. Voglio poi ricordare una
promessa fatta tempo fa e che voglio ribadire: se la costruzione del
rigassificatore offshore dovesse comunque partire, mi metterò davanti alle ruspe
e dovranno passare sopra il mio corpo per mettersi al lavoro. Saranno barricate
umane che passeranno alla storia, lo giuro». Non sono state da meno le critiche
del governatore Komadina, il quale ha ricordato che il Consiglio della regione
quarnerino-montana e quello del comune di Castelmuschio avevano respinto in modo
unanime la legge e soprattutto la presenza del bestione galleggiante, sostenendo
invece l'appoggio all'infrastruttura sulla terraferma. «I deputati della regione
hanno tradito tutti noi, compiendo un gesto infame, che purtroppo avrà serie
conseguenze per l'ambiente - ha tuonato Komadina - per l'economia locale, per
gli isolani e i quarnerini. Non è però finita». A bocciare la lex Lng, parliamo
sempre dei deputati nordadriatici, sono stati i socialdemocratici Zeljko
Jovanovic, Peca Grbin e Ana Komparic Devcic, Silvano Hrelja del Partito dei
Pensionati, Ines Strenja Linic (Most), Giovanni Sponza (Dieta democratica
istriana) e l'indipendente Marin Skibola.Intanto Hrvoje Buric, leader del
partito Bura (ha consiglieri nel consiglio cittadino di Fiume e in quello
regionale), ha confermato che i suoi seguaci bloccheranno il ponte vegliota per
la durata di 15 minuti, protestando in questo modo contro il terminal
metanifero.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - VENERDI', 15 giugno 2018
CROAZIA - Legge sul rigassificatore, il Sabor dice sì
Approvata la "Lex Lng" che snellisce l'iter di realizzazione della
struttura al largo di Veglia. Protesta nel Quarnero
ZAGABRIA - Il Sabor, il Parlamento croato, ha deciso: nelle acque di fronte
alla località di Castelmuschio (Omisalj), nell'isola di Veglia, sarà collocato
il rigassificatore galleggiante così duramente avversato da tanti nell'Adriatico
settentrionale. Ieri la cosiddetta lex Lng, che riguarda appunto il terminal
offshore vegliota e che è stata formulata per snellire l'iter di realizzazione
del terminal metanifero offshore finanziato dall'Unione europea con 100 milioni
di euro a fondo perduto, ha ottenuto disco verde al Sabor, grazie al voto di 77
deputati della coalizione di centrodestra al potere, mentre i parlamentari
contrari sono stati 25, tra i quali il vice presidente del Parlamento e deputato
al seggio garantito italiano, l'istriano Furio Radin. Nonostante faccia parte
della maggioranza governativa, Radin ha detto di voler votare secondo coscienza,
opponendosi alla futura presenza dell'impianto che nessuno vuole a Fiume, a
Veglia e nel resto del Quarnero per motivi ambientali, turistici ed estetici.
Senza il voto di Radin e dell'accadizetiano Ante Sanader, all'intesa di
maggioranza servivano i "sì" di altri due deputati: sono giunti in soccorso due
esponenti delle destre, Zlatko Hasanbegovic degli Indipendenti per la Croazia e
l'indipendente Zeljko Glasnovic.Le opposizioni, guidate dal Partito
socialdemocratico, hanno tentato fino all'ultimo di minare il provvedimento, ma
hanno dovuto infine issare bandiera bianca. I 360 emendamenti dei
socialdemocratici alla lex Lng sono stati tutti respinti dal governo, così come
la loro proposta di annullare la procedura d'urgenza per questa legge,
sottoponendola ad altre due letture. Tutto inutile. La lex Lng consentirà la
soluzione delle questioni giuridico-patrimoniali legate al terminal
galleggiante, giacché faciliterà l'ottenimento della concessione per quanto
riguarda il demanio marittimo fissando gli indennizzi per la concessione stessa
e per la sicurezza nell'erogazione del gas.Il responsabile del progetto è
l'azienda Lng Croazia, che porterà a compimento il progetto in due fasi: la
prima contempla l'approntamento del rigassificatore offshore (un'enorme nave
metaniera, alta come un edificio di 16 piani); la seconda prevede invece la
costruzione del terminal sulla terraferma. Dopo l'approvazione da parte del
Sabor, è certo che i quarnerini non resteranno a guardare. Nei mesi scorsi
c'erano già state iniziative di dissenso contro l'impianto in mare - erano state
raccolte più di 15 mila firme - mentre il Consiglio della Regione
quarnerino-montana (e quello di Castelmuschio) avevano respinto la presenza
della struttura nelle acque di fronte a Fiume. Proprio ieri, di fronte alla sede
del Sabor a Zagabria, il presidente del partito Bura, Hrvoje Buric, ha spiegato
le motivazioni della contrarietà al rigassificatore galleggiante: «Se il potere
dovesse accettare questo pericolo per il nostro ambiente, prometto che
bloccheremo il ponte che collega l'isola di Veglia e la terraferma. Zagabria non
può restare indifferente alle volontà e alle preoccupazioni dei quarnerini».
Prima che il Sabor si riunisse, il ministro croato dell'Ambiente, Tomislav Coric,
aveva dichiarato ai giornalisti che il terminal è di importanza strategica per
il futuro energetico del Paese poiché consentirà ai croati un'erogazione sicura
di gas e a prezzi non proibitivi. Il ministro del Turismo, Gari Cappelli, ha
invece espresso la convinzione che il rigassificatore non danneggerà la locale
industria turistica. Intanto la situazione a Fiume e Veglia sta diventando
bollente e anche il governatore della Regione quarnerino - montana, Zlatko
Komadina, ha avuto parole durissime per la votazione espressa ieri nella
capitale croata.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 giugno 2018
Allarme rifiuti pericolosi - Aumenta la produzione
L'Ispra registra un incremento del 5,6%: mezzo milione di tonnellate in
più - Mancano gli impianti per trattarli e smaltirli. Bene il riciclo degli
scarti speciali
I dati 2016 di Ispra dicono che i rifiuti speciali ammontano in Italia a
circa 135 milioni di tonnellate, quattro volte e mezzo la dimensione dei rifiuti
urbani (circa 30 milioni di tonnellate). Un dato in linea con i principali Paesi
industrializzati, tenuto anche conto che in Italia (specie in alcune regioni)
parte dei rifiuti speciali viene conferito nel circuito dei rifiuti urbani
attraverso la famosa "assimilazione", pari a circa un terzo dei rifiuti urbani,
ovvero 10 milioni di tonnellate. La principale distinzione tra i rifiuti
speciali è fra non pericolosi e pericolosi. Fortunatamente la stragrande
maggioranza appartiene alla prima tipologia: 125 milioni di tonnellate, il 93%
del totale. Una parte preponderante di rifiuti speciali sono gli inerti (scarti
da costruzione e demolizione), pari a 54,4 milioni di tonnellate (43,4% del
totale). Un'altra fetta importante è quella degli scarti delle attività primarie
di trattamento dei rifiuti urbani e speciali e della depurazione e
potabilizzazione, nonché delle attività di bonifica e risanamento ambientale.
Questi rifiuti sono pari a 36,7 milioni di tonnellate (27,2% del totale). Queste
due grandi famiglie di rifiuti sono quasi due terzi del totale di quelli
speciali. I rifiuti industriali veri e propri sono molto meno: 28 milioni di
tonnellate pari al 20,7%. Nel complesso il rapporto afferma che i rifiuti
speciali sono nel 2016 in crescita del 2% rispetto al 2015, aumento che diventa
del 3,7% se si considera il totale dei rifiuti gestiti e non solo prodotti. Un
dato prevedibile, considerati l'avvio di un ciclo economico positivo dopo gli
anni 2014-2015 e la forte correlazione fra crescita economica e produzione di
rifiuti. L'aumento rilevato è importante e superiore alla crescita del Pil. Il
carico di produzione e gestione dei rifiuti speciali è molto diverso nelle varie
regioni. La maggior parte è prodotta in Lombardia, Veneto, Emilia e Piemonte con
quasi la metà del totale. Un dato che sorprende è che questo aumento della
produzione è sostenuto da un forte aumento dei rifiuti pericolosi (500mila
tonnellate, 5,6% su base annua). Per l'Italia l'aumento dei rifiuti in questa
dimensione deve preoccupare. Come deve preoccupare, ed è un punto di debolezza,
l'assenza cronica di impianti di trattamento e smaltimento di questa specifica
tipologia di rifiuti, così come le difficoltà di gestire i fanghi. Mentre il
punto di forza è sicuramente la sua base produttiva per il riciclaggio di tutti
i materiali, pilastro per la sfida dell'economia circolare e della green
economy. Oltre il 50% dei rifiuti urbani e il 65% dei rifiuti speciali viene
riciclato.
Alfredo De Girolamo
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 giugno 2018
Il Pd tende la mano a Dipiazza sulla partita del Porto
vecchio
L'invito di Cosolini: «Serve una strategia. Pronti a lavorare assieme al
sindaco ma non si limiti a fare l'agente immobiliare». La replica:
«Collaborazione ok»
Il Pd apre a Dipiazza: «Mettiamo a punto un piano strategico per il
Porto vecchio». È quanto emerso dalla conferenza stampa indetta ieri da Roberto
Cosolini, che ha definito «gagliarda e nervosa» la reazione del sindaco
all'inchiesta del Piccolo facente il punto della situazione a due anni dalla
sdemanializzazione. «Anch'io, se avessi continuato ad amministrare la città,
sarei potuto incorrere in pericoli ed errori messi in luce dal giornale - ha
detto Cosolini -. L'assenza di una visione d'insieme rischia di rendere la
vicenda Porto vecchio confusionaria e frammentaria. Forse Dipiazza esagera nel
dare per finite o avviate cose che non lo sono: la vendita dei magazzini
Greensisam, ad esempio, e la gara per il project financing del Centro congressi,
un'iniziativa partita da privati che si sobbarcano il 55% dell'investimento».
Cosolini ha ricordato quanto intrapreso per il rilancio dell'area, «fondamentale
per il futuro di Trieste, assieme al porto delle merci: grazie a essi la città
può e deve tornare a essere la porta sul mare di una parte d'Europa. Per questo
ci siamo impegnati come squadra, innanzitutto promuovendo la marcia simbolica ai
cancelli chiusi nel 2012 - ha continuato l'ex sindaco -. C'è stato poi
l'emendamento promosso da Francesco Russo che ha portato alla
sdemanializzazione. In seguito, come Comune, in soli quattro mesi abbiamo
definito assieme ad Autorità Portuale e Agenzia del Demanio la divisione tra
aree sdemanializzate e aree rimaste demaniali. Per l'idea del centro
d'innovazione in Corso Cavour ottenemmo, sempre come amministrazione comunale,
4,2 milioni di fondi europei: oggi Dipiazza può annunciarne i lavori grazie a
noi. Ancora, abbiamo predisposto il dossier che ha portato il Ministero dei Beni
culturali a concedere 50 milioni nel riparto fatto a inizio maggio 2016 dal Cipe
sui fondi Fas. Abbiamo inoltre affidato a Ernst & Young la redazione di alcune
linee guida cui il Comune possa ispirarsi per mettere a punto un piano
strategico, tenendo conto del potenziale della zona, del mercato internazionale
e del mix di fattori tipico di un'area urbana che raggruppa, tra pubblico e
privato, business e ricadute generali». Anche a nome del partito Cosolini si è
detto quindi pronto a collaborare con il sindaco, come dimostrato dalla «recente
visita che l'ex assessore regionale alla Cultura Gianni Torrenti e il
sottoscritto hanno fatto per fornirgli alcune informazioni sull'iter dei fondi
ministeriali». A patto però che Dipiazza «non sostituisca il "no se pol", che
abbiamo spazzato via noi, con un "ghe pensi mi". Il sindaco non si limiti al
ruolo di "agente immobiliare". Così si rischia che vengano acquisite le aree
pregiate e che rimangano abbandonate le altre. Chi se ne farà carico allora?
Certo non il Comune, che dovrà per legge destinare i proventi delle alienazioni
all'Autorità Portuale per investimenti nelle infrastrutture dello scalo. Che
fine potrebbe fare un'area che nel tempo rimanesse con zone vitali a macchia di
leopardo?». «Le dichiarazioni di Cosolini circa la volontà di collaborare non
possono che farmi piacere - replica il sindaco - dato che da quando ho preso in
mano la "partita Porto vecchio" ho adottato un approccio di ascolto e di
condivisione con la città e con tutte le forze politiche. Avendo sempre lavorato
sia per le mie imprese che per la nostra città - prosegue Dipiazza - conosco
bene il rischio che si sarebbe potuto correre se la vendita degli immobili fosse
stata lasciata a se stessa, con la corsa degli investitori verso le aree più di
pregio. Abbiamo già pensato a questo: le aree saranno suddivise in lotti
verticali. Così i potenziali investitori se vorranno acquistare un magazzino
fronte mare, dovranno anche comprare quelli più interni per riqualificarli
secondo quelle che saranno le destinazioni d'uso che il Comune sta individuando.
Non ci sarà nessuna macchia di leopardo. I relativi indirizzi al piano
regolatore arriveranno entro la fine di luglio. Nell'apprendere con favore la
disponibilità a collaborare - conclude Dipiazza - informo Cosolini che abbiamo
fatto tradurre in inglese lo studio di E&Y».
Lilli Goriup
IL PICCOLO - MARTEDI', 12 giugno 2018
Trasporto pubblico: la fotografia - Corse affollate e
poche pensiline - I punti deboli della rete dei bus
Il trasporto pubblico di Trieste è riconosciuto in Italia come un caso di
eccellenza, ma esiste sempre spazio per miglioramenti e aggiustamenti. La città
è mutata rispetto alla programmazione originaria di Trieste Trasporti: sono
sorti nuovi insediamenti residenziali e commerciali non adeguatamente serviti,
alcune linee risultano poco frequentate in certe fasce orarie mentre
sovraffollate in altre, troppo poche le pensiline e le "biglietterie
automatiche" alle fermate di alcune zone, il servizio notturno carente. I
"parlamentini" delle sette circoscrizioni del Comune di Trieste hanno nel tempo
raccolto le segnalazioni dei cittadini in merito alle problematiche dei
trasporti pubblici e le hanno presentate nel corso dell'ultima seduta della
Terza commissione consiliare sui trasporti pubblici, con lo scopo di creare un
documento unico che possa essere impiegato in futuro dall'azienda per rimodulare
il servizio. Modifiche alle tratte delle linee - Le prime tre circoscrizioni
richiedono a gran voce, supportate dalle relative petizioni dei cittadini, un
maggior collegamento fra l'altipiano carsico e la città, generalmente con un
incremento delle corse delle linee 42 e 44 e in particolare per quanto riguarda
Opicina. Si domanda cioè un prolungamento delle corse della linea 38, con
l'attuale capolinea in via Bonomea davanti alla sede Sissa da traslare di circa
2 chilometri fino alla rotatoria all'incrocio tra via di Prosecco e strada per
Vienna, rendendo anche possibile l'utilizzo del mezzo pubblico nel tragitto
casa-scuola per gli studenti delle scuole elementari e medie di Opicina che
abitino in via Bonomea. Segnalata poi la necessità di mantenere la linea 2/
anche dopo l'ipotetica e agognata ripresa delle corse del tram, razionalizzando
il servizio con la 28 che condivide una buona parte del percorso in via
Commerciale, in quanto si tratta del collegamento più veloce e diretto tra
Opicina e il centro cittadino. Oltre a ciò, viene chiesto un prolungamento della
2/ di circa 1 chilometro fino al poligono di tiro Pikelc, dove sorge una zona
urbanizzata non adeguatamente servita dai mezzi pubblici. Inoltre, si punta al
ripristino del collegamento con la stazione dei treni di Opicina, come in
passato, mediante una deviazione della linea 39, almeno negli orari di
arrivo/partenza dei treni in transito sulla tratta internazionale tra l'Italia e
la Slovenia. Longera e Cattinara - Altra mancanza avvertita nella parte alta
della città, testimoniata da una raccolta firme pervenuta alla sesta
circoscrizione, è quella di un collegamento tra Longera e Cattinara, quartieri
raggiungibili a vicenda con l'impiego di almeno due autobus, in particolare per
la necessità di arrivare all'ospedale e alle scuole. Le corse affollate per
Barcola - Spostandosi sul lato costa, è ben noto il problema del
sovraffollamento estivo delle linee verso Barcola, per le quali si richiede,
anche attraverso una petizione, l'aumento della frequenza della 6 e
l'attivazione della 36 a partire già da aprile, per i primi "bagni" della
stagione. A Borgo San Sergio - Sul versante opposto della città, la settima
circoscrizione chiede che venga istituita una nuova linea 21/ o una deviazione
di quella attuale, in favore del centro postale di via Brigata Casale, e che si
ripristini la 21 festiva, perché le corse della 20 che la sostituiscono giungono
da Muggia a Borgo San Sergio troppo affollate. Lo stesso dicasi per la linea 19
"festiva", attualmente sostituita dalla 52. Inoltre, si domanda un prolungamento
dell'orario serale estivo della linea 13, per permettere di raggiungere gli
eventi in centro città. Più fermate a Campanelle - Infine, la quinta
circoscrizione segnala un problema in merito al capolinea della linea 33, al
campo da calcio di Campanelle, difficilmente raggiungibile dagli abitanti di via
dei Mirissa, costretti a percorrere una strada stretta e sporca per
raggiungerlo. Per cui, si chiede di aggiungere un paio di fermate. Pensiline e
non solo - Un altro aspetto delle richieste dei cittadini e delle circoscrizioni
riguarda le fermate dei bus. La terza circoscrizione richiede l'installazione di
panchine in via Stock alla fermata delle linee 8 e 5, vista la presenza di molti
anziani, e di pensiline in via Valerio e strada del Friuli, dove risulta
difficile ripararsi dal traffico. Le stesse criticità riguardano anche
Coloncovez, Raute e Altura, come segnala la settima circoscrizione, dove però si
avverte soprattutto la necessità di distributori automatici di biglietti, a
causa della desertificazione del piccolo commercio e della conseguente
difficoltà nel reperire titoli di viaggio in zona, problema avvertito anche a
Grignano e al bivio di Miramare, in piazzale 11 settembre e alla rotonda San
Pasquale.
Simone Modugno
La proposta - Tre "circolari" in orario notturno
Un discorso a parte merita la questione dei trasporti notturni, per la quale
è stata depositata l'anno scorso e successivamente approvata in Consiglio
comunale una raccolta firme sottoscritta da quasi duemila cittadini. Come spiega
Marco Pejatovic, primo firmatario della petizione, la proposta è flessibile e
soggetta ad approfondimenti da parte di Trieste Trasporti: si tratterebbe di
creare tre linee che nel fine settimana partirebbero dal centro e seguirebbero
un percorso circolare, per minimizzare i costi e massimizzare la copertura
territoriale. Una prima linea compirebbe il seguente tragitto: Oberdan -
Rossetti - Rozzol - Ferdinandeo - Cattinara - Altura - Borgo San Sergio. Una
seconda partirebbe da una piazza centrale (Oberdan o Goldoni) e raggiungerebbe
Opicina, passando per la zona universitaria e scendendo al ritorno per
raggiungere anche Roiano e Gretta. La terza e ultima linea collegherebbe il
centro con la parte oltre la galleria di piazza Foraggi, partendo da piazza
Goldoni e giungendo a Valmaura. Gli orari individuati a seguito del sondaggio
online sarebbero l'una e mezza e le due e mezza di notte.
(s.m.)
In arrivo tre milioni di km in più - La gara vinta da
Tpl Fvg Scarl prevede potenziamento dei tragitti e tratte rimodulate
Quasi seimila corse ogni giorno da 54 linee diurne, 67 milioni di passeggeri
e oltre 13 milioni di chilometri percorsi all'anno, un indice di gradimento
degli utenti sopra il 90%. Sono questi alcuni dei numeri che descrivono
l'attività di Trieste Trasporti, per la quale sono in vista una serie di
cambiamenti che potranno portare all'ulteriore miglioramento del servizio e
quindi anche alla rimodulazione delle tratte degli autobus in base alle esigenze
espresse dalla cittadinanza. La partita principale sarà in mano alla Regione.
Manca infatti poco alla firma ufficiale da parte dell'assessore regionale ai
Trasporti del contratto con l'azienda, in seguito all'aggiudicazione del bando
di gara da parte della Tpl Fvg Scarl, società formata dall'unione delle quattro
realtà che oggi gestiscono i trasporti nelle diverse province de Friuli Venezia
Giulia. Ciò dovrebbe avvenire entro l'estate e renderebbe operativo il contratto
a distanza di sei mesi, quindi prevedibilmente all'inizio del 2019. Tpl Fvg
Scarl si è impegnata in un aumento del chilometraggio, che passerà dagli attuali
40 milioni di chilometri a 43, a fronte di un minor finanziamento da parte della
Regione, da 132 milioni di euro a 120. In seguito alla contrattazione tra le
parti, ogni azienda locale porterà quindi a casa il suo contingente di
chilometri, in base ai quali ci potranno essere dei margini di modifica delle
attuali tratte. Nel corso della seduta della Terza commissione comunale sui
trasporti, il responsabile delle relazioni istituzionali della Trieste
Trasporti, Michele Scozzai, ha definito «preziose e legittime» le proposte in
materia raccolte dalle circoscrizioni, ma ha aggiunto che se l'azienda dovesse
accogliere tutte le richieste, provenienti anche dai singoli utenti, avrebbe
bisogno di un gran numero di mezzi e conducenti in più. «Negozieremo con la
Regione per capire quali potenziamenti siano percorribili e a quali condizioni»,
ha precisato Scozzai. In merito alle linee che viaggiano vuote in alcune fasce e
straboccanti in altre, Scozzai ha spiegato che dal primo luglio entreranno in
funzione i conta-passeggeri di cui sono dotati tutti i mezzi, utili per la
riprogrammazione della frequenza delle singole tratte. Nel corso della stessa
seduta, l'assessore comunale ai Trasporti, Maurizio Bucci, ha manifestato
l'intenzione di dedicare una seduta del Consiglio esclusivamente al trasporto
pubblico, ritenendo che la questione della rimodulazione dei servizi sia più
politica che tecnica, siccome sarà necessario sensibilizzare la Regione in
merito alle esigenze del territorio locale per ottenere dei margini di
cambiamento delle modalità attuali. Bucci ha infine precisato che né il Comune
né Trieste Trasporti hanno alcuna competenza in materia di pensiline, in quanto
esse sono parte di un contratto pluriennale firmato dalla defunta Provincia con
la società privata Amt Trasporti Srl, che le ha installate gratuitamente in
cambio della possibilità di gestire le inserzioni pubblicitarie su di esse.
(s.m.)
Biglietti self service - La piaga dei vandali
Ogni giorno 22 interventi di riparazione sulle emettitrici che in strada
vengono danneggiate da chi punta all'incasso
Al netto di tutte le migliorie che si possono apportare alle tratte degli
autobus, resta il fatto che una parte dei disagi legati ai servizi del trasporto
pubblico locale è purtroppo causata dalla maleducazione e dalla disonestà di
alcuni cittadini. Durante la seduta di commissione che ha visto le sette
circoscrizioni del Comune di Trieste portare una serie di temi all'attenzione di
Trieste trasporti, è emersa da più parti la necessità di riparare o installare
le emettitrici automatiche di titoli di viaggio, in particolare nelle zone poco
servite da rivendite commerciali. Le riparazioni - A questo proposito, il
responsabile delle relazioni istituzionali della Trieste trasporti, Michele
Scozzai, precisa che ogni giorno vengono eseguiti ben 22 interventi manutentivi
ordinari e straordinari alle "biglietterie automatiche", che vengono danneggiate
dai vandali con sistemi collaudati per potersi appropriare dell'incasso
attraverso l'impiego di spugnette o simili: sono inseriti nello scivolo per
bloccare l'ingresso delle monete e quindi per recuperarle in seguito. Anche per
combattere questo fenomeno, a breve verranno installate 72 nuove emettitrici
automatiche anti-omissione di nuova generazione, di cui le prime 25 già entro la
fine di luglio all'infopoint del Comune, in Riva 3 novembre e a Grignano. Queste
"parleranno" quattro lingue diverse, avranno uno schermo touch, un sistema di
videosorveglianza e uno di pagamento con carta di credito. Le soste vietate -
Un'altra piaga che ammorba le fermate degli autobus è quella rappresentata dalle
soste selvagge degli autoveicoli, che oltre a costituire un pericolo per i
passeggeri che sono costretti a salire o scendere direttamente sulla carreggiata
tra il traffico, impediscono soprattutto l'accesso alle persone con disabilità,
poiché non permettono l'attracco dell'apposita pedana mobile. Come precisa
sempre Scozzai, tutti i mezzi della Trieste trasporti sono dotati di una pedana
mobile per la salita e la discesa dei disabili e se essa non risultasse
funzionante allora il relativo veicolo sarebbe costretto a tornare nel deposito
per essere riparato. Le barriere architettoniche - Inoltre, a ostacolare il
transito delle persone con disabilità, ci pensa anche la struttura delle
fermate, che nella maggior parte dei casi sono affette dalla presenza di
barriere architettoniche. Infatti, il numero di fermate teoricamente idonee
all'accesso di persone con disabilità è di appena il 10% di quelle totali.
Nonostante ciò, il conducente può comunque decidere in autonomia di attivare la
pedana, valutando fermata per fermata, e la responsabilità di eventuali
incidenti viene demandata al direttore del servizio. Invece, per quanto riguarda
le auto in sosta sulle fermate dei bus, il conducente può solo limitarsi a
segnalare il disagio al centro radio della Trieste trasporti, il quale ha un
contatto costante con la polizia municipale di Trieste, che può quindi decidere
di intervenire.
(s.m.)
Decollo di Porto vecchio, il pressing dei big
Da Fedriga a Serracchiani: è l'ora delle sollecitazioni. Dipiazza
rivendica il suo operato: «Entro 90 giorni pronto il parcheggio»
Mentre il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza risponde all'inchiesta sul
Porto vecchio rivendicando il lavoro avviato finora, il dibattito sulla gestione
e sul recupero dell'antico scalo cittadino si amplia. Intervengono diversi
esponenti politici, a partire dal presidente regionale Massimiliano Fedriga e
dall'ex presidente Debora Serracchiani. A questi si aggiungono il capogruppo del
M5S Paolo Menis e l'ex sindaco di Trieste Roberto Cosolini, che ha indetto per
oggi una conferenza stampa sul tema. «Marciare uniti nel percorso di recupero di
Porto Vecchio è fondamentale per restituire non solo alla città di Trieste bensì
all'intero Fvg un'area importante dalle straordinarie potenzialità», dichiara
Fedriga. «Un percorso che la Regione seguirà da vicino, per i compiti a essa
assegnati dalla legge, assicurando il massimo impegno affinché i percorsi
amministrativi individuati vedano la luce nei tempi più brevi possibili. Auspico
infine - conclude Fedriga - che non si assumano posizioni strumentali e
contraddittorie rispetto a quanto una parte politica affermava fino a qualche
mese fa. L'interesse generale del territorio non può essere sacrificato
sull'altare di repentini cambi di rotta determinati dal colore di questa o
quella amministrazione locale o nazionale». Per Serracchiani serve «una visione
e una regia complessiva, altrimenti si rischia di andare avanti per decenni
trasformando un pezzo di città in qualcosa che va di volta in volta incontro
alle esigenze di un periodo. Bisogna pensare che quello deve diventare un rione
di Trieste, un'area compiuta e coerente dal punto di vista urbanistico e, forse,
architettonico, come fu per il Borgo Teresiano. Sono ancora dell'idea che, in un
progetto del genere, le strutture della Regione potrebbero essere di supporto -
continua l'ex presidente -. E, come accaduto con successo in altre città
europee, la strada di un grande concorso di idee, e una gara europea, mi sembra
quella che garantisce che le cose si avviino e vadano avanti in tempi
ragionevoli. E parliamo comunque di decenni. Preciso che non mi sfiora l'idea di
affidarmi all'estro di archistar che sperimentano le loro idee sulla carne della
città. Ma occorre una visione unitaria, un progetto e la vigilanza delle
amministrazioni e di tutte le autorità». Il sindaco Dipiazza decide invece di
rispondere al servizio del "Piccolo" su Porto vecchio attraverso un video su
Facebook. Il primo cittadino nel video espone i risultati già ottenuti - di cui
peraltro è stata data puntualmente notizia su queste pagine in passato - e dice:
«Adesso vi faccio vedere punto per punto quello che si sta realizzando per il
Porto vecchio: qui ci sono le ruspe e credo che entro 90 giorni avremo
completato la cosa più importante, che era il parcheggio». A questo, prosegue il
primo cittadino, seguirà la rotatoria. Dipiazza si sposta poi davanti ai
magazzini dove dovrebbe sorgere il cuore dell'Esof 2020: «Qui andremo a
realizzare il centro congressi, che è già partito. Sono già iniziati i lavori,
non dobbiamo appaltare. Lavori da 11 milioni di euro». Tocca poi al Magazzino
26: «Qui dentro viene fatto l'Immaginario scientifico, il Museo del mare, il
Museo dell'Antartide. Anche questo è in progettazione e praticamente è già
partito». Passa poi al Magazzino 20, «dove la Soprintendenza realizzerà una
scuola di restauro, queste sono le cose importanti del Porto vecchio». Poi tocca
ai magazzini della concessione Greensisam, che il sindaco dice essere già
venduta. Smentendo in questo caso quanto ha dichiarato al "Piccolo" lo stesso
assessore comunale al Patrimonio, Lorenzo Giorgi. Il quale sostiene che in
realtà al momento i magazzini sono nel piano di alienazione del Comune, ma la
gara deve ancora essere fatta. Infine il sindaco prende in considerazione anche
l'area per le startup di corso Cavour e il futuro parcheggio contiguo al Molo IV.
Così il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio comunale Paolo Menis: «È
necessaria una nuova progettazione completa dell'area, anche se poi si sceglie
di non venderla o darla in concessione a un unico soggetto». Quello che Menis
rimprovera a questa amministrazione «è l'avvio di progetti che non sono legati
da un unico filo logico». Aggiunge il capogruppo grillino: «Capisco l'emergenza
di un centro congressi per Esof ma non la confusione sul resto. Inoltre è
necessario trovare spazio per imprese che vogliono insediarsi e che potrebbero
richiedere di riattivare il regime speciale di Punto franco. E non posso
pensare, come dice Dipiazza, che il parcheggio sul terrapieno sia l'opera di
recupero più importante».
Giovanni Tomasin
LO "SDEMANIALIZZATORE" RUSSO - «Per giocare una sfida
internazionale serve rilanciare la società di gestione»
«Dotarsi di strumenti adeguati come la società di gestione significa non
sprecare la sfida di Porto vecchio». Francesco Russo è l'autore dell'emendamento
che ha permesso di sdemanializzare l'area. L'ex senatore Pd, ora vicepresidente
del Consiglio regionale, rilancia l'idea di una società che supervisioni il
recupero. Russo, che fine ha fatto la società di gestione? Credo sia il momento
favorevole per riprenderla. Con il sindaco avevamo valutato fosse opportuno
attendere che passasse il momento elettorale. Ora credo si possa e si debba
procedere speditamente. Ci sono tutte le condizioni. A che punto era l'idea?
Molto avanzato. All'epoca c'era già la disponibilità della Regione,
dell'Autorità portuale e anche di Cassa Depositi e Prestiti. Il Comune
rimarrebbe ovviamente il soggetto principale, in quanto titolare delle aree ad
esso spetta il 90% di onori e oneri. A cosa servirebbe la società? È
assolutamente necessaria per giocare la partita a livello internazionale. Fu
Cantone, appena approvato il mio emendamento, a suggerirmi di adottare gli
stessi strumenti utilizzati per l'Expo di Milano. Debora Serracchiani era
d'accordo. Lo sarà anche Massimiliano Fedriga? Credo confermerà la disponibilità
di Serracchiani. Sono temi su cui non esistono destra e sinistra. È stato così
con il cambio del sindaco e spero sia così anche con la Regione e il governo
nazionale. Potenziali partner privati della società. Quale profilo e quale
ruolo? Parliamo di una società pubblica che persegue interesse pubblico. Ma
Trieste, pur essendo piccola, ha realtà di profilo globale, scientifico ed
economico, che possono aiutare a vincere una sfida che per forza deve essere
gestita su uno scenario internazionale. Gli esperti parlano di un investimento
necessario tra i tre e i cinque miliardi. Queste risorse lo Stato italiano non
le ha. Bisogna quindi andare sul mercato degli investimenti internazionali.
Bisogna farlo con le professionalità adeguate, andando a copiare le migliori
esperienze di rigenerazione urbana. La presenza di grandi multinazionali a
Trieste è un valore aggiunto: io penso a una società con un management molto
snello e qualificato, affiancata però da un che vogliono bene a Trieste e che
possano aiutarci a parlare di questa grande opportunità in Cina come negli Stati
Uniti. Il sindaco Roberto Dipiazza in questi mesi si è mosso con diversi
interlocutori, seguendo la linea della distribuzione "a spezzatino" dell'area.
Io sono certo che con il sindaco Dipiazza condividiamo la necessità di avere un
disegno unitario. Fatto questo, è bene raccogliere subito le disponibilità e il
sindaco ha fatto bene. La società servirà a dare una cornice unitaria alle tante
dimostrazioni di interesse: oggi il Porto vecchio è il fronte mare più
appetibile del Mediterraneo. Bisogna gestirlo con strumenti adeguati.
g. tom.
Incontro Scoccimarro-Vito sull'ambiente - «Certi
progetti non hanno colore politico»
Incontro tra passato e presente ieri a Gorizia, dove l'assessore ad Ambiente
ed Energia del Friuli Venezia Giulia, Fabio Scoccimarro, ha incontrato il suo
predecessore, Sara Vito, che ha ricoperto l'incarico nella passata legislatura.
Scoccimarro ha voluto incontrare l'ex assessore in un'ottica di buona prassi
politica e istituzionale, sviluppando con Vito un colloquio all'insegna di
cortesia e disponibilità. «L'attuale governo regionale - ha evidenziato
l'assessore della giunta Fedriga - ha un'alta sensibilità ambientale sviluppata
attraverso un programma differente, per certi versi anche opposto (vedi Ferriera
di Servola a Trieste), da quello della giunta scorsa, ma ritengo che molti
progetti ambientali non abbiano colorazione politica. Ciò significa - ha
concluso Scoccimarro -che porteremo avanti i nostri senza preclusioni
ideologiche rispetto a quelli precedenti».
QualEnergia.it - LUNEDI', 11 giugno 2018
L’Italia è il paese in cui il diesel uccide di più: la
mappa
Elaborata una mappa con le cento zone urbane più pericolose d’Europa per
gli alti livelli di emissioni inquinanti causate dai veicoli a gasolio. Dati e
tendenze con riferimento alle concentrazioni di particolato fine e ossidi
d’azoto. (vedi
mappa interattiva)
Quali sono le aree urbane più inquinate d’Europa, quelle
con il maggior numero di morti premature dovute all’utilizzo di veicoli
“sporchi”?
Il giornalista Stefano Valentino, in collaborazione con l’European Data
Journalism Network, ha stilato la “lista nera” dei territori maggiormente
colpiti dalle emissioni nocive dei motori diesel, rielaborando i dati di due
rapporti usciti nel 2017, quello dell’International Institute for Applied System
Analysis (IIASA) e quello del Norwegian Meteorological Institute (MetNorway).
Nel suo articolo pubblicato su Eurobserver nell’ambito di una più vasta
inchiesta sullo scandalo dieselgate (vedi anche QualEnergia.it), c’è una mappa
interattiva che identifica le zone rosse dei diversi paesi europei, dove i
livelli d’inquinamento atmosferico sono più elevati. Secondo i due studi citati
dal giornalista, sarebbero circa 5.000, ogni anno, le vittime premature
imputabili alle eccessive concentrazioni di particolato fine (Pm 2,5) e ossidi
d’azoto nelle città, a loro volta causate dai propulsori diesel fuorilegge,
perché non rispettano i valori fissati dai test per l’omologazione. E oltre un
terzo di queste vittime annuali, spiega l’articolo, vive nelle conurbazioni di
pochi paesi, che contano nel complesso oltre 100 milioni d’abitanti. Parliamo
delle principali città in Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna e poi Olanda,
Belgio e Spagna. Proprio l’Italia, evidenzia l’autore della mappa, è la nazione
che conta più morti in assoluto da riferire presumibilmente allo smog cittadino.
Il nostro paese, infatti, include oltre il 40% delle aree più rischiose per
quanto riguarda questa ben poco invidiabile classifica. Al primo posto nella
mappa c’è il conglomerato urbano di Milano-Monza; anche Parigi, Monaco e Londra
sono metropoli con un numero di morti premature da inquinamento atmosferico
superiore alla media continentale. Ricordiamo che l’Italia, a maggio, è stata
deferita dalla Commissione Ue alla Corte di Giustizia, insieme ad altre cinque
nazioni – Francia, Germania, Gran Bretagna, Romania e Ungheria – perché ha
ripetutamente superato i valori-limite di sostanze nocive presenti
nell’atmosfera delle grandi città. A gennaio, Bruxelles aveva concesso un ultimo
avvertimento a questi paesi, chiedendo misure “credibili, efficaci e tempestive”
per migliorare la qualità dell’aria nei centri urbani, misure che però non sono
state prese o non hanno convinto appieno i commissari. L’Italia, inoltre, sempre
a maggio ha ricevuto da Bruxelles una nuova lettera di messa in mora per quanto
riguarda le emissioni delle auto, non avendo rispettato le norme continentali
sui test delle omologazioni (il caso specifico riguarda il gruppo FCA) e non
avendo inflitto le dovute sanzioni/penalità ai costruttori che hanno manipolato
i risultati delle prove. D’altronde, nei suoi rapporti, l’organizzazione
no-profit Transport&Environment ha segnalato l’enorme differenza tra i dati su
emissioni e consumi rilevati in laboratorio e quelli “reali” in condizioni di
guida su strada, tanto che sarebbero parecchi milioni i veicoli diesel
fuorilegge circolanti in Europa.
IL PICCOLO - LUNEDI', 11 giugno 2018
Emiri, archistar e masterplan - I 10 passi falsi su
Porto vecchio
Nonostante gli annunci a 2 anni dalla sdemanializzazione il rilancio non
decolla
Una sfilata di investitori russi, arabi, americani, che parevano sul punto
di staccare gli assegni e di cui ora, invece, si sono perse le tracce. Una
società di gestione che doveva nascere e non è mai nata, e i cui fondi di
partenza sono stati in gran parte dirottati altrove. E una macchina comunale
che, a dispetto degli sbandierati coinvolgimenti di architetti di fama
internazionale, si ritrova ora a dover gestire da sola una sfida di enorme
portata. Per la quale, peraltro, manca un piano d'insieme. Ecco la situazione
del Porto vecchio a due anni dalla sdemanializzazione, approvata con la legge di
stabilità del 2015. Da allora a Trieste si sono susseguiti annunci su annunci.
Progetti dopo progetti, che hanno creato molte aspettative e qualche delusione.
L'ultima polemica - sia detto per inciso - è legata alla decisione di ospitare
proprio nel parcheggio dietro al Magazzino 26 la discussa sfida acrobatica tra
truck e auto dell'"Extreme Stunt Show Live". Per il resto i risultato concreti
sembrano davvero pochi: il cambiamento della viabilità d'accesso all'area,
l'avvio del ragionamento sul centro congressi di Esof2020 e quello sul futuro
Museo del Mare. I nodi più cruciali, a partire dalla caccia agli investitori,
sono invece avvolti nelle nebbie. Per rendersene conto basta passare in rassegna
gli annunci degli ultimi due anni. 1 - Il Mercato ittico mancato. Un buon
esempio da cui partire è il trasferimento del Mercato ittico. Nell'estate del
2016 il sindaco Roberto Dipiazza disse che la struttura avrebbe traslocato al
Magazzino 30 del vecchio scalo nell'agosto del 2017. Ma alle porte dell'estate
2018 sgombri e sardoni continuano a essere venduti nel solito posto. Il
progetto, pur avviato dagli uffici del Comune, si è incartato e pare sia
destinato a restare in stasi fino a quando non si chiarirà il destino dell'area.
2 - La società di gestione. Al contempo, non si vede ancora traccia della
società che il Comune avrebbe dovuto costituire per dirigere lo sviluppo
complessivo. Ancora nei mesi scorsi il sindaco dichiarava che sarebbe stata
costituita, ma al momento la pratica è ferma da qualche parte nel ventre di
palazzo Cheba. Spiega l'assessore al Bilancio Giorgio Rossi: «Sì, sono stati
impegnati a bilancio dei fondi dati da Roma per costituire la società, ma non
sono mai stati utilizzati. Per il momento non si è concretizzato nulla». L'idea
della società di gestione nasce dal confronto fra il sindaco e lo
"sdemanializzatore" dem Francesco Russo, allora senatore e ora vicepresidente
del Consiglio regionale. Lo scopo dell'ente era principalmente quello di dare
una dimensione internazionale all'operazione Porto vecchio, con l'ausilio di
manager d'alto profilo e delle grandi realtà economiche del territorio e
nazionali. Erano state sondate Fincantieri, Wartsila, Illy Caffè, perfino Cassa
depositi e prestiti. Tutti soggetti potenzialmente interessati. E che vorrebbero
ancora poter partecipare a una simile impresa, come conferma anche Giuseppe
Bono: «Fincantieri rappresenta una realtà importante della Regione e della città
di Trieste - spiega l'amministratore delegato del gigante della cantieristica -:
se coinvolta, farà la sua parte, con un progetto industriale coerente con la
propria attività e con la nuova missione che si vorrà attribuire al Porto
vecchio». 3 - Il rebus finanziamenti. Ma a quanto ammontano i fondi messi da
parte per la società, quelli a cui fa riferimento Rossi? Inizialmente il governo
aveva stanziato un milione, affidato alla prefettura che, dopo una serie di
incontri tra Comune e Autorità portuale, li ha però poi dirottati in gran parte
su Esof2020. Il gruzzolo rimasto? Appena 200 mila euro. Una miseria rispetto,
per esempio, ai 50 milioni attesi dallo Stato per le operazioni di
infrastrutturazione dell'area e per vari interventi, dai musei all'Ursus. Soldi
che arriveranno, però, a patto di presentare per tempo i progetti delle varie
opere da cantierare. E certa, per ora, appare solo la partita da 23 milioni del
trasferimento del Museo del Mare. 4 - La trasferta dell'Icgeb. Anche il trasloco
di uno dei più importanti centri scientifici triestini è finito in formalina.
Almeno così sostiene il suo presidente Mauro Giacca: «Da quando è cambiata la
giunta comunale non ho saputo più niente. Ma da parte nostra resta la massima
disponibilità», dice. Tra i 50 milioni previsti dal governo per lo sviluppo
dell'area una decina doveva servire proprio al trasferimento dell'Icgeb. Peccato
che non siano sufficienti: «Le stime della Regione parlavano di una spesa
necessaria di 17-18 milioni di euro - spiega Giacca -. Quindi ne mancano sette o
otto». Essendo un organismo internazionale regolato da una legge Stato degli
anni Ottanta, l'Icgeb deve per statuto essere ospitato da uno spazio che lo
Stato gli concede gratuitamente: «Noi non possiamo accendere mutui, sicché
devono essere le istituzioni a farsi carico della cifra mancante - aggiunge
Giacca -. Per fare questo serve una volontà politica, mentre al momento mi
sembra che manchi un disegno complessivo per lo sviluppo del Porto vecchio». 5 -
Il futuro di Sèleco. Giacca non è solo. Il presidente di Sèleco Maurizio
Pannella si dice «basito e perplesso», dopo aver sentito il sindaco dichiarare
in tv quanto segue: «Mi sto battendo perché Sèleco non arrivi in Porto vecchio.
Volevano prendere un magazzino, invece la metteremo da un'altra parte». Commenta
Pannella: «Non ne so nulla. Nessuno ci ha detto niente, eppure il nostro approdo
in Porto vecchio è imminente. Una doccia fredda, tanto più che è stato il
sindaco stesso ad accoglierci». 6 - I tour delle archistar. Va ricordato poi il
ruolo degli architetti di grido nella vicenda. Un ruolo da comparse. Alla visita
illustrativa all'interno dell'antico scalo che il sindaco ha fatto con
Massimiliano Fuksas o all'interessamento di Mario Cucinella nulla è seguito.
Sarà che, come nel caso di Cucinella, insistevano sulla necessità di una regia
complessiva per l'operazione urbanistica. 7 - La sfilata degli investitori. Vale
poi la pena rivangare tutte le manifestazioni d'interesse, più o meno informali,
di cui è stato dato annuncio in questi anni. Nell'agosto del 2016 il sindaco
invia a Dubai il piano di riqualificazione delineato da Ernst & Young durante la
precedente amministrazione. «Per i potenziali investitori - annuncia - sarà
valutata, insieme all'advisor, la direzione da seguire. Proprio perché crediamo
nell'area del Porto vecchio quale volano strategico di sviluppo della città
abbiamo già spedito l'impostazione non ancora conclusa del Piano strategico a
Dubai per tastare il polso di potenziali finanziatori». Si puntava al recupero
di aspiranti investitori come la sezione di Dubai del gruppo Rnmjm architecture
e masterplanning. Che però non si sono mai materializzati. E non ci sono
soltanto i ricchissimi signori del petrolio. Nel giugno del 2017, durante un
forum al Piccolo, Dipiazza spiegava che il Porto vecchio «fa gola a russi e
americani». E nel novembre successivo, nel corso di un'intervista televisiva,
dava per imminente l'arrivo di un'azienda che opera nel settore della sicurezza,
pronta ad assumere duecento persone. Un bel colpo occupazionale, almeno in
teoria: ad oggi, non se ne è saputo più nulla. Nel frattempo la sfilata di
investitori interessati prosegue. Il mese scorso abbiamo scoperto che un gruppo
di investitori belgi e svizzeri ha messo gli occhi sul blocco di quattro
magazzini subito accanto ai cinque che sono in mano a Greensisam. Ma al di là
degli incontri e degli interessamenti, quali passi concreti sono stati compiuti?
Risponde l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi: «Per il momento non c'è nulla
di scritto. L'unico procedimento avviato è quello per la vendita dei magazzini
in concessione a Greensisam. Li abbiamo inseriti nel piano delle alienazioni del
Comune, avviando così la procedura per la loro messa all'asta. L'investitore c'è
già, ma trattandosi di un bene pubblico bisogna adottare questo strumento per
venderlo». E gli arabi, i russi, gli americani, i belgi, gli svizzeri, cosa
hanno comprato? Al momento niente. 8 - I finanziatori ignorati. C'è anche chi
non s'è trovato molto bene con l'ospitalità triestina. È il caso di Manfred
Siller, amministratore delegato della società austriaca Siller Real Estate,
interessato a un progetto complessivo per tutta l'area: «Nessuno ha saputo dirmi
finora se posso comprare l'area oppure no», spiegava nelle settimane scorse.
Viene da pensare che il problema stia nel fatto che le proposte di acquisizione
"in blocco" non piacciono all'amministrazione. Il sindaco sul Porto vecchio
punta dichiaratamente sulla vendita un pezzo per volta, e non sull'acquirente
unico. Un metodo che, però, suscita qualche perplessità negli addetti ai lavori:
il rischio è che lo "spezzatino" del Comune finisca per andare a scapito
dell'uniformità dell'area. 9 - La fine di Ernst & Young. A tal proposito è
scomparso dai radar lo studio Ernst & Young (commissionato dall'amministrazione
Cosolini e costato 170 mila euro), lo stesso che nel 2016 Dipiazza inviò a
Dubai. Una ricerca forse non rivoluzionaria, ma che almeno delineava
un'ipotetica zonizzazione complessiva del Porto vecchio. 10 - Niente masterplan.
Come ricorda l'architetto austriaco Peter Lorenz, in Europa i progetti di grande
riqualificazione urbana vengono sempre diretti da una cabina di regia unica (che
non comporta per forza un acquirente unico) con una direzione chiara imposta
dalle istituzioni, intese come espressione della cittadinanza. Qui invece si
registra un'assenza di coordinamento, giudicata preoccupante anche dalla nuova
soprintendente alle Belle Arti, Simonetta Bonomi. E c'è poi il timore è che gli
uffici comunali, già oberati dalle pratiche quotidiane e dalle carenze
d'organico, non abbiano gli strumenti sufficienti per affrontare una sfida dal
valore complessivo, secondo alcune stime, attorno ai 5 miliardi e di sicuro
respiro internazionale. Tanto più in un momento in cui l'area dell'Adriatico
orientale ridiventa una linea di faglia del mondo multipolare, e il confronto
fra l'Europa occidentale e le economie post-sovietiche trova nei Balcani un'area
di comune interesse. Un contesto spesso oscuro, in cui maturano ambizioni a
volte perverse. Lo stesso in cui, come ha sottolineato di recente anche il
procuratore della Repubblica Carlo Mastelloni invitando ad alzare la guardia,
«c'è anche il pericolo di infiltrazioni mafiose»
Giovanni Tomasin
Cellulari, bici, wc e persino una tesi recuperati dai
fondali
Oltre 200 i volontari impegnati nell'operazione Clean Water - Poi cani da
salvataggio protagonisti davanti alla Scala Reale
Molti rifiuti e nessun vero tesoro. Chi auspicava qualche scoperta
eccellente tra i fondali di Trieste ieri ha pescato solo cumuli di immondizie e
la puntuale conferma che il livello del degrado marino continua nella sua
ascesa. È quanto emerso al termine di Clean Water, l'ultimo atto di Mare
Nordest, la manifestazione a cura della Trieste Sommersa Diving organizzata in
collaborazione con il Comune di Trieste, progetto che da sette anni propone a
coronamento dei suoi lavori la pulizia dei fondali del golfo, operazione andata
in scena nell'area del Molo Audace, quest'anno sviluppata con una più stretta
collaborazione con AcegasApsAmga, che per l'occasione ha fornito un contenitore
scarrabile in prossimità dell'area, un supporto in grado di agevolare lo
smistamento dei rifiuti emersi. Una quindicina le sigle associazionistiche e
sportive presenti e oltre 200 i volontari in campo, di cui una buona metà in
veste di apneisti e subacquei, tra cui il neoassessore regionale all'Ambiente,
Fabio Scoccimarro. Il bottino annovera di tutto anche quest'anno e parla non
solo di rifiuti ormai "canonici", come i residuati della plastica (oltre un
centinaio di oggetti), del vetro (516 tra bottiglie e bicchieri) e le lattine
(64), ma anche di una trentina di cellulari, dell'immancabile sanitario wc, di
ben 14 ombrelli, uno scaldabagno, due biciclette, scarpe, copertoni da camion,
un tappeto, sette paia di occhiali, cavi elettrici, un carrello della spesa,
borsette e portafogli, piatti in ceramica, cartelli stradali, coni segnaletici,
un paio di carcasse di automobili e una marmitta. Non è tutto. Nella rete dei
volontari con bombole e boccaglio restano intrappolate altre vestigia
dell'inquinamento, peraltro bizzarre, come una dentiera, uno skateboard e
soprattutto una tesi di laurea, rigorosamente in doppia copia e redatta per la
facoltà di Psicologia. Quasi in odore di "villipendio" il resto della raccolta,
dove spiccano un gonfalone della città, una bandiera italiana e alcune mostrine
militari del Piemonte Cavalleria. Mare Nordest ha poi riproposto l'altro marchio
di fabbrica della vetrina prevista per l'epilogo. Si è trattato delle unità
cinofile di salvataggio, qui rappresentate dalla sezione regionale del Sics,
Squadra italiana cani salvataggio della Scuola italiana salvataggio. I cani
impiegati nel tratto della Scala Reale, una dozzina e per lo più Labrador e
Terranova, hanno lavorato con i loro assistenti prima in veste di "bagnini"
aggiunti a supporto dell'operazione di pulizia dei fondali e poi si sono
concessi all'esibizione, una simulazione - come sempre molto apprezzata dal
pubblico - sul recupero di persone in mare. Con la passerella dei cani di
salvataggio è calato il sipario ufficialmente sulla settima edizione di Mare
Nordest, progetto quest'anno approdato nell'inedito teatro della Centrale
idrodinamica del Porto vecchio e caratterizzato dal tema della sostenibilità e
della salvaguardia ambientale, spunto su cui gli ideatori della Trieste Sommersa
Diving pare intendano insistere in previsione del 2019: «Al di là del fermento
della pulizia dei fondali - così il presidente Roberto Bolelli - questa edizione
ha visto una certa partecipazione delle istituzioni, comunale e regionale, ma
anche dell'Istituto Nautico, della ricerca e delle associazioni ambientaliste.
Crediamo che Trieste sia sensibile al tema della sostenibilità e al valore di
progetti come il Parco navale. Continueremo su questa rotta». Ieri, poi, a
osservare gli appuntamenti finali di Mare Nordest anche i crocieristi delle navi
Costa Deliziosa e Mein Schiff 2, attraccate alla Marittima.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - DOMENICA, 10 giugno 2018
Manifestazioni - Mare Nordest saluta "pulendo"
Si conclude con la tradizionale pulizia dei fondali "Mare Nordest 2018". La
grande e spettacolare operazione "Clean Water" si terrà, a partire dalle 9.30,
con una partecipazione prevista di 200 persone tra apneisti, sub e volontari a
terra nello specchio di mare antistante piazza dell'Unità (tra la Scala Reale e
il Molo Audace). Alla conclusione delle operazioni, nella stessa area ma alle
12.30, seguiranno le sempre amate dal pubblico dimostrazioni di salvataggio in
mare con le unità cinofile della Scuola italiana cani di salvataggio Fvg.
Lo zoppolo e la pesca del tonno
Alle 10.30, al Museo del mare di via Campo Marzio 5, visita guidata con Walter Macovaz dedicata al tema della pesca in alto Adriatico. Dal mare di Santa Croce e di Canovella una caratteristica imbarcazione - lo zoppolo - serviva a stendere una rete per catturare il branco. Rete che poi veniva trascinata a riva e i tonni venivano raccolti a mano.
IL PICCOLO - SABATO, 9 giugno 2018
Ambiente:il report - In Friuli Venezia Giulia l'aria
più pulita del Nord -
La
qualita' dell'aria in FVG
TRIESTE - Un'aria tra le migliori d'Italia, di sicuro del Nord industriale.
Nonostante la Ferriera, lo spauracchio ozono e le criticità sulle polveri
sottili, confermate nella pianura occidentale tra il Veneto e il Tagliamento,
area in cui le caratteristiche climatiche sono simili a quelle della Pianura
Padana. Fabio Scoccimarro, al pronti via da assessore all'Ambiente, illustra
soddisfatto la relazione dell'Arpa sulla qualità dell'aria del Friuli Venezia
Giulia nel 2017, un quadro buono e rispettoso dei limiti di legge, spiega
entrando nel dettaglio il direttore generale Luca Marchesi, pur se in presenza
di un lieve peggioramento rispetto al 2016, principalmente dovuto alla
fisiologica variabilità delle condizioni meteorologiche. Marchesi usa grafici e
sintesi per fare il punto sugli inquinanti "normati", ovvero quelli per cui
esiste un limite di legge: «Complessivamente siamo rispettosi di quei limiti,
con due motivi di attenzione causa sforamenti, Pm10 e ozono, e un elemento di
rischio perché vicino al consentito, il benzopirene. Trattandosi di un
cancerogeno, è un osservato speciale». Nel dettaglio, il materiale particolato è
monitorato sia nella frazione più grossolana, Pm10, sia in quella più fina, Pm
2.5. Nel primo caso la relazione evidenzia una media annua ovunque inferiore al
limite di legge, sebbene con valori maggiori nel Pordenonese, lì dove le
condizioni meteo sono favorevoli al ristagno atmosferico. Andamento ormai noto
anche per quel che riguarda il numero di superamenti (non si dovrebbe andare
oltre i 50 microgrammi a metro cubo per più di 35 giornate), con valori oltre il
limite di legge in alcune zone della Bassa pianura e sempre nel Pordenonese, a
interessare una popolazione di circa 112mila persone. «Nulla di paragonabile a
quello che succede in Pianura Padana - precisa Marchesi -, ma il clima è
quello». L'Agenzia rileva 20 superamenti annui in piazza Carlo Alberto e 18 in
via del Carpineto a Trieste, 16 a Fossalon di Grado e 14 a Ronchi-Vermegliano in
provincia di Gorizia. Il Pm 2.5, il più pericoloso per la salute, è invece
rimasto al di sotto del limite di legge su tutta la regione (25 microgrammi per
metro cubo) ed è anzi già inferiore ai 20, parametro che entrerà in vigore nel
2020. Discorso a parte per l'ozono, che si conferma l'inquinante più critico in
Fvg, soprattutto a Udine. Questione anche in questo caso dipendente dal meteo: a
causa dell'elevata radiazione solare nel periodo estivo, su quasi tutto il
territorio la concentrazione di ossidante è elevata e superiore all'obiettivo di
legge a lungo termine. «Un problema europeo - si legge nella relazione dell'Arpa
-, che richiede pertanto risposte di tipo tecnologico e strutturale coordinate
tra diversi livelli di governo». Le carte parlano di 60 superamenti giornalieri
in un anno a Basovizza, 32 a Ronchi, 30 a Fossalon rispetto alla soglia massima
di 120 microgrammi al metro cubo come media su otto ore. Le concentrazioni sono
solitamente più basse nelle aree a maggiore densità di emissioni (aree
produttive, portuali e assi stradali) in quanto l'ozono viene ridotto da altre
sostanze. Su altri fronti le cose vanno meglio. Alcuni inquinanti vengono
definiti "dinosauri" perché in via di estinzione: dal monossido di carbonio al
biossido di zolfo. Abbondantemente sotto controllo anche il benzene, come pure i
metalli pesanti: arsenico, cadmio, nichel e piombo. Caso aperto rimane invece
quello dei livelli di benzopirene, inferiori ma prossimi ai limiti di legge su
buona parte della pianura e nei pressi dello stabilimento siderurgico di
Servola. «Le fonti sono sicuramente le attività industriali - fa sapere Marchesi
-, ma in alcuni contesti conta anche la combustione della legna a fiamma
libera». I caminetti, in sostanza. Quanto alla Ferriera, il dg, detto che l'Arpa
è in azienda una sessantina di giorni all'anno per i controlli, ribadisce che
l'impianto rispetta i paletti dell'Autorizzazione integrata ambientale, ma
Scoccimarro conferma a sua volta la linea del nuovo corso: «Per le scelte della
precedente amministrazione regionale, oggi lo stabilimento ha le autorizzazioni.
Ma, già prima di formare la giunta, ho condiviso con il governatore Fedriga
l'idea che le industrie fortemente impattanti non sono compatibili con lo
sviluppo del territorio e la qualità della vita dei cittadini. Senza fare guerre
di religione, sarà importante capire da qui in avanti quali siano le soluzioni
da trovare in modo da soddisfare tutte le parti. L'obiettivo è trovare intese
capaci di mettere d'accordo l'interesse dei cittadini e dell'imprenditore con
attenzione alla ricollocazione del personale, ovviamente nei tempi più possibile
brevi».
Marco Ballico
ARPA - Il neoassessore "blinda" il capo dell'agenzia
Marchesi supera indenne il primo atto dello spoils system. Scoccimarro:
«Squadra che vince non si cambia»
TRIESTE - «Squadra che vince non si cambia», dice Fabio Scoccimarro. Al suo
fianco c'è Luca Marchesi, il dg dell'Arpa scelto da Debora Serracchiani ma, a
quanto pare, confermato dal nuovo corso. Spoils system? Se ne parlerà la
prossima volta. Perché l'assessore all'Ambiente pare non avere dubbi: l'Agenzia
lavora bene e il suo "capo" merita evidentemente un nuovo contratto dopo quello
in scadenza a fine anno. «Si può anche cambiare allenatore, perché magari ci
litighi - insiste con la metafora sportiva Scoccimarro - ma, se vinci il
campionato, solitamente continui con lo stesso». Marchesi, da parte sua, non
alcun dubbio: «Qui mi sono trovato benissimo, abbiamo fatto un eccellente
lavoro, abbiamo portato Arpa Fvg sul podio, il prossimo giro arriviamo in
testa», dice il manager milanese classe 1965 nominato dalla giunta di
centrosinistra nel dicembre 2014. «Il bagaglio di esperienze maturato dal
neo-direttore è un valore aggiunto importantissimo, che consentirà un cambio di
passo verso un'Agenzia per l'Ambiente che sappia sempre più dialogare con le
realtà pubbliche e private, in un percorso di crescita green che sta alla base
dello sviluppo sostenibile che vogliamo per la nostra regione», disse allora
l'assessore Sara Vito. Proprio con Vito, Scoccimarro fa sapere che si incontrerà
nei prossimi giorni «in un'ottica costruttiva. Valuteremo le azioni positive in
essere per portarle avanti accanto alle nostre politiche ambientali perché
l'ambiente non è di destra né di sinistra ma è di tutti». Con Marchesi in sella,
l'intenzione dell'assessore in carica è di procedere alla redazione del nuovo
piano regionale della qualità dell'aria «che risale al 2012 e va rivisto e
adeguato ai tempi», oltre che di «dare ulteriore linfa all'attività dell'Arpa
introducendo nuove tecnologie e implementando l'informazione verso i cittadini e
le imprese». Un'Arpa, con i suoi 340 dipendenti, decisamente promossa, «spalla
importante del mio assessorato che impegna il 25% del bilancio destinato al
referato. Proprio con l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente -
prosegue Scoccimarro - dovremo lavorare vigilando sulle attività produttive al
fine di ridurre le loro emissioni, ma anche sostenendo un miglior utilizzo delle
risorse, in particolare quelle energetiche».
(m. b.)
L'inaspettata visita del capriolo nel centro di Muggia
MUGGIA - Scorrazzava tutto solo in via Roma, un po' impaurito e forse a
caccia di qualcosa da mangiare. Protagonista dell'ennesima incursione nel centro
cittadino è un capriolo maschio avvistato due sere fa da diversi residenti dopo
essere sceso lungo salita Ubaldini. Fortunatamente l'inusuale visita non ha
procurato problemi. Dopo aver trascorso qualche minuto in centro, l'animale è
tornato da dov'era arrivato per raggiungere i verdi colli muggesani. «Ci sono
due dati importanti: il capriolo è in diminuzione nel nostro territorio, ma allo
stesso tempo si sta sempre più avvicinando ai conglomerati urbani», racconta il
naturalista Nicola Bressi. Il capriolo sta trovando sempre meno spazi verdi in
Carso. «Nel bosco i caprioli incontrano altri animali, come cervi e cinghiali.
Con entrambi compete su alcuni tipi di cibo, inoltre i cinghiali sono soliti
predare i giovani caprioli. Tutti questi motivi comportano uno spostamento verso
altre zone sino ad arrivare nei centri abitati», dice Bressi. Muggia ha già
registrato diverse sortite in questi anni. A partire da alcuni caprioli
nuotatori, uno dei quali immortalato nelle acque davanti all'Hotel Lido.
Eclatante poi il caso del giovane capriolo maschio che una volta "beccato"
all'interno di una proprietà privata, decise di saltellare lungo una rampa di
scale entrando in una villetta bifamiliare, rifugiandosi nel bagno
dell'abitazione. Ma i caprioli costituiscono un problema? Bressi non ha dubbi:
«Sono animali meno invasivi rispetto ai cinghiali. Certamente mangiano le rose
dei giardini e non sono ben visti dagli agricoltori, soprattutto quelli che
lavorano con le viti. Le altre due questioni riguardano poi la sicurezza
stradale, ma anche i periodi in cui i caprioli maschi in calore possono essere
imprevedibili. Per il resto è un animale che non crea problemi all'uomo, ma che
in questo momento ha evidentemente bisogno di nuovi spazi».
Riccardo Tosques
ISTRIA - Rigassificatore, battaglia al Sabor
Contro la legge sull'impianto di Veglia 380 emendamenti. Protesta
ambientalista davanti al Parlamento
ZAGABRIA - Il Sabor, il Parlamento croato, è diventata la sede dello scontro
sul rigassificatore galleggiante da posizionare nelle acque che bagnano la
località di Castelmuschio (Omisalj) sull'isola di Veglia. Ieri le opposizioni
hanno presentato 380 emendamenti alla cosiddetta lex Lng, la normativa formulata
per snellire l'iter di realizzazione del terminal metanifero offshore,
finanziato dall'Unione europea con 100 milioni di euro a fondo perduto. Dei 380
emendamenti, 360 sono stati firmati dal Partito socialdemocratico, la principale
forza d'opposizione, che si è visto respingere il tentativo di sottoporre il
contestato disegno di legge a due letture, al posto dell'attuale procedura
d'urgenza decisa dall'esecutivo Plenkovic (Hdz). Il deputato e presidente dei
socialdemocratici, Davor Bernardic, ha invitato ieri l'esecutivo a ritirare la
legge sull'impianto isolano, così avversato a Veglia e nella Regione fiumana per
questioni finanziarie, ambientali ed estetiche.«Dovreste agire una volta per
tutte nell'interesse delle municipalità interessate e della Contea
quarnerino-montana - ha dichiarato Bernardic dall'emiciclo parlamentare - e non
impegnarvi a favore di lobby che guardano esclusivamente al profitto. La
popolazione, i politici, gli ambientalisti, i comuni di Veglia e la Contea
litoraneo-montana non vogliono il terminal galleggiante, bensì quello sulla
terraferma. Datevi una mossa e ascoltate le voci che arrivano dal Quarnero». Nel
corso della presentazione degli emendamenti, i socialdemocratici hanno diffuso
degli audio contenenti i pareri degli abitanti di Veglia sul rigassificatore
offshore, cosa che non è piaciuta agli esponenti della coalizione di
centrodestra al potere. Anche se non vi è ancora una conferma ufficiale, pare
che il voto sulla lex Lng si avrà al Sabor la settimana prossima. Nel contesto,
i regionalisti di Alleanza litoraneo-montana hanno dichiarato in conferenza
stampa che i deputati della regione fiumana favorevoli alla legge saranno
definiti tout-court dei traditori. Mentre i parlamentari si soffermavano sugli
emendamenti, di fronte al Parlamento si è tenuta l'iniziativa di protesta degli
ambientalisti di Azione verde: hanno esposto uno striscione in cui si ricorda
come 18.950 cittadini abbiano apposto la loro firma contro la presenza del
terminal offshore a Veglia. Ai deputati sono stati consegnati volantini in cui
si citano i danni sia all'ambiente marino provocati dalla nave metaniera, sia al
settore turistico. Intanto prosegue lo scontro fra il governo croato e la
sindaca di Castelmuschio, Mirela Ahmetovic. Secondo Zagabria, le autorità
centrali sono costantemente in comunicazione con i responsabili del comune
vegliota in merito al progetto Lng. «Frottole - ha replicato Ahmetovic - mi sono
rivolta tante volte al governo e al ministro dell'Ambiente, Tolusic, spiegando
gli svantaggi del rigassificatore in mare. Ho ottenuto risposte al contagocce e
mai esaustive».
Andrea Marsanich
Beni culturali: il caso - Il Museo mai nato a Grado
dieci milioni di euro nel nulla
GRADO - Naviga in alto mare il Museo Nazionale per l'Archeologia subacquea
di Grado. Dopo oltre vent'anni di intoppi e rinvii, qualcosa come dieci milioni
di euro - soldi pubblici - buttati al vento, e dopo decine di annunci di
prossima apertura finiti nel nulla, la data di inaugurazione del museo con il
suo prezioso contenuto di reperti archeologici recuperati dal fondo del mare non
è stata ancora stabilita. Motivo: un groviglio burocratico amministrativo che
sembra quasi impossibile da districare. E il Comune di Grado torna all'attacco,
dando mandato a un avvocato di avviare una procedura per avere indietro dal
Ministero l'edificio a suo tempo ceduto in comodato d'uso. Da parte sua, il Polo
Museale del Fvg, che ha ereditato dalla Soprintendenza l'ingombrante fardello,
tenta ancora di sbloccare l'impasse: il Polo ha appena varato una determina che
affida alla ditta Veniceplan di Mestre la verifica e la «validazione del
progetto riguardante la realizzazione del nuovo ingresso, l'abbattimento delle
barriere architettoniche e la revisione impiantistica», compresi biglietteria e
bookshop. In parole povere, spiega il direttore del Polo Museale, Luca
Caburlotto, «abbiamo affidato a una ditta la verifica della fattibilità di tutti
i progetti di adeguamento necessari prima dell'apertura». A cominciare dalla
realizzazione della zona d'ingresso, la pensilina esterna ma anche la
configurazione dello spazio di accesso e di accoglienza del pubblico. Tranne gli
impianti di condizionamento, nuovi di zecca, mai entrati in funzione e ormai
obsoleti. Prima di cominciare questi lavori la ditta incaricata dovrà verificare
la correttezza normativa, a fronte della cifra attualmente disponibile di
301.000 euro. Cifra che, spiega ancora Caburlotto, «copre sia i costi per
l'ingresso ora in verifica che l'allestimento del piano superiore, per il quale,
dati gli aspetti tecnici differenti, faremo subito una separata verifica». Ora
l'incaricata ha trenta giorni di tempo per dire la sua, dopodiché se nulla osta
una società edile già selezionata dall'Agenzia del Demanio potrà iniziare i
lavori. Tempi lunghi, comunque. E qualsiasi ulteriore intoppo rischia di
riportare la trafila al punto di partenza, come in un kafkiano gioco dell'oca.
«Stiamo facendo il possibile», sottolinea Caburlotto. Ma, evidentemente non
basta, e nonostante il protocollo d'intesa stilato fra Comune di Grado, Polo
Museale ed Erpac, la situazione sta raggiungendo di nuovo un punto critico. E il
Comune torna a lanciare l'ultimatum: «Daremo mandato a un avvocato - dice il
sindaco Dario Raugna - perché avvii la procedura per la restituzione della
struttura». «Così non si può andare avanti - continua Raugna - abbiamo provato
di tutto, offrendo la massima collaborazione prima alla Soprintendenza ora al
Polo Museale, anche per un'apertura parziale del Museo, ma senza esito; noi il
Museo lo vogliamo, serve alla nostra isola, tutti lo vogliono, e se il Ministero
non è in grado di farlo lo faremo da soli». Il sindaco punta senza indugi il
dito sull'amministrazione statale: «Ci siamo imbattuti in presunte irregolarità,
abbiamo chiesto un progetto per sanare la situazione, abbiamo avuto in cambio
tante promesse ma la situazione continua ad essere di stallo». Il quadro è
complesso, e l'impressione è che il carico di responsabilità sugli impicci
accumulati negli anni - sui quali potrebbe allungarsi l'ombra della Corte dei
Conti - sia tra le cause delle lungaggini e trappole burocratiche in cui è
finito il Museo. Del resto basta ricordare le tappe fondamentali della vicenda
per capire in che guazzabuglio è incastrato quello che potrebbe essere uno
straordinario centro di attrazione turistica e culturale. Tutto comincia il 6
dicembre del 1995, quando il Comune di Grado concede al Ministero per i beni
culturali l'edificio dell'ex scuola Scaramuzza in comodato d'uso per destinarlo
a Museo Nazionale di Archeologia Subacquea. L'idea è di allestire il museo con i
reperti archeologici provenienti dal mare, in particolare lo scafo e il carico
del relitto dalla Iulia Felix, nave romana del II secolo d.C. scoperta nel 1986
dal pescatore Agostino Formentin, a 16 metri di profondità sui fondali marini al
largo di Grado. L'edificio dell'ex scuola Scaramuzza affaccia sul Lungomare
Nazario Sauro, punto di passaggio per turisti e bagnanti, e la sua posizione di
fronte al mare lo rende un posto ideale per ospitare un museo in grado di
attirare frotte di visitatori anche dall'estero. Secondo l'Accordo di programma
in materia di Beni e attività culturali per il Fvg, stipulato tra Ministero
dell'economia e delle finanze, Mibac e Regione nel 2000, lo stabile sarà
sottoposto a un pesante restauro per adeguare l'edifico all'uso museale, con lo
stanziamento di fondi statali e del Cipe. I lavori, affidati in gran parte
all'impresa Clocchiati di Udine, partono a spron battuto. In corso d'opera però,
vengono decise varie modifiche interne, mentre solo a scafo recuperato dal fondo
del mare - per altro a pezzi e non intero come si pensava in principio -, si
comincia a pensare al come collocare il prezioso relitto. Scoprendo così, fra
l'altro, che la sala prevista è troppo piccola per un'adeguata esposizione della
nave. Nel frattempo il costo complessivo dell'operazione di archeologia
subacquea più la ristrutturazione del museo, ha raggiunto la bella cifra di
dieci milioni di euro. Ma altri fondi servono per gli adeguamenti. E a questo
punto si ferma tutto. Di promessa in promessa sulla prossima apertura del museo
passa il tempo, finché nell'autunno del 2014 un gruppo di cittadini si ribella e
fonda il Comitato "OpenMuseum - per l'apertura del Museo di Archeologia
Subacquea di Grado", con l'intenzione di sensibilizzare le istituzioni sullo
stato di abbandono della struttura. Nelle more della polemica, l'allora
Soprintendente all'Archeologia, Luigi Fozzati, annuncia l'apertura di quella che
battezza "area operativa" all'interno del Museo, che prevede una biblioteca di
archeologia subacquea e navale, una sala riunioni, un archivio, gli uffici degli
archeologi, un'aula per il primo trattamento dei reperti subacquei recuperati,
un magazzino, persino una foresteria. Direttore del Museo viene nominato
Domenico Marino. È un tentativo di mettere in moto qualcosa, ma l'iniziativa
naufraga presto nel nulla. Nel novembre del 2015 l'allora commissario
straordinario di Grado, Mauro Kovatsch, codice civile alla mano fa un passo
ufficiale presso il Ministero per chiedere indietro l'edificio del museo,
essendo venuto meno il vincolo "dell'uso indeterminato". E lancia un ultimatum:
se entro il primo maggio del 2016 il museo non verrà aperto «il contratto di cui
trattasi sarebbe da intendersi "risolto di diritto per inadempimento"». Si tenta
allora la via della mediazione con la stipula di un protocollo d'intesa tra Polo
Museale Fvg, Erpac e Comune di Grado per attività di valorizzazione del Museo.
Scopo: documentare, studiare e promuovere tutti insieme il patrimonio
archeologico del Museo, anche attraverso mostre e programmi comunitari. La data
di apertura è spostata all'estate 2017, un anno fa. Ma nulla avviene. E adesso
il Comune di Grado rilancia l'ultimatum: ridateci il museo.
Pietro Spirito
I ritrovamenti - La Iulia Felix, nave di tesori
La nave romana Iulia Felix che dovrebbe essere ospitata nel Museo di
Archeologia subacquea dell'Alto Adriatico di Grado è un reperto eccezionale: la
nave trasportava un carico di alimenti (pesce in salamoia) e frammenti di vetro
da riutilizzare destinati agli artigiani della vicina Aquileia. Negli scavi
successivi a bordo furono ritrovati anche alcuni manufatti, tra i quali due
teste bronzee di Poseidone e di Minerva (foto), un impianto in piombo per
alimentare di acqua fresca le vasche che trasportavano pesce vivo, una scoperta
unica nella storia dell'archeologia subacquea. In attesa della sistemazione
definitiva, i resti della nave sono stati collocati in un locale esterno
utilizzato inizialmente come laboratorio per il consolidamento del legno, chiuso
con una tettoia ma completamente privo di impianto di climatizzazione lasciando
il prezioso legno al freddo invernale e all'umidità.
Gli studi - Ricostruzione perfetta
Tra i reperti già pronti per essere esposti al Museo di Archeologia
subacquea di Grado c'è la ricostruzione a grandezza naturale della sezione della
Iulia Felix con il suo carico di anfore e vetro da riciclare. La ricostruzione è
stata realizzata dall'Erpac - Servizio catalogazione, formazione e ricerca, così
come l'analisi, lo studio e la catalogazione dei materiali organici e inorganici
del carico della nave. La riproduzione, esposta fino al maggio scorso alla
mostra di Trieste "Nel mare dell'intimità", e realizzata a cura della
responsabile dell'Erpac, Rita Auriemma (foto), Dario Gaddi, Carlo Beltrame, è
stata progettata dal maestro d'ascia chioggiotto Gilberto Penzo ed eseguita nel
cantiere nautico Casaril di Venezia. «È una ricostruzione quasi perfetta della
sezione trasversale - ha detto Penzo -, l'esattezza storica è curata sin nei
minimi dettagli».
Al via "Mare Nordest" per una nuova sensibilità
ambientale
Il valore della ricerca, l'importanza di una nuova cultura sociale a tutela
dell'ambiente marino. Studio e sostenibilità sono le rotte scelte quest'anno da
"Mare Nordest", il progetto targato Trieste Sommersa Diving e organizzato in
collaborazione con il Comune di Trieste che ha aperto ieri i battenti della sua
settima edizione in occasione della "Giornata Mondiale degli Oceani", vernice
avvenuta nell'inedita sede della Centrale Idrodinamica del Porto Vecchio. Il
quadro politico - con la presenza dell'assessore comunale Serena Tonel e del neo
assessore regionale Pierpaolo Roberti - il mondo delle scuole (Bruno Zvech con
l'Istituto "Nautico" e alcune classi del Liceo "Preseren") e Luca Sancinio,
Comandante della Stazione Marittima di Trieste, hanno caratterizzato la platea
del primo dei tre giorni di lavoro previsti da "Mare Nordest", l'iniziativa
interamente dedicata alla cultura del mare che negli anni ha saputo promuovere
una serie di focus sulla storia, il turismo, lo sport, ma soprattutto sulle
tematiche che riguardano i possibili riverberi in campo occupazionale e gli
sviluppi nel campo della ricerca. Già, la ricerca. È stato il tema dominante di
ieri nell'intero arco della mattinata, spunto affidato alle relazioni della
biologa marina Paola Del Negro e della geofisica Silva Ceramicola, una carnica e
una bolognese, entrambe ricercatrici per l'Istituto Nazionale di Oceanografia e
Geofisica Sperimentale. Il quadro offerto dalle due studiose, attraverso un
linguaggio agile quanto incisivo, illustra la condizione globale
dell'inquinamento marino, un tema dettagliato alla luce delle problematiche
causate dai rifiuti scaricati dall'uomo e dal proliferarsi nei fondali delle
microplastiche, sostanze in grado di aumentare la tossicità nell'ambiente e di
intaccare inevitabilmente anche la catena alimentare. Qualche stima. Stando alle
cifre esposte da Paola Del Negro e Silvia Ceramicola, oltre il 90% dei rifiuti
si annida nei fondali, il 5% si deposita sulle spiagge e solo l'1% si palesa in
superficie. Ancora numeri, ancor più inquietanti, quelli che attestano che su
100 kg di pescato, 9 mediamente sono di rifiuti. Le soluzioni? Svolta culturale,
educazione ambientale che non si limiti alla teoria e segua la regola delle "R",
ovvero Ridurre, Riutilizzare e Riciclare. «Il mare è sempre stato il motore
della ricchezza per Trieste - ha suggerito l'assessore Serena Tonel - e la
presenza di numerosi istituti scientifici consente di fare massa critica nel
trovare soluzioni per la sostenibilità e innovazioni». L'assessore Roberti ha
posto l'accento sul progetto del Parco Navale, ritenendolo «una significativa
opportunità a impatto ambientale zero, in grado di fornire sviluppi economici e
turistici». Oggi "Mare Nordest" replica, con lo stage per giornalisti, aperto
anche al pubblico (10.30-12.30) "Come migliorare il modo di comunicare il mare",
alle 16 la presentazione del libro Palombiro di Leonardo D'Imporzano e alle 18
le premiazioni del Trofeo di fotografia subacquea "Memorial Genzo".
Francesco Cardella
Mediterraneo e migrazioni i temi dell'Osce
La riunione in città degli ambasciatori dell'Organizzazione. «La scelta
di Trieste non è stata fatta a caso»
«La scelta di Trieste non è stata fatta a caso, volevamo mostrare che il
Mediterraneo è molto più vicino di quanto voi pensiate». Ha esordito così ieri
mattina, nel palazzo della Prefettura, l'ambasciatore Alessandro Azzoni,
presidente del Consiglio permanente dell'Organizzazione per la sicurezza e la
cooperazione, in visita a Trieste per l'annuale viaggio informale organizzato
dal Paese che detiene la presidenza dell'organismo, l'Italia quest'anno, assieme
a una quarantina di ambasciatori e una decina di funzionari arrivati da Vienna
in bus. «Quando abbiamo pensato a dove fare un evento che riguardi Mediterraneo
e migrazioni, per me è stata la prima città da indicare - ha affermato -. Ho
iniziato a parlarne con due amici di vecchia data, il prefetto Annapaola Porzio
e il colonnello Daniel Melis (presente anche ieri, ndr). Abbiamo avuto una
fantastica accoglienza e il programma lo abbiamo stilato assieme a Comune e
altre istituzioni». Mediterraneo e immigrazione dunque alla base della sessione
plenaria che ha coinvolto la delegazione ieri mattina all'hotel Savoia. Temi di
cui il Consiglio, che si riunisce una volta a settimana a Vienna, discute ormai
da tempo, anche in questo delicato periodo della politica italiana che, Azzoni
non lo nasconde, ha avuto dei riflessi sulla presidenza dell'Osce. «Siamo sempre
stati in estrema sintonia con il ministero degli Esteri e stiamo già discutendo
su come coinvolgere il nuovo governo. Ci sono stati alcuni momenti che non hanno
facilitato l'avanzamento di alcuni dossier, che hanno un aspetto politico
essenziale. L'incontro di Trieste è importante per noi per identificare gli
ambiti in cui l'Osce può fare qualcosa nel Mediterraneo senza pestare i piedi
alle altre organizzazioni internazionali, anche nell'ambito della gestione dei
flussi e della sicurezza, non solo dei migranti». Sulla cooperazione «ci siamo
confrontati su modi pratici e concreti di approfondire le relazioni con partner
asiatici e mediterranei - ha specificato l'ambasciatore Luca Fratini, vice
rappresentante del Consiglio permanente -. L'Osce già dispone di ottimi progetti
che spesso però vengono finanziati solo da una piccola parte di Paesi e in
misura modesta». A fare gli onori di casa il prefetto Porzio, che ha introdotto
gli ospiti nel palazzo del governo definendo il viaggio a Trieste «una scelta
illuminata». La città è in grandissima crescita e la sua collocazione la rende
un ponte verso l'Est Europa». Presenti per i saluti anche il presidente del Fvg
Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza e Manlio Romanelli per la
Camera di Commercio. E proprio Fedriga ha avanzato una proposta, condivisa anche
da Dipiazza, di far diventare questo vertice «un appuntamento costante a
Trieste». La delegazione poi, a bordo del Delfino Verde e assieme al primo
cittadino, ha percorso la costa, ammirando il Porto vecchio e Miramare. «La
nostra città - ha concluso Dipiazza - oggi ha fatto una bellissima figura».
Benedetta Moro
Incontri - La pesca del tonno e lo zoppolo
Domenica alle 10.30, al Museo del Mare di via Campo Marzio 5, si terrà una
visita guidata gratuita con Walter Macovaz dedicata al tema della pesca in alto
Adriatico. Per secoli gli abitanti della zona costiera da Barcola a Sistiana
hanno esercitato il duplice mestiere di contadini e pescatori. Da apposite
vedette posizionate lungo i terrazzamenti del ciglione carsico i
contadini-pescatori vedevano arrivare i banchi di tonni. Dal mare di Santa Croce
e di Canovella una caratteristica imbarcazione - lo zoppolo- serviva per
stendere una rete per catturare il branco. Rete che poi veniva trascinata a riva
e i tonni venivano pescati a mano.
IL PICCOLO - VENERDI', 8 giugno 2018
Parco del mare - Variante al Prg passata in aula - No
del comitato - IL PROGETTO
Porto Lido come futura sede del Parco del mare: con l'approvazione della
variante al Piano regolatore, da parte del Consiglio comunale nell'ultima
seduta, si avvicina l'ipotesi di collocare in quel sito la struttura alla cui
realizzazione sta lavorando da 14 anni il presidente della Camera di commercio,
Antonio Paoletti. Il percorso in aula, per arrivare all'approvazione della
variante, di cui è stata relatrice l'assessore Luisa Polli, è stato comunque
tortuoso, viste le perplessità espresse da più parti, in particolare da M5s e
Pd. In ogni caso, qualsiasi costruzione si realizzerà in futuro nell'area di
Porto Lido, essa non potrà superare i dieci metri di altezza. Polli ha fatto
proprio infatti l'emendamento presentato dalla capogruppo Fabiana Martini e dai
consiglieri Igor Svab e Valentina Repini del Pd, che va in tale direzione.
Bocciato invece quello del capogruppo M5s, Paolo Menis, che prevedeva
l'esclusione di Porto Lido dal testo della variante. Menis ha evidenziato che,
approvando la delibera, «la pianificazione su Porto Lido, con la possibilità di
costruire in quell'area il Parco del mare, di fatto è rimandata all'Autorità
portuale, togliendo al Consiglio comunale la possibilità di intervenire».
Roberto Cosolini (Pd) sottolinea che «con questa variante, il Parco del mare è
cantierabile. Ora aspettiamo di conoscere i finanziatori privati - ha aggiunto -
e comunque sulla localizzazione del Parco avevamo suggerito piuttosto il Porto
vecchio, area più che valida, visto che è adeguata per ospitare il futuro Centro
congressi». Polli, per precisare la situazione sotto il profilo tecnico, ha
affermato che «il Piano regolatore è uno strumento generale e astratto, non
prevede progetti specifici. Il Parco - ha proseguito - non è citato nel testo
perché lo strumento è a disposizione di tutti». Un nuovo secco "no" alla
costruzione del Parco a Porto Lido arriva intanto dal Comitato "La Lanterna"
che, in un comunicato, definisce tale ipotesi «rischiosa e tutt'altro che
innovativa. Scartiamo la collocazione in quel sito - continua il testo - mentre
è il Porto vecchio l'unica destinazione plausibile».
(u.s.)
Centro tutto esaurito per scooter e motorini - E le
multe aumentano
I parcheggi non coprono la domanda del mondo a due ruote - Fioccano soste
selvagge e sanzioni. Richieste «soluzioni»
I parcheggi per scooter e motorini in città non sono sufficienti. Crescono
di conseguenza le soste selvagge e la rabbia di chi li guida, mentre la caccia
al posto libero si fa sempre più complessa e fioccano le multe, quasi 6 mila lo
scorso anno, in aumento nei primi mesi del 2018. Da anni il problema è costante
a Trieste e gli stalli aggiunti negli ultimi mesi non sono riusciti a soddisfare
le esigenze del popolo delle due ruote. Secondo gli ultimi dati resi disponibili
dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, i motocicli immatricolati
nella provincia di Trieste sono più di 48 mila. Erano 41 mila nel 2013. Per chi
si muove con lo scooter il momento più critico della giornata è al mattino. Chi
si dirige in centro quotidianamente si prepara a una dura lotta, perché gli
spazi a disposizione, anche nei parcheggi più grandi, si esauriscono in modo
molto rapido. Già attorno alle 8 sono saturi, stesso copione dal primo
pomeriggio, e per chi lascia il proprio mezzo in divieto, la brutta sorpresa
arriva spesso, sotto forma di multa. Nel 2017 le contravvenzioni che hanno
colpito cicli e motocicli sono state 5.791. E i primi mesi del 2018 mostrano un
trend in crescita: a gennaio gli agenti della Polizia locale hanno emesso 506
multe, 413 in febbraio, 423 in marzo e 486 in aprile, per un totale di 1.703,
con un +10% rispetto allo stesso periodo del 2017. «Non c'è una zona dove le
multe sono state particolarmente numerose - spiega il vicesindaco Paolo
Polidori, che in giunta detiene la delega alla Polizia locale - ma tutto il
centro è interessato dalle sanzioni. Molto dipende dalle condizioni
atmosferiche, se un mese ha più giornate all'insegna del bel tempo ci sono più
veicoli in circolazione e di conseguenza aumentano anche i posti irregolari e le
contravvenzioni». Tra i triestini i malumori sono diffusi da tempo, c'è chi ha
deciso di recarsi al lavoro anche mezz'ora prima dell'orario di inizio, per
evitare gli infiniti tour alla ricerca del posto libero, e chi si dedica a
lunghe passeggiate, dopo aver lasciato il mezzo in punti più periferici, come
Campo Marzio. Tra le zone traboccanti di scooter e motorini viene segnalata
piazza Oberdan, sotto i portici davanti alla scuola, dove le linee disegnate sul
pavimento spesso non vengono rispettate. Difficoltà anche in largo Panfili, dove
i mezzi lasciati sulle curve ogni tanto non permettono alle auto di girare. E
anche le realtà che raggruppano appassionati di cicli e motocicli sottolineano
il problema. «Trieste è una delle città italiane con più due ruote in assoluto -
ricorda Roberto Crociani, nel direttivo del Vespa Club - e questo ormai è un
dato di fatto da tempo. Il centro è pieno, io lavoro in via San Lazzaro e dalle
8.30 alle 13, e dalle 15.30 in poi, è impossibile parcheggiare, sono gli orari
di negozi e molti uffici. E così è lo stesso per altre vie. Ma non è facile
trovare una soluzione». Considerazione simile per Franco Damiani di Vergada,
presidente onorario del Moto Club Trieste. «Non possiamo pretendere troppo -
dice -, bisogna pazientare perché siamo in una città con un centro storico e una
conformazione che non prevede ampi parcheggi da destinare alle moto e agli
scooter. Certamente la mancanza di spazi si sente, la percepiamo tutti e si
resta sempre perplessi quando per andare in centro non si trova nemmeno un
posto, pur girando tanto. Magari uno va al lavoro, sopporta pioggia o altri
rischi con il suo mezzo ma non riesce a lasciarlo in sosta regolare, con il
pericolo pure della multa. Forse una soluzione - suggerisce - sarebbe quella di
sacrificare ancora qualche via ai parcheggi ma siamo tutti consapevoli che
comunque non basterebbe». Anche Michele Pianigiani, membro del club che raduna
gli amanti delle Lambrette, è sulla stessa linea di pensiero. «È un problema
diffuso, molto evidente, se vado dopo le 8.30 in centro non trovo un posto
libero, forse solo lasciando il mezzo vicino alla stazione o accanto a Eataly,
ma a quel punto - spiega - se scegli un mezzo veloce per andare in città lo
spostamento non diventa più agevole. Inoltre alcuni parcheggi nuovi risultano
inutili e spesso vuoti, come quelli alla fine di via Marconi. E i disagi si
ripercuotono anche sulle auto, perché gli scooter si infilano tra le vetture
parcheggiate, dando fastidio e creando malumori tra gli automobilisti»
Micol Brusaferro
Un piano per 500 nuovi stalli
L'annuncio di Polli: «Ne sono stati previsti 300 in città e 200 in
periferia»
«Sono 500 i nuovi posti per gli scooter che verranno inseriti, frutto di una
serie di ordinanze partite già un anno fa. Certo, non serviranno a coprire il
totale fabbisogno, ma saranno comunque utili a snellire un po' la situazione
attuale». Così l'assessore comunale all'Urbanistica Luisa Polli annuncia i nuovi
parcheggi, 300 destinati al centro cittadino e 200 alle periferie. Tra quelli
già disegnati di recente e altri che saranno realizzati a breve, sono
interessate le vie Revoltella, Strada del Friuli, piazzale de Gasperi, viale
Miramare in due punti, e ancora Valmaura, via Molino a Vento, via Schiapparelli,
via Battisti e via Rittmeyer. Per quanto riguarda il centro in particolare due
gli spazi anticipati dall'assessore. «Inseriremo alcuni parcheggi vicino la
chiesa serbo ortodossa, dove c'è un'area libera, che può prestarsi a questa
esigenza, in una zona dove c'è grande fame di posti, dove la richiesta è
altissima. E poi sono previsti da 40 a 60 stalli nuovi sulla bretella che
collega largo Santos alle Rive, accanto all'area del Molo IV, ma a ridosso degli
edifici, dove adesso si trova una lunga fila di panettoni di cemento. Serviranno
sicuramente a rendere meno caotico il parcheggio, sempre pieno, davanti al
Miela». E proprio quel sito, di proprietà del Comune di Trieste, viene segnalato
nelle ultime settimane dai centauri per la confusione di mezzi, che talvolta
restano anche bloccati, vista la mancanza di linee disegnate a terra che
disciplinano la sosta. «Volutamente non sono state fatte - spiega Polli - per
consentire un utilizzo completo della superficie, creare stalli precisi avrebbe
comportato una capienza minore. Certo, ci si appella sempre al buon senso di chi
parcheggia, per evitare che si formino ingorghi». E se quel tratto è preso
d'assalto ogni giorno da tanti mezzi, non è così per lo spazio davanti al Silos,
distante solo un centinaio di metri, dove i posti liberi sono sempre parecchi,
ma che risulta scomodo o troppo lontano per chi si deve dirigere nel centro
cittadino. «Proseguiremo comunque con la creazione di nuovi spazi, altri saranno
creati ancora a Barcola, si fa il possibile, consapevoli però che il numero di
scooter presenti a Trieste sarà sempre di gran lunga superiore alla capienza».
(mi. b.)
Ore 8: il posto è un miraggio - Giri a vuoto per
mezz'ora
Alle 7.30 parte la ricerca di un "buco" dove riuscire a sistemare il
veicolo - Ma la caccia di chi si reca al lavoro di mattina presto porta in
fretta al pienone
Alle 7.30 del mattino trovare un posto libero per lo scooter è già
un'impresa ardua, che diventa quasi impossibile tra le 8 e le 8.30. Chi lavora
in centro lo sa e ormai è rassegnato all'idea di compiere innumerevoli giri
prima di trovare uno spazio libero. Sempre che il posto poi lo si trovi.
Altrimenti si opta per il parcheggio irregolare, sperando non arrivi la tanto
temuta multa. Sono le 7.30, molti uffici stanno per aprire, tra poco anche
negozi e altre attività. La ricerca spesso inizia dalle vie attorno a piazza
dell'Unità d'Italia. Tra via Diaz e via dell'Orologio i pochi stalli a
disposizione hanno appena accolto uno sciame di scooteristi, con il risultato
che la zona è ormai off-limits. Dietro al Municipio tutto esaurito, fin
dall'inizio di via del Teatro Romano, meglio invece non sostare in largo
Granatieri nelle ore in cui il parcheggio non è libero: anche per i motocicli
qui è richiesto infatti il permesso, che va esibito sempre, pena la sanzione. Ci
si sposta più avanti, sempre sulla stessa strada ed ecco ancora file e file di
scooter già posizionati, fino all'incrocio con corso Italia, dove una linea con
pochi stalli si amplia ogni giorno, accogliendo parecchi mezzi anche fuori dalle
righe e quindi a rischio sanzione. Una soluzione possibile potrebbe rivelarsi
piazza Benco, a metà del corso, ma anche qui un posto libero resta un miraggio,
mentre dalla parte opposta, su via Santa Caterina, qualche centauro esasperato
probabilmente dalla ricerca vana, ha lasciato la sua due ruote sulle strisce
pedonali. Si prova a tornare verso il centro, tappa in via San Lazzaro, che
raccoglie un altro grande bacino di spazi per scooter. Niente da fare. Tutto
pieno, pienissimo, e a chiudere i ciclomotori parcheggiati ci sono pure alcune
auto, ferme come spesso accade all'inizio dell'area pedonale per caricare o
scaricare prodotti destinati agli esercizi commerciali della zona. Proseguendo
nelle strade vicine, su via Valdirivo e via Milano, la colonna di mezzi a bordo
carreggiata, regolarmente piazzati, è infinita. Qualcuno, addirittura lascia lo
scooter in seconda fila. Il prossimo tentativo sarà sul tratto finale di via
Genova, dove gli stalli sono tanti, decine e decine. Ma già imboccando la strada
da piazza Ponterosso si intuisce che anche questa volta l'avventura non sarà
destinata a una conclusione positiva. Scooter sono parcheggiati in divieto
sull'area di carico e scarico, sulle strisce e accanto ai tavolini del bar. La
conferma arriva pochi metri più avanti: non c'è più uno spazio libero. Sono le 8
e si va verso piazza Tommaseo, dietro il palazzo della Camera di commercio,
chissà che forse qui non ci sia ancora uno spazietto da riempire. Utopia. Non
solo i motorini sono già tantissimi, ma pure in questo caso "sforano" sulle
strisce pedonali vicine e in un caso un mezzo ha anche occupato lo spazio
destinato alle biciclette. Si ricomincia da capo, su per corso Italia, con uno
sguardo più attento girando su via Imbriani, dove gli stalli negli ultimi anni
sono aumentati, anche se non sono ancora sufficienti evidentemente per
soddisfare le richieste. Un altro giro attorno alle vie del Borgo Teresiano
risulta inutile, anche nelle stradine più defilate non si trova un buco. L'unica
soluzione, quando ormai sono passate le 8, è l'area davanti al teatro Miela,
anche se ormai la giungla di mezzi è già super affollata. Con un po' di fortuna,
infilando a fatica il motorino tra altri due, stando attenti a non bloccare le
vie di fuga e a non rimanere incastrati, l'agognato parcheggio è stato
raggiunto.
(mi.b.)
Traffico selvaggio davanti alla Svevo - Genitori in
allarme
Viavai di camion, auto veloci, verde per i pedoni troppo breve e soste in
doppia fila o sui marciapiedi: raccolte 400 firme
C'è grande preoccupazione nelle famiglie dei ragazzi che frequentano
l'istituto scolastico di via Svevo. Siamo infatti davanti a una delle arterie
più trafficate della città, dove nel recente passato si sono verificati diversi
incidenti, non ultimo quello di circa un paio di mesi fa, quando un anziano è
stato travolto da un'auto mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali.
Compiendo un sopralluogo sul posto, ci si rende subito conto dei pericoli, tra
l'intenso traffico mattutino dei camion, le auto che arrivano dalla curva in
prossimità dell'incrocio con via D'Alviano e proseguono a gran velocità sul
rettilineo, il semaforo di fronte alla scuola stessa il cui verde per i pedoni
dura molto poco e rende difficoltoso l'attraversamento di un'intera classe,
nonché la mancanza di un'adeguata segnaletica che metta in guardia chi guida che
da quelle parti ci possono essere degli studenti che passano. A tutto questo
aggiungeteci pure un gran numero di auto in doppia fila o sui marciapiedi,
perfino sui posti riservati ai disabili davanti all'ingresso principale
dell'istituto, che riducono ulteriormente gli spazi percorribili in sicurezza
dai giovani. Ragioni che destano insomma apprensione quotidiana nelle famiglie,
le quali hanno così raccolto quasi 400 firme per chiedere più sicurezza stradale
al Comune. La petizione è stata portata all'attenzione del Consiglio d'istituto
dal suo presidente, Pierpaolo Gregori, è stata presentata in allegato a una
mozione al Consiglio della Settima circoscrizione (Servola - Chiarbola -
Valmaura - Borgo San Sergio), venendo approvata all'unanimità, ed è quindi stata
trasmessa direttamente all'assessorato competente. «Non serve curare o
consolare, ma bisogna prevenire», è la filosofia di Barbara Bernardo, la madre
che ha avviato la raccolta delle firme nelle scuole assieme a Fabio Fannelli,
anche lui papà di un alunno della scuola e organizzatore dei tornei di calcio
della polizia in memoria di Giulia Buttazzoni, la studentessa del Deledda -
Fabiani morta in seguito all'incidente stradale di un anno e mezzo fa in via
Marchesetti. Come spiega la dirigente scolastica Marina Reppini, la soluzione
provvisoria che è stata adottata per ridurre i rischi è quella di far accedere
la mattina gli studenti dal parcheggio al cortile interno, così da evitare che
aspettino sul lato della strada. Ma la scuola rappresenta un punto
d'aggregazione per l'intero quartiere, poiché in essa si svolgono corsi di
musica e sportivi aperti alla cittadinanza, ed è quindi frequentata, più o meno,
fino alle 22. Tatiana Efimova, mamma di un altro studente della Svevo, è stata
suo malgrado testimone di ben tre incidenti verificatisi allo stesso
attraversamento pedonale, quello non regolato da semafori verso via Baiamonti,
tra i quali proprio quello che ha coinvolto l'anziano di cui si diceva. «Pochi
giorni fa - racconta Tatiana - ho deciso di accompagnare i bambini assieme alle
altre mamme, perché avevamo paura ad andare da sole, e, mentre attraversavo la
strada, un bus ha beccato una moto». Almeno in quell'occasione, non ci sono
stati feriti gravi. Renato Sirotich è il volontario che, durante l'ingresso e
l'uscita degli studenti, presidia proprio l'attraversamento "maledetto". «Non
rispettano assolutamente le regole della strada», afferma. Spesso, aggiunge, gli
automobilisti non si fermano nemmeno davanti alla sua paletta: «Pietà zero»,
assicura.
Simone Modugno
Torna la protesta anti-Tir a Sistiana
I residenti lamentano il comportamento dei "bisonti della strada" in
centro
DUINO AURISINA Arriva la bella stagione e, puntualmente, torna a farsi
sentire la protesta dei residenti di San Giovanni di Duino e di Sistiana nei
confronti degli autisti dei Tir che continuano a manifestare totale disinteresse
per la segnaletica stradale della zona. In questi giorni in cui il traffico
aumenta, per la crescente presenza di turisti, appare ancor più pericolosa la
condotta di chi, al volante dei cosiddetti "bisonti della strada", non esita,
uscendo per esempio dalla strada che dal vallone di Gorizia si immette sulla
"14", a poche decine di metri dall'abitato di San Giovanni di Duino, a
effettuare una sorta di inversione di marcia per dirigersi verso Sistiana.
Centro quest'ultimo che, nella bella stagione, vede la presenza di molti pedoni.
La regola impedirebbe ai Tir, ma in generale a tutti i mezzi pesanti, di
attraversare l'abitato di Sistiana, ma sembra che a questa piaga, nonostante le
ripetute lamentele dei residenti e dei pubblici esercenti di negozi, ristoranti
e pubblici esercizi del luogo, non si riesca a porre rimedio. Alcuni hanno
scattato foto piuttosto esplicite di camion che superano la linea bianca
continua in mezzo alla strada, che invadono la corsia opposta, che non
rispettano la segnaletica peraltro molto chiara della zona, ma invano. «Del
problema abbiamo interessato tutte le autorità competenti - dice il sindaco di
Duino Aurisina, Daniela Pallotta - a cominciare dal Prefetto di Trieste,
Annapaola Porzio. Speriamo di poter dare presto risposte esaustive».
(u. s.)
BULGARIA - Ok al piano per la centrale nucleare -
Semaforo verde al rilancio della costruzione dell'impianto di Belene, sul
Danubio
SOFIA - Semaforo verde per rilanciare la costruzione della seconda centrale
nucleare bulgara di Belene, sul Danubio. Il parlamento di Sofia ha dato
ufficialmente mandato all'esecutivo, e in particolare al ministro dell'Energia
Temenuzhka Petkova, componente del terzo governo Borisov, per riprendere il
progetto e realizzarlo in collaborazione con un investitore strategico basandosi
sulle leggi di mercato e senza una garanzia governativa. La risoluzione chiede
all'esecutivo di organizzare, coordinare e supervisionare i negoziati con
potenziali investitori e definire una procedura per la selezione di un
investitore strategico entro il 31 ottobre prossimo. Il controverso progetto
bulgaro-sovietico della centrale nucleare di Belene ha una lunga storia. I
lavori per la sua costruzione iniziarono negli anni Ottanta, in epoca comunista,
ma dopo la caduta del regime il progetto fu congelato. Fu rispolverato nei primi
anni del Duemila e nel 2006 Sofia siglò un contratto con la compagnia russa
Atomstroiexport per la costruzione di due reattori da mille megawatt ciascuno.
Nel 2012 però il primo governo di Boyko Borisov annullò il contratto. In
seguito, nel 2016 una sentenza della Corte d'arbitrato internazionale di Ginevra
impose alla Compagnia elettrica nazionale bulgara (Nek) il pagamento di un
risarcimento alla Atomstroiexport pari a circa 620 milioni di euro per i due
reattori già fabbricati. Nei giorni scorsi la Rossatom russa ha dimostrato
interesse per realizzare il progetto. Un altro candidato sarebbe la China
national nuclear corporation (Cnnc). Proprio la centrale di Belene è stata uno
dei temi al centro del colloquio che il premier Borisov ha avuto pochi giorni fa
a Mosca con il presidente russo Vladmir Putin. In quella occasione Borisov ha
infatti annunciato che «un secondo braccio di Turkish Stream», il gasdotto che è
andato a sostituire South Stream - ma con sbocco primario in Turchia e non sul
suolo europeo - «raggiungerà la Bulgaria», passando sotto il Mar Nero come
avrebbe dovuto fare proprio South Stream. E su un altro versante appunto il
portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov ha confermato l'intenzione da parte delle
due capitali di lavorare insieme anche sul progetto della centrale di Belene.
Eventi - Apre i battenti "Mare Nordest"
Apre "Mare Nordest": la manifestazione si terrà da oggi a domenica alla
Centrale idrodinamica del Porto Vecchio, con ingresso libero. Il programma: alle
10.30, apertura della manifestazione; alle 10.45, incontro su "Le
macroplastiche... Un viaggio nelle isole di plastica" con proiezione del filmato
"Le Meraviglie del mare" di Jean-Michel Cousteau e Jean-Jacques Mantello; alle
11.15, "Le scovazze in fondo al mar... alla scoperta degli ambienti marini
profondi dove la spazzatura è arrivata prima di noi" a cura di Silvia
Ceramicola; e alle 12.15, "Il plancton di plastica" a cura di Paola Del Negro.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 giugno 2018
Pioggia di ricorsi al Tar per annullare l'accordo sulle
aree inquinate
Diciassette aziende tra cui Colombin e Facau immobiliare fanno causa al
Comune per le bonifiche nei terreni ex Ezit
La bonifica in zona Ezit è un fantasma che ancora si agita irrequieto tra le
strade e i capannoni della periferia meridionale triestina. Capace anche di
arrivare nell'aula del Tribunale amministrativo in piazza Unità. Ecco l'incipit.
Correva il 25 maggio 2012 quando apposero il loro autografo il ministro
dell'Ambiente Corrado Clini, l'assessore regionale alle Finanze Sandra Savino,
il presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, il sindaco di Trieste
Roberto Cosolini, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, il presidente
dell'Autorità portuale Marina Monassi, il presidente dell'Ezit Dario Bruni.
Firme trasversali. Sembra trascorso un secolo, ma sono solo sei anni: da allora
tutte quelle cariche sono cambiate e un paio di enti sono stati soppressi. Si
trattava dell'accordo di programma intitolato "Interventi di riqualificazione
ambientale funzionali alla reindustrializzazione e infrastrutturazione delle
aree comprese nel Sito di interesse nazionale di Trieste". Pareva poter
sbloccare una questione che durava da una decina di anni e che di fatto aveva
incartato l'area produttiva del territorio. Nonostante l'ampio fronte dei
firmatari, a qualche diretto coinvolto il contenuto dei 18 articoli, nei quali
si articolava il documento, non piacque, tanto che presentò ricorso al Tar Fvg.
Nella convinzione che «l'accordo di programma e il Piano di caratterizzazione,
che ne costituisce il presupposto, conterrebbero varie previsioni viziate ed
illegittime, e gli stessi potrebbero arrecare pregiudizio agli interessi delle
aziende ricorrenti». Nell'aprile 2014, un paio d'anni dopo la sottoscrizione
dell'atto, furono Facau Immobiliare srl, 3D Immobiliare srl, Colombin & figlio
srl a chiedere così l'annullamento dell'accordo. Quattro anni più tardi - siamo
nel maggio 2018 - la giunta del Comune triestino, con una raffica di tre
delibere portate dall'assessore Maurizio Bucci, ha deciso di costituirsi in
giudizio a tutela di quella firma che venne apposta da Roberto Cosolini. Se ne
occuperà l'avvocatura comunale. L'amministrazione non ha cambiato idea per tre
ragioni che le tre delibere naturalmente reiterano. Perchè «la normativa
nazionale, lungi dal contraddire i principi comunitari, rende pienamente
legittima la scelta di considerare i proprietari delle aree, in assenza
dell'individuazione del responsabile della contaminazione, come coinvolti nelle
procedure della messa in sicurezza e bonifica». Perchè i ricorrenti «hanno
presentato solo supposizioni in merito a future potenziali richieste di danno
ambientale, non suffragate da atti formali». Perchè «l'Accordo di programma
impugnato contiene le necessarie differenziazioni tra le aree inquinate da
soggetti pubblici e non, anche ai fini della quantificazione economica dei costi
necessari per gli interventi». L'Accordo suddivideva gli interventi in tre
ripartizioni: "piccoli operatori", "grandi operatori", "area a mare". Per la
copertura finanziaria del programma il governo mise a disposizione 13,4 milioni,
di cui quasi 11 assegnati alla Regione
Massimo Greco
No ai camion fuori dalla A4 in caso di incidenti
Pizzimenti: solo le auto potranno riversarsi sulle statali se
l'autostrada sarà chiusa
UDINE - Tre interventi, interconnessi tra loro, per provare a risolvere, o
almeno limitare al massimo i problemi legati al traffico lungo l'A4 - che si
muove in parallelo coi lavori della terza corsia - e, soprattutto, al
congestionamento delle arterie secondarie quando l'autostrada è chiusa per
incidenti. È quanto emerso ieri al termine dell'incontro organizzato
dall'assessore alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti, col prefetto di Udine
Vittorio Zappalorto e i sindaci di San Giorgio di Nogaro, Roberto Mattiussi, e
di Latisana, come presidente dell'Uti Riviera Bassa Friulana, Daniele Galizio.
Appuntamento, che segue a quelli coi vertici di Autovie Venete, Fvg Strade e
forze dell'ordine, voluto per accelerare nella definizione del piano
emergenziale che Pizzimenti mira a predisporre nei dettagli nel minor tempo
possibile. La prima novità riguarda i camion che non potranno più lasciare
l'autostrada, nemmeno in caso di chiusura della stessa, per riversarsi sulle
statali. «La sperimentazione provata nei giorni scorsi - conferma l'assessore -
è andata a buon fine e abbiamo deciso di confermare questa impostazione per i
mesi a venire. Il transito esterno all'A4 verrà consentito, eventualmente, solo
alle auto; i camion, pure nel caso di chiusura per incidente dell'autostrada,
non potranno più essere "scaricati" sulla viabilità ordinaria, ma resteranno
incolonnati fino a riapertura della circolazione». Un altro punto che è sempre
stato a cuore all'assessore porta alla presenza di più personale sulle strade
statali. Anche qui la Regione è pronta a intervenire con uno stanziamento
specifico - ufficialmente grazie a un'iniziativa del commissario straordinario
per la Terza Corsia, cioè il governatore Fedriga - nei prossimi giorni.
«Parliamo - spiega Pizzimenti - di una cifra tra i 180 mila e i 200 mila euro.
Denaro che servirà a impiegare personale esterno a Autovie e che verrà usato
negli snodi principali della viabilità ordinaria. Col "verde" a un semaforo, se
analizziamo la situazione delle arterie principali, riusciamo oggi a consentire
il transito di appena una manciata di camion. Poter avere qualcuno che coordina
le operazioni "live", secondo il traffico in arrivo dalle diverse direttrici, ci
consentirà di snellire, non poco, i transiti». Confermata infine la richiesta
alla polstrada di mantenere attivi sulle 24 ore gli autovelox presenti sul
tratto di A4 di competenza di Autovie e, possibilmente, aumentarne il numero.
Sono una quindicina, collocati lungo il cantiere della terza corsia, tra
Palmanova e Portogruaro, ma potrebbero diventare molti di più. Intanto
l'assessore ha chiesto a Autovie di potenziare la comunicazione sulla presenza
dei dispositivi autovelox tramite i pannelli in entrata e uscita, le radio, i
social, le App dedicate alla viabilità locale. E se non sarà possibile
intervenire a livello di ticket (i costi delle tratte sono stabiliti dal Cipe e
non modificabili) gli amministratori locali potrebbero ricevere qualche buona
notizia dall'assestamento di bilancio estivo. Il capogruppo di FI Piero Mauro
Zanin intende avere dalla giunta Fedriga il via libera alla concessione di una
sorta d'indennizzo economico per le municipalità più in sofferenza, per coprire
le spese di manutenzione del manto stradale di competenza comunale e intervenire
a livello di segnaletica.
(m.p.)
Nuove "zebre" luminose per la sicurezza dei pedoni
Le strisce di via campi Elisi e largo Irneri saranno dotate di luci
lampeggianti - Una decina di semafori diventeranno a misura di non vedenti con
dispositivi ad hoc
Tre attraversamenti pedonali luminosi e una serie di dispositivi per non
vedenti sui semafori, per una spesa complessiva pari a 56 mila euro:
l'amministrazione comunale ha approvato una proposta di delibera dell'assessore
all'urbanistica Luisa Polli. Gli attraversamenti pedonali luminosi saranno
realizzati in via Campi Elisi (all'intersezione con via De Coletti e con via del
Lloyd) e in largo Irneri. Lunga la lista dell'installazione di dispositivi per
non vedenti sugli impianti semaforici esistenti: le zone interessate sono quelle
di piazza Dalmazia (altezza via Fabio Severo), via Ghega (all'altezza di via
Roma), corso Saba (lato piazza Goldoni), passo Goldoni (lato piazza Goldoni),
stazione Ferroviaria (viale Miramare sia lato taxi che lato monte), via
dell'Istria (all'altezza di piazzale Valmaura), via Battisti (via Rismondo), via
Giulia (via Rismondo e via Rossetti), corso Cavour (all'intersezione con via
Valdirivo e dal lato mare).«Gli interventi in questione - fa sapere l'assessore
Polli - rientrano nel programma di finanziamenti per il miglioramento della
qualità dell'aria nelle aree urbane e per il potenziamento del trasporto
pubblico del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e
vanno a completare un precedente intervento che ha visto la realizzazione di tre
attraversamenti pedonali semaforizzati, ubicati rispettivamente in via
Canalpiccolo, Via Roma e via San Spiridione». La spesa complessiva
dell'intervento ammonta esattamente a 56.726,60 euro. Il progetto è stato
elaborato e verrà realizzato da Hera Luce (società controllata da AcegasApsAmga)
nell'ambito del contratto di servizio per la gestione del sistema semaforico
cittadino che risale ancora al 1999.«La definizione degli interventi - spiega
l'assessore - è stata effettuata dagli uffici del servizio Pianificazione
territoriale, valorizzazione del Porto vecchio, mobilità e traffico sulla base
di specifici indirizzi che ho impartito, tenuto conto delle attuali criticità
rilevate sul territorio, con lo scopo generale di migliorare l'attuale livello
di sicurezza stradale dei pedoni. In particolare, la realizzazione dei tre
attraversamenti pedonali luminosi ha il fine di migliorare sensibilmente le
condizioni di visibilità degli attraversamenti esistenti, creando per i
conducenti dei punti localizzati di attenzione nei confronti dei pedoni in
transito in carreggiata». Le strisce pedonali esistenti saranno dotate di corpi
illuminanti dedicati e corredati di segnali stradali di localizzazione
dell'attraversamento pedonale dotati di luci lampeggianti. Per quanto riguarda
l'installazione dei dispositivi per non vedenti sugli impianti semaforici
esistenti, è stata eseguita una verifica delle esigenze sul territorio e grazie
alla collaborazione con l'Unione italiana ciechi e stato possibile definire una
localizzazione condivisa dei dispositivi, finalizzata a garantire un
miglioramento dell'accessibilità degli spazi stradali per i portatori di
disabilità visiva. È previsto l'avvio immediato dei lavori, che si concluderanno
presumibilmente entro il mese di giugno. Ma non basta. All'attenzione
dell'assessore Polli ci sono gli attraversamenti pedonali di via XXX Ottobre,
all'intersezione con via Milano e via Valdirivo, che rientrano nel progetto di
pedonalizzazione dell'area. È allo studio anche l'istallazione di un semaforo da
collocare all'incrocio pericoloso tra via Campi Elisi e via San Marco/von Bruck.
Tra le segnalazioni, è arrivata anche la richiesta di spostamento
dell'attraversamento pedonale di via Venezian, all'angolo con via di Cavana, per
motivi di visibilità. Idem per le zebre poste in via Stuparich all'uscita del
Pronto soccorso dell'ospedale Maggiore. Su questi l'assessore ha promesso un
ulteriore studio.
Fabio Dorigo
La corsa in taxi? Ora si paga con il cellulare
Al via il nuovo servizio digitale. Basterà inquadrare con lo smartphone
il "QR code" e digitare la cifra
Sulle 226 vetture della cooperativa Radio Taxi Trieste ora è possibile
pagare la corsa anche attraverso il cellulare. Basta scaricare l'applicazione
Tinaba, la più diffusa per trasferire, condividere e aggregare il denaro senza
costi di commissione. A bordo dei taxi sarà presente una targhetta con "QR Code"
per effettuare il pagamento della corsa con un semplice e veloce gesto sul
proprio smartphone. Basterà inquadrare il QR Code e inserire la cifra dovuta al
tassista: il pagamento sarà eseguito all'istante, e l'autista riceverà in tempo
reale la conferma dell'avvenuto pagamento da parte del passeggero, il tutto
senza costi per entrambi. Il nuovo sistema è possibile grazie ad un accordo
siglato tra Uri- Unione dei Radio Taxi d'Italia, e Tinaba, il sistema più
diffuso per pagare le corse con lo smartphone, facendo entrare i taxi nell'era
del mobile payment. Il servizio è già attivo a Roma, Milano, Bologna, Brescia e
Firenze. La possibilità di pagare la corsa in taxi con Tinaba offre agli utenti
numerose possibilità. Con la funzione "Conto condiviso", ad esempio, si potrà
dividere la spesa del viaggio direttamente con la app, oppure si potrà pagare la
corsa "a distanza", ad esempio tra genitori e figli. Il tutto istantaneamente e
senza costi di commissione. «Questo nuovo sistema di pagamento, - spiega Davide
Secoli, presidente della cooperativa Radio Taxi - così come l'applicazione "itTaxi"
che consente di prenotare una corsa senza bisogno di passare per il nostro
centralino, sono certamente metodi rivolti chi ha più dimestichezza con la
tecnologia, ma consentono ai nostri operatori al centralino di dedicare più
tempo ai clienti che usano il sistema tradizionale attraverso lo 040.307730». I
sistemi tradizionali di chiamata e di pagamento non hanno subito e non subiranno
alcun cambiamento. L'applicazione "itTaxi" è stata introdotta a Trieste da
RadioTaxi lo scorso ottobre e di mese in mese sta raccogliendo nuovi fruitori.
Con questo nuovo sistema di pagamento i taxi triestini raggiungono un elevato
livello tecnologico, entrando così nel network di 69 città italiane che
dispongono di un servizio taxi al passo con l'era digitale e vicino alle
esigenze di chi utilizza questi strumenti. «La cooperativa - spiega Secoli - ha
da poco dotato i suoi mezzi di dispositivi capaci di gestire con più velocità e
precisione le nuove applicazioni. Adeguarsi alle nuove tecnologie era un obbligo
e siamo fieri di aver fatto questo importante passo avanti».
(l.t.)
Scontro aperto sulla Tav - Fra Piemonte e ministero
sfida a colpi di frecciatine
Chiamparino a favore dell'opera: «Per bloccare devono passare sul mio
corpo» - La replica: «Tranquillo, su quella linea potrebbe non esserci mai un
treno...»
TORINO - Sergio Chiamparino, il presidente del Piemonte, è solito risolvere
le questioni spinose con quelle sue battute, a metà tra il serio e l'ironico,
vedi l'uscita di due giorni fa in Consiglio regionale: «Prima di bloccare la Tav
devono passare sul mio corpo». Bene, sembra aver trovato nel neo ministro delle
Infrastrutture Danilo Toninelli un degno sparring partner. Nella sua prima
visita ufficiale da ministro, a Torino per l'inaugurazione del Salone dell'auto,
Toninelli ha replicato con una battuta altrettanto sferzante: «Gli direi di
stare tranquillo: potrebbe non esserci mai, su quella linea, un treno che passa
sul suo corpo». Eppure, dietro le schermaglie, è in atto una tensione
sotterranea non indifferente. Seppur con toni molto più istituzionali di quelli
utilizzati da Luigi Di Maio a Ivrea il 19 maggio scorso - «non si farà,
convinceremo la Francia che è un'opera inutile» -, Toninelli ha confermato che
la Torino-Lione da opera blindata, in fase di realizzazione e già in parte
finanziata, è tornata in discussione. «Nel contratto di governo è indicata la
rivalutazione di questo progetto», spiega. «Il mio obiettivo è analizzare costi
e benefici di tutte le opere. Se necessarie dovranno essere finite, soprattutto
quelle già iniziate. Altrimenti, dovremo valutare come agire sempre
nell'interesse dei cittadini». Parole che a Torino allarmano non poco chi pensa
che l'alta velocità ferroviaria possa essere un volano per lo sviluppo del
territorio e assiste con terrore a quel che sta avvenendo: la Lega blinda le
opere pubbliche in cantiere nelle regioni in cui è al governo, a cominciare da
Lombardia e Veneto, mentre i 5 Stelle, che guidano Torino, mettono in
discussione le infrastrutture piemontesi, Tav e Terzo Valico». Logico che
Chiamparino alzi la voce, sapendo di contare sul sostegno oltre che del Pd,
anche di Forza Italia, Fratelli d'Italia e della Lega a livello locale, più
tutte le categorie produttive: «La Tav è un'opera fondamentale per aprire un
passaggio a Nord Ovest, decisiva per trasformarlo in una nuova piattaforma
logistica. Senza contare che sono già stati compiuti tutti gli atti necessari
per fare partire i lavori. Un conto è la campagna elettorale, un conto è
governare». Prossimo round a Roma, quando ministro e governatore si vedranno per
entrare nel dettaglio. A quel punto, messe da parte le battute, si farà sul
serio.
Andrea Rossi
L'intervista al ministro - Toninelli: «C'è l'ambiente e
non soltanto i soldi»
ROMA - I cantieri aperti per le grandi opere non hanno mai fatto impazzire i
Cinque stelle. E adesso che al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti
siede un pentastellato purissimo come Danilo Toninelli, la Tav, il gasdotto Tap,
la Pedemontana, tremano davvero. Toninelli, cosa si aspetta di trovare dalle
ispezioni che farà delle grandi opere in costruzione? «Vanno valutate una per
una secondo il parametro costi-benefici, nell'ottica della loro piena
sostenibilità. E mi riferisco a criteri ambientali, sociali ed economici. Il
Paese va modernizzato, ma in modo razionale, per dire addio agli sprechi e agli
scandali degli ultimi anni». Luigi Di Maio sostiene che la Tav «è inutile» e lei
stesso, nella sua prima uscita pubblica, ha detto a Chiamparino che forse «non
passerà mai un treno su quella linea». Ritiene vada bloccata? «Quella rivolta a
Chiamparino, che è notoriamente uomo di spirito, era una battuta in risposta a
una delle sue. Come scritto sul contratto di governo, la Torino-Lione sarà fatta
oggetto di valutazione circa la sua sostenibilità». L'Unione europea, però, ha
avvertito che in caso di blocco della Tav l'Italia dovrà restituire i 2,4
miliardi di euro che Bruxelles ha già investito. E poi ci sono in ballo appalti
per 5,5 miliardi nei prossimi mesi. È un azzardo sostenibile per le casse dello
Stato? «Dobbiamo capire se il gioco vale la candela e se i soldi già impegnati
giustificano una spesa futura molto più grande. Ci sono anche parametri
ambientali e sociali da tenere in considerazione accanto a quelli economici. In
ogni caso, ci atterremo alle procedure dettate dall'accordo con la Francia». Sul
suo tavolo ci sarà anche il gasdotto Tap, in Puglia. La ministra per il Sud,
Barbara Lezzi, si opporrà alla costruzione e porterà il fascicolo al comitato di
conciliazione. Lei come si schiererà? «Condivido la sua posizione. La ministra
Lezzi pensa giustamente di attenersi alla procedura che abbiamo stabilito tra
alleati di governo di fronte a temi sui quali serve un approfondimento». I
leghisti, però, sono tendenzialmente favorevoli alle grandi opere. Teme si
possano aprire delle crepe nell'alleanza? «Troveremo un punto di caduta. Abbiamo
interlocutori ragionevoli». C'è sintonia, invece, su Alitalia. Si insisterà su
una partecipazione statale nella compagnia aerea? «C'è già di fatto un
intervento pubblico in atto con il commissariamento e il prestito ponte. Bisogna
evitare a tutti i costi che si venda a pezzi una compagnia che può e deve essere
rilanciata su basi di mercato». Cosa mette al primo posto nella sua agenda? «Di
certo non mancano i dossier urgenti. Oltre alle grandi opere bisogna dare un
impulso agli investimenti su più fronti, dalla mobilità privata sostenibile alla
«cura del ferro». Ci sono anche temi meno citati, ma che hanno grande impatto
sociale: mi riferisco all'edilizia residenziale alle politiche abitative». Nel
passaggio di consegne con l'ex ministro Graziano Delrio lei ha detto che
lavorerà «in continuità con quanto di buono è stato fatto». A cosa si riferisce?
«Ci sono stati sforzi sulla programmazione a lungo termine e sull'obiettivo di
una buona project review. Ma non basta». Dove invertirà la rotta? «Il Codice
degli appalti ha bisogno di correzioni per contemperare l'esigenza di
snellimento con quella di difesa della legalità. C'è da rafforzare ulteriormente
la capacità progettuale di Anas. E oggi il deficit sulla logistica rappresenta
per le imprese una tassa occulta da circa dieci miliardi». Sul Mit oggi sventola
la bandiera del Movimento. I super-stipendi dei dirigenti saranno tagliati? «Chi
lavora bene va valorizzato, ma eviteremo certamente gli sperperi. Sto studiando
la mappatura dell'organigramma del ministero e finora ho trovato preziose
professionalità».
Federico Capurso
San Marco - Viaggio-inchiesta sui torrenti
Il Circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste invita soci e simpatizzanti a
partecipare alla presentazione del libro "Radici liquide. Un viaggio inchiesta
lungo gli ultimi torrenti alpini", con l'autrice, Elisa Cozzarini (nella foto),
giornalista e scrittrice, e Dario Gasparo, biologo esperto di ambiente:
appuntamento questo pomeriggio alle 18, al Caffè San Marco in via Battisti 18.
Sono rari i corsi d'acqua ancora naturali sulle Alpi. Salendo ad alta quota,
vicino alle sorgenti, ai nevai, ai ghiacciai superstiti, sotto ai dirupi, si
scopre che l'acqua non scorre più libera. Viene portata via, immessa nei tubi e
utilizzata per fare energia. Questo libro è una vera e propria inchiesta su
quello che è lo sfruttamento idroelettrico degli ultimi torrenti alpini e, allo
stesso tempo, è il racconto di un lungo viaggio tra valli sconosciute e a
affascinanti. L'ingresso alla presentazione del libro è libero e aperto a tutti
gli interessati.
Prende il largo Mare Nordest alla Centrale Idrodinamica
la salute delle nostre acque
Gli spunti della ricerca, gli effetti del turismo e i canali della
divulgazione marittima. Sono i temi che dominano il percorso di Mare Nordest, la
manifestazione dedicata ai vari versanti della cultura del mare, progetto ideato
da Roberto Bolelli, Sandro Damico ed Edoardo Nattelli, curato dell'Associazione
Sommersa Diving e organizzato in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura
del Comune di Trieste, quest'anno in programma da domani a domenica alla
Centrale Idrodinamica del Porto Vecchio (ingresso libero). Edizione numero
sette, corredata come sempre da incontri, seminari e vetrine sugli aspetti più
disparati che colorano il pianeta mare e suoi riverberi in campo scientifico,
occupazionale e soprattutto ambientalista. Il focus sullo stato di salute degli
ambienti marini resta anche quest'anno la prerogativa principe della
manifestazione, l'aspetto su cui buona parte dei relatori in cartellone saranno
chiamati a relazionare nell'arco della tre - giorni nella inedita sede del Porto
Vecchio: «Siamo giunti alla settima edizione di un progetto oramai ben esteso in
campo regionale e non solo - ha sottolineato Roberto Bolelli, uno degli ideatori
della manifestazione -, intendiamo riportare alla ribalta anche la valenza del
progetto del Parco Navale, sui cui ci battiamo da anni, ma nel contempo puntiamo
alla divulgazione di una forma di educazione ambientale da vivere in maniera
tangibile, concreta - ha aggiunto - ribadendo cioè non solo i dati allarmanti
che riguardano il degrado marino ma lavorando sul campo, con una operazione
ancor più strutturata di pulizia dei fondali». L'aspetto "sostenibile" in primo
piano quindi, spunto da coniugare al coinvolgimento delle scuole cittadine, a un
seminario a crediti per la formazione giornalistica, alle esibizioni delle unità
cinofile di salvataggio e alla passerella finale del Trofeo Internazionale di
fotografia subacquea "Città di Trieste - Memorial M. Genzo" (www. marenordest.
it info@marenordest. it).
Francesco Cardella
Viaggio tra le isole di plastica e le Fiji di Cousteau
Sabato gara di fotografia subacquea e si chiude con la pulizia dei
fondali davanti Piazza dell'Unità
Filmati, dibattiti e soprattutto riflettori puntati sin dall'inizio sui temi
della sostenibilità e dell'inquinamento marino. Mare Nordest aprirà
ufficialmente i battenti dalle 10. 30 di domani, con gli interventi
istituzionali di rito previsti nella sede della Centrale Idrodinamica, il nuovo
teatro scelto per la tre giorni della settima edizione. Alle 11 in programma la
conferenza "Le macroplastiche... un viaggio nelle isole di plastica", incontro
abbinato alla proiezione del filmato dal titolo "Le meraviglie del mare",
firmato da Jean Michel Cousteau e Jean Jacques Mantello, documentario girato tra
le isole Fiji e le Bahamas, opera elaborata non solo tra le bellezze dei
circuiti turistici ma soprattutto alla ricerca degli angoli remoti,
semisconosciuti quanto soggetti ai pericoli del degrado e dell'inquinamento. Il
filmato rappresenta uno dei modelli didattici adottato dal Circuito Cinema
Scuole, con cui Trieste ora può affiancarsi in un ciclo divulgativo già
supportato da Roma, Ancona, Livorno, Mestre e Genova. Una curiosità, la voce
narrante del documentario è di Arnold Schwarzenegger. A seguire, ancora una
analisi delle problematiche ambientali del mare, con "Le scovazze in fondo al
mar... alla scoperta degli ambienti marini profondi dove la spazzatura è
arrivata prima di noi", incontro curato da Silva Ceramicola, ricercatrice
dell'Ogs, l'istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale. Il
programma della prima giornata contempla alle 12.15 l'incontro "Il plancton di
plastica", curato da Paola Del Negro, biologa marina e direttore della Sezione
di Ricerca Oceanografica dell'Ogs. Sabato stage formativo per giornalisti
(10.30-12.30) intitolato "Come migliorare il modo di comunicare il mare" ,
strutturata su due interventi, il primo affidato a Giulio Giraud, Capo Ufficio
Relazioni Esterne della Direzione Marittima ("La comunicazione istituzionale sul
mare") e l'altro da parte di Leonardo Imporzano, giornalista subacqueo ("Le
comunicazioni delle attività subacquee attraverso i social media"). Alle 16 la
presentazione del libro "Palonbiro - Pagine dal fondo", scritto da Leonardo
Imporzano, e alle 18 le premiazioni del Trofeo Internazionale di fotografia
subacquea "Città di Trieste - Memorial Genzo", organizzato dalla Trieste
Sommersa Diving. Domenica si lavora in mare. Alle 9.30 il raggio delle
operazioni si sposta alla Scala Reale, spazio antistante Piazza Unità, per la
pulizia dei fondali, mentre alle 12.30 entrano in scena le unità cinofile della
Scuola Italiana Cani Salvataggio. Chiusura della manifestazione in Porto
Vecchio, con alle 14 la premiazione dell'operazione di pulizia e alle 18 la
cerimonia finale.
(f.c.)
SVILUPPO SOSTENIBILE
Per Il festival dello sostenibile all'Università di Trieste incontro pubblico dal titolo "La sfida dello sviluppo sostenibile: riflessione su acqua, cibo, energia e mobilità" oggi alle 9.30 in aula Bachlet, edificio centrale del comprensorio universitario di piazzale Europa 1, primo piano.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 giugno 2018
Plastica, multinazionali nel mirino
Nei mari tonnellate di rifiuti. Da Greenpeace appello al G7: divieti per
i colossi dell'industria
ROMA - Nei mari di tutto il mondo ci sono già 150 milioni di tonnellate di
plastica e ogni anno se ne aggiungono altri 8. La plastica sporca gli oceani,
soffoca gli animali marini che la mangiano e finisce sulle nostre tavole. E
tutto questo, solo perché non vogliamo rinunciare all'usa e getta. Il monouso
moltiplica a dismisura i rifiuti di plastica che, in gran parte finiscono
nell'ambiente. Dove rimarranno per secoli. Ce n'è abbastanza per definire la
plastica nei mari una delle maggiori emergenze ambientali del mondo, e per
dedicarle l'edizione 2018 della Giornata mondiale dell'Ambiente, celebrata
dall'Onu il 5 giugno di ogni anno. Lo slogan è «Combatti l'inquinamento da
plastica. Se non puoi riusarlo, rifiutalo». Ovvero, riutilizza gli oggetti in
plastica, come vaschette e bottiglie, non buttarli. E se non possono essere
riutilizzati, non comprarli: preferisci i prodotti sfusi o in confezioni di
materiale biodegradabile (carta, cartone, vetro, bioplastiche). I dati
d'altronde parlano da soli. Se si va avanti di questo passo, nel 2050 la
plastica nei mari peserà più di tutti gli animali marini. Il grosso
dell'inquinamento viene dai paesi emergenti (Asia, Africa e America Latina), che
non hanno sistemi di raccolta e trattamento adeguati. Ma anche nel Mediterraneo,
secondo Legambiente, ci sono 58 rifiuti per ogni km quadrato, per il 96% di
plastica. In Italia ogni 100 metri di spiaggia si trovano in media 620 rifiuti,
all'80% di plastica. Il riciclo è ancora marginale. Per l'Ocse, solo il 15%
della plastica viene riciclata (il 30% in Europa). Il 25% viene bruciato, il 60%
va in discarica o nell'ambiente. L'unica soluzione, secondo l'Onu, è consumarne
meno. Per la Giornata dell'Ambiente, papa Francesco twitta «Signore, risveglia
in noi la lode e la gratitudine per la nostra Terra e per ogni essere che hai
creato». Greenpeace chiede al prossimo G7 e alle multinazionali di fissare
divieti per la plastica usa e getta e obiettivi di riduzione, e lancia un
servizio via whatsapp, il Plastic Radar, per segnalare i rifiuti in mare. In
Italia, il neopremier Giuseppe Conte nel suo discorso al Senato dice «non siamo
disponibili a sacrificare l'ambiente e il progetto di una blue economy per altri
scopi». Il ministro all'Ambiente, Sergio Costa, promette che renderà il suo
ministero «plastic free» e lancerà «una strategia economica e culturale per
iniziare a ridurre la produzione di plastica e imballaggi inutili». Anche il
neo-ministro alle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio, si impegna a
«ridurre l'impiego della plastica, come nel caso delle vaschette per alimenti».
Parte la raccolta differenziata dei pannolini
L'amministrazione Marzi punta su un nuovo servizio. Anticipato al martedì
il giorno della carta
MUGGIA - Stesse modalità di conferimento, ma un giorno d'anticipo per la
raccolta della carta. È questa la variazione apportata nel calendario di
raccolta dei rifiuti "porta a porta" che interessa il solo centro storico di
Muggia. Un cambiamento, si legge in una nota del Comune, «volto a migliorare il
servizio dedicando ogni giornata a un solo tipo di conferimento». La raccolta
"porta a porta" del centro storico, spiega ancora l'amministrazione Marzi nella
nota, dipende dalla «volontà riconfermata a Net» di «garantire il decoro del
centro cittadino con due prelievi ogni mattina» concentrando quindi «ogni
tipologia di rifiuto in una propria giornata mirata, in modo da ottimizzare
anche le tempistiche di prelievo». Il calendario delle raccolte, «sempre con
orario di esposizione dalle 5 ed entro e non oltre le 9 del giorno di asporto»
resta dunque invariato con il solo cambiamento del martedì, che diventa così la
giornata dedicata a carta e carbone. Mercoledì e sabato saranno, come da copione
precedente, le date settimanali per il secco residuo, così come il venerdì sarà
quella per la plastica. Anche il rifiuto organico e il vetro (e le lattine)
continueranno a essere destinati, come da prassi ormai, ai punti dedicati di via
Roma e piazzale Caliterna. «È da diversi giorni - recita la nota del Comune -
che su tutti i bidoni di entrambe queste aree, oltre che su tutti i cartelli dei
punti di raccolta del centro storico, è visibile l'avviso di questa variazione
che da oggi (ieri, ndr) è entrata effettivamente in vigore. E sempre oggi (ieri,
ndr) è iniziato, inoltre, il servizio di raccolta dedicato esclusivamente al
materiale assorbente igienico, pannolini, pannoloni e traverse. Per venire
incontro alle esigenze di alcune categorie sensibili, neonati, anziani e
degenti, infatti, l'amministrazione aveva da subito manifestato la volontà di
integrare la normale raccolta del secco residuo con un ulteriore ritiro
settimanale ad hoc per la sola frazione di pannolini e pannoloni». Da qui «si è
predisposta una mappatura che ha atteso le conferme o le integrazioni delle
utenze, da parte di coloro che hanno richiesto il servizio, prima di poter
essere attivata concretamente». Le famiglie dei cittadini che utilizzano
dispositivi sanitari per l'incontinenza e quelle con bambini da zero a tre anni
possono dunque, da ieri, usufruire di una seconda giornata di asporto
settimanale dedicata, ogni martedì.
Passeggiando in fondo al mare - Venerdì open day e
visite al Biodiversitario di Miramare
Per il secondo anno di seguito, l'Area marina protetta di Miramare e
l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale -Ogs-
promuovono insieme la Giornata mondiale degli oceani, evento divulgativo
internazionale a supporto dell'Ocean Literacy, l'«alfabetizzazione all'oceano»,
per capire come il mare influenza la nostra esistenza e come noi influenziamo
l'esistenza del mare. In questo contesto venerdì l'Area marina protetta di
Miramare, l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale -Ogs-
e l'Università di Trieste organizzano l'iniziativa "Passeggiando nel giardino in
fondo al mare", uno speciale open day al Biodiversitario marino -BioMa-, il
nuovo museo immersivo dell'Area protetta (inaugurato lo scorso marzo in un'ala
delle ex scuderie di Miramare). L'evento è suddiviso in una serie di visite
guidate speciali, per venti persone alla volta, organizzate in cinque turni, in
partenza alle 10, 11, 14.30, 15.30 e 16.30. Il tema di quest'anno della Giornata
mondiale degli oceani è il giardino in fondo al mare, argomento che verrà
approfondito al BioMa in un percorso a tappe grazie a diverse postazioni
interattive e laboratoriali in cui i partecipanti potranno osservare alghe,
piante marine e batteri, visitare la vasca tattile e riflettere sugli aspetti
meno spettacolari del "giardino", quelli legati all'inquinamento. L'iniziativa è
completamente gratuita e ad accesso su prenotazione, sino a esaurimento dei
posti disponibili. Per iscriversi all'evento basta cliccare su
www.eventbrite.it/e/biglietti-passeggiando-nel-giardino-in-fondo-al-mare-world-oceans-day-46441629163.
Per eventuali informazioni potete anche scrivere all'indirizzo di posta
elettronica urp@inogs.it o promozione@riservamarinamiramare.it.
Trieste - Viaggio lungo gli ultimi torrenti alpini
Il Circolo Verdeazzurro di Legambiente invita soci e simpatizzanti a partecipare alla presentazione del libro "Radici liquide. Un viaggio inchiesta lungo gli ultimi torrenti alpini", con l'autrice, Elisa Cozzarini, giornalista e scrittrice, e Dario Gasparo, biologo esperto di ambiente, domani alle 18 al Caffè San Marco. Questo libro è un'inchiesta sullo sfruttamento idroelettrico degli ultimi torrenti alpini. Ingresso libero.
Passato e futuro degli stagni carsici
Proseguono gli appuntamenti del ciclo "Gli ambienti naturali del Carso tra passato, presente e futuro": alle 17.30, al Museo di Storia naturale, si parlerà del "Passato, presente e futuro degli stagni carsici", a cura della direttrice dell'Associazione Tutori stagni Gaia Fior. Ingresso libero.
COMUNE - Pareri e osservazioni sul "Piano di Azione"
Il Comune di Trieste rende noto che ha preso avvio il periodo di consultazione pubblica di 45 giorni del Piano di azione dell'Agglomerato di Trieste 2018. Approvato il 31 maggio, il Piano evidenzia tra l'altro il numero dei cittadini che sono esposti a determinate zone acustiche. Chiunque può presentare osservazioni, pareri e memorie in forma scritta. Il Piano è consultabile sulla pagina Ambiente della Rete civica e nell'"Albo online".
IL PICCOLO - MARTEDI', 5 giugno 2018
«Demolire la Tripcovich? Azione molto complessa» - La
neo soprintendente Bonomi: «Esiste un decreto di tutela di cui va tenuto conto
Per Porto vecchio meglio un documento unitario che singoli progetti da
inseguire»
Punta alla "rianimazione" dei siti archeologici e spera in nuove risorse per
potenziare organico carenti. Ma Simonetta Bonomi, il nuovo soprintendente per
l'Archeologia, le Belle arti e il Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, 62 anni,
originaria di Padova, appena insediatasi al posto di Corrado Azzollini, avrà sul
tavolo tante questioni di grande rilevanza: Porto vecchio, sala Tripcovich e il
supermercato in piazza Unità tra le prime. In attesa di risolverle, dopo aver
lasciato la Puglia, cerca casa nel Borgo Teresiano. Come mai ha scelto di
partecipare al bando per Trieste? Sono padovana e la mia famiglia vive nella
città veneta. Desideravo avvicinarmi a casa dopo essere prima in Calabria e poi
in Puglia. Cosa le è rimasto impresso dei tre mesi nel 2016 già trascorsi in Fvg
con un incarico ad interim alla Soprintendenza archeologica? Ho ritrovato
persone con le quali avevo lavorato bene, ma anche tanti problemi rimasti
irrisolti. Ad esempio? Gli organici carenti, innanzitutto. La creazione della
Soprintendenza unica non ha portato significativi effetti benefici sulla forza
lavoro, che resta insufficiente anche a causa dei progressivi pensionamenti.
Siamo in 69 tra Trieste e Udine, l'organico stabilito dal ministero non
corrisponde alle reali esigenze. Soprattutto abbiamo pochi architetti,
archeologi e storici dell'arte. Spero tanto nella promessa di una nuova ondata
di assunzioni, altrimenti dubito di riuscire a mantenere una buona funzionalità
dell'ufficio. Inoltre ci sono problemi sui tempi dei lavori. Nel 2016, per
esempio, avevo approvato una gara da 600mila euro per un cantiere che oggi si
deve ancora concludere. Da dove intende partire?Dalle aree archeologiche,
compresa quella di San Giusto, un patrimonio non da poco. Interverremo per
rianimarle e, prima, cercheremo di risolvere i problemi di gestione e
accessibilità insieme ai diversi soggetti presenti in città. Porto vecchio: cosa
pensa del fatto che non ci sia un masterplan per la riqualificazione dell'antico
scalo ma il Comune abbia preferito gestire l'area attraverso la vendita in
lotti? Confesso che non avere a disposizione un documento unico di
programmazione e di progetto generale mi mette da una parte in imbarazzo e
dall'altra in difficoltà. Ci vorrebbero una visione e una missione unitarie e
ben chiare: sarebbe più semplice per la Soprintendenza interloquire con
l'amministrazione comunale, piuttosto che inseguire singoli progetti. Secondo
lei è pensabile abbattere qualche magazzino non sottoposto a vincolo? Io non
posso buttare giù alcunché. I beni tutelati non si possono demolire. Inoltre le
proprietà pubbliche risalenti a più 50 anni fa hanno un particolare regime
giuridico che prevede la preventiva verifica dell'interesse culturale. Se tale
interesse viene riconosciuto dalla Commissione regionale per il Patrimonio
culturale (Corepacu), che ha sede presso il Segretariato regionale del Mibact
per il Fvg, il bene diviene soggetto a tutela e non può essere demolito. Per
alcuni edifici, che non hanno alcun interesse architettonico, essendo più
recenti e non coerenti con il contesto, il decreto di tutela prevede
specificatamente la demolizione e la sostituzione con nuove architetture purché
armoniche con il contesto. Il Porto vecchio è uno straordinario monumento di
archeologia industriale. Non per nulla il Mibact ha destinato 50 milioni di euro
per il suo recupero. Sala Tripcovich: da anni si parla di abbatterla...
L'immobile è tutelato con apposito decreto, pensare alla sua demolizione è molto
complesso. L'iter burocratico non riguarda solo la Soprintendenza ma anche il
Corepacu e il ministero. L'idea di restituire alla piazza il suo aspetto
originario e di dare accento all'ingresso del Porto vecchio è senza dubbio
positiva, tuttavia la questione richiede un'analisi più approfondita a fronte di
uno specifico progetto di riqualificazione dell'area che a oggi non è mai stato
presentato. Supermercato in un palazzo storico di piazza Unità: sì o no?
Attendiamo di ricevere una progetto. In tutti i casi la Soprintendenza è
chiamata a vigilare anche sulla destinazione d'uso dei beni vincolati. Ci sono
pratiche in ritardo? Siamo in affanno, come tutte le soprintendenze, per le
autorizzazioni paesaggistiche semplificate, che hanno tempi strettissimi. In
molti casi però rispondiamo ben prima delle scadenze dei termini. E quasi mai
ricorriamo all'istituto del silenzio-assenso. Qual è la sua filosofia di
lavoro?Filosofia è una parola impegnativa. Mi piace pensare a una Soprintendenza
che sia punto di riferimento culturale e non solo un ufficio pubblico che
esprime pareri positivi o negativi.
Benedetta Moro
Disegni e firme per salvare il giardino di via Zampieri
Scatta la mobilitazione dei residenti per scongiurare la cessione dello
spazio ad un privato, pronto a trasformarlo in orto. Chiesta anche la cura del
sottobosco
Il futuro del giardinetto di via Zampieri, stretto tra una possibile
privatizzazione e il pericolo di incendi, è seriamente a rischio. L'allarme era
scattato qualche mese fa, quando gli uffici comunali avevano richiesto al
consiglio della VI circoscrizione (San Giovanni-Chiadino-Rozzol) di esprimere un
parere su una richiesta di affitto da parte di un privato per la conversione del
terreno comunale a "orto-giardino". Ed è tornato d'attualità in questi giorni in
seguito al sopralluogo effettuato dalla presidente Alessandra Richetti e dalla
commissione urbanistica della circoscrizione, e all'iniziativa di alcuni bambini
che frequentano abitualmente l'area. Per difendere il loro giardino, infatti, i
piccoli hanno realizzato un cartellone in cui descrivono i motivi per cui lo
spazio dovrebbe rimanere pubblico. Il cartellone è stato consegnato ai
consiglieri circoscrizionali. Gli stessi che, durante la riunione convocata
pochi giorni fa, hanno poi espresso ufficialmente un parere negativo rispetto
alla cessione ai privati, ritenendo fondamentale che il giardino rimanga uno
spazio a disposizione del quartiere. Claudio Antoniutti, residente in via
Zampieri, sottolinea l'importanza di quello spazio in cui, da bambino, ha
giocato tanto. «È una piccola ma importante zona d'aggregazione, dove si
ritrovano famiglie con bambini, persone anziane e padroni di cani. I bambini
oggi passano ore davanti a cellulari e videogiochi - afferma Antoniutti-. Quelli
che abitano qui, invece, hanno la fortuna di vivere vicino a uno spazio in cui
giocare all'aperto. Fortuna che i loro coetanei del centro neanche si sognano».
Qualcuno fa poi notare che l'ipotetica creazione di un orto-giardino, oltre a
sottrarre un luogo d'aggregazione, diverrebbe un forte richiamo per gli animali
che si aggirano nei pressi, una sorta di "mensa per cinghiali" che renderebbe
più pericolosa la zona. «Peccato che un posto così fruibile dalla collettività
non venga tenuto in ordine», nota inoltre Jennifer Zerial. Adesso gli abitanti
di via Zampieri e dintorni si stanno organizzando per effettuare una raccolta
firme finalizzata da un lato al riconoscimento definitivo dell'area come spazio
pubblico, così che non vengano più effettuate richieste simili in futuro e,
dall'altro, al pressing sul Comune per ottenere alcuni piccoli ma significativi
interventi. In cima alla lista, come rileva Claudio Antoniutti che di mestiere è
vigile del fuoco, va messa la manutenzione del sottobosco, in modo da
scongiurare possibili roghi già verificatisi in passato, così come
l'abbattimento delle alberature pericolanti, in una zona particolarmente esposto
alla Bora. Ciò renderebbe poi nuovamente percorribile il sentierino che collega
via Zampieri a via dei Mille, in particolare per permettere alle famiglie di
accompagnare i propri figli all'asilo "Mille bimbi" senza dover passare per la
meno sicura via de Marchesetti. I residenti inoltre richiedono che il 5% del
giardinetto venga destinato ai giochi per bambini, come da piano regolatore, e
che vengano sistemate le relative panche e il tavolino. Ora, mentre i bambini
continuano a giocare nel giardino di via Zampieri con la palla, quest'ultima
passa al Comune per una risposta ufficiale. I consiglieri circoscrizionali,
intanto, torneranno ad incontrare i residenti questa sera alle 20.30 nella sede
di Rotonda di Boschetto per discutere delle criticità legate al trasporto
pubblico all'interno del rione
Simone Modugno
Lotta alla plastica, è sfida mondiale
Oggi ricorre la Giornata Mondiale dell'Ambiente, dedicata alla lotta all'inquinamento da plastica. Gli oceani ogni anno - denuncia l'Associazione nazionale bonifiche irrigazioni, Anbi -sono invasi da 8 milioni di tonnellate di plastiche dannose anche per la rete idraulica.
IL PICCOLO - LUNEDI', 4 giugno 2018
Ultimo mese di divieti per il mare di Acquario «Da
luglio ok ai tuffi»
In vigore l'ordinanza balneare 2018 per il litorale di Muggia che tiene
conto della necessità di ultimare le opere di bonifica
MUGGIA - «Acquario sarà ancora off-limits, sino alla fine di giugno. Poi
sarà garantito l'accesso al mare». Il sindaco di Muggia Laura Marzi puntualizza
l'unico punto critico dell'ordinanza balneare 2018 entrata in vigore lo scorso
venerdì, primo giugno. Il documento, valido sino al primo settembre,
regolamenterà infatti l'estate rivierasca lungo tutto il litorale comunale, dal
lungomare Venezia sino all'ex confine di Stato con la Slovenia. Come si evince
dalla stessa ordinanza, le uniche acque pubbliche proibite rimangono dunque
quelle prospicienti il terrapieno Acquario. «Fino alla fine dei lavori che
interessano le operazioni di bonifica della fascia a mare del terrapieno
Acquario rimangono interdetti l'accesso e la balneazione nelle acque
prospicienti», recita testualmente l'ordinanza. Ma quando sarà realmente
accessibile l'area? «È stato promesso che entro l'estate si potrà tornare ad
utilizzare l'area e confermo che entro fino giugno i muggesani e non solo
potranno tornare ad andare in acqua nella parte bonificata di Acquario»,
rassicura Marzi. Come per ogni estate, nelle aree destinate alla balneazione e
negli specchi acquei antistanti vi saranno alcuni divieti da rispettare. Sulla
costa non si può esercitare commercio in forma fissa o itinerante, né
organizzare giochi, manifestazioni ricreative o spettacoli pirotecnici senza
l'autorizzazione dell'amministrazione comunale. Attivo anche il divieto di
effettuare pubblicità, sia sulle spiagge che nello specchio acqueo riservato ai
bagnanti, mediante la distribuzione di manifestini ed oggetti promozionali o il
lancio degli stessi anche a mezzo di aerei. Vietato poi provocare rumori
molesti, tenere ad alto volume radio, juke-box, mangianastri e, in generale,
apparecchi di diffusione sonora, nonché fare uso di tali apparecchi dalle 13
alle 16. Non sarà consentito l'utilizzo di detergenti di qualsiasi natura, sia
sotto le docce pubbliche che in aree in cui gli scarichi finiscono direttamente
a mare. Stesso dicasi per qualsiasi gioco (calcio, tennis da spiaggia,
pallavolo, basket e bocce) da cui possa derivare «danno o molestia alle persone,
turbativa alla pubblica quiete nonché nocumento all'igiene dei luoghi». E,
ancora, saranno vietate altre attività quali campeggiare, impiantare tende,
baracche, roulotte, pernottare in cabine o all'addiaccio sui tratti di costa
destinati al pubblico uso. Su tali aree si potranno impiegare soltanto
ombrelloni, sedie a sdraio ed altro materiale simile, purché sia portatile, che
non dovranno comunque essere lasciati oltre il tramonto. In generale, quindi, è
vietato usare ombrelloni, sdraio, tavoli, sedie e simili, sia quando questi
creino intralcio agli altri bagnanti sia se occupino la fascia dei cinque metri
dalla battigia. Scontato infine il divieto di gettare a mare e lasciare nelle
cabine o sulle aree demaniali rifiuti di qualsiasi genere, accendere fuochi o
bombole di gas o altre sostanze infiammabili senza la prescritta autorizzazione,
ma anche pescare con qualsiasi tipo di attrezzo nelle ore e nelle zone destinate
alla balneazione, salve le deroghe disposte dall'autorità marittima con propria
ordinanza, nonché tirare a secco imbarcazioni da pesca e distendere le reti.
Riccardo Tosques
Centro e Carso invasi da sciami di api
Il fenomeno si deve alle nuove regine che con la colonia lasciano
l'alveare in cerca di un'altra casa. L'esperto: non c'è pericolo
Dal centro all'altipiano, sotto cornicioni e tetti, sugli alberi e dentro i
camini. Numerose le chiamate ai vigili del fuoco, in questo fine settimana, per
la presenza di sciami di api "erranti". Sabato i pompieri erano intervenuti in
via della Valle, via Cologna, via Paisiello, via Damiano Chiesa e al
Ferdinandeo. Ieri le segnalazioni si sono concentrate perlopiù in Carso, specie
tra Opicina e Contovello. Un fenomeno del tutto normale, quello della
sciamatura, anche se in questo periodo dovrebbe essere già concluso. «Non sta
accadendo niente di strano - osserva Bruno Bordon, apicoltore -, si stanno
formando nuove regine che vengono seguite da una parte dell'alveare per ricreare
la famiglia. È il modo delle api di duplicarsi. Ma quest'anno - aggiunge - in
effetti tutto ciò sta avvenendo un po' più tardi rispetto al solito, perché la
famiglie non si sono sviluppate nel pieno della primavera ma leggermente dopo.
Il motivo? Forse le temperature e le piogge invernali si sono prolungate troppo
e la stagione primaverile è stata più breve. Ma sono ipotesi. Vero è che gli
sciami abitualmente partono da aprile a maggio». Gli insetti cercano rifugio un
po' dappertutto: possono fermarsi sui rami degli arbusti o nei sottotetti, ad
esempio, dove si sentono più protetti. Situazioni che, quando si verificano
nelle strade del centro o tra le case, destano indubbiamente un certo allarme
nella cittadinanza. Nella maggior parte dei casi i pompieri contattano gli
apicoltori. «Normalmente andiamo sul posto con una cassettina - racconta ancora
Bordon - e facciamo entrare le api. Se dentro arriva pure la regina, è probabile
che anche il resto delle faccia altrettanto. Anzi, è quasi sicuro. Il tutto
viene poi portato altrove, distante dal posto dell'intervento, per consentire
agli insetti di creare la famiglia in condizioni tranquille. Talvolta veniamo
contattati per un intervento, ma quando arriviamo sul posto le api non ci sono
già più, perché non sempre restano ferme. Mi è successo anche oggi (ieri, ndr)
dopo una chiamata a Opicina. Il problema, comunque, talvolta sono i camini
perché possono essere intasati dalla cera». Non c'è da avere paura, avverte
l'apicoltore. «Direi di no. La sciamatura crea un nugolo che fa un rumore
fortissimo - sottolinea l'esperto - ed è normale che si possa avere timore. Ma
le api, proprio perché sono fuori dal proprio alveare, vanno ritenute del tutto
innocue. Direi che anche se si va in mezzo allo sciame, come faccio io,
generalmente non accade nulla. Talvolta non utilizzo neppure la maschera. Certo
- conclude Bordon - per ragioni totalmente precauzionali chi non è esperto è
meglio che non si avvicini. Ma, ripeto, non bisogna spaventarsi».
Gianpaolo Sarti
IL PICCOLO - DOMENICA, 3 giugno 2018
L'Europa stanzia i fondi - Capodistria-Divaccia al via
Firmato tra la Commissione Ue e il governo sloveno l'accordo che assegna
109 milioni a fondo perduto per partire con la costruzione del secondo binario
LUBIANA - Secondo binario sulla ferrovia Capodistria-Divaccia, si parte. A
Lubiana i rappresentanti della Commissione europea e quelli della società 2TDK
che gestirà la realizzazione dell'importante infrastruttura hanno sottoscritto
l'accordo che assegna alla Slovenia per l'opera 109 milioni di euro a fondo
perduto. Alla cerimonia erano presenti anche il premier uscente Miro Cerar e la
commissaria europea ai Trasporti, la slovena Violeta Bulc, i quali hanno
nuovamente sottolineato l'importanza del progetto per la Slovenia e per l'Unione
europea. Cerar ha affermato che si tratta di un giorno importante, quando la
Slovenia e l'Unione europea si stringono le mani sul progetto che è di interesse
strategico per entrambe. Già questo mese, secondo il premier che assolve
l'ordinaria amministrazione in attesa del voto politico odierno, potranno
partire i lavori di preparazione all'opera per i quali la Slovenia ha già
ottenuto 44,3 milioni di euro da Bruxelles. Ha poi garantito che lo Stato si è
assicurato altri 80 milioni di euro dal fondo di coesione per la realizzazione
dell'ottavo tunnel e di due viadotti. «Sommando il tutto - ha concluso Cerar -
arriviamo a 233 milioni dei preventivati 250 a fondo perduto».Il commissario
europeo ai Trasporti Violeta Bulc dal canto suo ha sostenuto l'importanza che il
secondo binario sulla Capodistria-Divaccia assume per l'intero sistema dei
trasporti comunitario, ovverosia nell'ambito dei nove corridoi europei. «Il
contributo della Slovenia alla realizzazione del corridoio baltico-adriatico e
centroeuropeo si manifesterà attraverso la realizzazione del secondo binario
sulla Capodistria-Divaccia». Bulc ha poi precisato che l'Europa segue una
precisa politica dei traffici che punta a un ambiente più pulito e a una
maggiore sicurezza del traffico lungo le strade. Da un punto di vista più
operativo, il ministro delle Infrastrutture Peter Gaspersic ha affermato, come
riporta rtvslo.si, che la costruzione delle strade di accesso può iniziare
subito dopo la firma del programma di investimenti e quindi già nel mese di
giugno. Per quanto riguarda l'ingresso dell'Ungheria come possibile investitore
nell'infrastruttura Gaspersic ha precisato che attualmente il dialogo tra
Lubiana e Budapest è congelato a causa delle elezioni politiche in Ungheria
prima e di quelle in Slovenia oggi. Le trattative riprenderanno non appena
saranno riattivati i rapporti. Il sottosegretario ai Trasporti e responsabile
del progetto Jure Leben ha informato che è già stata consegnata l'intera
documentazione necessaria per ottenere un prestito dalla Banca europea per gli
investimenti (Bei). Con la Bei proseguono i contatti e si potrebbe giungere alla
stipula del prestito a fine ottobre. I 109 milioni a fondo perduto ottenuti
dalla Slovenia dalla Commissione europea sono stati congelati per ben due volte
da Bruxelles visto che proprio due sono stati i referendum contro la legge che
attribuiva alla società 2TDK la gestione dei lavori della Capodistria-Divaccia.
Falliti entrambi la somma, anche all'importante azione di lobbing del
commissario ai Trasporti Violeta Bulc sono finalmente giunti a destinazione
sancendo di fatto l'avvio ufficiale della realizzazione dell'infrastruttura
Mauro Manzin
Muggia dice "no" allo sconto sulla Tari per i
commercianti
L'assessore Litteri boccia in aula la proposta delle opposizioni - Niente
riduzioni neanche per i residenti del centro storico
MUGGIA - Niente riduzioni sulla Tari per commercianti e residenti del centro
storico. Così si è pronunciata l'assessore all'Igiene Urbana del Comune di
Muggia Laura Litteri durante l'ultima riunione del Consiglio comunale in
risposta ad una interrogazione formulata dal capogruppo di Meio Muja Roberta
Tarlao. Nel testo l'esponente della lista civica di opposizione, supportata da
Emanuele Romano (M5s) e Roberta Vlahov (Obiettivo comune per Muggia), aveva
chiesto esplicitamente all'assessore Litteri delucidazioni in merito alla
concreta possibilità da parte dei commercianti e dei residenti del centro
storico di godere delle riduzioni, sia in base agli «inferiori livelli di
prestazione del servizio» della raccolta di rifiuti, che alla distanza attuale
della piazzola ecologica spostata recentemente da via Manzoni al piazzale ex
Alto Adriatico. Lo spostamento era stato fatto in fretta e furia
dall'amministrazione comunale visto che l'area di via Manzoni, dedicata al
conferimento dei rifiuti differenziati per alcuni commercianti del centro
storico, era stata sgomberata a seguito di violazioni del Comune di Muggia della
destinazione d'uso da parte dell'Autorità Portuale. «Il conferimento dei rifiuti
presso l'area dedicata da parte dei gestori di alcuni pubblici esercizi, ubicata
dapprima nell'area di via Manzoni e successivamente nel piazzale ex Alto
Adriatico, non sostituisce la raccolta "porta a porta" cui ciascun gestore è
tenuto, come ribadito nella nota consegnata ai singoli esercenti», ha spiegato
in aula Litteri. Da qui il concetto che «il conferimento presso l'area dedicata
è aggiuntivo e non sostitutivo al servizio "porta a porta" e pertanto si ritiene
che non vi siano i presupposti per l'applicazione dell'articolo 47 comma 1 del
regolamento Iuc». Proprio nel regolamento per l'applicazione dell'imposta unica
comunale è messo nero su bianco che sono previste «riduzioni per inferiori
livelli di prestazione del servizio». Nello specifico, nelle zone in cui non è
effettuata la raccolta il tributo è ridotto, tanto nella parte fissa quanto
nella parte variabile, al 40% per le utenze poste a una distanza compresa tra
300 metri e 600 metri dal più vicino punto di conferimento, misurato
dall'accesso dell'utenza sulla strada pubblica, e al 20% per le utenze poste ad
una distanza superiore. Per quanto concerne invece la seconda parte
dell'interrogazione, in cui si era messo in evidenza che in molte zone del
territorio si sono verificati disservizi tali per cui l'asporto del rifiuto non
avviene regolarmente, documentati anche all'Urp e allo sportello dedicato,
Litteri ha stigmatizzato che la raccolta nelle vie pubbliche «è effettuata con
continuità dalla partenza del servizio» e che «la maggior parte dei disservizi
segnalati è riferita a raccolte in strade e vie private in cui l'accesso doveva
essere concordato con i proprietari e fruitori delle strade». Per Litteri, il
semplice «rispetto delle indicazioni fornite nella documentazione consegnata ai
cittadini e durante gli incontri pubblici avrebbe garantito il costante asporto
dei rifiuti».
Riccardo Tosques
Il sindaco Marzi e il manager di Net: «Nuova
differenziata ormai a regime»
«Sono passati due mesi dall'introduzione a Muggia della raccolta dei rifiuti
porta a porta e, dopo alcune difficoltà iniziali, il sistema sta andando a
regime. Anche le legittime lamentele della cittadinanza stanno diminuendo. Il
nostro impegno è teso a risolvere al più presto anche le ultime criticità e
portare a compimento un progetto che nel breve - medio termine, siamo certi,
porterà benefici ambientali ed economici per la cittadinanza». Lo affermano
congiuntamente il sindaco di Muggia, Laura Marzi e il direttore generale di Net
Spa, Massimo Fuccaro che si sono incontrati per fare il punto della situazione.
ISTRIA - IL TORRENTE BIANCO DI PISINO - ALLARME FRA I RESIDENTI
Il fenomeno dopo la voragine apertasi nell'area di una discarica
PISINO - Fenomeno mai visto a Pisino: lungo il torrente Foiba scorre acqua bianca quasi come il latte e presso la discarica di materiale edile nell'area di Lakota si è aperta una voragine del diametro di 15 metri e di una profondità di 15-20 metri. Secondo gli esperti i due fatti sono in stretta correlazione. Dopo le ultime abbondanti piogge la volta del tunnel sotterraneo di 150 metri di lunghezza e 2,5 di larghezza lungo il quale scorre il Torrente Drazej, affluente del Foiba, ha ceduto. Di qui il cratere che sta creando notevole apprensione tra la popolazione. E nella voragine è finita l'acqua piovana sporcata dai rifiuti calcarei qui regolarmente scaricati dall'azienda per l'estrazione e lavorazione della pietra Kamen.La volta ha ceduto non solo in seguito all'azione del torrente Drazej in piena, ma anche per il sempre più rilevante peso che doveva sopportare. Qui infatti si stava depositando del materiale per livellare il suolo così da ottenere una superficie piana su cui costruire un posteggio. L'area del cratere è stata recintata; l'ispettorato che vigila sull'operato della discarica ha assicurato che l'acqua "bianca" non comporta pericoli ambientali.
(p.r.)
Bioest tra lezioni di benessere e danze - Ultimo giorno
al parco di San Giovanni della fiera del biologico
Prosegue fino alle 20 - nel parco di San Giovanni - Bioest, la fiera del
biologico e dei prodotti naturali, delle associazioni ambientaliste, culturali e
del volontariato a ingresso libero con 150 stand. Il programma di oggi prevede,
alle 10, un incontro e una visita in apiario e alle 15 una passeggiata alla
scoperta degli oleoliti. Dalle 9.30, nell'Area prato nello Spazio energia
vitale, lezioni gratuite dimostrative di Tai Chi Chuan con Metamorfosys e, alle
10.30, Vercy Yoga posturale dinamico; alle 11.30 yoga con Kokorozashi Dojo, alle
13 (e poi pure alle 17) hatha yoga ancora con Metamorfosys, alle 14 (e anche
alle 16) campane tibetane a cura di Marina Marass Sferza e infine alle 15
Pilates, alle 15.30 karate e difesa personale e alle 18 talso con Kokorozashi
Dojo. Alle 9.30 in Area Villas Ecstatic Dance Italy "Musica e arte in movimento"
a cura di Kaartik. Alle 12, in Area rosa, degustazione di prodotti biologici
regionali e alle 17.30 biomerenda per i bambini. Per il folklore, alle 16.30 in
Area Villas esibizione di danze greche e del Coro della Comunità greco-orientale.
Alle 16.30 verrà presentato in anteprima il cortometraggio "Alone-La solitudine
prima di noi" a cura dell'associazione #MaiDireMai Mai. Due gli appuntamenti con
la musica dal vivo: alle 17.30, in Area Villas, concerto folk e irish music dei
Drunken Sailors e alle 19 dei Blue Krass (country
"Piacevolmente Carso"con curiosi di natura
Ultimo appuntamento per la stagione di "Piacevolmente Carso": la cooperativa Curiosi di natura propone, dalle 9.30 alle 13, una facile escursione tra Trebiciano e Banne. Al termine possibilità di degustazioni dai ristoratori di "Sapori del Carso", con uno sconto del 10%. Ritrovo alle 9.10 al cimitero di Trebiciano, raggiungibile da Trieste con il bus 39. Informazioni e prenotazioni curiosidinatura@gmail.com, al cell. 340-5569374 e sul sito curiosidinatura.it.
Sito paleontologico e grotta Fioravante
Il sito paleontologico del Villaggio del pescatore vi aspetta anche oggi, dalle 10 alle 18, con la caccia al tesoro di Antonio (alle 11, 13, 15 e 17). Contemporaneamente, apriremo per l'occasione la Grotta Fioravante, dalle 10 alle 17. Le attività sono a pagamento, per informazioni sull'evento c'è il 3347463432 oppure potete scrivere alla mail cooperativagemina@gmail.com
IL PICCOLO - SABATO, 2 giugno 2018
Infrazione Ue, rischio da un milione - Scoccimarro
stima la quota regionale derivante dalla sanzione sulle fognature
TRIESTE - Potrebbe costare un milione di euro alle casse del Friuli Venezia
Giulia la multa spiccata all'Italia dalla Corte di giustizia Ue dopo la
procedura d'infrazione per il ritardo nella messa a norma di reti fognarie e
sistemi di depurazione. Il problema riguarda anche la regione, su cui pendono
esborsi potenziali per decine di milioni, di cui la sanzione potrebbe essere
solo un assaggio. L'assessorato all'Ambiente rende noto che al momento l'Italia
dovrà pagare 25 milioni e potrebbe imputarne uno al Fvg, sulla base del numero
di abitanti. Vi si aggiungerebbero alcune migliaia di euro al giorno che la
Regione potrebbe dover versare per i ritardi nei processi di depurazione
nell'area di Cervignano. Quelli relativi a Trieste sono stati invece superati
con il nuovo depuratore di Servola, costato oltre 50 milioni. L'assessore Fabio
Scoccimarro assicura comunque che «entro il 2019 il Fvg sarà in linea con le
direttive europee». Dopo aver appreso della multa, Scoccimarro ha convocato una
riunione della propria Direzione, chiarendo che «due erano gli agglomerati
imputati in Fvg: quello di Trieste-Muggia-San Dorligo e quello di Cervignano. In
entrambi i casi, riferendosi la sanzione forfettaria al 2004, purtroppo eravamo
in difetto: ora a Trieste grazie al depuratore di Servola, ormai siamo allineati
alla direttiva; a Cervignano invece erano previsti sette interventi, quattro già
completati, uno in via di definizione e due che si completeranno nel 2019». Nel
2013 è cominciata tuttavia una seconda inchiesta, che ha prodotto la condanna
del Fvg per gli agglomerati di Codroipo-Sedegliano-Flaibano, Cormons, Gradisca,
Grado, Pordenone-Porcia-Roveredo-Cordenons, Sacile e Udine. Soccimarro non manca
di attaccare le regole dell'Unione europea: «Non solo l'Europa a trazione
germanica ci vuole imporre i formaggi con latte in polvere, ma ci vuole anche
prescrivere come smaltire le acque reflue senza tener conto di quelle che sono
le realtà architettoniche storiche del nostro Paese. Questo dimostra come sia
sempre più importante una seria rivalutazione dei rapporti comunitari in merito
alla sovranità nazionale».
(d.d.a.)
Il Comune di San Dorligo della Valle virtuoso nella
raccolta e nel riciclo della plastica
L'Amministrazione del Comune di San Dorligo della Valle - Dolina e A&T 2000
S.p.A., gestore del servizio di raccolta rifiuti urbani ed assimilati,
evidenziano l'eccellente risultato riscontrato nel corso dell'ultima analisi
merceologica del 16 maggio scorso effettuata dal Corepla (Consorzio Nazionale
per la raccolta, riciclo e recupero degli imballaggi in plastica) sugli
imballaggi in plastica e lattine raccolti nel Comune di San Dorligo della Valle
- Dolina. Lo scarto relativo al campione analizzato è stato solamente del 6,3 %,
rientrando quindi tra i migliori risultati non solo del bacino di A&T 2000 S.p.A.,
ma dell'intero bacino regionale e nazionale. «Un altro risultato di rilievo
riguarda la gestione dei rifiuti presso le sagre e manifestazioni pubbliche del
Comune», si legge nel comunicato stampa dell'amministrazione comunale.
Collegamenti ferroviari - Da Villaco a Trieste in treno
al via il servizio del weekend
TRIESTE - Scatta oggi il prolungamento del servizio ferroviario Mi.Co.Tra da
Villaco fino a Trieste. Ogni sabato e domenica il treno raggiungerà il capoluogo
regionale, collegando direttamente alla Carinzia anche Palmanova, sito Unesco,
Cervignano del Friuli (a ridosso del sito Unesco di Aquileia e di Grado) e il
polo intermodale Trieste Airport. Una seconda fase di potenziamento del servizio
scatterà nella tratta italiana il 10 giugno, con ulteriori corse domenicali per
avviare la sinergia tra la ciclovia Alpe Adria e il treno anche nella tratta
ferroviaria tra Udine e Cervignano. Le novità sono state presentate ieri a
Villaco da Österreichische Bundesbahnen, Ferrovie Udine Cividale e Trenitalia,
con autorità di Land carinziano e Regione. L'assessore Graziano Pizzimenti ha
evidenziato la strategicità della collaborazione con la Carinzia, sia per il
rafforzamento in area montana del servizio ferroviario sia per la valenza
turistica. «Il 2018 - ha detto Pizzimenti - sarà un anno di novità»: la Regione
è al lavoro anche per «concretizzare l'avvio del collegamento tra Fvg» e
Lubiana.
Fiere - A San Giovanni si inaugura Bioest
Si inaugura oggi alle 10, nel parco di San Giovanni, la 25esima edizione di
Bioest, la fiera del biologico e dei prodotti naturali, delle associazioni
ambientaliste, culturali e del volontariato in programma ancora domani fino alle
20.30 con 150 stand tra produttori artigianali e associazionismo. Il ricchissimo
programma inizia appunto dalle 10, nell'area prato, con le lezioni gratuite
dimostrative di yoga e a seguire con Kokorozashi Dojo. Per la musica, alle 16.30
ecco l'esibizione dell'Acoustic Duo, alle 18.30 danze greche e alle 19.30 il
concerto di Afrobalkancombo. Alle 17.30 (Area Glicine), percussioni tradizionali
africane. Info su
www.bioest.org.
COMITATO PACE CONVIVENZA E SOLIDARIETÀ DANILO DOLCI
Il Comitato celebra la festa della Repubblica alle 17, nel parco di San Giovanni (ex sala Villas, a destra della chiesa). Invitiamo i cittadini ad approfondire la storia e i valori della nostra Repubblica, vogliamo dibattere insieme su democrazia e Costituzione, nel rispetto delle opinioni di ciascuno.
Una passeggiata sulle falesie - Da questo pomeriggio
inizia l'estate a Duino Aurisina
Prende il via oggi il programma degli eventi per l'estate promossi dal
Comune di Duino Aurisina. L'appuntamento più atteso sarà la visita guidata alla
Riserva naturale delle falesie, con esperti che dialogheranno con i partecipanti
sia in italiano, sia in inglese, e che inizierà alle 18.30. La Riserva si
estende per 107 ettari, al suo interno la varietà delle specie è notevole. Il
sentiero - intitolato al poeta boemo Rainer Maria Rilke e inaugurato nel 1987 -
si estende per 1700 metri e permette di accedere alla Riserva da Sistiana o da
Duino; il percorso ha un andamento pressoché pianeggiante, che consente a
chiunque di affrontare la passeggiata. La partecipazione è gratuita, ma è
necessaria la prenotazione: tel. 040-299264, mail a info@marepineta.com.In
questo fine settimana si accavalleranno anche numerosi eventi sportivi. A
Portopiccolo, fino a domani, è in programma la fase finale del campionato
europeo Sportboat 2018, unico evento internazionale di vela in Italia
quest'anno. In baia sarà aperto anche il villaggio con stand promozionali,
prodotti locali e spettacoli culturali. Sempre per la vela, oggi e domani, 22.o
Trofeo "Pino Erriquez", organizzato dalla Pietas Julia. E stamane alle 11, in
baia, presentazione dei corsi di vela da parte del Sistiana 89. Oggi si
concluderanno anche due tornei di calcio: a Visogliano la 13.a edizione di
quello giovanile, a Medeazza, quello riservato a giocatori di tutte le età.Sul
piano musicale stasera alle 18, nella sede dei Cori di Duino, concerto "Sentieri
dell'arte" promosso dal Centro sloveno di educazione musicale. Domani alle 14,
sul campo del Sokol di Aurisina, primo Memorial "Jack Benvenuti" di pallavolo, a
Borgo San Mauro - dalle 17 - chioschi enogastronomici e, alle 20.30, concerto
della Cappella tergestina. Uno degli appuntamenti più attesi di giugno è Trieste
Mare Morje Vitovska, che celebra il vitigno più celebre del Carso: la Vitovska.
Appuntamento al castello di Duino il 15 e 16 giugno.
Ugo Salvini
Sito paleontologicoe grotta Fioravante
Oggi e domani il sito paleontologico del Villaggio del pescatore vi aspetta dalle 10 alle 18 con la caccia al tesoro di Antonio (alle 11, 13, 15 e 17). Contemporaneamente apriremo per l'occasione la Grotta Fioravante, dalle 10 alle 17. Le attività sono a pagamento, per informazioni c'è il 3347463432 oppure scrivere alla mail cooperativagemina@gmail.com
IL PICCOLO - VENERDI', 1 giugno 2018
"Sbloccati" i 23 milioni per il Museo del mare
La Regione dà il via libera all'accordo che sarà sottoscritto con il
Comune per il restyling con fondi Mibact dei magazzini 24 e 25 dove sorgerà il
polo
Trieste sposterà il Museo del mare in Porto vecchio. Il primo atto della
nuova giunta regionale a favore del capoluogo del Friuli Venezia Giulia riguarda
ristrutturazione e riqualificazione dei magazzini 24 e 25, il completamento di
quanto avviato nella scorsa legislatura, a partire dal capitolo risorse. Le
procedure di gara per l'appalto delle opere saranno avviate entro la fine di
marzo del 2019. La Regione, beneficiaria dei contributi del ministero, garantirà
il flusso delle risorse al Comune che, in qualità di soggetto attuatore, assume
l'incarico di stazione appaltante. La conclusione dei lavori è prevista entro il
2023. Nella delibera proposta da Massimiliano Fedriga e approvata dalla giunta
si ratifica di fatto lo schema di accordo esecutivo, un articolato che nei
prossimi giorni Regione e Comune sottoscriveranno con l'obiettivo concreto di
«rendere i due vecchi fabbricati idonei ad accogliere il museo, rispettandone il
valore storico ed architettonico, conservandone gli elementi peculiari e
contemporaneamente adottando soluzioni tecnologiche, di risparmio energetico e
di utilizzo di fonti rinnovabili all'avanguardia». Fondato nel 1904, il Museo
del mare espone una vasta collezione di documenti e oggetti che raccontano la
storia dell'attività portuale e marinara di Trieste. Il suo trasferimento,
spiega la Regione, ne consentirà l'ampliamento e l'ammodernamento, facendone un
importante punto di attrazione e di interesse culturale. I soldi? Ci sono. La
spesa prevista è di 23 milioni di euro, poco meno della metà dei 50 che il
ministero dei Beni culturali aveva assegnato alla Regione nel 2016 attraverso il
Piano stralcio Cultura e Turismo per avviare la riconversione dell'area portuale
e che, oltre al museo, prevede la realizzazione della nuova sede dell'Icgeb
(International Centre For Genetic Engineering And Biotechnology), il restauro
del pontone gru Ursus e le relative infrastrutturazioni. Tutto definito nel
dettaglio lo scorso 25 settembre a Trieste, giorno della firma di Regione,
Comune, Mibact e Autorità di sistema portuale in calce all'accordo operativo per
la riqualificazione del Porto vecchio, a partire appunto dalla creazione di un
grande attrattore culturale transfrontaliero. «La riqualificazione e
valorizzazione ai fini turistici, commerciali e culturali dello storico
distretto portuale di Trieste - commenta Fedriga - è una priorità della giunta
regionale che attuiamo in perfetta sintonia con l'amministrazione comunale in
un'ottica di ulteriore rilancio della città di Trieste quale polo di attrazione
nazionale ed internazionale». Soddisfatto anche Roberto Dipiazza. «La
concretezza di chi crede nello sviluppo di un territorio sta nei fatti e nella
prontezza di adozione degli atti amministrativi», rimarca il sindaco annunciando
di avere «accolto con grande soddisfazione la notizia, comunicatami direttamente
dal governatore. Possiamo dire che anche su questo punto siamo partiti
ufficialmente». Le procedure? «Il Comune avvierà la fase di progettazione,
quindi la gara a cui seguirà l'avvio dei lavori. Lo sviluppo e la
riqualificazione del Porto vecchio rappresentano la crescita della città sia in
termini di qualità della vita e sostenibilità sia dal punto di vista economico e
turistico. In questa direzione stiamo procedendo velocemente e con
determinazione». Non mancano i commenti di chi ha lavorato con lo stesso
obiettivo nella precedente legislatura e dunque rivendica i meriti. «I 50
milioni - ricorda Debora Serracchiani -, frutto di un lavoro paziente e tenace
che abbiamo intessuto con i governi di centrosinistra, e anche di dialogo con il
Comune di Trieste, sono l'innesco per il recupero degli edifici storici e
l'infrastrutturazione dell'area. Il Museo del mare - prosegue l'ex presidente
della Regione - potrà essere un volano per cominciare a rivitalizzare un'area
dallo straordinario potenziale, su cui bisogna lavorare ancora molto. Confidiamo
che si proceda speditamente sulla buona strada tracciata». Anche Roberto
Cosolini plaude all'iniziativa della giunta regionale, sottolineando a sua volta
l'azione della sua amministrazione: «Nostra l'idea di prevedere il Museo del
mare in Porto vecchio e di inserire l'opera nella richiesta di fondi Fas. Ora
però - avverte l'ex sindaco - mi auguro che il nuovo corso sia consapevole che
realizzare una simile opera non significa mettere oggetti nelle sale. Serve
invece un vero progetto scientifico culturale e dunque competenza e
professionalità».
Marco Ballico
«La sdemanializzazione è illegittima»
Azione legale di Trieste libera che chiede di annullare
l'intavolazione di Porto vecchio
La ridemanializzazione di Porto vecchio. Ovvero come neutralizzare
l'emendamento dell'ex senatore Francesco Russo in due mosse. «Due azioni legali
restituiscono al Porto franco internazionale di Trieste 60 ettari di
infrastrutture portuali sottratte in violazione di legge», fanno sapere dal
quartiere generale di Trieste libera di piazza della Borsa. In realtà si tratta
per ora di un'intenzione. «Dal 29 maggio 2018 la International Provisional
Representative of the Free Territory of Trieste, Ipr Ftt, ha avviato due azioni
legali a difesa del Porto franco internazionale di Trieste e dei diritti che
hanno su di esso tutti gli Stati - fa sapere il segretario Paolo G. Parovel in
un conferenza video in italiano e in inglese -. La prima azione è il ricorso al
Tribunale per l'annullamento del decreto tavolare che nel dicembre 2016 ha
intestato illegalmente al Comune di Trieste 60 ettari di infrastrutture portuali
che appartengono al Porto franco internazionale del Free Territory of Trieste.
La seconda azione legale è la notifica al sindaco e ad altre autorità locali
della diffida ad utilizzare ed a vendere le infrastrutture di Porto Franco in
violazione della legge». C'è una stima che riguarda i 60 ettari dell'area. «Il
valore immobiliare di quelle infrastrutture portuali può essere valutato fra i
tre e i cinque miliardi di euro e il loro valore funzionale, nel tempo, per i
traffici internazionali, per la produzione industriale e per le attività
finanziarie, è incalcolabile», spiega Parovel. Sotto accusa «un gruppo di
politici e speculatori locali che ha tentato di sottrarre illegalmente quei beni
al Porto Franco internazionale per venderli sul mercato immobiliare».
A Muggia ritorna la contestata ordinanza "antibici"
Centro storico off-limits per i ciclisti da oggi al 30 settembre - Multe
da un minimo di 41 a un massimo di 168 euro
MUGGIA - Ciclisti, attenti alle sanzioni muggesane. A partire da oggi torna
in vigore la tanto contestata ordinanza "antibiciclette". Il documento che aveva
fatto ampiamente discutere la scorsa fine estate, dopo un anno di naftalina è
pronto per tornare a regolare la viabilità all'interno del centro storico.
Quattro le arterie off-limits per i ciclisti: corso Puccini, via Dante, calle
Carducci e piazza Marconi. Il divieto di circolazione, operativo nella "stagione
estiva", ossia dal primo giugno al 30 settembre, sarà applicato dalle 9.30 alle
12.30 e dalle 16 alle 20, nonché in concomitanza di manifestazioni in piazza
Marconi. Le quattro aree potranno essere percorse dai ciclisti solamente
spingendo le biciclette a mano, la cosiddetta "spinta obbligatoria". Esclusi
dall'ordinanza i velocipedi condotti dai minori di 10 anni che potranno muoversi
senza limitazioni. I trasgressori saranno puniti secondo il Codice della strada
con sanzioni che andranno da un minimo di 41 ad un massimo di 168 euro.
L'ordinanza sarà in vigore sino al 30 settembre. Sostanzialmente un'area
piuttosto circoscritta quella vietata ai ciclisti, tenendo conto del fatto che
nella stesura iniziale dell'ordinanza l'area prettamente pedonale all'interno
del centro storico di Muggia era stata individuata nelle vie, calli e piazze
ricadenti all'interno dell'antica cinta muraria, racchiusa nelle vie Roma,
Naccari, Manzoni, Sauro e in salita alle Mura. La Giunta Marzi ha ricordato che
per ovviare all'assenza di un percorso alternativo per i ciclisti provenienti da
strada per Lazzaretto - confermando che non si può entrare nel centro storico
attraverso l'arco della cinta muraria del Mandracchio, essendo l'arteria a senso
unico - è stato apposto un cartello stradale prima della galleria di via Roma in
cui si fa riferimento alla possibile presenza dei velocipedi nella galleria
stessa. Accessibile anche il percorso lungo calle Bacchiocco e piazzetta
Galilei, itinerario che può permettere di costeggiare il Duomo collegandosi sino
al piazzale Caliterna. L'ordinanza era stata fortemente contestata l'anno scorso
da Fiab Ulisse, l'associazione di ciclisti presente sul territorio provinciale.
Tramite l'ufficio legale dell'associazione, tre cittadini - Christian Bacci,
Gaetano Maggiore e Carlo Canciani - avevano presentato, il 31 luglio 2017, un
ricorso al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti contro l'ordinanza.
Inizialmente il Ministero aveva inviato al Comune una nota con la sospensione
del documento, ma non essendoci stata alcuna bocciatura, il Comune aveva
ripristinato l'ordinanza fornendo delle controdeduzioni. A seguito di un
sopralluogo sul territorio del Provveditorato interregionale per le opere
pubbliche, il Comune aveva ricevuto risposta da parte del Ministero in cui si
metteva nero su bianco che il ricorso proposto dai tre residenti veniva
respinto, definendo l'ordinanza legittima in quanto conforme alle disposizioni
del Codice della Strada. L'assessore alla Polizia locale Stefano Decolle ha
voluto ricordare la bontà del progetto: «L'ordinanza non vuole essere
discriminante, ma si impegna a tutelare la sicurezza di tutti i cittadini
secondo un principio fondamentale quale il rispetto della convivenza. Per questo
è stata modulata morbidamente attraverso stagionalità e orari precisi, in modo
da non ledere l'interesse di nessuno».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - GIOVEDI', 31 maggio 2018
Ferriera di Servola - Un mese di stop all'altoforno per
lavori di manutenzione
L'altoforno della Ferriera di Servola resterà spento per un mese per effetto
di una serie di manutenzioni programmate, iniziate lo scorso martedì sera. Lo ha
reso noto nella giornata di ieri l'Ufficio stampa di Siderurgica Triestina, che,
proprio a proposito dello spegnimento dell'altoforno, avvenuto per l'appunto
martedì, parla in una nota di «un'operazione senza precedenti», che è stata
condotta «con scrupolo massimo e chirurgica attenzione». Un'operazione di fatto
necessaria, viene spiegato, «per procedere ai lavori di manutenzione programmati
da aprile e riguardanti la parte del "crogiolo"». Il riferimento, in questo
caso, è all'«enorme recipiente in cui vengono fusi i metalli», che risale ormai
al lontano 1991, descritto dall'ingegnere "regista" di tale operazione, come «un
arzillo anziano in ottima salute, che però, data la sua età, necessita di
puntuali controlli». Proprio in conseguenza di questi «scrupolosi controlli», è
stato rilevato ultimamente «un andamento meno preciso delle temperature»
evidenziato da una serie di strumenti, le cosiddette «termocoppie», «di cui - si
legge ancora nella nota dell'Ufficio stampa di Siderurgica triestina -
l'altoforno è stato dotato in epoca recente, dopo l'arrivo dell'attuale
proprietà».«Se gli indicatori hanno marcato la necessità di intervenire con
lavori di manutenzione atti a ripristinare il crogiolo riportandolo alla
condizione iniziale - spiegano ancora da Servola - i costanti monitoraggi hanno
permesso di programmare lo stop dell'altoforno con largo anticipo».
Tecnicamente, si è reso necessario «praticare un foro atto a permettere la
fuoriuscita della ghisa liquefatta e rovente, definita "Salamandra", e
controllarne il regolare accumulo negli appositi stampi di sabbia creati ad hoc
e chiamati "campetti". Un procedimento apparentemente semplice, condotto da
esperti che ne hanno governato con sicurezza ogni fase». Il tutto, viene quindi
rimarcato alla fine della nota, è andato in scena «sotto l'occhio dell'Arpa».
Caldo "tropicale" di notte in città - Trieste prima in
Italia per le temperature tra martedì e ieri
A Trieste la notte più calda d'Italia. Il primato, che riguarda il meteo, è
stato stabilito nelle ore a cavallo tra martedì e ieri, quando nel capoluogo
giuliano - unica città italiana - è stata registrata la temperatura minima media
di 22 gradi, da alcune rilevazioni nazionali. Seguono con 21 gradi nella
classifica Ancona, Bari, Brindisi, Caltanissetta, Catania, Genova, Messina,
Napoli, Pesaro, Pescara, Reggio Calabria, Roma e Taranto. L'Osservatorio
meteorologico regionale del Fvg rende noto che una temperatura minima media
notturna così alta, nel mese di maggio, non si raggiungeva a Trieste da più un
secolo, per la precisione dal 1868. All'epoca il record era stato di 21,9 gradi.
Le temperature di questo maggio triestino non solo sono più elevate del solito
ma si protraggono per un periodo di tempo anch'esso eccezionale: con oggi sono
ben otto i giorni con minime notturne superiori ai 20 gradi, che danno luogo a
quelle che in gergo sono chiamate «notti tropicali». Le notti simili nel 2009
erano state sette. Come anticipato il fenomeno è correlato alla presenza del
mare, capace di amplificare e influenzare le variazioni di temperatura sulla
costa. Negli scorsi giorni le acque del golfo triestino hanno raggiunto i 23
gradi: decisamente sopra la media mensile. Ciò impedisce che di notte avvenga un
raffreddamento generale dell'aria nelle zone circostanti. Il fenomeno è a sua
volta da ricondursi al fatto che, da un mese e mezzo, le temperature esterne
sono più alte della norma e riscaldano di conseguenza anche quelle del mare. Dal
momento che l'acqua marina tende ad accumulare calore e a mantenere una
temperatura invariata tra notte e giorno, viene a mancare quel fattore di
raffreddamento naturale costituito dalla presenza del terreno, che invece è
riscontrabile in pianura. Il quadro è completato da un ulteriore fattore di
riscaldamento. La combinazione di giornate lunghe e notti corte tipica di questo
periodo dell'anno aumenta infatti l'effetto di accumulo di calore, da parte del
mare, esposto ai raggi solari più a lungo che in altri mesi. La sua temperatura
media a maggio si attesta sui 20 gradi, contro i normali 17: non accadeva dal
2007.
Lilli Goriup
Acque di nuovo pulite all'Antica Diga, il bando può
decollare
Si può tornare a fare il bagno nelle acque dell'Antica Diga. Nelle prossime
ore il sindaco revocherà il divieto di balneazione ordinato il 18 maggio scorso
a causa del superamento dei limiti dei valori di "enterococchi intestinali",
ovvero di batteri presenti nelle feci, in quel tratto di mare. Ieri pomeriggio,
infatti, l'Arpa ha inviato al Comune i risultati delle analisi dell'ulteriore
campionamento effettuato lunedì scorso nello specchio d'acqua che circonda la
Diga foranea di Porto Vecchio. Gli elaborati hanno rilevato che i valori sono
ritornati nei limiti imposti. Allarme rientrato, quindi, e via libera a tuffi e
immersioni. Non appena Dipiazza firmerà l'ordinanza di revoca del divieto di
balneazione, l'atto verrà trasmesso direttamente alla Capitaneria di porto, che
provvederà a rimuovere la cartellonistica indicante la proibizione sistemata il
18 maggio. Una notizia che non potrà che avvantaggiare anche il bando per la
concessione demaniale della Diga, appena ripubblicato dall'Autorità di sistema
portuale dell'Adriatico orientale. Un bando che antepone, alle offerte per i
canoni di concessione, la validità del progetto di chi intende riavviare quello
stabilimento ormai chiuso da due anni. La superficie da destinare a stabilimento
si è ridotta a seguito dell'affidamento della concessione della radice, dalla
parte verso il molo, alla Saipem. Il campionamento che aveva evidenziato la
presenza di contaminazioni fecali era stato effettuato lo scorso 17 maggio. Come
previsto, in seguito all'entrata in vigore del Decreto ministeriale del 30 marzo
2010, se le indagini del monitoraggio evidenziano un superamento dei valori
limite, si impone venga adottato un protocollo che include l'interdizione
temporanea alla balneazione dell'area in esame e l'attivazione di un controllo
aggiuntivo entro le 72 ore. In caso di esito favorevole dell'analisi, e a
seguito di un ulteriore controllo dopo sette giorni, l'area viene riaperta.
Entro 72 ore dal campionamento del 17 maggio, i tecnici Arpa hanno effettuato
quindi un'altra indagine. E lunedì scorso l'ulteriore controllo, che ha dato
esito favorevole.
di Laura Tonero
Troppi treni a Barcola, ci vogliono barriere acustiche
- La lettera del giorno di Lamberto Bello
Abito con la mia famiglia a Barcola in una casa indipendente dal 2010.
Consapevoli della vicinanza alla linea ferroviaria, prima dell'acquisto,
valutammo che il traffico ferroviario (soprattutto i rumorosissimi treni merci)
non fosse così frequente e invasivo. Abbiamo destinato una porzione della nostra
casa a un'attività di ricezione turistica e da due anni a questa parte la
situazione è diventata insostenibile. L'inquinamento acustico è quadruplicato e
la qualità di vita di tutti i residenti è drasticamente peggiorata. Impossibile
dormire con le finestre aperte, problemi di corrente galvanica dovuti allo
scarico a terra dell'elettricità, case con preoccupanti crepe ai muri, persone
con problemi d'insonnia, problemi di ricezione delle antenne televisive, il
tutto spesso evidenziato da strombazzanti "saluti alla città" dei macchinisti,
anche se i passaggi avvengono ben oltre la mezzanotte o di primo mattino. La
nostra attività ne ha parecchio risentito in quanto le recensioni ricevute da
due anni a questa parte mettono sull'attenti i potenziali ospiti futuri
rimarcando l'evidente disagio e chi soggiorna da noi una volta poi non pensa
certo di ripetere l'esperienza. Passano convogli merci con fino a 40 container
dalla durata infinita e spesso con frequenze serrate di cinque minuti l'uno
dall'altro, senza contare l'aggiunta dei treni passeggeri. È di questi giorni la
pubblicazione del record del traffico dei treni merci aumentato del 26,6 % (me
ne sono accorto). Da profano, mi chiedo se è un'utopia ridurre i passaggi o
smistare diversamente le corse evitando che tale giornaliero frastuono
attraversi il cuore della più rinomata riviera cittadina in pieno centro abitato
o, come discusso e ampiamente segnalato in sede di assemblea il lontano 9
novembre 2017 nella Sala parrocchiale di Barcola alla presenza del vice sindaco
Roberti e degli assessori Polli e Lodi, si possa provvedere all'installazione di
barriere acustiche nelle zone più esposte che darebbero modo di presentare ai
numerosi turisti una riviera acusticamente meno inquinata e allevierebbero in
parte il sistema nervoso di migliaia di cittadini residenti in questa area.
Trieste - Si parla di ecoreati alla Stazione centrale
Il Circolo Verdeazzurro Legambiente, in collaborazione con ProgettiAmoTrieste, organizza alle 18 allo Spazio Trieste Città della conoscenza (all'interno della Stazione centrale, ala destra) l'incontro pubblico "Gli ecoreati, tre anni dopo", a tre anni dall'entrata in vigore della legge sui delitti contro l'ambiente. Con Matteo Fermeglia (Università di Udine e Trieste), Franco Sturzi (Arpa Fvg) e l'avvocato Antonio Cattarini.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 maggio 2018
Check sulle acque attorno alla Diga - il caso
Oggi si saprà se nelle acque prospicienti l'Antica Diga si potrà nuovamente
nuotare. Dopo lo stop alla balneazione ordinato il 18 maggio scorso dal sindaco
Roberto Dipiazza a causa del superamento dei limiti dei valori di "enterococchi
intestinali", ovvero di batteri presenti nelle feci, in quel tratto di mare,
lunedì scorso i tecnici dell'Arpa hanno provveduto ad effettuare un nuovo
campionamento. Ieri i laboratori hanno elaborato i risultati che in giornata
verranno spediti al primo cittadino e agli uffici tecnici del Comune. Se le
analisi avranno esito favorevole, Dipiazza potrà disporre la riapertura alla
balneazione di quello specchio acqueo. Il campionamento che aveva evidenziato la
presenza di contaminazioni fecali era stato effettuato lo scorso 17 maggio. Come
previsto in seguito all'entrata in vigore del Decreto ministeriale del 30 marzo
2010, se le indagini del monitoraggio evidenziano un superamento dei valori
limite, si impone venga adottato un protocollo che include l'interdizione
temporanea alla balneazione dell'area in esame e l'attivazione di un controllo
aggiuntivo entro le 72 ore. In caso di esito favorevole dell'analisi, e a
seguito di un ulteriore controllo dopo 7 giorni, l'area viene riaperta. In caso
di esito sfavorevole, resta invece vietata alla balneazione fino a quando
l'analisi non sarà favorevole. Entro 72 ore dal campionamento del 17 maggio, i
tecnici Arpa hanno effettuato quindi un'altra indagine. E lunedì scorso
l'ulteriore controllo. Se l'esito sarà favorevole, il sindaco disporrà vengano
rimossi i cartelli che indicano il divieto di balneazione e darà così il via
libera a bracciate e tuffi. Non è la prima volta che si verifica una
contaminazione nella acque prospicienti la Diga foranea del Porto Franco
Vecchio. Già nel 2016, per l'esattezza il 14 giugno, un campionamento da parte
dell'Arpa aveva evidenziato valori oltre i limiti, in quel caso, di "escherichia
coli", un altro batterio di comune riscontro nell'intestino di uomini e animali.
Il sindaco anche in quel caso, come previsto dal protocollo, aveva disposto il
divieto di balneazione. Che revocò, a parametri rientrati, dieci giorni dopo.
Quel punto di campionamento dunque non è nuovo a superamenti dei limiti.
L'ipotesi di una responsabilità del sistema fognario, anche nel caso della
recente contaminazione, è stata esclusa da AcegasApsAmga che ritiene non si
tratti di una conseguenza dello scarico in mare del torrente Chiave, che ha
sbocco proprio nei pressi del Molo 0. L'azienda propende invece per l'ipotesi
che a causare quel superamento dei valori limite sia stato lo scarico di liquami
in mare da una nave. Valutando anche la possibilità che l'imbarcazione in
questione non sia passata necessariamente in prossimità della Diga, e che le
correnti possano aver giocato un ruolo fondamentale.
(l.t.)
LO DICO AL PICCOLO - Rifiuti, Legambiente ripulisce
Canovella de' Zoppoli - (vedi
articolo di Andrea Wehrenfennig)
In seguito al
monitoraggio "Beach Litter" svolto da Legambiente a fine aprile su 72 spiagge
italiane, è stata trovata una media di 620 rifiuti ogni 100 metri lineari di
spiaggia. L'80% degli oggetti trovati è di plastica; sul 95% delle spiagge sono
stati rinvenuti rifiuti di plastica usa e getta. A Canovella sono stati censiti
ben 918 rifiuti, per il 96,5% di plastica: soprattutto pezzi di reti per la
coltivazione dei mitili (quasi il 40%), frammenti di plastica e polistirolo,
bottiglie, bicchieri e contenitori di plastica, tappi e coperchi, bastoncini del
cotton fioc.Su scala europea, secondo uno studio commissionato ad Arcadis
dall'Unione europea, il marine litter costa 476,8 milioni di euro all'anno. Una
cifra che prende in considerazione solo i settori di turismo e pesca perché non
è possibile quantificare l'impatto su tutti i comparti dell'economia. In
particolare, il costo totale stimato per la pulizia di tutte le spiagge
dell'Unione europea è pari a 411,75 milioni di euro. Così nei giorni scorsi i
volontari di Legambiente Trieste, con l'aiuto di Trieste Altruista e dei
richiedenti asilo organizzati dall'Ics, hanno raccolto numerosi sacchi di
rifiuti spiaggiati o abbandonati lungo la spiaggia di Canovella de' Zoppoli, in
comune di Duino Aurisina.
Andrea Wehrenfennig, presidente del Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 29 maggio 2018
Gas Natural rinuncia al Rigassificatore a Zaule: considerazioni di Legambiente
“C'è molto da imparare dal caso del rigassificatore di Zaule” commenta Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente Trieste, perché “la vertenza ambientale in realtà riguardava la strategia energetica nazionale e la democrazia partecipativa, cioè quanto i cittadini possono incidere su decisioni che riguardano la loro vita”.
Quando nel 2005 e 2006 sono stati presentati i progetti di
un rigassificatore a terra (Gas Natural) e di un altro al largo di Grado (Endesa),
a cui solo nel 2008 si è aggiunto il progetto del metanodotto
Trieste-Grado-Villesse (Snam), Legambiente con le altre associazioni
ambientaliste (WWF, Comitato per la salvaguardia del golfo) ha studiato a fondo
i progetti e tutta la documentazione, concludendo che i problemi ambientali e di
sicurezza erano troppo rilevanti per poter accettare questi progetti. Gli
effetti dell'acqua fredda e del cloro sugli ecosistemi marini e sulla pesca, il
rischio di incidenti rilevanti per le industrie vicine e per la popolazione
circostante a Muggia e a Trieste, gli ostacoli alla movimentazione delle altre
navi, il problema dei sedimenti marini inquinati da sostanze tossiche quando
sarebbe stato collocato il gasdotto: gravissimi danni previsti per l'ambiente e
gravissimi rischi per la popolazione, mentre la strategia energetica nazionale
puntava a decine di rigassificatori su tutte le coste italiane, senza nessun
criterio di scelta e priorità. A queste considerazioni si è aggiunta una
gestione del progetto da parte di Gas Natural che non ha mai accettato un
confronto pubblico, ha addirittura presentato dati falsificati (ma la
magistratura ha archiviato le nostre denunce) e in compenso ha denunciato per
diffamazione un socio di Legambiente che riferiva notizie della stampa
internazionale, soprattutto spagnola, sul comportamento della Gas Natural Fenosa
in America Latina.
Nel 2006 le associazioni, alcuni comuni come Muggia e San Dorligo e buona parte
della popolazione avevano già formulato un giudizio negativo sul progetto
rimasto (della Gas Natural) mentre i media, il governo, la politica locale e
nazionale, il Comune di Trieste e la Regione, i sindacati e gli imprenditori,
erano tutti convinti sostenitori di questo brutto progetto.
L'impegno costante degli ambientalisti (raccolta di firme, ricorso al TAR del
Lazio, incontri e manifestazioni, diversi numeri speciali della rivista Konrad)
è stato sostenuto da numerosi scienziati ed esperti triestini, riuniti nel
Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste, che ha svolto un'efficace azione di
analisi e informazione scientifica sui rischi del progetto e sulle possibili
alternative.
Il clima è cambiato quando infine anche l'Autorità portuale ha dovuto prendere
atto che il rigassificatore a Zaule avrebbe potuto ostacolare o perfino
paralizzare in alcuni momenti i movimenti delle petroliere e delle
portacontainer, frenando proprio le attività fondamentali del porto. Nuove forze
si sono aggiunte, è nato il coordinamento “Trieste dice no al rigassificatore”,
e gradualmente le forze politiche e il Comune di Trieste, la Provincia e la
Regione hanno presentato anche loro dei ricorsi al TAR, dando quindi ragione
alle associazioni che lo avevano fatto già nel 2006.
In questi lunghi anni, solo due nuovi rigassificatori sono stati realizzati in
Italia: uno al largo di Rovigo e uno al largo di Livorno (su una nave), nessun
rigassificatore a terra. La nuova strategia energetica nazionale dice
chiaramente che punta sui gasdotti e che a breve termine non occorre costruire
nuovi rigassificatori.
Evidentemente Gas Natural ha preso atto della situazione: nel febbraio 2018 ha
venduto la sua rete di distribuzione del gas in Italia (presente soprattutto in
Italia meridionale) alla Edison e si è quindi ritirata dal mercato italiano,
lasciandoci solo il brutto ricordo dell'arroganza dimostrata verso i triestini.
Abbiamo però anche dei bei ricordi sulla partecipazione di tanti volontari, sia
semplici cittadini che esperti e scienziati, dell'Italia e della Slovenia, tra
cui ricordiamo l'amico Daribor Zupan, prematuramente scomparso: dirigente di
Legambiente, ingegnere chimico, ex preside dell'Istituto Ziga Zois di Trieste,
autore di un bellissimo video con animazioni e interviste ad esperti, una vera
introduzione al problema del rigassificatore. A lui dedichiamo questa meritata
vittoria dei diritti dei cittadini e dell'ambiente.
Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente Trieste
IL PICCOLO - MARTEDI', 29 maggio 2018
Gas Natural rinuncia al rigassificatore - Il passo
indietro dopo 14 anni. La struttura doveva sorgere nella zona di Zaule
La comunicazione in un documento inviato al ministero dello Sviluppo
economico -
vedi l'articolo
Gas Natural Italia rinuncia una volta per tutte al progetto del
rigassificatore di Zaule. Lo attesta un documento, firmato dal presidente del
consiglio d'amministrazione della società Javier Hernández Sinde, inviato lo
scorso 22 maggio al Ministero dello sviluppo economico italiano. Si conclude
così un'odissea durata 14 anni, durante i quali la possibilità che il golfo
venisse solcato settimanalmente da enormi navi gasiere ha pesato sullo sviluppo
portuale e sull'ambiente triestino come una spada di Damocle. La lettera di
rinuncia è stata inviata per conoscenza a innumerevoli altre istituzioni
italiane, non ultimi i principali attori del Friuli Venezia Giulia: la Regione e
il Comune di Trieste. Nel lungo testo l'azienda rileva come ormai siano
trascorsi 14 anni dall'avvio del progetto per il terminale di rigassificazione.
In questo lungo intervallo di tempo, prosegue Gas Natural, la società si è fatta
carico dei costi di sviluppo, definiti «di estrema rilevanza», lamentando come
ad oggi non sia ancora stato concluso il procedimento autorizzativo. Nel
frattempo, considera ancora la società, il contesto del mercato italiano e
internazionale è «profondamente mutato». Ciò avrebbe compromesso «in maniera
sostanziale» la sostenibilità economico-finanziaria del progetto del terminale.
In questo contesto Gas Natural sostiene di essersi trovata «costretta» ad
assumere la decisione di rinunciare al progetto, «anche al fine di non aggravare
ulteriormente i danni economici fino ad oggi subiti». Da queste premesse nasce
la volontà di comunicare a tutti gli interlocutori la scelta di rinunciare al
procedimento autorizzativo, «nonché ad ogni altro procedimento presupposto o
comunque connesso ai fini della realizzazione del terminale di
rigassificazione». Il passo indietro interessa anche i procedimenti già
conclusi, e in particolare il rilascio della valutazione di impatto ambientale e
le altre approvazioni ottenute dal progetto. Quali erano le caratteristiche del
rigassificatore? Il progetto prevedeva un impianto on-shore della capacità di 8
miliardi di metri cubi all'anno, destinato a sorgere nella zona portuale di
Zaule. La struttura avrebbe dovuto essere composta da due serbatoi criogenici di
gas naturale liquefatto (Gnl) da 140 mila metri cubi ciascuno, cinque
vaporizzatori di acqua di mare, due vaporizzatori a fiamma sommersa che
avrebbero dovuto funzionare come «back-up» e anche come sistema di emergenza.
L'installazione sarebbe stata completata da un pontile per l'attracco di navi
metaniere della capacità compresa tra 70 e 145 mila metri cubi. L'azienda
contava di realizzare il prodotto in tre anni, una volta concluso l'iter
autorizzativo. Ma quest'ultimo, com'è noto, ha incontrato da subito la fiera
opposizione dei comitati ambientalisti e, con il passare degli anni, anche la
contrarietà delle istituzioni che in principio avevano salutato con favore
l'arrivo della multinazionale spagnola e del suo terminale. Il ruolo degli
impianti di rigassificazione nel sistema energetico europeo è dibattuto. Se
alcuni punti di vista li identificano come un'utile alternativa ai gasdotti
russi, altri contestano la necessità di moltiplicare gli impianti. Secondo un
comunicato rilasciato nelle settimane scorse dal MedReg, l'Authority per
l'Energia del paesi del Mediterraneo, l'insufficiente domanda di mercato è il
principale ostacolo ai nuovi investimenti infrastrutturali. L'ente cofinanziato
dall'Ue osserva anche che Spagna, Portogallo, Italia e Francia sono Paesi dotati
di capacità di stoccaggio più che sufficienti a rispondere a picchi di domanda e
crisi.
Giovanni Tomasin
La storia infinita di uno "spettro" - Dal primo sì del
2004 alla contrarietà di Serracchiani e anche di Dipiazza
C'era una volta il presidente della Regione Riccardo Illy, che diede il via
libera al progetto del rigassificatore. C'era anche il sindaco Roberto Dipiazza
che, in un precedente mandato, riteneva fosse un'occasione di sviluppo della
città. C'era addirittura un ministro dello Sviluppo economico come Corrado
Passera (poi eclissatosi dai radar della politica), che riteneva fosse «un
impianto-chiave per lo sviluppo del territorio e un'opportunità per il nostro
Paese». Lo definiva addirittura «l'unico modo per alleggerire la bolletta e per
far crescere l'occupazione». Il progetto viene presentato da Gas Natural al
ministero delle Attività produttive nell'ormai lontano luglio del 2004. Con
quell'atto la multinazionale dell'energia chiede l'avvio della procedura
autorizzativa. Nel gennaio del 2005 la società inoltra alla Regione Fvg la
richiesta, in quanto ente competente ad esprimersi ai fini del rilascio
dell'autorizzazione. Sono momenti di grazia per il progetto. L'assessore
regionale alle infrastrutture Lodovico Sonego (giunta Illy) ne parla così nel
2006: «I rigassificatori sono utili al Paese, anzi sono necessari ed urgenti.
Quattro mesi fa acquistavamo il giornale la mattina per sapere se il giorno dopo
l'Italia avrebbe avuto gas a sufficienza per scaldare le case e far funzionare
le fabbriche». Nel frattempo però passano degli anni: un risvolto nodale arriva
nel luglio 2009, quando il ministero dell'Ambiente e quello per i Beni e le
Attività culturali rilasciano una valutazione di impatto ambientale (Via)
favorevole al progetto. La società avvia le attività necessarie alla
realizzazione. Il sindaco Dipiazza, ai tempi, commenta così: «Rappresenta
un'autentica opportunità di sviluppo per Trieste, i cui benefici superano di
gran lunga i costi». Così invece Luca Ciriani, allora assessore regionale della
giunta Tondo (ora senatore FdI): «È una buona notizia purché costituisca un
vantaggio per il bene della città». Per un periodo, all'inizio degli anni Dieci,
il progetto viene considerato come un possibile strumento occupazionale
alternativo alla Ferriera: l'idea trova l'appoggio del centrodestra regionale,
ma non quello del Pdl locale, che per l'occasione si schiera con il sindaco dem
(ed ex assessore illyano) Roberto Cosolini. Col tempo anche la giunta Tondo si
rivolta contro il progetto. La botta più pesante arriva nel 2013, quando
l'Autorità portuale guidata da Marina Monassi spiega che l'impianto «non è
compatibile con lo scalo triestino, che registra traffici navali, movimentazioni
delle merci e dei passeggeri in continua crescita e con un esponenziale sviluppo
previsionale». Anche i suoi successori alla Torre del Lloyd manterranno una
posizione analoga. Così come farà sempre muro anche la giunta regionale guidata
da Debora Serracchiani, nonché il Roberto Dipiazza al terzo mandato, ormai
convinto dell'inopportunità del progetto. Nonostante le contrarietà di tutte le
istituzioni locali, però, il progetto non muore mai. Continua a rispuntare da
qualche corridoio romano, ora in questa ora in quella veste. Un altro macigno
arriva nel 2016, quando il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda
spiega che «non è un'opera strategica per il Paese, essendoci altri progetti già
autorizzati che, se realizzati, potranno coprire le ulteriori necessità di
capacità di rigassificazione». Il progetto si barcamena ancora per un paio
d'anni, fino all'abbandono definitivo dei giorni scorsi.
(g.tom.)
Comitati e istituzioni ora esultano insieme
Gli ambientalisti ma anche enti come Regione e Comune sono soddisfatti
dell'abbandono della multinazionale
I primi a gioire sono gli ambientalisti che da sempre si oppongono
all'opera, considerata pericolosa per la sicurezza e per l'ambiente di Trieste.
