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RASSEGNA STAMPA  gennaio - giugno 2016

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 giugno 2016

 

 

L’Arpa promuove la qualità dell’aria a Servola - Il direttore Marchesi anticipa alcuni dati sui primi sei mesi del 2016. Benzo(a)pirene sotto il limite
I monitoraggi effettuati dall’Arpa nei primi sei mesi dell’anno indicano un percepibile miglioramento delle emissioni e della qualità dell’aria a Servola, intorno alla Ferriera.

A fare questa affermazione è stato il direttore generale dell’Arpa, Luca Marchesi, a margine di un tavolo tra funzionari delle Aziende sanitarie e delle Agenzie regionali per l’ambiente del Friuli Venezia Giulia e della Puglia, tenutosi ieri in città. Marchesi ha annunciato che a breve consegnerà alla Regione una dettagliata relazione sui monitoraggi effettuati nei primi sei mesi dell’anno. Il direttore generale dell’Arpa ha comunque anticipato che la media mensile di benzo(a)pirene, misurato nella stazione di via San Lorenzo in Selva in maggio, è stata pari a 0,78 ng/m3 (nanogrammi per metro cubo, limite pari a 1 ng/m3), valore leggermente superiore a quello di aprile (0,68 ng/m3), ma decisamente migliore rispetto a quello misurato nel maggio 2014 e 2015 (rispettivamente 2,04 ng/m3 e 1,1 ng/m3). Marchesi ha aggiunto che l’indicatore l’”indicatore prestazionale” (media degli ultimi dodici mesi, ndr) ha raggiunto a fine maggio il valore obiettivo di qualità di 1 ng/m3 previsto dall’Aia per lo stabilimento di Servola, ed è prevedibile un’ulteriore diminuzione nei prossimi mesi. Per il direttore generale dell’Arpa si tratta dunque di dati «denotano un miglioramento. A conferma di un trend, già evidenziato nei mesi precedenti, che può essere messo in relazione al piano di risanamento prescritto dall’Aia regionale ed attuato da Siderurgica Triestina, nonché ad una più accurata gestione dello stabilimento siderurgico, che Arpa verifica con la propria attività ispettiva ormai quasi quotidiana». Il confronto di ieri tra tecnici del Friuli Venezia Giulia e della Puglia è stato organizzato dal Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste, e ha visto la condivisione di esperienze maturate nei rispettivi ambiti regionali, in merito alla valutazione degli impatti ambientali e sanitari legati alla presenza di grandi impianti siderurgici, come quelli di Siderurgica Triestina e dell’Ilva a Taranto. Nella mattinata di ieri, intanto, alla Ferriera è stata svolta la periodica manutenzione della batteria dei forni coke della cokeria. Per poter svolgere correttamente questa manutenzione - ha spiegato l’azienda in una nota - alla batteria è stata tolta l’alimentazione del gas coke che normalmente la riscalda. Era inoltre già previsto che qualora la quantità di gas avesse dovuto superare la capacità di assorbimento della centrale elettrica Elettra, il mantenimento della pressione della rete di distribuzione del gas coke nei limiti previsti avrebbe potuto comportare temporanee accensioni della torcia dell’altoforno deputata a questa funzione. Accensione che si è protratta per circa 40 minuti nell’arco delle tre ore circa in cui si è svolta l’operazione di manutenzione.

 

 

“Ruspe” in Costa dei barbari per liberarla dalle baracche - Scatta l’operazione anti abusivismo dopo anni di solleciti senza risultati
L’assessore Cunja: «Se verranno ricostruite ci rivolgeremo alla Procura»
DUINO AURISINA Scatta l’operazione “Pulizia in Costa dei barbari”. Entro pochi giorni la cooperativa “Mari e monti”, specializzata nelle operazioni di sgombero delle spiagge dopo le mareggiate, completerà, su specifico incarico del Comune di Duino Aurisina, l’intervento di eliminazione di tutte le piccole ma numerose costruzioni abusive che, negli anni, sono state realizzate da ignoti sul costone che sovrasta la famosa spiaggia. Si tratta di baracche, mini rifugi, muretti, costruiti con materiali trovati sul posto o portati da casa e arredati con cucine da campo e dotati di necessarie suppellettili per l’uso quotidiano. Un’operazione che, all’amministrazione guidata dal sindaco Vladimir Kukanja, costerà cinquemila euro, ma necessaria perché il degrado provocato nella zona da persone che evidentemente scambiano il bene pubblico per qualcosa di privato, da poter utilizzare a proprio piacimento, era diventato oramai insopportabile. «È da tempo - spiega l’assessore della giunta Kukanja Andrej Cunja - che riceviamo segnalazioni e proteste al riguardo da parte di residenti, turisti, operatori economici e pubblici esercenti dell’area più vicina alla Costa dei barbari. Dopo aver avuto fin troppa pazienza e sollecitato pubblicamente ma invano gli autori di tali scempi a provvedere da soli a smontare ciò che avevano costruito - aggiunge - adesso abbiamo deciso di adottare la linea dura. Con l'intervento della “Mari e monti” - annuncia l’assessore - la musica deve cambiare. Finora - precisa - non ci siamo rivolti alla Procura della Repubblica, nonostante ci fossero gli estremi per farlo, ma d’ora in poi, dopo che la zona sarà stata riportata al suo stato naturale, non esiteremo a rivolgerci alle competenti autorità giudiziarie per perseguire i responsabili». Una dichiarazione forte quella di Cunja, che si era già occupato in passato del problema e stavolta non vuole perdere tempo. Il costone è di proprietà del Comune di Duino Aurisina, perciò per l’amministrazione la necessità di garantire una libera fruizione a tutti di quel tratto di costiera è fondamentale. Fra l’altro la Costa dei barbari rientra nelle aree definite “Siti di importanza comunitaria” (Sic), con l’ulteriore qualifica di “Zona di protezione speciale” (Zps), perciò l’urgenza di mantenerla integra è ancor più pressante. Un’ordinanza di sgombero era già stata emessa a suo tempo dal Comune di Duino Aurisina, per di più su sollecito della Capitaneria di porto. Ora le forze dell’ordine saranno al fianco dell’amministrazione comunale per evitare il ripetersi di una situazione insostenibile. «Capitaneria e vigili urbani effettueranno periodicamente controlli sul territorio - annuncia Cunja - con l’obiettivo di individuare e perseguire coloro che cercheranno, come purtroppo è già accaduto qualche volta in passato, di ricostruire ciò che i nostri incaricati avranno demolito». All’operazione di pulizia darà un sostanziale contributo anche la direzione di Portopiccolo, che ha autorizzato il transito all’interno del comprensorio di alcuni mezzi che trasporteranno i materiali di risulta delle demolizioni. «Ma sono con noi anche le associazioni naturiste della costiera triestina - riprende l'assessore - perché a tutti sta a cuore l’integrità del golfo». Da una prima ricognizione, la “Mari e monti” ha già provveduto all’asporto di una cinquantina di sacchi pieni di immondizie e oggetti di vario tipo rinvenuti sul posto. «Il nostro obiettivo - conclude Cunja - è quello di assicurare ai nostri concittadini, ai turisti, a quanti amano il mare, il diritto di poter beneficiare dell’utilizzo di un magnifico pezzo del nostro territorio. A Barcola i bagnanti, dopo una giornata al mare, ripongono materassini, tavolini, ombrelloni e borse frigo e lasciano la spiaggia sostanzialmente pulita. Perché lo stesso non deve accadere anche in Costa dei barbari?».

Ugo Salvini

 

Torna a strisciare sul Carso il serpente gatto - Il raro esemplare, non velenoso per l’uomo, è stato trovato morto a Prepotto, ucciso da qualche animale
PREPOTTO - Dopo due anni di silenzio è tornato a farsi vedere il telescopus fallax, più comunemente conosciuto come il serpente gatto.

È stato individuato nel giardino di una casa di Prepotto. L’esemplare, lungo una ventina di centimetri, già morto in seguito ad uno “scontro” con qualche gatto o qualche volatile, è stato consegnato - all’interno di un vaso contenente alcool denaturato - al direttore del Museo di Storia naturale di Trieste Nicola Bressi. «È un serpente notturno, raro, velenoso, ma innocuo per l’uomo: l’ultimo rinvenimento era avvenuto due anni fa in zona Filtri di Aurisina», conferma Bressi. È chiamato “gatto” in quanto le pupille verticali dei suoi occhi sono piuttosto strette, il che può ricordare quelle dei gatti. «È una specie non pericolosa per l’uomo perché ha i denti situati posteriormente e non ha la capacità di iniettare il veleno all’uomo», puntualizza Bressi. Però usa i denti appuntiti posti dietro alla mascella superiore per iniettare veleno sufficiente a uccidere le sue prede, principalmente lucertole. Per catturare la preda, dopo avervi iniettato il veleno, la lascia libera di fuggire finché muore. Poi la segue strisciando e grazie all’ottimo fiuto trova la traccia che ha lasciato: la preda viene solitamente inghiottita partendo dalla testa. Predilige gli spostamenti durante la notte. A prima vista può assomigliare ad una vipera. Bressi ci svela la sostanziale differenza: «Il serpente gatto è il rettile che più somiglia alla nostra vipera. Ciò che contraddistingue i due animali è il fatto che la vipera che vive sul Carso ha una striscia continua, a zig zag, mentre il serpente gatto ha degli spazi intermedi». Il serpente gatto è originario dei Balcani, si è poi esteso sino a raggiungere l’Iraq a est la vicina Slovenia a ovest. In Italia questa specie è stata osservata solamente nella parte occidentale della provincia di Trieste, nel Comune di Duino Aurisina. «Personalmente viene da pensare che una specie che ama gli spazi caldi con pietre soleggiate possa essersi spinta anche più in là, magari nel Goriziano, ma per ora le segnalazioni certe rimangono quelle avvenute in zona Duino Aurisina», aggiunge Bressi. Nel settembre 2012 il serpente gatto era assurto agli onori delle cronache per la morte di un esemplare nel terrazzo di una casa in zona Aurisina Cave. Il rettile era stato ucciso con un manico di scopa impugnato dal proprietario dell’abitazione, impaurito dalla presenza del serpente. All’epoca il consigliere comunale nonché guardia forestale Maurizio Rozza aveva lanciato una campagna di sensibilizzazione per il serpente gatto, definito «un rettile assolutamente innocuo, oltre che protetto da norme europee e regionali». Come aveva evidenziato Rozza «se qualcuno viene sorpreso a fare del male o a uccidere il telescopus è passibile di multa e costretto a sborsare 300 euro». Che fare dunque? La prassi migliore è quella di contattare le forze dell’ordine o i vigili del fuoco, che a loro volta contatteranno un esperto.

Riccardo Tosques

 

 

Esperimenti di cittadinanza con “ Trieste on sight 2016” - Torna la tre giorni a cura dell’Arci con dibattiti, workshop, mostre, musica e sport
In programma un focus sul Brasile con dimostrazioni di Capoeira e cucina tipica
È possibile coniugare in chiave salutista elementi come cibo e ambiente? Il dibattito è ancora aperto ma a cercare di fornire ulteriori risposte ci pensa “Trieste On Sight”, la manifestazione a cura dell’Arci Servizio Civile del Friuli Venezia Giulia, allestita in collaborazione con il Comune di Trieste da domani a domenica all’ostello di Campo Sacro a Sgonico. Edizione numero 4, l’ennesima disegnata da Giuliano Gelci sulla base di una sorta di statuto morale, quello che vuole “Trieste On Sight” un contenitore non solo di proposte ma soprattutto un affresco di «esperimenti di cittadinanza», formulato da giovani volontari e da sigle dell’associazionismo locale e regionale. Tre i temi in primo piano, quindi, come cibo, benessere e ambiente, condensati in un ventaglio di appuntamenti che spaziano tra musica, laboratori, esibizioni, danza, teatro, pittura e documentari e torneo di green volley. Confronto, dibattito e magari qualche ipotesi da concretizzare su scala sociale. Il villaggio di Sgonico si concede anche alcuni profili dettagliati su realtà destinate a breve ad una attenzione internazionale. Si tratta del Brasile, prossimo a ospitare le Olimpiadi e oggetto di un focus speciale, attraverso un’analisi che non mira solo ai risvolti sportivi ma che guarda anche alle crepe sociali, le frange politiche e le tradizioni marziali (Capoeira, alle 19 di sabato), senza ignorare versanti più succosi da leggere, anzi, da gustare, vedi la cucina (fajolada e la versione carioca della parmigiana) proposta nell’arco delle tre giornate di lavoro, assieme a quella tipica della Serbia. Il cartellone della prima giornata di “Trieste On Sight” prevede il taglio virtuale del nastro alle 15, con “Qual buon vento!”, benvenuto affidato alla presentazione di produzioni eco-sostenibili. Il primo giorno accoglie anche un corso di fotografia (sì ma con lo smartphone) un laboratorio di pittura creativa, un’esibizione di zumba e di Qigong. In serata la musica. Domani, attorno alle 20, entrano in scena “I Tre porcellini”, band di matrice folk e vocazione comica, dedita al repertorio che naviga tra Slovenia, Tirolo, Svizzera, Germania e dintorni. Sabato 2 luglio, sempre verso le 20, toccherà ai Drunken Sailors, duo triestino che ama definirsi propenso al “folk piratesco irlandese e americano”, con repertorio che naviga tra le ballate classiche del mondo della navigazione. La serata di domenica è invece dedicata al ballo all’aperto, con un più contemporaneo Set di Dj’s. L’intero programma sul sito www.arciserviziocivilefvg.org, informazioni a friuliveneziagiulia@ascmail.it o 040761683 o al 3355279319

Francesco Cardella

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 29 giugno 2016 - ARIS PRODANI

 

Visita ispettiva Ferriera, tra limiti non rispettati e prescrizioni ignorate – 29 giugno 2016 Leave a comment
Le risultanze della visita ispettiva effettuata da ArpaFvg presso lo stabilimento di Servola e pubblicate da qualche giorno sul sito della Regione chiariscono definitivamente alcune questioni e ne lasciano aperte delle altre.
Per quanto riguarda le emissioni acustiche, viene sancita la non conformitá alle disposizioni di legge, con il costante superamento dei limiti che hanno portato il Comune a sanzionare ST sia a novembre che a maggio. Resta da capire quali azioni urgenti si vorranno imporre all’azienda per contenere il rumore, posto che i limiti normativi debbano essere rispettati anche in presenza del termine di 3 anni per l’adozione del piano di risanamento acustico.
Vengono, poi, evidenziate prescrizioni applicate in ritardo o non considerate proprio: le analisi dei microinquinanti ( tra cui le diossine ) e le misurazioni delle polveri a monte dell’impianto di aspirazione risultano non ottemperate.
Anche in questo caso ci si aspetta che la Regione intervenga in maniera decisa.
Altro aspetto da segnalare riguarda il posizionamento della rete deposimetrica prevista dall’AIA. Il verbale, dopo diverse richieste inoltrate ad Arpa dal sottoscritto sull’operatività ed il rispetto delle tempistiche indicate, specifica che 6 dei 7 deposimetri siano stati installati, mentre quello inizialmente previsto in Piazzale Rosmini, per impedimenti burocratici, è stato “dirottato” in via Costalunga. Considerato il livello di inquinanti delle aree verdi di Piazzale Rosmini sarebbe stato di certo più opportuno individuare un posizionamento in prossimitá del giardino pubblico.
Per quanto concerne le azioni che la Regione dovrà adottare in merito al mancato rispetto delle prescrizioni imposte a ST dall’AIA e all’operatività ed al posizionamento della rete deposimetrica, in data odierna sono state inviate due specifiche richieste di chiarimenti alle istituzioni competenti ( di seguito ).
1.Oggetto: Chiarimenti Rapporto Conclusivo delle Attività di Controllo c/o Siderurgica Triestina del 16 giugno 2016
In data 27 giugno 2016, il sito online della Regione Friuli Venezia Giulia ha pubblicato il “Rapporto Conclusivo delle Attività di Controllo” in relazione all’ attività ispettiva ai sensi del Decreto Legislativo 152/2006 presso lo stabilimento di Siderurgica Triestina S.r.l (svolta nel trimestre marzo – maggio 2016) .
L’ Art 4.3 “Non conformità” recita:
“1. Come indicato al paragr. 3.2, relativamente alle prescrizioni particolari per il punto di emissione E42, con i soli risultati trasmessi l’Azienda non ha ottemperato alle prescrizioni di cui ai punti 1.2.3 e 1.2.4 dell’Allegato B, parte C, pag. 20, del Decreto AIA.
2. Come indicato al paragr. 3.3 la messa a regime del camino E46 sarebbe dovuta avvenire entro tre mesi dalla data di messa in esercizio (avvenuta il 21/12/2015), cioè entro il 21/03/2016, mentre risulta che lo stesso sia stato messo a regime a partire dal 11 aprile 2016. Risulta pertanto non ottemperata la prescrizione riportata a pag. 20 dell’Allegato B, parte C, punto 1.1.4 del Decreto AIA n. 96/AMB STINQ-TA/AIA/3 del 27/01/2016.
3. Non è stata rispettata la prescrizione di cui all’Allegato B, parte A, pag. 5, punto 10, in quanto la relazione “Utenze asservite al filtro Daneco e misure per fuori servizio Daneco” datata 12 maggio 2016 non è stata prodotta entro la tempistica stabilita dal Decreto.
4. Come meglio evidenziato al paragrafo 2.1, sussiste la non conformità per la tematica rumore a conferma della criticità dell’entità dell’inquinamento acustico prodotto dall’impianto siderurgico”.
Alla luce del mancato rispetto delle prescrizioni previste dal Decreto AIA 96 dd 27/01/2016, richiedo quali urgenti azioni le Istituzioni competenti intendano adottare.
2.Oggetto: posizionamento Rete Deposimetrica
In data 27 giugno 2016, il sito online della Regione Regione Friuli Venezia Giulia ha pubblicato il “Rapporto Conclusivo delle Attività di Controllo” in relazione all’ attività ispettiva ai sensi del Decreto Legislativo 152/2006 presso lo stabilimento di Siderurgica Triestina S.r.l (svolta nel trimestre marzo – maggio 2016) .
L’Art 3.4 “Verifiche scadenze e prescrizioni AIA” quarto comma “Allegato B, parte B, pag.16, punto 1.9” descrive che: “allo stato attuale sono state installate 6 dei 7 deposimetri previsti. Il deposimetro presso Piazzale Rosmini non è stato ancora posizionato perché la stazione di rilevamento di ARPA non è ancora stata realizzata e perché l’Azienda non ha ancora trovato un punto alternativo, a seguito del diniego da parte di Acegas per l’installazione dello stesso sui pali della luce presenti, in quanto non adatti.
Pertanto, nelle more della realizzazione di una centralina di rilevamento della qualità dell’aria di ARPA in Piazzale Rosmini, si reputa necessario che l’Azienda installi il settimo deposimetro per la misura di bianco in via Costalunga, dove era già presente un deposimetro previsto dal precedente decreto di AIA”.
In riferimento all’Allegato B “Limiti e prescrizioni sulle componenti ambientali” del Decreto AIA n.96 dd 27/01/2016″, parte B, pag. 16, punto 1.9, con la presente chiedo di conoscere dalle Istituzioni competenti:
1. l’esatta ubicazione delle prime sei postazioni di misura deposimetrica, la previsione temporale sulla piena operatività della rete e la modalità di diffusione dei dati registrati;
2. alla luce dello spostamento del deposimetro previsto presso Piazzale Rosmini e trasferito in Via Costalunga, se tale trasferimento sia stato preventivamente comunicato o concordato con i sottoscrittori dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. Considerato che Piazzale Rosmini, in seguito alle analisi top soil effettuate da ArpaFvg risulta tra i giardini inquinati oggetto dell’ Ordinanza Sindacale di limitazione all’accesso delle aree verdi, a parere dello scrivente sarebbe stato opportuno e doveroso il mantenimento della localizzazione del deposimetro in quel sito o comunque nelle immediate vicinanze.
ARIS PRODANI

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 giugno 2016

 

 

SIDERURGIA - Pressing su Servola «Problemi aperti»

Le risultanze della visita ispettiva dell’Arpa alla Ferriera, pubblicate sul sito della Regione, chiariscono alcune questioni e ne lasciano aperte altre.

Lo afferma il deputato Aris Prodani (gruppo misto) che riguardo le emissioni acustiche sottolinea la non conformitá alle disposizioni di legge, con il costante superamento dei limiti che hanno portato il Comune a sanzionare l’azienda sia a novembre che a maggio. Il parlamentare osserva poi che vengono evidenziate prescrizioni applicate in ritardo o non considerate: le analisi dei microinquinanti ( tra cui diossine ) e le misurazioni delle polveri a monte dell'impianto di aspirazione risultano non ottemperate.

 

 

ECOMAFIE - Illeciti ambientali - Commissione a Trieste

Prosegue la visita in regione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali, presieduta dall’on. Alessandro Bratti (Pd).

Dopo le visite e le audizioni svoltesi a Torviscosa e a Udine, oggi la commissione sarà a Lubiana e a Capodistria, mentre domani a Trieste sono previsti un sopralluogo alla Ferriera e audizioni in prefettura.

 

 

I gabbiani si specializzano nel furto di panini e brioches - Crescono le segnalazioni dei triestini che si sono visti rubare il cibo dalle mani
L’esperto: «Sono aumentati e hanno trovato una nuova strategia per nutrirsi»
Gelati, toast e brioches. In riva al mare e in centro città. I gabbiani “triestini” rubano il cibo dalle mani umane. Non è una leggenda metropolitana. Nemmeno una boutade estiva. «Signora, stia attenta, qui i panini li fregano facilmente» avvertono al famoso Pedocin non appena avvistano la cliente con il panino in mano. Uomo avvisato, mezzo salvato. Mezzo salvato, però, perché spesso il proprio pasto diventa per intero quello di un gabbiano. È un attimo e la mano rimane vuota. Non succede solo nello stabilimento balneare, sul lato destro come su quello sinistro, perché i gabbiani non fanno differenza tra donne e uomini. Da piazza Ponterosso a piazza Goldoni, come raccontano i malcapitati, i gabbiani sfiorano le dita umane e a volte le feriscono pur di prendere al volo quel che passa il convento e che di solito sono sandwich con prosciutto e formaggio o gelati con tanto di cono annesso. Ma cosa sta succedendo? Fabio Perco, direttore del parco Isola della Cona, esperto naturalista, fornisce una risposta scientifica: «I gabbiani sono aumentati e sono arrivati alla massima disponibilità alimentare. Quindi studiano nuove strategie per procacciarsi il cibo e qualcuno impara alcune soluzioni “originali”. Se la cosa ha successo, la trasmette ai suoi simili per emulazione». Il primo gabbiano, insomma, va in avanscoperta. E ci prova. Poi seguono gli altri. Il “furto” dalle mani degli uomini che stanno per mettersi in bocca un pezzo di pane, come ha sperimentato il “pioniere”, evidentemente funziona. E quindi si diffonde. «Questo meccanismo è diffuso in diverse specie che stanno a contatto con gli uomini - continua Perco -. Dopo di che i gabbiani hanno molta plasticità nel comportamento e sono dotati di una certa intelligenza». Questi uccelli, che cacciano anche carcasse di delfini, animali moribondi e che si nutrono di immondizie, toporagni e grillotalpe, ora sono saliti di qualità. Nei giorni scorsi sono molte le persone in giro per città che hanno visto il loro pranzo... volatilizzarsi. Ma nell’unica spiaggia in Europa che divide ancora i due sessi è un continuo tormento. Ormai succede che alcune clienti persone, spaventate, si mettono pure sotto la tettoia per finire il pranzo. «Una signora si è dovuta far fare dieci punti all’ospedale e un’altra è stata ferita alla mano» raccontano al Pedocin. Una nonna molto giovane e in forma passa con il nipotino: «Ho solo un graffio, ma mi vado a disinfettare, perché da infermiera so che sono animali zozzi». I gabbiani volano in tondo, a quota bassa, sopra le teste dei bagnanti, come dei corvi in cerca di prede. Un giro, due giri e poi stop, si ritirano in vedetta, proprio sopra lo stabilimento, un po’ di qua e un po’ di là del muro. Poi tornano, si appostano all’ombra sulle finestre dell’edificio che separa l’Ausonia dal Pedocin, tanto possono valicare qualsiasi confine. Una delle bagnine di turno racconta che la zona d’azione preferita risulta quella a destra della spiaggia, a ridosso del confine uomini e donne. E infatti, sempre nei giorni scorsi, i gabbiani hanno colpito anche nel reparto maschile. «Era ora di pranzo - racconta un ragazzo -, ho preso al baracchino un panino e un’acqua, il tempo di stendere l’asciugamano e togliere il panino dalla borsa, mi sono distratto un attimo e un gabbiano ha provato a portamelo via. Ma non ci è riuscito. Ho difeso il mio panino come quando a scuola “nascondi” i compiti al compagno di classe e l’ho mangiato velocemente». Un’altra vittima è Angela che, seppur messa immediatamente in guardia dal barista, forse non ha creduto alla storia dei gabbiani famelici: «Il mio panino è stato fatto in mille pezzi». Dalla riva al centro la musica non cambia. Ponterosso è indiscutibilmente uno dei luoghi più amati a Trieste dai gabbiani. Testimone ne è Giulio che, con la sua focaccia appena sfornata, è uscito con mamma e nonna da un bar. Et voilà, tutto è sparito. Il “pericolo” viaggia anche in piazza Goldoni: Margherita si trovava lì quando il suo pranzo si è volatilizzato. Nemmeno via Rossini è sicura, come confida Giovanna. E che dire del Viale dove a essere inghiottita da un “rapace” gabbiano è stata la brioche di una ragazza? I gabbiani, senza timore, sorvolano pure i piatti degli ospiti dei ristoranti del centro da cui hanno attinto finora succulenti portate come prosciutto e melone e costate di maiale. La soluzione? «La gente deve cercare di stare più attenta», dice Perco. E aggiunge che, come unica alternativa, «bisognerebbe abbattere i gabbiani, ma l’opinione pubblica sarebbe contraria».

Benedetta Moro

 

«In Portogallo buttano i mitili in strada per farseli schiacciare dalle automobili»
Il problema dell’aumento dei gabbiani, e di conseguenza della loro necessità di trovare nuove soluzioni per potersi procacciare il cibo, non riguarda ovviamente solo Trieste.

Ma è decisamente più ampio e più conosciuto. Lo conferma lo stesso Fabio Perco, direttore dell’oasi naturalistica della Cona, rivelando che almeno per ora i gabbiani triestini non hanno raggiunto i livelli di sagacia e di maestria dei loro “parenti” portoghesi: «Un mio collega portoghese - riferisce infatti Perco - mi ha raccontato che i gabbiani hanno imparato a buttare i mitili sulla carreggiata stradale. Il motivo? In questo modo, quando le automobili passano, schiacciano i mitili. E i gabbiani se li possono gustare». Quattro salti in strada, insomma.

(b.m.)

 

 

 

 

TRIESTEPRIMA.it- MARTEDI', 28 giugno 2016

 

 

Ferriera e inquinamento, sindaco Dipiazza incontra i vertici dell'Arpa
Ieri pomeriggio l'incontro in comune di Trieste tra il sindaco Roberto dipiazza e i vertici dell'Arpa sulla situazione Ferriera e le attività che si stanno e si dovranno intraprendere
Nel pomeriggio di ieri si è svolto in Comune di Trieste l’incontro tra il sindaco Roberto Dipiazza, il segretario comunale reggente Fabio Lorenzut, il direttore del servizio Ambiente e Energia Gianfranco Caputi per l’Amministrazione Comunale, con il Direttore Generale dell’Arpa Luca Marchesi e il Responsabile Tecnico dell’Arpa, Franco Sturzi per fare il punto sulla situazione Ferriera e sulle attività che si stanno e si dovranno svolgere.
L’Arpa ha confermato al Sindaco che entro il 26 luglio prenderà in gestione e controllerà direttamente le centraline di via Svevo, di via Pitacco, di Muggia a la nuova di Ponticello. Sino ad oggi le centraline erano controllate da Arvedi dopo che le aveva rilevate da Elettra. L’Arpa validerà direttamente i dati, i costi di gestioni saranno a carico di Arvedi. Nei prossimi giorni, inoltre, si procederà al taglio delle fronde degli alberi sopra le centraline in modo da migliorare il monitoraggio dell'aria.
«Come Amministrazione Comunale – rende noto il Sindaco Dipiazza – chiederemo subito alla Regione FVG di diventare parte attiva e direttamente coinvolta nelle valutazioni del Piano di Risanamento Acustico che, al momento, vede interessate solo la Regione FVG e la Siderurgica Triestina. Per quanto riguarda l’inquinamento dei giardini abbiamo condiviso con l’Arpa, che sta effettuando le analisi, di procedere con un set di parametri molto più alto e dettagliato, tra cui l’inserimento delle analisi sulla presenza di diossina».
Enrico Ferri

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 giugno 2016

 

 

Parte la bonifica nel campo sportivo a Roiano

Dopo anni di attese Rfi dispone la rimozione della copertura in eternit dell’impianto di viale Miramare
Sarà sostituita la copertura dello storico impianto sportivo di viale Miramare 51, di proprietà di Rete ferroviaria italiana, in gestione al Dopolavoro ferroviario. Dopo anni di proteste dei residenti delle case più vicine, preoccupati per la presenza di eternit nelle volte, finalmente Rfi ha deciso di dare inizio ai lavori. «Rfi ci ha comunicato che ai primi di luglio inizierà l'intervento di demolizione della copertura - dice Claudio Vianello, presidente del Dopolavoro - e che subito dopo ne sarà realizzata una nuova, rispondente ai più moderni criteri di sicurezza e di tutela ambientale». Una decisione che però non soddisfa i vicini: «Sono anni che chiediamo si provveda - dice Nivea Mislei, che abita nell'edificio attiguo al vecchio impianto - perché c'è soprattutto un albero molto alto, di cui nessuno si è mai occupato, che nel tempo ha raggiunto la parte interna della copertura e, a ogni refolo di bora, gratta sulla superficie raschiandola. Sapendo che la copertura è stata realizzata in eternit - aggiunge - è ovvio che la nostra preoccupazione è notevole». Altrettanto preoccupate sono le famiglie dei tanti bambini e ragazzi che, negli anni, hanno frequentato l'impianto, per più di mezzo secolo riservato a discipline come il pattinaggio e l'hockey a rotelle, e più recentemente trasformato in campo di calcio a cinque. Del problema era stata investita, già quattro anni fa, l'Azienda per l'assistenza sanitaria. Dopo un interminabile scambio di corrispondenza fra tutti i soggetti coinvolti, nel febbraio di quest'anno, il direttore del Dipartimento di prevenzione dell'Ass, Valentino Patussi, aveva scritto al Comune, ricordando di avere ricevuto «segnalazioni da parte dei residenti e dal nucleo di Polizia ambientale del Comune, fin dal settembre 2012, per le condizioni di degrado della copertura in eternit. Abbiamo inviato numerose note prescrittive a Rfi - aveva aggiunto Patussi - che ha promesso di iniziare i lavori di sostituzione, ma gli stessi non sono mai iniziati, se si escludono parziali interventi di messa in sicurezza e di preclusione delle attività sportive. Qualora Rfi non provveda - aveva concluso il direttore del Dipartimento - sarà necessario effettuare coattivamente gli interventi richiesti a tutela della salute pubblica». Ora si è giunti a una conclusione: «A fine estate - annuncia Vianello - avremo una nuova copertura e potremo riprendere le varie attività». Rimane però la preoccupazione fra coloro che hanno utilizzato quel campo e fra i soci del Dopolavoro che, fino alla recente chiusura della struttura, hanno frequentato il bar situato vicino all'ingresso. A tentare di tranquillizzare gli animi ci pensa Renzo Simoni, responsabile della Struttura di igiene e tecnica del lavoro dell'Ass: «Non esistono evidenze che confermino l'aumento di patologie dovute a presenza di coperture in eternit - precisa - perciò non è corretto affermare che l'area attorno al campo di viale Miramare potrebbe essere più pericolosa di tante altre zone di Trieste».

(u.s.)
 

Il sindaco misura la diossina nei giardini inquinati
TRIESTE Di piazza in piazza. Dopo l’anima centrale di alluminio di piazza Unità l’annuncio della partenza dei lavori in piazza Libertà entro l’anno. Il sindaco Roberto Dipiazza, prima ancora di presentare la sua squadra, si occupa di cantieri in corso e cantieri prossimi venturi. E in molti sorge il dubbio che il sindaco, dopo la delega all’Ambiente, possa tenersi anche quella ai Lavori pubblici. «Entro la fine dell’anno saranno avviate le procedure per le gare di assegnazione dei lavori di Piazza Libertà» si legge nel comunicato stampa quotidiano dal titolo “Incontri operativi del sindaco Dipiazza nel corso della odierna mattinata su vari temi”. «Piazza Libertà è l’ingresso alla città - afferma Dipiazza - e non può essere ridotta in queste condizioni di insicurezza e poca fruibilità. Questa mattina (ieri, ndr) ho incontrato la dirigente comunale Marina Cassin con cui abbiamo esaminato il progetto di rifacimento e le procedure da avviare affinchè le gare possano partire entro la fine dell’anno». Il sindaco, insomma, dopo aver deciso di spostare i barboni dall’ingresso della Sala Tripcovich, ha scelto anche di ristampare il “biglietto da visita della città”. «I lavori - si legge ancora nel comunicato - consisteranno prevalentemente nella riorganizzazione delle fermate del trasporto pubblico in modo da offrire un servizio migliore agli utenti e alle persone che arrivano dalla Stazione. Verrà inoltre riorganizzata la viabilità, facendo molta attenzione alla sicurezza per i pedoni e al miglioramento del flusso veicolare». Il progetto, un “pallino” del sindaco, è di oltre 4 milioni di euro e l’obiettivo è realizzarlo entro il 2017. Sempre nella mattinata di ieri il sindaco ci tiene a far sapere di aver fatto «un’analisi a 360 gradi sulla situazione in cui si trova la città assieme al direttore generale di AcegasAps Amga Roberto Gasparetto». Da qui l’annuncio che «nei prossimi giorni partiranno interventi strutturali di riqualificazione urbana, relativi allo sfalcio dell’erba nei quartieri sui bordi strada. Inizieranno anche gli interventi di pulizia delle caditoie per migliorare il drenaggio delle strade ed attenuare i fenomeni di allagamento». Ma non basta. In città saranno sostituiti i cestini in ferro dell’immondizia usurati e rotti con dei nuovi elementi. Ultimo, ma non ultimo, «i servizi cimiteriali resteranno sotto la gestione di AcegasApsAmga». Il lunedì di Dipiazza non si limita al mattino. Nel pomeriggio il sindaco si è visto in Municipio con il segretario generale reggente Fabio Lorenzut, il direttore del servizio Ambiente e Energia Gianfranco Caputi, il direttore generale dell’Arpa Luca Marchesi e il responsabile tecnico dell’Arpa, Franco Sturzi per fare il punto sulla situazione Ferriera. A dimostrazione che la Ferriera è sempre nei pensieri del primo cittadino. L’Arpa ha confermato a Dipiazza che entro il 26 luglio prenderà in gestione e controllerà direttamente le centraline di via Svevo, di via Pitacco, di Muggia e la nuova di Ponticello. «Sino ad oggi le centraline erano controllate da Arvedi dopo che le aveva rilevate da Elettra - si legge nella nota -. L’Arpa validerà direttamente i dati e i costi di gestione saranno a carico di Arvedi. Nei prossimi giorni, inoltre, si procederà al taglio delle fronde degli alberi sopra le centraline in modo da migliorare il monitoraggio dell’aria». E quindi? «Come amministrazione comunale – rende noto Dipiazza – chiederemo subito alla Regione di diventare parte attiva e direttamente coinvolta nelle valutazioni del Piano di risanamento acustico che, al momento, vede interessate solo la Regione e la Siderurgica Triestina. Per quanto riguarda l’inquinamento dei giardini abbiamo condiviso con l’Arpa di procedere con un set di parametri molto più alto e dettagliato, tra cui la presenza di diossina». In un’intervista online, infine, Dipiazza se la prende con alcune iniziative della giunta precedente quella del del sindaco “uscito” (così lo nomina) Roberto Cosolini. Dal trenino in Porto vecchio («Sembra sia costato 265 mila euro, un azzardo e una cosa da campagna elettorale fatta con i soldi dei cittadini») alla sperimentazione di via Mazzini pedonale con i famosi P-Days (sulla quale calerà un sipario “tombale” dal 31 luglio) sino alla «”demenziale” pista ciclabile di Campi Elisi. Il lunedì di un sindaco ancora senza giunta. Ed è solo l’inizio di settimana.

(fa.do.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 giugno 2016

 

 

Il presente tra luci e ombre del parco di villa Revoltella

Effettuati gli interventi più importanti per i danni del nubifragio di due anni fa ma le transenne non mancano: interdetta anche l’area gioco per i più piccoli
Avete presente quelle abitazioni in cui la zona d’ingresso si presenta curata nei minimi dettagli, ma dove al contrario, non appena ci si addentra nelle diverse stanze, si scopre che in realtà non è poi tutto oro quel che luccica e si rischia seriamente di trovare la classica polvere nascosta sotto il tappeto? Ebbene, fuor di metafora, è un po’ questa la sensazione che si respira all’interno dello storico Parco di Villa Revoltella. Il presente di uno dei polmoni verdi più amati e frequentati della città, che si estende su una superficie di 50 mila metri quadrati, e che nell’autunno di due anni fa è stato duramente colpito dalle conseguenze del violento nubifragio che si era abbattuto sulla città, si delinea insomma tra luci ed ombre. I danni del maltempo sono stati rilevanti e quantificati in oltre 200mila euro, con un’area che era rimasta in parte non fruibile dall’utenza per parecchio tempo. Gli interventi più importanti sono stati in effetti portati a termine e la visione d’insieme che si ha varcando l’ingresso è quella di un luogo ordinato, dove piante e fiori danno l’idea di un ritorno, sia pur faticoso, agli splendori di un tempo. Sono peraltro ormai in dirittura d’arrivo anche i lavori di riqualificazione delle parti esterne dell’edificio della canonica situato a fianco della chiesa di San Pasquale Baylon. Un intervento che ha interessato il rifacimento di parti del tetto, delle facciate e dei serramenti, per un importo di oltre 86mila euro. Ma più ci si allontana dalla zona centrale percorrendo i vialetti interni, più il panorama è destinato a mutare. Accanto alle vetrate che ospitano le serre ad esempio, la zona è tuttora transennata e messa in sicurezza, all’altezza del muro di contenimento che era collassato a causa del maltempo, in un cantiere che inghiotte peraltro anche una fontanella ed una panchina, ovviamente inutilizzabili. Poco distante, un’altra muratura perimetrale, danneggiata e pericolante, porta ancora i segni delle puntellature realizzate con assi di legno e sbarre di sostegno dagli operai di una ditta specializzata. Da quelle parti inoltre i vialetti sono molto meno curati rispetto a quelli principali, con una pavimentazione decisamente sconnessa ed erbacce che spuntano un po’ ovunque, mentre la stessa vegetazione è incolta e disordinata. Nella parte alta, proprio al confine del Parco, fa decisamente brutta mostra di sé un edificio fatiscente e pericolante, nel quale le murature sono deteriorate e le finestre sventrate. A terra ci sono pezzi di cornicioni, intonaco e mattoni. A breve distanza, un nastro bianco e rosso delimita un’area verde nella quale sono state sradicate una serie di alberature che tuttora giacciono a terra. Un esempio di come la realtà sia poi differente da quanto appare in un primo momento, lo fornisce la residenza chalet. Sul lato frontale dell’edificio, spiccano infatti le facciate curate e dipinte con colori sgargianti, le aiuole fiorite, una fontana zampillante con tanto di statue intorno, dove giocano divertiti i bambini. Basta però semplicemente svoltare l’angolo per scoprire ai lati e sul retro, una visione ben diversa: muri scrostati, scalette arrugginite, erbacce rampicanti, scritte sui muri e cavi penzolanti. Da quelle parti spuntano anche un paio di scalinate tuttora inaccessibili al pubblico. Qualche sorpresa che non ti aspetti arriva anche dalla parte bassa del Parco, quella riservata alla zona ludica, e dunque da sempre tra le più frequentate in assoluto. Se il campetto di basket è agibile, lo stesso non può dirsi per l’area centrale, dove ci sono altalene, scivoli e costruzioni per i più piccoli, che si presenta interdetta al pubblico. A fianco ci sono delle transenne dove campeggia un cartello di divieto di accesso con la dicitura “pavimentazione sconnessa”. «È lì da anni - afferma sconsolato Romano, storico frequentatore del Parco insieme ai suoi nipoti -. Qui c’è sempre qualcosa che non va. Capisco i lavori, ma bisogna farli rapidamente e per tempo. Non certo in estate quando si registra il massimo delle presenze». Alzando lo sguardo si nota, almeno apparentemente, una piacevole novità. L’area della giostra, in passato inghiottita da un eterno cantiere, risulta finalmente agibile. Peccato però che avvicinandosi, si scopre che la struttura è bloccata e dunque inutilizzabile. Uno dei tiranti si è spezzato. «Sì è vero: non funziona - spiega una delle tante mamme che portano i figli a giocare -. È assurdo. Una giostra che non gira è come un’altalena che non dondola o uno scivolo che non scivola» commenta in modo ironico. Appare perplesso anche lo sguardo della statua del celebre Pinocchio inginocchiato davanti alla vasca d’acqua. Forse perché sul fondo, a dire il vero piuttosto opaco, si intravedono ben poche monete, complice evidentemente una crisi economica non del tutto alle spalle. Abbondano al contrario fogliame e rami secchi. Anche questo forse un segno dei tempi che cambiano.

Pierpaolo Pitich

 

 

Sistema fognario Pola corre ai ripari soluzione-tampone

Struttura da tempo sotto accusa: decisa la collocazione di filtri in più zone, in attesa di un intervento definitivo
Il sindaco Mileti„ concorda sul fatto che tutto si aggiusterà con la ricostruzione del canale Pragrande con due collettori separati: servono 9,5 milioni di euro
POLA L'amministrazione cittadina di Pola corre ai ripari con una soluzione provvisoria nel tentativo di eliminare il non gradevole odore di fogna dall'area del centro storico che ha per epicentro piazza Dante Alighieri. L’intento è quello di evitare ad ogni costo il ripetersi della situazione di un anno fa, quando i miasmi - oltre che a rendere tutt'altro che gradevole la vita quotidiana dei locali - tenevano alla larga i villeggianti facendo andare su tutte le furie i ristoratori della zona: i turisti si guardavano bene dal sorseggiare una birra fresca o gustarsi un buon gelato con “sottofondo” di canalizzazione. Per cercare di avere un'estate senza odori il Municipio e l'azienda municipalizzata Pragrande hanno deciso così di collocare dei filtri assorbi-olezzi vicino alla Scuola di musica, al parcheggio di piazza del Mercato vecchio, in piazza Dante, allo sbocco dello scarico a mare del canale di Pragrande e alla stazione di sollevamento nei pressi dell'edificio della Posta. I filtri hanno la forma di rulli e sono dotati di ventilatori e tra pochi giorni se ne potrà verificare l’efficienza. Come detto, si tratta di una soluzione provvisoria - un po' come nascondere la spazzatura di casa sotto il tappeto - nell'attesa di un intervento definitivo a lungo termine. Vale a dire la ricostruzione del canale di Pragrande in centro città, costruito ai tempi dell'Austria-Ungheria come collettore delle acque piovane nel quale però negli ultimi decenni vengono convogliate anche le acque fecali. Proprio questa discutibile duplice funzione è stata mantenuta nella recente costruzione del nuovo sistema fognario venuto a costare 32 milioni di euro, il che ha sollevato forti proteste e contestazioni da parte dell'opposizione politica nei confronti della Dieta democratica istriana che comanda in città. Il consigliere municipale indipendente Mauricio Licul, dopo aver consultato diversi esperti, afferma che quando non piove si sente l’odore poiché le acque fecali giacciono sulle tubature dal raggio troppo ampio, dato che il loro livello non è tale da far scattare automaticamente il sistema di sollevamento che le dirotti al depuratore di Valcane. Ma anche quando piove l’odore si sente comunque - afferma ancora Licul - poichè il 66% delle acque fecali continua a venire scaricato nel bacino portuale. Il rimedio insomma - e su questo concorda il sindaco Boris Mileti„ - sarebbe la ricostruzione del canale di Pragrande, con la collocazione di due collettori separati: uno per le acque piovane con sbocco in mare e l'altro per le acque fecali dirette al depuratore di Valcane. Per il finanziamento del progetto del costo pari a 9,5 milioni di euro si busserà alle porte dei fondi europei. A essere ottimisti i lavori non verranno ultimati prima del 2017: nel frattempo dunque si confida nell’efficienza dei filtri assorbi-odori.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 26 giugno 2016

 

 

Siderurgia, lo stop turco costringe Arvedi al piano B
Ilva, l’uscita di Erdemir dalla cordata complica il progetto di un gruppo da Trieste a Taranto. Due le ipotesi: diluire le quote fra gli altri soci o trovare un nuovo partner
MILANO Rischia di nascere zoppo il progetto di un grande gruppo siderurgico nazionale che dovrebbe far marciare come un sol uomo l'Ilva di Taranto, la Ferriera di Servola e gli impianti di Cremona e Cornigliano. E adesso, con l'uscita dei turchi di Erdemir dalla cordata Arvedi-Del Vecchio- Cdp, servirà una generosa stampella finanziaria per compiere agevolmente quell'ultimo miglio che porta dritto all'acquisizione degli asset della maggiore acciaieria italiana. Al quartier generale di Arvedi, a Cremona, dopo aver incassato l'indisponibilità dei turchi, si lavora allo studio di un piano B. Le ipotesi sul tavolo sono sostanzialmente due: diluire le quote assegnate a Erdemir tra gli altri soci; oppure trovare un nuovo partner industriale, contando anche su un ritorno di Ankara in un secondo momento. Entrambe le strade sono strette e accidentate. Stando a fonti vicine al dossier, il capitale sociale della newco a trazione italiana avrebbe dovuto aggirarsi intorno al miliardo di euro. L'impegno previsto dai turchi era sostanzioso: nell'ordine di 300-350 milioni. Questa cifra ora sarebbe da ripartire tra Delfin, la cassaforte di famiglia di Leonardo del Vecchio, in corsa con 200 milioni (pari al 20% del capitale), la Cassa Depositi e Prestiti (altri 350 milioni) e Arvedi con un 10% di partecipazione, per circa 100 milioni. Gli occhi sono puntati sulle prossime mosse del Cavalier Giovanni Arvedi che potrebbe aumentare l'investimento, anche se gli impegni in atto per il rilancio della Ferriera di Servola a Trieste, tra l'altro messi in forse dal neo sindaco Roberto Dipiazza, e quelli per l'abbattimento del debito della società lombarda sembrano già abbastanza gravosi. L'acciaieria di Cremona, dopo aver rinviato il lancio un bond da 300 milioni, ha recentemente ampliato la linea di credito con un nutrito pool di banche per una tranche di finanziamenti da 240 milioni di euro. Alcune risorse per l'Ilva potrebbero arrivare da questi prestiti. Ma i margini di manovra sembrano risicati. «Andiamo avanti anche senza Erdemir», ha detto il Cavaliere in seguito all'audizione che si è tenuta alla Commissione Industria del Senato, ipotizzando la quotazione in Borsa dopo aver rimesso in piedi l'Ilva e aver stretto sinergie con Trieste e Cremona per un gruppo da 6-7 miliardi di euro di ricavi e 12 milioni di tonnellate di acciaio. In attesa di capire se Leonardo Del Vecchio adeguerà la sua offerta in una newco senza Erdemir, sembra difficile che Cassa Depositi e Prestiti possa esporsi ulteriormente nella cordata italiana, in quanto si corre il rischio di scontrarsi con le norme di Bruxelles sugli aiuti di stato. L'ingresso di un nuovo socio sarebbe la soluzione più adatta. Ma il tempo stringe. E il 30 giugno scade il termine ultimo per le offerte vincolanti. Erdemir ha comunque aderito a un accordo di massima sulla governance con Arvedi, e potrebbe rientrare in un secondo momento dopo aver visionato gli oneri che comporteranno le bonifiche di impianto a ciclo integrale che, secondo la visione di Arvedi, sarà alimentato a gas per abbassare le emissioni. L'ipotesi di un'intesa con Marcegaglia, rumoreggiata da più parti negli scorsi giorni, sembra già tramontata. «Ritengo complesso che si possa raggiungere un compromesso, tra due visioni e due piani industriali cosí diversi, tuttavia la partita Ilva è complicata e lunga», ha detto Antonio Marcegaglia nel corso degli Stati generali dell'Acciaio di Siderweb. Inevitabilmente, mentre si rimescolano le carte nel progetto Arvedi-Del Vecchio, la cordata Marcegaglia-Arcelor Mittal punta al sorpasso e accarezza l'idea di una partnership con Cdp. Del resto, la riorganizzazione europea del gigante franco indiano, che avrà l'85% della nuova Ilva, sembra tutta protesa verso l'Italia. Sono in vendita le attività siderurgiche in Gran Bretagna, così in Spagna e presto arriverà anche la cessione di due controllate francesi, Solustil e Wire Solution, a cui subentreranno due società italiane, storici alleati di Mittal, i piemontesi di Cln Group e Cellino.

Christian Benna

 

 

La Riserva del Wwf resta in stand by - Non ancora scongiurato del tutto lo sfratto dalla storica sede del Castelletto
Lo sfratto dal parco di Miramare non è ancora scongiurato. Il destino della Riserva di Miramare, storica presenza all'interno dei ventidue ettari di superficie del giardino ottocentesco, non è ancora stato definito. La nomina del nuovo direttore del museo e del parco di Miramare, che farà seguito al bando emanato di recente dal Mibact, il ministero per i Beni e le attività culturali, metterà probabilmente la parola fine alla querelle che ha visto contrapposti il Wwf Italia, soggetto gestore dell'area marina per conto del ministero dell'Ambiente, e il soprintendente Caburlotto, che senza mezzi termini aveva dato l'aut aut alla storica realtà scientifica. Nel frattempo, comunque, le attività all'interno della Riserva marina, diretta da Maurizio Spoto, continuano freneticamente. Gli obiettivi che il Wwf Italia intende perseguire, nella gestione dell'area, sono sia di carattere scientifico che didattico. Quest'ultimo aspetto, in particolare, è storicamente rivolto ai giovanissimi visitatori del parco. Molti di questi, nella giornata di ieri, hanno preso parte a "Bolle in parco", un'iniziativa organizzata dal Circolo sommozzatori di Trieste per permettere ai ragazzi tra gli 8 e i 14 anni di sperimentare l'emozione di immergersi in acqua e di scoprire le bellezze del mare. «Quella di Miramare è una delle aree più importanti per l'elevata biodiversità marina - spiega il biologo del Wwf Federico Lonzar - , grazie alla presenza nello stesso luogo di fondali diversi, come quello sabbioso e quello roccioso». Orate, dentici, saraghi, corvine e granseole sono specie ittiche che si sono stabilizzate nelle acque della Riserva marina e che, anche a pochi metri dalla riva, si possono ammirare senza nemmeno dover effettuare un'immersione con le bombole. «È stata una bellissima esperienza - così il mini-sub Riccardo, dieci anni - . Ho nuotato e visto tanti pesci, spugne e ricci marini». Otto istruttori in acqua e più di una ventina di volontari a terra hanno vegliato sulle immersioni in mare dei sommozzatori in erba, non prima di aver mostrato loro le curiosità del centro didattico del Wwf che si trova all'interno del Castelletto. L'estate alla Riserva marina di Miramare proseguirà nei prossimi fine settimana, sempre all'insegna della didattica ambientale. Nel corso di tutti i sabati di luglio e agosto, infatti, prenderà il via l'appuntamento con le visite guidate di Sea watching per singoli e famiglie, per osservare la biodiversità marina nascosta nelle acque antistanti il castello. Ogni prima domenica di luglio, agosto e settembre, invece, il Centro visite dell'area marina protetta rimarrà aperto gratuitamente. L'iniziativa accomunerà le oltre cento oasi del Wwf, in occasione dei festeggiamenti per il cinquantennale dalla storica associazione ambientalista. Non solo snorkeling. Una domenica al mese, da luglio a settembre, i subacquei che non dispongono di un gruppo organizzato alle spalle e di un istruttore potranno immergersi nelle acque protette dell'area marina, usufruendo di un supporto tecnico mirato. Il Centro visite dell'area marina, invece, rimarrà aperto lunedì, mercoledì e venerdì, dalle 11 alle 13 e dalle 14 alle 18, mentre nei fine settimana l'apertura verrà garantita, salvo visite guidate in corso, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18. La notte fra sabato 23 e domenica 24 luglio, infine, i bambini dagli 8 agli 11 anni potranno vivere un'esperienza indimenticabile, in uno dei luoghi più suggestivi del Carso: le risorgive del misterioso fiume Timavo. L'aula attrezzata del Wwf accoglierà i bambini per una notte ricca di suggestioni naturali, grazie ai fruscii del bosco, allo scorrere del fiume e al canto degli uccelli notturni. Ai bambini verrà offerto lo spuntino della buonanotte e la prima colazione.

(l.s.)
 

 

SEGNALAZIONI - Ciclisti - Una pista migliorabile

La ciclabile dei Campi Elisi attualmente in costruzione, congiunge le Rive alla ciclabile Cottur e costituisce una direttrice importante sia per i ciclisti che intendono spostarsi in città o che intendono raggiungere la ciclabile della Val Rosandra sia per i circa 20.000 cicloturisti, prevalentemente stranieri, che visitano e pernottano ogni anno a Trieste nei mesi estivi. Essa è parte dell’itinerario n.8 del progetto europeo Eurovelo, che punta a realizzare in Europa una rete di percorsi ciclabili a lunga percorrenza destinati ai cicloturisti. Questo itinerario ciclabile è destinato ai ciclisti adulti, privilegia un percorso veloce e lineare e riduce drasticamente il rilevante pericolo che fino ad oggi un ciclista si assumeva, percorrendo lo stesso tratto nel fitto traffico di auto, motociclette e mezzi pesanti.Si tratta di un itinerario ciclabile di 4,4 km progettato in linea con i migliori standard europei, lungo il percorso via Giulio Cesare, Passeggio Sant’Andrea, viale Campi Elisi, via D’Alviano, via Lorenzetti e via Orlandini fino dell’inizio della ciclabile Cottur. Il percorso, a cantiere ultimato, sarà continuo e riconoscibile utilizzando diverse soluzioni tecniche, pista ciclabile in sede propria, corsia ciclabile in sede stradale o su marciapiede e alcuni tratti su strada. Per garantire maggiore sicurezza i tratti in corrispondenza di intersezioni stradali o di possibili “interferenze” con i pedoni saranno resi riconoscibili con l’utilizzo di resine speciali di colore rosso scuro. Tuttavia il percorso, sebbene costruito rispettando le norme tecniche di tale tipo di struttura, presenta alcuni punti critici: manca il passaggio dietro la rampa autostradale (di fronte la piscina Bianchi) e manca la rampa ciclabile di connessione alla ciclabile Cottur. Pur reputando questa realizzazione di buon livello, contiamo che la Giunta Dipiazza possa colmare queste lacune con interventi migliorativi.

Federico Zadnich Fiab Trieste Ulisse

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 25 giugno 2016

 

 

Bagni ammessi alla Diga - Valori entro i limiti e il sindaco revoca l’ordinanza di divieto
Tra i suoi primi atti il sindaco Roberto Dipiazza ha revocato l’ordinanza che stabiliva il divieto temporaneo di balneazione nelle acque prospicienti la Diga del Porto vecchio dove è collocato lo stabilimento balneare “La Diga - L’isola di Trieste”.

La nuova ordinanza fa dapprima riferimento a una comunicazione dell’Arpa in cui si riferisce che il campione di acque di balneazione prelevato il 14 giugno nel punto di campionamento Diga vecchia Sud supera il valore limite relativamente al parametro di Escherichia coli facendo dunque ricorrere l’obbligo del divieto temporaneo della balneazione. Di conseguenza il 17 giugno era stata emessa l’ordinanza sindacale con la quale era stato disposto il divieto temporaneo di balneazione fino a nuove analisi dell’Arpa che avessero attestato il rientro dei parametri. Nello stesso giorno però e cioé sempre il 17 giugno ancora l’Arpa, e per la precisione il Laboratorio di Trieste ha comunicato che il campione di acque di balneazione prelevato il 15 giugno (e cioé il giorno successivo a quello del primo campionamento, ndr.) sempre nel punto di campionamento Diga vecchia Sud ha dato i seguenti risultati: E.coli 285 Mpn/100 ml, Enterococchi int. 40 Ufc/100 ml. e che pertanto il campione è rientrato nel valore limite previsto. Dato tutto ciò, il sindaco ha emesso la nuova ordinanza con la quale viene revocata quella precedente che stabiliva il divieto temporaneo di balneazione in quello specchio d’acqua. Il concessionario dello stabilimento balneare “La Diga - L’Isola di Trieste” viene anche invitato a rimuovere i cartelloni che indicavano il divieto di balneazione.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 giugno 2016

 

 

Campi Elisi, alla ciclabile manca ancora qualcosa - la lettera del giorno di Federico Zadnich, responsabile mobilità urbana Fiab Trieste Ulisse

La Ciclabile dei Campi Elisi attualmente in costruzione, congiunge le Rive alla Ciclabile Cottur e costituisce una direttrice importante sia per i ciclisti che intendono spostarsi in città o che intendono raggiungere la ciclabile della Val Rosandra sia per i circa 20mila cicloturisti, prevalentemente stranieri, che visitano e pernottano ogni anno a Trieste nei mesi estivi.

Essa è parte dell’itinerario n.8 del progetto europeo Eurovelo, che punta a realizzare in Europa una rete di percorsi ciclabili a lunga percorrenza destinati ai cicloturisti. Questo itinerario ciclabile è destinato ai ciclisti adulti, privilegia un percorso veloce e lineare e riduce drasticamente il rilevante pericolo che fino ad oggi un ciclista si assumeva, percorrendo lo stesso tratto nel fitto traffico di auto, motociclette e mezzi pesanti. Si tratta di un itinerario ciclabile di 4,4 km progettato in linea con i migliori standard europei, lungo il percorso via Giulio Cesare, passeggio Sant’Andrea, viale Campi Elisi, via D’Alviano, via Lorenzetti e via Orlandini fino dell’inizio della Ciclabile Cottur. Il percorso, a cantiere ultimato, sarà continuo e riconoscibile utilizzando diverse soluzioni tecniche, pista ciclabile in sede propria, corsia ciclabile in sede stradale o su marciapiede e alcuni tratti su strada. Per garantire maggiore sicurezza i tratti in corrispondenza di intersezioni stradali o di possibili “interferenze” con i pedoni saranno resi riconoscibili con l’utilizzo di resine speciali di colore rosso scuro. Tuttavia il percorso, sebbene costruito rispettando le norme tecniche di tale tipo di struttura, presenta alcuni punti critici: manca il passaggio dietro la rampa autostradale (di fronte alla Piscina Bianchi) e manca la rampa ciclabile di connessione alla Ciclabile Cottur. Pur reputando questa realizzazione di buon livello, contiamo che la giunta Dipiazza possa colmare queste lacune con interventi migliorativi. Federico Zadnich responsabile mobilità urbana Fiab Trieste Ulisse
 

 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 giugno 2016

 

 

Bretella di Fernetti ridotta a discarica - il caso
FERNETTI - È già stata definita la “bretella della vergogna”. È quella che, dall'Autoporto di Fernetti, porta, in poche centinaia di metri, alla Grande viabilità triestina.

In sostanza, mezzo chilometro di strada che ogni anno è percorso da migliaia di camion di tutte le dimensioni e provenienze e che assomiglia, ogni giorno di più, a un immondezzaio a cielo aperto. Ai lati, in particolare lungo il bordo destro, nella direzione dell'uscita dall'Autoporto, è possibile trovare di tutto: dalle lattine vuote alle bottiglie di plastica, utilizzate come orinatoi di fortuna e abbandonate sul ciglio, vecchi pneumatici, cartoni di latte, frammenti di vetro, parafanghi usati, indumenti che non servono più. Una situazione che gli impiegati e gli addetti dell'Autoporto, che quella strada devono percorrere ogni giorno per andare al lavoro e tornare a casa, non sopportano più. Alla pari dei residenti. A poche decine di metri ci sono case private e nessuno è felice, soprattutto d'estate, di vivere accanto a una sorta di serbatoio per i ratti, che emana un forte odore capace di attirare animali di vario tipo. «La nostra competenza, per quanto riguarda le pulizie dell'area - spiega Oliviero Petz, direttore dell'Autoporto - si ferma alla sbarra di uscita dalla nostra struttura, là inizia quella dell'Anas. Siamo consapevoli della gravità del problema - aggiunge Petz - ma siamo impossibilitati a intervenire. Non essendo una zona sulla quale abbiamo giurisdizione - precisa - non possiamo operare. L'unica cosa che possiamo fare e già facciamo - aggiunge Petz - è di dotare la nostra struttura di tutti i tipi di raccoglitori, per la carta, il vetro, le lattine, le immondizie generiche e l'umido. Ma sulla buona educazione della gente - conclude sconsolato - non abbiamo potere». Evidentemente, per molti dei camionisti, probabilmente la maggioranza, altrimenti la dimensione del problema non sarebbe quella evidenziata dalle denunce, è più comodo gettare dal finestrino qualsiasi tipo di rifiuto, comprese le bottiglie di plastica piene di urina, piuttosto che utilizzare i raccoglitori. L'Anas promette di intervenire. «È già iniziato l'iter procedurale - spiegano dall'Ufficio stampa di Roma - per bandire una gara in modo da individuare una ditta che possa assumersi l'onere di pulire i bordi di quel tratto di strada. Dobbiamo solo reperire i fondi necessari per sostenere le relative spese - proseguono - poi il tutto si risolverà». In molto però si chiedono quando.

(u.s.)

 

 

Alte concentrazioni dell’alga “scintillante” - Il mare di Muggia diventa fluorescente
Non produce tossine e non è pericolosa per l’uomo, ma rende di sera l’acqua del mare fluorescente: si tratta della “Noctiluca scintillans”, una microalga appartenente ai dinoflagellati, presente spesso nei mari del Fvg.

 Il laboratorio Arpa-Acque marino-costiere e qualità dell'aria di Trieste l'ha rilevata qualche giorno fa in elevate concentrazioni in alcuni punti nel comune di Muggia monitorati per la balneazione. E il fenomeno potrebbe ripetersi. È importante comunque sapere che quest'alga non produce tossine e non è pericolosa per l'uomo. La sua fioritura si verifica preferibilmente tra maggio e giugno quando l'aumento di temperatura favorisce la massima crescita algale, perciò spesso in primavera è causa di maree colorate rosa-arancio. In estate la crescita si riduce, tuttavia l'alga è stata segnalata anche in periodo invernale seppur in basse concentrazioni.

 

 

Primo incontro fra Dipiazza e i comitati
TRIESTE - Primo incontro, ieri sera, fra Roberto Dipiazza e le associazioni che si battono per la tutela della salute dei cittadini e la soluzione della questione Ferriera. In un confronto a porte chiuse i referenti di Comitato 5 dicembre, NoSmog e FareAmbiente e il neosindaco hanno dunque dato il primo impulso al gruppo di lavoro sulla Ferriera che lo stesso Dipiazza aveva promesso in campagna elettorale di voler attivare: era il primo punto dell’elenco dei dieci da mettere in atto nei primi cento giorni di mandato, tenuto presente che il suo obiettivo inserito nel programma è arrivare alla chiusura dell’area a caldo dello stabilimento di Servola. «Un primo incontro per aprire il tavolo previsto - ha dichiarato ieri, a poche ore dall’appuntamento, Barbara Belluzzo, una delle anime del Comitato 5 dicembre - e incominciare a preparare un primo documento da mandare alla proprietà della Ferriera. Arvedi al Senato ha ribadito che secondo lui il processo di risanamento dell’impianto è compiuto, cosa che noi andremo a contestare chiedendo a Dipiazza di farlo presente». Ieri, il primo cittadino ha voluto rimarcare la propria posizione via Twitter: «Il Comune di Trieste non è garante dell’attività di Arvedi; è garante dei cittadini nel controllo della Ferriera di Servola». Questo il tweet riferito alle parole pronunciate da Giovanni Arvedi, presidente del gruppo che controlla Siderurgica Triestina, nel corso dei lavori a Palazzo Madama. Il 9 giugno scorso Dipiazza aveva annunciato i dieci punti da onorare nei primi cento giorni da sindaco, sul tema Ferriera: oltre al coinvolgimento dei cittadini, «verifica della procedura per la chiusura dell’area a caldo e cronoprogramma, analisi dei punti nell’Accordo di programma non ancora rispettati e definizione di azioni conseguenti con valutazione se ci sono estremi per ordinanze maggiormente restrittive, revisione del posizionamento delle centraline di monitoraggio ambientale, controlli e potatura alberi nelle aree delle centraline, verifica della possibilità di acquistarne una sotto controllo diretto del gruppo di lavoro, analisi delle polveri dei giardini inquinati al fine di capire la provenienza della fonte inquinante, avvio della procedura di revisione dell’Aia, redazione del Piano acustico comunale, verifica dell’iter autorizzativo per il capannone del laminatoio e controllo della situazione del trattamento delle acque».

(m.u.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 giugno 2016

 

 

Al via la bonifica dell’ex fabbrica Sadoch
Nell’edificio di viale Ippodromo verranno realizzati 83 alloggi e 71 saranno affittati con un canone agevolato
Vent’anni di degrado - Prende vita la convenzione tra Comune e Fondo Housing sociale che ha acquisito la proprietà dell’immobile abbandonato
L’insegna con il nome del fondatore dell’impresa Saul Sadoch campeggia ancora sulle murature ormai deteriorate. Una storia lunga e tormentata quella dell’edificio che a partire dalla metà degli anni ’50 ospitò la celebre fabbrica di carta fondata già nel 1914 ai tempi del primo conflitto mondiale. Una storia che più di 40 anni dopo si sposta nella struttura di viale Ippodromo, 4 dove resterà attiva fino agli anni Novanta, per poi lasciare il passo alla nuova sede posizionata nella zona industriale della città. Ma intanto la dismissione del fabbricato in questione viene seguita da un inevitabile abbandono e degrado del luogo. Basta soffermarsi ancora oggi nei pressi dell’area per osservare i muri scrostati, le finestre sventrate, le serrande arrugginite e le erbacce che crescono alte ovunque. Oltre ad una serie di scritte e disegni che hanno lordato le pareti. Nonostante gli ingressi siano sbarrati da catene e grossi lucchetti, non è difficile superare le barriere. E le scorribande notturne condite da atti vandalici che si sono susseguite nel tempo ne sono una testimonianza. Così come la serie di progetti che si sono alternati per invertire la rotta di degrado del doppio immobile che conta su una superficie complessiva di ben 9mila metri quadrati. Senza dimenticare i pericoli causati dai continui cedimenti della struttura con la caduta di pezzi di intonaco sulla strada abbattuti dalle raffiche di vento. Ma adesso arriva la tanto attesa svolta che prelude alla nuova vita dell’immobile. A partire dalle prime operazioni di bonifica del sito già avviate, fino ad arrivare al cambio della destinazione d'uso, che prevede la realizzazione di alloggi sociali a canone agevolato. È realtà, infatti, la convenzione stipulata tra il Comune di Trieste e la finanziaria internazionale Investments Sgr spa per conto del Fondo Housing Sociale Fvg. Un accordo nel quale viene stabilito che «il Fondo acquisisca la piena proprietà dell’immobile e provveda a eseguire un profondo intervento di ristrutturazione e riqualificazione dello stesso, con lo scopo di rendere disponibili indicativamente 83 alloggi, tutti dotati di posto auto a uso esclusivo e in classe energetica almeno di categoria B». La convenzione prevede poi - come si legge nel documento - che 71 di questi alloggi (l’80 per cento del totale) rientrino nell’operazione di housing sociale e siano dunque destinati a canoni di locazione calmierati. Nel progetto c'è anche la realizzazione di 3 spazi collettivi dati in utilizzo gratuito alla comunità dei residenti «al fine di favorire l’integrazione, la socializzazione ed innalzare la qualità dell’abitare degli stessi». I restanti 12 alloggi invece saranno destinati alla vendita a libero mercato e dunque «completamente svincolati rispetto agli impegni assunti nella convenzione». Dei 71 alloggi interessati dall’operazione di housing sociale, è previsto che per la metà (35) vi sia una locazione a canone convenzionato per una durata di 8 anni (con la possibilità di concordare con il destinatario il patto di futura vendita), mentre per gli altri 36 la durata stabilita è di almeno 15 anni. L’incarico della gestione del patrimonio in locazione e della creazione di una comunità di residenti «coesa e solidale che promuova i buoni rapporti di vicinato» sarà affidato a un gestore sociale. I destinatari delle unità abitative che si renderanno disponibili saranno individuati tra le fasce della popolazione «con minore possibilità di accesso alla casa». Tra queste, gli anziani, i nuclei familiari a basso reddito con figli e le giovani coppie. Tra i requisiti previsti per beneficiare degli alloggi ci sono la cittadinanza italiana o di un Paese Ue, la residenza sul territorio regionale e un Isee non superiore ai 29 mila euro. Il canone convenzionato sarà determinato in funzione delle caratteristiche di ogni singola unità abitativa. Il canone medio applicato - si legge nella convenzione - sarà indicativamente pari a 68 euro a mq. per anno di superficie commerciale e in ogni caso non superiore a 78 euro/mq/anno.

Pierpaolo Pitich

 

 

Medolino, parte il depuratore a pieno regime in autunno

L’opera ha un costo di 1,4 milioni di euro attinti in massima parte dal Progetto Adriatico dell’Ue

Già allo studio il progetto per la copertura dell’intero territorio nell’arco di cinque anni

POLA «Sulle spiagge del Comune di Medolino non sventoleranno più le bandiere rosse a denotare l'inquinamento del mare e il divieto di balneazione in quanto offriremo mare cristallino ai bagnanti». Lo ha dichiarato il ministro del Turismo croato Anton Kliman intervenendo all'inaugurazione del nuovo depuratore delle acque di scolo installato a Marlera, costruito nell'ambito del Progetto Adriatico. L'impianto, che tratterà le acque di scolo anche di Lisignano e Sissano, entra in funzione inizialmente a regime di collaudo dopo l'apertura della stazione di sollevamento di Casella avvenuta oltre due anni fa e della posa dello scarico a mare a Marlera, per un chilometro di tubature. Il depuratore è stato progettato per il regime di lavoro estivo calibrato a 34.500 AE (abitante equivalente) mentre fuori stagione a 7.500 AE. Il costo dei lavori come da contratto è di 1,4 milioni di euro attinti in massima parte dal Progetto Adriatico al quale Bruxelles ha destinato complessivamente 7,6 milioni. I lavori affidati alla ditta appaltatrice Hidroprojekt-Ing di Zagabria si sono protratti per 15 mesi e hanno incluso anche la collocazione di 3,5 km di tubature sulla terraferma. Raggiante il sindaco di Medolino Goran Bui„: «Nella realizzazione del progetto - ha detto - abbiamo tenuto conto non solo delle necessità dei cittadini residenti, ma anche di quelle del settore turistico visto che il comune si colloca ormai ai vertici nazionali in quanto a giornate presenza, che nell'alta stagione toccano quota 2,5 milioni mentre le capacità ricettive superano i 15.000 villeggianti». Il depuratore di Marlera, nel quale confluiscono le acque portate da 70 chilometri di rete fognaria, come pure quello di Promontore, come detto al momento è in fase di rodaggio, e l'entrata in funzione a pieno regime è prevista per il prossimo autunno, è collegato a tutti i grandi impianti turistici dell'area e il 60% dei nuclei familiari locali sul totale di 3.000 abitanti, per cui la copertura del territorio non è ancora completa. Ed è per questo che già si guarda al futuro: unitamente all'Azienda idrica di stato e al vicino comune di Lisignano si sta lavorando alla stesura dello Studio di fattibilità comprensivo di tutte le località con il fine ultimo di coprire tutto il territoro con la rete idrica e quella fognaria nell'arco di 5 anni. L'investimento viene calcolato sui 26 milioni di euro per i quali si busserà alla porta dei fondi europei.

(p.r.)

 

Test sulla salute dell’acqua nel Golfo - Verdetto nelle prossime settimane: l’Ogs ha raccolto i campioni a Miramare
Come stanno le acque del Golfo di Trieste ? Una risposta a questa domanda arriverà nelle prossime settimane, quando si potranno consultare i risultati delle analisi effettuate ieri, in occasione dell'Ocean Sampling Day, nelle acque antistanti il castello di Miramare.

La raccolta dei campioni è stata effettuata dai biologi marini dell'Ogs, l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, in contemporanea con centinaia di ricercatori sparsi in tutto il mondo. L'Ocean Sampling Day, infatti, coinvolge trentadue partner accademici e industriali per favorire la collaborazione interdisciplinare, a livello mondiale, e per migliorare la ricerca sugli ecosistemi marini e le cosiddette biotecnologie blu. Nei due anni precedenti la raccolta è stata effettuata in circa 190 siti, dall'Islanda al Sudafrica. «Partecipiamo all'Ocean Sampling Day fin dalla prima edizione che si è svolta due anni fa - spiega Paola Del Negro, direttrice della sezione di oceanografia dell'Ogs - . Questa iniziativa impegna ricercatori di tutto il mondo che, utilizzando gli stessi protocolli operativi, raccolgono campioni delle acque oceaniche e costiere per studiare i microrganismi presenti e le loro funzioni». «I campioni raccolti - prosegue la direttrice - verranno analizzati in parte a Trieste e in parte verranno inviati ai coordinatori del progetto per le analisi molecolari, in Germania e Inghilterra. I risultati saranno utili per conoscere meglio la biodiversità microbica di mari e oceani, indispensabile per poter valutare le risposte del mare ai cambiamenti climatici e le conseguenze delle attività umane sull'ecosistema marino». I quattro campionamenti effettuati - in superficie, a una profondità di cinque, dieci metri, e sul fondale - si sono svolti a circa 200 metri dalla costa, presso la stazione C1, un sito storico di ricerca biologica marina. A partire dagli anni Settanta, infatti, vengono studiate le caratteristiche idrologiche, chimiche e biologiche del Golfo, attraverso dei campionamenti mensili. «Disponiamo dunque di una lunga serie temporale di dati che sono fondamentali per conoscere lo stato di salute del nostro mare e gli effetti del cambiamento climatico sulla sua biodiversità - precisa Del Negro - . I dati raccolti nel corso degli anni, inoltre, sono determinanti per poter individuare l'eventuale presenza di specie aliene e capirne l'impatto sulle comunità biologiche marine autoctone». I microrganismi marini, come i batteri, le microalghe e gli altri organismi unicellulari, sono fondamentali nel regolare il clima del Pianeta e svolgono un ruolo analogo a quello delle piante terrestri. In un solo litro di acqua di mare ce ne possono essere anche più di un miliardo ed è attraverso il loro studio che si possono rilevare i cambiamenti in corso nell'ecosistema marino.

Luca Saviano

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 giugno 2016

 

 

Staffetta ecologica in partenza oggi davanti a Miramare
Dal Golfo di Trieste alla Laguna di Venezia. Parte oggi dal Parco Marino di Miramare una sorta di staffetta ecologica a cui parteciperanno anche i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) e dell’Università di Trieste. A nuoto, in barca a vela, in canoa e in bicicletta attraverseranno habitat marini, lagunari e terrestri per illustrare la biodiversità e le peculiarità dei diversi ambienti, fino a raggiungere Venezia il 28 giugno. A 150 anni dalla definizione del concetto di ecologia, la Rete Italiana per la Ricerca Ecologica di Lungo Termine (Rete Lter-Italia) promuove i Cammini Terramare: i ricercatori percorreranno diversi itinerari e si confronteranno con i cittadini su questioni ambientali, spostandosi di volta in volta tra diversi siti di ricerca, in Friuli Venezia Giulia e in Veneto, della Rete Lter. «Questa Rete unisce siti, gestiti da università e istituti scientifici, dove si svolgono ricerche ecologiche di lungo termine per studiare gli ecosistemi: conoscerne la biodiversità e gli effetti dei cambiamenti climatici e ambientali» spiega Paola Del Negro, direttrice della Sezione di Oceanografia dell’Ogs. «E a Trieste, proprio presso il Parco Marino di Miramare, a circa 200 metri dalla costa, si trova la stazione C1 LterR, un sito storico di ricerca biologica marina. Da lì parte stamattina il primo cammino: Terramare – Il racconto del cambiamento tra terra, mare e laguna». Alle 12, ricercatori dell’Ogs e dell’Università, insieme ad alcuni rappresentanti dell’Unione Sportiva Triestina Nuoto, della Rari Nantes Adria Monfalcone e della Asd Forum Julii Cividale, si tufferanno in acqua e raggiungeranno a suon di bracciate Santa Croce. Dove nel pomeriggio, alle 15, la sede dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (in via Auguste Piccard, 54), ospiterà un incontro pubblico.
 

 

Masegni, il soprintendente faccia osservare le norme

la LETTERA DEL GIORNO di Bruno Cavicchioli presidente del Comitato per la salvaguardia del patrimonio urbano di Trieste (seguono oltre trenta firme)
Dopo aver visto, tanti anni fa sul “Piccolo”, la foto del sindaco Illy e dell’assessore Damiani con il piccone in mano, pronti a spaccare i lastricati di piazza Unità, era sorto il Co.Sa.Pu (Comitato per la salvaguardia del patrimonio urbano di Trieste). Tra le attività svolte in questi anni abbiamo tentato di difendere, soprattutto, un patrimonio storico di livello europeo (attestato da vari personaggi in visita a Trieste, a cominciare da Stendhal, «la pavimentazione più bella d’Europa»), di masegni, pagati nell’Ottocento dai negozianti con una tassa o “gabella” sulle merci che entravano nel porto franco. Quindi soldi nostri. Buttati al vento da tutte le amministrazioni che si sono succedute negli ultimi vent’anni. Per opporci a tale scempio abbiamo acquisito una cultura storica e giuridica non indifferente interessando con esposti e segnalazioni “Il Piccolo” e altri media, le forze di polizia, la Procura della repubblica, la Corte dei conti, la presidenza della Repubblica, la Regione, la Soprintendenza, esponendo il dolo storico e amministrativo in atto nominato “riqualificazione”. Ma la colpa ben maggiore di questo scempio sta nell’assoluta indifferenza della Soprintendenza che, in un va e vieni continuo (unica a interessarsi del problema è stata l’architetto Picchione, ma abbiamo visto la fine che ha fatto), non è intervenuta se non rapsodicamente e in modo ininfluente. Resta poi il mistero della magistratura che, in presenza di una decina di esposti, non ha mai inquisito il Comune per le migliaia di masegni distrutti o venduti ai privati, che fanno bella mostra di sé in varie ville della Penisola. Siamo al paradosso: un libretto della Bur, con più di 50 anni di età, non si può esportare, ma una pavimentazione centenaria, quando non bicentenaria, di lastricati si può rimuovere, vendere o sostituire impunemente. Per anni ci hanno scritto che la causa dell’asporto dei masegni (e ancora si insiste su questo punto) era dovuto ai “sottili tacchi delle signore” e al pericolo di cadute (sic!). Con riguardo a piazza Ponterosso, a lavori finiti, riguardando le vecchie stampe e fotografie e tornando indietro nel tempo con i ricordi, il risultato attuale è un insulto estetico. Prima c’era una continuità di pavimentazione che riguardava tutto il centro città. Ora ci si trova davanti a un “divertissement” da cabaret, con quattro tipi diversi di pavimentazione. L’assessore Dapretto ringrazia l’Autorità portuale per le lastre di masegno regalate da quest’ultima per la “riqualificazione” della piazza. Ma quelle che c’erano in loco e nelle vie limitrofe, che fine hanno fatto? Per anni ci hanno scritto che i depositi comunali erano pieni di masegni. Tutto questo non quadra. Ci rivolgiamo pertanto al nuovo soprintendente, architetto Azzolini, affinché faccia osservare scrupolosamente alla nuova amministrazione comunale le leggi in vigore, e in modo particolare l’articolo 10 del decreto legislativo 42 del 2004, per poter preservare quel poco che ancora resta dell’antica pavimentazione storica triestina, in particolare quella interessata dalla prossima “riqualificazione” delle sponde del Canale di Ponterosso e i binderi di via delle Monache e via del Castello, in serio pericolo di usura e asporto incontrollato.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 20 giugno 2016

 

 

"La plastica si può convertire in carburante"
Nuovo processo chimico messo a punto all'Università della California: sarebbe in grado di degradare materiali plastici in polietilene in combustibili liquidi e cere
ROMA - Un team di ricercatori dell'Università della California Irvine ha sviluppato un nuovo processo chimico in grado di degradare materiali plastici in polietilene in combustibili liquidi e cere. Il metodo, spiegano i ricercatori nell'articolo su Science Advances, potrebbe aiutare a riciclare milioni di tonnellate di plastica prodotte ogni anno e a trasformarle anche in "carburante" per le macchine o in cere usate nei processi di produzione industriale.
La plastica costituisce una parte importante dei rifiuti dell'uomo. I materiali in polietilene e propilene costituiscono oltre il 60% del totale della plastica contenuta nei rifiuti solidi urbani. E, come se non bastasse, il polietilene è molto difficile da degradare senza trattamenti speciali. La nuova tecnica sviluppata dall'ateneo californiano riesce a rimescolare gli idrocarburi presenti nel polietilene usando dei reagenti leggeri e poco
costosi e i ricercatori sottolineano che diversi tipi di polietilene possono così essere completamente degradati nel giro di una giornata. Il metodo è stato testato con prodotti in plastica comuni, dalle bottiglie alle pellicole delle confezioni alimentari, alle buste della spesa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 giugno 2016

 

 

Stop al rigassificatore, ambientalisti scettici

Cinque associazioni scrivono a Serracchiani: «Insufficienti le rassicurazioni del ministro Calenda» - Procedure aperte - Vanno unificati gli iter del terminal gnl e del gasdotto
Le parole del ministro Carlo Calenda non sono sufficienti ad archiviare il progetto del rigassificatore a Zaule. La “non strategicità” dell’impianto, proposto dal gruppo catalano Gas Natural, non è argomento bastevole a eliminare dubbi, sospetti, eventualità che il rigassificatore ri-faccia capolino sulla costa triestina, in quanto starebbe solo a significare che il governo non erogherà incentivi per la realizzazione. Ma “no-incentivi” non significa automaticamente “no-rigassificatore”: allora, per chiudere un fascicolo lungo 12 anni, sono indispensabili ulteriori atti amministrativi propedeutici alla Conferenza dei servizi decisiva, che sarà convocata dal ministero dello Sviluppo Economico (da ora Mise). L’atto ritenuto più urgente e importante riguarda il parere della Regione Fvg sul metanodotto Trieste-Grado-Villesse, progettato per collegare il rigassificatore alla rete nazionale. La giunta Serracchiani non ha ancora emanato il decreto e il vice-ministro Teresa Bellanova, replicando al deputato Aris Prodani in un “question time” di quattro giorni fa, ha dichiarato che il Mise avrebbe provveduto a convocare la Conferenza dei servizi «entro termini che consentano alla Regione Fvg di esprimersi ... Infatti la Regione non si è ancora espressa, in via ufficiale, con propria delibera di Giunta». Una lettera al governatore Serracchiani è stata illustrata in un incontro promosso dalle associazioni ambientaliste ieri mattina al Caffè San Marco. Erano presenti Andrea Wehrenfenning (Legambiente), Carlo Franzosini (Wwf), Giorgio Cecco (FareAmbiente), Alda Sancin (NoSmog), Giorgio Jercog (Amici del Golfo). A supporto delle loro posizioni il parlamentare Prodani. Gli ambientalisti non si accontentano delle assicurazioni verbali di Calenda e vorrebbero evitare che rimanga in agguato la possibilità di depositi costieri di Gnl o di mini-impianti. Dunque, in primo piano il caso-gasdotto. Gli esponenti ambientalisti non riescono a spiegarsi perchè rigassificatore e relativa infrastruttura “di trasporto” abbiano avuto itinerari amministrativi distinti. E hanno sottolineato come la commissione Via-Vas al ministero dell’Ambiente si sia espressa favorevolmente rispetto alla costruzione del metanodotto. Insomma, per garantire trasparenza ed evitare malintesi, il gasdotto - eccepiscono le associazioni ambientaliste - deve essere “neutralizzato” e, affinchè ciò avvenga, la Regione Fvg deve pronunciarsi contro di esso con un atto specifico. Un altra faccenda, su cui si è appuntata l’attenzione degli ambientalisti, riguarda il verbale della Conferenza dei servizi risalente al 22 novembre 2012, che espresse parere favorevole al rilascio dell’Aia (autorizzazione integrata ambientale). Ma in calce al documento apparvero tre dichiarazioni, a cura dei rappresentanti di Comune, Provincia, Azienda Sanitaria, con le quali i tre enti pubblici prendevano le distanze dalle conclusioni della Conferenza, alludendo apertamente a «falsità del verbale» che venne redatto da dirigenti della Regione. Regione - obiettano gli ambientalisti - che «non ha mai risposto alle richieste di chiarimento su questa grave vicenda». E allora le associazioni sollecitano la Serracchiani a «colmare questa lacuna, anche a tutela della sua amministrazione». Infine, il terzo argomento, emerso ieri mattina, è la lettera datata alla Vigilia di Natale 2015, con cui l’Autorità portuale chiede la riapertura del procedimento di Via (Valutazione impatto ambientale) ai due ministeri competenti, Mise e Ambiente, in quanto la messa in sicurezza dell’ex discarica di via Errera implica «modifiche sostanziali» al progetto del rigassificatore. Le cinque sigle ambientaliste chiedono al presidente Serracchiani di sostenere la richiesta dell’Ap triestina.

Massimo Greco

 

 

Da Miramare fino a Jesolo - Parte la staffetta ecologica
Esperti di Ogs, Università e Riserva marina in viaggio a nuoto, in bici e a vela - per monitorare lo stato di salute delle coste e invitare al rispetto del pianeta
Prelevare campioni di acque marine e aria, per capire come sta l'ambiente che ci circonda. Proporre lezioni di ecologia, con l'obiettivo di sensibilizzare le persone sulla necessità di preservare il mondo nel quale viviamo. Osservare gli ecosistemi per tentare di capirli sempre di più. Sono queste le azioni decise e organizzate, a partire da domani, dalla Rete italiana per la ricerca ecologica di lungo termine (Lter Italia), per celebrare i 150 anni dalla nascita del termine ecologia, che fu coniato per la prima volta, nel 1866, dallo scienziato tedesco Ernst Haeckel. Azioni che coinvolgeranno, con una formula molto originale, anche Trieste e l'intera costa del Friuli Venezia Giulia. Nel corso della settimana, infatti, una staffetta ecologica partirà dalla nostra città, e più precisamente dal Parco marino di Miramare, per raggiungere, completando quelli che sono stati definiti i "Cammini Terramare", i Filtri di Aurisina, in particolare il Laboratorio di biologia marina e proseguire nei giorni successivi alla volta di Venezia, toccando, lungo il percorso, Grado, Marano, Lignano, Caorle, Jesolo, Cavallino. A rendere speciali i “cammini” il fatto che i partecipanti utilizzeranno canoe, biciclette, imbarcazioni, ma nuoteranno e cammineranno anche, in un abbraccio con la natura. «Abbiamo scelto di iniziare domani - ha detto Paola Del Negro, responsabile della sezione di Oceaonografia dell'Istituto di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) - perché è il giorno del solstizio d'estate, ma anche quello che prevede una campionatura delle acque marine che sarà effettuata in tutto il mondo. Grazie a una serie di associazioni di nuotatori - ha aggiunto - inizieremo proprio dal mare, raggiungendo a nuoto i Filtri, da dove partiremo martedì, con piccole barche, per arrivare alle foci del Timavo. Là prenderemo le bici per raggiungere Grado, da dove partiremo con le canoe per arrivare a Marano Lagunare. Lter - ha sottolineato Del Negro - unisce siti gestiti da Università e istituti scientifici, dove si svolgono ricerche ecologiche di lungo termine per studiare gli ecosistemi, conoscerne la bio diversità e gli effetti sui cambiamenti climatici e ambientali». Nel tratto a nuoto, i ricercatori saranno affiancati da atleti della Triestina nuoto, della Rari nantes Adria di Monfalcone e del Forum Julii di Cividale. Serena Fonda Umani ha ricordato «l'importanza di capire l'effetto che provocano sulla salute delle persone i cambiamenti climatici. In particolare sarà molto interessante il pubblico incontro, previsto alle 15 di domani, nella sede dell'Ogs, in via Piccard 54, a pochi passi dalla spiaggia dei Filtri di Aurisina, nel corso del quale ripercorreremo i 150 anni del termine e del concetto di ecologia e illustreremo i risultati degli studi che stiamo conducendo sulle acque del golfo di Trieste». Maurizio Spoto, direttore della Riserva naturale marina di Miramare, dopo aver citato «la fattiva collaborazione in atto da anni con l'Ogs», ha definito l'iniziativa che parte domani «la più importante e visibile in campo ecologico. Ci sposteremo - ha proseguito - lungo la rete delle aree marine protette del Friuli Venezia Giulia, e ogni tappa rappresenterà un'occasione per una conoscenza reciproca e l'approfondimento di numerosi temi legati alla tutela dell'ambiente».

Ugo Salvini

 

Tuffi proibiti sul Lungomare Venezia - Divieto di balneazione per motivi igienico-sanitari a Muggia: valori di Escherichia coli oltre i limiti. Si attendono i nuovi dati
MUGGIA - Divieto di balneazione temporanea per motivi igienico-sanitari nelle acque antistanti il Bagno Muggesano-Lungomare Venezia.

Questo l’oggetto dell’ordinanza firmata dal sindaco di Muggia, Laura Marzi, un atto necessario in seguito alla comunicazione giunta dall’Arpa Fvg che ha evidenziato come nel campione prelevato il 14 giugno scorso sia stato superato il valore limite di 500 ufc/100ml relativamente al parametro Escherichia coli. Da qui l’'obbligo del divieto di balneazione. L’Escherichia coli è uno dei principali batteri che vivono nella parte inferiore dell’intestino di animali a sangue caldo, tra cui anche l’uomo. Sono batteri considerati necessari per la digestione corretta del cibo. La sua presenza nei corpi idrici segnala condizioni di fecalizzazione ed è a tutti gli effetti il principale indicatore di contaminazione fecale, insieme agli enterococchi. «I coli batteri sono stati misurati dopo una pioggia abbondante che ha provocato lo sversamento delle tubature di scarico: sappiamo che l’Arpa ha fatto delle nuove misurazioni e forse già domani l’ordinanza verrà revocata e la balneazione tornerà ad essere in vigore regolarmente». Come si evince dall’ordinanza redatta dal Servizio di ecologia ambientale, prevenzione e protezione del Comune di Muggia, la polizia locale è incaricata per quanto di competenza di «controllare il rispetto della presente ordinanza» ed è fatto «obbligo alla cittadinanza di osservare la presente ordinanza. In caso di inottemperanza si provvederà ai sensi di legge». La presenza di batteri intestinali in eccesso nelle acque muggesane non è una novità assoluta. Anzi. Già la scorsa estate Goletta Verde aveva evidenziato l’analisi relativa a parametri microbiologici, legata alla concentrazione di enterococchi intestinali e, appunto, escherichia coli, e chimico-fisici delle acque lo sbocco del canale di via Battisti definito fortemente inquinato con valori oltre il doppio dei limiti di legge. La presenza di Escherichia coli aveva superato il limite di legge anche nel luglio del 2013 tanto da provocare un divieto di «immissione al consumo umano diretto» e obbligo di depurazione dei molluschi bivalvi vivi estratte dalle acque della zona che va da Punta Olmi al confine di Stato. L’allora vicesindaco Marzi aveva spiegato che l’eccesso di escherichia era in realtà «una situazione frequente durante la stagione estiva dovuta al riscaldamento delle acque che creano delle correnti che portano i prodotti delle fognature verso gli allevamenti di cozze. Da qui le cozze filtrano e accumulano il prodotto». Resta ora da apprendere quali saranno i risultati emersi dall’ultimo controllo effettuato da parte dell'Arpa. In Comune vige un certo ottimismo. Forse già domani vi sarà l’atteso responso.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 18 giugno 2016

 

 

Resoconto della CONFERENZA STAMPA delle associazioni ambientaliste sulla lettera aperta alla Presidente Serracchiani
Le associazioni ambientaliste chiedono alla Presidente Serracchiani, con una lettera aperta, di attivarsi, anche con atti amministrativi, su alcune importanti questioni riguardanti il rigassificatore di Zaule
Le questioni sollevate dalla associazioni WWF FVG, Legambiente FVG, FareAmbiente FVG, NoSmog Trieste e Amici del Golfo riguardano alcune questioni sostanziali emerse a proposito del rigassificatore di Zaule, che richiedono l'intervento della Presidente regionale.
1) il verbale della Conferenza di servizi del 22 novembre 2012
Questo verbale – citato nel parere della Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale (CTVIA) – VIA VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare emesso il 6 maggio 2016 – dichiara non ammissibili tutte le contrarietà, dubbi e richieste di approfondimento presentate durante la Conferenza dai rappresentanti del Comune di Trieste, della Provincia di Trieste e dell'Azienda per i Servizi Sanitari n.1. I tre rappresentanti in questione, firmando il verbale, dichiarano esplicitamente che “le conclusioni non sono della conferenza, ma dettate da Giust a Gubertini” e parlano di “falsità del verbale”. La Regione FVG non ha mai risposto alle richieste di chiarimento su questa grave vicenda, nonostante i passi ufficiali compiuti dal Comune di Trieste e dagli altri enti.
Le associazioni chiedono alla Presidente Serracchiani di colmare questa lacuna, anche a tutela della sua amministrazione, accertando quanto accaduto, e adottando ufficialmente un atto privo di irregolarità, da comunicare tempestivamente alla Commissione Tecnica VIA.
2) la lettera dell'Autorità Portuale di Trieste del 24 dicembre 2015
In seguito alla Conferenza di Servizi Istruttoria sul SIN del 25 novembre 2015, che invita a procedere alla messa in sicurezza dell'area dell’ex discarica a mare di Via Errera, si pone il problema di effettuare modifiche sostanziali al progetto del rigassificatore. Per questo l'Autorità Portuale ha chiesto al Ministero dell'Ambiente e a quello dello Sviluppo Economico di riaprire il procedimento di VIA.
Le associazioni chiedono alla Presidente Serracchiani di sostenere questa richiesta dell'Autorità Portuale presso il Ministero dell'Ambiente e presso il Ministero dello Sviluppo Economico.
3) il parere della Regione FVG sul metanodotto Trieste-Grado-Villesse
E' noto che fino ad oggi non è stato ancora emanato il decreto di pronuncia di compatibilità ambientale del metanodotto di collegamento tra rigassificatore e rete di trasporto nazionale del gas. Lo ricorda la viceministro Bellanova nella recentissima risposta all'interrogazione a risposta immediata dell'on. Prodani (15 giugno 2016, Question time in X Commissione della Camera). Citiamo: “Il Ministero dello Sviluppo economico provvederà a convocare la riunione della Conferenza di servizi decisoria nell'ambito del procedimento di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio del rigassificatore, entro termini che consentano alla Regione Friuli Venezia Giulia di esprimersi in merito all'intesa, necessaria in base alle norme vigenti per il rilascio dell'autorizzazione stessa. Infatti, la Regione Friuli Venezia Giulia non si è ancora espressa, in via ufficiale, con propria delibera di Giunta, in merito all'intesa sull'opera in oggetto”.
Le associazioni chiedono alla Presidente Serracchiani di esprimere formalmente, con delibera di Giunta, il proprio parere negativo sul progetto di metanodotto, in coerenza con quanto da Lei sino ad ora affermato.
4) conferenza di servizi decisoria
Le associazioni chiedono alla Presidente Serracchiani di esprimere intesa negativa sul progetto del rigassificatore in sede di Conferenza di servizi decisoria al MISE.
Trieste, 18 giugno 2016
La lettera aperta è sottoscritta dai presidenti regionali delle associazioni firmatarie:
WWF FVG - Alessandro Giadrossi
Legambiente FVG - Sandro Cargnelutti
FareAmbiente FVG - Giorgio Cecco
NoSmog Trieste - Alda Sancin
Amici del Golfo - Giorgio Jercog
email: info@legambientefvg.it ; email: delegatofriuliveneziagiulia@wwf.it

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 18 giugno 2016

A supporto della lettera delle associazioni ambientaliste inviata alla Presidente Debora Serracchiani in data 14 giugno 2016, vogliamo aggiungere un ulteriore punto a quanto scritto in riferimento al nuovo PER ( Piano energetico regionale ), il quale promuove la realizzazione di un terminale di rigassificazione di piccola scala. Ribadiamo che nell'area di V. Errera a Trieste e nel suo porto non vi è alcuna possibilità per questioni ambientali, di sicurezza della popolazione e dei traffici portuali di inserire qualsiasi struttura energetica di Gnl per favorire il rifornimento sia navale che la rete dei trasporti su gomma. Quindi no a depositi o mini rigassificatori di gas liquefatto GNL !
Comitato salvaguardia del Golfo di Trieste

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 18 giugno 2016

 

 

Primo via libera alla legge “salvagrotte”

Approvata dalla giunta regionale la norma sulla valorizzazione delle cavità naturali. Speleologi in allarme per il taglio ai fondi
il catasto da rivedere  - Il ddl punta ad aggiornare il vecchio censimento che risale al 1966 e fotografa una realtà ampiamente superata
Due specie di mammiferi, le nutrie e i tassi, rappresentano un pericolo per la struttura e la stabilità degli argini dei corsi d'acqua. Per far fronte a questo problema, la Regione ha predisposto una convenzione con l'Università di Udine al fine di individuare soluzioni innovative, nonché ecologicamente ed eticamente sostenibili, per ridurre l'impatto causato dall'attività di questi animali. L'accordo, approvato dalla Giunta regionale su proposta dell'assessore all'Ambiente Sara Vito, prevede una collaborazione tra gli organismi della Regione e i ricercatori dell'ateneo per studiare la distribuzione sul territorio e la tendenza numerica della nutria e del tasso. Questo censimento sarà utile per valutare l'impatto attuale e futuro della presenza dei due mammiferi sulle attività antropiche, sugli ecosistemi, sulle opere idrauliche e in particolare sugli argini in terra, oltre che sulla salute pubblica. La nutria (Myocastor coypus) è un mammifero roditore originario del Sud America che negli ultimi anni ha registrato una vistosa proliferazione anche nelle periferie delle città. Ancor più grandi sono invece i tassi (Meles meles) che si distinguono per il muso a strisce bianche e nere.di Diego D’Amelio Fa un passo in avanti il percorso della legge regionale per la mappatura e la salvaguardia delle grotte e delle cavità del Fvg. La giunta Serracchiani ha approvato ieri, in via preliminare, il testo del ddl per la tutela e la valorizzazione della geodiversità, del patrimonio geologico e speleologico e delle aree carsiche. La norma si propone di rinnovare l'attuale regolamentazione, risalente addirittura a cinquant'anni fa, quando la legge del Fvg fu la prima introdotta in Italia. In arrivo dunque nuovi dettami per la conservazione delle grotte sparse in regione e sanzioni che per la prima volta andranno chiaramente a colpire chi danneggia e inquina i tesori del sottosuolo. Nel complesso, il ddl punta alla valorizzazione ecosostenibile del patrimonio geologico e speleologico, che andrà risanato dove necessario, difeso da nuovi guasti, promosso a livello turistico e fatto oggetto di un'azione mirata di studio e divulgazione. Asse della legge sarà la creazione di un nuovo catasto regionale delle grotte naturali, delle cavità artificiali e delle forre del Fvg. Il catasto attuale risale al 1966 e fotografa una situazione ampiamente superata: mappare le cavità naturali e quelle create dalla mano dell'uomo è considerato dunque punto di partenza ineludibile dai due assessori proponenti, Mariagrazia Santoro e Sara Vito, convinte che ogni azione di risanamento debba partire dal censimento dei circa 8mila geositi e geoparchi presenti in regione, 25 dei quali soggetti a tutela paesaggistica per il proprio interesse geologico, preistorico e storico. Si tratta di un patrimonio ragguardevole, la cui ampiezza è diretta conseguenza dei fenomeni carsici: il Fvg è la regione italiana che conta la maggiore densità di grotte naturali, di cui 3.800 nella sola provincia di Trieste. La regione vanta anche 234 geositi ad alta valenza geologica, di cui 22 a valenza sovranazionale e 42 nazionale. L'aggiornamento del catasto prevede la schedatura degli aspetti geologici, idrogeologici, paleontologici, ecologici, archeologici, etnografici e storico-culturali: un ampio spettro di fattori che si pone l'obiettivo di non intendere più le cavità come un elemento paesaggistico fra i tanti, ma come testimonianza della geodiversità regionale. Come spiegano Santoro e Vito in una nota, «il valore aggiunto consiste nel coinvolgimento di tutti i portatori di interesse nella stesura del ddl. Speleologi, geologi, Università e ambientalisti hanno fornito indicazioni operative, tecniche e scientifiche per redigere un testo normativo il più possibile condiviso e rispondente alle reali necessità e all'effettiva tutela e valorizzazione di un patrimonio di inestimabile valore». Il testo è stato scritto con la collaborazione dei geologi delle due università, del Museo friulano di storia naturale, delle rappresentanze degli speleologi e del Cai. In futuro sono inoltre previsti accordi con enti di ricerca e associazioni: a questo scopo verrà creato un elenco delle società e dei gruppi speleologici del Fvg, abilitati all'accesso a finanziamenti regionali e a svolgere un ruolo di monitoraggio del patrimonio geologico. Al momento la gestione del catasto regionale risulta affidata in convenzione alla Federazione speleologica del Fvg, che raccoglie al suo interno la maggioranza dei gruppi di grottisti attivi in regione. Il suo presidente, Furio Premiani, aspetta con prudenza il testo del ddl appena licenziato: «Per commentare bisogna leggere la norma e soprattutto capire come saranno concepiti i regolamenti attuativi». Premiani si dice preoccupato soprattutto per i finanziamenti ai gruppi speleologici: «Quando la questione è passata nel 2007 sotto la competenza delle Province, i fondi si sono drasticamente ridotti e la giunta non ha ancora dato garanzie in tal senso. Bisogna poi capire se la Regione intende davvero gestire in via diretta il catasto come annunciato: ora lo facciamo noi in convenzione e, se così fosse, dovremo licenziare due dipendenti».

 

Boom di rifiuti raccolti nei sabati ecologici - Recuperate quaranta tonnellate di materiali di risulta e oggetti ingombranti. Bis dell’iniziativa a luglio
Grande successo ha registrato, come informa una nota, la nuova edizione dei Sabati ecologici, l'iniziativa itinerante promossa da AcegasApsAmga e dal Comune di Trieste contro l'abbandono dei rifiuti ingombranti.

Nella prima fase primaverile dell'iniziativa i cittadini hanno dimostrato l'apprezzamento per questo programma conferendo in un mese quasi 40 tonnellate di materiale. Il dato risulta significativo anche in confronto ai risultati del 2015: nella primavera di un anno fa, erano infatti state raccolte 20 tonnellate. I cittadini potranno approfittare della seconda fase dell'iniziativa che si svolgerà per 4 sabati a partire dal 2 fino al 23 luglio. Ogni settimana verranno allestiti i “centri di raccolta mobili” in diverse zone della città, presso i quali i triestini troveranno gli operatori di AcegasApsAmga ad assisterli nella consegna di quelle tipologie di rifiuti che non possono essere conferiti nei contenitori stradali dedicati alla raccolta differenziata, come mobili, elettrodomestici, scarti di giardino, rifiuti pericolosi, batterie, ecc. Visto l'impegno dell'iniziativa a combattere l'abbandono indiscriminato di rifiuti ingombranti è importante rilevare che la tipologia di rifiuto più conferita sia stata proprio quest'ultima. I cittadini hanno infatti consegnato agli operatori AcegasApsAmga quasi 20 tonnellate di ingombranti nel corso delle 4 tappe primaverili. Altrettanto interessante il dato relativo al conferimento dei rifiuti elettronici, meglio noti come Raee, che in complessivo hanno superato le 5,5 tonnellate nel corso dei Sabati ecologici di aprile. Composti da diverse tipologie di rifiuti quali lavatrici e frigoriferi, che schermi e cellulari, i Raee sono rifiuti che contengono sostanze estremamente inquinanti ed è quindi essenziale conferirli ai Centri di raccolta affinché vengano smaltiti nel modo corretto. Infine, notevole anche il risultato di sfalci e ramaglie il cui conferimento ha raggiunto quasi le 2 tonnellate di materiale: il dato risulta interessante anche in vista del fatto che si tratta di materiale voluminoso ma meno pesante di molti altri. Essendo un rifiuto completamente riciclabile che permette di produrre compost ed energia elettrica è importante differenziarlo correttamente: oltre che in occasione dei Sabati Ecologici, AcegasApsAmga offre un servizio gratuito di ritiro a domicilio di sfalci e ramaglie, così come per gli ingombranti.
 

 

Energia - Ambientalisti contro il rigassificatore

Stamane alle 11 al Caffè San Marco conferenza stampa sul rigassificatore di Zaule, a cura di un panel di associazioni ambientaliste: Wwf Fvg, Legambiente Fvg, FareAmbiente Fvg, NoSmog, Amici del Golfo. Vogliono la parola “basta” sul progetto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 giugno 2016

 

 

Greenaction mette in dubbio lo stop al rigassificatore
«No al rigassificatore di Gas Natural». Lo ha ribadito Roberto Giurastante, di Greenaction transnational, nel corso di una conferenza stampa che ha segnato il primo atto di una presa di posizione che, la prossima settimana, vedrà affiancarsi anche Alpe Adria Green, il cui rappresentante, Franz Maleckar, non ha potuto essere presente.

«Abbiamo intenzione di opporci al progetto che consiste nella costruzione di un rigassificatore a Trieste - ha detto Giurastante - e in questa battaglia non saranno attive soltanto queste due organizzazioni ambientaliste, ma ci affiancherà anche il movimento Trieste libera. Purtroppo - ha proseguito Giurastante - di recente il ministero dell'Ambiente ha dato l'autorizzazione all'opera, perciò quell'idea, nata nel 2006 e che sembrava accantonata, è riemersa da uno stato di ibernazione nel quale era stata apparentemente ingabbiata. L'impianto, per come è stato descritto, è pericolosissimo e non solo per l'ambiente - ha sottolineato il portavoce di Geenaction transnational - ma anche per la sicurezza di Trieste e dei centri vicini. Siamo contrari anche al fatto che esso possa essere realizzato nel Porto franco internazionale di Trieste, dove l'Italia non ha giurisdizione. Se il rigassificatore dovesse vedere la luce, sarebbe decretata la morte dello scalo e si andrebbe a completare il piano ordito dalle autorità italiane, che punta a chiudere il Porto vecchio, cioè il Porto Franco Nord, per trasformare il nostro scalo in un terminal per combustibili». Giurastante ha detto di «non avere alcuna fiducia nelle parole pronunciate dalle autorità istituzionali italiane, che hanno accennato al tramonto dell'ipotesi rigassificatore. Ricordo - ha continuato - che sono stati falsificati i documenti sull'impatto ambientale e sui rischi per la sicurezza collettiva che la realizzazione dell'impianto comporterebbe. Non va dimenticato - ha concluso - che la sede prescelta è vicina all'inceneritore, al terminal petroli, della Siot e dei depositi costieri di sostanze infiammabili».

(u.sa.)

 

 

Muggia - Seminario formativo sui piani regolatori

Si intitola “La specificità del paesaggio nei nuovi strumenti di pianificazione.

I Piani Regolatori di Muggia e Trieste” l’incontro di formazione in programma mercoledì prossimo alle 9.45 nella sala Millo in piazza della Repubblica a Muggia. L’evento è promosso dalla sezione regionale dell’Inu, l’Istituto nazionale di urbanistica, e dall’Ordine degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 giugno 2016

 

 

In dirittura il decreto sui Punti franchi
La bozza è pronta. All’Authority ampi poteri di gestione e autorizzazione degli investimenti. La firma attesa a luglio
Il decreto sulla gestione dei punti franchi, che apre nuove prospettive per l’intero scalo, e non solo, è in dirittura d’arrivo. Per ora si tratta di una bozza, elaborata dallo Studio Zunarelli per conto del ministero per le Infrastrutture e i trasporti, alla cui stesura ha collaborato l’Authority, che ha coordinato le posizioni di diversi attori, fra cui le Dogane e il Coordinamento dei lavoratori portuali. Il testo è arrivato da alcuni giorni sui tavoli delle parti. Una volta che ciascuna avrà apportato eventuali osservazioni, e rispedito il testo al dicastero, il provvedimento sarà pronto per la firma del ministro Delrio. «Queste norme - osserva il segretario generale dell’Authority, Mario Sommariva - sono collegate al decreto legislativo che definirà le autorità portuali di sistema. L’auspicio è che la firma del ministro sia posta entro metà luglio». La nuova normativa sulla gestione e la regolamentazione dei punti franchi si applicherà alle aree del Porto nuovo e ai punti franchi creati di recente con lo spostamento di parte del Punto franco vecchio a Fernetti, Prosecco, al Canale navigabile, alle Noghere e all’area Teseco. In proposito Sommariva sottolinea che il decreto, dando al presidente dell’Authority i poteri di direttore del porto franco (previsto dall’Allegato VIII del Trattato di pace, ndr), «va oltre la legge 84/94 e regolamenta la gestione in punto franco delle aree retroportuali». Numerosi e articolati i poteri attribuiti all’Autorità portuale, a cominciare dall’autorizzazione alla manipolazione delle merci e alla produzione di beni e servizi, anche a carattere industriale. «È la strategia che portiamo avanti da un anno - commenta Sommariva -. Stiamo lavorando intensamente per attrarre investitori internazionali. È una nuova visione del porto franco come collettore di investimenti che si integrano con i traffici». Il segretario generale conferma che l’interesse c’è, ma non va oltre. Una prova tangibile la si è avuta martedì scorso, con l’incontro tra i responsabili di Amazon, colosso mondiale delle vendite on-line, la presidente della Regione Serracchiani, il sindaco Cosolini e i rappresentanti dell’Authority, in cui si sono approfondite anche le opportunità offerte dal porto franco. Sempre in questa ottica, negli ambienti poportuali si parla dell’interesse di una multinazionale Usa dell’informatica a insediare una struttura per l’assemblaggio di componentistica. La bozza del decreto è stata ieri al centro di un incontro nella sede del Cral dell’Authority, organizzato dal Coordinamento dei lavoratori portuali (Clpt-Usb). «Siamo nati per far rispettare l’Allegato VIII - ha rimarcato il segretario Stefano Puzzer -. Dopo lo sciopero dell’agosto 2015, l’Autorità portuale, che ringraziamo, ha rispettato l’impegno di creare una commissione di studio sull’Allegato VIII, alla quale ha preso parte il nostro legale Nicola Sponza (candidato sindaco con la lista Uniti per Trieste, ndr). Il primo risultato è questa bozza del decreto attuativo del regime di porto franco». «Si aprono grandi potenzialità per il porto - ha rilevato a sua volta Sponza -. L’Authorithy avrà la piena potestà sul porto franco, autorizzando e gestendo gli investimenti».

Giuseppe Palladini

 

 

Giardini inquinati, grillini contro la Regione - Il gruppo del M5S all’attacco: «Decise le bonifiche prima di conoscere tutte le sostanze e le cause»
«La giunta Serracchiani ha già stabilito di fare le bonifiche dei giardini inquinati di Trieste prima ancora di capire quali siano effettivamente tutti gli agenti inquinanti presenti e quali siano tutte le possibili fonti».

Eleonora Frattolin, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, attacca la decisione della giunta regionale di stanziare 350mila euro per la bonifica dei giardini pubblici risultati inquinati. «Le analisi riguardanti i giardini - spiega Frattolin - si sono fermate solo ad alcuni idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), senza indagare sugli altri inquinanti previsti dalla normativa. È gravissimo, per esempio, non aver inserito in queste analisi anche la valutazione sulla presenza di diossine, pcb e furani, che darebbero indicazioni più precise sulla fonte dell’inquinamento, sostanze - aggiunge il consigliere comunale Paolo Menis - finora mai ricercate nei terreni del territorio comunale pur essendo le più pericolose per la popolazione e pur permettendo di individuare in modo puntuale le fonti principali di inquinamento». Frattolin sottolinea poi che ieri il M5S ha rivolto una richiesta urgente all’Arpa per sapere quali subcampioni (o frazioni) del topsoil sono già stati eseguiti successivamente all’ordinanza di chiusura dei parchi, e che esito hanno dato. «Pretendiamo inoltre dalla giunta regionale - prosegue - che vengano eseguite immediatamente le analisi sugli altri inquinanti, piuttosto che ci si affretti a stanziare fondi per le bonifiche, solo per far credere che si stia facendo qualcosa». Il consigliere regionale pentastellato afferma inoltre che «è inaccettabile che, invece di andare a fondo della questione, si voglia sfruttare la definizione di inquinamento diffuso contenuta nel decreto legislativo 152/06 (inquinamento diffuso: la contaminazione e/o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine), per stabilire in questo nuovo protocollo d’azione della giunta Serracchiani, in maniera inequivocabile e basandosi solo sulle poche analisi effettuate, che a Trieste l’inquinamento è colpa di tutti e di nessuno». «Chi governa Trieste e la Regione - concludono Frattolin e Menis - abbia il coraggio di dire chi sta avvelenando i nostri cittadini».

 

 

Energia - Rigassificatore, Savino contro Calenda

«Non è strategico, ma al momento non hanno neanche un piano per bloccare il rigassificatore, a noi resta il dubbio che se dovesse vincere il centrodestra al ballottaggio il Governo farà di tutto per realizzare l’impianto».

Sandra Savino, parlamentare di Forza Italia, commenta con queste parole la risposta del ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, alla sua interrogazione. «Il ministro ha confermato che al momento non risulta nessun atto amministrativo da parte della Regione, così come denunciato anche un mese fa da Forza Italia».

 

SEGNALAZIONI - Ambiente - La vittoria sul rigassificatore

Trieste, stop del ministro Calenda: "Rigassificatore bocciato" Grande titolo. Atteso da una decina d'anni. Che sollievo, ma ce n'e' voluto di tempo e convincimenti da parte di chi ai terminal Gnl nel Golfo di Trieste ha detto da subito, o strada facendo, No con tanto di ragioni e argomenti, mai per altro contestati da chi ce lo voleva piazzare. Gas Natural non e' mai intervenuta agli incontri coi contestatori, dove un contraddittorio si imponeva di per se. Per tre anni il Tavolo tecnico transfrontaliero rigassificatori, col quale ho avuto l'onore e il piacere di collaborare, ha cercato questo confronto. Non c'e' stato. Da dedurre quindi che gli accertamenti e le valutazioni espresse dalla ventina e piu' di esperti chiamati a pronunciarsi sul progetto, soprattutto nelle ottiche delle previste ricadute sull'ambiente, sulla sicurezza e sulle restanti attivita' economiche di Trieste e del circondario, non erano tesi e timori campati in aria. A costoro, agli ambientalisti di Alpe Adria Green e altri, alle autorita' locali dell'intero comprensorio, sindaci in testa, alla Regione, e non ultimo alla Slovenia, il merito di questa vittoria. C'e' chi non ci crede ancora, convinto che Gas Natural o qualcun altro, in un modo o nell'altro, ritenterà il colpo. Non tema, possiamo scommettere che, certamente, non piu' nel nostro golfo!

Aurelio Juri - Capodistria

 

 

SEGNALAZIONI - Ciclabile pericolosa

Mi piacerebbe sapere chi ha avuto la brillante idea di far fare quella pista ciclabile che parte da Campo Marzio, per arrivare non si sa dove, e con che criterio è stata progettata; anche il più sprovveduto degli architetti, si sarebbe accorto che, ad un certo punto, la ciclabile ritorna sulla strada, con grande pericolo per i ciclisti e per gli automobilisti, costretti a manovre pericolose per se e per il traffico, nel tentativo di schivare i ciclisti che si immettono sulla strada.

Inoltre, dal momento che si ritorna sulla strada e fino a viale Campi Elisi, all'altezza del distributore di benzina, questi poveri ciclisti sarebbero in costante pericolo di investimento, essendo costretti a pedalare in mezzo al traffico automobilistico e motociclistico, senza una riga gialla che segnali la pista ciclabile. Gli abitanti di viale Campi elisi, si sono visti togliere i posteggi per le loro auto, per lasciare spazio ad una pista costruita al di la del marciapiede, tramite un bel cordolo che, oltre a restringere di un bel po' la carreggiata (altra bella trovata dei nostri bravi costruttori di piste ciclabili), in maniera che, se si dovesse trovare qualche camion che andasse ad un andatura piuttosto lenta, si intaserebbe subito tutta quell'arteria molto trafficata, specialmente nelle ore di punta. Anche in Passeggio Sant'Andrea hanno fatto un lavoro del cavolo, a parer mio, perché bastava semplicemente dipingere una riga gialla a fianco del marciapiede già esistente, invece di allargarlo tanto, da dover eliminare una corsia di marcia da entrambi i lati, con le conseguenze già descritte qualche riga più su. Altro punto contrario: quando è stata fatta la segnaletica nuova, non si è tenuto conto dei ferrovieri che lavorano nella stazione di Campo Marzio e che hanno l'ingresso all'altezza della passerella; per posteggiare i loro veicoli, da come è stata fatta la segnaletica (doppia riga continua fino al semaforo di largo Guido Reni), dovrebbero andare fino sulle rive, prendere via Ottaviano Augusto, via Giulio Cesare ed arrivare finalmente alla passerella, dove potrebbero posteggiare; mentre la vecchia segnaletica, aveva una sola riga tratteggiata per dar modo a chi doveva andare in stazione di svoltare a sinistra ed immettersi sulla corsia vicino al muro della stazione stessa. Non sono un nemico dei ciclisti, anche se qualche volta ho avuto modo di arrabbiarmi un pò con qualcuno di loro. per la loro abitudine di andare affiancati, ma quando si fanno delle cose che, a mio modo di vedere, non stanno né in cielo né in terra, mi sembra giusto esprimere disapprovazione, che penso sia condivisa da molti altri cittadini che transitano quotidianamente per quelle strade.

Paolo Corvasci

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 giugno 2016

 

 

«Manca un passaggio tecnico per affondare il rigassificatore» - il vertice delle istituzioni del territorio
Bene le rassicurazioni del ministro Calenda sul fatto che il rigassificatore di Zaule non s’ha da fare, in quanto non è opera strategica nella pianificazione energetica governativa. Ma, per chiudere e archiviare il dossier, è necessario un passaggio tecnico-amministrativo formale, definitivo.

Ed è fondamentale che i due percorsi finora paralleli, battuti dai ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, trovino un luogo decisionale all’insegna della convergenza e della chiarezza. La Conferenza dei servizi presso lo Sviluppo Economico, che era stata congelata e rinviata giovedì 11 giugno dello scorso anno, è la sede adeguata per porre una pietra sepolcrale sopra i 12 anni dell’iter, che ha accompagnato il progetto di Gas Natural. Da qui ad allora, viste le esperienze precedenti, sono consigliate prudenza e vigilanza, soprattutto in merito alla documentazione prodotta dal ministero dell’Ambiente. E’ questo il messaggio uscito dalla riunione di lunedì pomeriggio, chiesta dall’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni: nel suo ufficio si sono dati convegno la collega regionale Sara Vito, il collega provinciale Vittorio Zollia, il segretario generale dell’Autorità portuale Mario Sommariva, il sindaco di Muggia Laura Marzi e il primo cittadino di San Dorligo Sandy Klun. Non è casuale che la nota, diramata ieri mattina dal Comune, si chiuda con l’impegno dei partecipanti a «un’attenta analisi del documento trasmesso il 30 maggio scorso dalla direzione generale del ministero dell’Ambiente». Proprio quel documento che sulla base del sì pronunciato dalla commissione Via/Vas aveva dichiarato ottemperate una serie di prescrizioni indicate del decreto di compatibilità risalente al luglio 2009. Il “nulla osta” dell’Ambiente aveva motivato la reazione del governatore Serracchiani, che ha incontrato due volte il neo-titolare dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. Il quale ha ufficialmente - ma verbalmente - garantito che l’impianto di rigassificazione è stato “derubricato” dai desiderata dell’esecutivo Renzi. Laureni, che comunque vada domenica non si reimpegnerà nell’agone amministrativo, vuole essere certo che cinque anni di opposizione comunale al rigassificatore non vengano vanificati da qualche colpo di mano commesso nei meandri ministeriali romani: «Nel lungo iter - dice l’assessore uscente - ci sono elementi grigi». I titoli di coda nel lungometraggio dedicato alla discussa infrastruttura energetica debbono essere scritti a cura dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente, della Regione Fvg. Positivo - argomenta Laureni con l’ausilio del comunicato - il fatto che l’autorizzazione unica alla costruzione-gestione dell’impianto implichi il parere definitivo di Calenda, in accordo con il collega dell’Ambiente Gian Luca Galletti e sentita la presidente Serracchiani. Calenda si è già espresso contro, la Serracchiani pure ... Nel comunicato si ricorda, infine, il ruolo del governo sloveno e dei comuni litoranei «sempre concordi in una posizione contraria al rigassificatore».

Massimo Greco

 

 

Arrivano i fondi per i giardini inquinati
La Regione ha stanziato nella manovra estiva i primi 350mila euro per gli interventi di bonifica nelle aree verdi “off limits”
La Regione è pronta a staccare un assegno di 350 mila euro per partire con la bonifica dei giardini inquinati di Trieste. La somma sarà stanziata già nella legge di assestamento di bilancio estivo, presto all'esame del Consiglio regionale. Non è ancora chiaro però dove effettivamente si andrà ad agire e fino a quale profondità, anche perché sono svariate le aree verdi in cui l'Arpa ha rinvenuto tracce di sostanze cancerogene al di sopra dei limiti di legge. Zone in cui il Comune ha da poco applicato un'ordinanza di divieto d'accesso. Si tratta, come noto, di piazzale Rosmini, del “Miniussi” di Servola, del "de Tommasini" di via Giulia, il polmone verde della città, ma anche di due scuole dell'infanzia ed elementari che si trovano a Servola e dintorni: il "don Chalvien" di via Svevo e la “Biagio Marin” di via Praga. Off limits, sempre nello stesso rione, i cortili della chiesa di San Lorenzo e dell'Associazione amici del presepio in via dei Giardini. In tutto sono quindi 7 su 12 i siti campione ritenuti "tossici" dall'indagine ambientale che, in prima battuta, era stata avviata per sondare l'impatto della Ferriera sulla città e che invece ha portato a galla un inquinamento diffuso in vari punti del capoluogo. Contaminazioni determinate, come pare, da vari fattori: traffico urbano, emissioni da impianti di riscaldamento, attività industriali e marittime. Uno studio su cui ora stanno lavorando, oltre al Comune che lo ha commissionato, Regione, Arpa e Azienda sanitaria. Si procederà anche con un Protocollo operativo in linea con i dettati del "Testo unico ambientale" contenuto nel Decreto legislativo 152/06. Il protocollo, approvato dalla giunta regionale su indicazione dell'assessore competente Sara Vito, permette ora di elaborare un piano di gestione per affrontare l'inquinamento "diffuso" rinvenuto nei giardini identificandone innanzitutto "gli scenari", afferma una nota della giunta regionale, e i criteri per andare avanti. Un primo step, in pratica, necessario a creare la giusta cornice normativa su cui muoversi. Si comincia subito con la costituzione di un apposito tavolo tecnico chiamato a delineare gli obiettivi dell'intervento. Si dovrà capire, in buona sostanza, come agire e dove. L'équipe sarà composta da sette esperti nominati nell'ambito dell'amministrazione regionale, dell'Arpa, dell'Azienda sanitaria di Trieste, della Provincia e del Comune capoluogo. Potranno essere coinvolti altri enti e soggetti con specifiche competenze scientifiche, come l'Università, l'Ispra e l'Istituto Superiore di Sanità. Per la rimozione del terreno dei siti giudicati più a rischio non si dovrà attendere la stesura conclusiva del piano di gestione: le risorse stanziate a favore del Comune di Trieste potranno essere impiegate fin da subito per i primi interventi di messa in sicurezza. A rigor di logica, come peraltro preannunciato nelle scorse settimane dalla giunta Cosolini, le priorità su cui si dovrebbe subito concentrare l'attenzione del gruppo di lavoro con ulteriori campionamenti o con vere e proprie bonifiche, oltre ai cortili delle due scuole di Servola, saranno le aree con i livelli di contaminazioni più alte. È il caso del giardino di via Giulia, in pieno centro e quindi più esposto all'inquinamento: il benzopirene qui è presente con una media di 2,8 milligrammi per kg di sostanza secca, quando le normative indicano una soglia di 0,1.

Gianpaolo Sarti

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 giugno 2016

 

 

Le associazioni ambientaliste chiedono alla Presidente Serracchiani con una lettera aperta di attivarsi, anche con atti amministrativi, su alcune importanti novità riguardanti il rigassificatore di Zaule
Le associazioni WWF FVG, Legambiente FVG, FareAmbiente FVG, NoSmog Trieste e Amici del Golfo si rivolgono con una lettera aperta alla Presidente della Regione FVG, Debora Serracchiani, a causa di alcune novità sostanziali emerse recentemente a proposito del rigassificatore di Zaule, che richiedono l'intervento della Presidente regionale.
Nel parere della Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale (CTVIA) – VIA VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare emesso il 6 maggio 2016
si prende atto che, secondo quanto affermato dai rappresentanti della Provincia e dell'Azienda Sanitaria di Trieste, le conclusioni contenute nel verbale della Conferenza dei Servizi per l'Autorizzazione Integrata Ambientale del 22 novembre 2012, svoltasi innanzi alla Regione Friuli Venezia Giulia, non corrisponderebbero a quanto affermato nel corso della predetta riunione.
Per la gravità di quanto messo a verbale da due rappresentanti istituzionali, le associazioni chiedono che sia disposto un immediato approfondimento di quanto accaduto, anche a tutela dell’Amministrazione regionale e che, ove accertato, si adotti un nuovo atto da comunicare tempestivamente alla CTVIA.
Alla luce dei nuovi elementi e delle conseguenti richieste presentate dall'Autorità Portuale di Trieste il 24 dicembre 2015 relativamente alla messa in sicurezza dell'area dell’ex discarica a mare di Via Errera e alle conclusioni della Conferenza di Servizi Istruttoria sul SIN del 25 novembre 2015, si chiede alla Regione di attivarsi con il Ministero dell'Ambiente e con il Ministero dello Sviluppo Economico per la riapertura del procedimento di VIA per l'impianto di rigassificazione GNL di Zaule.
Si chiede che la Regione in sede di Conferenza dei Servizi neghi l'intesa al MISE e faccia valere il potere di veto assieme all'Autorità Portuale.
Infine le associazioni chiedono che, in coerenza con quanto sino ad ora affermato dalla Presidente Serracchiani, la Regione esprima formalmente un parere negativo sul progetto di metanodotto Trieste-Grado-Villesse, parere che la Regione FVG finora ha mancato di esprimere.
La lettera aperta è sottoscritta dai presidenti regionali delle associazioni firmatarie:
WWF FVG: Alessandro Giadrossi - Legambiente FVG: Sandro Cargnelutti - NoSmog Trieste: Alda Sancin - Amici del Golfo: Giorgio Jercog - FareAmbiente FVG: Giorgio Cecco
 

 

Pericolosa la pista ciclabile da Campo Marzio ai Campi Elisi - la lettera del giorno di Lorenzo Brunello Zanitt

Sarei curioso di sapere se e quali studi siano stati effettuati prima di realizzare la nuova pista ciclabile che da Campo Marzio si sviluppa verso Campi Elisi passando per Largo Irneri.

Realizzare una pista ciclabile su un’arteria, ove il traffico è sempre inteso a ogni ora del giorno, i mezzi pesanti che transitano in entrambe le direzioni sono numerosi e gli incidenti sono già frequenti, non mi sembra la soluzione migliore per garantire l’incolumità di tutti gli utenti siano essi ciclisti, pedoni o automobilisti. Molte infatti le criticità che emergono: a) le piste ciclabili create per entrambi i sensi di marcia hanno notevolmente ridotto le corsie con il risultato che, ad esempio in prossimità della Grande viabilità, lo spazio residuo per i veicoli impone il transito dei mezzi pesanti a ridosso sia della linea di mezzaria sia della pista ciclabile; immaginate lo spostamento d’aria causato ai ciclisti dal passaggio continuo dei camion e la pericolosità che ne deriva; b) il restringimento delle corsie e la realizzazione della pista ciclabile impedirà alla Polizia locale di collocare i presidi con autovelox utili finora a sanzionare chi procede a velocità elevata su tale arteria, poiché su tutto il tratto interessato non ci sarà più lo spazio utile; c) l’incrocio per chi si immette da Largo Irneri sulla viabilità principale ha visto l’arretramento di un metro abbondante della linea di stop, l’inserimento dell’attraversamento ciclabile e l’avanzamento dei parcheggi riservati ai mezzi a due ruote e dei bottini per la raccolta differenziata, con il risultato che chi, provenendo da viaMaestri del lavoro e da Largo Irneri, deve svoltare a sinistra, non solo deve fare attenzione alle biciclette che transitano sulla pista, ma non ha più alcuna visuale dei mezzi in arrivo dal centro città. Situazione estremamente pericolosa che vedrà sempre colpevole chi si trova allo stop, perché per avere una visuale sufficiente dovrà avanzare oltre la linea e quindi incorrere sempre e in ogni caso in un’infrazione al Codice della strada; d) ultimo, ma non per importanza, il problema parcheggi che già interessava una zona ove si concentrano molte attività (sedi di Allianz e Fincantieri, piscina comunale, comando della Guardia di finanza, comprensorio scolastico Campi Elisi, etc.) e che ora arriverà al collasso non essendo state previste valide alternative, né con aree di parcheggio libero né, al limite, con parcheggi a pagamento (eccezion fatta per il parcheggio di via Carli) a tariffe agevolate per residenti e lavoratori. Considerato che ogni opera pubblica, come tale, deve portare vantaggi a tutta la comunità, in termini di servizi ma anche di sicurezza quando si parla di viabilità stradale, non mi sembra che in questa circostanza il denaro pubblico sia stato speso con l’attenzione dovuta.

 

 

Si conclude “Contamin-Azioni” - ricreatorio TOTI
“Contamin-Azioni” alle 18 Via del Castello 1/3Oggi si conclude “Contamin-Azioni”, la proposta di Arci servizio civile iniziata a gennaio, in co-organizzazione con il Comune di Trieste, che ha visto impegnati i giovani, nello spirito di cittadinanza attiva e partecipazione, su temi quali il benessere sociale, la cooperazione, l’associazionismo, la pace, la solidarietà. Alle 18, al Toti (via del Castello 1/3, a San Giusto; nella foto) si terrà un incontro sul servizio civile per la promozione dei valori della pace, per promuovere i diritti delle persone e partecipare alla vita sociale. Per conoscere se stessi, comprendere, cambiare, agire. Sarà l’occasione per presentare i progetti di servizio civile proposti da Arci a Trieste e che coinvolgerà oltre una sessantina di giovani dai 16 ai 28 anni. Successivamente verrà presentato anche “Trieste on sight-Esperimenti di cittadinanza”, l’evento giunto alla quarta edizione che si terrà sul Carso triestino dal 1° al 3 luglio. L’appuntamento è aperto a tutti.

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 13 giugno 2016

 

 

Le grandi manovre per salvare l’Ilva - Il governo rinvia a fine anno la vendita. La cordata Arvedi-Del Vecchio cerca un partner estero: in pista i turchi di Erdemir
MILANO - Si allungano i tempi per la vendita delle acciaierie Ilva di Taranto. Il Consiglio dei Ministri ha deciso di far slittare la data di aggiudicazione di almeno quattro mesi rispetto all'iter della procedura, che fissava al 30 giugno il giorno di apertura delle buste delle offerte.

Della nuova Ilva se ne riparla quindi in inverno, gettando nello sconforto i sindacati che lamentano la scarsa liquidità in cassa e il rischio di perdita di altre commesse, in un momento in cui la società viaggia con un rosso in bilancio da 50 milioni di euro al mese. Resta il 30 giugno come data ultima per presentare le offerte. Ma ci saranno poi altri 120 giorni per la valutazione tecnica ambientale dei progetti proposti ed eventuali correzioni in corsa. L'allungamento dei tempi per l'aggiudicazione dell'Ilva è una boccata d'ossigeno per i gruppi che si candidano a rilevare le fabbriche a ciclo integrato di Taranto, soprattutto per la cordata italiana Arvedi-Del Vecchio che, stando ai rumor, sarebbe la preferita dal governo, e quindi avrà il supporto di Cassa Depositi e Prestiti, ma sta ancora definendo la squadra cercando di coinvolgere i turchi di Erdemir nel salvataggio del polo siderurgico. Asse Marcegaglia-Arcelor. Tutti gruppi che si candidano a rilevare Ilva (è spuntato anche Bollorè per acquisire la flotta marittima) arrivano al capezzale del grande malato dell'acciaio europeo in un contesto di mercato negativo che ha messo in ginocchio grandi e piccoli protagonisti del settore. L'alleanza Marcegaglia-ArcelorMittal è però quella che ha le spalle più larghe sotto il profilo finanziario. Il gruppo mantovano, che avrà il 15% della joint-venture, è un trasformatore, quindi un cliente dei coils di acciaio di Ilva. Nel 2015 ha fatturato 4 miliardi di euro, impiega 6.500 dipendenti e si sta concentrando sul business siderurgico in un'ottica di disinvestimento delle altre attività del gruppo, quali il turismo e le energie rinnovabili. ArcelorMittal è il maggior produttore globale di acciaio, con una capacità dei suoi impianti superiore a 100 milioni di tonnellate e un giro d'affari imponente (sebbene in netta discesa rispetto agli scorsi anni) da 70 miliardi euro. Il super-gruppo indiano. Il gruppo angloindiano è alle prese con una profonda ristrutturazione provocata dalla valanga della crisi dei prezzi dell'acciaio e della sovracapacità produttiva globale. Per fare cassa, rafforzare il patrimonio, che si è dimezzato negli ultimi 5 anni da 66 a 27 miliardi, coprire le perdite che solo nel 2015 ammontano a 8 miliardi, e ridurre un debito di 12 miliardi, ArcelorMittal ha messo in vendita tutte le attività inglesi. L'azienda, che ha tre impianti produttivi nel nostro paese (Piombino, Avellino e Canossa), sta investendo anche sulle rete commerciale e distributiva, vedendo l'Italia come un ponte per l'Africa e i paesi del mediterraneo, tanto da stringere una joint venture con il gruppo torinese Cln. Un ramo di azienda che già oggi vale circa 600 milioni di euro l'anno. Malgrado tutto, il governo è preoccupato che l'operazione ArcelorMittal possa puntare a una "piccola" Ilva, ipotizzando razionalizzazione di impianti e forza lavoro. In un intervista al Sole 24 Ore Ondra Otravec, alla guida della M&A di ArcelorMittal ha detto di immaginare un'Ilva che "produca 6 milioni di tonnellate all'anno" contando di aumentare la produzione "nel caso le cose dovessero funzionare". Stime che sembrano al di sotto della capacità industriale di Ilva che è di 11 milioni di tonnellate l'anno. L’alleanza Arvedi-Del Vecchio. La coppia Arvedi Del Vecchio sembra rispondere alle logiche di azienda nazionale che ha in mente Palazzo Chigi per il futuro di uno degli ultimi grandi asset industriali del Paese. L'ex ragazzo del Martinitt, oggi 80enne, alla guida di una delle principali multinazionali degli occhiali che è Luxottica, non è certo un esperto del settore. Ma è intenzionato a sposare il progetto del coetaneo Giovanni Arvedi, nonché collega nell'azionariato di Generali, contribuendo di tasca propria) con un assegno da almeno 200 milioni di euro. Per Arvedi, tuttavia, l'Ilva sembra un boccone troppo grosso, anche se il piano presenta solide ragioni di integrazione industriale. La società cremonese, che fattura 2 miliardi di euro e ha un debito da 770 milioni, ha però esperienza nel campo delle bonifiche, come in quella della Ferriera di Servola a Trieste, aspetto cruciale per il governo. Il partner industriale di Arvedi-Del Vecchio, oltre a contare sulla partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti, potrebbe essere il gruppo Erdemir. La società, controllata dal fondo pensione dei militari turchi, ha un giro d'affari di 8,5 miliardi di dollari e diversamente da altri attori del settore può vantare una posizione redditizia, per un utile netto di 414 milioni di dollari nel 2015. Per il gruppo turco, l'operazione Ilva si configurerebbe come la prima zampata al di là del Bosforo.

Christian Benna

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 giugno 2016

 

 

Cinquestelle - Menis ironizza sui no al rigassificatore

«Sulla questione rigassificatore per una volta sono d'accordo con Dipiazza e con Cosolini. Con Dipiazza quando afferma che lo voleva il Pd e con Cosolini quando dice la stessa cosa di Dipiazza».

Ad affermarlo è l’ex candidato sindaco del Movimento 5 Stelle Paolo Menis. «Solo il M5S, le associazioni ambientaliste e il Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste - conclude il pentastellato, riconfermato in Consiglio comunale dopo il voto del 5 giugno - avevano dichiarato fin dall'inizio che questo progetto era del tutto assurdo».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 11 giugno 2016

 

 

Stop del ministro Calenda - «Rigassificatore bocciato» - Cancellato dall’agenda del governo nel vertice con Serracchiani e Cosolini

TRIESTE - Il rigassificatore, progettato e proposto dal gruppo catalano Gas Natural fin dal 2004, rimbarca armi e bagagli, allontanandosi dalle coste di Zaule.

Il fatidico “the end” dovrebbe essere stato impresso in via definitiva dal ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda in occasione di un colloquio con il governatore della Regione Fvg Debora Serracchiani e con il sindaco di Trieste Roberto Cosolini. Per le pubbliche istituzioni triestine il rigassificatore, oltre che un problema di carattere ambientale, rappresenterebbe un ostacolo allo sviluppo delle attività marittime, così come configurato dalla pianificazione dell’Autorità portuale. Il nuovo titolare del Mise, il quale da poco ha preso il posto che fu di Federica Guidi, non ha reputato «opera strategica» l’impianto energetico in questione e ha dichiarato che «la realizzazione di questa infrastruttura esce dall’agenda del Governo». Un “niet” piuttosto esplicito, di carattere politico, chiamato a far chiarezza sul recente decreto del ministero dell’Ambiente, che dava per ottemperate le prescrizioni correlate al provvedimento di compatibilità risalente al luglio 2009 e sembrava così ridare chance a un progetto sul quale c’è l’unanime stop da parte delle istituzioni territoriali. Il rigassificatore di Zaule non è strategico - ha precisato Calenda - «essendoci altri progetti già autorizzati che, se realizzati, potranno coprire le ulteriori necessità». Calenda ha competenza nell’autorizzare il via libera al terminal energetico, quindi - fa capire Debora Serracchiani - il suo altolà è determinante nel segnare la sorte del rigassificatore. «Il governo - aggiunge il governatore - ha espresso per la prima volta un risoluto orientamento negativo a un progetto che gravava sul territorio come un’ipotesi pesantissima». Quella «prima volta» recitata dalla Serracchiani è sintomatica della preoccupazione generata da un iter tribolato e non scontato, che nello stesso governo Renzi, nel rimbalzo di valutazioni tra Sviluppo Economico e Ambiente, aveva viaggiato lungo molti tornanti. In tutte le sedi nazionali e internazionali - insiste il governatore - la giunta aveva spiegato che «il rigassificatore non è compatibile con lo sviluppo di Trieste e con gli interessi dell’economia regionale». La Serracchiani aveva già espresso la sua contrarietà al rigassificatore (e al decreto dell’Ambiente) in un colloquio con lo stesso Calenda avvenuto il 24 maggio scorso. Di «impegno costante» del Comune triestino nell’opporsi al rigassificatore scrive Cosolini, secondo cui adesso Trieste ha modo di puntare sull’accoppiata Porto nuovo & Porto vecchio. Per quanto riguarda l’iter del rigassificatore tra le pubbliche amministrazioni, Cosolini sottolinea che comunque l’ultima parola spetterà al Consiglio dei ministri e quindi a una sede politica. Nel corso della recente visita triestina, il premier Matteo Renzi, sul dossier-rigassificatore, aveva detto «ascolteremo sempre i territori interessati». Comunque lunedì 13 alle ore 13.30 l’assessore comunale Laureni riunirà i rappresentanti della Regione, della Provincia, dei Comuni di Muggia e San Dorligo, dell’Autorità portuale per fare il punto sulla vicenda, soprattutto per quanto riguarda i ricorsi presentati dalle amministrazioni al Tar Lazio contro il parere della commissione Via-Vas rilasciato il 6 febbraio 2015. E ieri mattina Laureni si è visto con gli esponenti delle principali associazioni ambientaliste. Nella rassegna della soddisfazione rientra ovviamente il commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino, che parla di «giornata storica»: «Finalmente possiamo dire ai nostri investitori che non esiste più la spada di Damocle di un impianto incompatibile con i traffici del porto e le strategie di sviluppo della città». Oltre che di rigassificatore, Calenda e Serracchiani hanno parlato delle bonifiche nell’area Sin e della riqualificazione industriale relativa alla cosiddetta “Area di crisi complessa” triestina, area di cui il governatore regionale è commissario straordinario. All’incontro ha partecipato Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia, l’agenzia ministeriale che partecipa ai progetti di risanamento riguardanti Trieste. Per quanto riguarda gli interventi a sostegno dell’area industriale - ricorda una nota della Regione - i bandi, per accedere alle agevolazioni nazionali, saranno emanati entro luglio, a seguire l’approvazione del Prri (Progetto di riconversione e riqualificazione industriale) redatto dalla stessa Invitalia. L’obiettivo è di mettere a disposizione delle iniziative imprenditoriali 25 milioni complessivi, 15 di fondi nazionali e 10 stanziati dalla REgione e gestiti dalla Camera di commercio.

Massimo Greco

 

 

Tavolo tecnico - Sui giardini inquinati la Regione assicura i fondi
Giardini inquinati, si cerca una soluzione. Ieri infatti, all’assessorato regionale all’Ambiente, si è tenuto un incontro cui hanno partecipato oltre alla Regione (con gli assessori all’Ambiente Sara Vito e alla Salute Maria Sandra Telesca), il Comune di Trieste, la Provincia, l’Arpa e l’Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste.

Scopo della riunione è stato quello di individuare un percorso per affrontare la questione relativa all’accertato superamento di alcuni valori nei terreni dei giardini pubblici di via Giulia e di piazzale Rosmini. L’assessore Vito ha introdotto la riunione ricordando che le istituzioni pubbliche hanno preso l’impegno nei confronti dei cittadini di affrontare con urgenza il problema. L’incontro è stato dunque convocato per fare da subito dei passi avanti in questa direzione, individuando il percorso più corretto. Pertanto, dopo un approfondito confronto, tutte le amministrazioni hanno convenuto sul percorso da seguire: nel breve periodo, in particolare, la giunta regionale adotterà un protocollo operativo, indispensabile per affrontare ipotesi di inquinamento diffuso, anche in considerazione del fatto che la tematica è poco o nulla disciplinata a livello normativo, ma che vi sono delle importanti linee guida alle quali l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale sta lavorando. Contestualmente, verrà costituito un tavolo tecnico che sarà composto da rappresentanti e tecnici di Regione, Provincia, Comune di Trieste, Arpa e Azienda sanitaria universitaria; questo tavolo tecnico avrà il compito di studiare la concreta fattispecie e prevedere le misure necessarie per il superamento delle criticità riscontrate. Nel frattempo, la Regione ha ribadito l’impegno di reperire le risorse economiche da destinare al Comune di Trieste per interventi concreti nelle aree nelle quali si è già accertato l’avvenuto superamento dei limiti.

 

 

Per collegare Lubiana si riesumi la vecchia Transalpina - la lettera del giorno di Sergio Callegari
Alcuni cittadini si lamentano del servizio treno offerto per arrivare a Lubiana, perchè ferma a Opicina e poi i collegamenti con Trieste, sono scarsi o ridotti. Osservano che già arrivati a Sesana, c'è la possibilità di prendere il treno per Vienna.

Le Fs italiane hanno già rimarcato che la ragione per cui non vien fatto scendere il treno sloveno in città è che gli manca il congegno elettronico Scmt (Sistema di Controllo della Marcia del Treno) in uso ai nostri locomotori. Orbene, tale sistema fa sì che il macchinista sappia quale treno lo precede e chi lo segue e a quale velocità. Inoltre tale sistema controlla la velocità del treno: il macchinista non può uscire dai limiti imposti al percorso pena l'arresto del treno. Perciò il treno sloveno non può percorrere il tratto Opicina-Aurisina-Miramare-Centrale. Ma può percorrere la vecchia linea della Transalpina e cioè: Opicina-Guardiella-Rozzol-Campo Marzio, da anni in disuso e perciò priva delle attuali novità. Non la percorrono nemmeno i treni merci perchè le gallerie non sono state adattate alle nuove sagome di trasporto (Gabarit C). Ma ci sono sempre i semafori e i vagoni per viaggiatori possono agevolmente percorrerla. A questo punto il problema resta la stazione di Campo Marzio, priva di tettoia e con le banchine occupate dai pezzi museali, mentre i vecchi locali della stazione sono destinati a museo o altri servizi. Un vecchio progetto di anni fa, preparato e analizzato dall'ingegnere dei Trasporti Ondina Barduzzi (scomparsa anni fa), prevedeva il riuso della stazione e delle linee fs attorno alla città, come linee di una metropolitana leggera, tale da ridurre il numero dei bus circolanti in città e con servizi rapidi tra centro e periferia. Non se ne fece nulla nei tempi d'oro in cui sindacavano Illy e Dipiazza, quando cioè il governo offriva un sacco di soldi a chi volesse impiantare metropolitane. Si preferì insistere sui bus mentre un fiume di denaro veniva speso per l'aeroporto di Ronchi, che ogni anno si dice che migliorerà (da almeno 30 anni a parte) ma che infine è sempre in perdita.
 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 giugno 2016

 

 

Sì tecnico al rigassificatore - Ultima parola alla politica

Roma certifica il rispetto di tutte le prescrizioni da parte di Gas Natural Ora la palla passa alle istituzioni che, a livello locale, hanno già ribadito l’altolà

«Non vi è più alcuna possibilità di opposizione tecnica al rigassificatore di Zaule. Ora può essere fermato solo se viene ritenuto incompatibile con le strategie di sviluppo della città». L’ammissione è dell’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni agli ultimi giorni del suo mandato, dopo che in sordina il governo ha fatto fare all’impianto un altro passo in avanti, l’ultimo dal punto di vista ambientale. Ciò sebbene recentemente la governatrice Debora Serracchiani ha ribadito il no del territorio allo stesso ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. Il ministero dell’Ambiente, acquisito il parere della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale Via-Vas, ha infatti emesso il decreto in cui si ritengono ottemperate da parte della società proponente, Gas Natural, una serie di prescrizioni che erano annesse al Decreto favorevole di compatibilità ambientale emesso il 17 luglio 2009 allorché era ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. «Già domani (oggi, ndr.) vedrò le associazioni ambientaliste - annuncia Laureni - e per lunedì ho fissato un incontro con gli assessori all’Ambiente di Regione, Provincia e Comuni di Muggia e San Dorligo della Valle oltre all’Autorità portuale poiché formalmente per il rigassificatore manca ora soltanto l’Autorizzazione unica da parte del ministero per lo Sviluppo economico». Nel decreto si rileva che per quanto riguarda la prescrizione A2, «il procedimento di Via del gasdotto di collegamento del terminale di rigassificazione si è favorevolmente definito e la relativa formale conclusione è attesa a breve», che «a tale riguardo sono stati emessi i pareri di Via del metanodotto sottomarino Trieste-Grado-Villesse favorevoli con prescrizioni, relativo alle opere di allaccio del rigassificatore alla rete nazionale dei metanodotti, ma non il decreto ministeriale». Si specifica anche che «in sede di Conferenza dei servizi conclusiva ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione ed esercizio dell’impianto verrà verificata: la reale potenzialità di trasporto sulla rete nazionale del gas metano prodotto dall’impianto nonché la positiva conclusione della procedura di Via del metanodotto di collegamento alla rete nazionale gas». Dal documento emergono anche sinergìe con lo stabilimento di Servola e in particolare si apprende che la prescrizione A6 prevedeva l’obbligo di «un progetto di integrazione industriale con la vicina centrale Elettra di Servola per un più efficiente e meno impattante uso delle frigorie e di antifouling prodotti in seguito al processo di rigassificazione». Di conseguenza il progetto di interconnessione ha previsto «come presupposto l’utilizzo dell’acqua fredda proveniente dagli Orv del terminale Gnl per il condensatore dell’unità di cogenerazione», mentre «per portare l’acqua di mare da un impianto all’altro è previsto un sistema di pompaggio che, a pieno carico degli impianti, garantisce un quantità di 21mila metricubi all’ora». Viene anche considerato valido il progetto che per quanto riguarda il sistema di scarico a mare dell’acqua dei vaporizzatori prevede una tubazione completamente interrata fino a quota -12,5 metri, poi parzialmente interrata fino a quota -15,5 metri con un terminale di diffusione composto da tre bocche, mentre «i contenuti tecnici dimostrano come il previsto diffusore sia capace di distribuire la forza del getto dello scarico a mare delle acque di vaporizzazione in modo che la velocità sul fondo sia inferiore a 0,5 metri al secondo». Viene definita soddisfatta anche la prescrizione per la dotazione di un sistema «di videosorveglianza coadiuvato e coordinato al locale sistema integrato per il controllo del traffico marittimo e per le emergenze in mare quale sistema di controllo per rendere ancora più sicuro il traffico delle metaniere». Si prevede infine che i vapori di Gnl prodotti durante le operazioni di carico e scarico di una nave metaniera e definiti Bog (Boil off gas) vengano «recuperati per evitarne l’emissione in atmosfera immettendoli in rete assieme al Gnl rigassificato» e che l’energia elettrica necessaria venga prodotta da un impianto fotovoltaico.

Silvio Maranzana

 

La “bomba ecologica” di via Errera

Il deputato Prodani interroga il ministro dell’Ambiente sulla vecchia discarica - Le richieste al governo - Mettere in sicurezza l’area e individuare i colpevoli
Proprio all’interno dell’area dov’è previsto il rigassificatore, inserita nel Sito inquinato di interesse nazionale, c’è oggi una bomba ecologica: la vecchia discarica di via Errera, riempita da 500mila metri cubi di rifiuti. La sua esistenza viene ora portata all’attenzione del governo dal deputato triestino Aris Prodani che ha interrogato il ministro dell’Ambiente per sapere se intenda mettere in sicurezza il sito e sostenere la Provincia nella ricerca del responsabile dell’inquinamento. Prodani riporta il Piano di caratterizzazione trasmesso dall’Autorità Portuale nel 2012 che «fornisce un quadro ambientale di estrema gravità». Si legge: «L’area è caratterizzata dalla presenza di materiali alloctoni per uno spessore che arriva anche a 20 metri, accumulati nel corso degli anni al di sopra dei sedimenti limoargillosi marini naturali; la linea di costa originale degli anni ’70 è progredita per oltre 50 metri verso il mare. All’interno di questo livello di materiali, sono stati rinvenuti residui vetrosi, metallici, vegetali, plastica, nylon, ecc, tipicamente ascrivibili ad un’area utilizzata in passato come discarica di rifiuti urbani ed edili». «Le attività di analisi - riferisce Prodani - condotte alla presenza di ArpaFvg, hanno rilevato superamenti nel top soil e diffusi superamenti nei suoli a carico di metalli, idrocarburi leggeri e pesanti, Ipa, Diossine e fitofarmaci, nelle acque di falda una diffusa contaminazione di metalli, idrocarburi, fluoruri, solfati, etc.». Si è saputo che il terrapieno è stato realizzato a partire dal 1984 dal Comune attraverso operazioni di interramento dello specchio di mare antistante l’ex raffineria Esso, compreso tra il canale di Zaule e via Errera. L’amministrazione comunale aveva ottenuto l’autorizzazione per destinare tale area a discarica pubblica per materiali inerti e non putrescibili provenienti da demolizioni di opere murarie, scavi, per rifiuti urbani e speciali, secondo le disposizioni dettate dalla Regione e seguendo le prescrizioni tecniche redatte dal Genio Civile. Il decreto regionale prevedeva lo smaltimento dei rifiuti classificati speciali essenzialmente inerti per la quantità di 500mila metricubi e costituiti da materiali di demolizione e scavi, scorie prodotte dall’incenerimento dei rifiuti urbani, suppellettili, pneumatici, materie plastiche, legname e residui di potature. La discarica venne definitivamente chiusa nel 1984 senza realizzare alcuna protezione spondale e/o opera di impermeabilizzazione. Durante l’ultima seduta della Conferenza dei servizi è stato presentato lo studio di fattibilità della messa in sicurezza specificando che «la superficie interessata, che comprende l’area di discarica, risulta di 11 ettari e la potenza degli spessori interessati dalla contaminazione varia fra alcuni metri e oltre 23 metri». Il costo del progetto di messa in sicurezza permanente è stato stimato in 27.470.000 euro, Iva esclusa. L’Authority ha però affermato che «il costo è ingente e tale da dover richiedere all’Apt il reperimento di fondi non attualmente nelle disponibilità» per cui ha dichiarato di ritenersi proprietaria incolpevole e di voler attendere che la Provincia così come è stato deciso dalla stessa Conferenza concluda gli accertamenti per individuare il responsabile della contaminazione a cui devono essere imputati gli oneri della bonifica. Responsabile che rischia di essere identificato se la ricostruzione sarà verificata nella Regione e nel Comune nelle vesti delle amministrazioni di inizio anni Ottanta. «Le nostre funzioni scadono il primo luglio, ma proseguono per quanto riguarda il settore dell’Ambiente - ha spiegato l’assessore provinciale Vittorio Zollia - per cui mi auguro che i miei uffici riescano a svolgere questo compito in tempo». Fatto auspicato dallo stesso Prodani nell’interrogazione al ministro che è in attesa della risposta.

(s.m.)

 

 

Centraline della Ferriera, alberi da potare
«All'indomani della risoluzione approvata in Commissione ambiente al Senato sulle problematiche ambientali della Ferriera, mi sono rivolto all’Arpa, per chiedere di mettere le centraline dedicate al monitoraggio dell’aria in condizione ottimali per funzionare: questo significa che siano in buono stato di manutenzione e che gli alberi che le circondano siano potati. La risposta arrivata dà finalmente buona notizia: Arpa ha già provveduto a contattare i competenti uffici comunali di Trieste segnalando formalmente, in particolare, la necessità di realizzare un’adeguata potatura degli alberi in prossimità della stazione di rilevamento di via Pitacco». Lo riferisce il senatore Lorenzo Battista, membro per il gruppo parlamentare “Per le Autonomie”, sottolineando che deve essere fatta la stessa operazione anche per la situazione di via Svevo.

 

 

Torna “Fondali puliti”, sub a difesa del mare

Tutti in mare, esperti e novizi, per le “Pulizie di primavera” dei fondali del Golfo.

Dopo un anno torna la pulizia dei fondali marini a cura del Circolo sommozzatori Trieste, in programma domani mattina dalle 8.30 alle 13 circa, nello spazio antistante Molo Fratelli Bandiera, operazione in collaborazione con i sub della sezione triestina della Lega Navale. Oltre una ventina i subacquei mobilitati, di cui molti giovani, attorno ai 16-17 anni, freschi dell’acquisizione del brevetto di 1° livello, il passaporto necessario per poter aderire all’immersione a carattere ecologico targata Cst. L’iniziativa ha due finalità, una più concreta e l’altra in chiave di pura sensibilizzazione, votata cioè al lancio del messaggio classico a tutela dell’ambiente marino e che risuona nello slogan di quest’anno: “Lasciamo il mare come desideriamo trovarlo”. Per realizzare la missione, sia pur in parte, la giornata di domani si avvale anche del supporto della Capitaneria di porto, della Guardia di finanza e dell’AcegasApsma specie porta in mare un drappello di convinti ecologisti muniti di bombole e maschere. «Purtroppo in tali operazioni siamo abituati a scovare di tutto - premette Enrico Torlo, vicepresidente del Circolo sommozzatori Trieste -: residui derivanti spesso dai diportisti, come plastiche, vetro, bottiglie e vetro,mapure cellulari, carrelli e persino batterie, gli elementi più pericolosi».

(fr.card.)

 

 

Smaltimento rifiuti apre a Medolino il contestato centro
POLA - Dopo tanti ritardi e rinvii sembra che sia questione di poche settimane l'apertura a pieno ritmo e del centro regionale per la gestione dei rifiuti a Castion, nel Comune di Medolino che comunque sta già operando a regime di collaudo.

È senza dubbio uno dei tre progetti più contestati in Istria negli ultimi 25 anni assieme alla centrale a carbone Fianona 3 e alla fabbrica di lana di roccia Rockwool a Pedena, per via dell'impatto ambientale ritenuto devastante o perlomeno dannoso. Le critiche più forti riguardano la scelta dell'ubicazione nel comune di Medolino, a solo un chilometro e mezzo dalle spiagge. A causa della struttura numerosi affittacamere privati della zona hanno dovuto cessare l'attività in quanto è impensabile offrire una vacanza con vista sulla discarica. Un altro motivo della contestazione è la scelta della tecnologia d'elaborazione meccanico-biologica, cosiddetta MBO ormai obsoleta. Su quest'ultimo aspetto del progetto, gli ambientalisti e alcuni esperti del settore avevano richiamato l'attenzione già nella base embrionale del progetto e sembra che avessero ragione. Tra l'altro dal trattamento dei rifiuti solidi urbani tramite la tecnologia MBO si produce secondariamente il combustibile RDF (refuse derived fuel) che qualcuno deve asportare. Ne è interessato il cementificio di Valmazzinghi vicino ad Albona, per l'alimentazione dei propri forni che però in questa situazione tiene il coltello dalla parte del manico, come dire: noi preleviamo il combustibile RDF dalla discarica, però vogliamo essere pagati per questo servizio altrimenti sbarazzatevene voi da soli. Un altro dato contro la tecnologia MBO a Castion è il basso tasso di riciclaggio dei rifiuti rispetto alle tecnologie più moderne per cui il ministero croato dell'Ambiente sta facendo delle riflessioni sul passaggio ad altre tecnologie. Comunque la situazione da quest'aspetto non è tanto chiara anche tenuto conto della precarietà dell'attuale governo. Sul problema ha richiamato l'attenzione il presidente dei Verdi della Croazia Josip Anton Rupnik che accusa la regione di aver accettato una tecnologia sponsorizzata dalla lobby europea del cemento.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 giugno 2016

 

 

Il delfino ferito si rifugia in Sacchetta
Con tutta probabilità è lo stesso esemplare avvistato nel Valentinis. L’appello ai diportisti: fare attenzione e non avvicinarlo
È ferito, molto denutrito, affaticato e, secondo i veterinari, ha un’unica reale necessità: essere lasciato il più possibile in pace. Anche se il delfino comparso ieri mattina in Sacchetta è diventato subito una star, attirando decine di curiosi che, nel corso della giornata, hanno affollato le Rive per immortalare le sue capriole tra le barche, si tratta di un animale in difficoltà, che non deve essere toccato né nutrito da chicchessia. «Si tratta di un tursiope, presumibilmente anziano, molto magro, con una ferita recente, profonda alla testa e un’altra infetta sul lato destro del corpo, probabilmente dovuta a un colpo d’elica - spiega Paolo Zucca, medico veterinario della Direzione salute della Regione Fvg e grande esperto di fauna selvatica -. Accade spesso che i delfini in difficoltà si spingano verso riva o nei porti. L’unica cosa che si può fare è allertare i diportisti affinché prestino la massima attenzione quando escono dalla sacchetta con le imbarcazioni, per evitare che le eliche feriscano l’animale. Allo stesso tempo - precisa - l’animale non deve essere avvicinato, ma ha bisogno di essere lasciato in pace finché non deciderà spontaneamente di lasciare il porticciolo». L’esperienza ha infatti dimostrato che qualsiasi tentativo di “incoraggiare” l’uscita dei delfini dai porti è destinata a fallire, così come inutile sarebbe qualsiasi tentativo di catturarlo per curare le sue ferite: «Si tratta di un esemplare di 250-300 kg: viste le sue condizioni di salute e considerato il luogo angusto in cui nuota, non sussistono i presupposti per un intervento del genere, che rischierebbe solo di aumentare lo stress dell’animale». Con tutta probabilità il delfino è lo stesso che qualche giorno fa ha dato bella mostra di sé nel canale Valentinis a Monfalcone: «Da un confronto accurato della pinna dorsale sembrerebbe proprio lui - conferma la biologa marina Milena Tempesta -. Analizzando il catalogo messo a punto dai colleghi sloveni dell’associazione Morigenos abbiamo visto che non si tratta di uno dei cetacei che popolano il nostro golfo: non sappiamo da dove arrivi». A monitorare la situazione è la Riserva marina di Miramare, presente sul posto assieme ai volontari delle associazioni Morigenos e Delta, l’azienda sanitaria, i vigili del fuoco e la Capitaneria di porto. «Noi siamo presenti con un ruolo di coordinamento, ma non prevediamo alcun intervento - conferma il direttore della Riserva Marina del Wwf Maurizio Spoto -: bisogna lasciare l’animale in pace, evitare qualsiasi tentativo di avvicinamento e lasciare che decida di andarsene autonomamente».

Elisa Lenarduzzi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 giugno 2016

 

 

Parte il potenziamento della ferrovia tra il porto e lo snodo di Campo Marzio

Sono stati avviati ieri, come informa una nota delle Ferrovie, gli interventi di potenziamento infrastrutturale della stazione di Campo Marzio con un investimento di 680mila euro. Saranno sostituiti alcuni scambi e migliorato il tracciato ferroviario con modifiche planimetriche.

I lavori si svolgeranno in due fasi e la prima, che si concluderà a luglio, permetterà la riapertura del collegamento ferroviario tra il molo VII e la stazione. La seconda fase terminerà in autunno. Sarà più veloce effettuare le manovre carri ferroviari per il trasferimento delle merci dalla banchina alla stazione e quindi più veloce la composizione dei treni. Questo comporta l’aumento della capacità dell’impianto in termini di numero treni/anno. «È la dimostrazione che le risorse per il porto di Trieste sono vere - ha commentato la governatrice Debora Serracchiani - e che le Istituzioni hanno lavorato in modo sinergico, cantierando rapidamente i 50 milioni stanziati dal Governo».

 

L’Onu: in mare 8 milioni di tonnellate di plastica l’anno - Giornata mondiale degli oceani
La salute del globo dipende anche dalla salute dei suoi mari: gli oceani coprono tre quarti della superficie terrestre, garantiscono sopravvivenza a 3 miliardi di persone e generano 3mila miliardi di dollari l’anno tra risorse e industrie, il 5% del Pil globale. Lo ricorda l’Onu per la Giornata mondiale degli oceani che si celebra oggi. Tema: la lotta alla plastica. Ogni anno ne finiscono in mare 8 milioni di tonnellate.

 

 

San Giovanni - I progetti delle scuole per l’ambiente

Nell’ambito delle celebrazioni della Giornata mondiale dell’ambiente oggi, nella sede della VI circoscrizione di Rotonda del Boschetto 6, le scuole del territorio presenteranno i progetti sviluppati in collaborazione con la circoscrizione. Il programma prevede - questa mattina alle 9 -, nel piazzale della sede circoscrizionale, la presentazione del progetto “I diritti ambientali”, iniziativa a cura dell’Istituto comprensivo San Giovanni, che promuove l’educazione ambientale e una maggiore informazione/formazione dei giovani a uno sviluppo più consapevole e sostenibile. A seguire, alle 12, nella sala del consiglio, al primo piano della palazzina, inaugurazione della mostra sul progetto a cura dell’Istituto comprensivo Tiziana Weiss dal titolo “Cibo per la mente, cibo per il corpo”. Con riferimento alle Linee guida per l’educazione alimentare nella scuola italiana, il progetto si propone di creare informazione e discussione sulle problematiche connesse con l’alimentazione, sulla prevenzione di comportamenti nocivi per la salute, sulle credenze scorrette inerenti l’alimentazione. La Giornata mondiale dell’ambiente è una festività proclamata nel 1972 dall’assemblea generale delle Nazioni Unite e viene celebrata ogni anno il 5 giugno: ogni edizione ha un tema come filo conduttore che lega tutte le iniziative mondiali che si svolgono in onore dell’ambiente.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 giugno 2016

 

 

Ecomafie, cresce il fatturato 258 miliardi di dollari nel 2016 - Rapporto ONU-Interpol
ROMA - Il fatturato delle ecomafie cresce in tutto il mondo, più veloce del prodotto interno lordo. Nel 2016 si calcola che arriverà a 258 miliardi di dollari, con un aumento del 26 per cento rispetto al 2014. Nell’ ultimo decennio i ricavi dai reati ambientali sono cresciuti in media del 5-7 per cento ogni anno, più del Prodotto interno lordo globale.

Oramai i crimini contro l’ambiente sono la quarta attività illecita al mondo per fatturato, dopo droga, contraffazione e traffico di esseri umani. I conti in tasca alle ecomafie li ha fatti un rapporto congiunto dell’agenzia delle Nazioni Unite per l’ecologia, l’Unep, e dell’Interpol, diffuso in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente. Già il titolo la dice lunga: «L’ascesa del crimine ambientale». Questi reati comprendono traffico di specie selvatiche, taglio illegale di boschi, contrabbando di oro e altri minerali, pesca di frodo, traffico di rifiuti, frodi sui crediti di carbonio. Per il direttore esecutivo dell’Unep, Achim Steiner, «le forti somme di denaro generate da questi crimini mantengono in affari bande sofisticate e alimentano l’insicurezza nel mondo. Il risultato non è solo devastante per l’ambiente e le economie locali, ma per tutti quelli che sono minacciati da queste imprese criminali. Il mondo deve unirsi per adottare una forte azione nazionale ed internazionale per porre fine ai reati ambientali». Il rapporto Unep-Interpol raccomanda ai governi azioni, norme e sanzioni decise (comprese misure per demolire i paradisi fiscali), aumento dei fondi per il contrasto, incentivi e sostegni economici per dare alternative alle popolazioni che traggono sostentamento da questi reati. Di crimini ambientali ha parlato ieri anche il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, alla celebrazione per i trent’anni del suo Ministero, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Le ecomafie, criminalità organizzata che aggredisce e avvelena per i suoi affari illeciti il territorio, sono un massacro di natura e una minaccia per la salute pubblica, come sanno gli abitanti della cosiddetta “Terra dei fuochi”, a cui dobbiamo la difesa dalle cosche e la bonifica della loro terra».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 6 giugno 2016

 

 

La fiera dei prodotti naturali Bioest chiude con un bilancio positivo

Bilancio positivo per la XXIII edizione di Bioest, annuale fiera del biologico e dei prodotti naturali che va in archivio dopo una grande affluenza di visitatori. Particolarmente frequentate per tutti e due i giorni le attività, le dimostrazioni e le lezioni gratuite di varie discipline: dallo yoga al thai chi alla danza orientale alla ginnastica. Affollata la conferenza sulla permacultura di Stefano Soldati, esperto di agricoltura alternativa, e grande interesse per le passeggiate nel Parco alla scoperta delle piante officinali e degli Orti urbani e per il laboratorio sulle meridiane solari.

 

 

Fareambiente - Preoccupazione per il rigassificatore

«C'è grande preoccupazione per la notizia del ministero dell'Ambiente che l'iter inerente il rigassificatore di Trieste prosegue con esito positivo della verifica di una serie prescrizioni» afferma Giorgio Cecco di FareAmbiente invitando il premier Renzi «a non far violenza al territorio che ha espresso la propria contrarietà».

 

 

«In Strada per Longera i pedoni sono a rischio» - LA PROTESTA
LONGERA - Strada per Longera è a rischio di incidenti, soprattutto nel tratto compreso tra la via Comici e la via Masaccio, sottostante la collina dei vasti caseggiati Ater di Sottolongera. La denuncia arriva dal Comitato rionale dei cittadini di San Giovanni/Cologna a seguito delle numerose segnalazioni dei residenti.

Una questione che si trascina da diversi anni, non dissimile da quanto accade in altre direttrici dell'immediata periferia, eredità di antiche carrarecce più che di moderne arterie di scorrimento e collegamento. Strada per Longera, in più punti, è talmente stretta da non permettere il transito contemporaneo di due veicoli. «Il tratto di strada sotto il complesso Ater è pure privo di marciapiedi - afferma per il comitato rionale Luciano Ferluga - e dunque i pedoni sono costantemente in pericolo. Chi risiede in questa zona è consapevole delle difficoltà di transito e quindi modera la velocità. Purtroppo Strada per Longera viene spesso imboccata da camion, camper e altri mezzi che non rispettano la segnaletica e che, puntualmente, si trovano a a mal partito con la ristrettezza della carreggiata. Per il pedone il rischio di essere investiti è quotidiano. E il traffico è in continuo aumento anche perché questa strada conduce all'ospedale di Cattinara e alla Grande Viabilità». Le preoccupazioni del comitato e dei residenti aumentano considerato che a breve, nel tratto citato, verso la vallata di Timignano, dovrebbero essere costruiti nuovi edifici. Nuovi insediamenti, sostiene il comitato, e quindi nuove vetture e scooter che graveranno sull'asse viario. «Gli amministratori devono tenere in debito conto le nostre segnalazioni - riprende Ferluga - attivandosi per una definitiva soluzione per questa viabilità. L'unica proponibile, a nostro avviso, è di procedere all'allargamento della carreggiata predisponendo lo sbancamento della scarpata sotto i caseggiati Ater. Altri spazi non ce ne sono. Quel che conta è che si proceda una volta per tutte, senza aspettare che accada quell'incidente mortale che qui si è sfiorato mille volte».

Maurizio Lozei

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 5 giugno 2016

 

 

FIERA BIOEST - Parco dell’ex Opp “invaso” dagli amanti dei prodotti bio
Proseguono gli appuntamenti di Bioest, la tradizionale fiera del biologico e dei prodotti naturali promossa da Associazione Bioest - Gruppo Ecologista Naturista di Trieste in collaborazione con il Comune, in programma ancora oggi dalle 9 alle 21 al Parco di San Giovanni a ingresso libero.

Oltre 100 gli espositori arrivati da tutta Italia, Slovenia e Croazia per la 23.a ediizione della festa–mercato, che mette in primo piano i piccoli produttori nel campo dell’agricoltura biologica e dell’artigianato biocompatibile impegnati a divulgare, anche attraverso laboratori e incontri gratuiti la cultura del biologico proponendo lavorazioni manuali o tradizionali, dall'alimentare all'abbigliamento alla cosmesi naturale. Tra gli appuntamenti più seguiti, specie dai bambini, l’incontro con le api tenuto da Livio Dorigo (appuntamento che si replica anche oggi alle 11), e il laboratorio per la realizzazione di meridiane solari da passeggio con lo gnomonista Stefano Giuliani (che torna, a grande richiesta, pure questa mattina alle 10). Attesa anche per l'intervento sulla permacultura urbana “Progettare l'autosufficienza” di Stefano Soldati, esperto di agricoltura alternativa che oggi effettuerà un Giro nell'orto alle 15.30. Molto frequentate inoltre le lezioni gratuite di varie discipline che si sono succeduti per tutta la giornata. Anche oggi, dalle 10.30 alle 20, si potrà prendere confidenza con le tecniche di Tai Chi Chuan, Hatha Yoga, Ticao Qing De, Karate e Biodanza. Tra gli eventi di oggi, Giornata mondiale dell'ambiente, da segnalare infine l’incontro sulla multi-riflessologia facciale vietnamita Dien Chan con Magda Zuliani, alle 16.30, e il corso di benessere a cura di Mirzakarim Norbekov, autore del libro “La saggezza dell'asino” di Irina Dalnya alle 18 in sala Rosa, e la conferenza in passeggiata per conoscere le erbe e la distillazione alle 16.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 4 giugno 2016

 

 

«I genitori non facciano giocare i bimbi sul verde inquinato»
In seguito agli esiti dei campionamenti effettuati dall’Arpa in alcuni giardini e aree verdi pubbliche del territorio comunale, è stata emessa dall’area Città, territorio e ambiente del Comune un’ordinanza a firma del sindaco contenente alcune misure e disposizioni, ai fini di prevenzione, per una serie di spazi quali il Giardino pubblico “Muzio de’ Tommasini” di via Giulia e le aree a verde della scuola dell’infanzia “Don Dario Chalvien” di via Italo Svevo, della Chiesa parrocchiale San Lorenzo Martire di via di Servola 40, della scuola elementare “Biagio Marin” di via Marco Praga e dell’immobile comunale di via dei Giardini 16 utilizzato dall’Associazione triestina Amici del presepio e dal Club triestino fermodellisti Mitteleuropa. «In via cautelativa e in attesa dell’intervento della Regione, competente ad adottare eventuali successivi interventi con l’adozione di piani specifici di sua spettanza - afferma una nota del Comune - nonché in coerenza con quanto indicato dall’Azienda sanitaria con nota del 27 maggio, sono disposti la limitazione di accesso al pubblico alle aree verdi suddette nonché, ai soggetti titolari delle stesse, il compito di dare chiara segnalazione, adeguata cartellonistica, esposizione dell’ordinanza, eccetera, della limitazione di accesso e di provvedere a mantenere le aree terrose potenzialmente inquinate ricoperte da uno strato erboso, eseguendo opportune bagnature nei periodi più siccitosi, ovviamente spostando le eventuali attività in altre parti dell’immobile considerato». L’ordinanza, che sarà fatta rispettare dagli organi di polizia, anche con l’applicazione delle sanzioni previste dalla vigente normativa e dal Regolamento sul Verde pubblico, invita la popolazione «ad adottare comportamenti responsabili, in particolare esortando i genitori a non far giocare i bambini nelle aree che non siano pavimentate o ricoperte da ghiaia o da altri materiali isolanti, tartan, pannelli, eccetera».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 giugno 2016

 

 

Dallo spartitraffico al cortile - Aree verdi passate ai raggi X
Al via nuove verifiche per ricostruire la “storia” dell’inquinamento accertato nei giardini dei veleni. Strategia in tre mosse per rimuovere i terreni contaminati
Perché le scuole di Servola sì e la grande viabilità no? Perché il Giardino pubblico di via Giulia e non, ad esempio, Valmaura? L'inquinamento scoperto dalle rilevazioni ambientali nelle aree verdi della città sta sollevando molti interrogativi. È questa distribuzione "a macchia di leopardo" che Comune, Arpa, Regione e Azienda sanitaria vogliono mettere a fuoco. La ragione è collegata alle cause che originano le contaminazioni. Gli accertamenti ora continuano in tre direzioni: innanzitutto con un piano di ulteriori verifiche sulle sostanze trovate, tra cui il benzopirene, sondando zolle più profonde dei 10-15 centimetri campionati finora. In secondo luogo si procede con le bonifiche delle aree più pericolose per la salute delle persone e, probabilmente, con ulteriori carotaggi in altre zone di Trieste. Tra cui, forse, pure la Pineta di Barcola. La configurazione "a spot" delle contaminazioni costringe gli esperti a prendere in mano caso per caso. Sono dodici i punti rilevati. Il Giardino pubblico di via Giulia, il terreno che presenta i dati più preoccupanti (2,8mg di benzopirene, di fronte a un limite di legge di 0,1) è quello su cui si riescono ad abbozzare le deduzioni più logiche. Il parco, dove ieri sono peraltro comparsi dei gabbiani di polistirolo riversi nel laghetto, forse come forma di protesta, è in mezzo a una zona molto trafficata. «Pensiamo allo smog o al riscaldamento delle case», spiega l'assessore all'Ambiente Umberto Laureni. Ma c'è chi, come il M5S, ha additato la Ferriera come possibile origine delle contaminazioni nonostante la distanza dallo stabilimento. La composizione delle sostanze rinvenute nel Giardino pubblico, così come le zolle di terreno delle altre aree verdi sondate a Trieste, sarà confrontata con le polveri del rione di Servola. «In questo modo - precisa Laureni - sarà possibile evidenziare se c'è una somiglianza tra quanto si sedimenta attorno allo stabilimento e il resto. Nelle zone più lontane dalla Ferriera al momento si pensa a una multifattorialità». L'inquinamento diffuso trovato in vari punti della città fa cadere, per piazzale Rosmini, l'ipotesi "governo americano". Ma la Ferriera non è esclusa: «L'intento è studiare la rosa dei venti per capire se l'aria porta le poveri fino là», precisa l'assessore. Per le scuole vicine allo stabilimento, come la don Chalvien di via Svevo e la Marin di Servola, l'origine delle sostanze può apparire quasi scontata: la vicinanza alla fabbrica e alla zona industriale e portuale in generale. Questo vale per l'asilo di via Svevo in particolare. «Non vogliamo assolvere a priori la Ferriera», osserva Laureni. Cause multifattoriali, pare, per la Pineta Miniussi di Servola, anch'essa esposta allo stabilimento di Arvedi e al porto. Se è piuttosto ovvio capire perché al Sincrotrone di Basovizza non è stato rivenuto nulla, lo è meno per via Cossetto e la piazzola spartitraffico della superstrada. Entrambi non distanti da Servola e alle due scuole contaminate. Così come il giardino "Fra Antollovich di via Carpineto", pure nella norma analogamente a Piazzale Atleti Azzurri a Valmaura. «Dobbiamo guardare la “storia” di quelle aree", cioè quando sono state fatte», commenta Laureni. Il parco di via Carpineto, in effetti, è stato oggetto di un ricambio del terreno nella riqualificazione di dieci anni fa. «Possiamo dedurre - conclude - che la Ferriera, ammesso sia la causa, in questi anni là non avrebbe arrecato troppo inquinamento». Un ragionamento che andrebbe fatto anche per la piazzola della Grande viabilità, anch'essa costruita in tempi recenti. Ma il fronte politico, nel frattempo, si scalda. Piero Camber di Fi ha preparato un'interrogazione per avere risposte sul caso dei giardini inquinati e sulle verifiche nei confronti degli obblighi previsti dall'Aia per Siderurgica Triestina, oltre che per sollecitare accertamenti pure a Miramare.

Gianpaolo Sarti

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 giugno 2016

 

 

Giardini inquinati, genitori in allarme - Stupore in via Svevo e via Praga: «Siamo preoccupati». Al don Chalvien gli insegnanti hanno delimitato da soli le aree
TRIESTE - Il nastro rosso e bianco davanti al giardino contaminato l’hanno messo loro, gli insegnanti, ieri mattina. Hanno sistemato pure le panchine piccole, quelle dei bimbi, per delimitare l’area. In quell’altra, quella con i giochi, nuova di zecca, hanno semplicemente chiuso il cancello.

«Non è venuto nessuno del Comune, ci siamo arrangiate da sole», dice una maestra. All’asilo di via Svevo, il don Chalvien, ora devono convivere con il benzo(a)pirene e chissà quali altre sostanze tossiche di cui è pieno zeppo il terreno. E chissà fino a quando, per quanto tempo. Nel cortile c’è già una centralina dell’Arpa che misura l’inquinamento dell’aria. D’altronde a qualche centinaio dei metri c’è la Ferriera. La struttura di via Svevo è una dei due istituti scolastici, insieme alla Biagio Marin di via Praga a Servola, che figura nell’elenco dei sette siti giudicati inquinati da Arpa, Azienda sanitaria, Regione e Comune. Nell’ordinanza del sindaco che vieta l’accesso alle aree verdi è finito, come noto, pure il giardino pubblico di via Giulia. I genitori, comprensibilmente sul chi va là, hanno saputo tutto leggendo le notizie sui giornali. «Qui da noi alla Chalvien nessuna comunicazione, forse perché è successo tutto ieri», spiega una mamma. Il figlioletto è lì, insieme ad altri compagni, che corre sulla ghiaia del cortile. Sono una cinquantina i bimbi del nido, settantacinque della materna. Forse qui se l’aspettavano di trovarsi il suolo inquinato, dopo i prelievi di terra di un mese e mezzo fa. «Certo - osserva Lara Colonni - non portiamo più i nostri figli tranquillamente. Sono sicura che il problema è la Ferriera, io una settimana e mezzo fa ero in piazza a manifestare. Ma non la chiuderanno mai». La signora Erica Schercich segue il discorso e annuisce: «Nessuno ci ha avvertiti e ci stiamo domandando dove fare la festa di fine anno. La faremo all’aperto, sulla ghiaia, stando attente che i bambini non mettano i piedi sull’erba? Pazzesco, abbiamo aspettato così tanto per avere questo asilo». Maddalena Crasmaru, mamma di un bimbo di cinque anni, è preoccupata: «Come si può stare in un asilo senza uno spazio verde? I nostri figli hanno bisogno di muoversi». Federico Godas è un giovane papà: «Io e mia moglie abitiamo poco distanti - racconta - e abbiamo messo nostra figlia qui per comodità, ma se avessimo potuto avremmo scelto certamente un altro posto, non di sicuro sotto la Ferriera». Anche la signora Laura Mancinelli, che ieri all’una è venuta a prendere il nipotino, non sapeva nulla del provvedimento. Tanto meno delle zone transennate: «Pure qua hanno trovato inquinamento?», domanda. «È lo stesso di piazzale Rosmini? Non siamo felici di questa situazione, ma d’altronde qua dobbiamo convivere con l’inquinamento. Cosa possiamo fare?». All’interno del cortile nei prossimi giorni compariranno anche alcuni cartelli con il divieto di calpestare le aiuole. All’esterno della scuola elementare Biagio Marin di Servola, invece, ieri è stata affissa una circolare. «A seguito dell’incontro avvenuto martedì pomeriggio con gli assessori - si legge - si informa che a titolo precauzionale non è consentito l’accesso ai giardini. Gli alunni potranno utilizzare tranquillamente il cortile e le parti cementate o rivestite di tartan». L’assessore all’Infanzia Antonella Grim sta seguendo passo dopo passo il passaggio di informazioni: «Ci siamo mossi subito convocando i responsabili scolastici non appena è stata formalizzata la decisione del sindaco - afferma - lo abbiamo fatto già mentre si stava svolgendo la conferenza stampa l’altro giorno. È una decisione precauzionale per fare in modo che i bambini non calpestino quelle aree. Incontreremo anche genitori e personale».

Gianpaolo Sarti

 

Fratelli d’Italia - Petizione popolare per il caso San Vito
Parte la petizione popolare contro l’inquinamento di piazzale Rosmini e San Vito.

È Federico Bertoli, candidato di Fratelli d’Italia-An in Circoscrizione a promuoverla. «La chiusura del giardino, dovuto alle alte concentrazioni di sostanze inquinanti e pericolose per la salute mi ha lasciato senza parole - rileva - il mio pensiero si è rivolto subito verso i bambini che da anni frequentano quel posto e che quindi sono stati esposti a un possibile pericolo per la loro salute. Ho deciso quindi di lanciare questa petizione popolare insieme a Claudio Giacomelli e Nicole Matteoni, candidati al Consiglio comunale, per chiedere al Comune e al futuro sindaco, chiunque esso sarà, le analisi del terreno del ricreatorio De Amicis e della parrocchia Madonna del Mare e dell’asilo comunale adiacente, per la prevenzione della salute dei bambini che ogni giorno frequentano questi luoghi». Ma dal Pd gettano acqua sul fuoco. «Anche in questa difficile e complessa situazione il sindaco Cosolini ha dimostrato correttezza e serietà», osserva Mario Ravalico consigliere comunale e presidente della Commissione ambiente. «La presentazione dei dati di inquinamento del suolo nelle aree verdi a seguito di analisi dettagliate, mai eseguite in precedenza, rappresenta uno step conoscitivo importante che sta alla base dei provvedimenti da attuare a tutela della salute pubblica secondo le priorità evidenziate, con immediatezza ma senza allarmismi fuori luogo». Ma Fabio Carini, candidato sindaco di Startup Trieste contrattacca. «Sette aree verdi inquinate in città, alcune frequentate ogni giorno da bambini e famiglie che sono comprensibilmente preoccupate», evidenzia. «Ha dell'incredibile che l’attuale sindaco non prenda alcun provvedimento urgente per indagare il problema e risolverlo, tratti con disprezzo la salute di noi cittadini e si presenti ad eventi elettorali che dovrebbero passare in secondo piano di fronte a reali emergenze». Carini è convinto che la giunta comunale si stia occupando «solo di raccogliere improbabili voti attraverso eventi propagandistici, rimanendo indifferenti ed inoperosi davanti a una situazione così allarmante che sta destando grandi preoccupazioni in tutti noi triestini», le sue parole. «Molte sono aree comunali - incalza Carini - in alcuni casi con parco giochi per i più piccoli, dove la gente, basti pensare al Giardino Pubblico, pensava di portare i propri figli in totale sicurezza. Ci tengono nascoste le cause di questo inquinamento che di certo non è solo colpa di traffico e riscaldamento e, soprattutto, non hanno idea di come porvi rimedio».

(g.s.)

 

 

Fianona 3, il governo accantona il carbone - Al vaglio la possibilità di creare la nuova centrale elettrica a Urigno, in abbinata al rigassificatore da costruire a Veglia
POLA - Il carbone come combustibile della futura centrale elettrica Fianona 3 sta per venir definitivamente accantonato - oltre che per motivi ecologici - anche per le chiare indicazioni che arrivano da Bruxelles; e addirittura stando a fonti bene informate, l'intero progetto verrebbe trasferito a Urigno sul versante quarnerino, abbinato al futuro rigassificatore a Veglia.

Il Ministero croato dell'Economia ha confermato di aver ricevuto la valutazione dell'organismo regolatore della Commissione europea secondo cui il contratto stipulato tra la Hep (l'azienda elettroenergetica di Stato) e la compagnia giapponese Marubeni (partner strategico scelto tramite concorso internazionale) è in rotta di collisione con il Terzo pacchetto energetico comunitario. Quest'ultimo stabilisce che all'interno dell'Unione europea gli acquirenti possono liberamente scegliere il fornitore dell'energia elettrica. Dunque in sostanza Bruxelles stabilisce la libertà di mercato anche in questo settore, libertà che invece in questo caso specifico non verrebbe rispettata visto che la Hep avrebbe garantito il monopolio sulla corrente erogata dalla futura centrale Fianona 3. Il 13 giugno prossimo poi l'Assemblea regionale istriana approverà il nuovo piano ambientale della penisola che prevede unicamente il gas o altre fonti energetiche rinnovabili quale combustibile delle future centrali. E sembra che l'attuale governo, a differenza di quelli precedenti, intenda rispettare la volontà degli istriani sul rifiuto del carbone per il fattore del devastante impatto sull'ambiente. In questo contesto, vale la pena ricordare che al referendum indetto l'anno scorso nell’Albonese la popolazione locale aveva detto chiaramente no al carbone. A questo punto però, stando a varie valutazioni, la Marubeni - che praticamente viene estromessa dal progetto del valore di circa un miliardo di euro - chiederà un risarcimento per togliere il disturbo, anche se di fatto il contratto con la Hep non è stato ancora firmato. Comunque non si sa per ora se siano contemplate penali nel caso la parte croata rinunciasse al progetto. Infine, come si diceva, stano a fonti bene informate di Zagabria si starebbe vagliando la possibilità di trasferire la centrale a Urigno (in croato Urinj), sul Quarnero, e di farla alimentare dal futuro rigassificatore di Veglia. Quanto ai tempi di attuazione, si andrebbe sicuramente molto per le lunghe, per cui esiste il fondato timore che ben presto la domanda di energia elettrica in Croazia risulterà superiore alle disponibilità, anche perché tra circa due anni diverse vecchie centrali a carbone diventate caffettiere fumanti verranno smantellate.

(p.r.)
 

 

Scoperte nell’Adriatico sei nuove specie di spugne calcaree
FIUME - Sorpresa nelle acque croate. Sulla rivista scientifica internazionale European Journal of Taxonomy sono stati pubblicati i risultati della ricerca congiunta croato-brasiliana che ha portato alla scoperta di sei specie di spugne calcaree, definite dagli studiosi endemiche per l'Adriatico.

La ricerca è stata effettuata dagli esperti dell'Istituto di biologia marina Ruggero Boscovich di Rovigno e dell'Istituto di oceanografia e pesca di Spalato, con i colleghi dell'Universidade Federal do Rio de Janeiro. Alle sei calcisponge sono stati dati questi nomi: Ascandra spalatensis, Borojevia croatica, Leucandra falakra, Leucandra spinifera, Paraleucilla dalmatica e Sycon ancora. A fare luce su questa specie sconosciute sono stati i brasiliani Michelle Klautau e Fernanda Azevedo, i rovignesi Bruna Plese, Helena Cetkovi„ e Mirna Halasz e lo spalatino Vedran Nikoli„. Quest' ultimo ha fatto presente che le scoperte si sono avute in diversi siti dell'Adriatico: le specie sono state sottoposte ad analisi filogenetica e caratterizzazione molecolare. «Devo purtroppo dire - ha puntualizzato Nikoli„ - che le spugne sono specie minacciate nell’Adriatico e a rischio estinzione, in particolar modo quelle scoperte dal nostro gruppo congiunto perché vivono in acque basse, dove le attività umane risultano pericolose per questi organismi marini, così semplici ma importantissimi per l'ambiente e per le altre specie viventi». Il ricercatore dalmata ha sottolineato l' importanza di simili studi che purtroppo non vengono valorizzati per lo sviluppo delle attività scientifiche in Croazia. Va rilevata in questo senso l'eterna mancanza di mezzi finanziari sufficienti a supportare le varie ricerche. «Avessimo a disposizione il denaro dello zoologo tedesco Haeckel, che per primo descrisse le spugne calcaree adriatiche, potremmo fare miracoli. Sono convinto - ha concluso Nikoli„ - che questo mare celi molti segreti. Avessimo mezzi sufficienti, l’Adriatico ci riserverebbe gradite sorprese».

(a.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 giugno 2016

 

 

Salgono a sette le “oasi” inquinate - Maglia nera al Giardino pubblico - i risultati dell'indagine

Comune, Arpa e Regione diffondono i dati dell’indagine suiterreni di dodici siti Al via l’ordinanza precauzionale di chiusura. Valori superiori ai limiti di legge riscontrati anche nelle scuole di via Svevo e di via Marco Praga. Tra i promossi l’aiuola della Grande viabilità di Servola, via Norma Cossetto e piazzale Atleti Azzurri.

Dopo piazzale Rosmini e pineta “Miniussi” di Servola scatta l’ordinanza di divieto di accesso per inquinamento ad altre cinque aree verdi di Trieste. Nell’elenco del sindaco Roberto Cosolini, ieri in conferenza stampa con Arpa, Regione e Azienda sanitaria, finiscono il Giardino pubblico “de Tommasini” di via Giulia, il polmone verde della città, ma anche due scuole che si trovano a Servola e dintorni: la don Chalvien di via Svevo e la Biagio Marin di via Praga. Off limits, sempre nello stesso rione, pure i cortili della chiesa San Lorenzo e dell’Associazione amici del presepio in via dei Giardini. In tutte le aree sono state rilevate contaminazioni al di sopra dei limiti di legge di benzopirene, ad esempio, ma anche di benzoantracene e benzofluorantene. Sostanze cancerogene che sulla carta presentano un rischio forse più «potenziale» che effettivo, come ha rilevato il direttore generale dell’Azienda Sanitaria Nicola Delli Quadri, ma che comunque impongono provvedimenti. A conti fatti, ora sono sette su dodici i siti giudicati tossici dall’indagine ambientale dei tre enti. Gli accertamenti dell’Arpa, sollecitati in passato dalla popolazione per sondare in primo luogo l’impatto della Ferriera sulla città, hanno scoperchiato un “inquinamento diffuso” nel capoluogo che probabilmente ha diverse origini: traffico urbano, emissioni da impianti di riscaldamento, attività industriali e attività marittimo-navali. I giardini inquinati saranno accessibili come sempre, analogamente a quanto avviene in piazzale Rosmini da qualche settimana, ma su aiuole e prati è preferibile non andare e non portarci bambini e animali. Il più tossico di tutti appare proprio il grande parco di via Giulia, in pieno centro, e quindi più esposto all’inquinamento. Il benzopirene qui è presente con una media di 2,8 milligrammi per kg di sostanza secca, quando le normative indicano una soglia di 0,1. Piazzale Rosmini, già off limits, è a 0,84 mg/kg, Miniussi a 0,58, l’istituto di via Svevo a 1,3. La Marin di via Praga ha registrato invece una media di 1,1 la parrocchia di San Lorenzo si è fermata a 0,5, mentre in via dei Giardini è a 0,48. In queste aree, comprese le due scuole, sarà vietato metter piede nelle aiuole Dove è possibile entrare a contatto con il terreno e dunque con le sostanze. I siti che risultano invece “sani”, con valori al di sotto del tetto stabilito dalle norme, sono il Sincrotrone di Basovizza, la via Norma Cossetto, l’aiuola della Grande Viabilità di Servola, il giardino Frà Antollovich di via Carpineto e piazzale Atleti Azzurri di Valmaura. Cosolini, che ha voluto arrivare fino in fondo a questo studio ambientale, chiarisce: «Ho richiesto io tempo fa le analisi sui suoli, per avere un quadro dell’inquinamento dei terreni a Servola vista l’ultradecennale esposizione all’attività della Ferriera ma anche per avere parametri di riferimento su due aree verdi del centro città che con la Ferriera non hanno nulla a che vedere: il Giardino Pubblico e Piazzale Rosmini. Rivendico il merito di aver voluto questa indagine. Se per i terreni dei giardini pubblici di Trieste parliamo oggi di inquinamento dipende dal fatto che nessuno se ne è occupato prima». Il sindaco non ritiene di trovarsi dinnanzi ad alcun pericolo incombente ma quanto trovato «ci impone, a scopo cautelativo, alcune restrizioni in attesa dei prossimi rilevamenti più approfonditi». L’assessore Umberto Laureni, che aspetta ancora gli accertamenti per capire da dove deriva l’inquinamento di piazzale Rosmini, conferma: «Nessun allarmismo». L’indagine prosegue e presto potrebbe interessare altre zone della città. Per i siti inquinati, oltre all’ordinanza precauzionale e «a più attente strategie di lotta all’inquinamento urbano», il Comune domanderà finanziamenti alla Regione per partire con un piano di rimozione e sostituzione della terra inquinata.

Gianpaolo Sarti

 

LE REAZIONI - «Ma la Ferriera c’entra» M5S e Lega incalzano sulle responsabilità dello stabilimento

La vicenda dei giardini inquinati, che piomba dritta ditta sulle elezioni comunali, innesca una dura pioggia di reazioni.

Con il Movimento Cinque Stelle, innanzitutto, che convoca subito una conferenza stampa con il gruppo regionale e il candidato sindaco Paolo Menis. «L'inquinamento pesantissimo dei giardini di Trieste non è imputabile al traffico veicolare e al riscaldamento domestico», è l'accusa. A sostegno della propria tesi i grillini fanno notare che le sostanze risultate al di sopra dei limiti di legge contengono cloruri e floruri, come il benzo(b)fluorantene e il benzo(k)fluorantene, «che non possono derivare da riscaldamento domestico e da traffico veicolare», ha spiegato in particolare Eleonora Frattolin. «È dimostrato al contrario che queste sostanze sono riconducibili alle attività produttive. È scientificamente dimostrato che Pm10 e metalli pesanti ricadono nelle immediate vicinanze dell'impianto che li produce, mentre il resto dei composti inquinanti è molto più volatile e può coprire distanze anche chilometriche. Quindi è totalmente scorretto e strumentale sostenere che i risultati dell’inquinamento dei giardini molto lontani dalla Ferriera discolpino l’impianto dall’inquinamento diffuso. Bisogna assolutamente fare - concludono i grillini - un’indagine approfondita della presenza di diossine. Cosa che, abbiamo scoperto, Arpa non ha mai fatto». Più cauto Roberto Dipiazza: «Situazione molto seria, è indispensabile fare tutte le verifiche per individuare le esatte cause dell'inquinamento», afferma. Parole a cui Cosolini replica immediatamente: «Chiedete a Dipiazza quante e quali iniziative ha assunto durante i 10 anni del suo mandato da sindaco...». Lorenzo Giorgi del Pdl invoca una verifica a tappeto su tutta la città, mentre Pierpaolo Roberti della Lega punta l'indice sulla Ferriera. «Ammettendo la presenza di “concause” nella determinazione di questo preoccupante quadro - spiega l'esponente leghista -, lo stesso Comune ammette, in maniera nemmeno troppo velata, che il principale agente di inquinamento nelle zone non soggette a intenso traffico veicolare, tutte dunque escluso il Giardino Pubblico, sia in effetti la Ferriera. Una posizione quantomeno bizzarra e certamente contraddittoria rispetto alle molteplici dichiarazioni rese dalla stessa amministrazione uscente, giunta perfino ad attribuire le colpe al Governo militare alleato salvo poi essere smentita dall'evidenza».

 

In via Giulia - Incredulità e scetticismo tra gli habituè dei vialetti
È come impedire ai triestini di prender il sole a Barcola o agli innamorati di baciarsi sul Molo Audace. Sarà dura, molto dura, disseminare di divieti il Giardino pubblico di via Giulia e pensare che la gente gli dia retta. Il parco è un autentico polmone verde della città. È un rifugio di spensieratezza e libertà.

È aria, silenzio. È chiasso dei bambini. È un libro, un giornale da leggere. Persone di tutte le età che passeggiano, fanno footing. Chi si distende sui prati, chi lascia scorrazzare i cagnolini in ogni dove. Si gioca a palla, si ride, si salta. Si fa ginnastica. Panchine, vialetti, aiuole: è tutto un brulicare di famiglie, nonni, bimbi, mamme con passeggino. Triestini e stranieri. La signora Paola Gustini non ci crede proprio: «Terreno inquinato? Vietato camminare...ma no, impossibile». Già, perché Paola ieri aveva ben pensato di raccogliere delle bacche e piantarle nei vasi di casa. Le ha prese da per terra e le ha infilate in borsetta. «Qui è inquinato? No, dai». Così ha detto il sindaco. «Beh - obietta - allora è tutto inquinato, a iniziare dall'aria che respiriamo». Il signor Giuseppe è una vita che viene in Giardino pubblico. Prima lui, da bambino, poi i figli e poi i nipoti. «Ah - ricorda - una volta c'era il guardiano e mai più riuscivi ad andare sulle aiuole. Ti correva dietro». Ha sentito parlare del «rischio potenziale» di questo parco, così come di quanto si è detto e raccontato di piazzale Rosmini. «Impossibile che la colpa sia degli americani. Là c'è la Ferriera e qua il traffico...». La gente però non sembra prendersela con il sindaco. «In fondo - osserva la signora Edoarda - se c'è un pericolo vero Cosolini ha fatto bene a emettere l'ordinanza. Cos'altro poteva fare? Io credo che non si possa lasciare così, se questo è davvero un problema si proceda e rapidamente con le bonifiche. Ma un pezzettino alla volta - conclude la signora -, sennò non sappiamo dove portare i cani». Sarebbe un bel problema, in effetti, per questo rione. Dove si va a passeggio? La gente che cammina con Fido al guinzaglio non si conta. Anche il signor Antonello Brandi è lì col suo cagnolino tutto allegro che corre, saltella e infila il naso dappertutto. Presto dovrà impedirglielo, ma non se ne avvede. «Per terra è cancerogeno? Mah, tutta la città è in queste condizioni - allarga le braccia - tra Ferriera e auto non c'è da stupirsi. Ne paghiamo le conseguenze. Comunque servono interventi drastici». In effetti il sindaco pensa a interventi drastici. Procederà, come promesso, con un altri accertamenti del terreno e pure in altre zone della città. Poi, con i soldi della Regione, farà bonificare le aree contaminate. E, visto che la causa potrebbe avere diverse origini (traffico, riscaldamento, anche se c'è chi accusa i fumi della Ferriera), sta pensando di fissare una temperatura invernale per gli edifici pubblici (19°, consigliati a tutti) e ridurre la circolazione veicolare così come avviene quando lo smog è alle stelle. Nel frattempo farà piantare in tutto il giardino dei cartelli di divieto simili a quelli di piazzale Rosmini. «Ma sarà pericoloso?», domanda incredulo Gianni. È un giovane, uno dei tanti in un tranquillo pomeriggio primaverile. Sta giocando con i racchettoni, mentre poco più in là un ragazzo si destreggia con una serie di spericolate capriole sull'erba. La mano, sporca di terra, passa presto sul volto imperlato di sudore. Non sa, il ragazzo, quanto quel gesto domani potrà apparire insano. Come quella coppietta, seduta in cerchio davanti al loro bebè. Per terra, su un prato, a imboccarlo a cucchiaini di yogurt. O quel gruppo di adolescenti, distesi all'ombra di un albero, a sbaciucchiarsi rotolandosi, coi jeans ormai sporchi. «Ah, contaminato, davvero?».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 31  maggio 2016

 

 

Amianto killer in porto, 21 verso il processo
Davanti al gup gli ex vertici dello scalo tra cui i presidenti Zanetti e Tonutti. Accusa di omicidio colposo per la morte di 32 operai
Erano braccianti, pesatori, autisti e pulitori. I portuali morti - uccisi dal mesotelioma alla pleura innescato quasi certamente dall'esposizione all’amianto che arrivava in gran quantità con le navi nello scalo triestino tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta - sono stati ben 32. E quattro i malati. È stata una strage causata dall’esposizione alle fibre d’amianto sia in ragione della permeabilità dei contenitori utilizzati come sacchi di juta e carta, sia in occasione della frequente rottura degli stessi sacchi. Imputati davanti al gup Guido Patriarchi nell’udienza preliminare, disposta in conseguenza della richiesta di rinvio a giudizio, sono i vertici del porto e della compagnia dell’epoca. Tutti accusati di omicidio colposo a vario titolo e in particolare di non aver adottato le misure di prevenzione tecniche, organizzative e procedurali per eliminare o quantomeno ridurre la dispersione delle fibre di amianto in porto. I nomi sono quelli di Michele Zanetti, presidente dal 1977 al 1990. Ma anche di Giuseppe Tonutti che lo ha preceduto al vertice dello scalo e dell’ex direttore generale Luigi Rovelli (dal 1985 al 1992). E poi dei viceconsoli Fabio Armani, dal 1986 al 1988; Claudio Brecel, 1981 al 1984; Emilio Coretti dal 1986 al 1988; Carlo Lussini dal 1979 al 1981; Franco Marsetti dal 1977 al 1979; Marcello Menegon dal 1986 al 1988; Vito Micheli dal 1971 al 1981; Edoardo Micoli dal 1975 al 1977; Giulio Seri, dal 1975 al 1984; Dusan Sossi, dal 1984 al 1986; Germano Svara dal 1984 al 1986. E dei consoli Vincenzo Marinelli dal 1986 al 1988; Elio Petric dal 1979 al 1981. E ancora dei direttori dell’ufficio del lavoro Piero Billeri, dal 1975 al 1976; Antonio Mantia, dal 1977 al 1978; Luigi Nardini, dal 1978 al 1979, Annibale Scucato dal 1973 al 1974 e Arrigo Borella, direttore generale del porto dal 1981 al 1985. In aula uno stuolo di avvocati: Guido Fabbretti, Domenico Lobuono, Raffaella Bartolucci, Davide Zignani, Claudio Giacomelli, Franco De Robbio, Giovanni Borgna, Pierumberto Starace, Raffaele Conte, Lucio Frezza, Ernesta Blasetti e Roberto Mantello. Il fascicolo del pm Chergia è stato integrato dal voluminosissimo dossier dell’indagine epidemiologica svolta dal Dipartimento di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Azienda sanitaria diretto da Valentino Patussi. Un’indagine che si è protratta per oltre due anni e alla quale avevano lavorato tre esperti a tempo pieno circoscrivendo l’epoca dei trasporti di amianto, e ricostruendo le condizioni in cui i lavoratori si trovavano a operare, gli organigrammi della Compagnia portuale nei diversi decenni, i compiti affidati ai singoli soci e riesaminando i contenitori in cui il minerale killer era contenuto e gli spostamenti ai quali doveva essere sottoposto. Per i 36 casi in questione (il mesotelioma ha spesso un tempo d’incubazione addirittura di una quarantina d’anni) erano state riscontrate da parte dell’Azienda sanitaria numerose violazioni normative alla sicurezza sul lavoro. A fare scattare l’indagine era stata la drammatica confessione dell'uomo forse più rappresentativo del lavoro in porto negli anni “incriminati”: Paolo Hikel “console”, come si diceva allora, della Compagnia portuale allorché questa raggiunse il suo massimo sviluppo, per la precisione nel 1977, arrivando a contare 1.818 soci e 50 dipendenti, morto pochi mesi fa. «Sono stato da poco operato di mesotelioma - aveva denunciato - e non ho dubbi sul fatto che la causa sia stata tutto l’amianto che ho maneggiato in porto, ma ho anche pochi dubbi sui motivi del decesso di 78, ripeto 78 lavoratori della Compagnia di bordo che se ne sono andati negli ultimi decenni». Rigettata l’eccezione di indeterminazione dei capi d’imputazione il gup Patriarchi ha aggiornato l’udienza al prossimo 19 settembre.

Corrado Barbacini

 

 

Fiesta, per promuovere l’efficienza energetica in casa
Promuovere l’efficientamento energetico? Certo, attraverso l’informazione ai cittadini ma anche grazie a iniziative “non convenzionali” come lotterie e gruppi d’acquisto locali.

È quello che sta facendo il progetto europeo Fiesta (Families Intelligent Energy Saving Targeted Action), che da un anno ha lanciato un’iniziativa pilota per incentivare il contenimento dei consumi e della spesa energetica delle famiglie, a beneficio dei bilanci domestici e ambientali. Le città europee che hanno aderito al progetto creando sportelli dedicati ad audit energetici gratuiti per le famiglie, stanno ora lanciando lotterie aperte a coloro i quali hanno richiesto gli audit o abbiano preso parte ai workshop dedicati al tema dell’efficienza tra le mura domestiche. I premi in palio sono diversi: dalla bici elettrica ai deumidificatori, tutto all’insegna di consumi consapevoli ed “eco-friendly”. Nella stessa direzione va anche la promozione di gruppi d’acquisto locali con l’idea di riunire più utenti nell’ordinativo di prodotti e tecnologie che migliorino l’efficienza energetica in casa. È possibile sia creare gruppi d’acquisto ad hoc che unirsi ad altri già esistenti come quelli del progetto europeo Clear, focalizzato proprio su Intelligent Energy. Il bilancio del primo anno di attività di Fiesta è positivo: 506 gli energy audit effettuati nei cinque Paesi europei coinvolti (Italia, in Spagna, Bulgaria, Croazia, Cipro), 100 workshop per studenti, condomini e installatori organizzati e 11 lotterie attivate. Fino alle fine del progetto, nel 2017, saranno ancora diverse le iniziative da mettere in cantiere. In Italia a fare da battistrada sono state le città di Forlì, Ravenna e Trieste, dove sono attivi gli sportelli che forniscono gratuitamente alle famiglie residenti consulenze tecniche e consigli pratici per ridurre i consumi energetici delle abitazioni. È ancora possibile richiedere audit energetici tramite il sito www.fiesta-audit.eu. Fiesta è coordinato a livello europeo da Area Science Park.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30  maggio 2016

 

 

Riparte il Delfino Verde con tariffe invariate e spazi “XL” per le bici

Mercoledì il debutto dei collegamenti tra Trieste e Grado - Tre corse giornaliere. Servizio garantito fino al 31 agosto
Il viaggio singolo costa 7 euro, mentre per l’andata-ritorno se ne spenderanno 10,65 Possibili gli abbonamenti Ammesse a bordo fino a 16 due ruote
di Antonio Boemo La partenza dal Molo Audace di Trieste è fissata alle 8.15 e l’arrivo è previsto al Molo Torpediniere di Grado alle 9.45. E così mercoledì 1° giugno riprende il servizio della linea marittima dell’Apt che collega Trieste a Grado con il Delfino Verde, servizio che sarà attivo regolarmente fino al 31 agosto. Il Delfino Verde, condizioni meteo marine permettendo, viaggerà tutti i giorni a esclusione del lunedì, tranne Ferragosto quando sarà comunque funzionante. L’inaugurazione della nuova stagione della linea marittima avverrà a Grado, da dove il Delfino Verde dirigerà poi, con partenza alle 10.15, verso il capoluogo giuliano. A bordo del Delfino Verde ci sarà la consueta cerimonia con la partecipazione dei passeggeri e delle autorità e l’intervento per la prima volta del neo presidente dell’Apt, Sara Cumar. L’Apt, forte del positivo risultato dello scorso anno, ha deciso per il 2016 di mantenere invariati prezzi e orari. Nel 2015 erano stati registrati 18.026 passeggeri (l’anno prima 17.660), cifra addirittura superiore a una dozzina d’anni fa quando in pieno boom turistico era stata raggiunta quota 18mila. La corsa singola costa 7 euro, il viaggio di andata e ritorno, valido nella sola giornata di emissione, rimane fissato a 10,65 euro. Sono previsti anche gli abbonamenti nominativi che consentono un notevole risparmio. Dieci corse costano 42,05 euro, 50 corse 84,10 euro. Per chi è munito di Fvg Card è previsto un biglietto d’andata e ritorno gratuito per un adulto e un bambino al di sotto dei 12 anni. Ricordiamo anche gli orari delle tre partenze giornaliere: da Trieste 8.15, 12.45 e 16.45; da Grado 10.15, 14.30 e 18.30. È una traversata rilassante, che consente di lasciare l’auto a casa, senza poi il problema di dover cercare parcheggio. Vale per i triestini che raggiungono Grado per trascorrere una giornata al mare e per i numerosi turisti che dall’Isola si recano a visitare Trieste. Da qualche anno, al costo di 0,85 euro si possono portare a bordo anche le bici. Al momento il massimo previsto trasportabile è di 16 velocipedi. Intanto è già partito il servizio “Bici Bus” che sarà attivo fino all’11 di settembre ogni sabato e domenica, ma anche a Ferragosto, oltre a domenica 18 e domenica 25 settembre. Il trasporto è compreso nel prezzo del biglietto di corsa semplice. Il carrello posizionato dietro alle corriere trasporta un massimo di 28 biciclette. L’itinerario di quest’anno per questo collegamento Mare-Collio prevede la partenza da Cormons con tappe a Mossa, Gorizia, Gradisca, due punti di Monfalcone e tre soste a Grado da dove ripartirà per il medesimo itinerario. Anche questo è un modo nuovo di viaggiare: pedalare da casa alla stazione, imbarcare la bicicletta, viaggiare comodamente sul pullman fino a destinazione e poi proseguire pedalando lungo le ciclabili che sono ormai piuttosto numerose. Per quel che riguarda Grado, oltre a quella interna all’Isola con il Lungocanale in via di ultimazione, c’è la provinciale in direzione Monfalcone e la più lunga translagunare d’Europa che da Grado porta Belvedere, da dove prosegue per Aquileia e fino in Austria.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 maggio 2016

 

 

Il 40% dei rifiuti storici rimosso dalla Ferriera - i lavori all’impianto
Siderurgica Triestina fa il punto sullo stato di realizzazione dei lavori di messa in sicurezza operativa della Ferriera di Servola, a sei mesi dall’approvazione e autorizzazione (decreto 2 novembre 2015 dei Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente) dei progetti previsti dall’Accordo di programma del novembre 2014 sulla base del quale l’azienda ha basato il suo intervento e gli investimenti.

L’accordo prevedeva la realizzazione di due tipi di interventi: da un lato, ci sono quelli di messa in sicurezza di emergenza, la cui esecuzione ha impegnato Siderurgica Triestina da fine 2014 lungo tutto il 2015; dall’altro, vi sono gli interventi di ottimizzazione della gestione ambientale degli impianti e di prevenzione, messa in sicurezza operativa e monitoraggio ambientale, la cui autorizzazione era rimandata al decreto che è poi stato appunto emesso a novembre 2015 dai ministeri. Il decreto interministeriale ha stabilito in 30 mesi (cioè fino ad aprile 2018) il tempo entro cui Siderurgica Triestina deve concludere la realizzazione di tutti gli interventi previsti. A sei mesi (su trenta appunto) dall’avvio dei lavori di prevenzione, messa in sicurezza operativa e monitoraggio relativi al cumulo storico di rifiuti, al trattamento delle acque meteoriche e ai suoli, l’azienda rende noto che in particolare, per quanto riguarda lo smaltimento del cumulo storico di scarti di lavorazione delle precedenti gestioni, i lavori hanno già interessato settemila tonnellate di materiale sulle circa 18mila presenti, quindi il 40% delle stesse. Infine, altri piccoli cumuli presenti in diverse aree dello stabilimento servolano, per un totale di 5.500 tonnellate, sono stati già tutti conferiti. Effettuati e proseguono i lavori di pavimentazione, eseguita con la tecnica del capping, che evita la dispersione di sostanze nei sottosuoli e nella falda grazie alla separazione dei sottosuoli con telo in pvc cui viene sovrapposta una pavimentazione in calcestruzzo con pendenze adeguate a realizzare la raccolta e il trattamento delle acque prima dell’immissione in fognatura. L’area pavimentata ha raggiunto circa il 35% della superficie complessiva prevista (in totale 120mila metri quadri su 340mila). In ultimo, Siderurgica Triestina aggiunge che rispetto alla rete di raccolta e trattamento delle acque meteoriche sono state ultimate tre vasche, sulle sei in progetto.

 

 

Parco pubblico ad Aquilinia nell’area verde di Teseco - L’azienda ha saldato il conto con il Comune di Muggia per oneri di urbanizzazione
Investimento complessivo di 160mila euro. Inaugurazione fissata al 6 giugno
AQUILINIA «Muggia avrà a brevissimo un nuovo Parco urbano pubblico». Laura Marzi, vicesindaco muggesano uscente e candidato-sindaco nella cittadina rivierasca, annuncia così la nascita della nuova area verde sita ad Aquilinia, un'area boschiva pari a 2 ettari di proprietà della Teseco. Ed è stata la stessa società a investire i 160 mila euro necessari per la riqualificazione della zona. La nuova struttura pubblica - che sarà fruibile a partire dal 6 giugno - godrà anche della realizzazione di 40 nuovi parcheggi destinati ai residenti. Collocato di fronte alla scuola elementare "Loreti" e vicino all'ex caserma della Guardia di Finanza, il parco è stato realizzato direttamente da Teseco che entro qualche giorno affiderà ufficialmente tutta l'area al Comune di Muggia. «Teseco è intervenuta per ottemperare a oneri di urbanizzazione primaria dando vita ad un vero e proprio parco urbano che entro la fine del mese vedrà la realizzazione degli ultimi accorgimenti tecnici», spiega Marzi. In questi giorni si stanno ultimando i nuovi sentieri dotati di illuminazione notturna, richiesti dall'amministrazione comunale anche per percorrere le arterie nel bosco in maggior sicurezza. L'area comprenderà una serie di panchine oltre ad un nuovo parco giochi per i più piccoli. «Il parco giochi verrà realizzato vicino alla scuola, proprio per essere utilizzato anche senza doversi per forza addentrare nel parco», puntualizza il vicesindaco muggesano. Il parco, che vedrà la piantumazione di piantine ornamentali e fiori, sarà "arricchito" dalla presenza di 40 nuovi parcheggi pubblici. Parcheggi che verranno anch'essi donati da Teseco al Comune muggesano. «I posti per le automobili non saranno a servizio solamente dei nuovi utenti del parco urbano, ma potranno essere messi a disposizione per i genitori che quotidianamente portano i propri figli alla Loreti», aggiunge il numero due dell'amministrazione Nesladek. Una soluzione dunque agli ingorghi che talvolta si creano sull'arteria sia al mattino che all'ora di pranzo. Sull'area vige invece ancora un dubbio sul futuro dei vecchi campi da tennis in cemento presenti alla fine della zona boschiva. Fondamentalmente inutilizzabili, al posto delle due strutture sportive l'amministrazione comunale sta pensando di creare una piccola costruzione da utilizzare come centro di aggregazione per i residenti. «In attesa della realizzazione del centro diurno, i cui lavori sono bloccati causa Patto di stabilità, l'idea di adoperare l'area dei campi di tennis per la socializzazione dei cittadini di Aquilinia ci pare una buona proposta sulla quale poi dovrà esprimersi la cittadinanza locale», conclude il vicesindaco muggesano. Insomma, proprio a una settimana dalle elezioni comunali, l'amministrazione Nesladek annuncia la nascita di un nuovo Parco urbano. Coincidenza che più di qualcuno ha fatto notare al vicesindaco muggesano: «A causa del maltempo i lavori si sono protratti più del previsto. La scadenza iniziale infatti era stata fissata a metà maggio - si difende Marzi - Nessun calcolo elettorale, dunque, semplicemente un promessa mantenuta per Aquilinia».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28  maggio 2016

 

 

Il dibattito sulla Ferriera finisce quasi alle mani - VERSO IL VOTO»IL FUTURO DI SERVOLA

Gli operai contestano Menis e Sossi. Dipiazza non c’è: «Per lui non siamo nulla»

Ma i toni degenerano quando la discussione si sposta fra Rsu e abitanti

Le tute blu, in questo caso solo metaforicamente, cominciano a gettare le prime bordate contro Paolo Menis dei Cinquestelle, alzano il tiro nei confronti di Vito Potenza della lista civica omonima, per finire con il sommergere di urla Marino Sossi di Sinistra per Trieste. Parte subito con qualche improperio l’audizione dei candidati sindaco al Circolo lavoratori della Ferriera, finisce in una baraonda totale con toni sempre più alti che si spostano dall’obiettivo dei politici a un confronto verbalmente violento tra le decine di dipendenti dello stabilimento intervenuti e una non indifferente rappresentanza degli abitanti della zona. Al tavolo della presidenza i sei rappresentanti delle Rsu. Breve introduzione di Cristian Prella del sindacato autunomo Failms, poi Franco Palman (Uilm), vecchia volpe del sindacato, mette subito in chiaro che non ci sarà alcun ipocrita convenevole. «Quattromila i cittadini in piazza nella più affollata manifestazione di protesta - sottolinea - cinquemila le richieste di assunzione in Ferriera. Vuole la chiusura - accusa Palman - chi non ha portato alcuna alternativa. Ai politici chiediamo di essere severissimi per far valere il rispetto delle norme ambientali, ma qui l’unico che può chiudere qualcosa è il signor Arvedi». Apre gli interventi il candidato Roberto Cosolini schernendo le alternative ad Arvedi: «Fantomatiche piattaforme logistiche che erano solo fotocopie di siti internet: fuffa totale. Io ho fatto quattro ordinanze intimando la riduzione dell’attività, il sindaco che mi ha preceduto nemmeno una in dieci anni quando i livelli di benzopirene erano sette volte più alti. Ora dovremo verificare se l’area a caldo può continuare, i candidati che ne promettono la chiusura raccontano balle». Tocca a Paolo Menis e la platea comincia a scaldarsi. «Bisogna portare in città l’industria pulita, ma il Sin blocca anche gli imprenditori che vogliono investire. Nel marzo 2015 Serracchiani e Cosolini hanno promesso che, se a fine anno la soluzione non si risolveva completamente, l’area a caldo chiudeva». «Dove sta scritto, fuori le carte», gli urlano, «Ci sono le registrazioni audio», replica. Peter Behrens interviene a nome di Iztok Furlanic di Sinistra unita: «L’azienda deve continuare inquinando il meno possibile. Chi propone una Piattaforma logistica vende fandonìe perché dal punto di vista acustico è ben più impattante della Ferriera». Applausi. Sotto con Vito Potenza: «Nel nostro programma c’è la chiusura dell’area a caldo. Ho parlato io con investitori che sarebbero pronti a intervenire nel Punto franco dello Scalo legnami», «Sogni - risuona dal fondo della sala - l’unico “mona” che è venuto qua si chiama Arvedi, non produce caramelle, ma ghisa, dobbiamo accontentarci». «Io sono un disoccupato», dice Potenza. «No, sei Di Maio 2», lo rimbrotta un operaio. «Comunque - aggiungono altri - ringraziamo i candidati che sono venuti. Per quelli che non sono venuti (Roberto Dipiazza non c’era così come Giorgio Marchesich, Fabio Carini e Maurizio Fogar), ndr) noi siamo merda». Alessia Rosolen (Un’Altra Trieste popolare): «L’unico piano esistente di riconversione e ricollocamento l’ho fatto io nel 2008 quand’ero assessore regionale e poi ho fatto anche la legge per la verifica dei livelli di benzopirene. Bisogna avere fermezza nei confronti di Arvedi e dell’Arpa, ma il sindaco può essere solo garante dell’applicazione di Accordo di programma e Aia». Marino Sossi ha l’ardire di citare l’esempio di Cornigliano ed è come accendere una miccia. «A Cornigliano mille persone sono state buttate sulla strada, è stato un disastro per questo Paese, vergognati», gli urlano. «Sarà il padrone alla fine a chiudere comunque l’area a caldo - prosegue - chi vorreste mettere nel laminatoio: nuovi assunti con il job act o i lavoratori di altoforno e cokeria?». «Questi vengono a casa nostra a dirci che vogliono buttarci fuori di casa», è la ribellione della sala. Alla fine riesce a stento a dire qualcosa Nicola Sponza (Uniti per Trieste): «La politica ha calato una soluzione dall’alto, ma bisogna fare tavoli con le persone interessate». Ormai però lo scontro e tra sindacalisti e abitanti. «Ci rovinate la salute», accusa un anziano abitante. E Palman lo rimbecca: «Sei tu che la rovini a noi. Hai già cent’anni. Fino a quando vuoi vivere ancora, fino a duecento?»

Silvio Maranzana

 

«Inquietanti ritardi sui giardini inquinati» - Sossi e Prodani puntano il dito contro il «silenzio» di Comune e Arpa. «I cittadini hanno diritto alla verità»
«Siamo di fronte ad una situazione drammatica. E soprattutto inquietante».

Il candidato sindaco di "Sinistra per Trieste" Marino Sossi e il deputato di Alternativa Libera Aris Prodani puntano il dito sul piano d'azione portato avanti dalle istituzioni sul fronte dei campionamenti atti ad individuare le cause dell'inquinamento riscontrato in piazzale Rosmini e nella pineta Miniussi di Servola. Una vera e propria "task force", con in testa Regione e Comune di Trieste, composta da esperti dell'Arpa, che ha ampliato le aree di monitoraggio, toccando una serie di siti nel rione di Servola ma non solo, ed i cui risultati erano attesi in questi giorni. «La cosa che più ci sorprende è che alcuni dati non sono ancora disponibili - afferma Sossi -. C'è l'assoluta necessità di capire in modo scientifico da dove derivi questo inquinamento per poi agire di conseguenza. Se deriva dalla Ferriera la strada è obbligata. Nel caso contrario va predisposto un piano straordinario per intervenire sul traffico cittadino. Il sindaco è responsabile della salute pubblica ed i cittadini non possono essere trattati come sudditi. Tutti hanno il diritto di conoscere la verità anche se scomoda». L'obiettivo del protocollo è quello di mettere sul piatto tutte le problematiche connesse agli inquinanti cancerogeni rinvenuti in piazzale Rosmini e, in misura inferiore, nella pineta Miniussi di Servola. Ma è previsto che le analisi dell'Arpa verifichino in particolare eventuali correlazioni con l'inquinamento prodotto dalla Ferriera. Tra le aree monitorate una serie di istituti scolastici nel rione di Servola, ma anche il giardino pubblico di via Giulia. «Già dopo il primo campionamento si è provveduto alla chiusura parziale di quelle due aree, ma si doveva intervenire a mio avviso in modo diverso - precisa Prodani -. Per quel che riguarda i nuovi campionamenti, i rumors dicono che in alcuni dati raccolti ci siano dei livelli di inquinamento superiori al consentito. Nelle scuole in particolare, ma anche nel giardino pubblico, questo fatto non può che preoccupare le famiglie dei ragazzi. E più passa il tempo, più aumentano le preoccupazioni. I cittadini devono sapere e devono potersi fidare delle istituzioni, le quali poi devono prendere le opportune contromisure. Se l'inquinamento è correlato alla Ferriera allora va chiusa l'area a caldo dello stabilimento. Nel caso dipenda da altri fattori, bisogna intervenire per ripensare il modo di vivere l'intera città».

(p.pit.)
 

 

Rotatoria di via Flavia completata a inizio settembre
Operai al lavoro e mezzi in movimento. La rotatoria di via Flava inizia a prendere forma. Ieri mattina, ad un mese dall'avvio del cantiere, primo sopralluogo da parte degli assessori comunali a Mobilità e Traffico Elena Marchigiani e Lavori Pubblici Andrea Dapretto, che hanno fatto il punto della situazione con i tecnici dell'impresa che sta portando avanti l'intervento.

Un'opera attesa da anni e che andrà a mettere in sicurezza un incrocio delicato e pericoloso, tra le vie Flavia, Caboto, Carletti e Strada della Rosandra, a beneficio della viabilità d'accesso della zona a sud-.est della città. Ma i fari non sono puntati solo sul traffico veicolare. Il progetto iniziale è stato ulteriormente modificato e prevede lavori di risanamento e manutenzione dei marciapiedi che saranno allargati, una serie di attraversamenti pedonali protetti ed un percorso di ciclabilità in sicurezza che è stato ridisegnato. La prima fase prevede l'installazione di una rotatoria provvisoria, cui seguirà quella definitiva che avrà un raggio di 15 metri, tra zona verde e area sormontabile. Poi le nuove aiuole spartitraffico periferiche, la demolizione di alcune esistenti, la collocazione della nuova segnaletica stradale, l'inserimento di ulteriori elementi di arredo urbano ed il potenziamento dell'impianto di illuminazione. Lavori che saranno conclusi all'inizio di settembre per un costo complessivo di quasi 400 mila euro, mentre a fine luglio partirà in parallelo il cantiere per la realizzazione della sede della catena Obi, nell'area dell'ex concessionaria Dino Conti. «Un intervento atteso da anni e che interessa un nodo viario molto complesso - hanno evidenziato Marchigiani e Dapretto - Un'opera che si colloca all'interno del nuovo Piano regolatore, e che prevede altresì una nuova rotatoria ad Aquilinia, oltre alla risistemazione di via Flavia, nell'ottica del miglioramento della dorsale del traffico in direzione Muggia e dei collegamenti ciclabili nella stessa direzione».

(p.pit.).
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27  maggio 2016

 

 

LEGAMBIENTE - Le spiagge diventano discariche - Ogni 100 metri di litorale 714 rifiuti. Plastica e metallo sono al top
ROMA - Non conchiglie ma tappi di bottiglia, mozziconi di sigaretta come alghe e cotton fioc al posto dei legnetti di mare: sulle spiagge italiane la natura sta lasciando il posto alla discarica, complici l’inciviltà dell’uomo e l’inefficienza degli impianti di depurazione. E così ogni cento metri lineari di spiaggia si incontrano in media 714 rifiuti, e tre su quattro sono di plastica, fonte irreversibile di inquinamento.

L’allarme arriva del rapporto «Beach Litter» di Legambiente che. con i suoi volontari, ha battuto 47 lidi - un’area di 106mila metri quadrati - raccogliendo oltre 33mila rifiuti spiaggiati. Gli oggetti più presenti tra la sabbia sono pezzi di plastica e polistirolo (il 22% del totale), destinati con il tempo a frammentarsi in milioni di microparticelle che finiscono nella pancia dei pesci e, da lì, sulle nostre tavole. Il 13% dei rifiuti sono i cotton fioc gettati nei wc e passati indenni dai depuratori. I volontari hanno raccolto 4.412 bastoncini colorati, più dei 2.642 mozziconi di sigaretta (7,9%). Seguono tappi di plastica e metallo, bottiglie e reti da pesca. A livello geografico la situazione più critica è sulla spiaggia di Coccia di Morto a Fiumicino (Roma), in prossimità della foce del Tevere, dove si accumulano i detriti provenienti dal fiume. Qui Legambiente ha trovato oltre 5.500 rifiuti in 100 metri, di cui due su tre imputabili alla cattiva depurazione (3.716 i cotton fioc raccolti). Maglia nera anche per la spiaggia di Olivella a Santa Flavia (Palermo), con 1.252 rifiuti in 100 metri di litorale. Quello che si vede, a riva e in mare, è solo la punta dell’iceberg: «Il 70% dei rifiuti che entra a contatto con l’ecosistema marino affonda, e solo il 15% resta in superficie», spiega la presidente di Legambiente, Rossella Muroni, che sottolinea l’urgenza di «mettere in programma azioni per la progressiva riduzione dei rifiuti in mare e nella fascia costiera, come previsto dalla direttiva Ue Marine Strategy, che in Italia non sono ancora state messe in campo». L’emergenza è ambientale ma anche economica. Pulire tutte le spiagge dell’Unione europea costa infatti 411,75 milioni di euro all’anno. Questo weekend, tuttavia, la pulizia sarà gratuita grazie all’iniziativa «Spiagge e fondali puliti» promossa dall’associazione ambientalista che vedrà i cittadini in azione lungo la Penisola.
 

Sabato addio rifiuti - E Canovella si pulisce pure grazie a un selfie - l’iniziativa di legambiente
Operazione pulizia in spiaggia domani mattina, a Canovella de’ Zoppoli, sulla Costiera triestina. La sezione di Trieste di Legambiente, nell’ambito della campagna nazionale “Spiagge e fondali puliti” (che ha lo scopo di liberare le coste dai rifiuti abbandonati), ha organizzato, in collaborazione con Trieste Altruista, questo appuntamento invitando coloro che intendono attivarsi per il bene della città e per la salute di tutti a partecipare all’iniziativa.

Il ritrovo è fissato alle 9.30 sul posto; Legambiente metterà a disposizione dei partecipanti tutto l’occorrente, a cominciare dai guanti e dai sacchi per la raccolta. «I volontari - dice Andrea Wehrenfennig, presidente della sezione di Trieste, da sempre impegnato sul fronte della tutela dell’ambiente - sono invitati anche a fotografare i rifiuti più insoliti che troveranno in spiaggia e a pubblicarli su Instagram, Twitter e Facebook con l’hashtag #schifidaspiaggia. I migliori scatti - precisa - saranno pubblicati sul sito di Legambiente». Evidente la finalità di rendere pubblico il comportamento quanto meno disdicevole di troppe persone che, incuranti del bene comune, lordano spiagge e coste guastando così uno dei beni di maggior pregio della città e del suo circondario. Le fotografie fatte in questa occasione potranno così essere diffuse in modo capillare ed essere da monito per tutti. Quella di Canovella de’ Zoppoli è stata inserita nel novero delle 47 spiagge italiane monitorate dai volontari di Legambiente nel corso dell’indagine sui rifiuti nelle spiagge italiane denominata “Beach Litter 2016”. È emerso che il 97% dei rifiuti monitorati a Canovella è di plastica, e di questi la maggioranza proviene dalla mitilicoltura, le cosiddette “calze”. Domani i volontari raccoglieranno questi rifiuti, dato che le plastiche e le microplastiche non solo deturpano le spiagge ma costituiscono per gli organismi acquatici un grave elemento di disequilibrio della catena alimentare e dell’intero ecosistema marino. Nel corso del congresso nazionale di Legambiente sono stati indicati i punti salienti del programma dell’organizzazione ambientalista, che sono l’economia circolare, la rigenerazione urbana come alternativa al consumo di suolo, la riconversione energetica e la green society.

Ugo Salvini

 

 

FERRIERA - Le Rsu di Servola “interrogano” i candidati
Oggi il confronto pubblico in programma al Circolo della Ferriera. Ma solo pochi aspiranti sindaci confermano la presenza
Fino a un paio di mesi fa molti politici sembravano d’accordo nel non usare la Ferriera come una clava elettorale per non dover ripetere le tristi scene dell’ultimo decennio almeno in cui molti hanno promesso la chiusura e nessuno ha potuto e forse nemmeno voluto mantenerla. Puntualmente è avvenuto l’esatto contrario e la Ferriera, oggi gestita da Siderurgica Triestina società del Gruppo Arvedi, è divenuta l’oggetto principe della campagna elettorale. «Inevitabile - diranno in molti - dato che è il problema più grave, dal punto di vista ambientale e sanitario, che la città si trova oggi ad affrontare». Lo si è visto del resto dalle due affollate manifestazioni di protesta, finalizzate alla chiusura dell’area a caldo, indette dal Comitato 5 dicembre, l’ultima delle quali, con tremila partecipanti, non più tardi di domenica scorsa. Non tutti però sono d’accordo e non soltanto perché gli sbocchi occupazionali in provincia sono ben pochi e prospettive di crescita e di assunzioni come a Servola (gli attuali 470 dipendenti potrebbero crescere fino a 800) non se ne vedono in nessun’altra azienda o settore. Assume un significato tutto particolare dunque, all’indomani dell’attesa presa di posizione del sindaco Roberto Cosolini, che pubblichiamo qui sotto, l’inedito confronto in programma questa sera alle 18 al Circolo Ferriera in via di Servola 1 e aperto al pubblico tra le Rsu dello stabilimento e i candidati sindaci. Tutti e undici i candidati sindaci sembrano essere stati invitati, ma a quanto riferiscono gli stessi rappresentanti dei lavoratori è certa la presenza soltanto di Roberto Cosolini, Paolo Menis e Alessia Rosolen. Anche un’assenza è certa, quella di Roberto Dipiazza, ed è un vero peccato essendo Dipiazza stato sindaco per dieci anni e avendo egli stesso sfilato in corteo domenica scorsa. «Dipiazza ha telefonato - riferisce Cristian Prella, del sindacato autonomo Failms - dicendosi pronto a incontrare sia i sindacalisti che i lavoratori, ma impossibilitato a essere presente al confronto generale in quanto impegnato altrove». Non ci sarà nemmeno Nicola Sponza (Uniti per Trieste), impegnato in un’altra manifestazione contemporanea. Nell’ambito di un sondaggio fatto dal Piccolo nei giorni scorsi si sono dichiarati a favore della chiusura dell’area a caldo della Ferriera otto candidati su 11. Accanto a Prella, a interrogare i candidati sindaci, vi saranno oggi gli altri cinque Rsu: Cristian Riosa anch’egli di Failms, Franco Palman e Giuseppe Spallino della Uilm, Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) e Thomas Trost (Fiom-Cgil). Un altro dibattito pubblico che coinvolgerà alcuni candidati sindaci è in programma questo pomeriggio alle 15 organizzato dalla Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap). Si terrà in via Besenghi 16 presso il Centro servizi per il volontariato del Seminario vescovile.

(s.m.)

 

«Area a caldo, in corso il risanamento - Ma senza miglioramenti la chiuderò» - l’intervento del sindaco
Riceviamo e pubblichiamo di seguito un intervento del sindaco Roberto Cosolini sul tema della Ferriera di Servola.

Caro direttore, la verità a volte non è popolare. Ma amministrare con forza e responsabilità significa anche affrontare situazioni difficili, con una visione di lungo periodo, per il bene della città tutta. Oggi molti cittadini sono arrabbiati per la Ferriera. In gran parte, e a ragione, per decenni di promesse tradite, disinteresse delle amministrazioni, e scelte mancate. In parte anche perché, a ridosso delle elezioni, l’uso della vicenda a fini elettorali sta esacerbando gli animi. Per questo ho sempre cercato di essere chiaro, trasparente e staccarmi da chiacchiere e strumentalizzazioni, esprimendomi prima delle elezioni. I Triestini sanno (altrimenti devono saperlo) che sono stato il sindaco che, assieme all’assessore Laureni, si è occupato del problema Ferriera più di chiunque altro in passato, per trovare una soluzione al problema ambientale e a quello occupazionale. Ne sono testimonianza le ordinanze emesse, le analisi eseguite e la trasparenza dei dati. Proprio perché ho scelto di agire in modo serio e responsabile, mi sono sottratto a quello che sarebbe stato un gesto di convenienza elettorale: unirmi al coro di chi promette di chiudere, senza però pensare alle conseguenze. Chi promette la chiusura, oggi, prende in giro i cittadini, perché non può farlo, non è in suo potere. Abbiamo intrapreso un percorso, quello di valutare se i progressi e i miglioramenti che si stanno registrando possano rendere sostenibile l’area a caldo. E questo percorso deve essere portato a termine. Interromperlo significherebbe perdere tutto, comprese le nuove attività come il laminatoio e la logistica. I miglioramenti, seppur lentamente, si stanno vedendo e sono confortati dai dati e dalle analisi. Per questo ritengo giusto valutare con cura se l’attività industriale può continuare e quindi se laminatoio e logistica possono essere attività aggiuntive, favorendo l’economia e l’occupazione a Trieste, e non sostitutive dell’area a caldo. Perché a Trieste c’è da tempo una fragilità industriale e conseguentemente un problema occupazionale. La salute resta comunque, per me, il fattore fondamentale e quindi, qualora non ci fosse entro tempi brevi un esito decisamente positivo, coerentemente con quanto detto in passato, porrei senza indugio la questione della chiusura dell’area e lavorerei affinché fosse condivisa da tutti i soggetti interessati e quindi diventasse effettiva. Nelle prossime settimane continueremo a monitorare e intervenire quando necessario con ordinanze anche di riduzione dell’attività, come abbiamo già fatto di recente. Il punto è proprio questo: noi le cose le abbiamo fatte, i controlli sono aumentati e sono oggi molto più numerosi rispetto a 6 anni fa, quando il benzo(a)pirene era oltre 6 volte maggiore di adesso. Per questo ritengo che ci stiamo comportando in modo credibile e responsabile, cercando soluzioni compatibili e non facendo promesse irrealizzabili o dannose per pura convenienza politica. Ricordo infatti ai cittadini che già in tre campagne elettorali (comunali del 2001 e 2006 e regionali del 2008) ci sono state speculazioni e promesse sulla Ferriera: che Dipiazza in particolare prometta per la terza volta mi pare veramente troppo! La stessa manifestazione di alcuni giorni fa aveva due anime: da un lato gente comprensibilmente stanca e arrabbiata, che merita il mio rispetto e il mio impegno, dall’altro lato una strumentalizzazione elettorale facilmente prevedibile. Già da quando la manifestazione è stata convocata: guarda caso a sole due settimane dal voto. Siamo i primi ad avere preso di petto una questione ambientale che a Trieste ha cause molteplici e lontane nel tempo e che richiede perciò scelte decise e responsabili. Non solo per il risanamento della Ferriera, ma anche per contrastare le altre forme di inquinamento urbano di cui nessuno, prima di noi, si era mai occupato.
ROBERTO COSOLINI

 

 

Vito: «Dai giardini di veleni nasce uno strumento anti inquinamento»
Prenderanno il via a breve i primi interventi del Comune di Trieste, finanziati dalla Regione, per fronteggiare l’inquinamento diffuso accertato nei giardini del capoluogo. I lavori, che costituiscono uno stralcio del piano di gestone in corso di predisposizione dal Tavolo tecnico (di cui fanno parte Regione, Comune, Arpa Fvg e Asuits), riguardano gli spazi verdi delle scuole Don Chalvien di via Svevo e Biagio Marin di via Praga, a Servola. Il Tavolo tecnico ha poi esaminato il protocollo operativo per l’elaborazione di piani di gestione per l'inquinamento diffuso, che potranno diventare uno strumento operativo per affrontare analoghe situazioni. Il Friuli Venezia Giulia sarà, quindi, la prima Regione in Italia a disporre di un protocollo operativo in tal senso. «Dal problema dei giardini inquinati di Trieste - ha commentato l’assessore regionale all'Ambiente, Sara Vito - ricaviamo ora un modello più avanzato per la lotta all'inquinamento diffuso».

 

 

Festa della natura con il Wwf - Miramare a misura di bimbo
Appuntamento con la Giornata delle oasi: l’Area marina protetta organizza laboratori, passeggiate naturalistiche e un approfondimento sulla mitilicoltura
Domenica le Oasi faranno festa. A Miramare. Si celebra pure a Trieste, con visite guidate gratuite, giochi e animazioni per bambini e un’escursione, la Giornata delle oasi Wwf che quest’anno coincide con il trentesimo anniversario dell’Area marina protetta. I festeggiamenti sono iniziati con un convegno all’interno di Mare Nordest e la partecipazione alla campagna congiunta di Marina militare e Wwf su “Il mare deve vivere” in occasione della tappa triestina della Vespucci e continueranno per tutto il 2016. Dalle 10 alle 17 la Riserva marina aprirà il proprio centro visite al pubblico con visite guidate gratuite a ciclo continuo (grazie anche al supporto della Provincia): sarà una vera e propria passeggiata in fondo al mare per conoscere, toccare e vedere l’ambiente marino del golfo, ma anche per capire l’importanza del ruolo di conservazione delle Oasi Wwf, oltre 80 strutture in tutta Italia che in occasione dell’annuale appuntamento saranno aperte gratuitamente e animate, da nord a sud, da eventi, iniziative e manifestazioni nel segno della natura. Sarà dedicata al marangone dal ciuffo, che a Miramare ha trovato un habitat ideale, la passeggiata naturalistica - gratuita e senza obbligo di prenotazione - che prenderà il via dal castelletto alle 10 (ritrovo alle 9.45): dopo un’introduzione dell’ornitologo Paolo Utmar, si andrà alla spiaggia per l’osservazione diretta di questi e altri uccelli marino-costieri che frequentano la riserva. Raccomandato il binocolo. Dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 17 saranno invece proposti due laboratori per i bambini e le famiglie: i più piccoli si adopereranno nella realizzazione di un medaglione in legno con il panda, simbolo del Wwf, mentre i più grandi osserveranno al microscopio il campione di una porzione di resta con mitili per scoprire la biodiversità che vi si nasconde. Per chi fosse interessato ad approfondire il tema della mitilicoltura, la Laudamar di Davide Roncelli sarà sulla banchina del porto di Grignano per alcune visite guidate gratuite sulla propria imbarcazione: alle 11 e alle 12 i gruppi di visitatori potranno incontrare i mitilicoltori che sveleranno i segreti del loro affascinante mestiere e salire a bordo. Per partecipare basta presentarsi al porticciolo nei pressi della sede della Società nautica Grignano. Quest’anno, la Giornata e la raccolta fondi saranno dedicate alla lotta al bracconaggio. Sarà possibile anche iscriversi al Wwf per sostenerne l’azione di presidio ambientale e tutela della biodiversità: con 8 centesimi al giorno si potrà dare un aiuto concreto alla natura.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 26  maggio 2016

 

 

L’Istat incorona Trieste tra le perle “green” d’Italia - Premiata la densità di verde urbano superiore alla media del resto del Paese
Riconoscimento speciale per le tutele riservate alle aree naturalistiche in Carso
Zeno Cosini sfodera la sua consueta ambiguità quando deve giustificare la nascita della sua relazione extraconiugale con la signorina Carla: «Che la mia resistenza non sia mancata del tutto è provato dal fatto che io arrivai a Carla non con uno slancio solo, ma a tappe. Dapprima per varii giorni giunsi solo fino al Giardino Pubblico e con la sincera intenzione di gioire di quel verde che apparisce tanto puro in mezzo al grigio delle strade e delle case che lo circondano». Per il seguito della vicenda rimandiamo al capolavoro sveviano, quel che qui interessa è il riferimento (uno dei tanti nel libro) al giardino nel cuore di Trieste. Che gli spazi verdi fossero allora uno dei punti forti della città è certo, si trovano ancor oggi foto d'epoca in cui perfino Piazza Grande era lussureggiante. Ma a quanto pare lo è anche oggi: secondo il nuovo rapporto dell'Istat sul verde urbano Trieste è tra le 12 città al vertice in Italia. Recita il focus: «Le 12 città in cui l'incidenza del verde urbano e delle aree naturali protette è superiore alla media sono in maggioranza centri urbani di medio-grandi dimensioni; in sei casi si tratta di grandi comuni (sopra i 200mila abitanti ndr): Trieste, Roma, Napoli, Reggio di Calabria, Palermo e Cagliari». I tecnici dell'Istat rilevano poi come anche nella nostra città la confluenza fra città e aree naturali sia una delle carte vincenti: «Sono tutti contesti dove le aree uniche di rilevante pregio sono state nel tempo sottoposte a tutela naturalistica, anche per via della contiguità con ambiti fortemente urbanizzati: a Cagliari le saline del Molentargius e di Macchiareddu e la laguna di Santa Gilla, a Trieste le aree carsiche» e via dicendo. In effetti basta consultare la sezioni "Parchi e giardini" del sito comunale ReteCivica per prenderne atto. Alla voce "parchi urbani" troviamo i tre grandi polmoni verdi della città: parco Farneto, il parco di Villa Giulia e la Napoleonica. Il primo è da sempre un bosco pubblico, fu recintato nel 1533 dalle autorità imperiali per impedire che finisse tutto in legna da ardere. Il secondo è nato invece negli anni Trenta del secolo scorso, quando il Comune acquisì tre diverse proprietà boschive private. La terza è invece il risultato dei lavori di rimboschimento avviati dall'amministrazione alla fine dell'Ottocento. Il rapporto dell'Istat spiega poi come Trieste sia l'unico capoluogo del Nordest sopra la media per densità del verde urbano (2,7%) e delle aree protette (16,1%). Le aree boschive in città sono poi superiori al 40%, laddove la media italiana è del 21% circa. Bene anche il dato sui metri quadrati di verde a disposizione per abitante. Al netto delle dotazioni naturali già incluse nelle aree protette, infatti, le amministrazioni sono impegnate dalla normativa vigente a garantire ai propri cittadini una disponibilità pro capite di verde urbano non inferiore ai 9 metri quadrati. A Trieste si tocca quota 32,6 mq per abitante. Ma come si distribuisce sul territorio cittadino tutta questa vegetazione? Dei parchi urbani abbiamo detto ma, tornando a Zeno e alla sua signorina Carla, non possiamo trascurare i giardini storici, forse il punto forte dell'offerta triestina. Sono 13 in tutto, dal già citato Giardino Pubblico (in realtà giardino Muzio de Tommasini, nome del podestà che ne decise la realizzazione) al parco della Rimembranza a San Giusto o quello di Villa Revoltella. Da non dimenticare poi il giardino di piazza Hortis: 2mila 100 metri quadrati arricchiti da alberi di pregio provenienti da paesi esotici. Piccolo compendio di storia triestina la vicenda toponomastica della piazza, riportata da Retecivica: «La piazza fu ricavata dalla demolizione di una parte del convento dei padri minoriti annesso alla chiesa di Sant'Antonio Vecchio (oggi Beata Vergine del Soccorso), l'amministrazione francese la intitolò alla vittoria di Lutzen e il governo austriaco la ribattezzò Piazza Lipsia per celebrare la sconfitta napoleonica». Non bisogna tralasciare infine i giardini attrezzati: sono 12 quelli principali, a cui si aggiungono diversi altri spazi rionali. Tutte ottime mete per gli Zeno d'oggi, luoghi in cui bighellonare alla ricerca di nuove Carla.

Giovanni Tomasin

 

La Regione “bacchetta” Kukanja sulle Falesie - Sotto accusa l’ordinanza del Comune di Duino che autorizza lo svolgimento dell’arrampicata sportiva
DUINO AURISINA - L'ordinanza che permette le arrampicate sportive sulle Falesie «non risulta essere lo strumento corretto per tale autorizzazione. Il regolamento della Riserva prevede invece il rilascio di autorizzazioni su istanza di parte e non ordinanze a valore generale».

Torna in alto mare, con tanto di coda polemica, l'annosa questione relativa ai permessi per accedere alle rocce di Duino per svolgere attività sportive. Era stato il Comune di Duino Aurisina a scegliere di adottare un'ordinanza per permettere, pur con tutti i distinguo e i limiti del caso, l'arrampicata sportiva sulle Falesie. Tale decisione aveva portato alle dimissioni di Maurizio Rozza, consigliere comunale del Gruppo misto, dalla carica di presidente della Commissione comunale per l'Ambiente, contrario a tale soluzione. Rozza aveva anche scritto alla Regione. «L'ordinanza con la quale il sindaco di Duino ha consentito a chiunque di uscire dai sentieri per arrampicare nell'intera area della Riserva - aveva osservato Rozza - comprendendo anche la fascia in cui sono presenti specie endemiche e siti riproduttivi di avifauna ai massimi livelli di tutela, non risponde ai criteri previsti dal Regolamento». È di questi giorni la risposta di Pierpaolo Zanchetta, della Direzione regionale che ha competenza sulla "Tutela ambienti naturali e aree protette". «Confermo che il Comitato tecnico scientifico - sottolinea Zanchetta - ribadisce che il Regolamento prevede il rilascio di autorizzazioni su istanza di parte e non di ordinanze a valore generale». Ancor più esplicita la nota inviata a Rozza da Raffaella Pengue, direttore regionale del Servizio regionale valutazioni ambientali: «In considerazione delle potenziali interferenze delle attività di arrampicata sia con habitat, sia con specie tutelati dalle direttive comunitarie - afferma nel testo Pengue - si concorda con la necessità di una attenta valutazione dei periodi, delle prescrizioni e delle condizioni a cui assoggettare tali attività. L'ordinanza non risulta essere lo strumento corretto per l'autorizzazione di tale attività. Si ritiene perciò opportuno - prosegue - che siano preventivamente concordate le modalità e le prescrizioni a cui assoggettare tale attività, prevedendo indicazioni relative ai periodi in cui l'arrampicata debba essere vietata, o l'esclusione delle porzioni di falesia esposte a moderato aerosol salino e di presenza del Fiordaliso del Carso, valutando anche la possibilità di un'eventuale integrazione nel Regolamento». «Il mio senso di amarezza a questo punto aumenta - è il commento di Rozza - perché mi ero dimesso dalla carica di presidente della commissione, essendo venuto a mancare il rapporto di reciproca fiducia con il sindaco e la maggioranza. La Regione in queste note - conclude - ribadisce i concetti che a suo tempo avevo vanamente sollevato».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25  maggio 2016

 

 

Altolà al rigassificatore - L’apertura del ministro - L’incontro romano
Il Friuli Venezia Giulia ribadisce con forza il “no” al rigassificatore di Zaule. E il “nuovo” ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda, quello che ha preso il posto di Federica Guidi, non solo ascolta ma fornisce più di una garanzia.

Succede a Roma, nella giornata di ieri, dove a farsi portavoce della nettissima contrarietà delle istituzioni del territorio al rigassificatore è la presidente della Regione Debora Serracchiani che, nel corso di un incontro con il ministro, fornisce una ricognizione dei punti di maggiore interesse economico-industriale non solo di Trieste ma dell’intero Friuli Venezia Giulia. La presidente si sofferma in particolare sul «moltiplicatore rappresentato dal porto commerciale di Trieste» affermando che il suo potenziale «si sta esprimendo in termini quantitativi sempre più sostenuti e tali quindi da dover essere favoriti nel loro sviluppo». Subito dopo sottolinea «la possibile criticità rappresentata tuttora da una situazione, non completamente definita, relativa all’ipotesi di costruzione di un rigassificatore nella località di Zaule presso Trieste». Serracchiani rimarca «come questo impianto, avverso il quale la Regione ha ripetutamente espresso la sua ferma contrarietà, sarebbe contraddittorio con il nuovo modello di sviluppo dello scalo, oltreché non più strategico in uno scenario energetico nazionale». E il ministro? Calenda, manifestando «precisa cognizione e attenzione nei confronti di questi argomenti», come riporta una nota della Regione, assicura che «le esigenze rappresentate saranno prese in seria considerazione e adeguatamente approfondite». Sempre la Regione, al termine del colloquio, assicura da parte di Roma «attenzione e piena collaborazione anche verso le proiezioni internazionali del Friuli Venezia Giulia che hanno riscosso l’approvazione di Calenda sia per gli obiettivi specifici ingaggiati sia per le modalità di interazione che vengono mantenute con il governo centrale, ottimizzando così l’impegno dell’intero sistema-Paese. In particolare la Regione potrà attendersi la cooperazione del Mise nell’ambito del prossimo Forum economico Friuli Venezia Giulia-Usa che vedrà protagonisti i settori ad alto contenuto tecnologico». Calenda, infatti, oltre a fornire punti di contatto operativi, ha dato la disponibilità ad accompagnare a livello ministeriale la missione che la Regione ha programmato in Cina il prossimo autunno.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24  maggio 2016

 

 

Undici “sindaci” all’inseguimento di auto verdi, bici e autobus gratis
La mobilità urbana scatena la fantasia e l’impegno dei candidati in corsa per lo scranno più alto
Si va dalle zone 30 alle aree pedonali, dal tram sulle Rive alla riapertura del canale sotto Sant’Antonio
Incentivi per auto elettriche, tram sulle Rive, bus gratis se il centro chiude per smog e sempre scontati per i giovani, limite di 30 davanti ai Topolini in estate, park coperti per gli scooter e ciclopedonale dalle Rive a Barcola. A guardare i programmi dei candidati sindaco alla voce mobilità urbana, vien voglia di strappare qualche pagina e mettere tutto in un mixer da cucina. Ne verrebbe fuori il frullato dei sogni. Tutte le proposte, o quasi, mostrano particolare sensibilità all’argomento, il che fa della ricetta per rendere le strade cittadine vivibili, o meglio sostenibili, uno dei temi chiave della campagna elettorale. Il punto di riferimento, di sostanziale partenza delle idee covate dagli undici candidati, non può che essere in questo caso lo stato delle cose, l’eredità dell’amministrazione uscente, che in fatto di novità antitraffico, piacciano o meno, non ha latitato. Gli stessi due sfidanti di Roberto Cosolini più accreditati dai sondaggi non si spendono in critiche all’ultimo sangue. Qui non siamo, insomma, sopra il campo minato della Ferriera, piuttosto che sopra quello dell’immigrazione. «Va dato atto che lo sviluppo della mobilità ciclabile può portare numerose ricadute positive alla nostra città: meno smog, meno traffico, più facilità di parcheggio per chi si muove in auto, un’economia più forte grazie al rilancio del commercio e del turismo», riconosce il programma di Roberto Dipiazza, che però rilancia con il «progetto ambizioso» del «collegamento tra piazza Oberdan e le Rive al fine di dare prosecuzione all’attuale servizio tramviario» e mette in guardia da quello che il centrodestra, evidentemente, considera un tipo di pedonalizzazione ideologica messo in atto in tempi recenti: «sarà importante avviare un confronto più trasparente e meno demagogico con i cittadini». Una preoccupazione che non sconvolge Paolo Menis. Il candidato 5 stelle, anzi, spinge per l’«attuazione del Piano del traffico con la creazione delle zone 30 e delle aree pedonali, con la realizzazione di piste e corsie ciclabili», con un’occhio di riguardo «alle persone disabili». La proposta clou grillina è comunque il «trasporto pubblico gratuito nelle giornate di chiusura al traffico privato a causa dell’inquinamento». Roberto Cosolini, dal canto suo, rivendica il varo di un Piano del traffico che «Trieste aspettava da più di 15 anni», e ogni riferimento al fatto che Dipiazza prima non ci era riuscito non pare puramente casuale, e che prevede un «+16% in due anni delle aree pedonali» e un «+15% delle zone a traffico limitato» e «nove ciclostazioni per il bike sharing a pedalata assistita». Un eventuale Cosolini-bis, da programma, parla di «ampliamento delle aree pedonali», di prosecuzione dei progetti ciclopedonali, di «un piano straordinario» per «la sicurezza casa-scuola» in particolare attraverso nuove zone 30, nonché una «rete di centraline di ricarica elettrica» per l’«incentivazione all’acquisto di mezzi elettrici» e «ibridi». Iztok Furlanic di Sinistra unita punta a «una zona 30 per viale Miramare da maggio a settembre con controlli serrati» e stila addirittura la graduatoria delle sue attenzioni: primi i «pedoni, con particolare attenzione a quelli con difficoltà di deambulazione», secondi i bus, terzo il «carico e scarico merci», poi i «ciclisti» e per ultimi i «mezzi privati». Marino Sossi di Sinistra per Trieste è ancor più ortodosso e predica tra le altre cose di «chiudere in modo progressivo il centro cittadino al traffico privato», potenziando i bus, e di «ridurre il costo del biglietto per i giovani». Alessia Rosolen di Un’altra Trieste popolare propone un approccio maggiormente pragmatico, specie là dove dice che «Trieste, seguendo le migliori esperienze europee, merita aree pedonali dinamiche e flessibili», ovvero non off-limits “h 24” in modo da consentire ad esempio «l’accesso e la sosta operativa di mezzi leggeri che necessitano di rifornire i negozi» nelle fasce orarie non di punta per la «fruizione pedonale». Fabio Carini di Startup Trieste si immagina quindi una «pedonalizzazione di via Diaz a completamento dell’area dedicata al divertimento oltre che per favorire l’offerta commerciale», mentre Giorgio Marchesich del Fronte per il Tlt riesuma il colossale progetto del cosiddetto «accesso Nord della Grande viabilità» da Prosecco al Porto vecchio per liberare dal traffico «il centro, le Rive, Barcola e la Costiera». E mentre Maurizio Fogar di No Ferriera sì Trieste e Nicola Sponza di Uniti per Trieste si appellano uno al principio generale della «tutela della salute e della qualità della vita» e l’altro alla «revisione del Piano del traffico» secondo «le esigenze della popolazione», Vito Potenza ha a sua volta grandi progetti. In realtà un grande progetto: «la riapertura del canale interrato sotto Sant’Antonio». A proposito di scavi in zona, Sossi dice no al park Audace. Solo lui e Rosolen - che propone un’inedita «creazione di parcheggi coperti per motocicli al piano strada di edifici o fori dismessi a prezzi simbolici» - entrano a gamba tesa sul tema parcheggi. Questo sì che, conoscendo i triestini, è un campo minato da sempre.

Piero Rauber

 

 

Parte la battaglia contro gli sprechi d’acqua - Progetto per individuare tutti i punti “colabrodo” nel sottosuolo. Nel 2015 risparmiati 6 miliardi di litri
Non solo allagamenti, l’AcegasApsAmga sta lavorando anche a un progetto di riduzione delle perdite d’acqua degli impianti idrici triestini per individuare tutti i punti “colabrodo”, soprattutto quelli vetusti, sostituirli o ripararli. Come noto, la città spreca quasi 20 miliardi di litri l’anno.

Buttiamo via quasi la metà delle risorse, analogamente al resto d’Italia. Il piano, partito tra il 2014 e il 2015, è in corso e ha già portato risultati. Secondo i dati della società, nel 2014 erano stati dispersi in rete ogni giorno 60 mc d’acqua per ogni chilometro di condotte. Nel 2015 si è scesi a 45 mc, con un risparmio di ben 15 mc. Moltiplicando questo valore per i 365 giorni dell’anno e per i 1.100 km di rete cittadina, si arriva a oltre 6 milioni di mc, vale a dire oltre 6 miliardi di litri d’acqua risparmiati nel giro di un anno. Con il progetto “eAqua” le perdite sottoterra sono passate quindi dal 45,7% al 42,3%. Ma come funzionano esattamente gli interventi? La prima fase del lavoro ha riguardato la “distrettualizzazione” dell’intero acquedotto. Le reti idriche di Trieste, San Dorligo della Valle, Duino Aurisina e Muggia sono state suddivise virtualmente in 78 parti, cioè in porzioni di 20 km circa ciascuna servite da una condotta principale. In ognuna viene costantemente monitorato il percorso dell’acqua con l’installazione di misuratori di pressione e portata idrica, tanto in entrata quanto in uscita. Questo per ogni distretto. Una sorta di porta d’accesso è in grado di comunicare in tempo reale il consumo di acqua di un’area. I dati sono poi inseriti in software che li rappresenta su cartografia e, soprattutto, li elabora confrontandoli con il consumo medio notturno di ciascun distretto, che rappresenta il minimo consumo di ogni area. Se vengono rilevati utilizzi superiori, significa che probabilmente nella zona c’è una perdita. A quel punto è possibile inviare sul posto tecnici specializzati con i “geofoni”, vale a dire strumenti che “ascoltano” il rumore dell’acqua nei tubi riuscendo a rilevare le discontinuità. Gli attrezzi possono individuare molto velocemente la perdita, con un’approssimazione di alcuni metri. Finora il tradizionale monitoraggio delle perdite di rete a Trieste, così come nella maggior parte dei centri urbani, avveniva attraverso dei controlli preventivi annuali nelle zone ritenute più critiche. Si trattava però di un approccio non mirato che poteva coprire solo alcuni chilometri di condotte ogni anno.

(g.s.)

 

 

Giardini inquinati Scattano le bonifiche
Tra un mese partono i lavori per bonificare due dei sette giardini inquinati. Quello che sembrava un bubbone irrisolvibile, scoperto quasi per caso nella primavera dell’anno scorso dall’ex giunta Cosolini, ora ha un progetto, dei soldi e una data segnata sul calendario. Gli interventi cominciano negli spazi verdi delle due scuole dove sono state rinvenute le contaminazioni, il “don Chalvien” di via Svevo e la “Biagio Marin” di via Praga a Servola. L’operazione prenderà il via non appena si concluderà l’anno scolastico, dunque prima dell’estate. Fatto questo, si passerà al fitorimedio: le “super piante” capaci di assorbire i veleni. Verranno seminate in tutte le altre superfici in cui sono state trovate le sostanze cancerogene, a cominciare dal “de Tommasini” di via Giulia. È di ieri pomeriggio la riunione dei dirigenti comunali con i tecnici dell’Arpa che ha stabilito gli ultimi dettagli di uno dei due appalti. Il piano L’Istituto superiore di sanità, come conferma l’assessore all’Ambiente Luisa Polli, ha approvato il progetto preparato da Comune, Regione, Arpa, AsuiTs e Provincia. È il tavolo tecnico sorto per risolvere il problema dell’inquinamento riscontrato un anno fa su sette dei dodici giardini che erano stati presi a campione dall’ex giunta Cosolini per accertare l’impatto della Ferriera sul suolo. Si tratta di piazzale Rosmini, del Miniussi di Servola e del “de Tommasini” di via Giulia, il polmone verde della città. E, ancora, di due scuole dell’infanzia ed elementari che si trovano a Servola: il “don Chalvien” di via Svevo e la “Biagio Marin” di via Praga. Sempre nello stesso rione, compaiono pure i cortili della chiesa San Lorenzo e dell’Associazione amici del presepio in via dei Giardini. In queste aree verdi l’anno scorso sono spuntate contaminazioni elevate di benzopirene, benzoantracene e benzofluorantene e altre sostanze potenzialmente cancerogene. Ottenuto il via libera dell’Istituto superiore di sanità, il tavolo tecnico darà mandato al Comune di avviare i lavori. Il municipio intende procedere con un doppio appalto per un totale di 350mila euro: uno per le scuole, dove andrà risanato il terreno, e l’altro per il resto dei giardini. Lì, come detto, andranno seminate le piante in grado di assorbire le sostanze. Le scuole Si comincia con i giardini della “don Chalvien” di via Svevo e della “Biagio Marin” di via Praga, considerati i più sensibili perché ci giocano i bambini. Sarà indispensabile rimuovere le zolle avvelenate sostituendole con terra pulita. Sono 15-20 centimetri di profondità da rimpiazzare. I lavori partiranno non appena si concluderà l’anno scolastico, quindi a metà giugno. Il Comune, fa sapere il direttore dei Lavori pubblici Enrico Conte, conta di chiudere il tutto entro la fine di agosto, cioè prima che i bambini ritornino a scuola. Il fitorimedio Il fitorimedio, vale a dire la semina delle piante speciali, sarà adottato in tutti gli altri siti non appena concluse le operazioni nelle due scuole: in piazzale Rosmini, al Miniussi di Servola e al “de Tommasini” di via Giulia, oltre che nei cortili della chiesa San Lorenzo e dell’Associazione amici del presepio in via dei Giardini. Si tratta di una sperimentazione alla quale ha collaborato anche l’Università. Ma per il Giardino pubblico di via Giulia si prevede anche la piantumazione di un manto erboso nei punti maggiormente utilizzati dai bimbi, cioè le aree gioco. «La finalità - ricorda Conte - è impedire il contatto con il terreno inquinato, come indicato dall’Istituto superiore di sanità». Il monitoraggio Non finisce qui. L’Istituto superiore di sanità, l’AsuiTs e l’Arpa hanno chiesto al Comune di Trieste un piano di monitoraggio delle aree interessate dai lavori. Non basterà dunque bonificare o punteggiare il suolo di piante speciali, ma sarà necessario anche accertare se nelle superfici trattate il terreno continui a subire contaminazioni o meno. Inquinamento che, come per il Giardino pubblico di via Giulia, potrebbe essere causato dal traffico. O dalla Ferriera, come nel caso dei punti più vicini allo stabilimento. Saranno installati, a questo proposito, alcuni “deposimetri”, strumenti in grado di intercettare eventuali alterazioni del terreno.

Gianpaolo Sarti

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23  maggio 2016

 

 

In piazza sfila la rabbia: «Dimissioni» - A migliaia chiedono la chiusura dell’area a caldo. Gli organizzatori: «Via Cosolini e Serracchiani. Vogliamo influire sul voto»
La Trieste sonnacchiosa di una soleggiata domenica di maggio, quella che è scesa in piazza chiedendo la definitiva chiusura dell’area a caldo della Ferriera, si è riscoperta arrabbiata. Almeno tremila persone, secondo le stime della Questura, hanno animato il corteo.

«Eravamo molti di più. Quasi come l’altra volta», secondo Barbara Belluzzo del Comitato 5 dicembre. Sono passati poco più di tre mesi dall’ultima manifestazione promossa dal Comitato 5 dicembre - almeno quattromila in piazza, stando ai numeri allora condivisi di questura e organizzatori - eppure sembra essere trascorso un secolo. Si sono succeduti gli incontri fra gli organizzatori stessi della protesta e l’amministrazione comunale. L’Agenzia regionale per l’ambiente ha completato lo studio di valutazione della qualità dell’aria che si è respirata a Servola dal primo di gennaio fino al 31 marzo scorso. E il verdetto emesso, ispirato a un sostanziale miglioramento dei livelli di inquinamento, è stato nettamente respinto dai cittadini e dalle associazioni. Il corteo che ha sfilato ieri per le vie del centro cittadino, raggiungendo pacificamente piazza Unità d'Italia, è stato quindi attraversato da un sentimento profondamente diverso da quello che accomunava i manifestanti a fine gennaio. Rabbia e frustrazione sono state esplicitate dagli stessi organizzatori che sembrano avere sotterrato definitivamente qualsiasi propensione al dialogo e al confronto. Durante il comizio finale, anzi, i toni si sono ulteriormente accesi, con il blogger Andrea Rodriguez, una delle regìe dell’iniziativa, che ha scandito al microfono un avvertimento: «Questa pazienza e civiltà non durerà per sempre. Dopo due passeggiate pacifiche vedremo cosa succederà, soprattutto nel caso queste persone decideranno di creare qualche problema di ordine pubblico». La matrice politica della manifestazione è stata evidente fin dalle prime frasi fuoriuscite dagli altoparlanti, anche se, come era stato annunciato alla vigilia della protesta, a nessun politico è stata concessa la parola. «Abbiamo assistito a un suicidio politico - ha spiegato Belluzzo - . Roberto Cosolini aveva la possibilità di riguadagnare la fiducia dei cittadini e invece, incomprensibilmente, ha perso questa opportunità». Il sindaco e la presidente della Regione Debora Serracchiani sono stati i destinatari principali della protesta, con tanto di slogan e striscioni dedicati. «Avremmo voluto evitare questa contrapposizione - ha puntualizzato Rodriguez - ma siamo stati presi in giro per tre mesi. Siamo fermamente intenzionati a influenzare le prossime elezioni comunali». Le affermazioni di Rodriguez hanno trovato conferma negli slogan urlati nel corso del corteo. «Cosolini e Serracchiani dimissioni» è stato infatti il refrain più gettonato dai manifestanti. «Basta con questo Pd - ha ribadito al microfono Rodriguez - . Dobbiamo rompere quest’asse che governa il Comune, la Regione e che arriva fino a Roma. Ciò che sta accadendo è ormai evidente a tutti: Arvedi vuole fare parte della cordata che, sorretta dal governo Renzi, prenderà in mano l’Ilva di Taranto. La Ferriera di Trieste rappresenta solo un biglietto da visita per questa operazione». Un gemellaggio virtuale si è così creato fra Trieste e Taranto, «unite nella lotta». Il rumore del corteo, prodotto dal battere ritmato di pentole, coperchi e mestolini, è scemato solo in via Valdirivo, quando gli organizzatori hanno chiesto di rispettare un minuto di silenzio per le vittime della Ferriera. «Abbiamo aperto gli occhi - ha urlato al microfono il cabarettista Flavio Furian - e non li chiuderemo più». L’ottantenne Fides Bassi ha camminato per tutto il tempo con della biancheria in mano «che si è coperta di polvere nera dopo due ore che è rimasta all’aria aperta». Residente a Valmaura, Bassi ha scelto di protestare anche nel nome del marito, Piero Giulivo, che è morto a causa di un tumore ai polmoni. Una situazione, la sua, che è la medesima di Anna Abate. «Mio marito è morto per un cancro in gola a 57 anni - le sue parole - . Anch’io abito a Valmaura e per me è un dovere partecipare a questa manifestazione». «C’avete rotto i polmoni», «Polveri sottili e bugie grossolane». E ancora: «Giardini aperti e Ferriera chiusa» e «La nostra salute non è in vendita». È stato questo il campionario di cartelloni portato in piazza da Elena Sai e Barbara Milazzi. «Abito a San Vito - ha spiegato quest’ultima - dietro il giardino di piazzale Rosmini. Da 16 anni siamo sensibili al problema e se siamo qui è perché l’intera classe politica, di destra e di sinistra, non ha fatto niente per risolvere il problema dell’inquinamento». La signora Sai abita in Viale e sostiene che «quello della Ferriera di Servola è un problema che riguarda tutta la città. Ho molti amici e familiari malati di cancro e i numeri delle malattie polmonari a Trieste sono inquietanti». Luca Amadei, invece, ha 10 anni e ha raggiunto Foro Ulpiano in bicicletta. «Sono qua per chiudere la Ferriera e per non sentire più la puzza quando vado dai nonni a Valmaura». Il pensionato Nevio Tul è da sempre in prima linea contro le polveri sottili emesse dalla Ferriera. La sua è una “guerra” bipartisan: «Che vegni Cosolini e Dipiazza a viver a casa mia - le sue parole - . Co sufia Scirocco no se riva a respirar».

Luca Saviano

 

Dai grillini a Dipiazza - il muto corteo dei politici - L’ex sindaco: «Ho chiesto scusa al Comitato». Menis guida la delegazione M5S
Indipendentisti con le bandiere. Fogar: «Sgradevoli tentativi di strumentalizzare»
Il messaggio lanciato alla vigilia del corteo dagli organizzatori del Comitato 5 Dicembre al mondo della politica era stato chiarissimo: niente comizi elettorali perché la protesta anti Ferriera non deve trasformarsi in una passerella in vista della tornata elettorale. E in effetti così è stato. Le presenze politiche al corteo di ieri pomeriggio ci sono state sì, e tante, ma tutte all’insegna del “low profile”. Niente simboli o slogan. Commenti rilasciati con il contagocce. Una presenza discreta che poteva quasi passare inosservata. Da destra a sinistra passando per i movimenti indipendentisti e per il folto gruppo dei pentastellati. Già alla partenza da Foro Ulpiano, i diversi gruppi scelgono la loro posizione senza dare troppo nell’occhio. I primi ad arrivare sono gli esponenti del centrodestra, con in testa il candidato sindaco Roberto Dipiazza. Una sorpresa, in quanto l’ex primo cittadino aveva annunciato la sua presenza a corteo in corso, dopo aver tifato Triestina allo stadio Rocco nello spareggio salvezza: «È troppo importante essere presenti quando si ha a che fare con la salute dei cittadini. Mi sono incontrato con i rappresentanti del Comitato e ho chiesto loro scusa per tutto quello che non sono riuscito a fare in passato sulla questione Ferriera». Accanto a Dipiazza, tra gli altri, il braccio destro ed ex assessore Giorgio Rossi e il candidato sindaco di Muggia Stefano Norbedo. Si sfila in mezzo al corteo in silenzio o quasi. L’unico a muoversi lungo il torpedone è il capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale Everest Bertoli che indossa una maglietta bianca che non può passare inosservata: “A Trieste chiudono i giardini, ma non la Ferriera”. Una citazione di Giorgio Cecco di Fareambiente, come appare in calce. Accanto c’è il gruppo della Lega Nord, con in testa il segretario provinciale Pierpaolo Roberti e il deputato Massimiliano Fedriga. «È importante che i segnali questa volta arrivino dai cittadini» è il messaggio lanciato. Un po’ più defilato il consigliere Danilo Slokar. Le uniche bandiere sono quelle tricolori e quelle rosse con l’alabarda degli indipendentisti. Tra loro, a sfilare con il Coordinamento dei lavoratori portuali, c’è Nicola Sponza di “Uniti Per Trieste”. In testa al corteo l’altro candidato sindaco indipendentista Vito Potenza. Compatto il gruppo del Movimento 5 Stelle con i consiglieri comunali e regionali ad accogliere il leader Lugi Di Maio sbarcato da Roma per l’occasione. Sfilano dietro ad uno dei tanti striscioni di protesta che chiedono la chiusura dell'area a caldo della Ferriera. «È un fatto importante e molto positivo che oggi non ci siano simboli dei partiti politici. Questa è una battaglia della città» afferma il candidato sindaco Paolo Menis. La vera notizia è che il collega Stefano Patuanelli è vestito di tutto punto, giacca scura e camicia bianca. Lui che di solito predilige il casual. «L’ho visto così solo quando celebra i matrimoni» scherza Paolo Bassi del Gruppo Misto. Si vedono anche Marco Prelz di “Stop Prima Trieste”, il candidato sindaco Marino Sossi di “Sinistra per Trieste” e Luca Chiavegatti candidato di Fratelli d’Italia che sfila con tanto di mascherina di protezione antismog sul volto. Spunta anche Paolo Rovis di Un’Altra Trieste Popolare: «Una questione di coerenza. Ero presente allo scorso corteo e dunque ci tenevo ad esserci anche in questa occasione». Scontata la presenza di Maurizio Fogar della lista civica “No Ferriera Si Trieste” che definisce «sgradevole il tentativo di strumentalizzazione del corteo da parte di alcune forze politiche, M5S in testa». Alla fine a prendere la parola in piazza Unità sono solo i cittadini. Gli esponenti politici ascoltano in silenzio. Il monito «niente comizi elettorali» è stato metabolizzato.

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - DOMENICA, 22 maggio 2016

 

 

Adesione alla manifestazione di protesta contro l’impianto a caldo della ferriera del 22 maggio 2016
Il circolo di Legambiente di Trieste aderisce alla manifestazione del 22 maggio 2016 e a sostegno di tale scelta vengono indicate le motivazioni che derivano dalla valutazione dei problemi legati a questa attività industriale, importante per l'economia della città, ma che ha suscitato costanti preoccupazioni per gli impatti prodotti (ambiente salute).

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 maggio 2016

 

 

I vertici della magistratura in Ferriera - Sopralluogo del procuratore capo Mastelloni e del pg Grohmann. Oggi alle 17 il corteo del Comitato 5 dicembre
I vertici della magistratura inquirente di Trieste e del Friuli Venezia Giulia entrano in Ferriera per mettere il dito, di persona, tra gli impianti interessati dalle misure di abbattimento delle emissioni industriali a carico di Arvedi. Un atto di cortesia, di distensione istituzionale?

O forse il sintomo di una qualche impellenza, ambientale e penale insieme, che impone a questi stessi magistrati di uscire dalle stanze di Foro Ulpiano senza poter delegare, come da prassi, il lavoro sul campo? O cos’altro ancora, sennò? La risposta resta sotto la campana del riserbo investigativo. Il dato di fatto, invece, è che il caso ha voluto che il sopralluogo congiunto compiuto a Servola da Carlo Mastelloni e Dario Grohmann, rispettivamente procuratore capo di Trieste e procuratore generale presso la Corte d’appello del capoluogo competente per distretto sul Friuli Venezia Giulia, sia andato in scena praticamente alla vigilia del corteo anti-Ferriera. Quello, organizzato dal Comitato 5 dicembre, che partirà questo pomeriggio alle cinque proprio da Foro Ulpiano per finire verso sera ai piedi del palazzo della Regione e del Municipio, per il cui rinnovo delle cariche si va alle urne fra due settimane. Un corteo che si annuncia peraltro zeppo di candidati locali e nobilitato in particolare dal big grillino Luigi Di Maio, che alle 16.45 incontrerà gli attivisti M5S in piazza Oberdan al capolinea del tram. La separazione dei poteri insomma - principio sacrosanto delle democrazie in base al quale, fra le altre cose, il potere giudiziario ha il dovere di tirare dritto a prescindere dal momento politico contingente - può generare, come in questo caso, coincidenze apparentemente fuori tempo. «Il procuratore capo di Trieste, Carlo Mastelloni, il procuratore generale, Dario Grohmann, il pm titolare dell’inchiesta, tecnici ed esperti, hanno compiuto un sopralluogo nell’impianto della Ferriera, la Siderurgica Triestina, nell’ambito delle inchieste aperte in Procura su questioni ambientali, in particolare per le emissioni registrate, e in materia di sicurezza del lavoro. Secondo quanto si è appreso, i magistrati hanno controllato l’efficienza di alcuni impianti dopo le novità strutturali compiute. Il sopralluogo è durato un paio d’ore». Questo il testo integrale di un lancio d’agenzia pubblicato alle 12.10 di ieri in seguito a una comunicazione, uscita dalla Procura, che evidentemente non collocava temporalmente tale visita. Si era, come detto, alla vigilia del corteo. In realtà, da quanto si è saputo poi nel corso della giornata, il sopralluogo - programmato - dev’essere avvenuto qualche giorno prima, mercoledì scorso, attorno all’ora di pranzo. A prenderne parte, con Mastelloni e Grohmann, sarebbero stati un paio di funzionari della polizia giudiziaria (quella che, per la cronaca, compie periodicamente sopralluoghi su mandato della Procura per verificare l’efficacia o meno degli annunciati miglioramenti anti-inquinamento) e i pm Cristina Bacer e Nicola Russo. Sono i due sostituti procuratori oggi titolari dei fascicoli aperti sulla Ferriera - in larga misura per l’ipotesi di imbrattamento derivanti prevalentemente da esposti dei servolani - che nel corso del tempo hanno raccolto l’eredità dei colleghi Antonio Miggiani e Giorgio Milillo e, prima ancora, del pm “storico” della materia Federico Frezza. Va detto che il sopralluogo di mercoledì, reso noto ieri, è l’atto clou (principalmente per l’alto rango dei “visitatori”) di una serie di attività d’indagine e di verifiche sul campo che si ripetono puntualmente, a cadenza più o meno mensile, all’interno del comprensorio industriale di Servola. Specie da quando vige l’ultimo Accordo di programma firmato a Roma da Regione e Comune legato alle prescrizioni dell’ultima Aia. Specie ora che la chiusura dell’area a caldo, tema-chiave della campagna elettorale, resta più che un’ipotesi in caso di dati non corroboranti nel prossimo futuro. Dall’azienda non escono reazioni. Dalla magistratura, invece, escono segnali. Voluti o meno non importa. Segnali che vogliono dire che la Ferriera è sempre nei pensieri di Foro Ulpiano.

Piero Rauber

 

Il gruppo anti Ilva dei Genitori tarantini partecipa «con il cuore» alla manifestazione
Vicini col cuore pur a mille chilometri in linea d’aria. I Genitori tarantini, gruppo social anti-Ilva, in una nota infatti «vogliono esprimere la loro vicinanza alla manifestazione organizzata dal Comitato 5 dicembre (nella foto il corteo precedente) contro la Ferriera e la sua mortale area a caldo».

«Trieste e Taranto sono vicine. I mille chilometri che le separano sono solo una distanza fisica, oggi sembrano due sorelle che si abbracciano amorevolmente», scrivono i Genitori tarantini. «Un drappello di donne e uomini, 182 tarantini, ha ottenuto dalla Corte europea dei Diritti dell’uomo - aggiungono - l’apertura, con procedura di urgenza, di un processo contro lo Stato italiano per “violazione del diritto alla vita e all’integrità psicofisica”. La sentenza, qualora favorevole, obbligherà lo Stato ad attenersi alle disposizioni dei giudici della Corte europea». E «una risposta positiva all’istanza dei tarantini sarà liberatoria anche per Trieste».

 

 

Arriva l’acaro killer - Allarme degli esperti per le api del Carso
La varroa minaccia la capacità di riprodursi degli insetti - A rischio l’attività di ottanta produttori dell’altipiano
DUINO AURISINA - Il pericolo si chiama “varroa”. Un acaro in grado di svilupparsi nelle cellette in cui crescono le api e di indebolirle al punto da ridurne sensibilmente la capacità di riprodursi. È arrivato anche sul Carso, o meglio sull'intero territorio provinciale, il rischio di spopolamento delle api, la cui funzione di equilibratore del sistema naturale è nota da sempre. Tutti sanno che le api producono il miele e la cera. Meno noto, invece, è il fatto che, attraverso l'impollinazione cosiddetta incrociata, concorrono alla formazione dei semi e dei frutti delle piante. Non a caso, le api sono definite “le ali dell'agricoltura” e ci sono molti studi che dimostrano il decisivo ruolo delle api e di tutti gli insetti pronubi (vappunto che portano il polline)nella crescita delle piante coltivate dall'uomo. In Italia si calcola che annualmente l'apporto economico di tale attività al comparto agricolo sia di circa 1,6 miliardi i euro, con un contributo da parte di ogni singolo alveare di circa 1.240 euro. Si capisce quindi perchè anche nella nostra provincia il problema dello spopolamento sia molto sentito; sono un'ottantina gli apicoltori locali che rischiano di vedere compromesse le loro produzioni di miele se non si arriverà in tempo a una soluzione. Al tema è stato dedicato un convegno organizzato dal Consorzio apicoltori. È stato l'esperto Fausto Settimi a spiegare la situazione: «Il calo delle api - ha detto - è dovuto a due fattori. Il primo riguarda la semina, perché i semi sono trattati con i neonicotinoidi (una classe di insetticidi) assorbiti dalla turbina delle macchine utilizzate in agricoltura. Si crea così una polvere che è poi trasportata dal vento sulle pozze d'acqua e sulle foglie, dove le api sono solite abbeverarsi. Il secondo fattore, a mio avviso quello determinante - ha aggiunto - è dovuto alla varroa, un acaro importato che si notò per la prima volta nell'82 a Gorizia, capace di scatenare un virus che indebolisce le api. La varroa cresce nella celletta dell'ape e dopo 70 ore dalla chiusura della celletta deposita un uovo che è maschio, dopo altre 40 ore altre tre uova da cui nasceranno altrettante femmine, che il maschio inseminerà, dando origine alla moltiplicazione di questi acari. Le api che nascono a contatto con la varroa - ha ci concluso - sono deformi, più piccole e senza ali. Da ciò lo spopolamento». Ales Pernarcic, presidente del Consorzio, ha ricordato che «da tempo stiamo distribuendo agli apicoltori del nostro territorio i medicinali per ovviare a questo problema. Auspichiamo che tutti i nostri colleghi dedichino attenzione al tema, perché siamo in grado di fronteggiare la situazione, ma a patto che tutti si impegnino». Pernarcic ha anche sottolineato che «da molti Paesi del mondo si stanno sollecitando le istituzioni internazionali affinché sia istituita la giornata mondiale delle api». «Gli scienziati - è il parere di Elvio Toselli, biologo collaboratore del Dipartimento di Scienze dell'Università - concordano nel registrare il declino delle api e degli altri impollinatori selvatici in Europa. Si parla di declino severo, visto che più del 40% per cento per cento degli impollinatori invertebrati, tra cui api e farfalle, è a rischio estinzione. L'impollinazione animale gioca un ruolo vitale nel regolare i servizi ecosistemici offerti dalla natura. Globalmente - ha osservato Toselli - circa l'87,5% delle specie di piante con fiori dipendono totalmente o in parte dal trasferimento del polline da parte degli animali. In Europa il 9% di api e farfalle è minacciato di estinzione, le popolazioni di api stanno declinando del 37% e quelle delle farfalle del 31. Le api inoltre - ha concluso Toselli - soffrono di alcuni parassiti, per prima la varroa, che si può battere prestando molta attenzione all'igiene e al controllo delle malattie».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21  maggio 2016

 

 

Treni Fvg, pendolari soddisfatti - In regione nei primi 4 mesi puntuale il 96% dei convogli. Ma Codacons contesta i dati nazionali
TRIESTE - Trenitalia esalta il servizio in Friuli Venezia Giulia nel primo quadrimestre 2016. E i pendolari, confermando la perdurante luna di miele dalla primavera dell'anno scorso, dicono che sì, «stiamo viaggiando su un altro pianeta rispetto al passato».

Da gennaio ad aprile, rende noto la compagnia ferroviaria, i convogli hanno fatto segnare una puntualità reale al 96%, con la riduzione delle cancellazioni imputabili alla società dello 0,3% (addirittura del 62% nel biennio) e la crescita degli indici di gradimento: l'89% degli intervistati valuta positivamente il viaggio nel suo complesso (+5,2% rispetto a marzo 2015 e +8,2% rispetto a marzo 2014). La fotografia premette che nei primi quattro mesi dell'anno hanno viaggiato in Fvg 15.130 treni regionali, per una percorrenza di 1,3 milioni di chilometri, 0,9 treni cancellati al giorno, di cui 0,4 imputabili a Trenitalia, a fronte di 124 corse giornaliere. Nel dettaglio della puntualità, la media dei treni arrivati entro 5 minuti raggiunge il 96,0%, contro il 92,4% del primo quadrimestre 2015 e l'89,6% del 2014; nella fascia 6-10 del mattino il 96,2% dei treni è arrivato a destinazione entro 5 minuti, contro il 92,5% del 2015 e il 92,6% del 2014; in quella pomeridiana 16-20 la puntualità è stata del 95,5%, contro il 93,1% del 2015 e l'88,2% del 2014. Un quadro molto positivo. Lo stesso evidenziato dall'utenza. Andrea Palese, coordinatore del comitato pendolare Alto Friuli, sottolinea in particolare il buon servizio sulla linea 15 Tarvisio-Udine-Cervignano-Trieste, «con performance che ci attendiamo in ulteriore miglioramento da giugno, quando saranno terminati alcuni lavori in corso». Il merito? «Di Simone Gorini, direttore da inizio 2015 della Divisione passeggeri. Dopo due primi mesi disastrosi il suo arrivo ha fatto segnare, da subito, un deciso cambio di passo». A contestare invece a livello nazionale i dati di Trenitalia è il Codacons. «Un'illusione ottica, i collegamenti ferroviari locali hanno subito una drastica riduzione, a tutto vantaggio dell'Alta velocità». Secca la controreplica di Trenitalia: «Le affermazioni di chi vorrebbe sminuire le performance di puntualità e regolarità, attribuendole a una diminuzione dell'offerta, "meno treni, meno ritardi", sono oggettivamente smentite dai numeri».

(m.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20  maggio 2016

 

 

L’Arpa: «L’aria di Servola è migliorata» L’Agenzia diffonde i risultati dell’atteso studio alla vigilia della manifestazione. Comitato scettico. Incontro sindacati-Arvedi
Dopo un 2015 che ha presentato, specialmente nei mesi centrali dell’anno, «alcune evidenti criticità», si è poi registrato «un miglioramento nello stato della qualità dell’aria nel comprensorio di Servola, anche in rapporto allo stesso periodo di riferimento dell’anno precedente».

È questo, in estrema sintesi, il risultato finale dello studio di valutazione della qualità dell’aria nel comprensorio di Servola nel periodo compreso tra il primo gennaio 2015 e il 31 marzo di quest’anno redatto dall’Arpa con l’obiettivo «di valutare sia l’impatto dell’impianto siderurgico della Ferriera sull’abitato, sia gli effetti degli interventi di mitigazione e di manutenzione messi in atto». Gli esiti dello studio, comunicati nel pomeriggio di ieri, arrivano alla vigilia della manifestazione promossa dal Comitato 5 Dicembre, che domenica pomeriggio tornerà in piazza per chiedere la chiusura dell’area a caldo della Ferriera. Lo studio L’Arpa, nel suo report, precisa che i miglioramenti «potrebbero essere messi in relazione con le modifiche strutturali e gestionali attuate da Siderurgica Triestina», sottolineando però che «tale ipotesi dovrà essere confermata con delle verifiche su un arco temporale più ampio». Nella relazione si mettono a confronto con i limiti di legge i valori registrati dalle stazioni di misura poste nel comprensorio abitativo di Servola, dove è stata effettuata un’indagine qualitativa degli andamenti nel tempo degli inquinanti e dove sono riportati degli indicatori descrittivi della relazione tra le emissioni dell’impianto siderurgico e la qualità stessa dell’aria. Indicatori che verranno utilizzati, una volta completati i lavori di adeguamento prescritti dall’Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale), «per la valutazione delle performance dell’impianto e per definire le conseguenti eventuali limitazioni della produzione, come previsto dall’autorizzazione medesima». Le Pm10 Entrando nel dettaglio dei dati, viene evidenziato che «nel corso del 2015 nelle stazioni della rete di misura non è stato superato il limite di legge per il valore annuo delle Pm10». Per quel che riguarda invece il numero di giorni di superamento della media giornaliera si precisa che «solo nella stazione di via Svevo si è verificato un giorno di sforamento in più rispetto a quanto consentito per legge». Infine nell’area di impatto dell’impianto siderurgico, «la media annuale 2015 e le relative medie mensili delle polveri sottili (Pm10) sono in linea con quelle del fondo suburbano». San Lorenzo in Selva Lo studio prende poi in considerazione la stazione di misura dedicata al controllo delle prestazioni dell’impianto (Rfi San Lorenzo in Selva) che «presenta valori più alti nella media annuale delle polveri per il 2015 (principalmente tra aprile ed agosto), mentre nei primi mesi del 2016 le concentrazioni misurate risultano invece più contenute e sostanzialmente stabili». Le criticità dei mesi estivi delle Pm10 - si legge nella relazione - si presentano anche «nelle deposizioni di polveri che hanno fatto registrare valori particolarmente elevati anche in alcune postazioni dell’area di Servola per poi diminuire tra la fine del 2015 e l’inizio 2016». In chiusura lo studio snocciola alcuni dati: nel periodo 2009-2015 «la media annuale del benzene è sempre stata inferiore al limite di legge», mentre nel periodo settembre 2015 - marzo 2016 «gli andamenti delle medie mensili di benzo(a)pirene in tutte le stazioni di misura considerate sono sostanzialmente sovrapponibili», ed infine le concentrazioni medie annuali di tutti i metalli indagati (Arsenico, Cadmio, Nichel e Piombo) «risultano ampiamente sotto i limiti di legge». Il botta e risposta «La relazione fornisce precise informazioni sulle pressioni ambientali a Servola e sulla loro evoluzione nell’ultimo anno - afferma Luca Marchesi, direttore generale Arpa Fvg -. Uno studio organizzato in modo innovativo e nell’ottica della massima trasparenza dell’informazione ambientale». Di parere diverso Barbara Belluzzo, rappresentate del Comitato 5 Dicembre. «Ci riserviamo di dare un giudizio definitivo sulla relazione dell’Arpa dopo che avremo potuto approfondire nel dettaglio i dati - rileva Belluzzo -. Ma la prima sensazione è che si tratti di un modo per tergiversare ancora una volta sul presunto risanamento della Ferriera di Servola e allo stesso tempo per fornire un ulteriore alibi al sindaco Cosolini in merito al suo pronunciamento sull’opportunità di mettere mano sull’area a caldo dello stabilimento siderurgico». Le reazioni Sulla questione interviene anche il candidato sindaco del M5S Paolo Menis che in un incontro proprio con il Comitato 5 Dicembre evidenzia come «i primi provvedimenti per la limitazione della produzione dell’altoforno e della cokeria della Ferriera di Servola potranno essere presi già dalla fine di luglio, poco dopo l’insediamento del nuovo consiglio comunale». Menis stila un vero e proprio cronoprogramma che parte «dalla revisione dell’Aia passando per una chiusura progressiva e programmata dell’area a caldo, fino ad un intervento di bonifica, per fare in modo che Servola ritorni ad essere un rione alla pari degli altri». I sindacati e Arvedi Ieri intanto c’è stata la visita in Ferriera dei sindacati che si sono incontrati con il presidente Giovanni Arvedi. Nell’occasione il gruppo ha illustrato i dati aggiornati sugli occupati dello stabilimento. Dall’arrivo di Siderurgica Triestina, nel novembre 2014 ad oggi, spiega l’azienda, sono state 98 le nuove assunzioni (l’86% residente a Trieste e provincia) che portano l’organico complessivo della Ferriera a quota 504. In atto infine un percorso formativo che coinvolge una ventina di candidati (6 quelli già assunti), che si concluderà con un esame ed ulteriori assunzioni tra i partecipanti al corso.

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19  maggio 2016

 

 

Centraline in zona Ferriera - Scatta la gestione dell’Arpa
Firmato da Agenzia per l’ambiente e Siderurgica Triestina l’accordo operativo per tre stazioni di monitoraggio dell’aria. Marchesi: «Terzietà dei dati garantita»
Andrea Landini, ad di Siderurgica Triestina: «La firma aggiunge un altro elemento alla lista degli adempimenti all’Aia, confermando la serietà dell’azienda».Lorenzo Battista: «Ho chiesto al governo di impegnarsi a valutare la chiusura dell’area a caldo, qualora non avesse rispettato i parametri. La proposta non è stata accolta».Luca Marchesi, direttore dell’Arpa: «La gestione diretta garantirà in via definitiva la piena affidabilità e la terzietà dei dati per valutare la qualità dell’aria a Servola».Via alla gestione diretta dell’Arpa di tre nuove centraline per il monitoraggio della qualità dell’aria. È stato infatti sottoscritto ieri l’accordo tra Siderurgica Triestina e Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente per la gestione delle stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria prescritte dall’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Presenti alla firma l’amministratore delegato di Siderurgica Triestina, Andrea Landini, e il direttore generale di Arpa, Luca Marchesi. Contestualmente, è avvenuta anche la consegna delle chiavi per consentire ad Arpa l’accesso autonomo alle centraline. Per Marchesi «la gestione diretta da parte di Arpa di queste centraline garantirà in via definitiva la piena affidabilità e la terzietà dei dati acquisiti per valutare la qualità dell’aria a Servola e gli impatti generati dallo stabilimento di Siderurgica Triestina». Cioè la Ferriera di Servola. Secondo l’ad di St, Landini, «la firma aggiunge un altro elemento alla lista degli adempimenti a quanto prescritto dall’Aia rilasciata alla Ferriera a fine gennaio, confermando la serietà e il mantenimento degli impegni da parte dell’azienda». L’accordo prevede che sia affidata ad Arpa la gestione di tre nuove stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria (via Pitacco, via del Ponticello e Porto San Rocco a Muggia). Le nuove centraline saranno inserite nella rete di rilevamento regionale per la qualità dell’aria e i dati saranno resi pubblici con le consuete metodologie da Arpa tramite il proprio sito internet. Con l’accordo Siderurgica Triestina si impegna a riconoscere ad Arpa i maggiori costi che sosterrà per la gestione del monitoraggio, che sarà pertanto effettuato con modalità analoghe alle altre stazioni della rete regionale di qualità dell’aria. Nella centralina di via Pitacco, la strumentazione viene completamente rinnovata e potenziata. Quella di Porto San Rocco a Muggia, sarà dedicata al solo campionamento degli idrocarburi policiclici aromatici sulle pm10. L’Agenzia per l’ambiente aveva preso l’impegno di accertare lo stato di funzionalità delle stazioni mediante il proprio personale tecnico. A carico di Siderurgica Triestina anche tutti gli oneri per le nuove strumentazioni necessarie alla realizzazione degli interventi concordati. Parallelamente Arpa potrà installare a proprie spese ulteriori apparecchiature, qualora si rendano necessarie per una più puntuale e migliore conoscenza delle condizioni ambientali. Intanto, da Roma, il senatore triestino Lorenzo Battista fa sapere che la «commissione Ambiente del Senato ha approvato una risoluzione sulla Ferriera di Servola: si tratta di un documento articolato e dettagliato. Contiene affermazioni di grande peso, a partire dalla constatazione che si sono create le condizioni per una ulteriore revisione dell’Aia: si tratta ovviamente degli sforamenti dei parametri di benzo(a)pirene e dei pm10, dei terreni inquinati e delle continue fumate». Così il parlamentare del Gruppo per le autonomie, che spiega poi: «Il testo mette in luce l’esigenza di mantenere la rete di centraline che misurano la qualità dell’aria in perfetto stato manutentivo, senza barriere naturali e fogliame per poter funzionare a dovere. Ho sottolineato con forza anche la questione ancora aperta relativa ai rumori molesti».

 

 

«Regione contro il rigassificatore con documenti inequivocabili» - La posizione
La Regione ha ribadito, in tutte le sedi e in tutti gli atti adottati, la ferma convinzione della non compatibilità del rigassificatore di Zaule con le prospettive di crescita e sviluppo dell’area interessata. È quanto contenuto nella risposta fornita ieri dall’assessore Sara Vito a un’interrogazione del consigliere regionale Giulio Lauri di Sel.

La risposta sottolinea come nel Piano energetico regionale si rileva «l’inequivocabile volontà di non autorizzare sul proprio territorio il terminale, ritenendo tale progetto sovradimensionato per la Regione, oltreché in contrasto con il modello di sviluppo del Porto». Una convinzione condivisa dai rappresentanti della Slovenia, nel corso del Comitato congiunto, tenutosi il 10 maggio a Nova Gorica. È stato inoltre ricordato da Vito come il 24 dicembre l’Autorità portuale abbia inviato al ministero dell’Ambiente una nota, con cui si evidenziava «la significativa modificazione del quadro ambientale alla base delle soluzioni progettuali a suo tempo proposte da Gas Natural e oggetto del decreto di Via del 17 luglio 2009». Da parte del ministero dell’Ambiente è stato indicato come la Via si sia conclusa e che eventuali problematiche sono da riportare nella più opportuna sede autorizzativa presso il ministero dello Sviluppo economico. In tale sede «la Regione non mancherà di appoggiare le legittime richieste dell’Autorità portuale». Il primo aprile, inoltre, la giunta regionale ha approvato il nuovo Piano regolatore del Porto che non prevede la realizzazione dell’impianto. Il 22 aprile, infine, è stata approvata una delibera di generalità con la quale «si dà mandato al rappresentante regionale in seno alla Commissione Via ministeriale di informare gli organi istituzionali della volontà della Regione di non autorizzare l’impianto sul proprio territorio».

 

 

Strascico con rete truccata, sanzionato un peschereccio
Pescavano a strascico a quattro miglia dalla costa a largo di Primero, nel tratto di mare tra Grado e Monfalcone. Fin qui tutto in regola; peccato però che le reti fossero taroccate: era stata infatti agganciata una “fodera” che rendeva le maglie della rete molto più strette.

È andata male per un peschereccio triestino scoperto da una motovedetta della Capitaneria di porto di Monfalcone. Al comandante è stata inflitta una multa di 4mila euro, sono state sequestrate le reti e le attrezzature di pesca e il pescato (16-18 chili) è stato requisito e donato in beneficenza all’istituto dei frati di Montuzza che hanno la mensa dedicata ai poveri. È successo alle sei di mattina di ieri, e in un primo momento, quando la motovedetta ha incrociato il peschereccio che pescava, i militari non si sono accorti subito dell’artificio. La motovedetta infatti per prima cosa ha controllato se il peschereccio che stava pescando a strascico, stava rispettando innanzitutto le regole di distanza. Tutto a posto, l’imbarcazione infatti era a 4 miglia dalla costa. Il comandante della motovedetta ha comunque voluto avvicinarsi e attendere che finisse la prima pescata per vedere se era in regola anche l’attrezzatura. Ed è stato al momento del sollevamento della rete che i militari hanno scoperto il trucco. Quando si è sollevata dall’acqua, carica di pesce, i militari si sono accorti subito che qualcosa non andava. All’interno del sacco, che di norma deve avere una rete a maglie regolari di 40 millimetri, era stata applicata una fodera (si chiama anche veste) con maglie molto più strette, circa 18 millimetri. Una pratica vietata assolutamente visto che riduce la selettività e permette di tirare su anche pesce piccolissimo, spesso giovane. Il carico, circa 16-18 chili (era in realtà la prima pescata) è finito sul fondo della barca: seppie, menole e molte mazzancolle.

(g.g.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18  maggio 2016

 

Privatizzazioni - Ferrovie, inizia l’iter
ROMA - Al via l’iter per la privatizzazione di Ferrovie dello Stato: il Consiglio dei ministri ha infatti approvato il dpcm con i criteri e le modalità per aprire il capitale della società controllata al 100% dal Tesoro.

Un provvedimento che avvia la procedura per portare in Borsa l’ex monopolista per il quale si sta intanto valutando anche la possibile integrazione con Anas: un’operazione sulla cui fattibilità si deciderà entro l’estate e che, se dovesse essere realizzata, potrebbe vedere la luce entro l’anno. Il provvedimento prevede la quotazione in Borsa del 40% della società, ma l’infrastruttura di rete, cioè i binari, rimarrà pubblica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17  maggio 2016

 

 

Rischio cancro, assoluzione per il glifosato - Per Fao e Organizzazione mondiale della sanità improbabile che il pesticida causi danni all’uomo
ROMA - In attesa della decisione della Commissione Europea sul glifosato, tra gli erbicidi più usati al mondo e finito nell’ultimo anno al centro di uno scontro tra agenzie regolatorie, “scendono in campo” anche l’Oms e la Fao, chiamate a valutare periodicamente la pericolosità di queste sostanze.

Il rapporto del Panel of Experts on Pesticide Residues in Food and the Environment sembra dare ragione a chi sostiene che la sostanza non è pericolosa, affermando che «è improbabile che l’assunzione di glifosato attraverso la dieta sia cancerogena per l’uomo». «La grande maggioranza delle prove scientifiche - si legge nel documento finale di una riunione durata tre giorni, che ha “assolto” anche due insetticidi - indica che la somministrazione di glifosato e di prodotti derivati a dosi fino a 2.000 milligrammi per chilo di peso per via orale, la più rilevante per l’esposizione con la dieta, non è associata ad effetti genotossici nella stragrande maggioranza degli studi condotti su mammiferi». Il parere va contro quello di molte associazioni ambientaliste, secondo cui invece il glifosato, contenuto nel RoundUp, prodotto di punta della Monsanto, è associato a un aumento di tumori e di malformazioni nei neonati. «Qualche studio - prosegue il documento di Fao e Oms - ha evidenziato un’associazione positiva tra l’esposizione al glifosato e il rischio di linfoma non Hodgkin. Tuttavia l’unico studio, condotto con una grande coorte e di grande qualità, non ha trovato evidenza di una associazione per nessun livello di esposizione». A dire la verità tra i detrattori del glifosato c’è anche l’Iarc, l’agenzia dell’Oms per la ricerca sul cancro, che un anno fa ha inserito la sostanza nel gruppo 2A, quello delle sostanze “probabilmente cancerogene”, lo stesso delle carni rosse. Il parere dell’agenzia, scrive però l’Oms, è diverso da quello espresso ieri. «L’identificazione del pericolo, in particolare la classificazione da parte dell’Iarc delle sostanze in base alla loro cancerogenicità - è il primo passo del “risk assessment”». Contro il parere dell’Iarc si è espressa anche l’Efsa, l’autorità europea sugli alimentari, secondo cui invece il pesticida è sicuro. Lo scontro è particolarmente delicato in Europa, dove diversi ministri, tra cui i nostri Lorenzin e Martina, hanno chiesto di non rinnovare l’autorizzazione all’uso. La pronuncia della Commissione è attesa in settimana.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 16 maggio 2016

 

 

Treni più veloci, cantieri già aperti - La giunta: «La priorità è ridurre i tempi e arrivare a Venezia in un’ora»
TRIESTE «L’alta velocità alta capacità ferroviaria è stato un investimento per il Paese e, laddove esiste, funziona. Tuttavia è chiaro da tempo che, prima di pensare ad una nuova linea ad alta velocità sulla tratta Venezia-Trieste, è più opportuno puntare a una seria velocizzazione della linea attuale che consenta di percorrere la tratta Venezia-Trieste in un’ora».

Lo afferma con nota ufficiale la Regione in in relazione alla notizia che la commissione di verifica dell’impatto ambientale del ministero dell’Ambiente ha affermato di non poter esprimere parere di compatibilità sul progetto preliminare della Tav nella tratta Trieste-Venezia. E lo fa ricordando che Debora Serracchiani e la sua giunta già da due anni perseguono l’obiettivo dell’ottimizzazione e del potenziamento della linea esistente tanto da aver indicato questa priorità in diverse occasioni a Ferrovie dello Stato. Morale? Il mancato parere di compatibilità, prosegue la nota, non costituisce affatto una bocciatura dal punto di vista della Regione che «da tempo aveva messo in evidenza le criticità di quel progetto soprattutto nel tracciato litoraneo veneto. Quel progetto, infatti, su cui la Regione già in passato si è espressa in conformità con le risultanze della commissione Via nazionale, non aveva i presupposti per poter giungere alla sua realizzazione. Pertanto l’obiettivo è e rimane quello di fare al più presto le cose possibili e non quelle difficili, complesse, lunghe e costose». Va in questo senso, aggiunge la Regione, «il nuovo accordo di programma sottoscritto a febbraio con Rete Ferroviaria Italiana «per migliorare tutti i servizi ferroviari che interessano il “Sistema Fvg”». Non basta. La velocizzazione della linea, di fatto, è già iniziata con alcuni lavori tecnologici nell'ordine di circa 30 milioni. «È positivo che ora anche l'ex commissario per la Tav condivida che è necessario iniziare dalla velocizzazione della linea esistente prima di cimentarsi in un'opera che richiede molti più anni e molte più risorse».

 

 

Giardini inquinati, sarà caccia alle cause
Il Comune di Trieste si impegna a fare tutte le analisi necessarie a identificare le sorgenti inquinanti che hanno contaminato i giardini pubblici della città, dopo la bonifica. Nel mirino ci sono soprattutto gli spazi verdi di Servola e dintorni, e la possibilità che a causare l’inquinamento sia stato l’impianto siderurgico. È il risultato della petizione da 261 firme, raccolte soprattutto tra abitanti del quartiere, che il sindaco Roberto Dipiazza ha fatto propria in aula ieri sera. Ha presentato la petizione Alda Sancin, portavoce dello storico comitato No Smog. Ha ricordato come le norme europee identifichino il principio secondo cui chi inquina paga. Ha poi aggiunto: «Le analisi dei campioni di terreno, eseguite da Arpa, evidenziano a Servola diossine e furani in quantità quasi doppia rispetto al resto della città». Il 90% dei firmatari della petizione risiede nei rioni di Servola, Chiarbola, Valmaura e nella zona di Monte San Pantaleone, ha detto: «Circostanza questa che attesta come il problema sia particolarmente sentito in tali aree e non possa venir sottovalutato o non approfondito in maniera risolutiva fino all’identificazione delle sorgenti inquinanti interessate». Questa la richiesta: «Che l’episodio non venga definitivamente archiviato come un caso di “inquinamento diffuso” e che di conseguenza, contestualmente alle necessarie ed urgenti operazioni di bonifica ed applicazione del fitorimedio» il sindaco si impegni ad attuare «tutti gli atti opportuni e necessari al riconoscimento delle sorgenti inquinanti». Sorgenti che vanno identificate nei particolari per «individuare eventuali responsabilità dirette» e «stabilire se siano ancora attive». L’assessore all’Ambiente Luisa Polli ha assicurato che, dopo la bonifica, il Comune andrà ad analizzare nel tempo i terreni ripuliti: «Così capiremo se e quali fonti inquinanti sono ancora attive». Così il sindaco: «La petizione la faccio propria. Nelle prossime settimane ci saranno passaggi importanti. Il 25 maggio saremo al ministero dell’Ambiente, in una riunione in cui sarà convocata anche Siderurgica triestina, per parlare delle inadempienze sull’accordo di programma. Per noi la chiusura dell’area a caldo resta l’obiettivo primario». Il tema è stato affrontato anche da due domande di attualità, una del capogruppo Fi Piero Camber e una della consigliera M5S Cristina Bertoni, che ha commentato: «Ci preoccupano invece le dichiarazioni dell’assessore Polli che vuole monitorare le deposizioni degli inquinanti solo dopo la bonifica dei terreni». Cosa che per il M5S allungherà ulteriormente i tempi. Camber ha rilevato invece come «l’Aia non tiene conto dell’inquinamento acustico, che nel caso della Ferriera era già stato acclarato da Arpa in due diverse occasioni in passato. In queste condizioni quel documento è nullo o annullabile». Sempre nella giornata di ieri, il Comune ha emanato un comunicato in cui il sindaco commenta la relazione inviata dal gruppo Arvedi in risposta all’ordinanza seguita alle fumate del 18 aprile: «Non risponde alla richiesta di tutela dei lavoratori della Ferriera e della salute dei cittadini». Per questo motivo il Comune l’ha inoltrata ad Arpa, Azienda sanitaria e alla Procura della Repubblica.

Giovanni Tomasin

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 maggio 2016

 

 

Roma boccia l’alta velocità Ronchi-Trieste - La commissione ministeriale rileva le troppe criticità ambientali del progetto. Fondi a zero per potenziare la linea attuale
TRIESTE - L’alta velocità sulla Ronchi-Trieste? Niente da fare. La commissione di verifica dell’impatto ambientale del ministro Galletti chiarisce di non poter esprimere parere di compatibilità sul progetto preliminare della Tav nella tratta regionale. Di fatto una solenne bocciatura.

Nelle 150 pagine di relazione del progetto Italferr, chiusa con il parere negativo del presidente della commissione Via Guido Monteforte Specchi e di altri sette componenti, si precisa che, a non essere state risolte dopo lo stop del marzo 2005, sono in particolare le criticità relative all’ipotesi di gallerie in Carso. «L’analisi degli impatti - scrivono i tecnici del ministero -, sia in fase di costruzione che di esercizio, non è sufficientemente supportata». Lo stop romano considera inoltre insufficienti gli approfondimenti sul viadotto sopra l’autostrada in zona Lisert, sul pozzo nella stazione di Aurisina e sulle dinamiche idrogeologiche dell’area. Non ben definita nemmeno la prospettiva dell’interconnessione con la linea Capodistria-Divaccia. Una pietra tombale su quanto era stato messo in agenda una decina di anni fa quando il Nord Est, alla luce dello sviluppo dell’asse Milano-Torino (grazie anche ai fondi delle Olimpiadi invernali del 2006), spingeva per inserirsi nel puzzle infrastrutturale del terzo millennio. All’epoca si parlava di Corridoio 5 (oggi Mediterraneo) e si ipotizzavano imponenti investimenti, quantificati nel 2010 in 7,4 miliardi per la Tav Venezia-Ronchi e Ronchi-Trieste. Risorse che avrebbero consentito, secondo il progetto preliminare di Rfi, di far viaggiare i treni da Portogruaro a Ronchi (con 10 viadotti) a una media di 200 km/h. Mentre da Ronchi Sud a Trieste i convogli passeggeri avrebbero toccato i 250 km/h per raggiungere il capoluogo in 11 minuti e quelli merci dimezzato il tempo di percorrenza passando da 60 a 120 km/h medi. Nello stesso scrigno europeo dei sogni il porto di Trieste avrebbe poi assicurato, assieme a Capodistria, flussi di merci tali da ammortizzare i costi dell’opera. Nulla di fatto, invece. E nulla di nuovo rispetto a due anni fa. Era il marzo 2014 quando i governatori del Fvg Debora Serracchiani e del Veneto Luca Zaia, il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, l’ad di Rfi Michele Mario Elia con il capo della struttura tecnica di missione Ercole Incalza e il commissario straordinario per la Tav Venezia-Trieste Bortolo Mainardi concordarono sulle modifiche del tracciato 2010 (quello che, in Veneto, puntava sui treni ad alta velocità in prossimità delle spiagge) optando per la valorizzazione della tratta esistente, con un impegno finanziario di 1,8 milioni (tra gli interventi in regione, sdoppiamento e scavalco del bivio San Polo a Monfalcone). Ma anche la soluzione al risparmio, al momento, non decolla. «Nel piano industriale Rfi 2014-17 non c’è un euro per la velocizzazione dei collegamenti ferroviari in Fvg. Né ci sono fondi nello Sblocca Italia e nella legge di Stabilità», conferma Mainardi. Siamo dunque al punto di partenza «dopo che Rfi, per la progettazione della Venezia-Ronchi, ha già versato al ministero dell’Ambiente più di 3 milioni e a Italferr altri 11,3 milioni, con altre decine di milioni messi a disposizione dalla Ue sempre per la progettazione». Eppure, secondo l’ex commissario, per le opere potrebbero servire meno soldi del previsto: «Per la prima fase di modernizzazione, con interventi mirati alla velocità di crociera di 200 km/h da Mestre a Trieste, i costi complessivi, comprese la linea dei Bivi in Veneto e la variante in galleria a Latisana, si aggirano attorno agli 800 milioni». Non manca la stoccata: «C’è da chiedersi qual è la politica dei trasporti Fvg visti i “buchi” del bilancio dell’aeroporto di Ronchi, la politica gestionale della portualità e una terza corsia A4 realizzata per meno di un terzo a un anno dalla scadenza della concessione».

Marco Ballico

 

 

Svolta sul caso Acquario - La bonifica parte a giugno - Il Comune di Muggia conferma l’avvio del cantiere nel terrapieno inquinato
Ok al progetto esecutivo per la passeggiata a mare e i due parcheggi da 100 posti
MUGGIA Dal gennaio del 2017 Acquario verrà riconsegnato ufficialmente alla cittadinanza. È arrivata la tanto attesa svolta nella complicatissima vicenda del terrapieno inquinato di Muggia, da oltre un decennio interdetto alla cittadinanza. L’assessore ai Lavori pubblici Marco Finocchiaro esulta: «A luglio partiremo con i lavori del primo lotto di bonifica. Dopo 13 anni si potrà tornare a fare il bagno in mare davanti ad Acquario». L’ultima Conferenza dei servizi convocata dalla Direzione dell’Ambiente della Regione aveva fatto presagire che, finalmente, il lunghissimo iter procedurale per la bonifica del terrapieno muggesano fosse giunto a conclusione. La conferma è arrivata dal Municipio rivierasco con l’approvazione del progetto esecutivo del primo stralcio che riconsegnerà alla fruibilità pubblica tutta la passeggiata a mare di 900 metri e due parcheggi da quasi 100 posti, uno all’inizio e l’altro alla fine del terrapieno. Spesa complessiva del primo lotto di lavori? Poco meno di un milione di euro. Tempi previsti? Cinque mesi a partire da luglio, quando si aprirà il cantiere. «Dopo aver approvato nel giugno scorso il progetto definitivo di messa in sicurezza e bonifica del terrapieno, dopo anni trascorsi a cercare di rivalersi su chi aveva causato l’inquinamento, anni a fare caratterizzazioni, analisi dei rischi e progettazioni varie, alla presenza di una ventina di enti che a ogni conferenza di servizi chiedevano nuove analisi per scongiurare ogni possibile e immaginabile rischio per la salute umana, e dopo avere eseguito i lavori urgenti di messa in sicurezza del terrapieno a causa delle mareggiate, il Comune di Muggia ha ottenuto dalla Regione la possibilità di sostituirsi ai veri responsabili dell’inquinamento e poter intervenire nelle bonifiche», racconta Finocchiaro. «Quello che bisogna ricordare è che in tutta questa vicenda - puntualizza il vicesindaco Laura Marzi - il Comune di Muggia è parte lesa in quanto sostituendosi a chi ha causato l’inquinamento, come previsto dal Codice dell’ambiente, con grande fatica e impegno finanziario sta procedendo nelle bonifiche per rivalersi poi su chi ha causato l’inquinamento stesso». L’intervento prevede dunque la messa in sicurezza di gran parte del terrapieno con «tecniche innovative e rispettose dell’ambiente, ma anche economiche, rispetto alla soletta in calcestruzzo prevista nel progetto definitivo generale». La principale variazione in questo caso è anche economica in quanto invece dell’impegno finanziario previsto a inizio anno - possibile solo con l’alienazione di beni immobili da parte dell’Amministrazione - vi si farà fronte ora con un avanzo di bilancio derivante da oneri di urbanizzazione accertati a fine dell’esercizio finanziario 2015. Un’operazione pari a circa 850mila euro, ai quali si sono aggiunti ulteriori 122mila euro, provenienti da una sponsorizzazione privata. «Visto il particolare momento nel quale si prevedeva di finanziare l’opera con la vendita di immobili pubblici dismessi, cosa particolarmente difficoltosa in tempi di crisi del mercato immobiliare, il Comune farà fronte con altri capitoli di spesa specifici, senza necessariamente vendersi i gioielli di famiglia», aggiunge Finocchiaro.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 14  maggio 2016

 

 

Petrolio dell’Ina inquina il Quarnero - Il più grave incidente negli ultimi 10 anni. Le spiagge di Zurkovo ricoperte da una spessa pellicola di colore nero
FIUME - Se non è un disastro, poco ci manca. Nelle ore pomeridiane di giovedì un ingente quantitativo di idrocarburi è fuoriuscito dalla raffineria dell'Ina a Urinj, nel Fiumano, andando ad inquinare un lungo tratto di costa e il mare antistante.

Le spiagge di Zurkovo (comune di Kostrena), tra le preferite dai fiumani durante la stagione balneare, sono state ricoperte da una spessa pellicola di colore nero, trattenutasi in una vasta porzione marina. Uno spettacolo terribile, con il tanfo emanato dalla non meglio identificata sostanza oleosa che invaso l'area interessata dall'incidente, probabilmente il più grave degli ultimi dieci anni in questa zona altoadriatica, prossima a Fiume. Subito dopo che si era diffusa la notizia dell'inquinamento, sul luogo sono piombati dipendenti dell'Ina (compagnia petrolifera croata), ispettori, autorità della Capitaneria portuale di Fiume e gli spazzamare dell'azienda specializzata Dezinsekcija. La direzione dell'Ina ha subito ammesso che lo sversamento si è verificato dai suoi impianti, annunciando l'apertura di un'inchiesta che dovrebbe stabilire le cause di questo grave incidente. Secondo l'Ina, l'opera di risanamento dovrebbe essere portata a termine in 24 ore, periodo che praticamente tutti ritengono insufficiente. Anzi, sono in tanti a credere che ci vorranno giorni, e molti, per riportare la situazione alla normalità. Dall'Ina non sono giunte altre precisazioni, ma secondo fonti ufficiose potrebbe trattarsi di idrocarburi che erano "imprigionati" nel terreno carsico sottostante la raffineria e venuti a galla per l'innalzamento del mare dovuto allo scirocco e per le abbondanti precipitazione piovose dei giorni scorsi. A detta delle autorità di Kostrena, l'inquinamento è stato causato da masut, ossia dal residuo vischioso prodotto dalla distillazione del petrolio greggio e usato come combustibile. Il sindaco di Kostrena, Mirela Maruni„, è stata particolarmente dura nei riguardi degli impianti di Urinj: «Quanto accaduto è terribile. La pazienza degli abitanti e delle autorità comunali è finita anche perché gli incidenti provocati dalla raffineria sono sempre più frequenti e gravi, con i cittadini giustamente preoccupati per la loro sicurezza. L'inquinamento pone a rischio la stagione turistica non solo a Kostrena e dintorni, ma anche nel resto del Quarnero». A reagire è stato anche il governatore della Regione quarnerino-montana, Zlatko Komadina, il quale ha parlato di recidività di questa raffineria, di incidenti non più tollerabili. «Pretendo il sollecito intervento delle autorità statali - ha affermato - in quanto siamo di fronte ad una situazione insopportabile, con gli incidenti diventati non più un'eccezione ma la regola». Sia la Maruni„, sia Komadina hanno rilevato che finora - e dopo i casi di inquinamento avutisi a Urinj - non ci sono state pesanti sanzioni penali.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 13  maggio 2016

 

 

Porto vecchio, l’advisor riapre lo scontro

Contestata la scelta di Ernst&Young di trasferire il Parco del mare nello scalo. Centrosinistra in rivolta contro le accuse leghiste
Musei, alberghi, incubatori scientifici. E ancora un teatro, spazi per maxiyacht, boutique e residenze. Questo e molto altro, secondo gli esperti di Ernst&Young, dovrà trovare spazio nel prossimo futuro all’interno del Porto Vecchio. Partita chiusa e tutti d’accordo, dunque? Neanche per sogno. All’indomani della presentazione del report dell’advisor nella grande sala del Magazzino 26, sul destino dell’antico scalo tornano a riaccendersi le scintille e a fioccare le polemiche. Ad alimentarle è per esempio l’indicazione arrivata dai “guru” di Ernst&Young sull’ubicazione del Parco del mare: un’attrazione, sostengono gli autori del dossier, che deve trovare assolutamente spazio lì, dentro al Porto vecchio. «Semplici indicazioni di massima - si affretta a puntualizzare il “russiano” Marco Toncelli, candidato con il Pd -. Sarà la città, attraverso il Consiglio comunale, le categorie interessate e i portatori d’interesse, a prendere la decisione finale. Oggi il dato sul quale esprimersi è quello di avere a disposizione un pezzo nuovo di città, tutto da reinventare. In questo contesto - conclude Toncelli - la realizzazione del Parco del Mare, nella sede più opportuna nell'ambito di un disegno complessivo di tutto il waterfront locale, entrerà a pieno titolo tra i principali attrattori di flussi turistici della città». Ma oltre alla “creatura” di Antonio Paoletti, a finire sotto tiro sono anche le accuse lanciate dal centrodestra, Pierpaolo Roberti in testa, e l’espressione “flop” affibbiata all’intera operazione Porto Vecchio. «Forza Italia e Lega Nord - afferma il segretario del Pd triestino, Nerio Nesladek - hanno tenuto in ostaggio la città e Porto Vecchio per anni, privilegiando interessi di parte e nicchie di potere. Nei dieci anni in cui ha amministrato la città Dipiazza ha guardato il porto di Trieste come una terra incognita, ha eseguito gli ordini del senatore Camber e ha fatto largo alla gestione Monassi. Ora, alla ricerca di una terza giovinezza politica, prova a parlare di porto e ci dice che siamo bravi: grazie». «Dipiazza - intervengono Roberto Decarli e Elena Marchigiani di Uniti per Trieste - pretendeva di essere l’uomo “del fare”; l'uomo che avrebbe “decamberizzato” Trieste, smuovendo l’immobilismo del senatore. A pochi anni di distanza il “camberizzato” sembra nuovamente essere lui. Ingoia le parole dei soci di controllo della sua coalizione (il leghista Roberti e i forzaitalioti) che vogliono bloccare di nuovo tutto nonostante che le scelte, oggi, siano nelle mani del Comune e dei cittadini e non di un paio di grandi costruttori». A dar loro man forte Giovanni Barbo, consigliere comunale democratico e candidato al Consiglio. «“Indietro tutta!”: questo potrebbe essere lo slogan della coalizione di centrodestra, che si esprime per bocca del vicesindaco in pectore Roberti contro il riutilizzo di Porto Vecchio e chiedendo di fare un passo indietro. Ma Dipiazza non diceva di essere a favore? Pare sempre più evidente, invece, che a comandare la coalizione non è lui ». Dal fronte opposto, quello di Un’Altra Trieste, arrivano invece bordate bipartisan. «Lo spot elettorale di Cosolini è riuscito - afferma la candidata alla carica di sindaco, Alessia Rosolen -, adesso aspettiamo i fatti. Dopo decenni di paralisi, Porto Vecchio deve mollare gli ormeggi, non ridursi a uno spot elettorale». Fin qui, si diceva, l’affondo a Cosolini. Ma ce n’è anche per padani e azzurri. «Se Cosolini, al netto delle operazioni simpatia, galleggia in acque stantie, Dipiazza rischia il naufragio nel tempestoso mare dell'improbabile tridente Lega – Forza Italia – Fratelli d'Italia - aggiunge -. I berluscones, o quelli che sono rimasti, sono inarrivabili professionisti nel paralizzare tutto, perchè convinti che l'immobilismo sia più semplice da gestire. Periodicamente, la Lega, propone inesistenti agevolazioni fiscali ed applicazione di regimi extradoganali legate al Punto Franco». Infine l’affondo conclusivo: «Cosolini, in attesa di incassare 50 milioni di euro gentilmente offerti dal Pd nazionale, usa Porto Vecchio come suo personale parco giochi. Dipiazza, ostaggio di utopie indipendentiste e dei gattopardi della politica, propone un programma imbarazzante, sconclusionato e incoerente, e si barcamena tra le posizioni ambigue dei partiti che lo appoggiano».

 

 

Baby orso scende in strada e urta un’auto
Incontro “ravvicinato” in pieno giorno a Basovizza. Nessuna conseguenza per l’animale, avvistato di nuovo poche ore dopo
SAN DORLIGO Età? Un cucciolo di poco più di un anno. Peso? Circa 50 kg, forse qualcosa meno. Provenienza? Dalla vicinissima Slovenia. Stato civile? Single, forse accompagnato dalla madre. Ecco l'identikit del “baby” orso bruno avvistato mercoledì mattina sul Carso, più precisamente a San Lorenzo, frazione del comune di San Dorligo della Valle. Non sono ancora le otto di mattina quando David Fonda, ex cacciatore, e sua madre Grosdana Gasperut, stanno percorrendo la strada che collega la località a Draga, in direzione Pese. Al volante c'è il trentaseienne, che si sta recando al lavoro. Ad un tratto Fonda nota che l'automobile davanti a loro urta un grosso animale. La dinamica è particolare. «In pratica un animale è spuntato dal bosco ed è andato a sbattere contro il lato destro dell'auto che avevamo davanti a noi. Auto che andava a velocità ridotta, ma ha comunque fatto qualche metro prima di fermarsi del tutto», spiega Fonda. L'animale intanto, dopo l'impatto, cade a terra. Bastano poche frazioni di secondo all'ex cacciatore per capire che quell'incidente ha qualcosa di speciale: «Ho capito subito che non era un cinghiale dal tipo di pelliccia, ma inizialmente ho pensato potesse essere un tasso - ammette Fonda -. Quando si è tirato su ed è corso rapidamente via verso il bosco ho capito che era invece un orsetto». Il contatto tra l'animale e il veicolo, fortunatamente per tutti, non ha avuto conseguenze gravi. La riprova? Dopo lo strano incontro, Grosdana Gasperut torna in paese, incontra l'ornitologo Enrico Benussi, intento a fare dei rilevamenti fotografici in zona, e lo avvisa della presenza dell'orso. Poco prima di mezzogiorno, Benussi, mentre da San Lorenzo si sposta verso Basovizza in auto, incrocia lo stesso animale che gli attraversa la strada di corsa. Dell'accaduto sono stati avvisati sia la Forestale sia i u guardiacaccia della Provincia. «Ricevute le segnalazioni, che riteniamo assolutamente attendibili, abbiamo monitorato l'area, ma per adesso non abbiamo fatto alcun avvistamento né trovato tracce del passaggio dell'animale», ha raccontato il comandante della Polizia ambientale territoriale di Trieste Ilario Zuppani. «In base a quanto ci è stato detto, crediamo si tratti di un cucciolo d'orso nato due inverni fa, che potrebbe avere 14-15 mesi. Sappiamo con certezza, grazie ai colleghi di Divaccia, che nella vicina Slovenia ad inizio 2015 è nato un orso che si aggirava per i boschi assieme alla mamma - aggiunge Zuppani -. E molto probabile quindi che l'animale sia lo stesso». Della vicenda Goran Cuk, vicesindaco di San Dorligo, pare non preoccuparsi troppo: «Ho saputo della notizia dal giornale, non siamo stati contattati dalla Provincia in merito all'avvistamento. Direi che comunque è tutto sotto controllo». Olimpia Gustini, responsabile della trattoria Al Pozzo, che si trova proprio sulla strada a San Lorenzo, è invece sorpresa: «Sappiamo che qualche orso era stato avvistato neanche troppo tempo fa a Grozzana, visto che lì si produce il miele. Qui a San Lorenzo, però, è la prima volta». Ma dove si trova ora l’orsetto? Probabilmente, dopo tutti questi "strani" incontri, se ne sarà tornato in una zona più tranquilla, forse nei più ampi boschi sloveni da cui quasi sicuramente è arrivato. Rimane ancora da capire come mai si aggirasse da solo. «A quell'età gli orsi sono in fase di dispersione - conclude Zuppani - quindi un giovane orso inizia ad essere autosufficiente. Certo, può anche essere che la madre fosse con lui. Quello che è sicuro è che vedere un orso, e perlopiù di giorno, è un avvenimento davvero molto raro per il nostro Carso».

Riccardo Tosques

 

«Un cucciolo di nemmeno due anni - Che emozione trovarmelo davanti» - il racconto
SAN DORLIGO «È sfrecciato piuttosto veloce, ma l'ho visto bene: era uno splendido cucciolo di orso bruno». Enrico Benussi, faunista e ornitologo triestino, ha fermamente negli occhi l'attimo in cui gli è comparso davanti un orso.

Abituato a lavorare a stretto contatto con gli animali, l'incontro con il giovane mammifero è stato sicuramente uno dei più inusuali, pensando soprattutto a due fattori: la location e l'ora in cui è avvenuto l'avvistamento. «Il destino ha voluto che già di prima mattina fossi in zona San Lorenzo-Draga per fare dei rilevamenti fotografici. Ad un un certo punto una donna (Grozdana Gasperut, ndr) mi ha fermato avvisandomi che in prima mattinata, attorno alle 8, aveva visto assieme a suo figlio un orso», racconta. Non preoccupandosi troppo della segnalazione Benussi ha proseguito con i suoi rilevamenti fotografici prima di salire a bordo del suo fuoristrada. «Erano le 11.47 quando, mentre mi trovavo in auto, per andare verso Basovizza, a qualche centinaio di metri da dove era stato avvistato poche ore prima, ho visto a bordo strada il cucciolo d'orso: in men che non si dica ha attraversato la carreggiata scomparendo nel bosco vicino». Impossibile pensare ad un caso: l'orso visto al mattino, era lo stesso avvistato successivamente da Benussi. «Purtroppo è passato rapidamente e non ho avuto neanche il tempo di fotografarlo - prosegue l'ornitologo - però è stata davvero una bella emozione. Subito dopo ho contattato il maresciallo della Forestale di Basovizza Roberto Valenti, il guardiacaccia provinciale Ilario Zuppani nonché Stefano Filacorda del Dipartimento di Scienze della produzione animale dell'Università degli Studi di Udine per segnalare l'avvistamento». Benussi, grande appassionato di volatili, ma in generale di animali, ha messo subito in evidenza un paio di anomalie: «Vedere un orso di giorno, in questo caso in tarda mattinata, è cosa piuttosto rara. È da capire come mai un cucciolo - secondo me di neanche due anni -, si aggirasse tutto solo. Sempre che fosse in effetti da solo...». Anche qui le teorie sono diverse. La madre lo ha abbandonato? La madre è stata uccisa? Oppure la madre era lì con lui? «Chi lo sa - prosegue Benussi - sicuramente quando mi hanno detto che era stato visto al mattino e che era stato toccato da un'automobile, nel vederlo correre senza alcun problema, ho capito come le sue condizioni di salute, nonostante l'incidente" fossero assolutamente buone». Per il consulente faunistico e collaboratore del civico museo di Storia naturale di Trieste quello del giovane orso bruno di San Lorenzo rimane comunque uno degli avvistamenti più suggestivi di sempre: «È stato davvero emozionante - conclude Benussi -. Rimane ovviamente il rammarico per non aver effettuato una documentazione fotografica adeguata. Peccato davvero».

(tosq.)

 

 

La scienza “regina” di Mare Nordest - Al via gli incontri alla Stazione Marittima. Alle 10.30 i cani salvataggio
Verrà inaugurata oggi alle 9.30 alla Stazione Marittima la quinta edizione di “Mare Nordest” 2016, evento dedicato al mare che verterà su tre grandi temi: scienza, tecnologia e sport. La manifestazione si terrà fino a domenica con ingresso libero. L’evento entrerà nel vivo già dalle 10 quando, dopo i saluti delle autorità, il vicepreside Bruno Zvech presenterà l’Istituto Nautico e l’Accademia Nautica dell’Adriatico. Dalle 10.30 alle 12, poi, le unità cinofile Sics svolgeranno alcune dimostrazioni di salvataggio davanti ai 100 bambini che visiteranno la Vespucci. Alle 10.30 inizieranno gli incontri: Massimo Vienna del Gruppo Hera interverrà sul tema “Il depuratore che parla con il mare”; alle 11.15 Paola Del Negro dell’Ogs interverrà sulla “Studi sul mare dal batiscafo Trieste al sistema osservativo permanente”; alle 11.45 si parlerà di “Antropizzazione e inquinamento dell’ambiente marino” con Gianguido Salvi (UniTs) e alle 12.15 di “Pesci e pescatori del Golfo di Trieste” con Diego Borme (Ogs). Alle 15 Renzo Mosetti (Ogs) illustrerà i le “Caratteristiche oceanografiche del Golfo”, mentre alle 16 Stefano Furlani (UniTs) indicherà i risultati delle campagne 2012-2015 di Geoswim. Seguirà alle 16.40 un intervento di Rita Auriemma (UniSalento) dal titolo “Storie di uomini, navi e traffici sulle rotte antiche dell’Adriatico”. Alle 17.20 si parlerà di affondamenti controllati “Scuttling” con il Contrammiraglio Francesco Chionna, Aldo Verbanac e Niven Iveša che relazioneranno sul tema “Relitti intelligenti”. A chiudere alle 18 Mauro Pisani e Salvatore Losacco ripercorreranno la storia trentennale del Murena Diving Sporting Club.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 12  maggio 2016

 

 

Teatri, hotel e maxiyacht nell’area di Porto vecchio

Svelata la prima parte dello studio dell’advisor. Ipotizzate residenze per i familiari dei pazienti in ospedale e il “ritorno” del Parco del mare
Quasi un quarto dell’area, per la precisione un range compreso tra il 20 e il 25%, dedicata al settore leisure in cui far certamente rientrare il Parco del mare e presumibilmente anche i musei e un Centro congressi, un altro ampio settore (tra il 18 e il 22%) riservato a università e ricerca, una fetta inferiore (5-10%) a favore degli alberghi facendo però attenzione a non andare in overcapacity e poi spazi pressoché uguali (15-20%) rispettivamente per la nautica, in particolare un terminal crocieristico e ormeggi e servizi per maxiyacht, per il food and beverage valorizzando le tradizioni enogastronomiche locali e per il residenziale con uno spicchio di residenze riservate ai familiari dei pazienti ricoverati in strutture ospedaliere triestine. È questo il primo abbozzo del Porto vecchio del futuro tratteggiato ieri da Ernst&Young e in particolare da Fulvio Lino Di Blasio director di E&Y Italia e dai suoi collaboratori nell’Open day organizzato da Comune e Autorità portuale al Magazzino 26 e al quale ha partecipato qualche centinaio di cittadini. «Il Parco del mare attualmente è previsto in un’altra ubicazione (Campo Marzio, ndr.) - hanno sottolineato gli esperti di E&Y - ma dagli stakeholder è uscita univoca l’indicazione che la sua collocazione ideale è proprio il Porto vecchio». Qui in qualche modo dovrebbe entrare a far parte del Polo museale e dell’intrattenimento e che evidentemente dovrà includere il Museo del mare previsto in un settore del Magazzino 26, la Centrale idrodinamica e la Sottostazione elettrica, preziosi esempi di archeologia industriale assieme al pontone galleggiante Ursus al cui restauro saranno finalizzati 5 dei 50 milioni recentemente stanziati dal Governo. «La parte commerciale - è stato specificato - non potrà prevedere centri commerciali tradizionali dal momento che oltretutto la regione Friuli Venezia Giulia è quella che in Italia ne ha la concentrazione maggiore, ma essere rivolta all’artigianato e al food and beverage caratteristici di quest’area». Non potrà mancare un centro congressi e magari un teatro, già esiste l’interesse di alcuni grandi gruppi alberghieri per insediare almeno una struttura, mentre un settore ospedaliero-residenziale potrebbe essere come detto a servizio delle famiglie di pazienti ricoverati in città. Il Polo dell’università e della ricerca dovrebbe estendersi a partire dalla nuova sede dell’Icgeb, il Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologia che dovrebbe occupare un’ampia parte del Magazzino 26 e che a propria volta beneficerà di una parte del finanziamento pubblico già a disposizione. Viene ben vista però anche la realizzazione di una House of science anche quale punto di contatto tra i ricercatori e i cittadini. Al terminal passeggeri (piccole navi da crociera e traghetti) si affiancherà un porto per megayacht con servizi annessi e in questo caso il progetto Fincantieri calza a pennello. «Ma il Porto vecchio - hanno sottolineato gli esperti di E&Y - dovrà essere anche l’embrione di Trieste smart city. Amplierà la superficie della città da 4,6 a 5,2 milioni di chilometri quadrati, ma dovrà anche essere il settore di Trieste dove incominceranno a svilupparsi la mobilità sostenibile (treno e biciclette con piste per bici e jogging), area completa wi-fi, utilizzo di energie rinnovabili, iniziative hi-tech a favore dei turisti». «Nelle città dove abbiamo cooperato a processi di rigenerazione urbana in casi abbastanza simili, come Marsiglia, Lione e Amburgo - ha rilevato Di Blasio - sono stati investiti tra i 3 e i 10 miliardi di euro, sono stati creati 30-50mila posti di lavoro e i turisti attirati al primo anno sono rientrati nel range 3-10 milioni. Trieste dovrebbe situarsi appena un po’ sotto queste cifre». In tutti i casi un euro messo dal pubblico ne ha attirati 4 da parte degli investitori privati. Il che fa capire come il Porto vecchio di Trieste avrà comunque bisogno ancora anche di altri ingenti finanziamenti pubblici. Il lasso di tempo sul quale ragionare per vedere l’operazione totalmente completata è comunque di perlomeno quindici anni e successivamente per “autofinanziarsi” avrà bisogno di un’interrotta creazione di eventi: «uno al mese», è stato detto affiancando alla Barcolana, il festival della scienza, il festival dell’Europa, la fiera del caffé per fare qualche esempio. «Gli investitori per arrivare - ha rimarcato Ernst&Young - hanno bisogno di tempi certi e di una governance chiara, in altre parole deve esserci un soggetto unico a coordinare tutto l’iter». La road map prevede ora la consultazione pubblica su queste linee guida nel prossimo mese di luglio per avere il piano definitivo a inizio 2017 e partire con i cantieri veri e propri a cavallo tra il 2017 e il 2018.

Silvio Maranzana

 

E già dal primo ottobre il treno arriverà a Barcola

Cosolini sottolinea i passi da giganti fatti in diciotto mesi per la riqualificazione «Un’operazione che è l’esatto contrario della speculazione immobiliare»
«Tra pochi giorni un treno storico collegherà il Molo Quarto alla Centrale idrodinamica, già dal primo ottobre lo stesso treno arriverà quasi a Barcola». Lo ha ripetuto ieri all’Open day sul porto vecchio il sindaco Roberto Cosolini, volendo in questo modo dare la dimostrazione che la città non si ferma in attesa che vengano sviluppati i progetti a lungo termine e lo stesso commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino, prendendo brevemente la parola, ha affermato che da qualche tempo i metodi a Trieste sono cambiati «perché anche mentre parliamo, dietro a questo stesso Magazzino 26 sono in corso i lavori per ripristinare i binari» e ancora il sindaco ha aggiunto che sarà soltanto il primo step di una grande rivoluzione della mobilità oltre che attrattore per il turismo che a breve permetterà di prendere il tram a Opicina arrivare fino sulle Rive e saltare sul treno che in coincidenza porterà i passeggeri fino al lungomare di Barcola. «Soltanto 18 mesi fa - ha sottolineato Cosolini - nessuno avrebbe immaginato che oggi saremmo già stati a questo punto. Alla norma sulla sdemanializzazione inserita nella Legge di stabilità e approvata nel dicembre 2014 sono seguite in rapida successione l’intesa tra Comune e Autorità portuale per la nuova linea di demarcazione, lo spostamento del Punto franco decretato dal prefetto, l’intavolazione delle aree, la nomina e l’avvio del lavoro dell’advisor, lo stanziamento dei 50 milioni da parte del Cipe ai quali qualcuno ancora non crede mentre sono certificati in tutti gli atti ufficiali, così come si parla a vanvera di speculazione immobiliare di cui questa operazione è invece agli antipodi. L’obiettivo - ha aggiunto - è l’integrazione tra servizio pubblico è business, ma è chiaro che qui sta anche lo spartiacque tra il tracollo demografico della città e la sua crescita. Il Porto vecchio deve trasformarsi da porto a porta sul mare per una grande parte d’Europa (ma i traffici della stessa area potranno crescere in Porto nuovo, ndr.) per far riacquistare a Trieste il suo storico ruolo di capitale d’area. Non travaseremo qui un pezzo della città lasciando vuota un’altra parte, ma ne innesteremo un pezzo nuovo con la crocieristica, i megayacht, le attività legate al mare, i centri di eccellenza nell’ambito di scienza e ricerca». Prima della parte pubblica della presentazione che si è protratta per un paio d’ore, i lavori si sono aperti con una sessione tecnica in cui, dopo un intervento introduttivo l’advisor ha illustrato le prime risultanze della propria attività di analisi e ha raccolto ulteriori spunti e idee dai vari soggetti interessati all’operazione. Il lavoro è incominciato da solo un mese ed Ernst&Young si è soffermato a lungo anche sulla radiografia della situazione attuale in Porto vecchio e sulle proposte di base, tutto già ben noto da anni anche a molti cittadini, il che ha suscitato qualche mugugno su presunte banalità in parte dell’esposizione.

(Silvio Maranzana)

 

Gli architetti invocano più condivisione - Il presidente dell’Ordine, Vrabec: «Nelle prossime fasi dovrà esserci un processo partecipativo»
Sulla trasformazione del Porto vecchio servono una riflessione più approfondita e un processo di condivisione.

Lo sostiene Paolo Vrabec, presidente dell’Ordine degli architetti di Trieste il quale afferma che la categoria assiste «con grande attenzione alla concreta maturazione di un complesso processo di trasformazione del più grande porto dismesso ancora presente entro i confini della vecchia Europa. Gli eventi e le circostanze che durante gli ultimi due secoli hanno determinato la costruzione, la trasformazione e la dismissione di un sistema caratterizzato da una notevole impronta insediativa, sono stati oggetto di numerosi approfondimenti e costituiscono ormai un patrimonio storicizzato. In una prospettiva di lungo termine - sottolinea Vrabec - appare ora utile una riflessione maggiormente approfondita sulla complessità delle azioni, alcune delle quali già intraprese, altre in fase di elaborazione, altre ancora da proporre. L’importante processo di rigenerazione urbana, che connota peraltro molte delle più recenti esperienze nel vecchio continente, si articola in diverse fasi. L’adeguamento infrastrutturale, contestuale alle azioni di valorizzazione - aggiunge - è al momento garantito in buona parte dal finanziamento Cipe e riguarda le bonifiche e l’adeguamento delle reti relative ai sottoservizi, oltre al più immediato utilizzo del Magazzino più grande e già parzialmente oggetto di lavori di restauro e di adeguamento. Risulta ora importante - afferma il presidente - garantire l’elaborazione delle altre fasi che possono determinare il successo o meno dell’intera operazione di rigenerazione urbana. E cioé, il processo partecipativo, costituito da tutte le azioni di trasferimento di idee e di proposte che, nel quadro di un coinvolgimento attivo delle comunità, consenta di creare quel ruolo di appartenenza e di identità di questa parte di città coerente con l’identità urbana. E il processo di condivisione, caratterizzato da iniziative culturali che premiano l’utilizzo temporaneo degli spazi pubblici e il costante coordinamento delle proposte, aperte al confronto internazionale e attente alla qualità dei progetti, nella consapevolezza che la trasformazione del Porto vecchio rappresenta una straordinaria occasione di approfondimento e di riflessione sul rapporto tra conservazione – riuso – trasformazione e sostituzione di una importante parte di città».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11  maggio 2016

 

 

Energia, trasporti, ambiente - il patto fra Fvg e Slovenia - Trieste e Lubiana - Nei piani la realizzazione di una metropolitana leggera
Le minoranze rappresentano un elemento fondamentale nei rapporti bilaterali Fvg-Slovenia. È quanto è emerso nella sessione plenaria del Comitato congiunto Fvg-Slovenia in cui la giunta Serracchiani ha incontrato i rappresentanti del governo di Lubiana.

NOVA GORICA - Il collegamento Trieste-Divaccia sarà oggetto di una prossima riunione della Commissione intergovernativa italo-slovena; nel frattempo, il capoluogo regionale e Lubiana si avvicineranno con un collegamento passeggeri che passerà da Monfalcone e tornerà verso Divaccia per poi proseguire in direzione nord-est. A darne notizia, a margine della seconda riunione del Comitato congiunto Friuli Venezia Giulia-Slovenia, è stato l’assessore ai Trasporti Mariagrazia Santoro. Per ora i tempi di realizzazione sono incerti: prima che la “metropolitana leggera” entri in servizio sarà necessario che gli otto treni recentemente acquistati dalla Regione ottengano l’omologazione per viaggiare oltreconfine. «In questo modo sarà possibile rafforzare la circolazione transfrontaliera», sottolinea Santoro soddisfatta del bilaterale nel quale è stato deciso di incentivare anche le corse delle linee marittime passeggeri. Il summit di ieri a Nova Gorica è servito a riprendere e a rafforzare i temi e le questioni già affrontate dalle parti in occasione del Comitato congiunto dell’aprile 2015. Al termine della sessione plenaria, la governatrice Debora Serracchiani e il ministro degli Esteri sloveno Karl Erjavec hanno sottoscritto una dichiarazione nella quale Friuli Venezia Giulia e Slovenia si sono impegnate a rafforzare la cooperazione bilaterale e riconoscere la necessità «di implementare lo scambio di esperienze, buone pratiche e informazioni». Accanto a questo, le parti si sono impegnate anche a trovare soluzioni per le problematiche ancora aperte e per avviare un'azione congiunta più efficace nell'ambito delle strategie macroregionali (anche) attraverso la cooperazione territoriale europea. «Sia la Slovenia che la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia – si legge nella dichiarazione congiunta - continueranno ad incoraggiare la promozione dei risultati dei numerosi progetti conclusisi nel precedente periodo programmatorio 2007-2013 nonché a partecipare attivamente per la definizione dei futuri progetti strategici». In questo contesto, è stata sottolineata l'importanza della promozione delle minoranze, attingendo alle possibilità offerte dal Programma Interreg V A Italia-Slovenia 2014-2020 da 90 milioni di euro. Trasporti Per quanto riguarda il settore dei trasporti, le parti ritengono necessario migliorare i collegamenti ferroviari attivando il prima possibile il servizio di trasporto passeggeri transfrontaliero, favorendo il ripristino del servizio Venezia-Trieste-Lubiana e migliorando l'interoperabilità ferroviaria su tutte le tratte confinarie. Particolare rilievo è stato dato alle risultanze tecniche del Tavolo interministeriale Italia-Slovenia per la progettazione della nuova linea ferroviaria Trieste-Divaccia. Per quanto riguarda la parte stradale, l’obiettivo è quello di favorire le connessioni dirette. Accordo c’è stato anche sull'opportunità di accrescere i servizi marittimi di trasporto transfrontaliero via aliscafo. Energia Almeno ufficialmente, la questione della centrale nucleare di Krsko non è stata toccata. Mentre si punta alla cooperazione nello sviluppo di reti energetiche intelligenti, Slovenia e Regione hanno riaffermato la ferma contrarietà al rigassificatore di Zaule. Ambiente Il Comitato congiunto ha confermato, inoltre, la volontà di rafforzare i rapporti di interscambio tra le aziende omologhe di Arpa e Arso. Le due realtà svilupperanno nuove collaborazioni come quella della pianificazione congiunta dei monitoraggi ambientali di aria e acqua). Per quanto riguarda lo sviluppo rurale e l'agricoltura sono state affrontate le questioni relative alla viticoltura a partire dalla protezione transfrontaliera del Terrano sul Carso e della Ribolla nell’area della Brda/Collio. Migranti Nel quadro delle quote di ridistribuzione europea dei richiedenti asilo, la Slovenia accoglierà entro i propri confini i migranti giunti in Italia. «Siamo d’accordo che su questo tema bisogna agire in modo coordinato e solidale. Dobbiamo rafforzare le idee europeiste”, ha sottolineato il ministro Erjavec ricordando che le questioni sociali e sanitarie potranno essere risolte solo in un quadro transfrontaliero.

Stefano Bizzi

 

Rapporti bilaterali - Le minoranze un elemento chiave

A Nova Gorica la giornata è stata aperta da 5 tavoli tecnici (Cooperazione: trasporti, energia, ambiente e pianificazione territoriale; Agricoltura e sviluppo rurale; Economia, ricerca e innovazione; Protezione civile; Politiche sociali e salute) più il tavolo speciale sulle minoranze linguistiche. È stato ricordato come le minoranze agiscano da ponte negli scambi istituzionali e culturali e abbiano anche un ruolo di volano per i progetti europei.

(s.b.)

 

 

Duino completa la rivoluzione “green” - In arrivo cinquanta nuovi cassonetti per la raccolta del verde. A giorni la consegna dei contenitori domestici per l’umido
DUINO AURISINA - Una cinquantina di contenitori stradali nuovi di zecca dedicati alla raccolta del verde, distribuiti su tutto il territorio.

Sarà ampliata la raccolta dei rifiuti di questo tipo nel Comune di Duino Aurisina. L’amministrazione guidata dal sindaco Vladimir Kukanja, su proposta dell’assessore Lorenzo Corigliano, ha deciso di rispondere in questa maniera a una precisa richiesta formulata dai cittadini, nel corso dei numerosi incontri pubblici che hanno visto i residenti confrontarsi con la Isontina ambiente, la società che, dallo scorso primo marzo, gestisce la raccolta rifiuti. Tale modalità andrà ad affiancarsi a quelle già previste per il verde, cioè il conferimento al Centro di raccolta di Duino, da effettuare direttamente da parte dei cittadini, e il prelievo a domicilio, su prenotazione effettuata, chiamando il numero verde 800844344. «Si tratta di una novità nella novità per quanto riguarda la raccolta del rifiuto verde - ha commentato Corigliano - a conferma dell’attenzione che questa giunta pone alle richieste dei residenti. Gli incontri che abbiamo organizzato per far conoscere la Isontina ambiente ai nostri concittadini - ha aggiunto - avevano proprio la funzione di individuare, attraverso un dialogo costruttivo, nuove e più articolate formule nella raccolta rifiuti, per arrivare all’obiettivo comune di un miglioramento nel servizio». «La distribuzione dei nuovi raccoglitori per il verde sul territorio - ha precisato Giuliano Sponton, direttore della Isontina ambiente - inizierà a breve e sarà ultimata entro maggio o, al massimo, entro i primi giorni di giugno. Abbiamo constatato - ha osservato - che molti dei residenti utilizzavano e continuano a utilizzare per i rifiuti del verde i contenitori destinati ad altri tipi di immondizie. Abbiamo allora deciso, anche perché sollecitati nel corso dei pubblici incontri con la popolazione, di valutare, di concerto con l’amministrazione, questa nuova modalità, decidendo di metterla subito in cantiere». L’acquisto dei contenitori, per una somma che, comprendendo anche il loro trasporto e la messa in opera, arriverà a circa 25mila euro, sarà compensata dalla qualità del servizio. «Se andiamo a considerare che questa novità ci metterà nella condizione di non dover più dividere il verde dagli altri rifiuti, come accadeva finora – ha concluso Sponton – il risultato economico sarà di pareggio». Nei prossimi giorni inizieranno anche le operazioni di consegna dei contenitori per il conferimento del rifiuto umido a tutte le utenze. Di colore marrone, hanno la capienza di sette litri e potranno essere utilizzati per il conferimento del rifiuto umido prodotto all’interno del proprio domicilio. Assieme a essi, saranno consegnati a tutti anche 120 sacchetti in materiale compostabile e le istruzioni per il conferimento delle diverse tipologie di rifiuto, in conformità con le nuove modalità di raccolta messe a punto del nuovo gestore.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 10 maggio 2016

 

 

Acque, il 64% con pesticidi - La pianura padana è al top

Ispra: due campioni su tre, fra quelli superficiali, contengono sostanze inquinanti - Contaminata anche una falda sotterranea su tre: valori alti pure in Friuli
ROMA L’insieme dei prodotti fitosanitari - volgarmente conosciuti come pesticidi - utilizzati in Italia rappresenta un universo quasi sconosciuto, mentre invece è opportuno accendere i riflettori su sostanze con le quali, essendo utilizzate prevalentemente a fini agricoli, quotidianamente entriamo in contatto. In soccorso giunge l’edizione 2016 del Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente, che fotografa un settore complesso corredandolo di dati che riguardano tutte le aree del Paese. In Italia sono circa 130.000 le tonnellate di prodotti fitosanitari utilizzate ogni anno, alle quali vanno aggiunti i biocidi, impiegati in tanti settori di attività, di cui non si hanno informazioni sulle quantità e sulla distribuzione geografica delle sorgenti di rilascio. Il rapporto, che svela i dati del biennio 2013-2014, si basa sui dati forniti dalle Regioni e dalle Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente e, nonostante la copertura del territorio sia incompleta, soprattutto per quanto riguarda le regioni del Centro-Sud - sui pesticidi mancano i dati di Molise e Calabria, così come non sono stati rilevati i dati relativi alle acque sotterranee di ben cinque regioni - il quadro è aggiornato abbastanza per capire che c'è molto da fare. Nel biennio analizzato da Ispra è cresciuta sensibilmente la percentuale dei punti contaminati, del 20% per quanto riguarda le acque superficiali e del 10% per quelle sotterranee. Le acque superficiali hanno pesticidi per quasi il 64% dei 1.284 punti di monitoraggio controllati (nel 2012 la percentuale era 57%), e risultano contaminati il 31,7% dei 2.463 punti (31% nel 2012) per quanto riguarda le acque sotterranee. Il risultato complessivo indica un’ampia diffusione della contaminazione, maggiore nelle acque di superficie, ma elevata anche in quelle sotterranee, con pesticidi presenti anche nelle falde profonde naturalmente protette da strati geologici poco permeabili. Il dato relativo ai prodotti rinvenuti cita il rilevamento di 224 sostanze diverse, un numero sensibilmente più elevato degli anni precedenti (erano 175 nel 2012). Gli erbicidi sono ancora le sostanze più rinvenute, soprattutto a causa dell’utilizzo diretto sul suolo, spesso concomitante con i periodi di maggiore piovosità di inizio primavera, che ne determinano un trasporto più rapido nei corpi idrici superficiali e sotterranei. Rispetto al passato, è aumentata notevolmente la presenza di fungicidi e insetticidi, soprattutto perché è aumentato il numero di sostanze cercate e la loro scelta è più mirata agli usi su territorio. Geolocalizzando i ritrovamenti, la contaminazione è più ampia nella pianura padana, dove si concentra poco meno del 60% dei punti di monitoraggio dell'intera rete nazionale. In alcune regioni la contaminazione è più alta del dato nazionale: 70% dei punti delle acque superficiali in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, 90% in Toscana e 95% in Umbria. Nelle acque sotterranee la diffusione della contaminazione è particolarmente elevata in Lombardia (50%), Friuli (68,6%) e Sicilia (76%).

Alfredo De Girolamo

 

 

Addio alle vecchie fognature del Villaggio del Pescatore - Dopo anni di attese il collettore fuori norma si prepara ad andare in pensione
Al via domani i cantieri per la posa delle condotte a norma. Fine lavori nel 2017
DUINO AURISINA Il vecchio depuratore del Villaggio del Pescatore, soggetto a procedura d’infrazione europea dal 2009, proprio a causa della sua anzianità di servizio e perché oramai inefficiente, va in pensione. Inizieranno domani infatti i lavori per la posa delle condotte di collegamento, per una lunghezza complessiva di circa 4 chilometri, che saliranno verso il costone carsico, per raccordarsi con il collettore in fase di ultimazione che, da Duino, condurrà anche i reflui del Villaggio del Pescatore a quello di Sistiana. Struttura, questa, dotata di trattamenti chimico fisici e biologici, in grado di assicurare una perfetta depurazione delle acque. «Si tratta - si legge in una nota diffusa dall’Acegas Aps Amga – di un’opera di estrema importanza, sia per la qualità della vita al Villaggio del Pescatore, sia per l’ecosistema marino prospiciente». L’intervento sarà complesso e articolato, in quanto sono previsti scavi in profondità e la sistemazione di un organico sistema di nuove tubature; il tempo previsto per l’ultimazione del cantiere è più o meno di un anno, scadenza soggetta a modifiche soprattutto in base alle condizioni atmosferiche del prossimo inverno. L’Acegas Aps Amga ipotizza come fine lavori la primavera del 2017, stagione nella quale il vecchio depuratore del Villaggio dovrebbe andare in pensione, per lasciare spazio a strutture moderne ed efficienti. L’intervento rientra nel più ampio progetto di razionalizzazione e miglioramento della depurazione che riguarda l’intero golfo di Trieste, definito dalla ex municipalizzata. «Si tratta di un programma – spiega il documento dell’Acegas Aps Amga – che prevede la dismissione dei depuratori più piccoli e, soprattutto, oramai obsoleti, come quello del Villaggio del Pescatore, ma anche quello di Barcola, che dovrebbe essere messo in pensione anch’esso entro giugno. Il nuovo sistema – prosegue la nota – prevede il convogliamento dei reflui verso impianti dotati di una depurazione migliore e molto più efficiente. Sistiana – conclude la nota – è uno di questi, alla pari di quello di Servola, dove è in corso uno dei maggiori potenziamenti depurativi di tutta Italia». L’assessore comunale per i Lavori pubblici del Comune di Duino Aurisina, Andrej Cunja, ha colto l’occasione per sottolineare alcuni concetti. Da tempo è in atto una polemica, scatenata da un gruppo di residenti del Villaggio del Pescatore, che accusano l’amministrazione guidata dal sindaco, Vladimir Kukanja, di trascurare il piccolo centro rivierasco. «I lavori di rifacimento della rete fognaria in adiacenza alla linea di costa che Acegas Aps Amga sta eseguendo – ha sottolineato Cunja - rivestono estrema importanza per il Comune, in quanto, a medio termine, porteranno alla dismissione di tutti gli scarichi a mare locali. Con il completamento della condotta dal Villaggio del Pescatore a Duino – ha aggiunto - sparirà finalmente il depuratore che tanti problemi ha creato». «Inoltre, sarà finalmente realizzato, a fianco della provinciale che dal borgo sale a Duino, il marciapiede ciclabile che la popolazione richiede da decenni. Ciò è stato possibile – ha osservato l’assessore - perchè l'amministrazione ha chiesto e ottenuto da Acegas Aps Amga di spostare il posizionamento della condotta da sotto la sede stradale a fianco di essa. Sopra lo scavo – ha precisato Cunja - sarà così ricavato il percorso ciclopedonale. Oltre all’Acegas Aps Amga – ha concluso - desidero ringraziare i proprietari delle aree sulle quali sarà realizzata l'opera, ovvero il principe Carlo Alessandro della Torre e Tasso, Mario Attilio Sartori da Borgoricco e la Burgo SpA, che hanno dato il loro nulla osta all'esproprio dei fondi. Dimostriamo coi fatti di avere a cuore le esigenze di ogni frazione, Villaggio del Pescatore compreso, nonostante le strumentali dichiarazioni contrarie di alcuni personaggi locali».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 9 maggio 2016

 

 

Scoppia a Sgonico la “guerra del rumore”

Sempre più traffico sul raccordo, chi vive in zona non ne può più. Il sindaco: «L’Anas rimedi». Ma dipende dai fondi disponibili
SGONICO Esplode la polemica del rumore a Sgonico. I residenti di Borgo Grotta Gigante e di Campo Sacro, due piccole frazioni del territorio comunale, lamentano un sensibile aumento dell’inquinamento acustico provocato dal transito di automobili e, soprattutto, di mezzi pesanti, sul tratto di raccordo autostradale che lambisce le loro case. Un disagio talmente grande da costringerli a rivolgersi al sindaco, Monica Hrovatin, che, confermando una volta di più di avere un carattere battagliero, ha subito recepito la richiesta di aiuto dei suoi concittadini. Si è seduta alla tastiera del pc e ha scritto all’Anas di Trieste, che ha sede in via Fabio Severo 52, ente titolare della competenza per la rete autostradale che attraversa la Provincia, denunciando il problema. «Essendomi giunte forti lamentele da parte della popolazione di Borgo Grotta Gigante e di Campo Sacro - scrive Hrovatin - in merito al rumore che si propaga dal raccordo autostradale 13, di vostra competenza, vi comunico che è oggettivamente riscontrabile, negli ultimi anni, un forte aumento del traffico di autoveicoli e, in particolare, di veicoli pesanti, a fronte di un naturale danneggiamento del manto stradale, specialmente in corrispondenza dei giunti di dilatazione dei ponti autostradali. Chiediamo perciò - aggiunge il sindaco di Sgonico - che sia eseguita una nuova campagna di misure fonometriche, in prossimità delle abitazioni vicine al tracciato autostradale, che siano poi condivisi i risultati e le proposte e siano quindi realizzate le opportune opere, necessarie per mitigare il rumore». Una presa di posizione molto decisa quella di Hrovatin, che vuole essere messa al corrente degli esiti dei controlli da fare e intende partecipare alle scelte da operare, per evitare che il fenomeno dei rumori molesti si perpetui. «Al di là della mia veste istituzionale - precisa il sindaco - posso dire che conosco molte persone che abitano a Borgo Grotta Gigante, che mi hanno parlato del problema. Io stessa recandomi in zona - aggiunge - ho avvertito rumori piuttosto fastidiosi e continui. Spero in una rapida replica dell’Anas». Che è arrivata subito. «Sul tratto del raccordo autostradale 13 dell’autostrada A4 che attraversa il Comune di Sgonico - replica l’Anas con un comunicato - l'Anas ha provveduto agli adempimenti di legge, redigendo il piano di contenimento acustico dell’infrastruttura. Sono state già individuate alcune aree - prosegue la nota - oggetto di intervento, che rientrano nel piano depositato al Ministero e che sarà attuato compatibilmente con le risorse economiche necessarie per le singole infrastrutture stradali. Nel complesso, lungo il Raccordo 13 - conclude il testo - sono previsti sei interventi per il contenimento del disagio acustico provocato dalla circolazione veicolare».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 8 maggio 2016

 

 

Migliaia al corteo No Ttip «Minaccia le nostre vite» Da tutta Italia contro il trattato per il commercio tra l’Europa e gli Stati Uniti
Il comitato promotore: «Vogliamo proteggere i nostri prodotti e l’ambiente»
ROMA Sembrava che il maltempo dovesse compromettere la manifestazione, invece appena sono suonate le 14 il sole si è fatto spazio e ha aperto la strada a migliaia di persone che hanno invaso piazza della Repubblica a Roma per il corteo No Ttip (Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti), un accordo che, secondo le intenzioni di Stati Uniti e Unione europea, garantirebbe uno spazio di libero scambio commerciale. Un lungo serpente di contestatori provenienti da tutta Italia ha sfilato per le strade di Roma: striscioni, bandiere e cori “avete toccato il fondo” da piazza della Repubblica a piazza San Giovanni per contestare l’accordo. Un migliaio di persone unite dall’idea che il trattato sia “un cavallo di Troia delle multinazionali per superare le leggi a difesa della salute, dell’ambiente e del lavoro”. Il partenariato transatlantico sul commercio indubbiamente, se fosse approvato, rivoluzionerebbe i rapporti tra le due sponde dell’Oceano. A promuovere la manifestazione il comitato No Ttip insieme alla Cgil; con loro anche le bandiere del Movimento Cinque Stelle, quelle di Rifondazione Comunista, dell’Ente protezione animali insieme a Greenpeace e agli esponenti della società civile. Monica di Sisto, portavoce nazionale del movimento anti-trattato, in prima fila al corteo, spiega che la preoccupazione nei confronti dell’accordo nasce da quei punti oscuri, dalla segretezza degli accordi che andranno a influenzare la vita e le norme del mercato: «Il trattato cambia la disciplina che regolamenta le caratteristiche dei nostri prodotti e la sicurezza dell’ambiente. Le persone che sono scese in piazza - dice Di Sisto - sono convinte che, data la varietà degli ambiti che l’accordo influenzerà, sia necessario coinvolgere tutti gli attori che sono presenti in strada». Uno dei nervi scoperti è il fronte alimentare: la tutela delle indicazioni geografiche dei prodotti richiesta e normata dall’Ue rischia essere ridimensionata. La lista di circa duecento specialità da proteggere dalla contraffazione presentata dall’Europa pare sia stata duramente contrastata dagli Stati Uniti. Il timore è che si apra la strada all’import di prodotti ogm e al progressivo smantellamento delle leggi che tutelano la qualità dei prodotti. «Le previsioni fatte da Greenpeace parlano di una grave perdita soprattutto per le medie e piccole imprese - continua Di Sisto - perché gli Stati Uniti si stanno chiudendo sul lato delle trattative tutelando il loro mercato». Un altro punto controverso del trattato riguarda la procedura di protezione degli investimenti, con la quale le imprese potrebbero citare in giudizio gli stati per l’adozione di norme che li danneggiano, opponendosi a ogni legge e tenendo di fatto in scacco i governi. I sindacati hanno voluto denunciare quindi “i rischi per i diritti del lavoro, per l’occupazione, per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, per i servizi pubblici e lo stato sociale, insiti nell’accordo di partenariato” che Ue e Usa stanno negoziando da circa tre anni. Alla manifestazione, che si è conclusa a Piazza San Giovanni, ha partecipato anche la leader della Cgil Susanna Camusso e il leader della Fiom, Maurizio Landini.

Cesare Bonifazi

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 7  maggio 2016

 

 

Il Ttip fa paura all’Europa - La firma dell’intesa sul libero scambio in alto mare dopo il no della Francia
Bruxelles - Per come stanno le cose adesso scommettere sul Ttip, sulla sigla dell’accordo tra Unione europea e Stati Uniti sul libero scambio di merci e investimenti è un po’ come era scommettere sul Leicester di Ranieri campione d’Inghilterra all’inizio del campionato.

Le trattative vanno avanti dal 2013, si è arrivati al tredicesimo round negoziale, ma sembra che ogni passo avanti fatti dalle due folte delegazioni faccia segnare almeno un passo indietro nel consenso dell’opinione pubblica e un po’ più di incertezza da parte di chi, governi e deputati europei, dovrà approvare l’intesa. Secondo la Commissione europea, grande sostenitrice dell’accordo, se si arriverà a una firma ci saranno «l’apertura degli Usa alle imprese dell’Ue; riduzione degli oneri amministrativi per le imprese esportatrici; definizione di nuove norme per rendere più agevole ed equo esportare, importare e investire oltreoceano». Sembra un’ottima cosa, ed infatti il mondo delle imprese europee è molto favorevole, in generale, a questa intesa. Almeno quello delle grandi imprese, quelle che si sentono le spalle più forti nella concorrenza con le aziende della più grande potenza economica mondiale, che sono, quasi tutte, dei mastodonti. Tutto questo avrebbe un prezzo, ma non qualunque, assicura la Commissione: «Il Ttip non può essere un accordo da accettare a qualunque prezzo. I cittadini hanno ovviamente un serie di domande e preoccupazioni riguardo ai negoziati, e sta a noi comprenderle e dare una risposta - spiegano a Bruxelles -. Ad esempio, dobbiamo garantire: che i prodotti importati nell’Ue rispettino i nostri standard elevati; che proteggono la salute e la sicurezza dei cittadini e l’ambiente; che apportino altri benefici alla società», garantendo nel contempo che «i governi dell’Ue mantengano pienamente il loro diritto di adottare norme o leggi per proteggono le persone e l’ambiente e di gestire i servizi pubblici a loro piacimento». I dubbi nei cittadini però sono tanti, in sostanza in Europa non ci si fida della capacità dei nostri negoziatori di tutelare gli interessi dei cittadini e delle piccole imprese, mentre negli Usa si teme che le troppe regole che abbiamo in Europa aprano il loro mercato a noi ma non in nostro al loro. Domenica scorsa un gruppo di giornali europei ha avuto da Greenpeace i documenti segreti sui quali sta lavorando la Commissione europea, e ne viene fuori che le preoccupazioni non sono proprio campate per aria. Leggendo quelle carte emerge che le preoccupazioni principali espresse dalla società civile e dalle Ong ambientaliste sul negoziato transatlantico sono confermate. Il negoziato sembra soprattutto orientato ad abbassare, quando non a smantellare, gli standard attuali e futuri di protezione dell’ambiente e della salute applicati in Europa, e a dare alle lobby industriali e commerciali il diritto di accedere, influenzandoli pesantemente, ai meccanismi di decisione delle norme Ue fin dalle sue fasi preliminari, con un rischio evidente di stravolgimento delle regole democratiche cui siamo abituati in Europa. «Una porta aperta per le lobby delle corporation» secondo Greenpeace, che accusa gli Stati Uniti di un «deliberato tentativo di cambiare il processo decisionale democratico dell’Ue». Dai “Ttip papers” appare evidente che gli americani sono particolarmente determinati nel loro tentativo di costringere l’Ue a rinunciare al «principio di precauzione» come base per la gestione del rischio nell’approccio normativo riguardo alle politiche di protezione dell’ambiente e della salute, e in particolare per la regolamentazione delle sostanze chimiche, dei pesticidi, degli Organismi geneticamente modificati (che vengono citati nei documenti con il termine «moderne tecnologie in agricoltura» e mai con la loro sigla Ogm). La commissaria europea al commercio, la svedese Cecilia Malmstrom, parla di «una tempesta in un bicchier d’acqua», e spiega che «nessun accordo commerciale dell’Ue abbasserà mai i nostri livelli di protezione dei consumatori, la sicurezza del cibo o dell’ambiente. Gli accordi commerciali non cambieranno le nostre leggi sugli Ogm o su come produrre carne sana o su come proteggere l’ambiente». Malmstrom però non ha convinto e la Francia, dopo aver letto le carte segrete, dice “no” all’accordo. Lo spiega lo stesso presidente francese, François Hollande: «La Francia a questo stadio dei negoziati dice no. Non siamo per il libero scambio senza regole, non accetteremo mai la messa in discussione di principi essenziali per la nostra agricoltura, la nostra cultura, per la reciprocità dell’accesso ai mercati pubblici». Forti dubbi ci sono anche tra i parlamentari europei (che dovranno approvare l’accordo se sarà mai firmato) anche se la maggioranza, per ora, è a favore dell’intesa. Ma tra i cittadini invece cresce il malcontento, e questo, spiegano gli analisti a Bruxelles, può fortemente influenzare gli eurodeputati. Ad esempio solo il 17% del popolo tedesco, secondo un sondaggio della scorsa settimana, crede che l’accordo commerciale transatlantico sia positivo, calando dal ben più solido 55% di due anni fa. Quasi la metà di tutti i tedeschi, il 48%, si dichiara preoccupata per le conseguenze svantaggiose per la tutela dei consumatori, Anche negli Usa le cose vanno male per il Ttip. Secondo lo stesso sondaggio, prodotto dalla fondazine tedesca Bertelsman, il 18% dei residenti degli Stati Uniti si oppone all’accordo Ttip, mentre solo il 15% lo sostiene. L’approvazione era più diffusa nel 2014, quando i sostenitori arrivavano al 53%, rispetto al 20% dei contrari. Insomma, più passa il tempo e peggio è.

Lorenzo Robustelli

 

Lo scontro su ogm, salute e dazi - Negoziati segreti. Le carte svelate parlano di diritti violati dei consumatori
ROMA - Ttip sta per «Transatlantic trade and investment partnership» (trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti). Una sigla che sembra quanto di più lontano ci sia dalla nostra quotidianità e che invece rimanda a molteplici misure che, se approvate e attuate, possono condizionare la nostra economia ma anche la nostra salute, la nostra sicurezza e l’ambiente in cui viviamo.

Dalla circolazione o meno di cibi Ogm all’eliminazione dei dazi per le auto vendute tra i due continenti, il campo che abbracciano è molto ampio. Da tre anni è in corso un negoziato tra Usa e Ue, che, faticosamente, tenta di stabilire le regole di quello che potrebbe essere la più grande area di libero scambio del mondo. Ad avviarlo, nel giugno del 2013, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e l’allora presidente della Commissione europea José Manuel Barroso. Obiettivo: abbattere le barriere doganali e armonizzare i regolamenti tra i due continenti in modo da ridurre le tariffe e aprire il mercato in tutti i settori. A favore di una crescita economica condivisa. Sono coinvolti più di 800 milioni di cittadini, il 46% del Pil mondiale. La previsione, che oggi pare ambiziosa, è di chiudere entro il 2016, a fine mandato di Obama. I negoziati sono segreti. Ma il 2 maggio scorso Greenpeace è entrata in possesso e ha diffuso alcuni documenti riservati. Appunti di lavoro che hanno confermato che su alcuni punti chiave le distanze tra Usa-Ue restano «incolmabili». «Le carte dimostrano che la posizione americana è pessima - ha detto Jorgo Riss, direttore di Greenpeace per l’Unione europea - ma anche che quella europea è cattiva. Per cui dobbiamo evitare che si arrivi a un compromesso che spiani la strada a una gara al ribasso negli standard ambientali, della salute e della tutela dei consumatori». Molti i punti criticati. Tra questi, l’introduzione di un arbitrato per la risoluzione delle controversie tra imprese e Stati; la rimozione di barriere non tariffarie, come ad esempio quella che vieta l’ingresso in Europa di carne «agli ormoni» proveniente dagli Stati Uniti; la fine del principio di precauzione, secondo cui un prodotto potenzialmente pericoloso può essere ritirato dal mercato se non ne è provata la sicurezza. Altra questione nodale, a cuore all’Europa, la tutela delle denominazioni Igp e Doc. Il dibattito si è riacceso e da più parti è stata ribadita la richiesta di sospensione immediata della trattativa, vista come una minaccia alle conquiste in materia di protezione ambientale e di salute pubblica del Vecchio Continente e una spada di Damocle sulle sue eccellenze economiche. Commissione Ue da una parte e Washington dall’altra sono intervenuti per difendere l’accordo. I governi europei non hanno invece una posizione univoca: mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel ha promesso «tutto l’impegno possibile per completare le trattative entro quest’anno», il presidente francese Francois Hollande, ha espresso chiaramente il “no” della Francia ai negoziati: «Non siamo per il libero scambio senza regole», ha detto. Matteo Renzi invece si è detto favorevole, definendo il Ttip «un atto positivo».