Ma al coro si uniscono anche il nuovo assessore all'Ambiente regionale Fabio
Scoccimarro, la sua collega comunale Luisa Polli e l'ex presidente regionale
Debora Serracchiani, ora parlamentare dem, che durante il suo mandato ha opposto
più volte a Roma la sua contrarietà al progetto. Dichiara Scoccimarro:
«Prendiamo atto con soddisfazione della definitiva rinuncia di Gas Natural alla
realizzazione del rigassificatore nell'area di Zaule, a Trieste». L'assessore
ricorda che già nel luglio 2004, allora nelle vesti di presidente della
Provincia giuliana, aveva espresso «forti perplessità per un insediamento non
compatibile con il corretto sviluppo delle attività portuali». Aggiunge ancora
Scoccimarro: «La scelta comunicata da Gas Natural rientra perfettamente nella
linea programmatica espressa in campagna elettorale dall'attuale governatore
della Regione, Massimiliano Fedriga ed è una posizione condivisa anche da tutte
le forze politiche nell'arco degli ultimi anni». Così invece l'ex presidente
della Regione Serracchiani: «Una vittoria del territorio raggiunta dopo una
lunga e tenace lotta, che non si è mai fermata nel corso della legislatura
regionale appena trascorsa. Una soddisfazione che ricompensa di tanto impegno
messo da cittadini, associazioni e istituzioni, e un problema di meno per chi ha
raccolto la nostra eredità». E ancora: «La svolta per noi si colloca nel momento
in cui - indica Serracchiani - il ministro dello Sviluppo economico Carlo
Calenda ha dichiarato non strategica l'infrastruttura energetica. Le ragioni
dello sviluppo della portualità regionale, che rimane un punto cardinale a
prescindere dal colore delle amministrazioni, hanno avuto il sopravvento su un
progetto nel quale qualcuno ha creduto, ma - conclude - moltissimi altri no».
Anche l'assessore comunale Polli non nasconde la soddisfazione: «In questi anni
un allineamento di pianeti ha portato istituzioni come Regione e Comune a
opporsi al progetto. Il risultato è che l'azienda si è sentita "spinta in un
angolo" e ha dovuto prender atto del fatto che non è più possibile realizzare il
progetto. La loro era ormai una lotta contro i mulini a vento». Ricorda ancora
Polli: «Ho incontrato questa vicenda per la prima volta ai tempi in cui lavoravo
in Regione, come amministrativa, e me la ritrovo ora in veste politica,
dall'altra parte della barricata. Devo dire che è stata una battaglia lunga e
faticosa per tutti gli enti coinvolti. L'ultima impugnativa fatta dalla Regione
a guida Serracchiani e dal Comune a guida Dipiazza ha dato un colpo importante».
Conclude Polli: «Il passo indietro di Gas Natural è un segnale positivo per
un'area già appesantita da tante realtà, come la Ferriera e la Siot». Scrive
infine il portavoce del coordinamento di FareAmbiente Fvg, Giorgio Cecco:
«Apprendiamo con un sospiro di sollievo la notizia della rinuncia di Gas Natural
vista la preoccupazione per un impianto che certo qui nessuno ha mai voluto e
che, oltre ai rischi ed impatti ambientali, non aveva nessuna ricaduta positiva
per la collettività. Per quando concerne invece il piano energetico regionale
auspichiamo ora che la nuova amministrazione si faccia parte attiva per un
dialogo e programmazione con i paesi confinanti verso una strategia energetica
allargata, nel rispetto anche della sicurezza e della tutela ambientale».
(g.tom.)
NUOVE NORME UE - Stop alla plastica monouso. Obiettivo: difesa del mare
BRUXELLES - Nuove misure Ue sulla plastica monouso: messi al bando piatti, posate, cannucce, agitatori per bevande, bastoncini di cotone per le orecchie e bastoncini per palloncini. La Commissione europea propone quattro misure diverse per affrontare il problema dei dieci tipi di rifiuti in plastica che si trovano più comunemente nei mari e sulle spiagge. Questi prodotti potranno essere sostituiti con altri di materiali diversi dalla plastica. La Commissione vuole poi ridurre significativamente entro 6 anni l'uso di recipienti rigidi per alimenti pronti al consumo e di bicchieri monouso. Gli Stati potranno fissare obiettivi di riduzione o imporre che non siano offerti gratis. La direttiva impone il principio della responsabilità estesa del produttore per lo smaltimento di una serie di oggetti: contenitori per cibo rigidi o flessibili, contenitori per bevande, bicchieri, sigarette con filtro, assorbenti, salviette umidificate, palloncini, sacchetti di plastica, reti da pesca. In pratica, il produttore deve coprire il costo di raccolta, trasporto e trattamento di questi rifiuti, oltre che della pulizia di coste e mari. Alcuni prodotti dovranno portare sugli imballaggi informazioni sugli effetti negativi dei rifiuti di plastica, come avviene sulle sigarette: assorbenti, salviette umidificate e palloncini. Plauso all'Ue per la decisione da parte del Wwf.
Cellulari e lavatrici, incubo rifiuti - Due dispositivi su tre smaltiti male: si punta al recupero dell'usato. Progetto pilota ad Ancona
ROMA - I rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) fanno parte della nostra vita quotidiana e aumentano ogni anno. Piccoli (cellulari, tablet, riproduttori musicali, pc, spazzolini elettrici, cuffie, torce, calcolatrici da tavolo) o grandi (frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, ferri da stiro, aspirapolvere, tostapane, forni elettrici e a microonde, frullatori, radio) che siano. Come hanno dimostrato numerose indagini di mercato il comportamento dei consumatori quando si rompono è vario: molti li accumulano in garage e cantine (si stimano 400 milioni di pezzi), quelli piccoli finiscono nel "sacco nero" non sapendo bene in quale raccolta differenziata farli confluire, quelli grandi li diamo a chi ci porta quello nuovo altrimenti chiamiamo il servizio ritiro ingombranti del gestore dei rifiuti locali, se c'è. Molto resta da fare per informare i cittadini su come gestire questo tipo di rifiuto, destinato a diventare una componente importante del flusso di rifiuti urbani (fra il 3 e il 5%). Ad oggi in Italia sono state prodotte 800mila tonnellate di Raee, ma nel 2017 quelle raccolte legalmente sono state appena 296.000. Il resto finisce nei rifiuti normali o in sistemi di raccolta illegali, molto diffusi per il valore di mercato dei metalli presenti in questi rifiuti: tra il 2009 e il 2013 in Italia sono state 299 le discariche sequestrate. La criminalità organizzata trasporta i Raee laddove esistono distretti illegali di riciclaggio - Cina e Africa ad esempio - dove gli electronic waste non sono smaltiti correttamente. In Italia si stimano 12 chili di abitanti all'anno di Raee a persona e se ne raccolgono solo cinque. L'obiettivo della direttiva comunitaria è raccogliere e riciclare il 65% dei Raee, mentre oggi siamo al 37%. Una strada ancora lunga da percorrere. Un settore in rapida crescita: i Raee raccolti in Italia nel 2008 erano 65.000 tonnellate, in dieci anni la raccolta è quasi quintuplicata. Un flusso di rifiuti che va gestito correttamente perché da un lato è pericoloso e dall'altro invece ricco di risorse preziose come oro, argento e terre rare che si trovano soprattutto nelle schede elettroniche. All'orizzonte però si profila una nuova possibilità per i Raee, ancora prima che diventino rifiuti, ovvero l'opportunità della preparazione per il riutilizzo. Quando hai lo strumento che non funziona, il rivenditore cambia il pezzo rotto e se l'elettrodomestico può funzionare ancora lo reimmetto nel circuito dell'usato. Ad esempio, in provincia di Ancona è stato aperto un outlet che vende elettrodomestici rigenerati. Un'esperienza unica quindi, un nuovo mercato che deve essere promosso. Inoltre, ad agosto entrerà in vigore l'Open Scope, ovvero quanto previsto dal decreto legislativo 49/2014 che estende la tipologia dei prodotti elettrici ed elettronici soggetti alla normativa europea sui Raee a tutte le apparecchiature non esplicitamente escluse. Così nuovi oggetti di uso comune dovranno essere differenziati correttamente dai cittadini, con i relativi produttori coinvolti nella loro dismissione. Piuttosto che alimentare il ciclo di rifiuti dunque, è importante avviare quello del riuso, come vuole la nuova Direttiva europea sui rifiuti.
Alfredo De Girolamo
Nuovi stalli per le bici nel nome di Giuliano
In via del Teatro romano consegnati i tre spazi di sosta donati dalla
vedova di un dipendente comunale
«È un segnale istituzionale», il segnale «di un Giuliano Valle che vivrà
mantenendo lucida memoria di quello che è stato il suo pensiero, sempre concreto
e proiettato avanti». Così si è espresso ieri l'assessore comunale ai Servizi al
cittadino e ai Progetti speciali di pubblica utilità Michele Lobianco, nella
doppia veste di assessore e assiduo praticante delle due ruote, affiancato
dall'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, alla presentazione ufficiale, con la
contestuale consegna alla città, in via del Teatro romano (ai piedi della
scalinata, sul lato opposto all'Anagrafe), di tre stalli per la sosta delle
biciclette donati dalla signora Valle, vedova di Giuliano Valle, il dipendente
comunale recentemente scomparso, che era un ciclista appassionato, come è stato
ricordato da colleghe e colleghi presenti. «La ringraziamo a nome dei cittadini
che beneficeranno di questo atto di generosità, realizzato, tra l'altro, a tempo
di record, per aver dimostrato grande sensibilità», un atto «molto più
apprezzato in un'epoca in cui tutto fugge e passa senza riflettere sui valori
più alti», ha aggiunto Lobianco rivolgendosi sempre alla signora Valle.
L'assessore Polli ha sottolineato il «grande senso civico dimostrato con questo
gesto, che fa del bene alla comunità nel ricordo del signor Valle»: «Un momento
significativo al quale l'amministrazione ha voluto dare giusto rilievo, anche
velocizzando l'iter procedurale, come fatto con la realizzazione de "Il sogno di
Giulia", che approveremo oggi in sede di giunta. Contiamo comunque - ha detto
ancora Polli - di riuscire a collocare tanti ulteriori stalli per offrire nuove
opportunità alla mobilità ciclistica urbana dei cittadini».
MUGGIA - Terrapieno Acquario, è già polemica sulla
ciclopedonale
MUGGIA - Non è stata ancora inaugurata ma fa già discutere la nuova
ciclopedonale che costeggia il terrapieno Acquario. L'area è stata pochi giorni
fa teatro di un investimento di un pedone da parte di un ciclista. Nulla di
grave, anche se l'incidente ha fatto sorgere dei dubbi sulla reale opportunità
di creare la commistione tra pedoni e biciclette in un'area che, trovandosi a
ridosso degli scogli e quindi del mare, in estate sarà evidentemente utilizzata
dai bagnanti creando un possibile "ingorgo". Il primo lotto della maxiopera
pubblica, dopo quasi vent'anni di attesa, è oramai verso la fase della chiusura.
Entro il mese di giugno l'amministrazione Marzi conta di poter aprire
ufficialmente la zona offrendo così la possibilità di usufruire di uno spazio
utilizzabile tanto dai ciclisti quanto dai bagnanti o dai semplici pedoni.
Archiviata di recente la polemica sulla decisione da parte del Comune di mettere
a pagamento le due aree parcheggio che sorgeranno all'inizio e alla fine del
terrapieno, a cercare di fare un po' di chiarezza sul futuro dell'area è
intervenuto l'assessore ai Lavori pubblici nonché vicesindaco, Francesco
Bussani. «Innanzitutto siamo felici che nessuno si sia fatto male
nell'incidente, fermo restando che nessuno dei due avrebbe dovuto trovarsi lì.
L'area, se pur solo per una mera questione burocratica dato che i lavori sul
piano tecnico sono conclusi, è al momento ancora preclusa alla fruizione. Di
conseguenza, entrandovi, sia il ciclista sia il pedone hanno violato un
divieto». Il percorso ciclopedonale del primo lotto si estenderà su una
lunghezza di quasi un chilometro con una larghezza di due metri e mezzo, «come
da prescrizioni degli Enti partecipanti alla Conferenza dei servizi». Il
terrapieno inoltre è dotato di sezioni di larghezza variabile dai 14 ai circa 50
metri su una superficie di quasi 30 mila metri quadri. «Viene da sé come nel
secondo lotto troveranno spazio, oltre alle aree verdi, non solo aree destinate
alla balneazione, ma anche spazi ludico-ricreativi e chioschi», rassicura il
vicesindaco. Per ora dunque si tratta di una «lunga passeggiata con accesso al
mare dove i bagnanti potranno comunque già godere della scogliera con rocce che
per la loro conformità ed il posizionamento permettono e ampliano ovviamente di
molto anche la capacità di fruizione balneare». Nessuna preoccupazione dunque
per Bussani, anzi, tutt'altro: «Il riutilizzo di quest'area a fini
turistico-balneari rappresenta un incremento importante sia del fronte mare
disponibile sia, soprattutto, delle aree a disposizione dei bagnanti proprio
perché in genere la fascia costiera muggesana risulta compressa tra il mare e le
alture retrostanti ed occupata per buona parte dalla viabilità dell'ex
provinciale, mentre Acquario, nella sua estensione, permetterà di godere di
spazi ben più ampi rispetto a quanto si è ad oggi abituati».
(r.t.)
In "Radici liquide" Cozzarini dà la caccia ai
profittatori dei torrenti alpini - (vedi
articolo)
C'è una silenziosa guerra dell'acqua che si
combatte fra le montagne italiane. Negli ultimi anni sono spuntati come funghi
impianti per il mini-idroelettrico, macchinari per la produzione di energia
elettrica che rientrano nel novero delle energie rinnovabili, sorrette da
incentivi statali. Da un capo all'altro delle Alpi, ma anche degli Appennini, è
una corsa da parte di aziende private per accaparrarsi l'acqua dei torrenti
montani. Tutto merito, appunto, degli incentivi statali per le rinnovabili,
«pagati in bolletta (...) È la corsa all'oro: società per lo più private si
lanciano a costruire centrali che rendono solo perché l'energia che producono
viene venduta fino a tre volte il prezzo di mercato. E, anche se ora gli
incentivi verranno ridotti, chi è riuscito a ottenerli ha un guadagno sicuro per
vent'anni, che ripaga l'investimento iniziale». È un viaggio inchiesta fra monti
e boschi del Nord Italia quello compiuto da Elisa Cozzarini, scrittrice,
giornalista, regista, non nuova a imprese che vanno a curiosare oltre le
apparenze, specie quando si tratta di natura. Passeggiando un giorno lungo un
strada forestale Elisa Cozzarini è inciampata in un cantiere: «Avevano appena
abbattuto alberi maestosi (...) Il torrente era lontano, ma bisognava allargare
la via per raggiungerlo con le ruspe, per aprire il cantiere, scavare, buttare
cemento, infilare tubi nella terra e prendere l'acqua». Perché, si è chiesta
Cozzarini, d'improvviso tutta questa voglia di mettere le mani sui torrenti
montani? L'autrice ha viaggiato, ha interrogato, ha raccolto storie dalla Valle
d'Aosta al Friuli Venezia Giulia, finanziando la sua inchiesta tramite una
campagna di crowdfunding e seguendo i destini di cinquanta torrenti. Il
risultato è il libro "Radici liquide - Un viaggio inchiesta lungo gli ultimi
torrenti alpini" (Ed. Nuovadimensione, pagg. 155, Euro 14,50), reportage che
svela realtà poco note di un mondo, di una cultura, che rischia di perdersi
fagocitata da una rete di interessi che poco hanno a che fare con la tutela
dell'ambiente. Il libro verrà presentato a Trieste giovedì 7 giugno alle 18, al
Caffè San Marco, assieme al biologo Dario Gasparo. Dopo "Acqua guerriera",
reportage sul Piave, la cui acqua scompare, incanalata, intubata, ridotta a
merce e violata, Elisa Cozzarini torna a difendere «il fluire impetuoso delle
acque», che per lei «vuol dire libertà».
Pietro Spirito
IL PICCOLO - LUNEDI', 28 maggio 2018
PORTO VECCHIO - Una cordata a sei per i magazzini 6 e 7
Societa' finanziarie e immobiliari: puntano su hotel e marina. In campo anche l'ex ministro degli Esteri Terzi di Sant'Agata
Il magazzino 6, affacciato sull'Adriatico, dove realizzare alberghi, ristoranti e negozi. Il gemello 7, alle spalle, per creare spazi a uso scientifico, sfruttando anche il waterfront da trasformare in un marina per super yacht. E provare poi a centrare anche l'opzione silo numero 9. «Ci presenteremo a un'eventuale asta», afferma il garante dell'operazione Tullio Cappelli Haipel. Si svela così il progetto della cordata di società fiduciarie e finanziarie nonché advisor, in cui compaiono anche l'uomo d'affari svizzero Paolo Andrea Mettel e il diplomatico Giulio Terzi di Sant'Agata, ex ministro nel governo Monti. Alcuni rappresentanti della cordata, tra cui lo stesso Mettel, negli scorsi giorni hanno avuto un incontro, promosso dal presidente dell'Interporto Giacomo Borruso, con il sindaco Roberto Dipiazza per rendere sempre più concreto il loro progetto in Porto vecchio. Le società possiedono pacchetti che raccolgono già i potenziali investitori: da albergatori ad armatori. L'area su cui hanno puntato gli occhi è adiacente a quella della cittadella Greensisam. Nello specifico i soggetti pronti a portare avanti l'importante operazioni sono sei. Si tratta della Finanziaria fiduciaria di Credito di Lugano, con presidente Mettel, presidente della European Global Energy, fortemente impegnata in Albania nella realizzazione di un mega rigassificatore a favore dell'Italia, socio e membro dell'Istituto per gli Studi di Politica internazionale. C'è poi la Sorgente group, holding italiana che opera attraverso alcune società dedicate anche alla gestione del risparmio e all'investimento immobiliare. Spuntano la Reag di Agrate Brianza, tra i leader europei nella valutazione e consulenza immobiliare, Nctm, studio legale che ha sedi da Milano a Shanghai, e Ima, Intermedia analisi, in cui compare anche l'ex ministro degli Esteri Sant'Agata. Tutte queste realtà impegnate nel progetto verranno seguite dalla Trieste international global trading (Tigt), presieduta da Mettel con vice Borruso, che da Trieste coordinerà il piano. Alla visita degli scorsi giorni era presente anche Antonello Pezzini che, oltre a essere primo consigliere e questore del Comitato economico e sociale europeo, organo consultivo dell'Ue, viene definito altamente competente per le procedure europee di finanziamento per i Paesi dell'Unione. Tutti questi attori hanno in mano già un masterplan, redatto dal triestino Corrado Del Ben, che coinvolge i magazzini 6 e 7, e la marina fra il moli II e III, per poi procedere eventualmente con un ampliamento. L'obiettivo è realizzare strutture ricettive di lusso e a tre-quattro stelle, ristoranti e servizi commerciali, ma non di grande distribuzione. Mentre il pacchetto scientifico potenzierebbe il ruolo di Trieste, viene specificato, sviluppando temi quali la cultura del mare, con il Museo dell'Antartide, attraverso "consolidati progetti italo-francesi in Antartide", collaborazioni relative a Esof 2020 e la partecipazione dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile e l'Agenzia spaziale europea. In questa sede, si spiega, Trieste avrà un impegno di informazione e formazione, anche verso i Balcani, come previsto dal forum del luglio dell'anno scorso che si è svolto in città. Il gruppo, che attende dal Comune le direttive su come procedere, andrà avanti con il benestare di Cappelli Haipel, vicepresidente dell'Istituto internazionale di Studi sui Diritti dell'uomo, membro dell'Unesco e del Consiglio d'Europa, in questo caso garante della reciproca trasparenza delle parti. Sono tutti pronti, dunque, ma a una condizione: «Solo se certi delle approvazioni locali».
(b.m.)
Museo Ferroviario pronto in anticipo - Il direttore
generale di Fondazione Fs Cantamessa: «Intervento chiuso a fine 2019»
Il Museo Ferroviario riaprirà al pubblico con un anno di anticipo rispetto a
quanto preventivato all'inizio dei lavori. Ad annunciarlo Luigi Cantamessa,
direttore generale della Fondazione Fs, che dal 10 maggio è ufficialmente
titolare dell'immobile. «Saremo pronti già alla fine del 2019 - spiega - per
quanto riguarda l'ala di via Giulio Cesare, per la quale abbiamo già ricevuto i
finanziamenti. E la Fondazione ha rilevato anche la collezione museale e le
carrozze, perché rientrando in un'unica gestione - sottolinea - potremo avviare
precisi investimenti in futuro per valorizzare al massimo il complesso. Ricordo
poi - aggiunge - che manca ancora il finanziamento per tutto il resto, sarà mia
premura cercare nuove risorse a tempo debito, anche attraverso tavoli da avviare
con la Regione, per capire come sarà possibile progredire con l'opera di
recupero totale. Anche per la volta originale, che permetterebbe di creare una
splendida piazza coperta». Dal 9 maggio scorso sono apparse le impalcature
all'esterno. Serviranno nei prossimi mesi a sistemare il tetto dell'edificio,
gravemente compromesso dalle infiltrazioni. «È la primissima fase della grande
ristrutturazione generale - prosegue Cantamessa - che riguarderà facciate e
tetto. Quando sarà ultimata, per ora non possiamo ancora definirlo». Il museo
ormai è chiuso al pubblico, ma dentro si alternano senza sosta i volontari, con
lo scopo di tutelare e preservare tutti gli oggetti, i plastici e i pezzi di
storia conservati con cura nei diversi ambienti. «In pratica facciamo i custodi
- ricorda Maurizio Fontanot, uno dei volontari storici del museo - nelle zone
non interessate dal cantiere. Abbiamo smontato tutto ciò che non poteva restare
all'interno, abbiamo coperto o spostato ogni cosa e insieme alla Soprintendenza
abbiamo proceduto anche alla catalogazione. Perché al museo ci teniamo tanto. Lo
scorso anno siamo stati anche al centro di una polemica, quando abbiamo dovuto
chiudere in piena stagione, ma era necessario per lo stato in cui versava la
struttura. Ora siamo fiduciosi per il futuro, certo come volontari siamo
coinvolti parzialmente nel progetto di ristrutturazione, ma intanto
controlliamo, siamo presenti, continuiamo a mantenere intatto il grande
patrimonio esistente». Il cantiere è iniziato dopo un lungo iter, velocizzato
dopo la sigla del Protocollo d'intesa del 18 luglio 2017, con cui è stato
definito il percorso di riqualificazione del complesso, con un documento firmato
da Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Regione Autonoma
Friuli Venezia Giulia, Ferrovie dello Stato Italiane, Rete Ferroviaria Italiana,
Fondazione Fs Italiane e Comune di Trieste. Lo scorso febbraio l'edificio era
stato interessato da un sopralluogo, alla presenza dello stesso Cantamessa, di
Mauro Moretti, presidente della Fondazione Fs, e di Giuseppe Albanese, direttore
territoriale Produzione Fvg di Rete Ferroviaria Italiana. Come annunciato in
quell'occasione da Sovrintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del
Friuli Venezia Giulia, le prime opere avviate sarebbero state necessarie per
tutelare l'immobile nelle sue necessità più urgenti. Seguiranno poi le gare per
i diversi appalti, che porteranno ai successivi step, per far ritornare il museo
fruibile a tutti. Procede quindi la strada verso la rinascita del complesso,
molto amato dai triestini e anche dai tanti turisti che ogni anno affollavano
gli spazi interni ed esterni, per un sito unico nel suo genere in Italia, una
stazione-museo, collegata alla rete ferroviaria dove, a opere concluse, potranno
partire o arrivare treni storici.
Micol Brusaferro
Patrimonio - La ferrovia portuale in un libro-progetto
Domani alle 11, all'Hotel Duchi D'Aosta, sarà presentato il libro "Trieste, il porto e la ferrovia", progetto sviluppato da Italia Nostra e Ferstoria , in collaborazione e con il contributo di Autorità portuale, Adriafer srl, Ferrovie Udine-Cividale e Micotra, per valorizzare, almeno in parte, l'impianto storico ferroviario-portuale.
COMUNICATO STAMPA - DOMENICA, 27 maggio 2018
Spiagge e Fondali Puliti 2018 di Legambiente : centinaia di azioni di pulizia dal 25 al 27 maggio in tutta Italia e anche in Friuli Venezia Giulia.
I volontari hanno raccolto rifiuti di ogni genere sulla
spiaggia di Canovella de' Zoppoli (Comune di Duino Aurisina).
In seguito al monitoraggio “Beach Litter” svolto da Legambiente a fine
aprile su 72 spiagge italiane, è stata trovata una media di 620 rifiuti ogni 100
metri lineari di spiaggia. L’80% degli oggetti trovati è di plastica; sul 95%
delle spiagge sono stati rinvenuti rifiuti di plastica usa e getta. A Canovella
sono stati censiti ben 918 rifiuti, per il 96,5% di plastica: soprattutto pezzi
di reti per la coltivazione dei mitili (quasi il 40%), frammenti di plastica e
polistirolo, bottiglie, bicchieri e contenitori di plastica, tappi e coperchi,
bastoncini del cotton fioc. Dal sito nazionale di Legambiente
www.legambiente.it/ si può scaricare l'indagine Beach Litter 2018. L’indagine di
Legambiente è una delle più importanti azioni a livello internazionale di
citizen science, ovvero il risultato di un monitoraggio eseguito direttamente
dai circoli di Legambiente, da volontari e cittadini, che ogni anno setacciano
le spiagge italiane contando i rifiuti presenti, secondo un protocollo
scientifico comune e riconosciuto anche dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, a
cui ogni anno vengono trasmessi i dati dell’indagine per completare il quadro a
livello europeo. Su scala europea, secondo uno studio commissionato ad Arcadis
dall'Unione europea, il marine litter costa 476,8 milioni di euro all'anno. Una
cifra che prende in considerazione solo i settori di turismo e pesca perché non
è possibile quantificare l’impatto su tutti i comparti dell’economia. In
particolare, il costo totale stimato per la pulizia di tutte le spiagge
dell’Unione europea è pari a 411,75 milioni di euro. Ma il problema più grande è
che i rifiuti non scompaiono. Dispersi nell’ambiente, si degradano ad opera di
raggi UV, vento, moto ondoso e altri fattori, e si frammentano in pezzi sempre
più piccoli, impossibili da rimuovere e da individuare: le micro-plastiche
(frammenti di dimensione minore di 5 mm) hanno una via facilitata per entrare
nella catena alimentare e contaminarla. Per prevenire, sensibilizzare e
informare le amministrazioni e cittadini, incoraggiando una corretta gestione
dei rifiuti e una partecipazione attiva, Legambiente organizza la campagna
Spiagge e fondali puliti, che coinvolge migliaia di volontari che ogni anno
raccolgono dati scientifici sul beach litter e si attivano per ripulire le
spiagge. Sabato 26 maggio i volontari di Legambiente Trieste, con l'aiuto di
Trieste Altruista e dei richiedenti asilo organizzati dall'ICS, hanno raccolto
numerosi sacchi di rifiuti spiaggiati o abbandonati lungo la spiaggia di
Canovella de'Zoppoli, in comune di Duino Aurisina.
Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE Trieste
IL PICCOLO - DOMENICA, 27 maggio 2018
A Muggia opposizione all'attacco di Litteri sul nodo
differenziata
L'assessore sotto accusa per la gestione della raccolta rifiuti - «Via la
delega all'Ambiente». Domani la mozione in Consiglio
MUGGIA - La richiesta di revoca della delega all'Ambiente all'assessore
Laura Litteri. Sarà indubitabilmente questo il piatto forte della prossima
seduta del Consiglio comunale di Muggia che si riunirà domani alle 19.30. La
mozione con cui si impegnerà il sindaco Laura Marzi a revocare, come previsto
dall'articolo 25 dello Statuto comunale, la delega a Litteri, considerata la
principale artefice del flop della raccolta differenziata dei rifiuti, è stata
sottoscritta da tutti e sei i partiti di opposizione. Si sono ritrovati
d'accordo dunque Forza Muggia-Lista Dipiazza, Movimento 5 Stelle, Obiettivo
comune per Muggia, Lega, Meio Muja e Fratelli d'Italia, cosa in effetti non
semplice vista l'eterogeneità delle forze politiche in questione.
Riallacciandosi all'avvio problematico del porta a porta e all'«assenza di uno
studio di fattibilità che tenga conto della conformità urbanistica del
territorio e delle diverse tipologie di utenze esistenti», l'opposizione, in
modo compatto, ha altresì ricordato la mancata preventiva ed adeguata campagna
informativa sul nuovo sistema di raccolta dei rifiuti, mettendo poi sul piatto
della bilancia le continue segnalazioni di disservizi e disagi subiti dai
cittadini e dei commercianti e la necessità di salvaguardia dell'igiene e del
decoro urbano. Rievocando poi le numerose manifestazioni di protesta dei
cittadini che hanno ottenuto l'appoggio anche di sindacati e associazioni, tutti
i consiglieri d'opposizione fanno riferimento nell'atto a una «manifesta
incapacità dell'assessore delegato del sindaco (Laura Litteri, ndr) a ricoprire
l'incarico di assessore all'Ambiente». Nella mozione è stato citato l'articolo
27 dello Statuto comunale di Muggia in cui si evidenzia come il sindaco, «capo
dell'amministrazione comunale e responsabile dell'amministrazione dell'ente»,
abbia «competenza e poteri di indirizzo, vigilanza e controllo in ordine
all'attività degli assessori». Il documento è stato firmato da Stefano Norbedo,
Giulia Demarchi, Andrea Mariucci (Forza Muggia-Dpm), Emanuele Romano (M5s),
Roberta Vlahov (Obiettivo comune per Muggia), Giulio Ferluga (Lega), Roberta
Tarlao (Meio Muja) e Nicola Delconte (FdI). Nel question time che anticiperà di
fatto i punti all'ordine del giorno i rifiuti saranno ancora protagonisti con
l'interrogazione presentata da Roberta Tarlao e sottoscritta da Romano e Vlahov
sull'applicazione del regolamento Iuc. Nel testo l'esponente di Meio Muja
chiederà all'assessore Litteri delucidazioni in merito alla concreta possibilità
da parte dei commercianti e addirittura dei cittadini del centro storico di
godere delle riduzioni in base sia agli «inferiori livelli di prestazione del
servizio» della raccolta di rifiuti, che alla distanza attuale della piazzola
ecologica spostata da via Manzoni al piazzale ex Alto Adriatico. Inoltre, nel
question time, è prevista l'audizione di diverse sigle sindacali che
informeranno il Consiglio comunale sulla delicatissima situazione dei lavoratori
dello stabilimento di Pasta Zara. All'ordine del giorno, infine, anche la
convenzione per una gestione associata del servizio di segreteria comunale tra i
comuni di Trieste, Muggia, San Dorligo della Valle, Sgonico e Monrupino.
Riccardo Tosques
Due anni non sono bastati a riattivare il Tram di
Opicina - La lettera del giorno di Luigi Bianchi
Il Tram di Opicina torni in Piazza Oberdan ! Trieste ha bisogno del tram,
subito! Sul Piccolo abbiamo letto di recente la notizie che "Il tram resta fermo
ai box ma già si pensa ai tour futuri". Quasi una presa in giro. Più di
ventimila adesioni all'iniziativa del Piccolo e del bar Tivoli non riescono a
sconfiggere il torpore delle autorità competenti, ma sono utili solo a rinnovare
le promesse da campagna elettorale: è sconfortante e preoccupante. Meno di due
anni furono sufficienti per la costruzione della Ferrovia della Val Rosandra
(appalto il 18 Settembre 1885, inaugurazione il 5 Luglio 1887) e della Trenovia
di Opicina (concessione 28 Ottobre 1901, inaugurazione il 9 Settembre 1902). Nel
terzo millennio più di due anni non sono invece sufficienti per la riattivazione
della tranvia Trieste-Opicina... Ogni commento è inadeguato, anche considerando
il diverso peso, economico e finanziario, della costruzione e della
riattivazione di una linea. Una amministrazione comunale ed un'impresa di
trasporto che trattano il ripristino di un servizio pubblico essenziale della
mobilità cittadina come una noiosa pratica del catasto, che può tranquillamente
attendere mesi ed anni senza un impegnativo cronoprogramma, denunciano una
deriva preoccupante della cultura di governo e della capacità amministrativa nel
capoluogo regionale. Trieste non merita un simile trattamento. Non lo merita il
Friuli Venezia Giulia.
Knulp - Un aperitivo con Amnesty
Domani ricorre il 57esimo anniversario dalla fondazione di Amnesty
International, 57 anni in cui Amnesty si è battuta nel mondo in difesa dei
diritti umani, sempre in maniera imparziale e indipendente; 57 anni in cui la
comunità di soci e attivisti ha raggiunto quota sette milioni. Nonostante ciò,
la battaglia per i diritti umani è ancora lunga, anche nel nostro Paese, dove
vengono sempre più minacciati dalle ideologie dell'odio e della discriminazione.
Amnesty festeggerà questa ricorrenza domani pomeriggio, a partire dalle 18.30,
con un aperitivo di autofinanziamento al bar Knulp (via Madonna del Mare 7/A).
Durante l'evento sarà possibile conoscere meglio le attività dell'associazione,
scoprire come unirsi ad Amnesty e contribuire alle attività, anche acquistando i
gadget della linea "I love Human Rights". L'evento è presente anche sulla pagina
Facebook all'indirizzo www.facebook.com/events/231362950959225.
IL PICCOLO - SABATO, 26 maggio 2018
Da Belgio e Svizzera nuovi investitori per Porto vecchio
Il sindaco Dipiazza ha accompagnato ieri la delegazione
- Interesse per quattro magazzini vicino all'area Greensisam
Brilla una buona stella sopra il cielo di Porto vecchio. Il primo via
ufficiale è stato dato con la realizzazione del parcheggio Boveto. E, in attesa
che il bando di gara per il centro congressi Esof 2020 venga ultimato, spuntano
nuovi investitori con progetti in mano per accaparrarsi il numero maggiore di
magazzini tra gli 88 a disposizione. C'è il famoso gruppo di cinque sili in
concessione a Greensisam che andrà a breve all'asta. Ma in pentola ci sono anche
tante altre idee riguardanti ad esempio la realizzazione di nuovi parcheggi, con
l'intenzione poi di Dipiazza di eliminare gli stalli che invadono le Rive. È
fresco di ieri mattina l'ultimo incontro che ha visto il sindaco - ormai
inseparabile dalla sua mappa dell'antico scalo - solcare, assieme ai vertici di
importanti società con sede in Svizzera e in Belgio, accompagnati dai triestini
Giuseppe Borruso e Corrado Del Ben, la linea che divide ancora la città
"invisibile" dal centro triestino. L'occhio si è fermato sul blocco di quattro
magazzini subito accanto ai cinque che sono in mano a Greensisam. Sul destino
dell'investimento non si sa ancora nulla. Bisogna vagliare piano regolatore e
uffici comunali. Ma è trapelato che il sindaco, come ha annunciato l'altro ieri
in una riunione della Terza commissione, presieduta da Francesco Panteca e in
cui si è fatto il punto della situazione dei lavori in Porto vecchio e in cui
molti consiglieri hanno posto diverse domande a Dipiazza stesso, vorrebbe
vendere i blocchi in verticale. Cioè i magazzini uno dietro l'altro e non in
fila in senso orizzontale. Una soluzione che adotterà per tutta l'area. «Così
non si compra solo il lato mare», spiega. Quanto a ieri, il commento è con il
sorriso. «È stata una giornata estremamente proficua e carica di positività -
dice -. Abbiamo discusso anche dei fondi europei che verranno messi a
disposizione per i porti virtuosi che si occuperanno della raccolta della
plastica in mare, del futuro delle navi a gas per evitare di scaricare in mare.
Studieremo i documenti che abbiamo ricevuto in proposito per cercare di poter
partecipare a queste iniziative». Ma ieri in realtà è stata l'occasione pure per
accogliere il numero uno di una società proprietaria di una catena alberghiera
che ha strutture dalla Serbia al Montenegro. L'interesse qui era mirato solo su
palazzo Carciotti. Ma torniamo al Porto vecchio e anche alla partita Greensisam.
La società austriaca, con sede a Bolzano, interessata da tempo all'area,
potrebbe concludere a breve l'affare che prevede in cinque anni la realizzazione
di due hotel fronte mare mentre gli altri immobili saranno convertiti in
residenze. L'investimento è di 160 milioni. Ma c'è una novità. Grazie
all'emendamento dell'ex senatore Francesco Russo, che prevede anche la vendita
dei magazzini, ci sarà la prima asta su parte di Porto vecchio. L'ultimo
intervento ad hoc con un altro emendamento proposto in Consiglio comunale dal
consigliere Roberto Cason (Lista Dipiazza). Come previsto l'85% del ricavato
andrà nelle casse dell'Autorità portuale per interventi di infrastrutturazione
del Porto nuovo e delle nuove aree destinate al regime internazionale di Punto
franco. Mentre il restante 15% sarà del Comune per investimenti in opere
pubbliche. L'asta per 16 milioni di euro verrà a breve indetta dal Municipio.
«Abbiamo inserito i cinque magazzini nel piano delle alienazioni - conferma
l'assessore Lorenzo Giorgi -, c'è la priorità promessa al sindaco in modo da
procedere il prima possibile, ci vogliono i tempi tecnici». Essendo appunto
un'asta pubblica, non è detto però che gli investitori austriaci abbiano la
meglio, anche se pare ormai quasi scontato. A voler continuare a lavorare a
Trieste anche Interparking, la società che gestisce il contenitore del Park San
Giusto, la quale vorrebbe realizzare due parcheggi negli spazi sotterranei del
mercato ortofrutticolo e del Molo IV. «Così poi eliminiamo gli stalli sulle
Rive», afferma Dipiazza. Capitolo a parte sono invece le banchine e i moli del
Porto vecchio. «Dobbiamo capire, aprendo un dibattito con maggioranza,
opposizione e Autorità portuale, se vogliamo indirizzare l'area attirando
investitori che realizzino delle marine con yacht di lusso, lasciando le grandi
navi in Stazione marittima, oppure accettando di attirare i colossi delle
crociere. Bisogna decidere». Intanto da lunedì partono ufficialmente i lavori
sul park Boveto, dove l'ingegner Giulio Bernetti, direttore del Servizio
Pianificazione territoriale, Valorizzazione Porto vecchio, Mobilità e traffico,
ipotizza anche di valorizzare di più l'area verde attorno. «Ha già fatto un
miracolo sul parcheggio Boveto - ha commentato il primo cittadino - ma con lui
abbiamo tante idee che sta portando avanti».
Benedetta Moro
I FONDI - Sprint per blindare i 50 milioni romani
La partita Porto vecchio va avanti grazie anche all'importante boccata
d'ossigeno dei 50 milioni di euro del Mibact per i quali, due anni fa ormai, c'è
stata prima la delibera da parte del Comitato interministeriale per la
programmazione economica (Cipe) e, nel 2017, la firma sull'accordo operativo tra
Regione, Comune e Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale. Ma
nei corridoi di piazza Oberdan, ha fatto sapere l'altro ieri il consigliere
comunale di Fi Bruno Marini in un incontro della Terza commissione, sembra
circolare una voce allarmante: i fondi potrebbero essere a rischio. C'è stato
anche un appuntamento che in qualche modo avrebbe suffragato la paura tra l'ex
assessore Fvg alla Cultura Gianni Torrenti, il neoconsigliere regionale del Pd
ed ex primo cittadino Roberto Cosolini e il sindaco Roberto Dipiazza. Ma alla
fine si è scoperto che il pericolo di perdere questi soldi non c'è. Dipiazza ha
assicurato che dopo riunioni interne e telefonate ai piani alti regionali tutto
sembra essere a posto. E allora Torrenti e Cosolini? «Siamo andati anche a
sollecitare a mantenere un rapporto costante con gli uffici competenti (del
Mibact, ndr) e anche a ribadire il fatto che per la liquidazione servono i
progetti», commenta l'ex sindaco. Insomma, bisogna muoversi perché sono passati
due anni. Dagli uffici del Municipio arrivano però rassicurazioni in merito.
Proprio in questi giorni è stato inviato alla Regione un documento per
dettagliare l'utilizzo dei 50 milioni di euro. «Abbiamo tempo fino a marzo 2019
- dicono dal Municipio - per avviare le gare d'appalto». Sul Museo del mare, per
cui sono a disposizione 23 milioni, sono in fase di definizione da parte delle
direzioni Lavori pubblici e Cultura i documenti di indirizzo per il progetto,
che verrà approvato entro i primi di giugno. E poi, prima di avviare la gara al
fine di individuare i professionisti che si occuperanno della progettazione
esecutiva e della direzione lavori, l'assessore e il direttore dei Lavori
pubblici Elisa Lodi ed Enrico Conte assieme al direttore del Servizio Edilizia
pubblica Lucia Iammarino e all'architetto Paolo Ricci voleranno ad Amburgo per
prendere un po' di spunti dal Museo marittimo internazionale. Gli uffici del
Servizio Pianificazione territoriale, Valorizzazione Porto vecchio, Mobilità e
traffico diretti da Giulio Bernetti si stanno occupando anche dei sottoservizi
attorno all'area del Magazzino 26 e della viabilità, che prevede la
realizzazione della bretella rotatoria-piazza Libertà, per cui sono previsti in
totale 14 milioni di euro. Tre sono invece i milioni per l'Ursus. Il segretario
generale dell'Authority Mario Sommariva conferma che quello che c'era da fare è
stato fatto. Verrà bandita poi una gara pubblica per il progetto. Altra storia
per l'Icgeb. Per il suo trasloco nei tre piani del Magazzino 26 ci sono 10
milioni, ma ne servirebbero ancora 7 o 8. «Stiamo attendendo da due anni di
incontrare i rappresentanti del Comune per capire come reperire gli altri fondi
- spiega il direttore generale uscente Mauro Giacca -. Essendo l'Icgeb
un'organizzazione internazionale non può accendere mutui o ipotecare immobili: è
il Paese ospitante che deve mettere a disposizione la sede in maniera gratuita.
Io rimango in fiduciosa attesa. Se c'è la volontà politica, si fa tutto.
(b.m.)
LE ALTRE NOVITA' - Interparking pensa a due parcheggi
sotterranei, imprenditore in visita per il Carciotti
Emerge anche che Interparking, la società che in città già gestisce il
contenitore del Park San Giusto in via del Teatro romano, vorrebbe realizzare
due nuovi parcheggi nello spazio sotterraneo del mercato ortofrutticolo
(prossimo al trasloco all'ex Duke in zona industriale) e in quello sottostante
il Molo IV. Novità che potrebbero permettere di liberare le Rive dagli stalli
bluSempre nella giornata di ieri il sindaco Roberto Dipiazza ha accolto anche un
altro ospite d'eccezione: il numero uno di una società proprietaria di una
catena alberghiera che ha strutture dalla Serbia al Montenegro. L'interesse di
questo imprenditore - di cui non è stato svelato il nome - non riguarda nello
specifico il Porto vecchio, quanto invece lo storico palazzo Carciotti (foto)
affacciato sulle Rive
Il torrente Chiave e l'inquinamento del bagno alla Diga
- La lettera del giorno di Sergio Battistella
Mi riferisco all'articolo di martedì 22 maggio dal titolo "Diga senza
gestore né pace. Ora è vietata la balneazione". Bene ipotizza, nell'articolo la
giornalista trattarsi di una contaminazione da scarichi fognari. L'Acegas
ApsAmga, gestore del sistema fognario, prontamente declina ogni responsabilità.
La inevitabile conclusione è che, tutto sommato, bisogna rimpiangere la gestione
diretta del Comune delle fognature cittadine! All'azienda interessa soprattutto
l'utile, qualche trascuratezza nella manutenzione in genere passa inosservata.
Ma non a Trieste! Bisogna dire che il torrente Chiave, che oggi sfocia in Porto
Vecchio, anticamente sfociava più o meno dove oggi vi è la chiesa di S. Antonio
Nuovo. Per costruire il Borgo Teresiano, se ne deviò il corso facendogli
compiere un ampio giro sino al Porto vecchio. Succede così che il tratto tra via
Carducci ed il mare è praticamente a pendenza zero. Con la marea alta l'acqua di
mare risale sino a quasi piazza Dalmazia per ridefluire con la bassa marea. Un
lavaggio dell'alveo è inevitabile. Certo è però che se non vi sono scarichi...
Rimanendo in tema, i lavori sulle coperture del Torrente, in via Carducci,
proseguono pigramente. Il tempo previsto dalla stessa Acegas è grossomodo lo
stesso entro il quale si è raddoppiato il canale di Suez! Ho francamente delle
perplessità. Se i lavori non creassero disagi si potrebbe chiudere un occhio, ma
non è così. Oltretutto per quanto abbia letto le dichiarazioni su dei
responsabili, non sono riuscito a capire in cosa consistano questi "prolissi"
lavori. Rifacimento dei volti di copertura?Ricordo comunque che negli anni
ottanta il Comune decise una radicale pulizia dell'alveo ed estrasse circa 3000
metri cubi(circa 450 autocarri) di detriti, da fori larghi solo qualche metro. I
più anziani se lo ricorderanno. Il tempo impiegato fu all'incirca lo stesso, ma
con minori disagi. Quei lavori ci salvarono da un'esondazione del torrente sul
tipo di quella avvenuta a Genova qualche anno fa. Ah, dimenticavo: la Tour
Eiffel è stata realizzata il due anni...
Monfalcone - Allarme insabbiamento nel Canale Est Ovest
Di nuovo allarme insabbiamenti nel Canale Est Ovest di Monfalcone. Le prime
segnalazioni sono arrivate la scorsa settimana: c'è il rischio di incagliare la
barca a vela se si passa con la bassa marea, ma il problema è che bastano anche
-20 centimetri per toccare e quello che è più grave è che le gobbe di fango con
il rialzo del fondale si sono verificate in punti nuovi del canale, non quelli
"classici" oggetto della manutenzione periodica. Quattro le zone pericolose e
quella più a rischio è proprio all'imbocco del Canale Est Ovest dove ci sono i
fari che tracciano la rotta. E l'ingresso è molto prima del Villaggio del
Pescatore, praticamente al traverso di Duino. A dare l'allarme proprio il
direttore (uscente) del Consorzio per lo sviluppo economico del monfalconese,
Giampaolo Fontana che alcuni giorni fa si è incagliato con la sua barca a vela,
Furietta, e il suo equipaggio di esperti, molti dei quali operatori della
nautica e cantieristica con aziende insediate nel polo del Lisert lungo il
canale. Quattro come si diceva all'inizio le zone critiche con il fondale
insabbiato dal fango, una poco dopo l'ingresso del canale, la seconda poche
centinaia di metri oltre ben prima di arrivare al traverso del serbatoio
dell'acquedotto, la terza poco dopo la curva a gomito a sinistra del canale e
cento-duecento metri dopo la quarta. Un inizio di stagione non certo positivo
per tutti i diportisti e gli operatori nautici che operano nella zona dal
Villaggio del Pescatore al Polo nautico del Lisert lungo il Canale Est Ovest:
migliaia di diportisti che ormeggiano nei vari marina. Tanti i cantieri che
operano in zona e danno lavoro a centinaia di operai specializzati e tra questi
il gioiello della Monte Carlo Yachts. Il rischio infatti riguarda tutti, non
solo le barche a vela: se una di queste si incaglia in maniera grave, si mette a
rischio la navigazione per tutti i diportisti. Come è accaduto alcuni anni fa
quando era saltata la manutenzione con i dragaggi bisognerà tornare ad
utilizzare le tabelle di marea e impegnare il canale soltanto quando c'è alta
marea o minime irrilevanti. Quest'anno infatti non è probabile che parta una
nuova campagna di manutenzioni che è stata fatta lo scorso anno in ritardo. È
c'è anche il problema delle analisi che sono obbligatorie prima della campagna
di dragaggio e i campionamenti dovranno essere effettuati anche in queste nuove
zone di insabbiamento. Proprio lo scorso aprile, in vista di prossimi dragaggi
che sembravano non urgenti (i risultati delle analisi dei fanghi infatti hanno
validità triennale) sono stati fatti campionamenti dei sedimenti del canale
negli spazi di mare antistanti il Villaggio del Pescatore e di Punta Sdobba.
Attività che sono state realizzate con un'imbarcazione battente bandiera
slovena, la New York, ma che in realtà sono state gestite dall'Osservatorio
geofisico ambientale (Ogs) di Trieste.
(g.g.)
ISTRIA - Pronto il nuovo sistema regionale rifiuti. Timori per una tassa molto pesante
Ci vorrà ancora un mesetto prima della risposta alla grande incognita che tiene in apprensione le famiglie dell'Istria dopo l'entrata in funzione del Centro regionale per la gestione dei rifiuti di Castion, nel sud della penisola: la bolletta per la rimozione delle immondizie. Apprensione più che giustificata visto che secondo diverse voci, l'importo dovrebbe salire notevolmente considerati gli elevati costi del trattamento dei rifiuti in base alle moderne tecnologie. Che l'enigma verrà risolto nell'arco di una trentina di giorni, lo hanno annunciato in conferenza stampa i direttori delle municipalizzate istriane operanti nel settore. «Abbiamo definito un sistema tariffario e di prelievo delle immondizie unitario a livello regionale - è stato detto - e anche in questo campo l'Istria è davanti alle altre regioni del Paese».
(p.r.)
Spiagge & fondali puliti con Legambiente
Il Circolo Verdeazzurro Legambiente invita tutti a partecipare alla campagna di "Spiagge e fondali puliti". I volontari provvederanno alla raccolta dei rifiuti nella spiaggia di Canovella de' Zoppoli alle 9.30. Legambiente mette a disposizione tutto l'occorrente.
Trieste - Racconti di giovani autori palestinesi alla Lovat
Alle 18, alla Lovat, Ibriq presenta "Gaza writes back". Una raccolta di racconti di giovani autori di Gaza. Racconti brevi, a tratti ruvidi e acerbi, sempre carichi di quell'intensa energia che contraddistingue i palestinesi per dimostrare la loro capacità di affermare la vita. Ospite via Skype da Gaza Refaat Alareer, docente all'Università islamica di Gaza e curatore del libro. Traduzione di Ada Scrignari Prelazzi.
Montedoro - Anche le conchiglie si mettono in mostra
La passione per le conchiglie ha sempre coinvolto l'uomo. La loro indubbia
bellezza sarà al centro di "Nesie-2nd North East International Shell Exposition",
la grande mostra-mercato di conchiglie, la più grande d'Italia, che si svolgerà
oggi e domani al Montedoro Shopping Center di Muggia. Qui arriveranno decine di
espositori provenienti da Spagna, Francia, Slovenia, Croazia e Italia. «Molti di
noi, da piccoli, hanno raccolto conchiglie sulle spiagge, ma solo alcuni hanno
trasformato la loro passione di bambini in un vero e proprio hobby che diventa
un potente mezzo di conoscenza degli ecosistemi marini, preziosa fonte di
informazione per gli scienziati», racconta Walter Gasperi, organizzatore
dell'evento. L'ingresso alla mostra-mercato, dove si potranno acquistare,
scambiare o anche far determinare il valore delle proprie conchiglie, sarà
gratuito. «I bimbi potranno lasciare un proprio disegno inerente il mare e le
conchiglie, che verrà pubblicato sulla pagina Facebook di Nesie Shells. Il più
bello riceverà un premio», ha aggiunto Gasperi. Gli orari: oggi 9.30-20.30 e
domani 9.30-19.
(r.t.)
GREENSTYLE.it - VENERDI', 25 maggio 2018
Rifiuti: raccolta differenziata, nuovi posti di lavoro a Treviso
L’esempio di Treviso sulla raccolta differenziata è tanto virtuoso da esser stato citato nel Contratto di Governo siglato pochi giorni fa come modello da seguire in tutta Italia, ma ciò che finora non era noto è che oltre a consentire ai cittadini di risparmiare, ha permesso la creazione di nuovi posti di lavoro.
Si apprende che se prima c’erano 58 operatori della nettezza urbana, oggi se ne contano 86, un aumento dell’occupazione possibile senza inficiare negativamente sulle tasche dei residenti. Il modello del Comune di Treviso si basa sul principio del “Paga quanto produci”: con la raccolta porta a porta vengono prelevate a domicilio le diverse tipologie di rifiuto urbano più comuni (secco non riciclabile, umido, vegetale, carta e cartone, vetro plastica e lattine), che i cittadini gettano in appositi contenitori, messi loro a disposizione e contraddistinti da colori specifici. La tariffa viene applicata al singolo utente e viene commisurata all’effettiva produzione di rifiuti, incentivando i comportamenti virtuosi e rappresentando un fattore determinante nella riduzione della quantità dei rifiuti prodotti. Il 60% della tariffa è fisso, in base alla composizione del nucleo famigliare. Il restante 40% è variabile, a seconda di quanto scarto non riciclabile si produce. Le differenze rispetto alle altre zone d’Italia sono significative. Si parla di una Treviso altamente efficiente su tal fronte, con ogni cittadino che produce circa 40-45 chili l’anno di rifiuti indifferenziati contro la media italiana di 270-300 chili l’anno, e di costi pari in media a 180-190 euro a famiglia contro i 300 euro circa del resto d’Italia.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - VENERDI', 25 maggio 2018
A Bagnoli un'area per le biomasse - Residenti e aziende
potranno portare nella piattaforma tronchi e ramaglie
SAN DORLIGO DELLA VALLE - A partire da martedì prossimo, nel territorio
comunale di San Dorligo della Valle-Dolina sarà in funzione una nuova
piattaforma dove residenti e aziende potranno far affluire masse vegetali come
potature, tronchi e ramaglie. È stata la A&T 2000 spa, l'impresa che gestisce
l'asporto dei rifiuti per conto dell'amministrazione, a individuare un'area
idonea, recintata e presidiata, denominata "piattaforma biomasse", che si trova
a Bagnoli, tra il campo sportivo del Domio e il piazzale antistante la Wärtsilä,
in località "Pri Kalu - K'rmacn'k". La piattaforma sarà aperta ogni martedì
dalle 9 alle 13 e il giovedì pomeriggio, d'estate dalle 15 alle 19 e d'inverno
dalle 14 alle 18. Questo nuovo servizio va ad integrare la raccolta del verde
già attiva al centro di Bagnoli, dove sfalci d'erba e sacchi di fogliame
continueranno a essere conferiti in esclusiva. Le utenze domestiche dovranno
presentare la tessera sanitaria, quelle non domestiche il tesserino rilasciato
da A&T 2000. Per i primi mesi non sono previsti oneri di conferimento per gli
utenti del Comune di San Dorligo, mentre per quelli provenienti da Comuni
limitrofi sarà applicata una specifica tariffa. Per gli utenti impossibilitati
al trasportare è previsto un servizio di ritiro a domicilio, su richiesta e a
pagamento. Per informazioni A&T 2000 è a disposizione al numero verde 800482760
o alla e-mail tecnico@aet2000.it. «L'apertura della piattaforma biomasse - si
legge in un comunicato del Comune - rappresenta un ampliamento della gamma di
servizi offerti al territorio e andrà ad arricchire l'offerta per gli utenti a
tutto vantaggio della collettività».
(u.s.)
L'insostenibilità turistica del Parco del mare alla
Lanterna - La lettera del giorno di Isabella Pace
Mai congiuntura fu mai così tanto favorevole per lo sviluppo economico e
culturale come quella che Trieste sta vivendo in questo momento. Ma mai come ora
si spendono fiumi di parole e di inchiostro per un progetto che non ha nessun
aggancio fattuale e reale né con la peculiarità culturale e architettonica della
nostra città . Parlo naturalmente del Parco del Mare. Lo si chiami come si vuole
ma è e rimane un acquario e - poiché in realtà per ora c'è solo un rendering
abbastanza pacchiano - da quel poco che è dato sapere non è nemmeno un acquario
di ultima generazione, quando invece è di notorietà pubblica che anche acquari
molto rinomati come quello di Genova si rivolgono ormai a soluzioni di tipo
virtuale. Ma perché Trieste, solo negli ultimi anni fortunatamente scoperta, e
ormai definitivamente riconosciuta come destinazione di turismo culturale,
dovrebbe improvvisamente mettersi a scimmiottare Dubai e Barcellona o voler
concorrere con Genova? I sostenitori di questo progetto dovrebbero informarsi
sulle recenti criticità in termini di sostenibilità turistica, vedi appunto
Barcellona oppure Venezia!Inoltre mi domando chi sarebbe e da dove verrebbe
questo fantomatico quasi milione di visitatori attratto e motivato
principalmente dall'acquario e non da tutto quello che Trieste già offre e
potrebbe ulteriormente offrire. Per aver lavorato per oltre trent'anni nel
settore della progettazione culturale in vari paesi, posso assicurare che uno
dei primi passaggi obbligati di uno studio di fattibilità è quello dell'analisi
qualitativa e quantitativa del pubblico potenziale e delle sue attese e
aspettative. I promotori del progetto si sono mai chiesti perché e per vedere
cosa il turista decide di venire a Trieste? Non ne vedo traccia nelle svariate
presentazioni del Parco del Mare. Mi auguro che si sia ancora in tempo per
lasciar posto al buon senso e concentrare gli sforzi e le risorse su un progetto
organico: da una parte il recupero delle aree degradate come quella intorno alla
Lanterna - che necessita innanzitutto una serie di demolizioni - e dall'altra un
programma completo e coerente di riconversione del Porto Vecchio, luogo ideale
per raccontare l'immenso patrimonio di tradizione e innovazione che caratterizza
il rapporto tra Trieste e il mare.
Incontro sulla Fincantieri
Il Circolo Studi Che Guevara organizza alle 17.30, alla sala meeting dell'Hotel Continentale, una conferenza su "Fincantieri industria multinazionale: ruolo e prospettive". Relatori: Giorgio Trincas, docente all'Università; Paolo Maschio, già dirigente Fincantieri; e Fabrizio Potetti, della Fiom Cgil Nazionale.
"Monitoraggio dei grossi carnivori"
Alle 18.30, alla sede Cai della Società Alpina delle Giulie in via Donota 2, Stefano Pesaro terrà una conferenza con immagini dal titolo "Un orso tra le mani. Cattura e monitoraggio dei grossi carnivori in Friuli Venezia Giulia". L'ingresso è libero.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 maggio 2018
Fioritura "extralarge" per il dittamo in Carso «Rischio
irritazioni»
L'abbondanza del fenomeno determinata da due fattori: le tante
precipitazioni del periodo e la ripresa del pascolo
Petali rosa, striati, fusti alti e una fioritura a perdita d'occhio, che ha
ricoperto negli ultimi giorni molte zone del Carso. A segnalare il fenomeno
alcuni triestini, che hanno ammirato le piante passeggiando o passando in auto
tra le strade dell'altipiano. Ma la pianta osservata e fotografata, che può
sembrare una sorta di orchidea, nasconde in realtà qualche insidia. «Si tratta
del dittamo - spiega Nicola Bressi, naturalista triestino e appartenente alla
Società italiana di scienze naturali - che non va assolutamente raccolto perché
può provocare vesciche. Si può sfiorare ma non strofinare, ha uno dei pochi
lattici che possono causare conseguenze fastidiose sulla pelle. La fioritura più
abbondante - aggiunge - può essere collegata a due fattori, a questa primavera,
particolarmente piovosa, e anche al ritorno del pascolo sul Carso, che ha
riportato in tutta l'area parecchi cervi e caprioli. Il dittamo ovviamente viene
evitato dagli animali, proprio perché velenoso, e quindi è riuscito a
proliferare indisturbato. Non abbiamo un'evidenza di una fioritura eccezionale -
precisa ancora - ma proprio il Carso orientale, da Opicina in poi, è stato
interessato da tante precipitazioni, quindi le segnalazioni sono attendibili e
la situazione è legata proprio, come detto, al clima e alla presenza di un
numero maggiore di animali». Meglio quindi osservare la distesa di fiori ma non
toccare nulla, al massimo si può scattare qualche foto o selfie per i più
appassionati. «I fiori in ogni caso, di qualsiasi tipo, non vanno mai raccolti,
ma lasciati crescere in natura - ribadisce il naturalista - e in questo caso poi
il rischio è anche quello di riempirsi di vesciche». E per i più curiosi Bressi
indica anche una descrizione accurata sul "dictamus albus" che si può reperire
sul web. «La pianta - si legge - chiamata anche frassinella, per la forma delle
foglie simile a quella dei frassini, ha un intenso profumo di limone e quando
sboccia si riconosce facilmente per i fiori riuniti in un'infiorescenza
piramidale. Hanno cinque petali rosei con venature porporine, due rivolti in
alto, due di lato e uno girato in basso. Tutta la pianta è ricoperta di peli
ghiandolari che contengono un olio volatile che a contatto con la pelle provoca
fastidiose e durature irritazioni, oltretutto aggravate dall'esposizione alla
luce solare per il fatto che le zone cutanee irritate dall'olio divengono
particolarmente sensibili alla luce».
Micol Brusaferro
L'ESPERTO - «Ha piovuto molto e l'area è più verde»
Fioriture e una vegetazione rigogliosa. Tutta la zona dell'altipiano sta
vivendo un momento di cambiamento e a confermarlo è il naturalista Nicola
Bressi. Cosa succede al Carso? È molto più verde perché eravamo abituati a
primavere secche, con una siccità che si faceva sentire già ad aprile o maggio,
mentre quest'anno ha piovuto molto, soprattutto sulla parte orientale, con tanti
temporali, quindi il Carso è più fiorito. In primavera molti temono le zecche
sul Carso, in questo caso il clima diverso ha influito? Sfatiamo il mito che con
un inverno freddo le zecche muoiono. Vivono nelle pellicce degli animali quindi
con la loro temperatura corporea. E la primavera calda e piovosa non muta la
situazione, continuano a restare negli animali ospiti, in particolare topi e
cinghiali che purtroppo proliferano per colpa dell'uomo. Quali gli errori? Molti
li nutrono, specie nella stagione fredda. E non serve. Anzi è dannoso.
(mi.b.)
Lovat - Il regno delle balene e degli orsi
Oggi alle 18, alla Lovat, Massimo Maggiari presenta "Al canto delle balene"
(Giunti Editore). Esiste un posto, nel cuore dell'Artico, dominato dal biancore
delle banchise. Un luogo incontaminato, regno di balene e orsi bianchi. È qui,
con una prosa spesso pervasa di lirismo, che ci accompagna Massimo Maggiari
(nella foto), da anni protagonista di viaggi in queste terre. Attraverso i
racconti diretti dei cacciatori da lui incontrati, l'autore ci spiega il vero
significato della caccia alla balena tutt'oggi praticata dal popolo degli Inuit:
un'usanza che affonda le sue radici nella partecipazione dell'uomo al tutto, nel
rispetto assoluto del mondo animale e preceduta da una serie di riti tesi a
propiziare il sacrificio spontaneo della balena, l'animale sacro nel cui occhio
ogni essere umano si specchia in un incontro empatico ed emozionante. Nel corso
della serata Massimo Maggiari suonerà il tamburo magico energetico e canterà
facendoci entrare nel mistico mondo degli sciamani.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 maggio 2018
Un filmato postato sui social per svelare il Parco del
mare
Un video semplice, che consente ai triestini di sbirciare dentro un sito
chiuso e non accessibile, anche se molto conosciuto e vicino al centro. È stato
pubblicato ieri su Facebook da Vittorio Sgueglia della Marra, portavoce del
sindaco Roberto Dipiazza, un filmato che mostra la conferenza stampa organizzata
pochi giorni fa per presentare il progetto della realizzazione del Parco del
Mare, come noto caldeggiato dal presidente della Camera di commercio Antonio
Paoletti. Filmato che offre anche una panoramica proprio sul luogo dove si
svilupperà il progetto, dietro la Lanterna, a pochi passi dal noto Pedocin. «È
una clip preparata in velocità, mentre mi recavo in treno a Roma per il forum
sulla pubblica amministrazione racconta della Marra -. Si tratta delle immagini
catturate durante il sopralluogo fatto due settimane fa, che ho deciso di
montare insieme e di diffondere sul mio profilo Facebook e Twitter. L'idea è
quella di far conoscere a tutti le condizioni attuali in cui versa l'area.
Un'area appunto poco nota, tant'è che abbiamo volutamente scelto di organizzare
la conferenza stampa lì, direttamente sul posto, per mostrarlo a fotografi e
operatori tv. Si notano chiaramente le strutture fatiscenti, un punto della
città che è in condizioni di forte degrado e che in futuro è destinata a
cambiare radicalmente». Nel video si vedono il presidente della Regione
Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza, il presidente della Camera di
Commercio Antonio Paoletti e una visuale sugli edifici attorno al piazzale dove
si è svolto l'incontro. Il video è pubblico ed è stato intitolato "Parco del
mare di Trieste. I sogni diventano progetti e presto realtà".
(mi.b.)
Quindici pini, olmi e platani nel gruppo degli alberi
"vip" - Censite per la prima volta le 2.407 piante monumentali d'Italia
In città il nucleo più importante è dentro al Parco di Miramare
Due cerri, una sofora del Giappone, un corbezzolo, due platani comuni, un
tiglio selvatico, due roverelle, un leccio, un pino d'Aleppo, un pino grigio,
una sequoia sempreverde, un olmo del Caucaso e un cipresso comune. Sono quindici
gli "alberi monumentali d'Italia" presenti a Trieste. Sono quelli contenuti nel
primo elenco approvato dal Ministero delle politiche agricole. Sono state
censiti in tutto il Paese 2. 407 alberi che si contraddistinguono per valore
biologico ed ecologico (età, dimensioni, morfologia, rarità della specie,
habitat per alcune specie animali), per l'importanza storica, culturale e
religiosa che rivestono in determinati contesti territoriali. Dei veri monumenti
verdi o "patriarchi della natura" visto che molti superano tranquillamente il
secolo di vita. Il primo elenco degli alberi monumentali d'Italia è stato
approvato dal ministero delle Politiche agricole e forestali a dicembre 2017 e
pubblicato in Gazzetta ufficiale a febbraio. Da quel giorno si può consultare
anche sull'albo pretorio del Comune di Trieste. Il nucleo più importante delle
alberature monumentali di Trieste è quello del Parco di Miramare dove si trovano
anche le essenze più esotiche come la sequoia sempreverde alta trenta metri: la
proprietà ovviamente è del ministero dei Beni culturali. Ad Opicina, invece,
troviamo in via della Vena una Sofora del Giappone (alta 12 metri) di proprietà
di Luciana Cossutta che fa parte del Club Touristi Triestini e del gruppo
"Vivere Opicina e l'Altipiano". L'albero monumentale più alto (35 metri) è
quello del cerro della dolina di Percedol di proprietà del Comune di Trieste.
Nella classifica della circonferenza del fusto vince la gara il platano comune
del giardino pubblico Muzio de Tommasini sempre di proprietà del Comune di
Trieste: 5 metri e 25 centimetri di circonferenza (160 centimetri di diametro).
Nell'elenco ci sono anche il pino d'Aleppo del Parco Revoltella (proprietà del
Mibact), il cerro della Val Rosandra (di proprietà della Comunella di Bagnoli
della Rosandra), il tiglio Selvatico di Crogole (di proprietà della Parrocchia
San Ulderico di San Dorligo della Valle), la roverella dei giardini
dell'Università degli Studi di Trieste e l'olmo del Caucaso di Villa Sartorio.
Allargando l'orizzonte ci sono poi il terebinto del sentiero Rilke di proprietà
del Comune di Duino Aurisina, il cipresso di Monterey della Baia di Sistiana di
proprietà della Serenissima, società di gestione di risparmio e il salice bianco
dello stadio di Muggia. I quattro alberi monumentali di proprietà del Comune di
Trieste (i due platani del giardino pubblico, la Zelkova carpinifolia del
Caucaso di Villa Sartorio e il cerro di Percedol) rientrano nel progetto
esecutivo da 135 mila euro varato lo scorso anno dall'amministrazione comunale
per i 78 alberi "a rischio schianto". Ma in soccorso agli alberi monumentali
d'Italia arriva anche la Regione Friuli Venezia Giulia: prima in Italia, assieme
alla Sardegna (400 alberi monumentali censiti), che si è datata di un
regolamento che prevede contributi da 500 a 5 mila euro per i grandi arbusti,
veri e propri monumenti verdi che necessitano di attenzioni. Nel marzo del 2017
è stato pubblicato l'elenco regionale degli alberi monumentali: sono state
censite 138 piante di valore storico. Su questi alberi verranno effettuati
interventi di salvaguardia per circa 300 mila euro, ovvero la cifra stanziata
nel primo bando regionale per la cura e la salvaguardia degli alberi
monumentali. I contributi possono variare da 500 a 5 mila euro a pianta.
L'elenco degli alberi monumentali d'Italia è destinato a crescere nel tempo. Per
legge sono previsti due aggiornamenti all'anno. Sono circa 400 i nuovi alberi
monumentali d'Italia che verranno aggiunti entro giugno al primo elenco. E così
dai primi 2.407 si arriverà a quota 2.800. L'ultimo censimento dei "monumenti
verdi" risaliva al 1982 e ne contava 1.405. Nel 2013 una legge statale ha
stabilito la tutela e la valorizzazione omogenea di questi alberi, e l'obbligo
di censirli entro un anno. Il lavoro, che ha impegnato soprattutto i Comuni, ha
però richiesto più tempo del previsto, e così si è arrivati a oggi. Trentacinque
anni dopo. Ovvero 35 cerchi ulteriori sul tronco. I patriarchi della natura non
hanno fretta. E non temono il passare del tempo.
Fabio Dorigo
Coppia di cigni reali mette su famiglia sull'Ospo
Mamma, papà e i cinque piccoli hanno trovato "casa" a Muggia. E sui
social sono già diventati star
Cinque splendidi anatroccoli nati da pochissimi giorni, accompagnati alla
scoperta della vita da mamma e papà. Una nuova famiglia di cigni reali si è
formata in questi giorni nelle acque muggesane. Diventati subito star sui
social, stanno scorrazzando allegramente nel Muggesano, al confine con le acque
triestine, dove sono stati già visti più volte. Se negli anni scorsi le coppie
di cigni reali erano soventi trovare la loro alcova in territorio sloveno, quasi
sempre nel mese di maggio, quest'anno i due pennuti adulti hanno deciso di
stabilirsi a Muggia. A raccontare i retroscena della nuova storia d'amore è
Valdi Tiepolo, grande amante della natura: «Grazie anche all'ospitalità della
società, sono riuscito a scattare le immagini dei cigni e dei loro cignetti dal
pontile della società nautica di Rio Ospo, sito molto vicino al ponte sulla
foce. Il nido era circa 30, 40 metri più in su rispetto allo squero. Una bella
emozione». La nascita dei cuccioli nel vallone di Muggia, un tempo piuttosto
raro, è un fenomeno che sta iniziando ad avere una certa costanza. Evidentemente
questi animali, spesso provenienti dalle foci dell'Isonzo, hanno trovato un
nuovo habitat in zona Ospo, che si conferma ambiente adatto ad ospitare varie
specie animali, a cominciare dalle nutrie. I cigni sono erbivori e si nutrono di
alghe, piante acquatiche ed erba vicina agli specchi d'acqua. Già di base
sarebbe buona norma non dare da mangiare agli animali selvatici, in particolare
però bisogna evitare di proporre loro spuntini di pane. La motivazione? I
carboidrati non esistono in natura. Tra gli alimenti consigliati, invece, la
lattuga. Altra questione importante la privacy. I cigni, spesso erroneamente
considerati domestici o quanto meno semidomestici, sono a tutti gli effetti
animali selvatici. L'assessore Stefano Decolle, noto per il suo amore verso la
natura e gli animali, conferma: «Con i cigni bisogna avere sostanzialmente la
stessa delicatezza che si ha con gli orsi. Guai a disturbarli avvicinandosi
troppo. Lasciamoli liberi di nuotare e siamone contenti, significa che il nostro
ecosistema è accogliente e salubre».Valdi Tiepolo, il "fotografo ufficiale",
spera «vivamente che le condivisioni, le faccine, i cuoricini e i "mi piace" in
internet siano di buon auspicio per la crescita di questi cinque cuccioli e di
incoraggiamento per nuove nascite sull'Ospo, in passato devastato
dall'inquinamento».
Riccardo Tosques
Rigassificatore, Zagabria decide - Domani in Parlamento
la legge per l'impianto di Veglia. La sindaca: andremo alla Corte costituzionale
FIUME - Domani il dibattito al Sabor, il parlamento croato, con la votazione
prevista per il giorno successivo. È alla stretta finale la paventata "lex Lng",
come viene definita la norma che dovrebbe permettere l'insediamento del
rigassificatore galleggiante nelle acque di fronte alla località di
Castelmuschio (Omisalj), nell'isola di Veglia. Il provvedimento - così come lo
stesso terminal metanifero - continua a essere criticato con toni duri dalla
municipalità isolana, dalla Regione del Quarnero e Gorski kotar, dagli
ambientalisti e dai partiti dell'opposizione perché sarebbe stato progettato a
favore di potenti interessi d'oltreconfine. «Il rigassificatore offshore di
Castelmuschio - ha rilevato il governatore della Regione di Fiume, Zlatko
Komadina - apparterrà a un'azienda straniera, il cui interesse sarà di avere un
impianto poco costoso. Questo significherà avere un terminal a rischio per
l'ambiente e per la salute degli abitanti di Veglia e del Quarnero». Proprio per
ribadire il no di Castelmuschio alla presenza della nave metaniera, la sindaca
Mirela Ahmetovic ha invitato i parlamentari del Sabor a un colloquio incentrato
sul rigassificatore. Ai presenti - l'adesione non è stata massiccia: sei
deputati del Partito socialdemocratico e Ines Strenja Linic di Most - Ahmetovic
ha ricordato che l'impianto galleggiante non è contemplato nei piani regolatori
di Castelmuschio e della Regione, mentre per quello sulla terraferma è già stata
rilasciata la concessione per l'uso di superficie. «Il terminal offshore - ha
ribadito la sindaca ai parlamentari - contribuirà a produrre appena un paio di
posti di lavoro, visto che il personale a bordo arriverà dall'estero, mentre
tasse e contributi non resteranno in Croazia. L'impianto a terra darebbe invece
impiego a centinaia di persone, residenti di Veglia e dei dintorni: ingegneri,
tecnici, lavoratori edili e così via, con ricadute positive per la comunità
locale e regionale». Secondo Ahmetovic «dall'impianto offshore non avremo a
Castelmuschio alcun benefit né vantaggi, ma solo timori legati all'ambiente e
danni all'industria turistica. L'impatto visivo della metaniera poi sarà
terribile». Di qui l'appello ai deputati del Sabor «affinché prevalga la
ragione». Se venerdì il Parlamento darà luce verde al terminal galleggiante, «ci
rivolgeremo alla Corte costituzionale e se servirà anche alla Corte europea per
i diritti umani. La lex Lng viola la legislazione croata e quella comunitaria
anche perché la concessione - ha detto Ahmetovic riferendosi a voci che
circolano in questi giorni - sarà data a una società che poi diventerà di
proprietà straniera». Nell'incontro in Comune, il consulente municipale per
l'Energia Ognjen Antunac ha riferito in via ufficiosa che nel braccio di mare
dinanzi a Castelmuschio dovrebbe arrivare la nave metaniera Golar Spirit, per
essere adibita a rigassificatore. È stata varata nel 1981, dunque 37 anni fa: un
altro dato che ha destato dubbi e preoccupazioni.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - MARTEDI', 22 maggio 2018
Cantieri: il viaggio - Dall'ex Meccanografico alle
ville - Le venti incompiute di Trieste
Fallimenti delle imprese, affari andati male, conti in banca in rosso, la
burocrazia che mette i bastoni fra le ruote: sono almeno 20 gli immobili in giro
per la città che rimangono in balia di cantieri infiniti. Da Rozzol a Grignano
non c'è differenza. Sono stati versati chili e chili di cemento rimasti in
attesa di una fine lavori mai giunta. E sono stati investiti milioni di euro,
forse buttati al vento. Il tour tra le incompiute, a Trieste, quasi tutte di
proprietà di privati, è basato anche sulle segnalazioni delle sette
circoscrizioni che sono a stretto contatto con il territorio. Proprio dalla
mappatura puntuale di Alex Pellizer, consigliere della quinta circoscrizione, ma
anche architetto, che ha redatto per il master "Temporiuso" al Politecnico di
Milano, si scoprono edifici abbandonati ma anche i cantieri incompiuti nell'area
della sua circoscrizione, vale a dire San Giacomo e Barriera vecchia. In via
Molino a vento compaiono due edifici. Il primo, all'altezza circa del numero 47,
si presenta con finiture esterne complete ma all'interno è rimasto al grezzo.
Non ci sono cartelloni che indichino il committente né l'impresa dei lavori,
dati questi invece presenti su un foglio appeso davanti a una palazzina poco più
avanti, sull'altro lato della strada, che vede un'impresa con sede a Giarizzole
quale proprietaria, irraggiungibile però al telefono. «Io non ho mai visto
nessuno lavorare all'interno», afferma Pellizzer. Altra incompiuta: si trova
all'angolo tra via Ginnastica e via Nordio. Una struttura particolare che
sembrerebbe aver ospitato in passato una banca. Non finisce qui la lista.
L'esempio più eclatante della periferia Est triestina è forse l'ex Maddalena. I
lavori del comprensorio, un tempo dell'Azienda sanitaria, con la proprietaria
Generalgiulia 2 che ha richiesto il concordato preventivo in tribunale, sono
iniziati nel 2011 ma non sono mai finiti. Solo recentemente è spuntato un
possibile salvatore, l'imprenditore veneto Francesco Fracasso, che potrà
intervenire con un aumento di capitale per la realizzazione di tre strutture
commerciali. Nelle principali arterie cittadine languono da tempo altri tre
immobili. In primis l'ex Meccanografico, oggi previsto nel piano alienazioni del
Comune per il 2019 dall'assessore Lorenzo Giorgi. Si tratta di un edificio un
tempo di proprietà delle Ferrovie, acquistato dal Comune, con cantiere iniziato
25 anni fa e mai terminato. Quasi sulle Rive, all'angolo tra via Lazzaretto e
salita al Promontorio, è da anni vuoto, con lavori rimasti a metà, un altro
ampio complesso di tre e più piani. Il presidente della Quarta circoscrizione
Riccardo Ledi, dalle informazioni che ha ricavato, parla di un progetto per una
casa di riposo e anche in questo caso di una ditta fallita. In via Cavana,
all'incrocio con via Venezian, l'occhio cade su un altro edificio. Lo scheletro
vuoto è della Immobiliare Cavana srl da una decina d'anni, una delle società del
gruppo trevigiano Lucchetta. La crisi ha completamente bloccato il cantiere.
Disabitati in piazza Cavana risultano due imponenti edifici della famiglia
veneziana Lorenzon. Gli esterni sono perfetti. Mentre in via delle Mura resta
l'impalcatura di una casa che ormai è un rudere, o forse lo è sempre stato: la
causa anche in questo caso è il fallimento della ditta. Poco più su, in via
Giustinelli, la casa ecologica per eccellenza resta ancora in fase di lavoro.
Davanti infatti c'è da almeno una decina d'anni una gru, che un anno e mezzo fa
ha avuto pure un cedimento. Dall'altra parte della città, in via Pietraferrata,
un palazzo fantasma sorge su un terreno dell'Edilfriuli, dicono i vicini di
bottega. Per anni il terreno è stato occupato da un campo nomadi. Nella stessa
area, zona della settima circoscrizione, sopra via Rio Primario, in via San
Sabba, all'altezza del civico 16 s'incontra una struttura in cemento: «Non
sappiamo chi l'ha costruita in fretta e furia a dicembre scorso, dopo anni in
cui il terreno era abbandonato e poi sono spariti tutti», dice una persona che
lavora nelle vicinanze. Anche la sesta circoscrizione, a Rozzol Melara, ospita
un incompiuto, precisamente in via Holan: il sogno di un centro di aggregazione
giovanile è stato fermato dal fallimento di una ditta, ora rilevata dalla Pertot
srl Ecologia e servizi, che avvierà il cantiere su un nuovo progetto
dell'architetto Eugenio Meli. Gretta e tutta l'area che racchiude la terza
circoscrizione raccolgono diversi cantieri incompleti. A partire da via della
Mandria, dove ci sono due edifici, un complesso di villette a schiera e un
grande immobile completamente abbandonati. «Sono almeno quattro anni che non
vediamo nessuno e abbiamo paura che la gru ci cada addosso». Non finita è anche
la villa a picco sul mare in via Bruni, perpendicolare di via Bonomea. «Sono
sette anni - spiega il dirimpettaio - che non vanno avanti». Anche il residence
costruito alle spalle del maestoso hotel Greif, a Barcola, è stato realizzato ma
poi mai abitato. Perché? E anche in via del Pucino, a Grignano, resta in sospeso
il destino di una villa. Nemmeno l'altipiano rimane indenne dai lavori a morsi.
In via dei Salici, spiega il presidente della circoscrizione Altipiano Est Marko
De Luisa, «i lavori da parte di Ater con fondi comunali per la riqualificazione
di una dolina e la realizzazione di un'area verde attrezzata sono fermi da più
di un anno». Il direttore dell'Ater Antonio Ius spiega che si è trovata una
soluzione ora al vaglio del Comune. Non mancano poi le strade al palo per
rimpalli su rimpalli: non parte il cantiere per il ripristino di un muro ceduto
tra Padriciano e Gropada, passato di mano dalla Provincia alla Regione a Fvg
Strade.
Benedetta Moro
«Progetti valutati superficialmente» - Elisabetta
Delben, a capo dell'ordine degli ingegneri triestini: «Si danno per scontati
aspetti tecnici ed economici iniziali»
«Si dà per scontata la progettazione, che andrebbe invece approfondita nella
sua completezza». Ecco perché spesso gli immobili sono "vittime" di cantieri che
non termineranno mai. A spiegarlo è Elisabetta Delben, da nemmeno una settimana
a capo dell'ordine degli ingegneri di Trieste. L'inizio di un'opera
architettonica deve avere le fondamenta solide, anche sulla carta. Altrimenti
quello che succede al committente è di ritrovarsi con molte più spese del
previsto e di non farcela a coprirle tutte. Ma sono anche le stesse imprese ad
essere spesso protagoniste di un circolo vizioso che le vede incaute nel
valutare un investimento. Perché alcuni immobili restano opere incompiute?Spesso
alcune operazioni non funzionano perché investimenti, costi e guadagni non vanno
a braccetto. Tante volte lo vediamo in sede di consulenze d'ufficio per il
tribunale: si dà per scontata la progettazione che andrebbe invece approfondita
nella sua completezza, non solo dal punto di vista architettonico. C'è tutta una
parte di progettazione che troppe volte si tende a non fare: valutazioni
tecniche, economiche, con la relativa formulazione di computi metrici redatti su
progetti esecutivi e tutto l'aspetto contrattualistico, che troppo spesso ai
professionisti non vengono richiesti. Il committente, che può essere un
condominio o la singola proprietà o l'impresa che vuole fare un investimento,
pensa soprattutto ad abbassare i costi, ma risparmiando in questa fase iniziale
si va incontro a sorprese. I cantieri incompiuti tante volte sono la mancanza di
tutto questo. Cui si aggiunge magari l'assenza di un'autorizzazione, ma
evidentemente anche in questo caso non si è compiuta un'analisi completa
all'inizio. E in pratica poi che cosa succede? Per quanto riguarda i condomini,
può subentrare il problema della frammentazione della proprietà, un condomino si
ritira, ma essenzialmente i cantieri si fermano per problemi di natura
economica. Si stipulano dei contratti d'appalto che nel privato a volte non sono
degni di questo nome. Le imprese di costruzione a volte sono anch'esse vittime e
altre forse "impreparate"? Se in qualche modo il cantiere è incominciato e
l'impresa lo lascia a metà è perché non ha più la capacità economica per
proseguire. Alle volte perché non è stata pagata. Ma perché non è stata pagata?
Perché gli accordi non sono chiari? Ciò non accade necessariamente perché le due
parti sono in malafede. Analogamente può succedere anche quando è l'impresa
stessa che compie l'investimento: il rapporto tra investimento e quello che si
realizza deve essere blindato. Troppo spesso non si consultano gli esperti per
approfondire determinati aspetti: dalla normativa antisismica all'acustica.
Perché ci sono diversi immobili non conclusi, ma comunque si costruisce ancora?
In realtà il consumo di suolo, anche visto il nuovo piano regolatore, è molto
limitato. Quelli che vengono realizzati sono soprattutto interventi di privati
che vogliono ampliare la propria casa, in applicazione del cosiddetto Piano
casa. Oggi l'attenzione è rivolta al recupero dell'esistente, che deve essere
valorizzato.
(b.m.)
Le tante inaugurazioni fasulle del Grezar
Lo stadio Grezar, costruito nel 1932, è stato oggetto per anni di uno dei
cantieri pubblici più lunghi della storia di Trieste, che ha visto rinvii su
rinvii. Solo l'anno scorso l'ospitalità concessa ai campionati italiani assoluti
di atletica leggera hanno messo fretta all'amministrazione che ha presentato la
struttura quasi del tutto completa. Mancano ancora alcune aree da ripristinare,
come la tribuna posteriore che non è utilizzabile al momento. Si spera che con i
finanziamenti pari circa a 4 milioni di euro, che si stanno investendo per il
contiguo stadio Nereo Rocco, si possano eseguire gli ultimi interventi di una
lunga sequenza che non sembra avere fine. Proprio il Rocco infatti il prossimo
anno, a giugno, sarà una delle sei sedi che accoglieranno il campionato europeo
di calcio per nazionali under 21, affidato all'organizzazione di Italia e San
Marino. La ristrutturazione del Grezar è iniziata nel 2004 per un costo totale
di 13 milioni, cui si è aggiunto un altro milione proprio l'anno scorso, prima
che i migliori atleti italiani, in campo a caccia di 40 titoli nazionali, 20
maschili e 20 femminili, si sono presentati in campo. C'è stata anche
un'inaugurazione "a tranello" nel 2013, voluta dall'allora assessore regionale
allo Sport Emiliano Edera. Ma da quel momento il campo di atletica non era mai
stato utilizzato seriamente perché poteva essere solo usufruito dalle società
sportive e dai tesserati e amatori e dunque nessuna gara è stata organizzata poi
prima dell'anno scorso.
(b.m.)
Un oratorio a Rozzol entro due anni - Spazio di
aggregazione voluto dalla chiesa di Pio X. Giardino pensile sul tetto
In via Hollan, a due passi da via Cumano, entro due anni, poco più poco
meno, nascerà il primo vero oratorio della chiesa di Pio X di via Revoltella,
nel rione di Rozzol. I fondi, provenienti da Regione, Cei e Fondazione
CRTrieste, ci sono. In uno spazio di quella che è una fetta di campagna in città
c'è già in realtà una gru, ma è immobile da ormai alcuni anni. La prima impresa
che doveva occuparsi di questi lavori era la Settimo costruzioni, che però nel
frattempo è fallita. Solo recentemente la "partita" è stata rilevata da un'altra
azienda, la Pertot Ecologia e servizi, che realizzerà l'edificio su progetto
dell'architetto Eugenio Meli, al momento impegnato anche su altri fronti, tra
cui il restauro dell'antico colonnato del cimitero di Sant'Anna e la costruzione
di un edificio di 40 metri a Lignano Sabbiadoro. Ma perché proprio un oratorio?
«Purtroppo non ci sono punti di aggregazione a Rozzol - spiega don Mario De
Stefano, parroco della chiesa -, deve essere un polo aggregativo soprattutto per
giovani ma anche meno giovani». Mancano dunque spazi in cui ritrovarsi a giocare
a pallone, a fare una chiacchierata nella zona di Rozzol. Ecco dunque che a
pensarci è la chiesa Pio X con un immobile a bassissimo impatto visivo nel
rispetto del contesto rurale, con una performance energetica importante e un
giardino pensile sul tetto. Si posizionerà come cardine tra la zona residenziale
di via Cumano, il complesso scolastico di strada di Rozzol, l'area museale di
via Cumano e il verde circostante di cui, spiega Meli, anche nel Piano
regolatore è prevista la rivalutazione. Il tutto completando il processo di
rilancio della parrocchia stessa per la quale si prevedono pure a breve alcuni
lavori di ristrutturazione e rinnovamento. «Il manufatto si colloca in maniera
organica nel suo contesto - aggiunge -, andando a riempire il declivio naturale
della zona, creando l'atmosfera più propizia per momenti di relazione, incontro
e comunità; prevedendo spazi ludici esterni e ambienti interni che possano
declinarsi a più necessità». Il complesso ospiterà: sale polifunzionali, bar, un
campo da gioco e diversi posti auto. All'edificio si accederà principalmente da
via Lucano attraverso la parte superiore del manufatto. E, la copertura dello
stesso, appunto, sarà costituita da un sistema di giardino pensile «che
costituirà l'area gioco nonché la copertura della struttura sottostante». In
tutto il lavoro di progettazione, date le caratteristiche del terreno, è stato
di fondamentale importanza lo studio in sezione. «Il manufatto - conclude
l'architetto - ha l'ambizione di porsi non come capriccio architettonico, ma
vuole nascondersi come un "architettura ipogea" (nuovo filone di
bio-architettura, ndr), sottoporsi al paesaggio in antitesi alle architetture
d'immagine molto alla moda».
(b.m.)
Diga senza gestore né pace - Ora è vietata la balneazione
Valori di "enterococchi intestinali" oltre i limiti
nelle acque attorno alla struttura - Ordinanza del sindaco Dipiazza in vigore
fino all'esito positivo di nuovi esami
Non c'è pace per l'Antica Diga. Ora in quelle acque è vietato anche fare il
bagno. Dai campioni prelevati nel golfo lo scorso 15 maggio e analizzati dai
laboratori dell'Arpa, i valori di "enterococchi intestinali", ovvero di batteri
presenti nelle feci, in quel tratto di mare superano il limite di legge.
Ricevuta comunicazione, il sindaco Roberto Dipiazza ha ordinato il «divieto
temporaneo di balneazione nelle acque prospicienti la Diga Vecchia Sud-Diga
Foranea del Porto Franco Vecchio fino a nuove analisi dell'Arpa che attestino il
rientro dei parametri». Dei cartelli indicheranno il divieto e spetterà alla
Capitaneria di porto verificare che l'ordinanza venga rispettata. Una situazione
che non crea gravi ripercussioni sullo stabilimento, visto che la Diga è chiusa
dal 2016. La presenza di enterococchi intestinali è indice di una recente
contaminazione fecale. E la prima ipotesi al vaglio è stata quella che si
trattasse di un problema al sistema fognario. Ma AcegasApsAmga esclude
categoricamente si tratti di una contaminazione causata dallo scarico in mare
del torrente Chiave, che ha sbocco proprio nei pressi del Molo 0. L'azienda
propende invece per l'ipotesi che a causare quel superamento dei valori limite
sia stato lo scarico di liquami in mare da una nave. «Tutti i collettamenti
delle acque nere del Chiave, che pompano quelle acque verso il depuratore di
Servola - spiega AcegasApsAmga - sono a monte di via Carducci, più precisamente
in largo Barriera e all'altezza tra via Carducci e via Battisti, e quindi le
acque trasportate da quel punto verso il Molo 0 sono chiare». AcegaApsAmga
valuta anche che «se da via Carducci, dall'altezza dove sono in atto i lavori di
ripristino delle volte sotterranee del torrente, verso il mare, ci dovesse
essere un scarico abusivo del quale però noi non abbiamo notizia, al Molo 0
quell'acqua nera arriverebbe molto diluita e dunque non in grado di far variare
in quel modo i parametri». L'ipotesi più attendibile, quindi, è che il "danno"
sia stato causato dallo scarico abusivo di una nave, effettuato magari anche non
in prossimità della Diga ma trasportato in quel punto dalle correnti. Nel Comune
di Trieste, dalla Lanterna fino ai Filtri di Aurisina, i punti di rilevazione
dei campioni delle acqua di balneazione sono 14. Sei invece a Muggia e 9 a Duino
Aurisina. Se le indagini del monitoraggio evidenziano un superamento dei valori
limite, è previsto venga adottato un protocollo che include l'interdizione
temporanea alla balneazione dell'area in esame e l'attivazione di un controllo
aggiuntivo entro le 72 ore. In caso di esito favorevole dell'analisi, e a
seguito di un ulteriore controllo dopo 7 giorni, l'area viene riaperta. In caso
di esito sfavorevole l'area resta invece vietata alla balneazione fino a quando
l'analisi non sarà favorevole. Tornando all'Antica Diga, dopo che nessun
investitore si era fatto avanti per gestire lo stabilimento entro i termini del
precedente bando di gara, ora è in via di definizione da parte dell'Autorità di
Sistema portuale del Mare Adriatico orientale un nuovo bando per la concessione
demaniale. Il segretario generale dell'Authority, Mario Sommariva, anticipa che
la proposta sarà più vantaggiosa per i concorrenti perché la superficie della
Diga da destinare a stabilimento si è ridotta a seguito dell'affidamento della
concessione della radice, dalla parte verso il molo, alla Saipem.
Laura Tonero
Spuntano sull'Isonzo 5 centrali idroelettriche -
i cinque siti
I progetti presentati in Regione. Quello proposto dal Consorzio di
bonifica ha già ottenuto la Via. La preoccupazione delle associazioni
ambientaliste
GORIZIA - Cinque nuove (possibili) centraline idroelettriche lungo il corso
dell'Isonzo nel territorio del Comune di Gorizia. Al momento non sono sull'acqua
ma solo sulla carta, a livello progettuale, ma la prospettiva c'è. Sui tavoli
della Regione infatti sono approdati cinque progetti per la realizzazione di
altrettanti impianti dedicati alla produzione di energia elettrica, di cui uno
porta in calce la firma del Consorzio di bonifica della pianura isontina, e gli
altri quattro quella della Domus Brenta srl, società veneta specializzata, tra
le altre cose, nella realizzazione di studi di fattibilità e di progetti per
impianti e la valorizzazione e il recupero di siti industriali. Lo scenario che
racconta le cinque nuove centrali ha già acceso nel capoluogo isontino la
preoccupazione degli ambientalisti ma, va detto subito, i progetti sono tutti
ancora in attesa di autorizzazione. Con l'aggiunta che il piano regolatore del
Comune di Gorizia non prevede la possibilità di creare simili impianti sul
fiume, anche se il parere negativo dell'ente potrebbe essere superato ugualmente
dal via libera della Regione. E c'è, soprattutto, un primo importante distinguo
da fare. L'unico ad aver ottenuto il primo e più importante disco verde, la
Valutazione di impatto ambientale (e di conseguenza quello più concreto ad oggi)
è il progetto per la centralina del Consorzio, che dovrebbe sorgere sulla
traversa a valle del ponte 8 Agosto. Traversa ospiterebbe la centralina sulla
sponda sinistra del fiume, con l'impianto che verrebbe integrato al suo interno
e che sarebbe di tipologia "ad acqua fluente". In altre parole non verrebbe
deviato il flusso dell'Isonzo, ma la centralina preleverebbe solo il flusso
minimo vitale d'acqua, che già oggi passa attraverso le paratie, per poi
re-immetterlo nel fiume una ventina di metri dopo. Il progetto prevedrebbe
peraltro anche l'introduzione della scala di monta per la fauna ittica, ovvero
un particolare passaggio che permette la risalita del fiume da parte dei pesci.
Un elemento, questo, previsto dalla legge e oggi mancante, che permetterebbe
dunque di adeguare la traversa. Investimento totale, circa 1 milione e 850 mila
euro.«Si prevede una produzione di energia pari a 2,5 megawatt, quando il nostro
consumo è di 4,5 all'anno - spiega il presidente del Consorzio di bonifica della
pianura isontina Enzo Lorenzon -. Questo vuol dire che l'impianto coprirebbe
oltre il 50% del fabbisogno». Sempre dal Consorzio, il direttore tecnico Daniele
Luis precisa che «al momento è già stata superata la Valutazione di impatto
ambientale, e manca l'autorizzazione unica a procedere, che passerà dalla
convocazione di una conferenza dei servizi». Poi, come detto, ci sono i progetti
di Domus Brenta. La società ha effettuato uno studio di fattibilità sul fiume
(come del resto su tantissimi altri corsi d'acqua in regione e in Italia) per
capire dove potrebbero essere realizzate nuove centraline. E da questo sono
usciti quattro siti e altrettante proposte progettuali: in corrispondenza della
citata traversa a valle del ponte 8 Agosto, sotto la passerella di Straccis (due
possibili centraline) e nei pressi del Parco di Piuma. «Questo tipo di impianti
produce da 500 kilowatt a 1,5 megawatt - dice l'architetto Marco Rampazzo,
responsabile del progetto per le centrali di Domus Brenta -, e hanno un
ridottissimo impatto ambientale in quanto si appoggiano a strutture già
esistenti lungo il corso del fiume, e le varie componenti si trovano al di sotto
del livello dell'acqua». Rampazzo precisa che a oggi nessuno dei quattro
progetti ha ancora ottenuto l'autorizzazione a costruire, e solo quando
eventualmente sarà trovato l'accordo i progetti verranno sottoposti a realtà
interessate a realizzare le centrali.«I progetti sono ancora tutti alla fase
delle autorizzazioni, vengono vagliati dagli enti e le realtà interessate e
preposte, anche attraverso le conferenze dei servizi - dice Rampazzo -, e non ci
devono dunque essere preoccupazioni dal punto di vista ambientale. È importante
che la gente sappia che questo tipo di impianti sono quelli a minor impatto
ambientale per la produzione di energia. Anche i pannelli fotovoltaici oggi
tanto diffusi, per intenderci, devono essere di volta in volta sostituiti e il
silicio che li compone smaltito». Rassicurazioni però non sufficienti a
tranquillizzare gli ambientalisti. Intanto, come detto, la palla è destinata a
passare innanzitutto alla Regione. E a finire nel "campo" del neo assessore ad
Ambiente e Energia Fabio Scoccimarro, che fa sapere di essere pronto a occuparsi
della questione non appena ufficialmente insediato.
Marco Bisiach
Dal Comune un primo parere negativo: «Incompatibili con
il piano regolatore
«Il fiume Isonzo è già pesantemente modificato. Innumerevoli centrali
elettriche sfruttano le sue acque sia in Italia che in Slovenia, per cui
riteniamo sia da irresponsabili permetterne la costruzione di nuove». È netta la
posizione delle associazioni ambientaliste Eugenio Rosmann, Fiume Isonzo,
Legambiente e Save the Soca sui progetti presentati alla Regione. Che denunciano
il «silenzio» sulla questione. «In realtà invece noi abbiamo già espresso il
nostro parere negativo - spiega l'assessore all'Ambiente Francesco Del Sordi -,
perché da un punto di vista urbanistico le centrali non sono compatibili con il
nostro piano regolatore, anche perché l'Isonzo è classificato Area di rilevante
interesse ambientale. Detto questo stiamo parlando ad oggi solo di ipotesi di
progetto, che verranno valutate come prevede la legge da soggetti competenti e
deputati a farlo. E se otterranno le prime autorizzazioni passeranno poi la
conferenza dei servizi, dove saremo chiamati a dire la nostra».
(m.b.)
Compost in dono a chi differenzia il verde -
L'iniziativa di AcegasApsAmga è dedicata a quanti richiedono il ritiro di scarti
di potature e ramaglie
Parte l'iniziativa di AcegasApsAmga dedicata all'economica circolare del
rifiuto verde, come scarti delle potature e ramaglie: per ogni richiesta di
ritiro verrà regalato al richiedente (fino ad esaurimento scorte) un sacco di
compost certificato per agricoltura biologica da 8 chilogrammi, proveniente
dallo stabilimento Bioman di Maniago. La scelta non è casuale, infatti è qui che
vengono avviati a recupero tutti i rifiuti organici triestini, che al termine
della lavorazione si trasformano, appunto, in compost di alta qualità: perché
anche i rifiuti producono valore se correttamente differenziati. L'iniziativa
vuole inoltre sfatare il mito secondo cui i rifiuti «finiscono tutti insieme»
consegnando al cittadino il vero e proprio prodotto nato dalla raccolta
differenziata del rifiuto organico e del verde. Per richiedere l'asporto del
verde a domicilio è necessario iscriversi, gratuitamente, al servizio chiamando
il numero verde 800955988 (gratis da telefono fisso e mobile) e ritirare il
contenitore in comodato d'uso gratuito alla sede di AcegasApsAmga in via Orsera,
il sabato dalle 8 alle 10. È inoltre operativa anche la prenotazione automatica
del ritiro degli scarti di giardino tramite sms 24 ore su 24: per aderire a
questo sistema di prenotazione è necessario contattare l'800955988 (saranno
richiesti un numero di cellulare e un indirizzo e-mail). Differenziare
correttamente il rifiuto verde è estremamente importante - sottolinea una nota
della multiutility -, si stima infatti che dovrebbe costituire circa il 15% del
totale dei rifiuti raccolti da una città, mentre a Trieste corrisponde per ora
solo al 3%: per agevolare i cittadini nel conferimento di questo rifiuto che può
essere completamente riciclato, AcegasApsAmga mette a disposizione sistemi che
integrano la raccolta a domicilio di sfalci e ramaglie. Dall'inizio della
primavera sono stati posizionati quasi 50 nuovi contenitori per la raccolta
stradale di sfalci e ramaglie in circa 25 isole ecologiche presenti in zone
particolarmente ricche di aree verdi private o condominiali, quali quelle di via
Romagna, Costiera e viale Romolo Gessi. I nuovi cassonetti si aggiungono a
quelli già installati nel 2016-2017, di varie dimensioni (660, 1.100 o 3.200
litri) per adattarsi a tutti i tipi di vie cittadine, da quelle più ampie a
quelle più strette, tipiche di alcune zone di Trieste.
Orario estivo Trenitalia, a bordo anche con la bici -
dal 10 giugno
MILANO - Una nuova rotta Frecciargento Roma - Vicenza, sette nuove fermate
Frecciarossa a Reggio Emilia, due Frecciarossa in più nel fine settimana tra
Milano, Rimini e Ancona: sono alcune delle novità del nuovo orario estivo di
Trenitalia che entra in vigore dal 10 giugno con servizi, offerte e agevolazioni
con particolare attenzione alle famiglie, così come illustrato a Milano dall'ad
Orazio Iacono. Saranno oltre 110 le fermate stagionali di Frecce, InterCity e
Freccialink, che arricchiscono l'Offerta e, nel complesso, 437 le corse
giornaliere di Frecce e InterCity e oltre 200 i capoluoghi e le città servite
oltre a piccoli centri. Invariata - fa sapere Trenitalia - l'offerta delle
Frecce da e per la nostra regione, con la conferma della fermata al Trieste
Airport. L'integrazione poi con le 6500 corse regionali gestite da Trenitalia
consentirà di ampliare il network raggiungendo 32 siti Unesco, 25 tra i «Borghi
più belli d'Italia», 8 Parchi Nazionali, e oltre 90 tra spiagge, centri di
benessere, mete montane e termali. In tutto più di 500 luoghi di attrazione
turistica. In questo contesto, in regione ci sono le offerte "Leisure estate
2018". Per la ciclovia Alpe Adria, per esempio, la linea ferroviaria è la
Trieste-Udine-Tarvisio con 11 treni al sabato dal 14 luglio e 13 nei festivi dal
10 giugno, con convoglio attrezzato per il trasporto di 30 biciclette. Nelle
stesse date anche il treno da Trieste, Gorizia o Udine a Venzone, mentre dal 10
giugno al 9 settembre la tratta Udine-Palmanova-Trieste sarà attiva anche nei
festivi, oltre che al sabato, con 5 collegamenti giornalieri, sempre con
convogli attrezzati per il trasporto di bici. A livello nazionale Trenitalia ha
previsto anche diverse agevolazioni: 30% di sconto per famiglie e gruppi fino a
5 persone, gratis gli under 4 e al 50% gli under 15 sulle Frecce, al 50% gli
under 12 sui regionali, la possibilità di portare il proprio cane con sé ad
agosto al prezzo simbolico di 5 euro e nuovi servizi di accompagnamento a bordo
per anziani e persone che lo necessitano.
Chiudere l'Ilva, anzi no. È scontro - Divergenze tra
M5S e Lega anche dopo il Tavolo avviato a Taranto con i sindacati
ROMA - Uno dei primi banchi di prova sulla tenuta dell'accordo tra M5S e
Lega si chiama Ilva. Sul destino della grande azienda e di 14 mila dipendenti,
più l'indotto, le idee dei due partiti che vogliono governare non sono affatto
coincidenti, almeno per ora. Si sapeva, ma le responsabilità cambiano e la
divergenza è riemersa dopo il Tavolo sull'Ilva convocato a Taranto dal M5S per
un confronto con le organizzazioni sindacali Fim, Fiom, Uilm, Usb, Flmu Cub e
Ugl. Al termine dell'incontro, Lorenzo Fioramonti, consulente economico di Luigi
Di Maio, ha ribadito: «In questo momento ci muoviamo in una direzione chiara,
cioè chiusura programmata e riconversione economica dell'Ilva». E chiusura
programmata, ha aggiunto, «significa andare verso la chiusura in un periodo di
tempo relativamente breve, ma non brevissimo, non 20 anni o 30 anni, ma nemmeno
1 anno o 6 mesi. Il percorso va intrapreso, bisogna condividere il metodo». Il
30 giugno, però, l'Ilva potrebbe passare ad ArcelorMittal: «Quando saremo al
governo - anticipa Fioramonti - ci muoveremo in maniera coordinata per garantire
la continuità salariale e reddituale dei dipendenti Ilva e interverremo in modo
chiaro per evitare che altri tipi di accordo, che non abbiano visto la
condivisione delle parti sociali, vengano intrapresi. In quel momento potremo
dire quali elementi tecnici avremo a disposizione». Rossano Sasso, deputato
pugliese della Lega e coordinatore regionale di "Noi con Salvini", a Radionorba
ha espresso però una posizione diversa: «Chiudere l'Ilva è assolutamente da
pazzi e so che anche i 5Stelle stanno rivedendo queste posizioni: quando si
passa dall'opposizione al governo si deve fare i conti con il territorio e con
un senso di responsabilità maggiore. Non mi sentirete mai dire che l'Ilva deve
essere chiusa: l'Ilva rappresenta il 50% del prodotto interno lordo regionale.
Va difesa la salute e vanno difesi i livelli occupazionali e, intanto, non
facciamo scappare l'acquirente». Se per il presidente della Regione Puglia,
Michele Emiliano (Pd), il M5S ha dato un segnale «di cambio di metodo
rilevante», il ministro Carlo Calenda (Pd), che si è visto bocciare dai
sindacati un accordo sull'acquisto dell'Ilva attraverso il consorzio AmInvestCo,
attacca Fioramonti su twitter: «"Chiudere l'Ilva non in un anno, ma nemmeno in
20/30". Ma come si fanno a dire simili superficialità? O chiudi l'Ilva o la
risani. Con quali soldi la tieni aperta a tempo? Dilettantismo di chi non ha mai
gestito nulla in vita sua. Sulla pelle di 20 mila lavoratori».
Denis Artioli
Morso da una vipera finisce all'ospedale
Il 24enne triestino si stava arrampicando in Val Rosandra. Portato a
Cattinara, è stabile ma continuamente monitorato
Durante un'arrampicata in Val Rosandra, mentre cercava appoggio tra le
pietre, un giovane triestino di 24 anni ieri mattina è stato morso alla mano da
una vipera. Superato lo choc e l'intenso dolore, non si è perso d'animo a
chiamare i soccorsi ed è stato portato al pronto soccorso di Cattinara. Poco
dopo mezzogiorno il ragazzo, in condizioni stabili e non in pericolo di vita, è
stato trasferito nel reparto di rianimazione e sottoposto alla sieroprofilassi.
Una terapia che necessita il ricovero in rianimazione non per la gravità delle
condizioni di salute del paziente ma per la necessità di un costante
monitoraggio, date le possibili reazioni anafilattiche. Quando il giovane è
arrivato a Cattinara la mano era già arrossata, gonfia. Il ventiquattrenne ora
verrà tenuto alcuni giorni in osservazione «perché il veleno - spiega Roberto
Copetti, primario del reparto unificato del pronto soccorso e della medicina
d'urgenza dell'ospedale - può avere degli effetti sistemici, di tossicità sul
fegato e soprattutto può alterare la coagulazione con il rischio di emorragie o
trombosi». Il morso da parte di una vipera è un fatto piuttosto raro a Trieste.
Il rettile si è accorto probabilmente solo all'ultimo momento della presenza
umana che per lui rappresenta un pericolo e ha reagito nell'unico modo
disponibile, conficcando nella mano dell'arrampicatore i suoi denti velenosi. Ha
morso perché era troppo tardi per scappare. Ma cosa fare in questi casi?
«Chiamare il 112, immobilizzare l'arto e stare tranquilli - consiglia Copetti -
L'agitarsi può causare tachicardia e velocizzare la circolazione nel sangue del
veleno. Oggi non si muore da morso di vipera e il suo veleno agisce in 12-24 ore
e dunque c'è tutto il tempo per sottoporsi alle prime cure e alla successiva
sieroprofilassi qualora i sintomi da avvelenamento dovessero essere importanti».
I sintomi che fanno intuire che il veleno è stato inoculato e che serve
somministrare la sieroprofilassi sono il forte dolore locale, l'estensione
dell'edema, il dolore addominale, il vomito, la sudorazione. Le persone più a
rischio sono coloro che hanno una reazione al veleno della vipera, gli anziani,
i bambini. Copetti specifica che la vipera quando morde non sempre riesce ad
inoculare il veleno, e elenca una serie di comportamenti da non tenere. «Non
seguire consigli che venivano erroneamente dati un tempo, e dunque non incidere
la ferita, non succhiare la ferita e non stringere lacci in prossimità del
morso. Se c'è la possibilità, è bene lavare la ferita». In questa stagione va
posta parecchia attenzione quando si passeggia in Carso. Non sono esclusi da
questo rischio nemmeno i cani che potrebbero essere morsi alle estremità dei
loro arti e anche sul muso. Il cane morso manifesta subito forte dolore
segnalandolo con sonori guaiti, la zona colpita appare rapidamente tumefatta,
calda al tatto.
Laura Tonero
AMBIENTE - I prodotti di bellezza inquinano
Una ricerca conferma: la cura del corpo ha un costo pesante per l'ambiente. Le quantità di sostanze rilasciate nell'aria dai prodotti di bellezza è ai livelli dei gas di scarico. Deodoranti, shampoo, profumi, gel per capelli inquinano.
IL PICCOLO - LUNEDI', 21 maggio 2018
Il libro sugli oceani
Oggi, alle 18, alla Libreria Lovat di viale XX Settembre, Sandro Carniel, oceanografo dell'Istituto di Scienze Marine del Cnr di Venezia, presenta "Oceani" (Edizioni Hoepli, 2017). Pescando a piene mani da quella che, oggi, è la vita di uno scienziato che studia gli oceani, Carniel riesce a far capire quanto queste distese d'acqua siano fondamentali per la nostra sopravvivenza. Il libro ha vinto il Premio Costa Smeralda, 2018. Ne parla con l'autore Paola Del Negro, direttore della Sezione di Ricerca Oceanografica dell'Ogs.
IL PICCOLO - DOMENICA, 20 maggio 2018
«Arrivano il pesce e pollo bio» - Cresce la qualità
degli allevamenti "green" anche in Fvg
MILANO - Spigole, orate, trote, ma anche cozze e vongole dal sapore
"diverso" allevati in modo biologico nel mare e in acque dolci. È la nuova
frontiera di un modello produttivo che, dopo frutta, verdura e formaggi, sta
prendendo piede nell'acquacoltura, un comparto però ancora poco conosciuto dai
consumatori nonostante il salto qualitativo compiuto dal settore pesce
d'allevamento, ormai quasi tutto prodotto in mare aperto e non più in vasche. A
metterlo in luce è il Crea, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi
dell'economia agraria, che ha lanciato Fish&Chicken. Una campagna informativa
che, col supporto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali,
valorizza anche il pollo, altro prodotto di punta del bio, per svelare i segreti
di queste produzioni sane e di qualità. «Il pesce allevato in Italia -
sottolinea Domitilla Pulcini, ricercatore del Crea Zootecnia e Acquacoltura - ha
raggiunto un livello di elevata qualità, sia sotto il profilo nutrizionale, sia
sotto quello della sostenibilità». Allevare in modo bio, spiegano i ricercatori,
significa avere una densità minore rispetto al prodotto convenzionale, con spazi
più larghi nelle gabbie di allevamento in mare aperto dove il pesce, avendo la
possibilità di nuotare sviluppa una muscolatura più soda che produce carni più
compatte e quindi diverse e saporite; una bassa densità di allevamento che si
riflette poi anche in un minor impatto ambientale. Altro capitolo sono i mangimi
in uso negli allevamenti della green economy: sono costituiti da ingredienti di
origine animale e vegetale anch'essi bio. Certo, i numeri per ora sono esigui,
osservano i ricercatori del Crea Zootecnia e Acquacoltura, Domitilla Pulcini e
Fabrizio Capoccioni: «Cinquemila tonnellate per i mitili, 910 tonnellate per la
trota e 100 tonnellate tra spigola e orate. Produzioni ancora di nicchia che
coprono il 3% del totale nazionale di pesce allevato, ma destinato a crescere».
La maggior parte delle aziende certificate bio, sottoposte a regole molto
stingenti, si trovano nel Nordest, dal Friuli Venezia Giulia, Veneto fino
all'Emilia-Romagna, ma anche in Toscana e Trentino Alto Adige.
Uranio impoverito-tumori - Belgrado adesso indaga
In Serbia Istituita una commissione d'inchiesta parlamentare con voto
unanime - Preso ad esempio il caso italiano. Restano scettici molti ricercatori
e scienziati
BELGRADO - La Serbia fa sul serio. E promette verità sulla controversa
questione delle possibili ricadute sulla salute pubblica dei proiettili
all'uranio impoverito usati dalla Nato nella guerra del 1999. Verità che
dovrebbe arrivare attraverso il lavoro di una commissione parlamentare
d'inchiesta, che ha ricevuto luce verde venerdì, con il voto praticamente
unanime di tutti i deputati di maggioranza e opposizione presenti in Aula.
Commissione - il suo primo rapporto sarà presentato nel 2020 - che avrà il
preciso compito di stabilire se esista un collegamento tra uranio impoverito e
un presunto aumento dei casi di cancro nel Paese balcanico, ma anche di indagare
sugli effetti in materia di ambiente e salute a causa dei bombardamenti su
industrie chimiche e simili. Aumento di patologie tumorali che si sarebbe
verificato, ha affermato nei giorni scorsi anche il presidente Vucic,
aggiungendo di «non aver mai creduto del tutto a tali teorie», ma di aver
parlato con medici che gli hanno fatto cambiare punto di vista, in particolare
su una crescita del numero dei colpiti, in particolare fra i bambini. Servono
però ora prove incontrovertibili e la commissione «cercherà la verità e non sarà
un'aula di tribunale», ha promesso la presidente del Parlamento serbo, Maja
Gojkovic, una delle "anime" dell'iniziativa, aggiungendo che non si vuole
«giudicare nessuno, né dire ai serbi a chi dare la colpa». Gojkovic aveva in
precedenza anticipato che i lavori del comitato saranno facilitati dai risultati
di una simile commissione d'inchiesta istituita in Italia.Ma l'attività di
ricerca non sarà certamente facile, perché il tema è sensibile e pieno di
sfaccettature, i dubbi tanti. Alcuni li ha espressi l'epidemiologo Zoran
Radovanovic, che ha ribadito che non esiste alcun aumento dei casi di cancro e
che sono molto più pericolosi i fertilizzanti usati in agricoltura. Anche il
fisico nucleare Istvan Bikit, parlando alla Tv N1, ha sottolineato che è molto
difficile «provare un collegamento» tra uranio impoverito e tumori e ricordato
che molto dipende dal tempo di esposizione e dalla vicinanza al luogo
dell'esplosione. E sottolineato che le analisi dovrebbero focalizzarsi sul sud
della Serbia e in particolare sul Kosovo, dove sono state usate la maggior parte
delle munizioni. Il collegamento tra uranio e tumori non esiste, ha invece
seccamente smentito, come era del resto ovvio, l'ambasciatore Usa a Belgrado,
Kyle Scott.
Stefano Giantin
OGGI - A Miramare per la Festa delle oasi con il Wwf Apertura gratuita dalle 10 alle 18. Approfondimenti tematici e due angoli speciali per i bimbi
Oggi, come ogni anno, si festeggia la Festa della Natura in tutte le Oasi Wwf italiane, diventate in questi anni dei rifugi preziosi per migliaia di animali. Nel 2018, la festa è dedicata alla raccolta fondi per la campagna anti-bracconaggio promossa dal Wwf per la tutela della fauna selvatica: anche l'Italia è definita infatti un paese "trappola", con decine di aree calde per il bracconaggio, pratica che ha sottratto negli ultimi 40 anni il 50% degli animali selvatici del pianeta e finanziato un mercato criminale di centinaia di milioni di dollari. Solo nel nostro paese ogni anno sono oltre 300 i lupi e 6 i milioni di uccelli uccisi illegalmente, che si affiancano ad aquile, piccoli uccelli migratori, squali, balene e delfini colpevoli solo di trovarsi nel posto sbagliato. Anche quest'anno all'evento prende parte naturalmente la struttura di Miramare, che per l'occasione promuoverà attività gratuite per adulti, famiglie e bambini per tutta la giornata di domenica. L'Area Marina Protetta sarà aperta gratuitamente tutto il giorno, dalle 10 alle 18, con lo staff di biologi a disposizione del pubblico per visite libere. Nel pomeriggio avranno luogo alcuni approfondimenti tematici e saranno allestiti due speciali spazi dedicati ai bambini dai 6 anni in su: la Tana del Polpo al primo piano avrà come protagonista un pesciolino bugiardo e temerario, mentre lo speciale angolo sulle foreste marine accoglierà bambini e famiglie nell'aula didattica del piano terra. Le attività, gratuite grazie al supporto della Regione e del progetto europeo Roc-Poplife, si ripeteranno ogni mezz'ora dalle 15 alle 17 (ultimo turno) e si potranno prenotare direttamente sul posto, con un massimo di una decina di bambini, che dovranno essere accompagnati, per ogni laboratorio.È possibile offrire il proprio contributo effettuando una donazione con un sms al 45590.
(g.t.)
Biologo nutrizionista in piazza
Si terrà ancora oggi la Giornata del biologo nutrizionista in piazza, in piazza Sant'Antonio Nuovo dalle 10 alle 19. La cittadinanza avrà l'occasione di incontrare dei biologi nutrizionisti che presteranno servizio gratuitamente per eseguire una valutazione antropometrica e un'analisi del proprio stile di vita, fornendo dei consigli. La consulenza, completamente gratuita, avverrà in alcuni ambulatori mobili attrezzati per l'occasione in piazza.
Trieste - Alla Lovat l'importanza degli oceani
Domani alle 18, alla Lovat, Sandro Carniel presenta "Oceani" (Ed. Hoepli). Pescando a piene mani da quella che, oggi, è la vita di uno scienziato che studia gli oceani, Carniel riesce a far capire quanto queste distese d'acqua date così per scontate siano fondamentali per la nostra sopravvivenza. Ne parla con l'autore Paola Del Negro, direttore della Sezione di ricerca oceanografica dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale.
IL PICCOLO - SABATO, 19 maggio 2018
Varata la nuova giunta regionale di centrodestra
Leghisti 5 assessori su 10. Sanita' a Riccardi, rivolta Forza Italia per la sorpresa Rosolen. L'ex AN Fabio Scoccimarro ottiene la delega ad Ambiente e Energia.
Monfalcone, spuntano sei rari protei
La scoperta nella grotta della ferrovia. Prima spedizione degli esperti
all'interno della cavità n. 4383 sul Carso
MONFALCONE - È la prima esplorazione condotta all'interno del Pozzo dei
Protei di Monfalcone da quando, nel 1983, esso venne portato alla luce. Gli
speleologi, almeno, non hanno traccia di altre spedizioni interne alla cavità n.
4383 - il codice che il catasto regionale attribuisce alla grotta - scoperta
quando vennero ampliati i binari di fronte alla stazione ferroviaria. Ed è
questo motivo che li ha indotti di recente a fare il grande passo: sabato scorso
una squadra del Centro ricerche carsiche "C. Seppenhofer" di Gorizia, capitanata
da Mauro Picinc, 53 anni - operaio di professione e speleologo per passione - ha
varcato il cancello di entrata, determinato ad addentrarsi nel pozzo, alla
scoperta di un mondo finora inesplorato. La spedizione, durata l'intera mattina,
ha dato i suoi frutti. In fondo alla grotta sono stati infatti trovati sei
esemplari di protei, i piccoli draghi che abitano le profonde acque dei fiumi
sotterranei del Carso. «Una scoperta meravigliosa perché, da quanto ne sappiamo,
in questa grotta era stato avvistato solo un esemplare, forse due» afferma
Picinc, il sorriso sulle labbra. «Siamo scesi in due, io e il fotografo
Alessandro Urban. Avevamo tutta l'attrezzatura del caso: caschetto, imbragature,
luci e fotocamere subacquee, perfino un canotto. All'esterno sono rimasti a mo'
di sentinelle due speleologi, Anna e Michele Soranzo, insieme al tecnico delle
Ferrovie cui abbiamo dovuto chiedere un permesso speciale per la spedizione».
Comincia così la discesa nei mondi sotterranei di Monfalcone. La grotta è
formata da pareti di calcari chiari, grigi e più scuri, che risalgono al periodo
Cretaceo dell'Era Mesozoica, quella, per intenderci, caratterizzata
dall'espansione degli oceani e compresa fra 130 e 65 milioni di anni fa. Ebbene,
da lì si accede a un pozzo abbastanza spazioso, dalla forma cilindrica, profondo
22,5 metri che nella gola si allarga come a formare una cavernetta lunga otto
metri e larga due. Ed è a quella profondità che si trova un laghetto di acque
risorgive collegate all'ampio sistema idrico del Carso isontino. Ed è lì che è
avvenuto l'avvistamento. «Urban ha documentato tutto - ancora Picinc - Gli
esemplari erano distanti l'uno dall'altro, pertanto non è stato possibile
immortalarli insieme, ma solo uno alla volta». Spetta al presidente del Centro
Seppenhofer, Enrico Tavagnutti, spiegare come lo straordinario avvistamento sia
tutt'altro che fine a se stesso. Si comprende così che «Picinc ha promosso una
ricerca volta a localizzare tutti i punti dell'Isontino dove testimoniare la
presenza dei protei». Uno studio, insomma, decisamente ampio, che è stato
intrapreso con la collaborazione della Società adriatica di speleologia di
Trieste. Da dove l'esperto Edgardo Mauri conferma come «la presenza del proteo
nelle acque sotterranee del Monfalconese e dell'Isontino è ormai accertata.
Monitorarla nel territorio è importante da un punto di vista naturalistico e
culturale. Per questo, il lavoro che stanno facendo il centro Sepenhofer e gli
altri gruppi speleologici è straordinario. Siamo praticamente giunti a una passo
dal monitoraggio della popolazione». Per la determinazione del numero di protei
e individuare la reale estensione delle popolazioni, gli speleologi stanno
effettuando il monitoraggio tramite il "Dna-ambientale", che consente,
attraverso il filtraggio di certi quantitativi di acqua, di determinare la
presenza del dna dei protei e di calcolare per approssimazione la quantità degli
individui. Il proteo, chiosa Mauri, vive nelle acque pulite e la salvaguardia
della specie è strettamente connessa alla tutela dell'ambiente.
Elena Placitelli
IL PICCOLO - VENERDI', 18 maggio 2018
Piano giardini inquinati - Chiusa la prima bonifica
Completata l'opera di rizollatura nell'area della scuola don Chalvien di
via Svevo - Ora la Biagio Marin di Servola. Da lunedì de Tommasini chiuso per
manutenzione
Il giardino della scuola don Chalvien di via Svevo è il primo delle sette
aree verdi che nel 2016 sono state classificate come inquinate a essere stato
bonificato. Il Comune, annuncia l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, ha
terminato la rizollatura di 20 centimetri di manto erboso e ora sta procedendo
con questo primo lotto per rendere nuovamente agibile anche lo spazio verde
della seconda scuola "affetta" dalla stessa problematica, la Biagio Marin di via
Marco Praga, a Servola. I lavori nel 2017 avevano subìto uno stop dovuto
all'introduzione di un nuovo decreto legge, che aveva messo i bastoni fra le
ruote. Dopo due anni si vedono dunque i primi risultati, che adesso andranno
monitorati grazie all'acquisto da parte del Comune dei deposimetri. Entro giugno
si concluderà questa prima fase di ripristino. Mentre la settimana prossima,
afferma l'esponente della giunta Dipiazza, «approveremo il progetto così da
avviare la gara d'appalto per il fitorimedio»: sono le "super piante" capaci di
assorbire i veleni. Verranno seminate in tutte le altre superfici in cui sono
state trovate le sostanze cancerogene, a cominciare dal "de Tommasini" di via
Giulia, che proprio lunedì prossimo chiuderà per circa quattro giorni, il tempo
per completare i previsti e necessari lavori di manutenzione e pulizia generale
che vengono effettuati durante l'anno dall'amministrazione. Anche se spesso
diversi cittadini si sono lamentati della trascuratezza in cui versano i diversi
spazi. Fresco di sfalcio risulta già invece il giardino di piazzale Rosmini,
sottolinea Lodi, un'altra area che è interdetta nelle zone dove cresce l'erba
proprio per il problema inquinamento. E che quindi è nella lista dei punti
destinatari degli interventi di piantumazione delle speciali piante vegetali
assieme al Miniussi di Servola. Nello stesso quartiere compaiono inoltre i
cortili della chiesa San Lorenzo e dell'Associazione amici del presepio in via
dei Giardini. L'indagine effettuata nel 2016 dall'Arpa aveva individuato sette
giardini inquinati su dodici. Si era scoperto in particolare che erano presenti
contaminazioni elevate di benzopirene, benzoantracene e benzofluorantene e altre
sostanze potenzialmente cancerogene. Tutti i lavori di bonifica rientrano in un
progetto approvato dall'Istituto superiore di sanità, preparato da Comune,
Regione, Arpa, AsuiTs ed ex Provincia e finanziato con 350 mila euro. I tre enti
Istituto superiore di sanità, AsuiTs e Arpa avevano inoltre chiesto già a suo
tempo al Comune un piano di monitoraggio delle aree interessate. Non basterà
dunque "ripulire" o punteggiare il suolo di piante speciali, ma sarà necessario
anche accertare se nelle superfici trattate il terreno continui a subire
contaminazioni o meno. Per questo infatti, quando le opere termineranno,
verranno inseriti dei deposimetri, apparecchi costruiti per mappare le polveri
che si depositano liberamente nell'atmosfera, attraverso cui si potrà capire
quali sostanze inquinano di più. E quali sono le principali fonti che producono
queste sostanze. Si concluderà così un capitolo importante, anche per la gioia
delle mamme dei bambini iscritti nelle scuole coinvolte, che negli scorsi mesi
hanno più volte protestato per l'incuria in cui sono rimasti per tanto tempo i
piazzali di fronte agli edifici che ogni giorno i propri figli frequentano.
Benedetta Moro
Rifiuti abbandonati a Muggia: scattano i controlli dei
vigili
MUGGIA - I sacchetti con i rifiuti differenziati impropriamente non verranno
più ritirati. Questa la decisione del Comune di Muggia in seguito
all'"indisciplina" da parte di troppi cittadini muggesani. «I volumi eccessivi
conferiti nei contenitori, soprattutto dell'indifferenziata, sono ancora dovuti
ad una scarsa differenziazione», ha lamentato l'assessore all'Igiene urbana
Laura Litteri durante l'ultima riunione del Consiglio comunale. E a breve
entreranno in azione anche gli agenti della Polizia Locale. L'occasione per
tornare a discutere di rifiuti è stata fornita da Roberta Tarlao (Meio Muja) che
ha presentato un'interrogazione - sottoscritta anche da Roberta Vlahov (Ocpm) ed
Emanuele Romano (M5S) - chiedendo quali siano le strategie che il sindaco di
Muggia Laura Marzi intenda affrontare per risolvere il problema dei rifiuti
abbandonati all'esterno dei cassonetti. Una problematica dettata dal fatto che
«la capienza degli stessi in molte zone - stigmatizza Tarlao - non soddisfa le
quantità di rifiuti conferiti». Da qui il quesito sulle intenzioni del Comune
per una possibile implementazione dei bidoni o un aumento dei ritiri dei
rifiuti. La risposta è stata fornita dall'assessore Litteri. Il Comune ha deciso
di aumentare il numero di bidoni o le dimensioni degli stessi «ove
effettivamente si verifica un sottodimensionamento dei volumi».
L'amministrazione Marzi ha però lamentato come in taluni casi i volumi eccessivi
conferiti nei contenitori siano dovuti a una errata differenziazione dei rifiuti
stessi. «Su tali situazioni si sta intervenendo con avvisi e contatti diretti
con gli utenti: si è ritenuto di aspettare ancora un breve periodo prima di
iniziare con la segnalazione all'utenza del rifiuto non conforme (il famigerato
bollino rosso, ndr), con il conseguente mancato ritiro», puntualizza Litteri. Ma
le novità non sono finite. In seguito all'abbandono di sacchi nel territorio, in
particolare vicino alle due isole del centro storico, l'assessore ha annunciato
che a breve inizierà il controllo da parte del personale di Net, con tanto di
pettorina di riconoscimento, accompagnato dal personale della Polizia locale.
«Tale intervento, unitamente alla videosorveglianza (una delle due isole è già
dotata di telecamera, la seconda ne sarà munita a breve, ndr), consentirà di
eliminare il problema degli abbandoni» precisa Litteri. Interessante infine la
reale motivazione per cui è stata smantellata l'area di via Manzoni, sita dietro
al futuro Infopoint di Caliterna, utilizzata come zona ad hoc per i rifiuti dei
commercianti del centro storico. L'area, in concessione al Comune da parte
dell'Autorità portuale, è stata smantellata dopo l'intervento della Capitaneria
di Porto, «poiché la collocazione di cassonetti per la raccolta dei rifiuti - ha
ammesso Litteri - non rientra negli scopi per i quali è stata rilasciata la
suddetta licenza di concessione». Da qui la dismissione in fretta e furia
dell'area e lo spostamento tra piazzale Caliterna e il tanto contestato piazzale
ex Alto Adriatico.
(r.t.)
Cinghiali e burocrazia tengono "in ostaggio" i piccoli
della Tomizza
Le reti installate del Comune per tenere lontani gli animali dal parco
sono inefficaci. Bimbi costretti a restare in classe
Hanno la fortuna di avere attorno alla loro scuola non un semplice giardino,
ma un vero e proprio parco. Eppure i bambini della scuola Tomizza di via
Commerciale, una quarantina in tutto, non ci possono né giocare né correre
durante la ricreazione. Colpa dei tanti cinghiali che circolano abitualmente
negli 11mila metri quadrati di area verde mettendo a rischio la loro sicurezza e
spingendo di conseguenza le maestre a tenere i piccoli in classe. «I primi
cinghiali sono comparsi nel settembre 2016 - spiega Enka Todorchevska, mamma e
presidente del comitato dei genitori -. Per molto tempo il parco è rimasto del
tutto privo di recinzioni, installate solo di recente dal Comune. Peccato che
siano state forzate nel giro di pochi giorni». Proprio contro la rete di
sicurezza si concentra ora la rabbia dei genitori. Realizzata con un intervento
della ditta Global Service che lavora con il Comune (che ha stanziato circa 50
mila euro per il rifacimento del recinto, come dichiarato alla stampa dal
capogruppo della Lega Paolo Polidori ndr), la recinzione non appare né robusta
né fissata al muro perimetrale, e permette quindi il passaggio ai cinghiali, che
amano rintanarsi sotto i vicini cespugli, scelti come zone di riposo, sosta o
riproduzione per questi mammiferi. «La rete non ci sembra adeguata - racconta
Valentina Pian -. Dispiace che, a causa di questo, i bambini non possono uscire
dalle classi e non possono vivere questo splendido parco. Anche perchè nelle
aule che hanno le finestre esposte ad ovest c'è un caldo soffocante, soprattutto
il pomeriggio. L'anno scorso - prosegue Pian - sono stati abbattuti cinque
cinghiali all'interno del parco. Qualche tempo fa il sindaco è venuto a scuola e
ha detto a mia figlia che avrebbe risolto il problema. Invece non è successo
niente e lei mi chiede sempre quando potranno uscire di nuovo in giardino».
Un'altra mamma Albana Xhomaqi pensa che «il lavoro non sia stato fatto bene».
Dello stesso avviso Paola Travan. «Una scuola materna deve avere per legge uno
spazio aperto dove poter far giocare i bambini». I genitori hanno così fatto
partire una raccolta firme, per sollecitare le autorità a risolvere una volta
per tutte il problema che, da due settimane, blocca le uscite in giardino dei
piccoli. Cercata più volte al telefono, la preside Tiziana Farci non ha voluto
rilasciato alcuna dichiarazione, anche perchè impegnata nei consigli di classe,
e non ha autorizzato le altre maestre a parlare a nome della scuola. La Stazione
Forestale di Trieste, da anni impegnata nella divulgazione sul comportamento da
tenere nei confronti dei cinghiali, ha compilato una relazione sui lavori
eseguiti ma non è stato possibile ottenere il documento; le indiscrezioni
parlano di necessarie modifiche di rinforzo alla recinzione. Elisa Lodi,
assessore ai Lavori Pubblici, commenta così: «Le reti che abbiamo sistemato
erano necessarie ma sono provvisorie. Assieme alla Commissione Paesaggistica (a
cui spetta il parere definitivo ndr) sistemeremo tutto e spero di riuscire a
farlo in estate». Per poter giocare nuovamente in giardino, insomma, i bambini
dovranno attendere settembre.
Nicolò Giraldi
IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 maggio 2018
Parco del mare, dal Porto un ok "soft"
L'Authority non opterà per una revisione vera e propria del Piano
regolatore in modo da non rallentare i tempi del progetto
Un cauto via libera. È l'orientamento con cui l'Autorità portuale guarda al
Parco del mare, in attesa che il Comune trasmetta alla Torre del Lloyd la
proposta di intesa sulla modifica al Piano regolatore cittadino, vitale per la
partenza del progetto a Porto Lido. Il conseguente aggiornamento del Piano
regolatore portuale potrebbe consentire all'Adsp di rimandare di anni la
partenza, ma è uno strumento cui il Porto non è intenzionato a ricorrere, poiché
l'ex Cartubi è una zona di pertinenza urbana e di utilità nulla per la
logistica. Al contempo, però, l'Adsp attende di conoscere come sarà finanziato
l'acquario, visto che la zona è pur sempre di pertinenza demaniale. I due piani
regolatori Andiamo con ordine. La modifica allo strumento urbanistico comunale è
attualmente nella pancia del Municipio, e dovrebbe approdare a breve in
Consiglio. La delibera cambierà la destinazione d'uso dell'area, al momento
"porto turistico", per renderla compatibile con la realizzazione di un acquario.
Porto Lido, però, è anche pertinenza del Porto, la cui vita è a sua volta
normata da un Piano regolatore. Dopo l'approvazione in Consiglio, fanno sapere
fonti interne allo scalo, l'Autorità portuale attende una proposta di intesa da
parte del Comune, che consenta anche al Porto di recepire la modifica, per così
dire, prendendone atto. Il cambiamento di destinazione d'uso dell'area è
considerato infatti di entità minima, e al momento l'Adsp non ritiene necessario
avviare anche l'iter di modifica al Piano regolatore portuale. Quest'ultimo è
soggetto a una scansione ferrea di passaggi, tutt'altro che agevoli: oltre che a
quello della Regione, la modifica dovrebbe passare anche al vaglio del Consiglio
superiore dei Lavori pubblici. È uno snodo che, come spesso avviene negli uffici
romani, potrebbe spostare la partenza del cantiere ben più in là del dicembre
2018, annunciato dal presidente della Cciaa Antonio Paoletti, patrono del
progetto. Tanto più che il Consiglio superiore è solito occuparsi di temi ben
più ponderosi di quello in oggetto. Fondi e demanio L'Autorità attende invece
con particolare interesse i risvolti sulla sostenibilità economica del progetto,
visto che si tratta comunque di sviluppare un'area soggetta al demanio. Porto
Lido è infatti dato in concessione dall'Adsp alla società Italia Navigando
attraverso la controllata Trieste Navigando, che la Camera di Commercio si
accinge ad acquisire per farne la società strumentale per la costruzione del
Parco del Mare. Dopo il venire meno dei nove milioni stanziati dalla Fondazione
CRTrieste, il finanziamento disponibile al momento è di 11 milioni su circa 40
di costi totali. Anche se Paoletti ha rassicurato più volte gli interlocutori
sulla solidità del progetto.
Giovanni Tomasin
Allarme smog e Xylella - Bruxelles accusa l'Italia
Roma deferita alla Corte di Giustizia anche per la gestione dei rifiuti
radioattivi - Pm10 oltre i limiti, sforzi insufficienti per fermare il batterio
che uccide gli ulivi
BRUXELLES - La Commissione europea chiama l'Italia sul banco degli accusati
con quattro capi di imputazione. Superamento ripetuto dei limiti fissati dalla
Ue sullo smog; incapacità a risolvere il problema della Xylella, il batterio
ritenuto responsabile della morte degli ulivi in Puglia; mancata notifica del
programma nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi; mancato recepimento
della direttiva Ue del 2012 che modifica le prescrizioni tecniche per gli esami
effettuati su tessuti e cellule umani. La nuova raffica di deferimenti alla
Corte di giustizia per violazione del diritto comunitario è stata decisa ieri,
ma la comunicazione ufficiale arriverà solo oggi, con l'apertura di quattro
nuove procedure di infrazione che al momento, tuttavia, non prevedono multe.
Smog. Per il "peso" eccessivo dell'inquinamento, Bruxelles ha deferito sei Paesi
Ue, accusati di aver violato le norme anti-smog, alla Corte di giustizia
europea. Italia, Ungheria e Romania sono nel mirino per lo sforamento dei limiti
del particolato Pm10 rilevato in molte grandi città. Il commissario europeo
Karmenu Vella aveva già lanciato un avvertimento il 30 gennaio scorso ai Paesi a
rischio, che erano stati convocati a Bruxelles e invitati a prendere misure
urgenti, ma il monito non è stato sufficiente. I livelli di Pm10 restano troppo
elevati non solo in diverse aree della Val Padana, ma anche in molte aree
metropolitane, come Roma e Palermo. Francia, Germania e Regno Unito andranno
invece davanti alla Corte per il superamento dei limiti di biossido di azoto
(No2), per il quale la situazione dell'Italia non si è aggravata (la procedura
di infrazione però è ancora in corso). Xylella. L'Italia, secondo l'esecutivo
europeo, non è stata in grado di fronteggiare l'emergenza Xylella e di evitare
la diffusione del batterio capace di attaccare 300 specie vegetali, rilevato per
la prima volta in Europa sugli ulivi in Salento, e notificato a Bruxelles nel
2013. Le battaglie contro l'abbattimento degli alberi hanno rallentato le
procedure di rimozione delle piante ammalate, ma secondo la Commissione, restano
ancora tremila ulivi infetti da rimuovere, trovati positivi al batterio nel
marzo scorso in un'area dove nel 2015 si registravano pochi esemplari infetti.
La prossima settimana la Commissione potrebbe proporre al comitato Ue sulla
salute delle piante l'aggiornamento dell'area di quarantena, spostando di una
ventina di chilometri verso Nord la fascia di territorio dove vanno applicate le
misure più drastiche. «In cinque anni e mezzo si sono susseguiti errori,
incertezze e scaricabarile che hanno favorito l'avanzare del contagio, con
effetti disastrosi sull'ambiente, sull'economia e sull'occupazione» accusa la
Coldiretti, che quantifica in un miliardo i danni da Xylella, con 10 milioni di
piante infettate dal 2012. Rifiuti radioattivi. L'Italia è in ritardo anche
sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi: Bruxelles accusa Roma di non aver
notificato entro i termini previsti il programma nazionale di gestione del
combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. A luglio l'Italia
aveva già ricevuto un parere motivato insieme ad Austria, Croazia, Repubblica
Ceca e Portogallo.
(m.r.t.)
Estate 2018, tornano le sentinelle del mare
Vent'anni di "Sentinelle del mare". Il progetto internazionale di "Citizen
Science" torna ad animare l'estate italiana. L'iniziativa, guidata
dall'Università Alma Mater di Bologna in collaborazione con Confcommercio e
Imprese per l'Italia, che dal 1999 ha come obiettivo il monitoraggio e la tutela
delle specie animali e vegetali del Mediterraneo, chiama a raccolta tutti gli
amanti del mare, dai semplici bagnanti ai professionisti subacquei fino agli
snorkelisti. L'edizione 2018 è stata presentata ieri e, come ogni anno,
attraverso il monitoraggio della biodiversità marina e il coinvolgimento degli
italiani si punta a far crescere e a consolidare la consapevolezza ambientale e
la difesa delle specie più a rischio. Come si svolgerà il progetto? Gli esperti
del settore chiederanno ai cittadini di avvistare specie marine facilmente
riconoscibili, indicatori di biodiversità, e di compilare apposite schede di
rilevazione che verranno poi elaborate dal Dipartimento universitario dell'Alma
Mater. «La nostra presenza in questa iniziativa - spiega il presidente di
Confcommercio, Carlo Sangalli, - conferma e rende più esplicito il nostro
impegno di Confcommercio per la tutela ambientale e per uno sviluppo
sostenibile. Siamo convinti che i nostri imprenditori degli stabilimenti
balneari, delle strutture alberghiere, della ristorazione, dei villaggi
turistici, dei campeggi e dei porti turistici saranno sentinelle del mare molto
attente e sensibili». Nel corso delle edizioni precedenti le "Sentinelle" hanno
segnalato la presenza di 17 mila specie marine, che rappresentano il 7% della
biodiversità marina mondiale. Le località coinvolte dal progetto toccano
Liguria, Toscana, Lazio Sardegna, Sicilia, Puglia e Marche.
(m.d.b.)
TESTIMONIANZE - L'ex sindaco di Lampedusa Nicolini a San Giovanni
A "Rose, libri, musica e vino 2018" al Parco di San Giovanni, domani alle 18 arriva Giusi Nicolini, ambientalista ed ex sindaco di Lampedusa, «pluripremiata - si legge nel comunicato stampa di presentazione - per aver ridato umanità agli sbarchi: converserà con Fabio Spitaleri, esperto di diritto europeo, e Nicolò Giraldi, giornalista sulle tracce dei dimenticati». Dall'Africa proviene anche la musica del jazzista friulano Claudio Cojaniz, che nel roseto farà risuonare le atmosfere del continente «che è Madre ma anche Futuro».
VoceArancio.it - MERCOLEDI', 16 maggio 2018
Global warming, quanto potrebbe costarci?
Il riscaldamento globale è realtà e l'innalzamento
delle temperature sta accelerando in modo significativo. Se da un lato il conto
per l'economia potrebbe essere salato, dall'altro si possono aprire opportunità
di investimento
I 16 anni più caldi della storia si concentrano tutti nel 21esimo secolo e
il 2017 è stato il 41esimo anno consecutivo in cui le temperature globali si
sono attestate al di sopra della media del 20esimo secolo. Se non verranno presi
provvedimenti al più presto, in uno scenario “normale” senza grandi
stravolgimenti, le temperature globali saliranno di 4 gradi di qui al 2100 e in
alcune regioni del pianeta ci saranno addirittura 12 gradi in più rispetto alla
media del 2005 (dal 1970 a oggi, l’aumento delle temperature è stato di 0,17
gradi ogni decennio, fate voi i conti).
Il riscaldamento globale è una realtà. Bastano questi
pochi numeri, contenuti in un recente report di BofA Merrill Lynch, per darci
una misura del problema: il riscaldamento globale è realtà e l’innalzamento
delle temperature – causato dall’attività umana – sta accelerando in modo
significativo. Le prime conseguenze sono già visibili, sotto forma di uragani,
inondazioni e periodi di siccità: basti pensare che nel 2016 si sono registrati
93 cicloni tropicali contro una media annuale di 82 e che sempre il 2016 è stato
il 37esimo anno consecutivo in cui i ghiacciai si sono ritirati (di 832 mm nello
specifico): oggi il livello dei mari è più alto di 82 mm rispetto al 1993.
Il global warming ha un prezzo. L’aumento delle temperature globali e il clima
“estremo” riguarderanno, a tendere, il 60% della popolazione mondiale,
concentrandosi soprattutto sulle zone più povere del pianeta, con un costo
stimato oltre il 5% del PIL mondiale. Per queste regioni più vulnerabili – dove
entro la fine del secolo risiederà il 75% della popolazione mondiale – l’aumento
delle temperature si tradurrà in una minore produzione agricola e quindi in meno
lavoro e, in definitive, in un calo del reddito pro capite. Insomma, non si
tratta di problematiche astratte.
L’indifferenza è la peggiore nemica. Qualcuno sostiene che contrastare il
cambiamento climatico sia troppo costoso e, in definitiva, dannoso per
l’economia globale. In realtà è vero il contrario: se consideriamo i costi a
lungo termine legati al cambiamento climatico, appare chiaro che intervenire – e
alla svelta – conviene. Un recente studio ha stimato che i danni da cambiamento
climatico dovrebbero ammontare a circa 20 trilioni di dollari entro il 2100
senza nessun intervento, cifra si dimezzerebbe in caso di un effettivo
intervento da parte delle autorità competenti.
Come intervenire? Secondo i calcoli degli esperti, se il riscaldamento globale
si mantenesse entro i 2°C in più rispetto ai livelli pre-industriali si
potrebbero evitare le conseguenze più catastrofiche del cambiamento climatico.
Per non superare questa soglia, le emissioni di carbonio dovrebbero toccare il
picco massimo nel 2020, per poi ridursi drasticamente – fino a scendere di circa
il 50% entro il 2050. A venirci in aiuto nel raggiungimento dell’obiettivo
potrebbero essere le nuove tecnologie. Del resto la rivoluzione tecnologica sta
trasformando profondamente ogni settore e la lotta al cambiamento climatico non
fa eccezione. Stiamo assistendo a un calo esponenziale del costo delle energie
rinnovabili, delle batterie dei veicoli elettrici e di tante altre soluzioni
tecnologiche fino a poco tempo fa inavvicinabili a causa dei prezzi proibitivi.
L’aiuto delle tecnologie green. Di questo passo, stima Bofa Merrill Lynch, le
tecnologie green potrebbero aiutarci a ridurre le emissioni di 30-40 GtCO2
(gigatonnellate di diossido di carbonio equivalente) ogni anno di qui al 2030,
con costi sotto i 100 dollari per tonnellata di CO2e, una velocità doppia
rispetto a quella necessaria per rispettare l’obiettivo del 2°C. Motore di
questa “transizione” verso un mondo a basse emissioni saranno in particolare sei
aree: energia solare, energia eolica, automobili elettriche, elettrodomestici ad
alta efficienza energetica, riforestazione e stop alla deforestazione. Energie
rinnovabili e migliore efficienza energetica da sole potrebbero consentire una
riduzione delle emissioni di CO2 di circa il 40% entro il 2040, stando al World
Energy Outlook 2017 della IEA, con le opportunità più interessanti in Africa.
Investire sul tema del cambiamento climatico. Bofa Merrill Lynch stima
investimenti oltre i 70 trilioni di dollari nei prossimi 22 anni per portare
avanti la transizione verso un mondo “low carbon”. Per gli investitori che
volessero cavalcare il tema della lotta al riscaldamento globale le opportunità
non mancheranno: tra le aree destinate a una rapida crescita, gli esperti
segnalano le energie rinnovabili, i veicoli elettrici, le batterie, le
illuminazioni a led, l’internet of things, le YeldCos, gli edifici ad alta
efficienza energetica, il settore industriale e i trasporti. Anche strumenti
innovativi come i green bond (che hanno chiuso il quinto anno consecutivo di
emissioni record), potrebbero rivestire un ruolo chiave nel mettere in contatto
capitali privati e soluzioni volte a contrastare il cambiamento climatico.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 maggio 2018
Porto Vecchio in consiglio - Centro congressi - Via
libera dell'aula
Il primo passo è fatto. Con l'approvazione del Consiglio comunale
all'unanimità, nella seduta dell'altra notte, della proposta di project
financing a iniziativa privata per la realizzazione di un Centro congressi
polifunzionale nei magazzini 27 e 28 del Porto vecchio, ha preso corpo il
progetto che punta a portare alla costruzione di quello che è già stato chiamato
"Convention center". Una struttura che tutti auspicano possa vedere la luce in
tempo per ospitare, dal 4 al 10 luglio del 2020, Esof, la più rilevante
manifestazione europea focalizzata sul dibattito tra scienza, tecnologia,
società e politica. È stata Elisa Lodi, assessore comunale per i Lavori
pubblici, a illustrare il progetto. «Il Comune, che sarà il proprietario della
struttura, sosterrà il 49 per cento delle spese di realizzazione, pari a 5
milioni e mezzo di euro - ha precisato - e destinerà a tale scopo 4 milioni e
700 mila euro frutto della vendita di azioni Hera, mentre i restanti 800 mila
euro saranno messi a disposizione dalla Prefettura. Adesso - ha sottolineato
Lodi - dovremo predisporre nel minor tempo possibile il bando di gara, al quale
seguiranno la progettazione e infine il cantiere. Per quest'ultimo - ha
ricordato - è previsto debbano essere necessari 15 mesi. Non ci resta perciò
molto tempo, se vogliamo avere pronto il nuovo Centro congressi per Esof. La
struttura - ha aggiunto l'assessore - dovrà essere ultimata entro il primo
semestre del 2020. La città - ha continuato - da tempo chiedeva un nuovo centro
congressi, siamo quindi molto soddisfatti di poter dare il via al programma. È
importante - ha concluso Lodi - anche il fatto che, a proporre l'iniziativa di
project financing, sia una società, la Trieste convention center (Tcc), formata
da una trentina fra imprese, professionisti e tecnici locali». La conferma che
l'idea di un nuovo centro congressi sia uniformemente condivisa dalle forze
politiche della città la si è avuta nel momento del voto: 29 sì su 29 votanti.
«È evidente che un progetto come questo non può che ottenere il nostro sì - ha
detto Fabiana Martini, capogruppo del Pd - perché si tratta di un'opera per
Trieste, per il suo futuro, che sarà estremamente utile per Esof ma anche in
prospettiva. Presteremo però notevole attenzione all'iter procedurale che si
concluderà, come auspichiamo, con l'inaugurazione del Centro - ha precisato la
capogruppo dem - in quanto vorremmo che si accompagnasse a questo progetto anche
una visione complessiva del futuro del Porto vecchio. Finora abbiamo avuto la
sensazione che si stia procedendo a vista, con la formula del cosiddetto
"spezzatino" - ha concluso -, ci piacerebbe vedere che questa maggioranza è
capace di guardare a un orizzonte più vasto». Sì con distinguo anche da parte
del Movimento 5 Stelle. «Il Centro congressi in Porto vecchio - ha osservato il
capogruppo Paolo Menis - è sicuramente una struttura di cui Trieste ha bisogno
e, al di là dell'appuntamento con Esof del 2020, si tratta di un investimento
che rende più attrattiva la nostra città e che svolge un ruolo di moltiplicatore
dello sviluppo economico. Ci preme però sottolineare - ha detto il consigliere
pentastellato - come il piano economico finanziario sia stato sviluppato con
troppa approssimazione e per questo abbiamo chiesto di permettere al Comune di
aumentare il canone che il soggetto privato dovrà corrispondere al Comune
stesso. Purtroppo - ha commentato Menis - la richiesta è stata respinta. Ma su
questo fronte, cioè quello del piano finanziario dell'opera - ha concluso -,
resteremo vigili e attenti». Un coro di approvazione si è alzato dai banchi
della maggioranza. Bruno Marini (Forza Italia) ha parlato di «carta decisiva per
il territorio, fondamentale in vista di Esof. Oggi in questa chiave - ha
aggiunto - ritengo si possa anche abbattere la sala Tripcovich, struttura che,
nel recente passato, ho sempre difeso, ma ora ci sarà un'alternativa». Per Paolo
Polidori (Lega Nord) «di questo progetto beneficeranno le aziende e i lavoratori
locali, perciò il nostro sì è ancora più convinto». Salvatore Porro (Fdi) non ha
perso l'occasione per dire che «anche il santuario di Monte Grisa potrà
diventare meta dei tanti turisti che saranno attirati a Trieste dal nuovo Centro
congressi».
Ugo Salvini
Il gestore allunga la "vita" all'Adriaterminal al 2034
Saipem ha chiesto all'Autorità portuale di prorogare di 14 anni la
concessione relativa ai 27 mila metri quadrati nella parte nord dell'odierno
terminale
Polo della robotica per montaggio e manutenzione di macchinari per
l'industria petrolifera offshore, test per veicoli sottomarini, addestramento e
formazione del personale: sulla base di questo menu Saipem, la grande
partecipata Eni che opera nell'indotto oil&gas, ha chiesto all'Autorità portuale
dell'Adriatico Orientale di allungare l'attuale concessione all'Adriaterminal
dal 2020 al 2034. La richiesta dell'azienda è stata protocollata il 2 maggio,
fino al 14 giugno chi ha osservazioni da fare a tutela dei propri diritti potrà
farlo scrivendo all'Autorità, che poi istruirà la pratica concessoria. Saipem ha
sostanzialmente confermato l'interesse per la stessa area dove oggi opera: si
tratta di 27 mila metri quadrati, incluso il Magazzino 23, nella parte
settentrionale dell'Adriaterminal, l'unico scalo operativo nel Porto vecchio.
Per risistemare questa porzione dell'Adriaterminal, anch'essa beneficiata dal
regime di punto franco, Saipem ha investito - secondo quanto si disse a marzo -
un paio di milioni di euro. Vi lavorano una ventina di addetti. Il prolungamento
di 14 anni della concessione accompagna - riferiscono fonti aziendali - il nuovo
piano operativo della base triestina che prevede l'incremento della robotica
subacquea e la formazione dei tecnici specializzati in questo comparto. Tra
l'altro dovrebbero essere in programma test per chi andrà a monitorare il
giacimento di gas davanti alle coste mediterranee egiziane. Lo scorso 6 marzo
Saipem aprì le porte della concessione per presentare lo scopo e l'obiettivo
della presenza triestina. Si chiama Offset installation equipment (Oie),
allestito nella parte finale del Magazzino 23: un gigantesco "tappo" da
utilizzare nella malaugurata ipotesi si determini una fuoriuscita di greggio in
mare, come quella dell'agosto 2010 nel Golfo del Messico. Osrl, organismo
costituito dalle 8 maggiori compagnie petrolifere mondiali, lo ha commissionato
a Saipem, che lo ha progettato e che poi ha coinvolto nella costruzione due
aziende del Nordest, la Cartubi di Trieste e la Depretto di Schio. Ne è sortita
una originale realizzazione del valore di circa 50 milioni di euro: quattro
torri-serbatoio circondano il macchinario-clou, che è in grado di chiudere con
grandi "tappi" da 100 tonnellate l'eventuale falla che si venisse a creare in un
impianto petrolifero sottomarino. Un sistema unico al mondo pronto a intervenire
in caso di emergenze, venendo trasportato via-nave (con partenza da Trieste) o
via-aereo previo smontaggio e 8 voli con Boeing 747 cargo. Ad attendere il
"carrier" ci sono quattro "tappi" parcheggiati in altrettante parti del mondo,
vicini a grandi giacimenti petroliferi: Brasile, Sudafrica, Norvegia, Singapore.
Massimo Greco
La rete si divide sul Parco del mare - Il 51% dei
lettori è favorevole ma l'11% preferirebbe l'antico scalo come location
Il progetto del Parco del Mare divide i triestini. Il 51% dei lettori che
hanno espresso il loro parere attraverso il sondaggio lanciato pochi giorni fa
sul sito de Il Piccolo in merito al progetto e alla sua collocazione, ha
espresso parere favorevole, ma con un distinguo. Se da un lato il 40% approva il
progetto e anche l'area scelta per la sua realizzazione, ovvero quella ex
Cartubi su molo Fratelli Bandiera, dall'altro c'è un 11% che approva sì la
nascita di questa realtà ma preferirebbe vederla sorgere altrove. E raccogliendo
i commenti sul web, il sito alternativo indicato il più delle volte dai lettori
è quello di Porto vecchio. Sul fronte opposto, a esprimere un parere totalmente
contrario al Parco del Mare risulta essere il 47% dei lettori, ai quali si
aggiunge una piccola percentuale del 2% che scegliendo l'opzione di voto "Non
so" dichiara ancora incertezza. Gli sfavorevoli da un lato esprimono perplessità
etiche, sono contrari a quel tipo di struttura perché «rinchiude in gabbia» gli
animali, dall'altro temono l'operazione non si regga in piedi dal punto di vista
finanziario. Il progetto, che raccoglie già l'approvazione del sindaco Dipiazza,
dopo un recente sopralluogo organizzato proprio sul posto ha incassato il parere
favorevole anche del neogovernatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano
Fedriga. Un segnale di notevole importanza, che offre una garanzia al progetto
che pochi giorni fa è stato abbandonato dalla Fondazione CRTrieste. Per Antonio
Paoletti, il presidente della Camera di commercio che per primo lo propose nel
lontano 2004, anche per ridare una ventata di ottimismo a una Trieste uscita con
le ossa rotte dalla corsa per l'aggiudicazione dell'Expo, trova dunque un nuovo
alleato nel rilancio del progetto, puntando a dare avvio al cantiere entro la
fine del 2018. «L'amministrazione precedente ha stanziato due milioni e si è
impegnata a darne altri due. Questo è confermato. Ma vogliamo fare di più. Per
ora non prendo impegni economici, ma dopo l'insediamento della giunta mi
confronterò con gli assessori per vedere se e come ampliare il contributo della
Regione», aveva dichiarato Fedriga a margine del sopralluogo, sottolineando il
valore turistico dell'iniziativa. Lunedì scorso, in un incontro organizzato da
Confcommercio su "Restyling Porto vecchio: le opportunità per le imprese del
territorio", il sindaco Dipiazza illustrando le occasioni che si stanno offrendo
alla città, ha immaginato il cambiamento radicale che, proprio partendo
dall'avvio del progetto del Parco del Mare, potrà subire l'area di Campo Marzio.
«Tra il Parco del Mare, quello che potrebbe arrivare nell'area del Mercato
Ortofrutticolo ora che lo spostiamo all'ex Duke e il rilancio del Museo
Ferroviario, quella fetta della città diventerà di forte attrazione: se fossi
ancora un commerciante investirei in quell'area di Trieste», ha spiegato. Nel
frattempo prosegue l'iter di modifica del Piano regolatore del Comune per
consentire di realizzare il maxi acquario sul sito. Una volta che il testo sarà
approvato anche dal Consiglio comunale, il Parco del Mare entrerà a far parte
del Prg.
(l.t.)
SEGNALAZIONI - PARCO DEL MARE - I motivi del mio "No"
Ci sono persone che si dicono favorevolissime al Parco del mare, elencando una serie di motivazioni, delle più curiose e fantasiose, tralasciando il motivo economico (visto che a Trieste non si prevede tutta questa affluenza di pubblico, per potere ripagare le spese e il mantenimento dell'impianto). Dunque, le elenco in dettaglio. Valenza didattica: insegniamo ai bambini il mare, portandoli a vedere gli animali in gabbie di vetro. Giusto, insegniamo alle nuove generazioni che la libertà e il rispetto della vita non valgono per tutti, e che la natura va ingabbiata per poterla preservare. In un mondo in cui si auspica la chiusura degli zoo-lager (fa scuola Copenaghen), continuiamo ad alimentare la tratta e la prigionia degli animali, «tanto sono solo animali». Valenza scientifica e culturale: qui si sperimenta per salvare e studiare le specie. D'accordo solo in parte, ci sono oasi di protezione e centri di recupero di animali feriti per questo: andrebbero aiutati e invece nella maggior parte dei casi vivono di donazioni. Valenza conservativa: creando acquari, si insegna "il mare" e a rispettarlo. Certo! Non sarebbe meglio insegnare il rispetto per la natura e per il mare senza imprigionare esseri viventi? Creando parchi marini come Miramare, piuttosto, e gestendoli in maniera intelligente e consapevole?Tralascio le motivazioni economiche, in quanto visto il bacino turistico di Trieste con o senza "acquario" non potrà mai incassare il necessario per sostenere questo eco-mostro. Qui si tratta a mio avviso di pure speculazioni di pochi e non del bene di tutti. Chi crede in questa favolette, immagino creda ancora alla Befana e al lupo cattivo. Anche la serra a Miramare con farfalle e colibrì è stata spostata altrove! Ora, scatenatevi a produrre altre fantasiose motivazioni per supportare il "futuro della città grazie all'Acquario". Se uno volesse vedere pesci, squali e bei colori, con un piccolo budget vola in Mar Rosso e con maschera pinne e boccaglio si immerge in un bell'acquario naturale, certamente molto più educativo di un edificio con misere vasche, pompe e cemento a imprigionare esseri viventi.
Serena Zamola
Vibrazioni eccessive - Limite di dieci all'ora per i
bus in via Carducci
I passaggi verso Barriera Vecchia si fanno sentire in seguito al
rafforzamento delle volte sul Chiave
Dieci chilometri all'ora. A passo d'uomo fino al 31 dicembre del corrente
anno. In genere è una limitazione di velocità adottata in presenza di cantieri
posizionati in zone impervie, dalle curve strette e perigliose. Invece stavolta
riguarda un tratto di 150 metri di via Carducci, lungo la direttrice della
corsia preferenziale bus-taxi che da piazza Oberdan conduce verso Barriera
Vecchia. Per intenderci, è la corsia sotto la quale si stanno svolgendo, a cura
di AcegasApsAmga, le opere di rafforzamento relativi alle volte del torrente
Chiave. L'introduzione di un così costrittivo limite è stato pensato soprattutto
per i mezzi pesanti impiegati nel trasporto pubblico. A spiegarlo è la secca
prosa di Giulio Bernetti, mobility manager del Comune, nell'ordinanza 319, che
recepisce le segnalazioni pervenute del direttore dei lavori sotto il manto
stradale. Infatti, in seguito alla demolizione della galleria di destra estesa
sotto l'asfalto di via Carducci, sarebbero aumentate le vibrazioni «percepite
soprattutto ai piani superiori» dell'edificio al civico 19 di via XXX Ottobre
(che sfocia in piazza Oberdan). La stessa AcegasApsAmga, che funge da stazione
appaltante per la risistemazione delle ottocentesche volte, ha chiesto a
Bernetti una settimana fa di emettere il provvedimento limitativo della velocità
«in modo da ridurre l'intensità delle vibrazioni e contemporaneamente aumentare
la sicurezza veicolare e pedonale». L'area di via Carducci e adiacenze si
arricchisce inoltre di un ulteriore lavoro, programmato sempre da AcegasApsAmga
all'inizio di via del Coroneo, dove Mari&Mazzaroli e Cantieri srl debbono
procedere contestualmente sia alla dismissione delle vecchie condotte gas in
ghisa grigia che alla manutenzione straordinaria delle reti idriche, elettriche,
fognarie. Un intervento da svolgersi in due fasi distinte tra l'intersezione con
via Carducci e largo Piave, che implica una durata di 60 giorni «naturali e
consecutivi». Per consentire lo svolgimento dei lavori, l'ordinanza 310,
anch'essa sottoscritta da Bernetti, prevede divieto di sosta con tanto di
rimozione per i reprobi su entrambi i lati della parte iniziale di via del
Coroneo. La carreggiata sarà ristretta a 2 corsie, larghe almeno 3,50 metri,
rispetto alle attuali 3. Saranno inoltre spostati la fermata del bus, che
funzionerà davanti alla galleria pedonale, e tre stalli per disabili. La
scadenza prevista è fissata al 6 agosto. Bernetti non è particolarmente
preoccupato, perchè la buona ampiezza di via Coroneo dovrebbe limitare i disagi
per il traffico. Anche Sergio Abbate, comandante della Polizia locale,
analizzando un quadrante critico come quello che afferisce alla chicane di via
Carducci, ritiene tutto sommato la situazione accettabile, «il traffico scorre,
pur con qualche comprensibile problema». Tra l'altro i lavori nello
scacchiere-Carducci proseguiranno nei prossimi mesi estivi, per fortuna
risparmiando la circolazione alimentata dalle scuole. Ma dovranno comunque
affrontare l'acuzia legata alla prossima chiusura di una corsia di via Milano,
nei pressi dell'intersezione con via Carducci: questo invece preoccupa un po' di
più i tecnici dell'amministrazione. Il cittadino automobilista si dovrà
rassegnare a un anno di slalom tra i jersey della strada più trafficata di
Trieste, con una media giornaliera di 30 mila passaggi. L'apertura ufficiale del
cantiere sotto via Carducci, avvenuta ai primi di aprile, ha scandito il
cronoprogramma dell'operazione: i lavori dureranno 15 mesi e si protrarranno
fino all'estate 2019. Il costo previsto, Iva compresa, sarà di 2,3 milioni di
euro: il Municipio investirà 1,3 milioni rateizzati lungo un decennio.
L'intervento sarà eseguito dall'impresa modenese Pro Service Costruzioni. Il
dossier-Chiave è balzato agli onori delle cronache lo scorso anno, quando in
seguito all'esame dello studio Pambianco tutti i soggetti coinvolti - a
cominciare dal Comune - presero atto che l'ammaloramento delle volte, realizzate
nell'Ottocento a copertura del torrente Chiave, era giunto al classico punto di
non ritorno. Il timore di condizionare la circolazione in via Carducci aveva
frenato gli amministratori: ma adesso il rischio era divenuto troppo alto
Massimo Greco
Oggi - Israele e Palestina, il "Dolci" in piazza
Il Comitato Dolci ha convocato per oggi alle 17.45 in piazza Unità, accanto alla targa che ricorda l'annuncio delle leggi razziali, una conferenza stampa in vista della «testimonianza» di domenica 20 sulla questione israelo-palestinese.
ARCI SERVIZIO CIVILE
Alle 18 al Polo giovani Toti, in via del Castello 1, verranno presentati i 30 progetti di Arci Servizio civile Fvg per 112 giovani tra i 16 ai 28 anni, negli ambiti dell'organizzazione e gestione di iniziative sportive, ambientali e culturali.
L'habitat del Carso
Nell'ambito del ciclo di incontri culturali "Gli ambienti naturali del Carso tra passato, presente e futuro" organizzato da Italia Nostra e dal Comune di Trieste, Miris Castello parlerà sul tema "Gli habitat dei laghi carsici". Al Museo di Storia naturale di via Tominz 4, alle 17.30.
IL PICCOLO - MARTEDI', 15 maggio 2018
Sensi unici invertiti e autobus "sfrattati" - piazza
Libertà cambia
Conto alla rovescia per l'avvio del piano che rivoluzionerà il traffico
attorno alla stazione. Il rebus della Tripcovich
Il progetto che rivoluzionerà la viabilità di piazza Libertà sta per
decollare. La gara d'appalto, per l'avvio del cantiere del valore circa di 5
milioni di euro, si è conclusa ed è stata affidata provvisoriamente all'ati
composta da alcune imprese triestine doc: Mari & Mazzaroli quale capofila, Rosso
srl e Ennio Riccesi holding. «I lavori - annuncia l'assessore ai Lavori pubblici
Elisa Lodi - potranno partire quest'estate». A dirigere le danze come
responsabile unico del procedimento sarà Enrico Cortese. I fondi, stanziati in
parte ancora 15 anni fa, provengono in particolare dal ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, dalla Regione e dal Comune. Si sta per
concludere il periodo di cosiddetto "stand still" ovvero il tempo necessario che
deve trascorrere dalla chiusura della gara al successivo step di inizio lavori
per eventuali ricorsi. Trascorsi i 35 giorni di rito, se tutto fila liscio, alla
fine del mese di maggio si procederà con l'aggiudicazione definitiva e la firma
del contratto, in modo da far partire il cantiere prima di agosto. L'opera di
riqualificazione, che dovrebbe durare un anno, oltre al rifacimento del servizio
a rete da parte di AcegasApsAmga, punta a cambiare viabilità, allargare i
marciapiedi, rinnovare l'area verde e a spostare le fermate del trasporto
pubblico. Il tutto per rendere «molto più fluido il traffico» e rendere più
sicuro il passaggio dei pedoni. La "macchia" asfaltata intorno alla stazione dei
treni avrà più strisce pedonali e sarà costellata da un maggior numero di
semafori. Le novità più significative riguardano via Cellini, e via Flavio
Gioia. Nel primo caso, chi sarà alla guida dei veicoli, non potrà svoltare a
sinistra verso la stazione all'altezza dell'incrocio con via Pauliana, ma dovrà
proseguire dritto in direzione Roiano. Per raggiungere la stazione si utilizzerà
allora via Ghega, che nella sua parte finale vedrà invertire l'attuale senso
unico: quindi l'automobilista potrà percorrere interamente la via da piazza
Dalmazia fino a piazza Libertà, che sarà sgravata dalle fermate dei bus. Queste
verranno inserite tra il Silos e la Tripcovich, in attesa che quest'ultima venga
rasa al suolo, volontà che il sindaco Dipiazza ha già più volte manifestato ma
rispetto alla quale non è stata ancora assunta alcuna decisione concreta. Anche
perché sul teatro progettato da Umberto Nordio pende ancora un vincolo della
Soprintendenza. Coinvolta nella trasformazione urbanistica anche la "bretella"
tra largo città di Santos e corso Cavour, che diventerà un senso unico in
direzione del centro. Un altro capitolo ancora riguarda sempre via Cellini,
protagonista invece di alcuni lavori al momento in fieri sulla rete del gas che
nulla c'entrano con il cantiere di piazza Libertà. Dovrebbero terminare fra una
quindicina di giorni con il ripristino della viabilità modificata appositamente
nei mesi precedenti. C'è poi un'altra piazza che sarà oggetto di un profondo
restyling, a partire già in parte da questa settimana: piazza Sant'Antonio. Sta
per iniziare il rifacimento dell'ultima facciata della chiesa, quella su via
delle Torri, "sponsorizzato" con 890mila euro dalla Regione e dal Comune su
proposta ancora dell'ormai ex consigliere regionale Bruno Marini (Fi), l'ultima
di una serie di tappe avviate ancora nel 2008, in era Tondo, per rifare le altre
tre facciate. Il progetto però che coinvolgerà tutta l'agorà è ora oggetto di
studio da parte del Comune, senza però, come ha già precisato più volte
l'amministrazione, fare riferimento al concorso di idee indetto ancora dalla
giunta Cosolini. L'area Lavori pubblici, con a capo Enrico Conte, prevede di
consegnare il rendering per la fine dell'anno, precisa Lodi. È agli sgoccioli
invece l'ultimo tratto di via XXX Ottobre, con chiusura del cantiere prevista a
luglio.
Benedetta Moro
Veicoli elettrici per gli enti pubblici - Il servizio
Noemix coinvolge anched Area Science Park e UniTs
E se il Friuli Venezia Giulia fosse la prima regione in Italia con una quota
consistente di veicoli elettrici appartenenti alle Pubbliche Amministrazioni? Si
chiama Noemix ed è il nuovo servizio, attivo dal 2019, di car sharing per la
Pubblica Amministrazione sviluppato da NeMo (New Mobility in Friuli Venezia
Giulia), progetto europeo finanziato dal programma Horizon 2020 che intende
contribuire alla transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio,
riducendo l'inquinamento urbano causato dai veicoli a motore. La Regione ha il
ruolo di lead partner mentre Area Science Park quello di progettazione e
coordinamento tecnico-scientifico, coinvolta anche l'Università di Trieste che
ha svolto l'analisi dei bisogni di mobilità delle Pa. La novità principale
consiste nell'aggregare le esigenze di Pubbliche Amministrazioni diverse per
dare vita ad un "servizio centralizzato di mobilità elettrica" gestito da
operatori privati. Oltre al car sharing, al noleggio di veicoli elettrici e a un
software di gestione e ottimizzazione della mobilità delle PA, Noemix prevede
l'installazione di infrastrutture di ricarica e la produzione di energia da
fonti rinnovabili. Da una prima analisi condotta nel corso del 2016, risulta che
le PA del Friuli Venezia Giulia (Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Aziende
per l'Assistenza Sanitaria, Comuni capoluogo di provincia, Autorità di Sistema
Portuale del Mare Adriatico Orientale, Università e Centri di ricerca), hanno
esigenze di mobilità gestite con almeno 1500 autovetture che viaggiano per
50-100 km al giorno, prevalentemente in ambito urbano e per il 70% si tratta di
veicoli sottoutilizzati. Spiega Fabio Morea, esperto di efficienza energetica e
innovazione di Area Science Park: "Nomix" introdurrà nel parco auto delle PA
regionali almeno 560 auto elettriche, 660 colonnine di ricarica e impianti di
produzione di energia da fonti rinnovabili, che garantiranno il 50% della
fornitura di energia elettrica, mentre il restante 50% sarà dato dall'acquisto
di energia verde certificata.
Lorenza Masè
Maratona decisiva in aula per il Centro congressi
Esame nella notte della delibera sul project financing per i magazzini 27
e 28 - Duro scontro in precedenza sul via libera definitivo al Daspo urbano
Si avvicina la nascita del nuovo Centro congressi in Porto vecchio. Il
Consiglio comunale ha esaminato nella notte la proposta di delibera di project
financing per la "realizzazione della nuova struttura nei magazzini 27 e 28". È
stata Elisa Lodi, assessore ai Lavori pubblici, a illustrare il progetto,
ottenendo subito una sostanziale approvazione da parte della maggioranza e
trovando aperture anche da parte dell'opposizione, pur con alcuni distinguo.
Bruno Marini (Forza Italia) ha parlato di «carta decisiva per il territorio,
fondamentale in vista di Esof. Oggi in questa chiave ritengo si possa abbattere
la sala Tripcovich». Per l'opposizione Paolo Menis (M5s) ha confermato che «si
tratta di un investimento per la città», mentre la sua collega di partito
Cristina Bertoni ha invitato l'amministrazione «a prestare attenzione al piano
finanziario». Per Paolo Polidori (Lega Nord) «di questo progetto beneficeranno
le aziende e i lavoratori locali». Nel corso della prima parte della seduta è
stata approvata la delibera che introduce il Daspo urbano in città,
provvedimento presentato dal vicesindaco Pierpaolo Roberti. Si tratta in
sostanza dell'estensione in sede locale del provvedimento nazionale che punta a
colpire chi viene trovato in stato di ubriachezza, compie atti contrari alla
pubblica decenza, esercita il commercio abusivo, l'attività di parcheggiatore o
guardamacchine abusivo, in aree importanti e centrali. Chi violerà questa norma
andrà incontro a una sanzione amministrativa e a un ordine di allontanamento,
che ne limiterà la libera accessibilità e la fruizione di infrastrutture
pubbliche. Roberti ha precisato che «la competenza per l'adozione dei
provvedimenti sarà della Questura, ma - ha sottolineato - su segnalazione della
polizia locale». I proventi delle sanzioni saranno destinati a interventi di
recupero del degrado urbano. Le aree nelle quali il Daspo urbano sarà operativo
sono quelle delle Rive, con penetrazione verso l'interno fino all'ospedale
Maggiore, di Cittavecchia, della riviera di Barcola, della zona dei Campi Elisi.
Roberti ha precisato che «il testo risponde a ciò che i cittadini oggi chiedono.
Questo - ha concluso - è un provvedimento di ordine pubblico, le politiche
sociali devono trovare collocazione altrove». Nel corso della discussione, Menis
ha espresso apprezzamento per la scelta del vicesindaco di stralciare, dal testo
originario, la parte del provvedimento che prevedeva sanzioni amministrative a
carico di chi ospita in un appartamento un numero di persone maggiore rispetto a
ciò che stabilisce la legge nazionale in materia. Valentina Repini (Pd) ha detto
invece che «la maggioranza applica la tolleranza zero esclusivamente per motivi
politici e mostra i muscoli invece di attuare politiche reali contro la
povertà». Vincenzo Rescigno (Lista Dipiazza) ha osservato che «sono invece
provvedimenti che puntano a migliorare la vita di tutti». Giovanni Barbo (Pd) ha
definito ancora Trieste «città non pericolosa, per la quale non era necessario
il Daspo». Alberto Polacco (Fi) ha accusato i consiglieri del Pd di «non
ricordare che a proporre il Daspo è stato un esponente nazionale del loro
partito». Polidori ha insistito sul fatto che «il provvedimento risponde a
un'esigenza reale» ma per Fabiana Martini, capogruppo Pd, «in questo modo il
centrodestra cerca solo di intercettare consenso».
Ugo Salvini
Industria, giù le emissioni - Vicino l'obiettivo del
20%
I dati Ispra: decisivi gli anni della crisi e il calo degli usi
energetici nelle fabbriche - Traguardo di Parigi 2015 raggiungibile: serve
spingere sulla riconversione green
ROMA - Un complesso lavoro di analisi ed elaborazione di dati da fonti
diverse, un classico strumento di monitoraggio di una policy: l'Italia verifica
se sta rispettando gli obiettivi definiti negli accordi internazionali sul
clima, da COP 21 a Parigi nel 2015 ad oggi, e li comunica ai suoi partner. È
l'Inventario nazionale delle emissioni 1990-2016 e le proiezioni di gas serra al
2030 che Ispra, l'Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale del
Ministero dell'Ambiente, ha elaborato misurando e stimando i principali gas
serra (prima di tutto l'anidride carbonica), emessi dalle varie fonti di
inquinamento: produzione di energia, industria, trasporti, agricoltura, servizi,
attività civili e domestiche, gestione dei rifiuti. L'Inventario analizza
soprattutto le emissioni di anidride carbonica (CO2), principale gas serra e
responsabile più di altri delle alterazioni climatiche in atto (81,9%), ma
considera anche altri inquinanti: metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi. Le
emissioni totali di gas serra (senza considerare gli assorbimenti) sono
diminuite in Italia del 17,5% dal 1990 al 2016, passando da 518 a 428 milioni di
tonnellate di anidride carbonica equivalente. Una buona notizia quindi, che
sembra rendere l'obiettivo del 20% raggiungibile nei prossimi anni con facilità.
Diminuisce molto l'emissione di CO2 (-20,4%), meno quella di metano (-11,1%), e
molto quella di ossido di azoto (-32,1%) mentre crescono (+3,4%) gli altri gas
serra (clorofluorocarburi). La notizia è solo in parte positiva. L'andamento
delle emissioni infatti è discontinuo durante i 26 anni considerati. Il totale
delle emissioni aumenta dal 1990 al 2005, diminuisce dal 2005 al 2014, risale
nel 2015 e riscende nel 2016. Un ruolo importante nella riduzione di emissioni
nel periodo sembra avere avuto quindi la crisi economica del periodo 2008-2013,
più che le misure di riduzione degli inquinanti a parità di prodotto interno
lordo. Occorrerà quindi vedere cosa sta accadendo in questi due ultimi anni,
2017-2018. Se infatti la riduzione delle emissioni inizia nel 2005, il fenomeno
può essere riconducibile alla crisi ma anche all'avvio delle politiche europee
per efficienza energetica e conversione alle fonti rinnovabili e all'uso del
metano. Interessante invece analizzare i dati per singoli settori economici. Il
settore degli usi energetici ha ridotto le emissioni del 18,2% e anche il
settore della produzione industriale presenta buoni risultati con un -20,7%. Nel
settore agricolo si riducono le emissioni soprattutto di metano più che di
anidride carbonica, mentre nei trasporti si vede diminuire le emissioni rilevate
su strada (grazie ai nuovi motori) e dai mezzi nautici, mentre aumentano quelle
della mobilità aerea, che nel periodo ha quasi raddoppiato il numero di
passeggeri e la quantità di combustibile usata. Le emissioni dalla gestione dei
rifiuti sono aumentate del 5,6%, con il settore che contribuisce per il 4,3% al
totale delle emissioni climalteranti. Siamo vicini al raggiungimento
dell'obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra assegnato all'Italia a
livello internazionale, ma andranno rafforzate le politiche di sostegno alla
conversione energetica nell'attuale fase di ripresa economica, in particolar
modo sostenendo una politica forte nei trasporti.
Alfredo De Girolamo
Le priorità dell'Onu su energia e clima spiegate agli
studenti
Insegnare ai giovani i principi della sostenibilità e trasformarli in
ambasciatori di quei valori tra i coetanei, in famiglia e, perché no, anche a
livello nazionale. È l'ambizioso obiettivo dell'evento "Formazione e scienza per
lo sviluppo sostenibile" che la Twas,(l'Accademia mondiale delle scienze con
sede a Trieste) organizza mercoledì 23 maggio al Centro internazionale di fisica
teorica Abdus Salam con inizio alle 14. Nel corso di un pomeriggio di lavoro
collettivo gli studenti approfondiranno i 17 obiettivi per lo sviluppo
sostenibile (sustainable development goals) dell'Agenda 2030 dell'Onu,
focalizzandosi in particolare su tre di essi: energia pulita e accessibile
(obiettivo n.7), lotta contro il cambiamento climatico (obiettivo n.13) e
consumo e produzione responsabili (obiettivo n.12). Divisi in gruppi
svilupperanno i temi e discuteranno azioni da intraprendere, per produrre, a
fine giornata, da un minimo di cinque a un massimo di 10 raccomandazioni sullo
sviluppo sostenibile, che potranno essere diffuse in famiglia, nelle comunità e
presso le autorità, sia locali che nazionali.«Siamo orgogliosi che la Twas possa
condividere parte dell'esperienza maturata lavorando con il Sud del mondo anche
qui in Italia, dov'è il nostro quartier generale, e dov'è comunque importante
trasmettere alle nuove generazioni principi dal valore globale», dice Romain
Murenzi, direttore esecutivo dell'accademia. La Twas, storica accademia delle
scienze fondata dal fisico pachistano Abdus Salam, si adopera dal 1983 per
promuovere lo sviluppo scientifico e tecnologico nel sud del mondo. Con i suoi
programmi di scambio, i grant di ricerca e le borse di pre- e post- dottorato,
la Twas è fra i principali organismi mondiali a dar voce all'eccellenza
scientifica nei Paesi in via di sviluppo. L'idea di stimolare gli studenti su
questi temi è di Max Paoli, coordinatore dei programmi della Twas. «I ragazzi
trascorrono a scuola buona parte della giornata: è importante che tornino a casa
con emozioni e non solo con nozioni. Con la consapevolezza di aver imparato
abilità (di pensiero, negoziazione, condivisione, azione), che potrebbero essere
applicate nella vita reale - spiega Paoli -. Con le attività che chiederemo loro
di svolgere vorremmo arricchire l'egregio lavoro che già i loro insegnanti
fanno, offrendo spunti di riflessione globali sui cardini dello sviluppo
sostenibile stilati dalle Nazioni Unite, nel cui circuito la Twas opera».
Domande apparentemente banali quali "perché è importante riciclare?", "quali
sono le conseguenze della presenza di microplastica nell'ambiente marino?", e
"cosa si può fare per coinvolgere le persone sui temi della sostenibilità?"
saranno oggetto di dibattito e riflessione per azioni mirate, da comunicare e da
promuovere in prima persona.Il workshop già raccolto l'adesione di scolaresche
della provincia di Trieste e della vicina Slovenia, attratte dai temi
selezionati e dal lavoro che gli studenti faranno vestendo i panni di
ambasciatori sociali, cui spetterà il compito di avviare misure di sostenibilità
per il futuro. Sono disponibili ancora dei posti. Per iscriversi e per info
contattare entro il 19 maggio: programmes@twas.org
Trieste - Ambienti naturali del Carso antico
Domani, alle 17.30, al Civico Museo di Storia Naturale di via dei Tominz 4, si parla degli "Gli ambienti naturali del carso tra passato, presente e futuro", a cura di Miris Castello, nell'ambito dell'ampio ciclo di incontri Primavera/Autunno organizzato da Italia Nostra Trieste in collaborazione con il Comune. Un ciclo di incontri che intende presentare al pubblico, ai giovani in particolare, l'evoluzione del Carso.
SLOWFOOD.it - LUNEDI', 14 maggio 2018
I pescatori guardiani del mare contro la plastica
Vietato raccogliere rifiuti in mare. Sembra
un’assurdità, ma oggi i pescatori che durante l’attività ittica catturano nelle
reti gli scarti galleggianti sono costretti a ributtarli in acqua: nel caso in
cui li conducano a riva per smaltirli, infatti, la legge li considera produttori
di rifiuti.
Per sanare questo controsenso giuridico, la Regione Toscana su suggerimento
della Fondazione Angelo Vassallo ha avviato un progetto di riciclaggio che
interessa i trecento chilometri quadrati di mare tra Livorno e Grosseto. Qui da
circa un mese i pescherecci possono raccogliere i rifiuti plastici e gettarli in
un apposito contenitore in banchina, da dove poi verranno trasportati in un
impianto per essere smaltiti o riciclati. Ciascuna imbarcazione ne raccoglie tra
i venti e i trenta chili ogni giorno, corrispondenti in media a un 3% del
pescato. Solo in Canada e nel Nord Europa, finora, sono state avviate iniziative
simili a quella intrapresa dalla Toscana con “Arcipelago pulito”. È quindi la
prima volta che in Italia si struttura una filiera operante dalla raccolta in
mare fino al trattamento e all’eventuale recupero: la Regione conta di replicare
l’operazione anche altrove, e l’interessamento del ministero dell’Ambiente fa
ben sperare che presto possa diventare una pratica nazionale. Secondo l’indagine
“Plastic free sea” promossa dalla Goletta Verde di Legambiente, il 95% dei
rifiuti galleggianti nel mar Tirreno è composto da plastica. Per il 41% si
tratta di buste e frammenti e questo dovrebbe far riflettere anche quei
consumatori che – stando all’ultima analisi dell’Ismea – nel primo trimestre del
2018 hanno preferito acquistare ortofrutta fresca confezionata. Peraltro a
prezzi molto maggiorati rispetto a quelli dei prodotti sfusi acquistabili con i
sacchetti biodegradabili. Si stima che oggi nel mondo si producano 280 milioni
di tonnellate di rifiuti all’anno. Nel 2050, se il trend non si arresta, saranno
il doppio. Se consideriamo che soltanto il 15% dei rifiuti plastici in mare, in
media, può essere riciclato, si può comprendere come la soluzione ideale sia
produrre meno rifiuti possibili: anche in famiglia, prevenire è meglio che
buttare.
Gaetano Pascale - presidente di Slow Food Italia da La Stampa del 13
maggio 2018
IL PICCOLO - LUNEDI', 14 maggio 2018
Rifiuti elettrici: si cambia, previsti 15 mila nuovi
occupati - Ora anche bici e stufe
ROMA Non solo frigo, telefoni e tv: la famiglia dei rifiuti elettrici ed
elettronici (Raee) sta per raddoppiare, includendo una serie di altri prodotti
che vanno dalle stufe alle carte di credito. La causa è l'entrata in vigore ad
agosto del decreto legislativo 49/2014, che potrebbe creare dai 13mila ai 15mila
posti di lavoro in più. A dirlo è il consorzio Remedia, che si occupa della
gestione di questo tipo di rifiuti, secondo cui la novità darà un taglio ai gas
serra pari a 2,5 milioni di tonnellate di CO2 all'anno. Con la nuova norma si va
da un sistema chiuso, in cui nell'insieme dei Raee rientrano solo 10 categorie
di prodotti, al sistema «open scope», che apre a tutti gli apparecchi non
esplicitamente esclusi. Nella categoria rientreranno carte di credito con chip,
bici elettriche e a pedalata assistita, stufe a pellet e montascale. Per via del
decreto, che recepisce una direttiva Ue, si passerà dalle attuali 825mila
tonnellate di apparecchiature immesse al consumo a circa 2 milioni di tonnellate
all'anno. Ad oggi è avviato al riciclo solo il 40%, mentre i target prevedono
che si arrivi al 45% nel triennio 2016-2018 e al 65% dal 2019. Se gli obiettivi
di raccolta saranno raggiunti, sottolinea il consorzio, si eviteranno emissioni
per 2,2-2,5 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, corrispondenti a un valore
economico di 98-112 milioni di euro. Tra gli altri benefici per il portafogli,
si calcola inoltre un risparmio nell'acquisto di materie prime pari a 1,25
miliardi di euro. «Gli obiettivi europei per la società del riciclo sono sempre
più stringenti e l'Italia ha le potenzialità per posizionarsi tra i Paesi leader
nel raggiungimento degli impegnativi target comunitari», ha commentato il
direttore generale di Remedia, Danilo Bonato.
REFERENDUM - Raddoppio della linea Capodistria-Divaccia
anche al secondo tentativo niente quorum
Fumata nera anche la seconda volta per il referendum contro la legge del
governo sloveno relativa alla costruzione del secondo binario lungo la linea
ferroviaria Capodistria-Divaccia. Perché la norma fosse abrogata dovevano
recarsi al voto ed esprimere il loro parere negativo 342 mila aventi diritto.
Ebbene quella di ieri, invece, è stata l'affluenza alle urne più bassa della
storia della Slovenia indipendente. Alle 16 aveva votato il 10.67% degli aventi
diritto. Alla stessa ora al precedente referendum l'affluenza era stata del
14,3%. Quando sono è stato scrutinato il 63,24% delle schede i favorevoli
all'infrastruttura erano il 51,05%.
(m. man.)
Parco del mare, il sondaggio sul sito - In vantaggio i
favorevoli: 53% contro 45%
Dopo il sopralluogo che ha visto il neopresidente del Friuli Venezia Giulia
Massimiliano Fedriga qualche giorno fa visitare l'area di Porto Lido con il
sindaco Dipiazza e il presidente della Camera di Commercio Paoletti, il progetto
per creare un parco del mare a Trieste sembra prendere sempre più piede, tanto
che si parla dell'avvio dei lavori già a dicembre 2018. Sul sito del Piccolo
anche voi lettori potete dire la vostra sul progetto. «A Trieste si torna a
parlare del progetto del futuro del Parco del mare. Che ne pensate? Vi piace la
collocazione nell'area di Porto Lido?», questa la domanda sul sito. Alle 21 di
ieri, avevano votato in 3.123. Il 45% si dice contrario alla realizzazione del
Parco del mare; il 42%, invece, è favorevole. Tra i favorevoli all'opera ma non
a Porto Lido bensì in un altro luogo, l'11%. Un 2%, infine, risponde "Non so".
SEGNALAZIONI - parco del mare/1Come sfidare il "no se pol"
A Trieste, la città del "no se pol", come dev'essere un progetto per sperare (correre il rischio) di essere realizzato, a dispetto della nostra tradizionale inerzia? Non esistere come tale: basta un concept, meglio se elastico (prima più grande, poi ridotto). Pretendere una location assurda, contro ogni logica (paesaggistica, architettonica, storica): un bislacco pezzo di monopoli lasciato cadere sul Molo F.lli Bandiera, disdegnando l'area di Porto vecchio dopo tanto recuperata alla città. Presentare una incerta sostenibilità dell'investimento, sia per la realizzazione che, tanto più, per la manutenzione e il ritorno economico negli anni. Non deve essere un progetto nuovo, deve venire da lontano (tre lustri), quando non si parlava ancora, per i musei, di realtà virtuale e la sensibilità verso gli animali era scarsa. Non deve tenere assolutamente conto dell'opinione pubblica contraria (associazioni ambientaliste, comitati, esperti). Per tutto questo vedi il cosiddetto Parco del mare, volgarmente Acquario, ieri (11 maggio) presentato alla stampa in forma privata. Auguri a Camera di Commercio, Comune e Regione. Perché, in caso di flop, chi pagherà (se non Pantalone)? I soldi ci sono, assicura Paoletti, comunque fa appello all'aiuto dei cittadini, non si sa mai. Intanto, chissà perché, la Fondazione Crt si è opportunamente defilata in extremis.
Carlo Dellabella
SEGNALAZIONI - Parco del mare/2 - Meglio valorizzare la "Torre dei balini"
Da passate segnalazioni e articoli vari, mi sembrava di avere capito che la "tergestina plebe" non fosse tanto d'accordo sulla costruzione del novello Parco del mare proprio in Sacchetta. A parer comune ben venga questo magnifico richiamo turistico ma... meglio e più logico sarebbe nel riqualificato Porto vecchio dove, anche qui l'Adriatico, necessario per il prelievo di milioni di mc di acqua salata, bagna abbondantemente i moli. Però, dalle affermazioni del signor sindaco (trasmissione tv del mercoledì) e dal Piccolo (articolo in data 11/05) apprendo che il suddetto progetto procede come un "rullo compressore" e, da importanti "reggitori", vuole essere portato a termine anche senza l'aiuto finanziario della Fondazione Crt. Potrei almeno vedere pubblicato, sul nostro quotidiano, un "rendering" (parola di gran moda) di tutta la zona interessata? E soprattutto ben segnalata l'area posteggio per le centinaia o migliaia di automobili "turistiche" che il "Grande Acquario" dovrebbe attirare. Dalla dettagliata foto aerea dell'ex Cartubi si nota svettante al cielo l'antica Lanterna (anno 1832): questa verrà lasciata in loco e valorizzata o (zitti...zitti) messa nel dimenticatoio, com'è stato fatto con la "Torre dei balini" di via San Francesco,41? Per i più giovani informo che detta costruzione (importante archeologia industriale) era usata per getti di piombo fuso dall'alto dei suoi 45 metri, il quale passando attraverso delle piastre di rame forate, si frammentava in gocce che poi raffreddandosi, cadendo in acqua, creavano i "proiettili" per le armi da caccia. Datata 1839 è suppongo, unica in Italia: anche questa costruzione sarebbe attualmente un ottimo richiamo turistico, ma la Storia non recede, come non sta recedendo ora, il suddetto "rullo".
Leonardo Garbin
Confcommercio - Incontro sui progetti per il Porto Vecchio
Oggi alle 12.30 nella sede della Confcommercio, in via Mazzini 22, si svolgerà un incontro pubblico rivolto agli imprenditori di commercio, turismo, servizi, logistica e spedizioni, sul tema "Restyling del Porto vecchio: le opportunità per le imprese del territorio" All'appuntamento parteciperà anche il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, che illustrerà progetti e occasioni di sviluppo future nell'area dell'antico scalo.
IL PICCOLO - DOMENICA, 13 maggio 2018
Rivoluzione in centro - Via Imbriani pedonale
Nel piano del sindaco anche l'apertura della parte centrale di piazza
Goldoni alle automobili e l'idea di riservare via Gallina solo ai taxi.
Scattano i test
Chiudere via Imbriani, aprire alle automobili anche la parte centrale di
piazza Goldoni, riservare via Gallina solo ai taxi e alle operazioni di carico e
scarico. Roberto Dipiazza lancia una nuova sfida per pedonalizzare un altro
angolo della città, ridando dignità ad una via sofferente dal punto di vista
commerciale. L'idea è scaturita da una visita che il sindaco ha riservato
mercoledì scorso al Museo Morpurgo di via Imbriani. Un piccolo gioiello in pieno
centro, aperto però solo al martedì dalle 9 alle 13. Malgrado alcune iniziative,
la volontà dell'assessore alla Cultura Giorgio Rossi di rilanciarlo e la visita
di promozione di Vittorio Sgarbi, quella sede museale presenta ancora delle
forti criticità. È pensando a come valorizzarlo che Dipiazza ha valutato
dapprima un allargamento del marciapiede davanti al museo e successivamente di
chiudere l'intera via. «Quel museo è una chicca, ma è poco valorizzato - valuta
il sindaco - così ho pensato che la pedonalizzazione della via avrebbe ricadute
positive anche sul Morpurgo, magari con il posizionamento di alcune statue in
bronzo proprio davanti all'entrata del museo». La chiusura di via Imbriani era
già stata inserita nel Piano del traffico del 2013. La giunta Cosolini nel 2015
aveva avviato una sperimentazione che ne prevedeva la chiusura solo nei fine
settimana e che andava di pari passo con la chiusura di via Mazzini. Ma non ebbe
seguito. Tornando all'attuale progetto di Dipiazza, il sindaco vedrebbe dunque
via Imbriani preclusa al traffico. Contemporaneamente prevederebbe la riapertura
della viabilità su piazza Goldoni, nella parte centrale, oggi riservata solo
agli autobus e ai taxi. In pratica, chi viaggia lungo Corso Italia, per
raggiungere via Carducci non taglierebbe più lungo via Imbriani, ma
proseguirebbe fino in piazza Goldoni, girando poi a sinistra. Chi arriva in
piazza Goldoni dalla galleria De Sandrinelli, continuerebbe invece a svoltare a
destra raggiungendo via Carducci da Passo Goldoni o proseguendo verso Largo
Barriera attraverso Corso Saba. In poche ore il primo cittadino ha dato mandato
agli uffici tecnici del Comune di fare un'attenta valutazione della fattibilità
del progetto. «Va preso in considerazione il flusso di traffico che confluirebbe
su piazza Goldoni, devo sentire il parere di Trieste Trasporti - spiega Dipiazza
- e poi capire come gestire le zone di carico e scarico delle merci». Insomma,
un lavoro complesso ma che non spaventa il sindaco, intenzionato ad andare fino
in fondo, conscio di avere gran parte dei commercianti e dei residenti dalla sua
parte. I tecnici stanno già predisponendo delle simulazioni, ipotizzando la
riassegnazione del traffico nelle vie circostanti e pesando l'impatto che la
chiusura della via potrebbe avere sull'intera zona. «Su via Gallina lascerei
sono i taxi e l'area riservata al carico e scarico delle merci», anticipa
Dipiazza. Ci sono poi altri due nodi da sciogliere: la possibilità di chiudere
anche via Reni e lo spostamento delle fermate degli autobus che transitano su
via Imbriani e via Gallina. Oggi i taxi escono da piazza San Giovanni attraverso
via Reti se devono poi proseguire verso piazza Oberdan, mentre imboccano Passo
Pecorari se devono dirigersi verso via Battisti o a destra se scelgono di andare
verso piazza Goldoni, Largo Barriera. I commercianti della zona chiedono al
sindaco di chiudere completamente anche via Gallina, via Reti e Passo Pecorari,
riservando solo una corsia per i taxi. «Saprò dare una risposta più precisa dopo
le valutazioni degli uffici tecnici», dichiara Dipiazza da sempre favorevole
alla chiusura del centro ma obbligato anche a tener conto di certe esigenze
tecniche. Quello che è certo è che il sindaco, pareri tecnici alla mano, darà il
via ad una fase sperimentale che servirà a evidenziare eventuali criticità, ad
apporre dei correttivi e capire se la città ha retto il test. Avanzare
tempistiche è ancora prematuro. Oggi quella via è commercialmente in difficoltà.
Basta dare un'occhiata alla netta differenza di afflusso di gente tra quella
strada e via delle Torri o la zona di piazza San Giovanni pavimentata con tanto
di dehors, per capire il cambio di passo dettato dalla pedonalizzazione.
Laura Tonero
Un coro unanime di sì da negozianti e residenti
In molti plaudono l'iniziativa del primo cittadino. Anche i tassisti
d'accordo - L'unica voce contraria il titolare della pasticceria Lionetti: «Una
buffonata»
Un coro unanime di pareri favorevoli. I commercianti e i residenti di via
Imbriani plaudono alla decisione del sindaco di chiudere la via. Nell'aprile del
2015, per esprimere apprezzamento per la fase sperimentale della chiusura,
chiedendo all'allora giunta Cosolini di andare avanti verso l'applicazione
integrale del Piano del traffico e la definitiva pedonalizzazione di via
Imbriani, erano state raccolte oltre 400 firme. «Io fui una delle promotrici di
quella raccolta firme, - ricorda Cinzia Silvestri dal bar Haiti che si affaccia
proprio su via Imbriani - l'adesione allora fu importante perché il test andò
molto bene, con incrementi di fatturato nelle giornate che prevedevano che la
via fosse interdetta al traffico». Bastava dare un'occhiata ieri mattina al
flusso di gente nella zona: un serpentone transitava da via delle Torri verso
piazza San Giovanni mentre lungo via Imbriani, verso le 11, si contavano meno di
una decina di persone. «Sono sempre stato favorevole ad aumentare le
pedonalizzazioni nel centro storico, - dichiara Franco Rigutti, vice presidente
di Confcommercio - al di là dell'idea della chiusura di via Imbriani per la
quale esprimo ovviamente parere favorevole, è importate capire i passi
successivi, avere una visione d'insieme di quello che il piano del traffico
prevede di adottare lì intorno. Volendo chiudere via Imbriani, è bene tenere
conto anche del traffico degli autobus su via Mazzini: potrebbero esserci
problemi per gli attraversamenti dei pedoni». Chiudendo interamente via
Imbriani, è verosimile vengano adottate le stesse misure che oggi si trovano nel
tratto di intersezione, ad esempio, tra via San Lazzaro e via Mazzini. Non
riscontrano particolari problemi nemmeno i tassisti. «Quello di via Gallina è il
parcheggio principe per noi, - anticipa Davide Secoli, presidente della
cooperativa Radio Taxi - ma non riscontro nessun problema a rinunciare al
passaggio su via Reti se dopo Passo Pecorari ci viene consentito di girare a
sinistra. La possibilità tecnicamente già c'è, - osserva - l'afflusso di taxi
non è enorme, si tratta di gestire un paio di macchine allo scattare di ogni
semaforo e se viene tolto da via Gallina il transito degli autobus la cosa
diventa assolutamente fattibile». Pareri favorevoli anche dai residenti. Tra
loro anche l'"inimitabile" Andro Merkù: «Mi sta bene la chiusura, anche perché
il passaggio degli autobus in una via così stretta è causa di costanti
vibrazioni: negli appartamenti che si affacciano sulla via si riscontrano
parecchie crepe sui muri». «Il piano delle pedonalizzazioni - aggiunge Merkù -
deve però andare di pari passo con un piano parcheggi, perché noi residenti
riscontriamo seri problemi da questo punto di vista». Semaforo verde al progetto
di Dipiazza anche da parte di Micol Suppancig, titolare della storica macelleria
di piazza San Giovanni. «La fase di sperimentazione servirà a tutti per valutare
le ricadute sul sistema di trasporto dei mezzi pubblici, sul servizio taxi,
sulle zone di carico e scarico e sulle opportunità per noi commercianti. Alla
fine del test saremo a fianco del sindaco per eventuali correttivi ma
l'obbiettivo va raggiunto, la via va chiusa». Favorevole anche Marina Marass
Sferza di Coloratissimo. «L'esperimento anni fa ha funzionato, ha attratto
clienti quindi vedo positivamente il progetto», dichiara. «Oggi siamo tagliati
fuori dal circuito dello shopping - fa notare Guido Cosciani di Gaia Life -
eppure per i fori commerciali paghiamo affitti elevati: ben venga la chiusura al
traffico veicolare». Anche chi tratta prodotti di un certo volume e che quindi
potrebbe avere qualche disguido da una zona di carico e scarico meno agevole,
sostiene l'idea di Dipiazza. «Ci organizzeremo, faremo qualche metro in più con
il carrello per trasportare la merce ma la chiusura va fatta», dichiara Mario
Visentini di Unieuro City. Unica voce fuori dal coro è il pasticcere Michele
Lionetti. «È una grande buffonata. Nella precedente sperimentazione avevo perso
un mucchio di soldi, ma non mi interessa perché tanto a fine anno lascio questo
negozio».
(l. t.)
Borgo Teresiano - A luglio la fine dei lavori in via
XXX Ottobre
Mentre la pedonalizzazione di via Imbriani per ora è un progetto, quella di
via XXX Ottobre è già un dato di fatto. I lavori di pavimentazione sono iniziati
lo scorso 11 settembre e dovrebbero terminare entro le prime settimane di
luglio. Si tratta di un intervento da 900 mila euro appaltato a Friulana
Costruzioni. Il cantiere è partito dalla parte alta della via, quella più vicina
a piazza Oberdan. Nel tratto di via XXX Ottobre dove i lavori sono già terminati
- ovvero quello tra via del Lavatoio e via Valdirivo - si respira un'atmosfera
diversa e i pubblici esercizi hanno già esposto i loro dehors, godendo della
bella stagione. «A breve termineranno pure i lavori nel tratto tra via Valdirivo
e via Torrebianca - anticipa l'assessore comunale ai Lavori Pubblici Elisa Lodi
- mentre l'impresa ha già iniziato l'intervento nella parte tra via Torrebianca
e piazza Sant'Antonio, che auspico venga terminato entro le prime settimane di
luglio».
(l.t.)
Parco del Mare, parte il sondaggio - Il voto sul sito
del Piccolo. Il 43% favorevole, il 12% dà l'ok ma in un altro luogo
Vi piace o non vi piace l'idea del Parco del Mare? Ora potete esprimere la
vostra opinione rispondendo al sondaggio sul sito del Piccolo. Le opzioni
possibili sono quattro: sì, no, sì in un altro sito, non so. Questa la domanda:
«Dopo il sopralluogo che ha visto il neopresidente del Fvg Massimiliano Fedriga
visitare l'area di Porto Lido con il sindaco Dipiazza e il presidente della
Camera di Commercio Paoletti, il progetto per creare un Parco del Mare a Trieste
sembra prendere quota, tanto che si parla di un avvio del cantiere a dicembre
2018. E voi cosa ne pensate del progetto e della collocazione che è stata
scelta?» Dopo le 20 di ieri sera oltre mille persone avevano votato: il 43% era
favorevole, il 43% contrario, il 12% favorevole a un altro sito, il 2% indeciso.
Nel frattempo anche l'opposizione si esprime sugli ultimi risvolti della
vicenda. C'è chi sospende il giudizio con scetticismo, come l'ex sindaco dem
Roberto Cosolini. C'è chi lo sostiene con entusiasmo, come il socialista Roberto
De Gioia. C'è chi lo boccia su tutta la linea, come il capogruppo pentastellato
Paolo Menis. Dice Cosolini: «La mia posizione sul sito scelto e sulle modalità
di realizzazione è nota: io avrei fatto altrimenti. Ma, preso atto che si va
avanti su Porto Lido, quel che mi attendo a questo punto è qualche novità sul
piano finanziario». L'ex sindaco ricorda il recente addio della Fondazione:
«Parliamo di un progetto da 40 milioni che fino a qualche tempo fa era
finanziato per venti. Con il passo indietro della Fondazione ne restano solo 11.
Prima di esprimere qualsiasi valutazione, sulla base di soli annunci, è
importante sapere chi e come interverrà per garantire l'investimento. E con che
tipo di coinvolgimento da parte dei privati». Molto più caloroso il
socialista/verde Roberto De Gioia, che ha anche partecipato al sopralluogo di
venerdì: «A mio avviso xe una figada. L'ho detto anche in Consiglio comunale,
sono favorevolissimo. Quella è un'area fortemente degradata in una posizione
straordinaria. Inoltre è vicina all'arrivo della superstrada e della ferrovia.
Più di così cosa si può volere? Io mi occupo di mare da tempo, e so bene che
questo tipo di acquari sarebbe un attrattore importante, come è avvenuto a
Genova». Menis ribadisce invece la contrarietà su tutta la linea del M5S: «Per
noi non cambia nulla, rimangono tutte le perplessità che abbiamo espresso anche
in Consiglio comunale: il Parco del Mare non sta in piedi dal punto di vista
economico. Non è mai stato in piedi e non starà mai in piedi. Il fatto che
intervenga la Regione al posto della Fondazione fa sì anche che ci siano ancor
più soldi pubblici di mezzo, quindi è un'aggravante. Siamo assolutamente
contrari».
Giovanni Tomasin
Il centrodestra attacca Marzi sul caos rifiuti
«Si dimetta e rivotiamo»
Sempre più feroci le polemiche sulla gestione della differenziata - Il
sindaco replica: «Imporremo alle ditte il rispetto degli impegni»
MUGGIA - Inviare una diffida alla Net per l'inadempimento delle clausole
contrattuali. È questa la severa richiesta avanzata da tre consiglieri del
centrodestra - Andrea Mariucci (Forza Muggia), Giulio Ferluga (Lega) e Nicola
Delconte (Fdi) - che rimarcano la situazione insostenibile della raccolta
differenziata dei rifiuti a Muggia. E intanto, mentre la consigliera Giulia
Demarchi trova un cavillo che permetterebbe ai commercianti di non pagare la
Tari, il Comitato Muggia Sos Porta a porta decide di smarcarsi ufficialmente
dalle recenti "avances" della stessa consigliera forzista: «No alle
strumentalizzazioni, siamo apartitici»Ma andiamo con ordine. «È stata inoltrata
dal Comune alla Net una diffida per l'adempimento delle clausole contrattuali
che non si stanno rispettando? Non vorremmo che il Comune si dimenticasse di
esercitare il suo ruolo di controllo nei confronti del servizio». Così i
consiglieri Mariucci, Ferluga e Delconte tornano a chiedere conto della
desolante situazione della raccolta dei rifiuti muggesani. Ma non solo. «Abbiamo
chiesto più volte in Consiglio che il sindaco Marzi ritiri la delega
all'assessore Litteri, per manifesta incapacità. La responsabilità politica di
quello che sta succedendo - per i tre consiglieri - ora passa nelle mani del
sindaco e della sua maggioranza. Non ci sono più scuse. Invochiamo le dimissioni
del primo cittadino e che si torni al voto». Chiamata in causa il sindaco Laura
Marzi replica sugli oggettivi problemi che stanno affliggendo da oltre un mese
Muggia e i muggesani: «Sto seguendo in modo costante e quotidiano la situazione,
senza limiti orari nelle mie giornate, rispondendo a chiunque mi chiami, mi
scriva o mi contatti anche sui canali social, proprio perché voglio continuare
ad avere il polso preciso di quanto accade. Con fermezza e costanza monitoriamo,
ora dopo ora, riunione dopo riunione, sopralluogo dopo sopralluogo, l'operato di
Net e Sager. Le nostre richieste sono perentorie nel far rispettare tutti gli
accordi presi. Non possiamo accettare che queste siano le tempistiche di
raccolta (dei rifiuti, ndr) del nostro centro storico». Intanto, come detto,
anche Giulia Demarchi, esponente in Consiglio comunale di Forza Muggia - Dpm,
anche «a seguito degli incontri e delle manifestazioni con il Comitato Sos Porta
a Porta», evidenzia come «in base al Regolamento di nettezza urbana gli
esercenti non sono tenuti al pagamento della Tari essendo il sito di piazzale ex
Alto Adriatico distante oltre i 300 metri dalle loro attività». Una brutta grana
dunque per il Comune, e un probabile motivo per una nuova protesta da parte dei
commercianti rivieraschi. L'ammiccamento al Comitato non viene ben preso, però,
dal Comitato stesso, che sconfessa Demarchi: «Sos Porta a porta non ha mai
acconsentito di vedere citato il proprio nome in qualsiasi contesto riguardante
un partito politico essendo la nostra natura apartitica. Siamo e vogliamo
rimanere la voce dei cittadini, senza strumentalizzazioni da parte di nessuno».
Il Comitato comunica infine che a breve inizierà la fase conclusiva della
raccolta dei moduli per la sintesi tutte le preoccupazioni di tipo
igienico-ambientale e di tutti i disservizi segnalati dai cittadini di Muggia.
Riccardo Tosques
A scuola di ecologia e pace sulla Cottur - Una
settantina i partecipanti alla pedalata finale dopo le lezioni in aula alla
Bergamas
Successo ieri per "Pace in bici", la pedalata sulla ciclabile Giordano
Cottur per alunni, genitori e insegnanti organizzata dall'Istituto comprensivo
Bergamas in collaborazione con Fiab Trieste. L'iniziativa è frutto di un
concorso di interessi che vede attuato in chiave sportiva un preciso progetto
degli insegnati dell'istituto: educare alla pace, promuovere attività di
ricerca, di riflessione e di servizio, in cui i ragazzi diventino protagonisti
di azioni per la sensibilizzazione del territorio e di chi ci vive. Grazie anche
a Fiab Ulisse (che dopo alcuni anni riprende l'attività di formazione dei
giovani all'interno della scuola), questa pedalata è stata la conclusione di un
percorso didattico che ha visto lo svolgimento di quattro interventi in aula di
circa un'ora e mezza, con un "comitato bici" di rappresentanza appositamente
formato dagli alunni delle diverse classi partecipanti. «Secondo noi è
fondamentale preparare le nuove generazioni ad una maggiore sensibilità nei
confronti della mobilità sostenibile, della mobilità attiva e anche dell'uso
sicuro della bicicletta» così il presidente Fiab Ulisse Luca Mastropasqua. «Da
febbraio - ha aggiunto - su questo percorso stiamo sviluppando i temi della
sostenibilità, dell'uso della bicicletta, dei diritti e doveri dei ciclisti,
della sicurezza in bici e del suo funzionamento. Un'esperienza molto bella e
formativa». La Bergamas punta molto su questo progetto. Gli obiettivi?
Coinvolgere i ragazzi il più possibile in attività che non siano puramente
didattiche e, soprattutto, promuovere concretamente la pace. «Abbiamo proposto
ai ragazzi della cooperativa scolastica di fare questo progetto con Fiab,
istituendo un "comitato bici" e promuovendo la mobilità e il corretto uso della
stessa. L'anno scorso abbiamo partecipato a Roma ad un incontro nazionale per le
scuole sulla pace, e quest'anno quindi vogliamo incoraggiare il valore della
mobilità sostenibile come elemento costruttore, a sua volta, di pace», queste le
parole dell'insegnante Silvia Cettina, che ha portato avanti il progetto. La
pedalata, partita dall'imbocco della ciclabile Cottur a San Giacomo, nei pressi
dell'istituto, si è sviluppata lungo cinque chilometri circa, con destinazione
finale la stazione di Moccò: sul posto sono stati organizzati giochi e diverse
attività ludiche. Tra alunni, docenti e genitori, una settantina circa i
partecipanti iscritti.
Stefano Cerri
Grigliate, torte e fotografie - Festa scout all'Ostello
Alpe Adria per i trent'anni dell'Amis
Un appuntamento conviviale, per mangiare insieme e stare all'aria aperta, ma
anche per celebrare un anniversario importante e per dare alla cittadinanza la
possibilità di saperne di più sulle vicende di un sito storico e delle persone
che lo hanno animato e popolato. Anche quest'anno l'Amis-Amici delle iniziative
scout, nella sua grande festa per celebrare il patrono San Giorgio, apre a tutti
gli interessati gli spazi dell'Ostello Alpe Adria, a Prosecco 381, località
Campo Sacro. Il raduno si svolge oggi, dalle 12, anche per la grigliata
organizzata dai "Rover". Non mancheranno la tradizionale gara per la torta più
buona, più grande e più bella e "L'angolo della solidarietà", con libri usati e
dischi in vinile. Dalle 15.30 alle 16 si svolgerà il "quadrato finale", con la
premiazione delle "Pattuglie" e delle "Mute" vincitrici del "San Giorgio" e
verrà rinnovata la promessa scout per giovani e adulti. L'appuntamento sarà
anche un'occasione, per l'Amis, di celebrare i trent'anni dalla sua fondazione.
L'atto costitutivo, formalmente, è stato firmato nel giugno del 1988 e alla
festa una medaglia-ricordo sarà consegnata ai soci fondatori. Dalle 12 si potrà
visitare anche il piccolo museo della memoria dedicato in particolare alle
famiglie che, dove oggi sorge l'Ostello Alpe Adria, hanno vissuto nel periodo
successivo all'esodo post-bellico. Documenti topografici, foto e oggetti di uso
comune spazieranno dagli anni '40 agli anni '80. «Le sale del piccolo museo -
spiega Fabiano Mazzarella, presidente dell'Amis - sono intitolate ad Armando
Rossi, storico custode del campo, e alla moglie Antonietta, per il grande
impegno profuso nella cura e crescita dell'area». Le costruzioni che oggi
ospitano l'ostello risalgono al 1945. Gli Alleati trovarono strategico
stabilirvi una base di sorveglianza. Ma dal '47 le abitazioni furono impiegate
per i profughi dall'Istria e dalla Dalmazia, circa 300, in quello che si
trasformò in un villaggio.