Cinzia Lucchelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 6  maggio 2016

 

 

«A Krško reattore obsoleto E si ignora Fukushima» - Greenpeace interviene sulla centrale nucleare slovena aperta fino al 2043

E fra le criticità cita la mancanza di investimenti adeguati all’ammodernamento - IL CASO In PARLAMENTO - Pellegrino: «La pericolosità dell’impianto non si può negare»
TRIESTE Se la centrale di Krsko dovesse chiudere per motivi legati alla sicurezza o di altro genere, a livello energetico, la Slovenia non ha al momento un Piano B: per questo Lubiana ha bisogno che il suo impianto nucleare continui a funzionare. A sostenerlo e sottolinearlo è Greenpeace Italia che, all’indomani dell’accordo tra il governo sloveno ed il governo croato per prolungare di vent’anni la vita del reattore realizzato ai tempi della ex Jugoslavia, esprime un’evidente preoccupazione. Nonostante la Regione abbia rassicurato la pubblica opinione ricordando che le effettive condizioni di sicurezza dell’impianto restano all’attenzione della giunta Serracchiani - che tiene sotto controllo la situazione attraverso i rilevamenti dell’Arpa -, Greenpeace esprime quattro tipi di osservazioni. Oltre all’assenza di valide alternative al programma nucleare, specialmente in termini di efficienza energetica e di energie rinnovabili, la Slovenia, secondo l’associazione ambientalista, è chiamata a fare i conti con altri tre problemi. Greenpeace ricorda che Krsko si trova in un’area sismica attiva e che la valutazione dei rischi è tale d’aver indotto l’Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nazionale (Irsn) ad evidenziare tali pericoli - seppure invano - alle autorità slovene. Un ulteriore elemento di rischio è rappresentato dall’età del reattore nucleare. Progettato negli anni Settanta, venne realizzato nei primi anni Ottanta con parametri di sicurezza oggi considerati obsoleti e superati. Criticità sono legate anche agli insufficienti investimenti necessari ad aggiornare la centrale. «Dopo gli stress-test post-Fukushima – viene sottolineato da Greenpeace –, la Slovenia ha promesso di realizzare degli aggiornamenti al suo Piano nazionale d’azione, ma nella prima revisione dello scorso anno, molti dei più importanti aggiornamenti sono stati trasformati in nuovi studi o rinviati. La ragione è che, al momento, non ci sono sufficienti capitali per portarli avanti. Significa che Krsko sta imparando troppo lentamente la lezione di Fukushima e questo aumenta il rischio per il reattore». A citare l’incidente giapponese è anche la parlamentare della Sinistra italiana Serena Pellegrino. Nell’annunciare una sua interrogazione in Parlamento, la vicepresidente in commissione Ambiente della Camera parla di «una bomba a mezzo passo dal nostro confine politico» (in linea d’aria Krsko si trova è a 130 km da Trieste e Gorizia) e ricorda: «L’accordo per allungare la vita dell’impianto fino al 2043 era già nell’aria da tempo: dicono che è tutto perfetto, ma anche Fukushima era sicura, poi però è arrivato il maremoto». Pellegrino ritiene, quindi, che «nel quarantennale del devastante terremoto in Friuli e nel trentennale dell’incidente di Chernobyl» sia «impossibile non riproporre la questione della pericolosità sismica dell'area in questione e dei livelli di rischio che ci riguardano direttamente». Sul fronte scientifico, Giovanni Costa, sismologo ricercatore del dipartimento di Scienze della terra dell’Università di Trieste, ribadisce che nel recente convegno di Klagenfurt è emersa la necessità di approfondire ancora gli studi. «Le faglie sismiche ci sono e non è ancora chiaro quali siano i pericoli e se la centrale è in grado di resistere. Non si può dire che Krsko sia sicuramente pericolosa, ma non si può neppure dire che non lo sia. Servono ulteriori studi».

Stefano Bizzi

 

 

Ok all’intesa sui controlli in Ferriera - Accordo con Siderurgica Triestina per monitorare la qualità dell’aria a Servola
TRIESTE - L’Arpa ha definito lo schema di accordo da sottoscrivere con Siderurgica Triestina per la gestione delle stazioni di monitoraggio della qualità dell'aria nell'area della Ferriera di Servola prescritte dall'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata il 27 gennaio scorso.

L’accordo prevede che ad Arpa sia affidata la gestione di tre stazioni, attualmente in carico all'azienda. Si tratta di quella esistente in via Pitacco, la cui strumentazione sarà completamente rinnovata e potenziata, e delle nuove stazioni di monitoraggio di via del Ponticello e di Porto San Rocco a Muggia; quest'ultima sarà dedicata al solo campionamento degli idrocarburi policiclici aromatici sulle pm10. Con l'accordo Siderurgica Triestina si impegna a riconoscere ad Arpa i maggiori costi che sosterrà per la gestione del monitoraggio, che sarà pertanto effettuato con modalità analoghe alle altre stazioni della rete regionale di qualità dell'aria. Prima della presa in carico, l'Agenzia per l'ambiente accerterà lo stato di funzionalità delle stazioni mediante il proprio personale tecnico. L'accordo specifica, inoltre, che saranno a carico di Siderurgica Triestina anche tutti gli oneri per eventuali nuove strumentazioni necessarie alla realizzazione degli interventi concordati. Parallelamente Arpa potrà installare a proprie spese ulteriori apparecchiature, qualora esse si rendano necessarie per una più puntuale e migliore conoscenza delle condizioni ambientali. Le nuove centraline saranno inserite nella rete di rilevamento regionale per la qualità dell'aria e i dati rilevati saranno resi pubblici da Arpa con le consuete metodologie tramite il proprio sito internet.

 

Mea culpa di Dipiazza: con gli anti Ferriera «Abbiamo toppato»
«Abbiamo toppato e me ne assumo la responsabilità, ma sono sempre stato per la chiusura dell’area a caldo». Roberto Dipiazza sventola vecchi articoli del 2012, l’anno dopo la fine del suo ultimo mandato, in cui la Ferriera era data per morta, per dimostrare la sua provata fede anti-ferrierista.

Il candidato sindaco di Fi, Lega e Fdi ha incontrato ieri sera il comitato 5 Dicembre per parlare di quello che è un tema caldo delle elezioni a Trieste dai tempi di Giulio (Cesare). Dipiazza si è confrontato con gli esponenti del comitato Barbara Belluzzo e Andrea Rodriguez, oltre che con le domande dal pubblico. Al suo fianco il consigliere Lorenzo Giorgi, coorganizzatore dell'incontro. Per dare una risposta a chi dice che «in dieci anni di governo della città non ha fatto niente per Servola», Dipiazza ha presentato una sua versione del patto con gli italiani di arcoriana memoria. Un patto con i servolani: «Mi assumo la responsabilità di non avercela fatta, ma avevamo contro tutto il mondo. Mi sono sentito Davide contro Golia: abbiamo fatto una battaglia, l’abbiamo persa e mi dispiace». Secondo il candidato nel 2012 la Ferriera era a un passo della chiusura, «è stata la giunta Cosolini a rivitalizzarla nel 2013 con l’arrivo di Arvedi». «Anni fa c’erano le condizioni per chiudere l’area a caldo. Ora l’accordo con Arvedi è fatto e bisogna prendere la parte migliore». Ovvero la possibilità «di mantenere almeno in parte l’occupazione attraverso il laminatoio». Recita il testo del patto: «Con i dati ambientali in possesso da alcuni mesi del sindaco attuale, si poteva imporre con un’ordinanza la limitazione della produzione e sollecitare la procedura di chiusura dell’area a caldo, che richiede diversi mesi». In tal senso Dipiazza si è impegnato solennemente a prendere posizione per la chiusura appena eletto. Rodriguez e altri del comitato hanno chiesto conto a Dipiazza di alcune posizioni “tiepide” sul tema prese in passato e di una dichiarazione in cui teorizzava una «strategia» di concertazione Cosolini-comitati in vista delle elezioni. Alda Sancin di Servola Respira ha fatto presente al candidato la difficoltà di un dialogo con la proprietà nel momento in cui volano diffide legali nei confronti dei singoli cittadini. Dipiazza ha ribadito che un movimento di piazza come quello attuale «aiuta la politica a prendere posizioni forti».

Giovanni Tomasin

 

Sinistra italiana - Sossi boccia Laureni sui veleni nei giardini

«Per risolvere il problema dei giardini contaminati, la soluzione non è elevare i limiti di legge consentiti per gli inquinanti, come sostenuto dall'assessore Laureni, ma procedere ad un piano straordinario di bonifica». Lo sostiene il candidato sindaco di Si- Sinistra per Trieste, Marino Sossi, convinto anche della necessità di rintracciare la fonte dell'inquinamento.

 

 

Viabilità - M5S in campo per i ciclisti urbani

«Rendere Trieste una città ciclabile, sicura per chi si muove sui pedali, nonché officina di una nuova mobilità».

Sono i punti sui quali il candidato sindaco del M5S Paolo Menis e l’associazione Ulisse – Fiab si sono trovati «in perfetta sintonia» nel corso di un incontro. Come emerso da un sondaggio Swg, in città sono già 3500 le persone che usano abitualmente la bici, mentre sono 35000 quelle che potenzialmente la userebbero se la città fosse più “friendly” con i ciclisti urbani. «Una moltitudine di persone alle quali vanno date risposte soprattutto sul piano della sicurezza» afferma Menis.

 

 

Rigassificatore di Veglia, offerta italiana - Individuati da Lng Croazia i gruppi che finanzieranno il progetto: in pista ci sarebbero anche la Cdp e la spagnola Enagas
VEGLIA - Prima il rigassificatore offshore, successivamente quello sulla terraferma. Accelera il progetto del governo croato per i due impianti da realizzare nella più grande isola dell'Adriatico (assieme alla vicina Cherso), quella di Veglia.

Secondo quanto scrive il giornale fiumano Novi List, che si richiama a fonti ufficiose ma vicine alla compagine ministeriale, l'azienda di Stato Lng Croazia, a cui è stata affidata la gestione del progetto, ha scelto i tre gruppi che finanzieranno la costruzione del terminal metanifero sulla terraferma, da approntare nelle vicinanze delle località di Castelmuschio (Omisalj), a poca distanza dalla petrolchimica Dina, chiusa da anni. Lng Croazia ha dato fiducia a Marguerite, fondo europeo per gli investimenti nel settore dell'energia e del quale fanno parte sei grandi istituzioni finanziarie, tra cui l'italiana Cassa Depositi e Prestiti. Sono stati scelti pure lo spagnolo Enagas e il consorzio che gestisce il rigassificatore offshore nel porto lituano di Klaipeda. Prima della firma del relativo contratto, i tre gruppi saranno coinvolti nella discussione sulla realizzazione dell'impianto offshore, che sarà posizionato sulle acque di fronte a Castelmuschio. Il rigassificatore, che avrà una capacità di movimentazione annua di 2 miliardi e mezzo di metri cubi di gas, potrebbe entrare in funzione tra due anni, nel 2018. Il governo croato, che ha dato il placet al rigassificatore galleggiante, ha accettato la proposta degli Stati Uniti, molto decisi nel perorare la causa del rigassificatore offshore. Stando alle notizie che arrivano da Zagabria, dopo la struttura galleggiante il governo sarebbe intenzionato a dare anche vita all'altro rigassificatore, quello che dovrebbe costare sui 600 milioni di euro, più altri 300 da spendere per gasdotto e stazioni di compressione. Questo impianto dovrebbe essere in grado di movimentare all'anno dai 4 ai 6 miliardi di metri cubi di gas. Dapprima si era parlato del 2019 quale anno di inaugurazione, ma è probabile che la data possa slittare. Il portavoce di Lng Croazia, Matej Zovki„ ha dichiarato all'agenzia stampa croata Hina che la sua azienda non può smentire né confermare quanto scritto dal quotidiano di Fiume: «Ci atteniamo alle procedure dell'Unione europea e al patto di riservatezza sottoscritto É stato manifestato un forte interesse da parte di compagnie internazionali per la locazione del terminal Lng, come pure per l'investimento nella costruzione del megaimpianto». Il direttore di Lng Croazia, Mladen Antunovi„, non ha nascosto che il progetto del rigassificatore sulla terraferma a Veglia è in fase avanzata di realizzazione e che stavolta la Croazia potrà avere un impianto che le garantirà autonomia energetica, a tutto beneficio dei Paesi vicini.

Andrea Marsanich

 

Contro il rigassificatore una protesta guidata dai politici - LA LETTERA DEL GIORNO di Silvano Baldassi
Si ritorna a parlare del rigassificatore di Zaule. Tutti lo davano per morto ma coloro che seguivano con attenzione l’argomento sapevano benissimo che la pratica stava percorrendo il suo iter, senza tener in nessun conto le osservazioni dei cittadini, degli esperti, degli scienziati, delle Amministrazioni pubbliche.

Cosa significa ciò? Semplicemente quello che in molti vanno dicendo da anni, e cioè che l’Italia ha sempre voluto cancellare il porto di Trieste, l’economia della città e, di conseguenza, la città stessa. Lo scriveva un giornalista di Firenze già nel 1915. Oggi si è arrivati già a buon punto, le grandi aziende (industriali, marittime e commerciali e non solo), sono state trasferite in altre sedi o sono state chiuse, la popolazione si è ridotta di quasi un terzo in poche decine di anni, i giovani se ne vanno dalla città per mancanza di lavoro. Evidentemente non basta: sembra che a Trieste ci sia ancora eccessiva resistenza: il commissario D’Agostino si dà “troppo” da fare per il porto, il Consiglio comunale è restio ad accettare la morte della città e pure la Serracchiani sembra essere su questa linea. Quindi “si deve assolutamente imporre il rigassificatore a Zaule” perché solo così il porto potrà essere definitivamente cancellato, il mare verrebbe inquinato, distruggendo quel poco di industria turistica ad esso legata, si farebbero scappare quelle attività industriali che ancora operano in quella zona e, per finire, in caso di incidente o attentato (molto di moda in questi tempi) gran parte della popolazione verrebbe spazzata via (così si è appreso dalla relazione del TtrT, redatto con il contributo delle nostre Istituzioni scientifiche e universitarie e sintetizzate dalla delibera del Comune di Trieste n°65 del 17/12/2012). Ora bisogna che la città si ri-svegli. Qualche anno fa abbiamo visto una grande reazione da parte di associazioni, di partiti, di scienziati, degli istituti scientifici e degli amministratori locali. Ma ciò non è bastato, per cui adesso non si può più attendere che la reazione riparta dai cittadini. È mia opinione che debbano essere i politici e gli amministratori della città ad impegnarsi in prima persona e a mettersi alla testa del movimento di protesta. Non basta dire “abbiamo fatto tutto il possibile”, perché delibere del Consiglio comunale, mozioni, interrogazioni parlamentari non sono più sufficienti. Bisogna cambiare marcia da subito e, almeno per una volta, con tutti gli schieramenti uniti nell’interesse della città.
 

 

GLI APPUNTAMENTI

 

 

Alleanza - Ecologisti e socialisti insieme per Cosolini

Domani alle 11.45 nella sede del comitato per Cosolini sindaco, verrà ci sarà la presentazione della lista che vede insieme Verdi e Psi. Saranno presenti il portavoce dei Verdi Fvg, Alessandro Claut, il segretario del Psi Trieste, Gianfranco Orel e alcuni candidati.lista Trieste città solidale svela la squadra Domani alle 12.30 nella sede del comitato elettorale a sostegno di Cosolini in piazza San Giovanni si terrà la presentazione del simbolo e dei candidati della lista Trieste città solidale, la “creatura politica” nata dall’impegno, tra gli altri, di Gianluigi Gigli e degli ex esponenti Udc Edoardo e Roberto Sasco.

 

 

Urbi et Horti - Il mondo delle api svelato dall’esperto

Saranno le api le protagoniste dell’incontro del ciclo Urbi et Horti in programma oggi alle 17.30 nella sala Arac del Giardino pubblico. La relazione di oggi, a cui faranno seguito nei prossimi giorni momenti di approfondimento teorico e di osservazione naturalistica, sarà tenuta dal noto veterinario Livio Dorigo.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 5  maggio 2016

 

 

SERENA PELLEGRINO. 40 ANNI FA IL TERREMOTO IN FRIULI. 30 ANNI FA L’INCIDENTE DI CHERNOBYL.

ORA ABBIAMO SAPUTO UFFICIALMENTE CHE LA CENTRALE NUCLEARE DI KRSKO, IN SLOVENIA, A 125 KM DA TRIESTE, RESTERA’ PRODUTTIVA FINO AL 2043.
"L’evento sismico dell’anno scorso con epicentro a 13 chilometri dalla centrale nucleare slovena di Krsko ci ha fortemente allarmato, e così anche quello del 2014, nuovamente con epicentro in Slovenia.
La centrale, la cui costruzione risale al 1982, si trova a 125 chilometri dal confine italiano, su un sito attraversato da una faglia attiva e collocato proprio sulla traiettoria dei venti dominanti che soffiano verso il nostro Paese.
Nel quarantennale del devastante terremoto in Friuli e nel trentennale dell’incidente di Chernobyl è impossibile non riproporre la questione della pericolosità sismica dell'area in questione e dei livelli di rischio che ci riguardano direttamente."
Lo dichiara la parlamentare Serena Pellegrino ( SI - SEL) vicepresidente della commissione Ambiente a Montecitorio.
"Il quotidiano IL PICCOLO ci avvisa che “ Slovenia e Croazia avrebbero deciso di prolungare la vita operativa della centrale nucleare di ulteriori vent'anni rispetto ai piani iniziali. L'accordo sarebbe stato raggiunto tra i due proprietari della centrale, la Gen slovena e la Hep croata”.
La preoccupazione per il prolungamento al 2043 dell’operatività della centrale di Krsko, cui si aggiunge quella della costruzione di una seconda centrale nello stesso sito, non è recente: la notizia seppur non ufficiale risale ad almeno due anni fa. Ho sollecitato ripetutamente nel 2014 e nel 2015 la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri degli esteri, dello sviluppo economico e dell’ambiente, ma la richiesta che il Governo prenda consapevolezza e posizione nei confronti della Repubblica di Slovenia e che pretenda di essere coinvolto nella valutazione del rischio finora non ha avuto risposta. Nemmeno l’istanza di ottenere un coordinamento che coinvolga il Governo sloveno, quello italiano e l’Agenzia internazionale per l’energia atomica è stata accolta, e tantomeno quella di rivolgersi alle istituzioni francesi che per prime hanno evidenziato la condizione di rischio per la sicurezza internazionale .
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 5  maggio 2016

 

 

La centrale di Krško in funzione fino al 2043

Slovenia e Croazia confermano: l’impianto in vita per altri vent’anni rispetto ai piani iniziali. «Controlli di sicurezza» approfonditi nel 2023 e 2033
LUBIANA Nessuna marcia indietro, si va avanti come da programma. Il fine vita arriverà solo nel 2043, anno in cui la centrale nucleare di Krško, in Slovenia, chiuderà definitivamente i battenti. A confermare che Krško funzionerà ancora a lungo, malgrado le critiche di ambientalisti e di Paesi confinanti come l'Austria, è stata Ida Novak Jerele, portavoce del gestore dell'impianto, la Nuklearna Elektrarna Krško. Parlando con l'agenzia di stampa Reuters, Jerele ha ribadito che le aziende a gestione statale che controllano Krško, la slovena Gen Energija e la croata Hep, hanno «deciso di prolungare il ciclo di vita della centrale di vent'anni, fino al 2043». Estensione, ha precisato la portavoce, che dovrà tuttavia passare il vaglio di alcuni importanti esami, «due controlli di sicurezza» approfonditi che si terranno nel 2023 e nel 2033. Se tutto sarà a posto, allora Krško - a 130 chilometri in linea d’aria da Trieste e Gorizia - continuerà a produrre energia elettrica e si spegnerà con due decenni di "ritardo" rispetto ai piani dei costruttori. Nel frattempo, ha specificato Jerele, la centrale sarà sottoposta alla manutenzione ordinaria in programma ogni diciotto mesi. Il prossimo ciclo inizierà a ottobre. Le conferme fornite alla Reuters dal management di Krško sono state avallate anche dall'agenzia di stampa di Zagabria, la Hina, e poi riprese dalla stampa di Lubiana e da quella croata e italiana. Le parole di Jerele vanno dunque a confermare la strada che era già stata tracciata dapprima a fine 2014 da parte delle imprese che gestiscono l'impianto, e poi nel luglio scorso dalla commissione intergovernativa sloveno-croata che si occupa delle questioni legate al nucleare, guidata dal ministro sloveno delle Infrastrutture, Peter Gaspersi„ e dal titolare del dicastero dell'Economia croato, Ivan Vrdoljak. Altro che dismissione nel 2023. La Commissione, si legge in una nota della direzione di Krško, aveva infatti stabilito che negli ultimi cinque anni la centrale avrebbe «raggiunto risultati operativi, di sicurezza, economici e d'investimento molto buoni». Di qui la decisione, annunciata nel luglio 2015, di raggiungere un accordo sul «sostegno all'estensione della vita operativa della centrale da 40 a 60 anni», facendo slittare appunto il termine ultimo di smantellamento di Krško al 2043. In precedenza, nel gennaio del 2015, il management della centrale aveva concesso il proprio imprimatur a un rapporto di flessibilità, compilato dalla multinazionale PricewaterhouseCoopers, in cui si specificava che la centrale, dopo i tanti investimenti fatti nel corso degli ultimi anni, è sicura, soprattutto dal punto di vista della sostenibilità economica. E offre a Slovenia e Croazia, che insieme usufruiscono dell'elettricità prodotta dall'impianto, una via migliore e più efficiente per garantire energia ai due Paesi rispetto al carbone, al gas, all'idroelettrico o all'importazione di energia dall'estero, ha ricordato nella sua newsletter l'impresa Hep. Il board di Krško, formato da tre membri croati e tre sloveni, aveva al contempo dato luce verde a un super-piano da 218 milioni di euro da investire nel rafforzamento della sicurezza dell'impianto. La conferma della scelta di prolungare il mantenimento in vita della centrale è stata recepita male oltre confine, in particolare in Austria, Paese dove da sempre si sono levate le voci più forti a favore della chiusura di un impianto ritenuto poco sicuro. «A causa di questa incomprensibile decisione la Carinzia, l'Austria e l'Europa devono convivere fino al 2043 con la paura di un incidente a Krsko», ha tuonato Gernot Darmann, alto rappresentante del Partito della Libertà austriaco (Fpö), al quale ha fatto subito dopo eco il responsabile per l'energia atomica del partito, Werner Neubauer. Affermazioni che fanno il paio con quelle del cancelliere austriaco Werner Faymann, che l'anno scorso, durante un vertice a tre con il premier sloveno Miro Cerar e l'allora omologo capo del governo croato Zoran Milanovi„, aveva cercato di convincere Lubiana a valutare l'opzione di abbandonare il nucleare. Bruxelles «offrirà un'alternativa all'interno della cornice dell'unione energetica dell'Ue», aveva suggerito il Cancelliere. Un'alternativa che, tuttavia, non sembra essere mai arrivata sui tavoli che contano.

Stefano Giantin

 

«Confronto Roma-Lubiana sulle garanzie» - La Regione Fvg: indispensabile un dialogo fra i due governi per avere certezze sulla sicurezza
TRIESTE - La centrale di Krsko è sempre stata un vicino “scomodo” per il Fvg, per i suoi cittadini ma anche per i vari governi regionali. In tempi recenti, l’ex governatore Renzo Tondo aveva sostenuto la necessità di partecipare a un progetto di ampliamento dell’impianto per essere competitivi e avere più energia, ipotesi che era stata anche terreno di scontro con Debora Serracchiani. Così ora arriva immediata la reazione dal Palazzo alla notizia del prolungamento in vita dell’impianto.

La Regione sottolinea come l’Italia «è uscita dall'opzione nucleare e la giunta, perfettamente allineata, si muove in coerenza. Il "no" al nucleare è secco e non trattabile». Oggi dunque «un confronto attraverso gli ordinari canali internazionali, quindi tra i governi italiano e sloveno, è indispensabile, per fornire precise garanzie di sicurezza per i cittadini», dice la Regione ricordando come «le effettive condizioni di sicurezza dell'impianto» restano «all'attenzione della giunta, che tiene sotto controllo la situazione, in particolare attraverso» l’Arpa. Il versante cui si fa più attenzione è quello della «sismicità dell’area»: «Proprio nei mesi scorsi la presidente Debora Serracchiani aveva sollecitato un intervento del ministro dell'Ambiente, Luca Galletti, sottolineando che nuovi studi sembrano mettere in dubbio che l'edificio che ospita la centrale sia stato costruito rispettando l'attuale analisi del rischio sismico»: da qui l’indicazione che «esperti italiani e dell'amministrazione regionale possano essere presenti presso le strutture internazionali e slovene di controllo dell'impianto». I controlli sismici hanno sempre dato esito negativo, ma «è comprensibile che il verificarsi, anche frequente, di scosse nei pressi di una centrale nucleare mantenga altissimo il livello di attenzione, in considerazione della vicinanza di Krsko al nostro territorio regionale, vissuta con disagio dalla popolazione». La Regione sottolinea che «sul tema sicurezza la Regione ha programmato, da giugno, delle iniziative «cui parteciperanno anche esperti dell'Ispettorato che si occupa di sicurezza radiologica e di monitoraggio della radioattività nella Repubblica Slovena». La centrale di Krsko dopo l'incidente di Fukushima nel 2011 è stata sottoposta, come le altre europee, a stress test. «Le prove sono state superate e da allora ulteriori migliorie sono state apportate, ed altre ancora ne sono previste, ai sistemi di sicurezza della centrale», ricorda la Regione. Esistono poi «sistemi di allerta europei ed accordi bilaterali tra Italia e Slovenia, che prevedono l'immediata segnalazione di qualunque eventuale incidente. In Fvg è in funzione un sistema di centraline di allarme che fa capo alla rete nazionale». Va ricordato che dopo il terremoto in Slovenia dello scorso novembre varie interrogazioni sulla sicurezza e sulla posizione del governo italiano erano state presentate in Parlamento, da quella di Sel a quella della senatrice Pd Laura Fasiolo e a quella della deputata di Forza Italia Sandra Savino.

 

LEGAMBIENTE FVG - «C’è rischio, non si può far finta di niente»
«C’è un rischio e non si può fare finta di niente». Sul prolungamento della vita operativa della centrale di Krsko Legambiente prende posizione e chiede di fare lo stesso alla Regione. Nonostante le rassicurazioni presentate dalle società proprietarie dell’impianto sloveno sugli investimenti fatti negli ultimi vent’anni, l’associazione ambientalista, attraverso il componente della segreteria regionale Andrea Wehrenfenning, invita la giunta Serracchiani ad approfondire la questione e informare il governo italiano della situazione.

«Nella zona in cui sorge l’impianto c’è un rischio sismico evidente e noto – spiega Wehrenfenning -. Per valutarlo era stato chiamato un istituto di ricerca francese che, in base ai dati, ha valutato non idoneo il sito. A quel punto le analisi non sono state prese in considerazioni e ci si è rivolti agli americani, che hanno dato responso positivo. Gli stress test sono stati superati, ma ci restano dei dubbi sulla loro validità». L’esponente di Legambiente ricorda quindi che quando la centrale di Krsko è stata realizzata non esistevano studi in materia, ma oggi tra i ricercatori è in corso un dibattito che non può essere ignorato. «Almeno a livello ufficiale, in Slovenia si tende a sottovalutare la questione – evidenzia Wehrenfenning -. Al contrario, il governo di Vienna dimostra un certo interesse. Recentemente in Austria hanno organizzato un convegno cui hanno partecipato anche quattro specialisti dell’Ogs. A livello personale i nostri scienziati hanno espresso dei dubbi. Mi sono stati riportati i contenuti del convegno e il confronto è stato molto interessante. Per questo chiediamo alla Regione di attivarsi contattando i nostri tecnici e di informare poi il governo».

(stefano bizzi)

 

Fra avarie, allarmi e paure una storia iniziata nel 1983 - Nel 2013 l’Istituto francese di radioprotezione additò l’area per il rischio sismico
L’incidente più grave nel 2008: fu avviato l’iter di spegnimento dell’impianto
LUBIANA Quando entrò in funzione nessun avrebbe pensato che l'impianto nucleare di Krsko sarebbe potuto diventare uno dei più "antichi" in funzione nel Vecchio continente, con una prospettiva di vita che potrebbe toccare i sessant'anni. Una storia di successo, dal punto di vista dei gestori dell'impianto, che hanno tuttavia dovuto affrontare a intervalli regolari una serie di piccoli "incidenti", intoppi che mai hanno tuttavia avuto conseguenze per la popolazione. Ma che hanno alimentato paura tra ambientalisti e avversari del nucleare, in Slovenia e oltre. Krsko, che copre un quinto del fabbisogno energetico della Croazia e un quarto di quello della Slovenia, Paesi co-proprietari dell'impianto, fu collegata alla rete entrando in servizio commerciale nell'ormai lontanissimo 1983, dopo che negli Anni Settanta il Maresciallo Tito aveva deciso che la sua Jugoslavia sarebbe dovuta diventare un produttore di energia nucleare, sfruttando anche le risorse di uranio presenti in loco. Il "cuore" della centrale, un reattore ad acqua pressurizzata prodotto dagli americani della Westinghouse che può produrre 600 MWe (Megawatt elettrici). Venticinque anni dopo l'inizio delle operazioni, nel giugno del 2008, il problema più grave mai registrato nell'impianto localizzato a meno di 150 chilometri in linea d'aria da Trieste, poi risoltosi di fatto in un falso allarme a "rischio zero". A causa di una perdita nel circuito di raffreddamento «all'interno della struttura del reattore», aveva precisato la direzione della Nek, la società che gestisce Krsko, era stato avviato il processo di spegnimento dell'impianto. Immediatamente era partita anche un'allerta attraverso il sistema di allarme nucleare rapido "Ecurie", mentre la Commissione europea informava del fatto tutti gli Stati membri dell'Ue. Problema che, si è scoperto infine, non aveva causato alcuna perdita nell'ambiente né tantomeno una contaminazione, ma che aveva fatto puntare i riflettori su Krsko. Riflettori rimasti accesi sulla centrale anche negli anni successivi, com'era prevedibile. Quattro anni dopo il caso del 2008, Greenpeace aveva lanciato una “bomba” descrivendo Krsko come una centrale «localizzata in un sito dove sono frequenti le inondazioni e in una zona sismica attiva». Rischio sismico che «è stato innalzato», nella zona della centrale, dai tempi della costruzione della centrale, aveva aggiunto Greenpeace, chiedendo senza mezzi termini «la graduale messa fuori servizio di Krsko», secondo gli ambientalisti impianto ormai «obsoleto». Appello caduto nel vuoto. Da segnalare, nel 2011, un altro breve stop causa problemi a una linea di trasmissione elettrica esterna. Nel 2013 un'avaria interna ha fornito invece frecce all'arco degli avversari dell'impianto. Durante una manutenzione programmata erano stati rilevati «danni» di natura meccanica ad alcune «barre di carburante» nucleare nel reattore, aveva comunicato la direzione della centrale provocando un diffuso allarme. Anche in quest'occasione, tuttavia, nessun rischio. Sono «eventi che possono verificarsi in una centrale nucleare, nessun pericolo per popolazione e ambiente», l'immediata rassicurazione delle autorità. Anno comunque horribilis per Krsko, il 2013, perché in primavera un rapporto dell'Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare (Irsn) aveva rivelato che il sito di Krsko sarebbe inadatto a ospitare centrali nucleari a causa del rischio terremoti. Tutti piccoli dettagli e intoppi che hanno contribuito, nel corso degli anni, ad accrescere i sospetti verso una centrale destinata a far discutere ancora a lungo.

(s.g.)
 

L’ultimo caso: scossa a novembre

L’ultimo allarme scattato in Friuli Venezia Giulia in relazione a Krsko risale allo scorso primo novembre, quando un terremoto di magnitudo 4,2 fu registrato nel sud est della Slovenia, con epicentro a 10 chilometri di profondità nella zona di Obrezje, a 26 chilometri da Krško.

Gli operatori dell’Arpa, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Fvg, avevano effettuato immediatamente le verifiche del caso. Le indagini avevano confermato «il quadro pienamente tranquillizzante»: non vi era «alcuno scostamento dal livello del fondo naturale su tutto il territorio regionale». Ma anche in quella occasione erano partite polemiche immediate sui rischi per l’Italia e in particolare per la nostra regione.

 

 

Maxindagine sulle aiuole - Il Comune studia il piano B - Entro metà mese i risultati dei sondaggi bis. Test chiave al Giardino pubblico
Laureni: «Se anche quell’area risultasse inquinata, coinvolgeremo la Regione»
Gli accertamenti sui veleni dei giardini triestini, avviati dal Comune per verificare gli effetti dell’inquinamento della Ferriera sul suolo, dopo piazzale Rosmini e Servola potrebbero non fermarsi qui, ma trasformarsi in una maxi indagine sulle aree verdi di buona parte della città. Nella lista rientrerebbero le zone costruite in passato con terreno da riporto, compresa la pineta di Barcola ad esempio, per sondare l’eventuale presenza di sostanze tossiche oltre i limiti di legge. Un’ipotesi che gli uffici municipali prenderanno in considerazione, come ha confermato ieri mattina l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni a margine di una Commissione in Consiglio comunale, nel caso l’Arpa dovesse rintracciare un inquinamento importante anche nel Giardino pubblico di via Giulia. Un sito, questo, già sondato e che rientra tra le aree lontane dalla Ferriera da mettere a confronto, stando a quanto prevede il protocollo operativo del Comune appena concordato assieme all’Azienda sanitaria e la Regione, con le particelle che si depositano attorno allo stabilimento siderurgico di Servola. Entro il 15 maggio sarà possibile sapere se anche lì, in pieno centro, sono stati rinvenuti o meno idrocarburi policiclici aromatici in quantità preoccupante, analogamente a quanto avvenuto in piazzale Rosmini. Se così fosse si profilerebbe la possibilità di un “inquinamento diffuso”, dunque non circoscritto al popolare parco di San Vito, o alla pineta Miniussi di Servola, anch’essa contaminata, bensì esteso ad altre parti del perimetro cittadino che il Comune è chiamato a verificare. L'intero studio potrebbe quindi allargarsi ben oltre alle previsioni iniziali. Paradossalmente, nel tentativo indagare la Ferriera, ora si rischia di scoprire altri “bubboni” su cui nessuno finora si era azzardato a infilare il naso. Cioè altri casi analoghi a piazzale Rosmini. Sono solo scenari, perché tra qualche giorno tutto potrebbe concludersi con un nulla di fatto davanti a dati rasserenanti sul Giardino pubblico di via Giulia. Ma il Comune mette le mani avanti e si prepara al peggio, non potrebbe altrimenti. «Spero che quanto rilevato a San Vito sia effettivamente un’anomalia - osserva Laureni a Commissione conclusa - lo vedremo tra pochi giorni quando avremo i risultati su via Giulia. Potremo dire che altre aree verdi non sono inquinate. Ma se per caso risultasse che anche quel sito ha dei livelli alti, la nostra valutazione della città deve cambiare. Ciò non significa che posso far vivere tutti sotto una sfera di vetro, ma devo segnalare che questa città, come tutte, ha una storia di emissioni e ricadute che ha determinato una certa tipologia di concentrazione nel suolo. Anche perché una volta si accettavano cose adesso impensabili - ragiona Laureni - intendo dire che smaltire ceneri su un terreno pubblico a lato mare un tempo era consentito, mentre ora sarebbe da denuncia penale». Con un «inquinamento diffuso» scatterebbe il “piano b”. Ma sarà la Regione, davanti alla sfortunata ipotesi, a dover entrare in campo con un progetto di intervento complessivo. Con una valutazione del rischio e del reale impatto sito per sito, innanzitutto, ed eventualmente una rimozione delle zone contaminate. Risposte “particolareggiate”, dunque, a seconda dell’utilizzo effettivo da parte dei cittadini di ogni singola area verde. «Si definisce punto per punto cosa fare», sottolinea Laureni. Il Comune è pronto a tutto, anche se tra i funzionari c’è chi ritiene che la questione non dovrebbe assumere contorni ancora più allarmanti. «Dalla mia esperienza non ho mai avuto segnalazioni su conseguenze su piante e animali derivanti da un suolo inquinato - fa notare il direttore dei musei scientifici cittadini Nicola Bressi -, non abbiamo mai avuto alcuna evidenza di malformazioni o estinzioni delle specie. Sotto il profilo naturalistico non è mai accaduto nulla di strano. Per quanto riguarda i giardini - evidenzia l’esperto - ricordiamo che buona parte è circondata dal traffico cittadino e quindi i gas di scarico si depositano sul terreno. Non credo sia possibile che un’area verde urbana sia priva di benzene. Faccio notare che in alcune Paesi non è possibile produrre vino o miele biologico se il campo di coltivazione si trova nelle vicinanze di una strada trafficata, perché l’inquinante viene assorbito dai terreni. Ricordo inoltre che quando portiamo le scolaresche sul Carso facciamo notare agli studenti che le specie di fiori più delicate non crescono mai a bordo delle strade, perché i primi metri sono inquinati da benzene e metalli pesanti. Il terreno non ha modo di smaltire le sostanze e la contaminazione è inevitabile».

Gianpaolo Sarti

 

IL MONITORAGGIO - Lo spazio verde di San Vito, la pineta di Servola e l’incognita “de Tommasini”

Il secondo giardino finito nel mirino di Arpa e Comune è quello della pineta Miniussi a Servola, poco distante dallo stabilimento siderurgico.

La maggior sorpresa dello studio sull’inquinamento del suolo è arrivata dal giardino di piazza Rosmini con concentrazioni record di idrocarburi. Se anche i terreni del de Tommasini dovessero risultare inquinati, scatterebbe il piano B con un pressing serrato sulla Regione e una puntuale analisi del rischio. Il prossimo test chiave sarà quello effettuato all’interno del Giardino pubblico di via Giulia, scelto come “paradigma” dell’indagine sull’inquinamento

 

Bagarre a Palazzo sui costi per le bonifiche - Scontro in commissione anche sull’ipotesi di rivedere le norme e alzare i valori di “veleni” consentiti
C’era chi domandava, forse provocatoriamente, analisi a tappeto in tutta la città. E chi già chiedeva una stima sui costi che il Comune si troverebbe a sostenere per eventuali bonifiche in piazzale Rosmini.

Il caso dei veleni nei giardini è entrato a pieno titolo nel dibattito politico cittadino con la convocazione di ieri, in Consiglio comunale, della commissione congiunta Ambiente e Trasparenza. I consiglieri hanno chiamato a riferire l'assessore Umberto Laureni. Toni polemici, certo, ma hanno aggiunto poco o nulla su quanto l'esponente della giunta Cosolini aveva detto finora sul tema. Uno scenario ben chiaro a Paolo Rovis di Trieste Popolare: «Il caso potrebbe essere simile a quanto accaduto anni fa quando è stato scoperto il sito inquinato di zona industriale - ha rilevato - l'area era stata perimetrata e tutt'ora la vicenda non è risolta. Adesso non si esclude che si debba campionare tutti i terreni di riporto della città. Possiamo solo immaginare cosa potrebbe comportare ciò, in termini di costi, per la città». I nodi del passato che arrivano al pettine. «Forse l'inquinamento storico che ci portiamo avanti andrebbe accettato - ha puntualizzato l'assessore - e quindi andrebbero riviste le normative sui limiti di legge». Pronta la replica di Rovis: «Ma se si dice che quell'inquinamento è pericoloso per la salute, non si può affermare che è lecito alzare i valori consentiti. Siamo nel campo dell'assurdo. Comunque la gente ha diritto di sapere com'è il resto della città». La giunta comunale si sta muovendo su un terreno pernicioso, a maggior ragione visto che le rilevazioni sul suolo erano partite proprio per sondare gli effetti delle emissioni della Ferriera. Circostanza, questa, che ha già innescato polemiche, oltre al blitz del transennamento di piazzale Rosmini ad opera di ignoti, come ha fatto notare nel corso del dibattito di ieri Lorenzo Giorgi del Pdl. «Il fatto ha destato un'ulteriore preoccupazione tra i residenti», il suo commento. «La giunta sta gestendo la questione con estrema chiarezza - ha affermato Laureni - chi ha compiuto quell'atto, chiudendo il giardino con il nastro, ha sbagliato. C'è un'ipotesi di procurato allarme». Il Comune, come ha ricordato lo stesso assessore rispondendo a una domanda di Michele Lobianco, ha previsto uno stanziamento a bilancio per intervenire con eventuali bonifiche nel giardino di San Vito. La Regione ha già assicurato fondi propri.

(g.s.)

 

La Ferriera supera l’esame di Serracchiani
La presidente, nella prima ispezione con il prefetto, verifica il rispetto dell’Aia: «Cittadini preoccupati. Continuiamo a vigilare»
La Ferriera passa l’esame di Debora Serracchiani. La presidente della Regione, nella sua prima ispezione dello stabilimento, ieri ha decretato il “rispetto” di quanto previsto dall’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale. Il timbro della governatrice, nonché commissario straordinario per l’area di crisi industriale complessa, è destinato a pesare sull’immediato futuro della fabbrica. A cominciare dalle scelte del sindaco Roberto Cosolini che ha promesso di esprimersi su un eventuale stop dell’area a caldo entro le elezioni. La presa di posizione di Serracchiani, peraltro a pochi giorni dalla mobilitazione del Comitato 5 dicembre, arriva nello stesso giorno in cui la giunta regionale decide di archiviare il procedimento di diffida avviato nei confronti di Siderurgica Triestina a causa dell’impatto acustico provocato dalla fabbrica. La decisione è stata assunta in un sopralluogo dell’altroieri della direzione centrale Ambiente della Regione. L’organismo ha accertato il completamento degli interventi di insonorizzazione dei ventilatori indicati come «prioritari» dall’Aia. La diffida era scattata lo scorso 16 marzo, dopo che era stato segnalato il mancato rispetto della prescrizione. «Con la conclusione dei lavori di mitigazione acustica, indicati nell’allegato B del decreto, vengono meno i presupposti della diffida stessa» conferma una nota della giunta. Ma ieri Serracchiani era sul posto la visita ispettiva. Era accompagnata dal prefetto Anna Paola Porzio, oltre che dai tecnici di Siderurgica Triestina: la presidente ha voluto appurare in prima persona la realizzazione degli interventi indicati dall’Accordo di programma siglato nel novembre 2014 e il rispetto degli adempimenti prescritti dall’Aia rilasciata dalla Regione a fine gennaio scorso. Serracchiani, che ha domandato di vedere in azione i nuovi impianti di aspirazione e le cabine di insonorizzazione, ha potuto constatare anche la pavimentazione delle strade interne e del retrobanchina. Il sopralluogo si è poi spostato nella centrale Elettra, acquisita da Siderurgica Triestina a gennaio, per concludersi nel nuovo impianto di laminazione a freddo. «La visita conferma la volontà di monitorare costantemente l’attività di Siderurgica Triestina rispetto alla necessità di garantire che la produzione industriale avvenga in un contesto di sicurezza e salute per i lavoratori e per i cittadini che vivono nell’area circostante lo stabilimento», ha spiegato la presidente. «Abbiamo potuto verificare come l’azienda stia agendo secondo quanto previsto dall’Accordo di programma e dall’Autorizzazione integrata ambientale. L’attenzione e la preoccupazione espresse da molti cittadini nei confronti di uno stabilimento che nella sua lunga storia passata ha presentato varie criticità - ha puntualizzato Serracchiani - vanno considerate seriamente. Siamo qui perché sentiamo la responsabilità istituzionale di vigilare, e continueremo a farlo con gli strumenti di controllo che sono a disposizione della Regione, dell’Arpa e dell’Azienda sanitaria».

Gianpaolo Sarti

 

 

ENERGIA - Savino incalza sul rigassificatore

«Il Mise ha finalmente risposto alla mia interrogazione sul rigassificatore di Zaule ed è emerso chiaramente che il progetto pende come una spada di Damocle sulla testa dei triestini».

Lo afferma la deputata forzista Sandra Savino: «Il ministero ha detto che “non è stata emanata alcuna delibera di giunta regionale in merito all’intesa sull'opera in oggetto dell’atto di sindacato ispettivo. A seguito di tale formale espressione della Regione, verranno adottate le conseguenti valutazioni”. Quindi, il ministero potrebbe bloccare il progetto solo se arrivasse una richiesta ufficiale della Serracchiani».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4  maggio 2016

 

 

Al via i nuovi prelievi del suolo a Servola - Sono partiti da ieri i campionamenti per scoprire le cause dell’inquinamento di piazzale Rosmini e della pineta Miniussi
Il caso dei veleni di piazzale Rosmini spinge la Regione a tracciare una precisa road map di intervento.

Un programma dettagliato con ulteriori accertamenti ambientali affidato a una task force di esperti dell’Arpa per tentare di scoprire al più presto le cause delle contaminazioni di idrocarburi policiclici aromatici, tra cui il benzopirene, trovati nel giardino le scorsa settimana a livelli di gran lunga superiori ai limiti di legge. I nuovi campionamenti del suolo sono cominciati proprio ieri a Servola, con le ultime quattro zone di prelievo previste dal Protocollo: la Rsa Casa verde; la parrocchia di San Lorenzo, la scuola Statale Biagio Marin e la sede dell’associazione Amici del presepio. I risultati saranno disponibili «auspicabilmente», precisa una nota della Regione, entro il 20 maggio. In quella data sarà dunque possibile disporre di una lettura completa di tutti i dati con le conseguenti valutazioni. Ma le analisi dell’Arpa dovranno verificare anche, e soprattutto, eventuali correlazioni con l’inquinamento prodotto dalla Ferriera. A questo proposito il piano di monitoraggio del Protocollo di indagine dell’agenzia ambientale, condiviso con Comune e Azienda sanitaria, indica un preciso cronoprogramma: entro il 15 maggio, qualche giorno in anticipo rispetto a quanto prospettato dall’assessore comunale Umberto Laureni, è prevista la consegna dei risultati delle analisi di due ulteriori zone di monitoraggio già sondate. Si tratta dei prelievi effettuati nella scuola d’infanzia Don Chalvien in via Svevo e nel giardino pubblico di via Giulia. Nell’occasione anche gli approfondimenti analitici concordati con la Provincia e l’Università di Trieste sui campioni già ottenuti finora, anche a Servola, necessari per comprendere la provenienza degli inquinanti. Quella messa in piedi dalla Regione, insieme a Comune e Arpa, è una vera e propria task force. Il gruppo di lavoro si è costituito ufficialmente ieri per affrontare «in tempi rapidi» tutte le problematiche connesse agli inquinanti cancerogeni rinvenuti, oltre che in piazzale Rosmini, anche nella pineta Miniussi di Servola, seppur in misura inferiore. Il sindaco Roberto Cosolini ha vietato l’accesso alle aree verdi di entrambi i siti con un’ordinanza. Entro una settimana l’équipe di esperti, dati alla mano, dovrà individuare il percorso più idoneo, sia da un punto di vista tecnico che amministrativo, per ripristinare la fruizione delle aiuole intossicate. La Regione stessa, come già aveva annunciato Cosolini, è pronta ad assegnare fondi per consentire eventuali risanamenti. Vere e proprie bonifiche. L’Arpa, infine, si impegna a supportare l’Azienda sanitaria attivando l’Osservatorio Ambiente e Salute per una valutazione «scientificamente avanzata» dei dati disponibili. La mossa della Regione incassa la parziale soddisfazione del M5S. «Condivido la scelta di istituire una task force - afferma il candidato sindaco Paolo Menis - tuttavia sui due terreni è necessario procedere immediatamente a un intervento di inertizzazione. Si deve provvedere a diffuse analisi a cerchi concentrici delle aree verdi pubbliche onde identificare, anche secondo l’analisi dei venti dominanti, la possibile fonte dell’inquinamento, la cui attribuzione ai riporti di terra fatti dal Governo alleato pare priva di riscontri oggettivi».

Gianpaolo Sarti

 

Giardino “chiuso” con un nastro - Ma è solo una provocazione - Blitz nell’area verde parzialmente vietata
L’intero giardino di piazzale Rosmini chiuso da un nastro rosso e bianco. Hanno agito di notte o forse nelle primissime ore del mattino, certamente lontani da occhi indiscreti, con la chiara intenzione di riaccendere i riflettori sull’inquinamento della Ferriera. Gli autori del blitz non sono noti, non si sono firmati.

Ma è chiaro l’intento: una provocazione per mettere in correlazione le emissioni dello stabilimento siderurgico con le contaminazioni rinvenute nel terreno del popolare parco rionale. Insomma, ciò che finora il sindaco Roberto Cosolini e l’assessore Umberto Laureni hanno quasi matematicamente escluso, decidendo però di vietare comunque l’accesso alle aree verdi con un’ordinanza. Perché, indifferentemente dalla causa (che andrà accertata, come promesso da Comune e Regione), le aiuole restano inquinate. Mamme con passeggini, bambini e anziani ieri si sono trovati il giardino blindato e hanno pensato a un ulteriore pericolo. Hanno pensato a un altro intervento del sindaco. Ma poi leggendo la scritta su un foglio appeso all’ingresso, sullo stesso nastro, hanno capito: «Qui i bambini non possono giocare, ma la Ferriera può funzionare», c’era scritto. Sul volto della statua di padre Pio, in mezzo alla piazza, una mascherina. Ieri la Polizia locale, dopo aver tolto il cordone, ha documentato l’atto mettendolo a verbale con tanto di foto. Laureni, che si è recato sul posto attorno alle 10.30 per verificare personalmente il gesto, non ha affatto gradito. A maggior ragione davanti alla delicatezza del momento. Perché l’effetto, racconta chi era presente, è stato un allarme per i residenti. «Ingiustificato, fuori luogo», ammonisce l’assessore. «Hanno tentato di aggiungere preoccupazione ai cittadini», osserva. «Non faccio denunce, ma resterà traccia perché i vigili hanno verbalizzato l’accaduto. Chi ha fatto ciò porta la questione su un piano assolutamente inaccettabile. Quello che è scritto sul cartello non ha senso, semplicemente perché il problema ambientale di Servola non è l’unico in città. Così facendo si scade nella provocazione. Non ci si può arrogare il diritto di compiere un atto dimostrativo che va oltre a un’ordinanza del sindaco. Non si può usare le transenne e il nastro per fare in modo che non si entri - puntualizza ancora l’esponente della giunta Cosolini - non si può fare in modo che la gente non entri, non è lecito. Credo che su piazzale Rosmini abbiamo agito correttamente. E non si può nemmeno sostenere che vogliamo lasciare la Ferriera così, perché non è vero». Nei prossimi giorni l’assessore incontrerà Circoscrizione e residenti. Oggi è in programma una riunione congiunta tra Commissione Ambiente e Trasparenza in Consiglio comunale. Anche il consigliere del Pdl Lorenzo Giorgi è stato allertato ed è stato lui a chiamare Laureni: «Sono il primo a esigere chiarezza sulla pericolosità di quel sito, non posso tollerare che si sottovaluti il problema legato alla salute. La gente vuole risposte. Altresì pur capendo la provocazione che qualcuno ha deciso di inscenare, non posso tollerare che alcuni triestini possano essere ingannati e messi in condizione di non usufruire di un bene pubblico o che si possa aumentare il livello di preoccupazione che già c’è nella gente».

(g.s.)

 

«Sbuffo della Ferriera per calo di tensione»
Ennesimo “sbuffo” dalla Ferriera ma stavolta sembra che la responsabilità non sia imputabile allo stabilimento servolano. In seguito a una segnalazione pervenuta da un lettore, è giunta la precisazione dalla controllata del gruppo Arvedi.

«Alle ore 15.45 di oggi (ieri, ndr) la Ferriera di Servola - spiega il comunicato di Siderurgica Triestina - ha subìto le conseguenze di un calo di tensione sulla rete elettrica nazionale, che ha prodotto l'immediata attivazione di tutte le adeguate procedure di sicurezza previste in questi casi, tra cui le fiaccole di emergenza della cokeria». «La durata dell'evento - chiarisce la nota - è stata complessivamente di 20 minuti: alle 16.05 tutti gli impianti erano nuovamente in marcia». «Dal punto di vista impiantistico, il calo di tensione ha provocato il temporaneo blocco degli estrattori gas della cokeria e il distacco per 2 minuti di alcune utenze dell'agglomerato, mentre l'altoforno è rimasto in marcia». «Le procedure previste - conclude il comunicato - si sono svolte correttamente e hanno garantito che tutti gli impianti rientrassero in funzione nel più breve tempo tecnicamente possibile». Nell’ultima parte di aprile nel giro di quattro giorni si erano verificati tre “sbuffi”, che avevano provocato anche reazioni di carattere politico, in particolare del senatore Lorenzo Battista. Siderurgica Triestina aveva stigmatizzato in un comunicato che la Ferriera di Servola, anche quando non colpevole, fosse diventata capro espiatorio.

 

 

La stima dell’advisor - Sarà pronto tra 15 anni «Ma molto prima potremo già vedere realizzati il museo del mare e la sede Icgeb»
Il direttore di Ernst&Young Italia paragona l’intervento con altri analoghi nel mondo
«Interventi di questo genere per essere attuati completamente richiedono un lasso di tempo che va dai 15 ai 20 anni. Per Trieste potremmo ragionevolmente stimare una quindicina di anni». Lo afferma Fulvio Lino Di Blasio, director di Ernst&Young Italia, l’advisor che sta affiancando il Comune nella riqualificazione del Porto vecchio e che sta completando la prima fase del proprio lavoro, quella riservata alla “fotografia dell’esistente” che evidentemente comprende non solo lo stato attuale dell’area e le sue potenzialità, ma anche la “raccolta” di ambizioni sull’area, tant’è che sono stati auditi alcuni grandi gruppi tra cui Fincantieri che ha ribadito l’interesse a realizzare un porto per megayacht. Questa prima fase si concluderà mercoledì 11 con un report pubblico ai cittadini. Seguirà la stesura delle linee guida e, dopo l’estate, la condivisione con i cittadini. Per vedere la “Trieste 2” completata dunque bisognerà attendere il 2030 e passa, ma due elementi, citati dallo stesso Di Blasio, potrebbero leggermente velocizzare l’operazione Trieste: i 50 milioni stanziati dal Governo (“miccia” per la possibile esplosione anche di investimenti privati) e il nuovo codice degli appalti. Comunque sia, i primi lavori potrebbero partire già tra un anno e mezzo e si procederà per step con possibilità di vedere realizzati nel giro di alcuni anni perlomeno il Museo del mare e la sede del Centro di ingegneria genetica e biotecnologia nel Magazzino 26 già ristrutturato esternamente. Tra i 15 e i 20 anni di tempo hanno richiesto per essere completamente realizzati alcuni degli esempi a cui potrebbe rifarsi Trieste e citati da Di Blasio nella presentazione dell’advisor fatta alla Centrale idrodinamica ancora a fine febbraio. «A Marsiglia - aveva detto Di Blasio - il processo è partito nel 1995 per ripensare l'immagine del porto, un percorso con sviluppo temporale non breve. Vi sono elementi che a Trieste possono interessare come quello dell'accessibilità, la presenza della ferrovia, il fatto che anche lì c'è una sorta di città nella città. Abbiamo concepito una strategia di sviluppo economico con un milione di metri quadrati per uffici e spazi per aziende, 200mila mq di spazi pubblici, altri 200mila mq di negozi. Sono stati poi effettivamente costruiti: un ospedale, 6 scuole, un museo, 12 centri culturali, 2 palestre e una grande area con abitazioni, uffici, negozi, spazi verdi e spazi pubblici». Secondo esempio, Alessandria d'Egitto finalizzato al masterplan per la città del 2032. «Abbiamo fatto un'analisi a 360 gradi sulla città e su importanti investimenti diretti esteri che possono riversarsi sugli aspetti turistici, sportivi, dell'entertainment», ha spiegato il director di Ernst&Young Italia. Per la città cinese di Wuhan, ha aggiunto «si trattava di trovare soluzioni intelligenti per utilizzare le tecnologie finalizzate al miglioramento della qualità della vita, rendere le informazioni più accessibili, tratteggiare uno snellimento del settore burocratico. Infine Lione - è stata la conclusione del signor E&Y - interessante perché siamo intervenuti su un'area tra due fiumi in cui c'erano operazioni portuali che sono state spostate e dove è stato creato uno spazio dove si può andare in bicicletta caratterizzato da coraggiose soluzioni architettoniche». Un dibattito sul Porto vecchio si è svolto ieri sera organizzato dalla Lista Insieme per Trieste in cui gli assessori comunali Elena Marchigiani e Andrea Dapretto, il docente universitario Vittorio Torbianelli e Carlo De Donato hanno presentato un’”ottalogo”, cioé otto principi che dovrebbero essere seguiti nel processo di riqualificazione. Eccoli. Non un progetto a sè stante, ma un’occasione di sviluppo internazionale per tutta Trieste; una pluralità di usi e risorse (pubbliche e private) senza preconcetti; un processo graduale e sempre equilibrato nel rapporto tra domanda e offerta, iniziando subito; la priorità all’interesse collettivo, agli spazi e ai servizi di uso comune; progettare tra storia e contemporaneità, identità e innovazione; un progetto condiviso in un nuovo quadro urbanistico che dia certezza; un’attuazione efficiente, trasparente e di qualità che si avvalga anche di concorsi di idee e di progettazione; una regia pubblica forte, ma unitaria ed efficace nella gestione. Tra l’altro, Marchigiani ha affermato che sarà necessaria una variante strutturale al Piano regolatore, mentre Torbianelli ha insistito sul fatto che qualsiasi modello di sviluppo deve prevedere anche le residenze. Hanno poi portato il proprio contributo di opinioni Mario Sommariva (Autorità portuale), Maja De Simoni (Promotrieste), Barbara Franchin (Its) e gli architetti Paolo Vrabec e Barbara Fornasir.

Silvio Maranzana

 

 

Viabilità - Interventi per le bici nella rotatoria di via Flavia
Sulla nuova rotonda tra via Flavia, Strada della Rosandra, via Caboto confronto ieri pomeriggio tra l'assessore alla Mobilità Elena Marchigiani, i tecnici comunali e una delegazione dell'associazione di ciclisti urbani Fiab Trieste Ulisse.

Oggetto dell'incontro - riporta una nota dell’associazione - è stato il progetto che, non prevedendo un anello ciclabile, avrebbe potuto essere potenzialmente molto pericoloso per chi si muove in bicicletta. Nel corso dell’incontro si è analizzata la situazione che «vede su questo nodo, oltre ad un potenziale flusso di traffico ciclistico in crescita sia negli spostamenti casa-lavoro che su quelli cicloturistici, anche alcuni vincoli oggettivi: un altissimo traffico automobilistico (più di 4000 mezzi/ora dalle 7.30 alle 8.30), il passaggio di mezzi pesanti e trasporti eccezionali ed uno spazio limitato dagli edifici esistenti e dal sottopasso ferroviario sopra al quale è realizzata in parte la rotonda». «Viste queste premesse, sono state condivise - insiste la nota - una serie di modifiche migliorative al progetto, che prevederà un allargamento dei marciapiedi trasformati in ciclopedonali, con la realizzazione di rampe ciclabili con una chiara segnaletica orizzontale e verticale ed in un breve tratto la realizzazione di una ciclabile adiacente al marciapiede». «Tutti questi interventi hanno come obiettivo rendere il passaggio delle bici sicuro e con un percorso il più possibile riconoscibile, comodo ed attraente. La prossima settimana ci sarà un secondo confronto, in cui verrà presentato il progetto aggiornato su questi punti e le proposte di segnaletica, nell'obiettivo di continuare nel percorso di condivisione». Ricordiamo che la rotatoria costerà all’Amministrazione oltre 380 mila euro, per 80 mila euro coperti da AcegasApsAmga. Sorgerà davanti al centro commerciale “monomarca” che sarà gestito dalla Obi al posto di quella che una volta era la concessionaria auto di Dino Conti.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 3 maggio 2016

 

 

Strade, scienza e cultura per la “città nella città” - Dal polo museale alle bonifiche già ipotecati i 50 milioni stanziati da Roma
Lavori al via tra un anno. Cosolini: «Siamo il simbolo su cui l’Italia scommette» - gli interventi previsti in Porto Vecchioi
TRIESTE «Con i 50 milioni stanziati dal Cipe il Porto vecchio di Trieste diventa un’operazione del sistema Paese su cui il Governo nazionale scommette forte tanto da farne il simbolo con cui l’Italia si presenta sul mercato internazionale degli investimenti». Va ai ministri Dario Franceschini in primis e poi Graziano Del Rio e Maria Elena Boschi, tutti e tre venuti di persona a verificare la situazione, oltre che al sottosegretario Luca Lotti la riconoscenza che il sindaco Roberto Cosolini ha espresso ieri nel corso di una conferenza stampa nel Salotto azzurro del municipio per il maxicontributo statale a quello che è stato definito «il più grande spazio di rigenerazione urbana in Europa». Una città nella città. «Ci saremmo aspettati molto di meno e un po’ più tardi - ha aggiunto il commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino che lo affiancava - e invece abbiamo avuto la dimostrazione che Trieste è nel cuore del governo». Il documento presentato di recente agli uffici della Presidenza del Consiglio dopo che il 10 febbraio un primo dossier era già stato consegnato a Lotti stima per i primi interventi infrastrutturali funzionali a quelli successivi (comprensivi però anche di specifiche ristrutturazioni) un fabbisogno complessivo di 53.700.000 euro. La somma è arrivata quasi per intero, reperita a tempo di record e deliberata nella giornata di domenica primo maggio. Questo il dettaglio dei primi lavori che verranno eseguiti presumibilmente con apertura dei primi cantieri prima della fine del 2017. Si partirà dalle bonifiche e in particolare dal torrente Chiave che sbocca in mare nel tratto in concessione a Greensisam. Verrà fatta la pulizia del tratto finale del torrente e dei detriti (6.500.000 euro di spesa) e del cono di deiezioni a mare con smaltimento dei detriti (altri 5 milioni di euro la spesa). Dovrà anche essere risolta la problematica relativa ai miasmi. Sul Rio Martesin, gli interventi del costo di 4 milioni di euro tenderanno a risolvere le problematiche connesse all’immissione diretta delle portate di piena del torrente internamente al bacino, riducendo al minimo la velocità di scarico del torrente unitamente alla riduzione dell’apporto di sedimenti alla foce. I primi interventi sulle infrastrutture riguarderanno le reti elettrica, fognaria, idrica e del gas. Con un milione di euro verrà effettuato il potenziamento dei sottoservizi a rete nelle aree esterne funzionali alle infrastrutturazioni di tutto il Porto vecchio, mentre con 9.500.000 euro verranno realizzate le nuove reti di sottoservizi nell’area Greensisam. Per quanto riguarda invece le infrastrutture viarie si interverrà per la sistemazione e la messa in sicurezza di una viabilità provvisoria che colleghi il Polo museale (Centrale idrodinamica, Sottostazione elettrica, Magazzino 26) nella direzione dalla città verso il Polo e da viale Miramare verso il Polo. In particolare, con una spesa di 2.200.000 euro saranno create la viabilità di collegamento, un collegamento ciclabile, un percorso pedonale, una rotatoria di regolazione dei flussi su viale Miramare oltre alla realizzazione della rete di illuminazione pubblica. Grazie allo stanziamento statale però potranno essere realizzati anche alcuni dei primi insediamenti. Si partirà dalla creazione del nuovo Museo del mare, che ieri il sindaco ha definito «uno dei più importanti d’Europa», che in virtù della raccolta di patrimoni pubblici e privati e ipotizzando un impiego museale tradizionale integrato da workshop e attività estensive potrebbe occupare 14mila metri quadrati del Magazzino 26, il più grande del Porto vecchio e il secondo per ampiezza in Europa che si estende su cinque piani per complessivi 35mila metri quadrati e che è stato parzialmente ristrutturato negli interni e completamente negli esterni. I costi per l’adeguamento architettonico e per l’allestimento sono stati stimati in 8 milioni. Ventimila metri quadrati dello stesso magazzino dovrebbero invece essere occupati dalla nuova sede dell’Icgeb, l’Istituto di ingegneria genetica e biotecnologia, uno dei più prestigiosi istituti scientifici operanti a Trieste che, come riferiamo qui a fianco, potrebbe portare a 300 il numero dei suoi ricercatori. In questo caso la spesa dovrebbe arrivare a 12 milioni. Infine, come riferiamo nel dettaglio in un altro pezzo, 5 milioni e mezzo di euro dovrebbero essere impiegati nel restauro con la collocazione anche di un ascensore e di una piattaforma panoramica della grande gru galleggiante Ursus destinata a diventare non soltanto un richiamo del Museo del mare, ma anche un vero e proprio simbolo della città di Trieste, com’è accaduto - ha azzardato qualcuno - per Parigi con la Torre Eiffel.

Silvio Maranzana

 

E Ursus diventa l’icona della rinascita - Stanziati 5,5 milioni per la storica gru. Un ascensore in vetro da 15 posti permetterà di salire in cima
Trasformare lo storico pontone galleggiante Ursus nell’icona della città di Trieste, oltre che in elemento, visibile anche da decine di chilometri di distanza, di forte richiamo per il Porto vecchio e per il suo Museo.

È l’obiettivo che si pone il Comune di Trieste con l’inserimento del suo restauro tra gli interventi preliminari prioritari della riqualificazione dei Porto vecchio. Non solo, il finanziamento richiesto di 5 milioni e mezzo di euro, facilmente attingibile dai 50 milioni stanziati dal Cipe, dovrebbe permettere la realizzazione di un ascensore grazie al quale i turisti, ma anche i triestini, potrebbero raggiungere agevolmente la piattaforma panoramica che verrà realizzata sulla sommità permettendo così una meravigliosa vista non solo sulla città di Trieste, ma anche sul golfo abbracciando, nelle giornate più terse, anche Grado e una parte dell’Istria. Recentemente un progetto di valorizzazione dell’Ursus, che avrebbe già il via libera della Soprintendenza, è stato presentato dall’architetto Claudio Visintini che ne aveva stimato il costo in 5,9 milioni di euro, Iva esclusa. Una spesa che da domenica non sembra più impossibile. Nel progetto, la piattaforma sul mare verrebbe realizzata a settanta metri d’altezza. Il braccio meccanico verrebbe bloccato a una certa inclinazione e dalla sua estremità penderebbero due cavi d'acciaio in tensione, che consentirebbero a un ascensore di vetro da 15 posti di inerpicarsi verso il belvedere. A rendere l’operazione ancora più suggestiva concorrerebbe l'installazione di un'illuminazione dinamica stile appunto Torre Eiffel, con tanto di sfarfallio allo scoccare di ogni ora. All'attrazione principale si affiancherebbero le realizzazioni sopra e sotto il livello del mare. Il ponte superiore vedrebbe la costruzione di un piccolo anfiteatro da 212 posti, che ospiterebbe spettacoli visibili contemporaneamente anche da terra. A poppa verrebbe invece realizzato un ristorante all'aperto. Nella pancia dello scafo prenderebbero ancora forma una sala conferenze da 64 posti, un piccolo bar e spazi per esposizioni, proiezioni e riunioni: il tutto a far da contorno alla sala macchine, i cui motori permetterebbero all’Ursus di scorrazzare autonomamente per il golfo a 4,5 nodi di velocità. La grande gru galleggiante è stata costruita nel 1914 nello Stabilimento Tecnico Triestino soprattutto per posizionare i motori e i cannoni sulle navi da guerra della flotta asburgica, infatti la la gru poteva sollevare a un'altezza di 70 metri un carico di 300 tonnellate. Nei decenni successivi, grazie a una serie di revisioni e di ammodernamenti, fu impiegata per la costruzione di tutte le più grandi navi che uscirono dall'Arsenale triestino tra le quali la Raffaello. Gli interventi ipotizzati nel dossier del Comune riguardano il restauro delle carpenterie metalliche e meccaniche, la revisione macchine e funzionamento impianti e la collocazione di ascensore e piattaforma panoramica con costo stimato di 5,5 milioni.

(s.m.)
 

Lo sbarco al Magazzino 26 dei ricercatori dell’Icgeb - Dodici milioni serviranno per creare la nuova sede dell’Istituto internazionale
Il direttore Giacca: «Insedieremo start up funzionali all’industria farmaceutica»
«Anche i sogni possono fare dei passi avanti». È la considerazione che fa Mauro Giacca, scienziato triestino, direttore generale dell’Internationl centre for genetic engineering and biotechnology (Icgeb) alla notizia dello stanziamento governativo del Porto vecchio al cui interno vi stanno anche i 12 milioni necessari per la realizzazione della nuova sede dell’Istituto, uno dei più prestigiosi centri scientifici non solo di Trieste, ma dell’Italia. «È un discorso che avevamo iniziato già con Portocittà (il progetto di riqualificazione della cordata guidata da Maltauro che aveva vinto la gara dell’Autorità portuale, ma che poi si era ritirata, ndr.) e che ora riprende vigore anche se si tratta ancora di un semplice progetto - spiega Giacca - che però va al di là del semplice vantaggio che ne trarrebbe Icgeb. Gia allora infatti - continua lo scienziato - avevamo concepito l’operazione anche con un forte valore simbolico: l’avvicinamento anche fisico tra la città e la ricerca che è già un settore qualificante di Trieste, ma che dovrebbe costituire anche uno dei principali cardini per lo sviluppo della sua economia. Tra tutti gli enti presenti, noi svolgiamo una forte attività divulgativa a favore delle scuole e dei cittadini, anche con la manifestazione “Science and the city”, organizziamo ogni anno una ventina tra meeting e workshop. Attorno alla scienza facciamo già muovere tante persone, ma abbiamo ora l’occasione proprio di scendere materialmente in città». In questo modo l’Icgeb, lasciando ad altri (la lista d’attesa non manca) la sede che attualmente occupa all’Area science park di Padriciano, potrebbe anche raddoppiare gli spazi a disposizione e far salire da 200 a 300 i ricercatori che operano nell’Istituto. «Avevamo subito messo gli occhi sul Magazzino 26 - aggiunge Giacca - perché è quello già parzialmente ristrutturato, considerato che la superficie più ampia non ci servirà soltanto per trasferire i laboratori e per aumentare i nostri gruppi di ricerca che già adesso sono 18, ma anche per permettere l’insediamento di iniziative spin-off e di aziende start-up in grado di mettere a punto progetti specializzati che poi verranno prodotte dalle grandi case farmaceutiche». Il progetto è ancora più ampio perché nei magazzini di fronte, un tempo utilizzati in parte addirittura come stalle dalla ditta Prioglio che commerciava animali vivi, potrebbe essere creata la foresteria di cui l’Icgeb attorno al quale solitamente gravitano dottorandi e post-dottorandi di 27 o 28 nazionalità diverse, ha estremo bisogno. Oggi l’Icgeb di Trieste e Mauro Giacca sono a capo anche delle altre componenti dell’Istituto che hanno sede a New Delhi e a Cape Town. «La creazione di un nuovo quartier generale a Trieste con spazi raddoppiati e foresteria - conclude Giacca - avrebbe anche il potere di mettere a tacere le velleità indiane (e anche cinesi) che si manifestano con sempre maggior insistenza per accaparrarsi il ruolo di guida che oggi spetta ancora a Trieste».

(Silvio Maranzana)

 

 

Basovizza diventa a “trenta all’ora” - Approvata la convenzione fra Comune di Trieste e Provincia. Viabilità rivoluzionata con nuovi limiti e park a pagamento
BASOVIZZA - Via le macchine dal sagrato della chiesa e dall’attiguo spiazzo antistante il monumento ai caduti. Nuovi parcheggi a pagamento, ma con la gratuità per la prima mezz’ora di sosta, lungo la via Gruden. Limite di 30 chilometri all’ora nell’abitato. Cambia radicalmente la viabilità nel centro di Basovizza.

Con l’approvazione, avvenuta ieri pomeriggio da parte del consiglio provinciale, della delibera di conferma della convenzione fra palazzo Galatti e il Comune, scatta la fase esecutiva del progetto che prevede una vera e propria rivoluzione del traffico nel cuore di Basovizza. La Provincia darà a breve il via ai lavori di risistemazione di tutta l’area situata davanti alla chiesa e che comprende l’incrocio fra la via Gruden, che all’uscita del paese ridiventa strada provinciale 10 e porta in direzione di Lipizza, e la strada provinciale 1, che conduce invece alla parte ovest dell’altipiano, attraversando Padriciano e Trebiciano prima di arrivare a Opicina. In quella zona non si potrà più parcheggiare, inoltre sarà realizzata un’isola spartitraffico all’inizio della provinciale 1, per favorire lo smistamento delle automobili provenienti da Opicina. «Quel punto - ha spiegato ieri Paolo Stolfo, dirigente della Provincia con competenza sui Servizi tecnici - è sempre stato caratterizzato dalla presenza di molte automobili, soprattutto nei giorni festivi, con conseguente rallentamento del traffico. Con questo provvedimento - ha aggiunto - il centro di Basovizza tornerà a essere vivibile, con maggiore sicurezza per i pedoni». L’importo destinato dalla Provincia all’intervento è di 54.700 euro, già stanziati, e il cantiere dovrebbe concludersi prima della fine dell’estate. Ma la convenzione prevede anche un preciso impegno del Comune a realizzare l’altra parte del piano di ristrutturazione del traffico a Basovizza, cioè quella che riguarda la creazione di una ventina di stalli a pagamento lungo la via Gruden. «Con la convenzione - ha precisato ieri l’assessore provinciale ai Trasporti, Vittorio Zollia - si determina un rapporto fra i due enti in base al quale la Provincia, che ne avrebbe la titolarità, rinuncia ai proventi che saranno originati dalle tariffe che gli automobilisti pagheranno per parcheggiare, in cambio dell’impegno dell’amministrazione comunale a realizzare gli stalli e a garantirne la manutenzione ordinaria». Il consiglio comunale ha già approvato, lo scorso 11 aprile, il testo della relativa delibera. «Abbiamo deciso di garantire la gratuità per la prima mezz’ora di sosta - ha sottolineato l’assessore comunale Elena Marchigiani - perché così non ci saranno problemi per le operazioni di carico e scarico merci che riguardano i numerosi esercizi commerciali presenti sulla via Gruden e nei paraggi. Inoltre - ha concluso - anche la clientela di questi negozi potrà sostare per un tempo adeguato agli acquisti, senza dover sostenere alcun costo».

Ugo Salvini

 

 

Il piano regolatore di Duino Aurisina stasera all’esame dei cittadini del Villaggio

Riprende stasera, con un appuntamento al Villaggio del Pescatore, la serie degli incontri pubblici con la cittadinanza, promossi dal vicesindaco e assessore alla Pianificazione di Duino Aurisina, Massimo Veronese (foto), sul tema della nuova variante al Piano regolatore generale.

Con inizio alle 18, nella sala parrocchiale della chiesa intitolata a San Marco, saranno dapprima illustrate le principali direttrici del documento, poi la parte conclusiva dell’incontro sarà riservata alle domande della popolazione residente. Nei precedenti appuntamenti, svoltisi in altri centri del territorio comunale, l’interesse dei cittadini sul tema è risultato molto vivo. Al Villaggio del Pescatore ci si attende una risposta dello stesso tenore, anche perché alcuni degli abitanti del Villaggio sono da tempo in conflitto con l’amministrazione su una serie di argomenti, a cominciare dal mini mose. Probabile perciò che anche sulla variante siano poste a Veronese domande particolareggiate e motivate, in quanto uno dei temi più discussi è quello che riguarda la viabilità all’interno dell’abitato.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 2 maggio 2016

 

 

Porto Vecchio, arrivano 50 milioni dal Cipe
L'annuncio di Serracchiani: stanziamento per avviare il programma di rivitalizzazione pubblica dell'area. Fondi da impiegare innanzitutto per l'urbanizzazione primaria e la bonifica dei corsi d'acqua
TRIESTE. Arrivano 50 milioni di euro a favore dell'avvio del programma di rivitalizzazione pubblica del Porto Vecchio di Trieste. L'investimento è stato approvato oggi, domenica 1 maggio, da parte del Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica.
“Presto ricomincerà a pulsare un cuore ritrovato e recuperato nel pieno del corpo urbanistico di Trieste”, il primo commento della governatrice della Regione Debora Serracchiani. “Le risorse destinate - spiega la governatrice - permetteranno di avviare concretamente il processo che porterà la città a riacquistare tutto il suo frontemare, a raddoppiare l’estensione del suo centro città, a restituire al capoluogo un’area strategica di oltre 600mila metri quadrati, di cui – oggi – oltre 150 mila metri quadrati costituti da quasi un centinaio di immobili ed edifici. E’ un risultato - sottolinea la presidente del Friuli Venezia Giulia - che premia il lavoro congiunto della Regione e del Comune, svolto di concerto con l’azione puntuale di Francesco Russo al Senato e del capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato”.
Con lo stanziamento deciso oggi dal Governo nazionale e dal Cipe possono essere avviati i primi indispensabili interventi infrastrutturali, che serviranno per il recupero funzionale di tutta l’area e di conseguenza per tutti i successivi interventi – pubblici e a capitale privato – ma anche per impostare i primi importanti recuperi e fruizioni all’interno di Porto Vecchio.
Tra questi, la localizzazione del nuovo polo culturale imperniato sul Museo del Mare, che integrerà il Museo stesso con altre analoghe realtà, nonché con ulteriori patrimoni pubblici e privati connessi alla storia della marineria adriatica, andando ad adeguare ed allestire da un punto di vista architettonico una parte dei circa 35 mila metri quadrati dell’attuale Magazzino 26.
Tra le previsioni vi è inoltre l’insediamento, in circa due terzi delle superfici dello stesso Magazzino 26, della nuova sede del Centro internazionale di Ingegneria genetica e Biotecnologia/Icgeb (con la possibilità quindi di nuove collocazioni scientifiche a Padriciano di Area Science Park) con l’ipotesi di incrementare a circa 300 il numero di ricercatori impegnati nel Centro.
Più in generale, proprio nella prospettiva di creare la rete infrastrutturale necessaria allo sviluppo della fruizione pubblica del Porto Vecchio di Trieste, le risorse Cipe saranno finalizzate a risolvere soprattutto i problemi di urbanizzazione primaria e di bonifiche dei corsi d’acqua che sfociano nell’area dello scalo: verranno pertanto realizzati i nuovi servizi (a rete) di elettricità, sistema fognario, acqua e gas, propedeutici a qualsiasi ipotesi di riqualificazione dell’area, accanto a una nuova viabilità da e per il polo museale, sia in direzione Trieste che verso viale Miramare.
“Dopo circa vent’anni di lavori, nel 1887 venne conclusa la realizzazione del piano di sviluppo portuale di Porto Vecchio: quasi 150 anni dopo, oggi possiamo affermare che nel 2017 o al più tardi l’anno successivo, in Porto Vecchio partiranno i primi lavori per offrire al capoluogo regionale e all’intero Friuli Venezia Giulia un secondo polo cittadino compenetrato al suo attuale centro storico”, dice Serracchiani: “Una sfida e una scommessa che abbiamo vinto, che molti pensavano irrealizzabile e che rappresenta un’occasione di sviluppo e di rilancio che non riguarda solo Trieste ma tutta la Regione, il suo intero sistema produttivo ed economico – sottolinea la presidente - se pensiamo che altri analoghi progetti di recupero di waterfront in Europa hanno visto focalizzare investimenti e generare ricadute per oltre 5 miliardi di euro”.
"Questo Governo fa il tifo per Trieste", è il commento di Rosato. "Le risorse, molte, destinate al Porto Vecchio rappresentano quello che serviva per iniziare la trasformazione di quell’area, abbandonata per decenni, in un grande progetto di sviluppo e riqualificazione per la città. E’ un risultato che arriva al termine di una serie di impegni e azioni che Comune, Regione e Governo in sinergia si sono assunti e che hanno portato avanti - così Rosato - con determinazione e costanza".
Per il sindaco Roberto Cosolini “è una giornata storica per Trieste. E’ una svolta definitiva per Porto Vecchio che ci consente di accelerare sulla via della trasformazione. Neanche il mio ottimismo - dice - mi permetteva di immaginare che una risposta potesse arrivare così a breve, a poco più di due settimane dalla preparazione di un dossier con investimenti immediatamente finanziabili, che assieme alla presidente Serracchiani abbiamo consegnato al presidente del Consiglio. Porto Vecchio è dunque una priorità nazionale e questo – conclude Cosolini - è un gran segnale anche per gli investitori stranieri”.
Sullo stanziamento interviene anche il commissario dell’Autorità Portuale di Trieste, Zeno D'Agostino, secondo il quale "il Governo pone una garanzia sul futuro dell'area e una nuova attenzione per la città. Siamo davanti non solo al processo di riqualificazione di un territorio che può diventare il più grande waterfront del Mediterraneo, ma al rilancio di una città intera che il Governo sta riconoscendo come strategica: non più come margine estremo e periferico al Nord Est d'Italia, ma centro d'Europa. Credo che possiamo parlare di Rinascimento di Trieste, grazie al rilancio dell'antico scalo da una parte, e allo sviluppo del porto commerciale dall'altra". Per D'Agostino "è l'ulteriore occasione per dimostrare che il lavoro serio, continuo, professionale e senza clamore delle istituzioni locali, regionali e nazionali tutte unite, porta a risultati che costruiscono in maniera concreta il futuro di questa città. Una linea di comportamento che abbiamo adottato e che sta portando ad importanti risultati anche nello sviluppo del porto e della logistica regionale."
Nella seduta odierna il Cipe ha sbloccato
in totale fondi per 3,5 miliardi: uno stanziamento di 2,5 miliardi per la ricerca e di un miliardo per i beni culturali italiani. Assegnati anche circa 290 milioni per programmi e azioni finalizzati al sostegno alle imprese e alla crescita.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 1 maggio 2016

 

 

«Il rigassificatore resta un capitolo aperto» - Manifestazione in piazza Unità contro l’impianto davanti a decine di persone. Interventi di Prodani e Sossi
Manifestazione contro il rigassificatore ieri in piazza Unità, aperta a tutte le forze politiche e associative avverse all’impianto.

Ha aperto Aris Prodani, deputato del gruppo misto, che ha attaccato: «Il tema del rigassificatore non è entrato nel dibattito della campagna elettorale e perché ormai, nell'opinione pubblica, si è diffusa la convinzione che il rigassificatore sia un capitolo chiuso. Ma non è affatto così». Prodani ha ricostruito l'iter delle autorizzazioni, compreso il metanodotto che dovrebbe collegare Zaule, attraversando il Golfo, a Grado e poi a Villesse. La Commissione Tecnica Via ha confermato il parere favorevole al metanodotto, attualmente in firma al ministro Galletti.Il fatto che solo qualche settimana fa, in sede di Conferenza dei servizi del Sin di Trieste, sia stato presentato il piano di messa in sicurezza (35 milioni) da parte dell'Autorità portuale della ex discarica comunale di via Errera e che si sia dato mandato alla Provincia di individuare il soggetto inquinatore, «preoccupa fortemente». In quanto, visto che con buona probabilità il costo della bonifica ricadrà su Comune e Regione, si potrebbe riaprire la porta all'insediamento del rigassificatore, grazie, magari, ad una compartecipazione del privato alle spese. Marino Sossi, candidato sindaco di Sinistra per Trieste,chiede che «questa città si svegli dal torpore in cui si trova da troppo tempo. E ormai chiaro che la realizzazione o meno degli impianti dipende esclusivamente dalla volontà politica». «Chiediamo che la questione venga chiusa definitivamente e che ogni procedimento anche connesso alla costruzione del rigassificatore di Zaule venga definitivamente archiviato». Giorgio Jercog fa parte del Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste: «Bisogna ritornare a mobilitare la città, anestetizzata. Invitiamo tutte le forze politiche ad inserire nella campagna elettorale il rigassificatore, perché l'iter sta proseguendo. Ha richiesto un forte impegno della Regione nel rivedere il "non parere" al gasdotto del 2011 e, soprattutto, che vengano discussi al Tar i ricorsi presentati dagli enti locali e dalle associazioni ambientaliste». Per Trieste Libera Roberto Giurastante ha ricordato che nel 2006 è iniziata l'opposizione al rigassificatore. «Dopo 10 anni, siamo sempre nella stessa situazione. Se nulla si è ancora realizzato, lo dobbiamo all'opposizione della Slovenia».

 

 

Il popolo anti Ferriera ritorna in piazza - Manifestazione bis domenica 22 maggio con raduno davanti al Tribunale. «Basta perdere tempo, le istituzioni agiscano»
Riesplode la rabbia del popolo anti-Ferriera. Il Comitato 5 dicembre tornerà a manifestare domenica 22 maggio. L'appuntamento, annunciano gli organizzatori su Facebook, è alle 17 in Foro Ulpiano davanti al Tribunale. Il corteo si snoderà lungo tutto il centro.

L'iniziativa è destinata a fare rumore, tanto più a ridosso delle elezioni comunali: la protesta del 31 gennaio scorso aveva portato in piazza Unità, sotto il municipio, oltre 4mila cittadini. «Adesso vi voglio in 10mila, incazzati e bastardi», si legge in un post. I toni, insomma, non sono affatto leggeri. Non sarà una passeggiata primaverile, tutt'altro. Il Comitato ha deciso di mobilitarsi anticipando la decisione del sindaco Cosolini sull'area a caldo, la parte produttiva più inquinante. Una scelta pensata per lanciare un segnale preciso alla politica. «Già è grottesco che i cittadini debbano confrontarsi duramente con le istituzioni che dovrebbero rappresentarli - accusa il Comitato - ma quando diventa sfacciatamente chiaro che non fanno altro che cercare di prendere tempo per poi non fare nulla, è il caso di agire». Il movimento dà voce a un malcontento mai sopito e anzi forse addirittura peggiore di prima nonostante gli interventi sulla fabbrica. «Perché il sindaco vuole aspettare l’ultimissimo momento? Che il suo pronunciamento non possa che essere contro è scontato per motivi elettorali». D’altronde Siderurgica Triestina, che si è impegnata pubblicamente a garantire il «pieno rispetto delle prescrizioni ambientali» contenute nell'Aia, ha già detto e ripetuto che non intende affatto bloccare alcunché. «In questo modo - rileva il Comitato - non possiamo che pensare che il voler aspettare l'ultimo momento sia per un modo per esprimere solo un semplice e scontato parere senza essere costretto ad agire concretamente». Di qui la scelta di scendere in piazza. «Ci sbagliamo? Cosolini ci smentisca emettendo un'ordinanza che impone una riduzione drastica della produzione». Il Comune risponde per voce dell'assessore all'Ambiente Umberto Laureni: «Il Comitato ha dalla sua la forza dei numeri,ma io mi richiamo al nostro impegno di esprimerci sull'area a caldo prima delle elezioni come promesso» Dal Comitato, sempre via Facebook, arriva anche un richiamo alla vicenda dei giardini pubblici contaminati e chiusi al pubblico. «La storia degli americani che nel Dopoguerra, sessant'anni fa, avrebbero utilizzato per piazzale Rosmini del materiale da riporto inquinato è una sciocchezza». Sul caso interviene anche Roberto Decarli della lista Trieste Cambia, che stigmatizza le affermazioni di Roberto Dipiazza. «Il consigliere regionale ha raggiunto un livello di arroganza e sfrontatezza indicibile. Per dieci anni come sindaco sul tema dell'ambiente ha solo speculato e illuso politicamente i cittadini. Ora quindi sulla Ferriera non può dire nulla».

Gianpaolo Sarti

 

Allarme per un fumo nero: era di una nave Siderurgica Triestina respinge le accuse

Nuovo allarme, ieri mattina, per una fumata nera che sembrava venire dalla Ferriera.

A lanciarlo con un tweet il senatore Lorenzo Battista, che ha innescato sui social un acceso dibattito sulle cause. In realtà, nel pomeriggio, Siderurgica Triestina ha svelato l’arcano: il denso fumo era stato prodotto da una nave. L’azienda è poi intervenuta con una nota anche sulla vicenda dei giardini contaminati. «Comprendendo la diffidenza dei cittadini - si legge - esasperati da lunghe stagioni di promesse non mantenute, Siderurgica Triestina rivendica di essere il primo soggetto impegnato nel coniugare tutela dell’ambiente, salute e sviluppo industriale. L’azienda - continua la nota - è stata impropriamente chiamata in causa da più parti nelle valutazioni sulle fonti di inquinamento della città, specie in questi ultimi tempi. In tale contesto si rammarica che la Ferriera appaia sempre quale primo capro espiatorio di situazioni legate a fenomeni di inquinamento, riconducibili a molteplici cause, quali traffico e riscaldamento».

 

Lista civica - Fogar contro tutti i partiti «Non abbiamo riciclati»
Nessun politico e nessun nome noto. "No Ferriera, sì Trieste", la civica lanciata da Maurizio Fogar, è pronta alla sfida elettorale in Comune e nelle circoscrizioni.

Ieri la presentazione ufficiale delle liste in conferenza stampa al Circolo Miani di Valmaura. «Non abbiamo voluto tra noi alcun riciclato, i candidati sono frutto di un lavoro ultradecennale sul territorio - ha affermato Fogar - sono espressione dell'intera città». Metà donne e un'età media di quarant'anni, ha fatto sapere. «Sono professionisti, commercianti, c'è di tutto. La maggior parte - ha rimarcato ancora - proviene proprio dai rioni di San Vito e Campi Elisi, in questi giorni al centro della vicenda delle contaminazioni del giardino di piazzale Rosmini. Credo che avremo un risultato elettorale più forte in quelle zone che a Servola». La lista ha giocato d'anticipo e già recapitato migliaia di volantini nelle cassette della posta dei triestini. Fogar ieri non ha risparmiato critiche a istituzioni e amministratori, con nomi e cognomi. «Queste sono elezioni truffa - ha polemizzato rivolgendosi alla sala - e quanto si sta dicendo sull'inquinamento di piazzale Rosmini è allucinante. Si dovrebbero prendere a calci tutti, da Paolo Menis dei Cinquestelle, con tutti i parlamentari del movimento, a Roberto Dipiazza, a Giulio Lauri». «Non si vergognano di quello che dicono? - attacca Fogar - Noi già nel 2000 avevamo chiesto all'Azienda sanitaria, alla Regione e al Comune di fare i carotaggi e a Servola, Muggia e San Vito per verificare il suolo. Ci avevano risposto sempre no». «L'inquinamento del terreno - ha argomentato - lo avevamo denunciato già noi all'epoca, perché non occorreva abitare vicino alla Ferriera per accorgersi dei gas della cokeria. Anche chi apriva le finestre di casa in via Navali se ne rendeva conto. Ma adesso si inventano la storiella degli alleati e del traffico di piazzale Rosmini...». Fogar, nella sua invettiva, ha preso di mira pure la Lega Nord, il partito che l'altro giorno ha organizzato una conferenza stampa in piazzale Rosmini. «Dov'erano quando governavano loro? E dov'era Dipiazza? E in Cinquestelle cosa hanno fatto in tutti questi anni? Questa è una realtà scandalosa». Il programma elettorale è già pronto. La lista chiede lo stop immediato della cokeria, dell'altoforno e dell'area a caldo dell'impianto siderurgico della Ferriera, ma anche la valorizzazione del porto, la costruzione della nuova Piattaforma logistica, investimenti pubblici per preservare i posti di lavoro e la tutela della salute. «Il nostro programma è semplice - ha tuonato Fogar - basta chiacchiere, basta con questi politici».

g.s.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 aprile 2016

 

 

Giardini “off limits” - Cosolini tira dritto - Il sindaco difende la scelta di chiudere le aiuole di piazzale Rosmini e Servola
«L’ho fatto a tutela dei cittadini». Istituita una task force per far luce sui veleni
Le critiche, dopo la scelta di vietare l’accesso ai giardini inquinati, non sono mancate. Roberto Cosolini però tira dritto. E rilancia pure, annunciando la nascita di una “task force” con i tecnici dell'Arpa per accertare l’origine dei veleni di piazzale Rosmini. Il benzopirene, il benzoantracene, il benzofluorantene, il benzoperilene e l'indenopirene trovati nelle aiuole del giardino rionale in misura di gran lunga superiore ai limiti di legge, saranno confrontati con le particelle che si depositano nel suolo di Servola. In questo modo sarà possibile capire se c'è una correlazione tra le sostanze del piazzale e quelle prodotte dalla Ferriera, e stabilire una volta per tutte se ad “intossicare” il giardino è stato o meno lo stabilimento siderurgico. L'esito dell'indagine sulle due campionature sarà reso noto indicativamente entro il 20 maggio. In questo momento Cosolini si sente di escludere responsabilità dirette per l’impianto di Servola, ma la clamorosa vicenda è già precipitata nel tritacarne elettorale tanto che il primo cittadino ieri mattina ha convocato d’urgenza una conferenza stampa insieme all'assessore all'Ambiente Umberto Laureni per ribattere alle critiche e spiegare le proprie posizioni. A partire dalla quasi matematica certezza che la “colpa” non sia dell'industria, innanzitutto. Lo confermerebbero i dati sulle rilevazioni condotte in altre parti di Servola: in via Norma Cossetto, nella aiuole spartitraffico della Grande viabilità e di piazzale Atleti Azzurri d'Italia nei pressi dello stadio e nel giardino pubblico di Valmaura. In nessuno di questi punti l'Arpa ha riscontrato contaminazioni preoccupanti. Tutto in regola, fuorché la Pineta "Stefano Miniussi" di via di Servola che ha registrato valori oltre i limiti, ma comunque più bassi di piazzale Rosmini. «Sono il primo sindaco a fare un'indagine del genere per sapere se ci sono ricadute sul suolo dovute alla Ferriera - afferma -. L'ho fatto a tutela dei cittadini. C'è stata un'iniziativa attiva di questa amministrazione che ha chiesto e sollecitato le analisi, estendendole ad altre parti della città (come nel giardino pubblico di via Giulia e nello stesso piazzale Rosomini, ndr) in modo da avere un quadro preciso. Teniamoci ai dati: gli elementi che abbiamo in mano ci portano a dire che l'inquinamento di quel piazzale potrebbe avere diverse cause». Cioè non la Ferriera. Tradotto: se le rilevazioni di cui finora si dispone su Servola (appunto in via Norma Cossetto, nelle aiuole sparti traffico della Grande viabilità e di piazzale Atleti Azzurri d'Italia e nel giardino di Valmaura) dicono che nel terreno non ci sono tracce allarmanti di idrocarburi di provenienza industriale (ma nella pineta “Miniussi” sì), come è possibile che piazzale Rosmini, ben più lontano, sia avvelenato dalla Ferriera? «Non esiste l'effetto “jump”. Non è che l'inquinamento faccia i salti - aggiunge il sindaco -. Presto avremo l'accertamento effettivo, ma disporremo pure di altri campionamenti che ho chiesto in aggiunta a quelli già eseguiti. È chiaro che se anche le altre misurazioni a Servola si confermassero negative, la conclusione non potrebbe che essere una: le contaminazioni di piazzale Rosmini hanno origini diverse. Con una situazione più a macchia di leopardo, invece, bisognerà andare ancora più a fondo. Lo stiamo facendo, ma ricordo anche che potremmo essere di fronte a un fenomeno molto comune nei centri urbani, per effetto di tre fattori inquinanti. Il traffico, il riscaldamento e le industrie. Ma lo scopriremo a breve». Finora si è pensato a materiale da risulta utilizzato durante il governo alleato. Ma lo stesso Laureni ieri in conferenza stampa ha dubitato che lo strato superficiale del terreno sondato, in cui è stata rintracciata la contaminazione, sia oggi lo stesso di sessant'anni fa. «Dubito come lei», ha affermato rispondendo alla domanda di un giornalista. Mistero, dunque. Cosolini infine ha fatto luce sulle tempistiche dell'operazione. In effetti le analisi sui vari siti erano pronte già a febbraio, mentre l'ordinanza di divieto del sindaco risale ad appena qualche giorno fa. Due interi mesi prima di intervenire? «Ho chiesto indicazioni tecniche sulle misure da adottare - precisa - perché è chiaro che non posso sottrarmi a una misura a tutela della salute, ma questa misura deve essere proporzionata alla situazione e la proporzione me la danno Arpa e Azienda sanitaria. Appena ha avuto in mano tutto, ho firmato l'ordinanza». Ora nel giardino è vietato accedere alle aree verdi. In caso di bonifiche del terreno la giunta comunale prevederà uno stanziamento apposito a bilancio.

Gianpaolo Sarti

 

Il monitoraggio - Indagini negli spazi verdi di scuole e chiese
A metà maggio saranno pronti anche i risultati delle analisi sui prelievi di terra già effettuati finora.

Si tratta, in particolare, del giardino della scuola dell'infanzia “Don Chalvien” di via Svevo e del giardino pubblico “Muzio de Tommasini” di via Giulia, insieme agli esiti sugli altri siti di Servola individuati dal protocollo sottoscritto da Comune, Arpa e Azienda sanitaria, ma i cui campionamenti sono programmati per il prossimo 5 maggio. Vale a dire gli spazi verdi della sede dell'Associazione Italiana Amici del Presepio di via dei Giardini, della scuola Biagio Marin di via Praga, della Rsa "Casa Verde" e della parrocchia San Lorenzo, entrambe in via di Servola. L'indagine, quindi, è estesa all'intero rione. Tutto il materiale raccolto, hanno precisato sia il sindaco Roberto Cosolini sia l'assessore all'Ambiente Umberto Laureni, permetterà di avere un quadro completo sulla situazione dell'inquinamento sul suolo urbano.

(g.s.)

 

Lega a testa bassa per i «due mesi di silenzio» - Il segretario del Carroccio Roberti chiama la stampa sul posto: «E ora si controlli l’asilo qui vicino»
La Lega Nord va a testa bassa con una raffica di accuse contro la giunta Cosolini. La vicenda dei veleni nei giardini è entrata a pieno titolo nello scontro elettorale di queste settimane. E non poteva essere altrimenti.

Poco dopo l’annuncio dell’ordinanza comunale, decisa dal sindaco e dall’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, si sono fatte sentire numerose forze politiche. Ma ieri il segretario provinciale del Carroccio, Pierpaolo Roberti, ha tenuto una conferenza stampa direttamente sul posto, in piazzale Rosmini. «La giunta aveva in mano i dati dell’Arpa due mesi fa - ha esordito Roberti - e davanti a rilevazioni così critiche ha intrapreso il provvedimento del divieto di acceso ben due mesi dopo. Perché? La giunta comunale ha permesso per tutto questo tempo che i bambini venissero qui a giocare liberamente». Il leghista ha puntato l’indice direttamente sul sindaco: «Perché ieri (giovedì, ndr) Cosolini non era presente alla conferenza stampa dell’assessore Laureni? Come mai ha mandato solo lui, unico non candidato? Forse il sindaco aveva scelto di tenersi fuori per ragioni elettorali? Ora si devono dare risposte rapide, non si perda tempo. Qua vicino c’è un asilo con 150 bambini, bisogna verificare anche il loro giardino. Anche loro stanno giocando su un terreno inquinato? È un interrogativo che non va ignorato». L’esponente della Lega Nord, così come molti residenti della zona, è convinto che la causa delle contaminazioni riscontrate in piazzale Rosmini sia dovuta alle emissioni della Ferriera, più che al materiale di risulta con cui sarebbe stata costruita l’area verde in passato. «La fonte inquinante - ha rincarato Roberti - non può essere quella portata dal governo alleato, non posso pensare che i primi dieci centimetri di terreno, la parte in cui sono state trovate le sostanze, siano gli stessi di sessant’anni fa. Più probabile pensare alle decine e decine di sforamenti della Ferriera. Anche per chi non è un esperto risulta davvero strano immaginare che le contaminazioni siano da attribuire agli americani». D’accordo Fabio Tuiach, candidato nella lista della Lega, anche lui presente ieri mattina alla conferenza stampa di Roberti: «Io lavoro in porto e alla fine della giornata sono nero, dalla Ferriera ci arriva tutto». Il partito sollecita accertamenti immediati sul caso. «La verità - ha chiosato ancora Roberti - è che a Trieste è più comodo togliere i giardini che chiudere la fabbrica».

(g.s.)

 

«Non siamo mica Cernobyl - L’allarme è ingiustificato» - Ironia e rabbia tra i residenti di San Vito. «Colpa degli americani? Sì e pure dei russi»
Nessun dubbio sulle cause dell’inquinamento. «La responsabilità è della Ferriera»
Il bimbo che corre su e giù, un po' sui giochi e un po' sull'erba. La vecchietta che si lascia guidare dal cagnolino al guinzaglio, la coppia che passeggia e si siede su una panchina. C'è il sole, quanto basta per animare questo spazio di verde e silenzio tra le case del rione, davanti al campanile della chiesa. Non c'è veleno che tenga in piazzale Rosmini. Non sarà il benzoapirene, o chi per lui, a spezzare la tranquillità della vita di ogni giorno. «Mica è Cernobyl», scherza qualcuno. «Ma andassero tutti a quel paese...», risponde un altro. E non aveva detto "paese", naturalmente. Ironia e rabbia, ecco come accolgono i residenti l'ordinanza del sindaco. È appesa alle transenne: “divieto di accesso” c'è scritto. E tutti chini a leggere, aggrottare la fronte, borbottare. Qualcuno la snobba. È la sua sfida al sistema. «Macché americani, è colpa della Ferriera, ci prendono in giro», mormora un signore di mezza età. Nessuno crede alla storia del governo alleato che avrebbe portato camion con terra avvelenata per costruire il giardino. «Abito qua dal '55 e ho tirato su i figli tra queste aiuole - racconta Liliana Casali, che abita nelle vicinanze - ogni estate ci arriva l'odore della fabbrica, che ha inquinato tutto. Noi e per terra». La signora Vittorina s'avvicina aprendo il giornale. «Dopo tanti e tanti anni che vengo...sinceramente non so cosa dire». Non si parla d'altro ormai e davanti ai cartelli di divieto si formano gruppetti di persone, di continuo. E giù a discutere di benzoapirene, fumi e odori. Ma Erine Cappellari è sulla panchina e si gode il ritrovato sole primaverile. «Ma non ho capito, mi dica, si può o no camminare?». Già perché in piazzale Rosmini non hanno ben chiaro com'è possibile che sia permesso passeggiare lungo i vialetti ma non sulle aiuole. «L'aria non è la stessa?», incalza ancora Erine. D'altro canto l'Azienda sanitaria ha detto che il terreno è pericoloso, cioè cancerogeno, e l'assorbimento è possibile per via aerea, cutanea e digestiva. Ora come prima. Come decenni prima. «Mio figlio ha trascorso l'intera infanzia in questo giardino - ancora Erine - per noi sapere queste cose è come un fulmine a ciel sereno. Ma per conto mio la causa è la Ferriera. D'estate quando abbiamo la finestra aperta sentiamo odore di uova marce che ci entra in casa». I tassisti se la ridono: «Gli americani? Certo, perché non tirano in ballo anche i sovietici?». Si scherza, ma intanto si fa sul serio: a metà mattina fa la sua comparsa l'operaio del Comune, mandato qua per assicurare le transenne di divieto ai pali. Poco prima erano passati pure i vigili urbani a dare un'occhiata. Qualche attimo, giusto per vedere che tutto fosse in regola. Mentre però un bimbo che avrà avuto sì e no quattro anni scorrazzava allegramente tra i vialetti di terra e le aiuole. «Non sono affatto preoccupata - ragiona la signora Luciana - vengo in giardino da una vita. Secondo me stanno allarmando le persone. Il benzoapirene è anche nelle bistecche che si cucinano al barbecue. Mi pare sia un'azione quasi terroristica per cercare di sdoganare la centralina dell'Arpa che vogliono mettere là», dice indicando il perimetro dove potrebbe sorgere l'impianto. Nessuno la voleva, hanno pur tentato di bloccarla a suon di firme. «Io però continuerò a portare il nipote a giocare, anche sull'erba perché questa è una bomba costruita appositamente per spostare l'attenzione dal problema della centralina e dall'inquinamento della Ferriera». Il sindaco, in attesa di altri accertamenti, per il momento sta escludendo questa ipotesi. Ma se fosse così? Se avessero davvero ragione, i residenti, evidentemente non “insensibili” alle emissioni dello stabilimento siderurgico? «Le respiriamo tutte anche noi fin qua -, interviene il signor Guido -. Ma se si scopre che è colpa della fabbrica allora il problema non è soltanto il giardino di piazzale Rosmini, è di tutto il rione. Dovrebbero controllare tutte le aree verdi della zona. Questa e tutto Campo Marzio. E i giardini delle case della gente? E le scuole?». Lucio Brandolin segue il discorso e annuisce. «Se la causa è la Ferriera che fai? Chiudi Servola, Sant'Andrea e da largo Irneri in poi tutte le aiuole?». Impossibile. "Basterebbe provare a citofonare alle case della gente e fare i prelievi nei giardini delle case e chissà cosa si scoprirebbe».

(g.s.)

 

Dipiazza invoca l’intervento dei magistrati - «Serve un’analisi giuridica sulle omissioni del Comune». Bandelli propone orari extra large al De Amicis
«Il Comune si è reso responsabile di gravi omissioni sul livello di inquinamento raggiunto nei giardini di Servola e non solo. Un comportamento che merita approfondimenti sul piano giuridico, perché siano accertate le responsabilità del caso».

È durissima l’accusa lanciata ieri dal candidato sindaco, Roberto Dipiazza, all’indirizzo di Roberto Cosolini e della sua giunta, dopo la pubblicazione dei dati relativi all’inquinamento dei suoli, che ha portato lo stesso Cosolini a vietare l’accesso al giardino di piazzale Rosmini e alla pineta Miniussi di Servola. Dipiazza si è posto anche una serie di interrogativi: da quanto tempo il Comune era a conoscenza di tali dati? La giunta Serracchiani era stata informata? E, se informata, perché non è intervenuta subito? I consiglieri regionali del Pd, di Sel e dei Cittadini, che hanno votato affinché l'area a caldo della Ferriera di Servola continui a inquinare, erano informati? «Il comportamento del Comune - ha concluso Dipiazza - la dice lunga su come è gestita la salute pubblica da questa amministrazione». Severa anche la presa di posizione di Franco Bandelli, di Un’Altra Trieste: «Serviva la chiusura di un giardino pubblico per svegliare dal letargo qualche fenomeno della politica locale - scrive in una nota - e vedo una lunga fila di “avvoltoi” che si lanciano in picchiata, senza avere un piano alternativo. Vista l’inagibilità di piazzale Rosmini, propongo di mettere in campo un’alternativa per i residenti, offendo libero accesso al piazzale del ricreatorio De Amicis, ampliandone l’orario di apertura». Paolo Menis, candidato sindaco M5S ha invece invitato «Comune e Arpa a procedere spediti per arrivare a identificare la fonte dell'inquinamento. Se fosse la Ferriera, bisognerebbe intervenire con un'ordinanza che blocchi la produzione dell'area a caldo – ha proseguito - dando avvio alla bonifica dei terreni». Sulla questione va rilevata anche la presa di posizione del parlamentare Aris Prodani, che sostiene la candidatura a sindaco di Marino Sossi: «Fa arrabbiare – ha detto ieri - che questi dati siano stati resi noti solo ora, mentre erano conosciuti dalle competenti autorità già da febbraio. Le giustificazioni sentite sono imbarazzanti. L’inquinamento di piazzale Rosmini apre una nuova visuale, perché il problema si amplia, coinvolgendo un'area molto grande - perciò - ha concluso Prodani – ho inviato una lettera al Prefetto, Annapaola Porzio chiedendo un intervento urgente sulla Ferriera». «Questo è un problema politico - ha sottolineato Sossi - perché la coalizione che governa aveva presentato nel 2011 un programma che parlava di demolizione e riconversione dello stabilimento, ma non c'è nessuno che si assuma la responsabilità politica di agire. Ho chiesto sia convocato d'urgenza il Consiglio comunale per una discussione sui dati e sulle decisioni da prendere».

 

In Ferriera l’ispezione della discordia - Commissione regionale spaccata dopo la visita. Il Pd Boem: «Migliorie evidenti». I grillini: «Ma i valori restano fuorilegge»
«Le opere si vedono, le operazioni di mitigazione ambientale sono sotto i nostri occhi e i dati dell'Arpa lo confermano. L'assunzione di nuovo personale e il nuovo stabilimento sono dati tangibili».

È nettamente positivo il commento del presidente della IV Commissione Ambiente del Consiglio regionale, Vittorino Boem (Pd), dopo il sopralluogo effettuato ieri mattina dai consiglieri nello stabilimento della Ferriera di Servola per verificare i risultati conseguiti per il risanamento ambientale e la realizzazione del nuovo impianto di laminazione a freddo. «Abbiamo constatato - ha commentato Boem - che il cambiamento è in atto e che l'investimento privato di oltre 170 milioni di euro da parte di Siderurgica Triestina sta assumendo un positivo impatto su ambiente, salute e occupazione. Da parte nostra resta l'impegno a un continuo monitoraggio e al controllo del rispetto dei parametri ambientali che la nuova Aia ha reso molto più stringenti di prima. Agli attacchi strumentali - aggiunge l’esponente Pd - rispondiamo con qualcosa di oggettivo, con l'impegno da parte dell'amministrazione regionale e del Comune di Trieste, unito a un piano industriale garantito da investimenti importanti. I 410 lavoratori assorbiti dalla nuova proprietà sono già cresciuti di 50 unità e continueranno a crescere grazie al nuovo laminatoio». «L’impegno del Gruppo Arvedi per realizzare i nuovi impianti di abbattimento delle emissioni nell’area a caldo c’è e si vede, il compito delle istituzioni è quello di verificare in modo rigoroso», ha aggiunto Giulio Lauri di Sel. Ma i pareri sono tutt’altro che unanimi. «Abbiamo avuto la prova provata che Siderurgica Triestina non ha alcuna intenzione di chiudere l'area a caldo», è stato invece il commento del consigliere dei Cinquestelle Andrea Ussai che ha partecipato al sopralluogo. «L'impresa sostiene di aver fatto tutti i lavori di risanamento degli impianti richiesti e che, in base all'Accordo di programma, l'attuale attività siderurgica debba continuare almeno fino a ottobre 2016 - riporta Ussai - purtroppo però finora lo stabilimento non ha dimostrato di rispettare i limiti di legge per il benzo(a)pirene e per le Pm10. Nemmeno il rispetto delle prescrizioni dell'Aia e dei limiti di legge talvolta sono sufficienti a garantire la tutela della salute delle persone». E il candidato sindaco del M5S Paolo Menis ha colto l’occasione per ribadire che «è sempre più urgente programmare la chiusura dell'area a caldo». Frattanto le rsu hanno reso noto l’esito del referendum sul contratto integrativo siglato con l’azienda. Su 285 votanti, i sì sono stati 265 con una percentuale che sfiora il 93%. «Siamo soddisfatti dopo un duro lavoro portato avanti dapprima con l’accordo ponte e poi con una trattativa protrattasi per un anno e giunta a conclusione grazie soprattutto a noi e alla Uilm», ha commentato Cristian Prella del sindacato Failms.

Silvio Maranzana

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 aprile 2016

 

Ambiente - Il Gruppo pesca Cedas ripulisce i fondali

Oggi il gruppo pesca sportiva Cedas, in collaborazione con il WWF Area marina protetta di Miramare e il Circolo subacqueo pescasportivo “A. Ghisleri”, organizza una giornata ecologica finalizzata alla pulizia del fondale del Porticciolo Cedas di Viale Miramare.

Dalle 11 si procederà alla raccolta, classificazione e smaltimento dei rifiuti abbandonati sul fondale dello specchio acqueo del porticciolo. Le operazioni si svolgeranno sia dalle imbarcazioni ormeggiate sia con immersione di subacquei volontari.

 

 

acegasapsamga - Ultimo appuntamento con i sabati ecologici

È in programma oggi, dalle 10 alle 18, l'ultimo appuntamento per l'edizione primaverile dell'iniziativa anti-degrado di AcegasApsAmga e Comune.

Il ritrovo è fissato nell'area parcheggio del Campo Sportivo S.S. Gaja di Padriciano. Qui i cittadini troveranno gli operatori di AcegasApsAmga ad assisterli nella consegna di quelle tipologie di rifiuti che non possono essere conferite nei contenitori stradali dedicati alla raccolta differenziata, come mobili, elettrodomestici, scarti di giardino, rifiuti pericolosi, batterie, etc.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 aprile 2016

 

 

Inquinamento record - Giardini “off limits” - Il Comune vieta l’accesso nelle aiuole di piazzale Rosmini e nella pineta a Servola
Riscontrate concentrazioni oltre i limiti di benzoapirene. Incognita sulle cause -  il monitoraggio ARPA sull'inquinamento nel suolo
Il giardino di piazzale Rosmini, frequentato ogni giorno da mamme e bimbi, contiene sostanze potenzialmente cancerogene. Il sindaco Roberto Cosolini ha disposto un'ordinanza che vieta l'accesso all'area verde. Stessa sorte per la pineta “Miniussi” di Servola, pure questa inquinata. La scoperta al termine di una serie di campionature richieste dallo stesso Cosolini, su pressing della cittadinanza, avviate nell'ambito di uno studio che mirava ad accertare le caratteristiche del suolo che circonda lo stabilimento siderurgico della Ferriera. Sia in piazzale Rosmini sia nella pineta sarà possibile continuare a utilizzare le panchine e i giochi per bambini, ma non prati e aiuole. Il terreno, in tutti e due i casi, contiene benzoapirene, benzoantracene, benzofluorantene, benzoperilene e indenopirene in quantità superiore ai limiti di legge. Sono idrocarburi policiclici aromatici che possono provocare tumori, come ha chiarito il direttore del Dipartimento di prevenzione dell'Azienda sanitaria Valentino Patussi parlando in conferenza stampa assieme all'assessore all'Ambiente Umberto Laureni e ai tecnici dell'Arpa. L'assorbimento è possibile per via aerea, cutanea e digestiva. Un rischio che, a rigor di logica, vale tanto per le persone quanto per gli animali, come i cani ad esempio. Perché quei terreni siano pieni di veleni sarà oggetto di altri approfondimenti. Per ora solo supposizioni. Se per Servola potrebbe apparire quasi scontata la vicinanza allo stabilimento - ma sono in corso accertamenti -, per piazzale Rosmini la causa avrebbe origini lontane. Risalirebbe addirittura al governo militare alleato, ha ipotizzato Laureni, che avrebbe realizzato il giardino con «terra di risulta». I dati raccolti dall'Arpa parlano comunque chiaro. Nella Pineta “Miniussi” sono state trovate rilevanti tracce di inquinamento. Il benzopirene, ad esempio, segna valori di quasi sei volte superiori alle norme: 0,58 milligrammi per kg di sostanze secche, seppur con un'incertezza di 0,20. La stessa sostanza, assieme al benzoantracene, benzofluorantene, benzoperilene e indenopirene ben oltre i limiti, è stata rinvenuta pure in piazzale Rosmini, sebbene il giardino si trovi a una distanza notevole dalla Ferriera. In questo caso l'Arpa ha effettuato ben quattro misurazioni: nella prima ha rilevato 0,36 milligrammi di benzopirene (limite sempre a 0,1, con un'incertezza di 0,13); nel lato Nord 0,71 (sette volte tanto, incertezza 0,24), nella zona centrale 0,91 (9 volte tanto, incertezza 0,29), mentre nel lato Sud-Est 1,4 (14 volte tanto, incertezza 0,42). Comune, Arpa e Azienda sanitaria, che operano con un protocollo messo a punto con Regione e Provincia, intendono analizzare a fondo l'entità delle contaminazioni procedendo con caratterizzazioni del terreno, al termine del quale il Comune potrebbe decidere per la bonifica. «Tutto è nato nel 2014 dalla decisione di definire lo stato dei terreni nell'area prospiciente la Ferriera - ha osservato l'assessore - con l'intenzione di capire se c'è un collegamento tra l'inquinamento dello stabilimento e il suolo intorno». Sono stati studiati vari siti delle aree verdi di Servola adiacenti la fabbrica e altri «situati a una distanza tale da ritenerli non direttamente colpiti da emissioni industriali», si legge nel protocollo, cioè piazzale Rosmini, il giardino di via Giulia e il Sincrotrone di Basovizza. Solo piazzale Rosmini appare contaminato in tutte e quattro le analisi fatte. Le indagini a Servola, oltre alla Pineta “Miniussi”, hanno interessato anche l'area di verde pubblico di via Norma Cossetto, il giardino “Antollovich” di via Valmaura-via Carpineto, piazzale Atleti Azzurri d'Italia e, sempre nel rione, l'aiuola spartitraffico della Grande Viabilità. Ma la presenza delle sostanza a livelli elevati è stata riscontrata solo al”Miniussi”. La causa è la Ferriera? «Possiamo affermare che lo stabilimento - ha risposto Laureni - per quanto riguarda i siti prospicienti finora investigati, ma con l'eccezione della pineta, non sembra aver elevato la concentrazione delle sostanze al di sopra di valori accettabili». Al momento sono in fase di campionamento altre zone del quartiere, i cui risultati saranno disponibili a maggio, parallelamente all'attività di approfondimento su quanto trovato in Piazzale Rosmini con l'obiettivo di individuare le sorgenti dell'inquinante. «Il divieto di l'accesso nelle due aree verdi - ha precisato l'assessore - è una procedura di prevenzione. Si può entrare e usare panchine e giochi, ma non la parte verde, dunque le aiuole».

Gianpaolo Sarti

 

«Risultati inattesi e difficili da interpretare» - Il tecnico dell’Arpa Sturzi: «Pericoloso chiamare in causa subito la Ferriera. Meglio attendere le analisi»
«Sorprendente, davvero sorprendente». Usa queste parole Franco Sturzi, il responsabile dell'Arpa che ha seguito l'analisi sui terreni dei giardini di Servola e San Vito. Il campionamento di una parte superficiale di terreno (top-soil, in gergo tecnico), è stato eseguito a metà gennaio e in febbraio.

«Le concentrazioni di sostanze riscontrate in piazzale Rosmini sono effettivamente un'anomalia», osserva l'esperto. Il divieto di accesso è solo una prima misura di prevenzione, alla quale potrebbero fare seguito altri interventi. «La bonifica? Vedremo i risultati, troppo presto per dirlo ora». Non si aspettava di trovare il terreno inquinato da idrocarburi policiclici aromatici in un giardino come quello di piazzale Rosmini? No, anche perché da quanto si sa dalla letteratura esistente in tema di spazi urbani non ci dovrebbe essere questo esito. Tanto che piazzale Rosmini l'avevamo scelto proprio come luogo “neutro” per metterlo in confronto ad altri dove era più probabile rintracciare sostanze. Abbiamo tutti gli elementi per pensare a un'anomalia. Dovuta a cosa? È complesso. Stiamo facendo altre analisi per riuscire a capire da dove proviene l'inquinante. Forse terreno da riporto. L'hanno messo gli americani per costruire il giardino? Questo lo vedremo. L'analisi, insieme alla storia di quel terreno, aiuteranno a vederci chiaro. Più facile invece pensare che le sostanze rinvenute alla Pineta di Servola siano dovute alla Ferriera? È più ragionevole, ma va detto che le matrici del suolo sono molto complesse da studiare, non è come l'aria. Il terreno ha dei costituenti che vengono metabolizzati, trasformati o persistono. O derivano anche dai processi di combustione delle automobili o dal riscaldamento. Invito alla prudenza nel trarre conclusioni. Bene comunque che sia stata stabilita una misura di prevenzione. Cosa possiamo dire ai cittadini? Fate attenzione che i bambini non tocchino l'erba e la terra? Sì, si eviti di calpestare il suolo dove c'è terra e verde. Non si dovrebbe andare comunque perché le aiuole non andrebbero calpestate, però l'avvertimento dell'ordinanza dice proprio questo. E' una misura di prevenzione di legge per situazioni del genere. Quale sarà il passo successivo? Analizzare il terreno per essere certi della provenienza delle sostanze, in modo sistematico. Si farà poi un'analisi di rischio per sapere se il pericolo esiste effettivamente, visto che al momento siamo a un livello base. Cioè siamo di fronte a una misura di prevenzione. In relazione ai risultati si deciderà per altri interventi. Si può ipotizzare la bonifica dell'intero giardino? Sì, l'asportazione dell'intera area verde. O, se non sarà necessario, non si farà nulla. Questo lo potremo dire alla fine di tutti gli accertamenti programmati. (g.s.)

 

Gli idrocarburi - Sostanze pericolose perché cancerogene
Gli idrocarburi policiclici aromatici, di cui il benzoapirene è fra i più noti a livello mediatico e tra i più “temuti” a livello sanitario, sono potenti inquinanti la cui formazione può avvenire in seguito a combustioni chimicamente “incomplete” di fossili, carbone e petrolio, ma anche legname, grassi, fogliame, incenso e composti organici in generale, quali quelli provenienti dai rifiuti urbani.

Possono essere dunque presenti - oltre che nei catrami (l’asfalto) e nei fumi (pure di sigaretta) - anche nei cibi cotti soggetti a “processi di carbonizzazione ad alta temperatura”, come le cotture alla griglia delle carni. Alcuni composti sono stati identificati, come è ormai noto, come cancerogeni e mutageni. Quelli leggeri inoltre possono perfino giungere ad inquinare le falde sotterranee.

 

Le reazioni - Savino ironizza sulle mosse di Cosolini, Battista chiama in causa i vertici Arvedi
«E' assurdo che i cittadini apprendano della chiusura per inquinamento di tutto lo spazio verde di Piazzale Rosmini da una conferenza stampa senza alcun preavvertimento. Si faccia chiarezza e l'amministrazione collabori con i cittadini che si vedono privati di un'importantissima area verde. Lo sostiene Alberto Polacco Capogruppo di Forza Italia nella IV Circoscrizione, mentre la coordinatrice regionale di FI, Sandra Savino, ironizza che «i giardini sono inquinati, ma non è colpa della Ferriera, Cosolini ormai è inaffidabile».

«Mi chiedo - conclude la coordinatrice - se l’inquinamento colpisce solo certe zone visto che nell’area ci sono asili, scuole e il Burlo, tutti luoghi che dovrebbero essere difesi, ma che non lo sono». «A Trieste chiudono i giardini per l’inquinamento ma non l’area a caldo della Ferriera», commenta Giorgio Cecco coordinatore di FareAmbiente . « Per il giardino di Servola, certo poco frequentato e tanto meno dai bambini vista la posizione vicina alla fabbrica, non stupiscono i risultati, invece è forte la preoccupazione per la salute dei bambini che frequentano piazzale Rosmini e molti dubbi nel tenere aperte le aree gioco». «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova: dopo le analisi sulle polveri fatte dalla Dottoressa Gatti, le foto degli “sbuffi”, forse slopping, scattate in questi giorni finite sui giornali e l'esito dell'analisi dei terreni vicini alla Ferriera risultati contaminati da IPA, mi pare che ci siano le prove: è urgente intervenire sulla Ferriera e su Arvedi per mettere fine definitivamente a questo stillicidio, un danno continuo all’ambiente e alla salute di Trieste». Così il senatore Lorenzo Battista, membro del gruppo parlamentare “Per le Autonomie”. Aggiungendo: «Sarà interessante comparare i dati dei terreni con quelli delle polveri campionate dall’Arpa, dove si riportava la presenza di inquinanti riconducibili all’attività siderurgica. Ciò che mi preoccupa sono le decisioni che l’amministrazione prenderà: se trovo i giardinetti inquinati, cosa faccio? Chiudo i giardinetti o la fonte che li inquina?». «L’ordinanza di chiusura delle due aree verdi di Piazzale Rosmini e della Pineta Miniussi di Servola è un atto dovuto per salvaguardare la salute della cittadinanza - commenta Paolo Menis, candidato sindaco di M5S - ma è, al contempo, un atto che non può non preoccupare. Ora si tratterà di capire il prima possibile a cosa è dovuta questa concentrazione anomala di agenti inquinanti proprio in quelle due zone».
 

L’incredulità degli habituè «Davvero corriamo pericoli?»

Transenne installate a San Vito tra lo stupore di mamme con bambini piccoli e anziani. E c’è chi ridimensiona l’allarme: «Ho portato qui i miei figli per anni»
Non se ne sono accorti. Nel giardino di piazzale Rosmini ieri hanno già sistemato cartelli e transenne con il divieto d'accesso, con tanto di ordinanza del sindaco che spiega per filo e per segno tutto. E sono pure riportati gli inquinanti, con nome, cognome e livello di contaminazione. Ma la gente sembra aver confuso la segnaletica con qualche nuovo cantiere, di quelli che si aprono qua e là quando c'è da sistemare un marciapiede o altro. Non se ne sono accorti, ci passano oltre senza leggere che per terra, lì delle aiuole e dell'erba, è pieno di veleni. Sostanze cancerogene, avvertono Comune, Arpa e Azienda sanitaria. Entrano in giardino come sempre, come ogni giorno. Gli anziani per prendere un po' d'aria seduti sulle panchine, le mamme con i passeggini, i bimbi che scorrazzano su e giù per i giochi. Chi legge il giornale, chi porta il cagnolino al guinzaglio. E il cane - come vietarglielo quando lo porti fuori? - che infila il muso dappertutto: sulla terra e sull'erba. Proprio lì, nel terreno inquinato. «Veramente c'è scritto che è contaminato?», domanda incredula la signora Laura Grison, con a fianco il nipotino in bicicletta. «Allora se è rischioso andare sulle aiuole è pericoloso pure respirare l'aria - obbietta -. Dobbiamo forse girare con la mascherina ora?». È una vita che Laura viene in questo giardino. «Va detto che, al di là dei cani, in realtà non vedo bambini che si rotolano per terrra...però se è vero quel che hanno scritto sul cartello significa che è pericoloso anche respirare qua adesso». Davanti alla transenna si è formato un gruppetto di persone, tutti degli habitué in questo giardino rionale. «Il sindaco ha fatto bene a mettere il divieto se il terreno è contaminato - commenta Fabio Dei Rossi- ma adesso cosa si farà? Distruggeranno tutto per poi rifare le aiuole? Già vedo partiti, associazioni e quant'altro che si oppongono. Bloccheranno tutto. Ci vorranno anni e nel frattempo ci sono le elezioni». Il Comune ha disseminato di divieti tutti gli ingressi. Uno per ogni angolo. Ma c'è chi non si preoccupa più di tanto. Come la signora Lucia, che ha approfittato di qualche timido raggio di sole per portare la nipotina a giocare. «Non cambierà nulla per noi, anche perché ai bambini non si permette comunque di salire sulle aiuole. Oltre al fatto che è vietato, per terra è anche pieno di cacche di cani. Quindi c'era già un buon motivo per dire ai bimbi di non montare sull'erba». Antonella Soldà è con il suo Fido al guinzaglio. «Ho portato i miei figli qui per anni. Ora sono più che trentenni...non mi pare ci siano problemi. Dobbiamo davvero preoccuparci? Se dobbiamo aver paura di camminare in giardino allora dovremo dubitare di tutto, dell'aria che respiriamo e di tutto quello che mangiamo». Il giardino è un continuo via vai, come ogni giorno. In pezzo al piazzale una profetica statua di Padre Pio. “Proteggici”.

(g.s.)
 

Prodani denuncia il «silenzio» delle istituzioni «Il Municipio è in possesso di questi dati da almeno due mesi. Perché ha aspettato tanto prima di agire?»
«Il 5, il 12, il 20 aprile ho sollecitato la pubblicazione dei dati e l'adozione di immediati provvedimenti ad Arpa, Comune d Trieste e Azienda Sanitaria. Nessuna risposta. Il 15 aprile denunciato il "silenzio" con una conferenza stampa. Meglio che non pronunci quello che mi verrebbe da dire».

Il deputato Aris Prodani, promotore della lista Sì Sinistra per Trieste che candida sindaco Marino Sossi, si morde la lingua. Non basterebbe l’immunità di cui gode come parlamentare a salvarlo dalla parole che vorrebbe indirizzare ad alcune istituzioni. Tre email rimaste senza risposta e ieri l’ ordinanza del sindaco di Trieste che dispone il divieto di accesso alle aree verdi del giardino di piazzale Rosmini e dei giardinetti di Servola. Una misura scattata in seguito alle rilevazioni dell'Arpa, che ha riscontrato livelli di inquinamento superiori ai limiti di legge nei due terreni. «Non so davvero cosa dire. Il Comune è in possesso di questi dati da almeno due mesi. E non ha fatto niente. Un’omissione preoccupante» attacca Prodani. «I dati di piazzale Rosmini, dove è presente un parco giochi, erano a conoscenza da tempo. È da irresponsabili non aver fatto nulla in tutto questo tempo», aggiunge Prodani. Due settimana fa il deputata aveva denunciato lo strano silenzio delle istituzione sull’inquinamento: «un fatto gravissimo, anche perché i cittadini hanno diritto di sapere qual è la situazione e a quali pericoli sono sottoposti soprattutto i bambini». Una denuncia dettagliata. «In gennaio - aveva ricordato il deputato - il Comune aveva annunciato che si sarebbe fatto un monitoraggio dei terreni attorno alla Ferriera, in tre aree: nel bosco di Servola sotto la chiesa, in piazzale Rosmini e in via Cossetto a Chiarbola. Siamo ad aprile ma i risultati, che sono da tempo in mano alle istituzioni, rimangono segreti. Ho sollecitato più volte tutti e tre gli enti per sapere quando saranno resi pubblici, ma non ho mai ricevuta risposta. Da informazioni ufficiose però ho saputo che, soprattutto in piazzale Rosmini, ci sono dati molto preoccupanti, in particolare per la presenza di benzo(a)pirene, un acclarato cancerogeno di categoria 1. Il dato su piazzale Rosmini inquietante, perché si tratta di un'area destinata ai bambini, frequentata da famiglie, e il benzo(a)pirene si assorbe al semplice contatto con la terra». E ieri l’ordinanza che conferma delle paure.

(fa.do.)
 

Il Circolo Miani resta nel quartier generale di Valmaura
Il Circolo Miani può continuare a respirare l’aria di casa. Quella di Servola. Una battuta? No, una sentenza.

Proprio ieri, infatti, la giudice civile Roberta Mastropietro ha chiuso il contenzioso giudiziario che vedeva l’associazione dello storico nemico numero uno dei fumi della Ferriera Maurizio Fogar (ora ricandidato sindaco con la sua lista indipendente “No Ferriera, sì Trieste”) opporsi allo sfratto esecutivo per morosità verso l’Ater dall’alloggio di cento metri quadrati in cima a un palazzone di Valmaura, con “vista” privilegiata su quello stesso nemico. Il Circolo Miani non si sposta da lì perché, essendogli stata riconosciuta nei giorni scorsi la possibilità di rimanerci in regime di cosiddetto uso precario dal Comune (cui nel frattempo è passata per legge la competenza sull’immobile per le assegnazioni ad associazioni di volontariato o promozione sociale), è cessata di fatto la materia del contendere. Nell’udienza di ieri l’Ater - rappresentata dall’avvocato Bruno Peinkhofer - non ha così dato seguito alle precedenti istanze di esecuzione dello sfratto e di conseguenza l’avvocato Gianfranco Carbone, che tutela il Circolo Miani, ha dichiarato a quel punto che non vi era più l’interesse a opporsi a tale esecutività. La successiva sentenza della giudice Mastropietro, di sostanziale sopravvenuta carenza di interesse riguardo appunto lo sfratto esecutivo, è stata dunque una chiusura indolore di una storia giudiziaria lunga tre anni, anche se in realtà si tratta pur sempre della chiusura di una parte, dato che resta da vedere come si risolverà la partita dei crediti accumulati dall’Ater medesima per le vecchie rate d’affitto non incassate, per una cifra vicina ai 25mila euro. Il vero nodo da sciogliere in questa causa, infatti, non erano i soldi bensì la sola esclusiva esecutività dello sfratto.

(pi.ra.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 aprile 2016

 

 

Il Comune ribadisce il no al rigassificatore - Approvata all’unanimità in Consiglio una delibera contraria all’impianto. Pressing bis sul governo
Se mai qualcuno non se ne fosse reso conto, il Comune ha voluto ribadire ancora una volta ieri in una nota la propria netta contrarietà al rigassificatore di Gas Natural a Zaule. «Nella seduta del 20 aprile - sottolinea la nota -il Consiglio comunale di Trieste ha approvato all'unanimità una delibera nella quale si è ribadito il parere contrario all'impianto di rigassificazione di Zaule, impegnando in tal senso l'Amministrazione. Anche da altre parti sono giunte analoghe sollecitazioni con la richiesta di un impegno politico forte da parte del Comune di Trieste. Vorremmo dare in merito - sottolinea la nota - tutte le rassicurazioni del caso.L'amministrazione comunale di Trieste conferma il suo No a questo impianto di energia. Lo ribadisce con forza soprattutto oggi quando, con l'avvenuta approvazione del Piano Regolatore del Porto di Trieste, si affermano in modo definitivo scelte alternative di sviluppo del territorio. L'approvazione del Piano formalizza infatti e rende concrete tutte le iniziative sulle quali si articolerà lo sviluppo del Porto, dal prolungamento del molo VII al nuovo molo VIII, alla piattaforma logistica (possibile in realtà anche senza Piano regolatore, ndr.) al terminale Ro-Ro all’ex Aquila. Il futuro della città costruito anche su queste grandi opere - si fa notare - rappresenta un ulteriore motivo di incompatibilità con il progettato impianto del rigassificatore di Zaule, all'interno delle dighe». «Questa incompatibilità - prosegue la nota - rinforza il parere negativo espresso all'unanimità e in più occasioni dal Consiglio comunale, e i ricorsi dell'amministrazione ai tribunali amministrativi. Un parere motivato da ragioni di ordine urbanistico, di traffici, di inquinamento del golfo, di rischi di incidente rilevante e da carenze e irregolarità procedurali che hanno connaturato e caratterizzano tuttora l'intero iter del progetto, non ultima la mancata fase informativa della popolazione, pur espressamente prevista dalle norme». «Il Comune, che ha mantenuto sempre vivo il confronto con gli Enti pubblici e con la Regione in primis, si è attivato per far richiedere ai Ministeri dell'Ambiente e dello Sviluppo Economico un pronunciamento definitivo che ponga fine al progetto del rigassificatore di Zaule, uscendo dalle posizioni ambigue che continuano a caratterizzare i loro comportamenti attuali».
 

 

L’area a caldo di Servola dà “fuoco” alla Regione - La mozione grillina sulla chiusura spacca a metà l’aula con 22 sì e 22 no
Cittadini urlanti sugli spalti. Dipiazza all’attacco. Vito: «Richieste irricevibili»
Gruppi di cittadini urlanti contro assessori e consiglieri, centrodestra contro centrosinistra, pentastellati contro centrosinistra e centrodestra. Innesca una gazzarra la mozione grillina che chiedeva alla giunta regionale di «concordare la chiusura progressiva dell’area a caldo della Ferriera di Servola entro tempistiche certe» e che alla fine spacca a metà come una mela il Consiglio regionale: 22 favorevoli (tutte le opposizioni) e 22 contrari (la maggioranza). Il che significa, regolamento alla mano, che il documento non passa. «La mozione è irricevibile perché chiede alla giunta di compiere un atto oltre i limiti della legalità», afferma già in fase di replica l’assessore all’Ambiente Sara Vito che anticipatamente aveva chiesto il ritiro della mozione dichiarandosi disponibile a ulteriori approfondimenti in commissione Ambiente e sostenendo che un primo reale esame critico della situazione potrà essere fatto dopo un anno. I fuochi d’artificio incominciano subito. Andrea Ussai parte illustrando la mozione e la decina di cittadini appartenenti soprattutto all’associazione NoSmog che assiste dalla tribuna sventola volantini e si cala mascherine sulla bocca. «Nessuna pagliacciata con le mascherine - intima il vicepresidente del Consiglio Igor Gabrovec che conduce la seduta - o mi dite che qui c’è puzza e arieggiamo l’aula o le mascherine non c’entrano nulla». Roberto Dipiazza (Autonomia responsabile) sindaco di Trieste dal 2001 al 2011 e ora nuovamente candidato spara ad alzo zero: «Sono da sempre favorevole alla chiusura dell’area a caldo e con i dati ambientali attuali in possesso del sindaco si potrebbe arrivare alla chiusura a ottobre. Il mantenimento di quell’area è stata una scelta dell’attuale sindaco e di tutte le amministrazioni di sinistra che sono responsabili di aver prima svenduto per 175mila euro un’enorme area strategica e poi concesso tutte le autorizzazioni necessarie. Arrivare sotto la data delle elezioni per pronunciarsi sull’eventuale chiusura mi sembra una presa in giro dei cittadini». Se possibile, sarà ancor più duro nella replica: «Arvedi è un altro che è venuto a mangiare a Trieste. Chi ha rilasciato l’Aia alla Ferriera è stato nel 2007 l’assessore Cosolini della giunta Illy. Noi volevamo chiudere quel cancro, lui lo voleva tenere aperto». «Qui si parla di ambiente, ma non di salute - alza la voce Elio De Anna (Forza Italia), eppure il benzopirene provoca il cancro». «Voi due, Dipiazza e De Anna - replica immediatamente Eleonora Frattolin (Cinquestelle) - vi siete sempre dichiarati a favore degli inceneritori, egualmente inquinanti». «Vai a lavorare», le urla Dipiazza. «Non siamo allo stadio», lo rimbrotta Gabrovec. «Il problema è stato sollevato 15 anni fa dall’allora governatore Roberto Antonione», precisa Bruno Marini (Forza Italia). Contrattacca Mauro Travanut (Pd): «Scorretto trattare questo tema a un mese dalle elezioni». Dagli spalti non gliela fanno passare liscia: «Vai a casa», «Abbiamo morti in famiglia». Si alza dalla sedia di spettatore il candidato sindaco Cinquestelle Paolo Menis e si mette a urlare: «L’hanno presentata un mese fa la mozione. Che cavolo dici?». Afferra il microfono della presidenza Paride Cargnelutti (Ncd): «Chiedo ai commessi di far sloggiare il pubblico». Travanut finisce: «Chi era sindaco ha utilizzato oggi sistemi e mezzi inaccettabili». «Non è stato affatto decoroso il tuo intervento, caro Dipiazza - lo rimbrotta direttamente Vittorino Boem (Pd) - mi ha fatto capire che non sarai tu il prossimo sindaco di Trieste: non si va lontano strumentalizzando le paure della gente». «Si può uccidere anche per omissione», ammonisce Rodolfo Ziberna (Forza Italia). Renzo Tondo (Autonomia responsabile) fa il punto: «Per l’importanza del tema doveva esserci qui la presidente Debora Serracchiani, la sua debolezza è stata quella di portarci a superare il 2015 senza avere ora alcuna certezza, mentre noi sapevamo che l’anno scorso sarebbe dovuta finire un’epoca». Alessandro Colautti (Nuovo Centrodestra) prova a sparigliare le carte: «Chiedo che la mozione rimanga sospesa per riprendere la discussione dopo la visita che farà in Ferriera venerdì la commissione consiliare alla quale chiedo si aggreghi la stessa presidente Serracchiani». «Non abbiamo ancora i dati tecnici per compiere una scelta politica alla quale comunque non ci sottrarremo», frena Giulio Lauri (Sel). Ussai, nonostante gli inviti, di ritirare la mozione non ci pensa proprio: «In commissione abbiamo già parlato a lungo di Ferriera, l’unica cosa che concediamo è la possibilità di emendare il punto 1 (non concedere ulteriori proroghe per la mitigazione acustica)». La proposta di Colautti viene bocciata per 35 a 4. La mozione viene bloccata sul pareggio: 22-22. E non passa.

Silvio Maranzana

 

«Fumate dovute a malagestione del forno» - I tecnici dell’Arpa, dopo le recenti emissioni, hanno effettuato un’ispezione: «Individuati i correttivi»
Sono dovuti alle modalità di gestione usate e non al malfunzionamento degli impianti di abbattimento delle emissioni, le grandi fumate e le copiose cadute di polveri che hanno causato le ripetute proteste dei cittadini nel corso degli ulti cinque giorni. È quanto hanno appurato i tecnici dell’Arpa secondo quanto ha riferito ieri una nota della Regione.

«Gli episodi di rilevanti emissioni di polveri provenienti dall'altoforno della Ferriera di Servola che si sono verificati tra il 21 e il 26 aprile sono stati seguiti dall'Agenzia regionale per la Protezione dell'Ambiente (Arpa FVG), fin dal loro primo insorgere, con tutte le più opportune valutazioni e verifiche, anche attraverso contatti diretti con la direzione dello stabilimento. Nel corso di tali eventi - si legge - sono state analizzate le possibili cause e le spiegazioni fornite da Siderurgica Triestina, come previsto anche dall'Aia (Autorizzazione integrata ambientale) rilasciata dalla Regione». Si fa quindi riferimento al fatto che, in anticipo rispetto al fitto calendario di verifiche ispettive ordinarie, ieri è stato inoltre eseguito dai tecnici Arpa un accesso straordinario in azienda, per verificare la situazione degli impianti e le azioni correttive previste e messe in atto da Siderurgica Triestina. «I tecnici dell'Agenzia hanno potuto appurare - si fa rilevare - che gli eventi dei giorni scorsi sono tutti riconducibili a due distinte tipologie, entrambe connesse alle modalità di gestione dell'altoforno e non a malfunzionamento degli impianti di abbattimento prescritti dall'Autorizzazione regionale. In altri termini, pur in presenza di presidi di abbattimento adeguati e funzionanti, le modalità di gestione dell'impianto non sono state adeguate a garantirne l'efficacia. Sono state dunque individuate le azioni correttive necessarie e le modalità di gestione più adeguate a ridurre significativamente, per il futuro, le probabilità che simili accadimenti possano ripetersi». «Per una prima tipologia di eventi, da individuare in fenomeni di sovrappressione dell'altoforno - sottolinea la Regione - le azioni correttive sono già state attivate dall'azienda. Per l'altra, riconducibile alle modalità di gestione della colata della ghisa, tali azioni correttive sono in fase di messa a punto. Tutte le azioni correttive continueranno a essere puntualmente descritte e formalizzate nell'ambito del Sistema di gestione dell'impianto, alla cui puntuale osservanza l'azienda è tenuta per effetto dell'Aia». Il comunicato annuncia inoltre che giovedì 5 maggio avrà inizio la seconda visita ispettiva ordinaria prevista dall'Aia, nel cui ambito sarà tra l'altro verificata la messa a regime delle nuove procedure e la loro efficacia. Verranno invece resi noti stamattina in una conferenza stampa convocata dall’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni i risultati relativi all'inquinamento dei suoli in città. Sulla base di quanto rilevato dai tecnici che hanno eseguito i prelievi, si potrà capire quali conseguenza comporta, su terreni, giardini, parchi l'inquinamento prodotto dalla Ferriera.
 

Esperti a confronto sullo stabilimento - l’incontro
Sarà dedicato al futuro della Ferriera e alla sfida del risanamento ambientale il quinto appuntamento di “Trieste Luogo Comune”, il ciclo di appuntamento promosso nell’ambito di Scat, la Scuola di cittadinanza attiva di Rime, percorso in cui vengono forniti ai giovani e diversamente giovani cittadini gli strumenti di lettura, analisi e partecipazione territoriale allo scopo di contribuire a formare cittadini consapevoli, informati e attivi.

Dopo aver affrontato i temi del lavoro, dell’identità culturale e del porto, il progetto Scat si concentrerà su uno di temi di maggior attualità di questi tempi, appunto le strategie legate allo stabilimento siderurgico di Servola (nella foto la recente visita della commissione consiliare competente). L’incontro si terrà oggi alle 18 all’interno del Teatro del polo di aggregazione giovanile Toti. A confrontarsi nell’occasione Pierluigi Barbieri, docente di Chimica dell’ambiente all’Università, e l’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni.

 

 

Morti d’amianto in crescita Trieste in controtendenza - La Cgil, in occasione della Giornata mondiale delle vittime, rilancia l’allarme
«Siamo passati in tre anni da 34 a 61 casi. Avviata un’indagine sull’ex Olcese»
Si continua a morire di amianto. A Trieste più che altrove. Un triste primato, quello riportato dall’Inail nella sua ultima relazione annuale, che vede un aumento delle patologie asbesto-correlate nel capoluogo giuliano, in netta controtendenza con quanto accade nel resto d’Italia. L’allarme, non nuovo peraltro, l’ha suonato ieri mattina la Cgil Trieste, alla vigilia della Giornata mondiale vittime dell’amianto. L’iniziativa si è svolta alla presenza dell’assessore comunale al Personale Roberto Treu e ai capigruppo del Consiglio comunale Roberto Decarli (Trieste Cambia) e Marino Andolina (Fds), oltre a quella di Renato Milazzi, segretario della European asbestos risks association. «Su tutto il territorio nazionale - ha spiegato Michele Piga della segreteria confederale della Cgil di Trieste - nel triennio 2012-2014 è stato descritto un trend di riduzione delle neoplasie legate all’esposizione all’amianto, con 657 tumori registrati nel 2012, 619 nel 2013 e 414 nel 2014». I dati forniti dalla Struttura complessa di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Azienda sanitaria triestina (Scpsal), invece, raccontano di un aumento di questo tipo di neoplasie, passate dalle 34 del 2012 alle 39 del 2013 e alle 61 del 2014. Numeri, questi, che trovano conferma anche nel 2015, con una fotografia, limitata ai primi undici mesi dell’anno, che descrive altri 51 casi analoghi a quelli registrati nei tre anni precedenti. «Questi dati - ha continuato Piga - devono far riflettere sulla sensibilità di questo territorio. La storia lavorativa di questa provincia, tra la siderurgia della Ferriera, le attività portuali, la navalmeccanica, la motoristica, le attività di raffinazione e l’edilizia, ha caratterizzato la nostra economia, ma ha coinvolto secondo le nostre stime circa 50mila lavoratori, in un arco temporale di 40 anni, che a vario titolo sono entrati in contatto con la fibra di amianto». La Cgil di Trieste, anche sulla scorta di questi numeri, è intenzionata a tracciare un percorso che culminerà il prossimo 17 maggio con un’iniziativa aperta al pubblico, durante la quale verranno discussi i temi che compongono nel complesso la questione amianto, quali l’assistenza sanitaria, la sicurezza sul lavoro e la tematica ambientale. «Per quanto riguarda le attività di tutela - così il sindacalista - porteremo in quella sede i dati relativi al danno differenziale (la differenza tra quanto versato dall’Inail e quanto è possibile richiedere al proprio datore di lavoro, ndr), in modo da far conoscere quelle possibilità di tutela che in questo territorio, a differenza del vicino isontino, vengono sottoutilizzate». Nei prossimi giorni, invece, la Cgil consegnerà alle autorità competenti, quali l’Inail regionale e la Uopsal, l’Unità operativa di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, un’indagine che la sigla sindacale ha svolto sulle attività lavorative dell’ex stabilimento per la produzione di filati tessili Fta, ex Olcese, e che consentirà un’analisi realistica finalizzata alla quantificazione del grado espositivo all’asbesto subìto da chi ha lavorato per anni in quello stabilimento. «A poco più di dieci anni dalla cessazione di quel tipo di attività - ha sottolineato per l’ufficio sindacale Stefano Borini - emergono infatti i primi casi di mesotelioma della pleura in alcune persone che hanno lavorato nell’ex Olcese. Sono stati questi stessi lavoratori a sollecitare un’attività di indagine che contribuisca a fare chiarezza su quanto sta accadendo, in modo che venga loro riconosciuta, come previsto per legge, la malattia professionale asbesto-correlata». La speranza dei sindacalisti è quella che la politica trovi una soluzione a «un’ingiustizia che aumenta con il passare del tempo». Un riferimento, quello fatto da Borini, al blocco dei benefici previdenziali per le persone che hanno presentato domanda di certificazione all’Inail dopo il 15 giugno 2005. «Tale limite temporale - ha concluso Borini - non tiene conto dei tempi di latenza durante i quali le patologie correlate all’esposizione all’amianto non si sono ancora manifestate. A queste persone lo Stato ha smesso di riconoscere dei diritti». L’assessore Treu ha confermato l’adesione convinta dell’amministrazione comunale a questo tipo di iniziative, rivendicando «di avere bonificato le scuole dall’asbesto nonostante il blocco della spesa pubblica».

Luca Saviano

 

«Convivo con la “bestia” presa all’ex Aquila» - Franco, 72 anni, doppio carcinoma ai polmoni, racconta il suo calvario: «Se solo avessimo saputo»
La tosse persistente. Le tracce di sangue espettorate. Una vita professionale trascorsa nella raffineria Aquila, dai primi anni Sessanta fino alla chiusura definitiva dello stabilimento, trent’anni più tardi. Tre indizi fanno una prova anche se la conferma ai propri timori arriva solamente dopo aver ritirato le risposte della Tac. La prima diagnosi è impietosa: “carcinoma al polmone destro”. La seconda, a distanza di otto anni, è anche peggiore ed evidenzia sul polmone sinistro la presenza di un “adenocarcinoma sarcomatoide”. Franco, 72 anni, racconta del suo calvario con la lucidità e la tranquillità di chi ha attraversato l’inferno e ne è uscito vivo. Ci sono voluti due interventi per asportare parte dei lobi polmonari inferiori, oltre a svariati cicli di chemioterapia, ma la sua è la testimonianza diretta di chi ha affrontato «la bestia» ed è rimasto in piedi. «Portavamo l’amianto a casa - ricorda - . Le nostre mogli lo respiravano nel lavare il “terlis”, l’abito da lavoro degli operai, e per questo vennero equiparate a noi lavoratori da un’apposita commissione di valutazione. A me è stata riconosciuta un’invalidità del 60% e il nesso causale tra la malattia professionale e l'esposizione agli idrocarburi». La conta dei morti a causa dell’esposizione all’amianto, però, è tristemente lunga anche fra gli ex dipendenti dell’Aquila. «Decine e decine di miei colleghi sono morti a causa del mesotelioma della pleura - continua Franco - . Quel tumore non lascia scampo. Ci puoi convivere per un po’, ma è solo una questione di tempo». Franco non riesce a provare rabbia, solo rammarico per quanto gli è accaduto. «Se solo avessimo immaginato quali danni poteva causare l’amianto... Ho sempre fatto attività sindacale, ho letto molto e mi sono sempre informato sui rischi ai quali venivamo esposti. L’amianto sembrava essere un materiale “pulito”, anche se forse ad altri livelli già sapevano..». Tutti i tubi presenti nello stabilimento, al pari di ogni tipo di materiale antincendio, venivano rivestiti con l’amianto. «Era dappertutto», assicura Franco. L’Aquila, l’Italsider, il porto e la Ferriera. Trieste sembra pagare un tributo di vittime per l’amianto superiore a quello di altre città. «Il problema è che certe neoplasie si presentano anche a distanza di decenni dall’avvenuta esposizione. Un pensa de gaverghela ficada e invece...». Franco adesso si affida alle cure naturali che gli vengono “prescritte” dalla moglie: Aloe arborescens, Artenesia annua e sali alcalinizzanti. «Non credo alla loro utilità - spiega - ma attualmente non ci sono altre terapie alle quali posso sottopormi. Una cosa sui medici la voglio proprio dire: il personale della chirurgia toracica di Cattinara e dell’oncologia è fantastico, competente e umano. Lo scriva, mi raccomando».

(lu.sa.)

 

 

Dai dinosauri ai castellieri Il Carso prepara il rilancio - Comuni italiani e sloveni coinvolti nella definizione del progetto del “Geoparco”
Allo studio itinerari tematici legati alla storia e alla morfologia del territorio
DUINO AURISINA - Prende corpo il progetto per la realizzazione del Geoparco del Carso. La Provincia - ente che per primo ha individuato il potenziale di questa struttura internazionale e interprovinciale -, che comprenderà anche alcune aree in territorio sloveno e si estenderà fino a coprire zone dell’isontino e sarà finanziata con fondi europei e nazionali, ha ultimato in questi giorni la fase di studio. Al suo interno si evidenzia che il percorso in parte sotterraneo del Timavo, quello dell’Isonzo, i resti di dinosauri ritrovati nell’area del Villaggio del Pescatore, i castellieri, gli elementi presenti di peculiare interesse per la loro biodiversità, per gli aspetti antropici, storici e culturali «sono tutti fattori - si legge nella relazione dell’Area Sviluppo e pianificazione di palazzo Galatti – sui quali si reggerà il Geoparco del Carso. La proposta di realizzarlo è stata motivata dall’omogeneità del territorio italiano e sloveno, caratterizzata dal fenomeno carsico, che offre multiformi morfologie superficiali e sotterranee, ma non vanno trascurate le ricerche sulla frequentazione del Carso da parte dell’uomo, in epoche preistoriche in cavità, e significativi manufatti più recenti, quali le dimore storiche. Anche nell’ambito monfalconese e goriziano - continua il testo - sono presenti significative morfologie idrogeologiche, come il lago di Doberdò e si conservano le testimonianze storiche del primo conflitto mondiale, che qui si è manifestato nelle forme più cruente, di interesse sovranazionale. La proposta di valorizzazione di tale patrimonio non imporrà peraltro nuovi vincoli - prosegue il testo - e incentiverà anzi le attività agricole tradizionali, creando così i presupposti per uno sviluppo economico e turistico sostenibile». L’Area Sviluppo e pianificazione territoriale della Provincia aveva avviato la fase di progettazione e realizzazione di un Geoparco sulla base dei finanziamenti previsti nell’ambito del Programma per la cooperazione Transfrontaliera Italia Slovenia 2007-2013, del Fondo europeo di sviluppo regionale e dei fondi nazionali fin dall’agosto del 2013, nel corso di un incontro a Sesana, cittadina capofila del coordinamento del progetto per il versante sloveno, durante il quale si erano approfondite le ricadute economiche e turistiche di iniziative di valorizzazione del territorio carsico, partendo da un’analisi dei sistemi ricettivi, del turismo attuale e dall’interesse per l’area. A seguito di tale attività si era poi avviata una fase di divulgazione alla popolazione con iniziative mirate, anche attraverso sondaggi scritti. Nel marzo del 2014, in occasione dell’inaugurazione del “Museo vivente” a Sesana, i partner del progetto italiani e sloveni, insieme ai rappresentanti del Comune di Sesana avevano sottoscritto una dichiarazione per il sostegno e l’adesione alla “carta di prosecuzione del partenariato transfrontaliero di sviluppo del Carso 2014-2020”, con un formale impegno a valorizzare il territorio, proprio in virtù della creazione di un Geoparco. Azioni divulgative di taglio più scientifico erano state portate avanti dalla Provincia di Trieste, che aveva inviato propri delegati al 6° Workshop dei Geoparchi, svoltosi a Castelnuovo di Garfagnana sempre nel 2014. La giunta provinciale aveva poi condiviso l’avvio della procedura di candidatura del Carso, con l’adozione di una specifica delibera, alla quale aveva fatto seguito l’avvio di colloqui con la Regione. «Si tratta ora si stabilire quali sono le priorità da affrontare - spiega il vicepresidente, Igor Dolenc - e valutare insieme il percorso amministrativo e tecnico da seguire, formulando l’ipotesi di gestione coordinata. Bisogna poi coinvolgere la Provincia di Gorizia e i partner sloveni, l’Università italiana e del Litorale, la direzione della Grotta Gigante e delle Grotte e il Parco di San Canziano, puntando alla costituzione di un organo di consultazione, a cui si affiancherà un organo politico».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 aprile 2016

 

 

In tram e treno storico da Opicina a Barcola - Cosolini: «Da giugno si arriverà al Magazzino 26 e nel 2017 ai circoli nautici
Stiamo progettando anche la prosecuzione della trenovia fino sulle Rive»
Dal Carso alle “spiagge” con un percorso altamente suggestivo tutto su rotaia, formidabile attrattiva non solo estiva per triestini e turisti. Con due progetti distinti lo sta mettendo a fuoco il Comune e il sindaco Roberto Cosolini lo annuncia con una certa soddisfazione. Fulcro di tutta l’operazione il Porto vecchio che incomincia a prospettarsi anche con i primi risultati concreti come un tesoro, se la città saprà trovare le chiavi del forziere che lo custodisce. Lo stesso sindaco dunque ha promosso un gruppo di lavoro di cui fanno parte oltre al Comune anche l’Autorità portuale, Adriafer (la società che gestisce le manovre in porto) e Trieste trasporti per creare il treno del Porto vecchio. Non più la Littorina dell’anno scorso, ma un locomotore italiano degli anni Sessanta che trainerà due carrozze coetanee di prima classe di costruzione svizzera, ma a lungo operative in Austria, in grado di trasportare complessivamente cento persone alla volta. Le carrozze, di cui forniamo sotto alcuni dettagli tecnici, sono state acquistate a Villaco, i locomotori sono di proprietà di Adriafer. «Certamente da giugno il treno sarà operativo e perlomeno fino alla Barcolana (in programma il 9 ottobre) effettuerà numerosi viaggi in tutti i weekend, ma a partire già dal venerdì», annuncia il sindaco. Il percorso sarà limitato a circa un chilometro, a partire dal Molo Quarto, poco oltre l’ingresso di largo Santos fino al Magazzino 26: il tratto che veniva coperto già l’anno scorso. Sono però già stati programmati due step successivi che rendono tutta l’operazione particolarmente affascinante: «Già entro quest’anno - anticipa ancora Cosolini - sarà rimesso in funzione il tratto di binario fino sul retro della Centrale idrodinamica (quest’estate sarà ancora necessario, una volta scesi, fare un’ulteriore tratto a piedi per visitare la mostra “Lloyd, le navi di Trieste nel mondo”). Per il 2017 invece abbiamo un obiettivo formidabile: raggiungere direttamente l’area dei circoli nautici, in pratica arrivare fino a Barcola». «Dopo il successo dello scorso anno - aggiunge il segretario generale dell’Authority, Mario Sommariva - un’operazione interessante che si inquadra perfettamente nel processo di riconversione dello scalo antico». Questa la prospettiva su un versante, ma la portata dell’intera operazione può essere compresa solo se viene considerata nel suo complesso. C’è infatti anche un altro gruppo di studio messo in piedi in Comune che sta progettando la prosecuzione del percorso del tram di Opicina fino sulle Rive. «Si potrebbe arrivare con la tramvia fino a poco distanza, al massimo cento metri, dal treno del Porto vecchio», specifica il sindaco. Scesi dal tram dunque si potrà in un paio di minuti salire sul treno. E viceversa, logicamente. Risulteranno così direttamente collegate Opicina a Barcola e più in generale il più importante centro dell’altipiano carsico con il tratto costiero più caratteristico di Trieste. Una notevole comodità in più per i triestini (a patto che si evitino resse nei mesi più caldi), ma anche un attrattore turistico di notevole spessore in grado di far conoscere il Porto vecchio nella sua nuova veste anche utilizzando la leva di una secolare attrattiva locale qual è il Tram di Opicina. Attualmente un bus navetta attivato dal Comune mette in collegamento piazza Tommaseo con il Porto vecchio solo in concomitanza con le conferenze del ciclo “Trieste e il mare” che si svolgono al Magazzino 26. Ne sono in programma ancora tre, sempre di sabato, il 30 aprile, il 7 e il 21 maggio. Nelle giornate di Pasqua il bus navetta gratuito ha funzionato dalla tarda mattinata fino al tardo pomeriggio soprattutto per permettere le visite alla Mostra sulle navi del Lloyd. L’anno scorso, in occasione della Barcolana, era stato messo in operatività un treno storico trainato dall’automotrice diesel Ad 803 costruito nel 1957. Un veicolo di quasi sessant’anni, capace di 120 passeggeri e utilizzato anche ai giorni nostri per tanti eventi soprattutto rievocativi. Un’operazione che era stata resa possibile grazie alla collaborazione tra l’Autorità portuale, il Comune, la società velica di Barcola-Grignano che organizza la Barcolana, Adriafer e la società Ferrovie Udine-Cividale. Quella che è comunemente nota come “Littorina” aveva effettuato 286 corse trasportando, nei soli nove giorni in cui ha funzionato, ben 20.600 persone, ma suscitando anche apprezzamenti e l’entusiasmo di grandi e piccini.

Silvio Maranzana

 

Il locomotore giallo e le carrozze austriache - A fare la spola due vagoni da cinquanta posti “trovati” a Villaco trainati da una motrice della Badoni
Sarà un locomotore giallo costruito dalla Badoni di Lecco a trainare il treno del Porto vecchio, mentre le carrozze saranno due del tipo Schlieren. Alcuni particolari tecnici vengono forniti da Leandro Steffé del Museo ferroviario di Trieste.

Uno dei locomotori del resto è visibile al Museo, mentre quello che incomincerà il servizio a giugno è già in gestione ad Adriafer. «Si tratta di locomotori diesel, di potenza compresa tra i 200 e i 300 hp - spiega Steffé - costruiti tra la fine degli Anni Cinquanta e l’inizio degli Anni Sessanta e utilizzati per le manovre all’interno dello scalo dapprima dall’Ente porto e poi dall’Autorità portuale o da Adriafer fino agli Anni Novanta. Di stazzatura piuttosto ridotta e adatti soprattutto alla manovre, sono perfettamente funzionanti». La Antonio Badoni di Lecco, conosciuta anche con l'acronimo Abl, è stata una tra le principali società italiane di costruzioni di locomotive da manovra, di carpenterie metalliche e veicoli speciali per il trasporto. Le sue origini risalgono al 1850 quando nacque, a Lecco, come società Giuseppe Badoni & Compagni attiva nel settore siderurgico Divenne presto una tra le maggiori protagoniste dello sviluppo industriale della città. Negli anni Venti del Novecento la produzione spazia ormai su tutti i settori della carpenteria e meccanica pesante. Si associano nella proprietà anche le Acciaierie Falck. Gli anni Settanta segnano l'inizio del decadimento dell'azienda; continuano tuttavia le consegne di locomotive ferroviarie come le 245 finché nel 1993, dopo aver completato la consegna dell'ultima serie di locomotive da manovra 255 il Tribunale di Lecco non ne decreta il fallimento. «Le due carrozze invece - spiega ancora Steffé - sono quelle del tipo “Schlieren” (costruite in Svizzera) e entrate in servizio negli Anni Sessanta sui convogli regionali austriaci. Sono quelle di prima classe, con il piano ribassato e quindi di accessibilità estremamente facili. Ognuna può portare fino a cinquanta passeggeri. Fino agli anni Novanta sono state utilizzate da un operatore austriaco privato per svolgere un servizio di tipo turistico e più volte hanno fatto parte di treni speciali che sono arrivati anche a Trieste. Siamo stati noi del Museo ferroviario a localizzarle a Villaco ed ora dovrebbero essere l’ideale per svolgere il previsto collegamento in Porto vecchio».

(s.m.)

 

 

LAVORI PUBBLICI: LA RIQUALIFICAZIONE DI PONTEROSSO - Il Canal Grande si rifà le antiche sponde

La gara d’appalto partirà entro maggio. Il Comune ha trovato le risorse “ripescando” i fondi del tubone sottomarino
Torneranno i masegni dalle Rive a via San Spiridione Lavori da più di un milione
Dal “tubone sottomarino” tornano a galla un milione e 116 mila euro. Recuperati al volo dal progetto del 2001 serviranno a rifare le sponde del Canal Grande triestino con il recupero dell’antico masegno. Entro maggio si terrà la gara di appalto (l’opera è prevista nel piano 20015 - 2017). Il progetto è già stato approvato. «A breve si va in gara - spiega l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto -. Abbiamo concluso l’iter della progettazione. Vengono recuperate completamente le sponde del canale di Ponterosso dalle Rive fino a via San Spiridione». Ovvero la parte “bassa”. La parte “alta”, quella interrata che va da via San Spiridione al sagrato della Chiesa di Sant’Antonio Nuovo, è interessata da un concorso di idee (i risultati, con relativi premi, si possono ammirare al Museo Revoltella). I lavori di rifacimento delle sponde del Canal Grande saranno organizzati in due lotti. Una questione legata ai finanziamenti, più che una necessità operativa. «Le fonti di finanziamento sono due distinte: il ministero dell’Ambiente e quello delle Infrastrutture - spiega Dapretto - . Il primo step, da un milione e 116.181,53 euro, interesserà l’intera via Bellini e via Rossini dalle Rive fino a via Trento. Abbiamo chiesto noi a Roma di poter girare quella cifra su tale intervento, perché i soldi assegnati all’epoca (2001) erano ancora legati al progetto del tubone sottomarino che avrebbe dovuto portare dal Porto vecchio al Porto nuovo». L’opera, infatti, è finanziata con contributo statale del vecchio Prusst (programma di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio). «Siamo riusciti a stornare i soldi stanziati all’Autorità portuale per la progettazione del tubone sottomarino. Si tratta di soldi che stavano per andare in perenzione (estinzione, ndr). Con una certa abilità siamo riusciti a recuperarli e abbiamo ottenuto dal ministero la possibilità di poterli reimpiegare per completare la riqualificazione del Canale Ponterosso» racconta Dapretto. La rendicontazione va completata entro il 20 maggio 2017: «Ciò significa che il cantiere deve partire assolutamente entro l’anno». Il progetto esecutivo per il primo lotto prevede lavori per 240 giorni. «La realizzazione seguirà la modalità usata per piazza Ponterosso - spiega l’assessore -. Ci sarà la posa delle vecchie pietre. Solo vicino ai palazzi verrà usata pietra di nuova estrazione per facilitare la mobilità e gli accessi agli edifici». La parte successiva e conclusiva (per la quale ci sono già pareri positivi della Soprintendenza) abbraccerà via Rossini da via Trento a via San Spiridione e i due attraversamenti di via Filzi/via San Spiridione e via Roma, compresi gli elementi di arredo urbano. «A breve ci sarà il progetto esecutivo per il secondo lotto per il quale ci impegniamo a spostare delle cifre sul bilancio prossimo in modo da dare continuità all’intervento e completarlo integralmente. Anche in questo caso abbiamo dei soldi residui dal cantiere di piazza della Borsa: 705mila euro» conclude Dapretto. L’Autorità Portuale non solo ha rinunciato al finanziamento del tubone, ma ha pure messo a disposizione i masegni mancanti. La convenzione è stata firmata alcuni mesi fa: l'Autorità portuale di Trieste cede gratuitamente al Comune circa 3.650 metri quadrati di lastre in masegno, che potranno così essere utilizzate e reimpiegate in ambito urbano. I materiali sono stoccati nel terrapieno di Barcola. Si tratta di vecchi masegni raccolti e conservati dall'Autorità Portuale di Trieste nel corso di diversi interventi di demolizione e manutenzione, eseguiti negli anni scorsi in ambito portuale, e appartengono a quelle pavimentazioni in materiale lapideo già presenti in numerosi edifici ed aree scoperte del porto. «Grazie a questa sinergica e positiva convezione tra Comune e Autorità portuale - ricorda Dapretto- sarà così possibile impiegare e valorizzare i masegni donati nella riqualificazione e ripavimentazione delle vie e delle piazze del centro storico della città, in un attento percorso fatto di legami storico culturali, con suggestivi riferimenti tra passato, presente e futuro». Autorizzato dalla Soprintendenza delle belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia l'intervento di riqualificazione delle sponde del canale di Ponterosso con il recupero dell'antico masegno, dalle Rive alla via San Spiridione potrebbe iniziare entro l’anno e ed essere portato a compimento nel 2017. Un Canal Grande finalmente all’altezza del nome del Borgo Teresiano che rappresenta.

Fabio Dorigo

 

L’ultimo capitolo con piazza Sant’Antonio - L’amministrazione sarà chiamata alla progettazione definitiva partendo dagli esiti del concorso di idee
Al rifacimento delle sponde del Canal Grande, seguirà - almeno nelle intenzioni dell’amministrazione comunale in carica e posto che a giugno sono in programma le elezioni - il restyling di piazza Sant’Antonio con la riapertura dell’ultimo tratto dello stesso Canal Grande nello spazio davanti alla chiesa.

L’ultimo intervento a chiusura della riqualificazione del Borgo Teresiano e della zona di Ponterosso. La scorsa settimana, dal palco dell’auditorium del museo Revoltella, il Comune e la Commissione giudicatrice avevano presentato i progetti vincitori del Concorso di idee lanciato proprio dalla giunta Cosolini per dare un volto diverso da quello attuale - con un richiamo al passato - all’area fra piazza Sant’Antonio e via San Spiridione-via Filzi. Nell’occasione il sindaco Roberto Cosolini aveva chiarito che in ogni caso «la progettazione passerà ora di nuovo al vaglio dell’amministrazione» specificando come dall’esito del concorso non sia derivata ancora una «scelta progettuale definitiva». A classificarsi in prima posizione nella selezione era stato il progetto della piazza d’acqua, che può scomparire nel caso di manifestazioni o concerti sul posto, presentato dal gruppo guidato dagli architetti Daniela Anzil e Giampaolo Zeroni, con l’ingegner Massimiliano Modena e il consulente architetto Marco De Stefani, da Sagrado. L’elaborazione prevede una vasca ribassata di 90 centimetri rispetto al livello della strada, degli scalini in fondo al Canale e al centro un simbolico incrocio che guarda in direzione delle chiese delle diverse comunità religiose presenti in città. Seconda classificata l’idea dell’architetto bolognese Paolo Chierici, che punta a riaprire il Canale sino quasi all’altezza di via Dante con un ponte fra via Filzi e via San Spiridione, una scalinata verso la chiesa e infine una fontana centrale con alberi ai lati. Terza piazza per il raggruppamento capitanato dall’architetto Barbara Fornasir e composto anche dall’ingegner Fausto Benussi, dagli architetti Rossella Gerbini e Franco Umeri, con consulenti Giulia Sponza, Massimiliano Fittipaldi e Giovanni Franzil e pure il noto critico d’arte Vittorio Sgarbi. La soluzione, in questo caso, si articola - un metro e mezzo più in basso rispetto agli argini - in due passerelle in legno sistemate sull’acqua con tende a coprire cinque postazioni per lato.

Matteo Unterweger

 

 

L’advisor di Porto vecchio sforna il primo report - Il colosso mondiale Ernst&Young sta completando la fase iniziale del lavoro
Il sindaco: «Entro due settimane appuntamento pubblico di presentazione»
Ernst&Young, il colosso mondiale dell’advisory che ha vinto la gara per affiancare il Comune nel progetto di riqualificazione del Porto vecchio, sta completando la prima fase di lavoro. «Entro la prima metà di maggio - annuncia il sindaco Roberto Cosolini - è previsto un primo report pubblico». La relazione cioé sarà rivolta a tutti i cittadini che riusciranno ad assistervi e non si tratterà di un banale resoconto delle prime azioni conoscitive intraprese. «Certamente - aggiunge il sindaco - verrà anche già data qualche indicazione concreta sulle scelte strategiche che l’advisor suggerisce». Sul progetto triestino sta lavorando anche il responsabile di E&Y Francia, centro di eccellenza per l’esperienza accumulata in contesti portuali e che fornisce in particolare il know how accumulato nel Porto vecchio di Marsiglia. In realtà in Porto vecchio non si naviga nel buio, ma vi sono quattro punti fermi che sono anche qualcosa di più di semplici linee sulla carta. L’interesse di Fincantieri è stato ribadito non più tardi di quattro giorni fa a Trieste nientemeno che dall’amministratore delegato Giuseppe Bono: «La nostra candidatura - ha ribadito - è per «uno spazio appositamente dedicato ad accogliere megayacht, i relativi servizi e tutto ciò che serve per mantenerli». Già nel giugno 2014 il Gruppo cantieristico aveva presentato una manifestazione di interesse per i Magazzini 24 e 25, il Molo Zero e il bacino compreso tra il Molo Zero e il Molo Primo per creare un porto per megayacht con foresterie, alberghi, uffici e servizi, oltre a infrastrutture per effettuare lavori di piccola manutenzione». «Sta andando avanti - ha aggiunto ieri il segretario generale dell’Autorità portuale Mario Sommariva - lo studio per realizzare un terminal passeggeri sull’area dell’Adriaterminal che dovrebbe essere gestito dall’attuale terminalista, Genoa metal terminal. Ciò anche se non siamo riusciti a vendere le quattro gru con il bando che abbiamo lanciato alcuni mesi fa. Va rimarcato però - ha aggiunto Sommariva - che questo terminal si affiancherebbe alla Marittima sul Molo Bersaglieri dove contemporaneamente intendiamo anzi procedere con il progetto di prolungamento della banchina». C’è poi la cittadella Greensisam che si estende sui primi cinque grandi magazzini partendo da piazza Libertà e sui piazzali intermedi. Sia il sindaco Cosolini che il concessionario, Pierluigi Maneschi, hanno annunciato che sono stati avviati tutti gli atti burocratici per far sì che la cittadella Greensisam sia il primo settore di Porto vecchio a passare al Comune che poi dovrebbe venderla ai nuovi soci europei ai quali lo stesso Maneschi si è detto intenzionato a cedere la maggioranza delle quote della società. Infine il grande Museo del mare. «Anche a questo progetto stiamo già lavorando - ha specificato ieri il sindaco - e la Mostra allestita alla Centrale idrodinamica ne sarà il primo nucleo anche se è difficile prevedere al momento della chiusura, a ottobre, un suo trasferimento diretto al vicino Magazzino 26 che del Museo del mare sarà la sede».

(s.m.)

 

«Poca trasparenza sullo scalo antico» - Sossi, candidato sindaco della sinistra, va all’attacco dopo la bocciatura della sua mozione sull’area
«Sta passando un teorema pericoloso per la democrazia: chi vuole approfondire il tema del Porto vecchio in Consiglio comunale passa per conservatore».

Non le manda a dire Marino Sossi, candidato sindaco con “Sinistra per Trieste”, dopo che l’aula ha bocciato nei giorni scorsi la sua mozione urgente sul futuro del vecchio scalo (solo sei i voti favorevoli: Sel, M5S e Forza Italia). Il documento sottoposto all’aula avrebbe dovuto impegnare il sindaco su tre punti. Innanzitutto a «portare alla valutazione e al giudizio della comunità cittadina un progetto di riutilizzo complessivo delPorto vecchio, nella chiarezza delle nuove destinazioni d’uso, dei soggetti acquirenti, delle fonti di finanziamento e degli oneri a carico del Comune». In secondo luogo il primo cittadino avrebbe dovuto «aprire un confronto con le forze politiche e le rappresentanze istituzionali della città, dando centralità al ruolo del Consiglio comunale, per la definizione di una proposta strategica di sviluppo unitario del territorio, con la piena trasparenza nelle scelte, fin dall’avvio della fase istruttoria». Infine la mozione impegnava il sindaco a relazionare periodicamente sull’evoluzione di tutta la tematica relativa al futuro dell’area. «L’emendamento Russo sulla sdemanalizzazione del Porto vecchio - sottolinea Sossi - fissa regole da seguire che devono essere trasparenti. Bisogna quindi decidere assieme seguendo percorsi democratici, mentre invece oggi decide uno solo...». Con riguardo all’area in concessione a Greensisam per 90 anni, e rifacendosi alle notizie sulla futura cessione dei cinque magazzini, che secondo il sindaco saranno i primi a passare in proprietà al Comune, Sossi afferma che «bisogna capire come è possibile fare stralci dal contesto generale del Porto vecchio. Cominciamo - avverte - con i pericoli delle eccezioni. Non c’è dunque trasparenza, mentre in uno stato di diritto è d’obbligo chiarire la situazione ai cittadini». Prospettive, queste, che fanno dire al candidato sindaco che «l’inizio sul Porto vecchio non è promettente, mentre l’industria cittadina è in grave crisi, e in dieci anni si sono persi 26 mila abitanti. Il Porto vecchio offre possibilità si sviluppo: bisogna insistere, magari sfruttando il punto franco».

(gi.pa.)

 

La trasformazione - La nuova passerella in viale Miramare
Un primo lavoro è stato già portato a compimento dall’Autorità portuale per rendere il Porto vecchio una struttura funzionale al tempo libero di triestini e turisti, oltre che a un motore di un nuovo tipo di economia cittadina.

Si tratta di un camminamento rasoterra comodo, protetto e illuminato per evitare la passerella di ferro, forse di pregio storico-artigianale, ma dai gradini alti e faticosi che gli anziani e chiunque abbia qualche difficoltà di deambulazione facevano gran fatica ad affrontare e che andrà a vantaggio dei fruitori del “Bagno marino” gestito dal Cral del porto in viale Miramare. Lo potranno utilizzare anche i numerosi frequentatori dell'attiguo stabilimento balneare del Dopolavoro ferroviario. Sarà ora da vedere se andrà a interferire con il prolungamento del treno fino a Barcola previsto per l’anno prossimo.

 

 

Il futuro della Ferriera in Consiglio regionale - In discussione la mozione grillina sull’area a caldo. Oggi la riunione sulle “fumate” tra azienda e Arpa
La chiusura progressiva dell’area a caldo, in tempi certi. A richiederla, 24 ore dopo l’ultima fumata “anomala” levatasi dall’impianto di Servola, sono i consiglieri regionali del M5S Ussai, Bianchi, Dal Zovo, Frattolin e Sergo, attraverso una mozione che sarà discussa oggi in aula.

«Vogliamo impegnare la giunta - spiega Andrea Ussai - a prendere decisioni che, alla luce degli ultimi episodi, riteniamo inderogabili». Il documento prende le mosse dagli impegni assunti dalla presidente della Regione Dobora Serracchiani e dal «permanere delle evidenti criticità ambientali». In questo quadro, la chiusura dell’area a caldo va raggiunta - sottolinea Ussai - anche «rinegoziando l’accordo di programma e le relative autorizzazioni, e tutelando i livelli occupazionali». Nella mozione i consiglieri grillini ritengono poi necessario, in base agli obblighi previsti per il rinnovo del decreto sull’Aia, che la giunta regionale «riferisca periodicamente in commissione in merito all’osservanza delle prescrizioni». Ussai rileva infine che l’impianto necessita di «interventi urgenti finalizzati al risanamento acustico». E aggiunge che, in base alle prescrizioni impartite dall’Azienda per l’assistenza sanitaria e dal Comune, «l’esecutivo regionale deve attivarsi affinchè non vengano concesse ulteriori proroghe per l’esecuzione degli interventi di mitigazione acustica, che dovevano essere attuati entro febbraio». Sul nodo della Ferriera interviene anche il candidato sindaco del M5S, Paolo Menis, che oltre a ribadire la richiesta di chiusura dell’area a caldo annuncia di voler istituire «una consulta ambientale, nominata dal Consiglio comunale, che includa rappresentanti degli enti di ricerca, delle professioni e delle associazioni ambientaliste». Sul fronte sindacal-ambientale, la riunione prevista ieri fra le Rsu dello stabilimento (Fim, Fiom, Uilm e Failms) e il responsabile della produzione Vincenzo Dimastromatteo, è slittata a domani. Oggi, infatti, è programmato un incontro fra i responsabili della Ferriera e l’Arpa, in cui verranno analizzate le tre fumate “anomale” verificatesi nei giorni scorsi. Nessuna spiegazione, per ora, sulla fumata nera di lunedì; secondo quanto si è potuto apprendere ieri, i tecnici sono ancora al lavoro per capirne la causa. Le fumate dei giorni scorsi vengono intanto viste con sempre maggiore preoccupazione dall’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni, secondo il quale «l’Arpa dovrebbe gestire una situazione a regime, mentre siamo in presenza di un quadro che non si può più definire anomalo, anche se non viene registrato dai livelli medi misurati, su tempi più lunghi, dalle centraline». Laureni osserva poi che «l’altoforno si conferma l’elemento più problematico dell’intervento di risanamento, che evidentemente non ha dato i risultati attesi. È preoccupante - aggiunge - che dopo tanto tempo certi problemi non siano stati ancora risolti».

(gi.pa.)

 

 

Salute - Lo studio sull’amianto presentato in Comune

Oggi alle 10.30, nella sala giunta del Comune di Trieste, ci sarà la presentazione del programma delle iniziative promosse in occasione della “Giornata mondiale vittime dell’amianto” e di uno studio specifico sul tema. L’appuntamento, promosso dalla Cgil Trieste, vedrà la partecipazione di giunta comunale e capigruppo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 aprile 2016

 

 

Dalla Ferriera tre “nuvole” in quattro giorni - L’ultimo episodio ieri pomeriggio. Oggi l’incontro tra le Rsu e il responsabile della produzione
Tre nuvole di fumo in quattro giorni, l’ultima nel tardo pomeriggio di ieri, accompagnata da un’alta fiammata.

Cosa sta succedendo alla Ferriera? Se lo chiedono non solo gli abitanti di Servola, sempre più preoccupati per l’inquinamento, ma anche alcuni politici, come il senatore Lorenzo Battista, che, assieme al video, ieri ha inviato in redazione un breve Twitter: «Impianti a tutta forza. Questa l’unica verità. Liberiamoci dell’area a caldo!». Ma a preoccuparsi sono anche i lavoratori, quotidianamente impegnati nell’impianto siderurgico, a diretto contatto tra l’altro con le strutture dell’area a caldo. Per capire le ragioni di questi ravvicinati episodi, oggi le Rsu incontreranno il responsabile della produzione, l’ingegner Vincenzo Dimastromatteo, che ha assunto di recente questo incarico proveniente dalle acciaierie Ilva di Taranto. Sulle cause della nuvola di ieri, data la giornata festiva non è stato possibile contattare l’azienda per conoscere le ragioni di questo nuovo «sbuffo». In merito agli altri due casi, anche questi documentati dai lettori, quello di venerdì era simile alla fumata di ieri. E per esso l’azienda aveva spiegato con una nota che lo «sbuffo» proveniente dell'altoforno era durato circa 20 secondi ed era «dovuto all’apertura di due valvole bleeder, causata da un repentino aumento della pressione nell’altoforno. Le valvole bleeder - aveva spiegato l’azienda - sono un sistema di sicurezza per gestire eventuali sovrapressioni» durante il funzionamento dell’impianto. Quanto alla nuova rossastra levatasi sabato dall’impianto, Siderurgica Triestina ha invece parlato di «comportamento anomalo della massa refrattaria (massa a tappare) utilizzata per la chiusura del foro di colata, la quale era già stata precedentemente sostituita per risolvere un analogo problema occorso». Nella lettera inviata agli enti locali e a quelli sanitari si legge anche che «durante la fase di apertura del foro di colata per lo spillaggio della ghisa si è avuta una reazione anomala del metallo fuso col refrattario, che ha fatto sviluppare per pochi secondi un’emissione di polveri rossastre fuoriuscite dal capannone dell’altoforno. L’azione correttiva immediata - riporta la nota - è stata la sostituzione del lotto di materiale in campo».

 

 

SAN DORLIGO DELLA VALLE - Il geoparco del Carso approda in aula

L’istituzione di un geoparco del Carso italiano, in grado di valorizzare un patrimonio unico, sarà al centro dei lavori del Consiglio comunale di San Dorligo della Valle – Dolina in programma giovedì a partire dalle 10.30. Ma il geoparco, che vedrà l’aula esprimersi sulla bozza di protocollo d’intesa, sarà solo uno degli argomenti di confronto. All’ordine del giorno, infatti, c’è anche l’adesione alla convenzione tra i Comuni di Grado e di Muggia per l’esercizio in forma associata delle gare d’appalto attraverso l’istituzione di un ufficio intercomunale dei publici appalti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 aprile 2016

 

 

Le piste ciclabili “invadono” le zone off-limits per le auto
L’aula approva le modifiche al Piano del traffico. In arrivo nelle isole pedonali - Nuove corsie riservate alle due ruote. Orari più flessibili per il carico e scarico
Il piano del traffico cittadino è stato aggiornato: sono in arrivo in città i percorsi ciclabili nelle zone pedonali, il permesso per i disabili di accedere alle zone pedonali in automobile, più flessibilità negli orari del carico-scarico. Le misure sono state approvate dal Consiglio comunale, che ha approvato un pacchetto di innovazioni frutto della verifica biennale dei risultati del piano del traffico. L'assessore Elena Marchigiani spiega in sintesi le principali novità: «L'aggiornamento introduce la possibilità di realizzare dissuasori del traffico e di velocità in alcune zone. Secondo quanto previsto dal codice della strada, potranno essere dossi o piattaforme». Un'altra modifica di rilievo, che interessa moltissime persone in città, è la possibilità per le automobili dei disabili di accedere alle aree pedonali: «Gli automezzi muniti di tessera per disabili potranno accedere ed effettuare soste brevi anche nelle zone riservate ai pedoni». Singole disposizioni del Comune potranno poi identificare orari più o meno flessibili, a seconda della posizione, per l'accesso dei mezzi di carico e scarico. Una novità che farà contento più di qualche commerciante. Aggiunge ancora Marchigiani: «Ci sarà la possibilità di identificare attraverso la segnaletica degli itinerari ciclistici nelle zone pedonali, fermo restando che la priorità, anche su questi itinerari, resterà la sicurezza del pedone». Le modifiche «sono tutte derivate dalle richieste emerse dal territorio durante la fase di attuazione del piano del traffico - dice ancora l'assessore -. Ovviamente non sono valide in generale su tutto il territorio comunale: introducono una possibilità che di volta in volta potrà essere messa in pratica attraverso singoli provvedimenti». Contro alla delibera hanno parlato Stefano Patuanelli del M5S, la cui critica si è appuntata su aspetti normativi, e Michele Lobianco (civica): «Non posso votare a favore di questa delibera - ha dichiarato - visto che è legata a un piano del traffico che ho già criticato in passato». Tra gli altri argomenti trattati in aula, il Consiglio ha approvato anche la mozione dell'assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto, che prevede il passaggio all'autorità portuale della parte comunale del progetto del Park Audace. Il fine è sottoporre al solo codice di navigazione la gestione dell'area in cui dovrebbe sorgere il parcheggio di Interparking, «altrimenti la sovrapposizione di due normative renderebbe ingestibile la struttura», ha detto Dapretto. Si sono espressi contro alla delibera sia Sel che il doppio Pdl-Fi. «Non capisco perché si continui a portare avanti un'idea come questa - ha detto Marino Sossi di Sel -, con un tasso di occupazione medio dei parcheggi al 27% e un progetto delirante che impatterà su alcuni degli edifici storici più importanti della città».

Giovanni Tomasin

 

Boom di download per “Trieste Bus” - nuova app
L’applicazione offre mappe interattive e news sui percorsi dei mezzi pubblici
Consente in poche mosse di scoprire le caratteristiche di tutte le linee della Trieste Trasporti, ma anche quelle marittime e le corse dell'Apt. È la app gratuita Trieste Bus, realizzata dallo studente Massimiliano Allegretti, che ha già registrato seimila download, una novità avviata un anno fa, ma che negli ultimi mesi sta ottenendo un successo crescente. Navigando si può ottenere rapidamente il percorso di ogni linea, ma anche le informazioni sotto forma di news, per eventuali lavori in corso, deviazioni, cantieri, incidenti o modifiche nei consueti spostamenti. Presente anche una community virtuale, dove si può discutere lasciando un messaggio, naturalmente sulle tematiche inerenti il trasporto pubblico. Massimo Allegretti, 21 anni, studente triestino di Ingegneria informatica all'Università di Trieste, ha pensato alla app ai tempi della scuola superiore. «L'idea è nata un po' di tempo fa mentre mi trovavo insieme ad alcuni compagni di classe - spiega - e per controllare le tratte e i vari orari, dovevamo aprire siti, cercare informazioni o scaricare documenti, spesso si trattava di operazioni lunghe, difficili da compiere con il telefonino. Ho pensato quindi fosse interessante avviare un sistema più snello e fruibile in modo più facile. Lo scorso anno quindi ho creato Trieste Bus, di cui sono molto fiero, anche perché è stata scaricata da migliaia di persone, quindi credo sia ritenuta una soluzione utile e comoda da chi l'ha provata». Allegretti spera di poter iniziare una collaborazione con la Trieste Trasporti, per presentare sia la app sia nuove soluzioni nel settore. «Ho cercato un contatto con l'azienda, spero possa riuscire a fissare un incontro per spiegare la novità che ho costruito e magari poter avviare un percorso insieme». Trieste Bus presenta tutte le 52 linee, una mappa interattiva e il link diretto alla pagina Facebook. La sezione news viene aggiornata per fornire indicazioni riprese spesso direttamente dal sito della Trieste Trasporti, grazie alle comunicazioni ufficiali dell'azienda. Per il giovane studente il sogno è quello di lavorare in futuro proprio nel settore dello sviluppo di applicazioni utili alla vita quotidiana di tutti. «Una volta conclusi gli studi - dice l’aspirante ingegnere informatico - mi piacerebbe poter continuare su questa strada e aprire un'attività tutta mia. Speriamo che Trieste Bus sia di buon auspicio».

Micol Brusaferro

 

 

«Fumo in Ferriera, colpa di un’anomalia» - Siderurgica Triestina imputa lo “sbuffo” di sabato alla massa refrattaria per chiudere l’altoforno
«Comportamento anomalo della massa refrattaria (massa a tappare) utilizzata per la chiusura del foro di colata, la quale era già stata precedentemente sostituita per risolvere un analogo problema occorso».

Con questo faticoso svolgimento linguistico Siderurgica Triestina, a oltre 24 ore dall’avvistamento di una nuvola di fumo rossastro levatosi dalla Ferriera, ha cercato di spiegare ieri pomeriggio cosa è successo sabato. Evidenziando che un tecnico della ditta fornitrice del refrattario sta operando insieme con gli addetti dell’altoforno per meglio capire le ragioni della disfunzione. «Durante la fase di apertura del foro di colata per lo spillaggio della ghisa - puntualizza la comunicazione dell’azienda - si è avuta una reazione anomala del metallo fuso col refrattario che ha fatto sviluppare per pochi secondi una emissione di polveri rossastre fuoriuscite dal capannone dell’altoforno». «L’azione correttiva immediata - riporta la nota trasmessa nel pomeriggio di ieri - è stata la sostituzione del lotto di materiale in campo». La comunicazione di Siderurgia Triestina è stata inviata alla direzione Ambiente della Regione Fvg, alla Provincia di Trieste, al Comune di Trieste, a due indirizzi Arpa, all’Azienda sanitaria. Seguirà - informa infine l’azienda - «una dettagliata relazione sulle cause che hanno generato l’evento, in modo da definire ulteriori azioni correttive». Il ritmo di questo fine settimana segna quasi uno “sbuffo” di fumo al giorno: venerdì era di colore nero, sabato il colore era invece rossastro. In occasione dello “sbuffo” di venerdì, Siderurgica Triestina aveva precisato che la fumata era durata circa 20 secondi ed «è stato dovuto all'apertura di due valvole bleeder, causata da un repentino aumento della pressione nell'altoforno». «Le valvole bleeder - ha spiegato l'azienda - sono un sistema di sicurezza per gestire eventuali sovrapressioni» durante il funzionamento dell'impianto. «Dispiacendosi per l'episodio - si legge nella nota- Siderurgica Triestina ne ha dato comunicazione agli enti di controllo come previsto dall'Aia». E naturalmente «le cause che hanno portato all'evento sono al vaglio dei tecnici dell'altoforno, che applicheranno le possibili azioni correttive, di cui sarà data relazione agli enti di controllo».

 

 

Commessa milionaria dalla Saipem per realizzare un maxitappo capace di bloccare la fuoriuscita di petrolio da pozzi
Investimenti massicci - Previsti investimenti per 6 milioni in quattro anni per ammodernare il cantiere situato nell’ex Arsenale
Domani 26 aprile si riunirà anche il consiglio di amministrazione di Cartubi, che deciderà di riacquisire la vecchia denominazione “Cartubi”, omettendo l’ulteriore dicitura “Nuovo arsenale”. Sono noti i principali indicatori relativi al bilancio 2015, che si è concluso con risultati valutati positivamente dall’amministratore delegato Marco Maranzana, che iscrive nel curriculum un passato professionale in Fincantieri e in Danieli. Il fatturato è cresciuto a 46 milioni di euro, l’ebitda ha chiuso salendo a 6,1 milioni, l’utile ante-imposte è migliorato quasi del 25% passando da 3,7 a 4,9 milioni. «Ma le imposte da pagare sono tante», lamenta l’a.d. dell’azienda cantieristica.E anche i costi non scherzano per operare in un’area di 62 mila metri quadrati, di cui 47 mila scoperti e e 15 mila coperti. Il personale ammonta a 81 unità, cui si aggiungono 13 contratti a tempo determinato. Tra le recenti commesse ricordiamo uno scafo da 70 metri per Crn Ferretti, i lavori su “Metsuyan IV” e “Royal Rubin”, l’attività su “Chopi Chopi” in collaborazione con altre quattro aziende triestine. (magr)di Massimo Greco Un grande tappo capace di bloccare la fuoriuscita di greggio da un pozzo sottomarino. Le nove maggiori compagnie petrolifere al mondo, ammaestrate dal disastro verificatosi nel Golfo del Messico, hanno lanciato, attraverso il “Subsea Well Response Project” (Swrp) e in collaborazione con “Oil spill response Ltd” (Osrl), una gara d’appalto per la realizzazione di quello che nel gergo tecnico viene definito “Offset installation equipment” riassumibile nell’acronimo Oie. Tradotto: un sistema di tappatura in grado di resistere agli ambienti inquinati da idrocarburi pesanti, al fuoco, alla visibilità “zero”, agli alti livelli di rumorosità. Scomponibile, trasportabile, ricomponibile. A vincere l’appalto per ingegneria, acquisti, fabbricazione è stata la Saipem, una delle punte di diamante del gruppo Eni, che ha “girato” un’importante parte della commessa alla triestina Cartubi. «Nei prossimi mesi - racconta Marco Maranzana, dal maggio 2015 amministratore delegato dell’azienda insediata nell’ex Arsenale San Marco - le componenti del “supertappo” saranno spedite a Trieste, noi le completeremo e le assembleremo per il trasporto finale su chiatta, prevedibile entro la fine dell’anno». Un bel colpo, che lancia Cartubi nel gran mondo dell’oil&gas. «Un progetto di respiro mondiale - precisa Maranzana - Ne verranno costruiti a livello mondiale 6 prototipi. Sono richiesti alti requisiti di qualità, tant’è che nello stabilimento lavoreremo con 27 ispettori internazionali, cui si aggiungeranno una decina di controllori Saipem». Il manager di Cartubi preferisce non sbilanciarsi sull’entità finanziaria della commessa, che è organizzata su più lotti e sulla quale è ancora in corso la trattativa: è lecito comunque ritenere che il valore dell’ordine possa superare i 5 milioni di euro. E’il risultato finora più eclatante della strategia di diversificazione industriale, che Cartubi, fondata nel 1972 da Giovanni Franco e oggi presieduta dal figlio Mauro, ha impostato a partire dall’estate dello scorso anno. Sviluppo del “chiavi in mano”, riqualificazione della carpenteria, attenzione all’oil&gas e allo yachting sono i tre cardini attorno ai quali il vertice Cartubi vuole far ruotare il futuro aziendale. Per assecondare queste ambizioni il piano di investimenti 2015-18 ha programmato interventi per 6 milioni di euro, finalizzati all’ammodernamento del cantiere domiciliato in via von Bruck: sistema alaggio/varo, nuova macchina per pre-fabbricazione navale, due nuove chiatte, due gru semoventi rimessate, carro-ponte, sistemazione della banchina davanti alla tubisteria. Insomma, un bell’impegno necessario al salto di qualità da azienda “terzista” a fabbrica in grado di produrre valore aggiunto progettuale. Il lavoro non manca, grazie anche - ci tiene a precisare Maranzana - alla collaudata collaborazione con Fincantieri: quaranta persone sono schierate tra i siti di Monfalcone e Marghera, a supporto delle costruzioni crocieristiche. Un’ottantina di addetti ha recentemente operato nello stabilimento di Palermo. La trasformazione di Cartubi implica anche aspetti socialmente significativi che l’azienda vuole governare evitando contenziosi. Venerdì scorso, nello studio Ergon, ha definito un’ipotesi di accordo con la Fiom, unico sindacato rappresentato in azienda, per gestire 9 esuberi correlati a rami d’attività ormai dismessi, come la tubisteria e la nautica da diporto: uscite volontarie incentivate e mobilità sono gli strumenti pianificati, con una previsione di riassunzione per coloro che seguiranno un iter di riqualificazione professionale. «Ma intanto abbiamo inserito nuovi profili professionali - chiarisce Maranzana - tra cui 6 ingegneri». Domani 26 aprile l’assemblea degli 81 lavoratori è chiamata a ratificare l’intesa: venerdì scorso, una volta conosciuto l’esito della trattativa, lo sciopero in corso è stato sospeso e le maestranze hanno ripreso il lavoro.

 

 

Al via il progetto “Geoparco del Carso” - Comuni italiani e sloveni coinvolti nella creazione di una rete transfrontaliera per la promozione turistica del territorio

SGONICO - Sta per nascere il Geoparco del Carso. Una rete transfrontaliera, che vedrà coinvolti tutti i Comuni dell'altopiano italiano e sloveno e consisterà nella definizione, nella promozione e nella realizzazione di progetti volti a valorizzare il territorio sotto il profilo turistico.

Fra le varie opportunità, quella di beneficiare di un sostegno finanziario da parte dell'Ue, che prevede lo stanziamento di fondi per la costituzione di queste reti. Già in settimana due Consigli comunali di altrettanti centri della provincia di Trieste, San Dorligo della Valle e Sgonico, hanno fissato sedute che prevedono, all'ordine del giorno, la discussione e l'approvazione di documenti relativi alla partecipazione al Geoparco del Carso. «Si tratta di un'opportunità nella quale crediamo molto - spiega Monica Hrovatin, sindaco di Sgonico - anche perché potremo lavorare sulla traccia di quanto già avviene in reti simili nate sul confine fra Slovenia e Austria, dove i risultati ottenuti sono stati più che soddisfacenti. Fra l'altro c'è un'ulteriore opportunità per noi del Carso triestino, rappresentata dal fatto che, per quanto concerne la Slovenia, il Comune di Sesana, vicinissimo al nostro territorio, è stato scelto dalla vicina Repubblica quale realtà capofila nel contesto di questo programma. Tutto ciò - osserva il sindaco di Sgonico - potrebbe favorire ancor di più una rapida costruzione della rete transfrontaliera del Carso triestino e sloveno». Per quanto riguarda l'Italia, la normativa prevede che sia la Regione a fungere da principale interlocutore nei rapporti con l'Ue, mentre in Slovenia, dove le Regioni non esistono, le funzione di coordinamento ricade direttamente su alcuni Comuni. «In chiave locale - precisa Hrovatin su questo punto - abbiamo già definito con l'amministrazione regionale una bozza di accordo in base al quale la Regione, pur rimanendo titolare della delega generale a rappresentare i Comuni, saranno le amministrazioni di Duino Aurisina e San Dorligo della Valle a fungere da centri coordinatori del progetto. In altre parole - aggiunge - noi e agli altri comuni interessati faremo riferimento alle amministrazioni di Duino Aurisina e San Dorligo della Valle che, a loro volta, si interfacceranno con la Regione per la definizione e dei progetti di dettaglio e per la canalizzazione dei finanziamenti». Per la Provincia di Gorizia, anch'essa interessata alla realizzazione del Geoparco, in questo caso dell'isontino, i Comuni precedenti come capofila sono quelli di Sagrado e di Doberdò del Lago. «Per quanto riguarda il Fvg - conclude Hrovatin - sarà l'assessore Sara Vito, che ha, fra le altre competenze, anche quella sugli Affari internazionali, la diretta responsabile del progetto, nel senso che sarà lei poi a dialogare direttamente con l'Ue».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 aprile 2016

 

 

Il “sì” al piano regolatore sblocca il monomarca Obi - L’intervento da 18 milioni è il primo beneficiario del via libera della Regione
Cosolini: «I lavori potranno partire subito e dureranno fino al settembre 2017». Davanti all’ex Dino Conti tra le vie Caboto-Carletti-Flavia-Rosandra inizieranno i lavori per realizzare una rotatoria che costerà 380 mila euro.
La concessionaria gestita da Dino Conti vendeva Citroen e Opel. L’imprenditore triestino aveva tentato in precedenza un’analoga operazione con Leroy Merlin. Il sindaco Roberto Cosolini sottolinea come il futuro centro monomarca darà lavoro a una sessantina di persone, operando su un’area complessiva di 17 mila mq

L’avvio dei lavori per la realizzazione del centro monomarca sull’area “ex Dino Conti” sarà il primo, tangibile effetto della prossima esecutività del Piano regolatore. L’iter del nuovo strumento urbanistico è quasi ultimato, perchè venerdì scorso la Giunta regionale ha incaricato la presidente Serracchiani di emanare il decreto , che dovrebbe essere pubblicato nel Bur di mercoledì 27. Per cui, pur in attesa dell’ultimissimo passaggio, il sindaco Roberto Cosolini aveva ieri quattro concatenati motivi di soddisfazione: il varo operativo dell’operazione “ex Dino Conti”; l’allineamento degli strumenti urbanistici con Autorità portuale ed Ezit; la fattuale impossibilità di un ritorno in vigore del vecchio Piano regolatore datato 1997; la recente consegna del cantiere destinato a costruire la rotatoria tra le vie Flavia-Carletti-Caboto-Rosandra, proprio davanti all’ex concessionaria Dino Conti. Ma a tenere prioritariamente banco è la partenza dei lavori necessari per trasformare la dismessa concessionaria automobilistica in un centro monomarca dove la multinazionale tedesca Obi metterà a disposizione dell’utenza triestina e transfrontaliera articoli per il bricolage e per la casa. L’intervento edilizio sarà a cura della Cervet, un’azienda veneta guidata da Francesco Fracasso: un’operazione da 18 milioni di euro per ridisegnare un’area complessiva di 17 mila metri quadrati, dove la superficie commerciale si svilupperà per 8600 mq su un piano unico. Altri 300 mq ospiteranno gli uffici, saranno realizzati 400 parcheggi spalmati tra la parte superiore dell’edificio e la zona ad esso esterna. Edificio che nascerà fresco-fresco una volta demolite le vecchie mura che a suo tempo ospitavano vetture Opel e Citroen. L’insediamento della Obi, primo a Trieste e secondo in regione dopo quello friulano di Tavagnacco, occuperà una sessantina di addetti: il gruppo tedesco è un colosso del settore con un fatturato di 6,7 miliardi e con una forza-lavoro mondiale basata su 43 mila unità. «I lavori partiranno tra pochissimo - rifinisce Cosolini - e saranno completati entro il settembre 2017, consentendo l’apertura dell’attività nell’autunno del prossimo anno». Davanti alla futura sede Obi la rotatoria, che dovrebbe governare meglio i flussi di traffico nella zona meridionale di Trieste: un’opera da 382 mila euro, 300 mila sul groppone municipale e i restanti sul borderò AcegasApsAmga, con un cantiere quadrimestrale. «Qualcuno ha eccepito - precisa Cosolini - che sarebbe stato opportuno far pagare la rotatoria alla Cervet. Già, ma il Comune avrebbe poi dovuto rimborsarla all’imprenditore privato sotto forma di abbattimento degli oneri di urbanizzazione». Infine, Cosolini vuole risolvere il “giallo” relativo al ventilato ripristino del precedente Piano regolatore a causa dei ritardi dell’iter di approvazione. «La delibera della Giunta regionale di ieri l’altro, con la prossima pubblicazione sul Bur, estingue ogni vaga possibilità di un ritorno al precedente Prg». Anche l’assessore all’Urbanistica Elena Marchigiani aveva ritenuto impossibile una eventualità di questo tipo in quanto «la finestra riaperta è troppo stretta».

Massimo Greco

 

 

Le isole pedonali si allargano - La giunta “amplia” Campo San Giacomo e istituzionalizza la chiusura di un tratto di via Trento
Da “marciapiede” ad “area pedonale urbana”. È una modifica tecnico-urbanistica, quella relativa al tratto di via dell’Industria retrostante la chiesa di San Giacomo, chiuso al traffico già da alcuni anni, ma che cambiandone il “regime”, da sede stradale ad area pedonale appunto, amplia di fatto gli spazi di Campo San Giacomo riservati ai pedoni.

La decisione è stata presa in questi giorni dalla giunta comunale, con una delibera proposta dall’assessore alla Mobilità e traffico Elena Marchigiani. Tra le motivazioni il documento rileva che la regolamentazione del tratto di strada in questione è, in linea di viabilità, di difficile gestione in quanto «è utilizzato come sede di un mercato rionale e vi gravitano varie attività ed esercizi commerciali con esigenze diversificate». Proprio dai titolari di questi esercizi, oltre che dalla Circoscrizione, è giunta a suo tempo la richiesta al Comune di regolamentare l’accesso all’area in questione, ponendo fine in particolare a soste abusive. Posto che l’amministrazione comunale procede in varie zone della città con l’attuazione del piano del traffico urbano, anche in termini di nuove aree pedonali, la delibera passata in giunta ha dunque destinato ad area pedonale il “marciapiede” di Campo San Giacomo, nel tratto di via dell’Industria in corrispondenza dei civici 8, 9, 9/1 e 9/2, allo scopo di «garantire una migliore gestione dell’area da punto di vista viario». A questo punto, essendo la delibera immediatamente esecutiva, il Servizio mobilità e traffico può procedere a delimitare la nuova area pedonale, disciplinandone l’accesso e l’eventuale sosta degli operatori autorizzati. Nella stessa seduta la giunta comunale ha anche approvato la delibera che rende “istituzionale” l’importante intervento di riqualificazione, completato di recente, relativo a via Trento e largo Panfili, delimitando le aree pedonali e i tratti di strada in cui la sosta è a pagamento e modificando la precedente disciplina delle sedi stradali. Questa delibera sancisce dunque che il tratto di via Trento fra via Rossini e via Machiavelli viene destinato ad “area pedonale urbana”, che si unisce a quella esistente in via Rossini venendo a costituire un’area pedonale unica. Il tratto di via Trento, fra via Valdirivo e via Milano, è invece destinato a parcheggio a pagamento ad elevata rotazione e, in base alle tariffe nelle diverse aree del centro previste dal piano del traffico, ricade nella zona rossa. Quanto a largo Panfili, la delibera specifica che la sede stradale, nel tratto compreso tra la chiesa evangelica e la scuola, in seguito alla riqualificazione viene destinata a “marciapiede”. Nel documento si ricorda, tra l’altro, che il progetto di riqualificazione prevede, in conformità al piano generale del traffico urbano, un itinerario ciclabile e un percorso pedonale privilegiato lungo l’intera via Trento. Proprio su questo tratto, dopo la conclusione dei lavori l’area riservata e pedoni e ciclisti è spesso occupata da auto in divieto di sosta; a breve verrà quindi potenziata la segnaletica che vieta il parcheggio. (gi.pa.)
 

Per via di Canal Piccolo si può pensare a un semaforo - La lettera del giorno di Antonio Lucio Franca
La conclusione di alcuni importanti lavori in materia di parcheggi e circolazione stradale, non ultimi quelli sulle Rive, ha da tempo restituito fluidità al traffico lungo Riva Tre Novembre e Riva del Mandracchio.

La successiva pedonalizzazione di alcune aree del centro urbano che si proiettano verso il cuore della città (piazza Unità - piazza della Borsa) ha però intaccato il delicato equilibrio fra traffico pedonale e quello veicolare. La via del Canal Piccolo, che unisce le rive a Corso Italia, non può infatti sopportare l’attuale ritmo di utilizzo ed è un asse di scorrimento che possiamo definire “strategico” per l’accesso al resto della città per chi si trova, a vario titolo, costretto a risalire la città partendo dal mare. A causa della angusta natura e del fatto che sia incassata nella sua parte terminale fra due possenti edifici storici, la sua successiva intersezione con via Cassa di Risparmio e la piazza della Borsa produce immancabilmente disagi alla circolazione. Chi si trova costretto a percorrere via del Canal Piccolo in auto, in moto o a piedi o con l’autobus sa esattamente a cosa faccio riferimento. L’assenza di regolazione semaforica crea un vero e proprio imbuto che non riesce ad autoregolarsi, considerando pure che di là passano sempre più spesso i turisti e che sfrecciano pure i famosi ciclisti, i quali riescono a bloccare il traffico a causa della loro particolare andatura e della assenza della fretta con cui si dovrebbero impegnare le strisce zebrate. Sarebbe opportuno - ovviamente all’interno di una serie di interventi sicuramente più ampi che non spetta certo a me proporre - prendere in esame l’idea di regolare con semaforo quel punto divenuto così particolare e che nel futuro sarà sempre più utilizzato, stimando una crescita costante del turismo in città.

 

 

Una nuova nuvola di fumo dalla Ferriera - L’azienda sta analizzando le cause

È cambiato solo il colore, da nero pece a marrone-rossastro. Per il resto, quella nuvola che ieri mattina è stata immortalata da diversi residenti a Servola si è levata sempre dalla Ferriera, come quella fotografata nella mattinata di venerdì.

Anche in questo caso a inviare in redazione la foto che pubblichiamo è stato un abitante del popoloso rione in cui è situato lo stabilimento siderurgico del gruppo Arvedi. Abbiamo cercato di conoscere qualche dettaglio del nuovo episodio di inquinamento, ma al contrario di venerdì, quando Siderurgica Triestina ha emesso una nota nel giro di poche ore spiegando la causa dello “sbuffo” nero, fino a ieri sera non è stato emesso alcun comunicato. Si è saputo solo che i tecnici stavano ancora analizzando le cause dell’episodio, di cui peraltro non si conosce la natura.

 

 

Ambiente - Decarli contro tutti sul rigassificatore

Sulla questione del rigassificatore interviene il consigliere comunale Roberto Decarli (Trieste cambia), che polemizza con alcuni esponenti di altri partiti come l'on. Prodani, la consigliera regionale Del Zovo e il candidato sindaco Sossi, che solo adesso si sarebbero accorti del problema relativo all’impianto di Zaule.

«Dov'erano quando io, il compianto Roberto Damiani e Alessandro Metz abbiamo iniziato a denunciare il problema?».

 

 

PD: Cimolino reclama la “doggy bag” nei locali

Sensibilizzare ristoratori e cittadini alle buone pratiche antispreco alimentare, sostenendo anche con campagne informative l’uso delle cosiddette “doggy bag” per portare a casa eventuali avanzi. Lo chiede la mozione presentata dall’esponente Pd, Tiziana Cimolino, approvata dal Consiglio comunale sotto forma di raccomandazione».

 

 

Passato il referendum resta la questione energetica - L’INTERVENTO di Marzio Galeotti e Alessandro Lanza (www.lavoce.info)
La vicenda del referendum “no-triv” si è conclusa come era ampiamente anticipabile: tutto resterà come prima.

Le 26 concessioni (79 piattaforme, 463 pozzi al 31 marzo 2016) delle 44 a mare entro le 12 miglia, delle 69 a mare totali, delle 188 complessive a mare e terraferma, potranno estrarre idrocarburi senza limiti di tempo, oltre i termini precedenti di scadenza di 50 anni (30+10+5+5). Di fatto, le compagnie petrolifere non dovranno necessariamente ottemperare all’oneroso obbligo di smantellamento di piattaforme, pozzi e infrastrutture connesse e di ripristino dei luoghi previsto dalla legge alla scadenza della concessione. Le piattaforme interessate dal referendum potranno continuare a fornire il 27% del gas e il 9% del greggio estratti oggi in Italia, un contributo marginale al fabbisogno nazionale se si tiene conto che la produzione totale di idrocarburi copre il 10% dei consumi interni mentre il restante 90 arriva dell’estero. Le piattaforme tuttavia produrranno per un certo periodo di tempo: le riserve interessate dal referendum sono una piccola percentuale di quelle totali del Paese e queste ultime si esaurirebbero agli attuali (depressi) ritmi di consumo in un lasso che va da 1,5 a 4 anni per il petrolio e da 0,8 a 2 anni per il gas. Anche qui le conseguenze sono marginali. Abbiamo evitato che aumentasse la nostra dipendenza energetica dall’estero? No. Le minori importazioni associate alla produzione delle trivelle interessate dal referendum sono marginali. Uno dei tanti fattori di confusione nell’opinione pubblica è che la minore dipendenza energetica significherebbe minori esborsi per benzina, elettricità e riscaldamento. In realtà, minore dipendenza significa maggiore sicurezza degli approvvigionamenti e quindi un minor rischio che qualcuno possa negare ai consumatori italiani le fonti di energia di cui hanno bisogno, ma che non hanno. Significa anche un minore rischio che un fornitore con potere monopolistico (la Russia, a esempio) faccia loro pagare un prezzo maggiore. Chiarito questo aspetto, va detto che il referendum, qualunque fosse stato l’esito, nulla avrebbe aggiunto né tolto alla questione che va affrontata e risolta: la diversificazione geografica degli approvvigionamenti di gas (non tralasciando le norme sugli stoccaggi e il nodo-rigassificatori), la valorizzazione delle fonti rinnovabili disponibili subito e, in prospettiva, le politiche per incrementarle. Per produrre elettricità, riscaldamento e trasporti e aumentare l’efficienza energetica. È stato allora un esercizio inutile il referendum? Sì e no. Sì perché una volta disinnescati con la Legge di stabilità 2016 gli altri cinque quesiti originari, l’ultimo rimasto in piedi sarebbe comunque stato privo di conseguenze concrete. Si potevano risparmiare soldi in ogni caso, sia non celebrandolo sia accorpandolo al voto amministrativo. Ma qui sono subentrate considerazioni e interferenze politiche che non affrontiamo. Non è stato però un esercizio inutile perché ha finito per (ri)accendere i riflettori sulla strategia energetica e ambientale del nostro Paese. Si sono viste all’opera due visioni diverse, che non definiremo necessariamente contrapposte ma di sicuro animate da una diversa sensibilità e soprattutto un diverso senso dell’urgenza degli interventi per accelerare le transizione energetica dell’Italia. Il pensiero va alla Strategia energetica nazionale voluta dai ministri Passera e Clini del gabinetto Monti, pubblicata nel marzo 2013, e alla necessità di un suo urgente aggiornamento, che allinei in maniera chiara e precisa gli strumenti agli impegni presi dall’Italia a Cop21 e controfirmati in questi giorni a New York alle Nazioni Unite e agli obblighi europei dei pacchetti “20-20” al 2020 e “40-27” al 2030 su emissioni e fonti rinnovabili. Al contempo, la cronaca registra passi indietro del governo sugli incentivi alle rinnovabili, che sarebbero più giustificati se vi fosse un sostanziale segnale di prezzo del carbonio nell’Ets (Emissions Trading Scheme) coerente con il crescente valore dei danni dei cambiamenti climatici, che invece non si registra. Così arretrano eolico e fotovoltaico, mentre i dati preliminari dell’Ispra ci dicono che nel 2015 le emissioni italiane di gas serra sono aumentate del 2% rispetto al 2014, dopo una costante discesa che proseguiva dal 2006 (con eccezione per il 2010). In occasione del referendum Matteo Renzi ha avuto modo di dichiarare che l’obiettivo del governo è arrivare al 50% da fonti rinnovabili sul totale della generazione elettrica entro fine legislatura. Come nel poker, noi vogliamo andare a vedere.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 aprile 2016

 

 

Prodani lancia l’allarme sul rigassificatore - Il parlamentare interroga il governo. Dubbi anche dal capogruppo di Sel Sossi e dai grillini in Regione

IL GASDOTTO fino a Villesse - L’ok risulta “in firma” al ministero dell’Ambiente
Tornano alla ribalta i timori sulla costruzione del rigassificatore che il gruppo spagnolo Gas Natural ha progettato, ormai diversi anni fa, di realizzare a Zaule nell’area ex Esso. A lanciare un uovo allarme, con documenti ai rispettivi livelli, sono stati ieri il deputato Aris Prodani (Gruppo misto), il consigliere regionale del M5S Ilaria Dal Zovo, e il capogruppo di Sel in Consiglio comunale, e candidato sindaco, Marino Sossi. Mercoledì scorso Prodani ha depositato un’interrogazione a risposta scritta, rivolta ai ministri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente e dei Beni e delle attività culturali, in cui chiede ai responsabili dei tre dicasteri se non intendano «negare definitivamente l’autorizzazione alla costruzione del rigassificatore di Zaule e delle relative opere ancillari, tenendo conto della risposta data nel giugno 2015 dal sottosegretario allo Sviluppo economico Simona Vicari (nessuna autorizzazione dal Mise senza un’intesa con la Regione, ndr) e delle dichiarazioni di contrarietà espresse in più occasioni dalla Regione e dagli enti locali». Con lo stesso documento Prodani chiede inoltre ai tre ministri se intendano chiarire lo stato «degli iter relativi alle valutazioni d’incidenza sull’Area marina di Miramare e sull’elettrodotto interrato di collegamento del terminal Gnl alla rete elettrica, e alla formalizzazione dell’accordo tra Italia e Slovenia in merito all’ubicazione esatta del terminale Gnl nell’Adriatico settentrionale». Il parlamentare, che appoggia la lista “Sinistra per Trieste”, la quale a sua volta sostiene il candidato sindaco di Sel, Marino Sossi, ha illustrato ieri la sua interrogazione appunto insieme a Sossi, il quale ha depositato, sempre sul nodo del rigassificatore, una mozione urgente che impegna il sindaco Cosolini e l’assessore all’Ambiente Laureni a rivolgere ai tre ministri già citati richieste analoghe a quelle avanzate da Prodani. «Stiamo valutando - ha poi annunciato Sossi - di organizzare a giorni una manifestazione di protesta con tutte le forze politiche e le associazioni ambientaliste». A motivare le preoccupazioni per il progetto del rigassificatore, il parlamentare ha ricordato che la commissione tecnica per la valutazione d’impatto ambientale (ministero dell’Ambiente) mesi fa ha dato parere favorevole alla costruzione del gasdotto Trieste-Grado-Villesse, necessario a collegare il rigassificatore alla rete nazionale. «Il parere - ha aggiunto - è in firma al ministero dell’Ambiente». A ulteriore dimostrazione che qualcosa si sta muovendo, Prodani ha rilevato che nell’ultima conferenza dei servizi sul Sin (Sito inquinato di interesse nazionale) di Trieste, svoltasi a Roma l’11 aprile, l’Autorità portuale ha presentato «un piano per la messa in sicurezza dell’ex discarica di via Errera, area interessata dal progetto del rigassificatore, del costo di 27,4 miliardi, più Iva». Sempre sul fronte rigassificatore interviene, come detto, Ilaria Dal Zovo, consigliere regionale del M5S. «La giunta Serracchiani - rileva - in più occasioni ha detto di essere contraria al rigassificatore di Zaule, e di conseguenza al metanodotto Trieste-Grado-Villesse. Il governo Renzi - osserva - pare però intenzionato ad accelerare le procedure autorizzative per entrambe queste infrastrutture dal pesantissimo impatto ambientale». In un decreto dell’ottobre 2015, ricorda Dal Zovo, il ministero dello Sviluppo economico ha conferma il progetto del metanodotto Grado-Villesse di Snam Rete Gas e lo definisce “in fase autorizzativa”. «Lo stesso decreto - precisa - inserisce l’allacciamento del terminale “Gas Natural”di Trieste fra i metanodotti di collegamento con i terminali di rigassificazione “in fase autorizzativa” a livello nazione. A questo punto - conclude Dal Zovo - vogliamo sapere dalla giunta Serracchiani - quale parere sia stato emesso dagli uffici regionali in merito al progetto del metanodotto. Le partite del metanodotto e del rigassificatore devono essere chiuse definitivamente». (gi.pa.)

 

 

Via libera al Piano regolatore triestino - Emanato il decreto che renderà esecutivo lo strumento urbanistico del capoluogo
TRIESTE - Via libera al Piano regolatore generale di Trieste. Lo ha deciso ieri l’esecutivo guidato da Debora Serracchiani. Con una delibera approvata ieri, infatti, la presidente della Regione si è incaricata di emanare il relativo decreto con il quale il nuovo strumento urbanistico, approvato del Comune di Trieste lo scorso dicembre, diverrà esecutivo.

Oltre ad interessare le aree carsiche, il nuovo Piano regola anche gli interventi nelle aree dell'ex Ente zona industriale, ora come noto in liquidazione, uniformando i vari strumenti urbanistici vigenti. Un’approvazione, quella dell’atteso strumento urbanistico del capoluogo regionale, salutata con soddisfazione dalla governatrice stessa. «Dopo diciannove anni di incertezza - ha affermato al termine della seduta di lavoro -, con il via libera dato dalla giunta regionale al Piano regolatore, il Comune di Trieste è finalmente dotato di uno strumento che consentirà alla città una nuova prospettiva di programmazione sostenibile». Il disco verde al Prg comunale arriva a distanza di due settimane dall’approvazione di un altro strumento urbanistico particolarmente atteso a Trieste: quello del Piano regolatore del Porto. Un passaggio definito epocale sia da Serracchiani sia dal commissario dell’Authority triestina, Zeno D’Agostino, anche alla luce del fatto che il precedente strumento pianificatorio risaliva addirittura al 1957 e che da allora erano intervenute circa venticinque varianti. «Con l'approvazione del Piano regolatore del Porto di Trieste - aveva commentato la presidente - si apre una prospettiva di respiro europeo per lo scalo triestino».

 

 

Tregua tra il Comune e gli “anti Ferriera” - Comitato 5 dicembre ricevuto in Municipio: «Sindaco e assessore hanno idee diverse rispetto a Siderurgica Triestina»
«Notiamo con piacere che sull’area a caldo della Ferriera di Servola, l’opinione che ci hanno esposto oggi il sindaco Roberto Cosolini e l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni non è la stessa di Siderurgica Triestina (la società del Gruppo Arvedi che la gestisce, ndr.)».

Lo hanno affermato dopo l’incontro che si è svolto ieri pomeriggio in municipio Andrea Rodriguez e Barbara Belluzzo a nome del Comitato 5 dicembre. «Nel corso delle visite allo stabilimento sia l’amministratore delegato Andrea Landini ai componenti della Commissione comunale, sia il giorno successivo a noi la responsabile pubbliche relazioni Valentina Peverelli hanno sostenuto chiaramente che “l’area a caldo non si chiude perché fa parte del processo integrato”, ma oggi Cosolini e Laureni hanno affermato che non concordano con questa affermazione. In particolare l’assessore ha ribadito che l’area a caldo non è funzionale al laminatoio in quanto la ghisa prodotta a Trieste viene spedita a Cremona da dove tornerà indietro l’acciaio per essere lavorato nel futuro laminatoio. C’è una discrepanza netta dunque tra le due posizioni e noi ne prendiamo atto favorevolmente». Lo stesso Cosolini ha anche più volte annunciato che prenderà una posizione personale sulla prosecuzione del funzionamento di altoforno e cokeria. «Il sindaco ci ha ribadito - hanno spiegato ancora i rappresentanti del comitato - che tra il 15 e il 20 maggio dichiarerà ufficialmente se secondo lui ci sono o meno i presupposti per la prosecuzione dell’area a caldo. Noi stiamo comunque preparando una seconda grande manifestazione di protesta. Se il sindaco si pronuncerà a favore, la faremo certamente. Se prenderà una posizione contraria faremo decidere alla gente se farla o no e nel caso la facessimo comunque chiederemmo anche allo stesso sindaco, alla lista che lo sostiene, al Pd di parteciparvi affinché si tratti di una manifestazione assolutamente trasversale e non certo elettorale. Siamo comunque consci che quello del sindaco sarebbe un pronunciamento politico al quale fare seguire tutto il procedimento tecnico per arrivare realmente alla chiusura. Tutto il processo ha comunque bisogno di un forte avvallo politico e popolare». «Ho ribadito al Comitato - ha riferito al termine lo stesso sindaco Cosolini - che il mio pronunciamento sul fatto se gli interventi migliorativi attuati da Siderugica Triestina consentono la prosecuzione dell’area a caldo oppure, all’opposto, se le intese prese vanno riviste avverrà abbondantemente prima delle elezioni perchè oltretutto deve arrivare anche con un certo anticipo sulla data del 29 maggio in cui il Comitato ipotizza la possibilità di una nuova manifestazione di protesta. Quello che stiamo attuando non è un dialogo facile, ma devo riconoscere che continua proficuamente.

Silvio Maranzana

 

Fumata nera dallo stabilimento di Servola L’azienda: «Sovrappressione nell’altoforno»

Un’ennesima fumata nera, emessa ieri mattina dalla Ferriera, è stata immortalata da diversi residenti di Servola. Una lunga colonna color nero pece si è sollevata dallo stabilimento ed è stata documentata da molte persone, con immagini fatte circolare sui social e inviate anche in redazione.

Siderurgia Triestina, in una nota, ha precisato che lo «sbuffo» proveniente dell’altoforno, verificatosi alle 8.59, è durato circa 20 secondi ed «è stato dovuto all'apertura di due valvole bleeder, causata da un repentino aumento della pressione nell'altoforno. Le valvole bleeder - ha spiegato l’azienda - sono un sistema di sicurezza per gestire eventuali sovrapressioni» durante il funzionamento dell’impianto. «Dispiacendosi per l'episodio - si legge nella nota- Siderurgica Triestina ne ha dato comunicazione agli enti di controllo come previsto dall'Aia. Le cause che hanno portato all'evento sono al vaglio dei tecnici dell'altoforno, che applicheranno le possibili azioni correttive, di cui sarà data relazione agli enti di controllo».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 aprile 2016

 

 

Verdetto sulle analisi dei suoli a Servola - Laureni: «Mercoledì si saprà il livello di inquinamento». Oggi incontro tra il sindaco e il Comitato
Saranno resi noti mercoledì prossimo i risultati relativi all'inquinamento dei suoli in città. Un appuntamento molto atteso perché, sulla base di quanto rilevato dai tecnici che hanno eseguito i prelievi, si potrà capire quali conseguenza comporta, su terreni, giardini, parchi l'inquinamento prodotto dalla Ferriera.

L'annuncio è stato dato da Umberto Laureni, assessore comunale all'Ambiente: «Sono stati eseguiti numerosi prelievi da gennaio alla metà di aprile, gli ultimi in ordine di tempo nell'asilo di via Svevo e nel giardino pubblico di via Giulia. Sono in via di completamento i prelievi nei sette siti circostanti la Ferriera e nei tre siti individuati come fondo». «Sono i siti – ha precisato Laureni - individuati dal protocollo di approfondimento voluto dal Comune». Mercoledì perciò, nella consueta riunione di coordinamento che vede riuniti i rappresentanti di Comune, Provincia, Regione, Azienda per l'assistenza sanitaria (Aas) e l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa), sarà diffuso il comunicato stampa in cui si farà il punto sull'indagine, con la pubblicizzazione dei risultati e la descrizione delle iniziative conseguenti. «Sarà un momento rilevante – ha concluso Laureni – perché in tale sede risponderemo alle richieste nel frattempo pervenute». Fra i più attivi nel voler fare chiarezza sullo stato di inquinamento dei suoli è Aris Prodani, deputato del Gruppo misto, il quale, proprio ieri, ha mandato una lettera all'Arpa e, in copia, all'assessorato regionale all’Ambiente, alla presidente Debora Serracchiani, al Comune di Trieste, all'Aas e alla Procura della Repubblica, nella quale scrive che «in riferimento alle richieste di informazione inoltrate, gradirei ricevere chiarimenti circa origini, tipologia e possibili effetti di quanto visibile nelle immagini in allegato, realizzate il 20 aprile alle ore 19.51 e alle 20.58 ed il 21 aprile alle ore 08.45». «Grazie alle immagini e alla precisione temporale – continua Prodani nel testo – potranno essere individuate le cause, all’interno del processo produttivo, che hanno portato a tali emissioni». Oggi intanto sono in programma due appuntamenti sul tema: alle 16.15 il Comitato 5 dicembre incontrerà il sindaco, Roberto Cosolini, mentre dalle 16 alle 19.30, in piazza della Borsa, manifestazione “No Ferriera !”, con comizio di Maurizio Fogar, candidato della lista “No Ferriera sì Trieste”.

Ugo Salvini

 

 

I ciclisti di città inchiodano i candidati - Spedite dieci domande a Cosolini e ai suoi sfidanti sulla mobilità urbana. A metà maggio le pagelle
Non sono un partito, e non ci pensano a farne uno. Potrebbero semmai sentirsi un sindacato, il sindacato di chi prova gusto nel pedalare, anche in città. Però, lo fanno intuire, si ritengono comunque portatori di un interesse che può spostare voti, consenso. E siamo in campagna elettorale, proprio per il governo della città.

Fiab Trieste Ulisse, gruppo che vanta 225 ciclisti urbani tesserati «e che ha più di un migliaio di simpatizzanti», come si legge in un comunicato diffuso ieri dalla stessa associazione, torna alla carica con i candidati sindaco sulla scia di quanto sperimentato già nel 2011, quando aveva incalzato gli aspiranti alla poltrona che poi fu di Cosolini sul tema, allora molto specifico, delle corsie preferenziali. Stavolta Fiab Ulisse rilancia a più ampio spettro, reclamando un impegno sintetizzato in dieci domande, e preannunciando che, in base alle risposte, ogni candidato prenderà la sua pagella. Inutile dire che questa diverrà pubblica prima della chiamata alle urne. Sottrarsi da tale impegno non si può proprio. Le domande sono già state spedite a tutti, e figuriamoci se sarà tenuto sotto silenzio il nome di chi, eventualmente, non avrà risposto. Ma vediamo su quali punti verte il documento di richiesta di impegno e che, di titolo, fa ”Trieste: il #futuro va in #bici”: si va dalla «realizzazione di un Piano quadro per la mobilità ciclabile» al «destinare il 20% dei proventi delle multe per migliorare la sicurezza delle strade per ciclisti e pedoni», dal compimento di «sei infrastrutture ciclistiche tra le quali spicca la richiesta di due corsie ciclabili monodirezionali in via Flavia» a «un piano per la messa in sicurezza dei percorsi casa-scuola», fino all’«apertura alle bici dell’ascensore del Park San Giusto». «Ad ogni richiesta - ”minaccia” il comunicato stampa - l’associazione di ciclisti urbani ha dato un “peso” che va da un punteggio minimo di tre ad un massimo di 20 ed in totale la valutazione può arrivare a 100 punti». A quel punto si potrà vedere chi, secondo Fiab Ulisse, è il candidato più “bike friendly”, se è vero che - recita ancora il comunicato - Fiab ha deciso così proprio «per poter conoscere e confrontare i programmi dei singoli candidati e per dare a tutti gli elettori un elemento in più per fare la propria scelta nella cabina elettorale». I risultati saranno resi noti «a metà maggio» con tanto di «classifica». Ma perché, secondo l’associazione, i politici in lizza dovrebbero temere, financo considerare, un’iniziativa del genere? Semplice: «Un recente sondaggio di Swg ha mostrato che sono 3.500 i triestini che usano la bici quotidianamente e il 20% della popolazione ha affermato che pensa “spesso” che se esistesse una pista ciclabile sul tragitto casa-lavoro preferirebbe lasciare ferma l’auto e pedalare». I numeri non sono un opinione, tuttavia la possono orientare.

Piero Rauber

 

 

«Falsità sui bagni nel mare sotto le Falesie» - I Cittadini per il golfo attaccano la giunta comunale sulla gestione della Riserva naturale
DUINO AURISINA - Scelte fatte per motivi elettorali. Palesi contraddizioni. Assurdi irrigidimenti su provvedimenti che si rivelano inutili. È durissimo l’attacco che i “Cittadini per il golfo”, in odore di trasformazione in lista civica, indirizzano alla giunta comunale guidata dal sindaco, Vladimir Kukanja.

Traendo spunto dal recente provvedimento con il quale si è deciso di garantire la gratuità per le domande di accesso alla zona a mare della Riserva naturale delle Falesie, Vladimiro Mervic, portavoce del movimento, dice che «non corrisponde a verità innanzitutto che, in precedenza, nella zona delle Riserva si potesse accedere indiscriminatamente». E quindi spiega: «Vigeva e vige l’ordinanza della Capitaneria di Porto, che permette di ormeggiare solo al di fuori dei sessanta metri dalla linea della costa e che vieta alle imbarcazioni a remi e ai nuotatori di oltrepassare i trenta metri dalla costa, a causa del pericolo di caduta sassi». Non basta: «Questa ordinanza - aggiunge Mervic - era ed è sempre rispettata da tutti i diportisti». Severa anche la replica alle dichiarazioni dell’assessore Andrej Cunja, che aveva difeso il colore giallo delle boe di delimitazione della zona protetta. «Non ci interessa la loro tinta, ma la loro stessa esistenza - sottolinea il portavoce dei “Cittadini per il golfo” - perché non hanno senso in un tratto di mare dove fra divieti, allevamenti di mitili, vasche di ripopolamento, lo spazio per la balneazione e navigazione è sempre più ridotto». Mervic poi amplia il discorso: «Ormai sembra che, nella giunta, tutti viaggiano in ordine sparso. È risaputo che nel programma elettorale di Kukanja non c’era il ripristino della Riserva della Falesie e che tutte le decisioni del Comune sarebbero state concordate con l’approvazione dei cittadini attraverso pubbliche audizioni. Triste è perciò il fatto, che le oltre quattrocento firme raccolte in brevissimo tempo, siano state completamente ignorate e addirittura schernite». «In questi quattro inutili anni di amministrazione - prosegue ancora Mervic - ci si chiede quali lavori pubblici siano stati portati a termine, perché i problemi del passaggio dei camion negli abitati di Duino e Sistiana, delle barriere antirumore sull’autostrada, del blocco dell’agricoltura, delle gigantesche infrastrutture energetiche, delle antenne, della linea di costa, del turismo senza programmi non siano stati affrontati». Durissima la conclusione: «Di certo i Cittadini e la Comunella su questo tema, non molleranno, perché la loro voglia di cambiare è appena iniziata».

Ugo Salvini

 

 

Se amiamo la Terra piantiamo un orto - In tutto il mondo si festeggia il nostro pianeta. Gli eventi in città
Il 22 aprile in tutto il mondo si celebra la Giornata della Terra, manifestazione ambientale che coinvolge 192 Paesi.

Nata nel ’70 come movimento universitario per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali, è divenuta ben presto un avvenimento educativo e informativo su temi quali il riciclo dei materiali, la conservazione delle risorse natural e di habitat come i boschi umidi e la protezione delle specie minacciate. Anche a Trieste la Giornata viene celebrata con varie iniziative: la proiezione di un docu-film, una passeggiata ecologica e la realizzazione di un orto... in pieno centro. All’American Corner di piazza S. Antonio 6, proiezione (in versione originale) alle 17 di “Earth: La nostra Terra”, docu-film del 2009 realizzato dalla Bbc come primo film della Disneynature: 40 troupe, in 200 location sparse tra 26 nazioni, per oltre 1.000 ore di riprese ad alta definizione. Lungo un ciclo completo di stagioni, il film porterà lo spettatore dall’Artico ai Tropici, dall’oceano al deserto passando per la foresta pluviale. Urbi et Horti con Legambiente Trieste, Bioest e più verde meno cemento, alle 17.30 realizzerà in via XXX Ottobre, davanti allo Sportello Orti, un vero e proprio orto. «Costruiremo insieme un piccolo orto al centro della strada - spiega la naturalista Tiziana Cimolino, da anni impegnata in progetti di orti urbani - un’azione simbolica e pratica per avere meno cemento e aggiungere verde in città. Maestri contadini ci aiuteranno ad apprendere i primi rudimenti di orticoltura urbana. Semineremo e pianteremo pomodori e zucchine, ci scambieremo piante, semi e parleremo di foreste commestibili, orti e spazi verdi. Una piccola iniziativa, una pratica semplice da diffondere ancora di più. La Terra è un bene comune che dovremmo lasciare più intatta possibile ai nostri figli. Portatevi zappetta e cappello di paglia: al resto ci pensiamo noi». E ogni venerdì la sala Arac del Giardino pubblico ospita il corso di orticoltura biologica per chi vuol diventare giardiniere urbano (anche sul balcone di casa). Prossimo appuntamento il 6 maggio: verterà su “Il ruolo delle api nella tutela del territorio, degustazione e assaggi” con il veterinario Livio Dorigo. Il sabato mattina invece, in via Inchiostri, si tengono gli incontri di teoria e pratica e accompagnamento in campo con il maestro contadino Roberto Marinelli. Domani si parlerà di “Conoscenza e preparazione all’uso corretto ed ergonomico degli attrezzi da giardino. La concimazione e l’uso degli insetti utili per la tutela delle piante”. Chi volesse avvicinarsi a questa nuova comunità può intervenire o scrivere a orticomuni.trieste@gmail.com. In occasione dell’Earth Day, il Wwf di Miramare per lunedì ha organizzato una passeggiata (gratuita grazie al sostegno della Provincia) tra Santa Croce e monte San Primo alla scoperta di un tratto della Riserva marina e della Costiera. Ritrovo alle 9 al cimitero di Santa Croce. Non è necessaria la prenotazione. Per la possibile presenza di zecche, l’Azienda sanitaria consiglia di indossare abiti chiari, coprire il corpo e proteggere i piedi con scarpe alte.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 aprile 2016

 

 

Il conferimento degli inceneritori abbassa il margine operativo lordo e l’utile netto

L’assemblea di AcegasApsAmga non si è limitata al rinnovo degli organi sociali ma ha provveduto ad approvare il bilancio 2015.

L’azienda ha comunicato che i ricavi sono saliti a 504 milioni, in lieve aumento (+1,8%) nel raffronto con il 2014. In calo invece sia il margine operativo lordo che l’utile: il primo indicatore è sceso del 6,5% a 141 milioni, mentre il risultato netto si è abbassato del 40% a 22,6 milioni. Ma, spiega AcegasApsAmga, c’è una ragione tecnica che motiva questi esiti: il conferimento dei termovalorizzatori di Trieste (foto) e Padova nella “newco” HestAmbiente, controllata al 70% da Hera Ambiente e partecipata al 30% da AcegasApsAmga. All’azienda preme ricordare che la ricaduta economica sul territorio triestino è ammontata a 85,2 milioni. Infine, tra ieri e oggi Tommasi ha svolto il periodico incontro con i dipendenti del gruppo: ieri a Udine, stamane al Molo IV triestino. Ricordiamo che il bilancio Hera sarà portato in assemblea a Bologna il prossimo 28 aprile.

(magr)

 

Cassonetti pieni e rifiuti in strada, rivolta a Duino Aurisina
DUINO AURISINA - È allarme rifiuti a Duino Aurisina. Numerosi cittadini di Visogliano e Borgo San Mauro hanno fatto rilevare la presenza di molte immondizie accatastate accanto ai raccoglitori, oramai strapieni.

Nelle cosiddette isole, dove sono affiancati i contenitori per l'umido, la carta, il vetro, la plastica, in molti casi le immondizie debordano, provocando, oltre che un inevitabile disagio, anche la preoccupazione per le possibili conseguenze sotto il profilo igienico. Il problema però dovrebbe risolversi in tempi brevi ed è Giuliano Sponton, direttore generale della Isontina servizi, l'azienda di Ronchi dei Legionari che dal primo marzo ha l'incarico della raccolta rifiuti sull'intero territorio comunale, a fornire la spiegazione e a tranquillizzare la popolazione. «Siamo in una fase di transizione nella collocazione delle nuove isole di raccolta - spiega Sponton - perché abbiamo ereditato una situazione che stiamo trasformando in vista della nuova distribuzione dei contenitori sul territorio. A breve avremo un'ottantina di isole ben strutturate per la raccolta di ogni genere di rifiuti - prosegue - cioè un numero molto maggiore rispetto al passato. Ma per ora siamo riusciti a completare il loro posizionamento soltanto nella parte Ovest del territorio comunale, quella che confina con la provincia di Gorizia, arrivando fino a Duino compresa. Centri come Visogliano, Borgo San Mauro e Aurisina saranno coperti a breve. La presenza di un gran numero di rifiuti, soprattutto per quanto concerne la carta e il vetro - continua il direttore della Isontina servizi - è dovuta al fatto che la popolazione ha dimostrato grande sensibilità al nostro invito a effettuare la raccolta differenziata. Il fatto però è che la collocazione del necessario numero di contenitori non poteva essere fatta contemporaneamente in tutti i centri. Lo faremo entro poco tempo - conclude Sponton - e a quel punto tutto funzionerà a dovere».

Ugo Salvini

 

Scatta la sfida ecologica a colpi di riciclo - Al via la gara tra le scuole per ottenere il titolo di rione più pulito. In palio cinquemila euro in libri
Tutti in gara per conquistare il titolo di “Rione più pulito della città - Vinci col verde”. È iniziata ieri la competizione fra le 24 scuole triestine che hanno aderito alla proposta del Comune, organizzatore e promotore dell'iniziativa, e che in questo frangente saranno le rappresentanti del rione che le ospita.

Alla fine, saranno premiati coloro che avranno saputo distinguersi per quantità di conferimento di rifiuti umidi e per aver pulito meglio il giardino del proprio istituto. La gara si divide in due fasi ben distinte. La prima, che è scattata ieri e si concluderà il 15 maggio, si baserà sulla bravura degli studenti nel saper stimolare le proprie famiglie alla raccolta dell'umido. Acegas Aps Amga, partner del progetto, in base a precisi calcoli, fatti in collaborazione con l'Istat, effettuerà specifiche misurazioni sull'intero territorio comunale. In questa prima fase, saranno allestiti anche laboratori creativi sul riciclo e passeggiate di quartiere per fare proseliti, il tutto d'intesa con la cooperativa Querciambiente e l'associazione Kallipolis. La seconda prova vedrà invece i ragazzi delle scuole impegnati nella pulizia del giardino del proprio istituto. E sarà una gara contro il tempo, perché i partecipanti avranno a disposizione solo due ore: dalle 10 alle 12 di domenica 15 maggio. Nel pomeriggio di mercoledì 1 giugno si svolgerà la premiazione; grazie al bando istituito dalla Provincia e intitolato “Vinci col verde”, la circoscrizione del rione che avrà totalizzato il miglior punteggio potrà acquistare libri e audiovisivi per 5mila euro, che saranno distribuiti alle scuole della zona di competenza. In quell'occasione si celebrerà anche la Giornata mondiale dell'ambiente. Alla presentazione della gara hanno partecipato gli assessori Antonella Grim e Umberto Laureni. «Mi piace ricordare - ha detto Grim - che questo è un progetto nato da un'idea del Consiglio comunale delle ragazze e dei ragazzi di Trieste, da sempre impegnati nel proporre idee finalizzate al miglioramento della città». Laureni ha invece sottolineato che «Quando si parla di classifiche e gare, la cosa piace. Inserendo perciò il concetto di sfida indirizzandolo a cose positive - ha aggiunto - un risultato lo si ottiene. I premi poi - ha concluso - essendo libri saranno particolarmente graditi e utili». Paolo Dal Maso, dirigente AcegasAps Amga, ha osservato che: «questo evento creato per le scuole è ottimo perché i bambini, stimolati dalla gara, a loro volta spingeranno le famiglie alla raccolta differenziata. Speriamo - ha aggiunto l'assessore per l'Ambiente - che i ragazzi ne parlino a casa. Con questa iniziativa - ha concluso - la raccolta differenziata sarà ancora maggiore, con beneficio per tutti». Per tutte le informazioni del caso e per il Regolamento è possibile consultare il sito www.triestescuolaonline.it e www.retecivica.trieste.it.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 aprile 2016

 

 

Arpa: «Nuova Aia sulla Ferriera più severa»

Presumibilmente in risposta alle critiche più recenti di ambientalisti e cittadini, l’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) ha emesso ieri una nota in cui afferma che l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata alla Ferriera di Servola dalla Regione il 27 gennaio prevede vincoli più severi e razionalizzazione dei controlli.

Si rileva che per la prima volta vengono imposti valori di riferimento per la centralina di San Lorenzo in Selva: la concentrazione di Pm10 non deve superare i 40 microgrammi per metro cubo di media nei 12 mesi e i 70 microgrammi nelle 24 ore, limite da non oltrepassare più di 35 volte nei 12 mesi. La soglia per il benzopirene è posta a 1 nanogrammo per metro cubo quale media giornaliera sui 12 mesi. Gli sforamenti comportano limitazioni dirette della produzione. Per quanto riguarda i depositi, l'Aia pone un obiettivo di polverosità su base mensile non superiore a 500 milligrammi per metro quadrato al giorno lungo il perimetro dello stabilimento; limite che viene dimezzato a 250 milligrammi nelle altre stazioni di rilevamento (via Pitacco, via Carpineto, via Cesare Rossi e via Ponticello) dove viene indicato un limite di 140 milligrammi di media sui 12 mesi.

 

 

Piazza Sant’Antonio ridisegnata dall’acqua

Premiati i migliori progetti del concorso di idee per il restyling del tratto finale del Canal Grande. Ora la palla al Comune
IL PRIMO CLASSIFICATO - Elaborato dal gruppo guidato dall’architetto - Anzil prevede una vasca che può tramutarsi in spazio per eventi
«La riqualificazione di piazza Sant’Antonio e del tratto conclusivo del Canale è il tassello finale». Andrea Dapretto, assessore ai Lavori pubblici, coglie l’occasione delle premiazioni del concorso di idee lanciato dal Comune per ricordare il percorso complessivo «di recupero dell’area con i cantieri conclusi in largo Panfili, via Trento, piazza Ponterosso e che include anche il Ponte curto». Con «punto di caduta», piazza Sant’Antonio e la riapertura del Canal Grande nello spazio davanti alla chiesa. L’auditorium del Revoltella, gremito, celebra i vincitori della selezione. Con Roberto Cosolini, a fine mandato e in piena campagna elettorale, che ricorda a tutti: «La progettazione passerà ora di nuovo al vaglio dell’amministrazione. Questo è stato un concorso di idee, non la scelta progettuale definitiva». È intuibile che comunque la decisione della commissione giudicatrice - presieduta dal direttore dell’Area lavori pubblici del Comune, Enrico Conte - avrà il suo peso. I risultati del lavoro di valutazione hanno sancito l’affermazione della piazza d’acqua, che può scomparire nel caso ad esempio di manifestazioni o concerti organizzati sul posto, elaborata dal gruppo di Sagrado degli architetti Daniela Anzil e Giampaolo Zeroni, dell’ingegner Massimiliano Modena e del consulente architetto Marco De Stefani. Lo stesso Zeroni certifica in primo luogo come il progetto «accontenti entrambe le opzioni», cioè quella di chi vuole veder l’elemento acqua raggiungere il sagrato della chiesa di Sant’Antonio e chi invece preferisce una piazza: una vasca ribassata di 90 centimetri rispetto al livello della strada attorno, poi degli scalini in fondo al Canale e al centro un simbolico incrocio che porta in direzione delle chiese delle diverse comunità religiose presenti in città. A ciò si legano, ai lati, i masegni da recuperare per la pavimentazione e dei dehors con tende estensibili su due lati sotto cui ospitare sedute, stalli per bici, mercatini o tavolini dei locali. Il tutto - da realizzare in due lotti (prima la piazza, poi le sponde) - con sistema di illuminazione a led non diretta verso lo specchio acqueo. Zeroni ha anche richiamato, come fonte di ispirazione, il progetto firmato all’epoca da Gigetta Tamaro, scomparsa due settimane or sono. Bolognese la seconda piazza con l’architetto Paolo Chierici, che punta a riaprire il Canale sino quasi all’altezza di via Dante con un ponte fra via Filzi e via San Spiridione, continuando verso la chiesa con una scalinata («per esaltare il rapporto della città con il mare») e una fontana centrale accompagnata ai lati da alberature «per enfatizzare la vista della facciata» dell’edificio di culto. Al terzo posto il gruppo guidato dall’architetto Barbara Fornasir e composto anche dall’ingegner Fausto Benussi, dagli architetti Rossella Gerbini e Franco Umeri, con consulenti Giulia Sponza, Massimiliano Fittipaldi e Giovanni Franzil e Vittorio Sgarbi. L’idea progettuale vuole far risaltare «le qualità architettoniche dei palazzi e ricreare le attività commerciali un tempo ospitate sulle barche nel Canale. Per questo abbiamo pensato - le parole di Fornasir - a due passerelle in legno sistemate sull’acqua con tende che coprano cinque postazioni per lato. Tutto a un metro e mezzo più in basso rispetto all’argine. Infine, una gradinata che porta al sagrato della chiesa. Una tribuna naturale in caso di spettacoli». Infine, menzione speciale per il lavoro dell’architetto Agata Lacava con la consulenza di Marcello Papa, Tanja Ognjanovic e Valeria Morucci. Anche qui si tratta di una piazza d’acqua che però si sviluppa «in piano fino al punto dove arrivava in origine il Canale. Una rampa la raccorda allo spazio antistante il pronao della chiesa», la spiegazione di Lacava. Che ha pensato a un livello d’acqua di pochi centimetri, con erogatori e luci a led sottostanti e nascosti, pronti a entrare in azione.

Matteo Unterweger

 

Al via il cantiere della rotatoria in via Flavia - Intervento da 400mila euro per migliorare la sicurezza. La fine dei lavori prevista tra quattro mesi
L’incrocio tra le vie Flavia, Caboto e Carletti e la strada della Rosandra cambia volto e diventa rotatoria. L'intervento, atteso da anni, comporterà una spesa complessiva di 382.475,18 euro, 300mila dei quali a carico del Comune, mentre il resto graverà sulle casse dell'AcegasApsAmga.

Ieri è stato aperto il cantiere e, contestualmente, il sindaco, Roberto Cosolini, ha indetto una conferenza stampa, alla quale hanno partecipato anche gli assessori Andrea Dapretto (Lavori pubblici) ed Elena Marchigiani (Pianificazione urbana, mobilità e Traffico), servita soprattutto per puntualizzare un aspetto al quale lo stesso Cosolini ha detto di attribuire notevole rilievo. «Abbiamo deciso di sostenere il grosso della spesa direttamente come amministrazione - ha spiegato - perché in questa maniera i lavori possono iniziare subito. L'alternativa - ha sottolineato - sarebbe stata attendere l'avvio dell'intervento di ristrutturazione della vicina area cosiddetta ex Dino Conti, opera che sarà realizzata fra qualche mese da privati e che, per estensione, avrebbe coinvolto anche l'incrocio. Questa seconda scelta - ha proseguito il sindaco - non avrebbe però comportato alcun vantaggio economico per il Comune, perché la somma che i privati avrebbero sostenuto per l'intervento, riducendo così l'impiego di danaro pubblico, avremmo dovuto restituirla successivamente, sotto forma di abbattimento degli oneri di urbanizzazione. A parità di risultato economico perciò - ha concluso Cosolini - meglio cominciare prima, anche perché questa è un'opera che i cittadini attendono da tempo immemorabile che servirà ad annullare la pericolosità di un incrocio di grande transito». Nel dettaglio l'opera prevede la demolizione di alcune isole spartitraffico, la costruzione di un’isola centrale, che fungerà da perno attorno al quale scorrerà il traffico, la modifica dei marciapiedi circostanti la rotatoria, il posizionamento di una nuova segnaletica e di elementi di arredo urbano, il potenziamento della rete di distribuzione dell'energia elettrica e l'allestimento di un nuovo impianto di illuminazione su tutta l'area. Marchigiani ha ricordato che «questo intervento è inserito nel piano generale di rinnovo della viabilità di tutta la città, e a breve avremo una rotonda anche ad Aquilinia. In prospettiva - ha concluso - avremo anche un allungamento delle piste ciclabili per unirle a quelle di Muggia». Dapretto ha evidenziato «l'importanza dell'intervento, volto a migliorare la sicurezza del traffico in un punto che da anni sopporta un notevole traffico». Il termine dei lavori è previsto fra quattro mesi, ma già fra un paio di settimane, in virtù del posizionamento della segnaletica provvisoria, sarà operativo il nuovo regime a rotatoria, perciò tutti coloro che si troveranno all'interno dell'anello centrale avranno la precedenza sulle vetture in arrivo dall'esterno dello stesso.

(u.s.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 aprile 2016

 

 

Caos sul piano regolatore - Si torna all’era illyana - Da ieri, a causa dei ritardi nell’approvazione, sono in vigore le “vecchie” regole
L’assessore esclude rischi di cementificazione ma l’opposizione attacca. Il 16 aprile 2014 il Consiglio comunale adotta il nuovo piano regolatore a firma Elena Marchigiani che va a sostituire quello del 1997.
Secondo i Cinquestelle e Paolo Rovis il 17 maggio se il Piano non sarà stato pubblicato sul Bur potrebbero partire nuove edificazioni con le vecchie regole. Il 22 dicembre 2015 il Consiglio approva il Piano che il 19 gennaio 2016 viene inoltrato alla Regione che lo approverà venerdì. Il 16 aprile 2016, cioé sabato scorso sono cadute le salvaguardie che avevano anch’esse la durata di due anni per cui è tornato in vigore il Piano a firma Riccardo Illy

A Trieste, da ieri, è tornato in vigore il Piano regolatore del 1997, noto anche come variante Illy-Portoghesi-Cervesi. Sono infatti trascorsi due anni da quando la sera del 16 aprile 2014 il Consiglio comunale adottò il nuovo strumento pianificatorio redatto dall’assessore Elena Marchigiani dell’attuale giunta Cosolini e sono scadute le relative salvaguardie rimaste in vigore per questo stesso lasso di tempo. Il nuovo Piano, molto più restrittivo dal punto di vista dell’edificabilità e approvato dal Consiglio comunale il 22 dicembre scorso, entrerà in vigore soltanto quando verrà pubblicato sul Bur, il Bollettino ufficiale della Regione. L’allarme viene lanciato da Paolo Rovis, consigliere comunale di Trieste popolare che rileva come «appena venerdì prossimo il Piano verrà approvato dalla giunta regionale per essere messo sul Bur di mercoledì, ma non è detto che sia mercoledì 27, anche perché c’è di mezzo anche la festività del 25 aprile. Esiste il rischio che la pubblicazione slitti di qualche settimana». Si è dunque aperto un pauroso varco che potrebbe propiziare il colpo di mano di qualche cementificatore? Le opposizioni lo temono, ma la stessa Marchigiani lo nega nel modo più fermo, ribadendo quanto già replicato alla domanda di attualità posta in Consiglio comunale dal cinquestelle Paolo Menis nell’ambito della quale aveva comunque assicurato le sue pressioni sulla Regione per una conclusione tempestiva dell’iter. «Non esiste alcun rischio - assicura Marchigiani - perché venerdì la giunta regionale, alla quale il Piano è stato trasmesso già il 19 gennaio, darà il via libero definitivo. Logicamente, nel frattempo, abbiamo fatto con i nostri uffici un’approfondita verifica di quanto potrebbe accadere e abbiamo appurato che nessuno degli atti depositati può arrivare a compimento grazie alle vecchie regole perché la finestra che si è riaperta è troppo stretta». L’assessore entra nel dettaglio: «In particolare vi sono dodici richieste di permessi a costruire che devono però essere integrati e che hanno bisogno di tempi ben più lunghi. Meno che meno hanno chance i piani particolareggiati o quelli attuativi, complessivamente una ventina, che dovrebbero passare al vaglio perlomeno della giunta comunale, se non addirittura del Consiglio». Le richieste dei principali progetti “sospesi” si riferirebbero in particolare a via Bellosguardo, via Giusti, Longera, Guardiella, via Udine, Gretta, Padriciano, Opicina e Prosecco. «Semmai - puntualizza l’assessore - è importante che il nuovo strumento entri in vigore nel più breve tempo possibile perché di fatto sta bloccando alcuni importanti investimenti già pianificati e che sono localizzati in particolare in zona Ezit». In aula, Menis ha comunque rilevato quanto sia paradossale il fatto che l’amministrazione regionale, politicamente allineata a quella comunale, impieghi ben più dei due mesi previsti dal regolamento per certificare il Piano. «Il rischio di ricaduta diretta per questo varco inopinatamente aperto - puntualizza il suo collega grillino Stefano Patuanelli - esiste ma obiettivamente non è altissimo. Si pongono però comunque due questioni molto serie: la prima è che si è ingenerata un’enorme confusione nel settore che invece ha bisogno di regole certe e che da ieri l’edilizia a Trieste è sostanzialmente bloccata perché chi presenta un progetto in base al nuovo Piano se lo vede tenuto fermo. Il secondo, ben più grave, è che terreni edificabili con il vecchio Piano con il nuovo sono divenuti inedificabili. Ma, teoricamente, oggi una serie di persone possono presentare, in base alle vecchie regole, altrettante Dichiarazioni di inizio attività che, a differenza dei permessi a costruire che richiedono 120 giorni per il via libera, hanno bisogno di 30 giorni soltanto. Pertanto se il 17 maggio, cioé fra trenta giorni, il nuovo Piano non sarà ancora stato pubblicato sul Bur, potremmo veder cominciare a crescere sul territorio comunale una serie di costruzioni che si ritenevano già scongiurate». «Questo nuovo Piano regolatore a lungo sbandierato come documento che avrebbe salvaguardato l’ambiente - commenta, ancora, Rovis - rischia ora di essere parzialmente vanificato anche dai ritardi accumulati dalla giunta comunale. Ritardi che riaprono ora le porte a interventi che possono essere molto invasivi soprattutto nella cintura carsica del territorio comunale. Un effetto indesiderato che avrebbe potuto essere facilmente evitato ponendo maggiore attenzione sulle scadenze».

Silvio Maranzana

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 aprile 2016

 

 

Gli abitanti non mollano su polveri e fumi - L’associazione NoSmog: «Questa autorizzazione ambientale ha maglie più larghe della precedente»
L’associazione Nosmog continua a dare battaglia sulla Ferriera e nel corso di una conferenza stampa la presidente Alda Sancin e il segretario Adriano Tasso hanno messo nel mirino soprattutto due questioni: le maglie considerate troppo larghe della recente Autorizzazione integrata ambientale emessa dalla Regione che hanno sarcasticamente ribattezzato “Autorizzazione integrata aziendale” e il fatto che le polveri «se mai fosse vero che sono calate in quantità, sono cresciute in concentrazione».

«Contrariamente all’Aia precedente - fa rilevare NoSmog - nella nuova non viene fatto esplicito divieto all’uso contemporaneo dei due altoforni consentendo di fatto l’eventuale inserimento del secondo nel ciclo produttivo. Quanto ai videomonitoraggi, a fronte delle reiterate richieste per una serie di stazioni in continuo, viene imposto di installare quattro impianti privati che effettueranno delle riprese a singhiozzo, cioè con frequenza delle immagini di 15 secondi. Quanto alla rete deposimetrica, i deposimetri in zona vengono ridotti da 11 a 7. La verifica degli idrocarburi policiclici aromatici nelle polveri dei deposimetri che era mensile diventa trimestrale e dopo i primi due anni sarà semestrale». Nosmog fa quindi riferimento al 5 ottobre, data di entrata in funzione dell’”aspirapolvere” della cokeria. «Da tale data - accusa l’associazione - si nota l’aumento della concentrazione di benzopirene che nel deposimetro di via Ponticello supera quella della Portineria operai. Il fenomeno si nota anche sulla sommatoria degli idrocarburi policiclici aromatici. Ciò rende le attuali polveri più nocive di quelle analizzate nei mesi scorsi». Quanto alla cronistoria dei rilevamenti, NoSmog sottolinea che la situazione del 2015 risulta essere la peggiore, superata solo dal lontano 2008, nonostante l’avvicendarsi delle gestioni. Per il benzopirene si sostiene che anche nel 2015 non è stato rispettato il limite posto a salvaguardia della salute umana che è stato superato del 25%. Tornando alla nuova Aia, per la centralina di via San Lorenzo in Selva è stato stabilito l’innalzamento dei limiti. NoSmog riporta una frase della Conferenza dei servizi: «Per la centralina mobile di monitoriaggio dell’area industriale posta in via San Lorenzo in Selva l’obiettivo di qualità dell’aria ambiente per le Pm10 è posto a 40 microgrammi per metrocubo come media annua e 70 come media nelle 24 ore da non superare più di 35 volte all’anno». Ancora: il controllo diossine al camino E5 che per la vecchia Aia avrebbe dovuto essere mensile, diventa semestrake. Nel nuovo decreto inoltre non si fa riferimento alle normative sul rischio di incidente rilevante (ex legge Seveso) né all’adempimento di un piano di sicurezza esterno. In sostanza la nuova Aia, secondo NoSmog «autorizza una struttura collocata nel cuore della città ad emettere una quantità di Co2 pari a quella emessa da mille auto Euro 5 che ogni ora facessero una ventina di chilometri su e giù per Servola».

(s.m.)

 

«Nuovo weekend di fuliggine su Servola»
Le ultime segnalazioni di una situazione insostenibile risalgono a non più tardi di ieri.

«È stato un altro week-end terribile - afferma Alda Sancin, presidente di NoSmog - alle due del pomeriggio non ce l’ho fatta più e ho avvisato la Polizia locale. Sabato è incominciata a cadere su tutta Servola una sorta di fuliggine, oggi (cioe domenica, ndr.) siamo passati a lustrini di grafite e polvere nera. Il tutto condito da una forte puzza di catrame e di gas. Ritengo che la causa di tutto sia la cokeria e so che anche alcuni mie vicini hanno tentato di allertare le autorità, ma di domenica l’Arpa è difficilmente rintracciabile». Per quanto riguarda le segnalazioni da parte dei cittadini di inquinamento della Ferriera, NoSmog rileva che nel 2015 sono state oltre ottocento, un picco che negli ultimi otto anni. Il record precedente apparteneva al 2012 con oltre 700, mentre nel 2014 con l’attività notevolmente ridotte erano state meno di 150.

(s.m.)

 

 

Una pista per le bici in Porto vecchio - Progetto allo studio dell’amministrazione comunale che ha avviato i lavori per la ciclabile da via Giulio Cesare alla Cottur
Una pista ciclabile che si snodi tra le “meraviglie” di Porto vecchio. Nel giorno in cui illustra tempi e modi di un’altra vittoria del “popolo su due ruote”, quella che unirà via Giulio Cesare alla “Cottur”, Elena Marchigiani rilancia.

E lo fa, da assessore comunale alla Mobilità e al Traffico, assicurando che il riscatto cicloturistico di Trieste non si ferma: «Non solo stiamo pensando ad arricchire i collegamenti e le possibilità di trasporto delle bici, ma anche ad un nuovo progetto che possa coinvolgere finalmente un tratto all’interno di Porto vecchio». Nell’attesa, però, ecco la nuova pista ciclabile cittadina che collegherà via Giulio Cesare, in zona Museo Ferroviario, a via Orlandini ovvero all’attuale rampa per la ciclopedonale “Cottur”. I lavori sono stati affidati da qualche giorno e, se le stime dell’amministrazione saranno confermate, saranno completati in 150 giorni. La nuova pista, come ricordato nel corso di un sopralluogo, costituirà un’estensione della “Ciclovia del mare Adriatico”, individuata con la sigla “FVG 2” all’interno della Rete delle ciclovie di interesse regionale. Non solo. «Considerato che il Comune di Muggia ha acquisito un finanziamento per la realizzazione del tratto Aquilinia-Rabuiese» e che «quello mancante tra via della Pace e Aquilinia è già marcato con impianti di segnaletica verticale specifici», la nuova pista concorrerà al «completamento del collegamento internazionale ciclabile sul lato mare con la Slovenia». Ma ecco, nel dettaglio, la nuova opera. La “FVG 2”, lunga poco più di quattro chilometri, partirà da via Giulio Cesare, attraverserà piazzale Alessi, Passeggio Sant’Andrea, via Fiamme Gialle, viale Campi Elisi, via San Marco e ancora viale Campi Elisi, via D’Alviano, via Lorenzetti, Largo Vardabasso, via Zorutti e via Lorenzetti, prima di arrivare in via Orlandini in corrispondenza del punto di accoglienza dei cicloturisti della pista che raggiunge Draga Santa Elia. Nel senso opposto, in direzione Trieste, è prevista una pista ciclabile monodirezionale «in sede propria sull’attuale marciapiede in adiacenza allo spazio riservato al transito pedonale», con partenza dall’intersezione con via Lorenzetti e in grado di svilupparsi lungo il lato est di via D’Alviano. Il cantiere, partito il 12 aprile, allestito in Campo Marzio e affidato alla ditta veneta Bagolin, dovrebbe chiudere i battenti entro i primi giorni di settembre. Il primo tratto, quello vicino al polo natatorio della piscina “Bruno Bianchi”, dovrebbe essere pronto già entro il mese di giugno. Capitolo costi. Il progetto indica una spesa complessiva di quasi 500.000 euro (494.340,58 per l’esattezza) di cui 236.000 finanziati dal Comune di Trieste e 258.228,45 dalla Regione. Quanto ai materiali utilizzati il progetto prevede che la pavimentazione dell’itinerario ciclabile sia realizzata in conglomerato bituminoso di tipo tradizionale ad eccezione di alcuni tratti in corrispondenza di intersezioni stradali o di possibili “interferenze” con i pedoni. In questi casi la pavimentazione sarà pitturata con resini speciali di colore rosso scuro. La nuova pista ciclopedonale che, come sottolinea l’amministrazione vuole coniugare sostenibilità e turismo, nasce da un progetto concertato con Fiab Ulisse ovvero con l’Associazione cicloturisti e ciclisti urbani: «Si è trattato di un percorso pienamente condiviso. Un vero esempio di modalità partecipata - sottolinea il responsabile Mobilità della Fiab Federico Zadnich - che è destinato a produrre due importanti ricadute. La prima riguarda un possibile aumento del 20% dei ciclisti urbani a Trieste come emerge da un sondaggio che indica peraltro in città già 3.500 ciclisti abituali. L’altra ricaduta fondamentale è ovviamente lo sviluppo del cicloturismo».

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 17 aprile 2016

 

 

D’Agostino punta sull’autoporto goriziano

Il commissario dell’Authority “elegge” la struttura isontina a retroporto ideale: «Ci serve un polmone per l’attività ferroviaria»
GORIZIA - Sdag, retroporto dello scalo di Trieste. Non è una semplice suggestione ma un progetto che potrebbe prendere corpo sin dai prossimi mesi. Un primo incontro «conoscitivo», così è stato definito, si è svolto in autoporto, organizzato dalla senatrice Laura Fasiolo (Pd). Ospite d’onore il commissario straordinario dell’Autorità Portuale di Trieste, Zeno D’Agostino. «Non conoscevo abbastanza l’attività dell’autoporto di Gorizia: l’avevo visitato qualche tempo fa ma in tutt’altre vesti. Credo - spiega D’Agostino - che la struttura goriziana possa diventare una sorta di “retroporto” del porto di Trieste, un polmone per l’attività ferroviaria del porto. Il traffico cresce, gli operatori chiedono spazi e credo sia meglio utilizzare le strutture che già ci sono». Una prospettiva, che, però si scontra con l’ostacolo che il settore trasporti del Gect non è stato finanziato. E su questo tema si è sviluppata gran parte della discussione. «L’obiettivo - spiega Laura Fasiolo - era di mettere il focus di attenzione sul potenziamento del polo logistico intermodale e transfrontaliero di Gorizia-Sempeter Vrtojba che, in rete con le altre piattaforme logistiche, porti e interporti della Regione, attraverso la connettività delle linee nazionali ed internazionali, porterebbe Gorizia ad essere il secondo, irrinunciabile valico verso l’Est Europa». Sulla necessità di un rilancio della Sdag è intervenuto il presidente della società che gestisce l’autoporto, Gianpaolo Ristits che ha illustrato a Zeno Agostino, insieme alla responsabile dei progetti Cinzia Nizzatti, la questione dell’intermodalità ferroviaria Gorizia-Nova Gorica e le sue ripercussioni sull’economia del territorio. «La realizzazione delle lunette fra Gorizia e Nova Gorica consentirebbe alla zona di uscire dall’isolamento - evidenzia la senatrice - con un beneficio sui traffici dell’autoporto e lo sviluppo non solo del traffico merci, ma anche di quello passeggeri». «Il nodo ferroviario di Gorizia-Sempeter Vrtojba per un vero rilancio economico necessita della realizzazione dei raccordi ferroviari, le “lunette” su cui è innestato il sistema intermodale, in modo da consentire l’ingresso bidirezionale dalla linea Gorizia-Monfalcone in territorio italiano e Nova Gorica-Lubiana in territorio sloveno», hanno spiegato, con dovizia di riferimenti, la direttrice del Gect Sandra Sodini e il responsabile (neonominato) nell’assemblea del Gect per il sistema ferroviario Alessandro Puhali. Entrambi hanno evidenziato i benefici economici nei trasporti Est-Ovest che ne deriverebbero per l’intera Regione Fvg. Era presenta anche il presidente della Camera di commercio Gianluca Madriz, il quale ha evidenziato «l’urgenza di quest’opera non più rinviabile»: le lunette o bretelle ferroviarie necessarie allo sviluppo sia del trasporto merci sia del trasporto passeggeri, come il progetto Adria A prevede. Più volte, nel corso della riunione, è stato citato il presidente della Commissione Trasporti del Parlamento europeo Michael Cramer, il quale ha posto come «centrale» la realizzazione dell’opera, una delle priorità in Europa in corrispondenza ai confini nazionali. Uno studio - hanno fatto eco Sodini e Puhali - che ha individuato il nodo ferroviario di Gorizia, Nova Gorica, Sempeter Vrtojba come uno dei quindici nodi mancanti più eclatanti d’Europa, attualmente all’attenzione dei massimi vertici europei. «È stata una riunione soddisfacente. Soddisfatto anche il commissario straordinario dell’Autorità Portuale di Trieste, Zeno D’Agostino per gli importanti elementi informativi, di verifica e valutazione della visita».

Francesco Fain

 

Sistema logistico strategico per i traffici in partenza e arrivo verso il Centro Europa

Sdag è la società che, per conto del Comune di Gorizia, gestisce le strutture autoportuali ubicate al confine tra Italia e Slovenia. Il sistema autoportuale si colloca nel punto d’incontro di diverse direttrici di traffico da e per il Centro Europa, in prossimità del sistema portuale dell’Alto Adriatico e dell’Aeroporto di Ronchi dei Legionari.

Attraverso la A34, il sistema autoportuale è collegato direttamente alla rete autostradale italiana sia verso Ovest (Venezia-Milano-Bologna) sia verso Nord (Austria e in Baviera). La superstrada H4 Razdrto-Vrtojba poi collega il valico internazionale di S.Andrea con le maggiori direttrici slovene in direzione Lubiana. Il sistema aeroportule rappresenta un’infrastruttura fondamentale per dirigersi ad Est, in alternativa alla via per Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 16 aprile 2016

 

 

Galletti: «Se inquina l’area a caldo si chiude»

Il ministro dell’Ambiente conferma l’accordo: «Ma sono fiducioso». Prodani chiede i dati sulle scorie
«Sulla Ferriera stiamo facendo una buona pratica, grazie ad un'interlocuzione buona e positiva con la presidente Serracchiani, che in questo caso agisce come commissario straordinario». Lo ha affermato ieri il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti prima del suo intervento all'Assemblea nazionale Anci Giovani che si svolge ancora oggi a Trieste. «Ricordo - ha detto ancora il ministro Galletti - che abbiamo sottoscritto un accordo di programma impegnativo, con più di 50 milioni stanziati e gli interventi si stanno facendo, mentre per quel che riguarda l'area a caldo se non rientrerà nei parametri verrà chiusa. A tal riguardo sono però fiducioso che la situazione si possa salvare sia da un punto di vista ambientale che occupazionale». Di tutt’altro tenore la conferenza stampa sempre sulla questione Ferriera che ha tenuto ieri Aris Prodani, deputato triestino del Gruppo misto e alla quale ha partecipato anche Marino Sossi candidato sindaco del movimento Sinistra per Trieste. «La città è a rischio inquinamento. Comune, Azienda per l’assistenza sanitaria e Arpa da tempo dispongono di dati precisi, relativi in particolare alle scorie prodotte dalla Ferriera, ma non li vogliono rendere noti - ha affermato Prodani sostenendo che «questo è un fatto gravissimo, anche perché i cittadini hanno diritto di sapere qual è la situazione e a quali pericoli sono sottoposti soprattutto i bambini». Prodani ha poi bacchettato l’amministrazione comunale. «In gennaio - ha ricordato il deputato - il Comune aveva annunciato che si sarebbe fatto un monitoraggio dei terreni attorno alla Ferriera, in tre aree: nel bosco di Servola sotto la chiesa, in piazzale Rosmini e in via Cossetto a Chiarbola. Siamo ad aprile - ha sottolineato - ma i risultati, che sono da tempo in mano alle istituzioni, rimangono segreti. Ho sollecitato più volte tutti e tre gli enti per sapere quando saranno resi pubblici, ma non ho mai ricevuta risposta. Da informazioni ufficiose però - osserva Prodani - ho saputo che, soprattutto in piazzale Rosmini, ci sono dati molto preoccupanti, in particolare per la presenza di benzo(a)pirene, un acclarato cancerogeno di categoria 1». «Il dato su piazzale Rosmini - ha aggiunto - è inquietante, perché si tratta di un’area destinata ai bambini, frequentata da famiglie, e il benzo(a)pirene si assorbe al semplice contatto con la terra». Prodani è poi passato alle conclusioni: «Innanzitutto chi limita l’analisi all’area di Servola dovrà ricredersi, perché l’inquinamento si estende a tutta la città. Dal 31 gennaio - ha proseguito - sto scrivendo alla direzione scolastica della scuola di via Svevo, che è sotto la sopraelevata, perciò esposta più delle altre a un rischio inquinamento, ma anche in questo caso non ho avuto ancora risposta. Chiedo l’immediata pubblicazione dei dati anche perché vogliamo sapere l’origine delle sostanze che si depositano».

(u.sa.)

 

 

Canal Grande allungato - Vince la “piazza d’acqua” - La commissione giudicatrice premia la proposta di Anzil e Zeroni di Sagrado
Quella sponsorizzata da Sgarbi arriva terza. Alle 18 l’inaugurazione di Ponterosso
«Speriamo che serva ad avviare un dibattito pubblico» spiega Enrico Conte, direttore dell’area Lavori Pubblici e presidente della Commissione giudicatrice.

Martedì prossimo alle 17, all’Auditorium del Revoltella, verranno presentati i progetti vincitori e le altre proposte su piazza Sant’Antonio e Canal Grande.

Il vulcanico Vittorio Sgarbi è il consulente storico artistico della proposta degli architetti Barbara Fornasir e Rosselle Gerbini che si è aggiudicata il terzo premio.

Al concorso delle idee per Piazza Sant’Antonio Nuovo e Canal Grande solo 6 su 70 (un solo escluso per documentazione imbustata male) superano la sufficienza. Ovvero il punteggio minimo previsto dal bando (sei). La Commissione giudicatrice ha proclamato ieri mattina, in una seduta pubblica nella stanza 92 del Municipio, i tre vincitori del concorso con l’apertura delle buste. Il primo premio va a una proposta arrivata da Sagrado (Gorizia), il secondo a una di Bologna, il terzo alla proposta triestina sponsorizzata da Vittorio Sgarbi. «Micidiale» è il commento che scappa alla lettura dei nominativi a Enrico Conte, direttore dell’Area Lavori e presidente della Commissione giudicatrice. La paura che possano piovere “capre” sul concorso da parte del critico d’arte (e forse candidato sindaco) è reale. Sgarbi non ama arrivare dietro a degli sconosciuti o quasi. Soprattutto se si tratta di un progetto di allungamento del canale. Il primo premio è andato al team capeggiato da Daniela Anzil e Giampaolo Zeroni con il giovane professionista Massimiliano Modena e consulente Marco De Stefani. Il gruppo si è aggiudicato lo scorso novembre il terzo premio per il futuro polo scolastico unico di Collosomano a Buja (Udine). La loro proposta per il Canal Grande prevede la realizzazione di una specie di piazza d’acqua (la prima di Trieste) nel tratto finale e che si può usare sia nella versione con acqua (vasca) che senza (piazza). Uno spazio double-face. Secondo classificato il progetto dell’architetto Paolo Chierici di Bologna che ha all’attivo soprattutto progettazione di interni di lusso. La sua proposta prevede (una delle poche) il ripristino del Canal Grande “com’era e dov’era” con l’acqua che bagna il sagrato di Sant’Antonio. Un recupero dell’immagine storica dell’area con lo scavo dell’ultimo tratto del canale, la costruzione di un ponte su via San Spiridione e la piantumazione di due file di alberi a chiudere via Dante e via XXX Ottobre. Gli stessi alberi vietati dalla Soprintendenza in piazza Ponterosso (che sarà inaugurata oggi alle 18 alla presenza del sindaco Roberto Cosolini e dell’assessore Andrea Dapretto). Uno dei progetti che rispetta meglio la prospettiva del Canale e che prende sul serio l’allungamento. Il terzo premio alla proposta triestina degli architetti Barbara Fornasir, Fausto Benussi, Rossella Gerbini. E un quartetto spettacolare di consulenti capitanato da Vittorio Sgarbi con Giulia Sponza, Massimiliano Fittipaldi e Giovanni Franzil. Il progetto prevede una vasca in piazza Sant’Antonio regolata da un ingegneristico sistema idraulico con il Canal Grande e soprattutto un mercato stabile sulle sponde ribassato rispetto al livello stradale. La commissione (oltre a Conte ne fanno parte Lucia Iammarino, Giuseppina Scavuzzo, Aulo Guagnini per gli ingegneri e Corrado Pagliaro per gli architetti) ha deciso anche per una menzione alla quarta proposta, quella dell’architetto Agata Lacava di Ragusa con studio a Trieste (consulenti Marcello Papa, Tanja Onjavorich e Valeria Morucci). La proposta prevede una piazza con giochi d’acqua: un omaggio all’architettura contemporanea praticamente assente dal contesto urbano triestino. Martedì 19 aprile, alle 17, all’Auditorium del museo Revoltella, verranno presentati i progetti vincitori e tutte le altre proposte. Gli elaborato resteranno esposti per due settimane. «Speriamo - spiega Conte - che serva ad avviare un dibattito pubblico». E il costo? Si va dai 2,5 ai 7 milioni di euro per proposta. Una media di 3 milioni per rimettere mano al Canal Grande di Trieste.

Fabio Dorigo

 

 

«L’antenna di Chiampore va tolta» - L’amministrazione comunale respinge al mittente le accuse di Finmedia
MUGGIA - Finmedia attacca alzo zero? Il Comune di Muggia non porge l’altra guancia, anzi. E la guerra dell’antenna, quella di Chiampore, divampa. «Se “mettere i bastoni fra le ruote a queste società” vuol dire tutelare i propri cittadini, allora sì, l’abbiamo fatto. Se poi le “ordinanze fantasiose” sono quelle che ci hanno permesso di abbattere tutti gli abusivi da Chiampore, dopo trent’anni di prolificazione, considerando che nessuno dei ricorsi delle società ha trovato accoglimento, allora speriamo che continui così in futuro» afferma, in risposta alle accuse della proprietaria dell’antenna, il sindaco Nerio Nesladek. E ancora: «Pur con scarsità di mezzi e personale, l’amministrazione ha intrapreso un percorso che ha permesso di salvaguardare il diritto alla salute dei nostri cittadini, nonché di migliorare anche il valore paesaggistico della nostra Muggia». La guerra, su questo Comune e Finmedia sono d’accordo, si combatte ormai nelle aule di giustizia: «Il Consiglio di Stato lo scorso 10 marzo ha accolto l’istanza di sospensione del Comune fissando anche a brevissimo la trattazione della causa che avverrà nell’udienza di merito del 23 giugno. Udienza nella quale si deciderà se l’autorizzazione di Finmedia a realizzare il nuovo traliccio sia o meno decaduta» spiega, in una nota, l’amministrazione muggesana. Subito dopo aggiunge che «nuove misurazioni saranno quelle che dovrà effettuare l’Arpa ovvero l’ente terzo che è l’unico preposto ai controlli. Controlli che non potevano essere fatti fino ad ora a causa della giungla di antenne site a Chiampore, tante delle quali peraltro abusive». La campagna avviata dall’amministrazione, ormai da tempo, adesso è finalmente in dirittura d’arrivo. E Nesladek non manca di sottolinearlo: «È rimasta solo questa spina che ha incontrato un sacco di polemiche strumentali. Se le avessimo ascoltate e ci fossimo fermati non saremmo mai arrivati a questo momento. Un momento che premia la serietà e ci fa guardare con speranza e fiducia alla prossima sentenza».

 

 

AMBIENTE - Qualità dell’aria Roma approva il piano

Il ministero dell’Ambiente ha ufficialmente approvato il progetto presentato dalla Regione per l’adeguamento della rete di rilevamento della qualità dell’aria. Lo rende noto l’assessore Sara Vito ricordando che il progetto prevede il monitoraggio in 21 stazioni, di cui 5 nel territorio triestino, 4 in quello goriziano, 7 in Friuli e 5 nel Pordenonese.

 

 

Ambiente - Confronto tra l’assessore e gli ecologisti

Idroelettrico, centri di riuso, rapporto sullo stato dell’ambiente in regione, cambiamenti climatici: questi i temi oggetto di un confronto tra l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito, i vertici di Legambiente, il Comitato sull’acqua pubblica e i funzionari della direzione centrale e di Arpa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 aprile 2016

 

 

La Ferriera: «L’area a caldo non chiude» - Siderurgica Triestina apre le porte ai consiglieri comunali e rassicura: «L’inquinamento finirà». Centrodestra critico
Lo stop dell’area a caldo non è nelle previsioni del management della Ferriera, convinto com’è di riuscire a risolvere una volta per tutte l’inquinamento prodotto dallo stabilimento. L’ipotesi, sulla quale si esprimerà a breve e con dati aggiornati il sindaco Roberto Cosolini, non passa nemmeno per la mente dell’amministratore delegato di Siderurgica Triestina Andrea Landini: «Lavoriamo per tenerla in vita, non la chiudiamo», dice rispondendo alle domande che i consiglieri comunali della Commissione Ambiente gli hanno rivolto ieri nel sopralluogo in fabbrica. Una visita organizzata per vedere da vicino gli interventi avviati dall’azienda per limitare le emissioni: «La fermate o no questa area a caldo?», lo incalzano, nell’ordine, Piero Camber di Forza Italia, Michele Lobianco dell’omonima civica e Paolo Rovis di Trieste Popolare. Si tratta di stanare il poco loquace ingegnere su un tema che, in un modo o nell’altro, nei prossimi mesi potrebbe condizionare il futuro dello stabilimento e pure la campagna elettorale. L’appuntamento di ieri mattina era il primo di una serie che di qui in avanti coinvolgeranno, con altrettante visite, pure la Provincia, il Senato e l’agguerrito Comitato 5 dicembre, quello delle proteste sotto il municipio. I consiglieri comunali hanno aperto la strada. Caschetto bianco e giacchetta blu, hanno percorso in lungo e in largo l’intera area, accompagnati dall’addetta stampa dell’azienda. Una scomoda passeggiata sotto la pioggia, tra pozzanghere color ruggine e l’odore acre che, dopo un po’, prende la gola di alcuni. Si comincia dal pezzo forte, l’impianto di aspirazione costruito nell’autunno del 2015 con tanto di brevetto Arvedi per catturare le polveri del processo produttivo. È capace di trattenere 2 tonnellate in più al giorno. Ecco poi il reparto cokeria, l’impianto di raffreddamento da cui si alzano le nuvole di vapore acqueo, l’agglomerato per preparare la fusione nell’altoforno e la macchina a colare. E, soprattutto, l’insonorizzazione per ridurre l’impatto acustico dell’altoforno, prevista dalle prescrizioni Aia e su cui la società aveva chiesto una proroga alla Regione. Nell’attesa, però, l’intervento è completato. Il tour si chiude con il laminatoio, il mega fabbricato in corso di costruzione che servirà alla lavorazione dell’acciaio. Dunque, che si fa con l’area a caldo? «L’inquinamento finirà - puntualizza Landini - l’area a caldo può coesistere con la città, non la chiudiamo». Di fronte a tanta certezza è Rovis a partire a raffica: «L’aspiratore sta dando i risultati attesi? Tali da continuare così?». «Sì perché l’impianto di aspirazione funziona», conferma la società. Più tardi, a scanso di equivoci, l’ufficio stampa preciserà che l’azienda «continuerà a garantire in futuro, come ora, il pieno rispetto delle prescrizioni ambientali - rese ancora più stringenti dalla nuova Aia - affinché l’area a caldo possa continuare a produrre, all’interno del ciclo integrato della Ferriera». È nel pomeriggio che si scatena la ridda di reazioni. Camber: «Finalmente una risposta chiara da parte di Siderurgica Triestina ad una mia domanda puntuale. Non chiuderanno l’area a caldo. Noi comuni mortali - polemizza - avevamo invece capito che una volta partito il nuovo laminatoio, con 300 posti di lavoro, il vecchio impianto sarebbe stato fermato». Anche Lorenzo Giorgi del Pdl attacca: «L’azienda non ha alcuna intenzione di chiudere l’area a caldo che, nonostante filtri e tentativi vari, continua imperterrita a provocare polveri». Alessia Rosolen di Un’Altra Trieste prende atto «delle affermazioni rassicuranti, ma mi limito a rilevare che sono l’Accordo di programma quadro e l’Aia ad attribuire a soggetti terzi il compito di verificare i livelli di emissioni e rumori prodotti dalla Ferriera». Mario Ravalico (Pd), presidente della Commissione, è invece soddisfatto: «Non credo si possa negare un atteggiamento nuovo nei riguardi del risanamento ambientale da parte della società, fermo restando comunque che l’efficienza delle strumentazioni realizzate dovrà essere testata e certificata dagli enti deputati a tale scopo».

Gianpaolo Sarti

 

 

«Il governo investirà in Porto vecchio» - Delrio, in visita, assicura l’impegno nazionale per il recupero dell’area
«Ne ho già parlato con Franceschini. Saremo a fianco dei privati»
La presenza del governo a fianco degli investitori privati nella riqualificazione del Porto vecchio; l’entrata in vigore entro poche settimane della nuova legge sui porti che tra l’altro consentirà l’ingresso di Monfalcone e Porto Nogaro nell’Autorità di sistema portuale di Trieste; la successiva immediata trasformazione dell’incarico di Zeno D’Agostino da commissario a presidente. Tutto questo ha annunciato ieri il ministro Graziano Delrio in un lungo pomeriggio triestino che lo ha portato in visita dapprima all’ex Centrale idrodinamica e alla mostra sulle navi del Lloyd, poi a una breve passeggiata nello scalo antico, quindi in un vero e proprio sopralluogo ai Moli Quinto, Sesto e Settimo dove in particolare i terminalisti Enrico Samer e Francesco Parisi gli hanno illustrato i nuovi progetti per la crescita dei servizi intermodali nave-ferrovia, e nel bacino di carenaggio della Ocean con Marino Quaiat che gli ha illustrato l’operazione di refitting da quasi cinque milioni di euro che si sta facendo sul megayacht Chopi Chopi dell’ex premier libanese Taha Mikati. Infine a partecipare a un convegno sul futuro del porto con lo stesso D’Agostino, la presidente della Regione Debora Serracchiani e il sindaco Roberto Cosolini nella sala più grande del Magazzino 26 stracolma di pubblico che non ha lesinato applausi ripetuti. A margine il ministro Delrio, accompagnato dal presidente dei deputati Pd, Ettore Rosato, si è espresso molto chiaramente su Trieste. «Come governo - ha detto - siamo fortemente orientati a fare la nostra parte sul Porto vecchio dato che consideriamo una sfida per tutta l’Italia e non soltanto per la città di Trieste il recupero di patrimoni storico-artistici-culturali come questo. Ne ho già discusso anche con il ministro Franceschini, con le forze politiche, con la Regione e il Comune. Stiamo procedendo tutti assieme e si stanno attendendo gli studi preliminari ma certamente il Governo sarà della partita anche se è prematuro dire come. Siamo però decisi a fare in modo che si recuperi una polarità del porto come la città e la Regione ci hanno proposto. In Porto vecchio il Governo sarà dunque al fianco degli investitori privati, le modalità si vedranno a seconda del progetto che verrà sviluppato». Dallo scalo antico al Porto nuovo. «È un’eccellenza assoluto nel panorama italiano - ha sottolineato Delrio - perché ha sviluppato le autostrade del ferro: più di cinquemila treni partono e arrivano ogni anno in questo porto che ha caratteristiche di forte modernità. La “cura del ferro” assunta a modalità essenziale rende Trieste un esempio per tutti gli altri porti italiani. Gli investimenti tendono dunque a fare di Trieste sempre di più una delle due porte di accesso al Sud Europa e all’Europa dell’Est, tant’è che il suo porto si trova al centro di due importantissimi corridoi europei». Ma un’ulteriore svolta arriverà dalla legge sui porti. «Stiamo attendendo il passaggio degli atti a Camera e Senato che si sono impegnati a essere molto rapidi per il parere finale - ha precisato il ministro - Penso che stavolta davvero in poche settimane saremo arrivati alla fine. E le Autorità portuali non cresceranno rispetto alle 15 previste, ma se qualcuno chiederà un periodo di transizione più lungo, valuteremo la richiesta in base alla norma transitoria prevista». «Terminato l’iter della riforma - ha aggiunto Delrio - vorrei partire subito a fare le nomine dei presidenti, sentito il presidente del consiglio e d’intesa con le Regioni» . Quando poi al convegno il sindaco Cosolini parlando di D’Agostino al ministro, ha detto «vorremmo chiamarlo presidente» suscitando tra l’altro un forte applauso del pubblico, Delrio ha commentato: «Ciò che non ho sentito ora, mi ritornerà certamente in mente non appena la riforma verrà approvata». Cosolini parlando del porto lo aveva definito «il gioiello più prezioso che la città aveva tenuto a lungo in un cassetto». Serracchiani ha ricordato i 50 milioni a disposizione per la piastra ferroviaria di Campo Marzio, la prossima riattivazione dei collegamenti ferroviari tra Servola e la galleria di cintura e tra Campo Marzio e Opicina, ma ha anche annunciato che ci sono i soldi per il terzo e quarto lotto della terza corsia della A4 e che sono prossimi a partire i lavori per il Polo intermodale dell’aeroporto di Ronchi.

Silvio Maranzana

 

 

Accesso gratuito in estate al mare delle Falesie - La giunta di Duino Aurisina valuterà lunedì il provvedimento ideato dal sindaco
«Un test stagionale che ci consentirà di avere un quadro chiaro a fine periodo»
DUINO AURISINA Nella porzione a mare della Riserva marina delle Falesie si potrà entrare gratis. Almeno per tutta la prossima estate. È questo l’orientamento manifestato dal sindaco di Duino Aurisina, Vladimir Kukanja, nel corso della più recente seduta della conferenza dei capigruppo e che dovrebbe essere trasformato in un provvedimento esecutivo dalla giunta, chiamata a riunirsi lunedì prossimo. Com’è noto, la polemica sulla possibilità o meno di accedere alla zona a mare della Riserva, sia per chi conduce natanti sia per chi nuota, è divampata a lungo a Duino Aurisina. Da un lato coloro che avrebbero voluto che, nelle acque sotto il Castello di Duino, si potesse entrare indiscriminatamente, dall’altro coloro che sostenevano il contrario, ricordando la necessità di conservare l’ambiente. Poi è intervenuto il Regolamento della Regione. Adesso Kukanja ha preso una decisione che definisce un aspetto fondamentale: coloro che intendono beneficiare delle possibilità di accesso al mare sotto le Falesie, che il Regolamento di fruizione delineato dalla Regione prevede in determinati casi, lo potranno fare senza spendere. «Ho valutato utile prevedere una sorta di esperimento stagionale - spiega Kukanja - perché in questa maniera potremo avere, a fine estate, una puntuale radiografia della situazione, verificando il numero di coloro che, a vario titolo, avranno voluto entrare nella porzione marina della Riserva». Un test, in altre parole, basato sulla gratuità dell’ingresso. La gratuità non potrà però essere totale: «Sul bollo che bisognerà acquistare per presentare la domanda di accesso - riprende Kukanja - e su quello che sarà necessario applicare sul permesso non possiamo intervenire, perché quei soldi vanno allo Stato. Ma per il resto, almeno per quest’anno, non prevediamo tariffe». Certo, manca ancora il sì della giunta, ma è difficile pensare che gli assessori si rivoltino contro il parere del sindaco. Nel Regolamento si legge che «l’Organo gestore della Riserva (il Comune, ndr) rilascerà il contrassegno necessario per entrare e determinerà annualmente entità numerica, tipologia ed eventuali tariffe dei contrassegni autorizzativi. Sono poi ammessi alla navigazione i mezzi abilitati all’attività del pescaturismo, quelli delle guide naturalistiche e quelli utilizzati per la pratica dell’agriturismo, chi accompagna i sub con finalità didattiche e di fruizione turistico naturalistica». La porzione marina della Riserva delle Falesie è delimitata da una serie di boe che ne segnano i confini e che hanno suscitato anch’esse, alla vigilia del loro posizionamento, discussioni piuttosto accese, anche per il loro colore molto vistoso. «Non potevamo certo collocare in mare boe che non fossero ben visibili a tutti - è stata all’epoca la replica dell’assessore Andrej Cunja - altrimenti verrebbe a mancare la loro principale funzione».

Ugo Salvini

 

 

Scontro sull’antenna di Chiampore - Finmedia all’amministrazione Nesladek: «Non ha meriti e non ha ancora vinto»
MUGGIA «Il Consiglio di Stato ha soltanto fissato la data della trattazione della causa di merito.

Null’altro. È inoltre un falso che il Comune di Muggia si attribuisca il merito degli ottimi risultati emersi dalle ultime misurazioni dell’Arpa sui valori dell’inquinamento, che invece sono il risultato della realizzazione dei due nuovi tralicci da parte della Finmedia e della Dcp, che hanno attivato e risanato, trasferendo sulle proprie strutture le emittenti più inquinanti, alcune di queste in precedenza attive su strutture abusive, consentendone così l’abbattimento». È stata immediata e decisa ieri la replica della Finmedia srl ai commenti fatti dal sindaco Nerio Nesladek, alla notizia dell’accoglimento, davanti al Consiglio di Stato, dell’istanza promossa dal Comune di Muggia per la sospensione dei lavori sull’antenna di Chiampore, della stessa Finmedia srl. Quest’ultima società ricostruisce così i fatti in un comunicato: «Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Terza), lo scorso 10 marzo ha accolto il ricorso presentato dal Comune di Muggia - si legge nella nota - limitatamente alla fissazione della trattazione della causa nel merito. L’udienza è stata fissata per il 23 giugno. I magistrati romani - prosegue il documento della Finmedia - hanno anche disposto, a carico dell’Arpa, ulteriori misure riguardanti l’inquinamento elettromagnetico, da svolgersi in contraddittorio. Quella delle antenne - si puntualizza nel testo - non è una battaglia, e non ci sono nemici o avversari, come usa dire il sindaco di Muggia. È stata piuttosto l’amministrazione muggesana a mettere i bastoni fra le ruote alla nostra società - contrattaccano quelli di Finmedia - con obbligazioni e ordinanze fantasiose. Solo grazie ai giudici e al presidente del Tar del Friuli Venezia Giulia, che hanno sempre rigettato i ricorsi del Comune di Muggia, si è potuto procedere con i progetti, quindi al conseguente abbassamento dell’inquinamento elettromagnetico. Confidiamo nei giudici romani - conclude la nota - e invitiamo il Comune di Muggia a non festeggiare, perché non ha ancora vinto, e a non fare campagna elettorale sulla salute e sulle tasche dei muggesani».

(u. s.)

 

 

GLI APPUNTAMENTI

 

 

Referendum - Il “niet” alle trivelle sbarca in via delle Torri

Alla vigilia del referendum sulle trivelle, ovvero sulla proroga senza limiti di tempo delle concessioni per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi in mare, il Comitato triestino per il Sì organizza un incontro pubblico sull’argomento con l’ex sindaco di Capodistria e parlamentare europeo Aurelio Juri. L’incontro si terrà oggi alle 17.30 in via delle Torri dietro Sant’Antonio Nuovo.

 

 

Per i pollici verdissimi è Horti Tergestini l’appuntamento 2016

Torna al parco di San Giovanni la rassegna florovivaistica con 114 espositori. E poi laboratori e spettacoli teatrali
Passione, dedizione, tenacia e pollice verdissimo sono la ricetta vincente della riconversione del parco di San Giovanni da ospedale psichiatrico a spettacolare oasi cittadina immersa nel verde e nei fiori. Al via domani mattina, alle 11, con l’inaugurazione ufficiale l’11esima edizione di Horti Tergestini, la rassegna florovivaistica dedicata alla cultura del verde e dei giardini ospitata nel parco di San Giovanni. Centoquattordici gli espositori professionisti provenienti da tutt’Italia - tra florovivaisti, artigiani, aziende green di nicchia, arredo da esterni e molto altro ancora - che animeranno dalle nove al tramonto il comprensorio proponendo ai visitatori (con ingresso libero) una ricca selezione di piante, fiori, bulbi, rosai e rarità, ma anche attrezzi per prendersi cura del proprio orticello. «Horti Tergestini - anticipa Giancarlo Carena, presidente dell’Agricola Monte San Pantaleone che promuove la manifestazione assieme all’associazione orticola Tra piante e fiori, in collaborazione con Provincia, Comune, Acegas Aps e Trieste Trasporti - forte di un consenso del pubblico sempre più trasversale, si presenta quest’anno ancora più ricco». Momenti di confronto, laboratori e approfondimenti su tecniche paesaggistiche e spettacoli teatrali, come quello di questo pomeriggio alle 18, a Spazio Villas (ingresso libero), dal titolo “Camomilla e Cipolla, storia di un grande amore”, reading con Dora Di Mauro, happening che anticipa il fine settimana dedicato ai fiori. Tra gli appuntamenti la conferenza alle 15 di Federica Gasparet “Il giardino cinese e il giardino giapponese: due modelli a confronto”, seguito alle 16.30 da quello con Daniele Altieri “Mistero, sorpresa e illusione: idee e strategie per creare giardini d’atmosfera”. E parlando d’atmosfera, la kermesse è il profumato pretesto per visitare il magnifico roseto (6mila esemplari) che è valso lo scorso anno al parco il certificato di eccellenza conferito dalla prestigiosa World Federation of rose societies. Ospite d’onore domani mattina all’inaugurazione di Horti, Breda ‹opi, presidente della Società slovena delle rose, nonché vicepresidente World federation of rose per l’Europa orientale, che anticiperà i temi del convegno regionale delle rose del 2017 in Slovenia. Tornando al programma, a chiudere la giornata domani sera alle 19 lo spettacolo teatrale (Spazio Villas) di Lorenza Zambon “Semi di futuro”. Questo invece il carnet domenicale: alle 10 laboratorio per bambini “Giocare con l’arte” a cura di Minimu, mentre alle 11 (Spazio Villas) conversazione “Eretico per amore” per ricordare a dieci anni dalla scomparsa Mario Tommasini che negli anni ’70 inventò gli orti sociali. Alle 15, presentazione del libro dello storico dell’arte Guido Giubbini e alle 17 l’incontro con il vivaista Paolo Gramaglia su “L’orto: dal davanzale alla terrazza al giardino, ovvero là dove si puote ciò che si vuole».

Patrizia Piccione

 

 

Pomeriggio alla scoperta della foresta urbana Caccia al tesoro vegetale al Giardino pubblico

Caccia al tesoro alla scoperta delle specie botaniche presenti al Giardino pubblico (nella foto) oggi alle 17.30, alla sala Arac, nella terza lezione del nuovo corso gratuito di orticoltura biologica per chi vuole diventare giardiniere urbano (anche sul balcone di casa).

Pierluigi Nimis dell’Università di Trieste, introdotto da Tiziana Cimolino di Urbi et Horti, condurrrà “Alla scoperta della foresta urbana di Trieste” e presenterà la sua guida interattiva in un incontro per imparare a riconoscere le piante del nostro territorio in dieci passi attraverso un programma didattico che introduce alla conoscenza del mondo vegetale e accompagnerà gli interessati in una vera e propria caccia al tesoro all’interno del giardino visto come un laboratorio all’aperto. Il docente ha messo a punto uno strumento scientifico, ma semplice e intuitivo, che permette di identificare, attraverso l’osservazione di caratteri facilmente osservabili, tutte le specie botaniche che vivono nell’intero territorio.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 aprile 2016

 

 

La battaglia per il riciclo espugna il giardino di casa - Municipio e AcegasApsAmga lanciano una nuova offensiva sulla differenziata
Un centinaio di contenitori riservati alla raccolta di foglie, erba e terriccio
In periferia, sull’altipiano carsico, ma anche in rioni come San Luigi, Giarizzole, Valmaura, San Giovanni e San Giacomo. Sono cento in tutto i nuovi contenitori per la raccolta dell’umido disseminati in una quarantina di isole ecologiche della città. Hanno una particolarità: sono privi di coperchio e servono a depositare rami, erba, foglie, terriccio e potature domestiche. D’ora in avanti, dunque, i cittadini potranno disporre di un contenitore per gli scarti di cibo, come bucce e fondi di caffè, e di un altro per le ramaglie e gli sfalci di giardini e campagne. Anche il cimitero di Sant’Anna sarà dotato degli appositi cassonetti. Il progetto è del Comune di Trieste e di AcegasApsAmga che presto lanceranno anche una campagna informativa rivolta a tutti i residenti, con tanto di guida con le “istruzioni per l’uso” e mappa dove poter conferire questi rifiuti. «La raccolta - ha osservato l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni - è un fattore culturale. Nella nostra città la sensibilità è certamente aumentata anche se assistiamo ancora a forme di inciviltà». Chi butta insieme plastica e carta, ad esempio, o chi abbandona oggetti ingombranti per strada. «Ci siamo spesso occupati di raccolta differenziata - ha commentato Mario Ravalico, presidente della Commissione Ambiente - credo che, come sostiene l’assessore, le problematiche ambientali debbano basarsi su un cambio culturale». Con questa iniziativa il Municipio intende fare un salto in avanti nelle abitudini dei triestini e alzare i livelli di differenziata, ora al 37,6%, al 40%. L’umido incide al 6% e, con la nuova operazione, potrebbe raggiungere nel giro di poco tempo il 12-15%. «Gli effetti sulla raccolta dell’umido non rispondono ancora alle aspettative - ha rilevato Roberto Gasparetto, direttore generale di AcegasApsAmga - ma sul verde il margine è elevato. Attualmente a Trieste stiamo viaggiando su una media di 25 kg per abitante, ma come gruppo Hera nel territorio di nostra competenza siamo a 94. Nel resto del Friuli Venezia Giulia, invece, si arriva a 56. Le potenzialità ci sono, quindi possiamo migliorare il prelievo». Le ramaglie raccolte vengono portate nell’impianto della Bioman a Maniago, pronte per essere trattate e trasformate in compost adatto per il concime. Il gas prodotto, invece, viene poi utilizzato per la produzione di energia capace di alimentare le abitazioni di 20 mila residenti della zona. Il vantaggio per Trieste, come è stato evidenziato ieri nella conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, si ripercuote sulla tariffa che la municipalizzata paga alla società per il processo di compostaggio, cioè la trasformazione delle ramaglie in concime, quantificabile in 90 euro a tonnellata. L’intero meccanismo della differenziata, per il Comune di Trieste, pesa sulla Tari per 3 milioni di euro all’anno. Sono 30 euro in meno per le tasche dei cittadini. Per quanto riguarda l’umido, ogni tonnellata vale quasi 30 euro sui costi finali. I bar, ad esempio, attivassero un sistema di raccolta sistematica per i fondi caffè e le bucce agrumi, consentirebbero di incrementare considerevolmente la soglia. I contenitori per le ramaglie sono già stati posizionati: la raccolta prevista si aggira attorno a circa 1.000 tonnellate annue. La guida che sarà distribuita ai cittadini illustrerà nei dettagli come separare correttamente da un lato gli scarti di cibo, dall’altro gli sfalci e le potature. «È importantissimo che nei nuovi cassonetti non vengano introdotti altri tipi di rifiuti - avvertono il Comune e la municipalizzata - che inevitabilmente comprometterebbero la qualità della raccolta. Anche se da entrambe le tipologie di rifiuti (scarti di cibo e sfalci), si ricavano compost ed energia elettrica generata da biogas, le lavorazioni dei due materiali sono differenti. Dunque, affinché il processo di recupero sia efficace, è importante che la raccolta e i flussi operativi a valle siano ben separati».

Gianpaolo Sarti

 

 

«Il nodo ferroviario di Gorizia si può rilanciare subito»
TRIESTE - Non è necessario attendere l’elettrificazione della tratta Nova Goriza-Sesana per rivitalizzare il nodo ferroviario di Gorizia.

I 4,7 milioni che il Gect isontino chiede all’Europa consentirebbero la realizzazione delle infrastrutture, previste dal progetto “Tip”, vale a dire due lunette di collegamento tra Italia e Slovenia, «sufficienti al rilancio economico di un’area depressa». Lo sostiene la Camera di Commercio di Gorizia con il suo presidente Gianluca Madriz. Intervenendo a commento delle parole dell’assessore regionale alle Infrastrutture Mariagrazia Santoro, che in un’intervista al Piccolo ha sollecitato la Slovenia a prevedere l’elettrificazione della sua tratta, Madriz spiega di «condividere l’approccio della Regione («Non si può che essere favorevoli al rafforzamento delle infrastrutture rientranti nel Corridoio Adriatico-Baltico, destinate a esaltare il ruolo della portualità»), ma puntualizza sulle questioni che bloccano gli interventi sul nodo di Gorizia: «La disponibilità di una progettazione preliminare già pagata, con risorse pubbliche, e condivisa tra Italia e Slovenia è un’opportunità da valorizzare, passando alla fase realizzativa; gli interventi infrastrutturali del “Tip” sono idonei a completare il terminal intermodale della Sdag, attualmente del tutto sottoutilizzato per le difficoltà di manovra dei treni e al quale va attribuito da subito una rinnovata funzionalità anche come retroporto per Monfalcone e Trieste; le opere previste sono del tutto compatibili con la progettazione di “Adria A” e consentirebbero sin d’ora, grazie soprattutto alla realizzazione delle lunette, un miglioramento nelle opportunità di trasporto passeggeri transfrontaliero, utile anche all’obiettivo di fare della Ferrovia Transalpina un corridoio turistico tra Italia, Slovenia e Austria e uno specifico supporto della nascente rete di piste ciclabili avente per riferimento il fiume Isonzo».

(m.b.)

 

 

Stop ai lavori sull’antenna di Chiampore - Accolta dal Consiglio di Stato la richiesta di sospensiva avanzata dal Comune di Muggia. Il 23 giugno la sentenza di merito
MUGGIA - Il Consiglio di Stato ha accolto l'istanza promossa dal Comune di Muggia per la sospensione dei lavori sull'antenna Finmedia di Chiampore. Una svolta importante e inaspettata nella battaglia giudiziaria legata ai lavori per il traliccio.

Il Tar del Fvg aveva infatti emesso una sentenza sfavorevole all'amministrazione comunale, disponendo di fatto l'annullamento dell'ordinanza che interrompeva i lavori per la realizzazione di un impianto per le telecomunicazioni nella frazione muggesana. L'ordinanza, datata 7 febbraio 2015, era stata annullata assieme a tutti gli atti connessi con condanna del Comune al pagamento delle spese di lite. Non potendo l'avvocatura civica, nella sua composizione, garantire lo svolgimento del patrocinio dinanzi alle magistrature superiori, la giunta aveva registrato la necessità di affidare l'incarico della difesa e rappresentanza in giudizio ad un legale esterno, individuato nella fattispecie nell'avvocato Sandro Amorosino del Foro di Roma, lo stesso avvocato che peraltro aveva patrocinato il Comune nell'appello proposto contro la sentenza del Tar relativo alla società emittente Dcp, che opera nel sito delle antenne di Chiampore. Da qui il ricorso in appello dinanzi al Consiglio di Stato per cercare di bloccare l'antenna di Finmedia a Chiampore. E a sorpresa il Consiglio di Stato ha accolto l'istanza di sospensione del Comune, fissando anche peraltro a brevissimo la trattazione della causa che avverrà nell'udienza di merito del 23 giugno prossimo. Nel dettaglio, in applicazione al principio di precauzione, il Consiglio di Stato sostiene sia opportuno che la società appellata sposti sul nuovo traliccio soltanto le apparecchiature trasmittenti già collocate sul traliccio preesistente, disponendo peraltro che Arpa Fvg proceda, in contraddittorio tra le parti, ad una nuova misurazione delle emissioni elettromagnetiche nella località. Una sospensione “storica”, che potrebbe essere il passo per un cambio di rotta sino ad oggi imprevisto. «Siamo stati i primi ad affrontare il problema in maniera seria e concreta ed a conseguire risultati: risultati che viviamo al fianco di tutti quei cittadini che, insieme a noi, hanno lottato condividendo il principio imprescindibile che la tutela della salute è prioritaria per tutti e che, insieme a noi, non si sono mai dati per vinti», ha sottolineato fiducioso il sindaco Nerio Nesladek. Quella delle antenne è una battagli «che ha incontrato da subito molti ostacoli e ha sempre avuto molti nemici, non solo tra gli ovvi “avversari”, ma anche in tutti coloro che non si sono e non si sarebbero mai spesi. Grazie al duro impegno, invece, noi siamo riusciti in questo tempo a conseguire importanti e, forse per qualcuno, impensabili risultati quali l'abbattimento degli abusivi (con relativo valore aggiunto dell'ottimizzazione degli esistenti e del miglioramento anche sul piano paesaggistico) e la riduzione dell'inquinamento, testimoniata dagli ottimi dati emersi dalla misurazione Arpa». Il 23 giugno arriverà la sentenza. Intanto a Chiampore si è riacceso un lume di speranza.

Riccardo Tosques

 

 

In difesa dei beni pubblici - Dalla scuola all’acqua caccia alle firme
«Abbiamo deciso di mobilitarci per difendere beni comuni primari contro l’offensiva del governo portata avanti a colpi di norme di carattere privatistico che ledono diritti democratici e in ultima analisi l’uguaglianza dei cittadini». Daniela Antoni dei Cobas Scuola, Anna Busi della Flc-Cgil e Giuliana Bagliani della Gilda Insegnanti parlano a nome della sezione triestina del Comitato per i referendum sociali, che oltre a quello delle loro sigle raccoglie l’appoggio di Fiom, Lip Comitato per la difesa della Costituzione, Sinistra anticapitalista e Unione degli studenti. «Il 9 aprile è iniziata la campagna contro alcuni punti delle norme note come la Buona Scuola, contro le trivellazioni, gli inceneritori ma anche la privatizzazione dell’acqua - affermano -: in tutto chiediamo sette firme. Ne dobbiamo raccogliere 500mila in due mesi. Qui a Trieste saremo presenti a Orti Tergestini all’ex Opp e poi con banchetti in città mentre da sabato sarà possibile sottoscrivere la richiesta referendaria anche nei Comuni». E contro le “modernità” e i maleinterpretati “giovanilismi” renziani le non certo teenager, pacate ma agguerrite esponenti del mondo della scuola, supportate dai colleghi “d’avventura”, hanno anche attivato una pagina su Facebook. «Questo governo - spiegano - vuole trasformare la scuola pubblica in una specie di business, attentando al diritto di tutti, sancito dalla nostra Carta, di avere pari opportunità di educazione e formazione». In dettaglio si vogliono abrogare il potere del dirigente scolastico di scegliere e confermare i docenti, quello di scegliere i docenti da premiare economicamente; si auspica di potere cancellare l'obbligo di almeno 400-200 ore di alternanza scuola-lavoro («oltre a contestare tali cifre, la norma di fatto diventa una richiesta di lavoro gratuito o sottopagato»). «Vorremmo inoltre fare abrogazione le norme sui finanziamenti privati a singole scuole pubbliche o private: c’è il rischio che si creino istituti che rispondono a precisi interessi clientelari dei donatori». Lo scenario prospettato dalle docenti-attiviste è una competizione tra scuole e favoritismi dei presidi verso alcuni docenti, mentre si stanno bloccando le supplenze di chi ha oltre 36 mesi di “anzianità”. Battaglia fondamentale poi contro il governo Renzi che vuole privatizzare servizio idrico e servizi pubblici locali, contro il risultato del referendum del 2011. Da parte sua il Movimento Trieste Libera pur apprezzando dal punto di vista ambientale il referendum sulle trivelle, ma pone il problema della legittimazione della cons

 

 

I cibi Ogm “riempiono” la platea del Verdi - Tutto esaurito al Ridotto per il secondo appuntamento di Science & the city. A confronto tre superesperti
È di nuovo sold out, al Ridotto del Teatro Verdi, per il secondo appuntamento di Science & the city dedicato a “Cibi Ogm, cosa succede per il mondo”.

È un tema, quello affrontato nel corso della terza edizione del ciclo di incontri di divulgazione scientifica ideato da Icgeb (Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologie) con il sostegno della Regione, il contributo del Comune di Trieste, le media-partnership di Rai e “Il Piccolo”, che viene discusso in genere sulla base di sentimenti e opinioni. Di rado sulla scorta di dati scientifici. Modera il direttore generale di Icgeb Mauro Giacca. Ospiti tre eminenti studiosi: il docente ordinario di Genetica all’Università di Udine Michele Morgante, il rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e professore ordinario di fisiologia vegetale Pierdomenico Perata e la responsabile delle attività di Biosafety dell’Icgeb Wendy Craig che coordina i programmi di formazione dell’Icgeb rivolti ai legislatori dei Paesi africani relativi all’uso delle biotecnologie agrarie. Una domanda è scontata. Gli Ogm sono pericolosi per la nostra salute? Risponde Perata: «Non esistono evidenze scientifiche che gli Ogm coltivati abbiano un impatto sulla salute. Ricordiamoci che non parliamo di una tecnologia recente, esiste dagli anni ’90 sono quindi ormai oltre 30 anni che gli Ogm vengono coltivati e per alcune colture, come soia e mais siamo arrivati a percentuali altissime e non esiste un singolo report scientifico validato che riporti indicazione di una qualche tossicità o di un qualunque effetto diverso da quello del normale mais o soia». In Italia è vietata la coltivazione di Ogm ma anche la ricerca su piante geneticamente modificate in campo aperto. Tuttavia importiamo mangimi Ogm dall’estero. Commenta Morgante: «Vietare la sperimentazione ha fatto perdere una serie di competenze che vent’anni fa avevamo, a fine anni ’80-inizi ’90 l’Italia era leader a livello mondiale. Abbiamo perso la possibilità di applicare questa tecnologia e forse anche le tecnologie che verranno, visto che la ricerca italiana ha ormai un gap di molti anni rispetto agli altri Paesi, perdendo dunque la possibilità di avere piante tipiche del nostro sistema, migliorate per poter resistere a virus e malattie, preservando la biodiversità del nostro Paese che invece è stata sostituita negli anni da varietà magari non Ogm ma provenienti dall’estero». Spiega Wendy Craig: «Le specie Ogm più diffuse oggi sono soia e mais come mangimi, cotone per l’industria tessile e la colza per la produzione di olio. Lo sviluppo di una pianta Ogm ha un costo medio di 136 milioni di dollari e impiega 13 anni per lo sviluppo, quindi la regolamentazione in commercio avviene da subito». Gli scienziati sembrano suggerire di spostare l’attenzione dal processo al prodotto: una tecnologia di per sé non può essere buona o cattiva, dipende dall’uso che ne facciamo.

Lorenza Masè

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 aprile 2016

 

 

Fumi oltre i limiti in Ferriera, un indagato

Accertati dalla Procura 33 sforamenti a cavallo tra 2014 e 2015. L’ex amministratore unico Rosato accusato di omessi controlli
TRIESTE - Sono 33 gli sforamenti nelle emissioni di polveri, fumi e gas della Ferriera di Servola accertati dalla Procura nel periodo tra ottobre 2014 e giugno 2015 e cioè prima dell’entrata in campo di Arvedi. Lo ha stabilito l’ultima inchiesta triestina, che è stata gestita prima dal pm Giorgio Milillo e successivamente dal magistrato Nicola Russo. Nel mirino dei pm è finito Francesco Rosato, già amministratore unico della Siderurgica Triestina e gestore dello stabilimento di cui per anni è stato direttore ai tempi della Lucchini. I reati contestati sono il mancato controllo e la mancata manutenzione degli impianti e il mancato rispetto della precedente Aia (Autorizzazione integrata ambientale), in particolare per quanto riguarda le disposizioni relative all’altoforno e alla cokeria. Sotto accusa, poi, il mancato impedimento delle emissioni diffuse di fumi, gas e polveri. La Procura, dopo l’analisi di eventuali valutazioni da parte della difesa, preparerà la citazione a giudizio. La contestazione per il reato di imbrattamento rappresenta l’ultimo atto di una lunga vicenda giudiziaria sull’attività della Ferriera. Solo pochi mesi fa il pm Federico Frezza aveva avviato un’altra identica indagine relativa a otto episodi di sforamenti, accertati da Marco Boscolo, consulente per le questioni di inquinamento dell'impianto di Servola. E anche in quella circostanza nel mirino era finito Francesco Rosato, accusato di una serie di violazioni legate all’omesso controllo del ciclo produttivo, alla mancata adozione dei migliori apparati antiinquinamento, alla carente o ritardata manutenzione di alcune parti dell’impianto della cokeria oltre che al non rispetto dell’Aia. Tutto questo è accaduto dopo la cessione da parte del commissario liquidatore della Lucchini, Piero Nardi, al gruppo Arvedi. Un altro fascicolo sulla situazione ambientale della Ferriera di Servola era stato aperto il 17 agosto del 2013 in assoluta sincronia con le operazioni propedeutiche all’affitto dello stabilimento da parte del gruppo Arvedi di Cremona. Lo scopo del magistrato in quella circostanza era monitorare il livello degli sforamenti prima che subentrasse la nuova proprietà. Questo appunto per fare chiarezza anche alla luce di eventuali responsabilità. Che a questo punto, dopo la cessione, secondo la Procura, sono comunque emerse. In particolare i magistrati hanno accertato che, in relazione alla cokeria, non è stata effettuata una manutenzione adeguata e non sono state curate una serie di operazioni tecniche che, secondo i piani, avrebbero dovuto evitare o quantomeno limitare i problemi di inquinamento. Gli stessi problemi che il consulente Marco Boscolo aveva indicato nel poderoso report realizzato durante la prima fase delle indagini.

Corrado Barbacini

 

 

Rovigno, avvistato un doglio
Un bell'esemplare di doglio (Tonna galea) ha catturato l'attenzione dei passanti lungo la riva cittadina, come scrive il Glas Istre.

Si era arenato vicino al molo e qualcuno lo ha afferrato pensando trattarsi di un guscio vuoto. Ma il doglio, del diametro di circa 15 centimetri, era vivo: è stato subito ributtato a mare. Dal 1994 il doglio è rigorosamente tutelato dalla legge croata; inoltre rientra tra le specie protette nell'appendice II della Convenzione di Berna e trova posto sulla Lista rossa dell'Iucn, il più ampio database sullo stato di conservazione delle specie animali e vegetali del mondo. Il mollusco è un gasteropode della famiglia delle tonnidae. Dalla conchiglia sottile e ondulata, come habitat predilige i fondali sabbiosi e fangosi ricchi di epifauna; è una specie molto rara nel medio e alto Adriatico. (p.r.)

 

 

GLI APPUNTAMENTI

 

 

Traffico - Oggi la presentazione della zona 30 di Opicina

Si svolgerà oggi alle 18.30 la presentazione della zona 30 di Opicina. L’evento è in programma nella sede della Banca del Credito del Carso (via del Ricreatorio 2). Ci sarà una prima discussione delle segnalazioni dei cittadini con l’assessore Elena Marchigiani ideatrice del progetto.

 

 

Referendum - Un confronto pubblico sulle trivelle in Adriatico

Il Partito Democratico di Trieste organizza un incontro pubblico in vista del referendum di domenica sulle trivelle in mare, promosso da nove Regioni, Puglia in testa. L’appuntamento, in cui verranno esposte le ragioni dei sostenitori del Sì e le motivazioni dei comitati per il No, è fissato per domani alle 17 nella sala Zodiaco dell’Hotel Savoia.

 

 

Cibi Ogm, cosa succede nel mondo?- Nuovo appuntamento al Ridotto del Verdi con Science&theCity
Dopo il sold out del primo appuntamento, prosegue oggi alle 18 al Ridotto del Teatro Verdi la terza edizione di Science&theCity, il ciclo di incontri di divulgazione scientifica ideato dall’Icgeb.

La manifestazione – realizzata con il sostegno della Regione, il contributo del Comune di Trieste, le media-partnership di RAI e del quotidiano Il Piccolo - racconta la scienza al pubblico dei non addetti ai lavori attraverso il dialogo a più voci con una serie di esperti nazionali e internazionali. Il taglio è veloce con il formato di un talk show. Tutti gli appuntamenti sono moderati dal direttore Generale dell’Icgeb Mauro Giacca con la conduzione della giornalista scientifica Silvia Bencivelli. Oggi si tornerà su un tema che non cessa la sua attualità: “Cibi Ogm, cosa succede in giro per il mondo”. Mais, cotone, soia modificati geneticamente rappresentano una realtà ormai planetaria. Tuttavia, sono fonte di dibattito acceso e spesso disinformato in Europa e, in particolare, nel nostro Paese. I cibi Ogm fanno male alla salute? E all’ambiente? Sono economicamente più sostenibili delle culture tradizionali? E ancora: possono davvero risolvere il problema della carenza di cibo a livello planetario? A queste e a numerose altre domande daranno risposta i tre eminenti studiosi protagonisti dell’incontro: il docente ordinario di Genetica all’Università di Udine Michele Morgante, il rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e professore di fisiologia vegetale Pierdomenico Perata e la responsabile delle attività di Biosafety dell’Icgeb Wendy Craig. L’ingresso agli incontri è libero fino ad esaurimento dei posti disponibili.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 aprile 2016

 

 

Da Generali a Fincantieri - il Porto vecchio dei “big” - L’advisor Ernst&Young ha concluso una prima tornata di audizioni sull’area
A consultare le grandi imprese c’era anche l’esperto che ha ridisegnato Marsiglia
In piena riservatezza Ernst&Young, il colosso mondiale dell’advisory che ha vinto la gara per affiancare l’amministrazione comunale nel progetto sul «più grande spazio di rigenerazione urbana in Europa», come ha già definito il Porto vecchio di Trieste, ha svolto e concluso una prima serie di approfondite audizioni di stakeholder locali. Si è trattato di una due giorni particolarmente intensa svoltasi in un albergo cittadino durante la quale l’advisor ha schierato una folta rappresentanza guidata da Fulvio Lino Di Blasio director di Ernst&Young Italia e composta anche dal referente di E&Y Francia, centro di eccellenza per l’esperienza accumulata in contesti portuali. Riserbo sulle aziende audite in questa prima tornata, ma sono trapelati i nomi, del resto non difficili da ipotizzare, delle Assicurazioni Generali, di Fincantieri e del Gruppo Hera di cui fa parte AcegasApsAmga. Fincantieri, rispetto al Porto vecchio, aveva già avanzato una manifestazione di interesse nel giugno 2014 e non più tardi di un paio di settimane fa il gruppo ha confermato di continuare a guardare con attenzione l’evolversi della situazione in quest’area. Il progetto riguarda la creazione di un porto per megayacht nel bacino tra Molo Zero e Molo Primo. La richiesta per la precisione è stata avanzata per «i capannoni 24 e 25, Molo Zero e bacino compreso tra il Molo Zero e il Molo Primo e corpi annessi per la durata di anni 35 allo scopo di creare un porto per megayacht di rilevanti dimensioni fornito di tutti i servizi vari a supporto dei clienti (foresterie, alberghi, uffici e servizi) e dotato di infrastrutture per effettuare lavori di piccola manutenzione ai natanti». Generali e Porto vecchio sono invece accomunate da un ricordo tragico per Trieste: l’impossibilità, dati i vincoli giuridici e architettonici, a insediarsi nell’area indussero il gruppo assicurativo a spostare la sede per l’Italia a Mogliano Veneto. Dinanzi agli “inquirenti” di E&Y si sono seduti anche i rappresentanti di Greensisam, la società di Pieluigi Maneschi nata per realizzare in Porto vecchio la sede per l’Europa meridionale di Evergreen, colosso taiwanese dei container di cui fa parte Italia marittima. L’ipotesi è tramontata ma Greensisam ha in concessione per novant’anni i primi cinque magazzini. Nel processo in corso di sdemanializzazione del Porto vecchio, con passaggio di magazzini e piazzali dall’Autorità portuale al Comune sarà quest’area, come ha confermato il sindaco Roberto Cosolini, la prima a passare di mano. Ciò dovrebbe avvenire a breve e a quel punto Maneschi dovrebbe annunciare la vendita della maggioranza della società a un gruppo immobiliar-finanziario europeo. L’advisor però non si è limitato a sentire grandi aziende e società. C’è stato un doppio confronto, in due momenti diversi, con la giunta comunale pressoché al completo, mentre un approfondito scambio di idee è avvenuto con la Regione e poi non solo con i vertici dell’Autorità portuale, ma anche con un nutrito elenco di operatori portuali. Logicamente, prima di fare tutto questo, la delegazione dell’advisor ha compiuto approfondite visite in Porto vecchio e acquisito una fornita documentazione. È imminente un secondo round di consultazioni che dovrebbe coinvolgere altre aziende, altre istituzioni, rappresentanti della società civile e dell’universo culturale. Tra meno di un mese (una data ipotizzata sarebbe quella del 2 maggio) è previsto un primo momento pubblico di illustrazione del lavoro svolto ai cittadini. Ernst&Young ha già anticipato che per il progetto triestino utilizzerà in particolare l’esperienza accumulata nel Porto vecchio di Marsiglia dove sono stati poi effettivamente costruiti un ospedale, 6 scuole, un museo, 12 centri culturali, 2 palestre e una grande area con abitazioni, uffici, negozi, spazi verdi e spazi pubblici, oltre che a Marsiglia, ad Alessandria d’Egitto e a Wuhan.

Silvio Maranzana

 

 

Il depuratore di Servola rispetta i tempi - Sopralluogo di Regione, Provincia e Comune: «Lavori entrati nel vivo. La svolta tra un anno»
«Il cantiere del depuratore di Servola sta procedendo secondo il cronoprogramma stabilito con un lavoro di squadra importantissimo e con la soddisfazione di vedere che una delle opere più rilevanti per la città di Trieste sta finalmente prendendo corpo». Sara Vito, assessore regionale all’Ambiente, dà la buona notizia.

E lo fa, al termine del sopralluogo di ieri mattina nel nuovo impianto che servirà il territorio triestina, assieme al vicepresidente della Provincia Vittorio Zollia e all’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni. «La fase precedente della bonifica si è conclusa positivamente e ora siamo nel vivo del cantiere. Se tutto procede come ci auguriamo, il prossimo sarà un anno di svolta» aggiunge Vito. L’entrata in funzione del trattamento biologico a terra è previsto, infatti, entro luglio 2017 mentre a inizio del 2018 l’opera sarà interamente completata. Il depuratore, di cui è soggetto attuatore AcegasApsAmga del Gruppo Hera, è allo stadio del terzo stralcio progettuale, aggiudicato al raggruppamento temporaneo d’imprese che ha Veolia capofila e comprende Degremont, Riccesi e Cmb. Nella fase attuale che riguarda la realizzazione del trattamento biologico a terra, essenziale per la conformità ai requisiti Ue, vengono piantati i pali di fondazione e si opera alla deviazione del torrente Baiamonti, mentre prosegue l’attività sui pozzi di lavaggio delle acque di falda. L’opera, il cui investimento globale ammonta a 52,5 milioni, sarà dotata di tecnologie e soluzioni innovative per massimizzare il risparmio energetico, in coerenza con la certificazione energetica Iso 50001 ottenuta a fine 2015 da AcegasApsAmga. Come spiega il responsabile unico del progetto Roberto Gasparetto «si è puntato a fare del cantiere un modello dal punto di vista della sicurezza». Oltre alla prevenzione antinfortunistica e al monitoraggio continuo della qualità dell’aria, Gasparetto sottolinea la sicurezza «dal punto di vista delle infiltrazioni mafiose e della criminalità organizzata, per la quale i cantieri sono una preda interessante». L’area sulla quale sorgerà il depuratore si estende su 24mila metri quadrati e nel cantiere sono all’opera fino a 40 persone contemporaneamente. «Abbiamo la garanzia - assicura il responsabile unico - che chi accede al cantiere è solo chi ne ha diritto».

 

 

La mozione - Pedoni «in pericolo» Pressing in Consiglio
«Qualche volta ho l’impressione di essere l’unico a fermarmi davanti alle strisce pedonali» racconta, amareggiato, Marino Andolina. E lo fa nel giorno in cui presenta, assieme al collega di partito e candidato a sindaco Iztok Furlanic, una mozione sul tema della sicurezza pedonale.

Il medico e consigliere comunale della Federazione della sinistra, dopo aver rivelato d’essere stato tamponato addirittura due volte mentre si fermava per lasciar attraversare un pedone, si pone l’obiettivo di sollecitare il Comune ad intervenire affinché mamme con carrozzine, anziani e «chiunque non sia uno scattista» possano attraversare in sicurezza la strada, senza rischiare la vita. Andolina, nella mozione fresca di deposito, ricorda innanzitutto che a Trieste sono frequenti gli incidenti che coinvolgono i pedoni che attraversano sulle strisce pedonali. «Per la maggior parte dei casi questi eventi derivano dalla scarsa civiltà di autisti e motociclisti. Ma in alcuni casi - scrive Andolina - anche guidatori prudenti rischiano di investire un pedone se questo attraversa all’improvviso la strada dopo essere stato coperto da un’automobile o furgone parcheggiati pur regolarmente a ridosso delle strisce». Come uscirne? Il consigliere comunale della Federazione della sinistra suggerisce, come soluzione «almeno parziale», un intervento repressivo e soprattutto educativo da parte della Polizia Locale e il divieto di sosta a ridosso delle strisce. Andolina si spinge oltre e, nella mozione sottoposta all’esame del Consiglio comunale, invita la giunta a «organizzare una vigilanza dei Vigili in corrispondenza di alcuni attraversamenti pedonali “critici”, pubblicizzando poi i risultati in termini di repressione del fenomeno attraverso le ammende». Non è finito. Il consigliere comunale della Federazione della sinistra chiede di «vietare la sosta nei cinque metri a monte degli attraversamenti e, qualora il Codice della Strada non lo consenta, prevedere degli stalli per motocicli nella stessa posizione in modo da lasciare libera la visuale di chi si appresta ad attraversare».

 

 

Con gli Ogm l’agricoltura cresce - A Science&the City le nuove tecniche verso un miglioramento genetico più efficiente
Sin dalla nascita dell'agricoltura, resa possibile dalla domesticazione delle piante che oggi utilizziamo per la nostra alimentazione, l'uomo ha iniziato a modificare geneticamente le piante per renderle più adatte alla coltivazione ed al consumo alimentare, arrivando via via ad ottenere piante più produttive e spesso anche migliori qualitativamente e più resistenti a vari tipi di stress

 Questa esigenza di modificare geneticamente le piante resta immutata ancora oggi, visto che la sfida dell'agricoltura a livello globale per il terzo millennio è quella di arrivare a produrre di più ma in maniera più sostenibile dal punto di vista ambientale, esigenza drammaticamente riproposta dalle Nazioni Unite nei suoi obiettivi per uno sviluppo sostenibile individuati nel settembre 2015 all'interno della sua agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Nel tempo le modificazioni genetiche sono state ottenute con metodi e tecnologie diverse in funzione dei progressi compiuti dalla ricerca scientifica. A partire dalla selezione di mutazioni casuali operata dagli esseri umani nel corso del processo di domesticazione portando le piante coltivate a differenziarsi notevolmente dalle specie selvatiche, si è passati all'uso dell'incrocio e selezione per ottenere piante con nuove combinazioni di caratteristiche desiderate ed infine all'uso della mutagenesi indotta, sia da agenti fisici che chimici. A tale strumento si è fatto ricorso ogniqualvolta, per il carattere che si desiderava migliorare geneticamente in una certa specie, non era disponibile variabilità genetica naturale. Così è stato ad esempio ottenuto il grano duro della varietà Creso, con cui ancora oggi si fa la nostra pasta. Se questo è il passato del miglioramento genetico delle piante qual è il presente? Posto che tutte le metodiche appena descritte sono ancora in uso e restano ancora oggi valide per ottenere nuove varietà vegetali, la maggiore novità che caratterizza questo momento storico è l'uso dei metodi di ingegneria genetica che hanno portato, fra gli altri, alla produzione di quelli che vengono chiamati organismi geneticamente modificati (Ogm). Senza voler entrare nella aspra discussione che ha investito gli Ogm vale la pena ricordare che decine di anni di studi sugli Ogm fino ad ora approvati non hanno individuato alcuna motivazione scientifica che possa giustificare un divieto alla coltivazione degli Ogm in quanto tali e che i presunti i pericoli per salute, biodiversità , ambiente appaiono al momento del tutto infondati. La chiusura totale verso le colture Ogm finora commercializzate appare motivata da considerazioni esclusivamente di tipo politico ed economico. Non deve stupire quindi che, oltre ad esponenti della società civile, rappresentanti delle associazioni di categoria e politici, possano esserci anche scienziati con opinioni più negative che positive sull'utilizzo della piante Ogm in agricoltura: questo perché bisogna ben distinguere fra il piano scientifico e quello politico. Tali scienziati non adducono motivazioni scientifiche in base alle quali dovremmo essere contrari all'utilizzo degli Ogm in agricoltura, in termini di pericoli per la salute umana o l'ambiente. Esprimono invece dubbi e perplessità che riguardano modo di produzione del cibo, libertà dei contadini, proprietà delle sementi, profitti enormi ritenuti ingiusti, ecc. In questo senso l'intervento di ricercatori nel dibattito sugli Ogm non aggiunge molto in quanto sotto il profilo politico l'intervento di uno scienziato è equivalente a quello di un qualsiasi altro cittadino. Se questo è il presente, un presente di divisioni e polemiche che non ha sicuramente portato vantaggi né all'agricoltura italiana né ai consumatori, e che speriamo quindi di metterci presto alle nostre spalle, cosa ci riserva il futuro del miglioramento genetico delle piante? Fortunatamente il progresso scientifico ci ha messo a disposizione altri due strumenti fondamentali. Uno è la possibilità di identificare nelle piante, grazie ai grandi sviluppi nella ricerca genomica degli ultimi venti anni, i geni che sono responsabili delle caratteristiche agronomiche che si vogliono migliorare ed anche, all'interno dei singoli geni, quali sono le specifiche basi del Dna che si devono modificare per ottenere il miglioramento desiderato. L'altro, più recente nel tempo ma non meno importante, è rappresentato dalle tecniche che vanno sotto il nome collettivo di "genome editing". Queste tecniche, nella loro accezione di più frequente utilizzo, mirano a indurre mutazioni nel Dna, del tutto analoghe a quelle ottenute spontaneamente o attraverso i metodi di mutagenesi chimica, in maniera estremamente mirata in coincidenza di una specifica base del Dna che si vuole vedere modificata. Se il bersaglio è un gene che controlla una caratteristica agronomica precisa possiamo andare a modificare in maniera altrettanto precisa tale caratteristica. L'applicazione di tali tecnologie ci può consentire di passare da una mutagenesi casuale ad una mirata, arrivando finalmente ad un miglioramento genetico molto più efficiente, rapido e preciso. Speriamo che su questa tecnologia si possa aprire un dibattito non ideologico, basato su evidenze scientifiche e trasparente.

MICHELE MORGANTE

 

 

GLI APPUNTAMENTI

 

 

DOMANI - Cosa succede sui cibi modificati
Prosegue a Trieste la terza edizione di “Science&the City_3”, il ciclo di incontri, ideato dall’ Icgeb, che opera nel campo della genetica molecolare e delle biotecnologie all’ Area di Ricerca, dove ha sede la direzione generale. Domani alle 18 al Ridotto del Verdi (ingresso libero) la discussione verterà su “Cibi Ogm, cosa succede in giro per il mondo” e sarà affidata a tre eminenti studiosi tra cui Michele Morgante, rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, mentre la scozzese Wendy Craig racconterà il problema dal punto di vista dei Paesi più poveri, tra Africa e Sudamerica. Coordina Mauro Giacca, direttore dell’Icgeb.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 aprile 2016

 

 

Di Battista invoca lo stop della Ferriera - Il deputato M5S: «Lo stabilimento è un ricatto occupazionale. Porto vecchio? Per il rilancio puntate sull’enogastronomia»
Dopo due visite in città nel giro di sei mesi e mezzo Alessandro Di Battista, big romano del Movimento Cinquestelle, ha maturato qualche idea anche sul futuro di Trieste.

Ieri in piazza della Borsa, acclamato da alcune centinaia di fans, ha parlato sulla Ferriera di Servola («Non ne so nulla, dovete chiedere al gruppo locale», aveva affermato lo scorso 26 settembre) in modo chiaro e inequivocabile: «La Ferriera qui è un ricatto occupazionale, mentre sono le bonifiche che portano posti di lavoro. Il nostro Paese deve investire nelle bonifiche e nella messa in sicurezza del territorio». Sul Porto vecchio la consultazione con il meetup locale evidentemente deve ancora essere messa a punto. «Avete un Porto vecchio straordinario e abbandonato - ha commentato Di Battista - a Berlino (paragone di non immediata comprensione) ci avrebbero fatto una splendida città di enogastronomia. E qui avete dei vini favolosi, dei bianchi eccezionali. Anzi la prossima volta fatemi trovare una bottiglia di vino». Desiderio esaudito nel giro di dieci minuti da un anonimo supporter. Difficilmente la cittadella enogastronomica che evidentemente è il progetto di Di Battista per il Porto vecchio entrerà nel programma del candidato sindaco Paolo Menis che, appena investito della candidatura, aveva dichiarato: «Il porto deve lavorare al massimo per rilanciare l'economia, avvalendosi anche del Punto franco, e in questo senso penso anche al Porto vecchio». Su Menis, Di Battista non ha dubbi: «Sarà nel suo interesse da sindaco migliorare la città perché tra cinque anni tornerà a essere un triestino normale, com’è nelle nostre regole». E in apertura l’altro consigliere comunale, Stefano Patuanelli, lo aveva presentato così: «Per cinque anni è stato il miglior consigliere comunale di Trieste, nei prossimi cinque sarà il miglior sindaco che la città abbia mai avuto». Menis non ha alzato i toni, concentrandosi su temi sociali. Ha ringraziato i consiglieri regionali del Movimento che in tre anni hanno rinunciato a 620mila euro per devolverli alle piccole e medie imprese favorendone sei, anche di Trieste, tra il 2015 e il 2016 (ne aveva parlato sul palco anche il consigliere Cristian Sergo). Ha ricordato come ben ottomila triestini si rivolgono ai servizi sociali della città, come ogni assistente sociale debba seguire 150 e anche 200 casi. «Ma il Comune - ha sottolineato - deve garantire la dignità dei lavoratori come non ha fatto ad esempio con le operatrici di pulizia. Permettere che qualcuno guadagni 400 euro al mese non è un segnale di civiltà». Ha affermato anche che dal 2008 a oggi a Trieste hanno chiuso 400 piccoli negozi. «Bisogna creare un nuovo tessuto economico», ha concluso. Tutta la scena è però stata per Di Battista. «Vorrei che Debora Serracchiani - ha detto - accettasse un confronto televisivo con me, ma non ci sta. L’ho vista uno sola volta in Parlamento (non è una parlamentare, ndr.) e soprattutto vorrei chiederle perché ha cambiato idea sulle trivellazioni dato che tre anni fa ha fatto una marcia contraria con i giovani pugliesi e anche sulle intercettazioni perché ora dice che bisogna regolarle ma quando lo sosteneva Berlusconi, lo attaccava. Per non accorpare il referendum alle amministrative il governo ha buttato 300 milioni di euro perché in Italia non comanda Renzi, ma i petrolieri e i lobbisti altrimenti non sarebbero stati approvati in tre anni sei provvedimenti a favore delle banche. Tutto normale se un condannato per corruzione non può fare il bidello, però può riformare la Costituzione: vedi il caso di Denis Verdini». Prima di salire sul palco, Di Battista si è soffermato sulla brutale esecuzione di Giulio Regeni sostenendo che «il richiamo dell'ambasciatore è un atto dovuto, che il ministro Gentiloni doveva fare due mesi fa. L'ha fatto, va bene, ma adesso deve alzare la voce - ha aggiunto - e credo sia necessario coinvolgere le Nazioni Unite». Chiusura del comizio con accenno al miracolo che fa il Movimento 5 stelle nel portare la gente qualunque nei luoghi dove si fa la politica che conta: «Qualcuno di voi finirà in Parlamento - ha preconizzato guardando la folla festante - qualcuno magari farà anche il sottosegretario».

Silvio Maranzana

 

Consiglio - Mozioni su Welfare e Aia alla Ferriera

Torna a riunirsi questa settimana il Consiglio regionale, con un'unica giornata di lavori d'aula fissata per mercoledì dai capigruppo, che hanno anche rivisto l'intera programmazione di aprile e maggio, tenuto conto che il 6 maggio e i giorni immediatamente precedenti saranno occupati con l'organizzazione di una serie di eventi istituzionali per il quarantennale del terremoto in Friuli.

L'ordine del giorno di mercoledì prevede quindi al primo punto il question Time, cui seguiranno l'esame della proposta di legge per il sostegno alla natalità e la discussione di quattro mozioni: prezzo del latte, sussistenza economica ai portatori di handicap in stato di gravità, nuova Aia per la Ferriera di Servola e rispetto dei limiti di legge, abolizione tariffe Siae. Le giornate di Consiglio saranno recuperate dal 26 al 28 aprile.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 aprile 2016

 

 

Concentrazioni di Pm10 raddoppiate in dieci anni - Lo rivela il Rapporto sullo stato di salute dell’ambiente in regione stilato dall’Arpa
In calo le emissioni di ossidi. Superano l’esame coste e mari. “Bocciato” l’Isonzo
TRIESTE - Buone e cattive notizie sullo stato di salute dell'ambiente in Friuli Venezia Giulia. Sono quelle che emergono dal Rapporto 2015, con cui l’Arpa fornisce, fra l’altro, un’immagine a tutto tondo della condizione dell’aria, delle acque e dei rifiuti sul territorio regionale, attraverso una serie di colorate infografiche. La qualità dell’atmosfera è in chiaro scuro. Nonostante la crisi abbia rallentato il consumo di energia, esso appare in costante aumento nell'industria e nei trasporti, con la conseguente crescita dei tassi di anidride carbonica in atmosfera, oggi attorno ai 12 milioni di tonnellate annui, nonostante i parziali benefici dell'efficientamento energetico e del ricorso alle rinnovabili nel settore domestico e dei servizi. Se i livelli medi di ozono restano invece costanti negli anni, raddoppiano nel giro di un decennio le concentrazioni di Pm10, passate dalle 2.400 tonnellate del 2000 alle 5mila del 2010, anno dell'ultima indagine condotta. I livelli più alti si riscontrano nella parte occidentale del Fvg, con l’eccezione di Trieste, che «fa storia a sé, in particolare nei pressi della zona portuale e delle attività produttive (ad es. Servola)», come recita il rapporto. Il trend del capoluogo giuliano è in leggero ribasso, con i rilevamenti a Servola che passano a una presenza media di 21,47 microgrammi per metro cubo nel 2014 dai 26,23 del 2005, dopo il superamento di quota 32 nel 2011. In centro il dato si attesta attorno ai 20 punti. Consola la diminuzione degli ossidi nell’aria. Calano quelli di zolfo, da 13.600 tonnellate nel 2000 a 2mila nel 2010, grazie al crollo dell'utilizzo di combustibili fossili come il carbone per la produzione di elettricità. Le evoluzioni tecnologiche relative ai motoveicoli incidono a propria volta sul calo dell'ossido di azoto: dalle 23mila tonnellate del 2000 alle 16mila del 2010. Incrementano invece le emissioni di ammoniaca, prodotta soprattutto dal lavoro agricolo: erano 7.600 tonnellate nel 2000, passate a 9.700 nel 2010. Spostandosi sulle acque, il documento evidenzia livelli di balneazione ottimi e stabili nel tempo. Su 57 siti marini, sono 54 quelli indicati come eccellenti nel 2015 e solo il golfo di Panzano ha mostrato criticità in alcuni momenti dell'anno. Approfondendo gli aspetti ecologici e la concentrazione di inquinanti, il quadro tuttavia si complica, con 5 corpi idrici marino-costieri “non buoni”: Muggia, Trieste Diga vecchia, Villaggio del pescatore, Costiera esterno e Punta Sdobba esterno. Va comunque peggio nelle zone lagunari, dove i dati ecologici registrano 4 corpi "scarsi" e quelli chimici 8 "non buoni" sul totale di 19. Sulle acque sotterranee appare buona la situazione in montagna, in tutte le 10 falde freatiche, che in pianura contano invece 8 casi su 17 di condizioni “scarse”. In superficie, invece, sono buoni o sufficienti due terzi dei 424 corpi idrici, ovvero tratti di fiume, torrenti, laghi e laghetti. Fra i tre corsi d'acqua principali del Fvg - Isonzo, Tagliamento e Livenza - è il primo a offrire i dati più negativi, con un solo corpo idrico di livello buono su 76. In pianura, i problemi maggiori derivano da scarichi agricoli e di allevamento, anche a causa impianti di depurazione insufficienti. In montagna incide invece l'aspetto idromorfologico, poiché le discontinuità create dagli impianti idroelettrici generano danni alla fauna acquatica. Il documento evidenzia ancora che, su un totale di 570mila tonnellate di rifiuti prodotte, sono 35mila quelle di materiali organici gettate nell'indifferenziato: un dato migliorabile con l’incremento della differenziata. Ammontano invece a 6.700 le tonnellate di amianto smaltite, provenienti quasi interamente da materiali di costruzione. Indietro appare infine il contrasto dell'inquinamento acustico, con appena il 30% di territorio “zonizzato”: solo 57 i piani comunali approvati e 95 quelli in via di approvazione, con 64 Comuni che nemmeno hanno cominciato l'iter, nonostante tutto dovesse essere concluso entro marzo 2014.

Diego D’Amelio

 

Blitz in Ferriera, azienda “assolta” - Verdetto dell’Arpa dopo le recenti fumate sospette: «Anomalie legate a punti di debolezza e già risolte»
L'Arpa ha concluso gli accertamenti relativi all'ispezione straordinaria effettuata il 22 marzo, in seguito ad alcune evidenti emissioni di fumi provenienti dall'altoforno dell'impianto siderurgico della Ferriera di Servola.

Lo rende noto in una nota la Regione, precisando che l’Agenzia per la protezione dell’ambiente ha accertato che l'origine delle anomalie è da attribuirsi a «possibili punti di debolezza nella gestione dei programmi di manutenzione dell'altoforno e dei relativi impianti di servizio». Criticità che, però, sono state risolte. «Gli interventi attuati da Siderurgica Triestina (St) - si certifica - sono stati congrui. Tuttavia, per evitare il ripetersi di tali inconvenienti, è stato chiesto all'azienda di migliorare i programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria ed eventualmente di aggiornare il Sistema di gestione ambientale. Un’ulteriore verifica rispetto a quanto richiesto sarà effettuata nel corso della prossima visita ispettiva ordinaria, il cui inizio è programmato, indicativamente, nell'ultima settimana di aprile». Arpa ha reso inoltre noto che giovedì prossimo è in programma un incontro tra i vertici di Siderurgica Triestina e il direttore generale di Arpa, finalizzato a definire i dettagli operativi del nuovo Piano di monitoraggio e controllo previsto dalla recente Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Si annuncia inoltre che nel corso di questo incontro verranno condivisi i tempi, le risorse, e gli impegni che Siderurgica Triestina e Arpa assumeranno per portare a regime il nuovo sistema di misura della qualità dell'aria a Servola, che prevede la gestione diretta da parte dell'Agenzia per l'ambiente di tutte le stazioni di misura della qualità dell'aria. Come già ampiamente comunicato, il piano prevede anche l'aggiornamento della configurazione e del posizionamento delle stazioni di misura di proprietà di Siderurgica Triestina (ex-Elettra), oltre alla loro gestione diretta da parte di Arpa. Queste stazioni, insieme a quelle già gestite da Arpa, consentiranno di acquisire informazioni sia sulla qualità dell'aria, che sulle condizioni di esercizio dello stabilimento triestino. Nel corso dell'incontro Arpa e Siderurgica Triestina definiranno anche i dettagli operativi relativi alle altre misure (deposizioni, campagne di misura con strumentazione non automatica, odori) che verranno eseguite nell'area, secondo quando previsto dal nuovo provvedimento autorizzativo. Infine, Arpa segnala che entro il mese di aprile è prevista l'ultimazione di un documento contenente una prima valutazione dell'efficacia sulla qualità dell'aria degli interventi eseguiti da Siderurgica Triestina, in particolare sull'altoforno e sulla cokeria. Verranno presi in considerazione i dati della qualità dell'aria a partire dal primo gennaio 2015 fino a quelli disponibili al 31 marzo 2016, mettendoli in relazione, per quanto possibile, ai diversi interventi impiantistici e gestionali realizzati da Siderurgica Triestina per ridurre le emissioni diffuse. Il documento verrà messo a disposizione di Siderurgica Triestina e della autorità competenti.

 

Prodani incalza sulle misure antirumore - «Scaduti i 20 giorni per le controdeduzioni»
«Chiedo di conoscere l’esito dell’istruttoria e il responso della Regione relativo alla richiesta di posticipo del termine degli interventi di contrasto al rumore da parte di Siderurgica Triestina e, in caso di non accoglimento, quali azioni prescrittive si intendano adottare».

La richiesta arriva dal deputato triestino Aris Prodani, che sottolinea come siano ormai scaduti i 20 giorni di tempo che l’azienda proprietaria della Ferriera di Servola aveva per presentare le proprie controdeduzioni. Prodani ricorda come lo scorso 16 marzo la Regione aveva «attivato la procedura di diffida nei confronti dell’azienda in seguito a un sopralluogo nel quale era stato accertato il mancato rispetto dell’Aia sugli interventi di mitigazione acustica». Lo stesso Prodani ha scritto anche al direttore di Arpa Fvg Luca Marchesi per chiedere «informazioni più dettagliate rispetto alla convenzione tra Arpa e Siderurgica triestina e se le specifiche relative alla documentazione siano state adottate».

 

 

Da Malchina a Monrupino a piedi e in bici - Inaugurato il terzo lotto del percorso naturalistico Gemina voluto dalla Provincia che ora così collega buona parte del Carso
MONRUPINO - La pioggia, caduta copiosa sull’altopiano ieri in mattinata, non ha smorzato l’entusiasmo del folto gruppo di persone che hanno voluto salutare, con un festa itinerante, l’inaugurazione del terzo lotto del percorso Gemina, il tracciato sterrato che attraversa buona parte del Carso. Da ieri, l’itinerario si può percorrere a piedi, in bici, o a cavallo, da Malchina fino a Monrupino, dopo aver toccato San Pelagio e Sgonico.

È stata la Provincia a finanziare l’opera, dal costo complessivo di 300mila euro, beneficiando di un contributo della Fondazione CRTrieste pari a 40mila euro. «Con questa realizzazione - ha spiegato la presidente dell’ente di piazza Vittorio Veneto, Maria Teresa Bassa Poropat - sono stati sistemati, anche grazie alla disponibilità dei residenti proprietari di alcuni terreni dislocati lungo il percorso, sentieri, passaggi, stagni, elementi tipici del Carso». Il programma prevedeva, originariamente, una camminata che sarebbe dovuta iniziare alle 9 del mattino dal centro di Monrupino, per raggiungere poi, a tappe, gli stagni di Draga e Mocilo, la cava di Petrovizza, la fattoria didattica, con una sosta dedicata all’osservazione del volo degli uccelli in località Dol pri Mocilu. La pioggia ha obbligato gli organizzatori a ridurre il percorso e a limitare le tappe. Ma l’entusiasmo è stato più forte del maltempo e la festa è corsa via ugualmente. Al brindisi inaugurale, Bassa Poropat ha colto l’occasione per sottolineare «la cortesia e l’impegno dei proprietari che hanno collaborato con l’amministrazione provinciale, titolare di molti ma non di tutti i terreni attraversati da Gemina. A breve - ha aggiunto - la Provincia non ci sarà più, ma auspico che l’ente che subentrerà nella gestione del territorio carsico provveda a completare Gemina con il quarto tratto, da Monrupino a Fernetti. Attualmente - ha continuato la presidente della Provincia - non esiste il finanziamento per tale opera, ma credo che, in un prospettiva di potenziamento della capacità attrattiva del Carso, sarebbe opportuno pensarci. Con l’ultimazione del terzo lotto - ha concluso - abbiamo visto che il territorio nella sua globalità è capace di attivarsi per un obiettivo comune, ed è su questa strada che dobbiamo continuare». Dopo la cerimonia di inaugurazione, l’escursione è proseguita lungo Gemina verso Col, il Sentiero dei Poeti, la Rocca di Monrupino e la visita guidata allo stagno Glinca. Tutte le visite sono state curate dal Cai - Commissione giuliocarnica sentieri, rifugi e opere alpine e dall’Associazione regionale tutori stagni. La fattoria didattica è allestita dall’Azienda agricola Marucelli, l’osservazione degli uccelli è stata a cura della Cooperativa sociale onlus Agricola Monte San Pantaleone. Il percorso Gemina, con il completamento del terzo lotto, si è arricchito anche di una serie di indicazioni turistiche poste su cartelloni che favoriranno l’orientamento dei turisti.

Ugo Salvini

 

 

«Il governo sloveno rispetti gli impegni sui nodi ferroviari» - Il monito di Santoro per sbloccare il collegamento isontino
«È essenziale elettrificare la tratta Nova Gorica-Sesana»
TRIESTE Il nodo ferroviario di Gorizia dimenticato dall’Europa come da Italia e Slovenia? Mariagrazia Santoro, assessore regionale alle Infrastrutture, difende le scelte del Paese e della Regione e chiama all’azione la vicina Repubblica: «Gli investimenti devono avvenire da entrambi i lati. Per il trasporto merci, ciò significa elettrificare la tratta fra Nova Gorica e Sesana». Il caso del collegamento isontino, tra i 15 “missing link” comunitari segnalati dal presidente della commissione Trasporti Ue Michael Cramer, è però solo un aspetto della questione infrastrutturale ferroviaria che interessa un Friuli Venezia Giulia che, in via prioritaria, sta guardando alla direzione Nord-Sud. Perché, come rileva il Gect di Gorizia, considerate primario il rafforzamento della Tarvisio-Udine-Cervignano-Ts, mentre Gorizia è tagliata fuori? Il fatto che la Regione e lo Stato stiano investendo ingenti risorse nel corridoio Adriatico-Baltico, 60 milioni per il nodo di Udine, 50 milioni per Capo Marzio e altre cospicue risorse per il rafforzamento della Pontebbana tra Udine e Tarvisio, è dovuto non solo a una scelta strategica lungimirante supportata da dati di traffico e di domanda, ma anche dalla considerazione che tali interventi incidono sulla rete “core”, ovvero prioritaria, disegnata dall’Ue. Questi interventi non sono però alternativi ad altri. Sui corridoi Mediterraneo e Baltico-Adriatico insistono ingenti traffici merci che garantiscono le relazioni per centinaia di imprese che operano sui mercati interni ed esterni all’Ue. Le tratte sull’asse Est-Ovest sono dimenticate? Verranno sviluppate a stadi successivi, in relazione alle effettive necessità di traffico, come nel caso della Trieste-Divaccia, che è tratta transfrontaliera della rete “core” del corridoio Mediterraneo, sancita da numerosi accordi fra i due Paesi, o piuttosto nel caso del nodo Gorizia-Nova Gorica-Sempeter, che invece appartiene alla rete locale. La Regione ha messo il suo impegno diretto per la progettazione e le relazioni con la Repubblica slovena ma, per ottenere un effetto trasportistico e non vanificare gli investimenti pubblici, è necessario che lo sforzo si realizzi su entrambi i lati. Ciò significa, per il traffico merci, elettrificare la tratta fra Nova Gorica e Sesana. Per la Trieste-Divaccia si parla invece del 2050. Il volume di traffico ferroviario, in riferimento agli scenari attuali, giustificherebbe la costruzione di una nuova linea in un orizzonte temporale compreso fra il 2030 e il 2050, termine ultimo dato dall’Ue per l’implementazione per questo tipo di tratte. Dalla recente revisione degli studi di traffico fatti congiuntamente da Italia e Slovenia nell’ambito del Gruppo europeo di interesse economico (Geie), risulta che l’attuale linea consente infatti di sopportare la crescita del traffico fino al termine comunitario più elevato. La Regione si è attivata presso le competenti autorità nazionali affinché siano garantiti gli interventi di ammodernamento sulla linea attuale, e siano predisposte le caratteristiche di interoperabilità per le Ten-T Core Network già entro il 2030. Concretamente che cosa accadrà? La linea sarà potenziata con i nuovi sistemi di gestione di circolazione Ermts livello 1 entro il 2020. È previsto l’innalzamento della velocità della linea a 100 km/h entro il 2020/2025. Questi interventi, più che una nuova e costosa linea ferroviaria, permetteranno già nel medio periodo di sviluppare i traffici merci e passeggeri fra i due Paesi. Nel 2014 commissione intergovernativa Italia-Slovenia ha del resto approvato lo sviluppo dell’infrastruttura in due fasi: entro il 2013 l’upgrading della linea esistente, entro il 2050 la costruzione della nuova linea. Non ritiene però che si siano disperse ingenti risorse per la progettazione a fronte di collegamenti ancora inesistenti? Se non si parte dalla progettazione, non si realizzerà mai nulla. Però qui non si tratta di idee, ma di progetti concreti. “Adria-A” ha previsto la progettazione dei legami mancanti sulla rete infrastrutturale ferroviaria, sia italiana sia slovena, che consentirà di realizzare servizi di trasporto passeggeri congiunto su tutta l’area. In particolare sono state realizzate le progettazioni della linea Gorizia-Nova Gorica-Vrtojba, il progetto di elettrificazione della linea Nova Gorica-Sezana e la progettazione del collegamento ferroviario tra Trieste e Capodistria. “Adria-A” ha pure studiato l’impatto della realizzazione del ring sul settore aeroportuale, tenendo in particolare considerazione la realizzazione della stazione ferroviaria e del polo intermodale dell’aeroporto di Ronchi, e su quello crocieristico. La Slovenia sta ragionando esclusivamente nella direzione dei collegamenti con l’Austria. Non ritiene che ciò penalizzerà la collaborazione tra i porti di Trieste e Capodistria? È evidente che al momento la priorità per la Slovenia è la messa in sicurezza dell’unica sua “via d’uscita” dal porto di Capodistria, prima ancora che garantire gli investimenti necessari a completare e rendere funzionali quelli sui collegamenti Italia-Slovenia. Il vero spreco di risorse sarebbe proprio quello di realizzare un’infrastruttura a metà e, per la parte slovena, poi magari trovarsi in un nuovo collo di bottiglia, con una linea non ancora elettrificata. Vanno quindi perseguiti gli sforzi tra Italia e Slovenia per giungere al traguardo assieme, individuando le soluzioni opportune per completare anche questo corridoio orizzontale.

Marco Ballico

 

De Monte assicura massimo impegno in commissione Ue

Anche Isabella De Monte rimpalla la questione in direzione slovena. Sul nodo Gorizia-Nova Gorica-Sempeter, l'impegno dell’europarlamentare Pd, componente della commissione, è stato personale: «Ritengo il progetto di interesse per il Friuli Venezia Giulia, nell'ottica di un necessario rafforzamento dei collegamenti transfrontalieri, sia passeggeri che di merci, tra Italia e Slovenia».

Se però l'interesse da parte italiana e Fvg è indiscutibile, in presenza di progetti come l'”Adria-A” in fase avanzata, con la previsione della progettazione di connessioni sulla rete infrastrutturale ferroviaria, sia italiana sia slovena, «per poter passare dalla carta alla realtà servono piena disponibilità e volontà di entrambe le parti, quindi anche di quella slovena». Fermo restando che l'Ue ritiene prioritari i Corridoi, all'interno dei quali non rientra il nodo di Gorizia.

(m.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 aprile 2016

 

 

L’attesa di Gorizia per il nodo “fantasma” - la connessione ferroviaria tra Gorizia e Nova Gorica
La Ue congela la realizzazione del collegamento ferroviario con Nova Gorizia. Pressing per recuperare e i 4,7 milioni necessari
TRIESTE Fin che si tratta di progettare, tutto procede. La politica propone, l'Unione europea distribuisce risorse, le opere finiscono su carta. Ma, quando poi si tratta di entrare nel campo della realizzazione, c'è sempre qualcosa che manca: dal denaro alla volontà comune. Accade sull'asse Est-Ovest italo-sloveno. Come per la Trieste-Divaccia (la Commissione Ue ha stanziato 50 milioni, ci lavorò, nella precedente legislatura, il viceministro leghista Roberto Castelli), così per il nodo ferroviario di Gorizia-Nova Gorica-Sempeter-Vrtojba, si sono spesi soldi per la progettazione senza però poi avanzare sul fronte realizzativo. Se per la prima infrastruttura si parla del 2050, per la seconda si è dovuto prendere atto del mancato inserimento nella Programmazione europea. Eppure, basterebbero 4,7 milioni, tanto ha chiesto il Gruppo europeo di cooperazione territoriale (Gect) di Gorizia in una recente missione a Bruxelles, per rendere più efficace almeno l'intermodalità dell'autoporto di Gorizia. Ci si accontenta di poco. Pur avendo ben presente che quel nodo, se Italia e Slovenia ci credessero davvero, assieme, avrebbe una straordinaria valenza anche turistica. Non a caso il presidente della Commissione Trasporti del Parlamento europeo Michael Cramer ha inserito il Gorizia-Nova Gorica tra i missing link, i collegamenti ferroviari transfrontalieri mancanti, o comunque problematici, del continente. Non ce ne sono mica tanti, non più di 15. Nonostante questa stelletta, le opere previste dalla progettazione non hanno trovato copertura finanziaria nell'ambito del Programma per la Cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2014-2020. Non solo. Documenti e dichiarazioni programmatiche in Italia e in Slovenia sembrano non occuparsi del rilancio del nodo ferroviario goriziano, inibendo di conseguenza il ricorso ai fondi europei. Per questo il Gect si è mosso in autonomia. Di recente è andato in missione a Bruxelles, pure nell'ufficio del commissario per i Trasporti Violeta Bulc, con il direttore Sandra Sodini e il sindaco Ettore Romoli, insieme ai colleghi di Nova Gorica Matej Arcon e Sempeter-Vrtojba Milan Turk, a caccia di finanziamenti. Non troppi soldi, appunto 4,7 milioni, per non vedere gettato al vento quanto speso in progettazione. «La sottolineatura di Cramer sul missing link è un punto a nostro favore - osserva Sodini -. Di fatto la Ue ammette che, Corridoi a parte, anche le infrastrutture regionali non sono secondarie e, dunque, vanno finanziate». Dopo di che servirà la convinzione degli Stati membri, per nulla sicura. Perché Italia e Slovenia, attualmente, guardano molto più in direzione Nord-Sud che non Est-Ovest. Il progetto “Strategia per lo sviluppo del trasporto della Repubblica di Slovenia”, presentato nel 2015 dal ministero delle Infrastrutture sloveno con proiezione al 2030, non a caso, non prende in considerazione uno sviluppo dei trasporti internazionali attraverso l'area goriziana né una razionalizzazione del trasporto transfrontaliero delle persone con il ricorso alla ferrovia. E ancora, sostiene il Gect, «autorevoli esponenti della Regione Fvg affermano da tempo che obiettivo prioritario è il rafforzamento infrastrutturale della Linea di Rfi Tarvisio-Udine-Cervignano-Trieste, sia per il trasporto dei passeggeri che soprattutto per le merci, facendo leva sulla realizzazione del Corridoio Baltico-Adriatico. Si è quindi decisi a raddoppiare la linea Udine-Cervignano con un impegno finanziario di centinaia di milioni». Insomma, sia per Roma-Trieste che per Lubiana, pare più strategico investire sul Baltico-Adriatico che non sul Corridoio Mediterraneo. Con la conseguenza di collegamenti direzione Austria paralleli, privi di interconnessione locale e con un prossimo, inevitabile corto circuito a livello transfrontaliero. A impedire forme di collaborazione tra i porti di Trieste e di Capodistria.

Marco Ballico

 

In Val Rosandra sui binari dimenticati
Domani è in programma un’escursione sulla vecchia ferrovia Trieste-Erpelle, ora rinata come pista ciclopedonale
SAN DORLIGO DELLA VALLE - L’interesse di scoprire e conoscere il nostro passato, specialmente per quanto riguarda la storia locale, è sempre più forte, ma non sempre è possibile trovare una risposta adeguata alle nostre curiosità. Questo vale, ad esempio, per la storia della ferrovia della Val Rosandra, una linea soppressa nel 1958 che ormai pochi ricordano. Spesso ci si affida a leggende metropolitane o a ricordi talmente sbiaditi dal tempo da alterarne la realtà. Ora, grazie a un’interessante iniziativa, sarà possibilie ripercorre la storia di questa ex linea ferroviaria, oggi riqualificata e utilizzata come pista ciclopedonale Giordano Cottur. Domani, infatti, si svolgerà anche a Trieste la IX Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate, che riguarderà, per l’appunto, il tracciato della ex Trieste-Erpelle, meglio nota come la ferrovia della Val Rosandra. Un evento che si ripete a Trieste per la seconda volta, in seguito all’enorme successo riscosso dall’edizione scorsa, e che prevede un’escursione sul vecchio tracciato con spiegazione dal vivo. La singolare iniziativa sarà curata dall’associazione FerStoria e da Mittelnet Agenzia Viaggi e propone come guida d’eccezione Roberto Carollo, ingegnere ferroviario e co-autore, con Roberto Carmeli, di un libro dedicato proprio a questa strada ferrata, edito un anno fa. «Si tratta della nona Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate - spiegano da Mittelnet Viaggi - nata con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’utilizzo di questi tracciati per scopi turistici». Sarà dunque un’occasione unica per i tanti fruitori della più popolare pista ciclopedonale di Trieste per ritrovare, tappa dopo tappa, la storia che si cela dietro questo percorso, grazie al libro di Carollo e Carmeli. «L’idea di questo nuovo volume - spiega Carollo - nasce dal fatto che Carmeli aveva già dato alle stampe una prima edizione sull’argomento quasi vent’anni fa, che oggi però risulta introvabile. Un tema caro non solo a chi è appassionato di storia delle ferrovie, ma anche a chi vuole approfondire le vicende locali». Con l’inaugurazione della nuova pista Cottur è rinata la curiosità per questa ferrovia dismessa, dopo decenni di abbandono ed incuria. «Costruita nel 1887 quale alternativa all’unica linea privata presente sul territorio per spezzarne il monopolio - spiega ancora Carollo -, perse dopo soli diciannove anni la sua funzione primaria a causa della realizzazione di una nuova arteria più moderna. Fu quindi destinata al solo servizio locale verso l’Istria e Pola e, dopo il 1918, con l’arrivo dell’Italia e con la gestione delle F.S., questo suo ruolo venne riconfermato. A seguito della ridisegnazione dei confini dopo la Seconda guerra mondiale, spezzata da un confine tra entità nazionali allora ostili, divenne in poco tempo un “ramo secco” e fu soppressa il 31 dicembre 1958, dopo soli 71 anni di vita. Smantellata nel 1966 e abbandonata per oltre 35 anni, è stata trasformata in pista ciclo-pedonale appena nel 2010. L’appuntamento è fissato alle 15 al ristorante Mario a Draga Sant’Elia e la passeggiata si allungherà fino a San Giuseppe della Chiusa. La partecipazione è gratuita e aperta a tutti; per chi è sprovvisto di un mezzo proprio è disponibile un servizio navetta, previa prenotazione, contattando l’agenzia viaggi Mittelnet allo 0409896112 oppure il 3934552120 entro oggi.

Andrea Di Matteo

 

 

Offensiva contro i mozziconi gettati a terra - Distribuiti nelle tabaccherie 23mila posacanere tascabili. Gadget dati in omaggio a tutti i fumatori
Un posacenere tascabile gratuito regalato ai fumatori per evitare la piaga dei mozziconi gettati a terra.

È l’obiettivo del No Cicca Day, iniziativa del Comune e dell’AcegasApsAmga in collaborazione con Federazione italiana tabaccai, Confcommercio e Assotabaccai Confesercenti, che ieri ha visto distribuire in tutte le tabaccherie della città il gadget a chi ha acquistato un pacchetto di sigarette. Ne sono stati messi a disposizione 23mila, per scongiurare il gesto maleducato, che secondo una stima si ripete circa 200 milioni di volte ogni anno a Trieste. I triestini hanno accolto positivamente la novità mentre gli esercenti auspicano sai davvero utile per cambiare abitudini di molti. «Quasi tutti hanno ritirato l’omaggio, solo qualcuno ha rifiutato, in particolare qualche anziano un po’ scettico - raccontano alla tabaccheria Centrale invia Carducci -: noi li consegnamo a tutti come richiesto, poi credo dipenda dalla sensibilità delle singole persone se verrà utilizzato». «La consegna del gadget procede bene, è apprezzata come tutto ciò che è in omaggio - scherza il tabaccaio di largo Barriera Vecchia 6 -: li vendevo anche io, a un euro, ma nessuno li comprava. Speriamo almeno ci sia un uso reale». «Molti sapevano già dell’iniziativa - racconta la tabaccaia di via Imbriani -: mi auguro vivamente che l’iniziativa funzioni. Ma spesso lanciano i mozziconi dalle auto in corsa. Ci vuole più educazione, in aggiunta a un aumento di cestini a posacenere, in alcune fermate bus sono stati tolti e in generale andrebbero invece incrementati un po’ dappertutto». Insieme al gadget da tasca è stato consegnata una piccola brochure pieghevole con alcune raccomandazioni per il mantenimento del decoro urbano. Il No Cicca Day prosegue la campagna a favore del decoro urbano che, tra i vari progetti, ha visto il posizionamento di circa 100 contenitori ad hoc per le deiezioni canine e l’entrata in attività di due nuovi aspiratori elettrici super silenziosi in servizio nel centro storico, in grado di eliminare i piccoli rifiuti in modo molto più preciso ed efficace rispetto alla tradizionale scopa.

Micol Brusaferro

 

 

CIRCOLO MIANI - I numeri del lotto della Ferriera

«105 - 70 - 68 - 58 per 20. Non sono numeri da giocarsi al lotto. Sono le medie giornaliere sulle 24 ore registrate dalla centralina mobile di via San Lorenzo in Selva negli ultimi quattro giorni per le Polveri Sottili-Pm10.

Il limite italiano è 50, quello europeo 35. 20 sono le giornate, su un totale di 35 all’anno, di superamento contemplate nella vecchia legge». Lo denuncia Maurizio Fogar del Circolo Miani a nome della lista civica “No Ferriera Sì Trieste!”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 aprile 2016

 

 

Sabati Ecologici - Iniziativa antidegrado alla Rotonda Boschetto

Prosegue la lotto contro l'abbandono degli ingombranti prosegue in VI circoscrizione. Buona la prima per l'iniziativa antidegrado: già raccolte oltre 14 tonnellate di rifiuti . Il 9 aprile secondo appuntamento con i Sabati Ecologici alla Rotonda del Boschetto. Un "centro di raccolta mobile" sarà allestito nell'area parcheggio della Rotonda del Boschetto.

 

 

Ecco come produrre idrogeno dalla luce del sole
Ricercatori dell’Università di Trieste compiono un ulteriore passo verso il futuro dell’energia rinnovabile
Produrre idrogeno e ossigeno dall’acqua può sembrare fantascientifico, ma è l’obiettivo di chimici e ingegneri dei materiali come Paolo Fornasiero e Tiziano Montini dell’Università di Trieste, dell’Istituto Iccom-Cnr e del Consorzio Instm. Che, allungando dei nanobastoncini di biossido di titanio, sono stati in grado di produrre più velocemente e in maniera più sostenibile l’idrogeno. Esperti nel campo della catalisi, e in particolare della fotocatalisi - metodo che usa la luce e un catalizzatore per accelerare reazioni chimiche - i ricercatori hanno mosso un importante passo verso tale traguardo modificando la struttura di un materiale comune, l’ossido di titanio, detto titania, per produrre idrogeno in modo più efficace a partire da composti derivati da biomasse. Frutto di una pluriennale collaborazione internazionale con le prestigiose università americane UPenn e Drexel di Philadelphia e di Stanford, con l’università di Cadice in Spagna e l’istituto di catalisi di Liebniz, la ricerca ha dimostrato che nano-bastoncini di titania, 1000 volte più piccoli del diametro di un capello, producono idrogeno tanto più velocemente quanto più sono lunghi. Siccome il processo di sintesi di questi piccoli bastoncini è relativamente semplice da riprodurre anche su larga scala, questa scoperta potrebbe avere importanti implicazioni sul futuro dell’energia rinnovabile e della produzione sostenibile di idrogeno. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. «L’idea di base è riuscire a produrre idrogeno da nulla più che la luce del sole, un catalizzatore e dei composti che si possono ottenere dalle biomasse. In questo modo non lo dovremmo produrre da combustibili fossili, il cui sfruttamento ha un notevole impatto sul riscaldamento globale», spiega Fornasiero, che ha coordinato la ricerca assieme al collega americano Christopher B. Murray della UPenn. «Se potessimo ottenere l’idrogeno in modo davvero rinnovabile e sostenibile, allora entreremmo in una nuova era energetica». Il concetto è tutto sommato semplice: la titania assorbe la luce del sole e sfrutta l’energia immagazzinata per generare idrogeno attraverso una reazione chimica. Tuttavia, i veicoli di questa trasformazione energetica, ovvero elettroni e buche, avendo carica opposta, tendono ad attrarsi e reagire gli uni con gli altri anziché concorrere alla reazione chimica desiderata. Elettroni e buche hanno ruoli diversi nella reazione: i primi, carichi negativamente, prendono parte a reazioni di riduzione, mentre le buche, cariche positivamente, compiono reazioni di ossidazione. «L’obiettivo finale è che gli elettroni riducano l’acqua a idrogeno, mentre le buche la ossidino a ossigeno», dice Montini. Per evitare che elettroni e buche reagiscano fra loro troppo velocemente, il gruppo di ricerca ha cercato di separarli sintetizzando nano-bastoncini di titania lunghi da 15 a 50 nanometri, arrivando a stabilire che i bastoncini più lunghi erano quelli più attivi. Gli scienziati sono infatti riusciti a forzare elettroni e buche a reagire con l’acqua anziché con se stessi. «Potremmo essere di fronte a un principio generale, molto utile per sviluppare catalizzatori più efficienti. Queste strutture allungate permettono agli elettroni di fuggire dalle buche come fossero su un lungo rettilineo, così da reagire più velocemente con altre molecole», afferma Fornasiero. «Il biossido di titanio – prosegue Montini - è inoltre utilizzato comunemente in molte applicazioni quotidiane, dalle creme solari ai materiali autopulenti, come quelli utilizzati nelle comuni righe bianche delle nostre strade. La possibilità di modulare l’interazione della luce con questi materiali può offrire grandi opportunità anche in altri campi applicativi». Non è il primo studio su questo tipo di materiali, ma fino a ora nessuno aveva usato un approccio di sintesi così raffinato da poter preparare bastoncini altrettanto piccoli e di lunghezza uniforme fra loro. «Altre tecniche permettono di intagliare i materiali un po’ come farebbe uno scultore, fino a ottenere strutture sempre più piccole. Ma così facendo si perde in precisione e in possibilità di miniaturizzazione», spiega Matteo Cargnello della Stanford University, ex dottorando di ricerca in Nanotecnologie dell’Università di Trieste e primo firmatario dell’articolo. «Il nostro invece è un approccio dal basso, cioè a partire da singoli atomi di titanio uniti fra loro come mattoncini di un lego per produrre forme precise sulla scala dei nanometri». Nonostante il risultato sia promettente, i ricercatori non sono ancora in grado di far reagire pura acqua per produrre idrogeno e ossigeno.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 7 aprile 2016

 

 

«Votiamo Sì per salvaguardare il nostro mare» - Referendum trivelle, Alleanza delle Cooperative Italiane (Coordinamento pesca)

«Votare “SI” per chiedere al Governo un definitivo cambiamento di rotta verso tutte le forme di produzione di energia sostenibili e rinnovabili».