Annalisa Perini
Visite guidate nella Riserva delle falesie - Da oggi ad
agosto i tour promossi dal Comune insieme al Wwf
Iniziano oggi le visite guidate gratuite nella Riserva naturale delle
falesie di Duino. Sono promosse dal Comune di Duino Aurisina per la
valorizzazione di uno dei punti più belli e suggestivi dell'intera regione, in
collaborazione con il Wwf e il Camping Village Marepineta, e con il contributo
della Regione. Due le opzioni, entrambe adatte a tutti, perché le difficoltà
sono contenute: "Il Carso a picco sul mare: il sentiero Rilke" (durata due ore;
dalle 9.30) e "Dalle Falesie alle spiagge, attraverso il bosco della Cernizza"
(durata tre ore; dalle 9.30). La prima è un'escursione lungo il sentiero
dedicato allo scrittore e poeta boemo Rainer Maria Rilke, che porta a esplorare
lo spettacolare itinerario che attraversa la Riserva; protagonista assoluto,
l'algiroide magnifico, simbolo della Riserva, ma ci sono anche il falco
pellegrino e il gufo reale. La seconda permette di passare in rassegna una
grande varietà di paesaggi compresi tra il sentiero Rilke e le falesie su cui si
affaccia e il bosco della Cernizza. È sempre necessaria la prenotazione a
Camping Village Marepineta (tel. 040-299264, info@marepineta.com). Le escursioni
sono accompagnate da una spiegazione in italiano, in qualche caso anche in
sloveno e inglese. Le prossime date: il 27 maggio si andrà "Dalle falesie alle
spiagge, attraverso il bosco della Cernizza" (alle 9.30); il 3 giugno "Il Carso
a picco sul mare: il sentiero Rilke, alle 18.30; il 17 giugno "Dalle falesie
alle spiagge, attraverso il bosco della Cernizza", alle 18.30. E poi l'1 luglio
(alle 18.30, "Il Carso a picco sul mare: il Rilke"), il 15 luglio (alle 18.30,
"Dalle falesie alle spiagge"), e il 5 agosto, alle 18.30, si chiude con "Il
Carso a picco sul mare.
All'Orto botanico torna "Invasati" - Nuovo appuntamento
con il mercatino del giardinaggio (e non solo)
Torna oggi, all'Orto botanico di via Marchesetti 2, sul colle di San Luigi,
dalle 10 alle 19 a ingresso gratuito, l'atteso mercatino del giardinaggio e
orticoltura intitolato "Invasati, tutti pazzi per i fiori". Non si tratta solo
di un momento di incontro, confronto e scambio di esperienze e di materiali fra
giardinieri non professionisti, appassionati e dilettanti, perché sono tanti gli
eventi collaterali. Ecco, in dettaglio, il programma: dalle 10 alle 12, Caccia
al tesoro botanica a cura Pier Luigi Nimis, docente di Botanica sistematica del
Dipartimento di Scienze della vita dell'Università di Trieste; alle 11, letture
al femminile di poesia e prosa a cura del Gruppo Le Voci-Luna e l'Altra; dalle
16 alle 17, Incontriamoci #abassavoce nel parco, letture per bambini dai 3 anni
e per gli adulti a loro vicini a cura delle volontarie di Nati per leggere, una
splendida occasione per condividere con i bimbi i libri più belli sulla natura e
letture a tema in occasione della Festa della mamma. Alle 16, "Il giardino delle
delizie", laboratorio botanico di public art tra ceramica e natura a cura
dell'artista Paola Pisani. E alle 17, l'appuntamento musicale con Federico
Rossignoli (al liuto), a cura della Scuola di musica 55. Tutte le info su
www.ortobotanicotrieste.it.
IL PICCOLO - SABATO, 12 maggio 2018
Via al Parco del mare - Fedriga nuovo garante
Il neogovernatore, al sopralluogo ufficiale a Porto Lido insieme a
Paoletti e Dipiazza, si impegna a rilanciare il progetto dopo l'uscita di scena
della Fondazione CRTrieste
«Non è solo la mia presenza fisica, la Regione sul Parco del mare c'è». La
battuta del neoeletto presidente Fvg Massimiliano Fedriga al sindaco Roberto
Dipiazza, che lo ringrazia per aver preso parte al sopralluogo sul potenziale
sito di Porto Lido, lascia ben sperare Antonio Paoletti: il presidente della
Cciaa, reduce dell'addio della Fondazione CRTrieste (e dei suoi nove milioni di
euro), ha un nuovo amico al suo fianco. E chi trova un amico, si sa, trova un
tesoro. Letteralmente. In un momento in cui i danari servono come l'acqua in un
acquario, Fedriga promette un maggiore impegno da parte dell'ente:
«L'amministrazione precedente ha stanziato due milioni e si è impegnata a darne
altri due. Questo è confermato. Ma vogliamo fare di più. Per ora non prendo
impegni economici, ma dopo l'insediamento della giunta mi confronterò con gli
assessori per vedere se e come ampliare il contributo della Regione». Ma
partiamo dal principio. Il sopralluogo di ieri al Molo Fratelli Bandiera, il
primo aperto alla stampa, ha inizio con un capannello di bandiere gialle: sono i
militanti di Legambiente e qualche animalista, presentatisi davanti al portone
per manifestare la loro contrarietà al progetto. Dentro, il sindaco Dipiazza e
Paoletti attendono il presidente regionale. Quando arriva, Fedriga è accolto da
un nugolo di fotografi e operatori. Lo strano terzetto si avvia tra le rovine
dell'ex Cartubi: l'attenzione del più giovane e informale dei tre è contesa dai
più maturi, imbustati nei loro completi, grigio Dipiazza e blu elettrico
Paoletti. Gli edifici dell'area cadono letteralmente a pezzi. «Respira piano,
che non si sa mai», mormora qualcuno tra la stampa, ipotizzando problemi di
salubrità dell'aria. Il sindaco indica tutto attorno e commenta ironico:
«Guarda, guarda, Massimiliano. Ci dicono che qui non si può fare l'acquario
perché ci sono edifici di pregio, guarda quanto sono pregiati». Aggiunge ancora
Dipiazza, rivolto a Fedriga: «Sono contento che la prima visita ufficiale che
faccio con te sia in quest'area. Presto sarà la più importante zona di
riqualificazione in città dopo il Porto vecchio. Da un lato il Mercato
ortofrutticolo, che diventerà uno spazio di sviluppo, e qui il Parco del mare
che Paoletti sta portando avanti ormai dal 2004». Poi prende la parola il
presidente della Cciia: «Appena la variante al Piano regolatore sarà approvata
in Consiglio, la prossima settimana, noi andremo a rogito per l'acquisizione di
Trieste Navigando, la società che ha la concessione per Porto Lido», dice dopo i
ringraziamenti di rito. Quale sarà poi l'iter di realizzazione? Paoletti
scommette sul progetto che sta realizzando la società friulana Icop (che sta
costruendo la Piattaforma logistica del porto). L'idea della Cciaa è lanciare un
bando europeo in project financing basato sulla proposta di Icop. Il modello, in
sostanza, è il medesimo adottato dal Comune per il centro congressi di Porto
vecchio: una cordata locale (in quel caso quella guidata dall'imprenditore Diego
Bravar) avanza una proposta, il pubblico contribuisce, e se poi qualcun altro
vince il bando si limita a retribuire i costi del progetto al primo proponente.
Precisa Paoletti: «Ci sarà una commissione incaricata di valutare i progetti».
Di che tipo di commissione si tratti, è ancora tutto da vedere. Quanto al venir
meno della Fondazione e del suo finanziamento milionario, Paoletti la fa breve:
«Non è un problema, la Camera ha le risorse sufficienti per provvedere». Il capo
della Cciaa azzarda infine una previsione sulla partenza dei lavori: «Ci
piacerebbe inaugurare il cantiere il 16 dicembre 2018, 14 anni esatti dal lancio
dell'idea». Interviene poi Fedriga: «Il Parco del mare può rappresentare un
ulteriore tassello per lo sviluppo turistico ed economico del Friuli Venezia
Giulia e, in tale prospettiva, è importante che il progetto venga portato
avanti». Il presidente anticipa che «la Regione sosterrà sempre iniziative
capaci di attrarre investitori privati, incrementare l'occupazione e generare
indotto sul territorio. Nel Parco noi ci saremo in maniera più decisa di quanto
avvenuto fino ad adesso, anche con interventi diretti. Vedo positivamente lo
strumento del project financing previsto per la realizzazione dell'opera, una
scelta adeguata per far funzionare questo tipo di progetti e mi auguro che si
possa rispettare una tempistica rapida. Mi complimento - conclude Fedriga - con
la Camera e assicuro che noi ci saremo, dove avremo competenza, anche per
agevolare il percorso amministrativo». La visita a questo punto è finita. Ancora
una passeggiata sul molo, da cui si vede tutta la città. E poi si torna alle
auto per lasciare Porto Lido, ormai probabile sito del Parco del mare, sempre
che non arrivi l'ennesima vicissitudine a tagliare le gambe a questo progetto
che svolazza su Trieste ormai da 14 anni. In un certo senso se lo augura Andrea
Wehrenfennig, portavoce di Legambiente, che faceva parte del picchetto di
contestazione all'ingresso: «Sinceramente mi pare ci sia sempre meno
trasparenza. Che manchino i soldi della Fondazione è un disastro per il
progetto, non un passo in avanti». Conclude l'ambientalista triestino: «Il
vicesindaco uscente Pierpaolo Roberti ci ha detto prima delle elezioni che un
vero progetto ancora non c'è, che al momento è solo un concept. Ma davvero
stiamo investendo milioni di fondi pubblici prima ancora di avere un progetto su
cui discutere? I costi sono reali. Le entrate e le uscite, per il momento, sono
solo teoriche. E anche tra i professionisti ci sono molti dubbi sulla
sostenibilità dell'acquario».
Giovanni Tomasin
Arvedi assume 31 persone per il laminatoio
Nella selezione saranno considerati requisiti preferenziali titoli di
studio e residenza sul territorio. «In futuro altri posti di lavoro»
"A.A.A.". Cercasi nuovo personale per Siderurgica Triestina. Il Gruppo
Arvedi, infatti, nell'annunciare ulteriori assunzioni in futuro, per il presente
fa sapere di essere subito a caccia di 31 persone fra addetti alla produzione e
alla manutenzione del nuovo impianto di decapaggio all'interno dell'area a
freddo da 65 mila metri quadrati avviata nel 2016: è qui che l'acciaio verrà
trattato con degli agenti chimici per rendere il prodotto particolarmente
resistente agli agenti atmosferici. La produzione, diretta al settore
automobilistico, e a quelli degli elettrodomestici e della componentistica dei
tubi, fanno sapere dall'azienda, «è sempre in crescita». In attesa di capire
quali saranno i rapporti tra la Ferriera e la nuova amministrazione regionale di
centrodestra, intanto arriva dunque questa buona "novella" sotto il profilo
occupazionale. Non l'unica. Recentemente infatti è stato assunto un ingegnere
meccanico proveniente dall'Università di Trieste. «Una conferma del nuovo corso
nella storia della Ferriera», commenta l'azienda, con l'evidente soddisfazione
di poter confermare le promesse fatte a suo tempo per quanto riguarda nuovi
posti di lavoro, nonostante sia stata, prima e dopo, al centro di forti
polemiche. Una fabbrica, specifica il comunicato che divulga la notizia, che
«non è più l'immagine del passato, ma uno stabilimento innovativo ed esemplare
per qualità e tecnologia. Il personale richiesto è atteso dunque per andare a
implementare a partire da quest'estate, il tempo di ultimare il nuovo impianto e
di individuare le nuove figure, il parterre di dipendenti che dagli attuali 530,
di cui una trentina proveniente da fuori Trieste, passerà a circa 560.Nell'arco
del prossimo mese e mezzo i vertici selezioneranno 27 operatori di produzione,
due manutentori elettrici e due manutentori meccanici. Fra i requisiti
preferenziali, viene richiesto di risiedere a Trieste o nei comuni confinanti. A
discrezione dell'azienda, inoltre, saranno valutati in modo positivo, per i 27
operatori di produzione, anche il possesso di qualifica o diploma, la
disponibilità a lavorare su turni, nonché un eventuale bagaglio di esperienze
lavorative in contesti industriali. Per i quattro manutentori vincolante risulta
essere una qualifica o un titolo di studio attinente o una comprovata esperienza
maturata in ruoli «assimilabili». L'ingegner Edoardo Tovo, ad di Siderurgica,
punta molto sui nuovi profili.«La presenza di personale qualificato tra
diplomati e laureati - afferma - valorizza in maggior misura un percorso
produttivo già di elevatissima qualità». La nota specifica poi che «gli impianti
da poco completati, insieme a quelli in fase di avviamento, comporteranno un
ulteriore incremento della capacità produttiva ed è ragionevole immaginare che
parallelamente crescerà ancora l'esigenza di aumentare la forza lavoro». La
candidatura deve essere inoltrata entro il 27 maggio sul sito web arvedi.it. Per
i curricula conterà anche l'ordine di arrivo.
Benedetta Moro
Cervi sul Carso, agricoltori in allarme - Cresce il
numero di esemplari. Si nutrono di vitigni e olivi. Oggi a Borgo Grotta un
convegno sul fenomeno
SGONICO - È allarme cervi sul Carso. Dopo i danni all'agricoltura provocati
dai cinghiali, ora il nuovo pericolo è rappresentato infatti dalla considerevole
crescita del numero di cervi presenti sul territorio. Se ne contano almeno un
centinaio soltanto sull'altipiano triestino, ma si arriva a novemila in tutto il
Friuli Venezia Giulia. Un problema molto sentito, che troverà una prima analisi
oggi, alla Casa della cultura di Borgo Grotta Gigante, dove, a partire dalle
9.30, è in programma un convegno intitolato "Cervo: una nuova realtà sul Carso -
Esperienze di gestione a confronto". Un appuntamento organizzato di concerto fra
la sezione di Trieste della Federcaccia, l'Associazione dei cacciatori sloveni
del Fvg e l'Unione nazionale cacciatori zona Alpi, con il patrocinio del Comune
di Sgonico. «I cervi sono erbivori - spiega Fabio Merlini, presidente della
sezione triestina della Federcaccia - perciò si nutrono di tutto ciò che
trovano, a cominciare dai vitigni e dalle piante di ulivo, di cui il Carso
triestino è ricco. Ecco perché la loro massiccia presenza, fattore recente e del
tutto nuovo nel nostro territorio - aggiunge - sta provocando non poca
preoccupazione fra tutti coloro che, sull'altipiano, si dedicano
all'agricoltura». Anche Monica Hrovatin, sindaco di Sgonico, è molto attenta
all'evolversi della situazione: «La presenza di cervi in quantità - sottolinea -
costituisce un pericolo per i viticoltori, in quanto questi animali sono
erbivori e sul Carso ci sono moltissime coltivazioni di vario tipo, ma anche per
la popolazione in generale, perché il Carso è densamente popolato, le strade
sono tante e un incidente può essere facilmente provocato da un cervo che
improvvisamente attraversa la strada». «Un esemplare maschio - precisa Merlini -
può raggiungere i 200 chili, mentre una femmina arriva più o meno alla metà.
Ecco allora che il problema esiste». Fra l'altro, l'estate è il momento nel
quale i cervi provvedono alla cosiddetta "pulitura dei palchi", cioè il momento
nel quale eliminano da quelle che normalmente sono definite corna la patina che
si è creata durante l'inverno. Tutto questo per presentarsi al meglio della
forma in autunno, in particolare nel periodo che va da fine settembre alla prima
metà di ottobre, quando inizia la fase del famoso "bramito", cioè il momento
dell'accoppiamento, quando il cervo maschio emette un particolare verso per
richiamare l'attenzione del proprio harem di femmine e procedere alla
riproduzione. «Per pulirsi i palchi - riprende Merlini - i cervi utilizzano gli
arbusti e gli alberi, sfregandosi su di essi. Evidenti anche in questo caso -
prosegue il presidente della sezione provinciale della Federcaccia - i danni che
tale operazione può provocare». Uno degli obiettivi del convegno odierno sarà
quello di definire la possibilità di fissare una serie di piani di abbattimento,
per cercare di contenere il numero di esemplari sul territorio. «Abbiamo
invitato apposta esperti provenienti da altre regioni italiane e dall'estero -
conclude Merlini - per sentire l'opinione di chi ha già proceduto a dare vita a
piani di abbattimento e capire quale potrà essere il modus operandi da attuare
sul Carso triestino».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - VENERDI', 11 maggio 2018
Paoletti tira dritto sul Parco del mare: «Abbiamo i
soldi»
Il presidente camerale dopo l'addio della Fondazione: «Spiace ma non
blocca l'opera, ci sono altri finanziamenti»
Tra incontri istituzionali e appuntamenti politici Massimiliano Fedriga ha
in questi giorni un'agenda davvero fitta di impegni. Il fatto quindi che oggi il
trovi il tempo per partecipare alla conferenza stampa sul Parco del Mare in
programma nell'area dell'ex Cartubi, la dice lunga sull'attenzione che il
neopresidente della Regione riserva al progetto. La sua presenza al fianco della
"mente" dell'iniziativa Antonio Paoletti, cioè, non può non essere letta come un
segnale del favore accordato dal governatore all'idea del grande acquario nel
sito della Lanterna.Un appoggio, quello di Fedriga, ovviamente molto importante
per il presidente camerale, che si trova ora ad avere in mano le redini del
progetto. Dopo l'addio della Fondazione, annunciato due giorni fa dal presidente
Massimo Paniccia, alla Cciaa spetta il compito di completare l'acquario, e
soprattutto quello di reperire (oltre ai 22 già in lista) anche i 9 milioni di
finanziamento venuti a mancare con il passo indietro della CRTRieste.Paoletti si
riserva di commentare il tutto nell'incontro di oggi, il primo che si terrà sul
sito dove dovrebbe sorgere il cantiere, ma ieri ha anticipato in tv alcune
opinioni. La linea scelta è quella del minimo livello di scontro, speculare al
garbo con cui Paniccia ha sottolineato di essersi ritirato «in accordo con la
Cciaa»: «Noi non abbiamo problemi economici perciò il progetto finanziariamente
va avanti - ha spiegato il presidente Cciaa -. Spiace, però ognuno fa le scelte
che pensa più utili al suo ente». Paoletti non rinuncia a chiamare a raccolta
tutta Trieste, rilanciando un progetto che ormai dal lontano 2004 è il suo
chiodo fisso, un vero e proprio tormentone per la politica triestina: «A questo
punto bisogna che la città si stringa attorno a un progetto del genere, perché
posti di lavoro, alberghi pieni, negozi che vendono... Sarà un cambiamento come
lo è stato per Genova, Lisbona, Barcellona e via dicendo».Nel frattempo prosegue
l'iter della modifica al piano regolatore del Comune che consentirà di
realizzare l'acquario sul sito di Porto Lido. L'assessore Luisa Polli ha
riferito ieri i particolari delle modifiche al piano di fronte alle
circoscrizioni riunite in Consiglio: «Due parlamentini mi hanno chiesto
ulteriori specificazioni sulle modifiche (che non riguardano soltanto la
Lanterna ma anche altre parti della città, ndr). Di solito sono sempre pronta ad
andare di persona nelle circoscrizioni per spiegare le singole delibere, ma in
questo caso ho ritenuto necessario ricorrere a una convocazione comune in
Consiglio». La ragione sta nel carattere del provvedimento: «Non si trattava di
una semplice illustrazione politica. Qui parliamo di un testo molto tecnico, per
il quale è necessario l'intervento degli uffici. Piuttosto che pagare gli
straordinari al personale comunale per i vari passaggi nelle circoscrizioni, mi
è parso fosse più saggio tenere una seduta unica. Se qualcuno poi lo vorrà,
comunque, potrò andare lo stesso spiegare la norma nelle varie o sedi». Una
volta che il testo sarà approvato anche dal Consiglio, per la prima volta il
Parco del Mare entrerà a far parte del piano regolatore comunale.
Giovanni Tomasin
Traffico illecito di rifiuti "speciali" dal punto
Acegas - Indagati per furto un dipendente e il complice sloveno - I materiali
depositati venivano rivenduti e portati via
Quanto può fruttare sul mercato dell'usato una marmitta, un vecchio
televisore, un aspirapolvere scassata? Qualche decina di euro, forse. Ma se la
marmitta, il televisore e l'aspirapolvere diventano due, tre, quattro, cinque
pezzi alla volta o chissà quanti, e così per settimane e mesi, il giro ha
indubbiamente un certo valore. Tanto più se con un'aggiustatina il materiale può
diventare di nuovo utile. Era un vero traffico di rifiuti quello che la polizia
locale ha scoperto a Trieste in uno dei centri di raccolta dell'AcegasApsAmga,
quello di Roiano in via Valmartinaga. Nei guai è finito un dipendente della
multiutility: un cinquantacinquenne triestino di cui la Procura - che ha
coordinato l'indagine - ha reso note le iniziali: K.R. L'uomo aveva un complice,
uno sloveno di cinquant'anni, S.M. le sue iniziali. È stata proprio l'ex
municipalizzata ad accorgersi del giro losco, segnalando il tutto alle forze
dell'ordine. Gli agenti della polizia locale, grazie a una serie di
appostamenti, hanno constatato che l'operatore, quando notava qualche pezzo
interessante o perlomeno spendibile sul mercato nero, telefonava al "collega"
sloveno con cui era d'accordo. Lui, dopo un po', si presentava a Roiano con il
suo Fiat Fiorino per prendere quanto concordato. Pagando, naturalmente. È così
che il dipendente Acegas ci guadagnava. Guadagnava sui rifiuti che i cittadini
portano al centro di raccolta: spesso roba ingombrante o che non si può buttare
in un normale cassonetto delle immondizie. Rifiuti "speciali", appunto, per cui
è prevista una precisa procedura per il deposito e lo smaltimento. Con ogni
probabilità - sospetta la Procura - il complice sloveno rivendeva a sua volta
quanto acquistava. Si presume oltreconfine. L'indagine si è sbloccata alcuni
giorni fa quando gli investigatori sono passati all'azione fermando lo straniero
a bordo del Fiorino. Il mezzo era pieno di masserizie provenienti proprio dal
centro di Roiano: pneumatici, materiale elettrico, un'idropulitrice, tubi
metallici, termosifoni, valvole termostatiche e miscelatori dell'acqua. L'uomo è
stato bloccato dagli agenti nei pressi dell'Università. Sia lo sloveno che
l'addetto della multiutility dovranno rispondere penalmente di concorso in furto
aggravato continuato. Ma oltre che le conseguenze giudiziarie, il dipendente
dell'ex municipalizzata rischia pure pesanti contraccolpi disciplinari, fino al
licenziamento. L'AcegasApsAmga, che gestisce il centro, è risultata estranea
all'attività illecita. Come detto le segnalazioni sono scattate proprio dall'ex
municipalizzata che da tempo cerca di arginare il problema del traffico di
rifiuti in un altro dei centri di raccolta esistenti a Trieste, quello di via
Carbonara. L'area esterna, che dà su via D'Alviano, è diventata una sorta di
crocevia di materiale da discarica. Tutta roba destinata allo smaltimento, ma
che viene intercettata da alcuni individui. Come? Fermano le automobili che si
recano al centro, proprio nei pressi dell'ingresso, nella speranza di recuperare
qualche pezzo buono. La zona è spesso piena di elettrodomestici, stufe e
materassi. Mesi fa un'operazione della polizia municipale aveva portato
all'identificazione dei responsabili. La nuova indagine, prima in mano al pm
Maddalena Chergia e poi alla collega Chiara De Grassi, era iniziata dopo che una
pattuglia aveva sorpreso una vettura non autorizzata che usciva dal deposito di
via Carbonara. Era carica di rifiuti. Dai movimenti esterni al deposito,
l'inchiesta si è allargata al personale interno fino a risalire all'addetto di
Roiano. Resta un interrogativo sul Fiorino del complice sloveno e sui beni che
trasportava: l'avvocato William Crivellari, che difende lo straniero, ha fatto
ricorso al Tribunale del Riesame ottenendo il dissequestro in virtù di alcune
violazioni procedurali. All'indagato non è stato spiegato che poteva farsi
assistere da un legale. Ma il nuovo pm ha disposto successivamente un sequestro
"preventivo". La prossima udienza dovrà decidere sulla destinazione del mezzo e
dei rifiuti.
Gianpaolo Sarti
L'azienda: «Massimo rigore - Grave danno d'immagine»
Piccoli, responsabile Servizi Ambiente della multiutility: «Siamo parte
lesa» - E il Comune plaude all'opera della Polizia locale: «I controlli non si
fermano»
«Oltre a tutte le violazioni che la persona ha commesso, dispiace perché i
centri di raccolta sono il nostro fiore all'occhiello e sono fondamentali per la
raccolta differenziata, con ottimi risultati sul territorio. Questo
comportamento determina anche un grave danno d'immagine». Così Giovanni Piccoli,
responsabile Servizi Ambientali di AcegasApsAmga, commenta la notizia sulla
denuncia. «L'indagine parte anche dalle nostre segnalazioni, che risalgono ormai
a quasi un anno fa - prosegue Piccoli - perché in particolare nella struttura di
via Carbonara avevamo il sentore che ci fosse qualcosa di anomalo, di strano,
oltre a un problema di decoro urbano all'esterno. Ma le indagini hanno portato
alla luce una situazione che non avevamo sospettato, quella che riguarda via
Valmartinaga, un'area che viene gestita direttamente da noi. È un bene che tutto
questo sia emerso - evidenzia - e che le autorità abbiano dato seguito alle
nostre richieste di attenzione. Certamente ci sentiamo parte lesa e non avevamo
idea che fosse coinvolto un nostro dipendente, abbiamo avviato subito un iter
interno, gestito con il massimo rigore e con grande serietà, che potrebbe
portare al licenziamento della persona coinvolta, se tutto sarà confermato». La
speranza di AcegasApsAmga è che l'episodio non comprometta il regolare servizio,
al quale tanti triestini si rivolgono costantemente e che consente di evitare
l'abbandono di oggetti ingombranti sulle strade, un obiettivo particolarmente
sentito dall'azienda, che in tema ha avviato in passato anche campagne di
sensibilizzazione ad hoc. Già mesi fa erano emersi dei problemi, anche
attraverso segnalazioni giunte alla nostra redazione da parte di chi veniva
fermato, fuori dal centro di via Carbonara soprattutto, da persone che
chiedevano di poter prendere i rifiuti, spesso con insistenza, dalle auto che
puntavano a entrare nel centro stesso. I cittadini non sapevano che le indagini
in realtà erano già in atto. «Proprio a fronte di tante lamentele che anche noi
avevamo recepito - ricorda il vicesindaco Pierpaolo Roberti - avevo chiesto alla
Polizia locale di avviare i controlli, anche se in zona era difficile, per il
traffico vivace e il luogo particolarmente esposto. In più avevo presentato
nell'ultima variazione di bilancio la richiesta di installazione di una
videocamera, che è stata posizionata all'inizio dell'anno, presentata
ufficialmente quando l'indagine si era conclusa. Dalle immagini catturate sono
emersi gli illeciti amministrativi, con le sanzioni a chi lasciava rifiuti
ingombranti all'esterno del centro, e soprattutto si è arrivati alla prima
denuncia, come noto. Voglio ringraziare gli agenti della Polizia locale per
l'ottimo lavoro svolto e i cittadini per averci inviato più volte segnalazioni
sul disagio sentito». Le verifiche proseguiranno, anche a beneficio della
pulizia di tutta la zona. «Di sicuro si continua - sottolinea Roberti -: due
erano i problemi che ora continuiamo a combattere, lo stato di evidente degrado
in cui versava l'area, considerando la gente che scaricava fuori dal centro
oggetti vari, e l'esborso del Comune, che era costretto a interventi di pulizia
straordinaria a carico dell'ente. Ci auguriamo - conclude - che dopo questa
prima denuncia non si ripresentino altri casi».
Micol Brusaferro
L'altro filone dei "cacciatori" disperati -
Organizzazione fai da te che bloccava i cittadini per trovare oggetti
riutilizzabili
L'impianto di videosorveglianza ha permesso anche la riduzione di un altro
fenomeno, quello di chi fermava le auto fuori dai cancelli del centro raccolta
di via Carbonara, invitando le persone a consegnare gli oggetti da smaltire, una
prassi consolidata da anni, denunciata a più riprese soprattutto dai residenti,
stanchi di assistere ogni giorno al ripetersi di uno scenario talvolta sfociato
anche in risse. Lo scorso novembre, dopo le tante segnalazioni giunte alle forze
dell'ordine, AcegasApsAmga e Questura avevano tracciato un identikit dei
"cercatori" di rifiuti. Si trattava nella maggior parte dei casi di individui in
grave difficoltà economica, alcuni anche senza fissa dimora, italiani e
stranieri, di diverse età, frequentatori abituali dell'area, impegnati
quotidianamente nella ricerca di due tipologie di scarto, vecchi
elettrodomestici o computer ormai dismessi. Disposti secondo una sorta di
organizzazione fai da te, nell'arco di tutta la giornata, bloccavano le vetture
in arrivo, con la scusa di dare una mano a scaricare gli oggetti, salvo poi
controllarli con attenzione per verificare cosa fosse riutilizzabile, da
rivendere subito, da riparare o da smembrare. Ciò che non interessava, veniva
abbandonato sul ciglio della strada, contribuendo al degrado della zona, più
volte portato all'attenzione del Comune dai residenti e da chi transitava nella
trafficata arteria vicina. Per gli elettrodomestici la destinazione finale era
l'Est, dove prodotti come videoregistratori o vecchi televisori trovano ancora
un mercato fiorente, per i pc invece l'obiettivo era quello di ricercare piccole
quantità di materie preziose all'interno, anche in questo caso da rivendere. La
divisione degli ingombranti avveniva quasi sempre in base a regole non scritte,
ma decise evidentemente dal nucleo di persone, sempre le stesse, che gravitavano
attorno a via Carbonara e che arrivavano già al mattino presto, in gruppetti di
due o tre. Non sono mancati in passato anche episodi di litigi o risse,
segnalati sempre dai cittadini, quando forse gli oggetti da spartire o qualche
nuovo avventore non gradito avevano creato divergenze tali da provocare urla e
spintoni, con situazioni di disagio che si andavano ad aggiungere al degrado
generale dello spazio antistante il centro.
(mi.b.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 maggio 2018
Fondazione CRTrieste si sfila dal Parco del mare
La Fondazione CRTrieste si sfila dal progetto del Parco del mare. Lo fa con
garbo, senza affondare il colpo verso l'ex partner Camera di commercio della
Venezia Giulia, ma inesorabilmente. A darne la notizia è lo stesso presidente
Massimo Paniccia: «Ragioni normative ci impediscono di partecipare. Di comune
accordo con la Cciaa, facciamo un passo indietro per consentire la realizzazione
del progetto». Figura misurata, Paniccia viene meno alla sua consueta
riservatezza per chiarire personalmente la posizione della Fondazione, visto che
da tempo si mormora del possibile ritiro dell'ente dal progetto. Il presidente
della Fondazione premette l'impegno profuso dall'ente a favore del Parco del
mare nel corso degli anni: «Siamo stati noi a creare le premesse perché il
progetto diventasse realizzabile - precisa -. L'abbiamo fatto sia con
l'intervento con l'architetto Peter Chermayeff volto a ipotizzare la struttura,
sia con il nostro advisor che ha fatto la valutazione di sostenibilità, ancora
nel 2015. Abbiamo poi ottenuto il consenso di Regione e Comune in un momento in
cui il progetto, mi pare, era finito su un binario morto». Ora, però, la
Fondazione non intende proseguire nell'avventura. Paniccia riprende ed espone le
perplessità di carattere normativo già esposte nella lettera inviata nei mesi
scorsi al presidente della Cciaa Antonio Paoletti: «Ci sono delle norme e
un'authority che controllano l'operato della Fondazione, l'unica possibilità che
noi avevamo di realizzare un progetto simile era gestirlo con un project
financing in proprio, attraverso una società strumentale di cui dovevamo
detenere la maggioranza». Secondo gli addetti ai lavori, la riluttanza della
Cciaa a cedere del tutto il timone alla Fondazione sarebbe uno dei motivi per
cui quest'ultima ha infine deciso di ritirarsi: realizzazione e gestione di un
acquario del genere sono una partita in cui nessuno dei due enti accetta
volentieri un ruolo di luogotenente. Ma Paniccia non ne fa menzione, e spiega
che la comparsa di un potenziale partner privato rende di fatto impossibile la
partecipazione della Fondazione: «Si è venuta a creare una cordata che si
propone per il progetto. In questo quadro noi non possiamo avere un ruolo, pur
essendo lieti della notizia. Di comune accordo con la Cciaa, li lasciamo
procedere con l'iniziativa di Porto Lido e ci tiriamo indietro». Con la
Fondazione, però, vengono meno anche i nove milioni di finanziamento che l'ente
aveva messo sul progetto finora: «La normativa è stringente su questo, noi non
possiamo in alcun modo dare fondi ai privati». Viene meno ovviamente anche la
partecipazione all'acquisizione di Trieste Navigando, la concessionaria di Porto
Lido, che secondo il piano originario sarebbe dovuta diventare la società
strumentale controllata al 51% dalla Fondazione: «Rinunciamo a favore della
Camera di commercio. Siamo comunque soddisfatti di aver creato le condizioni
perché si potesse realizzare un'opera che favorisce lo sviluppo di Trieste». Ma
nel caso in cui cambiassero le condizioni attuali, la Fondazione sarebbe
disposta a tornare "a bordo"? Paniccia risponde: «Io mi auguro che vada tutto in
porto così come sta andando ora. Dopodiché la Fondazione è sempre a disposizione
dello sviluppo socioeconomico della città, purché questo risponda alle
condizioni normative che dobbiamo rispettare. Eventualmente, un domani, anche
sul Parco del mare. Ma penso che non ce ne sarà bisogno». La cordata cui fa
riferimento il presidente della Fondazione è quella della Icop, la società
friulana che sta realizzando la piattaforma logistica del porto. Nei mesi scorsi
la Icop aveva manifestato il suo interesse alla realizzazione dell'acquario,
inviando una lettera a tutti gli enti interessati. In un primo momento quel
tentativo non aveva sortito risultati concreti, ma il presidente della Icop
Vittorio Petrucco conferma che l'interesse è ancora vivo: «Se devo attenermi ai
fatti, siamo ancora in una fase interlocutoria. Ma abbiamo delle persone che
stanno lavorando a una proposta concreta, i cui numeri reggano. Ci piacerebbe
presentare un piano realizzabile». Con l'uscita di scena della Fondazione
l'onore, e soprattutto gli oneri, passano tutti alla Cciaa.
Giovanni Tomasin
Il colpo di scena alla vigilia della presentazione
ufficiale - le tempistiche
Il presidente della Camera di commercio della Venezia Giulia Antonio
Paoletti attenderà domani per commentare l'uscita di scena della Fondazione. E
lo farà in uno scenario inedito: è prevista proprio per domani pomeriggio,
infatti, una conferenza stampa a Porto Lido sul Parco del mare, cui
parteciperanno anche il sindaco Roberto Dipiazza e, soprattutto, il
neopresidente regionale Massimiliano Fedriga. L'appuntamento è importante per
due motivi. Il primo: è la prima volta che le porte del sito della Lanterna si
aprono ai media per parlare dell'acquario. Ma il secondo è ancora più rilevante:
nel momento in cui la Cciaa perde il suo partner storico nell'impresa, si
assicura se non altro di mantenere l'appoggio della Regione, anche con la nuova
amministrazione a guida leghista. Al di fuori dei canali ufficiali, la Cciaa
prende con filosofia l'annuncio di Paniccia. La presa di distanza della
Fondazione è cosa nota ormai da tempo in piazza della Borsa, e la Camera conta
di poter sopperire altrimenti al venir meno dei nove milioni di finanziamento: è
pronta ad accendere dei mutui, e scommette anche sulla possibilità che diverse
cordate (oltre a quella di Icop, vedi articolo a sinistra) si presentino al
bando di realizzazione dell'acquario. Non parliamo di spiccioli. Finora il
prospetto dei finanziamenti necessari era il seguente: nove milioni messi a
disposizione dalla Cciaa, altri nove dalla Fondazione e due milioni dalla
Regione, a cui si sarebbero dovuti poi aggiungere altri 22 milioni da parte
dell'eventuale socio privato. I fondi da reperire salgono così a quota 31
milioni. La Camera si trova quindi ad affrontare un compito complesso, per il
quale è necessario assicurarsi l'appoggio delle istituzioni. Quello del Comune è
ormai assodato: Dipiazza non sarà forse un fan fanatico del progetto, ma ha
avviato tutte le iniziative necessarie a renderlo realizzabile. Non ultima la
modifica al Piano regolatore cittadino, sincronizzata con quella dell'omologo
strumento portuale, che renderà possibile la costruzione di un acquario alla
Lanterna. La norma è stata approvata nelle scorse settimane dalla giunta e il
suo iter verso il Consiglio è blindato. Se la Fondazione aveva avuto un ruolo
chiave nell'ottenere il via libera (e due milioni) da parte della Regione, pare
che il suo venir meno non trascini con sé anche l'ente regionale. La
partecipazione del presidente Fedriga alla conferenza stampa è un dato che
consente a Paoletti di tirare un sospiro di sollievo.
(g.tom.)
Un'idea in balia degli umori politici - La proposta fu
lanciata nel 2004. Da allora una sfilza di false partenze
Ora qui, ora là. Ora sì, ora no. È una storia a intermittenza quella del
Parco del Mare. Ormai è praticamente una crociata per Antonio Paoletti, il
presidente della Camera di Commercio che per primo lo propose nel lontano 2004,
come "premio di consolazione" per una Trieste abbattuta dall'esclusione
all'Expo. Cos'è il Parco del Mare? La Cciaa lo definisce così in un comunicato
recente: «Il Parco di Trieste con il suo grande acquario consentirà all'Italia
di avere due attrattori di elevate dimensioni, uno ad Ovest - l'Acquario di
Genova - e l'altro ad Est nel Friuli Venezia Giulia». Il parallelo con Genova è
presente fin dall'inizio, dai primi annunci del 2004. Da allora, però,
ripercorrerne le vicende è come sgranare un rosario di intoppi. All'inizio si
pensa di collocarlo sul terrapieno di Barcola, subito dopo sequestrato per
inquinamento. Nel 2006 spunta l'ipotesi dell'acquario al posto del mercato
ortofrutticolo di Campo Marzio. Se ne parla per un paio d'anni, poi la cosa
finisce nel nulla. Nel 2008 si valuta una posizione tra il Salone degli Incanti,
il Magazzino vini e l'area ex Bianchi. A metà 2009 anche questa ipotesi viene
bloccata perché uno studio del Comune (sindaco ancora Roberto Dipiazza) pone
forti dubbi sulla sostenibilità economica. Nella primavera del 2010 Dipiazza
propone una soluzione di minima che pare preludere al cestinamento definitivo:
«La soluzione è piazzare delle vasche per i pesci all'interno del Salone degli
Incanti senza mettersi a costruire mega-strutture insostenibili. Trieste può
sopportare un acquario da 200-300 mila visitatori l'anno, non un Parco del mare
da un milione di presenze con costi di manutenzione folli». Nel 2012 il sindaco
del Pd Roberto Cosolini torna a vagliare Campo Marzio. Nel giugno 2013, spunta
una nuova proposta: i magazzini 3 e 4 del Porto vecchio, in mano a Greensisam.
Anche questa idea finisce nel cestino. Nel 2014 il vicepresidente regionale di
centrosinistra Sergio Bolzonello stronca il Parco: «Neanche un euro, progetto
inattuabile». Nel 2014, quando Paoletti tira fuori la destinazione di Porto
Lido, la Regione cambia idea. Nel settembre del 2015 il progetto viene
presentato all'ente pubblico: lo firma l'architetto statunitense Peter
Chermayeff, autore degli interventi all'acquario di Genova e dei parchi
acquatici di Boston, Osaka, Baltimora e Lisbona. Il disegno iniziale è maestoso,
poi viene liofilizzato per ridurre costi di gestione e spazi. Nel dicembre dello
stesso anno Fondazione CRTrieste si rende disponibile a dare nove milioni. Il
resto è storia recente: la Regione mette a disposizione dei fondi, Cciaa e
Fondazione si accordano per acquisire Trieste Navigando. Il Comune si attiva per
il cambio di piano regolatore, senza contare il fatto che Costa Edutainment,
ramo acquari della compagnia d'armatori, manifesta il suo interesse per la
gestione della struttura.
g.tom.
Anidride carbonica - Mai così tanta in 800mila anni
In 800mila anni, non c'è mai stata così tanta anidride carbonica nell'aria:
ad aprile, il livello mensile ha superato le 410 parti per milione (ppm). Sono i
dati diffusi dal Mauna Loa Observatory alle Hawaii e rilanciati da Business
Observer. Benché l'homo sapiens si sia evoluto solo 200mila anni fa, dagli studi
dei ghiacci in Groelandia e Antartide, gli esperti sono riusciti a sapere come
era l'atmosfera andando indietro fino a 800mila anni fa. Ma è negli ultimi due
secoli che la situazione è peggiorata rapidamente, con l'immissione
nell'atmosfera di grandissime quantità di Co2. Da qui, l'allarme sul
riscaldamento globale lanciato dagli scienziati. Con l'accordo di Parigi sul
clima, l'obiettivo è di limitare l'aumento della temperatura globale entro i 2
gradi Celsius, ma secondo lo studio pubblicato su Nature la tendenza attuale
viaggia verso i 3 gradi.
ALLIANZ - Anche il colosso tedesco dice addio al
carbone
Anche Il colosso assicurativo tedesco Allianz, dopo le Generali, pianifica
il suo addio al carbone, rinunciando progressivamente ad assicurare aziende che
basano i loro affari su questa fonte energetica, nel solco degli obiettivi del
clima posti dall'accordo di Parigi. «Entro il 2040 - si legge sul sito del
gruppo - i modelli di affari basati su carbone, che si trovano nel portfolio dei
clienti, dovrebbero progressivamente scadere». E si punterà sempre di più di più
sulle rinnovabili, si spiega. Una svolta confermata anche ieri di fronte
all'assemblea degli azionisti a Monaco.
Acque italiane avvelenate da diserbanti e pesticidi
Dal dossier di Ispra un quadro allarmante per l'ambiente e la salute
umana - Nelle regioni del Nord i campioni inquinati raggiungono anche il 90 per
cento
ROMA - Quanti pesticidi si trovano nelle acque superficiali e sotterranee
italiane, e quanto sono pericolosi? Ispra - l'Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell'Ambiente - presenta i
risultati delle periodiche analisi sui pesticidi delle acque italiane, con
riferimento al biennio 2015-2016. E il quadro che emerge è allarmante per
ambiente e salute umana. Nella sola agricoltura si utilizzano in Italia 130.000
tonnellate all'anno di pesticidi, mentre non si hanno dati sui biocidi
utilizzati per altri usi (ad esempio lungo i binari ferroviari). I principi
attivi utilizzati sono circa 400 e molte sono le miscele. Fortunatamente da anni
esiste un quadro normativo italiano ed europeo che definisce limiti e standard,
ed è così possibile monitorare la presenza di queste sostanze ed individuare le
soglie di pericolosità. Si tratta di sostanze chimiche complesse e
potenzialmente molto rischiose, nascono infatti per uccidere organismi viventi
ritenuti dannosi per le coltivazioni, ed il rischio per la salute pare
sicuramente sottostimato. Il lavoro di ricerca di Ispra è notevole, con circa 2
milioni di analisi e 36.000 campionamenti. Un primo dato preoccupante ci dice
che nel 67% delle analisi su acque superficiali, e nel 33,5% delle analisi su
acque sotterranee è stata verificata la presenza di pesticidi. Un fenomeno
diffuso quindi, specie nell'area padana. In alcune regioni la presenza di
pesticidi interessa il 90% delle analisi delle acque superficiali in Friuli
Venezia Giulia, provincia di Bolzano, Veneto e Piemonte, più dell'80% dei punti
in Emilia Romagna e Toscana. Supera il 70% in Lombardia e provincia di Trento.
Ma anche nelle acque sotterrane in alcuni regioni (Friuli, Piemonte, Sicilia) si
arriva al 60/80% dei casi. Nei campioni si trovano 259 sostanze diverse. Ma
veniamo al superamento dei limiti: nelle acque superficiali il 23,9% dei
campioni registrano valori superiori ai limiti ambientali di legge, l'8,3% nelle
acque sotterranee. Un fenomeno in aumento dal 2003 al 2016 nonostante la
graduale crescita delle colture biologiche o integrate. Un andamento che sembra
molto collegato sia alla cessazione dell'uso di alcune sostanze e
all'introduzione di nuove, con un saldo di fatto ancora negativo. Aumentano le
miscele di pesticidi, fenomeno legato a una crescente complessità dei
trattamenti da parte degli agricoltori. I superamenti dei limiti si concentrano
nel Nord Italia e in Toscana, e appaiono di minore intensità nelle altre
regioni. Nelle acque superficiali i contaminanti più diffusi sono il glifosato
(erbicida tra i più diffusi al mondo), mentre nelle acque sotterranee è ancora
diffusa l'atrazina, presente benché proibita negli anni '80. Altro problema da
risolvere: alcuni prodotti cancellati continuano a essere presenti negli
ecosistemi, a testimonianza del fatto che questi si muovono e si degradano molto
lentamente. Siamo insomma ancora distanti dagli obiettivi della legge europea
che prevedeva il raggiungimento di un buono stato chimico nelle acque
superficiali entro il 2015. La dinamica di vendita dei prodotti si riduce dal
2002, anche se aumenta di nuovo nel periodo analizzato 2014-2016, crescita
legata a una certa ripresa del settore agricolo in quegli anni. Resta il fatto
che l'uomo assume questi prodotti tramite l'acqua, il cibo ma anche attraverso
respirazione e contatto con la pelle.Il Rapporto segnala, quindi, una criticità
che forse pensavamo in via di soluzione. Occorre un aggiornamento delle
politiche di settore, maggiori controlli ed omogenei in tutto il territorio
nazionale. Una più forte selezione dei prodotti in commercio e una maggiore
attenzione al loro uso da parte degli agricoltori. Una più forte spinta alla
conversione biologica dell'agricoltura e, infine, maggiori controlli sull'acqua
potabile, come indicato dalla nuova bozza di Direttiva europea. Insomma migliora
il quadro delle analisi e dei controlli, ma quella dell'inquinamento agricolo è
una battaglia ancora da vincere.
Alfredo De Girolamo
Pola, allarme radon nelle scuole - Concentrazione oltre
i limiti in cinque strutture. Il Comune: situazione monitorata e sotto controllo
POLA - Scoppia il caso del radon in alcuni plessi scolastici a Pola.
Comprensibile l'apprensione e l'ansia dei genitori per la concentrazione del gas
oltre il limite consentito di 300 becquerel per metro cubo rilevata in due
istituzioni prescolari e in tre scuole della città. Tra queste c'è anche la
elementare italiana "Giuseppina Martinuzzi", nel cui edificio trova posto pure
la sezione Delfini dell'asilo italiano Rin Tin Tin. Il radon è un agente di
rischio per la salute umana: l'Organizzazione mondiale della sanità lo indica
come fattore di incremento di rischio di tumore polmonare. La vicenda è emersa
solo dopo che i risultati delle rilevazioni sono stati resi noti dal quotidiano
istriano Glas Istre, malgrado le indagini fossero state effettuate dal
Dipartimento di Fisica dell'Università di Osijek già nel 2015. E in molti si
chiedono per quale motivo non se ne sia parlato prima d'ora. In questo contesto,
a tranquillizzare l'opinione pubblica ha provveduto in una conferenza stampa
convocata a palazzo municipale la vice assessore all'Edilizia Ingrid Bulian.
Invitando tutti a non lasciarsi andare agli allarmismi, Bulian ha sottolineato
che «le misurazioni non hanno dato risultati allarmanti e la misura da adottare
subito per abbassare la concentrazione del radon è quella di arieggiare gli
ambienti. Poi, se sarà necessario, si procederà a interventi di bonifica che
all'estero hanno dato ottimi risultati, tanto che pensiamo di seguire il modello
di intervento attuato dall'Irlanda e dalla Svizzera». La vicesindaca Elena Puh
Belci ha annunciato che si procederà comunque a ulteriori misurazioni per
confrontare i dati già esistenti con quelli da rilevare: sarà inoltre attuato un
monitoraggio continuo per garantire che le scuole e gli asili risultino ambienti
totalmente sani per gli alunni. «Sia a Pola che a livello regionale - ha
aggiunto Puh Belci - verranno fissate norme in materia di riduzione dalle
esposizioni alla radioattività naturale derivante dal gas radon in ambienti
chiusi». Intanto a breve arriverà in città Vanja Radolic, professore ordinario
del Dipartimento universitario di Osijek, per tenere un incontro in cui
rispondere alle domande e ai dubbi di tutti gli interessati. Radolic, in
risposta ai quesiti posti dall'amministrazione municipale, ha già fatto sapere
che l'esposizione per poco tempo al radon non causerà problemi sanitari,
raccomandando però al contempo di non soggiornare a lungo negli ambienti fuori
norma. Intanto la direttrice della scuola elementare italiana "Giuseppina
Martinuzzi" Susanna Cerlon ha detto di avere appreso del problema solo dalla
stampa, non in via ufficiale dalle istituzioni: «In ogni caso - ha fatto sapere
- ci batteremo per la promozione della cultura della salute e della sicurezza
negli ambienti di lavoro e vita». Del problema si è parlato anche nella seduta
dell'Assemblea dell'Unione Italiana a Pola, dove - aspetto sanitario a parte - è
stata anche espressa preoccupazione per il possibile calo di iscrizioni alla
scuola italiana. Il presidente dell'Ui Furio Radin ha annunciato tutto
l'appoggio possibile nella soluzione del problema.
(p.r.)
Sit in per la pace in piazza Oberdan - Scelto per il
raduno il luogo dove i nazisti portavano i prigionieri politici
«In via Beccaria, dietro piazza Oberdan, c'è il portone dal quale i nazisti
accedevano all'edificio dove di nascosto trasportavano i prigionieri politici»,
spiega Luciano Ferluga, del Comitato per la pace Danilo Dolci. Il palazzo
corrisponde al civico 4 della piazza, attualmente sede di una banca, scelto ieri
dal Comitato come luogo simbolico per commemorare tre ricorrenze, che cadono
tutte nella data del 9 maggio. La prima è l'anniversario della fine della
Seconda guerra mondiale, che in Europa orientale si celebra come Giornata della
vittoria. Ma la data è stata scelta anche per la festa dell'Europa e per la
giornata dedicata alle vittime del terrorismo. La manifestazione è iniziata con
l'osservanza di un minuto di silenzio, a memoria di «coloro che ancora oggi
muoiono per guadagnarsi il pane quotidiano». È quindi intervenuto il giornalista
Luciano Santin: «Esistono la libertà dalla fame, dai bisogni e dalla violenza e
la libertà di agire. Quest'ultima dev'essere limitata da regole altrimenti scade
nella licenza del più forte che vuole sopraffare il più debole: è la narrazione
relativa alla "deregulation" che vuole sottrarre diritti spacciandosi per una
libertà fasulla». L'attrice Sara Alzetta ha quindi eseguito delle letture su
Ondina Peteani, prima staffetta partigiana in Italia, mentre tra il pubblico era
presente il figlio Gianni Peteani. È stata ricordata anche la figura di Ljubo
Susic, partigiano antifascista deportato a Buchenwald, venuto a mancare il 9
febbraio scorso. Sotto le bandiere della pace allestite per l'occasione erano
presenti decine di persone.
Lilli Goriup
GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 9 maggio 2018
Una bottiglia di carta per sostituire quelle di plastica, ecco come
Un chimico britannico ha inventato una innovativa bottiglia di carta dotata di un rivestimento impermeabile che può essere biodegradata nel giro di pochissime settimane. Un’invenzione che potrebbe contribuire a salvare gli oceani dalle tonnellate di rifiuti di plastica che vengono lì scaricati ogni anno da persone e industrie.
Si chiama Choose Water e viene proposta in crowdfunding come la bottiglia senza plastica: è realizzata nello specifico con un involucro esterno di carta riciclata, mentre all’interno dispone di un rivestimento impermeabile, fatto però di materiali biodegradabili che riescono a legarsi all’involucro cartaceo creando così una barriera che impedisce all’acqua di raggiungere la carta. Secondo colui che l’ha inventata, James Longcroft, gli strati interni ed esterni della bottiglia si decompongono entro sole tre settimane. “Abbiamo un solo pianeta e dobbiamo agire ora per assicurarci di proteggerlo per le generazioni future”, spiega Longcroft, esplicando così lo scopo di una invenzione del genere. Il chimico mantiene il massimo riserbo sulla composizione della bottiglia di carta, ma assicura che è “completamente sostenibile” e che incorpora anche sostanze in grado di ridurre l’acidità del suolo e di fornire nutrienti agli ecosistemi idrici. La speranza è che questo prodotto sostituirà le bottiglie di plastica monouso e aiuterà a salvare gli oceani del mondo dai rifiuti di plastica, che solitamente richiedono centinaia di anni per essere decomposti.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 maggio 2018
Rifiuti, Italia a due velocità - Green Book: modello
industriale solo al Nord. Servono investimenti per 4 miliardi
ROMA - Ottime performance economiche ed ambientali nel Nord Italia grazie al
binomio "riciclaggio/termovalorizzazione" (come accade nel Nord Europa), mentre
nel Centro ed in particolare nel Sud sussistono peggiori performance economiche
ed ambientali grazie alla formula "poco riciclaggio, impianti di selezione,
discarica" (cosi come accade nei Paesi del Sud Europa e nei Paesi in via di
sviluppo). Nel Nord Italia si fa il 65% di raccolta differenziata, il 25/30% di
termovalorizzazione (quindi discarica quasi zero), e si spende 271 euro per
famiglia all'anno. Il Sud Italia fa il 37,6% di raccolta differenziata, non ha
praticamente impianti di termovalorizzazione e va in discarica per due terzi dei
rifiuti, spendendo 363 euro a famiglia. Questi i dati principali che emergono
dal Green Book, il rapporto sulla gestione dei rifiuti urbani in Italia a cura
della Fondazione Utilitatis in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti e
realizzato per Utilitalia (che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici
dell'acqua, dell'ambiente, dell'energia elettrica e del gas). Cifre che parlano
chiaro e che danno l'idea di come nel settore dei rifiuti il Paese sia diviso a
metà: per lo smaltimento in discarica, il Sud è al 62% del rifiuto urbano
residuo a livello nazionale, mentre la situazione si capovolge sugli impianti di
recupero energetico, concentrati al Nord dove viene trattato il 69%, il 12% al
Centro e il 19% al Sud. Ma il Green Book prova anche a spiegare il perché di
questa situazione così chiara. Il Nord ha scelto un modello di gestione
industriale e moderno, il Sud no. Al Nord un terzo degli abitanti è gestito da
aziende quotate in Borsa, al Sud zero. Al Nord il 50% degli abitanti è servito
da aziende pubbliche o miste, al Sud solo un terzo. Al Nord le gestioni in
economia non esistono più, al Sud servono due terzi degli abitanti. Al Nord i
gestori sono ormai qualche decina, al Sud qualche centinaio. Un altro dato
interessante riguarda la dinamica dei costi, che dal 2014 in Italia non crescono
più, con una media pari a circa 310 euro a tonnellate. È vero al tempo stesso
che i differenziali regionali di costo continuano ad essere molto diversi: Sud a
360 euro e Nord a 270 con il Centro intorno a 330. Il settore ambientale dei
rifiuti si conferma una grande azienda verde nazionale, con 12 miliardi di euro
di fatturato, 90.000 dipendenti, quasi 600 aziende, bilanci in utile e
redditività alta, investimenti in crescita. Un'industria nazionale al centro
della green economy e della sfida dell'economia circolare lanciata dall'Unione
Europea per l'uso efficiente delle risorse e dell'energia. Tra le cattive
notizie, l'elevata frammentazione gestionale diffusa (il 55% delle aziende,
quelle piccole, si divide solo il 10% del mercato, il 3% delle aziende, le
grandi, il 37%); la poca concorrenza (le gare per il servizio di fatto sono
state fatte solo in Toscana - tutta - un po' in Umbria ed Emilia Romagna,
pochissimo in Veneto, Marche e Sicilia),pesa su efficienza e qualità del
servizio; la dotazione infrastrutturale, insufficiente e sbilanciata verso il
Nord. Il fabbisogno di investimenti in Italia è stimato in 4 miliardi di euro
per la raccolta differenziata. Si investe sempre di più - nel 2017 il trend
degli investimenti in raccolta sono aumentati del 73% rispetto al 2012 - ma
ancora non basta. Lo sforzo da fare è enorme per realizzare impianti per il
riciclaggio della frazione organica e della frazione secca, per il recupero
energetico e per le discariche. Probabilmente 20/30 miliardi di euro nei
prossimi 10 anni. Intere aree del nostro Paese sono prive degli impianti
necessari e sopravvivono con discariche o con impianti di selezione da cui
escono rifiuti prodotti da altri rifiuti che vanno nel Nord Italia o nel Nord
Europa. Insomma il Green Book ci fornisce indicazioni chiare e adeguate ad
orientare le politiche dei prossimi mesi e dei prossimi anni: sostegno agli
investimenti, promozione di riciclaggio e recupero energetico, efficienza
gestionale e rafforzamento delle imprese, concorrenza e non da ultimo il
superamento della frammentazione.
Alfredo De Girolamo
'Uti giuliana investe su mobilità lenta e trasporti via
mare
TRIESTE - Valorizzare la rete dei percorsi della mobilità lenta - sentieri e
piste ciclopedonali -, intensificare i collegamenti marittimi, anche
transfrontalieri, con l'obiettivo di promuovere percorsi turistici via mare e
lungo la costa. Questi gli obiettivi delineati nell'ambito del primo tavolo di
coordinamento dei portatori di interesse relativo alle strategie contenute nel
Patto territoriale 2017-2019 dell'Uti giuliana, che beneficia delle risorse
messe a disposizione dalla Regione. L'incontro, che si è svolto nella sede
dell'Uti giuliana, a palazzo Galatti, ha visto protagonista l'architetto Romana
Kacic, incaricata di stendere il progetto. «Il programma di interventi relativo
alla mobilità lenta, definito "Obiettivo 1", dovrà prevedere l'esecuzione di
lavori da suddividere nelle tre annualità, dal 2018 al 2020, fino all'importo
massimo di 200 mila euro annui - ha precisato - e quindi di complessivi 600 mila
nel triennio. In merito all'"Obiettivo 2", che riguarda il potenziamento dei
collegamenti marittimi - ha proseguito Kacic -, il programma di interventi dovrà
prevedere l'esecuzione dei lavori a partire dal 2019 per gli importi massimi di
150 mila nel 2019 e di altrettanti nel 2020, per un totale di 300 mila euro. In
entrambi i casi, all'interno dell'importo di finanziamento troverà copertura la
spesa tecnica per la redazione dei successivi livelli di progettazione». I
criteri per la scelta degli interventi prioritari dovranno tenere conto della
presenza di eccellenza nell'area, le caratteristiche specifiche del territorio,
l'esistenza di vincoli ambientali e paesaggistici che possano compromettere e
allungare i tempi di realizzazione. Il progetto dovrà inoltre tener presenti
strategie e risultanze già conseguite con il Programma per la cooperazione
transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013 e gli obiettivi proposti nel
2014-2020. L'incontro ha visto numerosi interventi da parte di una cinquantina
di rappresentanti degli enti territoriali pubblici e privati, di associazioni e
organizzazioni impegnati nel turismo e nel trasporto, tutti tesi alla
predisposizione di un'ipotesi di fattibilità degli interventi di manutenzione e
di nuova realizzazione dei percorsi turistici per la mobilità lenta e dei
collegamenti marittimi verso le località turistiche.
(u.s.)
L'altipiano reclama autobus più frequenti tra i paesi e
le scuole
Lettera dell'Istituto comprensivo alla Trieste Trasporti in cui 120
famiglie chiedono un cambio di passo nel servizio
TRIESTE - Una fermata aggiuntiva, una pensilina da inserire, una serie di
agevolazioni per i bambini e i ragazzi che frequentano le scuole dell'altipiano
in tema di sicurezza e, soprattutto, la modifica degli orari in vigore per i
bus, che al momento non rispondono alle esigenze del territorio. Sono le
richieste dell'Istituto comprensivo statale Altipiano, inviate alla Trieste
Trasporti, con l'obiettivo che vengano accolte a partire dal prossimo settembre
o comunque prima dell'avvio del prossimo anno scolastico. I soli ragazzi delle
scuole medie, che usufruiscono spesso del servizio, sono circa 300, e il
passaggio degli autobus, finora, secondo molti genitori, non copre in modo
ottimale la zona. La dirigente scolastica Marina Reppini, dopo aver sentito la
voce di mamme e papà dei figli iscritti all'Istituto comprensivo, ha inviato per
l'appunto una richiesta ufficiale alla Trieste Trasporti, con la firma di 120
famiglie in allegato, con diverse richieste, a cominciare proprio
dall'adeguamento dell'orario, dopo aver raccolto le istanze dei tanti alunni
presenti. «Spesso gli orari di passaggio degli autobus - scrive la dirigente
nella lettera - non sono compatibili con le aperture dei numerosi plessi
scolastici e questo provoca molte difficoltà alle famiglie». Segue una lista
dettagliata di esigenze espresse, sempre in collaborazione con i genitori. Per
la scuola de Tommasini di Opicina serve ad esempio il passaggio in tutte le
frazioni dell'altipiano della linea 39: gli studenti infatti sono costretti a
camminare per lunghe distanze da casa per raggiungere gli istituti o per
rientrare, e in più andrebbero cambiati gli orari che il bus osserva
attualmente. Per la scuola secondaria di primo grado de Tommasini viene espresso
anche in questo caso il bisogno di orari diversi rispetto a quelli in vigore e
viene segnalata anche l'esigenza di posizionare una pensilina di fronte alla
scuola di Banne, in direzione Basovizza. Per la sede di Prosecco viene fatto
osservare come l'orario della linea 46, che transita per Gabrovizza, sia
completamente sfasato rispetto a uscite ed entrate dei ragazzini. L'Istituto
formula poi una serie di osservazioni di carattere generale, come l'assenza di
collegamenti con le frazioni di Pese, Grozzana, Draga e San Lorenzo, le sole tre
corse giornaliere della linea 51, che andrebbe potenziata, la necessità di un
volontario del traffico nel passaggio pedonale di strada per Vienna per la
sicurezza dei giovani, la fermata troppo lontana dalla scuola de Tommasini e la
situazione di criticità relativa ai collegamenti con la frazione di Campo Romano
e via Bonomea. «Il miglioramento degli orari in particolare - sottolinea ancora
la dirigente nella lettera - porterebbe a un maggior utilizzo dei mezzi
pubblici, oltre che agevolare le famiglie sprovviste di mezzo di trasporto». La
lettera è stata inviata nelle settimane scorse. Dalla Trieste Trasporti spiegano
che tutte le segnalazioni espresse dai vari istituti vengono prese in
considerazione e valutate con attenzione, e che la mail spedita sarà esaminata a
breve. «Si auspica che i suggerimenti possano trovare accoglienza a partire dal
10 settembre - conclude la dirigente - data di ripresa delle attività
didattiche».
Micol Brusaferro
Comitato Dolci - Festa dell'Europa per i 73 anni di pace
Oggi, Festa dell'Europa, ricorre il 73° anniversario della fine della seconda guerra mondiale. Nell'occasione il Comitato Danilo Dolci promuove un incontro pubblico alle 17.30 in piazza Oberdan davanti al palazzo che ospitò il comando della polizia politica delle Ss. In programma letture, poesie, testimonianze per dire no a tutte le guerre.
Regione - Convegno su cibo e tradizioni a tavola
Oggi e domani a Trieste si svolgerà un convegno internazionale dedicato a "Cibo, tra sostenibilità alimentare e salvaguardia dei saperi tradizionali". Le sessioni di lavoro si apriranno domani alle 15 nel salone di rappresentanza del Palazzo della Regione in piazza Unità, durante le quali si alterneranno esperti italiani e stranieri.
CONFERENZA sul pino nero
Per gli incontri organizzati da Italia Nostra e dal Comune, Andrea Nardini parlerà su "Il declino del pino nero: un effetto dei cambiamenti climatici?". Al Museo di Storia naturale, alle 17.30.
IL PICCOLO - MARTEDI', 8 maggio 2018
Operazione sicurezza sulle strisce pedonali - Partenza
da Barcola
Avviati da viale Miramare gli interventi decisi dal Comune -
Attraversamenti protetti anche in via Flavia e via Revoltella
Rendere più visibili e strutturati alcuni attraversamenti pedonali in
determinate strade ad elevata percorrenza e crearne di nuovi. È partita ieri da
viale Miramare l'operazione del Comune, che si concluderà prima dell'inizio
dell'estate, per il miglioramento della sicurezza stradale in alcune aree
critiche, centrali e periferiche, della città, teatro spesso di incidenti.
Interventi finanziati con 115 mila euro. A presentare il nuovo cantiere a
Barcola, all'incrocio con via Panzera, gli assessori Elisa Lodi (Lavori
pubblici) e Luisa Polli (Urbanistica) assieme al direttore del Servizio strade
Enrico Cortese. La ditta appaltatrice Cp Costruzioni srl (che nel capoluogo
giuliano al momento è impegnata pure nel restyling di palazzo Biserini, in
piazza Hortis) ha incominciato a lavorare nella giornata di ieri all'altezza del
civico 135 di viale Miramare. Procederà poi sul tratto di strada vicino alla
Pineta di Barcola, in particolare in prossimità dell'incrocio con salita di
Contovello, e subito dopo il distributore di benzina Tamoil. Questi lavori
termineranno in una decina di giorni. Si rinforzeranno subito dopo gli
attraversamenti pedonali in via Revoltella: nei pressi della chiesa San Pio X e
nel punto in cui la strada principale s'interseca con via San Pio X. A seguire
la trasformazione delle strisce pedonali di via Locchi all'altezza dell'incrocio
con via Bellosguardo. È prevista anche la realizzazione di due nuovi passaggi
pedonali in via Flavia, in corrispondenza delle vie De Franceschi e Forti. Gli
interventi nello specifico prevedono la costruzione di diversi strumenti per
proteggere i pedoni e dissuadere i cittadini a guidare ad alta velocità.
Verranno realizzate delle isole salvagente centrali, che consistono in una sorta
di piattaforme di piccole dimensioni, destinate al riparo o alla sosta dei
pedoni e collocate in mezzo alla strada, in corrispondenza delle zebre. E ancora
il ripristino locale della pavimentazione dei marciapiedi con eventuale
sollevamento di cordonate di marciapiede dove necessario, la creazione di rampe
di abbassamento al piano strada e la posa di pavimentazione tattilo-plantare in
masselli di calcestruzzo vibro-compresso auto-bloccanti. Oltre a queste
strutture la squadra di operai si occuperà anche di rifare una nuova segnaletica
orizzontale e della posa di segnaletica verticale, di impianti lampeggianti con
pannelli fotovoltaici e di transenne e paletti. Il tutto verrà completato prima
della stagione estiva. «Abbiamo dato avvio a questo lavoro partendo da viale
Miramare - ha spiegato Lodi - per non creare disagi visto che l'affluenza in
questa strada con la bella stagione diventa importante». Polli ha commentato con
piena soddisfazione «l'iniziativa, che dà la priorità a una serie di interventi
che vanno a incidere su alcune strade dove esistono dei rettilinei che inducono
i mezzi a correre più veloci, dove si sono verificati diversi incidenti e in cui
c'è un grosso afflusso di pedoni, perché vicini anche agli istituti scolastici e
a luoghi di culto. Tutte le forze politiche hanno votato all'unanimità questa
proposta che quindi non ha trovato alcuna difficoltà nell'essere attuata».
Commenta positivamente l'iniziativa anche Michele Babuder, presidente della
commissione Lavori pubblici: «Viale Miramare negli anni è diventato uno degli
assi di scorrimento più pericolosi. Le opere rientrano in una serie di
interventi a lungo attesi anche dai residenti e più volte proposti nell'ambito
della Terza Circoscrizione negli anni passati. Discorso analogo vale per i nuovi
attraversamenti in via Flavia, in particolare all'intersezione con via Forti: in
quel tratto di strada vi sono fermate bus molto utilizzate e l'utenza è sempre
stata costretta ad attraversare l'importante arteria viaria in condizioni di
assoluto pericolo. Già a ottobre 2016, insieme ai colleghi Alberto Polacco e
Piero Camber, avevamo presentato un'interrogazione di sollecito sul tema».
Benedetta Moro
Grado fa il record con la Bandiera blu - Assegnata per
la trentesima volta. E subito dietro c'è Lignano -
Le Bandiere Blu 2018
ROMA - Grado fa sventolare in questo 2018 una Bandiera blu tutta speciale.
La località ha ricevuto infatti il riconoscimento per la trentesima volta: il
record italiano, detenuto assieme alla sola Moneglia (Genova). Mentre l'ennesima
conferma arriva dunque per le spiagge dell'Isola d'oro (Pineta; la principale,
ovvero Spiaggia dell'Imperatore; e Costa Azzurra), il Friuli Venezia Giulia
festeggia anche per la Bandiera blu conferita a Lignano Sabbiadoro - Lido, che
con il riconoscimento numero 29 si piazza al secondo posto, subito dietro a
Grado. La comunicazione ufficiale è arrivata ieri mattina nella sala convegni
del Cnr di Roma da parte del presidente della Fee (Foundation for Environmental
Education), Claudio Mazza. Nel 2017 furono 163 le località a fregiarsi di questo
riconoscimento; quest'anno si arriva a quota 175, tenendo pur conto che rispetto
allo scorso anno sono usciti Comuni come Anzio, Gabicce Mare, Termoli e Pozzallo.
Quanto alle spiagge, invece, sono complessivamente 368 quelle insignite, a
fronte delle 342 del 2017. Alla cerimonia ha partecipato per Grado la senatrice
gradese Raffaella Marin, delegata dal sindaco Dario Raugna assente per impegni
precedenti. Sindaco che peraltro in questo mandato ha puntato molto proprio sul
turismo sostenibile: fattore evidenziato dal presidente della Fee. «Il turismo -
ha detto Mazza - non può che essere sostenibile, in modo da garantire un
equilibrio tra fruizione e tutela del patrimonio ambientale, e la Bandiera Blu
guida passo dopo passo i Comuni costieri a scegliere strategie di gestione
sostenibile del proprio territorio, attraverso un percorso che giovi
all'ambiente e alla qualità della vita». Per ottenere il vessillo è necessario
disporre di acque di balneazione ritenute ottimali secondo regole più
restrittive di quelle previste dalla normativa nazionale sulla balneazione, e
dunque classificate come «eccellenti» a fronte di continui e capillari
campionamenti effettuati dall'Arpa, con risultati che poi finiscono fra quelli
del ministero della Sanità. Non solo mare, però: per concorrere alla Bandiera
blu valgono anche - fra i 32 totali - parametri quali la depurazione, la
raccolta differenziata, le aree pedonali e le piste ciclabili, e poi ancora aree
verdi curate e spiagge dotate di tutti i servizi e prive di barriere
architettoniche. Le località "blu" devono anche dedicare spazio ai corsi
d'educazione ambientale, in particolare per studenti e giovani. Nello stilare
gli elenchi la Fee tiene conto fra l'altro anche della presenza di strutture
alberghiere, di servizi di utilità pubblica sanitaria, informazioni turistiche e
segnaletica aggiornata. A collaborare con la Fee nell'individuazione delle
spiagge che possono issare nel 2018 il vessillo blu c'è l'Ispra, l'Istituto
superiore protezione e ricerca ambientale che, come ha spiegato il presidente,
Stefano Laporta, ha operato nell'individuazione dei requisiti da valutare che
ogni anno vengono rivisti con l'obiettivo «di stimolare i Comuni a impegnarsi
nell'ottica del miglioramento continuo». Un miglioramento che come detto si è
verificato con i Comuni insigniti saliti a 175, nei quali si contano peraltro 16
nuovi ingressi e quattro uscite. Così, le 368 spiagge che possono vantare questo
sigillo di qualità lungo lo Stivale, le isole e i laghi, rappresentano il 10% di
quelle premiate a livello mondiale. Quanto ai numeri delle singole regioni, la
Liguria si conferma regina incontrastata con 27 Comuni premiati, seguita a ruota
nello stesso mar Tirreno da podio dalla Toscana, che ottiene i 19 vessilli dello
scorso anno. La sorpresa però giunge dalla Campania, regione di un Sud dove le
Bandiere sono in crescita: con tre nuovi ingressi (Piano di Sorrenti, Sorrento e
Ispani) la regione ha raggiunto quota 18 e si issa sul podio sorpassando le
Marche, che perdono la bandiera a Gabicce mare e scivolano al quarto posto, con
16 Comuni fregiati. Dando un'occhiata alle altre regioni, la Puglia conquista
tre nuove località (Rodi Garganico, Peschici e Zapponeta), tutte in provincia di
Foggia, e raggiunge 14 bandiere. La Sardegna conta due nuovi ingressi (Trinità
d'Agultu e Vignola) e ottiene il vessillo in 13 località, mentre l'Abruzzo sale
a quota 9 con l'ingresso del lago di Scanno, a pari merito con la Calabria che
registra due new entry (Tortora e Sella Marina). Durante la cerimonia Mazza ha
invitato i presenti - sindaci o assessori in rappresentanza delle varie
amministrazioni - a un applauso a Grado e Moneglia per il traguardo dei
trent'anni. «Orgogliosa e fiera» si è detta la senatrice Marin, annotando che la
Bandiera blu «premia anche la qualità della nostra acqua». E mentre il sindaco
di Lignano Luca Fanotto sottolinea come la località balneare friulana può
«orgogliosamente far sventolare anche per il 2018 la prestigiosa Bandiera», a
Grado l'amministratore unico della Git Alessandro Lovato annuncia l'intenzione
di un ulteriore ampliamento della raccolta differenziata nel comprensorio
balneo-curativo, osservando come «la Bandiera blu è un vessillo che deve fungere
da stimolo per migliorare ancora».
Antonio Boemo
Anche la Lega Navale di Trieste fra gli approdi al top
ROMA - Contestualmente alla premiazione dei Comuni e delle spiagge, c'è
anche in contemporanea la comunicazione fatta dalla Fee dell'assegnazione della
Bandiera Blu destinata agli approdi. Confermate per il Friuli Venezia Giulia le
Bandiere Blu per l'approdo della Lega Navale di Trieste e per il Marina Hannibal
di Monfalcone. Dopo un anno (nel 2017 era saltata per un puro disguido puramente
tecnico) torna nell'elenco degli approdi premiati con la Bandiera Blu anche
Porto San Vito di Grado. E possono nuovamente far sventolare il vessillo anche i
sette approdi di Lignano Sabbiadoro già premiati in precedenza: ovvero il Porto
Turistico Marina Uno, Marina Punta Verde, Marina Punta Faro e Darsena Porto
Vecchio di Lignano Sabbiadoro oltre a Marina Punta Gabbiani, la Darsena Aprilia
Marittima e Marina Capo Nord, tutte di Aprilia Marittima. Bandiera Blu
confermata, infine, anche per il Marina Sant'Andrea di San Giorgio di Nogaro.
Per ottenere la Bandiera blu un approdo turistico - 70 quest'anno quelli
insigniti in Italia - deve essere in particolar modo dotato di pontili e moli
per diportisti, offrire i servizi necessari e gli standard in conformità ai
severi e numerosi criteri previsti dal regolamento di assegnazione del
riconoscimento. Intanto, nel vicino Veneto le Bandiere blu per le spiagge sono
andate a Bibione; Brussa, Duna Verde, Levante, Ponente e Porto Santa Margherita
a Caorle; Eraclea Mare; Jesolo Lido; Cavallino Treporti; Lido di Venezia;
Sottomarina di Chioggia; Rosolina Mare, Albarella Centro Sportivo e Albarella
Capo Nord a Rosolina. Quanto agli approdi, ti premiati Marina di Albarella;
Darsena Le Saline a Chioggia, il Porto turistico di Jesolo, Marina del Cavallino
e Darsena dell'Orologio a Caorle (Venezia).
Mare e ambiente: da Trieste guerra alle microplastiche
OGS nel progetto europeo per gestire i rifiuti e valutare i pericoli nell'area mediterranea
Ogni anno, circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono nell'oceano. Si tratta della stragrande maggioranza dei rifiuti marini. Anche le acque marine superficiali italiane sono sempre più minacciate da un'enorme e diffusa presenza di microplastiche, comparabile ai livelli presenti nei vortici oceanici del Nord Pacifico. A rivelarlo sono i risultati diffusi dall'Istituto di scienze marine del Cnr di Genova (Ismar), dall'Università Politecnica delle Marche (Univpm) e da Greenpeace Italia, frutto dei campionamenti realizzati durante il tour "Meno plastica più Mediterraneo" della nave di Greenpeace, Rainbow Warrior, che la scorsa estate ha visitato le coste del Mediterraneo. Ma che cosa sono le microplastiche e come arrivano nel nostro mare? Risponde Francesca Malfatti biologa marina, phd e post-doc all'Università di San Diego, rientrata nel 2014 all'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale Ogs dove tra i vari progetti, insieme a Paola Del Negro (direttrice della Sezione di oceanografia), partecipa a "Plastic Busters Mpas", progetto europeo in cui per la prima volta su scala mediterranea, Paesi Ue e Stati candidati all'adesione affrontano la problematica dei rifiuti marini per fare una sorta di censimento di tutte le macro e microplastiche che inquinano il sito e ne studiano le conseguenze sull'ambiente marino e sulla salute della sua fauna. «Le microplastiche sono frammenti di plastica piccolissimi - spiega Malfatti - meno di 5 millimetri in lunghezza, in genere derivano dal processo di frammentazione delle plastiche più grandi. La degradazione del polimero plastico - prosegue - avviene a causa dell'esposizione al sole, al sale dell'acqua di mare, alle abrasioni fisiche; si tratta di polietilene con cui si producevano ad esempio i sacchetti dei supermercati e si continuano a fare le bottigliette per lo shampoo e i giocattoli per bambini; polipropilene che fa parte della famiglia delle termoplastiche; polistirene che è il comune di polistirolo». Parte della plastica che finisce in mare è trasportata dai fiumi e dalle acque di scarico e recenti studi scientifici hanno mostrato una probabile correlazione tra le zone di accumulo di plastica e le rotte più frequentate dalle navi da crociera; ci sono poi le plastiche che derivano da incidenti, come la perdita o la rottura della rete, durante attività di pesca e acquacoltura. «La costa del Mediterraneo - commenta la ricercatrice - è un'area densamente popolata ed è anche una meta turistica, ulteriore fonte di plastiche e al suo interno l'Adriatico è un bacino chiuso con un lento ricambio d'acqua e con sistemi di correnti superficiali che formano vortici che favoriscono l'accumulo di rifiuti di plastica. Il problema - ammette Malfatti - è serio poiché le microplastiche vengono ingerite da diversi organismi marini che muoiono o smettono di riprodursi, inoltre il pesce che contiene la microplastica potrebbe finire sulla nostra tavola inserendosi nella nostra catena alimentare. Per questo - sottolinea - è importante che sia a livello europeo che mondiale ci si stia muovendo per un bando totale della plastica non riciclabile». L'Ogs, con Valentina Tirelli, partecipa al progetto Baseman JPI Ocean che ha come obiettivo la definizione di protocolli operativi standard a livello europeo per il campionamento delle microplastiche e la valutazione dei rischi ambientali derivanti. Tomaso Fortibuoni ha partecipato al progetto europeo DeFishGear il cui scopo era di stimare i rifiuti marini (sul fondo, spiaggiati e galleggianti).
Lorenza Masè
Ceramicola, la geologa che studia i fondali - Lavora all'OGS, con Trieste e' stato amore a prima vista. Individua le pericolosita' che stanno sul fondo.
Si trova di tutto. La ricercatrice racconta che a 1700 metri di profondita' nel mar Jonio sono stati rinvenuti anche rifiuti antropici. - (vedi articolo)
La sua passione è il mare: «L'ho ereditata da mio padre». A parlare è la geologa marina Silvia Ceramicola, attiva all'Ogs dal 2000: «Mi sono innamorata di Trieste», dice, «e poi non potrei più vivere in una città senza mare». Bolognese di nascita, ma un po' cittadina del mondo, Ceramicola ha vissuto molto all'estero per gli studi, prima con un Erasmus in Inghilterra e poi a San Diego con una borsa di studio Fulbright, all'Istituto oceanografico Scripps: «È stato amore a prima vista, sia per la possibilità di specializzarmi in geologia marina, sia perché l'istituto era locato di fronte all'Oceano Pacifico». E infine un altro dottorato in Belgio sui grandi laghi di Rift: «Che sono enormi spaccature della terra, riempite da sedimenti», qui infatti si specializza sulla tettonica e sulla sedimentologia. È stato durante un convegno in cui presentava i risultati della sua tesi che ha incrociato la via di Trieste: «Durante questo meeting ho incontrato quello che sarebbe diventato il mio capo. Erano anni che vivevo all'estero, non è stato facile rientrare in Italia, ma quando per il colloquio sono venuta a Trieste me ne sono innamorata. Me lo ricordo bene, era una giornata di febbraio, miracolosamente senza bora nera, piena di luce e sole». Da allora vive qui. All'Ogs studia i processi che avvengono in fondo al mare: «Negli ultimi 10 anni mi sono specializzata nella mappatura dei fondali marini. In particolare le pericolosità, ciò che può essere dannoso a fondo come le faglie e le frane sottomarine che possono causare anche tsunami, le fuoriuscite di fluidi, i vulcani magmatici. Questo tipo di mappatura è importante perché la maggior parte dei fondali marini è sconosciuta». Un'analisi che comporta anche altre questioni, quella dei rifiuti: «A 1700 metri di profondità del Mar Ionio abbiamo trovato anche rifiuti antropici. In questo ultimo anno mi sono dedicata anche alla divulgazione scientifica per sensibilizzare a questa problematica. Grazie al progetto del Mur "Ritmare", stiamo facendo un inventario dei rifiuti antropici ritrovati».
Mary B. Tolusso
IL PICCOLO - LUNEDI', 7 maggio 2018
L'aprile caldo del Fvg - temperatura media da record a
Trieste
Sulla costa i 16,8 gradi, valore raggiunto nel solo 2007 - In montagna
zero termico registrato a quota 3700 metri -
media delle temperature giornaliere
TRIESTE - Un caldo da morire, in questo aprile 2018, in Friuli Venezia
Giulia. E non solo nella percezione comune. Dopo un marzo rigido, il mese che si
è appena concluso - confermano gli esperti dell'Osmer Arpa Fvg - è stato
caratterizzato da temperature molto elevate, che a Trieste - in riferimento allo
stesso periodo - non si percepivano dal 2007, mentre in regione il termometro si
è rivelato lievemente più basso. Le temperature medie mensili sono state
addirittura superiori di 3 gradi rispetto alla norma; e si sono registrate pure
alcune giornate con valori mai visti, di cui ha risentito lo stesso mare
Adriatico. Secondo gli esperti la "colpa", da queste parti, è del borino che non
ha lasciato spazio alla brezza marina di mitigare l'aria; ma anche
dell'anticiclone che a fine mese è rimasto sulla zona del Centro Europa e
danubiana influenzando il Fvg. Conseguenze che non hanno inciso tanto sul resto
d'Italia quanto sui Paesi della Mitteleuropa e che derivano sempre dal
cambiamento climatico. Sulla costa, a Trieste in particolare, il meteo ha
raggiunto in aprile i 16.8 gradi centigradi di media giornaliera, valore che,
andando indietro nel tempo, si ritrova solo nel 2007, e mai dal 1993. Il dato
"normale" infatti parla di circa 13.8 gradi. Per fare un esempio relativo ad
aprile, ecco il giorno 20, quando i dati percepiti a Trieste facevano pensare
all'arrivo dell'estate: la temperatura media al molo Fratelli Bandiera ha
superato i 23 gradi, di gran lunga il valore più alto in assoluto per aprile su
questa stazione, e valore tipico della metà di giugno appunto. Non da meno le
temperature della pianura e della montagna, anch'esse caratterizzate da
anomalie. Queste zone, nella classifica regionale, si inseriscono al secondo
posto dopo Trieste (per pochi decimi di grado) rispetto alle temperature
percepite ad aprile 2007. Lo stesso 20 aprile le massime toccate in pianura
localmente hanno raggiunto l'apice dei 30 gradi, e in varie zone i 29 con il
record di 31. Temperature di 10 gradi superiori ai valori che normalmente si
dovrebbero avere in questo periodo. Di rilievo anche i valori in montagna, dove
per avere lo zero termico nella notte si è dovuti "salire" a 3700 metri di
quota. Anche le acque del mare sono state coinvolte in questo cambiamento
eccezionale, come dicono i dati Osmer Arpa Fvg. A Trieste la temperatura del
mare ha raggiunto il 30 aprile i 18.7 gradi medi, valore mai visto storicamente
nel mese. Si è avuto inoltre un picco istantaneo di poco superiore ai 20 gradi,
oltre i 19.6 del 26 aprile 1968. Passando alla fascia lagunare, a Lignano la
temperatura del mare ha raggiunto i 20.4 gradi di valore medio il 26 aprile. È
la prima volta - dicono gli esperti - che si superano, sulle coste della
regione, i 20 gradi prima di maggio. La regione del resto non è l'unica ad aver
sofferto di un mese sopra le righe. Questi valori estremi trovano conferma anche
nei paesi limitrofi: in Austria, dove un aprile così caldo non si vedeva dal
1800, mentre in Slovenia e in Croazia si è riscontrato un clima che, rispetto
alla normalità, mostrava 5 gradi sopra la media. «Il fatto che si ripresentino
mesi di maggio e aprile sempre più caldi è conseguenza del cambiamento climatico
che in questo caso anticipa l'arrivo dell'estate - dicono dall'Osmer Arpa Fvg -.
Ma se maggio negli ultimi dieci anni è stato un mese sempre più caldo, ora nel
trend si inserisce pure aprile». Per il territorio del Fvg le spiegazioni
derivano in particolare da due fattori: «È complice da queste parti l'effetto
del borino - spiegano dall'Osmer - che in una giornata normale impedisce alla
brezza di mitigare le minime, di solito nel pomeriggio, quando dovrebbe
rinfrescare. In pianura il borino ha avuto un effetto ancora maggiore. Si
aggiunge a fine aprile l'anticiclone, che è rimasto sulla zona del Centro Europa
e danubiana causando qui la massa calda e provocando un'enfasi sul borino, che
ha soffiato costantemente e per compressione ha riscaldato». Il caldo in
anticipo tuttavia non dà tregua in questo maggio. Sono già stati raggiunti
picchi record in alcune zone di pianura: a Udine la temperatura media
giornaliera del giorno 3 ha raggiunto i 22,7 gradi, valore che sarebbe normale a
luglio.
Benedetta Moro
IL SONDAGGIO - Clima, mutamento che preoccupa
Per il 90% degli abitanti del Fvg che hanno partecipato al sondaggio online
"Cambiamenti climatici in Fvg: cosa ne pensi?" i mutamenti del clima sono un
problema da non sottovalutare e gli effetti sono già oggi visibili anche in
regione. È questo il più rilevante dei risultati del sondaggio lanciato lo
scorso novembre, predisposto dall'Osmer per valutare la percezione del pubblico
sul tema. L'87% dei partecipanti ha riscontrato che il clima è cambiato. Il 69%
pensa che i mutamenti climatici siano dovuti alla sola attività umana; per il
24% sono dovuti sia all'attività umana che a cause naturali. Il progetto è stato
gestito da Arpa-Osmer senza ricorrere a risorse esterne, usando strumenti
gratuiti disponibili online. Non è quindi una rilevazione con tecniche e
strumenti propri delle indagini demoscopiche, sebbene - si legge in una nota -
il notevole numero di persone che hanno compilato il questionario (3.400
persone, di cui 3.200 residenti in regione) fa ritenere di grande interesse le
risposte raccolte. I risultati preliminari su arpa.fvg.it e su meteo.fvg.it.
I sei grifoni in volo dopo le cure - Caduti dai nidi la
scorsa estate, erano stati portati al Centro di recupero di Cherso
CHERSO - Plavnik, Kvarneric, Kruna, Nevera, Jadran e Pavlomir. Sono i nomi
che i primi soccorritori hanno dato ai sei grifoni che nel weekend sono stati
rimessi in libertà dopo avere trascorso dieci mesi al Centro di recupero situato
nella località chersina di Caisole (Beli). I sei uccelli erano caduti dai loro
nidi la scorsa estate, quando avevano circa due mesi di vita, ferendosi più o
meno gravemente. Non è per nulla raro che i grifoni - nell'intento di
abbandonare il loro nido sull'isola di Cherso o nelle vicine Plavnik e Veglia -
precipitino in mare o sulle rocce. Per qualcuno dei giovanissimi volatili,
spesso non ancora abbastanza forti per volare, risulta fatale andarsene dal
luogo in cui sono nati. Per salvarli risulta importante il ruolo della
popolazione locale: ci sono isolani che mettono al sicuro gli uccelli per poi
portarli alla struttura di Caisole, altri lanciano l'allarme chiamando
direttamente gli esperti. Le operazioni di salvataggio e recupero dei grifoni
sono affidate principalmente agli esperti dell'istituto pubblico Priroda
(Natura), che operano in collaborazione con i colleghi del Giardino zoologico di
Zagabria e delle associazioni non governative Biom di Zagabria e Tramuntana di
Caisole. Dall'estate scorsa e fino a ora, i sei grifoni sono così potuti tornare
in forma grazie alle cure ricevute al Centro. Prima di venire liberati sono
stati dotati di localizzatori Gps che permetteranno agli ornitologi di seguire i
loro spostamenti. «Quando hanno potuto lasciare le gabbie, hanno spiccato il
volo con forza e in tutta sicurezza - ha detto con soddisfazione la direttrice
di Priroda, Sonja Sisic - ci sono volute cure lunghe e appropriate, ma poi i
nostri sei ce l'hanno fatta». Il direttore del Giardino zoologico zagabrese,
Damir Skok, ha osservato che «anche se il grifone è una specie tutelata in
Croazia da leggi molto severe, le sfide che deve affrontare a causa dell'uomo e
di altri fattori sono davvero tante. Spero che i sei volatili rilasciati, tutti
con un' apertura alare che sfiora i due metri e mezzo, sapranno adattarsi alle
regole imposte dalla natura e sapranno irrobustire la preziosa colonia
quarnerina. Da parte nostra - ha aggiunto Skok - siamo sempre pronti a
intervenire, in quanto il periodo in cui il grifone abbandona il nido è il più
pericoloso della sua esistenza, con un alto tasso di mortalità». Gli spostamenti
dei grifoni possono essere seguiti tramite il sito web di Priroda. Inoltre gli
interessati possono visitare fino a tutto agosto il Centro visitatori di
Caisole, nel cui ambito agisce la struttura di recupero.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - DOMENICA, 6 maggio 2018
Casette a schiera e ville - Raffica di gru in Costiera
Tornano in azione le ruspe nell'area più ambita e delicata del lungomare
per costruire seconde case di russi e austriaci e residence gestiti da veneti
L'ultima gru, di colore bianco, alta ben 33 metri, è stata montata in questi
giorni. Altre tre "sorelle" svettano in punti diversi. E altre ancora si vedono
qua e là all'interno di cantieri di minori dimensioni. In Costiera si torna a
costruire. Circostanza che, da un lato, dimostra come la fase più pesante della
crisi sia alle spalle, e, dall'altro, allarma non poco gli amanti del tratto più
affascinante, e delicato, del Carso triestino. Una zona non a caso interessata
vincoli (paesaggistici, idrogeologici, Natura 2000 ecc), e tutelata in modo
particolare da leggi regionali e piano regolatore, decisi a difendere quello
straordinario tratto di costa e o sovrastanti terrazzamenti a picco sul mare.In
quell'area - da sempre "osservata speciale" da parte di Comune e Soprintendenza,
deputate ad approvare i progetti -, con l'attuale piano regolatore generale
dell'ex assessore all'Urbanistica Elena Marchigiani, in vigore dal 2016, oggi è
più facile demolire e ricostruire o ampliare - al massimo di 200 cubi, vale a
dire il 20% in più - costruzioni già esistenti piuttosto che edificare su nuove
aree, dicono gli esperti. «Ma ci sono ancora alcune aree edificabili in
Costiera, anche se il grosso della zona è stata tutelato sia per quanto riguarda
i pastini sia per la parte verde - spiega l'assessore della giunta Dipiazza,
Luisa Polli -. Inoltre chi ha iniziato i lavori con il precedente piano
regolatore e ha un vecchio titolo edilizio valido può portare a termine i
lavori». Questo anche all'interno di terreni che, nel tempo, sono stati
riclassificati, diventando ora non più edificabili. I lavori in corso, però,
sono di altro tipo e riguardano sia l'ampliamento di ville o appartamenti già
esistenti, sia appunto la costruzione ex novo di edifici. Richiesti, in
particolare, da cittadini e imprenditori veneti e lombardi, ma anche da
facoltosi acquirenti russi, austriaci e tedeschi. Andando a zonzo sul lungomare,
e procedendo dal centro città verso Duino, non è difficile imbattersi in ben
quattro gru, necessarie per questo tipo di territorio. A operare ad esempio è la
Costiera srl, società di costruzioni che entro un anno e mezzo sfornerà dal
nulla sette nuove villette a schiera. La titolare Mara Prataviera, veneta,
figlia di un costruttore, spiega: «Il posto è magnifico, ci lavoro da anni a
questa idea, che prevede sette unità, che possono anche essere meno, ma non di
più, con la possibilità di unirle. A differenza di molte altre costruzioni ogni
casa sarà dotata di due garage indipendenti l'uno dall'altro, cosa difficile da
fare perché scavare nella roccia è difficile e costoso, avvieremo un intervento
con micropali e berlinese. Il beneficio di avere queste comodità però è
impagabile. Inoltre ci sarà l'accesso diretto al mare e stiamo chiedendo al
Demanio di mettere a posto la parte antistante». All'altezza del numero 130
della strada Costiera verrà invece creata una struttura ricettiva partendo da
una già casa esistente. Dietro al progetto, si legge sul cartello esterno, un
albergatore viennese che sul sito web descrive così l'ameno luogo: «Cosa si
potrebbe chiedere di più? Se si volesse vivere vicino al mare, ci vorrebbe una
barca! L'invitante e nuovissima casa vacanze sulla costa adriatica inebria i
visitatori con accesso privato al mare, due camere da letto per quattro persone,
due bagni, un'accogliente cucina abitabile, giardino e - se il tempo non
collabora - anche un sauna o aria condizionata». Anche il ristorante Tenda rossa
si trova in mezzo a tre cantieri. Si tratta da una parte di due nuovissime
costruzioni, una delle quali sarà oggetto di due anni di lavori per una villa di
proprietà di un russo. Dall'altra parte una casa è stata demolita e
completamente ricostruita per un cliente di origini triestine, che ha acquistato
qualche anno fa una casa per le vacanze. Tra una gru e l'altra però ci sono
anche cantieri meno impattanti. Come quelli nell'area di proprietà della Sind
international spa, riconducibile all'acciaieria Danieli, interessata da
ampliamenti e ristrutturazioni. Via Piccard, la stradina che porta alla spiaggia
dei Filtri, ospita poi ben due cantieri. Il primo prevede una costruzione
turistica, con permesso datato anno 2016. Ma, a parte le fondamenta, non sembra
esserci altro, per il momento. Poco più in su è il geometra Euro Clai il
progettista che sta rimettendo a posto e aumentando di volume una casetta per
una coppia austriaca, per viverci sei mesi all'anno. «C'è un mercato estero che
si sta ampliando - commenta -. A farsi avanti molti russi e bielorussi, una
rarità fino a pochi anni fa».
Benedetta Moro
Scatta l'atteso recupero dei pastini - Progetto da 1,7
milioni per consolidare i terreni e scongiurare frane e dissesti
«Recupero del tessuto agricolo e mantenimento storico dei terrazzamenti
esistenti da oltre cent'anni per evitare così fenomeni di dissesto
idrogeologico». Si presenta con questa definizione l'intervento del valore di un
milione e 742 mila euro che nel giro di meno di un anno coinvolgerà diversi
terrazzamenti costruiti a Contovello. È stata approvata recentemente dal
Consiglio comunale, dopo essere passata in giunta su proposta dell'assessore
Luisa Polli, la variante al Piano regolatore generale che permetterà ora al
Consorzio di bonifica "Pianura Isontina", che ha ottenuto l'incarico, di
procedere fra qualche mese come ente appaltatore a individuare l'impresa che si
occuperà dei lavori. «Con questa variante è stato inserito il vincolo
preordinato all'esproprio affinché possiamo operare in quest'area», spiega il
direttore Daniele Luis. I pastini in questione infatti sono di proprietà di
alcuni privati che già li coltivano anche se, di fatto, secondo
l'amministrazione, non si sono mai fatti realmente carico della manutenzione.
«Questa operazione servirà ad assicurare i terreni da un punto di vista anche
idrogeologico e ambientale», spiega infatti l'esponente della giunta Dipiazza.
In particolare si agirà sulla sistemazione dei muretti a secco, sul fondo della
stradina di accesso in modo che possa essere percorribile con mezzi agricoli di
piccole dimensioni e favorendo così il recupero e il mantenimento dell'area, e
sulla realizzazione di una canaletta per l'irrigazione. Si procederà anche a
eliminare la parte di boscaglia presente solo in parte. «In passato erano stati
ricavati dei canali di scorrimento - annota Polli - per evitare che l'acqua
trascinasse il versante giù». Nell'ordine ora si sta procedendo alla
progettazione esecutiva, poi entro l'anno verrà aggiudicata la gara d'appalto
affinché i lavori possano partire alla fine del 2018 o al massimo all'inizio del
2019. Il cantiere durerà circa 365 giorni, poco più, poco meno. «Nel mezzo
infatti ci dovremo fermare - spiega ancora Luis - per permettere a chi coltiva
queste terre di vendemmiare, perché c'è un'unica possibilità di accesso». I
finanziamenti erano stati assegnati in origine alla Provincia di Trieste dalla
Regione (750mila euro) e dal Fondo Trieste (440mila euro). Si tratta di risorse
che hanno origine lontana. Infatti è stata l'ex amministrazione regionale
guidata dall'allora governatore Riccardo Illy ad occuparsene per prima, quando
assessore alle Risorse agricole era Enzo Marsilio. Quei fondi sono rimasti "in
letargo" per una decina d'anni.La Provincia non ha potuto poi dar seguito alle
successive fasi dell'iter a causa dei vincoli imposti dal patto di Stabilità.
Nel 2015, grazie alle nuove norme regionali finalizzate ad attenuare le
difficoltà degli enti locali nell'impiego di contributi già riscossi e da
riscuotere, l'iter è ripartito. E ultimamente quindi sono stati rimessi in
carreggiata.
(b.m.)
«Va alzata la guardia contro le speculazioni»
L'appello lanciato dai vertici di Legambiente alle istituzioni - Ma per
architetti e Wwf non c'è pericolo di colate di cemento
La Costiera sembrerebbe al sicuro. Il piano regolatore generale vigente
dovrebbe assicurare una buon deterrente per evitare isole di cemento. Ma non è
detta l'ultima parola. Secondo architetti e ambientalisti in ogni caso la
soluzione migliore è sempre «ristrutturare anziché consumare nuovo suolo». Il
presidente dell'Ordine degli architetti, Thomas Bisiani infatti spiega infatti
che «il nuovo piano regolatore conferma l'edificazione per quelle aree dove
esistono già degli edifici - annota -. E tutela di più le aree non ancora
edificate, in particolare le zone verdi. Limitare gli interventi edilizi non è
solo una questione strettamente tecnica ma di sensibilità, perché il vincolo che
c'è in Costiera c'è sempre stato, è in vigore dal '54. Il riuso del patrimonio
esistente tuttavia è sempre preferibile rispetto alla costruzione ex novo». La
novità, che potrebbe ulteriormente mettere dei paletti in quella e altre zone,
riguarda il piano paesaggistico regionale, ancora però incompleto in alcune
parti. «Inciderà attraverso delle regole sugli interventi relativi a materiali o
ad alcune tipologie edilizie da privilegiare - aggiunge Bisiani -. Ciò sarà
oggetto di approfondimento, i contenuti ultimi ancora non li sappiamo». E se di
cura per il paesaggio si parla, un'attenzione particolare va data proprio alla
manutenzione dell'area. «La Costiera è una zona storicamente antropizzata. È
stata modellata con muri di contenimento, pastini e percorsi, quindi qualsiasi
forma di tutela deve essere attiva, non possiamo fotografare la Costiera così
com'è e non permettere di gestirla e manutenerla perché - conclude - banalmente
il verde infestante e la crescita di alberi, dove un tempo c'erano le vigne e le
coltivazioni, oggi creano dei problemi: l'abbandono di queste aree è uno dei
fattori di dissesto idrogeologico». A porsi dei dubbi sui nuovi progetti a picco
sul mare è Alessandro Giadrossi, avvocato e delegato regionale del Wwf. «Sono da
vedere - spiega infatti - le tabelle di cantiere ed è necessario capire di
quando sono le autorizzazioni paesaggistiche concesse per queste nuove
costruzioni in Costiera. Ricordo infatti che durante l'adozione dell'attuale
piano erano state considerate diverse tutele, che sono state poi però allentate
in sede di approvazione, perché sono state accolte varie istanze dei privati.
Bisognerebbe dunque capire se ci sono state delle richieste di modifica delle
destinazioni, e se sì, se sono state accolte in fase di approvazione. Tutto
sommato comunque l'insieme di vincoli e tutele dovrebbero preservare il
paesaggio. Sono sicuramente sempre meglio le ristrutturazioni, se fatte bene,
che le nuove edificazioni». In attesa di nuove verifiche esprime il proprio
parere anche Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente. «Trieste - dice -
puntava a un'espansione di abitanti sovradimensionata: l'ultimo importante piano
regolatore era quello di Illy, che ha riempito tutti i quadratini verdi di case.
Per fortuna poi i piani successivi hanno ridotto questo andazzo, anche se è
difficile tornare indietro. La città è piena di casa non abitate, è inutile
costruire ancora. Questa dinamica segue l'interesse dei privati che non vogliono
rinunciare a nulla, ma l'interesse pubblico invece è altro. Il Comune deve
iniziare a opporsi e ci deve essere una spinta sulle ristrutturazioni».Eppure il
mercato di nuove costruzioni, così come le compravendite di case preesistenti,
in Costiera continua ad essere fiorente, eccome. A darne prova Stefano Nursi,
presidente provinciale Fiaip. «Le ultime trattative in questo anno e mezzo -
afferma -, con acquirenti provenienti soprattutto da fuori Trieste, anche
italiani, veneti e lombardi, e poi russi e austriaci, sono state notevoli.
Comprano per una seconda casa. È c'è un risveglio generale per cui i proprietari
storici ampliano le proprie case grazie anche ad agevolazioni fiscali, mediante
il miglioramento energetico, che vanno fino a 97mila euro. In questo modo
valorizzano, ampliano e ristrutturano l'immobile. Anche se l'ampliamento costa
1.500 - 2mila euro al metro quadrato, il benefico varrà poi il doppio. E le
nuove costruzioni probabilmente sono progetti risalenti al vecchio piano
regolatore, ora tutto è complicato».
(b.m.)
Api uccise da insetticidi, indaga la procura
Ci sarebbe l'utilizzo dei «neonicotinoidi», prodotti fitosanitari utilizzati
in agricoltura come insetticidi e antiparassitari ma il cui impiego è vietato
per concia delle sementi, cereali e colture che attraggono le api, alla base
della moria di api e degli anomali spopolamenti degli alveari, fenomeno a cui si
assiste ormai da anni nelle campagne, italiane e internazionali. Lo rileva una
indagine avviata due anni fa dalla Procura di Udine e sfociata ora nel sequestro
dei campi di mais, 17 fondi agricoli in varie zone della provincia, notificato a
22 indagati, tra proprietari e conduttori dei fondi in cui sarebbero stati
utilizzati i prodotti vietati. L'ipotesi di reato è inquinamento ambientale. I
neonicotinoidi farebbero infatti perdere l'orientamento alle api che non
riescono dunque più a trovare gli alveari. Le sostanze sono state messe al bando
nei giorni scorsi anche dall'Unione europea. Il divieto di utilizzo all'aperto
sarà applicabile da fine 2018. La Procura da marzo a giugno 2016, ha monitorato
400 arnie vicine a campi di mais nella campagna friulana rilevando che la
popolazione delle api da miele era calata da circa 60 mila a 10-20 mila unità.
Secondo quanto accertato, le api riuscivano a stento a produrre il miele per il
proprio sostentamento, azzerando la commercializzazione del prodotto; è stato al
contrario necessario provvedere ad apporti nutrizionali artificiali per evitarne
la morte per denutrizione; in alcuni casi sono state trasferite in zone sicure.
L'attività d'indagine, coordinata dal pm Viviana Del Tedesco e delegata al Corpo
forestale regionale Noava, avrebbe consentito di accertare l'impiego nelle
colture di mais dei prodotti fitosanitari contenenti le sostanze vietate.
IL PICCOLO - SABATO, 5 maggio 2018
Le emissioni aumentano, allarme nella UE
Anziché diminuire le emissioni del gas serra CO2 continuano ad aumentare in Italia e nell'Unione europea. In aprile, la concentrazione di questo gas nell'atmosfera del pianeta ha superato per tutto il mese il picco storico delle 410 parti per milione (ppm). Appare sempre più difficile raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi sul clima: contenere il riscaldamento globale entro 2 gradi dai livelli pre-industriali, se possibile entro 1, 5 gradi (tenendo conto che già oggi è salito di 1 grado). Dal 2016 al 2017 le emissioni di CO2 sono aumentate dell'1, 8% in Europa e del 3, 2% in Italia, riferisce Eurostat, l'ufficio di statistica dell'Ue. L'aumento può dipendere da condizioni climatiche, crescita economica e demografica, trasporti e attività industriali. Gli aumenti più significativi si sono avuti a Malta (+12,8%), Estonia (+11, 3%), Bulgaria (+8,3%), Spagna (+7, 4%) e Portogallo (+7,3%). Finlandia (-5,9%), Danimarca (-5,8%) e Gran Bretagna (-3,2%) sono invece i Paesi dove si è registrato il taglio maggiore. L'americana Scripps Institution of Oceanography ha scoperto poi che l'anidride carbonica nell'atmosfera ha superato in aprile la concentrazione di 410 parti per milione, con valore medio nel mese di 411, 24 ppm. La soglia dei 410 è un picco storico già superato il 18 aprile del 2017: ma è la prima volta (da quando il fenomeno viene rilevato dall'uomo) che la concentrazione resta sopra questo valore per un intero mese. La concentrazione di anidride carbonica in atmosfera era di 280 parti per milione nel 1880, inizio era industriale, quando sono cominciate le rilevazioni meteorologiche con criteri scientifici. Quando nel 1958 fu introdotta la curva di Keeling per misurare le variazioni dell'anidride carbonica nell'atmosfera il valore era di 315 ppm.
Spazzatura davanti all'ingresso del Comune - Eclatante
gesto di protesta a Muggia contro l'introduzione del "porta a porta". La
scoperta di primo mattino. Indaga la polizia
MUGGIA - Sette sacchi pieni di spazzatura lasciati davanti all'ingresso del
Municipio. Amara sorpresa, ieri mattina, per il sindaco Laura Marzi e la sua
amministrazione, che hanno visto recapitarsi in casa un inatteso dono: sette
sacchi colorati, per l'appunto, contenenti rifiuti vari. Un gesto simbolico che
inasprisce ancora di più il clima attorno al nuovo servizio di raccolta
differenziata integrale "porta a porta". Dopo l'iniziale stupore, sul posto è
stata chiamata la polizia di Stato - l'abbandono di rifiuti può essere punito
con una sanzione amministrativa - per i rilievi del caso. Successivamente, un
camioncino del Comune ha recuperato i sacchi liberando l'entrata dell'edificio
di piazza Marconi. «Sono singole manifestazioni polemiche, e di maleducata
protesta, che nulla hanno a che vedere con l'approccio proficuo della maggior
parte della cittadinanza che, anche nel lamentare talune criticità ancora
esistenti, lo fa in modo corretto e collaborativo», ha fatto sapere subito
Marzi. Le autorità competenti visioneranno comunque i filmati registrati dalle
videocamere di sorveglianza presenti nell'area per individuare il protagonista,
o i protagonisti, dell'eclatante gesto. Il web Ma qual è stata la reazione dei
muggesani? Dal web sono arrivati quasi esclusivamente plausi per quanto
accaduto. «Finalmente, ecco dove portarli, se mi aveste avvisato li avrei
portati anch'io». «Forse così si sveglieranno». «Bravissimi a chi ha avuto il
coraggio, ben fatta, ci sarebbe voluto un camion». «Non è bello, ma giusto
così». Queste le frasi più significative di appoggio al gesto di protesta.
Ovviamente c'è anche chi ha ironizzato: «Secondo me i sacchetti sono di colore
sbagliato». Eloquente comunque il fatto che i commenti più apprezzati siano
stati del tenore dell'«oh, finalmente, bravi, ecco il posto giusto per le
scovazze» e, ancora, dell'«e cusì dovesimo far tuti».La politica Naturalmente
non sono mancati i commenti politici. Dai banchi dell'opposizione Roberta Tarlao,
capogruppo di Meio Muja, ritiene che «la situazione sta sfuggendo di mano, con
pesanti conseguenze per decoro, salute e igiene pubblica, anche se i cittadini
maleducati sono i più grandi alleati di un'amministrazione incompetente. Servono
tariffe puntuali per i virtuosi e sacchetti non anonimi». Dalla maggioranza,
invece, Riccardo Bensi, capogruppo del Pd, stigmatizza l'accaduto: «Siamo di
fronte ad un grave gesto provocatorio e strumentale. Stiamo risolvendo i
problemi esistenti, problemi che sono comprensibili essendo ancora il servizio
in fase di rodaggio. La giunta e i consiglieri di maggioranza sono in stretto
contatto con i cittadini, questa è la cosa importante».I commercianti Sempre
ieri il Comune ha confermato le nuove misure per i commercianti dopo lo
smantellamento, avvenuto giovedì, dell'area rifiuti di via Manzoni, imposto
dalla Capitaneria a causa dei forti odori provenienti da dietro il futuro
Infopoint. Tre le aree dedicate ai commercianti muggesani. Una in piazzale ex
Alto Adriatico, per il conferimento di plastica, carta e cartone, e un'altra in
piazzale Caliterna, con apertura a chiave e raccolta per cinque giorni a
settimana (no al martedì né alla domenica), per il secco residuo. Infine tra via
Roma 22 e piazzale Caliterna sono state allestite le isole ecologiche per
rifiuti organici, vetro e "barattolame", per le quali rimarrà il conferimento
quotidiano. Questa, dunque, la soluzione adottata dall'amministrazione Marzi,
«che va ad integrare e non a sostituire il sistema di raccolta porta a porta»,
servizio «che si continuerà a garantire secondo il consueto calendario e che in
tutto il territorio sta dando risultati davvero buoni già da questo primo
periodo». Il raduno Non è finita qui, però, perché per oggi alle 10, sempre in
piazza Marconi, si annuncia una nuova protesta promossa da una serie di
commercianti che porteranno con sé le loro immondizie. E il Comitato Muggia Sos
"porta a porta" invita i cittadini ad aggregarsi.
Riccardo Tosques
Nasce la guida online per scoprire "a piedi" la flora
delle Falesie
Da quest'anno chi passeggia nella Riserva potrà riconoscere le 600 specie
di fiori e piante presenti usando lo smartphone
DUINO AURISINA - Un paio di "clic" sul telefonino o sul tablet e si potrà
individuare immediatamente davanti a quale, delle 600 specie spontanee di fiori
e piante presenti nella Riserva naturale delle Falesie, ci si trova. È questa la
grande novità della stagione 2018 per quanto riguarda la Riserva regionale,
punta di diamante della proposta turistica del territorio comunale di Duino
Aurisina e dell'intero Friuli Venezia Giulia. Si tratta della guida interattiva
del Sentiero Rilke e della Riserva delle Falesie, una modalità semplice, a
portata di tutti, basata sulla diffusione oramai capillare di sistemi mobili,
studiata apposta dall'Università di Trieste per offrire un'importante
opportunità in più per tutti coloro che amano il turismo naturalistico. È stato
Pierluigi Nimis, ordinario alla facoltà di Scienze della vita del locale ateneo,
a illustrarla ieri, nel corso dell'appuntamento, svoltosi nella palazzina ex
Aiat per le informazioni turistiche di Sistiana, che ha segnato l'avvio
ufficiale della stagione turistica a Duino Aurisina, alla presenza di Marco
Tullio Petrangelo, direttore di PromoTurismo Fvg, del sindaco Daniela Pallotta,
dell'assessore Andrea Humar, del consigliere Massimo Romita e di Saul Ciriaco,
naturalista ed esperto subacqueo in rappresentanza del Wwf. «Siamo partiti
dall'esperienza maturata in Friuli, dove, quattro anni fa - ha ricordato Nimis -
abbiamo realizzato la guida interattiva alla flora delle Alpi Carniche
meridionali, dedicandoci alla vegetazione presente nella conca di Sauris.
Immediatamente il numero dei visitatori si è moltiplicato. Alle Falesie - ha
annunciato il docente di Botanica - contiamo di ottenere un risultato
altrettanto rilevante. Partendo dal presupposto che oggi, con gli smartphone e i
tablet, è possibile fare moltissime cose, abbiamo studiato un sistema che potrà
essere utilizzato online oppure dopo aver scaricato il sistema». In sostanza,
attraverso un percorso di domande molto semplici, si potrà arrivare a capire
subito davanti a quale fiore o pianta ci si trova. Sarà sufficiente dire qual è
il colore e la forma delle foglie, fornire qualche ulteriore indicazione e con
un "clic" finale sullo schermo del portatile apparirà la specie esatta con tutte
le sue caratteristiche. Per i turisti amanti della natura si apre dunque un
mondo di possibilità, racchiuse nell'ambito di un territorio relativamente
piccolo. La Riserva regionale delle Falesie copre una superficie di 107 ettari,
ma al suo interno la varietà delle specie è notevole. «Abbiamo inserito nella
guida anche una galleria fotografica con 180 mila foto - ha ripreso Nimis - e
tutte con le specifiche caratteristiche individuali delle varie specie. Le
informazioni e le immagini sono riproducibili su word con il semplice copia
incolla. Ovviamente la guida è bilingue. Insomma, passeggiando sulle Falesie si
potrà esplorare un mondo immenso». Ciriaco ha presentato il programma delle
visite guidate alla Riserva, predisposte dal Wwf di concerto con
l'amministrazione comunale. «Ne faremo di due tipi - ha spiegato - una si chiama
"Il Carso a picco sul mare: il sentiero Rilke", l'altra '"Dalle Falesie alle
spiagge, attraverso il bosco della Cernizza". L'auspicio è che la fruizione
della Riserva sia inserita in un contesto di rispetto della natura e della sua
conservazione».
Ugo Salvini
Con Elio sul treno dei ricordi lungo la Trieste-Erpelle
Martari è stato l'ultimo aiuto macchinista sulla storica linea
ferroviaria a vapore - «Quelle dure giornate con il carbone e la bora che
annerivano i nostri volti»
«Ho fatto l'aiuto macchinista sulla linea ferroviaria a vapore
Trieste-Erpelle dal marzo del 1957 fino all'estate dell'anno successivo, quando
l'hanno chiusa". Elio Martari, triestino classe 1935, è uno degli ultimi
ferrovieri della città a possedere la testimonianza di prima mano dell'epopea
delle locomotive di un tempo, di quelle che a raccontarle ai giovani d'oggi
sembrerebbero quasi leggendarie. «Partivamo da Campo Marzio con la prima corsa
alle 5.10 del mattino - afferma il signor Elio - e pensa che per poter muovere
la locomotiva dovevo essere sul posto di lavoro già alle 4. Il treno consumava
carbone, che come aiuto macchinista ero tenuto a caricare prima. Si partiva e si
impiegava mezz'ora per raggiungere Erpelle, dove non avevamo mai tempo per
fermarci. Si ripartiva quasi subito».Il diario di Elio scivola via lungo le
pagine di una storia quasi dimenticata, in quella nostalgia verso le immagini in
bianco e nero che la crisi della contemporaneità alimenta. «Il viaggio di
ritorno della prima corsa era quello forse più frequentato, perché a Draga
Sant'Elia, Moccò e San Giuseppe della Chiusa salivano a bordo le donne del latte
(mlekarice in sloveno, ndr) che chiacchieravano tra di loro fino al capolinea».La
quarta stazione del percorso era Sant'Anna: «Delle cinque che partivano
giornalmente da Campo Marzio solo la seconda, l'ultima e quella del primo
pomeriggio giungevano fino a Erpelle. Le altre invece fermavano a Draga»
racconta Elio che snocciola aneddoti curiosi e divertenti. «Quando tornavamo da
Erpelle, siccome mancava uno svincolo, dovevamo farla praticamente in
retromarcia, un po' come i gamberi. La bora poi - continua - era sempre un
elemento di disturbo: a causa del carbone che dovevamo utilizzare e delle
raffiche, spesso ci ritrovavamo con il viso completamente annerito. Mia moglie
quando ci siamo conosciuti la prima volta - sorride Martari - mi ha chiesto: "Ma
cossa perché la ga i oci neri lei?"». Anche nell'espressione dialettale trasuda
l'eleganza del ritmo a passo lento della locomotiva della fine degli anni
Cinquanta.«Per la festa di San Giuseppe poi, da città salivano a bordo decine e
decine di persone a ogni corsa, tanto che dovevamo mettere una locomotiva in più
e almeno quattro o cinque vetture, tanta era la gente che voleva andare a
passare una bella giornata di festa. Sono tanti anni ormai che non vado più, go
84 anni mi la sa?». Se si è alle prese con un signore che ha superato gli
ottanta ed è in splendida forma come nel caso di Elio, si sa che gli anni
tendono ad aumentare, un po' per scherzo e un po' per fare invidia alla persona
che si ha davanti. «Vado a correre tre volte alla settimana - racconta così - e
ogni tanto ho portato anche i miei nipoti sulla linea ferroviaria, quella che
oggi è la ciclabile che passa sopra la Val Rosandra».I ricordi e le emozioni si
sprecano, anche se Elio ha le idee molto chiare: «Era una linea impossibile,
dicevano fosse una delle più difficili d'Europa a causa della pendenza e del
tracciato (si partiva da tre metri sul livello del mare per toccare i 490, ndr).
La chiusero perché non era più funzionale e credo costasse troppo. È giusto che
oggi sia una ciclabile e che venga usata dalle persone per andare a correre o in
bicicletta».Il signor Martari ha radici veronesi: «Mio padre Enrico e mia madre
Maria erano entrambi di Villafranca di Verona e si sono incontrati qui a Trieste
subito dopo la Prima guerra mondiale. Mio padre infatti aveva combattuto sul
Carso e sull'Isonzo (prigioniero nel dopo Caporetto per sei mesi in un campo di
prigionia tedesco, ndr) e da reduce gli era stato offerto un lavoro proprio qui
come ferroviere». Elio ricorda che «mia madre, dopo la terza avviamento, mi
spedì dritto a cercare lavoro. Io avrei voluto fare il Volta ma non c'erano
soldi per la scuola». Martari partecipa al concorso nel 1956 e dopo nove mesi di
corso a Udine viene assunto. «Come aiuto macchinista percepivo uno stipendio di
78 mila lire (questo il dato del 1958 che Elio ricorda, ndr) ma era un lavoro
duro, oggi lo chiamerebbero usurante».Una linea transfrontaliera che
attraversava la Cortina di Ferro metteva di fronte i ferrovieri italiani e
quelli sloveni in un periodo in cui i rapporti tra Roma e Belgrado non erano per
niente all'acqua di rose. «Con i colleghi sloveni c'era un rapporto cordiale e
non abbiamo mai avuto alcun problema». Elio ricorda ancora: «Andavamo a 15
chilometri all'ora e anche se per qualche motivo facevamo ritardo nessuno si
indignava, non eravamo mica il Frecciarossa di oggi». Nei suoi occhi rimane la
gioia di essere uno degli ultimi protagonisti della locomotiva a vapore e ha un
pensiero speciale da dedicare a Campo Marzio. «Spero veramente - conclude
Martari - che il museo riesca a diventare un punto di riferimento per i tanti
appassionati e per i turisti. Hanno detto che stanzieranno dei soldi per la sua
ristrutturazione: speriamo lo facciano davvero».
Nicolò Giraldi
"Nel mare dell'Intimità" da 24 mila ingressi
Chiusa la mostra al Salone degli Incanti. Una parte dell'allestimento finirà al Museo di Campo Marzio - (vedi articolo)
Quasi 24 mila visitatori per la mostra "Nel mare dell'intimità. L'archeologia subacquea racconta l'Adriatico", dedicata alla memoria di Pedrag Matvejevic e allestita al Salone degli Incanti di Trieste, esposizione conclusasi il 1° maggio. Il dato finale parla di 23.856 visitatori in quattro mesi e mezzo di apertura, con una media giornaliera di quasi 200 persone. Il progetto ha peraltro avuto un nuovo e importante riconoscimento da parte del Mibact che ha inserito l'iniziativa nel programma ufficiale "2018. Anno europeo del patrimonio culturale". L'esposizione è stata curata da Rita Auriemma, direttore del Servizio catalogazione, formazione e ricerca dell'Erpac - Ente regionale per il Patrimonio culturale della Regione Friuli Venezia Giulia, che l'ha promossa e organizzata insieme al Comune di Trieste - Assessorato alla Cultura e in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio del Fvg, il Polo museale del Friuli Venezia Giulia, la Federazione archeologi subacquei, il Croatian Conservation Institute, l'International Centre for Underwater Archaeology e numerosi altri partner italiani e stranieri. Poco più della metà dei visitatori sono triestini. Oltre al dato aggregato è interessante notare la significativa incidenza dei visitatori provenienti da fuori Trieste (il 23% del totale) e dall'estero (il 12,5 %). Natale, Capodanno e le altre festività nazionali, durante le quali la mostra era sempre aperta, hanno registrato picchi di ingressi con una significativa presenza di "non triestini" a testimonianza dell'attrattività turistico-culturale della città. Le provenienze più significative in termini di numeri sono state quelle da Slovenia, Croazia, Austria, Germania, Francia, Inghilterra, ma anche Stati Uniti. Nel solo mese di aprile 7.633 i visitatori, dei quali 1.353 nella giornata di chiusura. Così la curatrice Auriemma: «La cosa che ci ha più sorpreso è stata la fantastica risposta del pubblico, non solo in termini di presenze, ma soprattutto di forte coinvolgimento emozionale. Intorno alla mostra si è creata una vera e propria comunità, non solo scientifica, ma anche di cittadini. Sono tantissime le persone che ci hanno inviato proposte, suggerimenti, messaggi e attestazioni commosse di ringraziamento». Giorgio Rossi, assessore comunale alla Cultura, ha osservato: «La mostra non è stata solo un avvenimento culturale ma un'esperienza umana per tutti quelli che con spirito e cuore l'hanno ideata, sostenuta e offerta agli altri». Una mostra pensata per sopravvivere a se stessa, a partire da alcuni elementi dell'allestimento che troveranno nuova collocazione al Museo del Mare di Campo Marzio. E la Regione Puglia ha chiesto il trasferimento di parte dell'esposizione a Brindisi con uno sguardo privilegiato sul basso Adriatico.
IL PICCOLO - VENERDI', 4 maggio 2018
In arrivo a Barcola il percorso Pedibus formato
"extralarge" - Ampliato ai tre asili della zona il progetto originario che
prevedeva il collegamento tra la Finzgar e l'oratorio
Dopo alcuni sopralluoghi e la messa a punto del progetto tra insegnanti,
genitori e Comune, anche Barcola sarà fornita di un percorso Pedibus, cioè un
itinerario che i bambini possono attraversare a piedi in sicurezza per
raggiungere la scuola e i diversi luoghi di aggregazione. L'ordinanza è già
stata emanata, quindi i lavori potrebbero cominciare e terminare già prima della
fine dell'anno scolastico, altrimenti si arriverà al prossimo settembre.
Inizialmente il tragitto prevedeva solo il collegamento tra la scuola primaria
di lingua slovena Fran Saleski Finzgar dell'istituto comprensivo Vladimir Bartol,
che ne aveva fatto richiesta all'amministrazione, e l'oratorio accanto alla
chiesa di San Bartolomeo, che si affaccia su viale Miramare. Ma l'assessorato
all'Urbanistica, guidato dall'esponente della giunta Luisa Polli, ha poi
allargato lo sguardo, realizzando un camminamento che si estenderà tra via
Moncolano, attraverso tre isolati, e via del Boveto. Unite tra loro, tra fermate
del bus e lo scambio scuola-casa, saranno così, oltre alla scuola elementare e
il ricreatorio, le tre materne: la paritaria Sacro Cuore delle Orsoline in via
del Cerreto 2, dove si trova anche una casa albergo per anziani, e le statali
dell'istituto comprensivo Roiano-Gretta, all'inizio di via di Vallicula, e
dell'istituto sloveno Vladimir Bartol, che ha sede nella stessa via. Nuovi
attraversamenti pedonali e altrettanti dissuasori ottici di velocità spunteranno
quindi sul manto stradale dell'area. Delle zebre, in particolare, saranno
collocate all'incrocio tra via Moncolano e via del Cerreto, in uno spazio che
darà modo alle auto che provengono dalla parte alta della stessa via Moncolano,
grazie appunto anche ai dissuasori, di non trovarsi, nell'immediato, a ridosso
dello stop per i pedoni.Altre strisce saranno collocate in via del Cerreto, a
metà, dove la strada incontra via Bonafata, così come nel primo tratto, che si
affaccia su viale Miramare, nonché alla fine, in modo da dare la possibilità di
svoltare da e per via Vallicula, intersezione a fondo cieco. E proprio sullo
stradone principale il servizio Pedibus continuerà accompagnando i ragazzi sulla
strada di ritorno verso casa.Dopo la sperimentazione positiva dei Pedibus a
Servola, con la scuola Biagio Marin, e ancor prima a Rozzol, con la scuola
Giotti, si entra dunque nel vivo a Barcola mentre è stato avviato l'iter nel
rione di San Vito. «Abbiamo creato questo sistema - commenta Polli - affinché,
in qualsiasi direzione i bambini vadano, lo possano seguire. Ci saranno dapprima
le maestre che daranno istruzioni ai propri alunni su come percorrerlo, per
renderli indipendenti, anche con delle uscite prova. Accompagneranno comunque
sempre i ragazzi per l'ora di catechismo. Si tratta di un buon mezzo per
impartire il senso di educazione civica ai più piccoli. Ed è stata proprio la
scuola slovena a chiedercelo, per questo invito istituzioni scolastiche e
genitori a contattare l'amministrazione per la richiesta dei percorsi Pedibus
laddove ce ne fosse bisogno». Erano stati infatti genitori e insegnanti, anche
con un sopralluogo della Sesta commissione e con il sostegno poi di alcuni
consiglieri comunali, a chiedere una soluzione in seguito anche a un incidente
in via del Cerreto che aveva visto un bimbo investito da un auto lo scorso
ottobre. «Il sindaco auspica che questo progetto sia realizzato già entro la
fine dell'anno scolastico - precisa l'assessore - ma non avendo ancora ultimato
il bilancio bisogna capire con la collega Elisa Lodi, dei Lavori pubblici, se
c'è ancora margine, all'interno del budget a disposizione per la ditta
incaricata alla pitturazione della segnaletica a terra, per fare questo
intervento. Altrimenti sarà pronto per l'inizio di settembre. Nell'occasione
verranno inseriti un nuovo bidone delle immondizie davanti all'ingresso della
scuola slovena e un cestino nell'area per le deiezioni dei cani, e saranno
arretrati verso la città i cassonetti che si trovano in viale Miramare, poco
prima della chiesa, per dare maggiore visibilità alle auto che entrano in via
Moncolano».
Benedetta Moro
La TARI si fa "low cost" per negozi, locali e studi gestiti da under 35.
MUGGIA - Esenzione totale della Tari per l'anno 2018 e riduzione del 50% per il 2019. È questa l'agevolazione fiscale introdotta a Muggia dall'amministrazione comunale per esercizi commerciali, pubblici esercizi e attività professionali di cui sono responsabili soggetti di età non superiore a 35 anni. Una sola la condizione prevista per l'attivazione del bonus Under 35: che l'attività venga avviata nel corso dell'anno 2018 in unità immobiliari all'interno del centro storico, come individuato nel vigente Piano regolatore generale del Comune di Muggia. «La possibilità di avvalersi di questa esenzione non ha un'esclusività muggesana e potrebbe pertanto rappresentare un'attrattiva anche per chi viene da fuori - racconta l'assessore al Commercio di Muggia Francesco Bussani - senza sottovalutare il fatto che offre un valore aggiunto alla scelta di chi volesse mettersi in gioco: il fatto di poter avere un'esenzione totale per un anno, e una riduzione della metà della Tari sul secondo, potrebbe essere d'aiuto a coloro che, specie all'inizio, sono bloccati da tutti gli obblighi che scendere in campo porta inevitabilmente con sé e penso quindi ai nostri giovani, ma anche a gruppi di mamme che potrebbero magari unirsi per aprire un'attività». Per il secondo anno consecutivo, quindi, la giunta Marzi, «ritenendo di strategica importanza il sostegno del tessuto economico cittadino e la valorizzazione del centro storico», protagonista purtroppo di numerose chiusure di negozi, imprese e studi, si sta impegnando per favorire l'apertura di nuove attività imprenditoriali anche attraverso la realizzazione di forme di agevolazione fiscale. «Siamo convinti dell'importanza che riveste il rivitalizzare il centro storico non solo per il cuore di Muggia, ma per tutta la città ed i suoi cittadini, anche sul piano sociale e turistico», conferma Bussani che ricorda infine che per il 2018 è stata mantenuta un'altra delle promesse elettorali della coalizione del sindaco Laura Marzi, visto che nel programma elettorale era stato esplicitamente scritto che «per la riqualificazione del centro storico di Muggia sarà inoltre previsto un sistema di detassazione e di rimborsi delle tasse comunali per favorire il ritorno delle piccole botteghe». Intanto il Comune sta continuando a prendere le misure sulla nuova raccolta differenziata dei rifiuti. L'ultima novità riguarda i pannoloni e i pannolini. Dal Municipio è stato comunicato che gli utenti che utilizzano dispositivi sanitari per l'incontinenza e le famiglie con bambini dagli zero ai tre anni potranno usufruire di una seconda giornata di asporto settimanale dedicata e che, «se necessario», gli utenti potranno inoltre richiedere un bidone aggiuntivo da destinare a questa raccolta. La richiesta potrà essere inoltrata via mail all'Ufficio Sviluppo energetico ed Ecologia ambientale, all'indirizzo silvio.lettich@comunedimuggia.ts.it indicando nell'oggetto "Richiesta secondo giro secco".
(ri. to.)
Troppa puzza, trasferita l'area rifiuti - La zona
adibita a centro raccolta, dietro a piazzale Caliterna, spostata all'ex Alto
Adriatico
MUGGIA - Un odore talmente nauseabondo da richiedere l'intervento della
Capitaneria di Porto e l'immediata rimozione di tutti i contenitori. Situazione
al limite dell'incredibile quella verificatasi ieri a Muggia, attorno all'ora di
pranzo, quando gli olezzi provenienti dall'area sita dietro al piazzale
Caliterna, adibita a centro raccolta dei rifiuti dei commercianti del centro
storico, sono stati così insostenibili tanto da richiedere l'intervento da parte
della Capitaneria e la pronta rimozione da parte di Net della dozzina di
contenitori di indifferenziata, plastica, vetro e carta presenti. Dell'accaduto
è stata informata anche la Polizia di Stato che ha monitorato l'evolversi della
vicenda. Ma alla resa dei conti, dove sono andati a finire i contenitori? Nel
primo pomeriggio di ieri è arrivata l'ufficialità, con tanto di lettera fatta
firmare ai commercianti, che dalla giornata di oggi i rifiuti dovranno essere
conferiti non più dietro a Caliterna bensì nel piazzale ex Alto Adriatico, nuova
sede dei contenitori. Una zona dunque decisamente più lontana rispetto a quella
precedente e certo di non immediato raggiungimento per i commercianti del centro
storico. Creata ad hoc dall'amministrazione Marzi e attiva dai primi giorni di
aprile, l'area sita nella zona dell'àncora, tra la trattoria Alla Marina e la
palazzina comunale che ospiterà il futuro infopoint, era già entrata nel mirino
da parte dei muggesani che lamentavano il poco edificante spettacolo di un'area
recintata solo da una rete metallica (con tanto di lucchetto) e quindi
perfettamente visibile ad occhio nudo. Tante le segnalazioni fotografiche che
hanno immortalato nel mese di aprile un ammasso di rifiuti di ogni genere, molto
spesso lasciati a terra a causa della mancanza di spazio nei contenitori. E tra
i rifiuti conferiti, i residui indifferenziati dei prodotti ittici, vedi ad
esempio i gusci delle cozze o i resti dei crostacei, anche in conseguenza delle
alte temperature degli ultimi giorni, hanno giocato un ruolo importante nel
creare un'aria irrespirabile che con il vento di ieri si è propagata per diverse
centinaia di metri sino all'interno dell'adiacente centro storico. Intanto ieri
mattina la Fipe Trieste ha avuto incontro avvenuto con il Comune di Muggia
proprio sul sempre più spinoso tema della raccolta differenziata dei rifiuti.
Viste le tante lamentele giunte alla federazione provinciale dei pubblici
esercizi da parte dei commercianti rivieraschi, esasperati dal nuovo sistema
porta a porta, la Fipe ha chiesto di istituire un circuito di "utenti speciali"
per godere di una raccolta dei rifiuti più frequente. In particolar modo gli
esercenti dotati di metrature più piccole hanno chiesto un rapido intervento da
parte dell'amministrazione. Fipe, appurata la volontà del Comune di trovare una
soluzione condivisa, ha affermato di auspicare di chiudere positivamente la
vicenda entro la fine del mese di maggio.
(ri. to.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 maggio 2018
È allarme energia sporca - Sott'accusa petrolio e gas -
L'Organizzazione mondiale della sanità: 7 milioni di morti per l'inquinamento
Nove persone su dieci sono a rischio malattie gravi. Dati choc anche in
Europa -
LE MORTI PER INQUINAMENTO
ROMA - In Asia, in Africa, ma anche in Europa si continua a morire per colpa
dell'aria inquinata. Lo affermano le ultime cifre diffuse dall'Organizzazione
mondiale della sanità, riferite al 2016, secondo cui nel mondo il 90% della
popolazione respira inquinanti a un tasso superiore a quello giudicato massimo
per la salute, con la conseguenza che in un anno sette milioni di persone sono
morte per questa causa, con numeri sostanzialmente stabili negli ultimi anni. Le
stime si basano sui dati di 4.300 città in 100 Paesi diversi sia
sull'inquinamento atmosferico, con i tassi di polveri sottili e ultrasottili,
che su quello indoor, causato dall'utilizzo di stufe a carbone o a legna per
cucinare e riscaldare gli ambienti. Secondo la stima dell'Oms, l'aria inquinata
è causa del 24% di tutte le morti per attacco cardiaco, del 25% degli ictus
mortali, del 43% delle morti per malattie polmonari ostruttive e del 29% dei
tumori al polmone. Il peso maggiore è per il sud est dell'Asia e per il Pacifico
Occidentale, che hanno più di due milioni di morti, mentre la regione europea
dell'Oms ne conta circa 500mila. Il 7% dei morti sono bambini e ragazzi sotto i
15 anni. «L'inquinamento dell'aria ci minaccia tutti, ma i più poveri e i più
marginalizzati sopportano il peso maggiore - afferma Tedros Adhanom Ghebreyesus,
il direttore generale dell'Oms - È inaccettabile che più di 3 miliardi di
persone nel mondo, la maggior parte donne e bambini, respirino ancora, ogni
giorno, fumi tossici derivanti dall'uso di stufe a casa. Se non agiamo subito
non raggiungeremo mai l'obiettivo di uno sviluppo sostenibile». Ovviamente,
sottolinea il rapporto, sono le grandi città ad avere l'aria peggiore, e questo
riguarda anche quelle europee, dove, a seconda del livello di inquinamento, si
perdono dai 2 ai 24 mesi di vita per colpa dello smog. «Molte delle mega città
del mondo superano i livelli indicati dalle linee guida dell'Oms per la qualità
dell'aria di oltre cinque volte - sottolinea Maria Neira, una delle autrici del
rapporto per l'Oms - e questo rappresenta un rischio grave per la salute».I
risultati sono paragonabili a quelli ottenuti e diffusi questo mese dalla
organizzazione non governativa statunitense Health Effects Institute. In quel
caso, la stima della percentuale di popolazione che respira troppo smog è del
95%, mentre i morti stimati sono 6,1 milioni. Numeri che fanno insorgere Green
Peace. «I dati dell'Organizzazione mondiale della sanità sui livelli di
inquinamento nelle città di tutto il mondo mostrano che la dipendenza
dall'energia sporca rappresenta un rischio per la salute a livello globale: 9
persone su 10 sono esposte a livelli di inquinamento dell'aria pericolosi per la
salute, e l'inquinamento dell'aria è responsabile ogni anno di milioni di morti
premature». Lo dichiara in un comunicato Andrea Boraschi, responsabile campagna
Trasporti Greenpeace Italia. «L'aumento dell'utilizzo di carbone, petrolio e gas
nel 2017, che implica una crescita delle emissioni non solo di CO2, ma anche di
sostanze inquinanti nell'atmosfera, rappresenta un grave rischio per la salute
delle persone e necessita di un'azione immediata - aggiunge Boraschi - Per
assicurare aria pulita per tutti e salvare vite umane, i governi devono
stabilire con urgenza scadenze improrogabili e piani d'azione per raggiungere
gli obiettivi di qualità dell'aria. Per raggiungerli è necessaria una
transizione veloce a fonti di energia pulite e trasporti sostenibili».
PASSEGGIATA PER BOSCHI CARSICI
Triestebella organizza una passeggiata nei boschi e nella natura del Carso con ritrovo domenica alle 9.30, davanti alla Foiba di Basovizza. Elio Polli parlerà della vegetazione e di altre particolarità, Roberto Barocchi della storia dei rimboschimenti e della figura di Josef Ressel forestale. Gradita la prenotazione scrivendo a scrivi@triestebella.it.
IL PICCOLO - MARTEDI', 1 maggio 2018
Muggia - Da giovedì si può ritirare il kit per la
raccolta rifiuti "porta a porta"
Il Comune di Muggia ricorda ai cittadini che vivono all'interno del
perimetro del territorio municipale che, a partire da giovedì 3 maggio e sino al
28 giugno, tutti i martedì e i giovedì (salvo festivi) con orario compreso fra
le 9.30 e le 11, nei magazzini comunali di via di Trieste 8 sarà possibile, per
ciascun richiedente, ritirare il kit per la raccolta differenziata dei rifiuti
"porta a porta". Il materiale in questione è composto da un bidoncino verde per
il vetro, uno marrone per l'umido oltre a 50 sacchi gialli, 50 sacchi blu e 50
sacchi neri. Il centro di raccolta di Vignano resterà chiuso nella giornata di
oggi, in occasione della festività del Primo maggio. Il Municipio ricorda
inoltre ai muggesani come per qualsiasi dubbio sulla differenziata rimanga
operativa la doppia possibilità di rivolgersi all'Ufficio relazioni con il
pubblico (Urp) del Comune in piazza della Repubblica oppure di chiamare il
numero verde della società Net all'800520406.
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 aprile 2018
Stazione ferroviaria - Gasparo e le meraviglie del
Carso
Il ciclo di conferenze dedicato a "Misteri e meraviglie del Carso", la
mostra fotografica visitabile allo spazio Trieste Città della conoscenza
(stazione ferroviaria), si chiude con Dario Gasparo, il premiato professore di
scienze (nella top 5 dell'Italian Teacher Prize 2017), biologo, fotografo e
videomaker. Oggi, alle 17.30, Gasparo illustrerà - anche attraverso foto e video
- le meraviglie del Carso nelle quattro stagioni: dai rossi accesi, violenti
sulla roccia di Monrupino tormentata dalle intemperie, al bianco silenzioso del
ghiaccio e della neve nella Val Rosandra e a Rakov Scocjan, dal giallo estivo
della landa carsica dello Stena, al verde brillante della primavera sui laghetti
carsici. Ingresso libero. Gasparo ha vinto decine di concorsi video e
fotografici anche internazionali. Si potrà poi visitare la mostra "Misteri e
meraviglie del Carso" che raccoglie alcune delle più belle immagini prodotte dai
membri dell'omonimo gruppo Facebook.
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 aprile 2018
ACEGASAPSAMGA - Sabati ecologici - Tappe anche a Santa
Croce e Prosecco
TRIESTE - Archiviato il Sabato ecologico a Padriciano, il calendario dei
prossimi appuntamenti targato AcegasAps - sempre con orario continuato dalle 10
alle 18 - continuerà il 5 maggio a Trieste, in piazzale XXV Aprile (entrando da
via Curiel), poi il 9 giugno alla Rotonda del Boschetto - area parcheggio presso
la sede della Sesta circoscrizione. La settimana dopo, il 16 giugno, si farà
ritorno sull'altipiano: a Santa Croce, alla sede della Protezione civile - ex
ricreatorio. Il 23 giugno Sabato ecologico nuovamente a Trieste, nel parcheggio
di piazzale delle Puglie, e poi il 30 si tornerà in piazzale XXV Aprile. L'8
settembre sarà la volta di Prosecco (area parcheggio "Mandria") e il 15 di
Basovizza (area parcheggio in via Gruden all'incrocio con la strada statale 14).
Il 22 settembre ancora Rotonda del Boschetto - area parcheggio presso la sede
della Sesta circoscrizione, e il 29 piazzale XXV Aprile. Anche a Padriciano era
presente con un proprio stand il progetto di recupero creativo RiCREAzione di
Oltre Quella Sedia, nato dal desiderio di realizzare delle attività dedicate
all'ambiente e al riuso. Nello specifico il progetto permette di dare nuova vita
ad oggetti di scarto grazie al loro recupero creativo da parte dei ragazzi
diversamente abili che collaborano con l'associazione, oltre a contribuire a
sostenere le loro attività. Per supportare il progetto RiCREAzione è sufficiente
recarsi alle prossime tappe dei Sabati ecologici dove Oltre Quella Sedia sarà
presente con un proprio stand per ritirare gli oggetti che i cittadini vorranno
donare. Inoltre, a fronte di un'offerta libera, sarà possibile ricevere un
oggetto RiCREAto. Al di là dell'iniziativa Sabati ecologici, è comunque sempre
possibile conferire i rifiuti ingombranti, elettronici, insoliti e pericolosi
nei quattro Centri di raccolta cittadini gestiti da AcegasApsAmga, oppure
prenotando al numero verde 800955988 il servizio gratuito per il ritiro a
domicilio dei rifiuti ingombranti.
Alla spiaggia di Canovella sacchi dei rifiuti
abbandonati - La lettera del giorno di Maria Gabriella Rigato
Sono una padovana innamorata della costiera triestina. Sono stata la scorsa
settimana alla spiaggia di Canovella e ho trovato vicino al ristorante, al
momento chiuso, dei sacchi neri dell'immondizia. Tornata il 23 aprile scorso ho
trovato tanti sacchetti abbandonati da gitanti domenicali vicino ai sacchi neri.
Credo che i bagnanti pensino che l'immondizia venga raccolta. Ho chiamato
stamane (24 aprile 2018) il Comune di Aurisina, mi è stato detto che non hanno
giurisdizione sulle spiagge e che adesso vedranno il da farsi. Che tristezza! I
gabbiani hanno cominciato ad aprire i sacchetti alla ricerca di cibo. Alla
prossima pioggia andrà tutto in mare.
SEGNALAZIONI - Progetti - Parco del Mare? Meglio virtuale
Ma del Parco del Mare siamo proprio sicuri? Capisco il desiderio di Paoletti di realizzare il suo sogno ma, visto i dubbi sull'impatto ambientale e sui costi (prima e dopo), perchè non gira il timone e propone un Parco del Mare diverso? Un Parco virtuale. Come? Sede Porto vecchio vicino al futuro Museo del Mare, una struttura almeno a un piano con schermi e visori collegati a droni sottomarini che girano il Golfo e la laguna e magari on-line a livello mondiale (se ci sono già non lo so), con una linea tipo "Delfino verde" per escursioni nella Riserva di Miramare dove trovare dei mini sub o immersioni con il locale gruppo di diving per visitarla, con una sezione dedicata a mostre e conferenze. Sono alcune idee a cui si possono aggiungere delle altre. Insomma qualcosa di unico e coinvolgente. Richiamerebbe turisti? Sicuramente, magari affiancando anche altre offerte. E costi di sicuro minori e sostenibili. Il parcheggio per le corriere può essere realizzato sul terrapieno di Barcola (si sta già lavorando), collegandolo con un "tramway" del Porto vecchio ma elettrico questa volta. Non possiamo pensare di portare corriere e turisti in Campo Marzio. Dove li sistemiamo? E verranno? Perchè, se non vengono, penso che ci sarà un problema economico molto serio. E il destino di Porto Lido? L'Accademia ha bisogno di spazio: facciamola lì sfruttando qeullo che c'è senza creare ostacoli alla visione del Golfo. Non mi sono mai piaciuti né circhi, né zoo, né acquari: non sopporto vedere animali in gabbia e allora diamo l'esempio: facciamo qualcosa di nuovo, eticamente migliore
Gabrio Dilissano
"Piacevolmente Carso" partendo dalla dolina Riselce -
Escursioni domenicali fino al 3 giugno alla scoperta di storie e sapori del
territorio
Con un'imboccatura sul fondo di centosessanta per centosessanta metri e una
profondità di oltre quaranta è, a dir poco, una signora dolina. Anzi, per essere
precisi, in gergo speleo-tecnico è una "dolina di crollo", poiché si è molto
probabilmente formata in seguito a una serie di cedimenti della volta di una
grotta vicino alla superficie. È la dolina Riselce, fenomeno geologico tra i più
spettacolari del Carso triestino a pochi passi da Sgonico, lungo il percorso
naturalistico del sentiero Riselce. E protagonista questa mattina di
"Piacevolmente Carso", il ciclo di escursioni e visite guidate a cura della
cooperativa Curiosi di Natura, il sodalizio che promuove la cultura, il turismo
e la tutela dell'ambiente del nostro territorio. Appuntamento alle 9. 10 nella
piazza del municipio di Sgonico per una mattinata - dalle 9. 30 alle 13 - che
proporrà una camminata tra i boschi, i prati e la landa carsica nel momento del
suo massimo splendore, con in carnet la dolina Riselce, gli esterni del Baratro
dei Cavalli, letture a tema e, per accontentare le papille gustative,
degustazioni con i ristoratori del circuito "Sapori del Carso". L'iniziativa (le
escursioni si snoderanno le domeniche fino al 3 giugno; è raccomandata la
prenotazione chiamando il numero 340 5569374 oppure scrivendo all'indirizzo
curiosidinatura@gmail. com) naturalistica promossa da Curiosi di Natura - con il
patrocinio di Promoturismo Fvg e Aitr, in collaborazione con Ures, Banca Etica,
Uecoop e Sapori del Carso - si propone di offrire dei tour alla portata di tutti
e dunque accessibili anche a un pubblico non particolarmente allenato e ai
bambini. Tornando all'escursione di oggi, la passeggiata con destinazione
Riselce è, tranne il leggermente impegnativo tratto per raggiungere la discesa
della dolina, quasi tutto pianeggiante, con qualche moderata salita. Sono in
ogni caso consigliate le scarpe da trekking o le pedule, ma chi lo desidera
potrà ammirare la dolina e la parete a strapiombo dall'alto, senza scendere
verso l'imboccatura. La camminata proseguirà poi con la visita esterna al
Baratro dei Cavalli con la sua parete rocciosa verticale, cunicolo per
speleologi di lungo corso, ben celato nel bosco sempre in zona Sgonico. L'uscita
successiva di "Piacevolmente Carso" ha in programma, domenica 13 maggio, la
passeggiata "Da Opicina a Monte Grisa" , con ritrovo alle 9. 10 davanti
all'Obelisco. Ulteriori dettagli e informazioni sulla pagina www.
curiosidinatura. it.
(pat.p.)
IL PICCOLO - SABATO, 28 aprile 2018
Raccolta rifiuti a Muggia - Alt ai sacchetti
"sbagliati"
La Net non preleverà più le borse conferite nei contenitori in maniera
impropria ma ci applicherà sopra un bollino. Il Comune: «Colori di riferimento
da rispettare»
MUGGIA I materiali differenziati nei sacchetti di "colore sbagliato" non
verranno più ritirati. È questa l'ultima indicazione arrivata dal Comune di
Muggia che a quasi un mese dall'avvio della raccolta "porta a porta" integrale
dei rifiuti ha diffuso alcune informazioni per risolvere i vari problemi tuttora
in essere che stanno attanagliando i residenti muggesani. Sacchetti La prima
importante indicazione giunta dal Municipio riguarda il colore dei sacchetti.
Rispetto ai conferimenti dei rifiuti, il Comune «invita all'utilizzo dei
sacchetti secondo il colore di riferimento di ciascun rifiuto», ossia il blu per
carta-cartone, il giallo per la plastica, il verde per il vetro-barattolame e il
nero per il secco residuo. Importante poi ricordare che il materiale non va
necessariamente conferito attraverso la dotazione Net, ma può essere usato
qualsiasi sacchetto in vendita purché del colore della giornata di ritiro. In
questo primo periodo sono stati raccolti molti sacchi di colori o materiali «non
consoni che purtroppo, proprio per questo aspetto - stigmatizza il Comune -, non
possono essere differenziati incrementando, ovviamente, la quota di secco
residuo». Indifferenziata Per ora, secondo quanto comunicato dal Comune, tutti i
sacchetti sono stati raccolti indipendentemente dalla corretta differenziazione
dei rifiuti. Ma questo trend cambierà presto. Prossimamente, infatti, quelli
"sbagliati" verranno segnalati con un bollino e non verranno più ritirati.
«Invitiamo a differenziare con quanta più accortezza possibile all'interno di
ciascuna categoria: questo primo periodo ha visto conferimenti di qualsiasi tipo
all'interno di plastica, carta e vetro. Se il disorientamento iniziale e
l'errore in buona fede sono più che comprensibili, rinvenire plastica o umido
nella carta, per esempio, risulta difficile da ricondurre a queste possibilità e
vanifica la bontà dell'intero conferimento», spiega il Comune. Confermato infine
che per quest'anno non saranno applicate sanzioni ai trasgressori. Kit Per
semplificare il reperimento del materiale necessario per attuare il nuovo
sistema di raccolta anche da parte di tutti coloro che non hanno ricevuto o che
inizialmente hanno rifiutato l'occorrente, dal 3 maggio al 28 giugno, tutti i
martedì ed i giovedì, dalle 9.30 alle 11, nei magazzini comunali di via di
Trieste sarà offerta l'opportunità, a ciascun richiedente, di ritirare un
bidoncino verde per il vetro, uno marrone per l'umido oltre a 50 sacchi gialli,
50 sacchi blu e 50 sacchi neri. Info Ricordando come il centro di raccolta di
Vignano resterà chiuso nella giornata di martedì primo maggio, il Comune ha
evidenziato che per qualsiasi dubbio rimane operativa la doppia possibilità di
rivolgersi all'Urp in piazza della Repubblica o di chiamare il numero verde Net
800520406. Litteri L'assessore all'Igiene urbana Laura Litteri ha infine voluto
spendere parole di elogio per i tecnici comunali impegnati nel "porta a porta":
«Abbiamo constatato che la tipologia di servizio di cui il cittadino usufruisce
in questa fase è di pura segnalazione, mentre, giorno dopo giorno, si è superata
la fase di confronto che necessitava dell'affiancamento da parte dei tecnici.
Tecnici che sono comunque a disposizione e che non si stanno risparmiando per
dare risposte concrete e in tempi rapidi».
Riccardo Tosques
Piantato a Barcola un nuovo tiglio davanti alla chiesa
Il piazzale della chiesa di Barcola ha nuovamente due tigli. Ieri mattina,
gli addetti del Verde pubblico del Comune hanno piantato un giovane tiglio nello
spazio che per più di un secolo era stato occupato dal suo predecessore,
giudicato ammalato e pericolante e perciò abbattuto, causando una notevole
amarezza fra i residenti. Ieri mattina l'operazione è stata ultimata in tempi
brevi, davanti agli occhi dei passanti che non si aspettavano un così rapido
intervento da parte dell'amministrazione. «Eravamo pronti a sollecitare il
Comune dopo l'abbattimento del vecchio tiglio - ha spiegato Vera Poljsak,
segretaria dell'associazione degli sloveni di Barcola, pronti, assieme a tanti
altri residenti, a chiedere con forza l'arrivo di un nuovo tiglio - e stavolta
siamo rimasti positivamente sorpresi dalla rapidità di esecuzione». Qualcuno ha
interpretato la mossa dell'amministrazione come una scelta dettata
dall'imminenza del voto per le regionali e forse ci ha azzeccato. Ma alla
maggioranza dei barcolani poco interessa: l'essenziale era che il piazzale
antistante la chiesa rionale, dedicata a san Bartolomeo, tornasse rapidamente
alla situazione precedente. Certo, ci vorrà del tempo prima che il giovane
tiglio cresca e assuma, almeno vagamente, le dimensioni del fratello maggiore,
ma intanto la situazione è tornata quella di sempre e l'allarme è cessato.«Il
Comune si era impegnato da subito, dopo il taglio del vecchio tiglio - ha
commentato il consigliere comunale Michele Babuder (Forza Italia), barcolano
"doc" - e sono contento di questa soluzione, perché anche a livello personale,
pur conoscendo le ragioni che avevano portato all'eliminazione del vecchio
albero, mi provocava amarezza vedere quel piazzale monco di uno dei suoi
elementi essenziali. Ora tutto sta tornando alla normalità - ha continuato - e
ne sono felice». Il taglio del vecchio tiglio, come si ricorderà, si era reso
necessario, dopo un esame dello stato di salute dell'albero, effettuato dagli
esperti del Comune. Il tiglio era stato giudicato gravemente ammalato e di
conseguenza pericolante. Essendo il piazzale della chiesa molto frequentato, in
quanto nella chiesa si celebrano regolarmente funzioni religiose, matrimoni,
battesimi, per garantire la sicurezza dei cittadini si era proceduto al taglio.
Dopo le prime proteste, tutti avevano capito che quella era stata l'unica
soluzione possibile. Era rimasta però l'amarezza per la scomparsa di un albero
che faceva parte della storia recente del rione. Ora tutto tornerà come prima,
non appena il nuovo tiglio comincerà a crescere in maniera visibile. «Siamo
soddisfatti - ha concluso Vera Poljsak, una delle anime storiche di Barcola -
perché così il piazzale tornerà quello di prima».
Ugo Salvini
Slovenia e Croazia - Centrale di Krsko, guerra su cda - Veti incrociati per le nomine dei rispettivi rappresentanti nel board
LUBIANA - Confine marittimo nel golfo di Pirano, conti correnti della Ljubljanska Banka e ora, tra Slovenia e Croazia ci si mette pure la centrale nucleare di Krsko attualmente in fase di rimontaggio dopo i periodici controlli sull'operatività e la sicurezza dell'impianto. La centrale, infatti, è in co-proprietà tra i due Paesi confinanti (si trova a pochi chilometri dal confine con la Croazia a Ovest di Zagabria) ed è gestita dalla società mista Nek. A dividere Lubiana da Zagabria è la nomina di due nuovi membri nel consiglio di amministrazione di Nek, situazione che ha portato fin qui all'utilizzo di veti incrociati da parte dei due Paesi. La parte slovena, rappresentata dalla società Gen energija, visto che non è stato raggiunto alcun accordo con la controparte croata (Hep, Hrvatska elektroprivreda) ha unilateralmente nominato nel board per i prossimi cinque anni il presidente della stessa Nek, Stane Rozman, mossa questa che, a detta degli sloveni, è possibile in base all'accordo internazionale e bilaterale sulla gestione dell'impianto. Lubiana, infatti, è contraria all'allontanamento dal consiglio di amministrazione del croato Hrvoje Perharic al posto del quale Hep vorrebbe nominare Sasa Medlakovic membro dell'Ufficio per la sicurezza nucleare e radiologica della Croazia. Croazia che ha immediatamente fatto intendere che nelle more dello stallo sarebbe pronta anche a ricorrere all'arbitrato (un altro?) tecnico-commerciale con il direttore di Gen energija Martin Novsak che pone invece l'accento sulla delicata fase di rimontaggio in cui si trova l'impianto e che proprio adesso ha bisogno di una guida esperta ed estremamente competente. Novsak spiega inoltre che i criteri per la nomina nei membri del cda ben definiti sia negli accordi internazionali che in quelli societari relativi alla centrale. La chiave sta nella licenza che il candidato deve dopo aver partecipato a un preciso corso d'istruzione dimostrando al termine di avere una perfetta conoscenza tecnica dell'impianto, della sua collocazione fisica, delle persone che vi operano e delle loro capacità tecniche e, ovviamente, sapere che cosa fare nel malaugurato caso si dovesse verificare un incidente. Tutte caratteristiche che, secondo Novsak, il candidato croato non avrebbe. Da qui il veto.
Mauro Manzin
URBI ET HORTI
Oggi alle 10.30 nell'orto di Borgo S. Sergio incontro davanti Habitat Microarea via Grego 48. Orticoltura pratica con il maestro contadino Roberto Marinelli. Coltivazione e uso dei sistemi di irrigazione. Raccolta e uso dei prodotti dell'orto.
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 27 aprile 2018
Api, approvato bando permanente in UE per tre
neonicotinoidi dannosi. Greenpeace: «Ottima notizia, bene voto a favore
dell’Italia»
Greenpeace accoglie con grande soddisfazione il bando permanente e quasi
totale di tre insetticidi neonicotinoidi dannosi per le api, approvato questa
mattina dai Paesi Ue. Anche l’Italia ha votato a favore del bando, insieme alla
maggioranza dei Paesi membri. Secondo l’organizzazione ambientalista, oggi è una
grande giornata per il futuro dell’agricoltura europea.
«Questa è una notizia importante per le api, l’ambiente e tutti noi. Il voto
a favore dell’Italia certifica l’attenzione dei cittadini italiani per la
protezione degli impollinatori», dichiara Federica Ferrario, responsabile
campagna Agricoltura di Greenpeace Italia. «I danni di questi neonicotinoidi
sono ormai incontestabili. Bandire questi insetticidi è un passo necessario e
importante, il primo verso una riduzione dell'uso di pesticidi sintetici e a
sostegno della transizione verso metodi ecologici di controllo dei parassiti».
Il bando votato oggi estende quello parziale già in essere dal 2013 per tre
neonicotinoidi - l'imidacloprid e il clothianidin della Bayer e il tiamethoxam
della Syngenta. Rimane consentito il loro utilizzo solo all’interno di serre
permanenti.
I Paesi che hanno votato a favore del divieto sono: Italia, Francia, Germania,
Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi, Austria, Svezia, Grecia, Portogallo, Irlanda,
Slovenia, Estonia, Cipro, Lussemburgo, Malta, che rappresentano il 76,1% della
popolazione dell'Ue. Quattro i Paesi contrari al divieto: Romania, Repubblica
Ceca, Ungheria e Danimarca. Otto gli astenuti: Polonia, Belgio, Slovacchia,
Finlandia, Bulgaria, Croazia, Lettonia e Lituania.
Oltre ai 3 insetticidi in discussione, ce ne sono altri che costituiscono una
minaccia per le api e altri insetti benefici. Tra questi quattro neonicotinoidi,
il cui uso è attualmente permesso in Ue: acetamiprid, thiacloprid, sulfoxaflor e
flupyradifurone e altre sostanze quali cipermetrina, deltametrina e clorpirifos.
Per evitare che questi tre insetticidi ora vietati vengano sostituiti con altre
sostanze chimiche che potrebbero essere altrettanto dannose, Greenpeace ritiene
che l'Ue debba bandire l’uso di tutti i neonicotinoidi, come la Francia sta già
considerando di fare. È inoltre necessario applicare gli stessi rigidi standard
utilizzati per questo bando alla valutazione di tutti i pesticidi e,
soprattutto, ridurre l'uso di pesticidi sintetici e sostenere la transizione
verso metodi ecologici di controllo dei parassiti.
GREENPEACE Italia
IL PICCOLO - VENERDI', 27 aprile 2018
Alberi "rasati" a Slivia - È guerra tra la Regione e il
titolare di un campo - Fvg Strade elimina il verde al bordo della carreggiata -
Il proprietario del terreno vicino: «Era solo da regolare»
DUINO AURISINA - Doveva essere un semplice e modesto intervento finalizzato
a contenere la futura crescita di alberi e arbusti. Si è trasformato invece in
un processo di pesante disboscamento, che potrebbe comportare il ritorno alle
vie giudiziarie delle parti interessate, nella fattispecie la Regione e il
privato, proprietario del terreno teatro della contesa. Tutto questo sta
accadendo a Slivia, piccolissimo centro di circa 130 abitanti, situato nel
territorio comunale di Duino Aurisina, noto a triestini e ai turisti per la
presenza delle famose Grotte delle Torri di Slivia, una cavità di indubbio
interesse. All'origine del fatto la causa, intentata alla Regione da Ferruccio
Gozzi, proprietario di un terreno vicino alla strada ex provinciale, oggi
regionale, che porta proprio a Slivia, il quale, a suo tempo, aveva chiesto
all'amministrazione regionale un risarcimento del danno e la "riduzione in
pristino", cioè l'operazione mediante la quale una situazione viene riportata a
com'era prima di subire una "turbativa" o un "pregiudizio". Era successo che gli
alberi e gli arbusti situati sul ciglio della strada regionale, crescendo a
dismisura, avevano in parte abbattuto il muretto in pietra che delimita il
terreno di Gozzi, sfondando, in alcuni punti, anche la rete di recinzione. Il
problema era stato risolto agevolmente, in quanto la Regione aveva riconosciuto
la propria responsabilità, proponendo a Gozzi un risarcimento in danaro, una
cifra peraltro piuttosto modesta, ma ritenuta comunque adeguata dallo stesso
Gozzi, impegnandosi al contempo a effettuare un intervento di potatura, con
l'obiettivo di evitare il ripetersi di una crescita incontrollata degli alberi e
degli arbusti in quel punto. Su suggerimento dei suoi legali, Gozzi aveva anche
inviato una lettera alla Regione, indicando le modalità con le quali, a suo
avviso, si sarebbe potuto portare a termine l'intervento, senza appunto
"pregiudizio" per il verde che fa da barriera naturale fra il suo terreno e la
strada che porta a Slivia. Un'indicazione, si sosteneva, dettata dalla profonda
conoscenza che lo stesso Gozzi può vantare dell'area in cui vive e
dall'interesse generale alla conservazione degli alberi e degli arbusti, posto
che essenziale era che gli alberi non invadessero nuovamente il suo terreno
abbattendo il muretto carsico e sfondando la rete di recinzione. «Faccio
presente che un vostro intervento sproporzionato rispetto alle effettive
esigenze manutentive - aveva scritto Gozzi - potrebbe creare un irreparabile e
ingiustificato danno ambientale, per di più in una zona che ha chiara vocazione
turistica e naturalistica, essendo circondata da aziende che operano
nell'agriturismo e nella quale si svolgono spesso escursioni a piedi, in
bicicletta e a cavallo». Grande è stato perciò il suo stupore quando, qualche
giorno fa, ha visto arrivare sul posto una squadra di addetti che hanno
cominciato un'operazione di disboscamento radicale. Gozzi ha cercato di
dissuadere gli operai dal portare a termine l'intervento con quelle modalità, ma
a nulla è servito il suo appello. A questo punto a Gozzi non resterà
probabilmente che convocare nuovamente i suoi legali. Dall'altra parte, Fvg
Strade, che opera per conto della Regione nella manutenzione della viabilità, ha
fatto sapere di operare «nel rispetto della sentenza del giudice che ha
obbligato l'amministrazione alla riduzione in pristino».
Ugo Salvini
Sabati ecologici, tappa a Padriciano - Domani il centro
di raccolta dei rifiuti ingombranti sarà allestito nei pressi del Gaja
TRIESTE - Tornano domani i Sabati ecologici 2018. La tappa stavolta è a
Padriciano nell'area parcheggio del campo sportivo Gaja con orario continuato
dalle 10 alle 18. Qui i cittadini troveranno come sempre un'area allestita per
il centro di raccolta mobile destinata a quelle tipologie di rifiuti che non
possono essere conferiti nei contenitori stradali della differenziata, come
ingombranti, apparecchiature elettriche ed elettroniche, sfalci e ramaglie. E a
proposito degli scarti del verde, a chi si recherà al punto di raccolta
itinerante per conferire sfalci e ramaglie, e per iscriversi al servizio di
ritiro a domicilio, AcegasApsAmga regalerà un sacco di compost certificato per
agricoltura biologica da otto chili, proveniente dallo stabilimento Bioman di
Maniago, dove vengono avviati a recupero i rifiuti organici triestini, che al
termine della lavorazione - si legge in un comunicato della multiutility - si
trasformano, appunto, in compost di alta qualità. Inoltre, insieme al compost,
verrà consegnato in omaggio un pratico cestino per la raccolta del rifiuto
umido-organico domestico. I prossimi appuntamenti con i Sabati ecologici sono
calendarizzati il 5 maggio in Settima circoscrizione (piazzale XXV Aprile da via
Curiel), il 9 giugno in Sesta circoscrizione (Rotonda del Boschetto, nell'area
di parcheggio della stessa circoscrizione), il 16 giugno in Prima circoscrizione
(Santa Croce, nella sede della Protezione civile, all'ex Ricreatorio), il 23
giugno in Quinta circoscrizione (parcheggio di piazzale delle Puglie), il 30
giugno di nuovo in Settima circoscrizione, l'8 settembre in Prima circoscrizione
(Prosecco, nella area parcheggio "Mandria"), il 15 settembre in Seconda
circoscrizione (Basovizza, area parcheggio di Via Gruden all'incrocio con la
Statale 14), il 22 settembre di nuovo in Sesta circoscrizione e il 29 settembre
ancora in Settima. Anche nella tappa di domani a Padriciano sarà presente con un
proprio stand il progetto di recupero creativo RiCREAzione di Oltre Quella
Sedia, finalizzato a dare nuova vita ad oggetti di scarto grazie al loro
recupero creativo da parte dei ragazzi diversamente abili che collaborano con
l'associazione.
Orti cultura pratica
Per Urbi ed Horti oggi alle 15 nell'orto di Borgo San Sergio incontro davanti Habitat Microarea via Grego 48, Orticoltura pratica con il maestro contadino Roberto Marinelli.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 aprile 2018
Otto progetti a Trieste per il Servizio Civile Solidale
- Scade il 31 maggio il termine per presentare le domande. Impieghi
dall'assistenza allo sport
La Regione Friuli Venezia Giulia ha istituito il Servizio Civile Solidale
regionale rivolto a giovani di 16-17 anni ed è appena stato pubblicato il bando
per la selezione di giovani interessati a questa esperienza. Il Servizio Civile
Solidale è nato per sviluppare e valorizzare lo strumento del servizio civile
sul territorio regionale creando occasioni per contribuire alla formazione
civica, sociale, culturale e professionale dei giovani. Questo avviene mediante
l'organizzazione di attività riconosciute e retribuite a favore dei ragazzi più
giovani e che hanno anche lo scopo di soddisfare i bisogni della comunità
stessa. L'obiettivo è quello di promuovere tra i giovani una cultura della pace,
della solidarietà e della non violenza attraverso progetti che veicolano
messaggi di cittadinanza attiva e di impegno sociale e favorendone l'ingresso
nel mondo del lavoro con un'accresciuta consapevolezza delle tematiche sociali e
del proprio ruolo. In quest'ottica, il servizio civile solidale promuove anche
il senso di appartenenza dei giovani alla comunità regionale. L'impegno è di 360
ore distribuite nell'arco dell'anno. Arci Servizio Civile sarà attiva in Friuli
Venezia Giulia con 11 progetti di servizio civile solidale: otto a Trieste
mentre uno è previsto a Udine, uno a Muzzana del Turgnano e uno a Carlino dando
la possibilità a 32 giovani di mettersi in gioco. I progetti si occupano, tra
l'altro, di organizzazione e gestione di iniziative sportive, ambientali e
culturali; attività nel campo della comunicazione; diffusione della cultura
della cittadinanza attiva; educazione alla legalità e alla progettazione
partecipata; promozione del commercio equo-solidale; sviluppo di centri di
aggregazione giovanile; servizio di doposcuola multiculturale; supporto nel
campo della disabilità. Arci Servizio Civile è la più grande associazione
italiana no-profit dedicata esclusivamente al servizio civile che mette a
disposizione dei giovani l'opportunità di dedicare un anno della propria vita
per conoscere se stessi, agire per promuovere i diritti delle persone,
partecipare alla vita sociale, costruire le condizioni pratiche per la pace.Gli
interessati possono rivolgersi negli uffici di Arci Servizio Civile in via Fabio
Severo 31, a Trieste entro il 31 maggio. Info: www.arciserviziocivilefvg.org.
L'inizio è previsto nel mese di luglio. Arci Servizio Civile del Friuli Venezia
Giulia ha sede in via Fabio Severo 31.
Urbi et horti
Oggi alle 17.30 nella sala Arac del Giardino pubblico, "Il paesaggio e il verde urbano": ne parla Roberto Barocchi.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 aprile 2018
Legambiente - Le promesse dei candidati su Ferriera e
rigassificatore
Dismissione dell'area a caldo della Ferriera, attraverso un nuovo accordo di
programma e la revisione dell'Aia, garantendo continuità di occupazione ai
lavoratori di Servola, dopo un processo di riconversione. Interventi per la
tutela della salute e della qualità della vita della popolazione. Chiusura del
progetto per il rigassificatore di Zaule. Queste le promesse fatte da tre dei
candidati alla presidenza, Bolzonello (Pd), Fedriga (Lega) e Fraleoni Morgera
(M5S) a Legambiente, No smog e Sinistra per Trieste. I rappresentanti di queste
associazioni ieri hanno organizzato una conferenza stampa nel corso della quale
il loro portavoce, Andrea Wehrenfennig, ha spiegato che «il problema della
Ferriera è il più importate. Sul canale Youtube di Legambiente Trieste e su
Facebook è possibile ascoltare la registrazione degli interventi fatti dai
candidati nel corso dell'incontro al Circolo della Stampa».
(u. s.)
Con guanti e scope a ripulire un pezzo di Val Rosandra
- Sabato 28 aprile il Wwf Trieste chiama a raccolta i volontari per
riqualificare e scoprire il territorio
Alla scoperta della Val Rosandra, respirando da vicino temi, colori e
problematiche del suo paesaggio. È lo spunto di "Paesaggi da Amare",
l'appuntamento di sabato 28 aprile a cura del Wwf Trieste organizzato in
collaborazione con il Comune di San Dorligo, la Comunella di Bagnoli, la sigla
A&T 2000 e con il sostegno della Regione. Una classica escursione ma coniugata
all'impegno ecologico e con il "dulcis in fundo" in chiave conviviale. La tappa
propone in sintesi questo, ma pone soprattutto l'accento sulla valenza del
termine "paesaggio", qui inteso - affermano gli ideatori del progetto - come «il
risultato di un secolare rapporto tra uomo e natura, dove sono richieste cure
costanti, pena il degrado». In tale ottica la gita in Val Rosandra proverà a
riunire diverse cifre del volontariato al servizio dell'ecologia, concretizzando
l'impegno in una mattinata di pulizia. Come? Per aderire basta munirsi di scarpe
comode, guanti idonei e qualche sacco nero, quanto basta per scendere in campo
in compagnia e provvedere alla "ripulita" di una zona degradata della Val
Rosandra, un modo come un altro per conoscere pregi, luci e ombre dell'intero
territorio. Il programma di "Paesaggi da Amare" del 28 aprile - primo segmento di
un progetto articolato nel Friuli Venezia Giulia in quattro tornate - prevede
anche la visita alla Comunella di Bagnoli, modello di proprietà collettiva che
include una parte significativa dell'intero quadro boschivo della Val Rosandra.
A coadiuvare i volontari della sede triestina del Wwf ci penseranno anche alcuni
rappresentanti della A&T 2000, l'azienda che gestisce il servizio di raccolta
differenziata in una cinquantina di comuni sparsi in Friuli, e una delegazione
della Esn Trieste, una costola del Progetto Erasmus dell'Ateneo triestino. Dopo
l'impegno ecologico e gli interventi didattici legati al rapporto tra ambiente e
paesaggio, la giornata del volontariato all'aperto propone un rinfresco, sempre
all'interno della Comunella di Bagnoli. Il ritrovo è fissato alle 8.30 nell'area
della piazzetta di Bagnoli. Le adesioni si effettuano scrivendo a wwftrieste@gmail.com,
entro domani. Ulteriori informazioni telefonando al 3389900970. La sede del Wwf
Trieste è attualmente ospitata al secondo piano del liceo classico "Dante" di
via Giustiniano 3, con la segreteria operativa il martedì e il giovedì, dalle 8
alle 12.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 aprile 2018
FIAB - L'appello del popolo delle bici sottoscritto da
34 candidati
Sono 34 i candidati alle regionali che hanno risposto all'appello lanciato
dal coordinatore regionale della Fiab Federico Zadnich sottoscrivendo un
documento con 7 impegni per promuovere la mobilità ciclistica nel Fvg. Tra loro
i candidati alla presidenza Alessandro Fraleoni Morgera, Sergio Bolzonello e
Sergio Cecotti (Fedriga invece non è pervenuto). Con la sottoscrizione del
documento i 34 candidati si impegnano a dare alla Regione un più forte ruolo di
coordinamento di tutte le azioni da mettere in campo per promuovere la mobilità
ciclistica grazie all'istituzione dell'Ufficio regionale mobilità ciclistica e
alla stesura di linee guida tecniche regionali per la realizzazione delle piste
ciclabili. C'è poi l'impegno a finanziare azioni concrete e progetti che
promuovano l'uso della bici sugli spostamenti casa-lavoro e casa-scuola e a
sostenere l'acquisto di stalli per bici e la predisposizione di spazi per la
sosta delle biciclette negli edifici. Condivisa inoltre la necessità di
completare la rete ciclabile regionale con adeguati investimenti e rifinanziare
il bonus per l'acquisto di bici a pedalata assistita. L'elenco completo dei
sottoscrittori è sul sito www.ulisse-fiab.org
GREENSTYLE.it - LUNEDI', 23 aprile 2018
Microplastiche: Mediterraneo italiano come il Pacific Vortex
Nel Mar Mediterraneo una concentrazione di microplastiche come nel Pacific Vortex. Il quadro è emerso dai risultati di uno studio diffuso oggi dall’Istituto di Scienze Marine del CNR di Genova (ISMAR), dall’Università Politecnica delle Marche (UNIVPM) e da Greenpeace Italia, frutto delle analisi portate avanti sui campioni raccolti nelle acque italiane (19 stazioni lungo la costa italiana, da Genova ad Ancona) durante il tour “Meno Plastica più Mediterraneo” della Rainbow Warrior.
I picchi più rilevanti in corrispondenza di Portici (Napoli) e delle Isole Tremiti (Foggia). Secondo Greenpeace Italia riempiendo due piscine olimpioniche con l’acqua prelevata nelle due località indicate ci si troverebbe a nuotare rispettivamente in 8.900 e 5.500 pezzi di plastica. Come ha dichiarato Francesca Garaventa, responsabile CNR-Ismar dei campionamenti: "I risultati indicano che l’inquinamento da plastica non conosce confini e che i frammenti si accumulano anche in aree protette o in zone teoricamente lontane da sorgenti di inquinamento. Nella stazione di Portici (Napoli) zona a forte impatto antropico, si trovano valori di microplastiche pari a 3,56 frammenti per metro cubo, ma valori non molto inferiori – 2,2 – si trovano anche alle Isole Tremiti". Ai risultati attuali (forniti dal CNR-ISMAR per indagare quantità e composizione nelle acque superficiali e nello zooplancton) si aggiungeranno nel corso dell’anno quelli elaborati da UNIVPM, con l’obiettivo di individuare presenza e composizione di microplastiche nei pesci e negli organismo marini. Secondo i dati riportati da Greenpeace finiscono in mare ogni anno circa 8 milioni di tonnellate: "I risultati di questo studio confermano l’enorme presenza anche nel Mediterraneo di microplastiche con valori paragonabili a quelli che si trovano nelle “zuppe di plastica” presenti nei vortici oceanici. Preoccupante è il fatto che concentrazioni cosi elevate di microplastiche siano evidenti anche nel Mediterraneo, un bacino semi-chiuso fortemente antropizzato, con un limitato riciclo d’acqua che ne consente l’accumulo". Diverse le fonti di provenienza delle microplastiche, riferisce l’associazione ambientalista, dai prodotti per l’igiene personale come cosmetici, dentifrici, creme ecc. fino a pellet o polveri utilizzate nella produzione di materiali in plastica (microplastiche primarie); presenti anche microplastiche secondarie (contenenti additivi come gli ftalati) derivate dalla frammentazione e decomposizione di materiali plastici di dimensioni più grandi. Come ha concluso Serena Maso, campagna mare di Greenpeace: "I dati raccolti confermano che i nostri mari stanno letteralmente soffocando sotto una montagna di plastica e microplastica, per lo più derivante dall’uso e dalla dispersione di articoli monouso". Per invertire questo drammatico trend bisogna intervenire alla fonte, ovvero la produzione. Il riciclo non è la soluzione e sono le aziende responsabili che devono farsi carico del problema, partendo dall’eliminazione della plastica usa e getta.
Claudio Schirru
Plastica, UK: bicchieri e cannucce monouso, primo stop dal 2021
Niente più plastica usa e getta come bicchieri, cannucce, vaschette per alimenti, fascette, glitter e bottigliette per l’igiene personale a partire dal 2021, in oltre 60 festival indipendenti inglesi. È l’iniziativa lanciata dall’Association of Independent Festivals (AIF): denominata “The Drastic on Plastic”, vuole risolvere in tal modo uno dei problemi più critici per attività di questo genere e in generale per l’intera società.
Sono ben sessantuno i festival che hanno aderito alla campagna The Drastic on Plastic, tra cui End of the Road, Bestival, Boardmasters e Kendal Calling. L’AIF dice che vorrebbe che i partecipanti ai festival pensassero al riuso, e non al monouso; a ogni modo l’obiettivo triennale per vietare la plastica monouso da tutti e 61 i festival indipendenti britannici è considerato un obiettivo realistico, anche se l’amministratore delegato dell’AIF, Paul Reed, ammette che ci saranno delle sfide per gli organizzatori che hanno dei budget limitati. Toccherà agli organizzatori degli eventi fare tutto il possibile per ridurre i rifiuti di plastica. Anche i fondatori del Glastonbury festival hanno annunciato lo scorso febbraio che avrebbero attuato un sito di divieto per le bottiglie di plastica per la nuova edizione del 2019; precedentemente era stato stimato che durante tale evento vengano utilizzate ogni volta 1 milione di bottiglie di plastica. L’AIF ha sottolineato come sia: "Incoraggiante e stimolante che tanti membri dell’Associazione abbiano preso parte a questa iniziativa, senza esitazione e prendendo una posizione collettivamente contro di plastica monouso. Lavorando insieme a tutto il settore e portando avanti queste azioni concrete possiamo fare una differenza tangibile".
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 aprile 2018
Lo stop di Bolzonello all'area a caldo - Nuova rotta
sulla Ferriera: «Oggi la logistica portuale può garantire l'occupazione»
TRIESTE - Sulla Ferriera il centrosinistra cambia rotta. I tempi sono maturi
per «forzare la mano sull'area a caldo» e arrivare alla sua chiusura: parola di
Sergio Bolzonello. Nell'incontro dedicato al futuro dell'impianto siderurgico,
organizzato da Legambiente, No Smog, Sinistra per Trieste e Circolo della
stampa, il candidato presidente si è detto certo di poter convincere la
proprietà a spegnere definitivamente l'altoforno e a puntare sulla logistica,
senza che ciò comporti perdite di posti di lavoro, perché «dal 2013 al 2018 sono
cambiate molte cose nell'economia della città ed è possibile valutare altre
opzioni». L'area a caldo è dunque nel mirino di tutti candidati. L'aspirante
governatore è sicuro di poter centrare la revisione dell'accordo di programma:
«Oggi ci sono tutte le condizioni per far capire all'imprenditore che la
logistica portuale ha redditività maggiore dell'area a caldo e assicurare ai
lavoratori la certezza dei posti di lavoro grazie ai servizi portuali e alle
attività manifatturiere legate al Porto franco». L'impegno è «mettere intorno al
tavolo lavoratori, impresa, città, governo e Regione». Perché non farlo allora
già durante gli ultimi cinque anni? «Perché nel 2013 il Porto e la situazione
economica complessiva erano in un'altra situazione e c'era il problema di
mantenere i posti di lavoro. Io rappresento la continuità con l'amministrazione
uscente, che però ha lavorato proprio per creare la discontinuità che propongo
oggi». E Bolzonello rivendica i meriti del governo regionale uscente: «Abbiamo
applicato misure restrittive per costringere l'azienda a dare risposte, siamo
intervenuti sulle autorizzazioni per difendere la salute dei cittadini e abbiamo
trovato un imprenditore che tutelasse i posti e gestisse una situazione
complessa, non gestita per decenni. Quest'amministrazione è l'unica che può
mettersi delle stellette. Abbiamo sostituito il sistema dell'Autorità portuale e
cercato le persone giuste per gestirla, abbiamo risolto dopo 60 anni la partita
del Porto franco, abbiamo risanato l'Ezit affidandolo all'Autorità portuale, che
oggi chiede aree per logistica e manifattura». Ed è proprio lo scalo la risposta
al superamento della produzione di ghisa: «È il più grande porto ferroviario
d'Italia e ha una prospettiva di lungo periodo. Così possiamo arrivare a
chiudere l'area a caldo, trovando una nuova missione».
(d.d.a.)
Scattano in estate i bus sperimentali da Trieste a
Lipizza - Nuova linea annunciata dal Comune con tappe in Carso - Corse attive da
venerdì a domenica fino alla Barcolana
TRIESTE - Una mappa con tutti i punti naturalistici, culturali e storici del
Carso italiano e sloveno e una nuova linea di trasporto circolare sperimentale
che collegherà via autobus il centro di Trieste a Lipizza, passando per diversi
punti significativi dell'altopiano. Sono le iniziative turistico-promozionali
pensate dal Municipio per valorizzare il territorio dell'altipiano. Iniziative
che, assicura l'assessore comunale al Turismo Maurizio Bucci, partiranno in
concomitanza con l'avvio della stagione estiva. L'annuncio della nuova strategia
è arrivato in risposta al pressione avviato su questo fronte dalla presidente
della prima circoscrizione Maja Tenze. Dal parlamentino di Altipiano Ovest è
stata infatti appena inviata una richiesta all'amministrazione comunale per un
potenziamento della segnaletica nelle proprie frazioni. «Contovello, Prosecco e
Santa Croce possono offrire al turista di passaggio diversi motivi di interesse
- sostiene la presidente -. Per fare un esempio, penso alla valorizzazione di un
itinerario che, partendo dal porticciolo di Santa Croce, salendo per l'antico
sentiero dei pescatori, giunga sino al centro del borgo per visitare il museo
della Pesca e la cappella di San Rocco. Alla periferia del paese - continua - un
altro storico sentiero boschivo porta al Monte San Primo con la panoramica
vedetta Slataper e, proseguendo nel bosco, a Prosecco». Per valorizzare queste e
altre bellezze paesaggistiche e monumentali a ovest dell'Altopiano, il consiglio
circoscrizionale chiede appunto segnaletiche ad hoc, per informare su quanto di
bello e importante esiste in questa parte del Carso, con i debiti collegamenti
con gli esercizi di ristorazione e gli altri esercizi utili. Da piazza Unità
l'assessore Maurizio Bucci risponde a stretto giro di posta, annunciando che a
breve ci saranno importanti novità in tema di segnaletica delle risorse
culturali e naturalistiche della città e dell'altopiano. «Il Carso rappresenta
una notevole risorsa turistica - afferma - ma va valorizzato con nuovi criteri.
Poche e semplici le indicazioni necessarie a un forestiero da tempo armato di
navigatore e telefonino. Il Comune inizia da un progetto sperimentale di
collegamento circolare attraverso il Carso tra il centro città e il territorio
di Lipizza, un'idea che abbiamo sviluppato con il Gal (agenzia di sviluppo del
Carso), Trieste Trasporti e Pro Loco Trieste. In una riunione tenuta pochi
giorni fa abbiamo chiarito alcuni punti fondamentali e ora ognuno degli enti
coinvolti perfezionerà il proprio contributo economico. La strategia prevede la
realizzazione di una cartina del Carso nella sua interezza che riporterà i
diversi punti di attrazione. Verrà redatta in italiano, sloveno, inglese e
tedesco». Per quanto riguarda il collegamento in bus con la località slovena,
Trieste Trasporti studierà un percorso attraverso San Dorligo, Opicina e altre
località carsoline fino a Lipizza. I tempi sono stretti, ma l'assessore si
sbilancia affermando che cartina e linea saranno pronti per l'inizio del periodo
estivo. «La linea circolare - precisa Bucci - funzionerà di venerdì, sabato e
domenica sino al periodo della Barcolana».
Maurizio Lozei
Da Zaule a Chiampore, cinque punti di raccolta per gli
scarti da giardino
MUGGIA - Novità in arrivo per i muggesani alle prese con ramaglie e rifiuti
"green". Il Comune ha annunciato che entro la fine di aprile installerà cinque
nuove postazioni ad hoc. «Ancora una volta - commenta l'assessore all'Igiene
urbana Laura Litteri - l'avvio di questo nuovo sistema di raccolta sta
dimostrando flessibilità, cercando di dare la migliore risposta possibile alle
necessità dei cittadini e di adattarsi alle diverse esigenze del territorio». Vi
si potranno portare erba, ramaglie, potature e più in generale scarti di verde
dei propri giardini o terreni. Le postazioni "green", come detto, saranno
complessivamente cinque, accuratamente scelte con strategia da parte
dell'amministrazione comunale. Ecco le location in cui sorgeranno concretamente
entro fine mese: Santa Barbara (nelle vicinanze della chiesa), Crevatini-Piasò
(nel piazzale antistante l'ingresso dello stadio "Zaccaria"), Zaule (nelle
vicinanze della "stazione acquedotto"), via XXV Aprile (parcheggio area ex Enel)
e Chiampore (all'incrocio tra Darsella San Bartolomeo e Strada per Ligon).
«Confidiamo che queste nuove postazioni vengano utilizzate con responsabilità e
non ci si debba trovare ad affrontare la gestione di conferimenti impropri in
mezzo al verde come troppo spesso succedeva in passato, purtroppo», ammonisce
Litteri. Per il verde rimarranno comunque operativi anche gli altri due servizi.
Oltre alla possibilità di conferire autonomamente il materiale nella piazzola
ecologica di Vignano, proseguirà il prelievo del materiale a domicilio, eseguito
a cadenza settimanale nella giornata del martedì. Su quest'ultimo servizio
l'amministrazione cittadina precisa che per poterne usufruire bisognerà
prenotare il prelievo con almeno due giorni di anticipo al numero verde Net. Ci
sono comunque dei limiti di recupero del verde. Gli operatori potranno infatti
raccogliere fino a due metri cubi di materiale per un massimo di 10 sacchi o
cinque fascine ben legate, di lunghezza massima di un metro e mezzo. Nonostante
le difficoltà logistiche del servizio "porta a porta" persistano, come
testimoniato dalla raccolte di firme che ha chiesto di rivedere il servizio e
come documentato quasi quotidianamente sui social network, l'assessore sprizza
ottimismo: «Come per tutte le novità, c'è bisogno di cimentarsi concretamente
con le nuove modalità di conferimento e di abituarvisi. Soltanto cimentandosi e
misurandosi con esigenze e criticità che emergono dall'introduzione di qualsiasi
novità, si può verificare e affinare quanto messo in campo per fare in modo che
si possa rispondere nel miglior modo possibile». Come già confermato più volte,
dunque, nessun passo indietro: «Siamo fiduciosi che, come successo negli altri
comuni che sono già, prima di noi, passati a questo sistema di raccolta, grazie
alla collaborazione dei cittadini, riusciremo a raggiungere gli obiettivi di
sostenibilità ambientale che Muggia è di certo in grado di ottenere, e che la
maggior parte dei muggesani si stanno già impegnando a raggiungere».
Riccardo Tosques
Slowfood.it - DOMENICA, 22 aprile 2018
Carlo Petrini: «Togliamo la plastica dalla nostra tavola»
Mentre scrivo queste righe mi guardo intorno e noto che
la cover del mio telefonino è di plastica così come la struttura del mio pc. Che
la biro che sto usando è di plastica così come i bottoni della mia camicia, la
copertina della mia agenda e le maniglie dell’armadio che mi sta di fronte.
La plastica è entrata, dalla sua nascita negli anni Cinquanta, in tutti gli
aspetti della nostra vita. Trasporti, manifattura, intrattenimento,
comunicazione, conservazione, agricoltura, pesca, artigianato, sport, non c’è
ambito dell’agire umano che non adoperi questo materiale. Leggero, duttile,
versatile, resistente, durevole. Praticamente adatto a ogni occasione.
Ma forse il nostro amore per la plastica si è spinto troppo in là, perché oggi
ce la stiamo anche mangiando. Milioni di tonnellate di plastica finiscono ogni
anno nei mari di tutto il mondo, si degradano in nano e micro plastiche, vengono
ingerite dai pesci e così entrano a tutti gli effetti nella catena alimentare.
Un problema di proporzioni preoccupanti, tanto che le ultime stime ci dicono
che, a questo ritmo, nel 2050 avremo nei mari più plastica che pesci (oggi ogni
tre tonnellate di pesce ce n’è una di plastica). Perché la plastica non è
biodegradabile, e una volta ingerita e metabolizzata produce effetti sugli
organismi che ancora non ci sono del tutto chiari ma che certamente influenzano
l’attività endocrina e in alcuni casi sono cancerogene. Come è possibile che
ogni anno 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici finiscano in mare? In
primis bisogna identificare un corto circuito “filosofico”: la plastica, che è
un materiale nato per durare a lungo, sempre più è diventato il costituente base
di quella infinita lista di prodotti che sta sotto al cappello di “usa e getta”.
Cannucce, stoviglie, sporte, imballaggi di ogni genere, contenitori e così via.
Abbiamo inventato un materiale potenzialmente indistruttibile e lo impieghiamo
per operazioni che lo trasformano in un rifiuto in pochi secondi. Partendo da
questa constatazione vale la pena aprire una riflessione sul concetto stesso di
rifiuto, entrato ormai a far parte delle nostre categorie mentali come un
concetto normalissimo e accettabile. Per quanto ancora possiamo andare avanti
pensando di perpetrare un modello basato sull’assunto che un prodotto possa
semplicemente, alla fine di una carriera sempre più breve, essere sotterrato o
incenerito? Come può avere senso un approccio del genere se consideriamo i costi
energetici, economici, umani e ambientali che sottendono a qualunque produzione,
a maggior ragione quando si parla di materie prime non rinnovabili (la plastica
è un derivato del petrolio)? Ecco allora che occorre un profondo cambio di
paradigma da parte del mondo produttivo, in particolare da parte delle aziende
che si occupano di produzione, distribuzione e packaging di cibo ma anche, in
definitiva, da parte di tutti noi. Non possiamo più pensare che produrre rifiuti
sia normale, bisogna prevenirli e riutilizzarli. E non sto parlando solo di
riciclaggio (pratica pure fondamentale), al contrario ho in mente l’economia
circolare, quell’approccio che, partendo dal concetto di riuso, identifica
qualunque materia di scarto come potenziale materia prima per un nuovo processo
produttivo. È questa la chiave, dobbiamo progettare sistemi produttivi chiusi.
Abbiamo tutti gli strumenti per farlo, abbiamo imprese che lo fanno da anni,
abbiamo fior di ingegneri, architetti, designer, economisti, manager che hanno
già elaborato modelli, che li hanno già messi in pratica con successo. Se saremo
in grado di realizzare questo salto di qualità, allora non sarà più necessario
produrre plastica al ritmo attuale (300 milioni di tonnellate all’anno), perché
quella che già circola, adeguatamente reimmessa nel circuito produttivo una
volta a fine vita, sarà sufficiente per tutto ciò che ci serve. Non solo, ma la
Commissione Europea ha stimato nella realizzazione dell’economia circolare un
potenziale di crescita di quasi 4 punti di Pil su base continentale. Dunque
lavoro, investimenti, nuova ricerca, oltre ai risparmi derivanti dall’evitare
problemi ambientali gravi. Perché quel che è certo è che non possiamo e non
dobbiamo rinunciare alla plastica, dobbiamo solo usarla in maniera intelligente
se vogliamo avere un futuro su questo pianeta. La politica non è ferma, alcuni
passi sono stati fatti e ci danno la cifra dell’urgenza. Recentemente in Italia
è diventato illegale utilizzare microplastiche nei cosmetici e produrre cotton
fioc di plastica, così come dal 2007 lo è l’utilizzo di buste non biodegradabili
nei negozi. E in molti Paesi del mondo questo trend è in corso. Tuttavia non
possiamo demandare la soluzione di un problema di questa portata solo alla
legislazione. Noi cittadini abbiamo poi un ruolo decisivo e dobbiamo assumerci
la nostra parte di responsabilità. Come Slow Food abbiamo approvato
all’unanimità una mozione su questo tema, e vogliamo lanciare prossimamente una
campagna trasversale, una chiamata globale a rivedere i propri atteggiamenti di
consumo e le proprie abitudini nei confronti della plastica. Pensiamo alla vita
media di una cannuccia con cui gustiamo le bibite al bar (tra l’altro in molti
locali ne mettono due per bicchiere, peggio ancora!): dieci secondi, tre minuti?
E poi dritto nella spazzatura (e prima o poi anche in mare). O alle stoviglie di
plastica, all’imballaggio che racchiude la verdura e la frutta confezionata.
Oppure alle monodosi di shampoo negli hotel: una bustina o un tubetto di
plastica nato per servire per il tempo di una doccia. E poi via anche questo,
magari con ancora metà del contenuto. Su questo come cittadini possiamo e
dobbiamo incidere. Ne parlavo l’altro giorno con la proprietaria di un albergo
facendole notare che in molti posti, specialmente in nord Europa, il dispenser
ricaricabile ha preso piede, con conseguente risparmio di rifiuti. Risposta? Ai
clienti il dispenser non piace. È qui che dobbiamo intervenire, dobbiamo
divenire clienti che chiedono il dispenser, che chiedono che non ci sia la
cannuccia in plastica, che chiedono di non avere imballaggi doppi o tripli. In
questo modo state certi che il cambiamento sarà più veloce. Siamo ancora in
tempo, ma non possiamo non giocare questa partita in prima persona, tutti. Per
noi e per i nostri figli. (vedi
articolo originale)
Carlo Petrini - da Robinson – La Repubblica del 22 aprile 2018
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 aprile 2018
Nove su dieci temono il clima che cambia - il sondaggio
Per il 90% degli abitanti di Trieste e del Friuli Venezia Giulia che hanno
partecipato al sondaggio online "Cambiamenti climatici in Fvg: cosa ne pensi?",
gestito dall'Arpa su input del quartier generale della Regione di piazza Unità,
i mutamenti del clima rappresentano un problema da non sottovalutare e gli
effetti sono già oggi visibili anche in questo territorio cittadino e regionale.
È questo il più significativo dei risultati del sondaggio lanciato a novembre
2017, predisposto per l'appunto dall'Osservatorio meteorologico regionale
(Osmer) dell'Agenzia regionale per l'Ambiente (Arpa) al fine di valutare la
percezione della cittadinanza proprio sul tema dei cambiamenti climatici. L'87%
dei partecipanti, si legge in un comunicato stampa della Regione stessa, ha
riscontrato personalmente che il clima è cambiato, rilevando tra gli effetti
principali la riduzione dei ghiacciai e dell'innevamento, oltre all'aumento
degli eventi estremi. Il 69% ritiene che i mutamenti climatici siano dovuti alla
sola attività umana, mentre per il 24% sono dovuti sia all'attività umana che a
cause naturali. Il sondaggio, prosegue la nota della Regione, contiene anche
interessanti risultati sulla percezione di quali saranno gli impatti più
rilevanti dei cambiamenti climatici sui territori di Trieste e del Friuli
Venezia Giulia. Il progetto è stato gestito da Arpa-Osmer, aggiunge il
comunicato stampa, «senza ricorrere a risorse esterne e utilizzando strumenti
gratuiti disponibili sul web. La rilevazione non è quindi una rilevazione
condotta con tecniche e strumenti propri delle indagini demoscopiche, sebbene il
notevole numero di persone che hanno compilato il questionario, 3.400 persone,
di cui 3.200 residenti in regione, fa ritenere di grande interesse le risposte
raccolte. I risultati preliminari del sondaggio sono pubblicati sul sito
arpa.fvg.it e sul sito tematico meteo.fvg.it.
«C'è Porto vecchio che fa sognare» - Il presidente
regionale della Fiaip Piccoli: «Area il cui sviluppo desta interesse»
«Trieste oggi regala anche un sogno, che è quello dello sviluppo del Porto
vecchio che fa incantare anche quanti intendono investire a livello
immobiliare». Leonardo Piccoli, presidente provinciale di Fiaip, nell'analizzare
le rilevazioni effettuate in città e che verranno sviscerate il prossimo mese di
giugno nel corso della presentazione del Borsino immobiliare, non può non
soffermarsi sulle cifre che raccontano di una Trieste che ha inserito la marcia
e fa da locomotiva della ripresa dell'intera regione. Senza percentuali a due
cifre, comunque anche le altre province registrano un trend positivo delle
compravendite. Nella provincia di Gorizia passano, dal 2016 al 2017, da 1.558 a
1.600 (+2,6%); a Pordenone da 2.789 a 2.900 (+3,8%); a Udine da 5.477 a 5.700
(+4%). «È il terzo anno che si evidenzia un segno positivo su tutta la regione -
sottolinea Piccoli - dopo un periodo buio iniziato con il decreto Salva Italia
del 2011, il primo atto del governo Monti, che inaspriva le tasse sulla casa e
reintroduceva l'Imu sulla prima casa. Nel 2012 - sottolinea Piccoli - in regione
registrammo un calo delle compravendite del 35 per cento: un disastro».
Lentamente il Friuli Venezia Giulia sta riprendendo fiato. «Un recupero -
osserva il presidente - dovuto anche al fatto che la casa torna ad essere il
miglior investimento, confermato dalla crescita di persone che acquistano anche
seconde case da mettere a reddito, da destinare all'affitto. Alla "carta",
ovvero a obbligazioni e azioni, si preferisce il mattone». A proposito di
investimenti, Piccoli indica tre zone in Fvg tra le più quotate a livello
turistico: il waterfront triestino, Grado e Lignano. In regione si guarda con
interesse anche alla performance di Sappada, di recente approdata in Friuli
Venezia Giulia. «Se da un lato aumenta il numero delle compravendite, dall'altro
resta ancora basso il valore patrimoniale degli immobili - spiega il presidente
-, che si attesta a meno 5 per cento rispetto ai valori che si riscontrano in
altre regioni e senza tener conto che nel resto d'Europa sono superiori del 14
per cento». «La richiesta, l'interesse che ruota attorno alla nostra regione e i
buoni risultati degli ultimi anni - aggiunge - ci fanno comunque ben sperare in
un recupero anche dei valori patrimoniali». Nella nostra regione, la casa è da
sempre un valore importante. «L'85 per cento dei residenti in Friuli Venezia
Giulia - riferisce il vertice Fiaip - è proprietario di prima casa, un primato
in Italia che sottolinea il valore che in questa regione assumono gli immobili».
C'è un aspetto che però preoccupa Piccoli: «Dopo la Liguria siamo la regione con
la popolazione dall'età media più avanzata, ci sono realtà che perdono molti
residenti anno dopo anno, e questo non è positivo per il mercato immobiliare».
(l.t.)
Giornata mondiale della terra - 12,7 milioni di tonnellate di plastica nel mare
Oggi in 192 Paesi si celebra la Giornata Mondiale della Terra. Si mobilita il Movimento Ecologista Ecoitaliasolidale: fra bottiglie, tappi, rivestimenti, imballaggi, 12,7 milioni di tonnellate inquinano il mare».
Scarpe comode e buone letture - A spasso per il Carso e
dintorni con i tour di Curiosi di natura
A spasso per il Carso e dintorni, respirando da vicino sia la natura che i
prodotti enogastronomici del territorio. È quanto racchiude anche quest'anno il
cartellone di "Piacevolmente Carso-Primavera", ciclo di passeggiate a cura della
cooperativa Curiosi di natura, progetto distribuito fino al 3 giugno lungo sette
percorsi disegnati dai versanti carsici (interni e costieri) lambendo il tratto
goriziano e sloveno, toccando Aurisina, Trebiciano, la dolina di Orlek, il
sentiero Riselce di Sgonico e ancora zone classiche dell'entroterra triestino,
come la Val Rosandra, Monte Grisa e le "casite" di Banne. Aperto a tutti, anche
a coloro che non masticano escursioni da tempo, che hanno magari i muscoli
appannati e sono poco propensi alle lunghe distanze, prediligendo un sano
andamento lento tra boschi, stagni e grotte, con un pensiero inoltre rivolto
all'immancabile sosta in qualche ristorante tipico targato "Sapori del Carso",
il circuito che offre lo sconto del 10% ai partecipanti alle gite. Le escursioni
si tengono di domenica, dalle 9.30 alle 13 circa, con ritrovo 20 minuti prima al
punto di partenza. Per i più mattinieri, la prossima uscita della stagione è
oggi: si andrà "Da Devetachi a Nova Vas"; domenica 29 si percorrerà invece "Il
sentiero Riselce", a Sgonico. Domenica 13 maggio escursione "Da Opicina al Monte
Grisa": tra i boschi, con ampi panorami su Trieste e il mare e domenica 27 si
farà invece una passeggiata "Sopra la Val Rosandra". Infine, domenica 3 giugno,
"Tra Trebiciano e Banne": fra boschi, doline e grotte, stagni, muretti a secco e
casite carsiche. Sono consigliate scarpe da trekking o con suole antiscivolo. Il
format delle escursioni prevede il corredo di letture a tema. Informazioni e
prenotazioni visitando il sito www.curiosidinatura.it, scrivendo a
curiosidinatura@gmail.com o al cell. 3405569374.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - SABATO, 21 aprile 2018
LO STUDIO DI REGIONE E CRO - Esami sui servolani «Nessun allarme»
«Lo studio non evidenzia risultati sostanzialmente significativi rispetto alla presenza di inquinanti nelle urine delle persone». Lo afferma Diego Serraino, responsabile del progetto e direttore della Struttura organizzativa complessa di Epidemiologia oncologica del Cro di Aviano. L'osservazione riguarda i risultati dello studio pilota per il "Monitoraggio biologico umano" delle persone residenti in prossimità della Ferriera di Servola e della centrale termoelettrica A2A di Monfalcone. La ricerca è stata commissionata dalla Direzione centrale Salute della Regione e condotta dal Cro di Aviano, in collaborazione con le Aziende sanitarie 1 e 2 e con l'Arpa. Le analisi di laboratorio, particolarmente complesse, sono state affidate al Centro diagnostico ambrosiano Cedam di Milano. L'indagine ha riguardato complessivamente 151 persone suddivise in tre gruppi: 50 (25 uomini e 25 donne tra i 18 e i 74 anni) scelte casualmente dall'elenco dei residenti da almeno cinque anni entro un raggio di 800 metri dalla Ferriera; altre 50 con le medesime caratteristiche, residenti da almeno cinque anni entro 1.300 metri dalla centrale A2A; un terzo gruppo di 51 volontari ricoverati nell'ospedale di Gorizia, non residenti né a Trieste né a Monfalcone, omogenei per età e sesso ai gruppi precedenti, utilizzato come riferimento comparativo. Lo studio è stato condotto su un numero limitato di persone per verificare le metodologie di campionatura e di rilevamento degli inquinanti e per valutare la fattibilità e l'opportunità di una eventuale successiva indagine su una fascia di popolazione più ampia. È stato necessario contattare un numero di residenti più di due volte superiore all'obiettivo prefissato. In particolare a Monfalcone l'adesione è stata del 40% rispetto alle persone contattate e del 41% a Servola, con una maggiore disponibilità tra le donne. «L'adesione può considerarsi bassa, essendo nettamente al di sotto del 75% atteso», osserva Serraino. Oltre una ventina gli inquinanti atmosferici misurati nelle urine, in prevalenza metalli pesanti. Nella gran maggioranza delle persone non sono stati rilevati valori superiori ai limiti di laboratorio. Nessun inquinante atmosferico è stato riscontrato in 33 persone su 50 a Monfalcone e in 32 su 50 a Servola. «In sostanza - evidenzia Serraino - risulta che i casi con valori alterati sono pochi e riguardano prevalentemente la presenza nelle urine di cotinina, alcaloide del tabacco e metabolita della nicotina, riconducibile al fumo da sigaretta».
Pressing in coro da Muggia «Sito inquinato da rivedere»
Il Consiglio comunale vota all'unanimità il documento presentato da
Finocchiaro - «La giunta Marzi si mobiliti con i diversi enti per liberare le
aree non contaminate»
MUGGIA - Riperimetrare la zona del Sito inquinato d'interesse nazionale di
Trieste. Con voto unanime il Consiglio comunale di Muggia ha approvato la
risoluzione presentata dal consigliere Marco Finocchiaro (Pd) durante l'ultima
riunione dell'assemblea. Sin È una storia oramai ultradecennale quella del Sito
inquinato, iniziata nel 2001 con l'inserimento dell'area del porto industriale
di Trieste nei siti inquinati a cui si applicano «gli interventi d'interesse
nazionale per la bonifica e restituzione ad usi legittimi di queste aree». Il
sito è ubicato a sud-est della città di Trieste e comprende un'area di circa
1.700 ettari. La parte a terra del sito occupa una superficie di circa 500
ettari, che ricade anche nel territorio comunale di Muggia, confinante ad est
con il Comune di San Dorligo della Valle. La parte a mare, invece, si estende
per 1.200 ettari. Di fatto un'area immensa per Muggia e la provincia che a mare
prende tutto il porto industriale nuovo e di fatto tutta la costiera muggesana
dal Canale industriale e Punta Ronco e a terra include Noghere e l'ex raffineria
Aquila. Ambiente Nel 2014 accade l'auspicata svolta con l'introduzione
dell'articolo 252-bis nel Codice dell'Ambiente, che prevede la possibilità di
stipulare degli accordi di programma con soggetti privati o altri soggetti
interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di
riconversione industriale e sviluppo economico produttivo in siti di interesse
nazionale. Negli anni successivi l'Ezit (oggi in liquidazione) e l'Autorità
portuale di Trieste (oggi Autorità di sistema portuale del mare Adriatico
orientale) vengono individuati come soggetti attuatori nell'ambito dell'accordo
di programma sul Sin di Trieste, per la caratterizzazione rispettivamente della
parte a terra e a mare/terra. Riperimetrazione Nel febbraio scorso, a seguito
dell'azione svolta dalla Regione, con soggetti privati e pubblici, di concerto
con il Ministero dell'Ambiente, viene chiesta la riperimetrazione del Sin -
Trieste con l'esclusione di alcune aree site nel Canale industriale. Da qui la
presentazione del consigliere comunale muggesano Finocchiaro di una risoluzione
al Consiglio comunale che impegni il sindaco Marzi e la sua giunta ad agire nei
confronti dell'Authority e del nuovo soggetto subentrante all'Ezit per
completare, ove non ancora fatto, la caratterizzazione di propria competenza e
nei confronti di Regione e Ministero dell'Ambiente rivedendo quindi la
perimetrazione del Sin e restituendo le aree non inquinate agli usi legittimi.
«Tutto ciò agevolerebbe la progettazione delle opere programmate nel nuovo
bilancio sulla costa. Basti pensare alla difficoltà oppure al divieto di
eseguire opere fondazionali subacquee fisse all'interno del Sin», racconta
Finocchiaro. Il secondo impegno è quello di rivedere la perimetrazione a terra
al fine di favorire opere edili e infrastrutturali nella zona di Noghere e con
l'obiettivo di sviluppare l'industria sostenibile e retroportuale dopo lo
spostamento del punto franco.
Riccardo Tosques
Spezzatino in Porto Vecchio. No di investitori e archistar.
Il colosso austriaco Siller: "Vogliamo esportare qui il modello Amburgo, ma serve la garanzia di poter acquisire tutta l'area". E Cucinella invoca un piano strategico
«Noi vorremmo fare a Trieste come ad Amburgo». A parlare è Manfred Siller, amministratore delegato della società austriaca Siller Real Estate. E ciò di cui parla è la sua idea per il Porto vecchio di Trieste: un recupero complessivo sulla falsa riga dell'operazione compiuta dal grande scalo germanico sull'Elba, i cui magazzini furono teatro di una delle più spettacolari operazioni di riqualificazione in Europa. A sentir lui, però, sulla sua strada si frappongono le istituzioni triestine: «Nessuno ha saputo dirmi finora se posso comprare l'area oppure no». Nel frattempo l'archistar Mario Cucinella interviene nuovamente sul tema Porto vecchio, proponendo un "vademecum" per le istituzioni. Il caso Siller Da due anni la società sta coltivando l'idea dell'operazione e ha coinvolto interlocutori tedeschi che hanno lavorato proprio ad Amburgo. «I nostri partner hanno operato nel recupero dell'HafenCity (il "Porto vecchio" amburghese ndr) - spiega Siller -. L'idea è esportare quel modello». Quel che serve, secondo l'imprenditore, è «un piano generale che coinvolga tutta l'area, che preveda spazio per servizi, commercio, residenziale». La cordata ha incontrato diverse volte il sindaco Roberto Dipiazza e ha avanzato una manifestazione d'interesse. L'ultima visita a Trieste è dell'autunno scorso: «Non abbiamo ottenuto molto. Fino a poco tempo fa nessuno mi aveva detto dell'esistenza della concessione di 99 anni a Greensisam - dice l'imprenditore -. Senza la garanzia di poter acquisire tutta l'area non possiamo investire soldi in progettazione. Aspettiamo di vedere se si rifaranno vivi». Le intenzioni di Dipiazza L'idea di un acquirente unico con un piano complessivo per il vecchio scalo cozza con i desideri del sindaco, che intende procedere un'alienazione alla volta, edificio per edificio. La cordata guidata da Siller non è stata l'unica a proporre un acquisto in blocco in questi anni, fanno sapere fonti comunali. Anche cordate russe e arabe avrebbero fatto lo stesso, trovando in Dipiazza un'accoglienza gioviale ma poco interesse. I consigli dell'archistar L'architetto Mario Cucinella, allievo di Giancarlo De Carlo e Renzo Piano, interviene nuovamente sull'argomento Porto Vecchio, dopo la sua visita a Trieste del settembre scorso. Secondo lui l'approccio "a spezzatino" è criticabile: «Si rischia di non sapere dove si va a finire. D'altra parte, però, anche una pianificazione troppo precisa non è necessaria, perché il mondo e l'economia cambiano molto velocemente». Secondo l'architetto è fondamentale un progetto d'insieme per gli spazi pubblici: «Serve un piano strategico di opere come giardini, pedonali, ciclabili, moli. Ancora prima di decidere cosa fare con i singoli edifici». Per Cucinella «i due piani vanno sovrapposti»: «Gli investimenti sugli edifici devono essere fatti all'interno di un progetto di uso pubblico, che deve essere strategico». Forse un piano urbanistico sarebbe uno strumento troppo rigido, prosegue, «ma serve senza dubbio una visione generale della città, pur a maglie larghe, che le dia una direzione. È un punto fondamentale». Uno strumento del genere richiede impegno e visione, riflette l'architetto: «Bisogna condividerlo con la cittadinanza in un dibattito largo. È faticoso ma è importante farlo». L'internazionalizzazione Cucinella sottolinea infine che è importante attrarre competenze da fuori città, «magari attraverso i concorsi»: «Ma anche questi vanno indirizzati con una visione politica. Avere dei buoni ingredienti non comporta per forza che la ricetta funzioni». L'indirizzo è il primo compito delle istituzioni: «La politica deve avere visione. Sottrarsi a questa significa lasciare troppo aperto il mercato di natura speculativa. Gli investimenti vanno bene, ma vanno indirizzati nell'interesse pubblico, coinvolgendo la comunità». Conclude Cucinella: «La politica non deve avere paura di farsi aiutare in questo percorso. Trieste apra un tavolo di competenze, costruendo una prospettiva assieme a diverse persone. L'occasione per la città è troppo importante».
Giovanni Tomasin
Italia Nostra approva il piano del Comune - «Da sempre
contrari a un soggetto unico»
Italia Nostra approva il piano del Comune su Porto vecchio. «Abbiamo sempre
sostenuto che non può essere un soggetto unico a intervenire sul Porto vecchio e
che non bisogna usare termini impropri per descrivere il "distretto storico
portuale" del Porto Vecchio - afferma la presidente Antonella Caroli -. Esistono
gli strumenti urbanistici in vigore, un masterplan di Italia Nostra approvato
dal ministero, una costituenda società di coordinamento tra le istituzioni,
proposte concrete in essere che andranno valutate insieme alle istituzioni e
realizzate in tempi brevi. È urgente che le istituzioni si muovano a livello
centrale ed europeo per ottenere le condizioni essenziali che rendano
competitivo ed attrattivo, non solo dal punto di vista architettonico ma anche
economico, il rilancio del distretto storico portuale».