È l’appello del coordinamento pesca della Alleanza delle cooperative italiane dopo aver sentito le richieste dei pescatori che da anni, sottoponendosi a grandi sacrifici di reddito e lavoro, sono impegnati in prima linea, insieme alle associazioni ambientaliste, per la salvaguardia delle risorse del mare.

«Come sempre i quesiti referendari sono di difficile interpretazione e così anche quello del prossimo 17 aprile sta creando molte perplessità che rischiano di indurre i cittadini al non voto». «A benefici aleatori e sostanzialmente insignificanti per la collettività derivanti dagli impianti di ricerca e di estrazione del petrolio e di gas nei fondali, corrispondono danni gravi e onerosi per la pesca, per la salute dei cittadini, e per il turismo. Riteniamo dunque fondamentale- conclude il coordinamento pesca della Alleanza delle cooperative italiane-che i cittadini si rechino alle urne e per la tutela di un inestimabile patrimonio naturale votino “SI”». Per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del referendum, il 14 aprile a Venezia si svolgerà una manifestazione di pescatori che distribuiranno materiali sui temi della pesca sostenibile e della tutela del mare.
ACI-PESCA - Coordinamento Nazionale del Settore della Pesca
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 aprile 2016

 

 

Il Comitato 5 dicembre entra in Ferriera - Il sindaco incontra una delegazione di cittadini: «Ho chiesto all’azienda di invitarvi. Entro maggio decido sull’area a caldo»
Un invito in Ferriera, la decisione sull’area a caldo spostata da aprile a metà maggio. Si prende tempo su Servola. Resta la minaccia di una nuova imponente manifestazione prima del voto del 5 giugno se non ci sarà una decisione definitiva a favore della dismissione della cokeria.

«Ho chiesto all’azienda Siderurgica Triestina di invitare anche rappresentanti del “Comitato 5 dicembre” alle visite all'impianto di Servola (in gruppi di 10-15 persone) così come programmate per le Commissioni Ambiente di Senato, Regione Friuli Venezia Giulia e Comune di Trieste e la stessa ha accolto il mio invito» spiega il sindaco. La notizia è stata data ieri pomeriggio, alle 17, nel corso del periodico incontro, svoltosi nella sala giunta del Comune, dove il sindaco Roberto Cosolini e l'assessore all’Ambiente Umberto Laureni hanno ricevuto una delegazione del “Comitato 5 dicembre” (che il 31 gennaio scorso organizzò la manifestazione di piazza) guidata da Barbara Belluzzo. «La proposta è stata accolta favorevolmente dai rappresentanti del Comitato che parteciperanno alle visite. Dopo una prima riunione a metà febbraio e la successiva assemblea pubblica del 3 marzo al Salone degli incanti, quello odierno è stato un ulteriore incontro di aggiornamento e approfondimento sulle problematiche ambientali legate all’attività la Ferriera di Servola» assicura Cosolini . Un nuovo incontro è già stato programmato tra il 15 e il 20 maggio, quando si potrà contare sui necessari ulteriori dati richiesti, che consentiranno al sindaco di pronunciarsi sulla chiusura o meno dell’area a caldo. Le premesse per l’incontro non erano delle migliori. «Dopo le promesse del 3 marzo e dopo un mese terribile per inquinamento e disagi, dopo i numeri tragici del benzoapirene di gennaio 2016, la responsabilità che ci sentiamo verso le 5mila persone che hanno manifestato in gennaio è veramente enorme. Andiamo all’appuntamento determinati a uscirne con buone notizie ma al tempo stesso consapevoli di quale sarà la lotta se non le otterremo. L’incubo deve finire. E lo faremo finire» faceva sapere il Comitato 5 dicembre. «Teniamoci pronti» è il messaggio del comunicato diffuso dopo l’incontro. «Ci aspettavamo qualcosa di più. Per certi versi siamo moderatamente soddisfatti perché è stato ottenuto l'impegno da parte del Comune di chiedere alla Regione la creazione di uno strumento normativo sanzionatorio (oggi mancante) in caso di superamento del numero di sforamenti concessi in un anno. Ci ha fatto piacere rilevare un atteggiamento di “autonomia decisionale” del sindaco riguardo alle scelte regionali e apprezziamo la sua richiesta all’azienda di permettere a noi Comitato una visita allo stabilimento». Altre aspettative, però, sono andate deluse. «Ci aspettavamo dopo questo mese terribile, anche a livello di dati, almeno un accenno anche solo informale alla decisione di far cessare le attività dell’'area a caldo. Invece su questo il sindaco ha esplicitamente affermato di non volersi esprimere in un senso o nell’altro ora, ma di farlo tra il 15 e il 20 maggio - fa sapere il Comitato 5 dicembre -. Prendiamo atto, ma per chiarezza affermiamo che vista la situazione pregressa e questa del 2016 la nostra posizione ormai è decisa: se il sindaco non si pronuncerà a favore della dismissione dell’area a caldo, prima delle elezioni scenderemo di nuovo in piazza». La decisione è stata presa: «Da oggi quindi incominciano i preparativi organizzativi e logistici per una nuova e più imponente manifestazione - si legge nel comunicato -. La lanceremo con un preavviso molto stretto. State pronti. Speriamo di non doverlo fare, di sentire il pronunciamento che tutti ci aspettiamo, ma se così non sarà, allora di nuovo in piazza ancora più numerosi, ancora più forti e motivati». Per Cosolini e la sua amministrazione una vera spada di Damocle.

Fabio Dorigo

 

 

Guerra ai mozziconi - Posacenere in regalo con il “No cicca Day” - Domani distribuzione gratuita di 23mila esemplari da tasca
«Ogni anno gettate in strada circa 200mila sigarette»
“No cicca Day”. Scritto in grande con i mozziconi di sigarette in piazza Unità d’Italia. “Assieme per una città più pulita”. La giornata di domani sarà dedicata alla guerra ai mozziconi di sigarette buttati in strada. L’iniziativa, nata dalla collaborazione del Comune di Trieste con AcegasApsAmga e in collaborazione con la Federazione Italiana Tabaccai (Fit), Confcommercio e Assotabaccai Confesercenti, vedrà la distribuzione gratuita in tutte le tabaccherie della città di ben 23mila posaceneri tascabili a chiunque acquisterà un pacchetto di sigarette. «L’obiettivo dell’iniziativa è di sensibilizzare preventivamente i cittadini alla pulizia della città senza arrivare alle multe» spiega il sindaco Roberto Cosolini che ieri mattina, nella sala matrimoni di piazza Unità, ha presentato il “No cicca Day” assieme al direttore generale di AcegasApsAmga Roberto Gasparetto, presenti anche rappresentanti di Fit, Confcommercio e Assotabaccai. Lo scopo è ridurre e, se possibile, azzerare i mozziconi di sigaretta abbandonati ogni anno a Trieste. Per l’esattezza (stima del direttore di AcegsaApsAmga) circa 200 milioni di mozziconi gettati ogni anno. «Con quest’azione importante si vuole contrastare un fenomeno, quale l’abbandono di mozziconi, spesso sottovalutato ma che si ripercuote negativamente sull’ambiente con relativo inquinamento a scapito della salute dei cittadini - spiega Gasparetto -. I mozziconi deturpano il decoro urbano e rendono difficoltosa la rimozione per le ridotte dimensioni. Come dimostra uno studio Enea Ausl di Bologna accendere una sigaretta significa immettere in ambiente più di 4.000 sostanze chimiche ad azione irritante, nociva, tossica, mutagena e cancerogena». Non c’è da scherzare. «Una parte di queste sostanze chimiche resta nel filtro e va a contaminare la parte di sigaretta non fumata - spiega il direttore generale di AcegasApsAmga -. Nelle cicche, quindi, è possibile trovare moltissimi inquinanti: nicotina, benzene, gas tossici quali ammoniaca e acido cianidrico, composti radioattivi come polonio-210 e acetato di cellulosa, la materia plastica di cui è costituito il filtro». I mozziconi di sigaretta rappresentano inoltre una minaccia per l’ecosistema marino. Secondo i dati del Programma delle Nazioni unite per l’ambiente (Unep) questi rappresentano ben il 40% dei rifiuti complessivi gettati nel Mediterraneo e provocano ogni anno la morte di milioni di animali marini che scambiano le cicche per cibo. AcegasApsAmga è impegnata da tempo in varie azioni volte a mantenere in modo efficiente pulizia e decoro urbano, indirizzando verso comportamenti responsabili i cittadini. «Il rifiutologo e le aspiratrici elettriche sono solo alcune delle recentissime innovazioni già operative che puntano a rafforzare la qualità ambientale e il decoro complessivo a favore della città e dei cittadini» spiega Gasparetto. «Servono azioni comuni e condivise per contrastare comportamenti incivili che degradano l’ambiente e gli stessi cittadini. Una città più pulita dipende soprattutto dai comportamenti quotidiani di ciascuno - ribadisce l’assessore all’Ambiente Laureni che non fuma -. Questa è un’occasione per sensibilizzare le persone a evitare brutte abitudini e automatismi negativi come gettare le cicche a terra». Così domani, dall’apertura alla chiusura, le tabaccherie triestine aderenti a Federazione Italiana Tabaccai, Confcommercio e Assotabaccai Confesercenti, distribuiranno a chiunque acquisterà almeno un pacchetto di sigarette il posacenere da tasca (e borsetta) in omaggio, unitamente a una piccola brochure pieghevole in cui saranno contenute alcune importanti raccomandazioni per il mantenimento del decoro urbano e della pulizia della città. Lo spirito dell’iniziativa infatti è quello di responsabilizzare il cittadino. A ogni cliente, a prescindere dal numero di pacchetti di sigarette acquistati, sarà distribuito un solo posacenere. Non sia mai che il posacenere gratis si trasformi in un incentivo a fumare.

Fabio Dorigo

 

A marzo cento cestini per la popò di Fido
Il “No Cicca Day” è solo l’ultimo tassello dei una campagna a favore del decoro urbano messa in atto ormai da mesi da parte di amministrazione comunale e AcegasApsAmga. Nelle scorse settimane sono infatti state diverse le azioni messe in campo.

A inizio marzo sono stati posati circa cento contenitori ad hoc per le deiezioni canine, contestualmente all’entrata in attività di due nuovi aspiratori elettrici supersilenziosi a servizio del centro storico, in grado di eliminare i piccoli rifiuti abbandonati in modo molto più preciso ed efficace rispetto alla tradizionale scopa. Dallo scorso gennaio invece è attivo sul sito di AcegasApsAmga il motore di ricerca sullo spazzamento delle strade, grazie al quale ogni cittadino può verificare in tempo reale la data della prossima pulizia su ogni strada di Trieste. Infine, dall’autunno 2015 è operativa la “app” del Rifiutologo, grazie alla quale è possibile conoscere la corretta destinazione differenziata di ciascun rifiuto ed effettuare segnalazioni ambientali in tempo reale (come per esempio rifiuti ingombranti abbandonati a lato dei cassonetti).

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 aprile 2016

 

 

Patto per la salute degli operai di Servola - SIDERURGIA »IL PROTOCOLLO INNOVATIVO

Le istituzioni annunciano più controlli e vigilanza. Serracchiani: «Trieste pioniera nel rapporto industria-ambiente»
L’azienda invita in visita le commissioni competenti di Senato, Regione e Comune
Rafforzare il lavoro di controllo e di vigilanza svolto dai pubblici poteri attraverso una specifica sede di coordinamento, dove convergono le competenze degli enti coinvolti. L’obiettivo è intrecciare le informazioni e l’attività di monitoraggio per alzare nella Ferriera servolana il livello di prevenzione delle malattie professionali. Una “pentalleanza” è stata definita ieri in un protocollo d’intesa firmata dai cinque attori istituzionali direttamente interessati: nell’ex palazzo lloydiano in piazza Unità hanno firmato il commissario straordinario per l’area della Ferriera Debora Serracchiani, il sindaco Roberto Cosolini, la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, il commissario straordinario dell’Aas1 Nicola Delli Quadri, il direttore generale dell’Arpa Luca Marchesi. Il testo del documento si estende lungo sei articoli. Nel primo si sottolinea l’interdipendenza tra salute dei lavoratori e dei residenti, il terzo riepiloga i compiti svolti dalle amministrazioni, il quarto prevede l’intensificazione della collaborazione inter-istituzionale. Il quinto cita i responsabili del coordinamento “sul campo”: sono Fabio Cipriani per il Commissario, Miryam Taucer per il Comune, Fabio Cella per la Provincia, Franco Sturzi per l’Arpa, Valentino Patussi per l’Aas1. Nel corso di una succintissima conferenza stampa il governatore-commissario Serracchiani ha insistito su tre punti: è la prima volta che viene costituito un tavolo permanente dedicato alla salute dei dipendenti; Trieste diventa pioniera nell’attuazione dell’art. 252 bis del nuovo Codice ambientale, incentrato sull’indispensabile rapporto tra produzione e risanamento; in poco più di due anni è stato fatto un lavoro importante per venire a capo del dossier Ferriera. D’accordo Cosolini, secondo il quale lavoro e salute non sono termini in contraddizione. Il tavolo, fabbricato ieri, sarà interlocutore di Siderurgica Triestina: la prossima settimana la Serracchiani incontrerà sia i rappresentanti dell’azienda che le organizzazioni sindacali, per informarli dell’iniziativa coordinatoria avviata. Ancora fonti regionali preannunciano prossime novità sul fronte dei rumori provocati dallo stabilimento: lo scorso 16 marzo aveva diffidato Siderurgica Triestina, concedendo 20 giorni per le controdeduzioni. Tempo scaduto, vedremo cosa accadrà. L’azienda del gruppo Arvedi risponde con una ampia manovra sul versante politico-istituzionale. Una nota, diffusa ieri pomeriggio, informa che sono stati inviati tre inviti rispettivamente alla 13° commissione del Senato, alla 4° commissione del Consiglio regionale, alla 6° commissione del Consiglio comunale triestino. «Occasione per presentare l’oggettiva situazione della Ferriera, i risultati conseguiti per il risanamento ambientale e gli interventi per la riconversione industriale del sito produttivo», spiega il comunicato di Siderurgica. Che fornisce anche alcuni ragguagli statistici, nel senso che sarebbe la prima volta per regionali e comunali, mentre i senatori sono veterani giunti alla seconda esplorazione essendo già stati ospiti a Servola il 20 luglio 2015. Naturalmente il riferimento riguarda la sola epoca arvediana. La Ferriera è un quotidiano magnete di stimoli e reazioni. Aris Prodani, deputato ex pentastellato attualmente iscritto al Gruppo misto, intende sapere quando si sapranno i dati relativi alle analisi del terreno svolte in tre aree cittadine, che sono piazzale Rosmini, la pineta di Servola, via Norma Cossetto. Lo ha chiesto con una missiva indirizzata all’assessore comunale Umberto Laureni, al responsabile della prevenzione nell’Aas1 Valentino Patussi, al direttore dell’Arpa Luca Marchesi. Infine Invitalia, “agente” del ministero dello Sviluppo Economico nelle attività di bonifica e di riconversione nell’area di crisi industriale triestina, prosegue i sopralluoghi per lo studio di fattibilità, che precederà l’affidamento dell’indagine sul suolo. “Barricamento” e “depurazione delle acque di falda” sono le attività previste per tentare di coniugare ripresa produttiva e risanamento del sito.

Massimo Greco

 

 

Mobilitazione per l’acqua come bene comune - Ambientalisti e tecnici a confronto al Revoltella. Chiesta una società in house per gestire i servizi idrici
L’acqua è un bene pubblico e tale deve rimanere. Questo il concetto che sarà ribadito lunedì prossimo, nel corso del dibattito in programma alle 17 all'auditorium del Revoltella, al quale sono stati invitati a partecipare Maurizio Montalto, presidente di “Acqua bene comune ABC”, Giulia Milo, docente di Diritto amministrativo all'Università, Fabio Cella, direttore della Consulta d'ambito per il Servizio idrico integrato orientale triestino (Cato), e che sarà introdotto da Lino Santoro, della Consulta degli utenti. Moderatrice, Simonetta Lorigliola, direttore responsabile del periodico Konrad. «La tendenza alle privatizzazioni, iniziate con Regan e Tatcher - ha detto Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente Trieste - non ha sortito gli effetti annunciati. La gente si rende conto che la filiera industriale non offre garanzie. L'acqua è un bene naturale a disposizione della collettività e, se si esclude la gestione degli impianti di trasporto dell'acqua e il controllo sulla sua potabilità, tale bene deve essere di tutti. Anzi - ha osservato - la gestione privata dell'acqua può danneggiare la popolazione. Negli Stati Uniti si sono registrati casi drammatici. Il sindaco Roberto Cosolini - ha ricordato Wehrenfennig - ha preso importanti decisioni sul tema, lunedì chiederemo conferme. Serve un'azienda in house che non comporti sprechi - ha proseguito - perché in un virtuale conflitto fra servizi di interesse generale e servizi economici, l'acqua va assimilata ai primi. La legge che sta predisponendo in materia il governo non va bene - ha concluso - e neppure la legge regionale in essere ci piace». Luciana Boschin, presidente del Comitato consultivo degli utenti (Cato), ha ricordato che «Nel 2007 c'è stata la richiesta di 400mila cittadini per la presentazione della legge d'iniziativa popolare, poi hanno votato sì ai testi referendari ben 27 milioni di italiani. I risultati del referendum sono sgraditi a gruppi di interesse economico - ha sottolineato - però nel 2012 la Corte costituzionale ha ribadito che bisogna rispettare l'esito del referendum». Tiziana Cimolino, consigliere comunale del Pd e membro del Comitato, ha evidenziato che «Trieste è l'unica città in regione che non dispone di un servizio in house per la gestione dell'acqua. Inoltre qui il costo dell'acqua è superiore a tutti gli altri centri del Fvg».

(u.s.)
 

 

ENERGIE SOSTENIBILI - Il Comune a caccia dell’energy manager

IL BILANCIO DI PAES - Al Revoltella saranno illustrati i risultati sin qui ottenuti
Obiettivo entro il 2020: ridurre del 20% la produzione di anidride carbonica rispetto al 2001. Un risultato ambizioso da raggiungere, in cui si sono impegnati seimila Comuni europei, di cui la metà italiani, attraverso il Patto dei sindaci, attuato attraverso il Piano di azione per l’energia sostenibile (Paes), a cui partecipa anche Trieste. E domani, per la prima volta dopo l’approvazione del Piano avvenuta due anni fa, all’Auditorium del museo Revoltella verranno esposti i risultati finora ottenuti in un convegno aperto alla cittadinanza dalle 15 alle 18. Tirando le fila di questi anni di attività del Paes, sono numerosi i risultati ottenuti ma anche le ulteriori esigenze per il futuro. «Dovremmo dotarci di un Energy manager - ha affermato l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, presentando ieri il convegno - ovvero una figura obbligatoria per legge, per sovrintendere a iniziative per il risparmio energetico e la lotta allo spreco». Figure queste che esistono già all’interno dell’Aas1, ruolo ricoperto da Francesca Dragani, e all’AcegasApsAmga con Giuseppe Santoro. Tra le principali sorgenti di emissione di Co2 troviamo i veicoli privati, verso cui il Comune si è attivato promuovendo diverse proposte. «Ma i due grossi blocchi che dobbiamo aggredire, se vogliamo arrivare all’obiettivo - ha sottolineato Laureni - sono tutti i consumi energetici delle case private e del terziario». Ed è qui che entra in gioco una presenza fondamentale nel convegno, l’Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari (Anaci), ieri rappresentata dal presidente Fvg Gaetano Oliva. «Abbiamo chiesto al presidente nazionale dell’Anaci, Francesco Burrelli (che domani sarà presente, ndr) - di fare una relazione per far sapere come si ottiene efficienza energetica nei condomini» ha spiegato Laureni. Dall’altra parte, per le casette singole, saranno gli operatori che vanno a collaudare periodicamente la funzionalità degli impianti ad assumere il compito di far capire quali sono le possibilità di risparmiare sull’energia a partire dalle ultime norme specifiche di settore. Perché «bisogna far capire che diminuendo la temperatura non solo si risparmia ma si sviluppa un maggior benessere termico» ha chiosato Laureni. Per rivoluzionare gli sprechi, lavorare in rete rappresenta quindi un buon metodo per mettere anche in pratica le 24 azioni da adottare per raggiungere gli obiettivi: il Comune infatti ha pure messo in atto un lavoro coordinato nel quale undici soggetti della città, dall’Aas1 all’Università, da Trieste Trasporti all’Area Science Park, lavorano insieme. Domani saranno presenti anche il sindaco Roberto Cosolini, gli assessori all’Ambiente della Provincia e della Regione, Vittorio Zollia e Sara Vito, e Valentina Stefano dello sportello Fiesta, che si occupa di consulenze gratuite per i privati nell’ambito del risparmio energetico, e Stefano Alessandrini, estensore del Paes per conto del Comune.

Benedetta Moro

 

 

«Serve una gestione unitaria delle pulizie» Trieste Popolare incassa il sì del sindaco

«A occuparsi della pulizia di Trieste non è, come si potrebbe immaginare, un unico soggetto. AcegasApsAmga pulisce vie, strade, marciapiedi. Giardini pubblici, aiuole, vialetti, aree verdi sono invece curati direttamente dal Comune. Entrambi, a loro volta, affidano poi l’operatività a ditte o cooperative esterne».

Lo afferma Paolo Rovis, capogruppo comunale di Trieste Popolare, evidenziando come una gestione di questo tipo non sia ottimale. «Ognuno dei due soggetti agisce un po’ per conto suo. Può quindi capitare di avere un marciapiede pulito con l’aiuola di fianco invasa da immondizie. O viceversa. Chi pulisce il marciapiede si ferma al bordo dell’aiuola. E, magari in giornate diverse, arrivano gli addetti all’aiuola, a cui però non compete il marciapiede che la costeggia». Da qui la mozione approdata lunedì sera in Consiglio comunale in cui Rovis chiede che tutta l’attività di pulizia di Trieste venga unificata e gestita da un unico soggetto «o quantomeno organizzata da un’unica “testa”. Come appare logico a chiunque». La mozione è stata accolta dal sindaco: «Sarà compito della prossima giunta trasformarla in fatto concreto».

 

Speleologi spazzini nella grotta dell’Elmo - Gli uomini del Cat hanno ripulito la cavità. Tra i rifiuti trovati una Vespa e decine di metri di pellicola
FERNETTI - Una gran quantità di immondizie e l’impegno di 23 speleologi (19 all'interno e 4 all'esterno) per un'intera mattinata. E' il risultato della pulizia della Grotta dell’Elmo, la 542/2696 VG, situata nei pressi della strada che da Fernetti conduce a Monrupino, all’interno della riserva naturale del Monte Orsario.

A operare, alcuni sabati fa, gli speleologi del Club Alpinistico Triestino che da alcuni anni sono soliti effettuare periodiche pulizie di cavità carsiche. Quello del degrado delle grotte del resto è un fenomeno già denunciato dal club: sul Carso sono almeno 359 gli ipogei naturali che versano in uno stato allarmante, 52 risultano inquinati, 54 presentano rifiuti, 236 sono ostruiti e 17 distrutti. «La pulizia delle grotte – spiegano - rimane una delle nostre attività e pensiamo di pulirne una o due all'anno». In occasione del 70° anniversario, gli speleologi del CAT avevano effettuato la pulizia dell'Abisso del Diavolo, tre anni fa avevamo ripulito invece l'Abisso di Padriciano trovandoci di tutto: una barca in vetroresina, un motorino, plastiche di ogni genere, borse, barattoli, carrozzine e carriole. «Le operazioni – riferisce lo speleologo del Gruppo grotte Moreno Tommasini, che ha coordinato la “spedizione” organizzata assieme a Sergio Vianello – sono andate bene e c’è stato uno splendido spirito di collaborazione tra i volontari, quasi esclusivamente appartenenti al CAT. Abbiamo trovato e raccolto di tutto: una Vespa Primavera 125 quasi integra, ma priva del numero di telaio, metri e metri di pellicola cinematografica, centinaia di lattine - con reperti storici come la Coca-Cola delle Olimpiadi di Mosca del 1980 - e poi parti di un televisore, bidoni di olio di semi, ingranaggi a cremagliera, elementi di vecchio macchinario da cava e tantissimo vetro». Dalla grotta sono usciti alla fine 14 sacchi speleo, di cui 5 grandi, tutti pieni: 11 sono stati portati su in corda dagli speleologi e gli altri sono risaliti con il big bag, un borsone in juta, che conteneva anche la Vespa tirato su a mano da tutti i volontari. La grotta, di 100 metri di profondità e 70 di sviluppo, era stata appena fittonata con un armo doppio. «Era famosa - spiega Tommasini - perché presentava una discesa libera nel vuoto di 80 metri, ma per facilitare la progressione e poter ospitare le uscite dei prossimi corsi, abbiamo effettuato dei cosiddetti frazionamenti, intervallandola con chiodi e anelli fissi nella roccia. Abbiamo effettuato un sopralluogo la sera prima e preparato tre campate di corda. Speravamo contenesse meno rifiuti, invece abbiamo dovuto impiegare anche un big bag per l'ultimo viaggio: in una sola giornata abbiamo estratto quasi 2 metri cubi di materiali, poi smaltiti nelle discariche dell'AcegasApsAmga». E già si pensa alla prossima pulizia potenziali alla grotta Jablenza in zona Gabrovizza, di fronte a Carsiana. Info sul sito www.cat.ts.it.

Gianfranco Terzoli

 

 

Arrampicata sulle Falesie, appello di Rozza alla Regione
DUINO AURISINA - Un appello alla Regione «perché avvii un processo di verifica e ricalibratura della Valutazione di impatto ambientale, nell'ambito della quale è possibile includere le pareti delle Falesie, sovrastanti l'area della Caravella, per metterle a disposizione di chi pratica l'arrampicata sportiva».

Questa la richiesta che formula Maurizio Rozza, consigliere del gruppo misto in consiglio comunale a Duino Aurisina, che recentemente ha dato le dimissioni da presidente della commissione Ambiente, accentuando così il suo distacco dalla maggioranza per abbracciare, in questo frangente, le istanze del Cai. «Più volte ho chiesto alla giunta di rivedere le modalità del divieto - ricorda Rozza - ma l’evidente e più volte dimostrata mancanza di volontà politica dell'assessore all'Urbanistica, Massimo Veronese, e di quello all'Ambiente e Lavori pubblici, Andrej Cunja, di mettere in atto qualsiasi azione che possa anche vagamente infastidire i proprietari dell'ambito della Baia, mi obbligano a fare appello alla Regione». Ribadendo che «c'è totale identità di vedute tra chi pratica l'alpinismo, come la sezione XXX ottobre del Cai, e chi vuole tutelare l'ambiente», Rozza precisa che «il Piano di conservazione e sviluppo della Riserva, atto sovraordinato al Regolamento, vietava inizialmente in toto l'attività nell'area delle placche, ma poi si è arrivati a una parziale deroga per periodi determinati di tempo e in presenza di speciali condizioni e prescrizioni, mentre nella relazione del Piano si prevedeva l'ammissibilità proprio e unicamente nell'area della Caravella, in quanto zona da consentire, eventualmente, all'arrampicata nel periodo da luglio a gennaio. Questo - aggiunge Rozza - perché in tale area la presenza umana è molto elevata. Sarebbe paradossale irrigidirsi - conclude il consigliere del gruppo misto - proprio su questo aspetto. Varie volte ho chiesto alla giunta comunale una ricognizione, ma senza successo».

(u.s.)

 

Rinasce il parco pubblico del Rio Ospo - Creati due ring per la sgambatura dei cani, tavoli e giochi per il divertimento dei bambini e un chiosco enogastronomico
MUGGIA - Rinnovato e totalmente fruibile. Si presenta così il Parco pubblico del Rio Ospo a Muggia, sede ieri mattina della festa per i 20 anni di attività della Cooperativa Sociale Querciambiente.

Un momento per celebrare l'importante genetliaco della cooperativa, lead partner dell'Interland Consorzio Società Cooperativa Sociale, l'ente gestore dell'area, composto anche da Croce del Sud, Associazione Triestina Oasi Retriever e Cral Trieste Trasporti. La riqualificazione dell'ex area "Fido Lido" rientra in quel processo promosso da tempo dall'amministrazione Nesladek che ha poi visto approvare all'unanimità dal Consiglio comunale di Muggia la delibera sulla dichiarazione di pubblico interesse per interventi di rilevanza edilizio-urbanistica proposti dal gestore dell'area verde. Area che il Comune di Muggia avrà in concessione sino al 31 dicembre 2018 dall'Autorità Portuale di Trieste, avvalendosi per l'attività di custodia, pulizia e manutenzione ordinaria, della collaborazione, a titolo gratuito, di Interland. Aperta già parzialmente nei mesi scorsi, da ieri il sito ha messo in mostra molte nuove opere di riqualificazione. Due ring per la sgambatura riservata a cani di piccola e medio-grande taglia, box singoli per lo stazionamento dei cani, il posizionamento di tavoli e panchine, gli allestimenti per l'area giochi riservata ai bambini e l'installazione del chiosco risto-bar, il camminamento realizzato con piastre antitrauma, la posa a dimora di piante e siepi a mitigazione ambientale, la realizzazione della struttura del chiosco per attività di bike rent in collaborazione con l'associazione Viaggiare Slow. «La decisione dell'associazione di spostarsi dalla nuova sede dell'ex Esso al Parco del Rio Ospo è una scelta piuttosto naturale - spiega il vicesindaco Laura Marzi - perché così facendo il noleggio delle biciclette avverrà già alle porte di Muggia e in una zona che si avvicina ulteriormente alla pista ciclabile della Parenzana, tenendo conto poi che sul litorale verrà in futuro creato un nuovo itinerario per le biciclette». Entro la fine del mese di aprile, invece, verrà realizzato l'allacciamento fognario e verranno posizionati un box container con bagni e spogliatoi, e un campo di beach volley. Nello sviluppo complessivo dell'opera molto preziosa è stata ka collaborazione con Edilmaster, la scuola edile di Trieste che ha disposto sul campo i propri ragazzi. «Querciambiente si è occupata direttamente dei lavori con indubbia professionalità, ma di gran valore è stato il corso di formazione attuato dalla scuola Edilmaster che, con l'inserimento di soggetti svantaggiati, ha previsto un Project work che ha offerto un segno tangibile proprio all'interno nel Parco pubblico del rio Ospo», puntualizza Dario Parisini, presidente di Querciambiente. Per l'estate è previsto un ricco calendario di eventi che svarieranno dall'educazione cinofila, al cicloturismo, all'educazione ambientale.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - MARTEDI', 5 aprile 2016

 

 

Mobilità sostenibile: car sharing elettrico al via a Udine
Con la creazione di una rete di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici, Udine punta al car sharing per lo sviluppo della mobilità sostenibile.

Il progetto, approvato nelle scorse ore dalla Giunta comunale del capoluogo friulano, è nato da una proposta di Enrico Pizza, assessore comunale alla Mobilità e Ambiente. Più nel dettaglio, si tratta di uno step successivo rispetto al precedente programma di bike sharing che ha dimostrato un buon successo fra i cittadini.
Il progetto preliminare di car sharing elettrico, finalizzato alla realizzazione di una rete di ricarica per veicoli a zero emissioni, ha ricevuto parere positivo dai rappresentanti dell’amministrazione comunale di Udine anche grazie a un finanziamento da parte del Ministero dei Trasporti (fondi orientati verso il programma di car sharing elettrico in seguito all’interessamento di Sara Vito, assessore all’Ambiente), a un contributo erogato dallo stesso Comune di Udine e al reperimento di fondi dal progetto “Pisus” co–finanziato dalla Regione Friuli–Venezia Giulia.
Dati alla mano, i contributi economici per il programma di car sharing elettrico a Udine ammontano da un lato a oltre 240.000 euro relativamente agli stanziamenti ministeriali veicolati dalla Regione, circa 26.000 euro messi a disposizione dal Comune; dall’altro a quasi 233.000 euro (fondi “Pisus”) e 158.000 euro (stanziamenti comunali): in totale, per la collocazione degli “hub” di ricarica e l’acquisto di citycar elettriche ci sono a disposizione quasi 656.300 euro.
Le colonnine di ricarica saranno collocate nei parcheggi in struttura, giudicati più idonei per la sosta dell’auto: 6 stazioni di ricarica troveranno posto al Park di via Caccia, altre 6 al Moretti e altrettante in via del Vascello. Quattro colonnine verranno installate all’Andreuzzi, 4 al Teatro Nuovo, 4 al Magrini e 4 al Tribunale. Complessivamente, il piano di car sharing elettrico per Udine conterà su un totale di 34 colonnine.
Occorre segnalare che alcuni degli “hub” di ricarica saranno alimentati a energia solare mediante pensiline fotovoltaiche, a copertura dei relativi posti auto da destinare alla sosta dei veicoli elettrici.
Ciascuna colonnina possiederà due prese di corrente a ricarica veloce (22 kW): in questo modo l’80% di ricarica delle batterie sarà effettuato in circa 40 minuti. Un primo lotto di citycar elettriche sarà acquistato entro la fine del 2016; un secondo stock arriverà nella prima metà dell’anno prossimo.
di Francesco Giorgi

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 aprile 2016

 

 

Passa in aula il Piano economico dei rifiuti - Approvato il testo che regola i rapporti con AcegasApsAmga. Impegni di spesa totali per 28 milioni
Il Consiglio comunale ha approvato ieri sera il Pef, piano economico dei rifiuti del 2016, con 20 voti a favore, 13 contrari e 2 astenuti.

Il documento prevede un impegno di spesa complessivo di 28 milioni di euro più Iva e regola i rapporti del Comune con AcegasApsAmga. Il primo a intervenire è stato Paolo Rovis di Tspop: «Un documento ben costruito dal punto di vista tecnico ma con scelte politiche opinabili. Molti soldi nell'inutile raccolta dell'umido e nessuna risorsa per pulire strade e marciapiedi. L'opposto di quel che i cittadini chiedono. La prossima giunta dovrà garantire una città più linda». Così Paolo Menis di M5S: «Ci sono aspetti positivi, come la raccolta dell'umido. Questa però è gestita male: così com'è costa molto vanificando i risparmi della differenziata. Serve una visione di lungo termine, pensare ad esempio alla raccolta porta a porta in alcune zone della città». Questo l'intervento del civico Michele Lobianco: «Raccolta dell'umido, taglio di 800 cassonetti, la città sporca. Con queste premesse non posso che votare contro. In futuro si dovrà pensare all'eventuale reinternalizzazione del servizio di spazzamento». Così Everest Bertoli (Fi): «Paghiamo la stessa cifra ad AcegasApsAmga per avere meno chilometri di spazzamento e orari ridotti nei centri di raccolta. Di fatto spendiamo di più andando contro a un emendamento votato dal consiglio comunale due volte. Dopo cinque anni qualsiasi fiducia si è esaurita, voteremo contro». La palla passa poi a Lorenzo Giorgi del Pdl: «Avete portato l'ideologia nelle questioni quotidiane. Ideologico è l'umido, così come il taglio dei cassonetti nella città più anziana d'Italia. Abbiamo un inceneritore che è costato milioni e continuiamo a mandare rifiuti a Pordenone. La città è sporca da Roiano al centro. Questo Pef ha fatto flop». Così Igor Svab del Pd: «Il Pef è chiaro e puntuale. Due punti importante: abbiamo impegnato Acegas a presentare entro febbraio 2017 documentazione del raggiungimento dei parametri richiesti e a presentare tutti i dati sulle spese per i servizi. Si può sempre migliorare, ma l'amministrazione i mezzi necessari li ha forniti». Dice Andrea Brandolisio di Fds: «La città non è lo sfacelo che si descrive, anzi. Penso inoltre che i cittadini di Trieste siano assolutamente in grado di gestire la differenziata. Una critica? Bisognava sensibilizzare di più i cittadini: il futuro è la differenziata, non l'inceneritore». Annuncia l'astensione Marino Sossi di Sel: «Quando la nettezza urbana passò ad Acegas, costava tra i 13 e i 14 milioni di euro e occupava 400 persone. Oggi il costo è raddoppiato. La società vede il Comune come un bancomat, la prossima giunta dovrà riprendere il controllo effettivo delle partecipate». Così Manuel Zerjul (Pd): «Un dato essenziale: se buttassimo tutto nell'inceneritore senza differenziare spenderemmo 10 milioni e 800mila euro invece dei 6 attuali».

Giovanni Tomasin

 

 

GLI APPUNTAMENTI

 

 

Servizi ai cittadini - Un evento sull’acqua pubblica

«Acqua pubblica. Che fine ha fatto e quando ritorna?». È questo il titolo dell’evento che si terrà l’11 aprile all’auditorium del museo Revoltella a cui parteciperanno, tra gli altri, il presidente di Acqua Bene Comune Maurizio Montalto, il docente di diritto amministrativo Giulia Millo e il direttore della Consulta d’ambito per il servizio idrico integrato orientale triestino Fabio Cella. Introdurrà Lino Santoro. Modererà Simonetta Lorigliola. L’iniziativa sarà presentata oggi alle 11, al Caffè San Marco, dal Comitato consultivo degli utenti e dalla Legambiente Trieste.

 

 

AMBIENTE - L’energia sostenibile sotto i riflettori

Oggi alle 10, nella sala della giunta municipale di piazza Unità, si terrà la conferenza stampa di presentazione del convegno sullo stato di avanzamento del Paes ovvero del Piano di azione per l’energia sostenibile del Comune di Trieste. All’appuntamento interverrà l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni.

 

 

Ambiente - Mobilità sostenibile - L’impegno di Vito

 «Diffondere la mobilità sostenibile, rispettosa dell'ambiente, grazie all'utilizzo di veicoli a basse emissioni e ricarica per auto elettriche è una priorità dell'amministrazione regionale». Lo ha ribadito l'assessore all'Ambiente, Sara Vito, commentando la decisione del Comune di Udine di posizione 34 colonnine per la ricarica elettrica.

 

Al via il bando per il Servizio civile nazionale - L’Azienda sanitaria va “a caccia” di volontari

È stato pubblicato il bando per la selezione di 120 volontari per i progetti di Servizio civile nazionale elaborati dagli enti e approvati dalla Regione.

Nel dettaglio l’Azienda per l’assistenza sanitaria 1 Triestina seleziona 14 volontari per il progetto: “Crescere in famiglia e nel contesto di vita”. L'impiego dei volontari nei progetti decorrerà dalla data che verrà comunicata successivamente dal Dipartimento della gioventù e del Servizio civile. La durata del servizio è di dodici mesi. Ai volontari in servizio civile spetterà un assegno mensile di 433,80 euro. Gli interessati possono presentare domanda con queste modalità: consegna diretta a mano, all'Ufficio servizi civile dell'Aas, Posta elettronica certificata o a mezzo raccomandata da spedire all’indirizzo Ufficio Servizio Civile - Azienda per l'Assistenza Sanitaria n.1 "Triestina" - via Valmaura 59 - 34148 Trieste. Informazioni possono essere richieste allo stesso Ufficio del Distretto 3, stanza 8, il lunedì dalle 14 alle 18; il martedí e mercoledì dalle 10 alle 14, e il giovedì dalle 9.30 alle 13.30.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 aprile 2016

 

 

Capodistria-Divaccia, via all’iter operativo dei lavori - Entro l’anno partiranno i lavori propedeutici all’insediamento del cantiere
Il governo sloveno crea un Consiglio di esperti per il progetto e i finanziamenti
TRIESTE - Il governo sloveno si mette in moto per la realizzazione del secondo binario della linea Capodistria-Divaccia, snodo ferroviario strategico per lo sviluppo del porto di Capodistria. Il premier Miro Cerar ha annunciato la creazione, oltre a un asocietà ad hoc per la realizzazione dell’infrastruttura, anche di uno speciale Consiglio per la progettazione dell’opera. «Il progetto per il secondo binario della Capodistria-Divaccia - ha dichiarato Cerar - è uno dei progetti prioritari del governo per questo ho preso parte a una riunione tra esperti per avviare intensamente questo progetto». Il Consiglio di esperti sarà costituito dal ministro delle Infrastrutture, da quello delle Finanze e dell’economia nonché da rappresentanti della Holding di Stato (Sdh), di Luka Koper (società che gestisce il porto), Ferrovie slovene, dell’azienda Dri e da rappresentanti della società appositamente costituita per la realizzazione dell’infrastruttura, ossia la 2TDK. Il Consiglio dovrà creare le condizioni affinchè l’opera possa essere iniziata prima possibile e realizzata con il minor costo possibile, come ha precisato anche il presidente del consiglio di amministrazione di Luka Koper, Dragomir Mati„. Il progetto potrà essere realizzato solo con una partnership tra pubblico e privato. Il costo fin qui stimato è di 1,4 miliardi di euro. «Fino ad ora non abbiamo parlato di concessioni - ha ribadito Mati„ - sta di fatto che, in questa fase, tutte le soluzioni sono possibili». Il ministro delle Infrastrutture, Peter Gašperši› ha, dal canto suo, spiegato che già quest’anno inizieranno i lavori preparatori sul terreno «con già stanziati 20 milioni di euro». Si tratterà di costruire le vie d’accesso al mega cantiere e predisporre gli spostamenti delle condutture dell’acqua interessate dall’opera. Il progetto finanziario entrerà nella sua fase finale solamente dopo la ricapitalizzazione della società 2TDK, prevista per la metà del prossimo anno. Quando la struttura finanziaria sarà approvata si potrà andare all’appalto dei lavori per i quali è stata approvata la concessione edilizia. Concessione che ha valore triennale con la possibilità di due ulteriori proroghe di un anno ciascuna. Per quanto riguarda le intenzioni di investire nell’infrastruttura, il ministro Gašperši› ha precisato che ci sono forti interessi da parte della Cechia e della Slovacchia, mentre l’Ungheria sta valutando l’ingresso con capitale proprio. Si sta discutendo anche con la Polonia, l’Austria e la Baviera. È chiaro che il raddoppio della Capodistria-Divaccia può assumere un’importanza strategica se inserito nell’asse europeo Adriatico-Baltico. E pensare che tra Trieste e Capodistria ci sono solo 10 chilometri ferroviari (da realizzare) di distanza. Da ricordare inoltre che i lavoratori portuali già da tempo si sono mobilitati sul raddoppio della Capodistria-Divaccia. In poche settimane hanno raccolto oltre 21mila firme in calce alla loro petizione nella quale si chiede che non ci sia alcuna privatizzazione di Luka Koper e che la stessa non divenga merce di scambio per capitali che potrebbero finanziare l’importante infrastruttura ferroviaria.

Mauro Manzin

 

 

Sgonico entra nell’Isontina Ambiente - Via libera del Consiglio comunale alla partecipazione nella società che si occupa di smaltire i rifiuti
Il Comune di Sgonico è entrato nella società Isontina ambiente srl, l’azienda che si occupa di asporto e smaltimento rifiuti e che già opera per conto di numerosi Comuni della provincia di Gorizia, oltre che di quelli di Duino Aurisina e di Monrupino, per un bacino d’utenza complessivo da circa 200mila persone.

La decisione è stata assunta nel corso della seduta che il consiglio comunale di Sgonico ha dedicato a numerosi punti, il più importante dei quali, sotto il profilo dell’impatto sulla popolazione residente, era proprio quello riguardante l’assunzione di una partecipazione di minoranza nella società Isontina ambiente «al fine dell’affidamento in house dei servizi pubblici locali di natura ambientale». Una delibera simile a quella assunta di recente anche dai Comuni di Duino Aurisina e Monrupino. «Si è trattato di una scelta importante - ha detto Monica Hrovatin, sindaco di Sgonico - perché ci permette di entrare in una rete di servizi molto radicata sul territorio, che ha già dato ottime prove di efficienza e che ci garantirà un’economia di scala che riteniamo rilevante». La discussione che ha preceduto il voto però è stata piuttosto accesa, soprattutto per l’intervento di Pietro Geremia, capogruppo di Forza Sgonico, lista che siede sui banchi dell’opposizione. «Ho votato contro con convinzione - ha spiegato l’esponente del centrodestra - in quanto il Comune ha scelto di non procedere con una gara d’appalto, ma di affidare direttamente il tutto a una cooperativa che opera nel territorio isontino. È stata scelta così una strada contraria alla gara d’appalto diretta, una via che oserei dire vergognosa. Bastava fare il capitolato per una gara d’appalto - ha aggiunto Geremia - inoltre questa società, della quale il Comune diventerà socio con una partecipazione risibile, effettuerà essa stessa la gara d’appalto, di conseguenza le società triestine potranno vincerla e operare sul territorio comunale, con un appesantimento burocratico che sarà tutto a carico dei cittadini. Per la parte tecnica - ha concluso - si passerà a un sistema ibrido che prevede il porta a porta non per tutti i tipi di rifiuti, perciò discutibile». «La legge non impone di allestire una gara d’appalto in questi casi - ha replicato Hrovatin - e abbiamo ritenuto che, vista la qualità del servizio e il vantaggio per i cittadini, fosse più opportuno decidere direttamente».

Ugo Salvini

 

 

GLI APPUNTAMENTI

 

 

Servizi ai cittadini - A confronto sull’acqua pubblica

«Acqua pubblica. Che fine ha fatto e quando ritorna?». È questo il titolo dell’evento che si terrà l’11 aprile all’auditorium del museo Revoltella a cui parteciperanno, tra gli altri, il presidente di Acqua Bene Comune Maurizio Montalto, il docente di diritto amministrativo Giulia Millo e il direttore della Consulta d’ambito per il servizio idrico integrato orientale triestino Fabio Cella. Introdurrà Lino Santoro. Modererà Simonetta Lorigliola. L’iniziativa sarà presentata domani alle 11, al Caffè San Marco, dal Comitato consultivo degli utenti e dalla Legambiente Trieste.

 

 

REFERENDUM - Stop Ttip Italia in campo contro le trivelle

Il Comitato Stop Ttip Trieste ha spiegato ieri, al Caffè San Marco, le ragioni del “sì” al referendum del 17 aprile contro le trivellazioni nel mare Adriatico. E l’ha fatto, presente Elena Mazzoni del coordinamento nazionale, invitando i triestini ad andare a votare e votare sì per fermare le trivelle e per cambiare strada riguardo all’energia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 aprile 2016

 

 

Il laminatoio di Servola prende forma

Al via tra un mese il reparto di ricottura, il primo ad entrare in funzione. Arrivato dall’Ilva il nuovo responsabile di produzione
Incombono le elezioni comunali e si avvicinano quelli che gli stessi rappresentanti dei lavoratori considerano i veri test di verifica sull’efficienza dell’impianto di aspirazione della cokeria dopo la sua entrata in funzione a pieno regime e la conclusione della fase di prova e sull’abbattimento della rumorosità, ma dall’interno alla Ferriera di Servola tutto sembra procedere regolarmente anche se con qualche leggero ritardo rispetto alla tabella di marcia prevista. Il capannone dell’ex acciaieria è stato ristrutturato e altri due sono stati innalzati: è questo il fulcro del nuovo laminatoio a freddo (ma sarà comunque dotato di forni) che si estenderà su un’area di 60mila metri quadrati. Si sta completando lo svuotamento dei 257 container che, sparsi sui piazzali, contenevano impianti e macchinari della nuova struttura. «Tra un mese - spiega Cristian Prella, rappresentante di fabbrica oltre che segretario provinciale del sindacato autonomo Failms - comicerà a entrare in funzione il primo reparto del laminatoio che è quello di ricottura. Sono comunque previste 85 giornate di rodaggio con uomini e produzione estremamente ridotti. Poi, a step successivi, si procederà così con gli altri reparti fino ad attivarli tutti entro tre mesi per iniziare a propria volta le varie fasi di rodaggio. In sostanza tra sei mesi il laminatoio di Servola funzionerà a regime». Il laminatoio costituisce la parte più ingente del maxiinvestimento del Gruppo Arvedi per Trieste: per la precisione, in base al Piano industriale, 111 milioni e 400mila euro su un totale di 187 milioni. «Produrremo acciaio per motori elettrici e per trasformatori, ci rivolgeremo soprattutto al mercato dell’auto», aveva annunciato il cavalier Giovanni Arvedi. «Un prodotto di questo genere - aveva aggiunto - si faceva a Terni, poi quando i tedeschi della Krupp acquistarono lo stabilimento umbro, trasferirono in Germania questa produzione che oggi qui non esiste più: saremo noi a riportarla in Italia grazie a Trieste». «Qui a Servola - ha recentemente spiegato Andrea Landini, amministratore delegato di Siderurgica Triestina - saranno rilaminati i coils, cioé i rotoli, prodotti a Cremona. In sostanza le lamiere di acciai speciali saranno rese ancora più sottili per trovare poi applicazione nei settori dell’automotive e degli elettrodomestici». Le 300mila tonnellate che avrebbero dovuto venir prodotte entro il 2016, dati i ritardi saranno molto inferiori, mentre a regime si prevede di produrre un milione di tonnellate. Il Piano prevede anche 230 addetti per le linee di produzione, 50 per la manutenzione e 60 alle funzioni di programmazione per un totale di 340 dipendenti che potranno aggiungersi ai 415 attuali, se il ciclo a caldo sarà mantenuto, per portare l’occupazione complessiva a 730 persone. La prima tranche dovrebbe comunque comportare l’assunzione di 70 operai e 20 tecnici che però non è stata ancora annunciata. Frattanto lo stabilimento ha anche un nuovo responsabile di produzione, una sorta di direttore generale che è l’ingegner Vincenzo Dimastromatteo proveniente dalle acciaierie Ilva di Taranto e che subentra a Giuseppe Pasotti passato ad altre funzioni. Per martedì 13 e mercoledì 14 sono fissati i confronti tra rsu e azienda sul contratto integrativo che dovrebbero essere quelli decisivi. «La trattativa verte in particolare sul premio di risultato - spiega Umberto Salvaneschi, rsu e segretario di Fim-Cisl - che dovrebbe prevedere 600 euro lordi il primo anno, 1.200 il secondo e 1.800 il terzo e il welfare con possibilità da parte dei dipendenti di accedere a una serie di prestazioni sanitarie». Frattanto con contratto di un anno a Sider Logistic, ditta del Gruppo Arvedi, è stato esternalizzato il settore delle spedizioni ferroviarie, il che fa stare con le antenne dritte i rappresentanti dei lavoratori i quali temono che si tratti soltanto del primo caso. Si avvicina a grandi passi anche il 7 maggio, giornata in cui Arvedi ha annunciato l’open-day e che ben difficilmente potrà essere nuovamente rinviata. Per quella data probabilmente anche il sindaco Roberto Cosolini avrà maturato il suo giudizio definitivo sull’opportunità o meno della prosecuzione dell’area a caldo.

Silvio Maranzana

 

«Bavaglio all’aula sulla Ferriera» - Sossi e Prodani accusano il Pd di aver impedito prese di posizione su Aia e controlli
«Era una delle ultime occasioni che il Consiglio comunale aveva prima delle elezioni per prendere una posizione forte sulla Ferriera. E il Pd non ha voluto coglierla».

Il capogruppo di Sel e candidato di Sinistra per Trieste Marino Sossi e il deputato Aris Prodani condannano la scelta, fatta in Conferenza dei capigruppo, di negare l'urgenza alla mozione di Sossi sulla richiesta di proroga da parte di Siderurgica triestina. Nella mozione si sollecita la Regione a comunicare l'esito dell'istruttoria sulla richiesta di ritardo, riguardante l'installazione di impianti per attutire l'inquinamento acustico, primo paletto dell'Aia che in teoria doveva essere realizzato entro fine febbraio. Nei giorni scorsi l'ente regionale ha diffidato la Ferriera chiedendo di porre rimedio entro il 6 di aprile. «Una diffida ridicola - commenta Prodani - visto che fra una cosa e l'altra si arriverà al 15 aprile, ovvero la data della proroga richiesta da Siderurgica». L'altro punto della mozione chiede alla presidente della Regione di vigilare con fermezza sulle scadenze dell'Aia: «Visti i precedenti - dicono Sossi e Prodani - è il caso di essere severi, questa volta, sul cronoprogramma». I capigruppo, però, non l'hanno ritenuta urgente, rimandandola a ulteriori approfondimenti: «Ma cosa devono approfondire? - sbotta Sossi - La vicenda è chiarissima. Ancora una volta emerge la sudditanza della politica nei confronti dell'impresa». Impresa che «fa i suoi interessi - prosegue il candidato sindaco - mentre spetta alle istituzioni vigilare sull'interesse generale, in questo caso quello degli abitanti e dei lavoratori». Conclude Sossi: «Ci accusano di fare campagna elettorale su questo tema. Fino a prova contraria sono cinque anni che presento mozioni sulla Ferriera, ho sempre posto il problema». Chiosa Prodani: «Questa vicenda non sarebbe mai emersa senza il nostro intervento, grave che il Consiglio non abbia modo di esprimersi».

Giovanni Tomasin

 

 

GLI APPUNTAMENTI

 

 

Ambiente - Incontro pubblico dedicato all’acqua

Martedì alle 11 al Caffè verrà presentato l’incontro intitolato “Acqua pubblica: che fine ha fatto?”, in programma il prossimo 11 aprile. Alla presentazione interverranno Andrea Wehrenfennig (presidente Legambiente Trieste), Luciana Boschin (presidente Consulta Utenti –CATO-) e Roberto Valerio (editore della rivista Konrad).

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 2 aprile 2016

 

 

Porto di Trieste, ok al piano regolatore - Svolta epocale: l’ultimo strumento risale al 1957. Via a un miliardo di investimenti. Serracchiani: «Progetto di respiro europeo»
TRIESTE - A sette anni dall’approvazione da parte del Comitato portuale avvenuta il 19 maggio 2009 sotto la presidenza di Claudio Boniciolli, il Piano regolatore del porto di Trieste ha ottenuto ieri il via libera da parte della Giunta regionale, ultimo atto previsto per la sua entrata in vigore.

Un evento epocale se si considera che il procedente strumento pianificatorio risaliva addirittura al 1957 e che da allora sono intervenute circa venticinque varianti. Il commissario straordinario dell’Authority Zeno D’Agostino era stato chiaro già subito dopo il suo insediamento, avvenuto a febbraio 2015: «Lo sblocco del Piano e la chiusura del procedimento di infrazione da parte dell’Ue (che bloccava le maxiconcessioni al Molo Settimo, alla Siot e alla Teseco), permetteranno investimenti per quasi un miliardo di euro». È caduto ora anche l’ultimo ostacolo. «Con il Piano regolatore in mano - ha aggiunto D’Agostino più recentemente - andremo a Shanghai dai cinesi e troveremo investitori forti». «Con l'approvazione del Piano regolatore del Porto di Trieste - ha commentato ieri la presidente della Regione Fvg Debora Serracchiani - si apre una prospettiva di respiro europeo per lo scalo triestino. È un momento storico per lo scalo, per Trieste e per la regione. Abbiamo messo il Porto e l’intero Friuli Venezia Giulia nelle condizioni di diventare quella piattaforma logistica cui da tempo stiamo lavorando. Infatti - ha aggiunto la governatrice - il Piano individua un assetto di lungo periodo per l'intera area portuale, con uno scenario di sviluppo che abbraccia i prossimi 20-25 anni, valorizzando al massimo le potenzialità naturali e storiche dello scalo, sia per la sua posizione geografica strategica che per la disponibilità di aree adeguate per la movimentazione e lo stoccaggio delle merci». Il Piano regolatore sblocca la possibilità di procedere con tutti gli stralci di ampliamento del Molo Settimo per i quali il proprietario di Tmt Pierluigi Maneschi ha già pianificato un maxi-investimento di 188 milioni di euro tra infrastrutture ed equipment. Al termine, sul lato Sud della banchina che verrà allungata e allargata, potranno essere ospitate contemporaneamente due navi di ultima generazione. Ma il nuovo Piano permetterà anche un'operazione di tombamento tra i Moli Quinto e Sesto con la creazione di un nuovo terminal multipurpose e l'allungamento del Molo Bersaglieri della Stazione marittima per permettere l'ancoraggio in sicurezza della maxinavi da crociera. Sul versante Sud del porto, crisi Teseco permettendo, via libera al nuovo terminal traghetti all'ex Aquila progettato con un investimento di 90 milioni di euro. L’operazione a più lungo termine, la realizzazione del Molo Ottavo che si staglierà dalla Piattaforma logistica della quale un paio di mesi fa sono partiti i lavori del primo lotto. Il Piano aveva ottenuto il parere positivo del Consiglio superiore dei Lavori pubblici il 21 maggio 2010 e quello dei Ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali il 7 agosto 2015 restando in sonno negli anni intermedi più o meno corrispondenti alla presidenza Monassi. Il Prp si accompagna alle novità che stanno per essere introdotte dalla Riforma nazionale dei porti. «Per cui - conclude la presidente Serracchiani - l'intento che ci siamo prefissati, ovvero di mettere in forte sinergia il Porto di Trieste con quelli di Monfalcone e di Porto Nogaro, sta iniziando a concretizzarsi: stanno arrivando gli strumenti per aggiungere l’obiettivo».

Silvio Maranzana

 

D’Agostino: pronti ad attrarre investimenti - Il commissario dell’Autorità portuale al Festival Città Impresa: «Dialogo con le imprese del Nordest»
VICENZA «Da oggi abbiamo aperto un dialogo con le imprese del Nord-Est e ci fa piacere annunciare qui che stamattina è stato approvato dalla Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia il Piano regolatore del porto di Trieste. L’ultimo risaliva al 1957.

Finalmente lo scalo potrà disporre di un piano di sviluppo in grado di definire l’espansione e la razionalizzazione delle aree di quello che sarà il porto di domani. Il porto commerciale e industriale su cui attrarre nuovi investimenti. Ora possiamo fornire garanzie vere agli imprenditori». Non poteva non partire dal Piano regolatore la relazione che il commissario dell’Autorità portuale di Trieste Zeno D’Agostino ha fatto nell’ambito della tavola rotonda sul tema “Trieste, un porto per l’industria del Nordest. Servizi intermodali e regime di punto franco: quali opportunità per le imprese?” che si è svolta oggi a Vicenza presso la Fondazione Zoé. Dopo le recenti presentazioni a Pordenone e Udine, lo scalo triestino ha avviato un nuovo dialogo con il Nord-Est, utilizzando la cornice del Festival vicentino, la più adatta per parlare dei rapporti tra territorio, economia, portualità e logistica. D’Agostino si è poi riferito anche al via libera alla legge di riforma sui porti arrivato dalla Conferenza Stato-Regioni e ha sottolineato come la riforma Delrio presenti punti importanti, fra cui la «rivoluzione delle governance del porto», con lo snellimento del Comitato portuale, e, nel caso di Trieste, «l'entrata nell'Autorità portuale di Monfalcone». «Questo oggi mi consente - ha affermato - di offrire tutta una serie di servizi, di spazi e di specializzazioni, comprese cose che prima non avevo, come ad esempio una miglior razionalizzazione dei ro-ro, grazie a cui riusciremo a non farci scappare qualche traffico prezioso». Hanno poi preso la parola Fabrizio Zerbini, presidente Trieste Marine Terminal, Francesco Parisi, presidente Parisi Casa di Spedizioni; Paolo Nassimbeni, Logistic manager di Samer & Co. shipping, Manuel Scortegagna, amministratore unico Scortrans e Roberto Tosetto, direttore Interporto Padova. Moderatore Alessandro Zuin, giornalista del Corriere del Veneto. Oggi al Festival Città impresa di Vicenza il sindaco di Trieste Roberto Cosolini parteciperà a una tavola rotonda con i sindaci di alcune città del Nord su “Marketing del territorio per attrarre gli investimenti”. Cosolini illustrerà la grande opportunità rappresentata dal recupero del Porto Vecchio. Il Festival per tre giorni ospita in veste di relatori protagonisti dell'economia, delle istituzioni e della cultura. Tra gli altri, i ministri Martina, Madia e Poletti, Enrico Mentana, il direttore de “Il Piccolo” Paolo Possamai, Ilvo Diamanti, Tito Boeri, Carlo Cracco e Oscar Farinetti.

(s.m.)

 

 

Operazione torrenti puliti a San Dorligo - Il Comune ringrazia la squadra che ha concluso i lavori facendo riemergere antichi lavatoi e ponti
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Un antico lavatoio in pietra costruito nell’Ottocento. E un ponte realizzato lungo il sentiero che, da secoli, sale da San Dorligo della Valle a San Servolo e che, nel corso dell’ultima guerra, rappresentava la via di fuga degli abitanti del posto per raggiungere i costoni di roccia sovrastanti. Sono solo alcuni dei gioielli storici riemersi grazie al lavoro di una quindicina di addetti della sezione Difesa del suolo della Regione, guidata da Giorgio Pocecco, nel territorio comunale di San Dorligo della Valle.

L’incarico, che prevedeva la pulizia degli alvei dei corsi d’acqua ed è stato appena completato, ha visto la squadra di specialisti operare tutto l’iterno. «Sono operatori molto esperti - ha spiegato Pocecco - che solitamente lavorano sui corsi d’acqua della Carnia. Nei mesi invernali, quando il ghiaccio impedisce gli interventi ad alta quota, sono impegnati nelle località della costa e per il quarto anno sono venuti a San Dorligo della Valle». Dove non si sono limitati a pulire i corsi d’acqua, recuperando rifiuti di ogni tipo, come pneumatici o contenitori di plastica, ma hanno contribuito a riportare alla luce autentici reperti storici. «Rivedere ciò che costruirono qui i nostri nonni e bisnonni e quanti vissero in queste zone secoli fa - ha detto il sindaco Sandy Klun - è per noi un risultato molto importante, perché arricchisce il territorio di spunti turistici e naturalistici. Di questo ringraziamo la Regione che si sobbarca l’onere di questo lavoro, per la nostra amministrazione altrimenti impossibile da portare a termine». Alla breve cerimonia, allestita in località Zgurenc, dove sono stati fatti i lavori più significativi, ma altri sono stati eseguiti a Bagnoli della Rosandra, Sant’Antonio in Bosco, Mattonaia, sul torrente Rosandra e sul Rio Ospo, sono stati invitati anche i presidenti delle locali Comunelle. Accanto al sindaco, l’assessore Franco Crevatin e il presidente della Commissione Ambiente, Roberto Potocco. «Oggi - ha sottolineato Crevatin - siamo felici di ridare a tutti la possibilità di vedere i corsi d’acqua puliti e di ammirare manufatti secolari, ma l’occasione è valida anche per richiamare tutti a una maggiore autodisciplina. Gettare oggetti di vario tipo nei corsi d’acqua significa creare i presupposti per barriere artificiali e di conseguenza danni per tutto l’ambiente».

Ugo Salvini

 

 

Energie rinnovabili in mostra alla Rodari - Al via nella scuola di Poggi Sant’Anna la rassegna scientifica itinerante dedicata alle fonti alternative
È arrivata a Trieste “EnergEticamente”, la rassegna scientifica itinerante dedicata alle fonti di energia rinnovabili. A ospitarla, fino al 13 aprile, sarà la scuola primaria Rodari di via Pagano, nel rione di Poggi Sant’Anna, che fa parte dell’Istituto comprensivo Valmaura. La rassegna sarà aperta al pubblico sabato prossimo, dalle 9 alle 12.

Nelle restanti giornate infrasettimanali, potrà invece essere visitata in orario scolastico e su prenotazione (tel. 040816362), in particolare nel caso di gruppi numerosi provenienti da altre scuole della Provincia. Chi andrà a vedere “EnergEticamente”, rassegna ideata e realizzata dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Friuli Venezia Giulia (Arpa), con il coordinamento del Laboratorio regionale di Educazione ambientale LaREA e del suo responsabile, Daniele della Toffola, potrà osservare svariati esperimenti già molto apprezzati in diverse città d’Italia. Per l’arrivo di “EnergeTicamente”, i 120 scolari della Rodari hanno allestito un breve ma significativo spettacolo, con tanto di canti e musiche, tutti dedicati al sole, alla natura, alla necessità di rispettare l’ambiente. Con queste premesse, l’arrivo nella scuola del sindaco, Roberto Cosolini e dell’assessore Antonella Grim, accolti dal dirigente scolastico Mauro Maistro Dellore e dal corpo docente, si è trasformato in una piccola festa, che ha preceduto l’inaugurazione vera e propria della mostra, poi illustrata dai bambini delle classi 4.a e 5.a. Gli alunni hanno spiegato a Cosolini e Grim tematiche come l’effetto serra, l’energia elettrica, il risparmio energetico e nuove fonti rinnovabili e alternative, con la messa in funzione di semplici ma efficaci esperimenti, che permettono di osservare e comprendere fenomeni naturali della vita di ogni giorno, dalla lampadina di casa al pannello fotovoltaico. Alcune prove, alimentate a energia solare, completano il percorso nel cortile dell’istituto, mentre altri laboratori richiedono il diretto coinvolgimento del visitatore. Ad esempio, si può pedalare su una cyclette per accendere una radio e far bollire dell’acqua, oppure si può provare l’effetto serra sulla propria pelle, entrando per qualche minuto in un grande igloo. Il progetto è sostenuto dal Comune, che si farà carico del trasporto dei materiali dalla scuola Rodari alla prossima destinazione. La Rodari è stata la prima scuola triestina a credere nell’utilità e nella rilevanza dell’evento.

(u.s.)

 

 

Sociale - Servizio civile volontario - scadenza al 20 aprile

Il Comune di Trieste, per i giovani dai 18 ai 28 anni, informa che c'è tempo fino al 20 aprile per presentare la domanda per prestare il Servizio Civile Volontario. Il servizio sarà svolto nell'ambito dei progetti "Familiar-mente” e “Grigio chiaro”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 1 aprile 2016

 

 

DUINO AURISINA - Divieti sulle falesie - La ricetta dei climber
Piena condivisione con il provvedimento che sancisce il divieto di arrampicata sulle Placche di Duino. Una esplicita richiesta di modifica invece per quanto concerne quello che sancisce uguale proibizione sulle pareti di roccia che insistono su Sistiana.

Questa la posizione, ufficializzata con un documento unitario, di numerose associazioni locali che si occupano di arrampicate, e più precisamente le Sezioni Cai, la XXX Ottobre, la Società Alpina delle Giulie, l’Associazione alpina slovena di Trieste, Monfalcone, l’associazione Gravità Zero, la Scuola isontina di alpinismo, sull’oramai noto tema dell’utilizzo delle Falesie. «Riteniamo necessario precisare la nostra posizione – scrive Tullio Ranni, presidente della XXX Ottobre, a nome di tutti - dopo l’approvazione del Regolamento della Riserva naturale delle Falesie di Duino, che riguarda l’arrampicata sportiva all’interno della Riserva stessa, nato per tutelare la biodiversità, con particolare attenzione all’avifauna. Il Comune – ricorda Ranni - ha sottoposto all’approvazione della Regione il regolamento, che disciplina le attività e gli accessi, cercando di far convivere le ragioni giustamente preponderanti della protezione ambientale e quelle di una ragionata fruizione dell’area. Il Comune ha anche allegato una planimetria, che riporta le due limitate e periferiche zone, cioè le Placche di Duino e Sistiana-Caravella, in cui è possibile, in deroga, praticare l’arrampicata sportiva». «La Regione- continua Ranni - ha approvato il Regolamento così come proposto, ma con una planimetria inspiegabilmente modificata, che esclude le pareti di Sistiana. Per le Placche di Duino, parete poco frequentata fra l’altro – spiega il presidente della XXX Ottobre – i nostri sodalizi sono i primi a voler evitare disturbi. Condividiamo perciò le ragioni della recente ordinanza che sospende la possibilità di arrampicare in quest’area fino al 30 giugno. La questione riguardante l’area di Sistiana è invece di segno opposto – sottolinea Ranni – in quanto risulta arduo capire le ragioni che hanno portato la Regione a sancire un divieto permanente a priori. Le nostre associazioni, pertanto, auspicano che l’Ente gestore – conclude Ranni - si adoperi per la correzione». (u. s.)

 

 

Sulle trivelle un “falso” referendum: Renzi fa ciò che vuole - la lettera del giorno di Guido Naguzzi

Non ho ancora deciso se andare a votare per il referendum che erroneamente viene chiamato pro o contro trivelle. Non si decide sulle nuove trivellazioni ma sul diritto di sfruttare le concessioni a tempo indeterminato o meno. Una sorta di job act sugli idrocarburi: cocopro o tempo indeterminato.

Prima di mettermi a cercare la scheda voglio però capire una cosa ben precisa. Mi piacerebbe sapere quali saranno le contromisure che il Palazzo prenderà nel caso il risultato non dovesse risultare conforme a quello che fa comodo alle sette sorelle, alla finanza, ai poteri forti. La storia dei referendum traditi è lunga e troppe consultazioni si sono risolte con un nulla di fatto e con il ripristino dello status quo che garantisce privilegi e agi ai soliti noti. Finanziamento pubblico ai partiti, responsabilità dei magistrati, Ministero dell’ agricoltura chiuso e riaperto sotto altro nome. Per non parlare di quelli travisati come i tre sul nucleare che hanno portato alla chiusure delle centrali sul territorio italiano, opzione del tutto assente dai testi referendari dell'epoca. Aspetto una buona ragione per andare a votare, che non sia la solita retorica legata a questa pseudo-democrazia.

 

Ambiente - Interrogazione di Prodani sulla Ferriera di Servola

Nuova interrogazione di Aris Prodani sulla Ferriera. Il parlamentare del Gruppo misto chiede «come il governo giudichi le indicazioni fornite ai residenti dalla VII Circoscrizione in merito alle precauzioni da adottare nella pulizia domestica e se le consideri compatibili con lo stato di benessere fisico, mentale e sociale che dovrebbe essere garantito ai cittadini».

 

 

GLI APPUNTAMENTI

 

 

Patrimonio pubblico - Torna il ciclo “Orti e verde urbano”

Oggi pomeriggio dalle 17.30 alle 19, nella sala Arac del giardino pubblico “De Tommasini” si terrà il secondo appuntamento del nuovo ciclo di incontri del percorso di formazione “Orti e verde urbano”. L’appuntamento, a ingresso gratuito, verterà sul tema “La cura e la sicurezza del patrimonio arboreo pubblico” e vedrà l’intervento di Francesco Panepinto. Introduce Tiziana Cimolino. Il prossimo incontro, in programma venerdì 8 aprile, sarà su “Dagli orti a Km. 0, a quelli a impatto 0 ... o quasi”. Info http://urbiethorti.wordpress.com o sul profilo Facebook orticomunitrieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 31 marzo 2016

 

 

Calano le api, allarme ciliegi sul Carso - Gli esperti sloveni denunciano la riduzione degli alberi da frutto. Il problema sarà al centro dell’assemblea di lunedì
DUINO AURISINA - È “allarme api” sul Carso triestino. A lanciarlo è Daniel Novak, presidente del Circolo apicoltori sloveni di Trieste.

«Stiamo assistendo – spiega – a un netto calo della presenza numerica delle api sul nostro territorio, a causa del progressivo inquinamento dell’atmosfera e dell’ambiente. Tutto questo provoca pesanti conseguenze sulla crescita degli alberi da frutto, in particolare dei ciliegi – aggiunge – perché la riduzione della quantità di api provoca, in proporzione, una diminuzione del fenomeno dell’impollinazione, fondamentale per la conservazione degli attuali livelli di crescita». Tutti sanno che le api producono il miele e la cera. Meno noto invece è che le api, attraverso l’impollinazione cosiddetta incrociata, concorrono alla formazione dei semi e dei frutti delle piante. Non a caso, le api sono definite “le ali dell’agricoltura” e ci sono molti studi che dimostrano il decisivo ruolo delle api e di tutti gli insetti pronubi nell’impollinazione delle piante coltivate dall’uomo. In Italia si calcola che annualmente l’apporto economico di tale attività al comparto agricolo sia di circa 1.600 milioni di euro, con un contributo da parte di ogni singolo alveare di circa 1.240 euro. Ecco perché tutti gli iscritti al Circolo, all’incirca un’ottantina di apicoltori, per lo più piccole imprese individuali, sono preoccupati. «Se il fenomeno della diminuzione della presenza di api dovesse accentuarsi – riprende Novak – si interromperebbe il ciclo naturale dell’impollinazione, con danni per l’intero comparto». «Ritengo che la preoccupazione dovrebbe riguardare tutti gli agricoltori del nostro territorio e non solo gli apicoltori – afferma Maurizio Rozza, consigliere comunale a Duino Aurisina e riconosciuto esperto in materia – perché per motivi professionali sono costantemente in giro sull’altipiano e sto riscontrando il netto calo della presenza di impollinatori. Un fattore di cui bisognerebbe tener conto – continua Rozza – è il massiccio uso di glyphosate, un diserbante utilizzato ai margini delle strade e delle autostrade. Evidentemente la presenza di questo erbicida totale sta modificando equilibri molto importanti». Il naturalista Fabio Perco ricorda che «esistono anche altri impollinatori non domestici, ma di certo il problema esiste». Lunedì prossimo è in programma l’assemblea annuale degli apicoltori sloveni e con ogni probabilità ci sarà l’occasione per affrontare il tema. «A livello internazionale – spiega Novak – gli apicoltori di tutto il mondo hanno chiesto all’Onu di scegliere, come Giornata mondiale delle api, il 20 maggio, data di nascita di Anton Jansa, uno dei precursori dell'apicoltura razionale. Se la richiesta – conclude il presidente degli apicoltori sloveni - sarà accolta, forse si potrà finalmente affrontare meglio l’argomento e le problematiche connesse alla crisi del nostro settore».

Ugo Salvini

 

 

Approvato il nuovo “governo” dell’acqua - Il Consiglio vota la legge di riordino che istituisce un’Authority unica regionale tra le proteste e i presidi di M5S e parte di Sel

IL FRONTE DEL SI' - L’assessore assicura che il referendum non verrà calpestato e che il nuovo sistema garantirà un servizio più efficiente
‘IL FRONTE DEL NO - Gli oppositori accusano la maggioranza di spianare la strada a una gestione privata. Ncd si schiera a favore e Forza Italia si astiene

TRIESTE È stata approvata ieri la legge regionale di riordino del servizio idrico integrato e della gestione dei rifiuti. Scontato il voto favorevole del centrosinistra e quello contrario del M5s, autore di 166 emendamenti che hanno allungato di molto la discussione. Meno scontato l’appoggio convinto di Ncd e l’astensione di Fi, Ar e Stefano Pustetto di Sel. Una parte di Sel si ritrova non a caso sotto la Regione assieme ai grillini, per protestare contro la norma che affiderà il governo dell’acqua e dei rifiuti a un’authority unica. Scopo della maggioranza è ridurre la frammentazione di un sistema basato oggi su cinque autorità territoriali dell’acqua, mancante di un’autorità per i rifiuti e polverizzato fra molte gestioni. Il fine è concentrare, per garantire la bancabilità degli interventi necessari per migliorare un sistema di depurazione insufficiente e oggetto di procedure di infrazione europea, tamponare la dispersione idrica, colmare il gap infrastrutturale della montagna. Il governo del sistema, basato appunto sull’autorità unica (Ausir), avrà un doppio livello di rappresentanza: da una parte un’assemblea regionale, composta da un membro per ciascuna Uti, che elaborerà il piano d’ambito, delibererà sull’affidamento della gestione e predisporrà la tariffa di base. Dall’altra, quattro assemblee provinciali, dove siederanno i sindaci del territorio, che daranno pareri vincolanti su programmazione, possibili fusioni interprovinciali, investimenti e tariffe. Per l’assessore Sara Vito, «si produrrà così un governo efficace dell’acqua e dei rifiuti, che metterà al centro i sindaci». Ma l’attenzione della giornata è tutta sul ciclo idrico e Vito rassicura: «Mettiamo al centro il pubblico e non calpestiamo il referendum del 2011». Il primo firmatario della legge, Vittorino Boem (Pd), è d’accordo: «Si insinuano mistificazioni e paure ingiustificate. L’acqua bene pubblico non è in discussione, le scelte strategiche spetteranno ai sindaci e non alle società di gestione». Non sembra pensarla così il presidio, per la verità sparuto, raccolto sotto il palazzo da Paolo Menis (M5s) e Marino Sossi (Sel): entrambi criticano una misura che punta a ridurre a una per provincia le società di gestione, pubbliche o quotate in borsa che siano. Menis parla di «legge schifezza fatta per il gruppo Hera: prevedo l’affidamento a un gestore unico regionale, che poi appalterà i servizi sui singoli territori, con l’effetto di far saltare la gestione pubblica in alcune zone del Friuli Venezia Giulia». Sossi ritiene che «il centrosinistra avrebbe dovuto fare come in Lazio, stanziando fondi per sostenere il ritorno dei Comuni alle gestioni pubbliche, invece di mantenere privatizzazioni disastrose, come a Trieste». La polemica in casa Sel si riverbera in Consiglio. L’astenuto Pustetto attacca le scelte del Pd a livello nazionale e teme «il rischio di un sistema regionale unico, che verrà poi esternalizzato al privato». Dal canto suo, il capogruppo di Sel, Giulio Lauri, opta per ritirare l’emendamento suggerito da Pustetto, per incentivare l’affidamento dei servizi a società pubbliche. Per Lauri, «sarebbe impugnato dal governo. La legge definisce l’acqua "bene comune", rafforzandone la gestione pubblica. Sfido chi protesta a indicarci in che articoli si prevedono gestioni private». Un punto che trova favori nel centrodestra. Alessandro Colautti (Ncd) parla di «norma necessaria, per superare la frammentazione. Gli attacchi strumentali su inesistenti rischi di privatizzazione sono ideologici ed emotivi». Concorda Riccardo Riccardi, che spiega l’astensione di Fi con la volontà di «rispondere a chi fa finta che nella legge si parli di privatizzazioni, quando si cerca invece di garantire, magari male, gli investimenti dei Comuni. Al M5s auguro di governare: capirà quanto sono teoriche le lezioni che ci fa». Ma i grillini non mollano: «La legge getta le basi per consentire ai grandi gestori privati di speculare sull’acqua pubblica: i cittadini dovranno affrontare bollette sempre più care».

Diego D’Amelio

 

Il Pd contesta la «guerra ideologica» grillina

«Acqua ed energia sono cose serie: noi lavoriamo per migliorarne al massimo la gestione in Friuli Venezia Giulia, mentre il M5S fa solo battaglie ideologiche».

Lo afferma la segretaria regionale del Pd Antonella Grim, in merito alla legge regionale “Organizzazione delle funzioni relative al servizio idrico integrato e al servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani”, rispondendo agli attacchi dell’opposizione. «Qui nessuno vuole privatizzare l’acqua, che è un bene pubblico prezioso da tutelare al massimo. Anzi, è proprio per salvaguardare questa ricchezza comune e per gestirla al meglio, senza sprechi, che abbiamo lavorato a questa norma. Una legge – assicura la segretaria regionale del Pd – che consentirà una gestione più efficiente, più semplice, più razionale e meno costosa dell’acqua nella nostra regione, mettendo al centro i sindaci e offrendo servizi migliori ai cittadini». Insomma, conclude Grim, «la battaglia portata avanti da una parte dell’opposizione, in particolare il M5S è puramente ideologica. Sull’acqua, come sulle trivelle nel mare Adriatico, bisogna smetterla di vivere solo di belle parole e fantasie, individuando strumenti concreti di governo che coniughino tutela ambientale e sviluppo».

 

Le bollette più care si pagano a Trieste - Nel 2015 spesa di 398 euro contro i 304 del Friuli Venezia Giulia. Nel capoluogo anche record di sprechi
L’acqua più cara della Regione? È quella che esce dai rubinetti di Trieste, con una spesa media per famiglia che nel 2015 è stata di ben 398 euro, quasi cento euro in più della media regionale (304 euro), e superiore anche alla media nazionale, pari a 376 euro.

A regalare, per l’undicesimo anno consecutivo, la fotografia dei costi sostenuti dai cittadini per il servizio idrico integrato nel corso del 2015 è l’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva. In generale, nel Friuli Venezia Giulia il costo dell’acqua è aumentato del 7,3 per cento in un anno: dai 283 euro del 2014 si è passati ai 304 euro del 2015. Notevoli, come detto, le differenze tra i singoli capoluoghi di provincia: si va dai 398 euro di Trieste (nel 2014 erano 368) ai 225 di Udine (erano 207), passando per i 315 di Gorizia (contro i 291 di un anno fa)e i 276 di Pordenone (erano 265). E a Trieste tocca anche il primato regionale negativo di dispersione idrica: ben il 45% dell’acqua immessa nelle tubature va sprecata, contro il 10% di quella di Udine. Nel mezzo, ancora una volta, ci sono Pordenone e Gorizia, dove le reti colabrodo hanno portato, rispettivamente, allo spreco del 12% e del 37% dell’acqua nelle condutture, portando così la media regionale al 26%. Dando uno sguardo al quadro nazionale, le regioni del Centro Italia si caratterizzano per le tariffe più alte - con ben 511 di spesa annuale sostenuta in media dalle famiglie - e il maggior incremento rispetto al 2014 (la spesa, qui, era di “soli” 468 euro, con un balzo, quindi, del 9,2%). Seguono le Regioni dell’Italia settentrionale (+5,1%) e quelle meridionali (+3,2%). A livello regionale, le tariffe più elevate si riscontrano nell’ordine in Toscana, Marche, Umbria, Emilia Romagna e Puglia. Fra i capoluoghi di provincia, le città più care si confermano essere le toscane: Grosseto e Siena con 663 euro prendono il posto occupato nel 2014 da Firenze, seguono Livorno (628 euro), Pisa (621 euro), Carrara (609 euro). Isernia si conferma come città meno cara (117 euro, erano 120 nell’anno precedente); segue Milano con i suoi 140 euro (in aumento del 3%). L’intero dossier è consultabile sul sito www.cittadinanzattiva.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 marzo 2016

 

 

«Fermiamo le trivelle. Serracchiani sbaglia» - Il Comitato “Vota sì” invita i cittadini alle urne e denuncia il boicottaggio del referendum del 17 aprile
TRIESTE - Il comitato “Vota Sì per fermare le trivelle”, costituitosi anche in Friuli Venezia Giulia, si fa sentire al fine di informare i cittadini sul perché il 17 aprile rappresenti una data importante.

Molto importante. In quella data, infatti, tutti gli italiani sono chiamati a votare il referendum che punta ad abrogare la norma introdotta dalla legge di Stabilità a fine 2015 che proroga senza limiti di tempo le concessioni rilasciate alle società petrolifere per la ricerca e l’estrazione di petrolio e gas in mare entro le 12 miglia dalle coste della penisola. Il comitato “Vota sì”, nel corso dell’appuntamento organizzato ieri mattina al Caffè San Marco di Trieste, si sofferma sugli effetti ambientali ma anche economici in ballo il 17 aprile. «L’utilizzo degli idrocarburi - ha avvertito Carlo Franzosini, biologo dell’Area marina protetta di Miramare, che aderisce al comitato - produce impatti negativi non solo sugli organismi marini ma anche sugli esseri umani attraverso la catena alimentare. I tre quarti dei sedimenti raccolti sui fondali vicino alle trivelle mostrano i livelli d’inquinamento da metalli pesanti e da idrocarburi policiclici, alcuni cancerogeni, ben superiori ai limiti previsti dalle norme europee». A negare fermamente una serie di affermazioni di diversi esponenti istituzionali contrari al referendum ci hanno pensato tanto Franzosini quanto il coordinatore del comitato, Andrea Wehrenfennig: «I numeri paventati su una possibile disoccupazione non sono corrispondenti alla realtà perché quella di fermare le concessioni è una linea presa da tempo, quindi i posti di lavoro non vengono eliminati, ma limitati alla loro naturale scadenza». Non solo: i due esponenti del comitato evidenziano che le quantità di petrolio e gas estratte nel nostro territorio «sono marginali rispetto al fabbisogno degli italiani». «Il turismo, la pesca e la nautica - ha aggiunto Wehrenfennig - sono settori su cui puntare insieme al nuovo modello energetico mondiale dell’eolico e del fotovoltaico». Dello stesso avviso Paolo Menis (M5S): «Referendum obiettivamente monco, tuttavia è necessario andare a votare Sì: dobbiamo investire nelle energie rinnovabili e non più sul petrolio». Critiche anche contro il modo in cui si sta svolgendo la propaganda elettorale, «sotto controllo», e critiche alla presidente Debora Serracchiani per la sua annunciata astensione. Non è mancato un passaggio sul rigassificatore di Zaule: «Questa politica energetica, nonostante dieci anni di proteste, vuole imporcelo» ha denunciato Giorgio Jercog del Comitato salvaguardia del Golfo di Trieste, che aderisce al comitato contro le trivelle, come il Touring club italiano, presente ieri con il console Gabriella Cucchini. Tra i prossimi appuntamenti con i banchetti informativi ci sono piazza Hortis e Cavana il primo aprile e San Giacomo il 2 aprile, mentre il 3 si terrà al San Marco interverrà Elena Mazzoni del Comitato Stop Ttip.

Benedetta Moro

 

Renzi contro i no triv: «Il petrolio serve» - Speranza della minoranza Pd chiede al premier di non far fallire la consultazione. Bersani: «Io invece vado a votare»
ROMA  - Il 17 aprile si vota per un referendum abrogativo sulla legge ambientale che regola le trivellazioni in mare e nel Pd è bufera. - il sondaggio

La decisione di astensione come posizione ufficiale della segreteria dem non piace alla minoranza del partito che, con Roberto Speranza, lancia un ultimo avviso a Matteo Renzi. «Il primo partito del Paese al referendum di aprile invita ad andare al mare? Credo sia un errore grave» attacca l’esponente Pd, che rigetta l’indicazione del non voto e da appuntamento al premier-segretario alla prossima direzione nazionale del partito. «Porteremo il tema delle trivelle in direzione. Mancano 6 giorni e siamo ancora in tempo per cambiare rotta. Chiedo al Pd di ripensarci, di non scegliere l’astensione». Ma Renzi tira dritto ed anche ieri ha fatto capire che non intende cambiare posizione: «Dobbiamo ridurre la dipendenza dai fossili e le emissioni, come abbiamo fatto negli ultimi 25 anni. Ma il petrolio e il gas naturale serviranno ancora a lungo. Non sprecare ciò che abbiamo è il primo comandamento per tutti noi». E Ancora: «Le rinnovabili vedono l’Italia tra i leader mondiali e ne siamo orgogliosi. Ma dobbiamo anche avere la consapevolezza che un mondo che va avanti solo a rinnovabili per il momento è solo un sogno». Scende in campo anche Pier Luigi Bersani che, polemicamente, non si schiera con la posizione della segreteria di partito: «Il 17 aprile vado a votare, ma non dico se voterò sì o no». Per l’ex segretario l’errore è stato spingere gli elettori a non andare alle urne, molto meglio sarebbe stato lasciare libertà di voto. Da oggi inizia il conto alla rovescia per il referendum che hanno voluto nove Regioni (sette di centrosinistra, 2 di centrodestra) e che il governo invita a boicottare. C’è da scegliere se le 21 piattaforme in mare, al largo ma entro le 12 miglia dalle nostre coste, possono continuare a tempo indeterminato a estrarre petrolio e gas metano finché ce n’è, oppure alla scadenza delle concessioni devono chiudere i battenti. Nel primo caso si vota “no”, nel secondo “sì”. Non si tratta quindi di decidere se abolire le trivellazioni, ma di stabilire quando devono finire. E su questo le associazioni ecologiste non fanno sconti. Il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini, spiega che il grande giacimento italiano da sfruttare è nei territori e nella valorizzazione di biogas e biometano prodotti da discariche e scarti agricoli: «Con il biometano si può produrre una quantità di gas quattro volte superiore a quella che si estrae dalle piattaforme entro le 12 miglia». Greenpeace accusa invece il governo di voler affossare le energie rinnovabili e se la prende con la «faccia tosta» di Renzi: «Nel 2012 in Italia erano entrati in esercizio quasi 150mila nuovi impianti fotovoltaici. Nel primo anno dell’era Renzi sono stati appena 722». Ad assicurare che quella del 17 aprile non sarà una «inutile» consultazione è anche il presidente di Wwf Italia, Dante Caserta, mentre Piero Lacorazza (Pd) si chiede: «Chi ha deciso l’astensione?». Il governatore della Toscana, Enrico Rossi, invita invece alla prudenza: «Se si deve chiudere tutto starei molto attento...».

Gabriele Rizzardi

 

 

La Fincantieri rilancia sul Porto vecchio - «Grande interesse per il processo in corso. Il refitting è in forte espansione»
E intanto chiede la concessione fino al 2049 per due bacini di carenaggio
Manovra a tenaglia sul porto di Trieste di Fincantieri che punta a sviluppare il business del refitting dagli yacht alle meganavi da crociera. Un intento, ribadito in qualche modo anche ieri, che apre nuove e più ampie prospettive di crescita dell’economia cittadina sul fronte marittimo. Il gruppo cantieristico leader a livello europeo e che a Trieste conserva la propria sede legale intende infatti mantenere e accrescere la propria attività nei bacini di carenaggio numero 3 e 4 dell’ex Arsenale di Trieste per i prossimi decenni. La richiesta, che recentemente ha ottenuto l’avvallo da parte del Comitato portuale, riguarda l’accorpamento delle due concessioni attualmente in scadenza e il loro accorpamento in un unico atto formale che avrà il termine dell’8 dicembre 2049. L’area in questione ha una superficie complessiva di 47.827 metri quadrati e nella richiesta si specifica che «lo scopo è di mantenere i due bacini di carenaggio e i relativi servizi per svolgere la propria attività di riparazione e trasformazione navale e permettere l’ammortamento degli investimenti previsti». La domanda è a disposizione fino al 13 aprile negli uffici del Settore Demanio dell’Autorità portuale oltre che affissa all’Albo del municipio per eventuali osservazioni o domande concorrenti che però ben difficilmente vi saranno. Il riconfermato interesse a gestire per altri 33 anni almeno i due principali bacini del Porto nuovo fa il paio però con la manifestazione d’interesse avanzata il 25 giugno 2014 per la creazione di un porto per megayacht nel bacino tra Molo Zero e Molo Primo in Porto vecchio. La richiesta per la precisione è stata avanzata per «i capannoni 24 e 25, Molo Zero e bacino compreso tra il Molo Zero e il Molo Primo e corpi annessi per la durata di anni 35 allo scopo di creare un porto per megayacht di rilevanti dimensioni fornito di tutti i servizi vari a supporto dei clienti (foresterie, alberghi, uffici e servizi) e dotato di infrastrutture per effettuare lavori di piccola manutenzione ai natanti». La società, interpellata ieri, non ha avuto esitazione nell’affermare di «continuare a guardare con estrema attenzione allo sviluppo del processo che sta interessando il Porto vecchio di Trieste per il quale una manifestazione di interesse è già stata presentata» e ha aggiunto che «il settore del rimessaggio e del refitting è in forte espansione e foriero di ulteriori sviluppi sia per quanto riguarda i megayacht che le navi da crociera». Fincantieri ha fatto anche intendere che sinergie a distanza estremamente ravvicinata potrebbe svilupparsi con i bacini di carenaggio del Porto nuovo dove negli ultimi anni sono stati fatti importanti lavori di ristrutturazione su navi da crociera. Nel 2013 il bacino numero 3 è stato impiegato dalla Fincantieri per la trasformazione della Carnival Destiny in Carnival Sunshine, che con un costo di oltre 155 milioni di dollari rappresenta il più grande restauro di sempre per una nave da crociera. Fincantieri dunque, come ha aggiunto ieri, «potrebbe proseguire nelle operazioni di riparazioni e trasformazioni navali spaziando dai semplici tagliandi per gli yacht fino agli interventi più incisivi e radicali». In questo senso il gruppo ha anche sottolineato di aver trovato «leale e proficua collaborazione nell’attuale gestione commissariale del porto di Trieste». Sempre ieri infatti sia il commissario Zeno D’Agostino che il segretario generale Mario Sommariva hanno sottolineato come in via propedeutica alla concessione fino al 2049 dei bacini di carenaggio a Fincantieri sia stato cassato un precedente atto di indirizzo voluto dall’Authority e che prevedeva in quell’area una darsena per i traghetti. «Un indirizzo doppiamente sbagliato - ha sottolineato ieri Sommariva - perché da un lato creava un doppione con il futuro terminal traghetti previsto all’ex Aquila e dall’altro castrava le attività di Fincantieri stessa». D’Agostino già nei mesi scorsi aveva definito quello di Fincantieri per Porto vecchio «un progetto importante e prezioso che di certo non finirà nel cestino». Ora certamente dovrà venir ripresentato quando verrà bandita la gara vera e propria e dovrà armonizzarsi con il progetto globale di riqualificazione dell’area venendo oltretutto a cadere tra la zona che rimarrà demaniale (i moli e il bacino) e quella che passerà al Comune, cioé i magazzini 24 e 25 dislocati su tre piani con superfici rispettivamente di 2.099 e 1.676 metri quadrati che stanno per essere sdemanializzati.

Silvio Maranzana

 

 

La Ferriera diventa una mostra fotografica - Venerdì l’inaugurazione del reportage di Erika Cei sulla vita di ogni giorno attorno all’impianto
“Ferriera”. Basta la parola. È il titolo della mostra che apre venerdì primo aprile (alle 19) a TheArtPhotoGallery di via Diaz 22/c, di fronte al museo Revoltella.

Non è un’iniziativa elettorale anche se la fotografa Erika Cei, attualmente disoccupata, è la capolista per caso di “Sì Sinistra per Trieste” che candida sindaco Marino Sossi e che si propone la riconversione dell’impianto siderurgico di Servola. «Il reportage nasce nell’ottobre dello scorso anno con la finalità di documentare le condizioni di vita delle persone che abitano nei quartieri di Servola e Valmaura, a stretto contatto, dunque, con la Ferriera, stabilimento siderurgico che iniziò a produrre ghisa nel lontano 1897 e che è tuttora in piena attività» spiega Erika Cei che tiene a precisare che si tratta di un’iniziativa autofinanziata in uno spazio privato. «I problemi connessi alla Ferriera sono stati una delle ragioni per cui ho deciso di impegnarmi politicamente nella lista civica Sì Sinistra per Trieste - spiega la fotografa -. È difficile descrivere con poche immagini la vita degli altri. È difficile soprattutto quando ci si trova di fronte a persone che sono malate o che soffrono per la perdita dei loro cari e, oltre a questo, si trovano a combattere quotidianamente, contro fumi, polveri, odori, rumori di ogni genere che rendono la loro vita difficile, per non dire al limite». La mostra, che resterà aperta fino al 16 aprile, è dedicata «a tutte queste persone, nella speranza che le loro storie non passino inosservate». Erika Cei, storica di formazione, appassionata da sempre di immagini, ha iniziato a interessarsi al reportage dopo un workshop con la fotografa Monika Bulaj. Autore dell’anno Fvg 2014-Fiaf con il lavoro “Accademia della follia - una commedia in tre atti”, si è occupata anche di Bosnia e, sempre nel 2014, ha pubblicato su “Osservatorio Balcani e Caucaso” un reportage sulle alluvioni che hanno devastato il Paese. Premiata da Workshop Foundry Photojournalism per “A time for gypsies”, un lavoro riguardante una famiglia Rom a Sarajevo, ha inoltre realizzato “E io ci metto la faccia”, 160 ritratti di persone nell’ambito dell’iniziativa “Salviamo la scritta La verità è rivoluzionaria” di Ugo Guarino all’ex Opp di Trieste. Attualmente, sempre in ambito fotografico, Erika Cei ha iniziato a lavorare sul progetto “Sua mare grega”, l’appellativo scherzoso e del tutto triestino, con cui James Joyce chiamava in triestino la sua opera più celebre, l’Ulisse.

(fa.do.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 marzo 2016

 

 

REFERENDUM - In campo contro le trivelle in Adriatico

Il titolo è inequivocabile: “La democrazia dei cittadini contro la codardia dei potenti”. E l’obiettivo è altrettanto chiaro: far vincere i “sì” al referendum abrogativo nazionale del 17 aprile contro le trivellazioni nel mare Adriatico. A scendere in campo, oggi alle 11, al Caffè San Marco, ci sarà il Comitato del Friuli Venezia Giulia per il “sì” che illustrerà le iniziative in programma, in vista del voto, a Trieste e nel resto della regione. Nel mirino «la scandalosa campagna di alcuni esponenti delle istituzioni volta a promuovere l’astensione dal voto nel tentativo di impedire il raggiungimento del quorum».
 

 

Consiglio - La nuova legge sull’acqua e sui rifiuti al rush finale
TRIESTE - Ha suscitato non poche polemiche e preoccupazioni, tanto che c’è chi ha già annunciato un presidio, mercoledì prossimo, sotto il Palazzo in difesa dell’acqua pubblica. Ma, a meno di ripensamenti, la nuova legge regionale sul servizio idrico integrato e sulla gestione integrata dei rifiuti sarà approvata domani durante una seduta d’aula “aggiuntiva”, decisa dalla conferenza dei capigruppo proprio per poter esaurire il “menù dei lavori” di marzo. La nuova legge, presentata dal centrosinistra, primo firmatario Vittorino Boem, prevede la creazione di un’authority unica per governare i servizi dei rifiuti e dell’acqua, attraverso un’assemblea di 18 rappresentanti delle Uti, che delibereranno su forme di attuazione e affidamento dei servizi, convenzioni e tariffe. Prevede anche un ambito territoriale regionale unico dei servizi idrici e punta a incentivare gli accorpamenti fra aziende. Uno degli obiettivi dichiarati, oltre alla riduzione degli sprechi d’acqua, è infatti quello di ridurre i gestori dei servizi a uno per provincia con la speranza di ulteriori più ampie fusioni: la Regione, non potendo imporre le aggregazioni al mercato, può soltanto incentivare le gestioni provinciali, affidando concessioni più lunghe alle aziende che si aggregheranno fra loro. La legge del centrosinistra prevede che l’authority unica inglobi anche i rifiuti giacché, nel caso del ciclo di raccolta, trasporto, trattamento, riciclaggio e smaltimento della spazzatura, l’ambito territoriale regionale unico esiste ma solo sulla carta. All’ordine del giorno di domani, comunque, c’è anche il rapporto 2014 sulla legislazione regionale, la proposta di legge sul sostegno alla natalità e, in chiusura, la mozione sul prezzo del latte. In settimana il Consiglio regionale sarà impegnato non solo con i lavori d’aula ma anche con le commissioni. Giovedì alle 10, in particolare, la terza commissione esprimerà il parere sul contestato protocollo d’intesa tra la Regione e le Università di Trieste e Udine sulle attività assistenziali.

 

DUINO AURISINA - Partono i nuovi incontri sulla raccolta dei rifiuti

Si terranno domani e giovedì i nuovi incontri rivolti alla cittadinanza con Isontina Ambiente sulle novità nella gestione dei rifiuti nel territorio di Duino Aurisina.

Il primo appuntamento si terrà domani alle 18 al Villaggio del Pescatore presso la sala parrocchiale. Giovedì il bis alle 18 alla media de Marchesetti a Borgo San Mauro e alle 20 nella sala dei cori a Duino.

 

 

San Dorligo della Valle fa partire l’iter per una variante al Piano regolatore

Il Comune di San Dorligo della Valle - Dolina avvia la procedura per arrivare ad una variante al piano regolatore vigente.

E lo fa, come spiega in una nota, per recepire alcune limitate modifiche della perimetrazione della zona omogenea B al fine di soddisfare le esigenze familiari dei cittadini, per ridurre le aree edificabili e il consumo del suolo in relazione anche alle richieste dei cittadini; per reperire nuove aree per servizi privati ad uso pubblico; per correggere alcuni errori materiali delle varianti precedenti; per coordinare le trasformazioni con gli altri strumenti pianificatori sovraordinati. Nell’ambito di tale processo il Comune (il sindaco Sandy Klun nella foto) annuncia di voler favorire la partecipazione e il coinvolgimento del territorio. E invita pertanto la cittadinanza, gli operatori economici, gli enti e le associazioni a inoltrare al Comune le proprie proposte di modifica entro il 31 maggio direttamente al protocollo del Comune (da lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 12.15; lunedì dalle ore 14.30 alle ore 16.45)ovvero tramite Pec a comune-obcina.sandorligodellavalle-dolina@certgov.fvg.it

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 marzo 2016

 

 

Horti assieme al Comune - Scatta il corso per contadini urbani
Parte il nuovo percorso di formazione aperto a tutti i cittadini per diventare contadini urbani. A presentarlo, alla Sala Arac del Giardino pubblico “de Tommasini” gli assessori comunali al Patrimonio, Territorio e Verde pubblico Andrea Dapretto, alla Pianificazione Urbana, Mobilità e traffico, Elena Marchigiani, e Tiziana Cimolino del Gruppo Urbi et Horti.

Promosso proprio da Urbi et Horti in collaborazione con il Comune, il progetto prevede anche quest’anno dopo il successo della passata edizione un corso gratuito di orticoltura biologica urbana con preparazione teorica e pratica e accompagnamento in campo. Il corso ha lo scopo di fornire strumenti e metodi utili per promuovere, progettare e realizzare esperienze di agricoltura sociale a livello territoriale ed è rivolto a tutti coloro che vogliono imparare a diventare orticoltori o giardinieri urbani (anche sul proprio balcone) o sono interessati a confrontarsi con il tema dei beni comuni. Sono previste attività teoriche abbinate a momenti di confronto con esperienze già maturate, in modo da integrare acquisizione di conoscenze e capacità di fare. Il programma si articola in 4 moduli formativi di 2 ore ciascuno, per un totale di 8 ore di attività. Ogni modulo formativo consta di una o più relazioni intervallate da momenti interattivi e di scambio tra i partecipanti al corso. Sono previste lezioni pratiche che verranno concordate con i partecipanti. La docenza è affidata ad esperti nell’ambito dell’agricoltura, della botanica e della tutela del verde. Agli iscritti che frequenteranno almeno tre moduli verrà rilasciato un attestato di partecipazione (che è gratuita). Gli appuntamenti si terranno al Giardino pubblico nella sala Arac.

 

 

AMBIENTE - In campo per la qualità dell’aria

La giunta regionale, su proposta dell’assessore all’Ambiente ed Energia, Sara Vito, ha deciso di partecipare alla proposta progettuale Po Regions Engaged to Policies of Air (Life-Ip Prepair), da candidare al bando 2015 del programma comunitario Life 2014 - 2020 per l’attuazione della normativa comunitaria in materia di ambiente a favore dello sviluppo sostenibile. Prepair, che partirà ad ottobre di quest’anno e si concluderà nel 2023, si focalizza su alcuni settori legati alla qualità dell’aria, quali quello dell’agricoltura, delle biomasse, dei trasporti e dell’efficienza energetica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 marzo 2016

 

 

Cittadini a lezione di raccolta dei rifiuti - Il Comune di Duino Aurisina organizza tre incontri pubblici sul nuovo sistema. Open day in arrivo
Tre nuovi incontri, fissati per la prossima settimana, per rispondere alle pressanti richieste della popolazione, che vuole saperne di più del nuovo sistema di raccolta delle immondizie.

Questa la decisione assunta dal Comune di Duino Aurisina, per permettere ai residenti di avere ulteriori occasioni di confronto con l’Isontina ambiente, l’azienda di Ronchi dei Legionari che, dal primo marzo, gestisce la raccolta rifiuti nel territorio comunale e che ha annunciato sostanziali novità. Si parla di raccolta porta a porta del verde e dei rifiuti ingombranti, su prenotazione telefonica, di nuova colorazione dei bottini, «ma soprattutto - come ha sottolineato più volte il sindaco, Vladimir Kukanja - di un sistema del tutto innovativo rispetto al passato dell’intero meccanismo di raccolta». «Ci sono già stati sei appuntamenti, svoltisi in varie località del territorio di nostra competenza - spiega l’assessore Lorenzo Corigliano - che sono stati molto affollati e ricchi di spunti». «Visto l’estremo interesse espresso dalla popolazione di Duino Aurisina per queste problematiche - continua l’assessore - in particolare per la raccolta differenziata e per la gestione ambientale ed economica dei rifiuti, abbiamo fissato tre nuovi incontri con questo calendario: mercoledì 30 marzo, alle 18, al Villaggio del Pescatore, nella sala parrocchiale, giovedì 31 marzo, alle 18, a Borgo San Mauro, nell’aula magna della scuola media de Marchesetti e, alle 20 a Duino, nella sala dei cori, nelle immediate vicinanze della scuola materna». Le problematiche dei rifiuti a Duino Aurisina riguardano anche altri aspetti, non ultimo quello della pessima abitudine di abbandonare, nelle zone meno frequentate, ai bordi delle strade, residui di lavorazioni edili, come calcinacci e vecchi sanitari. Un tema del quale si è occupato lo stesso sindaco Kukanja e che, in qualche modo dovrà essere risolto con una maggiore sorveglianza. Già previsto infine un open day ai primi di maggio nello stabilimento di Moraro, dove l’Isontina ambiente ricicla le immondizie.

Ugo Salvini

 

 

Verso il voto - Punto d’incontro con “No Ferriera”

Oggi dalle 16 alle 19.30, in via delle Torri, lato piazza San Giovanni, Maurizio Fogar e i candidati della Lista civica si incontreranno con i cittadini. Nel corso dell’iniziativa sarà allestita una mostra fotografica e verrà distribuito materiale informativo e volantini con il programma di No Ferriera. È il primo degli appuntamenti fissi settimanali che si tengono sempre in via delle Torri.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 marzo 2016

 

 

L’epidemia di auto “dimenticate” - In tre anni rinvenuti 259 mezzi lasciati a marcire. Nel 2016 stanziati 10mila euro per la demolizione
Sono riconoscibili dalla sporcizia che accumulano su cofano e parabrezza, dalla vernice sbiadita e dai vetri rotti. O dai pezzi mancanti, come avviene per i motorini. Se ne vedono tanti in giro. Troppi. È da qualche anno che il Comune ha ingaggiato una vera e propria battaglia contro chi abbandona auto e scooter.

Lasciati in strada, a marcire, fintanto qualcuno se ne occupa. Nell’ultimo triennio la Polizia municipale ha rinvenuto ben 259 mezzi, la maggior parte ciclomotori. Intervenire non è semplice e ha dei costi che finiscono tutti sul groppone dei contribuenti. Per il 2016 è già prevista una spesa di 10mila euro per l’iter di rimozione e rottamazione. Un’attività che sta comunque portando a qualche risultato: nel 2013 il Comune è riuscito a smaltire un centinaio di veicoli, nel 2014 novanta e nel 2015 una settantina. Le procedure sono più rapide da quando le norme nazionali hanno dato carta bianca; si tratta di applicare le leggi in materia di abbandono dei rifiuti, in particolare il decreto legislativo 209 del 2009 e i provvedimenti ministeriali in tema di raccolta. I mezzi vengono lasciati in strada per diverse ragioni, a iniziare da quello più ovvio: il proprietario passa a miglior vita e i familiari non si curano dell’automobile o dello scooter ereditato. Questa, a sentire gli uffici della municipale, è la casistica più diffusa: gli agenti, dopo aver appurato il decesso sulla base di targhe, telai e anagrafe, non devono far altro che autorizzare il trasporto nel deposito della ditta convenzionata che procederà con la demolizione. In caso di furto, invece, è necessario incrociare i dati delle denunce. I vigili si muovono su precise segnalazioni dei cittadini, stanchi di vedere davanti a casa i rottami, o con verifiche di proprio pugno. Se poi il proprietario esiste ancora e viene rintracciato, son dolori: scattano verbale, notifica e una sanzione amministrativa dai mille ai cinque mila euro. Il titolare del mezzo, infatti, deve rispondere di “abbandono al di fuori dei centri di raccolta”. In sostanza ha fatto della pubblica via la sua discarica personale. Un concetto simile a chi “dimentica” computer, mobili e quant’altro in giro. L’iter segue una tempistica che può protrarsi anche per svariati mesi, a seconda della difficoltà nella ricerca del proprietario. «In questi anni abbiamo portato avanti un lavoro importante di asporto e pulizia», spiega Paolo Jerman, il dirigente del servizio amministrativo della Polizia locale. «Il decreto ha trovato esecuzione una decina di anni fa e ora si vedono i frutti. I primi anni - aggiunge - abbiamo avuto numeri molto più importanti perché il fenomeno era molto diffuso. Adesso che le procedure sono ormai standardizzate è possibile agire in tempi relativamente brevi e di ridurre l’impatto sul territorio. Anche se, va detto, l’attività di ricerca, l’iter procedurale e tutti gli adempimenti burocratici non sono di certo semplici». I mezzi che vengono trovati nelle vie private, invece, devono essere segnalati direttamente dall’amministratore dello stabile o dall’ente proprietario dell’immobile.

Gianpaolo Sarti

 

 

DUINO AURISINA - La guida dell’Ambiente passa a un fisico dem - Dopo l’addio di Rozza
È Roberto Gotter, esponente del Pd, il nuovo presidente della seconda commissione del Comune di Duino Aurisina, competente anche in materia di ambiente.

Sarà lui a prendere il posto lasciato vacante da Maurizio Rozza, che qualche settimana fa, per disaccordi con sindaco e giunta in relazione al via libera (poi revocato) all’arrampicata sportiva sulle falesie di Duino, aveva dato le dimissioni dall’incarico. Gotter, che nella vita di tutti i giorni è un fisico e ricercatore universitario, per poter assumere questo nuovo incarico ha dovuto dare a sua volta le dimissioni da presidente della terza commissione consiliare, dando vita a una sorta di rimpasto interno; ora la maggioranza dovrà individuare a breve chi andrà a coprire la casella lasciata vuota. Gotter, nel suo primo intervento in aula, ha parlato di «importanza dell’abbattimento della presenza di CO2 nell’aria» e di «estrema attenzione da prestare alle energie rinnovabili, che auspico siano sempre più diffuse sul territorio». Nel corso della stessa seduta, Rozza ha anche precisato di sentirsi oramai “esautorato” dalla maggioranza, accentuando perciò il distacco dalla giunta guidata dal sindaco, Vladimir Kukanja. «Alle ultime riunioni della maggioranza non sono stato invitato - ha reso noto l’esponente del Gruppo misto - perciò mi sento fuori da essa». Immediata la puntualizzazione di Walter Ulcigrai, consigliere della lista Kukanja: «Nessuno ha mai esautorato il consigliere Rozza – ha detto con forza – anzi, mi risulta che sia stato sempre invitato a tutte le nostre riunioni». Semplice incomprensione oppure divergenze sostanziali, emerse in occasione della querelle sulle falesie? Saranno i prossimi eventi a dirlo. Intanto sull’argomento va registrata la presa di posizione del capogruppo del Pdl, Massimo Romita: «Mi sembra inevitabile porre a questo punto un quesito – ha detto rivolgendosi all’aula –: era Rozza che non riusciva a dialogare con gli assessori o viceversa ? Era Rozza a non condividere più gli obiettivi della giunta in tema ambientale o la maggioranza non voleva che fosse lui a coordinare le attività della Commissione? Forse sarebbe stato più stimolante – ha concluso – nominare presidente un esponente dell’opposizione».

(u. s.)

 

 

Rinvio bis per lo sfratto del circolo Miani
Slitta al 14 aprile l’udienza davanti al giudice Mastropiero. Si cerca un accordo in extremis con l’Ater
Corsa contro il tempo per salvare dallo sfratto esecutivo l’appartamento di via Valmaura, sede del circolo Miani. Il giudice Roberta Mastropiero ha infatti rinviato al prossimo 14 aprile l’udienza che - su richiesta dell’Ater - avrebbe dovuto definire la questione, costringendo gli inquilini morosi (ammontano a circa 25mila euro i debiti del circolo) ad abbandonare i locali occupati dai primi anni 90. Locali che, da allora, sono diventati punto di incontro per la popolazione. Il rinvio è stato concesso dal giudice all’avvocato Gianfranco Carbone, che assiste il Miani per una questione tecnica relativa ad alcuni documenti. L’Ater è stata rappresentata dall’avvocato Bruno Peinkhofer. Presenti a palazzo di giustizia il candidato sindaco Roberto Dipiazza e i consiglieri regionali Franco Rotelli e Gianfranco Codega. «L’avvocato dell’Ater - ha dichiarato il presidente del circolo Miani, Maurizio Fogar - ha di fatto smentito il contenuto della lettera del Comune, che aveva annunciato la possibile attivazione del comodato di un immobile di proprietà dell’Ater». Ha aggiunto: «La verità è che l’Ater vuole sfrattarci a tutti i costi». La vicenda dello sfratto era venuta alla ribalta nel febbraio del 2013 con un’intimazione, per morosità, da parte del giudice. Pochi mesi dopo, esattamente nel mese di novembre del 2013, l’Ater aveva formalmente comunicato la data d’accesso per l’acquisizione dell’immobile. Poi era stata concessa una proroga. Ma nel frattempo, come rilevato nella memoria depositata dall’avvocato Gianfranco Carbone, è stato raggiunto «un accordo alla presenza dell’assessore regionale Maria Grazia Santoro e dei consiglieri regionali Roberto Dipiazza, Andrea Ussai e Franco Rotelli per un pagamento rateale della morosità maturata. Il circolo Miani - ha ancora rilevato Carbone - ha provveduto a onorare tale intesa inviando ogni mese la somma di 300 euro all’Ater, che ha incassato il denaro senza sollevare alcuna obiezione e con ciò confermando la sua adesione allo stesso accordo». Nella memoria inoltre l’avvocato Carbone riporta la norma approvata dal Consiglio regionale in cui l’Ater viene autorizzata «a concedere in comodato gratuito i locali non locati alle associazioni di volontariato iscritte nell’apposito registro».

(c.b.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 marzo 2016

 

 

I germani reali sfrattano i climber da Duino

Avvistati sulle falesie numerosi uccelli rari pronti a nidificare. La giunta fa dietrofront e vieta l’accesso agli arrampicatori
DUINO AURISINA Le falesie di Duino tornano “off limits” per gli arrampicatori. A “sfrattarli” i circa quaranta esemplari di uccelli rari - una ventina di anatre marine e almeno otto coppie di germani reali, pronti con ogni probabilità a nidificare - avvistati nell’area dal personale della Guardia forestale. Avvistamenti che hanno spinto il Comune di Duino ad annullare la recente disposizione con la quale si permetteva agli appassionati di arrampicata sportiva di uscire dai sentieri della Riserva per praticare la specialità. Una decisione, quella presa dal sindaco Vladimir Kukanja, in qualità di responsabile dell’organo gestore della Riserva - vale a dire il Comune stesso -, che rimette le cose a posto, dopo le ultime polemiche. Un dietro front che però più di qualcuno ha giudicato clamoroso e che ha fatto seguito a un mese caratterizzato da un ripetuto botta e risposta fra gli attori interessati alla vicenda. L’autorizzazione agli arrampicatori, firmata da Kukanja lo scorso 18 febbraio, aveva provocato le dimissioni del presidente della terza commissione, quella che ha competenza per l’ambiente, il consigliere del Gruppo misto, Maurizio Rozza. «Si tratta di una scelta di coerenza - aveva spiegato quest’ultimo nella lettera con la quale aveva annunciato la sua decisione di abbandonare la carica e che ha ribadito ieri, nel corso della seduta del consiglio comunale - perché, dopo un lungo e proficuo periodo di lavoro in Commissione, con quel provvedimento ho visto qualcosa rompersi nel funzionamento del gruppo. Ho sempre pensato – ha aggiunto Rozza – che l'acquisto del sentiero Rilke da parte del Comune fosse la soluzione migliore possibile. Invece mi sono trovato davanti a una decisione, quella che fino a pochi giorni fa permetteva le arrampicate, che giudico incoerente con la filosofia che dovrebbe animare chi deve gestire la Riserva. A mio avviso le scelte possibili erano due. O si ridiscuteva il Piano approvato, cosa possibile, oppure ci si deve discostare, come ho fatto io. In passato – ha ricordato Rozza – ho dovuto subire aspre e pesanti critiche, in qualità di presidente della Commissione, a causa del Regolamento delle Falesie, spiegando per esempio che non si può più andare a nuoto e in canoa sotto le rocce. Adesso non posso più mettere in gioco la mia faccia, vista la situazione che si è creata. La mia scelta di dare le dimissioni è priva di polemiche, ma la coerenza é fondamentale. Si sono prese posizioni che non posso difendere. Spero che ci sia modo per correggere ciò che è stato deciso – ha concluso – ma le mie dimissioni sono atto per me necessario». Sull’altro fronte, il sindaco Kukanja ha sempre difeso la sua decisione, proprio evidenziando il carattere di “temporaneità” dell’autorizzazione. «Ho sostenuto fin dall’inizio – ha ripetuto anche ieri il sindaco – che non appena si fosse manifestata la presenza di specie avifaunistiche, avrei revocato il provvedimento, cosa che puntualmente ho fatto. Fra l’altro l’uscita dai sentieri – ha continuato Kukanja – è sempre stata limitata a un’area descritta con precisione nell’allegato cartografico della disposizione».

Ugo Salvini

 

 

«Sbuffo nero in Ferriera, solo un episodio»
L’azienda chiarisce la causa della fumata di lunedì: «Blocco tecnico già risolto». Dipiazza: «La giunta non si limiti agli annunci»
«Il blocco del nastro di alimentazione dell’altoforno», con conseguente perdita del «livello di carica». È stata questa la causa dello sbuffo nero emesso dalla Ferriera di Servola nella giornata di lunedì e avvistato da molte persone. Il problema «ha prodotto, come da procedura - riepiloga in una nota Siderurgica Triestina -, lo sbuffo, per consentire di mantenere la temperatura di bocca dell’altoforno entro i limiti sopportabili dall’impianto». Ultimati gli accertamenti «dai tecnici dei reparti produzione e manutenzione», la proprietà della Ferriera ha dunque voluto fare chiarezza anche su quanto accaduto tre giorni fa alle «12.27 per meno di due minuti». Siderurgica Triestina fa sapere di «aver sollecitato i tecnici del reparto manutenzione ad aumentare la frequenza d’ispezione dei sistemi di caricamento. Le cause dell’evento eccezionale e le azioni correttive sono state comunicate agli enti di controllo come previsto dall’Aia». L’azienda mette poi in evidenza «come l’evento emissivo sia stato generato da un problema episodico, un evento di emergenza per la sicurezza del processo, ma non è correlato a criticità strutturali dell’altoforno. Siderurgica Triestina ha effettuato gli interventi strutturali, previsti dagli accordi con le istituzioni, sulla cokeria e sull’altoforno. Gli interventi hanno portato a un netto miglioramento sui dati ambientali, sia rispetto al benzopirene in tutte le centraline sia rispetto al Pm10». St elenca poi gli episodi verificatisi negli ultimi sei mesi nell’impianto (dove martedì i tecnici dell’Arpa hanno effettuato un blitz dopo le fumate del 15 marzo scorso e di lunedì) per ribadirne l’origine legata a «problematiche manutentive, cioè non strutturali»: dall’altoforno «si sono registrati quattro episodi emissivi dalla parte alta e quattro dalla parte bassa (piano di colata), la cui frequenza “di sbuffo” (rossastra o nera) è ben differente da quella che i cittadini certamente ricordano durante gestioni precedenti. I responsabili tecnici di St - conclude la nota - ammettono che dal punto di vista strutturale del processo produttivo molti passi avanti sono stati fatti, mentre è ora necessario incrementare la fase di manutenzione preventiva, per ridurre ancora di più la probabilità che certi eventi accidentali possano accadere e generare emissioni visive che comunque non hanno alcun impatto sulla qualità dell’aria». E sul tema Ferriera, interviene l’ex primo cittadino e candidato sindaco del centrodestra Roberto Dipiazza: «Chiusura dell’area a caldo della Ferriera? Bene, non aspettiamo altro, anche se l’assessore comunale all’Ambiente sembra aver bisogno per annunciarla di ulteriori dati, forse sondaggi, o magari del momento più favorevole alla campagna elettorale», ironizza il consigliere regionale di Autonomia responsabile. Dipiazza insiste: «L’Amministrazione comunale faccia l’annuncio sulla chiusura ma non dimentichi che la procedura di fermata può richiedere diversi mesi, arrivando fino ad ottobre, guarda caso, ossia alla scadenza dei due anni di mantenimento dell’attività produttiva, come richiesto dall’accordo di programma». Infine, l’“invito” alla giunta Cosolini: «Dato che l’arresto degli impianti e la messa in sicurezza del sito, con il mantenimento delle altre attività relative a logistica e laminatoio, comportano una serie di passaggi fondamentali, come l’importantissima formazione dei lavoratori, allora l’amministrazione comunale non si limiti a dire che farà degli annunci, ma, da subito, convochi le parti interessate. Altrimenti - chiude Dipiazza - siamo di fronte solo a false promesse».

(red. cr.)
 

 

Primo via libera al Piano di gestione dei rifiuti
Disco verde in commissione. Lo scorso anno 140mila accessi ai centri di raccolta di AcegasApsAmga
La delibera sul Pef 2016, il Piano economico finanziario di gestione dei rifiuti urbani e assimilati, elaborato da Comune e AcegasApsAmga, è stata licenziata nella seduta congiunta della Seconda a Terza Commissione, in attesa dell’approdo in Consiglio. Le cifre del documento sono in linea con quelle degli anni passati: un impegno di spesa complessivo attorno ai 29 milioni più Iva. La seduta è stata l’occasione per alcune delucidazioni su voci specifiche di spesa, come il costo del personale per lo spazzamento strade o quello del lavaggio delle nuove aree pedonali. Non sono mancati gli affondi da parte dell’opposizione. Per Michele Lobianco (Impegno civico): «È ingiusto che non arrivino benefici per i cittadini dalle operazioni di smaltimento rifiuti. Sarebbe da prevedere una premialità, magari sotto forma di riduzioni sulle tariffe dell’energia elettrica». Per Lorenzo Giorgi (Pdl) «sul tema della gestione dei rifiuti questa amministrazione ha preposto l’ideologia alla praticità in favore dei cittadini. Non è possibile che per portare avanti la battaglia dell’umido, peraltro a suon di costi, si decida di eliminare 900 contenitori, costringendo di fatto molti triestini, soprattutto anziani, a macinare chilometri per conferire i rifiuti». All’attacco anche Everest Bertoli (capogruppo Fi) che si è affidato a un esempio: «Domenica sera in via Fabio Severo c’erano i cassonetti della spazzatura che traboccavano. La sera dopo erano stati vuotati, ma in compenso i marciapiedi erano pieni di immondizie. Se questa è ottimizzazione del servizio, non capisco di cosa stiamo parlando». Così l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni: «Queste sono situazioni che non fanno bene a nessuno. Ma più che le critiche è importante segnalare immediatamente il disservizio. C’è bisogno dell’aiuto di tutti per arrivare alla soluzione del problema». Sempre in tema di rifiuti, dati incoraggianti arrivano da AcegasApsAmga in relazione agli accessi ai centri di raccolta. Sono infatti quasi 140mila le persone che nel 2015 hanno depositato ai centri rifiuti ingombranti di tutti i tipi. Il picco è stato raggiunto durante la primavera, con circa 37mila accessi nel secondo trimestre. Cifre, queste, che da un lato confermano sia l’impegno dell’azienda sia l’apprezzamento dei cittadini per questo servizio, che contribuisce a contrastare il fenomeno dell’abbandono di rifuti di certe dimensioni. Fenomeno che è ancora molto diffuso: sempre lo scorso anno la multiutility ha dovuto operare quasi 27mila interventi per rimuovere rifiuti ingombranti abbandonati sulla strada. Per contrastare questa tendenza AcegasApsAmga è impegnata con diversi servizi, primo fra tutti la possibilità di richiedere il ritiro gratuito, a domicilio, di rifiuti ingombranti: nell’ultimo anno sono state circa 7mila le prenotazioni per tale servizio.

(p.p.)

 

 

Acqua, una rete colabrodo e il “tradimento” del Pd - L’INTERVENTO di Robert Ulivi - Si-Sinistra per Trieste
Quattro anni fa, dopo il risultato referendario, Cosolini fece propria una mozione presentata da Sel nella quale si chiedeva di applicare la restituzione della remunerazione del capitale investito che avrebbe consentito un abbattimento del 17% delle tariffe. Tuttavia negli ultimi anni le tariffe sono aumentate del 43%: chi controlla le aziende partecipate?

Se l’amministrazione comunale stabilisce una cosa e poi si verifica l’esatto contrario, chi gestisce realmente il processo? L’11 novembre 2015 “Il Sole 24 Ore” citando un rapporto Istat, intitolava in riferimento alle perdite delle reti idriche, che Trieste è tra le città peggiori assieme a Firenze, Roma e Venezia. La dispersione, dal momento dell’immissione dell’acqua in rete al momento in cui raggiunge l’utente finale, nel 2014 era pari al 44,5% rispetto al 36,9% della media nazionale: Trieste ha quindi una rete idrica che è un vero e proprio colabrodo. Questo dato, oltre a esplicitare la poca manutenzione effettuata sull’acquedotto, che è ancora di proprietà pubblica, da parte di Hera, ci porta a fare delle riflessioni. Principalmente, più elevata è la dispersione più elevato è il costo dell’acqua in bolletta. Non volendo entrare in tecnicismi, basti pensare che l’acqua viene pompata nella rete idrica utilizzando l’energia elettrica. Ovviamente più acqua viene dispersa nel processo di distribuzione, più acqua deve essere pompata nell’acquedotto e più energia elettrica deve essere utilizzata. Utilizzare più energia elettrica significa maggiori costi, costi che vengono ribaltati indirettamente sulle bollette. Se poi pensiamo che la gran parte dell’elettricità viene prodotta ed erogata dallo stesso gruppo che gestisce l’acqua: beh qualcuno potrebbe iniziare a pensare male. Oltre a tutto ciò, e davvero non è poco, siamo seriamente preoccupati per gli avvenimenti degli ultimi giorni. Ricordando che nel 2011 si sono svolti due referendum grazie ai quali 26.000.000 di cittadini italiani si sono espressi a difesa dell’acqua bene comune, il 15 marzo 2016 è stato approvato alla Camera l’emendamento presentato dalla maggioranza a guida Pd con cui si sopprime l’art. 6 della legge d’iniziativa popolare presentata con 400.000 firme nel 2007 dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua che disciplina i processi di ripubblicizzazione dell’acqua. In questo modo è stato stravolto l’impianto generale del testo e ne uscirà una legge che va contro l’esito dei referendum del 2011 e che presterà il fianco a possibili ulteriori forme di speculazione economica su un bene comune come l’acqua! Non va meglio a livello regionale: nel 2013 la presidente della Regione Fvg asseriva: «Ho fatto campagna per il referendum del 2011, la volontà popolare va rispettata. Su questo non c’è spazio per discussioni». In realtà il progetto di legge regionale 135 (relatori di maggioranza Boem e Lauri) attualmente in discussione al Consiglio regionale relativo alla gestione del sistema idrico integrato rischia, con la creazione di un ente unico, l’Ausir, per gestire l’acqua dei cittadini della regione, di allontanare sempre di più il “bene comune acqua” dalle comunità locali. Aggregare e concentrare a livello regionale tutti i gestori del servizio idrico con la sola ottica del profitto va contro quanto si proponevano i referendum 2011. Insomma, un patto d’acciaio tra il governo centrale e quello regionale governato dal Pd. Sinistra per Trieste invece è favorevole alla creazione di un’azienda pubblica idrica, sul modello di quella esistente a Napoli. Un’azienda pubblica non deve fare profitti, la sua priorità è garantire il servizio pubblico, deve fornire acqua di qualità, investire gli utili nelle infrastrutture, migliorare il servizio e mantenere basse le tariffe. La Regione quindi, come già fatto dal Lazio, dovrebbe occuparsi esclusivamente d’istituire dei finanziamenti per i Comuni che intendono reinternalizzare la gestione dell’acqua, nell’ottica delle proposte di legge già depositate e condivise dai movimenti per l’acqua.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 marzo 2016

 

 

“Blitz” in Ferriera dei tecnici dell’Arpa

Ispezioni scattate dopo i recenti avvistamenti di colonne di fumo nero e rossastro. «Vanno valutate eventuali irregolarità»
Blitz dell’Arpa ieri in Ferriera. I tecnici dell’Agenzia di protezione ambientale della Regione hanno avviato una visita ispettiva straordinaria per accertare le cause delle emissioni inquinanti documentate dai cittadini martedì 15 marzo e lunedì scorso. Dallo stabilimento di Servola si è verificata la fuoriuscita di fumate rossastre e nere che hanno messo in serio allarme l'intero rione «comportando effetti ben visibili», si legge in una nota della Regione. L'Arpa parla chiaramente di «anomalie». Le esalazioni, stando agli addetti dell'agenzia, provenivano dalla camera di colata e dalla sommità dell'altoforno. In particolare, l'altro ieri, in modo «prolungato». I controlli dell'Arpa servono anche a valutare le azioni messe in campo da Siderurgica Triestina e a rilevare «eventuali irregolarità». L'azienda, precisa ancora il comunicato, «ha dato la massima disponibilità agli ispettori di Arpa». Gli esiti degli accertamenti verranno «presumibilmente» comunicati nel corso della prossima settimana. E l’operazione di controllo non si fermerà qui. L’Agenzia per l’ambiente intende ritornare all’interno della fabbrica già a metà aprile. «Questa nuova visita segue quella che si è conclusa la scorsa settimana, il cui esito - afferma l'Arpa - è stato trasmesso lunedì a Regione, Provincia, Comune, Azienda Sanitaria e all'azienda, consentendo tra l'altro di avvalorare le decisioni della Regione in merito alla diffida per il mancato adempimento alle prescrizioni previste dall'Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) circa la riduzione dell'inquinamento acustico». La Ferriera di Servola, in altre parole, ora è sotto stretta osservazione. Il Comune esprime soddisfazione. «Intendiamo disporre di informazioni di prima mano per trarre le conclusioni sull'ipotesi di chiusura dell'area a caldo - commenta l'assessore all'Ambiente Umberto Laureni -. Ricordo che la nuova Aia prevede non una ma quattro visite ispettive obbligatorie nell'arco dell'intero anno». Polemico, invece, Paolo Menis del M5S, che stigmatizza le dichiarazioni del sindaco Roberto Cosolini sul possibile ritorno in piazza del Comitato 5 dicembre. «Sconcertante - attacca -. Come può il primo cittadino del Partito democratico affermare che il 2015 è stato un anno critico visto che la produzione era a pieno regime? Cosolini si dimentica che la direzione regionale dell'Ambiente il 10 aprile 2015 ha assunto un provvedimento di riduzione degli sforamenti della cokeria della Ferriera, che da 78 giornalieri sono stati limitati a 67. Cosolini con la sua dichiarazione conferma che questo limite non è stato rispettato? La verità è semplice - conclude il consigliere comunale e candidato sindaco - gli interventi di Siderurgica Triestina sull'impianto non hanno dato i risultati promessi sotto il profilo del miglioramento ambientale».

Gianpaolo Sarti

 

La Lega rilancia l’allarme sulla nube nera e va all’attacco della proprietà e del Pd

«La battaglia per il rispetto dei parametri ambientali da parte della Ferriera è una battaglia per il bene e il futuro di Trieste». Lo ribadisce il segretario provinciale della Lega nord Pierpaolo Roberti.

«Dopo la nuvola rossastra che ha fatto il giro del web una settimana fa, ecco che sopra Servola compare una ben più inquietante nube nera, alla cui vista risulta difficile credere ai deliranti comunicati della proprietà sulla qualità degli interventi realizzati a tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini» affonda il leghista. E ancora: «La verità è che un imprenditore, con il decisivo supporto del Pd che ha messo sul piatto decine di milioni di euro, sta tenendo in vita un impianto di 120 anni fa, calpestando il sacrosanto diritto alla salute dei triestini». Roberti, chiedendo di rendere protagonisti delle attività di monitoraggio della Ferriera i comitati e le associazioni servolane, annuncia infine che «se i soggetti che sono scesi in piazza pochi mesi fa intenderanno promuovere ulteriori iniziative a difesa dei servolani e della città», sarà al loro fianco «senza simboli di partito».

 

Sinistra per Trieste attacca la “farsa” dell’Aia
Sossi e Prodani sollecitano la Regione a comunicare l’esito dell’istruttoria e presentano una mozione
“Ferriera: la farsa della diffida sul rumore”. È il titolo della pièce presentata ieri nella prima conferenza stampa elettorale di “Sì Sinistra per Trieste” (Spt) nella stanza comunale del gruppo consiliare di Sel. La strana coppia della politica triestina, il parlamentare Aris Prodani e il candidato sindaco Marino Sossi, ha così prodotto la prima mozione urgente sul tema della Ferriera legata alla telenovela dei controlli collegati all’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) portata alla luce da Prodani. L’obiettivo della mozione, firmata da Marino Sossi, è quello di impegnare il sindaco e l’assessore all’Ambiente a sollecitare la direzione regionale all’Ambiente ed Energia a comunicare «l’esito dell’istruttoria» e indurre il presidente della Regione Debora Serracchiani (in qualità di commissario per l’area di crisi complesso di Servola) «a verificare il rigido rispetto delle prescrizioni e delle scadenze indicate nell’Aia concessa a Siderurgica Triestina». Una chiarezza necessaria visto che l’Aia, alla prima scadenza acustica, ha dato buca. «Siderurgica Triestina ha richiesto la proroga del termine dal 28 febbraio al 15 aprile. Il Comune di Trieste ha espresso parere negativo sulla proroga, mentre la direzione regionale all’Ambiente comunicava il 2 marzo che l’istruttoria relativa alla proroga non si era ancora conclusa» ricostruisce Prodani. Un’autorizzazione molto rumorosa, insomma. «Appare del tutto evidente come la realizzazione di quanto previsto nell’Aia non stia rispettando le tempistiche previste. Inoltre non si sta provvedendo ancora alle misurazioni del rumore che verifichino il rispetto dei limiti di legge. Il ritardo nella comunicazione dell’esito dell’istruttoria è un esempio lampante» denuncia il deputo di Spt. Un modo per dire che serve un nuovo accordo di programma nel quale si mette per iscritto la chiusura dell’area a caldo con il reimpiego nella riconversione dei 470 occupati di oggi (negli anni ’70 erano 1850). «Lo stesso Arvedi dice che se l’impianto inquina lo chiude. Non ha mai minacciato di andarsene da Servola. A lui interessano la banchina e l’attività logistica - spiega Sossi -. La verità è che c’è una sudditanza terrificante delle istituzioni nei confronti dell’imprenditoria». L’impegno del candidato sindaco di Spt sulla Ferriera non è un impegno dell’ultima ora. La prima mozione presentata dal gruppo di Sel risale al 2012. Si sollecitava il sindaco e la giunta, in base al programma della coalizione, per accelerare i tempi per l’accordo di programma «mantenendo ferma l’opzione della riconversione produttiva, con la chiusura a regime dell’area a caldo quale strada maestra per rispondere alla tutela della salute dei cittadini, dei lavoratori stessi». La mozione fu votata solo dai tre consiglieri di Sel. Contrari e astenuti tutti gli altri con l’eccezione del Movimento Cinque Stelle che non prese parte alla votazione. «Tanto per rispondere a chi ci accusa che ci siamo svegliati oggi - ricorda Sossi -. E all’epoca non c’era neppure Arvedi all’orizzonte». E neppure le urne.

(fa.do.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 marzo 2016

 

 

Servola verso la protesta bis - E la Regione diffida l’azienda
Comitato 5 dicembre pronto a tornare in piazza se il Comune non darà garanzie - Serracchiani concede alla proprietà venti giorni di tempo per eliminare i rumori
Oltre al nodo emissioni, sotto accusa sono anche i rumori prodotti dallo stabilimento gestito da Siderurgica Triestina del cavalier Giovanni Arvedi

La giunta Serracchiani ha intimato all’azienda di accelerare gli interventi di rimozione dei rumori. Il termine concesso dalla diffida è di venti giorni

Ad innescare la rabbia dei servolani è stato il report dell’Arpa riferito al 2015. Un anno che, Umberto Laureni, ha definito estremamente «critico» per Servola

Il Comitato 5 dicembre chiama direttamente in causa il sindaco. «Ci aspettiamo che emetta l’ordinanza di stop all’area a caldo per limitare le emissioni cancerogene»

Non era la rabbia di un giorno. Il popolo anti-Ferriera potrebbe tornare di nuovo in piazza. Il Comitato 5 dicembre, lo stesso che aveva organizzato la protesta del 31 gennaio sotto il municipio, lancia un ultimatum al Comune: o il sindaco chiuderà l'area a caldo, la parte produttiva più inquinante, oppure scatterà un'altra mobilitazione. Massiccia, con migliaia di persone, come allora. Non è una minaccia, ma un altolà a tutti gli effetti che piomba nelle ore in cui la Regione apre un altro fronte: il procedimento di diffida nei confronti della proprietà, Siderurgica Triestina, a cui viene intimato di eliminare i rumori che - così come l'aria - rendono insopportabile la vita per chi abita nei dintorni della fabbrica. Una prescrizione che l'impresa avrebbe voluto posticipare al 15 aprile, ma che era stata respinta da Comune, Provincia e Azienda sanitaria. Siderurgica Triestina adesso ha venti giorni di tempo per presentare le proprie controdeduzioni, dopo di che la Regione sceglierà il da farsi. La mossa della giunta Serracchiani, a cui spettava l'ultima parola, non sposta di un millimetro le posizioni del Comitato. «Con il sindaco abbiamo aperto un dialogo - osserva Barbara Belluzzo, una delle rappresentanti del movimento - e intendiamo mantenerlo. Ma vogliamo lo stop dell'area a caldo, e presto. L'assessore Umberto Laureni ha detto che le emissioni sono cancerogene, davanti a certe affermazioni non si può far finta di niente. La gente è stanca di promesse. Alcuni giorni fa abbiamo fatto un'assemblea pubblica - fa sapere Belluzzo - in quell'incontro è emersa una linea chiara: ci aspettiamo che Cosolini emetta l'ordinanza. Se non la otteniamo, si ritorna a protestare». È stato l'ultimo report dell'Arpa sulle rilevazioni del 2015 a riscaldare gli animi, tanto più dinnanzi alle dichiarazioni dello stesso Laureni che, commentando i dati, aveva parlato di un'annata “critica”. L'assessore faceva riferimento ai valori di benzopirene e Pm10 registrati dalle centraline di via Carpineto, via Pitacco e via Svevo. Oltre a quelli documentati in via San Lorenzo in Selva, a pochi passi dallo stabilimento, i più allarmanti: 124 sforamenti di polveri sottili in 12 mesi, laddove il limite di legge non consente più di 35. Troppo, davvero troppo, per tener calma la piazza. «La gente è sconfortata», insiste Belluzzo. Il sindaco invita alla calma. E precisa: «L'Arpa con quei numeri ha evidenziato una situazione relativa al 2015 che conoscevamo già. Non è stato detto nulla di nuovo che non fosse risaputo e su cui il Comitato ha già manifestato. Un quadro - puntualizza - che anche noi avevamo rilevato più volte. Il 2015 - aggiunge Cosolini - è stato un anno critico visto che la produzione era a pieno regime. Arvedi aveva un piano di interventi che si stava realizzando e concretizzando con alcune cose fatte e altre da fare a breve. Nell'incontro del 3 marzo - ripercorre - ho annunciato che avrei stabilito la mia posizione definitiva sull'area a caldo, che l'avrei comunicata prima delle elezioni. Questo è quello che intendo fare». Ma il Comitato fa pressing. «La nostra linea di azione è chiara, non facciamo dietrofront - incalza la rappresentante - e si basa innanzitutto sulla verifica di quanto garantito dal sindaco e dall'assessore nella scorsa assemblea del 3 marzo. Cioè che le promesse fatte siano mantenute. Rassicurazioni su cui ci confronteremo con il Comune nell'incontro del prossimo 6 aprile. La prima: il passaggio delle centraline da Siderurgica Triestina all'Apra. Intendo quelle collocate nei pressi dell'impianto e nelle vie circostanti». In altri termini, il controllo dei monitoraggi per mano pubblica. E poi: «Faremo anche presente al sindaco e all'assessore la questione dei rumori visto che, secondo le prescrizioni dell'Aia, il problema si sarebbe dovuto già risolvere a fine febbraio. Questo non è stato rispettato. È più di un disagio, è una cosa grave per tutte le persone che abitano là. Ha un impatto molto alto sulla vita delle persone». «Ma il punto che ci sta più a cuore - ripete l'esponente del Comitato - è proprio la chiusura dell'area a caldo. È la più inquinante. Cosolini - ricorda Belluzzo - ha detto che prima della fine del suo mandato da sindaco si pronuncerà». Il Comitato attende una decisione nel giro di qualche settimana, tra fine aprile e inizio maggio.

Gianpaolo Sarti

 

La colonna di fumo nero fa il giro dei social
Avvistata una nuova nuvola scura sopra lo stabilimento. Battista: «Inutili le misure antinquinamento»
La Regione ha preso posizione sulle emissioni acustiche avviando il procedimento di diffida nei confronti di Siderurgica Triestina. Ma ieri a far rumore, oltre all'aut aut del Comitato, è stata soprattutto la fumata nera che centinaia di cittadini ieri mattina hanno visto alzarsi dalla Ferriera. Nero pece, come forse non se ne vedeva da tempo, documentato da foto e video che hanno fatto il giro dei social network. Nessuna spiegazione ufficiale della proprietà. Fattore, questo, che potrebbe rendere più complicati i rapporti tra management e Comune. Era stato proprio Roberto Cosolini a domandare all'impresa chiarezza su fumate, rumori, vapori, fiamme e quant'altro può sprigionarsi quotidianamente dallo stabilimento. Comunicare per tranquillizzare la gente ed evitare allarmismi. Ma la rabbia ieri si è fatta sentire tutta, con un misto di ironia. Il senatore ex M5S, Lorenzo Battista, ha subito twittato un’immagine della fabbrica ricoperta dalla coltre nera. «Inizio primavera alla Ferriera di Trieste, misure anti inquinamento ottime e abbondanti. Esce solo vapore acqueo?». Poco dopo, citando la presidente della Regione Debora Serracchiani e il sindaco: «Sicuri che le contromisure e Aia innovativa funzionino a dovere?». Il senatore, ora in forza al gruppo “Per le autonomie” precisa il proprio pensiero: «Questa mattina (ieri, ndr) tantissime persone hanno assistito all'ennesima fuoriuscita di fumi neri - commenta - non è accettabile. Personalmente, vedendo tutto ciò, continuo ad avere davvero seri dubbi sul documento di autorizzazione integrata ambientale rilasciata e sui relativi controlli indicati. Questi - aggiunge il parlamentare triestino - non sono episodi sporadici, ma si verificano troppo spesso. La proprietà, certo, può dire quello che vuole di fronte a questo...». Battista punta l'indice anche sul sistema di monitoraggio degli inquinanti, vale a dire le centraline che rilevano i valori di Pm10 e benzopirene. «I controlli secondo me non vengono fatti correttamente - rileva - i miasmi, ma anche i rumori, sono continui». Il senatore racconta di essere stato personalmente in un appartamento che si trovava nelle vicinanze della fabbrica. «La gente abita con le finestre blindate - incalza - l'ho visto con i miei occhi. Ma non avremmo dovuto avere un imprenditore che investe? Che promette interventi sull'impianto? E questi sono risultati?».

(g.s.)

 

 

Sondaggio Pd sul futuro di Porto vecchio
Test online e cartacei distribuiti per raccogliere idee. Nesladek: «Gli spunti confluiranno nel programma»
Detto fatto. Il Pd, come annunciato nei giorni scorsi, inizia la campagna elettorale con un sondaggio online pensato per testare l'opinione dei cittadini sui temi caldi del dibattito pubblico. Si comincia con il Porto Vecchio e si proseguirà con welfare, lavoro, economia e altri temi suggeriti dagli elettori stessi. Il sondaggio, che verrà distribuito anche nei banchetti in piazza, è consultabile all'indirizzo https://it.surveymonkey.com/r/BLDQGLT . «Lei è mai stato all'interno del Porto Vecchio?», il primo interrogativo posto del test. Ognuno è libero di esprimere il proprio punto di vista su progetti, ristrutturazione e riutilizzo. O di elencare i possibili ostacoli di carattere finanziario, politico e burocratico. Il questionario impegna qualche minuto appena ed è aperto a tutti. È diffuso attraverso i contatti delle mailing list del partito e social network, oltre allo stesso sito del Pd Trieste. Come detto, esiste pure una versione cartacea, che i volontari utilizzeranno per intervistare i cittadini direttamente ai gazebo. «Il questionario sul Porto Vecchio - scrive lo staff - rappresenta dal nostro punto di vista uno strumento molto utile di partecipazione dei cittadini alle scelte strategiche per la città. I dati raccolti, che verranno comunicati entro maggio, ci forniranno inoltre indicazioni preziose sulle loro opinioni, esigenze e proposte: un materiale da valorizzare in sede programmatica e di azione politica». Il segretario provinciale Nerio Nesladek conferma: «Sarà il punto di partenza su cui struttureremo il nostro programma elettorale - rimarca - un programma che esiste già, ma che proprio per entrare i modo approfondito su cosa sta a cuore dei cittadini si serve di questa modalità». Il Pd interviene ancora, infine, sul calo del numero di tesserati registrati in Fvg. «L'alta affluenza alle primarie per le comunali a Trieste testimonia il forte radicamento del Pd sul nostro territorio - annota la segretaria regionale Antonella Grim - è un segnale di salute e vivacità del nostro partito. Anche questo va tenuto in considerazione quando si analizza lo stato di salute del partito in Fvg, al di là del numero delle tessere, che è un dato rilevante ma va letto come uno degli elementi in gioco, non l'unico. È poi fondamentale avere la capacità, che il Pd effettivamente ha, di essere attrattivi per coloro che non legano necessariamente l'appartenenza politica al tesseramento».

(g.s.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 marzo 2016

 

 

I geositi del Carso diventano beni tutelati - Decisiva un’integrazione al Piano regolatore di Trieste. Scongiurato il rischio asfalto per “Padriciano 504”
PADRICIANO “Buone notizie” per i geositi (ovvero i siti di interesse geologico) del Carso che ricadono nel territorio di competenza amministrativa del Comune di Trieste, a cominciare da quello classificato come Padriciano 504 (individuabile in una delle aree verdi aperte al pubblico che costeggiano una strada) che rischiava, un domani, di poter essere asfaltata e che invece resterà verde. In conseguenza di una mozione presentata dalla consigliera comunale Tiziana Cimolino del Pd e accolta dalla stessa amministrazione comunale del capoluogo, infatti, i geositi diventano zone tutelate e la garanzia sta nel perimetro delle regole sancite dal nuovo Piano regolatore.

A cominciare, come detto, da quello di Padriciano: «Il sito di interesse geologico è stato integrato infatti nel Piano regolatore grazie a una mozione presentata da Cimolino», si legge in un comunicato stampa, che poi rilancia: «Grazie alla stessa mozione, è stata introdotta nel Piano regolatore anche un’integrazione alle norme tecniche di attuazione affinché tutti i geositi presenti sul territorio comunale vengano tutelati». Soddisfazione per questo risultato viene espressa ovviamente da Cimolino: «Si tratta di un ottimo risultato che guarda anche alle generazioni future e salvaguarda una memoria storico-geologica come i geositi. Così ci sarà qualcuno che anche tra 50 e più anni potrà vederli e, per fortuna, non saprà mai che avremmo rischiato di perdere questa importantissima testimonianza geologica». «Quella del geosito di Padriciano - spiega Cimolino - è un’area aperta al pubblico che si trova a lato di una strada che, senza tale integrazione al Prg, rischiava di poter essere asfaltata. Fino a questo momento, l’area non appariva né recintata né protetta in alcun modo. Solo pochi studiosi ne erano a conoscenza e, non essendo evidenziata, potevano riconoscerla tra la natura circostante. Questa integrazione ne consentirà invece la valorizzazione e ne permetterà l’inserimento in un percorso naturalistico che racconterà la storia del territorio. Finalmente anche il geosito di Padriciano potrà assurgere al ruolo che gli compete, in quanto è una delle tipologie più importanti a livello regionale dov’è possibile riconoscere il passaggio tra le varie ere geologiche al pari del sito del dinosauro Antonio e delle altre interessanti testimonianze presenti sul Carso». Il termine geosito - si legge nel comunicato - è la forma abbreviata di “sito geologico” o “sito di interesse geologico”, cioè una «qualsiasi località in cui è possibile definire un interesse geologico-geomorfologico per la conservazione». L’interesse di Cimolino, chiude la nota, si inserisce in quello più generale per i geositi manifestato dalla Regione nell’ambito del programma nazionale denominato Infea (Informazione educazione ambientale). In particolare per gli alunni di quinta elementare è stato creato un libro illustrato intitolato “Quattro passi nella geologia del Friuli Venezia Giulia”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 marzo 2016

 

 

Flash mob contro le trivelle in mare - Iniziativa dei volontari di Greenpeace sul Molo Audace in vista del referendum
«El mar non se pol sbusar»: anche a Trieste è entrata in azione Greenpeace. Per invitare gli italiani a partecipare al referendum sulle trivellazioni offshore del prossimo 17 aprile, quando si potrà giudicare la strategia energetica del governo ed esprimersi per la tutela dei nostri mari e del futuro dell’Italia intera.

Sul Molo Audace i volontari di Greenpeace, vestiti di nero e con mani e volto sporchi di una sostanza oleosa simile al petrolio, hanno animato un flash mob per richiamare l’attenzione sul referendum. Sullo striscione si poteva leggere un chiaro invito al voto del 17 aprile: “El mar no se pol sbusar”. In Italia sono state 22 le città coinvolte nell’iniziativa. L’appello di Greenpeace a non trivellare il mare è stato infatti tradotto nei dialetti locali, perché la minaccia petrolifera riguarda tutti gli italiani. «Indossare il “nero petrolio” - si legge in una nota - è stato un modo per far capire ai cittadini la vera posta in gioco al referendum: il no alle trivelle è anche un no alla politica energetica del governo fondata sulle vecchie e sporche fonti fossili».

 

 

M5S sui dati Arpa: «Situazione insostenibile - L’area a caldo della Ferriera va chiusa»

«Il report 2015 dell’Arpa sugli agenti inquinanti a Trieste non aggiunge nulla di nuovo rispetto a quanto era evidente già alla fine dello scorso anno, ovvero che la situazione di Servola è insostenibile a causa della presenza della Ferriera». Lo sentenzia il consigliere comunale e candidato sindaco di M5S, Paolo Menis.

 «Da una parte sento Dipiazza rispondere con battute alle domande su un tema serio come quello della Ferriera di Servola - prosegue Menis -, dopo che per dieci anni non ha mosso un dito per mantenere la promessa di chiudere lo stabilimento, dall’altra vedo il sindaco in carica solamente esprimere preoccupazione e spostare il termine per prendere decisioni importanti ad una data successiva alle elezioni comunali. Cosolini e Dipiazza non sono credibili, rispondono ai poteri forti presenti in questa città che vogliono lasciare carta bianca ad Arvedi. L’obiettivo del M5S Trieste è chiudere l’area a caldo della Ferriera, attraverso ordinanze restrittive del sindaco e per mezzo della revisione dell’Aia e della ridiscussione degli accordi di programma. I lavoratori dell’area a caldo si possono reimpiegare nelle attività del laminatoio e nelle operazioni di banchina».

 

Elezioni - Assemblea pubblica sulla Ferriera al “Miani”

Oggi alle 16 assemblea pubblica al Circolo Miani in via Valmaura 77 con i candidati della civica “No Ferriera, sì Trieste” «per decidere assieme cosa fare in vista delle elezioni di giugno».

«Nel 2015 sono stati ben 150 gli sforamenti», così una nota del Circolo, che ricorda come «per oltre la metà del perimetro dello stabilimento non ci sono centraline di monitoraggio».

 

 

Oggi il raduno per pulire la “discarica” vicina a Trebiciano
TREBICIANO - Su iniziativa della Comunella di Trebiciano, sostenuta da Circoscrizione Altipiano Est e AcegasApsAmga, i residenti della frazione carsolina si ritrovano oggi per pulire un’area adiacente alla ciclopedonale Opicina-Trebiciano alle porte del paese.

L’appuntamento con i volontari e con chi vorrà dare una mano è previsto alle 9 presso il cavalcavia della Grande viabilità, appena fuori l’abitato di Trebiciano. L’area in cui si provvederà alla raccolta e alla rimozione di rifiuti e altri materiali è ben circoscritta, praticamente a fianco delle ciclopedonale. In questo punto, un tempo campo di manovra per i carri armati, il viandante incappa in un autentica discarica a cielo aperto. Abbandonati tra sentiero e boscaglia pneumatici, immondizie, inerti e elettrodomestici, i soliti rifiuti che si trovano dappertutto, specialmente nelle aree periferiche. Ma quest’area presenta una differenza importante. Disseminati in cumuli, fanno effetto le decine e decine di capi di vestiario appartenuti a persone che, dal “Terzo mondo”, attirati da passeur senza scrupoli, qui hanno abbandonato i propri indumenti per vestirne dei nuovi. «Ci si rende conto che questo andazzo seguiva dinamiche ben precise - spiega il presidente della Seconda circoscrizione Marco Milkovic - e che questi poveretti, proprio in questa zona, si cambiavano e poi vestivano nuovi panni prima di accingersi a continuare il loro viaggio verso un'imprecisata meta». «Precisiamo che il nostro intervento di pulizia verrà effettuato nell’area il cui l’antico toponimo è “Duale”», interviene per la Comunella locale il portavoce David Malalan: «L’AcegasApsAmga ci fornirà i contenitori per la differenziazione di quanto raccolto. Solo per gli inerti verrà effettuato un asporto successivo, questo perché l’azienda deve provvedere alle analisi prima di compiere lo smaltimento». Appuntamento dunque stamani, alle 9, per ridare finalmente dignità al sito.

Maurizio Lozei

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 marzo 2016

 

 

Il report dell’Arpa sul 2015 mette alle corde la Ferriera - I dati sugli inquinanti registrati nel secondo semestre non sono confortanti
Laureni non si nasconde: «Per Servola è stato un anno particolarmente critico» - L'INQUINAMENTO ATMOSFERICO - IL MONITORAGGIO DELL'ARPA
Sarà fumata bianca o fumata nera? In attesa che il sindaco Roberto Cosolini si pronunci sulla possibilità che l'area a caldo venga chiusa o meno «ben prima delle elezioni», come assicurato dallo stesso primo cittadino nel corso del recente incontro promosso dal Comitato 5 dicembre, dall'altoforno della Ferriera di Servola continuano a levarsi al cielo delle nuvole di vapore, nonostante gli interventi eseguiti dalla proprietà su cokeria e altoforno per ridurre le criticità ambientali. L'ultima emissione, color rosso ruggine, ha scatenato le reazioni dei residenti della zona, esasperati dalla convivenza con l'impianto. Il report «Voglio dare valore scientifico alle lamentele della gente», assicura l'assessore comunale all'Ambiente Umberto Laureni, mentre sfoglia i numerosi documenti che occupano la scrivania del suo ufficio. Dati numerici, tabelle e grafici fanno parte della corposa relazione che riporta i risultati dei rilievi ambientali di inquinanti, quali polveri Pm10 e idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), effettuati dall'Arpa, attraverso la centralina di San Lorenzo in Selva-stazione di Servola, collocata nelle immediate vicinanze dell'impianto siderurgico. Il monitoraggio, che è stato condotto nell'ambito di una convenzione stipulata fra il Comune di Trieste e l'Arpa Fvg, ha preso in considerazione un arco temporale che va dal primo luglio fino alla fine del 2015, dando continuità a una campagna di controllo che ha interessato il primo semestre del medesimo anno. Le polveri sottili Tra gli inquinanti monitorati, l'Arpa ha rivolto una specifica attenzione al particolato sospeso Pm10, le polveri fini con diametro inferiore a 10 micrometri, rilevato presso le centraline di via Carpineto, via Pitacco e via Svevo. I dati riscontrati in queste zone dalle centraline dell'Arpa sono stati messi a confronto con quelli rilevati in piazza Libertà. Il quadro che ne emerge non è per niente confortante, tanto da spingere lo stesso assessore Laureni a parlare del 2015 come di «un anno particolarmente critico». Nel primo semestre del 2015 le tre centraline hanno registrato un aumento significativo della concentrazione media di Pm10, rispetto ai valori medi rilevati nell'anno precedente. Tale andamento è stato confermato anche nel secondo semestre del 2015. Per quanto riguarda il numero di superamenti della concentrazione giornaliera di Pm10, fissato dalla legge in 50 microgrammi per metro cubo, la situazione riscontrata nel primo semestre del 2015 denota una criticità confinata alle sole centraline di via Pitacco e di via Svevo. Condizione, questa, che nella seconda parte dell'anno è andata incontro a un significativo peggioramento, specie se si isolano i mesi di novembre e dicembre e se si prende in considerazione la centralina di San Lorenzo in Selva (71 sforamenti fra luglio e dicembre). I valori di benzo(a)pirene L'andamento delle concentrazioni giornaliere di benzo(a)pirene (BaP) rilevate a Servola, nel corso del 2015, risulta abbastanza altalenante. Un lieve aumento della concentrazione, rispetto al mese di giugno, è stato registrato a luglio, mentre una significativa diminuzione si è avuta nel periodo che va da agosto a ottobre, interrotta dai riscontri negativi di novembre e dicembre. La centralina di San Lorenzo in Selva, rispetto alle postazioni di via Pitacco, via Svevo, Muggia e piazza Garibaldi, ha rilevato le maggiori concentrazioni di benzo(a)pirene, anche se nei mesi "neri" di novembre e dicembre un peggioramento significativo ha accomunato tutte e cinque le postazioni. Differenze tra Servola e centro Le differenze fra Servola e il centro urbano. L'Arpa ha effettuato delle analisi supplementari nel tentativo di discriminare l'origine degli idrocarburi policiclici aromatici. Nel periodo da luglio a settembre i valori acquisiti presso la stazione di Servola risultano significativamente maggiori rispetto a quelli riscontrati in piazza Garibaldi, a differenza di quanto rilevato nei mesi di ottobre e novembre. Ciò è dovuto al fatto che durante il periodo estivo la centralina di Servola è interessata da un regime di brezze marine che favorirebbero l'intensità di ricaduta degli inquinanti in quella sede. I dati provenienti da entrambe le stazioni di rilevamento sono stati rielaborati valutando le possibili fonti alle quali attribuire la dispersione degli idrocarburi policiclici aromatici. È emerso un quadro di inquinanti compatibile con le emissioni da traffico veicolare, nel caso di piazza Garibaldi, mentre per quanto riguarda la stazione di Servola sono risultate maggiormente implicate le emissioni legate all'utilizzo del carbone. I primi mesi del 2016 Roberto Cosolini ha chiesto all'Arpa di avere a metà aprile, in anticipo rispetto alla prevista relazione semestrale e soprattutto alle elezioni amministrative, i dati sugli inquinanti rilevati nell'aria nel corso dei primi mesi dell'anno. Ciò per valutare l'impatto degli interventi messi in atto dalla Siderurgica Triestina. Tra inizio gennaio e metà marzo, se confrontiamo la centralina di San Lorenzo in Selva a quella di piazza Libertà, si sono registrati rispettivamente 13 e 8 superamenti della concentrazione giornaliera di Pm10, quasi tutti compressi alla fine di gennaio. Una situazione, questa, che si è verificata nonostante la cokeria sia stata "imbavagliata" da un nuovo impianto di aspirazione, una cappa che dovrebbe captare, depolverizzare e filtrare le emissioni e che dal primo febbraio, giorno in cui è stato completato l'intervento di mitigazione acustica, ha ripreso a lavorare a pieno ritmo.

Luca Saviano

 

«Il Comune non sottovaluta il problema» - L’assessore: «Contromisure già adottate». L’azienda: «Ben venga ogni verifica, rispetteremo gli impegni»
La spia della riserva si è accesa e la pazienza a disposizione dei residenti servolani sembra essere agli sgoccioli. Il 2015 è stato un annus horribilis.

L'assessore comunale all'Ambiente Umberto Laureni non nega ciò che viene evidenziato chiaramente dalle centraline: quella di San Lorenzo in Selva, adiacente alla Ferriera, ha registrato in dodici mesi 124 sforamenti delle polveri Pm10, quando il limite consentito dalla legge prevede un numero massimo di 35 superamenti. Non nega le criticità, Laureni, ma rivendica il percorso intrapreso da un'amministrazione «che non ha voltato la testa dall'altra parte difronte al problema dell'inquinamento ambientale». «Non abbiamo sottovalutato i dati forniti dal monitoraggio ambientale - le sue parole - ed è per questo che abbiamo preso delle contromisure. Nei mesi di novembre e dicembre ci sono stati degli sforamenti abnormi ed è necessario approfondire la questione, anche se tutte le stazioni, non solo quelle presenti nell'area di Servola, hanno in più occasioni registrato dei valori anomali». Contromisure, quelle rivendicate dall'assessore, come l'ordinanza emessa dal sindaco che impone il mantenimento della produzione di ghisa sotto le 34mila tonnellate mensili, oppure come la convenzione stipulata con l'Azienda sanitaria per la realizzazione di un'indagine che sia in grado di valutare la relazione tra i fattori di stress e gli effetti sulla salute della popolazione che abita nell'area di Servola, o ancora come l'ordinanza che prescrive l'adozione di ulteriori interventi migliorativi, dal momento che la media annuale di benzo(a)pirene in via San Lorenzo in Selva ha superato a novembre il limite annuale di 1 nanogrammo per metro cubo. «Il sindaco Cosolini - sottolinea Laureni - prima di pronunciarsi sull'area a caldo terrà conto di una serie di indicatori, quali i livelli di benzo(a)pirene, le polveri Pm10, il rumore determinato dagli impianti e l'indice di assorbimento degli inquinanti da parte dei lavoratori dell'impianto siderurgico. Nelle ultime settimane, in quest'ultimo caso, si è evidenziata una netta diminuzione dei valori tossici assorbiti dagli stessi lavoratori. Segno, questo, che gli interventi sulla cokeria stanno funzionando. Il traffico veicolare, determinate condizioni atmosferiche e il riscaldamento nelle abitazioni, invece, sono fattori che incidono negativamente sulla presenza di inquinanti nell'aria». Nel dibattito in corso entra anche la Siderurgica triestina, che attraverso una nota esprime la propria posizione: «È nostra ferma intenzione - così il comunicato - rispettare gli impegni presi con i cittadini di Trieste facendo parlare innanzitutto i fatti: ben venga perciò ogni opportunità di verifica diretta e seria del lavoro che stiamo compiendo con grande impegno per il rilancio industriale dell'azienda, nel rispetto di ogni normativa ambientale e con un costante riferimento alle migliori tecnologie disponibili».

(lu.sa.)

 

 

Scontro a Palazzo sull’operazione rifiuti
Bagarre in commissione sul Piano di gestione. Le opposizioni: «Nessun beneficio per i residenti. E la città è sempre più sporca»
Primo esame per il Pef 2016, il Piano economico finanziario di gestione dei rifiuti urbani e assimilati elaborato da Comune e AcegasApsAmga. La delibera è passata ieri al vaglio della seduta congiunta della Seconda e Terza Commissione. I numeri del documento sono in linea con quelli degli anni precedenti. Il costo complessivo si assesta sulla stessa cifra del 2015, vale a dire 28.948.721,60 cui si somma l'Iva al 10 % per un totale di poco meno di 32 milioni di euro. Lievi gli scostamenti nelle singole voci. Lo spazzamento strade sfiora i 5 milioni di euro, stessa cifra per la raccolta complessiva dei rifiuti indifferenziati, mentre la spesa per la termovalorizzazione raggiunge i 6 milioni e mezzo di euro. Nel settore rifiuti differenziati, in testa c'è la raccolta dell'umido, con un costo di circa 1 milione e mezzo di euro. La stima della produzione di rifiuti per il 2016 è di 92.500 tonnellate, un valore in calo rispetto agli ultimi anni. Di queste, il 60%, vale a dire circa 55mila tonnellate, sono relative ai rifiuti indifferenziati e dunque destinate alla termovalorizzazione, per un costo di 117 euro a tonnellata. «Un Piano che è frutto di un lungo confronto tra amministrazione comunale e AcegasApsAmga - ha spiegato l'assessore comunale all'Ambiente Umberto Laureni -. I costi sono pressoché invariati ormai da quattro anni in virtù di un ottimo lavoro svolto dagli uffici e di un bilancio che risulta chiaro e trasparente. Un percorso portato avanti sia sul fronte della qualità che della quantità, senza peraltro incidere sui costi della tassa dei rifiuti per i cittadini, le cui tariffe dunque rimangono invariate, a meno di eventuali modifiche in termini di calcolo decise a livello nazionale». Rimane in piedi la sfida della percentuale della raccolta differenziata che al momento si assesta intorno al 38% con una quantità di umido pari a circa 6500 tonnellate. «È un dato sul quale bisogna ancora lavorare - chiosa Laureni -. Con la raccolta dell'umido, che ricordo è frutto di una precisa scelta politica, vogliamo arrivare almeno a quota 10 mila tonnellate, il che significherebbe alzare di un paio di punti la percentuale di differenziata ed arrivare così alla soglia del 40 %. Una sfida culturale che va avanti un passo alla volta, ma è importante aver dato un segnale preciso». Ma anche il Pef 2016 continua a non convincere le forze di opposizione. Per Paolo Rovis (Trieste Popolare): «Alla fine non cambia nulla. Non arriva alcun beneficio in termini pratici per il cittadino dalla scelta di scommettere sulla raccolta dell'umido e soprattutto la città continua ad essere sempre più sporca come si nota passeggiando per strada e attraverso le numerose segnalazioni dei triestini». Sulla stessa lunghezza d'onda Michele Lobianco (Impegno Civico) che si affida ad una citazione letteraria. «Siamo alle prese con un concetto "gattopardiano" e cioè che tutto cambia affinché nulla cambi. Fuor di metafora, il problema è che al di là dei cambiamenti e delle nuove iniziative messe in atto dall'amministrazione comunale sul fronte della gestione dei rifiuti, siamo di fronte ad una città sempre più sporca. E questo è l'unico dato che conta». C'è anche chi è tornato sul recente passato, soffermandosi sul tasso di rendimento del capitale investito relativo al Pef 2013. «All'epoca è stata fatta una cosa illegittima per la quale si devono delle scuse ai cittadini» ha affermato Stefano Patuanelli (M5S). Ancora più duro l'affondo di Everest Bertoli (Fi): «Il risarcimento morale è un atto nobile ma non basta. Stiamo parlando di una cifra di 1 milione di euro che va assolutamente restituita ai cittadini». Risposta affidata all'assessore al Bilancio Matteo Montesano: «Si è trattato solo di una questione formale. AcegasApsAmga ha messo sotto la voce "tasso di rendimento" quello che in altri casi figurava come "costi generali". Prova ne è che quel documento non è mutato nella sostanza, ma anzi è risultato in linea con gli anni precedenti».

Pierpaolo Pitich

 

 

Ambiente / 1 Flash mob anti trivelle oggi sul Molo Audace

Un flash mob «per sensibilizzare i cittadini sul referendum del prossimo 17 aprile, con cui saremo chiamati a esprimerci sulle trivellazioni nei mari italiani», è annunciato per domani alle 9.30 al Molo Audace dai volontari triestini di Greenpeace.

 

AMBIENTE / 2 Al buio in nome del risparmio energetico

Stasera, come annunciato, le luci della facciata del Municipio di piazza Unità verranno spente dalle 20.30 alle 21.30. Sarà il segno dell’adesione del Comune, in collaborazione con AcegasApsAmga a “Earth hour 2016”, l’iniziativa promossa dal Wwf mondiale che punta a lanciare un messaggio forte sull’importanza della cultura del risparmio energetico. Nel corso della giornata - si legge in una nota del Comune - i cittadini saranno invitati, nei limiti del possibile, all’utilizzo della luce naturale. Anche Allianz Italia informa che spegnerà le luci e le insegne della sede di largo Irneri.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 marzo 2016

 

 

Piano regolatore portuale pronto in aprile
Serracchiani: «Iter chiuso entro metà mese». Accordo con i Comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo per interventi ambientali
«Entro metà aprile contiamo di concludere l'iter di approvazione del piano regolatore del porto di Trieste». Sembra davvero vicina alla conclusione la storia infinita del Prg portuale, e lo annuncia con soddisfazione la presidente regionale Debora Serracchiani al momento di firmare un accordo che, a quell'approvazione, è propedeutico. Il documento, siglato ieri in piazza Unità, istituisce un fondo per operazioni di carattere ambientale proporzionale agli investimenti complessivi delle opere che nei prossimi anni verranno condotte in porto. A sottoscriverlo, oltre a Serracchiani, anche il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, quello di Muggia Nerio Nesladek e quello di San Dorligo Sandy Klun. E ovviamente il commissario dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino. «Questo accordo è estremamente importante - esordisce Serracchiani -, è la parte più rilevante del percorso verso il varo del piano. L'1% degli investimenti che verranno dispiegati per la realizzazione di opere nell'area di pertinenza del porto andrà a costituire un fondo per interventi di carattere ambientale nei Comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo». Si tratta per l'appunto di uno degli ultimi snodi. Il prossimo sarà una delibera di concerto fra la direzione pianificazione ambientale e infrastrutture e la Direzione Ambiente della Regione: «Nel caso in cui i pareri siano positivi, si arriverà al decreto regionale di approvazione. Un iter che confidiamo di aver completato entro la metà di aprile». Soddisfatto Cosolini, che disegna un parallelo fra il piano regolatore e quello cittadino: «Siamo a una doppia svolta molto attesa. Il Prg cittadino arriva a 18 anni dall'ultima versione e così fa quello portuale, dopo un lasso di tempo comunque lungo». L'accordo di ieri è per il sindaco una «novità autentica»: «Il documento prevede un’integrazione fra gli interventi strutturali, che sono inevitabilmente impattanti, con delle misure compensative che assicurano una qualità dell'ambiente. Finora i due aspetti erano visti in aperta contrapposizione, questo accordo li pone in armonia e in questo senso è un elemento di grande innovazione». Per D'Agostino è un momento adatto per tirare le fila di un anno di attività: «Quando sono arrivato a Trieste la situazione era sicuramente diversa da quella che vediamo oggi. Dal marzo dell'anno scorso è iniziato un percorso che ci ha portato ad approvazioni non soltanto regionali o nazionali: penso ad esempio al via libera che il governo sloveno ha dato alla parte ambientale del nostro piano regolatore». Per il commissario dell'Ap «l'accordo per le opere di mitigazione ambientale mette in sintonia porto e Comuni»: «Il porto è una realtà impattante. Bisogna quindi fornire elementi di sostenibilità che riducano questo peso. La firma è un passaggio importante, ma ora si continua a lavorare. Tutte le tematiche sono sui nostri radar, dallo sviluppo all'ambiente». Così il sindaco di Muggia: «Quando approvammo in Consiglio comunale le intese per il prg molti temevano il possibile impatto ambientale. In questo modo abbiamo dato una risposta a quel problema. Per il nostro Comune è importante avere un ruolo all'interno della parte portuale e della zona logistica, dopo quel che è accaduto nell'ultimo anno vediamo innanzi a noi un futuro di ripresa e sviluppo economico». Soddisfatto anche il primo cittadino di San Dorligo: «Non ci affacciamo sul mare ma costituiamo un'area di retroterra rilevante: penso ad esempio alla zona industriale che in momenti di crisi è rimasta da parte».

Giovanni Tomasin

 

Progetto Portis - Integrazione tra città e scalo in arrivo 2,7 milioni di fondi Ue
Come ci si muoverà nel Porto Vecchio del futuro? E in quale modo il vecchio scalo asburgico, una volta “trasformato” dalla sdemanializzazione in atto, verrà collegato con il resto della città? Con mezzi di trasporto su rotaia? Su gomma? O, perché no, a bordo del tram di Opicina “prolungato” fino al mare?

Sono solo alcune delle domande che potranno trovare risposta grazie a Portis (Port-cities Integrating Sustainability), progetto elaborato da un consorzio formato da cinque città portuali europee - Aberdeen, Anversa, Costanza, Klaipeda e, per l’appunto, Trieste -, che si è aggiudicato ben 16,7 milioni di euro da parte dell’Unione Europea nell’ambito di Horizon 2020. Di questi fondi, 2.779.000 euro andranno a Trieste per l’elaborazione di proposte innovative e a misura d’uomo volte rafforzare l’integrazione tra la città e il suo porto. Portis, infatti, si propone innanzitutto di individuare soluzioni di trasporto sostenibile per unire centri storici e porti, per sviluppare o rigenerare aree portuali e per razionalizzare la mobilità turistica tra scali e città. Facile, quindi, intuire come questi fondi rappresentino anche un’occasione unica per elaborare un Piano urbano della mobilità sostenibile cittadino che includa, per la prima volta, anche il Porto Vecchio. «Far parte attiva di un partenariato che è arrivato primo in un bando europeo ci rende orgogliosi - commenta a caldo del sindaco, Roberto Cosolini -. Il progetto in questione riguarda un tema di grande attualità, ovvero l’integrazione città-porto, che può essere estesa anche al Porto Vecchio, destinato a rivoluzionare il concetto di mobilità a Trieste - sottolinea -. Questo non solo perché diventerà una nuova porta d’ingresso della città, ma anche perché, in quanto terreno “vergine”, ci permetterà di partire da zero e di sperimentare forme di mobilità innovativa. Una bella sfida che siamo pronti a cogliere insieme ai nostri partner locali». Accanto al Comune di Trieste, ad avere parte attiva nella progettazione, che durerà quattro anni, saranno anche l’Autorità portuale, l’Università, Trieste Trasporti e Area Science Park. Entrando nei dettagli del progetto, l’attività si concentrerà in particolare sullo studio di soluzioni intermodali e l’implementazione del bike-sharing; sulla creazione di un ufficio tecnico dedicato alla pianificazione dei trasporti all’interno di Porto Vecchio e della città; sull’analisi di un sistema di trasporto ibrido di collegamento delle aree costiere con il centro città e sulla redazione di un Piano urbano per la mobilità sostenibile (Pums). Non solo: grande attenzione sarà dedicata anche alla promozione del turismo crocieristico, con lo sviluppo di una guida relativa ai percorsi pedonali e ciclabili della città, e verrà studiato un sistema integrato di gestione dei parcheggi a pagamento in grado di fornire all’utenza le informazioni sui posti disponibili in tempo reale. Portis non prevede il finanziamento di opere infrastrutturali vere e proprie, tuttavia consente la realizzazione di studi di fattibilità e di soluzioni operative, anche attraverso l’acquisto di strumenti ad hoc (come telecamere e sistemi di rilevazione del traffico), che forniranno la base per i progetti del futuro. «Avremo l’occasione - aggiungono gli assessori Elena Marchigiani e Roberto Treu - di inquadrare le politiche già in atto in uno scenario più ampio di misure volte all’integrazione tra la città, il porto e Porto Vecchio».

Elisa Lenarduzzi

 

La città ideale nasce dai ruderi del Porto Vecchio
Oggi nella sede di Piazzale Europa il primo Green City Workshop organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche
La città ideale è un sogno che ha percorso l'intera storia dell'umanità. Tema ispiratore del Rinascimento, su cui si concentrò la riflessione artistica, architettonica ed urbanistica di quell'epoca, nella nostra contemporaneità si accompagna a due aggettivi, “green”, ovvero rispettosa dell'ambiente circostante, e “smart”, ossia intelligente, in grado di stabilire una forte relazione fra le infrastrutture materiali e il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le abita. Complici le politiche edificatorie scarsamente lungimiranti degli ultimi sessant'anni, nell'immaginario contemporaneo la città ideale non è più una creazione ex novo, ma una riappropriazione di spazi inutilizzati. Parte da questi presupposti il primo Green City Workshop, che oggi riunirà nella sede di Piazzale Europa dell'ateneo giuliano (al primo piano dell'edificio centrale, nell'Aula Cacciaguerra), una ventina di studiosi provenienti da ambiti differenti. Promosso dal Dipartimento Scienze Politiche e Sociali in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria e Architettura triestino e il suo omologo presso l'Università degli Studi di Cagliari, il convegno, con inizio alle 9, si strutturerà in più sessioni, con l'obiettivo di fornire ai partecipanti gli strumenti teorici e applicativi di base per affrontare la progettazione e le tecniche di sviluppo eco-compatibili nella rivalorizzazione ambientale del tessuto urbano. Una sessione del workshop sarà esplicitamente dedicata alle ipotesi di riqualificazione di un'unicità tutta triestina, l'immenso spazio abbandonato rappresentato da Porto Vecchio. Spiega Igor Jelen, professore associato di Geografia economico-politica e organizzatore del convegno, insieme all'ingegnere Giorgio Potepan: «L'idea è quella di promuovere il dialogo multidisciplinare tra chi si occupa di contenitori urbani e chi del loro contenuto, ovvero di ciò che significano per la società». In un panorama, sottolinea Jelen, caratterizzato da un'intera stratificazione di paesaggio urbano in condizioni di abbandono. Porto Vecchio è per Trieste il caso principe, ma basta guardarsi intorno, in Italia e in Europa, per rendersi conto che «oggi la vera emergenza è il recupero di un edificato di grandissimo pregio. Ma paradossalmente le politiche urbanistiche di tipo edificatorio continuano a consumare suolo intonso: il nostro sistema non ha elaborato gli strumenti per recuperare l'esistente». Lavorare sull'esistente è più difficile, ci possono essere problemi in corso d'opera e costi imprevedibili. Ma è questa la vera sfida del futuro. Del caso di Porto Vecchio si discuterà dal punto di vista del contenitore, con l'esperta di storia dell’urbanistica Diana Barillari e l'ingegnere Nicola Strazza, e da quello del contenuto, con il sociologo del turismo Moreno Zago e il manager Marino Firmani. Si porteranno esempi di casi analoghi, porti ottocenteschi recuperati con efficacia, dai Docks di Londra a Puerto Madero a Buenos Aires, da Amburgo a Barcellona. Si proporranno soluzioni per riempire i contenitori con attività ad alto valore aggiunto: legate alle cosiddette “amenities” (dal turismo termale ai family hotel, dall’economia dell’arte e della cultura, ai servizi e alle residenze di comunità attrezzate per categorie deboli) e alle nuove tecnologie, ma anche a quelle tradizionali, oggi meno impattanti che in passato, da recuperare in un contesto di nuova vivibilità urbana e in un'ottica rigorosamente green. Perché se è vero che viviamo in un'epoca in cui è più difficile ottenere grossi investimenti è altrettanto vero che l'alta tecnologia non inquinante non ha più costi proibitivi, consente a lungo termine di realizzare risparmi energetici importanti e garantisce un miglioramento della qualità di vita nell'immediato. Tra le soluzioni amiche dell'ambiente che verranno presentate al convegno c'è per esempio una sottile pellicola fotocatalitica studiata per rivestire edifici, pavimentazioni stradali e pedonali, sviluppata dalla Rimac Green le cui proprietà saranno presentate da Giorgio Potepan. «Grazie al suo contenuto di biossido di titanio – spiega l'ingegnere - Rimac Green agisce per fotocatalisi, come una foglia che trasforma l'anidride carbonica in ossigeno. È un prodotto italiano in grado di abbattere le polveri sottili e gli inquinanti presenti nell'aria, conservare nel tempo la qualità estetica dei manufatti e proteggere asfalto, cemento e ferro dagli agenti atmosferici e chimici». Il cemento fotocatalitico non è una novità: è già stato utilizzato nella Chiesa della Misericordia progettata da Richard Meier a Roma e, più di recente, nel padiglione Italia dell'ultimo Expo. Ma mentre in quei casi si trattava di edifici costruiti ex novo, con il rivestimento ideato in Sardegna si possono ricoprire strutture già esistenti. «Ora studiamo l'utilizzo di questa pellicola proprio in un'ottica di recupero: stiamo testando una colorazione con granito rosa, pensata proprio per edifici storici da riqualificare».

Giulia Basso

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 marzo 2016

 

 

Arrampicate vietate in Riserva fino a giugno

Il divieto di arrampicata all’interno della Riserva della Val Rosandra, per la tutela della nidificazione del falco pellegrino, durerà fino al 30 giugno prossimo.

Questa la precisazione sul recente provvedimenti fatta dai tecnici di San Dorligo della Valle. «A fine aprile – spiegano - le uova del falco pellegrino si sono schiuse da poco e quindi siamo ancora in pieno periodo di nidificazione, è necessario perciò che il divieto sia garantito fino alla fine di giugno». Nello specifico, l’attività di arrampicata sarà vietata sulla falesia nota come “la Bianca” e, in particolare, di tutti gli itinerari a sinistra di quello chiamato “le ballerine”, che rimane invece escluso dal divieto, fino all’ingresso della galleria della pista ciclopedonale che proviene da Sant’Antonio in Bosco. Rimarrà in vigore fino al 30 aprile invece il parallelo divieto di arrampicate per tutelare il corvo imperiale, anch’esso in fase di nidificazione. In questo caso il provvedimento riguarda la falesia “i falchi”, dall’itinerario di arrampicata denominato i falchi di Nerino compreso, fino alla Mazzeni esclusa.

 

 

Palmanova, cinque milioni per far rinascere le mura - Siglato ieri a Roma un accordo fra Stato, Regione e Comune
Grazie all’accordo firmato ieri tra Stato, Regione e Comune cinque milioni di euro piovono su Palmanova per il recupero della Fortezza. «La Fortezza di Palmanova rappresenta un unicum nel panorama delle città fortificate di fondazione in Italia, con poche situazioni confrontabili in Europa e altrove».

È iniziato con queste premesse l'accordo firmato ieri a Roma tra Governo, Regione Friuli Venezia Giulia e Comune di Palmanova. A sancirlo il Ministro dei beni e delle attività culturali Dario Franceschini, la presidente della Regione Debora Serracchiani e il sindaco Francesco Martines. Grazie al protocollo saranno disponibili 5 milioni di euro in tre anni, da qui al 2018; tre arriveranno dal Governo e altri due dalla Regione. Questo permetterà di realizzare i primi lavori urgenti di recupero delle strutture più degradate. Un accordo che conferma come la Fortezza costituisca un patrimonio della storia europea rendendone il recupero uno degli interventi cui Stato e Regione dedicano maggiore attenzione. La firma di ieri pone le basi per una programmazione di interventi di conservazione e valorizzazione nel medio e lungo periodo. Ai fondi confermati, si affianca anche l'impegno nella ricerca di altre risorse europee di competenza statale e regionale. «Dopo la candidatura Unesco 2016 questo protocollo e queste risorse sono un altro forte segnale che dimostra come la Città stellata sia entrata nell'agenda regionale e nazionale. Tutti siamo impegnati nel dare a Palmanova un futuro degno della sua storia e della sua unicità», ha commentato il sindaco Francesco Martines. «Tutto questo è merito della sensibilità della presidente Debora Serracchiani, del ministro Dario Franceschini e dell'assessore regionale Gianni Torrenti, che ringrazio sinceramente perché hanno colto la necessità di salvaguardia e valorizzazione dell'unicità urbanistica e storica di Palmanova, città che rappresenta un'opportunità irrinunciabile per dare un apporto al turismo e all'attrattività internazionale di questo Paese». Anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha voluto inserire una veduta dall'alto della città stellata, nel video di presentazione delle bellezze italiane per il suo tour nei teatri. Dopo il riconoscimento di Palmanova come Monumento Nazionale, questo è il primo atto scritto in cui Stato e Regione riconoscono il valore architettonico e storico della città, nella sua unicità di complesso fortificato di valore europeo e mondiale. Sempre nel protocollo si sottolinea come la Fortezza costituisca un importante polo turistico della regione, la cui adeguata valorizzazione potrebbe avere ricadute importanti in termini economici, anche per i territori circostanti. «Questo accordo di programma è particolarmente rilevante perché si tratta di un monumento nazionale dichiarato tale nel 1960 e da allora è il primo atto ufficiale di valorizzazione», ha detto Serracchiani. «Un gioco di squadra - ha aggiunto - che ci permette di recuperare uno dei siti più belli che abbiamo nel nostro Paese e estremamente importante in questo momento perché si tratta di uno dei luoghi scelti per la candidatura unica per l'Unesco». Le prime risorse saranno impiegate in alcuni restauri «urgenti», ha spiegato poi la presidente, «in particolare le Caserme napoleoniche e alcuni interventi sui bastioni. Poi c'è un impegno di più lungo respiro per la ricerca anche di fondi comunitari in modo che ci sia una valorizzazione che dura nel tempo». Un intervento che, secondo il primo cittadino, unito all'eventuale titolo Unesco, «potrebbe tradursi in un incremento dei flussi turistici del 25-30% all'anno».

Alfredo Moretti

 

Una fortezza a nove punte dal ’60 monumento nazionale.

Città fortezza pianificata dai veneziani nel 1593, Palmanova è chiamata la città stellata per la sua pianta poligonale a stella con 9 punte.

Dal 1960 è monumento nazionale. Nel 1521 la Repubblica di Venezia stipulò con l'Austria il Trattato di Worms che stabilì confini piuttosto anomali, creando un clima di incertezza. Il Senato della Repubblica di Venezia decise così la costruzione di una fortezza, in un punto vicinissimo al confine con gli Asburgo. Il 7 ottobre 1593 venne posata la prima pietra. Dopo una serie di passaggi sotto il controllo della Francia (cui si deve, dopo il 1805, la realizzazione della terza cerchia di fortificazioni con le lunette napoleoniche), nel 1814 Palmanova ritornò agli Asburgo e nel 1866 fu annessa al Regno d'Italia.