Gli esperti - I grandi nomi in missione ora restano a
guardare
Così come sono arrivati, così se sono andati. E probabilmente non torneranno
mai più. Sono gli archistar che, da tutto il mondo, hanno solcato mari e monti
per raggiungere il capoluogo giuliano e vedere l'immensità del Porto vecchio,
per poi non essere più richiamati. Hanno perso tempo? Chissà. Nell'ultimo anno
nomi come quelli di Mario Cucinella, fantasioso progettista di opere green in
diversi siti colpiti dal terremoto e non, o di Massimiliano Fuksas, che ha
firmato importanti edifici in tutto il mondo come la Fiera Rho di Milano e lo
Zenith Music di Strasburgo, e ancor prima i colleghi Stefano Boeri e Mario
Botta, possono mettersi l'anima in pace perché un progetto complessivo su Porto
vecchio per ora non è nei programmi dell'amministrazione Dipiazza. Il modus
operandi per riqualificare l'area adottato adesso guarda piuttosto a procedere
per gradi, senza affidare a un unico professionista l'intero scalo con una
visione di insieme. L'arduo compito di riprogettare gli assi viari spetta per
ora ai tecnici del Comune. Cucinella, presente a Trieste l'anno scorso in
occasione dell'edizione di Trieste Next, parlava della necessità di avviare un
laboratorio urbano pubblico sul Porto vecchio, che costruisse un dibattito per
scoprire le esigenze di Trieste e le opportunità che il grande comprensorio
potrebbe offrire. «Serve - sottolineava - una riflessione più ampia per capire
qual è il ruolo e l'equilibrio che quell'area porterà a Trieste. Non si tratta
solo di fare un business plan. Ho visto quello di Ernst&Young, dove si indica di
mettere questo o quello, ma di "questo o quello" possiamo discutere quanto
vogliamo. A mio avviso quegli spazi hanno una vocazione pubblica molto
importante». La sua immaginazione ipotizzava di vivere inizialmente una fetta
dello spazio, in modo che la città iniziasse pian piano ad appropriarsi del
sito, magari con qualche piccola attività commerciale o ristorante: pian piano
lo «aggrediamo e poi iniziamo i lavori». Fuksas invece, non meno di una
settimana fa, durante una visita in Porto vecchio con Dipiazza, dopo essere
stato a Capodistria - dove realizzerà la torre Capo Grande, che unirà la costa
tra la città e Isola alla vetta del monte San Marco - annunciava la sua voglia
di venire a lavorare a Trieste: «È l'unico luogo dove mi interessa operare». Un
desiderio che forse deve mettere da parte. Porto vecchio, come «opportunità
storica unica, con nuovi alberghi, sedi scientifiche, approdi nautici e nuove
idee industriali, tutte inserite nel profilo costruttivo che da Opicina declina
fino al golfo, al mare», vedrà difficilmente compimento. Ed esattamente un anno
fa, si inaugurava a palazzo Gopcevich una mostra sulle "idee concettuali" di
sviluppo dell'area del Porto vecchio realizzate da studenti del politecnico di
Vienna e delle Università di Zurigo e Mendrisio. "Trieste città nuova" si
chiamava l'iniziativa, promossa e coordinata dal Comune e curata dall'architetto
Luca Paschini. L'assessore alla Cultura Giorgio Rossi aveva spiegato il perché
della manifestazione: «Ricevere valutazioni e opportuni contributi da parte di
ingegneri, economisti ed esperti in materia e al contempo dare la possibilità a
chi è lontano dal contesto di esprimere proposte originali offrendo un'utile
occasione di confronto». Ora i pareri di questi esperti andranno in porto?
Benedetta Moro
IL PICCOLO - VENERDI', 20 aprile 2018
Urbanistica: il progetto - Il Comune ridisegna Porto vecchio - anello e spazi verdi fino a Barcola
La mappa della futura viabilita' in Porto Vecchio
Collegare Rive e Porto vecchio. Organizzare gli "spazi esterni" della zona
sdemanializzata, cioè provvedere a tutto quello che non riguarda la sorte della
parte edificata, alla quale provvederà l'apposita società di gestione di
prossima costituzione. Garantire una buona accessibilità per le diverse funzioni
esercitate nell'ambito dei 65 ettari del sito: auto, cicli, pedoni, ma anche la
logistica di Adria Terminal e quella - sperabile - dell'approdo "cruise" di Msc.
Il Comune mette mano a un primo intervento pianificatorio - definito
"prodromico" - nel grande spazio di Porto vecchio, «per garantirne vivibilità e
funzionalità», come premette il sindaco Roberto Dipiazza. Ma prestando
attenzione - insistono i tecnici - a non creare rigidità urbanistiche tali da
limitare lo sviluppo dell'area. L'impegno esecutivo e finanziario è ingente.
Toccherà alla Soprintendenza esprimere la sua valutazione, poi tra settembre e
ottobre si andrà in gara. Se non intervengono complicazioni, a gennaio 2019
potrebbero iniziare i primi lavori, in anticipo di oltre un anno rispetto
all'inaugurazione di Esof 2020. Dipiazza utilizzerà una decina di milioni di
euro, provenienti dal "pacchetto" di 50 milioni previsti dall'accordo stretto
con Governo, Regione, Autorità portuale. Vediamo allora, con una gita virtuale,
come il Comune intenda impostare mobilità, circolazione, fruibilità del Porto
vecchio. Fase 1 Il cittadino-visitatore imbocca la strada-ciclabile a senso
unico, più o meno dove si erge l'ex Casa del lavoratore portuale. La
carrabile-ciclabile procede in direzione di Barcola tenendo alla sua destra
l'asse ferroviario: la carreggiata avrà un'ampiezza di circa 6 metri, cui si
aggiungerà lo spazio per i ciclisti. La nostra staffetta guida/pedala dietro il
Magazzino 26, vede la centrale idrodinamica, la sottostazione elettrica. Poi
vira verso il mare e punta - stavolta in doppio senso - in direzione di Barcola,
rasentando il costruendo parking e fendendo il terrapieno. Lunghezza
dell'itinerario circa 3 chilometri. Fase 2 All'andata segue il ritorno. Stavolta
l'autista/ciclista prenderà la direzione Rive: ovviamente in doppio senso da
Barcola fino al Polo culturale (Magazzino 26, centrali, ecc.), poi riecco un
senso unico che corre tra la prima e la seconda fascia di edifici, fino all'ex
Casa del lavoratore portuale. L'idea, visibile sulla mappa, è quella di un
"ring" che organizza la mobilità attorno agli edifici del Porto vecchio. Fase 3
In mezzo ai due sensi di marcia andata/ritorno viene allestito uno spazio verde
(giochi per bambini, attrezzature sportive) che si dipana dalle Rive fino a
Barcola. Un "parco lineare" - lo definisce il sindaco - che procede a sua volta
per 3 chilometri tra la seconda e la terza fila di edifici. Camminatori,
corridori, famiglie sono i benvenuti.Il titolo è "Progetto per la viabilità e
per la sistemazione delle aree esterne del Porto vecchio". Una decina tra
tecnici e consulenti della Pianificazione territoriale municipale, coordinati
dal mobility manager Giulio Bernetti, ha svolto il lavoro in circa sei mesi.
Tenendo conto delle iniziative in corso e di quelle ipotizzate, di stimoli e
suggestioni, delle necessità operative segnalate dall'Autorità portuale. Il
"ring" avvolge e serve - nelle intenzioni di Dipiazza - le diverse attività e le
varie esigenze che si vanno delineando: il "blocco" Greensisam, un eventuale
scalo crocieristico Msc, l'Adria Terminal, il Polo culturale, l'intramontabile
"fish market". Fino alla rotatoria di collegamento con viale Miramare e, a
seguire, sino al parcheggio che sarà realizzato al termine settentrionale di
Porto vecchio in tempo per la Barcolana 2018: tra un mese, agli ordini
dell'appaltatore Innocente & Stipanovich, entreranno in azione le ruspe.
Massimo Greco
«No al piano unico - Un passo per volta» - La filosofia
di Dipiazza: «L'intera partita va affidata a più di un soggetto. In passato
soldi spesi senza risultati»
Il termine "spezzatino" lo irrita, perché dice che non rappresenta quanto
lui voglia e intenda per governare Porto vecchio. E lo dice mentre apre la mappa
del sito sdemanializzato, nel quale sono segnati gli interventi che disegnano
l'infrastrutturazione viaria e logistica di Porto vecchio. È montata la
discussione pubblica sui criteri con cui amministrare e promuovere una grande
potenzialità metropolitana, le critiche al sindaco vertono sulla frammentazione
delle proposte, mancherebbe una logica progettuale unificante. «Macché
spezzatino - esclama Roberto Dipiazza - ecco il primo atto pianificatorio che
abbiamo impostato. Abbiamo preso in carico Porto vecchio il primo gennaio 2017,
il tempo di studiarlo e c'è la nostra prima risposta. Strade, parcheggi,
rotatoria, spazi verdi ... Lavori per 10 milioni, cantieri aperti nella prima
metà del 2019». Dipiazza, aldilà del merito contenuto nel progetto sulla
viabilità e sulle "aree esterne", ne approfitta per spiegare il suo approccio
con i 65 ettari che si estendono dalle Rive a Barcola. «Non voglio affidare
l'intero progetto a una sola figura o a un solo studio professionale - scandisce
il primo cittadino - mi sembra che di soldi se ne siano già spesi abbastanza con
grandi nomi ... Penso ai milioni spesi da Pierluigi Maneschi o dal duo
Maltauro-de Eccher: sono passati Botta, Boeri ... Disegni su disegni. E poi?
Cosa è rimasto?». Polvere: si strofina le dita per una plastica sottolineatura
della vanità di tanta produzione cartacea. Allora? Allora Dipiazza, in coerenza
con la sua mentalità e la sua esperienza, preferisce una modalità graduale,
capitolo per capitolo, basata sul costante controllo pubblico delle operazioni:
«Intanto con questo piano il Comune si assume in prima persona la messa a punto
dell'accesso, della mobilità, delle iniziative nelle zone non occupate dagli
edifici». A seguire decollerà la società, anch'essa pubblica (partecipata anche
dalla Regione), chiamata invece a gestire la parte edificata o, meglio, da
edificare. «Intanto - prosegue Dipiazza - organizziamo quello che già c'è e che
probabilmente ci sarà». Il dito viaggia sulla mappa: «Greensisam, approdo
crocieristico di Msc, Polo culturale, fish market ... E siamo solo all'inizio».
Dipiazza lo dice in tralice, commentando l'inopportunità di affidare le
operazioni a un solo soggetto progettuale privato: in questi casi l'ente
pubblico committente/appaltante si accorda con il privato affinché siano poi
messi a disposizione del pubblico spazi, siti, luoghi... Ma quasi sempre il
privato si tiene i bocconi migliori e molla gli scarti all'ente pubblico. Un
rischio che il sindaco non vuole correre. E vuole tenere il filo
dell'operazione, per quanto possibile, nelle sue mani.
magr
Il Prg a misura di Parco del mare - Approvata la
variante che apre la strada alla struttura dietro alla Lanterna
Dopo innumerevoli anni di rumore e polemiche il Parco del mare approda al
primo, "vero", atto amministrativo che lo riguarda. Ieri la giunta comunale di
Trieste ha approvato una serie di modifiche al piano regolatore, inclusa quella
che dovrebbe rendere possibile la realizzazione di un acquario nell'area della
Lanterna. Spiega l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli: «Con la delibera
abbiamo approvato il recepimento della redigenda variante al piano regolatore
portuale che appunto renderà possibile l'opera. Il Comune fa proprio il
contenuto di quella variante, siglando la compatibilità dello strumento
urbanistico con il progetto del Parco del mare alla Lanterna». Nella delibera
non c'è alcun riferimento diretto al Parco del mare, «ma la tipologia
urbanistica indicata è indirizzata a una serie di servizi incluso quello in cui
possiamo inquadrare gli acquari», dice Polli. Conclude cauta l'assessore: «Se
poi i privati cambieranno idea e vorranno fare qualcos'altro di compatibile
starà a loro. In questo momento il Parco del mare è realizzabile, questo è il
punto. Il primo passo è stato fatto». Inevitabilmente la notizia suscita la
gioia di Antonio Paoletti, presidente della Camera di commercio della Venezia
Giulia e primo sostenitore del progetto: «È una storia lunga, tipicamente
italiana, ma che finalmente vede la luce. È ormai dal 2004 che il Parco del mare
è per la Camera di commercio il grande attrattore per la definitiva svolta in
chiave turistica di Trieste e della Venezia Giulia». Paoletti prefigura un
futuro luminoso di visitatori che si rifrangono su tutto il territorio
regionale, «da Grado al Collio, da Gorizia a Trieste passando per il Carso». Ora
Dipiazza, «con cui stiamo dialogando e collaborando fattivamente», fa a Paoletti
il regalo più atteso: «Un indirizzo chiaro per un obiettivo lungamente rincorso
e che grazie a questa amministrazione comunale e alla collaborazione
dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, inizia
ufficialmente il proprio percorso amministrativo per trovare la sua concreta e
definitiva realizzazione». Resta da stabilire chi sarà il socio privato che
verrà ad aggiungersi alla Cciaa e alla Fondazione CRTrieste per trasformare
l'idea di Paoletti in un cantiere. Anche perché negli ultimi tempi la Fondazione
sembra aver tirato un po' il freno, ponendo alla Cciaa delle questioni su come
dovrebbe procedere il progetto. Anche il cambio al vertice della Regione si
riverbererà con tutta probabilità sulle prospettive del Parco. Comunque ora più
vicino alla realizzazione.
Giovanni Tomasin
Semina di mais OGM, assolto Fidenato. Il giudice: per la legge non e' reato
Il leader di Agricoltori Federati Giorgio Fidenato è stato assolto dalla accusa di aver violato il divieto di semina di mais Ogm anche per la semina 2015 nel campo di Colloredo di Monte Albano (Udine). Per il giudice monocratico del tribunale di Udine Carlotta Silva «il fatto non è previsto dalla legge come reato». Assoluzione anche per Leandro Taboga, proprietario del terreno di Colloredo di Monte Albano. Lo ha riferito il loro avvocato Francesco Longo. La pronuncia discende dalla sentenza della Corte di Giustizia europea che a settembre aveva fornito l'interpretazione autentica del regolamento comunitario 1829 del 2003. «Abbiamo sostenuto l'ingiustizia dell'imputazione perché si basava su un decreto dichiarato non conforme alla norma comunitaria da parte della Corte europea - ha spiegato il legale - Lo Stato non poteva intervenire con un potere cautelare in assenza dei presupposti per poterlo esercitare. La pronuncia presuppone che il giudice abbia disapplicato l'atto amministrativo. Fin dall'inizio era evidente che la loro attività era consentita». «Semineremo ancora. Dove e quando, lo diremo a semina avvenuta per evitare problemi di ordine pubblico», ha detto Fidenato. Marco Perduca dell'associazione Coscioni ha affermato che «quel che non è proibito deve esser consentito. Grazie all'Europa è stata messa fine a una proibizione tutta italiana, ora il Governo faccia sapere che non esistono sanzioni penali per chi semina mais geneticamente migliorato e smetta di ostacolare la coltivazione».
La giunta di Muggia congela le tariffe della tassa sui
rifiuti -
Scongiurati aumenti per utenze domestiche e negozi - Il sindaco Marzi:
«Costi tra i più bassi dell'intera provincia»
MUGGIA - A Muggia non vi saranno aumenti sulla Tari per il 2018. La buona
notizia è stata confermata durante l'ultima riunione del Consiglio comunale
durante l'approvazione della tariffa della tassa sui rifiuti. Dopo l'aumento (in
alcuni casi) sino al 30% registrato lo scorso anno, per l'anno in corso rimarrà
tutto invariato. «L'entrata tributaria della Tari nel 2018 conferma quella del
2017 e non comporta, pertanto, alcun aumento di costi da spalmare sulle tariffe
dei cittadini. La tariffa che resta allineata, in alcuni casi più favorevole,
degli altri comuni dell'area giuliana», racconta il sindaco muggesano Laura
Marzi. Come vuole la legge, la tassa sui rifiuti deve coprire per intero i costi
del servizio di gestione dei rifiuti essendo questo il tributo destinato a
finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento ed è dovuta da
chiunque abbia il «possesso, l'occupazione o la detenzione, a qualsiasi titolo e
anche di fatto, di locali o di aree scoperte a qualunque uso adibiti,
suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati». Calcolate su base
annuale, dopo l'introduzione del nuovo sistema di raccolta "porta a porta", le
tariffe resteranno complessivamente invariate sia per le utenze domestiche sia
per quelle degli esercizi commerciali - il costo del servizio è suddiviso al 61%
sulle utenze domestiche ed il 39% su quelle non domestiche - tenendo in
considerazione i valori derivanti dalla percentuale quota fissa (che si
riferisce alla superficie dell'immobile) e da quella variabile (che fa
riferimento al numero di persone che compone il nucleo famigliare). Il Comune ha
tenuto comunque a precisare che «qualche tariffa potrebbe presentare in qualche
caso una qualche minima variazione, ma non perché le aliquote siano state in
alcun modo soggette di un aumento, quanto piuttosto per la differente
composizione del nuovo piano economico finanziario del servizio», che vede un
differente riparto tra appunto la cosiddetta "quota fissa" e la "quota
variabile" collegato al differente sistema di raccolta e smaltimento. Come già
dichiarato in occasione della scoperta di un 10% circa delle utenze non in
regola con i pagamenti della tassa sui rifiuti, il nuovo sistema di raccolta,
proprio in quanto singolarmente fornito, sta permettendo al Comune di meglio
conoscere gli effettivi destinatari del servizio. «La puntuale verifica delle
posizioni tributarie sta, infatti, portando all'identificazione di diverse
irregolarità e di diversi evasori - ha concluso il sindaco Marzi - e la
regolarizzazione di queste posizioni, una volta opportunamente verificate,
porterà o a ripartire i costi su un maggior numero di posizioni tributarie e, di
conseguenza, ad una riduzione delle tariffe per gli altri contribuenti oggi in
regola». Introdotta nel 2014, la Tari sostituì la Tares - in vigore solo per il
2013 - che a sua volta aveva preso il posto di tutti i precedenti prelievi.
Riccardo Tosques
San Dorligo della Valle / Dolina - Raccolta del secco
residuo anticipata tra martedì 24 e mercoledì 25 aprile
Raccolta rifiuti anticipata a San Dorligo della Valle nella notte tra
martedì 24 e mercoledì 25 aprile. L'Area Servizi sul territorio del comune di
San Dorligo della Valle - Obcina Dolina comunica infatti che, in via
eccezionale, la raccolta del secco residuo di mercoledì 25 aprile, verrà
anticipata a partire dalle 4 del mattino, causa orario ridotto dell'impianto di
destino. Il Comune raccomanda quindi a tutti i cittadini di esporre i sacchi
rosa a partire dalla serata di martedì 24 aprile.
A Muggia portano via l'erba sfalciata dopo 21 giorni -
La lettera del giorno di Pietro Mezzoli
Sono uno dei tanti detentori di un giardino di proprietà a Muggia. A suo
tempo abbiamo preferito non lastricare gli spazi, optando per una salvifica,per
noi, distesa di prato all'inglese.Queste dispettose graminacee hanno,però, un
brutto difetto: con il tepore primaverile e le piogge frequenti tendono,ahimè,a
crescere velocemente.Prima d'intraprendere l'operazione di taglio e memore di
notizie non proprio rassicuranti, mi armo di pazienza e prendo in mano la
brochure della Net. Digito il numero indicato pensando si riferisse ad un
servizio operativo invece mi risponde il Comune di Muggia, dove la gentile
operatrice mi informa che quei "bricconcelli" della Net hanno sbagliato ad
inserire quel numero e mi devo rivolgere ad un Numero verde - in provincia di
Udine- dove alla mia richiesta per il ritiro del sfalcio mi rispondono dandomi
un appuntamento per il giorno 8 maggio, 21 giorni(ventuno) dalla mia richiesta.
Altrimenti potevo portare, a mia cura, tutta l'erba che volevo al Centro di
raccolta. Tanto per chiarire, tendo a precisare: pago regolarmente le tasse; non
rientro nel famoso 10% degli evasori muggesani della Tari.
I candidati alla prova dell'ambiente - Dalla Ferriera
di Servola alla A2A di Monfalcone fino al turismo, ecco le ricette dei quattro
aspiranti presidenti
TRIESTE - Ambiente, territorio, vocazione turistica. Parte da qui il
confronto fra i quattro candidati alle elezioni regionali del 29 aprile che Il
Piccolo ospiterà nei prossimi giorni, a partire da oggi. Minimo comune
denominatore, tra le proposte di tutti gli aspiranti governatori, la convinzione
di dover affrontare questioni ambientali - nodo inquinamento in testa - e
prospettive di rilancio turistico con un approccio integrato e unitario, pena il
rischio di produrre danni potenzialmente irreparabili. Ecco allora il richiamo
dell'autonomista Sergio Cecotti all'adozione di nuovi strumenti di governance
del territorio; l'impegno del candidato di centrodestra Massimiliano Fedriga a
predisporre un piano strategico ad ampio raggio come alternativa agli inutili, e
a volte deleteri, interventi settoriali. E ancora la determinazione del
democratico Bolzonello nel proseguire sulla rotta della regia unica avviata
negli ultimi 5 anni di amministrazione di centrosinistra, e il richiamo del
pentastellato Alessandro Fraleoni Morgera a mettere in campo proposte e
soluzioni concrete. Le stesse che, denuncia il candidato M5s, per troppi anni i
partiti di centrodestra e centrosinistra hanno consapevolmente, e colpevolmente,
evitato di adottare per non "disturbare" eccessivamente gli interessi della
grande industria. Il riferimento è prima di tutto alla Ferriera di Servola, ma
anche alla centrale A2A di Monfalcone. Realtà, quest'ultima, che secondo Cecotti
va affrontata in modo netto. Quale? Imboccando la strada della
decarbonizzazione. Ma parlare di ambiente, come detto, significa anche parlare
di turismo. Prima di tutto, secondo Bolzonello, quello "slow", scelto ormai da
migliaia di persone attratte dal Friuli Venezie Giulia proprio per la
possibilità di godere delle bellezze del territorio - a partire da quello della
campagna affidata alle tante e preziose aziende agricole -, con i ritmi lenti e
a misura di famiglie. Senza dimenticare però, ribadisce l'ex governatore Cecotti,
le tante declinazioni del turismo in regione: da quello artistico a quello
enogastronomico, da quello sportivo a quello di carattere magico-mitico. Di
carte da giocare su questo fronte, insomma, il Friuli Venezia Giulia ne ha
molte. Per valorizzarle però, sottolinea Fedriga, è necessario coinvolgere e
ascoltare i tanti attori in campo: dagli operatori turistici alle Pro loco,
dalle guida agli albergatori e gli agenti di viaggio. Senza dimenticare
ovviamente, insiste il leghista, gli enti locali, rispetto ai quali la Regione
deve svolgere un'azione di coordinamento. Quanto alle priorità per l'azione a
tutela del territorio, ognuno ha le sue. E nell'elenco spunta anche quale
indicazione di nicchia, come la tutela dei pozzi artesiani invocata da Fraleoni
Morgera.
Diego D'Amelio
ALESSANDRO FRALEONI MORGERA (5 Stelle) - «Basta
collusioni con l'industria»
TRIESTE - «La Ferriera di Servola, la diossina fuori controllo nel
Maniaghese, i fanghi industriali del lago di Cavazzo, le emissioni della
centrale A2A di Monfalcone, gli odori molesti della Siot, i pozzi artesiani
della Bassa friulana, le grotte del Carso invase da idrocarburi, l'amianto
abbandonato sul Cellina, i giardini inquinati di Trieste». Quando si chiede ad
Alessandro Fraleoni Morgera quali siano i problemi ambientali del Fvg, il
candidato non si ferma più. «Non c'è crisi ambientale - dice il grillino - che
non veda il M5s in prima fila, puntualmente contrastato da centrosinistra e
centrodestra, sempre attenti a non disturbare la grande industria». Secondo
Fraleoni Morgera, «per il M5s stare dalla parte dell'ambiente e della salute dei
cittadini significa fare proposte concrete: controlli implacabili sui livelli di
inquinamento come nel caso dei nostri test sui polli del Maniaghese, bonifiche
delle aree inquinate, chiusura degli impianti che non rispettano i limiti di
legge, incentivi per la loro riconversione, stop all'incenerimento dei rifiuti e
appoggio convinto alle politiche per il riciclo, riuso e recupero dei rifiuti. E
ancora: stop ai rigassificatori e a nuove centrali a combustibili fossili».
Fraleoni non dimentica poi nodi quali «l'efficientamento del servizio idrico,
misure urgenti contro il dissesto idrogeologico, tutela dei pozzi artesiani,
delle aree protette e della biodiversità vegetale e animale. Su queste basi
potremo promuovere un turismo più verde e sostenibile, leva fondamentale per la
crescita economica della nostra regione».
(d.d.a.)
MASSIMILIANO FEDRIGA (Lega Nord) - «Regia unica e
più confronto»
TRIESTE - Massimiliano Fedriga propone un punto di vista "olistico" per
misurarsi con i nodi dell'ambiente, del territorio e del turismo: «Serve un
approccio non settoriale, come fatto finora. Politiche ambientali, identità
territoriali e sviluppo turistico devono far parte di un unico piano strategico
che consenta l'ottimizzazione degli investimenti». Per il candidato del
centrodestra, «far questo significa individuare modelli di governance del
territorio che devono avere come attori principali i Comuni, cui sommare gli
esperti del settore: operatori turistici, guide, pro loco, albergatori e agenti
di viaggio. Alla Regione spetta, invece, il delicato compito di coordinare le
diverse realtà per fare sistema». Secondo Fedriga, il Fvg ha «un patrimonio
ambientale e culturale ricchissimo che va preservato, valorizzato e
pubblicizzato. Tale obiettivo può essere raggiunto con una semplificazione del
quadro normativo e con una collaborazione sinergica tra pubbliche
amministrazioni e privati, anche attraverso la formazione del personale, degli
operatori e dei cittadini». L'impegno è a «cambiare passo attraverso il continuo
confronto: da una politica ambientale volta solo a reprimere e chiusa su se
stessa (e abbiamo visto che questo in realtà ha portato talvolta al mancato
presidio e cura del territorio) a una gestione ambientale sostenibile che si
confronti con tutti i settori, dalle infrastrutturazioni all'urbanistica,
all'agricoltura. Una gestione in progress che rispetti i tempi dell'economia e
le necessità delle comunità».
(d.d.a.)
SERGIO CECOTTI (Patto per l'autonomia) - «Arpa
inefficace Va riformata»
TRIESTE«La priorità è rifondare gli strumenti di governo ambientale del
territorio». Sergio Cecotti, leader del Patto per l'autonomia, si cala anzitutto
nelle necessità tecniche per la tutela dell'ecosistema del Fvg. Per l'ex
governatore, «Valutazione di impatto ambientale (Via) e Valutazione ambientale
strategica (Vas) non sono più momenti partecipativi e pratiche efficaci sul
piano scientifico, ma inutili passaggi burocratici». Il candidato pensa inoltre
a una riforma dell'Arpa, sottolineando che «l'assenza di strumenti credibili di
politica ambientale ha prodotto situazioni assurde come l'elettrodotto aereo
Redipuglia-Udine e l'area a caldo della Ferriera di Servola. Serve poi un piano
energetico "vero", che affronti i nodi a partire dalla decarbonizzazione della
centrale di Monfalcone». Per la sicurezza del territorio, «la priorità sono le
manutenzioni ordinarie e straordinarie delle opere di difesa del suolo dal
rischio idrogeologico non effettuate in questi anni. Cento milioni di euro
serviranno inoltre contro gli effetti dei mutamenti climatici». Alla cura del
territorio si collega il turismo e Cecotti ritiene che vada «riqualificato
quello "classico" montano e marino, in particolare con l'ammodernamento delle
strutture ricettive». C'è poi un secondo asse: «lo sviluppo dei turismi tematici
(ambientale, enogastronomico, culturale, artistico, sportivo, religioso,
magico-mitico) il cui aggregato produce numeri di tutto rispetto. Su questi temi
il Fvg più filo da tessere di altri. Ma bisogna crederci, pianificare e
impegnarsi». (d.d.a.)
SERGIO BOLZONELLO (PD) - «Amianto zero e Sin
bonificati»
TRIESTE«Un territorio curato e un ambiente sano sono elementi che
valorizzano il turismo». Ed è alla luce di questo principio che Sergio
Bolzonello, leader del centrosinistra, mette in campo «quelli che sono
chiaramente tanti progetti per il Fvg e che passano per la conclusione della
bonifica dei siti inquinati di Trieste e Torviscosa alla risoluzione degli
storici problemi dell'Isontino sul fronte della depurazione delle acque».
Bolzonello ricorda inoltre di avere «nel programma l'obiettivo amianto zero
negli edifici attraverso gli aiuti della Regione, che possono essere
implementati sia per lo smaltimento che per i lavori successivi». L'esponente
del Pd ritiene inoltre che «un ruolo strategico è legato alle aziende agricole,
preziose per valorizzare il territorio continuando a far progredire quel turismo
"slow" che attrae sempre più persone. Anche i giovani stanno scoprendo il
fascino dell'agricoltura e sempre di più scelgono di investire sulla terra: una
decisione che alcuni anni fa poteva sembrare coraggiosa e che oggi li ha
premiati». Sul turismo bisogna invece «proseguire su quanto avviato in questi
anni dalla Regione, perché i numeri stanno premiando le nostre scelte con un
milione in più di soggiorni e oltre 1.500 assunzioni nelle attività di alloggio
e ristorazione. Quindi valorizzazione del territorio, penso anche al Collio/Brda
che deve diventare patrimonio Unesco, e formazione delle persone. Tutto questo
sotto una regia unica per tutta la regione perché non possiamo pensare a
compartimenti stagni».
(d.d.a.)
POMERIGGIO - INCONTRO URBI ET HORTI
Alle 15, incontro nell'orto di Borgo S. Sergio (davanti Habitat Microarea, via Grego 48) su "Orticoltura pratica" con il maestro contadino Roberto Marinelli.
Predatori alati del Friuli Venezia Giulia.
Alle 18.30, nella sede dell'Alpina delle Giulie di via Donota 2 (IV p.), Enrico Benussi terrà una conferenza con immagini dal titolo: "Predatori alati, ma non solo, del Friuli Venezia Giulia. Dove vivono e come possiamo proteggerli". L'ingresso è libero.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 aprile 2018
Ortofrutticolo all'ex Duke - Il Comune si prende l'area
Ezit in liquidazione ha aggiudicato la struttura a un milione e 190 mila
euro - Il sindaco Dipiazza: «Nel 2019 il trasferimento e Campo Marzio sul
mercato»
Se tutto procede come Roberto Dipiazza immagina, tra un anno gli operatori
all'ingrosso del Mercato ortofrutticolo potranno vendere il loro prodotto nel
capannone ex Duke in via Ressel, capannone di 2515 metri quadrati che il Comune
si è aggiudicato ieri mattina e che provvederà a ristrutturare nei prossimi
mesi. Il commissario liquidatore dell'Ezit, Paolo Marchesi, ha comunicato nella
tarda mattinata che sull'area ex Duke era pervenuta una sola offerta, quella del
Comune, pari a un milione 190 mila euro, valore di poco inferiore alla stima del
bene. Dipiazza era comprensibilmente contento, perché, come dicono i giocatori
di biliardo, ha fatto filotto: sposta il mercato in zona industriale (tra
l'altro nel territorio comunale di San Dorligo) e libera l'ampio perimetro Campo
Marzio-Giulio Cesare-Ottaviano Augusto che oggi ospita la struttura mercatale.
Perimetro che cinge un'area di prelibata qualità urbanistica e immobiliare, in
quanto posta sulle Rive, a quattro passi dal centro, ben servita dal trasporto
pubblico. Dipiazza ritiene realistico metterla sul mercato nella seconda parte
del 2019, dopo che il Municipio avrà riallestito il Mercato ortofrutticolo nella
nuova sede. Valore di 26 milioni di euro. Il sindaco già prevede e pregusta la
trasformazione della vecchia e sciupata area annonaria in qualcosa di
prestigioso: per dimostrare il livello di attenzione suscitata dal perimetro
davanti alla Sacchetta, squaderna il primo progetto di massima che gli è stato
consegnato la settimana passata: non vuol fare nomi, ma parla di un investimento
da 90 milioni di euro, con un cronoprogramma di due anni e mezzo. Investimento
articolato in alberghiero, residenziale, direzionale, sportivo, commerciale.
L'uno-due galvanizza il primo cittadino. «Siamo finalmente venuti a capo di una
procedura durata un anno e mezzo, quando avremo effettiva disponibilità dell'ex
Duke bandiremo una gara per progettarne ripristino e riconversione». Davanti al
capannone sarà realizzata una caffetteria e il Mercato - anticipa Dipiazza - non
sarà direttamente condotto dal Comune ma verrà dato in gestione esterna. Il
sindaco pensa di aver portato a termine un buon affare: l'area ex Duke è di poco
inferiore ai 290 mila metri quadrati, di cui 2.515 coperti e 13.815 scoperti,
7.200 mq dei quali edificabili. Non ha problemi di amianto, non è soggetta a
operazioni di bonifica non essendo inserita nel Sito di interesse nazionale, è
prossima al raccordo con la Grande viabilità. Il capannone, costruito nella
seconda metà degli anni '70, contiene un magazzino, varie celle frigorifere, uno
spaccio di vendita. Anche Lorenzo Giorgi, che fin dall'inizio ha seguito
l'operazione come assessore al Commercio, plaude al lieto compimento del lungo
fraseggio con l'Ezit. Ma non solo con Ezit: perché ragioni di glasnost
amministrativa avevano consigliato al Comune di sondare quali altri opportunità
erano offerte dal territorio per insediarvi il Mercato. Due le risposte giunte
in piazza Unità nello scorso ottobre: sappiamo di quella firmata Ezit, mentre
l'altra - curiosamente - era stata prospettata dal curatore fallimentare della
Duke, Emilio Ressani, e riguardava lo stabilimento salumiero vero e proprio,
anch'esso situato in via Ressel. La concorrente presentava un prezzo sicuramente
migliore, 500 mila euro, ma le condizioni del fabbricato erano molto peggiori.
Fatto sta che il Comune aveva ritenuto più consono al proprio fabbisogno l'ex
Duke. Ma Ezit non poteva cedere un proprio asset senza che vi fosse verifica di
proposte migliorative: allora avanti con l'asta, che ieri mattina ha ottenuto
l'esito di cui sopra. Adesso deve essere stilato l'atto di vendita in un arco di
tempo di sessanta giorni. Le parti sono interessate ad accorciare quanto prima i
termini: Dipiazza vuole entrare in possesso dell'ex Duke per rispettare la
"staffetta" tra Mercato e cessione di Campo Marzio. Marchesi conclude il mandato
commissariale il 30 giugno e intende incassare il più rapidamente possibile.
Massimo Greco
E oggi in giunta il Parco del mare - Variante sul
progetto nell'ex Portolido. Già passata intanto la modifica alla Fiera
A Churchill gliene bastavano due, a forma di V. A Dipiazza di dita gliene
servono tre: «Ieri mattina il Mercato ortofrutticolo, lunedì sera la variante
urbanistica sulla Fiera e infine, previsto oggi nel menu della giunta, il Parco
del mare. Una settimana importante», riassume. Cominciata lunedì sera con un
serrato dibattito consiliare, dove le opposizioni dei Cinquestelle e dei "dem"
hanno contestato la variante che consente all'investitore austriaco Walter
Mosser, acquirente dell'area dell'ex Fiera, di realizzare un centro commerciale,
in precedenza non contemplato dalla pianificazione comunale. Le opposizioni
hanno sollevato varie questioni, sia nel merito - le grandi strutture
commerciali rovinano le piccole imprese - che nella procedura - la variante
viene portata in aula dopo l'asta. Alla fine la proposta giuntale è passata e
Mosser, che non pensa al residenziale, potrà dedicarsi a negozi, ristoranti,
fitness. Altro appuntamento strategico è quello con il Parco del mare. Dipiazza
aveva preannunciato a fine marzo che la modifica al Piano regolatore,
relativamente all'ex area di Portolido, in precedenza occupata dalla Cartubi
quasi di fianco al "Pedocin", sarebbe approdata in giunta in aprile: così oggi
pomeriggio ci sarà il vaglio dell'esecutivo comunale. Poi correranno 50 giorni
per le osservazioni, in seguito alle quali la delibera arriverà in Consiglio
comunale. La zona attorno alla Sacchetta è destinata, con Parco del mare e
trasloco dell'Ortofrutta, a un radicale cambiamento.
Il regno Greensisam nel piano alienazioni - l Municipio
pronto a inserire nell'elenco i cinque magazzini del Porto vecchio in mano a
Maneschi. Valgono 16 milioni
Sedici milioni e 100 mila euro. Tanto valgono i 37 mila metri quadrati
(18.052 dei quali edificati pari a 5 magazzini e 17.948 liberi da costruzioni)
di Porto vecchio. Praticamente: 465 euro a metro quadrato. Prendendo questo
valore, il Porto vecchio (600 mila mq) vale complessivamente 279 milioni. La
perizia di stima, acquisita il 23 marzo scorso, riguarda i 5 magazzini della
concessione novantennale di Greensisam che andranno a integrare il Piano delle
alienazioni e delle valorizzazioni immobiliare del prossimo bilancio. Lo si è
appreso ieri nel corso della riunione congiunta delle Commissioni II e IV
chiamate a discutere la proposta di deliberazione consiliare: "documento unico
di programmazione Dup 2018-2020 e bilancio di previsione 2018-2020".
L'emendamento è stato illustrato dal presidente della II Commissione Roberto
Cason e subito rinviato a un'altra seduta per un ulteriore approfondimento. La
vendita del complesso Greensisam, che rappresenta una sorta di porta d'ingresso
del Porto vecchio alla città, è un passaggio obbligato dopo la
sdemanializzazione dell'area. Il canone di concessione dei 5 magazzini è stato
riconvertito nel canone di locazione (in vigore dal primo gennaio 2017) pari a
509 mila euro all'anno. L'incasso del bene, che andrà all'asta, sarà interamente
girato all'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico Orientale per la
gioia del presidente Zeno D'Agostino che dovrà reinvestirlo in ambito portuale
(magari valorizzando i punti franchi spostati altrove). Era una delle condizioni
per la sdemanializzazione previste nel famoso emendamento dell'ex senatore
Francesco Russo. All'amministrazione comunale, come ha fatto presente il
segretario generale Santi Terranova, spetterà solo una commissione da agenzia
immobiliare per la mega operazione: «Un compenso da sensale». Quello di
Greensisam, come ha lasciato intendere di recente il sindaco, è un affare da 200
milioni di euro, che dovrebbe portare alla nascita di hotel fronte mare, oltre a
strutture di servizi e residenziali. Gli acquirenti con cui sta trattando
Greensisam sono dei fondi d'investimento dell'Europa centrale (la porta in
Baviera passando per l'Austria). Non è detto però che sarà Greensisam del patron
Pierluigi Maneschi ad aggiudicarsi all'asta i 5 magazzini della vecchia
concessione. In questo caso, però, il compratore potrebbe dover attendere 74
anni (quello che resta della concessione novantennale rilasciata nel 2001) prima
di entrare in possesso del bene. Greensisam, infatti, potrebbe continuare a
gestire l'area pagando un canone di affitto di 509 mila euro annui. Non mancano
però le perplessità sulla titolarità dell'area legata al famoso allegato VII del
trattato di pace. «Non si può sdemanializzare qualcosa che non è del demanio.
Stiamo violando la legislazione internazionale» ripete come un mantra il
capogruppo della Lega Paolo Polidori ogni volta che si tocca il Porto vecchio.
Secondo lui vendere un pezzo del Territorio libero di Trieste sarebbe come la
vendita della Fontana di Trevi tentata da Totò.
Fabio Dorigo
Viaggio nel Polo intermodale - il gigante e' ancora in letargo
Luci e ombre a un mese esatto dall'inaugurazione della struttura di Ronchi - In attesa di nuovi voli e passeggeri, fra utenti soddisfatti e il park semideserto.
RONCHI DEI LEGIONARI - Un gigante ancora in letargo, che aspetta la primavera degli aerei con la privatizzazione dell'aeroporto, e chissà, forse quella dei collegamenti via rotaia (un miraggio se di mezzo ci sono Trenitalia e Rfi). È passato un mese dall'inaugurazione del polo intermodale dell'aeroporto di Trieste a Ronchi dei Legionari, ma come era immaginabile è ancora presto anche per fare bilanci, e questa nuova infrastruttura, davvero bella come l'aeroporto che sta cambiando e sta mettendo il vestito nuovo, è ancora addormentata in un sonno profondo. Non sono bastate le nuove tendenze dei residenti del monfalconese, che hanno spostato il loro baricentro logistico da Monfalcone a Ronchi dei Legionari per partire da questa nuova stazione che assomiglia tanto a quelle di una metropolitana di una città europea, a creare un traffico significativo. Anche Stelio Vatta, project manager del nuovo polo intermodale, che ogni giorno percorre un paio di volte la lunga passerella che collega la stazione ferroviaria all'aeroporto per vedere che tutto funzioni, tra i più entusiasti promotori della nuova struttura che ha fatto e visto nascere è conscio che ci vorrà del tempo perchè decolli. «Ci vuole pazienza - commenta con un sorriso mentre ti accompagna lungo il lungo corridoio con occhio vigile sulle passerelle mobili - la gente ha le sue abitudini, per cambiarle ci vorrà ancora del tempo». Stelio Vatta se ne va, rientra in ufficio, e l'imponente e lunga passerella torna vuota e silenziosa, tanto da far risaltare in sottofondo il soffio del vento caldo della primavera che sta facendo rifiorire tutta la campagna intorno e porta dentro nuovi profumi. Dall'altra parte il grande parcheggio esterno è praticamente semivuoto, a contarle non ci saranno nemmeno cinquanta vetture. L'unico abbastanza pieno è il park multipiano che si affaccia sulla stazione aeroportuale e sull'arteria stradale, e vista la distanza da percorrere è più facile che si tratti di clienti dell'aeroporto e non della stazione ferroviaria. E con l'arrivo dell'aereo da Roma delle 10 la struttura si anima un poco. Un paio di persone si presentano alla fermata sottostante dell'Apt, c'è il bus che porta a Trieste e che parte alle 10.30. «Il tragitto dura cinquanta minuti, ma è l'unico modo per garantire le fermate lungo il tragitto - racconta l'autista - altrimenti per andare a Trieste direttamente c'è il treno, sta 25 minuti. Il bus però è molto più frequente». Non vale la pena attendere più di tre quarti d'ora il treno che parte appena alle 11.17. Il numero delle persone però è ridotto al minimo. Passa una signora che ha appena lasciato la nipote in aeroporto. «Cosa vuole ho dovuto farlo, è girovaga, mi ha chiesto di accompagnarla» commenta con una battuta e chiede come fare per pagare il ticket del parcheggio. «Se sapevo che c'era tutta questa trafila del biglietto venivamo a piedi, tanto cosa vuole che sia venire da Ronchi». Parte il bus, va via anche la signora e torna il silenzio. Sale di attesa e biglietteria con tanto di porta aperta sono deserte, come i bagni, si vede comunque che sono stati usati, alcuni sono sporchi. C'è già cattivo odore e acqua per terra, mancano i supporti per la carta igienica e pure le salviette per asciugarsi le mani. La stazione ferroviaria si anima poco prima del treno delle 11.17, alla fine si contano sette persone. Due uomini d'affari stranieri, una ragazza con il trolley, un'anziana che è arrivata da qualche paese vicino con i giornali e la borsetta, diretta a Trieste, un extracomunitario vestito alla moda che timbra il biglietto. Poi due ragazzi stranieri, parlano inglese, sono arrivati in aeroporto una settimana fa, hanno preso un'automobile a noleggio e hanno fatto un giro in regione. Ora l'hanno riportata al noleggio e prendono il treno per Trieste: sono diretti in Croazia. Gli unici finora ad aver colto in pieno tutte le potenzialità ancora inespresse del polo intermodale. Arriva il treno, scendono due persone dirette all'aeroporto. All'esterno sulle banchine continuano a lavorare almeno una decina di operai che stanno ultimando gli impianti, passano i cavi, altri controllano i sistemi informatici dei distributori automatici dei biglietti, altri ancora il funzionamento delle scale mobili. Il polo intermodale non è ancora ultimato, ci sono ancora lavori da fare. Un gigante bellissimo, ancora addormentato.
Giulio Garau
L'ISPEZIONE - Il sogno: pendolari in bici - Lamentele
dai taxisti
RONCHI DEI LEGIONARI - La curiosità è davvero tanta e lo si vede dalla mole
di persone che, quotidianamente, entra e visita una realtà che, sino a poco più
di un anno fa, era solo nell'immaginario della gente e nelle tavole dei tanti
elaborati realizzati prima di aprire il cantiere. C'è grande aspettativa sul
ruolo che potrà recitare il polo intermodale di Ronchi dei Legionari all'interno
del sistema dei trasporti del Friuli Venezia Giulia. Ed ancor di più per ciò che
potrebbe offrire all'utenza della bisiacaria. Un punto di riferimento
accessibile ed immediato, che offra vantaggi e possa essere considerato qualcosa
di indispensabile per la mobilità delle persone. Altrimenti non si
spiegherebbero le tante prese di posizione, le richieste, il numero
considerevole di post che invadono i social. Ciò che sta a cuore, tra le altre
cose, è l'accessibilità delle biciclette. Ed è per questo che Bisiachinbici e la
Fiab hanno elaborato un report il cui fine è quello di valutare la mobilità
ciclistica all'interno del polo e il suo collegamento con la viabilità esterna,
mettendo in evidenzia i punti di forza ma soprattutto le criticità, con
l'obiettivo di porne rimedio nell'ottica di favorire gli spostamenti in
bicicletta in ingresso ed uscita al polo. Molto dipenderà anche dalla
realizzazione delle piste ciclabili, sistema che dovrà essere realizzato
dall'amministrazione comunale di Ronchi dei Legionari.Il trasporto pendolare
potrebbe, a detta delle due organizzazioni, avere una grossa spinta da questa
infrastruttura. Vista la non gratuità dei parcheggi auto è infatti presumibile
ipotizzare che gli spostamenti verso la stazione, da parte di chi la utilizzerà
quotidianamente, possano dirottarsi verso l'uso della bicicletta. A patto, però,
di fornire l'accesso alla stazione con comode e sicure piste ciclabili e di
dotarla di adeguati stalli per le bici. Come per la viabilità su quattro ruote,
anche per le bici l'unico accesso alla stazione ferroviaria avviene dalla corsia
Sud della regionale 14, in direzione del centro abitato ronchese. Arrivati però
sul punto in cui è previsto l'ingresso della ciclabile ecco il primo problema.
Davanti all'imbocco della ciclabile è stata realizzata una zebratura, strisce
bianche a 45°, che indica inequivocabilmente un'isola di traffico. Per
definizione del codice della strada l'isola di traffico è una zona in cui è
vietato il traffico e la sosta dei veicoli, qualunque essi siano. La pista
ciclabile c'è ma è irraggiungibile, a meno di infrazioni del codice.«L'area di
sosta delle bici - si legge nel report - è posizionata sotto la parte terminale
del ponte, in prossimità degli ascensori che portano ai binari. Assolutamente
inadeguate sono le rastrelliere porta bici. La tipologia è quella che peggio si
consiglia per contrastare i furti. Non è possibile agganciare le bici con
lucchetti da nessuna parte se non nel poggia ruota, a cui peraltro non è facile
riuscire ad agganciare il telaio». Perplessità arrivano anche dai taxisti che
operano nella zona. «I taxi esterni all'aeroporto che porteranno i clienti al
nuovo polo - afferma un operatore - dovranno pagare un extra, perché è stato
deciso che chi di noi passa al parcheggio P4, obbligatorio per la sosta breve,
da 3 volte massimo in un giorno a 12 in un mese deve fare un abbonamento a
scelta tra 300 euro per 100 entrate o 100 euro per 30 entrate, numeri ridicoli
da superare. Questo significa pesare sulle tasche della gente e rovinare un
servizio già piegato a causa della concorrenza».
Luca Perrino
Conto alla rovescia per la privatizzazione - in lizza
le maggiori società aeroportuali
Il Trieste Airport potrebbe entrare nella galassia di Save, la società che
gestisce gli aeroporti di Venezia e Treviso e che detiene il 40% di quello di
Verona ed il il 27,65% dell'aeroporto belga di Charleroi. E' presto per dire
quali realtà parteciperanno all'asta per la vendita del 45% del capitale, con
opzione per un ulteriore 10%, il cui termine è stato fissato per il 6 giugno. Ma
il presidente di Save, Enrico Marchi, che ieri ha presentato il volo diretto di
American Airlines per Chicago, operativo dal 5 maggio, ha già fatto intendere
che l'interesse è concreto. Accanto a Venezia potrebbero esserci Atlantia, che
fa capo a Benetton e che controlla la società Aeroporti di Roma, il fondo
privato F2i, azionista di riferimento di SEA Aeroporti di Milano e presente a
Napoli, Torino, Bologna e Alghero, ma anche Fraport, che controlla 14 scali
greci e detiene il 75% dell'Aeroporto di Lubiana. Interesse anche da Aéroports
de Paris, ma soprattutto Everbrigh di Hong Kong, che ha Tirana.
(lu.pe.)
Insieme a Piazza Europa ecco Park&Bus - Il servizio
consentirà di lasciare l'auto nei parcheggi e arrivare in centro con i mezzi
senza pagare il biglietto
Torna il Park&Bus gratuito in occasione di Piazza Europa 2018. Il servizio,
che ha mostrato di essere molto apprezzato da triestini e turisti durante le
scorse festività natalizie e nei giorni di carnevale, è promosso e sostenuto da
Trieste Trasporti (gruppo Arriva) in collaborazione con il Comune di Trieste ed
Esatto. Anche questa volta il Park&Bus consentirà di lasciare l'automobile in
apposite aree semiperiferiche e di raggiungere il centro città in autobus senza
dover pagare il biglietto. Cinque i parcheggi coinvolti: Opicina (quadrivio,
lato Banne), via Flavia (piazzale Cagni), Chiarbola (piazzale delle Puglie),
Barcola (piazzale 11 Settembre) e via Carli. In ciascun parcheggio sarà
delimitata un'area dedicata all'iniziativa. Il servizio sarà attivo dal 22 al 25
aprile: si potrà parcheggiare gratuitamente nelle aree indicate dalle 10 alle 20
di domenica e mercoledì e dalle 15 alle 20 di lunedì e martedì. Il personale
addetto, presente sul posto, consegnerà agli utenti un biglietto per viaggiare
sui normali autobus di linea fino alla mezzanotte di ciascuna giornata (senza la
necessità di dotarsi di ulteriori titoli di viaggio). Il biglietto dovrà essere
obliterato nel viaggio di andata e dovrà essere esibito a richiesta dei
verificatori a bordo dei mezzi. Per l'occasione, grazie a Esatto, sarà gratuito
anche il parcheggio di via Carli (normalmente a pagamento). Nei giorni di Piazza
Europa sono anche previste alcune deviazioni ai normali percorsi di linea, in
virtù della chiusura al traffico di via Mazzini (nel tratto compreso fra via
Imbriani e le rive) dalle 15 di sabato 21 aprile all'ultima corsa di mercoledì
25 aprile. In particolare saranno soggette a modifiche le linee 4 (direzione
piazza Tommaseo), 5 (entrambe le direzioni), 9 (entrambe le direzioni), 10
(entrambe le direzioni, con capolinea in piazza della Borsa), 11 (direzione
corso Italia), 17 (direzione piazza Tommaseo), 18 (direzione corso Italia), 24
(entrambe le direzioni), 25 (direzione corso Italia), 28 (direzione piazza
Tommaseo), 30 (entrambe le direzioni) e A (entrambe le direzioni). I dettagli
dei percorsi modificati sono disponibili sul sito www.triestetrasporti.it alla
sezione Ultima Ora. Aggiornamenti anche su Twitter (@triestetrasport) e sul
canale Telegram del Comune di Trieste.
Decolla l'infopoint - E Muggia si candida hub del
cicloturismo
Entro maggio la riapertura dell'ex Pro loco in piazzale Caliterna -
Offrirà innovativi pacchetti dedicati in particolare alle due ruote
MUGGIA «Muggia come hub del turismo sostenibile dell'Adriatico
settentrionale». È un nome importante quello scelto per il progetto elaborato
dal Gal Carso, e sottoscritto dal Comune di Muggia, con un unico grande ed
ambizioso obiettivo: rilanciare il turismo nella cittadina. In base alla nuova
convenzione stipulata appunto in questi giorni tra i due enti, il nuovo
infopoint verrà realizzato in piazzale Caliterna, nella palazzina utilizzata
sino all'aprile dello scorso anno dalla Pro loco di Muggia. «Vogliamo aprire al
pubblico un punto informativo per turisti e residenti, dotato di servizi gestiti
da operatori commerciali e non», spiega l'assessore alla Promozione della città
Stefano Decolle. Previsti, dunque, noleggio e tour guidati con e-bike,
biciclette e segway. Ma anche servizi di incoming, esperienze attive e pacchetti
turistici, nonché la rivendita di prodotti del territorio. La durata del
comodato d'uso della palazzina sarà di tre anni con possibilità di rinnovo per
altri tre anni. Il Comune erogherà al Gal esattamente 91 mila e 540 euro per i
prossimi tre anni, di cui 41 mila e 655 euro per il personale. «Il contributo
potrà essere rivisto annualmente in considerazione dell'eventuale ampliamento
concordato delle attività o in ragione del significativo mutamento dei costi
connessi alla loro organizzazione», viene puntualizzato nella convenzione. La
manutenzione straordinaria dei vani sarà di competenza del Comune. Queste,
dunque, le premesse. In realtà ora spetta al Gal individuare concretamente il
gestore del punto informativo, nonché gli operatori che forniranno i vari
servizi ad esso collegati secondo gli indirizzi e gli obbiettivi fissati,
«osservando le regole di trasparenza e di libera concorrenza su cui deve
improntarsi l'azione pubblica amministrativa». Per quanto riguarda invece gli
orari di apertura questi dovranno essere ancora concordati con l'amministrazione
comunale, anche se il Gal ha già proposto nel proprio progetto una copertura di
sei giorni su sette (esclusa la giornata del mercoledì) con orari 9-12 e 17-20.
Nel progetto sono stati altresì presentati gli obiettivi generali. Innanzitutto
creare un infopoint che coniughi servizio pubblico e approccio professionale
privato. L'infopoint dovrà dunque vendere «esperienze turistiche» e pacchetti
basati su Muggia e dintorni. Altro aspetto fondamentale è che nei servizi
offerti saranno coinvolte concretamente le aziende e le associazioni di Muggia.
Per quanto riguarda il personale operativo la gestione sarà basata su un staff
di due lavoratori a contratto per sei mesi, staff che «auspicabilmente» dovrà
essere trilingue, ossia in possesso della conoscenza di inglese, tedesco e,
naturalmente, italiano. Tra le proposte previste anche l'incentivo al
pernottamento sul territorio (alberghi, residence, agriturismi e bed and
breakfast), una scelta dettata proprio dal desiderio di trasformare Muggia da
zona di passaggio a vera e propria zona di sosta del turismo, in particolare
quello sostenibile dato dalle biciclette. Una scommessa che dovrebbe iniziare
entro maggio, il mese previsto per l'apertura del nuovo corso turistico della
cittadina, intesa ora, come detto, come «hub del turismo sostenibile
dell'Adriatico settentrionale».
Riccardo Tosques
Allevare suini? «Una bomba ecologica» - Il report della
Ong "Terra!": falde acquifere minacciate dagli scarti. Un pieno di antibiotici
finisce nei terreni
ROMA - Il prosciutto è una squisitezza. Peccato che, come rivela un rapporto
della Ong ambientalista "Terra!", la filiera nazionale del prosciutto sia del
tutto insostenibile dal punto di vista ambientale. Anzi: va considerata una vera
e propria bomba ecologica. Basti pensare che i 12 milioni di maiali macellati
ogni anno nel nostro paese - la gran parte impiegati per produrre Parma e San
Daniele, i cui disciplinari prevedono che gli animali siano nati, allevati e
macellati in Italia - producono annualmente una quantità spaventosa di
escrementi: ben 11,5 milioni di tonnellate l'anno, quasi tutte smaltite in modo
inquinante, ovvero sparse sui campi mettendo in pericolo le falde acquifere. È
come se ci fosse una popolazione aggiuntiva di 25,5 milioni di persone non
collegate alla rete fognaria. Ma questa è solo una delle inquietanti rivelazioni
del rapporto «Prosciutto Nudo», che mette nel mirino le conseguenze
dell'allevamento industriale intensivo, una tecnica inventata negli Usa negli
anni '70 ormai dilagata nel mondo. «Una tecnica - spiega il giornalista e
scrittore Stefano Liberti, autore del rapporto - che permette grande efficienza,
grandi produzioni a basso prezzo per i consumatori e grandi profitti. Ma che
scarica all'esterno le conseguenze negative per la salute del territorio, delle
persone e degli animali. Un modello insostenibile». L'88% dei maiali presenti
nel nostro Paese (come detto, 12 milioni l'anno, oppure 8,6 milioni considerando
che la «speranza di vita» di un suino da noi è di soli nove mesi) è rinchiuso in
pochi (circa il 10%) allevamenti di grandi dimensioni, con più di 500 capi.
Lager dove i suini trascorrono la loro breve vita senza mai uscire all'aria
aperta, spesso in gabbie singole, senza possibilità di movimento, imbottiti di
antibiotici per evitare malattie e ingrassare presto. La stragrande maggioranza
degli allevamenti italiani è concentrata in un'area ristretta: pochi chilometri
quadrati tra Mantova, Brescia, Reggio Emilia e Modena. Quasi la metà dei maiali
si trova in Lombardia, con ben 3.937.201 capi. Il record è in provincia di
Brescia, con 2.180 allevamenti e 1.289.614 suini. Considerando che un suino in
un anno «produce» 15 volte il suo peso in deiezioni, questo liquame orrendo
pieno di azoto, fosforo e potassio invece di diventare utile biogas va sui campi
e poi nelle falde acquifere. Insieme alle feci, vanno anche i molti farmaci
somministrati agli animali. Il 68% degli antibiotici consumati in Italia è
somministrato negli allevamenti, tre volte più che in Francia, quasi come negli
Usa e in Cina. Medicinali che finiscono nelle falde acquifere, a peggiorare il
fenomeno sempre più allarmante dell'antibiotico resistenza, che dà vita a ceppi
di batteri sempre più difficili da vincere. Infine, i costi ambientali in senso
esteso: per far funzionare una filiera così divoratrice di risorse, occorrono
3,5 milioni di tonnellate di mangimi (in prevalenza importati, in prevalenza
OGM), e tantissima acqua. Risultato: per produrre un chilo di prosciutto servono
4 chili di cereali, 6.000 litri d'acqua, 1,4 mg di antibiotici. Con il
sottoprodotto di 11 chili di feci, e 12 chili di emissioni di CO2. Che fare?
"Terra!" propone di ridurre drasticamente i consumi di carne. «Intanto - spiega
il direttore Fabio Ciconte - bisogna dare ai consumatori un'etichetta
trasparente, che riveli la provenienza da allevamento intensivo e gli impatti
associati. Contribuendo così a rompere quella distanza cognitiva che si è venuta
a creare tra la carne che consumiamo e l'animale da cui proviene». E poi,
tornare agli allevamenti tradizionali all'aperto, oggi per fortuna in ripresa,
come quelli della Cinta Senese o della Mora Romagnola. Ma noi consumatori
capiremo che di prosciutto sostenibile ce ne sarà poco e costerà caro?
Roberto Giovannini
San Dorligo, polemica sulla gestione dei rifiuti -
L'opposizione: «Le quantità censite calano, i costi no». La replica: «È
semplicemente salita la differenziata»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Tema immondizie sempre caldo a San Dorligo della
Valle. È di Boris Gombac, capogruppo di Uniti nelle tradizioni in Consiglio
comunale, un nuovo attacco alla giunta del sindaco Sandy Klun. «Nel secondo
semestre del 2017 - scrive Gombac in una nota - con l'arrivo della A&T 2000 spa
nella gestione dello smaltimento si sono volatilizzate 241 tonnellate di
rifiuti. Siamo passati dalle 959 del primo semestre 2017 alle 718 del secondo.
Un calo ancora più significativo - prosegue - se si ricorda che nel 2005, prima
dell'introduzione della raccolta differenziata, i rifiuti del nostro Comune
ammontavano a 2.600 tonnellate l'anno. Avanti di questo passo - insiste Gombac -
il problema rifiuti si risolverà da solo, perché non ne avremo più. Tutto questo
però - conclude - non ha comportato un proporzionale calo dei costi a carico dei
cittadini, anzi. Abbiamo un costante aumento dei costi sia fissi sia variabili,
mentre dovrebbe essere il contrario».«La modifica del sistema di raccolta -
replica Klun - aveva come obiettivi la riduzione del rifiuto indifferenziato, il
più inquinante e costoso, l'aumento dei quantitativi raccolti di umido e
l'eliminazione dei conferimenti impropri e abusivi. La puntuale riorganizzazione
del servizio, fatta con A&T 2000 - aggiunge il sindaco - ha richiesto senz'altro
investimenti, che si traducono in costi fissi, ma ha permesso di raggiungere
pienamente e fin da subito gli obiettivi, inclusa la riduzione dei costi totali
del servizio. Infatti - prosegue Klun - come si evince dal Piano finanziario si
è riusciti a superare il minimo di legge del 65% nella differenziata, mentre nel
2016 e nel primo semestre del 2017 si era arrivati solo al 56%. Nel secondo
semestre del 2017 si è raggiunto il 68,29%, percentuale in ulteriore aumento
nell'anno in corso, si è ridotta la produzione del rifiuto indifferenziato,
proprio grazie al nuovo sistema di raccolta, che ha contribuito ad eliminare i
conferimenti impropri e abusivi, sono aumentate le quantità raccolte di umido ed
è notevolmente migliorata la qualità dei rifiuti differenziati raccolti. I dati
sui rifiuti, snocciolati nel tentativo di sostenere tesi quanto meno bizzarre -
conclude Klun - confermano invece il buon esito delle iniziative dal Comune. I
rifiuti non si sono volatilizzati, ma la loro riduzione è proprio il risultato
voluto».
(u. s.)
Bubo e poi Anacleto, due gufi reali all'Enpa nel giro di 15 giorni
Alla struttura di via De Marchesetti ospite anche una
poiana - Il coordinatore Fvg Urso ai giovani: «Servono nuovi volontari»
È arrivata la primavera e con essa, all'Enpa di Trieste, è giunto il tempo
di accogliere nuovi ospiti. Dopo aver concluso il 2017 con numeri davvero
sorprendenti (2.706 gli animali accolti e curati nella struttura, oltre 3.000
calcolando anche quelli soccorsi all'esterno) l'Ente nazionale protezione
animali di via De Marchesetti promette di confermare anche nel 2018 il proprio
ruolo decisivo nella salvaguardia e nella cura degli animali di fauna selvatica
e non solo. Da poco all'Enpa sono infatti arrivati due ospiti "d'eccezione"...
Senza nulla togliere agli altri amici ospitati dalla struttura, non si può che
rimanere incantati alla vista dei due meravigliosi gufi reali da poco giunti in
sede. Bubo (dal nome scientifico Bubo bubo) e Anacleto, questi i nomi assegnati
dai volontari ai due giovani esemplari maschi, sono stati accolti nella
struttura a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro. Bubo, a cui manca una
zampa, è stato trovato nella zona di Campanelle circa un mese fa. Non gli fa
certo difetto la curiosità: ecco allora che è sua abitudine scrutare chi lo
osserva, facendo capolino dal nido appositamente preparato e dipinto per lui dai
volontari. Solo quindici giorni dopo l'arrivo di Bubo, un altro esemplare di
gufo reale, il bellissimo Anacleto, è stato trovato nella zona di Muggia e poi
accolto dall'Enpa per essere curato e rimesso infine in libertà: «Il fatto che
ogni anno - spiega la presidente, Patrizia Bufo - arrivi nella nostra struttura
almeno un esemplare di gufo reale, fa ben pensare come la nostra provincia
rimanga sempre ricca di fauna selvatica». Oltre a Bubo e Anacleto questa
primavera ha portato anche un bell'esemplare di poiana, che sarà liberata
lunedì, in occasione della visita in sede di una scolaresca. Ad essere liberato
a breve, tra 20 giorni circa, sarà anche uno scoiattolo ospite in via De
Marchesetti ormai da più di un anno. Ospiti che vanno, ospiti che vengono. Ma la
certezza dell'Enpa di Trieste resta Circe, il meticcio di cinghiale che da
quattro anni si fa "viziare" da visitatori e volontari, che non possono
resistere alla sua simpatia. In merito al ruolo prezioso svolto all'interno e
all'esterno della struttura, Gianfranco Urso, coordinatore regionale dell'Enpa,
che lo scorso 13 marzo ha festeggiato i suoi primi 50 anni di volontariato
all'Ente nazionale protezione animali, ci tiene a comunicare che «l'attività,
diurna e notturna, di recupero in città e provincia di animali feriti svolta sin
qui dai volontari della protezione animali, a partire dal 1° maggio sarà di
competenza della Regione Fvg. Il problema è che - sottolinea Urso - a coprire il
servizio notturno volontario siamo in pochi e "vecchi". Manca dunque un ricambio
generazionale: è per questo che rivolgiamo un appello alle nuove generazioni
affinché possano portare avanti un servizio che è diventato un punto fermo per i
triestini e non solo. Voglio rassicurare tutti che la nostra instancabile
squadra di volontari sarà sempre disponibile al soccorso in strada, almeno
durante il giorno. Perché l'Enpa c'è, sempre».
Alexandra Del Bianco
Cultura e Ferriera per Bolzonello
Il candidato presidente del Fvg sostenuto dal centrosinistra, Sergio Bolzonello, sarà impegnato oggi dalle 9 alle 11.30 in alcune interviste tv, alle 12 nel confronto Confcooperative, alle 14 sempre a Trieste in un incontro con operatori del cinema e della cultura e alle 15 parteciperà a un incontro organizzato da Legambiente sul tema della Ferriera.
Comitato Dolci - Raduno anti-guerra in piazza Unità
Il Comitato Dolci chiama i cittadini alla mobilitazione, presso la targa che ricorda le leggi razziali in piazza Unità, domani alle 17.30, per un raduno contro «la guerra mondiale a pezzi evocata da papa Francesco» che «avanza e colpisce Siria e Palestina mentre trovano ospitalità a Trieste navi impegnate in raid missilistici e manovre prebelliche col supporto aereo della base di Aviano». Il Comitato Dolci, che dedica l'iniziativa a Patrizia Vascotto, recentemente scomparsa, per la sua «testimonianza di pace e convivenza tra i popoli»,torna pure a polemizzare con il sindaco che «ha negato al Comitato Pace l'utilizzo dei luoghi pubblici» e «concede i permessi a sua discrezione e gradimento, anche politico, alla vigilia del 25 aprile».
BANCHETTO INFORMATIVO AMIANTO
L'Associazione europea rischi amianto comunica che dalle 9 alle 12 in piazza della Repubblica, a Muggia, allestirà, in collaborazione con lo Spi-Cgil, un banchetto informativo sulle problematiche relative all'amianto.
POMERIGGIO INCONTRO SULL'AGRICOLTURA BIOLOGICA
Dalle 17.30, alla sala Arac del Giardino pubblico, "Pratiche colturali e scelta delle orticole in agricoltura biologica" con Daniela Peresson (agronoma).
GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 18 aprile 2018
Plastica: creato un enzima che può mangiarla
Gli scienziati dell’Università di Portsmouth hanno creato un enzima mutante capace di mangiare la plastica. La svolta, stimolata dalla scoperta di batteri che mangiano plastica in una discarica giapponese, potrebbe aiutare a risolvere la crisi globale dell’inquinamento plastico, consentendo per la prima volta il pieno riciclaggio delle bottiglie.
Alcuni si ricorderanno che nel 2016 era stato scoperto il primo batterio che si era evoluto naturalmente per mangiare la plastica, trovato in una discarica di rifiuti in Giappone. Ora, gli scienziati sono riusciti a comprendere la struttura dettagliata dell’enzima cruciale prodotto da tale batterio, modificandolo per vederne l’evoluzione. I test hanno però dimostrato che inavvertitamente avevano reso la molecola ancora più efficace nel degradare la plastica PET (polietilene tereftalato) utilizzata comunemente per le bottiglie delle bibite. L’enzima mutante impiega alcuni giorni per iniziare a scomporre la plastica, ma lo fa comunque molto più velocemente del tempo che impiega il processo naturale negli oceani. I ricercatori sono ottimisti che questo processo possa essere ulteriormente accelerato e diventare attuabile su larga scala, riducendo così notevolmente la quantità di materiale plastico diffusa nell’ambiente. In tutto il mondo vengono vendute ogni minuto circa 1 milione di bottiglie di plastica e solo il 14% di queste viene poi riciclato. Molte finiscono negli oceani, danneggiando la vita marina e potenzialmente anche le persone che mangiano pesce. L’enzima mangia plastica potrebbe dunque aiutare a risolvere tale problematica. Come spiegato da John McGeehan dell’Università di Portsmouth: Sebbene il miglioramento sia modesto, questa scoperta inaspettata suggerisce che c’è ancora spazio per migliorare ulteriormente questi enzimi, avvicinandoci a una soluzione di riciclaggio per la montagna di plastica buttata in continua crescita.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 aprile 2018
Nuova sentenza dal Lazio - Il Tar respinge il ricorso
Smartgas: «Niente risarcimento per i ritardi»
E intanto il Tar del Lazio ha respinto il ricorso presentato da Smart Gas
per ottenere un risarcimento danni di 57 milioni 892 mila euro per i «ritardi
subiti dal progetto» di un impianto di rigassificazione di Gnl nella zona
portuale del Lisert. La sentenza, emessa il 4 dicembre 2017 dalla Terza sezione
del Tar del Lazio, presieduta dal magistrato Gabriella De Michele, ma pubblicata
solo alcuni giorni fa, definisce infondata la domanda di risarcimento che quindi
«deve essere respinta». Smart Gas, che ha come project leader il presidente di
Sbe Alessandro Vescovini, aveva lamentato che i ritardi delle procedure
autorizzative erano la causa di una dilazione dei flussi di ricchezza, del
mutamento sfavorevole delle condizioni ambientali nelle quali oggi
l'imprenditore si trova ad operare, dell'ingresso di nuovi "competitors" anche
stranieri e della sottrazione di risorse e tempo a investimenti complementari.
Il ricorso ha quindi chiamato in causa i ministeri dell'Ambiente, per i Beni e
le attività culturali, dello Sviluppo economico, la Regione e l'Azienda speciale
per il porto, tutti coinvolti nella procedura di Valutazione di impatto
ambientale (il Mise in realtà nel rilascio dell'Autorizzazione unica). Secondo i
magistrati, «emergono, dall'esame puntuale del procedimento, numerose carenze
progettuali e informative, ritardi nel fornire informazioni, variazioni
progettuali, imputabili alla stessa Smart Gas la quale, in tal modo, ha
certamente concorso a causare la ritardata definizione del procedimento di Via».
Contro la Via negativa emessa dal ministero dell'Ambiente nel marzo 2017 pende
peraltro sempre al Tar del Lazio un altro ricorso presentato da Smart Gas e che
ha indotto quindi il Mise a sospendere la procedura di rilascio
dell'Autorizzazione unica. Per i magistrati amministrativi «lo stesso ritardo
nella definizione del procedimento non è addebitabile a colpa delle
amministrazioni resistenti ma alla concorrente condotta della ricorrente». Cioè
Smart Gas. La terza sezione del Tar del Lazio ha respinto il ricorso per il
risarcimento dei danni, e ha condannato Smart Gas, al pagamento delle spese
legali in favore degli enti resistenti. Si tratta di 5 mila euro complessivi a
favore dei ministeri nel loro insieme, vista l'unicità della loro difesa legale,
di altri 5 mila euro a favore della Regione e di 3 mila euro a favore
dell'Azienda speciale per il porto. Smart Gas aveva quantificato i danni subiti
in 39.329.219 euro per mancati flussi finanziari, 15.731.688 euro per
deterioramento degli scenari, 2.831.458 per costi di istruttoria e accessori.
Per un totale, per l'appunto, di 57.892.365 euro. Al ministero dell'Ambiente
Smart Gas ha contestato tra gli altri addebiti di «avere scientemente ritardato
l'adozione del provvedimento finale di Via e, ancor più, di avere addotto
ragioni già note e superate in istruttoria pur di motivare il diniego anche
raccogliendo pareri "extra ordinem" al di fuori del procedimento». Al Mibact è
stato contestato di avere fornito «con grave ritardo il proprio parere negativo
di compatibilità paesaggistica dell'intervento» e al Mise di non avere portato a
compimento il procedimento di Autorizzazione unica avviato nel 2014 e di avere
sospeso il procedimento «senza ragione apparente». La Regione "con i suoi
reiterati avvisi negativi" avrebbe invece "ingigantito le poche criticità che
alcuni pareri esprimevano sulla proposta". L'Aspm infine si sarebbe «ostinata a
osteggiare il progetto del privato con ripetuti pareri irrituali nella
procedura, al malcelato scopo di favorire l'esecuzione sulla medesima area
portuale del proprio progetto, evitando in radice ogni possibile interferenza e
conflittualità con il progetto della ricorrente».Il Tar del Lazio ha dato però
un altra lettura, analizzate tutte le memorie presentate dalle controparti,
della vicenda. Ora si attende l'altro ricorso.
Laura Blasich
Rotatoria e ciclabile - Così Muggia punta sulle "Zone
30"
Via libera del Consiglio al progetto per ridurre la velocità -
Interessata l'area tra le vie Roma, Tonello, Frausin e Battisti
MUGGIA - La creazione di una nuova rotatoria all'ingresso di Muggia
nell'ambito delle "Zone 30" e il potenziamento del Trasporto pubblico locale.
Queste le due tematiche affrontate durante l'ultima riunione del Consiglio
comunale, su impulso del consigliere dem Marco Finocchiaro. Zona 30 Il primo
documento votato dalla maggioranza di centrosinistra e dal Movimento 5 stelle
(astenute le altre forze politiche presenti in Consiglio) ha deciso di impegnare
il Comune a inserire il piano denominato "Progettazione e realizzazione di Zone
30", già finanziato dalla Regione a fine 2016, nel programma triennale delle
opere pubbliche muggesane per l'anno 2019. Il progetto preliminare prevede la
realizzazione di una rotatoria stradale a ridosso delle vie Roma, Tonello,
Frausin e largo Caduti per la Libertà, nonché la realizzazione di una pista
ciclabile sulla via Battisti e alcuni interventi di illuminazione degli
attraversamenti pedonali esistenti nel centro di Muggia, con l'applicazione del
limite di 30 km/h nelle arterie stradali citate.«Le zone interessate
dall'intervento sono aree pubbliche ad alta densità pedonale e ciclabile, in
presenza di edifici pubblici, condomini densamente abitati, studi medici,
impianti sportivi e attività commerciali, nella quali le categorie deboli
risultano esposte a rischi rilevanti come dimostrato dai dati accessibili al
sistema Mitris della Regione, nel quale confluiscono tutti i dati inerenti gli
incidenti stradali rilevanti», ha puntualizzato Finocchiaro. Il Tpl È stata poi
affrontata anche la delicata questione del Trasporto pubblico locale. Negli anni
scorsi il Comune aveva richiesto ripetutamente alla Provincia e a Trieste
Trasporti un miglioramento del servizio di trasporto pubblico locale,
miglioramento che non era stato possibile attuare a causa dei ricorsi contro la
gara europea promossa nel 2014 dalla Regione per l'affidamento del servizio su
base regionale.«Nel mese di marzo, a seguito della pronuncia del Consiglio di
Stato, è avvenuta la definitiva aggiudicazione al consorzio costituito dalle
Aziende delle quattro ex province - spiega Finocchiaro -. Da qui la mia idea di
impegnare il sindaco Marzi e la giunta a evidenziare alla Regione, competente in
tema di Tpl, le richieste avanzate negli anni passati». In sintesi l'ex
assessore ai Lavori pubblici della giunta Nesladek ha richiesto una diminuzione
dei tempi di percorrenza della linea 20 sia feriale che festiva, un
potenziamento della "47" a servizio di Aquilinia, Zaule e via di Trieste e della
"31" di Cerei già oggetto di un raccolta di firme da parte dei cittadini. «Ho
anche chiesto l'unificazione dell'abbonamento marittimo e terrestre del Delfino
Verde, nonché il potenziamento delle linee verso Chiampore, Lazzaretto,
scuolabus ed ospedali. Ora - conclude Finocchiaro - queste modifiche potranno
essere finalmente attuate: potranno essere aumentati i chilometri di
percorrenza, su determinate tratte, o come nel caso della 20 accorciando la
percorrenza potranno essere riversati su altre linee, quali ad esempio la 47 che
potrebbe diventare una sorta di circolare ad altra frequenza». La risoluzione
sul Tpl è stata accolta dal Consiglio comunale all'unanimità.
Riccardo Tosques
Duino - Inquinamento acustico - Sondaggio web di
Autovie
DUINO AURISINA - I residenti di Duino Aurisina sono stati scelti, unici fra
quelli del territorio provinciale di Trieste, per partecipare al primo sondaggio
online, predisposto da Autovie venete, per il monitoraggio dell'inquinamento
acustico nei tratti vicini all'autostrada. La spa di Palmanova ha allestito un
innovativo software, utilizzabile con Google earth, che permette di visualizzare
la mappatura delle zone adiacenti all'autostrada, i dati rilevati dal
monitoraggio e le misure adottate per ridurre il rumore. Autovie ha recentemente
predisposto un programma di interventi per ridurre l'inquinamento acustico. I
Comuni interessati dal sondaggio sono 52, in 14 dei quali le opere di
contenimento sono già state realizzate, mentre per i restanti 38 gli interventi
sono stati pianificati nei prossimi anni. Entro il 2022 saranno conclusi tutti
quelli inseriti in tratti autostradali non interessati dai lavori della terza
corsia, mentre i rimanenti saranno collegati a quest'ultimo cronoprogramma.
Oltre 153 milioni di euro l'investimento totale. Autovie ha misurato
l'inquinamento acustico sonoro diurno e notturno, per poi stabilire se fosse
necessario installare ulteriori schermature. Il piano di azione e la mappatura
predisposti sono pubblicati sul sito www.autovie.it. Dopo aver scaricato Google
earth, cliccando sul simbolo menu del sito www.autovievenete.it e selezionando
prima la categoria autostrada e poi la voce ambiente, si accede al link
"risanamento acustico". Cliccandoci su si apre la pagina Normativa End dove è
presente la voce "cerca il tuo Comune". Sulla sinistra è rappresentato l'albero
di navigazione che segnala gli elementi visualizzabili: dalle barriere esistenti
agli edifici, fino alla rappresentazione dei livelli di rumore. Sulla destra,
invece, il territorio è caratterizzato da una serie di colori che rappresentano
il livello di rumore sulla base della mappatura acustica. I cittadini di Duino
Aurisina, dopo aver consultato i dati, possono presentare osservazioni,
inviandole all'indirizzo servizioclienti@autovie.it entro venerdì 1° giugno.
Autovie ne terrà conto al momento della predisposizione del piano di azione
definitivo.
(u.s.)
Nel Parco del mare la natura sarebbe carcerata - La
lettera del giorno di Roberto Barocchi, presidente Triestebella
"Parco del mare" è un nome furbesco per indicare un acquario i cui
visitatori vedrebbero una natura carcerata. Un parco è invece un'area naturale
molto vasta in cui gli animali si muovono liberamente. Esiste un modo per fare
conoscere gli ambienti marini senza costringere dei pesci in luoghi stretti, con
minori costi di realizzazione e gestione e con effetti stupefacenti: realizzare
un acquario virtuale mediante tecniche di multiproiezione e di olografia. Per
dare una pallida idea di quello che si può fare allego una foto di una mostra
sull'Antartide tenutasi a Lione nel 2016: in una sala si era circondati da
centinaia di pinguini in movimento. Nell'Acquario di Genova pochi tristi
pinguini stanno rintanati in fondo alla gabbia. Si possono ricreare ambienti
sottomarini proiettando anche sul soffitto. L'acquario virtuale (magari anche
uno zoo virtuale) andrebbe messo in Porto vecchio in un polo museale
comprendente la Stazione idrodinamica, un nuovo e più grande Museo del mare,
l'Immaginario scientifico e attrezzature e locali per mostre, conferenze,
ristorazione, vendita di oggettistica. Ci starebbe bene anche un Museo della
speleologia, essendo stata Trieste alla fine dell'800 la culla della speleologia
assieme alla Francia.
Circolo Verdeazzurro Legambiente
Alle 17 in prima convocazione e alle 18 in seconda convocazione, in via Donizetti 5/a, assemblea ordinaria dei soci.
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 aprile 2018
Il Parco del mare divide i candidati - Progetto
triestino bocciato da centrosinistra e M5s. Il padano Roberti in minoranza
TRIESTE - A meno di due settimane dal voto, anche il progetto del Parco del
Mare di Trieste irrompe nella campagna elettorale. A mettere a confronto i
candidati sul tema è stato l'incontro promosso dal comitato "La Lanterna",
Legambiente e altre associazioni animaliste firmatarie della petizione contro
l'opera, che il sindaco Roberto Dipiazza intende avviare entro fine anno. Ad
aprire il dibattito le relazioni tecniche dell'architetto William Starc e
dell'esperto di economia Gianfranco Depinguente, entrambe nettamente contrarie
al progetto. «L'aumento dei flussi di traffico non sarà più compatibile con le
caratteristiche della viabilità del centro di Trieste geometriche dell'arteria -
hanno sottolineato -. Inoltre le previsioni di 800 mila visitatori all'anno,
appaiono poco credibili». Netto nel prendere le distanze dall'operazione Parco
del Mare in Sacchetta anche il candidato del Pd, Roberto Cosolini. L'ex sindaco,
pur non escludendo a priori l'opzione del sito di Porto vecchio, ha messo
l'accento sui rischi di carattere economico, ricordando che «l'associazione
mondiale degli acquari da tempo ricorda i forti problemi economici della
gestione. L'alternativa? Una struttura virtuale. L'importante comunque - ha
concluso - è evitare di cedere alla tentazione di «correre solo per correre». In
linea la candidata dei Cittadini, Maria Bassa Poropat, lei propensa ad una
rilettura virtuale del progetto, da abbinare però rigorosamente al mondo della
ricerca scientifica. Un no fermo è arrivato anche dall'esponente pentastellato
Andrea Ussai convinto dell'insostenibilità, tecnica e ambientale, del progetto
perché « Trieste merita un grande museo capace di educare al rispetto del mare,
non un parco di divertimenti». Unico candidato a prendere le difese dell'opera è
stato il leghista Pierpaolo Roberti, che ne sottolinea le ricadute turistiche:
«Il potenziale turistico della città passa per iniziative come queste - ha
ribadito il vicesindaco -. Il Parco del Mare è da ritenere dunque senza dubbio
utile allo sviluppo di Trieste e alla crescita delle sue attrattive, da far
maturare nel piano di riqualificazione generale di Campo Marzio».
(fr.ca)
DOMANI - CIRCOLO VERDEAZZURRO
Al Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste, domani pomeriggio alle 17 in prima convocazione e alle 18 in seconda convocazione, in via Donizetti 5/a, si terrà l'assemblea ordinaria dei soci.
Al Collegio va in scena il volontariato - Gli studenti
del Mondo unito di Duino impegnati nel fine settimana per aiutare il prossimo
DUINO AURISINA Agire nel volontariato, per integrare la preparazione
scolastica e aprirsi meglio al mondo. Questa l'esperienza che hanno vissuto, nel
corso del fine settimana, una cinquantina di studenti del Collegio del Mondo
unito dell'Adriatico, assieme a un centinaio di loro colleghi delle scuole
superiori di Monfalcone, Trieste e Udine, nell'ambito della terza Fiera del
Volontariato. Dedicata ai giovani tra i 16 e 19 anni, la manifestazione è
sostenuta dalla Regione nel contesto dei Progetti speciali per il volontariato.
L'appuntamento ha segnato la conclusione di un percorso che ha visto il Collegio
coinvolgere le scuole di tutta la Regione, dove si sono svolti incontri
informativi e di orientamento nella scelta di un'attività di volontariato. Lo
svolgimento di un'attività di tale tipo è parte integrante del percorso di studi
del Collegio ed è preso in considerazione anche nella valutazione ai fini del
conseguimento del diploma di Baccellierato internazionale. La condivisione con
gli studenti delle scuole del territorio è stata lo stimolo per incoraggiare i
ragazzi che non hanno mai fatto questo tipo di esperienza a dedicare un po' del
loro tempo libero a un'attività alternativa. A coordinare il tutto una dozzina
di insegnanti. Gli studenti di Duino hanno presentato i loro 34 servizi di
volontariato, suddivisi in 4 ambiti: adulti, bambini, disabilità e anziani.
Diciannove le associazioni esterne presenti e partner del Collegio. La mattinata
si è conclusa con un piccolo spettacolo, il "Social Service Show" e con la
consegna al Collegio di un mosaico. Al termine della manifestazione, è emersa
l'idea di inserire, all'interno del progetto di alternanza scuola-lavoro, anche
una proposta di alternanza scuola-volontariato. In futuro, l'associazione Mondo
2000 del Collegio del Mondo Unito dell'Adriatico lavorerà in collaborazione con
il Liceo Preseren, per predisporre una proposta in tal senso, da sottoporre
all'amministrazione regionale proprio per studiare le modalità con cui offrire
agli studenti delle scuole superiori questo genere di opportunità.
(u. s.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 aprile 2018
In cantiere la casa per le associazioni -
Ristrutturazione da un milione inserita nel Piano delle opere - Al traguardo
così il progetto ideato dalla precedente giunta
Dopo anni d'attesa la "Casa delle associazioni" di via Combi si appresta
finalmente a diventare realtà. Lo ha annunciato l'assessore comunale al
Patrimonio Lorenzo Giorgi in una seduta della IV commissione consiliare,
dedicata all'utilizzo delle aree comunali da parte delle associazioni.
«Inseriremo l'intervento di ristrutturazione nel Piano delle opere 2019 - ha
spiegato Giorgi -, così potremo finalmente dare risposta alle tante associazioni
che ci richiedono spazi per le loro attività». Risale al 2014 il progetto della
precedente giunta comunale per trasformare l'ex scuola De Amicis, struttura che
negli anni ha ospitato anche l'Istituto per gli studi di Servizio sociale, in
una cittadella per le associazioni. Ma un sopralluogo nel 2016, ricorda
l'assessore Giorgi, aveva messo in evidenza la necessità di intervenire con una
ristrutturazione molto più pesante di quanto inizialmente ipotizzato per rendere
nuovamente fruibile l'edificio di proprietà del Comune a pochi passi da piazzale
Rosmini. «È stato rilevato un problema strutturale al tetto che comporta
spandimenti che arrivano quasi fino al piano terra: servirà dunque un intervento
di rifacimento del tetto e di messa in sicurezza di tutti i piani
dell'edificio», evidenzia Giorgi, che spiega che l'intenzione è di creare uno
spazio che possa offrire una sede fisica per le associazioni, con delle sale
condivise che incoraggino lo scambio reciproco di esperienze e le
collaborazioni. A fronte di un canone estremamente ridotto le associazioni che
vi entreranno però dovranno rimboccarsi le maniche e rendersi disponibili a
migliorare la struttura con i lavori necessari: «Noi prepareremo il contenitore,
ma come dico sempre alle tante associazioni che mi richiedono spazi anche loro
dovranno darsi da fare». Sono circa un centinaio, racconta l'assessore, le
associazioni senza fini di lucro che da anni fanno richiesta per ottenere uno
spazio da utilizzare: «Le ricontatteremo tutte per informarle di questa
possibilità», dice. La notizia della ristrutturazione dello stabile di via
Combi, che costerà circa un milione di euro, mette d'accordo tutti, opposizione
compresa: «Appoggio in pieno l'inserimento nel Piano delle opere 2019 della
ristrutturazione dello stabile di via Combi, un'idea nata dalla precedente
amministrazione, perché c'è bisogno di una prima risposta alle associazioni -
dice il consigliere del Pd Antonella Grim -. Per l'utilizzo converrà ricorrere
allo strumento dei bandi, perché la richiesta è ampia e variegata, ma magari si
può pensare ad alcune priorità. Condivido anche l'impostazione per cui, a fronte
di un canone ridotto o simbolico, le associazioni si impegnino per portare
avanti piccoli lavori e migliorie: la partecipazione orizzontale va
incoraggiata». Nel frattempo, racconta Giorgi, alcuni spazi comunali sono già
stati dati in gestione ad associazioni: l'ex galleria-rifugio di via Mameli è
stata destinata a un'associazione che la risistemerà con mezzi propri e vi
porterà avanti un progetto storico-culturale, l'ex macello è stato reimpiegato
per attività ludico-sportive di Softair, così come l'ex polveriera, che verrà
utilizzata anche per gare di motocross, mentre l'ex pista da sci su erba 3
Camini si userà per gare di mountain bike.
Giulia Basso
Rioni pronti al raddoppio delle casette dell'acqua -
Il Municipio annuncia l'arrivo di tre nuovi erogatori a Roiano, Valmaura,
San Vito e la sostituzione dei tre già attivi a Rozzol, in Rotonda del Boschetto
e via Grego
Raddoppiano le casette dell'acqua. «Terminata la fase di sperimentazione
abbiamo deciso di indire un bando di gara per la ricollocazione delle tre
casette già collaudate e la posa di altre tre che andranno sistemate nei rioni
di Roiano, Valmaura e San Vito», anticipa l'assessore ai Lavori pubblici, Elisa
Lodi. Nel dettaglio, un nuovo impianto verrà collocato in via dei Moreri, il
secondo in via Valmaura e il terzo in via Locchi all'altezza del Centro civico.
È stato stabilito che l'importo base di gara sia di 180 mila euro, al netto
dell'Iva. Il bando per la concessione di due anni di suolo pubblico per
l'erogazione di acqua potabile refrigerata e gasata per mezzo di questi
impianti, prevede un affidamento mediante procedura aperta con il criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base
dell'esclusiva valutazione dell'offerta tecnica. Le offerte dovranno pervenire
entro le 12.30 del prossimo 2 maggio. Le buste con le proposte verranno aperte
il giorno successivo alle 9.30. I criteri di valutazione terranno conto della
tipologia delle casette con attenzione a elementi come il design, i progetti a
basso impatto ambientale, la facilità di utilizzo ma pure l'accessibilità per le
persone con disabilità. Si terrà conto inoltre delle caratteristiche tecniche
dell'impianto, del programma di manutenzione ma pure delle possibili offerte
alla cittadinanza. Le tre casette dell'acqua già presenti sul territorio
verranno sostituite con quelle di più recente progettazione proposte da chi si
aggiudicherà la gara. Le prime casette dell'acqua sono state collocate nel
settembre del 2014 in tre punti del territorio comunale: in via Castiglioni nel
rione di Rozzol Melara, in Rotonda del Boschetto e in via Grego a Borgo San
Sergio. Hanno riscontrato fin dai primi giorni del loro funzionamento
l'interesse e l'apprezzamento di molti cittadini, spesso in fila per riempire le
proprie bottiglie sia che si tratti di acqua liscia che gasata. Ogni anno, in
media, i triestini hanno fatto sgorgare da quei tre erogatori 550 mila litri di
acqua. Con questi impianti il Comune intende promuovere la qualità e la
sicurezza e quindi l'utilizzo alimentare dell'acqua pubblica, dando
contestualmente un forte contributo alla riduzione del consumo e dello
smaltimento delle bottiglie di plastica, oltre che a quella delle emissioni
inquinanti dovute al trasporto dell'acqua in bottiglia. Degli erogatori già
attivi, il più utilizzato è quello di Rotonda del Boschetto. Dando uno sguardo
al tipo di acqua scelta in questi impianti dai triestini, emerge che la
frizzante viene preferita di gran lunga rispetto alla liscia. La concessione che
il Comune si appresta ad affidare potrà venir implementata da un erogatore nel
rione di San Giovanni, subordinatamente a una verifica di fattibilità tecnica e
all'acquisizione di alcuni pareri. «Le richieste di nuove collocazioni in
diversi siti continuano a pervenire - spiega Lodi - e anche nel recente giro
nelle Circoscrizioni ne ho raccolte diverse. Per questo motivo ritengo che,
esaurita questa fase di aggiudicazione, raccoglieremo le ulteriori richieste in
modo da poter inserire nella programmazione nuovi siti dove collocare degli
erogatori». Ogni cittadino italiano spende mediamente oltre 200 euro all'anno
per l'acquisto di acqua in bottiglia. L'acqua è conservata nelle bottiglie di
plastica da 3 a 9 mesi e nel prezzo per ogni bottiglia la "materia prima" (cioè
l'acqua) incide per una frazione inferiore allo 0,5%; il resto è dovuto al costo
della bottiglia, del trasporto e della pubblicità. In una famiglia media si
consumano 800 litri all'anno, pari a 540 bottiglie da 1,5 litri. Per produrle si
impegnano 54 chili di petrolio e 324 litri di acqua, emettendo 43 chili di CO2
in atmosfera. Per il trasporto si impiegano 11 litri di gasolio emettendo 26
chili di CO2, per lo smaltimento un litro di gasolio emettendo 57 chili di CO2.
L'acqua in bottiglia costa oltre mille volte di più dell'acqua del rubinetto e
spesso la sua qualità non è migliore rispetto a quella che arriva
dall'acquedotto comunale.
Laura Tonero
Indagine di legambiente - L'auto elettrica piace agli
italiani ma con incentivi fiscali
ROMA - L'auto elettrica piace agli italiani, ma per comprarla vorrebbero
sostanziosi incentivi fiscali, visto che i veicoli eco costano più di quelli
diesel e benzina. Non solo, ma vorrebbero anche «pieni» di elettricità più
economici e più stazioni di ricarica in città e fuori. Sono i dati che emergono
da un sondaggio sulla mobilità sostenibile condotto dalla Lorien Consulting per
Legambiente. Il 33% del campione intervistato acquisterebbe un'auto elettrica se
costasse meno la ricarica, il 29% se ci fossero degli incentivi fiscali per
almeno il 15 - 20% del valore. Il 23% sceglierebbe l'elettrico se fosse più
facile trovare punti di rifornimento in città e fuori, il 21% se fosse possibile
ricaricare a casa. La maggiore durata della carica spingerebbe all'acquisto il
25%, le migliori performance il 14% e la versione elettrica del modello
preferito il 9%. Le opinioni degli italiani rispecchiano la realtà odierna della
mobilità elettrica: veicoli cari e con poca autonomia, pochissime stazioni di
ricarica. Ma la richiesta di ricariche meno costose tradisce una scarsa
conoscenza dei veicoli: oggi fare 100 km con un diesel di media cilindrata costa
sugli 11 euro, con un modello elettrico equivalente sui 3,5 euro. Il sondaggio
della Lorien rivela altri aspetti della mobilità in Italia, non tutti positivi.
L'uso dei mezzi pubblici è calato del 12% negli ultimi 6 mesi (li hanno usati
solo il 52% dei cittadini), mentre quello dei mezzi privati a motore (auto, moto
e scooter) è salito del 2% (li ha usati l'89% della popolazione). Cresce però la
sharing mobility: negli ultimi sei mesi il 13% degli italiani ha usato un'auto
condivisa, il 3% in più rispetto al semestre precedente. Il 12% degli italiani
usa solo il car sharing per guidare un'auto, mentre il 28% pedala su una
bicicletta.
Temi ambientali - Il futuro della Ferriera e il rigassificatore
Primo incontro oggi, dei tre previsti con i candidati presidente di Regione, su Ferriera e rigassificatore promosso da Legambiente Trieste, NoSmog e Sinistra per Trieste. Appuntamento alle 18 al Circolo della Stampa con Massimiliano Fedriga.
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 aprile 2018
Porto vecchio, appello di Italia Nostra - Caroli:
«Impegnati dagli anni '90 sul futuro dell'area. Ma ci stanno ignorando»
Bisogna smetterla di parlare a sproposito di Porto vecchio. Denunciare il
"rischio spezzatino" o chiamare in causa le archistar che nulla conoscono del
territorio per farsi indicare la strada da seguire significa ignorare
completamente l'operato di chi da trent'anni si sta battendo fattivamente per un
recupero meditato dell'area. È la denuncia di Antonella Caroli, presidente della
sezione triestina di Italia Nostra, che ieri ha ricordato come un progetto
internazionale per il futuro di Porto vecchio esista già: «L'associazione Italia
Nostra è impegnata su Porto vecchio fin dagli anni '90 - puntualizza Caroli - e
ha trovato i fondi per il restauro della Centrale Idrodinamica e della
Sottostazione Elettrica, che sarà sede operativa di Esof 2020. Nel 2013 ha
elaborato un masterplan approvato dal Mibact e ora ha in cantiere un progetto di
restauro e riconversione di altri sei magazzini, con la realizzazione di una
foresteria, l'"Harbour College" e il restauro della vecchia rimessa
ferroviaria». Ma questi interventi, sottolinea Caroli, sono stati resi possibili
da una fattiva collaborazione con le istituzioni, che in questi ultimi anni,
proprio quando finalmente la situazione è stata sbloccata con la
sdemanializzazione dell'area, è venuta a mancare. «Francesco Russo è stato il
padre della sdemanializzazione di Porto vecchio - ricorda Caroli nel salutare
l'ex senatore presente alla conferenza stampa -, ma in quest'ultima tornata
politica siamo stati completamente ignorati dalle istituzioni». Eppure, dice
Caroli, da anni Italia Nostra lavora con un comitato internazionale di 155
esperti per il futuro di Porto vecchio. «Ci spiace che Fuksas scopra in ritardo
il patrimonio del Porto vecchio di Trieste, ma bisogna chiarirgli che questo
sito non è un banale waterfront su cui costruire ex novo, ma un distretto
portuale di alto valore storico e architettonico». Per l'associazione Italia
Nostra, che ieri era presente anche con un suo consigliere nazionale, c'è il
pericolo che nuovi e fantasiosi interventi snaturino l'area. Italia Nostra ha
pronto un progetto per far rinascere il distretto storico portuale nel segno
dell'energia pulita e rinnovabile: «Abbiamo elaborato un progetto per
l'insediamento di un Energy Park, un parco tecnologico incentrato sulle energie
pulite e rinnovabili, in sei magazzini di pregio architettonico di Porto
vecchio, che intendiamo recuperare con l'utilizzo di materiali a basso impatto
inquinante e soluzioni di efficienza energetica», spiegano Isabella Artioli e
l'architetto bolzanino Marco Sette, esperto in edifici sostenibili. I costi?
Circa cinque milioni di euro a magazzino, stima Caroli, che ripropone un ruolo
da protagonista per la sua associazione nei piani futuri per Porto vecchio.
Giulia Basso
Catturato in Friuli l'orso Mirtillo - Pesa 163 chili.
Prima di rilasciarlo gli è stato applicato un radiocollare
LUSEVERA (Udine) - Nella notte tra giovedì e venerdì, sulle pendici del Gran
Monte, è stato catturato un esemplare di orso maschio di 163 chili al quale poi
gli studiosi hanno applicato un radiocollare. L'operazione è avvenuta nello
stesso sito dove erano stati catturati gli orsi "Alessandro" e "Madi". È il
terzo esemplare preso nella zona dal 2013 e il primo nell'ambito del progetto
Nat2Care: i dati del collare permetteranno di conoscere meglio l'orso e
garantire la protezione della specie. L'animale intercettato è un maschio di 5-6
anni e dal peso 163 chili, dal pelo bruno: la cattura ha permesso di
predisporgli un collare satellitare utile per studiare il suo comportamento e i
suoi movimenti. Le analisi genetiche dovranno confermare la sua origine, se
proveniente dalla popolazione slovena o da quella trentina come M4-Francesco,
che tutt'ora vive in Carnia. Dalle immagini raccolte, potrebbe essere un orso di
origine slovena. L'animale è entrato verso le 23 nella gabbia, che si è chiusa
automaticamente, è stato immediatamente sedato, sottoposto a prelievi di pelo e
sangue e pesato. Ed è stato dotato di collare satellitare. Verso le 4 del
mattino l'animale si è risvegliato e, all'alba di venerdì ha cominciato a
mettersi in cammino. Il collare satellitare permetterà di monitorare l'orso per
un massimo di 12-18 mesi. «Per la prima volta - spiega il professor Stefano
Filacorda dell'Università di Udine - il nome dell'orso è stato deciso tra una
serie di proposte risultate vincitrici di un concorso con relativa votazione
fatta dai ragazzi della scuola media inferiore Tiepolo di Pagnacco: il suo nome
è "Mirtillo"».Le attività di cattura e monitoraggio sono state realizzate
nell'ambito del progetto Interreg Nat2Care, che ha come lead partner il parco
naturale delle Prealpi Giulie e partner parco naturale delle Dolomiti friulane,
Università degli studi di Udine, parco nazionale del Triglav, Nacklo e Istituto
di biologia della Slovenia. L'orso è stato catturato da un team misto
dell'Università di Udine e del Corpo forestale regionale; ad alcune fasi hanno
partecipato volontari dell'associazione "Il Villaggio degli orsi", studenti e
tirocinanti dell'università di Udine e di altri atenei. Ora si cercherà di
capire le più nascoste abitudini di questa specie e di questo esemplare, ma
anche di prevenire eventuali danni al patrimonio zootecnico. In questo momento
in regione sono presenti tre orsi dotati di collare, l'intera popolazione
regionale è stimata in 6-10 orsi.
Barbara Cimbaro
Addio a
Patrizia Vascotto, anima dell'interculturalità
- MERCOLEDI' I FUNERALI
Trieste ha perduto un'intellettuale colta, coraggiosa e infaticabile.
Patrizia Vascotto, di professione insegnante, ma per vocazione ideatrice di
eventi culturali, scrittrice e mediatrice tra le diverse culture di questa
nostra città. Nata a Trieste dove ha lavorato come docente di italiano e storia
nelle scuole superiori, è stata lettrice di lingua italiana all'Università di
Lubiana e ha collaborato da pubblicista a testate italiane e slovene. Portata in
modo eccezionale per le lingue parlava e traduceva dallo sloveno, dallo
spagnolo, dal francese. Conosceva inoltre inglese, tedesco, croato e greco
moderno, che prediligeva nei suoi frequenti soggiorni nell'Ellade alla ricerca
delle più diverse e sconosciute radici di un Paese. Scriveva in prosa e
marginalmente poesia. La lingua, le sue varianti, le sue commistioni e il suo
mutare sono state lo strumento con cui Patrizia Vascotto ha operato in ogni
campo della propria attività. Lingua, come strumento duttile che sa piegarsi al
gioco, all'immaginazione, all'invenzione, all'espressione di quanto più
profondamente sgorga dal nostro io. Innumerevoli i suoi scritti e saggi.
Ricordiamo "Le rotte di Alessandria", pubblicato insieme a Franco Però. Un libro
(e uno spettacolo teatrale) che trattano un fenomeno molto particolare delle
migrazioni nel XIX e XX secolo, quello delle donne del Goriziano e della zona
del Vipacco che vanno a lavorare come balie e come domestiche in Egitto. "La
Trieste di Tomizza, itinerari", scritto con Stella Rasman, che guida lettori e
visitatori nella conoscenza di luoghi specifici e significativi della città, che
hanno caratterizzato gran parte degli scritti tomizziani. Ma Patrizia Vascotto
era anche una guida turistica diplomata e ha proposto altri itinerari in città
alla scoperta dei segni più significativi delle sue comunità etniche e
religiose. Ha dedicato tante energie alla sezione triestina del "Forum Tomizza",
che si articola ogni anno nelle tre città dove lo scrittore ha vissuto e
lavorato: Trieste, Umago e Capodistria, affrontando le tematiche a lui care con
intellettuali provenienti da tutti i Balcani, dall'Italia e dall'Austria. È
stata curatrice delle manifestazioni del Premio Vilenica (uno dei principali
premi letterari sloveni) in città. Attiva socia del Pen Club ha promosso la
conoscenza di scrittori dell'Est europeo. Ultimo ma non ultimo, Patrizia
Vascotto è stata la colonna del "Gruppo 85 - Skupina 85" nato 33 anni fa dalla
volontà di amici italiani e sloveni che hanno voluto favorire una naturale
convivenza tra le due maggiori realtà culturali cittadine, quella italiana e
quella slovena. Parlare insieme di Trieste e costruire insieme la città sono
diventati nel tempo gli obiettivi principali dell'associazione. Se Trieste è
oggi una città dove la convivenza è disinvolta e cordiale lo si deve anche a
Patrizia Vascotto. La cerimonia funebre si terrà mercoledì 18 aprile, alle 12.30
in via Costalunga.
Pierluigi Sabatti
IL PICCOLO - SABATO, 14 aprile 2018
La Ferriera irrompe nella campagna elettorale -
Questione ambientale e lavoro nei colloqui con i candidati lanciati da
ambientalisti e sinistra
TRIESTE - Finora era rimasto sotto traccia, nonostante l'importanza che riveste
per la città di Trieste e, forse, dell'intera regione. È il tema del futuro
dello stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola. Un impianto, da anni,
al centro di forti polemiche legate alla difficoltà di far convivere due istanze
fondamentali: da un lato la difesa dei posti di lavoro assicurati dall'attività
dell'area a caldo dello stabilimento, dall'altro la tutela della salute di
quanti vivono vicino al comprensorio industriale, accusato da tempo di immettere
nell'aria polveri e sostanze pericolose per la salute. Ora, però, anche i
candidati alla presidenza della Regione saranno chiamati a prendere posizione
sullo scottante argomento. Lo faranno da lunedì sollecitati dalle associazioni
Legambiente Trieste, NoSmog e Sinistra per Trieste.All'invito hanno risposto gli
aspiranti governatori Sergio Bolzonello (centrosinistra), Massimiliano Fedriga
(centrodestra) e Alessandro Fraleoni Morgera. I candidati verranno incontrati
singolarmente dai rappresentanti delle tre associazioni. Si comincerà al Circolo
della Stampa di Trieste con Fedriga lunedì alle 18.15. E, il giorno successivo,
17 aprile, alle 11.30 sarà la volta di Morgera. Mentre Bolzonello sarà accolto
il giorno 19 aprile nella sede in cui è ospitata Legambiente. Gli incontri
saranno registrati in un video che sarà messo in rete affinché i cittadini di
Trieste possano avere una conoscenza diretta degli impegni che intendono
assumere i tre candidati su Ferriera e rigassificatore. «Chiediamo ai nostri
interlocutori - spiegano i promotori dei confronti - di presentare le politiche
che vogliono attuare durante il loro mandato in merito a due aspetti cruciali
del territorio triestino: il futuro dell'area a caldo della Ferriera e il
progetto del Rigassificatore di Zaule, sul quale dev'essere ancora pronunciata
la parola fine con la convocazione della conferenza dei servizi decisoria. In
merito alla Ferriera si aprono nuove opportunità offerte dal dinamismo che
caratterizza le azioni dell'Autorità portuale. Per cui è possibile immaginare
alternative alla permanenza di un'industria siderurgica che utilizza tecnologie
obsolete nella produzione. Quanto all'ipotesi rigassificatore in area costiera,
pensiamo rappresenterebbe un ostacolo ai traffici commerciali e un rischio
oggettivo per la popolazione».
L'Immaginario sbarca al Magazzino 26 - Oltre 3.500
metri quadrati dell'hangar nell'antico scalo dati in concessione dal Comune. Per
l'allestimento 2,5 milioni
Vai col Lis. Dopo esser rimbalzato dall'ex Pescheria all'ex Meccanografico,
il Laboratorio dell'Immaginario Scientifico (Lis) trova finalmente semi-fissa
dimora approdando in Porto vecchio, più precisamente nel Magazzino 26 dove
ottiene in concessione (per non più di 9 anni) dal neo-proprietario Comune uno
spazio di oltre 3.500 metri quadrati articolati su due livelli. La
quantificazione del canone è rinviata a successivi provvedimenti. La delibera
giuntale 155, illustrata dal dipiazzista Giorgio Rossi in veste di assessore
alla Cultura, detta le direttive sulle quali s'imposterà l'operazione: l'atto è
controfirmato da ben tre direttori d'area, che sono Fabio Lorenzut (Cultura),
Enrico Conte (Lavori Pubblici), Walter Cossutta (Patrimonio).La delibera del 5
aprile ne richiama una precedente, che risale al settembre dello scorso anno e
che recepiva l'accordo sul Porto vecchio definito tra MiBact, Regione Fvg,
Autorità portuale, lo stesso Municipio. L'intesa prevedeva la realizzazione del
Museo del mare nei Magazzini 24-25, la collocazione dell'Icgeb (International
centre for genetic engineering and biotechnology) nel Magazzino 26 dove comunque
era previsto l'inserimento dell'Immaginario Scientifico. Per il trasferimento e
l'allestimento del Laboratorio sono a disposizione 400 mila euro del Miur
(ministero dell'Istruzione, università, ricerca) e 2,1 milioni stanziati dalla
Regione al Comune. I lavori - ricorda la delibera - debbono iniziare entro il 31
dicembre 2019 e terminare entro il 31 dicembre del 2020 (anno in cui si terrà
nell'area di Porto vecchio l'euro-appuntamento scientifico con Esof). Il
Servizio di edilizia pubblica comunale, in collaborazione con il Lis, sta
progettando le opere edili e impiantistiche necessarie per consentire
l'allestimento di sale espositive, laboratori, servizi, depositi, uffici. La
delibera portata da Rossi compie un ampio viaggio storico che riepiloga le
biografie del Lis e del Magazzino 26. Il Laboratorio è nato nel 1985 da un'idea
del fisico Paolo Budinich: la mostra, inaugurata a Parigi nel contesto di "Trouver
Trieste", si trasformò nel primo nucleo di museo scientifico interattivo in
Italia e trovò ospitalità presso l'Ictp di Grignano. S'ispira - spiega l'atto
comunale - agli "science centre" di scuola anglosassone. Quello che si annuncia
essere il nuovo contenitore, ovvero il Magazzino 26, è il più grande dei vecchi
hangar nell'ambito di Porto vecchio: restaurato tra il 2004 e il 2008, ha
ospitato varie iniziative, dal padiglione Fvg organizzato nel 2011 da Vittorio
Sgarbi nell'ambito della Biennale alla mostra su Nereo Rocco.
Massimo Greco
Italia Nostra - Idee per riqualificare l'area con
metodi ecosostenibili
Si intitola "Il Porto vecchio di Trieste: ritorno al futuro" l'incontro
organizzato dalla sezione triestina dell'associazione Italia Nostra, in
programma questa mattina alle 11 nella sede dello stesso sodalizio in via del
Sale 4/b. L'appuntamento servirà per illustrare alla cittadinanza le nuove
proposte di Italia Nostra in materia di interventi di riqualificazione
ecosostenibili. L'incontro sarà aperto dalla presidente dell'associazione
triestina, Antonella Caroli. Ad illustrare le proposte di riqualificazione e
rilancio dell'antico scalo saranno gli architetti Marco Sette e Isabella Artioli
Parteciperanno all'incontro inoltre Rodolfo Corrias, consigliere nazionale
dell'associazione Italia Nostra e Stefano Novello, presidente sezione di Italia
Nostra - Bolzano. Di recente il sodalizio aveva fatto sentire la propria voce in
difesa degli antichi binari esistenti dentro il Porto vecchio, ritenuti una
perla da salvare e non da nascondere sotto gli stalli del previsto parcheggio.
Quei modelli virtuosi sviluppati oltralpe da copiare
per far decollare Porto vecchio
«Auguro a Trieste di essere tra le prime città in Italia a indire nuovamente
dei concorsi internazionali di architettura e urbanistica. Solo il meglio può
bastare per Trieste». L'architetto austriaco, ma di madre triestina, Peter
Lorenz si esprime così davanti a un piatto di Knödel conditi con ragù, piatto
meticcio austro-mediterraneo come la città che brilla fuori dalla finestra. Per
commensali ha soltanto architetti: la triestina Giulia Decorti, l'ex architetto
della Provincia di Trieste William Starc, la veneta Irene Zamboni. Nel corso
della conversazione vengono alla luce le idiosincrasie triestine di sempre, ma
anche la crescente attenzione e nostalgia con cui l'Austria guarda al suo antico
porto. Un tesoro di buone pratiche oltre la linea delle Alpi all'orizzonte, mai
come ora indispensabili per Trieste. Al centro del dialogo, inevitabile, il
Porto vecchio e progetti come quello del centro congressi. «In tutte le città
europee senza eccezioni sarebbe stato fatto comunque con un concorso
internazionale per giuria e partecipanti», commenta Lorenz. Il modello Amburgo
Per far rinascere il Porto vecchio e la città con lui bisogna guardare a modelli
europei. È un punto su cui tutti concordano. Dice l'architetto austriaco:
«L'Europa ha ricominciato a pensare l'urbanistica moderna in termini democratici
a partire dagli anni '90. Il progetto forse di maggiore successo, e più simile a
Trieste, è l'HafenCity di Amburgo. L'ideale sarebbe copiare proprio da lì».
Rilancia Zambon: «Il buono di Amburgo è che la pianificazione è partita da
lontano e ha richiamato grandi nomi da tutto il mondo con concorsi trasparenti.
Anche se tutto è gestito dal Comune, si è puntato subito
sull'internazionalizzazione e la qualità. Il rischio è che sia un'operazione
solo per ricchi, tanto che oggi si lavora proprio per impedirlo. Ma intanto la
qualità è garantita». Starc si fa portavoce dello scetticismo triestino: «Città
come Amburgo e Barcellona sono capitali d'area, il cui territorio supera i meri
confini amministrativi. Trieste non è così. Non siamo riusciti a costruire un
rapporto continuativo con i territori oltre confine, anche se il Muro è caduto
nell'89 e la Jugoslavia si è dissolta nel '92. Questa città solo con le sue
risorse non riesce a procedere. Anche la sua consistenza demografica non aiuta
il cambiamento». Appello agli architetti Controbatte Lorenz: «Oggi Trieste è
nell'Ue, ha un hinterland più ampio rispetto al passato. Può aprirsi e
collaborare. Le categorie professionali, penso ad architetti e urbanisti, devono
far sentire la loro voce per questo. All'estero ci aspettiamo che gli architetti
italiani lo facciano». Vienna insegna che un periodo di stasi, anche lungo, non
è una condanna eterna: «È la città madre di Trieste - dice Lorenz -. Prima della
Grande Guerra era paragonabile a Parigi, negli anni'70-'80 del Novecento era una
città morta, quasi senza speranze. Valevano gli stessi argomenti che si usano
ora per Trieste. Poi negli anni Ottanta persone visionarie hanno deciso di
collaborare al rilancio della città. Ora è da otto anni la città con la qualità
della vita più alta al mondo per la classifica Mercer. Trieste deve soltanto
scegliere di voler andare in questa direzione». Il sistema concorsi Come farlo?
Tutti concordano sul fatto che il concorso sia lo strumento migliore. «In Italia
ormai si fanno solo gare al massimo ribasso», osserva Starc. Dice Decorti: «I
concorsi, siano a modalità ristretta o aperti, sono utili se si vogliono
ottenere progetti di qualità. Per incarichi pubblici sopra un determinato
importo sono in ogni modo obbligatori. Ovviamente hanno senso se preparati da
esperti e se i progetti sono giudicati da una giuria competente di
professionisti esterni al bando». Gli architetti portano l'esempio del
Gestaltaungsbeirat di Salisburgo: «È una commissione messa all'opera per la
prima volta nel 1983 - dice Lorenz - ed è composta da tre architetti che, per
statuto, non devono essere di Salisburgo e non possono lavorare in città nei tre
anni del loro mandato, e nemmeno nei due successivi. Il risultato è che è
praticamente impossibile realizzare un progetto brutto. Magari restano tagliati
fuori anche i progetti più d'avanguardia, ma la media si mantiene molto alta».
Buone pratiche d'oltralpe La commissione di Salisburgo non è l'unica possibile
ispirazione da trarre dall'Austria. Nel 1985, ad esempio, è stata fondata a Graz
una "Casa di architettura", in cui i professionisti espongono i loro progetti in
uno spazio aperto alla società. Oggi ne esiste una in ogni capoluogo. Lorenz e
Decorti propongono poi l'idea di una "Dichiarazione dell'architettura triestina:
«Come la Wiener Architekturdeklaration del 2005, che ha stabilito i criteri di
Vienna per l'architettura e l'urbanistica: qualità nella progettazione e nella
costruzione, trasparenza in linee guida, scopi e procedimenti, disponibilità al
dialogo». Anche un nuovo ordinamento per i concorsi, come quello approvato in
Austria nel 2010, è lì pronto per essere copiato. Un masterplan per Trieste La
conclusione a cui giungono tutti gli architetti, finita la cena, è che la città
deve tornare a pensarsi europea come ai tempi dell'Impero. «Il Porto vecchio
deve essere un progetto europeo, se lo si pensa come un progetto triestino, non
si va da nessuna parte». E lo sviluppo della città va progettato ad ampio
respiro. Conclude Lorenz: «Serve un masterplan come ad Amburgo o Vienna. Si deve
pensare la città nel suo insieme e non un pezzo per volta. È quel che hanno
iniziato i greci e perfezionato i romani. Dobbiamo tornare a guardare all'Ellade,
il suo modello è la base della città europea. Una visione in cui lo spazio
pubblico è parte vitale della società».
Giovanni Tomasin
È polemica a Muggia sulla Tari non pagata dal 10% delle
utenze
MUGGIA - Ma come è possibile che solamente ora sia emerso che il 10% delle
utenze di Muggia, domestiche e non, non ha pagato la Tari? Dopo le dichiarazioni
del sindaco Laura Marzi, che ha denunciato la presenza di evasori o di posizioni
quanto meno irregolari nella cittadina sulla tassa rifiuti, il quesito sulla
tardiva scoperta è sulle bocche di quasi tutti i partiti d'opposizione. «Il
sindaco stana i furbetti. Bene, i trasgressori della legge vanno sempre
perseguiti. Ma chiedo a lei e alla sua variegata sinistra compagine dov'erano in
questi ultimi dodici anni? Hanno forse amministrato Muggia o qualche altra
città?», si chiedere perplesso Nicola Delconte. Il capogruppo di Fratelli
d'Italia insiste: «Almeno due volte all'anno in sette anni di mandato ho sempre
chiesto in commissione se l'evasione o l'elusione di tutti i tributi fosse sotto
controllo e la risposta dei tecnici è sempre stata: "Siamo nei limiti del
fisiologico"». Critica anche la capogruppo di Ocpm Roberta Vlahov: «Siamo
all'assurdo. Irregolarità fiscali? Tutta la marea di gente che ho sentito, e che
ha più volte contattato Net e Comune per avere il kit di bidoni o sacchetti, si
meravigliava proprio del fatto che, pur avendo sempre pagato la Tari, non aveva
avuto niente per la differenziata. Ora invece si dice addirittura che si tratta
di evasori? Che senso ha che un evasore tampini il Comune per avere i
cassonetti? Siamo all'assurdo». Incredula Roberta Tarlao (Meio Muja): «È una
vicenda che non corrisponde alla situazione reale. I dati del Comune non sono
aggiornati. Purtroppo lo sport preferito di quest'amministrazione è lo
scaricabile. Colpa di Net, colpa di Italspurghi e ora colpa dei cittadini».
Nella giornata di ieri il Comune ha chiarito che «la posizione di coloro che non
hanno ricevuto il materiale non coincide inequivocabilmente con quella degli
evasori», puntualizzando che le posizioni tributarie esistenti sono «6461
domestiche e 500 non domestiche», motivo per cui il dato del 10% equivale a «696
possibili situazioni irregolari non necessariamente tutte ascrivibili ad evasori
totali o parziali». Il Comune ha anche evidenziato che «la gran parte dei
regolari contribuenti muggesani, che paga correttamente e puntualmente le
imposte comunali, si sta impegnando per prendere dimestichezza con il nuovo
sistema di raccolta "porta a porta"». Per quanto riguarda infine il ritardo
nell'accertare le irregolarità il sindaco Laura Marzi ha così commentato:
«Facendo anche solo una veloce ricerca su Google emerge chiaramente che ogni
imposta ha un dato fisiologico di evasione. La Tari è una di quelle più evase in
Italia, con percentuali di gran lunga superiori al Comune di Muggia dove il
"porta a porta" ha permesso, come in altri Comuni che sono passati a questo tipo
di raccolta dei rifiuti, di far emergere delle situazioni che saranno verificate
insieme a quelle che emergono dalla costante attività di accertamento che l'ente
mette continuamente in atto».
Riccardo Tosques
AMBIENTE - La nuova campagna per la differenziata
"La differenziata crea nuova risorse per la tua città": è questo il claim forte della nuova campagna messa in campo sinergicamente da Comune di Trieste e AcegasApsAmga per sensibilizzare i cittadini ad una corretta raccolta differenziata e che a partire da questa settimana potrà essere notata sulle pensiline degli autobus della città.
Nella Riserva naturale delle Falesie si stanno
coltivando nuove colonie di calamari
Tecnicamente si chiamano "captatori". Sono gli strumenti in uso
sperimentale, nel parco marino delle Falesie, per far crescere i calamari, e che
stanno danno i primi risultati. Lo ha spiegato ieri Paolo Decarli, consigliere
del Consorzio della piccola pesca costiera, nel contesto dell'inaugurazione del
nuovo sportello Flag: «Si tratta di creare sui fondali una rete di corde dalle
quali se ne alzano alcune, per qualche metro, in quanto sollevate da
galleggianti, assumendo le sembianze di alghe. Su di esse si attaccano i
calamari che così crescono sul posto e vi depongono le uova. Il progetto è di
far prosperare la specie dentro la Riserva delle Falesie, rendendola
un'attrattiva per i turisti che amano le immersioni».
(u.s.)
La Croazia non vuole chiudere Fianona 1 - Il governo
intende lasciarla in funzione per altri 15 anni. Scaduto il certificato
ecologico internazionale. La rabbia dei Verdi
POLA - L'Azienda elettrica di stato Hep insiste con il carbone in Istria
anche dopo l'accantonamento pressoché definitivo del contestatissimo progetto
della centrale termoelettrica Fianona 3. Ora intende ammodernare e prolungare la
vita di altri 15-20 anni della vecchia Fianona 1 della potenza di 125 megawatt,
ritenuta una caffettiera fumante (e inquinante) che avrebbe dovuto cessare per
sempre l'attività il 31 dicembre scorso, allo scadere del certificato ecologico
internazionale. Le intenzioni della Hep hanno subito scatenato diverse reazioni
visto che vanno contro corrente rispetto alla tendenza mondiale sulla chiusura
delle centrali a carbone. Ad esempio Austria, Gran Bretagna e Italia si
impegnano a farlo entro il 2025 e la Francia ancora prima, entro il 2023 per
passare alle fonti alternative sicuramente meno inquinanti. Ad alzare primi la
voce contro il prolungamento della vita della Fianona, che ha ormai alle spalle
50 anni di attività, sono gli ambientalisti di Zelena Istra-Istria Verde che
annunciano una grande battaglia. La sua presidente Dusica Radojcic ritiene che
nonostante gli ingenti investimenti nel suo ammodernamento, la Fianona 1
continuerà a essere un impianto vecchio e a rappresentere una costosa minaccia
dal punto di vista della sicurezza.«La qualità dell'aria nell'albonese - spiega
- continuerà a peggiorare con l'ulteriore devastazione dell'ambiente e danni
irreversibili alla salute della popolazione dell'area nella quale tanta gente
continua a morire di tumore e causa le malattie all'apparato respiratorio». E
quindi riporta il dato sulla grande concentrazione di zolfo nelle foglie
aghiformi del pino nero, proprio nelle vicinanze della centrale. Sulla stessa
linea di pensiero degli ambientalisti, c'è il presidente della Regione Valter
Flego che ricorda il piano territoriale della penisola, nel quale non c'è posto
per le centrali a carbone. Dal canto suo la Hep risponde che il mantenimento in
vita della Fianona 1 rientra nelle sue strategie di sviluppo fino al 2030 entro
il quale si dovrà passare all'uso di fonti energetiche a basso tasso di CO2.
«Con l'ammodernamento - spiega la direzione - si darà un notevole contributo
alla stabilità del sistema elettro-energetico, soprattutto in Istria dove si
registra la crescente domanda di energia elettrica, soprattutto nella stagione
turistica». A proposito dell'entità dell'investimento per il suo ammodernamento
non vengono riportate cifre concrete. Di certo la Hep e di riflesso il governo
vorrebbero ridurre l'importazione di energia elettrica per la quale al momento
si spendono da 400 a 500 milioni di euro all'anno, cifra destinata a salire
ulteriormente in futuro con l'aumento della crescente domanda di energia
elettrica. Intanto nei giorni scorsi è iniziato il dibattito pubblico
sull'ammodernamento della Fianona 1, che durerà fino al 9 maggio prossimo.
Istria verde lancia un appello ai cittadini e alle istituzioni a esprimere
parere contrario.
(p.r.)
IL PICCOLO - VENERDI', 13 aprile 2018
Un muggesano su 10 evade la tassa rifiuti - A non
pagare la Tari sono ben 1.300 i residenti. Il Comune sul porta a porta:
«Partenza con difficoltà fisiologiche»
MUGGIA - Oltre 1.300 residenti muggesani non stanno pagando la tassa su
rifiuti. Lo sconcertante dato è stato fornito ieri, a sorpresa, dal Comune di
Muggia. A far emergere le irregolarità fiscali è stato il recente avvio della
raccolta differenziata dei rifiuti "porta a porta". «Incrociando le utenze delle
consegne con la banca dati esistente, la puntuale verifica delle posizioni
tributarie sta portando all'identificazione di diverse irregolarità ed diversi
evasori, in una percentuale che si stima attorno al 10 per cento», ha spiegato
il sindaco Laura Marzi. Numeri altissimi, dunque, che peraltro, secondo il
Comune, si riferiscono perlopiù a quelle stesse persone che lamentano a
tutt'oggi la mancata consegna dei kit (i bidoncini o i sacchetti colorati) per
effettuare la raccolta differenziata dei rifiuti. Una vicenda paradossale,
dunque, secondo quanto denunciato dal Municipio. «Il numero di coloro i quali
non hanno ancora ricevuto il materiale per differenziare e conferire i rifiuti
sta andando progressivamente a ridursi - si legge in una nota - e tra questi
soggetti rientrano anche le persone che non risultavano, per diverse ragioni,
nella banca dati dei contribuenti Tari, taluni di questi in quanto mai iscritti
nelle posizioni tributarie del Comune e quindi di fatto evasori». Tramite
l'introduzione di questo nuovo sistema di raccolta, proprio in quanto fornito
singolarmente, è stato possibile conoscere meglio gli effettivi destinatari del
servizio. Intanto, in attesa che il Comune prenda provvedimenti per gli oltre
1.300 evasori, l'amministrazione Marzi è tornata sul difficoltoso avvio del
nuovo sistema di raccolta avviato a Muggia da un mese e mezzo in via
parziale-sperimentale e da dieci giorni in modo integrale-obbligatorio. «La
novità ha fatto emergere, come comprensibile, alcune fisiologiche situazioni di
"difficoltà" nell'applicazione del nuovo sistema», ha ammesso il Comune. In
merito ai tanti disservizi lamentati dai cittadini, i primis tramite i social
network, dall'amministrazione è arrivata un'analisi: «L'allungamento dei tempi
di ritiro verificatosi in alcune zone è stato determinato dalla necessità di
recuperare alcuni conferimenti non corretti e di far fronte a taluni abbandoni
di rifiuti. La rimozione di questo materiale si è tradotta, conseguentemente, in
un allungamento dei tempi di lavoro programmati. Queste operazioni richiedono,
infatti, un grande impegno da parte degli operatori, che non possiamo non
ringraziare per il loro impegno». L'abbandono dei rifiuti sul suolo pubblico -
sanzionabile per legge - è dettato da diverse motivazioni, in primis la protesta
contro l'imposizione del nuovo sistema. Ma secondo il Comune «vi è anche la
situazione di chi si trova per la prima volta a differenziare i rifiuti.
Comprensibile e giustificabile è quindi la difficoltà a utilizzare correttamente
i nuovi kit». Infine, per quanto concerne il 10% di muggesani che non stanno
pagando le tasse sui rifiuti, il sindaco Marzi ha voluto vedere il bicchiere
mezzo pieno della vicenda: «La notizia positiva, oltre ovviamente all'importante
contributo nella lotta all'evasione, è che la regolarizzazione di queste
posizioni, una volta opportunamente verificate, porterà a ripartire i costi su
un maggior numero di posizioni tributarie e, di conseguenza, a una riduzione
delle tariffe per gli altri contribuenti oggi in regola».
Riccardo Tosques
SEGNALAZIONI - PARCO DEL MARE/1 - Sono favorevole ma in Porto Vecchio
Ho letto alcuni giorni fa sulle pagine del nostro quotidiano locale uno scritto a nome Giorgetta Dorfles sempre a riguardo del Parco del mare. Tengo a precisare nuovamente che sono, sin dalla prima ora, un sostenitore di tale progetto ma che condivido anche l'opinione che il sito più consono sarebbe stato quello del Porto vecchio. Purtroppo e io lo so bene, non sempre si ha la possibilità di scegliere quello che si vuole, e inoltre alcune variabili implicherebbero perdita di tempo e ulteriori spese che in questo momento non possono far altro che stoppare nuovamente tale iniziativa (se non erro sono già passati una decina d'anni dal primo progetto)La zona della Lanterna denominata Porto Lido è stata valutata dagli esperti come quella ottimale anche perchè così si prenderebbero due piccioni con una fava e cioè quello della valorizzazione di tale sito, (oggi in uno stato di completo degrado a parte la Lanterna) e appunto la creazione di questa struttura che incrementerebbe a mio avviso in maniera significativa il turismo nella nostra città, portando un introito nelle casse comunali che oltre a provvedere alla sua manutenzione ed eventuale ampliamento (vedi Parco di Genova) servirebbe anche a migliorarne i servizi. Inoltre aggiungo che sono sicuro che questo progetto sarà una delle "perle" da aggiungere alla collana di meraviglie che questa città può offrire ad un qualunque turista che la visiti e un motivo in più, se ce ne fosse bisogno, affinchè la sua permanenza duri più a lungo. Ultima cosa che ritengo abbia una grande importanza è quella che niente possa sostituire sia negli adulti ma soprattutto nei bambini il poter vedere gli animali dal vivo anche se so benissimo che questa non è sicuramente la scelta più giusta da fare, ma penso che se le attrezzature saranno adeguate e tenute nel modo consono, un piccolo sacrificio si possa fare per il bene della nostra città, tanto più che i risultati ottenuti in gran parte di quelle che già lo possiedono ormai da decenni mi danno ragione (dobbiamo ricordarci che comunque un "Acquario" lo abbiamo già e che se non porteremo avanti noi il prima possibile questo progetto lo faranno sicuramente gli altri (ci sono già casi in Croazia). Concludo con la convinzione che non dovrebbe essere difficile creare dei pacchetti turistici sia estivi che invernali che in aggiunta alle tante cose da vedere della nostra città possano includere anche quella di un futuro Parco del Mare, perché non sono molte le città in Italia che hanno cultura mitteleuropea, scienza mare e montagna il tutto racchiuso in poche decine di chilometri.
Paolo Fabricci
SEGNALAZIONI - PARCO DEL MARE/2 - Progetto non coerente con lo sviluppo
Per ESOF2020 "Capitale europea della Scienza", evento inserito in una delle tre linee strategiche di sviluppo di Trieste (Portualità, Scienza&Tecnologia, Turismo Culturale) si sta ancora ad elemosinare fondi. Eppure sembra che in città ci siano finanze abbondanti da poter realizzare da subito e al contempo tutta una serie di opere colossali. Perché nessuno grida all'irragionevolezza di questa posizione su cui si arrocca chi dispone delle nostre risorse? I primi a gridare dovrebbero essere gli stessi organizzatori di ESOF2020, ma non lo possono fare, devono gestire con delicatezza i rapporti con i vari poteri, pena il fallire nell'importante impegno. Allora lo facciano cittadini di buon senso: chiediamo perché il cospicuo gruzzolo che proviene da imprese e cittadini - 9 milioni alla Camera di commercio e altrettanti alla Fondazione CrT - rimane bloccato su un progetto - Parco del Mare - che non è coerente con le linee strategiche di sviluppo e suscita motivati e documentati dubbi sulla sua sostenibilità.ESOF2020 sarà il potenziale innesco della rivitalizzazione del Porto vecchio, opera per la quale i 50 milioni assegnati dal Governo grazie al master-plan di Italia Nostra costituiscono appena un frazione di quanto servirà; siamo realisti, concentriamo su questo unico obiettivo ogni sforzo, per rendere il grande progetto definitivamente credibile ed appetibile per i grandi investimenti pubblici e privati.
Piero Miceu
Circolo della Stampa - Confronto sul Parco del Mare
Oggi alle 17 al Circolo della stampa di corso Italia 13 si terrà un dibattito sul Parco del mare. Gli enti che avevano firmato la petizione contro la struttura, invitano i candidati alla presidenza Fvg e i capilista a intervenire.
La passione si tinge di verde - Al parco di San
Giovanni il ritorno di "Horti tergestini"
Al via domani alle 11, con l'inaugurazione ufficiale, "Horti tergestini", la
rassegna florovivaistica dedicata alla cultura del verde ospitata nel parco di
San Giovanni. La mostra mercato si presenta più rigogliosa che mai con oltre
cento espositori provenienti dall'Italia e dall'estero, che dalle 9 al tramonto
animeranno l'oasi verde cittadina proponendo ai visitatori una ricca selezione
di piante, fiori, bulbi e rarità botaniche, ma anche attrezzature e
oggettistica. Oltre a un variegato programma di eventi collaterali. Ospite
d'onore al taglio del nastro della kermesse promossa dalla Agricola Monte San
Pantaleone - in collaborazione con Promoturismo Fvg, associazione Tra fiori e
piante, Erpac Fvg, Comune, Università, AsuiTs e Trieste Trasporti - il direttore
dell'Arboretum Volcji Potok di Lubiana, Ales Ocepek. Alle 15, con ritrovo al
Padiglione Z (replica con le stesse modalità domenica), visita guidata
"Passeggiata nel parco" a cura della cooperativa La Collina, assieme a Luca
Bellocchi e Isabella Maria Costadura, mentre alle 15.30 - allo Spazio Villas -
incontro con Samuele Dalmonte per "Cronaca di un recupero: le antiche varietà di
alberi da frutto della Venezia Giulia". Spazio Villas che ospiterà (17.30) la
presentazione del volume di Nicoletta Campanella "Rose cinesi-Regine
dell'Oriente". Questo il carnet domenicale: alle 10, laboratorio per bimbi
"Spaventapasseri" a cura del Mini-Mu, mentre alle 11 - allo Spazio Villas -
presentazione del libro "La verde bellezza. Guida ai parchi e giardini storici
pubblici del Fvg", a cura di Rita Auriemma dell'Erpac, assieme a Umberto
Alberini e a Franco Rotelli. Tra gli eventi collaterali la mostra fotografica "Leros-Il
mio viaggio" al Padiglione Z, la cui visita guidata è alle 11.30. Tra gli
appuntamenti pomeridiani, "In - fusioni... tra erbe, aceto, foglie e verdure"
(15.30) e la presentazione (17) di "È un vino paesaggio", ambedue allo Spazio
Villas. Info su www.hortitergestini.it.
Patrizia Piccione
Solidarietà - TriesteAltruista e le buone azioni
TriesteAltruista, associazione che promuove il volontariato flessibile,
partecipa al Good Deeds Day: una giornata internazionale durante la quale
milioni di persone compiranno buone azioni a beneficio degli altri e del
pianeta. Le giornate in cui si è deciso di aderire al progetto sono quelle di
oggi, domani e domenica. Due sono i modi per poter partecipare: o iscrivendosi
ai progetti di volontariato di TriesteAltruista (www.triestealtruista.org/good-deeds-day/)
o da soli (o con gli amici), organizzando autonomamente delle buone azioni.
Maggiori informazioni anche qui sul sito www.good-deeds-day.org/getideas
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 aprile 2018
Troppi TIR, l'Austria dice "STOP" - Maggio nero per il trasporto merci. L'Italia vuole la galleria ferroviaria
Troppo inquinamento, stop ai camion. Il Tirolo austriaco alza le barricate contro i mezzi pesanti che lo stanno invadendo (58 mila in più nel primo bimestre 2018) e l'Italia si scopre improvvisamente scollegata da Centro e Nord Europa. Il caso Brennero. Si preannuncia una primavera da incubo per chi ogni giorno attraversa l'autostrada del Brennero per arrivare in quella dell'Intall: a maggio, per dieci giorni, sarà istituito il numero chiuso dalla Germania verso sud. Potranno transitare "soltanto" 300 Tir all'ora (uno ogni 12 secondi). Un passaggio a singhiozzo che provocherà code infinite e farà diventare la direttrice una sorta di tartaruga commerciale. Un colpo basso all'economia circolare continentale: per il Tirolo transitano ogni anno 2,2 milioni di mezzi pesanti. A pagarne le conseguenze saranno Italia e Baviera che hanno già protestato con l'Ue: Bruxelles ha riconosciuto le loro ragioni e ha bacchettato l'Austria, con la Commissaria europea ai Trasporti Violeta Bulc che ha confermato la non compatibilità delle norme comunitarie con quanto applicato. Il traffico. Il piano austriaco, che provocherà giornate da bollino nero per il traffico, ha anche l'obiettivo di incentivare lo sfruttamento delle rotaie, dove ancora passa una percentuale minima delle merci rispetto a quelle che viaggiano su gomma. Il traffico di Tir su questo angolo del confine preoccupano l'Austria ma non sono neanche paragonabili a quello che si registra nelle altre strade del Nord Italia. Secondo i dati della Cgia di Mestre, nel "nuovo" triangolo produttivo (Milano-Bologna-Padova) transitano ogni giorno 240 mila mezzi pesanti, oltre il 60% in più rispetto al "vecchio" triangolo industriale (Torino-Milano-Genova) dove si arriva a 148 mila unità. L'autostrada più trafficata d'Italia è l'A4 Brescia-Padova che registra 26.242 veicoli pesanti medi giornalieri. Seguono l'A4 Milano-Brescia con 24.699, l'A1 Milano-Bologna con 21.663, l'A1 Bologna-Firenze con 16.490, l'A14 Bologna-Ancona con 15.069. Solo dopo il Passante/Tangenziale di Mestre con 13.829.Il tunnel ferroviario. Con quasi 47 milioni di tonnellate di merce sugli oltre 160 milioni che varcano i confini italiani, il Corridoio multimodale del Brennero (strada più ferrovia) già oggi rappresenta di gran lunga il più trafficato varco transalpino, dunque il principale elemento di connessione tra l'Italia e l'Europa. La vera rivoluzione per diminuire il traffico su ruota si avrà solo dal 2027 - se sarà rispettato il cronoprogramma della più grande opera pubblica in costruzione nella Penisola - quando entrerà in funzione il nuovo tunnel ferroviario, cioè il collegamento sotterraneo su rotaia più lungo del mondo. Si svilupperà per 55 chilometri e costerà all'Italia 4,4 miliardi di euro. Permetterà di attraversare le Alpi in 25 minuti, a una velocità superiore ai 200 chilometri l'ora. I divieti. Quello imposto dalla regione austriaca è solo l'ultimo vincolo imposto al mondo dell'autotrasporto, ma sul Brennero incombono anche nuove proposte della Provincia di Bolzano: vietare il transito dei carri merci vecchi e rumorosi, rendere obbligatorio un ticket (la cosiddetta "eurovignetta") e inserire nel pedaggio una sorta di tassa sull'inquinamento.Il caos. Secondo le organizzazioni dei camionisti, il maggio nero imposto dall'Austria rischia di provocare un caos nel panorama commerciale che ancora deve riprendersi dalla crisi degli ultimi anni. Rispetto al 2007, infatti, il numero medio di Tir nelle autostrade italiane è ancora più basso del 12%. Tra le 35 tratte analizzate, le uniche che hanno recuperato i flussi di traffico di allora sono state l'A5 Aosta-Traforo del Monte Bianco (+16,2%), la T1 Traforo del Monte Bianco (+8,6) e proprio l'A22 del Brennero-Verona (+2,3). «A incrementare i volumi di traffico - conferma la Cgia - sono stati solo i principali assi autostradali che hanno consentito alle nostre merci di arrivare nel cuore dell'Europa, in particolar modo in Francia e Germania. Tutte le altre, invece, hanno registrato forti contrazioni, così come è avvenuto per il trasporto merci su rotaia, che in questi ultimi 10 anni, a livello nazionale, ha perso il 10%».
Nasce a Muggia l'area rifiuti per soli esercenti -
Realizzata in via Manzoni un'isola sperimentale per alleggerire le problematiche
del "porta a porta"
MUGGIA - Arriva l'area rifiuti sperimentale temporanea dedicata ai locali
del centro storico. È la novità proposta dal Comune in via Manzoni per venire
incontro alle esigenze dei negozianti alle prese con il nuovo "porta a porta".
Soddisfatta Laura Litteri, assessore all'Igiene urbana: «Abbiamo proposto una
soluzione in grado di fornire risposte a quanto emerso dagli incontri in cui i
gestori avevano manifestato ancora delle difficoltà organizzative ad adeguarsi
al nuovo sistema». Che ci fosse malumore tra i commercianti per il nuovo
servizio era cosa risaputa. Considerate le peculiarità del centro storico,
caratterizzato da fori di piccole dimensioni, spesso peraltro privi di spazi di
deposito, il mantenimento dei bidoncini si era dimostrato da subito complicato.
Tenendo poi conto dell'arrivo della bella stagione e quindi delle prossime
manifestazioni pubbliche, le esigenze espresse da buona parte dei commercianti
non hanno lasciato indifferente l'amministrazione comunale, che ha ritenuto
opportuno individuare una soluzione, pur in via sperimentale e temporanea.
«Individuare una zona ad hoc, anche in vista delle manifestazioni pubbliche che
inizieranno dal mese di aprile e che comporteranno un significativo maggiore
afflusso di turisti e clienti con una conseguente maggiore produzione di
rifiuti, ci è parsa la soluzione più proficua», racconta il vicesindaco e
assessore al Commercio Francesco Bussani. Nell'area adiacente a via Manzoni è
stata appena istituita un'area dotata di cassonetti per il conferimento dei
rifiuti ad accesso limitato esclusivamente ai gestori dei pubblici esercizi del
centro storico. L'accesso sarà garantito tramite una chiave. I commercianti
potranno così usufruire di questa opzione oltre al "porta a porta" già
esistente. L'area sarà invece off-limits per gli altri cittadini, motivo per cui
è stata predisposta una serratura. «Questa nuova area per i nostri commercianti
ha comportato, ovviamente, lo spostamento dei tre posti auto dedicati alle forze
dell'ordine presenti nella via», ricorda Bussani. Gli stalli sono stati
"recuperati" nell'area ex Esso, individuando in altra area un ulteriore posto
per disabili in sostituzione di quello soppresso. Il nuovo sistema di
differenziata in vigore in via sperimentale dal primo marzo con l'affiancamento
dei bidoni stradali, in fase di rimozione in questi primi giorni di aprile in
seguito all'instaurazione di un sistema di differenziata integrale, sta dunque
proseguendo nonostante la forte protesta di tanti muggesani. A tale proposito
Litteri rimarca il pensiero del Comune: «Auspichiamo che venga colta
l'opportunità che l'area rappresenta e che venga utilizzata responsabilmente.
Nei primi giorni si sono infatti riscontrate diverse anomalie di conferimento e
sarebbe davvero un peccato che si reiterassero, perché per i comportamenti di
qualcuno ne farebbero le spese tutti, anche chi ha dimostrato di essere
diligente e rigoroso.
Riccardo Tosques
Trieste - Al San Marco si parla di ecosistemi marini
Il Circolo Verdeazzurro Legambiente vi invita alla conferenza "Ecosistemi marini: la minaccia della plastica" al Caffè San Marco, oggi alle 18. Cambiamenti climatici, distruzione degli habitat e inquinamento da plastica sono identificati come le tre maggiori minacce per il futuro del mare e del pianeta. Scopriamo perché. Interviene Antonio Terlizzi, professore di Zoologia dell'Università di Trieste.
Progetti - Focus sul destino del Parco del mare
Domani alle 17, al Circolo della Stampa, il Comitato "La Lanterna", Legambiente e le associazioni animaliste promuovono un incontro sul Parco del mare, cui sono stati invitati i candidati alle regionali.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 aprile 2018
Orti, paesaggio e verde urbano - In città e a Borgo San
Sergio lezioni di agricoltura "sociale"
Anche a Trieste, ogni anno c'è sempre più voglia di biologico. Per favorire
l'approccio alla coltivazione di orti, giardini e balconi in modo sostenibile e
all'interno del centro urbano, anche quest'anno l'associazione Urbi et Horti, in
collaborazione con l'assessorato comunale al Volontariato, ha organizzato un
corso teorico e pratico su agricoltura biologica, ambiente e tutela del
paesaggio. Gratuito, è rivolto a tutti coloro che vogliono imparare a diventare
orticoltori o giardinieri anche sul proprio balcone e si svolgerà nella sala
Arac del Giardino pubblico con cadenza settimanale, ogni giovedì fino al 26
aprile alle 17.30.Il percorso di formazione si articola in 4 moduli formativi di
2 ore ciascuno al termine del quale verrà rilasciato un attestato di
partecipazione. «Le lezioni - spiega Tiziana Cimolino di Urbi et Horti - hanno
lo scopo di fornire strumenti e metodi utili per promuovere, progettare e
realizzare esperienze di agricoltura sociale a livello territoriale e di anno in
anno sempre più persone si avvicinano al progetto sia per favorire la
collettività che per prendersi cura del proprio piccolo appezzamento o del
balcone di casa. La docenza è affidata a esperti nell'ambito dell'agricoltura,
botanica e tutela del verde. Nella prima lezione, l'agronoma dell'Aiab Daniela
Peresson ha spiegato come coltivare il proprio orto o balcone in maniera bio.
Domani sarà la volta del conduttore della storica trasmissione Rai della
domenica mattina, "Vita nei campi", Enos Costantini».Le lezioni pratiche - con
accompagnamento in campo del maestro contadino Roberto Marinelli - si
svolgeranno i sabati mattina fino al 28 aprile all'orto di Borgo San Sergio "Le
piane", uno degli orti comuni che l'associazione cura, con ritrovo alle 10.30 in
via Grego 48. Sabato si parlerà di preparazione dei semenzari e cura del
seminato. Informazioni: orticomunitrieste@gmail.com, chiamando il 3287908116 e
sulla pagina Facebook orticomunitrieste.
Gianfranco Terzoli
il Fatto Quotidiano - MARTEDI', 10 aprile 2018
Ambiente & Veleni - Groenlandia, il ghiaccio si scioglie e tornano a galla i segreti militari Usa
C’è un segreto militare Usa che era pensato per non essere scoperto. E, invece, i cambiamenti climatici che portano allo scioglimento dei ghiacci ci consegnano indizi terribili.
Marlene Cimons di Nexus Media ha svolto un’inchiesta in
cui svela che al culmine della Guerra fredda (negli anni 50) la calotta glaciale
della Groenlandia ospitava una serie di basi militari clandestine degli Stati
Uniti il cui compito era quello di tenere in posizione 600 missili balistici a
medio raggio con testate nucleari pronte per il dispiegamento verso l’Unione
Sovietica. La base, Camp Century in Groenlandia, fu abbandonata nel 1967
lasciando dietro di sé una terribile eredità sepolta sotto tutto quel ghiaccio e
neve. Tonnellate di rifiuti tossici che i funzionari militari evidentemente
presumevano sarebbero rimasti congelati per sempre. Cinquant’anni fa, l’esercito
degli Stati Uniti probabilmente non teneva conto del cambiamento climatico. Ma
ora, lo scioglimento dei residui ricoperti mette a repentaglio l’ecosistema
marino.
Il ghiaccio di Camp Century nascondeva decine di migliaia di litri di gasolio,
grandi quantità di policlorobifenili (Pcb) e quella che si ritiene essere una
piccola quantità di pericolosissimo materiale radioattivo seppure di medio
livello. Il caso è l’indice inquietante di come l’innalzamento del livello del
mare possa portare nell’oceano materiali tossici provenienti da altri siti
militari costieri.
Le isole del Pacifico sono particolarmente vulnerabili secondo lo studio che
cita, tra gli altri, i rifiuti radioattivi militari statunitensi lasciati
durante la Guerra fredda all’atollo di Johnston e alle Isole Marshall.
L’indagine geologica degli Stati Uniti sta attualmente studiando questi
potenziali rischi, ma la loro piena estensione non è ancora nota. Il cambiamento
climatico è un problema globale e quindi difficile da attribuire esclusivamente
a qualsiasi governo o attore politico, ma gli effetti come questi qui esposti
sono territorialmente specifici: quindi le popolazioni locali possono
individuarne le responsabilità e chiedere un risarcimento.
L’uragano Harvey illustra il problema. I cambiamenti climatici hanno esacerbato
un uragano, rendendolo più grande e più cattivo di quanto sarebbe stato
altrimenti. Il ciclone ha di conseguenza portato gravi danni agli impianti
chimici e alle raffinerie, che a loro volta hanno rilasciato nel terreno e in
mare inquinanti tossici.
Gli Stati Uniti da soli hanno centinaia di basi oltremare che richiedono un
continuo coordinamento politico con i governi ospitanti e i rischi ambientali
legati al clima potrebbero rappresentare un nuovo tipo di tensione all’interno
delle alleanze politiche internazionali. La Groenlandia, ora un territorio
semi-sovrano della Danimarca, potrebbe subire una contaminazione delle acque da
Camp Century. In definitiva, ci saranno costi di disinquinamento da pagare e un
risarcimento per i locali colpiti dall’inquinamento.
Nel 1951 – all’epoca in cui i paesi firmarono l’accordo di difesa della
Groenlandia, che stabilì le basi – la Danimarca aveva una politica estera
nominalmente priva di nucleare ma aperta ad alleanze formalmente riconosciute.
Il trattato in vigore ha quindi permesso agli Stati Uniti di rimuovere la
proprietà dalle basi o di disfarsene in Groenlandia (dopo aver consultato le
autorità danesi) senza tuttavia far cenno ai materiali radioattivi.
Così la Danimarca potrebbe obiettare che non è stata completamente consultata in
merito alla disattivazione reale di alcuni siti militari abbandonati; quindi
qualsiasi scoria atomica abbandonata rimane una responsabilità degli Stati
Uniti. Inoltre, la Danimarca afferma che non è mai stata contattata
ufficialmente per un piano di posizionamento di missili nucleari in Groenlandia.
In assenza di cambiamenti climatici, il ghiaccio quasi certamente avrebbe
conservato questo segreto per sempre. L’idea che l’esercito potesse lasciare i
rifiuti abbandonati in Groenlandia, per essere sepolto nella neve per sempre,
non sembrava una pazzia. Nessuno al momento ha previsto l’enorme e devastante
esperimento che stiamo da tempo incautamente conducendo sul nostro pianeta.
Gli amanti della pace hanno salutato con entusiasmo l’assegnazione del premio
Nobel per la Pace del 2017 alla associazione iCAN (International Campaign to
Abolish Nuclear Weapon) una coalizione (come dice il nome) internazionale di
gruppi attivi nella richiesta di eliminazione delle armi nucleari, eppure il
rischio venuto alla luce nel mare Artico rivela una sconsiderata politica che
non si è limitata solo al periodo della Guerra fredda.
Sono 90, infatti, le bombe nucleari che alloggiano tuttora a Ghedi e Aviano –
nel Nord dell’Italia – e che vengono ammodernate e mantenute a spese del nostro
Paese, ma senza alcun controllo da parte delle popolazioni e senza messa in
discussione della loro legittimità da parte delle nostre istituzioni. Stanno lì
come accigliati cerberi a disposizione della Nato e in mani non certo affidabili
come quelle di Donald Trump, ma anche (fortunatamente) sotto osservazione degli
sforzi di denuclearizzazione del pianeta come quelli prodotti dai 122 Paesi che
hanno firmato in sede Onu il trattato Tpna.
Mario Agostinelli
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 aprile 2018
«Il nuovo skatepark di Muggia sorgerà nell'area di
Acquario» - La futura location svelata dal vicesindaco Bussani - Bisognerà però
attendere la fine del cantiere nel 2019
MUGGIA - «Muggia avrà un nuovo skatepark nella rinnovata area di Acquario».
Il vicesindaco Francesco Bussani ha finalmente svelato la futura location della
struttura smantellata pochi mesi fa dal Comune nel piazzale ex Alto Adriatico.
L'argomento è stato affrontato anche durante l'ultima seduta del Consiglio
comunale attraverso una mozione, presentata dalla capogruppo di Meio Muja
Roberta Tarlao, che ha impegnato il sindaco Marzi e la sua giunta a incontrare i
ragazzi della scuola media "Nazario Sauro", fruitori sino a qualche mese fa
della struttura. Quegli stessi ragazzi che hanno sottoscritto una petizione con
200 firme per chiedere la riqualificazione dell'area creata ad hoc per gli
skaters. La decisione della giunta Marzi di chiudere lo skatepark per arginare
il fenomeno di degrado, che soprattutto nel 2017 aveva interessato l'ex Alto
Adriatico, era stato un duro colpo per i ragazzini amanti delle rotelle.
L'esponente dell'opposizione Tarlao ha ricordato come il Regolamento di polizia
urbana dichiara espressamente che l'attività di skater può «avere luogo
solamente nelle aree a ciò destinate dall'amministrazione comunale», tanto che
anche recentemente un agente della Polizia locale è intervenuto alla media
"Sauro" spiegando che «tra le normative del codice della strada è previsto il
divieto di circolare con lo skate in zone non adibite». Come noto, nel settembre
scorso il Comune ha inizialmente recintato una buona parte del piazzale ex Alto
Adriatico. Una decisione presa a causa della situazione di degrado venutasi a
creare in seguito "trasformazione" in discarica, da parte di ignoti, della parte
verde sita in fondo al piazzale e all'utilizzo della zona riservata agli skater
da parte di giovani su moto da cross e scooter. «Abbiamo visionato più volte i
filmati delle telecamere e verificato l'uso improprio del piazzale da parte di
diversi soggetti protagonisti delle relative indagini, ma è evidente che l'ex
Alto Adriatico è un'area che da troppo tempo sta dando dei problemi», aveva
detto con rammarico l'assessore alla Polizia locale Stefano Decolle. Da lì il
successivo smantellamento dell'area, diventata poi non più omologabile per
motivi di sicurezza.«Ho incontrato una delegazione dei ragazzi con la loro
insegnante (la professoressa Valentina Marchesan, ndr), che aveva già raccolto
circa 200 firme per chiedere degli interventi di miglioria sullo skatepark
esistente. Sono stati incontri proficui, in cui abbiamo capito che una soluzione
tampone non poteva bastare», racconta l'assessore alle Politiche sociali Luca
Gandini. Da qui la conferma di quanto annunciato dal vicesindaco Bussani:
«L'area di Acquario si presta per creare uno skatepark in grande stile, come
quello esistente a Trieste nel rione di San Giacomo - prosegue Gandini -, una
struttura che potrà dunque essere la giusta risposta alle richieste dei giovani
muggesani». L'assessore ha infine i prossimi passi: «Entro l'anno incontrerò
nuovamente i ragazzi per condividere al meglio il progetto, fermo restando che
le tempistiche di realizzazione della nuova struttura, contestuali al cantiere
di Acquario, sono previste per il 2019».
Riccardo Tosques
Sconto sulla tassa dei rifiuti a chi evita sprechi
alimentari
Uno sconto sulla Tari per i titolari di attività commerciali, industriali,
professionali e produttive in genere che decidono di limitare gli sprechi
donando le proprie eccedenze alimentari ad associazioni assistenziali o di
volontariato. Questa è la previsione dell'articolo 36 quater, introdotto la
scorsa primavera nel Regolamento della Iuc (Imposta Unica Comunale) in
attuazione della legge 166/2016 contro gli sprechi alimentari. Nell'ottica di
promuovere un sistema di semplificazioni e incentivi improntato al principio di
ispirazione comunitaria secondo il quale "chi meno inquina meno paga", il Comune
di Trieste ha previsto una riduzione tra il 6 e il 10 per cento sulla parte
variabile della tariffa della tassa sui rifiuti (la Tari appunto), a seconda del
quantitativo annuo della donazione effettuata. Gli imprenditori e commercianti
interessati potranno fruire dell'agevolazione presentando, entro il 31 gennaio
dell'anno successivo a quello per il quale si chiede la riduzione, la
dichiarazione di dettaglio della donazione effettuata, unitamente
all'attestazione dei relativi quantitativi, sottoscritta anche da parte
dell'associazione beneficiaria. Tutta la modulistica è disponibile sul sito di
Esatto Spa e sulla Rete civica del Comune di Trieste. I rispettivi indirizzi web
sono www.esattospa.it e retecivica.trieste.it. E sempre a proposito di tassa sui
rifiuti, proprio sul sito di Esatto, la società di riscossione che opera per
conto del Municipio, viene ricordato come sia fissato al prossimo 31 maggio il
termine di pagamento dell'eventuale saldo della Tari dell'anno 2017, «dovuto -
viene specificato dalla stessa Esatto nella sezione "scadenze" del sito - solo
da chi è stato interessato da variazioni nel corso dell'anno 2017».
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 aprile 2018
La sosta selvaggia traina il "business" delle multe
Sanzioni passate da 52 a 57 mila. In aumento anche gli automobilisti
puniti per eccesso di velocità. Nel 2017 finiti nelle casse municipali 4 milioni
di euro
Le multe per infrazioni stradali tornano a lievitare. Percorrendo
soprattutto quattro vie. Insistete a parcheggiare in doppia fila? Sfrecciate
incuranti davanti agli autovelox piazzati nei punti "caldi" della circolazione
urbana? Ve ne fregate dei targa system in grado di rilevare chi non ha saldato
l'assicurazione dell'auto o chi non ha provveduto alla periodica revisione?
Continuate imperterriti a conversare al cellulare mentre invece dovreste essere
concentrati sulla guida della vostra vettura? Liberi di farlo, sappiate comunque
che l'insieme di queste irregolarità certamente non beneficia il vostro
portafoglio, ma giova alle casse del vostro Comune. Con la determina 661/2018
gli uffici municipali accertano altri 1,7 milioni di sanzioni amministrative per
infrazioni al Codice della Strada, che portano il totale degli incassi 2017 a
una quota superiore ai 4 milioni di euro (4,03). La precedente "fotografia", che
aveva ritratto questo fruttuoso capitolo della contabilità comunale, si era
fermata a 2,3 milioni. In media i triestini hanno speso 19,6 euro pro capite
all'anno. Rispetto al 2016, come riportato ieri dal Sole 24 Ore, gli incassi per
le multe hanno registrato un +7,2%. Il servizio amministrativo della Polizia
locale ha elaborato i numeri datati 30 gennaio 2018 dal gestionale Chipsweb
utilizzato da Esatto, la controllata comunale incaricata della riscossione delle
multe. Sono stati pagati 41.436 verbali, di cui 13.850 notificati e 27.586 non
notificati. E ce ne sono ancora 11.808 notificati e non pagati «corrispondenti -
scrive la determina - a un credito esigibile pari a euro 1.556.524,70». Il
vicesindaco leghista Pierpaolo Roberti è soddisfatto di questi risultati, che
riscattano parzialmente la fiacca vendemmia del 2016, un'annata caratterizzata
dal trasferimento della polizia locale nella nuova caserma di via Revoltella
alta, dedicata a San Sebastiano. Una volta riassestati gli uffici e il loro
funzionamento, acquisite fresche tecnologie, è ripartita la caccia al reprobo
della strada: «Sosta selvaggia, eccessi di velocità, targa system, telefonini
corsari sono stati nel 2017 i fattori che hanno maggiormente contribuito a
incrementare l'attività di repressione», commenta Roberti. E il vicario di
Dipiazza ricorda come «l'uso improprio del cellulare, l'eccesso di velocità, le
mancate precedenze sono le prime tre cause dell'incidentalità triestina». A
proposito di "sosta selvaggia", Roberti sottolinea poi che il numero di sanzioni
è salito da 52 mila a 57 mila. Al 31 dicembre 2017 la riscossione sul primo
accertamento del 2017 - quello relativo ai 2,3 milioni - risulta superiore a 1,9
milioni ritenuto «un buon livello di incasso» dal pubblico amministratore
leghista. Il quale, in linea con Abbate, profetizza per il 2018 un ulteriore
aumento degli introiti da multe. Va ricordato che il Codice della Strada prevede
che il 50 per cento dei proventi, derivanti dalle violazioni commesse da
conducenti distratti o irrispettosi, abbiano un vincolo di destinazione: al 50%
saranno utilizzati per migliorare la sicurezza stradale; il 12,5% parteciperà
all'ammodernamento, al potenziamento, alla manutenzione della segnaletica; una
ulteriore quota del 12,5% andrà al rafforzamento dell'attività di controllo. La
ripartizione delle entrate da sanzioni stradali, deliberata nell'ottobre 2017 in
base agli incassi del 2016, aveva provveduto a stanziare su queste tre voci 1,2
milioni di euro. Al netto dei cosiddetti crediti «di dubbia esigibilità», ovvero
di quelle multe il cui incasso è considerato altamente acrobatico, dalle
sanzioni alle auto con targa straniera ai sequestri. Nel 2016 questa casistica
ha rappresentato un'importante statistica pari a un terzo degli accertamenti.
Massimo Greco
La rivolta di via Torino contro i sacchi neri «Basta
immondizie» - Trascinati dai gestori dei locali, sporcano i marciapiedi - Scatta
la protesta dei residenti contro gli effetti della movida
Esplode nuovamente la polemica nell'area di via Torino. È stato sufficiente
l'arrivo delle prime serate primaverili, che hanno finalmente garantito ai
tantissimi giovani e ai meno giovani che amano frequentare i locali della zona
la possibilità di sostare all'esterno dei numerosi locali, e subito la
situazione è diventata esplosiva. Alcuni dei residenti hanno fotografato la
situazione delle strade al mattino presto con bottiglie vuote e bicchieri sparsi
un po' dappertutto, macchie sull'asfalto testimoni di bevute, mozziconi di
sigaretta a tappezzare i marciapiedi, cestini delle immondizie letteralmente
coperti da rifiuti di ogni tipo. Qualcuno ha scattato immagini per mostrare le
scie che rimangono impresse sui marciapiedi, prodotto del trascinamento dei
sacchi neri da parte degli addetti dei pubblici esercizi della zona all'atto
della chiusura dell'attività. Insomma una protesta in grande stile, corredata da
fotografie molto esplicite. E tutto questo nell'attesa che riprenda, sulla
falsariga di quanto avvenuto molte volte nelle ultime estati, la richiesta da
parte dei residenti di contenere il volume della musica diffusa dai locali. Sarà
sufficiente aspettare che la temperatura si alzi ancora un po' e c'è da
scommettere che anche questa polemica tornerà di attualità. Intanto, sul tema
delle immondizie sparse in quella che è pur sempre una zona ad alta valenza
turistica, interviene il vice sindaco, Pierpaolo Roberti, in qualità di titolare
della competenza sulla Sicurezza e sulla Polizia locale: «Prendo atto del
problema, ma posso annunciare ai residenti e, in generale, all'intera
cittadinanza e ai turisti, che siamo in procinto di sottoscrivere un accordo,
nel quale sono controparte gli esercenti della zona, rappresentati in questo
frangente dalla Fipe, che prevede interventi di pulizia straordinaria che
saranno effettuati al mattino presto, in sostanza all'alba, in virtù dei quali
le strade e i marciapiedi della zona risulteranno puliti. È fondamentale che la
città offra sempre una bella immagine - aggiunge il vice sindaco - e preciso
anche che il costo dell'operazione di pulizia straordinaria del mattino non
peserà in alcuna maniera sulle casse del Comune e, di conseguenza, su quelle dei
triestini, in quanto saranno gli esercenti della zona di via Torino a
sobbarcarsi tale onere. Ribadisco in ogni caso che su via Torino e aree vicine
l'attenzione dell'amministrazione rimarrà sempre alta. Siamo in sostanza in una
fase di tregua armata perché l'interesse primario da difendere deve essere
quello della tutela della tranquillità dei residenti. Se dovessimo riscontrare,
da parte di qualcuno, l'inosservanza delle regole - conclude il vice sindaco - o
peggio, atteggiamenti recidivi, non esiteremo a intervenire in maniera
adeguata». Anche Bruno Vesnaver, presidente provinciale della Federazione
italiana pubblici esercenti (Fipe), si schiera dalla parte del Comune,
replicando alle obiezioni di alcuni degli esercenti di via Torino, poco disposti
a sopportare una spesa supplementare. «Se da un lato è vero che gli esercenti
pagano già un capitale per la tassa sulle immondizie e per quella di occupazione
del suolo pubblico - precisa - dall'altro c'è l'esigenza di garantire decoro
alla città. Quella zona presenta gravi criticità a causa dell'inciviltà di molti
cittadini, spesso neppure clienti di quegli esercizi, e perché, tra i tanti
professionisti del nostro settore, si contano anche alcune pecore nere. Il
problema è stato affrontato in un incontro con il vice sindaco, Pierpaolo
Roberti, e c'è un piano sostenibile che però, per ora, non ha riscontrato la
necessaria adesione di tutti. Mi auguro che tutti i miei colleghi della zona,
facendo uno sforzo economico - conclude - diano un segnale di responsabilità».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 aprile 2018
"Grande puzza", la Siot si scusa - Mea culpa
dell'azienda dopo le segnalazioni di venerdì. «Odore causato da manutenzioni al
Terminal»
Si risolve con il mea culpa della Siot il mistero della "grande puzza" che
l'altra sera ha invaso la zona Est di Trieste. Ieri infatti, dopo che si era
diffusa la notizia anche sulle pagine del nostro quotidiano, la Società italiana
per l'oleodotto transalpino ha diffuso una nota in cui chiede a chiare lettere
«scusa alla popolazione per aver subito il forte odore». Questa volta, insomma,
la Ferriera di Servola non c'entra, e nemmeno il nuovo depuratore né le
petroliere presenti nel Golfo. Tutte ipotesi sui cui fino a ieri mattina
s'interrogavano i residenti di vari quartieri, che avevano segnalato a tappeto
il disagio, non solo sui social ma anche tempestando le centrali operative dei
vigili del fuoco e della polizia locale, che avevano a loro volta interpellato
l'Arpa. A sgombrare i dubbi è arrivata appunto ieri la nota della Siot che
spiega come l'episodio sia stato dovuto a «lavori di straordinaria manutenzione
effettuati per sostituire delle tubazioni», assicurando che il forte e
sgradevole odore non è dannoso perché non comporta «alcun rischio per la
salute». Segue la spiegazione nei dettagli. Tecnicamente, la "grande puzza" che
ha invaso la città è stata originata dai "mercaptani", «che sono sostanze
odorose non nocive per la salute e per l'ambiente, liberatesi nell'atmosfera a
seguito della rimozione dei residui di greggio dalle linee di trasferimento
della Siot». Si tratta, in particolare, delle linee che collegano il Terminale
marino con il Parco serbatoi di San Dorligo della Valle, dove i lavori di
manutenzione straordinaria sono consistiti nella sostituzione di alcuni metri di
tubazioni con linee nuove, al fine di aumentare il livello di sicurezza degli
impianti. I lavori dureranno ancora qualche settimana, ma la Siot assicura che
l'emanazione dell'odore è da considerare un episodio circoscritto nel tempo e
già terminato. Cosa che viene confermata anche dai vigili del fuoco , cui già
dalla mattina di ieri non è più pervenuta alcuna lamentela. La società precisa
ancora che «non vi sono state perdite di greggio, poiché tutti i lavori sono
stati eseguiti in sicurezza e secondo le procedure della Siot», e che «gli odori
sono collegati esclusivamente all'attività di aspirazione di residui di greggio
presenti nelle tubazioni».«A nome della Siot- dichiara il presidente Alessio
Lilli - mi scuso con la popolazione di Trieste che a partire dall'altra sera ha
subito il disagio di sentire forti odori, riconducibili appunto alle operazioni
di straordinaria manutenzione effettuate al Terminale Marino. Il rilascio dei
forti odori - ancora il presidente Lilli - è dovuto al contatto di "mercaptani"
con l'aria: nel momento in cui sono state tagliate le vecchie linee per essere
sostituite con le nuove, le operazioni di aspirazione previste per evitare la
dispersione dei "mercaptani" non si sono rivelate sufficienti ad evitare il
problema, e questo elemento ha causato l'episodio. Abbiamo, già nel corso della
notte, predisposto ulteriori misure di mitigazione che hanno permesso di ridurre
significativamente il livello di "mercaptani" e quindi il cattivo odore».
Elena Placitelli
IL PICCOLO - SABATO, 7 aprile 2018
Esof, via alla corsa contro il tempo - Poco più di
venti mesi per preparare il Centro congressi. Scatta il "duello" con la
burocrazia
È corsa contro il tempo. Da qui al 2020 restano poco più di una ventina di
mesi per portare a termine e consegnare il grande centro congressi da 9 mila
metri quadrati, tra i magazzini 27 e 28 del Porto vecchio, per il grande evento
di Esof, che celebrerà Trieste Capitale europea della scienza fra due anni a
luglio. L'ultimo termine utile per finire di costruire la struttura dettato da
Euroscience e dalla Fondazione Internazionale Trieste, che organizza il grande
rendez-vous della ricerca e dell'innovazione tra i vecchi sili dell'antico
scalo, è tra la fine del 2019 e l'inizio del 2020. Il Comune, che ieri
attraverso il sindaco Dipiazza, all'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, al
direttore dell'Area Enrico Conte e al funzionario direttivo Daniela Schleimer ha
raccontato gli ultimi sviluppi dell'iter per realizzare il progetto, fa passi da
lepre e cerca di accelerare il più possibile le pratiche. Il tempo però resta
tiranno. Il centro congressi è appeso alla burocrazia e Trieste deve dare prova
di grande compattezza per riuscire a farcela in un modo o nell'altro. L'ultima
notizia riguardava la consegna agli uffici comunali di un progetto di
fattibilità tecnico-economica di natura privata e d'interesse pubblico
attraverso la formula del project financing. A proporlo la Trieste Convention
Center srl, società che si è formata ad hoc negli scorsi mesi, composta da soli
imprenditori triestini. Su proposta infatti dell'amministrazione municipale la
volontà è stata quella di lasciare in eredità alla città dopo Esof 2020 una vera
e propria struttura congressuale e quindi evitare le iniziali tensostrutture
pensate per la manifestazione. Da gennaio dunque, in un mese e mezzo, anziché
tre, gli uffici comunali hanno analizzato l'iniziativa e, con parere favorevole
e qualche modifica, hanno passato la palla alla giunta comunale che l'altro ieri
ha approvato la proposta che riguarda appunto la riqualificazione dei magazzini
27 e 28 (con ampliamento di quest'ultimo e un collegamento tra i due con un
ponte), in modo da realizzare una struttura polifunzionale, un Centro Congressi
che si estenderà su una superficie di oltre 9 mila mq e che potrà disporre
esternamente anche di un'adeguata area parcheggio. Ora la tabella di marcia è
molto serrata. Come hanno spiegato Conte e Lodi, nei prossimi giorni il progetto
arriverà nella III circoscrizione che, su sollecitazione del sindaco, avrà dieci
giorni anziché venti per approvarlo. Contemporaneamente lo valuteranno le
commissioni consiliari. A questo punto il faldone giungerà in Consiglio comunale
a fine aprile e, dopo vari passaggi burocratici, a fine maggio andrà in gara
aperta. Gli stessi fautori del progetto potranno aderire al bando, dove il costo
dell'opera è pari a 11,1 milioni di euro: il Comune finanzierà il 44%, pari a
5,5 milioni di euro, e il restante il vincitore della gara. Nell'offerta di Tcc
inoltre ci sono altri dati: il proponente ha ipotizzato 12.500 partecipanti
annuali da tutto il mondo con un minimo di 10 conferenze nazionali e
internazionali. Il canone che percepirà il Comune è pari a 80 mila euro l'anno
con la possibilità di usufruire dell'area per cinque eventi. Tornando all'iter,
a metà luglio verranno chiuse le partecipazioni. L'aggiudicazione potrebbe
essere verso gli inizi di agosto. Se si aggiudicherà la partita un altro
soggetto diverso dal "promotore", vale a dire la cordata guidata da Bravar,
quest'ultima avrà il diritto di prelazione e potrà rivedere la propria offerta.
Ecco che nella peggiore delle ipotesi si perderebbe un altro mese. Tenendo
inoltre in considerazione il periodo standard di 35 giorni per accogliere da
parte di altri partecipanti eventuali ricorsi, a settembre potrebbe essere
avviata la progettazione esecutiva di 130 giorni con partenza dei lavori a
gennaio 2019. Il cantiere dovrebbe concludersi in 15 mesi e la fine dei lavori
sarebbe prevista nei primi mesi del 2020. Se questo piano però potrebbe avere
qualche inghippo, ecco che salta fuori il piano b, spiega Dipiazza: ritornare
all'idea iniziale di installare delle tensostrutture per creare il villaggio
Esof. «Noi andiamo comunque avanti in questo senso - sottolinea Stefano Fantoni,
il champion di Esof 2020 -, non possiamo rischiare, se questo bellissimo
progetto andrà in porto ben venga, altrimenti sarà già pronta l'alternativa».
Benedetta Moro
Si accelera anche per il nuovo Museo del mare - Allo
studio i modelli di Amburgo, Marsiglia e Genova. Cantiere ai magazzini 24 e 25
entro marzo 2019
Termine perentorio per iniziare il cantiere: marzo 2019. Questa volta si
parla del nuovo Museo del mare, che verrà realizzato nei magazzini 24 e 25 del
Porto vecchio grazie ai 23 milioni dei 50 totali deliberati dal Cipe nel 2016
per la realizzazione di alcune opere nell'antico scalo. Finanziamenti che sono
rientrati in un accordo operativo per il Piano stralcio "Cultura e Turismo" del
Mibact, siglato lo scorso settembre tra quest'ultimo, Regione Fvg, Comune e
Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Orientale. È in fase di
definizione da parte del Municipio la prima fase del progetto con una
collaborazione esterna, in un lavoro a tre tra le aree Lavori pubblici,
Urbanistica e Cultura. Ma i tecnici dell'amministrazione non si soffermeranno a
studiare il nuovo sito solo da Trieste: in mente c'è anche l'idea di volare ad
Amburgo, Marsiglia e Genova per ispirarsi e capire come sono stati strutturati i
tre musei del mare che in queste città attirano già migliaia di visitatori.
Insomma, si dedicheranno alla letteratura di riferimento per scoprire come, ad
esempio, in Germania siano riusciti a mettere in piedi una realtà museale nel
più vecchio magazzino della città, datato 1879, dove sono presenti dieci
ambienti che mostrano gli stretti rapporti tra l'uomo e il mare attraverso le
epoche storiche e le civilizzazioni. O, per non andare troppo distanti,
capiteranno in Liguria, al Galata Museo del mare: circa 10 mila metri quadrati
suddivisi in ben cinque piani, con più di 4.300 oggetti originali, custoditi con
cura. La riqualificazione dell'area del Porto vecchio, obiettivo di rilievo
nazionale, avrà avvio con la creazione di questo grande attrattore culturale
transfrontaliero, con un restauro degli edifici e il successivo allestimento,
per una superficie stimata attorno ai 10 mila metri quadrati. Sono tre i livelli
di progetto che dovranno essere messi in piedi. Il primo di fattibilità
tecnico-economica, cioè la parte preliminare che tocca appunto
all'amministrazione comunale. L'idea sarebbe quella di condividere poi questo
step attraverso un processo partecipato con il pubblico. Successivamente il
progetto verrà messo in gara attraverso un concorso e il successivo appalto e
poi si darà il via al progetto definitivo ed esecutivo per arrivare a un
programmazione ben strutturata e condivisa. Il Municipio prevede di proporre
alcune ipotesi già prima dell'estate.
(b.m.)
Torna in città la "grande puzza", pioggia di
segnalazioni
La "grande puzza" è tornata ieri sera ad ammantare Trieste con tutto il suo
carico di mistero. Ma questa volta sempre più "grande" e "intensa" del solito.
La grande puzza si è fatta sentire attorno alle 20 a Valmaura, Ponziana, San
Vito, Chiarbola, Campanelle, Campi Elisi, Campo Marzio, via Baiamonti, Piazza
Sansovino, largo Pestalozzi, via Settefontane, via del Roncheto. È arrivata, per
dire, fino a Coloncovez. Dall'Ippodromo all'Aquamarina. «Xe una spuza che non ve
digo». «Tanfo irrespirabile da vomitare». «No se pol tenir le finestre verte».
«Me brusa el stomigo». «Brusa la gola!». Segnalazioni virali sui social e una
scarica di telefonate di cittadini allarmati al 112, il numero unico per
l'emergenza. Tirati in ballo i vigili del fuoco, ovviamente. Tempestata di
chiamate anche la polizia municipale. «Abbiamo dirottato il problema all'Arpa,
l'agenzia regionale per l'ambiente che sta facendo le verifiche. Ma non abbiamo
ancora una risposta» spiegano dalla centrale i vigili urbani. «Soliti odori di
cui non si riesce mai a capire l'origine» aggiungono i vigili del fuoco
tempestati di chiamate. Alcuni parlano di zolfo, altri di metano, al di
imprecisato gas. Altri di "nafta pura". Le ipotesi sono le più svariate. Si va
dalla Ferriera di Servola al nuovo depuratore ("Bon che xe novo"), dai depositi
della Siot alle petroliere presenti nel Golfo. Qualcuno punto il dito sui lavori
in corso al Canale navigabile Non è la prima volta che Trieste respira questi
"miasmi" dall'origine non bene identificata. Un allarme identico ci fu sei mesi
fa e pure nel giugno dell'anno scorso. Ma c'è qualcuno che denuncia la
persistenza della situazione. Quello di ieri non sarebbe un caso isolato, ma
solamente un picco del fenomeno dei questo periodo. «Oggi Servola irrespirabile!
Quinto giorno de spuza!» si lamenta qualcun dopo avere chiamato il 112 e parlato
con i vigili del fuoco. Sarà l'Arpa si spera a fare chiarezza e a dare
finalmente un nome alla "grande puzza".
MUGGIA - La guerra dei rifiuti spacca la maggioranza
«Una falsa partenza»
A Muggia gli alleati del Pd lamentano i ritardi del gestore Net - Ma
tutti i partiti bollano i sacchi abbandonati «Atti incivili»
MUGGIA - La reazione è sbagliata, ma il sistema "porta a porta" non sta
funzionando. Questo il pensiero comune dei partiti di opposizione di Muggia
riguardo la protesta contro la raccolta differenziata portata avanti dai
residenti che, esasperati, da martedì stanno abbandonando i sacchi di rifiuti
per strada, vicino ai cassonetti dell'immondizia sigillati. E, a sorpresa, anche
due terzi dei partiti che formano la maggioranza lamentano problemi e ritardi da
parte della Net. Insomma, a tutti gli effetti, è stata una falsa partenza.Il mea
culpa «Ci siamo fidati troppo della Net e dell'esperienza dei loro tecnici».
Antonino Ferraro, capogruppo della lista Laura Marzi sindaco, fa un mea culpa
generale: «I tecnici Net ci hanno assicurato, più volte, che non ci sarebbero
stati problemi. Invece ci troviamo davanti ad una partenza del porta a porta che
bisogna ancora calibrare. Detto questo è inaccettabile che, per ripicca, qualche
muggesano abbandoni di proposito i rifiuti fuori dai contenitori». Sulla stessa
linea la capogruppo dei Cittadini per Muggia, Nicoletta Fait, che non nasconde
le evidenti manchevolezze: «Quando la raccolta è partita non tutti avevano il
materiale sufficiente e anche ora non tutti sono provvisti dei sacchetti o dei
contenitori. La reazione dei cittadini arrabbiati, però, è sbagliata e sfocia
nell'ignoranza. Credo ci vorrà ancora un po' di tempo affinché il servizio possa
diventare efficiente. Tra un mese ne riparleremo».L'opposizione «Il sindaco
metta delle pezze all'inadeguato sistema di raccolta rifiuti invece di accusare
indistintamente i cittadini». Così il capogruppo del M5S Emanuele Romano mette
sotto accusa la Marzi: «L'abbandono di rifiuti è un reato, ma non si può
confondere con l'errato conferimento. Il sindaco la smetta di attribuire ai
cittadini indistintamente cattivi comportamenti e inizi a controllare seriamente
l'operato della Net». Da Fratelli d'Italia, il capogruppo Nicola Delconte
conferma che gli «atti incivili e contro la legge sono sempre deprecabili», ma
rimanda al Comune la situazione in cui si sta trovando Muggia: «Ancora una volta
pressappochismo, incompetenza e arroganza da parte dell'amministrazione sono il
mix letale che ha fatto diventare Muggia un immondezzaio. Il comune si dovrebbe
preoccupare dei molteplici disservizi provocati da un tipo di raccolta imposto
senza condivisione con la cittadinanza». Critica anche la capogruppo di
Obiettivo comune per Muggia, Roberta Vlahov: «Attribuire le colpe di un simile
disastro ai cittadini è l'ennesimo errore di questa amministrazione. Resta
pesante la disorganizzazione operativa sul territorio, con famiglie o
addirittura condomini interi che non hanno ricevuto i contenitori per la
differenziata o i sacchetti». Per Roberta Tarlao (Meio Muja) il «"Comune sta
lavorando in emergenza senza un progetto definito». Andrea Mariucci, consigliere
comunale della lista Forza Muggia-Dpm, difende i propri concittadini: «La
maggioranza dei muggesani è fatta di persone educate che, volenti o nolenti, si
stanno adoperando per il porta a porta seguendo le istruzioni del volantino che
è stato a loro consegnato. Sappiamo che maleducazione e inciviltà nell'abbandono
dei rifiuti ci sono sempre state, ma sono episodi isolati di una piccolissima
minoranza contro cui bisogna prendere provvedimenti. Se invece il sindaco ha
ulteriori elementi prenda i provvedimenti del caso». L'ottimismo di Micor
L'unico ad avere una visione più rosea della situazione è Massimiliano Micor,
consigliere comunale e segretario del Pd muggesano: «Finalmente la raccolta
porta a porta è partita e cominciamo a ricevere dalla cittadinanza feedback
sempre più positivi. Certo le criticità ci sono e vanno risolte al più presto.
In questi mesi abbiamo lavorato con grandissimo impegno e continueremo a farlo,
il sistema va ovviamente perfezionato attraverso il dialogo, sempre auspicabile.
Crediamo ci sia bisogno di un nuovo patto sociale anche tra i cittadini stessi.
Ormai la nostra società deve vedere il cittadino protagonista della cura della
propria città in modo costruttivo, attivo e responsabile lasciando spazio al
fare piuttosto che al "no se pol"».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - VENERDI', 6 aprile 2018
La montagna di rifiuti nascosta nei fondali del mare
Adriatico
In profondità il 99% degli scarti. Una ricerca coordinata dal Cnr ha
rilevato la presenza di 510 oggetti per chilometro quadrato- (vedi
l'articolo)
TRIESTE - Il "Pacific Trash Vortex", l'immensa isola galleggiante
nell'Oceano Pacifico contenente tre milioni di tonnellate di plastica, è solo la
punta dell'iceberg di un'emergenza ben più allarmante: sulla superficie del mare
è infatti presente l'1% dei rifiuti antropici, mentre l'altro 99% è interamente
depositato sui fondali. Nascosto alla vista, ma c'è. Montagne di rifiuti non
visibili sui fondali marini che continuano ad avvelenare i pesci e di
conseguenza, risalendo la catena alimentare, anche il nostro organismo. Questa
la realtà illustrata ieri sera all'Antico Caffè San Marco da Silvia Ceramicola,
geologa marina dell'Ogs (Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica
sperimentale), e da Tomaso Fortibuoni, ricercatore dell'Ispra (Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale), che ne hanno parlato
durante l'incontro "Le scovazze in fondo al mar" organizzato dal circolo
Verdeazzurro di Legambiente Trieste. I danni sull'ecosistema sono però ancora
poco noti, come ha riferito Fortibuoni, in quanto i rifiuti tendono ad
accumularsi in zone difficilmente accessibili e quindi studiabili dai
ricercatori. Le correnti marine infatti - ha spiegato Ceramicola - tendono a
spostare i rifiuti terrestri, che ci aspetteremmo di trovare vicino alla costa,
in ambienti totalmente impensabili: lattine di birra a 950 metri nel mare
Atlantico e borse di plastica nel mare Artico a 2500 metri; addirittura nella
fossa delle Marianne, a 11 chilometri di profondità, sono state ritrovate delle
lattine di carne in scatola. La situazione - lo dicono i dati - riguarda anche
il mare Adriatico. Secondo una mappatura realizzata dal progetto "Ritmare"
coordinato dal Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), nell'Adriatico sono
presenti 510 rifiuti ogni chilometro quadrato - ma si arriva a picchi di oltre
mille nel golfo di Venezia - di cui il 90% è costituito solo di oggetti di
plastica. Soprattutto oggetti "usa e getta" come bottiglie e sacchetti, che
possono restare sui fondali anche per più di 600 anni. Così, le reti a strascico
dei pescatori si trovano a catturare, al posto del pesce, i rifiuti più
insoliti: dagli pneumatici alle biciclette, fino alle balle di fieno e ai
divani. Si stima che vengano pescati circa 9 rifiuti ogni 100 pesci.
Paradossalmente, però, i pescatori che si trovano a pescare rifiuti li rigettano
in mare, perché altrimenti sarebbero costretti a pagare i relativi costi di
smaltimento, trovandosi così a ripetere sempre la stessa assurda operazione. Per
contrastare questo fenomeno, da molti anni in Scozia sono stati messi a
disposizione dei pescatori degli appositi contenitori nei quali separare i
rifiuti dal pesce, così da poterli smaltire efficacemente. Una soluzione simile
è stata sperimentata anche nell'Adriatico grazie a un'iniziativa dell'Ispra, che
per quasi due anni dal 2016 ha pescato grazie, all'ausilio di sei imbarcazioni,
circa 122 tonnellate di rifiuti in 15 porti tra l'Italia a la Grecia.
Restringendo ancora di più il campo, uno studio condotto da Martina Busetti
dell'Ogs ha dimostrato che al largo di Trieste, in un'area di 9.5 chilometri
quadrati di fronte Muggia, sono presenti grandi quantità di fanghi originati dal
dragaggio del canale petroli degli anni Sessanta.Ma situazioni del genere
possono anche essere sfruttate in maniera virtuosa. A New York, ad esempio, si
sono dismessi i vagoni della metropolitana buttandoli in mare per formare una
"scogliera artificiale", in modo da popolare l'area fornendo una "casa" ai
pesci. Anche senza andare troppo lontano, in Slovenia si sta valutando il
progetto di un'isola artificiale davanti a Capodistria con il materiale di
risulta degli scavi per un'infrastruttura ferroviaria. Non solo "buone pratiche"
come la "pesca dei rifiuti" e le "scogliere artificiali". In conclusione
dell'incontro, Ceramicola e Fortibuoni hanno ricordato che ogni cittadino
dovrebbe svolgere la sua parte. In particolare, dovremmo tutti ricordarci delle
"5 R": ridurre, riusare, raccogliere, riciclate e recuperare.
Simone Modugno
MUGGIA - Rifiuti abbandonati fuori dai cassonetti,
Marzi alza la voce
Contenitori sigillati in strada con l'avvio del "porta a porta" e c'è chi
vi lascia i sacchi vicino. Il sindaco: «Atti di inciviltà»
MUGGIA - I cassonetti delle immondizie sigillati, circondati da decine di
sacchetti pieni di rifiuti, molti dei quali smembrati da qualche animale. È
questa l'inquietante e sempre più ricorrente immagine che da martedì è sotto gli
occhi di tutti, sia nelle vie centrali che in quelle periferiche del territorio
muggesano. Forse un segno di protesta contro il nuovo sistema del "porta a porta
spinto" voluto dall'amministrazione Marzi ed entrato in vigore il 3 aprile? Il
sindaco di Muggia, però, non ci sta e sul proprio profilo Facebook ufficiale ha
postato ieri una netta presa di posizione stigmatizzando «il comportamento di
chi si rende colpevolmente protagonista dell'illecito abbandono di rifiuti».
Insomma, per qualcuno potrebbe trattarsi di un braccio di ferro tra "ribelli",
che avevano espresso da tempo il proprio parere negativo sul porta a porta
radicale, e l'amministrazione comunale, che dopo aver concesso la proroga di un
mese per il sistema misto stradale-domiciliare, non è più intenzionata a
compiere un solo minimo passo indietro. L'operazione di smantellamento dei
contenitori stradali per i rifiuti iniziata martedì da parte dell'Italspurghi
sta proseguendo senza sosta. Ma intanto, i cassonetti rimasti ancora sulle
strade sono stati sigillati, proprio per evitare il conferimento dei rifiuti. E
c'è chi, trovando i cassonetti chiusi, lascia i sacchi fuori dal contenitore
stesso. Situazioni critiche sono state testimoniate ad Aquilinia, nelle vie
adiacenti al centro storico, a Zindis e in zona porto San Rocco. Ma sono anche
tanti i cittadini che lamentano di non aver ancora ricevuto i bidoni o i
sacchetti per effettuare la differenziata. E c'è pure chi la raccolta
differenziata l'ha effettuata, ma degli operatori della Net nemmeno l'ombra.
Risultato? I sacchetti dell'umido sono stati presi d'assalto dagli animali.
«Prevedevamo un contraccolpo iniziale in termini di rifiuti abbandonati: Muggia
non ha scoperto nulla, né la raccolta Pap, né l'abbandono dei rifiuti e proprio
per questo i mezzi sono in azione costantemente», ha spiegato il sindaco Laura
Marzi che ha utilizzato parole di fuoco contro gli autori di tali gesti visto
che «in questi anni quasi quotidianamente l'incuria e la maleducazione di alcuni
concittadini già regalavano rifiuti abbandonati ovunque oppure materiale non
idoneo all'interno dei bidoni stradali». Per il primo cittadino, però, i rifiuti
lasciati fuori dai contenitori non sono necessariamente riconducibili ai
cittadini contrari a questa tipologia di "porta a porta": «Qualcuno sostiene che
dietro all'abbandono dei rifiuti vi sia una manifestazione di protesta. Se così
fosse, sarebbe ben più grave. Perché tale ipotetica protesta offrirebbe
l'immagine di un cittadino muggesano che danneggia la propria città e di
conseguenza se stesso e chi gli sta vicino». Un plauso è invece stato rivolto ai
muggesani che facendo arrivare al Comune diverse segnalazioni hanno denunciato,
anche con foto, «l'inciviltà di vicini di casa o concittadini generici che
abbandonano i rifiuti senza alcuna reale spiegazione. Questo ci rincuora, perché
denota che sono in molti, a Muggia, a demonizzare questi atteggiamenti indegni.
Invito, quindi, non solo a porre in essere comportamenti civili ed ossequiosi
delle regole ma anche a contrastare attivamente, continuando a segnalare e
denunciare, chi inquina la nostra Muggia».
Riccardo Tosques
Economia del mare traino per l'occupazione - Ok anche elettronica, commercio, ristorazione, servizi alla persona nella fotografia scattata dall'IRES
Negli ultimi dieci anni in provincia di Trieste l'occupazione è cresciuta maggiormente rispetto al resto della regione, con un ritorno ai livelli pre-crisi (circa 97 mila occupati). A trainare il mercato del lavoro triestino sono stati i settori della ristorazione, dell'elettronica, dei servizi alla persona, del commercio e della cosiddetta "economia del mare" (magazzinaggio, cantieristica, trasporti). Sono alcune delle tendenze delineate ieri, dati alla mano, da Alessandro Russo, ricercatore dell'Ires Fvg, nell'incontro "Il lavoro al centro", promosso dall'associazione Luoghi Comuni di Trieste. A introdurre l'incontro l'ex sindaco Roberto Cosolini, che ha sottolineato come il tema del lavoro vada trattato con un'attenta analisi dei dati: «Che sono incoraggianti, legati anche alle scommesse fatte per lo sviluppo di questo territorio in materia di logistica, portualità e turismo. In elettronica si conferma la performance positiva alimentata anche dal nostro sistema di alta formazione. Tra le criticità invece ci sono l'invecchiamento progressivo della popolazione e la crescita del part-time, che spesso è una scelta obbligata». Il quadro a livello nazionale, da cui parte Russo, parla di un recupero di 900 mila occupati negli ultimi quattro anni, ma con un numero di ore lavorate inferiore (-6% tra il 2007 e il 2017). Nel 2015 si è registrato un forte aumento degli occupati a tempo indeterminato, grazie agli incentivi offerti dal Jobs Act, mentre il 2016 e il 2017 sono stati trainati dalla ripresa dell'occupazione a tempo determinato. In Friuli Venezia Giulia, anche se l'occupazione è in crescita, rispetto al 2007-2008 mancano all'appello ancora circa 14 mila occupati. A livello demografico in Fvg, e a Trieste, è diminuita sensibilmente la popolazione residente in età lavorativa (15-64 anni): ciò è dovuto all'invecchiamento della popolazione e al crollo dei residenti, diminuiti del 22% dal 2007 nella provincia di Trieste. Durante la crisi ad essere penalizzati sono stati soprattutto la componente maschile e il lavoro autonomo. Si è registrata invece una notevole espansione del part-time a discapito del tempo pieno, anche tra gli uomini, ma la diminuzione delle ore lavorate si è riflessa sui redditi. Sono circa 6.000 i disoccupati in provincia di Trieste nel 2017, 2.000 di meno rispetto al biennio 2015-2016. Trieste è l'unica provincia che rispetto al 2008 ha circa 1.400 occupati dipendenti in più nel settore privato, mentre nello stesso periodo in Fvg i dipendenti sono diminuiti di 17 mila unità. Una crescita dell'occupazione a tempo indeterminato si è verificata nel 2015, mentre nei due anni successivi si è registrato un calo, ma il saldo per Trieste resta positivo (+ 2.500). Sono aumentati i lavoratori over 50, effetto della legge Fornero sommata al fattore demografico e alle maggiori difficoltà per i più giovani nel trovare un'occupazione. È andata peggio invece alle imprese, diminuite di oltre 900 unità tra il 2009 e il 2017.
Giulia Basso
VOCEARANCIO.it - GIOVEDI', 5 aprile 2018
Come funziona il più grande marketplace di oggetti ricondizionati in Europa
L'arco di vita di smartphone e tablet è sempre più breve. L'alternativa per risparmiare e inquinare meno si chiama Back Market
L’obsolescenza programmata è quel fenomeno secondo il quale gli oggetti tecnologici e gli elettrodomestici sono costruiti per invecchiare prima del dovuto: la batteria non si carica più, il computer va a rilento, il frigorifero perde acqua, la lavatrice non gira più. Si tratta di una tecnica industriale inventata negli anni 30, dopo la prima grande crisi economica globale, per dare una spinta (artificiale) ai consumi. In un mondo digitale e connesso come il nostro, nel quale tutti possediamo decine di oggetti tecnologici diversi, si traduce in una catastrofe ambientale. Secondo una ricerca del Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite, i cellulari oggi durano in media meno di due anni, quanto le scarpe e gli spazzolini elettrici. I computer resistono tra i tre e i quattro anni, come un vestito di sartoria o una pentola. Dati surreali, che hanno come conseguenza numeri spaventosi quando si parla di rifiuti. Una discarica tecnologica globale. Secondo il rapporto Global E-waste Monitor 2017 nell’ONU i rifiuti elettronici nel mondo hanno superato le 44 milioni di tonnellate: è come buttare via 4500 torri Eiffel di vecchi gadget e lavatrici ogni anno. Solo il 20 per cento di questi rifiuti viene effettivamente riciclato. Entro il 2021, questa discarica hi-tech globale crescerà del 17%. In Italia si fa un ottimo lavoro con la raccolta dei RAEE (Rifiuti di apparecchi elettrici e elettronici), la cui raccolta è aumentata del 14%. A livello industriale la strada non può che essere portare anche la produzione hi-tech dentro l’economia circolare. Grandi produttori di smartphone, come Samsung, hanno annunciato che ricicleranno il cobalto dei cellulari dismessi. E un consorzio di aziende e organizzazioni europee ha deciso di cercare i materiali per la produzione tecnologica nelle miniere che abbiamo dentro le città: le discariche, con la creazione di Urban Mine Platform. Si tratta di una piattaforma che garantirà la tracciabilità e la previsione dei flussi di materiali dal negozio alla discarica in 30 nazioni europee, per recuperare parte di quei 55 miliardi di euro in materiali preziosi riciclabili che invece finiscono perduti tra i rifiuti. Insomma, a livello industriale il futuro passa (anche) dall’estrazione in discarica di neodimio, litio e cobalto. L’Amazon del ricondizionato. E voi? In attesa che le istituzioni e i processi industriali facciano il loro corso, una delle strategie che potete adottare per ridurre il vostro impatto ecologico e risparmiare quando si tratta di cambiare il vostro smartphone invecchiato troppo in fretta è acquistare oggetti tecnologici ricondizionati, cioè semi-nuovi, perché restituiti da un cliente senza essere mai stati usati o esposti in negozio. Questa strada vi potrebbe permettere di ridurre la vostra quota annuale di di 18,9 kg di rifiuti elettrici ed elettronici e risparmiare una percentuale che va dal 20 per cento dell’acquisto a salire (in alcuni casi si arriva addirittura anche al 50). In Europa c’è una startup che è stata ribattezzata «Amazon del ricondizionato», è nata in Francia quattro anni fa, da poco è sbarcata anche in Italia, si chiama Back Market, il primo marketplace europeo specializzato in ricondizionati. La maggior parte dei produttori tecnologici e dei siti di e-commerce ha ormai una sezione dedicata a questo genere di prodotti, il valore aggiunto di Back Market sta nell’ampiezza dell’offerta e nei processi di vendita online, tagliati e pensati per questo mercato. «La nostra missione?», si legge sul sito, «Rendere mainstream il consumo di prodotti “risuscitati”. Suona british e cristologico, ma è esattamente così». Non solo smartphone. Ecco come funziona Back Market: la piattaforma riunisce 70 diverse officine di ricondizionamento, tutte vagliate una a una con uno specifico audit. Il sito effettua una «triangolazione» tra officina e compratore, e dà agli utenti, che comprano direttamente sulla piattaforma, anche l’ultima parola su come valutare l’acquisto. Il compratore «è invitato a dare un voto alla qualità della prestazione, valutando il suo personale grado di soddisfazione su un prodotto/ricondizionatore specifico, e informandoci sulla longevità del suo acquisto». Inoltre, su ogni scheda prodotto, l’utente può accedere a tutti i controlli effettuati sulle singole funzionalità dell’apparecchio acquistato, per verificare come sono state testate, verificate e/o riparate dal ricondizionatore. La garanzia su Back Market dura sei mesi, «Perché tutto un semestre è largamente sufficiente per smascherare un prodotto di cattiva qualità», spiegano. Sul sito non si possono comprare solo smartphone, tablet e laptop, ma anche console di videogiochi, televisori, macchine fotografiche e piccoli elettrodomestici, come il tostapane o la macchina per il caffè.
Ferdinando Cotugno
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 aprile 2018
La bonifica infinita del giardino inquinato fa
"fuggire" gli alunni - Iscrizioni in calo alla scuola Marin di Servola. Salta
una prima
Le mamme: «I lavori non decollano e chi può sposta i figli»
Niente prima B il prossimo anno all'elementare Biagio Marin di Servola.
Colpa delle scarse iscrizioni provocate, secondo lo sfogo di alcune mamme, dalla
vicenda della bonifica "infinita" del giardino della scuola. Lo spazio verde
attorno all'edificio dedicato al poeta gradese, infatti, rientra tra le sette
aree risultate inquinate dopo l'indagine ambientale realizzata nel 2016
dall'Arpa. E appunto dal 2016 si attende ancora il risanamento delle zone a
rischio, operazione per la quale esiste un finanziamento regionale di 350mila
euro. Il Comune, attraverso l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi e il
direttore dell'Area Enrico Conte, fa sapere che è stata avviata lo scorso
ottobre la rimozione dei terreni inquinati nelle due scuole interessate (nella
lista, oltre alla Marin, c'è anche la don Chalvien di via Svevo). I lavori però
hanno subito quasi subito uno stop dovuto, spiega Conte, «all'introduzione di un
nuovo decreto legge, che ha messo i bastoni fra le ruote. Dalla scorsa settimana
però - aggiunge il dirigente - sono ripartiti i lavori di ripristino dei
terreni». Una ripartenza che, però, non tranquillizza le mamme, decise ad alzare
la voce contro la lunghissima attesa per la rinascita dei giardini. «Chiunque
può vedere che nulla è stato fatto finora - dice Valentina Blasina -. Da mamma,
e da servolana, provo rammarico perché una scuola così grande viene penalizzata
per questi problemi. Questa condizione ha scoraggiato molti genitori, che non
hanno iscritti i loro figli alla Marin, "dirottandoli" invece alla De Marchi,
dove infatti la classe prima si farà. Non voglio accusare nessuno, ma stimolare
la sensibilità di coloro che possono aiutarci a fare qualcosa di costruttivo».
Dall'anno scorso Anastasia Cozzolino è la capoclasse della prima B. Lei, assieme
alle colleghe, ha portato il problema all'attenzione della preside Marina
Reppini. «Ci dicono dall'inizio dell'anno che i soldi sono stanziati da tempo,
che gli operatori sono pronti - spiega -, che dopo la scuola di via Svevo
interverranno all'interno della Marin. Nulla però si è sbloccato. Penso
purtroppo che questa situazione abbia portato molti genitori a scegliere,
giustamente, l'altra scuola elementare, la De Marchi, che è nuova. Un vero
peccato, perché le nostre maestre sono bravissime. E poi così la scuola
s'impoverisce, come anche il rione. Bisogna interessarsi un po' di più di queste
cose, i genitori hanno bisogno di avere spiegazioni». A sentire le mamme, però,
non c'è solo il problema dell'inquinamento. «Nel giardino c'è anche tanta
spazzatura - segnala Simona Pilotti -. C'è un vecchio secchio e, all'interno,
dei motori di lavatrici. Se un bimbo mette il piede lì, si fa male. Serve la
nostra collaborazione per pulire? Sono certa che nessun genitore direbbe di no».
Denuncia ulteriormente la pericolosità dell'area Karin Kocijan: «I bambini,
anche se si dice loro di non andare, comunque vanno nel giardino, perché le
transenne sono per terra. Le maestre sono bravissime, capisco i papà e le mamme
che, dopo l'open day, hanno scelto di mandare i figli in un'altra scuola». Da
parte sua l'assessore all'Ambiente Luisa Polli promette che «per il prossimo
anno scolastico i giardini saranno a posto» e che agli interventi affidati a
Comune, Regione, Arpa, AsuiTs e approvati dall'Istituto superiore di sanità,
seguirà «un monitoraggio dell'Arpa per vedere quale tipologia di polveri si
sedimentano». Lodi spiega il programma dei lavori. «Stiamo lavorando per il
primo lotto dell'appalto nei giardini di via Svevo e della scuola Marin -
afferma - per la rizollatura del manto erboso che andrà sostituito, mentre per
gli altri giardini gli uffici stanno preparando il progetto per il secondo
appalto, la cui gara deve partire a breve». Forse a settembre, se tutto va bene,
potrà invece partire la piantumazione do quelle specie vegetali capaci di
assorbire i veleni negli altri giardini della città: un'operazione, chiamata
fitorimedio, che poi dovranno fare il loro effetto nel lungo periodo. Inoltre,
conclude Conte, «verranno affittati i deposimetri». Con questi apparecchi,
costruiti per mappare le polveri che si depositano liberamente nell'atmosfera,
si potrà capire quali sostanze inquinano di più.
Benedetta Moro
La preside «Le condizioni dell'area verde non aiutano
ma la mancata attivazione ha tante cause»
«Sicuramente non aiuta l'attuale condizione del giardino, ma non è
sicuramente questo il motivo della non apertura della prima B - spiega Marina
Reppini, la preside dell'Istituto comprensivo Italo Svevo -. Ci sono diversi
fattori concomitanti. Dovremmo comunque riuscire a fare due classi con orario
antimeridiano, sommando gli iscritti alla Biagio Marin (sezione B) a quelli
della De Marchi, che sono la maggior parte, con sede in quest'ultimo istituto.
Attendiamo conferma dal Miur». Quanto ai lavori di ripristino del giardino della
scuola Marin spiega che «l'intervento inizierà dalla scuola dell'infanzia Don
Chalvien di via Svevo questa settimana, poi dovrebbero spostarsi alla Biagio
Marin».
(b.m.)
Diciotto milioni in tre anni al "supercomune" - Siglato
il patto territoriale Regione-Uti giuliana. Fondi in arrivo per terrapieno di
Barcola e piste ciclabili
Più di diciotto milioni di euro in tre anni. È quanto l'Uti giuliana
incasserà fino al 2020 dalla Regione per attuare una serie di investimenti in
opere pubbliche, cui i Comuni membri parteciperanno portando "in dote" un altro
milione e mezzo, che farà arrivare il "tesoretto" finale oltre i venti milioni.
Le cifre sono contenute nel Patto territoriale siglato ieri fra
l'amministrazione regionale e l'Unione, come atto successivo alle «intese per lo
sviluppo» firmate l'anno scorso dalle varie Uti del Friuli Venezia Giulia per
individuare una serie di progetti prioritari. L'Uti giuliana metterà in cantiere
sedici opere, a cominciare dai 5,8 milioni per il recupero del terrapieno di
Barcola e dai 5,7 per interventi sul terrapieno in zona Acquario a Muggia. Non
manca poi l'attenzione alla mobilità lenta: 600mila euro destinati alla
manutenzione dei percorsi esistenti, 180mila alla sistemazione della pista
ciclo-pedonale lungo la strada provinciale del Villaggio del pescatore e 190mila
alla realizzazione di un percorso ciclabile fra San Dorligo e Bagnoli della
Rosandra.Il Patto include pure l'intensificazione dei collegamenti marittimi
anche transfrontalieri lungo la costa (300mila euro) e la definizione di un
piano coordinato per la viabilità dell'area vasta con l'eliminazione di una
serie di criticità (un milione). Per la rivitalizzazione delle aree in disuso,
sia quelle industriali che i centri storici, sono stanziati 3,4 milioni, cui si
aggiungono 800mila euro per la stazione ferroviaria di Prosecco e 1,4 milioni
per la trasformazione dell'ex scuola elementare di Col a Monrupino in incubatore
d'impresa. Il Patto include poi interventi in ambito sociale, tra cui la
realizzazione di un sistema integrato dei servizi comunali (budget messo a
bilancio 600mila euro) e la promozione di forma di un'economia solidale
attraverso il recupero di un'area agricola del Comune di Muggia da destinare ad
attività sociali-didattiche in collaborazione con realtà del terzo settore
(300mila euro). Sono contemplati infine il rafforzamento della domiciliarità per
gli anziani attraverso progetti innovativi (un milione), il potenziamento
dell'offerta semiresidenziale per non autosufficienti (150mila euro) e il
miglioramento dei servizi a favore dei minori con l'avvio del centro per le
famiglie (150mila euro). Ieri, la Regione ha chiuso inoltre i patti riguardanti
l'Uti Collio-Alto Isonzo e l'Uti Carso Isonzo Adriatico, con impegni
rispettivamente di 7,5 e 8 milioni di euro. In quest'ultimo caso verranno
finanziate 18 iniziative, tra cui la riqualificazione della viabilità
intercomunale tra Staranzano e Ronchi dei Legionari, che porrà rimedio anche
agli allagamenti di via Dobbia.
Diego D'Amelio
Parenzo, area verde al posto dell'hotel Marina
Una volta tanto succede il contrario: è il cemento che lascia il posto al
verde. È quanto sta accadendo a Porto Cervera, sobborgo periferico votato al
turismo a Parenzo, dove le ruspe smantellano l'albergo Marina appartenente al
colosso turistico alberghiero Plava Laguna, una struttura costruita negli anni
'70 dello scorso secolo all'epoca del boom del turismo di massa. Si calcola che
i rifiuti da rimuovere saranno nell'ordine delle 7.500-8.000 tonnellate: sono
destinati alla discarica di materiale edile, vicino al troncone meridionale
della circonvallazione di Parenzo. Nella fase successiva, spiega Boris Djusti
proprietario dell'azienda Djusto impegnata nelle operazioni, «sull'intera area
dove sorgeva l'albergo abbiamo l'obbligo contrattuale di spalmare uno strato di
terra spesso 10 centimetri su cui verrà seminata l'erba e saranno messi a dimora
fiori e piantine». Sorgerà così una oasi verde a pochi passi dalla riva,
destinata alle passeggiate dei residenti e turisti. L'albergo Marina, della
capacità di 700 posti letto, durante la guerra di indipendenza della Croazia era
stato adibito a centro di accoglienza per i profughi e sfollati provenienti
dalle zone belliche del Paese. In seguito, per oltre vent'anni è rimasto vuoto e
in abbandono, e rifugio di fortuna per senzatetto.
(p.r.)
I sacchetti "bio" anche da casa - Sì dal Consiglio di
Stato. Il punto vendita non può vietarli se idonei a conservare la merce
ROMA - Sacchetti bio, dietrofront. Dopo l'obbligo scattato a gennaio, che
aveva sollevato non poche discussioni, su shopper biodegradabili e compostabili
a pagamento messi a disposizione nei reparti frutta e verdura dei supermercati,
ora arriva un parere del Consiglio di Stato che rimescola le carte: nessun
obbligo, il sacchetto si può portare da casa. A condizione che sia «idoneo a
preservare la merce». I sacchetti bio a pagamento avevano suscitato molte
critiche e prese di posizione da parte delle associazioni dei consumatori e il
Codacons aveva, addirittura, presentato esposti in molte procure. L'obiettivo di
ridurre l'impatto della plastica sull'ambiente si scontra con il fatto che a
dover pagare i sacchetti è chi fa la spesa, e con un prezzo che oscilla tra 1 e
3 centesimi a busta il costo annuale per famiglia è stato stimato tra i 4 e i 12
euro. Un esborso che ora, stando al Consiglio di Stato, si potrà evitare. Il
parere dei giudici amministrativi sottolinea che bisogna contemperare le
esigenze del consumatore con quelle di tutela della sicurezza ed igiene degli
alimenti. E stabilisce che «laddove il consumatore non intenda acquistare il
sacchetto ultraleggero commercializzato dall'esercizio commerciale per
l'acquisto di frutta e verdura sfusa», è corretto che «possa utilizzare
sacchetti in plastica autonomamente reperiti solo se comunque idonei a
preservare l'integrità della merce e rispondenti alla caratteristiche di legge.
In tal caso, richiamando le considerazioni già svolte, non sembra possibile per
l'esercizio commerciale vietare tale facoltà». «Il legislatore - si legge nel
parere - ha elevato le borse in plastica ultraleggere utilizzate per la frutta e
verdura all'interno degli esercizi commerciali a prodotto che "deve" essere
compravenduto», una merce quindi, che può essere acquistata anche al di fuori
del supermarket in cui si fa la spesa. Inoltre «ciascun esercizio commerciale
sarà tenuto, secondo le modalità dallo stesso ritenute più appropriate, alla
verifica dell'idoneità e della conformità a legge dei sacchetti utilizzati dal
consumatore». Per gli ambientalisti «è un primo passo in avanti ma ora serve la
circolare del ministero della Salute attesa da quattro mesi che chiarisca e
magari dica che si possono utilizzare le retine riutilizzabili». Greenpeace e
Legambiente ribadiscono che si deve permettere in Italia quello che si fa
all'estero: le retine riutilizzabili sono diffuse in Svizzera, Austria, Germania
dove non risultano epidemie.
Trieste - "Le scovazze in fondo al mar..." al San Marco
Il Circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste e l'Istituto di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - Ogs di Trieste invitano all'incontro "Le scovazze in fondo al mar... alla scoperta degli ambienti marini profondi dove la spazzatura è arrivata prima di noi", oggi alle 18 all'Antico Caffè San Marco in via Battisti 18. Interverranno Silvia Ceramicola, geologa marina presso l'Ogs e Tomaso Fortibuoni, ricercatore dell'Ispra.
POMERIGGIO - CORSO DI AGRICOLTURA BIOLOGICA
L'associazione Urbi et Horti organizza un corso per parlare di agricoltura biologica, ambiente e tutela del paesaggio. Il corso, gratuito, si svolgerà nella sala Arac del Giardino pubblico, ogni giovedì fino al 26 aprile. Prima lezione, oggi, alle 17.30. Info: orticomunitrieste@gmail.com, e al 3287908116.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 aprile 2018
Aumentano gli attacchi dei lupi - Risarcimenti più
rapidi per gli allevatori con la nuova legge
SPALATO - Qualche miglioramento in Croazia per i proprietari di animali da
allevamento attaccati da lupi, orsi e via elencando. Lo scorso gennaio è entrato
in vigore il nuovo Regolamento sul risarcimento dei danni provocati da animali
in regime di tutela. Si calcola che in Croazia vivano tra i 200 e i 220 lupi,
quota con cui il Paese è entrato cinque anni fa a far parte dell'Unione europea,
impegnandosi pertanto a rispettare tale numero. Si ritiene infatti che una
crescita della popolazione di lupi potrebbe costituire un grave squilibrio per
l'ambiente, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero sia per gli animali
selvatici (cervi, caprioli), sia per quelli da allevamento. In base al nuovo
documento il risarcimento per una pecora uccisa da lupi è stato portato da 500 a
600 kune, cioè da 67,2 a 80,7 euro. Per una mucca gravida sbranata dal citato
predatore si è passati da 4 mila e 500 kune (605 euro) a 6 mila kune (807 euro).
Tra le varie novità, anche quella di corrispondere il 50 per cento del
risarcimento previsto dal regolamento per quegli animali feriti negli attacchi e
che vanno abbattuti. Da quanto è stato fatto sapere, grazie alle nuove regole il
pagamento di quanto dovuto dallo Stato avviene ora in tempi più rapidi, mentre
prima si attendevano anche fino a 3 o 4 anni. L'anno scorso in Dalmazia le
scorribande dei lupi, e relativi danni, sono state 1252, con conseguenze fatali
per 1944 capi di bestiame. La regione maggiormente presa di mira e' stata quella
di Sebenico e Tenin (Knin), con 509 attacchi e 746 uccisioni. Al secondo posto
la Regione di Spalato, con 436 attacchi di lupi e 584 animali domestici fatti a
pezzi. Sul podio anche la contea di Zara (270 aggressioni e 529 vittime), mentre
la regione maggiormente risparmiata è stata quella Raguseo-narentana. Qui gli
attacchi sono stati solo 35 e gli animali uccisi 85.Nel biennio 2016 - 2017,
Zagabria ha versato risarcimenti per complessivi 3 milioni e 300 mila kune, sui
444 mila euro. Tanti allevatori, agricoltori e anche semplici cittadini hanno
chiesto allo Stato di far diminuire la popolazione di lupi nel Paese, ma da
questo orecchio Zagabria non ci sente.
(a.m.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 aprile 2018
Antico Caffe' San Marco - Giorgi e i cambiamenti
climatici
È in libreria da pochi giorni l'ultimo libro del climatologo Filippo Giorgi
"L'uomo e la farfalla. 6 domande su cui riflettere per comprendere i cambiamenti
climatici" (editore FrancoAngeli). L'autore lo presenterà alle 18, al San Marco,
dialogando con Elisa Cozzarini. L'evento è organizzato dal Circolo Verdeazzurro
Legambiente Trieste. L'ingresso è libero. Il testo affronta i cambiamenti
climatici in maniera semplice, chiara ed esauriente, sulla base dei risultati
della ricerca scientifica più avanzata. Il clima sta cambiando? Perché? Siamo
noi a causare il riscaldamento del pianeta o stiamo assistendo ad un fenomeno
naturale? Possiamo fare qualcosa per evitare la "crisi climatica" o abbiamo
raggiunto il punto di non ritorno? La narrazione ci accompagna in un viaggio che
comincia con l'avvento dell'era dell'Antropocene, in cui le attività umane sono
ormai in grado di modificare il funzionamento del nostro pianeta. Ci mostra poi
come il riscaldamento del pianeta sia ormai un fenomeno in atto e per la maggior
parte dovuto ad attività umane.
IL PICCOLO - DOMENICA, 1 aprile 2018
La ripresa Fvg corre sui Tir in autostrada - Secondo la
Cgia il "nuovo" triangolo produttivo si sposta a Nordest con 240mila mezzi
pesanti al giorno, oltre il 60% in più
TRIESTE - È una ripresa che va da Milano in direzione Friuli Venezia Giulia,
stando alla presenza di Tir sulle autostrade settentrionali. La Cgia ha messo in
fila i mezzi pesanti medi e ha concluso che sulle principali autostrade del
"nuovo" triangolo produttivo Milano-Bologna-Padova transitano quotidianamente
240mila mezzi pesanti, oltre il 60% in più dei 148mila di quelli che viaggiano
sul "vecchio" triangolo industriale Torino-Milano-Genova. Ancorché parziale,
spiega la Cgia, la fotografia rileva in maniera empirica come i flussi di merci,
e conseguentemente anche il peso del sistema economico del Paese, si sia ormai
definitivamente spostato a Nordest. L'autostrada più trafficata è la A4
Brescia-Padova con 26.242 veicoli pesanti giornalieri. A seguire, con un dato
medio riferito a tutte le autostrade italiane pari a 9.085 camion (dato in
crescita a partire dal 2014), la A4 Milano-Brescia (24.699), la A1
Milano-Bologna (21.663), la A1 Bologna-Firenze (16.490), la A14 Bologna-Ancona
(15.069) e il Passante/Tangenziale di Mestre (13.829). Con 10.513 Tir
giornalieri trovano spazio le tratte gestite da Autovie Venete, la A4
Trieste-Venezia, la A23 Palmanova-Udine, la A28 Portogruaro-Conegliano, la A34
Villesse-Gorizia e la tangenziale di Mestre fino allo svincolo del Terraglio.«In
un contesto in cui la presenza di cantieri ha prodotto una seppur lieve
flessione del traffico leggero - osserva il presidente di Autovie Maurizio
Castagna -, l'incremento dei mezzi pesanti è un fenomeno avviato da più di un
anno che verifichiamo mensilmente. Non c'è dubbio che si tratti di un sintomo
evidente della ripresa economica». Rispetto all'anno pre-crisi, il 2007, il
numero medio di Tir circolanti nelle autostrade italiane, è peraltro più basso
del 12%, quando la media era di 10.334 passaggi giornalieri. Nel decennio, tra
le 35 tratte autostradali analizzate, le uniche che hanno recuperato quei flussi
di traffico sono state la A5 Aosta-Traforo del Monte Bianco (+16,2%), la T1
Traforo del Monte Bianco (+8,6%) e la A22 del Brennero-Verona (+2,3%). Tutte le
altre, invece, presentano variazioni negative.Le concessioni di Autovie fanno
segnare il -11,4%, ma cali maggiori a Nord sono quelli della T2 Traforo del Gran
San Bernardo (-34,7%), della Udine-Tarvisio (-24,8%), della T4 Traforo del
Frejus (-19,2%), della A21 Torino-Piacenza (-15,3%) e della A8/A9 Milano-Varese
e Lainate-Como-Chiasso (-12,9%). «Il forte squilibrio territoriale emerso dalla
comparazione - spiega Sefano Zabeo della Cgia - è solo in parte ascrivibile al
fatto che a Nordovest c'è una rete ferroviaria più diffusa. Questa specificità,
collegata agli effetti sul trasporto merci delle autostrade del mare - prosegue
-, ha consentito di assorbire una quota di prodotti che, altrimenti,
viaggerebbero su gomma». Dopo di che, aggiunge Zabeo, «è altrettanto
indiscutibile che il Nordest, allargato per ragioni storiche e culturali anche
alle province di Brescia e Bergamo, è diventato il vero motore economico del
Paese. Con centinaia di migliaia di Pmi da rifornire o con prodotti finiti che
partono da questo territorio per raggiungere i mercati di destinazione».
Nonostante alcune direttrici dell'export abbiano recuperato i flussi di traffico
pre-crisi, gli autotrasportatori stranieri presidiano comunque stabilmente
queste tratte. Dai dati Eurostat (2015) il peso dell'autotrasporto ha raggiunto
livelli elevatissimi. A incrementare i volumi, fa poi sapere Renato Mason,
segretario Cgia, sono stati solo i principali assi autostradali che hanno
consentito alle merci italiane di arrivare nel cuore dell'Europa, in particolar
modo in Francia e Germania.
Marco Ballico
IL PICCOLO - SABATO, 31 marzo 2018
SEGNALAZIONI - Parco del Mare - Una location discutibile
Ci fa piacere che il presidente della Icop Vittorio Petrucco voglia investire nella nostra città. Vorremmo però metterlo in guardia, prima di lanciarsi in un'impresa tutt'altro che promettente. Si chieda, anzitutto, come mai in 14 anni, nonostante la sua decantata passione per il Parco del mare, Paoletti non sia riuscito a far decollare la sua idea. Dai conteggi dell'allora assessore al Bilancio Ravidà lo stesso sindaco Dipiazza, che ora sponsorizza il progetto, dichiarò di dover fare marcia indietro, perché i conti non tornavano. Analisi economica riconfermata nel 2018 nell'incontro pubblico dell'Associazione di cultura politica Luoghi Comuni: Gianfranco De Pinguente, già consulente di Friulia, valutò negativamente il risultato finale di un tale investimento. Inoltre la situazione triestina è cambiata da allora: esiste già un acquario, molto visitato, che sta per essere riqualificato ma anche la nuova sede del Wwf alle Scuderie di Miramare, il Bio Ma appena inaugurato. Le specie marine s'illustrano anche senza ricorrere ad animali vivi. Due strutture che, già da sole, dovrebbero esaurire la curiosità verso i pesci in gabbia che, vista la crescente sensibilità animalista, non sembrano essere molto in auge. Il presidente vada poi a fare un giro nell'area limitrofa alla Lanterna e vedrà se sia il caso di fare sorgere un polo ultramoderno in un contesto fortemente degradato. Non parlo della zona di Porto Lido ma di tutto il circondario: un edificio scrostato di qua e uno fatiscente di là, gli orribili casermoni del molo, la vecchia stazione di Campo Marzio in palese abbandono e, a completare il panorama, il fantasmatico moloch dell'ex-Meccanografico. Quale turista vorrebbe addentrarsi in questa sorta di "terra di nessuno"? Qualche perplessità Petrucco sembra già averla, almeno a leggere l'articolo del Piccolo. Credo soprattutto perché sul cosiddetto Parco del Mare non ha potuto visionare alcun progetto, svanito nel nulla dopo il ritiro di quello di Chermayeff, motivo per cui anche il nostro Comitato si è fatto da parte in attesa di avere dei dati da potere commentare. Non mi soffermo sulla questione paesaggistica, su cui si è già espressa larga parte della cittadinanza nella nutrita serie di segnalazioni apparse su questo giornale e in occasione della nostra petizione on line, che ha raccolto 1.300 firme, a cui si è aggiunto il parere contrario del mondo scientifico e accademico, ambientalista. Comunque, se si volesse proprio affrontare un'impresa così rischiosa e credo impopolare, la si affianchi alla prevista riqualificazione di Porto vecchio, abbinando magari un acquario al Museo del Mare che vi sarà trasferito, inserendosi quindi nella serie d'investimenti e progetti che affiancheranno Esof 2020, evento che sicuramente metterà in evidenza quell'area storica come scenario della crescita di Trieste.
Giorgetta Dorfles - portavoce Comitato La Lanterna
IL PICCOLO - VENERDI', 30 marzo 2018
Energie rinnovabili - Trieste fuori dal club delle città virtuose
Il Treno verde di Legambiente bacchetta i ritardi del
territorio sul fronte degli impianti ecologici. In Fvg boom del fotovoltaico
Il futuro dell'ambiente corre sui binari. Merito del "Treno verde" di
Legambiente e Gruppo Ferrovie dello Stato italiane, la campagna itinerante
realizzata con la partecipazione del ministero dell'Ambiente e giunta alla 30.ma
edizione. Il treno ha fatto tappa a Trieste, fermandosi ieri al binario 1 della
stazione centrale, dove anche nella giornata di oggi la mostra interattiva
allestita a bordo sarà aperta dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19 a tutti i
cittadini interessati a temi quali l'energia pulita, le reti elettriche
"intelligenti", l'efficienza e la mobilità sostenibile, per un Paese proiettato
verso un futuro al 100% rinnovabile che si prepara alla fine dell'era fossile.
Durante l'inaugurazione di ieri mattina, la direttrice regionale di Trenitalia,
Elisa Nannetti, ha spiegato che l'azienda è fortemente impegnata nel piano
d'integrazione della mobilità per incrementare l'uso del treno al posto di mezzi
più inquinanti e quindi contribuire alla diminuzione delle emissioni. «Il nuovo
polo dell'aeroporto di Trieste - ha aggiunto - è un esempio perfetto di
struttura che mette assieme i mezzi di trasporto del futuro, cioè le piste
ciclabili, i treni e gli aerei. Inoltre, l'azienda ha acquistato nuovi treni che
permettono di risparmiare il 30% di Co2, che speriamo di veder circolare il più
possibile». Rita Casalini della Struttura innovazione delle Ferrovie, istituita
appena l'anno scorso, ha aggiunto che è «importante fare innovazione perché i
clienti chiedono sempre più una mobilità integrata da punto a punto, in cui il
treno è solo una parte del trasporto». Il portavoce del Treno Verde Davide
Sabbadin ha poi presentato il rapporto 2018 di "Comuni rinnovabili", che da 12
anni fotografa lo sviluppo delle fonti rinnovabili nei territori italiani,
realizzato grazie al contributo di Enel GreenPower. «Dal 2014 il 100% dei comuni
italiani possiede almeno un impianto da fonte rinnovabile - ha illustrato - e il
Comune si è dimostrata l'istituzione più vicina e sensibile al tema. La crescita
delle fonti rinnovabili è stata forte, ma si è stabilizzata negli ultimi 2 anni,
nonostante abbiamo ancora gli incentivi nazionali più alti d'Europa». Secondo il
rapporto di Legambiente, in Fvg la crescita delle energie rinnovabili, sebbene
al di sotto della media nazionale, è stata significativa negli ultimi anni. Oggi
il 27,1% del totale dei consumi di energia è coperta da fonti rinnovabili,
grazie ai 31.040 impianti diffusi nei comuni. Il dato significativo è quello
della crescita di più del 1000% nella produzione del solare fotovoltaico, che si
conferma la tecnologia più diffusa, anche se in termini di produzione è però
l'idroelettrico a fornire il maggior contributo di energia. «A Trieste, però, ci
sono ancora poche rinnovabili, perché si usano i grandi impianti del passato e
non ci sono spazi dove realizzarne di nuovi», ha spiegato Sebastiano
Cacciaguerra, dirigente del servizio Energia regionale. Anche a Trieste, come a
ogni tappa del Treno verde, Legambiente ha ospitato una start-up innovativa - la
"Zehus", che produce biciclette a pedalata assistita senza bisogno di essere
ricaricate - e ha premiato "I RinnovAbili", ovvero le esperienze virtuose locali
che hanno scommesso su nuovi modelli energetici. Tra queste, le aziende agricole
"Isola Augusta", "Zore" e "Loner Carlo" della provincia di Udine, che soddisfano
parte o tutto il proprio fabbisogno energetico grazie all'energia solare, e il
Comune di Staranzano, che ha realizzato tre impianti fotovoltaici a servizio di
scuole. In chiusura, il presidente regionale di Legambiente, Sandro Cargnelutti,
ha rilevato come, scendendo verso Trieste, il servizio per i pendolari si sia
rivelato di qualità. «Se non passiamo di corsa alle fonti rinnovabili - ha poi
avvertito -, i cambiamenti climatici in regione porteranno a una concentrazione
d'acqua in inverno e alla siccità in estate. Stiamo andando a velocità molto
bassa rispetto ai problemi da risolvere».
Simone Modugno
I comuni - I tre produttori migliori sono in Friuli
Sono 101 i comuni del Fvg che grazie alle fonti rinnovabili producono più energia elettrica di quella consumata dalle famiglie. Pavia di Udine, Zoppola e Spilimbergo sono i primi tre comuni 100% rinnovabili elettrici.
La classifica - Udine medaglia d'oro in regione
Nella classifica regionale, sia per la maggior potenza da fonti rinnovabili installata sia per la produzione di energia, Udine si attesta al primo posto, seguita da Pordenone e Gorizia, mentre Trieste risulta in ultima posizione.
Rigassificatore a Veglia - spunta un documento
secretato dal governo
I risultati dello studio cofinanziato dall'Unione europea sono contrari
alla soluzione del terminal galleggiante
FIUME - Gli oppositori del progetto del rigassificatore galleggiante di
Veglia hanno un'arma in più. La sindaca di Castelmuschio (Omisalj), Mirela
Ahmetovic - che da tempo si batte contro l'impianto offshore nelle acque di
fronte a questa cittadina - ha convocato i giornalisti esibendo uno studio di
cui non si conosceva praticamente l'esistenza. È intitolato "Effetti
macroeconomici del terminal metanifero a Veglia", è stato redatto nel 2016 dalla
azienda specializzata Ekonerg e finanziato con risorse stanziate dall'Unione
europea.«Nello studio si rileva inequivocabilmente che il rigassificatore sulla
terraferma è di gran lunga più conveniente rispetto a quello piazzato in mare -
ha rilevato Ahmetovic - purtroppo questo cosiddetto documento sul rapporto
costi-benefici viene tenuto nascosto, segreto, dalle competenti autorità di
Zagabria, sempre pronte a sostenere il progetto della nave metaniera a dispetto
dei desiderata espressi da tutte le municipalità dell'isola di Veglia, dalla
Regione del Quarnero e Gorski kotar, da numerosi partiti e associazioni non
governative, come pure di quanto manifestato dai semplici cittadini. Nonostante
sia materia top secret - ha proseguito Ahmetovic - sono riuscita a ottenere una
copia dello studio che ho mostrato a esponenti della Commissione europea venuti
a Fiume e Veglia per capire i motivi del rifiuto nei riguardi del terminal
offshore». A Veglia sono arrivati infatti Adam Szolyak, rappresentante della
Direzione centrale della Commissione Ue per l'Energia e Denis Redzepagic,
dell'Ufficio croato della Commissione Ue. Sono giunti su iniziativa
dell'eurodeputato istriano, Nino Jakovcic, che poche settimane fa a Fiume aveva
espresso la contrarietà alla gigantesca nave dinanzi a Castelmuschio. I due
esponenti di Bruxelles hanno avuto dapprima un incontro al Palazzo regionale a
Fiume con il governatore Zlatko Komadina e con il connazionale Erik Fabijanic,
presidente dell'Assemblea conteale. I due massimi dirigenti della Regione
quarnerino-montana hanno illustrato agli interlocutori i motivi della bocciatura
da parte delle autorità locali parlando di mancato rispetto dei criteri
economici, energetici, ecologici ed estetici. «Non ci opponiamo affatto al
rigassificatore sulla terraferma - hanno rilevato in coro - ma non possiamo
accettare l'altro progetto, che reputiamo dannoso». Szolyak e Redzepagic sono
stati quindi ricevuti dalla sindaca Ahmetovic, che ha esibito come detto lo
studio ribadendo il no a quello che ha definito un mostro galleggiante,
destinato a guastare il paesaggio quarnerino e soprattutto ad inquinare
l'ambiente marino. Szolyak ha rimarcato che il rigassificatore offshore a Veglia
è sì molto importante per l'Europa comunitaria, ma non al punto da arrivare ad
uno scontro con la comunità locale: «Posso dire che l'Unione europea non
finanzierà mai un progetto illegale, per quanto possa essere utile e
remunerativo - ha concluso Szolyak - ora riferiremo a Bruxelles quanto visto e
appreso nella regione fiumana».
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 marzo 2018
Nasce il coordinamento delle sigle "no Ferriera" Il
portavoce è Battista - Riuniti Legambiente, 5 Dicembre, No Smog, Wwf e Nimdvm
L'ex deputato M5S: «Noi interlocutore unico per le istituzioni»
La battaglia dei comitati contro la Ferriera di Servola ha un nuovo volto: è
quello di Lorenzo Battista, l'ex parlamentare di M5S poi passato in Mdp, che non
ha partecipato all'ultima tornata elettorale. È l'effetto della nascita di un
nuovo coordinamento che riunirà diverse realtà ambientaliste e civili cittadine,
che finora si erano occupate del tema più o meno separatamente. Al tavolo della
conferenza stampa, che si è tenuta ieri mattina al Caffè San Marco, sedevano
esponenti di Legambiente, comitato 5 Dicembre, No Smog, Wwf, associazione Nimdvm.
Mancavano soltanto il circolo Miani di Maurizio Fogar e il comitato Servola
Respira di Romano Pezzetta. Battista farà da portavoce: «La Ferriera è un
problema di tutta la città. Il nostro intento è dare un coordinamento a tutte le
realtà interessate, speriamo se ne aggiungano altre, in modo da dare alle
istituzioni un interlocutore unico. L'obiettivo è arrivare alla chiusura
dell'area a caldo, con un piano di riconversione per tutelare i posti di lavoro.
Ma tenendo al primo posto la salute dei cittadini». Ha aggiunto: «Troppo spesso
questo tema è stato usato in modo fraudolento in campagna elettorale, bisognerà
evitare di dare troppo credito ai candidati, d'ora in poi». Andrea Rodriguez del
5 Dicembre ha ricordato che «l'ultima presa di posizione istituzionale è la
certificazione dell'Asuits dell'autunno scorso, che pur ammettendo la presenza
di un problema di salute pubblica, lo definiva "non urgente". È una formula con
cui non concordiamo, e ci chiediamo anzi se ci siano dei monitoraggi periodici
sullo stato di salute dei cittadini. Probabilmente il Comune ha dei dati del
genere, ci chiediamo perché non li diffonda. Manca la trasparenza, ovvero quel
che noi chiediamo». Così invece Andrea Wehrenfennig di Legambiente: «Serve un
nuovo accordo di programma. Questo si può conseguire annullando quello in
vigore, per il mancato rispetto degli impegni presi da parte della proprietà, ad
esempio la copertura dei parchi minerali. Altrimenti può esser fatto di comune
accordo fra istituzioni e proprietà. Quest'ultima è forse la via preferibile, se
si creasse un'alternativa credibile, magari in ambito portuale, all'attività
dell'area a caldo. In ogni caso le associazioni e i comitati devono essere tra
gli interlocutori, come previsto dalle direttive europee».Alda Sancin di No Smog
ha dichiarato: «Arpa ha pubblicato un volume sullo stato di salute della regione
in cui si fanno soltanto degli accenni alla Ferriera. Ci saremmo aspettati un
capitolo dedicato. Quel che conta è che solo quest'anno ci sono state 600
segnalazioni alla Polizia locale da parte dei cittadini di Servola. Se fosse
successo a una piccola azienda avrebbe avuto dei problemi, a una grande azienda
questo non succede. Per dare uno sbocco portuale a quell'area servono
infrastruttura, un lavoro che bisognava iniziare ieri, non un domani».Alberto
Kostoris di Nimdvm ha dichiarato: «Solo l'unità di intenti fra cittadini può
dare una svolta. Spero che altre realtà aderiscano al coordinamento». Dal
pubblico è intervenuto il candidato M5S alle regionali, Alessandro Fraleoni
Morgera: «Siamo l'unica forza politica che ha sempre sostenuto la chiusura
dell'area a caldo. Se dovessimo andare al governo la nostra posizione non
cambierebbe».
Giovanni Tomasin
I Verdi del Fvg commissariati «Tesseramenti
insufficienti» - DECISIONE ROMANA
TRIESTE - I Verdi del Friuli Venezia Giulia sono commissariati. Come da
richiesta delle Federazioni di Trieste e Gorizia. Lo confermano Luana Zanella e
Gianluca Carrabs dell'esecutivo nazionale a Rossano Bibalo, Renato Fiorelli e
Antonio Cattarini, i rappresentanti politici «provvisori» della Federazione
regionale. A Cattarini viene pure affidata la rappresentanza, sempre
provvisoria, della Federazione di Trieste. Tra le motivazioni dell'intervento
romano anche «il mancato raggiungimento degli obiettivi minimi del
tesseramento». Nei giorni scorsi Bibalo e Cattarini, informando delle
dimissioni, il 19 febbraio, del direttivo regionale, avevano fatto sapere che
non vi era alcun accordo con il Pd per un sostegno a Sergio Bolzonello e la
candidatura, in maglia Verdi, di Alessandra Guerra. E avevano aggiunto che
Alessandro Claut, protagonista del contatto con l'ex leghista, non poteva più
chiamarsi portavoce regionale del movimento. Claut non pare preoccuparsene. Ma,
sul tesseramento, contrattacca: «Dopo avere annunciato che non mi sarei
ricandidato, ho scoperto che a Trieste gli iscritti di inizio anno, me compreso,
erano 7, numero tale da far saltare la Federazione regionale. Per evitare
ripercussioni in vista delle elezioni, ho fatto iscrivere una decina di amici,
chiedendo che i superstiti si accollassero i costi. Anziché tenere in vita la
Federazione, hanno invece preferito chiederne il commissariamento, che sarebbe
tra l'altro arrivato ugualmente, e appoggiare il Patto per l'Autonomia. Una
baruffa ridicola, che serve a qualcuno per far credere di aver fermato la lista
Guerra, ma a cui non intendo più partecipare. Auguro ai Verdi di diventare un
partito serio».
(m.b.)
Porto - Navi rumorose - allo studio interventi
preventivi
Il problema del rumore che talvolta viene causato dalle navi ormeggiate alle
banchine del porto di Trieste è stato approfondito nel corso di un incontro del
Tavolo tecnico svoltosi nei giorni scorsi nella sede dell'Arpa a Trieste.
Secondo quanto riportato da una nota della regione, nel corso della discussione
«sono emerse alcune indicazioni operative che contribuiranno a ridurre il
fenomeno dell'eccessiva rumorosità di alcune attività portuali, recentemente
segnalate dalla cittadinanza residente nei quartieri prospicienti lo scalo
industriale». All'incontro hanno partecipato, oltre ai rappresentanti
dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, anche quelli della
Capitaneria di porto, della Polizia locale e dell'Autorità di sistema portuale,
nonché i responsabili dei servizi e dell'utenza portuali (piloti, terminalisti e
una società di navigazione).I partecipanti hanno confermato «la necessità di un
costante monitoraggio della situazione da parte delle autorità preposte, ma
anche di interventi preventivi che siano adottati dai comandanti delle navi, per
ridurre il più possibile le emissioni acustiche ed evitare l'insorgere di
disagi. Le società armatrici e i terminalisti - continua la nota della Regione -
dovranno inoltre comunicare anticipatamente agli enti di controllo l'arrivo in
porto di navi che potenzialmente possono essere fonte di maggiore disturbo». Si
è inoltre concordato che le eventuali segnalazioni da parte della popolazione
«vengano rese note immediatamente a tutti gli enti di controllo, ai fini di una
loro pronta attivazione. Nei casi di maggiore gravità, la Capitaneria di Porto
potrà effettuare controlli mirati».
MUGGIA - "Porta a porta spinto" - Dal 3 aprile l'addio
ai cassonetti stradali
MUGGIA - Il "porta a porta spinto" è oramai alle porte. La nuova era della
raccolta dei rifiuti, dopo la partenza morbida iniziata il 1° marzo, è pronta
per essere avviata in maniera definitiva. A partire da martedì 3 aprile i
cassonetti stradali, rimasti in deroga per tutto il mese di marzo sulle strade
muggesane, inizieranno ad essere smantellati. E intanto il Comune esulta dinanzi
ai primi dati del "porta a porta blando": «Superato il 65% di differenziata».I
cassonetti Sono esattamente 795 i cassonetti presenti a Muggia che verranno
tolti la prossima settimana. I bidoni, di proprietà di Italspurghi Ecologia srl,
verranno ritirati in toto dalla stessa società. A conti fatti la cittadina
rimarrà orfana di 332 bidoni per i rifiuti soliti urbani (indifferenziato), 97
per la carta, 83 per la plastica, 76 per vetro/lattine, 53 per il verde nonché
di 154 bidoncini marroni per l'umido. «Dal 3 aprile partirà il ritiro, che verrà
concluso entro qualche giorno», ha spiegato l'assessore all'Igiene ambientale
Laura Litteri. A meno di clamorosi intoppi, dunque, entro venerdì 6 aprile
Italspurghi avrà completato il lavoro. La differenziata La raccolta
differenziata, in realtà, è già partita (seppur in modo non obbligatorio) da
giovedì primo marzo. Ma come sono andate le prime tre settimane di porta a
porta? «In questo periodo abbiamo raggiunto un grande traguardo: si è infatti
riusciti a superare il 65% di differenziata sulla raccolta "porta a porta",
mentre si ci si attesta intorno al 22% per quanto riguarda quella stradale - ha
commentato l'assessore Litteri -. In sostanza coloro che hanno aderito sin da
subito al nuovo sistema hanno effettivamente dato un riscontro concreto con un
esito positivo, mentre la percentuale del 22% è la chiara dimostrazione
dell'errato conferimento che continua ad essere portato avanti da coloro che,
sino ad oggi, hanno contribuito a non far raggiungere a Muggia il risultato
imposto dal governo». Lo sportello Per quanto riguarda la campagna informativa
sul nuovo sistema di raccolta dei rifiuti, questa settimana si chiuderà lo
sportello itinerante, con una serie di appuntamenti a cui presenzieranno il
sindaco Laura Marzi, l'assessore Litteri e i tecnici della Net. Queste le date e
le location dei prossimi due incontri, fissati sempre dalle 17 alle 19: oggi ad
Aquilinia (sede della segreteria della Tergestina, nel palasport) e domani a
Chiampore (scuola di musica). L'attività di informazione riprenderà mercoledì 4
aprile con lo sportello fisso all'Urp di piazza della Repubblica operativo i
mercoledì (17-19) e i venerdì (10-12). Sempre attivo il numero verde della Net
800520406.L'incontro per gli esercenti Infine ieri si è svolto nella sala
"Millo" l'incontro con il personale dell'Azienda sanitaria organizzato dal
Comune e rivolto agli esercenti di bar e ristoranti della città, per un
confronto sul nuovo sistema di raccolta.
Riccardo Tosques
Nidi artificiali per i rondoni di Santa Croce - Trovata
una soluzione per salvare la colonia, messa a rischio dai lavori al palazzo
scelto come loro casa
TRIESTE - Sono fedeli al loro nido per tutta la loro vita e vi ritornano
puntualmente, anno dopo anno. Se il loro rifugio viene distrutto o risulta
inaccessibile, si rischia seriamente di mettere a repentaglio la loro esistenza.
È la commovente caratteristica dei rondoni, volatili che affrontano una lunga
migrazione dall'Africa per raggiungere, in primavera, il vecchio continente. Una
piccola colonia di rondoni si è insediata da tempo negli interstizi del vecchio
palazzone abbandonato che si trova sulla bretella che collega la strada Costiera
a Santa Croce, non lontano dal tracciato ferroviario. Un edificio di proprietà
comunale, "Santa Croce Filtri", attualmente gestito dall'AcegasApsAmga, che a
giorni sarà oggetto di un intervento di ristrutturazione alle facciate e al
tetto. Nei primi anni del Novecento funzionava come impianto di filtrazione
delle acque prelevate dalle sorgenti di Aurisina, oggi è stazione di
sollevamento dell'acqua potabile con annesso serbatoio. Al corrente della
presenza dei nidi dei rondoni e allarmata dai preparativi della ditta che
provvederà ai lavori, l'associazione "Liberi di volare", che si occupa del
recupero e della cura dei volatili, ha chiesto lumi all'ex municipalizzata
assieme ai vertici della prima circoscrizione decentrata. «Mancano ormai pochi
giorni all'arrivo dei rondoni - spiega la referente dell'associazione Silvana
Demauro - e siamo preoccupati per l'eventuale presenza di reti o altri materiali
che possano interdire il reinsediamento. Si deve sapere che questi uccelli
rimangono attaccati per tutta la vita al loro nido. Perennemente in volo, si
riproducono solo nel nostro emisfero, evitano gli alberi e si insediano nei
sottotetti, nelle intercapedini, nei fori che trovano negli edifici». Tutelati
dalla legge internazionale sull'avifauna, i rondoni rendono un ottimo servizio
all'ambiente. In fase di nidificazione consumano dai 6 agli 8 mila insetti
dannosi sia per l'uomo che per l'agricoltura. A Trieste nidificano tutte e tre
le specie di rondoni presenti in Europa. L'associazione locale che li tutela fa
parte del gruppo "Rondoni Italia" e si è già distinta qualche anno fa tutelando
la colonia di volatili che è insediata sull'edificio del Dante in via
Giustiniano. In quel caso vennero predisposti una cinquantina di nidi
artificiali nei quali si insediarono i rondoni sudafricani. Per quelli che entro
il prossimo aprile arriveranno sulle balze di Santa Croce stremati dal lungo
viaggio intercontinentale, l'impegno dei volontari, assieme alla sensibilità
dimostrata da AcegasApsAmga, ha portato a un'articolata soluzione. Dopo un
opportuno sopralluogo, si è deciso di predisporre dei nidi artificiali su parte
dei ponteggi senza posizionare reti. La presenza dei lavoratori non intralcerà i
volatili, i cui nidi naturali verranno conservati e successivamente ricollocati.
Per informazioni, il sito è www.liberidivolare2012.com.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 marzo 2018
Al lavoro in bici il 6% ma quasi la metà pronta a
tradire l'auto - Sondaggio Swg commissionato da Fiab: non mancherebbe la "voglia
di pedalare" se ci fossero più piste ciclabili
TRIESTE - C'è tanta "voglia di bicicletta", ma c'è anche tanto da pedalare.
La mobilità in Friuli Venezia Giulia è ancora in larga misura insostenibile,
troppo legata all'uso esclusivo di auto e scooter (77%). Ma è in atto un
cambiamento culturale verso la bici, mezzo che in qualche forma interessa più
della metà dei cittadini della regione. Giunge a questa conclusione il sondaggio
presentato da Swg, in collaborazione con la Fiab (Federazione italiana amici
della bicicletta) e svolto su un campione di 1.200 residenti in Friuli Venezia
Giulia. Per andare al lavoro il 77% delle persone usa auto o scooter, solo il 9%
usa i mezzi pubblici, l'8% va a piedi. A usare la bici è il 6%, pari a 58 mila
cittadini. «Un dato superiore alla media nazionale - osserva Maurizio Pessato,
presidente di Swg -, ma molto inferiore alle percentuali di altre nazioni dove
l'uso della bici supera spesso il 20%». In alcune città come Copenaghen e
Groningen supera quello delle auto. Un 16% usa la bici qualche vota al mese e un
altro 11% la usa per fare delle gite. «In totale quindi un terzo della
popolazione utilizza, con diversa intensità, la bicicletta». A queste
percentuali si somma un 21% di cittadini tentati dall'utilizzo del mezzo, se
fossero presenti delle piste ciclabili. Vi è pertanto un "mercato" potenziale di
ciclisti che passerebbero a un uso regolare del mezzo in presenza di condizioni
adeguate. Un invito quindi alle istituzioni a indirizzare gli investimenti su
scelte urbanistiche di questo tipo. Per il 16% della popolazione gli
investimenti per promuovere gli spostamenti a piedi e in bici dovrebbero essere
prioritari; il 20% ritiene giusto fare qualche investimento. Quasi la metà
(incredibile, ma vero) si dichiara disposta a togliere dello spazio alle
automobili a favore della realizzazione di piste ciclabili. In generale, a
frenare l'uso della bici sono sia l'esistenza di scarse infrastrutture dedicate
sia la pericolosità del mezzo.In conclusione, dalle risposte dei cittadini del
Friuli Venezia Giulia emerge un importante cambiamento culturale che mostra una
crescente attenzione e disponibilità verso la promozione dell'uso quotidiano
della bicicletta. «La bicicletta è amica dell'ambiente. Fa bene alle perone e
riduce i costi sanitari. Non fa rumore. In altre parole migliora la qualità
della vita» spiega Luca Mastropasqua, presidente Fiab Trieste. Se nei prossimi
anni verranno messe in campo azioni per dare risposte alle 200 mila persone che
"pensano spesso" che in presenza di una pista ciclabile lascerebbero volentieri
l'auto a casa per raggiungere il posto di lavoro in bici, questo porterebbe
numerosi e significativi benefici «Per chi pedala: perché farlo vuol dire salute
e benessere, risparmio di soldi e di tempo, e benefici per le nostre città
perché più ciclabilità vorrebbe dire meno smog e meno traffico, città più belle
e a misura di persona, attraenti sia dal punto di vista economico che turistico.
Dare risposta a questa domanda sarà, auspichiamo, una sfida che chi governerà la
Regione nei prossimi 5 anni vorrà e saprà cogliere». È stato questo l'appello di
Federico Zadnich, coordinatore Fiab Fvg. Ad ascoltarlo ieri non c'erano molti
politici. All'incontro si sono fatti vedere solo l'ex senatore Francesco Russo e
la capogruppo Pd al Comune di Trieste Fabiana Martini. Si spera che diventi
perlomeno un tema della campagna elettorale appena iniziata.
Fabio Dorigo
IL RAPPORTO - Car e bike sharing numeri da boom -
la
situazione
Boom di mobilità condivisa in Italia: bike sharing, car sharing e carpooling
- usati anche grazie alle app - fra il 2015 e 2017 sono saliti del 50%,
garantendo a 18,1 milioni di persone l'uso di almeno un servizio (28% della
popolazione). Milano al top fra le città con quasi 3.400 auto, 16.650 bici e più
di 100 scooter elettrici. Il bike sharing con 39.500 bici offerte in 265 Comuni
è il primo in Europa per diffusione. Il car sharing ha superato il milione di
utenti. Le regioni del Sud, seppur indietro sul Nord, segnano la crescita più
alta (+57%). Gli utenti del car sharing sono 1.077.589 con 62 milioni di km
percorsi. Su anche i veicoli a zero emissioni: elettrici il 27% degli scooter e
delle auto condivise. I dati arrivano dal secondo Rapporto nazionale a cura
dell'Osservatorio nazionale sharing mobility (promosso da ministero
dell'Ambiente e Fondazione per lo Sviluppo sostenibile). Nel 2017 «il bike
sharing è salito del 147%».
Scuole e strade al primo posto nel nuovo piano delle
opere - Ipotizzati investimenti per 170 milioni in tre anni, di cui 66 in quello
in corso
In vendita altre azioni Hera: serviranno a finanziare il Centro congressi
per Esof -
il PIANO TRIENNALE DELLE OPERE
Scuole e strade: ecco dove andrà la maggior parte dei 170 milioni di euro
che il Comune punta a investire in lavori pubblici da qui al 2020. È quanto
previsto dal Piano triennale delle opere pubbliche (Ptop), presentato ieri in
Municipio dagli assessori Elisa Lodi e Giorgio Rossi, delegati di giunta
rispettivamente ai Lavori pubblici e ai Servizi finanziari. Una quota della
somma, che sarà ottenuta anche attraverso la vendita di azioni Hera, finanzierà
la costruzione del Centro congressi in Porto vecchio in vista di Esof 2020. Ma
spuntano fondi anche per il tram e per palazzo Biserini. Il triennio La manovra
prescritta dal Ptop è, come anticipato, pari a 170 milioni. La voce più cospicua
sulla lista della spesa è quella relativa all'edilizia scolastica: 44 milioni,
113mila, 336 euro e 57 centesimi in tre anni. A tale cifra si sommano altri
interventi nell'edilizia pubblica, abitativa e sanitaria: nel complesso, oltre
12 milioni (per l'esattezza 12.048.897,62 euro). All'edilizia seguono le
infrastrutture: a quelle stradali vanno ad esempio quasi 32 milioni (31.830.287,
92 euro), cui si aggiungono oltre tre milioni e mezzo (3.612.774,25 euro)
destinati ad «altre modalità di trasporto». Altri 32 milioni (32.008.855,07
euro) spettano quindi ai beni culturali, quasi 14 a sport e spettacolo
(13.632.357,20 euro). Il settore direzionale e amministrativo assorbirà a sua
volta circa 15 milioni (15.149.229,66 euro). Altre voci di spesa sono costituite
da ambiente, produzione e distribuzione di energia elettrica, annona, commercio
e artigianato, culto e altre infrastrutture non ulteriormente classificate. Del
totale, 17 milioni e 339mila euro saranno ricavati dalla vendita di un pacchetto
di sette milioni e 500mila azioni Hera. «La vendita azionaria è stata messa in
atto per la prima volta l'anno scorso: una scommessa che abbiamo vinto e
pertanto riproponiamo», ha commentato Lodi. Dell'incasso, 12 milioni e 639mila
euro andranno in manutenzione straordinaria per scuole e strade, come nel 2017,
mentre 4,7 milioni sono destinati al Centro congressi. La spesa 2018 Nell'anno
in corso si prevede, in particolare, una spesa superiore a 66 milioni
(66.108.356,18 euro), così ripartiti: circa 23 milioni (23.067.000 euro) saranno
investiti in edilizia sociale e scolastica, quasi otto milioni (7.753.000 euro)
in infrastrutture stradali, altrettanti poi (7.711.000 euro) in beni culturali.
Poco più di sette milioni saranno consumati dal funzionamento dell'ingranaggio
amministrativo (7.211.000) e sei (6.109.000) dagli impianti sportivi. Ecco
alcuni esempi di spesa: saranno migliorate le infrastrutture di via Marchesetti
e via Forlanini e l'incrocio tra le due stesse vie, si interverrà inoltre sul
percorso pedonale Longera-Cattinara e su Porto vecchio. La segnaletica
orizzontale sarà rifatta mentre saranno oggetto di manutenzione straordinaria le
alberature dei bordi strada, i torrenti scoperti e le aree ad essi limitrofe, i
giardini, i parchi, le aree gioco e il resto del verde urbano, nonché
l'illuminazione pubblica. Da menzionare ancora le riqualificazioni del parco di
Villa Revoltella e di quello della Rimembranza. Gli interventi edilizi
riguarderanno in particolare la scuola Caprin, il liceo Dante, l'ex Carducci, la
casa di riposo di via Marchesetti, vari nidi (di cui uno nuovo sorgerà nel
comprensorio ex Chiarle) e scuole dell'infanzia, il complesso scolastico di via
Forlanini e i ricreatori. Ma anche i teatri, i musei, le chiese, le farmacie e i
mercati. Di questi, il Piano contempla la realizzazione di due nuovi: uno
ortofrutticolo e uno ittico. Per finire, la trenovia Trieste-Opicina avrà
712mila e 774,25 euro e palazzo Biserini 250mila. Il bilancio Il Ptop è stato
presentato contestualmente al Bilancio di previsione. Quello 2018 chiude in
pareggio tra entrate e spese a 675 milioni e 511mila euro. L'entrata più
cospicua è costituita dalle tasse: la spesa più ingente deriva dal funzionamento
della macchina comunale, comprensiva dell'erogazione dei servizi ai cittadini.
Lilli Goriup
Hera vola a due cifre: utile netto su del 21,1% -
Dividendo a 9,5 cent
Bilancio ok per la multiutility che controlla AcegasApsAmga - Al Comune
di Trieste andranno poco meno di 6 milioni
MILANO - Hera chiude il bilancio 2017 con indicatori in forte crescita. La
multiutility con headquarter a Bologna, e molto forte nel Nord-Est grazie alla
controllata AcegasApsAmga, ha chiuso lo scorso esercizio con il fatturato in
crescita del 10,3% a 6,14 miliardi di euro (complici l'ingresso di Aliplast
perimetro del gruppo, oltre a maggiori attivi di trading e ricavi regolati del
servizio idrico) e un balzo dell'utile netto nell'ordine del 21,1% a 266,8
milioni, con un ruolo decisivo giocato dalla diminuzione dell'aliquota fiscale
media, che si attesta al 29,6% rispetto al 35,1% nel 2016. Bene anche il margine
operativo lordo, indicatore della gestione caratteristica di un'azienda, che
sale del 7,4% a 984,6 milioni, spinto soprattutto dai business energetici. Alla
luce di questi risultati il cda proporrà all'assemblea convocata per il 26
aprile la distribuzione di un dividendo di 9,5 centesimi di euro (il piano
prevede la salita a 10 centesimi nel 2018 e 2019, per arrivare a 10,5 nel 2020),
in crescita del 5,5% rispetto a quello distribuito per l'esercizio 2016. Al
Comune di Trieste andranno poco meno di 6 milioni di euro. Lo stacco della
cedola avverrà il 18 giugno, con pagamento a partire dal 20 giugno. Numeri
accolti positivamente dal mercato, con il titolo che ha chiuso la seduta di
Piazza Affari in rialzo dell'1,72% a quota 2,84 euro. Quanto ad AcegasApsAmga,
il direttore generale Roberto Gasparetto parla di un anno «particolarmente
positivo» per la controllata. «La società ha messo a segno un incremento del
margine operativo lordo di circa il 3%, salendo a 133,2 milioni». Quindi si
sofferma sulle principali ragioni che hanno prodotto il risultato: «Questa
performance - così Gasparetto - discende in primo luogo dal recupero di
efficienza sulla gestione delle reti, frutto anche dello sviluppo di piattaforme
informatiche focalizzate sulla valorizzazione dei big data. Un contributo assai
rilevante viene anche dalla controllata AresGas, secondo operatore gas della
Bulgaria, che ha registrato un notevole incremento nell'attività di
metanizzazione e allacci nel Paese». Da sottolineare anche la dinamica degli
investimenti lordi, saliti dagli 81,5 milioni del 2016 ai 102,5 milioni del
2017, trascinati dal completamento del depuratore di Servola, dagli interventi
sull'illuminazione a Led su Udine e Padova, dallo sviluppo del piano di
protezione catodica sulle reti gas e dal proseguo del piano di sostituzione
contatori gas con misuratori elettronici. Tornando alla capogruppo Hera, in
contemporanea con il bilancio sono stati pubblicati i dati relativi alle azioni
nel campo della sostenibilità. La multiutility è stata tra le prime realtà ad
avviare lo scorso anno la rendicontazione a valore condiviso ovvero delle
attività di business che, oltre a generare margini operativi per l'azienda,
rispondono ai driver per una crescita sostenibile definiti dall'Agenda Onu. Nel
2017 il margine operativo lordo di Hera è stato di 329 milioni di euro, il 10%
in più del 2016, in linea con la traiettoria indicata dal piano industriale, che
proietta al 2021 il progresso al 40%.
Luigi Dell'Olio
Che complicazione liberarsi dei rifiuti ingombranti - La lettera del giorno di Roberta Carga
Trovandomi nella necessità di smaltire vecchi serramenti in alluminio, il 12 marzo scorso (un lunedì) contatto il numero verde di Hera relativo ai servizi ambientali. L'operatrice mi fissa un appuntamento per il ritiro il giovedì successivo, pregandomi di mettere in sicurezza i vetri. Meravigliata dalla sollecitudine con cui l'azienda provvede ad erogare il servizio - aspettandomi in realtà tempi biblici - il giorno prima della data fissata, approfittando un momento di grazia dalla pioggia che quei giorni cadeva incessantemente, mi precipito a caccia di cartoni e perdo un'intera mattinata e imballare con essi i serramenti. La sera stessa, calare del buio, accatasto tutto a bordo strada a ridosso della recinzione del mio giardino, come mi era stato chiesto. Il mio stupore aumenta ancora il giorno dopo quando, a pomeriggio inoltrato, la catasta di rifiuti giace ancora là, intoccata, indecente spettacolo per gli automobilisti di passaggio. Telefono prontamente al solito numero verde e la solerte operatrice (perché se un merito ha il call center di Hera è di avere operatori gentili, disponibili e facilmente reperibili telefonicamente) mi dice che provvederà immediatamente ad aprire un sollecito e a contattare gli operatori affinchè passino il giorno dopo. Il giorno non si vede ancora nessuno ed essendo a ridosso del fine settimana, perdo ogni speranza che la mini-discarica venga "bonificata". Nel frattempo un rigattiere, di passaggio là davanti, suona chiedendomi se poteva ritirare lui il materiale. Per correttezza gli dico che sto aspettando quelli del servizio comunale i quali, peraltro, dopo l'ennesima telefonata mi rassicurano dicendo che sarebbero passati a prelevare il tutto quanto prima. A tutto il martedì successivo, ancora nessuno si fa vivo perciò chiamo il rigattiere per farlo venire a prelevare i serramenti ed Hera per annullare l'appuntamento. L'Odissea però non finisce qui. Il giorno dopo (siamo a mercoledì) quando finalmente la catasta è scomparsa per mano del rigattiere, mi chiama un operatore del call center dicendo che in serata o di notte sarebbe passato qualcuno a prelevarla. Comunico loro che mi ero già arrangiata dopo aver disdetto l'appuntamento ma, nonostante ciò, il mattino seguente (a una settimana di distanza da quando sarebbero dovuti venire) si presentano alla porta due operatori di Querciambiente che, non essendo stati avvisati, erano passati per il ritiro. Che dire?
Il maxi traliccio resiste Santa Barbara rilancia la
guerra anti antenne
L'assessore Litteri assicura che l'impianto sarà abbattuto ma è probabile
che ne sorga comunque un altro in zona
MUGGIA - Doveva essere abbattuta e trasferita. Invece, quattro anni dopo,
l'enorme antenna, di oltre 40 metri d'altezza, giace lì, immobile. Strana
storia, quella del traliccio di Santa Barbara, "ereditato" da Chiampore, sorto
su una zona sottoposta a vincolo archeologico, oggetto di una battaglia popolare
che aveva portato (almeno sulla carta) al suo abbattimento. E così, dopo anni di
promesse, il Comitato anti antenne torna a battere i pugni: «Non vogliamo
ecomostri a Santa Barbara». L'assessore all'Ambiente del Comune di Muggia Laura
Litteri rassicura: «Lo delocalizzeremo». Ma sempre in zona Santa Barbara. La
vicenda ha inizio verso la fine del 2013 quando, in seguito alla
delocalizzazione dei tralicci di Chiampore, partono i lavori di costruzione di
un megatraliccio di 42 metri in località Monte Castellier. Nel gennaio del 2014
il cantiere viene bloccato dalla Soprintendenza dei Beni archeologici del Fvg:
durante i lavori di costruzione del traliccio vengono rinvenuti dei reperti di
interesse archeologico, per l'esattezza un muretto di epoca romana. I lavori,
però, inizialmente bloccati, ripartono e il traliccio viene completato. Emerge
quindi un accordo firmato dalle ditte interessate alla costruzione del traliccio
stesso - Monte Barbaria srl e Klasse uno srl - assieme al Comune di Muggia, e
con il visto di approvazione della Soprintendenza, in cui si evidenzia che il
traliccio appena eretto dovrà essere tolto entro 18 mesi per essere ricollocato
in un altro sito. Una nuova area, intanto, viene individuata dal Comune, ma
l'ordinanza di occupazione viene vittoriosamente impugnata davanti al Tar dal
privato proprietario dell'area interessata. «Si è reso pertanto necessario
reperire nuove aree idonee alla propagazione delle trasmissioni e fuori dal
vincolo archeologico: individuate, d'accordo con la Soprintendenza, due nuove
aree, si sta attendendo ora l'accertamento dell'idoneità del luogo», racconta
Litteri. Una volta approvata l'idoneità, sarà necessario procedere
all'aggiornamento dello studio relativo all'idoneità del sito alla cosiddetta
propagazione delle trasmissioni nonché alla relativa valutazione d'incidenza.
Seguiranno l'adozione e l'approvazione di una variante urbanistica di dettaglio
per individuare la nuova area di delocalizzazione. Una volta raggiunto l'accordo
sull'aspetto economico (redazione del progetto, spese di acquisizione delle
aree, spese di costruzione del nuovo traliccio, spese di demolizione del
traliccio esistente e quant'altro) e una volta acquisite le aree, potranno avere
inizio i lavori. «Per garantire la continuità delle trasmissioni, il traliccio
esistente potrà essere abbattuto solo dopo che il nuovo traliccio sarà stato
attivato e le autorizzazioni ministeriali alla trasmissione diverranno
definitive, salvo segnalazioni, al competente Ministero, di peggioramento
dell'attuale situazione di interferenze e debordamento del segnale
radioelettrico oltreconfine», puntualizza la stessa Litteri. Edoardo Ciacchi,
portavoce del Comitato anti antenne di Santa Barbara, chiede con forza quanto
già chiesto quattro anni or sono: «Il traliccio a Santa Barbara non lo vogliamo.
Né dov'è ora, né in un altro punto». Ma, come accadde già durante la giunta
Nesladek, la richiesta è stata rimandata al mittente. «Come confermato dallo
studio radioelettrico alla base del Piano di delocalizzazione degli impianti, il
sito di Chiampore e quello di Santa Barbara risultano tra i più idonei
all'installazione di impianti di telecomunicazioni», sentenzia Litteri.
L'antenna, insomma, verrà sì delocalizzata, ma rimarrà comunque a Santa Barbara.
Riccardo Tosques
«Lotta ai cattivi odori a San Dorligo - Strada ancora
lunga»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Individuata la causa, resta il problema, molto
complesso: trovare la soluzione. Per eliminare, o per lo meno ridurre i cattivi
odori che, da anni, stanno mettendo in crisi migliaia di persone fra il
territorio comunale di San Dorligo della Valle e il rione di Borgo San Sergio,
cioè nelle aree che gravitano attorno all'oleodotto della Siot, sarà necessario
impegnare molte risorse a completare studi ancora in fase embrionale. È questo
il quadro, per nulla incoraggiante, delineato ieri dai tecnici dell'Agenzia
regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa) nel corso di una conferenza
stampa alla quale hanno partecipato anche il sindaco di San Dorligo Sandy Klun,
l'assessore Franco Crevatin e il presidente della Commissione comunale ambiente
Roberto Potocco. «Abbiamo fatto un'approfondita analisi - ha spiegato Fulvio
Stel, responsabile del Settore qualità dell'aria dell'Arpa - e siamo arrivati
alla conclusione che la causa delle molestie olfattive va individuata nella
presenza di "mercaptani". Si tratta - ha precisato Stel - di composti organici,
assimilabili ad "alcoli", in cui l'atomo di ossigeno è sostituito da uno di
zolfo, il cui odore è molto sgradevole per la specie umana». «Nei serbatoi - ha
ricordato Potocco - da una ventina d'anni arrivano greggi diversi da quelli di
mezzo secolo fa, quando la Siot iniziò a operare. Essi arrivano dalla regione
caucasica e sono ricchi di zolfo, perciò il formarsi di "mercaptani" è
inevitabile. Una delle conseguenze - ha aggiunto Potocco - è pure il crollo del
valore delle case vicine all'oleodotto». «Anche per questo - è intervenuto Klun
- registriamo proteste di nostri concittadini, ma riceviamo lamentele anche da
Aquilinia, Muggia e Borgo San Sergio». A complicare la situazione c'è anche una
normativa carente. «Non esiste una legge nazionale sulle molestie olfattive - ha
ripreso Stel - perciò arrivare a una precisa disciplina è uno degli obiettivi».
«Ce la stiamo mettendo tutta per risolvere il problema, perché garantire la
salute delle persone è obiettivo prioritario - così Crevatin - e in questo
abbiamo il conforto della Regione». La Regione stessa ha stanziato infatti 35
mila euro, su proposta dell'assessore Sara Vito, per «ricercare possibili azioni
di contenimento delle molestie olfattive». L'Arpa ha reso noto inoltre che 11
dei 23 recettori attivati sul territorio registrano un disturbo olfattivo in più
del 2% delle ore prese in esame nel corso di un anno, un valore considerato la
soglia limite, ma in alcuni degli altri si arriva a superare il 10%. La Siot ha
comunicato di aver messo nel bilancio preventivo 2018 investimenti utili per
accelerare la ricerca in questo settore. In particolare, saranno acquistati due
nuovi "nasi" elettronici portatili, saranno installati ulteriori tre sistemi di
nebulizzazione e sarà intensificata l'attività di scambio di informazioni con
l'Arpa.
Ugo Salvini
Industria: "Anti Ferriera" riuniti
Sarà presentato oggi alle 10.30 al San Marco, in un incontro aperto al pubblico, il Coordinamento per la chiusura dell'area a caldo della Ferriera. Lo comunica l'ex senatore Lorenzo Battista.
Le gallerie francesi - Le cavità settecentesche e la
magia delle perle
Nel rione di Longera lungo il corso del torrente Starebrech/Farneto esistono
alcune gallerie artificiali realizzate nella seconda metà del Settecento e che
molti ignorano. Sono delle cavità scavate dall'uomo ancora al tempo di Maria
Teresa e che avrebbero dovuto far parte dell'acquedotto che porta il nome
dell'imperatrice. Vengono chiamate Stena inferiore e superiore o, per tradizione
popolare, "le gallerie dei francesi". Situate all'interno dell'area del Bosco
Farneto (comunemente Boschetto ndr) sono di proprietà del Comune di Trieste che
non sembra riporre grande interesse in questo pezzo di storia cittadina. A
ragion del vero, ad occuparsene sono i volontari della Società Adriatica di
Speleologia che da decenni svolgono attività di monitoraggio e analisi. Paolo
Guglia è curatore regionale per il catasto delle cavità artificiali, nonché
membro della Sas. «L'organizzazione iniziale dell'acquedotto teresiano prevedeva
una certa dinamicità e la costruzione di diversi rami proprio perché il flysch e
l'arenaria non riescono a catturare le acque. Anche per questo motivo si pensa
di iniziare a raccogliere l'acqua anche nella vallata del torrente Starebrech».
In principio si pensa a costruire un collettore che corra parallelo a questo
patok (ruscello) e alcune gallerie di captazione sia per quanto riguarda la riva
sinistra sia per la destra orografica. «A cavallo dell'800 e successivamente
durante le invasioni napoleoniche i lavori si interrompono per diverse ragioni:
una di queste è rappresentata dalla vicenda di una contessa proprietaria dei
terreni che, non soddisfatta economicamente dell'esproprio che le autorità
avrebbero dovuto attivare nei suoi confronti, fa in modo che le lungaggini
burocratiche prendano il sopravvento». Le acque delle Stene vengono così
utilizzate dai contadini della zona e viene realizzato un lavatoio dove le donne
erano solite a lavare i panni di casa. «Sono gli abitanti di questa valle a
indicare le gallerie come francesi - continua Guglia - anche se il paradosso è
che sono proprio le invasioni napoleoniche a frenare lo sviluppo del progetto e
a renderle poco importanti». «Queste gallerie di captazione delle acque
raggiungono all'incirca i 120 metri di lunghezza - commenta Marco Restaino della
Sas - e al loro interno c'è molta acqua. Sono tra le più belle della zona, con
una limpidezza eccezionale, per cui sembra veramente di essere dentro ad una
grotta, con gamberetti e molti crostacei». La prima metà di queste gallerie è
invasa dall'acqua. «Nel tratto iniziale - continua Restaino - si procede in
leggera salita e non ci sono rivestimenti né archi a volta. Sono state scavate
nella roccia nuda e il fenomeno delle concrezioni interne è a dir poco
spettacolare». L'entrata della Stena inferiore negli ultimi 20 anni ha visto
crescere a dismisura una concrezione di travertino. «Facciamo sopralluoghi una
volta all'anno e non abbiamo mai avuto bisogno di allargarla». Una delle
curiosità legate alle due gallerie è che rappresentano un importante sito
riproduttivo della salamandra pezzata e della formazione delle pisoliti,
comunemente chiamate perle di grotta. «Sono concrezioni che si formano in
seguito alla presenza di granelli di sabbia, che per l'azione continua
dell'acqua ricca di minerali, ruotano in piccole vasche e per accumulo si
trasformano in perle. Ci piace pensare che la natura si stia riprendendo gli
spazi», conclude Restaino. Le Stene quindi rappresentano a tutti gli effetti un
elemento della Trieste da salvare. «Come nel caso delle grotte - commenta Guglia
- il discorso è sempre un problema molto complicato. Un impianto che produce
acqua per la comunità viene considerato pubblico mentre quando ci si trova di
fronte a queste sorgenti, che non trovano riscontro nell'interesse da parte
delle istituzioni, allora vengono accantonate come fossero delle vene d'acqua
qualsiasi». «Dovremmo chiederci se la Soprintendenza abbia interesse a ritenerle
importanti fino a considerarle vincolabili. Fino a quando il tutto non ha un
vincolo puntuale - afferma Guglia - allora l'accesso è considerato anche a
proprio rischio e pericolo». Contattati gli uffici di palazzo Economo, a margine
di un recente cambio di organico, non c'è un architetto che ricopre la carica di
responsabile della parte storico-architettonica (per il costruito, ndr) e
bisogna rivolgersi a Udine. Il Comune di Trieste non possiede un ufficio
preposto alla cura e al mantenimento di queste cavità così particolari (esiste
invece per i bunker e i sotterranei, ndr) e «non vogliono neanche saperne anche
per il fatto che altrimenti dovrebbero assumersi una responsabilità troppo
alta», commenta Restaino. «In questo caso - conclude Guglia - tranne a noi della
Sas queste gallerie sembrano interessare a pochi: da un lato tutto ciò può
essere considerato negativamente perché nessuno investirà mai del denaro per
proteggerle e valorizzarle, mentre dall'altro - il fatto che sorgano su terreno
comunale - fa in modo che nessuno possa mai ottenere i permessi per costruirci
sopra una villa». Se sono ancora accessibili lo si deve al lavoro degli
speleologi della Sas, che contribuiscono a rendere vivo l'interesse per il
sottosuolo. Essi rifuggono la superficie e amano la profondità.
Nicolò Giraldi
GREENSTYLE.it - MARTEDI', 27 marzo 2018
Rinnovabili: 96% italiani chiede investimenti sulle energie pulite
Cresce la percentuale di italiani che chiede investimenti sulle energie rinnovabili. Questo il quadro tracciato dall’indagine promossa da Lifegate e realizzata da Eumetra MR, che vede il 96% degli intervistati chiedere di puntare sulle fonti pulite (+6% rispetto al dato 2017) per ridurre la dipendenza dell’Italia dalle fonti fossili.
Fonti verdi al centro dei pensieri degli italiani secondo l’indagine Lifegate-Eumetra, ma anche temi come il risparmio energetico. Il 70% degli intervistati ha scelto di utilizzare elettrodomestici a ridotto consumo, rispetto al 53% del 2017, anche a costo di pagare di più per l’acquisto: il 73% si dichiara disponibile in tal senso per quanto riguarda le lampadine LED, il 68% per disporre di elettrodomestici più efficienti, il 31% per utilizzare elettricità prodotta da fonti rinnovabili e il 22% per acquistare una vettura elettrica o ibrida piuttosto che a benzina o diesel. Un segnale quest’ultimo che si ripercuote anche sul versante della mobilità. Il 33% evita quando possibile di utilizzare l’auto privata in favore di soluzioni più sostenibili, frutto anche della crescente preoccupazione degli italiani per l’inquinamento atmosferico delle città (90%). Proprio la circolazione stradale è considerata l’area di intervento più valida per contrastarlo. Ecco quindi che il 96% degli intervistati (rispetto all’89% del 2017) risulta convinto della necessità di puntare sul potenziamento del trasporto pubblico per spingere gli automobilisti a utilizzare meno le auto, anche a costo di limitazioni alla circolazione dei veicoli. Tra i mezzi ritenuti più amici dell’ambiente figurano auto elettriche e ibride (38%) e le biciclette (36%), mentre il 64% ritiene la realizzazione di nuove piste ciclabili una priorità per le città. Italiani più attenti alla sostenibilità anche quando si tratta di alimentazione, con l’85% che approva il sostegno all’agricoltura biologica. Il 52% (44% nel 2017) si dichiara disposto a spendere di più per alimenti certificati bio, mentre il 19% risulta un consumatore abituale. In crescita anche la quota di chi scegli il km zero anche se a costi più alti, 64% rispetto al 58% dello scorso anno, e chi sceglie sempre prodotti a filiera corta (35%).
Claudio Schirru
GREENSTYLE.it - MARTEDI', 27 marzo 2018
Rifiuti: mancato riuso, in Italia sprecate 60 mila tonnellate all’anno
Attualmente il 2% dei rifiuti prodotti in Italia potrebbe essere destinato al riuso poiché costituito da beni durevoli riutilizzabili. È quanto rivela il Rapporto Nazionale sul Riutilizzo 2018, da cui si apprende che riprendere questa apparentemente piccola percentuale significherebbe recuperare ben 60 milioni di euro all’anno che attualmente vengono persi.
Presentato ieri a Roma e realizzato da Occhio del Riciclone in collaborazione con Utilitalia, la Federazione delle imprese italiane dei servizi idrici, energetici e ambientali, il Rapporto mette in evidenza le possibilità del riuso dei rifiuti nell’economia nazionale; sebbene la filiera conti già di alcune iniziative utili in tal senso, oggi in Italia si buttano annualmente circa 600 mila tonnellate di “beni potenzialmente riutilizzabili”. Dai mobili ai giocattoli, dai libri agli elettrodomestici agli oggetti di vario genere, sono tantissimi i beni che potrebbero essere riusati, ma che vengono appunto destinati al cestino dei rifiuti. Nonostante le iniziative, soprattutto proposte dai negozi dell’usato e dai commercianti ambulanti, si segnala in occasione del Rapporto Nazionale sul Riutilizzo 2018 la mancanza di una normativa che disciplini gli impianti di “preparazione per il riutilizzo”, la cui fattibilità è già stata dimostrata ma, come commentato da Pietro Luppi, Direttore del Centro di Ricerca Occhio del Riciclone: In Italia già da alcuni anni si parla di integrare il settore del riutilizzo alle politiche ambientali, e i tempi sembrano essere maturi perché si arrivi a un punto di svolta a partire dal quale le filiere si articoleranno, struttureranno e regolarizzeranno. Bisogna però insistere sulla professionalizzazione e sulla pianificazione, nella coscienza che il riutilizzo non è un gioco ma un’enorme opportunità per generare sviluppo locale e risultati ambientali.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 marzo 2018
Acegas potenzia la raccolta di rifiuti verdi - Installati nuovi contenitori per raccogliere sfalci e ramaglie all'interno di cinque isole ecologiche
Dieci nuovi contenitori per differenziare al meglio i rifiuti verdi. Li ha posizioni nei giorni scorsi AcegasApsAma all'interno di cinque isole ecologiche presenti in zone particolarmente ricche di aree verdi private o condominiali. I nuovi contenitori si aggiungono a quelli già installati nel corso del 2016-2017, ma si distinguono da questi ultimi perché di dimensioni più ridotte (660 o 1.100 litri invece di 3.200), per risultare adatti anche alle vie più strette, tipiche di alcune zone di Trieste. Sono stati posizionati infatti nella zona di via Artemidoro, via Romagna, via Montello e via Virgilio. Nel corso dei prossimi mesi, verranno posizionati altre batterie di contenitori della medesima tipologia identificando zone della città particolarmente ricche di aree verdi. I cassonetti, per essere facilmente identificabili, oltre al pittogramma con l'indicazione del tipo di raccolta, hanno una livrea personalizzata, caratterizzata da adesivi verdi a motivo floreale e una banda superiore contenente la chiara indicazione di conferire esclusivamente sfalci e ramaglie. E' infatti assolutamente fondamentale che nei nuovi cassonetti non vengano introdotti altri tipi di rifiuti, che inevitabilmente comprometterebbero la qualità della raccolta. Nello specifico è importante fare attenzione nel conferire i rifiuti, in quanto i nuovi contenitori sono simili ai cassonetti per il rifiuto secco non riciclabile, ma a differenza di questi ultimi sono sprovvisti di coperchio, allo scopo di facilitare il conferimento delle ramaglie, tipicamente ingombranti e di difficile trasporto manuale. E' quindi fondamentale non confondere i contenitori e ricordare che nei contenitori privi di coperchio vanno conferiti solo gli scarti dei giardini. Il posizionamento di questi speciali cassonetti, oltre a incrementare la quantità raccolta di sfalci e potature, consente di migliorare la qualità della raccolta differenziata degli scarti di cibo, che continua normalmente attraverso i classici contenitori con coperchio marrone. AcegasApsAmga ricorda comunque che la raccolta stradale di sfalci e ramaglie non sostituisce, ma integra le altre modalità di smaltimento a disposizione dei triestini. È infatti sempre possibile conferire il verde presso i centri di raccolta abilitati di strada per Vienna 84/a e Via Carbonara 3. Inoltre continua a essere attivo il servizio di ritiro a domicilio per le utenze con giardino.
Ferriera - Nasce il coordinamento contro l'area a caldo
La chiusura e la riconversione dell'area a caldo della Ferriera sono obiettivi attorno ai quali si è costituito un coordinamento tra più soggetti da tempo impegnati in queste sfide. Il progetto, che coinvolge No Smog, Comitato 5 dicembre, Legambiente Trieste - Circolo Verdeazzurro, Nimdvm e Wwwf Trieste, verrà presentato domani alle 10.30 al Caffè San Marco
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 marzo 2018
La Icop si fa avanti per il Parco del mare - La società
che sta costruendo la piattaforma logistica punta il project financing
Intanto la Fondazione scrive alla Cciaa per blindare il suo ruolo da
protagonista
Descritto a lungo come un castello in aria, ora più che mai il Parco del
mare è a un passo dal diventare concreto. Un'importante realtà privata ha
manifestato a tutte le istituzioni coinvolte il suo interesse a partecipare al
bando per il project financing dell'opera: si tratta della friulana Icop,
l'azienda che sta già realizzando la piattaforma logistica del Porto di Trieste.
La lettera è di fine gennaio, ma è stata resa nota soltanto ora. E mentre
accelerano le procedure burocratiche che dovrebbero sbloccare l'avvio dell'opera
(vedi articolo a parte), la Fondazione CRTrieste spinge sulla Camera di
commercio per avere un ruolo da protagonista nel futuro del Parco. Cominciamo
dalla Icop. Il 29 gennaio l'azienda ha inviato una lettera, firmata dal
presidente Vittorio Petrucco, a Regione, Comune, Autorità di sistema portuale,
Camera di commercio e Fondazione: appreso dalla stampa del futuro bando per la
realizzazione e la gestione, la Icop manifesta il suo interesse all'iniziativa e
si candida come promotore per la realizzazione del Parco del mare in project
financing. L'azienda chiede alle amministrazioni di poter visionare copia di una
serie di documentazioni necessarie ad attestare l'avanzamento dell'iniziativa.
L'obiettivo, scriveva Petrucco in gennaio, è presentare un progetto di
fattibilità tecnico-economica entro il maggio 2018, in collaborazione con quelle
che definisce aziende di comprovata esperienza nella progettazione, costruzione
e gestione di strutture di questa natura. Spiega ora il presidente di Icop: «In
gennaio avevo chiesto se si poteva avere la documentazione per capire qual era
la situazione, perché stavamo immaginando di fare una proposta. A dire il vero
non ho ricevuto molto». Ciononostante l'interesse rimane: «Direi di sì. Anche se
bisogna capire meglio. Mi piace Trieste, vorrei continuare a lavorare qui».
L'entrata in scena di Icop, in ogni caso, attesta il potenziale interesse dei
privati verso l'opera, fino a ieri tutto da dimostrare. Ma in un momento in cui
Trieste catalizza investimenti da più parti, anche per il Parco del mare pare
esserci speranza. La questione non è secondaria: se al momento i finanziamenti
presenti ammontano a 9 milioni messi a disposizione dalla Cciaa, altri 9 dalla
Fondazione CRTrieste e 2 milioni dalla Regione, la comparsa di un privato
significa che c'è qualcuno che può valutare di mettere i 22 milioni mancanti per
poter inaugurare, un domani, il nuovo acquario triestino. È sullo sfondo di
questi avvenimenti che si svolge il recente botta e risposta fra Fondazione e
Camera di Commercio della Venezia Giulia. In una lettera riservatissima, che
nessuno dei due enti ha voluto diffondere, il presidente della Fondazione
Massimo Paniccia fa sapere al suo omologo in Cciaa Antonio Paoletti che, se la
realizzazione dell'opera dovesse venir fatta direttamente da privati, l'ente
bancario non riterrebbe opportuno partecipare per questioni di statuto. In
alternativa, e qui c'è il punto pregnante della missiva, la Fondazione
sottolinea che una società compartecipata assieme alla Cciaa potrebbe fare bene
il ruolo di promotore di un project financing. Si tratta di un passaggio
soggetto a diverse possibili interpretazioni. Gli accordi fra Cciaa e
Fondazione, infatti, prevedevano che le due realtà acquisissero Trieste
Navigando, la società detentrice di Porto Lido (sito designato per l'opera), con
un 49% per la prima e un 51% per la seconda. Proprio questo soggetto è quello
destinato a fare da stazione appaltante, fa sapere la Camera di commercio. Lo
sottolinea Paoletti: «La Cciaa persegue con coerenza, da 14 anni, l'obiettivo di
realizzare un'opera di primario interesse pubblico come il Parco del mare.
Perciò ci siamo attivati per corrispondere a quanto richiesto dalla Fondazione
CRTrieste, con un continuo e puntuale aggiornamento in incontri tra me e il
presidente Paniccia, nel rispetto tempestivo del contratto con la stessa
Fondazione sottoscritto per l'acquisizione delle quote azionarie della Trieste
Navigando Srl. Ora siamo solo in attesa della formalizzazione del riscontro
positivo già manifestato dalle istituzioni coinvolte». Quanto alle modalità di
realizzazione, Paoletti dice: «Noi e la Fondazione siamo contrattualmente
impegnati per svolgere un ruolo di stazione appaltante ai sensi dell'articolo
153, comma 19, del decreto legge 163 del 2006, come richiesto dalla Fondazione
stessa e dagli altri enti, e non un ruolo di promotore di project financing».
Giovanni Tomasin
Il Piano Regolatore modificato ad hoc - In dirittura d'arrivo il testo della bozza. Entro aprile in giunta. Dipiazza: "Io ho fatto la mia parte, adesso tocca agli altri"
«La proposta di modifica al piano regolatore per il Parco del mare nell'area ex Porto Lido arriverà in giunta ad aprile. Poi ci saranno cinquanta giorni per le osservazioni, e infine la delibera approderà in Consiglio comunale». Il sindaco Roberto Dipiazza sintetizza così l'iter delle modifiche al piano cittadino che dovrebbero aprire la strada all'edificazione del Parco del mare nello spazio adiacente al bagno La Lanterna, comunemente noto come Pedocin. Chiosa Dipiazza: «Io ho fatto la mia parte - dice - ora sta agli altri attori fare la loro per realizzare l'opera». La bozza di modifica al piano regolatore sta venendo elaborata dagli uffici comunali ma, assicura il sindaco, è in dirittura d'arrivo. L'assessore all'urbanistica Luisa Polli ipotizza addirittura un'accelerazione: «Andremo in adozione presumibilmente entro il mese di marzo. Dico così perché ovviamente spetta ai tecnici predisporre tutti gli atti. Al massimo può slittare di un mese, siamo comunque ai passi finali. Poi ci sarà il tempo per osservazioni, circoscrizioni e si passerà alla fase di approvazione e poi vediamo». L'unico altro passaggio, dice, «sarà sottoscrivere un accordo tra Autorità portuale, Comune e Regione perché lì vige il piano regolatore portuale che noi non possiamo modificare: per quanto riguarda il nostro strumento urbanistico non c'è problema, ma va armonizzato con quello del porto. In ogni caso gli uffici del presidente Zeno D'Agostino sono già al lavoro e il loro iter è molto più breve del nostro». L'acquario va così a collocarsi nel disegno della giunta di revisione di Campo Marzio, che include la realizzazione di un nuovo spazio commerciale e turistico al posto del vecchio mercato ortofrutticolo. L'area ex Cartubi ed ex Porto Lido ha una storia travagliata. Per oltre un decennio si è vagheggiato sull'idea di realizzare sul posto un marina da 117 posti barca. Incaricata di farlo era la società Trieste Navigando, filiale triestina dell'ormai liquidata Italia Navigando. Tramontato il progetto, la società è finita in mano a Invitalia, che ha provveduto a metterla in vendita: questo è il contesto che ha portato la Camera di commercio e la Fondazione CRTrieste a individuare proprio in Trieste Navigando il soggetto ideale per fare da stazione appaltante per la realizzazione del Parco del mare. La società è infatti detentrice della concessione pluridecennale sull'area rilasciata dall'Autorità portuale. Nell'ottobre del 2016 il cda di Invitalia ha deliberato il preliminare relativo alla cessione del 100% di Trieste Navigando alla Cciaa e alla Fondazione per un totale di 62 mila euro. Nel dicembre scorso Dipiazza e il presidente della Camera di commercio della Venezia Giulia Antonio Paoletti erano andati in sopralluogo a Porto Lido. Una visita che aveva convinto il primo cittadino: «È una delle zone più degradate di Trieste, se non la più degradata», aveva dichiarato. Dipiazza aveva sottolineato il potenziale di «importante attrattore turistico» del progetto, attaccando i suoi oppositori: «Come si fa a dire che il Parco del mare rovinerà un'area che oggi giace nel completo abbandono?». All'inizio dello scorso anno l'ipotesi della collocazione a Porto Lido aveva portato alla nascita del comitato "La Lanterna", guidato dalla portavoce Giorgetta Dorfles, che si opponeva alla realizzazione del grande acquario in quel punto. La motivazione principale era il potenziale effetto dell'edificio sulla linea di costa cittadina: per il comitato avrebbe oscurato lo storico faro che caratterizza il molo. Accuse respinte dalla Cciia.
(g.tom.)
Un'idea nata dalla delusione Expo - Nel dicembre 2004,
al ritorno dalla missione a Parigi, il lancio del mega acquario
Lunga e travagliata correva la strada del Parco del mare. Il progetto, ormai
una sorta di obiettivo di vita per il suo ideatore Antonio Paoletti, aleggia su
Trieste ormai dal dicembre 2004, quando il presidente della Camera di commercio
lanciò l'idea con squilli di trombe sulla via del ritorno da Parigi, dove la
delegazione triestina aveva appena incassato una brutta batosta per l'Expo del
2008. L'ipotesi di partenza, nelle parole di Paoletti, era di realizzare «il più
grande acquario del Mediterraneo, una struttura da insediare proprio nel sito
previsto per l'Expo, da qualche parte tra Barcola e il Porto vecchio, e da far
lavorare 365 giorni su 365. Un acquario superiore anche a quello di Genova». In
principio si pensò di collocarlo sul terrapieno di Barcola, peccato che poco più
tardi sia arrivato il sequestro dell'area a causa dell'inquinamento. Nel 2006 il
Parco del mare risorge con una nuova ipotesi progettuale: lo spazio del mercato
ortofrutticolo di Campo Marzio, a due passi dall'area ex Cartubi di cui si
discute adesso. Se ne parla per un paio d'anni, ma le complicazioni sono
diverse: in primis, c'è il fatto che la proprietà dell'area non è soltanto del
Comune. Nel 2008 l'acquario viene catapultato da un'altra parte, sulle Rive, tra
il Salone degli Incanti, il Magazzino vini e l'area ex Bianchi. Ci sono dei
contatti fra le istituzioni interessate e i proprietari dell'area, ma a metà
2009 il progetto subisce uno stop a causa di uno studio del Comune (sindaco
ancora Roberto Dipiazza) che pone forti dubbi sulla sostenibilità economica del
Parco. Nella primavera del 2010 il sindaco suona quelle che tutti interpretano
come campane a morto per il progetto: «La soluzione è piazzare delle vasche per
i pesci all'interno del Salone degli Incanti senza mettersi a costruire
mega-strutture insostenibili. Trieste può sopportare un acquario da 200-300 mila
visitatori l'anno, non un Parco del mare da un milione di presenze con costi di
manutenzione folli». Nel 2011 arriva il sindaco dem Roberto Cosolini, che l'anno
successivo propone di rilanciare l'ipotesi Campo Marzio. Meno di un anno dopo,
nel giugno 2013, spunta una nuova proposta: i magazzini 3 e 4 del Porto vecchio,
in mano a Greensisam. Non se ne fa nulla. Nel frattempo cambia la giunta
regionale e nel giugno del 2014 il vicepresidente Sergio Bolzonello (ora
candidato del centrosinistra alla guida della Regione) sentenzia: «Neanche un
euro, progetto inattuabile». In seguito la Regione cambierà idea. La svolta
arriva nell'ottobre 2014, quando Paoletti tira fuori la destinazione di Porto
Lido. Nel settembre del 2015 il progetto viene presentato alla Regione: lo firma
l'architetto statunitense Peter Chermayeff, autore degli interventi all'acquario
di Genova e dei parchi acquatici di Boston, Osaka, Baltimora e Lisbona. Il
disegno iniziale, piuttosto grandioso, verrà poi ridotto per venire incontro
alle esigenze di contenimento di costi e spazi. Nel dicembre dello stesso anno
Fondazione CRTrieste comunica che si rende disponibile a stanziare l'importo
complessivo di altri nove milioni di euro per la realizzazione del progetto, in
aggiunta alle risorse già investite. Il resto è storia recente: la Regione mette
a disposizione dei fondi, Cciaa e Fondazione si accordano per acquisire Trieste
Navigando. Il Comune si attiva per il cambio di piano regolatore, senza contare
il fatto che Costa Edutainment, ramo acquari della compagnia d'armatori,
manifesta il suo interesse per la gestione della struttura. I costi? Nel
complesso 44 milioni. Questa la ripartizione: 19 milioni per gli interni e gli
impianti, quasi 16 milioni per la realizzazione edile, poco meno di 4,5 milioni
destinati alla progettazione. A regime una settantina gli addetti.
(g.tom.)
«Acqua all'arsenico, rischi per un milione di persone»
Livelli superiori ai limiti di legge secondo indagini condotte nel nord
della Serbia e in alcune aree di Croazia e Ungheria. Da valutare le conseguenze
per la salute
BELGRADO - «Com'è l'acqua? Ha un sapore strano». «Si può bere? Sì, ma per i
bambini compro quella in bottiglia». Scene e dialoghi ascoltati più volte, oggi
così come in passato, in varie parti della Vojvodina, da Sombor a Kikinda.
Scambi di opinioni e forti apprensioni incentrate sull'acqua che scorre dai
rubinetti delle case nel nord della Serbia. Acqua che molto spesso non sarebbe
di buona qualità, secondo la vox populi. Voce che è stata corroborata in questi
ultimi giorni da una ampia inchiesta prodotta per il Balkan Fellowship for
Journalistic Excellence, in cooperazione con il Balkan Investigative Reporting
Network (Birn), dedicata proprio all'acqua. Un'indagine che ha lanciato un
severo allarme confermando che «circa un milione di persone», in particolare
nell'area settentrionale della Vojvodina, ma anche nella vicina Croazia e in
Ungheria, sono esposte a gravi rischi per la propria salute. A causa dell'«acqua
potabile dai livelli di arsenico oltre il limite di legge».È un'inchiesta che
nasce nell'area di Vinkovci, in Croazia, dove nel 2014 un ingegnere del posto
decise di dare un'occhiata alle analisi dell'acqua nella regione, scoprendo
«livelli di arsenico superiori di tredici volte il limite», in particolare a
Komletinci, un paesino dalle parti di Otok, non lontano dal confine con la
Serbia. Ma Komletinci è solo l'anello di una catena più ampia. Il villaggio
sorge infatti su una vasta area "transfrontaliera" che soffre di simili
problemi. Lo hanno dimostrato recenti analisi commissionate da Birn in diversi
territori nel nord della Serbia e in Croazia, alla ricerca dell'arsenico nei
rubinetti o delle risposte delle autorità locali contattate. I risultati sono in
certi casi di molto superiori ai dieci microgrammi per litro prescritti dalla
legge e raccomandati dall'Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità. In una
decina di comuni nell'Est della Croazia i limiti sono stati superati di cinque
volte, ma il problema maggiore è proprio in Vojvodina. I numeri svelati da Birn
parlano chiaro: Backi Monostor, livelli d'arsenico tra 77 e 82 µg/litro; Ravno
Selo 103; nell'area a sud di Subotica tra 13 e 99; a Ostojicevo 125; a Padej
132. E poi ci sono i record. Quelli di Taras (315-321). O di Novi Becej,
260-273, vicino a Zrenjanin, dove a causa dell'arsenico «l'acqua è stata
dichiarata non potabile nel 2004». E dove un depuratore, al primo dicembre 2017,
attendeva ancora i permessi per iniziare a operare.L'inchiesta ha citato anche
uno studio del 2012 per confermare che l'emergenza è reale anche nel sud
dell'Ungheria. Sono tutte aree dove milioni di anni fa si estendeva il Mare
pannonico. Che in eredità ha lasciato chilometri di sedimenti «ricchi di
arsenico», appunto, che contamina le falde e l'acqua. E «si accumula poi nel
corpo, col passare del tempo, e può essere mortale», ha scritto Birn. Birn ha
ricordato che, al momento, non esistono studi sulle conseguenze dell'acqua
contaminata sugli esseri viventi nelle regioni prese in considerazione, anche se
un rapporto del 2012 dedicato a Ungheria, Romania e Slovacchia ha trovato
«solide prove di una associazione tra esposizione di lungo periodo all'arsenico»
e tumori. Gli allarmi riguardano, secondo Birn, un numero enorme di persone.
Sono infatti un milione circa quelle che vivono nelle aree a rischio, obbligate
a bere acqua che scende da "rubinetti tossici", la maggior parte - 630mila - in
Vojvodina, 170mila circa in Croazia, 100mila in Ungheria.Quali i rischi? Per l'Oms
l'arsenico è «altamente venefico» e l'acqua contaminata usata per bere, ma anche
per irrigare i campi, è una «minaccia grave». Che fare? Per l'Oms l'unica via è
«fornire fonti d'acqua sicure», attraverso depuratori, «centralizzati o
domestici». Una via che, suggerisce l'inchiesta, le locali autorità dovrebbero
prendere urgentemente in considerazione.
Stefano Giantin
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 marzo 2018
Trieste da salvare/1 - Rilancio di Porto vecchio e
difesa degli storici binari
Angoli dimenticati. Piccoli tesori lasciati ammuffire. Gioielli artistici e
architettonici, che in molti pagherebbero per poter ammirare, ridotti a ruderi
senza attenzioni né pubblico. Sono tante le ricchezze che Trieste, città spesso
senza memoria, non solo non valorizza, ma rischia di perdere per sempre a causa
di degrado e incuria. È dedicato proprio a queste "perle" più o meno sconosciute
l'inchiesta del Piccolo sulla "Trieste da salvare". Un viaggio nelle rimozioni,
che non può che partire dal Porto vecchio: 60 ettari dimenticati per 60 anni, e
che ora, tornati alla città, rischiano di veder cancellate la loro identità nel
progetto riqualificazione urbana.Il Porto vecchio corre infatti il pericolo di
"deragliare" dagli storici binari. Una possibilità contro la quale scende in
campo Italia Nostra di Trieste, che invita in questo senso a prendere esempio da
Londra. «Il patrimonio storico, architettonico e ferroviario del Porto vecchio
deve diventare risorsa economica e obiettivo di sviluppo come già avvenuto in
altre città storiche portuali - afferma la presidente di Italia Nostra,
Antonella Caroli -. A Londra, nell'area delle storiche stazioni di King's Cross
e St Pancras, migliaia di persone attraversano ogni giorno ampi spazi
pavimentati rigorosamente in pietra, nei quali sono stati conservati, accanto a
storici magazzini, i tracciati ferroviari e le piattaforme girevoli, a
testimonianza delle attività di interscambio delle merci legate alla strada
ferrata. Un fascino irripetibile che celebra il carattere ferroviario
dell'area». Il recupero di Porto vecchio insomma, a detta dell'associazione
ambientalista, non può passare attraverso il seppellimento della rete
ferroviaria storica, come rischia di accadere con la realizzazione dei 50 posti
auto del parcheggio Bovedo. «In questi giorni, in molte zone d'Italia è stata
celebrata l'XI Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate. In questa ottica
anche Trieste vuole mettere in luce e valorizzare la natura ferroviaria del
Porto vecchio, dove in un'estesa area adiacente alla Stazione, dal Molo IV a
Barcola Bovedo, sono visibili i numerosi binari che hanno consentito lo sviluppo
dello scalo portuale sin dalla fondazione, come avvenuto a Fiume, assieme a
Trieste tra i più importanti porti ferroviari», ricorda Caroli. Del resto «i
porti non potrebbero movimentare le merci e distribuirle sul territorio senza
collegamenti ferroviari efficaci». É la storia a dimostrarlo. «A metà '800 erano
proprio le compagnie ferroviarie a costruire gli impianti portuali (vedi nel
caso di Trieste la Suedbahn e la Compagnia delle strade ferrate francesi) -
racconta la presidente di Italia Nostra -. Trieste è collegata a Vienna da ben
160 anni dalla ferrovia, attraverso i 577 chilometri della linea Meridionale o
Suedbahn. Questo fondamentale asse ferroviario permise l'entrata della città e
del porto nell'era moderna e mercantile, anche attraverso una qualificata e
capillare rete di binari al servizio di moli, banchine, magazzini e piazzali,
con un'estensione di oltre 40 chilometri».Una rete unica a livello portuale. Dal
valore inestimabile. Già servito dalla ferrovia Meridionale, dal 1887 il porto
venne ulteriormente collegato al territorio da una seconda linea ferroviaria,
detta della Val Rosandra, che attraverso le rive si collegava al Porto vecchio e
allo scalo di Barcola Smistamento, dove esistono ancora la rimessa per la
manutenzione delle locomotive e l'impianto per il rifornimento dell'acqua. Gli
impianti ferroviari interni all'area portuale erano collegati alla stazione di
Trieste Centrale attraverso due varchi: uno in prossimità del Magazzino 8 e uno
vicino al Magazzino 26. I binari destinati al carico e allo scarico delle merci
erano suddivisi in quattro allineamenti, disposti parallelamente alle rive
portuali. Di questi, alcuni sono ancora utilizzati al servizio
dell'Adriaterminal. «In questa rete - proseguono da Italia Nostra - alcuni
dispositivi ferroviari e scambi "sporgenti" sembrano essere "scomodi" o limitare
interventi di sistemazione dell'area». E, infatti, nel progetto del parcheggio
Bovedo, si prevede si smontarli e di conservarli in un magazzino. «Non si
comprende perché a Trieste non si riesca a fare come in altre città o
all'estero, dove le strutture ferroviarie sono state considerate indispensabili
per la riqualificazione di siti storici» insiste Caroli citando la legge di
salvaguardia 128 del 9 agosto 2017.E quindi? «Nel recupero dell'area del Porto
vecchio sarebbe importante conservare parte del tracciato storico ferrato,
completo degli scambi utili e il cui armamento è ancora in ottime condizioni,
per poter offrire un collegamento a scopo turistico e culturale - proseguono
dall'associazione -. Collegamento che sarebbe anche al servizio degli utenti
delle società nautiche e degli spazi destinati alla balneazione. Inoltre i
binari sulla parte non inquinata del terrapieno di Barcola potrebbero essere
sfruttati per attrezzare a fianco un parcheggio, destinato sia alle auto sia ai
pullman turistici, realizzando così un punto di interscambio strada/ferrovia dal
quale raggiungere il centro. Nulla vieterebbe poi di utilizzare in futuro non
solo motrici ferroviarie di tipo storico, ma anche a trazione elettrica. Un
servizio aggiunto di trasporto - conclude la presidente di Italia Nostra -, che
invece di sacrificare la storia diventerebbe elemento di attrazione e
sfruttamento di strutture esistenti».
Fabio Dorigo
A San Dorligo la Tari più leggera della provincia - La
classifica dei costi pubblicata dalla Camera di commercio - Monrupino maglia
nera. Klun: «Ottimo accordo con la A&T»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - San Dorligo della Valle-Dolina è il Comune del
territorio provinciale triestino nel quale si paga il costo più basso per la
raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. È di 71 euro, infatti, l'importo annuo
per la cosiddetta Tari, la "tassa rifiuti" che deve sostenere una persona che
vive da sola in quel Comune. Si sale a 75 euro per la stessa situazione
familiare nel Comune di Duino Aurisina, a 94 a Sgonico, 105 a Trieste, 113 a
Muggia e 125 a Monrupino. San Dorligo rimane in testa a questa particolare
classifica, pubblicata dalla Camera di commercio, anche quando il numero dei
componenti la famiglia cresce. Nell'ipotesi di un nucleo composto da tre
persone, a San Dorligo il costo è di 188 euro, a Duino Aurisina, sempre secondo,
l'importo è di 197, a Muggia, che in questo caso sale in terza posizione,
scavalcando Sgonico (241), bisogna sborsare 236 euro; Trieste si conferma in
penultima posizione (304) e Monrupino rimane ultimo anche in questo caso con 318
euro. La graduatoria fa registrare invece un cambiamento nel caso i componenti
siano cinque: in tal caso è Duino Aurisina a balzare in testa con l'importo più
basso, che è di 273 euro, mentre San Dorligo passa in seconda posizione con 280
euro. Terza è Muggia con 352, quarto Sgonico con 361, quinta Trieste con 439 e
ultimo sempre Monrupino con 489.A rimarcare il fatto che i residenti di San
Dorligo della Valle sono favoriti in questo speciale contesto è il loro sindaco,
Sandy Klun: «Il merito va a una serie di fattori - spiega -, frutto dell'impegno
dell'amministrazione nel predisporre una buona convenzione con la A&T, l'azienda
di Codroipo che dal luglio dello scorso anno provvede alla raccolta e allo
smaltimento dei rifiuti nel nostro territorio. L'accordo si è rivelato molto
efficace e l'opera dell'azienda friulana superiore alle migliori aspettative.
Non a caso - precisa Klun - la A&T è stata collocata al terzo posto in Italia
nella classifica dei gestori, nell'ambito del premio nazionale "Comuni ricicloni
2017", a conferma della qualità del servizio che sono in grado di assicurare».
Altrettanto importante però, continua il sindaco, «è il virtuoso comportamento
dei nostri concittadini, che hanno capito l'importanza di un giusto impegno
nella differenziata. Per un Comune delle dimensioni del nostro è fondamentale
poter vendere a chi poi li ricicla, determinati materiali. Per fare un esempio -
spiega - la plastica leggera da imballo, se limita le impurità a meno del 20%
del totale, ci permette di incassare 300 euro circa a tonnellata. Si tratta di
cifre che poi possiamo utilizzare per garantire ai nostri concittadini servizi
di maggiore qualità». Oltre alla graduatoria delineata in base ai costi, Klun si
dice molto soddisfatto anche perché «nel nostro Comune stiamo superando l'80%
nella differenziata. Tutto questo - annuncia - ci permetterà di ridurre
ulteriormente le tariffe Tari. Contiamo di scendere a circa 62 euro per le
famiglie formate da una sola persona, a 163 per quelle con tre e a 268 per
quelle con cinque». Conta di calare le tariffe anche Marko Pisani, sindaco di
Monrupino. «Stiamo attuando un piano per migliorare la differenziata - conferma
-, il che ci permetterà di calare i costi a carico della popolazione per questo
servizio». Pisani spiega anche il motivo che porta il suo Comune all'ultimo
posto nella graduatoria provinciale: «Nel territorio di mia competenza vivono
meno di 900 persone. È evidente che i costi fissi del servizio di asporto e
smaltimento rifiuti incidono di più laddove non possono essere spalmati su una
popolazione più numerosa».
Ugo Salvini
Volontari testeranno le nuove tariffe sui rifiuti - Il
Consiglio comunale di Muggia approva la proposta del M5S. Un tavolo ad hoc e poi
via alle simulazioni
MUGGIA Individuare un gruppo di cittadini volontari per sperimentare la
tariffa puntuale sulla raccolta differenziata di rifiuti. Questo il progetto
contenuto in una mozione presentata da Emanuele Romano (capogruppo del M5S)
durante l'ultima seduta del Consiglio comunale di Muggia. Il documento, passato
con l'approvazione di tutti i consiglieri, impegna la giunta Marzi ad attivare
un tavolo di lavoro per determinare una ipotesi di tariffa puntuale individuando
poi un gruppo di cittadini volontari sul quale sperimentare le proposte
discusse. Una volta finito il periodo sperimentale, probabilmente di un anno, il
sindaco Laura Marzi si impegnerà a rivedere ed eventualmente correggere
l'ipotesi di tariffa puntuale, sulla base delle segnalazioni e considerazioni
pervenute, al fine di avviare definitivamente la tariffazione puntuale.
«Vorremmo evitare quanto successo con la raccolta dei rifiuti, l'imposizione
dall'alto di un sistema pieno di criticità pratiche irrisolte. Si chiede un
tavolo di lavoro per determinare una tariffa sperimentale e l'individuazione di
utenti volontari che, pur pagando la Tari in vigore, ricevano comunicazione di
quanto pagherebbero con la tariffa puntuale e diano suggerimenti per migliorare
il sistema: una volta affinato, si potrà estendere quanto già rodato sul campo»,
il commento di Romano. Aperto al dialogo il capogruppo Pd Massimiliano Micor:
«Avremo modo di discutere con tutte le forze che auspicano il passaggio alla
tariffazione puntuale per individuare le modalità che sono da ritenersi
preferibili e sostenibili. Auspichiamo un metodo di condivisione e confronto
collaborativo nel quale si realizzi l'obiettivo della mozione». Respinta invece
da tutta la maggioranza - ma anche da Movimento 5 Stelle, Obiettivo comune per
Muggia e Meio Muja - la mozione delle tre forze del centrodestra che chiedeva
l'introduzione del sistema misto-domiciliare per la raccolta dei rifiuti con il
fine di sostituire l'attuale "porta a porta integrale". Così Roberta Vlahov (Ocpm):
«Nonostante i proclami iniziali del centrodestra la mozione, peraltro poco
chiara, non è stata condivisa con noi, Meio Muja e 5 Stelle. Il cassonetto
stradale aperto rende impossibile applicare una tariffa puntuale, mentre è da
oltre un anno che chiediamo con forza che a Muggia i cittadini virtuosi abbiano
delle gratificazioni in bolletta». Dai banchi di Forza Muggia, Lega e Fratelli
d'Italia arriva all'unisono l'immediata replica: «La maggior parte dei muggesani
vuole un sistema di raccolta diverso. Lo hanno richiesto anche con quasi duemila
firme. In aula abbiamo proposto un cambiamento ancora possibile verso il "porta
a porta misto", per abbassare notevolmente costi e disservizi. Proposta bocciata
da sindaco, maggioranza ed anche dal "terzo polo" dei 5 Stelle con le sue due
succursali Meio Muja e Obiettivo Comune, che votando contro si sono resi
palesemente favorevoli al sistema attuale voluto dalla giunta Marzi».
(ri.to.)
In 50 in piazza per salvare le nutrie - Animalisti in
campo contro la legge regionale che dà via libera ai cacciatori
In marcia contro i metodi violenti imposti per abbattere il numero delle
nutrie. Rappresentano una decina di associazioni animaliste attive in Fvg, e si
sono dati appuntamento ieri mattina in piazza della Borsa per chiedere alla
Regione di adottare metodi non cruenti per il contenimento dei "castorini". Il
corteo, di una cinquantina di persone, è diretto in piazza Oberdan. Fiocchi
rossi per simboleggiare il sangue delle pratiche violente, cartelli di
sensibilizzazione, maschere che raffigurano il musetto dei roditori,
gigantografie giganti di nutrie. Ecco il popolo di "#iostoconlenutrie", come
recita l'hashtag che hanno lanciato. A inquadrare le ragioni della protesta,
facendo riferimento alle norme vigenti, il responsabile dell'associazione
MujaVeg Cristian Bacci: «Il Regolamento europeo prevede per le specie non
autoctone, quali le nutrie, il contenimento o l'eradicazione legittimando l'uso
di metodi letali e non. In Italia vige invece la legge nazionale 157 del 1992,
secondo cui il contenimento della fauna selvatica deve essere fatto, in primo
luogo, usando pratiche non violente. Solo nel caso in cui esse non risultino
efficaci, viene legittimata, in un secondo momento, la pratica di metodi
cruenti». La Regione entra in gioco nel momento in cui ha assunto le competenze
sulla gestione della fauna selvatica prima affidate alle Province. «Nel farlo -
continua Bacci - ha emanato la legge 20 del 2017 che, tramite un successivo
decreto applicativo, prevede l'eradicazione delle nutrie con l'esclusivo
utilizzo dei metodi violenti». Si legittima, spiega sempre l'animalista, la
cattura dei roditori all'interno di trappole, e la soppressione «con il gas o
per fucilazione». «Inoltre, i cacciatori possono sparare alle nutrie anche se le
trovano nel loro habitat e non riescono a infilarle nelle trappole». Oltre ai
cacciatori, sono legittimati a questi metodi, continua l'animalista, anche il
personale che ha seguito un apposito corso di formazione regionale, i
proprietari dei fondi agricoli e, per quanto riguarda le zone urbane, le imprese
di derattizzazione. Da qui la protesta, «promossa - ricorda Patrizia Edera della
Lav Trieste - dopo che la petizione sottoscritta da 650 persone e consegnata a
gennaio alla Regione è rimasta inascoltata». «Chiediamo che per contenere le
nutrie venga utilizzata la sterilizzazione, così come l'utilizzo di cibi che
riducono la fertilità di questi animali». E così, mentre si attendono risposte,
i cittadini si organizzano autonomamente. «Con una lotteria di autofinanziamento
fissata il 17 aprile alla pizzeria "La Torre " di Longera. Lo scopo è
raccogliere fondi per sterilizzare la comunità di nutrie di Rio Ospo», chiosa la
maestra Serena Zamola.
Elena Placitelli
IL PICCOLO - SABATO, 24 marzo 2018
Isole Incoronate - i residenti contestano la gestione
del Parco - I ristoratori sul piede di guerra per il divieto di pesca minacciano
una petizione per abolire il regime speciale
SEBENICO - È rottura tra il direttore del Parco nazionale delle Incoronate,
Josip Zanza, e i ristoratori dell'area. L'incontro in cui si sarebbero dovute
gettare le basi per la collaborazione nella prossima stagione turistica è finito
con i ristoratori che hanno minacciato di avviare una raccolta di firme per
abolire lo status di Parco nazionale. Mentre anche i residenti esprimono
scontento. Da tempo del resto i ristoratori non perdonano alla direzione del
Parco (gestita dallo Stato croato) le limitazioni introdotte nel 1980, con il
regime di tutela. Negli ultimi due anni le restrizioni si sono fatte più forti e
dal 2016 la pesca è vietata anche ai residenti. «Volete trasformare le
Incoronate in destinazione gastronomica di lusso ma gli isolani non possono più
calare in mare le reti - è stato detto a Zanza - è un'ingiustizia verso i
residenti, mentre d'inverno i turisti possono pescare a pagamento». Nel mirino
anche il progetto Rediviva Kurnata, per il quale il parco nazionale ha ottenuto
6,5 milioni di euro di fondi europei e croati. Criticato anche il centro
visitatori di Betina, per il quale si spenderanno 1,6 milioni. «Con questo
denaro - secondo i ristoratori - le Incoronate avrebbero potuto avere finalmente
una propria rete idrica e un sistema di distribuzione energetica». È stato
proposto a Zanza di non far più pagare il biglietto d'ingresso nel Parco in base
alle dimensioni delle imbarcazioni, bensì in rapporto al numero di passeggeri.
Ha preso posizione anche Vladimir Skracic, presidente dell'associazione
Cornatari (i residenti) secondo cui Rediviva Kurnata non ha alcun contenuto che
possa migliorare la vita degli abitanti: «A Zagabria non possono adoperarsi nel
migliorare solo il soggiorno ai diportisti trascurando le condizioni di vita e
lavoro degli isolani. Lo Stato deve impegnarsi di più per facilitare i
residenti, altrimenti non stupisca la petizione per cancellare il Parco
nazionale. Nel 1980 le Incoronate avevano 50 pescatori professionisti. Ora non
c'è più nessuno». Skracic ha ricordato che di recente, quando l'arcipelago è
stato investito da un'ondata di maltempo, è stato chiesto alla direzione se
fosse possibile l'invio del battello del parco negli isolotti abitati, portando
un po' di pane e alimenti. La risposta è stata che questo non rientra nei
compiti del Parco nazionale e l'imbarcazione non è salpata.
Andrea Marsanich
Mobilitazione in rosso per salvare le nutrie - La
manifestazione promossa dalle associazioni animaliste partirà alle 10.30 da
piazza della Borsa
Un corteo color rosso sangue per salvare le nutrie. Trieste si mobilita così
per «fermare l'uccisione dei simpatici castorini», con un corteo pacifico in cui
i partecipanti sono invitati a indossare qualcosa di colore rosso, lo stesso del
«sangue delle nutrie che viene versato sul suolo regionale». La manifestazione,
promossa da un gruppo di associazioni animaliste, è in programma questa mattina,
con ritrovo alle 10.30 in piazza della Borsa, da dove partirà per raggiungere il
consiglio regionale in piazza Oberdan, passando per via Cassa di Risparmio,
canale Ponterosso e via XXX Ottobre. Proprio la Regione è l'oggetto della
protesta animalista, come recita un comunicato: «La Giunta Serracchiani ha
recentemente imposto un piano di eradicazione delle nutrie basato esclusivamente
su metodi cruenti. La scelta di contenere un animale estraneo agli habitat della
regione non è in discussione, ma è inaccettabile che si utilizzino metodi
violenti quando esistono metodi dolci più efficaci - si legge nella nota -. Le
nutrie oggi possono venir intrappolate ed uccise a colpi di fucile o con il gas
da alcuni soggetti autorizzati. La scelta di utilizzare tali metodi evidenzia
una mancanza di rispetto di diritti che dovrebbero esser inviolabili per tutti
gli animali: il diritto alla vita e alla libertà». La normativa europea,
spiegano ancora gli organizzatori, «prevede che il contenimento possa esser
fatto con metodi non letali e la normativa nazionale incoraggia a non utilizzare
la violenza». Gli organizzatori elencano quattro motivi per cui l'uccisione
delle nutrie va fermata. Il primo è biologico: «Con l'abbattimento si osserva
l'aumento del tasso di nascite e la tendenza dei maschi non leader delle colonie
rimanenti ad uscire dal territorio in cui sono nati e ricolonizzare i territori
nei quali le nutrie sono state prelevate ed uccise». Segue poi quello legale:
«Il legislatore nazionale ha chiaramente garantito loro un ultimo diritto:
quello che l'eradicazione sia svolta prioritariamente senza violenza e solo in
caso di inefficacia, vengano approvati piani di abbattimento». Le altre due
questioni sollevate riguardano il fatto che «il piano di abbattimento si basa su
un parere dell'Ispra che, nonostante le formali richieste di accesso agli atti,
le associazioni non sono riuscite ad ottenere» e il volere di «627 cittadini,
che hanno presentato una petizione per chiedere che le nutrie siano eradicate
con metodi non violenti».
POTATURA DEGLI OLIVI con Urbi et horti e Bioest
Appuntamento alle 10.30 con ritrovo davanti al Palatrieste. Consigliamo di portare guanti cesoia, vestiti e scarpe comode: vi metteremo subito all'opera! Per informazioni Tiziana Cimolino cell. 3287908116.
IL PICCOLO - VENERDI', 23 marzo 2018
C'è sempre meno acqua - In Italia crisi eccezionale -
La fotografia dell'Istat: «Nei quattro grandi fiumi la portata è in calo del
40%»
Anche papa Francesco in difesa del bene comune: «Dobbiamo tutelarlo»
ROMA - «La difesa della terra, la difesa dell'acqua è difesa della vita».
Questo il tweet con cui Papa Francesco, il papa dell'enciclica ecologica
"Laudato sì", inquadra la Giornata mondiale dell'acqua istituita dalle Nazioni
Unite nel 1992. Non una delle tante ricorrenze che affollano il nostro
calendario, dunque, ma un giorno in cui ricordare che l'acqua è un bene prezioso
e scarso. Ed è un bene comune, come sancito da un referendum nel 2011, oggi
largamente tradito. Sulla scarsità sempre maggiore la fotografia statistica
offerta dall'Istat è impietosa: il 2017 è stato un anno di «un'eccezionale
carenza di risorse idriche disponibili, soprattutto in alcune zone del Paese».
Le quattro principali riserve d'acqua italiane - i fiumi Po, Adige, Arno e
Tevere - hanno ridotto la loro portata del 39,6% rispetto alla media del
trentennio 1981-2010, con un livello di siccità ancora più alto nella seconda
parte dell'anno. Nei primi mesi del 2018, invece, la situazione sembra più
vicina alla norma. Restano, tuttavia, i problemi delle falle nel sistema di
distribuzione: una famiglia su dieci lamenta irregolarità nel servizio di
erogazione, il 30% delle persone intervistate, invece, non si fida a bere
l'acqua del rubinetto. Se la correlazione tra siccità e cambiamenti climatici è
un fatto sempre più riconosciuto all'interno della comunità scientifica,
l'Italia non brilla nella raccolta dell'acqua che dal cielo continua a cadere:
quella piovana. Coldiretti denuncia una situazione in cui «quasi nove litri di
pioggia su dieci sono perduti». «L'Italia è un Paese piovoso con circa 300
miliardi di metri cubi d'acqua che cadono annualmente, per le carenze
infrastrutturali se ne trattengono solo l'11%», scrive l'associazione dei
produttori agricoli. E se il 2017 è stato l'anno «più siccitoso dal 1800»,
Coldiretti sostiene che «di fronte alla tropicalizzazione del clima per
continuare a sostenere l'agricoltura di qualità occorre organizzarsi per
raccogliere l'acqua nei periodi più piovosi e servono interventi di
manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere
infrastrutturali, potenziando la rete di invasi sui territori, creando bacini e
utilizzando anche le ex cave e le casse di espansione dei fiumi per raccogliere
l'acqua piovana». Oltre all'acqua che non piove e a quella che non riusciamo a
raccogliere, ci sono i bacini inquinati. È il caso della Regione Veneto dove le
falde idriche sono contaminate dai Pfas, sostanze chimiche utilizzate per
impermeabilizzare una serie di oggetti di uso comune: dai cartoni della pizza
alle padelle. Dal ministero dell'Ambiente sono stati stanziati circa 80 milioni
di euro per intervenire, a cui si aggiungeranno i proventi delle tariffe, su un
piano complessivo di interventi da 120 milioni. Nella giornata dedicata
all'acqua è impossibile non pensare al mare. «Il diritto all'acqua corrisponde
al diritto ad un mare pulito, fondamentale per la nostra stessa esistenza»,
spiega Federico Di Penta dell'associazione Marevivo, fondata dal compianto
documentarista ferrarese Folco Quilici. «Oggi questo ecosistema è diventato
molto fragile - prosegue - sommerso dalla nostra inciviltà e dai rifiuti.
Preservare il mare significa difendere il nostro polmone blu, la nostra risorsa
idrica più vasta». La gigantesca isola di rifiuti, al 99% in plastica, che
galleggia nel pacifico tra la California e la Hawaii ed è tre volte più estesa
della Francia, sta lì a dimostrarlo.
Andrea Scutellà
Agricoltura biodinamica
A Muggia, quarto incontro della serie dedicata ai "Cambiamenti climatici, biodiversità e resilienza urbana e agricola" organizzato dal Circolo del Movimento decrescita Felice. Nella sala Millo di piazza della Repubblica 4, alle 17, l'antroposofo naturalista Michele Codogno, parlerà di "Agricoltura biodinamica, visione e obiettivi"
È l'Ora della Terra, tutti al buio per aiutare il
pianeta - Wwf e Area Marina in campo contro l'inquinamento. Cena a lume di
candela in molti ristoranti
Luci spente e passeggiate notturne. Domani scatta in tutto il mondo l'Ora
della Terra, mobilitazione globale promossa dal Wwf. In centinaia di paesi e
migliaia di città, istituzioni e cittadini evidenzieranno con un gesto simbolico
la loro preoccupazione per le sorti del pianeta: spegnendo le luci di monumenti,
sedi istituzionali, uffici e abitazioni. In contemporanea si svolgeranno eventi
e iniziative di sensibilizzazione. Sarà una vera e propria ola di buio dalle
20.30 alle 21.30. Lo scopo dell'appuntamento annuale, giunto all'undicesima
edizione, è aumentare la consapevolezza verso i cambiamenti climatici e favorire
la partecipazione di ognuno per contrastarli. Anche nella nostra provincia si
spegneranno le luci nelle piazze di Trieste, Duino Aurisina e S. Dorligo della
Valle (e altri Comuni aderiranno nelle prossime ore). In città, con il
coordinamento dell'associazione Mosaico, si cenerà a lume di candela in vari
ristoranti: Caffè della Musica, Cantina degli Ostinati, Ginger - tea&cakes,
Hostaria Malcanton, Mimì e Cocotte, Nuovo Ristorante Savron e Osteria del
Sindaco. «Ogni anno aumenta l'urgenza perché le conseguenze su clima e
biodiversità sono sempre più drammatiche - spiega Alessandro Giadrossi,
presidente Wwf Trieste -: tutti se ne accorgono, ma si fa ancora troppo poco. Se
le emissioni di CO2 continueranno ad aumentare senza controllo, oltre agli
effetti sul clima il mondo è destinato a perdere almeno metà delle specie
animali e vegetali. Ma se nei cittadini c'è sempre più consapevolezza, nelle
agende politiche il clima non è considerato una priorità». L'evento proposto
dall'Area Marina Protetta è una passeggiata serale, "Primavera in cielo e in
terra", con ritrovo alle 18 nel piazzale antistante il tempio mariano di Monte
Grisa: l'uscita, guidata da un naturalista e da un esperto di astronomia, sarà
dedicata alla primavera, vista dal lato botanico, faunistico e astronomico. La
partecipazione è gratuita grazie al contributo della Regione e non è necessario
prenotare, ma per il rientro si consiglia di munirsi di torcia elettrica. «Non
mancheranno - spiegano all'Oasi Wwf di Miramare - spunti per osservare gli
effetti dei cambiamenti climatici».
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 marzo 2018
Urbanistica - Variante per l'ex Fiera - Bis in
commissione
Servirà ancora un passaggio nelle Commissioni comunali congiunte terza e
sesta, per licenziare la delibera che fissa le direttive alle quali dovrà
adeguarsi la variante urbanistica - che verrà accompagnata da una puntuale
variante del piano del commercio e che dovrà incassare il via libera del
consiglio comunale - utile alla realizzazione del nuovo complesso che nascerà
sulle ceneri dell'ex Fiera. Una ricalibratura delle destinazioni d'uso richiesta
dalla Mid Immobiliare, la srl che nel settembre 2017 ha acquistato quel
complesso e che lo scorso novembre ha chiesto di poter destinate tutti i 15 mila
metri quadrati ad uso commerciale di vendita al minuto, intrattenimento e svago,
servizi, con l'eliminazione della destinazione residenziale. Lo strumento
urbanistico vigente ammette per quella zona una destinazione residenziale da un
minimo del 30% e un massimo del 60% del volume esistente. La variante, dunque,
manterrebbe la destinazione del piano regolatore esistente eliminando la parte
riservata al residenziale.«Quella zona della città è piena di stabili in stato
di abbandono e dunque si vuole spingere le imprese a investire al di fuori
dell'ambito dell'ex Fiera» ha spiegato l'assessore all'Urbanistica, Luisa Polli,
che ha precisato come le modifiche introdotte dalla variante dovranno passare
anche al vaglio degli Uffici regionali della Pianificazione territoriale. Dal
canto suo la Mid Immobiliare propone di realizzare a proprie spese alcune opere
di interesse pubblico in quella zona. Provvederà così al riassetto e al
miglioramento viabilistico delle zone interessate, come gli assi di scorrimento
da via Rossetti-Piccardi a piazzale De Gasperi e da via Revoltella a piazza
Foraggi, accollandosi le spese per l'allargamento di via Rossetti (usufruendo
anche degli spazi di sua proprietà), realizzando un doppio senso di marcia nel
tratto tra piazzale De Gasperi e via Revoltella. Oltre ai posti auto previsti
all'interno del comprensorio, la società dovrà realizzare nelle zone limitrofe
altri 150 posti e provvedere all'incremento delle aree verdi a servizio
dell'intero quartiere. Tra le opere a carico della Mid Immobiliare, pure la
riqualificazione dell'area di piazzale De Gasperi.«Si sta dando il via libera,
su richiesta di un privato, a un nuovo centro commerciale a Trieste con le
conseguenze che questo comporterà» ha dichiarato ieri Paolo Menis, capogruppo
M5s. «Non comprendo - ha aggiunto - come coloro che oggi rappresentano la
maggioranza approvino l'intervento quando in passato si erano opposti ai centri
monomarca». Su richiesta di Everest Bertoli (Fi) e Roberto Cosolini (Pd) verrà
messa a disposizione dei consiglieri la documentazione che ripercorre la
cronostoria, dal bando di gara per la vendita del complesso alla richiesta di
rinunciare al residenziale. «Valutando quello che in prospettiva può
rappresentare questo intervento per il commercio - ha indicato l'ex sindaco -,
ritengo corretto ascoltare anche le associazioni di categoria». Associazioni che
Polli prevede di interpellare quando il piano della Mid Immobiliare sarà più
specifico. «Le direttive - ha valutato Michele Babuder (Fi) - prevedono la
realizzazione, a carico degli investitori, di importanti opere pubbliche volte
all'ammodernamento della zona. In tal senso va anche la prossima approvazione in
Consiglio del contributo straordinario inerente agli oneri di urbanizzazione
relativi alla valutazione del maggior valore eventualmente generato da
interventi su aree o immobili in variante urbanistica».
Laura Tonero
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 marzo 2018
RIFIUTI - Lotta ai furbetti della Tari - Recuperati 600
mila euro
Nel 2018 la tariffa della tassa rifiuti (Tari) sarà leggermente più bassa
per le utenze domestiche rispetto al 2017, principalmente grazie a una riduzione
dei costi a carico del Comune e alle maggiori entrate previste nel 2018 per la
cosiddetta "tassa sul disturbo" e per gli introiti derivanti dalla lotta
all'evasione che ha visto recuperare nel 2017 600 mila euro (su un totale di 5-6
milioni, cifra costante negli anni, non versati, una parte quantomeno non entro
i termini previsti). È quanto risulta dalla proposta di delibera consiliare
sulla Tari, licenziata dalla Seconda commissione e che andrà in Consiglio
comunale domani, in una seduta che prevede anche la discussione sul Pef (Piano
economico finanziario) e sul Regolamento delle entrate. «Di fatto il Comune nel
2018 chiederà meno tasse sui rifiuti rispetto al 2017. La differenza complessiva
in diminuzione dei costi dell'ente, pari a 68 milioni di euro, ha contribuito a
far scendere la tassa a carico delle utenze domestiche - spiega Roberto Cason,
presidente della II commissione, competente in materia di bilancio e tributi -
mentre sulle utenze non domestiche (bar, ristoranti, uffici) assistiamo, per il
2018, a meri aggiustamenti di qualche centesimo a metro quadrato, derivanti da
diversi fattori, tra cui il normale adeguamento Istat». Dalla tariffa rifiuti si
prevede per il 2018 un incasso totale di 21 milioni 225 mila euro dalle utenze
domestiche e di 13 milioni 198 mila euro dalle utenze non domestiche, per un
totale di oltre 34 milioni. Rispetto al 2017 il Comune incamererà 68 mila euro
di meno dalla Tari. Questo alla luce di una riduzione dei costi (personale e
spese per i servizi), ma anche grazie alle entrate ricavate dalla lotta
all'evasione, che si stima porterà a un recupero per il 2017 di circa 600 mila
euro. «Per lo scorso anno è stato emanato un migliaio di avvisi di accertamento
definitivi - spiega il funzionario Donatella Di Candia -. Ogni anno a fronte di
circa 34 milioni totali di tassa sui rifiuti sono circa 5-6 milioni i denari che
il Comune non riesce a incassare in prima battuta. Di queste mancate entrate si
riesce a recuperare un po' più del 30%, mentre per il resto della somma (poco
meno di 4 milioni, ndr) si deve procedere con la riscossione coattiva». A ciò si
sommano il consueto introito di circa 100 mila euro l'anno che arriva dal Miur
per le tasse rifiuti a carico degli istituti scolastici e circa 315 mila euro di
"tassa del disturbo", ovvero i benefici che vengono redistribuiti ai cittadini
per i rifiuti portati al nostro inceneritore dagli altri comuni. Altro elemento
che ha influito è l'incremento di due punti percentuali della raccolta
differenziata: dal 39,1% del 2016 al 41,1% del 2017. Ciò porta un alleggerimento
dello 0,4% sugli importi da versare. Nella pratica, provando a fare qualche
simulazione (si veda il grafico), come segnalato da Piero Camber (Fi) e Giovanni
Barbo (Pd) non vi saranno particolari agevolazioni per i nuclei familiari
numerosi, mentre saranno avvantaggiati i possessori di case ad ampia metratura.
Giulia Basso
Sono oltre quattromila i virtuosi del riciclo - Trend
in aumento. Tanti, dal 2015, i cittadini che hanno chiesto gli "sconti" per
l'autocompostaggio
Nell'ambito della discussione sulla tassa rifiuti arrivano anche alcuni dati
relativi alle agevolazioni concesse dal Comune di Trieste ai singoli e alle
società per comportamenti virtuosi in tema di riciclaggio e lotta agli sprechi
alimentari. Ha avuto un buon successo l'iniziativa introdotta nel 2015 grazie a
una delibera dei Cinquestelle per riconoscere direttamente al cittadino i
vantaggi economici che derivano da una minore attività di produzione e
smaltimento rifiuti. L'iniziativa accorda per le sole utenze domestiche una
riduzione del 20% sulla Tari ai cittadini che dimostrino di aver avviato
l'autocompostaggio domestico dei rifiuti organici e il successivo impiego sul
posto del fertilizzante così ottenuto. Sono stati 4333 i cittadini che dal 2015
hanno fatto richiesta di questa riduzione, cui se ne sono aggiunti altri venti
solo nell'ultimo mese utile per la dichiarazione. Sono quindi in aumento le
persone che si dotano di impianto per compostaggio: dopo la dichiarazione agli
uffici di Esatto e la riduzione automatica sulla Tari vengono portati comunque
avanti dei controlli a campione per verificare che la dichiarazione resa
corrisponda a verità. Ha avuto invece minore successo per ora un'iniziativa
voluta dalla maggioranza che premia le utenze non domestiche che producono o
distribuiscono beni alimentari (supermercati, mense, etc.) nel caso cedano le
proprie eccedenze alimentari a titolo gratuito alle onlus e alle associazioni di
volontariato iscritte nei pubblici registri. L'iniziativa prevede una riduzione
percentuale sulla Tari in base alla quantità di prodotti alimentari donati nel
corso dell'anno: del 6% tra i 5 e i 10 quintali, dell'8% fra i 10 e i 20
quintali, e del 10% nel caso la donazione superi i 20 quintali annui. Le
adesioni per ora si attestano su poche unità: «L'iniziativa consente una
riduzione importante della Tari per gli esercizi commerciali - spiega Roberto
Cason, che l'anno ha partecipato attivamente alla costruzione della delibera,
che modifica il regolamento per la disciplina dell'Imposta unica comunale (Iuc)
-. Forse le scarse adesioni sono legate alla novità di questo provvedimento,
lanciato solo l'anno scorso, e a un comunicazione che non ha raggiunto tutti gli
interessati». Ricordiamo infine che per denunciare le nuove occupazioni, le
variazioni e le cessazioni relative alla Tari 2018 non è necessario fare la
fila: la procedura può essere espletata direttamente online sul portale di
Esatto.
(g.b.)
Al via la ciclopedonale Muggia-Aquilinia - Il progetto,
voluto dal sindaco Marzi, sta per diventare realtà. Finanziamenti per 70 mila
euro
MUGGIA - Un unico percorso ciclopedonale da Aquilinia sino al porto di
Muggia. Il progetto fortemente auspicato dall'amministrazione Marzi sta per
diventare realtà. Nell'ambito della discussione sull'assestamento di bilancio,
su proposta dei consiglieri Giulio Lauri e Alessio Gratton, la Regione ha
deliberato il finanziamento che consentirà il proseguimento della realizzazione
della ciclabile rivierasca. Nello specifico la Regione ha appoggiato la
richiesta del Comune muggesano di realizzare una passerella ciclopedonale da
posizionare sul rio Ospo, nei pressi della nuova rotatoria. «Con il
finanziamento deliberato si realizzerà nel Comune di Muggia un lotto funzionale
dell'itinerario ciclabile di collegamento tra il porto di Muggia, la ciclovia
Parenzana e la ciclovia Eurovelo 8», racconta il consigliere Lauri. L'itinerario
inizierà dal porto di Muggia (attracco del Delfino Verde), per arrivare alle
foci dell'Ospo (da dove parte la ciclovia Parenzana) e raggiungere quindi la
frazione di Aquilinia (torrente Rosandra al confine tra i Comuni di Muggia e
Trieste). «Con tale intervento si aumenterà la sicurezza dei ciclisti che sempre
più numerosi da Muggia utilizzano l'itinerario litoraneo Eurovelo 8 per
raggiungere la Ciclovia Parenzana e la città di Trieste», ha aggiunto Lauri. Il
finanziamento stanziato è di 70 mila euro. La scelta di potenziare la rete
ciclopedonale è stata dettata fortemente anche dai dati del 2017 inerenti il
cicloturismo a Muggia forniti da PromoTurismo Fvg che parlano di 45 mila 563
passaggi sulla Parenzana e di 12 mila 800 a Muggia. Già lo scorso anno la
Regione aveva finanziato la ciclabile con una somma pari a 75 mila euro, a cui
va aggiunta la progettazione della ciclabile Trieste-Muggia che si congiungerà
alla Muggia-Aquilinia con una quota stanziata di 85 mila euro a cui vanno
sommati ancora i 15 mila euro assegnati all'Uti Giuliana per lo sviluppo della
mobilità ciclistica nell'area giuliana. Ad oggi, dunque, la Regione ha stanziato
per la viabilità ciclistica della zona Muggia 245 mila euro. Relativamente
all'ultimo finanziamento approvato il progetto della passerella sull'Ospo verrà
consegnato entro l'anno, con inizio dei lavori previsti nei primi mesi del 2019.
Per quanto riguarda invece il tratto rio Ospo-approdo Delfino verde si è
conclusa la progettazione esecutiva: entro l'anno verrà svolta la gara e
assegnato l'appalto. Per la ciclabile Muggia-Trieste, invece, è già in corso lo
studio di fattibilità, che detterà i tempi successivi. Dopo aver raccolto le
istanze di cittadini e delle associazioni di ciclisti, il consigliere regionale
Lauri conclude: «Il provvedimento esprime piena coerenza con il Piano per una
mobilità ciclistica sicura e diffusa che è diventato Legge regionale proprio il
mese scorso. Il valore della salute pubblica e quello della tutela dell'ambiente
trovano applicazione concreta anche con provvedimenti come questi».
Riccardo Tosques
La manifestazione per i diritti delle nutrie - Gli
animalisti accusano la Regione di abuso di potere sugli animali. Sabato in
piazza della Borsa
La nutria è morta, lunga vita alla nutria. Così andrebbe riadattato il motto
per il corteo che sabato si dà appuntamento alle 10.30 in piazza della Borsa,
invitando i partecipanti a «indossare qualcosa di rosso per richiamare il colore
del sangue delle nutrie che viene versato sul suolo regionale».«La Giunta
Serracchiani ha recentemente imposto un piano di eradicazione delle nutrie
basato esclusivamente su metodi cruenti - recita un comunicato firmato da più
associazioni animaliste -. La scelta di contenere un animale estraneo agli
habitat della regione non è in discussione ma è inaccettabile che si utilizzino
metodi violenti quando esistono metodi dolci più efficaci».«Le nutrie oggi
possono venir intrappolate ed uccise a colpi di fucile o con il gas da alcuni
soggetti autorizzati - continua il testo -. La scelta di utilizzare tali metodi
evidenzia una mancanza di rispetto di diritti che dovrebbero esser inviolabili
per tutti gli animali: il diritto alla vita ed alla libertà». Il percorso
terminerà presso la sede del Consiglio Regionale in piazza Oberdan passando per
via Cassa di Risparmio, il canale di Ponterosso e via XXX Ottobre. Gli
organizzatori chiedono di fermare l'uccisione dei «simpatici castorini» per
quattro ragioni. La prima è di ordine biologico: «Con l'abbattimento si osserva
l'aumento del tasso di nascite e la tendenza dei maschi non leader delle colonie
rimanenti ad uscire dal territorio in cui sono nati e ricolonizzare i territori
nei quali le nutrie sono state prelevate ed uccise». La seconda è di natura
legale: «Nel 2016 le nutrie hanno perso le tutele previste per la fauna
selvatica, tuttavia il legislatore nazionale ha garantito loro un ultimo
diritto: quello che l'eradicazione sia svolta prioritariamente senza violenza.
Denunciamo pertanto un eccesso dell'esercizio di potere della Giunta regionale».
Secondo gli animalisti il piano di abbattimento delle nutrie è inoltre
contraddittorio, in quanto si baserebbe su un parere dell'Istituto Superiore per
la Protezione e la Ricerca Ambientale che, nonostante le formali richieste, le
associazioni non sono riuscite a ottenere. Per finire, ci sarebbe anche un
problema «democratico»: 627 corregionali avrebbero già presentato una petizione
popolare per chiedere l'eradicamento non violento delle nutrie.
(l.gor.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 marzo 2018
«Welfare, dati allarmanti e organici carenti» - L'sos
di Sinistra per Trieste e Legambiente: «Più richieste di assistenza ma ci sono
pochi operatori»
«Richieste di assistenza ai servizi sociali quasi raddoppiate - da 7 a 15 a
settimana - nei Comuni di Muggia e San Dorligo; 5 mila utenti assistiti dai
servizi sociali del Comune di Trieste, a cui vanno sommati gli 8 mila che
percepiscono un'indennità di disoccupazione e un rapporto 1/300 tra operatori e
utenti, cioè un assistente sociale ogni 300 casi». Sono i preoccupanti numeri,
diffusi ieri da Legambiente e Sinistra per Trieste, di quella che definiscono
«la situazione drammatica del welfare nella nostra provincia». Da qui, la
richiesta di un tavolo tra tutti i soggetti coinvolti e l'istituzione, anche a
Trieste, di un Forum sulle diseguaglianze che possa proporre soluzioni adeguate
per ridurle.«Dal nostro punto di vista - ha spiegato Marino Sossi durante la
conferenza stampa indetta in seguito «agli allarmanti dati resi noti dalla Cgil
Funzione pubblica» - c'è un problema nel sistema di gestione del welfare. Un
solo assistente sociale non è in grado di seguire 2-300 casi, né può verificare
le condizioni di effettiva sussistenza dello strumento. La prima risposta a
nostro avviso dev'essere perciò una copertura della dotazione dell'organico e
per questo l'amministrazione comunale dovrebbe richiedere una deroga alla
Regione per procedere a nuove assunzioni».«Si tratta - ha aggiunto Giorgio
Vesnaver - di un problema politico: o si attua subito un rilancio del welfare o
la situazione è destinata a precipitare». Sossi denuncia i ritardi nel
versamento delle misure di integrazione al reddito. «Da gennaio si è passati a
prevederne l'erogazione appena per fine marzo: è impensabile che chi dichiara un
Isee di mille euro l'anno o percepisce una pensione minima possa attendere tutto
questo tempo. A ciò si aggiunge il distacco delle utenze per morosità a molte di
queste famiglie. A nostro parere - continua Sossi - ci dovrebbe essere prima un
interfacciamento tra aziende e servizi sociali; auspichiamo quindi una riunione
straordinaria tra i soggetti politici, amministrativi, istituzionali e le
società che erogano i servizi primari per individuare le misure atte a
contrastare un'emergenza sociale che coinvolge in particolare gli
anziani».«Legambiente - ha proseguito il presidente, Andrea Wehrenfennig - è tra
i promotori del forum nazionale "Disuguaglianze diversità", sulla cui scia
promuoveremo pure a livello locale una serie di iniziative a cui inviteremo
tutti i soggetti interessati, iniziando da associazioni e istituzioni.
L'obiettivo è trovare possibili soluzioni e attivarci presso le amministrazioni
pubbliche per attuarle». Stefano Borini del distretto Lega est Spi Cgil ha
evidenziato infine le notevoli opportunità di lavoro offerte dal settore. «Ma
non basta - ha concluso - stanziare 18 milioni per ristrutturare il quadrilatero
di Melara: il rischio, se non si interviene al più presto, è che si lasci
un'intera fascia della popolazione completamente sola».
(g.ter.)
Trieste Airport, ok alla privatizzazione - Via libera
del governo. Marano: «Sì a un socio industriale. Pronti a cedere il 45%»
La linea veloce con Venezia resta lontana ma Gentile (Rfi) garantisce:
«Si farà»
RONCHI DEI LEGIONARI - Non manca più niente al Trieste Airport. Da ieri
collegato alla rete ferroviaria, è diventato un polo intermodale completo
aereo-gomma-ferrovia, anticipando pure «gli obiettivi Ue sull'integrazione
multimodale del 2050» come sottolinea l'eurodeputata Isabella De Monte della
Commissione trasporti Ue nonché relatrice ombra dei dossier sugli slot
aeroportuali. In realtà manca ancora qualcosa: l'incremento di voli e passeggeri
che da ieri possono servirsi di una passerella di oltre 400 metri per spostarsi
dalla nuova stazione ferroviaria all'aeroporto. «Per questo decollo che è
decisivo lo scalo deve trovare un partner strategico»: ribadisce il presidente
della società Aeroporto del Fvg, Antonio Marano. Il valore dell'aeroporto
regionale, stimato in 70 milioni per il totale delle azioni detenute al 100%
dalla Regione Fvg, costituirà la base di gara per la cessione del 45% della
società che prevede inoltre l'opzione per la cessione di un ulteriore 10%. Il
via libera per la gara era atteso da un momento all'altro e ieri in serata, a
sorpresa, è arrivata la notizia da Roma, confermata dallo stesso Marano. «Nel
tardo pomeriggio abbiamo ricevuto l'autorizzazione dal ministero dei Trasporti
che ha raccolto il parere favorevole dell'Enac, del ministero dell'Economia e
delle Finanze. È il passaggio finale, basta solo la ratifica della giunta
regionale».Il presidente ha anche tracciato l'identikit del possibile partner:
«Abbiamo posto precise condizioni per la gara che è innovativa: dovrà essere un
socio industriale con un bagaglio di 10 milioni di passeggeri. Sono esclusi
piccoli investitori o fondi speculativi. É previsto un primo ingresso con una
quota del 45% e poi, dopo tre anni se si verificheranno determinate condizioni,
potrà esercitare un'opzione su un ulteriore 10%. Toccherà al nuovo socio far
decollare voli e passeggeri». Una partita tutta ancora da giocare per Trieste
Airport e che mette in secondo piano le schermaglie con Alitalia sul secondo
volo cancellato per Roma e la delusione per la sospensione del volo su Genova:
«Alla fine il numero dei voli non cambia. Su Genova non avevamo grandi
aspettative - spiega il presidente -. Il 90% del traffico lo fanno per ora
Alitalia, Lufthansa e Ryanair». Marano non si anima nemmeno quando Carlo
Nardello, capo staff dei Commissari straordinari di Alitalia, dopo aver parlato
di quanto Alitalia ha investito «per sviluppare i collegamenti verso le
principali destinazioni italiane ed europee» aggiunge che si «potrebbe lavorare
per sfruttare meglio il collegamento con Milano Linate» e che «saranno presto
presentate proposte». Solo un nuovo socio infatti potrà «dare senso» a tutti gli
sforzi fatti sinora: «Ho ereditato un'azienda fallita - ricorda - il primo passo
era risanare i conti e ci siamo riusciti. Abbiamo raggiunto i 2,8 milioni di
utile netto e un Ebitda di oltre 5 milioni. Il secondo passo era il rinnovamento
infrastrutturale, abbiamo investito 40 milioni di cui 12 solo per il polo
intermodale. Ora tocca al terzo e ultimo passo: alleanze e privatizzazione». Sul
mercato Trieste Airport porta come bagaglio anche la crescita raggiunta dalla
gestione Antonio Marano-Marco Consalvo, il direttore della struttura . «Negli
ultimi anni il trend è in crescita - dice quest'ultimo - dai 720mila passeggeri
di fine 2015 prevediamo di raggiungere quota 840 mila nel 2018 e il milione di
passeggeri nel 2019». Chissà se il nuovo polo intermodale e le Ferrovie faranno
la loro parte. «Abbiamo un progetto di potenziamento di collegamento veloce
Trieste-Venezia con un investimento da un miliardo e 800 milioni di euro»
conferma l'amministratore delegato di Rfi, Maurizio Gentile. Un progetto
annunciato più volte dalle Ferrovie ma che finora non è mai partito e che
condanna chi deve raggiungere Venezia, vera porta ferroviaria d'Italia, a
sobbarcarsi un viaggio di quasi due ore. «Un nodo di servizi competitivo, bello
anche nell'aspetto, la fotografia della nostra legislatura» il commento della
governatrice (ora parlamentare Pd) Debora Serracchiani stupita dalla marea di
gente intervenuta all'inaugurazione, giunta regionale compresa al completo.
Quasi una festa finale del governo del Fvg. «Il polo intermodale di Trieste
Airport - sottolinea ancora Serracchiani - è il simbolo più adeguato a
rappresentare lo spirito con cui abbiamo affrontato le sfide nella nostra
regione: con pragmatismo, obiettivi chiari e senza perdere tempo perché ne
avevamo tanto da recuperare».
Giulio Garau
Serracchiani: ora parte lo sviluppo - La scommessa
contro il tempo per portare a termine i lavori - Programmata la fermata di una
settantina di treni al giorno
RONCHI - A distanza di quasi 30 anni da quando il bollettino ufficiale della
Regione lo inserì, per la prima volta, nel piano integrato dei trasporti, il
polo intermodale di Ronchi dei Legionari è diventato realtà. Un'opera che
integra su una stessa area (54mila metri quadrati) i diversi sistemi di
trasporto: bus, di linea e low cost, treno, automobile, aereo, ma, presto, anche
bicicletta. La vera vita della neonata struttura è iniziata all'alba di ieri
mattina quando, sotto una tormenta di neve, alle 5.43 precise, è arrivato alla
stazione del Trieste Airport-Ronchi dei Legionari, il primo treno regionale
proveniente da Trieste. A bordo, attesi dal sindaco, Livio Vecchiet, i primi tre
passeggeri. Poco prima di mezzogiorno la presidente della giunta regionale,
Debora Serracchiani, è scesa invece dal primo Frecciarossa proveniente da
Venezia. Una vera e propria rivoluzione che, come ha sottolineato
l'amministratore delegato di Rfi, Maurizio Gentile, dovrà far ripensare a quelle
che sono le attuali fermate dei convogli veloci, ottimizzando le soste a
Monfalcone e Cervignano che, su alcune tratte, potrebbero sparire. Sono 70 i
convogli giornalieri che a pieno regime partiranno nelle due direzioni dalla
stazione, la quale, grazie alla banchina lunga 400 metri, può essere raggiunta
anche dai treni ad alta velocità. Un elemento, questo, fortemente strategico in
chiave turistica per Trieste Airport in attesa ovviamente che si realizzi il
collegamento rapido promesso da Trenitalia con Venezia. Programmata la fermata
di 54 treni regionali sulle linee Udine-Trieste (via Cervignano) e
Trieste-Venezia oltre a due Frecciarossa su Milano, un Frecciargento su Roma e
due Intercity. Una scommessa contro il tempo, quella lanciata nel gennaio 2017,
quando venne posata la prima pietra. Da allora la Ici Coop, capofila di un
raggruppamento d'imprese che si è aggiudicata l'appalto, ha lavorato sodo per
centrare l'obiettivo. Sempre sotto gli occhi vigili del responsabile
dell'ufficio di piano, ingegner Stellio Vatta, del coordinatore della sicurezza,
geometra Antonio Fiore ed del direttore dei lavori, Ermanno Simonati. Il corpo
centrale della nuova infrastruttura, oltre che dalla stazione ferroviaria, è
costituito dalla passerella lunga 425 metri per 7 di larghezza, che si erge a 6
metri di altezza dalla strada statale 14. Essa si sviluppa lungo tutta l'area
del polo intermodale, collegando la stazione ferroviaria e l'aeroporto con il
parcheggio per le automobili e gli stalli di sosta dei pullman. Per agevolare il
flusso e la mobilità dei viaggiatori sono funzionanti lungo il percorso scale
mobili e tapis roulant. Potenziate e totalmente innovate anche le aree destinate
a parcheggio, con un multipiano da 500 posti e uno spazio a raso per altre 1000
autovetture: il tutto inserito in una nuova viabilità. Un progetto, come è stato
ricordato dalla presidente della Regione Debora Serracchiani nel corso della
cerimonia, pensato tre decenni fa ma che solo in questi ultimi anni ha ricevuto
una decisiva accelerazione amministrativa e politica. «Dopo anni grigi in cui ha
galleggiato alla deriva, l'aeroporto smette di essere una voce in perdita sul
bilancio della Regione, e si prepara a un grande rilancio», ha detto Debora
Serracchiani. L'eurodeputato, Isabella De Monte, ha sottolineato come il Trieste
Airport anticipa i già ambiziosi obiettivi europei sull'integrazione multimodale
degli spostamenti per il 2050.
Luca Perrinow
«Una sfida lanciata allo scalo di Lubiana» Un polo per
Slovenia, Istria e Carinzia - reazioni
Una struttura strategica non solo per il Fvg, ma anche per il litorale
sloveno, l'Istria Croata e la vicina Carinzia. A testimoniarlo le incredibili
presenze di operatori giunti da ogni dove ieri a Ronchi, pure da Slovenia,
Croazia e Carinzia. A cominciare dal sindaco di Capodistria Boris Popovic
presente ieri alla festa. «Ronchi è di fatto lo scalo principale per una
significativa parte di territorio sloveno in quanto più vicino e più facile da
raggiungere dell'aeroporto di Lubiana, specialmente nella stagione invernale a
causa delle condizioni metereologiche. Questo per ragioni di praticità, è il
nostro aeroporto naturale. Anche perché lo scalo di Portorose, che è quello a
noi più vicino, è adeguato esclusivamente all'atterraggio di aerei di dimensioni
ridotte». Lo stesso aeroporto di Lubiana stenta a decollare, il numero di
passeggeri ha superato di poco il milione e 400mila persone e Trieste Airport è
ormai vicino alla quota di 1 milione. Ma la stessa sensazione la vivono anche i
carinziani. A confermarlo il vicedirettore della Kleine Zeitung, Adolf Winkler,
presente tra gli invitati. «L'aeroporto di Klagenfurt ha un traffico di
passeggeri che è un quarto di quello di Trieste - conferma - poco più di 200mila
persone contro le 7-800mila del Friuli Venezia Giulia. Da Klagenfurt si può
raggiungere solo Vienna e qualche destinazione estiva con i voli charter. Ma per
avere collegamenti con il Sud dell'Italia e il Sud dell'Europa c'è solo Trieste,
anche per noi è il nostro aeroporto naturale».
Foreste marine da ripristinare pure a Miramare - Dai
fondali stanno scomparendo le alghe brune (Cystoseira), indispensabili al
sistema
Quando si parla di deforestazione selvaggia il pensiero corre subito
all'Amazzonia, ma le foreste pluviali non sono le uniche che rischiano di
scomparire. Sul fondo del Mare Nostrum stanno rapidamente scomparendo le foreste
marine di Cystoseira, un genere di alghe brune che si trova principalmente nelle
acque temperate dell'emisfero nord, nel Mar Mediterraneo e nell'oceano Pacifico
e Indiano. Queste alghe, che possono raggiungere l'altezza di un metro e mezzo,
svolgono la stessa funzione degli alberi di una foresta tropicale: producono
ossigeno tramite la fotosintesi e rappresentano un habitat per altri organismi
vegetali e animali, come i pesci che ci depongono le uova. Una loro scomparsa
innescherebbe una serie di effetti a catena che finirebbero col riflettersi
negativamente anche sulle attività economiche, dalla pesca al turismo. Per
invertire questa tendenza è partito in questi giorni il progetto Rocpop Life,
che ha come obiettivo quello di rimboschire, con una tecnica innovativa, le
foreste marine di Cystoseira all'interno delle Aree marine protette di Cinque
Terre e Miramare, dove quest'alga era presente in passato. «Già nel 2000 abbiamo
notato che le foreste marine stavano scomparendo dal nostro mare - spiega
Annalisa Falace, coordinatrice del progetto e ricercatrice dell'ateneo giuliano
-. Quando il tema è diventato rilevante per la Comunità europea, che ha deciso
di proteggere queste foreste, nel Golfo di Trieste non c'era già più Cystoseira».
A causarne la scomparsa sono principalmente gli impatti antropici: la
costruzione di porticcioli, la movimentazione degli scogli, gli sversamenti
urbani, gli erbicidi e inquinanti chimici di diversa natura portati a mare
attraverso i fiumi. A questo si sommano gli impatti dei cambiamenti climatici.
La Cystoseira, spiega Falace, ha delle spore abbastanza pesanti che cadono
vicino alla pianta madre, perciò non è possibile pensare a un ripopolamento
spontaneo: serve l'intervento umano. «Così come lottiamo per preservare le
foreste terrestri, dovremmo lottare per preservare le foreste marine, che
svolgono funzioni analoghe sott'acqua», spiega l'algologa. Falace insieme all'assegnista
di ricerca Sara Kaleb e a un gruppo di ricercatrici dell'Università di Genova,
ha messo a punto un sistema innovativo per lavorare al ripopolamento delle
foreste marine di Cystoseira: «Anziché espiantare e ritrapiantare la Cystoseira
nei luoghi in cui è scomparsa, abbiamo messo a punto una tecnica di coltura che
consente di ottenere nuove "plantule" da piccoli pezzetti di Cystoseira in
riproduzione. Così non si danneggia la popolazione donatrice», spiega Falace. Le
cinque ricercatrici si sono calate nei panni di "contadini del mare": da un
singolo apice di Cystoseira riescono a produrre moltissime plantule. «Le
portiamo in laboratorio e le coltiviamo secondo i protocolli messi a punto con
l'Università di Genova - racconta -: facciamo crescere le piantine su dischetti
ecosostenibili e biodegradabili che questa primavera andremo a inserire in mare
per aiutare queste "alghe buone" a ripopolare il Mediterraneo». L'esperimento
pilota verrà portato avanti nelle Cinque Terre e a Miramare. «Si agisce sulle
aree marine protette perché tutti gli elementi di controllo messi in campo a
livello gestionale sono la migliore garanzia per ottenere il risultato atteso -
spiega Saul Ciriaco, della Riserva Marina di Miramare -. In questo modo
assicureremo un monitoraggio costante sulla crescita delle nuove foreste
marine».
Giulia Basso
eHABITAT.it - LUNEDI', 19 marzo 2018
Riscaldamento globale: l’obiettivo 1,5° C rischia di essere rapidamente fuori portata
Il Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico
(IPCC) ha rilasciato in questi giorni una bozza del sommario dello Special
Report on Global Warming of 1,5°C (la relazione finale sarà resa disponibile a
ottobre di quest’anno), in cui si evidenzia come la probabilità di contenere il
riscaldamento globale entro 1,5°C rischia di diventare rapidamente al di fuori
della nostra portata.
Per gli scienziati, la tendenza verso il riscaldamento globale è chiara
Il 2017 è stato, ancora una volta, uno degli anni più caldi mai registrati.
Secondo le dichiarazioni rilasciate dalla NASA in una recente conferenza stampa,
sarebbe il secondo più caldo di sempre dopo il 2016, seguito a ruota dal 2015.
Ciò significa che i tre anni più caldi, da quando sono iniziate le misurazioni
nel 1880, sono gli ultimi tre. Tali risultati confermerebbero, per la NASA, la
tendenza al riscaldamento globale a lungo termine del nostro Pianeta. Tendenza
causata principalmente dall’attività umana, attraverso l’emissione in atmosfera
dei gas serra.
Nonostante il 2017 sia stato leggermente più fresco
rispetto al 2016, per gli scienziati della NASA la tendenza verso il
riscaldamento globale non potrebbe essere più chiara: i sei anni più caldi di
sempre si sono verificati fra il 2010 e il 2017, mentre i 18 più caldi sono
stati tutti registrati dopo il 2001.
E non è finita qui. Nel 2017 il riscaldamento globale ha contribuito al rapido
scioglimento delle calotte polari, sia nell’Artico che nell’Antartico.
L’Antartide, in particolare, ha raggiunto il suo minimo
storico, con una copertura di ghiaccio di quasi 400.000 km2 in meno (più della
superficie dell’Italia intera) rispetto al precedente record negativo,
registrato nel 1986. Nell’Artico invece la copertura dei ghiacci è stata
superiore soltanto a quella del 2016.
Il Dr. Walt Meier del NASA Goddard Space Flight Center spiega in un video,
pubblicato in copertina, come il ghiaccio marino abbia subito dei cambiamenti
fondamentali dal 1979 (anno in cui sono iniziate le misurazioni satellitari) ad
oggi. «Il ghiaccio artico non si è ridotto soltanto in termini di superficie
negli ultimi anni, ma sta diventando sempre più giovane e sottile».
L’impatto del riscaldamento globale è già evidente
Secondo il sommario dell’IPCC e i dati della NASA, il clima ha già subito un
riscaldamento globale medio di almeno 1°C rispetto alla precedente era
preindustriale. Questo fa sì che siamo già oltre la metà rispetto all’ambizioso
obiettivo fissato nell’accordo sul clima di Parigi del 2016 di limitare il
riscaldamento globale a 1,5°C. Secondo gli scienziati, continuando al ritmo
attuale si giungerà ad un aumento medio della temperatura di +1,5°C intorno al
2040 (e in alcuni Paesi, fra i quali l’Italia, quasi certamente prima).
Le conseguenze del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici stanno
tuttavia già impattando sugli ecosistemi e sulle popolazioni: dall’aumento degli
eventi meteorologici estremi allo scioglimento dei ghiacci (con conseguente
progressivo innalzamento del livello del mare), dal rischio siccità alla
riduzione della resa dei raccolti, fino ad arrivare all’estinzione di numerose
specie animali. Fenomeni già in atto, che tenderanno ad estremizzarsi e
diventare sempre più catastrofici se non riusciremo a contenere il riscaldamento
globale medio entro 1,5°C. E che avranno effetti ancora più acuti sulle
popolazioni più povere, sempre più minacciate da carestie, fame, e conseguente
incremento dei conflitti e delle migrazioni.
Fame, carestie, conflitti e migrazioni sono fra gli effetti del riscaldamento
globale e dei cambiamenti climatici.
Contro il riscaldamento globale urgono azioni ampie e immediate
Per poter contenere il riscaldamento globale medio entro 1,5°C, dovrebbero
essere attuati tagli ben più rapidi e profondi alle emissioni di gas serra
rispetto a quelli realizzati finora, a partire da subito e coinvolgendo tutti i
settori. Più i tagli delle emissioni sono in ritardo, infatti, più ampia sarà la
quota di CO2 da rimuovere dall’atmosfera e più difficile sarà quindi raggiungere
l’obiettivo prefissato.
La pubblicazione del sommario dell’IPCC lancia pertanto un vero e proprio
allarme, rivolto ai decisori politici e a tutti noi: poiché le emissioni di gas
serra mondiali non diminuiscono adeguatamente (nel 2017 sono addirittura
aumentate) e i livelli auspicati di rimozione della CO2 dall’atmosfera sembrano
essere difficilmente realizzabili, c’è a questo punto un’alta probabilità che il
mantenimento del riscaldamento globale medio entro la soglia di +1,5°C diventi
rapidamente impraticabile.
Questo significa che potrebbe non essere sufficiente lavorare per ridurre i
cambiamenti climatici, e che bisognerà iniziare a pensare – in fretta – a come i
nostri sistemi sociali, agricoli e produttivi possano adattarsi per convivere
con essi. Una sfida epocale, a cui dovremo rispondere e della quale non potremo
dire di non essere stati avvertiti.
Alessandra Varotto
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 marzo 2018
Due italiani su tre comprano bio - Le vendite di questi
prodotti sono cresciute del 10,3% nei primi sei mesi dell'anno
ROMA - Una rete di laboratori a cielo aperto in tutta Italia per produrre
frutta e verdura biologica sempre più amici dell'ambiente, ma anche del
portafoglio, per fare in modo di abbassare i costi di produzione e quindi nello
scaffale per il consumatore finale. La ricerca scommette così sull'agricoltura
bio, con un percorso al passo con i tempi confermato dagli ultimi dati. Grazie
all'accresciuta coscienza ecologica e al cambiamento degli stili di vita e dei
consumi, secondo Federbio nel 2017 il 78% degli italiani ha acquistato almeno un
prodotto biologico, contro il 53% del 2012. Un mercato in continua crescita,
basti pensare che le vendite dei prodotti biologici sono aumentate del 10,3% nei
primi sei mesi del 2017, a conferma del +13,4% registrato nei 12 mesi
precedenti. E come altri settori, anche per il biologico la crescita deve essere
supportata dall'innovazione di cui le aziende agricole sentono particolarmente
bisogno. I laboratori, dispositivi sperimentali di lungo termine (Lte), sono
sette e fanno parte del progetto Retibio finanziato dal Ministero delle
Politiche agricole e coordinato dal Crea. Si tratta di appezzamenti controllati
dove i ricercatori condurranno in piena sicurezza esperimenti per testare
innovazioni e buone pratiche di processo e di prodotto in agricoltura biologica.
Si va dai concimi organici, a frutti in grado di garantire una vita più lunga
nello scaffale, dal brevetto di un nuovo attrezzo agricolo a nuovi sistemi di
rotazione delle colture orticole, dalle tecniche di gestione dei seminativi
biologici in grado di sequestrare il carbonio atmosferico a quelle più
efficienti sul fronte della biodiversità e dell'impatto ambientale. Federbio e
Cepas, l'Istituto leader nella certificazione delle professionalità e
competenze, hanno siglato un'intesa per creare un percorso di formazione per
ispettori e consulenti impegnati ad attestare l'affidabilità del settore in
forte crescita. Federbio ricorda che sono 178 i Paesi dove si pratica
l'agricoltura biologica, 87 dei quali con una specifica normativa nazionale,
57,8 milioni di ettari, 11 milioni nel 1999 di cui 1,8 milioni in Italia, che
pesano per l'1,2% della superficie agricola mondiale.
Conferenza - Giornata dell'acqua agli Incanti
L'Ogs promuove una serie di iniziative per la Giornata dell'Acqua. Oggi alle 18 al Salone degli Incanti incontro "Nature for Water: alluvioni, desertificazione, inquinamento: la risposta è nella natura", a ingresso libero.
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 marzo 2018
In treno al Trieste Airport: al via il polo intermodale - Domani l'inaugurazione a Ronchi con la presidente Serracchiani e i vertici di Rfi
Un'opera costata 17,2 milioni di euro: dai tappeti
mobili alla grande passerella
TRIESTE - Da domani, con l'arrivo alle 5 di mattina del primo treno, parte
il polo intermodale dei trasporti del Trieste Airport. L'inaugurazione inizierà
(alle 11.45) pochi minuti dopo l'arrivo del Frecciarossa proveniente da Venezia.
Un evento che l'aeroporto regionale attende dal 23 gennaio del 2017 quando venne
posta la prima pietra del cantiere. Alla cerimonia parteciperanno accanto ai
vertici dello scalo (il presidente della società di gestione, Antonio Marano e
il direttore generale Marco Consalvo) la presidente della giunta regionale,
Debora Serracchiani, l'amministratore delegato di Rfi, Maurizio Gentile, il
direttore centrale dell'Enac, Roberto Vergari, il Chief of staff of
commissioners di Alitalia, Carlo Nardello. Uno dei 70 convogli che, ogni giorno,
viaggeranno nelle due direzioni. Da domani cambierà molto per lo scalo aereo del
Friuli Venezia Giulia, l'unico aeroporto italiano inserito in un sistema
integrato di diversi mezzi di trasporto. Nel "pacchetto" c'è anche un sistema di
poste ciclabili, la cui progettazione ed esecuzione, per un totale di 500mila
euro è stata affidata all'amministrazione comunale di Ronchi dei Legionari.
Tutto comincia nel lontano 1988 quando il polo intermodale di Ronchi dei
Legionari viene inserito nel piano regionale dei trasporti. Trascorrono 30 anni
ma solo nel gennaio del 2017 partono i lavori veri e propri nell'area di 20mila
metri quadrati compresa tra l'aeroporto e la linea ferroviaria Trieste-Venezia.
In questi mesi si è lavorato alacremente e si continuerà a lavorare sino alla
vigila dell'inaugurazione, sotto la supervisione del direttore di cantiere,
ingegner Ermanno Simonati e dal direttore dell'ufficio di piano, ingegner
Stellio Vatta. Il polo intermodale è stato realizzato con finanziamenti che
derivano da fonti comunitarie, regionali e in autofinanziamento dalla società di
gestione. Il progetto ha compreso una nuova fermata ferroviaria, conforme alla
specifiche tecniche per l'interoperabilità ferroviaria concernenti persone a
ridotta mobilità, una nuova autostazione, con 16 stalli in linea per i bus, con
una superficie pedonale di 2800 metri quadrati ed una sala d'aspetto
climatizzata, un parcheggio multipiano con una capacità di 500 posti auto, un
parcheggio a raso, della capacità complessiva di 1000 posti auto, di cui 320
dedicati agli utenti con abbonamento del trasporto pubblico locale e
ferroviario, a tariffa agevolata, ma anche un collegamento pedonale tra
l'aerostazione e le strutture del polo con passerella sopraelevata, lunga 425
metri, accessibile con ascensori, scale mobili e scale di sicurezza, con tappeti
mobili per facilitare la percorrenza. L'opera è stata suddivisa in due lotti
funzionali. Il primo ha compreso la realizzazione della fermata ferroviaria,
dell'autostazione e del parcheggio multipiano, della passerella pedonale di
collegamento limitata allo scavalco della statale 14 e quindi al collegamento
tra l'autostazione e l'aeroporto ed alla parte a scavalco della ferrovia. Il
secondo ha compreso il completamento della passerella pedonale, compresi i
tappeti mobili, scale mobili e ascensori, l'attuazione dell'anello interno di
distribuzione del traffico unitamente all'asfaltatura della viabilità interna ai
parcheggi e al completamento della pavimentazione in conglomerato drenante degli
stalli di sosta. Costo complessivo dell'opera 17,2 milioni di euro, coperto con
finanziamenti pubblici e privati, secondo le regole dei fondi comunitari (14,2
milioni di euro da finanziamento pubblico, 3 milioni di euro da co-finanziamento
privato).
Luca Perrino
Il consiglio comunale sui rifiuti di Muggia in diretta
sul web - La seduta di domani sera verrà trasmessa in streaming - Record di
interrogazioni: quindici nel question time
MUGGIA - Niente teatro Verdi ma una diretta streaming. È questa la strategia
adottata dal sindaco di Muggia, Laura Marzi, che ha convocato il tanto atteso
Consiglio straordinario sul tema dei rifiuti per domani. La riunione
dell'assemblea si terrà alle 19 nell'aula consigliare del municipio e non, come
auspicato, in un luogo più capiente (in passato era già stato utilizzato il
Teatro comunale Verdi, ndr), ma sarà trasmessa per la prima volta in diretta web
sul canale YouTube del Comune di Muggia. Streaming «Si comunica che a partire da
lunedì 19 marzo 2018 le sedute del Consiglio comunale saranno trasmesse in
diretta streaming»: con un sintetico annuncio postato sul proprio profilo
Facebook il Comune di Muggia ha deciso di garantire una più ampia diffusione
dell'operato del Consiglio comunale. I lavori dell'assemblea saranno dunque
visibili da muggesani (e non) tramite il personal computer, accedendo
gratuitamente sul canale YouTube del Comune rivierasco. Grande la soddisfazione
da parte del capogruppo del Movimento 5 Stelle Emanuele Romano che, appoggiato
da Roberta Vlahov (Ocpm) e Roberta Tarlao (Meio Muja), per anni ha dato
battaglia per far sì che le sedute vengano registrate e poi trasmesse sul web:
«È un grande risultato per la democrazia poter assistere tramite il web alla
massima espressione del lavoro istituzionale dell'amministrazione comunale, bene
così» ha detto. Rifiuti Il Consiglio comunale straordinario di domani si
preannuncia molto, molto "caldo". La richiesta di riunire l'assemblea consiliare
era stata espressamente formulata dai sei partiti di opposizione - Forza Muggia,
Lega Nord, Fratelli d'Italia, Movimento 5 Stelle, Obiettivo comune per Muggia e
Meio Muja - i quali avevano chiesto di potersi riunire e discutere del tema più
controverso dell'era Marzi: il sistema di raccolta differenziata "porta a porta"
dei rifiuti. Complessivamente nella question time sono state inserite qualcosa
come 15 interrogazioni: probabilmente un record per Muggia. A partire dalle 21,
invece, verranno affrontate quattro mozioni, inerenti sempre lo stessa tema.
Intanto la consigliera comunale Roberta Tarlao ha svelato sul proprio profilo
Facebook il costo del ritardo del "porta a porta" spinto: «Durante la riunione
della seconda commissione ho chiesto quanto sia costata la proroga di un mese
del sistema misto (ossia il porta a porta abbinato ai cassonetti stradali, ndr),
mantenendo quindi i cassonetti per la raccolta stradale dei rifiuti. La
risposta? 60 mila euro, che il Comune pagherà a Net che a sua volta pagherà a
Italspurghi». Domani il tema della raccolta di rifiuti verrà affrontato
attraverso molti documenti. Tra i più "scottanti", la mozione presentata da
Giulio Ferluga (Ln) su "la sospensione del sistema raccolta rifiuti, il cui
avvio era previsto in data primo marzo 2018, salvo poi essere posticipato di un
mese" e un'altra mozione sulla "sostituzione del sistema raccolta differenziata
porta a porta "spinto" con sistema "misto" presentata dai sei consiglieri dei
tre partiti del centrodestra muggesano.
Riccardo Tosques
Pacchi di marijuana "pescati" dalla polizia nel porto
di Ragusa - Gettati da qualche natante di trafficanti, spinti dallo scirocco
assieme a tonnellate di immondizie in arrivo dall'Albania
RAGUSA (DUBROVNIK) - Pacchi contenenti marijuana galleggiavano ieri mattina
nelle acque del porto di Ragusa, in Dalmazia. Subito allertata la polizia
locale, una motovedetta della Questura ha pattugliato per ore il braccio di mare
e gli agenti hanno raccolto i pacchi, attenti a impedire che la droga
eventualmente non recuperata finisse in mani sbagliate.«Le nostre forze
dell'ordine hanno controllato sia le acque portuali, sia una vasta area nei
dintorni della città - ha fatto sapere la portavoce della Questura, Andrijana
Biskup - riteniamo di essere riusciti a recuperare tutti i contenitori di
marijuana». Stando alla polizia, il carico di droga è stato quasi certamente
lanciato in mare dall'equipaggio di qualche motoscafo che trasportava
stupefacente fra il Montenegro e l'Italia. È probabile che per sfuggire a un
controllo i trafficanti si siano liberati della marijuana - la polizia di Ragusa
non ne ha specificato il quantitativo - gettandola in mare. Il forte vento di
scirocco degli ultimi giorni e il moto ondoso hanno fatto il resto, facendo
"risalire" il carico fino a Ragusa. Non è la prima volta che la droga viene
recuperata nelle acque della Dalmazia meridionale. La marijuana in questo caso è
andata ad aggiungersi alle tonnellate di rifiuti che in questi giorni stanno
arrivando a Ragusa e dintorni dall'Albania. Un problema ormai pluriennale, che
sorge puntualmente quando soffia il vento da sud-est. A quel punto sacchetti e
bottiglie di plastica, rami, tronchi, carcasse di animali e altra immondizia si
abbattono su chilometri di spiagge, porticcioli e segmenti costieri, dando vita
a uno spettacolo desolante. Su tanta spazzatura appaiono scritte in albanese,
che tradiscono l'origine di un problema che nemmeno gli incontri ai massimi
livelli tra Croazia e Albania riescono a risolvere. Poche settimane fa durante
un vertice a Zagabria fra i due capi di Stato, la presidente croata Kolinda
Grabar Kitarovic aveva esortato l'omologo Ilir Meta a prendere provvedimenti,
annotando che il mare Adriatico è un patrimonio comune da tutelare. L altro
giorno a Tirana si è tenuto invece l'incontro fra la ministra croata degli
Esteri Marija Pejcinovic Buric e il capo della diplomazia albanese Ditmir
Bushati e anche in questa occasione l'accento è stato posto sulla questione dei
rifiuti che a tonnellate arrivano dall'Albania inquinando e lordando non solo -
ovviamente - le acque di Ragusa, ma anche quelle delle isole di Giuppana,
Calamotta, Curzola, Meleda, Lagosta, Lissa e Solta, della penisola di
Sabbioncello e più a settentrione quelle dell'Isola lunga. La scottante
questione è stata portata all'attenzione del Parlamento europeo
dall'eurodeputata croata ed ex sindaca di Ragusa, Dubravka Suica, ma senza esiti
concreti. Ieri intanto sui social sono state diffuse le foto della spazzatura
che ha invaso una tra le più belle spiagge dell'Adriatico, quella di Sakarun,
che ciclicamente viene imbrattata dai rifiuti. A essere sommersa dalle
immondizie è stata la località di Trastenizza (Trstenik), nella penisola di
Sabbioncello.
Andrea Marsanich
Quei traghetti troppo rumorosi che disturbano il sonno
- LA LETTERA DEL GIORNO di Giampaolo Bressan
La presenza dei traghetti Ro-Ro è certamente una fortuna per il porto, ben
vengano incrementi del volume delle merci trasportate. Ma con gli anni le navi
sono diventate sempre più grandi, ora parliamo di bestioni di oltre 200 metri,
le operazioni di sbarco ed imbarco avvengono h24, gli addetti del porto lavorano
velocissimi e senza arrecare disturbo, ma altrettanto non si può dire per i
potentissimi generatori diesel che alimentano continuamente questi giganti del
mare illuminandoli a giorno. A seicento metri di distanza dal molo VI, con le
finestre chiuse, in zona via Locchi, si sente un persistente rombo di motore che
impedisce il sonno. Quante misurazione sono state fatte dall'Arpa durante la
notte, ovviamente quando i traghetti sono presenti? Basta andare in Largo Irneri
per trovarsi di fronte ai rumorosi fumaioli dell'ormeggio 39. Il Comandante
della Capitaneria di Porto dovrebbe prendere provvedimenti, analogamente a
quanto fatto nel porto di Genova, per far utilizzare da subito gli scarichi dei
fumi lato mare, controllare l'inquinamento acustico al fumaiolo, a 60 metri da
terra, e non solo in banchina, e controllare il tipo di gasolio utilizzato,
trattandosi di navi di linea. Inutile fare limitazioni al traffico a causa
dell'inquinamento quando ci sono centrali elettriche gigantesche a ridosso del
centro che lanciano fumi incontrollati nell'aria. Ovviamente l'Autorità Portuale
dovrà predisporre gli allacciamenti elettrici in banchina, di adeguata potenza,
in modo da eliminare l'uso dei rumorosi generatori diesel inquinanti, il
cosiddetto "Cold-Ironing", sistema in uso nei porti moderni e consistente nel
collegare le navi con un cavo elettrico alla rete di terra. Andrebbero anche
incrociati i dati d'inquinamento rilevati dalla centralina di piazza Carlo
Alberto con la presenza dei traghetti al molo VI, perché è facile addossare la
colpa dell'inquinamento solo alla Ferriera quando poi ci sono altri inquinatori
seriali impuniti.
La giunta approva le regole degli Ecomusei - A novembre
le domande per il riconoscimento che permette l'accesso ai contributi del
Servizio cultura
TRIESTE - Gli enti che intendono ottenere la qualifica di Ecomuseo di
interesse regionale dovranno presentare domanda di riconoscimento al Servizio
cultura, tra il primo e il 30 novembre dell'anno. E solo una volta riconosciuti
potranno accedere ai contributi regionali. A stabilirlo è il nuovo regolamento
degli Ecomusei approvato dalla giunta del Fvg, con cui sono stati definiti i
criteri e i requisiti minimi per il riconoscimento di Ecomuseo di interesse
regionale e i criteri e le modalità per la concessione dei contributi previsti
dalla legge istitutiva degli Ecomusei stessi (legge regionale 10/2006). Il
rispetto dei requisiti e la loro valenza ai fini del riconoscimento saranno
valutati dal Servizio cultura, con il supporto dell'Ente regionale per il
patrimonio culturale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (Erpac) e con
il parere del Comitato tecnico scientifico istituito dalla legge regionale. Per
ottenere il riconoscimento l'Ecomuseo dovrà avere caratteristiche di omogeneità
culturale, geografica e paesaggistica riconducibili ad una particolare identità
territoriale; dovrà annoverare beni di comunità, ovvero elementi patrimoniali,
materiali e immateriali, naturalistici, culturali ed ambientali di riconosciuto
valore per la comunità locale. Necessario inoltre che l'Ecomuseo sia già
operativo da almeno tre anni e disponga di itinerari di visita e di almeno un
luogo aperto al pubblico. La giunta approverà un Programma annuale delle
attività con l'elenco di tutti gli Ecomusei detentori della qualifica di
interesse regionale, che sarà aggiornato di anno in anno, previa verifica della
sussistenza dei requisiti.La giunta ha inoltre approvato il regolamento che
prevede trasferimenti ai Consorzi di sviluppo economico locale per opere di
urbanizzazione primaria. Si attua così un'ulteriore misura tra quelle più
significative previste dal RilancimpresaFvg, che completa il quadro di
riferimento applicativo delle varie misure di finanziamento previste dalla legge
regionale che, con l'avvenuta definizione del processo di riordino del sistema
dei Consorzi stessi, risulta ora sostanzialmente pienamente operativo e
coordinato. Sono ammissibili all'assegnazione dei trasferimenti gli interventi
di progettazione, realizzazione e manutenzione di infrastrutture di
urbanizzazione primaria a fruizione collettiva, veicolare o pedonale non
soggette a sfruttamento commerciale.
IL PICCOLO - SABATO, 17 marzo 2018
Una giornata con Birò la mini auto elettrica che si può
condividere - Prova al volante del nuovo servizio di car sharing - Sguardi
incuriositi e tante richieste di informazioni
Sguardi incuriositi della gente, qualcuno si ferma e chiede come funziona,
altri si affiancano per osservare i dettagli. La novità della mini auto
elettrica Birò piace ai triestini, che puntano a provarla per qualche giretto in
centro. La due posti è arrivata solo da pochi giorni al garage Regina di via
Raffineria, dove è possibile lasciare il proprio mezzo per poi spostarsi con il
veicolo ecologico, silenzioso e non inquinante. Ma come funziona Birò? Il primo
passo è collegarsi al sito www.biroshare.com e compilare tutti i dati, che
comprendono anche una foto della patente, il codice fiscale e altre informazioni
personali, oltre alla città in cui si vuole utilizzarla, tra quelle disponibili.
La registrazione costa 3 euro, alla quale va aggiunta una prima ricarica da 5
euro. L'utente riceve poi una card, con la quale l'auto si attiva posizionandola
inizialmente davanti al parabrezza e poi all'interno dell'abitacolo. Una volta
conclusa l'operazione basta allacciare la cintura di sicurezza, premere
sull'acceleratore e via. Attenzione, però: al massimo si raggiunge la velocità
di 45 km/h. Più che sufficiente per muoversi in sicurezza nelle vie trafficate
del centro. L'abitacolo è piccolino, ma la visuale è totale su tutti i lati, con
la possibilità di aprire il tettuccio. C'è spazio per due persone e alle spalle
solo pochi centimetri per sistemare una borsetta non troppo voluminosa. Alcuni
piccoli vani accanto al volante permettono di contenere altri oggetti utili,
come occhiali o telefonino. Impossibile invece portare bagagli grandi, visto che
il veicolo è pensato per spostamenti brevi. Birò per il momento ha attirato
soprattutto l'interesse di chi frequenta il garage, ma anche di alcune strutture
ricettive: «Hanno chiesto informazioni turisti, triestini e anche alcuni hotel -
spiega Carlo Cataneo, gestore del garage Regina -, che volevano sapere come
funziona il servizio, per proporlo ai loro clienti». Birò è sistemata in bella
vista e a guardarla da vicino c'è Paolo Micoli: «Mi piace - dice - lascio qui
l'auto saltuariamente e di sicuro voglio provarla. Penso sia una trovata
interessante, comoda, sostenibile e intelligente. E sono convinto che il car
sharing andrebbe sviluppato molto di più, perché è un sistema valido per
muoversi e tutelare l'ambiente». Una volta usciti dal garage, per strada Birò
attira grande curiosità e al semaforo gli scooter si affiancano e sbirciano
dentro, considerando, come detto, la totale visibilità del mezzo. E se ci si
ferma un attimo, ecco che le persone si avvicinano, per capire come funziona. «È
particolare - dice Valentina Romano -. Forse nel traffico mi spaventerebbe un
po' spostarmi su un mezzo così piccolo, ma all'interno - aggiunge provando a
sedersi - è molto comoda». «È buffa - commenta Sara Colamartino -, comunque mi
sembra un'idea bella e pure divertente». Fa strano l'assenza totale di rumore:
Birò infatti non produce alcun suono, fatta eccezione per quello che arriva
dalle frecce usate per svoltare. Dotata di cambio automatico, ha due pedali e in
basso, davanti al sedile del passeggero, è presente il freno a mano. Per la
sosta va cercato un parcheggio regolare: pur essendo immatricolato come
ciclomotore, non è possibile utilizzare gli stalli per motorini a bordo strada,
visto che occuperebbe comunque una parte della carreggiata. Ma le misure molto
ridotte, due metri appena, permettono di trovare facilmente uno spazio un po'
ovunque. Concluso il giro in città si ritorna con Birò in via Raffineria, dove
il mezzo sarà ricaricato con la corrente elettrica attraverso un semplice filo.
Dopo il primo utilizzo, la card va conservata e caricata sempre online o con
pochi "clic" dal telefonino. È possibile condividerla anche con altre persone,
compilando gli appositi campi sul web, per farla guidare anche ad amici o
parenti. Grazie alla piattaforma online e ai sistemi Gps e Gprs integrati sul
mezzo, inoltre, si può sempre controllarne l'utilizzo. L'azienda che ha ideato e
che produce Birò è una giovane realtà di Pordenone, che entro la fine del 2018
punta a diffondere l'auto elettrica in 30 città, con l'obiettivo di sollecitare
una mobilità sempre più sostenibile.
Micol Brusaferro
GREENSTYLE.it - VENERDI', 16 marzo 2018
Allerta alimentare: microplastica nelle bottiglie d’acqua
Una nuova allerta alimentare coinvolge le bottiglie d’acqua di diversi marchi in alcuni Paesi del mondo. Nelle confezioni sono state trovate delle microplastiche, attraverso un’indagine condotta dall’organizzazione di giornalisti indipendenti Orb Media.
Il team ha realizzato un’inchiesta in collaborazione con la Fredonia State University di New York, mettendo a punto un’analisi dettagliata di 259 bottiglie di acqua in 9 Stati del mondo. Ne è risultata una vera e propria allerta alimentare, perché gli esperti hanno rilevato la presenza di una media elevata di piccole particelle di plastica proprio nelle bottiglie. È emersa la presenza in media di 10 particelle di microplastiche per litro, con una dimensione pari o maggiore a quella di un capello. La presenza delle particelle di plastica è stata riscontrata in tutte le marche di acqua analizzate. Nello specifico l’inchiesta è stata portata avanti tenendo conto di 11 marche diverse di acqua: Evian, Nestlé Pure Life, Aquafina, Dasani, San Pellegrino, Bisleri (per l’India), Aqua (per l’Indonesia), Gerolsteiner (per la Germania), Epura (per il Messico), Wahaha (per la Cina), Minalba (per il Brasile). È stata la Fredonia State University americana a condurre gli esperimenti, all’interno del laboratorio di Sherri Mason, per verificare la presenza di microplastiche. Già in precedenza era stata messa in evidenza un’allerta alimentare in occasione delle analisi di altri cibi. Gli esperti hanno analizzato con precisione tutti i passaggi anche con l’aiuto di filmati, dall’acquisto alla consegna in laboratorio, per escludere dettagliatamente l’eventuale rischio di contaminazione. Per effettuare le analisi gli studiosi hanno utilizzato il colorante Rosso Nilo, che si lega alla plastica e la rende fluorescente quando viene sottoposta a specifiche lunghezze d’onda.
Gianluca Rini
IL PICCOLO - VENERDI', 16 marzo 2018
LO DICO AL PICCOLO - URGE UNA CAMPAGNA CONTRO L'ABBANDONO DEI RIFIUTI
Abbiamo letto sul Piccolo della fiducia dell'assessore Polli nel trovare i colpevoli dell'abbandono di rifiuti. La cosa non appare per niente facile, non essendoci di solito sui rifiuti nome e cognome dei maleducati. Per trovare almeno una parte degli inquinatori occorrerebbe posizionare molte telecamere o ricorrere alle impronte digitali, il che appare impossibile. Triestebella aveva all'inizio dell'anno scorso proposto all'amministrazione comunale una campagna di sensibilizzazione con la speranza di ridurre (non certo di eliminare) l'abbandono di rifiuti. Si trattava di far disegnare delle simpatiche vignette da diffondere con manifesti o, più economicamente, inserendole nelle bollette di acqua, luce e gas. Avevamo anche fatto disegnare a titolo di esempio da due grafici due di queste vignette e le avevamo date al Comune. Avevamo proposto anche di realizzare isole ecologiche anche per rifiuti ingombranti, non sorvegliate (molti non hanno voglia di conferire rifiuti ingombranti nei depositi sorvegliati). Ma non è successo niente. Forse ora l'amministrazione comunale, magari in accordo con AcegasApsAmga, potrebbe riprendere l'idea di una campagna di sensibilizzazione ?
Roberto BarocchiTriestebella
AGRICOLTURA BIOLOGICA
A Muggia, terzo incontro della serie dedicata ai "cambiamenti climatici, biodiversità e resilienza urbana e agricola" organizzato dal Movimento decrescita felice. Nella Sala Millo di piazza della Repubblica 4, alle 17, l'agronoma cristina Micheloni parlerà di "Agricoltura biologica, agricoltura conservativa, le buone pratiche".
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 marzo 2018
Il corvo sfratta i climber da Val Rosandra -
Arrampicata off-limits sulla falesia "I falchi" per non disturbare la coppia in
amore. L'ordinanza attiva fino al 6 maggio
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Divieto di arrampicata sulla falesia denominata "I
falchi" e di sorvolo con droni sull'area che la ospita. Il tutto fino al 6
maggio. È il provvedimento adottato d'urgenza ieri dal sindaco di San Dorligo
della Valle, Sandy Klun, dopo l'avvistamento di una coppia di corvi imperiali
che, a detta degli esperti, sarebbero in procinto di nidificare proprio sulla
falesia "I falchi".Il corvo imperiale (Corvus corax) è il più grande
passeriforme e corvo europeo: le ali superano 1,3 metri in larghezza e dal becco
alla coda può raggiungere la lunghezza di 70 centimetri. Può sfiorare il peso di
1,4 kg. Il piumaggio e il becco, che è molto robusto, sono neri, mentre la coda
è cuneiforme e la gola irsuta. Il suo piumaggio è molto liscio, ma le piume del
collo si possono drizzare in particolari situazioni. Il corvo imperiale è capace
di esibirsi in volo in maniera molto elegante, seguendo una traiettoria quasi
rettilinea. I maschi, durante il periodo degli amori, sostengono lotte che
possono essere anche molto furiose per il possesso delle compagne. Si tratta
dunque di un uccello molto bello e piuttosto raro. Per queste ragioni,
l'amministrazione di San Dorligo della Valle è subito corsa ai ripari per
tutelare la presenza di questa coppia, emanando un provvedimento destinato a
preservare la zona di avvistamento in modo da non spaventare gli esemplari che
stanno per nidificare sulla falesia "I falchi". Contestualmente sono stati
allertati tutti i soggetti che possono contribuire a garantire la massima
tranquillità alla coppia: a vigilare sul rispetto dell'ordinanza sono stati
chiamati la polizia locale di San Dorligo, i carabinieri, la Protezione civile e
a i vigili del fuoco. L'ordinanza, che nel testo ufficiale è definita
«contingibile e urgente», è stata immediatamente notificata anche a Cai XXX
Ottobre, Società Alpina delle Giulie, associazione Alpina slovena di Trieste,
Guide alpine, Soccorso alpino e Lega italiana per la protezione degli uccelli
(Lipu). Tutti soggetti che non hanno potere coercitivo, ma possono assicurare
un'attenzione nella segnalazione di eventuali abusi e inosservanze del
provvedimento. La competenza sulla gestione ordinaria della zona, nella
fattispecie la Riserva della Val Rosandra, arriva all'amministrazione di San
Dorligo in base a un accordo sottoscritto di concerto con la Regione. Sarebbe
quest'ultima a doversi fare carico in prima battuta del controllo sull'area in
cui si è verificato l'avvistamento, perché lo stabilisce una normativa del 1996.
Ma nel dicembre del 2015 l'amministrazione regionale ha sottoscritto un accordo
con il Comune, affidando tale competenza a quest'ultimo.Il sindaco Klun, appena
ricevuta la segnalazione della presenza dei corvi imperiali dalla Forestale, ha
applicato il regolamento che disciplina le attività all'interno della Riserva,
che prevede fra l'altro che «al fine della tutela di habitat o di specie di
particolare pregio si possono individuare aree di speciale tutela all'interno
delle quali si possono vietare attività escursionistiche, alpinistiche o di
altra natura». Il termine del 6 maggio, indicato nell'ordinanza, deriva dal
fatto che normalmente entro tale data dovrebbe esaurirsi il tradizionale periodo
di accoppiamento, deposizione e involo dei piccoli. «Il corvo imperiale - spiega
il naturalista Fabio Perco - è tornato sul Carso e nelle zone a esso vicine dopo
che, nel 1977, è stata modificata la normativa che, in precedenza, ne
autorizzava la caccia. Si tratta di corvidi dalle spiccate tendenze necrofaghe,
si nutrono cioè molto spesso delle carogne di altri animali. Di certo - aggiunge
Perco - sono molto belli e grandi. Ma hanno anche un'altra qualità - aggiunge -
sono intelligenti e sanno capire molto rapidamente se il territorio nel quale si
trovano può essere a loro favorevole».
Ugo Salvini
Teatro Romano invaso dall'immondizia - Monumento
ridotto a discarica a cielo aperto. La Soprintendenza avvia nuovi servizi di
pulizia ma chiama in causa il Comune
Borse cariche di immondizia gettate nell'area verde vicina alla strada,
avanzi di cibo, bottiglie, lattine, cartoni di pizze in grandi quantità. E
ancora contenitori di plastica, imballaggi, mozziconi di sigarette o interi
pacchetti vuoti. Il Teatro Romano, uno dei monumenti più visitati e ammirati del
centro storico, è ridotto a una discarica a cielo aperto. Se ne sono accorti i
turisti che, sbigottiti, ieri mattina, osservavano la scena. E l'hanno notato
pure i triestini, che hanno immortalato il poco edificante spettacolo in una
serie di scatti postati poi sui social. Il caso è rapidamente arrivato anche
all'attenzione della Soprintendenza, guidata da Corrado Azzollini, competente
per l'area. Palazzo Economo ha annunciato l'avvio di un nuovo servizio di
pulizia dalla prossima settimana, precisando però di non avere alcuna
responsabilità sulla vicenda e sollecitando il Comune a controllare in modo più
attento la zona, meta di bivacchi e raduni di gruppetti di sbandati. «I rifiuti
sono qui ormai da mesi - dicono alcune persone ferme a chiacchierare proprio
accanto alla balaustra -. Sicuramente in parte è dovuto alla bora di qualche
settimana fa, ma la colpa è prima di tutto di chi si ferma a bere e mangiare a
tutte le ore, e getta qualsiasi cosa dentro. I contenitori ci sono, è la
maleducazione che regna sovrana. Chi sporca un sito storico andrebbe multato».
Il Teatro Romano è in effetti una delle tappe immancabili per chi visita
Trieste. «Il problema della sporcizia in quest'area è percepibile già quando si
scende da via Donota - spiega Francesca Pitacco, presidente dell' Associazione
guide turistiche del Friuli Venezia Giulia - peccato che la Soprintendenza non
pulisca prontamente. Si sa che, se uno vede sporco in una zona, si fa poi meno
scrupoli a buttarci magari un'altra carta dentro. Spero si agisca quanto prima
perché ormai siamo andiamo verso la stagione piena. Nelle giornate tra il 20 e
il 30 marzo abbiamo veramente tantissime prenotazioni». Pronta la risposta della
Soprintendenza. «Dalla prossima settimana - fa sapere l'ufficio stampa -
arriverà una nuova ditta, che con cadenza settimanale effettuerà il servizio di
pulizia. Ci teniamo comunque a precisare che non dipende da noi, anzi, è una
piaga che ci costringe a pagare un servizio per lo smaltimento di ciò che viene
raccolto. Visto che non si tratta solo di rifiuti portati dal vento, chiediamo
al Comune e in particolare alla Polizia locale che ci siano maggior controlli».
Impossibile poi, aggiungono dalla Soprintendenza, prevedere reti o altri
recinzioni che limitino l'area. «Siamo a conoscenza del problema e cerchiamo di
effettuare controlli puntuali - risponde a distanza il vicesindaco Pierpaolo
Roberti - ma chiediamo anche alla Questura un aiuto in tal senso. Dobbiamo
lavorare insieme per contenere il fenomeno. Da parte nostra la Polizia locale ha
più volte mandato via gruppi di persone che gettavano rifiuti, che stazionavano
lì e sporcavano, ma ci vuole un servizio congiunto per risolvere la situazione».
«Parliamo di una zona centrale che anche in passato ha avuto problemi simili, in
particolare nella zona verso via Donota - aggiunge l'assessore alla Cultura
Giorgio Rossi -. Serve un coordinamento tra diversi soggetti per migliorare la
situazione». Quanto ai turisti, in molti sul web si sono lamentati. «Attorno al
teatro - scriveva Mattia da Lissone due settimane fa - pullulano gatti e rifiuti
vari sono nascosti sotto i cespugli e le siepi che lo circondano. Un peccato
perché il teatro è piccolo ma bello». Su Facebook invece due giorni fa è apparso
uno scatto, nel gruppo "Scovazoni de Trieste", pagina che segnala situazioni
legate alla spazzatura in tutta la città. Nell'immagine si vede chiaramente la
grande quantità di immondizie, e ha innescato subito tanti commenti indignati,
con l'auspicio che l'immagine del teatro possa migliorare al più presto. Non se
la passano bene nemmeno le aiuole che delimitano l'area e che, secondo la
Soprintendenza sono di competenza del Comune. Alcune sono completamente prive di
piante e utilizzate come posacenere o deposito di rifiuti. «Vanno inseriti dei
fiori - suggerisce una signora -, che renderebbero tutto più bello e colorato e
servirebbero anche a evitare questo schifo. Basta poco per farlo diventare un
luogo molto più attrattivo e piacevole da guardare anche per noi che ci passiamo
davanti ogni giorno».
Micol Brusaferro
All'ex OPP arriva l'APERITIVO VERDE
Il Centro di educazione ambientale urbano lancia con cadenza bimensile un momento light dove incontrare persone accomunate dallo stesso interesse per il "green" e disquisire di argomenti verdi. Questa settimana parleremo di cambiamenti climatici con Livio Dorigo. Ci vediamo alle 18 al padiglione V, ex Opp.
GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 14 marzo 2018
Il krill ingerisce la plastica: minaccia ambientale gravissima
Il fatto che la plastica stia sporcando i nostri oceani e che rappresenti una minaccia ambientale gravissima non è di certo una sorpresa. È stato tuttavia scoperto che il krill antartico può contare su un sistema digestivo in grado di macinare le microplastiche, trasformandole in particelle ancora più piccole: sebbene di primo acchito la notizia possa apparire positiva, le conseguenze sull’ambiente sono in realtà potenzialmente gravi.
Pubblicato sulla rivista Nature, lo studio della Griffith University ha scoperto che il krill antartico, nome scientifico Euphausia superba, può scomporre parti di polietilene da 31,5 micron in frammenti con diametro inferiore a un micron. Non un vero servizio di pulizia dell’Oceano, la conversione delle microplastiche in nanoplastiche potrebbe rendere più facile il consumo di sostanze inquinanti da parte delle altre creature marine che abitano i mari, anche quelle più piccole. Gli autori affermano infatti che i frammenti nanoplastici possono passare più facilmente in altre aree del corpo delle creature marine, determinando effetti tossici su tutto l’ecosistema: La frammentazione biologica delle microplastiche in nanoplastiche è probabilmente diffusa nella maggior parte degli ecosistemi. Per questo, gli effetti nocivi dovuti all’ingestione di microplastiche devono essere studiati ulteriormente per includere i potenziali effetti cellulari delle nano plastiche. È dunque improbabile che il crostaceo fornisca una soluzione alle microplastiche che inquinano gli oceani. Il fatto che le micro e nanoplastiche siano difficilmente rilevabili, significa che c’è ancora una grandissima quantità di plastica nei mari: quest’ultima viene sminuzzata in pezzi ancora più piccolo e diviene più pervasiva, fino a costituire una minaccia ambientale sempre più grave.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 marzo 2018
Il Comune "congela" le tariffe della Tari
Cominciamo dalle tasche del cittadino-contribuente: la Tari, acronimo di
tassa dei rifiuti, non rincara e resta quindi invariata. Lo specifica il punto 3
della delibera, all'esame del Consiglio comunale, che vara l'annuale Piano
economico- finanziario relativo alla gestione dei rifiuti urbani svolta da
AcegasApsAmga. Lo ha ribadito ieri pomeriggio davanti alle II e III commissioni
consiliari l'assessore al Territorio e all'Ambiente, la leghista Luisa Polli, a
conferma della volontà "calmieratrice" dell'esecutivo Dipiazza. E anche il Piano
rifiuti conferma le cifre dell'esercizio 2017 a 29 milioni 370 mila euro, cui va
aggiunto un 10% di Iva. C'è però un dubbio che alligna trasversale tra i
consiglieri e che dovrà essere chiarito nell'aggiornamento dei lavori fissato
venerdì mattina: lo stesso punto 3 puntualizza che «l'aumento dei costi non
influirà sulla determinazione delle tariffe Tari» e questo perché «la maggior
spesa verrà assorbita da pari riduzioni di costi posti direttamente a carico del
bilancio del Comune, per l'attività svolta direttamente dal Comune medesimo». La
prosa è piuttosto involuta: a cosa si riferiscono i maggiori costi, dal momento
che il Piano prevede lo stesso impegno finanziario sostenuto nel 2017? E in cosa
consistono questi maggiori costi "assorbiti" dal bilancio comunale?Forse la
risposta è contenuta nelle premesse, dove si menziona una nota AcegasApsAmga che
preannuncia entro il 30 aprile (anzichè entro la consueta data del 28 febbraio)
la trasmissione del dettaglio sugli investimenti effettuati nel 2017, in quanto
a quella data il bilancio dell'utility sarà stato approvato dal consiglio di
amministrazione e dall'assemblea (dove la controllante Hera detiene il 100%).
Ricapitoliamo: il Piano viene presentato senza la specifica sugli investimenti
ed è esaminato dal Consiglio "sic et simpliciter". Nell'auspicio che a fine
aprile (a ridosso delle elezioni regionali) il quadro completo delle cifre
AcegasApsAmga non incida sul Piano e sulla tariffa. È bene ricordare che dal
punto di vista procedurale la delibera sul Piano prepara quella sulla Tari, che
sarà invece illustrata dall'assessore al Bilancio Giorgio Rossi. Luisa Polli era
accompagnata dalla p.o. Raffaella Scarparo e dal responsabile della divisione
ambiente di AcegasApsAmga Giovanni Piccoli. L'assessore ha relazionato su novità
e conferme contenute nel Piano concordato con l'utility: spazzatura con ramazza
a Servola, pulizie "radicali" sia in centro che in periferia, cassonetti per gli
sfalci, micro-raccolta dell'amianto, giardini pubblici e Pineta di Barcola.
Invece niente da fare per gli olii alimentari, perché l'aggiunta di cassonetti è
poco compatibile con la ventosità triestina. Il buon andamento della
differenziata è risultato in buon parte vanificato dall'inserimento nelle
"campane" del vetro di materiali che nulla hanno a che vedere con il vetro,
compresi schermi di computer. Come sempre quando si parla di "scovazze",
dibattito intenso, presieduto dai dipiazzisti Panteca e Cason. Ecco i temi
principali, a parte quello già trattato: lavaggio delle strade, attenzione alle
zone della "movida", orari e funzioni dei centri di raccolta, frequenza di
raccolta e spazzatura, lavaggio dei cassonetti, uso dei diserbanti. Hanno posto
i quesiti i consiglieri Polacco, Bertoli, Apollonio (Fi), Lippolis (Lega), Menis
(M5s), Grim e Svab (Pd), Codarin (Dipiazza), Bassa Poropat (IpT).
Massimo Greco
Report ambiente in FVG - Il clima impazzito e
l'invasione "aliena"
TRIESTE - Gli "alieni" sono tra noi. Si tratta degli animali appartenenti a
specie originarie di Paesi tropicali che, a causa dei cambiamenti climatici, si
stanno espandendo a discapito di quelle autoctone: a risultarne modificata è la
biodiversità della regione. È quanto emerso dal Rapporto sullo stato
dell'ambiente Fvg 2018 , presentato ieri nel Palazzo della Regione alla presenza
dell'assessore all'Ambiente Sara Vito, del direttore generale di Arpa Luca
Marchesi e dei dirigenti Fulvio Stel, Antonella Zanello e Franco Sturzi. Nel
Rapporto, realizzato da Arpa Fvg, si fornisce un quadro dello stato di salute
delle acque, dell'aria, dei suoli e degli ecosistemi, registrandone le
variazioni avvenute negli ultimi cinque anni. «Sul fronte ambientale ci sono due
risultati storici che siamo riusciti a ottenere in questa legislatura: la
realizzazione del depuratore di Servola e il Piano di tutela delle acque», ha
esordito Vito. Tornando ai cambiamenti climatici, si evidenzia l'espansione
delle specie aliene ai danni di quelle locali, anche come conseguenza della
maggior presenza di polline adatto alle prime. Le temperature medie si sono
alzate di 1,4 gradi negli ultimi cinquant'anni: stando al documento, senza
modifiche all'attuale stile di vita, la tropicalizzazione del clima proseguirà e
favorirà il prevalere delle specie aliene. Per quanto riguarda invece la qualità
dell'aria, gli inquinanti tipici degli anni Ottanta e Novanta stanno scomparendo
per effetto dei miglioramenti tecnologici presenti negli impianti industriali
recenti. Permangono invece problemi legati alle polveri (d'inverno) e all'ozono
(d'estate). Quanto alle acque, dei 424 corpi idrici superficiali presenti in Fvg
più del 50% hanno raggiunto l'obiettivo di qualità, mentre sugli altri vanno
individuate azioni di miglioramento. Buono è lo stato del mare ed eccellente la
qualità delle acque di balneazione. Per quanto riguarda l'allevamento dei
molluschi, il 53% delle 51 aree marine e lagunari ricade in zone designata come
"A", cioè zone di elevata qualità. È possibile consultare il rapporto integrale
al link: "http://www.arpa.fvg.it/cms/istituzionale/consulta/Pubblicazioni/Rapporto-sullo-Stato-dellAmbiente-2018.html".
(g.b.)
Miti, natura e storia lungo il Timavo - Nel pomeriggio
la passeggiata guidata con la Soprintendenza
Acqua, terra, lo scrosciare delle risorgive, ma anche miti, leggende,
superstizioni: cosa fa di un luogo un paesaggio? La Soprintendenza archeologia,
belle arti e paesaggio del Fvg, in occasione della Giornata nazionale del
paesaggio, propone una passeggiata guidata alla scoperta del Timavo e del suo
territorio, con personale dei servizi educativi della stessa Soprintendenza, per
indagare come l'uomo abbia modificato il paesaggio nei secoli e come il
paesaggio abbia influito sulle vite degli uomini che furono.Si percorreranno le
antiche vie da cui si potrà apprezzare il paesaggio moderno e conoscere la forma
e la storia di quello antico. Il ritrovo è oggi, alle 16, alla chiesa di San
Giovanni in Tuba (si consiglia l'uso di calzature sportive adeguate e in caso di
pioggia l'evento sarà sospeso). Per informazioni: www.sabap.fvg.beniculturali.it
o la pagina Facebook @sabap.fvg. Il MiBact ha istituito la Giornata del
paesaggio per trasmettere ai giovani il messaggio che la tutela e lo studio
della sua memoria storica costituiscono valori culturali ineludibili.
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 marzo 2018
Via XXX Ottobre sarà sempre più pedonale -
L'amministrazione comunale approva la variante al piano del traffico. "Zebre" in
quattro punti
La nuova area pedonale urbana di via XXX Ottobre ha un piano
particolareggiato. L'ha approvato la giunta comunale il 5 marzo scorso
nell'ambito dell'attuazione del piano generale del traffico urbano vigente.
Praticamente una presa d'atto visto che i lavori di pavimentazione per la
trasformazione pedonale della via XXX Ottobre sono iniziati lo scorso 11
settembre e termineranno entro maggio. Si tratta di un intervento da 900 mila
euro appaltato a Friulana Costruzioni. La pedonalizzazione riguarda l'intera via
del Borgo Teresiano che da piazza Oberdan porta a piazza Sant'Antonio tranne il
tratto tra via Torrebianca e via Machiavelli che conserverà il senso unico
esistente con una pista ciclabile realizzata tramite l'allargamento del
marciapiede. Agli incroci tra via XXX Ottobre e le vie Milano e Valdirivo, che
restano importanti arterie di scorrimento, verranno installati degli impianti
semaforici per agevolare l'attraversamento pedonale. Il piano particolareggiato
prevede infatti la creazione di nuovi percorsi sia pedonali che ciclabili
nell'ambito della mobilità sostenibile. Una scelta, si sottolinea nella
relazione tecnica, dettata dalla popolazione e dai commercianti della zona che
«hanno manifestato la volontà di estendere il più possibile le aree pedonali al
fine di ottenere una miglior fruizione delle medesime aree» e condivisa dalla IV
Circoscrizione. Via XXX Ottobre, infatti, ha una importante «funzione di
connessione tra l'ampia zona pedonale esistente di piazza Sant'Antonio e piazza
Oberdan, che è uno dei poli del trasporto locale cittadino». Il primo intervento
ha riguardato il tratto che da via del Lavatoio si estende fino a via Milano. Il
secondo quello tra via Milano e via Valdirivo, il terzo quello tra via Valdirivo
e via Torrebianca. In corso l'intervento che da via Machiavelli arriva in piazza
Sant'Antonio. A breve partiranno i lavori tra via Torrebianca e via Machiavelli.
Si tratta di un piano comunque che parte da lontano. Un primo progetto, che
prevedeva una pedonalizzazione parziale dell'area, venne approvato dalla
Soprintendenza nel 2014. Completamente riorganizzati i punti di carico e scarico
merce della via. La sosta a pagamento è prevista solo nel tratto tra via
Torrebianca e via Machiavelli. Ai motocicli, invece, saranno riservati degli
stalli lungo via Milano e via Valdirivo. Sono previsti quattro nuovi
attraversamenti pedonali.
(fa.do.)
Niente più benzina con il car sharing a zero emissioni
- Da qualche giorno è possibile lasciare l'auto al garage Regina per poi
muoversi in città con una mini macchina elettrica
Da qualche giorno a Trieste è possibile lasciare l'auto o lo scooter in un
parcheggio, per muoversi in città con una mini auto elettrica, a due posti, un
mezzo «zero emissioni, zero inquinamento acustico e zero consumi di benzina». Si
tratta di un car sharing che si organizza via web o dal cellulare, utilizzabile
da più utenti, attraverso una card. È la novità introdotta dal garage Regina di
via della Raffineria, che mette a disposizione il veicolo, con l'obiettivo di
sollecitare una modalità di spostamento sempre più ecologica. A breve lo spazio
inoltre verrà dotato di colonnine di ricarica anche per le auto elettriche di
privati, che potranno fare quindi "rifornimento green" durante la sosta. «È un
servizio di car sharing che fa parte di un circuito europeo, basta collegarsi al
sito Estrima per prenotare la mini auto, attraverso una card che viene inviata
all'utente, ed è utile per chi vuole spostarsi in centro. Ha un'autonomia di 100
chilometri e si ricarica con un euro circa - spiega Carlo Cataneo, del garage -
credo sia un'idea intelligente e comoda, per provare a sperimentare un mezzo non
inquinante. Nei prossimi mesi il progetto è di inserire anche le centraline per
le auto elettriche dei privati, perché sono in aumento e perché sono fortemente
convinto che questo sia il futuro. Spero sia un modo per incuriosire la gente su
questo fronte, per valorizzare la mobilità elettrica». Il sito diretto per
registrarsi e richiedere la card è www.biroshare.com. Il mezzo è Birò e una
volta completati i dati inseriti si riceve il codice, da poter condividere anche
con altre persone, autorizzate da chi ha domandato il servizio online, senza
scambio di chiavi. Sempre sul web è possibile creare la propria Community Birò
Share e decidere chi far entrare a far parte del gruppo, che potrà così avere
accesso al veicolo. Grazie alla piattaforma online e ai sistemi Gps e Gprs
integrati sul mezzo, inoltre, si può sempre controllarne l'utilizzo. La mini
auto funziona con un sistema keyless di apertura della portiera lato conducente
e di accensione del motore, che si attiva grazie appunto alla card, una tessera
magnetica con un codice. Una volta conclusi i giri e i percorsi da effettuare,
si estrae la batteria che viene ricaricata, direttamente nel luogo dove viene
presa, in questo caso a Trieste, all'interno del garage. Estrima, che realizzai
veicoli Birò, ha sede a Pordenone ed è la prima azienda a proporre sul mercato
il più piccolo veicolo elettrico a quattro ruote, che punta, come si legge nella
mission della realtà regionale, a rivoluzionare la mobilità urbana. L'auto è
dotata di due motori elettrici, ha una velocità massima di 45 chilometri
all'ora, è lunga poco meno di due metri ed è provvista anche di uno spazio per i
bagagli. «C'è già interesse, visto che è un servizio che finora non esisteva a
Trieste - aggiunge Cataneo - un'opportunità per provare a muoversi con piccole
auto di questo tipo sia per i turisti, sia per i triestini che devono recarsi in
centro. Io sogno che quanto prima ci sia una svolta verso un modo di spostarsi
diverso, spero di vedere un giorno tutte le auto elettriche all'interno del mio
garage».
Micol Brusaferro
SEGNALAZIONI - Tremul lavorava per una città vivibile
Un mese fa ci ha lasciati Sergio Tremul, fondatore e per molti anni presidente di Camminatrieste. Questa Associazione, nata allo scopo di proteggere i pedoni, è diventata un punto di riferimento notevole per la sicurezza dei cittadini. Sergio Tremul, che nella sua attività lavorativa si era occupato, quale rappresentante sindacale, di reti di trasporti urbani, interpretò bene i problemi connessi con l'evoluzione del traffico, e della loro possibile risoluzione. In particolare individuò nell'ampliamento delle zone pedonali, nell'ammodernamento e potenziamento del servizio pubblico, nella diffusione della trazione elettrica, nello sviluppo di una metropolitana leggera gli strumenti più importanti affinché Trieste possa diventare una città più vivibile. Dotato di eccezionale capacità organizzativa, Tremul instaurò relazioni anche con altre realtà urbane e associazioni che perseguivano fini similari. Relazioni che portarono soci di Camminatrieste e scolaresche a incontri con le autorità di vario livello della nostra Regione, di altre Regioni italiane e Stati come Slovenia, Austria, Croazia. Sergio Tremul curò particolarmente i rapporti con le scuole, organizzando incontri di educazione stradale, visite a mostre, uscite in città e sul Carso. Molto frequenti anche le conferenze con le associazioni culturali e salutari passeggiate con quelle sanitarie. Pur avendo un carattere realista, Tremul propendeva sempre a un sano ottimismo nella risoluzione dei problemi, che affrontava con decisione e fantasia. Segno di un cambiamento positivo della mentalità cittadina era ad esempio l'accoglienza favorevole di zone pedonali, che nei primi anni di vita dell'Associazione erano viste con sospetto soprattutto da parte dei negozianti. Ma il suo grande cruccio (non solo suo!) era il gran numero di incidenti stradali, così frequenti anche in città. Prudenza, attenzione, osservanza delle norme di circolazione, velocità moderata in particolare nei centri urbani erano strumenti validi per ridurre le vittime della strada.
Luigi Bianchi - presidente di Camminatrieste
AMBIENTE - IL CASO - Raffica di discariche a cielo
aperto fra via Svevo e Borgo San Sergio
Mobili, divani, assi da stiro e anche alberi di Natale alla portata di tutti. Non è la pubblicità della svendita di un negozio di articoli casalinghi, bensì l'elenco di una parte degli oggetti abbandonati nelle discariche a cielo aperto tra Valmaura e Borgo San Sergio. Un fenomeno causato purtroppo da un senso civico direttamente proporzionale alla disaffezione per il territorio. Fortunatamente, c'è anche chi non accetta la situazione e decide di prendere l'iniziativa. Le segnalazioni delle discariche sono così giunte da alcuni cittadini al consigliere Giorgio Semenzato della settima circoscrizione (Servola, Chiarbola, Valmaura e Borgo San Sergio), dove tale problema è storico e consolidato. Partendo da via Svevo, poco dopo la fine di via dei Lavoratori e sotto le arcate della ferrovia, nella zona attualmente recintata per alcuni controlli, sono stati abbandonati pezzi di mobili, sacchetti e, poco dietro, anche un carrello. Carrello che ritorna anche più avanti, dove via Svevo incrocia via Baiamonti, nel parcheggio dell'ex edificio della Telecom sul lato del cavalcavia verso Servola. Ormai la sbarra che regolava il flusso delle entrate è fuori uso e divelta, permettendo l'accesso a chiunque e il conseguente accatastamento di pannelli di legno, finestre e uno scaldabagno. Spostandosi al parcheggio della Risiera, oltre alle immondizie nelle zone verdi, è stata presumibilmente abbandonata un'auto semi-distrutta, con un finestrino e un faro rotti e senza la targa. Una scena non inedita, ma colpisce assistervi nei pressi di un monumento così tragico e significativo per la città e il Paese intero. Giungendo quindi dove via Frigessi incrocia strada della Rosandra, a pochi passi dal Pane Quotidiano, sulle rotaie della ferrovia sono stati abbandonati numerosi oggetti d'uso casalingo: un cesto per il bucato, sdraio, giocattoli e così via. Perfino un allegro alberello di Natale. Risultato di questa incuria, come segnala il consigliere circoscrizionale Semenzato, il proliferare di topi nella zona. Infine, non molto lontano, in via Morpurgo si trova l'ultima discarica, appena dietro ai bottini per le immondizie. Qui divani, poltrone, un asse da stiro e altri oggetti occupano un terreno privato, come già avvenuto in passato. «La polizia ambientale a suo tempo si era interessata alla pulizia e allo sgombero, ma essendo il terreno aperto il problema si è riproposto», scrive nella sua mozione Semenzato. Ogni anno il comune spende mediamente 500 mila euro per la pulizia delle discariche. «Così cittadini onesti pagano coi loro tributi questi comportamenti incivili», commenta l'assessore all'Ambiente Luisa Polli. L'assessore ha compiuto qualche tempo fa un sopralluogo con il presidente della settima circoscrizione, Roberto Sain, e realizzato una mappatura delle discariche nella provincia, alcune talmente irraggiungibili che servirebbe l'intervento di scalatori professionisti per ripulirle. «Mentre continuiamo a ripulire le discariche - spiega l'assessore -, cerchiamo una soluzione a lungo termine, come ad esempio la chiusura delle aree in questione e la realizzazione di un centro di raccolta aperto 24 ore su 24». Quest'ultimo è previsto nel piano per la riqualificazione delle periferie e dovrebbe sorgere nel parcheggio di fronte a villa Revoltella. Quando si parla di "discariche abusive", si dovrebbe precisare la differenza tra l'abbandono di rifiuti e la vera e propria discarica abusiva. Quest'ultima si riferisce a un'attività di gestione illegale di rifiuti pianificata e abituale, effettuata da soggetti in accordo tra loro e finalizzata alla sparizione dei rifiuti dietro adeguata contropartita economica. L'abbandono di rifiuti, invece, viene effettuato occasionalmente e in maniera discontinua da parte di vari soggetti diversi. Anche se inizialmente di lieve entità, esso può tuttavia, nel corso del tempo, assumere le caratteristiche di una vera e propria "discarica abusiva", come in maniera diffusa nella settima circoscrizione.
Simone Modugno
«La maleducazione regna sovrana» L'assessore Polli
annuncia multe per chi lascia le immondizie fuori dai cassonetti
Altro che città mitteleuropea. «La maleducazione regna sovrana: le foto
dimostrano il menefreghismo di alcuni cittadini! Sappiate che poi paghiamo tutti
la loro negligenza!». L'assessore comunale all'Ambiente Luisa Polli ha
dichiarato guerra alle "scovazze selvagge" dal suo profilo Facebook pubblicando
una serie di immagini del degrado di alcune vie e strade di Trieste. Un pessimo
biglietto da visita per i turisti con Trieste che rischia di fare concorrenza a
Roma e Napoli. Nelle foto si vedono sacchi di rifiuti abbandonati in pieno
centro cittadino fuori dai cassonetti assieme anche a parecchi rifiuti
ingombranti (ogni anno si spendono 500 mila euro per gli ingombranti
abbandonati). La cosa che fa arrabbiare l'assessore è che i cassonetti erano
tutt'altro che pieni. «Faccio notare che grazie ai lettori di svuotamento
cassonetti abbiamo la certezza che erano vuoti e abbiamo verificato il corretto
funzionamento degli stessi. Una sola parola: vergognatevi!» tuona la Polli nei
confronti dei suoi concittadini che ora minaccia con una pioggia di multe una
volta individuati i trasgressori. I siti segnalati dall'assessore sono quelli di
via Pietà, Barriera Vecchia, via della Tesa e via Donadoni. Ma si tratta solo di
alcuni esempi. Dalle segnalazioni che sono piovute sul suo profilo Facebook
l'emergenza "scovazze" riguarda l'intera città. Per questo l'assessore dichiara
"tolleranza zero". «Ora cerchiamo di risalire ad alcuni di questi soggetti»
assicura. Non dovrebbe essere difficile. «Da pochi mesi ci sono i rilevatori
volumetrici quindi abbiamo la prova provata di chi trasgredisce!» spiega
furiosa. Il malcostume è generalizzato. «Io girando ho fatto intervenire più
volte Acegas e polizia locale e sono fioccate multe», assicura l'assessore che
ha preso nota di tutte le segnalazioni arrivate sul suo profilo Facebook. Anche
in via del Lazzaretto Vecchio, segnala qualcun altro, si ripete il mistero
triestino dei "scovazoni" vuoti e marciapiedi pieni. Qualcuno chiede persino le
telecamere contro i triestini maleducati e incivili. «Della raccolta
differenziata poi manco l'ombra. Tutti quei sacchetti dell'immondizia potrebbero
essere ridotti di un terzo del volume se solo uno si impegnasse minimamente di
dividere» sottolinea Roberta. La raccolta differenziata, infatti, continua a
essere una pratica per pochi eletti. Gli altri buttano tutto come capita. In una
foto si notano bottiglie di vetro di superalcolici "dimenticati" fuori dai
cassonetti dell'indifferenziata, probabilmente da uno dei tanti locali della
movida triestina. Azzardati però i paragoni con Roma. «Qui il servizio funziona,
i cassonetti sono vuoti e a Roma sono pieni: la Raggi è venuta qua ad imparare»,
attacca Polli.
(fa. do.)
Chi non paga la Tari se la vede con Esatto - Va in aula
il regolamento comunale che innova la materia delegando la riscossione coattiva
alla società "in house"
Cittadino-contribuente-utente sta in campana. Non paghi la tassa sui
rifiuti? Non saldi la retta dell'asilo o della mensa? Glissi sull'Imu? Ignori la
Tasi? Pensi di fare impunemente il furbo sulle multe comminate dalla Polizia
locale? La lastra del pregresso si è ispessita a quasi 100 milioni di mancati
incassi e il Municipio si è spazientito. E ha deciso di mettere i proverbiali
ferri in acqua, se non altro per tutelarsi.La procedura di accertamento si
accorcia, perché Esatto sta per essere nominato ufficialmente croupier del
Comune. Di fatto lo era già, ma le modifiche al regolamento generale delle
entrate municipali, in procinto di andare in aula, conferiranno alla società
pieno e autonomo mandato d'azione per quanto riguarda la riscossione coattiva.
Non ci sarà più il ping-pong tra piazza Unità e piazza Sansovino, una volta che
la dirigenza comunale avrà trasmesso la documentazione al suo Esatto-re (almeno
otto mesi prima dello scadere del termine di decadenza/prescrizione), la
macchina della controllata "in house" potrà partire implacabile, mettendo in
moto la fresca task force varata reclutando un ufficiale e tre addetti. Gli
articoli del regolamento, che vanno dal 47 al 55, innovano completamente la
materia riscossiva, perché Esatto ottiene delega completa: funzione, gestione,
organizzazione, contenzioso. Fino al recente passato ogni imposta aveva il suo
iter, ma - se il Consiglio comunale dirà sì alla proposta deliberativa portata
dall'assessore al Bilancio Giorgio Rossi - la procedura diventerà una sola
all'insegna della semplificazione e della razionalità del percorso
amministrativo. Lo strumento utilizzabile è l'unico possibile per gli enti
locali: l'ingiunzione, prevista dal modernissimo Regio Decreto 639/1910. Le
misure cautelari sono il fermo amministrativo e l'ipoteca. L'ingiunzione non
sarà emessa se la morosità sia inferiore a 30 euro. Il debito è diluibile in
rate non inferiori a 100 euro e comunque la dilazione non è concessa per importi
inferiori a 200 euro. E se è già scattata la notifica del pignoramento, addio
rateizzazione. Ogni tre anni Esatto deve far sapere al Comune
azionista-committente l'elenco dei crediti inesigibili, che sono tali quando lo
stesso Esatto ha posto in essere tutte le azioni possibili per la riscossione
coattiva «senza alcun esito». Al netto del "capo secondo", la prima parte del
regolamento recepisce e organizza in chiave tributaria una serie di
provvedimenti-adempimenti ecc. sparsi nella normativa amministrativa. È il caso
dell'autotutela, per cui il funzionario responsabile del tributo può
annullare/rivedere con atto motivato i propri provvedimenti quando dal loro
riesame risultino palesemente illegittimi e sussista l'interesse pubblico alla
loro eliminazione. Novità sul versante dei pagamenti con l'inserimento della
"piattaforma pagoPa" tra le modalità previste. Particolare attenzione
all'informazione dei cittadini con apertura di sportelli in tutti i giorni
feriali, con attivazione di call center, con apposita sezione dedicata ai
tributi sulla Rete civica comunale.
Massimo Greco
DATI 2018 - Il Rapporto sullo stato dell'ambiente
Stamane alle 10, nella sede della Regione di piazza Unità, verrà presentato il nuovo "Rapporto sullo stato dell'ambiente in Friuli Venezia Giulia 2018", curato dall'Arpa (nella foto il direttore Luca Marchesi).
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 marzo 2018
Piazza Unità e Porto vecchio la Seleco debutta in
aprile
Uffici amministrativi e commerciali allestiti al primo piano di palazzo
Pitteri - Magazzino 5 in punto franco da ristrutturare in tre mesi con 7-8 mila
euro
Aprile a doppia mandata per lo sbarco triestino della Seleco, il glorioso
brand del televisore tricolore rispolverato dall'imprenditore romano Maurizio
Pannella. Che annuncia: apertura degli uffici in piazza Unità già dal prossimo
martedì 3 aprile, immediatamente dopo Pasqua, e presa in carico del magazzino 5
in Porto Vecchio, dove occorreranno alcuni mesi di lavoro restaurativo per una
spesa valutata in 7-800 mila euro. Pannella è convinto che comunque in estate
inizierà l'assemblaggio dei televisori. Dopo l'annuncio autunnale e la fase
preparatoria invernale, sarà primavera a decretare il lancio dell'operazione
"tivù" nel superstite punto franco del Porto Vecchio.Il primo trasloco riguarda
l'allestimento del quartier generale nel primo piano di palazzo Pitteri, dove
Seleco sarà affittuaria di Bnp Paribas, che tre anni fa ha acquistato il
prestigioso immobile di fine '700 da Allianz. Si comincia - racconta Pannella -
con 7-8 persone, che saranno "reclutate" a Trieste: il programma prevede che
amministrazione, contabilità, marketing si concentrino nel suggestivo affaccio
su piazza Unità. Le sedi di Milano e Como - ribadisce l'imprenditore - sono già
state chiuse. Della serie: indietro non si torna.Il secondo atto viene messo in
scena in quel dock del Porto vecchio ben visibile anche dalle Rive. Il Magazzino
5 era stato fin dal principio candidato a ospitare l'assemblaggio dei
televisori, in gennaio si era pensato a una temporanea collocazione in un hangar
gestito da Samer in Punto franco nuovo. Ipotesi questa venuta meno, quindi si
torna al progetto originario basato sul "5", che ha bisogno - spiega Pannella -
di essere rimessato con un intervento che dovrebbe durare una novantina di
giorni. La concessione dell'Autorità portuale è in via di definizione e dovrebbe
trattarsi di un periodo di 6 anni rinnovabile per altrettanti. L'imprenditore
non vuole perdere l'intera estate lavorativa ed è convinto di riuscire a partire
operativamente prima di settembre: l'assemblaggio di un apparecchio ha una
durata di 6-7 minuti. Pannella non ha rinunciato all'obiettivo 2018 di fatturare
50 milioni di euro. Confermata inoltre la previsione occupazionale di cinquanta
addetti: in aprile si attiveranno le procedure per la ricerca di personale,
ricerca che riguarderà soprattutto manodopera femminile. Proseguono le
trattative per la fornitura di componenti, non è escluso il coinvolgimento di
partner turchi come Beko e Vesit: le trattative sono seguite dall'avvocato Paolo
Stern. Primavera decisiva, dunque, per il decollo del progetto Seleco a Trieste.