 

Porto - Intesa per rilanciare le aree degradate

Oggi nel palazzo della Regione in piazza Unità verrà sottoscritto l'accordo tra la Regione, Comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo della Valle e Autorità portuale attraverso il quale viene costituito un Fondo per destinare risorse a favore del recupero di aree degradate e per nuove aree verdi, nel contesto del Piano regolatore portuale.

 

 

 

 

MOBILITY PRESS - MERCOLEDI', 16 marzo 2016

 

 

Un caffè a Trieste, pedalata alla scoperta del Carso. L'iniziativa per promuovere il cicloturismo
L’iniziativa “Un caffè a Trieste, pedalata alla scoperta delle bellezze di Trieste e del Carso” è stata resa possibile grazie alla collaborazione delle Direzioni Regionali di Trenitalia Friuli Venezia Giulia e Veneto, alla FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) e al contributo della Regione Autonoma FVG.
La pedalata con partenza dal centro città, ha toccato il castello di Miramare, i vigneti della Costiera, i sentieri del Carso, il Santuario Mariano di Monte Grisa per fare rientro, attraverso il Parco di San Giovanni, in piazza Unità.
Obiettivo dell’iniziativa promuovere il cicloturismo che può costituire un’importante spinta per le economie dei territori valorizzandone le bellezze naturalistiche e le valenze storiche, artistiche e culturali.
Il cicloturismo è inoltre una forma di turismo socialmente e ambientalmente responsabile che aiuta ad allungare e destagionalizzare l’offerta turistica.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 marzo 2016

 

 

Un esercito di meduse invade le Rive

A migliaia sono state trascinate dalle correnti verso la costa. Il direttore della Riserva marina Spoto: «Non sono urticanti»
Le meduse sono arrivate. In massa. È un’autentica invasione quella che si vede dalle Rive. Complice l’assenza di vento, dopo la bora che ha spazzato il golfo dei giorni precedenti, le meduse appartenenti alla specie Aurelia aurita hanno raggiunto ieri il golfo di Trieste, mettendo in allarme quanti si apprestano a vivere la stagione balneare. «Per tranquillizzare subito chi ama andare al mare - spiega Maurizio Spoto, direttore dell’Area marina protetta di Miramare - va precisato che si tratta di una specie non urticante per l’uomo, anche se questo non significa che ci si possa accostare a questa tipologia di meduse senza rischi. Le reazioni al tocco di queste meduse possono essere diverse e variare da soggetto a soggetto, perciò meglio essere comunque cauti». A guidare la Aurelia aurita, la cosiddetta “medusa quadrifoglio”, davanti a piazza Unità, è stato il gioco delle correnti. «Quando la bora smette di soffiare - riprende Spoto - le meduse sono preda delle correnti che portano naturalmente verso la costa in particolare davanti alla città». Statisticamente la sciamatura delle meduse inizia a maggio «ma non ci sono regole in questo campo - sottolinea Spoto - perciò il fenomeno in atto da ieri non ha alcunché di eccezionale. Semplicemente, una serie di fattori contingenti ha comportato che migliaia di esemplari si siano raccolti nel golfo davanti alle Rive». La Aurelia aurita è una delle meduse più note e diffuse. È facilmente riconoscibile dalla forma perfettamente sferica del suo ombrello, di un bianco diafano e trasparente, e soprattutto dalla presenza, sulla sommità dello stesso, di quattro strutture circolari, le gonadi, che danno vita a una struttura che ricorda il quadrifoglio, da cui deriva il nome comune della specie. Possiede inoltre corti e sottili tentacoli urticanti, che scendono dal bordo dell’ombrello, dandogli un aspetto frastagliato, e quattro braccia più spesse, evidenti però solo negli individui più anziani. A fronte dell’invasione di ieri, in ogni caso, nel tentativo di spiegarne le cause, c’è chi invoca i cambiamenti climatici e chi l’eccesso della pesca che provoca, come conseguenza, un proliferare di meduse altrimenti preda dei pesci. Di sicuro, come conclude Spoto, le acque del golfo si ritrovano con «un’abbondante presenza di plancton gelatinoso. Ma di certo - conclude il direttore della Riserva di Miramare - non ci saranno ripercussioni sulla stagione balneare perché, al di là del disagio di vedere un gran numero di meduse, problemi per i bagnanti non ci saranno».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 marzo 2016

 

 

Falchi in amore, Valle vietata ai climber

Stop alle risalite sopra il Rosandra fino al 30 aprile per non disturbare l’accoppiamento. Protetto anche il corvo imperiale
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Il corvo imperiale e il falco pellegrino. Sono queste le due specie molto rare che il Comune di San Dorligo della Valle intende salvare con altrettante specifiche ordinanze, che impongono il divieto di arrampicata, fino al 30 aprile, in alcuni punti della Val Rosandra. Si tratta di provvedimenti articolati e precisi, che prendono spunto da segnalazioni fatte da privati ai responsabili della Riserva naturale della Valle e che parlano di «coppie in evidente comportamento di nidificazione». Il corvo imperiale sfruttò il ponte di terra dello stretto di Bering, formatosi durante le ere glaciali del Pleistocene, per colonizzare il Nord America: si tratta quindi di uno dei pochi animali, fra i quali vi sono ad esempio l’alce, il lupo e l’orso bruno, ad essere presenti in ambedue i continenti, senza esservi stati importati dall’uomo. Il falco pellegrino, che è diffuso in quasi tutto il mondo, è noto per l’elevata velocità. Si ritiene possa raggiungere, in picchiata, durante la caccia, velocità superiori ai 320 chilometri orari, fattore che lo rende il più veloce animale vivente. Per quanto riguarda quest’ultimo, il divieto di arrampicata riguarda la falesia denominata “la bianca”, con specifico riferimento a tutti gli itinerari situati a sinistra di quello denominato “le ballerine”, fino all’ingresso della galleria della pista ciclopedonale che proviene da Sant’Antonio in Bosco. L’ordinanza firmata dal sindaco di San Dorligo della Valle, Sandy Klun, che punta a tutelare il corvo imperiale prescrive lo stesso divieto e fino alla stessa data per la falesia chiamata “i falchi”, partendo dall’itinerario di arrampicata denominato “falchi di Nerino” fino alla “Mazzeni” esclusa. «Entrambi i provvedimenti - precisa Claudia Ferluga, dell’Ufficio gestione del Centro visite della Riserva naturale regionale della Val Rosandra - hanno il medesimo obiettivo, quello di salvaguardare la continuità di due specie molto rare come il corvo imperiale e il falco pellegrino. Quando sono in fase di nidificazione - aggiunge l’esperta - è fondamentale lasciarle tranquille da qualsiasi interferenza che può essere rappresentata dalla presenza dell'uomo». A livello normativo, il Comune di San Dorligo della Valle, in qualità di Organo gestore della Riserva, in base alla legge regionale 42 del 1996, che autorizza la stessa amministrazione regionale a firmare convenzioni con soggetti esterni, per assicurare l’adempimento delle funzioni previste dalla normativa, al fine della tutela di habitat o di specie di particolare pregio, «può individuare aree di speciale tutela, all’interno delle quali possono essere vietate attività escursionistiche, alpinistiche o di altra natura». «Il periodo di accoppiamento, deposizione e involo dei piccoli del falco pellegrino e del corvo imperiale - riprende Ferluga - dovrebbe esaurirsi entro il 30 aprile. L’ordinanza punta perciò a garantire la massima tranquillità in questo periodo». A San Dorligo della Valle queste ordinanze non rappresentano una novità: la tutela del falco pellegrino iniziò nel 2008, quella del corvo imperiale lo scorso anno. Ma ogni volta il provvedimento può assumere caratteristiche diverse, in quanto la sua assunzione dipende dagli avvistamenti. «Abbiamo a cuore le sorti della Val Rosandra - ha ripetuto più volte il sindaco Klun - e di tutto ciò che essa rappresenta come patrimonio naturale e turistico non solo del nostro Comune ma dell’intero territorio che la circonda». Le due ordinanze rappresentano perciò la volontà dell’amministrazione di garantire la conservazione del sito e delle specie che vi abitano e che la scelgono per riprodursi. Sabato scorso, Klun e l'assessore Franco Crevatin hanno ricordato che «esiste un preciso Piano che mira alla tutela dell’intera Riserva».

Ugo Salvini

 

Arrampicate in salvo sulle falesie di Duino
DUINO AURISINA - Sussistono i presupposti per il «mantenimento in vigore del provvedimento dell’Organo gestore, che ha correttamente operato nel consentire in linea di massima l’arrampicata, esclusivamente nell’area circoscritta approvata dal Regolamento».

Questo il parere del Comitato tecnico scientifico dell’Organo gestore della Riserva naturale delle Falesie di Duino, cioè il Comune, istituito appositamente dal Consiglio comunale come gruppo di lavoro, che ha il compito di fornire pareri tecnici, consulenze scientifiche e proposte sull’attività di gestione dell’area protetta, e composto anche da esperti faunisti di chiara fama. Un’opinione che, in sostanza, replica alla richiesta formulata in questi giorni dall’ex presidente della Commissione comunale competente in materia Maurizio Rozza, che aveva chiesto a vari livelli il ritiro del provvedimento con il quale l’amministrazione guidata dal sindaco Vladimir Kukanja ha acconsentito allo svolgimento dell’attività di arrampicata sulle famose rocce della Riserva. «Allo stato attuale - aggiungono gli esperti del Comitato - non risultano situazioni tali né presenze accertate del falco pellegrino, ovvero precedenti nidificazioni di tale specie rilevanti a livello comunitario nel medesimo sito, per cui la pratica dell’arrampicata sportiva possa recare disturbo o danneggiare gli habitat nell’area indicata». Un parere chiaro, che si richiama al Regolamento della Riserva delle Falesie, approvato dal Consiglio comunale e adottato dalla giunta regionale, in un’area che il Comitato ricorda essere «ben delimitata, periferica e di piccole dimensioni, posta all’interno della Riserva. Il provvedimento - sottolineano gli esperti - è stato adottato soltanto dopo attente valutazioni sulle attuali condizioni del sito e sulla scorta di idonei monitoraggi faunistico ambientali, effettuati periodicamente sull’area interessata. Per quanto riguarda altre specie - continuano - sono in corso accertamenti che consentiranno di limitare o tempestivamente interdire l’accesso all’area di cui si tratta. È stato scientificamente comprovato da diversi esperti zoologi e dimostrato da anni di esperienza anche a livello locale - concludono - che specie sensibili al disturbo, come il falco pellegrino, possono convivere e nidificare con successo anche in siti prossimi a zone affollate, come il sentiero Rilke, la Val Rosandra o altri siti analoghi. Va pertanto ribadito che, in buona sostanza, la disposizione è stata un atto dovuto».

(u.s.)

 

 

La Riserva di Miramare “salva a parole”
Il Wwf attende ancora l’autorizzazione scritta a restare nel parco. A giorni incontro a Roma sul Museo autonomo
“Verba volant”? Alla Riserva marina di Miramare confidano che la locuzione latina non venga rispettata. Dopo aver rischiato di dover fare le valige e di lasciare la storica sede del Castelletto, a seguito dello sfratto intimato dal direttore del Polo museale regionale Luca Caburlotto, i ricercatori del Wwf Italia, soggetto gestore dell’area marina per conto del ministero dell’Ambiente, stanno ancora aspettando che da Roma arrivi un’autorizzazione scritta che formalizzi la loro presenza all’interno dei ventidue ettari che furono di Massimiliano d'Asburgo e di sua moglie Carlotta. “Scripta manent”: due righe e un timbro, insomma. Quanto basta per voltare definitivamente pagina rispetto a un recente passato che aveva fatto temere di dover traslocare definitivamente dal Gartenhaus, lo storico edificio a due piani in stile eclettico, opera di Carl Junker, che si affaccia sulla baia di Grignano. Di recente il posizionamento di un cartello stradale fra la strada Costiera e via Beirut, indicante l’ubicazione degli uffici dell’area marina protetta, aveva fatto temere una recrudescenza della querelle e un trasloco effettuato in tutta fretta. Niente di tutto questo. Durante il lungo ed estenuante braccio di ferro fra il direttore della Riserva marina Maurizio Spoto e il soprintendente Luca Caburlotto, alcuni uffici del Wwf erano stati trasferiti presso la vicina sede dell’Ictp, il Centro di fisica teorica di Miramare. Una scelta strategica, quella della delocalizzazione, attuata da Spoto in un momento in cui la permanenza della sede operativa del Wwf all’interno del parco di Miramare sembrava essere seriamente a rischio. È stato l’assessore regionale alla Cultura Gianni Torrenti, invece, a due giorni dalla deadline fissata per il 31 dicembre scorso, ad annunciare il raggiungimento dell’intesa fra il Mibact, il ministero per i Beni e le attività culturali, e il dicastero dell’Ambiente. «È stato sottoscritto un accordo - le sue parole - per consentire al Wwf di proseguire la sua attività all’interno dell'Area marina protetta di Miramare». Parole, quelle pronunciate da Torrenti, che avevano fatto tirare un sospiro di sollievo alle migliaia di persone che nel frattempo avevano sottoscritto una petizione in favore del Wwf. Parole, però, alle quali non ha fatto seguito alcun atto ufficiale che documenti l’intesa raggiunta. «Rimaniamo in attesa, anche se siamo consci che la nostra vicenda fa parte di una riorganizzazione complessiva dell’intero sito di Miramare» spiega Spoto. Dopo il declino, il possibile riscatto. A metà gennaio, infatti, il ministro Dario Franceschini aveva annunciato la nascita di dieci istituti autonomi, tra musei e siti archeologici, che si sarebbero aggiunti ai primi venti già noti. Fra questi, appunto, Miramare. Da allora sull’intera vicenda è calato il silenzio, tanto da spingere il deputato triestino del Gruppo Misto Aris Prodani, uno che su Miramare si è consumato le mani a forza di scrivere interrogazioni, a richiedere al ministro del Mibact l’ennesima delucidazione: «Intende verificare (il ministro, ndr) in maniera autonoma le reali condizioni del parco e del castello di Miramare? Può il ministro fornire una previsione in merito alle tempistiche necessarie per la piena operatività dei dieci istituti autonomi previsti? Intende inviare degli ispettori per accertarsi del corretto operato della dirigenza del Polo museale regionale e per predisporre la revisione e l’attualizzazione del masterplan elaborato dalla stessa dirigenza?». In attesa che queste domande trovino risposta da parte del ministro Franceschini, è l’assessore regionale Torrenti a provare a fare un po’ di luce sulla questione. «Questa settimana sarò a Roma - spiega - e potrò avere un quadro della situazione più chiaro. Di sicuro c’è che il ministero sta attivando le procedure per indire un bando di gara internazionale che servirà a individuare i direttori dei nuovi istituti autonomi». Alla nuova figura dirigenziale spetterà il compito di decidere sulla questione Riserva marina ed è probabile che il ministero voglia attendere la sua nomina prima che vengano definite alcune strategie strettamente operative. «Credo che andremo incontro a un ulteriore periodo di proroga - conclude Torrenti - in attesa che venga compiuta la scelta definitiva».

Luca Saviano

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 marzo 2016

 

 

La “guerra delle falesie” arriva a Bruxelles - l consigliere comunale Rozza presenta formale istanza di revoca dell’arrampicata e la inoltra alla Ue
DUINO AURISINA - Dopo le improvvise dimissioni da presidente della commissione consiliare per l’Ambiente, presentate qualche settimana fa, ora rilancia con una formale richiesta di «revoca urgente della disposizione emessa dal Comune, in qualità di organo gestore della Riserva delle Falesie, con la quale si permettono le arrampicate sulle rocce».

Maurizio Rozza, consigliere comunale del gruppo misto nel consiglio comunale di Duino Aurisina, si allontana sempre di più dalla maggioranza che sostiene il sindaco Vladimir Kukanja. Spiegando le ragioni della sua richiesta, formulata su carta intestata di Wwf, Lac, Lav, Legambiente e Lipu, associazioni alle quali è particolarmente vicino, il consigliere comunale ricorda che «l’arrampicata sulle Falesie deve essere severamente vietata durante l’intero arco dell’anno, come prescrive il Piano di conservazione e sviluppo, con il quale la disposizione emessa dal Comune si pone in netto contrasto». Subito dopo Rozza ribadisce i motivi del divieto: «Le priorità riguardano la tutela delle varie specie di avifauna che in quell’area nidificano e che, come tutti sanno o dovrebbero sapere, questa operazione fanno nel mese di marzo e che inoltre può avvenire solo in totale assenza di disturbo e di attività che possano essere percepite come un pericolo per il successo riproduttivo». Evidente il riferimento alle arrampicate che peraltro la disposizione del Comune delimita e sottopone a specifiche autorizzazioni. Rozza sottolinea poi che «il Regolamento adottato dalla Regione per la tutela della Riserva prevede che eventuali autorizzazioni alle arrampicate possono essere concesse solo dopo un iter autorizzativo ad personam, condizionato a limitazioni di tempo e subordinato a precise prescrizioni, e non in base a una disposizione erga omnes. Il documento del Comune - insiste il consigliere - non individua con precisione il percorso che eventuali arrampicatori dovrebbero utilizzare, elemento che invece dovrebbe essere definito nei dettagli». Non basta. Rozza continua definendo «del tutto insensata la deroga che consente a chiunque l’accesso all’area in questione, mentre permane il divieto di nuoto e di navigazione, anche con canoe, nella fascia di mare di sessanta metri antistante le Falesie. Divieto quest’ultimo motivato dall’esigenza di evitare la presenza antropica e limitare così il disturbo verso le Falesie stesse». Per tutti questi motivi, Rozza chiede al Comune «la revoca urgente dell’atto emesso dal Comune in qualità di organo gestore della Riserva», comunicando tale richiesta anche alla Regione, al ministero per l’Ambiente e la Tutela del territorio e del mare, alla direzione Ambiente della Commissione europea.

Ugo Salvini

 

 

Crociere in Porto vecchio, parte lo studio
L’Autorità portuale sta verificando la possibile riconversione dell’Adriaterminal. Aperture da parte dell’attuale terminalista
Piccole navi da crociera e traghetti passeggeri all’Adriaterminal al posto di quello che è l’ultimo terminal commerciale del Porto vecchio. Lo studio è appena agli inizi ma, a determinate condizioni, avrebbe la condivisione dell’attuale terminalista: Genoa metal terminal che fa parte del gruppo Steinweg-Handelsveem di Rotterdam. La riqualificazione complessiva dell’area passa soprattutto attraverso una sua valorizzazione in chiave turistico-culturale non solo nella visione del Comune, ma anche in quella dell’Autorità portuale sotto la cui giurisdizione l’Adriaterminal rimane dato che, assieme a tutta la fascia di costa, non verrà sdemanializzato. Non è passata inosservata nel corso dell’incontro dedicato al Porto vecchio e organizzato dal Propeller club una frase pronunciata dal segretario generale dell’Authority Mario Sommariva che ha parlato di un uso diverso sotto il profilo dei traffici dei terminal esistenti dato che l’orientamento scelto per le banchine della parte antica dello scalo è quello di riservarle a marina per imbarcazioni da diporto, eventualmente anche megayacht, o a un utilizzo di tipo crocieristico. Lo studio è appena all’inizio per cui è impossibile conoscere qualche dettaglio dall’Autorità portuale e tantomeno dal terminalista che da anni non fornisce ai media dati sui suoi traffici. L’Adriaterminal occupa un’area di circa 70mila metri quadrati di cui 25mila di magazzini coperti, ha 570 metri lineari di banchina con fondali di quasi 12 metri. Fino al 2022 è in concessione a Genoa metal terminal, società specializzata in spedizioni, trasporto, stoccaggio e movimentazioni soprattutto di metalli non ferrosi, acciai, ferroleghe e rottami. Alcuni dei magazzini (12, 13 e 14) sono autorizzati dal London metal exchange, la Borsa dei metalli non ferrosi più importante del mondo e il Magazzino 13 è autorizzato anche dal Liffe per lo stoccaggio di caffé e cacao. Nell’ambito della casa madre olandese comunque non mancherebbe l’expertise riguardo ai traffici passeggeri e la riconversione potrebbe costituire una crescita del business per lo stesso terminalista. Lo studio prefigurerebbe un arrivo nel breve-medio termine di traghetti pax e piccole navi bianche prima che un’analisi più approfondita includa l’apertura di un dossier su ipotizzabili allungamenti delle banchine o tagli della diga. In linea con questi obiettivi, sembrano destinate a sparire presto le quattro caratteristiche gru gialloblù che l’Autorità portuale ha già messo in vendita lo scorso dicembre per cinque milioni. Il traffico crocieristico non andrebbe ad escludere ma si affiancherebbe a quello che oggi si svolge sul Molo Bersaglieri, quasi di fronte a piazza Unità. La prima operazione da fare, oltre all’acquisizione del traffico, sarebbe la trasformazione in Stazione marittima di uno o più magazzini dell’Adriaterminal.

Silvio Maranzana

 

Dal Politecnico di Vienna il futuro dell’antico scalo - L’architetto triestino Luca Paschini ha chiesto agli studenti di progettare gli spazi
I risultati in mostra da domani nella sede austriaca dell’Istituto italiano di cultura
È dedicata a Trieste la nuova iniziativa dell'Istituto Italiano di Cultura di Vienna: una mostra innanzitutto, ma anche un contributo al dibattito su un tema cruciale per la città giuliana, quale la rivitalizzazione del Porto Vecchio. Da domani e fino all’8 aprile, col titolo “Trieste città nuova”, saranno infatti esposti i nove risultati di un progetto avviato a ottobre proprio su questo tema da ventidue studenti del corso di master in Progettazione della Città, all'Istituto di Urbanistica del Politecnico di Vienna, sotto la guida di due docenti dell'ateneo: lo svizzero Christoph Luchsinger e il triestino Luca Paschini. Proprio all'architetto italiano laureato alla Iuav di Venezia e con esperienze universitarie anche in Gran Bretagna e in Cina, ma ormai viennese di adozione, si deve l'idea di chiedere ai propri studenti un approfondimento e una riflessione su cosa possa diventare quell'area portuale nel futuro di Trieste: «I nove progetti che sono nati in questo anno accademico non ambiscono a essere soluzioni: sono ovviamente innanzitutto esercizi accademici - dice l'architetto Paschini - tuttavia hanno fatto emergere alcuni temi a mio avviso molto validi». Agli studenti era stato chiesto, da un lato, di individuare possibili temi e funzioni capaci di catalizzare e attrarre nuove risorse da fuori: «Una nostra idea portante è infatti che lo sviluppo di un area così grande come il Porto Vecchio non possa essere gestito solo con risorse locali e che servano dunque forze esterne, sia in termini economici, sia di persone. Un'altra nostra convinzione è che solo attraverso la costituzione o il mantenimento di alcune eccellenze o alcune specialità, che le differenzino, le città medio-piccole potranno attrarre nuove risorse o almeno non perdere quelle già presenti, e avranno la capacità di mantenere in futuro una buona qualità di vita. Ma per garantire questi sviluppi, è nell'oggi che la città, e per città intendo tutte le forze sociali, politiche, economiche e culturali, deve costruire ragioni e motivi per cui le persone vogliano venire a Trieste o vogliano restare a Trieste. In questo senso, due naturali domande da porsi sono: Perché un investitore internazionale dovrebbe impegnare i suoi capitali a Trieste e non a Marsiglia, e perché un abitante di Bonn dovrebbe venire a vivere a Trieste?». Per stimolare una risposta positiva a questi quesiti, Paschini intravede un'unica via maestra: «Proposte innovative, che producano soluzioni originali e di esclusiva realizzazione a Trieste. Certo in Porto Vecchio ci sarà la necessità di costruire appartamenti, negozi, uffici o centri commerciali, ma se non ci sono anche delle idee innovative, con dei buoni motori economici alla base, tutto il resto rischia di restare desolatamente vuoto». Oltre a una riflessione a tutto campo, agli studenti era stato chiesto anche di proiettare lo sguardo in avanti, prosegue Paschini: «Sono convinto che lo sviluppo di un’area grande e rilevante come il Porto Vecchio di Trieste necessiti di un’ampia riflessione che coinvolga tutto il futuro della città. Trieste non potrà mai porsi a confronto con Milano o Vienna, ma può competere su alcuni punti. Di recente il capoluogo giuliano ha saputo rinnovare diversi spazi pubblici che funzionano molto bene, ma Trieste forse dovrebbe guardare al coraggio e alla capacità che Vienna ha avuto nell'evolversi adattandosi alle esigenze che cambiano, gestendo nelle ultime due decadi un significativo processo di trasformazione urbana. Non solo: la capitale austriaca ha rinnovato il suo centro storico e ha saputo aggiungere nuove attività - nella ricerca avanzata e applicata, nel terziario e nel settore turistico ricettivo - che hanno riqualificato anche diverse aree fuori dal Ring». In mostra all'istituto Italiano di Cultura, una ventina di grandi pannelli da 3 metri ciascuno, oltre a modelli e plastici di studio, raccontano nove diverse visioni di Trieste. Fra di esse, un progetto cerca di far propria l’esperienza accumulata in città nel settore socio-sanitario e psichiatrico, per proporre nell’area del porto un centro benessere e di riabilitazione psico-fisica, con luoghi di cura ma anche di spa, attività sportive e di intrattenimento: «La città è stata vista dagli estensori di questo particolare progetto come un luogo di produzione del benessere, un’attività e un tema che potrebbero attrarre a Trieste molte persone». Di tre studenti italiani è il progetto “Sea City”, che rivede tutta la linea di costa, ipotizzando alcuni edifici nuovi sull'acqua e proponendo una nuova spiaggia. «Rising City ha lavorato invece sul tema del possibile innalzamento delle acque marine e quindi ha ipotizzato una prima fascia costiera conquistata dal mare - spiega ancora Paschini -: in questo scenario la fascia si trasforma talvolta quasi in un arcipelago, in cui il mare può liberamente entrare ed uscire, avvolgendo e in alcuni casi anche entrando negli edifici. Un progetto visionario ma affascinante per la sua carica poetica e per la capacità di costruire spazi veramente unici». Il giudizio di Luca Paschini sull'operato dei suoi studenti è positivo: «Si tratta di progetti di ragazzi che si sono confrontati per la prima volta con un’area così grande, complessa, molto difficile da gestire e progettare. Ritengo però che diverse loro soluzioni possano essere declinate in progetti reali e possibili».

Flavia Foradini

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 marzo 2016

 

 

Pronto il “lifting” per la Val Rosandra

Predisposto dal Comune di San Dorligo un Piano di conservazione e sviluppo dell’area da sottoporre alla Regione
SAN DORLIGO DELLA VALLE - La Riserva della Val Rosandra «è una priorità per questa amministrazione ed è per tale motivo che abbiamo predisposto un Piano di conservazione e sviluppo dell’area da sottoporre alla Regione con l’obiettivo di ottenere la necessaria approvazione entro l’autunno, in modo da poter iniziare i relativi interventi nel corso dell’inverno e nella primavera del 2017». Il sindaco di San Dorligo della valle, Sandy Klun, è entrato in prima persona ieri, nell’ambito della discussa situazione della Val Rosandra, per chiarire una situazione «che non potevamo commentare fino a poco tempo fa, perché era in corso un procedimento giudiziario». A muovere Klun, e con lui l’assessore Franco Crevatin, sul tema, sono state alcune notizie apparse sulla stampa «che reputiamo per lo meno inesatte - ha sottolineato Crevatin - e presentate da alcune associazioni ambientaliste in una modalità che non condividiamo. Come Comune - ha insistito Crevatin - siamo organo gestore della Riserva, e non siamo rimasti inerti come qualcuno ha dichiarato, anzi. Con la collaborazione del professionista incaricato della redazione del Piano, la società Naturstudio di Giuliano Sauli, stiamo cercando di risolvere tutti i problemi legati alla valle e più in generale quelli dell’intera Riserva. Ci aspettiamo collaborazione e non interferenze - ha concluso Crevatin - che creano solo ingiustificati allarmismi». Sauli ha precisato che i primi interventi consisteranno «nella rimozione parziale dei sedimenti di ghiaia accumulatisi nel tempo per migliorare la funzione idraulica, nella pulizia delle specie invasive come erbe e legname e nella potatura dei pioppi superstiti, in modo da favorire un nuovo infoltimento della zona nella quale sono stati effettuati i famosi tagli». «La Riserva, di cui la valle è il principale ma non unico elemento - ha ripreso il sindaco Klun -, è una delle nostre risorse: per questo il Piano prevede interventi fino a Grozzana». «Uno dei primi interventi - ha aggiunto Crevatin - riguarderà la briglia, che andrà svuotata, in modo che, in caso di piena, l’acqua del torrente perda forza. Abbiamo consapevolezza della fragilità della zona - ha concluso - perciò serve il rispetto di tutti per conservare la valle anche per quanto concerne i diritti dei residenti». «Bisognerà trovare un giusto equilibrio fra conservazione e sviluppo - ha osservato Sauli - in quanto la prima riguarda la Riserva vera e propria, e lo sviluppo tutto ciò che le ruota attorno cioè parcheggi, accoglienza, richiami turistici». Klun ha infine annunciato che «si richiederanno alla Regione le risorse finanziarie per poter procedere più spediti con gli interventi. Ci siamo incontrati anche con le Comunelle, per il 90% proprietarie dell’area della Riserva, le quali sono d’accordo con noi sul Piano. Anche alcune associazioni ambientaliste hanno aderito». Ieri Klun, Crevatin e Sauli hanno effettuato un sopralluogo in Val Rosandra, accompagnati da Roberto Potocco, presidente della commissione Ambiente, e Mitja Lovriha, responsabile dell’Ufficio ambiente del Comune.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 marzo 2016

 

 

Tutti assolti per i rifiuti di Servola

Finisce nel nulla la maxi inchiesta dei carabinieri del Noe sulle operazioni di trasporto e smaltimento eseguite dalla Mefter
Tutti assolti. Nessun reato dietro alle operazioni di trasporto e smaltimento di oltre seimila tonnellate di rifiuti della Ferriera di Servola e della Sertubi da parte della Mefter di via Caboto, la storica azienda triestina che si è specializzata nel recupero dei rottami ferrosi, di quelli non ferrosi e dei metalli, nonché nella demolizione di impianti civili e industriali e nella raccolta e trasporto dei rifiuti, acquisendo un’esperienza trentennale nell’attività di recupero dei rottami in prodotti siderurgici per le acciaierie e fonderie. A pronunciare la sentenza di assoluzione è stato il gup Guido Patriarchi, al termine del processo celebrato con rito abbreviato, accogliendo in sostanza le richieste del difensore Giovanni Borgna che ha sostenuto la correttezza delle operazioni effettuate dagli accusati. Altri imputati, come Benito e Andrea Caris, erano stati assolti già all’udienza preliminare. Il pm aveva chiesto un anno e 4 mesi per Michele Montrone, un anno e 2 mesi per Diego Montrone e Gabriella Cum, 9 mesi per Renzo Spessot e 7 mesi per tutti gli altri imputati. La vicenda giudiziaria era stata innescata da un’indagine dei carabinieri del Noe coordinata dal pm Giorgio Milillo riguardante il periodo tra settembre 2010 e aprile 2011. In pochi mesi erano stati monitorati dai militari centinaia di viaggi dei camion che prelevavano i rottami a Servola e poi li trasportavano in altri impianti in tutta Italia. Sotto la lente era finita l’attività di Michele e Diego Montrone, Gabiella Cum, Valentina Randazzo, Sara Albertini, Eva Vozlic, Tania Turri, Dino Viezzoli e Renzo Spessot, tutti a vario titolo con ruoli di responsabilità nella Mefter di via Caboto e in altre società direttamente e indirettamente collegate. In particolare l’accusa - poi smontata dall’istruttoria nel corso della quale è stato effettuato un incidente probatorio consistito in una perizia affidata al professor Marco Boscolo, già consulente della procura in svariate inchieste sulla Ferriera - è stata quella di gestire in maniera illegale l’enorme quantità di rifuti ferrosi, in particolare ghisa in piastroni, crostoni o granulare. Rifiuti che erano stati classificati di tipo semplice e dunque non inquinanti né pericolosi. Questo materiale, secondo gli accertamenti dei carabinieri, non era stato trattato ma, nonostante questo, era stato inviato in varie fonderie con l’indicazione di “materia prima secondaria”, violando la normativa. Non solo. L’accusa era stata quella di aver gestito quei particolari prodotti di scarto della produzione senza alcuna autorizzazione. Insomma, fuorilegge. Asse portante dell’inchiesta dei carabinieri del Noe erano state le intercettazioni telefoniche che all’epoca avevano permesso alla procura di individuare una fitta rete di rapporti sommersi per effettuare i trasporti di rifiuti pericolosi in modo facile e soprattutto senza grossi costi economici. Ma quei rifiuti - crostoni e piastroni di ghisetta - non erano da considerarsi particolari bensì conformi alla normativa europea. E dunque il trasporto e la gestione, secondo il giudice Patriarchi, non comportava alcuna autorizzazione speciale e nemmeno delle metodologie operative particolari, al contrario di quanto avevano ipotizzato i carabinieri nelle numerose informative al termine delle quali era scattata l’inchiesta che si è conclusa con una generale assoluzione.

Corrado Barbacini

 

Siderurgica Triestina: «Le nuvole di vapore sono un effetto dello spegnimento del coke»
Uno degli aspetti più appariscenti dell’attività della Ferriera di Servola è dato dalle nuvole di vapore che, ogni venti minuti circa, si levano dalla cokeria.

Siderurgica Triestina ne è consapevole tanto, che con una nota, chiarisce subito che «tali nuvole sono un naturale effetto dello spegnimento tramite acqua del coke incandescente e che l’analisi dei vapori conferma il pieno rispetto del limite emissivo di polvere di carbone previsto dalla legge europea basata sulle migliori tecnologie disponibili (Bat)». Non basta. «Siderurgica Triestina, continuando il percorso di condivisione dei dati relativi alla gestione degli impianti della Ferriera, rende nota la positiva conclusione dei test effettuati a fine febbraio sul vapore della torre di spegnimento del coke. L’azienda - continua il comunicato stampa - precisa altresì di aver innalzato di tre metri la suddetta torre per adeguarla alle migliori tecnologie disponibili, che prevedono un’altezza di 30 metri e anche l'impiego di un impianto interno di raffreddamento con acqua emessa da uggelli alla pressione di 8 bar».

 

 

Nuovo “sos” per l’amianto nelle caserme
L’Associazione Finanzieri esposti: «Bonifiche non finite». Zullo: «Pressing per ottenere fondi Ue»
“Amianto: quali progressi?”. È il titolo del convegno che si è svolto ieri al Circolo della stampa organizzato dall'Associazione “Finanzieri esposti amianto”. Quattro i decessi per mesotelioma pleurico che si sarebbero verificati a Trieste tra i finanzieri a causa dell’esposizione alle famigerate fibre. Spiega Lorenzo Lorusso, responsabile dell’associazione: «Alcuni di loro facevano parte della Squadra minuto mantenimento, composta da finanzieri-operai, che in alcune circostanze hanno manipolato senza alcuna protezione eternit ed amianto oltre ad esservi stati esposti». La legge che ha messo definitivamente al bando l’amianto in Italia è la 257 del 1992 ma «ancora oggi - prosegue Lorusso - a Trieste ci sono caserme da bonificare o che sono state bonificate malamente. Per esempio nell’ex caserma di Passeggio Sant’Andrea (attualmente Comando regionale delle Fiamme Gialle) è stata fatta una microscopia ottica e non elettronica perché con quella ottica si vedono meno fibre rispetto a quella elettronica che è più sofisticata». Secondo l’associazione durante i lavori di bonifica il personale avrebbe svolto regolare servizio e non sarebbe stato evacuato, a titolo precauzionale, dalla caserma. Infine il Comando regionale - Ufficio sicurezza sul lavoro avrebbe negato ai dipendenti che ne avevano fatto richiesta il previsto curriculum lavorativo, necessario per intraprendere l’iter risarcitorio previsto dalla legge 257/1992, tuttavia alcuni di loro hanno ottenuto l'iscrizione nel Registro degli esposti con l'avallo dell'Azienda sanitaria. Nel Registro del Fvg ci sarebbero circa 9mila persone. A livello nazionali ci sono stati 234 casi di mesotelioma pleurico nel personale delle forze armate. «È molto difficile stabilire quando è iniziato il tumore - spiega Claudio Bianchi, noto anatomopatologo di Monfalcone - perché il mesotelioma può avere un periodo di incubazione a volte superiore ai 50 anni». Fatto noto la quantità di amianto che ha transitato nel nostro porto in sacchi che a volte si rompevano e rimanevano esposti alla bora e così la polvere si diffondeva. Presente al convegno anche l'assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni «venuto per ascoltare». Al tavolo dei relatori Ilaria Dal Zovo e Marco Zullo rispettivamente consigliere regionale e europarlamentare del M5S. Quest’ultimo - in mattinata sentito in audizione in Consiglio regionale insieme all’europarlamentare Pd Isabella De Monte - ha dichiarato: «È possibile utilizzare i fondi strutturali europei per azioni di bonifica dell’amianto a condizione di inserirlo esplicitamente nei piani operativi redatti sul piano nazionale o regionale. Da un rapido controllo la parola amianto non compare nei piani regionali. Faremo pressione per sviluppare all’interno dei piani operativi capitoli specifici per la rimozione dell’amianto e per tutelare e risarcire lavoratori che sono stati esposti alle fibre in modo da poter utilizzare i soldi europei».

(l.m.)

 

 

La Regione punta sul risparmio energetico
L’assessore all’Ambiente al convegno sull’economia circolare: «Risorse importanti per edifici efficienti»
UDINE «Il Friuli Venezia Giulia ha esempi virtuosi in tema di uso delle risorse ambientali, che dimostrano la determinazione verso il cambiamento. La grande sfida è quella di individuare la strategia, adottare strumenti pianificatori, colmando vuoti e investendo sulla prevenzione». Lo ha affermato l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito, intervenendo al convegno su “L’economia circolare”, dedicato alle novità normative in materia ambientale previste dal pacchetto sull’economia circolare adottato dalla Commissione europea, organizzato da Legacoop alla Camera di commercio di Udine. Per questo la Regione, ha ricordato Vito, ha lavorato al Piano energetico, in fase di attuazione e che vede nell’efficientamento energetico il suo pilastro. Lo scorso anno l’amministrazione ha investito nel risparmio energetico dei comuni con una campagna che ha coinvolto oltre un centinaio di enti locali. Anche la programmazione 2014-20 prevede risorse importanti per l’efficientamento di edifici pubblici fortemente energivori, come scuole e ospedali. Per quanto riguarda i beni durevoli, l’assessore Vito ha ricordato che da tempo la Regione mira alla promozione dei centri di riuso, sulla cui realizzazione l’anno scorso la giunta ha investito 550 mila euro. A tratteggiare i punti chiave della normativa sull’economia circolare è stato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile ed ex ministro dell’Ambiente, che ha spiegato che «l’Europa sta indicando una nuova strada da percorrere, non solo in termini di raccolta differenziata, ma come innovativa impostazione dell’economia che deve essere circolare». Il presidente di Legacoop Fvg, Enzo Gasparutti, ha indicato come obiettivo quello di «innescare una crescita basata sulla green economy, ponendo le fondamenta per una profonda trasformazione del nostro modo di produrre, lavorare, acquistare e, nel contempo, favorendo la creazione di nuovi posti di lavoro “verdi”».

 

 

La centralina di piazzale Rosmini sotto tiro
La circoscrizione propone soluzioni alternative. Sopralluogo con l’assessore Laureni e i tecnici Arpa
La centralina per il monitoraggio dell’aria di Trieste installata dall’Arpa nei mesi scorsi nel giardino di piazzale Rosmini continua a far discutere il rione di San Vito: i residenti affermano che la zona verde è stata deturpata e che non ci sono stati né discussione né preavviso. Come stabilito pochi giorni fa durante un “summit” nella sede della circoscrizione, ieri l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, i tecnici dell’Agenzia regionale e alcuni residenti e componenti della quarta circoscrizione, hanno effettuato un sopralluogo in altri spazi adiacenti, proposti come alternativi rispetto alla posizione scelta dall’Arpa dalla stessa circoscrizione con il presidente Luca Bressan (Pd) che, al termine, si è detto soddisfatto. Tra le alternative si è individuata inizialmente la parte alta del giardino Basevi. Successivamente è stata proposta, sempre nel piazzale Rosmini, un’altra postazione all’interno del parcheggio di fronte alla chiesa Madonna del Mare, sul lato destro, dove eventualmente si dovrebbero eliminare undici posti auto sia per far spazio alla centralina che per mantenere una certa distanza dai mezzi, dettata dal protocollo. Infine, l’ultima idea riguarda la Scala Campi Elisi. I tecnici dell’Arpa hanno tuttavia evidenziato che, in qualsiasi ipotesi, sarebbe necessario tagliare alcuni alberi “di disturbo” sia per l’ingombro in altezza e sia per la diffusione di eventuale polline. Nel caso in cui una di queste nuove posizioni venisse ritenuta idonea dall’Agenzia regionale per l’ambiente resta ancora un punto di domanda sui tempi di attesa per l’approvazione, che deve passare attraverso Comune, Regione e Soprintendenza. La centralina di piazzale Rosmini è una delle quattro nuove postazioni realizzate dall’Arpa, a cui si aggiungono Basovizza, piazza Volontari Giuliani e piazza Carlo Alberto. Nei primi due casi sono già state realizzate ma non ancora funzionanti a causa del mancato allacciamento elettrico. Attiva invece la terza e in costruzione la quarta. La base per l’«astronave» di piazzale Rosmini, il cui colore, come le altre, sarà il bianco «perché meno impattante rispetto al verde secondo la Soprintendenza» ha spiegato Alessandra Pillon, tecnico del Centro regionale modellistica ambientale, è destinata a diventare la principale a Trieste. A consentire però che l’Arpa installasse questa nuova costruzione è stata una delibera del Comune, nonostante in dicembre il sindaco, hanno riferito i residenti, «avesse detto che non ne sapeva niente». Risposta di Laureni: «Il sindaco non riesce a controllare tutto». Questa centralina, ha spiegato Fulvio Stel, responsabile della Qualità dell'aria, "misurerà tutti gli inquinanti e per questo motivo il basamento è più grande". Al massimo, potrebbe essere ridotta di undici metri quadrati. Ora si attendono le relazioni dell'Arpa sul sopralluogo di ieri, a cui, come detto da Laureni, "spetterà comunque l'ultima parola".

Benedetta Moro

 

 

PIAZZA DELLA BORSA Un presidio contro la guerra

Il comitato Trieste per la pace contro le guerre aderisce alla Giornata nazionale del 12 marzo contro la guerra. Oggi alle 11 conferenza stampa in uno dei luoghi storici del pacifismo, la sede del Comitato pace e convivenza in via Valdirivo 30, per spiegare le ragioni di questa mobilitazione. Dalle 16 in poi il Comitato sarà presente in piazza della Borsa per denunciare il coinvolgimento italiano nella guerra che si profila in Libia. Al presidio parteciperà il coro pacifista Voci arcutinate. Infine, lunedì il dibattito “I traffici di armi italiani verso i Paesi in guerra” con il giornalista Giorgio Beretta.

 

 

Esperti di ambiente in Val Rosandra

L’assessorato all’Ambiente del Comune di San Dorligo della Valle terranno oggi un incontro in Val Rosandra davanti al ponte sul Rosandra vicino al rifugio Premuda. L'argomento dell’incontro sarà lo stato dell'arte relativo al procedimento attuativo in corso del Piano di conservazione e sviluppo della Val Rosandra.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 marzo 2016

 

 

«Va cambiata la variante per il Porto vecchio» - L’incontro al Propeller Club
Una focalizzazione più stringente delle questioni aperte ma anche di quelle in via di risoluzione nell’ambito di un cronoprogramma sempre più stringente, ma anche il riaprirsi di vecchie divisioni che rischiano di inquinare il processo. Non ha fatto mancare nulla l’incontro di ieri sera al Propeller club introdotto dal suo presidente Fabrizio Zerbini e dedicato alla rivoluzione del Porto vecchio.

Il sindaco Roberto Cosolini ha annunciato una visita entro il mese all’area del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti a testimonianza dell’interesse che l’operazione suscita nello stesso Governo e ha citato ora quattro questioni aperte: lo strumento urbanistico («Bisogna vedere - ha detto - se la variante Barduzzi è ancora attuale, ma secondo me va cambiata»), i vincoli («Vanno eliminati quelli eccessivi») le infrastrutture (realizzazioni di collegamenti viari, energetici, ecc.) e lo strumento societario che dovrà procedere alla messa sul mercato dell’area («dovrà essere una società a controllo pubblico, ma non esclusivamente del Comune»). «L’obiettivo dello studio che l’advisor Ernst&Young ha avviato - ha spiegato - si traduce essenzialmente nella frase: quali sono le condizioni da creare per far arrivare i soldi?». «Va costruita una macchina - ha aggiunto il docente universitario Vittorio Torbianelli - per attrarre nel modo migliore gli investitori internazionali». «Con la sdemanializzazione - ha spiegato il segretario generale dell’Autorità portuale Mario Sommariva - è ora possibile un’operazione prima impossibile e che aveva creato un mostro giuridico quale una concessione per 90 anni». È quella a favore della società Greensisam per i primi cinque magazzini e i piazzali antistanti. «É da qui - aveva detto Cosolini confermando le anticipazioni dei giorni scorsi - che partirà l’allargamento della città con un’operazione stralcio». Le polemiche, pur se nell’ambito di discorsi estremamente pacati, sono riesplose alla fine. Stefano Visintin, presidente dell’Associazione spedizionieri ha tratteggiato un’idea di Porto vecchio che comprende crociere e traghetti nella parte iniziale, il Polo museale al centro e una ricollocazione del Punto franco da qui fino a Barcola per sviluppare attività industriali, scientifiche ed espositive». A stento Federico Pacorini, precursore della “liberazione” del Porto vecchio, è riuscito a mantenere il suo aplomb anglosassone contrastando questa opzione. «Mai come ora - ha affermato - si assiste a un ampliamento degli spazi commerciali in Porto nuovo: all’ex Aquila, sul Canale navigabile, con la Piattaforma logistica e la banchina Arvedi. Il porto commerciale in Porto vecchio non si può fare. Con orrore sento che rispunta il Punto franco. Se non vi sarà il consenso delle categorie economiche e un sostegno più convinto della Regione la rivoluzione si fermerà di nuovo».

Silvio Maranzana

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 marzo 2016

 

 

Duino Aurisina prepara il “piano verde” - Primo confronto pubblico sulla variante urbanistica che punta alle partnership fra vicini di terreno
Ridurre il consumo del suolo, attraverso una politica che porti a diminuire progressivamente l’entità delle superfici edificabili. Aumentare, di riflesso, le aree verdi destinate al pubblico e quelle funzionali all’agricoltura. Semplificare la burocrazia inerente gli immobili, favorendo la ristrutturazione del patrimonio esistente.

Realizzare strutture dedicate al turismo, come le piste ciclabili, e aumentare il numero delle rotonde nei principali incroci stradali del territorio, per garantire maggiore sicurezza alla circolazione. Queste, in linea di massima, le direttrici che la giunta del Comune di Duino Aurisina intende attuare, con l’approvazione della nuova variante al Piano regolatore, che sarà sottoposta a un primo vaglio della popolazione, nel corso di un pubblico incontro programmato per domani sera, alla Casa della pietra di Aurisina, con inizio alle 18. Sarà il vicesindaco Massimo Veronese, titolare dell’assessorato alla Pianificazione territoriale, a presentare le varie proposte ai cittadini «che invitiamo fin d'ora a presentarsi - ha detto - per discutere con noi dei vari provvedimenti da adottare. Siamo convinti - ha aggiunto - che un processo di partecipazione attiva dei nostri concittadini alla stesura del testo finale sia un passaggio fondamentale, perché la variante è uno strumento che segnerà il futuro del nostro Comune sotto vari aspetti». Entrando poi nel dettaglio, Veronese ha parlato anche dei cosiddetti ambiti di progettazione unitaria. «Si tratta di mettere assieme le esigenze dei proprietari di terreni contigui - ha precisato - in modo da poter delineare progetti comuni di intervento sulle aree di loro proprietà. Gli ambiti di progettazione unitaria - ha continuato Veronese - sono strumenti pronti da tempo, che però finora sono rimasti nel cassetto e che invece, a nostro avviso, possono diventare estremamente utili in un contesto come quello che ci accingiamo ad affrontare». Dopo l'appuntamento di domani sera ad Aurisina, la giunta è intenzionata a presentarsi in numerosi altri centri del territorio comunale, sempre con l’obiettivo di creare un confronto sulla variante. «In questo modo - ha concluso il vicesindaco - sentiremo direttamente dalla popolazione del nostro Comune quali sono le reali esigenze ed eventualmente quali potranno essere le critiche al documento».(u.s.)

 

 

Propeller club - La rivoluzione del Porto vecchio

Questo pomeriggio alle 18 all'Hotel Greif Maria Theresia di viale Miramare la conviviale del Propeller Club presieduto da Fabrizio Zerbini tratterà il tema: “Porto Vecchio, tempi e modi per gli investimenti che dovranno rivoluzionare l'economia della città”. Parteciperanno in qualità di relatori il sindaco Roberto Cosolini, il direttore di Ernst & Young Italia Fulvio Lino Di Blasio, il segretario generale dell'Autorità portuale Mario Sommariva, il presidente dell'Associazione spedizionieri Stefano Visintin e l'imprenditore Federico Pacorini.

 

SCAT - Scuola di cittadinanza attiva sul porto

“Trieste va in porto? Conoscere il porto e il suo futuro” è il tema dell’incontro che si svolge oggi alle 18.15 al teatro del Polo di aggregazione giovanile “E. Toti” in via del Castello 1 come quarto appuntamento di Scat, la Scuola di cittadinanza attiva di Rime. Partendo da uno sguardo al passato per conoscerne lo sviluppo e i processi di trasformazione subiti nel corso dei secoli, l’intenzione dell’incontro è di comprendere la dimensione attuale della realtà portuale triestina, le opportunità di sviluppo e le possibili strategie future.

 

Camera di Commercio - Tecnologie sostenibili negli scali marittimi

L'energia elettrica e il gas naturale liquefatto sono i punti centrali del convegno inaugurato ieri alla Camera di commercio sullo sviluppo sostenibile dei porti. L'evento si concluderà oggi. «Attualmente - ha ricordato l’assessore regionale Panariti - esistono esempi virtuosi di applicazione di queste tecnologie nel Nord Europa».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 marzo 2016

 

 

PORTO VECCHIO - La “cittadella Greensisam” al Comune

I primi cinque magazzini storici faranno da apripista nella sdemanializzazione del Porto vecchio e potranno essere venduti
La mossa di Maneschi - Formalizzerà la cessione della maggioranza della società a un gruppo finanziario-immobiliare
Si intitola “Storia del Portovecchio tra architettura e tecnica” la conferenza,a ingresso libero, in programma giovedì alle 16.30 alla Biblioteca statale Stelio Crise, in Largo Papa Giovanni XXIII. Relatori saranno Diana Barillari del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università, e Giovanni Ceche, dottorando nello stesso Dipartimento. La conferenza rientra nel ciclo di appuntamenti promossi dalla collaborazione tra la bicentenaria Società di Minerva e il Dipartimento di Ingegneria e Architettura che, dal 2001, organizzato un ciclo di conferenze dedicato alla storia dell'architettura e delle tecniche architettoniche che propone ricerche, tesi e studi curati da docenti, collaboratori, dottorandi e studenti, una modalità che permette al pubblico di avere un contatto diretto con insegnamenti e metodiche che si impiegano in ambito universitario. Il ciclo di conferenze di quest’anno è curato da Edino Valcovich (Architettura Tecnica) e Diana Barillari (Storia delle tecniche Architettoniche), docenti del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università degli Studi di Trieste. Il tema 2016 è dedicato al passato e al futuro del Portovecchio.di Silvio Maranzana Ci sarà un apripista di prestigio del tortuoso processo di riqualificazione del Porto vecchio: è la cittadella Greensisam composta dai primi cinque magazzini storici e dai piazzali interni che passerà di mano dal Demanio marittimo al Comune prima di tutto il resto della gigantesca area che si estende complessivamente su oltre 600mila metri quadrati. «Ho incontrato nei giorni scorsi sia Pierluigi Maneschi che il segretario dell’Autorità portuale Mario Sommariva - rivela il sindaco Roberto Cosolini - e abbiamo verificato che questa esigenza e questa possibilità esistono. Dobbiamo ora pianificare il percorso e già giovedì ho un primo incontro a questo proposito con alcuni dirigenti dell’amministrazione». «Vi sarà una sorta di consegna anticipata, penso nel giro di alcune settimane», aggiunge Sommariva. Pierluigi Maneschi, che tra l’altro è anche il presidente di Italia Marittima e il terminalista del Molo Settimo, è anche il titolare della concessione novantennale di Greensisam. Attende con ansia questo passaggio per cedere la maggioranza della società a un gruppo finanziario-immobiliare europeo, sembra tedesco, con il quale è in trattativa da un paio d’anni. Maneschi, che comunque manterrà una quota di minoranza all’interno di Greensisam, è stato il primo ad accennare alla possibilità di un passaggio di mano anticipato, ma non intende rivelare l’identità dei compratori prima che questo sia avvenuto. Questa infatti sarebbe la seconda condizione preliminare imprescindibile posta dai potenziali acquirenti; la prima si è già concretizzata ed era lo spostamento del Punto franco. Sgomberate queste due questioni, nei prossimi mesi Greensisam potrebbe acquistare i magazzini direttamente dal Comune. «Bisogna lasciare le decisioni su come procedere con le ristrutturazioni - aveva commentato Maneschi - a chi dovrà “sviluppare” i vari immobili. È quanto intendo fare io con Greensisam, dovrà essere il nuovo gruppo a decidere cosa fare dei Magazzini, come utilizzare tutti gli spazi. «Greensisam - aveva aggiunto - era nata come società di scopo per creare la sede per il Mediterraneo di Evergreen. Già quando dopo una decina d'anni i cinesi a causa delle lungaggini triestine hanno rinunciato per concentrare l'attività europea nella sede di Londra, aveva perso gran parte del suo significato. In Porto Vecchio ha fallito Polis con Fiat e Generali, ha fallito Trieste futura con Pacorini, ha fallito Portocittà con Maltauro, tutta gente che di operazioni immobiliari se ne intende più di me. Non potevo restare io con il cerino in mano». Di Greensisam si è occupato Vittorio Sgarbi assieme all’architetto triestino Barbara Fonasir. «Noi abbiamo un progetto già pronto e partiamo in anticipo su tutti - aveva detto già un anno fa Sgarbi - il nostro intervento potrà essere un modello per l'intero Porto Vecchio dove io vedrei con favore insediamenti di qualsiasi tipo: dove poter andare a comprare un libro o un maglione, dove potrebbero esserci anche residenze e pur rischiando di essere tacciato come sacrilego vedrei volentieri ospitati anche outlet di un certo pregio. Insomma deve esserci tutto ciò che di dinamico, pulsante e vivo si trova in una città». Il progetto Greensisam prevede la creazione di una passeggiata frontemare con pavimentazione in pietra locale e una copertura a tre navate trasparenti di due viali, la creazione di una piscina di acqua di mare, un percorso per il jogging e di un’area wellness. Nel magazzino più arretrato rispetto al mare sarà creato un parcheggio multipiano, mentre gli altri saranno adibiti a funzioni turistiche, direzionali, commerciali. Dunque negozi, botteghe, studi professionali, uffici, forse alberghi. A parte l’incognita sottostrutture (allacciamenti idrici, energetici, ecc.), c’è un ultimo problema che va risolto, una transazione definitiva, su cui sta lavorando Sommariva, delle cause intercorse tra Greensisam e Autorità portuale: l’ultima sentenza, del Consiglio di Stato ha dato ragione all’Authority.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 marzo 2016

 

 

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO - Legge sull’acqua, Pellegrino in campo

«Accolgo le preoccupazioni sulla proposta di legge sul servizio idrico integrato del Friuli Venezia Giulia , così come espresse dal Comitato referendario Fvg Acqua bene comune, Legambiente Fvg e Cordinamento dei comitati territoriali e dei cittadini associati del Friuli Venezia Giulia, presentate alla Regione nell’audizione del 18 febbraio, che non sono state prese in considerazione durante i lavori della Quarta commissione consiliare, giovedì scorso». Lo ha dichiarato la parlamentare Serena Pellegrino (Si-Sel) vice presidente della commissione Ambiente della Camera.

 

 

Ok al piano per i giardini inquinati
Sostituzione dello strato di terreno superficiale oppure sperimentazione di una tecnica di fitorimedio. Sono le soluzioni per la bonifica di sette diverse aree di Trieste, cinque siti comunali e due di proprietà privata, confermate nel corso della riunione del Tavolo tecnico promosso dalla Regione, di cui fanno parte anche Arpa, Comune di Trieste e Azienda sanitaria universitaria integrata, per affrontare il tema dell’inquinamento diffuso. All’attenzione dei componenti del Tavolo è stata portata la proposta di stralcio per le aree sensibili elaborato da Arpa, Azienda sanitaria e Comune di Trieste. Sulla base di parametri quali la fruizione delle aree in funzione degli utilizzatori (bambini, adulti, manutentori, ecc.), del tempo medio di presenza, delle caratteristiche morfologiche e vegetazionali, lo stralcio ha classificato in tre diverse tipologie omogenee i cinque siti pubblici. In una prima tipologia, chiamata “A”, sono comprese due aree a gioco scolastiche, di ridotta superficie ma a elevata fruizione di bambini per una durata temporale prolungata, che necessitano di essere messe in sicurezza e di essere rese utilizzabili in tempi molto brevi: si tratta delle aree verdi della scuola dell’infanzia Don Dario Chalvien, in via Svevo, che richiede un intervento su circa 800 mq, e della scuola elementare Marin di via Praga (circa 2.000 mq di intervento). Il piano ha quindi distinto, in una seconda tipologia, indicata come “B”, due giardini pubblici a elevata fruizione per una durata di tempo variabile, con grandi superfici prative e numerose alberi, presenza di aree a gioco pavimentate, circondate da aiuole prative, per un totale di circa 20.000 mq di intervento: è il caso del Giardino pubblico (con i suoi 17.000 mq), e del giardino di piazzale Rosmini (circa 3.500 mq). È infine classificata come “C” la pineta Miniussi di Servola (con circa 5.000 mq di intervento). Si tratta di un giardino pubblico a bassa fruizione, caratterizzato da prati coperti da alberature, in cui non vi sono zone per il gioco dei bambini. Lo stralcio sarà sottoposto ora all’esame dell’Istituto superiore di sanità e del ministero dell’Ambiente.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 marzo 2016

 

 

«Nuova Aia alla Ferriera, controlli serrati»

Serracchiani ribadisce i paletti dell’autorizzazione: «Sanzioni molto salate in caso di inosservanza»
La nuova Aia della Ferriera è «aperta». I controlli sono «costanti». E quindi Siderurgica Triestina deve effettuare gli interventi «pena sanzioni molto salate». Lo ha ribadito Debora Serracchiani intervenendo al dibattito su “Giustizia, ambiente, impresa” a cui sono intervenuti anche il presidente Giovani Confindustria Fvg Matteo Di Giusto, il docente di Diritto costituzionale Dimitri Girotto e l’avvocato Francesco Bruno, nell’ambito di “Lex Fest 2016”, la tre giorni dedicata alla giustizia e agli operatori di diritto che si è tenuta al castello di Canussio di Cividale. «Nelle vicende ambientali la fase “patologica” è affrontata con sanzioni, sequestri e tutte le necessarie azioni previste dalla legge ma, da amministratore pubblico, rilevo che il problema ancora non risolto è quello della fase preventiva: spesso c’è una “solitudine” che non aiuta chi deve prendere decisioni nell’applicazione della legge» ha premesso Serracchiani. E ha subito aggiunto: «Da presidente di Regione ricopro anche il ruolo di commissario straordinario per la terza corsia della A4, per il dissesto idrogeologico e per la crisi industriale complessa della Ferriera di Trieste: questo è il segnale che non ci sono le condizioni per l’attività ordinaria che culturalmente deve tenere insieme l’impresa e l’ambiente. In questo senso la strada è stata intrapresa ma c’è ancora un percorso lunghissimo che dobbiamo fare e che è soprattutto amministrativo». Serracchiani ha quindi passato in rassegna tutte le fasi del “caso Ferriera” di Servola che, di fatto, è la seconda dichiarazione di crisi complessa in Italia dopo quella di Piombino: «Siamo il primo caso in Italia che sta dando attuazione all’articolo 252 bis del decreto legislativo del 2006 e quindi sta realizzando il risanamento ambientale contemporaneamente al proseguimento dell’attività industriale: questo tenuto conto del fatto che si tratta di una tipologia di produzione che, come nel caso dell’Ilva, non può essere sospesa». Serracchiani ha anche ricordato che l’accordo di programma costruito dalla Regione e sottoscritto da cinque ministeri, soggetto privato e altri enti, è stato raggiunto in soli otto mesi, «tempi straordinari per il nostro Paese» e con un investimento privato di 170 milioni di euro che si aggiungono ai 41 di fonte pubblica. Anche le condizioni di controllo, ha rivendicato la presidente, sono in questo caso innovative: «L’Autorizzazione integrata ambientale è stata adottata recentemente tenendo conto della nuova direttiva europea che è intervenuta tra il 2014-15 e che fa sì che si tratti di una dichiarazione di impatto ambientale che in qualche modo rimane “aperta” e che tramite controllo costante costringe a interventi serrati, pena sanzioni molto salate. In questo quadro l’impresa e il pubblico sono chiamati a realizzare in tempi precisi tutte le azioni programmate: una condizione che troppo spesso in Italia non si è verificata».

 

 

Trivelle, il caso torna alla Consulta - Mercoledì udienza sui conflitti d’attribuzione. Ad aprile referendum
ROMA - Il caso “trivelle” torna in Corte costituzionale la prossima settimana, a poco più di un mese dal referendum. Il 17 aprile, infatti, sarà chiesto ai cittadini se vogliono abrogare la norma in base alla quale le concessioni petrolifere già rilasciate durano fino all’esaurimento dei giacimenti.

Ma ci sono altre due importanti questioni pendenti: il doppio regime per il rilascio dei titoli e il piano aree, cioè lo strumento in base al quale pianificare. Per entrambi la Cassazione prima, e poi la Consulta per le sue competenze, non hanno ammesso il referendum. Ma sei Regioni - Basilicata, Puglia, Liguria, Marche, Sardegna, Veneto - sono decise a dare battaglia e, con l’obiettivo di far rivivere i referendum, hanno proposto conflitto d’attribuzione tra poteri dello Stato su entrambi i punti: il primo nei confronti della Cassazione; il secondo, quello sul piano aree, anche nei confronti di Camera, Senato e governo. Il primo step riguarda l’ammissibilità. Mercoledì 9 marzo la Corte costituzionale dovrà valutare, in sostanza, se i soggetti coinvolti e l’oggetto proposto hanno i requisiti per accedere alla fase di merito. Il giudice relatore è Aldo Carosi. Il passaggio ha natura tecnico-procedurale, ma non è privo di insidie: solo se arriverà il via libera, le istanze referendarie saranno esaminate nei loro contenuti. La Corte dovrà innanzitutto valutare se il Comitato promotore dei referendum, formato dai delegati dei sei Consigli regionali, è un potere dello Stato e come tale è legittimato a proporre il conflitto. Nei due ricorsi che l’avvocato Stelio Mangiameli ha steso per conto delle Regioni, si sottolinea che già a partire dal 1978 la giurisprudenza costituzionale ha qualificato come potere dello Stato il Comitato promotore del referendum abrogativo. La Consulta dovrà poi esaminare se le prerogative dei promotori siano state lese. I ricorsi, infatti, prospettano due conflitti per «menomazione», perché «senza usurpare un potere altrui, si impedisce ad altri poteri dello Stato di esercitare serenamente e pienamente il proprio». Il governo - sostengono i ricorrenti - è intervenuto con la legge di stabilità per modificare le misure stabilite precedentemente, nello “Sblocca Italia”, in materia di trivellazioni e giacimenti, ma in realtà «la richiesta referendaria è stata elusa». Perché «la legge di Stabilità abroga» il piano aree, «facendo venir meno ogni forma di programmazione»; e sui titoli di concessione fissa un doppio binario, uno con e uno senza proroghe, che sembra offrire una «apparente opzione», ma in realtà «si risolverebbe sempre a favore dei titoli abilitativi che consentono la proroga», vanificando così l’intento referendario di «far venire meno il regime delle proroghe». Trattandosi di un passaggio tecnico, i conflitti dovrebbero essere ammessi. Poi, però, la Corte dovrà fissare una camera di consiglio per il merito e l’esito non è scontato, visto che anche quando si trattò di decidere sull’ammissibilità del referendum sulla durata delle concessioni, il “sì” non fu unanime. Se i conflitti - o uno dei due - passeranno al merito, ci sarà un altro referendum, i cui tempi sono legati alla pronuncia della Consulta.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 marzo 2016

 

 

Val Rosandra In marcia nella Riserva a 4 anni dalla “pulizia”

SAN DORLIGO - Una marcia-sopralluogo in Val Rosandra a quattro anni di distanza dal contestato intervento di disboscamento e a pochi giorni dalla sentenza che ha assolto i responsabili dell’operazione, rigettando la tesi dei danni ambientali. Ad organizzarla un gruppo di ambientalisti e naturalisti, convinti della necessità di agire per riportare la riserva all’antico splendore. Il ritrovo è fissato per le 10 davanti al rifugio Premuda.

A darsi appuntamento saranno gli stessi partecipanti alla verifica avvenuta esattamente un anno fa all’interno del Sito d'importanza europea sottoposto a quello che, indipendentemente dal verdetto del Tribunale, continuano a considerare un «disboscamento selvaggio». «La tutela dell'ambiente rappresenta un principio basilare del nostro Paese - affermano gli organizzatori della marcia -. La suprema Corte ha stabilito che è fissata dagli articoli 9 e 32 della Costituzione Italiana, e che assume il valore di diritto fondamentale, qualificandolo come "valore costituzionalmente protetto. Il 23 maggio di quattro anni fa, un incontro in Comune a Dolina tra amministrazione e scienziati naturalisti, produsse un accordo verbale per l'avvio di un Piano di recupero nell'area protetta, rimasto disatteso per le resistenze legate al processo sulla vicenda. La necessità di monitorare il sito e proteggere le piante pregiate dalle invasive, era stata affermata dagli scienziati Poldini Dolce Nimis Bressi Colla e Gasparo, che abbozzarono all'amministrazione le linee di un Piano di ripristino fondato su monitoraggio, prevenzione, coltivazione, formazione e inserimento nei progetti Interreg. Fu ipotizzato anche un intervento di pulizia da ailanto e robinie col coinvolgimento di abitanti e "cittadini". Il recupero del Sito distrutto era stato sollecitato pure con una mozione dalla Provincia nell'aprile 2012». Quegli impegni però, proseguono gli ambientalisti, sono rimasti lettera morta. «Spiace constatare che il recupero in oggetto non risulti, per quanto oggi a conoscenza nelle intenzioni della Regione e nemmeno del Comune, il quale non ne introduce il concetto nel Piano di Conservazione della Valle, in corso di redazione. Speriamo a questo punto che la primavera favorisca un ripensamento generale e l'avvio del risanamento, che richiede inevitabilmente i tempi lunghi ma certi della natura».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 marzo 2016

 

 

Firme contro i test di fumo e alcol su animali - AI TAVOLI DELLA LAV

“Aiutali a uscirne”: con questo slogan oggi, domani, sabato 12 e domenica 13 marzo, la Lav (Lega anti vivisezione) organizza una petizione nazionale per chiedere la fine dei test delle sostanze di abuso come fumo, alcol e droghe, condotti sugli animali. A Trieste firme ai tavoli Lav a inizio viale XX Settembre oggi e domani e in via delle Torri il 12 e 13 marzo (10-13).

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 marzo 2016

 

 

FERRIERA: IL FACCIA A FACCIA - «Deciderò sull’area a caldo prima del voto» - Dalle polveri al rumore sino al fumo raffica di domande al primo cittadino

Il sindaco assume l’impegno durante il confronto con gli abitanti di Servola e si dichiara disponibile a incontri mensili
Un confronto teso a più riprese, ma quasi sempre civile. È il faccia a faccia tra gli abitanti di Servola e il sindaco Roberto Cosolini, affiancato dall’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, che si è tenuto ieri all’ex Pescheria. Cosolini ha risposto alle domande di un folto gruppo di cittadini e dei rappresentanti del comitato organizzatore, il 5 Dicembre. Resta, al termine dell’incontro, la distanza tra chi come il sindaco ritiene che la situazione di Servola sia recuperabile attraverso l’operato di Siderurgica triestina del Gruppo Arvedi e chi invece pensa che l’unica salvezza per la città sia la chiusura dell’impianto. Tra gli elementi emersi l’intenzione di Cosolini di pronunciarsi sulla possibilità che l’area a caldo venga chiusa o meno «ben prima delle elezioni, quando avremo dati sufficienti per una valutazione degli interventi fatti», e l’intenzione di ripetere gli incontri con scadenza mensile. Ecco in sintesi i punti salienti del dibattito moderato da Pierluigi Sabatti. Alda Sancin ha chiesto quali siano le «priorità del Comune rispetto alla salute dei cittadini», citando i numerosi casi di sforamento. Il sindaco ha risposto che «la scadenza del 31 dicembre 2015 includeva una serie di interventi sull’impianto richiesti dal Comune e da altri enti. Se gli interventi siano stati effettuati è oggetto di verifiche». Quanto alla loro efficacia «la misurazione non si può basare sulle rilevazioni di breve periodo. Emissioni come le pm10 o il benzopirene richiedono un arco di alcuni mesi». Sancin ha ribattuto che «da quando è entrato in funzione “l’aspirapolvere” sulla cokeria, i valori di benzopirene sono aumentati. Noi aspettiamo fiduciosi che si facciano le statistiche, ma è la musica che sentiamo da troppi anni». Il sindaco ha rilevato che «essendoci queste oscillazioni, è giusto attendere qualche mese, non anni, per avere un dato assestato». Susanna Orel è intervenuta chiedendo spiegazioni delle oscillazioni del benzopirene, visto che l’impianto di aspirazione è entrato in servizio ufficialmente in settembre. Cosolini ha risposto: «Vi è una differenza temporale fra le sperimentazioni e la messa in servizio ufficiale. Al verificarsi di sforamenti abbiamo risposto con l’ordinanza». E ha ribadito la necessità di disporre di dati plurimensili. Bianca Degrassi ha chiesto quando le centraline private a ridosso dell’abitato passeranno ad Arpa, «attendiamo da quattro anni». Così Laureni: «La presa in carico diretta di tutte le centraline da parte di Arpa è questione di settimane». Adriano Tasso ha chiesto «cosa intende fare il Comune per i gravi problemi di rumore e fumi che porterà il nuovo laminatoio». La risposta di Laureni: «L’impianto è nuovo, quindi l’insonorizzazione sarà più facile. Restano comunque validi i limiti di legge. Abbiamo già fatto una contravvenzione e ne faremo altre se sarà necessario». Giorgio Pierobon ha chiesto a Cosolini di andare a casa sua a Servola «a vedere le condizioni in cui viviamo. Si porti però guanti, mascherina e scopa. Mai come dalla gestione Arvedi, in 17 anni di vita nel quartiere, ho dovuto subire quel che sto subendo ora». «Il problema della Ferriera io l’ho ereditato. Ho cercato di affrontarlo con soluzioni che si possono condividere o meno. I fatti diranno se ha funzionato. Venire a pulire casa sua non è compito del sindaco, lo è invece affrontare i problemi con i mezzi a disposizione». Alberto Volpi ha chiesto come mai «siano state osteggiate le alternative di riconversione dell’area, che avrebbero eliminato l’inquinamento e tutelato il lavoro». Il sindaco ha risposto: «Un progetto è qualcosa presentato da qualcuno che ha dei soldi, la volontà di investire e un’idea. Abbiamo offerto alla Maersk l’area per una riconversione portuale, ma loro hanno detto di non essere interessati in progetti costosi e di lunghissima realizzazione». Giorgio Cecco ha chiesto se il sindaco parteciperà ai prossimi incontri, «non come quelli in Regione e con l’assessore», e se «intende fare scelte più coraggiose in caso di sforamenti». Così Cosolini: «Sono disponibile a incontri mensili in questa sede e in questa modalità. Gli interventi del Comune saranno quelli previsti dalla normativa, perché devono reggere a un contenzioso amministrativo». Anna Motta ha chiesto del piano di sicurezza esterna in caso di incidenti gravi, in particolare con il gasometro. «Il livello di sicurezza - ha spiegato Laureni - è stato innalzato dalla terza legge Seveso, entro un paio di mesi la prefettura farà un nuovo piano». Max Ardessi ha criticato duramente il sindaco e citato lo Studio Alpeadria, che Cosolini però ha accantonato perché privo di finanziabilità. Roberto Cason e Luigi Pastore hanno chiesto a gran voce la chiusura dell’impianto. E Cosolini, in risposta, ha promesso: «A seconda dei risultati delle misurazioni ci pronunceremo sulla possibilità che l’area a caldo venga o meno chiusa progressivamente. E lo faremo ben prima delle elezioni».

Giovanni Tomasin

 

I dati consolidati attesi all’inizio di aprile - Cosolini illustra la tempistica e difende le sue scelte: «Non sono qui per una captatio benevolentiae»
«Possiamo dire che entro il 15 aprile ci sarà un verdetto sull’area a caldo?». È la prima domanda che i membri del comitato 5 Dicembre hanno rivolto ieri al sindaco Roberto Cosolini durante la seconda parte dell’incontro all'ex pescheria.

«Non posso fissare la data - ha risposto il sindaco -. Metà aprile è l’auspicio dell’assessore Umberto Laureni, che condivido, ma per quel che mi riguarda posso garantirvi che dirò la mia posizione di sindaco uscente sulla prosecuzione dell’area a caldo ben prima delle elezioni». Il comitato ha poi chiesto quali sono le date certe della partita e il sindaco ha spiegato che nei primi giorni di aprile si potrà «valutare un dato più consolidato. Il che vuol dire che nel giro di quaranta, quarantacinque giorni dovremmo avere dati definitivi». Il comitato ha poi chiesto qual è la composizione chimica della polvere che si trovano i cittadini. Ha risposto Laureni: «La polvere è fatta principalmente di carbonio, cui si associano zolfo, azoto e altri componenti. Il carbonio assorbe poi altre sostanze». Fabio Cattalan del comitato ha detto: «Arvedi chiede la fiducia dei cittadini, la ma la fiducia non si chiede, non si compra, si guadagna. Arvedi dice di aver acquistato un rottame. Se lo ha fatto, perché il sindaco non ha fermato il rottame quando ancora non era proprietà di Arvedi?». Così il sindaco: «Se avessi fermato il rottame, bisogna chiedersi con che fondamento giuridico saremmo andati incontro a un ricorso che il Comune avrebbe perso e tutti i cittadini pagato. Ci sarebbero stati inoltre centinaia di disoccupati e un sito lasciato a sé stesso per decenni a inquinare ancora». Il comitato ha poi chiesto perché 380 posti di lavoro «pesano più della salute di tutti i cittadini». Il sindaco ha risposto: «Le nostre azioni sono finalizzate a far convivere la salute con l’esigenza del lavoro. Gli ambienti incontaminati non esistono, basta guardare al resto della Regione, ma bisogna rendere l’attività industriale compatibile con la salute». Sono seguite poi diverse domande su come il sindaco vedrebbe una nuova manifestazione antiFerriera e sul peso politico dell’elettorato di Servola e dintorni: «C’è stato il tempo di risolvere il problema e lei non l’ha fatto». Ha risposto Cosolini: «Sono qui perché considero il vostro punto di vista. Sarebbe stato poco serio venire qui e promettere cose completamente diverse da quel che ho fatto finora. Non sto facendo una captatio benevolentiae elettorale. Prima del voto dirò la mia sull’area a caldo».

(g.tom.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 marzo 2016

 

 

La Regione assolve la centrale a carbone

A Monfalcone il maxi studio sull’impianto A2A considera quattro elementi: le colpe ricadono su traffico e riscaldamento
MONFALCONE Tutta colpa dell’inquinamento del traffico e in parte delle emissioni del riscaldamento domestico. Industrie di Monfalcone e centrale A2A legate a possibili aumenti delle patologie tumorali? Le conclusioni dell’indagine epidemiologica ambientale nell’area monfalconese, che stava suscitando tanta aspettativa, non lasciano incertezze: «L’attribuzione della quota d’inquinanti alle varie sorgenti emissive non ha fornito evidenza per attribuire un significativo effetto sulla diffusione dei tumori alle emissioni della centrale A2A o quelle di altri fonti industriali presenti nel territorio». Quattro come è noto i “macroinquinanti” considerati dall’indagine: benzene, Pm10, biossido di azoto e biossido di zolfo. Ed ecco chi è il colpevole: questi macroinquinanti «indicano il traffico veicolare come responsabile di buona parte degli inquinanti presenti in atmosfera. E ciò genera l’ipotesi che il traffico abbia un ruolo preminente tra i rischi ambientali che possono avere generato l’eccesso di 30 tumori della vescica nelle donne del Monfalconese tra il 1995 e il 2009». Eccessi «non statisticamente significativi» anche per i bambini, con 5 casi di tumore registrati in 15 anni. Diego Serraino, referente dell’indagine, del Centro di riferimento oncologico di Aviano a cui ha partecipato (ed era tra i presenti) tra gli altri Fabio Barbone docente all’Università di Udine e Trieste (e autore della precedente ricerca sui tumori delle donne) non lascia molti dubbi: «Il 60% del benzene misurato nel monfalconese deriva dal traffico. A2A non produce benzene, anche le Pm10 le produce il traffico veicolare, quelle che arrivano da A2A rappresentano il 3-5%». Un’assoluzione dunque per la centrale elettrica A2A se si guarda a questi parametri e a questi inquinanti. Lo ha ammesso la stessa assessore regionale all’Ambiente Sara Vito che ha presentato in pompa magna, in anteprima alla stampa, l’indagine epidemiologica affiancata dall’assessore regionale alla Sanità Mariasandra Telesca, dal sindaco Silvia Altran e dall’assessore provinciale all’Ambiente Mara Cernic. «Non sarà certo un chiavistello utile per rimettere in discussione l’Autorizzazione integrata ambientale della centrale». Dopo quasi due ore di discussione e presentazione di dati e cifre che smontavano qualsiasi giallo o timore per la salute, rispetto la presenza di industrie o della centrale, sono rimaste solo domande. Una su tutte: ma allora su che basi Regione, Comune e Provincia intendono mettere in discussione l’Aia? E perchè tutto questo caos e la campagna contro la centrale A2A con tanto di mobilitazione di popolazione, politici, comitati di rione e ambientalisti al Kinemax dove è stata dichiarata la guerra al carbone? I tanti dubbi ieri sono rimasti anche di fronte a un lavoro scientifico certamente straordinario, unico nel suo genere e «gigantesco» come l’ha definito lo stesso direttore dell’Arpa Luca Marchesi. Per la prima volta infatti un’indagine georeferenziata (il Monfalconese è stato diviso in 2mila 372 cellette da 400x400 metri) ha messo in relazione l’insorgenza dei tumori con i dati d’inquinamento ambientale. «L’aria di Monfalcone con la presenza dei 4 macroinquinanti ha provocato gli stessi effetti sull’insorgenza dei tumori qui come a Pordenone o in altre realtà» ha considerato Serraino. Ovviamente con la stessa “pressione inquinante” del traffico veicolare. Conclusioni sintetiche che comunque, unite alla lettura dei modelli di riferimento su cui si è basata l’indagine, non hanno dissipato i timori, anzi. Anche perchè, lo spiega l’analisi, si tratta di un’indagine su tumori e ambiente «relativi al periodo tra il 1995 e il 2009». Una ricerca effettuata incrociando le “serie storiche dei dati ambientali Arpa con i dati dei registri delle patologie della popolazione”. In realtà ad essere preso ad esempio è stato il 1998 e sia Serraino che Marchesi hanno avvertito: «Il manifestarsi di certe patologie richiede come è noto lunghi tempi di latenza». È emerso con chiarezza che gli «effetti dell’inquinamento di adesso si vedranno nelle patologie fra decine di anni».

Giulio Garau

 

Scempio in Val Rosandra, i periti non sono stati incisivi - LA LETTERA DEL GIORNO di Ermanno Lantschner

Ho ascoltato alla radio le opinabili e comunque spocchiose dichiarazioni dell’ex assessore regionale Ciriani, messo al sicuro dall’incredibile verdetto di un giudice “lontano”, che ha bellamente sputato sull’indignazione e sulla sensibilità ambientale di decine di migliaia di persone.

 Per quei magnifici e indispensabili alberi maldestramente abbattuti in val Rosandra, che in quel contesto forse più che altrove rappresentavano il bene e non il male, nessuno dunque pagherà. La mia critica maggiore va però agli addetti ai lavori di parte civile, di cui sono stato attento sostenitore, ed è a loro che pongo le mie irritate domande. Come è possibile, oggi, non riuscire ad argomentare efficacemente su di un palese dato di fatto, e cioè che un grande albero, potentemente radicato al suolo e nondimeno appartenente a importante specie floristica, costituisca non un aminaccia ma il dispositivo naturale più indicato ed efficace per contrastare i deleteri effetti della piena di un torrente? Come è possibile non riuscire a dimostrare che tagliare quegli alberi - non sterpaglia qualunque! - al di là della distruzione di un patrimonio arboreo di grande valore naturalistico, è stata un’operazione dannatamente opposta ai fini di salvaguardia e tutela delle sponde e quindi di chi ci vive vicino? All’espressione inutilmente canzonatoria “ecologisti da salotto” rispondo così: sono un canoista fluviale, vado per fiumi e torrenti da trent’anni e ne conosco piuttosto bene le dinamiche. Ne riparleremo - ahimè, tardi - alla prossima grande piena, quando il Rosandra, finalmente liberato dalle ottime motoseghe, potrà scaricarsi a valle con tutta la velocità e potenza che un alveo “pulito” oggi gli può garantire.

 

 

Un centinaio di contenitori per i “bisognini” di Fido - AcegasApsAmga e Comune puntano a innalzare il livello del decoro urbano
L’8 aprile saranno distribuiti gratuitamente ventimila posacenere da tasca
Un centinaio di contenitori per le deiezioni canine e nuove macchine aspiratrici silenziose per la pulizia (innanzitutto) delle aree pedonali. AcegasApsAmga e Comune lanciano la “campagna di primavera” con l’obiettivo di innalzare il livello del decoro urbano, già garantito da 163 chilometri di strade pulite ogni giorno. Sempre per migliorare l’aspetto delle strade, in aggiunta alle due iniziative citate, la multiutility e l’amministrazione comunale annunciano il “No cicca day”, in calendario l’8 aprile, nel quale, in collaborazione con la categoria dei tabaccai, saranno distribuiti gratuitamente 20mila posacenere da tasca, per far sì appunto che migliaia di mozziconi non vengano gettati a terra. «Sono ulteriori iniziative nella direzione di un migliore decoro e, se vogliamo, per togliere degli alibi ai cittadini», ha osservato l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, aprendo la presentazione della campagna, alla quale hanno preso parte anche il sindaco Roberto Cosolini e il direttore generale di AcegasApsAmga Roberto Gasparetto. Laureni ha poi ricordato che per i sacchetti con le deiezioni dei cani ci sono comunque i contenitori destinati ai rifiuti indifferenziati, e ha rimarcato che alle iniziative che si stanno avviando «dovrebbero seguire opportune azioni da parte della gente». Un concetto, quest’ultimo, ripreso dal sindaco Cosolini, il quale ha parlato di «investimenti dell’azienda per facilitare comportamenti positivi dei cittadini» e di soluzioni che migliorano le dotazioni per «una città più pulita». Il primo cittadino ha anche osservato, con riguardo ai nuovi aspiratori, che «parte una sperimentazione» nelle aree pedonali fra piazza Unità e piazza Goldoni, e che «il servizio sarà esteso, dove è possibile, guardano a tutta la città». Cosolini ha voluto anche precisare che AcegasApsAmga ha iniziato diverso tempo fa le procedure per gli acquisti dei contenitori per le deiezioni canine e delle macchine aspiratrici, acquisti che quindi «non sono in relazione con le polemiche di questi giorni sulla pulizia della città». Ricordando che i turni per lo spazzamento delle strade sono da poco pubblicati sul sito Internet dell’azienda, il sindaco ha precisato inoltre che «non sempre le modifiche dei comportamenti sociali sono interpretabili in una diversa organizzazione del servizio di pulizia. Le segnalazioni dei cittadini - ha aggiunto - sono un contributo importante, oltre a quello degli operatori dell’azienda, per capire se la taratura della pulizia delle strade va modificata e calibrare sempre più il servizio». Da parte di AcegasApsAmga, le tre azioni vanno nella direzione di conseguire - ha precisato il direttore generale Roberto Gasparetto - «l’eccellenza del servizio con tutti gli strumenti disponibili». E per quanto riguarda i contenitori per le deiezioni canine ha spiegato che 80 vengono collocati in questi giorni, mentre altri 20 saranno posizionati in seguito, secondo le indicazioni di associazioni e cittadini. I nuovi aspiratori verranno invece usati in particolare nei punti in cui i mezzi tradizionali di pulizia delle strade non risultano efficaci. Il tutto per andare «in direzione di un’alta qualità percepita» e di un «modello di pulizia della città che sia soddisfacente per i cittadini». Gasparetto ha poi tracciato un quadro del servizio complessivo di pulizia delle strade. Ogni giorno gli 80 addetti di AcegasApsAmga spazzano 163 chilometri di vie cittadine, con turni particolari nei fine settimana e in occasione delle tante manifestazioni che si tengono ogni anno. Tutto ciò si traduce in 150mila ore destinate annualmente alla pulizia stradale, valore «superiore del 30 per cento a quanto stabilito dal contratto con il Comune». La multiutility è poi molto attenta, ha concluso il direttore generale, a quanto segnalano i cittadini attraverso i vari canali, dal web agli sportelli aziendali: ogni anno arrivano 50mila segnalazioni, di cui però la gran parte (82%) giunge dagli operatori dell’azienda, «sempre più dotati di strumenti per segnalare e intervenire».

Giuseppe Palladini

 

 

Cittadini e sindaco a confronto sulla Ferriera - Appuntamento alle 16 al Salone degli incanti. Il senatore Battista invita Arvedi in una casa di Servola
Si svolgerà questo pomeriggio l’atteso confronto tra i cittadini e il sindaco sulla Ferriera di Servola.

L’appuntamento è per le 16 al Salone degli incanti (l’ex Pescheria) e scaturisce dalla manifestazione del 31 gennaio allorchè il Comitato 5 dicembre assieme ad altre associazioni aveva portato quattromila persone in piazza in una grande manifestazione di protesta contro l’inquinamento. Le persone ammesse, relativamente agli altrettanti posti a sedere, saranno 99. Una parte dei posti saranno occupati dallo stesso sindaco, dall’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, dai tecnici dell’Arpa e dai rappresentanti dei media. La maggior parte sarà a disposizione delle associazioni e già ieri risultavano tutti esauriti. Vi sarà un moderatore e bisognerà seguire un regolamento che prevede 6 minuti di introduzione del sindaco e poi una serie di domande da 2 minuti l’una e le relative risposte da 4 minuti. L’incontro dovrà comunque concludersi alle 17.30, ma potrà essere seguito anche in diretta streaming al seguente indirizzo: http://stream-592x333.fucine.it/player/ Ieri sulla questione è intervenuto il senatore triestino Lorenzo Battista per replicare alle dichiarazioni dello stesso Giovanni Arvedi nell’intervista rilasciata al Piccolo. «I dati citati, che mostrano inequivocabilmente un peggioramento delle emissioni di benzo(a)pirene negli ultimi mesi con cappa aspiratrice funzionante, non vanno attribuiti a me - sostiene Battista - ma all'Arpa che li ha forniti all'associazione NoSmog nell'ambito del monitoraggio ambientale sul comprensorio abitativo di Servola. Sottoscrivo la dichiarazione di Arvedi: “Noi vogliamo far parlare i fatti”. E quindi, sarà utile la visibilità dei dati forniti da Arpa Fvg. Sono ugualmente d'accordo col Cavaliere - continua ancora il senatore triestino - quando afferma che sono necessarie più chiarezza e trasparenza. E infatti, ci chiediamo in molti: quali inquinanti sono contenuti nel fumo che costantemente esce dai camini? E cosa contengono le polveri? Perché è stata chiesta una proroga per l'attuazione delle misure anti-rumore? La trasparenza è fatta di dati certi: sulla salute, sull'ambiente e sulle emissioni in atmosfera. Non di open day. Sarebbe bello un open day al rovescio - conclude Battista - il Cavaliere per una giornata e una nottata intere in una casa di Servola».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 marzo 2016

 

 

«Capisco i servolani  - E li invito in Ferriera» Il cavalier Arvedi annuncia un open day per far vedere i lavori già eseguiti
«Chiedo agli abitanti, esasperati da anni di false promesse, di fidarsi di me» - GLI INTERVENTI A SERVOLA
Di frequente fa riferimento a due concetti: il rispetto della parola data; la sua età. Giovanni Arvedi, nato a Cremona nel 1937, è uno dei principali industriali siderurgici italiani. E ai triestini chiede, nella ristrutturazione della Ferriera, di avere fiducia in lui e di guardare alla sua lunga storia. Ma ammette che i servolani hanno ottime ragioni per dubitare, dato che sono stati abbindolati per decenni da una politica parolaia e, talora, da imprenditori mediocri. Tant’è che aveva acquistato un «rottame», a cui sta dedicando investimenti per «centinaia di milioni». Pronunciato una sorta di “mea culpa” riguardo alla insufficienza della comunicazione, nella logica della trasparenza va l’annuncio di una giornata di “porte aperte” allo stabilimento: i cittadini potranno verificare i lavori eseguiti e quel che ancora resta da fare. E Arvedi ribadisce che, se non riuscirà ad abbattere gli inquinanti, chiuderà l’area a caldo. Quali sono, nel dettaglio, i lavori già eseguiti nel programma di ristrutturazione della Ferriera di Trieste? Abbiamo terminato, ma sono costantemente in ottimizzazione, i lavori prescritti dal Piano della Procura della Repubblica e dall’Accordo di Programma ed ora realizzeremo quelli prescritti dalla nuova A.I.A. L’esecuzione dei lavori è regolarmente verificata dalle ispezioni di Arpa. Agli interventi già previsti dagli accordi con le Istituzioni, abbiamo scelto responsabilmente, con importanti investimenti, di aggiungerne ulteriori e addizionali. Lo dico perché capisco l’attitudine di fondo dei cittadini di Trieste e soprattutto di Servola: gli abitanti del quartiere, in particolare, comprensibilmente non credono più alle promesse poiché per tanti e tanti anni hanno verificato che non sono state mantenute. Ma noi vogliamo far parlare i fatti, insomma vogliamo che possano vedere la nostra buona fede e le nostre oneste intenzioni di tenere insieme il recupero di una azienda e la salvaguardia dell’ambiente e della salute pubblica. In questo processo, quante risorse espresse in euro sono state messe a disposizione dalla parte pubblica e quante dal gruppo Arvedi? Se si considera anche l’impegno dell’Acciaieria di Cremona, che deve produrre un milione di tonnellate di coils a caldo per l’impianto di laminazione a freddo Trieste, l’investimento è di alcune centinaia di milioni di euro. Quali le prossime concrete tappe nel processo di ristrutturazione e ampliamento di funzioni dell’impianto? Sono due le sfide che abbiamo raccolto acquisendo la Ferriera di Servola: la sostenibilità ambientale e la competitività. La sostenibilità la stiamo realizzando con gli interventi previsti sul sito e sugli impianti esistenti; la competitività implica l’aumento dell’efficienza della produzione di ghisa dall’altoforno, su cui stiamo lavorando con il supporto di un team dedicato, composto da professionalità di eccellenza italiane e straniere, in attesa che nel secondo semestre entri in produzione il processo di laminazione a freddo. Alla fine, la Ferriera sarà uno stabilimento con un elevato grado di tecnologia, radicalmente rinnovato. Nemmeno parente, insomma, con l’immagine del rottame che secondo il credo generale aveva quando lo abbiamo preso in carico. Quali le ragioni, dal punto di vista industriale, per cui ha deciso di investire su Trieste? Quali sono insomma i punti di forza del sito e quale livello di integrazione potrebbe avere con il centro del gruppo Arvedi, che sta a Cremona? La potenziale validità industriale che valutammo si basa sulla posizione strategica di Servola, sia per il suo porto che per la vicinanza ai mercati dell’Est Europa. La produzione di ghisa, se competitiva, costituisce la base per la realizzazione di un buon acciaio nello stabilimento di Cremona, che dovrà produrre i coils per essere laminati nel nuovo impianto di Servola. Quali sono i fattori critici gravi che ha incontrato e come ha deciso di affrontarli? In quali condizioni di manutenzione e di dotazioni tecnologiche ha trovato l’impianto industriale? La Ferriera di Servola produce dal 1896 e nel 2005 l’intera area industriale su cui sorge è stata dichiarata dal Governo “Sito di Interesse Nazionale”, cioè un sito da bonificare a causa dell’inquinamento che si era accumulato nel tempo sui suoli e sulle acque sotterranee. Quando Siderurgica Triestina ha comprato la Ferriera, su invito del Governo che l’ha messa in vendita a seguito del fallimento dei precedenti proprietari, sapeva di ereditare impianti in condizioni molto critiche. Il gruppo Arvedi ha accettato una sfida, impegnandosi a realizzare la prima vera riconversione industriale del nostro Paese: intervenire su un’industria in crisi manifesta, in amministrazione straordinaria, commissariata e sottoimpiegata da tempo, richiede valori e comportamenti da recuperare, che implicano tempo e condivisione di obiettivi non esclusivamente pratici. I fattori critici cerchiamo di affrontarli con onestà culturale, professionalità e trasparenza di comportamento: prima o poi, con la buona volontà, vengono risolti. Il nostro impegno a Trieste è iniziato 14 mesi fa e chi conosce il lavoro e la siderurgia sa valutare quanto, fino ad oggi, siamo riusciti a fare. Quale clima sociale e politico ha trovato? Un clima di grande attesa e di grande attenzione al nostro lavoro, che a volte ha generato giorni difficili. Trieste è una città attenta, saprà comprendere il nostro impegno e il nostro lavoro. Ritiene che dopo vari decenni di degrado dell’impianto e di promesse tradite i cittadini e in ispecie gli abitanti di Servola abbiano ragione di protestare e soprattutto di dubitare? Abbandonare il dubbio non è quasi mai saggio. Ma i fatti alla fine sono ineludibili e noi con quelli ci confrontiamo e ci comportiamo in conformità. L’Azienda proseguirà a rendere noti e condividere ulteriori dati sui risultati conseguiti appena saranno disponibili, con la certezza che ciascuna parte continuerà a promuovere un confronto serio, cioè basato su dati oggettivi e sempre rispettoso di tutti i soggetti coinvolti, perché il rilancio industriale sostenibile della Ferriera è un risultato che accomuna, e non divide, l’azienda e la città. Per quali vie lei conta di conquistare la fiducia - che è la merce più rara - nei riguardi dei cittadini di Trieste? Facendo il nostro dovere con pazienza, ma anche con fermezza. In questi mesi ritiene che possiate avere commesso un errore, e nel caso specifico sia stato carente un dialogo con gli abitanti del quartiere? Errori ne facciamo. In particolare possiamo essere stati carenti in fatto di comunicazione e di questo ci scusiamo con i triestini e con i servolani. Preferiamo far parlare i fatti, anziché esprimere dichiarazioni. Ma la verità ha il respiro lungo e, come dicevo, preferiamo far parlare i fatti: questo forse è un altro errore, però lo crediamo per pochi; noi crediamo nella buona fede del nostro prossimo. In questo senso, per dovere di trasparenza, posso anticipare che stiamo preparando una giornata cosiddetta “open day” in cui i cittadini potranno accedere allo stabilimento e vedere con i loro occhi il lavoro fatto e la coerenza con gli impegni presi. In che tempi lei ritiene di poter completare il programma di ammodernamento delle tecnologie dedicate all’abbattimento degli inquinanti? Il sistema di aspirazione brevettato dal Gruppo Arvedi per la Ferriera è in funzione su tutto il processo produttivo e sta già restituendo risultati eccellenti che sono a disposizione di tutti. A quelli dobbiamo riferirci: la Ferriera rispetta tutte le norme sulle emissioni e riesce a captare polveri che neppure le migliori tecnologie disponibili pensavano captabili. A Servola il lavoro implica l’utilizzo di 14 mezzi di trasporto e 14 camini costantemente controllati dai nostri responsabili, dalle istituzioni e dagli enti preposti. Tutti sappiamo che l’inquinamento atmosferico in realtà nelle città è causato principalmente dal traffico e dal riscaldamento oltre che dagli impianti per il recupero dei rifiuti e via dicendo. Certo, tutti dobbiamo fare il nostro meglio e rispettare i parametri stabiliti dalla legge, ma il lavoro della Ferriera non può essere sacrificato sulla soglia di altri interessi. Quando 6-7 anni fa lei incontrò l’allora sindaco Roberto Dipiazza aveva intenzione di subentrare nella gestione/proprietà della Ferriera? E quale attitudine manifestò la controparte politica? Non ricordo bene, si trattò di un breve incontro nel bel Palazzo Comunale. La polemica non fa parte del mio spirito e del mio pensiero. Quello che rimane nel tempo sono solo le buone idee. Se a ottobre dovesse emergere che gli interventi mirati ad abbattere in modo significativo gli inquinanti non sono sufficienti dal punto di vista delle norme e della compatibilità con la vita del quartiere, quale percorso prenderebbe? Se il lavoro di produzione della ghisa, con la gestione Arvedi, si rivelasse un giorno nocivo per il personale o per i cittadini della bella città di Trieste, rispetterò la mia parola data e quanto sottoscritto nell’Accordo di Programma. Vale a dire che chiuderemo la parte di stabilimento dedicata alla lavorazione “a caldo”. Non lo dico a cuor leggero, perché la nostra sfida consiste nel rilanciare l’impresa, il suo futuro, la sua sostenibilità occupazionale, economica e ambientale. Faccio impresa con il proposito di creare ricchezza per tutti, per i dipendenti, i fornitori, la comunità del territorio. Credo che a Cremona potreste trovare tanti testimoni. Vari esponenti parlamentari sostengono che, pur a fronte dei lavori in corso, i dati dell’inquinamento del benzopirene e delle polveri sono peggiorati negli ultimi mesi. Le risulta e che spiegazione avanza al riguardo? I dati comunicati dagli Enti preposti ed anche le nostre rilevazioni riportano valori in costante e netto miglioramento, come peraltro mi aspettavo.

Paolo Possamai

 

L’ESPERTO DELL’AZIENDA - «Pm10, benzoapirene e polveri in calo»
«I dati tecnici vanno letti con competenza altrimenti possono portare a convinzioni errate.

La prima cosa da spiegare alle persone è che mai, da quando la Ferriera è gestita da ST, i dati evidenziano criticità sanitarie. La seconda cosa è che i dati vanno letti sulla media di lungo periodo, la sola capace di restituire loro significatività perché ogni dato emissivo (PM10, benzoapirene, polveri) è fortemente influenzato dalle condizioni meteoclimatiche: si è visto in tutto il nord Italia l’effetto del clima di gennaio». Lo afferma Alessandro Casula, professore a contratto di ingegneria gestionale al Politecnico di Milano, cui si è affidato il gruppo Arvedi. E aggiunge: «Con queste premesse tutti i risultati ci confermano che gli interventi funzionano. Il PM10 ha registrato per la prima volta nella storia della Ferriera un allineamento con le altre centraline di Trieste; il dato medio di gennaio era di 50 microgrammi su metrocubo per effetto delle condizioni meteoclimatiche e quello di febbraio di circa 25: quindi, quando non interviene un fattore climatico avverso, la media cambia e per questo va valutata la media di lungo periodo. Il benzopirene è sceso dai 6,5 nanogrammi su metrocubo del 2010 fino agli 0,8 del secondo semestre 2015. E i depositi di polvere monitorati dalla rete dei deposimetri anche a ridosso dello stabilimento sono in costante diminuzione».
 

L’assemblea pubblica - Domani il confronto tra sindaco e comitati di protesta
È confermata per domani alle 16 al Salone degli incanti (l’ex Pescheria) l’assemblea pubblica sulla Ferriera di Servola che sostanzialmente si tradurrà in un confronto tra il sindaco Roberto Cosolini e i rappresentanti del Comitato 5 dicembre, i quali assieme ad altre associazioni il 31 gennaio avevano portato quattromila persone in piazza in una grande manifestazione di protesta contro l’inquinamento.

«Le persone ammesse, relativamente agli altrettanti posti a sedere - ha spiegato ieri il sindaco - saranno 95. Di questi, 25 gli ho tenuti a mia disposizione e tra questi saranno compresi anche i rappresentanti dei media. A disposizione delle associazioni vi sono dunque 70 posti. Vi sarà un moderatore e bisognerà seguire un regolamento che prevede 6 minuti di mia introduzione e poi una serie di domande da 2 minuti l’una e le relative risposte da 4 minuti». Sicuramente il sindaco sarà affiancato dall’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, ma potrebbe esserci anche qualche tecnico nel caso ci si trovasse di fronte a questioni molto specialistiche. Che il confronto si sarebbe tenuto nella giornata del 3 marzo, cioé domani, era stato annunciato da Cosolini una decina di giorni fa. «È una grande, grandissima vittoria. Una cosa mai avvenuta prima e una conquista guadagnata in piazza tutti insieme quell'ultima domenica di gennaio», aveva esultato il Comitato 5 dicembre. «Avrei preferito una data di poco successiva (10-12 marzo) unicamente per avere in mano gli ultimi dati delle centraline, per avere un quadro più oggettivo e consolidato dei valori - aveva spiegato Cosolini - Di fronte ai loro dubbi ho preferito accettare comunque l'incontro, perché credo che il dialogo e il confronto civile siano sempre e comunque una cosa positiva». L’anticipo è sembrato pressoché obbligato dopo l’indizione in casa del centrosinistra delle primarie programmate già per domenica prossima e dopo che lo sfidante di Cosolini, Francesco Russo ha messo la Ferriera tra i primi argomenti da trattare e tra l’altro ha proposto al Comitato di condividere la scelta del prossimo assessore all’Ambiente in caso di sua elezione a sindaco. I 70 posti a disposizione li gestirà lo stesso Comitato 5 dicembre anche se sono molte le associazioni, i gruppi, i partiti, i semplici cittadini che da anni si battono per la chiusura della Ferriera e che ora protestano per ottenere la dismissione perlomeno dell’area a caldo. Il confronto diretto con l’amministrazione comunale era uno dei primi obiettivi che si ponevano le quattromila persone che il 31 gennaio sono scese in piazza. Una delegazione di rappresentanti aveva incontrato Cosolini già il 15 febbraio e in una breve conferenza stampa successiva il sindaco aveva riferito di aver ribadito la propria disponibilità a partecipare a un’assemblea pubblica nella quale rispondere alle domande dei cittadini».

(s.m.)

 

 

Monfalcone - La Regione svela lo studio su tumori e inquinamento
È l’ora della chiarezza, e forse della verità, per il nuovo studio epidemiologico ed ambientale sull’incidenza dei tumori legati all’inquinamento nell’area monfalconese.

Questo pomeriggio la Regione renderà pubblica la ricerca condotta dal team di esperti coordinati da Fabio Barbone, triestino, docente all’Università di Udine. Una ricerca innovativa, di tipo georeferenziata. In pratica una spiegazione dettagliata della situazione attuale, una fotografia che mette assieme i dati dell’inquinamento atmosferico rilevato dall’Arpa e, grazie a modelli di dispersione degli agenti cancerogeni atmosferici, mette in relazione le aree e la popolazione che è stata “biomonitorata”. Un’associazione con i casi di tumore che si sono verificati. E si tratta di un primo studio scientifico che dà concrete risposte sul fronte della situazione e la concentrazione degli inquinanti in alcune zone. Una prima parte che associa gli inquinanti alle aree in cui si sono verificati i casi di tumore. A questa seguiranno altri studi, che in realtà sono già iniziati e che riguarderanno l’infarto al miocardio e gli aborti spontanei. Per ora non sono ancora stati considerati i metalli pesanti, ma sono stati presi in esame, per le associazioni “cancerogeni atmosferici-tumori”, inquinanti come le PM10 ovvero le polveri sottili, il benzene, e altri marcatori come No2 (biossido di azoto) e So2 (biossido di zolfo).Ci sarà dunque una mappa precisa con la sovrapposizione delle aree dove sono trovate disperse queste sostante inquinanti con le zone abitate dove, dopo il monitoraggio della popolazione, sono stati riscontrati casi di tumore. Poche settimane fa è stato reso noto un altro studio, sempre del professor Barbone, sull’incidenza dei tumori sulle donne isontine e sempre per fattori legati all’inquinamento. Ma non c’era ancora una correlazione “geografica” tra le aree inquinate e l’insorgenza delle patologie. Analisi e dati che Monfalcone attende dopo la protesta scoppiata diversi giorni or sono per la scoperta, dopo due anni, che la centrale A2A ha ottenuto (era il 2014) il rinnovo dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) fino al 2025, un via libera per decreto che permetterà l’utilizzo del carbone ancora per lunghi anni. Regione, Comune e Provincia, lo hanno ribadito anche in una manifestazione organizzata al Kinemax, che vogliono l’abbandono del carbone e per arrivare a questo obiettivo oltre a dare battaglia apertamente all’A2A che gestisce la centrale hanno annunciato il ricorso alle vie legali. Secondo diversi osservatori ed esperti l’unica via è riaprire l’Aia chiedendo una revisione e l’appiglio potrebbe essere offerto dai risultati che sono emersi dagli studi fatti sulla salute dei cittadini. Oggi si attende un passo importante, ne seguiranno altri a breve.

Giulio Garau

 

 

Dall’energia del passato dipende il nostro futuro - Ripartono gli incontri dedicati a scienza, società e ambiente
I criteri scientifici, le modalità tecniche, le istruzioni per l’uso ma soprattutto gli sviluppi.

Per chi vuole conoscere buona parte dei temi che aleggia attorno al sistema energetico del fotovoltaico, oggi è il giorno giusto grazie all’appuntamento in programma dalle 17 nell’aula magna del Dipartimento di scienze giuridiche, del linguaggio e dell’interpretazione di via Filzi 13, teatro della conferenza dal titolo “Generazione distribuita di energia elettrica. La svolta segnata dal fotovoltaico”, incontro che vedrà in cattedra Alessandro Massi Pavan, della School on energy “Giacomo Ciamician” e del Dipartimento di ingegneria e architettura dell’Università di Trieste. Si tratta dell’ottava delle 14 conferenze che strutturano “Energia, società, ambiente. Tra passato, presente e futuro”, il ciclo a cura del Dipartimento di studi umanistici e di fisica dell’Università di Trieste, Sissa Medialab, Elettra Sincrotrone, Ceric-Eric, Comitato nucleare e ragione e Nireg (Nuclear Italy Research Group), un cartellone ideato per focalizzare alcuni dei punti chiave legati alle prospettive energetiche che interessano l’intero pianeta, spaziando tra scienza e sociologia ma anche tra i meandri dell’economia e della politica, percorso incastonato nel programma didattico del dottorato interateneo (Università di Trieste e di Udine) “Storia delle società, delle istituzioni e del pensiero. Dal Medievo all’Età contemporanea”. Un viaggio che proseguirà ancora nel mese di marzo, provando persino ad abbracciare le tinte della Festa della donna grazie alla tappa di mercoledì 16 (sempre alle 17, ora che accompagna tutte le conferenze, a ingresso libero) intitolata “Storia di donne ed energia”, scalo affidato a Simona Cerrato (Sissa Medialab), laureata in fisica cosmica e impegnata anche in campo editoriale e in progetti museali. Il cartellone di “Energia, società, ambiente” regala un momento fondamentale il 30 marzo, con “Dai microsecondi ai millenni-Le scale di tempo della tecnologia nucleare”, argomento che chiama in causa Edoardo Milotti, del Dipartimento di fisica dell’Università di Trieste. La rassegna indaga dunque anche su tematiche (quasi) distanti dai laboratori classici della scienza, proponendo un filtro dotato di diversi accenti, anche sociali, una chiave che riguarda soprattutto l’appuntamento del 13 aprile, quando l’aula magna di via Filzi accoglierà la relazione di Luigi Pellizzoni, docente del Dipartimento di scienze politiche e sociali dell’ateneo triestino, impegnato su “Energia e immaginari socio/tecnici”. Il secondo appuntamento del mese di aprile, quello del 27, si avvale invece di domande semplici quanto basilari, come “Cosa cerca la ricerca? E come? Il caso del nucleare italiano”, con relatore Igor Londero. La penultima tappa è datata mercoledì 11 maggio, propone in veste di relatore Vanni Lughi (School on energy “G.Ciamician” e Università di Trieste) e si colloca sotto la voce “La sfida globale dell’energia”. Il viaggio tra i colori dell’energia culmina infine con la relazione del 18 maggio, intitolata “Dai problemi di oggi agli scenari futuri”, panoramica socioscientifica interpretata da Carlo Rizzuto, vertice della Ceric-Eric. Ulteriori informazioni sul ciclo telefonando al 3349088235.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 marzo 2016

 

 

Nessun colpevole per la Val Rosandra

Il giudice assolve Ciriani e la Protezione civile: non ci fu scempio. L’ex vicepresidente: «Processo politico. Esco a testa alta»
Nessuno scempio, nessun disastro ambientale. Semmai un lifting, in Val Rosandra. Dopo quattro anni, tra istruttoria e processo, il caso che aveva mobilitato legioni di ambientalisti si è concluso con l’assoluzione piena. Nessuna responsabilità. Anzi: hanno fatto bene a tagliare gli alberi. «Esco a testa alta, come a testa alta sono entrato», ha detto l’ex vicepresidente della giunta regionale Luca Ciriani pochi istanti dopo aver udito il giudice Marco Casavecchia pronunciare la parola “assoluzione”, per lui e per l’allora capo della Protezione civile regionale Guglielmo Berlasso, per il funzionario Cristina Trocca e l’operativo Adriano Morettin. Per tutti il pm Antonio Miggiani nel corso del processo aveva chiesto una condanna esemplare, considerati i reati contestati: un anno di arresto e duemila euro di multa. Dopo la sentenza il magistrato se n’è andato senza rilasciare dichiarazioni. E dunque resta il mistero sull’eventualità di un suo ricorso in Appello, peraltro già annunciato dal Wwf, cioè l’associazione ambientalista che aveva presentato l’esposto dal quale è scattata l’inchiesta. In particolare la sentenza del giudice Casavecchia - le cui motivazioni saranno depositate tra 90 giorni - ha assolto Ciriani e gli altri tre perché il fatto non sussiste riguardo l’accusa di deturpamento di beni ambientali in un sito protetto e perché il fatto non costituisce reato per le altre accuse. Insomma, per farla breve, il giudice ha accolto in toto la ricostruzione dei difensori, gli avvocati Luca Ponti, Caterina Belletti e Paolo Pacileo. Ponti (difensore dei vertici della Protezione civile) nella scorsa udienza, riferendosi alle richieste del pm, aveva parlato di «dissociazione dalla realtà» soprattutto alla luce delle conclusioni della perizia affidata dal giudice al geologo Cristiano Mastella che aveva definito l’intervento del marzo 2012 - il taglio di 41 piante di alto fusto nell’alveo del torrente Rosandra - idoneo a prevenire i rischi e adeguato a scongiurare il rischio idrogeologico paventato. Ieri ha chiosato: «Avevamo tutti contro, ma avevamo ragione. Non voglio usare toni trionfalistici. Ma è emersa la totale e assoluta estraneità ai fatti da parte degli accusati». Una giornata memorabile, insomma: Ciriani dopo la sentenza è riuscito a essere simpatico tirando fuori forse uno dei primi sorrisi della sua vita. «È stato - ha detto - un processo sul nulla. O meglio un processo politico. Del quale altri dovrebbero chiedere scusa. Perché siamo stati accusati di aver fatto solo il nostro dovere. Ieri sono morti cinque italiani a causa del dissesto idrogeologico avvenuto in un’altra regione. Dobbiamo pensare a questi fatti. Questo processo che ha riguardato 38 alberi è costato almeno 100mila euro. Sono stati soldi spesi per niente. Non quelli della Protezione civile ai cui volontari dedico questa assoluzione». E poi riferendosi al Wwf (l’inchiesta del pm Miggiani era partita da un esposto dell’associazione ambientalista) l’ex vicepresidente della giunta Tondo è andato giù duro ancor di più: «Non dobbiamo soccombere di fronte a certi ambientalisti. Sono ecologisti da salotto e dovrebbero chiedere scusa perché i volontari della Protezione civile sono stati insultati e diffamati. Sono persone alle quali occorre dare rispetto. E questo processo non le ha rispettate». Gli ha fatto eco l’avvocato Belletti: «Ciriani doveva uscirne fin dall’inizio. Si è capito subito che non c’entrava. Tra i poteri dell’assessore non c’è quello di non firmare un decreto. Ciriani ha semplicemente recepito il contenuto delle relazioni tecniche e non poteva fare altro». Paolo Pacileo, difensore del tecnico operativo Adriano Morettin, commenta in maniera ironicamente caustica. «D’altra parte - ha detto - era emersa fin dall’inizio la legittimità dell’azione della Protezione civile. Questo processo - ha rilevato Pacileo - si è sviluppato sulla base delle emozioni popolari». E ripete ancora Ciriani: «Dovrebbero vergognarsi, questi ecologisti da salotto».

Corrado Barbacini

 

Pochi giorni fa l’Europa ha aperto un “fascicolo”
La sentenza è arrivata a poche ore di distanza dalla notizia, resa pubblica dal grillino Marco Zullo, che la Commissione europea ha aperto un “fascicolo” sul caso Val Rosandra avviando il cosiddetto Eu-Pilot, il passaggio preliminare di un’eventuale procedura d’infrazione, in questo caso a carico della Regione, sulla base di una petizione con diecimila firme indirizzata proprio a Bruxelles.

 

Il Wwf accusa il colpo ma annuncia ricorso
L’avvocato Giadrossi: «È una sconfitta in primo grado. Decisiva l’esclusione della consulenza del pm»
Un’istruttoria «più che zoppicante» e una, «non lo nascondo», sconfitta. L’avvocato Alessandro Giadrossi, presidente locale del Wwf e legale di parte civile nel processo sulla Val Rosandra accusa il colpo ma non lascia la partita perché «dopo aver letto le motivazioni proporrò l’appello». Dice: «Non sono stupito». Aggiunge: «L’esposto (ndr, l’atto da cui si è attivato il procedimento) andava fatto. Ma per la verità non serviva nemmeno, perché i reati ambientali contestati sono perseguibili d’ufficio. Quello che come Wwf abbiamo chiesto è stato il vaglio della magistratura riguardo a questi fatti. E l’attenzione della Procura e quella del ministero dell’Ambiente che si è costituito parte civile hanno dimostrato che non eravamo soli. Ma c’è stata - continua Giadrossi - una grande attenzione da parte dei cittadini che non potevano rimanere inascoltati». Come mai è successo? Come mai questa sentenza che esclude ogni responsabilità? Risponde il presidente del Wwf: «È vero, c’è stata una sconfitta. Ma nel primo grado. Ci sarà un Appello in cui giocheremo tutto. La questione è molto complessa e controversa dal punto di vista giuridico. Non si è trattato di una battaglia contro quattro contadini inquinatori o un’impresa. Ma contro una struttura politico- amministrativa che è cosa ben diversa». Aggiunge Giadrossi: «È vero, l’istruttoria è stata zoppicante. Ma il pm Miggiani ha fatto il possibile con scrupolo e convinzione. Gli elementi c’erano. Il problema più serio è stato causato dalla consulenza del pm. Il giudice non ha ritenuto di accettarla e così tutto è diventato più difficile. La perizia così alla fine ha dimostrato solo una parte della vicenda». Poi conclude: «Penso che quel tipo di interventi non vadano fatti a prescindere. Non si può bypassare le autorizzazioni con il trucco dell’urgenza». E chiosa: «Lì in Val Rosandra non c’era nessuna urgenza. È stato fatto un taglio indiscriminato di alberi. Non può passare questa idea. Lì non si trattava di pericolo per la pubblica incolumità». Secco l’avvocato Marco Meloni che ha rappresentato il ministero dell’Ambiente. «La buona fede e la finalità pubblica dell’intervento hanno prevalso sul carattere vincolante e sulla necessità che venisse fatto con grande cautela. È questa la verità».

(c.b.)

 

 

 

 

FERPRESS - LUNEDI', 29 febbraio 2016

 

 

Ferrovie: memorandum intesa Slovenia, Slovacchia, Ungheria e Polonia per corridoio Capodistria
Memorandum d’intesa per l’istituzione di un corridoio europeo dei trasporti dal porto sloveno di Capodistria (Koper) ai centri industriali dell’Europa centro-orientale. E’ stato firmato dai ministri delle Infrastrutture di Slovenia, Slovacchia, Ungheria e Polonia; sull’altro versante, la Slovenia guarda anche all’Italia e al collegamento Trieste-Divaccia.
La collaborazione tra i paesi dell’Est potrebbe vedere la nascita di società di partenariato anche per lo sviluppo del collegamento tra il porto di Capodistria e l’hub ferroviario strategico di Divaccia, progetto che potrebbe coinvolgere anche le ferrovie italiane e di altri paesi del sud est europeo.

 

FVG: Serracchiani incontra FS e il sindaco di Trieste per recupero del Museo Ferroviario di Campo Marzio
Il recupero e la valorizzazione del Museo Ferroviario di Campo Marzio sono un obiettivo che vede seduti allo stesso Tavolo Ferrovie dello Stato (FS), attraverso la sua Fondazione, Regione Friuli Venezia Giulia e Comune di Trieste.

Un incontro su questo tema – si apprende da una nota della Regione – ha visto protagonisti la presidente del FVG Debora Serracchiani, il direttore di Fondazione FS Luigi Cantamessa e il sindaco di Trieste Roberto Cosolini.
La Stazione di Campo Marzio, di proprietà delle Ferrovie dello Stato, ospita oggi il Museo Ferroviario nato nel 1975. L’obiettivo è quello di riqualificarlo ma anche quello di utilizzare i binari, mantenendoli allacciati alla rete, a scopo turistico, in particolare per quanto concerne il collegamento con Miramare, come già ipotizzato anche con il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini.
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 febbraio 2016

 

 

Proroga in Ferriera, il Comune dice no

L’azienda chiede di posticipare al 15 aprile il completamento di un intervento previsto dall’Aia. Tocca alla Regione decidere
Siderurgica Triestina - Spiega di aver portato a termine tre lavori su quattro di mitigazione del rumore e aggiunge che l’ultimo sconta tempi troppo stretti
È scattata ieri la prima scadenza dell’Aia per la Ferriera di Servola. Il decreto di rinnovo stabiliva che entro il 28 Siderurgica Triestina dovesse portare a compimento i primi interventi per il contenimento delle emissioni acustiche. Nei giorni scorsi, però, l’azienda ha chiesto una proroga al 15 aprile per uno dei quattro lavori previsti. La vicenda ha destato le ire del Comune che ha chiesto in una lettera alla Regione di negare lo slittamento. Lo denuncia anche il parlamentare Aris Prodani, il primo a porre pubblicamente la questione. Dal canto suo il gruppo Arvedi sottolinea di aver portato a compimento per tempo gli altri tre interventi e di aver avviato anche il quarto, lamentando l’impossibilità di concluderlo entro febbraio, visto che il rinnovo dell’Aia è stato notificato solo a fine gennaio. La Regione per il momento attende, precisando che spetta ai tecnici valutare le richieste di proroga. Andiamo in ordine cronologico. «A Servola il rumore è un problema grave. Un cittadino che conosco ha comprato un fonometro e misurato fino a 65 decibel, ben oltre i limiti» ricorda Prodani. E così, visto che la prima scadenza dell’Aia riguarda proprio la limitazione dell’inquinamento acustico, il parlamentare ha scritto alla direzione regionale Ambiente per sapere se fossero in programma campagne di misuramento per appurare l’efficacia degli interventi. Leggendo la risposta la Regione ha scoperto la richiesta di proroga e non ha gradito: «Il rinnovo dell’Aia è stato presentato come una serie di paletti molto stringente. Ed ecco che alla prima scadenza utile l’azienda ritarda di un mese e mezzo. Mi auguro che la Regione dica no e che si inizino subito le misurazioni per capire quanto rumore fa la ferriera: l’azienda dice che ha realizzato tre interventi su quattro, bisogna vedere se sono serviti a qualcosa». Il Comune ha chiesto alla Regione di rispondere negativamente in una lettera firmata dal sindaco. Spiega Roberto Cosolini: «L’Aia è stata un punto di equilibrio evidentemente difficile. Prendo atto del fatto che alcune cose importanti sono state realizzate, penso all’insonorizzazione dell’impianto di aspirazione della cokeria. Ma penso anche che, visto il clima sociale, sia bene che l’azienda eviti questo tipo di richieste, tanto più se arrivano all’ultimo momento. Se l’avessero detto da subito, sarebbe stato inserito nell'Aia». Aggiunge l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni: «La richiesta di proroga è arrivata solo pochi giorni fa. Noi siamo contrari e dal primo marzo siamo pronti ad avviare i controlli sul rumore, con quel che ne consegue». L’azienda affida a un comunicato la spiegazione ritenendo «necessario fornire elementi di chiarezza». Siderurgica Triestina rivendica la realizzazione dell’intervento di «mitigazione acustica dell’aspiratore in cokeria», concluso il 31 gennaio attraverso cabine insonorizzate: «In attesa dei rilievi fonometrici di Arpa, Siderurgica Triestina basandosi su rilievi effettuati da un tecnico certificato ai sensi di legge ha già registrato una differenza di rumore ambientale ante/post opera, a conferma dell’efficacia dell’intervento». Gli altri due interventi conclusi riguardano la modifica dello scarico della condensa e la riparazione del soffiante n. 4: il primo intervento «è stato realizzato inserendo dei condensatori sullo scarico condense, che evitano la generazione del “sibilo” al passaggio della condensa»; quanto al secondo «l’Aia prevedeva la riparazione di un soffiante dell’altoforno, il n. 4, che Siderurgica Triestina ha posto fuori servizio (eliminando così del tutto tale sorgente di rumore). Al suo posto è stato attivato il soffiante n. 1, che – a differenza del soffiante n. 4 – è allocato all’interno di un edificio chiuso». L’intervento al centro della polemica è quello per la «mitigazione acustica dell’aspiratore dell’altoforno»: «L’Aia prescrive la costruzione di una cabina sui ventilatori 1 e 2. Due giorni dopo la notifica del decreto Aia (che fonti dell’azienda sottolineano essere arrivata soltanto il 27 gennaio, ndr), Siderurgica Triestina ha affidato l’incarico di realizzazione dell’intervento a una ditta specializzata, con la quale aveva nelle settimane precedenti già concordato l’intervento. In considerazione della complessità della realizzazione e del montaggio delle due cabine, la cui conclusione è prevista entro il 15 aprile, Siderurgica Triestina ha informato le istituzioni chiedendo una proroga (solo per questo intervento) del termine per la realizzazione». L’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito assicura che la giunta «non intende firmare alcuna cambiale in bianco»: «Ci sono valutazioni e soluzioni tecniche che vanno fatte e trovate dai tecnici, e questi non devono subire ingerenze da parte di alcuno. Così sarà. Al momento nulla deve essere dato per scontato».

Giovanni Tomasin

 

L’Arpa: «Le verifiche sono già in corso» - L’Agenzia assicura controlli puntuali sul rispetto delle prescrizioni e massima trasparenza sui risultati
L’ultima parola sulla proroga spetta ai tecnici, assicura l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito: «Tutti i vincoli sono stati fissati in sede tecnica dalla Conferenza dei Servizi. Spetta dunque sempre ai tecnici valutare la richiesta di proroga e le motivazioni che ne sono alla base. È quello che stanno facendo. Da parte sua la giunta regionale non intende firmare nessuna cambiale in bianco».

Nel frattempo, con una nota, Arpa assicura che «sta puntualmente effettuando tutti i necessari accertamenti tecnici per appurare che i primi interventi di mitigazione delle emissioni di rumore effettuati da Siderurgica Triestina alla Ferriera di Servola, così come tutti gli altri interventi prescritti, rispondano alle indicazioni e ai parametri previsti dall’Aia rilasciata lo scorso 28 gennaio». L’Aia, precisa la nota, individua tra l’altro le diverse fasi successive nelle quali l’impresa deve concordare e definire con Arpa le azioni di dettaglio per realizzare interventi migliorativi, finalizzati a ridurre progressivamente «in maniera importante», entro trenta mesi, le emissioni dell’impianto siderurgico e per adeguare e aggiornare il sistema di monitoraggio ambientale. «L’agenzia, avendo partecipato a tutto il procedimento istruttorio e alle Conferenze dei Servizi in cui si è formato il provvedimento autorizzativo, ha piena evidenza di quanto sta accadendo nello stabilimento di Servola. In proposito - scrive ancora Arpa - sono anche già stati avviati incontri con i responsabili dell’azienda per approfondire i molteplici aspetti dell’Aia che presuppongono la definizione di fasi tecniche di dettaglio». L’agenzia aggiunge che sono in corso di definizione i contenuti della convenzione per la sua presa in gestione del sistema di monitoraggio dell’aria. Arpa dice poi di aver «già indicato le specifiche tecniche degli strumenti di cui dovranno essere dotate le stazioni di rilevamento dell’inquinamento atmosferico (nelle vie Pitacco, Ponticello e Muggia), dei sistemi di lavorazione dei dati e della loro localizzazione». Arpa comunica di essere al lavoro anche sulla tipologia del supporto che dovrà dare per la valutazione del Piano di risanamento acustico che Siderurgica Triestina è tenuta a presentare entro sei mesi dal rilascio dell’Aia. Un piano che dovrà essere attuato progressivamente e completato in due anni e mezzo. Dice l’agenzia: «Abbiamo già individuato un team di specialisti che seguirà Siderurgica Triestina nell’elaborazione del Piano e nei controlli». Infine, in considerazione del fatto che l’Aia ha imposto, proprio sul tema di riduzione del rumore, l’effettuazione di una serie di primi interventi nelle more della predisposizione del piano di risanamento, nella nota si ribadisce che già «sono in atto i più opportuni controlli su quanto fatto». Conclude Arpa: «Così come è stato fatto finora, gli esiti degli accertamenti saranno messi a disposizione delle autorità competenti».

(g.tom.)
 

 

La minoranza si autosfratta dalla “casa” di via Valdirivo - Centro italosloveno cacciato dalla spa che gestisce vari immobili della comunità
Il fondatore Ferluga insorge: «Siamo indignati». Avvocati delle due parti al lavoro
“La prima scuola a Trieste che insegna la lingua slovena agli italiani” rischia di chiudere, o quantomeno di vedersi portare via la storica sede di via Valdirivo 30. Attivo dal 1970, il Centro multiculturale italosloveno ha ricevuto a novembre del 2015 la notifica dello sfratto, che è diventato esecutivo a partire dal 4 febbraio scorso. «Una scelta incomprensibile», fanno sapere dall’associazione culturale, anche in considerazione del fatto che la società proprietaria dell’immobile è la Dom Immobiliare triestina, una società per azioni che amministra gli immobili di una parte della comunità slovena. Una Spa che ha nella Podporno Drustvo Trzaska Matica, un’associazione di assistenza che ha sede in via San Francesco, il socio di maggioranza con l’86 per cento delle quote. Nelle prossime ore le due parti dovrebbero incontrarsi per definire la data entro la quale liberare i locali, anche se la speranza dei locatari è quella di raggiungere un accordo e di poter continuare a svolgere nell’appartamento di via Valdirivo la propria ultraquarantennale attività. «Siamo indignati - fa sapere il presidente e fondatore del Centro Luciano Ferluga -. È in atto un tentativo di smantellare un lavoro costruito in tanti anni, prezioso e utile per l’intera città, sia per i cittadini italiani che per quelli sloveni. Negli anni abbiamo insegnato la lingua slovena a oltre seimila persone. Oltre cinquemila ragazzi, negli ultimi dodici anni, hanno inoltre partecipato ai cicli di proiezioni riguardanti la Shoah e la Resistenza». I 140 metri quadrati dentro i quali è nata e cresciuta l’associazione, oltre alle lezioni di lingue e alle proiezioni, ospitano un magma composito di numerose associazioni, come il Comitato pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci e il Circolo Charlie Chaplin. Qui sono sorti il Comitato per la difesa della Costituzione e il Comitato “L’Italia sono io”, a tutela dei diritti degli immigrati di seconda generazione. Decine di associazioni cittadine che si occupano della diffusione della cultura della pace e della convivenza fra italiani e sloveni hanno trovato insomma la propria casa in questi spazi. Proprio la volontà da parte dell’associazione di diffondere la conoscenza della lingua e della cultura slovena stride con uno sfratto che, in qualche modo, proviene da una realtà appartenete alla comunità slovena stessa. «Le nostre attività - prosegue Ferluga - le abbiamo sempre sostenute in autonomia, autofinanziandoci con i corsi di lingua e con le quote associative. Non abbiamo mai ricevuto un soldo di finanziamento pubblico e abbiamo sempre versato gli 800 euro mensili, anche a rimborso di un precedente compromesso su dei lavori di restauro che sono stati fatti nella stessa sede». La storia della morosità indicata dai proprietari come causa dello sfratto, stando alle parole di Ferluga, non sembra reggere: «Alcune date dei versamenti si sarebbero sovrapposte - le sue parole - ma anche adesso che ci vogliono fuori dall’appartamento continuiamo a corrispondere gli 800 euro dovuti». Eppure gli avvocati delle due parti starebbero già concordando l’uscita dall’immobile. Alla proprietà, infatti, preme anzitutto sapere se ci sarà collaborazione da parte dell’associazione, oppure se dovrà ricorrere all’ufficiale giudiziario. «La scelta di sfrattarci ci appare incomprensibile - così Ferluga -. Non ci meritiamo di diventare delle vittime sacrificabili dopo quasi cinquant’anni di intenso lavoro». Ferluga non si arrende e prova a chiamare a raccolta tutte le migliaia di persone che in questi decenni sono state vicine al centro culturale. «Stiamo raccogliendo le prime adesioni dei cittadini e delle associazioni che sono intenzionate ad aiutarci - la sua conclusione - . Siamo anche disposti ad acquistare l’immobile, per il quale ci siamo sempre accollati tutti i lavori di manutenzione, magari ricorrendo a un azionariato popolare che ci consenta di affrontare tale spesa».

Luca Saviano

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 febbraio 2016

 

 

Val Rosandra disboscata, l’Europa indaga
Bruxelles, allertata da una petizione popolare, avvia la procedura d’infrazione alla vigilia della sentenza del processo penale
L’Europa apre un’indagine sul disboscamento di quattro anni fa in Val Rosandra. È la Commissione europea a muoversi avviando l’Eu-Pilot, il passaggio preliminare che fa scattare la procedura d’infrazione. Bruxelles ha attivato il meccanismo dopo aver analizzato la petizione sottoscritta dai 10mila triestini che si erano appellati agli organismi comunitari per chiedere “giustizia” sui fatti avvenuti nel 2012: lo sfalcio di decine di alberi e cespugli nell’alveo del torrente in un’area protetta e che, in quanto tale, custodisce un habitat del tutto particolare per la fauna. Tecnicamente fu un intervento di “pulizia” eseguito dalla Protezione civile per prevenire i rischi idrogeologici. Ma che aveva scioccato l’opinione pubblica. È l’europarlamentare dell’Efdd-Movimento 5 Stelle Marco Zullo a comunicare l’avvio dell’iter Ue, proprio alla vigilia della sentenza, attesa domani, nel processo che vede imputati l’ex vicepresidente della Regione Luca Ciriani, l’allora capo della Protezione civile Guglielmo Berlasso, il funzionario Cristina Trocca e l’operatore Adriano Morettin. «La Commissione – spiega Zullo che sta seguendo la vicenda in sede europea – ha domandato informazioni specifiche sul caso all’Italia, ma non le ha ricevute. In mancanza di ciò, per valutare se l’Italia (nel merito la Regione, ndr) ha rispettato i criteri di tutela dell’habitat, ha avviato il procedimento». Le parole del deputato M5S trovano conferma in un documento di Bruxelles, in un’informativa datata 27 gennaio 2016. In particolare lì dove si dice che «la Commissione esaminerà tutte le informazioni disponibili e se necessario contatterà le autorità italiane per verificare la conformità del piano menzionato (Piano alvei puliti) con la direttiva Habitat». Per poi aggiungere che l’organismo comunitario «non ha ricevuto le informazioni aggiuntive che ci si attendeva per accompagnare la petizione originale». Zullo chiarisce: «La Commissione, che evidentemente ha ritenuto valide le argomentazioni della petizione, si aspettava dallo Stato membro una spiegazione su come è avvenuto l’intervento. Non è mai arrivato e ora l’indagine prosegue in modo più allargato». In sostanza parte un’inchiesta Ue sul rispetto delle normative del settore. Una sorta di “avviso di garanzia”, per fare un parallelismo con l’attività giudiziaria. Il comitato per la difesa della Val Rosandra aveva inoltrato nel marzo 2013 al presidente del Parlamento europeo il documento, firmato da quasi 10mila persone, per chiedere l’apertura della procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia; in particolare per la mancata attivazione dell’iter di incidenza ambientale, nonché per l’inosservanza degli obblighi di tutela previsti dalle direttive comunitarie. «La Commissione europea – precisa ancora Zullo – ha quindi deciso di avviare un’indagine Eu Pilot, chiedendo alle autorità italiane di chiarire come (e se, ndr) le disposizioni della direttiva di riferimento siano state applicate nel caso in questione. Da quello che risulta in questa fase è in corso un confronto tra la stessa Commissione e le autorità italiane coinvolte nella vicenda. È evidente – conclude l’europarlamentare – che l’eventuale avvio della procedura di infrazione comporterebbe un grave danno economico per l’Italia, che andrebbe ad assommarsi a quello ambientale perpetrato in un’area protetta come è la Val Rosandra». La giunta Serracchiani, che naturalmente non ha alcuna responsabilità sul caso dal momento che i fatti risalgono alla legislatura precedente, è al corrente. Il primo a rispondere in merito alla questione è l’assessore con delega alla Protezione civile Paolo Panontin: «Se il ministero ci chiederà qualcosa, collaboreremo come abbiamo sempre fatto per questa situazione». Così la collega Sara Vito, assessore all’Ambiente: «Quella dell’Europa è una richiesta di informazioni che la Commissione avvia per valutare l’infrazione. I nostri uffici hanno subito fornito le dovute informazioni al ministero dell’Ambiente, in modo da evitare che la procedura a nostro carico venga concretamente attivata».

Gianpaolo Sarti

 

Il pm ha chiesto un anno per Ciriani e Berlasso
È attesa per domani la sentenza del giudice Marco Casavecchia al processo per presunta distruzione di habitat protetto a carico dell’ex vicegovernatore Luca Ciriani, dell’allora capo della Protezione civile Guglielmo Berlasso e dei funzionari Cristina Trocca e Adriano Morettin.

Per tutti il pm Antonio Miggiani ha chiesto un anno di arresto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 febbraio 2016

 

 

La Lipu stoppa l’arrampicata sulle Falesie - «Nella riserva naturale l’esigenza primaria riguarda gli uccelli che devono poter nidificare ovunque»
DUINO AURISINA - Nella Riserva naturale delle Falesie di Duino «l’esigenza primaria riguarda gli uccelli, che devono poter nidificare, scegliendo anche il luogo dove farlo. Le attività umane, come quelle dell’arrampicata sportiva, sono importanti ma devono essere subordinate ad altre priorità.

Lo afferma anche il Regolamento approvato dalla Regione». La sezione locale della Lega italiana per la protezione degli uccelli (Lipu) scende in campo. E lo fa alla luce dell’ordinanza emessa dal Comune di Duino Aurisina che concede la possibilità di fare arrampicate sportive all’interno della Riserva naturale delle Falesie e della polemica che ne è scaturita, polemica culminata con le dimissioni del presidente della commissione Ambiente, il consigliere Maurizio Rozza. «Riteniamo necessario precisare che il Regolamento della Riserva naturale regionale delle Falesie di Duino, emanato con un decreto del Presidente della Regione e in vigore dal 27 gennaio 2016 - scrivono Matteo Giraldi e Ilario Zuppani, esponenti della Lipu - prevede che, per lo svolgimento dell’attività di arrampicata sportiva, l’organo gestore, cioè il Comune, può autorizzare, per periodi determinati di tempo e particolari condizioni e prescrizioni, l’uscita dalla rete di sentieri, nelle aree previste nell’allegato cartografico e indicate con retino puntinato. L’autorizzazione - aggiungono gli esponenti dell’associazione - è rilasciata facendo salvi gli eventuali diritti di terzi. Si evidenzia inoltre che il personale degli organi di vigilanza della Regione e della Provincia, in collaborazione con Zoologi professionisti ed esperti delle associazioni di protezione ambientale, effettuano regolari controlli sulle specie faunistiche presenti nelle Riserve naturali regionali, e sulle loro eventuali delicate attività riproduttive». Insomma, precisano Giraldi e Zuppani, «la richiesta dell’autorizzazione all’arrampicata sportiva va valutata e autorizzata dal Comune di Duino Aurisina, purché non provochi significativi disturbi alla fauna selvatica rilevata nei monitoraggi effettuati dagli esperti. Inoltre può essere autorizzata solamente in un tratto di qualche centinaio di metri delle falesie poste al lato ovest della Riserva». Giraldi e Zuppani ricordano anche che «all’interno della Riserva da decenni nidifica una coppia di Falco pellegrino, specie particolarmente protetta, ma anche altre specie di avifauna marina quali l’Edredone e la Volpoca frequentano l’area durante il periodo riproduttivo. Per garantire la possibilità di riprodursi alle specie presenti nella Riserva, la Lipu ritiene opportuno evitare le attività di arrampicata sportiva nel periodo primaverile. È perciò evidente che almeno in queste piccole porzioni di territorio deve essere salvaguardata la possibilità di alimentarsi, sostare e riprodursi alla fauna selvatica».

(u.sa.)

 

 

Piano regolatore, l’appello delle Comunelle
I vertici della Comunanza chiedono ai candidati dem di aprire immediatamente un dialogo
Vantano diritti secolari e chiedono che «i partecipanti alle primarie del Pd prendano in esame le istanze e le esigenze di chi vuole e deve essere coinvolto nei procedimenti di sviluppo del territorio dell’altopiano». Sono i componenti della Comunanza (Agrarna Skupnost), organizzazione che accoglie al suo interno ben 29 Jus Comunelle distribuite fra San Dorligo della valle Dolina e Duino Aurisina, comprendendo ovviamente anche Trieste, e che ieri hanno dato vita a una conferenza stampa, svoltasi a Padriciano, provocatoriamente intitolata “Non vogliamo andare alle elezioni affamati e assetati”. «Il tema principale - ha spiegato Carlo Grgic, vicepresidente della Consulta nazionale della proprietà collettiva - è quello relativo al Piano regolatore di Trieste, che non può essere delineato e tanto meno definito senza il nostro contributo. Ci sono troppi provvedimenti che individuano Siti di importanza comunitaria (Sic) e Zone di protezione speciale (Zps) - ha proseguito - senza tener in debito conto i diritti di quanti vivono e operano in questi territori dell’altopiano da un considerevole numero di anni e i cui diritti sono sanciti nei libri tavolari. Ci sono state tolte aree produttive - ha sottolineato - e le relative attività economiche, trasformando la destinazione di territori. Abbiamo fatto un conteggio - ha precisato il vicepresidente della Consulta nazionale - e dalla fine della guerra a oggi, a forza di espropri, sono stati sottratti alle Jus Comunelle circa 25 milioni di metri quadrati per costruire autostrade e altro. Chiediamo perciò - ha concluso Grgic - che il Comune di Trieste prenda in esame le nostre richieste e che i due partecipanti alle primarie si siedano assieme a noi attorno a un tavolo per chiarire i loro programmi in merito». «C’è una legge del ’52 - ha ricordato Vladimir Vremec, presidente della Comunanza - che ha sancito il diritto delle Jus Comunelle di esistere e di essere titolari di diritti di proprietà». La legge richiamata, la n. 991, precisa anche che «solo i beni acquistati dalle comunioni dopo il 1952 posso tornare oggetti di libera contrattazione». «Sulla base di questo dettato - ha insistito Grgic - ogni ettaro sottratto alle Jus Comunelle per esigenze pubbliche deve essere restituito in un’altra area». I rappresentanti della Comunanza hanno poi richiamato anche la legge regionale n. 97 del ’94 la quale stabilisce che «le Comunelle devono essere coinvolte nelle scelte urbanistiche e di sviluppo locale e nei provvedimenti avviati per la gestione forestale e ambientale e per la promozione della cultura locale». I relatori hanno infine ricordato che il nuovo presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, «si è già espresso a favore dei diritti delle Jus Comunelle».

Ugo Salvini

 

 

Trasporti - Sel contesta l’altà velocità a Roma

Serena Pellegrino, deputato (Si-Sel), ha ricevuto la risposta del ministero dei Trasporti sulla Tav Portogruaro-Aurisina ma i dubbi sull’opera permangono.

« Il nuovo studio di fattibilità per la linea AV/AC Portogruaro Aurisina, descritto dal Ministero dei Trasporti in risposta alla interrogazione presentata a dicembre, riduce le varianti previste nel progetto del 2010 e abbassa i costi dell’opera», dice la Pellegrino. «Permane comunque l’interrogativo sul ruolo di quest’opera nel sistema dei trasporti del Friuli Venezia Giulia, e se costituirà l’effettiva alternativa al trasporto merci su gomma».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 febbraio 2016

 

 

Ambiente - Battista denuncia sforamenti a Servola

«I dati Arpa sulle emissioni di benzo(a)pirene aggiornati al mese di febbraio sono un primo colpo alle “magnifiche sorti e progressive” della cappa aspiratrice».

Lo afferma il senatore del gruppo “Per le autonomie”, Lorenzo Battista, puntando il dito contro l’inefficienza del nuovo impianto in servizio alla Ferriera dal 5 ottobre 2015, e i dati. «Da quando la cappa aspiratrice è in funzione non solo non si sono abbattute le emissioni di benzoapirene, ma il trend è addirittura in crescita».

 

 

Traffico di rifiuti speciali nel Goriziano
Due indagati e un capannone sequestrato a Lucinico. Il materiale veniva stoccato per essere inviato in Camerun via mare
GORIZIA - Tutto è partito da una segnalazione relativa a un inconsueto e sospetto viavai di furgoni a tutte le ore del giorno e della notte che scaricavano non meglio definito “materiale” in un vecchio e degradato capannone in mezzo ai campi nel Goriziano. Il movimento era così notevole che i militari dell’Arma sono stati immediatamente coinvolti. Questa testimonianza ha permesso al Nucleo investigativo dei carabinieri (assieme ai colleghi dell’Arma della stazione di Lucinico) di scoprire un presunto traffico di rifiuti speciali anche pericolosi diretti in Africa. I dettagli dell’operazione Tutto ruotava attorno a un vecchio fabbricato e a un container. «Il capannone industriale sito a Lucinico, in via della Stesa 27, veniva utilizzato come centro di stoccaggio abusivo dei rifiuti - ha spiegato ieri pomeriggio Pasquale Starace, comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri di Gorizia -. Al suo interno erano conservati rifiuti speciali anche pericolosi come batterie al piombo esauste, rifiuti elettronici, parti di auto oggetto di demolizione e pneumatici fuori uso. Ma l’attenzione si è subito concentrata su un container che veniva utilizzato per trasportare il materiale fuori dal nostro Paese». Il capannone e il container (temporaneamente “parcheggiato” allo scalo portuale di Genova-Voltri in attesa essere spedito in Camerun carico di rifiuti speciali e no) sono stati sequestrati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Gorizia e della stazione di Lucinico che hanno eseguito anche due provvedimenti di perquisizione e sequestro emessi nei confronti di due persone, residenti a Lucinico, una delle quali originaria del Camerun. Il primo è un goriziano, classe 1941, di cui non sono state fornite le generalità, il secondo è camerunense, classe 1982. «Entrambi - hanno spiegato Starace e il capitano Lorenzo Pella, comandante della Compagnia di Gorizia - risiedevano in condizioni a dir poco precarie e degradate all’interno dello stesso capannone». Il goriziano è stato denunciato per gestione illecita di rifiuti. Sulla testa del cittadino africano, oltre a questa stessa accusa, pende anche la denuncia per traffico transfrontaliero di spazzatura. «Con la collaborazione del Comune è stata trovata una sistemazione temporanea ai due: non potevano vivere in quelle condizioni», la sottolineatura del capitano Pella. Traffico transnazionale di rifiuti speciali I provvedimenti rientrano nell’ambito dell’inchiesta su un “traffico e gestione illecita transnazionale di rifiuti speciali anche pericolosi” come batterie al piombo esauste, rifiuti elettronici, pezzi e ricambi di automobili oggetto di demolizione e pneumatici fuori uso, e sono stati emessi dalla Pm Bossi di Gorizia. All’interno del container c’erano due vetture radiate praticamente intere, parti di altre auto e circa 300 pneumatici usati, provenienti da varie attività produttive del Friuli Venezia Giulia e della Slovenia: erano destinati a un cittadino camerunense non ancora identificato. «Relativamente agli pneumatici sono state rinvenute delle fatture slovene che servivano probabilmente per sviare i controlli. Le gomme sarebbero state acquistate a un prezzo talmente irrisorio (50 centesimi l’una) da alimentare giustificati sospetti. Tutti gli altri materiali non erano accompagnati, invece, da alcun incartamento che ne giustificasse la provenienza», ha spiegato ancora Starace durante la conferenza stampa. I carabinieri sono stati coadiuvati dai Nuclei operativi ecologici (Noe) di Udine e Genova e dall’Agenzia delle Dogane di Gorizia e di Genova.

Francesco Fain

 

L’Agenzia delle dogane determinante per ricostruire il tragitto delle scorie

Importante, per non dire decisivo, nello sviluppo delle indagini è stato il supporto dell’Agenzia delle Dogane di Gorizia. Grazie alla collaborazione di quest’ultimo ente, infatti, si è potuto ricostruire l’intero tragitto compiuto dal container “incriminato”.

Ciò è stato possibile perché sui maxi-contenitori sono presenti dei numeri e dei codici che permettono, in qualsiasi momento, di tracciarli: di sapere cioé dove sono. Ed è così che si è potuto scoprire che il 24 febbraio il container si sarebbe dovuto imbarcare a Genova, destinazione Camerun. Altrettando fondamentale è stata l’azione dei carabinieri di Lucinico che sono stati lesti a prendere nota dei numeri e dei codici che contraddistinguono il container quando questo era “parcheggiato” all’interno del capannone a Lucinico. A quel punto, l’indagine si è messa in discesa.

 

 

Finanziamento bis per le ristrutturazioni edilizie
Un finanziamento bis di 10 milioni di euro per lo scorrimento della graduatoria del bando per il riuso di beni immobili. L’ha stanziato la giunta regionale su proposta dell’assessore al Patrimonio, Mariagrazia Santoro.

Il bando per la concessione di contributi emanato nel 2016 aveva avuto una copertura iniziale di 11,5 milioni di euro che ha portato a finanziare il recupero di 281 alloggi in tutta la regione. «Visto l'ampio numero di domande ricevute - conferma Santoro - e l'efficacia del provvedimento nel consentire il recupero di immobili inutilizzati nei centri storici di piccoli e medi comuni, abbiamo ritenuto opportuno rifinanziare il provvedimento e consentire ad altri di soddisfare la domanda. In questo modo potremo contribuire al recupero di ulteriori 283 alloggi. Il successo di questo canale contributivo evidenzia come siano state colte le esigenze dei privati proprietari di immobili inutilizzati e allo stesso tempo siano state date risposte concrete alla crisi dell'edilizia, contribuendo al rilancio di questo settore dell'economia senza incidere ulteriormente sul consumo del suolo, ma attivando al contrario politiche di recupero del patrimonio esistente». Il bando ha previsto la concessione di contributi in conto capitale, nella misura massima del 50% della spesa riconosciuta ammissibile, per far fronte ai costi sostenuti per la realizzazione di interventi volti a favorire il recupero, la riqualificazione o il riuso del patrimonio immobiliare esistente privato in stato di abbandono o di sottoutilizzo. Saranno anche rimessi in condizione di accedere al contributo anche i titolari delle domande che, a causa dello stretto margine temporale disponibile, non hanno potuto trasmettere i documenti richiesti dal Servizio edilizia a fondamento del decreto di concessione, a condizione che tali documenti siano ora presentati entro il termine del 30 aprile.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 febbraio 2016

 

 

Rozza strappa sulle Falesie e si dimette
Il consigliere lascia la presidenza di commissione: «Inascoltato sul Regolamento. Fuori dalla maggioranza? Devo riflettere»
DUINO AURISINA Ha dato le dimissioni con effetto immediato. Questa la drastica decisione presa ieri da Maurizio Rozza, presidente della Commissione consiliare “Assetto e utilizzo del territorio” del Comune di Duino Aurisina. A portare l’esponente del gruppo misto a questa scelta, che non mancherà di originare qualche scossone all’interno della maggioranza che sostiene il sindaco, Vladimir Kukanja, «il modo con il quale la giunta - spiega lo stesso Rozza - è arrivata a definire la disposizione con la quale si autorizza l’attività dell’arrampicata sportiva all’interno della riserva delle Falesie. Essendomi interessato per motivi istituzionali al tema - aggiunge Rozza, che esattamente tre anni fa fu protagonista di un clamoroso atto di dimissioni, abbandonando Sel, per dissidi politici, per entrare nel gruppo misto, rimanendo comunque nell’area di maggioranza - avevo presentato al sindaco, lo scorso 2 febbraio, un promemoria nel quale fornivo le necessarie indicazioni per stilare una disposizione che fosse in linea con il testo del Regolamento sulle Falesie approvato dalla Regione. Da quel giorno - sottolinea l’esponente del gruppo misto - non ho più avuto alcuna risposta e mi sono invece trovato davanti a un documento redatto da altri. A questo punto - ribadisce Rozza, che è maresciallo della Polizia ambientale territoriale e molto vicino ad associazioni come Legambiente, Wwf, Lipu, Italia nostra, La e Lav, di cui è rappresentante in seno al Comitato faunistico regionale - non mi resta che dare le dimissioni, di cui spiegherò nel dettaglio le ragioni nel corso della prossima seduta del consiglio comunale, che auspico elegga subito il mio successore». Che Rozza si stesse allontanando, su alcuni argomenti, dalle posizioni della maggioranza, era notizia di cui a Duino Aurisina si parlava da tempo e molti ne avevano notato ed evidenziato l’assenza nel corso delle riunioni delle commissioni alle quali ha diritto di partecipare. Puntuale, anche nel merito, la sua riflessione sulla disposizione relativa alle arrampicate: «Nel testo si dice che le autorizzazioni alle arrampicate saranno revocate, nel caso dovessero essere individuati nuovi nidi - osserva Rozza - mentre il principio dovrebbe essere esattamente l’opposto. Bisogna prima aspettare che gli uccelli scelgano dove nidificare, come avviene in primavera, e per poterlo fare devono poter trovare punti della roccia in cui non c’è presenza umana. Poi eventualmente si può concedere l’autorizzazione alle arrampicate - prosegue - indicando ovviamente zone che non disturbino l’avio fauna». Ma le perplessità dell’ex presidente della commissione Ambiente sono anche altre: «Se si concedono le autorizzazioni agli arrampicatori - si chiede - come le si potranno negare ai canoisti, ai quali lo specchio d’acqua sotto le Falesie è interdetto? In ogni caso - continua - avevo sempre sostenuto che sarebbe stato opportuno sentire i residenti, prima di prendere qualsiasi decisione sulle Falesie». Una frase questa che lo avvicina, anche se solo per un momento, ai Cittadini per il golfo, movimento che non perde occasione per criticare la giunta Kukanja. «In qualche caso - dice a questo proposito - le proteste del gruppo che fa capo a Vladimiro Mervic, portavoce dei Cittadini per il golfo, sono fondate». Rozza insomma non le manda a dire e conclude con una frase che farà preoccupare più di qualcuno: «Non so se resterò all’interno dell’attuale maggioranza, devo riflettere, anche perché ho rispetto per chi mi ha votato, proprio in quanto difensore di determinate idee. Di sicuro - promette - d’ora in poi dirò fino in fondo ciò che penso». Dal Municipio intanto non arrivano reazioni o commenti. Kukanja ieri era impegnato in riunioni e l’assessore di riferimento per l’ambiente, Andrej Cunja, da giorni è costretto a occuparsi dei problemi di salute di uno stretto familiare.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 febbraio 2016

 

 

La convenienza di ridare l’acqua ai Comuni

Lo studio sarà affidato in settimana dall’Ato e verrà portato in Consiglio da Cosolini entro il 20 aprile
L’appuntamento deve essere per forza fissato entro il 20 aprile, ovvero entro la scadenza del quinquennio cosoliniano: il sindaco relazionerà in Consiglio comunale sull’opportunità o meno che la gestione del servizio idrico integrato torni interamente pubblica. Con due ipotesi di lavoro: o una gestione diretta da parte dei Comuni interessati o una società “in house” costituita all’uopo da parte di ogni singolo Municipio. Cosolini, i colleghi primi cittadini (Muggia, San Dorligo, Duino Aurisina, Monrupino, Sgonico) e il rappresentante della Provincia compongono l’assemblea dell’Ambito territoriale ottimale (Ato) triestino, al quale sono demandati interventi e investimenti su un tema sensibile come è quello dell’acqua. Ora, in seguito e in ottemperanza a una mozione approvata dal Consiglio comunale, l’Ato triestino è in procinto di affidare uno studio a una delle quattro società che hanno partecipato a una procedura di evidenza pubblica per un importo di 21 mila euro. Società che non abbiano evidentemente rapporti con i due gestori operanti sul territorio dell’Ambito, ovvero AcegasApsAmga e Acquedotto del Carso. L’incarico verte su una “griglia” di quesiti che riguarda gli aspetti gestionali, ambientali, tariffari di un eventuale retromarcia del ciclo idrico verso la mittenza comunale, attraverso un processo di “re-internalizzazione”, come lo si definisce con orrida espressione. Vantaggi e svantaggi dell’operazione, insomma: il tutto da redigere in un paio di mesi. Queste le comunicazioni fatte ieri mattina dallo stesso Cosolini e dal dirigente del servizio Ambiente della Provincia, Fabio Cella alla Commissione consiliare II, presieduta da Igor Svab (Pd). Nel dibattito sono poi intervenuti Rovis (Tp), Sossi (Sel), Bassi (misto), Menis (M5s), Bertoli (Fi), Lobianco (civica). L’acqua è un bene prezioso che assorbe molte risorse. Il piano dell’Ato, risalente al 2011, prevede un impegno complessivo di circa 270 milioni di euro spalmato su un arco temporale di 15 anni. Nel corso di questo primo quinquennio ne sono già stati impegnati 70 milioni: il depuratore di Servola, il depuratore di Sistiana, il depuratore del Villaggio del Pescatore, il collettore di Barcola sono alcuni dei principali interventi programmati. Interventi che - spiega Fabio Cella - si pagano per gran parte con la tariffa, se si eccettuano 30 milioni destinati al depuratore servolano e 12 milioni di contributi regionali. Tariffa che, al calare della pubblica contribuzione, è sensibilmente cresciuta nel periodo 2002-2012, per una percentuale del 43%. Un dato questo fortemente sottolineato da Sossi, uno degli esponenti politici più convinto della necessità di reinserire la risorsa idrica sotto il tetto municipale. Lo studio commissionato dall’Ato servirà a capire se questo è possibile e a quale prezzo.

magr

 

 

Bonifiche “inutili”, 4 indagati per truffa
Inchiesta sui lavori in un’area portuale di Trieste con amianto rilevato solo in corso d’opera. L’Authority presunta vittima
TRIESTE Una presunta truffa da 800mila euro sui lavori di sbancamento del cantiere Cartubi in un’area portuale di Trieste tra lo Scalo legnami e l’arsenale San Marco è al centro di un’inchiesta coordinata dal pm Federico Frezza, che vede come presunta vittima l’Autorità portuale. Quattro sono gli indagati. I nomi sono quelli di Vito Ardone e di Teresa Antonella, Martino e Antonio Iona, il primo legale rappresentante di Eva Enginering Srl di Domio, gli altri tre titolari della It Costruzioni di Monfalcone. Ardone è assistito dall’avvocato Gigliola Bridda (che ieri non ha voluto rilasciare nessuna dichiarazione), i tre Iona si sono rivolti all’avvocato Iris Schettino. I quattro indagati sono accusati a vario titolo di aver fatto lievitare il costo dell’operazione, appunto di sbancamento, relativa a un terreno contenente amianto, ma in realtà inesistente. Il prezzo dell’intervento sarebbe così lievitato passando da 150mila a 800mila in forza di analisi successive all’appalto stesso, che avrebbero appunto via via evidenziato la presenza dell’amianto. Coinvolta direttamente nell’inchiesta anche la società Mariano Ambiente che ha sede a Domio e da qualche mese è in liquidazione. I soci sono Eva Costruzioni generali, It Costruzioni, Riccesi e Imprefond. Perquisizioni sono state effettuate ieri mattina su incarico dello stesso pm da parte degli investigatori della Dia (Direzione investigativa antimafia) e della Squadra mobile. In una nota diffusa nel pomeriggio si legge in proposito che «le perquisizioni, estese anche alle abitazioni delle quattro persone fisiche riconducibili alle società, hanno consentito di individuare e sequestrare documentazione e supporti informatici e in particolare di poter verificare se l’affidamento di determinati lavori di bonifica all’amianto siano stati ottenuti con modalità tali da indurre in errore l’affidatario dei lavori e cioè l’Autorità portuale riguardo la reale presenza dell’amianto nel sito interessato, procurando di conseguenza un notevole aumento del costo dell’opera per la pubblica amministrazione». L’inchiesta del pm Frezza è partita dall’esame dei documenti relativi all’appalto della società «Argo costruzioni» di Treviso relativo ai lavori di formazione dei piazzali infrastrutturali presso l’ex cantiere San Marco. Questa società aveva classificato i rifiuti come «terra e rocce da scavo» e come si legge nel capo di imputazione «li trasportava a una discarica a Corona di Mariano del Friuli», nella disponibilità di Vito Ardone. I primi due carichi di materiale non contenevano amianto. Successivamente - stando all’accusa - Ardone avrebbe sostenuto di aver riscontrato la presenza dell’inquinante pericoloso. Di conseguenza - questo è emerso dalle indagini - lo smaltimento è stato affidato alla It Costruzioni generali con costi, secondo gli accertamenti degli investigatori, decuplicati e correlati di conseguenza a indebiti guadagni da parte di Teresa Antonella e Martino Iona, titolari assieme ad Antonio della It Costruzioni generali.

Corrado Barbacini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 febbraio 2016

 

 

Rifiuti abbandonati in strada - Trieste regina delle “soffiate” - Boom di segnalazioni attraverso la nuova app “Rifiutologo” di AcegasApsAmga
In tre mesi superati i 2000 contatti. San Giacomo e Roiano i rioni più solerti - Raccolta rifiuti 2015 Trieste
Diciamo che lo spirito civico triestino si esercita anche per via elettronica. Le vecchie missive cartacee ad uso informativo, più o meno firmate, sono ormai romanticherie, quando il cellulare può fare mirabilie. Nella gamma delle mirabilie rientra il “Rifiutologo” messo a punto da AcegasApsAmga, la controllata nord-orientale del gruppo Hera: si tratta dell’applicazione (app) per smartphone e tablet lanciato tre mesi fa a supporto della raccolta differenziata. Tra le funzioni esercitate da questo servizio, particolarmente interessante quella relativa alla segnalazioni di carattere ambientale. Un cassonetto rotto? Un rifiuto ingombrante abbandonato? Il cittadino probo può immediatamente provvedere nello scatto di una foto, dopodichè il “Rifiutologo” situa l’immagine mediante gps, mantenendo l’anonimato del segnalatore. La foto viene inviata in diretta al sistema informativo dei servizi ambientali AcegasApsAmga, che, entro le successive 24 ore, verifica e interviene. Nel giro dei primi tre mesi - informa la principale utility nordorientale - in tema di segnalazioni ambientali Trieste si è classificata al primo posto nei territori dove opera AcegasApsAmga: ovvero su 405 foto ben 250 risultano provenienti dal capoluogo giuliano, poco meno dei due terzi. Tra le aree servite dall’utility c’è una città importante come Padova e una località di grande traino turistico come Abano. Eppure i triestini si sono dimostrati - secondo queste prime rilevazioni di AcegasApsAmga - come più ricettivi e più attivi riguardo questa novità informativa. Una nota dell’utility specifica che il problema più sentito riguarda l’abbandono di rifiuti ingombranti sul suolo pubblico: sono ben 117 segnalazioni su 250, quasi la metà del dato complessivo triestino. La società è inoltre in grado di dettagliare che la maggior parte della segnalazioni proviene dalle zone inserite nella Quinta circoscrizione (32%), che raccoglie San Giacomo e Barriera Vecchia, e nella Terza (25%), che accorpa Roiano-Gretta-Barcola-Cologna-Scorcola. Il direttore generale della società, Roberto Gasparetto, è contento dell’esordio ma da una città abitata da oltre 200 mila residenti si attende ulteriori soddisfazioni. Nei primi 90 giorni di attività, a livello più generale, i “download” (scarichi) registrati hanno raggiunto quota 2100: l’utilizzo prevalente si concentra sul conferimento della raccolta: in altri termini, l’app, digitando il nome di un oggetto o leggendone il codice a barre, indica il contenitore giusto. Si tratta di un contributo per innalzare quantità e percentuale di raccolta differenziata, che a Trieste, come documenta il grafico a fianco, supera i 34 milioni di chilogrammi con un’incidenza del 37,6% sul totale che ammonta a 91,5 milioni di chili. Sempre sul fronte del cosiddetto “decoro urbano”, AcegasApsAmga preannuncia che prossimamente, in collaborazione con il Comune triestino, verrà impostata «un’azione forte», diretta anche sul problema sempre più insopportabile delle deiezioni canine.

Massimo Greco

 

 

«Forze politiche assenti sul nodo Ferriera» - Il primo cittadino critica i partiti e non risparmia i dem. Il rivale: «Non prometterò mai la chiusura»
Sono consapevoli che molte (troppe) campagne elettorali si sono giocate sulla Ferriera, tra promesse di chiusure e riconversione. Ma sanno anche che il tema non può essere sottaciuto, tutt’altro: erano in 4mila, appena qualche settimana fa, a protestare sotto il municipio per pretendere risposte e certezze.

Ieri, nel faccia a faccia al Piccolo, Roberto Cosolini ha lanciato un inedito j’accuse contro «la politica», compreso il suo partito: il Pd. Il sindaco lasciato solo con il bubbone della Ferriera? Perché se è vero che investimenti e programmi per ridurre l’inquinamento della fabbrica sono stati impostati e avviati, è anche vero che il malcontento della gente resta comunque immutato. Gli sforzi non sono stati capiti. «Nel mio mandato il problema è stato affrontato cercando una soluzione industriale e un superamento dell’inquinamento - ha premesso Cosolini - ma il malessere è profondo e non ci si accontenta dei dati in miglioramento. Io non credo sia mancato il dialogo tra noi e le associazioni - ha osservato - ma credo che qui sia mancata la politica. Ci sono state le amministrazioni che hanno fatto delle scelte, però è mancato un momento di contatto tra cittadini e istituzioni. Le forze politiche avrebbero dovuto giocare un ruolo, compreso il mio partito, ma sono state totalmente assenti. C’è quindi una percezione inferiore del lavoro fatto. Anche l’azienda ha la sua responsabilità nella comunicazione: se si verificano delle fiammate dovute a manutenzione la gente può pensare a incidenti pericolosi». In ogni caso, ha puntualizzato, «abbiamo salvato e creato centinaia di posti di lavoro, se i risultati ambientali non ci saranno torna in ballo la prosecuzione dell’area a caldo». Francesco Russo ha ammesso che in questi cinque anni «c’è stata discontinuità rispetto a prima, mentre Dipiazza aveva vinto due elezioni promettendo che il giorno dopo avrebbe chiuso la Ferriera» e che «il grande successo ora è aver portato a Trieste un imprenditore serio e con un’etica come Arvedi, che non è uno mordi e fuggi. Credo che si sia iniziato un percorso virtuoso - l’analisi del senatore - che sta portando alla graduale sostituzione di attività con un minore impatto ambientale. Io - ha proseguito - non dirò mai che chiuderò lo stabilimento, non si fanno promesse su questo. L’errore in questi anni è stato pensare che bastasse avviare un’opera di messa in sicurezza affinché le cose fossero capite dai cittadini, ma la gente ha vissuto decenni di prese in giro. Ora - ha avvertito Russo - serve trasparenza sui dati innanzitutto. Dobbiamo recuperare con la gente un rapporto di fiducia. Io - ha annunciato - sceglierò con il Comitato 5 dicembre (promotore della protesta di inizio febbraio, ndr) il prossimo assessore all’Ambiente. Il Comune - ha chiosato - dovrà tallonare l’impresa e spiegare alla gente quanto di virtuoso è stato messo in atto».

Gianpaolo Sarti

 

 

SEGNALAZIONI - Energia - Troppi sprechi di elettricità

Prima di dare consigli ai cittadini per Zero Sprechi M’illumino di meno 2016 il comune con in testa sindaco e specialmente l’assessore Laureni si dovrebbero fare un esame di coscienza, da 20 anni a oggi, e specialmente in questi ultimi tempi lo sperpero dell’illuminazione pubblica comunale è un disastro completo, alla mattina le luci si spengono con il chiaro inoltrato e alla sera si aprono in moltissimi casi in anticipo anche con il sole che deve ancora tramontare, la Hera si sta facendo i soldi con i Triestini senza che nessuno sindaco, giunta e consiglieri se ne siano accorti, solo il movimento 5 stelle ha scritto e constatato che la spesa di 7.000.000 milioni di euro per l’illuminazione pubblica è molto alta, la mancanza di regolazione delle fotocellule fa si che il consumo sia spropositato, in alcune zone della città misteriosamente le luci si accendono in pieno giorno e rimangono per molti minuti accese, in altre vedi campo Marzio via Roma Cassa di risparmio piazza Libertà colle Capitolino e altre in zona Rossetti ogni giorno si accendono molto prima delle altre. La mia protesta fatta anni fa, a segnalazioni sul Piccolo e altro, e l’ultima diretta pochi mesi fa alla dottoressa del comune che tiene i contatti con l’Acegas con documentazione fotografica è rimasta lettera morta, l’Acegas le ha risposto con una lettera tecnica che lei non ha saputo decifrare, il consumo va avanti e noi paghiamo. Ogni tanto faccio una foto alla città di fotografie ne ho come documentazione a decine se il signor Laurenti volesse vederle sono a disposizione. Basta consumi per una società come l’Acegas & Hera che a quanto pare hanno tutto l’interesse di mantenere questa situazione più consumo più guadagno più tasse, questo è avere la politica che non funziona. Poi ci parlano a noi cittadini di stare attenti ai consumi ,che pensino il perché di tanto consumo nell’illuminazione pubblica piuttosto di dare consigli e di mettere sotto l’Acegas&Hera a regolare le fotocellule, la cosa mi rimane sospetta. Neanche una denuncia alla guardia di Finanza da cui non ho mai logicamente avuto risposta è valsa Spero che qualche consigliere cominci a controllare le luci, non è difficile e faccia qualche cosa.

Sergio Zerial

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 febbraio 2016

 

 

Centrale di Monfalcone, Regione in campo

L’assessore Vito chiede un incontro con il ministro dell’Ambiente Galletti per contestare il rinnovo automatico dell’Aia

MONFALCONE Se il decreto legislativo 46 del 2014 in ordine al rinnovo automatico dell’Autorizzazione integrata ambientale era noto, l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito però lo vuole chiarire, sgomberando il campo da illazioni: «L’applicazione della norma da parte del ministero per la centrale termoelettrica di Monfalcone è frutto di un’interpretazione semplicistica e leggera, senza aver comportato alcuna fase preistruttoria e senza il confronto con il territorio. Il tutto, pur a fronte della richiesta di riesame dell’Aia già a suo tempo inoltrata da parte del Comune e della Regione proprio in relazione alla scadenza del 2017». L’assessore parla di «battaglia lunga e determinata». E sottolinea: «La norma è sbagliata e va modificata. Non è applicabile in questo modo a impianti come la centrale». La Vito, che ha dato mandato di procedere alle «dovute» verifiche in ordine all’iter e al carteggio intercorso tra il ministero dell’Ambiente e A2A, preannuncia azioni precise. A partire dall’incontro con il ministro Gian Luca Galletti. «Assieme al Comune di Monfalcone e alla Provincia chiederemo un incontro con il ministro Galletti. Vogliamo aveve contezza di questa inaccettabile applicazione della norma. Assumeremo gli opportuni provvedimenti che andremo a valutare. Si tratta di un decreto nazionale, ma faremo i nostri passi. Le istituzioni locali e il territorio devono essere uniti, solo così potremo far sentire la nostra voce». La Vito aggiunge: «Non c’è alcuno scontro degli uni contro gli altri, dato che abbiamo tutti lo stesso obiettivo. Ecco perchè è importante che domani al Kinemax ci sia una grande partecipazione». L’assessore non ci sta a far passare le istituzioni locali come “complici del silenzio” sul rinnovo automatico dell’Aia, respingendo le accuse di “superficialità” per non aver colto quanto stava accadendo: «Non esiste alcun Pec. Il servizio Aia della Regione non ha ricevuto alcuna comunicazione. La lettera inviata ad A2A e a Ispra non è transitata nei nostri uffici. Mi pare inconcepibile che un’Aia per un impianto di questa portata venga trattata all’acqua di rose, attraverso una circolare che, peraltro, non indica alcuna data di scadenza, nè quantifica i tempi di proroga dell’esercizio della centrale. A meno della presenza di altri atti intercorsi tra il ministero e A2A, a noi comunque sconosciuti, da nessuna parte si evince la scadenza nel 2025. Quella circolare - aggiunge - dà la misura di un’incertezza procedurale che non può essere accettata passivamente». La Vito stigmatizza la «completa mancanza di comunicazione. Non c’è stato alcun coinvolgimento delle istituzioni locali e del territorio. Sono basita. È stato un percorso troppo semplicistico che assolutamente non condivido. Assieme al Comune di Monfalcone e alla Provincia andremo a fondo, faremo le dovute verifiche. Fino a ieri peraltro - continua - nel sito ministeriale era indicata la data di scadenza dell’Aia nel 2017». L’assessore incalza: «Le istituzioni non sono state messe in condizioni di avere puntuali informazioni. Tutto s’è ridotto al solo rapporto tra il ministero dell’Ambiente e A2A. Un automatismo inaccettabile». Per la Vito ci sono margini di intervento: «Un’Aia non è per sempre. La Regione negli ultimi due anni ha messo in campo tutta una serie di analisi del territorio e studi scientifici ed epidemiologici, e ne seguiranno ulteriori. Tutto si tradurrà in un dossier che presenteremo al ministero al fine di riaprire il riesame per avere il confronto con le parti. Monfalcone è ormai al centro dell’attenzione più di ogni altra realtà. Non siamo all’anno zero. Lavoreremo uniti, coinvolgendo l’Arpa Fvg e tutte le istituzioni scientifiche necessarie». La Vito fa anche riferimento a una valutazione legale, affidando a uno staff di esperti la verifica di margini di intervento.

Laura Borsani

 

 

Sos degli esperti: lince a rischio estinzione
In Croazia ne sono rimasti fra i 40 e i 60 esemplari, ma i cacciatori di frodo non si fermano
FIUME L'allarme è stato lanciato dagli esperti: la lince, questo stupendo felino, è a rischio di estinzione tanto in Croazia quanto nelle vicine Slovenia e Bosnia–Erzegovina. La popolazione totale nell’ambito dei tre Paesi non supera a oggi i 130 esemplari, dei quali in Croazia è presente un numero compreso fra i 40 e i 60. Una delle aree nelle quali vive questo animale è il parco nazionale del Risnjak, situato nella contea del Quarnero e Gorski kotar (capoluogo Fiume). Il parco viene così denominato proprio dal nome in croato della lince, “ris”, che appare qua e là ai visitatori del Risnjak, quale testimonianza di un habitat ancora ben conservato, selvaggio e nel quale la presenza dell’uomo è sporadica e non danneggia sinora la natura. A parlare dei pericoli legati alla sopravvivenza di questo silenzioso ma micidiale predatore è stato da ultimo Josip Kusak, esperto in materia e che lavora alla facoltà di veterinaria di Zagabria. «Le linci croate, bosniache e slovene appartengono alla sottospecie dinarica e sono il frutto della reintroduzione avvenuta in Slovenia nel 1973, operazione che fu attuata con tre coppie provenienti dalla Slovacchia. Da allora le linci si sono spontaneamente trasferite nei territori croato e bosniaco–erzegovese». Kusak ha aggiunto che «in queste terre, Serbia compresa, gli ultimi esemplari di lince autoctona, quella balcanica, furono uccisi nel 1913». Purtroppo però, malgrado il pericolo concreto e sempre più ravvicinato di estinzione, i cacciatori di frodo continuano a far sentire la propria deleteria presenza. Non molto tempo fa ci sono stati incidenti in Croazia e nei Paesi vicini, con i bracconieri che hanno ammazzato diversi esemplari. Finora in Croazia si è riusciti soltanto a fermare e di conseguenza a processare i cacciatori di frodo colti in flagrante in due occasioni, nel 2003 e due anni più tardi. I processi si erano conclusi con la condanna dei bracconieri a pene pecuniarie. Va rilevato che le linci sono specie protetta in Croazia dal 1982, ma in realtà il loro abbattimento è stato tollerato addirittura fino al 1998. L’ultimo caso di uccisione di una lince ad opera dell’ uomo – si trattava di un maschio adulto al quale era stato dato il nome di Tomo – si è verificato nel 2012. Le autorità croate non sono però riuscite a scoprire l’autore o gli autori di questo vergognoso e dannosissimo atto. Se non si arriverà ad un efficace piano di tutela e di ripopolamento, sostengono gli esperti, della lince resterà in Croazia solo un pallido ricordo.

(a.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 febbraio 2016

 

 

Duino Aurisina «Falesie, regolamento definito entro marzo»
Il Regolamento per l’utilizzo della Riserva naturale delle Falesie sarà definito entro marzo e sarà immediatamente operativo.

Questo l’annuncio fatto dall’assessore comunale Andrej Cunja nel corso della seduta che la commissione Trasparenza, presieduta da Massimo Romita (PdL), ha dedicato all’argomento. «Stiamo lavorando al testo – ha precisato Cunja – e si tratta di un’operazione complessa che prevede, fra l’altro, la revoca di alcune ordinanze in essere. Per quanto concerne la disciplina a mare – ha aggiunto - serve l’intervento della Capitaneria. Anche sui contrassegni stiamo operando e pure sui corsi che saranno seguiti dai pescatori». Le rassicurazioni dell’assessore, però, non hanno soddisfatto Romita e altri componenti dell’opposizione di centrodestra, anzi. Dopo aver ascoltato la forte contestazione di Walter Ulcigrai (Lista Kukanja), che ha osservato come «non sia il ruolo della commissione Trasparenza quello di analizzare il Regolamento», Romita ha replicato dicendo che «la seduta è invece fondamentale perché dimostra che tutto è ancora in alto mare, in quanto la Regione accelera, approvando il Regolamento, invece il Comune decelera, riflettendo sul da farsi. Siamo dubbiosi sul rispetto del termine di fine marzo. La cittadinanza ha bisogno di risposte e informazioni». Giorgio Ret, capogruppo dell’omonima lista di opposizione, ha chiesto di capire «a che punto è l’iter del Regolamento, perché finora non abbiamo ricevuto comunicazioni in merito». Il presidente della locale Comunella, Vladimiro Mervic, ha detto che «si è visto come, per l’ennesima volta, non si sia parlato della volontà dei cittadini. Inoltre – ha proseguito - l’assessore Cunja ha ventilato l’ipotesi di delegare il rilascio dei vari permessi alle aree protette della Riserva ad alcune società private, come quelle nautiche, sportive o culturali, il che è contro legge. Non è stato poi specificato – ha concluso Mervic - chi darà gli incarichi e a chi per il piano forestale e per la gestione del bosco e se ci sarà un funzionario comunale qualificato e disponibile. Naturalmente, non è stata tenuta in alcuna considerazione l’opinione della nuova proprietà delle falesie».

(u.s.)
 

 

ENERGIA E SPRECHI - Bruxelles vuole caldaie e condizionatori più “verdi”
BRUXELLES - L'Unione europea vuole case, servizi e industrie più “verdi”, riscaldati o raffreddati in maniera efficiente, tagliando così consumi di energia ed emissioni di CO2.

Una scelta obbligata per ridurre la bolletta e cruciale nella lotta ai cambiamenti climatici, che rientra nel pacchetto sulla sicurezza energetica appena lanciato da Bruxelles. Caldaie e condizionatori da soli «consumano la metà dell'energia Ue, per tre quarti sono alimentati da combustibili fossili, pesano sul 75% dei nostri consumi di gas e sul 13% di petrolio» ha detto il commissario europeo all'Energia e al Clima, Miguel Arias Canete, sottolineando che poi tanta di questa energia viene semplicemente sprecata. Nel complesso, «il 90% degli edifici destinati alle abitazioni è inefficiente dal punto di vista energetico ed equipaggiato soprattutto con vecchie caldaie» ha aggiunto Canete, secondo cui è chiaro che in Europa, con un tasso di ristrutturazioni al di sotto dell'1% l'anno, «abbiamo molto lavoro da fare». L'Italia è fra i Paesi europei più interessati dalla strategia Ue, visto che con le sue abitazioni si piazza al top della classifica dei consumi per il raffreddamento e al quarto posto per energia destinata al riscaldamento, dopo Germania, Francia e Gran Bretagna. Il problema si pone anche sul fronte dell'industria, che colloca l'Italia al secondo posto per domanda di energia, dopo la Germania e prima della Francia. Le linee guida del piano su riscaldamento e raffreddamento proposto da Bruxelles hanno l'obiettivo di facilitare le ristrutturazioni degli edifici, aumentare l'impiego di rinnovabili, riusare l'energia sprecata dall'industria e coinvolgere di più consumatori e aziende.
 

 

La battaglia contro l’impianto di Servola - Nasce la lista civica “No Ferriera, Sì Trieste” con Fogar candidato sindaco
“No Ferriera, sì Trieste”. Questo il nome della lista civica presentata ieri da Maurizio Fogar, da anni impegnato in una battaglia contro l'impianto di Servola e contro i «politici e i pubblici amministratori che nulla fanno per risolvere questo problema», in vista delle prossime amministrative.

«Vogliamo dare la possibilità ai cittadini di esprimersi contro la Ferriera - ha detto ieri Fogar - che è anche il primo problema della città. Sulla piattaforma logistica che molti indicano come soluzione di tutti i mali economici della città - ha aggiunto - il sindaco, Roberto Cosolini, ha perso mesi inutilmente». Fogar, che sarà il candidato sindaco della lista, non ha risparmiato accuse ai sindacati «che difendono questo impianto, capace di provocare la morte di 83 persone». Questi i punti programmatici: «Basta con il degrado dei quartieri di periferia - ha sottolineato Fogar - con l'emergenza sanità, perché si sta smantellando la struttura sanitaria cittadina. Basta anche con l'emergenza Ater - ha continuato - la cui gestione deve tornare a Trieste, facendo uscire i partiti dalle sue stanze. Basta con l'emergenza povertà. Abbiamo 25mila triestini - ha spiegato - che versano in gravi difficoltà finanziarie. Basta ancora con le sponsorizzazioni da parte del Comune di eventi superflui e piuttosto utilizziamo quei soldi per i poveri. Finora hanno fallito tutti - ha affermato Fogar - perciò con questo simbolo elettorale garantiamo un voto utile, anche se le sedute del consiglio comunale sono insostenibili per pochezza e banalità. La battaglia va fatta per cancellare dal panorama politico chi non è all'altezza, liberando Trieste. L'obiettivo - ha concluso - è riuscire a raccogliere un numero di consensi sufficiente per portare in Comune alcuni eletti, che diventino determinanti nell'ambito degli equilibri elettivi degli enti. Se dovessimo avere buoni risultati nel primo turno, saremo disponibili ad apparentamenti nel ballottaggio, ma alle nostre condizioni».

(u.s.)

 

 

Sergo (M5S) «Alta velocità inutile per il porto»

Il portavoce del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale, Cristian Sergo, commenta le dichiarazioni del commissario dell’Autorità portuale di Trieste Zeno D’Agostino rilasciate durante l’audizione in Consiglio regionale dedicata al sistema portuale regionale.

«Anche D’Agostino dà ragione al Movimento 5 Stelle: qui i problemi di capacità ferroviaria non esistono. Queste parole vanno ricordate a chi voleva spendere 7,5 miliardi di euro per realizzare l’alta velocità, un progetto - si diceva - finalizzato a sostenere il porto di Trieste. Una balla sbugiardata persino da D’Agostino».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 febbraio 2016

 

 

Porto vecchio, doppio dossier al governo

Il Comune batte cassa a Roma e chiede 18 milioni per i progetti di rilancio. «Piena disponibilità» dal sottosegretario Lotti
Il Porto vecchio non è più solo un libro dei sogni, ma un doppio dossier sul tavolo del governo. Due documenti tecnici accompagnati dalla bozza di un protocollo d’intesa per la richiesta di investimenti statali, pari a 18 milioni di euro, per partire con la riqualificazione dell’area. E che chiamano in causa il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti. L’uomo forte del premier Matteo Renzi, segretario del Cipe, Comitato interministeriale per la programmazione economica, sta preparando una sopralluogo a Trieste. «Sul Porto Vecchio c’è piena disponibilità e io verrò presto», assicura. L’inedito passo avanti, dopo la sdemanializzazione (il passaggio di proprietà dallo Stato al Comune, grazie all’emendamento del senatore Pd Francesco Russo) e lo spostamento del Punto franco, è andato in scena in questi giorni su spinta di Roberto Cosolini. Il sindaco ha incontrato il sottosegretario giovedì scorso a Roma, assieme al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. È in quella sede che il discorso si è fatto «concreto», rivela Cosolini, per il futuro di quell’enorme area abbandonata. «È accaduto questo - spiega il primo cittadino -: ho raccontato a Lotti cosa succede a Trieste, quali sono le cose che dobbiamo fare e che ci stanno a cuore. Lui mi ha chiesto di mandargli un dossier con delle schede-progetto da sottoporre al Consiglio dei ministri per un eventuale sostegno finanziario». Forse è la prima volta che al governo, in tempi moderni, sentono parlare davvero di Porto vecchio come una realtà non astratta, ma che necessita di un’intesa politica e di soldi. Il sindaco non ha perso tempo e ha messo al lavoro gli uffici per confezionare i due malloppi, inviati ieri. Che hanno un nome: “PV1” e “PV2”, Porto vecchio 1 e Porto vecchio 2. Il faldone 1 contiene uno stralcio per fornire l’area compresa tra Molo Quarto e Terzo, più prossima alla città, di infrastrutture: allacciamenti alle reti idriche, elettriche e gas, in sostanza. Sono 100mila metri quadrati. Per questa finalità il sindaco ha domandato 10 milioni di euro. PV2 ha invece un indirizzo più specifico, su cui si è già parlato in più di un’occasione: la realizzazione del Museo del Mare in una parte del Magazzino 26. Cosolini ha mandato a Lotti, così come a Franceschini, una documentazione storico-culturale sul rapporto della città con la marineria e che riassume tutto il patrimonio esistente a Trieste, disseminato in vari istituti, società e collezioni. Questo dossier, in particolare, rappresenta un primo studio di fattibilità per i possibili interventi architettonici e di allestimento. «La stima fatta, confrontando il progetto con importanti esempi che esistono ad Anversa, Amsterdam e Genova - osserva il sindaco - cioè musei del mare con dimensioni tra i 6 e gli 8mila metri quadrati, raggiunge un costo di 8 milioni di euro». La somma dei due “PV”, fa 18 milioni. «Sono due dossier che contengono due interventi finanziabili - puntualizza il primo cittadino - e che ora il governo ha sul tavolo». Sul tavolo del sottosegretario Lotti, per poi passare al Consiglio dei ministri. «Il sindaco me ne aveva parlato a voce e ora mi ha consegnato il materiale», commenta l’esponente del governo. «Stiamo iniziando ad analizzare la documentazione - continua - da parte del governo c’è piena disponibilità. Siamo pronti a valutare le opportunità di sviluppo e io sarò personalmente a Trieste per visitare Porto vecchio». In fase di esame, conferma il sindaco, anche un protocollo d’intesa Governo-Regione-Comune, abbozzato insieme alla presidente Debora Serracchiani, per attivare gli investimenti sollecitati. «Tra la sdemanializzazione, lo spostamento del Punto franco e la scelta dell’advisor - rileva Cosolini - non siamo mai stati fermi. Tre anni fa avevo promosso la marcia per l’apertura, ora si continua a lavorare a questa sfida, giocando in squadra».