Una revanche rispetto a quanto avvenne quarant'anni fa, quando un'iniziativa
analoga venne frenata dai niet dell'Amministrazione doganale. A fine 2016 il
brand è stato rilevato dalla Twenty, società controllata da Pannella, che aveva
in precedenza acquisito la Magnadyne. In un primo tempo sembrava che gli
assemblaggi ripartissero dal vecchio sito pordenonese di Vallenoncello, poi
cambio in corsa in direzione del Punto franco triestino, dove Pannella conta di
conseguire in termini fiscali un vantaggio competitivo stimato nel 14%,
importante per ridare una prospettiva al marchio. Sul quale è stata impostata
una campagna di sponsorizzazione sportiva, che ha nella Lazio il nome più
eclatante.
Massimo Greco
Meno pescherecci e nel golfo di Pirano arrivano i
delfini - Il contenzioso fra Slovenia e Croazia li ha fatti giungere numerosi,
attratti dal cibo abbondante che ora trovano
PIRANO - Se il contenzioso tra Slovenia e Croazia per i confini marittimi
tra i due Stati scontenta e amareggia gli uomini, nell'acqua però fa felici i
pesci. Non tutti ovviamente, ma i predatori, in questo caso i delfini che da
qualche mese in branco stazionano nelle acque tra Pirano e Punta Salvore
richiamati - come confermano anche gli studiosi - dall'inusuale presenza di
pesce da poter razziare. Con l'ingombrante presenza in mare delle motovedette
delle polizie di Slovenia e Croazia che in cagnesco si fronteggiano h24,
proteggendo due confini diversi vista la non omogenea interpretazione data dai
due Paesi agli esiti dell'oramai venticinquennale confronto, praticamente non
esiste più possibilità di pescare in nero o di frodo. E anche i pescatori
"regolari" hanno diminuito le proprie puntate in quell'area per evitare
incidenti e salatissime multe da pagare. Chi dei confini se ne infischia
bellamente sono quindi i delfini che si sono in pratica impossessati delle acque
del golfo di Pirano. Ne sono stati avvistati addirittura cinquanta in una volta
sola, che facevano schiumare le tranquille acque di fronte Pirano. Tra di essi
anche alcuni esemplari di giganteschi tonni. E così che un vecchio pescatore
sloveno impegnato a riparare alcune reti tra una sigaretta e dieci bestemmie
pronuncia anche il nuovo proverbio di Pirano: «Dove litigano i pescatori, i
pesci li pescano i delfini». Delfini che, come è noto, sono animali
dall'intelligenza sopraffina e sono abilissimi nella pesca in branco. Come
spiegano gli esperti dell'Associazione slovena per i mammiferi marini Morigenos,
i delfini sollevano in gruppo il fango e la sabbia di superficie del fondo
marino in modo da far uscire i pesci allo scoperto per poi mangiarseli, ma il
massimo della raffinatezza sta nello spingerli con maestria nelle reti gettate
dai malcapitati pescatori per poi catapultarsi contro le stesse per far razzia
del pesce impigliato, ma ovviamente anche delle reti. Da qui il rosario di
bestemmie del pescatore di cui sopra. Ciascun delfino ogni giorno mangia 10
chilogrammi di pesce e il branco che da due mesi staziona nel golfo di Pirano,
si calcola che in questo periodo abbia mangiato mezza tonnellata di pesce al
giorno e 30 tonnellate in due mesi, molto più di quanto riescono a catturare
tutti i pescatori sloveni messi assieme. Ana Hace di Morigenos ha spiegato al
Delo di Lubiana che si tratta di uno dei due branchi che si osservano
regolarmente nell'Alto Adriatico. Nel gruppo di 30 che sono arrivati nel golfo
di Pirano c'erano come minimo quattro "cuccioli" tra i nove mesi e i due anni di
vita. Altri nasceranno tra qualche mese, quando le acque del mare saranno più
calde e dopo una gestazione nel ventre della madre di 12 mesi. Come spiegano i
pescatori, nel mare attualmente ci sono moltissime orate, suri, menole, spari,
riboni, cefali e sardelle, ma in questi giorni il pescato si riduce solo a
qualche chilogrammo di tutto questo ben di Dio, e mostrano desolati, ma anche
molto arrabbiati le reti "bucate" dai voraci morsi dei delfini. Uno dei
pescatori, Dusko Kmetec, sempre al Delo ha sostenuto che lo Stato dovrebbe
rimborsare ai pescatori il danno patito, così come avviene per gli agricoltori
quando il loro raccolto viene distrutto da qualche tempesta, proclamando una
sorta di calamità naturale. Ma quella che per l'uomo è una calamità per la
natura altro non è se non vita.
Mauro Manzin
Pola - Smaltimento rifiuti - Castion già in crisi
Evidentemente il Centro regionale per la gestione dei rifiuti di Castion nel
Comune di Medolino è stato concepito sotto una cattiva stella. Dopo le
contestazioni degli ambientalisti e di buona parte dell'opinione pubblica per
via della sua ubicazione a un solo chilometro e mezzo dalle spiagge, quindi anni
e anni di ritardi nella sua costruzione e numerosi rinvii dell'apertura avvenuta
finalmente lo scorso primo maggio, affronta ora un ostacolo imprevisto fino a
pochi giorni fa. Il problema riguarda lo smaltimento del prodotto secondario del
trattamento dei rifiuti tramite la tecnologia Mbo, per la precisione del
combustibile Rdf (refuse derived fuel) che fino a qualche giorno fa sembrava
dovesse finire negli altiforni del cementificio di Valmazzinghi nell'albonese.
Cementificio che però ha fatto dietro front bloccando il flusso dei rifiuti.
(p.r.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 11 marzo 2018
Il clima impazzito: fra 50 anni in regione avremo i
fichi d'India - Presentato a Gorizia uno studio realizzato da Arpa-Osmer sugli
effetti del riscaldamento globale dal 2071 al 2100
GORIZIA - È molto probabile che in regione avremo i fichi d'India. Proprio
così: ci saranno più tratti in comune con il Meridione d'Italia che con il Nord
d'Europa. Le temperature aumenteranno dai 2 ai 5 gradi, le piogge saliranno in
inverno e scenderanno in estate (rimanendo stabili nel loro complesso), il
livello del mare si innalzerà di qualche centimetro, la vegetazione alpina si
ridurrà mentre si espanderà quella tipica delle aree mediterranee e
sub-tropicali, muteranno gli ecosistemi sia terrestri sia marini con conseguenti
variazioni nelle produzioni dei settori dell'agricoltura e dell'allevamento.
Inoltre, diminuirà il ghiaccio sia a livello sotterraneo sia per quanto riguarda
i nevai, che, nella migliore delle ipotesi, scompariranno per il 90%. Beninteso,
non si tratta del riassunto di una nuova edizione dell'Apocalisse ma dei
risultati di uno studio condotto tra la fine del 2016 e l'inizio di quest'anno
da Arpa-Osmer sui cambiamenti climatici che interesseranno il Friuli Venezia
Giulia dal 2071 al 2100. Tale studio, commissionato dalla Regione, è stato
esposto ieri all'Auditorium di Gorizia (ma i suoi esiti sono anche consultabili
online) in un incontro coordinato dal direttore di Arpa-Osmer Stefano Micheletti,
pure coordinatore della ricerca. I fenomeni indicati potranno verificarsi in
misura più o meno intensa a seconda degli interventi di mitigazione che verranno
applicati. Per interventi di mitigazione si intendono tutte quelle misure aventi
per obiettivo la diminuzione delle emissioni di gas serra, o, in altre parole,
la riduzione dell'utilizzo di combustibili fossili. Significativi interventi di
mitigazione sono ovviamente già stati eseguiti e continuano a eseguirsi (si
pensi allo sviluppo del fotovoltaico) ma molti ancora si dovranno attuare. «Se
guardiamo il Friuli Venezia Giulia - afferma Micheletti, di recente entrato nel
Coordinamento nazionale per la meteorologia e la climatologia - l'aumento delle
temperature causerà la necessità di adattamento della gran parte dei settori
sociali ed economici: dal turismo alla sanità, dall'agricoltura alla produzione
energetica. Ciò comporterà dei costi. E i problemi più importanti relativamente
ai costi e alla diminuzione della qualità della vita a mio giudizio sono quelli
legati al cambiamento del regime delle precipitazioni, specialmente alle più
frequenti e più intense siccità estive, e all'innalzamento del livello del mare:
quest'ultimo problema comporterà l'esigenza di alzare le dighe per evitare
alluvioni sempre più numerose nelle nostre località costiere, in particolare di
quelle della laguna». Ci si può consolare pensando che, in fondo, mal comune,
mezzo gaudio. Nel senso che la situazione in Friuli Venezia Giulia per quanto
riguarda il mutamento del clima, e, soprattutto, i suoi effetti, non è molto
diversa da quella di altre parti d'Italia: alla sua radice, comunque, c'è sempre
l'incremento dell'effetto serra dovuto alle emissioni dei cosiddetti gas
climalteranti. Di certo, più interessata al riscaldamento climatico in regione è
l'area montana. Fermo restando che le previsioni possono sempre sbagliare, «ma
probabilmente non sbaglieranno di tanto - afferma ancora Micheletti - perché con
l'avanzare della ricerca si affinano sempre di più tant'è vero che per il
momento quelle fatte vent'anni fa si sono tutte avverate e purtroppo si sono
avverate anche le più pessimistiche».
Alex Pessotto
«Risparmiare sui costi energetici»
Il lavoro condotto da Arpa-Osmer su mutamenti climatici nel territorio ha
visto le collaborazioni delle università regionali nonché di tre enti di ricerca
con sede a Trieste: il Centro internazionale di fisica teorica (Ictp),
l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) e
l'Istituto di Scienze Marine (Cnr_Ismar). Ieri, a Gorizia, per la sua
presentazione sono intervenuti il sindaco del capoluogo isontino Rodolfo Ziberna:
«Far capire ai giovani le conseguenze dei cambiamenti climatici è un primo passo
per adottare comportamenti virtuosi e rispettosi dell'ambiente». Ricordando la
realizzazione di un nuovo Piano energetico regionale che persegue il duplice
obiettivo di potenziare il sistema energetico e di ridurre le emissioni
climalteranti, l'assessore all'Ambiente Sara Vito ha invece sottolineato che «lo
studio dell'Osmer consentirà di effettuare una migliore pianificazione del
territorio, riducendo gli effetti negativi dei cambiamenti in atto». «Lo studio
- ha ricordato il direttore generale di Arpa, Luca Marchesi - raccoglie le
principali conoscenze finora prodotte sui cambiamenti climatici e, grazie alla
collaborazione con l'Ictp, è stato possibile per la prima volta ottenere una
stima di come potrà cambiare il clima in futuro in Friuli Venezia Giulia
utilizzando le simulazioni di alcuni modelli climatici europei, che sono state
"ritagliate" su misura per il territorio regionale».
(a.p.)
IL PICCOLO - SABATO, 10 marzo 2018
Lo spettro delle sanzioni sul via al depuratore -
Acceso l'impianto di Servola. Ma Vito e vertici AcegasApsAmga ricordano che
l'infrazione resta in piedi
A Sara Vito, assessore regionale all'Ambiente, basta sfiorare il tasto di un
tablet collegato con la sala controllo e via ... Tre anni di lavoro, per
costruire uno dei depuratori all'avanguardia nel nostro Paese, hanno la loro
consacrazione semi-ufficiale. Ieri mattina il nuovo impianto di Servola ha
avviato l'esercizio provvisorio, una fase pre-operativa che lascerà presto il
posto al funzionamento definitivo. Tempo due settimane, hanno garantito i
vertici di AcegasApsAmga. Ma attenzione - lo ha detto la stessa Vito e lo ha
ribadito il direttore generale di AcegasApsAmga Roberto Gasparetto - Trieste non
è fuori dalla procedura d'infrazione avviata dalla Corte di giustizia europea
nel 2009, perchè adesso ci sarà un anno di campionatura idrica raccolta da Arpa
che poi la proporrà all'esame comunitario. Non solo: c'è tutto il pregresso,
ovvero gli anni durante i quali ha continuato a funzionare il vecchio impianto,
che scaricava a mare senza preventivo trattamento a terra. Risponderà per primo
lo Stato italiano a eventuali e inauspicate sanzioni, poi a scendere i livelli
istituzionali che governano il territorio. Ma qui perlomeno - dicono azienda,
Comune, Regione - la risposta c'è stata, perchè questa procedura d'infrazione è
assai diffusa in tutto il Vecchio Continente a perimetro Ue e sono molte le
realtà che non hanno ancora ottemperato.Per questo la semi-inaugurazione di ieri
ha messo tutti di buon umore. L'investimento, coperto da euroquattrini Fsc e
dalla Regione, è risultato pari a 52,5 milioni. Il depuratore è il più grande
della Regione e servirà 190 mila residenti, superando gli impianti attivati a
Lignano (d'estate), Tolmezzo, Udine. Progettista l'ingegnere romagnolo Massimo
Vienna, che aveva inserito nel curriculum l'esperienza maturata in un'analoga
realizzazione Hera a Rimini. Lo ha coadiuvato l'autoctono Enrico Altran.
Atmosfera giocherellona, si diceva. Il sindaco Dipiazza sventolava un cartello
con scritto "riservato" e la Vito lo ha invitato a metterlo sul parabrezza,
ricordando il recente sgambetto parking inferto al primo cittadino. Il
presidente di Hera Tommaso Tomasi di Vignano ha detto che a Trieste torna sempre
volentieri (era stato amministratore delegato di Acegas al tempo di Illy
sindaco) e Dipiazza gli ha consigliato allora di venire a fare il primo
cittadino. L'unico accento vagamente polemico quello di Sara Vito, che ha detto
di aver trovato il dossier-depuratore coperto di ragnatele (evidentemente
lasciate dalla precedente giunta Tondo). A margine Tomasi ha sottolineato il
buon bilancio 2017 che la capogruppo si accinge ad approvare. Buone anche le
premesse per il 2018. Importante l'impegno finanziario in termini di
investimenti, per affrontare in maniera adeguata la stagione delle gare gas e
rifiuti. Acquisizioni nel Nordest con AcegasApsAmga pivot? Perchè no, se
emergeranno opportunità attraenti.
magr
L'accelerazione di Dipiazza sul campus nell'ex caserma
- L'annuncio del sindaco. «Entro fine mese l'acquisto del complesso di via
Rossetti»
Operazione da 15 milioni. Progetto e lavori con le risorse lasciate dalla
Provincia
«L'acquisto dell'ex area militare di via Rossetti è imminente, spero possa
verificarsi già entro la fine di questo mese. Ritengo che il prezzo
dell'operazione si posizionerà attorno ai 15 milioni di euro». Roberto Dipiazza,
dopo la pausa invernale, riprende l'iniziativa e accelera su uno dei più
ambiziosi progetti del suo terzo mandato di sindaco: la trasformazione della
quasi centenaria zona castrense, dedicata a Vittorio Emanuele III, in un campus
dove concentrare gli istituti scolastici - in particolare quelli oggi ospitati
nelle strutture più malmesse - laboratori, officine, impianti sportivi. Attuale
proprietaria degli oltre 85 mila metri quadrati racchiusi nel vecchio perimetro
militare è Cassa depositi e prestiti (Cdp). «Il Comune - prosegue il primo
cittadino, che ha affrontato questo tema a margine dell'avvio del nuovo
depuratore servolano - affronterà con proprie risorse l'acquisizione della
caserma. Per la progettazione e per le opere sarà utilizzabile un centinaio di
milioni che l'Uti giuliana ha ereditato dalla Provincia». Tempistiche e
cronoprogrammi non se ne fanno, perchè secondo Dipiazza è prematuro. Comunque -
lo sottolinea l'assessore all'Educazione Angela Brandi - è pronta la bozza di
convenzione Uti-Comune che codifica il passaggio di consegne in materia di
edilizia scolastica e di istruzione, tracciando l'iter tra il periodo
transitorio dal trasferimento effettivo delle competenze. Dipiazza ricorda di
aver già incontrato i dirigenti scolastici, ai quali ha anticipato la volontà
dell'amministrazione. «In via prioritaria andranno in via Rossetti le scuole
superiori più disastrate - riprende il sindaco - il compendio di via Rossetti si
trova in buone condizioni strutturali e può essere reso agibile con lavori di
restauro, non sarà necessaria una radicale riqualificazione». Un'idea questa che
si sono fatta anche gli assessori e i consiglieri appartenenti alla IV e V
commissione. Ieri mattina hanno svolto un sopralluogo nell'ex caserma Vittorio
Emanuele III, accompagnati dai tecnici incaricati da Cdp della manutenzione
della vasta proprietà. C'erano gli assessori Brandi (scuola), Lodi (lavori
pubblici), Giorgi (patrimonio). Le commissioni, cui hanno partecipato una
quindicina di eletti (Fi, Dipiazza, Lega, Pd, M5s, Verdi Psi), erano guidate dai
presidenti Babuder e Declich. L'obiettivo era verificare l'ampiezza e l'idoneità
degli spazi per ospitare istituti scolastici. Al netto del degrado da abbandono
(vetri rotti, scritte, ecc.) lo stato strutturale sembra buono - testimoniano la
Brandi e Babuder -, la disponibilità di larghi corridoi e delle camerate
facilita la trasformazione degli edifici dall'originaria missione militare alla
nuova destinazione scolastica. «Abbiamo visitato - riferisce Angela Brandi - il
comando e il cosiddetto edificio-tipo, cioè la tipologia ricorrente di stabile
che si sviluppa su cinque livelli, ovvero tre piani, l'interrato, il sottotetto.
Il colpo d'occhio è convincente, l'area sembra prestarsi a un'operazione di
vasta scala, capace di soddisfare le prospettive di crescita di alcuni dei più
frequentati istituti scolastici del territorio». D'altronde - ricorda ancora la
titolare della delega comunale - il compendio di via Rossetti, al tempo
dell'utilizzo militare, aveva una capienza di 5 mila persone. Babuder promuove
un'interazione pubblico-privata nella realizzazione di impianti sportivi
multifunzionali. Gli assessori hanno ricordato che l'ex caserma nell'aprile 2012
è stata sottoposta a vincolo da parte della Direzione regionale per i beni
culturali e paesaggistici, quando a palazzo Economo sedeva Giangiacomo Martinez.
Una relazione di tre pagine ripercorre la vicenda ultracentenaria dell'area,
dall'acquisto di "campagna Wildi" a opera del Comune avvenuta nel 1902 fino alle
prime costruzioni d'epoca asburgica risalenti al 1912 e all'ultimazione nel 1926
sotto il Regno d'Italia. Come la denominazione, mantenuta anche durante l'era
repubblicana, suggerisce.
Massimo Greco
«Il rigassificatore qui non ha posto»
«Riteniamo che non vi sia assolutamente spazio per un rigassificatore nel
Golfo di Trieste, perchè creerebbe problemi al traffico marittimo e imporrebbe
di alzare ulteriormente le misure di sicurezza nel porto di Trieste, che pure
adesso è già sicuro, nonostante vengono stoccate 43 milioni di tonnellate di
idrocarburi l'anno e vi è per fortuna molto traffico» ha affermato la presidente
Fvg Debora Serracchiani a margine della presentazione del Progetto Namirg. Il
comandante della Capitaneria di Porto Luca Sancilio ha d'altra parte reso noto
che lo scalo di Trieste «ha una capacità di estinzione degli incendi superiore a
qualsiasi porto del Mediterraneo». Ciò proprio in relazione alla movimentazione
di greggio e alle caratteristiche geografiche del Golfo di Trieste. Tesi
espressa anche dal sindaco Roberto Dipiazza: «Ero piccolo quando l'Oleodotto
bruciò per un attentato ma da allora nel "nostro lago" nessun incidente di
rilievo; bravi tutti gli operatori».
Un Porto più "green" grazie all'elettricità - Lo studio
di un progetto pilota mirato a ridurre l'inquinamento prodotto dalle navi
TRIESTE - Non c'è solo l'industria, non c'è solo la Ferriera. Le navi che
sostano nel porto di Trieste - dati dell'Arpa Fvg - producono un inquinamento
atmosferico stimabile attorno al 20% del totale. Da qui l'esigenza di iniziare a
delineare soluzioni per la sostenibilità energetica e ambientale che, anche in
considerazione del progressivo aumento dei traffici nello scalo giuliano,
possano abbattere i numeri dell'inquinamento. Una strada può essere quella
dell'infrastrutturazione elettrica di parte delle banchine, il "cold ironing".
L'intervento consentirebbe alle navi che stazionano in porto di allacciarsi alla
rete elettrica, spegnendo i generatori di bordo e riducendo gli inquinamenti
atmosferico e acustico. Di quello che potrebbe essere un progetto pilota si è
parlato ieri in una giornata di studio che in Consiglio regionale, su impulso
della Quarta commissione, ha riunito Autorità portuale, Consiglio superiore dei
Lavori pubblici, armatori e operatori marittimi e navali ma anche Arpa e mondo
scientifico e universitario. Proprio dall'Arpa è giunto il dato del 20% di
inquinamento prodotto quanto a Pa10 e No2. Di qui la soluzione di un connessione
elettrica a terra per le navi. Uno studio in questo senso, effettuato
dall'Università, è già stato condotto analizzando costi, benefici e difficoltà
dell'infrastrutturazione elettrica, fermo restando - come è stato fatto notare -
che risparmi energetici sostanziali si potrebbero conseguire con la
velocizzazione delle operazioni di carico e scarico. Il segretario generale
dell'Autorità di sistema dell'Adriatico orientale Mario Sommariva ha precisato
che l'Authority ha già avviato alcuni interventi di pianificazione sostenibile,
come l'efficienza ferroviaria. Si tratta ora di capire quali forme di
finanziamento europeo potrebbero essere attivate per lo sviluppo del progetto,
che potrebbe partire dai moli cui approdano le rotte fisse, come quelle con la
Turchia.
I segreti del mondo sommerso svelati alle Scuderie di
Miramare
Si chiama BioMA, che sta per Biodiversitario Marino. È il nuovo museo
immersivo e inclusivo dell'Area Marina protetta di Miramare dedicato, lo dice il
nome stesso, alla biodiversità marina del Golfo di Trieste. Apre oggi i battenti
e ospita il mondo sommerso in due stanze e trecento metri quadrati. Finanziato
con 450mila euro di fondi pubblici e privati è la nuova versione del vecchio
Centro visite che dal Castelletto, dov'era fino a qualche anno fa, si è spostato
con una nuova versione alle Scuderie di Miramare, spazio dato in concessione per
dieci anni dalla Soprintendenza Fvg al Wwf. Un museo interattivo all'insegna
dell'etica, senza ricorrere dunque per forza alle specie animali vive, eccetto
per una vasca, cosiddetta didattica, che contiene esseri viventi abituati, come
spiega Federica Piazza dell'Area marina, ad abitare nelle aree della marea. Dal
bagnasciuga lambito dalla marea alle profondità pelagiche, dalla scogliera
sommersa alle praterie sottomarine, dagli anfratti rocciosi alle vaste distese
sabbiose e fangose, l'itinerario subacqueo accompagna il visitatore tra ricchi
diorami, alcuni pannelli (tutti rigorosamente in italiano e inglese) e alcuni
focus multimediali e multisensoriali, come appunto la vasca didattica, le
postazioni sonore per scoprire chi "parla" sotto alle onde o le suggestioni del
mare bioluminescente. Per poi passare al piano di sopra dove vengono riportati
veri e propri rifiuti marini abbandonati dall'uomo. Ecco allora che si esplorano
le microplastiche e l'effetto dannoso che provocano alle nostre acque e
all'ecosistema. C'è da divertirsi, perché ogni spazio è disegnato e creato a
regola d'arte anche per i più piccoli. Con tanto di microscopio per confrontare,
come ha raccontato Sara Firmiani della Riserva, le microplastiche attraverso i
microgranuli naturali di una crema scrub e quelli in plastica di un dentifricio,
e dunque capire la differenza dei prodotti, a cui dovremmo prestare più
attenzione al momento dell'acquisto. Lo spazio espositivo (mostrato ieri in
anteprima alla stampa) si compone anche di una moderna sala multimediale,
dedicata a Barbara Camassa, giovane fotografa appassionata di fauna sottomarina,
deceduta recentemente. Grazie alle liberalità offerte a Miramare in sua memoria,
con l'accordo della famiglia, sono stati realizzati alcuni degli allestimenti
tridimensionali. C'è uno spazio dedicato al collega deceduto Thomas De Marchi. E
ancora un laboratorio didattico attrezzato, anche in questo caso dedicato al
capitano Mario Bussani, appassionato naturalista e precursore dell'idea di «un
parco marino e questa zona è stata la prima ad averne uno», ha detto Marizio
Spoto, direttore della Riserva Marina. E infine uno spazio pensato per i più
piccoli ma adattabile anche ad ospitare workshop e laboratori creativi. BioMa,
realizzato in sette mesi grazie allo sforzo di tutta l'Area Marina, ha visto la
partecipazione della ditta Cramer Giovanni & Figli, il Wwf Italia, ente gestore
dell'area marina fin dalla sua istituzione, assieme a Wwf Oasi. Per curare il
percorso museale sono stati ricostruiti ambienti e specie con minuziosa
meticolosità del team di progettazione, tutto targato Wwf Oasi, mentre dietro
alla realizzazione e alla posa in opera c'è la precisa ed esperta esecuzione
artigianale dello studio Wild'Art di Roma, che ha curato le scenografie e gli
allestimenti con oltre 200 specie di fauna e flora, di cui un centinaio in 3D e
dimensioni naturale. Il risultato è il frutto di una collaborazione tra il
ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (primo
finanziatore con 350mila euro), e quello dei Beni e delle Attività culturali e
del Turismo, così come della Regione. Ma a credere fin da subito al progetto è
stata anche la Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste e il Wwf stesso (in
totale 100mila euro). Oggi si prevede orario continuato con visita libera
gratuita per tutti dalle 10 alle 18. Domani dalle 10 alle 13 ingresso ridotto (4
euro) per la "Caccia ai tesori della Riserva". Invece al pomeriggio, due visite
guidate, con partenza alle 14.30 e alle 16.30 e a seguire lo spettacolo "Biodiverso
a modo mio" realizzato in collaborazione con l'Associazione Teatro Bandus grazie
ad un contributo della Regione Friuli Venezia Giulia.
Benedetta Moro
Muggia - Incontro pubblico sui rifiuti
Oggi alle ore 15 al bar teatro Verdi di Muggia si terrà l'incontro "La
parola ai cittadini, tema: rifiuti!", promosso dai Consiglieri comunali Emanuele
Romano del M5S, Roberta Tarlato di Meio Muja e Roberta Vlahov di Obiettivo
Comune. Verranno raccolte e valutate le proposte dei cittadini, da condividere
con i consiglieri. «Stiamo facendo il lavoro che avrebbe dovuto fare
l'amministrazione in questi ultimi due anni» dichiara Romano. «Informare,
ascoltare, condividere, far partecipare le persone e scegliere assieme. Abbiamo
già un'idea di come dovrebbe essere la raccolta rifiuti 5 stelle a Muggia, ma
come metodologia il confronto diretto con i cittadini è fondamentale».
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 9 marzo 2018
Legambiente: bene la variante al PRGC del Comune di
Grado che chiude con la cementificazione - (Legambiente, circolo “Ignazio
Zanutto” Monfalcone)
Legambiente valuta favorevolmente l'approvazione da parte del Consiglio
Comunale di Grado della "VARIANTE ALLA COMPONENTE STRUTTURALE DEL Piano
Regolatore Comunale".
Il sostanziale ridimensionamento delle volumetrie nelle zone ex Cavarera (Zamparini
City) e Sacca dei Moreri (Grado 3), progetti che Legambiente è impegnata ad
ostacolare fin dal 2010, segna un passaggio fondamentale per chiudere
definitivamente un capitolo che, con una vasta urbanizzazione, avrebbe
determinato una vera e propria devastazione paesaggistica ed un enorme,
immotivato, consumo di suolo.
Sulla ex Cavarera la variante prevede un intervento molto diverso dal progetto
della cosiddetta “Zamparini City” e cita testualmente: "in alternativa alle
attuali dense e concentrate previsioni volumetriche, una infrastrutturazione
leggera preferibilmente per scopi turistico/ricettivi all’aria aperta, da
realizzarsi secondo i principi di reversibilità ed integrazione ambientale".
Per quanto riguarda la Sacca dei Moreri, la variante stabilisce una drastica
riduzione delle volumetrie, che verrebbero più che dimezzate. Le dimensioni
gigantesche dell’intervento, complice anche la crisi edilizia, sono state
considerate decisamente irrealistiche. L'intera area dovrà quindi essere
soggetta ad un drastico ripensamento, si potranno aprire così nuove prospettive
e potenzialità......destinazioni d’uso pertinenti al turismo, con volumetrie
complessive più contenute rispetto all’attuale... una consistente quota di
ricettività all’aperto, come peraltro indicato nel piano struttura.
Riteniamo quindi che le norme di salvaguardia approvate a Grado costituiscano un
atto dovuto (e coraggioso) da parte dell’Amministrazione comunale di Grado,
coerente con l’opposizione ad entrambi i progetti fatta da Legambiente e da
Liber@ negli anni. Con questo nuovo atto, si traduce finalmente in pratica il
principio, troppo spesso disatteso, del contenimento del consumo di suolo; i
progetti che oggi subiscono un deciso ridimensionamento, rischiavano al
contrario, di spalancare la porta alla speculazione edilizia interessata solo a
costruire più metricubi possibili in tutto lo spazio disponibile, snaturando del
tutto le preziose caratteristiche dell’Isola del Sole.
IL PICCOLO - VENERDI', 9 marzo 2018
Ambiente - Il depuratore di Servola comincia a
funzionare
Al nuovo depuratore di Servola manca solo una lieve pressione sul pulsante
d'avvio. Da oggi avanti con l'esercizio provvisorio: un momento importante che
prepara l'inaugurazione ufficiale dell'impianto, che dovrebbe tenersi in maggio.
Ma il lavoro è concluso: stamane alle 11.30 ne prenderanno favorevolmente atto,
nel cantiere della grande struttura ambientale situato in via degli Alti Forni 9
quasi adiacente a Scalo Legnami, l'assessore regionale all'Ambiente Sara Vito e
il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza. Con loro il presidente del gruppo Hera,
controllante di AcegasApsAmga, Tomaso Tommasi di Vignano e il direttore generale
dell'utility giulio-friulo-padovana Roberto Gasparetto. L'annuncio
dell'iniziativa sottolinea che dopo di tre anni di lavoro il depuratore è pronto
per iniziare il trattamento dei reflui triestini. Con un respiro di sollievo per
istituzioni e azienda: perchè stamane può finalmente iniziare l'iter per
affrancare Trieste dalla procedura di infrazione comunitaria che pendeva sul
vecchio impianto. L'accensione non implica automaticamente la liberazione dalle
"indagini" condotte da Bruxelles, ma adesso si può documentare, a distanza di
una decina d'anni da quando la Commissione Ue prese carta e penna, che la
risposta è arrivata. Una risposta non dappoco. Una scheda di AcegasApsAmga
riassume i numeri più importanti di un'impresa cominciata nel 2015.
L'investimento totale ammonta a 52,2 milioni di euro, coperto per tre quinti da
eurofondi Fsc e da un contributo pluriennale erogato dalla Regione Fvg, cui si
aggiungono i proventi della tariffa. L'opera si sviluppa su una superficie di
34.500 metri quadrati ed è chiamata a servire 190 mila abitanti, poco meno di
due terzi della popolazione residente nel territorio provinciale triestino.
Saranno trattati dagli 80 ai 100 mila metri cubi di acqua al giorno. Un cantiere
al quale ha lavorato una media di 300 addetti al giorno: la parte tecnologica
dell'impianto è stata curata da Veolia e da Suez, mentre alle strutture edili ha
provveduto la carpigiana Cmb. L'avventura del nuovo depuratore, come premesso,
aveva avuto inizio nel 2008, quando Bruxelles rilevava l'inadeguatezza
ambientale del vecchio impianto, in quanto la condotta sottomarina portava
l'acqua fognaria direttamente in mare senza preventivo trattamento a terra. Il
progetto, messo a punto per ovviare al pericolo dell'infrazione, è piuttosto
complesso: gli ingegneri Massimo Vienna e Enrico Altran hanno predisposto un
intervento multifasico su cinque passaggi. Pre-trattamento nel vecchio impianto,
trattamento primario, trattamento biologico, trattamento terziario, la
disinfezione. Poi l'acqua fognaria filtrata imboccherà la condotta sottomarina
lunga 7,5 chilometri che scaricherà al largo. Non sarà più il mare a trattare
l'acqua, perchè il lavoro sarà svolto - come abbiamo visto - sulla terraferma.
AcegasApsAmga si è giovata della collaborazione fornita da Ogs. Bruxelles non si
accontenterà di vedere l'opera in funzione. Si riserva un anno di campionamento,
per verificare che la qualità dell'acqua a mare sia compatibile con i requisiti
richiesti. La sala controllo di Servola è collegata con il centro di
telecontrollo del gruppo Hera, che ha base a Forlì. Hera ha già effettuato
nell'area nordadriatica due importanti realizzazioni di carattere fognario a
Rimini e a Cà Nordio nel Padovano.
magr
Scatta l'operazione "campagne pulite" - A San Dorligo
fari puntati contro il degrado: maleducazione e discariche abusive nel mirino
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Scatta l'operazione "Campagne pulite" a San
Dorligo della Valle Dolina. Su iniziativa della seconda commissione consiliare,
che ha competenza, fra gli altri temi, su territorio e ambiente ed è presieduta
da Roberto Potocco (Pd), è iniziata un'operazione che ha come obiettivo quello
di «restaurare la legalità e il decoro - si legge nel testo che accompagna
l'avvio dell'intervento - laddove se ne verifichi la compromissione, in un
territorio, come quello del nostro Comune, che valutiamo d'immenso valore
naturale. Come ormai accertato - continua la nota - l'ambiente appare martoriato
da comportamenti di cittadini, che non possiamo che definire incivili e che
meritano tale classificazione a maggior ragione, perché del tutto
ingiustificati. Non si riescono a trovare bisogni o esigenze reali dei
proprietari delle aree interessate che giustifichino un tale modo di fare».«Il
rispetto per il territorio, l'ambiente e il paesaggio è un dovere dell'intera
comunità - sottolinea Potocco, che da tempo aveva in animo di avviare questo
processo di rivisitazione del territorio e che si sta occupando anche delle
problematiche legate ai cattivi odori, altro tema di attualità a San Dorligo
della Valle - ed è quindi argomento svincolato da qualsiasi considerazione
politica o partitica. Animati da questo spirito, come componenti della seconda
commissione abbiamo dato avvio a un'attività di verifica e controllo del
territorio. Abbiamo purtroppo individuato, già nel corso dei primi sopralluoghi
baracche, roulotte e discariche, presumibilmente abusive, oltre a innumerevoli
accumuli di materiale delle più svariate provenienze. Da tali rilievi è emersa
la necessità di avviare tutte le attività utili a modificare questa situazione
di degrado. I cittadini hanno diritti - continua il presidente della seconda
commissione - ma anche doveri e tra questi ultimi è di primaria importanza
quello del rispetto dell'ambiente e del paesaggio nel quale vivono e viviamo.
L'operazione a questo punto può dirsi pienamente avviata - conclude - e ha lo
scopo di contrastare sia i fatti illeciti, ove se ne risulti la sussistenza, sia
la maleducazione dei singoli individui, fattore che compromette l'interesse di
tutti».
Ugo Salvini
Niente turismo di massa - Brioni punta sull'ambiente
L'annuncio del ministro del Turismo Gari Cappelli: stop al progetto
faraonico che prevedeva fra l'altro l'aumento dei posti letto e un golf resort
di lusso
POLA - Viene cestinato il progetto dello sviluppo turistico commerciale a
Brioni che prevedeva l'aumento delle capacità ricettive, l'adeguamento
dell'offerta turistica e la costruzione di un moderno golf resort. Zagabria opta
invece per il rilancio sostenibile, valorizzando al massimo le strutture già
esistenti senza nuovi interventi sull'ambiente. E soprattutto verrà rafforzato
il carattere di parco nazionale, mettendo in primo piano dunque la tutela
dell'ambiente. È quanto ha dichiarato il ministro del Turismo Gari Cappelli
parlando ai giornalisti allo stand dell'ente turistico croato allestito alla
Borsa mondiale del turismo di Berlino. A questo punto appare chiaro - anche se
nessuno lo dice- che le Isole Brioni non faranno più parte del decantato e mai
decollato progetto Brioni Riviera, fortemente voluto dall'ex presidente della
Regione Istriana Ivan Jakovcic. «Abbiamo abbandonato l'idea del turismo di massa
- ha spiegato - per puntare alla qualità dell'offerta, in primo luogo
all'innalzamento degli alberghi al rango di 5 stelle. Per quanto riguarda il
golf, faremo piccoli interventi migliorativi al vecchio campo di 18 buche sul
quale giocavano il Maresciallo Tito e i suoi ospiti. La nostra intenzione è di
trasformare l'arcipelago in fiore all'occhiello del turismo istriano e croato in
generale». Per quanto riguarda i metodi con cui procedere in questa direzione,
il ministro ha spiegato che sulla piattaforma del progetto sta lavorando lui
stesso accanto ai ministri Goran Maric e Tomislav Coric. «Ovviamente - ha
aggiunto - intendiamo operare in perfetta sintonia con l'autonomia locale così
da arrivare a una condivisione di obiettivi». È chiaro che per effettuare il
salto di qualità servirà l'intervento di capitale fresco, per cui si sta
pensando alla concessione che in ogni caso non verrà assegnata prima del 2020. A
questo punto però emerge l'interrogativo sul tornaconto dell'investitore per un
progetto pieno di vincoli e paletti da rispettare che ne limiteranno il
profitto. Di certo un intervento va fatto, poiché le isole Brioni rappresentano
una bellezza i cui effetti finanziari sono alquanto modesti, soprattutto se
rapportati alle destinazioni simili nel Mediterraneo. Gli alberghi e le ville
sull'isola di Brioni Maggiore - con un totale di 156 camere e 304 posti letto -
registrano all'incirca 30.000 soggiorni all'anno, equivalenti a un incasso di
1,6 milioni di euro. A questa cifra vanno aggiunti i 2 milioni lasciati dai
circa 150.000 escursionisti giornalieri e i 340.000 euro da parte dei
diportisti. Troppo poco, tanto che lo Stato deve spesso intervenire per far
quadrare i conti. L'approvvigionamento idrico fra l'altro è lacunoso, e non è
raro che l'acqua per i servizi venga a mancare.Le isole che furono la residenza
estiva di Tito e dei suoi privilegiati ospiti si rivelano dunque un patrimonio
che non riesce a sostenersi finanziariamente. In passato i vari governi hanno
effettuato diversi tentativi per attirare investitori stranieri, senza esito
però. E neanche ora gli operatori del settore sembrano troppo ottimisti.
(p.r.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 marzo 2018
A2A in Fvg produce valore per 21 milioni - I numeri del
bilancio di sostenibilità del gruppo energetico. Al via un concorso per favorire
iniziative imprenditoriali per il turismo
MILANO - A2A presenta il primo bilancio di sostenibilità del Friuli Venezia
Giulia, documento che riassume gli impegni, i risultati e i fatti del 2016
relativi alla attività della multiutility energetica sul territorio locale. I
dati sono riferiti in particolare alle province di Udine e Gorizia, dove A2A è
presente con le sue attività. Il valore della ricchezza distribuita dall'azienda
sul territorio è stato di 21 milioni di euro nel 2016, con 5,4 milioni spesi in
forniture e servizi a favore di aziende del territorio. Sul fronte della
responsabilità ambientale, nell'ultimo anno considerato la società ha prodotto
energia elettrica pari a quasi un terzo del fabbisogno regionale, con i suoi
impianti idroelettrici (Somplago e Ampezzo) e termoelettrici (Monfalcone). Per
il 18,5% si tratta di energia da fonti rinnovabili. Gli impianti idroelettrici
hanno generato, nonostante le scarse precipitazioni, 503 gigawattora,
beneficiando degli interventi di ottimizzazione realizzati - a partire dal 2011
- per sostituire i gruppi di generazione turbina-alternatore degli impianti di
Somplago e Ampezzo. Nel 2016 sono stati rilasciati 62milioni di m3 di acqua per
garantire il deflusso minimo vitale, a tutela degli ecosistemi fluviali.In
parallelo è proseguita l'attività di ripopolamento della fauna ittica, in base
agli accordi siglati con l'Ente Tutela Pesca della Regione Friuli Venezia
Giulia. Nel corso del 2016, la centrale termoelettrica di Monfalcone ha prodotto
2.214 gigawattora. Nelle due sezioni, rimaste in servizio, sono operativi dal 1°
gennaio 2016, i nuovi sistemi di abbattimento degli ossidi di azoto, che hanno
comportato un investimento di 25 milioni di euro. Nello stesso anno, sono state
largamente inferiori ai limiti di legge, anche le emissioni medie di SO2 (-59%)
e di polveri (-75%). Per quel che concerne la responsabilità sociale, l'azienda
rivendica il supporto in maniera continuativa di iniziative culturali, sportive,
ambientali e sociali sul territorio. Nel 2016 ha erogato 56mila euro in
sponsorizzazioni e contributi ad associazioni locali. Il dialogo con la comunità
si sviluppa anche attraverso l'apertura degli impianti al pubblico, che
coinvolge scuole e famiglie. Nel 2016, 918 persone hanno visitato i siti
produttivi di A2A sul territorio. Sono 161 i collaboratori che lavorano nelle
sedi friulane di A2A, con nove nuove assunzioni nel 2016 di personale residente
nel territorio. Grande attenzione viene prestata alla formazione: le ore
dedicate nell'ultimo anno analizzato sono state in media 29 per dipendente,
oltre il 40% in più rispetto alla media del gruppo. Intanto la multiutility
lancia anche un concorso di idee "CreiAMO Fvg" con l'obiettivo di contribuire
allo sviluppo sostenibile del Friuli Venezia Giulia. Un'iniziativa che tira le
fila del forumAscolto Fvg di A2A tenutosi sempre a Udine lo scorso dicembre.
Nell'occasione, il gruppo che si occupa di produrre e distribuire energia
elettrica e gas metano, nonché di servizi ambientali si era impegnata a lanciare
nell'anno in corso un progetto a supporto di iniziative imprenditoriali
finalizzate allo sviluppo sostenibile del territorio. Due mesi dopo arriva
quindi la "chiamata alle armi" rivolta a tutti coloro (residenti o con sede
legale in regione) che vorranno proporre idee imprenditoriali per favorire il
turismo sostenibile in Friuli Venezia Giulia, ad esempio attraverso iniziative
come mobilità sostenibile, attività sportive e culturali, nonché servizi
innovativi e digitali. Le candidature dovranno essere presentate - entro il 15
aprile - direttamente online caricando sulla piattaforma dedicata una breve
presentazione del progetto, un video pitch di tre minuti e un business plan. Ai
vincitori sarà garantito, oltre a un sostegno economico, un percorso di light
incubation per lo sviluppo della loro idea progettuale, curato dall'incubatore
certificato Impact Hub Milano.
Luigi Dell'Olio
Sul Carso - Sistemati il Sentiero Natura e il lavatoio
TRIESTE - Dalla circoscrizione di Altipiano Ovest arrivano due buone nuove
per i residenti di Prosecco e Santa Croce. Grazie alla collaborazione tra il
privato e il pubblico, sono stati portati a termine due importanti manutenzioni,
la prima lungo il Sentiero Natura, sistemato dagli smottamenti, la seconda sul
vecchio lavatoio di Santa Croce, liberato dai rovi e dagli arbusti selvatici.
Protagonisti dell'intervento una squadra di operai forestali del corpo
regionale, la parte pubblica, e Albino Rupel, geometra residente a Prosecco, e
già da alcuni anni interessato al recupero di manufatti e servizi del proprio
territorio. Il prossimo obiettivo? La ristrutturazione della torretta che
sovrasta il primo pozzo di acqua potabile di Contovello.
(ma. lo.)
Consiglio regionale - Giornata di studi su porti ed energia
Una giornata di studi dedicata alla sostenibilità energetica delle aree portuali. La organizza domani a Trieste il Consiglio regionale. Punto di partenza uno studio dell'Arpa sulle azioni pilota per il porto di Trieste. L'incontro si terrà alle 17 nella Sala Tessitori in piazza Oberdan.
Ex pescheria - Aree marine protette a confronto
Un confronto dedicato alla futura creazione di un network tra le aree protette del Mar Adriatico e dello Ionio. L'appuntamento è fissato per sabato alle 10 all'Auditorium del Salone degli Incanti. I lavori della giornata di studi, intitolata "Da AdriaPan ad AdrionPan" saranno aperti da Mitja Bricelj, segretario del ministero dell'Ambiente di Slovenia.
Corso apicoltura
Corso di avviamento all'apicoltura al Padiglione V (ex Opp), alle 17. Titolo dell'incontro "Perché tutelare le specie autoctone: la nostra ape istriana".
eHABITAT.it - MERCOLEDI', 7 marzo 2018
Ecologia del desiderio, un saggio per cambiare i paradigmi dell’ambientalismo
Perché le questioni ambientali continuano a interessare soltanto sparute nicchie di ambientalisti e non diventano, invece, la priorità di governi, organi di informazione ed educatori? Perché nei discorsi della politica – la recente campagna elettorale ne è una prova – l’emergenza ambientale viene costantemente dimenticata o, nel migliore dei casi, subordinata a urgenze costruite solamente per coagulare il consenso? In sintesi perché l’ambientalismo continua a essere una nicchia all’interno di una società che ha accesso a tutte le informazioni necessarie per comprendere i rischi connessi ai cambiamenti climatici, all’inquinamento e all’esaurimento delle risorse fossili e non ? Ecologia del desiderio, il saggio del giornalista Antonio Cianciullo pubblicato di recente da Aboca, cerca di rispondere a queste domande e lo fa a ragion veduta, visto che il suo autore si occupa di temi ambientali da oltre trent’anni. Secondo l’autore, due sono le cause del mancato cambio di paradigma di fronte alla catastrofe: gli interessi economici in gioco che perpetuano l’economia dei combustibili fossili a scapito delle energie alternative e il deficit della risposta delle masse alla richiesta di un rallentamento della folle corsa ai consumi. La tesi del saggio di Cianciullo è molto chiara. Se gli ambientalisti non sono riusciti a comunicare l’urgenza di una rivoluzione ecologista la colpa è da rintracciare in un difetto della comunicazione: “Finché gli ecologisti continueranno a vendere solo paura falliranno, anche perché la paura è merce inflazionata: dal terrorismo ai nuovi flussi migratori la concorrenza non manca. E la paura dell’oggi batte quella del domani”. L’ambientalismo riesce a dialogare con una ristretta nicchia di persone informate e desiderose di confrontarsi con la complessità, ma perché i paradigmi del consumo cambino occorre che questo messaggio arrivi alle masse. Anche l’intrattenimento deve concorrere alla costruzione di un nuovo immaginario capace di evidenziare le urgenze del nostro tempo: “Per smettere di addentare in modo bulimico il pianeta non bastano i notai dei disastri, ci vogliono romanzi, film, telenovele che aiutino a costruire un immaginario quotidiano in linea con la nuova realtà, quella in cui rischiamo di finire vittime di noi stessi. E questo immaginario non può essere solo negativo, perché in mancanza di alternative convincenti una prospettiva terrorizzante viene rimossa”. Nell’incontro tenutosi alla Casa dell’Ambiente di Torino lo scorso 2 marzo Cianciullo ha sottolineato l’importanza di un cambio di registro da parte di tutti coloro che hanno l’interesse a veicolare i temi della sostenibilità ambientale: “Giornalisti e politici devono conquistare, rispettivamente, l’attenzione di lettori ed elettori e il metodo più sbrigativo e conveniente che possono utilizzare è utilizzare la paura che è un potente traino per le emozioni. Lo si è visto nel corso di questa campagna elettorale. Da troppo tempo, però, l’ambientalismo fa leva sui timori della gente, mentre dovrebbe provare a battere altre strade per diffondersi in maniera più capillare”. Secondo Cianciullo, una delle chiavi per arrivare al grande pubblico è evidenziare come l’industria fossile non sia così conveniente come ci viene fatto credere. Nell’immaginario collettivo deve delinearsi un nuovo concetto di economia: “L’ecologia del desiderio è l’approccio di chi si è stancato di vedere una lunga lista di divieti. La strategia dell’astensione e della rinuncia potevano andare bene prima, ma oggi c’è bisogno di diffondere nuovi paradigmi della produzione a un numero più ampio possibile di persone”. La cultura pop può avere un ruolo fondamentale nella costruzione di un nuovo immaginario. Il cinema è l’arte che più di ogni altra può entrare in contatto con un numero illimitato di persone: “Ogni anno, purtroppo, decine di ambientalisti vengono uccisi durante le lotte per la salvaguardia dell’ambiente. Queste sono storie che possono avere un grande impatto sul pubblico e possono portare le questioni ecologiche al di fuori delle nicchie dell’ambientalismo”. Uno dei tasti su cui occorre insistere sono i costi dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici, due argomenti sui quali la politica e l’economia mettono costantemente la sordina. Ma come spiega l’economista Carlo Carraro, citato nelle ultime pagine del saggio, “il cambiamento climatico è il più importante dei problemi economici che abbiamo di fronte. Più della disoccupazione e delle crisi monetarie. Più della recessione della sostenibilità dei nostri sistemi pensionistici. Il più importante dei problemi economici, non un problema ambientale”. I numeri dei danni economici provocati dagli effetti dei cambiamenti climatici sono inequivocabili e dovrebbero costringere i governi e la grande industria a farsi due conti e a farli in fretta. Secondo Cianciullo, l’ambientalismo che si concentra sui limiti dello sviluppo “può spaventare, può vincere la gara dei calcoli previsionali, può conquistare credibilità scientifica. Ma non parla alla pancia, non muove la forza del sogno: una rivoluzione con una squadra di contabili al potere non suona convincente. Non ha un marketing vincente”. Nell’immediato la sfida dell’ambientalismo è, quindi, quella di creare una nuova narrazione capace di tenere insieme cultura, politica, economia e informazione. Proprio quello che Cianciullo riesce a fare con un libro divulgativo che si legge tutto di un fiato e riesce a fare un po’ d’ordine nel caos generato dal sovraccarico informativo in cui siamo immersi.
Davide Mazzocco
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 marzo 2018
Circolo Verdeazzurro - "La gestione degli alberi a Trieste"
Alle 18 in via Donizetti 5/A: incontro per discutere della gestione del patrimonio arboreo della città assieme a Francesco Panepinto, funzionario forestale del Servizio spazi verdi pubblici del Comune di Trieste.
Trieste lancia il Fvg nella rete green - La Regione
entra nel network per lo sviluppo di pratiche ecosostenibili nelle città
La Regione Friuli Venezia Giulia ha siglato l'accordo per entrare nella rete
"Green city network", promossa dalla "Fondazione Sviluppo Sostenibile" per
analizzare, promuovere e sviluppare le buone pratiche ecosostenibili nelle
città, le quali troppo spesso agiscono in maniera isolata. Il progetto è nato in
seguito al lancio del manifesto "La città futura" per lo sviluppo della green
economy e, nella sua fase sperimentale, vedrà la partecipazione delle Regioni
Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia. «Abbiamo scelto di iniziare con le due
regioni con la maggior sensibilità nei confronti delle tematiche ambientali, ma
puntiamo ad ampliare la rete a livello nazionale», ha spiegato Edoardo Ronchi,
presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile ed ex ministro dell'Ambiente,
nel corso della conferenza stampa tenutasi ieri nel palazzo della Regione a
Trieste. Al centro del progetto "Green city Network" c'è una bozza di "linee
guida" che puntano ad assicurare un'elevata qualità urbana (compresa quella
architettonica), utilizzare le risorse in modo efficiente e circolare e adottare
misure per contrastare il cambiamento climatico. Sulla base di queste linee
guida si terrà in aprile un incontro coi Comuni della regione per chiedere un
parere sulla loro possibile attuazione. «La "green economy" trasforma la sfida
per la salvaguardia dell'ambiente anche in un'opportunità economica», ha
dichiarato il presidente Ronchi. «Si deve pensare ad essa - ha ribadito
l'assessore regionale all'Ambiente Sara Vito - non come a una dimensione
marginale e bucolica, bensì a un settore trasversale per la strategia di
sviluppo e di crescita». L'assessore Vito ha poi elencato alcune delle
iniziative intraprese dalla Regione in campo di politiche ambientali, a partire
dal piano per una rete d'infrastrutture per le auto elettriche fino alla
battaglia contro il rischio idrogeologico, nonché il supporto al nuovo
depuratore di Servola che verrà inaugurato venerdì. «Abbiamo ereditato una
regione che era il fanalino di coda d'Italia riguardo all'ambiente e in cinque
anni siamo riusciti a darle una svolta», ha rivendicato infine Vito.
Simone Modugno
Ricerca in Canada - L'inquinamento "controlla" Dna -
Scoperto collegamento tra i geni sollecitati dallo smog e le malattie.
Le
morti per inquinamento
ROMA - Le sostanze inquinanti presenti nell'ambiente possono "prendere il
controllo" del Dna, accendendo in questo modo alcuni geni piuttosto che altri e
scatenando malattie cardiache e respiratorie. Ad indicarlo è la prima indagine
basata sull'analisi del Dna di oltre mille individui. Pubblicata sulla rivista
Nature Communications, la ricerca è stata condotta in Canada, dal gruppo
dell'Ontario Institute for Cancer Researc. Dall'analisi del Dna raccolto da
campioni di sangue, sono stati individuati gli effetti di polveri sottili,
biossido di azoto e biossido di zolfo. Per il genetista Giuseppe Novelli,
rettore dell'Università di Roma Tor Vergata: «La ricerca ci dice quanto pesa il
contributo dell'ambiente sul rischio di sviluppare alcune malattie». Queste
«sono la conseguenza dell'interazione tra Dna, ambiente e casualità, ma non è
facile determinare il peso di ognuno dei tre fattori». Ora si può fare grazie a
studi come quello condotto nel Quebec sul Dna di 1.007 persone che vivono in
posti diversi: da Montreal fino alla piccola Quebec City e la regione poco
urbanizzata di Saguenay-LacSaint-Jean.Non a caso è stato scelto il Quebec per
studiare gli effetti dell'ambiente sul Dna. «Qui la popolazione - ha spiegato
Novelli - ha un corredo genetico simile, perché discende da un piccolo gruppo di
persone arrivato nel XVIII secolo». Confrontando Dna simili di individui che
vivono in zone diverse, e quindi sono esposti a livelli differenti di
inquinamento, i ricercatori hanno scoperto che le sostanze inquinanti
influenzano l'accensione o lo spegnimento di alcuni geni aprendo la strada
soprattutto a malattie cardiache e respiratorie. È stato poi scoperto che
l'impatto dell'ambiente sull'attività dei geni prevale sulla predisposizione
genetica al rischio di queste malattie. «L'impatto dell'ambiente sui geni - ha
concluso Novelli - è paragonabile ad un vestito, che il Dna può mettere o
togliere. Mentre il Dna è scritto a penna e non si può cambiare, il "vestito" è
scritto a matita e si può cambiare o con farmaci, oppure cambiando ambiente e
stili di vita». Secondo l'esperto, lo studio dimostra anche quanto siano
importanti i progetti sul Dna delle popolazioni, come Genome Canada, alla base
dell'indagine. Per questo, anche in Italia «noi genetisti invochiamo da anni il
progetto Genoma Italia».
Rigassificatore, Regione in trincea - Komadina annuncia
la bocciatura dello studio di impatto ambientale
FIUME - Prosegue il muro contro muro tra Regione del Quarnero e Zagabria sul
progetto del rigassificatore off-shore nelle acque dell'isola di Veglia. Un
progetto fortemente avversato nella Contea fiumana e caldeggiato invece
dall'amministrazione statale con il sostegno di Washington e dell'Unione
europea. Il governatore della Regione di Fiume, il socialdemocratico Zlatko
Komadina, ha annunciato che la sua amministrazione boccerà lo Studio di impatto
ambientale del terminal offshore. Un rifiuto che contribuirà ad alimentare
ulteriori tensioni e proteste lungo l'asse Fiume-Zagabria, con scenari al
momento imprevedibili. Komadina, nel motivare il no della Contea al documento,
ha dichiarato che in riva al Quarnero si pretendono alti standard di tutela
ambientale, garantiti dal progetto legato all'approntamento del rigassificatore
sulla terraferma, nei pressi di Castelmuschio (Omisalj). «L'attività del
rigassificatore offshore - ha concluso il governatore - potrebbe invece
inquinare gravemente l'ambiente marino». Intanto prosegue fino al 18 marzo nella
sede del Comune di Castelmuschio (ma anche online) la raccolta di firme contro
la nave metaniera.
(a.m.)
Un punto di raccolta rifiuti davanti al castello di
Muggia - L'artista Villi Bossi, proprietario del maniero: «Un'offesa a città e
visitatori»
L'assessore Litteri: «Pronti a spostarlo se interferisce con l'attività
turistica»
MUGGIA - Sportelli itineranti e mappatura dei punti di raccolta dei
sacchetti della spazzatura dove il servizio "porta a porta" non può arrivare.
Queste le ultime novità in materia di raccolta differenziata dei rifiuti a
Muggia, anche se le polemiche non accennano a diminuire come denuncia il
proprietario del castello di Muggia: «Il Comune ha creato un punto di raccolta
dei sacchetti della spazzatura davanti all'ingresso di uno dei simboli di
Muggia». Castello Incredulità e rabbia. Sono i sentimenti che contraddistinguono
in questi giorni Villi Bossi, il celebre artista muggesano di fama
internazionale che da diversi anni ormai risiede all'interno dello storico
Castello di Muggia. Il motivo? Il Comune ha deciso di posizionare davanti
all'ingresso dell'edificio simbolo della cittadina rivierasca un punto di
raccolta di rifiuti. «Sono sbigottito, mi chiedo solamente come si sia potuta
pensare una simile cosa. Con tutti i turisti che vengono a farci visita come si
può ipotizzare di raccogliere i rifiuti proprio davanti all'entrata del
Castello? È un'offesa all'immagine di Muggia e al concetto di turismo», osserva
Bossi. Anche il figlio, Alberto, ha rimarcato la situazione: «Mio padre è 25
anni che si impegna gratuitamente per tenere decorosa tutta la zona attorno al
maniero. Siamo davvero amareggiati». Villi Bossi si è incontrato con l'assessore
all'Igiene urbana Laura Litteri per cercare di far cambiare idea
all'amministrazione comunale. Come è andata? «Potremmo eventualmente spostare
questo punto di raccolta qualora interferisca con l'attività turistica del
signor Bossi», ha spiegato l'esponente della giunta Marzi che ha anche
puntualizzato le modalità del sistema: «Nel centro storico i sacchi vanno
esposti fuori dalla porta di casa dalle 7 alle 9 del mattino tre volte alla
settimana (carta, plastica e secco residuo): entro le 9 vengono raccolti da un
mezzo elettrico. Soltanto per le case alle quali il mezzo elettrico non può
accedere perché ci sono scale, abbiamo individuato dei punti di raccolta ed uno
di questi è vicino all'entrata del castello». Nelle calli o nelle vie in cui il
servizio "porta a porta" non è disponibile, i residenti sono dunque autorizzati
a utilizzare i seguenti sette punti di raccolta dei rifiuti: via della Torre
(angolo calle Puccini), via Dante Alighieri (lavatoio/fontana), via Verdi
(angolo corso Secundis), calle Lauri (civico 2), calle Lauri (angolo calle
Monticula), calle Monticula (angolo largo Amulia) e calle Monte Albano (angolo
via Verdi). Sportello Uno "sportello itinerante" sulla raccolta differenziata
dei rifiuti. È questa la nuova strategia comunicativa dell'amministrazione
comunale muggesana per affrontare la spinosa questione del "porta a porta". Il
Comune ha formalmente calendarizzato una serie di appuntamenti informativi
dedicati ai cittadini che si snoderanno nel corso di tutto il mese di marzo.
«Gli incontri sono stati strutturati secondo la modalità di uno sportello
informativo itinerante quotidiano, dislocato, con cadenza fissa, in una zona
diversa del territorio in modo da essere il più accessibile possibile a tutti i
cittadini e offrire, al contempo, a chiunque la possibilità di interfacciarsi
nel giorno più confacente ai propri impegni», spiega in una nota il Comune. Ogni
giorno, dalle 17 alle 19, sarà offerta la possibilità di confrontarsi sul nuovo
sistema "porta a porta". Questo il calendario stilato dal Municipio: i lunedì
(12, 19 e 26 marzo) a Zindis (sede della Microarea), i martedì (13, 20 e 27
marzo) a Fonderia (sede degli uffici di via di Trieste, primo piano), i
mercoledì (oggi, 14, 21 e 28 marzo) nel centro cittadino (all'ufficio Urp di
piazza della Repubblica) e a Santa Barbara, i giovedì (8, 15, 22 e 29) ad
Aquilinia (nella segreteria della Tergestina nel palasport) e infine i venerdì
(9, 16, 23 e 30) a Chiampore (alla scuola della musica). Nel mentre l'Infopoint
della Net continuerà ad essere operativo nella sede dell'Urp di piazza della
Repubblica ogni venerdì, dalle 10 alle 12. E per chi non riuscisse a recarsi
fisicamente ai vari appuntamenti rimarrà sempre a disposizione il numero verde
della Net 800520406.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 marzo 2018
Com'e' profondo il mare di Renata Lucchi (OGS) - La ricercatrice svolge indagini sull'evoluzione dei margini continentali attraverso i carotaggi
Ora studia l'Artide - Ha grande esperienza, al suo attivo ben cinque missioni oceanografiche, di cui due come responsabile scientifico.
Il mare è un antico idioma che non riesco a decifrare, diceva Borges. Ed effettivamente il mare ha i suoi codici, la sua lingua e soprattutto una storia che può ricondurci a quella della Terra. Quando la passione per l'ambiente acquatico si fa scienza, qui a Trieste non si può ignorare il nome di Renata Lucchi, ricercatrice presso l'Ogs. Ha una storia articolata alle spalle: laureata a Milano, specializzata in Galles, ha poi svolto ricerca a Barcellona. Il suo campo è la Geologia marina. Ora vive e lavora a Trieste: «Non amo le città grandi - dice - Trieste ha una dimensione molto più umana rispetto alle metropoli e poi è realmente la città della scienza». All'Ogs Renata Lucchi si occupa dell'evoluzione dei margini continentali e quindi le aree di piattaforma e scarpata continentale: «Parliamo di ambiente marino con profondità dai 200 ai 1600 metri. Svolgo questa attività prevalentemente attraverso lo studio delle carote di sedimento», ovvero dei sondaggi del sottosuolo marino che contengono il record temporale di quello che è avvenuto nel punto in cui si effettua il sondaggio. «In pratica in base alle caratteristiche fisiche della composizione del luogo che io studio, posso capire quale tipo di progetto ha causato l'eventuale erosione o il trasporto. Da oltre 15 anni mi occupo dei margini polari. Quando sono rientrata dal Galles ho lavorato su progetti relativi all'Antartide mentre ora mi occupo dell'Artide». Lucchi ha fatto ben 5 campagne oceanografiche, in due aveva come responsabile scientifico. «I dati che noi produciamo, le nostre ricostruzioni, servono poi ai modellisti che li usufruiscono nei loro modelli con lo scopo di fare predizioni per il futuro». Ma il mare, appunto, è una passione che si traduce anche al di fuori del lavoro. Renata Lucchi infatti è istruttrice di nuoto, ha un brevetto di assistente bagnante, ha un brevetto Padi per fare le immersioni: «Amo però anche le altezze, non solo le profondità acquatiche. Ho seguito infatti un corso di alpinismo con il gruppo I Corvi di Mandello, tuttavia i miei hobby sono stati rallentati dalla nascita dei miei tre figli».
Mary B. Tolusso
IL PICCOLO - LUNEDI', 5 marzo 2018
LAVORI: ACEGASAPSAMGA - Un piano acqua da 12 milioni - Tubi nuovi per 90 mila residenti
Il 2018 sarà l'anno dell'acqua. AcegasApsAmga, l'utility nordorientale (Trieste-Padova-Udine) controllata dal gruppo Hera, ha redatto il budget di stagione, che vede il ciclo idrico al primo posto negli investimenti programmati su Trieste. Il 40% delle risorse postate dalla società, per alzare la qualità dei servizi, è destinato in particolare a migliorare l'efficienza nell'erogazione dell'acqua, nella zona carsica e in una ampia porzione dell'area urbana. La distribuzione del gas, in vista anche della gara che sarà bandita entro l'estate, la riqualificazione della rete elettrica, l'ammodernamento dei mezzi e dei contenitori impiegati per tenere pulita la città completano il ventaglio degli interventi che saranno effettuati durante il corrente anno. Roberto Gasparetto, direttore generale dell'azienda e riferimento della capogruppo sul territorio, molla per un attimo gli ormeggi dalla sua proverbiale prudenza: «L'obiettivo strategico è l'eccellenza delle prestazioni. Se in questi anni abbiamo provveduto alla base preparatoria degli adempimenti, il 2018 dovrà segnare il salto di qualità». Per farlo AcegasApsAmga mette sul tavolo 30 milioni, a concludere il quadriennio di interventi iniziato nel 2015 con un impiego complessivo di circa 160 milioni di euro. I 30 milioni dell'annata saranno così ripartiti: 12 sul ciclo idrico, 10 sul gas, 6 sull'energia elettrica, 2 sull'ambiente. Sul punto più elevato del podio, come anticipato, scroscia la questione acqua. Con due operazioni-pilota. La prima, sia per i costi (2,4 milioni di euro) che per le difficoltà di esecuzione, riguarda la sostituzione della condotta di Monte Calvo, un rilievo di 454 metri non lontano dall'Area di ricerca. L'impianto approvvigiona circa 30 mila residenti: l'acqua arriva dal serbatoio di Santa Maria Maddalena e punta verso l'Altipiano. Disseta tra gli altri Padriciano, Basovizza, Conconello, Banne. Il dislivello di quasi 400 metri - spiega Gasparetto - deve essere affrontato mediante un'elevata pressione che ha finito con il logorare l'infrastruttura. L'attuale "tubone" s'inerpica in mezzo ai boschi e così ogni problema tecnico si moltiplica per due, perché manutenzioni e riparazioni sono più lunghe e difficili. E per ogni intervento bisogna chiudere l'impianto, provocando frequenti disservizi. La nuova condotta sarà invece realizzata vicino a strade praticabili, in modo tale da velocizzare l'operatività. Navigando nelle acque comunali si scende poi verso la periferia e verso il centro, dove saranno bonificate le condotte in ghisa grigia, collocate negli anni Trenta: l'anzianità delle giunzioni non giova al trasporto e alla distribuzione idrica, per cui occorre aprire numerosi cantieri e spendere 2 milioni di euro. Una vasta fascia urbana sarà interessata all'operazione, che toccherà Borgo Teresiano, Barriera Nuova, Cologna, Guardiella, zona dell'Ospedale Maggiore, Longera, Rozzol Melara. Gasparetto stima tra i 50 e i 60 mila residenti.La tubatura di ghisa grigia non è problematica solo per l'acqua, ma anche per il gas. Bisogna cambiarla. Una buona parte del lavoro sui 560 chilometri della rete cittadina è già stata fatta, nel 2018 necessiterà provvedere a una quarantina di km, finanziati con poco meno di 4 milioni di euro. In tema di energia elettrica, l'attenzione di AcegasApsAmga si concentrerà sull'area di Chiadino, dove saranno posati 4 chilometri di cavi a media tensione. Gasparetto ha chiuso la rassegna delle principali iniziative dell'annata con il comparto ambientale, che vedrà ammodernata la flotta di automezzi, la cui età media si è di molto abbassata attorno ai 4-5 anni e i cui standard sulle emissioni inquinanti sono tutti classificati Euro 6.I rapporti con il Comune, che è socio di Hera con una quota del 4,6%, sono giudicati dal direttore generale «buoni e collaborativi, come dimostrato dalla gestione del cantiere di via Carducci». Superate infine le incomprensioni sulle multe riguardanti la pulizia delle strade.
Massimo Greco
Gara dei rifiuti, parola al Consiglio di Stato
Roberto Gasparetto coglie l'occasione per un quadro generale delle
iniziative e delle vertenze di maggiore rilevanza riguardo la presenza di
AcegasApsAmga sul territorio. A cominciare dal Depuratore di Servola, che ha
completato i lavori ed è ora sottoposto alle prove di collaudo: la più recente è
stata quella ad opera delle Ferrovie dello Stato. L'accensione della macchina
ambientale servolana, costata oltre 50 milioni di euro, è ritenuta imminente.
Ancora attesa, invece, sulla gara da 9,3 milioni per aggiudicarsi spazzamento e
raccolta dei rifiuti solidi nell'area urbana triestina: il contenzioso, acceso
dalla coop romagnola Ciclat che nello scorso novembre ha prevalso davanti al Tar
Fvg, è approdato in Consiglio di Stato, che non si è ancora espresso. La gara
resta quindi congelata e AcegasApsAmga, in considerazione delle tempistiche
decisionali della giustizia amministrativa, ha prorogato i gestori uscenti -
Italspurghi e cooperativa Sole - fino al 30 aprile 2018. Ciclat aveva impugnato
il bando di gara avendo contestato l'inserimento di vincoli di carattere
contrattuale in tema di lavoro. Infine, Gasparetto ha preannunciato che
l'esercizio 2017 dell'utility sarà esaminato dal cda, presieduto dall'avvocato
Giovanni Borgna, attorno al 10 marzo. Senza entrare nel merito delle cifre, il
direttore generale ha anticipato che si tratterà di un buon bilancio, con
risultati «superiori alle previsioni». Al manager preme soprattutto sottolineare
la sensibile diminuzione dell'indebitamento, sceso attorno ai 400 milioni.
(magr)
Rigassificatore di Veglia, sale la protesta - In pochi
giorni diecimila firme per la petizione lanciata dal Comune di Castelmuschio.
Manifestazione a Fiume
FIUME - Si infiamma la protesta contro il rigassificatore che il governo
croato intende costruire a Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia (Krk).
Il Comune, che da settimane si oppone all'idea di un terminale galleggiante
(offshore), ha lanciato una petizione che ha raggiunto in pochi giorni quota
diecimila firme, mentre l'altro ieri alcune migliaia di persone hanno
manifestato a Fiume, ottenendo il sostegno di diversi politici. Il progetto, che
si trascina da diversi anni e che dovrebbe essere completato entro il 2019 - ha
già ricevuto un finanziamento europeo - sembra dunque non fare passi avanti per
quanto riguarda il gradimento da parte della popolazione ma anche delle autorità
locali.«Ritengo che il progetto di costruzione di un rigassificatore
galleggiante a Castelmuschio sia inaccettabile dal punto di vista giuridico,
economico ed ambientale e chiedo al governo croato di rinunciare alla sua
attuazione»: è questo il testo che il Comune di Castelmuschio chiede ai
cittadini croati di sottoscrivere al fine di far pressione sull'esecutivo di
Zagabria. Pubblicata sul sito internet del Comune stesso (omisalj.hr/peticija),
la petizione ha già ottenuto il sostegno trasversale di diverse autorità locali
che dall'Istria a Fiume sono scese in campo contro il terminal per il gas
naturale liquido (Gnl). L'eurodeputato della Dieta democratica istriana Ivan
Jakovcic, i socialdemocratici Vojko Obersnel e Zlatko Komadina, rispettivamente
sindaco di Fiume e presidente della Regione litoraneo-montana (Primorsko-goranska
zupanija), così come il presidente del movimento anti-sistema Zivi zid, Ivan
Sincic, hanno manifestato nel fine settimana a Fiume al fianco della prima
cittadina di Castelmuschio Mirela Ahmetovic, chiedendo una moratoria sulla
costruzione. A creare un fronte così esteso e variopinto dal punto di vista
politico è il tipo di rigassificatore che il governo croato ha in programma di
realizzare a Veglia. Il terminal Gnl, che inizialmente doveva essere situato
sulla terraferma, sarà invece di tipo offshore, al fine di accelerare i lavori.
Definito un «progetto strategico nazionale» dall'esecutivo, il piano ha già
ricevuto un finanziamento europeo di circa 100 milioni di euro con un vincolo
per l'entrata in funzione dell'infrastruttura al 2020. Tuttavia, come ha
ricordato di recente l'eurodeputato istriano Jakovcic, «lo studio del 2016
finanziato dalla Commissione europea ha evidenziato come la soluzione sulla
terraferma sia migliore dal punto di vista tecnico, ambientale e anche in
termini finanziari». Proprio per questo Jakovcic ha chiesto all'esecutivo di
tornare al progetto iniziale oppure di costruire il terminal offshore in mare
aperto e lontano dalla costa. Le autorità locali sono dello stesso avviso.
Sabato la sindaca Ahmetovic ha chiesto al governo di «rispettare la legge
croata», e il presidente della Regione litoraneo-montana Zlatko Komadina ha
accusato l'esecutivo di Adnrej Plenkovic di volere «un disastro naturale»
sull'isola di Veglia. L'assemblea regionale ha intanto approvato all'unanimità
una risoluzione che si oppone al rigassificatore galleggiante, considerato
inaccettabile dal punto di vista ambientale e insufficiente per quanto riguarda
i benefici economici che dovrebbe portare. Per l'esecutivo la situazione si fa
complicata, tenuto conto delle scadenze (i lavori devono iniziare quest'anno se
li si vuole terminare entro il 2019) e delle pressioni geopolitiche. Washington,
lo ricordiamo, ha recentemente fatto sapere di sostenere il rigassificatore di
Veglia, che permetterebbe all'Unione europea di limitare la propria dipendenza
energetica nei confronti della Russia
Giovanni Vale
GORIZIA - Il Giardino Viatori è pronto a mostrare i
suoi gioielli
Si avvicina la primavera e quindi la riapertura del Giardino Viatori. Lo
annuncia in poche righe la Fondazione Carigo (che ne è proprietaria) sul suo
sito Internet. Sarà possibile visitare il Giardino da sabato 17 marzo a domenica
3 giugno, dalle 15 alle 19, con visita guidata alle 17. E ci sarà come sempre da
perdersi tra le meraviglie costituite da centinaia di rododendri ed azalee,
collezioni di lillà, ortensie, spiree, viburni, osmanti, peonie, rose
rampicanti, pruni e meli da fiore, oltre a un centinaio di magnolie
caducifoglie, l'ultimo grande amore del professor Lucio che, da sempre
appassionato di botanica e giardinaggio, diede vita alla sua magnifica creatura
dagli anni Settanta (attraverso un lungo, appassionato e dispendioso lavoro), in
seguito all'acquisto di una collina ai margini della città, con splendida vista
su Gorizia con il suo castello, l'Isonzo, il Carso e le Prealpi. Da tempo, il
Giardino Viatori costituisce uno degli incanti della città, capace di attrarre
non solo appassionati e curiosi del territorio, ma anche di altre regioni
d'Italia e dall'estero, che rimangono a bocca aperta di fronte a tanta bellezza.
La storia è nota: secondo le disposizioni testamentarie del professor Lucio
Viatori, scomparso nel febbraio 2014, il Giardino passò alla Fondazione Carigo,
la quale, con oneri economici che difficilmente altri avrebbero potuto
sostenere, si è assunta l'impegno di conservare e valorizzare questo prezioso
patrimonio nell'interesse dell'intera comunità, mantenendo vivo il progetto e
l'insegnamento del suo creatore. Alle visite gratuite, che erano state
introdotte già da anni dal professor Lucio, il Giardino, da quando è gestito
dalla Fondazione con il supporto operativo dell'associazione "Amici del Giardino
Lucio Viatori", ospita anche una serie di iniziative concertistiche e
collaborazioni con le scuole. Ciò ha permesso di espandere ulteriormente la sua
conoscenza attirando anche un altro tipo di pubblico. Il calendario delle
iniziative di quest'anno, al momento, non è ancora stato reso noto.
Alex Pessotto
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 marzo 2018
Trasporti, il filobus conviene di più di quello
elettrico. La lettera del giorno di Lorenzo Zivec
In relazione all'articolo apparso in data 2 marzo 2018 e relativo
all'ipotesi di linea Capodistria/ Trieste mediante l'utilizzo di autobus
elettrici a ricarica rapida (presumo da quello che si capisce dall'articolo),
volevo aggiungere da studioso dei trasporti ecocompatibili, un paio di cose
relative all'aspetto tecnico/ economico del progetto. Il costo di un tale
vettore non è del 20% superiore a quello di un veicolo a gasolio ma è il doppio;
molto elevati risultano pure i costi di manutenzione ed impegnativo anche lo
smaltimento degli accumulatori (di rilevante impatto ambientale). Inoltre anche
la eventuale istallazione di "colonnine di ricarica" lungo il percorso non è un
aspetto secondario da sottovalutare, in relazione soprattutto alla potenziale
utenza,tutta da verificare, della linea in oggetto. Concluderei infine citando
un articolo tratto dalla Gazzetta di Parma del 1/3/2018 in cui si parla di
autobus elettrici, in cui Tep che è l'azienda che gestisce il trasporto pubblico
nella città emiliana conclude:"Al momento, però, l'unica tecnologia elettrica
altamente affidabile è quella filoviaria, nella quale Tep ha sempre creduto. Al
contrario di tante città dove la rete filoviaria è stata smantellata a partire
dal primo dopoguerra, a Parma la rete è stata mantenuta e progressivamente
ampliata. Certamente si tratta di un tipo di alimentazione che non si adatta a
tutti i tracciati, ma laddove è utilizzabile, Tep intende senz'altro mantenerla
e svilupparla, in virtù del beneficio ambientale reale (zero emissioni, zero
batterie da smaltire, mezzi praticamente non soggetti ad usura) che questo
genere di mobilità offre. In quest'ottica abbiamo previsto la sostituzione dei
filobus attualmente in servizio sulla linea urbana 1 con 7 filobus full electric
di ultima generazione".
«Indisciplinati». «È ingiusto generalizzare» - Polemica
sul Carso fra residenti e ciclisti
È polemica sull'altipiano fra residenti e ciclisti. I primi lamentano un
comportamento irrispettoso delle regole del codice della strada da parte dei
tanti che, sul Carso, «pedalano in maniera indisciplinata». I secondi si sentono
sottoposti a un attacco che definiscono «immeritato e che generalizza in maniera
ingiusta». «Non danno la precedenza ai pedoni sulle strisce - accusano molti
residenti delle tante frazioni del Carso -, pedalano affiancati in file di tre o
quattro, mentre il codice prevede che si debbano sistemare in fila indiana, non
rispettano i segnali di precedenza. Rappresentano un pericolo». «Rifiutiamo a
priori la definizione di "ciclisti indisciplinati" - replica Federico Zadnich,
coordinatore regionale Fiab, la federazione che riunisce gli amici della
bicicletta - perché esistono semplicemente cittadini che utilizzano vari mezzi
per muoversi, uno dei quali può essere la bicicletta. Poi chi è irrispettoso
delle regole lo è sia che usi un'auto o una moto, sia che salga su una bici».
(u.s.)
Clima - Dopo le tempeste in arrivo caldo e siccita' - I dati europei confermano il riscaldamento globale.
L'estate 2018 sara' da record. E l'agricoltura e' gia' in ginocchio: i danni da neve superano i 300 milioni di euro
ROMA - Buran, l'ondata di gelo siberiano, che ha messo in ginocchio l'Italia causando disagi immani alla circolazione dei treni e non solo ha portato le temperature a un livello che da qualche anno appariva inimmaginabile, quanto meno a bassa quota. Invece la Groenlandia ha avuto ben 61 giorni con la temperatura sopra lo zero, davvero incredibile se si pensa che dal 1980 il massimo dei giorni erano stati solo 16 nel 2011. Abbiamo assistito a un inverno impensabile anche sopra l'ottantesimo parallelo che impegnerà i climatologi a studiare il fenomeno. Nell'Artico, si sono toccate temperature medie superiori di 20 gradi. Per analizzarlo ci vorrà tempo, intanto gli scienziati definiscono pazza questa situazione. Tuttavia, per tornare all'Italia i vari sotto zero percepiti lungo tutto lo Stivale non devono trarci in inganno sulla condizione climatica. Buran infatti altro non è che un evento straordinario che, tuttavia, non disturberà lo status italiano degli ultimi anni di Paese affetto da caldo anomalo e da prolungati periodi di siccità. Il 2017 si è chiuso con il riconoscimento di anno più caldo e secco degli ultimi due secoli, secondo i dati dell'Isac-Cnr (l'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del Centro Nazionale di Ricerca) alla luce del fatto che in ben sei mesi su 12 si è registrata una diminuzione di oltre il 50% dei rovesci medi con temperature più alte di quasi 1,5 gradi centigradi rispetto alla norma. Il 2018 - Buran a parte - non sembra essere da meno. L'avvertimento stavolta arriva dalle previsioni meteorologiche del Centro Europeo specializzato sul clima, l'Ecwmf, secondo cui nei prossimi tre mesi la temperatura sarà più calda di 1/1,5 gradi rispetto alle medie, con l'aumento base più anomalo, circa 2 gradi, che sarà percepito nel Triveneto. Le previsioni dell'Ecwmf fanno pensare quindi che anche quest'anno sarà afoso e secco, con i conseguenti danni all'agricoltura, all'ambiente e agli approvvigionamenti idrici che - purtroppo - ormai abbiamo imparato a conoscere bene. L'agricoltura soprattutto è un settore particolarmente in crisi, dal momento che non solo la siccità, ma anche queste improvvise ondate di gelo devastano letteralmente l'esito dei raccolti: secondo Coldiretti, il freddo di questi giorni ha causato danni agli agricoltori per circa 300 milioni di euro. Caldo o freddo che sia, l'agricoltura ci rimette sempre, dal momento che ancora Coldiretti stima i pesanti effetti dei cambiamenti climatici che si manifestano sull'agricoltura italiana in 14 miliardi di euro di danni nell'ultimo decennio. Il cambiamento climatico dunque continua a imperversare, e si candida ad argomento clou anche del dibattito pubblico di quest'anno. Il fantasma della siccità aleggia pericoloso anche sul 2018, con l'agricoltura che non è l'unico campo che può risentirne, dal momento che la mancanza di piogge penalizzerà sicuramente l'utilizzo delle centrali idroelettriche, che vedranno la propria produzione di kilowatt/ora di energia drasticamente frenata. In termini pratici significa che le fonti rinnovabili rischieranno di essere in calo, e che quindi per soddisfare la domanda di energia elettrica del Paese si ricorrerà maggiormente alle centrali termoelettriche e a quelle a metano. Energia costosa dunque, che potrebbe in breve tempo far lievitare sensibilmente gli importi della bolletta. Occorre fare presto, quindi, a rovesciare questa situazione climatica. Bisogna ridurre le emissioni di gas serra e aumentare la capacità di assorbimento dell'anidride carbonica da parte della biomassa, incentivando l'efficienza energetica e l'uso di fonti rinnovabili. Occorre poi incentivare opere quali impianti fotovoltaici ed eolici e centrali geotermiche, superando paradigmi ideologici. Sfide importanti, da affrontare stringendosi nei nostri cappotti, ma consapevoli che dovremo riporli presto nell'armadio.
Alfredo De Girolamo
Pola - Smaltimento rifiuti, parte la discarica di
Castion
POLA - Dopo una lunga serie di rinvii dovuti a problemi burocratici e anche
di natura tecnica, finalmente il Centro regionale per la gestione dei rifiuti di
Castion nel Comune di Medolino ha iniziato a operare a tutti gli effetti e con
tutti i permessi richiesti. È stata un'inaugurazione alla chetichella, senza la
presenza della stampa a causa delle avverse condizioni del tempo, come spiegato
dal suo direttore Darko Visnjic. Nella prima fase che durerà da 15 a 20 giorni
per una questione di calibratura degli impianti verranno trattate solo 3.600
tonnellate di rifiuti, poi man mano si salirà al 30-40 per cento delle 90 mila
tonnellate che rappresentano la sua capacità annuale. L'Istria però ne produce
150.000 per cui si deve puntare al massimo sulla selezione, anche nel rispetto
della direttiva europea che impone il riciclaggio del 50% dei rifiuti che quindi
diventerà materia prima. La tecnologia di elaborazione dei rifiuti è la
cosiddetta Mbo ormai obsoleta, il che ha scatenato aspre contestazioni da parte
degli ambientalisti, della popolazione e dell'opposizione politica.
(p.r.)
SEGNALAZIONI - Ambiente - Intollerabili i rifiuti in mare
Trieste è bella, ma è trattata male. Trieste è una della più belle città del mondo, questo lo sappiamo in molti, ma allo stesso tempo ci sono alcuni passanti, triestini e non, che non hanno troppa cura di essa. Quello che mi fa impazzire, oltre a vedere l'immondizia sparsa da tutte le parte, magari nei posti più belli, quegli storici, è quello di vedere in mare, galleggiare delle bottiglie di vetro. Ma come si può, dico io, essere così maleducati, da inquinare la natura, il nostro favoloso mare con delle bottiglie ed altri oggetti sparsi. Ma queste immagini sono assurde da comprendere, spazzatura che galleggia per giorni in mare, senza mai affondare. Ci sono anche delle meduse in mare, ma non credo esse abbiano l'usanza di bere birre e lasciarle nel loro habitat. Ma si può sfregiare la nostra città in questo modo? Mettiamoci una mano sulla coscienza. Esistono delle "cose", chiamate "bottini per le immondizie ", dove la gente, guarda caso, può inserire i rifiuti, ma no, meglio bersi una birra e poi gettarla in mare, tanto il mare non è mica nostro vero?Questo mi fa impazzire, abbiamo una bella città, dobbiamo saperla rispettare e conservare per noi e per quelli che verranno. In fondo però, è solo una questione di buona educazione, voi vorreste che qualcuno vi buttasse dell'immondizia in casa vostra? No, vero, allora evitiamo di farlo con la nostra bella natura.
Igor Gherdol
Diritti, inclusione sociale e ambiente - Quanto va a rilento l'economia civile di ANTONIO CALABRÒ
L'economia mondiale s'è rimessa in moto. Il Pil (la ricchezza prodotta nei vari Paesi in beni e servizi) cresce un po' dovunque, pure in Italia (anche se dell'1,5%, meno che nel resto d'Europa, la metà del 2,9% della Germania). Eppure è difficile parlare di una vera e propria "uscita dalla crisi". Permangono gravi diseguaglianze che frenano uno sviluppo più equilibrato e sostenibile. E si va a rilento sulla strada d'una "economia civile" attenta ai diritti delle persone, all'inclusione sociale e all'ambiente. Molti sprechi, poche riforme. Guardando innanzitutto al nostro Paese, si parla pochissimo di debito pubblico, un macigno che frena i nuovi investimenti ma oscura anche il futuro delle nuove generazioni. Il tema è caro a Carlo Cottarelli, economista di rilievo internazionale, una lunga carriera al Fondo monetario internazionale e la responsabilità (dal 2013 al 2014) di commissario per la revisione della spesa pubblica: ha costituito un "Osservatorio" all'Università Cattolica di Milano e ha appena pubblicato "I sette peccati capitali dell'economia italiana" (Feltrinelli, pagg. 176, euro 15,00): evasione fiscale, corruzione, eccesso di burocrazia, lentezza della giustizia, crollo demografico, divario tra Nord e Sud, difficoltà a convivere con l'euro. Sono frutto di scarso senso del bene comune, di egoismi di territorio, famiglia, censo e corporazione, non producono buon capitale sociale indispensabile per lo sviluppo. Mali di antiche radici politiche e sociali. Ma anche tendenze ancora attuali al malgoverno e allo spreco, eliminabili con serie scelte riformatrici. Ci sono tendenze di crescita interessanti, da parte dell'industria innovativa, pure nel Mezzogiorno. E si può fare molto di più. Cosa? Lo racconta Enrico Giovannini in "L'utopia sostenibile" (Laterza, pagg. 176, euro 12,00). Economista all'Ocse, ex presidente dell'Istat ed ex ministro del Lavoro, adesso presiede l'Asvis (l'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, frutto della collaborazione tra autorevoli istituzioni e fondazioni d'impresa). E scrive che bisogna investire su ambiente, salute, istruzione, acqua ed energie rinnovabili e su infrastrutture, materiali e digitali, in grado di ridurre fame, povertà, emarginazione sociale. E conflitti (abbattendo così anche i flussi di migrazione che tanto preoccupano l'Europa). Sono gli "obiettivi di sviluppo sostenibile" indicati dall'Onu, una strategia per vivere tutti meglio.È necessario "Invertire la rotta", come suggerisce il titolo dell'ultimo libro di Joseph E. Stiglitz, professore alla Columbia University e premio Nobel per l'economia 2001, pubblicato da Laterza (pagg. 85, euro 8,00) su "disuguaglianza e crescita economica". Stiglitz sostiene ancora una volta che proprio gli squilibri sociali scatenano le crisi economiche e ostacolano lo sviluppo e dunque insiste sulla necessità di politiche economiche per "maggiori investimenti pubblici", d'una "migliore governance aziendale" e di "leggi antitrust e antidiscriminazioni", di "un sistema finanziario più regolamentato", di un "rafforzamento dei diritti dei lavoratori", di "sistemi di tassazione e trasferimenti più progressivi". Insomma, "riscrivendo le regole che disciplinano l'economia di mercato secondo queste esigenze potremo ottenere una maggiore uguaglianza nella distribuzione del reddito sia prima che dopo le tasse e i trasferimenti e di conseguenze risultati economici migliori".Nella riflessione critica sull'economia un posto speciale va riservato a Richard H. Thaler, premio Nobel 2017. Lo confermano le pagine di "Misbehaving" ovvero "La nascita dell'economia comportamentale" (Einaudi, pagg. 488, euro 22,00). "Misbehaving" vuol dire, letteralmente, comportarsi in modo anomalo. E cioè muoversi fuori dagli schemi razionali che l'homo aeconomicus dovrebbe seguire, per decidere un investimento, contrarre un mutuo, scegliere cosa consumare, assecondare i propri interessi. Lo fanno in tanti, seguendo l'istinto peggiore, ripetendo errori, scatenando crisi. Bisogna allora cercare di capire meglio le fondamenta della behavioral economics, l'economia comportamentale (analizzata anni fa anche da Daniel Kahneman, anche lui Nobel) e provare a convincere banchieri ed economisti, risparmiatori e consumatori a mettere in atto comportamenti virtuosi (pagare le tasse, per esempio) nel nome di reali interessi comuni. Evitare per esempio di scaricare il peso del proprio benessere attuale sulle nuove generazioni (facendo crescere il debito pubblico). Non affidarsi a spericolate operazioni finanziarie che distruggono ricchezza e lavoro. Non cedere a egoismi di tutela di privilegi se si distruggono ambiente ed equilibri sociali. Ci sono, spiega Thaler, con grande ricchezza di aneddoti e storie, "spinte gentili" che possono indirizzare l'opinione pubblica verso comportamenti non irrazionali e invece virtuosi. E riforme da fare diventare popolari, per tenere insieme progresso tecnologico e qualità della vita per il maggior numero di persone. Scelte indispensabili, da consigliare a chi governa, ma anche a chi guida le imprese, per creare proprio nei luoghi di lavoro la consapevolezza dell'importanza di scelte responsabili. Ne va d'un migliore futuro.
IL PICCOLO - SABATO, 3 marzo 2018
Muggia lancia un Sos sul "porta a porta"dei rifiuti -
La lettera del giorno del Comitato "Muggia Sos porta a porta"
"Muggia Sos porta a porta". La maggior parte dell'opinione pubblica non ha
compreso la gravità del problema che sta scatenando le proteste dei muggesani e
rischia di coinvolgere anche Trieste e dintorni. Perché abbandonare la "raccolta
differenziata" di tipo "stradale" per un sistema "porta a porta spinto" è
un'operazione delicata e complessa: che in questo caso si sta rivelando un salto
nel vuoto, per le troppe lacune e improvvisazioni. Innanzitutto, a differenza
dell'attuale servizio - garantito 365 giorni all'anno - il "porta a porta"
previsto funzionerà solo se il tempo è bello: perché, lo stesso gestore
"sconsiglia" di depositare i contenitori in strada "in condizioni atmosferiche
avverse"... senza indicare, però, l'alternativa in caso di maltempo. Risultato:
con bora o pioggia intensa, le immondizie rimarranno in casa oltre i 7 giorni
minimi previsti. Compreso l'umido e il "residuo secco" che prevede anche
assorbenti, pannolini e pannoloni. Così, sia per i tempi di permanenza che per
gli ingombranti contenitori di immondizie consegnati ai muggesani, le case
rischiano di trasformarsi in "piazzole ecologiche". Come rivelano le foto, i
contenitori allineati occupano una parete di quasi 3 metri e aperti arrivano a
metri 1,10 in altezza: ma in quale cucina o appartamento di Muggia, Aquilinia o
San Dorligo c'è tanto spazio? Anche nasconderli per non dare uno schiaffo
all'estetica, è arduo. Così come depositarli in strada di sera dalle 19 alle 24
- senza chiusura ermetica e senza ancoraggi - è un rischio per la salute, un
esca per gli animali e un insulto al paesaggio. Oltre che un vero e proprio
lavoro da netturbino: perché questo "porta a porta" è in realtà un "da porta in
strada". Tocca al cittadino, infatti, depositare ogni sera e recuperare al
mattino, i contenitori sulla strada pubblica anche se distante centinaia di
metri dall'ingresso di casa. Se a questo si aggiunge che non sono chiari neanche
i costi del servizio, ce n'è abbastanza per pretendere chiarimenti e per
favorire, nel frattempo, la "migrazione dei rifiuti" verso i cassonetti di
Trieste e dintorni. Perciò chiediamo la creazione di un tavolo di lavoro dove
far sentire la voce dei cittadini ed ottenere chiarimenti precisi anche rispetto
alla relazione tecnica del 2014 fatta dal Servizio Ambiente e Territorio del
Comune di Muggia che sconsigliava il "porta a porta spinto": scelto, invece,
dalla giunta muggesana.
IL PICCOLO - VENERDI', 2 marzo 2018
Porto Vecchio: i progetti - Alberghi, uffici e
abitazioni deluxe nei cinque magazzini Greensisam
Manca soltanto un passo, dice il sindaco Roberto Dipiazza, perché il primo
grande investitore estero arrivi in Porto vecchio. Nelle aspettative del Comune,
infatti, la chiusura dell'accordo per la vendita dei magazzini ora in gestione a
Greensisam arriverà a brevissimo. Questione di settimane se non di giorni. È un
affare da 200 milioni di euro, che dovrebbe portare alla nascita di hotel fronte
mare, oltre a strutture di servizi e residenziali. Assicura il sindaco: «Siamo
in fase di chiusura, stiamo facendo delle riunioni fiume». Gli acquirenti in
questione sono dei fondi d'investimento dell'Europa centrale, la cui precisa
identità verrà svelata soltanto dopo la chiusura dell'affare. L'area della
concessione Greensisam è una sorta di porta d'ingresso del Porto vecchio dalla
città, cinque magazzini storici e piazzali interni che si prestano a operazioni
di ogni tipo, ma che necessitano di investimenti robusti. È presto per parlare
del progetto nei particolari, ma dalle anticipazioni è prevista la realizzazione
di due grandi hotel sul fronte mare, mentre la parte restante dei magazzini
verrà impiegata tanto per uffici quanto a scopo residenziale. Se arriverà a
compimento davvero nei prossimi giorni, si tratterà della fine di un percorso
iniziato tempo fa. Pierluigi Maneschi, patron di Greensisam, è più cauto del
sindaco, se non addirittura scettico: «Se Dipiazza dice che lo sblocco della
situazione è vicino, mi auguro che abbia ragione», commenta. «Finora le cose non
sono state affatto facili. Gli investitori hanno dovuto affrontare le consuete
pastoie della burocrazia italiana, che fa di tutto per impedire che un progetto
venga realizzato, interpretando tutte le norme nel modo più restrittivo e
nefasto». L'acquirente, precisa Maneschi, è del tutto appropriato per la
riqualificazione dei cinque magazzini: «Si tratta di persone che hanno già
portato a compimento con successo sei operazioni analoghe in altre parti
d'Europa. Certo, là non si sono trovati davanti i bizantinismi che solo in
Italia abbiamo». Al termine dell'operazione, che vedrà la società Greensisam
passare in mano agli acquirenti dei magazzini, il numero uno del Molo VII
manterrà comunque una partecipazione, per quanto ridotta. Nei mesi scorsi si era
parlato di un forte interessamento austriaco per l'area, tanto che degli
operatori erano venuti in visita in Porto vecchio. Allora Roberto Dipiazza aveva
parlato del 31 dicembre 2017 come possibile data di chiusura dell'accordo. Tutto
lascia intendere che si tratti della medesima trattativa, protratta in avanti di
qualche mese, magari proprio per gli intoppi burocratici cui fa riferimento
Maneschi. Nel dicembre scorso quest'ultimo aveva dichiarato: «Confermo che ci
sono nuovi potenziali acquirenti, austriaci in particolare e supportati anche da
un fondo bavarese. Ma non sono altrettanto ottimista sui tempi del passaggio di
mano. Non sono state risolte le questioni delle opere di urbanizzazione e della
bonifica del torrente Chiave che spettano alla parte pubblica e poi non è ancora
chiaro come si potrà passare dalla concessione alla vendita». Dice oggi
Dipiazza: «I 50 milioni portati da Roma stanno per venire impiegati. Al contempo
portiamo avanti il lavoro per la bretella di collegamento e la rotonda. Nel
frattempo si ragiona sull'Immaginario scientifico e le altre iniziative per i
vari magazzini. Con l'accordo per l'area Greensisam aggiungiamo un altro
tassello fondamentale al mosaico. Che ora inizia a prendere forma». Conclude il
primo cittadino: «Durante il mio viaggio a Dubai nelle settimane scorse ho avuto
modo di vedere una foresta di gru crescere negli Emirati arabi. La mia speranza
è quella di vedere presto un'analoga foresta crescere attorno a Porto vecchio».
Giovanni Tomasin
Prende forma il park sul terrapieno - Stanziati 530
mila euro per realizzare 400 posti auto sopra i vecchi binari
«Porto 50 camion di ghiaia e faccio un mega parcheggio» annunciò il 12
maggio 2017 Roberto Dipiazza immaginando mille posti auto (poi ridimensionati a
400) sul terrapieno di Barcola. Neppure un anno dopo il progetto è diventato
realtà. I 20 camion di ghiaia con cui seppellire gli storici binari del Porto
Vecchio costeranno 530 mila euro. Il progetto, inserito nel piano triennale
delle opere 2017-2019, sarà finanziato con 200 mila euro di contributi dell'Uti
Giuliana, 150 mila di alienazione dei titoli Hera e 180 mila di avanzi di
bilancio. Il 9 febbraio scorso è stata acquisita l'autorizzazione paesaggistica
da parte della Soprintendenza del Fvg. La giunta ha approvato il 22 febbraio
scorso il progetto esecutivo e definitivo per la «realizzazione di un'area di
sosta entro l'area ferroviaria dismessa del Porto Vecchio» che si chiamerà
"parcheggio Boveto". «Dalle parole ai fatti. Ora parte la gara per la
realizzazione e dopo l'aggiudicazione si parte con i lavori. La soddisfazione
personale è quella di aver valorizzato le tante valide professionalità interne
al Comune che hanno realizzato la progettazione "in casa"» ha esultato su
Facebook l'assessore all'Ambiente Luisa Polli. A firmare il progetto sono gli
ingegneri Giulio Bernetti e Silvia Fonzari assieme al consulente stradale Nicola
Falconetti. L'area individuata per il parcheggio, (pari a 10.400 metri quadrati)
è situata all'estremo Nord del Porto Vecchio e costeggia viale Miramare
dall'intersezione con via del Boveto. Si tratta di un'area ferroviaria dismessa
che era di proprietà del demanio marittimo dal 1917 e passata alla città a
seguito della sdemanializzazione di Porto Vecchio: all'interno sono presenti ben
cinque linee di binari su traversine in legno e scambi. Il parcheggio, nelle
intenzioni dell'amministrazione, dovrebbe essere a servizio delle società
nautiche presenti in zona (Società velica di Barcola e Grignano, Circolo
Canottieri Saturnia, Club Nautico Triestino e Canottieri Nettuno) e tornare
utile «in relazione alla futura urbanizzazione del Porto Vecchio» e in occasione
di particolari eventi come la Barcolana e Esof 2020. Saranno realizzati 400
stalli per autovetture (8 dei quali riservati ai disabili) e 20 stalli per
camper posizionati all'estremo sud dell'area di parcheggio. In ogni caso si
tratta di «un'opera provvisoria e sperimentale» da realizzare in «tempo
estremamente breve e con modeste risorse finanziarie. Un parcheggio "spartano"».
Solo dopo aver verificato l'efficacia del parcheggio si potrà prevedere una
«possibile evoluzione della stessa opera». I tempi per l'ultimazione dei lavori
previsti sono di 90 giorni dalla data di consegna. Non si potranno toccare,
perché vincolati dalla Soprintendenza (che "autorizza" con "prescrizioni"), sia
la storica recinzione che delimita l'area (il sindaco si è impegnato a
ridipingerla e la soprintendenza auspica un «prossimo restauro») sia i binari
storici presenti all'interno dell'area stessa (che saranno solo coperti da un
geo- tessuto sotto un doppio strato di ghiaia di almeno 20 centimetri).
Prescrive la Soprintendenza: «Gli elementi sporgenti dal suolo quali leve di
scambio, respingenti, andranno smontati e conservati presso i magazzini comunali
per eventuali futuri utilizzi». Così pure la parte di recinzione storica con
relativa pietra che sarà rimossa per aprire un varco al parcheggio nell'area sud
in aggiunta a quella prevista all'altezza dell'attuale semaforo tra viale
Miramare e via del Boveto dove ha sede la Società velica di Barcola e Grignano.
Il parcheggio Boveto modificherà anche la viabilità di viale Miramare che sarà
ridotto a una corsia di marcia in entrambe le direzioni dovendo impegnare due
corsie per l'entrata e l'uscita in direzione Trieste e Miramare. Lungo il viale
è prevista pure la realizzazione di un attraversamento pedonale. Sarà anche
realizzato un impianto di illuminazione con 30 punti luce a led collocati su 14
piloni di 11 metri di altezza.
(fa.do.)
Autobus elettrici fino a Capodistria - Iniziativa
lanciata da Petrol Slovenia. Previsto l'utilizzo di fondi Ue e la partenza dei
collegamenti tra 2020 e 2023
La ferrovia tanto dibattuta non c'è, ma fra qualche anno Trieste e
Capodistria potrebbero essere collegate da una linea giornaliera di autobus
elettrici. È l'iniziativa presentata ieri nel salotto azzurro del municipio dal
sindaco Roberto Dipiazza e dal suo collega capodistriano Boris Popovic, assieme
al presidente di Petrol Slovenia Tomaz Berlocnik. Sarà infatti la compagnia
energetica slovena (posseduta al 38% dallo Stato), nota a tutti i triestini
soliti far rifornimento di benzina oltre confine, a fornire il servizio. Negli
ultimi anni la Petrol ha investito con forza nell'ambito delle tecnologie
"verdi", sperimentando soluzioni a minore impatto ambientale rispetto alla
benzina. Ha quindi elaborato un progetto per la creazione di infrastrutture
(colonnine di ricarica ultraveloci e distributori) per una rete di trasporti
elettrica e a gas naturale compresso (Cng) su un'area che va da Venezia a
Spalato e Lubiana, includendo le principali città nel mezzo. Ha spiegato
Berlocnik: «Costruiremo l'infrastruttura per un'area vasta, ma per dimostrare la
validità dei mezzi elettrici abbiamo deciso di gestire anche una linea di
collegamento». E la decisione è ricaduta proprio sulla tratta
Trieste-Capodistria, sprovvista di collegamenti ferroviari e collocata a cavallo
di un confine. Questo la rende appetibile per la ricerca di fondi europei, che
potrebbero coprire il 20% dell'investimento totale. Il costo del progetto nel
suo insieme sarà di 40 milioni di euro, mentre quello della linea
Trieste-Capodistria è ancora da stimare: in ogni caso dovranno essere collocate
almeno due colonnine di ricarica ultraveloci (probabilmente di più) il cui costo
sul mercato oggi è di circa 300mila euro. Oltre a questo Petrol dovrà acquistare
anche i bus elettrici, che hanno un costo del 20% superiore a quelli normali. I
tempi di realizzazione? La compagnia correrà per ottenere i fondi europei (ma
assicura di voler realizzare il progetto in ogni caso). Al contempo le
istituzioni locali, slovene e italiane, dovranno attivarsi per ottenere i
permessi dai rispettivi governi. L'inizio del prossimo decennio, secondo
Berlocnik, è la stima più attendibile per il via: «Fra 2020 e 2023». Commenta
Dipiazza: «Il 19 marzo prossimo verrà inaugurato il polo intermodale
dell'aeroporto di Trieste. Grazie a questo, la nostra città potrebbe diventare
un ponte fra Venezia e Capodistria, una volta realizzato il collegamento dei bus
elettrici». Così invece Popovic: «È una bella iniziativa di Petrol, per la
realizzazione della quale le istituzioni italiane e slovene non dovranno
sborsare un euro. Una linea elettrica giornaliera che collega due città
appartenenti a stati diversi: sarà la prima tratta elettrica transfrontaliera
d'Europa». Petrol sta valutando anche la possibilità di creare delle navette di
collegamento fra Trieste e il polo intermodale di Ronchi. L'incontro di ieri,
con la presentazione del progetto, è stato favorito dal vecchio rapporto di
amicizia che lega Fabio Scoccimarro a Popovic. Appena saputo della proposta di
Petrol, il politico di FdI ha organizzato l'incontro fra i due sindaci, che
hanno dato il loro "ok" al progetto.
g.tom.
Antico Caffe' San Marco - Arpaia e la "fiction" sul
clima
Oggi alle 18, al San Marco, Bruno Arpaia presenta "Qualcosa, là fuori" (Guanda),
il primo libro di climate fiction uscito in Italia. Il romanzo è ambientato in
un mondo stravolto dal cambiamento climatico, pieno di disperati in fuga da
un'Italia quasi desertificata, tra il 2070 e il 2080. Uno scenario apocalittico,
accompagnato dall'emergere di fondamentalismi e dalla negazione dei diritti. «Il
mio potrebbe sembrare un romanzo pessimista - dice Bruno Arpaia, - invece è
pieno di speranza, di fiducia che gli esseri umani sapranno prendere la strada
giusta per arrestare il surriscaldamento globale e salvare il pianeta. Dobbiamo
evitare che le peggiori previsioni degli scienziati diventino realtà, che si
avveri ciò che io ho immaginato nel mio romanzo, sulla base proprio dei dati
scientifici». Incontro organizzato da Legambiente del Friuli Venezia Giulia, con
il circolo di Trieste, nell'ambito del progetto "Comunicare il cambiamento
climatico", realizzato grazie a un finanziamento regionale.
IL PICCOLO - VENERDI', 2 marzo 2018
La sfida del clima impazzito - A Muggia si cambia il
mondo iniziando dall'orto di casa
"Cambiamenti climatici, biodiversità e resilienza urbana e agricola" è il
titolo del ciclo di incontri pubblici in programma i venerdì alle 17, in sala
Millo, organizzati dal circolo di Muggia del Movimento decrescita felice. «Gli
incontri - spiega il presidente, Jacopo Rothenaisler - muovono dalla
considerazione che i cambiamenti climatici in atto siano un'enorme sfida
ambientale, sociale ed economica, e comportino risposte urgenti. Intendiamo però
uscire dalla sfera planetaria, che spesso costituisce un alibi, per calarci
nella dimensione di singolo cittadino e comunità attivandoci nella protezione di
ciò che ci circonda». Il movimento raggruppa quasi cento famiglie attive nel
campo del biologico, degli acquisti collettivi e di varie iniziative tra cui il
recupero di un sito in pieno centro storico trasformato in orto comune. «Nostre
partner - riprende Rothenaisler - sono tutte le scuole muggesane: le visite
all'orto che riprenderanno a primavera, rappresentano il momento più
gratificante. Tutte le nostre attività mirano a introdurre nel lessico comune
una parola fondamentale, resilienza, intesa come capacità di una persona, una
comunità o un sistema di riprendere il proprio stato normale dopo uno shock
esterno, che sarà il mantra del futuro». Nel prossimo incontro, il 9 marzo, il
presidente della cooperativa agricola biologica Iris, Maurizio Gritta, parlerà
di "Eventi estremi e agricoltura conseguenze e scelte di contrasto/mitigazione",
il 16 l'agronoma Cristina Micheloni, presidente Aiab-Aprobio Fvg, illustrerà i
temi "Agricoltura biologica, agricoltura conservativa, le buone pratiche". Il 23
marzo il naturalista Michele Codogno si soffermerà su "Agricoltura biodinamica,
visione e obiettivi"; infine, il 6 aprile il docente di agronomia Marco Pasutto
parlerà di "Moltiplicare la biodiversità nell'orto". Dal 17 marzo al 14 aprile,
i sabati alle 15 verrà svolta una parte pratica in campo in Salita Ubaldini 2.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 marzo 2018
VEGLIA - Komadina riunisce i deputati della Contea per ribadire il no al rigassificatore offshore
Da Fiume e Quarnero è stato ribadito il no al rigassificatore galleggiante di fronte a Castelmuschio (Omišalj), sull’isola di Veglia. Nel capoluogo si sono incontrati il governatore della Regione litoraneo–montana, Zlatko Komadina, e i deputati della contea (socialdemocratici, Barriera umana e Most), a eccezione dei parlamentari dell'Hdz, la cui assenza però non ha stupito nessuno. Zagabria spinge per avere l'impianto offshore, appoggiato dagli Usa che vogliono limitare la presenza energetica russa in queste terre. E nello Stato croato è al potere una coalizione di centrodestra a guida Hdz. «Mi dispiace che gli esponenti Hdz non si siano presentati a questa riunione – ha detto Komadina (centrosinistra) – ci sono situazioni in cui desideri e prese di posizione dei singoli dovrebbero prevalere sulla disciplina partitica». Komadina ha ribadito che la nave metaniera non è accettabile dal punto di vista ecologico, economico ed energetico. «Ci opporremo con tutti gli strumenti legali a disposizione e, se sconfitti, pretenderemo che la nostra comunità possa avere robusti risarcimenti per le perdite che di certo saranno registrate dal settore turistico». La sindaca di Castelmuschio Mirela Ahmetović ha criticato il governo per la sua indifferenza: «Ho invitato il ministro dell'Ambiente Tomislav Coric – ha detto – a venire sabato a Fiume alla manifestazione di protesta. Purtroppo si è fatto notare per la sua arroganza, dicendo che fiumani, isolani e ambientalisti possono protestare finché vogliono e che il progetto dell’offshore prosegue».
(a.m.)
L'Italia desertificata di Bruno Arpaia
È un mondo stravolto dal cambiamento climatico, quello che Bruno Arpaia
racconta nel suo ultimo romanzo Qualcosa, là fuori, uscito per Guanda nel 2016.
È un mondo pieno di disperati che cercano la salvezza in Scandinavia, dove
l'ambiente è ancora favorevole agli insediamenti umani, in un futuro ormai non
troppo lontano. «Il mio potrebbe sembrare un romanzo pessimista - dice Bruno
Arpaia, - invece è pieno di speranza, di fiducia che gli esseri umani sapranno
prendere la strada giusta per arrestare il surriscaldamento globale e salvare il
pianeta. Dobbiamo evitare che le peggiori previsioni degli scienziati diventino
realtà, che si avveri ciò che io ho immaginato nel mio romanzo, sulla base
proprio dei dati scientifici». Domani, alle 18, Arpaia sarà a Trieste,
all'Antico Caffè San Marco, per un incontro organizzato da Legambiente del
Friuli Venezia Giulia, con il circolo di Trieste, nell'ambito del progetto
"Comunicare il cambiamento climatico", realizzato grazie a un finanziamento
regionale, con l'obiettivo di sensibilizzare i cittadini sulle evidenze e gli
impatti del surriscaldamento globale in Friuli Venezia Giulia. Nel romanzo di
Arpaia, Livio, il protagonista, assieme a migliaia di persone è in fuga da
un'Italia quasi desertificata, in un periodo imprecisato tra il 2070 e il 2080.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 febbraio 2018
SEGNALAZIONI - FERRIERA - C'è un'unica soluzione per il risanamento
Un nuovo Accordo di programma, una tesi che ho ribadito al Circolo della stampa in Ferriera. L'unica soluzione agli impatti sanitari e ambientali con tempi e finanziamenti per una dismissione dell'area a caldo. Inutile insistere sulla revisione dell'Autorizzazione integrata ambientale, figlia dall'Accordo di programma del 21/11/2014, dove era definito l'assetto della Ferriera: un nuovo laminatoio e la conservazione dell'area a caldo per almeno due anni secondo il dl 43/2013, che riconosceva come area di crisi complessa il territorio industriale di Trieste. Quattro sono gli Accordi di programma sottoscritti dal 2012. Il primo del 25/05 prevedeva riqualificazioni ambientali per reindustrializzare e infrastrutturare le aree comprese nel Sin di Trieste. Il secondo del gennaio 2014 disciplinava gli interventi di riqualificazione delle attività industriali e portuali e del recupero ambientale dell'area di crisi complessa di Trieste. Art.10: le parti concordano sulla necessità di realizzare sul sito della Ferriera interventi di riconversione industriale che consentano di conseguire gli obiettivi di attrazione e insediamento di nuove iniziative industriali in grado di assicurare prospettive di stabile e duratura occupazione, nonché di modernizzazione e innovazione delle attività produttive e dei prodotti in termini di sostenibilità ambientale, come indicato nel Protocollo d'intesa del marzo 2012. Fu sottoscritto dagli enti locali, associazioni imprenditoriali e sindacati per una riconversione industriale attraverso nuove iniziative imprenditoriali, puntando ad attività ad alta concentrazione di manodopera e ad alto valore aggiunto d'innovazione tecnologa. Modernizzazione e innovazione delle attività produttive e dei prodotti in termini di sostenibilità ambientale e di green economy. Nell'Adp del 21/11/2014 il quadro cambia. Arriva Arvedi, continua l'attività dell'area a caldo ma lo stesso imprenditore nel Piano industriale e finanziario prevede la possibile dismissione della cokeria e la riconversione dell'area in retroportuale multipurpose. L'ultimo Adp del 27/07/2017 riguarda il Progetto di riconversione e riqualificazione industriale dell'area di crisi complessa di Trieste di Invitalia. Un nuovo Accordo di programma, visto il quadro in forte evoluzione delle attività portuali con possibili insediamenti produttivi anche in free zone, è la cosa più logica che si possa immaginare.
Lino Santoro - Legambiente
«Il porta a porta è la soluzione migliore per i
muggesani» - Il sindaco Marzi: «Abbiamo fatto delle scelte che potranno dare
vantaggi nel medio e lungo periodo alla nostra città»
MUGGIA - I muggesani non sono stati in grado di effettuare con rendimento
soddisfacente la raccolta differenziata dei rifiuti tramite i bidoni stradali. È
questa la spiegazione per cui la Giunta Marzi ha deciso di puntare diritto al
"porta a porta spinto", facendo carta straccia della relazione datata aprile
2014 in cui il responsabile del Servizio Ambiente Territorio e Coordinamento
grandi interventi del Comune di Muggia, fornendo tre diverse opzioni disponibili
per impostare il nuovo appalto di servizio per la gestione dei rifiuti urbani,
consigliò caldamente di optare per un servizio "misto stradale-domiciliare
(porta a porta)" evitando così di tenere i bidoni in casa. «Il sistema proposto
si compone di isole ecologiche stradali formate da due bidoni da 240 litri, uno
per il vetro e uno per il rifiuto umido, un contenitore da 1100 litri (3200
vicino al centro storico) per la carta, con feritoia e coperchio bloccato, un
dispenser con sacchetti per deiezioni canine vicino ai cestini, due cassonetti
da 1100 litri, uno dedicato ai pannolini e ai pannoloni, uno con blocco per il
secco residuo nell'area del centro e infine sacchi semitrasparenti da 70 litri
per il secco residuo che verrà esposto dai residenti e ritirato una volta alla
settimana». Era questa la proposta tecnica fatta dal capo ufficio Ambiente di
Muggia allegata all'atto del Comune di Muggia dell'assunzione di una
partecipazione di minoranza nella società Net Spa avvenuta nel 2015. «Tale
sistema consente di mantenere una semplicità di utilizzo per l'utente che può
conferire 24 ore su 24 le frazioni differenziate e il rifiuto organico,
principale causa di odori molesti e formazioni di percolato e nel contempo
incentiva, mediante l'asporto singolo settimanale, la formazione corretta del
"residuo secco", parte in realtà residuale e minima del rifiuto domestico». E
infine: «Tale sistema misto consente di mantenere la comodità di poter conferire
le frazioni differenziate, compreso il rifiuto umido, in qualsiasi momento ed
evitare problematiche legate alla presenza di molti contenitori e al permanere
di rifiuti, soprattutto organici, nelle abitazioni e nei pubblici esercizi». Un
sistema misto stradale-domiciliare, insomma, che in alcuni Comuni della regione
ha prodotto livelli di raccolta differenziata superiori al 75%. Il progetto di
un "porta a porta morbido" è stato però rifiutato. «Più o meno condivisibili che
siano, l'Amministrazione ha cercato di fare le scelte migliori per i propri
concittadini, evitando magari quelle più facili nel breve termine come il
suggerito "far finta di nulla". Avremmo potuto vivere alla giornata o scegliere
opzioni che forse avrebbero scosso meno i cittadini? Certo, ma abbiamo preferito
fare delle scelte che, a costo di essere ora per qualcuno meno amabili, potranno
dare maggiori vantaggi nel medio e lungo periodo alla nostra città». Così il
sindaco di Muggia Laura Marzi spiega il perché del cambio di rotta da parte
della propria Giunta che ha deciso di proprio pugno di puntare al "porta a porta
spinto". «Il metodo stradale a Muggia ha comportato che non solo non siamo mai
riusciti, come ci impone la vigente normativa, a raggiungere la percentuale del
65% di rifiuti raccolti in modo differenziato, ma che la nostra quota di
differenziazione da anni si attesta intorno al 47% e che la produzione
pro-capite di rifiuti muggesana cresca costantemente». Per Marzi «a Muggia sono
già dislocati diversi tipi di cassonetti stradali che, se fossero stati usati in
modo corretto, avrebbero potuto dare risposte concrete sulla raccolta
differenziata. Purtroppo, per quanto a Muggia ci sia chi la differenziata la fa
da anni, ci sono anche molti concittadini che o non la fanno proprio o, nei casi
limite, riescono anche a compiere grandi "sbagli" di differenziazione». Secondo
i dati forniti dal Municipio nell'indifferenziata si trovano tali percentuali:
32% di organico, 16% carta, 16% plastica, 4% metalli, 5% tessili, 4% vetro e poi
pile e medicinali scaduti. Per la Giunta Marzi, dunque, nessun ripensamento,
nemmeno tenendo conto della petizione popolare apartitica con oltre 1900 firme
raccolte dai comitati "Muggia sicura" e "Mamme" di Muggia. La strada del "porta
e porta" è oramai presa. Dopodomani l'inizio sperimentale per i "volontari" che
vorranno iniziare a cimentarsi. Da aprile la partenza obbligatoria, per tutti i
cittadini.
Riccardo Tosques
La raccolta firme - Una Commissione trasparenza
Sono 1.932 le firme raccolte nella petizione per bloccare l'avvio del porta a porta. Per analizzare la richiesta dei cittadini il consigliere Roberta Tarlao (Meio Muja) ha chiesto la riunione di una Commissione trasparenza.la raccolta differenziata
La convocazione del Consiglio
La convocazione di un Consiglio comunale straordinario
aperto ai cittadini per parlare della raccolta differenziata. Questa la
richiesta di tutti e sei i partiti di opposizione. Il Consiglio dovrà riunirsi
entro venti giorni.
L'incontro pubblico - I retroscena della gestione
Un incontro pubblico per spiegare i retroscena sulla gestione dei rifiuti. Questo il tema dell'incontro pubblico previsto per oggi alle 17 nella sala "Millo" indetto da Dpm-Forza Muggia, Lega Nord e Fratelli d'Italia.
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 febbraio 2018
San Dorligo, confronto sulla questione odori - Vertice
fra Regione e Comune. Sul tavolo anche lavori pubblici e Imu legata alle
attività produttive
SAN DORLIGO DELLA VALLE - La deroga concessa dal governo all'area
carsica del Friuli Venezia Giulia per l'ampliamento delle quote di terreni ad
uso agricolo, gli interventi di edilizia scolastica, i lavori di
ristrutturazione del teatro comunale e la gestione, in collaborazione con
l'Agenzia regionale per la protezione dell'Ambiente (Arpa), della questione
ambientale legata alla presenza dei serbatoi della Siot - Società italiana per
l'oleodotto transalpino sono i principali temi affrontati ieri, a San Dorligo
della Valle, nel corso di un incontro tra la giunta comunale guidata dal sindaco
Sandy Klun e l'amministrazione regionale rappresentata dalla presidente Fvg
Debora Serracchiani. In merito all'ampliamento dei limiti previsti per le
dimensioni delle aree ad uso agricolo, è stato sottolineato con soddisfazione
dal Comune come questo provvedimento statale vada incontro alla specificità del
territorio carsico e favorisca le produzioni locali d'eccellenza, in particolare
quelle legate al vitivinicolo e all'olio d'oliva. Sul fronte dei lavori
pubblici, è stata ricordata l'importante opera di ristrutturazione del tetto del
teatro comunale (250 posti di capienza): lavori eseguiti grazie a uno
stanziamento regionale di 70mila euro che garantiranno la fruibilità della
struttura. Inoltre è in attuazione un intervento di bonifica dall'amianto che
coinvolge un edificio scolastico. La prossimità del territorio al terminale
marino dell'oleodotto che da Trieste fornisce il Centro Europa e il disagio
legato in particolare all'odore causato da questo tipo di attività sono al
centro di un tavolo permanente dove il Comune si confronta con l'Arpa e
l'azienda per individuare delle soluzioni che attenuino l'impatto ambientale e i
miasmi, dovuti al tipo di greggio di origine caucasica ricco di zolfo. Ma la
presenza nel comune di San Dorligo di due importanti insediamenti industriali,
come Wärtsilä e la stessa Siot, non determina delle ricadute fiscali a favore
della municipalità. In tal senso, il Comune ha sollecitato la Regione a
promuovere un intervento a livello statale affinché il gettito dell'Imu per le
attività produttive riservi una quota destinata agli enti locali. La giunta
comunale ha poi chiesto alla Regione lo stato del procedimento riguardante il
rigassificatore di Zaule, per il quale, come ribadito dalla stessa
amministrazione regionale, l'esecutivo del Fvg ha espresso formalmente
attraverso una delibera la mancata intesa per la realizzazione dello
stabilimento.
Vertice Bers, Sofia rilancia l'idea del nucleare
regionale
Il premier bulgaro chiede ai Paesi balcanici non ancora nell'Unione
europea di cofinanziare il progetto della già contestata centrale a Belene sul
Danubio
BELGRADO - Via libera a grandi investimenti in infrastrutture. Ma anche
petizioni inaspettate per controversi progetti. Come quelli di una centrale
nucleare, sul suolo bulgaro, ma "aperta" a tutti i Balcani. Sono alcuni dei
risultati del Western Balkans Investment Summit, forum annuale organizzato dalla
Banca europea per la ricostruzione allo sviluppo (Bers) in quel di Londra,
ospiti d'onore i sei premier dei Paesi balcanici ancora fuori dall'Ue. Londra
dove ieri a giocare un ruolo da protagonista è stato però Boyko Borisov, primo
ministro della Bulgaria, a rappresentare il Paese che al momento detiene la
presidenza semestrale del Consiglio Ue. Borisov che ha rilanciato un progetto
che sembrava ormai tramontato, quello della centrale nucleare di Belene.Belene,
lo ricordiamo, è un sogno mai realizzato e in passato duramente criticato anche
dagli ambientalisti. Nel 2008 Sofia aveva siglato un'intesa con i russi di
Atomstroyexport per l'impianto da 2.000 Mw, sulle sponde del Danubio, per poi
abbandonare il progetto nel 2013, per contrasti sui costi e incapacità di
trovare un investitore strategico, lasciando come eredità un procedimento alla
Corte di arbitrato di Ginevra. Belene potrebbe però ritornare d'attualità: è la
"bomba" lanciata da Borisov, che ha ricordato ai premier balcanici che a Sofia
«abbiamo due reattori nucleari nuovi» di zecca, quelli acquistati dalla Russia
«per quattro miliardi». E mai usati, che sono di fatto «ancora nei loro
contenitori», dai sigilli intatti. Perché allora «non pensare a un finanziamento
comune con diverse percentuali», ha detto guardando i suoi omologhi seduti
accanto, per avviare «un progetto balcanico» comune, utilizzando quei due
reattori, «da collegare alla rete»? Potrebbe essere quella la via per
«assicurare energia» a una regione con economie e industrie di nuovo in crescita
e per questo affamate di elettricità, ha aggiunto Borisov, suggerendo poi il
coinvolgimento nel finanziamento del progetto «della Bers e della Commissione»
europea. Sogno che farà molto discutere, quello di Borisov. E che ora dovrà
passare al vaglio della realtà, con la verifica dell'interesse dei Paesi
confinanti e di Ue e Bers. Che, ieri, ha dato invece luce verde a cospicui
contributi per una «massiccia espansione delle autostrade» in entrambe le entità
in Bosnia. Si tratta di «oltre 700 milioni di euro» per il periodo 2018-2020, ha
specificato una nota della banca, sbloccati dalla firma di un memorandum a
Londra, finanziamenti importantissimi per «l'integrazione» del Paese balcanico e
per «rafforzare i collegamenti con l'Europa occidentale», oltre che per la
«convergenza economica» di una nazione che, sul lungo periodo, mira all'adesione
nell'Ue. Seicento milioni è invece il valore dei progetti infrastrutturali
sottoposti dal Kosovo all'attenzione di Bers e investitori, mentre il Montenegro
ha posto l'accento al summit sull'importanza dei futuri "corridoi" stradali
veloci e del gas nell'Adriatico, la Serbia sull'importanza dei collegamenti, di
tutti i tipi, per abbattere le tensioni. Al Summit è stata presentata
ufficialmente anche una piattaforma regionale online (www.investinsee.com) per
attrarre investimenti nei Balcani extra-Ue, sviluppata dalla Chamber Investment
Forum, organismo lanciato al vertice di Trieste per collegare le Camere di
commercio di Albania, Serbia, Bosnia, Montenegro, Macedonia e Kosovo.
Stefano Giantin
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 febbraio 2018
Cambia la società per il "porta a porta" dei rifiuti a Muggia - La Net Spa affida alla Sager Srl il servizio di raccolta - Un avvicendamento in corsa ancora prima di iniziare
MUGGIA - La Net Spa ha affidato alla Sager Srl il servizio di raccolta e asporto dei rifiuti urbani assimilati, indifferenziati e differenziati, e dei rifiuti conferiti nel centro di raccolta di Vignano, prodotti sul territorio del comune di Muggia. Cambio in corsa, ancora prima di iniziare, dunque, nella complessa questione del “porta a porta” rivierasco. La Net, società di Udine a totale partecipazione pubblica a cui dal 2015 il Comune di Muggia ha affidato la gestione del servizio di rifiuti, ha optato in qualità di stazione appaltante l’affidamento del servizio alla Sager di San Giovanni al Natisone. Dalla base d’asta iniziale pari a 800 mila euro (annui), dopo un ribasso pari al 27,01%, il servizio è stato affidato a 583 mila 920 euro. Quale sarà dunque la redistribuzione prevista dei 216 mila euro frutto del ribasso d’asta? «Non vi sarà alcun “regalo” alla Net che, inoltre, proprio in quanto società pubblica non può distribuire utili ai soci e che deve, invece, reinvestire gli eventuali “guadagni” impiegandoli nel miglioramento dei propri impianti o riducendo le tariffe applicate ai comuni», spiega il sindaco di Muggia Laura Marzi. Nello specifico gli 800 mila euro sono «puramente la base d’asta su cui la Net ha costruito la gara d’appalto mentre, nel quantificare il costo del servizio richiesto al Comune di Muggia – puntualizza Marzi – la Net ha invece già tenuto conto del “vero” costo del servizio posto in essere a Muggia». I 216 mila euro d’avanzo, quindi, «non esistono». Il Comune di Muggia riconoscerà dunque alla Net la cifra di 583 mila 920 euro, costituente il costo effettivo dell’appalto in questione «che è la voce principale che compone il costo complessivo del servizio prestato e del costo del servizio riconosciuto alla Net». Dalla procedura di gara è emerso poi che il ribasso d’asta della Sager è stato pari a quasi al 10% in più rispetto alla seconda ditta arrivata in graduatoria. Il Comune non teme che questo ribasso così ampio pari a quasi un terzo della cifra iniziale possa ricadere sulla qualità del servizio? Marzi è serena: «Per quanto attiene al ribasso e alla sua entità la Net deve attenersi e rispettare, in quanto società partecipata pubblica, le disposizioni di legge sulle modalità di aggiudicazione della gara e nello specifico sui criteri da applicare nella valutazione delle offerte e dei possibili ribassi. Nel momento in cui Net ha proceduto nell’aggiudicazione della gara si deve ritenere che tutte le verifiche effettuate abbiano dato esito positivo». Il Comune di Muggia, che va precisato, «ha rapporto esclusivamente con la Net», comunque «vigilerà e verificherà che siano costantemente rispettati gli obblighi contrattuali nei suo confronti – promette Marzi – e che il servizio fornito alla cittadinanza rispetti gli standard previsti». Rimane però da capire perché da un mese i muggesani si stiano rapportando con i tecnici e personale della Net. Perché non rapportarli da subito con l’azienda e con le persone che in effetti opereranno sul campo? «È Net l’ente gestore del servizio per conto del Comune ed è la stessa Net a rispondere di eventuali disservizi alla cittadinanza e al Comune», sentenzia Marzi. In parole semplici: la Sager sarà il braccio operativo attraverso cui la Net, a partire dal primo marzo svolgerà il “porta a porta”, fermo restando che i cassonetti stradali rimarranno a disposizione dei cittadini sino al primo aprile.
Riccardo Tosques
MUGGIA - In Comune le firme per dire no al progetto
Verranno consegnate oggi in Comune le circa 1.800 firme raccolte tra i cittadini muggesani per dire "no" al sistema di raccolta dei rifiuti porta a porta scelto dall'amministrazione Marzi. La petizione popolare apartitica, promossa dalla coalizione venutasi a creare tra il comitato "Muggia sicura" e il comitato "Mamme" di Muggia, ha espresso l'inadeguatezza di questo sistema. La coalizione dei due comitati, che chiede alla Giunta comunale di bloccare e rivedere la scelta adottata, ha trovato sostegno anche da parte di altre associazioni che già si sono dette contrarie a questa tipologia di "porta a porta". Tra queste anche Federconsumatori che a partire da domani riaprirà uno sportello a Muggia in via Mazzini (9.30-11, ogni martedì e giovedì) per rapportarsi con i cittadini anche sulle problematiche inerenti il servizio dei rifiuti. Da ricordare infine che la petizione popolare che oggi verrà protocollata in Comune, pur rimanendo assolutamente apartitica, ha ricevuto il plauso e il consenso esterno da parte di tutti i partiti che compongono l'opposizione nel Consiglio comunale di Muggia.
(r.tosq.)
Vienna contro l'Ue per la centrale nucleare - Nel
mirino del governo il controverso progetto di modernizzazione dell'impianto
ungherese di Paks
TRIESTE - Guerra a tutto campo, contro l'energia nucleare a un tiro di
scoppio dal proprio confine. È quella dichiarata dalla vicina Austria, Paese
storicamente contrario all'elettricità prodotta dall'atomo, sempre più in
trincea contro il controverso progetto di modernizzazione ed espansione della
centrale nucleare ungherese di Paks. Da realizzare attraverso un finanziamento
da Mosca, di dieci miliardi di euro, per due nuovi reattori. Ampliamento che ha
avuto luce verde, dopo approfondite analisi, anche dall'Unione europea, ma che
non piace affatto a Vienna. Che ha annunciato nei giorni scorsi di aver
presentato il più volte annunciato ricorso alla Corte di giustizia dell'Ue
contro l'ok al progetto deciso da Bruxelles nel marzo dell'anno scorso. La
Commissione aveva valutato che le sovvenzioni dello Stato magiaro all'impianto
non distorcono il mercato energetico. A confermare il passo è stata la ministra
austriaca Elisabeth Köstinger, che ha ricordato che l'Austria «è sempre stata un
Paese che in maniera veemente si è battuta contro l'energia atomica». E anche
ora, nel caso Paks II, si è trovata «obbligata» a prendersi la responsabilità di
combattere una «battaglia di Davide contro Golia», a favore «della nostra
natura, del nostro ambiente e del nostro paesaggio unico». Poi, la
promessa-minaccia: «Non retrocederemo di un centimetro da questa linea», perché
«l'energia atomica non ha spazio in Europa». Battaglia che ora si sposterà alla
Corte di giustizia, dove la Commissione «difenderà la sua decisione» relativa a
Paks del marzo 2017, ha confermato un portavoce dell'Ue, citato dall'agenzia
Reuters. In precedenza, il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto,
aveva assicurato che Budapest ha «le carte in regola» per la costruzione della
centrale e il sostegno del «diritto internazionale». Paks copre a oggi circa il
40% del fabbisogno del Paese. Il progetto dei due nuovi reattori, che dovrebbero
entrare in funzione entro il 2025, è considerato strategico sia da Budapest sia
da Mosca. Il colosso russo Rosatom, che contribuirà alla sua realizzazione, ha
più volte affermato che il nuovo impianto soddisferà tutti i «requisiti di
sicurezza post-Fukushima e le raccomandazioni» dell'Agenzia per l'Energia
Atomica delle Nazioni Unite.
s.g.
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 febbraio 2018
Il laghetto sommerge la panchina da pic-nic - Alle
Noghere l'innalzamento dell'acqua ha "inghiottito" il nuovo manufatto e parte
del sentiero
MUGGIA - La panchina sul lago è diventata la panchina nel lago. Brutta
sorpresa per gli amanti dei laghetti delle Noghere: una volta giunti sul posto
hanno scoperto che una delle cinque panchine da pic-nic, posizionate dal Comune
di Muggia lo scorso novembre, era finita sott'acqua. La segnalazione, con tanto
di foto, è arrivata all'attenzione dell'assessore ai Lavori pubblici Francesco
Bussani, che non ha nascosto il proprio stupore: «Certo non potevamo prevedere
che le piogge insistenti dell'ultimo periodo avrebbero provocato un innalzamento
delle acque tale da sommergere non solo l'area di una delle panchine, ma anche
tutto il sentiero che fin lì e da lì si snodava. Siamo comunque intervenuti
tempestivamente e abbiamo recuperato la panchina, senza alcun danno per
quest'ultima». Il manufatto era stato posizionato nel biotopo muggesano grazie a
"Pin-nic ai laghetti", il progetto presentato dal Comune di Muggia che lo scorso
anno aveva vinto il concorso a premi promosso da Bricocenter Italia srl.
Denominato "Insieme per il nostro quartiere", il concorso era destinato a
progettualità con determinati requisiti di utilità sociale e mirate al quartiere
della città in cui si risiede. "Siamo davvero grati a Bricocenter per questa
preziosa opportunità offertaci che, nonostante la stagione caratterizzata da
temperature un po' rigide, è già stata apprezzata da molti muggesani che non
hanno mancato di farci pervenire il loro apprezzamento» ha raccontato
l'assessore Bussani. I siti idonei per il posizionamento delle panchine, in
realtà, pare non fossero molti. «È vero, abbiamo cercato di distribuirle lungo
tutto il sentiero e di collocarle nei punti più suggestivi dell'area in modo che
potessero offrire il valore aggiunto della vista al mero riposo. Grazie a quelle
panchine tutto è divenuto ancora più apprezzabile», puntualizza Bussani. Qualche
giorno fa, però, la brutta "scoperta". Una delle cinque panchine era finita
quasi completamente sommersa dall'innalzamento del livello dell'acqua del
biotopo. Nonostante l'incidente, il manufatto pare non si è usurato. Ma quale
sarà il futuro della panchina? L'assessore ai Lavori pubblici di Muggia
rassicura: «A breve la riposizioneremo in una zona meno perimetrale al laghetto,
in modo da scongiurare in futuro ogni eventuale rischio di inondazione».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - SABATO, 24 febbraio 2018
Rifugio salva opere d'arte al Magazzino 20 - L'edificio
in Porto vecchio verrà restaurato con i fondi del ministero per proteggere
quadri e sculture in caso di calamità
Il rilancio del Porto vecchio passa per il Magazzino 20. Dopo la
valorizzazione della centrale idrodinamica, della sottostazione elettrica e del
Magazzino 26, l'edificio - utilizzato dal 1894 per movimentare le merci - si
appresta a diventare la sede regionale delle opere d'arte da proteggere in caso
di terremoto o calamità naturale. La notizia, diventata ufficiale martedì, con
lo stanziamento da parte del Mibact della prima tranche di fondi (1 milione e
350mila euro), ieri ha preso corpo con la "dichiarazione d'intenti" della
Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Fvg, che in una nota ha
messo nero su bianco tutti i dettagli finora disponibili. «Una quota del piano
terra sarà attrezzata come zona di ricovero delle opere d'arte in caso di
calamità naturali o di eventi ad alto impatto». Il soprintendente Corrado
Azzollini conferma dunque ciò che l'assessore regionale alla cultura Gianni
Torrenti aveva già anticipato. «All'epoca del terremoto del '76, tutte le opere
d'arte furono messe al riparo nella chiesa di San Francesco di Udine, dunque in
una zona sismica». Sebbene nei tempi più recenti il rischio sismico sia stato
esteso a tutta la regione, Trieste resta nella fascia di pericolo medio-bassa.
Da qui l'idea della Soprintendenza di creare a Trieste un rifugio dove
proteggere, in caso di necessità, tutte le opere sparse nel territorio. Ma il
futuro utilizzo del Magazzino 20 non si limita a questo. Da mesi Azzollini e i
suoi lavorano per fare dell'edificio ottocentesco un "Centro per l'archeologia
del Fvg". Un progetto da realizzare, oltre che con il sostegno della Regione,
anche con l'appoggio del Comune di Trieste, proprietario dell'immobile. In
attesa dell'Atto di concessione trentennale da parte di quest'ultimo, ora che i
fondi ci sono si tenta insomma di stringere i tempi con la progettazione. «Gli
spazi, una volta restaurati, fungeranno da centro di studio e formazione
dell'archeologia, punto di riferimento per l'Italia settentrionale e di respiro
transfrontaliero, grazie al coinvolgendo dei Paesi confinanti». Ecco che iI
piano terra diviene pronto ad accogliere i reperti archeologici di pertinenza
della Soprintendenza, provenienti dagli scavi sul territorio regionale. «Si
tratta di un patrimonio in continuo accrescimento che ha necessità di trovare
un'adeguata sistemazione» spiega Azzollini. Conservati in un unico sito, i
reperti potranno essere catalogati, studiati, restaurati e valorizzati. Via
libera allora a uffici per la catalogazione, laboratori di diagnostica e
restauro, aule didattiche, spazi per esposizioni temporanee. «L'Erpac sta per
rilanciare sia la scuola di restauro della carta, già riconosciuta a livello
ministeriale, sia il corso di restauro del tessile - così Torrenti -. In questo
nuovo progetto vediamo la possibilità di aggiungere un terzo tassello in Fvg».
La notizia ha sollecitato Italia Nostra Trieste a rilanciare almeno una parte
del progetto presentato nel 2013 dalla presidente Antonella Caroli, quella che
prevedeva di ricreare, nel Magazzino 20, una foresteria per i giovani «da
considerare protagonisti del processo di rigenerazione del distretto storico
portuale».
Elena Placitelli
Pulizia "salata" all'ex Alto Adriatico - Il Comune di
Muggia ha dovuto sborsare 20 mila euro per ripulire l'area usata come discarica
abusiva
MUGGIA - Ben 20 mila euro di denaro pubblico. A tanto ammonta la cifra
sborsata dalle casse comunali muggesane per lo sgombero dei rifiuti abbandonati
da ignoti nel piazzale ex Alto Adriatico. La situazione di degrado era emersa in
tutta la sua bruttezza nell'ottobre scorso, quando venne rinvenuta una e vera e
propria minidiscarica a cielo aperto: armadi, stendibiancheria, un divano,
mensole, cuscini, valigie, sedie e pure una barca giacevano nella zona coperta
dalla vegetazione del piazzale. Ma come è possibile che nessuno si fosse accorto
di nulla? Semplice. I balordi avevano approfittato della sosta di alcuni carri
del Carnevale parcheggiati nel piazzale in estate durante i lavori di
rifacimento dei portoni di accesso del magazzino comunale di via di Trieste. Ora
è arrivato il conto di rimozione di tutta quella spazzatura: un conto
decisamente salato. Proprio in seguito a quella situazione di degrado, ma anche
a causa dell'utilizzo improvvido dell'attigua area per gli skater da parte di
giovani in sella a moto e scooter, il Comune aveva deciso di chiudere l'accesso
alla zona già dalla fine di ottobre, con una recinzione di circa 150 metri in
acciaio, alta due metri e con la base in cemento armato. Questo il bilancio dopo
quasi quattro mesi di chiusura parziale, spiegato dall'assessore alla Polizia
locale Stefano Decolle: «Da quando la zona è stata messa in sicurezza non
abbiamo riscontrato più problemi. Ovviamente la recinzione è di quelle che si
possono togliere facilmente in caso di manifestazioni, ma per ora la barriera
rimane al suo posto». Quale sarà ora il futuro del piazzale ex Alto Adriatico,
una delle aree più grandi sul territorio muggesano? I tanti progetti del
passato, per un motivo o per l'altro, sono stati tutti scartati. Durante
l'amministrazione Nesladek era stata promossa la creazione di una pompa di
benzina: poi non se n'è fatto più nulla. In passato si era ipotizzato anche di
insediare lì la caserma dei vigili del fuoco: anche qui la proposta non ha avuto
seguito. Per diversi anni la Pro Loco di Muggia aveva invece puntato sul
progetto di un centro polifunzionale che sarebbe servito al Comune come
struttura aggregativa. Il piano, promosso dal presidente Andrea Spagnoletto, era
stato ben articolato: adeguamento del piazzale alla rete idrica, fognaria ed
elettrica, costruzione dei servizi igienici, della zona ristoro e di un palco
coperto con relativi spogliatoi, camerini e magazzino. Infine la realizzazione
della Casa delle associazioni con auditorium e spazi espositivi polifunzionali.
Il progetto, pur avendo suscitato interesse da parte delle varie forze politiche
di allora, non venne mai più affrontato. Durante la seconda amministrazione
Nesladek, infine, il piazzale era stato inquadrato nel famoso progetto Pisus
(poi bocciato dalla Regione) come area dove ospitare i bus del trasporto
pubblico. «Negli ultimi dieci anni sono stati proposti tanti progetti, più o
meno validi, che però alla fine non hanno mai avuto il necessario sostegno
finanziario. Se dovesse arrivare un soggetto interessato a portare, oltre a un
progetto, anche le giuste risorse - ammette Decolle -, ce lo faccia sapere
perché saremmo pronti ad un confronto».
Riccardo Tosques
"Mare di plastica" con Fai e Ogs
Lunedì pomeriggio, alle 19, il Café Rossetti ospiterà la conferenza "Un mare
di plastica... Parliamone" a cura della Delegazione Fai di Trieste e
dell'Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale (Ogs). I
relatori affronteranno il tema attualissimo e critico dell'accumulo di rifiuti
antropici negli oceani e mari, decisamente importante per Trieste, città di
mare. A seguire verrà offerto un aperitivo e buffet ai partecipanti. Le
iscrizioni vanno effettuate entro oggi al punto Fai della Cividin Viaggi.
Teatro San Giovanni - "In alto mare", l'emergenza clima
Alle 20.30, al teatro San Giovanni, andrà in scena lo spettacolo teatrale
"In alto mare-Deep Water", a cura di Cies Onlus per la regia di Valentina di
Odoardo (nella foto). La rappresentazione affronta temi di stringente attualità
in una formula originale e alternativa: ironia e racconto scientifico si
alternano e si completano per incoraggiare una riflessione critica sulla
giustizia ambientale e sui cambiamenti climatici, questioni cruciali per l'epoca
in cui viviamo. Nella performance i sei attori coinvolgono il pubblico in un
dibattito socio-politico sulle ripercussioni ambientali causate dalle nostre
scelte di vita quotidiana, invitandolo a esprimere la propria preferenza
sull'installazione o meno delle trivelle sul proprio territorio. "Deep Water" è
uno spettacolo metateatrale giocato su più livelli, che introduce a concetti
poco conosciuti quali la "giustizia ambientale e sociale", ma anche il "razzismo
ambientale", ossia la tendenza a spostare i costi ambientali dello sviluppo
sulle popolazioni più deboli. Lo spettacolo è gratuito.
LA REPUBBLICA - VENERDI', 23 febbraio 2018
Edison perfeziona l'acquisto di Gas Natural Vendita Italia
(Teleborsa) - Edison acquisisce Gas Natural Vendita Italia
(GNVI) e rafforza la propria posizione nel mercato domestico aumentando del 50%
la base clienti ed estendendo la propria presenza sul territorio nazionale.
Il prezzo per l’acquisto della società è pari a 195,3 milioni di euro, spiega la
società energetica in una nota precisando che il portafoglio di GNVI è
localizzato principalmente nel Sud del Paese ed è costituito per la gran parte
da clienti gas, affidabili nei pagamenti e con un elevato grado di
fidelizzazione.
"Siamo molto soddisfatti di aver portato a compimento questa operazione che ha
una forte valenza strategica - afferma Marc Benayoun, Amministratore Delegato di
Edison -. Facciamo un importante passo avanti nel settore retail, acquisendo una
società che garantisce un elevato livello di servizio ai propri clienti grazie a
una presenza capillare sul territorio, in particolare in Puglia, Calabria e
Sicilia. Grazie a questa operazione, Edison raggiunge una massa critica
importante e rafforza il proprio ruolo di operatore energetico nazionale".
IL PICCOLO - VENERDI', 23 febbraio 2018
Muggia, spostato l'incontro sulla differenziata - Sarà
nell'atrio della scuola "Zamola" di Zindis
Vista la larga partecipazione di cittadini registrata nei precedenti
appuntamenti, il Comune di Muggia ha deciso di spostare l'incontro pubblico
previsto per la giornata di oggi sulla raccolta differenziata dei rifiuti
dall'asilo "Biancospino" di Chiampore all'atrio della scuola "Zamola" di Zindis.
Confermato, invece, l'orario delle 17.30. Il Comune ha altresì preannunciato che
un incontro ad hoc con i residenti di Chiampore verrà organizzato nel mese di
marzo. In attesa del calendario dei prossimi appuntamenti, martedì 27 febbraio
alle 17.30 in sala "Millo" si svolgerà un altro incontro pubblico sempre
dedicato al "porta a porta". Si ricorda infine che oggi dalle 10 alle 12
all'Ufficio relazioni pubbliche del Comune in piazza della Repubblica sarà
aperto al pubblico l'infopoint nel quale un tecnico Net sarà a disposizione per
fornire informazioni sul nuovo sistema di raccolta "porta a porta".
(r.t.)
Comitato «Chiudere con il rigassificatore»
Si è svolta ieri la riunione del comitato "Diciamo No al rigassificatore a Trieste". Il portavoce Luciano Ferluga chiama le istituzioni a chiudere definitivamente la possibilità che l'opera venga costruita.
CAMBIAMENTI CLIMATICI E RESILIENZA
Il Circolo di Muggia del Movimento decrescita felice, organizza un incontro su "Cambiamenti climatici, evidenze scientifiche, rischi locali e opportunità di mitigazione": alla sala Millo, alle 17, con il climatologo Filippo Giorgi.
Risparmio energetico "M'illumino di meno" in piazza Unità
"M'illumino di meno": Hera Luce partecipa allo spegnimento simbolico delle città. In occasione della "festa del risparmio energetico". A Trieste si spegneranno le luci della facciata del palazzo municipale.
"M'illumino di meno" anche a Trieste - Oggi luci spente
sulla facciata di Comune, Università e Miramare
Un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l'umanità. Oggi torna
M'illumino di meno, 14esima edizione dell'iniziativa promossa dalla trasmissione
Caterpillar di Radio2 nel giorno della firma del Protocollo di Kyoto e dedicata
quest'anno al camminare e all'andare a piedi. L'edizione 2018, intitolata "Con i
piedi per terra", lancia un obiettivo: camminare simbolicamente fino alla Luna
(che dista 555 milioni di passi) entro oggi. L'invito quindi è di spegnere le
luci e fare una marcia, una processione, una ciaspolata, una staffetta, una
maratona, un ballo in piazza o un pezzo di strada dietro alla banda del paese
(info su
http://caterpillar.blog.rai.it/milluminodimeno/decalogo).
A Trieste hanno aderito molte istituzioni e tanti privati: il Comune di Trieste,
ad esempio, ha avviato una sensibilizzazione sulla mobilità sostenibile e dalle
18.30 alle 20 spegnerà le luci della facciata del municipio; a Miramare, il
castello spegnerà le luci sulla facciata dalle 19 alle 19.15. Anche l'Università
spegnerà l'illuminazione della facciata e della scalinata di piazzale Europa
(edificio A), dalle 18 alle 19.30. La Casa di riposo comunale di Muggia ha
organizzato una serata con cena a lume di candela, musica e ballo. Area Science
Park contribuirà con una passeggiata collettiva con partenza contemporanea alle
13 dai due campus e ritrovo a metà strada. L'asilo Casetta organizzerà percorsi
motori all'aperto per gli alunni e genitori, e le educatrici raggiungeranno la
sede a piedi. Il liceo Petrarca e la scuola Tarabochia spegneranno le luci nelle
aule. Alla campagna hanno risposto presente anche alcuni locali pubblici,
palestre (ci si allenerà a luci spente) e studi dentistici.
(g.t.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 febbraio 2018
I rifiuti di plastica che hanno creato il "maremostro"
Veniva chiamata la "maringa", una forma contratta per dire "casalinga del
mare" , perché aveva iniziato a preoccuparsi di quelle plastiche e di quelle
schiume strane che iniziavano a riempire il mare. Accadeva trentatré anni fa.
Rosalba Giugni, napoletana, figlia di armatori e subacquea fondò così "Marevivo"
, un'associazione che da allora si batte senza sosta per la difesa del mare e
delle sue risorse. «All'epoca - ha raccontato ieri all'istituto Nautico - mi
dicevano che la plastica era solo brutta, ma non faceva nulla, erano l'energia e
la pesca che facevano male». Si rivolge alla platea di studenti del nautico che
l'hanno accolta in una delle tappe che l'ente sta promuovendo in giro per lo
stivale. Si tratta di incontri di informazione e sensibilizzazione sull'impatto
della plastica in mare, che fanno parte di un progetto che da circa un anno
Marevivo e le direzioni marittime delle Capitanerie di Porto stanno portando
avanti e che farà tappa in ben 15 regioni, con percorsi formativi indirizzati a
tutti gli "stakeholder" del mare, autorità portuali, Comuni, Regioni, pescatori
e al Sindacato italiano Balneari, per analizzare e trovare soluzioni concrete,
soprattutto a livello locale, e combattere l'emergenza dei rifiuti marini.
Eventi programmati con il sostegno dei consorzi Castalia e Conisma. In
particolare a Trieste l'appuntamento è stato ideato in collaborazione con la
Direzione Marittima. Da mesi quindi è partita una vera e propria campagna dal
nome emblematico: "Maremostro, un mare di plastica? " . «Il nostro mare ormai è
sotto attacco - approfondisce Giugni - da pesca illegale ed eccessiva, petrolio,
veleni di ogni tipo e da quello che noi abbiamo definitivo un "Mostro"
apparentemente inarrestabile e indistruttibile che si insinua, addirittura,
nella catena alimentare dell'uomo: la plastica. Se non agiamo subito le
terribili previsioni annunciate dagli esperti potrebbero diventare realtà» .
Alcune battaglie comunque Marevivo le ha già vinte. Sulla scia di una legge
approvata in America con presidente Barack Obama, l'Italia ha inserito un
emendamento nella finanziaria alla fine dello scorso dicembre quale primo Paese
nell'Unione europea per proibire le microplastiche nella cosmesi e dire stop ai
cotton fioc non biodegradabili che dilagano sulle spiagge italiane. Gli
obiettivi futuri invece riguardano i fiumi. «L'80% della plastica arriva
attraverso l'acqua dolce - conclude Giugni -, bisogna quindi agire lì e trovare
il modo di raccogliere la plastica prima che arrivi in mare, ci sono tante
tecnologie e modi, dobbiamo farcela» . Il direttore marittimo del Friuli Venezia
Giulia, il capitano di vascello Luca Sancilio, nel ricordare l'impegno in
materia di ambiente del Corpo delle Capitanerie di porto, ha insistito
sull'importanza della sensibilizzazione sugli argomenti della sostenibilità
ambientale dei cittadini. Hanno portato i saluti il professore Bruno Zvech,
vicepreside dell'Istituto Nautico Tomaso Savoia. Presenti Cristina Sgubin e
Francesco Cumani di Arpa Fvg.
Benedetta Moro
FAI - "Mare di plastica" al Café Rossetti
Lunedì 26 febbraio, alle 19, il Café Rossetti ospiterà la conferenza "Un
mare di plastica... Parliamone" a cura della Delegazione Fai di Trieste e
dell'Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale (Ogs). I
relatori affronteranno il tema attualissimo e critico dell'accumulo di rifiuti
antropici negli oceani e mari, decisamente importante per Trieste, città di
mare. A seguire verrà offerto un aperitivo e buffet ai partecipanti. Le
iscrizioni vanno effettuate entro sabato al punto Fai della Cividin Viaggi.
Incontro sui rifiuti, in cento restano al gelo - A
Muggia sala Millo esaurita presto e in tanti sono rimasti fuori. Domani altro
focus sul "porta a porta"
MUGGIA - Un centinaio o forse qualcosa meno. Sono tanti i muggesani che ieri
non sono riusciti a entrare nella sala "Gastone Millo", sede dell'incontro
pubblico organizzato dal Comune di Muggia in collaborazione con Net per
illustrare ai cittadini la nuova raccolta dei rifiuti "porta a porta". «Siamo
rimasti fuori, con la porta chiusa», la testimonianza della muggesana Giuliana
Drioli. Le fa eco Nadia Balbi sul web: «Siamo rimasti in piazza della
Repubblica, fuori dalla sala Millo. Centinaia di persone, in piedi al freddo con
la bora, lasciate fuori da una porta chiusa». Non è la prima volta che i
residenti muggesani non riescono a entrare nella location prescelta
dall'amministrazione per gli incontri sul porta a porta: era infatti già
accaduto pochi giorni fa a Fonderia. Domani, alle 17.30, sarà l'asilo
"Biancospino" di Chiampore a ospitare un altro incontro con il medesimo tema.
Intanto, con la bora di ieri, si sono registrati i primi problemi ai nuovi
contenitori della differenziata. Diversi infatti i bidoni rovesciatisi a causa
del forte vento pur essendo stati collocati in aree relativamente riparate quali
cortili e zone condominiali. Perplessa la muggesana Paola Citi: «Ma vi pare
normale che proprio oggi (ieri, ndr), con questa bora e le previsioni che
parlano di venti di Buriana ancora più forti nelle prossime ore, abbiano dato
un'accelerata al posizionamento dei cassonetti condominiali che resteranno vuoti
sino al primo marzo e che conseguentemente voleranno via?». Intanto il Comune
sta attendendo dalla Net risposta sulla possibilità di far slittare in toto di
un mese la partenza del "porta a porta". Forse entro la settimana si saprà se i
cosiddetti "volontari" potranno già cimentarsi nella differenziata a partire dal
primo marzo non usufruendo più dunque dei cassonetti siti sulle strade pubbliche
che rimarranno comunque in loco sino al primo aprile. Naturalmente anche i
partiti politici si stanno muovendo su un tema che sta mettendo a dura prova
l'amministrazione comunale. Dall'opposizione sono partite diverse interrogazioni
e mozioni che faranno parte del materiale all'ordine del giorno del prossimo
Consiglio comunale. E potrebbe essere indetto a brevissimo pure un Consiglio
straordinario proprio sul tema della raccolta differenziata dei rifiuti.
Probabile, vista l'affluenza agli incontri pubblici, che la seduta possa essere
ospitata in un altro luogo rispetto all'aula consiliare.
(ri.to.)
GLI ISCRITTI FIM CISL - «Basta uscite strumentali sulla
Ferriera di Servola»
«"Chiudere la Ferriera": sono anni che, soprattutto in fase di campagna
elettorale, questo titolo assieme a tante voci su questo tema si amplificano a
dismisura. Quasi tutti i gruppi politici utilizzano la Ferriera come cassa di
risonanza per la propria campagna elettorale e questo lo fanno ormai da molti
anni». Inizia così una nota dei lavoratori dello stabilimento di Servola
iscritti al sindacato Fim Cisl. «Per tanti, la strumentalizzazione ed il
concreto interesse su questo tema sono direttamente proporzionali all'attenzione
e all'impegno che poi gli stessi dedicano alla Ferriera nei momenti più neutri -
proseguono -. Se, come dice l'articolo uno della Costituzione, l'Italia è una
Repubblica fondata sul lavoro... fintanto che questa azienda viene dichiarata
dagli organi competenti all'interno dei parametri di legge per quanto riguarda
il tema ambiente, sulla Ferriera la parola chiusura non ha senso». I lavoratori
iscritti alla Fim Cisl insistono: «Chi non crede nei dati sull'ambiente, ed
afferma che chi controlla non fa bene questo compito, ha tutti gli strumenti
legali per perorare la sua causa. Altra cosa è attaccare gratuitamente i
lavoratori, noi difendiamo solamente il nostro posto di lavoro, e lo facciamo
con onestà, in maniera civile, dando anche mandato di rappresentarci al
sindacato. Lavorare in una fabbrica di "cioccolatini" piacerebbe sicuramente di
più a tutti, ma non è così e, ad oggi, non ci risulta l'esistenza di altri
sviluppi reali e concreti, almeno a breve termine (quindi non solo idee ma veri
progetti, con chi fa cosa, quando e con quali investimenti) per quest'area.
Troppo facile - concludono - dire che vadano a produrre altrove quello che per
la società civile è indispensabile, ma non nella mia città, non è un po'
ipocrita urlare al cielo per l'ambiente e dopo girare in centro in auto, auto
fatte di acciaio, di ferroleghe non solo di plastica la cui produzione comunque
inquina? Siamo stufi e non abbiamo mai creduto a chi, con molta faciloneria,
promette posti di lavoro e prospettive di ricollocazione o riqualificazione per
noi».
COORDINAMENTO - Iniziativa in piazza anti rigassificatore
Il coordinamento "Trieste unita dice No al rigassificatore" organizza un incontro oggi alle 11.30 in piazza Unità davanti alla prefettura in cui sarà presentata una lettera indirizzata ai ministri Calenda, Galletti e Franceschini, al capo del Dipartimento della Protezione civile Borrelli e al premier Gentiloni. Verranno poi richieste audizioni a enti del territorio e sindacati.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 febbraio 2018
L'ex assessore Dapretto - «Vendere l'intero palazzo
Carciotti è un insulto alla nostra città»
«La questione è lampante e sconcertante. La vendita dell'intero palazzo
Carciotti non è altro che un sistema per fare cassa». L'architetto Andrea
Dapretto, ex assessore comunale ai Lavori pubblici, parla da persona informata
dei fatti. E, senza mezzi termini, parla di "svendita" del patrimonio storico.
«L'ipotesi di vendita dei due terzi posteriori del palazzo messa in campo dalla
giunta Cosolini, da me nel ruolo di assessore al Demanio, Patrimonio e Lavori
Pubblici, si basava su due questioni - spiega Dapretto -. La prima era quella
più evidente e in qualche modo ribadita in maniera sbiadita dalla commissione
ministeriale, ovvero la necessità di lasciare alla città il palazzo più
importante del neoclassico triestino e forse uno dei pochi palazzi di grande
qualità architettonica, artistica e storica che Trieste possiede. La seconda,
fatta propria a seguito di un emendamento consiliare, ovvero quella di vincolare
l'importo ricavato al restauro della testata al fine di procedere con un
progetto di restauro e di utilizzo con tali risorse. Parliamo di circa 17
milioni di euro. Così era stato valutato». Una visione stravolta dalla scelta
della giunta attuale di Roberto Dipiazza con la regia dell'assessore Lorenzo
Giorgi. «Ora, e ciò che sorprende è la faccia tosta di taluni soggetti, la
vendita è prevista per tutto il palazzo, con la sola "prescrizione" di non
toccare le opere d'arte e i volumi dell'edificio - continua Dapretto - e di
mantenere la fruizione pubblica delle opere, ovvero potremmo entrare in un
grande albergo a vedere gli affreschi e le statue. Interessante. L'operazione
dei 21 milioni del duo Dipiazza/Giorgi invece prende un'altra direzione, cioè
far cassa per sostenere il bilancio comunale. Quindi fare cassa dando il ben
servito dal patrimonio pubblico al palazzo Carciotti ed alla sua storia. Prima
si parlava di 17 milioni ora di 21mln. Prima i milioni si vincolavano per
recuperare il palazzo stesso nella parte che restava al Comune ora si fa cassa.
La differenza sembra, appunto, lampante. Certo che il Carciotti verrà venduto ed
è certo che ci sono, come già c'erano, grossi gruppi alberghieri interessati. Ma
è anche certo che vendere il Carciotti nella sua interezza è un insulto alla
città».
(fa.do.)
Da Miramare a Sion, restauri da 7 milioni - Ok del
Mibact al piano di prevenzione antisismica dei beni culturali. Nell'elenco pure
Faro e Villa Necker
I beni culturali di Trieste e della regione si rifanno il look grazie al
piano di investimenti appena approvato dal Mibact che stanzia, in tutto il
Paese, 600 milioni di euro per la prevenzione del rischio sismico dei musei,
rispondendo alle richieste provenienti dai territori. Il piano di messa in
sicurezza - che il ministro Dario Franceschini ha definito essere «il primo e il
più importante finora finanziato» - attinge al Fondo per gli investimenti
istituito dalla legge di bilancio 2017 e si traduce , a Trieste, in interventi
complessivi pari a 7,2 milioni; 36 in tutto il Fvg. Sette i poli di Trieste su
cui, da ora, si potrà cominciare a progettare gli interventi di messa in
sicurezza e restauro. Si comincia da Magazzino 20, in Porto vecchio, destinato a
diventare il deposito regionale delle opere d'arte da proteggere in caso di
terremoto o catastrofe naturale. «Durante il terremoto del '76 le opere vennero
messe in sicurezza nella chiesa di San Francesco di Udine, dunque in zona
sismica», ricorda l'assessore regionale Gianni Torrenti sottolineando come
questo progetto, voluto dalla Soprintendenza e sostenuto dalla Regione, prevede
di fare del Magazzino 20 anche la sede di un grande laboratorio di restauro
statale. «E questo è solo il primo finanziamento, di 1 milione e 350mila euro».
Due i milioni di euro assegnati a Miramare, che permetteranno il restauro delle
case dei custodi e del Castelletto «rendendolo accessibile al pubblico grazie
all'apertura del primo piano, ancora interdetto». Verifiche del rischio sismico
e restauro da 800mila euro anche per la sede del Circolo Ufficiali di via
dell'Università: Villa Necker con il suo grande parco. Soggetto a controllo ed
eventuale rafforzamento anche il Faro di Trieste, 750mila gli euro assegnati. E
ancora, interventi di: un milione per la riduzione della vulnerabilità di
Palazzo Economo, sede della Soprintendenza; 200mila euro per la chiesa di Notre
Dame de Sion e infine di 1,1 milione di euro per Villa Cosulich. «La bellezza è
una risorsa non delocalizzabile del nostro territorio - così la presidente
Serracchiani -, investire nella sua conservazione è investire sul nostro
futuro». Per la segretaria del Pd Fvg, Antonella Grim, «è un segnale concreto
per la valorizzazione dei nostri gioielli».
Elena Placitelli
Caserma di Roiano, il restauro sfora il budget -
Costeranno 134 mila euro in più i lavori di riqualificazione. "Colpa" della
scoperta del pavimento dell'800
Costeranno quasi 134 mila euro e trenta giorni in più di lavori gli
imprevisti emersi a fine anno nel cantiere dell'ex caserma di Roiano. La
scoperta di un pavimento dell'Ottocento e lo spandimento delle due cisterne di
carburante hanno reso necessaria la modifica del quadro economico e dei tempi
contrattuali. Una determina del Comune ha rivisto i contenuti di uno dei più dei
più importanti cantieri in corso a Trieste. La demolizione dell'ex caserma della
Polstrada di Roiano, iniziata al suono della fanfara dei bersaglieri il 5 giugno
scorso, ha subito dunque la prima variante in corso d'opera. L'appalto è gestito
dalla Impresit Lavori di Palestrina (Roma) per 660mila euro. «Non c'erano
elementi che facessero presagire l'esistenza della pavimentazione ritrovata
durante gli scavi come non erano ipotizzabili le aree inquinate dalle due
cisterne di carburante visto che si estendevano al di sotto degli edifici
esistenti», si legge nella relazione tecnica. Nel caso della pavimentazione
ottocentesca, venuta alla luce durante la demolizione della vecchia autorimessa,
è stata richiesta la verifica archeologica da parte della Soprintendenza del
Friuli Venezia Giulia, che deve pronunciare sulla sua eventuale conservazione.
Il doppio inconveniente produrrà degli slittamenti all'interno del
cronoprogramma che prevede la fine dei lavori a metà 2021. Il 12 gennaio scorso
è stato raggiunto un accordo sulla variante che costerà all'amministrazione
134mila euro (include gli aggiornamenti delle parcelle dei professionisti
incaricati) in più rispetto al milione e 660 mila euro previsto per la
demolizioni degli immobili. «Vogliamo rispettare comunque, nonostante questi
piccoli imprevisti, il cronoprogramma. Per noi è importante avere il risultato
finale per giugno 2021» aveva garantito a gennaio l'assessore ai Lavori pubblici
Elisa Lodi. Si tratta effettivamente di un intervento notevole, che interessa
circa ottomila metri quadrati e prevede la realizzazione di un progetto del
valore 7,8 milioni di euro. Un pezzo di Roiano che ritorna alla città. Una
riqualificazione che i residenti attendono da 50 anni.
(fa.do.)
"Obiettori dei bidoni" contro il porta a porta dei
rifiuti a Muggia - Diversi cittadini hanno rifiutato la consegna dei contenitori
- Il sindaco Marzi: «Il servizio offerto va pagato comunque»
MUGGIA - Sono l'ultima novità sul tema rifiuti: gli obiettori di bidoncini.
Più di qualche cittadino muggesano ha infatti deciso di non accettare la
consegna a casa dei sei bidoni per la raccolta dei rifiuti "porta a porta", che
da un mese sono in fase di distribuzione in tutte le abitazioni di Muggia. «Se
qualcuno non vuole fare la differenziata a Muggia e preferisce portare i propri
rifiuti a Trieste è una scelta personale - allarga le braccia il sindaco Laura
Marzi -. Noi stiamo fornendo a tutti gli strumenti per iniziare a effettuare la
raccolta differenziata della spazzatura. Detto questo non possiamo obbligare i
cittadini a farla. Certo è che anche se qualcuno dovesse decidere, ad esempio,
di portare i propri rifiuti a Trieste, il servizio offerto nel Comune di Muggia,
anche se non usufruito, andrebbe comunque pagato» precisa Marzi. L'oggetto della
diatriba rimangono i sei famigerati contenitori, cinque dei quali criticati
soprattutto per le ampie dimensioni. Il sindaco ha fatto chiarezza anche per
coloro i quali dovessero effettuare una differenziata errata: «Come già detto,
per un anno non applicheremo sanzioni, ma gli operatori utilizzeranno un bollino
rosso per evidenziare l'errato conferimento». Dopo un incontro con i vertici di
Net, il sindaco ha confermato poi il mantenimento dei cassonetti della
spazzatura sulle strade pubbliche: «Per un mese non verranno tolti, proprio per
attivare una raccolta differenziata più morbida». Resta però ancora da capire se
dal primo marzo partirà comunque il "porta a porta" da parte degli operatori di
Net e se quindi chi vorrà, su base volontaria, potrà iniziare subito con la
differenziata. «Abbiamo fatto formale richiesta a Net e ora stiamo attendendo
risposta: per ora, come già detto anche durante l'ultima riunione pubblica ad
Aquilinia, per un mese i cassonetti stradali non verranno rimossi» puntualizza
Marzi. E mentre proseguono gli incontri con i cittadini, il tema del porta a
porta muggesano infiamma anche la campagna elettorale. Vincenzo Zoccano,
candidato alla Camera nell'uninominale per il M5S, anche da ex cittadino di
Muggia dove ha risieduto per dieci anni, critica il servizio: «Ho partecipato
assieme ai muggesani a un incontro organizzato da alcune forze di opposizione
sulla questione della differenziata. Purtroppo c'è scarsa informazione, oltre
che disorganizzazione già nella fase di distribuzione dei bidoncini». Zoccano ha
elogiato invece «la grande partecipazione civica alla manifestazione di sabato
scorso, che ha dimostrato che la gente non si accontenta di decisioni calate
dall'alto». Pronta la replica del segretario del Pd muggesano Massimiliano Micor:
«In questi mesi abbiamo dialogato continuamente con la popolazione raccogliendo
impressioni e suggerimenti. La decisione di far slittare le sanzioni va appunto
nell'ottica di informare più dettagliatamente la popolazione e risolvere ogni
criticità rendendoci conto che, parlando di informazione, gli standard
qualitativi promessi dalla ditta fornitrice del servizio non si sono rivelati
adeguati. Personalmente spiace però che un tema importante come questo per la
nostra comunità venga giornalmente strumentalizzato ad uso della campagna
elettorale politica».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 febbraio 2018
Grotta Gigante - sì alla bonifica dell'ex polveriera
SGONICO - L'asfaltatura di alcune strade comunali e la bonifica dall'amianto
della ex polveriera di Borgo Grotta Gigante. Sono questi i due più importanti
provvedimenti di spesa, approvati dal consiglio comunale di Sgonico nel corso
dell'ultima seduta, per quanto concerne le opere da eseguire nei primi mesi di
quest'anno. Le risorse, pari a 237 mila euro, sono state già stanziate. «Alcune
strade del nostro territorio hanno bisogno di una sistemazione - spiega il
sindaco, Monica Hrovatin - mentre l'edificio che un tempo ospitava la ex
polveriera dell'Esercito, struttura che attualmente è di nostra proprietà, se
vogliamo poterlo utilizzare, mettendolo a disposizione della collettività, ha
bisogno di un radicale intervento, che preveda l'eliminazione dei residui di
amianto. Si tratta di un'opera indispensabile che certamente deve avere la
priorità rispetto ad altre. Provvederemo inoltre - aggiunge Hrovatin - a
eliminare la rete di recinzione dell'area della ex polveriera e a fare altre
opere che la trasformino in una struttura utile e fruibile per la cittadinanza».
Nel corso della seduta, il consiglio ha anche deciso di stanziare 10 mila euro,
da destinare al completamento dell'opera di ristrutturazione e miglioramento
dell'edificio che ospita la scuola elementare di Sgonico, situata di fronte al
Municipio e che, nel corso del 2017, ha già beneficiato di lavori di messa a
punto. Hrovatin ha annunciato poi che è partito il progetto denominato "Cantieri
del lavoro", che ha permesso all'amministrazione di assumere due persone con
contratti a tempo, della durata di 6 mesi, per un totale di spesa pari 15 mila
euro, messi a disposizione dalla Regione, per l'esecuzione di lavori di pubblica
utilità, in questo caso la sistemazione dell'archivio e il servizio di
assistenza ai bambini che usano lo Scuolabus. In parallelo è partito anche il
progetto "Messa alla prova", che prevede l'utilizzo, da parte
dell'amministrazione, di persone over 55, che devono svolgere servizio civile,
in base a sentenze del Tribunale. «Le impiegheremo - continua Hrovatin - una
nell'archivio della Ragioneria comunale, l'altra per la sistemazione delle
fontanelle pubbliche distribuite sul nostro territorio. Ma il lavoro più
importante che dovremo fare anche in futuro - osserva il sindaco di Sgonico -
consiste nel prestare estrema attenzione a tutti i bandi allestiti
dall'amministrazione regionale e che prevedono assegnazioni di risorse
finanziarie ai piccoli Comuni come il nostro, i cui bilanci sono sempre più
stretti. Ricorrere ai fondi regionali - conclude Hrovatin - rappresenta l'unica
possibilità per poter rispondere, in maniera adeguata, alle necessità del
territorio e della popolazione».
(u. s.)
Federconsumatori: «Il Comune di Muggia sospenda l'avvio
del porta a porta» - il caso rifiuti
«È indispensabile che il Comune di Muggia apra un canale di comunicazione e
di ascolto attraverso il quale vengano date positive risposte a tutte le
criticità fin qui segnalate. In attesa degli esiti di tale confronto è opportuno
che l'amministrazione sospenda l'avvio della fase operativa del nuovo servizio».
Così la Federconsumatori di Trieste, contattata da alcuni cittadini di Muggia in
merito alle difficoltà emerse sull'avvio della raccolta "porta a porta" dei
rifiuti, interviene sulla vicenda. «Federconsumatori - si legge ancora nella
nota - ritiene che la situazione di disagio possa essere superata soltanto con
la volontà dell'amministrazione di farsi carico dei problemi e delle criticità
segnalate dai cittadini».
SEGNALAZIONI - RIFIUTI MUGGIA /1È assurdo, troppi i contenitori
Quando 8 anni fa mi sono trasferito a Muggia proveniente da un paese a una decina di chilometri da Milano, mi colpirono due assenze: quella della raccolta porta dei rifiuti solidi urbani e l'inesistenza di qualsiasi dissuasore di velocità nel centro abitato e, in particolare, sul lungomare Venezia, dove sono andato ad abitare, riscontrando subito incidenti dovuti alle elevate andature. Con una lettera al neoeletto sindaco mi lamentai per la mancanza, nel suo programma elettorale, di un preciso impegno per modernizzare la raccolta rifiuti. Non ottenni risposta. Quando, finalmente, sono cominciate a circolare (oralmente, perché il Comune di Muggia non investe nelle comunicazioni alle famiglie) le voci sull'introduzione della raccolta porta-a-porta", il commento per me naturale non poteva che essere: "finalmente". Un entusiasmo durato ben poco, cioè fino a quando ho poi saputo delle modalità di attuazione di questo obbiettivo e ho visto di persona la "bidonata". Quando, ormai di più di 20 anni fa, la stessa modalità venne decisa nel mio paese di provenienza, occorsero parecchi mesi per informare la popolazione, formare la mentalità nelle scuole, da quella materna alle medie e, in particolare, per dare ai condomìni il tempo necessario per organizzarsi con appositi spazi per la raccolta collettiva. Per ultimo vennero consegnati i contenitori: alle case monofamiliari un cestello per l'umido e uno con rotelle per la carta; alla nostra palazzina di 15 appartamenti e una cinquantina di residenti 5 contenitori (tutti con rotelle): 2 grandi per la carta e 3 medi, 2 per il vetro e 1 per l'umido. Naturale il mio stupore quando mi spiegarono che alla ventina dei residenti nella mia stessa scala il Comune di Muggia aveva programmato di rifilare non 5 (come nel Milanese) ma ben 72 bidoni spropositati, 6 a testa. Oltre al costo iniziale, dovremmo poi affrontare quello della "lavorazione" di questi bidoni, perché svuotarne 5 ha un costo (cui va aggiunto quello per lanciare sul camion i sacchi di plastica trasparente con gli altri rifiuti), manipolarne 72 un altro. Poi un'altra stranezza: finora per strada ci sono solo 5 tipologie di raccolta differenziata: come mai nel porta-a-porta sono diventate sei? Da qui tanti dubbi, miei e dei muggesani che incontro: queste "follie" sono dovute solo a incapacità e incompetenza? Mi auguro che i dubbi vengano sciolti quanto prima dalle autorità competenti.
Mario Tomainu
SEGNALAZIONI - RIFIUTI MUGGIA /2Metodo di raccolta gravoso e anti-igienico
Un doveroso grazie all'ampio spazio che il Piccolo da un mese dà ai problemi innescati dal modo con cui l'amministrazione comunale di Muggia pretende di avviare la raccolta differenziata dei rifiuti. L'ultimo atto è del 13 febbraio scorso, quando appare chiaro che non vi è alcun ripensamento della giunta davanti alle proteste generali della gran parte della cittadinanza e davanti alla petizione che si sta organizzando dal centro alla periferia. I responsabili della pianificazione definiscono «normale che un'operazione come questa possa incontrare difficoltà iniziali»; sei cassonetti unifamiliari consegnati nelle case (di quale dimensione esse siano) dove ogni tipo di rifiuto debba essere conservato da tre a sette giorni prima di condurlo in prossimità stradale dalle 20 alle 24 della sera pieno e ripreso vuoto al mattino dopo, proposti all'inizio della campagna, non sono difficoltà iniziali ma prepotenze inaccettabili. La successiva proposta per le sole case plurifamiliari di collocare cassonetti per la raccolta collettiva nei porticati condominiali (non stradali, si badi) da loro decisi con lo stesso calendario di vuotamento, sa di presa in giro o di tremenda ignoranza sia ecologica che igienica. Si cita «qualche problema di comunicazione»: no, la comunicazione è mancata del tutto se si è cominciato a consegnare cassonetti alle case prima di un qualsiasi straccio d'informazione e istruzione. «Da questo a sospendere il servizio senza proporre nulla di concreto ce ne passa»: gli abitanti chiedono un rinvio proprio con precise e circostanziate critiche al metodo inattuabile sin qui tentato e domandando una raccolta differenziata accettabile che compete alla giunta proporre, confrontandosi con la cittadinanza o i suoi rappresentanti istituzionali. «È giusto ascoltare i cittadini, il dialogo rimarrà sempre aperto» afferma il sindaco: ascoltare e poi concludere che così è deciso e non si torna indietro, come fin qui sostenuto dai piani alti di piazza Marconi, è semplicemente un dialogo fra sordi. Il sindaco faccia della petizione ciò che preferisce, sarà giudicato con i suoi collaboratori da come vorrà concludere la questione.
Bruno Baldas
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 febbraio 2018
Scout e volontari in Carso - Maxi pulizia delle doline
- Agesci e Sos protagonisti: oltre 200 persone in campo. Riempiti 130 sacchi
neri
Raccolti venti metri cubi di immondizie nelle vicinanze della Foiba di
Basovizza
BASOVIZZA «Lasciare il mondo un po' migliore di come l'abbiamo trovato». È
con il classico motto del mondo scoutistico che oltre 200 camicie azzurre
dell'Agesci di Trieste hanno lavorato nella giornata di ieri per ripulire una
buona parte delle discariche a cielo aperto nascoste vicino al monumento
nazionale della Foiba di Basovizza. Con loro anche una decina di volontari di
Sos Carso, l'associazione ambientalista che per prima ha lanciato l'allarme
sull'inquinamento della zona. Complessivamente scout e volontari hanno riempito
di spazzatura qualcosa come 130 sacchi neri: bottiglie, taniche, bidoni, filo
spinato, cocci di vetri, a cui si sono aggiunti dieci pneumatici e un grande
accumulo di ferraglia. Complessivamente sono stati raccolti circa 20 metri cubi
di immondizia. La prima grande tranche dei lavori era stata svolta tra fine
novembre e inizio dicembre da parte di una decina di volontari di Sos Carso, il
gruppo apartitico di ambientalisti fondato da Cristian Bencich. In una sola
dolina, a circa 500 metri dal monumento nazionale della Foiba, era stato
recuperato vario materiale abbandonato nel verde per un totale di oltre 70
sacchi neri pieni. La decisione di operare in quella zona del Carso era stata
presa dopo aver ricevuto una segnalazione ben precisa sulla discarica presente.
In realtà, i volontari di Sos Carso, una volta perlustrata l'area in un raggio
di circa mezzo chilometro, avevano rinvenuto altre cinque minidiscariche. Tra
cui una distante appena 50 metri dalla Foiba di Basovizza. Di fronte a una
simile situazione, visto il grande lavoro iniziale svolto da Bencich e soci, gli
scout dell'Agesci di Trieste hanno contattato l'associazione ambientalista
organizzandosi per una seduta collettiva di pulizia. «Il tutto è avvenuto a
pochissimi giorni dalla Giornata del Pensiero (che ricorrerà mercoledì, ndr),
festeggiata da tutto lo scoutismo mondiale in ricordo del nostro fondatore Baden
Powell. Una giornata atta a sensibilizzare i ragazzi non solo al rispetto della
natura ma più in generale alla partecipazione attiva e alla gestione
responsabile del bene comune», ha spiegato ieri Matteo Dandri, capo scout e
membro del Comitato di zona dell'Agesci di Trieste. E così un'ottantina di
lupetti (bambini tra gli 8 e i 10 anni) e altrettanti esploratori e guide (11-16
anni), oltre a un folto gruppo di giovani appartenenti alle comunità rover e
scolte ed una trentina di capi educatori si sono incontrati alle 8.45 davanti al
monumento nazionale e poco dopo hanno dato il via ai lavori. L'alto numero di
partecipanti messi in campo dalla sezione triestina dell'associazione guide e
scout cattolici italiani, aggiunto all'esperienza e alla capacità di Sos Carso,
ha permesso di ripulire non solo la prima discarica, ma anche di svuotare altre
due discariche più piccole nei pressi della Foiba. «Nonostante la pioggia e la
bora ci siamo armati di coraggio e con una abbigliamento consono e tanta buona
volontà abbiamo raccolto circa 20 metri cubi di immondizia finendo tutto il
lavoro di pulizia che ci eravamo prefissati», ha spiegato il capo scout Pietro
Naccari. E pensare che a un certo punto, oltre al freddo, il vento ha iniziato a
portare con sé anche la neve. Nonostante le intemperie tutti gli oltre duecento
volontari hanno portato a termine la missione principale. Molto soddisfatto il
cofondatore di Sos Carso Furio Alessi: «È stato un gran bel lavoro e non
possiamo che ringraziare l'Agesci per la preziosa collaborazione». Anche se i
problemi nella zona non sono affatto risolti, spiega Bencich: «Oltre a un paio
di doline ancora piene di rifiuti e quindi da svuotare, rimane il problema
d'inquinamento più grosso e pericoloso che si trova a 70 metri sottoterra nel
"Pozzo dei Colombi", usato da dei criminali ambientali negli anni Settanta, con
tanto di autorizzazioni del Comune di Trieste dell'epoca, come punto di
sversamento di idrocarburi esausti e altre sostanze pericolose».
Riccardo Tosques
Rigassificatore di Veglia - Lng Croazia non arretra -
L'azienda statale: avanti come stabilito con l'Ue, impianto attivo fra due anni
L'eurodeputato Jakovcic propone collocazioni alternative: «Contatti con
Bruxelles»
FIUME - Sul rigassificatore galleggiante nelle acque di Veglia è muro contro
muro. Mentre a livello politico continuano scontri e polemiche, l'azienda
statale Lng Croazia, malgrado la persistente opposizione delle autorità isolane
e della Regione quarnerino-montana guidata da Zlatko Komadina, ribadisce che
l'impianto entrerà in funzione fra due anni. La presa di posizione giunge
peraltro pochi giorni dopo che l'eurodeputato Ivan Nino Jakovcic ha proposto per
l'impianto tre ipotesi di collocazione alternative, suscitando così la
contrarietà dei sindaci dei luoghi a loro volta tirati in ballo. Ma andiamo con
ordine. È stato Goran Francic, direttore della Lng Croazia, a ribadire
all'agenzia di stampa nazionale Hina che «le attività legate alla nave Fsru,
all'approdo e all'intera infrastruttura stanno andando avanti senza battute
d'arresto, in base al ruolino di marcia stabilito dall'Unione europea, che
cofinanzia il rigassificatore. Finora abbiamo avuto una ventina di offerte non
vincolanti» per la movimentazione dell'impianto Lng, pari a 2,6 miliardi di
metri cubi di gas all'anno. «Entro fine aprile chiuderemo la gara con le offerte
vincolanti, ed entro la fine del secondo trimestre decideremo a chi affidare
l'investimento». Francic ha ricordato che la realizzazione dell'impianto è stata
concordata con l'Ue: «Il terminal galleggiante costerà in tutto sui 383,6
milioni di euro, di cui 101,4 milioni arriveranno dalle casse dell'Ue grazie
all'accordo sottoscritto circa due mesi fa. Come detto, i primi quantitativi di
metano dovrebbero essere erogati dal rigassificatore di Castelmuschio tra due
anni».Il numero 1 della Lng Croazia ha ammesso che la nave avrà un forte impatto
visivo sul golfo di Fiume: ma «anche per questo motivo - ha aggiunto - abbiamo
avviato l'iter di modifica alla legge sul Mercato del gas, che permetterà al
comune di Castelmuschio di beneficiare di determinate somme in rapporto alla
produzione». Quanto all'abbandono del progetto del rigassificatore sulla
terraferma - progetto che piace invece ai residenti e alle autorità locali -
Francic ha spiegato che la movimentazione annua di 2,6 miliardi di metri cubi è
il massimo che la rete nazionale possa assorbire. «L'impianto sulla terraferma,
di gran lunga più costoso, arriverebbe a movimentare sui 7 miliardi di metri
cubi all'anno, dei quali però in questo momento non c'è bisogno in quanto la
domanda latita. Quando costruiremo la rete dei trasporti verso la Slovenia
arriveremo anche a questo terminal». Parole che giungono pochi giorni dopo che
Jakovcic, in merito al progetto fortemente voluto dal governo croato e
appoggiato dagli Usa ma avversato a livello locale, in una conferenza stampa
tenuta accanto alla sindaca di Castelmuschio Mirela Ahmetovic e al sindaco di
Veglia città Darijo Vasilic ha sostenuto che l'impianto non dovrebbe essere
collocato nelle acque di Casteluschio, offrendo tre ipotesi alternative: baia di
Buccari, Porto Fianona e Urinj, poco a sud-est di Fiume. Jakovcic, per lunghi
anni presidente della Dieta democratica istriana, ha anche annunciato che questa
settimana avrà dei colloqui con esponenti della Commissione europea, per
metterli in guardia su alcuni aspetti della vicenda. Secondo l'eurodeputato non
sarebbe infatti possibile puntare sull'offshore giacché i piani regolatori della
Regione e di Castelmuschio parlano di terminal metanifero sulla terraferma: «Mi
impegnerò affinché questa realtà emerga», ha detto. La sindaca Ahmetovic, che ha
criticato duramente il neoambasciatore americano a Zagabria, Robert Kohorst, per
avere definito l'impianto d'interesse strategico per Washington, ha ricordato
che il 3 marzo si darà vita a Fiume a una manifestazione di protesta contro la
struttura nelle acque vegliote. L'iniziativa di Jakovcic intanto non ha
incontrato però il favore dei sindaci di Buccari e Kostrena (del cui Comune
Urinj fa parte), Tomislav Klaric e Drazen Vranic, che con vari argomenti si sono
subito detti contrari all'ipotesi.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 febbraio 2018
A Muggia 500 in piazza contro il "porta a porta" -
Davanti al Comune in scena la pacifica manifestazione per contestare le
modalità di introduzione della nuova raccolta differenziata. Niente confronto
con la giunta
MUGGIA - Pacifici, senza bandiere di partito e piuttosto numerosi. Il popolo
muggesano del "differenziata sì, ma non così" si è riunito ieri mattina in
piazza Marconi per esprimere la propria serena ma ferrea contestazione alla
raccolta differenziata dei rifiuti "porta a porta" che prenderà il via
esattamente tra dodici giorni. Il mezzo migliaio di cittadini presente davanti
al municipio ha atteso invano un confronto con il sindaco o l'assessore
competente. Secca la replica del primo cittadino Laura Marzi: «Nessuno mi ha
invitata ufficialmente al confronto». Soprattutto alla vigilia della
manifestazione erano saliti i timori tra i manifestanti, datisi appuntamento in
piazza tramite il tam tam su Facebook, per la possibile presenza di qualche
provocatore. Fortunatamente, tutto è filato liscio. Attorno alle 10.15 la piazza
era già bella piena di muggesani di tutte le età, alcuni dei quali anche con i
"famigerati" contenitori per la differenziata. Alla fine le cinquecento persone
hanno atteso il sindaco Laura Marzi e/o l'assessore Laura Litteri per un
confronto. Confronto che però non c'è stato. «Non mi sarei assolutamente
sottratta, come peraltro ho già dimostrato in queste settimane, ad un confronto
con i cittadini. Nessuno però mi ha contattato ufficialmente per chiedere la mia
presenza. Personalmente ho saputo di questa manifestazione guardando Facebook.
Ero peraltro presente nei pressi della piazza durante la manifestazione, ma
ripeto, nessuno mi ha ufficialmente invitata», racconta il sindaco. L'assessore
all'Igiene urbana Laura Litteri ha rimarcato ancora una volta come il percorso
verso il porta a porta sia purtroppo difficoltoso: «La gestione dei rifiuti è
materia complessa, che richiede la collaborazione di tutti i cittadini, ma sono
sicura che siamo tutti disposti a fare qualche sacrificio per la salvaguardia
dell'ambiente e sono altresì sicura che i muggesani saranno orgogliosi nel
vedere aumentare la percentuale di raccolta differenziata». Non sono mancate,
ovviamente, le reazioni politiche. Roberta Tarlao, capogruppo di Meio Muja: «La
piazza di questa giornata è il sogno di ogni politico. Non essere presente per
confrontarsi, ognuno con le proprie ragioni, a mio avviso è stata un'occasione
persa». Severo Nicola Delconte (Fdi): «Mentre Net continua a distribuire
bidoncini e sacchetti senza una apparente logica, i muggesani non ci stanno a
subire passivamente il sistema porta a porta. E lo hanno civilmente dimostrato.
Sindaco e assessore Litteri hanno dimostrato per l'ennesima volta quanto sono
lontani dalla realtà del territorio che amministrano e per questo inadatti».
Intanto critiche sono arrivate anche da una nota della Cgil, a firma del
segretario generale di Trieste Michele Piga, in cui sono state espresse «forti
perplessità sulla gestione del servizio da parte dell'assessorato competente che
ha determinato un forte senso di smarrimento e incertezza sul territorio e non
ha governato le azioni intraprese da Net che risultano evidentemente inadeguate
e insufficienti a preparare la popolazione ad un cambiamento tanto necessario
quanto impattante». Anche su sollecitazione della Cgil, il sindaco Marzi ha
confermato di prevedere un adeguato periodo di sperimentazione su base
volontaria per il "porta a porta". «Lunedì avremo un incontro con i vertici di
Net e chiederemo di mantenere i raccoglitori delle immondizie presenti sul suolo
pubblico in modo tale da creare un "porta a porta" graduale. Indubbiamente - ha
ammesso Marzi - ci sono state delle lacune da parte della Net, ma anche noi non
possiamo non assumerci le nostre responsabilità. Organizzeremo, in modo
capillare, ulteriori incontri pubblici per informare i cittadini».
Riccardo Tosques
Nel 2050 metropoli superaffollate - L'Onu: 2,4 miliardi
di persone si trasferiranno nei centri urbani
ROMA - Nei prossimi 30 anni 2,4 miliardi di persone si trasferiranno nelle
città e per accoglierle sarà necessario ingrandire e adeguare le aree urbane o
costruirne di nuove con un utilizzo di risorse naturali che potrebbe aumentare
del 125% a 90 miliardi di tonnellate (dai 40 miliardi di tonnellate del 2010):
un peso enorme sull'Ambiente. Per evitare un sovrasfruttamento è necessario
quindi ripensare in chiave sostenibile il modo di progettare e costruire le
città. Un'allerta rivolta ai responsabili politici dal Gruppo di esperti delle
risorse naturali - istituito dall'Onu nell'ambito del Programma per l'Ambiente -
nel rapporto dal titolo "Il peso delle città: i requisiti delle risorse della
futura urbanizzazione". La gestione delle materie prime, osservano gli esperti,
diventa un argomento politico centrale come il contenimento della CO2. Secondo
lo studio, nel 2050 la popolazione globale che vivrà nelle città dovrebbe essere
il 66% del totale (dal 54% del 2015) e quindi occorrono nuove strategie per
accogliere questi flussi in modo da evitare choc per la natura e per l'uomo,
cioè in modo che il sistema regga l'impatto. Ogni anno le risorse che la Terra è
in grado di rigenerare da sola si esauriscono sempre prima: il 2 agosto scorso,
ad esempio, siamo andati in debito verso il Pianeta per il 2017, e per
soddisfare i consumi globali al ritmo attuale ci sarebbe bisogno di 1,7 Terre.
Lo studio indica che più di un terzo della crescita urbana dovrebbe riguardare
India (404 milioni di nuovi abitanti delle città), Cina (292 milioni) e Nigeria
(212 milioni). Rileva anche che nel mondo le città sono cresciute al ritmo del
2% l'anno, con lo sfruttamento del territorio che passerà da un milione di
chilometri quadrati, ai 2, 5 milioni del 2050. A fronte dell'impiego di miliardi
di tonnellate di materie prime (combustibili fossili, sabbia, ghiaia, minerale
di ferro, legno, acqua e cibo), il rischio è che si impieghino più risorse di
quanto il nostro pianeta possa rigenerare, gravando soprattutto su agricoltura,
energia, industria e trasporto. La raccomandazione è puntare su risparmi ed
economia circolare: pianificare città compatte, per risparmiare chilometri di
asfalto ed evitare sprechi di elettricità e acqua; prevedere trasporti pubblici
efficienti ed economici, quartieri vivibili in cui le persone preferiscano
andare a piedi o in bicicletta, uso di car sharing, veicoli elettrici con punti
di ricarica, sistemi idrici efficienti, nuove tecnologie di riscaldamento,
raffreddamento e illuminazione. E ancora, recupero e i riciclo di materiali. «Ci
sono già troppe persone nel mondo avvelenate dallo smog nelle città in cui
vivono ed è allarmante vedere che questa tendenza è destinata a peggiorare»,
commenta il capo dell'Unep, Erik Solheim.
IL PICCOLO - SABATO, 17 febbraio 2018
Ferriera, botta e risposta sui parchi minerali -
Dipiazza: «Via all'iter di annullamento della proroga per il progetto di
copertura». La Regione lo smentisce: «Nulla di deciso»
Attorno la Ferriera si è consumata ieri l'ennesima commedia degli equivoci.
«Interessante» attacca il sindaco Roberto Dipiazza che, in un video su Facebook,
annuncia la novità della Regione sventolando una lettera appena ricevuta dalla
direzione ambiente della stessa. «La Regione Fvg, su richiesta formale del
Comune di Trieste, ha avviato il procedimento per l'annullamento della proroga
che essa stessa aveva ulteriormente concesso alla proprietà della Ferriera di
Trieste per la presentazione del progetto definitivo ed esecutivo di copertura
delle aree a parco. È evidente che le nostre richieste formali e motivate con
cui chiedevamo alla Regione di procedere in autotutela all'annullamento
dell'ulteriore proroga concessa sono arrivate a destinazione» spiega il primo
cittadino. Solo che l'avvio di una procedura non presuppone il fatto che vada a
buon fine. «Questo dimostra la serietà della nostra azione. Stiamo lavorando per
chiudere l'area a caldo che crea molti problemi non solo ai nostri cittadini ma
anche a quelli di Muggia e Capodistria» sottolinea Dipiazza. In realtà, la
chiusura dell'area a caldo non è direttamente correlata alla copertura dei
parchi minerali. Inoltre la proroga non è stata cancellata ma è in vigore fino
al 29 marzo. «Come annunciato nei giorni scorsi - si spiega in una dettagliata
nota degli uffici regionali - la Regione ha deciso di esaminare l'istanza del
Comune di Trieste di procedere all'annullamento in via di autotutela della
proroga concessa ad Arvedi spa per la presentazione del progetto di copertura
dei parchi minerali della Ferriera di Servola. Di conseguenza ha avviato un
procedimento amministrativo invitando formalmente la proprietà dello
stabilimento e tutti i soggetti coinvolti (Comune di Trieste, Arpa Fvg, Azienda
sanitaria universitaria integrata di Trieste, Comando provinciale Vigili del
fuoco) a presentare eventuali osservazioni entro 30 giorni. A termini di legge
il procedimento amministrativo, di cui si occupa la Direzione ambiente, sarà
concluso entro 45 giorni». Non è il caso di tirare affrettate conclusioni. «Il
procedimento evidentemente potrà concludersi con la conferma della proroga
concessa oppure con l'accoglimento della richiesta di annullamento della stessa
proroga - spiega la Regione Fvg -. Nella nota inviata ai diversi portatori di
interesse la Regione ha in ogni caso precisato che il rispetto dell'Aia rimane
comunque prioritario. Pertanto ha comunicato ad Arvedi spa che la pendenza del
procedimento non può costituire ragione per non rispettare i termini della
proroga. Come si ricorderà la Regione aveva comunicato ad Arvedi spa la
necessità di presentare il progetto di copertura dei parchi entro 60 giorni,
ovvero entro il 29 gennaio 2018. Tuttavia l'8 gennaio 2018 è arrivata la
richiesta di Arvedi di proroga del termine. La Regione ha quindi concesso la
proroga, indicando il 29 marzo prossimo come termine ultimo per la presentazione
del progetto di copertura delle aree a parco». Come dire che la fine del
procedimento per l'annullamento della proroga avverrà a proroga conclusa.
(fa.do.)
La difficile convivenza tra crescita industriale e
ambiente
«Pensare a un nuovo accordo di programma sulla Ferriera, che possa assorbire
gli obiettivi di sviluppo del porto, è un'ottima idea. Ma il realismo ci porta a
dire che intanto è fondamentale attuare l'accordo di programma in essere,
nell'ambito di un dialogo con il gruppo Arvedi, in un contesto di crescita
industriale complessiva della città». Mario Sommariva, segretario generale
dell'Authority, ha sintetizzato così ieri sera la posizione dell'ente, nel corso
del dibattito svoltosi al Circolo della stampa, intitolato "Ferriera: verso un
nuovo accordo di programma", promosso dalle associazioni Sinistra per Trieste e
No Smog e da Legambiente. «La dismissione dell'impianto - ha aggiunto - non può
essere un progetto, perché bisogna prima individuare una valida alternativa. Il
porto può essere uno strumento utile per la trasformazione, purché non si parli
di dismissione e basta».Waldy Catalano, di Sinistra per Trieste, dopo aver
ricordato che «passati tre anni dall'arrivo del gruppo Arvedi, la situazione è
rimasta complessa», ha chiesto «la revisione dell'Aia, con la chiusura dell'area
a caldo, ma prima di chiudere qualcosa è indispensabile avere una valida
alternativa. Siamo disponibili a discutere della riconversione dei lavoratori
dell'area a caldo nel nuovo futuro del porto, purché a parità di livelli
occupazionali». Alda Sancin, di "No smog", ha ammesso che «la dismissione di un
impianto crea un deserto, ma è altrettanto vero che, vicino alla Ferriera, i
residenti subiscono da troppi anni gli effetti dell'inquinamento atmosferico
provocato dall'attività industriale. I cittadini di Servola non possono essere
considerati intrusi e vedere i politici respingere ogni richiesta di modifica di
revisione dell'Aia. Va fissata una data di inizio dismissione». Anche Lino
Santoro, di Legambiente, dice "No" a un nuovo accordo di programma". «Forse - ha
spiegato - un errore è stato fatto quando ci si è soffermati sulla richiesta di
revisione dell'Aia, invece di puntare sulla modifica dell'accordo di programma».
(u.s.)
IL PICCOLO - VENERDI', 16 febbraio 2018
Consiglio regionale - Mobilità ciclistica - Via libera
alla legge
Il Consiglio regionale ha approvato ieri all'unanimità la nuova legge
regionale sulla mobilità ciclistica. Tra le novità azioni volte a favorire gli
spostamenti quotidiani casa-scuola e casa-lavoro in bicicletta, l'aumento dei
parcheggi per le biciclette negli edifici pubblici e privati, l'omogeneità e
qualità negli interventi grazie alle nuove linee guida per la realizzazione
delle piste ciclabili, le azioni di monitoraggio dei flussi ciclistici per
verificare che gli investimenti e le azioni messe in campo abbiano raggiunto i
risultati previsti. Soddisfatti gli esponenti della Fiab, presenti in aula al
momento del voto.
Muggesani in piazza contro la rivoluzione della raccolta rifiuti - Domani protesta dei nemici del porta a porta sotto il Municipio
Marzi promette un avvio morbido: «Niente multe per un
anno»
MUGGIA - "Differenziata sì, ma non così". Questo lo slogan con cui Muggia si
prepara ad ospitare domani mattina la protesta in piazza contro la nuova
raccolta differenziata dei rifiuti. Un'operazione, insomma, che continua a far
discutere anche le giunta Marzi ha assicurato una "partenza morbida": per un
anno niente sanzioni a chi sgarra. La manifestazione - Domani, in piazza
Marconi, alle 10, per la prima volta si riuniranno i contestatori del servizio
"porta a porta" promosso dal Comune. Sotto tiro finiranno i tanto criticati
raccoglitori per i rifiuti, che verranno esposti dai residenti nel cuore del
centro cittadino. La manifestazione è stata organizzata sul web dai promotori
della raccolta firme che chiede alla giunta Marzi la sospensione del nuovo
servizio, in partenza giovedì primo marzo. La petizione, appoggiata da tutti i
partiti dell'opposizione, secondo i promotori ha già superato le mille firme. Un
interesse che fa ben sperare anche per la buona riuscita della manifestazione di
domani che, nelle intenzioni degli organizzatori, dovrà comunque essere
apartitica. Le novità - Intanto nella giornata di ieri il Comune ha annunciato
che la partenza del "porta a porta" a Muggia sarà di tipo "morbido". È stato
deciso infatti che non verranno applicate multe a partire dal primo marzo, ma ci
sarà «un anno di tempo per capire e muoversi più agevolmente nella materia».
Inoltre, a differenza di quanto accaduto in altri Comuni, l'avvio del porta a
porta non comporterà l'immediata eliminazione dei cassonetti attualmente
presenti in strada. Gli incontri - Già fissato un ricco calendario di incontri
sul territorio «in modo da poter dissipare i dubbi che potrebbero sorgere anche
una volta partito il nuovo sistema». Tre gli appuntamenti calendarizzati la
prossima settimana. Lunedì alle 19 alla palestra della scuola "Loreti" di
Aquilinia, mercoledì alle 17.30 in sala "Millo" e venerdì sempre alle 17.30
nell'asilo "Biancospino" di Chiampore. «Se servirà, poi, fisseremo altri
confronti per rispondere ad eventuali interrogativi dei cittadini», afferma
l'assessore all'Igiene urbana Laura Litteri. Ater - Nel frattempo sta
proseguendo l'attività parallela svolta dall'infopoint dipiazza della Repubblica
a cui si sommano i sopralluoghi dei tecnici Net, che quotidianamente gestiscono
una media di 60 segnalazioni. Le soluzioni che sono state concordate anche con
Ater, che proprio ieri ha dato il nulla osta all'avvio del sistema di raccolta
condominiale con contenitori collettivi. «Nei prossimi giorni - avverte il
Comune - potrebbero essere effettuate le consegne dei kit nei rispettivi
stabili». Il sindaco - «Stiamo gestendo tutte le legittime preoccupazioni dei
nostri cittadini, che comprensibilmente vivono i timori legati a questo
importante cambiamento», commenta Laura Marzi. Il primo cittadino ammette che i
disagi erano stati messi in preventivo: «Sarebbe stato da ingenui pensare che,
come già peraltro avvenuto in altri comuni, l'operazione non avrebbe sollevato
dubbi e contrarietà. Siamo ben consapevoli del senso di smarrimento che si può
vivere di fronte ad un sistema che cambierà le proprie abitudini quotidiane.
Proprio per questo - conclude - si sono messe in campo tutte le misure possibili
perché questo passaggio sia il più graduale possibile».
Riccardo Tosques
In Italia si consumano 206 litri di acqua minerale a
testa l'anno
ROMA - Con 206 litri a testa l'anno, siamo il Paese che detiene il primato
europeo nel consumi di acqua minerale in bottiglia: 29 litri più dei tedeschi,
84 litri in più dei francesi e 85 litri in più degli spagnoli. Un fenomeno di
massa: oggi sono nove italiani su dieci a bere acqua minerale, il 19% in più
rispetto a 20 anni fa. E otto italiani su dieci si riconoscono nella categoria
di «grandi bevitori», superando quota mezzo litro al giorno. È quanto emerge
dall'indagine Censis, condotta su un campione di duemila intervistati, che
delinea un consumo interclassista, dall'operaio al dirigente, unisex e per tutte
le età, con grande apprezzamento nelle nuove generazioni dei Millennial e una
crescente domanda da parte degli anziani. L'acqua minerale, nello studio
illustrato da Francesco Maietta del Censis, è «un bene irrinunciabile per le
famiglie italiane, che trovano in questo consumo, anche in tempi di crisi e
neo-sobrietà, una gratificazione quotidiana». Nel 2016 l'Italia ha esportato 1,3
miliardi di litri, per un valore di 480 milioni di euro. Una performance
positiva che colloca l'Italia al secondo posto per quantità e valore,
recuperando terreno sulla Francia che è leader europeo del settore.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 febbraio 2018
Ex caserma - Scuole riunite in via Rossetti - Il Pd:
«Puro spot elettorale»
«Il progetto di Dipiazza e Brandi di trasferire tutte le scuole superiori
nell'ex caserma di via Rossetti è un puro spot elettorale, con scarsissime
possibilità di riuscita: ci vorrebbero più di dieci anni di lavori e 40 milioni
di euro, senza contare l'impatto di 8mila studenti contemporaneamente nello
stesso posto. Il sindaco e i suoi assessori ascoltino piuttosto i dirigenti e
portino avanti i progetti di riqualificazione degli istituti». L'attacco alla
giunta triestina di centrodestra arriva da Adele Pino, della segreteria Pd di
Trieste, i consiglieri comunali dem Antonella Grim, Valentina Repini e Igor Svab
e la Cittadina Maria Teresa Bassa Poropat. «Il sindaco, in quanto presidente
dell'Uti - continuano - ha il compito di dare attuazione ai lavori già oggetto
di una programmazione dell'allora Provincia, condivisa con la dirigenza e la
Consulta degli studenti. Le risorse a copertura degli interventi sono pari a 20
milioni di euro. Si parta dai lavori più urgenti: il liceo Nordio, i laboratori
del Max Fabiani-Deledda, la succursale del Petrarca e del Galilei nella
palazzina già individuata nel comprensorio della caserma di via Rossetti,
l'istituto Stefan».
Conferenza sulle zone umide
Il Wwf Trieste organizza, alle 18.30, al Circolo canottieri Adria (Pontile Istria 2) una conversazione con il naturalista Paolo Utmar sull'iniziativa del Wwf Italia 2018: "One Million Ponds", check-up delle zone umide. Ingresso libero. Nonostante le loro ridotte dimensioni, le zone umide sono in assoluto tra le più ricche di biodiversità. Sono altamente produttive e per questo di vitale importanza per la pesca in moltissime aree del mondo.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 febbraio 2018
«Chiudere l'area a caldo della Ferriera» - L'appello di
Legambiente, Sinistra per Trieste e No Smog: «Trasferiamo i lavoratori in porto»
Chiudere l'area a caldo della Ferriera, trasferendo gli addetti che
attualmente vi lavorano in porto, dove si sta vivendo una fase di decisa
crescita. Questo, in sintesi, il messaggio lanciato ieri da Legambiente,
Sinistra per Trieste e No Smog, nel corso di una conferenza stampa che ha visto
unite le tre associazioni da un comune obiettivo. «Si tratta di trovare una
soluzione che garantisca da un lato la soluzione del problema inquinamento -
hanno detto Lino Santoro (Legambiente), Marino Sossi (SpT) e Alda Sancin (No
Smog) - e dall'altro la salvaguardia dei livelli occupazionali, in una città che
ha già subito forti tagli». Tutto questo in vista dell'incontro in programma
venerdì, alle 17, al Circolo della Stampa, quando i rappresentanti delle tre
associazioni incontreranno Mario Sommariva, segretario generale dell'Autorità
portuale. «In tale sede - ha precisato Santoro - verificheremo quali iniziative
si possono intraprendere in questa fase per superare l'accordo di programma che
oramai risale al 2014. L'area a caldo va chiusa in tempi brevi - ha aggiunto -
perciò dopo più di tre anni bisogna cambiare. Il porto è in pieno sviluppo,
perciò si potrebbero spostare i lavoratori dell'area a caldo in altri comparti
produttivi». «La Ferriera - ha sottolineato Sossi - non deve più essere
strumento di campagne elettorali. Bisogna invece trovare un punto di sintesi e
mettere tutti d'accordo sul momento della chiusura dell'area a caldo, senza
perdere posti di lavoro. È indispensabile definire un nuovo accordo di
programma, con date precise sulla chiusura dell'area a caldo, coinvolgendo anche
le organizzazioni sindacali». «Da dieci anni sentiamo promesse di dismissione,
riconversione e altro, soprattutto nel corso delle numerose campagne elettorali
che si sono succedute - ha ricordato Sancin - bisogna invece pensare alle reali
esigenze della gente, adottando scelte concrete. Aderiamo all'ipotesi presentata
da Legambiente e SpT per modificare l'accordo di programma. La Ferriera - ha
continuato - richiede una procedura di dismissione graduale, che cominci dagli
impianti inquinanti, fissando una data. Forse la politica è troppo vicina agli
interessi della proprietà, ma è tempo che quest'ultima accettai di demolire le
strutture. Bisogna infine smetterla con la strumentale contrapposizione fra
lavoratori e residenti».
Ugo Salvini
A Muggia scattano i lavori di restyling della rete
fognaria - Cantieri al via lunedì per sostituire le condotte in centro -
Interessate via Signolo e via Tonello. Costo: 260 mila euro
Nuovo cantiere in arrivo a Muggia. A partire da lunedì 19 febbraio via
Signolo e via Tonello saranno al centro di un restyling sotterraneo per
sostituire le condotte fognarie presenti nelle due arterie centrali della
cittadina. I lavori dureranno complessivamente tre mesi. La spesa totale
finanziata dall'AcegasApsAmga? Esattamente 260 mila euro. I lavori, per creare
condotte più capienti e una nuova stazione di sollevamento, si svilupperanno
lungo un tratto di circa 270 metri. Il cantiere, che comporterà un aumento della
capacità di ricezione della rete fognaria, vedrà la totale sostituzione delle
condotte al di sotto di via Signolo e via Tonello. Contestualmente verrà
realizzata una nuova stazione di sollevamento che permetterà di ottimizzare e
potenziare anche la rete fognaria di via Frausin. Per quanto riguarda gli
impatti sull'ambiente, oltre all'evidente miglioria sul piano del drenaggio
urbano e degli scarichi domestici, l'intervento dovrebbe costituire una svolta
fondamentale per quanto riguarda il rio Fugnan, torrente che da mezzo secolo è
contraddistinto da significative criticità legate proprio all'inquinamento dagli
scarichi fognari. Fino al 2012, i valori di inquinanti presenti nel rio erano
decine di volte superiori alle soglie indicate nel Decreto legislativo 116/2008
e relativo Decreto ministeriale 30/03/2010, in quanto risultavano diversi
allacci fognari abusivi che scaricavano direttamente nel torrente. Negli ultimi
anni, grazie alla collaborazione tra Comune di Muggia e AcegasApsAmga, sono
state attuate diverse azioni che hanno portato ad un sensibile miglioramento dei
valori di inquinamento alla foce del torrente, l'ultimo dei quali sarà proprio
quello in programma a partire dal 19 febbraio: l'intervento di sostituzione e
potenziamento della rete fognaria prevede infatti anche un adeguamento
funzionale degli scolmatori connessi al torrente stesso. Naturalmente il
cantiere provocherà degli impatti non di poco conto sulla viabilità cittadina.
Date le caratteristiche e la zona dell'intervento, nel corso delle prossime
settimane si renderanno necessarie modifiche alla normale circolazione degli
automezzi. Già dalla mattina di lunedì 19, il traffico veicolare cittadino lungo
via Tonello sarà caratterizzato da un restringimento della carreggiata con
divieti di sosta che si estenderanno da piazza Repubblica sino a via Signolo
(lato ricreatorio). Poi il restringimento si sposterà nella restante via Signolo
sino ad arrivare al tratto di via Tonello sino a raggiungere la via Frausin. I
lavori avranno una durata complessiva di 90 giorni fermo restando che nella
prima settimana di avvio del cantiere saranno realizzati degli scavi di
sondaggio propedeutici e necessari per valutare eventuali interferenze nel
sottosuolo non mappate. A meno di intoppi, dunque, i lavori dovrebbero
concludersi entro la metà di maggio. Tutte le informazioni relative ai lavori
potranno essere visionate sulla pagina online di AcegasApsAmga "Infocantieri"
consultabile sul sito internet www. acegasapsamga. it/infocantieri.
Riccardo Tosques
Comune e animalisti in difesa delle nutrie - Per i
roditori, destinati all'abbattimento in base alle direttive regionali, si apre
la via della sterilizzazione
MUGGIA «Siamo disponibili a valutare la congruità di un piano di gestione
delle nutrie delle Valle delle Noghere che contempli il ricorso alla
sterilizzazione». La lettera dell'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione
e la ricerca ambientale, alimenta nuove inattese speranze di sopravvivenza per
la colonia dei castorini muggesani. I roditori, destinati all'abbattimento in
base alle direttive della Regione, sono ufficialmente entrati nelle mire
protezionistiche del Comune. «Questa settimana invieremo alla Regione la nostra
formale richiesta di sterilizzazione delle nostre nutrie: siamo contrari ad ogni
tipo di violenza su questi animali», ricorda Laura Litteri. Il progetto di
tutela delle nutrie promosso dall'assessore all'Ambiente, in strettissima
sinergia con Enpa e MujaVeg, dopo aver incassato l'interesse da parte
dell'Ispra, sta per arrivare dunque sui tavoli dell'ente che ha invece
dichiarato guerra aperta ai roditori presenti in Fvg. E sotto tiro non poteva
non finire anche la colonia muggesana del rio Ospo, una delle più "difficili",
però, da affrontare, per motivi prettamente di confine. La causa è determinata
da uno Schengen naturalistico esistente da tempo, come spiega la stessa Ispra:
«Le nutrie che frequentano l'area delle Noghere originano dalla vicina Slovenia
tramite il rio Ospo. Si tratta quindi di un nucleo non isolato. Ne deriva che,
anche riuscendo a rimuovere tutti gli animali della valle Noghere-Ospo-Grandi
Motori, questi verrebbero con tutta probabilità rimpiazzati da quelli sloveni
attraverso l'asta del rio Ospo che oggi, come negli anni Settanta, mette in
connessione questi nuclei». Insomma: abbattere le nutrie sull'Ospo non
significherebbe eradicarle per sempre. E intanto il mondo animalista è tornato
alla carica ribellandosi ai metodi cruenti promossi dall'amministrazione
regionale. Le associazioni, «non criticando la decisione di eradicare un animale
estraneo all'habitat regionale», hanno espresso al contempo il loro «rifiuto
categorico verso l'abbattimento». Come spiegato dalle varie realtà animaliste
«le nutrie oggi possono venir intrappolate ed uccise a colpi di fucile o con il
gas da alcuni soggetti autorizzati. La scelta di utilizzare tali metodi
evidenzia una mancanza di rispetto di diritti che dovrebbero esser inviolabili
per tutti gli animali».
(r. t.)
Wwf, incontro sulle zone umide
Il Wwf Trieste organizza giovedì alle 18.30, al Circolo canottieri Adria
(pontile Istria 2), una conversazione con il naturalista Paolo Utmar
sull'iniziativa del Wwf Italia 2018 "One Million Ponds-Check up delle zone
umide". Ingresso libero. Nonostante le loro ridotte dimensioni, le zone umide
sono in assoluto tra le più ricche di biodiversità. Sono altamente produttive e
per questo di vitale importanza per la pesca in moltissime aree del mondo. La
conservazione del loro ciclo idrologico rappresenta un punto essenziale per la
difesa del suolo e per la lotta alla crisi idrica e alla mancanza di acqua
potabile.
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 febbraio 2018
Ex Fiera verso la rinascita - Ok alla doppia variante -
Opera da 65 milioni: niente residenziale e 15 mila metri quadrati commerciali
La giunta approva la delibera di indirizzo in cui si inquadra il progetto
di Mosser
Riqualificazione dell'ex Fiera, il Comune mette in moto la procedura
amministrativa propedeutica alla realizzazione del grande progetto da 65 milioni
di euro voluto e finanziato dall'imprenditore carinziano Walter Mosser, che
conta di vederlo completato nel 2021. La giunta Dipiazza ha approvato le
direttive che prevedono una doppia variante, una relativa al Piano regolatore
generale (Prg) e una attinente al Piano di settore del commercio. Gli interventi
di carattere urbanistico argomenteranno l'esclusione dell'uso residenziale - al
momento previsto per un minimo del 30% e per un massimo del 60% - e
l'insediamento di una superficie commerciale di vendita al minuto superiore a 15
mila metri quadrati. L'investitore austriaco pensa a ristorazione, shopping,
intrattenimento, fitness. Mid Immobiliare, la società italiana del gruppo
guidato dall'avvocato di Klagenfurt, si impegna a proprie spese nel portare a
termine alcune opere di carattere viario e infrastrutturale, che modificheranno
l'assetto della zona: doppio senso di marcia nell'ultima parte di via Rossetti a
mo' di boulevard con alberatura centrale, ampliamento delle aree di sosta con la
creazione di ulteriori 150 posti-auto rispetto agli 800 già programmati, nuovo
giardino pubblico nell'ambito dell'ex comprensorio fieristico, riqualificazione
di piazzale De Gasperi. Con un effetto di miglioramento a ricadere sull'intero
scacchiere, dagli assi Rossetti-Piccardi a piazza Foraggi. Dipiazza aveva
assicurato Mosser che il Municipio avrebbe accelerato, per quanto possibile, i
passaggi autorizzativi. La delibera, co-firmata dagli assessori Luisa Polli
(urbanistica) e Lorenzo Giorgi (commercio), è stata trasmessa all'attenzione
delle Circoscrizioni V e VI affinché esprimano il loro parere. E sarà inoltrata
- rammenta Luisa Polli - alla valutazione della Regione, nell'auspicio che,
consultazioni elettorali permettendo, l'esame da parte dell'ente sovraordinato
possa esaurirsi nel giro di 3-4 mesi: secondo l'assessore leghista, non
dovrebbero comunque sussistere problemi, perché la disponibilità complessiva di
superficie commerciale è molto ampia. Trattandosi di materia urbanistica,
indispensabile il via libera del Consiglio comunale. Giorgi, anticipando
eventuali obiezioni, è fiducioso: «L'operazione è finalizzata a risistemare
un'area degradata e ha consentito al Comune un buon incasso pari a 13,3 milioni
di euro, incasso che ha superato di un paio di milioni la base d'asta».Il
progetto Fiera è partito nell'aprile dello scorso anno, quando - come ricordava
Giorgi - Mid Immobiliare aveva acquisito l'ex comprensorio fieristico,
preannunciando un'operazione di riassetto dal valore di oltre 60 milioni. Dopo
il rogito firmato in settembre nello studio del notaio Ruan, martedì 14 novembre
2017 l'idea di Mosser ha avuto una prima illustrazione pubblica nel salotto
azzurro comunale: un candido complesso su due piani da quasi 20 mila metri
quadrati, arricchito da uno spazio verde di 6400 metri quadrati con ingresso
principale da via Rossetti. I vecchi stabili dell'ex Fiera saranno demoliti.
L'esecuzione delle opere impiegherà 300 addetti e, a regime, nel nuovo
"polivalente" lavoreranno 500 persone. Saranno divelti oltre 100 mila metri cubi
di strutture edili, con un volume di scavo pari a quasi 90 mila metri cubi.
Spostare e stoccare questa montagna di inerte è uno dei problemi sul tavolo:
allora Dipiazza propose, come soluzione, l'utilizzo di Cava Faccanoni. Il
sindaco è un convinto fautore del progetto, perché pensa che possa esercitare
una funzione attrattiva per l'intera zona. Polo scolastico nelle ex caserme di
via Rossetti, nuovi servizi comunali in via Revoltella, musei nell'ex caserma
Duca delle Puglie, riqualificazione ex Sadoch in viale dell'Ippodromo,
risanamento di galleria Foraggi-Montebello: in mezzo il "magnete" da 65 milioni.
Massimo Greco
Le 29 Comunelle del Carso "blindate" dalla nuova legge
DUINO AURISINA - Inalienabili, indivisibili, non assoggettabili a usucapione
e necessariamente destinate a utilizzo agricolo, silvestre e pastorale.
Sottratte perciò a processi di cementificazione. Per 5mila ettari di terre del
Carso triestino il 2018 è l'anno della svolta. È entrata in vigore, negli ultimi
giorni del 2017, dopo un lavoro di preparazione di otto anni, la nuova normativa
che disciplina le "Proprietà collettive", quelle che il Codice civile definisce
«le forme alternative alla piena proprietà privata delle terre, ascrivibili a
numerose persone, spesso indefinite nel numero, ma non riconducibili alla
proprietà pubblica vera e propria». Sul Carso triestino sono 29 le Comunelle che
aspettavano l'approvazione della nuova norma, che permetterà loro di
programmare, su basi giuridiche certe, il futuro delle varie attività agricole.
Assicurare una tutela e un riconoscimento giuridico a tutte le forme di
proprietà collettiva sparse sul territorio nazionale è stato un obiettivo
perseguito fin dalla sua costituzione, avvenuta nel 2006, dalla Consulta
nazionale della proprietà collettiva, organo di cui è vicepresidente il
triestino Carlo Grgic. «Per noi - spiega - l'approvazione della legge 2017/168 è
un traguardo fondamentale, che ci permette di essere al sicuro anche da
eventuali futuri espropri. Dovesse rendersi necessario, da parte dello Stato o
altri enti pubblici, l'utilizzo di un'area che rientra nella Proprietà
collettiva del Carso si potrà procedere, ma l'ente, oltre a pagare una somma a
titolo di risarcimento, dovrà individuare un'altra area da adibire alle attività
agricole. La Consulta - precisa - è l'associazione delle diverse realtà
collettive italiane, espressione di comunità esistenti sui territori che hanno
come obiettivo la tutela del rapporto fra uomo e terra, attraverso l'uso
sostenibile delle risorse naturali».In altre regioni italiane si parla di
Comunalie, Partecipanze, Università agrarie; le Comunelle sono il termine tipico
locale del Carso. A loro la nuova legge riconosce ora a pieno titolo la
classificazione di "soggetti dotati di personalità giuridica". «Le Comunelle -
riprende Grgic - non sono da considerare relitti di civiltà scomparse, ma
modelli cui anche l'attuale società democratica può guardare come possibili ed
effettive forme di buon governo del territorio».«Fino a prima dell'approvazione
della legge 168 - sottolinea Stefano Lorenzi, segretario delle Regole d'Ampezzo,
Proprietà collettiva che, dal 1990, gestisce il Parco delle Dolomiti - la
posizione delle Comunelle è stata a volte incerta, soprattutto laddove interessi
economici privati si contrapponevano all'uso collettivo dei beni. La nuova legge
- osserva - va a rafforzare e integrare quanto già era stabilito in precedenza
ed è perciò un elemento di sostegno a ciò che in passato il legislatore, spinto
dalle nostre comunità locali, aveva già riconosciuto». Il passo successivo
spetta ora alla Regione. «Dovremo interagire con il legislatore - conclude Grgic
- per trovare soluzioni adatte alle realtà collettive locali che possano
migliorare la situazione esistente». Qualora la Regione non intervenisse, la
nuova legge dà facoltà alle collettività di attivarsi in autonomia.
(u.s.)
Frane e cedimenti - Strada di Canovella verso il
restyling - Un milione di euro dalla Regione per la messa in sicurezza - Al via
l'iter burocratico per espropriare il sentiero privato
DUINO AURISINA - Sarà rifatta e messa in sicurezza la strada che dalla
Costiera porta alle spiagge, all'altezza di Canovella de' Zoppoli. Si tratta di
una ripida discesa, lunga circa 800 metri, realizzata negli anni Sessanta,
seguendo il vecchio sentiero dei pescatori di Santa Croce, per servire le ville
e gli edifici che in quell'epoca cominciavano a sorgere numerosi e che sta
accusando il peso del tempo e le conseguenze degli agenti atmosferici, al punto
da essere diventata addirittura pericolosa. Piccole frane e cedimenti l'hanno
trasformata in un susseguirsi di avvallamenti e dossi. È iniziato in questi
giorni, dopo anni di attesa, l'iter burocratico-amministrativo che porterà
all'esproprio della strada da parte della Regione, che poi ne trasferirà la
proprietà del Comune di Duino Aurisina, che estende fino alla galleria naturale
della Costiera la propria competenza territoriale.«Abbiamo avuto in questi
giorni un primo incontro con i residenti - spiega Andrea Humar, assessore
comunale a Duino Aurisina -, nel corso del quale abbiamo spiegato che l'unica
soluzione valida per rimettere in sesto quella strada è quella che prevede
l'esproprio a favore della Regione e il successivo passaggio a noi per la
gestione negli anni futuri. I cittadini hanno capito che si tratta di una
proposta che va incontro alle esigenze della collettività - aggiunge l'assessore
comunale alla Viabilità-, in quanto, a fronte della perdita della proprietà,
compensata in ogni caso da un risarcimento, non sarà più a carico dei privati la
manutenzione della strada che porta alla spiaggia di Canovella de' Zoppoli». La
Regione ha già stanziato un milione di euro per l'operazione, i cui dettagli
saranno definiti subito dopo che sarà stato raccolto il consenso all'esproprio
da parte di tutti i residenti della zona.«In particolare, un primo intervento
sarà fatto su 300 degli 800 metri della discesa - riprende Humar -, un tratto
che necessita di lavori che prevedono l'utilizzo di micropali da sistemare sotto
il manto stradale, per garantirne la tenuta anche dopo le sollecitazioni delle
automobili in transito». Quella è una strada che, soprattutto d'estate, è molto
transitata. L'intervento perciò dovrà tener conto delle mutate esigenze dovute
alla massiccia presenza di bagnanti nei mesi caldi.«Ci rendiamo conto che per
l'amministrazione comunale di Duino Aurisina - sottolinea l'esponente della
giunta Pallotta - assumere l'onere della gestione di quella strada rappresenta
un costo, ma è un servizio che vogliamo garantire alla collettività». Giovedì
prossimo, 15 febbraio, alle 9.30 del mattino, il Comune ha nuovamente convocato
sul posto i residenti, per segnare un altro passaggio sulla strada della
definizione degli accordi. Difficile per il momento indicare i tempi
d'intervento, perché in via preliminare bisognerà risolvere tutti gli aspetti
burocratici.
Ugo Salvini
LUTTO - Morto lo storico Giuseppe Galasso
È morto a Napoli lo storico Giuseppe Galasso. Ne dà conferma la sua casa editrice Laterza. Giornalista, politico e professore universitario italiano era nato a Napoli il 19 novembre 1929. Era attualmente docente di storia moderna all'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Decine le sue pubblicazioni molte delle quali incentrate sulla storia del Mezzogiorno. È stato deputato della Repubblica e sottosegretario, dall'83 all'87 durante il governo Craxi, del ministero dei Beni culturali. «La scomparsa di Giuseppe Galasso - dichiara il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini - priva il mondo della cultura italiana di un protagonista indiscusso, un grande intellettuale che si è impegnato in prima linea per la difesa del patrimonio del Paese in un'intensa esperienza politica mai dimenticata. A lui dobbiamo una legislazione sulla tutela del paesaggio, pensat per preservare il territorio italiano, che non a caso porta il suo nome».
La petizione sui rifiuti spacca il Consiglio - A Muggia
tutta l'opposizione si schiera per il rinvio del "porta a porta". La
maggioranza: «Si va avanti»
MUGGIA - Tutti i sei partiti di opposizione hanno deciso di schierarsi in
favore della petizione popolare apartitica per il rinvio dell'inizio della
raccolta differenziata "porta a porta" dei rifiuti previsto per il primo marzo.
Ferma, invece, la posizione dei tre partiti di maggioranza: «Nessun appoggio
alla petizione, si va avanti come da programma». Ennesima spaccatura dunque
all'interno del Consiglio comunale di Muggia. Andrea Mariucci (Forza Muggia) non
ha dubbi: «Sosterrò questa iniziativa nelle forme istituzionali possibili
affinché le richieste dei muggesani vengano finalmente prese in considerazione.
Marzi e la sua Giunta ci avevano assicurato che in un anno avrebbero promosso
una preventiva campagna di informazione, invece stanno informando i cittadini a
cose stabilite». Ad aver già firmato la petizione è Giulio Ferluga della Lega
Nord: «Nessuno è contrario alla raccolta differenziata, ma questa raccolta non
và. Gli incontri organizzati dal Comune con la cittadinanza, anziché dissipare i
dubbi, ne hanno fatti sorgere altri». D'accordo anche Nicola Delconte (Fdi):
«Appoggiamo l'iniziativa perché le scelte sul porta a porta andavano condivise
prima con i cittadini. Se si va avanti così il sistema rischia di fallire con
evidente danno per tutti». A puntare il dito contro la comunicazione del Comune
è anche Emanuele Romano del M5S: «Non è stata sufficiente, impossibile pensare
di partire tra due settimane con la raccolta». Roberta Vlahov (Ocpm) ricorda che
la «raccolta di firme era nei programmi dell'associazione che supporta la nostra
lista civica dunque ci uniamo al gruppo di cittadini che l'ha promossa», mentre
Roberta Tarlao, di Meio Muja, condivide «la preoccupazione e appoggio la
raccolta firme. Urge inoltre una commissione trasparenza proprio per analizzare
la petizione, una volta che verrà depositata». Schierata in difesa della
partenza della raccolta differenziata dei rifiuti a partire dal primo marzo,
invece, è tutta la maggioranza, a partire dal capogruppo Pd Riccardo Bensi:
«Capisco la paura della novità, soprattutto quando va ad intaccare la sfera
privata e non si può nascondere che ci sia stato qualche problema nella
comunicazione, ma da questo a sospendere il servizio senza proporre nulla di
concreto ce ne passa». Antonino Ferraro della lista Laura Marzi sindaco, dopo
aver premesso che «le petizioni sono espressioni di libertà e democrazia, ed è
giunto ascoltare i cittadini», sottolinea come in questo caso «bisogna voltare
pagina con la nuova raccolta dei rifiuti, fermo restando che il dialogo rimarrà
sempre aperto» . Ferma anche Nicoletta Fati (Cittadini per Muggia): «È normale
che un'operazione complessa come questa possa incontrare difficoltà iniziali,
quindi non appoggeremo la petizione».
Riccardo Tosques
MANUTENZIONE - Giardino di via Giulia chiuso per tre giorni
Il Comune di Trieste rende noto che, da domani e per una durata prevista di tre giorni consecutivi, il giardino pubblico "Muzio de Tommasini" di via Giulia sarà chiuso al pubblico per consentire un intervento di manutenzione e pulizia generale all'interno dello stesso.
Un sistema spia la rete idrica così si spreca meno acqua - Individua facilmente le perdite, calate di quasi il 9%. Recuperati otto miliardi di litri
Lo ha messo a punto Idrostudi srl, società che opera
nel villaggio scientifico di Padriciano
Il tema del risparmio idrico si fa sempre più pressante: i cambiamenti
climatici, dicono i dati diffusi dal Giec (Gruppo Intergovernativo degli Esperti
sul Cambiamento Climatico), stanno influendo enormemente sulla disponibilità
d'acqua e se non si metteranno in atto misure decise e risolutive nel 2030
potrebbe ridursi del 40% rispetto ad oggi. In Italia, segnala l'Anbi, negli
ultimi sette anni le disponibilità idriche si sono più che dimezzate. Eppure
continuiamo a sprecare questa risorsa, a partire dai nostri acquedotti: l'acqua
che arriva ai nostri rubinetti non corrisponde neanche a metà di quella immessa
nella rete. In Friuli Venezia Giulia la dispersione della rete acquedottistica,
stando al rapporto "Bes 2017: il benessere equo e sostenibile in Italia"
dell'Istat, è di circa il 47%, con punte d'eccellenza a Pordenone e qualche
problema in più a Trieste, che però in questi ultimi anni è corsa ai ripari. La
tecnologia infatti è di grande aiuto nella progettazione e nel monitoraggio di
reti idriche in grado di ridurre sensibilmente gli sprechi: reti smart,
fortemente interconnesse e capaci di "parlare", segnalando guasti o anomalie. Ne
abbiamo parlato con Francesca Zanello, di Idrostudi srl, società sita in Area
Science Park che fornisce servizi a tutto tondo per quanto riguarda la gestione
di acquedotti e reti fognarie. Idrostudi, che opera in Italia e dal 2015, con lo
sbarco in Turchia, anche all'estero, in regione ha fornito servizi avanzati per
l'acquedotto Poiana, che serve i comuni del cividalese, e per la
distrettualizzazione della rete idrica di Trieste gestita da AcegasAPSAmga
nell'ambito del progetto eAqua.«La situazione di Trieste è particolare - dice
l'ingegnere Zanello - a causa dell'orografia della città, dell'anzianità
dell'acquedotto e di come è stato concepito il sistema: la rete è stata
strutturata in modo che le condotte principali stiano sulla costa e la risorsa
idrica venga pompata gradualmente verso l'altipiano. Ciò ha conseguenze sui
costi gestionali di sistema e sull'entità delle perdite idriche: più alta è la
pressione più elevata è l'entità dell'eventuale perdita a parità di guasto». Un
acquedotto moderno, spiega Zanello, è costituito da cinque elementi funzionali:
il sistema di captazione, che permette l'estrazione di acqua dal ciclo naturale;
gli impianti di trattamento, situati immediatamente a valle delle prese d'acqua
per rimuovere i contaminanti indesiderati; la rete di trasmissione, che
convoglia la risorsa in prossimità degli utenti finali, gli impianti di
stoccaggio e le reti di distribuzione. Le reti sono iperconnesse tra di loro per
garantire l'affidabilità del servizio alle utenze, ma proprio per questo è più
difficile l'individuazione delle perdite idriche. «Il sistema che abbiamo messo
a punto per rendere "smart" l'acquedotto punta a "farlo parlare" - spiega
Zanello. Perciò prima si caratterizza la rete idrica, con l'acquisizione
d'informazioni dal gestore e il rilievo sul campo: tutti questi dati vengono
digitalizzati in un sistema informativo territoriale consultabile via web (WebGis).
Quindi si procede alla distrettualizzazione, suddividendo l'intera rete in
porzioni idraulicamente indipendenti, con l'installazione di strumenti di
monitoraggio di portata e pressione lungo le condotte. Si procede dunque al
monitoraggio, grazie a un software specifico in grado di inviare i dati in tempo
reale tramite GSM/GPRS, e all'analisi dei dati, che permette di determinare per
ogni singolo distretto il bilancio idrico e di identificarne le perdite. Una
volta individuate le perdite, che si possono localizzare più precisamente anche
con l'uso di tecniche acustiche, si può procedere alla loro gestione, con
l'installazione di valvole riduttrici di pressione in punti chiave della rete.
Un'installazione che può essere anche simulata prima, per stimarne l'effetto,
grazie alla modellazione numerica». Grazie a questo sistema, dice Andrea Rubin
di AcegasAPSAmga, le perdite dell'acquedotto triestino si sono notevolmente
ridotte, passando in percentuale dal 45,9% del 2013 al 37,5% di fine 2017, con
un risparmio di circa otto miliardi di litri d'acqua all'anno. Scusate se è
poco.
Giulia Basso
Addio a Sergio Tremul, il fondatore di Camminatrieste
«Mi ricordo che a sei anni nel 1936, mia nonna viene a prendermi al Porto di
Muggia: "Andiamo a casa che in piazza c'è confusione". I fascisti avevano ucciso
il marittimo muggesano Rossetti nel bar sotto il Municipio e tanta gente
protestava, ricordi e immagini rimasti indelebili insieme a tanti altri. Nel
1944 all'età di 14 anni, lavoravo in un cantiere navale di Muggia, mancava un
anno alla fine della guerra, giovani e lavoratori del cantiere ci davamo da fare
con azioni di propaganda e volantinaggio contro Fascisti e Tedeschi. In quel
periodo mi ero iscritto alla gioventù comunista del cantiere e poi fino alla
fine del 1948, segretario della gioventù comunista e antifascista di Muggia. A
18 anni sono stato festeggiato per il mio impegno da parte di centinaia di
giovani muggesani». I ricordi di Sergio Tremul, scomparso l'altro ieri all'età
di 87 anni, incrociano pesantemente il secolo breve che l'ha visto come
protagonista da dirigente del Pci di Muggia, segretario comunale della Cgil e
anche segretario regionale della Filt Cgil, settore trasporti. In questa veste è
stato presente nel Comitato consultivo per il Trasporto pubblico della Regione
Autonoma Friuli Venezia Giulia e per quattro anni membro della Commissione
amministratrice dell'Act (l'attuale Trieste Trasporti). Da pensionato, nel 1991,
fonda assieme a un gruppo di amici, il Comitato per la sicurezza ed i diritti
del pedone, che successivamente diventa Coped Camminatrieste. «Era un uomo con
una grande personalità, uno spiccato senso dell'umorismo e dal cuore d'oro»,
ricorda la nipote Erica Sancin a nome del direttivo Camminatrieste. «Ha lottato
per la salvaguardia dei pedoni e delle vittime della strada, per la tutela
dell'ambiente e per il miglioramento del trasporto pubblico locale - ricorda la
nipote -. Spero che tutto quello per cui lui ha lottato e che ha cercato di far
capire a noi tutti, pedoni, autisti, ciclisti, non sia stato vano».
Camminatrieste è in cammino da 26 anni.
eHABITAT.it - LUNEDI', 12 febbraio 2018
Barriere coralline a rischio, il 2018 è l’anno per salvarle
Esanimi e bianche come la neve. Cosa sta succedendo alle barriere coralline del mondo? Negli ultimi trent’anni la metà dei coralli del pianeta è morta a causa del surriscaldamento e dell’acidificazione degli oceani. Una situazione tanto drammatica da spingere l’International Coral Reef Initiative, insieme a Nazioni Unite e WWF, a proclamare il 2018 Anno Internazionale delle Barriere Coralline.
Barriere coralline, per salvarle ora o mai più.
2018. Si tratta dell’anno “dell’ora o mai più” per salvare i coralli. Ne è
convinto Erik Solheim, a capo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.
“Abbiamo una piccola finestra in cui possiamo agire per salvare le barriere
coralline” ha dichiarato dalle Isole Fiji, durante il lancio dell’Anno
Internazionale delle Barriere Coralline. “L’Onu, il Wwf e Paesi come le Fiji
stanno chiamando il mondo a fare i passi necessari a risolvere il problema
quest’anno“. D’altro canto proprio l’UNEP ha inserito il monitoraggio e la
tutela delle barriere coralline fra i sei temi ambientali prioritari su cui
concentrare l’attenzione nel 2018.
Barriere coralline, il caso giapponese.
Circa il 50% della maggiore barriera corallina in
Giappone, nell’area di Sekisei, a sud dell’arcipelago, era completamente
sbiancata alla fine del 2017. Lo rivela il ministero dell’Ambiente nipponico,
che definisce preoccupante la situazione. “Le temperature medie dei mari
rimangono alte, così come la percentuale dei coralli sbiancati, e non possiamo
essere ottimisti sul loro recupero” ha affermato il portavoce del ministero,
riferendosi agli ecosistemi che versano in condizioni critiche e non mostrano
segnali di guarigione. Una ricerca compiuta nel corso del 2017 dal Ministero
dell’Ambiente aveva rivelato lo sbiancamento del 30% dei coralli nei pressi
dell’isola di Okinawa, lungo le isole Amami nella prefettura di Kagoshima, il
10% in più della precedente rilevazione.
Il caso australiano.
Nei primi mesi dell’anno scorso, uno studio shock pubblicato sulla rivista
“Nature” allertava sullo stato di (scarsa) salute della Grande Barriera
Australiana. La più larga struttura corallina esistente sulla Terra è stata
infatti vittima di uno sbiancamento senza precedenti a causa di un temporaneo
aumento della temperatura del mare fino a 4 gradi. Parlando, cioè, in numeri e
percentuali, si è assistito a uno sbiancamento del 90% dei coralli e alla morte
di più del 20%. Ora, sessanta milioni di dollari australiani (circa 39 milioni
di euro) finanzieranno programmi di ricerca e sviluppo per il recupero del reef.
Fra questi, cinque milioni saranno destinati a sistemi di allarme per prevenire
ulteriori sbiancamenti dei coralli e ad assicurare i necessari interventi di
gestione. Secondo i gruppi ambientalisti, si tratta di una decisione
insufficiente e troppo comoda. “Se fosse sinceramente interessato alla nostra
preziosa barriera corallina” ha affermato Nikola Casule, attivista di Greenpeace
Australia, riferendosi al Primo Ministro Turnbull, “si impegnerebbe seriamente a
combattere il cambiamento climatico invece di impegnarsi in soluzioni fantasiose
che ignorano il vero problema“.
L’Australia è uno dei maggiori esportatori di carbone nel
mondo e gli australiani sono fra i più alti emettitori pro capite di anidride
carbonica. Nel 2016, il dipartimento dell’Ambiente del Paese avrebbe fatto
pressione sull’UNESCO per cancellare il capitolo riguardante lo stato attuale
della Grande Barriera Corallina, dopo aver promesso di spendere due miliardi di
dollari per attuare misure per proteggerla e gestirla. Il tutto per evitare
danni al turismo. Quanto sono seri, dunque, i propositi formulati?
I nemici del corallo.
Acerrimi nemici delle barriere coralline, oltre all’aumento delle temperature e
all’acidificazione degli oceani, sono anche la pesca indiscriminata e
l’inquinamento, soprattutto da plastica. Problemi che, purtroppo, attualmente
sono tutt’altro che in via di risoluzione. Tempi duri, quindi, per le barriere
coralline del mondo. Auguriamoci politiche concrete ed efficaci, che consentano
di godere della loro bellezza mozzafiato per molto, molto tempo a venire.
VALENTINA TIBALDI
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 febbraio 2018
Pool anti-incendi transfrontaliero - Con fondi Ue.
Vigilerà sulla sicurezza in mare nell'Alto Adriatico. Coinvolte Italia, Slovenia
e Croazia
POLA - Una squadra speciale di pronto intervento in mare in caso di incendi
o inquinamento delle acque. Lo prevede il progetto Namirg (North Adriatic
Maritime Response Group) con riferimento al Mirg. Quest'ultima è una strategia
d'azione comune già sperimentata e collaudata in Gran Bretagna, Olanda
Finlandia, Norvegia e da alcuni Paesi baltici che ora verrà adottata anche
nell'Alto Adriatico, sotto il patrocinio dell'Unione Europea che ne ha
riconosciuto la validità. Per la sua attuazione la Commissione europea ha
erogato 905.000 euro di cui 203.000 spettanti alla Comunità antincendio della
regione istriana per l'acquisto di attrezzatura e altre spese. Ebbene la squadra
speciale del Namirg sarà composta da 25 vigili del fuoco: otto istriani, otto
del Comando di Capodistria e i rimanenti otto del Comando regionale del Friuli
Venezia Giulia, titolare del progetto. Per diventare operativo, il reparto dovrà
seguire un corso di addestramento e scegliersi il proprio comandante. La durata
del progetto è di due anni dopodiché i tre Paesi avranno a disposizione una
squadra comune di professionisti altamente qualificati e preparati.«Abbiamo
accettato di buon grado - ha dichiarato il comandante antincendio dell'Istria
Dino Kozlevac alla presentazione del progetto nella sede della Regione -
l'invito dei colleghi del Friuli Venezia Giulia di includerci nel progetto
poiché perfettamente coscienti della sua importanza al giorno d'oggi».Kozlevac
si è riferito al numero giudicato spropositato di navi e imbarcazioni che ogni
giorno solcano il mare e che inevitabilmente portano con se un elevato rischio
di incidenti. «In genere - ha aggiunto il comandate istriano - ogni attività
umana sul mare e lungo la costa è una potenziale fonte di pericolo per cui
dobbiamo essere pronti a intervenire in ogni momento». Alla presentazione è
intervenuto il presidente della Regione Walter Flego. «La realizzazione di un
sistema di risposta omogeneo, coordinato e utilizzabile in tutte le situazioni
possibili e immaginabili - ha sottolineato il governatore - è sicuramente la
migliore risposta alle emergenze». Fortunatamente grosse emergenze di mare come
incendi e inquinamento negli ultimi anni non ce ne sono state. L'ultima risale a
esattamente 10 anni fa, quando a 13 miglia dalla costa rovignese si era
incendiata la nave ro ro turca Und Adryatik, finita poi rottamata causa i gravi
danni subiti. L'incidente si era concluso anche senza gravi conseguenze
ecologiche. E ciò grazie soprattutto alla concomitanza di circostanze favorevoli
più che all'efficienza dell'intervento di soccorso. L'Unione europea sta
dimostrando la giusta sensibilità per la sicurezza in mare e per questo sta
attuando importanti finanziamenti in questa direzione, soprattutto in un'area
come quella dell'Alto Adriatico che risulta molto "intasata" da rotte di
navigazione molte delle quali sono percorse da enormi petroliere che sbarcano il
greggio al terminal dell'oleodotto di Zaule.
(p.r.)
Sarajevo rischia il gelo per la guerra del gas - La
distributrice BH-Gas è accusata di non pagare le tariffe di transito alla
controparte serbo-bosniaca
BELGRADO - Una inedita guerra del gas si profila all'orizzonte. Non è un
nuovo conflitto tra Russia e Ucraina per i prezzi e il transito del gas, né si
parla di rinnovate scaramucce a causa del gasdotto South Stream, finito nel
dimenticatoio, almeno per il momento. La nuova guerra riguarda invece un Paese
solo sulla carta unito, la Bosnia-Erzegovina, dove in questi giorni diversi
media locali hanno lanciato un preoccupante allarme. Allarme che riguarda decine
di migliaia di residenti nella Federazione croato-musulmana, in particolare i
quasi trecentomila che vivono a Sarajevo, città che si scalda e cucina con il
metano distribuito in città da un gasdotto che ora è al centro di polemiche. E
che potrebbe presto far rimanere al freddo i sarajevesi, a causa del disaccordo
tra aziende di Republika Srpska e Federazione bosgnacco-croata. Guerra del gas,
hanno spiegato i media locali, che nasce da una complessa diatriba su presunti
debiti accumulati dalla BH-Gas, il gestore-distributore del gas a Sarajevo, e
sulle tariffe di transito da pagare sempre a carico della BH-Gas alla
controparte serbo-bosniaca, la Sarajevo Gas, che tra l'altro serve anche Istocno
Sarajevo, la parte serba della città. E controlla il gasdotto Zvornik-Kladanj,
attraverso il quale il metano affluisce a Sarajevo città percorrendo però anche
un tratto di 40 chilometri in Republika Srpska. Da tre anni - il problema-chiave
- BH-Gas non pagherebbe le tariffe maggiorate applicate unilateralmente dai
serbo-bosniaci, sostiene Sarajevo-Gas. Il tempo delle attese è però finito, ha
avvisato Slavo Krajisnik, direttore dell'azienda a controllo pubblico
Sarajevo-Gas, specificando che se BH-Gas non accetterà di pagare le tariffe
ritoccate all'insù, entro la fine del mese, allora i rubinetti del gas verranno
chiusi. «Annunceremo a quel punto la data della sospensione delle forniture di
gas», ha spiegato Krajisnik, chiarendo che una lettera-ultimatum è già stata
consegnata a Sarajevo, al governo della Federazione e al Segretariato della
Comunità dell'Energia, a Vienna.Lo scenario, ha aggiunto poi Krajisnik, è assai
fosco. Interrompere l'afflusso di gas comporterebbe infatti «un totale stop alle
forniture per i consumatori» nel cuore della Bosnia. «Ma siamo costretti a
farlo, da quasi tre anni cerchiamo di risolvere il problema in maniera
pacifica», ha chiosato. Che la situazione sia seria è stato confermato anche dal
ministro federale dell'Energia, Nermin Dzindic, che ha invitato la direzione di
BH-Gas a saldare subito i debiti pregressi. Parole che, per ora, non hanno
sortito l'effetto sperato. «Non abbiamo un marco convertibile di debito» verso
Sarajevo-Gas, ha chiuso le porte il management di BH-Gas in un comunicato,
riportato dall'agenzia Fena. Parole che fanno pensare a una conclusione non
felice della vicenda.
(s.g.)
THE MEDI TELEGRAPH - LUNEDI', 12 febbraio 2018
Il phase out dell’Italia è fissato al 2025 / L’ANALISI
Allineare i prezzi del gas a quelli europei,contenere la spesa, azzerare
l’uso carbone, aumentare l’efficienza energetica.
Sono gli obiettivi della Strategia energetica nazionale al 2030. La Sen 2030 fissa al 2025 il phase out del carbone
Genova - Allineare i prezzi del gas a quelli europei, contenere la spesa, azzerare l’uso carbone, aumentare l’efficienza energetica. Sono gli obiettivi della Strategia energetica nazionale al 2030. La Sen 2030 fissa al 2025 il phase out del carbone: l’Italia dovrà tagliare le emissioni del 39% al 2030, e del 63% al 2050, rispetto ai livelli dl 1990. L’energia pulita è prevista al 22% nel 2030 come crescita tendenziale, dato che sale al 28% con le aste tecnologicamente neutre e gli interventi di repowering. L’obiettivo è portare la quota di fabbisogno energetico coperta dalle importazioni dal 75% attuale al 64%. Gli investimenti previsti sono 175 miliardi: 30 per reti e infrastrutture, 35 per le rinnovabili, il resto all’efficienza energetica.
IL PICCOLO - DOMENICA, 11 febbraio 2018
Ambiente - Confronto pubblico su smog e Ferriera
Sinistra per Trieste assieme a Lega Ambiente e No Smog promuovono un confronto pubblico sul tema della Ferriera. Le coordinate dell'appuntamento verranno illustrate martedì nella sede dei soci della Banca Etica via Donizetti 5/a alle 11.30.
IL PICCOLO - SABATO, 10 febbraio 2018
Blitz in Val Rosandra Condanne annullate - La Cassazione cancella le pene inflitte a Ciriani e vertici della Protezione civile in Appello.
Riconosciuta la prescrizione. La delusione degli ambientalisti
TRIESTE - La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d'Appello di Trieste che aveva condannato a sei mesi e 18 mila euro di ammenda l'ex vicepresidente della giunta regionale Luca Ciriani (Fdi-An), processato con l'accusa di danno ambientale legato a lavori di disboscamento in Val Rosandra. Stesso esito per i dirigenti della Protezione civile con lui coimputati: l'allora capo Guglielmo Berlasso, il funzionario Cristina Trocca e l'operativo Adriano Morettin. Per tutti i giudici hanno anche constatato la prescrizione dei reati contestati. L'esponente di Fratelli d'Italia esulta per il risultato, mentre le associazioni ambientaliste rilevano come la prescrizione costituisca un serio ostacolo all'accertamento dei reati ambientali nel nostro Paese. La sentenza della Cassazione chiude una lunga vicenda giudiziaria segnata da continui colpi di scena. In primo grado tutti gli imputati erano stati assolti, poiché la perizia del pm era stata considerata non valida a causa di un vizio processuale, spiega l'avvocato di Trocca e Berlasso, Luca Ponti. Il giudice aveva dovuto nominare un ulteriore perito a cui fare riferimento. Un anno fa la sentenza è stata ribaltata in secondo grado: la Corte d'Appello ha condannato gli imputati, facendo riferimento alle perizie presentate dalle parti civili, il ministero dell'Ambiente e il Wwf. «A quel punto abbiamo impugnato in Cassazione - spiega Ponti -. Ritenevamo infatti che la Corte d'Appello, aderendo alle prove fornite dalle parti civili, dovesse comunque sentire nuovamente il perito del primo grado». Questo lo snodo che ha portato alla risoluzione della Cassazione di giovedì: «Il Procuratore generale ha confermato il vizio di procedura: non si sarebbe potuto aderire alle prove di una delle due parti senza risentire l'altra», dice Ponti. La Corte ha quindi annullato la sentenza di secondo grado, oltre a dichiarare la prescrizione nel frattempo maturata per i reati contestati. La vicenda è stata poi rinviata al giudice civile. «Quest'ultimo - precisa Ponti -, dovrà partire dalla sentenza di primo grado senza utilizzare quella d'appello, che è stata annullata». Un anno fa la legale di Ciriani aveva annunciato che il suo assistito avrebbe rinunciato alla prescrizione. Commenta ora l'ex assessore regionale: «Esco da questa esperienza ancor più convinto che lo spirito della Protezione civile e l'impegno dei suoi volontari debbano essere strenuamente difesi». Dice ancora Ciriani: «Se questo processo ha dimostrato qualcosa è solo che, purtroppo, anche se si agisce a fin di bene, forti delle leggi e delle richieste che provengono dal territorio, si rischia di entrare in vicende giudiziarie a tratti paradossali». Conclude il politico: «Il risultato più triste che si poteva raggiungere al termine di questo procedimento giudiziario sarebbe stato quello di mortificare e scoraggiare l'impegno e l'abnegazione di migliaia di volontari, oggi il mio pensiero va soprattutto a loro». Inutile dire che la fedina pulita diventa ora un valore aggiunto per la corsa romana di Ciriani, candidato all'uninominale del Senato nel collegio Udine-Pordenone. L'avvocato e presidente del Wwf di Trieste Alessandro Giadrossi commenta: «Aspettiamo di vedere la documentazione ufficiale. A parte questo, siamo di fronte all'ennesimo caso in materia ambientale nel nostro Paese che va a finire con la prescrizione. Visto che si tratta di procedimenti complessi, non si ha quasi mai un grado di giudizio finale. Fra indagini e perizie i tempi diventano spesso inconciliabili con il giudizio. Un problema risolto solo in parte dalla legge sulla prescrizione». Questa invece la reazione di Lino Santoro di Legambiente: «Prendiamo atto della prescrizione. Speriamo francamente che a livello civile si riesca comunque a ottenere una cifra sufficiente a procedere con il recupero di quell'area. È questo il punto più importante».Il corso della Val Rosandra soffre ancora gli effetti di quegli eventi, dice Santoro: «L'area ha perso le proprie caratteristiche. Sono state eliminate essenze fondamentali per il territorio, e ciò ha avuto un impatto forte anche sull'ecosistema dei piccoli animali che vivono in quell'area». Conclude l'esponente ambientalista: «Il Comune di San Dorligo aveva annunciato un piano di ripristino entro ottobre o novembre, ma al momento non ci risulta ancora niente. Nel frattempo in Val Rosandra la situazione resta la stessa ormai da anni: predominano le specie invasive, occupando uno spazio che un tempo era una nicchia ecologica estremamente interessante».
Giovanni Tomasin
IL PICCOLO - VENERDI', 9 febbraio 2018
Il governo ridimensiona l’area del Sito inquinato - Il ministro dell’Ambiente Galletti firma l’atteso decreto sulla riperimetrazione - Rivista la regia delle competenze.
Serracchiani: «Semplificazione e investimenti» - Il ruolo di Area - Preziosa per raggiungere il traguardo si è rivelata la collaborazione con il parco scientifico oltre che con il Porto
Un decreto del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti vidima il risultato raggiunto a Roma il 24 agosto scorso in sede di conferenza dei servizi: il governo accetta che sia la Regione Fvg a occuparsi direttamente di alcune aree del Sito di interesse nazionale (Sin). Trieste, attraverso l’assessore Sara Vito, aveva chiesto di riperimetrare il Sin, per consentire una gestione più rapida e semplificata delle procedure ambientali, così da accrescere il grado di interesse economico delle zone interessate per gli investitori. Una novità di rilievo a 15 anni dalla perimetrazione che avvenne nel 2003 e che ha contribuito a frenare l’utilizzabilità dei terreni. La Regione ha comunicato la notizia della firma ministeriale, accompagnata da una soddisfatta dichiarazione del presidente Debora Serracchiani: tempistiche più celeri per le bonifiche, opportunità di attivare insediamenti a elevato contenuto tecnologico, pratiche amministrative sbrigate a Trieste senza andate/ritorno nella Capitale, coinvolgimento dell’Autorità portuale e dell’Area Science Park. Fattori positivi questi, sottolineati nella nota anche da Sara Vito. La zona riperimetrata a vantaggio della diretta conduzione regionale si svolge attorno al Canale navigabile: una “U” che corre lungo le tre sponde e che abbraccia 75 ettari sui 500 di cui si compone il Sin. Più o meno il 15% del totale: ma un 15% pesante, che riguarda - aveva detto Sara Vito in agosto - 23 aziende operanti nell’area del Canale. Attorno alla via acquea ci sono alcune realtà importanti del contesto economico territoriale come Frigomar, Autamarocchi, Redaelli. A queste aziende, che partecipano al tradizionale panorama attorno al Canale, si stanno aggiungendo nuove attività. L’area si sta muovendo. Per esempio, Crismani ha comprato dall’Ezit il piazzale alla radice del Canale. Ma c’è qualcosa di fresco dal punto di vista imprenditoriale, di cui si fa interprete il presidente di Area Science Park, Sergio Paoletti. Che ricorda il recentissimo insediamento dell’indonesiana Java Biocolloid proprio sulle sponde del Canale, dove importerà e tratterà alghe rosse. «Il primo risultato della maggiore attrattività di questa zona. Siamo solo all’inizio, già nel prossimo mese abbiamo in programma contatti e visite, da cui speriamo di ottenere concrete ricadute». Paoletti sottolinea il lavoro di équipe svolto dai suoi funzionari e dallo staff dell’Autorità portuale, che ha consentito il rapido definirsi dello sbarco indonesiano, paradigma di quello che potrà accadere sul Canale. Paoletti considera il “decreto Galletti” «quasi alla pari dei provvedimenti di sdemanializzazione di Porto vecchio, perchè svincola dai gravami del sito di interesse nazionale un’area di grande interesse». Un’altra iniziativa, in pista di decollo, riguarda il riciclo dell’acqua di sentina, che avverrà in una vecchia struttura comprata da Italcementi: è un progetto di ReOil, azienda avviata da imprenditori di origine veneta e domiciliata - non è un caso - nel “distretto” di Padriciano. Non va dimenticato che la concessione del punto franco viene amministrato dall’Autorità. Dalla collaborazione tra Autorità e Area - completa Paoletti - sorgerà un osservatorio dedicato alle materie prime strategiche: anch’esso avrà sede vicino al Canale.
Massimo Greco
Smog, l’ultimatum dell’Ue - «Misure certe entro oggi»
L’Italia rischia una procedura d’infrazione se il piano non convincerà Bruxelles
Maglia nera a Torino, la Pianura Padana fra le aree più inquinate del
continente
ROMA - Il ministro Galletti lo ha assicurato: oggi la Commissione Ue riceverà «un nuovo documento» di «un dossier relativo alle misure messe in campo per il miglioramento della qualità dell’aria». È l’ultima occasione per l’Italia e altri otto Paesi dell’Unione (tra cui Francia e Germania): se gli interventi pensati dal governo non soddisferanno il commissario all’Ambiente, Karmenu Vella, il Belpaese dall’aria irrespirabile sarà rinviato alla Corte di giustizia Ue che aprirà una procedura di infrazione. E Vella non è tipo che si soddisfa facilmente. Galletti aveva già provato con un timido «l’Italia ha già fatto molto per migliorare la qualità dell’aria», ma il commissario maltese aveva risposto: «Sono totalmente in disaccordo con quello che dice il ministro, tutti i Paesi hanno molto da fare. Siamo in ritardo di anni, ci aspettiamo non più incontri o meeting ma risultati e impegni rispettati». È finito, dunque, il tempo delle parole. Se la Commissione, da un lato, fa sapere di voler «aiutare gli stati membri a mettersi in regola» sottolinea dall’altro che i governi «hanno concordato» gli obiettivi e poi non li hanno «mai rispettati per anni». Così Galletti spera che gli «interventi, prevalentemente in materia di energia e mobilità, che non erano stati ancora portati a conoscenza della Commissione Europea» siano sufficienti non tanto per raggiungere gli impegni già mancati, ma almeno a dimostrare la buona volontà di fronte all’ “incontentabile” commissario. D’altronde basta osservare le immagini diffuse all’Agenzia spaziale europea (Esa) il primo dicembre 2017, per comprendere la situazione disastrosa in cui versa la Pianura Padana. È il livello del diossido di azoto, in particolare, a preoccupare dalle rilevazioni effettuate dal satellite Sentinel-5p, lanciato oltre l’atmosfera il 13 ottobre. «Causate in gran parte dal traffico e dalla combustione di combustibili fossili nei processi industriali - scrive l’Esa -, le alte concentrazioni di questo inquinante atmosferico possono essere viste su parti dei Paesi Bassi, nell’area della Ruhr nella Germania occidentale, sulla Pianura Padana in Italia e su parti della Spagna». Le maggiori preoccupazioni sono al Nord, anche se la situazione al Sud non fa dormire sonni tranquilli. Ben 39 capoluoghi nel 2017 hanno superato il livello consentito per le polveri sottili per più di 35 giorni, secondo il rapporto di Legambiente “Mal’aria”. Maglia nera di questa speciale classifica è Torino: con ben 112 superamenti dal 1° gennaio al 31 dicembre 2017 (quasi un giorno su tre). Sopra i 100 anche Cremona, Alessandria, Padova e Pavia. Seguono Asti, Milano, Venezia, Frosinone (prima città centro-meridionale), Lodi, Vicenza e Mantova. In 31 dei 36 capoluoghi di provincia di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, è stato oltrepassato il limite. L’inquinamento accorcia la nostra vita: spiega Legambiente che in Italia circa 60mila morti premature l’anno possono essere attribuite a questa causa, come precisano i report dell’Agenzia ambientale europea. E sporca anche gli animi: secondo uno studio made in Usa pubblicato sulla rivista Psycological Science nelle città più inquinate sono più frequenti i crimini e i comportamenti non etici. L’effetto sarebbe legato ai livelli di ansia delle persone, che salirebbero con l’aumentare dell’inquinamento.
Andrea Scutellà
Ex Dina di Veglia Zagabria rimuove i depositi pericolosi
FIUME - Si torna a parlare di un ex gigante dell’industria quarnerina, la defunta Dina petrolchimica di Castelmuschio (Omišalj), sull’isola di Veglia, dove nelle prossime settimane dovrebbe partire l’opera di rimozione delle sostanze tossiche contenute negli impianti dismessi. Per gli esperti, nella “pancia” della Dina – azienda chiusa da sei anni - sono presenti circa 600 tonnellate di sostanze tossiche, definite una bomba ecologica per il Quarnero. Il ministero croato dell’Ambiente ha pubblicato sul sito web delle gare pubbliche gli elementi utili per partecipare al concorso internazionale per la rimozione. La documentazione resterà in visione fino al 12 febbraio, in seguito verrà bandita la gara d’appalto. Fonti del dicastero hanno confermato che l’intera operazione verrà a costare circa 10 milioni di kune (1,34 milioni di euro), denaro che arriverà dalla massa fallimentare della Dina. «Se non ci saranno intoppi – si legge in una nota del ministero dell’Ambiente – la rimozione delle sostanze tossiche sarà completata entro il 31 marzo». In questi giorni a manifestare interesse per gli stabilimenti ex Dina è stata l’azienda lussemburghese Gasfin, che si è detta pronta a occuparsi di recupero e riutilizzo delle centinaia di tonnellate di sostanze venefiche che negli ultimi anni sono state motivo di frizione tra Zagabria e le autonomie del Quarnero. In parecchie occasioni partiti politici, comuni, Regione quarnerino–montana, ambientalisti e semplici cittadini hanno criticato lo Stato croato per l’atteggiamento passivo nei riguardi del materiale tossico sistemato nell’ex colosso di Castelmuschio, abbandonato da anni senza cautele. La stessa Gasfin si è detta pronta – tramite la propria Adria Polymers – a riavviare la produzione petrolchimica a Castelmuschio. Inoltre ha espresso il sostegno alla collocazione di un rigassificatore galleggiante nelle acque vegliote, progetto che invece vede nettamente contrarie la Regione quarnerino-montana e le municipalità dell’isola.
(a.m.)
Muggia si ribella alla raccolta rifiuti “porta a porta” - Petizione popolare al via. Critiche da opposizione e Spi Cgil - Il sindaco Marzi: «Mai trattato i cittadini come ignoranti»
Sospendere immediatamente il sistema di raccolta “porta a porta” e trovare soluzioni alternative coinvolgendo i cittadini. Questo l’obbiettivo della petizione popolare apartitica promossa ufficialmente da ieri a Muggia contro l’attuale impostazione della raccolta differenziata dei rifiuti. Partendo dal concetto base “sì alla differenziata, no a questo sistema”, il documento indirizzato alla giunta Marzi chiede la “revisione totale” del modus operandi che entrerà in vigore dal primo marzo. «Il sistema attuale prevede che i cittadini debbano conservare i rifiuti in bidoni o, in casi limitati, in sacchi all’interno delle proprie case fino all’arrivo degli operatori ecologici e che siano rimossi i bidoni pubblici» recita la premessa del documento. Cinque dunque i punti messi sotto accusa: questo sistema «non tiene conto delle dimensioni delle case che sarebbero stipate di contenitori di rifiuti» , costringerebbe a «usare cortili, giardini, e orti come depositi di immondizie, danneggiando decoro e valore delle abitazioni private» e «non tiene conto di abitazioni su strada sterrata e in zone isolate». L’attuale sistema, inoltre, «non tiene conto delle esigenze dei locali e dei commercianti di beni alimentari, che producono rifiuti da smaltire tempestivamente», e «creerebbe forte disagio, rischi igienici e ambientali, se per maltempo, sciopero o qualsiasi causa di forza maggiore ci fossero ritardi nel servizio». Ovviamente non sono mancate le polemiche politiche dopo i due affollatissimi incontri pubblici con i cittadini organizzati dal Comune. Emanuele Romano (M5S) ha evidenziato come nel primo incontro pubblico «il sindaco abbia mancato di rispetto ai cittadini, presenti e non, trattandoli come ignoranti incapaci di capire il sistema porta a porta», Nicola Delconte (Fdi) ha definito quello del Verdi «un confronto grottesco in cui sindaco e assessore Litteri si sono dimostrati totalmente inadatti al ruolo che ricoprono». Critiche sono piovute anche dal sindacato pensionati della Cgil che ha lanciato un appello alla giunta per rinviare la partenza del nuovo sistema di raccolta rifiuti e «svolgere invece un’ampia discussione con la cittadinanza, rendendosi disponibile ad apportare tutte le modifiche al regolamento utili al miglioramento della vita dei muggesani». Pronta la replica del sindaco Marzi: «Mai ho trattato i cittadini come ignoranti e lungi da me pensare che non possano capire il sistema porta a porta. Detto ciò, mi dispiace onestamente per come sia andato il primo incontro. Sono consapevole che qualunque sindaco abbia intrapreso questo importante cambiamento nel suo Comune, si sia trovato di fronte alle stesse reticenze o perplessità da parte dei suoi cittadini. Purtroppo, nonostante fossi preparata alle polemiche politiche e alle preoccupazioni espresse più o meno animosamente dai cittadini attorno al nuovo sistema di gestione, di fronte a certa tracotanza verbale, umanamente, ho reagito, e di questo sinceramente mi dispiaccio». L’assessore Litteri, invece, ha replicato sia a Delconte («L’opposizione aveva tutti gli strumenti per intervenire dal 2015 ad oggi, quelle di adesso sono solo strumentalizzazioni») che alla Cgil («Il numero degli incontri pubblici è stato incrementato e potrebbe esserlo ancora: abbiamo trovato una nuova data per Aquilinia, il 19 febbraio, che andrà a recuperare quella persa e ci siamo attivati per fissare un altro incontro a Fonderia»). Nessuna marcia indietro dunque sulla data di partenza del nuovo sistema di raccolta: «Ricordiamo invece che non sono previste sanzioni, come accade in altri comuni, nel caso di un semplice errore nella gestione dei rifiuti differenziati. È chiaro che ci vorrà del tempo perché le persone si abituino al nuovo sistema, ed è per questo che sono previsti dei bollini che segnaleranno eventuali conferimenti non corretti, ma nessuna multa. I cittadini vanno accompagnati». Il Comune infine ha annunciato che oggi verrà aperto l’Infopoint sulla raccolta di rifiuti, attivo ogni venerdì, dalle 10 alle 12, nella sede dell’Urp di piazza della Repubblica.
Riccardo Tosques
Pescatori di frodo e tutela soppressa I biologi: le oloturie rischiano l’estinzione
L’oloturia - o cetriolo di mare - è un invertebrato che rischia l’estinzione nelle acque croate dell'Adriatico se i ritmi di raccolta proseguiranno a ritmo indiscriminato. A lanciare l’allarme sottolineando i rischi per l’ambiente è il biologo marino Petar Kružic, della Facoltà scientifico–matematica di Zagabria. La raccolta dell’oloturia, spesso di frodo, è incontrollata: enormi quantitativi prendono la via della Turchia, da dove vengono venduti ai mercati dell'Asia dove il cetriolo di mare è particolarmente apprezzato. Solo pochi giorni fa la polizia marittima di Fiume ha fermato nei pressi di Šilo, sull'isola di Veglia, due cittadini croati che avevano con sé 320 chili di cetrioli di mare, tutti prelevati con attrezzatura subacquea e senza disporre di regolare licenza per la pesca commerciale. Pescato e attrezzatura sono stati sequestrati, i due pescatori di frodo sono stati multati. Fino agli anni '90 del secolo scorso queste creature marine venivano sottoposte a una pesca indiscriminata, che ne aveva messo in pericolo l'esistenza. Poi il ministero croato aveva deciso che le oloturie fossero in regime di severa tutela, una misura improvvisamente soppressa lo scorso anno senza alcuna spiegazione.
(a.m.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 febbraio 2018
Ferriera, la Regione "smonta" il Comune - «Fuori tempo
massimo le osservazioni sui parchi minerali. Richiesta di revoca in autotutela
mai arrivata»
«Il Comune di Trieste era ben consapevole della possibilità di formulare
osservazioni in merito alla richiesta, presentata da Arvedi spa, di proroga del
termine per la presentazione del progetto di copertura dei parchi minerali.
Purtroppo, tali osservazioni, di cui si sarebbe certamente tenuto conto, sono
state inviate fuori tempo massimo». Lo rileva la direzione regionale Ambiente,
responsabile del procedimento, rispetto alla notizia, peraltro annunciata solo a
mezzo stampa, che il Comune di Trieste avrebbe richiesto di procedere in
autotutela all'annullamento d'ufficio della proroga stessa. In proposito, dalla
direzione Ambiente si sottolinea che in ogni caso la questione posta dal Comune
è squisitamente ed esclusivamente formale. Infatti se la proroga non fosse stata
concessa, la Regione, una volta superato il termine inizialmente fissato al 29
gennaio per la presentazione del progetto, avrebbe dovuto diffidare la società a
proporre il progetto di copertura entro un termine congruo. In pratica, si
tratta dello stesso effetto che si è ottenuto concedendo la proroga richiesta.
Ribadendo comunque che al momento non risulta essere pervenuta da parte
dell'amministrazione comunale di Trieste alcuna richiesta, la direzione Ambiente
ricostruisce, nel dettaglio, gli ultimi passaggi della vicenda. La Regione, con
nota del 30 novembre 2017, ha comunicato ad Arvedi spa la necessità di
presentare il progetto di copertura dei parchi entro 60 giorni, ovvero entro il
29 gennaio 2018. Tale nota è stata inviata per conoscenza anche a tutte le
amministrazioni coinvolte. Compreso naturalmente il Comune di Trieste. L'8
gennaio 2018 è arrivata in Regione la richiesta di Arvedi di proroga del
termine. Anche la richiesta di proroga è stata inviata a tutte le
amministrazioni coinvolte. Poiché dunque il termine sarebbe scaduto il 29
gennaio, l'eventuale proroga poteva essere concessa solo entro tale data, non
essendo evidentemente possibile prorogare un termine dopo che lo stesso è
scaduto. La Regione ha quindi concesso la proroga sia in quanto ha ritenuto
congrua la richiesta sia perché entro il 29 gennaio nessuna delle
amministrazioni coinvolte nel procedimento aveva manifestato proprie
osservazioni. «La comunicazione della Regione ad Arvedi contenente l'assenso
alla richiesta di proroga è partita dagli uffici della direzione Ambiente alle
ore 15.05 di lunedì 29 gennaio - si fa sapere -. Come detto la proroga non
poteva essere concessa dopo la scadenza del termine. Soltanto alle ore 17.36
dello stesso giorno, e quindi evidentemente fuori tempo massimo, è pervenuta una
nota del Comune contenente le ragioni per cui, secondo il Comune stesso, la
proroga non doveva essere concessa». Ma non basta. «Ad ogni modo gli uffici
della Regione esamineranno con la doverosa attenzione l'istanza del Comune di
procedere all'annullamento in via di autotutela - è l'ultima stoccata della
Regione al Comune -. Purché tale istanza sia stata effettivamente presentata e
non solo annunciata agli organi di stampa».
Arrivano i bus "porta bici" da Monfalcone a Capodistria
- L'obiettivo è collegare le ciclabili della regione con la Parenzana
oltreconfine
Scatta in aprile Inter Bike II, progetto da 200 mila euro finanziato
dall'Europa
Monfalcone sarà a breve per i cicloturisti lo snodo dove scendere dalla due
ruote e salire sul bus in direzione di Trieste e Capodistria , dove imboccare la
ciclabile della Parenzana. Un percorso che i "viaggiatori lenti" potranno
effettuare anche in senso inverso, in direzione dell'Italia e, in particolare,
di Grado. Sempre con l'area dell'ex Gaslini a funzionare da polo di
interscambio. A rendere possibile, da aprile, il nuovo sistema di trasporti
transfrontaliero, all'insegna dell'intermodalità "bici+bus", già sperimentata
con successo da Trieste e Udine con Grado, è il progetto Inter Bike II,
vincitore del bando Interreg V-A Italia-Slovenia. Per sviluppare le azioni il
gruppo di partner, guidato dal Centro regionale di sviluppo di Capodistria e
composto da Comune di Monfalcone, Agenzia di sviluppo Rod di Aidussina, Gruppo
di azione locale del Veneto Orientale (Vegal), ha ottenuto un finanziamento di
800mila euro. Di questi 200mila mila sono appannaggio del Comune di Monfalcone
che li utilizzerà per le finalità del progetto, promuovendo allo stesso tempo il
proprio territorio sotto il profilo turistico, come spiegato ieri dal sindaco
Anna Cisint in un incontro partecipato anche dagli altri partner di progetto e
dalla Direzione centrale Infrastrutture della Regione. Il Centro dello sviluppo
di Capodistria si è mosso a fronte dei risultati raggiunti con il primo Inter
Bike (25 chilometri di nuove piste e 100 chilometri sistemati di tracciati
esistenti ) e del successo dei trasporti bici più bus già attuati nel Friuli
Venezia Giulia. Ma anche delle scarse possibilità di poter contare su percorsi
protetti per le due ruote fino a Monfalcone, come ha rilevato per l'agenzia
slovena Larisa Kunst. Le interconnessioni riguarderanno comunque anche Cormons e
Ronchi dei Legionari, mettendo quindi in contatto le due reti ciclistiche
Adriabike e Alpe Adria, che collega Salisburgo a Grado. Il Comune di Capodistria
dal canto suo introdurrà una linea di autobus sperimentale di biciclette tra la
città e il confine di Rabuiese. «In sostanza la zona collinare del territorio
comunale, da cui è facile scendere con i percorsi ciclabili esistenti - ha
spiegato per il Comune di Capodistria Ivana Strkal -, ma molto meno facile
salire». L'azione che riguarda il veneto e sarà gestita dal Gal del Veneto
Orientale, lungo il tracciato della rete Adriabike, che arriva fino a Ravenna,
consiste invece nel trasporto delle biciclette su imbarcazioni nella laguna di
Venezia. Due i collegamenti via mare: il primo tra Bibione e Caorle, che
accorcerà il percorso in bici sulla Adriabike, e il secondo lungo il fiume
Lemene, che collegherà l'entroterra lagunare con le località costiere.«Noi
riteniamo però che Monfalcone non possa essere esclusa dall'intermodalità via
mare - ha detto ieri il sindaco Cisint -. Ora oggettivamente frenati
dall'assenza di fondali nel porticciolo Nazario Sauro, l'interscambio e i
collegamenti via mare devono essere ripristinati non appena verrà effettuato il
dragaggio del canale Valentinis e del porticciolo. Sono un tassello importante
per far conoscere e valorizzare il nostro territorio e quello circostante». A
margine dell'incontro il sindaco ieri ha espresso rammarico per la mancata
approvazione sul programma Italia-Slovenia della seconda fase del Progetto
Julius, incentrato sull'area carsica e portato a modello della passata
programmazione dalla Regione. Il Comune intende quindi sollecitare
l'amministrazione regionale, perché nel paternariato da costituire per i bandi
strategici di prossima uscita, in particolare in quello di Natura 2000 e
infrastrutture verdi, possa essere incluso anche Monfalcone per il completamento
del Centro visite di Pietrarossa per farne uno dei suoi riferimenti regionali.
Per quel che riguarda la cooperazione internazionale allo sviluppo il Comune di
Monfalcone è presente intanto in Montenegro e in Argentina.
Laura Blasich
Rigassificatore, nasce il fronte dei sindaci - I sette
primi cittadini di Veglia annunciano una manifestazione di protesta a Fiume.
Raccolta di firme in tutta la regione
FIUME - Si amplia il fronte della ribellione al rigassificatore off-shore a
Veglia, la principale isola adriatica in campo turistico. A scendere in campo
sono ora tutti i sindaci delle sette municipalità isolane: Veglia città,
Castelmuschio, Dobrinj, Bescanuova, Ponte, Verbenico e Malinska-Dubasnica. I
primi cittadini, riuniti in via straordinaria, hanno bocciato l'impianto
definendolo dannoso per il mare, i pescatori e il turismo. E per dare corpo al
dissenso hanno organizzato una grande manifestazione di protesta contro il
terminal Lng che si terrà il 3 marzo in Corso, a Fiume. Sarà anche promossa una
raccolta di firme in tutta la regione quarnerino-montana contro la promulgazione
della cosiddetta Lex Lng con cui il governo intende agevolare, sotto tutti i
profili, la realizzazione del rigassificatore.«Non siamo isolati nella nostra
opposizione al progetto offshore - ha detto il sindaco di Veglia città Darijo
Vasilic - anche l'Assemblea regionale ha espresso il suo no all'impianto
galleggiante. Sia chiaro che noi non ci opponiamo a un rigassificatore a terra,
peraltro compreso nel Piano regolatore della nostra contea, accettato dallo
Studio di impatto ambientale e che dispone del permesso per l'uso della
superficie. Il governo sta tentando in ogni modo di far passare il progetto
dicendo che si tratta della prima fase, comprendente il rigassificatore
galleggiante, e che nella seconda ci sarà spazio per un impianto sulla
terraferma. Ma su questa seconda fase non ci sono garanzie». Particolarmente
battagliera Mirela Ahmetovic, sindaca del comune di Castelmuschio (Omisalj),
nelle cui acque dovrebbe venire sistemata la gigantesca nave. «Il governo di
centrodestra del premier Andrej Plenkovic ha improvvisamente inserito la parola
galleggiante nel progetto, credendo di farla franca - ha detto Ahmetovic - non
si può andare in modo disinvolto contro i piani regolatori e vari documenti,
contro la Costituzione croata e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
europea. Queste ultime non prevedono la possibilità che un governo imponga un
progetto rifiutato dall'autonomia locale. Spero che l'esecutivo avrà il buon
senso di ascoltare i cittadini e di raggiungere un'intesa con noi in modo
civile, senza mostrare i muscoli». La sindaca di Castelmuschio ha denunciato il
comportamento delle competenti autorità croate, alle quali si è rivolta per
denunciare il problema ma senza ottenere risposta. Ha fatto sapere di avere
scritto alla Commissione europea, alla Banca mondiale e alla Banca europea per
la ricostruzione e lo sviluppo. «Al contrario del muro di silenzio opposto da
Zagabria, Bruxelles e le due istituzioni finanziarie hanno risposto al mio
appello affermando di voler essere informate sulla vicenda e aggiungendo che
verificheranno se nella realizzazione del progetto vengono rispettate leggi e
regolamenti comunitari».
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 febbraio 2018
Ferriera di Servola - Copertura parchi minerari -
Dipiazza boccia la proroga
«Abbiamo formalmente contestato alla Regione Fvg la decisione di concedere
alla proprietà della Ferriera di Servola un'ulteriore proroga per la
presentazione del progetto di copertura dei parchi minerari». Il sindaco di
Trieste Roberto Dipiazza scrive l'ennesimo atto del giuoco delle parti fra
Comune e Regione in ambito di Ferriera. Palazzo Cheba si scaglia contro la
decisione regionale di dare altro tempo all'azienda per presentare il progetto
definitivo ed esecutivo di copertura. Il contesto da cui nasce la critica del
sindaco è la conferenza dei servizi del gennaio scorso, durante la quale il
Comune ha presentato un documento con dei suggerimenti per dimezzare i tempi
burocratici di realizzazione dei parchi. Un testo che la conferenza aveva fatto
propria. Ma che ora, per Dipiazza, la Regione contraddice concedendo più tempo a
Siderurgica triestina. Dice il sindaco: «La proroga è stata concessa
autonomamente senza che ci sia stata nemmeno l'acquisizione dei necessari
elementi di valutazione da parte di tutte le amministrazioni coinvolte, tra cui
il Comune di Trieste che, come noto, aveva sin da subito richiesto e ottenuto in
sede dell'ultima conferenza dei servizi il contenimento proprio di questi
termini». Dipiazza aggiunge poi che il Comune non è stato nemmeno avvisato: «La
Regione non ha mai inviato al Comune alcuna comunicazione relativa all'avvio del
procedimento di esame della richiesta di proroga avanzata da Acciaieria Arvedi
Spa, nonostante questa sia obbligatoria». Il primo cittadino contesta poi la
decisione nel merito: «Il rilascio della proroga, inoltre, risulta avvenuto
senza l'effettiva verifica delle ragioni adottate da Acciaieria Arvedi Spa. Non
risulta, infatti, espletata un'adeguata istruttoria, come dimostrato dal fatto
che tutte le amministrazioni coinvolte non sono state invitate a esprimere le
proprie valutazioni». Il sindaco chiede quindi all'ente regionale di tornare sui
suoi passi: «In considerazione delle ragioni di dissenso alla proroga che
abbiamo già avuto modo di evidenziare formalmente, si chiede ora
all'Amministrazione Regionale di procedere in autotutela all'annullamento
d'ufficio dell'ulteriore proroga concessa». Conclude Dipiazza: «Come avevamo già
segnalato alla Regione, considerati ed evidenziati gli obblighi a carico della
società, l'inadempienza già in precedenza alla medesima contestazione e la non
ragionevolezza della richiesta di proroga formulata a fronte dei rilevanti
interessi pubblici al rispetto della tempistica in precedenza indicata, non
possiamo che manifestare il fermo diniego alla concessione della proroga dei
termini per la presentazione dei progetti definitivo ed esecutivo».
Giovanni Tomasin
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 febbraio 2018
Dubbi e disagi per la raccolta differenziata - Ad
Aquilinia residenti e commercianti si interrogano su tempi ed efficienza del
nuovo sistema porta a porta
MUGGIA «Incontri singoli presso ciascun pubblico esercizio da effettuare
entro la data prevista per l'avvio del servizio di raccolta differenziata dei
rifiuti», ossia entro il primo marzo. Era questa la promessa scritta lasciata
dall'assessore all'Igiene urbana di Muggia non meno di dieci giorni fa. Una
promessa letta durante l'ultima riunione del Consiglio comunale in risposta
all'interrogazione promossa da M5S, Obiettivo comune per Muggia e Meio Muja che
chiedevano le modalità del "porta a porta" per i locali pubblici. Ma ad
Aquilinia pare che non sia andata proprio così. «Mi hanno consegnato sei bidoni,
piccolissimi, che riempiremo in mezza giornata. Non abbiamo ricevuto nessun
preavviso», racconta basito Giovanni Di Bari, titolare del bar Zaule ad
Aquilinia. «Mi chiedo dove dovremmo tenerli visto che il vetro verrà raccolto
ogni settimana e l'umido addirittura ogni due settimane. In bar? Nel magazzino
assieme a cibo e bevande? Tra i tavoli dei clienti? Lascio immaginare il disagio
tra ingombro, puzza e rischio pantigane». Di Bari ha aggiunto poi la perplessità
sul fatto di separare i mozziconi delle sigarette (indifferenziata) dalla cenere
(nell'umido). E non sono mancate le critiche politiche. «Avrei gradito una
risposta sincera del tipo "non ci sono i tempi", ma non condivido la scelta di
mentire in Consiglio per coprire l'inadeguatezza delle soluzioni adottate»,
racconta Emanuele Romano, capogruppo M5S. Il capogruppo Roberta Vlahov (Ocpm)
rincara la dose: «Nessuno si è ancora fatto vivo negli esercizi e in gran parte
delle abitazioni muggesane, come invece era stato detto per iscritto
dall'assessore Litteri, nella risposta alla nostra interrogazione». Caustica
Roberta Tarlao (Meio Muja): «Il risultato è un menefreghismo totale. E non mi si
dica che è colpa di Net perché Net è il braccio operativo del Comune e lo
scaricabarile dell'amministrazione dimostra ancora una volta la totale
incompetenza». Chiamata più volte in causa l'assessore all'Igiene urbana Laura
Litteri ha fornito una serie di risposte. In primis al titolare del bar Zaule:
«Il signor Di Bari ha ricevuto il kit, in quanto residente al medesimo
indirizzo. Possiamo però rassicurarlo che, come tutte le altre attività
commerciali, anche la sua sarà protagonista di una valutazione mirata esito di
un confronto con i funzionari Net, ai quali potrà sottoporre la sua casistica».
L'esponente della Giunta Marzi ha poi replicato al consigliere Romano
evidenziando come «le risposte siano state sincere» e «che i tempi rispondono ad
una cronologia ben predisposta da Net sulla base della sua decennale esperienza
in questo settore». Litteri ha poi puntualizzato di avere «fiducia nell'azienda»
e ha infine evidenziato come «ogni cambiamento comporta il disorientamento. Sono
preoccupazioni legittime ed è per questo che cambiamenti quali il sistema di
raccolta dei rifiuti rappresentano ancor più una sfida importante».
(r.t.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 5 febbraio 2018
Studenti, artigiani e neosposi fanno rivivere la zona
Urban - Assegnati i primi alloggi nelle palazzine ex Erdisu ora diventate
proprietà comunali
Canoni mensili da 280 euro per un bilocale. In arrivo il bando per altri
40 alloggi
Dalla finestra ammirano gli archeologi e i restauratori all'opera per far
tornare alla luce gli antichi scavi della Trieste romana. «Qui si sta molto bene
ed è conveniente - esclama un giovane -, mai più potrei permettermi un
appartamento in questa zona secondo i prezzi reali di mercato». Canoni d'affitto
da 140 euro a testa per un bilocale. Cifre stracciate proprio per venire
incontro a una certa tipologia di esigenze. Capita a chi abita uno dei 61
appartamenti posizionati in zona Urban che, fino al 2016, erano in mano all'Erdisu
ora Agenzia regionale per il diritto agli studi superiori (Ardiss), e che poi
sono ritornati al proprietario, il Comune. «Abbiamo consegnato le chiavi già di
18 appartamenti ai giovani studenti alle accademie del Nautico e del Volta -
comunica Lorenzo Giorgi, assessore al Patrimonio -, una a carattere industriale
e l'altra legata alle attività marittime. Altri sette invece sono locali
commerciali al piano terra, quasi tutti assegnati negli scorsi mesi tramite un
bando ad artigiani, tecnici o piccoli imprenditori, che hanno aperta specifiche
attività». Ora manca l'ultima sfornata di circa 40 alloggi che, sempre tramite
bado pubblico, saranno destinati a uso turistico e a una piccola nicchia
riservata a giovani coppie che, nell'attesa di trovare una sistemazione
definitiva, potranno usufruire di prezzi molto abbordabili per un tempo
prestabilito. Anche se su quest'ultimo punto la giunta non ha preso ancora una
decisione definitiva. Ci sarà uno spiraglio anche per le unioni civili? Il
dibattito aveva già preso il sopravvento lo scorso anno, quando Giorgi aveva
accettato come raccomandazione una mozione del Pd, che invitava a prendere in
considerazione anche i sottoscrittori di unioni civili come possibili
destinatarie della proposta. Intanto questa porzione della città torna a vivere
una seconda giovinezza con le palazzine ora nuovamente, e finalmente, abitate.
L'idea di utilizzare gli edifici, una decina, dislocati tra via Capitelli, via
Trauner e via Pozzo di Crosada, secondo affittanze agevolate, era stata lanciata
in passato da Roberto Cosolini, che aveva ipotizzato una nuova riorganizzazione
degli affitti in stile low cost nel momento in cui questo patrimonio immobiliare
sarebbe ritornato al Comune. Spuntavano anche i ragazzi del Nautico e del Volta,
che ora già abitano i bilocali o trilocali della palazzina rosa tra via dei
Capitelli e via Pozzo di Crosada e di una di quelle accanto. Hanno età diverse,
ma sempre sotto i 30 anni. Salpano in mare ogni sei mesi e in questo modo c'è
sempre un continuo ricambio. Gli spazi adibiti ad attività commerciali che si
trovano invece ai piani bassi dei palazzi sono stati sfruttati attraverso
diverse modalità. C'è chi vende oggetti antichi, chi prodotti tipici del
territorio italiano. Dovrebbe aprire a breve in una delle tre vie anche un
take-away. Due invece sono diventati un deposito e un ufficio di liberi
professionisti. Un altro paio dovrà essere rimesso al bando. Stesso destino
della quarantina di appartamenti che rimangono a disposizione. Circa 37 sono in
cerca di una società che possa gestirli a uso turistico. «È un'occasione
imprenditoriale che può essere giocata molto bene. Tutti gli alloggi sono come
nuovi - spiega Giorgi -. Se dovessero essere usati come ricettività di lusso,
certo bisognerebbe fare un piccolo investimento, altrimenti sono perfetti».
Nello stesso bando rientrano quelli dell'iniziativa "Sposi 3.0". Si tratta
sempre di bilocali o trilocali da affittare a prezzi tra i 200 e i 300 euro
spese comprese. Il parere della giunta per quest'ultima quarantina di immobili è
stato favorevole, ma non è stato ancora deliberato. Restano da decidere appunto
i precisi destinatari del programma dedicato alle giovani coppie. «Proprio per
far sì che questi spazi vadano a sposi con figli arrivati da poco o in arrivo -
specifica Giorgi -, la coppia dovrà essere "riconosciuta". Stiamo verificano se
unicamente con matrimonio o eventualmente anche con l'unione civile, d'altronde
il nome casa degli sposi delinea bene lo scopo finale».
Benedetta Moro
Case degli orrori a Gretta, demolizione finita - Al
posto degli edifici in via Gradisca e in via Gemona sorgeranno 86 nuovi
appartamenti, sempre Ater
Sono stati tutti demoliti gli edifici Ater di Gretta, i cinque condomini
costruiti negli anni Cinquanta, su via Gradisca e via Gemona. L'intervento di
smantellamento era iniziato a fine dicembre. Al posto dei fabbricati sorgeranno
nuove case, sempre Ater, con 86 appartamenti, parcheggi interrati e giardini,
con il cantiere al via tra qualche mese. Per il momento rimane un'enorme distesa
di calcinacci e in tanti, nei giorni scorsi, si sono fermati a curiosare, a
osservare i cumuli di macerie, dove per decenni trovava posto il grande
comprensorio di edilizia popolare, tristemente noto, dopo la dismissione degli
alloggi, anche per l'omicidio di Giovanni Novacco. Della palazzina dove il
giovane venne ucciso resta in piedi solo una piccola porzione di muro, mentre
sulla ringhiera verso la strada c'è ancora un piccolo mazzo di fiori e un
fiocco, che ricordano quella vita spezzata nell'estate di sette anni fa. Le
ruspe erano entrate in azione lo scorso 27 dicembre e una parte di quel
condominio era stata la prima a crollare sotto la forza delle macchine. Poi una
dopo l'altra, anche le altre case sono state demolite, dopo un rafforzamento
della recinzione, per impedire ai "non addetti ai lavori" l'ingresso all'area,
più volte in passato meta di vandali. Il mare di mattoni che ha invaso tutta la
zona è ciò che resta di abitazioni storiche per il rione, le prime erano state
edificate nel 1950 in via Gemona, seguite da tutte le altre, ambienti in grado
di ospitare famiglie intere per generazioni, divenute poi troppo piccole per le
esigenze moderne. Ma soprattutto richiedevano una messa a norma di impianti e
parti strutturali, che avrebbero richiesto interventi troppo radicali, da qui la
decisione dell'Ater di demolire tutto e ricostruire. Gretta ha atteso per anni
l'intervento attuale. Un sospiro di sollievo per molti residenti, che spesso
avevano denunciato il pessimo stato in cui versavano, soprattutto negli ultimi
tempi, gli edifici a ridosso della strada, mentre i cortili erano diventati
depositi per immondizie. L'immagine dell'area è destinata a cambiare entro la
fine del 2018. I nuovi appartamenti saranno più grandi e non porteranno via
posti auto ai residenti, grazie al park interrato. A completare il tutto
giardini e spazi di aggregazione che porteranno, come aveva sottolineato a
dicembre Antonio Ius, direttore dell'Ater di Trieste, a una vera e propria
"rigenerazione urbana".
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 febbraio 2018
Alleanza Muggia-Slovenia per dire no al metanodotto -
Ricorso anche della vicina repubblica contro l'ok ambientale al progetto Snam
«Conseguenze negative per la sicurezza e la salute del territorio e delle
persone»
MUGGIA - La Slovenia sarà alleato del Comune di Muggia nel ricorso al Tar
del Lazio contro il metanodotto. La notizia era già nell'aria, ma ora è
diventata ufficiale. Il governo della vicina repubblica ha presentato ricorso
davanti alla giustizia amministrativa italiana al fianco del Comune di Muggia,
della Regione Friuli Venezia Giulia e del Comune di Ancarano. L'amministrazione
comunale di Muggia si era già espressa lo scorso novembre contro il Ministero
dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ma anche contro la
società Snam rete Gas spa e contro la società Gas Natural Rigassificazione
Italia spa. Motivazione? La cittadina rivierasca chiede l'annullamento del
decreto del ministero con il quale, di concerto con il Ministro dei Beni e delle
Attività culturali e del Turismo, è stata disposta la compatibilità ambientale
del progetto del metanodotto "Trieste-Grado-Villesse" presentato dalla Snam. In
particolare sono stati posti sotto la lente d'ingrandimento i pareri tecnici
emessi negli anni dalla Commissione tecnica di valutazione dell'impatto
ambientale, sulla base dei quali si è espresso il ministero. Il rischio
rigassificatore sembrava ormai svanito pochi mesi fa, quando invece è stato
proposto il progetto del metanodotto: due impianti, in realtà, strettamente
connessi tra loro. L'intreccio si evince a chiare lettere dal decreto
ministeriale, in cui il metanodotto è definito un'opera «direttamente collegata
alla realizzazione del rigassificatore (nuovo terminale Gnl localizzato nel
porto di Trieste - Zaule) proposto dalla Società Gas Natural Italia Spa», la
quale «ha presentato richiesta di allacciamento alla rete di metanodotti di Snam
Rete Gas». Da sempre nettamente contraria al progetto, il sindaco muggesano
Laura Marzi ricorda l'azione promossa dal Comune: «La nostra Regione e tutte le
amministrazioni territoriali interessate hanno da tempo espresso l'assoluta
contrarietà in merito alla realizzazione dell'impianto di rigassificazione,
anche mediante la presentazione di diversi ricorsi dinanzi all'autorità
giurisdizionale competente del Tar del Lazio. Il Comune di Muggia ne ha, in
particolare, promossi ben tre». Marzi ha poi evidenziato l'importante ruolo
ricoperto dalla vicina repubblica: «La Slovenia in passato è già stata al nostro
fianco contro il progetto del rigassificatore, condividendo con noi la forte
contrarietà che ora di nuovo ci vede, insieme, contro il metanodotto e, di
conseguenza, il rigassificatore a quello strettamente connesso. Ritrovarci di
nuovo fianco a fianco all'avvocatura dello Stato sloveno è un supporto
importante, ma anche una conferma di quanto questo progetto sia egualmente
inconcepibile e inaccettabile da parte di tutto il territorio coinvolto, al di
là dei confini nazionali». Rappresentata dagli avvocati Peter Mocnik e Aldo
Fontanelli, la Repubblica di Slovenia è scesa in campo a sostegno di quanto già
presentato da Comune di Muggia, Regione Fvg e Comune di Ancarano, con un ricorso
che sottolinea come dal progetto del metanodotto "Trieste-Grado-Villesse"
derivino «conseguenze negative per la sicurezza e per la salute, dell'ambiente
del mare, del territorio e soprattutto delle persone, con effetti anche
transfrontalieri vista la prossimità del confine con la Slovenia, con cui
l'Italia divide parte della zona marittima interessata dai suddetti progetti»
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - SABATO, 3 febbraio 2018
Ferriera, tutti contro tutti - L'azienda attacca il M5S
- Comunicato di Siderurgica contro Patuanelli: «Da lui dichiarazioni
diffamatorie»
Flop della commissione congiunta: Barbieri non si presenta. Pd critico su
Polli
Tutti contro tutti sulla Ferriera di Servola. L'azienda attacca il candidato
parlamentare del M5S Stefano Patuanelli, definendo «diffamatorie» le sue
affermazioni sul mancato rispetto dell'Accordo di programma. Nel frattempo si è
rivelata un buco nell'acqua la commissione congiunta che ieri mattina doveva
svolgersi alla presenza del consulente comunale Pierluigi Barbieri. Il tecnico
ha infatti dato forfait all'ultimo per motivi personali. Prosegue anche la
polemica sull'uscita dell'assessore all'ambiente Luisa Polli sul piano acustico:
il Pd e l'ex sindaco Roberto Cosolini criticano l'esponente della giunta
auspicando che «inizi ad amministrare». La commissione congiunta doveva riunire
la I e la VI, ma ieri mattina il presidente Antonio Lippolis (Lega Nord) ha
inviato un sms a tutti i consiglieri chiedendo loro di non presentarsi, poiché
Barbieri ha fatto sapere di non poter partecipare. Va detto che nei giorni
scorsi lo stesso sindaco Roberto Dipiazza aveva espresso qualche perplessità
sull'idea di esporre i risultati del lavoro di Barbieri in una commissione
anziché in conferenza stampa. Inviando il messaggio, Lippolis ha abbattuto di
molto i costi della commissione, che altrimenti avrebbe superato i 2 mila euro.
Così solo quattro consiglieri si son presentati. Commenta il consigliere:
«Barbieri ha avuto un impedimento, può succedere. Era comunque corretto
prevedere un momento del genere, perché il consiglio deve interessarsi di un
problema serio come quello di Servola». Il gruppo consigliare del Pd ricorre
invece all'ironia per commentare il fatto: «La lettura del Piccolo deve aver
fatto andare di traverso la colazione a più di qualcuno stamattina, al punto da
generare dei virus che hanno improvvisamente impedito la convocazione delle
commissioni I e VI per l'illustrazione della relazione del consulente Barbieri.
E un problema di salute devono averlo avuto anche i dispositivi tecnologici di
alcuni consiglieri di maggioranza, perché sono venuti nonostante i messaggi
inviati dai presidenti Lippolis e Porro, con cui si informava dell'assenza del
professor Barbieri e si invitava a non presentarsi per non gravare sulle casse
comunali». Il Pd si chiede se la ragione non sia la ricerca del gettone: «Ancora
una volta (non è la prima) grande senso di responsabilità da parte delle
opposizioni e mancanza di coordinamento, per usare un eufemismo, da parte di chi
amministra, che dovrebbe perfezionare un po' la programmazione». I consiglieri
dem si rivolgono poi a Polli: «Dopo più di 19 mesi passati a fare comunicati,
conferenze stampa e a scrivere su Facebook sarebbe il caso che cominciasse ad
amministrare. È più complesso ma più utile per la collettività e di sicuro dà
maggiori soddisfazioni; peraltro, almeno a giudicare dagli ultimi post, molto
probabilmente le riuscirebbe meglio». Sul tema interviene anche Cosolini: «Polli
è insediata da più di un anno e mezzo. È il caso che inizi a spiegare quello che
fa lei invece di lamentarsi di quello che è stato o non è stato fatto ormai più
di due anni fa». Infine il comunicato con cui Siderurgica triestina attacca
Patuanelli per le sue dichiarazioni sul mancato rispetto dell'Accordo di
programma. L'azienda «ribadisce con forza, documenti e dati alla mano, che l'Adp
è rispettato e che ad oggi il sito di Servola è l'unico Sin ai sensi
dell'articolo 252 bis su cui sono in corso interventi di recupero ambientale e
risulta quasi completamente risanato». ST definisce «inaccettabili e
diffamatorie» le «gravi» affermazioni di Patuanelli: «Riferite a scenari
inesistenti e non fornite di alcuna prova. Preoccupa e amareggia che un soggetto
che ricopre ruoli istituzionali asserisca pubblicamente tali dichiarazioni, non
corrispondenti al vero e fuorvianti, proprio, ma probabilmente non a caso, nel
corso del periodo elettorale». L'azienda dice che tutelerà la propria «immagine»
«in ogni modo» e invita Patuanelli a visitare lo stabilimento. Il candidato
risponde invece che il mancato rispetto coinvolge «l'impatto acustico e il
progetto di confinamento e copertura delle aree a parco». Patuanelli auspica la
chiusura dell'area a caldo e chiosa: «Ritengo che diffamatorio, per i cittadini,
sia dichiarare che tutto va bene dopo tutti gli episodi di spolveramento che
hanno interessato l'intera città. Sono commosso dall'invito di visitare lo
stabilimento: io invito Siderurgica Triestina a stendere il bucato in un
poggiolo in via del Ponticello».
Giovanni Tomasin
Raccolta dei rifiuti, nuova serie di incontri - Il
Comune di Muggia ha reso note le date degli appuntamenti sulla differenziata. Si
inizia il 6 febbraio
Il Comune di Muggia ha stilato un nuovo calendario degli incontri pubblici
sulla raccolta differenziata "porta a porta". La ricomposizione delle date si è
resa necessaria dopo l'annullamento dell'appuntamento in zona Aquilinia
cancellato dopo l'incendio che ha colpito la sala Primavera dell'asilo. Il primo
incontro, che riguarderà il centro cittadino, si svolgerà martedì 6 febbraio
alle 19 al Teatro comunale "Giuseppe Verdi". Il giorno dopo appuntamento alla
scuola materna di Fonderia "Il Giardino dei Mestieri" alle 17.30. Ad Aquilinia
ci si incontrerà invece il 19 febbraio alle 19 all'interno della palestra. Il 21
marzo in sala Millo (in piazza della Repubblica) alle 17.30. L'ultimo incontro
nella scuola materna di Chiampore alle 17.30. Durante gli appuntamenti i tecnici
della Net illustreranno il nuovo sistema di raccolta che entrerà in vigore il
primo marzo. E intanto il Comune ha fornito alcune risposte alle domande più
frequenti. «Se in casa non ho spazio per tenere il kit della differenziata, come
faccio?». Ecco la risposta: «Ogni utenza si può organizzare in funzione dei
propri spazi. Il "porta a porta" è un sistema che responsabilizza in primo luogo
proprio sulle quantità di rifiuti prodotta giornalmente. Il primo suggerimento è
quello di impegnarsi per ridurre la produzione. È già prevista, inoltre, la
massima disponibilità nell'affrontare casistiche particolari». Pronta anche la
risposta al quesito vento: «Come ci si deve comportare in caso di bora
persistente anche oltre una settimana? Il mezzo per la raccolta effettua il
passaggio anche in caso di bora, ma non si deve posizionare il bidone in zone
esposte e in assenza di ancoraggio». Tra i quesiti più gettonati poi c'è il
perché il Comune abbia scelto di cambiare le modalità del servizio di raccolta
rifiuti. Molteplici le motivazioni: «Fra queste, alcune considerazioni non
sottovalutabili quali il fatto che la produzione pro-capite di rifiuti cresce
costantemente: ogni cittadino di Muggia produce in media 590 kg all'anno. Basti
pensare che nel 2016 e 2017 la percentuale di differenziata a Muggia è stata
circa del 47% e l'obbligo europeo prevede di raggiungere almeno il 65% di
raccolta differenziata".
(r. t.)
No del Quarnero al rigassificatore di Veglia - Le
autorità locali replicano a Zagabria che ha definito strategico l'impianto off
shore
VEGLIA È arrivata immediata la risposta delle autorità locali alla posizione
esplicita presa da Zagabria sul rigassificatore di Veglia. Nella sua ultima
riunione il governo croato ha messo in pratica quanto annunciato: l'impianto
galleggiante di Castelmuschio (Omisalj) è stato definito d'importanza strategica
per la Croazia, pronta dunque a fare di tutto perché entri in funzione a fine
2019. E non è tutto perché l'esecutivo croato di centrodestra promulgherà la
cosiddetta lex Lng, norma che velocizzerà la costruzione del rigassificatore
offshore. Non si sono fatte attendere le reazioni dal Quarnero, regione compatta
contro quello che viene descritto come il "mostro marino": una nave lunga 300
metri, larga 100 e alta come un grattacielo di 17 piani. Un gigante - fanno
notare i detrattori - nell'azzurro golfo di Fiume, pieno di strutture turistiche
e con acque ancora abbastanza pescose. La prima a farsi viva sul progetto, dopo
che Zagabria ha deciso di non portare a termine il tanto sbandierato rapporto di
partenariato con la regione quarnerino-montana, è stata la sindaca di
Castelmuschio, Mirela Ahmetovic. Giovane e senza peli sulla lingua, Ahmetovic ha
tuonato contro la delibera governativa, bollandola come illegale e
anticostituzionale. «Sono e siamo contrari in questo Comune alla collocazione di
un simile impianto a due passi dalle nostre case - ha detto - noi abbiamo nel
turismo il principale ramo economico, con il rigassificatore che darebbe un
colpo mortale al settore. Se a ciò aggiungiamo la tecnologia contemplante il
raffreddamento del mare e l'utilizzo di cloro, allora siamo ben messi. Posso
contare sull'appoggio delle altre municipalità di Veglia e della Contea del
Quarnero e Gorski kotar, il cui Piano regolatore prevede solo ed esclusivamente
il rigassificatore sulla terraferma e non in mare, sulla falsariga del nostro
documento regolatore. Siamo di fronte pertanto ad un progetto illecito e
anticostituzionale».«Come pensa il governo di modificare questi piani? Vogliono
costringerci con la forza ad accettare il rigassificatore offshore, oppure
intendono abolire il comune di Castelmuschio?», gli ha fatto eco il governatore
della contea, Zlatko Komadina, il quale ha ribadito ancora una volta che la
Regione altoadriatica non è affatto contraria al terminal metanifero, ma non
vuole vederlo collocato nelle acque dell'isola. Lo stesso concetto è stato
rimarcato in sede di Parlamento (il Sabor) dal deputato socialdemocratico ed ex
vice sindaco di Fiume, Zeljko Jovanovic, il quale ha pure parlato di
comportamento anticostituzionale del governo, che agirebbe «a favore d'interessi
d'oltreconfine, camuffati con il nome pomposo di progetto strategico».
(a.m.)
IL PICCOLO - VENERDI', 2 febbraio 2018
Piano acustico di Servola - Bufera per il post di Polli
- L'assessore su Fb: «La Regione ce lo chiede perché è a favore dell'azienda»
La replica: «Parole gravissime». Siderurgica triestina valuta
«contromosse»
«Vi siete chiesti perché la Regione chiede il piano acustico anche in
stralcio? Perché è a favore di Siderurgica triestina». Ci va giù pesante
l'assessore all'ambiente del Comune di Trieste, Luisa Polli, nel commentare su
Facebook la richiesta di piano acustico che la Regione ha rivolto al Comune
stesso nei giorni scorsi. Un'affermazione che provoca la reazione dell'assessore
regionale Sara Vito e dell'azienda stessa, che pare stia vagliando delle
«contromosse». Il commento di Polli compare sul gruppo Fb "Basta Ferriera". Dopo
aver detto che la bozza di piano attualmente in possesso del Comune è favorevole
all'azienda, aggiunge che per questo motivo è stato tenuto fermo. L'assessore
precisa poi, parlando con la stampa: «Nei giorni scorsi la Regione ci ha chiesto
di approvare il piano acustico comunale, o almeno uno stralcio riguardante
Servola. Altrimenti, dicono, non possono dare indicazioni alla proprietà. Fatto
sta che subito dopo hanno emanato un provvedimento per imporre limiti alla
Siderurgica triestina. Questo perché le norme vigenti possono essere applicate
anche senza il piano comunale». Ma perché il Comune è ancora privo di piano?
L'ex assessore all'ambiente del centrosinistra Umberto Laureni spiega che «la
precedente amministrazione comunale aveva appaltato a uno studio di consulenza
la realizzazione di detto piano, la cui conclusione era prevista entro il 2016».
Laureni respinge le parole della Regione, secondo cui nulla è stato fatto: «Mi
auguro invece che venga giustificato il ritardo rispetto alla data prevista».Polli
precisa però che quel piano «non è accettabile»: «Inserisce le case prossime
alla Ferriera nella fascia acustica pari a quella dello stabilimento o di poco
inferiore. Una posizione per noi insostenibile. Ho dato mandato agli uffici
perché stabiliscano delle nuove fasce, che tutelino la salute di chi vive a
ridosso della fabbrica». Nel frattempo, aggiunge, il Comune preferisce tenere
ferma la bozza approntata dalla giunta precedente: «Non c'è un obbligo cogente
ad approvare il piano. In queste condizioni è meglio aspettare la nuova versione
dello strumento, che sottoporremo anche al ministero della Salute, prima di
approvarlo».Risponde l'assessore regionale Vito: «La Regione ha richiesto al
Comune l'adozione del Piano di classificazione acustica non "per provocare", ma
perché a marzo saranno passati quattro anni dalla scadenza del termine entro il
quale il Comune, in ottemperanza a quanto previsto dalla legge, avrebbe dovuto
approvare il Piano di classificazione acustica, come è invece già stato fatto da
molti altri Comuni della regione. Non si tratta di un atto che il Comune può
quindi decidere di fare o non fare a proprio piacimento».Per quanto riguarda in
particolare la questione di Servola, dice Vito, «la Regione sta imponendo ad
Arvedi il rispetto di normative che sono sì vigenti, ma che sono nate per essere
applicabili solo in via temporanea, fino all'approvazione del piano di
classificazione acustica». Inoltre, aggiunge, «qualora l'attuale giunta comunale
non concordi con i contenuti delle bozze già predisposte, può ricominciare
l'iter e adottare un piano che presenti eventualmente limiti più stringenti, che
anche lo stabilimento siderurgico sarebbe ovviamente chiamato a rispettare».
Questa la conclusione di Vito: «Attualmente quindi la Regione ha imposto con
diffida il rispetto dei limiti vigenti, per quanto transitori, e avrebbe potuto
imporre il rispetto dei diversi limiti fissati dal piano di classificazione
acustica se il Comune lo avesse adottato. Irricevibile e gravissimo quanto
divulgato sui social media dall'assessore Polli: la Regione è assolutamente
imparziale nell'applicare leggi e norme». Quanto all'azienda, Siderurgica
triestina non commenta, ma fa sapere di star vagliando delle «contromosse». Non
è da escludere, quindi, che tra queste siano incluse anche le vie legali.
Giovanni Tomasin
Scontro aperto da inizio mandato - Dall'impegno sui 100
giorni del sindaco Dipiazza alle richieste di rivedere l'Aia
Lunga è la lista dei bisticci fra Comune e Regione in materia di Ferriera di
Servola. Se su altri temi il sindaco Roberto Dipiazza non fa mistero d'andare
d'amore e d'accordo con la presidente regionale uscente Debora Serracchiani, su
questo i due enti si prendono a capocciate virtuali fin dal primo giorno della
giunta triestina. Si è cominciato subito con l'annuncio dei 100 giorni, entro i
quali il sindaco diceva che avrebbe compiuto i passi necessari per la chiusura
dell'area a caldo. Una dichiarazione che ha portato molti a rinfacciargli (a dir
il vero storcendo un po' il bastone) di aver promesso la chiusura entro quella
data. La linea del Comune in seguito è rimasta la stessa: era il dicembre 2016
quando Dipiazza, partecipando a una fiaccolata organizzata a Servola, diceva:
«Se non faccio sparire questo cancro dalla città, me ne vado». Per farlo il
Comune si è dotato di un supporto inaspettato: Pierluigi Barbieri, assessore
all'ambiente in pectore dell'ipotetico Cosolini bis, reclutato come consulente
tecnico del Comune. Già a fine gennaio 2017 da palazzo Cheba si levava la
richiesta di revisione dell'Aia, un ritornello che si è ripetuto molto spesso
nei mesi successivi. «Riaprano l'Aia o ricorreremo alla Corte di giustizia
europea», diceva l'assessore all'ambiente Luisa Polli. Finora, però, le
richieste del Comune non hanno portato al risultato agognato. Gli uffici tecnici
della Regione hanno rilevato che le risultanze portate dal Comune per
giustificare la revisione non erano sufficienti. A quella prima richiesta gli
uffici regionali hanno risposto come segue: «Come viene spiegato nella
comunicazione al Comune, in primo luogo abbiamo rilevato che l'istanza non
conteneva alcun elemento di novità. In base infatti al decreto legislativo che
detta norme in materia ambientale, una richiesta di riesame avrebbe potuto
essere presa in considerazione esclusivamente solo in presenza di una serie di
ipotesi tassative, puntualmente elencate, che in questo caso non sussistono».
Gli episodi di contrasto non sono mancati nei mesi successivi. I fenomeni di
"spolveramento", ovvero le nuvole nere che si levavano dai parchi minerali dello
stabilimento nelle giornate di bora, hanno dato modo a tutti gli attori
coinvolti di discutere sulla copertura dei parchi stessi. Da farsi entro qualche
l'anno per l'azienda, da farsi subito per il Comune e via dicendo. Gli ultimi
capitoli di questa storia infinita (che al contrario del libro di Michael Ende
ha ben poco di fiabesco) hanno visto il Comune annunciare il ricorso a un pool
di avvocati per poter ricorrere anche in sede legale contro l'azienda.
Recentissima poi la richiesta formale di revisione dell'Aia che a inizio anno il
sindaco Dipiazza ha inviato alla Regione. Forte, stavolta, di dati emersi da
un'indagine affidata dalla Procura di Trieste a un tecnico esterno. A sostegno
della sua tesi, il Comune ha portato anche la risposta dell'Azienda sanitaria
sui rischi collegati alla presenza di benzene nell'area prossima allo
stabilimento servolano. Elementi che l'ente spera possano costituire quella
«serie di ipotesi tassative, puntualmente elencate» che gli uffici regionali
richiedono.
g. tom.
Oggi Barbieri presenta la sua relazione
È attesa per stamane, con tanto di consiglieri frementi, la duplice
commissione consigliare in cui il consulente del Comune sulla Ferriera,
Pierluigi Barbieri, dovrebbe presentare i contenuti della sua relazione sullo
stabilimento. Si tratta di un momento voluto con forza dai consiglieri di
maggioranza: in un momento di accesa campagna elettorale, anche gli eletti in
consiglio cercano di finire sotto i riflettori che si accendono automaticamente
quando si parla di Ferriera. In un primo momento l'iniziativa aveva incontrato
la contrarietà del sindaco Roberto Dipiazza (in questi giorni fuori città) che
intendeva invece esporre i risultati della relazione assieme a Barbieri in
un'apposita conferenza stampa. L'insistenza della maggioranza, però, ha portato
il sindaco a desistere e a concedere il suo assenso alla commissione congiunta.
Resta qualche perplessità di carattere, se vogliamo, monetario: una commissione
congiunta costa circa 2mila euro, soltanto in gettoni per i consiglieri, mentre
una conferenza stampa ne costa zero. È un'osservazione che in questi giorni ha
girato con insistenza fra i corridoi del Comune. La considerazione non deve aver
però convinto il presidente Antonio Lippolis (Lega Nord), che la commissione
l'ha convocata. Non resta che ascoltare il contenuto della relazione di
Barbieri.
(g.tom.)
La Cimolai «coprirà» le polveri dell'Ilva - Al via i
lavori di un'opera mastodontica
ROMA - Partono i lavori della copertura dei parchi minerari dell'Ilva di
Taranto: l'incarico è stato affidato alla società friulana Cimolai. I tempi
previsti per la realizzazione delle opere sono 24 mesi per ogni parco. Dunque il
2020 sarà l'anno senza polveri. Intanto resta alta la tensione fra istituzioni
centrali e locali mentre i sindacati, impegnati in tavoli che qualcuno di loro
definisce «quasi virtuali», chiedono di poter capire finalmente se ArcelorMittal
è disponibile a garantire tutti e 14.000 di addetti del gruppo Ilva. «È un'opera
che non ha eguali al mondo, sicuramente la più grande». Così Luigi Cimolai,
presidente dell'omonimo gruppo che si è aggiudicato la commessa illustrando ieri
i dettagli del progetto in una conferenza all'interno della fabbrica.
L'investimento complessivo per la realizzazione dell'opera è di circa 300
milioni di euro. Per la realizzazione saranno utilizzate 60mila tonnellate di
acciaio, 200mila metri cubi di calcestruzzo, 10mila tonnellate di armature e
24mila metri di pali di fondazione, per un totale di 700 mila metri quadrati di
copertura. In via preliminare verranno coperte le zone dei parchi più vicine al
quartiere Tamburi per poi proseguire lungo il resto dell'area prevista. «La
verifica della geometria strutturale dell'opera - ha spiegato Cimolai - è stata
effettuata tramite misurazioni, all'interno della galleria del vento, di azioni
aerodinamiche su un modello in scala rappresentante la costruzione e l'ambiente
circostante». Non è prevista una bonifica della falda nè la realizzazione di una
pavimentazione. «Non ci sono - ha aggiunto Cimolai - problematiche particolari.
È stato tutto studiato prima dal punto di vista geotecnico». La copertura dei
parchi, si legge nel documento presentato al Mise nelle scorse settimane, sarà
«un'opera di dimensioni notevoli. La copertura del solo parco minerale investirà
un'area in grado di contenere 28 campi di calcio, sarà alta quasi 80 metri e
larga 254 metri». Il Mise ha disposto che i commissari dell'amministrazione
straordinaria Ilva, Gnudi, Carrubba e Laghi, aprano il cantiere dei lavori anche
se Am Investco - che realizzerà l'investimento in questione per 375 milioni di
euro - non è ancora formalmente subentrata alla guida dell'azienda.
L'amministrazione straordinaria si avvarrà temporaneamente «delle risorse
rinvenienti dal prestito obbligazionario» previsto del decreto legge numero 1
del 2015 (i fondi della transazione Riva, un miliardo e 80 milioni).
Nascerà a Pianezzi il primo orto sociale dei muggesani
- L'Uti giuliana ha finanziato il progetto con 300mila euro - Verrà
riqualificata un'area di quattro ettari ora inaccessibile
MUGGIA - In un lotto di terreno agricolo di circa 4 ettari sorgerà il nuovo
orto pubblico di Muggia. "Promozione di forme di agricoltura sociale o di altre
filiere di economia solidale, in raccordo con il Terzo settore": è questo il
titolo del progetto che l'Uti Giuliana ha deciso di supportare finanziando il
Comune di Muggia con 300mila euro. Entusiasta l'assessore alle Politiche sociali
Luca Gandini: «Non solo andremo a riqualificare un'area verde all'interno del
nostro territorio, ma la stessa potrà diventare luogo di incontro e di
integrazione intergenerazionale per giovani, anziani, famiglie, disoccupati e
lavoratori».L'area protagonista di questa importante riqualificazione è un lotto
di terreno di forma rettangolare in località Pianezzi, appartenente al Comune di
Muggia, con destinazione urbanistica E6 - "aree agricolo produttive" di circa
quattro ettari di estensione. Le zone interessate dall'intervento risultano
oggigiorno per la maggior parte inaccessibili a causa della presenza di
vegetazione infestante e non sono dotate di alcun tipo di recinzione
perimetrale. In tal senso il progetto, già forte di un finanziamento di 50mila
euro risalenti al 2017, prevede lo sfalcio della vegetazione infestante, il
taglio all'occorrenza di alberi e cespugli e la demolizione di manufatti
presenti (con raccolta, trasporto e conferimento a discarica del materiale di
risulta), per poi passare al ripristino e preparazione del terreno per la
successiva semina e piantumazione, fino alla messa in sicurezza dei muretti di
sostegno (con previsione di utilizzo del pietrame di recupero).Il Comune dovrà
inoltre attuare uno studio di fattibilità sull'individuazione dei percorsi tra i
pastini, la predisposizione del terreno per la realizzazione di opere di
primaria urbanizzazione, l'individuazione di zone per il posizionamento delle
attrezzature (vasche di raccolta acqua, capanni per gli attrezzi, giochi, etc),
la scelta delle culture da sviluppare nelle diverse zone, con la supervisione di
un agronomo, nonché l'individuazione dell'area da adibire a "mercato del
contadino".«Il progetto di Pianezzi avrà il chiaro obiettivo di promuovere
l'educazione e la formazione di adulti e bambini, il rispetto per l'ambiente, la
creazione e il consolidamento di legami sociali, ma sarà anche strumento di
divulgazione ed informazione a tutta la popolazione ad uno stile di vita più
sostenibile» precisa Gandini. Il progetto promosso dall'Uti giuliana aveva
sostanzialmente già posto le proprie basi in "Pian(ezz)i condivisi", il ciclo di
quattro incontri finalizzato alla progettazione partecipata di un orto sociale
nell'area, appunto, di Pianezzi, organizzato dal Comune di Muggia in
collaborazione con l'Università di Trieste - Dipartimento di Ingegneria e
architettura. Gli incontri avevano il compito di individuare, assieme alla
popolazione e ai portatori d'interesse, quale fosse la funzione e la
configurazione più opportuna da dare a quest'area ora diventata protagonista del
finanziamento.
Riccardo Tosques
AMBIENTE - Parte la raccolta di firme anti Parco del Mare
Petizione popolare promossa dalle associazioni ambientaliste e animaliste contro il progetto del Parco del mare. La raccolta firme continuerà fino all'estate. I cittadini potranno firmare nelle sedi delle associazioni del territorio, a iniziare dal 5 febbraio da quella della Lav Trieste in via Donizetti 5/a (dalle 20 in poi).
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 febbraio 2018
«Rischio di crolli lungo la strada di clivo Artemisio»
- Grido di allarme dei residenti dopo gli ultimi cedimenti - Alcuni new jersey
sono stati "inghiottiti" da una voragine
«Se passa un camion come quello della raccolta dei rifiuti e la strada cede
improvvisamente può verificarsi una tragedia». Questa, in sintesi, l'apprensione
degli abitanti di clivo Artemisio (zona università) in merito al cedimento
strutturale di parte del marciapiede e della ringhiera. A guardarla da vicino la
situazione è preoccupante: parte della carreggiata si è sgretolata, la ringhiera
penzola nel vuoto e una decina di metri più sotto si possono notare i new jersey
caduti. «Saranno almeno otto anni che la strada è stata messa in sicurezza»
racconta Franco Cermelj, residente della zona. «Là sotto xe crostèl, cossa ghe
vol tirar su un cantier per metter a posto?».Il camion dei rifiuti passa qui
ogni mattina e arriva fino all'incrocio con via Fleming, dove raccoglie le
immondizie dei bottini. «Ogni tanto sono passati anche dei camion molto più
grandi - ricorda Cermelj -. Con mezzi troppo pesanti lì sotto potrebbe aprirsi
una vera e propria voragine e se capitasse proprio in quell'istante la
situazione potrebbe rivelarsi drammatica». Bruno Hussu lamenta i ritardi: «Prima
Dipiazza, poi Cosolini e poi Dipiazza di nuovo: mi sembrano un po' troppi anni
per fare un lavoro». Ultimamente la via è stata parzialmente chiusa al traffico
a causa di un muro pericolante, poi messo a posto da Elio Roncelli. «Possono
anche darti la multa per incuria quando succedono queste cose, mentre quando
sono loro a non fare niente va tutto bene» conclude Hussu. La zona è
continuamente attraversata da automobili che, soprattutto la mattina, scendono
da Opicina svoltando su via Baiardi per accorciare i tempi di percorrenza verso
il centro. I residenti tempo fa si erano lamentati per l'eccessiva velocità che
gli automobilisti o gli scooteristi hanno nel guidare i loro mezzi. Durante gli
ultimi mesi del 2017 il cedimento è peggiorato a vista d'occhio e la struttura
potrebbe cedere da un momento all'altro. Due new jersey sono volati via fino
alle prime case che si trovano all'inizio di clivo Artemisio. Il Comune sembra
essere relativamente conscio del problema. «Per quanto riguarda la strada, la
situazione ce la portiamo avanti dall'amministrazione precedente (la messa in
sicurezza venne fatta durante il Dipiazza II ndr)» afferma l'assessore ai lavori
pubblici Elisa Lodi. «Tuttavia, in merito ai lavori da effettuare, vogliamo
inserire un lotto di manutenzione all'interno del bilancio che stiamo
preparando, così da poter intervenire al più presto. Stiamo monitorando la
strada e per quanto riguarda i new jersey che sono caduti nella valle
sottostante manderemo immediatamente una squadra a ripristinarli». Per il
momento quel tratto di carreggiata non sembra molto rassicurante. Assieme ai new
jersey della ditta Hilary's Pagani ci sono anche alcune reti metalliche che
sembrano abbandonate e una luce di segnalazione che mette in guardia gli
automobilisti. «È un lavoro che deve essere fatto molto presto, per scongiurare
qualsiasi inconveniente» conclude Cermelj. Forse quello di clivo Artemisio è un
cantiere che non può più aspettare.
Nicolò Giraldi
PromoTrieste scommette sul turismo in bicicletta
Il presidente del Consorzio Promotrieste, Umberto Malusà, annuncia nella
sede di via Cassa di Risparmio "Trieste by bike", un'iniziativa di marketing
territoriale per rispondere alla conformazione turistica della città: «Una
risposta che non può più essere data individualmente. Grazie alla sensibilità e
alla sinergia degli operatori, Trieste si propone oggi nel sistema di bici con
prospettive interessanti». Il progetto nasce infatti dalla collaborazione di
Promoturismo Fvg, Gal Carso - Las kras, e Associazione Guide Turistiche. Il
turismo a due ruote è particolarmente redditizio sul profilo dell'incoming
territoriale e va maggiormente sfruttato considerata la crescente domanda che
stanno sperimentando tutte le strutture costruite lungo le ciclovie. Nell'ambito
di specializzazione ciclistica, ad oggi il club prodotto (l'insieme degli
operatori attivi nel settore), conta 50 aderenti (di cui 15 officine) su 3 i
tipi di main line: le ciclovie, il ciclismo su strada e il ciclismo da
fuoristrada. «L'obiettivo è lo stanziamento di 700mila euro in quattro anni per
fondi di animazione turistica», dichiara David Pizziga, presidente del Gruppo di
Azione Locale del Carso, e continua: «Abbiamo costruito una mappa che fa parte
di un marketing integrato; la carta è un prodotto, ma è anche un programma che
indica 5 percorsi al turista che lo rendono consapevole della ricchezza del
nostro territorio. Dobbiamo attirare più turisti con potenziale di spesa per
aumentare la nostra economia». Cresce inoltre la domanda di guide turistiche: «È
una sfida difficile mettere insieme guida turistica e biker, ma bisogna
adattarsi al nuovo mercato e collaudare nuovi approcci. Serve una presenza umana
che affianchi le famiglie che arrivano e intendono noleggiare», così Francesca
Pitacco, presidente delle guide turistiche Fvg. «Oggi il cliente soddisfatto è
il primo promotore per i turisti internazionali - conclude Promotrieste -.
Servono infrastrutture di servizio e di ospitalità adeguate alle richieste: le
parole chiave sono dunque professionalità, organizzazione e accoglienza».
Stefano Cerri
Scorie nucleari di Krsko, nessuno vuole il deposito -
La Croazia scarta un'area in territorio sloveno perché troppo vicina alla Sava
Nel mirino per lo stoccaggio una zona vicina alla Bosnia, dove crescono i
timori
BELGRADO - Al grande e controverso passo mancano tempo e conferme ufficiali.
Ma con alta probabilità una nuova diatriba presto accenderà gli animi e farà
litigare Croazia e Bosnia. La diatriba riguarda la delicata questione delle
scorie nucleari prodotte dalla centrale di Krsko, in Slovenia, impianto di cui
la vicina Croazia è comproprietaria al 50%. Così come lo è dei rifiuti della
centrale. Da anni sono proprio questi ultimi - e il luogo dove stoccarli - il
pomo della discordia. A riportare l'attenzione sul tema sono stati di recente
diversi media balcanici - ma anche l'emittente pubblica tedesca "Deutsche Welle"
(Dw) - che hanno tratteggiato il complicato quadro e suggerito che la questione
sta diventando di nuovo attuale. Dw ha infatti rivelato, citando il numero uno
dell'Istituto nazionale croato per la sicurezza nucleare, Sasa Medakovic, che
dopo anni di valutazioni e discussioni Zagabria avrebbe formalmente cassato poco
più di un mese fa l'idea di un deposito comune a Vrbina, nei pressi
dell'impianto e su suolo sloveno, delle scorie nucleari «a media o bassa
radioattività», oggi conservate all'interno della centrale. Neanche in questo
caso, come spesso accade, i due Paesi sono riusciti a mettersi d'accordo. La
soluzione slovena non è piaciuta alla Croazia per molteplici ragioni. Tra
queste, il fattore costi - circa 300 milioni di euro a testa - e il fatto che il
sito proposto è troppo vicino al fiume Sava e alle falde da cui sgorga «l'acqua
potabile che disseta Zagabria». Il tema, ha rivelato Dw, verrà ancora discusso
in questi mesi da esperti dei due Paesi, ma sarà difficile raggiungere un'intesa
su una questione che divide da tanto tempo. E qui nella vicenda si fa largo un
terzo attore, suo malgrado, la Bosnia. La Croazia infatti sarebbe orientata,
come alternativa, su una vecchia idea già emersa anni fa: quella di un deposito
per le scorie sul proprio territorio, da erigere entro il 2023 ai margini del
Paese, nell'area a bassa densità abitativa di Trgovska Gora, vicino alla
cittadina di Dvor. E a un tiro di schioppo dalla Bosnia, zona già indicata in
passato sollevando ferme proteste. E anche stavolta preoccupazioni forti sono
sorte tra la popolazione in Bosnia, raccontate da "Slobodna Evropa". Anche le
autorità di Sarajevo hanno confermato al portale Klix di «seguire le attività»
della Croazia. A ribadire l'avversione a ospitare un deposito di scorie nel
cortile di casa, o poco lontano, anche il parlamentare bosniaco Jasmin Emric,
che ha sottolineato come le forze politiche nel Paese siano da tempo unite
contro il progetto croato. E ha suggerito persino l'ipotesi di ricorrere
all'«arbitrato internazionale». Timori e contrarietà, dall'altra parte del
confine, che sono crescenti. Lo conferma al Piccolo l'ecologista bosniaco Rijad
Tikvesa (Ekotim). È «comprensibile che uno Stato voglia collocare qualcosa del
genere» il più lontano possibile dal cuore del Paese, «nei pressi dei propri
vicini, ma penso non sia giusto». «Vicino a quell'area - ricorda - abbiamo un
parco naturale», il Nacionalni park Una, «bei fiumi ricchi di pesci» e si
rischia di «mettere a rischio» l'intera area. Di certo, la Bosnia dovrebbe
lanciare quanto prima «discussioni pubbliche su un progetto» che potrebbe
insistere «su un'area particolarmente sensibile». Qualcosa si sta muovendo già
in Republika Srpska (Rs), l'entità della Bosnia interessata dalla questione,
spiega invece Natasa Crnkovic, presidentessa del Centar za zivotnu sredinu di
Banja Luka. Anche se il tema non è di estrema urgenza, almeno per ora, «il
governo della Rs ha avviato procedure di protezione per quella zona, per fermare
il deposito di scorie nucleari», aggiunge Crnkovic, sottolineando però al
contempo che servirà ben altro per bloccare la costruzione dello stesso.
Certamente, il deposito croato è «problematico». «E come organizzazione - chiosa
- siamo totalmente contrari al nucleare. Anche perché non c'è ancora una maniera
per stoccare in sicurezza le scorie».
Stefano Giantin
Luci sull'ambasciata per segnalare lo smog -
L'iniziativa della diplomazia svedese a Sarajevo. E a Pristina cittadini in
piazza contro l'inquinamento
BELGRADO - Un'ambasciata che s'illumina di diversi colori per allertare la
popolazione, a Sarajevo. E centinaia di persone che scendono in piazza per
protestare contro l'inazione delle autorità, a Pristina. Continua a tenere banco
nei Balcani - e in particolare in Bosnia e in Kosovo - la questione dello smog
che rende irrespirabile e pericolosa l'aria. Smog che è al centro di un
esperimento dell'ambasciata svedese a Sarajevo, una delle città più inquinate
d'Europa, capitale di un Paese dove ogni anno - secondo dati dell'Organizzazione
mondiale per la salute (Oms) - muoiono a causa del fumo delle centrali
elettriche a lignite, del riscaldamento a carbone, nafta o legna e a causa dello
smog prodotto dalle auto 223 persone ogni 100mila abitanti. La Bosnia perde in
danni ambientali il 21,5% del Pil ogni dodici mesi. L'ambasciata svedese ha
annunciato nei giorni scorsi, nell'ambito di una campagna di sensibilizzazione,
un inedito sistema che allerterà per qualche tempo i sarajevesi sulla minaccia
ambientale. È anche un tentativo di rendere più reattiva la classe politica al
potere, affinché inizi ad agire per contrastare l'avvelenamento dell'aria con
misure concrete. La rappresentanza svedese, con un semplice sistema di
illuminazione, muterà il colore della facciata dell'edificio che la ospita a
seconda del livello di inquinamento registrato in città. La facciata si tingerà
così di verde nei - pochi, soprattutto d'inverno - giorni in cui l'aria ha una
qualità buona o almeno accettabile; di giallo invece quando i valori dello smog
cominciano a impennarsi; e d'arancione per avvisare che i fumi possono mettere a
rischio la salute delle categorie più fragili, in particolare i bambini. Il
rosso è stato scelto per avvisare che l'inquinamento ha raggiunto livelli
pericolosi, mentre tonalità tra il marrone e il violetto ammoniranno i passanti
che l'aria è talmente malsana che sarebbe meglio indossare mascherine. O
rifugiarsi in casa. E sono statisticamente così frequenti questi ultimi allarmi
- non solo a Sarajevo, ma anche in altre città della Bosnia e in tutti i
Balcani, a Skopje, Tetovo, da Pristina fino all'inquinata Sofia - da aver spinto
la Svezia ad agire. «Quando per la prima volta sono arrivato a Sarajevo lo
scorso inverno», ha ricordato l'ambasciatore svedese Hagelberg, «sono rimasto
scioccato dalla cattiva qualità dell'aria e anche se alcuni dicono che
quest'inverno non è poi così male, in verità lo è, è mortale». E mortale lo è
anche in Kosovo, uno dei Paesi più avvelenati d'Europa in particolare a causa
delle centrali a lignite. Proprio ieri centinaia di cittadini sono scesi in
piazza a Pristina, con mascherine sulla bocca, per chiedere al governo di
combattere l'inquinamento. In contemporanea le autorità locali hanno per la
prima volta deciso di vietare l'ingresso nella capitale alle auto, parziale
risposta alle petizioni.
(st.g.)
Rigassificatore di Veglia - Zagabria avanti col
sostegno Usa
ZAGABRIA - Il rigassificatore di Veglia è un progetto strategico su cui il
governo croato non farà marcia indietro. A ribadirlo - nel corso di una
conferenza sul futuro energetico della Croazia - è stato il primo ministro
Andrej Plenkovic, intervenuto assieme al vicepresidente della Commissione
europea e commissario all'Unione energetica Maros Sefcovic. Per il premier, «con
un rigassificatore di questo tipo giocheremo un ruolo più importante nella
politica energetica dell'Europa». Un punto di vista confermato dallo stesso
Sefcovic, secondo cui il progetto croato contribuirà a un obiettivo fondamentale
dell'Unione, ovvero «migliorare la diversificazione nel rifornimento di gas». Ma
che ne è delle autorità locali, che a Fiume e a Castelmuschio sull'isola di
Veglia si sono mostrate ultimamente poco propense alla costruzione di un
rigassificatore off-shore? Interrogato in merito, Plenkovic ha assicurato che il
suo esecutivo proseguirà in partenariato con la Regione litoraneo-montana e con
il suo presidente Zlatko Komadina, senza bypassarli. Qualche giorno fa, inoltre,
Zagabria ha ottenuto un altro prezioso sostegno sul progetto di Veglia, quello
di Washington. Durante la sua visita negli Usa infatti il ministro croato
dell'Energia Davor Bozinovic ha incassato l'appoggio dell'amministrazione
americana, desiderosa di vedere Zagabria liberarsi dal peso di Mosca in quanto
al rifornimento di gas naturale. Stando a quanto riportato dal portale regionale
Birn, il vice segretario di Stato per gli Affari europei ed eurasiatici Aaron
Wess Mitchell ha affermato che non solo l'amministrazione Trump vede con favore
il progetto del rigassificatore, ma lo considera un «progetto strategico»
nell'area. Per Zagabria resta dunque da sciogliere solo il nodo delle autorità
locali contrarie all'approvazione di una legge ad hoc per accelerare i lavori e,
soprattutto, alla costruzione di un rigassificatore non a terra ma off-shore. Su
questo punto, Zlatko Komadina aveva già affermato qualche settima fa che
«esistono diversi metodi, inclusa la disobbedienza civile».
(gi.va.)
Balenottera morta al largo di Lussino, esperti al
lavoro
LUSSINPICCOLO - Non ci sono segni di ferite: l'animale è morto per debolezza
causata forse da fame. È la conclusione alla quale sono giunti gli esperti
dell'associazione Plavi svijet (Mondo blu) di Lussingrande dopo avere esaminato
la carcassa di balenottera comune (Balaenoptera physalus) che ora giace sui
fondali nei pressi dell'isola di Lussino, ad una profondità di 20 metri. Il
corpo senza vita del cetaceo, una giovane femmina lunga 11,7 metri, è finito
impigliato nella rete a strascico di un pescatore lussignano, che l'ha trainato
fino alle acque di fronte all'isolotto di Oriule Piccola per poi avvertire
polizia e Autorità portuale, subito intervenute. Secondo gli ambientalisti di
Plavi svijet, è probabile che si tratti della balena avvistata il 6 gennaio
scorso nelle acque vicino a Ravagnasca (Rovanjska), nei pressi di Lussingrande.
«Il corpo appare abbastanza magro, segno di un esaurimento che probabilmente è
stato fatale a questo maestoso animale - ha dichiarato Nikolina Rako Gospic,
direttrice del Programma scientifico e di ricerche di Plavi svijet - inoltre
sono stati rinvenuti numerosi copepodi parassiti e questo sta a indicare un
sistema immunitario debilitato». Considerato che la carcassa è stata rinvenuta
in acque lussignane, i responsabili dell'associazione isolana (che si occupa tra
l'altro anche della colonia di delfini lussignani) hanno deciso di conservare il
grande scheletro di questo mammifero. Per questo motivo la carcassa resterà in
acqua fino a quando il naturale processo di decomposizione non l'avrà ridotta al
solo scheletro, che poi sarà valorizzato a fini didattici ed espositivi nella
miglior maniera possibile. Proprio per evitare eventuali danneggiamenti, il
giovane esemplare è stato cinto da una robusta rete e legato con funi così da
evitare che venga trascinato via dalle correnti. Nei prossimi mesi i ricercatori
terranno sotto controllo quanto resta della balenottera. Plavi svijet ha voluto
pubblicamente ringraziare i partecipanti all'azione di traino della carcassa, in
primo luogo i propri sub e quelli di Kostrena (regione di Fiume), i pompieri
volontari di Lussino e i dipendenti dell'azienda Elektroprimorje, che hanno
messo a disposizione la propria imbarcazione. Va ricordato infine che negli
ultimi due anni di balenottere comuni nell'Adriatico settentrionale ne sono
state avvistate un paio.
(a.m.)
Corso Apicoltura
Seconda lezione del corso di avviamento all'Apicoltura al Padiglione V ex Opp alle 17. Obiettivo del corso è quello di far acquisire le competenze di base ai partecipanti per iniziare ad allevare le api con piacere e soddisfazione. Per maggiori e dettagliate informazioni telefonare al 3287908116 (Tiziana).
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 gennaio 2018
La diffida sulla Ferriera - La Regione intima ad Arvedi
di ridurre i livelli di rumore
Entro il 31 dicembre 2018 Arvedi dovrà intervenire sugli impianti della
Ferriera per garantire comunque, anche in assenza del Piano comunale di
classificazione acustica (Pcca) di competenza del Comune di Trieste, il rispetto
dei limiti acustici imposti dal Decreto del presidente del Consiglio del primo
marzo 1991. È quanto previsto dalla diffida inviata dalla Regione all'azienda ed
elaborata sulla base delle rilevazioni fonometriche eseguite dall'Agenzia
regionale per la protezione dell'ambiente del Friuli Venezia Giulia (Arpa Fvg).
Lo rende noto - con un comunicato stampa diffuso nel primo pomeriggio di ieri -
l'amministrazione regionale, all'indomani dell'avviso inoltrato dalla stessa
Regione al Comune nel quale l'ente presieduto oggi da Debora Serracchiani
sollecitava quello guidato da Roberto Dipiazza ad adottare per l'appunto al più
presto un Piano acustico in modo da scongiurare il rischio di possibili futuri
contenziosi con l'attuale proprietà dello stabilimento siderurgico. La nota -
divulgata ieri dall'amministrazione Serracchiani - fa presente che «dopo aver
eseguito, su indicazione della Regione e della stessa Arpa Fvg, alcuni
interventi di mitigazione del rumore, la società aveva infatti proposto di
progettare ulteriori azioni entro 10 giorni dall'approvazione del Piano di
classificazione acustica comunale e di realizzarli entro un anno dal medesimo
termine, in funzione delle difficoltà di programmazione derivanti proprio dalla
mancata adozione del Pcca da parte dell'amministrazione cittadina», e che, il
Piano acustico in questione, «in base alla normativa», si sarebbe «dovuto»
adottare «entro il 25 marzo 2014».«A tutela della salute dei cittadini -
prosegue la nota diffusa dall'amministrazione regionale del Friuli Venezia
Giulia - la Regione ha, invece, ritenuto prioritaria la riduzione della
rumorosità dell'impianto siderurgico e ha imposto ad Acciaieria Arvedi di
trasmettere entro 10 giorni il nuovo cronoprogramma delle attività necessarie
per conseguire il rispetto dei limiti normativi vigenti, tenendo conto dei tempi
tecnici strettamente necessari per la realizzazione degli interventi». Nello
specifico, fa sapere ancora il comunicato della Regione - «il provvedimento
impone interventi in nove punti identificati quali sorgenti che contribuiscono
in maniera significativa al campo acustico complessivo dell'acciaieria
triestina». Ed «è stato inviato», oltre che all'azienda, «anche al Comune,
all'Arpa, all'Azienda sanitaria universitaria integrata, al Comando provinciale
dei vigili del fuoco e al ministero dell'Ambiente».
Una mini isola pedonale all'inizio dell'ex Ghetto -
Traffico limitato in arrivo tra la Questura e l'ex Carli. Spostati i box dei
librai
Piazza Vecchia e via del Rosario solo per le auto della polizia e lo
scarico merci
La "elle" di piazza Vecchia e via del Rosario sarà ridisegnata. Diventerà
una "zona a traffico limitato a elevata valenza pedonale". Saranno ampliati i
marciapiedi e saranno spostati a fianco della chiesa del Rosario i bouquinistes,
che oggi sono precariamente sistemati sotto le finestre dell'ex istituto Carli,
attuale sede dell'assessorato all'Educazione. Il "piano particolareggiato
partecipato", che ha scopo di ingentilire e rendere transitabile il disordinato
"gomito" a fianco della Questura, è stato illustrato alcuni giorni fa dalla
titolare dell'Urbanistica comunale, la leghista Luisa Polli, ai colleghi di
giunta: la delibera 19 passa adesso ai Lavori Pubblici, per dar corso
all'attuazione degli interventi, con una tempistica peraltro non ancora
definita. Finalità: migliorare la qualità della vita in termini di inquinamento
acustico e atmosferico. Quindi, basta con il rodeo attorno all'ex Carli, tra Tor
Bandena e via del Teatro Romano. Spazio ai pedoni (e ai velocipedi, puntualizza
la relazione tecnica a cura dell'ingegner Giulio Bernetti), sosta riservata alle
vetture della Polizia e alle operazioni carico/scarico, varco d'ingresso
piazzato all'intersezione di piazza Vecchia con Tor Bandena, varco d'uscita
sistemato laddove via del Rosario sfocia in via del Teatro romano. Il cul de sac
di Tor Bandena resterà dedicato alle forze dell'ordine, che tra l'altro
perderanno alcuni stalli a loro disposizione in via del Teatro romano. Avanti,
dunque, con la pianificazione di aree circoscritte del centro urbano: una prima
fase aveva interessato - nello scacchiere XX Settembre-Carducci-Ospedale
Maggiore - le vie Nordio, Toro, Erbette, Sorgente, Foschiatti; una seconda fase
tocca le vie XXX Ottobre e Torre Bianca; un'ulteriore momento pianificatorio è
stato dedicato al borgo storico di Prosecco.La "ztl", aldilà delle poche decine
di metri effettivamente coinvolti, s'inserisce in un'area sensibile della
circolazione e del parcheggio urbano: siamo alle spalle di piazza Unità e
contigui a via del Teatro Romano, che si definisce come asse direzionale sul
quale insistono il Provveditorato alle opere pubbliche, le sedi del Municipio,
l'Inail, la Questura. Ma sul quale si affacciano anche le vestigia archeologiche
romane e la scalinata che sale verso Santa Maria Maggiore e San Silvestro
(avviato a prossimo restauro). Park San Giusto è uno dei più importanti
contenitori della sosta triestina e il concessionario dovrebbe provvedere entro
la fine della primavera - come da precetto della Soprintendenza - a
riqualificare l'illeggibile facciata. Inoltre è aperto il confronto con la
Soprintendenza sulla questione-parcheggi davanti al Teatro romano. Palazzo
Economo sarebbe assai lieto di ottenere un divieto di sosta, che consentirebbe
di valorizzare lo spazio archeologico. Ma la fame di stalli rende gli
interlocutori prudenti. In qualche misura collegata alla sorte di via Teatro
romano è la vicenda di casa Francol. A giorni il Comune, proprietario
dell'antico e inutilizzato edificio, pubblicherà una richiesta di manifestazione
di interesse, orientata a sondare il mercato sulla possibilità di un project
financing finalizzato a realizzare una struttura recettiva. Al Municipio avanza
dagli antichi fondi Urban la rispettabile somma di 1,4 milioni di euro. Quale la
destinazione? Casa Francol, così da chiudere un dossier interminabile che ha
visto il destino dello lo stabile zigzagare tra contenitore di associazioni e
sede di Esatto. In un primo tempo i Lavori Pubblici municipali si erano espressi
a favore di un sito informativo, ma il sindaco Dipiazza aveva lanciato l'idea di
una struttura recettiva per turisti, da dare in gestione a un operatore privato.
Davanti a casa Francol c'è lo spiazzo in passato usato come parcheggio dei mezzi
comunali: la proposta degli uffici comunali è di metterla a disposizione del
privato, che avrà casa Francol, per completare la riqualificazione di un angolo
trascurato del centro.
Massimo Greco
Smog, ultimatum Ue: agite subito - Il ministro Galletti
protesta per la minaccia di sanzioni: abbiamo fatto già molto
BRUXELLES - Di fronte a nessuna nuova misura «sostanziale» antismog messa
sul tavolo, la Commissione Ue ha brandito di nuovo il suo ultimatum all'Italia e
agli altri 8 Paesi convocati a Bruxelles: bisogna agire, o non ci saranno
alternative alla Corte di giustizia Ue. Per il ministro dell'ambiente Gianluca
Galletti, però, il governo italiano ha già fatto il suo dovere, con «risultati
evidenti» che vedono gli «sforamenti» dei giorni con i valori inquinanti
superiori ai limiti Ue «ridotti dal 2000 ad oggi di più del 70%». Di conseguenza
l'Italia non invierà nulla di nuovo entro lunedì prossimo alla Commissione Ue.
«Per adesso non abbiamo alcun deferimento» alla Corte, «anche se nel nostro
Paese molti lo speravano», ha attaccato Galletti, mentre gli ambientalisti di
Greenpeace e dello European Environmental Bureau chiedono a Bruxelles di portare
avanti la sua azione legale. La situazione della qualità dell'aria in Europa,
nonostante le direttive Ue sulla qualità dell'aria con impegni vincolanti
fissati al 2005 e al 2010 e finora non rispettati da buona parte dei 28, è
preoccupante. Ogni anno, infatti, ha ricordato il commissario all'ambiente
Karmenu Vella, ci sono 400mila morti premature nell'Ue a causa di smog e polveri
sottili. L'Italia da sola ne conta 66mila. «Non possiamo continuare a rinviare»,
ha ammonito Vella al termine della riunione da lui convocata con Italia,
Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Repubblica ceca, Ungheria, Romania e
Slovacchia, dove «ci sono stati alcuni suggerimenti positivi, ma a prima vista
non abbastanza sostanziali da cambiare il quadro». Per questo, ha avvertito, «la
sola cosa che tratterrà la Commissione» dal portare davanti alla Corte Ue gli
Stati membri «è che quanto i Paesi mettono sul tavolo permetta di raggiungere i
target senza ritardi». Da qui la scadenza fissata da Bruxelles «al più tardi
entro lunedì» per coloro che vorranno presentare nuove misure antismog.
L'Italia, però, non sembra essere preoccupata. «Abbiamo portato all'attenzione
della Commissione tutto il lavoro fatto in questi anni che ha dato risultati
evidenti» e tutti i diversi provvedimenti - dalla Strategia energetica nazionale
(Sen) all'accordo sul Bacino padano - con compongono «una strategia forte», ha
affermato Galletti. «Questi impegni sono nuovi, la Sen è un impegno nuovo, non è
che ogni dieci giorni possiamo fare qualcosa», ha risposto il ministro a chi
chiedeva se l'Italia avesse presentato ulteriori misure. Spetterà ora a
Bruxelles, nelle prossime settimane, valutare la situazione Paese per Paese.
IL PICCOLO - MARTEDI', 30 gennaio 2018
«Ferriera, il Comune adotti un piano acustico» - La
Regione scrive a Dipiazza su Servola: «Senza il documento rischiamo contenziosi
con l'azienda»
Il Comune di Trieste deve dotarsi di un piano acustico. È l'avviso volato
ieri da un lato all'altro di piazza Unità: la Regione ricorda all'ente locale la
necessità di preparare lo strumento per la lotta all'inquinamento sonoro, in un
nuovo capitolo del confronto sulla Ferriera di Servola. Al di là del tono
tecnicamente asettico con cui la Regione comunica l'avvenuto avviso, sembra
difficile poter staccare il valore politico del messaggio, visto che da mesi il
Comune invia all'ente regionale documenti e richieste volte a limitare la
produzione della Ferriera, rivedere l'Aia e via dicendo. Si legge nel comunicato
dell'Agenzia regionale: «La Regione, tramite una lettera inviata dall'assessore
all'Ambiente Sara Vito al sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, ha sollecitato
l'amministrazione cittadina a dotarsi nel minor tempo possibile di un Piano
comunale di classificazione acustica (Pcca) oppure a valutare la possibilità di
adottare un Piano stralcio della classificazione acustica con riferimento alla
sola area di Servola». L'inquinamento acustico continua a essere uno dei fronti
problematici del rapporto della fabbrica con il quartiere. Spiega la Regione:
«Secondo l'amministrazione regionale questo strumento (il piano ndr) è infatti
fondamentale per affrontare con chiarezza il problema dell'inquinamento
acustico, in particolare in prossimità della Ferriera di Servola, attraverso una
condivisione istituzionale delle scelte strategiche». La lettera non manca poi
di ricordare che il piano acustico triestino non risponde all'appello ormai da
quasi quattro anni: «In assenza del Pcca, che in base alla normativa avrebbe
dovuto essere adottato entro il 25 marzo 2014, la Regione è costretta ad imporre
allo stabilimento siderurgico l'osservanza di limiti acustici "transitori".
Un'azione che verrà comunque attuata dalla Regione attraverso una serie di
provvedimenti a tutela del benessere psicofisico della comunità servolana, ma
che rischia di dare origine a contenziosi con l'azienda». Questa la conclusione:
«Come evidenziato nella missiva, secondo la Regione il Comune avrebbe tutti gli
elementi necessari per adottare il Pcca, ma in caso contrario l'amministrazione
regionale è pronta a mettere a disposizione i propri uffici per fornire il
supporto necessario».
g.tom.
Riecco dopo 3 anni il piano per il Silos ma Dipiazza
frena - Il 7 marzo conferenza dei servizi decisiva sul restyling - Il sindaco:
«Valuteremo se andare avanti oppure no»
Tre anni sono passati dall'ultima volta. Silenzio di tomba interrotto solo
dalle irruzioni di giovani profughi afgani e pachistani. Il progetto per il
centro commerciale con annesse sale congressi all'interno del fabbricato del
Silos torna alla ribalta con una conferenza dei servizi indetta per il 7 marzo
dal Comune, a cui parteciperanno la proprietà Silos spa e gli altri enti che nel
2009 avevano firmato l'accordo di programma per riconvertire la struttura. La
maggioranza delle quote della società proprietaria dell'immobile è in mano a
Coop Alleanza 3.0 e Unieco (in liquidazione). Il progetto, a grandi linee, è
sempre lo stesso del 2003, quando sindaco, al suo primo mandato, era Roberto
Dipiazza. Il faldone è tornato ora di nuovo sulla scrivania dello stesso
Dipiazza, al timone del Municipio per la terza volta. Alla luce dei recenti
cambiamenti che hanno investito la città negli ultimi mesi, però, i contenuti
potrebbero essere superati dai nuovi e vecchi shopping mall che riempiono la
città e dal centro congressi che dovrebbe nascere due chilometri più in là in
Porto vecchio, apposta per Esof 2020, il cui progetto sta procedendo a ritmi
serrati poiché fra due anni avrà luogo la manifestazione scientifica. Nel
"summit" di marzo dunque bisognerà capire che cosa fare degli spazi del Silos e
se magari prendere in considerazione anche altri progetti. Come quello di
trasformare l'area congressi del Silos stesso in auditorium, nel caso in cui la
sala Tripcovich venisse rasa al suolo. Ipotesi, questa, avanzata già anni fa. Il
Comune va infatti cauto sull'ipotesi di dare il placet definitivo. «Una volta
radunati tutti gli attori di questa operazione - afferma Dipiazza -, bisognerà
capire se andare avanti oppure tornare indietro. Faremo le nostre valutazioni e
poi diremo quello che vogliamo fare. Alla fine in tutti questi anni è la Silos
spa che ha mancato di procedere, non noi». Non è un mistero poi che ci sia
un'ala del centrodestra a cui non importa tanto la natura del progetto, quanto
che il Silos non rimanga abbandonato e rifugio di richiedenti asilo. A sentire
comunque la spa, attraverso il consigliere Fabrizio Carta, l'appuntamento
primaverile ha tutta l'aria di essere quello conclusivo, dopo anni di varianti e
attese di vario tipo. A suo dire non sarebbe stato solo l'ostacolo della crisi a
frenare il cantiere. «Molto tempo è andato - dice Carta - per apporre modifiche
alle planimetrie e per rincorrere le norme vigenti». L'aspettativa che oggi
trapela dalla spa, in previsione della conferenza dei servizi, è di vedere
confermato tutto il piano per poi procedere con i lavori. «Abbiamo una
convenzione con il Comune (firmata nell'era Cosolini, ndr) - spiega ancora Carta
- in conformità della quale dobbiamo fare il Centro commerciale. Se tutto va
bene, potremmo partire entro fine anno. Il progetto è in aderenza con le
richieste di fondo già dall'origine». L'ultima pietra da deporre sarebbe
prevista per il 2020, proprio l'anno in cui dovrebbe essere pronto il centro
congressi nell'antico scalo per Trieste capitale europea della scienza. La
struttura adiacente alla stazione ferroviaria, un esempio di archeologia
industriale - simbolo dei traffici commerciali e marittimi dell'epoca asburgica,
ma anche rifugio nel dopoguerra per gli esuli istriani, oggi per i profughi
dell'Asia meridionale - che vede due magazzini paralleli, subirà secondo i
rendering un innesto attraverso un grande cubo che sarà il centro congressi.
Mille posti più altri 400 divisi in tre sale. Attorno, un supermercato,
ristoranti, spazi commerciali, uffici, una vasta area wellness con l'ingresso
confermato di Virgin Active, la catena di centri fitness dell'imprenditore
britannico Richard Branson e un ampio giardino d'inverno. Tutto ciò andrà a
invadere anche la parte attualmente dedicata alla stazione delle corriere e
quella, sempre al piano terra, riservata ai negozi. Rimarranno invariati i piani
occupati dai parcheggi, che verranno ampliati con un nuovo parking sotterraneo e
in superficie. Nel piazzale sul retro s'inseriranno anche le pensiline che
tracciano gli arrivi e le partenze dei bus. Il deposito dei mezzi verrà
trasferito nella zona in cui si trovano i nuovi uffici delle Ferrovie, dalla
parte dei binari. Costo totale? Oltre 120 milioni di euro, interamente
finanziati, se le trattative ormai avanzate andranno a buon fine, da un fondo
inglese, ancora top secret. Stessa nazionalità hanno altri investitori tra i
tanti che, come racconta il sindaco, si sono palesati recentemente nel suo
ufficio per proporre un'altra cosa: trasformare il Silos in un grande outlet di
lusso. Per dare un'idea, lo stampo sarebbe quello della catena di McArthurGlen
di Noventa di Piave. Se dunque il Comune e gli altri enti non ritenessero
opportuno continuare sulla via del progetto iniziale, non sarebbe difficile
adattare il Silos anche ad outlet, perché sempre di spazi commerciali si tratta,
e non occorrerebbe nemmeno un altro accordo di programma. Quei 50mila metri
quadrati, poi, alla fine verrebbero comunque consegnati al Comune.
Benedetta Moro
E in Porto vecchio decolla il maxi centro congressi -
Progetto da 3mila posti depositato in Comune dalla Trieste convention center
Interessati gli spazi dei Magazzini 26 e 27. Già coinvolta una ventina di
aziende
La società Trieste Convention Center srl - formata esclusivamente da
imprenditori triestini e nata nelle scorse settimane apposta per realizzare un
centro congressi che possa ospitare la manifestazioni di Esof 2020 con la
prospettiva di dotare la città di una servizio che manca da tempo -, ha
depositato il progetto promesso negli uffici comunali. Uffici che, già nei
giorni scorsi, hanno convocato presidente dell'aula e consiglieri per analizzare
i documenti. La srl punta a realizzare tra i Magazzini 26 e 27 in Porto vecchio
una struttura da tremila posti con la formula del project financing caldeggiata
anche da Roberto Dipiazza. «Questo convention center altamente flessibile potrà
essere inaugurato per Esof e continuare poi la sua attività fino al 2040 (la
durata della concessione è infatti di 22 anni, ndr), portando notevoli benefici
alla città, creando nuovi posti di lavoro e un considerevole indotto», conferma
Diego Bravar, vicepresidente della Fondazione internazionale Trieste e
presidente di Trieste Convention Center, che in poche settimane ha raccolto
l'adesione di una ventina di aziende e ben 570mila euro: i termini ultimi per la
sottoscrizione da parte di ulteriori realtà imprenditoriali si chiuderanno
domani e l'obiettivo finale è raggiungere quota un milione di euro. Il plafond
minimo di partenza era di 10mila euro. I soci fondatori sono Cristiana Fiandra
Cambissa (the Office srl), Pierpaolo Ferrante (Re.Te. Srl), Andrea Monticolo (Monticolo
Sergio Srl), Paolo Rosso (Rosso Srl), Francesco Rossetti Cosulich (Gamap Srl),
Alex Benvenuti (Magesta Spa), Massimo Iesu (Ergon Consulenti Associati Srl),
Federico Pacorini. Ma nella compagine appare anche Maurizio Vretenar, importante
figura del Cern di Ginevra, che ha contribuito alla raccolta del capitale. Tcc,
affermano gli organizzatori, è pronta a costruire e gestire il più grande centro
congressi del Nord Est nell'area del Porto vecchio: un polo congressuale
multifunzionale, progettato con tecnologie d'avanguardia, per rispondere alle
esigenze dell'industria congressuale, segmento in forte crescita. «Per lanciare
adeguatamente il centro congressi - spiega Cristiana Cambissa Fiandra -, verrà
attuato un piano di comunicazione e promozionale fin da subito per assicurare a
Trieste eventi a partire dal periodo post-Esof». Il progetto di fattibilità,
presentato ieri al pubblico il 29 gennaio nella sede di Confindustria Vg, è
firmato da Pierpaolo Ferrante, project manager di Esof 2020, con Re.Te., società
d'ingegneria che si occupa anche della parte sicurezza e strutture. Come
consulente compaiono lo studio di architettura Metroarea, mentre per gli
impianti la S.g.m. consulting srl. La costruzione è affidata a Monticolo srl e
Rosso srl e la gestione a The Office. I contenitori raccolgono fino a 3mila
posti. Con elementi moderni di aerazione, come precisa Monticolo. «La struttura
potrà ospitare non solo congressi - annuncia Ferrante -, ma anche concerti e
spettacoli. L'acustica della sala sarà ottimale per accogliere anche eventi
musicali». L'auditorium principale da 2mila posti si trova proprio nel Magazzino
28, dotato di tutta l'impiantistica necessaria con sala regia e cabine
traduzione. Il progetto prevede anche una zona espositiva da 5mila mq e altre
sale convegni più piccole nel Magazzino 26. La nuova "pelle" degli edifici, in
policarbonato, permette la realizzazione della completa retroilluminazione per
rendere il 28 come una grande lanterna. Un ponte di collegamento in cristallo
dotato di quattro ascensori collega i due magazzini permettendo il passaggio
nella sottostante strada e mette in diretta connessione gli spazi espositivi
multifunzionali. Il project financing prevede che il Comune partecipi con
investimento che ammonta a circa il 49% dell'investimento, mentre Tcc o altri
che si dovessero aggiudicare la concessione dovrebbero assicurare il restante
51%. Nel caso il progetto fosse approvato, la srl presieduta da Bravar
accenderebbe un mutuo, che comunque ripagherebbe grazie alla gestione di 22 anni
delle strutture. Ora il faldone dovrà seguire un iter ben preciso. Se gli uffici
tecnici riterranno idoneo il progetto dal punto di vista della fattibilità e
dell'interesse pubblico, ecco che il tutto verrà esaminato dal Consiglio
comunale. Se la faccenda andrà in porto, il progetto poi potrà essere messo in
gara. Una gara europea, perché in ballo c'è un importo sopra i 5 milioni. Se si
aggiudicherà la partita un altro soggetto diverso dal "promotore", vale a dire
la cordata guidata da Bravar, quest'ultima avrà il diritto di prelazione e potrà
rivedere la propria offerta, come spiegano il direttore generale del Comune
Santi Terranova e il direttore Lavori pubblici Enrico Conte. Se decidesse però
di non alzare la posta, la cordata verrebbe comunque "rimborsata" per la
proposta d'ingegno. I tempi sono stretti: entro settembre i lavori devono
partire.
(b.m.)
L'ex Pescheria diventa fotovoltaica - Guaina
"invisibile" sopra il Salone degli incanti. Avviati i lavori da 325mila euro
Entro l'estate il Salone degli incanti sarà coperto dalla guaina
fotovoltaica che attende dal 2011. Trova così finalmente realizzazione uno degli
appalti "impossibili" del Comune di Trieste, finanziato sei anni fa con mezzo
milione di fondi Pisus e poi congelato dal Patto di stabilità e dalle modifiche
del Codice sugli appalti. Sono iniziati in questi giorni i lavori e già si
possono ammirale le impalcature che avvolgono il tetto dell'ex Pescheria. Il
cantiere è stato consegnato l'8 gennaio e il termine è fissato per il 7 giugno
prossimo. Il progetto esecutivo è dell'architetto Sergio Russignan, mentre il
direttore tecnico del cantiere è l'ingegnere Alessandro Luci. Ad aggiudicarsi la
gara sono state le imprese Cp Costruzioni di Trieste ed Elettroimpianti snc di
Duino Aurisina per 325mila euro grazie a un ribasso pari al 14,7%. Cinque mesi
di lavoro (150 giorni). La copertura del Salone degli incanti con una guaina
fotovoltaica rientra in un "antico" piano di sostenibilità energetica. Il
progetto era stato approvato dalla giunta di Roberto Cosolini a metà novembre
del 2011.L'intervento prevede l'installazione di una guaina fotovoltaica scura e
non riflettente sulla copertura dell'ex Pescheria. Un'opera a impatto visivo
quasi nullo e dalla resa energetica garantita anche nei giorni di cielo coperto.
Il progetto era stato inserito tra le richieste di cofinanziamento inviate alla
Regione dall'amministrazione cittadina nella cornice dei Pisus (ovvero i Piani
integrati di sviluppo urbano sostenibile), attraverso i quali vengono veicolati
una serie di fondi comunitari per «incrementare la qualità dell'ambiente
urbano». Il progetto risulta finanziato al 77% dalla Regione (il restante 23%
spetta al Comune). L'obiettivo è «l'installazione sulla copertura rifinita
attualmente con guaina ardesiata» di «un sistema impermeabile fotovoltaico con
caratteristiche innovative a film sottile a tripla giunzione». Una tecnologia,
questa, grazie alla quale le componenti blu, verde e rossa «dello spettro della
luce solare» possono essere assorbite proprio «in modo frazionato dai differenti
strati presenti». Il sistema insomma funziona «con qualsiasi condizione
atmosferica». Ma c'è di più: la guaina è talmente sottile (e pure removibile) da
risultare praticamente invisibile. A lavori terminati il Salone degli incanti
diventerà un modello dal punto di vista del consumo energetico a emissione zero
di Co2.
(fa.do.)
Frana di via Commerciale, via ai lavori - Il primo step
del cantiere prevede l'installazione di una serie di pali di contenimento
necessari alla rimozione delle macerie
Ci vorranno mesi prima di poter rimuovere le macerie. Ma qualcosa, in via
Commerciale, inizia a sbloccarsi: ieri sono cominciati ufficialmente i primi
interventi per la messa in sicurezza del terreno franato un mese e mezzo fa
assieme al muraglione di cinta. Era il pomeriggio dell'11 dicembre: dalla
collinetta che sovrasta l'edificio ai civici 39 e 41, dove alloggiavano cinque
famiglie per una ventina di persone, si era staccata un'enorme quantità di terra
e detriti. Il motivo, probabilmente, la pioggia che si era abbattuta sulla città
in quelle giornate, mettendo a rischio svariati muri di contenimento delle zone
residenziali. L'incidente in via Commerciale non aveva provocato vittime, ma una
persona aveva rischiato di essere travolta dalla valanga. Sono state distrutte
ben quattro automobili. I vigili del fuoco avevano dichiarato inagibili le tre
case che si trovano nella parte sovrastante la collinetta e pure quella
sottostante. E' il civico 41 di via Commerciale: pianterreno, primo, secondo
piano e mansarda, dove abitavano quattro famiglie. Il cantiere è partito in
mattinata: si tratta di costruire una sorta di barriera di contenimento del
terreno utilizzando decine di pali da posizionare in verticale. Le gettate di
cemento assicureranno il terreno instabile durante le operazioni di scavo dei
detriti franati. Asportando subito quelli, infatti, le zolle della parte
superiore potrebbero rovinare verso il basso. Sarebbe un disastro. Serve quindi
creare una sorta di "argine" prima di iniziare con il prelievo dei metri cubi di
materiale precipitati durante lo smottamento. I lavori seguono un vero e proprio
progetto edilizio affidato a tecnici strutturisti. Il costo, ad oggi, è ancora
incerto. L'intervento rappresenta dunque il primo step propedeutico alla
rimozione vera e propria delle macerie. L'operazione, a quanto pare, si
prolungherà per almeno due o tre mesi. Una volta tolti i detriti, si procederà
con la ricostruzione del muraglione. Nel frattempo sarà anche necessario avviare
alcune perizie per accertare l'entità dei danni dovuti allo smottamento e le
responsabilità dell'incidente, oltre alla tenuta del muro rimasta ancora in
piedi. In linea di massima una prima verifica sulla resistenza strutturale
potrebbe riguardare proprio la parte di muro "sana" che andrà messa in sicurezza
in modo da evitare possibili ulteriori crolli. A ciò vanno aggiunti i controlli
per valutare e la capacità di resistenza alle perforazioni previste per
l'installazione dei pali di contenimento. L'analisi del tecnico punta ad
stabilire con certezza i danneggiamenti pregressi, quelli determinati dalla
frana, e gli effetti delle nuove trivellazioni. Le verifiche sono state
sollecitate dagli stessi condomini. Il giudice del Tribunale ha nominato un
tecnico ad hoc. Ma il condominio, quello che si trova al numero civico 41, nel
frattempo è rimasto senza gas. I residenti sono stati evacuati per ragioni di
sicurezza, ma una novantenne che alloggia nell'unica parte dell'edificio
ritenuta agibile (quella con l'ingresso frontale e non laterale), è costretta a
stare al freddo. La famiglia si è attrezzata con un inverter e delle stufe
elettriche, insufficienti però per riscaldare l'intera villa. «Riusciamo a
rendere vivibile in pratica soltanto una stanza - afferma il signor Floriano
Bellavia, parente dell'anziana - il resto no perché la potenza dell'impianto
elettrico è troppo bassa. Il risultato è che le temperature sono assolutamente
inadeguate - spiega - tanto più per una persona di novant'anni, come nel caso di
mia suocera. Non possiamo mettere a rischio la salute di questa persona, quindi
abbiamo domandato alla ditta che si occupa delle forniture e degli allacciamenti
della nostra abitazione, cioè "EnergiaBaseTrieste", di adeguare l'impianto
raddoppiando la potenza. Abbiamo fatto richiesta il 12 gennaio, ma finora non
abbiamo avuto alcuna riposta, sebbene sia previsto un intervento nel giro di
cinque giorni dalla comunicazione. Io ho chiamato più volte gli uffici e ho
inviato già due mail. Ma - protesta Bellavia - nonostante le rassicurazioni, non
si è visto nulla. Così non si può andare avanti, è un comportamento
inaccettabile».
Gianpaolo Sarti
E lo smog soffoca 39 città - Bruxelles convoca l'Italia
- Anche Trieste nel dossier di Legambiente -
Le
citta' piu' inquinate
ROMA Una nuvola di smog incombe sull'Italia e rende «l'aria sempre più
irrespirabile». Un'emergenza «cronica» da «codice rosso», tanto che nel 2017,
sono state 39 città quelle dichiarate "fuorilegge" per inquinamento atmosferico.
Situazioni più critiche, al nord e nella pianura padana. Un quadro preoccupante
a cui il nostro paese paga già un tributo di morti premature e costi sanitari e
che potrebbe, senza l'individuazione di soluzioni a breve termine, potrebbe
portare a sanzioni europee. È infatti convocato dalla commissione Ue il tavolo
dedicato all'inquinamento dell'aria con i paesi più inquinati e dunque sotto
scacco d'infrazione. Sono nove in tutto, tra cui l'Italia. Il nuovo rapporto di
Legambiente "Mal'Aria 2018" disegna un quadro che racconta come le
concentrazioni di polveri sottili (PM10) e l'ozono siano ormai arrivate alle
stelle. Sono circa 7 milioni le persone che risultano esposte a questi due
inquinanti in modo «costante». La città più inquinata d'Italia rimane Torino con
112 sforamenti della soglia (di 50 microgrammi per metro cubo al giorno, fino a
un massimo di 35 superamenti consentiti all'anno), seguita da Cremona con 105
sforamenti e Alessandria con 103. La prima del centro-sud è Frosinone al nono
posto (93 giorni). Ci sono anche Padova (102); Pavia (101); Asti (98); Milano
(97); Venezia (94). In Friuli Venezia Giulia la classifica Mal'aria vede
Pordenone (Centro) con 39 superamenti e Trieste (Mezzo mobile) con 37.Non solo.
Sommando gli sforamenti "fuorilegge" di PM10 e ozono, le città che hanno
superato il limite di 25 giorni nell'anno solare salgano a 44. I cittadini di
Cremona, ad esempio, con 178 giorni di superamenti del limite, (105 per le
polveri sottili e 73 per l'ozono) hanno respirato «polveri e gas tossici e
nocivi un giorno su due» all'anno. Legambiente è chiara: l'inquinamento porta
«problemi di salute, costi per il sistema sanitario (tra i 47 e i 142 miliardi
di euro) e morti premature: secondo l'Agenzia ambientale europea, in Italia
60mila l'anno». E lancia l'appello: «Non bastano misure tampone, ma interventi
strutturali e azioni ad hoc». Riflettori puntati su Bruxelles dove il
commissario dell'Ambiente, Karmenu Vella offrirà un'ultima possibilità ai nove
Paesi membri sotto procedura d'infrazione per superamento dei limiti, di trovare
in tempi brevi soluzioni all'emergenza smog. Senza piani adeguati la questione
potrebbe "scivolare" alla Corte di Giustizia.
Ogs in Antartide svela i segreti del clima globale - Da
Trieste nel Mar di Ross: studi sui ghiacci e sulle reazioni alla temperatura in
aumento
A 400 chilometri dalla terra ferma, nel grande continente bianco:
l'Antartide. A bordo della Joides Resolution, impiegata per fare perforazioni
del fondo degli oceani a scopo scientifico, nel Mare di Ross, una profonda e
ampia baia dell'Antartide. Per due mesi, dall'8 gennaio all'8 marzo, 31
ricercatori, provenienti da tutto il mondo e tra cui 13 donne, supportati nel
lavoro da 22 tecnici e 63 membri dell'equipaggio studieranno le dinamiche
glaciali, oceanografiche e geologiche che hanno caratterizzato le zone del Mare
di Ross negli ultimi 20 milioni di anni, per verificare come i cambiamenti
climatici abbiano impattato sul WAIS (West Antarctic Ice Sheet) e cercare di
capire cosa potrebbe significare un mondo più caldo in futuro: con assenza di
ghiaccio e con un livello marino globale più alto di diverse decine di metri.
Laura De Santis, geologa marina dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di
Geofisica Sperimentale - OGS è una veterana delle missioni scientifiche in
Antartide, all'attivo 6 campagne, in servizio dell'ente da oltre 20 anni,
coordina un programma attivo da oltre 50 anni: la missione internazionale "Iodp
(international Ocean Discovery Program) Expedition 374", insieme a Robert M.
McKay, dell'Antarctic Research Centre della Victoria University of Wellington
(Nuova Zelanda). Risponde alle nostre domande da questo luogo estremo ma
fondamentale per la scienza tanto da far sì che che qualcuno scelga di sfidare
le condizioni proibitive: «Siamo partiti dalla Nuova Zelanda e in 7 giorni
abbiamo raggiunto il Mare di Ross. La rompighiaccio Palmer ci ha scortato fino
all'interno del Mare di Ross attraverso la cintura del pack. Non ci sono iceberg
né ghiaccio, quindi non vediamo pinguini, ma solo qualche foca e uccelli. Il
mare è calmo e ci permette di lavorare bene e in modo efficace». «Il Mare di
Ross - spiega - è un'ampia piattaforma continentale che ancora conserva spessi
archivi di informazioni paleoclimatiche all'interno dei sedimenti depositati
durante gli avanzamenti e i ritiri delle calotte di ghiaccio avvenuti nei
periodi glaciali e interglaciali». Si tratta insomma di un osservatorio
privilegiato perché è altamente sensibile ai cambiamenti della temperatura e
circolazione dell'oceano e dell'atmosfera, un luogo chiave per indagare su come
la più grande coltre di ghiaccio del pianeta stia rispondendo oggi e abbia
risposto in passato ai cambiamenti di temperatura sia dell'atmosfera che
dell'oceano e quindi come abbia contribuito alle variazioni del livello del mare
e della circolazione marina globale. «La nave è operativa 24 ore al giorno, non
ci sono interruzioni nell'attività di ricerca - racconta De Santis - ogni giorno
da mezzanotte a mezzogiorno (sulla nave hanno adottato l'ora neozelandese,
quindi ci sono 12 ore di differenza con l'Italia, ndr) svolgo la mia attività di
ricerca e di supervisione del gruppo». La Joides Resolution è dotata di
strumenti avanzati di perforazione: i ricercatori realizzeranno 6 pozzi di
700-800 metri di profondità, in punti accuratamente selezionati. «Grazie alle
perforazioni - spiega De Santis che da oltre 20 anni si occupa di ricerche
paleoclimatiche in Antartide - verranno recuperate delle carote, ossia cilindri
di 10 centimetri di roccia, che verranno poi studiati da petrografi,
paleontologi, chimici, geofisici, Si tratta di esperimenti costosi che vengono
effettuati in Antartide in media ogni 10 anni». L'importanza di recuperare
record climatici nelle zone prossime alla calotta glaciale rende questa
spedizione unica: gli scienziati a bordo descriveranno di cosa sono fatti i
sedimenti, identificando i fossili e i minerali per capire quando e dove si sono
formati i sedimenti, per ricavare informazioni sui meccanismi che regolano le
interazioni tra oceano e calotta di ghiaccio».
Lorenza Masè
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 gennaio 2018
Laghi di Plitivice a rischio nel patrimonio Unesco
ZAGABRIA - Considerati un bene "in pericolo" o peggio ancora ritirati dalla
lista del Patrimonio mondiale dell'umanità, della quale fanno parte fin dal
1979. È questo il destino che spetta ai celebri laghi di Plitvice, se il governo
della Croazia non prenderà al più presto delle contromisure per arginare i danni
causati dall'eccessiva attività turistica. L'Unesco, l'agenzia Onu che si occupa
di educazione, scienza e cultura, ha infatti chiesto a Zagabria di presentare,
entro questo giovedì 1° febbraio, una lista di misure volte a tutelare
maggiormente il parco nazionale, vittima del turismo di massa e di tutte le sue
conseguenze (dall'incremento del traffico agli abusi edilizi, passando per
l'impoverimento della qualità dell'acqua). Il ministero croato dell'Ambiente e
dell'Energia, che invierà in questi giorni la propria risposta, si dice
fiducioso sul futuro del parco. «Crediamo che l'Unesco riconoscerà i nostri
sforzi e l'intenso lavoro intrapreso in tutti i settori», fanno sapere le
autorità di Zagabria che assicurano di aver risposto a tutte le criticità
sollevate dalla delegazione internazionale. La missione Unesco che ha visitato
Plitvice nel gennaio 2017 ha formulato un totale di 10 raccomandazioni,
avvertendo la Croazia che «se dei progressi sostanziali non saranno realizzati
entro il 2018, questa delegazione chiederà al Comitato per il Patrimonio
mondiale (Whc) di valutare l'iscrizione della proprietà nella Lista del
Patrimonio mondiale in pericolo». Onde evitare questo scenario, Zagabria aveva
dunque un anno di tempo per mettere un freno alla costruzione di appartamenti a
scopo turistico nell'area del parco e per interrompere lo sfruttamento delle
riserve d'acqua da parte di privati. Doveva inoltre limitare il numero dei
visitatori (che nel 2017 è arrivato a quota 1,7 milioni) e riflettere ad una
nuova gestione del traffico così come all'eventuale istituzione di una zona
cuscinetto che protegga maggiormente l'area dei 16 laghi, oggi considerata
minacciata. Ma come si è arrivati ad una situazione tanto critica? Per l'ex
direttore del parco nazionale Andjelko Novosel il "vaso di Pandora" è stato
aperto nel 2014 con l'approvazione del nuovo Piano territoriale. «Dal 1945 fino
al 1991, il parco ha goduto di un'ottima politica di tutela ambientale, ma nel
2014, questa politica è stata distrutta», riassume Novosel, che ha lavorato a
Plitvice come Responsabile della salvaguardia dal 2012 al 2016 e ha ricoperto
poi la carica di direttore fino alla primavera 2017. «Il nuovo Piano
territoriale ha permesso nuove costruzioni nell'area dei laghi e il numero degli
appartamenti privati è passato dai 16 del 2009 agli oltre 300 del 2017, con un
balzo nei pernottamenti da 600 (2009) a oltre 30mila (2017)», prosegue Novosel.
Come se non bastasse, infine, «tutto è stato edificato senza infrastrutture e,
in particolare, senza sistemi fognari», conclude l'ex direttore, che assicura di
aver perso il proprio posto di lavoro proprio perché contrario a questa
politica. Più che il numero totale di visitatori (comunque dannoso per
l'ecosistema del parco), sarebbero dunque queste costruzioni private a ridosso
dei laghi a compromettere la qualità dell'acqua. A questo proposito, il deputato
Branimir Bunjac del movimento Zivi Zid accusa i due principali partiti croati, i
socialdemocratici (Sdp) e i conservatori (Hdz), di aver permesso una tale
situazione per delle ragioni economiche.
Giovanni Vale
La dura battaglia dei reduci di guerra contro
l'abusivismo edilizio nel Parco
Per 108 giorni, dal 21 giugno fino al 15 ottobre 2017, gli ex combattenti
della guerra d'indipendenza croata hanno protestato a Plitvice contro la
costruzione di nuovi appartamenti privati nell'area del parco. «Abbiamo montato
una tenda e abbiamo dormito lì per oltre tre mesi», racconta Ivica Jandric,
veterano della brigata dei "Tigrovi" ed originario della Lika. «In quel periodo,
siamo riusciti a bloccare quasi tutti cantieri, ma le istituzioni non hanno
accolto le nostre domande», prosegue Jandric, che riassume le principali
richieste inoltrate al governo: revisione del Piano territoriale, verifica dei
permessi di costruzione accordati e distruzione delle abitazioni costruite
illegalmente. «Molti investitori hanno ottenuto un permesso per ricostruire una
casa già esistente, ma ne hanno approfittato per creare nuove e più grandi
strutture», conclude l'ex militare.
(g.v.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 28 gennaio 2018
Niente sardoni nelle reti - I pescatori contro l'Ue - A
Bruxelles proposte regole a salvaguardia dei piccoli pelagici nell'Adriatico
Gli operatori del settore: «Imprese e occupazione a rischio anche in
città»
Divieto di pesca, almeno parziale, per "sardoni" e "sardelle" in tutto
l'Adriatico. È questo il rischio al quale sta per andare incontro anche il
sistema pesca di Trieste. Un problema che potrebbe mettere in totale crisi il
centinaio di lavoratori, fra pescatori e indotto, che opera nel settore in
città. I livelli occupazionali del comparto in sostanza potrebbero crollare. Il
tutto per effetto di un Regolamento proposto dalla Commissione europea, che
andrà all'esame dell'assemblea Ue per l'approvazione ai primi di marzo e che
contiene un piano pluriennale per la tutela degli stock di piccoli pelagici,
cioè le acciughe e le sardine, nel mare Adriatico, sottoregione del Mediterraneo
che totalizza circa un terzo del valore totale del pescato nell'area. La
proposta punta a salvaguardare le quantità di queste specie, a detta degli
esperti europei a rischio estinzione, e a garantire la sostenibilità delle
attività di pesca. Nel dettaglio, i piccoli pelagici dell'Adriatico sono
considerati sovra sfruttati (90 per cento) e ai minimi storici per quanto
riguarda i livelli di biomassa. Sono cioè più piccoli e magri rispetto a qualche
anno fa. La diminuzione della cattura di acciughe e sardine dovrebbe attestarsi,
secondo questo piano, sul 25-30% entro il 2021. Per il sistema pesca di Trieste
sarebbe una mazzata. Per spiegare le ragioni della categoria, i pescatori
dell'Adriatico hanno scelto Guido Doz, esponente del settore e presidente della
cooperativa Colmi di Trieste, per presentare al Parlamento europeo un documento
che illustra i motivi del "no" alla proposta della Commissione. «Crisi di alici
e sarde si sono avute anche negli anni 1984 e 1985 - ha ricordato Doz nel corso
dell'audizione a Bruxelles -, ora sembra che siamo alla vigilia di un problema
simile. I nostri pescatori lo hanno capito e si sono subito mossi con azioni di
ridimensionamento e cure dolorose, dovute anche alle norme restrittive che sono
state emanate dal competente ministero italiano. Abbiamo ridotto i giorni di
pesca in media a quattro alla settimana, rispettando il limite dei 20 al mese e
dei 180 annui. Altri pescatori hanno deciso di dedicarsi ad altre attività di
pesca. Osserviamo poi il fermo pesca dei piccoli pelagici - ha aggiunto - in due
periodi di 15 giorni ciascuno per permettere la riproduzione, arrivando a una
riduzione di circa il 7% del prelievo. Nel 2017 abbiamo registrato un aumento
delle taglie di alici e sarde. Da qualche settimana, in Italia stiamo procedendo
alla dismissione di una decina di imbarcazioni per la pesca dei piccoli
pelagici. Da questa analisi - ha continuato Doz - mi sento di dire che da
quest'anno ci sarà una riduzione della capacità di pesca di oltre il 40%
rispetto al 2014. Lo stock potrà così ricostituirsi abbastanza velocemente.
Oggi, mettere in campo altre azioni come quelle previste dal Piano - ha concluso
- sarebbe esagerato e porterebbe a significativi impatti in termini economici e
sociali. In sostanza, molte imprese chiuderanno, tanti pescatori rimarranno
disoccupati e aumenterà la pesca illegale». «La situazione è molto complessa -
spiega da parte sua Simone Libralato, esperto del settore e ricercatore in
ambito Ogs, cioè all'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica
sperimentale - perché da un lato esistono dati oggettivi, come la diminuzione
della dimensione dei piccoli pelagici, fenomeno che si è accentuato dal '95 a
oggi, dall'altro è noto che influiscono su questa situazione fattori sui quali
non si può intervenire a breve, come le mutazioni climatiche e l'inquinamento
atmosferico. Ecco allora che ridurre la pesca può rappresentare l'unica
soluzione possibile, perché si tratta di un elemento che si può governare. Di
certo - aggiunge Libralato - sappiamo che, se si andrà avanti ai livelli
attuali, a un certo punto potremmo trovarci al cospetto di una situazione che
non gioverebbe per primi agli stessi pescatori, che non troverebbero più queste
specie in mare, con conseguenze facilmente immaginabili. D'altra parte -
sottolinea il ricercatore - non è detto che misure come quelle proposte dalla
Commissione europea debbano essere mantenute per sempre. Si potrebbe optare per
una riduzione temporanea, da sospendere non appena gli indicatori cominciassero
a presentare una situazione di segno opposto rispetto a quella attuale».
Ugo Salvini
La politica - L'europarlamentare De Monte: «Ci
opporremo - Azione comune con i colleghi sloveni e croati»
«Il Pd si opporrà alla proposta della Commissione, che intende bloccare,
anche se solo temporaneamente, l'attività della pesca di piccoli pelagici». È
secca la presa di posizione di Isabella De Monte, europarlamentare friulana, che
fa parte del Gruppo dei socialisti democratici, nel quale rientra anche il Pd.
«Se da un lato è comprensibile che si cerchi di limitare la pesca di specie
ittiche la cui quantità sta calando - precisa - dall'altro è altrettanto
importante garantire la continuità del lavoro per quanti operano nel settore,
come i pescatori e il loro indotto». De Monte annuncia anche che «in sede di
Commissione pesca, quando si discuterà della proposta finalizzata a ridurre il
prelievo in mare, presenteremo un emendamento che porti a una sostanziale
modifica dei contenuti attuali, in modo da evitare che il comparto possa
risentirne per quanto concerne i livelli occupazionali. La politica della pesca
- ha ribadito - deve garantire la sostenibilità delle specie, ma anche
l'equilibrio economico del comparto». E in questa battaglia l'europarlamentare
potrà contare sugli alleati sloveni e croati del Gruppo dei socialisti e
democratici: «Sono coinvolti anche loro - conclude - visto che il provvedimento
parla di riduzione della pesca in tutto l'Adriatico e abbiamo già concordato
un'azione comune».
(u.s.)
«Il golfo è unico - Serve una deroga» - La categoria
lancia l'idea di una tutela "doc" per Trieste - Ma il vicepresidente dei
commercianti approva il blocco
Pescatori e titolari di pescherie si schierano su fronti opposti stavolta.
Sul tema della proposta della Commissione europea, che intende limitare i
prelievi in mare dei piccoli pelagici, le opinioni contrastano. Per Gaetano
Dambrosio, pescatore da sempre sulla breccia, «la Commissione commetterebbe un
errore se adottasse tale provvedimento, perché nella pesca i cicli ci sono
sempre stati. Sardoni e sardelle hanno vita breve - aggiunge - e se non vengono
pescati comunque muoiono rapidamente. I pescherecci di Trieste sono già molto
pochi rispetto al passato e non è il loro lavoro che riduce le quantità in
mare». Di opinione opposta Livio Amato, vicepresidente dell'Associazione dei
dettaglianti e titolare di pescheria: «Il provvedimento della Commissione
allargherebbe i mercati - osserva - si andrebbe a comperare altrove, come già
avviene in qualche caso per le alici. Anzi - sottolinea - una regolamentazione
in chiave locale alzerebbe il valore del prodotto nostrano, oggi ai minimi
termini come prezzo. Bisogna avere la capacità di ricollocarsi in relazione al
modificarsi dei mercati - prosegue Amato - e, soprattutto, è necessario guardare
lontano, non fermarsi al quotidiano. Una riduzione nel tempo del pesce in mare
danneggerebbe per primi i pescatori».Di tutt'altro avviso Salvatore Pugliese,
operatore del comparto: «Se passa questo Regolamento per noi la situazione si
farebbe drammatica - è il suo esordio - perché già peschiamo poco, se ci tolgono
anche sardoni e sardelle molti di noi, e siamo pochi rispetto al passato,
sarebbero costretti a chiudere. C'è chi ha perso la licenza perché non ha potuto
fare il numero minimo di uscite in mare - continua Pugliese -, una limitazione
alla pesca sarebbe pesantissima. E poi non si può fare di tutta l'erba un fascio
- osserva -, perché l'Adriatico è grande e non si possono mettere i pescatori di
Trieste alla stregua dei colleghi del Veneto o delle Marche. L'Unione europea
raccoglie dati nei mercati, basati su visite sporadiche, mentre bisognerebbe
fare una media con controlli quotidiani. Propongo un'altra soluzione - conclude
- cioè chiedere una deroga per il pescato nel golfo di Trieste, che garantisce
una qualità introvabile altrove. Una sorta di pescato "doc"». Concetto su cui
insiste anche Guido Degrassi: «I nostri sardoni sono speciali, diversi dagli
altri in virtù di sostanze che si trovano solo nel nostro golfo. Dovrebbero
essere tutelati. Se dovesse passare la proposta delle quote - aggiunge - sarebbe
un disastro e si metterebbe a rischio la sopravvivenza di pescherecci e imprese
locali del comparto».
(u. s.)
Il pino storto avrebbe potuto sopravvivere altri 10
anni - La lettera del giorno dell'Associazione Wwf Trieste
Una bella notizia avremmo potuto leggere sul giornale di domani. Il Wwf, un
club velico e un gruppo di cittadini avevano adottato un albero che era parte
della memoria collettiva. Il Wwf aveva offerto un progetto per la realizzazione
del tutore, i costi di realizzazione sarebbero stati sostenuti dai cittadini. Il
Pino storto, ovvero il Pino d'Aleppo di Barcola era stato salvato. Ancora per
alcuni anni, forse per un decennio o anche di più, quell'albero avrebbe potuto
continuare a impreziosire un angolo della città. Questa era la soluzione che si
stava profilando ieri a fine mattinata, dopo una serena riunione tra l'assessore
Elisa Lodi, i dirigenti del Comune di Trieste e il presidente del Wwf Alessandro
Giadrossi. A loro era corso in aiuto il presidente della Barcola Grignano Mitja
Gialuz, che si era subito offerto a raccogliere la somma per realizzare un bel
supporto per ancorare l'albero al suolo. Domani leggeremo invece che l'albero è
stato tagliato, in fretta e furia, per decisione del sindaco, Roberto Di Piazza,
dopo un suo sopralluogo. Irremovibile, non ha voluto prendere in considerazione
gli appelli a una riflessione per un confronto volto a consentire una meditata
decisione. Una decisione incomprensibile del primo cittadino che dobbiamo
censurare. Non ci si venga a dire che c'erano ragioni di pubblica sicurezza o
urgenza tali da non poter procrastinare l'abbattimento del bell'albero. Nella
peggiore delle ipotesi sarebbe caduto su una aiuola e un semplice transennamento
o il sacrificio di un parcheggio avrebbero consentito, per un breve periodo, di
evitare anche eventuali danni materiali. Peccato, sarebbe stato un bell'esempio
di gestione partecipata del verde pubblico, una dimostrazione ai cittadini come
alla fobia dell'albero killer si possa porre rimedio con soluzioni tecniche
moderne che non siano quelle del sacrificio di alberature storiche.
IL PICCOLO - SABATO, 27 gennaio 2018
MUGGIA - Arriva l'infopoint sul "porta a porta" - Ok
alla mozione del centrodestra. Emendata e accolta all'unanimità quella pro
disabili
Sì alla creazione di uno sportello informativo per l'avvio della
differenziata dei rifiuti e sì all'aiuto delle categorie più deboli alle prese
col nuovo servizio. Il delicatissimo tema della raccolta "porta a porta" è stato
affrontato in varie sfaccettature durante l'ultima riunione del Consiglio
comunale. L'assemblea ha approvato appunto la mozione per l'apertura di un
infopoint sul "porta a porta" presentata da Forza Muggia, Lega e Fdi.La
richiesta è nata con l'obbiettivo di fornire una risposta concreta ai dubbi dei
tanti muggesani che dal primo marzo saranno chiamati al rispetto del nuovo
sistema. «Era un documento importante con semplice intento di buon senso:
giustamente è stato condiviso dalla maggioranza del Consiglio», così Nicola
Delconte (Fdi). Sempre sul tema rifiuti Giulio Ferluga (Lega) ha chiesto alla
giunta l'attivazione di un servizio volto ad aiutare persone disabili a
trasportare dall'abitazione i rifiuti differenziati. «Sono moderatamente
soddisfatto che la mia mozione, seppur emendata, sia passata all'unanimità», il
commento di Ferluga. L'emendamento chiede che sia la Net ad andare incontro alle
esigenze dei muggesani con difficoltà di deambulazione, scegliendo un tipo di
servizio che possa adattarsi alle singole situazioni. Sempre sui rifiuti, il
Comune ha poi replicato alle interrogazioni presentate da Roberta Tarlao (Meio
Muja), Roberta Vlahov (Obiettivo comune) ed Emanuele Romano (M5S). L'assessore
all'Ambiente Laura Litteri ha rimarcato che la fornitura di cassonetti
condominiali «è legata all'espressione di assenso del condominio e a tale fine
il Comune e la Net stanno ricevendo la disponibilità da parte degli
amministratori degli stabili, fermo restando che i singoli condomini potranno
optare per la raccolta famigliare». Quanto agli esercizi pubblici Litteri ha
precisato che entro il primo marzo, data dell'avvio della raccolta, verranno
organizzati «incontri singoli con gli esercenti». Ad ogni modo va ricordato che
la Net ha espresso la propria piena disponibilità in caso di ulteriori
informazioni e chiarimenti da parte dei cittadini. In attesa dell'infopoint, si
potrà chiamare il numero verde 800520406.
(ri.to.)
GREENSTYLE.it - VENERDI', 26 gennaio 2018
Rinnovabili: navi elettriche zero emission grazie a solare ed eolico
Sta per arrivare in Olanda una grande innovazione sul fronte del trasporto merci. A partire dall’estate, salperanno dai porti di Anversa, Amsterdam e Rotterdam le prime navi elettriche il cui obiettivo è quello di ridurre notevolmente l’utilizzo dei mezzi di terra garantendo zero emissioni e assenza di equipaggio. Sono realizzate dalla ditta olandese Port Liner.
Le nuove navi che non emettono alcun tipo di inquinamento impiegano batterie da 7 metri che funzionano a energia solare ed eolica e sono state rese possibili grazie a un progetto da 100 milioni di euro, sostenuto da un sussidio di 7 milioni di euro proveniente dall’Unione Europea. Si prevede che avrà un impatto enorme sui trasporti, tanto che vengono soprannominate le “Tesla dei canali”. Secondo Port-Liner, le “Tesla Ships” alimentate a batteria sono in grado di trasportare ben 280 container. Si prevede che con questa tipologia di trasporto sarà possibile eliminare annualmente l’impiego di 23 mila camion con motori diesel (inquinanti) dalle strade dei Paesi Bassi, sostituendoli con un trasporto a emissioni zero. In un primo momento vi sarà del personale a bordo per ragioni di sicurezza, ma successivamente non ve ne sarà più bisogno. Si stima che il loro utilizzo potrebbe portare un risparmio di CO2 stimato in 18 mila tonnellate all’anno. L’obiettivo futuro è quello di adeguare le peculiari batterie che alimentano tali navi elettriche portacontainer anche per l’uso nelle navi esistenti.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - VENERDI', 26 gennaio 2018
La Ferriera sfida il Comune - «Porte aperte a ogni
verifica» - La proprietà: «Nuovi controlli? Confermeranno i risultati positivi
ottenuti»
Siderurgica Triestina risponde così alla richiesta di rivedere la
procedura Aia
«Le porte dello stabilimento sono aperte». Siderurgica Triestina risponde
così al documento con cui il sindaco Roberto Dipiazza ha chiesto alla Regione di
rivedere l'Autorizzazione integrata ambientale della Ferriera di Servola. Le
ragioni, spiega Dipiazza in quel testo, stanno nello studio predisposto dalla
procura di Trieste, da cui emergerebbe la presenza di benzene nelle vicinanze
dell'impianto. Il Comune rileva poi la necessità di rivedere il posizionamento
delle centraline. L'azienda risponde sottolineando che ogni nuovo controllo sarà
benvenuto, «perché accerterà i risultati positivi finora avvenuti». La presa di
posizione di Siderurgica Triestina arriva con una lettera intestata
all'amministratore delegato Edoardo Tovo «e con la piena adesione del presidente
cavaliere Giovanni Arvedi»: «La società segnala che le porte dello stabilimento
industriale di Trieste sono aperte per ogni opportuna verifica e che è ben
gradito ogni controllo da parte degli organi competenti», è l'esordio del
comunicato. L'apertura, prosegue, ha il fine di consentire «di prendere visione
degli interventi effettuati e dei risultati conseguiti, con particolare
riferimento al postcombustore e ricadute delle emissioni del camino E42, così
come citato nella comunicazione del sindaco alla Regione in merito alla
richiesta di riesamina Aia». Nell'occasione l'azienda sottolinea come, «il
recentissimo rapporto Arpa Fvg sulla qualità dell'aria a Servola aggiornato al
15 gennaio 2018, evidenzi il pieno rispetto degli standard di qualità ambientali
che per l'area di Servola sono stati fissati dall'Aia con valori più restrittivi
di quelli di legge lungo tutto il 2017 e fino a oggi. In particolare,
l'ulteriore riduzione dei valori misurati negli ultimi due mesi, mostrano la
validità degli interventi straordinari di miglioramento effettuati di recente
sull'altoforno».Il monitoraggio dei parametri di qualità dell'aria, prosegue
Siderurgica Triestina, «viene infatti effettuato su un capillare numero di
stazioni di monitoraggio il cui posizionamento è frutto di un lungo lavoro di
analisi di Arpa, iniziato ai tempi della gestione Lucchini, che ha portato ad
individuare i punti di maggior ricaduta ove effettuare le rilevazioni». Secondo
l'azienda l'eventuale ridefinizione della posizione delle stazioni di
monitoraggio o anche l'eventuale incremento dei punti o della frequenza di
monitoraggio «potrà solo confermare quanto già ampiamente riscontrato, ovvero il
considerevole miglioramento della qualità dell'aria e il pieno rispetto degli
obiettivi di qualità ambientali, così da valorizzare ulteriormente l'adeguatezza
degli interventi di ambientalizzazione messi in essere dall'azienda e la
compatibilità ambientale dell'attività produttiva con il contesto territoriale
circostante». Siderurgica Triestina fa inoltre presente «che una eventuale
ridefinizione dei monitoraggi di qualità dell'aria non necessita di un
procedimento di riesame di Aia, in quanto è indipendente dall'Aia stessa e può
in ogni momento essere stabilito unilateralmente dall'ente di controllo in base
a proprie valutazioni o indicazioni degli enti territoriali». Questa la
conclusione: «Sulla questione in oggetto, l'azienda è serena e disponibile da
subito ad ogni confronto tecnico». Resta il fatto che starà agli uffici
competenti, quelli regionali, valutare se i dati portati dal Comune a supporto
della richiesta, che si avvalgono anche di un parere dell'Azienda sanitaria
universitaria triestina, sono sufficienti o meno alla riapertura dell'Aia. Il
responso dell'ente regionale è atteso nelle prossime settimane
Giovanni Tomasin
Giardino pubblico chiuso a partire da lunedì - Tre
giorni di accesso vietato per consentire le opere di manutenzione e di pulizia
generale dell'area
Da lunedì, per tre giorni consecutivi, il giardino pubblico Muzio de
Tommasini chiuderà l'accesso al pubblico per consentire un intervento di
manutenzione e pulizia generale. Lo ha comunicato ieri il Comune. «Si tratta di
un intervento consistente di manutenzione del verde - spiega l'assessore ai
Lavori pubblici Elisa Lodi - che facciamo sempre anche per una questione di
igiene pubblica». Sfalcio dell'erba, pulizia e raccolta delle foglie sono i
compiti principali di cui dovranno occuparsi gli operatori. «La pulizia -
specifica comunque l'assessore - viene fatta costantemente ma siccome il
Giardino è tra i siti inquinati, dobbiamo usare le misure precauzionali, per
questo vengono utilizzate delle speciali tecniche come da normativa». E in più,
tra le motivazioni di questa decisione, c'è anche la vastità del giardino che
impone una pulizia approfondita e veloce a porte chiuse. Per questa operazione
viene sfruttato l'appalto dedicato alla manutenzione dei giardini inquinati,
finanziato con contributi della Regione pari a un totale di 300mila euro. Lodi
annuncia anche che è in fase di preparazione la procedura per avviare la gara
riguardante il fitorimedio, le "super piante" capaci di assorbire i veleni
ovvero il mezzo predisposto per bonificare i sette giardini inquinati
individuati a Trieste. Questi pezzi di terra, in cui l'Arpa ancora nel 2016
aveva rinvenuto sostanze cancerogene ben al di sopra dei limiti di legge, sono:
piazzale Rosmini, il Miniussi di Servola, il de Tommasini, gli spazi all'aperto
di due scuole, dell'infanzia ed elementare, cioè il "don Chalvien" di via Svevo
e la "Biagio Marin" di via Praga a Servola. E, sempre nello stesso rione, i
cortili della chiesa San Lorenzo e dell'Associazione amici del presepio in via
dei Giardini. In queste aree verdi erano spuntate contaminazioni elevate di
benzopirene, benzoantracene e benzofluorantene e altre sostanze. Verrà
utilizzato il metodo "green", a cominciare dal Giardino pubblico. Già concluse
le azioni di risanamento nelle due scuole. Il fascicolo giardini inquinati era
stato discusso a un tavolo apposito composto da Regione, Asuits, Università di
Trieste e Comune, avvallato poi da Roma. Infatti, ottenuto il via libera
dell'Istituto superiore di sanità, l'insieme di enti aveva dato mandato al
Comune di avviare i lavori.
Benedetta Moro
Un milione di euro dalla Ue per Esof 2020 - Ok al
budget minimo, ma Fantoni punta a incrementarlo. Al Centro di fisica focus su
scienza e Balcani
Riparte da Trieste il rilancio dei Balcani, questa volta in chiave
scientifica. S'intitola "Forum on new international research facilities for
South East Europe", la due giorni iniziata ieri all'Ictp, che termina oggi e che
riunisce i più importanti scienziati di quest'area e del Cern di Ginevra
accompagnati da alcuni rappresentanti istituzionali. Al centro delle discussioni
due quesiti: è possibile realizzare una struttura come il Cern anche nel Sud-est
Europa? Come costruire infrastrutture per la "big science" in questi Paesi? A
partecipare in qualità di speaker, anche Robert-Jan Smits, direttore generale
per la Ricerca e l'innovazione della Commissione europea. È il numero uno della
struttura che si occupa anche di finanziare i progetti vincitori di Esof, che
nel 2020, come noto, si terrà a Trieste. Un'occasione da non perdere per Stefano
Fantoni, presidente della Fondazione internazionale Trieste e deus ex machina
della vittoria giuliana, che con il funzionario ha avuto un incontro privato
proprio per parlare dell'evento. E anche in parte dei finanziamenti. «È stato
mantenuto il budget che tipicamente viene concesso dall'Ue per questo
appuntamento - ha annunciato Fantoni -: un milione di euro. L'aspetto economico
lo tratteremo comunque in modo esteso più in là, il minimo per ora è stato
mantenuto e quindi ciò è molto incoraggiante». L'obiettivo della cordata intenta
a preparare la città al 2020, che ha invitato all'incontro pure Peter Tindemans,
segretario generale di Euroscience, è quello di portare a casa qualche soldo in
più, visto che per la prima volta si coinvolge non solo il territorio in cui
viene messo in piedi Esof, ma pure le aree del Est Europa. «Che per noi - spiega
Fantoni - vuol dire maggiori spese, perché gli invitati di questi Paesi andranno
sostenuti dal punto di vista finanziario». Fantoni non demorde e ha ottime
sensazioni affinché questa mission venga centrata, «altrimenti ci saranno
comunque altre organizzazioni come l'Unesco che potranno appoggiarci»,
specifica. Oltre a parlare di denaro, Fantoni e Smits hanno visitato Porto
vecchio: «Il direttore generale - racconta ancora il presidente della Fit - è
rimasto entusiasta, anche perché l'idea di riqualificare siti per Esof è
importante e lui l'ha percepito. E poi Smits mi ha comunicato che l'Ue considera
questo evento come proprio e quindi lo sostiene molto».
Benedetta Moro
Barcola dice addio a "Pino lo storto" - Lo storico
albero è stato abbattuto nonostante le proteste di cittadini e ambientalisti.
Dipiazza: «Aveva le radici marce»
Tutte le proteste e i tentativi fatti per salvarlo non sono bastati: dopo
oltre un secolo Trieste ha detto addio a "Pino lo storto". Le vicende dello
storico albero del giardino Skabar di Barcola si sono concluse per sempre ieri
mattina con il suo abbattimento. Il comitato che negli ultimi tempi si è battuto
in ogni modo per cercare di salvarlo, raccogliendo oltre 300 firme, ha riferito
che gli operai sono giunti sul posto già alle 6 del mattino; sono saliti sulla
gru e, armati di motosega, hanno potato l'albero fino a lasciarne il solo
tronco. Solo fino al giorno prima il suo destino sembrava invece ancora incerto.
Infatti, secondo quanto riferito dai membri dello stesso comitato per la
salvaguardia dell'albero, il Comune stava iniziando a valutare l'idea di
attendere prima di procedere all'abbattimento. «Una bella notizia avremmo potuto
leggere sul giornale di domani (cioè oggi, ndr). Il Wwf, un club velico e un
gruppo di cittadini avevano adottato un albero che era parte della memoria
collettiva. Il Pino storto era stato salvato», scrive in un comunicato il Wwf di
Trieste. L'ente aveva infatti offerto un progetto per la realizzazione del
tutore per il sostenimento del pino, così come proposto dal comitato, i cui
costi di realizzazione sarebbero stati sostenuti dai cittadini firmatari della
petizione. Così, ancora per un po' di tempo, l'albero avrebbe potuto continuare
a sopravvivere. «Questa era la soluzione che si stava profilando ieri
(mercoledì, ndr) a fine mattinata - prosegue la nota -, dopo una serena riunione
tra l'assessore Elisa Lodi, i dirigenti del Comune di Trieste e il presidente
del Wwf, Alessandro Giadrossi. A loro era corso in aiuto il presidente della
Svbg, Mitja Gialuz, che si era subito offerto a raccogliere la somma per
realizzare un bel supporto per ancorare l'albero al suolo». Cosa è successo,
quindi, per arrivare a un epilogo opposto? Netta e specifica l'accusa del Wwf di
Trieste: «L'albero è stato tagliato, in fretta e furia, per decisione del
sindaco, Roberto Dipiazza, dopo un suo sopralluogo. Irremovibile, non ha voluto
prendere in considerazione gli appelli a una riflessione per un confronto volto
a consentire una meditata decisione». In attesa di una decisione sul da farsi,
era emersa anche la proposta di realizzare un transennamento, per un breve
periodo, così da evitare anche eventuali danni materiali: «Peccato, sarebbe
stato un bell'esempio di gestione partecipata del verde pubblico, una
dimostrazione di come alla fobia dell'albero killer si possa porre rimedio con
soluzioni tecniche moderne che non siano quelle del sacrificio di alberature
storiche», conclude il Wwf. Stefano Pockaj, il promotore della petizione,
rincara la dose: «L'albero è stato tagliato così presto di mattina per non avere
contestazioni». E aggiunge che sono state scattate dai membri del comitato delle
foto delle sezioni dell'albero per capire se l'intervento fosse davvero
necessario o dettato dalla fretta. Il sindaco Dipiazza risponde impugnando la
perizia effettuata dai tecnici incaricati dal Comune, che evidenziava l'assenza
di ampie prospettive di vita dell'albero a causa della diffusione dei funghi e
la necessità dell'abbattimento: «Ho visionato l'albero di persona - racconta il
sindaco - e si riusciva ad affondare un coltello nelle radici, segno che erano
marce. Quindi, se avessi messo un sostegno, sarebbe cambiato poco, perché il
problema non era la chioma, ma le radici». Dipiazza ricorda poi la recente
caduta dell'albero al ricreatorio Pitteri, che si sarebbe potuto abbattere su
dei bambini. «In caso di un incidente causato dal pino, cosa avrei potuto dire
dopo essere stato avvisato dai miei tecnici?», si domanda retoricamente. «Il
sindaco - conclude - non si diverte ad abbattere alberi e ad andare contro i
cittadini, ma mi sono dovuto assumere le mie responsabilità».Il Comune specifica
anche di aver piantato 360 nuovi alberi nel 2017 e aver pianificato per
quest'anno la piantumazione di ulteriori 250. Comunque sia, ormai "Pino lo
Storto" ha terminato la sua esistenza. Per commemorarlo, si potrebbe ricorrere a
una bella poesia di Saba, nella quale si proclama invidioso degli «Alberi
silenziosi, belli come bei giovanetti o vecchi ai quali la vecchiezza è un
aumento! (...) E a voi ritorna, amico; laghi d'ombra nel cuore dell'estate».
Oppure, come qualcuno scrive sui social in maniera più popolare: «Pino, per mi
te ieri un drito. Rip Pino lo storto».
Simone Modugno
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 25 gennaio 2018
Fusione ghiacciai Antartide: aumento livello mare, rischio imminente
Un nuovo studio effettuato presso l’Università di Stanford rende noto che una grande area ghiacciata in Antartide, la Pine Island, potrebbe fondersi più in profondità di quanto precedentemente previsto e diffondersi a Thwaiti, altra ampia area ghiacciata, causandone lo scioglimento e di conseguenza l’aumento del livello del mare.
L’innalzamento del livello del mare è diventata una delle principali preoccupazioni globali sulla base di ricerche che dimostrano che l’acqua extra oceanica proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai potrebbe inondare le aree costiere di tutto il mondo, contaminare l’acqua potabile e irrigua, minacciare la popolazione selvatica e danneggiare l’economia. Per via di questa prospettiva disastrosa, i ghiacciai Thwaites e Pine Island nell’Amundsen Sea Embayment dell’Antartide sono divenuti negli ultimi anni al centro dell’attenzione dei ricercatori internazionali, che vogliono meglio comprendere il loro potenziale impatto proprio sull’aumento del livello del mare. Si apprende con la nuova ricerca che occorreranno certamente ulteriori studi per valutare i rischi che comporta quell’area così dinamica per questi due ghiacciai, ma se l’azione dell’acqua proseguirà potrebbe innescare o accelerare (anche di molto) la perdita della superficie gelata nel ghiacciaio Thwaites, che arriva a toccare il Pine Island. Le possibilità che si inneschino delle reazioni a catena impossibili da controllare sono molte, per tale motivo diviene ancora più necessario adottare delle misure apposite per prevenire gli effetti più catastrofici che potrebbero arrivare dall’innalzamento del livello del mare.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 gennaio 2018
Piano paesaggistico, disgelo Regione-Carso -
L'assessore Santoro rassicura il Tavolo verde di Duino Aurisina: «Accoglibili
molte delle osservazioni»
DUINO AURISINA - Il Piano paesaggistico regionale «non istituisce
alcun nuovo vincolo, ma servirà invece anche ad aumentare le possibilità di
intervento». È stata molto esplicita l'assessore regionale per le Infrastrutture
e il Territorio, Mariagrazia Santoro, nel corso dell'incontro che l'ha vista
confrontarsi con i rappresentanti del Tavolo verde, organismo neocostituito
nell'ambito del Comune di Duino Aurisina con l'obiettivo di salvaguardare gli
interessi «di tutti i soggetti attivi nel mondo dell'agricoltura sul Carso». Era
stato proprio il Comune guidato dal sindaco Daniela Pallotta a chiedere un
incontro per chiarire la situazione dopo la diffusione delle regole contenute
nel Piano paesaggistico regionale. «Volevamo poter illustrare le nostre 22
osservazioni al Piano - spiega nel dettaglio l'assessore comunale, Andrea Humar
- perché da un primo esame risultava che in sostanza sarebbe stato impossibile
fare interventi sul territorio, a sostegno delle strutture del mondo agricolo.
L'assessore Santoro ha dimostrato notevole disponibilità - ha aggiunto - perciò
organizzeremo nuovi incontri, per completare un percorso condiviso».«Abbiamo
riscontrato una significativa sintonia sulle problematiche - osserva l'altro
assessore comunale di Duino Aurisina, Lorenzo Pipan - e una evidente
disponibilità da parte della Regione a venir incontro alle esigenze dei comuni
del Carso, oltre che una convergenza sulla maggioranza delle osservazioni
presentate». «Il Piano - la conferma di Santoro - coordina le norme che già ci
sono in materia, al fine di facilitare e chiarire gli interventi possibili e,
compatibilmente con le previsioni nazionali ed europee di tutela, coordinarli».
All'incontro hanno partecipato anche gli amministratori dei comuni di Monrupino
e Sgonico e il vicepresidente del Consiglio regionale Igor Gabrovec. «La fase in
corso - ancora Santoro - è a pieno titolo uno dei momenti dell'elaborazione del
Piano, che consente di esplicitarne meglio i contenuti in una prospettiva di
semplificazione complessiva e di dinamicità, e tale attività proseguirà quando
il Comune adeguerà i propri strumenti urbanistici alle previsioni del Piano
paesaggistico. L'incontro è stato positivo in quanto molte delle osservazioni
del Comune potranno trovare accoglimento».
Ugo Salvini
La Barcolana in campo per Pino lo storto - I soci della
Svbg: «Va salvato, fa parte della storia del nostro rione». In piazza Skabar al
via i lavori di manutenzione del verde
Nonostante a Barcola siano iniziati i lavori di manutenzione del verde, con
il taglio di un albero malato e la potatura di altri arbusti in piazza Skabar,
alla petizione sottoscritta da quasi 300 cittadini e dal Wwf per tentare di
salvare "Pino lo storto" si è appena aggiunta anche la Società velica
Barcola-Grignano. Sarà forse vero il proverbio, da prendersi alla lettera: «Fa
più rumore un albero che cade di un'intera foresta che cresce». Comunque sia, il
presidente della Svbg, Mitja Gialuz, riferisce che negli ultimi giorni la sorte
di "Pino lo storto" (sul cui fusto è apparso l'avviso ufficiale di abbattimento,
ndr) ha animato il dibattito dei soci, sempre attenti e sensibili a ciò che
accade nel rione di Barcola. «Molti di loro da piccoli salivano e giocavano su
quell'albero, che segna la storia di un rione e le sue stesse radici - spiega
Gialuz -. Quindi mi hanno chiesto se fosse possibile provare ancora a salvarlo
prima di arrendersi». Non solo. Come i firmatari della petizione, la società
velica si mette a disposizione per supportare economicamente i costi di un'altra
perizia, precisando che l'iniziativa non è animata da intenti di contestazione,
bensì da una massima volontà di collaborazione. Intanto alla gelateria Pipolo,
proprio davanti al pino, è ripartita la raccolta delle firme per la petizione
lanciata da Stefano Pockaj. Dopo l'ultima risposta apparentemente definitiva
dell'assessore Elisa Lodi, che si era detta grata ai cittadini per il loro
impegno ma rilevava la mancanza di possibili soluzioni alternative
all'abbattimento, il comitato non si è ancora dato per vinto ed ha proseguito la
sua battaglia: «Il Comitato di cittadini - dichiarano - contesta le
dichiarazioni dell'assessore comunale ai Lavori pubblici, la quale insiste a
volerlo tagliare, affermando che la semplice colonnina muraria di sostegno
proposta insisterebbe sul vialetto vicino e che per erigerla sarebbe perciò
necessaria l'autorizzazione della Soprintendenza». Il Comitato, invece, afferma
che «la colonnina non insisterebbe affatto sul vialetto e che la Soprintendenza
può comunque autorizzarla, perché il "pino storto" centenario del giardino di
Barcola è parte caratteristica del paesaggio urbano, riprodotta in tutti i
relativi materiali fotografici e iconografici d'epoca». I firmatari della
petizione puntano poi il dito sulle potature effettuate in passato, le quali, a
loro dire, sarebbero state effettuate erroneamente e avrebbero quindi causato
l'infezione che sta uccidendo "Pino lo storto". «La prassi adottata
dall'amministrazione comunale di sostituire le cure dei grandi alberi storici
della città con l'affidamento a ditte esterne del loro abbattimento appare
anomala - continuano -, perché altera senza reale necessità il paesaggio urbano
e comporta una spesa di denaro pubblico molto superiore ai costi delle cure».
Infine, si pongono una domanda: «Dove va a finire il legno pregiato dei fusti e
dei ceppi centenari, che è ricercato per sculture e altri utilizzi
particolari?». Secca la risposta dell'ufficio del Verde pubblico comunale sui
vari punti: «Non ci risulta che ci siano stati problemi di errati interventi in
passato. Non tutto è eterno e si è valutato che le condizioni attuali del pino
non permettano più di mantenerlo in vita. Per quanto riguarda il suo destino, il
materiale utilizzabile rimarrà di proprietà dell'impresa che lo abbatterà per
contratto d'appalto, mentre buona parte finirà in discarica». Si attendono ora
nuovi sviluppi della vicenda. Nel frattempo, da un lettore è arrivata un'altra
segnalazione riguardante alberi morenti. «Al visitatore che entra nel parco di
Miramare - scrive Alberto Zotti - si presenta un'immagine meravigliosa in cui
però stonano numerosi alberi morti ormai da parecchi anni. E non appena si
passano le Scuderie, alzando lo sguardo, fa male al cuore vedere quei tronchi
avvizziti. Credo che abbatterli non possa che migliorare il biglietto da visita
di un parco meraviglioso». La direttrice del parco di Miramare Contessa si dice
d'accordo e comunica che è già prevista una sostituzione dei suddetti alberi,
dato che a breve sarà firmata una convenzione con i forestali della regione per
questo e altri interventi.
Simone Modugno
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 gennaio 2018
Tasse e web - Dichiarazioni Tari sul sito di Esatto -
Debutta il servizio inedito per il Fvg
Primo in regione, il Comune di Trieste consente ora di effettuare la
dichiarazione online, con accesso autenticato, della Tari. Un sistema che
eviterà ai cittadini lunghe code e inutili attese agli sportelli. I servizi
offerti da Esatto si arricchiscono così di nuove funzionalità. Collegandosi
online al sito dell'agenzia di riscossione di piazza Sansovino, sarà consentito
non solo prendere visione della propria situazione o stampare i modelli F24, ma
anche inviare la prima dichiarazione della tassa rifiuti, dichiarare eventuali
variazioni o la chiusura di una posizione. «È un servizio aggiuntivo che ha come
obbiettivo quello di semplificare il rapporto con i cittadini, - spiega il
presidente di Esatto Andrea Polacco - e nel tempo si limiterà così l'accesso
agli sportelli. Non ci aspettiamo una variazione immediata delle abitudini ma la
strada è stata aperta e sarà utile anche a tante associazioni di categoria che
gestiscono le posizioni di molti utenti, di tante aziende».Ad associazioni di
categoria o a realtà che, ad esempio, supportano gli inquilini, Esatto
provvederà a fornire ampie indicazioni sull'utilizzo del nuovo servizio. «La
Tari è il tributo più importante dal punto di vista numerico - osserva il
direttore generale di Esatto Davide Fermo - e coinvolge 115mila contribuenti. Al
servizio si accede previa autenticazione "Loginfvg" standard (utente e password)
e avanzata (smart card o business key) o tramite il sistema nazionale "Spid":
sul nostro sito sono già disponibili tutte le indicazioni per effettuare le
procedure». Il servizio, accessibile da pc e smartphone, sostenuto anche da una
mozione presentata lo scorso anno dal consigliere comunale Roberto Cason, è
stato sviluppato da Insiel che, entro l'anno, prevede di ampliare anche le
modalità di pagamento dei servizi del Comune di Trieste. Restando in tema di
Tari, scade il 31 gennaio il termine di presentazione della dichiarazione per le
variazioni relative al 2017. Un'operazione che ora, dunque, è possibile
effettuare anche online. Sarà il primo banco di prova per gli utenti più
tecnologici.
Laura Tonero
CONFCOMMERCIO - «Sacchetti bio, non coinvolte le
categorie»
Borse per la spesa, etichettatura degli alimenti e smaltimento dei rifiuti.
Sono le prime novità che il 2018 ha portato in dote a imprese e consumatori. Se
n'è parlato in Confcommercio in un incontro che aveva l'obiettivo di fornire una
panoramica delle novità normative a beneficio delle aziende dei comparti
interessati. Le nuove disposizioni, per il presidente di Confcommercio Antonio
Paoletti, condivisibili in termini di maggiore salvaguardia dell'ambiente,
«lasciano però perplessi quanto a tempi di adeguamento concessi alle imprese ed
anche a contenuti. Il nostro Paese, infatti, in riferimento alle borse della
spesa, ha adottato misure ancora più stringenti di quelle previste dalla Legge
Europea dell'aprile 2015. Il legislatore italiano infatti si è occupato anche
dei sacchetti "leggerissimi", stabilendo non solo che debbano essere
biodegradabili e compostabili, ma pure a pagamento. Un esempio, questo, di
mancata concertazione con le organizzazioni di categoria». Concertazione che
«sarebbe stata opportuna per non imporre ulteriori oneri, di vario carattere, ad
attività commerciali e consumatori»
Zona 30 o pedibus per i bimbi della Finzgar -
Sopralluogo della Sesta commissione per risolvere il problema della sicurezza
stradale davanti alla scuola
Per tutelare la sicurezza dei bambini della scuola primaria statale slovena
Finzgar di via del Cerreto a Barcola, la creazione di un'eventuale Zona 30
potrebbe essere una soluzione praticabile nel lungo periodo. Ma per un
intervento più rapido potrebbe essere sufficiente la creazione di un
attraversamento pedonale davanti alla scuola, con l'aggiunta di segnaletica
orizzontale ed eventuali dissuasori ottici di velocità. È la proposta fatta
ieri, nel corso di un sopralluogo sul posto da parte della Sesta commissione,
dalla consigliera Pd Valentina Repini, che si è fatta portavoce, attraverso una
segnalazione, delle preoccupazioni di insegnanti e genitori per la sicurezza dei
più piccoli, visto che lo scorso ottobre un bimbo è stato investito da
un'autovettura proprio all'uscita dalla scuola. Un'altra ipotesi spuntata ieri e
sostenuta anche dall'assessore all'Urbanistica Luisa Polli è quella di creare un
percorso pedibus come a Servola. Lì, per garantire la sicurezza nel tragitto tra
la scuola di via Marco Praga e il vicino ricreatorio, si sta sperimentando in
effetti un percorso pedibus con relativa ordinanza di viabilità che limita il
transito veicolare nelle aree coinvolte. Una proposta che piace al Cinquestelle
Alessandro Imbriani e alla Pd Fabiana Martini. «Ma la richiesta di realizzare un
pedibus dev'essere fatta dai genitori e concordata con la collega Angela Brandi
- spiega Polli - perché poi servono dei volontari che si occupino, con la
segnaletica da noi fornita, di bloccare la strada per quei cinque minuti in cui
i bimbi entrano o escono da scuola. E comunque potrebbe partire solo dal
prossimo anno scolastico». L'assessore rilancia anche l'ipotesi di dar vita a un
"quadrilatero di sicurezza", con la creazione di una Zona 30 tra via Moncolano,
via del Cerreto e via del Boveto, come proposto dal consigliere Michele Babuder
(Fi). I tempi, conferma, però, potrebbero essere lunghi: «Stiamo partendo con la
Zona 30 di Opicina, che terremo monitorata per un periodo per vedere se si
renderanno necessari eventuali aggiustamenti. Considerate però che per la Zona
30 a Opicina i progetti sono partiti in epoca Cosolini e anche in questo caso i
passaggi necessari per realizzarla richiederebbero del tempo». Per accelerare il
processo si potrebbe pensare a una Zona 30 "light", dice ancora l'assessore. «Al
momento non escludo nessuna soluzione - sottolinea Polli -: mi confronterò con i
tecnici».
Giulia Basso
Le mini "operaie" della natura - Da domani a San
Giovanni il corso per futuri apicoltori
Al via le attività del 2018 del Centro di educazione ambientale urbano
comprendenti vari corsi, dall'apicoltura al giardinaggio, ma anche la cucina
delle nonne e la panificazione con grani antichi. E poi, ogni seconda domenica
del mese, incontri con il gruppo Genitori insieme (feste dello scambio di
vestitini) e con "Aspettando te" insieme nella gravidanza e, i sabati, con i
Gruppi di acquisto solidale. Il ricco calendario prevede numerose attività in
collaborazione con Bioest, Legambiente, Felis, Il ponte, Asc Fvg, Circolo Istria
, Aiab. «Oltre ai classici corsi di orticoltura, che inizieranno a marzo e
saranno sia teorici che pratici - spiega Tiziana Cimolino di Bioest - da fine
mese riproporremo anche il corso di avviamento all'apicoltura. Ma ci sarà pure
il corso, dal 2 al 9 marzo, di manutenzione delle attrezzature da giardinaggio.