Gianpaolo Sarti

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 febbraio 2016

 

 

Concessione di trent’anni alla Ferriera

Approvata all’unanimità dal Comitato portuale. D’Agostino: «L’industria valorizza lo scalo ma deve rispettare l’ambiente»
Treni e navi moltiplicati - Sulla banchina in gestione a Siderurgica Triestina i traffici sono decollati sia in arrivo via mare che in partenza via ferrovia
Siderurgica Triestina ha ottenuto in concessione per trent’anni la banchina di Servola. Il voto favorevole del Comitato portuale è stato espresso ieri mattina all’unanimità. Dopo gli Accordi di programma sottoscritti in sede ministeriale, l’acquisizione della centrale elettrica Elettra, l’incasso dell’Autorizzazione integrata ambientale dalla Regione, con la concessione di ampia portata temporale da parte dell’Authority di un’area di 325mila metri quadrati (lo stabilimento siderurgico si estende anche su ulteriori 200mila metri quadrati di proprietà), St può ora dispiegare il suo piano industriale lungo i tre campi d’azione previsti: l’area a caldo, il laminatoio a freddo e quella che può essere definita la piastra logistica dato che già negli ultimi mesi sono in forte aumento sia la movimentazione delle navi, che quella dei treni. Com’è chiaramente desumibile, la società e più in generale lo stesso Gruppo Arvedi possono così anche programmare operazioni sul lungo termine. «Con questo provvedimento - è stato il commento dopo il voto del commissario dell’Authority Zeno D’Agostino - inseriamo all’interno dell’attività portuale anche la Ferriera che ha convertito molte attività da produttive a logistiche. Stiamo assistendo a un forte incremento dei traffici sia in entrata via mare che in uscita via ferrovia: 700 treni movimentati nel 2015 con prospettive di raddoppio. Ciò si inserisce perfettamente nelle linee di sviluppo del porto che prevede anche l’inserimento di attività industriali nell’ambito dello scalo, operazione che vuole addirittura essere uno degli elementi strategici per lo sviluppo futuro. Gli insediamenti industriali infatti - ha aggiunto il commissario - sono una grandissima ricchezza e un elemento che porterà oltre ad occupazione e valore, anche traffici nuovi. Da un punto di vista più generale credo dunque che attività anche di industria pesante, manifatturiera e produttiva all’interno del porto siano perfettamente inquadrabili nel nostro progetto di crescita. Ma riguardo a questa concessione - ha specificato D’Agostino - saremo molto rigorosi sulle prescrizioni ambientali che Siderurgica deve seguire. Il nostro provvedimento sta dentro un quadro generale ben specifico ed è in linea con lo stesso per cui anche noi saremo estremamente rigidi e vigileremo affinché l’azienda metta in atto tutte le misure di mitigazione dell’impatto ambientale previste e rispetti le indicazioni del ministero dell’Ambiente». Ma nella stessa seduta, che potrebbe essere la penultima della sua esistenza data la prossima entrata in vigore della nuova legge che prevede una governance ridotta a cinque persone, il Comitato portuale ha dato un’altra concessione trentennale, allo yacht club del Marina San Giusto che nei mesi scorsi ha sfiorato la messa in liquidazione, scorporando però la palazzina servizi per la quale l’Agenzia del Demanio attende l’incameramento ai Beni dello Stato. La concessione attualmente in vigore sarebbe scaduta nel 2023 il che non avrebbe permesso alle banche di dilazionare le rate dei mutui stipulati dalla società in particolare per la realizzazione della diga di contenimento. «Con la concessione trentennale - ha spiegato lo stesso D’Agostino - probabilmente abbiamo scongiurato tutti i pericoli di fallimento creando le condizioni indispensabili affinché gli istituti di creditori possano fornire sostenibilità economica. L’Agenzia del Demanio ci ha scritto qualche giorno fa precisando che non sussiste opposizione alla concessione sulla parte a mare essendo state classificate le strutture del Marina San Giusto di facile rimozione. E proprio ieri Alberto Cutroneo, portavoce dei titolari di ormeggio ha reso noto che è stato costituito il Comitato San Giusto al quale hanno finora aderito trenta del centinaio di diportisti e che è presieduto dal sociologo Augusto Debernardi. Il Comitato ha chiesto un incontro con il presidente Paolo Zelco e si è detto disponibile a costituire un fondo che contribuisca a salvare il sodalizio a patto che non si tratti di un’imposizione alla cieca.

Silvio Maranzana

 

Arvedi parla di Servola alla Boldrini

Nel corso di un incontro svoltosi alla Camera dei deputati, il cavalier Giovanni Arvedi ha riferito alla presidente Laura Boldrini della recente acquisizione della Ferriera di Servola «e del processo di risanamento e rilancio in atto - si legge in una nota del Gruppo - esempio di prima e vera riconversione industriale in Italia in un sito Sin».

Nell'intervento della presidente Boldrini non è mancato il riferimento al tema della competitività delle aziende italiane e, in particolare, sulle prospettive della siderurgia italiana, esprimendo l'auspicio che l'Ilva di Taranto possa restare patrimonio italiano. Laura Boldrini ha accolto la delegazione dell'Acciaieria Arvedi giunta a Roma a seguito dell'invito pervenuto al cavalier Arvedi dalla stessa presidente tramite l'onorevole Franco Bordo. Il 9 maggio infatti era stata la presidente a far visita allo stabilimento siderurgico cremonese dove aveva incontrato proprietà, management e lavoratori. Proprio in quell'occasione assunse l'impegno a ricambiare l'invito: così è puntualmente avvenuto. Positivi anche i commenti delle rappresentanze dei lavoratori: «Abbiamo trovato una persona estremamente preparata, consapevole delle problematiche del settore manifatturiero».

 

 

Ester in Antartide a caccia del clima perduto
La ricercatrice Colizza, che insegna Matematica e Geoscienze a Trieste, è da un mese a bordo della nave Italica
«Le aree polari, e l’Antartide in particolare, sono regioni chiave per studiare la dinamica dei ghiacci, che ci aiuta a capire le modalità dei cambiamenti climatici. L’Antartide è ancora un ambiente incontaminato, in cui le risposte alle nostre domande non sono influenzate da inquinamento antropico». Per Ester Colizza, ricercatrice del Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste, nel quale insegna Geologia e Sedimentologia, l'Antartide è uno dei luoghi ideali per fare ricerca. Per questa ragione si è imbarcata per la quinta volta in una spedizione antartica: a bordo della Nave Cargo Oceanica Italica è partita, con i colleghi di altre Università e istituti di ricerca, dal porto di Christchurch, in Nuova Zelanda, un mese fa, alla volta del Mare di Ross e della base italiana Mario Zucchelli, che tramite Italica viene periodicamente rifornita di materiali e personale. Nell'ambito della 31° Spedizione Italiana in Antartide la ricercatrice collabora col progetto Pnra/Holoferne del Cnr-Ismar di Bologna, che si propone di studiare le fluttuazioni climatiche avvenute negli ultimi 18mila anni e registrate nei sedimenti di fondo mare. «La mia attività prevede la raccolta di campioni di sedimenti marini con vari strumenti - racconta la ricercatrice -: dal box corer, che recupera i 30-40 cm più superficiali, al carotiere, che penetra nel fondo fino a diversi metri. La finalità del progetto è di ricostruire le variazioni climatiche a breve scala dall’ultima espansione glaciale massima ad oggi. I risultati forniranno un contributo alla comprensione delle dinamiche di alternanza di periodi più freddi a periodi più caldi, informazioni utili per prevedere le future variazioni climatiche». Il materiale raccolto dalla ricercatrice sarà poi portato in Italia, stoccato al Sorting Center del Museo Nazionale dell’Antartide di Trieste, analizzato e studiato. Come si è svolto il viaggio verso l'Antartide e la spedizione oceanografica? «Il viaggio è stato difficile a causa di condizioni meteomarine avverse, che hanno influenzato la vita a bordo. Il 20 gennaio abbiamo superato il 60° parallelo, entrando ufficialmente nel mondo antartico. Quest’anno non abbiamo avuto problemi con la cintura dei ghiacci, che per la sua discontinuità ha lasciato un ampio varco all’entrata nel Mare di Ross, ma proprio per la mancanza di questo schermo il mare grosso ha continuato a perseguitarci anche all'interno. Durante il trasferimento abbiamo allestito i laboratori e sono partiti alcuni progetti, come l’analisi in continuo della CO2 dell’atmosfera e il lancio di strumenti a mare per raccogliere informazioni su alcune caratteristiche della colonna d’acqua. Nel Mare di Ross sono stati recuperati strumenti (mooring) per la registrazione delle masse d’acqua posizionati due anni prima, che dopo accurata manutenzione e riprogrammazione abbiamo rimesso a mare. Dopo una tappa meno semplice del previsto per scaricare materiale e personale alla base italiana Mario Zucchelli, il 24 gennaio la campagna è partita ufficialmente. Da allora si sono alternati i vari progetti: campionamenti di acqua, di organismi quali krill e pesci, ancora CO2 atmosferica, ancora mooring. Dopo essere tornati alla base italiana per recuperare il personale che doveva rientrare in patria, che si è imbarcato con noi, siamo anche riusciti, dopo numerosi tentativi, ad entrare nella baia di Cape Hallett per il campionamento di sedimenti». Come si vive quotidianamente a bordo? E quali sono le difficoltà che si affrontano nei freddi mari antartici? «Sulla nave siamo in una cinquantina di persone tra ricercatori, personale di bordo e medico. C'è anche un giornalista, che racconta la spedizione con un video-diario (su antartide.mondointasca.it). Il personale di bordo lavora ininterrottamente e anche noi lavoriamo in turni sulle 24 ore. In questo periodo dell’anno il sole è per lo più sopra l’orizzonte: c’è sempre luce e ciò crea qualche problema ai ritmi circadiani, per cui si dorme poco e male. Le temperature sono rigide ma non fa freddissimo: si aggirano sui -2/-5°C, con punte a -7/-8. Quando si lavora all’aperto siamo protetti da tute, guanti, berretti e scarpe grosse. Per il tempo libero c’è una piccola palestra e una sala con ping pong, calcetto e uno schermo per vedere qualche film». La difficoltà più grande? «L’inattività coatta dovuta al mare troppo mosso, che rende difficili i gesti quotidiani: muoversi, mangiare, dormire. A volte si ha la sensazione di essere su un tagadà e anche l’attività di ricerca ne risente, perché col mare mosso molti strumenti non possono essere posizionati. La nostra esperienza antartica ora sta volgendo al termine, il rientro in Italia è previsto per il 24 febbraio: sono felice, perché torneremo a casa con un bel po' di materiale da studiare».

Giulia Basso

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 febbraio 2016

 

 

«Il caldo da record ha colpito anche l’Alto Adriatico»

Il climatologo Giorgi: «Innalzamento del livello del mare pari a venti centimetri come nel resto del pianeta»
TRIESTE - Il 2015 è stato l’anno più caldo di sempre da quando esistono le rilevazioni. Un primato, questo, che in regione trova particolari riscontri, soprattutto se si prende in considerazione l’arco alpino orientale. «L’aumento di temperatura sulle Alpi orientali è superiore del 50 per cento rispetto a quanto mediamente registrato nel mondo, mentre l’innalzamento del livello marino nell’Alto Adriatico, pari a venti centimetri, è in linea con quanto accade nel resto del pianeta». Ad affermarlo, davanti a un’aula gremita di studenti, è stato Filippo Giorgi, uno dei massimi esperti mondiali di studi climatici, direttore della sezione di Scienze della Terra dell’Ictp, il Centro di fisica teorica di Miramare. Giorgi ha affrontato il tema del riscaldamento globale in occasione della Masterclass Series intitolata al triestino Giacomo Ciamician, universalmente considerato come uno dei precursori dell’energia solare, che si è tenuta all’Università di Trieste. Aumenta la temperatura della superficie della Terra, si sciolgono i ghiacciai, la copertura dei ghiacci artici è in decisa recessione, aumenta l’assorbimento dell’anidride carbonica da parte degli oceani e aumenta il livello dei mari. Sono queste le evidenze del riscaldamento globale. «È un fatto inequivocabile», afferma il luminare che fino al 2008 è stato uno dei membri più influenti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), il comitato esecutivo che nel 2007 ha vinto il premio Nobel per la pace. Giorgi ha spiegato perché l’innalzamento della temperatura globale è un fattore preoccupante. Le proiezioni dei modelli matematici parlano di un aumento di 4 o 5 gradi entro il 2100, sufficiente a incrementare l’innalzamento del livello del mare (fino a un metro), lo scioglimento dei ghiacciai e l’intensificazione della circolazione dell’acqua all’interno dell’idrosfera terrestre, con un conseguente aumento dell’intensità delle precipitazioni e dei periodi di siccità. «Piove più intensamente ma con meno frequenza», spiega Giorgi, che elenca alcuni degli ultimi episodi catastrofici che hanno coinvolto l’Italia e che non hanno risparmiato il Friuli Venezia Giulia. Alluvioni come quelle che hanno sconvolto Genova nel 2011 e nel 2014, oppure la Sardegna nel 2013: non più episodi isolati, insomma, ma eventi che sono conseguenza diretta dell’aumento dei gas serra di origine antropica. «Le emissioni di anidride carbonica, frutto dell’attività umana, stanno modificando il clima terrestre». Un giudizio netto, quello emesso dal climatologo di origini abruzzesi, che fa uscire definitivamente dal campo delle ipotesi questa preoccupante visione, consegnandola all’opinione pubblica. L’allarme è stato lanciato a livello mondiale. A Parigi, a fine dicembre, è stato approvato l’accordo internazionale sul clima. I governi firmatari si sono impegnati a limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. I danni provocati dal riscaldamento globale, infatti, suggeriscono di correre immediatamente ai ripari. Molte specie animali e vegetali si sono già estinte per il deterioramento di alcuni habitat, mentre vi è un’espansione geografica di alcuni tipi di malattie infettive quali la malaria. Cresce l’inquinamento dell’aria e aumenta l’acidificazione degli oceani, andando a influenzare la catena alimentare marina. Si incomincia anche a parlare di rifugiati ambientali, per indicare le persone che si trovano a lasciare la propria terra per sfuggire a delle condizioni climatiche difficili. Il punto di non ritorno, che potrebbe portare alla scomparsa della foresta amazzonica, al collasso della circolazione oceanica e allo scioglimento dei ghiacciai in Groenlandia e nell’antartico occidentale, potrebbe essere superato entro il 2300. Un margine di tempo, quello che ci separa da tale soglia, che suggerisce di «gestire l’inevitabile ed evitare l’ingestibile», puntando sull’efficienza energetica, sulla riforestazione e sulle energie rinnovabili.

Luca Saviano

 

 

 

“M’illumino di meno” in bici - E domani piazze spente
È la mobilità sostenibile il tema della giornata del risparmio energetico promossa da “Caterpillar”. Tutte le iniziative dal Comune all’Università fino all’Immaginario
Cene a lume di candela, laboratori su temi ecologici e sostenibilità, invito all’uso di biciclette e bus, illuminazione e ingressi ridotti. Domani, in molte case, negozi e uffici triestini, luci spente e comportamenti sostenibili e consapevoli. Anche Trieste risponde “presente” all’appello lanciato da Caterpillar e aderisce con vari enti e soggetti privati a “M’illumino di meno” (#MilluminoDiMeno), la campagna radiofonica di sensibilizzazione sui consumi energetici e la mobilità sostenibile ideata dal programma di Radio2 il cui focus per l’edizione 2016 sarà la mobilità sostenibile. Giunta alla dodicesima edizione, “M’illumino di meno” anche quest’anno coinvolge radioascoltatori, associazioni e attori istituzionali. E, fra questi, non mancano Comune e Regione. In questa giornata Caterpillar invita a spegnere monumenti, piazze, vie, vetrine, uffici, aule e abitazioni nell’orario della trasmissione, tra le 17.30 e le 19. Oltre che con spegnimenti simbolici, i Comuni possono aderire organizzando eventi a tema come concerti o visite al museo a lume di candela, conferenze o ispezioni degli edifici energivori. La proposta di quest’edizione era di incentivare la mobilità sostenibile, rendendo gratuito per un giorno il servizio di bike sharing o promuovendo l’uso del pedibus, del trasporto pubblico, della bici e di tutti i mezzi a basso impatto energetico. Ma ogni altra iniziativa sarà la benvenuta. Verranno poi riferite in onda le migliori pratiche nell’ambito del risparmio energetico e descritta la mappatura delle adesioni. Durante la diretta di domani ci saranno collegamenti con le città in cui avverranno gli spegnimenti. Tra i vari puntini luminosi che contraddistinguono chi sul territorio ha aderito (finora) all’iniziativa (si può ancora farlo compilando il form su http://caterpillar.blog.rai.it/milluminodimeno/), c’è l’Immaginario scientifico che propone una speciale apertura serale: lo science centre sarà aperto nell’insolito orario 18-22, con biglietto ridotto. «Il museo della scienza interattivo e multimediale di Trieste - spiegano all’Is - prevede un’apertura serale con luci soffuse, dalle 18 alle 22. Alle 18.30, uno speciale laboratorio gratuito (a fronte del pagamento dell’ingresso al museo) sul risparmio energetico a cura di ragazzi con disabilità in collaborazione con Duemilauno-Agenzia sociale. In un’insolita veste da “animatori scientifici”, i ragazzi guideranno il pubblico nella costruzione di un semplice prototipo scientifico (un dinosauro a led) che fornirà l’occasione per discutere di energia, inquinamento luminoso e circuiti elettrici. Sarà l’occasione per compiere una speciale visita al museo di sera e a luci soffuse, esplorare con tutti i sensi le diverse postazioni interattive, divertirsi a esplorare la fisica e intanto riflettere sul consumo consapevole delle risorse». A illuminarsi di meno ci sarà pure il Comune di Trieste in coordinamento con AcegasApsAmga. «Aderiamo con varie iniziative» spiega l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni. «Abbiamo previsto lo spegnimento dei lampioni di piazza Unità, delle luci del palazzo del Comune, di quelle che circondano il Salone degli incanti, di Monte Grisa, del monumento a colonna di piazza Goldoni, di piazza Vittorio Veneto e dell’impianto decorativo sulla facciata del Museo Revoltella dalle 17.30 alle 19. Inoltre, diffonderemo sul sito della Rete civica uno specifico messaggio per la cittadinanza e uno analogo, rivolto ai dipendenti comunali, andrà su Intranet». Il castello di Miramare invita tutti i propri utenti a raggiungerlo solo con mezzi ecologici e il Consiglio degli studenti dell’Università organizza una cena a lume di candela nella mensa centrale dell’ateneo di piazzale Europa, con annesso banchetto informativo sul risparmio energetico e sul riciclo creativo. Anche la Regione Friuli Venezia Giulia aderisce a “M’illumino di meno”: i dettagli saranno pubblicati sul sito. L’iniziativa si avvale del patrocinio della presidenza della Repubblica, dell’adesione del Senato e della Camera dei deputati, del patrocinio del Parlamento europeo e di centinaia di Comuni.

Gianfranco Terzoli

 

 

L’Ue “blinda” il rigassificatore di Veglia

La Commissione: opera inserita nella lista delle priorità assieme al gasdotto. Assicurati fondi per la redazione del progetto

L’IMPORTANZA STRATEGICA - Attraverso il terminale oltre alla Croazia potranno essere rifornite l’Ungheria e successivamente l’Europa centrale

PARLAMENTARE EUROPEO - Picula: la struttura farà strada a piccole e medie imprese. Già pervenute sette offerte da parte di investitori internazionali

ZAGABRIA Il rigassificatore dell'isola di Veglia (Krk) e il relativo gasdotto di 308 chilometri verso l'entroterra (Zlobin-Slobodnica) ricevono il pieno e definitivo sostegno della Commissione europea. In una dichiarazione indirizzata al Consiglio e al Parlamento, l'esecutivo europeo ha illustrato l'importanza del gnl nell' ambito della strategia energetica dell'Ue e ha menzionato i due progetti croati nella lista delle priorità da realizzare. Il rigassificatore desinato a sorgere a Castelmuschio e il gasdotto, di cui Zagabria sostiene da anni la costruzione, riceveranno un finanziamento di circa 20 milioni di kune (2,6 milioni di euro) destinato alla redazione del progetto. Sul proprio sito la Commissione specifica che il contributo di Bruxelles si fermerà a 2,25 milioni di euro, pari al 50% dei costi totali stimati dunque a circa 4,5 milioni. Secondo l'esecutivo Ue il progetto energetico su Veglia è «un chiaro esempio» di un rigassificatore «che ha accesso a più di un mercato nazionale», condizione necessaria per eleggerlo a priorità strategica dell' Ue. Tramite il terminale di Veglia il gasdotto sarà infatti in grado di rifornire la Croazia, l'Ungheria e successivamente l'Europa centrale. «Il gnl e lo stoccaggio del gas rilanceranno la sicurezza energetica dell' Ue», scrive la Commissione, ricordando come oggi il gas rappresenti circa un quarto del consumo energetico dell'Unione e sia per la maggior parte importato, perlopiù dalla Norvegia (30%), dalla Russia (39%) e dall'Algeria (13%). Per permettere ad ogni stato membro di avere accesso al mercato del gas naturale liquido è però necessario - prosegue Bruxelles - costruire delle infrastrutture di trasporto e di stoccaggio, tra cui quella di Veglia. «È un'ottima notizia per la Croazia», ha commentato l'eurodeputato di Lussinpiccolo Tonino Picula (Sdo). Secondo il parlamentare europeo croato, il 28esimo membro dell'Ue potrà diventare, grazie a questo progetto, «un importante hub regionale dell'energia». «Oltre a cambiare il posizionamento economico-politico della Croazia in Europa», il progetto «farà strada a piccole e medie imprese», assicura Picula. Il rigassificatore, che figura anche tra le priorità del nuovo governo Oreškovi?, ha già ricevuto 7 offerte da parte di investitori internazionali, come ha affermato di recente Mladen Antunovi„, il direttore di Lng Croazia, la società incaricata del progetto. Stando ai piani di Antunovi„, l'impianto dovrebbe entrare in funzione nel 2019.

Giovanni Vale

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 febbraio 2016

 

 

Ferriera, il comitato chiede l’incontro prima delle primarie
Prima delle primarie. Il Comitato 5 Dicembre, che ha organizzato la manifestazione del 31 gennaio, non ha accolto la richiesta del sindaco di organizzare l'assemblea pubblica tra il 10 e il 12 di marzo ovvero dopo l’imprevista consultazione per le elezioni amministrative del centrosinistra.

«La consultazione online ha riscosso in pochissime ore un'altissima adesione, a testimonianza di quanto i cittadini ritengano importante il confronto urgente e diretto con lei - scrivono al sindaco -. La richiesta è unanime: l'assemblea pubblica deve tenersi entro la prima settimana di marzo secondo le modalità concordate. Non è solo al Comitato che risponderà, ma alle migliaia di persone scese in piazza, che ieri ancora una volta hanno deciso che la salute è più importante delle dinamiche di un partito».

 

 

Aree inquinate, la Regione smentisce il Comune - Il direttore delle Attività produttive Milan: «Allarmismi del tutto fuori luogo

Nessuna incompatibilità legata alla presenza dell’Arpa nel comprensorio Ezit» - Imprese allerta I timori di Confindustria e Confartigianato
«Dal punto di vista tecnico non ci sono problemi, abbiamo svolto un’ulteriore verifica con i colleghi dell’Ambiente e possiamo dire che nella norma sull’Ezit, approvata nella Legge di Stabilità, non ravvediamo alcuna forma di incompatibilità. Ci teniamo a chiarirlo, per evitare allarmismi fuori luogo, in particolare nel mondo dell’impresa». Nella prima serata di ieri, dopo una riunione con il vicepresidente della Regione Fvg Sergio Bolzonello, era Franco Milan, direttore centrale delle Attività produttive che ha seguito da vicino il dossier Ezit, a smentire di fatto quanto il Comune di Trieste aveva comunicato lunedì. Milan non ha voluto accendere polemiche con l’amministrazione comunale triestina, ma non gli riusciva comunque di comprendere come fossero circolate notizie non fondate. A ulteriore supporto della posizione assunta dalle Attività produttive, sempre da fonti della Regione giungeva un appunto a precisare la natura del rapporto tra l’istituzione e l’Arpa nello specifico caso dell’Ezit. In base all’articolo 10 dell’Accordo di programma 25.05.2012 - spiegava la nota ufficiosa - la Regione interviene direttamente nel comparto piccoli operatori, ponendo in essere le attività necessarie ad assicurare il completamento della caratterizzazione, ivi inclusa l’analisi di rischio. Il medesimo articolo - proseguiva la puntualizzazione - prevede che tali attività vengano effettuate dalla Regione mediante delegazione amministrativa a Ezit. Pertanto, a seguito della liquidazione di Ezit le attività delegate ritornano alla Regione. Circa le competenza di Arpa - e questo il punto più interessante della giornata - si precisa che, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 252 del D.Lgs. n. 152/2006, la procedura di bonifica dei Siti di interesse nazionale (Sin) è attribuita alla competenza del ministero dell'Ambiente, che si avvale della collaborazione dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente delle regioni interessate e dell'Istituto superiore di sanità nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati. Pertanto - concludeva l’appunto - Arpa nei Sin è organo tecnico a disposizione del Ministero e non della Regione. Dunque, secondo questa logica, non sussisterebbe incompatibilità tra Regione e Arpa. Ma allora perchè era saltata fuori la faccenda dell’incompatibilità? Tutto traeva origine dall’emendamento sull’Ezit presentato dalla giunta regionale alla Legge di Stabilità, nel quale si scomponevano le competenze dell’ente liquidando, attribuendo il patrimonio immobiliare ai tre Comuni interessati (Trieste, Muggia, San Dorligo), mentre la Regione Fvg avocava a sè la gestione del Sin e il marketing territoriale. Il Comune di Trieste, che nel pomeriggio di lunedì scorso aveva convocato una riunione per valutare possibili futuri assetti del dopo-Ezit, aveva eccepito con l’assessore Roberto Treu il rischio dell’incompatibilità tra la Regione e la “sua” agenzia Arpa relativamente alle attività riguardanti il Sin. Il rischio sarebbe stato quello di bloccare il già lentissimo iter della bonifica. Uno stop letale per le 300 aziende insediate e per i potenziali investitori attratti dal combinato/disposto dei punti franchi trasferiti (Noghere, Canale industriale) e del “pacchetto” di quasi 30 milioni gestito dalla Camera di commercio (su delega della Regione) e da Invitalia. Ecco perchè Milan ha fortemente insistito sul fatto che la norma sull’Ezit, votata a metà dicembre, funziona e procede secondo previsione. Certezze giuridiche che erano state chieste ieri mattina, prima dei chiarimenti intervenuti in serata, dal presidente di Confindustria Venezia Giulia Sergio Razeto e dal presidente di Confartigianato Trieste Dario Bruni. Inoltre Razeto ritiene che un «contenitore snello» possa raccogliere le competenze che la liquidazione dell’Ezit rischia di frammentare. Un «vuoto» - osserva il segretario della Cgil Adriano Sincovich - che va rapidamente colmato: se ne parlerà martedì 23 davanti alla bozza di consorzio che il Comune triestino sta preparando. In Regione sperano non vi siano altri misunderstanding...

Massimo Greco

 

Il nuovo governo taglia la centrale di Fianona 3

L’azienda giapponese che ha vinto l’appalto potrebbe chiedere un maxirisarcimento

Ma Zagabria tira dritto: importante puntare su rinnovabili e riduzione di emissioni

POLA Sembra sempre più destinato a un clamoroso flop il progetto della contestatissima centrale elettrica a carbone Fianona 3, del valore di quasi un miliardo di euro. Il nuovo ministro croato dell’Ambiente, Slaven Dobrovi„ sta cambiando rotta rispetto al governo precedente di centro sinistra che invece insisteva per il combustibile fossile tanto che l’azienda elettrica di stato Hep e la compagnia giapponese Marubeni, scelta tramite concorso internazionale, hanno già definito ma non ancora firmato il contratto di costruzione. «La Croazia ha bisogno di una nuova strategia energetica - ha dichiarato Dobrovi„ alla conferenza sui cambiamenti climatici - in quanto quella in vigore varata nel 2009 concede troppo spazio alle centrali a carbone per cui non è in linea con la nuova politica energetica a livello comunitario. La Croazia - ha aggiunto il ministro - deve definire in tempi stretti la sua nuova politica energetica, adeguata a quella europea che pone l’accento sulle fonti energetiche rinnovabili, sull’efficienza energetica e sulla riduzione delle emissioni». La vicenda comunque presenta ancora tinte non molto chiare anche perché vi è di mezzo la multinazionale giapponese Marubeni vincitrice come detto, della gara d’appalto internazionale per la costruzione della Fianona 3, della potenza pari a 500 Megawatt. È impensabile che si faccia da parte senza pretendere un risarcimento. E già si ipotizza la cifra di cinque milioni di euro per togliere il disturbo. Per Dobrovi„ però non si tratta di un grosso problema. «Se esistono degli obblighi da parte della Croazia - ha detto - essi rappresentano un danno molto minore rispetto a quelli derivanti dall‘impatto sull’ambiente (secondo il progetto dalla ciminiera uscirebbero 300 tonnellate di anidride carbonica all’ora) e a quello economico». Per spiegare quest’ultimo aspetto va ricordato che vanno pagate sempre più salate le quote consentite delle emissioni di gas serra nell’atmosfera. Oltre che all’opinione pubblica e soprattutto agli ambientalisti, le dichiarazioni del ministro sono risultate gradite al presidente della Regione Istriana Valter Flego. «Noi in Istria siamo contrari alla terza centrale a carbone - ha detto - la salute della nostra gente non ha prezzo. L’ideale sarebbe una centrale a gas come del resto previsto nel piano di sviluppo territoriale della penisola». Come andrà a finire? La risposta arriverà dalla nuova politica energetica che sarà varata dal nuovo governo del premier Tihomir Oreškovi„. Secondo voci ufficiose scatterà anche una moratoria su tutti i progetti strategici varati dal governo precedente.

(p.r.)

 

 

Porto vecchio, rilancio con il Borgo Teresiano - l’intervento di Roberto Semi, ingegnere
È certamente prestigiosa la scelta della Società Ernst & Young, quale “advisor”, per la riconversione della parte del Porto Vecchio che è di competenza del Comune di Trieste.

Credo, peraltro, che all’advisor debbano essere comunicate da parte dell’amministrazione comunale alcune possibili linee di indirizzo per lo studio di pianificazione, tali da confermare, soprattutto, quelle idee per lo sviluppo della città che lo scorso anno, proprio su questo giornale, il presidente della Società Barcola Grignano aveva esternato alla conclusione dell’ultima edizione della Regata Barcolana: “Se Trieste non è solo vela, ma centro d’eccellenza per tante altre attività rivolte al mare, la vocazione marittima della nostra città non potrà che essere riaffermata nella programmazione dello sviluppo delle nuove aree che entreranno a far parte del tessuto urbano della nostra città”. Credo, inoltre, che lo studio dell’advisor non debba ignorare le modalità di innesto della nuova area nell’attuale contesto urbano che la circonda. Se pensiamo allo sviluppo del Porto Vecchio, non dobbiamo pensare che quest’ultimo debba divenire un’area di sviluppo avulsa da quanto già esiste e che deve essere, a sua volta, salvaguardato e potenziato. Non ha senso, infatti, programmare un’espansione dell’area urbana su spazi nuovi senza porre rimedio al declino dell’attigua area del Borgo Teresiano, che seguita a spopolarsi e a svuotarsi di attività produttive. Mentre si pensa ai nuovi insediamenti in Porto Vecchio, abbiamo un’idea di chi occuperà la parte ancora libera del Palazzo costruito nel 1925 dall’impresa “Ghira e Polacco” per ospitare la Casa di spedizioni Saima nonché il Palazzo delle Ferrovie dello Stato, costruito nel 1895 su progetto dell’ architetto Raimondo Sagorsin, in via di dismissione. Nella stessa piazza centrale Vittorio Veneto insiste Palazzo Galatti sede della Provincia e, spingendoci più lontano nei rioni urbani centrali ma in una sequenza d’insieme sulla programmazione degli spazi cittadini, che ne sarà delle caserme “Vittorio Emanuele III” di via Rossetti e “Generale Sani” di via Cumano, nonchè del Comprensorio della Fiera di Montebello? Lo sviluppo equilibrato del tessuto urbano e socio economico della nostra città non deve essere frutto di esasperazioni monotematiche, ma deve riguardare l’intero territorio della nostra città: altrimenti il suo rilancio non potrà avvenire. Spero vivamente che di tutto questo se ne tenga conto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 febbraio 2016

 

 

«Val Rosandra, scempio inventato dal pm»

Dure le arringhe dei difensori degli imputati. Chiesti anche i danni al Wwf e allo Stato: «Processo orientato a prescindere»
IL “RUOLO” DELLA POLITICA Per l’avvocato Belletti l’ex vicepresidente della Regione Ciriani ha semplicemente recepito le relazioni della Protezione civile
TRIESTE «Pensavo che il pm si alzasse e chiedesse scusa». Non è andato per il sottile l’avvocato Luca Ponti che ieri mattina ha iniziato con questa frase, condita dalla parola «delusione», la sua arringa - come difensore dei vertici della Protezione civile - al termine del processo sulla Val Rosandra. Se nella sua requisitoria il pm Antonio Miggiani aveva parlato di «dramma» e di «evento funesto» e chiesto per gli imputati (l’ex vicepresidente della Regione Luca Ciriani, l’allora capo della Protezione civile Guglielmo Berlasso, il funzionario Crisina Trocca e l’operativo Adriano Morettin) quattro pene identiche a un anno d’arresto e 2mila euro di multa, il difensore ha parlato senza mezzi termini di «dissociazione dalla realtà». Lo ha fatto riferendosi alla perizia disposta dal giudice del geologo Cristiano Mastella che aveva definito l’intervento del marzo 2012 idoneo a prevenire i rischi e adeguato a scongiurare il rischio idrogeologico paventato, il taglio di 41 piante di alto fusto nell’alveo del torrente Rosandra. Non solo: Ponti ha chiesto al giudice monocratico Marco Casavecchia di condannare le parti civili (leggasi Wwf e Avvocatura dello Stato) al pagamento di 150mila euro per il danno causato per l’intera durata del processo che «si voleva fosse orientato a prescindere». E poi caustico ha aggiunto: «Devono spiegare come può esserci stato un intervento di danno senza danno». E poi ancora più pungente: «Come può il giudice giudicare un intervento da una foto e far citare dei testi con la stessa logica con cui si fanno i sondaggi del Festival». L’avvocato Caterina Belletti - difensore dell’ex vicepresidente della giunta - ha puntato al nucleo della vicenda. «Ciriani - ha detto - non c’entra. Ha semplicemente recepito il contenuto delle relazioni tecniche e non poteva fare altro. E questo - ha spiegato - a prescindere dal fatto che l’intervento è stato eseguito correttamente. Il pm - ha osservato Belletti - non ha tenuto conto del fatto che si è agito sulla delibera della giunta. Ciriani non poteva mettere in discussione la relazione di due organi tecnici. Avrebbe dovuto non firmare. Ma sulla base di quale presupposto?». Secco l’avvocato Paolo Pacileo, difensore di Morettin: «Questo è stato un processo che non ha mai avuto alcun senso. In maniera disarticolata ha coinvolto un gruppetto di persone senza alcuna logica. Il paradosso è che lo Stato ha voluto processare la Regione per un atto che è stato di tutela della pubblica incolumità». Si continua il prossimo 29 febbraio.

Corrado Barbacini

 

San Dorligo nel “club” delle intese con il Porto - Il Comune non costiero firma per la prima volta l’accordo sull’uso di una quota di risorse per l’ambiente
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Storico accordo fra il Comune di San Dorligo della Valle e l’Autorità portuale. Per la prima volta in assoluto l’amministrazione del piccolo centro è stata ufficialmente coinvolta in un contatto diretto con l’ente che gestisce lo scalo.

Rilevante anche il contenuto del documento, firmato dal sindaco di San Dorligo Sandy Klun assieme ai rappresentanti dei comuni di Muggia e Trieste, anch’essi impegnati nell’accordo: nel testo, che prevede complessivamente otto articoli, si prevede che sia istituito un fondo, che fruirà di un contributo pari all’1% del valore delle opere sia di carattere pubblico che privato, che avrà come fine «la realizzazione di specifici interventi di recupero delle aree ecologicamente degradate» e la «creazione di nuove aree verdi naturali o altri interventi infrastrutturali, comportanti miglioramenti ambientali, o loro equivalente monetizzazione da vincolare a interventi delle medesime tipologie». Il fondo sarà amministrato da un tavolo tecnico composto dai rappresentanti di tutti gli enti coinvolti. «La giunta di San Dorligo comunica alla popolazione - si legge in una nota diffusa dal Comune - che, pur non avendo il territorio comunale un diretto accesso al mare, questa è la prima volta che l’amministrazione è invitata a collaborare con l’Autorità portuale e che mai, in precedenza, era stata interpellata su questioni concernenti i progetti portuali e i relativi interventi. Il fatto che ora si sia concretizzata questa novità - prosegue il testo - comporterà indubbi vantaggi all’intero territorio». Per informare tutti i componenti del Consiglio comunale del significato dell’accordo, la scorsa settimana è stata indetta una riunione alla quale sono stati invitati anche il segretario generale dell’Autorità portuale, Mario Sommariva e il dirigente e progettista, responsabile della Direzione tecnica per pianificazione, manutenzioni, grandi opere e ambiente, Eric Marcone. Nel corso dell’appuntamento non poteva non tornare alla ribalta il tanto discusso tema dei cattivi odori diffusi nell’aria dall'oleodotto della Siot. Problema per il quale non è stata ancora trovata un’adeguata soluzione, nonostante i numerosi e vari tentativi di sperimentazione fatti. Dell’accordo appena sottoscritto e dei cattivi odori si parlerà diffusamente nel corso della seduta del Consiglio comunale, convocata per dopodomani. «Avremmo potuto approvare il documento direttamente - si spiega in una nota della giunta - ma, per correttezza, in considerazione dell’importanza dell'argomento, abbiamo preferito coinvolgere l’assemblea». Il testo dell’intesa sarà inviato a Roma, al ministero competente, assieme al Piano regolatore portuale, «nell’auspicio - conclude il testo della giunta - che sia definitivamente accantonato anche il progetto per la costruzione del rigassificatore».

Ugo Salvini

 

Le bonifiche rischiano un nuovo stop
Sovrapposizione di competenze Regione-Arpa nella gestione del sito: problema emerso ieri nell’incontro sul dopo Ezit
Rischio di un ulteriore blocco per il Sito di interesse nazionale (Sin), l’area interessata alle bonifiche. Non fossero bastate le lungaggini burocratiche e la complessità delle analisi previste, adesso si è aggiunto un conflitto di competenze nella gestione del dossier bonifiche legata al post-Ezit. Ne ha parlato ieri pomeriggio l’assessore comunale Roberto Treu, presiedendo, al posto del sindaco Roberto Cosolini, una riunione sulle prospettive di riassetto della Zona industriale triestina. Il problema, sollevato da Treu ma aleggiante da un po’ di tempo, è stato posto in questi termini: nella Legge di Stabilità la Regione Fvg ha deciso che il patrimonio immobiliare dell’Ezit transiterà ai Comuni interessati, mentre Sin e marketing territoriale verranno seguiti direttamente dalla stessa Regione. Ma in area Ezit, con funzioni ambientali, opera l’Arpa, che è un agenzia regionale: quindi, in seguito alla diretta assunzione di competenze da parte della Regione, l’Arpa potrebbe perdere la sua indispensabile terzietà nell’esecuzione di compiti evidentemente piuttosto delicati. La vicenda richiede approfondimenti, certo lascia perplessi che la giunta regionale, che presentò un apposito emendamento sulla questione Ezit, non abbia valutato il pericolo di una sovrapposizione di competenze. Ergo, occorre trovare un escamotage che sottragga le bonifiche a un nuovo, clamoroso impantanamento. Che è il rischio adombrato da Dario Bruni, presidente di Confartigianato. Il Comune vuole dare una mano, ritenendo che il dopo-Ezit esiga un nuovo strumento programmatorio di politica industriale. L’idea, messa sul tappeto da Treu su indicazione di Cosolini, prevede la costituzione di un consorzio tra i Comuni di Trieste, Muggia, San Dorligo. Consorzio “aperto”, nel senso che in un secondo tempo potrebbe aggregare altri partner pubblici e - novità - anche privati. Tra i possibili azionisti pubblici si è parlato dell’Area di ricerca, dell’Autorità portuale, della Camera di commercio. Appuntamento a breve - ha detto Treu - per esaminare una prima bozza di statuto: il tavolo è stato quindi aggiornato a martedì 23. Non del tutto esplicitamente, l’assessore fa intendere che la volontà politica sarebbe quella di definire la partita consortile prima delle elezioni amministrative fissate a giugno. All’incontro di ieri, tenutosi in sala giunta, c’erano il vicesindaco di Muggia Laura Marzi, il sindaco di San Dorligo Sandy Klun, il direttore di Confindustria Vg Paolo Battilana, il segretario generale di Confartigianato Enrico Eva, il presidente della Cna Giancarlo Carena, i rappresentanti di Cgil-Cisl-Uil-Ugl. Forfait invece per Confcommercio e per Ures.

Massimo Greco

 

Il degrado diMiramare timori per le aree boscate - L’INTERVENTO di Giulia Giacomich - vicepresidente di Italia Nostra Trieste
Da tempo è cresciuto un sottobosco impenetrabile dove si sono sviluppate in modo incontrollato piante infestanti non tipiche della nostra flora
Chi visita nella sua completezza il parco di Miramare può riconoscere, nei suoi 22 ettari, due ambienti diversi: i parterre, cioè i giardini della famiglia reale, e le aree boscate che occupano, oggi, i due terzi del parco. Il resto è costituito da piazzole e aiole, dal sistema dei percorsi e da sette edifici storici. Le aree boscate, in cui Massimiliano d’Asburgo aveva previsto un parco paesistico all’inglese e zone di sperimentazione forestale e botanica, formano ambienti abbastanza diversi tra loro per la morfologia del terreno e per la composizione vegetazionale: bosco di pini neri sul lato orientale, bosco misto in scarpata a sud-est, bosco misto attorno al lago dei Loti e al lago dei Cigni, prati alberati senza siepi di delimitazione a nord-ovest, bosco misto oltre la strada costiera... Il degrado del parco, che un visitatore occasionale riconosce principalmente nel parterre della caffetteria, in effetti è molto più grave e preoccupante nelle aree boscate. I boschi si stanno da tempo inforestando, con un fitto sottobosco impenetrabile dove si sono sviluppate in modo incontrollato piante della nostra flora illirico-mediterranea e piante alloctone infestanti. I boschi, alti e vecchi, sono costellati da alberi morti (ancora in piedi, a terra o caduti di traverso su altri alberi). Un po’ quello che sta accadendo sul Carso triestino dove gli alberi morti non si contano più. Ma, mentre i boschi del Carso possono essere lasciati alla loro naturale evoluzione, un parco urbano, che è un ambiente semi-artificiale e ha una precisa funzione, va curato e mantenuto nella condizione di parco. A nostro parere, il rifacimento del parterre della caffetteria (che ci auguriamo di vedere questa primavera), e degli altri parterre, non è un lavoro particolarmente impegnativo. Il problema più grave è il restauro delle aree boscate a cui va destinata la stessa cura che si darebbe a un bene culturale di grande valore. Sempre a nostro parere, ma naturalmente dovranno pronunciarsi gli esperti, per poter formulare dei criteri di restauro e predisporre un piano specifico per il futuro delle aree boscate, sarà necessario uno studio sulla loro evoluzione, sulle diversità della loro composizione vegetazionale, sulle essenze arboree di pregio da salvare o sostituire e sulle possibilità di rinnovamento del bosco e del sottobosco. Al piano generale di recupero dovrebbero seguire poi i singoli progetti per le diverse aree boschive, una per una, a seconda delle specificità e delle situazioni di degrado. E dovrà essere assicurato un criterio di manutenzione per i boschi come per i giardini. Qualunque sia la futura direzione del parco, con la nuova struttura organizzativa decisa dal ministro Franceschini, riteniamo che su questa linea vada impostato il restauro del parco di Miramare. Per realizzare il programma sarà necessario scegliere un’equipe di studio eccellente, con esperienza nel restauro e nella conduzione di parchi e giardini, con competenze in botanica, geologia e floricoltura, mentre per la manutenzione riteniamo indispensabili dei giardinieri di alto livello, selezionati in base alla professionalità. Volutamente non ci pronunciamo sui costi che, dato il lungo abbandono delle aree boscate, saranno certamente alti.
 

 

Wärtsilä chiede contributi per la filiera Gnl - Da oggi 48 ore di battaglia sull’integrativo

Settimana industriale all’insegna di Wärtsilä. Da oggi secondo round da 48 ore tra azienda e sindacati per il rinnovo dell’integrativo. Ieri invece il gruppo è stato protagonista di un incontro alla Camera dei deputati dedicato ad "Ambiente, tecnologie e infrastrutture: nuovi scenari di sviluppo per il Gnl".

Iniziativa organizzata da Safe in collaborazione proprio con Wärtsilä Italia.Obiettivo dell'incontro, favorire il dialogo tra istituzioni e operatori per facilitare lo sviluppo della filiera del Gnl in Italia e individuare, le ricadute energetico-ambientali per i settori dell'industria e dei trasporti. Sergio Razeto, presidente e ad di Wärtsilä Italia, presidente di Confindustria Venezia Giulia, ha chiesto al legislatore una politica di incentivazione della filiera industriale collegata all'utilizzo del Gnl attraverso sistemi di finanziamento di nuove costruzioni. Il supporto per l'attivazione della filiera comporterebbe un impatto occupazionale rilevante.

 

 

ASSEMBLEA pubblica a marzo - Cosolini dice sì al confronto con la piazza anti Ferriera
Un ring ampio ma con regole ben precise. Il sindaco Roberto Cosolini parteciperà a un'assemblea pubblica sulla Ferriera di Servola nella prima o nella seconda settimana di marzo (l’una o l’altra opzione sono al vaglio).

Questo è quanto emerso dall'incontro svoltosi ieri fra il primo cittadino e i rappresentanti del Comitato 5 dicembre, quelli che assieme ad altre realtà del territorio avevano portato in piazza almeno quattromila persone per protestare contro l’inquinamento derivante dall’impianto. L’assemblea pubblica era una delle richieste prioritarie della piattaforma della manifestazione, ed è il primo risultato che i rappresentanti del Comitato hanno portato a casa. In una breve conferenza stampa dopo l’incontro, Cosolini ha ringraziato il Comitato: «L'incontro è avvenuto anche se qualcuno ne dubitava. Ho ribadito la mia disponibilità a partecipare a un’assemblea pubblica nella quale rispondere alle domande provenienti dai cittadini che si riconoscono nella piattaforma della manifestazione». Si prevede di utilizzare una sala messa a disposizione dal Comune, con capienza fra i 180 e i 200 posti, ci sarà quindi una “lista iscrizioni” gestita dal Comitato: «Parlo dei cittadini che si riconoscono nella manifestazione - ha detto Cosolini - perché esistono altre fette della cittadinanza con altri legittimi punti di vista, come ad esempio i lavoratori della Ferriera. Ma le domande a cui risponderò quel giorno sono sui temi posti dalla piazza del 31 gennaio». I temi saranno quindi «emissioni, depositi, suono e qualità della vita»: «Ho chiesto al Comitato di tenere l’incontro in una data compresa fra il 10 e il 12 di marzo, così da avere a disposizione almeno i dati indicativi dei primi due mesi dell'anno sulle emissioni e sui deposimetri», ha detto il sindaco. Vien naturale pensare che la neonata questione delle primarie (previste per il 6 marzo) abbia un suo peso nelle valutazioni al riguardo. Cosolini sarà affiancato anche dall’assessore Umberto Laureni e da un tecnico del Comune. La formula prevede domande brevi e puntuali, da due minuti, e risposte altrettanto stringate, da tre minuti l'una. Sarà possibile seguire l’incontro in streaming. I rappresentanti del Comitato hanno dichiarato: «Per noi era fondamentale che l’assemblea si svolgesse il prima possibile, al più tardi entro la prima settimana di marzo. Il sindaco ci chiede di posticipare di qualche giorno: non lo riterremmo possibile ma consulteremo i cittadini e a brevissimo gli daremo risposta». Al vaglio anche l’ipotesi di un moderatore “terzo”. «Ci siamo sentiti di rassicurare il sindaco - hanno concluso -: il tutto si svolgerà con toni e comportamenti civili, affinché sia un momento reale di confronto, con la possibilità di fare domande autentiche all'interlocutore».

Giovanni Tomasin

 

 

Volontari “salva rospi” sulle strade - Mobilitazione a Doberdò per garantire la deposizione delle uova. Chiesto un sottopasso sul Vallone
MONFALCONE - In questi giorni di pioggia, con l’aumento delle temperature, è già scattata l’annuale migrazione degli anfibi dai rifugi invernali ai luoghi di deposizione delle uova. In sostanza dall’area carsica e quella del lago di Doberdò.

Un viaggio che comporta, però, l’attraversamento della Ss 55 del Vallone e quindi la probabilità di finire schiacciati sotto le ruote delle auto e degli altri mezzi in transito. I volontari dell’associazione ambientalista Eugenio Rosmann hanno già avviato il monitoraggio del fenomeno, viste le condizioni meteorologiche, e organizzato un incontro informativo. La conferenza avrà luogo domani alle 18.30 nella sede dell’associazione in via delle Mandrie (angolo con via Valentinis) a Monfalcone. A parlare sarà Gaia Fior, naturalista e divulgatrice scientifica dell’Associazione tutori stagni Fvg. L’iniziativa vuole sensibilizzare al problema dell’investimento di tanti anfibi e organizzare i volontari per le uscite serali, durante le quali i rospi saranno raccolti in secchi per essere trasportati vicino al lago. Il flusso migratorio dei rospi comuni, del tipo cioè bufo-bufo, avviene in genere nelle ore che seguono il crepuscolo e con il buio, in particolare con la pioggia, in corrispondenza di luoghi dove ai lati della strada si trovano piccoli canali di acqua piovana o piccoli stagni. Negli ultimi due anni i componenti dell’ex Wwf isontino si sono mossi a titolo quasi personale, senza organizzare vere e proprie squadre, ma l’associazione continua ad avere come obiettivo la realizzazione di un piccolo sottopasso della statale del Vallone per permettere la migrazione in sicurezza degli anfibi, il cui ruolo nell’ecosistema rimane fondamentale (se non altro per il contenimento del numero di zanzare e di altri insetti). «Il dialogo con Anas e con la Provincia non si è mai interrotto - spiega Paola Barban, componente dell’associazione -. I fondi credo possano essere reperiti, visto che si tratta di intervenire a tutela e sostegno della Riserva naturale dei laghi di Doberdò e Pietrarossa. Speriamo che il progetto possa essere realizzato». Numerose specie possono percorrere tratte lunghe anche qualche chilometro per portarsi dai rifugi invernali fino ai luoghi di deposizione. Così facendo gli animali sono spesso costretti ad attraversare sentieri e strade e, se un gran numero di animali si muove nella stessa direzione e deve così attraversare una strada ben trafficata, non è difficile immaginare il risultato. In molti luoghi, anche a livello locale e nel resto della regione, gli anfibi vengono quindi soccorsi. L’associazione esorta pertanto gli automobilisti, se possibile, a evitare i tratti dove avvengono le migrazioni, utilizzando percorsi alternativi, o quanto meno a percorrerli a bassa velocità (30 chilometri all’ora). Oltre al traffico gli anfibi subiscono del resto, come sottolinea ancora l’associazione Eugenio Rosmann, anche gli effetti dei cambiamenti climatici, della perdita di habitat, che si tratti di stagni o scoline, e dei pesticidi usati in agricoltura.

Laura Blasich

 

 

Sel lancia la campagna nazionale anti-smog

«In Italia sembra esistano solo quattro grandi metropoli da mettere in collegamento tra loro su rotaia ad alta velocità: il resto dell’Italia, le altre città e piccoli centri, i cittadini che si muovono ogni giorno, il trasporto merci, sono esclusi da politiche per la mobilità che attui la riconversione ecologica. La gran parte dei trasporti invece si muove su gomma, si continuano a costruire autostrade inutili, a consumare suolo e denaro dei cittadini, ad aumentare i livelli di smog». L’ha dichiarato ieri la deputata friulana di Si-Sel, Serena Pellegrino, vicepresidente in commissione Ambiente alla Camera, nel corso della presentazione della campagna di Sinistra Italiana “ Trasporti, cambiamo aria”.«Alla Conferenza di Parigi, quando gli Stati hanno sottoscritto l’impegno improrogabile ad abbattere le polvere sottili, c’eravamo anche noi. E abbiamo condiviso la necessità di cambiare radicalmente direzione. Il governo si faccia carico immediatamente di questa responsabilità e di questa progettualità, o ce ne dovremo occupare quando al governo ci saremo noi. Primo ministro Renzi, disponiamo di enormi opportunità tecnologiche ma nelle nostre città siamo costretti a fare la danza della pioggia per contrastare lo smog che ci soffoca».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 febbraio 2016

 

 

Archiviato il parking in piazza Sant’Antonio

Un piano datato 2005, ma il refitting della zona e i nuovi impianti lo hanno reso obsoleto
La cittadinanza se ne era probabilmente dimenticata ma la burocrazia non ammette distrazioni: erano in piedi da oltre dieci anni due progetti per realizzare un parcheggio pubblico in piazza Sant’Antonio, che si trascinavano fiaccamente, tra integrazioni e pareri, senza venire a capo di alcunchè. Perchè intanto le amministrazioni comunali, succedutesi dal 2005, avevano in sostanza deciso di soprassedere alla costruzione del parking tramite project financing. Però occorreva un colpo di spugna definitivo per archiviare l’idea e, con essa, le due proposte. Ha provveduto alla bisogna una delibera firmata dall’assessore Andrea Dapretto e approvata dalla giunta comunale lunedì scorso. Con tre motivazioni di fondo: è venuto meno l’interesse pubblico originario perchè intanto è stato costruito Park San Giusto ed è prevista sulle Rive la realizzazione di Park Audace; in secondo luogo, l’amministrazione uscente preferisce puntare sull’utilizzo pedonale dello spazio urbano interessato; ultimo ma non ultimo, la stessa amministrazione intende riqualificare piazza Sant’Antonio casomai riaprendo il canale interrato negli anni Trenta. Risultato finale: addio al parcheggio che era stato inserito nel Piano triennale delle opere 2005-2007, al tempo della prima giunta Dipiazza. Entro il 30 giugno 2006 - secondo la ricostruzione storica riportata nel testo deliberato - erano pervenute agli uffici comunali due proposte. Una, a cura di Carena spa, prospettava un edificio interrato su 4 livelli con 1385 mq di “commerciale” e altri 3 livelli parcheggiabili da 500 vetture. Carena proponeva inoltre la riqualificazione della piazza con copertura trasparente e letto d’acqua. Il progetto concorrente venne presentato da una cordata composta da Mecasol, Cividin, Imprefond, Vecogest, Riccesi: parcheggio interrato su 3 livelli da 330 posti auto, con un eventuale livello ulteriore da 100 posti. Dopodichè si dovette attendere marzo 2007 per la ripresa dell’istruttoria amministrativa. La proposta della Carena non piaceva perchè ipotizzava un livello commerciale e perchè la localizzazione di ingresso/uscita avrebbe comportato problemi alla viabilità cittadina. Alla cordata concorrente vennero chieste integrazioni al piano economico-finanziario e modifiche da apportare alle vie di ingresso/uscita. Poi un nuovo inabissamento della pratica, che di fatto viene obliata in quanto l’apertura di Park San Giusto mette a disposizione 734 posti mentre Park Audace prevede altri 650 posti. Insomma, del parking Sant’Antonio, a fronte inoltre di «un margine di rischio tecnico non attualmente e non completamente quantificabile», non c’era più necessità. Lunedì 8 febbraio il progetto è stato così “tombato”: chissà se un giorno, come è successo al canale interrato, qualcuno avvertirà l’occorrenza di riportarlo alla luce.

magr
 

 

Tavolo tecnico M5S sul nodo Ferriera
Si è svolta la prima sessione del tavolo tecnico sulla Ferriera di Servola, organizzato e coordinato da Paola Sabrina Sabia, del Meetup 5 Stelle triestino.

Tema del primo incontro è stato il rapporto con la portualità, proprio perché, nella rosa di proposte per la riconversione dell'area occupata dalla Ferriera, sembra essere attualmente l'opzione più praticabile e condivisa. Adriano Tasso (No Smog), ha dato inizio ai lavori, sottolineando quanto poco abbia fatto finora la politica per risolvere l'annoso problema della Ferriera. Alda Sancin (No Smog) ha fornito informazioni sull'aspetto tecnico della vicenda, e spiegando i lati oscuri e le incongruenze dell'Aia da poco concessa. Presenti anche esponenti del coordinamento Clpt, dell’Associazione Territorio Libero e del Comitato 5 Dicembre. Questi ultimi hanno ricordato il successo della manifestazione del 31 gennaio, e annunciato che a breve saranno ricevuti dal sindaco Cosolini.

 

 

AMBIENTE / 1 Al processo Val Rosandra è il giorno delle difese

Giornata importante per il “processo Val Rosandra”.

Dopo la requisitoria del pm Antonio Miggiani, che per i 4 imputati (in testa l’ex vicegovernatore Luca Ciriani) ha chiesto un anno di arresto e 2mila euro di multa per «distruzione di habitat protetto») oggi tocca alle difese.

 

 

AMBIENTE / 2 Il Nobel Giorgi parla di clima in ateneo

Il riscaldamento globale e la stretta relazione con il sistema energetico saranno i temi che tratterà mercoledì all’Università Filippo Giorgi, direttore della Sezione fisica del sistema terra al Centro di fisica teorica e già vicedirettore del Comitato intergovernativo sul mutamento climatico dell’Onu cui venne assegnato nel 2007, insieme ad Al Gore, il Nobel per la pace. La lezione, dal titolo “Riscaldamento globale: evidenze, rischi e opportunità di mitigazione”, organizzata dalla “Ciamician initiative”, si terrà alle 18 nell’aula Ciamician presso l’edificio B di piazzale Europa.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 febbraio 2016

 

 

Trieste a misura di bici ma servono più strutture - Secondo i risultati di un sondaggio Swg il 20% dei residenti è pronto a pedalare
Ogni giorno in città tra i 3.300 e i 3.700 ciclisti. Il traffico dissuade più delle salite - I triestini e le due ruote
Ad usare la bici spesso o tutti i giorni è appena il 2%, alcune volte al mese il 12% mentre tra quasi mai e mai si arriva direttamente al 78%. La mancanza di infrastrutture (piste e strade) è indicato dal 27% degli interpellati come un possibile deterrente all’uso della due ruote. La costruzione di piste ciclabili è indicata come una priorità nell’uso di fondi pubblici dal 22% degli interpellati dal sondaggio della Swg.

Sembra incredibile, almeno nelle proporzioni, ma tra i 3300 e i 3700 triestini usano ogni giorno la bici per muoversi in città e recarsi al lavoro. E c’è una pattuglia dieci volte più numerosa che, in presenza di una Trieste più “ciclabile” e con meno rischi non ci penserebbe un attimo a inforcare la due ruote. Parola della Swg che, in collaborazione con Fiab Ulisse ha realizzato un sondaggio per definire l’uso della bicicletta a Trieste che, a sensazione, è in netta crescita. «È proprio questo il dato più interessante - ha commentato il referente regionale Fiab, Federico Zadnich - unito alla caduta dei soliti luoghi comuni. L’indagine, ad esempio, spazza via i limiti legati all’ampia presenza di anziani e al profilo orografico cittadino, con tante salite. che in realtà frenano appena l’11% degli interpellati». Ma c’è “la voglia di bicicletta" in città. Pare proprio di sì. Maurizio Pessato, presidente di Swg, tra una slide e l’altra ricorda che il 20% dei triestini afferma che pensa «spesso» che se esistesse una pista ciclabile sul tragitto casa-lavoro preferirebbe lasciare ferma l'auto e pedalare, mentre il 37% considera «a volte» a questa idea. «Chiaramente - annota Pessato - questo significa che c’è un un forte potenziale ancora inespresso: 35mila triestini «pensano spesso alla bicicletta» e, se messi nella condizione di poter pedalare comodamente e in sicurezza, potrebbero nel futuro cambiare le proprie abitudini e migliorare radicalmente la mobilità di Trieste rendendola più sostenibile e moderna, elevando quindi la percentuale degli spostamenti urbani in bici al 20%, un dato in linea con i risultati di altre città non pianeggianti (Basilea in Svizzera per esempio) dove si è ben agito per promuovere la ciclabilità». Ben lontana dalle percentuali di altre città italiane (ma ricordiamo che il nostro paese è appena 18° in Europa per l’uso della due ruote), Trieste si attesta al 2% di utenti fissi, ma, giura Zadnich, non ci vorrebbe molto per arrivare al 10%. La riottosità dei “patocchi” all’uso della bici, è stato ricordato, nasce fondamentalmente dalla mancanza di corsie e piste ciclabili (per il 27%), la pericolosità delle strade (14%), la scarsa cultura della bicicletta (14%) e, a sorpresa, come detto, solo per l'11% le salite della nostra città. Un problema di fondi anche (qui a lato riferiamo degli interventi comunali) che i triestini, in misura del 22% destinerebbero alla ciclabilità, mentre il 45% è d'accordo sul togliere spazio alle auto per «garantire una rete funzionale di piste ciclabili». Luca Mastropasqua Presidente di Fiab Trieste Ulisse sottolinea l'importanza dei dati emersi e rivolgendosi ai candidati alle prossime elezioni amministrative afferma: «sta ora a chi amministrerà Trieste nei prossimo 5 anni cogliere e indirizzare con azioni concrete questa voglia di pedalare dei triestini. La bici fa bene alla città e a chi la usa migliorando l'aria, il traffico e la salute di tutti, utenti della bici e cittadini comuni. Ora tocca a Trieste riconoscerle e garantirle sicurezza e dignità di mezzo di trasporto quotidiano dando spazio ad una nuova cultura della sicurezza e della ciclabilità urbana».

Furio Baldassi

 

MARCHIGIANI - «Già stanziati 4,5 milioni per favorire le due ruote»
È decisamente piaciuto, all'assessore alla Mobilità e Traffico del Comune di Trieste, Elena Marchigiani, il sondaggio SWG su ''Come e quanto i triestini usano la bici per muoversi in città e recarsi al lavoro?'' presentato da Ulisse-Fiab.

Non fosse altro che perchè, praticamente fin dalla data del suo insediamento, si era sempre dimostrata molto sensibile al discorso delle due ruote, anche in una città olograficamente complicata come la nostra. «Sono risultati importanti, quelli del sondaggio commissionato da Fiab Ulisse - ha commentato - che intervengono a confermare significativamente gli investimenti e i progetti avviati da questa amministrazione o in dirittura di arrivo». Si parla in tutto, ha sottolineato l’assessore, di ben 4,5 milioni di euro relativi ai molti interventi messi in cantiere per infrastrutture e servizi alla ciclabilità: per i 4,4 km di pista ciclabile che collegheranno Campo Marzio a via Orlandini per connettersi alla "pista Cottur" (avvio lavori in aprile) sono stati stanziati 494mila euro; il percorso ciclabile tra via Trento e Largo Panfili, con relativa pedonalizzazione (in fase di ultimazione) costerà circa 2 milioni di euro, mentre il progetto di bike sharing (la gara è in corso, con aggiudicazione entro la primavera) circa 390mila. Ancora: i percorsi in via XXX Ottobre (avvio dei lavori in autunno) incideranno sulle casse per 900mila euro mentre quelli sull'asse via Imbriani-via Giulia (con avvio dei lavori entro l'anno) comporteranno una spesa di 725mila euro. «Tanto impegno, anche navigando controcorrente - osserva la Marchigiani -, ma finalmente anche a Trieste la scelta per la bici è una realtà».

(f.b.)

 

 

La giunta accelera sul quartiere “green” - Sopralluogo nella zona Urban dove verranno ricavati alloggi a prezzi low cost destinati ai giovani
Sono una sessantina, una metà sarà destinata ai giovani che non possono ancora permettersi un affitto ma che intendono iniziare comunque una vita indipendente.

Gli alloggi in zona “Urban”, quelli usati finora dagli studenti universitari, saranno consegnati dall’Ardiss (l’ex Erdisu) al Comune. Il passaggio, come confermato nel recente sopralluogo degli assessori comunali ai Lavori pubblici Andrea Dapretto e alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani, che hanno visitato le strutture assieme all’assessore regionale all’Istruzione Loredana Panariti, avverrà a luglio. I tre assessori, accompagnati dai rispettivi tecnici, hanno verificato personalmente la situazione e le caratteristiche degli stabili. Si tratta di vani di varia metratura e particolarità: una o più stanze pensate per ospitare una oppure due persone per un totale di ottantasei posti letto. Le condizioni sono state giudicate complessivamente buone, come è emerso dal controllo fatto, grazie soprattutto alle manutenzioni che del resto sono ancora in corso. Non appena riconsegnati al Comune, che ne è l’ente proprietario, gli alloggi potranno essere assegnati ai ragazzi sulla base di un apposito bando. Il municipio, come già annunciato nei mesi scorsi dal sindaco Roberto Cosolini in occasione di un incontro con i rappresentanti delle associazioni giovanili della città, riserverà una parte degli spazi ai giovani residenti che intendono intraprendere una propria autonomia di vita ma non si trovano ancora nelle condizioni economiche per poterlo fare in modo adeguato. Gli affitti, dunque, saranno tarati su un prezzo agevolato, proprio per venire incontro a chi non ha ancora sufficienti strumenti per rivolgersi al mercato privato. «Penso si debba intercettare anche tutti quei ragazzi motivati ad andare a vivere da soli ma che per varie ragioni non ce la fanno – ha dichiarato recentemente il sindaco Cosolini – ritengo sia indispensabile aiutare i progetti di autonomia o dare ospitalità temporanea a chi arriva a Trieste». Un’altra parte degli alloggi, infatti, potrà essere impiegata per chi viene da fuori per un periodo di formazione o per ragioni professionali. Nelle prossime settimane, precisa a questo proposito una nota del municipio, seguiranno ulteriori sopralluoghi di carattere più tecnico per stabilire eventuali migliorie e accorgimenti impiantistici. Tutto questo, precisa il comunicato dell’ente, «per ottimizzare la tipologia dell'offerta abitativa in una Trieste che vuole dimostrarsi sempre più aperta e attrattiva, a misura dei ragazzi e delle loro esigenze».

Gianpaolo Sarti

 

 

Muro contro muro sulle Falesie proibite
In vista della Commissione sul Regolamento della riserva i comitati rifiutano di trattare con l’amministrazione Kukanja
DUINO AURISINA Sarà una settimana infuocata, sotto il profilo delle polemiche fra cittadini e Comune, quella che inizia domani a Duino Aurisina. Giovedì è in programma, alle 8.30, una Commissione Trasparenza sul discusso tema del nuovo Regolamento adottato dalla giunta comunale per quanto riguarda l’utilizzo della riserva delle Falesie. «Alla luce di quanto riportato dall’assessore Andrej Cunja sui quotidiani - scrive il presidente della Commissione, Massimo Romita - e di quanto la Regione ha pubblicato, abbiamo inteso convocare una seduta ad hoc, per analizzare una serie di documenti legati all’attuazione del Regolamento, sapere a che ufficio si farà riferimento, quali tariffe saranno applicate, chi materialmente gestirà il parco, chi rilascerà i numeri. Sono tutte domande - aggiunge Romita, che è capogruppo del Pdl in Consiglio comunale - che i cittadini si pongono». Ma una parte dei residenti, in particolare quelli che fanno capo alla locale Comunella e i Cittadini per il Golfo, oltre ad altre associazioni geograficamente vicine a Duino, hanno già iniziato il loro percorso di condivisione di queste problematiche. «Attualmente - dichiara il presidente della Comunella, Vladimiro Mervic - risulta difficile instaurare una collaborazione tra cittadini e amministrazione, soprattutto se i suoi componenti intendono interpretare il fatto di essere stati eletti dai cittadini con una delega assoluta negli argomenti e nel tempo. Questa impostazione - aggiunge - relegata a sistemi gestionali ormai archiviati dalla storia, e superati dai nuovi sistemi di comunicazione e di informazione, non funzionano». Mervic passa poi all’attacco di Cunja: «Non riusciamo a comprendere come una persona che riveste un ruolo istituzionale possa rivolgersi verso i cittadini denigrandone alcuni, la Comunella e la stragrande maggioranza degli abitanti di Duino. Cunja - prosegue Mervic - dimentica i problemi più gravi, come l’aver ignorato le 400 firme raccolte in pochi giorni contro le limitazioni assurde imposte dal Regolamento delle Falesie. Per motivi che non si comprendono non si potrà più nuotare, pagaiare o pescare nei pressi delle Falesie. Eppure - ricorda il presidente della Comunella di Duino - i residenti hanno sempre rispettato il loro mare, il sentiero Rilke, la pineta. Infine - conclude Mervic - non si comprende cosa c’entri la convenzione che la Comunella dovrebbe firmare con il Comune, con questa diatriba sul Regolamento. I tempi per firmare non sono maturi oppure i presupposti per un sereno confronto sono venuti meno oppure, ancora, le condizioni ci sembrano troppo penalizzanti. Possono essere svariati i motivi per questo nostro rifiuto. Aspettiamo tempi migliori, che fra un anno e qualche mese saranno sicuramente più propizi».

Ugo Salvini

 

La Siot e la Commissione Ambiente in stallo i “piatti forti” del Consiglio di San Dorligo

L’audizione dei rappresentanti della Siot, con il coinvolgimento in particolare del direttore generale Alessio Lilli e del “supervisore” delle operazioni Mauro Szalay, nonché lo scioglimento e la ricostituzione della Seconda commissione competente in materia di Ambiente, i cui membri sono dimissionari proprio in seguito a presunte mancate risposte puntuali della Siot sugli “odori” lamentati dalla gente che abita nella zona dei serbatoi, saranno i principali temi all’ordine del giorno del Consiglio comunale di San Dorligo, che il sindaco del Comune Sandy Klun ha convocato per giovedì 18 febbraio, al mattino. La seduta dell’aula prevede tra l’altro anche la relazione dello stesso sindaco su «vari affari del Comune», l’approvazione del Dup, il Documento unico di programmazione, per il triennio 2016-2018, e il completamento delle opere irrigue a Montedoro.

 

 

Trasporti - Sonego rilancia la politica dei Corridoi europei
TRIESTE - La politica dei collegamenti ferroviari tra Fvg e Slovenia «è ferma». La prima conseguenza? «Il danno per il porto di Trieste, il primo scalo italiano per tonnellaggio».

Lodovico Sonego, senatore del Pd, somma le dichiarazioni di novembre del coordinatore europeo del Corridoio Mediterraneo Laurens Jan Brinkhorst a quelle più recenti del commissario Ue dei Trasporti Violeta Bulc, in visita lunedì scorso a Trieste, e lancia l’allarme: «Di fronte a uno stop deciso in Italia, in Fvg e pure in Slovenia, l’Europa registra e non apprezza». Le osservazioni preoccupate riguardano soprattutto Trieste. «Il piano regolatore del porto è tarato su 3,5 milioni di teu, realisticamente 1,5 milioni si possono raggiungere in 5/7 anni, cioè a breve – spiega Sonego –. Per i 3,5 milioni ci vogliono invece quindici anni, ma se arriviamo a quel punto non ci sarà sufficiente capacità ferroviaria per portare via i contenitori». Che cosa serve? «La nuova linea Trieste-Aurisina collegata al Corridoio Mediterraneo Venezia-Trieste-Divaccia-Lubiana. Chi non vuole quell'infrastruttura condanna il nostro porto e favorisce i concorrenti». In assenza di opere, insiste Sonego, «ci ritroveremo nella medesima situazione di strozzatura in cui si trova oggi Capodistria». Né può bastare l’ammodernamento della linea storica Venezia-Trieste: «Operazione corretta, ma bisogna sapere che quel programma da 1,8 miliardi viene concepito anche per non realizzare la linea del Corridoio Mediterraneo che include il nuovo collegamento Trieste-Aurisina. Sarà anche bene capire meglio cosa c'è all’interno di quel pacchetto di risorse». Se dunque la politica ferroviaria della Slovenia è fondata su due pilastri - il primo, sostiene ancora il senatore dem, consiste nel raddoppio della Capodistria-Divaccia; il secondo, non dichiarato, è la non realizzazione della Venezia-Trieste-Divaccia di modo tale che tutto il traffico marittimo verso l'Europa Centro Orientale passi per Capodistria anzichè, anche, per Trieste -, Stato Regione e Comune triestino «devono sostenere in modo convincente la politica europea dei Corridoi che assicurano la migliore efficienza infrastrutturale per tutti in modo neutrale. Dopo di che siano i porti a competere sul terreno dell'efficienza». Conclusione “storica”: «La politica del Corridoio V, che oggi si chiama Mediterraneo, l’ha inventata l'Italia con De Michelis, ma da qualche anno l’abbiamo abbandonata. Curioso che oggi la stia riproponendo la Cina con la ferrovia della Via della Seta, che ha anche lo scopo di una presenza strutturale cinese nei Balcani e in Adriatico». Senza trascurare la questione finanziamenti: «Nel programma di investimenti presentato dal ministro Delrio e dall’amministratore delegato di Rfi Gentile non c’è una parola, tanto meno soldi, per la tratta transfrontaliera tra Italia e Slovenia. Un altro caso nel quale perdiamo preziose risorse europee».

(m.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 febbraio 2016

 

 

“Stati generali” sul rilancio di Porto vecchio

Primo vertice in Comune per lo staff di Ernst&Young. Annunciato un evento pubblico su strategie e tempi del Piano di riuso
La redazione delle “linee guida” per il Piano strategico di riuso del Porto vecchio entra nel vivo. Ieri sono sbarcati per la prima volta in città gli esperti di La redazione delle “linee guida” per il Piano strategico di riuso del Porto vecchio entra nel vivo. Ieri sono sbarcati per la prima volta in città gli esperti di Ernst&Young, il network di servizi professionali scelto fra le 12 realtà di livello internazionale che hanno concorso per l'aggiudicazione dell'incarico di advisor. Punto di partenza della riunione operativa la consapevolezza della strategicità dell’operazione, non solo per l'ampiezza dell'area interessata ma anche per la specificità assoluta di dover, in un certo senso, “rovesciare” i termini consueti di questo tipo di iniziative, laddove, di solito, si parte dal dover re-inserire porti di minori dimensioni rispetto a città più grandi. A Trieste, invece, hanno sottolineato Andrea Bassanino, Marco Daviddi e Fulvio Lino Di Blasio, manager delegati ai settori di RealEstate e advisoring, pianificazione strategica e public policies di EY,la situazione è in qualche modo inversa. In questo caso, infatti, si tratta di riportare nel corpo della città un porto antico che era stato pensato - e di fatto era fisicamente - come area molto più grande della città “storica”. Ma c’è anche un ulteriore aspetto storico a dare la cifra dell’eccezionalità dell’avventura: quello a cui si intende ora “mettere mano”, due secoli fa, era il più importante scalo del Mediterraneo. «E anche per questo - ha commentato il sindaco Roberto Cosolini - il suo sviluppo potrà costituire un importante fattore di crescita e un volano, anche turistico, tanto per la nostra città quanto per l’intera Regione». In tal senso il primo cittadino, oltre a sottolineare l'interesse ribadito in più occasioni dal governo nazionale per il recupero dell’area - fiore all'occhiello di una Trieste che lo staff dell’advisor hanno definito «città di una bellezza intrigante», ha quindi ricordato come proprio l'aspetto culturale potrà giocare un ruolo importante nel riuso dell'area. Basti pensare alle aspettative riversate sul debutto del grande "Museo del Mare" (oggetto di confronto appena poche ore fa con il ministro dei Beni culturali Franceschini), realtà fortemente voluta dall’amministrazione per tornare a sottolineare il legame tra Trieste e il suo mare e mettere in mostra “pezzi” importanti del sistema emporiale di ieri e di oggi come Italia Marittima, Fincantieri, Generali, l'Istituto Nautico, l'Università. «Anche su questo, come sugli altri aspetti del recupero di Porto vecchio - ha aggiunto Cosolini -, la città ha molte aspettative. Intendiamo quindi intraprendere un percorso quanto più partecipato affinché anche i cittadini possano portare ognuno il proprio contributo di idee e di proposte utili ad arricchire questo grande progetto di rigenerazione urbana». Di qui la proposta, avanzata a “Ernst&Young”, di organizzare un evento pubblico di presentazione rivolto alla cittadinanza, per far sì - anche in un'ottica di massima trasparenza - che la stessa società possa presentarsi ai triestini, spiegare cos’è e come opera un advisor e illustrare la tabella di marcia prevista. Una sorta di “Stati generali” del progetto di riuso di Porto vecchio, aperti anche al contributo dei tanti pronti a mettere al servizio del progetto le proprie conoscenze e suggerimenti. «Come EY - ha sottolineato Fulvio Lino Di Blasio, senior manager di EY Advisory -, siamo molto orgogliosi di poter contribuire all’importante progetto di valorizzazione di quest'area strategica di estrema rilevanza per Trieste, i suoi cittadini e il territorio». Il vertice di ieri, infine, ha toccato anche aspetti più squisitamente tecnici relativi all’iter amministrativo e alla redazione del Piano strategico. Passaggi, è stato ribadito, da compiere con la massima rapidità per arrivare già nella prossima estate a dei risultati concreti e “visibili” nella definizione delle linee guida.

(s.m.)

 

Quarta circoscrizione - Parere favorevole sul Porto vecchio

Il consiglio della quarta circoscrizione, durante una seduta che ha visto la presenza del sindaco Cosolini e del responsabile dei Progetti strategici Toniati, ha espresso un parere favorevole alla delibera che riguarda la presa d’atto dello spostamento del regime giuridico di Porto Franco e avvio dell’iter per l’intavolazione del patrimonio immobiliare del Porto vecchio.

«Abbiamo avuto modo di partecipare a un passaggio storico per la città» ha commentato il presidente del parlamentino Luca Bressan. Durante la seduta il gruppo Pdl-Fi ha preferito astenersi.

 

 

Nuova missione in città della “iena” Toffa - Incontro in Municipio sulla Ferriera
Nuova missione triestina della “iena” Nadia Toffa. L’altra sera ha intercettato il sindaco Roberto Cosolini in piazza Unità mentre lo stesso aveva un appuntamento: il primo cittadino ha allora fissato con Toffa un incontro in Comune per ieri mattina, per affrontare ancora una volta il tema della Ferriera di Servola.

Così, appunto ieri, Toffa si è presentata in municipio: Cosolini e l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni hanno illustrato all’inviata de “Le Iene”, il noto programma tv in onda su Italia 1, le azioni messe in atto dall’amministrazione comunale, i contenuti delle ordinanze e l’evoluzione delle rilevazioni relative alle emissioni dell’impianto servolano. Ieri sera, infine, Toffa è stata avvistata all’hotel Savoia, pare con l’obiettivo di porre alcune domande alla presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, a margine del convegno sul porto.

 

 

E Grim parla di centrodestra «impaludato»

«Ringraziamo la coordinatrice di Forza Italia, Sandra Savino per aver ricordato che il no al rigassificatore è merito dell’amministrazione di Roberto Cosolini. Se l’ultima parola l’avesse avuta il precedente sindaco, allora iscritto a Forza Italia come oggi la Savino, il rigassificatore sarebbe già a Trieste, dato che ne era fervido sostenitore».

A dirlo è la segretaria del Pd Fvg, Antonella Grim commentando le dichiarazioni della coordinatrice regionale di Fi, Sandra Savino sul futuro dell’impianto previsto nel capoluogo giuliano. «Dopo che si è impaludata la corsa del suo cavallo di razza nel capoluogo regionale - continua Grim - il centrodestra mostra tutti i suoi limiti nell’articolare una proposta sensata alla città e alla regione. Sperando di sviare l’attenzione dal caos in cui si trova Forza Italia, Savino è pronta a tutto, anche a rinnegare la politica della giunta regionale di cui faceva parte». Savino aveva detto: ««Dall’11 giugno è calato il silenzio e lo spettro del rigassificatore continua a volteggiare sopra la città di Trieste. Nonostante i tanto sbandierati ottimi rapporti tra il governo e la giunta Regionale sembra che a Roma il progetto non sia mai stato accantonato anche davanti al parere contrario delle amministrazioni locali».

 

 

Centrale A2A, la Regione si ribella all’Aia
Vito si schiera con il Comune e contesta la proroga fino al 2025 per l’impianto di Monfalcone. «Pronti a dare battaglia»
MONFALCONE «La Regione non si piega e sarà battaglia. Sono al fianco del sindaco di Monfalcone, del presidente della Provincia di Gorizia e della comunità monfalconese e non accetto lezioni da parte di chi vuole mettere in dubbio la chiarezza della posizione della Regione di assoluta contrarietà all'utilizzo del carbone per il futuro della Centrale di Monfalcone». Non si è fatta attendere la reazione dell’assessore regionale all’ambiente, Sara Vito, alla notizia che il ministero dell’Ambiente, in realtà già nel 2014 ha esteso per altri 8 anni l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) alla centrale termoelettrica A2A di Monfalcone che potrà lavorare fino al 2025. A suscitare clamore il fatto che sul territorio, sia la Regione sia il Comune, continuavano tutta una serie di azioni in vista della presunta scadenza dell’Aia nel 2017 mentre in realtà Roma aveva già comunicato ad A2A che la validità aumentava da 8 a 16 anni. Oltre a tutta una serie di analisi e controlli sul territorio la stessa Regione aveva annunciato la volontà di “abbandonare” il carbone. «Per sgombrare il campo da ogni possibile illazione, va ricordato - precisa Vito - che mai è stata data alla Regione alcuna comunicazione da parte dell'azienda né da parte del ministero sulle interlocuzioni tra loro intercorse. Peraltro, non vi è ancora alcun elemento di certezza sulla data del 2025, visto che il ministero dovrà fare tutti gli accertamenti che la legge gli impone e di cui chiederemo immediato riscontro». Non basta. «Rivendico invece con molto orgoglio - aggiunge l’assessore - il fatto che tutta l'attività di verifica e indagine sugli aspetti ambientali e sanitari del monfalconese è stata avviata con determinazione, per la prima volta nella storia della regione, da questa giunta. Non ci fermeremo». Sara Vito accoglie dunque la richiesta di aiuto deo sindaco di Monfalcone Silvia Altran e delinea i prossimi passi della “battaglia”. «Assieme al sindaco Altran e al presidente Gherghetta faremo un incontro urgente per definire i passi da compiere, convinti che le istituzioni e il territorio sono forti solo se uniti e coesi. E ai cittadini monfalconesi chiedo la stessa unità e dico che la strumentalizzazione di questa vicenda solo a fini politici fa il danno di tutti». In finale una stoccata all’esponente del movimento Monfalcone domani, Anna Cisint che ha chiesto le dimissioni di Altran e Vito. «Sarebbe fin troppo facile ricordare ad Anna Maria Cisint - chiude Vito - che la Regione guidata dalla precedente giunta, del suo stesso schieramento politico, è stata completamente assente e ha lasciato sole le istituzioni locali. La battaglia per impostare un nuovo modello di sviluppo è appena cominciata. Il Piano energetico regionale non è letteratura, ma detta una chiara strategia che è in linea con l'obiettivo europeo della decarbonizzazione». Una replica alla quale si aggiunge quella dello stesso sindaco Altran: «Di fronte alle questioni più importanti per la nostra città ci si aspetterebbe da chi ambisce a gestire il bene comune un po’ più di voglia di combattere uniti contro chi l’attacca e un contributo fattivo. Non si può sempre usare ogni cosa a scopo propagandistico. L’ex consigliera Cisint, si dia pace, se deciderà di ricandidarsi a sindaco ne avrà occasione alla prima data utile». Dopo la risposta a Cisint quella a Ilaria Del Zovo, esponnente M5S. «Invece di dichiararsi basita - aggiunge - dovrebbe dichiararsi subito disponibile a collaborare con il Comune per eliminare il carbone dal 2017, come abbiamo sempre chiesto. Del resto, senza le informazioni che il comune ha dato all’opinione pubblica, lei dormirebbe ancora sonni tranquilli al caldo del Consiglio regionale».

Giulio Garau

 

 

L’invasione delle rane carsoline - Centinaia di anfibi, spiazzati dal caldo dei giorni scorsi, si stanno riversando sulle strade di San Dorligo
SAN DORLIGO DELLA VALLE  - Salviamo le rane. Questo l’appello che lanciano i volontari dell’Associazione regionale Tutori stagni e zone umide per questo fine settimana a tutti coloro, residenti o frequentatori, intenzionati a transitare sulle strade del territorio Comune di san Dorligo della Valle Dolina.

L’inedito caldo che sta caratterizzando l’inverno 2015-2016 ha anticipato di parecchie settimane le migrazioni delle nove specie di anfibi che popolano la zona, due delle quali sono a grave rischio estinzione, il rospo comune e la rana dalmatina. Per raggiungere le pozze e le raccolte d’acqua dove vanno regolarmente a riprodursi, abbandonando le aree nelle quali svernano, queste varie tipologie di rane si spostano in massa e solitamente attraversano tutte assieme le strade del Comune di San Dorligo della Valle, in particolare i tratti che portano alle frazioni di Mattonaia e Caresana. «Chiediamo a tutti gli automobilisti e alla popolazione residente di fare attenzione – spiega in una lettera indirizzata a tutte le autorità e istituzioni locali Carlo Fonda, presidente dell’associazione regionale – perché il passaggio di pochi veicoli può portare alla morte per schiacciamento di molte centinaia di individui». Il punto più pericoloso, perché storicamente attraversato dalle rane nelle loro migrazioni post invernali, è quello della strade provinciali 13 e 23 fra San Dorligo della Valle e Caresana. Molti sono i volontari che hanno già annunciato, alla stregua di quanto hanno fatto negli scorsi anni, la loro disponibilità a schierarsi lungo le strade interessate dalle migrazioni per segnalare agli automobilisti la presenza delle rane sulla carreggiata. «Distribuiremo anche un volantino informativo in lingua italiana e slovena - riprende Fonda - nel quale si illustra la valenza scientifica e naturalistica della presenza di queste nove specie di anfibi che popolano anche l’area che circonda il parco serbatoi della Siot». Gli esperti sostengono che questi animali si spostano soprattutto nelle ore serali e notturne dei giorni piovosi e umidi. In sostanza le giornate ideali per le loro migrazioni sono proprio queste. I volontari saranno presenti in gruppi di 3, prevalentemente nelle ore serali dalle 18.30, cioè dall’imbrunire, fino alle 22, indosseranno i giubbotti catarifrangenti omologati, che li renderanno visibili agli automobilisti, ai quali consegneranno i volantini e daranno le spiegazioni del caso. Vista l’impossibilità di procedere alla chiusura delle strade interessate dal fenomeno, la salvezza di migliaia di esemplari è affidata alla sensibilità e al buon senso dalla popolazione residente e di quanti attraverseranno in automobile il territorio del Comune di San Dorligo della Valle. Siccome sarà impossibile evitare del tutto qualche schiacciamento, i volontari provvederanno anche alla conta degli animali morti. Anche il Comune farà la sua parte. «Metteremo laddove possibile segnali e transenne – promette l’assessore Franco Crevatin - affinché la cittadinanza in movimento sia avvertita, rallenti o addirittura cambi strada in quell’arco di tempo».

Ugo Salvini

 

 

Orti urbani ed ecovillaggi per una felice “decrescita”

Alle 18 alla sala Veruda il dibattito sulla (buona) alimentazione ai tempi della crisi
“Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei” è uno dei detti più gettonati dei nostri tempi: la crescente attenzione all’alimentazione e alle nuove modalità di nutrirsi si è tradotta, complice la crisi economica, in cambiamenti che investono i nostri stili di vita. Così sono nati gli orti urbani e gli ecovillaggi, comunità basate sulla sostenibilità ambientale e l’autosufficienza alimentare. Alla base di queste nuove modalità di produzione del cibo c’è la filosofia della decrescita, l’idea che sia possibile consumare meno e in maniera più consapevole per stabilire un nuovo rapporto tra uomo e natura. Di orti urbani e decrescita si discuterà alle 18, alla sala Veruda di palazzo Costanzi, in un incontro organizzato dalla Casa dell’arte nell’ambito della rassegna “Immaginario oltre la crisi #2 merenda=cose da meritarsi. Il cibo ai tempi della crisi”. Si tratterà del primo dibattito dedicato all’alimentazione cui ne seguiranno altri due per fare il punto sui tanti temi che ruotano intorno alla nutrizione contemporanea: prodotti a km 0, ogm, veganesimo, crudismo, immunonutrizione, entomofagia, food design, evoluzione del gusto, riciclo. Moderato da Massimo Premuda, presidente della Casa dell’arte, l’appuntamento vedrà gli interventi degli assessori Elena Marchigiani e Andrea Dapretto che presenteranno le politiche comunali per l’utilizzo degli orti urbani, e la relazione dell’architetto Michele Savorgnano, del collettivo Spiazzi verdi, sugli orti urbani veneziani. Si passerà poi ad analizzare le azioni attivate sul Carso triestino da Enrico Maria Milic con il progetto Joseph, per la diffusione di una cultura della terra e dell’autosufficienza. Infine si analizzerà l’esperienza sul campo di Devis Bonanni, autore dei libri “Pecoranera” e “Il buon selvaggio”, che 10 anni fa da tecnico informatico si è reinventato contadino. Bonanni ospita ogni primavera chiunque desideri dare una mano nei campi con i lavori agricoli e conoscere la realtà dei monti friulani attraverso la formula del wwoofing, che mette in contatto le fattorie biologiche con chiunque voglia offrire il proprio aiuto in cambio di vitto e alloggio, per toccare con mano questa esperienze di vita.

Giulia Basso

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 febbraio 2016

 

 

Giacimenti nell’Adriatico - Referendum sulle trivelle - La consultazione si terrà il 17 aprile e non insieme alle amministrative di giugno
Dura la protesta degli ecologisti. Legambiente: «Ci appelliamo a Mattarella»
ROMA Il referendum sullo stop alle trivelle si terrà il 17 aprile. Il Consiglio dei ministri ha infatti approvato il decreto per l’indizione del referendum popolare relativo all’abrogazione della previsione che le attività di coltivazione degli idrocarburi abbiano durata pari alla vita “utile” del giacimento. Ai cittadini, insomma, verrà chiesto di abrogare o mantenere la norma della legge di Stabilità che prevede che le concessioni già rilasciate durino finché dura il giacimento. Con la data del 17 aprile, sfuma definitivamente l’ipotesi di un election day. Non ci sarà, infatti, l’accorpamento del quesito referendario con le prossime elezioni amministrative previste per giugno. La decisione, anticipata la scorsa settimana dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, ha fatto infuriare le associazioni ambientaliste, i 5 Stelle e la sinistra (anche quella del Pd). I primi a protestare sono i parlamentari delle commissioni Ambiente e Attività produttive del M5S: «Si voterà il 17 aprile per il referendum su alcune trivellazioni offshore e non insieme alle amministrative, in un election day che avrebbe fatto risparmiare più di 300 milioni di euro ai cittadini. Un referendum nato già azzoppato nei contenuti e che con questa decisione il governo vuole definitivamente affossare. Ecco il volto fossile del governo». A denunciare il tentativo del governo di mettere i bastoni tra le ruote al referendum è un fronte trasversale che va dalla sinistra del Pd a Sel e vede sullo stesso fronte uniti Legambiente, Wwf e Greenpeace. «Ci appelliamo a Mattarella per l’election day, evitiamo un incredibile sperpero di 360 milioni di euro e il rischio che si voti due volte sulle trivelle quest’anno» protesta Rossella Muroni, presidente di Legambiente. «Il governo ha evidentemente così tanta paura di quello che pensano i cittadini italiani che, pur di far mancare il quorum fissato per il referendum, è disposto a buttare via 300 milioni di euro» aggiunge Dante Caserta, vicepresidente di Wwf Italia. Durissimo il commento di Greenpeace: «È una decisione antidemocratica e scellerata, una truffa pagata coi soldi degli italiani. Renzi sta giocando sporco, svilendo la democrazia a spese di tutti noi». A chiedere un incontro a Mattarella è anche il presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Piero Lacorazza (Pd). Ma non solo. Con una conferenza stampa congiunta, che ha avuto il sapore di una ritrovata pace, il capogruppo di Sel-Sinistra Italiana, Arturo Scotto, e il leader di Possibile, Pippo Civati, si rivolgono agli ambientalisti del Pd, ai presidenti delle Regioni che hanno promosso il referendum e vanno giù duro: «La decisione di non consentire l’election day è la più stupida, antidemocratica e costosa di questo governo».

(g.r.)

 

Via libera alla centrale A2A fino al 2025
Fumi in regola: raddoppiata dal ministero l’Autorizzazione integrata ambientale del 2009 allo stabilimento di Monfalcone
MONFALCONE Non c’è nessuna scadenza o “esame” per la centrale termoelettrica A2A di Monfalcone nel 2017. Nessuna conferenza di servizio o momento di discussione in vista. La centrale, se rispetta i limiti di legge, utilizza tutti gli accorgimenti e le migliori tecnologie disponibili sul mercato per abbattere fumi ed emissioni può continuare a lavorare ben oltre quella data, ovvero il 2025. Perché nel 2017 non è previsto alcun rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale, l’autorizzazione ambientale integrata. Semplicemente perché, e questo già nel 2014, la validità dell’Aia, che risale al 2009, e che doveva valere 8 anni (fino al 2017 appunto) è stata raddoppiata a 16 anni. Per l’A2A ma anche per tutte le altre centrali italiane che sono a posto con i parametri ambientali. E, come nella fiaba danese scritta da Hans Christian Andersen, a scoprire che in realtà “l’imperatore è nudo”, è stata l’altra sera il sindaco Silvia Altran che, al termine di una riunione del tavolo tecnico ambientale, con Arpa, Regione e Azienda sanitaria ha saputo da A2A che la centrale «ha ottenuto dal ministero dell’Ambiente la proroga di otto anni dell’attuale Aia originariamente in scadenza il prossimo anno». Non c’è niente di strano o di nuovo, la questione risale al decreto numero 46 del 4 marzo 2014 (in attuazione a una direttiva Ue, la 75 del 2010) che a sua volta rivede le scadenze previste da un decreto del 2006, il 152. È stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale numero 72 del 27 marzo ed entrato in vigore l’11 aprile 2014. Emenda, sostituisce e abroga parti e articoli del decreto del 2006 e la maggior parte delle modifiche intervengono sulla seconda parte, proprio quella sull’Aia. Per sintetizzare si dispone che per gli impianti che sono in regola con le emissioni, che adottano particolari accorgimenti, utilizzano tutte le migliori tecnologie disponibili sul mercato e che soprattutto sono certificati Iso 14001 e registrati Emas, le scadenze dell’Aia vengano prorogate per 16 anni dalla data iniziale di rilascio. E per l’A2A non è una novità di adesso. «Rientriamo nei parametri di legge, ci è stato comunicato nel 2014 che con il decreto c’è il raddoppio della validità dell’Aia» conferma la stessa azienda. Una notizia che però sembra che sul territorio sia emersa solo ora nonostante tutte le prese di posizione sulla prossima scadenza dell’Aia del 2017, gli annunci della conferenza di servizio e i tanti tavoli ambientali con Comune e Regione. «Noi ai tavoli abbiamo sempre detto che la centrale rispetta tutti i parametri di legge ed è conforme alla normativa europea». Nessun annuncio ufficiale però sul raddoppio dell’Aia ottenuto già nel 2014. «Ma perché dobbiamo dirlo noi? - replica, quasi meravigliata l’azienda - È una legge dello Stato, c’è un decreto, secondo noi lo sapevano tutti e comunque qualcuno doveva pur saperlo». Un impianto, quello di Monfalcone, che per fumi ed emissioni, ribadisce l’azienda «rientra appieno nell’ambito di tutte le prescrizioni stabilite dall’Aia vigente». In pratica, a meno di incidenti gravi o modifiche legate alle direttive sulle emissioni emanate a livello europeo e recepite dall’ordinamento italiano (per ora solo annunci e nessuna traccia) secondo A2A la centrale termoelettrica è «perfettamente in regola e tale da soddisfare tutti gli standard più severi». È la stessa azienda a sottolineare che i DeNox, installati su entrambi i gruppi a carbone, sono «operativi a pieno regime e aderenti ai parametri in ordine alle prescrizioni imposte dai diversi procedimenti autorizzativi». Parametri che, come ribadito anche a metà gennaio, nell’ambito dell’abbattimento degli ossidi di azoto «risultano anche inferiori a quanto prescritto dalla stessa normativa europea».

Giulio Garau

 

«Il primo cittadino ora deve dimettersi»
Cisint (Monfalcone domani) e il consigliere regionale dei cinquestelle Dal Zovo vanno all’attacco
MONFALCONE «Mi chiedo a cosa “serva” un sindaco che nemmeno conosce quello che succede sul proprio territorio. Ma poi, davvero non sapeva? A2a non ha mai dovuto inviare comunicazione al Comune? E la Regione? Nemmeno la Vito era al corrente della proroga di 8 anni? La stessa Regione che ha approvato nel 2015 un documento in cui “si ripudia il carbone” quale combustibile da utilizzare e che nel programma elettorale della presidente asserisce l'eliminazione dell'uso dello stesso, ora che posizione assume?». Secondo Annamaria Cisint, già consigliere comunale di opposizione e ora a capo del movimento Monfalcone Domani è «gravissima l'affermazione del sindaco che dichiara di averlo appreso all'ultimo tavolo ambientale». Un commento durissimo che fa emergere accuse di «dilettantismo» a Comune e Regione sul fronte di A2A. A questo si aggiunge l’intervento del consigliere di Idv, Claudio Martin che la sera del 3 febbraio in aula ha sollevato il problema della possibilità che ci sia un rinnovo automatico dell’Aia, ma il sindaco Altran «non ha risposto». «Se il sindaco sapeva ciò che stava accadendo - attacca Cisint - beh allora non ci sono altre strade che le dimissioni che i cittadini in massa dovrebbero pretendere ma che ancor prima dovrebbero esser richieste dai suoi stessi consiglieri comunali di maggioranza che hanno sostenuto il no al carbone negli ordini del giorno approvati dal consiglio». L’esponente monfalconese ricorda che più volte aver «insistito nel porre la questione occupazionale e dello smaltimento dell'impianto proprio perché ero consapevole che soltanto se il Comune avesse manifestato la volontà di chiudere l'impianto non sarebbe scattato l'automatismo della proroga». Ancor più dura la nota del consigliere regionale del M5S Ilaria Dal Zovo. «Siamo tanto basiti, quanto stupiti dal rinnovo dell’Aia. Non sono serviti a nulla anni di battaglie, di interrogazioni, di discussioni e di dibattiti! Aria fritta anche la previsione inserita nel piano energetico regionale di riconversione della centrale! Inutili anche gli studi epidemiologici e biomonitoraggi lichenici! A questo punto crediamo debbano dimettersi tutti coloro i quali erano, probabilmente, a conoscenza di questa proroga ma sono stati ben attenti a rivelarla pubblicamente. In primis il sindaco di Monfalcone».

 

 

Il degrado di via Cumano sarà sanato col “Pedibus”

A marzo saranno eseguiti lavori di modifica ed integrazione della segnaletica stradale in relazione alla mobilità pedonale e alla nuova disciplina di sosta
l’intervento di E. MARGHIGIANI E A. DAPRETTO - assessore alla Mobilità e Traffico assessore ai Lavori pubblici
Queste brevi note danno risposta a una segnalazione apparsa pochi giorni fa sul degrado di via Cumano. Quelle evidenziate dal nostro concittadino sono problematicità innegabili e per questo già oggetto di attenzione e di diversi interventi. Fino a oggi si è trattato di operazioni certo limitate, che però ci hanno permesso di giungere a un progetto non solo condiviso con la circoscrizione, i cittadini e le scuole, ma soprattutto in procinto di prendere avvio. Per chiarezza e trasparenza, ripercorreremo brevemente il tragitto fatto con continuità sin qui. A seguito della petizione presentata al Comune nel 2015, i tecnici degli uffici competenti hanno eseguito diversi sopralluoghi, utili a elaborare una soluzione progettuale finalizzata sia al riordino della sosta lungo la via (comunque mantenendo l'attuale disponibilità di posti), sia al miglioramento della qualità degli spazi stradali della zona. Così, già nel corso dell'anno passato, per favorire l'accessibilità al Museo de Henriquez, è stato istituito un posto macchina riservato ai veicoli al servizio di persone con capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta, un attraversamento pedonale zebrato e una fermata del trasporto pubblico sulla via Cumano, in prossimità del comprensorio museale. Inoltre, nell'ambito della Settimana Europea della Mobilità (settembre 2015), l'amministrazione comunale ha sviluppato un laboratorio territoriale che ha visto impegnati i bambini dell'istituto comprensivo Tiziana Weiss e i relativi genitori nella ricoloritura di parte del pedibus presente in via Cumano. Tali attività hanno anticipato lo sviluppo di uno studio, poi elaborato dagli uffici anche sulla base delle richieste formulate dagli abitanti della zona, che è stato condiviso con la circoscrizione competente e che si prefigge il raggiungimento di più obiettivi: una maggior qualità degli spazi urbani, la regolamentazione degli spazi e delle aree di sosta a favore di autoveicoli (camper, auto, furgoni) e motoveicoli, la tutela dell'accessibilità da parte dei pedoni lungo la via Cumano, la garanzia di una corretta fruizione del percorso del "Pedibus". L'attuazione del progetto è prevista nel corso del mese di marzo, fatte salve condizioni meteorologiche avverse: saranno eseguiti lavori di modifica ed integrazione della segnaletica stradale in relazione alla mobilità pedonale e alla nuova disciplina di sosta e, in tale occasione, si provvederà alla ricoloritura del percorso del "pedibus" lungo tutta la via Cumano. Certamente anche altri sono gli interventi necessari e da programmare nel prossimo futuro, ma crediamo che quelli di prossima realizzazione già potranno contribuire a un sensibile miglioramento delle condizioni di accessibilità e fruibilità della strada e dell'area nel suo complesso. Gli ostacoli a una risposta più celere sono stati purtroppo di natura economica, ma il mantenimento dell'obiettivo sicuramente ci consentirà di proseguire nel percorso intrapreso e di aggiungere ulteriori tasselli al processo di riqualificazione di questa parte importante della nostra città.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 febbraio 2016

 

 

Il laminatoio di Servola prende forma

Tour in Ferriera a tre mesi dall’Open day. Completato l’impianto antirumore sulla cappa di aspirazione della cokeria
Previste 90 assunzioni - Già innalzato uno dei due nuovi capannoni che assieme all’ex acciaieria formeranno il reparto con nuovo personale
L’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata il 28 gennaio dalla Regione a Siderurgica Triestina prevede che «agli interventi strutturali in atto nell’impianto siderurgico dovranno corrispondere nella stazione di monitoraggio dell'Arpa (Agenzia regionale per l'Ambiente), posizionata a San Lorenzo in Selva, valori soglia di qualità dell'aria (Pm10) non superiori a 40 microgrammi per metrocubo (µg/m3) come media sui 12 mesi precedenti e 70 µg/m3 come media delle 24 ore da non superare più di 35 volte sempre nei 12 mesi precedenti, mentre l'individuazione del benzopirene è posta a 1 nanogrammo per metrocubo (ng/m3) quale media sui 12 mesi precedenti. Inoltre - si sottolinea anche - nei punti di monitoraggio delle deposizioni al suolo lungo il perimetro della Ferriera (“Portineria operai” e “Palazzina Qualità”) viene posto un obiettivo di polverosità su base mensile non superiore a 500 milligrammi per metro quadrato al giorno (mg/mq/giorno). Nelle altre stazioni di rilevamento (via Pitacco, via Carpineto, zona via Cesare Rossi e via Ponticello 54) il limite mensile di polverosità è fissato a 250 mg/mq/giorno».di Silvio Maranzana La posa dell’impianto di insonorizzazione è stata completata per cui dal primo febbraio quello di aspirazione delle polveri della cokeria ha potuto tornare a funzionare per ventiquattro ore al giorno evitando, almeno a quanto sostiene l’azienda, la diffusione del fastidioso rumore nel rione, specie nelle ore notturne. Sull’altro versante è in piedi, eretto ex novo, il secondo dei tre padiglioni che andranno a formare il nuovo laminatoio a freddo. È quanto salta subito all’occhio in quello che potrebbe essere considerato un pre-open day effettuato ieri alla Ferriera di Servola. Siderurgica Triestina rimarca anche visivamente come i lavori non solo vengono fatti, ma in gran parte sono già stati completati. Con la cosiddetta “cappa” sulla cokeria e gli interventi effettuati sull’altoforno, vengono captati ogni giorno 1.100 chili di polveri in più rispetto alle gestioni precedenti. Quelle più grosse vengono accumulate e accantonate, quelle più sottili, catturate da una sorta di “calze”, vengono reimmesse nel circolo produttivo. «Dall’entrata in funzione del nuovo sistema - ha rilevato St nell’ultima nota - il livello di benzopirene rilevato dalla centralina più vicina all’impianto (San Lorenzo in Selva) si è mantenuto ampiamente sotto il limite previsto di un nanogrammo per metrocubo con una media di 0,6». È ben visibile, colorato di un blu fiammante, il tubone del nuovo aspiratore completato da una serie di elementi in acciaio cor-ten che alla vista sembrano vecchi e arrugginiti. In realtà si tratta del colore specifico del cor-ten la cui principale peculiarità è quella di autoproteggersi dalla corrosione elettrochimica, mediante la formazione di una patina superficiale compatta passivante, costituita dagli ossidi dei suoi elementi di lega, tale da impedire il progressivo estendersi della corrosione. Simile alle ante di un armadio colorate in bianco-grigio è l’impianto di insonorizzazione. Prima della sua entrata in funzione, avvenuta come detto il primo febbraio, quello di aspirazione creava un rumore fastidioso per cui è stato spento durante le notti, ma questo aveva logicamente causato una nuova crescita delle emissioni. Da qualche giorno, a detta dell’azienda, entrambi i problemi sono stati risolti. Strade e piazzali interni allo stabilimento sono stati asfaltati, un muretto, in realtà piuttosto basso, è stato costruito attorno al parco fossili. Rispetto all’entrata adiacente allo Scalo Legnami in fondo sulla sinistra c’è l’ex acciaieria su cui è stata rifatta la copertura e accanto ad essa in queste ultime settimane è stato innalzato il primo degli altri due padiglioni che andranno a completare gli ampi spazi del nuovo laminatoio a freddo: la Ferriera produrra la ghisa che inviata agli stabilimenti Arvedi di Cremona sarà trasformata in acciaio che poi tornerà a Trieste dove le lamine verranno rese più sottili e pronte per l’industria dell’automobile e degli elettrodomestici. Tutte le strumentazioni e gli impianti sono ancora contenuti in lunghe file di container, ma sabato 7 maggio in occasione dell’Open day il laminatoio dovrebbe essere non solo pronto, ma già produttivo. Potrebbe essere imminente dunque l’annuncio di 90 nuove assunzioni, tra operai e tecnici per il nuovo reparto. Più sotto, attraccata alla banchina, c’è una nave (fatto non frequentissimo fino a un anno fa) dalla quale è in corso lo scarico del carbone. Giovedì 18 il Comitato portuale dovrebbe approvare la concessione della banchina e del retrobanchina a Siderurgica Triestina per i prossimi 30 anni. Le tre gambe su cui poggia il Piano industriale di Arvedi: area a caldo, laminatoio e banchina, si vanno così completando.

 

 

Odori in zona Siot, la Commissione si “sfascia”
Dimissioni di massa dall’organo del Consiglio di Dolina che si occupa di Ambiente. A breve nuovi membri
DOLINA Dimissionari tutti i componenti della Commissione comunale per l’Ambiente «perché non è stato concretizzato alcun risultato». Emissioni di cattivi odori che proseguono. Cittadini che continuano a lamentarsi. Si aggrava, nel territorio di San Dorligo della Valle, la problematica relativa alla convivenza fra l’oleodotto della Siot e un gruppo di case molto vicine all’area occupata dalle tubazioni della Spa. A farsi portavoce, in questa occasione, del disagio delle famiglie che vivono a pochi metri dalle tubazioni, è Roberto Drozina, capogruppo della Lista civica Territorio e Ambiente e anch’egli membro dimissionario della Seconda commissione consiliare, l’organo che dovrebbe appunto occuparsi della tematica, ma non riesce a farlo perché, dopo l’uscita volontaria di scena della totalità dei componenti, esclusa la presidente, Rossana Pettirosso, tutt’ora in carica, è tecnicamente impossibile operare. «I residenti ricordano ancor oggi quanto ebbe a dire qualche mese fa Pettirosso - spiega Drozina - e cioè che i problemi relativi alle emissioni di cattivi odori erano in corso di risoluzione se non addirittura risolti. La situazione invece - prosegue l’ex componente della Commissione - è del tutto statica, con problemi irrisolti e l’assenza di un organismo istituzionalmente competente, come dovrebbe essere la Commissione Ambiente, in grado di affrontarli. La Commissione consiliare oggi non esiste più - sottolinea Drozina - in quanto, con motivazioni variamente espresse, ma tutte riconducibili alla comune convinzione che nessun risultato è stato concretizzato né, presumibilmente, potrebbe esserlo in futuro, con la presidenza Pettirosso in carica, tutti i sei membri della Commissione hanno rassegnato le dimissioni. Già nel corso del prossimo Consiglio comunale la Commissione sarà ricostituita - conclude - forse con qualche membro diverso rispetto alla precedente, ma sicuramente con una nuova presidenza che, ci si augura, possa, con serenità ed equilibrio, condurre a risultati concreti, soprattutto ambientali, rispetto ai problemi che affliggono il nostro Comune». «Certamente la Commissione dovrà essere ricostituita - annuncia l’assessore comunale di San Dorligo della Valle Franco Crevatin - in quanto le tematiche ambientali, che non riguardano soltanto la Siot, questa amministrazione le vuole affrontare e risolvere. Abbiamo anche qualche idea per quanto concerne la nomina del nuovo presidente - aggiunge Crevatin - ma è troppo presto per parlare di questo specifico argomento. Nel prossimo Consiglio comunale o al massimo in quello successivo - conclude l’assessore - risolveremo l’aspetto istituzionale e cercheremo le soluzioni più appropriate, in quanto abbiamo ben presente l’argomento e le necessità della popolazione residente».

(u.sa.)

 

 

Nasce il programma di riduzione dei rifiuti
L’esecutivo punta forte sulla prevenzione: dall’autocompostaggio dei biodegradabili alle doggy bag
TRIESTE Ridurre la produzione di rifiuti, diminuire il ricorso agli imballaggi, combattere gli sprechi alimentari. Sono questi gli assi principali del Programma regionale per la prevenzione dei rifiuti, con cui la giunta intende modificare abitudini e mentalità di cittadini, enti pubblici e imprese. L’assunto è intuitivo: limitare la produzione di rifiuti è una priorità rispetto all’attività di riutilizzo e smaltimento. Sebbene la raccolta differenziata in Fvg abbia raggiunto ormai il 63%, i 460 chili di rifiuti per abitante prodotti nel 2014 non sembrano infatti andare incontro ad alcuna diminuzione. Con il suo piano, entro il 2020, la Regione intende ridurre del 12% la quantità di rifiuti urbani (il programma nazionale si ferma al -5%), del 10% i rifiuti speciali pericolosi e del 5% i rifiuti speciali non pericolosi. Le azioni previste vanno dalle iniziative concrete alle campagne di sensibilizzazione. L’assessore Sara Vito parla di «strategia sulla prevenzione, con un rilievo particolare dato al nodo dello spreco alimentare, tema al centro di Expo». Il riferimento è alle iniziative che punteranno sul ritiro dai negozi dei cibi prossimi alla scadenza, sulla messa a disposizione per i più bisognosi dei pasti non consumati nelle mense, sull’informazione riguardante gli sprechi in ambito domestico e sulla diffusione dell’utilizzo delle doggy bag, con cui i clienti possono portare a casa quanto non mangiato al ristorante. L’altro asse è ovviamente la prevenzione dei rifiuti: dall’autocompostaggio dei biodegradabili alla dematerializzazione della pubblicità e della posta cartacea, fino al consumo intelligente di carta negli uffici. Molto c’è inoltre da fare sull’abbattimento dell’uso di imballaggi, con la diffusione dei prodotti sfusi, la promozione delle filiere corte o l’utilizzo da parte delle imprese di imballaggi ecologici o riutilizzabili. Di particolare rilievo, l’intenzione di aumentare il numero delle 82 casette dell’acqua attive in regione, dove è possibile riempire le proprie bottiglie, senza accrescere il consumo di plastica e l’inquinamento indotto dal trasporto su gomma. Vito afferma la necessità di «un’economia circolare: abbiamo avviato azioni concrete già l’anno scorso, finanziando ad esempio due centri del riuso promossi a livello comunale, dove vengono individuati oggetti che possono essere riutilizzati e non trasformati in rifiuti». Al riuso si legano pure il possibile sostegno ai mercatini dell’usato e l’attenzione sul ricorso a pannolini lavabili e batterie ricaricabili. Un modo quest’ultimo di ridurre i rifiuti pericolosi, cui si abbinerà il recupero dei farmaci scaduti o di “fine cura”. Il Programma imporrà inoltre alle pubbliche amministrazioni acquisti di beni e servizi a basso impatto e incentiverà le imprese a limitare gli sprechi attraverso lo scambio di energia, acqua e scarti di produzione.

(d.d.a.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 febbraio 2016

 

 

SIDERURGIA »I PIANI PER SERVOLA - La Ferriera incassa la concessione di 30 anni

A giorni il via libera definitivo del Comitato portuale. Ultimo tassello del piano Arvedi dopo accordo con Roma, Elettra e Aia
L’Authority proporrà anche una via d’uscita per il Marina San Giusto in grave crisi finanziaria
Mentre la piazza rumoreggia, a dir poco, Arvedi sta per centrare il poker che, se saranno rispettati i parametri sulle emissioni ambientali, dovrebbe mettere la Ferriera di Servola al sicuro anche in caso di prossimi ribaltoni politici al Comune di Trieste. Giovedì 18 febbraio infatti, nel corso della seduta che incomincerà alle 10.30 alla Torre del Lloyd, il Comitato portuale sarà chiamato ad approvare la concessione di 30 anni a Siderurgica Triestina. È l’ultima carta del mazzo che mancava dopo i tre decisivi step precedenti: l’Accordo di programma sottoscritto in sede ministeriale, l’acquisizione della centrale elettrica Elettra e l’ottenimento dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Il 24 luglio 2015 lo stesso Comitato aveva approvato all’unanimità, oltre che l’abilitazione a St a svolgere operazioni portuali, un provvedimento di anticipata occupazione demaniale di banchina e retrobanchina privo di scadenza, comunque provvisorio ma che aveva di fatto aperto la strada alla concessione vera e propria per il cui rilascio l’Authority ha concluso tutte le verifiche e i passaggi burocratici. Non dovrebbero esserci eccessivi dubbi di un voto favorevole, perlomeno a maggioranza. L’area del complesso siderurgico si estende su 520mila metri quadrati dei quali solo 200mila di proprietà e altri 320mila metri quadrati di terreni demaniali. La concessione permetterà a Siderurgica Triestina di programmare attività anche a lungo termine in particolare sulla banchina, per il cui rafforzamento sono stati previsti cinque milioni di investimenti, trasformata in un polo intermodale dove già oggi parte e arriva una coppia di treni ogni giorno. L’anno scorso sono stati movimentati due milioni di tonnellate di rinfuse solide con trasporti a servizio di tutte le aziende del Gruppo Arvedi che hanno dovuto “debordare” anche sul vicino molo dello Scalo Legnami. Va detto ancora che, tra questi due terminal, proprio in questi giorni partono i lavori per la realizzazione della futura Piattaforma logistica che nei piani della cordata che ha vinto la gara d’appalto (Icop, Francesco Parisi, Interporto di Bologna e Cosmo Ambiente) dovrà a propria volta divenire un terminal multipurpose. Siderurgica Triestina intanto tra otto giorni dovrebbe ritrovarsi con rafforzate tutte e tre le gambe sulle quali poggia il suo Piano industriale: l’area a caldo, il laminatoio a freddo per il quale continuano le operazioni di allestimento e appunto la banchina. Quanto al Comitato portuale a questo punto, dato che la trasformazione del decreto che introduce la nuova legge sui porti e lo abolisce sostituendolo con una governance di sole cinque persone potrebbe portar via un paio di mesi, è estremamente probabile che non sarà l’ultimo anche perché la sua scadenza naturale è appena a marzo. Analogamente sembra probabile che per il commissario Zeno D’Agostino, il cui incarico scade il 24 febbraio, ci si appresti a una nuova proroga anziché alla sua nomina a presidente. Giovedì prossimo al centro dei lavori del Comitato vi sarà anche un’altra grana che ha movimentato la cronaca marittima cittadina di questi ultimi mesi. Si tratta della crisi finanziaria che ha portato il Marina San Giusto, il prestigioso club nautico che si trova a due passi da piazza Unità, sull’orlo del fallimento. L'Agenzia del Demanio non ha espresso parere positivo al prolungamento della concessione fino al 2044 (l'attuale scade al 2023) nonostante l'assenso dato nel 2014 da Authority e Comitato portuale. «Il mancato rilascio dell'attesa nuova concessione - avevano rimarcato i dirigenti in una lettera ai titolari di ormeggio - ha compromesso i rapporti con il ceto bancario, in particolare con Unicredit il quale appena in data 15-12-2015 si è reso disponibile a valutare un allungamento della durata del finanziamento». L’Authority intenderebbe ora fare una nuova proposta riguardo alla concessione che potrebbe contribuire al salvataggio della società che il mese scorso aveva chiesto un’”una tantum” ai diportisti proprio in vista di una possibile fruizione allungata nel tempo degli ormeggi. Oltre a una serie di concessioni minori e all’applicazione del contratto collettivo di lavoro dei dipendenti dell’Authority, il Comitato sarà chiamato infine ad approvare la costituzione della nuova Agenzia del lavoro. Si sostanzierà in un pool di manodopera che interverrà in caso di picchi di lavoro in ogni parte dello scalo. I dipendenti saranno 111: assorbirà infatti i lavoratori della Minerva che alcuni anni fa aveva preso in affitto il contratto della Compagnia portuale di Trieste finita in liquidazione, assumendone anche i soci-dipendenti, ma integrerà nei propri ranghi anche quasi tutti i lavoratori dell'impresa Deltauno che a propria volta li aveva rilevati dal fallimento di quella che era la più grossa tra le cooperative che operavano in porto, la Primavera.

Silvio Maranzana

 

L’olio sulla ghisa fa innescare un incendio
Incidente nello stabilimento. Distrutto un escavatore, nessun pericolo per persone e impianti
In Ferriera una situazione di allarme si è creata l’altra sera allorché un incendio ha distrutto un escavatore che era manovrato da un dipendente di una ditta esterna. L’uomo è riuscito comunque a saltare giù dal mezzo senza rischiare per la propria incolumità, così come per ammissione concorde sia della stessa Siderurgica Triestina che della rappresentanza dei lavoratori per la sicurezza non si è corso il rischio che le fiamme si propagassero a qualche impianto dello stabilimento. La Vigilanza interna ha comunque fatto intervenire i Vigili del fuoco che accorsi con due mezzi e sette uomini hanno spento rapidamente le fiamme. Il fatto si è verificato poco dopo le 22 sull’area retrostante la macchina a colare. Secondo una prima ricostruzione sull’escavatore si è verificata la rottura di un tubo dell’olio che è andato a finire sui panetti di ghisa ad altissima temperatura che il manovratore si accingeva a spostare: immediato lo sprigionamento delle fiamme che hanno reso il mezzo inservibile prima che i pompieri le spegnessero. All’interno dello stabilimento l’umore dei dipendenti nonostante il graduale abbattimento degli ostacoli sulla strada di Siderurgica Triestina non è a un punto particolarmente elevato. Come riferisce Cristian Prella, rsu e segretario del sindacato autonomo Failms, l’azienda ha comunque deciso di esternalizzare a partire da lunedì 15 le spedizioni ferroviarie che saranno affidate a una ditta lombarda del Gruppo Arvedi la quale si avvarrà di una decina di dipendenti propri. Un passaggio, contestato fin dall’inizio, che secondo i sindacati potrebbe essere solo l’inizio di una tendenza giudicata pericolosa. Già nello scorso ottobre Siderurgica Triestina aveva accennato a una possibile esternalizzazione della logistica ferroviata e stradale che poi però era stata congelata. Persistono inoltre anche i timori, rafforzati dall’imponente manifestazione di contestazione di domenica 31 gennaio, di una possibile chiusura dell’area a caldo, per cui si attende con una certa ansia la convocazione di una nuova seduta del Tavolo da parte della Regione. Sembra infine impantanata la trattativa per il contratto integrativo. La Fiom ha sostituito nel ruolo di rsu Tiziano Scozzi con Thomas Trost e si appresta appena ora a presentare la propria piattaforma. (s.m.)

 

 

 

 

Mobility Press - MARTEDI', 9 febbraio 2016

 

 

Friuli Venezia Giulia: nel 2015 migliorata puntualità e aumentata soddisfazione passeggeri

“Migliora la puntualità, aumenta la soddisfazione dei passeggeri e sono più che dimezzate le ore di viaggio soppresse. Il 2015 è stato sicuramente un anno al top per i servizi ferroviari regionali di trasporto passeggeri”. L’assessore regionale alle Infrastrutture e territorio Mariagrazia Santoro esprime piena soddisfazione per i risultati sull’andamento del servizio di trasporto pubblico ferroviario nel 2015, resi noti dal report annuale di Trenitalia.
La direzione regionale di Trenitalia ha analizzato la puntualità dei treni entro i 5 ed entro i 15 minuti di ritardo, senza esclusioni di causa, rilevando che complessivamente rispetto al 2014 i treni in ritardo entro i 5 minuti sono diminuiti del 46,7%, mentre quelli in ritardo entro i 15 minuti sono scesi del 37,5%.
Nel dettaglio la percentuale di puntualità entro i 5 minuti è del 94,55% (era l’89,78% nel 2014) mentre la puntualità entro i 15 minuti è del 98,12% (era 96,99% nel 2014). Percentuali in crescita rispetto a tutti gli anni precedenti e particolarmente positive negli ultimi tre mesi dell’anno rispetto allo stesso trimestre dell’anno prima. “E’ il segnale che il servizio è in costante miglioramento – conferma Santoro – e ciò è frutto della stretta sinergia e collaborazione tra la Regione e la Direzione regionale e nazionale passeggeri di Trenitalia, che in questi anni si sono dimostrate recettive alle varie richieste sia della Regione, in qualità di cliente, sia dei passeggeri come utenti finali del servizio, di cui ci siamo sempre fatti garanti”.
Quanto agli altri dati sull’andamento del servizio, si evidenzia un netto taglio delle ore soppresse sia se si tengono in considerazione tutte le cause di soppressione, sia di Trenitalia, che di rete o altro (- 56,6%) sia per le sole cause di Trenitalia escluso lo sciopero (- 59,3%). Con riferimento a quest’ultimo dato sono state soppresse 194 ore di viaggio in meno rispetto al 2014.
Confortanti anche i dati di rilevazione della “soddisfazione della clientela” che esprime giudizi positivi per il viaggio nel complesso (87%, contro l’83,8% del 2014), per la puntualità del treno (75,9% rispetto al 73,3% del 2014), per la pulizia del treno (74,3% contro il 68,8% del 2014), per il comfort dei treni (88,2% contro l’84,4% del 2014) e per le informazioni a bordo treno (88,1% contro l’86% del 2014).
Per Santoro “l’entrata in funzione dei nuovi elettrotreni ETR 563 CAF, a regime pieno da settembre, ha segnato una svolta nella qualità del servizio, migliorato per i passeggeri soprattutto per comfort, pulizia e informazioni a bordo che sono le punte di diamante dei nuovi convogli”.
 

 

LA VOCE.info - MARTEDI', 9 febbraio 2016

 

 

La buona edilizia inizia in comune
Da molti anni le detrazioni fiscali previste per la ristrutturazione degli edifici rappresentano un rilevante volano economico e un ottimo strumento per ridurre inquinamento e consumo di territorio. Ma per sfruttare appieno le opportunità della buona edilizia occorre rivedere la catena decisionale.
La riconferma degli incentivi
La legge di stabilità per il 2016 (legge 208/2015) ha prorogato fino al 31 dicembre le detrazioni “potenziate” per gli interventi di recupero e di efficientamento energetico del patrimonio edilizio. Si tratta di incentivi che, seppur soggetti a rinnovo annuale, sono ormai in vigore da anni con un buon livello di successo.

Anche per tutto il 2016, quindi, le spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizio danno diritto a una detrazione Irpef nella misura del 50 per cento, su un importo massimo di 96mila euro (la detrazione è ancora maggiore, il 65 per cento, per gli adeguamenti antisismici). È detraibile al 50 per cento anche il 25 per cento del prezzo di acquisto di abitazioni in fabbricati interamente ristrutturati. Inoltre, le spese sostenute per gli interventi di efficientamento energetico sono detraibili nella misura del 65 per cento su importi massimi variabili in base al tipo di adeguamento effettuato. I contribuenti della “no tax area” possono cedere il credito spettante ai fornitori che hanno eseguito l’intervento.
I vantaggi della “buona” edilizia
Numerosi studi (Confindustria; Nomisma; Cresme) confermano che la riqualificazione del patrimonio esistente produce risultati importanti sotto molti punti di vista:
1.la riduzione del fabbisogno energetico degli edifici, un risultato molto positivo per un paese come l’Italia, fortemente dipendente dalle importazioni di energia e in cui il settore delle abitazioni appare tra i più energivori (38 per cento del totale energia impiegata nel 2013, secondo dati Enea);
2.il calo delle emissioni inquinanti, tenuto conto del fatto che il riscaldamento degli edifici è, insieme al traffico, tra le principali cause dell’inquinamento urbano (41 per cento delle Pm10, secondo dati Ispra- Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale);
3.il miglioramento della qualità della vita sia dei diretti fruitori degli immobili, sia dei principali poli urbani nel loro complesso, aumentando così anche la loro capacità di attrazione. La qualità della vita è infatti un fattore cruciale di competitività soprattutto per le città di medie dimensioni, che caratterizzano il tessuto insediativo del nostro paese;
4.il rilancio della filiera dell’edilizia, che è tra i settori che producono i maggiori effetti economici e occupazionali, limitandone tuttavia gli effetti indesiderati in termini di consumo di suolo e di impatto ambientale. L’Istat stima infatti almeno 2 milioni di edifici vetusti e in cattivo stato di manutenzione (dati Istat 2011);
5.l’effetto di stimolo per la ricerca e l’innovazione tecnologica, da cui derivano importanti opportunità di apertura di nuovi mercati qualificati e di formazione di nuove professionalità;
6.la valorizzazione immobiliare degli edifici, anche perché è lecito attendersi che in futuro si creino due diversi segmenti di mercato, quello più competitivo degli edifici energeticamente efficienti e quello residuale degli edifici obsoleti, con perdite di valore stimate fino al 20-25 per cento.
Quale strumento per quale livello di governo
I settori dell’urbanistica e dell’edilizia sono normati in termini generali su scala nazionale, ma spetta alle regioni sia la disciplina del governo del territorio sia la programmazione delle politiche per la casa, mentre i comuni sono i titolari degli strumenti di pianificazione locale (piano strutturale e regolamento urbanistico). Nel caso degli incentivi per la riqualificazione del patrimonio, l’estrema varietà delle procedure locali crea un ostacolo burocratico alla realizzazione degli interventi. In materia di ristrutturazioni, in particolar modo, infatti, si va da piccoli interventi che non richiedono alcuna segnalazione, a quelli per cui è sufficiente la comunicazione dell’inizio dei lavori, per arrivare ai più importanti che necessitano di segnalazione certificata di inizio attività (Scia), denuncia di inizio attività (Dia) o permesso di costruire. La classificazione degli interventi è spesso molto variabile nei regolamenti comunali, con effetti negativi sulla chiarezza del quadro normativo. Sarebbe auspicabile, quindi, che all’interno di un quadro normativo nazionale certo, gli enti locali potessero eventualmente prevedere misure tese a favorirne l’applicazione o ad amplificarne gli effetti. Potrebbe allora essere compito dei governi locali (le regioni) rimuovere gli ostacoli economici che impediscono l’accesso alle misure di incentivo nel territorio, ad esempio anticipando le risorse per le famiglie a basso reddito, quando è questa la ragione che blocca i recuperi dei condomini delle periferie urbane. Ancor di più, potrebbe essere un compito dei governi locali (questa volta i comuni) prevedere premialità (anche nella forma del sostegno progettuale e procedurale) per i microinterventi privati che si coordinino all’interno di un quartiere, in modo da trasformare il recupero e l’efficientamento dei singoli edifici in una vera e propria politica urbana. (leggi l'articolo dal sito di LAVOCE.info)
Sabrina Iommi - Ricercatrice presso IRPET (Istituto Regionale Programmazione Economica della Toscana) Si occupa di analisi territoriale e socio-demografica dello sviluppo, economia urbana, modelli istituzionali di governo.

 

 

Quella percentuale che non fermerà il consumo di suolo
Il Parlamento si appresta a discutere un disegno di legge per limitare l’utilizzo di terreni agricoli per finalità diverse dalla coltivazione. Prevede meccanismi complessi e rischia di consolidare la mappa del consumo disegnata a livello locale. La riduzione in valore percentuale genera un paradosso.
Dal limite al consumo alla riduzione progressiva
Il progetto di legge sul contenimento del consumo del suolo presentato dal governo Letta agli inizi del 2014 (atto della Camera 2039/2014) ha ricevuto il via libera dalle commissioni Agricoltura e Bilancio; dopo il parere delle altre commissioni interessate, se ne inizierà a discutere in aula. Già il governo presieduto da Mario Monti aveva presentato un disegno di legge sullo stesso tema, decaduto con la fine della legislatura. Ora l’obiettivo è il medesimo: frenare l’edificazione di terreno agricolo e puntare in via prioritaria sulla riqualificazione e il riuso delle aree già edificate per soddisfare la domanda di spazi destinati ad accrescere l’offerta di case e capannoni e alla realizzazione di infrastrutture. I disegni di legge dei due governi hanno in comune anche la stessa architettura complicata e gerarchizzata delle procedure. I dubbi sull’efficacia dell’impostazione del primo si ripropongono, per certi versi amplificati, per quello ora all’esame del parlamento.
L’obiettivo di contenere l’uso di terreno agricolo per finalità diverse dalla produzione di derrate è oggi affidato all’emanazione di un decreto del ministero delle Politiche agricole (d’intesa con i ministeri dell’Ambiente, dei Beni culturali e delle Infrastrutture), con il quale determinare “la riduzione progressiva vincolante, in termini quantitativi, di consumo del suolo a livello nazionale” (articolo 3, comma 1).
Il progetto di legge del governo Monti si proponeva di stabilire “l’estensione massima di superficie agricola consumabile sul territorio nazionale”.
In entrambi i casi, il contenimento del consumo di suolo è un obiettivo che richiede tempo (d’altra parte il traguardo del consumo zero di suolo è posto dall’Unione Europea al 2050, una data lontana). Può esserci una differenza rilevante, però, tra porre un tetto al consumo di suolo vergine in un determinato arco temporale e stabilire di quanto il consumo deve ridursi. Nel secondo caso c’è il rischio che alla quantificazione si arrivi dando un peso maggiore al dato storico rispetto al fabbisogno di territorio agricolo per costruire case, capannoni e infrastrutture. Probabilmente, sul versante della comunicazione e del consenso politico, dire che il consumo di suolo si riduce di un X è più accattivante dell’affermare che, nello stesso arco di tempo, si consuma la quantità Y di nuovo suolo, anche se la prima procedura può portare a un consumo molto superiore della seconda.
Una procedura macchinosa
Il meccanismo, oltre a essere particolarmente macchinoso, rischia anche di consolidare la mappa del consumo disegnata dalle scelte fatte finora a livello locale. La quantificazione della riduzione a livello nazionale deve essere fatta applicando criteri e modalità stabilite dalla conferenza unificata Stato-regioni-enti locali (o dalla presidenza del Consiglio, se la conferenza non adempie entro un termine stabilito). I fattori da considerare per il calcolo sono indicati dalla legge (stato della pianificazione, caratteristiche dei suoli, estensione e localizzazione delle aree agricole, tra l’altro). Non sarà agevole individuare i parametri per identificarli e il peso da attribuire a ognuno di essi. Il risultato al quale si perverrà dovrà essere distribuito (con deliberazione della conferenza unificata) tra le regioni, le quali, a loro volta, indicheranno ai comuni le modalità per concorrere all’obiettivo.
Percentuali e valore assoluto
Il calcolo di un valore assoluto darebbe una maggiore affidabilità alla previsione della riduzione del consumo di suolo a livello nazionale. Ma non è per niente agevole determinare quel valore e non è semplice ripartirlo a livello territoriale. È più probabile, perciò, che l’obiettivo sia perseguito stabilendo una percentuale nazionale di riduzione del consumo che i comuni dovranno applicare a quello registrato da ciascuno in un certo arco temporale precedente. È certamente la via più semplice da percorrere, anche se la quantificazione della riduzione del consumo a livello nazionale potrà essere fatta solo a posteriori, sommando i “risparmi” dei singoli comuni. Non è, però, il solo inconveniente al quale si va incontro.
La percentuale nazionale di riduzione dovrà essere verosimilmente applicata in modo uniforme in tutti i comuni. Il che creerà un paradosso: i comuni che in passato hanno consumato più suolo, saranno quelli che continueranno a consumerne di più e contemporaneamente a risparmiarne di più. Per illustrare il paradosso, supponiamo che si decida una riduzione del consumo di suolo del 10 per cento in un dato periodo; e che nei comuni A e B il consumo di suolo, nell’arco temporale preso a riferimento, sia stato rispettivamente di 50mila e 10mila metri quadrati. Nel comune A si risparmiano 5mila metri quadri di terreno agricolo ma si continuano a utilizzarne 45mila, mentre nel comune B i metri quadri sono rispettivamente mille e 9mila. La geografia del consumo muterà con lentezza. Di conseguenza, continueranno a registrarsi gli eventuali squilibri del passato tra domanda e offerta di nuovi spazi per l’edificazione.
Raffaele Lungarella - laureato in scienze statistiche ed economiche, è stato docente a contratto di economia applicata nell'università di Modena e Reggio Emilia, dove è stato anche cultore della materia di economia politica. Ha diretto il nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della regione Emilia-Romagna; dello stesso ente è stato responsabile dei servizi politiche abitative e lavori pubblici. È stato anche responsabile del servizio finanziamenti per l'innovazione tecnologica di una società finanziaria. Ora è in pensione.

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 febbraio 2016

 

 

“Frattura” ferroviaria tra Italia e Slovenia - L’idea di Sommariva - Un tavolo permanente di confronto tra i due scali

In ritardo i collegamenti tra i porti di Trieste e Capodistria. Bulc: «Se il gate integrato non funziona la Ue cambierà strategia»
TRIESTE «La rete logistica del Nord Adriatico è stata identificata come uno dei gate continentali strategici per lo sviluppo dei traffici però se non si rafforza, l’Unione europea sarà costretta a trovare soluzioni alternative». È stato chiaro il monito lanciato da Violeta Bulc, commissario europeo ai Trasporti al convegno su “l’Alto Adriatico come gateway nelle reti di trasporto transeuropee Ten-T” svoltosi ieri nel palazzo della Regione di piazza Unità. Proprio la collaborazione tra i due principali Paesi interessati però cioè Italia e Slovenia ha mostrato crepe che in misura maggiore sembrano addebitabili a Lubiana. I porti di Trieste e di Capodistria dovrebbero essere i due fulcri di tutto il sistema, ma non sembrano remare concordemente. Se da un lato Mario Sommariva segretario generale dello scalo triestino ha addirittura proposto la costituzione di un Tavolo permanente di collaborazione a due che parta proprio dalla progettazione del collegamento ferroviario tra i due porti, Luka Koper «non ha potuto garantire - ha informato la presidente del Fvg Debora Serracchiani - la presenza di alcun rappresentante». Il collegamento merci tra i due scali in passato è sempre sembrato indigesto alla Slovenia e ieri le parole pronunciate dai due sottosegretari presenti non hanno dissipato i timori italiani. Klemen Grebensek con delega alle Infrastrutture ha ricordato che «esiste una cooperazione per i collegamenti tra Trieste, Capodistria e Divaccia, ma il gruppo che se ne sta occupando è poco attivo e vi sono ritardi nell’implementazione dei progetti». D’altro canto però ha annunciato che «la Slovenia sta lavorando e entro il 2021 sarà pienamente attivo il corridoio tra Divaccia e l’Austria e l’Ungheria». Se a queste parole si sovrappongono quelle pronunciate ieri nella stessa sede da Maurizio Gentile, amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana (Rfi): «Il progetto della Trieste-Divaccia non è di immediata fattibilità», si comprende come il Friuli Venezia Giulia rischi di essere completamente tagliato fuori da un’importante filone di traffico che finirà per privilegiare il porto di Capodistria, staccato da Trieste ma ben saldo con il Centro-Est Europa. In soccorso al bene comune non è arrivata ieri Violeta Bulc. «I collegamenti locali - ha specificato - devono essere oggetti di accordi locali. Sono i benvenuti se gli Stati membri sono d’accordo, ma non è l’Unione europea che può decidere». Nel press point successivo al convegno nemmeno dinanzi a una specifica domanda ha inteso sbilanciarsi sul collegamento Trieste-Capodistria. «Le tratte regionali - ha ribadito - devono essere concordate tra i Paesi interessati. Ogni collegamento deve avere rilevanza economica, sociale e politica ed è su queste basi che l’Europa ha identificato i corridoi da sviluppare». In precedenza la commissaria aveva anche sottolineato come i porti dell’Alto Adriatico riducano di 5 o 6 giorni rispetto agli scali del Nord Europa gli itinerari per Ungheria, Repubblica ceca e Polonia , «ma se le strutture non vengono ammodernate e i porti non sono collegati ai retroporti - ha ammonito - anche eventuali investimenti fatti non porteranno a risultati validi». E la spaccatura ferroviaria tra Italia e Slovenia riguarda anche il traffico passeggeri. «Ci siamo impegnati poco - l’accusa arrivata dal sottosegretario sloveno allo Sviluppo economico Alex Cantarutti - per far rinascere il collegamento diretto tra Lubiana e Venezia attraverso Trieste, così come dobbiamo collaborare di più nell’ambito del turismo e del settore agroalimentare in particolare per quanto riguarda la commercializzazione degli ottimi vini italiani e sloveni». Il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini era stato chiaro fin nel suo saluto: «La città sta vivendo un momento unico, si sente fulcro di un’area vasta grazie a una visione strategica condivisa da tutte le istituzioni territoriali. Ma tutto questo potrebbe non bastare se non nascerà un sistema logistico integrato dell’Alto Adriatico».

Silvio Maranzana

 

Va meglio sul fronte occidentale - Rafforzamento verso Mestre e 50 milioni per la Piastra di Campo Marzio
TRIESTE - La sostanziale assenza di collegamenti ferroviari sarà l’argomento più caldo al centro dei colloqui nell’ambito del Comitato congiunto bilaterale tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia che si terrà lunedì prossimo.

«I due Paesi - ha sottolineato al convegno di ieri la governatrice Debora Serracchiani - devono impegnarsi per sciogliere alcuni nodi, in primis la questione ferroviaria». In questo ambito le cose vanno meglio sul fronte interno occidentale. «L'accordo sottoscritto con Rfi - ha specificato Serracchiani - ci permette di avere una programmazione lunga 17 anni sulla quale prevedere investimenti importanti che vanno dalla velocizzazione della Venezia - Trieste all'adeguamento della piastra di Campo Marzio (sono stati stanziati 50 milioni) per arrivare al nodo di Udine e alla rete dei bivi di Mestre. Interventi che ci consentiranno di ritrovare la competitività che si era persa sul settore ferroviario». E infatti secondo l’amministratore delegato di Rfi, Maurizio Gentile, la rete logistica dell’Alto Adriatico deve proporsi come gate anche per l’Italia Nord-occidentale attraverso gli interporti di Verona e Milano fino a sfociare sul colstruendo tratto della Torino-Lione. Il commissario Violeta Bulc ha poi incontrato nella sede di Auta Marocchi, che con i suoi 698 mezzi circolanti è una delle aziende leader nell’autotrasporto in Europa, i vertici della società con il presidente Oscar Zabai, il presidente della Camera di commercio di Trieste, Antonio Paoletti, quello di Confindustria Venezia Giulia, Sergio Razeto e il responsabile della sezione Trasporti della Camera nazionale dell’Economia di Lubiana, Milan Slokar.

(s.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 febbraio 2016

 

 

«Controlli insufficienti sulla Ferriera» - “NoSmog” critica la difesa dell’Aia da parte della Regione. La Uilm: «Evitiamo le guerre tra concittadini»
A stretto giro di posta “NoSmog” replica all’assessore regionale Sara Vito, scesa in campo per difendere l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) sulla Ferriera.

 «Ci racconta di un cronoprogramma - attacca il comunicato degli ambientalisti - in base al quale dovranno essere progressivamente attuati e completati al massimo entro 30 mesi una serie di importanti interventi ». «Dimentica che vengono concessi ulteriori 6 mesi per la presentazione di un piano di risanamento acustico che, sommati a 30 fanno 36, cioè si va al 2019. E nel frattempo cosa si fa? Bisogna subire! L'assessore conferma quanto da noi evidenziato, cioè le dilatazioni delle frequenze dei i controlli e la riduzione del numero dei deposimetri, ma ci sia almeno consentito di dubitare che una rarefazione dei controlli sia una modalità atta a migliorare le garanzie di efficienza e tutela». «Per quanto riguarda l'impianto di agglomerazione - prosegue la nota - , conveniamo che una gestione ottimale possa minimizzare le emissioni di diossina , del resto fisiologiche per tale tipo di impianti, ma per comprendere la qualità della gestione necessitano misurazione puntuali, se non continue, e non solo autocertificati». Il comunicato affronta una serie di questioni cui la Vito non avrebbe replicato: l’esercizio contemporaneo dei due altoforni; la tempistica non progettuale ma esecutiva per la copertura parchi, prevista già dall'Accordo di Programma; le mancate prescrizioni del Comitato tecnico regionale in caso di incidente rilevante; l'acquisizione in mano pubblica delle centraline di rilevamento della qualità dell'aria, ora private. “NoSmog” chiede se i superamenti dei limiti di legge registrati presso le varie centraline site in zona, al di fuori del perimetro dello stabilimento, saranno motivo di sanzioni. E chiede quali sono le caratteristiche di difformità della centralina San Lorenzo, sempre citate ma mai dettagliate, per non essere considerata valida a protezione della salute umana. Sulla questione Ferriera intervengono anche le “rsu” della Uilm, sindacato più rappresentativo nella fabbrica servolana. Una nota ribadisce «la contrarietà a trasformare il dibattito sulla Ferriera in una guerra tra concittadini che vedrebbe inevitabilmente sconfitti sia i lavoratori che i cittadini di Trieste». «Come rsu saremo i primi a dare un giudizio negativo se gli interventi di risanamento ambientale dovessero risultare inadeguati». Infine prende posizione critica nei confronti delle dichiarazioni di Sara Vito il coordinatore di FareAmbiente Giorgio Cecco. «Ci fa piacere che la Regione abbia imposto all'azienda un cronoprogramma per il completamento degli interventi più importanti, però i dubbi restano tutti, visto che finora, come in passato, le tempistiche promesse non sono state rispettate e le prescrizioni non sono state prese in considerazione».

 

 

Dimezzate le multe per mozziconi a terra
Nel 2013 le sanzioni comminate erano state oltre 140, lo scorso anno una settantina. E ora intervengono le norme nazionali
Numero di sanzioni dimezzato, il che autorizza a ipotizzare fra le possibili spiegazioni del fenomeno che un comportamento censurabile come quello di gettare a terra i mozziconi di sigaretta sia sempre meno frequente fra i fumatori triestini. Al netto di ogni analisi, sono comunque i dati a parlare: nel 2013 le multe da 50 euro ciascuna per questa violazione dei regolamenti comunali erano state 141, cui se ne era sommata un’altra ancora comminata a un cittadino colto a sputare a terra (caso aggregato agli altri nei conteggi complessivi degli uffici comunali), nel 2014 77 e lo scorso anno sono state 72 (delle quali due non per sigarette ma per l’abbandono di altri rifiuti “non ingombranti e non pericolosi” sul suolo pubblico - come recita il Regolamento Gestione rifiuti - e cioè, nella fattispecie, cartacce). Insomma, totale ridotto della metà nel giro di due anni. «I regolamenti che vengono applicati nel caso in questione sono due - spiega il vicesindaco con delega alla Polizia locale, Fabiana Martini -: quello di Polizia urbana e il Regolamento di Gestione rifiuti». Il vicecomandante dei vigili urbani Luciano Momic integra osservando come «in tempi recenti sia stato aggiornato il Regolamento di Polizia urbana, allineandolo all’altro con la parificazione della sanzione» e rinvia ogni valutazione sul trend ad approfondimenti generali che includano gli altri tipi di infrazione. A operare sul campo rilevando e sanzionando queste tipologie di comportamento possono essere il personale del Nis - Nucleo interventi speciali della Polizia locale e le Guardie ambientali. Sul tema, nelle scorse settimane, era stato il consigliere comunale di Trieste popolare ed esponente locale di Ncd, Paolo Rovis, a intervenire, rilevando come le nuove norme approvate a livello nazionale, di fatto, vadano a danneggiare le casse comunali. E non solo perché le sanzioni per mozziconi e quant’altro gettati a terra vengono di conseguenza ridotte da 50 a 30 euro e quella per le chewing gum da 500 a 30 euro, ma soprattutto perché la metà degli introiti derivanti dalle multe devono essere destinati a Roma. Solo il 50% entra insomma nel bilancio municipale, nonostante siano dipendenti comunali come i vigili urbani a occuparsi di individuare e punire i trasgressori. Lo stesso Rovis aveva, in merito, auspicato l’interessamento e l’intervento con il governo da parte della Regione Friuli Venezia Giulia. Intanto, dal 2 febbraio, le sanzioni in vigore sono quelle - da 30 euro - approvate a Roma. Sarà interessante capire se il trend in diminuzione registrato negli ultimi due anni troverà continuità o meno nell’annata in corso.

Matteo Unterweger

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 febbraio 2016

 

 

La Regione difende l’Aia rilasciata alla Ferriera
L’assessore Vito: «L’atto impone parametri e vincoli rigidi a tutela della salute di cittadini e lavoratori»
«L'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata lo scorso 28 gennaio alla Siderurgica Triestina, in sostituzione della precedente, impone parametri e vincoli ambientali assolutamente rigidi, finalizzati a ridurre in maniera significativa, in tempi definiti, le emissioni dell'impianto siderurgico della Ferriera di Servola, a Trieste, e quindi a salvaguardare la salute dei cittadini e dei lavoratori». Lo sottolinea in una nota l'assessore regionale all'Ambiente, Sara Vito, in risposta alle osservazioni dell'Associazione NoSmog e dei parlamentari Lorenzo Battista e Aris Prodani. «I vincoli che sono stati fissati in sede tecnica dalla Conferenza dei Servizi, sono reali. Se al momento permangono criticità, abbiamo imposto all'azienda un cronoprogramma in base al quale dovranno essere progressivamente attuati e completati al massimo entro 30 mesi una serie di importanti interventi». «Paletti chiari e imprescindibili. Chiamarli “stuzzicadenti” - indica Vito - appare offensivo e irrispettoso per chi ha seriamente lavorato alla definizione di un'Aia assolutamente innovativa... Se ci sarà un ricorso al Tar metteremo in evidenza la correttezza del nostro operato». Rispetto alle critiche mosse, Vito precisa innanzitutto che "autocontrollo e autocertificazione da parte del gestore non significa assenza di verifiche da parte della Regione, attraverso Arpa. Sono previste periodiche visite ispettive, durante le quali viene puntualmente accertata la correttezza degli autocontrolli». «Tutto il sistema degli autocontrolli è stato rivisto in relazione a quanto accaduto negli ultimi 5 anni e alla risposta dello stato dell'ambiente a diverse modalità di conduzione dell'impianto». Parallelamente secondo l'assessore «la riduzione del numero dei deposimetri non mette in discussione l'attendibilità dei dati». Sul timore legato alle emissioni di diossina, l'assessore Vito sottolinea che «le diossine non si producono se l'impianto è gestito correttamente e i controlli, come detto, sono finalizzati proprio a imporre una gestione ottimale». Per quanto concerne l'operatività delle centraline e le rilevazioni effettuate sulle polveri sottili, nel sottolineare che l'Aia ha previsto di misurare anche le PM 2,5 e non solo le PM 10, l'assessore Vito fa notare anche che per la prima volta proprio grazie a questa nuova autorizzazione integrata ambientale si potranno utilizzare anche i dati raccolti nella centralina di via San Lorenzo in Selva». La Vito smentisce poi l'affermazione che la soluzione del problema rumore slitti al 2017. Infatti «già entro fine febbraio Siderurgica Triestina dovrà attuare una serie di primi interventi di mitigazione delle emissioni di rumore ma principalmente entro 6 mesi dal rilascio dell'Aia dovrà presentare un piano di risanamento acustico da attuare progressivamente e completare nei successivi 30 mesi». In questo arco di tempo la Regione monitorerà la "curva" di riduzione del rumore.

 

 

Depositi verso la bonifica a Montedoro e Aquilinia - Impegno assicurato dal Demanio dopo l’interrogazione depositata alla Camera
Esclusa la presenza di rifiuti pericolosi all’interno degli ex serbatoi militari
MUGGIA «Dopo decenni di abbandono, l'intervento del Demanio ha chiarito finalmente le criticità presenti e lo stato delle due aree, fino ad oggi sconosciuti: il ripristino delle recinzioni, come le annunciate azioni di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica, risulteranno essere la chiusura di almeno uno dei capitoli che, a livello ambientale, interessano pesantemente il territorio triestino». Aris Prodani, parlamentare triestino del Gruppo Misto, annuncia che le due interrogazioni ministeriali depositate nel 2014 e l'esposto alla Procura di Trieste del febbraio 2015, presentati sullo stato della situazione attuale degli ex depositi militari di carburanti e lubrificanti in località Montedoro e Aquilinia, hanno ricevuto risposta. L'infrastruttura, realizzata nel 1941 ed utilizzata quale deposito di combustibili anche durante il periodo della Guerra Fredda, e successivamente adibita a deposito per rifiuti industriali, è costituita da quindici cisterne di capienza stimata in almeno 30 milioni di litri, a cui si aggiungono gallerie blindate, condutture interrate e mimetizzate in superficie. Aquilinia In seguito alle indagini ambientali del Demanio è risultato che gli ex depositi lubrificanti interrati del compendio di Aquilinia sono «chiusi, integri ed internamente vuoti ad eccezioni di uno in cui è stato scaricato abusivamente un elemento lungo tre metri di canna fumaria in eternit». Tale manufatto in amianto dovrà dunque essere bonificato ai sensi della relativa disciplina normativa specifica. All'interno del perimetro del compendio è presente anche “una modesta quantità di rifiuti urbani non pericolosi, probabili residui di utilizzi precedenti, che saranno avviati alle pubbliche discariche». Montedoro All'interno invece del sito degli ex depositi carburanti di Montedoro sono stati rinvenuti sia rifiuti urbani, sia rifiuti speciali non pericolosi. Infatti, «i fabbricati che si è riusciti a raggiungere - l'edificio della pesa all'ingresso del carraio, la casetta rustica ed i locali presso l'edificio pompe - sono di fatto locali di sgombero in quanto contengono masserizie varie e ciarpame abbandonato». Inoltre è stato rinvenuto un fusto metallico ubicato nelle prossime vicinanze dell'accesso carraio, «pieno per metà altezza di un liquido da cui è stato estratto un campione di residui di idrocarburi, anch'esso da avviare a smaltimento». Dalla relazione emerge che tutti i serbatoi interrati del compendio sono chiusi ed integri. Ad eccezione dei due serbatoi da 2mila 500 mc. i rimanenti serbatoi da 2mila 500 mc e quella da 2m ila mc sono vuoti. Il rinvenimento di materiale all'interno dei due predetti è stato accertato dai referti di analisi del laboratorio essere fondame di serbatoio di origine idrocarburica (in un caso anche misto ad acqua piovana). Pertanto i due serbatoi dovranno essere bonificati come previsto da D.lgs 152/2006. La quantità è data dalla profondità dei liquidi di 5 cm in un serbatoio e di 90 cm nel secondo.

Riccardo Tosques

 

Scontro bis sulla riserva delle Falesie
L’assessore Cunja replica alla Comunella: «Assurdo discutere dei colori delle boe»
DUINO AURISINA «Il primo aprile non è ancora arrivato, eppure qualcuno sembra aver anticipato i tempi». Questa l’ironico esordio dell’assessore comunale di Duino Aurisina, Andrej Cunja, nella sua risposta a Vladimiro Mervic, presidente della Comunella di Duino, che qualche giorno fa ha aspramente criticato il posizionamento delle boe gialle per delimitare, a mare, la riserva delle Falesie. «Mi chiedo – dice Cunja - come sia possibile disquisire sui colori delle boe, che sono segnalamenti marittimi, e pertanto i loro colori, forma e dimensione sono definiti dal Codice della Navigazione. Sono gialle – precisa - per garantirne la massima visibilità. Dovrebbero essere azzurre o trasparenti, per accorgersi della loro presenza solo dopo averle centrate con la barca? Un ragionamento incredibile. Inaccettabili – continua Cunja - sono anche le continue illazioni su presunti secondi fini e sulla non considerazione delle opinioni degli abitanti. La proposta per il Regolamento è stata approvata dal Consiglio comunale – ricorda – espressione della volontà popolare, sulla base di un procedimento partecipato, al contrario di quanto fatto dalla precedente amministrazione che, nell’assoluto silenzio, ha approvato il Piano di Conservazione e Sviluppo, restrittivo e vincolante per tutti gli atti susseguenti, tra i quali anche il Regolamento». «Comunque – sottolinea l’assessore - finché rimane in vigore questo Piano, le modifiche al Regolamento saranno possibili solo in una direzione ancor più limitativa. Il Regolamento approvato rappresenta il miglior compromesso possibile, in esso c’è spazio per escursionisti, diportisti, arrampicatori, kayakisti, nuotatori e pescatori». Cunja non rinuncia poi a una stoccata all’indirizzo di Mervic: «Farebbe bene a dedicare un po' del suo tempo a questioni prioritarie per la Comunella che presiede. Da lui sto attendendo invano da tempo – conclude - un riscontro sulla proposta di convenzione tra il Comune e la Comunella, che regolerebbe finalmente i rapporti tra le due entità. Evidentemente le baruffe cromatiche gli risultano più confacenti».

(u.s.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 febbraio 2016

 

 

«Ricorso al Tar contro l’Aia della Ferriera» - I due parlamentari ex grillini pronti all’azione giudiziaria. “NoSmog” denuncia: «Ancora sforamenti»
La parola andrà al Tar. Non è ancora ufficiale, gli avvocati stanno ancora pesando le carte, ma il probabilissimo punto di caduta avverrà sui tavoli della giustizia amministrativa. Bersaglio è l’Autorizzazione integrata ambientale, meglio nota con l’acronimo Aia, riguardante la Ferriera di Servola.

Un documento che non piace affatto all’associazione “NoSmog” e ai parlamentari Lorenzo Battista (Gruppo per le autonomie) e Aris Prodani (Gruppo misto), entrambi ex grillini. Tanto da aver dedicato ieri mattina all’atto, frutto di una conferenza di servizi durata 8 round (con la partecipazione di Regione, Comune, Provincia, Arpa, Azienda sanitaria), un incontro all’insegna di un metodico smontaggio, dall’inequivocabile titolo “E’arrivata la MannAia?”. Davanti a una trentina di persone assiepate al caffè San Marco, in apertura Adriano Tasso ha tracciato il sommario della giornata: i dati ambientali non migliorano, gli sforamenti proseguono, l’area “a caldo” dello stabilimento deve essere chiusa, «altrochè paletti a garanzia della salute - ha celiato - la nuova Aia al massimo ha fissato stuzzicadenti!». Poi Battista, Prodani, Alda Sancin hanno cominciato a “svitare” il provvedimento preparato dagli enti pubblici deputati. Ci sono ben 21 ragioni di contrarietà o di perplessità relative all’Aia. Ne proponiamo una campionatura: non si fa divieto all’uso contemporaneo dei due altoforni; non viene citata la legge sul benzopirene; si dà tempo ben 36 mesi per il completo risanamento acustico; la centralina San Lorenzo vede innalzare il limite delle Pm 10 da 50 a 70 microgrammi/metrocubo, quando l’Oms consiglia un limite a quota 20; la centralina di Muggia non misurerà il benzopirene nel periodo estivo, quando Servola registra i picchi più elevati; manca ogni riferimento alle normative in materia di incidente rilevante, l’ex “legge Seveso”, e all’adempimento di un piano di sicurezza esterno. Risultato finale: non cambia alcunchè rispetto al quadro precedente, la previsione nelle parole di Alda Sancin è «futuro fosco». Lo attestano - secondo la nota distribuita ieri mattina - gli sforamenti rilevati sulle Pm 10: in gennaio 9 a San Lorenzo, 7 in via Carpineto, 7 in via Pitacco, 6 in piazza Libertà. Nei primi giorni di febbraio 3 a San Lorenzo, 2 in via Carpineto, via Pitacco non è pervenuta, 2 in piazza Libertà. L’entrata in attività dell’aspiratore ha lievemente abbassato le medie ma ha innalzato il livello dei rumori. Battista ha posto ulteriori interrogativi: dov’è uno studio epidemiologico, dov’è uno studio sullo stress, perchè l’indagine sulla salute degli operai è stata secretata. E ha ricordato all’attenzione di Cosolini l’articolo 29 quater comma 7 decreto legislativo 152/2006: «Il Sindaco ... qualora lo ritenga necessario, nell’interesse della salute pubblica, può, con motivato provvedimento, ... chiedere al servizio competente di riesaminare l’autorizzazione rilasciata ...».

Massimo Greco

 

L’invito alla governatrice Serracchiani
«Invitiamo Debora Serracchiani, presidente della Regione e commissario per la crisi industriale di Trieste, a fare un sopralluogo a Servola quando l’impianto è funzionante». Il senatore Lorenzo Battista sfida, dunque, il governatore a verificare direttamente cosa significhi una “fumata” della Ferriera.

Il parlamentare ha inoltre stimato che il valore dell’impianto ammonterebbe a poco più di 175 mila euro, valutazione che, secondo l’ironica osservazione del collega Prodani, consentirebbe di rilevare lo stabilimento mediante un’operazione di «azionariato popolare». Prodani ha insistito sul fatto che l’opzione siderurgica non sarebbe stata la strada obbligata per risolvere la crisi servolana: uno studio Severstal Lucchini di alcuni fa calcolava infatti che con 200 milioni si sarebbe potuto realizzare una riconversione della Ferriera a uso portuale.

(magr)

 

 

Trivelle - Il governo: no Ombrina e altre 26 richieste

Il ministero dello Sviluppo economico «rigetta l’autorizzazione» per le ricerche offshore di petrolio e gas a Ombrina e altre 26 domande entro 12 miglia dalla costa.

«Con i 27 provvedimenti» di rigetto, spiega una nota del ministero dello Sviluppo economico, «è stata data piena attuazione» a quanto previsto dalla legge di Stabilità. Dal Wwf a Greepeace, esultano le associazioni.

 

 

La campagna in difesa di paludi e lagune - I soprintendenti regionali Fozzati e Azzollini evidenziano la necessità di tutelare le zone umide
Rappresentano dei veri e propri scrigni di biodiversità. Sono le cosiddette zone umide, quegli ambienti naturali caratterizzati dalla presenza di paludi, acquitrini, laghi, fiumi, torbiere, stagni, lagune, valli da pesca e litorali marini, le cui acque non superano i sei metri di profondità.

La Giornata mondiale delle zone umide, istituita nel 2003 in occasione dell’Anno mondiale dell’Acqua indetto dalle Nazioni Unite, è stata festeggiata a Trieste con un incontro organizzato dalla Soprintendenza archeologica e da quella delle belle arti e del paesaggio del Friuli Venezia Giulia, presso il Salone piemontese di palazzo Economo. Nel corso dell’ultimo secolo il 64 per cento delle zone umide mondiali è scomparso, nonostante il 40 per cento della biodiversità, solamente nel nostro Paese, sia legato a questo genere di habitat. Una perdita, questa, che è dovuta essenzialmente alla pressione antropica che viene esercitata su queste aree, fino a non troppo tempo fa considerate di scarso valore ambientale e paesaggistico. «Le ragioni di questo scempio sono sostanzialmente due – spiega il soprintendente dei Beni archeologici regionali Luigi Fozzati - . In passato vi era la necessità di bonificare le aree umide perchè considerate insalubri, come avvenuto nel corso del Ventennio con il risanamento dell’Agro Pontino. Mentre è ancora di stretta attualità il bisogno da parte dell’uomo di allargare le aree urbane e rurali». Eppure questi ecosistemi sono importanti non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello archeologico. Negli strati più profondi delle zone umide, oltre alla storia vegetale del territorio, si conservano anche le tracce delle palificate, che stanno a indicare la presenza di un antico insediamento umano. «Il rispetto di queste zone – sottolinea il soprintendente regionale alle belle arti e al paesaggio Corrado Azzollini – rientra a pieno titolo nella tutela paesaggistico-ambientale del territorio. Finalmente si è capita l’importanza di questo ecosistema e stiamo assistendo a un’inversione di tendenza». Una vera e propria presa di coscienza, quella indicata dal soprintendente, che nel 1971 è stata anticipata dalla stipula della Convenzione internazionale di Ramsar, una cittadina iraniana affacciata sul Mar Caspio, con la quale viene definita la conservazione e la gestione di questi specifici ecosistemi. «Uno sviluppo economico che non consideri la protezione e la valorizzazione del territorio – afferma il biologo e membro di Legambiente Stefano Sponza – è obsoleto e perdente in partenza». Il Friuli Venezia Giulia, da questo punto di vista, è ancora una regione fortunata, perchè non ha conosciuto l’onda lunga dell’urbanizzazione selvaggia, anche se non mancano alcune stonature, come le attività di agricoltura intensiva che hanno azzerato la diversità della pianura di Fossalon e arginato lo sviluppo della laguna di Marano.

(lu.sa.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 febbraio 2016

 

 

Arvedi: «Il piano antiemissioni funziona»

Siderurgica Triestina divulga i dati dopo i primi interventi a cokeria e altoforno e rivendica il pieno rispetto degli impegni
Siderurgica Triestina batte un colpo, a quattro giorni dalla partecipata manifestazione organizzata dal Comitato 5 dicembre con quattromila persone (dato riferito dalla Questura) a sfilare in città scandendo lo slogan «la salute non si tocca» per dire basta all’inquinamento della Ferriera di Servola. L’emanazione locale del gruppo Arvedi, la proprietà dello stabilimento, sceglie di prendere la parola - accogliendo l’auspicio dei sindacati - per portare «il proprio contributo al dibattito che anima la città di Trieste», come recita una nota diramata ieri. «L’azienda, che rivendica la serietà e l’impegno con cui sta realizzando tutti gli interventi previsti, nel pieno rispetto del cronoprogramma concordato con le istituzioni - recita la comunicazione - condivide e si fa responsabilmente interprete del desiderio dei triestini di coniugare ambiente, lavoro e salute». Siderurgica Triestina vuole inaugurare l’era della condivisione dei dati disponibili relativi all’esito degli «interventi concordati», anche nel rispetto della recente Aia. Ed ecco che snocciola informazioni sui risultati seguenti l’entrata in funzione dell’impianto di aspirazione della cokeria (brevetto Arvedi) unitamente al potenziamento dell’aspirazione polveri sull’altoforno. Capitolo benzo(a)pirene: «Dall’entrata in funzione del nuovo sistema di aspirazione della cokeria, il livello di benzo(a)pirene rilevato dalla centralina più vicina all’impianto (via San Lorenzo in Selva) si è mantenuto ampiamente sotto il limite previsto di 1 nanogrammo per metrocubo, con una media di 0,6 nanogrammi per metrocubo». A ruota, sulle Pm10, «il dato significativo è che, grazie all’attivazione dell’aspiratore della cokeria, per la prima volta le centraline di rilevazione di via Svevo, via Pitacco e via San Lorenzo in Selva restituiscono dati allineati, a differenza di quanto avveniva in precedenza, quando San Lorenzo in Selva attestava sempre valori significativamente più elevati» rispetto alle altre due. C’è poi il riscontro sulla quantità di polveri captate: «L’impianto di cui al brevetto Arvedi, in fase di test, riesce a captare e recuperare ogni giorno circa 1100 chili di polveri costituite dalla frazione “fisiologica” di produzione che le stesse norme internazionali ritenevano non captabili. Questo significa 1100 kg in più ogni giorno di polveri captate rispetto alla precedente gestione, che vengono recuperate e nuovamente immesse nel ciclo produttivo». A ciò si lega la limitazione della dispersione delle polveri: i primi dati sui valori deposimetrici «mostrano negli ultimi mesi un significativo calo delle polveri depositate su tutta la rete dei deposimetri, la cui diminuzione è avanzata di pari passo con gli interventi sugli impianti. Da agosto 2015 in avanti i valori deposimetrici sono sempre rimasti al di sotto del limite di polverosità fissato dall’Aia rilasciata nelle scorse settimane (250 milligrammi per metro quadrato al giorno): oggi si rilevano valori simili a quelli misurati con produzione pressoché ferma», conclude l’azienda facendo riferimento al novembre 2014. E cogliendo inoltre la palla al balzo per ribadire che il 7 maggio prossimo si terrà l’open day in cui Siderurgica mostrerà alla cittadinanza gli interventi realizzati e il nuovo laminatoio per la produzione a freddo. Nel frattempo, assicura, «proseguirà con la condivisione di ulteriori dati sui risultati conseguiti appena disponibili». Intanto il consigliere comunale Roberto Decarli (Trieste cambia) si rivolge al Comitato 5 dicembre: «Afferma contemporaneamente tre cose. La salute viene prima di tutto, il lavoro va tutelato e, soprattutto, non si può chiedere alla città di pazientare. Quindi bisogna salvaguardare sia i posti di lavoro che la salute e bisogna farlo in tempi zero. Come? L’unica soluzione è il piano di Arvedi, che però richiede ancora del tempo, ma il comitato afferma di non essere disposto a concederne. L’altra strada, paventata dai più, è la chiusura dell’area a caldo, ma questo comporterebbe la perdita di centinaia di posti di lavoro. La maturità, soprattutto per chi rappresenta la cittadinanza o una sua parte, sta proprio nel fare delle scelte. Attendo di sapere la loro (dei rappresentanti del Comitato, ndr)». Oggi alle 10.30, al Caffè San Marco, l’associazione NoSmog e i parlamentari Lorenzo Battista e Aris Prodani parleranno della nuova Autorizzazione integrata ambientale concessa al gruppo Arvedi e verranno presentate le nuove iniziative parlamentari sulle «persistenti criticità ambientali e sanitarie».

Matteo Unterweger

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 febbraio 2016

 

Rotatoria di via Flavia - Cantiere al via da maggio - L’opera sostituirà l’incrocio pericoloso tra via Caboto e strada della Rosandra
Appalto da 223mila euro aggiudicato all’impresa Adriastrade di Monfalcone
MUGGIA A meno di eventuali ricorsi al Tar, i lavori per la costruzione dell’attesa rotatoria in via Flavia, che sostituirà il pericoloso incrocio con via Caboto e Strada della Rosandra, inizieranno nei primissimi giorni di maggio. E poi saranno necessari altri quattro mesi, si arriverà quindi all’inizio di settembre, perchè l’intervento sia portato a termine. Mercoledì scorso il Comune ha aggiudicato l’appalto all’impresa Adriastrade di Monfalcone, che ha fatto l’offerta migliore rispetto ad altre 14 concorrenti. Il costo dell’opera ammonta così a 222.808,34 euro, cifra nettamente inferiore ai 300mila stanziati a fine dicembre dalla giunta comunale. Perchè l’aggiudicazione possa divenire definitiva, bisogna ora attendere i 30 giorni previsti dalla legge per possibili ricorsi contro l’esito della gara. Se non ci saranno intoppi (i tempi si allungherebbero), trascorso questo periodo il Comune e l’impresa avranno 60 giorni per predisporre e firmare il contratto d’appalto, a cui seguirà l’apertura del cantiere. Scopo dell’intervento è chiaramente quello di eliminare un incrocio fra i più pericolosi e trafficati della periferia cittadina. Oltre ad accrescere la sicurezza della circolazione, il progetto prevede di aumentare anche quella dei pedoni, con attraversamenti protetti e marciapiedi più larghi. Per la realizzazione della rotatoria sono previsti al massimo 120 giorni, “naturali consecutivi”, per cui - condizioni meteo permettendo - come si diceva l’opera dovrebbe essere ultimata tra la fine di agosto e l’inizio di settembre. Un periodo, questo, al momento teorico, in quanto nel cronoprogramma andrà inserito anche l’intervento di AcegasApsAmga per lo spostamento delle condutture dell’acqua, del gas e dell’energia elettrica. Nei prossimi mesi l’area dell’incrocio in questione è dunque destinata a mutare volto. E non solo in seguito alla costruzione della rotatoria. Più o meno nel periodo dell’apertura di questo cantiere, nell’adiacente area dell’ex concessionaria Dino Conti inizieranno infatti i lavori per la costruzione di una sede della catena tedesca Obi, leader internazionale nel campo del “fai da te”. In queste settimane prosegue la progettazione del nuovo edificio (l’ex concessionaria verrà demolita) e dell’area circostante, in un quadro che tiene conto degli spazi richiesti per la rotatoria. L’investimento complessivo per questo primo insediamento nell’ambito di grandi attività previste nel piano del commercio, settore noto come la partita dei centri monomarca, ammonta a quasi 18 milioni e creerà 60 nuovi posti di lavoro. A intervenire sull’area - le opere richiederanno circa un anno - sarà un’azienda veneta, la Cervet, che fa capo all’imprenditore Francesco Fracasso, da decenni specializzata nello sviluppo di attività immobiliari, in particolare per conto di grandi gruppi nel settore della media e grande distribuzione.

Giuseppe Palladini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 febbraio 2016

 

 

Siglato il patto che velocizza i treni - La presidente esulta - Investimenti che non hanno paragone nel recente passato

Regione e Rfi siglano un’intesa valida sino al 2033. Tra gli obiettivi il collegamento Trieste-Mestre più rapido di 50 minuti
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia stringe un patto con Rfi fino al 2033. Un’intesa su più fronti: i collegamenti miglioreranno in direzione dei confini, dell’aeroporto di Ronchi dei Legionari, dove è prevista una nuova fermata, e di Venezia. Il traguardo è un collegamento Trieste-Mestre via Frecce di 50 minuti più rapido di oggi. In questa cornice, entro la legislatura, la Regione metterà a gara i servizi ferroviari del territorio. A Roma Debora Serracchiani concretizza i contenuti di una delibera di giunta di fine dicembre. L’accordo quadro, siglato anche da Maurizio Gentile, ad di Rfi, permetterà al Fvg, spiega la presidente, di rimanere «centrale nell’ambito del Piano degli investimenti programmati dal governo nazionale e da Rfi, con la prospettiva di riqualificare la rete ferroviaria e rendere così più competitivo il sistema regione». C’è già una stima della capacità di traffico su rotaia in Fvg per i prossimi 17 anni: a regime la produzione sarà di circa 3,6 milioni di treni chilometro/anno. E ci sono pure i progetti per centrare uno degli obiettivi in agenda: Rfi ha programmato interventi per 1,8 miliardi per velocizzare la Venezia-Trieste. Il potenziamento dell’esistente, attraverso il miglioramento delle prestazioni del tracciato e l’eliminazione delle criticità attuali, consentirà di alzare la velocità fino a 200 km/h con la conseguente riduzione dei tempi di viaggio Mestre-Trieste. Tra i capitoli del patto entrano anche i servizi da sviluppare sulla direttrice Trieste-Udine-Villaco e previsioni di futura integrazione sia con altri servizi transfrontalieri di competenza regionale da e verso l’Austria e da e verso la Slovenia, oltre alla riattivazione della linea Gemona-Sacile (quando si renderanno reperibili le risorse), sospesa causa frana da metà 2012. E ancora si parla di accessibilità alle stazioni e ai servizi ferroviari, miglioramento delle performance della rete in ragione dei lavori programmati o da definire, perfezionamento dei sistemi informativi e dei servizi in termini di regolarità, affidabilità e tempi di viaggio, potenziamento dell’intermodalità, sia gomma/ferro sia con la rete ciclabile regionale. Non manca la sottolineatura su possibili riduzioni del pedaggio corrisposto a Rfi in funzione di risorse messe a disposizione dalla Regione per il miglioramento dell’infrastruttura ferroviaria (come è accaduto per il Polo intermodale di Ronchi o anche per semplici interventi nei passaggi a livello). I dettagli delle operazioni entreranno in un successivo protocollo d’intesa, ma con il documento sottoscritto ieri la Regione ha ora in mano lo strumento tecnico per prenotare capacità di traffico per le linee ferroviarie e programmare nel medio/lungo periodo l’uso della rete ferroviaria in funzione dei Piani regionali delle infrastrutture di trasporto e del Trasporto pubblico locale. Rfi guarderà infatti proprio all’accordo quadro per individuare nell’immediato e in prospettiva le reali esigenze di mobilità del territorio, programmando, ove necessario, piani di upgrade infrastrutturale per ottimizzare lo sviluppo dei servizi regionali. «Da investimenti che non hanno paragoni nel recente passato - riassume Serracchiani - ci attendiamo non solo un potenziamento del servizio, ma anche la possibilità di esprimere appieno le caratteristiche della regione». L’accordo quadro con il Fvg, dice da parte sua Gentile, «è fondamentale per pianificare servizi che possano rispondere in maniera concreta alle esigenze di trasporto dei cittadini. Ciò grazie a collegamenti, tempi di viaggio e quantità dei treni che la Regione potrà programmare in base alla capacità di traffico disponibile». L’assessore regionale Mariagrazia Santoro sottolinea infine un ultimo aspetto: «La firma è un atto di chiarezza rispetto alla capacità delle varie linee ferroviarie della nostra regione, alla loro possibilità di incremento e utilizzo, ma anche alla possibilità che le stazioni attualmente chiuse o in via di dismissione possano esser riutilizzate sia per eventi speciali che per una prossima programmazione».

Marco Ballico

 

 

La Fiom: «Arvedi rispetti gli impegni» - Il segretario provinciale: «Non deve rispondere solo alla città ma anche ai lavoratori della Ferriera»
«Arvedi deve rispondere non solo alla città: deve rispondere ai lavoratori e alle organizzazioni sindacali sugli impegni sottoscritti. Perché come è vero che la salute e l’occupazione per noi non sono in contrasto, è anche vero che stiamo assistendo all’ennesima e insanabile contrapposizione tra gli interessi del pubblico e quelli del privato». La nota sulla vicenda Ferriera porta la firma di Sasha Colautti, segretario provinciale della Fiom Cgil.

«È evidente che nel contesto attuale, per garantire la piena occupazione esigendo il diritto alla salute, si legge nel comunicato, vanno affrontati con l’azienda i temi industriali complessivi, rivendicando in modo forte e chiaro che l’imprenditore in questo caso ha la prerogativa degli investimenti e la responsabilità in solido di rispettare gli accordi e gli impegni industriali assunti. La Fiom non ha aderito alla presentazione della piattaforma per il rinnovo dell’integrativo aziendale presentata da Fim Uilm e Failms per due ragioni: la prima, di metodo. Questa trattativa - fa notare la Fiom - è partita su richiesta dell’azienda e la piattaforma presentata non è mai stata discussa né approvata con il voto dai lavoratori di Siderurgica Triestina. La seconda ragione sta nel merito: nel momento in cui non si sono ancora chiariti tutti gli elementi di fondo, strategici, industriali e occupazionali (dalla presenza dell’area a caldo alla questione della logistica, fino all’implementazione del nuovo laminatoio) significa addolcire con quattro denari i lavoratori senza prima avergli garantito l’elemento più importante, cioè il lavoro». «La Fiom pertanto continua a rivendicare il rispetto del piano: a partire da questi elementi diamo piena disponibilità a riprendere in mano il confronto sull’integrativo aziendale». Infine, la Fiom annuncia che alla Siderurgica Triestina c’è una nuova rappresentanza interna, «legittimata dalla discussione coi lavoratori (che continuerà in questi giorni su un vero e proprio programma per il futuro della Ferriera)». E a proposito di Ferriera, domani alle 10.30, al San Marco, conferenza stampa organizzata dall’associazione NoSmog assieme ai parlamentari Lorenzo Battista e Aris Prodani. Si parlerà della nuova Autorizzazione integrata ambientale concessa al gruppo Arvedi analizzando il documento e verranno presentate le nuove iniziative parlamentari che riguarderanno - si legge - «le persistenti criticità ambientali e sanitarie».

 

 

Scattano le supermulte a chi sfama i cinghiali - La Provincia avverte la popolazione sul giro di vite deciso a livello nazionale
Chi sgarra rischia sanzioni da 516 a 2.065 euro e sino a sei mesi di carcere
Pugno duro contro chi dà cibo ai cinghiali. È entrata in vigore in questi giorni la norma nazionale che prevede sanzioni pesantissime, dai 516 ai 2.065 euro, per chi viene sorpreso a foraggiare gli animali. Nei casi più gravi si può arrivare persino all’arresto dai due ai sei mesi. La violazione, dunque, ora è penale. Non più una sanzione comminata dalla municipale o dalla Polizia ambientale, ma un’ammenda vera e propria con tanto di segnalazione all’autorità giudiziaria. La Provincia, che insieme alla Regione ha ingaggiato una battaglia contro la proliferazione incontrollata degli esemplari, intende far rispettare fino in fondo il provvedimento. Sono numerose, troppe, le segnalazioni di cittadini che si trovano con terreni devastati e recinzioni divelte. Non solo in Carso, ma anche nelle zone periferiche della città. Molti, peraltro, anche gli incontri ravvicinati e gli incidenti. L’ultimo, in ordine di tempo, il caso del trentaquattrenne triestino che solo pochi giorni fa è stato travolto in scooter da due cinghiali che attraversavano la strada in zona Università. Per lui un braccio rotto. Lo scorso maggio, come tanti ricorderanno, il fatto più eclatante: l’aggressione a Longera di un settantenne, assalito nel giardino di casa. L’uomo, che è stato azzannato al ginocchio e a pochi centimetri dall’inguine se l’era vista brutta. Il suo cane era stato colpito a morte. Non mancano poi le scorribande di intere famigliole di cinghiali in giro per i rioni, che costringono la Polizia ambientale a intervenire armati di fucile. Sono molti gli esempi di questo genere. Dove sta il problema? L’eccessivo numero di capi che gli enti preposti non riescono a controllare e, soprattutto, la capacità delle bestie di avvicinarsi sempre di più ai centri abitati dove trovano non solo terreni coltivati, ma pure spazzatura fuori dai bidoni e – sta qui il problema – gente che porta cibo. Alcuni anni fa è stata ripresa dalle telecamere di una troupe televisiva una donna che imboccava un esemplare di grossa tagli in zona Conconello. Davanti a casa, in mezzo alla strada. Un gesto di questo tipo oggi può comportare gravi conseguenze sul piano penale. È proprio la Provincia, con un comunicato del vicepresidente Igor Dolenc, a informare della nuova legge statale contenuta nel Patto di Stabilità. «È entrata in vigore la norma che sanziona, con un’ammenda da 516 a 2.065 euro, chi fornisce cibo ai cinghiali e prevede, nei casi più gravi, l’arresto da due a sei mesi». E ancora: «Il provvedimento, contenuto nel Collegato ambientale alla Legge di Stabilità, è stato approvato dal Parlamento nel dicembre scorso». La pratica di foraggiare i cinghiali, stando all’analisi della Provincia, è una delle cause della presenza di questi animali selvatici nelle aree urbane, senza contare poi che l’abbondanza di cibo influisce in maniera significativa sulle dinamiche di riproduzione della specie, provocandone un incremento. «Raccomandiamo a quanti non hanno ancora compreso la gravità del loro comportamento – commenta Dolenc – a cessare questa sconsiderata abitudine che non solo aumenta l’interferenza e il conflitto tra attività umane e questi animali, ma incrementa i pericoli». È anche il cibo lasciato per terra per i gatti a solleticare l’appetito dei cinghiali. Il Comune di Trieste già nel 2008 aveva emanato un’ordinanza con sanzioni dai 150 ai 900 euro per i trasgressori. Ora la legge nazionale supera questo provvedimento e assume rilevo penale con notizia di reato. La Lav, associazione animalista, non si dice contraria al nuovo intervento normativo, ma non lo ritiene esaustivo per risolvere il problema. «È scorretto dare da mangiare ai cinghiali nelle zone cittadine, ma il problema principale non è questo – osserva Patrizia Edera, componente del consiglio direttivo – quanto piuttosto il fatto che sono gli stessi cacciatori ad alimentare gli animali selvatici con il metodo della caccia da posta. L’abbattimento così non funziona perché le femmine che si vedono decimare i maschi aumentano la velocità di riproduzione».

Gianpaolo Sarti

 

Addio alle baracche in Costa dei barbari - In arrivo da Roma 850mila euro per sistemare il primo tratto del camminamento. Il cantiere partirà entro l’autunno

Gli abusivi hanno le ore contate Il Comune assicura entro l’estate il progetto esecutivo e la gara d’appalto
DUINO AURISINA Sono destinate a sparire con il prossimo autunno le tanto discusse baracche e le varie costruzioni di fortuna che da anni campeggiano sul costone che sovrasta la Costa dei Barbari, originando le proteste di tanti residenti. Dopo lunghi mesi di silenzio, è finalmente giunto dal ministero competente l’atteso assenso alla modifica dell’accordo di programma. Il “sì” giunto dalla capitale permetterà alla giunta guidata dal sindaco Vladimir Kukanja di iniziare l’iter per il recupero dell’intera area che comprende il primo tratto della Costiera e, in particolare, di quella parte del dirupo che scende a mare e che negli anni ha visto crescere una sorta di accampamento abusivo. «Avevamo chiesto da tempo una modifica dell’accordo di programma proprio per poter intervenire radicalmente in quella zona - spiega l’assessore comunale Andrej Cunja - in modo da poter procedere sulla strada dell’allestimento di quel cantiere, sulla base del meccanismo dello stato di avanzamento lavori. Un sistema, questo, che permette di superare i vincoli del Patto di stabilità. Il ministero, prima di dare il suo assenso - prosegue Cunja - ha chiesto la definizione di un dettagliato cronoprogramma. Abbiamo risposto, presentando il progetto definitivo, che prevede il rifacimento del primo tratto di camminamento e la sua messa in sicurezza. A questo punto - sottolinea - non appena arriverà la risposta dal ministero, cosa che ci attendiamo a brevissimo termine, andremo all’allestimento della gara». Sulla base del documento che arriverà dal ministero, si siglerà un nuovo accordo di programma. Sulla base di esso, il ministero finanzierà l’opera, per un ammontare complessivo di 850mila euro, che arriveranno al Comune di Duino Aurisina attraverso la Regione e che saranno erogati sulla base dell’avanzamento dei lavori, una regola che permetterà ai pubblici amministratori del Comune di rimanere neutri rispetto al Patto di stabilità. «Con questa cifra - riprende Cunja - non potremo intervenire su tutto il camminamento, perché per l’opera completa servirebbero maggiori risorse, ma saremo in grado di restituire alla sua bellezza originaria e incontaminata almeno il primo tratto del camminamento». L’assessore comunale si esprime anche sui tempi: «Prima dell’estate - annuncia - avremo il progetto esecutivo e la gara, mentre il cantiere inizierà entro l’autunno». Quella del 2016 sarà perciò l’ultima estate con le baracche. Toglierle è da tempo uno degli obiettivi dell’amministrazione di Duino Aurisina. «Nei prossimi giorni abbiamo in programma una riunione in Comune - continua Cunja - presenti i responsabili degli uffici che si occupano dell’urbanistica e i vigili, per definire il calendario dei sopralluoghi che intendiamo effettuare per verificare la situazione. Confidiamo sul fatto chi negli anni ha costruito le baracche abusive capisca il problema e non ne faccia altre. Anzi - conclude ottimisticamente l’assessore - sarebbe auspicabile che chi ha costruito dove non si poteva si appresti spontaneamente a smontare tutto». La zona del primo tratto del costone è quella che si raggiunge dal parcheggio ricavato dal vecchio tracciato della Costiera. Si tratta di un’area particolare, più volte oggetto di denunce e di segnalazioni perché poco illuminata e sede, stando a testimonianze che si sono accavallate nel tempo, di incontri di dubbia natura. Sul primo pezzo del camminamento che porta alla spiaggia della Costa dei Barbari sono sorte nel tempo baracche e costruzioni in legno, ovviamente abusive, con la presenza di arredi di vario tipo. In sostanza, qualcuno si è allestito un vero e proprio alloggiamento in riva al mare che l’amministrazione di Duino Aurisina osteggia ma ha difficoltà a far scomparire. Ora la situazione dovrebbe modificarsi radicalmente.

Ugo Salvini

 

«A San Dorligo non si respira, colpa della Siot»

«Altro che riduzione degli odori, in questi ultimi giorni l’aria nel Comune di San Dorligo è diventata irrespirabile». Ad affermarlo il capogruppo di Forza San Dorligo Roberto Massi in merito ai “cattivi odori” che vengono sprigionati dall’oleodotto della Siot.

«In questi giorni abbiamo visto la mobilitazione dei cittadini di Trieste contro le emissioni inquinanti provenienti dalla Ferriera ma - rileva Massi - a San Dorligo la situazione non è migliore, anzi. I cattivi odori, contenenti anche particelle oleose che provengono dalla Siot, complici le giornate particolarmente uggiose, hanno reso l’aria letteralmente irrespirabile, specialmente nelle frazioni di Domio, Puglie di Domio, Lacotisce, Mattonaia, Dolina, Montedoro, Francovec, Zaule, Caresana e Bagnoli della Rosandra». Di fronte a questa situazione, accusa Forza Italia, l’amministrazione comunale tace: «È evidente che di fronte a questa grave situazione di rischio per la salute dei cittadini, di cui il sindaco è direttamente responsabile, non possiamo più restare a guardare. Per questo - conclude Massi - chiederò urgentemente la convocazione della Commissione ambiente del Comune per discutere della questione, magari anche ascoltando i rappresentanti della Siot».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 febbraio 2016

 

 

L’assemblea sulla Ferriera “in cantiere”

Il Comitato 5 dicembre raccoglie l’apertura del sindaco: «Pronti a concordare le regole. Ma non faccia aspettare i cittadini»
Continua il botta e risposta a distanza fra il Comitato 5 dicembre e il sindaco Roberto Cosolini, chiamato dagli organizzatori del corteo del 31 gennaio a un’assemblea pubblica sul futuro della Ferriera di Servola. L’intento dei manifestanti rimane quello di individuare quanto prima la data dell’incontro, onde evitare che venga meno l’attenzione generata dalla recente protesta. Ma dietro alla richiesta del Comitato non si cela alcun tentativo di spallata al primo cittadino, in vista dell’appuntamento elettorale del prossimo 12 giugno. «Non è nostra intenzione salire sulle barricate». A chiarirlo è Barbara Belluzzo, nel commentare l’apertura al dialogo dichiarata dallo stesso Cosolini. «Registriamo positivamente la sua disponibilità – così Belluzzo – e accettiamo la sua richiesta di definire anticipatamente i tempi e le modalità dell’assemblea. Che sia lui a proporre la data, a patto che l’incontro avvenga prima possibile e che non si svolga a porte chiuse». Il faccia a faccia, quindi, dovrà essere pubblico. «Sarà veloce, operativo e si svolgerà alla presenza dei cittadini e della stampa – puntualizza il Comitato attraverso un comunicato pubblicato sul proprio profilo Facebook – . Non toccheremo le tematiche ma solo le modalità dell’evento vero e proprio». Un modus operandi, questo, che riporta alla memoria i diktat grillini della prima ora. «Grillo ha sdoganato questa modalità di confronto con le istituzioni – specifica Belluzzo pur ribadendo per l’ennesima volta l’indipendenza da qualsiasi partito - . Abbiamo scelto questo atteggiamento per coerenza e responsabilità rispetto al mandato che ci è stato consegnato dalla piazza. Non si può pensare di escludere i cittadini, essendo loro i principali portatori di interesse in questa vicenda». Quella delle porte aperte non è la sola conditio sine qua non posta dal Comitato 5 dicembre. Il nodo delle tempistiche, infatti, rimane al centro della trama delle trattative. «Se l’amministrazione comunale non è in grado di incontrare i cittadini e dare risposte precise – così il comunicato - è fuori luogo che chieda ai cittadini di aspettare. I cittadini sono stati già troppo pazienti». Il sindaco Cosolini, dal canto suo, non si sbilancia su una data anche se assicura: «Nei prossimi giorni inviterò il Comitato a un incontro preliminare in Municipio». Non si dovrebbe correre il pericolo, quindi, di arrivare alle calende greche. L’incontro, insomma, si farà. Su questo aspetto non ci dovrebbero essere ulteriori ostacoli da superare. È un’altra la questione che fa sussultare il primo cittadino, il quale non ci sta a passare per un procrastinatore seriale. «Ritengo di aver chiaramente dimostrato – le sue parole – che stiamo lavorando con responsabilità per risolvere il problema e per tutelare così la salute e il lavoro dei cittadini. Alla base di un confronto costruttivo che tutti noi vogliamo, però, ci devono essere il rispetto reciproco e delle regole condivise. Credo che la cosa migliore sia quella di parlarsi direttamente».