E il 24 febbraio è previsto un nuovo incontro con un maestro di panificazione
della Val Tramontina per insegnare come preparare i dolci con le farine di grano
antico. Spazio anche ai corsi di cucina delle nonne».Si parte giovedì alle 17,
al Padiglione V di via Weiss 14, con il corso di apicoltura, il cui obiettivo è
quello di far acquisire le competenze di base. Il corso è strutturato
essenzialmente con lezioni pratiche in apiario in date da definire. Il confronto
con docenti esperti del settore sarà alla base dell'apprendimento. Nel primo
incontro si affronterà il tema "Storia e importanza dell'apicoltura e del suo
rapporto con l'uomo". Il ciclo proseguirà ogni giovedì alle 17. L'1 febbraio si
parlerà de "Le api nel susseguirsi delle stagioni", l'8 febbraio ci si
soffermerà su "I prodotti dell'alveare e le attrezzature. Introduzione alle
patologie delle api. Legislazione apistica". Il 15 febbraio invece si tratterà
l'argomento "L'apicoltura del Mediterraneo" e il 22 "Le api dall'evoluzione alla
globalizzazione". Il 29, infine, ci si chiederà "Perché tutelare le specie
autoctone: la nostra ape istriana". Per informazioni, 3287908116.©
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - MARTEDI', 23 gennaio 2018
Muggia, raccolta differenziata programmata da
"estranei" - La lettera del giorno di Gianni Busatto
Mi riferisco all'articolo pubblicato sul Piccolo del 17 gennaio scorso col
il titolo "Muggia, ecco i maxi contenitori per il porta a porta" e in
particolare rimando all'affermazione «per ora il ricevimento non ha suscitato
grande approvazione... Anzi...». Bene: ironicamente voglio sottolineare che quel
«anzi» andrebbe molto, ma molto rafforzato! Sono molto scettico sullo spazio che
tale tipo di differenziata occuperebbe nell'abitazione e su quello che ogni
famiglia muggesana dovrà riservare nella propria casa ai contenitori della
raccolta, sia che abiti in un appartamento di 70 o più metri quadri che in un
monolocale di forse 40 m2.Inoltre, da un primo esame, sembra che il piano/metodo
previsto per la raccolta dei rifiuti sia stato preparato (e approvato!) da
persone estranee al Comune, che non conoscono né la morfologia del territorio e
delle sue strade, né il particolare che una componente numerosa della
popolazione locale è formata da anziani. Comunque, prima di entrare nei dettagli
di queste e tantissime altre problematiche aspetterò di sentire cosa verrà detto
dagli "esperti" e in particolare dai rappresentanti della giunta in carica nelle
riunioni già previste con la cittadinanza sul tema.
EHABITAT.it - LUNEDI', 22 gennaio 2018
Microfibre, è allarme inquinamento marino: milioni in mare ad ogni lavaggio
Ad ogni lavaggio a mano o in lavatrice, milioni di
microfibre, ovvero particelle microplastiche con dimensioni inferiori ai 5
millimetri, finiscono in mare causando ingenti danni all’ecosistema e alla vita
marina. Secondo un recente studio della International Union for Conservation of
Nature, le microfibre rappresenterebbero ben il 35% delle microplastiche
primarie (quelle cioè che non si formano dalla decomposizione dei rifiuti) che
finiscono in mare. Un problema dunque molto diffuso, che parte dai nostri capi
in acrilico (PC) e poliestere (PL).
Cosa sono le microfibre, e perché sono così dannose? Le microfibre sono un
materiale sintetico prodotto attraverso la combinazione di due fibre di base: il
poliestere e la poliammide (un sottoprodotto del nylon). La principale
caratteristica delle microfibre è di essere estremamente sottili, rendendo
possibile la realizzazione di filati molto densi, composti cioè da moltissime
fibre legate insieme strettamente le une alle altre. Questo rende il colore dei
tessuti così ottenuti molto brillante e intenso. In aggiunta a questo, le
microfibre presentano numerosi altri vantaggi: hanno un costo di produzione
ridotto, risultano molto morbide al tatto e sono facili da pulire e mantenere
(non devono infatti essere stirate). Secondo uno studio della Fondazione Ellen
MacArthur, negli ultimi anni l’impatto del settore moda sull’ambiente è
aumentato notevolmente. Il fenomeno della fast fashion ha infatti fatto
raddoppiare il numero di capi prodotti dal 2000 al 2014, un trend che non
accenna a fermarsi. Allo stesso tempo, si è assistito ad una crescita
esponenziale dell’utilizzo di fibre sintetiche: ad oggi, circa il 60% di tutti
gli indumenti a livello globale è realizzato con tessuti sintetici. Questi,
denuncia la Fondazione, sono molto pericolosi per l’ecosistema marino.
Attraverso il loro lavaggio, infatti, ogni anno vengono scaricate negli oceani
mezzo milione di tonnellate di microfibre: una quantità pari a 50 miliardi di
bottiglie di plastica. Microfibre: ad ogni lavaggio milioni finiscono in mare -
Un team di ricercatori dell’Università di Plymouth, nel Regno Unito, ha
analizzato per un anno cosa succede quando i materiali sintetici vengono lavati
a temperature diverse, fra i 30 e i 40 gradi, con differenti tipologie di
detergenti. È stato osservato che ogni ciclo di lavaggio rilascia circa 700.000
microfibre nell’ambiente. In questo senso, il poliestere e l’acrilico sono due
dei tessuti peggiori, in grado di liberare circa 730.000 minuscole particelle,
circa 5 volte in più di un tessuto misto cotone-poliestere, che ne cede “solo”
137.000. «Queste microfibre raggiungono il mare perché non bloccate dagli
impianti di trattamento» ha spiegato Rosalba Giugni, Presidente di Marevivo, una
ONG che, dopo aver ottenuto la messa al bando delle microplastiche nei
cosmetici, ha lanciato in questi giorni la campagna #StopMicrofibre, per
sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema delle microplastiche che
finiscono in mare a seguito del lavaggio dei tessuti sintetici. Il danno
apportato dalle microplastiche all’ecosistema marino, afferma Rosalba Giugni,
non è solo ambientale, in quanto «le particelle entrano nella catena alimentare
accumulandosi negli apparati digerenti degli animali, riducendo anche la loro
capacità di assorbire il cibo». Quali sono le possibili soluzioni
all’inquinamento causato dalle microfibre? «Scienziati di tutto il mondo stanno
lavorando per trovare una soluzione» conclude Giugni. «La prima fra tutte deve
essere quella di studiare tessuti senza rilascio di microfibre». O composti di
microfibre completamente biodegradabili, come fa ad esempio Mango Materials, che
trasforma le emissioni di metano in filati hi-tech ed eco-friendly (qui la
storia di questo bel progetto). È inoltre necessario anche migliorare il sistema
di filtraggio dei depuratori delle acque reflue. Non sono soluzioni semplici o
immediate, ma sono necessarie. Nel frattempo ognuno di noi può fare qualcosa per
aiutare il mare, ha spiegato la Presidente di Marevivo. «Ridurre, riciclare e
riusare. Ridurre gli acquisti superflui, usare più a lungo i capi acquistati e
riciclarli correttamente, e soprattutto effettuare lavaggi meno frequenti usando
programmi per la lavatrice brevi, a basse temperature e con una velocità della
centrifuga ridotta».
ALESSANDRA VAROTTO
IL PICCOLO - LUNEDI', 22 gennaio 2018
Il Tavolo verde di Duino all'attacco della Regione -
Prima seduta nel nuovo organismo con il Piano paesaggistico del Fvg nel
mirino - «Ingessa ogni tipo di attività agricola e di sviluppo in un territorio
già vincolato»
DUINO AURISINA - Rigettare il Piano paesaggistico proposto dalla Regione
«perché va a ingessare ogni tipo di attività agricola e di sviluppo del settore
in un territorio già pesantemente vincolato per oltre il 90 per cento della sua
estensione». Parte con un obiettivo ben preciso il Tavolo verde istituito dal
Comune di Duino Aurisina, organismo neo costituito e che ha vissuto la sua prima
seduta, in base alla convocazione fatta dal sindaco Daniela Pallotta e dal
consigliere delegato per il Turismo, l'Agricoltura e le Politiche del Carso,
Massimo Romita. Un incontro che ha visto confermata la notevole fiducia nel
Tavolo e nei risultati che lo stesso potrà conseguire da parte di tutti i
soggetti coinvolti, che hanno risposto in massa all'invito di Pallotta e Romita.
Hanno partecipato tutti gli attori coinvolti nello sviluppo del mondo agricolo
del territorio: l'azienda Aries della Camera di commercio, Gal Carso, le
associazioni di categoria degli apicoltori, degli allevatori, dei viticoltori,
dei produttori dei formaggi del Carso, l'Alleanza contadina (Kmecka Zveza), i
rappresentanti della rete Landa carsica, della Città del vino, dei cacciatori,
delle aziende agricole del territorio e di alcune delle associazioni
ambientaliste che hanno la loro sede a Duino Aurisina. «Il Tavolo verde - ha
esordito Romita - deve essere lo strumento operativo e di confronto tra
l'amministrazione comunale e i rappresentanti del mondo agricolo e ambientale
del territorio. Un Tavolo - ha aggiunto - che deve dare le indicazioni sulle
azioni che dovranno intraprendere la giunta e il consiglio comunale per una
condivisione dello sviluppo e delle politiche per il Carso». Visti i
presupposti, hanno partecipato alla seduta anche i due presidenti delle
Commissioni comunali competenti, Sergio Milos (Agricoltura e Politiche del
Carso) e Chiara Puntar (Ambiente), che hanno così avuto modo di recepire le
necessità del comparto agricolo e potranno di conseguenza iniziare a lavorare
per trasformare tali esigenze del territorio in azioni concrete e delibere
attuative. Sono state inoltre messe a verbale le 22 osservazioni curate e
predisposte dagli assessori Andrea Humar e Lorenzo Pipan, in gran parte
indirizzate proprio a cercare di rivedere la situazione che si è venuta a creare
con la stesura del Piano paesaggistico regionale. «È inutile che da una parte si
facciano partire bandi con fondi destinati al miglioramento fondiario e delle
aziende stesse - è stata la conclusione emersa dall'incontro - e dall'altra si
predispongano strumenti deleteri, che non solo bloccano il territorio per il
futuro, ma causano danni a progetti già finanziati e in corso di sviluppo».
«Siamo in una fase molto importante per il settore - ha ribadito Romita - perciò
dobbiamo impegnarci tutti per conseguire risultati che reputiamo fondamentali
per l'economia del territorio».
Ugo Salvini
Bollino rosso sui rifiuti "sbagliati" - Il Comune di
Muggia fa chiarezza sulla raccolta differenziata. Nessuna multa. E maxi bidoni
restituibili
MUGGIA - Rivalutazione caso per caso della distribuzione dei contenitori,
"bollino rosso" a chi sgarra e premialità per i più bravi che potrebbe iniziare
il prossimo anno. Nel marasma del preavvio della raccolta differenziata dei
rifiuti (la data effettiva di partenza è e rimane quella del primo marzo)
l'amministrazione Marzi, messa sotto accusa in questi giorni, ha gettato luce
sulle diverse ombre emerse a Muggia. Buona parte del caos, che ha comportato la
sospensione temporanea della consegna dei contenitori che verrà ripristinata a
partire da oggi stesso, è derivata dal fatto che i cassonetti, in diversi casi,
sono stati consegnati prima della ricezione della lettera che ne preannunciava
l'arrivo. Ovviamente grande è stato lo stupore da parte delle famiglie muggesane
nel vedersi recapitare cinque bidoni da 70 litri ciascuno e un minicontenitore,
oggetti ingombranti e di difficile gestione, non solamente per i residenti in
appartamento. Il Comune ha voluto dunque fare chiarezza innanzitutto per gli
abitanti del centro storico dove il materiale necessario per l'espletamento del
servizio sarà composto da un kit di due soli contenitori, di piccole dimensioni.
E ha poi spiegato che verranno adottate «soluzioni condominiali mirate alle
specifiche esigenze di edifici che raggruppano molteplici unità abitative».
Soluzioni che però prevedono un necessario confronto con l'amministratore di
ogni singolo edificio «perché fondano su dinamiche di vicinato che devono
trovare un accordo prestabilito tra condomini quale, per esempio, anche solo
l'identificazione di chi tra loro si occuperà della messa in strada dei
cassonetti». Da qui un altro passaggio fondamentale comunicato dal Comune, che
potrebbe essere la risposta ai dubbi di tante famiglie: in caso di accordo con
gli amministratori condominiali per una modalità di raccolta rifiuti condivisa,
chi ha già ricevuto il cosiddetto kit famigliare potrà restituire i cinque maxi
bidoni. La Net ha poi espresso la propria piena disponibilità a fornire
ulteriori informazioni e chiarimenti ai cittadini attraverso il numero verde
800520406. Ma non solo: è infatti al vaglio anche la possibilità di predisporre
un infopoint specifico sul territorio per accompagnare la partenza effettiva del
nuovo sistema di raccolta, un luogo dove potersi confrontare e ottenere risposte
ai diversi interrogativi che stanno emergendo in questi ultimi giorni tra i
cittadini muggesani. L'ultimo punto su cui il Comune ha voluto fare luce
riguarda le sanzioni per chi dal primo marzo non parteciperà correttamente alla
differenziata. In realtà non vi saranno multe: la Net semplicemente non
raccoglierà i sacchetti che non rispettano le regole sul corretto conferimento
ma vi applicherà un bollino rosso. E la tanto attesa premialità per i cittadini
virtuosi? «Arriverà, ma solo quando il nuovo sistema di raccolta di rifiuti
entrerà a pieno regime», osserva l'assessore comunale all'Ambiente Laura
Litteri. Molto probabilmente, il via alla premialità scatterà a partire dal
2019.
Riccardo Tosques
Parte a fine mese il programma di incontri per spiegare
le regole del nuovo sistema
Il Comune di Muggia organizza una serie di incontri informativi aperti alla
cittadinanza sul tema della raccolta differenziata. Le conferenze serviranno a
spiegare nel dettaglio il nuovo metodo del "porta a porta". Tutti gli
appuntamenti si terranno alle 17,30. Si comincia mercoledì 31 gennaio ad
Aquilinia al Centro parrocchiale "Casa Primavera"; la settimana successiva, il 7
febbraio, ci si sposta invece alla scuola materna "Il Giardino dei
Mestieri"(Fonderia). Il 21 febbraio l'evento avrà luogo nella sala conferenze
del palazzo "Millo" in piazza della Repubblica 4, a Muggia, mentre due giorni
dopo (23 febbraio) alla scuola materna di Chiampore. Gli incontri si svolgeranno
alla presenza di un rappresentante di Net Spa, società alla quale è affidato il
servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, che illustrerà le
novità del sistema e le regole di conferimento della spazzatura.
Scompaiono i calamari, biologi in allarme - L'esperto
dell'Istituto spalatino di oceanografia: da anni sottoposti a una pesca
indiscriminata
FIUME - Le segnalazioni riguardano tutte le acque dell'Adriatico croato,
dall'Istria al Sud della Dalmazia: nella stagione autunnale e in queste
settimane d'inverno, i calamari si sono rarefatti e spesso pescatori -
professionisti e non - tornano a casa a mani vuote. Il fenomeno si è fatto via
via più presente negli ultimi dieci anni, e va di pari passo con l'impennata dei
costi che si registra nelle pescherie croate dove se fino a non molti anni fa
per un chilo di calamari si spendevano non più di dieci euro, ora si arriva
anche oltre i venti. Ma a lanciare l'allarme arrivano anche gli esperti. Secondo
il parere di Ivan Katavic, biologo marino dell'Istituto spalatino di
oceanografia e pesca, negli ultimi decenni il "Loligo vulgaris" è stato al
centro di un'attività di pesca indiscriminata nelle acque croate, mentre le
istituzioni competenti non hanno stabilito nemmeno le dimensioni minime in base
alle quali permettere la pesca di questo cefalopode: soltanto dallo scorso anno
è stata resa poi obbligatoria la notifica dei calamari pescati.«Il prelievo - ha
spiegato Katavic - diventa praticamente insostenibile nel corso della stagione
turistica e a prescindere dal divieto, che resta in vigore dal primo marzo al 30
settembre, di utilizzare le lampade nella pesca al calamaro. I controlli sono
rari e comunque inefficaci, anche perché la pesca continua a essere
assolutamente non selettiva e va a colpire maggiormente gli animali non ancora
adulti, con tutte le conseguenze del caso». Secondo l'esperto spalatino esiste
comunque anche la possibilità che la minore presenza del mollusco sia da
addossare ai cambiamenti climatici oppure a qualche evento maturato nelle
profondità delle acque adriatiche. «Fortunatamente - ha aggiunto Katavic - il
calamaro è una risorsa rinnovabile e ha una crescita rapida: resta il fatto che
bisogna fare in modo di permetterne il ripopolamento, così da potere avere entro
un paio d'anni nuovamente di nuovo quantità sufficienti e sostenibili nelle
nostre acque». Secondo Katavic «forse in futuro avremo il calamaro
d'allevamento, fatto crescere in gabbie speciali o in altri contenitori. Gli
spagnoli per esempio stanno sperimentando l'allevamento dei polpi, un altro
cefalopode che si sta facendo assente negli ultimi tempi nelle acque istriane,
quarnerine e dalmate».
(a.m.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 21 gennaio 2018
Per la pista ciclabile fra Trieste e Muggia 85mila euro
regionali - Finanziato il progetto del percorso: due alternative al vaglio
Obiettivo il collegamento sino all'attracco del Delfino Verde
TRIESTE - Una pista ciclabile che colleghi Trieste a Muggia e unisca la
città direttamente alla Parenzana, sviluppando le opportunità di un cicloturismo
che sta conoscendo un boom in Friuli Venezia Giulia, dove nel 2017 si sono
registrate 100mila presenze di amanti della mobilità slow. Per ora si tratta
solo della fase progettuale del percorso, realizzabile grazie a uno stanziamento
da 85mila euro nell'ultima manovra finanziaria regionale. Il Comune di Trieste
ha già avviato studi preliminari e il progetto dovrà ora sciogliere il nodo
fondamentale dell'itinerario, con due alternative: il miglioramento e
l'allungamento dell'attuale pista ciclabile di Campo Marzio fino a Muggia oppure
l'ipotesi di percorrere corso Italia e viale D'Annunzio, proseguendo attraverso
la galleria di piazza Foraggi e via Flavia. La decisione spetterà agli ingegneri
incaricati dall'Uti giuliana, destinataria di altri 15mila euro per
l'aggiornamento del piano della mobilità ciclistica (fermo al 2004) e la stampa
di un opuscolo turistico che presenti l'offerta del territorio. Per l'avvio dei
cantieri serviranno altre risorse, ma è intanto possibile disegnare un percorso
che permetterà ai ciclisti di arrivare fino all'attracco muggesano del Delfino
Verde. Da qui, entro l'estate, si dipartirà intanto il chilometro di
collegamento ciclabile con la Parenzana, fra Muggia e l'imbocco del rio Ospo, i
cui lavori sono garantiti da ulteriori 75mila euro regionali. Ad oggi, i turisti
che arrivano a Trieste pedalando sulle vie ciclabili europee non possono infatti
proseguire in bici verso l'Istria e scelgono spesso l'opzione del viaggio in
traghetto per bypassare la periferia cittadina. Come spiega Giulio Lauri,
consigliere regionale promotore dei finanziamenti in questione, «il Fvg e
Trieste sono uno snodo straordinario degli assi della rete Eurovelo della
mobilità lenta. A Grado si incrociano la linea Est-Ovest che percorre tutta la
pianura Padana e la linea Nord-Sud che passa per Salisburgo e Tarvisio partendo
dalla Polonia». Non a caso, la giunta regionale è intervenuta nell'ultima
finanziaria con mezzo milione per mettere in cantiere il tratto fra la Ciclovia
Adriatica (Fvg 2) e l'aeroporto di Ronchi, che consentirà a chi arriva in volo
dall'estero di inforcare la bici non appena toccato terra. A completare il
pacchetto, ci sarà infine la messa in funzione di una linea di autobus fra
Trieste e Parenzo, dotati di sistemi per il trasporto di biciclette. Per Lauri,
«sempre più residenti vanno in bici e la ciclabile Trieste-Muggia avrà quindi
funzioni non solo turistiche, ma permetterà a chi si sposta per lavoro, di farlo
in bicicletta». L'esponente della sinistra civica evidenzia anche il sostegno
regionale all'acquisto di bici a pedalata assistita, funzionali in un territorio
di saliscendi come il nostro: «In tre anni la Regione ha previsto contributi
fino a 200 euro per ogni mezzo acquistato, un impegno da 450mila euro. Fondi
richiestissimi e andati esauriti. La misura è stata pertanto rifinanziata ora
con 100mila euro».
Diego D'Amelio
Muggia - Raccolta differenziata e "porta a porta" -
Interrogazioni urgenti mercoledì in aula
Il caso del "porta a porta" a Muggia e le conseguenti polemiche relative
alla modalità per la raccolta dei rifiuti differenziati (polemiche scatenate in
particolare dalla distribuzione di 6 maxicontenitori nelle case dei muggesani,
che hanno suscitato forti perplessità per le loro dimensioni ingombranti)
approdano mercoledì in Consiglio comunale. Alle 19.30, infatti, è stata inserita
nel "Question time" un'interrogazione urgente sulla modalità di raccolta dei
rifiuti e un'altra relativa alla raccolta rifiuti negli esercizi pubblici. Alle
20 sono in programma le dimissioni del consigliere comunale Tullio Bellen, che
verrà sostituito da Nicoletta Fait e la discussione delle varie mozioni.
«Pino lo storto da salvare, paghiamo noi» - I firmatari
della petizione si offrono di coprire le spese per il recupero dell'albero
malato. Lodi ribadisce: «Sarà abbattuto»
"Pino lo storto" non deve morire. Così continuano a sostenere i circa
trecento firmatari della petizione per salvare lo storico albero di piazza
Skabar, ai quali si è appena aggiunto il Wwf, dopo la notizia ufficiale da parte
del Comune del suo abbattimento. Anzi, rilanciano e si offrono di sostenere le
spese necessarie alla sua sopravvivenza. «Il Pino "storto" di Barcola - dicono -
rappresenta una parte della storia della riviera Barcolana, essendo stato
impiantato alla fine dell'800, e ha quindi un pregio non solo naturale, ma anche
paesaggistico e storico, che non può e non deve essere cancellato da improvvide
e affrettate decisioni prese da burocrati, senza alcun coinvolgimento dei
cittadini» Per ovviare al potenziale problema di tenuta dell'albero, evidenziato
dalla perizia del servizio comunale del Verde Pubblico, essi avevano proposto
una soluzione già adottata in altri luoghi: la creazione di un supporto fisso
che sosterrebbe il fusto dell'albero, così come fatto per esempio a Fasana in un
caso analogo. I firmatari della petizione si sono dichiarati disposti a coprire
le spese per la predisposizione di un'approfondita perizia, «al fine di
accertare i migliori interventi per curare e tutelare un albero così importante
per la nostra città». Alla petizione hanno allegato una foto esplicativa con il
supporto che, a detta loro, permetterebbe di sostenere il peso del pino,
impedendone il cedimento. Certo è che si rischia un "accanimento terapeutico" su
un paziente ultracentenario. A rispondere alla nuova proposta, ci pensa
l'assessora ai Lavori Pubblici Elisa Lodi, la quale ancora una volta si dice
sinceramente grata ai cittadini per il loro impegno, ma rileva che una soluzione
non sia più possibile. «Un intervento del genere andrebbe a incidere su un
passaggio pedonale e servirebbe quindi il permesso della Soprintendenza - spiega
l'assessora -. Ma, soprattutto, l'albero ha contratto un fungo e non può che
continuare a peggiorare. Infatti, il problema non è il fatto che sia storto, ma
gravemente malato e quindi senza prospettive future». Lo storico "Pino lo
storto" è sorto nel giardino dedicato a Monsignor Matija Skabar, a ridosso del
piccolo porticciolo all'inizio della passeggiata sul lungomare, quando nel 1895
la Società per l'Abbellimento di Trieste rivolse un appello ai possessori di
giardini affinché contribuissero per crearvi un giardino pubblico. Da allora,
incurvandosi sempre di più, "Pino lo storto" ha sovrastato quanti, ancora oggi,
nel piccolo giardino tra gli alberi e le siepi, si sono fermati a leggere un
quotidiano in attesa dell'autobus o a gustare un gelato.
Simone Modugno
Capodistria-Divaccia, è rebus Ungheria - Lubiana: il
raddoppio della linea realizzabile solo se arriveranno i fondi di Budapest. In
bilico anche i finanziamenti Ue
LUBIANA - Nuovi fantasmi aleggiano sulla realizzazione del secondo binario
sulla linea ferroviaria Capodistria-Divaccia. In pratica la nuova infrastruttura
potrà essere costruita solamente se l'Ungheria investirà nella stessa. Ma se, e
soprattutto quanto Budapest è disposta a mettere sul piatto e che cosa chiederà
in cambio restano un mistero. La commissione parlamentare di controllo sulle
finanze pubbliche al termine dei suoi lavori ha esplicitamente chiesto al
governo di fornire un piano finanziario per la realizzazione della
Capodistria-Divaccia senza l'intervento dei magiari. Il governo ha risposto in
modo chiaro: senza l'Ungheria l'opera diventa irrealizzabile. Posizione che,
come scrive il Dnevnik di Lubiana, ha trovato conferma anche presso gli uffici
del direttore della società 2TDK Metod Dragonja, che è stata istituita per legge
proprio per gestire la realizzazione dell'infrastruttura ferroviaria. La
posizione del governo Cerar è che proprio la 2TDK mettendo a posta il
finanziamento di Budapest (si parla dai 200 milioni di euro) ha chiuso il piano
finanziario per i lavori, riuscendo a ottenere anche un finanziamento da parte
dell'Unione europea. E proprio grazie al cofinanziamento ungherese, sostengono
fonti di governo, il progetto ha immediatamente riscosso un alto gradimento
presso l'Unione europea visto che la Commissione Ue tende a valorizzare di più i
progetti transfrontalieri. Se, dunque, la Slovenia dovesse perdere l'appoggio
finanziario di Budapest rischierebbe, sempre secondo l'esecutivo Cerar, di
restare senza anche degli almeno 109 milioni di euro che Bruxelles sarebbe
disposta a mettere in gioco.Il governo di Lubiana precisa altresì che se lo
Stato dovesse farsi carico dei 200 milioni in caso di rinuncia dei magiari
questo costituirebbe un grave problema per il bilancio della Slovenia. Slovenia
che nel bilancio 2018-2019 e nelle future proiezioni di spesa non ha risorse
aggiuntive alle quali fare ricorso. «Dopo il rallentamento della crescita
economica registrata nel 2017 - sostengono fonti dell'esecutivo - non si possono
attendere entrate aggiuntive per lo Stato». Di fatto il governo con queste
affermazioni in pratica smentisce quanto affermato ai tempi del referendum sulla
Capodistria-Divaccia, quando aveva garantito l'esistenza di un "piano B" se
l'Ungheria dovesse sfilarsi dal progetto. Affermazione questa che, peraltro, si
trova ancora scritta sulla pagina web della 2TDK. Anche il suo direttore
Dragonja nel settembre scorso aveva sostenuto che il governo «ha in tasca un
piano B che consiste nel ricavare le risorse mancanti in caso di rifiuto di
Budapest di contribuire all'opera con 200 milioni dal bilancio dello Stato». Ora
la marcia indietro di Lubiana.Il Partito Sinistra (Opposizione) chiede che il
piano finanziario per la Capodistria-Divaccia venga reso pubblico così come il
testo dell'accordo bilaterale con l'Ungheria che dovrebbe essere firmato - è la
speranza - a breve. Ma né il sottosegretario alle Infrastrutture Jure Leben, né
il ministro stesso Peter Gaspersic non vogliono parlare delle trattative in
corso con i magiari. La Sinistra è convinta che quando l'accordo sarà reso noto
si scoprirà una divisione dei proventi dalla realizzazione dell'infrastruttura
tra la Slovenia e l'Ungheria, un'influenza di Budapest nella gestione della 2TDK
e affari collegati con il Porto di Capodistria. Certamente l'Ungheria con il
premier Viktor Orbán non investe 200 milioni di euro senza ottenere una
contropartita.
Mauro Manzin
IL PICCOLO - SABATO, 20 gennaio 2018
Ferriera, Dipiazza chiede di rivedere l'Aia - Il
Comune: «Dai dati della Procura emergono nuovi pericoli per la salute». La
Regione: «Valuteremo la documentazione»
Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza chiede ufficialmente alla Regione la
revisione dell'Autorizzazione integrata ambientale della Ferriera di Trieste. E
lo fa inviando alla Regione un plico di carte arrivato al Comune dalla Procura:
si tratta di una relazione realizzata dal tecnico Sabrina Licen per conto degli
inquirenti. Secondo quanto riportato dal Comune, che però non può diffondere
pubblicamente il documento, vi si parla anche di un rischio benzene, sostanza
cancerogena, nelle case di Servola a ridosso dello stabilimento. Dipiazza spiega
che la relazione, arricchita da ulteriori pareri del consulente comunale
Pierluigi Barbieri, è stata inviata alla Regione, ad Arpa, e all'Azienda
sanitaria triestina: «Gli importanti elementi presenti nelle relazioni hanno
avuto un immediato riscontro da parte dell'Asuits - dice il sindaco -. L'Azienda
evidenzia che in base ai rilevi ricevuti si rappresenta una nuova evidenza di
esposizione della popolazione del quartiere di Servola e determina un potenziale
rischio per la salute». Prosegue: «Per l'Asuits è opportuno venga rivalutata la
distribuzione delle stazioni di monitoraggio delle emissioni diffuse, e che
venga verificata l'efficienza e l'efficacia del nuovo postcombustore termino
verificando le ricadute delle emissioni dal camino E42. Stante l'evidenza
sarebbe opportuno ad una rivalutazione di quanto previsto nell'Aia». La
richiesta di revisione dell'Aia che il Comune ha inviato alla Regione riporta
alcuni stralci della risposta del dipartimento Prevenzione dell'Asuits. In
riferimento alle concentrazioni di benzene rilevate dalla centralina posta dalla
Procura in via San Lorenzo in Selva, l'Asuits indica che «tale rilievo
rappresenta una nuova evidenza di esposizione della popolazione del quartiere in
esame e determina un potenziale rischio per la salute». Commenta ancora
Dipiazza: «Ebbene queste nuove evidenze non fanno altro che confermare
ulteriormente la bontà ed efficacia dell'attività intrapresa dal Comune di
Trieste che già in altre occasioni ha chiesto con atti formali quanto ora indica
anche l'Azienda Sanitaria». Questa la conclusione del sindaco: «Con l'ausilio
dello studio legale che ci sta affiancando stiamo potenziando questa nuova
attività di controllo ed in forza di questi ulteriori elementi forniti chiediamo
alla Regione con urgenza il riesame dell'Aia». La Regione fa sapere che la
documentazione fornita dal Comune sarà presa in analisi dai tecnici dell'ente, e
sottolinea che in ogni caso «non si tratta di una scelta politica». Commenta
l'assessore regionale all'Ambiente Sara Vito: «Diciamo che, come sempre accade,
ogni richiesta pervenuta dal Comune di Trieste è oggetto di massima attenzione
da parte della Regione». A prendere in carico la valutazione delle richieste e
dei dati forniti dall'ente locale, prosegue l'assessore, «sono appunto gli
uffici e le parti tecniche». Aggiunge ancora Vito: «Le scelte fatte dalla
Regione per quanto riguarda lo stabilimento di Servola non sono mai decisioni
politiche ma sono il risultato del lavoro degli organi competenti, ovvero della
Direzione ambiente regionale e dell'Arpa Fvg». Conclude l'assessore: «L'Agenzia
regionale per l'ambiente sta seguendo con competenza l'intero procedimento
dell'Autorizzazione integrata ambientale, e anche questa volta il compito verrà
svolto con il massimo dell'attenzione». Quanto a Siderurgica triestina,
l'azienda si riserva di commentare soltanto nel momento in cui verrà coinvolta
nero su bianco.
Giovanni Tomasin
L'assessore all'Ambiente incontra gli ecologisti - Sara
Vito ha discusso con i rappresentanti triestini di Legambiente, Andrea
Wehrenfennig e Mario Mearelli.
La Regione si confronta con gli ambientalisti sul tema Ferriera. Proprio
ieri si è svolto un incontro fra l'assessore regionale all'Ambiente Sara Vito,
il direttore regionale all'Ambiente Roberto Giovanetti, il direttore tecnico
scientifico di Arpa Fvg Franco Sturzi e i rappresentanti triestini di
Legambiente, Andrea Wehrenfennig e Mario Mearelli. Questo l'esito, secondo
quanto comunicato dall'ente: «La Regione e l'Arpa avvieranno un dialogo diretto
con Legambiente per rendere più fruibile e comprensibile il dato della qualità
dell'aria triestina, ponendo un'attenzione particolare all'impianto siderurgico
della Ferriera di Servola». Nel corso dell'incontro, durante il quale la Regione
ha espresso apprezzamento per il dialogo costruttivo instauratosi negli ultimi
anni con Legambiente, è stato toccato inoltre il tema dell'inquinamento diffuso
nell'area di Trieste che ha portato alla chiusura di alcune aree verdi nei
parchi cittadini. In merito l'amministrazione ha confermato l'assegnazione
dell'incarico all'Università di Trieste di redigere il Piano regionale per
l'inquinamento diffuso generale, e garantito che solleciterà al Comune di
Trieste l'attuazione degli interventi già previsti ma non ancora attuati
attraverso la tecnica del fitorimedio. Nei giorni scorsi i tecnici della Regione
avevano incontrato anche gli esponenti del circolo Miani, Maurizio Fogar, e del
comitato Servola Respira, Romano Pezzetta. Se l'ente regionale ha rivendicato un
esito positivo dell'incontro, il circolo Miani scrive sul suo profilo Fb: «Al di
là della buona volontà espressa dai vertici regionali, a giorni la proprietà
della Ferriera riceverà una seconda stringente diffida dalla Regione, e dalla
condivisione della necessità di un pronto abbattimento dell'inquinamento
acustico, sul resto si è vissuto un continuo imbarazzo visti i limiti palesati
dal consulente tecnico Boscolo su funzionamento e conduzione degli impianti».
g.tom.
Oleodotto Siot da record: Trieste capitale del greggio
- Lo scorso anno sbarcate nelle pipeline del terminal 42,4 milioni di tonnellate
Trasportate 502 petroliere. L'ad Alessio Lilli: investiamo sull'ambiente
- I
NUMERI DELLA SIOT
TRIESTE - L'area produttiva dell'Europa centrale attraversa una buona
stagione e il sistema Tal, comprendente il terminal triestino Siot e l'oleodotto
diretto a Germania meridionale-Austria-Cechia, ne beneficia. Tant'è che il 2017
archivia un'annata record con 42,4 milioni di tonnellate di greggio, sbarcate
nelle pipeline triestine e avviate per il 75% nelle raffinerie tedesche di
Ingolstadt e di Karlsruhe, per il 25% restante distribuite tra l'austriaca
Schwechat e la ceca Litvinov. L'aumento percentuale è stato del 2,5% e conferma
il primato di Trieste come scalo petrolifero mediterraneo. In cifra tonda si è
trattato di quasi un milione di tonnellate in più rispetto alla movimentazione
del 2016. Trasportate 502 petroliere. Senza contare, naturalmente, la fortissima
incidenza del greggio sulle statistiche del traffico portuale triestino, nel
quale rappresenta una quota superiore ai due terzi. Alessio Lilli, reduce da una
fresca riconferma fino al termine del 2020 alla guida della Siot, ha illustrato
ieri mattina i principali numeri dello scalo petrolifero. Che a Trieste occupa
119 addetti, ma che soprattutto - secondo le stime aziendali - rappresenta e
distribuisce un «valore per il territorio pari a 120 milioni di euro». Un valore
onnicomprensivo, che raccoglie il gettito fiscale e gli stipendi, le attività
indotte e gli importi del combinato investimenti-manutenzioni (20 più 30
milioni). Le sole tasse portuali ammontano a 7 milioni. A Trieste il volano Siot
muove circa settecento posti di lavoro. Grande attenzione al dato ambientale,
perchè la rilevanza degli azionisti (tra le maggiori griffe dell'industria
petrolifera internazionale) e l'ampiezza degli interessi non consente di
sgarrare. Lilli ha ricordato alcune recenti opere realizzate proprio nell'ambito
della tutela ecologica: il sollevamento a sette metri da terra delle quattro
linee in uscita dal terminale, il parco valvole nella tank farm di San Dorligo,
la protezione dell'infrastruttura messa a punto vicino a un fiume riottoso come
il Tagliamento, non lontano da Tolmezzo. Certo, non c'è ancora l'en plein del
benessere. Il sindaco di San Dorligo, Sandy Klun, ha rievocato con aperta
nostalgia «il petrolio di quindici anni fa», che puzzava di meno. Lilli gliene
ha dato parzialmente atto: sono cambiate qualità e quantità del prodotto, la
società sta lavorando per mitigare il problema olfattivo, che affligge i
residenti di San Dorligo. Ha commissionato uno studio, vorrebbe brevettare un
sistema innovativo che attenui l'effetto-odore. Per il resto generale
soddisfazione. A cominciare da quella del capitano di vascello Luca Sancilio,
comandante della Capitaneria di porto: Trieste è il primo scalo petrolifero
nazionale ed è di conseguenza «il porto più pericoloso d'Italia», quindi il tema
della sicurezza assume un'importanza dirimente. Zeno D'Agostino, presidente
dell'Autorità portuale triestina, ha sottolineato la notevole performance
commerciale e operativa del terminal Siot, che, con i volumi di greggio
movimentati, da solo rappresenta uno dei primi scali marittimi nazionali. Sergio
Razeto, presidente di Confindustria Venezia Giulia, ha inteso evidenziare il
contributo della Siot al sistema produttivo-energetico-logistico del territorio.
Infine, nessun commento dal numero uno del terminal Lilli sul progetto relativo
al metanodotto Snam, in origine collegato al rigassificatore Gas Natural,
impianto sul quale Siot si era espressa negativamente.
Massimo Greco
Trieste-Lubiana in treno, l'impegno di Fvg e Slovenia
La presidente del Friuli Venezia Giulia ha evidenziato
tre punti principali: l'obiettivo di realizzare, come detto, un collegamento
ferroviario tra Trieste e Lubiana, supportato dal governo italiano; la ferma
contrarietà della Regione al progetto del rigassificatore di Zaule; la necessità
di rafforzare la collaborazione sul piano della ricerca scientifica in vista
dell'appuntamento del 2020 con Trieste Esof.
Confermato dal Comitato bilaterale il riavvio della linea entro l'anno.
Rilancio sulla Doc comune per il Terrano. Erjavec torna a chiedere il seggio per
le minoranze
TRIESTE - Rendere Trieste più vicina a Lubiana e viceversa. È questo il
principale impegno emerso ieri a Trieste durante il terzo incontro del Comitato
Friuli Venezia Giulia-Slovenia alla presenza del vicepremier e ministro degli
Esteri sloveno Karl Erjavec e della presidente del Fvg Debora Serracchiani. Il
mezzo per avvicinare la capitale della Slovenia al capoluogo regionale è quello
del treno che collegherà nuovamente, entro fine anno, le due città spingendosi a
Ronchi dei Legionari, dove fermerà nel nuovo hub aeroportuale in fase di
realizzazione e si spingerà poi fino a Venezia. Confermata la ripartenza della
linea, dunque, la presidente Serracchiani ha precisato che «si partirà
usufruendo della vecchia rete esistente, ma nel futuro si cercherà di sviluppare
una rete nuova e più veloce», cercando altresì di porre rimedio all'attuale
mancanza di collegamenti con mezzi pubblici tra il centro di Trieste e la
stazione di Villa Opicina dove farà fermata il treno. «Dal versante sloveno - ha
precisato Serracchiani - c'è già un impegno e uno stanziamento da parte del
governo di Lubiana per velocizzare la rete che da Lubiana arriva fino a Sesana».
Al termine dei colloqui i rapporti tra Fvg e Slovenia sono stati definiti
intensi, proficui e solidi. Da entrambe le parti è stata evidenziata la felice
intuizione di avviare il Comitato Congiunto come format ideale per la
collaborazione tra la Regione e la vicina Repubblica. «Nel 2016 - ha ricordato
il vicepremier Erjavec - l'interscambio tra le due entità è stato di oltre 860
milioni di euro, mentre nel primo semestre del 2017 ha già superato i 450
milioni». «L'economia e le minoranze etniche, quella slovena in Italia e quella
italiana in Slovenia - ha concluso - sono i principali punti di unione tra i
nostri Paesi». Molti i temi toccati nei colloqui che hanno preceduto la sessione
plenaria e i sei tavoli di lavoro tematici in cui sono impegnate le rispettive
delegazioni. La presidente del Friuli Venezia Giulia ha evidenziato tre punti
principali: l'obiettivo di realizzare, come detto, un collegamento ferroviario
tra Trieste e Lubiana, supportato dal governo italiano; la ferma contrarietà
della Regione al progetto del rigassificatore di Zaule; la necessità di
rafforzare la collaborazione sul piano della ricerca scientifica in vista
dell'appuntamento del 2020 con Trieste Esof; promosso poi il confronto
bilaterale per la creazione della prima Doc transnazionale del vino "Terrano/Teran".Erjavec,
da parte sua, ha dimostrato apprezzamento per la costituzione a Trieste
dell'Ufficio per la lingua slovena e ha convenuto con la presidente del Friuli
Venezia Giulia sulla bontà di perseguire la candidatura del Collio/Brda a
patrimonio mondiale dell'Unesco. La parte slovena ha assicurato l'interessamento
a risolvere i problemi comportati dallo svasamento del bacino che forma il lago
di Santa Lucia d'Isonzo, evidenziati dalla presidente della Regione. «Attuiamo
la specialità del Friuli Venezia Giulia collaborando con altri Paesi, e in
particolare con la confinante Slovenia che è nostro partner strategico», è stato
il commento di Sergio Bolzonello, vicepresidente della Regione. Erjavec ha
rilevato, infine, l'importanza della rassicurazione ricevuta dal governo
italiano lo scorso novembre sulla restituzione alla minoranza slovena del
Narodni Dom di Trieste. Sempre in tema di minoranze e vista l'imminenza delle
elezioni politiche in Italia (in Slovenia saranno a giugno), Erjavec ha ribadito
le richieste del governo sloveno di ottenere un seggio garantito a Palazzo
Madama per la minoranza slovena, come accade per quella italiana in Slovenia. Ma
dopo gli esiti della riforma elettorale, che tale seggio non ha garantito, il
vicepremier si è detto favorevole affinché nelle liste Pd ci sia un seggio
sicuro a un rappresentante sloveno. Serracchiani, come governatrice, ha
ricordato di aver ricevuto la stessa richiesta dal capo dello Stato della
Slovenia, Borut Pahor, mentre come esponente dei dem ha assicurato che il «Pd è
il partito che sta cercando di garantire un seggio a Roma a un membro della
minoranza slovena».
Mauro Manzin
INFRASTRUTTURE - E Vienna punta a potenziare i
collegamenti ferroviari
TRIESTE - Il rafforzamento delle eccellenti performance registrate in questi
ultimi anni dal porto di Trieste in ordine al traffico merci su rotaia e
l'ulteriore sviluppo, in chiave turistica, della linea ferroviaria che collega
la Carinzia al Friuli Venezia Giulia, oltre all'interessamento da parte
regionale per la realizzazione di un collegamento Vienna-Trieste. Questi alcuni
dei temi emersi nel corso dell'incontro che si è tenuto ieri, a Trieste, tra la
presidente della Regione e i vertici delle Ferrovie austriache (Obb) guidati
dall'amministratore delegato Andreas Matthae.Lo stesso Matthae ha testimoniato
l'indirizzo da parte del governo austriaco finalizzato all'aumento del flusso di
treni verso il Friuli Venezia Giulia e, più a lungo raggio, su Venezia.
Attualmente sulla tratta Vienna-Venezia, che passa per Udine, ci sono due
collegamenti in orario diurno e uno in orario notturno. Non essendoci ancora un
treno su Trieste, l'amministrazione regionale ha manifestato l'interesse a
lavorare congiuntamente con Obb per creare una linea che unisca Vienna al
capoluogo giuliano. Oltre a ciò sono stati illustrati ai dirigenti delle
Ferrovie austriache i progressi compiuti in questi ultimi anni dal porto di
Trieste e, più in generale, da un sistema regionale allargato, anche
giuridicamente, al porto di Monfalcone e, operativamente, agli interporti di
Fernetti, Pordenone, Gorizia e Cervignano, per il quale Obb ha manifestato
un'attenzione particolare nella prospettiva dei lavori che riguarderanno la
stazione di Campo Marzio di Trieste. In questo senso un accento è stato posto
sugli 80 milioni di euro di investimento stanziati dal governo italiano per la
rete ferroviaria del porto di Trieste, in un regime di forte collaborazione tra
l'Authority dello scalo e le stesse Istituzioni centrali. Oltre a ciò sono stati
rimarcati altri due importanti interventi strutturali di grande respiro per
l'aumento dei traffici: la realizzazione delle Piattaforma logistica e il
raddoppio del Molo VII. Dopo aver affrontato il tema del traffico merci il
discorso si è spostato su quello passeggeri.
IL PICCOLO - VENERDI', 19 gennaio 2018
I vigili adottano le bici a pedalata assistita -
Presentati in Comune i due nuovi velocipedi. Arricchiranno il parco mezzi degli
agenti "ciclisti"
Presentate ieri ed entrate subito in funzione due nuove biciclette a
pedalata assistita in dotazione alla Polizia Locale. Serviranno per controllare
soprattutto le aree pedonali, le piste ciclabili e le zone a traffico limitato.
Vanno ad aggiungersi ad altre due bici modello base, che già sono operative e a
disposizione degli agenti, una dozzina in totale quelli che fanno parte del
nucleo "ciclisti" e che si spostano pedalando ormai da qualche anno, in
particolare nel periodo estivo. A illustrare i nuovi mezzi ieri il vicesindaco e
assessore alla Polizia Locale Pierpaolo Roberti, con il comandante Sergio Abbate
e il funzionario Paolo Jerman. «Già da tempo la Polizia Locale si muove anche in
bicicletta - ha ricordato Roberti - partendo dal distretto di via Locchi e
vigilando soprattutto d'estate sul lungomare di Barcola. Con questi due modelli
a pedalata assistita si potrà così garantire un maggior controllo di zone
sensibili del territorio, sia pedonali che ciclabili, compiendo percorsi più
lunghi per un servizio che dura svariate ore. In futuro puntiamo a introdurre
anche nuove auto e moto a energia elettrica, perché si va in questa direzione
per la tutela dell'ambiente e sicuramente parte del parco veicoli verrà
implementato, attraverso una richiesta mirata di contributo della Regione».
Abbate ha precisato che si tratta di biciclette a pedalata assistita e non
elettriche, quest'ultime infatti non avrebbero la possibilità di circolare in
determinate zone. «Una corretta mobilità delle biciclette - ha aggiunto Jerman -
viene promossa anche durante le lezioni di educazione stradale da parte della
Polizia Locale, per dare un messaggio corretto ai giovani e perché tutti ci
rendiamo conto che è un mezzo sempre più utilizzato in città, con un numero di
ciclisti in costante crescita». Dopo aver presentato le bici in Municipio, i due
agenti della Polizia Locale sono subito entrati in servizio con una pedalata
dimostrativa attorno al Comune, prima di spostarsi in altre zone pedonali del
centro. E le stesse bici a pedalata assistita stanno riscontrando un successo
sempre più grande anche tra chi si muove abitualmente in città sulla due ruote.
Nel corso del 2016 in Italia il mercato del settore ha raggiunto i 124.000
pezzi, secondo i dati dell' Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori.
Micol Brusaferro
Scontro politico sulla differenziata - A Muggia chiesta
una commissione ad hoc sulle criticità emerse nel "porta a porta"
MUGGIA - La richiesta di una commissione trasparenza sulle modalità
operative della raccolta dei rifiuti "porta a porta". È questa la prima reazione
politica dinanzi alla consegna dei maxicontenitori per la raccolta differenziata
in corso nelle case muggesane. «I consiglieri di minoranza sono stati tenuti
all'oscuro delle procedure che l'amministrazione intende adottare per la
raccolta differenziata: per questo ho chiesto la convocazione della commissione
alla presenza anche dell'assessore deputato (Laura Litteri, ndr), del
responsabile del servizio incaricato e di un rappresentante della Net» afferma
Roberta Tarlao, capogruppo di Meio Muja. Intanto altre forze politiche hanno
raccolto i primi malumori da parte della cittadinanza: «Sono parecchie le
segnalazioni giunteci da parte dell'utenza, soprattutto nel centro storico,
sulla chiara impossibilità di ospitare i contenitori in casa o sui pianerottoli
delle abitazioni più piccole» spiega Emanuele Romano (M5S). Sulla stessa
lunghezza d'onda Roberta Vlahov (Ocpm), che ha ricordato la mozione del 24
aprile scorso, bocciata in Consiglio comunale: «Pur essendo favorevoli al porta
a porta avevamo espresso perplessità sull'impostazione adottata, chiedendo
sistemi di tariffazione puntuale. A parte noi, Meio Muja e 5 Stelle, le altre
forze politiche avevano bocciato la nostra richiesta e ora ci ritroviamo con dei
contenitori ingestibili per un territorio come Muggia. Oltre il danno anche la
beffa». Pronta la replica dell'assessore Litteri: «Abbiamo fatto un'enormità di
sopralluoghi e stiamo monitorando l'iter in modo da affrontare le criticità che
si possono riscontrare quando si apporta un cambiamento epocale come questo. C'è
tutta la volontà di trovare soluzioni ai problemi, con la disponibilità a
rimodulare o adeguare il sistema di raccolta». L'applicazione della tariffa
puntuale per Litteri «è il punto di arrivo condiviso, ma è pensabile solo una
volta entrati a regime con il nuovo sistema». Il Comune ha infine bocciato la
richiesta di una commissione trasparenza poiché questa «non contempla un
confronto su tematiche quali gli aspetti tecnici di una raccolta differenziata».
Riccardo Tosques
Sfuma il salvataggio per "Pino lo storto" - L'albero
della pineta di Barcola verrà abbattuto nonostante la mobilitazione di 300
cittadini. Il Comune: «Scelta inevitabile»
Alla fine lo storico albero di piazza Skabar detto "Pino lo storto", che
affonda le sue radici nella storia stessa della città data la sua veneranda età,
verrà abbattuto. La decisione, definitiva e incontrovertibile a questo punto, è
stata presa ieri dall'assessorato ai Lavori pubblici del Comune. Gli esperti
municipali hanno comunicato che l'abbattimento dell'albero - e di altre due
piante messe a dimora nella pineta di Barcola - appare necessario alla luce dei
risultati della valutazione di stabilità eseguita da personale qualificato e
dotato di adeguate competenze in materia, secondo un protocollo tecnico
scientifico riconosciuto anche dalla Società di arboricoltura italiana.
«L'impegno di questa amministrazione - si legge nel testo - è da un lato mirato
alla salvaguardia del patrimonio arboreo e dall'altro, quando vengono a mancare
le sufficienti condizioni di sicurezza, è rivolto alla preminente salvaguardia
della pubblica incolumità». Incolumità, in questo caso, messa eccessivamente a
rischio, tanto da far apparire l'abbattimento «non procrastinabile». A nulla
quindi è valsa la petizione sottoscritta da quasi 300 cittadini e l'appello a
trovare strade diverse per tutelare un albero che «da generazioni è vanto
estetico del giardino Skabar di Barcola e compare nei ricordi di tutti i
frequentatori del porticciolo e della riviera barcolana». I firmatari
proponevano come soluzione alternativa all'abbattimento la costruzione di un
semplice supporto fisso, da guarnire poi con rose o altre piante da fiore, come
si è soliti fare per i vecchi alberi nei giardini storici. Una proposta che
l'amministrazione comunale ha fatto saper di aver apprezzato, al pari della
sensibilità dimostrata dai proponenti verso la tutela del verde pubblico. Ma, ha
evidenziato allo stesso tempo, non sussistono purtroppo le condizioni oggettive
per l'esecuzione degli interventi di puntellamento dell'albero. «L'albero
infatti - precisa il Servizio comunale del verde pubblico - si presenta mal
strutturato nel suo complesso e privo di ampie prospettive di vita future,
considerato che la parte interna della chioma risulta in forte regressione e
diffusamente disseccata a causa del deperimento fisiologico provocato dalla
diffusione dei funghi cariogeni. Le analisi strumentali - prosegue - confermano
l'alterazione profonda dei tessuti legnosi alla base del fusto e del principale
cordone radicale del lato in trazione, segno che l'albero non riesce ormai a
contrastare la diffusione del fungo». Comunque, l'assessora ai lavori pubblici
Elisa Lodi assicura che per ogni albero abbattuto, ne verrà piantumato uno
sostitutivo. Lo storico "Pino lo storto" sorge - ancora per poco - nel giardino
dedicato a monsignor Matija Skabar, a ridosso del piccolo porticciolo all'inizio
della passeggiata sul lungomare e di fronte alla Fondazione Rittmeyer. Alla fine
dell'800, dopo la costruzione dello stabilimento balneare Excelsior, Barcola era
un rione vivacemente animato. Ma nel 1883 la testimonianza di un viaggiatore
francese riferiva che si trattasse di «una marina grigia, senza giardini». Così,
nel 1895 la Società per l'Abbellimento di Trieste rivolse un appello ai
possessori di giardini affinché contribuissero per crearvi un giardino pubblico.
Da allora, incurvandosi sempre di più, "Pino lo storto" sovrasta quanti, ancora
oggi, nel piccolo giardino tra gli alberi e le siepi, si fermano a leggere un
quotidiano in attesa dell'autobus o a gustare un gelato, tra l'aroma delle
piante e l'odore del mare che arriva con la brezza del porticciolo.
Simone Modugno
Il gemello di Fasana è vivo e vegeto - Merito dei pali
di legno usati per puntellare il fusto curvo e sostenerne il peso
Eppure, guardandosi un po' intorno, forse una soluzione si potrebbe trovare
per evitare a "Pino lo storto" di fare una brutta fine. È la tesi sostenuta
dalla sociologa Melita Richter, che stila un lungo elenco di alberi secolari
salvaguardati dall'uomo in virtù della storia di cui sono testimoni viventi,
seppur ormai acciaccati. Fra questi, Melita Richter annovera in primis il pino
incurvato di Fasana, piccolo comune dell'Istria meridionale affacciato sul mare.
«È il gemello del pino di Barcola - esordisce - solo che, a differenza del
primo, in Istria se la passa decisamente meglio». In effetti, come si vede nella
foto accanto, il pino incurvato è stato salvaguardato con un intervento
semplice, costituito da una serie di sostegni di legno che ne sorreggono il
peso. I motivi di questa scelta sono presto spiegati dalla sociologa. «Il pino
di Fasana se la passa bene perché vive in un ambiente umano sensibile,
responsabile. E coerente a ciò che insegniamo alle giovani generazioni: che le
piante e gli alberi sono esseri viventi e con noi condividono la vita sul
pianeta. Siamo responsabili per loro e per le loro vite. Sono i nostri
conviventi - continua - Se uno di noi fosse malato, a rischio di cadere, di
rovesciare la tazzina perché le mani non reggono più, o si scordasse di chiudere
il gas del fornello, lo abbatteremmo? Oppure lo curiamo e accompagniamo il suo
declino con attenzione. Ebbene, per gli alberi ci vuole lo stesso: cura,
cultura, e meno tecnicismo». E giù con la lista degli alberi salvati benché
vecchi. «Se fossero stati abbattuti - riprende la sociologa - non ci sarebbe più
la quercia sotto cui Torquato Tasso sostava a leggere durante i soggiorni
romani, non ci sarebbe un secolare eucalipto in fondo al Corno d'Oro, l'albero
sacro dei nomadi delle steppe della Turchia, o il cipresso di Pocitlej che sfidò
le granate nel cuore della Bosnia, non sarebbe vivo a Brioni uno degli ulivi più
antichi del Mediterraneo che supera i 1600 anni, spaccato in due dalle
intemperie ma salvo, sorretto, che fruttifica ancora; non ci sarebbe il nespolo
di secolari memorie a Kosovo polje, squarciato, medicato, orgoglioso ancora.
Neppure potremmo ammirare la secolare acacia nella centralissima Szécheny tér ai
bordi del Danubio, l'albero più antico di Budapest, indebolito dalla vetustà, ma
protetto testimone dei tempi di infuocati discorsi del grande István Széchenyi,
politico e scrittore».
Elena Placitelli
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 18 gennaio 2018
Cambiamenti climatici: clima della Terra torna all’Eocene?
Il clima della Terra sta tornando allo stato dell’Eocene, ovvero a più di 33 milioni di anni fa, quando non c’era ghiaccio su nessuno dei due poli. Ciò è dovuto all’inquinamento da carbonio, come spiegato recentemente da James Anderson, professore di chimica atmosferica all’Università di Harvard divenuto particolarmente noto per aver dimostrato il danno dei clorofluorocarburi sullo strato di ozono.
In particolare, il livello di carbonio presente nell’atmosfera ha ora raggiunto livelli che la Terra non vedeva da 12 milioni di anni. Ne consegue che i rapidi aumenti della concentrazione di CO2 starebbero riportando il clima terrestre all’Eocene, era geologica in cui non c’era ghiaccio nei due poli, non c’era quasi nessuna differenza di temperatura tra l’equatore e il polo e le correnti oceaniche profonde erano eccezionalmente calde. Lo scienziato spiega a tal proposito cosa comportava una situazione geologica simile: L’oceano aveva una temperatura di quasi 10° C superiore rispetto a oggi e la quantità di vapore acqueo nell’atmosfera significava sistemi di tempesta estremamente violenti. Secondo Anderson, non è possibile recuperare la situazione solamente riducendo le emissioni di CO2. Occorre piuttosto una trasformazione completa dell’industria e una accelerazione degli sforzi per arrestare l’inquinamento da carbonio e rimuoverlo il più possibile dall’atmosfera.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 gennaio 2018
Bonifiche in Ferriera, scatta il sopralluogo - A giorni
le prime verifiche tecniche da parte delle società vincitrici delle gare per la
messa in sicurezza
Scatterà entro fine gennaio il primo sopralluogo nell'area della Ferriera di
Servola a cura dei raggruppamenti d'impresa che si sono aggiudicati le gare
d'appalto per gli interventi previsti dall'Accordo di programma quadro per la
messa in sicurezza, bonifica e reindustrializzazione dello stabilimento. Un
primo cronoprogramma sulle attività di indagine e di progettazione è stato
fissato ieri in Regione nella riunione tecnica convocata e introdotta da Debora
Serracchiani, governatrice e commissario straordinario per l'attuazione
dell'Accordo di programma. La prima fase operativa, cui si riferisce l'imminente
sopralluogo, riguarda l'analisi del terreno e delle acque e la verifica delle
caratteristiche e degli inquinanti delle acque di falda. Dopo la ricognizione
preliminare sulla presenza di eventuali residuati bellici, saranno realizzate le
trivellazioni necessarie a effettuare il monitoraggio topografico, completato il
quale servirà un periodo compreso tra i sei e gli otto mesi per acquisire dati
stabili. L'obiettivo è giungere nell'arco di 12 mesi all'autorizzazione del
barrieramento, finalizzato impedire il deflusso di eventuali falde acquifere
inquinate, e dell'impianto di trattamento delle acque. Lo stanziamento totale
per la realizzazione delle opere di bonifica (analisi, progettazioni e lavori)
del Sin di Trieste ammonta a 41,5 milioni di euro. Serracchiani ha auspicato che
l'accordo di programma possa essere realizzato, per conciliare, in un contesto
oggettivamente complesso, salute e lavoro e ha ricordato il valore dell'Accordo
quadro sull'area della Ferriera, unico caso di applicazione del decreto che
prevede misure per la realizzazione, nei siti inquinati nazionali di preminente
interesse pubblico, di progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica e di
riconversione industriale e sviluppo economico al fine di promuoverne il
riutilizzo in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale. Sempre ieri si è
tenuto in Regione un confronto tra i vertici di Arpa, Direzione regionale
Ambiente, i rappresentanti di Circolo Miani e associazione No Smog, Marcello
Fogar e Romano Pezzetta, e Marco Boscolo dell'Università di Trieste. Nel corso
della riunione sono state affrontate alcune tematiche specifiche, tra cui
l'efficacia del sistema di aspirazione dei fumi della cokeria e dell'altoforno,
l'affidabilità del sistema di misurazione degli inquinanti sul territorio
triestino e muggesano e la rumorosità dell'impianto. In merito a quest'ultimo
punto la Regione ha dichiarato che la rumorosità del sistema di aspirazione
della cokeria sarà oggetto di rilevazione da parte di apposito fonometro in
continuo, che è stato da poco installato. Relativamente al tema della sicurezza
dell'altoforno, in particolare del crogiolo della ghisa, posto dalle
associazioni ambientaliste è stato chiarito che la questione sarà sottoposta
all'attenzione del Comitato tecnico regionale (Ctr), che si riunirà martedì
prossimo.
Un pavimento ottocentesco blocca il cantiere di Roiano
- Lavori di demolizione dell'ex caserma fermi da due mesi dopo il ritrovamento
Lodi: «Abbiamo dovuto coinvolgere la Soprintendenza archeologica del Fvg»
Il cantiere dell'ex caserma di Roiano "scivola" sul pavimento dell'Ottocento
e finisce dentro due cisterne di carburante. Un doppio imprevisto ferma per due
mesi uno dei più importanti cantieri in corso a Trieste. La demolizione dell'ex
caserma della Polstrada di Roiano, iniziata con tanto di fanfara dei bersaglieri
il 5 giugno scorso, si è improvvisamente bloccata. Ora servirà una variante in
corso d'opera per riprendere i lavori. Lo ha annunciato l'assessore ai Lavori
pubblici Elisa Lodi, rispondendo in Consiglio comunale a una domanda d'attualità
del collega di partito e consigliere di Fratelli d'Italia Salvatore Porro. In
aula Lodi ha dovuto ammettere lo stop forzato dei lavori di riqualificazione
dell'area dell'ex caserma di Roiano. «Sono sorte due problematiche che hanno
comportato una variante in corso d'opera - spiega l'assessore -. La prima è il
ritrovamento di una porzione di pavimentazione ottocentesca, che ha costretto a
contattare la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli
Venezia Giulia che ha chiesto di procedere affidando i lavori ad una ditta
specializzata e revisionando il progetto. La seconda riguarda invece
l'ampliamento degli scavi nei punti dove si trovavano le cisterne dal momento
che i versamenti di carburante nel suolo erano più ampi di quanto non fosse
possibile prevedere in fase di progettazione». La pavimentazione ottocentesca,
sulla cui eventuale conservazione dovrà pronunciarsi la Soprintendenza, è venuta
alla luce dalla demolizione dell'autorimessa. Il doppio inconveniente produrrà
ovviamente degli slittamenti all'interno del cronoprogramma dei lavori che
prevede la fine a metà 2021. «Il 12 gennaio scorso è stato raggiunto un accordo
sulla variante che nel corso della settimana dovrebbe essere approvato come
determina dirigenziale - spiega Lodi -. Nel frattempo gli uffici tecnici si sono
messi all'opera per affidare gli incarichi esterni per completare il gruppo di
progettazione dei due nuovi edifici previsti nel sito. In questo modo vogliamo
rispettare comunque, nonostante questi piccoli imprevisti, il cronoprogramma.
Per noi è importante avere il risultato finale per giugno 2021». L'accordo per
la variante è stato fatto con l'impresa incaricata delle demolizioni senza, per
il momento, prevedere spese ulteriori sul milione e 660mila euro stanziato per
la demolizione degli immobili. I lavori sono stati affidati alla Ibisco Appalti
di Palestrina (Roma). Si tratta effettivamente di un intervento notevole, che
interessa circa ottomila metri quadrati e prevede la realizzazione di un
progetto del valore 7,8 milioni di euro. Un pezzo di Roiano che ritorna alla
cittadinanza, insomma, con spazi di aggregazione all'aperto e verdi per il
quartiere, un ampio parco urbano e aree per la sosta, il gioco e il transito.
Previsto anche un asilo nido (in grado di accogliere una sessantina di bambini)
integrato alle urbanizzazioni del quartiere e un parcheggio seminterrato che
potrà ospitare 70 autovetture. Una riqualificazione che i residente attendono da
50 anni. L'area con gli edifici dell'ex caserma della Polstrada erano passati di
mano dall'Agenzia del Demanio al Comune solo a fine 2016. Disposta sulle tre vie
Moreri, Villan de Bachino e Montorsino l'area diventerà un punto di incontro per
la cittadinanza e potrà essere attraversata in tutte le sue parti. Nel progetto
sono impegnati fondi Prusst (programma di recupero urbano e sviluppo
sostenibile), progetto che risale ai primi due mandati della giunta Dipiazza,
sfruttato anche per il rifacimento delle Rive e che coinvolge ministero dei
Trasporti, il Comune e la Regione. A Roiano quei soldi vengono usati in
extremis, altrimenti sarebbero andati persi. «Questa è l'ultima opera inserita
in quel Prusst che ha la durata di 15 anni - spiegò a suo tempo l'assessore
Lorenzo Giorgi -. Quindi dobbiamo avviare i lavori entro maggio 2017 per non
perdere il finanziamento di 7,8 milioni». Pavimento ottocentesco o meno.
Fabio Dorigo
Uno scempio da risolvere il cantiere vicino al Burlo -
La lettera del giorno di Susanna Borgnolo
Ogni giorno con la linea 10 passo davanti al Burlo vedo lo "scempio" che è
stato lasciato, oramai ben più di 5 anni fa. Esattamente partito nell'autunno
del 2011 il mega progetto prevedeva la realizzazione di un complesso di edilizia
residenziale e commerciale che doveva concludersi 2 anni dopo nel 2013. L'idea
era di riqualificare l'area dell'ex ospedale. Oggi è stato ri... qualificato in
un disastro! Una struttura fatta di lamiere tutte arrugginite, pilastri di
cemento, rifiuti e in mezzo un laghetto, cioè un acquitrino con immondizie
galleggianti di tutti i i tipi, è una visione a dir poco triste. D'estate poi
deve essere terribile: maleodorante, casa di ratti e zanzare, da laghetto /
acquitrino si trasforma in palude. Non capisco come le case li vicino e
l'ospedale di fronte non abbiamo fatto nulla. Mi ricordo ancora il bellissimo
giardino pieno di alberi, fiori e piante che sono stati distrutti. Un danno a
dir poco... Gli animaletti che c'erano: uccellini, scoiattoli pure i
pappagallini volteggiavano tra i rami in primavera, ritornavano ai loro nidi...
gli scoiattolini che saltavano da un ramo all'altro. Avete fatto un danno alla
flora e alla fauna locale. È questo che vogliamo lasciare ai nostri nipoti? E
nessuno ne parla da anni... forse questa amministrazione comunale vuole prendere
in mano questo caso e risolverlo? Sembra un Utopia!
Muggia si ribella all'abbattimento delle "nutrie star"
- A rischio la colonia di roditori che vive sull'Ospo - Chiesta una deroga
rispetto alla legge regionale
MUGGIA - Una deroga rispetto al regolamento regionale fresco di
approvazione, che preveda il ricorso alla sterilizzazione anzichè allo
sterminio. È la richiesta che il Comune di Muggia avanzerà all'amministrazione
Serracchiani per affrontare la questione delle nutrie del rio Ospo. Ad
annunciarlo è l'assessore all'Ambiente Laura Litteri, che ha confermato
l'intenzione di dar via ad un "processo alternativo" nella cittadina
istroveneta, una sorta di esperimento pilota in Friuli Venezia Giulia. «Il Piano
triennale regionale di eradicazione delle nutrie è un obiettivo da raggiungere
senza mezzi cruenti - osserva -. Per questo stiamo elaborando un piano di
contenimento del numero di nutrie presenti nel nostro Comune attraverso la loro
sterilizzazione tramite un progetto elaborato dall'associazione MujaVeg e
dall'Enpa». Ecco la strategia definita dalla giunta Marzi. Invece che essere
catturati ed uccisi, gli animali verranno catturati e successivamente
sterilizzati, analogamente a quanto viene già fatto con le colonie di gatti
randagi. Identici anche i costi per le spese veterinarie: 32 euro per
l'intervento sugli esemplari maschi, 60 per le femmine. «Considerato che la
colonia di nutrie muggesana è costituita da circa una ventina di esemplari,
stiamo parlando di cifre piuttosto basse. Inoltre - prosegue Litteri -, se
consideriamo che le carcasse delle nutrie uccise vanno smaltite in modo
adeguato, così come pure il proiettile utilizzato, credo che i costi della
sterilizzazione saranno inferiori». Originaria della Patagonia, la nutria è un
roditore introdotto nel scorso secolo in molti Paesi, sia nel Nord America sia
in Europa. I primi allevamenti commerciali per la produzione di pellicce videro
la luce in Italia alla fine degli anni '20 per giungere in seguito anche nel
Muggesano e in altre zone del Fvg. Negli ultimi anni questi animali sono
cresciuti tanto da creare allarme tra gli agricoltori. Che, appunto, hanno
chiesto aiuto alla Regione. «Il provvedimento di eradicazione delle nutrie nel
Fvg con metodi selettivi intende tutelare le produzioni zoo-agro-forestali,
l'idrografia e le opere idrauliche», ha spiegato più volte Diego Moretti,
capogruppo consigliare regionale de Pd e relatore di maggioranza della Legge che
prevede l'eradicazione dei roditori, compresi quelli presenti nel rio Ospo.
L'assessore regionale alla Caccia Paolo Panontin non ha mai nascosto la sua
posizione, definendo quella delle nutrie «una specie invasiva, non originaria e
dannosa». Si qui la scelta dell'esecutivo di delineare un Piano triennale di
contenimento del costo di 60mila euro. Tra i metodi di soppressione impiegabili,
«armi comuni da sparo» oppure «trappolaggio e successivo abbattimento con metodo
eutanasico dell'animale mediante narcotici, armi ad aria compressa o armi comuni
da sparo». La decisione della Regione è stata da subito osteggiata da diverse
associazioni animaliste. Tra queste MujaVeg, attivatasi subito con una petizione
nella quale si è chiesto espressamente il rispetto di un principio: che le
nutrie non soffrano durante la fase di eradicazione operata dalla Regione. Tra i
metodi suggeriti quello invocato anche da altre associazioni ambientaliste: la
sterilizzazione. E la campagna di sensibilizzazione, che aveva raccolto oltre
600 adesioni, pare aver fatto breccia anche in alcuni amministratori locali come
appunto, l'assessore Litteri. «Indubbiamente va ricordato che le nutrie della
zona delle Noghere nascono nella vicina Slovenia e si spostano attraverso il rio
Ospo. Si tratta quindi di un nucleo non isolato e, anche riuscendo a rimuovere
tutti gli animali della valle delle Noghere, questi verrebbero molto
probabilmente rimpiazzati da quelli sloveni attraverso il corso d'acqua che
mette in connessione i due nuclei. In pratica - conclude l'esponente della
giunta Marzi - è impossibile riuscire ad eradicare le nutrie dal nostro
territorio». La proposta è stata inviata ora all'Ispra che si è dichiarato
disponibile a valutare la congruità di un piano di gestione delle nutrie che
contempli il ricorso alla sterilizzazione. La risposta è attesa entro fine mese.
Riccardo Tosques
Scontro sul rigassificatore di Veglia- Zagabria prepara
una legge per accelerare sul terminal offshore. Regione e Comune: no a norme
calate dall'alto
ZAGABRIA - È guerra aperta tra Fiume e Zagabria sul progetto del
rigassificatore di Veglia (Krk). Il quotidiano croato Jutarnji List ha svelato
un piano del governo per accelerare la costruzione di un impianto galleggiante a
Castelmuschio (Omisalj) attraverso l'approvazione di una legge ad hoc, già
soprannominata "Lex Lng" (acronimo che indica i termini inglesi per il gas
naturale liquefatto, ovvero "Liquefied natural gas"). E già è arrivata la
risposta ufficiale del presidente della Regione litoraneo-montana, Zlatko
Komadina, il quale ha avvertito l'esecutivo del premier Andrej Plenkovic: la
Regione - le sue parole - non è «disposta a negoziare» su alcuni punti chiave
quali «gli aspetti ecologico, economico ed energetico». Tutto è cominciato con
lo scoop del giornale zagabrese, che citando «fonti ben informate» assicura che
«il governo sta scrivendo una lex Lng», ossia «una legge speciale che faciliterà
e accelererà la costruzione di un rigassificatore galleggiante nei pressi di
Castelmuschio sull'isola di Veglia». Notizia che non ha ricevuto smentite.
L'obiettivo del governo sarebbe quello di piegare la resistenza delle autorità
locali che hanno espresso apertamente la loro contrarietà a una "versione
galleggiante" del rigassificatore in questione, concepito originariamente come
impianto di terra. Secondo il quotidiano croato la legge speciale permetterebbe
infatti di aggirare il problema della concessione da ottenersi tramite gara
pubblica per un intervento sul demanio marittimo. Un aspetto, quest'ultimo,
emerso proprio con l'evoluzione del progetto da rigassificatore a terminal
offshore. Politicamente, poi, l'intervento legislativo farebbe uscire
l'esecutivo Plenkovic dalla difficile posizione in cui si è venuto a trovare:
sotto pressione da un lato da parte della Commissione europea per il
finanziamento da 100 milioni di euro già accordato (e per il termine di fine
lavori già fissato al 2019) ma vincolato, dall'altro, al consenso delle autorità
locali. Insomma, come per Agrokor (definita «compagnia di valore sistemico») è
stata varata una "Lex Agrokor", così per il rigassificatore di Veglia («progetto
strategico di interesse nazionale») si passerebbe per una "Lex Lng". Ma questo
piano non fa i conti, si accennava, con le autorità locali: la Regione e,
soprattutto, il Comune di Castelmuschio, assolutamente contrario a ogni
scorciatoia. Nella conferenza stampa congiunta tenuta con Komadina, la sindaca
Mirela Ahmetovic ha fatto sapere che «il governo non ha alcun diritto di varare
delle leggi senza avere prima interpellato i governi locali». Secondo Ahmetovic,
l'esecutivo cerca di «eludere la procedura legislativa per favorire un unico
concorrente»: si tratta della Lng Croatia Llc, l'impresa pubblica responsabile
dello sviluppo del rigassificatore che - con l'approvazione della nuova legge -
non dovrebbe più partecipare ad alcun bando di gara per intervenire sul demanio
marittimo. A spalleggiare la sindaca di Castelmuschio è inoltre intervenuto, si
diceva, il presidente della Regione litoraneo-montana Zlatko Komadina, che ha
assicurato che «le autorità locali non si oppongono agli interessi strategici
nazionali, ma esigono di essere rispettate», e ha aggiunto che «esistono diversi
metodi, inclusa la disobbedienza civile». A contrariare Komadina sono sia i
metodi dell'esecutivo che il nuovo aspetto del progetto. Già a fine ottobre 2017
il presidente regionale si lamentava infatti che Zagabria avesse sostituito
l'iniziale rigassificatore da terraferma con «una nave gigante lunga 300 metri,
larga 100 e alta come un grattacielo di 17 piani», insomma «un mostro» per
l'ambiente e il turismo nel Quarnero. In questo scenario resta il cronoprogramma
che prevede l'entrata in funzione del rigassificatore all'inizio del 2020.
Giovanni Vale
VENEZIATODAY.it - MERCOLEDI', 17 gennaio 2018
Deposito di Gnl da 100 milioni di euro a Porto Marghera
Venice Lng scopre le carte: ecco il maxi deposito di gas liquefatto da
100 milioni - Lo stabilimento sarà a emissioni zero e garantirà di "risparmiare"
330 tonnellate di pm10 l'anno. Il combustibile è per camion e navi. Serve l'ok
definitivo del ministero e la Via
Un investimento da 100 milioni di euro che permetterà a Porto Marghera, se
andrà tutto liscio dal 2021 in poi, di diventare uno degli scali più
all'avanguardia del Mediterraneo in fatto di gas naturale liquefatto (Gnl).
Ancora l'iter autorizzativo deve iniziare e prevede una Valutazione d'impatto
ambientale del ministero dell'Ambiente e un ok definitivo del ministero per lo
Sviluppo economico, ma la società Gnl Venice, con socia al 65% Decal spa e al
35% San Marco Gas spa, mercoledì mattina nella sede di Confindustria Venezia ha
voluto già scoprire le carte: l'intenzione è di costruire un deposito di gas
naturale liquefatto, un combustibile di ultima generazione per navi e camion che
si rivolge anche alle abitazioni che non sono ancora raggiunte dalla rete del
gas "canonica". Deposito di Gnl da 100 milioni di euro a Porto Marghera. Dove
sarà situato? La struttura sorgerà sul Canale industriale sud a Porto Marghera
nell'area che un tempo era occupata dallo stabilimento Italcementi, a sinistra
del centro di stoccaggio Decal: "L'Europa e l'Italia premono per l'adozione di
questo tipo di carburante - è stato spiegato in conferenza stampa - Lo zolfo
viene ridotto del 95% e il pm10 del 90% in confronto a un ottimo motore diesel.
Ci sarà un ritorno ecologico importante. Inoltre i mezzi alimentati a Gnl sono
molto più silenziosi". Il serbatoio avrà una capacità massima di 32mila metri
cubi (stoccato in forma liquida a -160 gradi centigradi). Fino a 900mila metri
cubi di Gnl. Gnl Venice all'inizio si attende di movimentare 150mila metri cubi
di combustibile alternativo l'anno, ma a regime la quota potrebbe toccare i
900mila metri cubi, per un traffico portuale di una nave a settimana. Si tratta
di trasporti "green" sostitutivi delle petroliere, così come i camion a Gnl
garantiscono una sostenibilità ambientale esponenzialmente migliore rispetto
agli autotreni tradizionali. "In materia di sicurezza i nostri studi hanno
escluso ogni possibile effetto domino in caso di problemi negli stabilimenti
vicini - è stato spiegato dai tecnici - L'impianto adotterà i migliori standard
tecnologici del mondo. Dal punto di vista ambientale la sintesi è che in un'area
dismessa andremo a creare una struttura a zero emissioni". Secondo le
previsioni, a regime si potranno convertire 15mila camion a Gnl, riducendo di
circa 330 tonnellate le emissioni di pm10. "Numero che in fatto di traffico
navale può essere tranquillamente moltiplicato per 10", si è concluso. Gioco di
squadra tra pubblico e privato. Il progetto è stato presentato dal presidente di
Venice Lng, Gian Luigi Triboldi, e ha ottenuto l'appoggio del presidente di
Confindustria Venezia-Rovigo, Vincenzo Marinese, del presidente dell'Autorità di
sistema portuale del mare Adriatico, Pino Musolino, e del Comune di Venezia,
presente con l'assessore Simone Venturini: "Questo è il primo esempio di nuova
industria a Porto Marghera - è stato spiegato - Merito anche del gioco di
squadra tra pubblico e privato. Questo stabilimento all'avanguardia avrà la
possibilità di attrarre ulteriori investimenti e imprese dell'indotto". Da Porto
Marghera al mondo e ritorno. "Negli anni siamo riusciti a espandere il nostro
business nel mondo - ha dichiarato Triboldi, che è anche presidente di Decal spa
- Ma abbiamo un forte radicamento locale: tutto è iniziato a Porto Marghera e
ora il frutto della nostra internazionalizzazione lo riportiamo qui. Questo
progetto ci lascia molto ben sperare per quelli che potrebbero essere gli
sviluppi futuri. Ci sono delle problematiche di tipo economico, nel senso che il
Gnl crescerà ma non è ancora cresciuto. I primi anni saranno in perdita. Ma
serve qualcuno che cominci a costruire infrastrutture, e noi ci siamo. Useremo
le migliori tecnologie e cercheremo di usare nel limite del possibile aziende
locali, per una struttura che a regime darà lavoro a una ventina di ingegneri
specializzati in Gnl. Più tutto l'indotto". "Momento d'oro per Porto Marghera
tutto da cogliere" .In questo caso non si parla di recupero di un'area in
dismissione, bensì di una struttura nuova di zecca: "Porto Marghera negli ultimi
anni sta accelerando - ha commentato il presidente del Porto, Musolino - Ci sono
moltissime iniziative imprenditoriali che stanno prendendo corpo. Attraverso la
società Panfido stiamo realizzando una bettolina Lng dal design tutto made in
Venezia che esporteremo nel mondo e servirà per rifornire sia il nostro porto ma
anche le strutture vicine, come Capodistria, che su questo è molto più indietro.
Questo è un tipo di mercato dove l'offerta crea la domanda e che determina
importanti circoli virtuosi". Parole che hanno spinto l'assessore comunale
Venturini a sottolineare come "Porto Marghera, che era vista come area di
declino industriale, oggi viene indicata come testa di ponte per nuovo sviluppo
e tecnologia. Dopo la Pilkington ecco un altro nuovo grosso investimento. Merito
del gioco di squadra tra istituzioni". Il più raggiante di tutti è il presidente
di Confindustria, Vincenzo Marinese: "E' un momento d'oro per Porto Marghera -
ha commentato - è finito il tempo di dire solo no. Altrimenti tra vent'anni
parleremo solo di cadaveri industriali. Quest'area deve confermare la propria
vocazione, ma è difficile pensare che nei prossimi lustri questi 2.200 ettari
saranno riempiti solo di strutture del settore secondario. Noi dobbiamo lavorare
per rendere queste aree fruibili e preservare le attività che ci sono". Bettin:
"Seguiremo con interesse lo sviluppo del progetto". "Seguiremo con interesse e
attenzione lo sviluppo del progetto del deposito di gas naturale liquido
presentato da Venice LNG e lo presenteremo alle popolazioni di Marghera e
Malcontenta, le più vicine all’impianto - dichiara in una nota il presidente
della Municipalità di Marghera, Gianfranco Bettin - Rispettando i principi di
precauzione e di sostenibilità, e innescando un’intera nuova filiera energetica
capace di ridurre le emissioni dei mezzi su gomma e acquei, può rappresentare un
passo ulteriore di una nuova Porto Marghera basata sulle tecnologie più avanzate
e sostenibili. Anche il progetto di un centro di ricerca europeo sulla fusione
nucleare va in questa direzione. Avevamo già dato una prima disponibilità del
Comune di Venezia a ospitarlo a Porto Marghera, sulle aree dell’Eni su cui
avevamo firmato un preliminare di accordo di acquisizione, negli ultimi mesi
della amministrazione Orsoni, tra la fine del 2013 e il 2014. Ora il progetto,
che nel frattempo era rimasto in via di elaborazione altrove, ritorna attuale e
giustamente il Comune si candida a ospitarlo: tuttavia, su quelle aree che
avrebbero dovuto essere oggetto di ulteriori accordi al fine di perfezionarne
l’acquisto, gravano ancora molte incognite, perché nessun passo in avanti da
allora è stato fatto per acquisirle definitivamente. Occorre quindi accelerare,
così come è necessario raggiungere un accordo programmatico con l’Autorità
Portuale per il loro riuso".
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 gennaio 2018
"Zona 30" a Opicina - La sperimentazione al via in primavera - Intervento pro sicurezza dei pedoni nel centro della frazione
A seguire bis nelle vie attorno alla scuola Finzgar di
Barcola
Per incrementare la sicurezza dei pedoni sulle strade in un'epoca in cui gli
automobilisti, complici i telefoni cellulari, sono sempre più distratti, il
Comune punta sulle "zone 30". In primavera partirà un primo progetto
sperimentale a Opicina con la trasformazione di una vasta area del centro (nel
perimetro di via di Prosecco e via Carsia) in "zona 30", grazie a un intervento
del valore di 400mila euro. E nella seduta del Consiglio comunale di lunedì
l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli ha fatto propria la mozione dei
consiglieri Michele Babuder (Forza Italia) e Salvatore Porro (Fratelli
d'Italia), che richiede uno studio di fattibilità per individuare le strade
cittadine più a rischio per i pedoni, con presenza di scuole e asili,
ricreatori, centri di aggregazione e case di riposo, in cui il Codice della
strada consenta di intervenire con una zona 30. Si tratta di una soluzione
prospettata anche nel caso di una criticità ormai decennale che interessa la
scuola primaria statale slovena Finzgar a Barcola. Il tema della sicurezza
stradale davanti alla scuola di via del Cerreto è stato evidenziato ieri con una
segnalazione alla sesta commissione dalla consigliera Valentina Repini (Pd), che
parlando con insegnanti e genitori ha verificato la criticità di quella zona,
sprovvista di attraversamento pedonale e di dissuasori di velocità, con una
segnaletica orizzontale poco visibile. La questione, hanno sottolineato le
maestre della scuola invitate a intervenire dalla commissione, si trascina
dall'inizio del Duemila, con segnalazioni finora cadute nel vuoto. A dicembre è
stata consegnata anche la raccolta di un centinaio di firme di genitori e
residenti della zona che chiedono di intervenire per la tutela dei pedoni in una
strada in cui gli automobilisti sfrecciano a velocità sostenuta. La proposta di
realizzare un attraversamento pedonale davanti alla scuola è stata però cassata
dal dirigente dell'Area Urbanistica Giulio Bernetti, che ha auspicato piuttosto
la realizzazione di una zona 30. Magari, ha consigliato Babuder, nel
quadrilatero tra via Moncolano, via del Cerreto e via del Boveto. L'idea, dice
Bernetti, è quella di procedere step by step: «Se la sperimentazione a Opicina
avrà esito positivo potrà essere estesa ad altre zone cittadine». I tempi però
potrebbero essere piuttosto lunghi: per ora è stato fissato per volontà
dell'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi un sopralluogo nella zona, che
verrà effettuato la prossima settimana, con l'ipotesi di intervenire intanto con
dissuasori ottici di velocità e un potenziamento della segnaletica. Altre
criticità segnalate da Repini riguardano la scuola primaria Milcinski di
Cattinara, in via Marchesetti, dove vengono richiesti la riparazione del
marciapiede e provvedimenti per migliorare la sicurezza dei pedoni, e la scuola
media statale Santi Cirillo e Metodio, di strada di Fiume 511. «Per arrivare
alla scuola è necessario percorrere via Valdoni, che conduce al Polo
cardiologico di Cattinara, una strada molto trafficata e sprovvista di
attraversamento pedonale», spiega la consigliera. «Su Cattinara stiamo portando
avanti uno studio con il cantiere dell'ospedale, per ora ipotizziamo la
realizzazione di un attraversamento pedonale con aiuole a proteggerlo»,
evidenzia Bernetti, ricordando insieme a Lodi come le priorità d'intervento
siano state già messe nero su bianco con la mappa delle strade a maggior rischio
di incidenti realizzata dal Comune e il relativo programma di ristrutturazione
degli assi e dei nodi stradali.
Giulia Basso
L’Europa contro la plastica Nel 2030 sarà riciclabile Riuso totale solo per gli imballaggi. Limiti anche per i frammenti nei cosmetici
Monito dell’Ue: «Se non cambiamo, nel 2050 peserà più dei pesci negli oceani» - LA GUERRA ALLA PLASTICA
ROMA - L'Unione Europea muove i primi passi contro lo smisurato mostro di plastica che minaccia l'acqua che beviamo, l'aria che respiriamo e gli alimenti che mangiamo. Più di 150 milioni di tonnellate presenti nei mari e negli Oceani, che si incrementano a un ritmo medio di 8 milioni di tonnellate l'anno, e circa 400 milioni di tonnellate di Co2 generate dalla produzione e dall'incenerimento della plastica in un anno. «Se non modifichiamo il modo in cui produciamo e utilizziamo le materie plastiche, nel 2050 nei nostri oceani ci sarà più plastica che pesci», avverte il vicepresidente della Commissione Ue Franz Timmermans. E gli stessi pesci sono sempre più "plastificati": con il degrado dei rifiuti più grandi si formano le microplastiche, frammenti più piccoli di cinque millimetri che entrano persino nei tessuti degli animali che li ingeriscono. La scienza ci dice che sono ovunque, anche nell'aria e nell'acqua. Ma non quali sono i loro effetti sulla salute umana. Per questo la Commissione Ue ha varato la "Strategia sulla plastica", che prevede di rendere riciclabili al 100% gli imballaggi entro il 2030 e più della metà dei rifiuti totali provenienti dal derivato del petrolio, contro l'attuale 30% delle 25,8 tonnellate prodotte ogni anno. Prevista anche la riduzione delle microplastiche introdotte volontariamente nell'ambiente, perché utilizzate dall'industria cosmetica per i prodotti per la cura del corpo (dagli scrub alle creme, dai dentifrici ai saponi). In media sono 150mila le tonnellate di frammenti che entrano nei mari dell'Ue ogni anno. Menzionate anche azioni per ridurre la plastica monouso e l'utilizzo di alcune attrezzature da pesca. Infine, la Commissione ha sottoposto al Consiglio e al Parlamento Europeo una direttiva per il trattamento dei rifiuti nei porti. A livello industriale, si punta a rendere il riciclaggio conveniente per le imprese. «Stiamo gettando le basi per una nuova economia circolare della plastica - ha spiegato il vicepresidente della Commissione europea per la crescita Jyrki Katainen - e orientando gli investimenti in questo senso. In tal modo contribuiremo a ridurre i rifiuti sulla terra, nell'aria e nei mari, offrendo al contempo nuove opportunità per l'innovazione, la competitività e un'occupazione di alta qualità. È un'occasione per tutti». E per la ricerca e lo sviluppo di nuovi progetti la Commissione mette a disposizione altri 100 milioni di euro. Soddisfatte solo in parte le associazioni ambientaliste e animaliste. «È un passo importante che però deve tradursi in azioni concrete e proposte legislative coerenti», spiega Legambiente. Anche il Wwf parla di «passo importante per combattere uno dei drammi che caratterizzano la nostra civiltà, ossia la plastica, il terzo materiale umano più diffuso sulla Terra dopo acciaio e cemento» ma «l'orizzonte del 2030 appare un po' troppo lontano rispetto ad una vera e propria emergenza».
Andrea Scutellà
«Finché c'è la bottiglia ci sarà chi la butta via»
ROMA - «L'aumento della plastica riciclata è una buona notizia, ma può non
avere effetto sulle abitudini di chi la usa. Finché c'è la bottiglietta di
plastica, qualcuno la butterà in mare. In Gran Bretagna si parla di eliminarla
nel 2042, perché è quello il tempo che ci vuole per toglierla dalla
circolazione. Se noi lo facciamo tra 20 anni è già tardi». Ezio Amato è
responsabile dell'Area emergenze ambientali in mare dell'Istituto per la
protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Un mondo in cui la plastica è
diventata una minaccia costante con cui confrontarsi, perché rappresenta la
maggior dei rifiuti presenti nei nostri mari e nei nostri oceani. Può spiegarci
cos'è il "marine litter" e come sta cambiando i mari del nostro mondo?«Il
programma per le Nazioni Unite per l'ambiente lo definisce come qualsiasi
"manufatto" di cui ci si disfà in mare. Ogni rifiuto: la busta, il tappo o il
relitto entra a far parte del "marine litter". La quantità maggiore arriva dalla
terra, dai sistemi fluviali. Quella rilasciata per attività marine è ridicola in
confronto, ma c'è. A questa categoria appartengono anche le attrezzature, come
le reti dei pescatori, che a volte sono abbandonate proprio in mare. Nello
stretto di Sicilia, ad esempio, vengono regolarmente affondate cime di centinaia
di chilometri in propilene per la "pesca ai cannizzi", anche detta pesca con
l'ombra che serve a catturare le lampughe». Quanto influisce la plastica sul
"marine litter"?«Molto, uno degli elementi principali è che è persistente e che
i grandi rifiuti si frammentano in micro e nanoplastiche. Si ritrova persino nei
tessuti degli organismi marini. E ci allarma perché siamo coinvolti direttamente
noi che poi mangiamo quei pesci, ma lo scienziato si preoccupa perché queste
microplastiche diventano sede di accumulo per alcuni inquinanti, oltre a
soffocare le tartarughe». Cosa stiamo facendo per contrastare questi fenomeni
nel Mediterraneo?«L'Europa ha messo in campo la "Marine strategy", finanziando
anche l'Italia per avere contezza di alcuni fenomeni, tra questi la presenza di
plastica spiaggiata, galleggiante o affondata per individuare misure per
contenerla e strumenti per indagare se sono efficaci o meno. Attualmente è in
corso la fase due, le misure sono ancora da mettere in atto. Abbiamo individuato
gli indicatori, le quantità di alcune tipologie di plastica, ma i risultati
ancora non sono noti».
(and. scut.)
Muggia - Ecco i maxicontenitori per il "porta a porta"
MUGGIA - I primi contenitori per le immondizie differenziate stanno
approdando nelle case dei muggesani. Con il nuovo anno la raccolta dei rifiuti
"porta a porta", che partirà ufficialmente il primo marzo, sta iniziando a
prendere piede. E non senza disagi. Gli incaricati della società Net, alla quale
è stato affidato il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti,
hanno iniziato la distribuzione del materiale necessario per l'espletamento del
servizio alle singole utenze del Comune di Muggia. Il kit è composto da
contenitori, sacchetti, materiale informativo e calendario di raccolta
rifiuti.«Con l'introduzione della raccolta porta a porta verranno eliminati
tutti i cassonetti stradali attualmente presenti sul territorio comunale,
pertanto a far data dal primo marzo gli stessi non saranno più presenti e
inizierà il nuovo sistema di raccolta» è stato ricordato nella lettera
consegnata ai cittadini da parte del Comune. Come preannunciato lo scorso anno,
l'amministrazione guidata dal sindaco Laura Marzi ha stilato il calendario degli
incontri informativi previsti sul territorio comunale per spiegare il nuovo
metodo di raccolta, alla presenza di un rappresentante di Net, che illustrerà
nel dettaglio le novità del sistema e le regole di conferimento dei rifiuti. Si
inizierà mercoledì 31 gennaio ad Aquilinia al centro parrocchiale "Casa
Primavera", mentre mercoledì 7 febbraio ci si sposterà alla scuola dell'infanzia
"Il Giardino dei Mestieri" di Fonderia. Mercoledì 21 febbraio è in programma
l'appuntamento forse più atteso nella sala conferenze del palazzo "Millo" di
piazza della Repubblica, in cui verranno coinvolti dunque tutti i residenti del
centro storico. Infine venerdì 23 febbraio la scuola dell'infanzia di Chiampore
ospiterà l'ultimo incontro previsto. Tutti gli appuntamenti si svolgeranno alle
17.30. Agli incontri presenzierà per il Comune l'assessore all'Ambiente Laura
Litteri. «Vista la grande sensibilità dimostrata dai cittadini muggesani in tema
di rispetto dell'ambiente e del territorio, si confida nella partecipazione
numerosa alle serate informative, certi che ciascuno parteciperà attivamente al
cambiamento, adottando comportamenti rispettosi delle nuove regole di
conferimento, a beneficio di tutti i concittadini e dell'ambiente» recita ancora
la lettera indirizzata dal Comune ai cittadini muggesani. Per ora il ricevimento
dei primi contenitori non ha suscitato grande approvazione da parte dei
muggesani. Anzi. Forti perplessità sono state espresse soprattutto sulle
dimensioni dei contenitori, complessivamente sei, differenziati per colore: blu
per carta e cartone, giallo per gli imballaggi e la plastica, verde per il vetro
e i barattoli, grigio per i rifiuti secchi residui e due marroni (uno grande e
uno piccolo) per l'umido. Pronta la replica del Comune: in caso di ulteriori
informazioni e chiarimenti la società Net ha espresso la piena disponibilità a
rispondere alle richieste e alle perplessità formulate dai cittadini muggesani.
Per contattare il gestore del servizio di raccolta dei rifiuti si dovrà chiamare
il numero verde 800520406.
(r. t.)
Sirovich cittadino onorario di Casoli - Allo scrittore
triestino il riconoscimento dal Comune abruzzese per averne riscoperto la
Memoria
È sempre più stretto il legame che la città di Trieste sta stringendo con il
paesino abruzzese di Casoli, cinquemila e rotti abitanti in provincia di Chieti.
Un legame che verrà ufficializzato nel Giorno della Memoria, il prossimo 27
gennaio, quando il Comune di Casoli conferirà la cittadinanza onoraria allo
scrittore triestino e geologo dell'Ogs Livio Isaak Sirovich. É stato d'altronde
lui a ricostruire, con il suo libro "Non era una donna, era un bandito - Rita
Rosani, una ragazza in guerra" (Cierre edizioni 2014/2015), una trama che
altrimenti sarebbe rimasta sfilacciata. Nell'opera Sirovich racconta la storia
della triestina Rita, medaglia d'oro della Resistenza, che il 17 settembre 1944
venne trucidata, a 23 anni, sul Monte Comune a nord di Verona, in un violento
scontro a fuoco tra alcuni partigiani e un battaglione di soldati fascisti e
nazisti. Sirovich si avvale delle corrispondenze epistolari che Rita ebbe con il
fidanzato Giacomo Nadler, deportato a Casoli insieme ad altri 50 ebrei stranieri
di Trieste subito dopo la dichiarazione di guerra dell'Italia. Ecco che il
volume di Sirovich «ha contribuito a far conoscere alcune delle vicende occorse
a Casoli durante la guerra agli internati/deportati ebrei», scrive il sindaco
del paese abruzzese, Massimo Tiberini, nella lettera in cui ufficializza la
cerimonia. «Sirovich - si legge nel testo - ha valorizzato i documenti
conservati a Casoli relativi alla presenza sia dei prigionieri/internati ebrei
stranieri e sia dei tanti civili sloveni e croati deportati in campi di
concentramento e di internamento nel territorio italiano, e in specie abruzzese,
dopo l'invasione del Regno di Jugoslavia nella primavera del 1941 da parte della
monarchia e del Regime fascista italiano. Servendosi di interviste a testimoni
dell'epoca, ha saputo raccontare il comportamento della comunità casolana con
competenza, manifestando anche un'insolita empatia con chi all'epoca fu travolto
da vicende di imprevedibile tragicità». «Sono commosso, è una notizia tanto
inaspettata quanto piacevole», commenta Sirovich, consapevole di aver anche
ispirato lo storico Giuseppe Lorentini a ideare il progetto di ricerca online
sul Campo di concentramento di Casoli, che, attraverso il sito
www.campocasoli.or, permette di far rivivere parte della memoria storica del
paese.
Elena Placitelli
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 gennaio 2018
Bici in zone pedonali - Lega beffata in aula dalla
mozione dem
Maggioranza "in rivolta" contro la mozione del leghista Antonio Lippolis per
il divieto di circolare in bici nelle aree pedonali. È l'esito della lunghissima
concione che ieri sera ha impegnato il consiglio comunale. Al centro del
contendere il testo, al suo secondo passaggio in aula, con cui il consigliere
del Carroccio proponeva di introdurre il divieto. In un primo momento la mozione
è stata emendata dal capogruppo Paolo Polidori, che all'impegno di emanare
un'ordinanza di divieto ha affiancato il consiglio di valutare in alternativa
l'adozione di nuova segnaletica che porti i ciclisti sulle apposite piste. Il
testo è stato fatto proprio dall'assessore Luisa Polli. Il Pd però ha presentato
una mozione, redatta da Laura Famulari, in cui si chiede di fare più attenzione
alla sicurezza delle aree pedonali e anche di fare sensibilizzazione sul tema.
Ma il punto saliente è il seguente: «Non introdurre divieti alla circolazione
dei velocipedi nelle zone pedonali». In sostanza l'annullamento della mozione
Lippolis. Il testo dei dem è stato discusso a lungo dall'aula, non senza alcune
vette ad effetto, come quando al consigliere Roberto De Gioia (Socialisti/Verdi)
è sfuggita la parola "slalom" e ha difeso i ciclisti «a parte alcuni idioti che
fanno slogan in mezzo alla gente». Alla fine, però, la mozione del Pd è stata
votata da tutti i gruppi, inclusi Forza Italia e Lista Dipiazza: unici contrari
Lega, Fratelli d'Italia e il forzanovista Fabio Tuiach. Tramonta così l'opzione
Lippolis. Veniamo al resto della serata. È stata ritirata in diretta dalla Lega
la mozione sulle residenze dei migranti che aveva suscitato le perplessità di
Forza Italia nei giorni scorsi. Le due forze hanno trovato una forma di accordo,
e Polidori ha dichiarato: «La mozione è talmente importante che non ci opponiamo
all'idea di arricchirla. Chiediamo di rinviarla alla prossima seduta così da
dare ai consiglieri il modo di emendarla per renderla più completa». Approvata
invece la mozione di Michele Babuder, Piero Camber e Alberto Polacco (Fi) per la
ricollocazione della targa a Giulio Corelli a Gretta. La placca dedicata al fu
presidente della Polisportiva locale è stata eliminata durante i lavori di
restauro degli edifici Ater ed è ora custodita a Ronchi dei Legionari. Assieme
alla targa, è emerso, è stato segato via anche il pezzo di muro allegato. Urge
quindi la ricollocazione dell'imponente manufatto. Operazione che l'assessore
Lorenzo Giorgi s'è impegnato a fare quanto prima. Tra le mozioni approvate nel
corso della serata c'è anche la proposta di Antonella Grim (Pd) per
l'introduzione del bancomat nelle biglietterie dei musei civici che ne sono
sprovvisti: «A partire da San Giusto - commenta Grim -. La valorizzazione
turistica passa anche per una migliore informatizzazione e comunicazione».
Approvata seduta stante anche la mozione forzista che chiede di concordare
un'intesa fra Comune, Uti e Regione per la gestione dell'edilizia scolastica.
All'inizio della serata il sindaco Roberto Dipiazza ha commemorato il professor
Italo Gabrielli, scienziato e politico triestino scomparso nei giorni scorsi,
nonché padre del presidente del consiglio Marco Gabrielli.
(g. tom.)
Ok alle barriere antirumore di Sistiana - Il ministero
ha approvato il progetto per il tratto autostradale fino a Duino. Il cantiere si
aprirà tra qualche settimana
DUINO AURISINA - L'incubo rumore sta per finire. Con l'approvazione del
progetto esecutivo da parte del ministero delle Infrastrutture, arrivata a
dicembre, e la firma del protocollo d'intesa fra Anas e Fvg Strade, la
costruzione delle barriere antirumore nel tratto autostradale compreso fra
Sistiana e Duino può iniziare. Un intervento molto atteso dai cittadini che
vivono e lavorano a Sistiana, Duino e San Giovanni di Duino. Si posizioneranno
barriere alte dai quattro ai sei metri, fabbricate in materiali ecologicamente
compatibili che, dal punto di vista estetico, saranno simili alla pietra di
Aurisina e copriranno complessivamente 3.740 metri di lunghezza e 18.500 metri
quadrati. Realizzate dalle aziende Fip Industriali spa e Cir Ambiente Spa,
riunite in Ati (Associazione temporanea d'impresa), le barriere richiederanno un
investimento di circa 6 milioni di euro. I lavori dovevano iniziare dopo
l'estate, ma l'iter dell'opera si è rivelato molto tormentato «come purtroppo
accade spesso in Italia - si legge in una nota di Autovie venete - per una serie
di motivi di tipo tecnico e procedurale. La zona è sottoposta a rigidi vincoli
di tutela, i tempi ministeriali per il rilascio delle autorizzazioni sono stati
molto lunghi e i numerosi enti coinvolti hanno dovuto seguire un percorso
complesso per il rilascio delle autorizzazioni relative allo spostamento delle
interferenze».«Le operazioni preliminari all'apertura del cantiere - conferma il
presidente di Autovie Venete, Maurizio Castagna, in stretto contatto con il
sindaco di Duino Aurisina, Daniela Pallotta - avverranno già nelle prossime
settimane, cominciando dagli espropri, perciò possiamo garantire che, nell'arco
di un anno e mezzo circa, le barriere saranno installate».Il cronoprogramma del
cantiere, che sarà discusso nei dettagli da Castagna e Pallotta nel corso di un
incontro programmato per martedì prossimo, prevede una durata complessiva di 510
giorni. Il progetto fa parte di un programma finalizzato alla limitazione del
rumore nelle autostrade dell'intero territorio regionale. Pallotta ha espresso
"grande soddisfazione" per questo risultato. «Ringrazio Autovie venete e in
particolare il presidente Castagna - ha detto -, che ha dimostrato grande
disponibilità nei confronti del problema dell'inquinamento acustico. Un incontro
decisivo - ricorda - era avvenuto già lo scorso 27 luglio, alla presenza del
nostro assessore alla Viabilità, Andrea Humar. In tale frangente erano stati
esaminati i dettagli del progetto, che ha avuto un lunghissimo iter di
approvazione, iniziato nel lontano 2005. Un ringraziamento va anche a Pietro Del
Fabbro, nel 2005 amministratore delegato di Autovie venete - ha proseguito - che
aveva seguito l'avvio dell'intervento». Sul tema si era impegnato anche l'ex
sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret (Autonomia responsabile), oggi
consigliere regionale e comunale, che a dicembre aveva scritto una lettera alla
presidente Debora Serracchiani, parlando di «vent'anni di annunci, cui non sono
mai seguiti i fatti».
Ugo Salvini
Trieste Airport, passerella pronta - Sopralluogo dei
vertici con il sindaco Dipiazza dall'aerostazione alla fermata Fs. Primo treno
il 19 marzo
RONCHI - È iniziato il conto alla rovescia. Il 19 marzo prossimo approderà
il primo treno ed allora, a poco più di un anno dall'avvio del cantiere, il 23
gennaio 2017, il polo intermodale dei trasporti di Ronchi dei Legionari sarà una
realtà che dovrà far ripensare a tutto il sistema della mobilità regionale. Il
punto della situazione è stato fatto ieri, in occasione della visita del sindaco
di Trieste, Roberto Dipiazza che, accompagnato dal presidente e dal direttore
generale di Trieste Airport, Antonio Marano e Marco Consalvo, per la prima volta
ha attraversato la lunga passerella, 425 metri di lunghezza, dall'aerostazione
alla fermata ferroviaria, in avanzata fase di allestimento. Con loro anche il
responsabile dell'ufficio di piano, Stellio Vatta, il direttore dei lavori,
Ermanno Simonati e Marco Seibessi, presidente della Ici Coop, l'azienda capofila
del raggruppamento d'imprese che si è aggiudicato l'appalto. In questi giorni è
iniziata la posa in opera delle pareti esterne, così come anche del soffitto,
mentre sono già state montate le scale mobili e si sta provvedendo alla
sistemazione del sistema di tappeti mobili. Quasi del tutto completato il
parcheggio multipiano, si è provveduto a realizzare il manto d'asfalto di larga
parte della zona destinata al parcheggio a raso, mentre, in questi giorni, si
lavora per la stabilizzazione dei rimanenti 350 parcheggi scoperti. Montate,
poi, le infrastrutture che permetteranno la sistemazione di un sistema di
pannelli fotovoltaici che consentiranno di far funzionare due colonnine per la
ricarica delle automobili elettriche. Ormai concluse le operazioni di
realizzazione dell'illuminazione esterna, si lavorerà senza sosta anche alla
fermata ferroviaria, dove si debbono completare le banchine per i passeggeri e
realizzare le pensiline. Non sarà un'inaugurazione di facciata, ribadiscono gli
addetti ai lavori e dal 19 marzo tutto dovrà essere completato e funzionale ad
accogliere i passeggeri. Allora mancherà solo il sistema di piste ciclabili che,
come da accordi, è di competenza dell'amministrazione comunale di Ronchi dei
Legionari che ha ricevuto un finanziamento regionale di ben 500mila euro. Ma
interventi di una certa portata sono previsti anche all'interno
dell'aerostazione che, dalla prossima settimana, sarà oggetto della sostituzione
della copertura in plexiglass realizzata negli anni Novanta. Qui, va detto, è
ormai stata quasi completata tutta la viabilità che sarà operativa da marzo.
«Stiamo realizzando la nuova porta della nostra regione - ha detto il presidente
Marano - e non possiamo che sperare che i cittadini accolgano di buon grado la
valenza e l'utilità di questa bellissima opera che non è più un sogno nel
cassetto». E la soddisfazione è piena anche nelle parole di Dipiazza. «Non può
che far piacere toccare con mano che qui le cose sono state fatte in grande,
pensando ad un rilancio vero del nostro aeroporto all'interno di un sistema del
trasporto nell'area Alpe Adria».
Luca Perrino
I siti archeologici contesi stoppano il secondo binario
-
La realizzazione della Capodistria-Divaccia rischia di subire
rallentamenti per lo scontro tra le Università del Litorale e di Lubiana sugli
scavi di ricerca
LUBIANA - Una "maledizione" sembra incombere sulla tanto agognata
realizzazione del secondo binario lungo la linea ferroviaria
Capodistria-Divaccia, opera che permetterebbe al Porto del capoluogo del
Litorale di continuare il proprio trend di crescita verso i mercati del centro
Europa. Non sono bastate la battaglia politica sfociata addirittura in un
referendum contro la realizzazione, perso dagli anti-secondo binario, e le
continue polemiche che accompagnano le prime mosse per l'avvio dell'opera: ora
ci si mettono anche le lungaggini giudiziarie dovute all'affidamento di scavi
archeologici su due siti, a Busevc, visino Villa Decani e Spina, nei pressi di
Ospo che insistono proprio sulla tracciato dei lavori. La Commissione statale di
revisione, infatti, come scrive il Delo di Lubiana, per la seconda volta negli
ultimi nove mesi ha annullato l'accordo stipulato tra la Direzione statale per
le infrastrutture e l'Ufficio per i beni culturali assieme all'Università del
Litorale per svolgere i lavori archeologici nei due siti interessati da resti
romani e tardo medievali. L'annullamento è stato chiesto e vinto dalla Facoltà
di filosofia di Lubiana secondo la quale i due committenti (Ufficio dei beni
culturali e Università del Litorale) non avrebbero tutti i requisiti necessari a
svolgere gli scavi archeologici. La Direzione statale per le infrastrutture già
il 18 agosto del 2016 aveva definito i termini per l'affidamento delle opere
archeologiche necessarie nei due siti di Villa Decani e Ospo ma fino a oggi
tutto è rimasto bloccato. Bando che la Direzione ha ripetuto nel dicembre del
2016 e che è stato aggiudicato il 3 aprile del 2017 all'Ufficio per i beni
culturali e all'Università del Litorale i quali si sono impegnati a svolgere i
lavori per complessivi 1,09 milioni di euro. Dieci giorni più tardi è partita
l'opposizione della Facoltà di filosofia dell'Università di Lubiana che si
diceva pronta a svolgere l'opera per 1,5 milioni. La Direzione statale per le
infrastrutture ha bocciato questa offerta già il 9 maggio 2017 ma la facoltà di
filosofia si è rivolta alla Commissione statale per la revisione che ha dato
ragione a Lubiana il 13 giugno scorso. Tutto da rifare. Nuovamente il 28 agosto
i lavori vengono affidati alla cordata prima aggiudicatrice ma nuovamente la
facoltà di filosofia è ricorsa in Commissione il 28 agosto 2017.A questo punto
la diatriba potrebbe ancor più dilatarsi nel tempo con la Direzione statale
delle infrastrutture che continua a ripetere che affiderà i lavori a un solo
soggetto proponente e che, nelle more, ventila la possibilità di rifare
nuovamente il bando di gara. I lavori di scavo archeologico dureranno, se
partiranno e quando partiranno ben 10 mesi. I treni possono attendere.
Mauro Manzin
L'addio di Barcola alle piante ferite - Censiti dal
Comune gli alberi malati. Abbattimenti in vista. Ma in 268 si mobilitano a
difesa del pino storto
Gli habituè di Barcola sono avvisati: quest'estate la pineta avrà qualche
zona d'ombra in meno, poiché a breve si procederà all'abbattimento di alcuni dei
suoi alberi, seriamente intaccati dalla presenza di pericolosi funghi. Tra di
loro anche lo storico "Pino storto" di piazza Skabar, a difesa del quale sono
già scese in campo poco meno di 300 persone (268 per la precisione). Il Comune
ha avviato di recente un censimento, affidato agli uffici tecnici, degli alberi
pericolanti in città. E in pineta, come detto, ne sono già stati individuati
alcuni. Come riconoscerli? Semplice, basta cercare i cartelli di pericolo
affissi ai loro tronchi. «Avviso: l'albero sarà abbattuto per estremo rischio di
schianto - si legge in uno dei messaggi -. La pianta sarà sostituita con la
messa a dimora di un nuovo albero». Altri fogli, invece, riportano diagnosi
diverse e più approfondite. «Questo leccio presenta diversi funghi responsabili
del decadimento dei tessuti legnosi - si legge su un'altra pianta poco distante
-. Sono presenti inoltre diverse ferite e cavità aperte alla base del fusto. La
vitalità della pianta è modesta. Sono state effettuate misurazioni strumentali
con resistografo. È quindi necessario abbattere la pianta». Elisa Lodi,
assessore ai Lavori pubblici, precisa che per ora gli interventi di abbattimento
riguarderanno solo due alberi della pineta (nonostante non siano gli unici
malati). Il taglio avverrà nell'arco di qualche mese. A breve poi potrebbe
subire lo stesso trattamento un altro albero inserito nell'elenco di quelli
pericolosi e pericolanti: lo storico pino incurvato del giardino Skabar, situato
appena prima l'inizio della pineta, accanto all'ex capolinea del bus numero 6.
Per salvare "Pino lo storto", che affonda le sue radici nella storia stessa
della città data la sua età, è addirittura nata una petizione promossa da
Stefano Pockaj e sottoscritta fino ad oggi da altri 268 cittadini. «Il Comune -
si legge - vuole abbattere lo storico pino secolare incurvato che è da
generazioni pregio estetico particolare del giardino Skabar di Barcola ed è con
esso nei ricordi di tutti i frequentatori del porticciolo e della riviera
barcolana. Il motivo dell'abbattimento - prosegue il testo - è che potature
sbagliate, eseguite per conto dello stesso Comune, lo hanno ferito facendovi
penetrare dei funghi. Ma ognuno può constatare che il grande pino è egualmente
vitale e rigoglioso». Come soluzione alternativa al taglio viene proposta,
quindi, la costruzione di un semplice supporto fisso, da abbellire magari con
rose o altre piante da fiore, come si è soliti fare per i vecchi alberi nei
giardini storici. In questo modo, secondo l'autore della petizione, si
riuscirebbe a consolidare il tronco di "Pino lo storto", impedendo il rischio
che si spezzi e cada. «Chiediamo perciò al Comune - si conclude la petizione -
di annullare l'ordine di abbattimento di quel pino secolare che fa parte del
paesaggio di Barcola, dov'è già visibile nelle cartoline d'inizio '900, e di
provvedere invece all'opportuno supporto di sostegno». Dopo un primo incontro
ieri che però non ha dato i frutti sperati, proprio oggi Lodi e l'ufficio
tecnico del verde pubblico si riuniranno di nuovo per decidere le sorti di "Pino
lo storto".
Simone Modugno
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 gennaio 2018
L’Uti porta “in dote” 4,3 milioni in due anni per l’area di Acquario - Intesa siglata tra giunta regionale e Consiglio delle autonomie
Destinati a Muggia fondi per accelerare le opere di bonifica
MUGGIA - Esattamente 4 milioni e 300 mila euro, che approderanno entro il 2019 in piazza Marconi. A tanto ammonta in finanziamento che l'Unione territoriale intercomunale giuliana affiderà al Comune di Muggia per finanziare un'opera attesissima: la bonifica e la riqualificazione del terrapieno Acquario. L'accordo è arrivato in seguito all'Intesa per lo sviluppo regionale e locale 2018-2020 avvenuta a Udine e sottoscritta dalla presidente della Regione Debora Serracchiani e dal presidente del Consiglio delle autonomie locali Andrea Carli. Il documento ha sancito il piano dei finanziamenti che nei prossimi tre anni andranno alle Unioni territoriali del Friuli Venezia Giulia per la realizzazione degli interventi di area vasta: sulla bilancia qualcosa come 147 milioni di euro. Per quanto concerne l'Uti giuliana, il Comune di Muggia nel 2018 incasserà un finanziamento pari a 3,1 milioni di euro - ossia il 43% dei 7 milioni 676 mila totali dell'Uti - a cui si andrà ad aggiungere il milione e 400 mila euro (pari al 30% totale giuliano) nel 2019. «Nei prossimi due anni, oltre a 200 mila euro di investimento per la promozione di forme di economia solidale, la città riceverà 4 milioni 300mila euro per il recupero di tratti di costa da bonificare e restituire alla fruizione pubblica nel terrapieno Acquario: uno tra i più importanti e attesi progetti sul territorio dunque, sarà portato a compimento», ha commentato con soddisfazione il sindaco Laura Marzi. Il terrapieno Acquario, posto sul lato mare di strada per Lazzaretto in località Boa, è a tutti gli effetti il più grande spazio esistente a Muggia destinabile a fini turistico-balneari con i suoi 30mila metri quadri di terreno disposti su un'area lunga quasi un chilometro. Interdetto al pubblico da quasi quindici anni per una complessa vicenda giudiziaria, il sito è stato "sbloccato" nel 2015 con l'approvazione da parte della Conferenza di servizi regionale del progetto definitivo per la sua messa in sicurezza e bonifica. «Proprio in ragione della sua lunghezza ed estensione, quella di Acquario è l'area di maggiore interesse in quanto il suo recupero consente, oltre all'incremento significativo delle aree destinabili alla balneazione e alle attività ad esse connesse, anche la realizzazione di ampi spazi di servizio e ludico-ricreativi», ha commentato Bussani. Entro l'estate le aree del primo lotto - comprendente la pista ciclabile e due aree parcheggio - verranno già aperte al pubblico. L'apertura del lato mare consentirà dunque ai bagnanti di potersi recare in acqua. Ma il progetto finale prevede anche la messa in sicurezza dell'area a monte con la creazione di spazi per attività sportive e di ristorazione. «Una volta completato il progetto, ossia entro la fine del mandato, il lungomare diventerà per Muggia non solo il naturale luogo di ritrovo e svago della sua cittadinanza ma costituirà anche una attrazione nel periodo estivo per i territori vicini - puntualizza Bussani - divenendo un volano imprescindibile per il suo sviluppo turistico e, più ampiamente inteso, economico». Significative le parole del sindaco Laura Marzi: «Si stanno finalmente concretizzando progetti che anni fa sembravano utopia. La trasformazione del litorale muggesano, che ha già visto restituire riqualificata l'area da punta Olmi al molo "T" e, a breve, il primo lotto di Acquario, continua quindi a grandi passi verso la sua piena restituzione alla città».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - DOMENICA, 14 gennaio 2018
Al volante con il cellulare in mano - Escalation di
multe: + 122% nel 2017
L'articolo 173 del codice della strada, che vieta l'utilizzo del cellulare
alla guida, è stato violato almeno 595 volte nell'arco del 2017. E la Polstrada
ha staccato altrettante multe. Il 122% in più rispetto al 2016. Un dato che fa
riflettere. Uno dei tanti che ieri i diversi settori della Polizia di Stato
hanno comunicato per fare un bilancio dell'attività svolta l'anno scorso. Ecco
alcuni dei numeri più salienti. Sempre per rimanere in ambito stradale, si
scopre che l'utilizzo delle cinture non va molto di moda, segnando così 839
violazioni per il mancato uso, sanzioni che sono in aumento del 14% in confronto
al 2016. Ritirate 330 patenti. Sono stati 273 gli incidenti, di cui quattro
mortali e 126 con feriti. I punti decurtati? Oltre 18mila. Deputata al primo
approccio con il cittadino in difficoltà è la sala operativa della Questura, che
quest'anno ha visto gli operatori rispondere a 57.649 chiamate sia inerenti a
fatti gravi che semplici richieste di informazioni. L'attività di prevenzione si
è esplicata attraverso il controllo di 55.800 persone e 16.000 veicoli, 36 sono
stati gli esercizi pubblici sottoposti a verifiche di polizia. Il Nucleo
regionale degli artificieri antisabotaggio ha operato 346 ispezioni di luoghi
interessati dalla presenza di personalità o a rischio terrorismo; sono
intervenuti in sette servizi di rappresentanza. Gli interventi su presunti
ordigni esplosivi improvvisati sono stati 61. Altrettanto alacri gli agenti
della polizia di frontiera che hanno identificato 75.329 persone e 24.626
veicoli. L'efficacia del dispositivo adottato è dimostrato dagli 80 arresti
eseguiti e dalle 660 denunce in stato di libertà, nonché dal fermo di 451
migranti irregolari (afghani, iracheni e pakistani) di cui 67 immediatamente
rimessi alla Repubblica di Slovenia. Questi sono solo alcuni dei numeri portati
a termine da questa area. L'Ufficio di polizia di frontiera marittima ha svolto
la verifica di prima e seconda linea in occasione degli arrivi e partenze di
4.968 navi, sia di sicurezza, prevenzione e supervisione della Security
Portuale. Sono 32 le sanzioni date a vettori marittimi per 550mila euro. Nel
corso di attività di prevenzione all'immigrazione clandestina, sono stati
sequestrati 11 autoarticolati provenienti dalla Turchia di cui tre già
sottoposti a confisca. Tanto che gli ingressi irregolari attraverso il porto di
Trieste sono cresciuti del 50% nel 2017. Anche i reati informatici hanno fatto
lavorare il compartimento della polizia postale che ha monitorato nell'ambito
della pedopornografia monitorando 2046 siti web in Fvg di cui 1030 nel capoluogo
giuliano, dove sono state eseguite anche dieci perquisizioni. Hanno svolto
inoltre 265 controlli negli Uffici Postali nel periodo del ritiro delle
pensioni. La Polfer invece ha scortato 7.455 convogli ferroviari con una media
di 21 treni al giorno; sono stati predisposti 854 servizi antiborseggio in abiti
civili sia negli scali che sui convogli. Grazie a tale dispositivo il
Compartimento polizia ferroviaria per il Fvg ha tratto in arresto 26 persone e
ne ha indagate in stato di libertà 822 e sono stati rintracciati ben 180 minori
allontanatisi da casa o da strutture di accoglienza. Le stazioni ferroviarie di
Udine e Pordenone sono state oggetto, più volte, di specifici servizi per la
prevenzione e la repressione del traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e
psicotrope svolti anche con l'ausilio di unità cinofile.
(b.m.)
VOCE ARANCIO - SABATO, 13 gennaio 2018
ECOBONUS 2018, TRA CONFERME E NOVITA'
Anche per il 2018, chi ha programmato lavori di ristrutturazione nel corso dell’anno potrà contare sull’Ecobonus. Ecco i principali interventi detraibili. A 21 anni dal suo debutto, l’Ecobonus si rinnova e introduce alcune importanti novità. Le detrazioni riservate a chi ha programmato di eseguire lavori nella propria abitazione sono state confermate dalla legge di Bilancio anche per il 2018, seppur con alcune modifiche rispetto agli anni precedenti.
Lavori di efficientamento energetico, cosa cambia rispetto
al 2017. Rimane confermata la possibilità di detrarre il 65% in dieci anni delle
spese relative ai lavori che migliorano l’efficienza energetica delle singole
unità abitative. Il tetto massimo di spesa è fissato a 100.000 euro e include
lavori di diverse tipologie: dagli interventi di sostituzione degli impianti di
climatizzazione invernale ai sistemi di domotica che garantiscono il controllo
da remoto degli impianti di acqua calda, climatizzazione e riscaldamento. A
differenza di quanto avveniva fino all’anno scorso, la detrazione passa dal 65
al 50% per la sostituzione di finestre, per l’installazione di caldaie a
condensazione meno evolute e per gli impianti di riscaldamento alimentati a
biomasse, come le stufe a pellet. Passa al 50% anche la detrazione per
l’acquisto e la posa in opera di schermature solari, come le tende da sole.
Un’altra novità riguarda la possibilità di detrarre il 65% delle spese sostenute
nell’arco del 2018 per l’acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in
sostituzione di impianti già esistenti.
Ristrutturare e recuperare metà della spesa sostenuta. Altro punto che rimane
invariato è quello relativo ali lavori di ristrutturazione edilizia che, anche
quest’anno, permetteranno di recuperare in dieci anni il 50% della spesa
sostenuta, per un massimo di 96.000 euro. Rientrano in questo gruppo tutti i
lavori di manutenzione ordinaria relativi alle parti comuni condominiali
(sostituzione dei pavimenti, tinteggiatura di pareti…), quelli di manutenzione
straordinaria (rifacimento delle scale), di restauto o di risanamento
conservativo (ripristino dell’aspetto storico-architettonico di un edificio) e
le spese di ristrutturazione edilizia (realizzazione di una mansarda…). Come
negli anni passati, sono detraibili anche gli interventi volti a eliminare le
barriere architettoniche, quelli per la prevenzione di atti illeciti da parte di
terzi (installazione di porte blindate, grate…) e gli interventi per la bonifica
dell’amianto. Tra le novità del 2018 spicca il cosiddetto “Bonus verde” che
prevede la possibilità di detrarre il 36% della spesa sostenuta per la
sistemazione di balconi, giardini e terrazzi privati.
Sismabonus e efficientamento, le detrazioni per i condomini. Nel 2018 viene
introdotta qualche novità sulle detrazioni relative al consolidamento degli
edifici, il cosiddetto sismabonus, e su quelle che garantiscono un maggior
risparmio energetico. La legge di Bilancio favorisce le operazioni combinate
eseguite negli stessi stabili e proroga la scadenza fino al 31 dicembre 2021.
Infatti se un condominio che si trova in zona sismica 1, 2 o 3 decide di avviare
i lavori di messa in sicurezza e, contestualmente, anche quelli di
efficientamento energetico, potrà usufruire di una detrazione dell’80%, nel caso
in cui l’intervento comporti il miglioramento di una classe di rischio. La
detrazione può arrivare fino all’85% se i lavori assicurano il miglioramento di
due classi di rischio, su una spesa massima di 136.000 euro per unità. Se
l’edificio esegue i soli lavori di consolidamento e se questi migliorano una
classe di rischio sismico, la detrazione sarà invece pari al 70%. Confermate
anche le detrazioni relative all’efficientamento energetico sulle parti comuni
degli edifici. Se gli interventi interessano l’involucro dell’edificio con
un’incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda, la detrazione
sarà del 70%. Se i lavori comportano almeno la qualità media per la prestazione
energetica invernale ed estiva, invece, la detrazione arriva fino al 75% della
spesa.
IL PICCOLO - SABATO, 13 gennaio 2018
Un piano triennale per cancellare le nutrie dal
territorio del Fvg - Disciplinati i metodi di cattura e soppressione, con il
fucile - Potranno intervenire anche gli agricoltori purché «formati»
TRIESTE - È nel 1929, l'anno della grande depressione, che gli italiani
iniziano a conoscere la nutria (o castorino). Il roditore arrivava dal Sud
America e una quarantina di anni dopo sarebbe pure stato diffusamente allevato
per la produzione di pellicce. In regione la presenza è segnalata dagli anni
Novanta e oggi, secondo una stima dell'Università di Udine, si contano 70mila
esemplari. Decisamente troppi visti i danni all'agricoltura e la minaccia alla
sicurezza idrogeologica del territorio: le nutrie preferiscono l'ambiente
acquatico e sono solite scavare gallerie e tane ipogee anche di diversi metri,
con conseguenti rischi per la tenuta delle arginature di corsi d'acqua naturali
e canali di irrigazione e scolo. Con la premessa che nel 2014 la legislazione
nazionale ha declassato la nutria da specie selvatica ad «animale infestante», e
secondo il dettato della legge regionale 20 dello scorso giugno, la giunta
interviene via delibera con un obiettivo chiaro: sterminare la specie. Il piano
di durata triennale - «Uno strumento efficace per il controllo e l'eradicazione
della specie», lo riassume l'assessore Paolo Panontin - entra nel dettaglio dei
metodi di intervento, degli operatori, dello smaltimento delle carcasse.
L'importante è che non siano usati veleni, esplicitamente vietati assieme a ogni
altro metodo non selettivo. La giunta informa innanzitutto sulle persone
autorizzate all'intervento. Si tratta del Corpo forestale regionale, delle
guardie comunali con licenza di caccia, di operatori anche non cacciatori ma
selezionati e addestrati dalle ex Province. Via libera anche all'agricoltore
proprietario o conduttore, «purché adeguatamente formato», previa comunicazione
all'ispettorato forestale. La via preferenziale, anche se non viene escluso
l'abbattimento diretto, è la cattura in vivo tramite gabbie-trappola e
successiva soppressione. Nell'allegato alla delibera si precisa inoltre che
vanno impiegati meccanismi a scatto collegati con esche alimentari come mele e
granoturco. Le gabbie, una volta attivate, devono essere controllate almeno una
volta al giorno (due in periodo estivo), allo scopo di non procurare inutili
sofferenze agli animali catturati e di verificare l'eventuale presenza di specie
non bersaglio che dovranno essere prontamente liberate. La soppressione «con
metodo eutanasico» degli animali catturati con il trappolaggio dovrà poi
avvenire nel minor tempo possibile. Di dettaglio in dettaglio si spiega anche il
metodo di soppressione. Il più semplice: il colpo di fucile. Con canna liscia,
ma anche di piccolo calibro (tipo flobert) o di dispositivi ad aria compressa
con potenza non superiore a 7,5 Joul e calibro pari a 4,5 per i quali non sono
richiesti porto d'armi e licenza per l'esercizio venatorio. Il trasporto delle
armi da casa al luogo della cattura, nessuna sorpresa, è consentito soltanto a
maggiorenni. Data poi per scontata la «massima diligenza», con arma scarica e
nella custodia. Una volta uccise, le nutrie vanno messe «in contenitori ermetici
ove vengono esposte al biossido di carbonio ad alta concentrazione». In ogni
caso, più se ne uccidono, meglio è: «Tenuto conto che l'obiettivo auspicabile è
l'eradicazione della specie dal territorio regionale, non sono previste
limitazioni numeriche al prelievo». Non manca la dotazione finanziaria: 22mila
euro all'anno (66mila nel triennio) per lo smaltimento delle carcasse e per
l'acquisto delle gabbie. Un investimento «contraddittorio», denuncia peraltro la
Lav-Lega anti vivisezione, che cita, con il referente di Trieste Fulvio Tomsich
Caruso, gli 80mila euro pubblici che sostengono uno studio dell'Università di
Udine per individuare e testare sistemi che riducano le capacità riproduttive
delle nutrie. «Un'azione non violenta che ci vede ovviamente favorevoli - dice
l'animalista -, ma che rende ancor meno comprensibile perché si vada sulla
strada opposta dell'abbattimento cruento». Un'iniziativa, aveva già denunciato
in passato la Lav, «che otterrà l'effetto di indurre la specie a moltiplicarsi
ed estenderà la caccia 24 ore su 24 anche fuori dalla stagione venatoria,
facendo girare persone armate e dando copertura alle attività di bracconaggio».
Marco Ballico
Coste della Croazia lordate dai rifiuti giunti
dall'Albania - L'immondizia spinta dai venti di scirocco che soffiano da Sud -
Scempio sulle spiagge di Ragusa. Tre settimane per pulirle
FIUME - Torna a far parlare di sè l'annoso problema dell' invasione dei
rifiuti nel sud della Dalmazia. Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da un
paio di sciroccate che per i dalmati meridionali sono al livello di una sciagura
o quasi. Centinaia e centinaia di tonnellate d'immondizia che - sospinte dal
vento e dal moto ondoso - arrivano dall'Albania e vanno ad occupare chilometri
quadrati di porti, marina, spiagge, baie. Mesi fa la città di san Biagio, Ragusa
(Dubrovnik) per intenderci, era stata lordata da sacchi e rifiuti di plastica,
bottiglie di ogni tipo, rami e legname vario, un bruttissimo e ripugnante
tappeto di immondizia che aveva occupato, tra l'altro, la rinomata spiaggia di
Banje, uno dei simboli turistici di questa località dalmata. Ebbene, ci sono
volute tre settimane per liberare Ragusa da quell'inguardabile strato, che
puntualmente appare ogni anno con lo scirocco autunnale. A protestare per quanto
sta avvenendo negli ultimi giorni sono stati gli abitanti delle isole di
Curzola, Meleda, Giuppana, Mezzo, Lunga e Lissa, della penisola di Sabbioncello
e della stessa Ragusa. Ci sono tanti, troppi rifiuti e tutti arrivano
inesorabilmente da sudest, dall' Albania. Un abitante di Curzola città, che ha
voluto mantenere l'anonimato, si è rivolto ad un giornalista che stava prendendo
nota della montagna di rifiuti presenti nelle acque del capoluogo isolano e ha
detto con la voce alterata dalla rabbia: «A Zagabria si sono dimenticati di noi,
trascurando il fatto che simili discariche in mare minano la nostra salute e
quella degli organismi marini. L'ultimo spot promozionale dell'Assoturistica
croata indica il Paese come un luogo Full of life. Invece è full of shit». A
muoversi per prima è stata l'organizzazione croata di Greenpeace che ha promosso
una raccolta di firme tramite Internet, con messaggio rivolto al ministro croato
dell'Ambiente, Tomislav Coric, invitato a muoversi in tempi rapidi, in primis a
Bruxelles, «per evitare che la Croazia continui ad essere inondata dai rifiuti».
Lo scottante tema, che aveva già visto Zagabria protestare ufficialmente nei
riguardi di Tirana, è stato toccato l'altro giorno nel corso dell'incontro tra i
presidenti di Croazia e Albania, Kolinda Grabar Kitarovic e Ilir Meta.
Andrea Marsanich
Sofia porta a scuola l'allarme clima - La studentessa
della Sissa premiata con la borsa di studio "Prattico"
«Il clima cambia anche a livello locale. Per raccontarlo a scuola si diventa
videomaker». Con questo tema Sofia Rossi, milanese, studentessa del master in
Comunicazione della scienza "Franco Prattico", ha vinto la borsa messa in palio
dall'assessorato all'Educazione, scuola, università e ricerca del Comune di
Trieste per la promozione della conoscenza scientifica con approcci didattici
innovativi. Il riconoscimento è stato consegnato ieri dall'assessore comunale
Angela Brandi e dal direttore della Sissa, Stefano Ruffo.«Sono molto contenta
del risultato ottenuto. Il mio progetto punta sui prodotti multimediali - ha
spiegato Sofia - perché sono strumenti moderni, adatti a raggiungere i ragazzi
delle scuole e coinvolgerli in modo efficace in un tema così importante e
attuale come quello dei cambiamenti climatici. Si riescono a diffondere alle
nuove generazioni contenuti che rappresentano uno dei problemi più grandi che
l'uomo si trova ad affrontare e che dipendono dal comportamento dell'uomo stesso
- spiega -. Gli studenti dovranno ideare un video con gli strumenti che verranno
forniti, realizzando le immagini e occupandosi anche del montaggio. Impareranno
anche a lavorare in gruppo, come un vero team, e potranno scegliere l'argomento
specifico su cui concentrarsi, ovviamente legato al tema principale. Io li
seguirò ma dovranno essere sempre autonomi e liberi di sviluppare le proprie
idee». Attraverso l'obiettivo della videocamera, i giovani studenti dovranno
quindi riflettere e discutere su un problema globale, come quello del
riscaldamento del pianeta, da una prospettiva cittadina e regionale, per poi
raccontare a loro modo il tema con un progetto creativo. Nelle precedenti
edizioni dell'iniziativa, con la stessa borsa, sono state premiate le
studentesse del master Irene Campagna, per un elaborato dedicato alla conoscenza
e alla prevenzione delle malattie infettive, e Sara Petrillo, che ha realizzato
una proposta di citizen science, per il monitoraggio della zanzara tigre in
città conclusosi nell'autunno 2017.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - VENERDI', 12 gennaio 2018
Piccoli mostri di plastica finiscono nei nostri piatti
- Tonnellate di micro-frammenti nei mari europei ogni anno. In arrivo stangata
Ue
Molti si trovano nei prodotti cosmetici: ingeriti dai pesci, ce li
ritroviamo a tavola
ROMA - Gli Stati Uniti le hanno messe al bando nel 2017, la Gran Bretagna da
qualche giorno e l'Italia, divisa dal dibattito sui sacchetti compostabili, si
accoderà soltanto nel 2020. Parliamo di microplastiche, ovvero quei frammenti
«di misura inferiore o uguale a cinque millimetri» - così le definisce
l'emendamento approvato nella legge di Bilancio - che le Nazioni Unite
considerano una delle sei emergenze mondiali dell'ambiente. Dopo essersi
infiltrate negli impianti di depurazione, miliardi di particelle appestano
fiumi, laghi, mari e oceani finiscono persino sulle nostre tavole, con l'aspetto
invitante di un buon pesce a indorare la pillola. Per lo più si tratta di
macrorifiuti di plastica che si scompongono in acqua. Secondo la Goletta Verde
di Legambiente, infatti, il derivato del petrolio rappresenta il 95% degli
scarti presenti nel Tirreno, tra cui spicca un 41% di buste e frammenti. Ma
l'invasione delle microplastiche è anche il risultato della cura del nostro
corpo, purtroppo: è possibile trovarne in alcuni dentifrici, bagnischiuma,
saponi, creme, ma soprattutto nei cosmetici. «Alcune aziende le utilizzano come
agente esfoliante negli scrub o nelle maschere per togliere la pelle morta, un
compito che in realtà potrebbe essere svolto benissimo da sali e altri
minerali», spiega Eleonora De Sabata, portavoce del progetto Clean Sea Life,
coofinanziato dall'Unione Europea, che ha per missione la riduzione dei rifiuti
marini, attraverso una campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Le
stime dell'inquinamento da microplastiche contenute nei cosmetici non sono
trascurabili: ogni giorno ne vengono sversate nei mari europei 24 tonnellate,
che diventano 8.600 in un anno. Immaginatelo come un unico, mostruoso blob di
plastica che si aggira per i nostri mari. Racconta il monitoraggio di Clean Sea
Life, in costante aggiornamento, di almeno 88 cosmetici attualmente in vendita
che utilizzano polietilene. Una sostanza che, secondo gli industriali del
settore, rappresenta il 94% delle microplastiche presenti nei prodotti per la
cura della persona. In media ogni flacone contiene 750mila particelle di
plastica, per un totale di 12 grammi. Il record è quello dello scrub per i piedi
del marchio indiano Himalaya, tuttavia, che contiene 1.632.000 frammenti, per un
totale di 27 grammi di polietilene. Non mancano aziende leader del settore tra
quelle che usano microplastiche: «Ma noi non vogliamo che i consumatori
giudichino in base ai nomi dei marchi - spiega ancora De Sabata - perché il
monitoraggio non è ancora completo. Preferiamo che guardino l'etichetta, tra gli
ingredienti deve essere riportato se il prodotto contiene o meno polietilene».
Non sono mancate iniziative da parte degli stessi produttori: nel 2015 Cosmetic
Europe ha invitato le aziende associate a non utilizzare più microplastiche
entro il 2020. L'Oreal nel 2014 ha promesso di cessare l'utilizzo entro il 2017
per tutti i prodotti e entro l'anno per la linea Biotherm. Passati tre anni,
tuttavia, è possibile trovare ancora in commercio degli esfolianti Biotherm che
contengono polietilene. Nel frattempo l'Unione Europea inizia a pensare a una
tassa - di cui, tuttavia, non si conosce la natura - per scoraggiare l'uso di
plastica e la Gran Bretagna ha annunciato lo stop a questo genere di rifiuti per
il lontano 2042. «Le tassazione - conclude De Sabata - è uno dei modi possibili,
ma l'obiettivo è scoraggiare l'utilizzo».
Andrea Scutellà
Unione europea - Limiti al bisfenolo - Ma sarà "a zero"
solo per i bambini
BRUXELLES - La Commissione ambiente del Parlamento europeo ha dato il via
libera al taglio sostanziale dei limiti di "contaminazione" del bisfenolo A da
materiali in contatto con gli alimenti. La bozza di regolamento di esecuzione
proposto dalla Commissione europea, approvato dagli eurodeputati, abbassa i
limiti ammessi per la migrazione della sostanza da materiali plastici a contatto
con gli alimenti da 0,6 mg a 0,05 mg per chilo di cibo. Questo si applica anche
alle vernici e ai rivestimenti usati ad esempio all'interno delle lattine. Il
provvedimento riduce inoltre a zero il limite di migrazione della sostanza,
vietandone di fatto l'impiego, per la fabbricazione di tutti i contenitori di
latte per neonati, alimenti a base di cereali, alimenti per l'infanzia o
alimenti per scopi medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze
nutrizionali dei bambini da 0 a 3 anni. Le misure dovrebbero entrare in vigore a
settembre. Il bisfenolo A (Bpa) è una sostanza chimica utilizzata dagli anni '60
in plastiche, resine e, in piccola quantità, anche nella carta termica degli
scontrini. A contatto con gli alimenti, il Bpa può "migrare" nel cibo e da circa
dieci anni sono emersi molti dubbi sulla sua sicurezza. Dal 2011 è vietato
dall'Ue nei biberon.
IL PICCOLO - VENERDI', 12 gennaio 2018
L'eredità di Marino, tessitore di genti - Il bagaglio
di storie, passioni e incontri di Vocci ripercorso a un mese esatto dalla sua
morte
Caro Marino, capita di scoprire un uomo dal vuoto che lascia quando muore.
Il vuoto che tu hai lasciato andandotene, un mese fa, mi ha messo di fronte a un
uomo vero, e al dispiacere di non averti conosciuto e valutato abbastanza da
vivo. Sarei dunque l'ultimo a essere autorizzato a parlare, ora, ma il dovere di
riconoscenza che Trieste e l'Istria - che dico, l'Adriatico intero - hanno nei
tuoi confronti mi obbliga, da giornalista e da scrittore, a racimolare frammenti
di te per ricordarti ancora una volta, in questo trigesimo. A dire qualcosa che
va oltre il tuo sorriso e le tue mitiche sopracciglia ma che di quell'icona
inconfondibile fa intimamente parte. Perché eri esattamente quello che sembravi.
Un entusiasta in un mondo di cinici.In questa terra di confini inquieti, di
amori e rancori, il tuo lavoro di cucitura fra le genti è stato pari se non
superiore a quello di un ambasciatore. Non so quanto gli esponenti istituzionali
della parte politica per la quale ti eri speso se ne sono resi conto, a
giudicare da chi ha partecipato a quel memorabile bagno di folla che è stato il
tuo funerale. Era venuta gente da Bolzano, Pola, Bari, Venezia, Ancona, ma i
parlamentari votati qui non c'erano. Era presente, con commossa partecipazione,
il nostro sindaco col suo assessore alla Cultura, che ringrazio per questo
sorvolando sui nostri ricorrenti, pubblici dissapori. Quella presenza più di
ogni altra dimostrava che sapevi parlare con tutti, nonostante la tua
appartenenza politica. Univi anziché dividere. Sai, fatico a ricordarti in
lingua italiana, perché fra noi regnava il dialetto comune. Era la nostra casa
comune. Il tuo, un po' cantilenato, di Caldania. Il mio, più ruvido, di Trieste.
Ma ci provo lo stesso. Una volta eravamo in un museo, a Lesina: ebbene, mentre
io guardavo le bacheche piene di mappe adriatiche e fotografie, tu guardavi la
gente. Eri sedotto dalle facce. Per strada, in treno, sugli autobus, tu
collezionavi facce anziché nozioni, scommettevi sulle provenienze etniche
traguardando zigomi, naso e bocca. Sorridevi, attaccavi discorso, impostavi
dialoghi. Un tessitore paziente, innamorato della nostra terra e del nostro
mare. Nostro non nel senso che appartiene a qualcuno. Nostro perché noi
appartenevamo a lui. A prescindere dalla lingua e dalla cultura. Quando persi
per pochi voti alle elezioni parlamentari del '96 - ero in lista per l'Ulivo di
Prodi, e tu mi davi una mano - il tuo dispiacere fu tale che a scrutinio
completato ti scolasti da solo una bottiglia e mezza di malvasia e fosti là e là
per scivolare sotto il tavolo. Ridevi, piangevi, imprecavi, e dovetti
consolarti. Che giorni erano stati quelli, a far comizi con Orazio Bobbio e
Fulvio Camerini, un terzetto espresso dalla società civile di caratura
difficilmente ripetibile, e che mai più la sinistra avrebbe messo in campo.
Girando le periferie, sentivamo la città dilatarsi giorno dopo giorno, e nello
stesso tempo capivamo che i partiti stavano perdendo, o avevano già perso, il
polso del territorio. Come organizzatore eri un disastro, ma vivaddio conoscevi
il mondo. Girare con te, specie in Istria e in Carso, significava essere
salutati da tutti, italiani, croati o sloveni.Il tuo patrimonio di conoscenze
era sterminato, ma a livello istituzionale - fa presente non senza polemica Veit
Heinichen - pochi hanno saputo coglierne l'eredità. Strana città, Trieste.
Smemorata al vertice e piena di affetto tra il popolo nei confronti degli uomini
liberi. Dov'era per esempio la sinistra triestina - la destra figurarsi - quando
il pittore Ugo Pierri ha festeggiato gli ottant'anni? Lo dicevi anche tu: è più
facile ricevere attestati di riconoscenza in un bar di Coloncovez che nei
palazzi di Piazza Grande. La messa davanti alle tue ceneri ne ha dato la
controprova. Era tutta gente che ti voleva bene. Pochissimi lì solo per
rappresentanza. E commozione immensa. Meno di un mese prima di levare le ancore
- mi ricorda Luigi Nacci - ti presentasti con Telecapodistria sotto le rocce di
Prosecco, lungo la passeggiata "Napoleonica", per un raduno nazionale di
camminatori. Ottobre di foglie rosse, mare a perdita d'occhio fino a Salvore,
strapiombi calcinati di bianco, cielo blu sfolgorante: e tu incantasti tutti con
una galoppata di racconti fuori programma che spaziarono dai palombari di
Contovello alla cultura dei capperi, fino alle passeggiate italiane insieme a
Fulvio Tomizza. Quanta energia ancora. Un uomo che ha ben vissuto se ne va senza
lasciare scorie negative e senza rimpianti. In questo ci hai dato una lezione,
come un anno fa il musicista Alfredo Lacosegliaz, che pur devastato da una
malattia ha lavorato fino all'ultimo, con animo lieto e triestinissima
autoironia.«Ha gestito la sua morte con energia stupefacente - dice di te Edi
Rabini, che in Alto Adige rappresenta la fondazione Langer - mai astraendosi
dalla realtà più scottante». Ed è vero: fra una chemio e l'altra, senza mostrare
affaticamento, sempre col sorriso, hai continuato a toccare i grandi temi:
ecologia, immigrazione, frontiere. Le tue quattrocento puntate della Barca dei
Sapori su Telecapodistria restano una miniera di volti, luoghi, tematiche. Le
hai portate avanti fino alla fine, lentamente defilandoti, per passare il
testimone a tua figlia Martina. Non ti eri mai mosso per interesse personale,
ambizione o narcisismo. Hai lasciato dietro di te una confraternita di compagni
di strada, senza imporre mai agli altri un pensiero unico o una posizione di
partito. Ricorda Giorgio Godina, vecchia quercia dei Cai XXX Ottobre, il tuo
impegno a tutela dell'ambiente montano, le passeggiate istriane con i soci
alpinisti, le conferenze affollatissime che organizzavi come responsabile del
Museo del mare, gli incontri "vis à vis" sui temi dell'Adriatico; una storia,
dicevi, scritta sull'acqua. E le bevute di moscato secco a Momian, gli incontri
con la gente da sindaco di Duino Aurisina, le storie narrate sulle saline di
Sicciole, le scorribande in cerca di casite nel Dignanese. E qui forse un
difetto l'avevi, caro Marino: non dicevi mai di no. A qualcuno, a ripensarci
ora, avresti dovuto dirlo.
PAOLO RUMIZ
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 11 gennaio 2018
Sacchetti frutta a pagamento: etichetta rischia di comprometterli
Con l’introduzione dei sacchetti compostabili per la spesa rimane attualmente un altro problema, quello dell’etichetta che viene attaccata sui bioshopper. Queste etichette rendono di fatto inutili le buste per un riutilizzo per la raccolta dell’umido.
Negli ultimi giorni molti consumatori attenti alle
tematiche ambientali stanno cercando delle possibili soluzioni a questo
problema, attaccando le etichette adesive non compostabili su un foglio di carta
oppure sul manico delle buste. Tutto questo per evitare di staccarle in seguito
dal sacchetto e rischiare quindi di rovinarlo, rendendolo inutilizzabile per
altri usi. Eppure esisterebbe la possibilità di realizzare delle etichette
prodotte in materiali compostabili. È un materiale che costa di più rispetto a
quello che viene utilizzato normalmente. Alcune catene di supermercati spiegano
che non hanno ricevuto delle indicazioni sulle caratteristiche che le etichette
dovrebbero rispettare. Esselunga utilizza delle etichette in materiali
compostabili. Alcuni supermercati, come Lidl, risolvono il problema in altri
modi, visto che la frutta e la verdura vengono pesate alla cassa e il costo
viene aggiunto direttamente sullo scontrino, senza passare per le etichette. Il
Consorzio Italiano Compostatori ha ricordato a questo proposito alcune regole
molto semplici per effettuare una raccolta corretta dell’organico, partendo
proprio dalla scelta dei sacchetti compostabili. Il CIC ha ribadito anche la
necessità che le etichette vengano rese compostabili. Massimo Centemero,
direttore del CIC, ha affermato: L’introduzione dell’obbligo dell’uso di sacchi
per ortofrutta compostabili ci consente ancora una volta di tornare sul tema dei
sacchetti biodegradabili e compostabili, sulla qualità delle raccolte
differenziate e sul compostaggio dei rifiuti organici. Tuttavia, la mancanza di
una comunicazione adeguata nei confronti dei cittadini e degli organi di stampa
ha creato fraintendimenti e la diffusione di informazioni a nostro avviso non
corrette, soprattutto per quanto riguarda la raccolta differenziata dell’umido e
gli impianti di compostaggio. Lo stesso CIC ha poi diffuso un elenco in cui
chiarisce alcuni punti chiave relativi ai nuovi sacchetti compostabili da
utilizzare per l’acquisto di frutta e verdura: I sacchetti utilizzati per frutta
e verdura dall’1 gennaio 2018 possono essere usati anche per conferire l’umido
domestico. Si dovrebbe prestare molta attenzione alle etichette, anche a quelle
che vengono applicate su alcuni tipi di frutta. Gli utenti dovrebbero apporle
sul manico dei sacchetti compostabili, in modo da rimuoverle prima del
riutilizzo delle buste. Un sacchetto che viene strappato può essere smaltito
attraverso la raccolta dell’organico dedicata al compostaggio. Per la raccolta
dell’organico devono essere utilizzati solo sacchetti certificati a NORMA UNI EN
13432 realizzati in carta o in bioplastica.
Un sacchetto compostabile dovrebbe riportare la dicitura “biodegradabile e
compostabile”. La presenza di plastica nei rifiuti organici è un problema molto
grave, perché la rimozione di questi elementi richiede interventi impegnativi
per l’energia da investire e i costi.
Gianluca Rini
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 gennaio 2018
C'è il rischio nichel e non si tocca l'acqua vicino a
Vignano
MUGGIA - Divieto a tempo indeterminato dell'utilizzo per le acque di falda
presenti nei pressi del centro di raccolta rifiuti di Vignano. Questo l'oggetto
dell'ordinanza firmata dal sindaco muggesano Laura Marzi, dopo che il Piano di
caratterizzazione, promosso dal Comune nell'area rientrante nel Sin, ha rilevato
nelle acque sotterranee lo sforamento di nichel. «Abbiamo fatto predisporre
l'analisi di rischio sanitario ed ambientale in cui è stato evidenziato che il
nichel, non avendo caratteristiche chimico-fisiche per volatilizzare dalla falda
in atmosfera, non genera rischi né cancerogeno né tossico per l'uomo», ha
puntualizzato il sindaco Marzi. Allo stesso tempo, però, il nichel è un elemento
che genera un rischio non accettabile per la risorsa idrica, motivo per cui
l'area «diviene conseguentemente sito contaminato» e risultano quindi necessari
«interventi di bonifica finalizzati all'eliminazione o almeno alla riduzione
delle concentrazioni di nichel in falda, ad un livello uguale o inferiore alla
concentrazione soglia di rischio che coincide con la concentrazione soglia di
contaminazione prevista secondo la Legge per le acque sotterranee». In seguito
alle indagini in due punti di campionamento all'interno dell'area di proprietà
comunale in attuazione del Piano di caratterizzazione, è stato rilevato lo
sforamento nelle acque sotterranee di un punto di prelievo del parametro nichel
rispetto i limiti normativi tabellati pari a 20 ug/l, qui rilevato con una
concentrazione di 30 ug/l. Sebbene nessuno attinga dalla falda, il Comune in
misura puramente cautelativa e precauzionale ha subito ordinato, al fine di
tutelare la pubblica e privata incolumità quale primo intervento preventivo, il
divieto assoluto di utilizzo a qualsiasi fine, compresi gli usi
agricoli-irrigui, dell'acqua sotterranea della soggiacente falda idrica e di
emungimento (l'estrazione dell'acqua dal sottosuolo, ndr) ed utilizzo da tutti
gli eventuali punti di captazione privati provvisti allocati all'esterno della
particella ricadente nel Sin. L'ordinanza dunque è indirizzata anche ai
proprietari e/o conduttori dei fondi a destinazione prevalentemente industriale
circostanti l'area di proprietà del Comune ossia il centro di raccolta di
rifiuti urbani in via dei Laghetti in località Vignano (Zona industriale
Noghere). «L'analisi di rischio sanitario ed ambientale è stata inviata
all'attenzione di tutti gli enti competenti nel procedimento
tecnico-amministrativo inerente il Sito inquinato d'interesse nazionale di
Trieste, in primis al ministero dell'Ambiente che ci ha risposto richiedendoci
l'attivazione delle misure preventive ai sensi della normativa vigente», ha
puntualizzato il sindaco, il quale ha evidenziato come «la falda in zona non è
coinvolta negli approvvigionamenti idrici di acqua potabile e nel frattempo
stiamo anche concordando con Arpa e l'Azienda sanitaria ulteriori misure da
attuare». A breve, per affrontare la situazione, si riunirà la Conferenza di
Servizi che deciderà successivamente l'iter per procedere alla bonifica
necessaria della falda, procedimento di cui è competente il ministero
dell'Ambiente.
Riccardo Tosques
La Ue prepara una tassa sulla plastica
BRUXELLES - Mentre in Italia imperversa la polemica sui sacchetti bio a
pagamento, l'Unione europea fa un passo ancora più ampio nella lotta alle
plastiche inquinanti. Cercando di renderla anche remunerativa. L'idea l'ha
presentata il commissario al bilancio, Gunter Oettinger: una tassa sulla
plastica aiuterà i cittadini a ridurne il consumo, la produzione calerà e il
gettito finirà direttamente nelle casse del bilancio europeo, colmando in parte
quel buco da 12-14 miliardi che si aprirà dopo la Brexit. La Commissione
europea, ha spiegato Oetteinger, dovrebbe presentare la proposta assieme al
pacchetto in arrivo il 16 gennaio. Si tratta di una "strategia europea sulle
plastiche", nell'ambito della politica per lo sviluppo di un'economia
"circolare" sostenibile e rispettosa dell'ambiente. Ma anche capace, con un
sostegno finanziario e normativo, di agevolare la riqualificazione delle
industrie coinvolte e di stimolare l'innovazione. «Utilizziamo e produciamo
troppa plastica, che nonostante il riciclaggio finisce nei rifiuti», e dal 1°
gennaio non va neppure più in Cina, dove «diventava giocattoli per bambini», ha
detto Oettinger. «Ci sarà una tassa sulla plastica», ha spiegato, anche se
mancano i dettagli. Non è infatti chiaro cosa andrà a colpire il balzello.
BORSE DI NYLON E PLASTICA SUPER INQUINANTE - La rubrica CONSUMATORI di LUISA NEMEZ
Ogni anno ha il proprio "tormentone": può essere piacevole, specie se si tratta di un brano musicale ritmato, ma può essere anche ossessionante e pesante. Di quello attuale ormai ne parlano tutti - e ognuno con una propria teoria - quindi non possiamo fare a meno d'inserirci pure noi nella "mischia". Certo che sarebbe bene potere dare qualche suggerimento valido, intelligente. Invece l'impressione ricorrente è quella che si gira attorno a un argomento molto dibattuto, fra altro, senza suggerire una soluzione. Parliamo naturalmente dei sacchetti biodegradabili ma sembra che la nota dolente interessi più il loro costo. Si tratterebbe di 2, 3 centesimi, in fin dei conti non pesano ma se li moltiplichiamo per ogni spesa e per ogni prodotto merceologico ci accorgiamo che quei 2 o 3 centesimi - e talvolta anche 10 - diventano una bella cifretta. Ma tralasciamo i costi che produrranno un bel gettito Iva e soffermiamoci sul perché ogni tanto a scadenza fissa si ritorna sull'argomento "problema rifiuti". Un esempio eclatante ci viene dalle bottigliette di plastica abbandonate dappertutto: il mare è diventato la discarica privilegiata per tanti, troppi. E i residui di plastica ingoiati dai pesci (di cui nelle diete vengono raccomandate almeno tre assunzioni alla settimana) entrano nella catena nostra alimentare. E non è l'unico inquinamento. La raccolta differenziata ha raggiunto quota 52,5%, sempre troppo poco; per contro abbiamo raggiunto quota 497 kg di rifiuti, un enorme peso per l'ambiente. Il chimico francese Lavoisier diceva «ricordiamo che nulla si crea e nulla si distrugge». Dal canto nostro tante volte abbiamo raccomandato di avere rispetto per il futuro, di non consegnare ai nostri discendenti un ambiente irrimediabilmente ammalato. Anche lo smaltimento rifiuti inquina, come pure il riciclo. Eppure questa dei sacchetti non ci va giù e non per 2 o 3 centesimi e talvolta 10, ma perché con il sistema imposto si andrà ad accrescere la quota rifiuti. E allora lasciate almeno che ognuno, volendolo, porti la propria borsa. Attendiamo intanto la pensata dell'Unione europea che ha in serbo per noi misure importanti sugli imballaggi e stoviglie monouso. Che Dio ce la mandi buona!
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 gennaio 2018
Maxiraccolta di tappi di plastica a San Dorligo - Da
settembre a oggi sette quintali grazie al bottiglione di "Sorgente dei Sogni"
che sabato si sposterà
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Sette quintali. Questa la quantità di tappi di
plastica raccolti nel territorio comunale di San Dorligo della Valle da
settembre a oggi, grazie alla presenza della "Bottiglia eco solidale
itinerante". Si tratta dello speciale contenitore oggetto della proposta
dell'associazione no profit "Sorgente dei Sogni" di Fontanafredda, che consiste
nel mettere a disposizione della popolazione questo originale bottiglione, che
ha la funzione di sensibilizzare tutti alla raccolta dei tappi di plastica, per
un loro riutilizzo, nel contesto di una presa di coscienza della necessità di
evitare la dispersione nell'ambiente di residui di plastica. Sarà una festosa
cerimonia a salutare, sabato alle 11, la partenza da San Dorligo della Valle del
contenitore, che era arrivato lo scorso 23 settembre. L'iniziativa era stata
promossa dalla giunta guidata dal sindaco Sandy Klun, che nell'aprile dello
scorso anno aveva deciso, con specifica delibera, di aderire alla proposta
dell'associazione di Fontanafredda. Il bottiglione era arrivato dal comune di
Ponte di Piave ed era stato posizionato davanti al centro culturale France
Preseren di Bagnoli della Rosandra. Promotrice del progetto di solidarietà nel
Comune di San Dorligo della Valle è stata l'associazione dei Vigili del fuoco
volontari "Breg" che, in occasione del 40.o anniversario dalla fondazione, ha
voluto proporre questa lodevole iniziativa, il cui ricavato sarà devoluto al
Centro di riferimento oncologico (Cro) di Aviano. Nel periodo di permanenza
della bottiglia, la collaborazione dei cittadini, alcuni provenienti anche dai
Comuni limitrofi, è stata esemplare. Numerose inoltre sono state le visite delle
scolaresche. Ogni sabato dalle 10 alle 12 tre volontari dell'associazione Breg
hanno sostato nei pressi della bottiglia per ricevere i tappi e anche per
raccogliere indumenti, scarpe e giocattoli, che sono stati destinati alla
Fondazione Luchetta Ota D'Angelo Hrovatin. Negli altri giorni, si potevano
conferire i tappi negli appositi due contenitori, da circa un metro cubo
ciascuno, che nei fine settimana erano sempre riempiti. Un dettaglio di colore:
nei giorni di forte bora il vento ha compattato i tappi, liberando ulteriore
spazio per i nuovi. Da San Dorligo della Valle la bottiglia si sposterà nel
comune di San Pietro di Feletto in provincia di Treviso.
(u.s.)
Come è difficile fare la spesa con i sacchetti
biodegradabili - La lettera del giorno di Luigi Civita
Me ne sono stato in disparte, leggendo, osservando, ignorando. La guerra dei
centesimi non fa per me. Anche perché in linea di principio sono favorevole
all'utilizzo di sacchetti biocompostabili, perfino se a carico del consumatore,
a patto che siano per davvero ecologici. Due centesimi in più, anche se
moltiplicati per un numero ancora imprecisato, non mi cambieranno la vita più di
tanto. E così oggi mi sono recato in un ipermercato, per fare spesa secondo le
mie regole e senza lasciarmi condizionare dalle recenti polemiche. Per scoprire
che, nonostante il negozio faccia parte di una catena della grande distribuzione
organizzata, di organizzazione ce n'è proprio poca. Non volendo ovviamente
pensare a una malafede organizzata. Leggo lo scontrino, e trattengo una risata a
stento. Ho acquistato 8 carciofi, e mi sono stati conteggiati 8 sacchetti. I
quattro fasci di "friarielli", non venduti a peso ma a pezzo, non li ho
imbustati come sempre, anche per favorire il conteggio: sono stati aggiunti 4
sacchetti. L'ananas, poverino, volevo imbustarlo, ma dopo aver rotto ben tre
buste (ben più delicate di quelle che si usavano fino all'anno scorso), ho
desistito: ovviamente, è stato conteggiato il sacchetto implicito. Per mele e
pere, ritenendo gli scontrini più inquinanti dei sacchetti, ho trascurato
l'etichettatura singola proposta dai contestatori, e ho usato due sacchetti
regolarmente addebitati. Il cavolo broccolo, già avvolto nella sua pellicola e
già etichettato mi è costato comunque un sacchetto, esattamente come accaduto
per la zucca, nonostante fosse adagiata sul suo bel letto di polistirolo e
avvolta da una coltre spessa di film alimentare. In definitiva, mi sono stati
addebitati 17 sacchetti, 4 stornati automaticamente dal buon cuore della
cassiera a fine scontrino. Peccato che di sacchetti ne abbia utilizzati solo 3.
In pratica, ho pagato 10 sacchetti in più. 20 centesimi non mi avrebbero mandato
in rovina, anche perché i quindici minuti di tempo che ho impiegato per
risolvere la questione con le premurose signorine del centro accoglienza
clienti, davvero preoccupate per il mio rossore in volto, valgono molto di più.
Magari, i miei acquisti proverò a farli altrove, se potrà tornare utile.
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 gennaio 2018
Parcheggi a Ponterosso, residenti in pressing - I
cittadini del Borgo Teresiano chiedono di aprire presto un tavolo di confronto
con l'amministrazione
I residenti di Ponterosso invocano un numero maggiore di parcheggi riservati
solo a loro nella zona del borgo Teresiano. Lo avevano chiesto ai rappresentanti
comunali durante una riunione della quarta circoscrizione lo scorso autunno.
Hanno scritto poi qualche mail, ma nessuno ha più risposto loro. «Siamo
quattrocento residenti e vorremmo avere un posto per una macchina per famiglia -
spiega Lorella Francarli, presidente del Comitato Ponterosso -. Ovviamente chi
ha già un garage non ne usufruirebbe. Oppure sì, ma impegnando una certa cifra».
La loro richiesta, che inizialmente aveva trovato il consenso
dell'amministrazione, prende spunto da altre città, come Padova, Vicenza e
Verona, dove le Zone a traffico limitato (Ztl) ospitano molte isole che vengono
dedicate a chi abita nei dintorni. Le vie interessate a Trieste sarebbero via
Torrebianca, via Machiavelli e via Genova, già Ztl che però non vengono
rispettate. Nello specifico ci sarebbero due soluzioni avanzate: «Potremmo
aumentare le zone bianche o avere i contrassegni per parcheggiare nelle zone
blu, pagando una determinata somma annuale», spiega Francarli. Con un appunto:
«In via Genova ad esempio l'Iniziativa centro europea (Ince) possiede tre posti,
basterebbe farli attraversare il ponte e inserirli nei posti blu, loro che
vengono esclusivamente per lavorare e che si suppone non debbano portare borse,
che invece noi, come residenti, dobbiamo trasportare quotidianamente». Richieste
che per ora attendono ancora una risposta. «Avevamo contattato anche il
direttore di Esatto, Davide Fermo - sottolinea la portavoce -, ci ha risposto
molto gentilmente, facendoci sapere comunque che l'iniziativa deve partire
dall'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, la quale può far muovere questa
macchina. Quindi chiediamo di aprire un tavolo di studio. Si tratta di una
realtà che coinvolge tante famiglie». Al momento i posteggi bianchi, che secondo
il comitato sono troppo pochi, sono spesso occupati soprattutto da scooter o da
auto che non hanno il contrassegno per poter inserirsi nell'area.
Benedetta Moro
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 gennaio 2018
Una balenottera nuota nel Quarnero appello
ambientalista - Secondo gli esperti dell'associazione di Lussingrande se
spaventato il grosso cetaceo rischia di finire spiaggiato
ZARA - Ancora una balena avvistata nelle acque orientali dell'Adriatico.
Sabato pomeriggio un cetaceo di grosse dimensioni è stato osservato mentre si
muoveva placidamente nell'insenatura di Ravagnasca, a poca distanza dalla
località di Jasenica, in quel bacino chiuso che prende il nome di canale del
Velebit o Alpi Bebie, poco a settentrione di Zara. Una scoperta che ha messo in
preallerta le organizzazioni ambientaliste della zona preoccupate per
l'incolumità del grosso cetaceo. Secondo gli esperti dell'associazione
ambientalista Plavi svijet (Mondo blu) di Lussingrande, l'enorme mammifero
appartiene alla specie Balaenoptera physalus e dunque si tratta di una
balenottera comune. Quello che è il secondo animale per dimensioni al mondo,
potendo raggiungere i 26 metri di lunghezza, ha nuotato lentamente in direzione
dell'abitato di Starigrad (Ortopula), immergendosi e risalendo in superficie con
intervalli di circa dieci minuti. Per i responsabili di Plavi svijet, la
balenottera - nonostante le gigantesche dimensioni - è un animale che riesce a
muoversi bene in acque basse e in canali di tipo chiuso, cosicchè nel versante
orientale dell'Adriatico non è mai avvenuto che questa specie - parliamo di
esemplari sani - si arenasse. Alcuni pescatori sono riusciti a immortalare con
il telefonino, fotografando l'esemplare mentre emerge dall'acqua «Al cetaceo
visto a Rovagnasca - spiegano all'associazione lussignana - servirà magari
qualche giorno per poter riprendere il largo, tornando in acque profonde. É
sicuro che il più imponente dei cetacei riuscirà nell'impresa ma nel frattempo
sarà bene non importunarlo, nè avvicinarsi troppo alla balena a bordo di
imbarcazioni». Gli esperti hanno spiegato che qualsiasi tentativo di avvicinare
la balenottera comune potrebbe avere l'effetto di spaventarla e a quel punto
l'animale potrebbe anche finire spiaggiato, con conseguenze drammatiche come è
avvenuto giorni fa per la balena da sette tonnellate trovata spiaggiata sul
litorale di Platamona. Va lasciato in pace, senza disturbarlo». L'avvistamento
di balenottere comuni non è un evento raro nelle acque quarnerino-dalmate. Lo
scorso agosto due esemplari furono visti nelle acque a occidente di Lussino, a
circa 3 miglia dalla costa ed entrambi misuravano sui 17 - 18 metri. Erano in
forma più che discreta, come raccontano i responsabili di Plavi svijet, che nel
caso della balena di Rovagnasca non sono riusciti a stabilirne la lunghezza. Di
fatto la frequenza di simili avvistamenti dimostra quanto i cambiamenti
climatici e la situazione ambientale in Adriatico stiano modificando il percorso
di questi grossi cetacei che si avvicinano sempre di più alle nostre coste.
Scatenando curiosità ma anche molta preoccupazione fra gli ambientalisti.
Andrea Marsanich
Docufilm "Disruption" al Knulp
Oggi, al bar e libreria Knulp di via Madonna del Mare 7/a, alle 20.30, il
gruppo di Trieste di Greenpeace e Metropolis per la rassegna "Ciak... Azione!
Storie di attivismo, persone, comunità, movimenti attivi nella società",
presentano il film documentario "Disruption" di Kelly Nyks, Jared P. Scott (Usa,
2014). Quando si parla di cambiamento climatico, perché facciamo così poco
quando sappiamo così tanto?" Attraverso una inarrestabile inchiesta per trovare
la risposta, "Disruption" analizza con determinazione le devastanti conseguenza
della nostra inattività. L'indagine mette a nudo la tremenda verità scientifica,
il frammentato processo politico, gli interessi del mondo dell'industria e lo
stallo della società civile, elementi che hanno condotto l'umanità ad un punto
cruciale sociale, morale ed ecologico. Il film, inoltre, porta lo spettatore
dietro le quinte dell'organizzazione del più grande raduno climatico nella
storia del pianeta durante il vertice mondiale delle Nazioni Unite sul clima.
IL PICCOLO - DOMENICA, 7 gennaio 2018
Pagnotte in strada per i cinghiali - Lungo il viale al
Cacciatore c'è chi lascia cibo destinato agli animali selvatici. La condanna
dell'esperto
Pagnotte di varie misure, alcune intere altre fatte a pezzi, lanciate sul
ciglio del viale al Cacciatore o abbandonate a pochi metri dalla carreggiata,
tra gli alberi. Da qualche giorno chi ha percorso la strada, che da Villa
Revoltella porta alla rotonda sottostante, attraverso il polmone verde, ha
notato il pane, disseminato ovunque. A scaricare il cibo sarebbero persone che
nutrono i cinghiali e altri animali che popolano l'area, un comportamento che
però sarebbe nocivo per l'ambiente, tanto da comportare la proliferazione di
alcune specie, compresi esemplari malati. A spiegare il fenomeno è lo zoologo
Nicola Bressi, che di casi simili ne ha visto tanti negli ultimi anni, in
diverse zone della città. «Possiamo definirlo un malcelato animalismo - spiega -
dare da mangiare agli animali avanzi può essere comprensibile soltanto in tre
occasioni, in casi di inverni molto rigidi, e non ci troviamo in questa
situazione, quando si vogliono salvare specie in via d'estinzione, e anche qui
non è così, o quando ci siano animali deboli o in difficoltà, e pure in questo
frangente è sbagliato nutrirli. Dando cibo soprattutto in questa stagione si
creano danni pazzeschi all'ecosistema, causando la proliferazione di cinghiali,
gabbiani o ratti, specie che andrebbero contenute e non aumentate. Ratti e
cinghiali per esempio contribuiscono a danneggiare altre specie, creando
squilibri notevoli. La gente però pensa, sbagliando, di fare del bene». Bressi
racconta di segnalazioni in merito a persone che raccolgono in tutta la città
avanzi, da portare poi in diversi punti di Trieste, dove si trovano gli animali,
spesso proprio i cinghiali. «Scene viste a San Giovanni, Longera, Barcola,
Strada del Friuli, non i stupisce quindi anche nel Boschetto - dice -
addirittura so di chi va fuori dai negozi, cercando scarti o cose che verrebbero
buttate. Paiono indigenti, invece il loro obiettivo è appunto raccogliere quanto
possibile, ogni giorno, ciò che poi va a gettato agli animali». E i cinghiali ad
esempio in alcuni punti della città sono ormai di casa, si spingono vicino alle
abitazioni, nei giardini o proprio nei luoghi dove sanno di trovare cibo
facilmente. «Purtroppo i comportamenti delle persone rischiano di causare
problemi non da poco. Se infatti si porta pane o altro a esemplari malati o
deboli, le conseguenze saranno negative per tutta la specie. Dando da mangiare a
un animale in difficoltà - prosegue Bressi - si dà una chance di sopravvivenza
dove invece la selezione naturale ne comporterebbe la morte. Anche se per
qualcuno è brutto da sentire, meglio lasciarli nel loro ambiente senza
interferire». E Bressi cita anche uno studio, che dimostrerebbe come il fatto di
alimentare "artificialmente" animali liberi in natura, sia controproducente.
«Una ricerca inglese, effettuata tempo fa sulle mangiatoie per uccelli,
posizionate in molte case o giardini privati, ha dimostrato che venivano a
cercare mangime soprattutto i volatili malati, che faticavano a trovarlo in
natura, e sporcando il contenitore con le deiezioni contagiavano anche quelli
sani. Un esempio concreto di come l'intervento dell'uomo in natura non sempre
porti vantaggi».
Micol Brusaferro
Offensiva Ue contro la plastica - Nuove misure europee,
nel mirino imballaggi e stoviglie monouso
BRUXELLES Dopo i sacchetti anche gli imballaggi, le stoviglie monouso e le
microplastiche presenti in prodotti come detersivi e cosmetici finiscono nel
mirino della Commissione europea nel quadro di una nuova offensiva contro le
plastiche inquinanti. L'esecutivo Ue ha messo a punto un pacchetto di nuove
proposte e misure "ad hoc" che, salvo cambi di programma, sarà varato il 16
gennaio in occasione della riunione a Strasburgo, dove si svolgerà la prima
sessione plenaria dell'Europarlamento del 2018. Tornata in questi giorni alla
ribalta delle cronache italiane in seguito alla polemica scoppiata intorno al
pagamento dei sacchetti bio utilizzati soprattutto nei supermercati per frutta e
verdura, la battaglia contro l'inquinamento da plastiche - e gli effetti
devastanti sull'ambiente - è una delle priorità del programma di lavoro della
Commissione guidata da Juncker. Tema su cui l'opinione pubblica europea risulta
assai sensibile e attenta. L'ultima indagine Eurobarometro, ad esempio, ha
indicato che ben il 72% degli intervistati ha ridotto in questi ultimi anni
l'uso delle buste di plastica. Un risultato che fa ben sperare sulla possibilità
di raggiungere l'obiettivo che l'Ue si è data: arrivare al 2019 con una calo
dell'80% dei sacchetti rispetto al 2010.
IL PICCOLO - SABATO, 6 gennaio 2018
Un outlet "inglese" con grandi marchi negli spazi del
Silos - Proposta avanzata al Comune da un fondo d'Oltremanica - E una spa
americana punta ad attrarre megayacht in molo III
Un outlet con marchi di alto livello - sul modello di quello aperto a
Noventa di Piave -, da realizzare all'interno del Silos. È l'idea avanzata da un
fondo inglese, attratto dalle potenzialità d'investimento di Trieste, e in
particolare del Porto vecchio, e deciso appunto a trasformare l'edificio
fatiscente che ospita ora bivacchi di profughi e disperati in mecca dello
shopping a prezzi scontati. Un'idea che farebbe di certo felici le tante fashion
victim della città e che lo stesso Roberto Dipiazza vedrebbe di buon occhio. «La
città non ha bisogno di altri centri commerciali - afferma il sindaco -.
Diverso, e decisamente più interessante, è invece il discorso di un outlet,
peraltro così vicino e alla stazione. Una soluzione molto funzionale per turisti
e passeggeri, che potrebbero così fare acquisti in attesa tra un viaggio e
l'altro, anche in vista dell'arrivo del nuovo collegamento verso l'aeroporto».
Quella dell'outlet, peraltro, non è l'unica proposta "internazionale" per il
rilancio di Porto vecchio e dintorni. Ad essersi fatta avanti è anche una
società americana, che realizza marine solo per yacht di lusso. L'obiettivo è
realizzare una struttura imponente tra Molo IV e Molo III, di fronte sede alla
Guardia costiera, affinchè gli ospiti possano sostare in tutta sicurezza. Il
nome, come quello degli altri investitori, è sempre top secret, ma il profilo è
stato ufficializzato. Si concentra sull'acquisizione, la gestione e la
manutenzione dei porti turistici di yacht di lusso e delle proprietà immobiliari
circostanti. Offre una collezione di porti turistici nei Caraibi e nelle
Americhe, che si rivolgono a una varietà di tipi di imbarcazioni tra cui natanti
per la pesca sportiva, incrociatori, barche a vela e yacht a motore, oltre e che
sono stati scelti come esclusiva "casa base" da alcuni dei megayacht più grandi
del mondo. Non solo, la società americana in questione ha un portafoglio
completo di soluzioni di gestione e formazione per le esigenze di ogni
proprietario di marina, dalle operazioni e servizi al marchio e marketing,
contabilità, assicurazioni, sviluppo, progettazione e ingegneria, con
professionisti interni per assistere i clienti.In ballo c'è poi la realizzazione
di un porto di scalo per Msc. Un'opzione, fa notare il sindaco, che
«imprimerebbe un'accelerazione bestiale alla realizzazione di locali e
ristoranti nella stessa zona». E poi ancora c'è la trattativa per l'utilizzo
futuro dei cinque magazzini all'inizio dell'antico scalo in concessione alla
Greensisam di Pierluigi Maneschi. Il manager sta infatti dialogando con un
gruppo d'Oltralpe interessato a costruire due hotel di lusso («nessuno ormai
punta agli hotel con poche stelle», precisa il sindaco), e a trasformare gli
altri edifici in residenze per inquilini "danarosi". In mezzo, tante palme,
viali alberati e spiazzi verdi. E la prospettiva, in caso di problemi alle
fognature legati alla presenza del torrente Chiave, di realizzare un intervento
sotterraneo con un sistema austriaco per evitare la puzza di fogna intorno al
Molo IV attraverso un pompaggio che arriva fino a Servola, dove sta per essere
inaugurato il nuovo depuratore. Insomma - assicura con orgoglio il sindaco,
indicando sulla cartina dell'antico scalo stesa sul tavolo del suo ufficio - il
Porto vecchio inizia davvero a far gola agli investitori stranieri: inglesi,
americani e austriaci. Per non parlare poi dei cinesi: entro fine mese
televisioni e giornali del colosso dell'Estremo Oriente sbarcheranno in città
proprio per accendere i riflettori sul Porto vecchio. E questo è solo l'inizio.
Benedetta Moro
Un outlet "inglese" con grandi marchi negli spazi del
Silos - Proposta avanzata al Comune da un fondo d'Oltremanica - E una spa
americana punta ad attrarre megayacht in molo III
Un outlet con marchi di alto livello - sul modello di quello aperto a
Noventa di Piave -, da realizzare all'interno del Silos. È l'idea avanzata da un
fondo inglese, attratto dalle potenzialità d'investimento di Trieste, e in
particolare del Porto vecchio, e deciso appunto a trasformare l'edificio
fatiscente che ospita ora bivacchi di profughi e disperati in mecca dello
shopping a prezzi scontati. Un'idea che farebbe di certo felici le tante fashion
victim della città e che lo stesso Roberto Dipiazza vedrebbe di buon occhio. «La
città non ha bisogno di altri centri commerciali - afferma il sindaco -.
Diverso, e decisamente più interessante, è invece il discorso di un outlet,
peraltro così vicino e alla stazione. Una soluzione molto funzionale per turisti
e passeggeri, che potrebbero così fare acquisti in attesa tra un viaggio e
l'altro, anche in vista dell'arrivo del nuovo collegamento verso l'aeroporto».
Quella dell'outlet, peraltro, non è l'unica proposta "internazionale" per il
rilancio di Porto vecchio e dintorni. Ad essersi fatta avanti è anche una
società americana, che realizza marine solo per yacht di lusso. L'obiettivo è
realizzare una struttura imponente tra Molo IV e Molo III, di fronte sede alla
Guardia costiera, affinchè gli ospiti possano sostare in tutta sicurezza. Il
nome, come quello degli altri investitori, è sempre top secret, ma il profilo è
stato ufficializzato. Si concentra sull'acquisizione, la gestione e la
manutenzione dei porti turistici di yacht di lusso e delle proprietà immobiliari
circostanti. Offre una collezione di porti turistici nei Caraibi e nelle
Americhe, che si rivolgono a una varietà di tipi di imbarcazioni tra cui natanti
per la pesca sportiva, incrociatori, barche a vela e yacht a motore, oltre e che
sono stati scelti come esclusiva "casa base" da alcuni dei megayacht più grandi
del mondo. Non solo, la società americana in questione ha un portafoglio
completo di soluzioni di gestione e formazione per le esigenze di ogni
proprietario di marina, dalle operazioni e servizi al marchio e marketing,
contabilità, assicurazioni, sviluppo, progettazione e ingegneria, con
professionisti interni per assistere i clienti. In ballo c'è poi la
realizzazione di un porto di scalo per Msc. Un'opzione, fa notare il sindaco,
che «imprimerebbe un'accelerazione bestiale alla realizzazione di locali e
ristoranti nella stessa zona». E poi ancora c'è la trattativa per l'utilizzo
futuro dei cinque magazzini all'inizio dell'antico scalo in concessione alla
Greensisam di Pierluigi Maneschi. Il manager sta infatti dialogando con un
gruppo d'Oltralpe interessato a costruire due hotel di lusso («nessuno ormai
punta agli hotel con poche stelle», precisa il sindaco), e a trasformare gli
altri edifici in residenze per inquilini "danarosi". In mezzo, tante palme,
viali alberati e spiazzi verdi. E la prospettiva, in caso di problemi alle
fognature legati alla presenza del torrente Chiave, di realizzare un intervento
sotterraneo con un sistema austriaco per evitare la puzza di fogna intorno al
Molo IV attraverso un pompaggio che arriva fino a Servola, dove sta per essere
inaugurato il nuovo depuratore. Insomma - assicura con orgoglio il sindaco,
indicando sulla cartina dell'antico scalo stesa sul tavolo del suo ufficio - il
Porto vecchio inizia davvero a far gola agli investitori stranieri: inglesi,
americani e austriaci. Per non parlare poi dei cinesi: entro fine mese
televisioni e giornali del colosso dell'Estremo Oriente sbarcheranno in città
proprio per accendere i riflettori sul Porto vecchio. E questo è solo l'inizio.
Benedetta Moro
Sacchetti bio, l'Ue "scarica" l'Italia - L'Unione: «È
Roma che ha deciso di farli pagare». Coop verso le borse riutilizzabili
ROMA - Far pagare i sacchetti biodegradabili per l'ortofrutta è stata
una decisione autonoma dell'Italia. La direttiva europea che ha imposto i
sacchetti a pagamento escludeva quelli sottili per frutta e verdura. L'Unione
europea mette i puntini sulle "i" sulla questione bioshopper, mentre in Italia
non si fermano le polemiche: per i commercianti portarsi i sacchetti da casa
(come ha concesso il ministero della Salute) è un'ipotesi «fantascientifica»,
mentre Legambiente chiede di autorizzare piuttosto le borse a rete, e Coop
annuncia che fornirà a breve buste riutilizzabili ed ecologiche. Un portavoce
della Commissione europea ha precisato che la Direttiva europea 720 del 2015,
che ha imposto il pagamento dei sacchetti di plastica per disincentivarne l'uso,
ha dato agli Stati membri la possibilità di escludere dal campo di applicazione
le bustine al di sotto dei 15 micron di spessore, cioè quelle utilizzate per
frutta e verdura. Lo stesso portavoce ha poi ribadito che Bruxelles non entra
nel merito del riuso dei sacchetti bio, poiché si tratta di una questione
sanitaria di competenza nazionale. In Italia il ministero della Salute ha
permesso ai consumatori di portarsi bustine monouso da casa per l'ortofrutta, ma
non di riutilizzarle, per motivi igienici. Una scelta duramente criticata da
Legambiente. «Non ci risulta che in Germania, Svizzera e negli altri Paesi
europei ci siano mai state epidemie causate dalla contaminazione da sacchetti o
retine riutilizzabili nei supermercati», ha commentato il direttore, Stefano
Ciafani. Per Legambiente serve piuttosto che il governo «autorizzi la grande
distribuzione a garantire ai cittadini un'alternativa riutilizzabile alle buste
compostabili monouso, così come avviene già in diversi Paesi europei». Anche la
Fida, la Federazione italiana dettaglianti dell'alimentazione, attacca le nuove
norme. «Soltanto chi non ha mai lavorato in un punto vendita può pensare che
siano percorribili soluzioni fantascientifiche - ha detto la presidente,
Donatella Prampolini Manzini -, come quelle dell'utilizzo di sacchetti portati
da casa, con l'obbligo da parte degli esercenti di verificarne l'idoneità. Un
modo certo per creare contenziosi con i clienti». Il Wwf ricorda però che i
bioshopper biodegradabili possono essere riutilizzati a casa per la raccolta dei
rifiuti organici, con un risparmio per il consumatore. La Coop annuncia che
«presenterà a breve soluzioni e materiali di confezionamento della merce fresca
e sfusa che siano effettivamente riutilizzabili, a bassissimo costo per i
consumatori e di maggior vantaggio per l'ambiente».
IL PICCOLO - VENERDI', 5 gennaio 2018
Basovizza - Landa carsica - Il progetto di
recupero passa all'Uti
Il progetto di recupero ambientale della Landa carsica a Basovizza viene
trasferito all'Uti giuliana, dopo la soppressione della Provincia di Trieste. Ma
una buona parte del percorso è stata fatta: dalla manutenzione delle aree
boschive alla promozione dell'attività di pascolo, le azioni, finora realizzate
nella zona, sono una buona premessa per il completamento dell'ultimo lotto di
interventi, volti alla trasformazione del bosco in pascolo. Tant'è che il Comune
di Trieste autorizza la cooperativa "Pascolo sociale di Basovizza" a presentare
la documentazione per chiudere l'operazione. Questa è l'indicazione sorta
dall'ultima seduta giuntale del 2017, in seguito alla delibera presentata
dall'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi. La vicenda nasce dall'ormai lontano
1994, quando venne definito un accordo di programma tra Regione Fvg, Comune,
Provincia, Comunità montana del Carso, per fare il punto sugli interventi da
realizzarsi nell'Altipiano. Con riferimento ai contenuti programmatici del '94,
nel 2007 la giunta provinciale approvò il progetto di recupero ambientale, che
prevedeva la costruzione di un ricovero per bovini, finalizzato alla
stabulazione del bestiame durante il periodo invernale, nonchè gli interventi
infrastrutturali accessori, la realizzazione di due punti per l'abbeverata e
interventi manutentivi ai sentieri. Tra il 2010 e il 2011 - ricorda il testo
della delibera - questi lavori vennero completati. La situazione del progetto,
per quanto riguarda gli interventi ancora da svolgere, attiene le azioni di
contrasto alla presenza di piante infestanti in tutta l'area, il contenimento
della ricrescita della vegetazione arbustiva, i lavori di pulizia. Già eseguiti
invece l'eliminazione dei pini neri, il taglio completo di alberi e arbusti di
alto fusto, le iniziative finalizzate alla conduzione zootecnica (ricovero e
abbeverata), il ripristino della sentieristica e delle strade vicinali, le
recinzioni elettrificate.
Dieci opere per migliorare l'affidabilità delle strade
con 191mila euro
Dieci interventi per migliorare, dal punto di vista della sicurezza, la
circolazione di pedoni e veicoli. Prosecco, Opicina, via Baiardi, via
Commerciale, viale XX settembre, Forlanini-Cumano-Revoltella, piazzale
Resistenza, via di Giarizzole, via rio Primario, strada Rosandra: ecco il
"decalogo" dei siti che il Comune ha scremato per un range di interventi
finanziato con 191 mila euro correlati al contributo regionale concesso per la
sistemazione dell'incrocio via Flavia-Caboto. L'assessore ai Lavori Pubblici,
Elisa Lodi, ha elencato nella delibera, portata nell'ultima riunione giuntale
del 2017, le tipologie di lavori che saranno effettuate: la segnaletica stradale
orizzontale e verticale, le isole spartitraffico in carreggiata stradale, la
costruzione e la risagomatura di alcuni tratti di marciapiede, gli
attraversamenti pedonali protetti, gli abbassamenti pedonali corredati di
pavimentazione tattilo-plantare, l'installazione di dissuasori di sosta come
transenne e paletti. Con quali criteri gli uffici comunali, diretti dal
responsabile del servizio strade Enrico Cortese, hanno scelto il "decalogo"
degli interventi prioritari? Quali aspetti di particolare "patologia" presentano
i dieci siti individuati?Risponde la stessa Lodi nel testo della delibera:
«intersezioni stradali critiche per problemi di visibilità e difficoltà di
manovra, aree stradali caratterizzate dalla presenza di sosta irregolare di
veicoli, tratti stradali interessati da transiti veicolari a velocità sostenuta
con conseguente ridotto sicurezza per i pedoni nelle fasi di attraversamento
stradale, assenza di tratti di marciapiede all'interno di percorsi esistenti
protetti, assenza di attraversamenti pedonali in vicinanza di fermate bus e
isole ecologiche». Successive determine della dirigenza stabiliranno, come di
prammatica, le modalità di scelta del contraente. L'opera è inserita nel
Programma triennale delle opere 2017-19.
magr
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 gennaio 2018
Una società guidata da Bravar per il nuovo centro
congressi - La struttura aprirà in Porto vecchio per Trieste eurocapitale della
scienza 2020
Il sodalizio punta a realizzarla e a gestirla. Il progetto sarà vagliato
dal Comune
Si chiama Trieste Convention Center srl e ha come obiettivo la realizzazione
e la futura gestione del centro congressi in Porto vecchio, utilizzando i
magazzini 27, 28 e un'estensione di quest'ultimo. L'idea di far nascere questa
nuova realtà presieduta da Diego Bravar e che vede alcuni imprenditori triestini
impegnati in prima linea in un investimento che donerebbe alla città una
struttura idonea a far ripartire il comparto congressuale, è nata nell'ambito di
Confindustria. «Durante la presentazione di Esof 2020 in Confindustria - spiega
Bravar -, nell'ascoltare la descrizione del progetto da parte di Stefano Fantoni,
abbiamo appreso che per le loro esigenze era sufficiente una struttura
congressuale del tipo "monto, arredo, smonto"». È dalla valutazione di queste
circostanze che Bravar ha lanciato un appello agli associati: «Ho spiegato che
se qualcuno, se la società civile, intendeva fare qualcosa per Trieste, questo
era il momento giusto», riferisce. Da quell'istante con un tam tam, con il passa
parola, è iniziata tra gli imprenditori la ricerca di figure intenzionate ad
esporsi con un capitale minimo di 10mila euro. Qualcuno ha già alzato la mano
tanto che in poche settimane sono stati raccolti 100mila euro. Bravar preferisce
non fare i nomi di coloro che hanno dato riscontro al suo appello con un "io ci
sto". Ma la visura della Trieste Convention Center srl parla chiaro e indica tra
i soci Federico Pacorini, la Biovalley Investments Partner srl (Bravar ne è
presidente), The Office srl, Re. Te realizzazioni tecniche, Gamap srl, la
Magesta spa, Ergon Consulenti associati srl, Monticolo Sergio srl e la Rosso
srl. Presidente, come anticipato, è Bravar. Consiglieri: Pierpaolo Ferrante,
Cristiana Cambissa, Andrea Monticolo e Paolo Rosso. Oggetto sociale della srl è
la progettazione, il coordinamento e la realizzazione di centri congressi e
strutture edilizie assimilabili e connesse. Ma anche la gestione di queste
realtà nonché l'organizzazione di eventi aggregativi quali congressi, convegni,
conferenze e eventi culturali in genere. «Fino al 31 gennaio accettiamo
l'entrata di nuovi soci fino al raggiungimento del capitale sociale di un
milione di euro». L'obiettivo è quello di raccogliere sì capitale ma pure di
coinvolgere contemporaneamente figure imprenditoriali che rappresentino un
valore aggiunto all'iniziativa. Trieste Convention Center, nella prima fase
della sua mission, è impegnata nella stesura del progetto esecutivo di quello
che è forse più corretto definire un polo congressuale e che prevede una sala da
2mila posti con accanto spazi modulari consoni a ospitare 500 e 200 persone. Il
progetto esecutivo, non appena completato, verrà presentato al sindaco. «Ho
lanciato fin dall'inizio l'idea che da Esof la città tragga anche il vantaggio
di un centro congressi permanente - commenta Dipiazza - e non posso che essere
felice che il mondo dell'imprenditoria locale, che la città, abbia deciso di
impegnarsi direttamente: sono certo che alla fine Trieste potrà contare su un
bellissimo centro congressi». «Se il progetto incasserà il parere positivo
dell'ente pubblico - spiega Bravar - chiederemo al Comune se vuole partecipare e
di indire una gara europea per avviare la realizzazione e la gestione della
struttura in project financing. Noi - aggiunge - parteciperemo facendo un mutuo
da affiancare al capitale racconto». La notizia della creazione della nuova
società è arrivata anche all'orecchio di Federalberghi che da sempre auspica la
nascita di un centro congressi. «Sono felice che imprenditori investano di tasca
propria per il bene della città ma a noi ufficialmente non è stato presentato
nulla: i contatti sono avvenuti solo con singoli albergatori», dichiara Guerrino
Lanci, presidente di Federalberghi. «Seguo con interesse l'iniziativa,
attendiamo di vedere il progetto e capire quali siano le risorse a
disposizione», osserva Umberto Malusà, presidente di Promotrieste. «Ritengo sia
indispensabile - conclude - affrontare fin da subito la questione relativa alla
gestione e alla promozione senza la quale costruiremmo un'altra cattedrale nel
deserto: siamo disponibili ad investire le nostre capacità».
Laura Tonero
Adriatico sott'acqua - docufilm e concerti al Salone
degli incanti
Sono una ventina gli appuntamenti culturali che accompagneranno tutto il
periodo di apertura della mostra "Nel mare dell'intimità.
L'archeologia subacquea racconta l'Adriatico", organizzata dal Servizio di formazione, catalogazione e ricerca dell'Erpac e dal Comune di Trieste, fino al 1° maggio al Salone degli incanti. A cura di Bonawentura, Pietro Spirito e Rita Auriemma, gli appuntamenti aiuteranno i visitatori ad avere una visione più completa delle tante storie che emergono dai temi dell'esposizione. Suddivisi in conferenze, docufilm, spettacoli e concerti, avranno luogo al Salone degli incanti (con inizio alle 18), al Revoltella (dalle 17) e al Miela (dalle 20.30). Dopo il successo a fine dicembre del primo evento in programma, lo spettacolo "La cameriera del Rex" (con Sara Alzetta Francesco De Luisa), si riparte oggi - al Salone degli incanti - con la proiezione del documentario "Fortuna Maris. Il mistero di un naufragio" di Adolfo Conti, racconto della vita a bordo di una nave romana, quella ritrovata a Valle Ponti a Comacchio, che rivela aspetti poco noti della marineria di duemila anni fa. L'11 gennaio la curatrice della mostra, Rita Auriemma, ci porterà sott'acqua alla scoperta dell'intimo mare Adriatico; il 18 gennaio, Ida Koncani Uhac e Marko Uhac del Museo Archeologico dell'Istria di Pola racconteranno al pubblico il relitto di Zambrattia, la barca cucita più antica del Mediterraneo, trovata in Istria e risalente all'età del Bronzo (3200 anni fa); il 23 gennaio ci sarà una conferenza sul relitto di Grado, oggetto di otto campagne di scavo che hanno portato al recupero del carico e dello scafo, con Rita Auriemma e Dario Gaddi. E ancora: il 26 gennaio la conferenza "Il ritorno del marinaio" di Franz Von Suppé, appuntamento musicale con Adriano Martinolli D'Arcy, il musicologo Marco Maria Tosolini, Petar Kovacic, Peter Ghirardini, Luca Bellinelllo e Michela Cattaruzza, Alberto Cattaruzza, Renzo de Vidovich; il 1 febbraio ecco il documentario "Trincee del mare-La Grande guerra nel Nord Adriatico" di Pietro Spirito e Luigi Zannini, produzione Rai Fvg, un viaggio sott'acqua alla scoperta di episodi in gran parte dimenticati della Grande guerra sul mare. Il 7 febbraio, al Miela, si terrà l'evento dedicato a Predrag Matvejevic nel primo anniversario dalla morte, con Filippo Borghi, Fuad Ahmadvand al Santur e la regia di Mila Lazic: si tratta di "Breviario Mediterraneo", dove le parole di Matvejevic si intrecceranno con la polifonia mediterranea, un'installazione acustica composta da più voci nelle lingue del mondo in cui il libro è stato tradotto. Gli altri appuntamenti al Miela: il 9 marzo ecco "Il Milione ovvero il libro delle meraviglie", concerto spettacolo di La Reverdie e la voce di David Riondino, e il 17 aprile "In viaggio sul Rex", ricostruzione dell'atmosfera musicale che si respirava quando si viaggiava sul Rex attraverso l'esecuzione di alcuni brani originali e danze in voga negli anni '30 con La Big Band diretta dal Mo Davanzo e la partecipazione di Pietro Spirito. Il calendario prosegue al Salone degli incanti: per quanto concerne febbraio, il 15 spazio alle affascinanti storie de "La Gagliana Grossa, storia del relitto di Gnalic" con Irena Radic (Università di Zara); e il 22 febbraio ecco "La nave dolce" di Vicari, un documentario sulla nave albanese Vlora, che giunse nel porto di Bari nel 1991 con ventimila persone, presentato da Nicolò Carnimeo. Gli eventi al Revoltella e al Salone degli incanti sono a ingresso gratuito. Gli spettacoli al Miela avranno un biglietto di 8 euro, ma per i possessori del biglietto della mostra (previa prenotazione alla biglietteria del teatro) saranno gratuiti. Per chi invece sceglierà di partecipare prima a uno degli spettacoli al Miela, con il biglietto avrà un ingresso ridotto alla mostra. Calendario eventi su www.nelmaredellintimita.it.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 gennaio 2018
Ferriera, Barbieri resta al fianco di Dipiazza - Il
chimico si aggiudica il bando bis per il ruolo di super esperto sui dati
ambientali legati all'impianto
Pierluigi Barbieri ricoprirà anche nel 2018 l'incarico di consulente del
Comune per la questione ambientale relativa alla Ferriera di Servola. Il
conferimento è avvenuto a seguito di una selezione pubblica, con avviso
pubblicato il 13 dicembre scorso sull'Albo pretorio comunale, alla quale ha
partecipato unicamente Barbieri a cui la Commissione aggiudicatrice, lo scorso
27 dicembre, ha affidato l'incarico che ricoprirà fino al 31 dicembre 2018. La
consulenza, nello specifico, prevede per l'esperto in inquinamento e chimica
dell'ambiente «lo svolgimento dell'attività di supporto tecnico al sindaco per
la lettura e il controllo dei dati di fumi e inquinamento relativi allo
stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola». Per 12 mesi di incarico il
corrispettivo è di 23.640 euro ai quali si aggiungono 5.200 euro di iva e 1.159
euro per imprevisti: in totale 30mila euro. Barbieri, docente di Chimica
all'Università di Trieste, professionista stimato anche dalle associazioni
ambientaliste, svolgerà l'incarico in regime di intra moenia. La determina con
la quale il Comune conferisce l'incarico indica «la necessità da parte
dell'amministrazione comunale di monitorare le emissioni ambientali della
Ferriera in relazione ai rischi dell'area a caldo, oggetto di particolare
attenzione nel programma di mandato del sindaco, e di controllo del rispetto dei
limiti normativi in materia ambientale da parte dell'azienda». L'esigenza di un
esperto capace di affiancare il primo cittadino nella lettura dei dati e nella
preparazione di tutte le carte che il Comune sta producendo nel corso del suo
"confronto" con la Ferriera era emersa fin dalle prime settimane dopo l'elezione
di Dipiazza nel 2016. Barbieri - peraltro indicato da Roberto Cosolini come suo
assessore all'Ambiente in caso di vittoria del centrosinistra alle ultime
amministrative - aveva assunto l'incarico di consulente del Comune già dal 1°
ottobre 2016 al 30 giugno 2017. L'amministrazione si era allora riservata la
facoltà di rinnovare l'incarico per ulteriori sei mesi, tenuto conto dei fondi
disponibili, dell'andamento della situazione e del grado di soddisfazione degli
stessi vertici municipali per l'attività sino a quel momento svolta. Il rinnovo
era poi arrivato e ora, dopo la selezione pubblica, il professionista proseguirà
nel suo ruolo di supporto al primo cittadino.
Laura Tonero
Nuovo crollo a Gretta, telefoni fuori uso - La frana in
un punto già in parte collassato nei giorni scorsi. Cornette mute e Internet
disattivato per una ventina di famiglie
Nell'arco di soli tre giorni un secondo smottamento ha compromesso lo stesso
muro di contenimento nella zona di Gretta. Le intense piogge del primo dell'anno
hanno provocato la caduta di un'altra parte della muraglia in pietra alta
quattro metri, che si trova in Via Camaur, all'altezza dei numeri 13 e 15,
protagonista già il 29 dicembre di una frana che aveva danneggiato una vettura.
A intervenire sul luogo i vigili del fuoco. Questa volta il crollo invece ha
interessato un cavo della linea telefonica. Di conseguenza senza telefono e
Internet è rimasta una ventina di famiglie che abitano in circa cinque case
presenti nella prima parte della strada. Una squadra della Telecom è intervenuta
ieri mattina. Per il momento però solo quattro sono le segnalazioni effettuate
dai residenti che hanno lamentato il problema alla compagnia. La dinamica è
stata la medesima di qualche giorno fa. Mentre alla fine del 2017 sono crollati
circa sei metri di muro, afferenti all'edificio di via Camaur numero 13, al
momento in vendita e ora interdetto, lunedì sera è ceduto verso le 17.30 una
sezione relativa all'abitazione accanto. Un tratto di circa sei metri, al civico
15 della strada, che fa angolo con via Bison. Parte del terrazzamento della
piccola casa a schiera, con tanto di barbecue, è caduto sul vicolo di passaggio,
vicino alla chiesa di Santa Maria del Carmelo. I proprietari della casa non
erano all'esterno al momento del cedimento, e probabilmente nemmeno in casa,
visto che sono stati i dirimpettai a chiamare i soccorsi dopo aver sentito un
forte boato. Per fortuna l'area sottostante era stata transennata in precedenza,
per cui non è stato arrecato danno a nessun mezzo. Non è detto però, fanno
sapere i vigili del fuoco, che a causa di condizioni meteorologiche avverse nei
prossimi giorni non possa sprofondare anche un'altra sezione della parete che si
trova ora in stato precario. I lavori di smantellamento e ripristino della
muraglia potrebbero costare attorno ai 60mila euro, fanno sapere alcuni
residenti. A rimanere senza linea telefonica non solo dunque le persone che
abitano nella casa colpita dal disastro naturale, ma anche altre famiglie delle
case limitrofe. Nessuno però ha ancora idea di quando verrà riabilitato il
servizio. «Una squadra della Telecom - spiega Flavia Zacchi Vecchiet, che abita
proprio accanto - è arrivata questa mattina, ci ha detto che a breve verrà
realizzato un cavo provvisorio per riattivare la rete telefonica. Ma non si sa
quando sarà ripristinata esattamente». Il cavo infatti, al momento, si trova
quasi tutto sotto le macerie. Ma perché telefoni e wifi tornino a funzionare
forse, ipotizzano altri residenti della zona anch'essi con apparecchiature fuori
uso, metteranno un allacciamento su alcuni pali provvisori. Per ora la strada
rimane aperta al traffico. Anche se l'area dove ci sono i massi resta recintata.
Saranno i proprietari delle due case a doversi occupare dello smantellamento dei
detriti. «Speriamo tutto ciò venga fatto presto, perché potrebbe essere
pericoloso per noi - avvertono altre persone -. Noi abbiamo chiesto ai vigili se
il nostro ingresso è al sicuro, non vorremmo incorrere in altri incidenti».
Anche una bombola che spunta dal giardino della villetta ha destato
l'inquietudine del vicinato: «Spero - auspica un altro - signore - non sia
ancora carica, forse bisognerebbe fare un controllo».
di Benedetta Moro
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 gennaio 2018
Anche il Comune contro il metanodotto Snam - Ricorso al
Tar del Lazio per il decreto ministeriale che aveva stabilito la compatibilità
ambientale
Attacco a tre punte contro il metanodotto Snam, che dovrebbe collegare il
rigassificatore di Zaule a Grado e a Villesse. In campo da fine novembre anche
il Comune di Trieste, dopo che a luglio si era schierata la Regione e, sempre a
novembre, il municipio muggesano aveva deliberato il "niet". Trasversalità
politico-istituzionale nel territorio contro il decreto del ministero
dell'Ambiente, che aveva stabilito la compatibilità ambientale
dell'infrastruttura, fatto salvo il rispetto di 180 prescrizioni. Una vicenda
strana, perché, nonostante rigassificatore e metanodotto siano impianti
inter-dipendenti, il procedimento ministeriale ha distinto i due dossier. Il
progetto del rigassificatore sembrava ormai tramontato, tant'è che il gruppo
spagnolo Gas Natural lo aveva inserito tra gli asset in vendita. Invece
l'Ambiente, retto da Luca Galletti da sempre vicino a Pierferdinando Casini, ha
detto sì - sia pure con 180 riserve - alla realizzazione della condotta. La
prima a muoversi fu a luglio la Regione Fvg che impugnò il decreto ministeriale
al Tar del Lazio. Poi Muggia, a seguire il Comune triestino che tecnicamente si
costituisce in giudizio mediante un atto di intervento sul ricorso regionale.
Nelle premesse della delibera, preparata dal dirigente dell'avvocatura Maria
Serena Giraldi e portata in esecutivo dall'assessore Maurizio Bucci, si rileva
innanzitutto la «palese illegittimità» della disgiunzione operata dal ministero
tra i due procedimenti (rigassificatore/metanodotto), dal momento che si tratta
di un «unicum» progettuale. Poi la delibera solleva le questioni di merito,
ovvero perchè il Comune si esprime negativamente sulla questione: sicurezza
della popolazione, impatto negativo sul turismo e sulla pesca, interferenze con
il traffico marittimo, criticità del tracciato laddove prevede la posa a mezza
costa, interferenza con il Sito di interesse nazionale (bonifiche). Tutto
questo, che coincide sostanzialmente con le ragioni del "no" al rigassificatore,
motiva il ricorso comunale, che verrà studiato dai legali del Municipio e
dall'avvocato Aldo Fontanelli (Foro di Roma). Le spese per la domiciliazione e
per le competenze di Fontanelli ammontano a 4500 euro. Poco prima di Natale
Legambiente era tornata sulla vicenda sollecitando il pressing della Regione.
magr
Restyling di piazza Libertà Parte la gara da 2,9 milioni - Offerte al Municipio entro il 20 febbraio.
Il cantiere sarà aperto prima dell’estate Al via la progettazione di galleria Montebello: un mese e mezzo per le proposte
Avviso alle imprese e ai professionisti che operano nel settore dell'edilizia e delle costruzioni: tra il 21 e il 22 febbraio gli uffici comunali apriranno le liturgiche buste e verificheranno le offerte pervenute entro le due giornate precedenti che riguardano i lavori di riqualificazione in piazza Libertà e la progettazione del risanamento previsto per la galleria di piazza Foraggi-Montebello. I bandi di gara sono apparsi nelle ultime schermate dell'albo pretorio negli ultimi frangenti del 2017.L'importo delle opere da eseguirsi davanti alla Stazione Centrale ammonta a 2,9 milioni di euro, mentre progettare la riqualificazione della galleria Foraggi-Montebello propone una parcella di 720mila euro. A metà novembre la direzione dei Lavori Pubblici comunali aveva preannunciato che le gare sarebbero partite entro la fine dell'anno e l'impegno è stato rispettato. In verità si tratta di opere da lungo tempo attese. Non è sbagliato dire da troppo tempo attese e finora rinviate. Per esempio, piazza Libertà rientra in quei carnet che gli uffici municipali, un po' impietosamente, definiscono "cadaveri", ovvero quei progetti che, per una ragione o per l'altra, non decollano mai e sembrano destinati all'autopsia archivistica. Invece, stavolta, l'improvvisa accelerazione a tredici anni di distanza dall'accensione dell'iter amministrativo: d'altronde sprecare quasi 4 milioni di euro - 2,3 governativi e 1,5 regionali - destinati a un'area degradata e assolutamente bisognosa di cure, come quella della Stazione Centrale, sarebbe stato un insulto alla miseria. Ricordiamo che il protocollo d'intesa "originario" risale al 30 giugno 2004 e venne sottoscritto dal ministero delle Infrastrutture, dalla Regione Fvg, da Rfi (gruppo Fs), dall'Autorità portuale, dal Comune. Nel 2007, previa gara europea, il progetto venne affidato all'Ati Baubüro-Fierro-Zelco&Lazzari-Zlatich. Ampliamento dei marciapiedi, verde pubblico, terminal dei bus di fianco alla Tripcovich, utilizzazione di via Ghega per raggiungere la stazione, accesso al Porto Vecchio: ecco alcuni degli spunti principali che porteranno alla "riedizione" di piazza Libertà, uno dei principali nodi viari e infrastrutturali della città. In gara - come abbiamo anticipato - vanno lavori per poco meno di 3 milioni di euro, su cui incidono 750 mila euro di interventi riguardanti i servizi a rete, a cura di AcegasApsAmga. L'appalto non è suddiviso in lotti, attiene opere di manutenzione stradale, consente un ricorso al subappalto pari al 30%, prospetta una durata di 360 giorni. Se non emergeranno fattori di "disturbo", il cantiere potrà essere aperto entro giugno. L'aggiudicazione avverrà tenendo conto dell'offerta più vantaggiosa, con 70 punti alla proposta tecnica e 30 a quella economica. Gli interessati potranno presentare la propria "candidatura" entro le 12.30 del 20 febbraio prossimo venturo e la rituale apertura seguirà il giorno seguente alle 10 nella consueta stanza 11 dell'ammezzato in piazza Unità. Se ne occupa il servizio appalti&contratti diretto da Riccardo Vatta. Il bando era stato preparato da una determina co-firmata dagli ingegneri Enrico Cortese e Giulio Bernetti. Se per piazza Libertà si intravede finalmente la possibilità del cantiere, per la galleria Montebello-Foraggi lo stadio è ancora quello della progettazione. Un bel progetto, comprensivo di sicurezza-direzione lavori-assistenza al collaudo, mirato all'improcrastinabile risanamento-riqualificazione di un tunnel strategico nei collegamenti urbani. È uno degli interventi più importanti tra quelli pianificati in questa stagione dal Comune e assorbirà 13 milioni di euro. Il sindaco Dipiazza ha preteso, per limitare il disagio all'utenza da/per Trieste Sud e al trasporto pubblico, che la galleria non sia chiusa ma che i lavori vengano effettuati tenendo aperta una corsia. In considerazione della rilevanza dell'opera, il bando richiede ai partecipanti alcuni requisiti in termini di capacità economico-finanziaria, come un fatturato non inferiore a 1,4 milioni negli ultimi tre esercizi e l'aver svolto negli ultimi dieci anni «due servizi analoghi». Anche in questo caso il criterio di aggiudicazione è l'offerta economicamente più vantaggiosa, con 70 punti "tecnici" e 30 "economici". Riferimento è sempre il servizio condotto da Riccardo Vatta. Le proposte dovranno pervenire entro le 12.30 del 21 febbraio per essere aperte il dì seguente alle 10. Il dirigente torna sempre sul luogo della gara: appuntamento alla stanza 11 dell'ammezzato.
Massimo Greco
Terrapieno muggesano verso la riapertura - La giunta:
«I lavori procedono a pieno ritmo. Il primo lotto dovrebbe essere accessibile
entro l'estate»
MUGGIA - «I lavori sul terrapieno di Acquario procedono come da programma ed
entro la prossima estate sarà aperto al pubblico il primo lotto comprendente la
pista ciclabile ed i due parcheggi». Francesco Bussani, assessore ai Lavori
pubblici di Muggia, rassicura i residenti e tutti i bagnanti della costa
rivierasca sull'andamento del cantiere sito sul terrapieno inquinato. La
riqualificazione della costa muggesana, uno dei motti cardine della precedente
amministrazione Nesladek, rimane tutt'oggi uno degli obbiettivi principali
dell'amministrazione Marzi. I lavori sul tratto di costa posto in strada per
Lazzaretto stanno proseguendo quasi senza sosta come spiega Bussani fornendo
importanti dettagli: «La rete divisoria di recente posa, che separa la parte
messa in sicurezza da quella su cui si deve ancora intervenire e che ha creato
curiosità tra i nostri concittadini, era una delle condizioni vincolanti poste
dalla Conferenza dei Servizi per poter aprire al pubblico intanto la parte a
mare del terrapieno». Per quanto riguarda i lavori è confermato il progetto
originario con qualche possibile ulteriore sviluppo: «L'accesso a mare per il
momento sarà possibile attraverso le due spiaggette, ma nel prossimo periodo
saranno studiate soluzioni atte ad ampliare gli accessi anche in altre zone del
terrapieno». Il primo lotto dei lavori di riqualificazione di Acquario è costato
circa 972mila euro grazie ad un finanziamento del Comune. Nel dettaglio, la
spesa ha visto l'impiego di 400mila euro riservati al percorso da creare lungo
la scogliera, 340mila euro per i parcheggi e l'area di sosta, e oltre 30mila
euro per gli scarichi a mare delle acque meteoriche. Dalla prossima estate,
dunque, l'area sarà nuovamente fruibile dopo quasi quindici anni di attesa:
«Riconsegneremo alla cittadinanza una passeggiata a mare di 900 metri e le
persone potranno entrare in acqua. E a chi sostiene che non ci saranno posti
auto a sufficienza, dico che creeremo due parcheggi da quasi 100 posti»,
puntualizza Bussani. Ma non solo. L'assessore ai Lavori pubblici annuncia
infatti importanti novità: «C'è una buona notizia. A partire dal prossimo
autunno sarà già possibile proseguire nuovamente con i lavori dal momento che i
patti territoriali tra l'Uti Giuliana e la Regione hanno sancito per i prossimi
due anni lo stanziamento delle risorse necessarie al completamento dell'intera
opera». Grazie al finanziamento - si parla di circa 2 milioni di euro - verranno
quindi completate le opere idrauliche di raccoglimento delle acque meteoriche
già iniziate durante la realizzazione del primo lotto: «Dopo decenni di
abbandono e dopo un lungo e difficile lavoro iniziato durante la Giunta
precedente, finalmente potremo usufruire di un'area, che ci era stata interdetta
e che abbiamo potuto osservare soltanto da dietro una rete metallica. È evidente
- conclude Bussani - che non possiamo che essere soddisfatti».
(ri.to.)