Luca Saviano

 

L’intervento dei sindacati «Arvedi e Regione battano un colpo - Si gioca il futuro dell’industria»
«Volete un ecomostro a Servola, molto peggiore di quello che da decenni si vede all’ex Aquila?

Volete gettare alle ortiche 170 milioni di investimenti, tre quarti dei quali privati, che attiveranno in Ferriera altre 300 buste-paga nel giro di pochi anni? Volete continuare ad avere 7 mila disoccupati? Non vi interessa che Trieste abbia perso in 7 anni 5 mila posti di lavoro e che il piano Arvedi sia uno dei più ambiziosi progetti industriali a livello nazionale? Vi accontentate di una struttura sociale nella quale il 45% dei percipienti reddito sono pensionati e la metà degli occupati operano nella pubblica amministrazione? Vi basta che il Pil manifatturiero triestino arranchi attorno al 10% del totale?». Con questa falange di contro-argomenti Cgil-Cisl-Uil si stringono a coorte, tengono il punto sul piano Arvedi e rilanciano: ambiente, salute, lavoro non sono termini alternativi e debbono convivere, a principiare proprio dalle condizioni di lavoro di chi sulla Ferriera ci campa. Ma non ci stanno a combattere nella trincea della solitudine e rivolgono esplicitamente alla Siderurgica Triestina l’evocatorio «cavalier Arvedi, se ci sei batti un colpo». L’azienda tace ancora ma fa sapere che sta preparando le cifre della riscossa. I sindacati non si limitano a sollecitare la discesa in campo del gruppo cremonese: perchè si sono ricordati che il “commissario straordinario per l'attuazione degli interventi della crisi industriale complessa di Trieste” è il presidente della Regione Debora Serracchiani. E non ci tengono a passare per gli “avvocati di Arvedi” - tant’è che sull’integrativo il confronto è aspro - ma per i sostenitori di una politica industriale imperniata sul rilancio del manifatturiero: per cui lanciano l’avvertimento «a 700 posti non rinunciamo». Nella sede Uil - sindacato più rappresentativo in Ferriera - si sono così dati convegno ieri mattina i tre confederali Adriano Sincovich (Cgil), Umberto Brusciano (Cisl), Claudio Cinti (Uil). Con loro i responsabili dei metalmeccanici Fim, Umberto Salvaneschi, e Uilm, Antonio Rodà. Forfait della Fiom, dolorante per disturbi interni. La linea impostata - e già anticipata - è semplice: si può fare acciaio senza far del male. Bisogna pazientare affinchè l’insieme degli interventi impiantistici, voluti da Arvedi, vadano a regime, perchè il piano dell’imprenditore cremonese mette la salvaguardia ambientale ai primi posti nella gerarchia delle priorità. La situazione ambientale - dicono i sindacalisti - è migliorata rispetto al passato ma soprattutto è destinata a migliorare ancora. Salvaneschi, che lavora da 34 anni nello stabilimento servolano, è convinto di «non aver mai visto tanta attenzione alle problematiche ecologiche». I tre sindacati sono consapevoli che la strada imboccata abbia la corsia di sola andata: se produzione e ambiente non dialogheranno, Arvedi chiuderà l’area “a caldo”, resteranno laminatoio e logistica (alias banchina rinfusiera) che non saranno però in grado di assorbire i 250 posti che la stessa area “a caldo” oggi garantisce. E allora? E allora - risponde Sincovich - «avremo l’ennesima crisi industriale». Crisi che nel caso della Ferriera è purtroppo la regola: in poco meno di trent’anni Finsider vendette, Pittini ci rimise qualche penna, Lucchini finì male, il russo Mordashov tolse le tende. Tra un capitolo e l’altro di questo dramma, sempre denaro pubblico per lenire immancabili ferite. Infine i tre leader sindacali triestini non si sottraggono al confronto con i comitati che hanno dato vita al corteo domenicale: «Abbiamo sempre discusso e se ci invitano lo rifaremo. Ma perchè vi sia vera discussione, occorrono reciproche disponibilità all’ascolto».

Massimo Greco

 

 

Traffico regolare in centro - Oggi arriva la pioggia - Stop all’emergenza smog
Dopo cinque giorni di traffico limitato in centro, rientra l’emergenza smog a Trieste.

L’abbassamento dei valori delle pm10 registrati dalle centraline dell’Arpa (seppur in aumento nella giornata di lunedì rispetto a quella di domenica) e, soprattutto, le previsioni meteo che annunciano l’arrivo di pioggia, vento e basse temperature, hanno convinto l’amministrazione comunale a non prorogare l’ordinanza anti-smog relativa al Piano di Azione Comunale emessa giovedì scorso. Già nella giornata di oggi, quindi, le vetture potranno tornare a circolare regolarmente, senza il rischio di incappare nei controlli della polizia locale, che anche ieri, nell’ultimo pomeriggio di stop dalle 15 alle 20, ha fermato 39 vetture ed erogato 4 multe. «Domani mattina (oggi, ndr) riceveremo gli ultimi dati dell’Arpa e faremo il punto sulla situazione, anche se credo si possa dire che l’emergenza inquinamento da polveri sottili sia ormai rientrata - spiega l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni -. In questi giorni devo dire che i triestini sono stati molto diligenti e hanno accettato le limitazioni, nonostante non sia semplice cambiare le proprie abitudini». A testimoniare la buona condotta dei triestini sono i dati diffusi della polizia locale, che nei primi quattro giorni di traffico “ridotto” ha effettuato all’incirca 250 controlli, erogando poco più di una trentina di multe. Venerdì sono stati staccati solo due verbali, domenica nemmeno uno, mentre le giornate di sabato e lunedì sono state quelle che hanno visto il maggior numero di automobilisti “indisciplinati”, con 15 multe al giorno. Tornando alla questione smog, se nella giornata di domenica le concentrazioni delle polveri sottili sono “crollate” al di sotto dei limiti di legge, fissati a 50 microgrammi per metro cubo d’aria, lunedì i valori hanno ricominciato a salire, attestandosi attorno agli 80 mg (77 in piazza Libertà, 84 in via San Lorenzo in Selva e 86 in via Carpineto). Ben lontani, ad ogni modo, dai 119 registrati in via Svevo lo scorso mercoledì. A convincere il Comune a riaprire il traffico veicolare, quindi, sono state soprattutto le previsioni meteo. L’Osmer Fvg annuncia, per la giornata odierna, cielo coperto con foschie, nebbie e pioviggini in mattinata, mentre dal pomeriggio sono in arrivo precipitazioni abbondanti. A tarda sera sarà possibile vedere una spruzzata di neve sulle zone più alte del Carso, mentre sulla costa dovrebbe tornare la Bora. Domani dovrebbe splendere finalmente il sole, seppur con temperature più basse rispetto a quelle a cui eravamo abituati in questi giorni.

Elisa Lenarduzzi

 

 

SEGNALAZIONI - Nessun incentivo per la raccolta differenziata: filiera senza senso?

Ho sottomano un vostro opuscolo (5.a edizione) in cui illustrate la destinazione della raccolta differenziata e i siti della trasformazione relativi al 2013 nel Nord Italia.

Oggi i dati, a seguito delle numerose campagne incentivanti promosse a cura dei Comuni, saranno senz’altro aumentati. Sono una convinta sostenitrice della raccolta differenziata. La faccio da anni, per poter lasciare un pianeta più pulito, limitando lo sfruttamento esasperato delle sue risorse, e per dare occupazione lavorativa. Mi sorge però un dubbio: in tanti anni ho raccolto separatamente, in recipienti da me acquistati, e depositato negli appositi contenitori che svolgono una precisa funzione estetica delle nostre vie (ma questo è un altro argomento) chili di carta, vetro, plastica, tappi ed altro. Materiali provenienti dai confezionamenti da me acquistati, assieme ai prodotti contenuti in essi. Una volta... esisteva la cauzione: tu comperavi una bottiglia di birra, e quando riportavi il vuoto ti rimborsavano il suo valore, oppure ne acquistavi un'altra al netto del costo del vetro. Oggi non è più così, almeno qui nella nostra provincia. In altri luoghi, non lontani, (Veneto e Trentino), vengono pesati i rifiuti differenziati il cui valore viene detratto dalla tassa locale sui rifiuti. In altri paesi (Germania) se inserisci un certo quantitativo di lattine vuote negli appositi contenitori, ti viene rilasciato un buono per ricevere una lattina piena. Vi chiedo, pertanto, se le mie motivazioni, ecologica ed etica, abbiano realmente significato, e se il lavoro da me fatto per la raccolta differenziata, va esclusivamente nelle tasche di una filiera che poi mi rivende la plastica, il vetro, ecc. infinite volte.

Livia Pregarc

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 febbraio 2016

 

 

Tredici multe durante i controlli antismog - Oggi il sindaco decide l’eventuale proroga
Un po’ di controlli in meno ma un numero di multe analogo a sabato. Questo il bilancio della penultima giornata a traffico limitato, durante la quale la Polizia municipale ha fermato 57 veicoli elevando 13 sanzioni.

Quella di oggi, intanto, secondo l’ordinanza firmata dal sindaco la scorsa settimana, dovrebbe essere l’ultima giornata delle limitazioni, semprechè il primo cittadino e l’assessore all’Ambiente Laureni, sulla base dei dati delle polveri sottili rilevati ieri, non decidano di prorogare le misure antismog. Le ultime misurazioni, rese note ieri, riguardano la giornata di domenica, in cui, un po’ per il traffico ridotto un po’ per la pioggia, le concentrazioni delle polveri sottili sono “crollate” al di sotto del limite di legge: in piazza Libertà la centralina dell’Arpa ha registrato 40 milligrammi per metro cubo e in via Carpineto 39. Continuano invece i problemi per la centralina di via Svevo, che da venerdì scorso non “produce” dati.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 febbraio 2016

 

«La salute non si tocca» - Quattromila in corteo

La protesta pacifica contro le emissioni dell’impianto di Servola sfila tra slogan, striscioni, mascherine, sacchetti di polvere e la diffida ai partiti
La quiete domenicale è stata interrotta bruscamente dal passaggio di 4mila persone, secondo le stime della Questura, scese in strada per dire basta all’inquinamento della Ferriera. Il lungo corteo, promosso dal Comitato 5 dicembre, si è mosso da piazza Oberdan attorno alle 15.30 e, dopo aver attraversato via Ghega, piazza Libertà e le Rive, è giunto in piazza Unità d’Italia con le ultime luci della sera. Un fiume in movimento, pacifico e colorato, che ha più volte scandito un solo slogan: «La salute non si tocca». Un messaggio chiaro e sintetico, ripreso dalle decine di striscioni e cartelloni sorretti dai manifestanti, che è stato idealmente indirizzato alla politica, «da sempre sorda alle ragioni della cittadinanza». Gli organizzatori si aspettavano una risposta della città, per capire quanto è sentita a Trieste la questione della Ferriera. Una risposta che è arrivata e ha stravolto le più rosee aspettative della vigilia che indicavano la soglia delle 1500 presenze come il traguardo da raggiungere. Un successo, quello del comitato che ha come manifesto programmatico giustizia, salute e lavoro, che è stato ottenuto senza dover strizzare l’occhio ai partiti e ai movimenti locali, invitati a non cadere nella tentazione del comizio elettorale. La piazza è stata conquistata dai semplici cittadini e dalle associazioni che da anni combattono contro le emissioni dell’impianto siderurgico di Servola. Una guerra contro i 40 milioni di metri quadri di fumi che quotidianamente fuoriescono dall’area a caldo dello stabilimento. «Siamo stati per troppo tempo in silenzio – ha urlato al microfono il comico Flavio Furian, salito sul ribaltabile del furgone che ha preso la testa del corteo - . Ci siamo finalmente svegliati e ora la politica non potrà non ascoltarci». Sono state distribuite centinaia di mascherine e in molti, oltre a essersi sporcati di nero il volto, hanno portato dei sacchetti con la polvere made in Ferriera, a testimonianza della lotta quotidiana ingaggiata dai residenti di Servola e Valmaura contro il pulviscolo fuoriuscito dalla cokeria. Tantissimi i bambini presenti in compagnia di nonni e genitori. Gli striscioni con su scritto “Vogliamo un futuro respirabile” e “Il futuro siamo noi e diciamo no all’inquinamento” sono stati scritti e messi in mostra da Angelica, Marco, Eva e Miriam, rispettivamente di sette, quattro, quattro e tre anni. «Siamo qui per i nostri figli e nipoti – spiega Dario Pernich, pensionato servolano che è giunto in piazza con tutta la famiglia - . La mia nipotina Viola si fa delle domande e ha paura di quello che potrebbe accadere continuando a respirare l’aria inquinata». Oltre ai fumi e all’inquinamento acustico, che secondo molti è peggiorato negli ultimi mesi, Pernich guarda con sospetto alla politica: «Attorno alla Ferriera c’è un protezionismo inspiegabile – sottolinea il pensionato, che ci tiene a precisare di avere grandissimo rispetto per i lavoratori di quel comparto - . Mettono in pericolo la nostra salute per difendere dei posti di lavoro. Ma allora dove erano quando falliva negli anni Novanta la Iret? Cosa hanno fatto per non far chiudere la Vetrobel, la Dreher e la Stock?». Per molti giovani quella della Ferriera si è rivelata la prima occasione per scendere in piazza. Mario Stock, Dylan e Alex Pieri superano di poco i cinquant’anni in tre: «I servizi della Iena Nadia Toffa e alcuni gruppi su Facebook ci hanno stimolato – spiegano i ragazzi - . Non volevamo limitarci a condividere la nostra indignazione sul web o a mettere dei “like” sui social network, così abbiamo deciso di manifestare per poter vivere in un ambiente più pulito». Adriano Tasso, per l’associazione NoSmog, ha decretato il fallimento della politica locale degli ultimi vent’anni: «Hanno utilizzato il tema della Ferriera solo a fini elettorali – le sue parole - , ma non hanno mai fatto nulla di concreto». «Il problema non è solo dei servolani – gli ha fatto eco Alda Sancin, presidente della medesima associazione - , visto che basta una leggera brezza per portare le polveri in tutta la città». Il coordinatore regionale di FareAmbiente Giorgio Cecco ha ribadito di essere dalla parte dei lavoratori: «Non siamo contro nessuno, siamo per la tutela della salute pubblica». Barbara Belluzzo, una delle prime fondatrici del Comitato 5 dicembre, gongola per la riuscita della manifestazione: «Non siamo stati strumentalizzati dalla politica ma adesso, sulla base del consenso ricevuto, ci proponiamo alle istituzioni come interlocutori».

Luca Saviano

 

Il Comitato: «Adesso nulla sarà come prima»
Un lungo applauso anticipa il rompete le righe: «Da moltissimi anni Trieste non si mobilitava così»
La manifestazione viene chiusa alle 17.30, due ore dopo la sua partenza. Un lungo applauso anticipa il “rompete le righe”. «Nulla sarà come prima – commentano gli organizzatori del Comitato 5 dicembre, convinti che questo corteo sia solo il primo passo di un lungo e difficile cammino - . Una manifestazione di questa portata non si vedeva a Trieste da moltissimi anni». «Tuti xe contenti – commenta un’anziana servolana mentre mostra un sacchetto pieno di pulviscolo nero - , ma i problemi resta quei de sempre. Ogni mattina devo far battaglia con le polveri che se infila dapertuto. Scrivi questo, me racomando». E intanto le differenti anime del corteo, unite nella fase di denuncia della «disastrosa situazione ambientale», divergono sulle possibili soluzioni da attuare per superare il problema dell’inquinamento. «Conosco bene la Ferriera e va buttata giù. Non c’è alternativa – spiega Luigi Pastore, sindacalista Failms durante la gestione del Gruppo Lucchini - . L’impianto risale al secolo scorso. È obsoleto e non ci sono alternative alla sua demolizione e a una successiva riconversione dell’intera area». La storia di Pastore, che viene raccontata anche in piazza Unità nel corso degli interventi finali, è simile a quella di molti altri operai e residenti nei rioni di Servola e di Valmaura. «Sono ammalato – spiega l’ex rappresentante sindacale - . Ho un linfoma e per questo mi è stata riconosciuta la malattia professionale». Pastore attualmente è in cassa integrazione, insieme ad altri quaranta lavoratori. «La cassa scade il prossimo 6 novembre – continua – ma io non ci ritorno a lavorare in quelle condizioni. Una volta era anche peggio: ricevevo centinaia di segnalazioni che non venivano nemmeno prese in considerazione dalla proprietà. Nemmeno le lampadine venivano cambiate dalla Lucchini». Parole dure, le sue, che però non risparmiano nemmeno la nuova proprietà: «Al Gruppo Arvedi interessa solo la logistica – afferma con convinzione - , altro che la produzione della ghisa». Considerazioni, queste, di chi sa che deve combattere per mantenere il proprio posto di lavoro, ma anche di chi è conscio di dover lottare per tutelare la propria salute, minata da una malattia che in molti attribuiscono all’inquinamento prodotto dalla Ferriera. «La gente è stufa di quella fabbrica – conclude Pastore - . Trieste non merita di essere esposta all’inquinamento di quello stabilimento».

(lu.sa.)

 

Politici confusi tra la folla - Chi ci prova incassa fischi
Gli organizzatori: «Nessuno osi mettere il proprio cappello su questa iniziativa» - Le poche bandiere sono di Tlt, Fdi, Destra Sociale e M5S. Marchesich zittito
Per una volta hanno vestito i panni degli attori non protagonisti e anche all’interno del corteo hanno assunto una posizione defilata. I politici locali che hanno preso parte alla manifestazione non hanno ricevuto alcun trattamento di favore, anzi. Le uniche bandiere di partito esposte al vento sono state quelle appartenenti alla galassia del Tlt, seguite numericamente dai vessilli di Fratelli d’Italia e della Destra Sociale. Pochissime le 5 stelle del Movimento. Assenti tutti gli altri simboli. Gli organizzatori sono stati chiari: «Non provate a venire qui a fare la vostra campagna elettorale - così Andrea Rodriguez -. Nessuno osi mettere il proprio cappello su questa manifestazione». Parole che, evidentemente, non sono state recepite dall’indipendentista Giorgio Marchesich, che è stato sommerso dai fischi e dagli ululati della piazza appena ha accennato il solito refrain del «Se verrò eletto...». Via il microfono e comizio terminato per il candidato sindaco del Tlt. Il leghista Pierpaolo Roberti ha scelto di mantenere un basso profilo: «Sono qui come libero cittadino - le sue parole - senza bandiere di partito. Qua la politica non c’entra, qua ci sono solo cittadini che chiedono a gran voce di poter vivere in una città più pulita». Paolo Menis ha ribadito la scala dei valori alla quale guarda il Movimento 5 Stelle: «Il diritto alla salute viene prima del diritto al lavoro - ha sottolineato il consigliere comunale, non lontano da Paola Sabrina Sabia, l’altro aspirante pentastellato al ruolo di primo cittadino -. Cosolini ha tracciato una strada ma poteva e doveva fare di più, mentre Dipiazza ha governato per dieci anni senza risolvere il problema». Paolo Rovis e Lucrezia Chermaz, per Trieste Popolare, chiedono invece «il rispetto degli impegni presi, a distanza di un mese da quella che era indicata come la data entro la quale conoscere le reali dimensioni dell’inquinamento». Il deputato del Gruppo misto Aris Prodani parla invece di «chiara volontà politica finalizzata a lasciare le cose come stanno, quando servirebbe una seria riconversione dell’intera area industriale». Fabio Scoccimarro (Fratelli d’Italia) lancia una frecciata a Roberto Dipiazza: «Se non sottoscrive un impegno sulla Ferriera salta qualsiasi ipotesi di accordo». Mentre Luca Chiavegatti, candidato sindaco della Destra Sociale, dopo essersi smarcato definitivamente da “Dipi”, chiede «che i dipendenti della Ferriera vengano occupati nelle lunghe e complesse operazioni di bonifica dell’intera area».

(lu.sa.)

 

Cosolini: «Numeri importanti e timori reali»
Il sindaco riconosce la spontaneità del corteo: «Non credo che i più siano pregiudizialmente contro»
«Mi aspettavo numeri importanti e tali sono stati. Mi ha fatto piacere che si sia trattato di una manifestazione serena. Il mio parere è che questa dimostrazione abbia espresso preoccupazioni realmente avvertite e che abbia mobilitato in maniera prevalente sentimenti spontanei, non pilotati dalle forze politiche». «Sotto questo profilo credo che vada dato atto ai promotori di aver tutelato le caratteristiche “aperte” dell’iniziativa, senza farsi irretire da strumentalizzazioni partitiche». Trascorse da poco le 7 serali, Roberto Cosolini fa il punto su un evento molto partecipato, che riguarda uno dei dossier “caldi” sul tavolo dell’amministrazione comunale uscente ma con la volontà di essere rientrante. «Sono convinto che la maggior parte dei manifestanti - osserva il sindaco - non sia pregiudizialmente contraria alla Ferriera, contraria all’attività produttiva che viene svolta nello stabilimento. Il punto dirimente riguarda invece le necessarie garanzie affinchè l’attività produttiva non provochi danni alla salute». «A questo proposito - prosegue l’analisi del primo cittadino - stiamo compiendo il massimo sforzo perchè la Ferriera non debba rappresentare più un problema. È indispensabile ottenere certezze riguardo la salvaguardia della salute pubblica. In tempi brevi». «Pechè esiste un grave problema di tempi - incalza Cosolini - la Ferriera è un problema da troppi anni e le certezze annunciate non sono ancora certezze effettive». Cosolini ribadisce un argomento che gli è caro: «Noi abbiamo compiuto delle scelte, fare scelte - anche discutibili - è meglio che non farne». Il sindaco fa implicito riferimento alle intese intervenute con Arvedi, uno dei signori dell’acciaio tricolore. E alla Siderurgica Triestina, la controllata del gruppo Arvedi che gestisce l’operazione Ferriera, manda due messaggi. «L’azienda ha capito la necessità di rispettare tempi e contenuti degli accordi pattuiti - trasmette Cosolini - se non lo aveva capito prima, penso che lo abbia compreso osservando il livello di partecipazione alla manifestazione». Secondo telegramma: «Siderurgica Triestina deve comunicare meglio alla città, perchè non basta fare riferimento agli organi tecnici: bisogna informare l’opinione pubbli9ca».

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 31 gennaio 2016

 

 

Il popolo anti Ferriera scende in piazza alle 15
Il Comitato organizzatore: «Siamo apolitici e difendiamo il diritto alla salute» - Ma a sfilare ci sarà un fronte partitico che va dai Cinquestelle alla Lega
Sfileranno da piazza Oberdan fino a piazza Unità per richiamare l’attenzione su una situazione «diventata insopportabile». La manifestazione di questo pomeriggio, che prenderà il via alle 15, si preannuncia tra le più partecipate degli ultimi anni. Migliaia di persone sembrano intenzionate a rispondere alla chiamata del Comitato 5 dicembre, un gruppo spontaneo di liberi cittadini che si è formato lo scorso anno «per provare a risolvere il grave problema di salute che è legato alla presenza in città della Ferriera di Servola». In molti hanno già dato la propria adesione. La pagina Facebook “Basta Ferriera” e quella dello stesso comitato organizzatore sono diventate un terreno dove il confronto si è acceso di settimana in settimana. Il livello di attenzione attorno all’impianto siderurgico triestino è elevatissimo e il vicino orizzonte elettorale potrebbe aprire degli scenari insospettabili fino a qualche tempo fa. Il fronte politico, infatti, sembra volersi coagulare attorno all’altoforno della Siderurgica Triestina, se si esclude ovviamente l’attuale maggioranza che si trova al timone di Palazzo Cheba. Trieste Popolare, Pdl, Movimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia, Lega Nord, Destra Sociale, Lista civica Stop prima Trieste e le diverse sigle della galassia che ruota attorno al Tlt sono le forze politiche che fino ad ora hanno garantito la propria presenza al corteo. Anche l’associazionismo locale scenderà in strada. Dietro ai servolani di NoSmog, da quasi dieci anni impegnati in questa battaglia, si muoveranno gli attivisti del Wwf Fvg e del Wwf Taranto, Fare Ambiente, Comitato salvaguardia del Golfo di Trieste, Suez, Carso Pulito/Cist Kras, Richard Francis Burton Society e l’Associazione ambientalista Eugenio Rosmann di Monfalcone. Il tono della protesta assumerà sfumature diverse. Se alcune anime del corteo, infatti, chiederanno la chiusura dello stabilimento senza se e senza ma, in molti si adegueranno alla linea dettata dagli stessi organizzatori. «Non cerchiamo la contrapposizione con i lavoratori – sottolinea Barbara Belluzzo, una delle promotrici dell’iniziativa - . Comprendiamo l’esigenza di veder garantita la propria occupazione, ma non possiamo in alcun modo accettare che per questo motivo venga compromessa la salute della cittadinanza». Belluzzo, che ci tiene a precisare la natura apolitica e apartitica del comitato, chiama in causa la politica: «Spetta alle istituzioni il compito di garantire la compatibilità fra lavoro e salute. Non siamo noi a dover dire se la Ferriera va chiusa o meno». Gli organizzatori si sono incontrati il 5 dicembre dello scorso anno, «per dare concretezza alla rabbia e alla frustrazione di tutte quelle migliaia di persone che sono seriamente preoccupate per l’inquinamento della Ferriera». «Non accettiamo più che i cittadini – così Belluzzo – continuino a fare da cavie agli esperimenti messi in atto dalla proprietà dello stabilimento. Siamo consci che la campagna elettorale è alle porte e che in molti punteranno a utilizzare l’attuale primo cittadino come capro espiatorio. La responsabilità deve ricadere sulle spalle di chi ha firmato l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia)». Nemmeno Alda Sancin, presidente dell’associazione NoSmog, punta il dito contro il sindaco Roberto Cosolini: «La nostra non vuole essere una manifestazione contro il sindaco. Cosolini paga perchè il suo è un ruolo in prima linea. L’intero panorama politico cittadino e regionale non è esente da colpe, ma a finire sotto accusa sono soprattutto gli accordi di programma fatti a Roma dalla governatrice Debora Serracchiani, dal premier Matteo Renzi e dai proprietari del Gruppo Arvedi». Sancin non ha perso l’energia in tanti anni di battaglie, anche se si dice «stanca dei soliti giochetti della politica che vengono fatti sulla pelle dei cittadini». «Se l’amministrazione comunale ci ha ampiamente ascoltati, quella regionale si è limitata a fare dei proclami. La presidente Serracchiani, che è il commissario straordinario per la Ferriera, non credo sia mai passata a Servola» aggiunge Sancin. Anche l’associazione NoSmog si allinea agli organizzatori prendendo le distanze da una possibile «guerra fra poveri che metta contro i cittadini e i lavoratori della Ferriera». «Quello dell’occupazione è il solito paravento dietro il quale si nasconde la politica – conclude Sancin - . Ogniqualvolta si prova a sfiorare il comparto industriale si finisce a parlare di licenziamenti». Queste ragioni confluiranno in piazza Unità che verrà raggiunta da piazza Oberdan attraverso via Ghega, piazza Libertà e le Rive.

Luca Saviano

 

 

Quindici multe nei controlli anti inquinamento
Seconda giornata dell’ordinanza che limita il traffico e il riscaldamento. Si continua fino a martedì
Un po’ il maltempo, che avrà indotto molti automobilisti a rischiare la multa nonostante le limitazioni al traffico, un po’ il fatto che ieri era il secondo giorno di applicazione dell’ordinanza (era difficile dire di non sapere), e quindi è ipotizzabile che la Polizia municipale abbia applicato le norme con maggiore rigidità. Quale che sia la ragione, le cifre registrano - quasi a parità di controlli rispetto a venerdì, più di 70 i mezzi fermati - una crescita delle sanzioni: rispetto alle sole due multe del giorno prima, ieri gli agenti della Polizia municipale ne hanno inflitte 15 (e la cifra non è certo leggera, visto che si tratta di 164 euro). L’applicazione dell’ordinanza prosegue, com’è noto, fino martedì, quando potrebbe anche essere prorogata visto che per l’inizio della settimana le previsioni meteo non promettono grandi mutamenti. Solo nella serata di mercoledì i venti da Sud dovrebbero “ruotare” ad Est, consentendo una riduzione della cappa di umidità che sta attanagliando tutta le regione, e non solo. Le decisioni dell’amministrazione comunale dipenderanno come sempre dai valori delle polveri sottili (pm10). La pioggia di ieri potrebbe averne ridotto la concentrazione, ma per verificare eventuali mutamenti nei livelli di inquinamento bisognerà attendere i dati che l’Arpa fornirà domani. Per intanto, le concentrazioni rilevate venerdì non hanno dato indicazioni confortanti, anzi. Nella prima giornata delle limitazioni al traffico, i livelli delle pm10 sono infatti risultati in crescita rispetto al giorno prima. In piazza Libertà si sono registrati 131milligrammi per metro cubo (120 il valore di giovedì) e in via Carpineto ben 156, contro i 141 del giorno prima. L’Arpa non ha invece reso noto il valore delle pm10 in via Svevo (giovedì a quota 137), per ragioni che non si conoscono, anche se è ipotizzabile qualche problema alla centralina. A proposito di concentrazioni, da qualche tempo l’Arpa comunica anche quelle delle pm 2.5, polveri ancora più sottili e ritenute maggiormente pericolose rispetto alle pm10 per la loro capacità di raggiungere più in profondità l’apparato respiratorio. Anche i livelli di queste non sono tali da lasciare tranquilli: in piazza Libertà mercoledì sono stati rilevati 93 microgrammi per metro cubo, saliti giovedì a 104 e venerdì a 111.

 

 

Monta la rivolta contro le boe sotto il Rilke - Il comitato Cittadini per il Golfo e la Comunella di Duino annunciano «iniziative per porre fine ai divieti»
DUINO AURISINA - Basta con le recinzioni, con i limiti, con i confini. «Vogliamo ci sia restituito il nostro legittimo diritto di residenti di godere pienamente delle bellezze del territorio nel quale siamo nati».

Si alza forte la protesta comune dei Cittadini per il Golfo e della Comunella di Duino dopo i più recenti avvenimenti che hanno caratterizzato la vita nel territorio comunale, in particolare l’adozione del Regolamento che disciplina l’utilizzo della Riserva delle Falesie, culminato nella posa in mare delle tanto criticate boe gialle, che delimitano lo specchio d’acqua all’interno del quale la nuova disciplina non permette di entrare. «In questo sistema di gestione - dicono Danilo Antoni e Vladimiro Mervic, portavoce dei due gruppi - c’è qualcosa che non va. Tutti i sindaci che si sono succeduti negli ultimi anni hanno tenuto congelato il documento di definizione finale riguardante il Regolamento di gestione, rispolverato in quest’ultima legislatura dal consigliere Maurizio Rozza e dall’assessore Andrej Cunja, cui l’intera maggioranza non ha mancato di far subito arrivare la necessaria legittimazione. E tutto questo - sottolineano - senza il promesso capillare coinvolgimento della popolazione locale. Anche la raccolta di firme contro il Regolamento, rapidamente arrivata a quota 400, è stata sbrigativamente accantonata. La Riserva è stata disciplinata, sono state posizionate le boe ed è stato istituito il sistema di confini, anche sul mare, con i nuovi padroni e i nuovi controllori. Le boe - sottolineano - sono terribili totem moderni, inneggianti alla sfiducia verso la cultura locale e gli abitanti stessi. Sono impattanti in modo sgradevole con uno degli scorci di paesaggio più belli d’Europa e hanno il banale fine di impedirci di sentire nostro uno degli ultimi pezzi di mare liberi. Sembrano - proseguono Antoni e Mervic - l’inizio di un progetto di recinzione. Ogni giorno troviamo nuovi impedimenti, nuovi divieti, manco fossimo delinquenti, maleducati o inquinatori, mentre si sa che il nostro territorio lo abbiamo sempre rispettato. Comunella e Cittadini per il Golfo si stanno organizzando - annunciano - per porre fine a scelte che nulla hanno a che vedere con la democrazia. Coinvolgeremo associazioni e realtà del nostro territorio. Ci stiamo organizzando per cambiare il modus operandi che non tiene in alcuna considerazione il parere dei cittadini».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 gennaio 2016

 

 

«La riserva sull’area a caldo non è sciolta» - Cosolini spiega che le emissioni della Ferriera sono in calo «ma andiamo avanti con il monitoraggio»

La protesta di domani Continuano le adesioni di partiti e associazioni
«L’andamento delle emissioni ambientali dalla Ferriera di Servola indica una linea di tendenza positiva, ma non sciogliamo ancora definitivamente la riserva sul mantenimento dell’area a caldo». Lo ha detto ieri il sindaco Roberto Cosolini in una conferenza stampa in cui era affiancato dall’assessore all’Ambiente Umberto Laureni e dal direttore dell’Arpa Luca Marchesi indetta «per fare una chiarezza dovuta ai partecipanti alla manifestazione di domenica (domani, ndr.), ma non a quelle sigle politiche che vi prendono parte per pura speculazione elettorale dato che non hanno mai affrontato la situazione poi avendo governato a lungo negli anni scorsi». Il sindaco ha ricordato le due ordinanze emesse giovedì nelle quali ha intimato all’azienda di intervenire ulteriormente nel reparto della cokeria e di adottare precauzioni specifiche per l’area ghisa. «Il benzopirene nei primi sette mesi dell’anno era a 1,5 microgrammi per metrocubo (il limite di legge è 1), nei quattro mesi successi a 0,6». Ciò starebbe a significare che gli accorgimenti che Siderurgica Triestina sta mettendo progressivamente in funzione danno risultati. Le Pm10 invece a causa delle condizioni meteo di questi giorni segnavano in via San Lorenzo in Selva, di fronte alla Ferriera («da adesso prendiamo in considerazione anche questa centralina finora molto discussa», ha sottolineato il sindaco) gli stessi valori che a Udine. «Entro il 28 febbraio - ha annunciato - l’azienda si è impegnata a completare l’insonorizzazione dell’impianto di aspirazione della cokeria. Ora di notte funziona a ritmo ridotto per contenere il rumore, e di conseguenza c’è qualche emissione in più». Marchesi ha spiegato che per redarre la nuova Aia, molto più specifica e stringente rispetto a quella precedente «generico-esortativa», i migliori tecnici dell’Arpa hanno effettuato a Servola 40 ispezioni e ora ne sono previste quattro all’anno rispetto a una singola che veniva fatta negli anni precedenti. Tutti questi chiarimenti non hanno soddisfatto alcune componenti dell’associazione Nosmog intervenute alla conferenza. E per quanto riguarda la manifestazione di protesta di domani, il coordinatore del Triveneto di Destra Sociale, Luca Chiavegatti ha annunciato che «per ribadire che le priorità sono la tutela della salute pubblica dei lavoratori e dei residenti e la difesa dell'ambiente Destra Sociale aderirà con lo slogan di “Trieste non si piega”. Hanno poi annunciato la loro adesione anche il gruppo del Pdl in Consiglio comunale e l’associazione Italiani di Trieste. Sull’Aia è intervenuto ieri anche il presidente di Confindustria Venezia Giulia Sergio Razeto sottolineando che «contiene importanti tratti di novità, stabilendo valori da rispettare più stringenti rispetto al passato, fissando cadenze di monitoraggio annuali non previste in precedenza, introducendo per la prima volta il ricorso alle migliori tecnologie disponibili e l'adozione della Vis - Valutazione di impatto sulla salute. Un documento che mira quindi a conciliare l'attività industriale di un sito fondamentale per il tessuto economico del territorio, dato il numero di occupati diretti e in diretti, con il rispetto della sostenibilità e della tutela dell’ambiente e della salute. Fin dal suo arrivo a Trieste - ha proseguito - il Gruppo Arvedi ha preso impegni per il ripristino manutentivo degli impianti e l'adeguamento dei presidi ambientali, con l'obiettivo di una drastica riduzione delle emissioni, dimostrando costantemente serietà circa la tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini. Probabilmente, rispetto alla road map iniziale, il percorso è leggermente rallentato, ma stiamo assistendo all'avanzamento di opere di ammodernamento, che stanno già determinando un significativo abbassamento dei valori di inquinanti e di polveri sottili. Per valutare l'impatto complessivo sull'ambiente degli investimenti già fatti e su quelli ancora in corso - conclude Razeto - l'Associazione ritiene che si debba aspettare il completamento delle opere programmate».

(s.m.)

 

 

Centomila abitanti in più se Porto vecchio decolla - Il Comune fornisce le prime stime sull’operazione di sdemanializzazione
Gli analisti: «Trecentomila residenti e due milioni di turisti all’anno nel 2030». A quel punto il Comune dovrà incominciare a pagare tasse, assicurazioni, vigilanza, manutenzioni e a fare le opere di infrastrutturazione.
L’advisor Ernst&Young incomincerà nei prossimi giorni la collaborazione con il Comune per le linee guida del Piano per la valorizzazione del Porto vecchio. Lunedì con la delibera della Giunta incomincerà il percorso per l’intavolazione dei Magazzini e degli edifici che nel giro di alcuni mesi diverranno proprietà del Comune

Trecentomila abitanti e due milioni di turisti all’anno: è la Trieste del 2030 e, se i due dati si saranno rivelati esatti, ciò significherà che l’operazione Porto vecchio è andata a segno e che la data del 2016 con il passaggio del mezzo milione di metri quadrati di un’area tra le più suggestive d’Europa dal Demanio marittimo al Comune resterà tra quelle epocali della storia della città accanto al 1719, anno di proclamazione del Porto franco. Ma ogni crescita tumultuosa comporta anche duri sacrifici e qualche assaggio lo si è avuto ieri nel corso della riunione congiunta della terza e della quarta commissione del Consiglio comunale in cui è stato fatto il punto sullo “Stato di attuazione dell’iter giuridico-amministrativo e delle attività correlate alla sdemanializzazione del Porto vecchio”. Il quadro è stato fornito da Walter Toniati, responsabile dell’Ufficio progetti strategici del Comune, supportato dal sindaco Roberto Cosolini e dagli assessori al Demanio Andrea Dapretto e allo Sviluppo economico Edi Kraus, anche in risposta alle domande dei numerosi consiglieri. Il numero finale di 300mila abitanti (che significherebbe una crescita di quasi il 50% degli attuali 204mila) e di due milioni di visitatori all’anno è stato già valutato come la mèta di un trend ottimale da parte di esperti analisti visto che la città sta per acquisire un’area nuova di ben 600mila metri quadrati. «Il 26 gennaio con la firma del decreto da parte del Commissario del Governo - ha spiegato Toniati - è incominciata una fase transitoria in cui non cambierà quasi nulla, ma che si concluderà tra alcuni mesi con l’intavolazione di Magazzini e fabbricati a favore del Comune. Da quel momento l’amministrazione dovrà sobbarcarsi il pagamento di imposte e tasse, quote di assicurazione, vigilanza, manutenzioni ordinarie e straordinarie. Non solo, dovrà anche provvedere all’infrastrutturazione dell’area (allacciamenti fognari, idrici, elettrici, informatici, ecc.) che non potrà essere a carico dei futuri investitori. C’è già un progetto con una stima dei costi e una spesa prevista di 9 milioni di euro per una porzione di 100mila metri quadrati. Per 600mila quadrati non si può moltiplicare per sei perché vi sono economie di scala, ma comunque si tratterà di spendere alcune decine di milioni di euro». Il bilancio del Comune ne uscirà rivoluzionato, a meno di non riuscire a ottenere ingenti finanziamenti pubblici finalizzati, così come il Piano regolatore che per forza subirà modifiche anche rispetto a quelle che è ora la variante Barduzzi del vecchio Piano regolatore portuale. Le destinazioni d’uso che risulteranno più appetibili da parte degli investitori internazionali saranno infatti già indicate dall’advisor Ernst&Young anche se, come ha specificato lo stesso Toniati, il Consiglio è sovrano e potrà recepirle o meno. «Il Comune per poter sopperire alle ingenti spese che si troverà a dover affrontare - ha suggerito Toniati - dovrebbe chiedere di poter trattenere il 13% del ricavato dalla vendita dei Magazzini che a norma di legge (l’emendamento di Francesco Russo) dovrà andare a favore delle infrastrutture del Porto nuovo».

Silvio Maranzana

 

 

Tanti controlli antismog ma solo due multe - Nella prima giornata a traffico limitato decine e decine di chiamate al centralino della Municipale
Decine e decine di chiamate al centralino della Polizia municipale di chi chiedeva chiarimenti sull’ordinanza, una settantina di controlli da parte delle pattuglie che hanno operato nella vasta zona a traffico limitato, ma due sole le multe (anche se da 164 euro) inflitte ad automobilisti sorpresi a circolare con mezzi “proibiti”.

Questa la “fotografia” della prima delle cinque giornate di traffico “ridotto” a causa della cappa di smog sempre più pesante, che giovedì ha appunto indotto il Comune a far scattare le misure relative alla circolazione dei veicoli e agli impianti di riscaldamento previste dall’apposito piano. Sul fronte dei dati quella di oggi sarà la giornata delle verità. Saranno infatti disponibili i rilievi delle polveri sottili (pm10) effettuati ieri, per cui si avrà l’evidenza se le limitazioni al traffico hanno avuto o meno qualche effetto. Le cifre disponibili (relative alla giornata di giovedì) non lasciano prevedere riduzioni importanti dell’inquinamento. Non per niente l’ordinanza del Comune è valida fino a tutto martedì, giornata in cui è atteso un peggioramento delle condizioni meteo. Le cifre, si diceva. Giovedì la situazione è peggiorata rispetto al giorno precedente. Limitandosi alle polveri sottili, le centraline dell’Arpa hanno rilevato 120 milligrammi per metro cubo in piazza Libertà (mercoledì erano 109), 141 in via Capineto (111 il giorno prima) e 137 in via Svevo (119 mercoledì). Centralino “bollente” quello della Polizia municipale (alla quale le richieste sono arrivate anche via “social media”) con una valanga di chiamate per verificare soprattutto l’orario di limitazione al traffico (dalle 15 alle 20) e per chiarimenti sui mezzi “ammessi” a circolare nell’estesa area limitata dal piano comunale. Ricordiamo che per le auto private la circolazione è permessa a quelle omologate Euro 4, 5 e 6, mentre motociclette e ciclomotori devono essere omologati Euro 3. Tutti gli altri (con una serie di deroghe) nelle cinque ore già ricordate non possono circolare nell’area indicata dall’ordinanza, che comprende gran parte della città. Ordinanza, va detto, che prevede anche la riduzione dal 20 a 18 gradi della temperatura negli edifici pubblici e privati (tranne quelli della categoria energetica B o superiore).

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 29 gennaio 2016

 

 

LISERT: ANCORA UNA VOLTA AMBIENTE SOTTO ATTACCO
Per l’ennesima volta leggiamo su queste pagine la solita storia delle aree naturali protette che ostacolano lo sviluppo economico, portuale ed industriale di Monfalcone.
E’ triste constatare come, di fronte a qualsiasi problema del territorio, sia molto più facile addebitare le responsabilità all’ambiente piuttosto che interpretare o capire le cause reali. Come se le risorse naturali fossero un limite e non una risorsa, una disgrazia e non un'opportunità.
Come abbiamo ribadito innumerevoli volte, sostenere questa visione significa voler continuare a pensare lo sviluppo economico di un territorio in maniera miope ed obsoleta, solo in termini numerici (di espansione di aree urbanizzate) e non qualitativi (di processi, di tecnologie, di logistica).
Numerose esperienze all'estero testimoniano la possibilità di un armonica coesistenza tra infrastrutture e ambiente, industria e aree naturali, perché le une non escludono le altre, perché lo sviluppo sostenibile non significa bloccare la vocazione produttiva di un'area, ma rendersi conto che una zona industriale non decolla per il solo fatto di aumentare i metri quadri di superficie cementificata e un porto non diventa competitivo esclusivamente allungando una banchina.
Evidentemente, invece, per alcuni il vero problema è la presenza dell'area tutelata al margine della vecchia cassa di colmata del Lisert e non la crisi economica, la concorrenza di altri porti dell'Alto Adriatico, le problematiche legate alle diverse competenze sulla governance del porto di Monfalcone.
Se ne facciano una ragione, perché l’area protetta del Lisert (designata come “SIC Carso triestino e goriziano e ZPS Aree carsiche della Venezia Giulia”) costituisce ormai un prezioso ecosistema grazie al quale possiamo annoverare la presenza (e in molti casi la riproduzione) di un ricchissimo patrimonio di specie animali e vegetali, alcune anche a rischio di estinzione e che per questo sono state giudicate meritevoli di tutela da parte della Comunità Europea.
In tal senso ci lascia perplessi anche l’intervista rilasciata a questo giornale nei giorni scorsi da parte del Sindaco Altran, per cui Monfalcone potrebbe giovarsi della realizzazione del terminale di rigassificazione Smart Gas, purché collocato “verso Duino” e quindi in prossimità del SIC/ZPS.
Non se ne sentiva davvero la mancanza e la recente bocciatura da parte della Regione alle integrazioni presentate dalla società proponente avrebbe dovuto suggerire maggior cautela.
L’impatto di questo progetto, soprattutto dal punto di vista paesaggistico, sconsiglia decisamente una realizzazione del genere, ma è sotto il profilo economico e strategico per il territorio che questo progetto dimostra tutta la sua debolezza (come rilevato nei nostri puntuali commenti al PER regionale in via di approvazione definitiva): le pesanti interferenze con l’attività portuale, il calo di fabbisogno di gas naturale per l’industria, sceso nel 2015 del 3,1% rispetto al 2014 (che confermano un trend ormai consolidato), la grande disponibilità potenziale di rigassificazione di GNL da parte del Terminal di Porto Viro (quelli di Panigaglia e Livorno, poi, sono praticamente inutilizzati), sono elementi che sicuramente avranno un peso determinante nel parere che dovrà esprimere la Commissione VIA del Ministero per l’Ambiente.
Anche sul fronte del futuro utilizzo di GNL per il settore navale (entro le acque costiere) e per l’autotrasporto merci rileviamo che esistono già in Europa e sono in avanzata fase di progettazione in Italia strutture dedicate, sicuramente più idonee per logistica e sicurezza (e impatto paesaggistico) del terminal Smartgas, ovunque lo si pensi di piazzare.
Infine, dopo i dati emersi durante la COP 21, diciamo BASTA a nuove importazioni: è ora di risparmiare anche il metano o di sostituirlo, per quanto possibile, con biometano derivato da biomasse.
Legambiente circolo “Ignazio Zanutto”
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 gennaio 2016

 

 

SIDERURGIA »IL FUTURO DI SERVOLA - Autorizzazione con paletti alla Ferriera

La Regione firma la nuova Aia «con vincoli stringenti» per le emissioni. E il sindaco ordina interventi su cokeria e area ghisa
L’azienda annuncia che i cittadini potranno visitare lo stabilimento il 7 maggio - i paletti fissati dalla nuova AIA per la Ferriera
La Regione ha ufficialmente rilasciato ieri alla Siderurgica Triestina che gestisce la Ferriera di Servola l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) valida dieci anni per il cui rilascio la Conferenza dei servizi aveva già dato il via libera il 5 dicembre. «Un’Aia di nuova generazione - precisa una nota dell’amministrazione regionale - con vincoli stringenti alle singole emissioni (determinati in base alle migliori tecnologie disponibili), fissazione di valori-obiettivo da raggiungere e la possibilità di rivederla ogni anno in base al raggiungimento degli obiettivi fissati. Inoltre, se non saranno rispettati i più stringenti parametri ambientali, da ora adottati verrà determinata una riduzione della produzione industriale. In considerazione dell'adozione, prevista per la prima volta, della Valutazione di impatto sulla salute/Vis - aggiunge la nota - alla proprietà vengono imposte prescrizioni più rigorose e significative» che di seguito vengono dettagliate Nella stessa giornata però, a testimonianza che la situazione resta critica sotto alcuni punti di vista, il sindaco Roberto Cosolini ha emesso un’ordinanza con un doppio cartellino giallo nei confronti di Siderurgica Triestina: all’azienda da un lato viene intimato di intervenire ulteriormente nel reparto cokeria perché a novembre (i dati definitivi sono giunti al Comune solo in questi giorni) è stata superata la media annuale di sforamenti concessi per il benzopirene. Dall’altro si chiede alla stessa di adottare precauzioni specifiche per l’area ghisa affinché anche la riduzione dell’attività della Ferriera oltre che le limitazioni al traffico contribuiscano all’abbassamento delle Pm10. Tornando all’Aia, si prescrive che «agli interventi strutturali in atto nell'impianto siderurgico dovranno corrispondere nella stazione di monitoraggio dell'Arpa, l'Agenzia regionale per l'Ambiente, posizionata a San Lorenzo in Selva, valori soglia di qualità dell'aria (Pm10) non superiori a 40 microgrammi per metrocubo (µg/m3) come media sui 12 mesi precedenti e 70 µg/m3 come media delle 24 ore da non superare più di 35 volte sempre nei 12 mesi precedenti, mentre l'individuazione del benzopirene è posta a 1 nanogrammo per metrocubo (ng/m3) quale media sui 12 mesi precedenti. Inoltre - si sottolinea anche - nei punti di monitoraggio delle deposizioni al suolo lungo il perimetro della Ferriera (“Portineria operai” e “Palazzina Qualità”) viene posto un obiettivo di polverosità su base mensile non superiore a 500 milligrammi per metro quadrato al giorno (mg/mq/giorno). Nelle altre stazioni di rilevamento (via Pitacco, via Carpineto, zona via Cesare Rossi e via Ponticello 54) il limite mensile di polverosità è fissato a 250 mg/mq/giorno e quello medio sui 12 mesi a 140 mg/mq/giorno. «Tutti questi valori-obiettivo - viene prescritto nel rilascio dell'Aia allo stabilimento - saranno verificati e aggiornati già nel 2017». All'azienda è inoltre indicato di produrre uno studio per la cosiddetta caratterizzazione (cioè la determinazione) delle principali sorgenti di odori presenti nell'impianto e per la valutazione dell'impatto olfattivo (accanto alla nuova installazione di una pompa per il prelievo di campioni di aria, «da analizzare in olfattometria dinamica», riconosciuto dalla Ue come metodo ufficiale per il riconoscimento della concentrazione di odori in campioni gassosi), nonché un piano di risanamento acustico nell'arco di due anni e mezzo. «Con questo provvedimento - chiude la nota - è previsto un forte impegno di Regione ed Arpa nell'attività di monitoraggio e controllo». Siderurgica Triestina esprimendo soddisfazione per il rilascio dell'Aia ha tra l’altro annunciato che l’Open day, rinviato in passato, si terrà sabato 7 maggio 2016, giornata in cui «i cittadini avranno la possibilità di verificare l'avanzamento degli interventi in prima persona». L'azienda ha commentato il «severo e puntuale quadro prescrittivo» definito dagli enti intervenuti nella Conferenza dei Servizi per l'Aia, evidenziando come questo «costituisca un'opportunità, poiché la sfida del piano industriale di Siderurgica Triestina potrà ora essere intrapresa in un contesto di regole certe e chiare». Ma Siderurgica Triestina ha anche messo in rilievo che «il quadro prescrittivo fa riferimento alle cosiddette Bat (migliori tecnologie disponibili) delle norme europee: questo significa che per alcuni parametri i valori limite sono drasticamente diminuiti rispetto a quelli previsti nell'Aia precedente». L’azienda ha anche comunicato che mercoledì «è stato realizzato un importante intervento manutentivo sulla cokeria, cioé la sostituzione di un tratto di tubazione nell'impianto di trattamento del gas coke. L'attività, che è possibile realizzare in sicurezza solo dopo aver svuotato la tubazione dal gas, ha reso necessaria l'entrata in funzione delle fiaccole di sfioro del gas coke, applicata secondo le attuali leggi a tutela della sicurezza. L'accensione delle fiaccole è iniziata alle 6.15 e si è conclusa regolarmente alle 10.40».

Silvio Maranzana

 

Si riempie la “piazza” contro l’inquinamento
Crescono le adesioni alla manifestazione che si terrà domenica mentre in Internet spopolano video
L’appello degli organizzatori era uno: «Il 31 gennaio tutti in piazza» per dire basta all’inquinamento della Ferriera e per ricordare alle istituzioni che «la salute viene prima del lavoro». E così sarà, almeno a giudicare dalle adesioni alla manifestazione che sembrano crescere di ora in ora. Dopo aver incassato l’appoggio del Movimento 5 stelle, la manifestazione organizzata dall’associazione NoSmog e il Comitato 5 dicembre ha registrato anche il sì di Legambiente, oltre che di altre associazioni ambientaliste, e di Fratelli d’Italia, che hanno entrambi annunciato la loro presenza con un comunicato ufficiale. Nel caso di Legambiente, il circolo Verdeazzurro di Trieste ha sottolineato come la Ferriera sia «il principale problema ambientale della città. Legambiente ha sempre considerato assieme gli interessi della popolazione e quelli dei lavoratori della Ferriera - si legge nella nota -. La difesa dei diritti di chi opera all’interno della fabbrica deve essere contestuale alla salvaguardia del benessere di chi vive nel territorio a contatto con lo stabilimento. Solo una Ferriera ecocompatibile può essere accettabile per il territorio». È firmato da Ronald Peschiani del direttivo provinciale, invece, la nota di Fratelli d’Italia: «Le ingenti somme di denaro pubblico investite nello stabilimento dovrebbero giustificarsi nella tutela della salute ma, nei recenti atti di Comune e Regione, non vediamo alcuna garanzia reale. Parteciperemo, dunque, alla manifestazione in quest’ottica, evitando qualsiasi tipo di strumentalizzazione politica». Tornando alla manifestazione, l’appuntamento è per domenica 31 gennaio, alle 15, in piazza Oberdan (in caso di maltempo, l’iniziativa verrà posticipata di due settimane). L’appello rivolto a tutti i cittadini si può leggere sulla pagina Facebook dei comitati organizzatori: «È arrivato il momento che Trieste scenda in piazza compatta, determinata e unita per far sentire la sua voce. Vogliamo cose molto semplici e concrete: vogliamo il rispetto degli impegni presi da parte delle istituzioni - si legge nel post -. Il sindaco il 21 luglio scorso ha scritto che a fine dicembre tutto sarebbe stato a posto, altrimenti il reparto a caldo della Ferriera avrebbe chiuso. Ci sono degli impegni presi in Consiglio comunale che vanno rispettati. Saremo in piazza per chiedere che la presenza dello stabilimento sia compatibile con quella delle persone che vivono a Servola e con quella di tutti i triestini. Non vogliamo disoccupazione: vogliamo lavoro sano e dignitoso». E intanto, in attesa della manifestazione di piazza, su Internet spopolano diversi video dedicati alla Ferriera. Tra questi, imperdibile lo sketch in bianco e nero (stile cinema muto) che vede protagonisti Flavio Furian, Sara Cechet, Woodcok, Gerry Zannier, Simonetta Cusma, Maurizio Riosa (riprese e montaggio di Massimo Tommasini, con la collaborazione di Jorge Mochut): lo si può vedere al link www.youtube.com/watch?v=c-uk-J25xR8&feature=youtu.be.

 

 

Centro chiuso per smog sino a martedì

Torna l’allarme polveri sottili e il Comune ordina le limitazioni al traffico. L’assessore si appella ai cittadini: «Situazione dura»
L’ESCALATION DELLE PM10 - Mercoledì i valori registrati dalle centraline dell’Arpa hanno più che doppiato il limite massimo di legge superando quota cento
Una nube in stile pechinese cala su Trieste. Torna infatti l’allarme per le polveri sottili a causa delle quali il centro sarà chiuso al traffico tutti i pomeriggi da oggi a martedì dalle 15 alle 20. La decisione è stata presa dal Comune dopo che nei giorni scorsi le centraline dell’Arpa hanno registrato un progressivo aumento dei valori delle pm10, ben superiori ai limiti di legge. Lunedì il dato in piazza Libertà era di 65 milligrammi al metro cubo, in via Carpineto di 61 e in via Svevo di 70. Niente male se si considera che il limite previsto dalla legge è di 50 milligrammi al metro cubo. Il giorno successivo, martedì, i valori registrati dagli stessi rilevatori erano saliti a 84, 90 e 96 millimetri al metro cubo. Mercoledì, ultimo dato disponibile, avevano abbondantemente doppiato il limite di legge raggiungendo quota 109 in piazza Libertà, 111 in via Carpineto e 119 in via Svevo. Roba da infilare il naso nelle mascherine bianche tanto in voga nelle megalopoli intossicate dell’Estremo Oriente. L’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni spiega come si è arrivati alla decisione di chiudere il centro: «Noi abbiamo una prassi in base alla quale, in funzione delle informazioni ricevute ogni giorno dall'Osmer e dell’Arpa, decidiamo cosa fare. Le agenzie ci forniscono non soltanto il quadro attuale ma anche un trend previsionale dei giorni successivi». Mercoledì è arrivata in piazza Unità una comunicazione sconcertante: «Arpa ci ha avvisato che, per una complessa coincidenza di fattori, nei prossimi giorni ci sarà una condizione di alto inquinamento in tutta la città». Con conseguente aumento delle polveri nell’aria: «L’aria è stagnante e molto umida, non c’è vento, tutte cose che non aiutano - dice Laureni -. Sono condizioni che si stanno verificando a Trieste ma che prima di arrivare da noi hanno già colpito Udine e prima ancora Pordenone, dove sono dovuti ricorrere al blocco del traffico». Nei prossimi giorni, purtroppo, la situazione non è destinata a migliorare. La prima previsione di Arpa vaticinava infatti aria inquinata fino a domani. «A quel punto abbiamo chiesto un’anticipazione di più lungo periodo - prosegue Laureni - e loro ci hanno confermato che la concentrazione continuerà ad essere elevata fino alla giornata di martedì. E che, anzi, lunedì e martedì saranno proprio i giorni peggiori». Con queste previsioni che l’assessore definisce «non brillanti», al Comune non è rimasto altro da fare che decretare la chiusura al traffico: «Si tratta in ogni caso di una soluzione parziale - dice Laureni -, perché così com’è la chiusura è un meccanismo da rivedere. Al momento noi impediamo l’accesso al centro alle automobili dal livello di emissioni Euro3 in giù, ovvero soltanto alle auto più vetuste». Nel frattempo, però, fermare la circolazione di automezzi nel centro è sicuramente meglio di nulla: «Imponiamo anche una riduzione del ricorso al riscaldamento da parte degli edifici - commenta l’assessore -, una cosa tutto sommato molto facile perché per fortuna in questi giorni fa caldo». In base all’andamento effettivo il Comune deciderà poi come muoversi. L’assessore specifica che «la situazione di inquinamento è talmente pesante su tutto il territorio che è difficile associarla a un fenomeno di inquinamento industriale: in questo periodo l’aria stagnante pesa su tutta la pianura padana ed era inevitabile che arrivasse man mano verso di noi. Non possiamo far finta di niente, perché per qualche giorno le cose resteranno così». L’appello di Laureni è quindi il seguente: «La situazione è realmente dura e quindi consiglio ai cittadini di comportarsi di conseguenza. Evitino di portare carrozzine in centro e facciano a meno di grandi camminate in centro città mentre gli automobilisti siano ragionevoli nell’uso del mezzo e ci evitino di correr loro dietro. Insomma, le consuete norme di buon senso».

Giovanni Tomasin

 

Il riscaldamento si abbassa a 18 gradi

Non solo le limitazioni al traffico. Ma anche un abbassamento del riscaldamento e un divieto d’accensione dei fuochi all’aperto da oggi a martedì 2 febbraio compreso.

 Il sindaco Roberto Cosolini, a fronte degli sforamenti dei valori relativi al Pm10 e della comunicazione specifica dell’Arpa del Friuli Venezia Giulia, ha firmato nel pomeriggio di ieri l’ordinanza che punta a limitare l’inquinamento da polveri sottili: un inquinamento che «interessa l’intera città di Trieste» ma anche «le altre città del Friuli Venezia Giulia e, più ampiamente, l’intera pianura padana». Ebbene, oltre al divieto di circolazione che interessa le auto più “vecchie”, l’ordinanza prevede il contenimento del riscaldamento domestico fino alla giornata di martedì 2 febbraio compresa. Le disposizioni, come spiega il Comune, sono quelle consuete, come formulate in queste circostanze in applicazione del Piano di azione del Comune di Trieste adottato nel febbraio 2013 per far fronte a situazioni acute di inquinamento urbano. L’ordinanza potrà venir ulteriormente prolungata, con apposita comunicazione, in caso di permanenza del fenomeno inquinante.

 

 

Il Comune fa partire l’iter per acquisire Porto vecchio - Il sindaco anticipa: lunedì la giunta approverà la delibera che avvia il processo
Ma ci vorranno alcuni mesi per il cambio di proprietà di magazzini e piazzali
«Il regime giuridico internazionale di Punto franco è spostato dal Porto vecchio di Trieste alle aree individuate nella proposta formulata dall’Autorità portuale di Trieste». Queste ultime sono l’Interporto di Fernetti, l’ex stazione di Prosecco, il terminal Teseco all’ex Aquila, l’area industriale sul Canale navigabile di Zaule, l’area a destinazione logistica o industriale in zona Noghere. «Le aree del Porto vecchio oggetto di sdemanializzazione come risultanti dal citato atto del 9 luglio 2015 e sottratte, sulla base del presente decreto, al regime di Punto franco, restano nella immediata disponibilità del Comune di Trieste». I punti 1 e 5, qui riportati tra virgolette, del decreto firmato il 26 gennaio 2016 dal commissario del governo Francesca Adelaide Garufi sanciscono una rivoluzione che la stragrande maggioranza dei cittadini, degli imprenditori e dei lavoratori di Trieste attendevano da almeno trent’anni e che più volte era stata sabotata. Il sindaco Roberto Cosolini ha tracciato ieri la road map da seguire, ancora piuttosto complicata, prima che il Comune diventi formalmente proprietario di magazzini e piazzali. «Lunedì la giunta comunale approverà una proposta di deliberazione per l’acquisizione dell’area - spiega il sindaco - che passerà poi in commissione e infine in Consiglio per essere sperabilmente approvata entro fine febbraio. A questo punto il Comune farà quella che è detta l’istanza di completamento al Commissario del libro fondiario che avrà 60 giorni di tempo per completare l’istruttoria. L’incartamento dovrà essere vagliato quindi prima dal Tribunale e poi dalla Corte d’appello per concludere il suo iter al Giudice tavolare che effettuerà l’iscrizione: a quel punto il Comune sarà il proprietario. Ci vorranno alcuni mesi». Già oggi però alle 12 si riuniscono in seduta congiunta la terza e quarta commissione del Consiglio comunale per trattare lo “stato di attuazione dell’iter giuridico-amministrativo e delle attività correlate alla sdemanializzazione del Porto vecchio”. Nel decreto, il commissario del Governo, prende atto che la proposta intende «far fronte alle molteplici esigenze del commercio internazionale attraverso l’individuazione di: aree da destinare ad attività dedicate al traffico delle merci (stoccaggio, semplici manipolazioni, logistica, trasporti), aree da destinare ad attività industriale (trasformazione, manipolazioni), aree in cui concentrare le attività del settore terziario (logistica, trasporti, comunicazioni, servizi assicurativi e bancari, fornitura di attrezzature, macchinari, informatica, ricerca e sviluppo, consulenza, formazione, marketong)» e inoltre «promuovere la concentrazione nelle nuove aree franche internazionali di attività industriali, logistiche, portuali, direzionali, formative quali: promozione e concentrazione di attività di logistica, sviluppo e gestione di siti industriali e terreni e dell’attività di produzione di beni e servizi, promozione di attività per l’attrazione di investimenti, sviluppo e applicazione di tecnologie Ict, promozione di attività per il trasferimento di tecnologie, condivisione di know how tra imprese, progettazione, marketing, promozione e realizzazione di attività scientifica di alta specializzazione». Nella tabella allegata, l’interporto di Fernetti (10mila metri quadrati di area franca) è indicato come “buffer” (zona di entrata e uscita) per le attività di terminalistica ro-ro del porto di Trieste (analogamente alla zona di 27.600 mq all’ex stazione di Prosecco), e di magazzino per stoccaggio di merci in arrivo e in partenza anche mediante l'utilizzo del treno shuttle che attualmente collega porto e interporto, i 60mila metri quadrati dove sarà realizzato il terminal ro-ro della Teseco saranno anch’essi utilizzati per stoccaggio e movimentazione delle merci. In 67mila metri quadrati sul Canale navigabile si prevede la produzione di merci per il mercato extracomunitario con eliminazione delle accise su energia e carburanti. A destinazione logistica o industriale sono riservati 111mila metri quadrati alle Noghere dove le merci che subiranno lavorazioni superiori al 50% potranno acquisire la denominazione “Made in Italy”.

Silvio Maranzana

 

L’Authority si allarga in zona Torre del Lloyd - “Sloggiata” dallo scalo antico ristruttura due edifici per insediarvi in particolare un’aula magna
Mentre sloggia da Porto vecchio dove pure finora si erano svolte alcune sue attività per lasciare i Magazzini storici al Comune, l’Autorità portuale deve attrezzare per sè nuovi spazi accanto alla sede della Torre del Lloyd.

 Rientrano in questi obiettivi gli interventi di restauro e risanamento conservativo che stanno per essere fatti su due edifici nella zona dell’ex Arsenale. «Alla Torre del Lloyd stanze non mancano - spiega il segretario generale Mario Sommariva - però se dobbiamo fare una riunione con una cinquantina di persone non vi sono spazi adeguati. Nemmeno la Sala rossa (quella dove si svolgono i Comitati portuali, ndr.) è attrezzata per questo. Nel principale edificio che andiamo a ristrutturare ricaveremo perciò in particolare un’ampia sala dove innanzitutto tenere i corsi di formazione che periodicamente organizziamo e dove magari potrà pure riunirsi il Tavolo di partenariato previsto dalla nuova riforma sui porti». Qui però potrebbe anche essere ricevuta qualche folta delegazione straniera o magari, come aggiunge lo stesso Sommariva, «il salone potrebbe essere concesso a un sindacato o a una categoria di operatori portuali per tenervi qualche riunione». Una sorta di “aula magna” dell’Authority dunque che di certo non servirà per la governance della futura Autorità di sistema portuale che sarà ristretta a cinque persone, ma se la Torre del Lloyd, come pare certo, diverrà anche il centro decisionale, ed evidentemente di discussione e progettazione, di quanto dovrà accadere anche negli scali di Monfalcone e di Porto Nogaro, spazi in più potrebbero risultare utili. L’Autorità di sistema portuale oltretutto continuerà evidentemente anche a far parte del Napa, l’associazione dei porto nordadriatici. Finora alcuni corsi e riunioni si erano svolti anche al Magazzino 26, mentre un altro edificio del Porto vecchio era la sede dei corsi di formazione. Tutto sarà trasferito ora nell’area della Torre del Lloyd. Il costo della ristrutturazione dei due edifici è stato stimato in 389mila 963 euro. La gara bandita dell’Authority prevede la presentazione delle domande entro il 15 febbraio. Alla procedura saranno invitati venti operatori economici tra quelli che si saranno offerti che saranno scelti mediante estrazione a sorte che si terrà nella sede dell’Authority alle 12 del 17 febbraio. (s.m.)

 

 

I contratti sui rifiuti rivisti “al risparmio”

Aggiornate le intese con AcegasApsAmga ferme dal 1999: il Comune pagherà solo sulla massa smaltita
Il Comune ha aggiornato i contratti per la gestione dei rifiuti (1999) e per il loro incenerimento (2001). Gli addendum ai due contratti sono stati analizzati ieri dalla seconda commissione del consiglio, presieduta da Igor Svab (Pd). Presenti alla seduta l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni e l’assessore al Bilancio Matteo Montesano. La versione rinnovata dei contratti, in sintesi, comporta qualche vantaggio per il Comune, che dovrà ora pagare AcegasApsAmga non tanto sulle previsioni di raccolta quanto sulla massa di rifiuti effettivamente movimentata e smaltita. Vengono riviste le penali previste per l’azienda in caso di mancato servizio e si traducono in euro tutte le tariffe, fino a ieri ancora in lire. Spiega Laureni: «Da un lato c’è stata una specifica migliore dei contratti, dall’altro ci sono alcune regole che tutelano il Comune qualora le previsioni sull’ammontare della differenziata non siano rispettate. In generale da tempo l’ente locale affronta in modo molto più dettagliato il piano economico finanziario con Acegas, andando a vedere punto per punto». La discussione in commissione ha spaziato sul tema in generale. Il capogruppo di Tspop Paolo Rovis ha chiesto come questo influirà sulla Tari e se la raccolta dell’umido costi più o meno del ricorso all’inceneritore, tema cui si è interessato anche il capogruppo del Movimento 5 Stelle Paolo Menis. Anche Franco Bandelli, capogruppo di Uats, è intervenuto ricordando che l’inceneritore comporta anche una produzione di energia. Montesano ha specificato che «il costo della raccolta dell’umido diminuisce con il rafforzarsi di questo segmento di rifiuti. Se all’inizio si paga un costo di servizio immutato per un bidone mezzo vuoto, più avanti il bidone pieno arriverà a pareggiare il conto». I nuovi termini del contratto serviranno quindi nei prossimi anni anche alla definizione delle tariffe della Tari. Marino Sossi, capogruppo Sel, ha ripreso il tema delle ricadute in bolletta, ricordando che «la differenziata meno si fa e più costa», e che «Trieste è ancora indietro: Acegas dice che siamo al 47 per cento, ma solo perché unisce i nostri dati a quelli di Padova. In realtà siamo al 38 per cento».

(g.tom.)

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 28 gennaio 2016

 

 

Legambiente partecipa alla manifestazione del 31/01/2016
La Ferriera è il principale problema ambientale della città di Trieste.

Legambiente ha sempre considerato assieme gli interessi della popolazione e quelli dei lavoratori della Ferriera di Servola. La qualità dell'aria, la presenza di inquinanti che minacciano la salute sia degli abitanti che di tutti coloro che operano all'interno del complesso industriale rappresentano una situazione che accomuna ma che spesso ha invece diviso, creando conflitti fra persone che vivono le stesse problematiche di non rispetto dei diritti alla salubrità in uno stesso ambiente. In questi anni i sindacati hanno dimenticato che le vertenze devono avere come fine da una parte la difesa del lavoro ma dall'altra il rispetto dei ritmi, della dignità e della salute. E' inaccettabile il ricatto occupazionale: meglio inquinati che disoccupati.
La difesa dei diritti di chi opera all'interno della fabbrica deve essere contestuale alla salvaguardia del benessere di chi vive nel territorio a contatto con lo stabilimento. Lo sviluppo economico del territorio non può prescindere dal diritto a un'esistenza non stressante, alla continua angoscia di essere bersagli di sostanze chimiche che possono produrre danni sanitari irreversibili.
Quindi Legambiente ritiene che solo una Ferriera ecocompatibile possa essere accettabile per il territorio.
E mentre aspettiamo di conoscere quali saranno i criteri che devono caratterizzare la nuova Autorizzazione Integrata Ambientale, con prescrizioni precise e puntuali, non dimentichiamo l'impegno di impresa e istituzioni di chiudere l'area a caldo nel caso in cui non fossero rispettate le clausole di contenimento delle emissioni di altoforno, cokeria e agglomerazione. Intendiamo però pretendere, per rispetto di un vivere civile e dignitoso, non solo che sia salubre la qualità dell'aria ma anche l'eliminazione dello stress acustico associato all'impianto di aspirazione della cokeria e al nuovo laminatoio.
Di fronte alle promesse e agli impegni di massima trasparenza dichiarati più volte dalla Regione, chiediamo che vengano pubblicati in tempo reale tutti i dati relativi all'inquinamento atmosferico e acustico relativi all'area della Ferriera (in particolare del benzoApirene e delle PM10) e il numero degli sfornamenti giornalieri.
Legambiente invita tutti i cittadini a partecipare alla manifestazione con partenza da Piazza Oberdan alle ore 15.00.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 gennaio 2016

 

 

Cresce il fronte della piazza anti Ferriera
Il senatore ex M5S aderisce all’iniziativa di domenica del Comitato 5 dicembre: «Valori di smog alle stelle»
«Aderisco alla manifestazione per la salute pubblica di tutti i cittadini di Trieste e specialmente per gli abitanti di Servola, la cui quotidianità è minacciata da rumori insopportabili, fumi, fetori e polveri che, come abbiamo dimostrato, espongono al rischio di tumore chi le inala. L’altro ieri e ieri tutte le centraline hanno sforato con valori di inquinanti schizzati il doppio rispetto al consentito. Per non parlare delle fiamme durature, con relative esalazioni. Chi ha a cuore Trieste deve stare da questa parte della barricata». Così il senatore Lorenzo Battista, membro del gruppo parlamentare Per le autonomie, annuncia la propria adesione alla manifestazione di domenica (con partenza da piazza Oberdan) organizzata dal Comitato 5 dicembre con la partecipazione dell’associazione NoSmog per ribadire la propria contrarietà all’Autorizzazione integrata ambientale per l’impianto siderurgico. «Sono impegnato da tempo a scalfire la cappa di omertà che aleggia su Servola - spiega Battista- : se nel mondo normale chi inquina deve premurarsi di dimostrare ai controllori che non sta danneggiando nessuno, in questo mondo al contrario è la popolazione che deve dimostrare ai controllori che è quotidianamente esposta a fonti di inquinamento. Nonostante le rassicurazioni del sindaco di Trieste e il sopralluogo dell’assessore all’ambiente, le immagini delle quattro altissime fiamme e delle fumate non possono che aumentare le preoccupazioni: i fumi e le esalazioni diffuse soprattutto dal campo di colata dimostrano che l’impianto non funziona bene, e l’allarme sanitario e ambientale resta alto nonostante i bei grafici e le dichiarazioni rassicuranti della proprietà: tutti tentativi di ammansire l’opinione pubblica da rimandare al mittente» è la sua conclusione. Alla manifestazione di domenica aveva subito detto sì il Movimento 5 Stelle. «L’amministrazione comunale e quella regionale - aveva spiegato il portavoce M5S in consiglio comunale, Stefano Patuanelli - avevano preso un impegno: se, entro il 31 dicembre 2015, lo stabilimento siderurgico di Servola avesse continuato a emettere agenti inquinanti in atmosfera, l’area a caldo sarebbe stata chiusa. Il 31 dicembre è passato, i dati ambientali sono sotto gli occhi di tutti. Chiediamo che quel patto venga rispettato».
 

 

Il Carso bussa all’Unesco con i vitigni di Prosecco - La circoscrizione Altipiano Ovest rilancia una mozione di due anni fa
«Il ciglione è un patrimonio agricolo, storico e paesaggistico da tutelare»
Nella mozione votata all’unanimità nell’aprile 2014 si chiedeva che i terrazzamenti venissero riconosciuti quale Patrimonio Unesco.Oggi, il parlamentino torna alla carica dopo aver appreso che i territori del Collio sarebbero in dirittura d’arrivo per essere inseriti nel prestigioso elenco.Sulle balze di Prosecco, Contovello e Santa Croce, la glera, il vitigno che sta alla base dell’antico e indigeno Prosekar e del veneto Prosecco, è stata coltivata per secoli.di Maurizio Lozei wPROSECCO Far parte dei siti tutelati dall’Unesco non è solo oggetto di discussione del Comune di Trieste. Una proposta in tal senso sta per arrivare anche dal parlamentino di Altipiano Ovest che, con un documento realizzato e presentato ai colleghi consiglieri dal presidente Roberto Cattaruzza, riprende il filo di un discorso iniziato già un paio di anni fa. Nell’aprile 2014, infatti, la prima circoscrizione aveva votato all’unanimità una mozione proposta proprio dal suo presidente. Nel documento si chiedeva che i terrazzamenti di Prosecco, dove per secoli avevano prosperato le colture della vite, dell’olivo e del fiore reciso, venissero inserite nel novero dei siti Unesco tutelati per il loro valore culturale e paesaggistico. Cattaruzza aveva preso la palla al balzo quando le località di Conegliano e Valdobbiadene, in provincia di Treviso, avevano avanzato la propria candidatura all’Unesco per valorizzare i colli sui quali si produce il Prosecco. Era stata Valdobbiadene, per la precisione, a trainare quale capofila tutto un comprensorio la cui fortuna si basa sulla produzione delle “bollicine”. La richiesta del Consorzio di tutela Conegliano Valdobbiadene era stata inoltrata alla sede Unesco già nel 2008. Prendendo spunto dalla successiva creazione della Doc interregionale “Prosecco”, a protezione delle bottiglie venete e di quelle friulane del frizzante dalle insidie di un mercato sempre più arrembante e lesto nell’appropriarsi di marchi e denominazioni, il presidente della circoscrizione si era pronunciato immediatamente per dare risalto alla frazione carsolina che, con il proprio nome, aveva permesso di utilizzare la sua collocazione geografica per proteggere fatturati miliardari. Sulle balze di Prosecco, Contovello e Santa Croce, infatti, la glera, il vitigno che sta alla base della vinificazione dell’antico e indigeno Prosekar e del veneto Prosecco, è stata coltivata per secoli e secoli in una cornice paesaggistica unica sia per le prospettive che per le caratteristiche altamente vocate alla pratica agricola. Oggi, dopo aver appreso che il vicino comune di Duino Aurisina e quello di Monfalcone, assieme ad altre località della vicina area del Collio italiano e sloveno, sarebbero in dirittura d’arrivo per essere inseriti nel prestigioso elenco internazionale, presidente e consiglieri si rifanno vivi per promuovere la candidatura del territorio del ciglione carsico. «Un tratto costiero, sostengono i consiglieri, che analogamente alle zone del Collio e del Brda sloveno è stato oggetto per secoli di costanti e importanti interventi da parte dell’uomo per realizzare colture di alta qualità. Un patrimonio di cultura agricola, storica e naturalistico/paesaggistica la cui conservazione e sicurezza è da ritenersi importantissima, se non fondamentale, per la comunità mondiale». Per tali ragioni la prima circoscrizione ripropone con forza all’amministrazione comunale la richiesta di inserire Contovello, Prosecco e Santa Croce nei siti tutelati dall’Unesco.

 

 

Nasce la sezione giovanile di Italia Nostra
Via alle attività da febbraio: corsi, conferenze ed eventi sulla tutela del patrimonio culturale cittadino
Una nuova realtà giovanile votata allo studio, ricerca e tutela dei beni culturali presenti a Trieste e dintorni. Un progetto targato associazione Italia Nostra e che prenderà vita ufficialmente da febbraio, sulla base di corsi formativi, organizzazione di eventi, contatti con le istituzioni locali, divulgazione nelle scuole e rapporti con altre sigle associazionistiche giovanili della provincia. Questo il manifesto programmatico della neosezione di Trieste Giovani di Italia Nostra, gruppo attualmente ospitato nella sede di via del Sale 4, nel cuore della zona Urban, una squadra composta attualmente da Giovanna Valenti, studentessa di Scienze Politiche, dal collega di corso Riccardo Piccolo e da Zeno Saracino, quest’ultimo laureato in Storia; un trio reduce da una robusta gavetta maturata con il lavoro alla Centrale Idrodinamica del Porto vecchio. La sezione verde di Italia Nostra si avvale inoltre del coordinamento di Maria Orel e della guida di Antonella Caroli e dell’avvocato Marcello Perna, tutti sorta di tutor sul campo per i primi sviluppi del progetto, senza contare il piano della convenzione avviata con l’Enciclopedia Treccani e del protocollo d’intesa con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Sulla carta molti stimoli e soprattutto già alcune bozze in cantiere per cercare di colorare con la concretezza il percorso dei giovani di Italia Nostra, tragitto che aprirà i lavori nella giornata del 1° febbraio, alle 18, con l’incontro programmato in via del Sale, primo tassello per dare vita al cartellone di iniziative sui vari fronti di azione: «Prevediamo intanto corsi e conferenze, affidate a esperti e specialisti - hanno premesso i rappresentanti della sezione Giovani di Italia Nostra - saranno incontri aperti naturalmente a tutti ma con un indirizzo specifico per soggetti sotto i 30 anni. Tratteremo il patrimonio culturale di Trieste, con riferimenti anche storici, puntando a individuare le problematiche della tutela dei vari siti». Già, quali? La mappa individuata pone in rilievo zone classiche, come il Porto vecchio, Ponterosso e Miramare, ma prova persino a guardare all’entroterra carsico anche se l’accento delle ricerche dovrebbe concentrarsi prevalentemente sulla fascia urbana. Un’avventura che sembra inoltre partire da una duplice scommessa, in grado di fondere realismo e passione: «Da un lato vogliamo infatti adoperarci concretamente per la tutela del nostro patrimonio - hanno rimarcato i membri del nuovo gruppo associazionistico - e dall’altro crediamo sia giusto procedere a un cambio generazionale, evidenziando così la sensibilità dei giovani sull’argomento». E non è tutto. La sezione Giovani di Italia Nostra cerca proseliti ma al momento abiura ulteriori colori e bandiere, dichiarando con tinte romantiche: «In questo campo si può lavorare e cambiare le cose anche senza stare nella politica».

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 gennaio 2016

 

 

Il trasloco dei Punti franchi diventa realtà
Il commissario di governo ha firmato lo storico decreto di trasferimento di quasi 300mila metri quadri dal Porto vecchio
Il decreto di trasferimento dei Punti franchi è stato firmato ieri pomeriggio dal Commissario del governo, il prefetto di Trieste Francesca Adelaide Garufi, che ha informato il governatore regionale Debora Serracchiani e il sindaco Roberto Cosolini. La firma è avvenuta dopo che il Commissario aveva ottenuto disco verde dalla stessa Regione e dalle amministrazioni comunali triestina e muggesana, il parere favorevole da parte degli organi competenti (Dogane, Capitaneria di porto, Guardia di finanza, Polizia di frontiera, sindaci di Monrupino e Sgonico). Il provvedimento consentirà adesso all’Autorità portuale di adottare tutti gli atti necessari per gestire lo spostamento dei Punti franchi dal Porto vecchio alle destinazioni richieste dalla stessa Autorità e individuati dal Commissario. «La palla passa all’Autorità - ha dichiarato ieri sera Francesca Adelaide Garufi - che definirà gli strumenti amministrativi e strutturali per la delimitazione degli spazi precisati nel provvedimento». Il Commissario si riferisce agli atti che l’Authority dovrà compiere d’intesa con altri enti e società interessati al trasferimento, come nel caso del liquidando Ezit, dell’Interporto di Fernetti, di Teseco. Il Commissario ha confermato che la superficie spostata è inferiore ai 300 mila metri quadrati e dovrebbe quindi coincidere con quei 270 mila mq di cui si era finora parlato. «Ma questo significa poco - ha chiarito ancora il prefetto di Trieste - perchè questo è solo un primo atto, in quanto saranno possibili ulteriori provvedimenti per ampliare le superfici trasferibili». Il trasferimento riguarda cinque aree. La numero 1 è collocata all'Interporto di Fernetti, si estenderà per 10mila metri quadrati e avrà funzione di "buffer" (zona di entrata e uscita) per le attività di terminalistica ro-ro del porto di Trieste, e di magazzino per stoccaggio di merci in arrivo e in partenza anche mediante l'utilizzo del treno shuttle che attualmente collega porto e interporto. La zona identificata già oggi funge da parcheggio e check-in per i camion turchi in attesa di imbarco e da magazzino per merci destinate a mercati extracomunitari. L’area numero 2 attiene sempre ai camion che devono imbarcarsi sui traghetti e riguarderà 27.560 metri quadrati all'ex stazione di Prosecco. Qui però, dove esiste un Punto franco costituito nel 1949 ma mai attivato, sono necessari importanti lavori di sistemazione. L’area numero 3, misurata in 60mila metri quadrati, è collocata all'ex Aquila in concessione alla Teseco, dove i progetti prevedono la realizzazione di un nuovo terminal ro-ro. L'area numero 4 riguarderà il Canale navigabile, si tratta di 67 mila metri quadrati in zona demaniale-portuale: obiettivo è la produzione di merci destinate al mercato extracomunitario, in questo modo si risparmierebbero le accise su energia e carburanti grazie ad appositi decreti attuativi. Infine l’area numero 5 perimetra una zona di 110mila metri quadrati alle Noghere con funzione logistica o industriale, correlata obbligatoriamente a merci destinate ai mercati extracomunitari. Merci che, se subiranno lavorazioni superiori al 50% del valore, potranno acquisire la denominazione "Made in Italy". La firma commissariale è stata preceduta l'11 gennaio dalla delibera della giunta comunale triestina che ha assentito riguardo le aree individuate e ha autorizzato il sindaco a sottoscrivere l'intesa con gli altri soggetti affinché il prefetto possa ufficializzare lo spostamento. A seguire la giunta comunale di Muggia, il 13 gennaio, ha approvato a sua volta l'individuazione delle aree. Infine il sì del governatore Serracchiani.

Massimo Greco

 

Serracchiani - «Una rivoluzione nel giro di un anno»
«Va reso merito al prefetto Adelaide Garufi per il grande impegno e la vera passione con cui ha affrontato da subito il nodo cruciale dello spostamento dei punti franchi dal Porto vecchio, fino all’atto definitivo di oggi (ieri, ndr)».

Lo ha affermato ieri sera la presidente della Regione Debora Serracchiani, commentando la firma del Commissario del Governo nel Friuli Venezia Giulia, Francesca Adelaide Garufi, sul documento ufficiale che trasferisce la vastissima superficie dei Punti franchi dal Porto vecchio in altre aree del territorio triestino, eliminando gli ultimi ostacoli agli interventi di urbanizzazione di una ampia area recentemente ancora interdetta. «Una vera rivoluzione è stata compiuta in poco più di un anno - ha aggiunto Serracchiani - e sono state messe le basi per dare una grande opportunità di crescita alla città di Trieste e a tutte le attività che potranno trarne vantaggio». «È stata la prova che la sinergia leale e ben indirizzata delle istituzioni, dal piano locale al Parlamento italiano, può superare ostacoli che l’abitudine e l’inerzia fanno apparire inamovibili», ha concluso la presidente Serracchiani. Il provvedimento del Commissario del Governo è venuto, come previsto dalla Legge di Stabilità 2015, dopo il via libera da parte delle tre principali amministrazioni chiamate a esprimersi, e cioè Regione Friuli Venezia Giulia, Comune di Trieste, Comune di Muggia, più le altre istituzioni competenti: Dogane, Capitaneria di Porto, Guardia di Finanza, Polizia di Frontiera, sindaci dei Comuni di Monrupino e di Sgonico. Grande la soddisfazione anche nelle parole del sindaco Roberto Cosolini: «Il provvedimento del Commissario di Governo arriva in un inizio settimana che ha già visto la firma di un accordo importante per il nostro porto con l’Iran e l’assegnazione a un soggetto di altissimo profilo internazionale, Ernst&Young, dell’incarico di advisor per il piano strategico di Porto vecchio. È decisamente una settimana importantissima per una Trieste che dopo tanto immobilismo si riscopre protagonista del suo futuro». Il primo cittadino aggiunge infine: «Ringrazio Francesca Adelaide Garufi (che proprio pochi giorni fa ha salutato ufficialmente le autorità del territorio in vista dell’imminente pensionamento a fine mese, ndr) per la sensibilità e l’impegno con cui ha partecipato con noi a questo percorso».

 

 

Parte lo scambio dei rifiuti riutilizzabili - L’aula aggiorna il regolamento: nei centri di raccolta per gli ingombranti ci sarà un’area apposita
È passato a maggioranza l'aggiornamento del regolamento dei rifiuti di Trieste.

 Il voto ha concluso i lavori del consiglio nella notte di lunedì, introducendo all'interno del nuovo testo alcune novità imposte dalla normativa nazionale: nei centri di raccolta per i rifiuti ingombranti sarà istituita un’area in cui sarà possibile scambiare oggetti riutilizzabili, come ad esempio i mobili; i rifiuti piccoli o piccolissimi, poi, saranno considerati una categoria a parte. Ciò comporta un’attenzione particolare nei confronti di mozziconi di sigaretta, gomme da masticare e fazzoletti, cose che tendiamo a gettare trascuratamente al suolo. L'assessore all'ambiente Umberto Laureni spiega: «La novità principale dell'aggiornamento è l'obbligatorietà della raccolta dell'umido. Portiamo così al passo con i tempi un regolamento, quello approvato nel 2010, che di per sé era già buono». Quanto alle novità: «La legge di stabilità del 2015 conteneva un allegato ambientale cui ci siamo dovuti adeguare attraverso emendamenti in aula. L'area di scambio per rifiuti riutilizzabili è già una prassi in altre città, ed è cosa buona introdurla anche qui. La nascita della categoria dei microrifiuti, poi, consentirà di porvi più attenzione rispetto a quanto fatto finora». Il documento è stato approvato a maggioranza e non sono mancate critiche dall'opposizione. Questo il commento del capogruppo Pdl Lorenzo Giorgi: «Non siamo nella pianura padana, Trieste è una città morfologicamente difficile. Molti cittadini si troveranno in situazioni di disagio nel portare i rifiuti, spesso i punti di raccolta sono distanti da casa, e l'umido obbligatorio non aiuterà. I quattro, cinque milioni di costi in più potevano essere usati altrove. In Puglia si danno buoni d'acquisto in convenzione con i negozi a chi differenzia, potevamo farlo anche qui». Da parte sua il consigliere Michele Lobianco (Civica) proponeva dei bonus per incoraggiare la differenziata. Paolo Menis (M5S) stigmatizza: «Ancora una volta il Comune è succube di Acegas. Noi abbiamo proposto di non usare più i soffioni per la pulizia dal 2018, ma la maggioranza non è voluta entrare nel merito del servizio, sebbene sia sua prerogativa. Proponevamo anche di dare la possibilità ai privati di accogliere isole ecologiche sui loro spazi per ridurre le distanze, ma c'hanno cassato anche questo». Paolo Rovis (Tp) ha sollevato in aula il problema di incompatibilità con la legge nazionale, poi sanato dagli emendamenti: «Forse era meglio ritirare il testo e pensarci un po' di più». Un ordine del giorno del Pd di Mario Ravalico, Alessandro Carmi e Igor Svab è stato accolto: impone la valutazione di interventi di pulizia delle caditoie all'inizio della stagione autunnale, soprattutto nelle strade in pendenza, per evitare il verificarsi di frane.

(g.tom.)

 

Comune - Commissioni consiliari sui rifiuti solidi

Commissoni consiliari II e III convocate domani mattina alle ore 12 nella Sala matrimoni per esaminare la deliberazione consiliare sull’addendum contrattuale, da stipularsi con AcegasApsAmga SpA, in materia smaltimento rifiuti solidi urbani e speciali assimilati.

 

 

ENERGIA - Petizione sul minirigassificatore in aula

Martedì 2 febbraio, al termine della seduta d’aula, sarà consegnata al presidente del Consiglio regionale Franco Iacop la petizione “A Monfalcone non venga costruito alcun rigassificatore di qualunque taglia perché incompatibile con la delicata situazione ambientale del luogo”.

Ad appoggiare il documento sarà la portavoce del MoVimento 5 Stelle Ilaria Dal Zovo che si affiancherà ai proponenti del Comitato No Rigassificatore-Monfalcone Pulita, del Comitato Cittadini per il Golfo-Obcani Za Zaliv con sede a Duino Aurisina; e del Meetup Monfalcone 5 Stelle.

 

 

A nuovo piste forestali, stagni e cisterne - La Provincia annuncia la fine dei lavori di ampliamento del percorso Gemina entro febbraio. Accordo con il Cai
DUINO AURISINA - Saranno completati entro febbraio i lavori del terzo lotto del percorso Gemina, il tracciato sterrato che, dalla piazza di Malchina, conduce al centro di Sgonico, attraversando anche San Pelagio e Prepotto.

Il progetto, che punta alla riqualificazione del Carso rurale, è gestito dalla Provincia ed è finanziato con fondi regionali del settore forestale (264.525,15 euro), oltre che con un contributo della Fondazione CrTrieste (40mila euro). Nelle ultime settimane è maturata anche l’ipotesi di un ampliamento del percorso, più articolato e interessante rispetto a com’era stato originariamente pensato. «L’amministrazione provinciale - ha ricordato ieri il vicepresidente e assessore alle Politiche per il Carso, Igor Dolenc - sta lavorando al completamento del percorso tra i Comuni di Sgonico e di Monrupino, in un’area di elevato interesse naturalistico e culturale, all’interno della quale prevediamo di collegare i tratti naturalistici ai sentieri Cai. Con la manutenzione del verde, dei muretti e del fondo dei sentieri si prevede di ripristinare la rete dei percorsi già esistenti nel catasto delle piste forestali, oltre una dozzina, a tutt’oggi inutilizzati, favorendo la fruibilità di pedoni, ciclisti e degli amanti delle passeggiate a cavallo». La Provincia di Trieste ha stretto un’intesa con il Club Alpino Italiano (Cai) della Regione Friuli Venezia Giulia per inserire il nuovo tratto di Gemina nella rete dei percorsi alpini, e quindi nel sistema escursionistico regionale e nel catasto regionale dei sentieri. «Ai fini della valorizzazione del patrimonio esistente - ha ripreso Dolenc - tra le attività del progetto è incluso il ripristino del sistema di cisterne, stagni e abbeveratoi presenti sul territorio, concretizzando così un’operazione finalizzata alla salvaguardia delle biodiversità e alla conservazione di alcuni siti caratteristici del Carso, ancora oggi poco conosciuti». I lavori in queste settimane stanno riguardando il taglio della vegetazione lungo i bordi dei sentieri e anche la pulizia, la riedificazione e la messa in uso degli invasi idrici nella zona di Rupingrande e di Col, con la relativa posa in opera di cartelli turistici e informativi dedicati. I lavori del terzo lotto sono stati concertati e condivisi con il territorio. L’amministrazione provinciale ha a suo tempo avviato una procedura per raccogliere manifestazioni di interesse tra i soggetti interessati a partecipare alla manutenzione ordinaria e straordinaria del percorso in via di realizzazione. Oltre al Cai, in tale contesto si sono resi disponibili a seguire il progetto, per quanto di loro competenza, la cooperativa sociale Onlus Agricola Monte San Pantaleone, i Comuni di Sgonico e Monrupino, la Comunella Jus-Vicinja Srenja di Rupingrande e l’Associazione Tutori stagni e zone umide del Friuli Venezia Giulia. Un sì alla collaborazione con palazzo Galatti lo hanno espresso anche l’Azienda agricola Marucelli Omar e la Cooperativa ecologica Volnik. I lavori, hanno annunciato i responsabili del progetto in seno alla Provincia, saranno completati entro febbraio, termine stabilito sugli interventi in Carso per le aree incluse nelle zone a protezione speciale di Natura 2000 e nel pieno rispetto delle norme che tutelano l’ecosistema: nelle aree vincolate sono vietati interventi invasivi da febbraio ad agosto per non disturbare le specie protette. Lungo il percorso sono stati posizionati numerosi cartelli con frecce verdi su fondo giallo che indicano la direzione da percorrere, le osmizze, gli agriturismi e le molteplici attività artigianali che si incontrano lungo il percorso. La segnaletica è arricchita anche da informazioni relative alla flora e alla fauna presenti lungo il tracciato. Gemina può essere percorso in entrambi i sensi ed è stato chiamato così per omaggio alla strada romana che congiungeva Aquileia a Trieste.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 gennaio 2016

 

 

“Modello Marsiglia” per il Porto vecchio - IL PROGETTO DI RILANCIO »LA SCELTA DELL’ADVISOR

L’esempio che sarà seguito è quello della riqualificazione dell’antico scalo francese

Sarà il colosso mondiale Ernst&Young ad affiancare il Comune nella redazione del Piano di valorizzazione dell’area
Sarà il colosso mondiale dell’advisory Ernst&Young ad affiancare il Comune di Trieste nella redazione del Piano strategico per la valorizzazione del Porto vecchio. Ieri mattina la Commissione di valutazione istituita in base al bando pubblico, presieduta da Walter Toniati responsabile dell’Ufficio progetti strategici del Comune e composta anche dal segretario generale dell’Autorità portuale Mario Sommariva e dal docente Vittorio Torbianelli, ha annunciato al termine dell’ultima seduta la propria scelta, comunicata poi ai media dal sindaco Roberto Cosolini nella successiva conferenza stampa. In un lasso di tempo di almeno sei mesi l’advisor dovrà dapprima compiere una serie di indagini conoscitive per individuare gli indicatori di attrattività e interesse dell’area per gli investitori pubblici e privati. Quindi indicare le aree da conservare o riqualificare in base ai possibili settori di sviluppo economico: marittimo, turistico, ricettivo, culturale, portuale, diportistico, residenziale, eccetera, dividendo gli ambiti di competenza tra istituzioni pubbliche e investitori privati. In questa fase saranno valutate anche le possibilità di attrazione di capitale umano e finanziario e l’incremento della qualità della vita per i cittadini. Infine l’advisor affiancherà il Comune nell’illustrazione del Piano a istituzioni, parti sociali, stakeholders, opinion leader, associazioni. «È stato scelto un soggetto di prestigio mondiale al termine di una competizione giocata a livelli molto elevati - ha commentato il sindaco riferendosi alle dodici cordate che hanno presentato la propria offerta - si sono fatti avanti anche prestigiosi studi di architettura, ma il nostro obiettivo era diverso perché qui si tratta di offrire sul mercato un sito di grande suggestione per portare ricchezza a patto di raggiungere un equilibrio tra l’interesse pubblico e la redditività dell’investimento». Ernst&Young, che ha il proprio quartier generale a Londra è un network mondiale di servizi professionali di revisione e organizzazione contabile, fiscalità, transaction e advisory. Conta 210mila dipendenti in tutto il mondo, è presente con più di 700 uffici in 150 Paesi e ha annunciato che il proprio fatturato aggregato globale ammonta a 28,7 miliardi di dollari. Fa parte delle cosiddette Big four ovvero le quattro società di revisione che a livello mondiale si spartiscono la gran parte del mercato in questi settori. «L’importo a base della gara era di 170mila euro - ha precisato Toniati - Ernst&Young ha vinto con un ribasso all’incirca del 18%, ma quello economico era un parametro tenuto in bassa considerazione, molto di più contava la qualità dell’offerta». Tra le concorrenti a Trieste c’era anche un’altra delle Big four, Pricewaterhouse Coopers che è uscita sconfitta così come gli studi collegati agli architetti Stefano Boeri e Boris Podrecca. La gara per il Porto vecchio è stata vinta per l’esattezza dalla Ernst&Young financial business advisory di Milano associata con la Ernst&Young advisory di Parigi. Un suo rappresentante, Piergiorgio Bernardinelli giunto dalla sede di Rovigo era già presente ieri a Trieste. Sollecitato a dare qualche anticipazione, si è limitato a dire che «per questo incarico lavoreranno una decina di persone della nostra società, ma anche assieme alla nostra consociata francese che ha significative esperienze in materia. Dovremo confezionare qualcosa che piaccia agli investitori - ha aggiunto - che poi sarà compito del Comune di reperire». La presenza della consociata parigina non sembra affatto casuale dal momento che l’esempio al quale si riferirà in via prioritaria Trieste sembra essere quello del porto antico di Marsiglia oltre che in via marginale a quello di Tunisi. Si legge su Tripadvisor: «Il porto antico di Marsiglia ha una pletora di caffeterie in riva al mare, dove si può pranzare deliziandosi con un bicchiere di vino ammirando nel frattempo la splendida vista. Guarda le barche a vela dentro e fuori dal porto e non dimenticare di ammirare gli edifici sui bordi del Vieux-Port. È difficile non notare le due imponenti fortezze che custodiscono il Vieux-Port: Fort Saint-Nicholas e Fort Saint-Jean». Lo scenario del golfo di Trieste tra Miramare e la vecchia Lanterna teme pochi rivali. Ma qui si gioca un’ulteriore scommessa che aumenta le difficoltà e l’ha ben evidenziata Cosolini: «In quasi la totalità dei casi lo scenario è di una metropoli che riconverte un piccolo porto antico, a Trieste invece c’è un grande porto da riqualificare e una città di proporzioni ridotte che deve ricostituire una massa critica internazionale». In Porto vecchio non si tratta solo di attirare investitori, ma anche lavoratori, addetti e perfino abitanti, oltre logicamente a frequentatori e turisti.

Silvio Maranzana

 

Staff di dieci persone al lavoro per dieci mesi
Il superconsulente: «All’opera da subito». E oggi potrebbe arrivare la storica firma sul Punto franco
L’advisor Ernst&Young, come ha preannunciato ieri il suo rappresentante Piergiorgio Bernardinelli, metterà già in questi giorni in campo uno staff di una decina di persone, in stretto collegamento con l’associata di Parigi, per cominciare il lavoro su Porto vecchio. È stato tracciato un cronoprogramma serrato e la redazione del Piano strategico potrà concludersi in sei mesi. Il lavoro del consulente prevede una prima fase di 60 giorni per le indagini conoscitive che si concluderà con l’evidenza dei punti di forza e delle criticità, dei fabbisogni, da sviluppare e implementare con fattibili soluzioni, dei limiti e vincoli (urbanistici, morfologici, ambientali), dei rischi e delle opportunità e con l’individuazione di indicatori di attrattività per investitori pubblici e privati. Nella seconda fase, altri 60 giorni stimati, si tratterà di indicare le zone di modificazione fisica dell'area secondo aree omogenee di conservazione o restauro, riqualificazione o sviluppo economico per i singoli settori di sviluppo (marittimo, turistico, ricettivo, culturale, portuale, diportistico, residenziale, ecc.), gli interventi da realizzare da istituzioni e privati investitori, l’attrazione di capitale umano, finanziario, e l’incremento della qualità della vita per i cittadini. Infine la terza fase, in questo caso di almeno 60 giorni, dedicata al supporto al Comune nell’illustrazione delle Linee guida del Piano a istituzioni, parti sociali, stakeholders, opinion leader, associazioni. Tutta questa fase, preliminare all’operazione clou, quella della “cattura” degli investitori internazionali, seguirà ad alcune procedure già completate a partire dall’individuazione della nuova dividente demaniale che assegna al Comune tutti i magazzini storici e i piazzali del Porto vecchio e che è stata approvata ancora il 9 luglio. Il passaggio formale avverrà dopo che il commissario del Governo Francesca Adelaide Garufi avrà messo la firma, il che potrebbe succedere già oggi, sul decreto che trasferisce il regime di Punto franco da quest’area in cinque nuove zone così indicate: Interporto di Fernetti, ex stazione di Prosecco, area Teseco all’ex Aquila, Canale navigabile e Noghere. Frattanto riguardo ai passi avanti che sta facendo la procedura per riqualificare Porto vecchio la segretaria regionale del Pd Antonella Grim ha affermato che «senza l’impegno e la volontà politica che il Pd e il centrosinistra stanno dimostrando sia in Fvg che a Roma, questo progetto non sarebbe nemmeno partito».

(s.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 gennaio 2016

 

 

A Duino Cittadini del golfo contro Altran - L’associazione ribatte al sindaco di Monfalcone sulla possibile collocazione del minirigassificatore
DUINO AURISINA - «Più una cosa è pericolosa, più la si vuole spostare verso Duino per allontanarla da Monfalcone, ma noi non resteremo inermi e non accetteremo questo ennesimo tentativo di penalizzare il nostro territorio».

È una reazione decisa, puntuale, offesa, quella dei Cittadini del golfo alle recenti dichiarazioni di Silvia Altran, sindaco di Monfalcone che, in un’intervista concessa al Piccolo la scorsa settimana, aveva detto, riferendosi al rigassificatore della SmartGas e, più precisamente, alle ipotesi della sua localizzazione, che «l’area migliore per realizzarlo è quella della fine della banchina in direzione di Duino, per evitare così di intralciare l’ingresso e l’uscita delle navi quando dovessero arrivare le gasiere». «Siamo estremamente sorpresi e ovviamente arrabbiati e preoccupati - dicono i Cittadini per il golfo in un loro comunicato - perché il nostro gruppo di lavoro, che segue la proposta di insediamento di un rigassificatore, terminal e deposito nella zona del Lisert e foci del Timavo, sta constatando che il processo di verifica tecnico-politica della proposta pone in evidenza un particolare ruolo assunto dalla parte politica delle amministrazioni locali. Consideriamo di conseguenza inquietanti le posizioni assunte dai vertici del Comune di Monfalcone. Evidentemente - sottolineano - l’ansia provocata dall’ennesima votazione non permette di considerare con sufficiente approfondimento le informazioni su problemi ingenti e importanti. Siamo costretti a leggere - proseguono - che il sindaco Altran, per salvare se stessa e i suoi colleghi, sposterebbe il rigassificatore ormai conosciuto anche come quello del Carso il più vicino possibile al mare di Duino, cioè, come lei dice e speriamo si smentisca, in una zona il più possibile lontana da Monfalcone e dal suo porto, dove il disturbo e il rischio sarebbero molto minori. Allo stesso tempo - sottolineano i Cittadini per il Golfo - ammette che le gasiere e le bettoline non sono compatibili, che il rigassificatore allontana gli investimenti, che ci sarebbero troppi camion e treni. Il Villaggio del Pescatore a questo punto - insistono - non avrebbe più bisogno del Minimose, perché non ci sarebbero più abitanti in pericolo di annegamento. Assieme a moltissimi monfalconesi - continuano - abbiamo constatato che questa zona è centrale in un’ambito territoriale attualmente gestito in modo sbagliato. Nella storia e nella cultura di questo territorio - concludono - è possibile proporre un modello di sviluppo collegato all’economia in scala locale, cioè ad artigianato, diporto, turismo, agricoltura-pesca e rinunciare all’industrializzazione stile anni ’70, eccezion fatta per le storiche aree dei cantieri navali. Uno dei primi passi deve essere quello di rinnegare gli amministratori insensibili e incapaci di intraprendere vie di sviluppo adatte al territorio».

Ugo Salvini

 

 

Giardini inquinati - Via al programma di risanamento
La bonifica degli spazi gioco per le scuole di Servola. Le super-piante per assorbire i veleni dei giardini pubblici. Serviva un piano per partire. E finalmente, a nove mesi dalla clamorosa scoperta dell'inquinamento nelle aree verdi della città, le istituzioni hanno partorito qualcosa di operativo. La situazione si è sbloccata ieri pomeriggio al termine del tavolo che coinvolge Regione, Arpa, Comune e Azienda sanitaria universitaria integrata. Era presente anche l'esperto a cui gli enti spesso di rivolgono per tematiche analoghe: il professor Pierluigi Barbieri, del Dipartimento di scienze chimiche e farmaceutiche dell'ateneo, pratico di tecniche di decontaminazione naturale. È lì, in quella riunione, che si è deciso di dare mandato al municipio di stendere un programma. Sarà l'Istituto superiore di sanità ad approvarlo in via definitiva; ma, trattandosi di amministrazioni centrali, come ha lasciato intendere l'assessore comunale all'Ambiente Luisa Polli, i tempi non sono affatto certi. Comunque la novità è che l'assessore, assieme alla collega Elisa Lodi, responsabile dei Lavori pubblici, stavolta hanno stabilito cosa fare. Precisato che Trieste deve fare i conti con un "inquinamento diffuso" del suolo, a macchia di leopardo, le cui ragioni sono varie e poco chiare (smog da traffico, impianti di riscaldamento, porto, industrie, tipologia di terreno usato in passato), il Comune ora sa come muoversi: negli spazi verdi del "don Chalvien" di via Svevo e della “Biagio Marin” di via Praga, le due scuole con giardini off-limits, si procederà con la rimozione (tecnicamente "scorticamento") dello strato di terra contaminato. Le zolle saranno sostituite con un nuovo manto erboso. Per gli altri cinque siti si applicherà il "fitorimedio", cioè piante capaci di produrre microrganismi in grado di degradare le sostanze. Si tratta, nello specifico, di piazzale Rosmini, del "de Tommasini" di via Giulia, della pineta "Minussi" di Servola, del cortile della chiesa di San Lorenzo e dello spazio aperto dell'Associazione amici del presepio in via dei Giardini. Il programma predisposto dal Comune, sollecitato anche da un ordine del giorno del Consiglio comunale, sarà illustrato al tavolo regionale, per essere quindi sottoposto al vaglio finale dell'Istituto superiore di sanità. Sarà ancora l'Arpa, non appena conclusi gli interventi, a monitorare le aree verdi in modo da capire se il problema persiste o meno. «In ogni caso - ha precisato Polli - se verranno individuati altri siti problematici avremo uno strumento operativo pronto. Perché questo è un piano permanente. Tra l'altro possiamo affermare che è una sorta di progetto pilota per il Paese». Il municipio dispone di 350 mila euro stanziati dalla Regione e di ulteriori 100 mila ripartiti con il proprio bilancio, ha ricordato l'assessore Lodi. «Quella che andremo ad attuare - ha puntualizzato invece Polli - è una sorta di depurazione delle zone in cui sono state rinvenute le sostanze. Per quanto riguarda le scuole - ha evidenziato - già le linee guida dell'Istituto superiore di sanità prevedono che, di fronte alla presenza di siti utilizzati dai bambini, si proceda con la massima cautela. Per questo togliamo lo strato di terreno, per poi piantare altra erba».

Gianpaolo Sarti

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 gennaio 2016

 

 

Ambiente - Partono i sorvoli aerei “anti amianto”

Parte l’annunciata “lotta aerea” all’amianto. L’11, il 12, il 22 e 23 febbraio verranno infatti effettuati alcuni sorvoli aerei dell’Atr42 della Guardia costiera per la mappatura sperimentale dei tetti contenenti amianto mediante telerilevamento multispettrale.

È stato deciso nel corso di un incontro tra l’Arpa e la Capitaneria di porto di Trieste. Si tratta di un’indagine sperimentale, che consentirà di individuare superfici contenenti amianto anche di pochi metri quadri. Le immagini digitali saranno poi analizzate dall’Arpa con dei software dedicati.

 

 

Industria - FareAmbiente in piazza contro la Ferriera

Il coordinatore regionale di FareAmbiente, Giorgio Cecco annuncia che, «per ribadire che la priorità deve essere sempre la tutela della salute pubblica dei residenti e dei lavoratori, nonché la difesa dell'ambiente», FareAmbiente sarà presente alla manifestazione del 31 gennaio sulla Ferriera di Servola «che secondo noi va riconvertita».

 

 

MOBILITÀ - Trasporto ferroviario Seminario in Alto Adige

Si è tenuto a Bolzano e Merano il seminario dell’Assoimprenditori Alto Adige che ha visto coinvolte la Regione, la Provincia di Bolzano, la Società Ferrovie Udine-Cividale, Trenitalia e la Sas (Società di trasporto altoatesina). «Per migliorare i servizi non bastano le risorse - ha detto l’assessore Santoro - servono progetti virtuosi e condivisi dal territorio».

 

 

CONSIGLIO COMUNALE - L’aula discuterà Dup e regolamento rifiuti

Domani sera alle 19.30 il Consiglio comunale torna a riunirsi nell’aula di piazza Unità. All’ordine del giorno dei lavori la presentazione del Dup - Documento unico di programmazione e l’approvazione dell’aggiornamento del Regolamento per la gestione dei rifiuti urbani.

 

 

COMUNE - Domani l’advisor per il Porto vecchio

Domani alle 12.15 verrà annunciata dal sindaco Roberto Cosolini la scelta della Commissione di valutazione sull’affidamento dell’incarico di advisor per la redazione dell’impostazione del Piano strategico per la valorizzazione del Porto vecchio.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 gennaio 2016

 

 

Report del Comune «Benzo(a)pirene in calo a Servola» - Completati gli interventi sull’altoforno. Si lavora sul rumore
Sopralluogo dell’assessore all’Ambiente Laureni alla Ferriera
Da agosto, quando è stato avviato il nuovo sistema aspirante della cokeria, il benzo(a)pirene rilevato dalla centralina di via San Lorenzo in Selva si è mantenuto sotto il limite di un nanogrammo per metro cubo, con una media di 0,6. Il dato emerge dal rapporto ambientale 2015 sulla Ferriera, diffuso ieri dal Comune, nel quale si sottolinea però che, a causa delle concentrazioni dei primi mesi, fino a tutto novembre la media annuale ha superato il limite di legge, attestandosi a 1,2 nanogrammi. Dal grafico riprodotto a fianco si nota un dato importante: il progressivo abbassamento della media annua di benzo(a)apirene negli ultimi anni. Fra gli interventi attuati nella cokeria, il rapporto del Comune ricorda la fase di spegnimento del coke, che si manifesta con la nube di vapore. «L’innalzamento della torre di abbattimento - si legge - impedisce che la nube trascini con sè il polverino di carbone, facendolo poi cadere sul rione assieme all’acqua di condensa». Quanto all’altoforno e alle polveri, i valori di quelle sedimentate nell’abitato di Servola e di quelle sospese lo scorso anno«sono risultati elevati». In agosto il sindaco ha chiesto un dettagliato rapporto alla Siderurgica Triestina, e in novembre ha emesso un’ordinanza con cui ha imposto di contenere la produzione di ghisa sotto le 34mila tonnellate mensili, fino al completamento degli interventi sull’altoforno e sull’area ghisa. Dopo il sopralluogo alla cokeria il 29 dicembre, assieme al sindaco, ieri l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni ha effettuato una seconda verifica, per controllare i lavori eseguiti nell’area ghisa e sull’altoforno, e lo stato di avanzamento degli interventi più urgenti per insonorizzare le sorgenti di rumore. «Le nove ulteriori modifiche sull’altoforno e nell’area ghisa - ha spiegato Laureni - per ottimizzare la captazione delle emissioni diffuse, in risposta ai chiarimenti chiesti dal sindaco, sono state tutte effettuate entro il 2015». Quanto all’insonorizzazione di alcuni impianti, che va conclusa entro febbraio, quella dell’impianto di captazione delle sorgenti diffuse in cokeria sarà ultimata entro il 31 gennaio, mentre quella dell’impianto Daneco verrà completata entro febbraio.

 

Il Movimento 5 stelle scende in piazza contro la Ferriera
«Solo un sindaco con gli attributi potrà risolvere il problema della Ferriera. Negli ultimi anni i sindaci di Trieste hanno mancato questo obiettivo. Il prossimo sindaco di Trieste, che sarà sicuramente un sindaco del Movimento 5 Stelle, imporrà quel cambio di rotta di cui la città ha bisogno, emanando le ordinanze necessarie per ridurre o addirittura azzerare la produzione della Ferriera».

Paolo Menis, portavoce comunale del M5S, parla alle telecamere nella sala azzurra del Consiglio regionale un attimo prima della conferenza stampa che conferma l’adesione del movimento alla manifestazione, indetta dal Comitato 5 dicembre, che si terrà il 31 gennaio con partenza da piazza Oberdan. E, fosse solo per la questione degli attributi, è legittimo aspettarsi che sarà lui il candidato sindaco del Movimento 5 Stelle. «La manifestazione - spiega il portavoce M5S in Consiglio comunale, Stefano Patuanelli - ha come oggetto un patto che la città deve imporre a chi amministra Trieste e il Friuli Venezia Giulia. L’amministrazione comunale e quella regionale avevano preso un impegno con i cittadini: se, entro il 31 dicembre 2015, lo stabilimento siderurgico di Servola, avesse continuato a emettere agenti inquinanti in atmosfera, l’area a caldo sarebbe stata chiusa. Il 31 dicembre 2015 è passato, i dati ambientali sono sotto gli occhi di tutti. Noi chiediamo che quel patto venga finalmente rispettato». Un impegno quello del M5S sancito a tutti livelli. «Da quando siamo in Regione abbiamo già presentato una quindicina di atti riguardanti la Ferriera – ricorda il portavoce del M5S in Consiglio regionale, Andrea Ussai -. Abbiamo chiesto la chiusura progressiva dell’area a caldo dello stabilimento. Abbiamo presentato una proposta di legge che riguarda la valutazione del danno sanitario. Abbiamo presentato due esposti alla Procura. In poche parole il Movimento 5 Stelle è stata l’unica forza politica a presentare costantemente interrogazioni, mozioni, proposte di legge sulla Ferriera di Servola. Nonostante questa intensa attività, il Pd si ostina a puntare sull’attività siderurgica, sulla produzione di ghisa in centro città. Ecco perché chiediamo a tutti i cittadini di Trieste di manifestare insieme a noi il prossimo 31 gennaio». (fa.do.)

 

 

Zagabria: stop alle trivelle in Adriatico
L’annuncio del premier incaricato Oreškovi„ nel discorso programmatico in Parlamento: «Moratoria al progetto»
ZAGABRIA Saranno l’energia e il turismo i due settori chiave in cui investirà il nuovo esecutivo croato. Il premier di Zagabria Tihomir Oreškovi„ ha pronunciato ieri in parlamento il suo discorso programmatico, volto a presentare la sua squadra di governo e a ottenere il voto di fiducia (rimandato a tarda serata). E se il turismo è da decenni una parte importante della ricetta economica croata (fino a produrre con l’indotto quasi un terzo della ricchezza nazionale), sull’energia il premier ha annunciato un cambiamento considerevole: l’abbandono definitivo del piano di trivellazione petrolifera nell’Adriatico, trivellazione che anche in Italia è tema di dibattito politico con il referendum voluto da alcune Regioni. Zagabria proclama «una moratoria al progetto di esplorazione ed estrazione degli idrocarburi», iniziato dal precedente governo socialdemocratico. Uno stop che ieri più voci in Italia hanno subito sottolineato. Al petrolio e al gas dell’Adriatico, il cui sogno di estrazione era ormai inviso a una porzione crescente dell’opinione pubblica - tanto che il premier uscente Zoran Milanovi„ aveva rinviato il tutto al periodo post-elettorale - il nuovo governo croato preferirà altre fonti di reddito, con l’obiettivo annunciato di rimettere in moto la crescita economica. Secondo Oreškovi„, oggi alla guida di una coalizione di centrodestra, «la Croazia attraversa in questo momento degli squilibri macroeconomici che impongono delle misure politiche ferme». In cima alle priorità del nuovo premier figura dunque il rilancio dell’economia, dato che il paese presenta effettivamente indicatori poco rosei: la disoccupazione, che non accenna a scendere, sfiora ormai il 18% (e quasi il 50% tra i giovani), il debito pubblico, in aumento, ha già superato l’85% del Prodotto interno lordo, mentre le previsioni di crescita economica per il 2016 si fermano all’1,4% del Pil. «Ridurre il deficit e il debito pubblico saranno due linee guida dell’esecutivo», ha detto Oreskovi„, che assicura di voler portare entro il 2020 grandi cambiamenti nel paese «in tre aree fondamentali: la crescita economica, la concorrenzialità e la qualità di vita», puntando ad esempio ad un aumento delle esportazioni del 30% e all’innalzamento del Pil pro capite a 2mila euro. Ma al di là delle dichiarazioni di Oreškovi„, a Zagabria il dibattito si è infiammato sulla scelta del nuovo ministro della Cultura, lo storico Zlatko Hasanbegovi„. Impiegato all’Istituto per la ricerca sociale “Ivo Pilar”, Hasanbegovi„ è accusato di essere un revisionista storico, vicino a posizioni filo-fasciste. Oltre ad aver dichiarato che «l’antifascismo non dovrebbe essere menzionato nella costituzione croata» e che è solo «un luogo comune», Hasanbegovi„ è stato membro del Movimento di liberazione croato (Hop), partito di estrema destra fondato da Ante Paveli„, il presidente dello Stato indipendente di Croazia (Ndh), il regime ustascia satellite della Germania nazista e dell’Italia fascista tra il 1941 e il 1945. E proprio riguardo a questo periodo storico, Hasanbegovi„ è tuttora membro del cosiddetto “Plotone commemorativo di Bleiburg”, gruppo che annualmente ricorda il “massacro di Bleiburg” perpetuato dai partigiani di Tito nel maggio 1945 contro miliziani e civili vicini allo Stato di Paveli„. Varie associazioni hanno manifestato ieri davanti al parlamento croato chiedendo che sia scelto un altro candidato quale ministro della Cultura. Una lettera aperta è arrivata anche dall’Associazione croata dei giornalisti che ha invitato a ritirare il nome di Hasanbegovi„ dalla lista dei 20 nuovi ministri croati. L’interessato si è difeso parlando di un «linciaggio ideologico».

Giovanni Vale

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 gennaio 2016

 

 

Mozziconi, cartacce e graffiti - Triestini poco “ambientalisti” - Le multe per mancato rispetto del regolamento sui rifiuti
In aumento le violazioni al regolamento sui rifiuti. Nel 2015 multe per 42mila euro ma il dato crescerà
Laureni: «Serve un salto di qualità altrimenti l’impegno per cambiare l’immagine della città è vano»
L’ufficialità dell’obbligatorietà del corretto conferimento della frazione dell’umido negli appositi contenitori sia per i cittadini che per gli esercenti per i quali, in caso contrario, sono previste le relative sanzioni. È l’aspetto più rilevante contenuto nella delibera che disciplina le modifiche al regolamento per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati e la pulizia del territorio del Comune di Trieste, discussa ieri nella sesta commissione consiliare presieduta da Mario Ravalico (Pd). Modifiche che vanno ad aggiornare il regolamento approvato nel 2010, non solo alla luce dell’avvio della raccolta differenziata dell’umido, ma anche sul fronte dei continui cambiamenti normativi che regolano la materia. Un regolamento che va in una doppia direzione: da una parte proporsi come strumento di controllo sul corretto comportamento dei cittadini, lavorando in modo particolare sull’aspetto culturale: dall’altra rafforzare la vigilanza anche sull’operato del gestore incaricato. Per quel che riguarda le sanzioni elevate ai cittadini, è evidente la crescita registrata negli ultimi anni: nel 2012 sono state 149, mentre nel 2013 hanno toccato quota 181. Ma è nell’ultimo biennio che si è verificato un aumento significativo: nel 2014 sono state 224, per un importo complessivo di 42mila e 220 euro, mentre lo scorso anno, dato però non ancora definitivo, si è toccata quota 206 per un totale di 42mila e 250 euro. Di queste, 180 sono state accertate dalla polizia locale, 4 dalla polizia e 22 dalle guardie ambientali (che dallo scorso ottobre si sono però focalizzate in modo particolare sul controllo di Acegas). Tra le violazioni al regolamento spiccano quelle per scritte o graffiti sui cestini stradali (58 in totale per 17.400 euro), seguite dal mancato rispetto del divieto di gettare a terra cartacce e mozziconi di sigaretta (56 per 2.800 euro). Al terzo posto le scritte che vanno a lordare i contenitori stradali (35 sanzioni e 10.500 euro), mentre sono 19 le sanzioni per aver lordato il suolo con minzioni e deiezioni (4750 euro) e 3 per la mancata raccolta di deiezioni animali (750 euro). Circa una trentina nel complesso le violazioni suddivise tra conferimento differenziato errato dei rifiuti, imballaggi di utenze non domestiche, abbandono rifiuti ingombranti, pericolosi e non. «Si tratta di un ottimo regolamento, ma il problema è come sempre quello del rispetto delle regole» ha sottolineato Umberto Laureni, assessore comunale all’Ambiente. «In questa città esiste una sacca di inciviltà di cui dobbiamo tenere conto. Se non riusciamo a fare un salto di qualità, rischiamo di rendere poco credibile l’intero sistema che stiamo portando avanti per cambiare l’immagine della città». Tra le altre modifiche al regolamento, anche la disciplina degli aspetti organizzativi dei centri di raccolta e le frequenze del servizio di asporto dei rifiuti diversificate in funzione delle diverse tipologie e delle densità abitative del territorio. Soddisfazione è stata espressa dal presidente della commissione Ravalico «per un regolamento dove traspare la volontà dell’amministrazione di incrementare nel cittadino la cultura della difesa ambientale». Di parere opposto le forze di opposizione. Per Michele Lobianco (Impegno Civico): «Si tratta di un regolamento che non risolve il problema della pulizia della città: in particolare non ci sono più certezze sugli orari della raccolta dei rifiuti», mentre secondo Paolo Bassi (Gruppo Misto): «Il lavaggio delle strade è a discrezione del gestore e dunque ci sono strade che non vengono lavate da anni». Usa l’arma dell’ironia Paolo Menis (M5S): «I vertici di Acegas affermano che la città è più pulita, ma non capisco da dove derivi questa loro convinzione». Caustico infine Alfredo Cannataro: «È inutile mettere dei divieti se poi nessuno li rispetta».

Pierpaolo Pitich

 

 

La Capodistria-Divaccia è al collasso
Serve il secondo binario per il traffico merci del porto. Gruppo cinese interessato all’opera. Oggi contatti con l’Ungheria
LUBIANA La linea ferroviaria Capodistria-Divaccia è al collasso. Una situazione peggiore del gelicidio che due anni fa ha colpito la Slovenia. Parola di operatori portuali che operano a Luka Koper, la società che gestisce lo scalo del Litorale. La linea è satura e molti convogli che trasportano soprattutto container, cellulosa e carta vengono instradati lungo altre direttrici. I treni vengono fermati lungo il percorso e, dicono gli operatori, senza che le Ferrovie slovene diano un pre-avvertimento. «Questo è lo stato attuale - spiega alle Primorske Novice Rok Svetek, di Adrija Kombi, l’organizzatore regionale del trasporto merci via ferrovia - e credo che nulla cambierà fino a quando non sarà costruito il secondo binario». Già, il tanto agognato secondo binario. Ma proprio in questi giorni qualche cosa si sta nuovamente muovendo nella prospettiva della realizzazione di questa fondamentale infrastruttura per lo sviluppo del porto di Capodistria. Mercoledì scorso, infatti, sono giunti proprio a Capodistria i rappresentanti e gli esperti progettisti e finanziari della cinese China Gezhouba Group che successivamente hanno incontrato a Lubiana il ministro delle Infrastrutture, Peter Gašperši›. I cinesi sostengono che l’opera potrebbe essere conclusa in tre anni sempre che entro il marzo di quest’anno siano rilasciati tutti i permessi necessari per la stessa. Secondo gli esperti della China Gezhouba Group il tempo necessario a realizzare l’opera può essere accorciato e per questo motivo si sono offerti di rivedere a proprie spese il progetto dell’infrastruttura. Resta il timore dei sindacati sloveni che i cinesi, qualora concludessero l’affare, utilizzerebbero manodopera cinese e questo a tutto detrimento degli operai sloveni. Polemiche a parte l’idea che sta prendendo corpo al ministero delle Infrastrutture della Slovenia è quello di collegare la realizzazione del secondo binario sulla Capodistria-Divaccia alla costruzione del nuovo molo terzo nel porto del capoluogo del Litorale. Come contropartita la nuova struttura portuale verrebbe gestita dall’investitore cinese in base al regime della concessione. La China Gezhouba Group ha recentemente finito di costruire una linea di 700 chilometri in Africa e in Europa si appresta a costruire la nuova centrale termoelettrica di Tuzla. Oggi, invece, sarà in Slovenia il premier ungherese Viktor Orban accompagnato da un folto gruppo di operatori economici e finanziari. Secondo quanto comunicato dal gabinetto del premier, Miro Cerar è interesse di Lubiana cercare di coinvolgere i magiari nella realizzazione del secondo binario della Capodistria-Divaccia, opera per la quale, lo ricordiamo, il governo sloveno sta preparando una società ad hoc che verrebbe successivamente ricapitalizzata con i finanziamenti delle società interessate alla realizzazione dell’opera.

Mauro Manzin

 

 

Pericoli nel Bosco Bazzoni, riserva di caccia e bracconaggio - LA LETTERA DEL GIORNO di Luciana Godas

Il giorno dell’Epifania mi sono recata al Bosco Bazzoni. La zona era “traboccante” di gente. I sentieri erano percorsi dai partecipanti a una maratona: 700 persone da Muggia a Portopiccolo. C’era pure un gruppo di cinque cavalieri sui loro cavalli, provenienti da un maneggio vicino. S’incontrano spesso sui sentieri, ed è un gran bel vedere. Un’atmosfera perfetta per un giorno di festa. All’improvviso due piccoli caprioli in fuga sul sentiero.

Il grido forte, “Attenti!”, del capogruppo che blocca i cavalieri. La sua prontezza e capacità visiva gli hanno fatto individuare nel sottobosco, particolarmente fitto, un pericolo perfettamente mimetizzato. Vistisi scoperti, si sono materializzati due ceffi corpulenti, incredibilmente mimetizzati, che lestamente si sono dileguati. Impossibile distinguerli accucciati, difficile anche se eretti. Ci sono considerazioni da fare? Sul Carso ci sono Carabinieri, Fiamme gialle, Forestali, ma in una simile giornata (vedi 700 maratoneti) non c’era una pattuglia di sicurezza, non una presenza di supporto. Non parliamo poi della Stazione dei Carabinieri a Basovizza: non sapevano, non erano informati, non avevano tempo e gentilmente hanno sbattuto giù il telefono. Forestali, non pervenuti. Finalmente da Andrea Wehrenfennig di Legambiente ho avuto informazioni precise. Risultato sconfortante: la normativa è di vecchia data, quando il Carso era meno urbanizzato. Ora c’è una riserva di caccia a valle del Bosco Bazzoni, segnalata da targhe sugli alberi ma i suoi confini si dilatano e sono sempre imprecisi, soprattutto se c’è interesse a questa imprecisione. Le nuove leggi e i richiami in materia sono stati elusi dalla Regione, che risulta pesantemente inadempiente (figuriamoci, il Friuli è terra di cacciatori). In questa stagione non è prevista la caccia ai caprioli e a ribadire il tutto “nei giorni festivi la caccia è vietata”. Ma chi controlla? In questa trascuratezza dilagante, dove niente compete a nessuno (possiamo chiamarlo menefreghismo?) il Bosco Bazzoni, senza che una pur minima segnaletica avvisi gli incauti frequentatori, è diventato riserva di caccia e bracconaggio. Il Bosco Bazzoni è sempre stato meta di passeggiate, con i propri bambini, con i propri cani, finalmente liberi da guinzagli. Ora bisogna sapere che si corre il rischio di finire impallinati o di tornare a casa senza il proprio cane. Uno sparo criminoso può colpire un cavallo, con esiti tragici per l’animale e per il cavaliere.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 gennaio 2016

 

 

Residenti di Servola in piazza contro Cosolini

Manifestazione indetta il 31 gennaio. Per NoSmog e Comitato 5 dicembre situazione sempre grave
Da una parte i residenti di Servola, dall’altra «i politici che vivono nelle stanze del Potere dentro ai palazzi collocati nelle prestigiose piazze cittadine». In mezzo la Ferriera. Non ha tardato ad arrivare la risposta alla nota del sindaco Roberto Cosolini, con la quale il primo cittadino ha scelto di rivendicare le azioni dell’Amministrazione comunale spese in favore della Ferriera negli anni del suo mandato. Le sue argomentazioni non sono sembrate sufficienti e nel giro di ventiquattro ore sono state rispedite al mittente dalla presidente dell’associazione NoSmog Alda Sancin, la quale ha imputato al sindaco una lontananza, non solo fisica, dalla cokeria di Servola. «I cittadini aspettano ancora la riconversione promessa in campagna elettorale quattro anni or sono – puntualizza Sancin - . Aspettano di non vedere più una cokeria fumare a 150 metri dalle proprie case». La stessa distanza, quella indicata da Sancin, che più o meno divide l’ufficio del sindaco dai piloni di piazza Unità. «Se lo immagina – domanda provocatoriamente la presidente di NoSmog – un camino come quello dell’impianto di agglomerazione autorizzato dall’Aia a emettere 230mila metri cubi all’ora di fumi, contenenti tra l’altro qualche pizzico di diossina, collocato alla base del molo Audace? Respirerebbe sereno insieme al Consiglio comunale?». Sancin, pur ammettendo di essere stata ascoltata dall’Amministrazione comunale, a differenza di quella regionale, punta il dito su quelle che sono le evidenze di una situazione «infernale». «A Servola resta il rumore prodotto dal decantato impianto di aspirazione – le sue parole - , restano le ricadute di polveri nere, restano le copiose ricadute di lustrini, leggasi grafite, restano le fumate più volte immortalate dai residenti e i conseguenti odori. Non sarà certo la riduzione di qualche frazioncina di nanogrammo o di qualche decibel a rendere la situazione della Ferriera compatibile con la vita dei cittadini». Concetti, quelli espressi dall’associazione NoSmog, che sono stati ripresi dal Comitato 5 dicembre in un comunicato che è stato pubblicato su Facebook, in vista della manifestazione del prossimo 31 gennaio che servirà a ricordare alle istituzioni che «la salute viene prima del lavoro». «Nel luglio del 2015 – così il j’accuse – lei è stato formalmente avvisato dall’Azienda sanitaria che a Servola c’era un importante problema di salute della popolazione. Oggi il problema c’è ancora. Lei avrebbe potuto agire, come fece il suo collega di Piombino in una situazione simile, con ordinanze tempestive. Ne ha emessa una sola, tardiva, dopo circa 140 sforamenti. Lei come responsabile della salute di tutti i cittadini aveva e ha tuttora gli strumenti per porre rimedio a questa situazione che riteniamo gravissima. Per ricordarle questo e per ricordarle il suo programma elettorale, noi il prossimo 31 gennaio scenderemo in piazza».

Luca Saviano

 

 

Parco Revoltella a nuovo entro l’estate - A breve partiranno i lavori per il ripristino di vialetti e aiuole dissestati da 15 mesi.

Mini-intervento anche sullo chalet - il muro crollato - Ancora da bandire la gara per recuperare il manufatto accanto alla Serra Spesa di 150mila euro
Era il 15 ottobre 2014 quando una violenta alluvione ha devastato una delle aree verdi più belle della città: il Parco Revoltella. Oggi, nonostante siano passati ben 15 mesi, i segni di quella ferita rimangono ancora ben visibili nel giardino di via Marchesetti, sfigurato da vialetti transennati, stradine dissestate e nastri bianco-rossi a delimitare panchine e aiuole. La lunga attesa, però, sembra essere finalmente giunta al termine: proprio in questi giorni dovrebbe essere firmato il contratto con la ditta che si è aggiudicata i lavori, che dovrebbero iniziare già tra qualche settimana per concludersi con l’arrivo della bella stagione. Un restyling da 60mila euro che andrà di pari passo con i lavori, già iniziati, di manutenzione dello chalet del barone Revoltella, una delle mete preferite dai triestini per i matrimoni civili, quale alternativa a piazza Unità: gli operatori della falegnameria Grilanc di Sgonico stanno già provvedendo a restaurare i serramenti delle finestre in legno della Villa, costruita dopo il 1860 su progetto del architetto berlinese Hitzig. «Si tratta di un lavoro di falegnameria artigianale - precisa l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto -, che andrà a mettere in sicurezza gli scuri ormai pericolanti e per il quale abbiamo previsto una spesa di 10mila euro. È innegabile che lo chalet avrebbe bisogno di un restauro globale, ma in un momento di difficoltà economica come quello attuale abbiamo dato la precedenza a interventi più urgenti. In futuro, però vedremo di destinare un finanziamento specifico alla Villa del barone». Per quanto riguarda il resto del parco, la partenza del cantiere dovrebbe essere imminente: «Subito dopo l’alluvione siamo intervenuti con una prima serie di opere da 200mila euro che ci hanno permesso di riaprire il parco e la villa al pubblico in tempi rapidi - spiega l’assessore Dapretto -. Ora andremo a sistemare le criticità rimanenti con un nuovo duplice intervento da 210mila euro totali, a cui si aggiungono i 10mila per la manutenzione dello chalet». Il primo vedrà la sistemazione di vialetti, scalinate, aiuole e panchine divelte (sopra l’area giochi due panchine sono ancora delimitate da un nastro, con accanto un pezzo di muro crollato dal pergolato soprastante e mai rimosso, ndr), con la messa in sicurezza degli alberi ancora “sotto osservazione”: i lavori dovrebbero iniziare tra qualche settimana e dureranno all’incirca quattro mesi. Entro l’estate, quindi, quasi tutti i nastri e le transenne dovrebbero finalmente sparire, restituendo il parco alla città senza più alcuno sfregio. La seconda opera, alla quale è stata destinata la cifra più corposa - 150mila euro -, vedrà il recupero del muro crollato accanto alla Serra. Qui, però, i tempi si fanno più lunghi: il progetto, già ultimato, dovrà essere prima approvato in giunta («cosa che faremo in tempi rapidi, già nei prossimi giorni» assicura Dapretto) e solo a quel punto partirà la gara per l’assegnazione dei lavori. «Confidiamo che, in questo caso, il cantiere possa partire entro il primo semestre di quest’anno, diciamo tra 3-4 mesi circa, per chiudersi entro la fine dell’anno, possibilmente già in autunno» precisa l’assessore. Resteranno esclusi dai lavori, almeno per il momento, la bella voliera in stile Liberty vicina allo chalet, restaurata nel 2007 e ora delimitata da un nastro, alcune statue e manufatti che necessitano di interventi di restauro. Per loro, assicura Dapretto, verranno prediposti mini-appalti mirati.

Elisa Lenarduzzi

 

 

Auto elettriche, 239 ricariche “pulite” in un anno
Da aprile a dicembre 2015 sono stati oltre 2mila i KWh di energia “pulita” erogati dalle nove colonnine di ricarica per auto elettriche installate a Trieste da AcegasApsAmga nell’ambito del progetto “Hera della mobilità sostenibile”.

Anche se il numero di ricariche effettuate - 239 - è ancora contenuto, è bastato questo piccolo sforzo per “risparmiare” all’ambiente l’emissione di circa 2 tonnellate di CO2. A snocciolare i risultati di questi primi mesi di servizio a sostegno della mobilità elettrica a Trieste è la stessa AcegasApsAmga che parla di «un risultato di rilievo, anche considerata la novità del servizio e il limitato parco macchine elettriche circolante. Le 239 ricariche in senso assoluto sono un numero ben lungi dal saturare la capacità di erogazione degli impianti, ma evidenziano come un significativo nucleo di triestini abbia deciso di farsi pioniere della mobilità sostenibile. Un numero ci si augura destinato a crescere già dall’immediato futuro, considerando i tangibili vantaggi economici oltre che ambientali della mobilità elettrica, soprattutto su area urbana». Attualmente le colonnine di ricarica attive su tutto il territorio nazionale sono circa 500, di cui 9 a Trieste, così dislocate: via Nazionale 4, piazzale Straulino, via Slataper 18, via delle Ginestre 1, piazzale 11 settembre, via San Nazario 5, via Carpineto 35, Rotonda del Boschetto, via Gruden (Basovizza). Nell’arco di questi mesi tutte sono state utilizzate, ma la colonnina di via Slataper 18, con 104 ricariche, è stata di gran lunga la più gettonata dagli utenti. Per agevolare l’utilizzo dell’auto elettrica, il servizio di ricarica gode di un piano tariffario “flat”: a fronte di un abbonamento mensile di 25 euro il cliente può ricaricare senza limiti la propria auto in una qualsiasi delle colonnine installate sui territori serviti. Nel corso del 2016 il servizio approderà anche a Gorizia.

 

 

Val Rosandra, giusto che il processo ricordi lo scempio - LA LETTERA DEL GIORNO di Gianni Ursini

Sono molto contento che il pm Antonio Miggiani non si sia fatto incantare dal responso del perito nominato dal giudice Marco Casavecchia a proposito della deforestazione indiscriminata operata in Val Rosandra da parte degli operatori della Protezione civile nel marzo del 2012.

Lo scorso novembre il geologo Cristiano Mastella infatti aveva definito “idoneo a prevenire rischi” e “ adeguato a scongiurare il rischio idrogeologico paventato” il taglio di 41 piante di alto fusto nell’alveo del torrente Rosandra, che aveva sollevato tanta indignazione fra la popolazione locale e le proteste degli ambientalisti. Nonostante ciò, lo scorso 11 gennaio il pm Miggiani dopo una requisitoria di circa un’ora ha chiesto la condanna ad un anno di arresto ed a duemila euro di multa per ciascuno dei quattro imputati del Processo della Val Rosandra, e cioè l’ex vicegovernatore regionale Luca Ciriani, l’allora capo della Protezione civile Gulglielmo Berlasso, il geometra Antonio Morettin e l’ingegner Cristina Trocca, registi materiali dell’operazione di disboscamento indiscriminato. Il pm ha parlato di “distruzione di habitat protetto” e ha definito quello che era successo in Val Rosandra in quel maledetto marzo 2012 “una disgrazia, un dramma, uno scempio e una devastazione di un piccolo paradiso terrestre”. Certo si tratta di un processo anomalo che vede come protagonisti da una parte il Wwf affiancato dal Ministero dell’ambiente, e dall’altra l’Ente Regione assieme alla Protezione civile. La prossima udienza è prevista per il 15 febbraio, e la sentenza per il 29, ma anche se il giudice Casavecchia dovesse giudicare colpevoli gli imputati, è prevedibile tutta una serie di ricorsi in appello su su fino alla Corte di Cassazione. A quel punto è facile che i reati saranno già caduti in prescrizione. A questo punto qualcuno potrebbe chiedere se valeva la pena di fare tanto fracasso e spendere tanti soldi pubblici per quattro alberi tagliati. Io dico di sì, innanzitutto perchè gli alberi tagliati alla radice non erano quattro ma 40, e poi perché è bene che queste cose vengano ricordate a lungo e se ne parli anche dopo molto tempo, in modo da scoraggiare altri funzionari incompetenti a compiere azioni del genere.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 gennaio 2016

 

 

Miramare promosso a museo autonomo Il ministro Franceschini annuncia la svolta sulla gestione di Castello e parco

Il direttore sarà scelto con bando internazionale. Regione e Comune esultano

TRIESTE «Siamo alla svolta, finalmente». Roberto Cosolini esulta. Niente tempi lunghi per una Fondazione, l’ipotesi sino a qualche giorno fa più probabile. No, la soluzione trovata «è migliore, sicuramente più rapida», sottolinea il sindaco di Trieste all’annuncio di Dario Franceschini: il museo e il parco del Castello di Miramare diventeranno un istituto autonomo e il nuovo direttore verrà scelto con un bando internazionale. Dà man forte Debora Serracchiani sprizzando «grande soddisfazione»: il riconoscimento «molto importante», afferma la presidente della Regione, spiana la strada alla «rivalutazione di un sito straordinario che ci fa conoscere nel mondo». La novità, per la quale si è lavorato nelle ultime settimane sull’asse Trieste-Roma, emerge in occasione della riunione congiunta delle commissioni Cultura di Camera e Senato dove il ministro dei Beni culturali espone il progetto di completamento della riorganizzazione del dicastero. Si tratta della seconda parte della riforma, materia di un decreto ministeriale che verrà varato «a breve», assicura Franceschini. Messa mano alle Soprintendenze con un’operazione di accorpamento, si prosegue «nella strada di valorizzazione del patrimonio». Ed è con questa premessa che vengono istituti dieci nuovi musei e parchi archeologici. Con due denominatori comuni: l’autonomia e la ricerca di direttori di alto profilo. Una svolta, ribadisce Cosolini, che concretizza anni di pressing, rafforzato negli ultimi mesi d’intesa con la Regione, con tanto di richiesta a Roma del via libera per la manutenzione del Parco, visto il degrado di un biglietto da visita cittadino da rinnovare al più presto in una fase di transizione in cui, con Miramare passato dalla Soprintendenza regionale ai Beni storico-artistici al Polo museale del Friuli Venezia Giulia (assieme ad Aquileia e Cividale), la burocrazia ha continuato a frenare i buoni auspici delle istituzioni. Quel degrado è sotto gli occhi di tutti i visitatori: sentieri dissestati, muretti crepati, alberi malati, aiuole infestate da erbacce e rovi, edifici abbandonati. Ma a partire da adesso, e secondo Cosolini nell’arco di pochi mesi, si possono porre le basi del cambiamento per un’eccellenza che nel 2015, con 783mila visite, è stato il terzo sito a ingresso gratuito più visitato d’Italia dopo Pantheon e parco di Capodimonte. «La notizia è una risposta importante alle giustificate e reiterate richieste della nostra comunità, di cui mi sono fatto sin da subito interprete, avendo come obiettivo ultimo quello di riportare Miramare al suo antico splendore», commenta il sindaco dopo aver fatto sapere di essere stato contattato dieci giorni fa dal ministro: «Ha chiesto una mia opinione e la risposta è stata naturalmente positiva. La gestione autonoma del Parco e del Castello, soluzione senz’altro più veloce di quella della Fondazione, rappresenta un forte riconoscimento del valore del sito e ci consente di andare a regime in tempi sufficientemente brevi. Serviranno un programma strategico e un comitato scientifico adeguati, dopo di che sarà un valore aggiunto poter contare su una professionalità di alto livello internazionale per la direzione». Soddisfazione anche in Regione. «Questa scelta è davvero eccellente. La più ambiziosa. E permetterà di stabilire legami più stretti tra il museo e il territorio attuando sinergie più agili e ancor più efficaci con la Regione e il Comune» afferma Serracchiani. «Abbiamo lavorato di squadra – aggiunge Gianni Torrenti –. La visione internazionale che si prospetta, visto anche il rapporto con il mondo austriaco di Miramare, è la novità di cui il Castello aveva bisogno». L’assessore alla Cultura rimarca in particolare il tema dell’autonomia finanziaria: «La certezza delle entrate e del reinvestimento per il miglioramento della struttura sarà un elemento chiave». E prenota un posto per l’amministrazione regionale: «Nel consiglio di amministrazione del museo autonomo è previsto che sieda un rappresentante della Regione e del Comune. Inoltre, dal momento che è prevista la stipula di accordi con lo Stato, la Regione potrà intervenire nella fase di “costruzione” concreta del nuovo museo». Ma c’è anche una questione immediata, quella della manutenzione, in vista della stagione primaverile. «Avendo tutti gli strumenti normativi per poter intervenire da subito, al ministro abbiamo fatto sapere che restiamo a disposizione per collaborare al riassetto dell’area in questa fase di transizione. Possono contare su di noi» assicura Torrenti. A rilevare il grande momento per la città sono anche i parlamentari del Pd. «Ci abbiamo lavorato prima con le norme inserite in Stabilità e poi con il ministro – afferma Ettore Rosato – a cui va un ringraziamento per la sensibilità. È un grande riconoscimento che mette di diritto Miramare tra i grandi musei nazionali». «Una bella notizia per Trieste – aggiunge Tamara Blažina – frutto dell’impegno profuso e di un ottimo lavoro di coordinamento tra Comune, Regione e ministero dei Beni culturali. Ora si potrà valorizzare ulteriormente Miramare nel ruolo di capofila nell’offerta turistica regionale».

Marco Ballico

 

Strada in discesa per l’oasi - Sindaco e assessore: «Accelerazione per la Riserva Wwf»
TRIESTE - «Miramare istituto autonomo favorirà una soluzione definitiva per l’oasi marina del Wwf? Di certo non complica le cose».

Roberto Cosolini è convinto che la buona notizia consegnata alla città dal ministro Franceschini possa aiutare anche a risolvere la “grana” che ha interessato nelle ultime settimane la riserva all’interno del parco. «Troveremo una modalità che consenta al Wwf di proseguire la sua attività in un contesto compatibile», dice il sindaco. Un ottimismo che è anche del capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato: «La questione della riserva potrà essere risolta. Più in generale la novità della riforma Franceschini farà sì che si trovino le migliori sinergie tra museo, parco e realtà territoriali». Scampato il pericolo dello sfratto che incombeva a fine anno sul primo parco marino istituito in Italia, manca ancora un “timbro” di ufficialità tale da consentire all’associazione ambientalista di continuare a operare senza preoccupazioni. Gianni Torrenti, assessore regionale alla Cultura, è a sua volta sicuro che non ci saranno intoppi: «Direi che il problema già non sussiste più, ma Miramare autonomo agevolerà le ultime tappe del percorso». Quello della riserva è tra l’altro un mandato istituzionale dato che il battesimo, nel 1986, ha avuto origine da una delega del ministero dell’Ambiente.

(m.b.)

 

 

Ok al referendum sulle trivelle - Ammesso un quesito. Il governo: comunque vada no perforazioni - le regioni che hanno presentato i referendum
ROMA - Le regioni cantano vittoria. Il governatore della Puglia, Michele Emiliano, Pd, annuncia che «la campagna referendaria inizia da subito» e dice al premier Renzi che «dev’essere contento perché quando il popolo irrompe sulla scena della democrazia, chi è iscritto al Pd dev’essere contento per definizione».

Il presidente leghista del Veneto, Luca Zaia, dichiara che ora «i cittadini potranno dire no a una sciagura». Dalla Basilicata, capofila delle regioni referendarie, il presidente del Consiglio regionale, Piero Lacorazza, Pd, parla di «importante passo avanti» e «vittoria degli enti locali a difesa dei principi costituzionali e dei diritti dei cittadini». Si apre dunque un altro fronte per il governo, dopo la decisione della Corte costituzionale di dichiarare ammissibile il referendum anti-trivelle sulla durata delle licenze. Il governo, da parte sua, fa filtrare la propria posizione: chiunque vinca il referendum, non ci sarà alcuna nuova trivellazione. Smentite, per ora, indiscrezioni secondo cui sarebbe allo studio un provvedimento ad hoc sulla durata delle concessioni di estrazioni già esistenti. Il governo era già corso ai ripari dopo che le proposte di referendum, in tutto 6, avevano avuto l’imprimatur della Cassazione; e con la legge di Stabilità aveva rimesso mano alle norme sulle trivelle contenute nello “Sblocca Italia”, recependo alcune richieste dei referendari. Infatti i quesiti sono dovuti tornare in Cassazione che l’8 gennaio, alla luce delle modifiche normative apportate, ne ha dichiarato ammissibile uno solo: quello sulla misura che stabilisce che le concessioni petrolifere già rilasciate durino fino a esaurimento dei giacimenti, traducendosi un prolungamento sine die. Ieri è stata la volta della Corte costituzionale, che ha dichiarato ammissibile questo referendum e improcedibili gli altri cinque già rigettati dalla Cassazione. Ma il referendum sopravvissuto riguarda un tassello centrale. Non solo. Sei Regioni si preparano a proporre alla Corte costituzionale un conflitto d’attribuzione nei confronti della Cassazione per la bocciatura di due referendum: quello sul piano aree delle attività estrattive, su cui i governi regionali vogliono avere voce in capitolo; e quello sulla durata dei titoli, con l’obiettivo di eliminare le proroghe e sostituirle con le gare.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 gennaio 2016

 

 

«Migliorano i dati ambientali in Ferriera»
Cosolini interviene su Facebook: «Da ottobre valori del benzopirene e del Pm10 in diminuzione»
Il sindaco Roberto Cosolini interviene sul suo profilo Facebook rivendicando il lavoro svolto in tema di Ferriera. «I dati sul benzopirene - scrive - sono resi pubblici mensilmente ed è possibile dunque valutarne, rispetto ai primi mesi del 2015, la discesa da ottobre a oggi cioè nel periodo in cui è entrato gradualmente in funzione il nuovo impianto di aspirazione della cokeria: i dati di dicembre e quelli dei primi mesi del 2016 confermeranno a nostro avviso questa riduzione e il pieno rientro nei limiti». «I dati del PM 10 sono pubblici giorno per giorno e quindi è possibile misurare la linea di tendenza, che appare nelle ultime settimane in netto miglioramento - prosegue - miglioramento che va ovviamente consolidato nel tempo e a ciò devono contribuire gli interventi programmati sull'altoforno. A giorni si aggiungeranno i dati quotidiani dell'ulteriore centralina collocata in via del Ponticello». «Appena arriveranno gli ultimi dati, renderemo pubbliche le valutazioni ed esporremo il piano degli interventi da attuare nei prossimi mesi per completare la riqualificazione: i cittadini potranno giudicare», scrive ancora il sindaco. «Guardando la storia in questi ultimi anni - è convinto il primo cittadino - nessuna amministrazione come questa ha dedicato tanto impegno e azioni sulla Ferriera«. «Nel tenere fede agli impegni, dal 2011 abbiamo emesso 4 ordinanze - insiste Cosolini - abbiamo potenziato il sistema delle centraline di rilevamento: quella di San Lorenzo in Selva è finanziata dal Comune ed è stata poi attivata anche la centralina nel punto di sofferenza di via del Ponticello». «Abbiamo avviato un’analisi sugli odori per pianificare interventi di miglioramento: scelta individuata e finanziata dal Comune in collaborazione con l’Arpa e l’Università. «In convenzione con l’Azienda Sanitaria è stata avviata un’indagine sullo stress e sulla salute dei cittadini -prosegue - abbiamo richiesto l’avvio di un’analisi dei suoli, abbiamo garantito piena trasparenza nel confronto con associazioni e gruppi di cittadini». «L'assessore all'Ambiente Laureni in questi anni - enumera Cosolini - ha avuto più incontri di quanti ne siano stati fatti nei 10 anni precedenti». E precisa: «Abbiamo preteso che nella nuova Aia fosse inclusa la limitazione della produzione e che fosse adottata ufficialmente anche la contestata centralina di San Lorenzo in Selva».

 

 

I dieci giorni più “caldi” del Porto vecchio
Il prefetto annuncia lo spostamento imminente del Punto franco e il sindaco Cosolini il vincitore della gara sull’advisor
I dieci giorni che sconvolsero Porto vecchio. Sono scattati ieri con l’annuncio da parte del commissario del governo Francesca Adelaide Garufi: «Molto probabilmente a fine settimana firmerò il provvedimento che toglie il regime di Punto franco da tutta l’area che viene sdemanializzata». Quasi contemporaneamente a questa anticipazione telefonica, in municipio, come riferiamo sotto, sono state illustrate le dieci conferenze con relatori di prestigio su “Trieste e il mare” che partiranno il 30 gennaio al Magazzino 26 che saranno affiancate dal 25 marzo dalla mostra sul Lloyd Triestino alla Centrale idrodinamica e che anche grazie al collegamento con un autobus della Trieste Trasporti metteranno in comunicazione la “Trieste 1” con la “Trieste 2”. Fatto anche questo di forte rilievo, questa settimana la commissione presieduta da Walter Toniati responsabile dell'Ufficio progetti strategici del Comune e composta anche dal segretario generale dell'Authorità portuale Mario Sommariva e dal docente universitario Vittorio Torbianelli sceglierà l’advisor che affiancherà amministrazione comunale e Authority nella redazione del Piano strategico di valorizzazione del Porto vecchio. «Se non alla fine di questa settimana, certamente all’inizio della prossima renderemo noto il vincitore», ha specificato il sindaco Roberto Cosolini. Le offerte in corso d'esame sono 12 presentate da altrettante associazioni temporanee di imprese. Le società capogruppo sono queste: Tecnic consulting engineers spa Roma, PricewaterhouseCoopers advisory Milano, Jones Jang Lasalle Milano, Ove Arup&partners interntional Londra, K2real - Key to real Milano, Reag Milano, Ernst&Young financial business advisor Milano, Prelios Integra Milano, Studio Valle architetti associati Udine, Cesi Milano, Hydea Firenze, Hera agency Milano. Chiaro che quasi tutto è ancora da fare, a partire dalla ricerca di investitori di rilievo internazionale che non sarà affatto semplice reperibile, ma non si può negare che su questo versante negli ultimi dodici mesi si sono fatti più passi avanti che nei trenta anni precedenti. Quanto al Punto franco, il prefetto Garufi precisa che «sto concludendo l’istruttoria che prevedeva il consenso degli enti coinvolti (recentemente lo hanno dato i principali interessati: Regione, Comuni di Trieste e Muggia, ndr.), dopodiché mancherà solo la mia firma: questione di qualche giorno». Il Punto franco andrà nelle cinque collocazioni identificate dall’Autorità portuale e che hanno avuto l’assenso delle altre amministrazioni: Interporto di Fernetti (10mila metri quadrati), ex stazione di Prosecco (27.560 metri quadrati). In questi due casi si tratta essenzialmente di accogliere i camion turchi in attesa di imbarcarsi sui traghetti decongestionando il porto e le Rive. Zona dell’ex Aquila (60mila metri quadrati) in concessione a Teseco dove verrà realizzato un nuovo terminal ro-ro, Canale navigabile di Zaule (67mila metri quadrati) per la produzione di merci destinate al mercato extracomunitario con eliminazione delle accise su energia e carburanti grazie a decreti attuativi, zona delle Noghere (110mila metri quadrati) con funzione logistica o industriale che deve però riguardare merci destinate ai mercati extracomunitari. Complessivamente si tratta di circa 274mila metri quadrati, mentre quelli da togliere dal Porto vecchio sono più o meno 500mila. «Ciò non significa nulla - spiega il commissario del governo - lo spostamento può essere un’operazione in progress. Probabilmente nei prossimi anni si renderà utile collocare altre aree franche in zone diverse e in base alla normativa sarà pure possibile ampliare la metratura complessiva. Se invece ciò non si rivelerà opportuno, non sarà fatto. Quello che è certo è che tra qualche giorno il regime sparirà in un colpo solo da tutta la zona, già da tempo perimetrata con precisione, che passa di competenza comunale». La nuova planimetria prevede che «passano al Comune tutte le aree e gli edifici del Porto vecchio, esclusi la sede della Capitaneria di porto, il Molo IV, il Molo III, l'Adriaterminal, il Molo Zero, la Diga vecchia, la fascia costiera prospiciente la prima fila dei magazzini storici e la zona del terrapieno di Barcola dove sono situate le società sportive».

Silvio Maranzana

 

Nomi prestigiosi per aprire il Magazzino 26
In agenda nove conferenze, la mostra sul Lloyd Triestino e un autobus da piazza Tommaseo
Vi sono quattro personaggi di rilievo internazionale, tre dei quali stranieri, tra i nove relatori che tra il 30 gennaio e il 21 maggio terranno all’Auditorium del Magazzino 26 del Porto vecchio altrettante conferenze sul tema “Trieste e il mare”. Sono lo storico dell’arte Philippe Daverio, Anthony Cooke storico navale e conferenziere sulle navi da crociera, Peter Knego documentarista che recupera opere d’arte dai transatlantici demoliti ad Alang in India e Ambrose Greenway che siede nella Camera dei Lord ed è a capo di alcune importanti istituzioni del Regno Unito per la salvaguardia del patrimonio storico marittimo. Il ciclo è stato presentato ieri dal sindaco Roberto Cosolini che ha sottolineato come «il mare si sta rirpoponendo quale principale risorsa per Trieste», e da Nicolò Capus presidente dell’associazione culturale Italian liners che collabora alla realizzazione con Comune e Autorità portuale. «La mostra per i 180 anni della fondazione del Lloyd Triestino - ha annunciato l’assessore alla cultura Paolo Tassinari - aprirà alla Centrale idrodinamica attorno al 25 marzo». Dovrebbe essere il primo nucleo del nuovo grande Museo del mare. «Un autobus della Trieste Trasporti - ha annunciato Cosolini - collegherà il centrocittà (sarà piazza Tommaseo, ndr.) con il Magazzino 26. Per quanto riguarda le prime quattro conferenze vi sarà un unico viaggio: andata con partenza tre quarti d’ora prima dell’inizio della conferenza e ritorno alla fine dell’incontro. Poi con la mostra aperta i viaggi saranno molto più numerosi con orari che verranno presto comunicati». Lo storico Maurizio Eliseo ha anticipato che la mostra conterrà anche le strumentazioni del ponte di comando della Victoria, la più bella nave del Lloyd Triestino demolita nel 2005. Questo il calendario delle conferenze. 30 gennaio, Philippe Daverio: “Trieste, le navi e il mare: le opere d'arte a bordo dei transatlantici italiani e i loro autori”. 13 febbraio, Renzo Crivelli: “Un mare di carta: navi e navigatori nella grande letteratura internazionale”. 27 febbraio, Maurizio Eliseo: “L'arsenale del Lloyd: il più grande e moderno cantiere navale europeo dell'Ottocento”. 12 marzo, Javier Grossutti: “Il sistema migratorio triestino: la città-porto come luogo di arrivo e di partenza”. 9 aprile, Anthony Cooke: “Passaggio verso Sud-Est: la sfida di Trieste alla Gran Bretagna sulle linee dell'Oriente”. 23 aprile, Sergio Vatta: “Artisti della Wiener Secession per il Lloyd Austriaco: la grafica pubblicitaria e le arti decorative tra Trieste e Vienna prima della grande guerra”. 30 aprile, Giulio Mellinato: “Il Lloyd di Trieste tra navigazione di Stato e business”. 7 maggio, Peter Knego: “Dalle spiagge di Alang alle showroom americane: l'ultimo viaggio dei lussuosi transatlantici italiani”. 21 maggio, Lord Ambrose Greenway: “Cinquant'anni di fotografia navale: l'obiettivo di Ambrose Greenway”.

(s.m.)

 

 

Operazione “grandi pulizie” nelle grotte
La Regione presenta un piano operativo in quattro fasi. Si parte con il censimento dei rifiuti presenti nelle cavità carsiche
TRIESTE Conto alla rovescia per le “grandi pulizie” delle grotte carsiche. La Regione, dopo anni di attese, proteste, lamentele e annunci, passa all’azione. E lo fa, con l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito, presentando «una proposta operativa per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti nelle grotte carsiche». Il tavolo regionale L’assessore chiama attorno a un tavolo «volutamente ampio poiché la risoluzione del problema richiede un’ampia condivisione» tutti gli amministratori che devono fare i conti con la presenza di cavità utilizzate talvolta come discariche o come immondezzaio. E proprio a quel tavolo, dove siedono i rappresentanti di tutti i Comuni della provincia di Trieste e di quattro Comuni di quella di Gorizia, gli assessori competenti delle due Province, nonché i rappresentanti dell’Arpa, dell’Azienda sanitaria e della Federazione speleologica regionale, presenta una bozza di documento che dichiara aperta la stagione delle “grandi pulizie”. La proposta in quattro fasi La proposta regionale, che si articola in quattro fasi, trova d’accordo gli amministratori locali che si dicono pronti ad affrontare finalmente un problema pluridecennale che colpisce il territorio. Non solo: gli stessi amministratori esprimono apprezzamento per la “bozza Vito” pur evidenziando la necessità di ulteriori integrazioni e di un continuo aggiornamento. Il monitoraggio continuo L’assessore raccoglie e rilancia chiedendo la collaborazione dei Comuni affinché «durante le varie fasi vi sia un continuo monitoraggio della situazione e una pronta comunicazione di eventuali problemi che potranno manifestarsi». Ma, sia chiaro, «l’importante adesso è comunque partire». Il censimento La prima fase, quella che dovrebbe scattare subito, prevede che la Federazione speleologica regionale stili un’accurata relazione sullo stato di fatto. Una sorta di censimento dei rifiuti presenti nelle cavità carsiche. La caratterizzazione Da questa prima raccolta di informazioni si procederà alle due fasi successive, durante le quali Arpa e Azienda sanitaria faranno una valutazione dei rischi e di seguito elaboreranno la caratterizzazione dei rifiuti.Un’operazione non facile, spiegano in Regione, tanto da richiedere una forza lavoro idoneamente preparata e l’utilizzo di dispositivi di sicurezza individuale. La rimozione Una formazione specifica per i lavori su fune e un adeguato sistema di sicurezza è previsto anche per l’attuazione dell’ultima e decisiva fase durante la quale verranno rimossi e poi smaltiti i rifiuti trovati nelle grotte. Le ditte competenti Spetteranno ai Comuni le procedure amministrative per individuare le ditte competenti per il compimento dell’opera. «La Regione comunque non lascerà i Comuni da soli poiché - rassicura l’assessore all’Ambiente - offrirà a loro un’assistenza tecnica e, in base a una valutazione delle priorità, anche una compartecipazione economica». Niente inquinamento L’assessore invita anche a tenere presente che il piano in questione riguarda l’abbandono di rifiuti che non va frainteso con il problema dell’inquinamento delle matrici ambientali. «Spesso si usano termini non corretti. L’abbandono dei rifiuti è una pratica deplorevole, anche se oggi, per fortuna, meno vasta che in passato. L’inquinamento o la contaminazione è invece un altro tipo di problema che prevede procedure ben differenti» puntualizza l’assessore sottolineando come al momento non si evidenzino problemi di inquinamento o contaminazione.

 

 

Agricoltura - Confronto pubblico sul «pericolo Ogm»

Il Comitato “Stop Ttip” di Trieste nell' ambito della campagna di informazione sulle trattative tra Ue e Usa per il trattato transatlantico sul commercio organizza giovedì 21 alle 17.30 al Circolo della stampa un incontro pubblico sul pericolo Ogm. Parlano Nicoletta Dentice, Gianni Tamino, Andriano Cattaneo. Modera Pierluigi Sabatti.

 

 

Una conferenza sulle scorie dell’energia

Quale energia vogliamo per il futuro? Sviluppo e ambiente sono compatibili? Che cosa ci propone la scienza? Nucleare e petrolio ci servono ancora? O possiamo convertirci completamente alle energie alternative? Come evitare i conflitti per le fonti energetiche, e garantire equità e giustizia? Quattordici incontri per rispondere a queste domande cruciali tenendo conto degli intrecci tra scienza, politica, economia, cultura, e della percezione su questo tema che ha profonde radici nel passato. Il sesto incontro del ciclo di conferenze “Energia, società, ambiente. Tra passato, presente e futuro” si terrà domani alle 17 nell’Aula magna del Dipartimento di Scienze Giuridiche, del Linguaggio, dell’Interpretazione e della Traduzione (Iuslit), in via Filzi 14. Pierluigi Totaro del Comitato Nucleare e Ragione terrà una conferenza dal titolo: “Le scorie dell’energia. Come chiudere il ciclo di vita di una fonte?”. Il ciclo di conferenze è organizzato dai Dipartimenti di Studi umanistici e di Fisica dell’Università di Trieste, da Sissa Medialab, Elettra Sincrotrone Scpa, Ceric-Eric, Comitato Nucleare e Ragione, Nuclear Italy Research Group (Nireg).

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 gennaio 2016

 

 

Parte la “battaglia aerea” all’amianto - La Regione annuncia un accordo tra l’Arpa e la Guardia costiera che consentirà di scoprire dall’alto i tetti inquinati

Gli interventi realizzati A Trieste sono state effettuate 4.167 rimozioni tra il 2010 e il 2014 mentre a Gorizia sono state 2.387
TRIESTE Un nuovo piano regionale per le bonifiche entro l’anno. Un censimento degli edifici pubblici. E persino una “caccia” aerea. Il 2016 sarà l’anno della lotta all’amianto. È l’intenzione espressa dalla giunta per bocca dell’assessore all’Ambiente Sara Vito in occasione della presentazione dei dati relativi al numero di bonifiche svolte nelle province di Trieste e Gorizia fra 2010 e 2014. Il capoluogo giuliano ha registrato 4.167 opere di rimozione mentre quello isontino 2.387, una differenza spiegata con la diversa dimensione dei due territori, mentre l’andamento appare tendenzialmente omogeneo negli anni del centrodestra e in quelli centrosinistra. Le cifre riguardano le singole pratiche istruite e fanno riferimento a situazioni differenziate, dalla piccola struttura privata al grande edificio pubblico, con dimensioni e costi anche molto diversi fra loro. I numeri sono quelli inseriti nell’Archivio unico dell’amianto attraverso il nuovo software Me.La con cui le Aziende sanitarie stanno registrando tutte le rimozioni per cui viene aperto regolare cantiere e che quindi possono dirsi risolte o in via di conclusione. La mappatura deve essere completata a Udine e Pordenone. Vito ricorda che «la recente riorganizzazione dell’Arpa ha previsto il suo esplicito coinvolgimento nel censimento dell’amianto, svolto per la prima volta in modo sistematico. L’Archivio unico e la sorveglianza ambientale dei siti ad alta concentrazione d’amianto servono ad aggiornare censimenti precedenti, ormai datati, digitalizzando la mole di informazioni disponibili». Si tratta di passi fondamentali per mettere mano al piano regionale per le bonifiche, che la giunta conta di varare entro l’anno, sostituendo quello risalente al 1996, con il coinvolgimento degli assessorati Salute e Ambiente, oltre ai portatori di interesse sul territorio. L’Archivio è il primo dei tre pilastri indicati da Vito, che definisce il 2016 come «anno della svolta sull’amianto». Il secondo asse è costituito dal censimento della presenza di amianto negli edifici pubblici, svolto grazie all’invio di un questionario a tutti i Comuni, per realizzare una sorta di “automappatura” e rafforzare l’azione avviata dalla manovra estiva d’assestamento, quando la Regione ha stanziato 500mila euro di finanziamenti a favore degli enti locali intenzionati a rimuovere coperture d’amianto dai propri edifici. Il primo bando ha beneficiato 18 Comuni su 35 richiedenti, selezionati utilizzando lo specifico indice Versar, che fa una graduatoria sulla base della pericolosità dei vari casi. Un nuovo bando arriverà nel 2016, forte del rifinanziamento della misura all’interno della legge di stabilità e di nuove poste che la giunta prevede per l’assestamento estivo. L’assessore ricorda inoltre che «la Regione ha investito negli ultimi anni oltre 4,8 milioni per la rimozione dell’amianto da edifici scolastici». La terza colonna è una sperimentazione dal nome avveniristico: monitoraggio ambientale outdoor con telerilevamento multispettrale. Un accordo fra Arpa e Guardia costiera permetterà in pratica di effettuare durante l’inverno rilevamenti sperimentali da un aereo, grazie ai quali appositi sensori visivi evidenzieranno i tetti di cemento amianto sulla base di analisi cromatiche dall’alto e riverberi di luce. A ciò si sommerà una più tradizionale attività di rilevazione delle fibre di amianto nell’aria, svolta nelle zone dove i sorvoli registreranno maggiore densità di tetti a rischio e nelle aree manifatturiere già note per alta concentrazione di coperture in Eternit. Vito ricorda al proposito che «l’amianto è pericoloso solo se c’è dispersione nell’atmosfera e ciò molto spesso non avviene. I monitoraggi serviranno a capire quali sono le situazioni più urgenti su cui intervenire, ferma restando l’intenzione di arrivare all’eliminazione completa dal territorio». L’assessore rivendica infine la scelta di porre la lotta all’amianto come un problema non più solo sanitario ma anche ambientale.

Diego D’Amelio

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 17 gennaio 2016

 

 

Sì regionale al trasloco dei punti franchi
Manca solo la firma del prefetto per “liberare” Porto vecchio. Dall’ex Aquila a Prosecco in ballo 270mila metri quadrati
La palla è ora nelle mani del commissario del Governo Francesca Adelaide Garufi e la sirena finale è prossima a suonare: il Punto franco sta per lasciare definitivamente gran parte delle aree del Porto vecchio. In questi ultimi giorni vi è stato il via libera da parte delle tre principali amministrazioni chiamate a esprimersi: Regione, Comune di Trieste e Comune di Muggia. La delibera adottata dall’amministrazione triestina specifica la nuova mappa delle aree franche con metratura e funzioni in base a quelle che sono state le richieste formulate dall’Autorità portuale e che vengono accolte in toto. Complessivamente si parla di oltre 270mila metri quadrati. L’area numero 1 è collocata all’Interporto di Fernetti, si estenderà per 10mila metri quadrati e avrà funzione di “buffer” (zona di entrata e uscita) per le attività di terminalistica ro-ro del porto di Trieste, e di magazzino per stoccaggio di merci in arrivo e in partenza anche mediante l’utilizzo del treno shuttle che attualmente collega porto e interporto. La zona identificata già oggi funge da parcheggio e check-in per i camion turchi in attesa di imbarco e da magazzino per merci destinate a mercati extracomunitari. Un utilizzo simile, destinato sempre ai camion che devono imbarcarsi sui traghetti, sarà riservato a 27.560 metri quadrati all’ex stazione di Prosecco. Qui però, dove esiste un Punto franco costituito nel 1949 ma mai attivato, sono necessari importanti lavori di sistemazione. La terza area, di 60mila metri quadrati, è collocata all’ex Aquila in concessione a Teseco dove verrà realizzato un nuovo terminal ro-ro. L’area numero 4 riguarda il Canale navigabile, per la precisione 67mila metri quadrati in zona demaniale-portuale. Sarà destinata alla produzione di merci destinate al mercato extracomunitario e permetterebbe l’eliminazione delle accise su energia e carburanti grazie a decreti attuativi. Il quinto e ultimo spostamento coinvolge un’area di 110mila metri quadrati alle Noghere con funzione logistica o industriale che deve però riguardare merci destinate ai mercati extracomunitari. Le merci che qui subiranno lavorazioni superiori al 50% del valore potranno acquisire la denominazione “Made in Italy”. L’11 gennaio la giunta comunale di Trieste ha deliberato di assentire sulle aree individuate e di autorizzare il sindaco a sottoscrivere l’intesa con gli altri soggetti affinché il prefetto possa ufficializzare lo spostamento. Anche la giunta comunale di Muggia, il 13 gennaio, ha approvato l’individuazione delle aree e ha autorizzato il sindaco alla sottoscrizione di ogni altro documento necessario. In questi giorni è giunto anche l’assenso della presidente Debora Serracchiani. «Ora sarà il Commissario del Governo - rileva una nota emessa ieri pomeriggio dalla Regione - a procedere con gli ulteriori passaggi prescritti dall’emendamento in legge di Stabilità 2015, che prevede che il trasferimento sia effettuato, oltre che previa intesa con il presidente della Regione e con i sindaci di Trieste e di Muggia, anche con le altre istituzioni competenti, tra cui Dogane, Capitaneria di Porto, Guardia di Finanza, Polizia di Frontiera, sindaci dei comuni di Monrupino e Sgonico.

Silvio Maranzana

 

 

AMBIENTE - Il piano dei rifiuti si aggiorna

La Regione, su proposta di Sara Vito, ha definito l’articolazione del piano regionale di gestione dei rifiuti e ha stabilito l’ordine di priorità nella predisposizione dei documenti costitutivi.

Sulla base di questi presupposti, il piano sarà riaggiornato e articolato anche con il programma di prevenzione della produzione dei rifiuti; i criteri localizzativi degli impianti di recupero e smaltimento; il piano gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali; il programma sugli imballaggi; il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica; i piani per la bonifica delle aree inquinate.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 16 gennaio 2016

 

 

La Regione conferma il no a SmartGas  «Non sussistono le condizioni per dare un parere di compatibilità ambientale sul minirigassificatore di Monfalcone»

Una scelta tecnica - L’assessore Vito evidenzia che le carenze documentali e progettuali permangono nonostante le integrazioni
MONFALCONE «Non sussistono le condizioni per poter pervenire a un parere di compatibilità ambientale sul progetto per la costruzione di un miniterminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di Gnl nel porto di Monfalcone». SmartGas, per la seconda volta dopo quella di luglio, nonostante le ulteriori integrazioni e il superamento di «alcune criticità», non ottiene il via libera della Regione. Il motivo: «Permangono criticità progettuali e documentali». Il «non parere di compatibilità» - contenuto nella delibera approvata ieri in giunta, su proposta dell’assessore all’Ambiente Sara Vito - sarà ora rimandato al ministero dell’Ambiente come avvenuto il 23 luglio. «Una questione tecnica e non politica - spiega l’assessore - . Per noi restano le carenze documentali e progettuali, non è una bocciatura, non tocca a noi. Diamo il nostro parere ma spetta al ministero dell’Ambiente decidere perché si tratta di una infrastruttura energetica sulla quale è competente lo Stato». Vito spiega che per la Regione «anche dopo le integrazioni inoltrate al ministero da SmartGas, permangono criticità e carenze progettuali e documentali. che riguardano la modifica della linea di costa, l’impatto sull’ecosistema della zona con particolare riguardo alla ricchezza avifaunistica e alla biocenosi marina, l’inquinamento atmosferico causato dal movimento dei mezzi terrestri, il piano di monitoraggio, la compatibilità con il traffico portuale, l’impatto paesaggistico, l’analisi costi-benefici e gli impatti cumulativi». E ancora, proprio sull’ultimo punto, la Regione rileva che «il progetto del metanodotto di allacciamento al terminale Gnl interferisce con il progetto di adeguamento funzionale della barriera autostradale del Lisert». L’unica novità, non decisiva per la Regione, è che «appare superata la criticità sulla composizione qualitativa dei sedimenti», visto che l’analisi dell’Arpa ha evidenziato che i «sedimenti del dragaggio al canale di accesso al porto di Monfalcone possono essere gestiti come da progetto, in quanto in particolare riferimento al parametro del mercurio presentano concentrazioni inferiori di due ordini di grandezza rispetto ai limiti di legge e quindi viene garantito un ampio margine di sicurezza ambientale». Scarno il commento del project leader di SmartGas, Alessandro Vescovini: «Prendo atto, ma in realtà il parere che attendo è quello del ministero dell’Ambiente che è in ritardo di sei mesi. Non capisco comunque perchè la Regione insista a dire che non ha elementi per decidere».
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 gennaio 2016

 

Un report privato: passeggeri in calo sui bus
Secondo uno studio della Continental dal 2008 al 2013 gli utenti sono scesi del 5,5%. Udine ancora più giù
Dal 2008 al 2013 a Trieste i passeggeri del trasporto pubblico locale sono diminuiti del 5,5% (dai 69 milioni di otto anni fa ai quasi 66 del 2013); a Udine la diminuzione è stata del 10,8% (da dieci milioni a nove), a Pordenone del 7,2% (da due milioni e mezzo a due milioni e 300mila) e a Gorizia del 6,6% (da 900mila a 840mila). Sempre considerando il periodo dal 2008 al 2013, nel nostro Paese i passeggeri annui del trasporto pubblico locale nei Comuni capoluogo di provincia sono passati da 3 miliardi e 835 milioni a 3 miliardi e 379 milioni. In sei anni, quindi, vi è stata una perdita di 456 milioni di passeggeri, che corrispondono qui a un calo dell’11,9%. Questi dati emergono da un’elaborazione del centro ricerche della Continental Autocarro su dati Istat. Il calo dei passeggeri del trasporto pubblico locale - sempre secondo la ricerca della multinazionale - è un fenomeno che negli ultimi anni è stato particolarmente forte. Alla base di questa diminuzione vi sono diverse cause, tra le quali due di particolare importanza: il fatto che i mezzi utilizzati sono obsoleti e inquinanti (l’età media degli autobus in Italia è di 13 anni contro una media europea di 7) e il fatto che, soprattutto nei Comuni più grandi, l’attesa di un mezzo pubblico a volte può prolungarsi ben oltre i tempi previsti. L’alternativa all’uso di mezzi pubblici è l’uso di mezzi privati, con conseguente aumento del traffico e dell’inquinamento atmosferico. «Per avere un’inversione di tendenza e riconvertire all’uso di mezzi pubblici chi negli anni scorsi è passato a usare mezzi privati, bisognerebbe dare inizio a un ricambio generazionale dei mezzi utilizzati e allo stesso tempo dimostrare una maggiore attenzione nei confronti delle necessità dei passeggeri», sostiene a questo proposito Daniel Gainza, direttore commerciale della Continental. Ma l’elaborazione del centro ricerche della Continental Autocarro ha messo in evidenza anche un altro dato interessate: e cioè che vi sono alcuni Comuni capoluogo di provincia italiani in cui questo calo non si è verificato, anzi, i passeggeri del trasporto pubblico locale sono aumentati. Fra questi Comuni “virtuosi” spiccano Frosinone (con un più 66,6%), Andria (più 54,9%) e Crotone (più 49,6%).

 

 

«I masegni di Ponterosso disposti senza logica»
Italia Nostra critica l’esecuzione dei lavori e il mancato utilizzo delle pietre “offerte” dall’Authority
«Italia Nostra, perplessa sul recupero di piazza Ponterosso effettuato con il masegno, pur auspicato, chiede che siano verificati e resi noti, prima del collaudo definitivo, i criteri e il metodo con cui essi sono stati disposti in sito: non si comprende bene infatti che ordine e che logica sia siano stati seguiti per portare a termine tale pavimentazione, che appare quasi l’effetto di una casualità, non molto esaltante». Esordisce così, in un comunicato, il presidente della sezione triestina di Italia Nostra, Marcello Perna, in relazione appunto ai lavori di ripavimentazione che stanno interessando piazza Ponterosso. La nota non si limita al metodo seguito nei lavori ma lamenta anche il fatto che non siano stati usati i masegni “offerti” dall’Authority per sostituire quelli trovati danneggiati. «Stupisce anche - si legge infatti - che i masegni più deteriorati non abbiano potuto essere sostituiti, non risultando ciò vietato e considerando che i 1.200 metri quadri di tale pavimentazione, messi a disposizione dall’Autorità portuale, sembravano appunto destinati alla sostituzione delle pietre originarie mancanti o rotte». Le critiche di Italia Nostra non si fermano qui, e si rivolgono anche all’esecuzione dei lavori e al mancato coinvolgimento nell’operazione-Ponterosso delle associazioni di tutela del territorio. «Se si fossero convocate le associazioni - si legge infatti nel comunicato di Italia Nostra - come vacuamente promesso dall’assessore Dapretto, nel corso di una riunione prima dell’inizio dei lavori nella piazza, si sarebbe potuto interloquire efficacemente e con cognizioni di causa sui criteri di riutilizzazione e di realizzazione della pavimentazione». Ciò avrebbe permesso, conclude Italia Nostra, di intervenire opportunamente «prima di un’esecuzione, che lascia molto a desiderare, e non certo per l’asperità tipica e ben nota delle storiche pietre adoperate...». Va detto, in proposito, che nei giorni scorsi l’assessore Dapretto ha risposto su tali questioni durante un’apposita seduta della commissione consiliare per la Trasparenza, addebitando la mancata sostituzione dei masegni deteriorati e l’eliminazione degli alberi (previsti inizialmente dal progetto) a specifiche e inderogabili indicazioni della Soprintendenza. «Potevamo fare ricorso al Tar - ha spiegato in commissione Dapretto - ma si rischiava di bloccare il cantiere per un tempo imprecisato».

 

 

Un comitato per dire no alla guerra
Domani in piazza della Borsa la manifestazione di protesta promossa dall’Usb
Un fermo rifiuto e un nuovo segnale popolare contro le logiche dei conflitti nel mondo. Anche Trieste aderisce all’appello della Usb, Unione sindacale di base, e scende in piazza in concomitanza con le iniziative di Roma e Milano, domani in piazza della Borsa (dalle 16 alle 18) per manifestare con il Comitato spontaneo Trieste contro le guerre, sigla che riunisce per l’occasione Cgil, Usb, Anpi, Pci, Rifondazione Comunista, Fiom, Associazione Ross@, Sinistra anticapitalista, Comitato per la pace “Danilo Dolci” e Coordinamento nazionale Jugoslavia. Una mostra fotografica e vari interventi tematici da parte dei rappresentanti degli schieramenti: questo il programma del presidio previsto domani, manifestazione che si sviluppa su scala nazionale in occasione del 25° anniversario dei primi bombardamenti in Iraq, una sorta di “pretesto” per estendere la protesta nei confronti del concetto generale di guerra e per ribadire le forme alternative di strategie, risoluzione e interventi anche in chiave economica. Tra gli spunti individuati dal neo Comitato anche antichi quanto attuali “cavalli di battaglia”, come la fine della politica colonialista d’Israele, l’accoglienza e dignità per i rifugiati e migranti, l’autodeterminazione del popolo curdo, la restituzione dei territori occupati alla Palestina, il taglio delle spese militari nazionali e naturalmente il ritiro immediato delle truppe italiane dagli scenari delle missioni di guerra. «Intendiamo sottolineare ancora che la guerra rappresenta un problema e non certo una soluzione - ha premesso Peter Berens, esponente di Rifondazione - la guerra porta a calpestare i diritti umani, formula controlli e abolizione di forme democratiche. Rafforzare il carattere diplomatico è invece una strada percorribile: vediamo infatti quanto successo con l’Iran, con cui è possibile in qualche modo dialogare, magari senza condividere necessariamente alcune posizioni». La manifestazione di domani intende inoltre anticipare alcune delle prossime iniziative locali in cantiere sul tema dell’ostracismo alle guerre, tra cui una proposta di mozioni comunali a cura del Comitato “Dolci”.

Francesco Cardella

 

 

“Birdwatcher” tutti appostati dallo Stella all’Isola della Cona

Per gli amanti della natura e degli animali queste sono le settimane ideali per osservare gli uccelli migratori: arrivano infatti dal Nord per svernare

Giacca mimetica, binocolo saldamente impugnato e taccuino alla mano. È il birdwatcher d'assalto, appostato anche in inverno, nonostante il freddo, nelle numerose aree naturali del Friuli Venezia Giulia. Per gli amanti della natura e degli animali queste sono proprio le settimane ideali per osservare gli uccelli migratori: tra dicembre e gennaio, dalla Russia e dal Nord Europa, ne arrivano stormi e stormi qui nelle nostre zone, per svernare. Se volete cimentarvi per la prima volta con questa esperienza, è il momento giusto per puntare dunque sui grandi numeri e avere più probabilità di avvistare alcuni volatili. Le oche selvatiche, ad esempio, simbolo della Riserva Naturale Valle Cavanata, arrivano a migliaia nell'area presso Fossalon di Grado. Non sono da meno oasi naturali come l'Isola della Cona, sulle foci dell'Isonzo, o la Riserva di Canal Novo, alle foci dello Stella, dove stazionano miriadi di volatili da qui ai primi mesi di primavera. Le zone umide sono il paradiso dei birdwatcher: anatre, oche, aironi, cormorani e limicoli popolano in gran numero le paludi costiere. Oltre alle schermature naturali, le aree protette sono spesso dotate anche di pannelli informativi e di osservatori coperti, creati ad hoc, che sono ottimi punti di osservazione per ammirare l’avifauna senza disturbare gli animali. Durante vari periodi dell'anno vengono organizzate delle visite guidate a tema dal personale dei parchi (a volte occorre richiederle su prenotazione) o in collaborazione con le guide naturalistiche della regione. È il caso di domani, quando, all'alba, Nicoletta Perco, figlia del noto naturalista triestino che ha fortemente voluto la creazione dell'area protetta alla foce dell'Isonzo, accompagnerà gli interessati alla scoperta del “Risveglio della Laguna”: al sorgere del sole, infatti, si può assistere allo spettacolo delle oche che si svegliano e volano fuori dai ripristini. In questo periodo dell'anno nell'area ce ne sono oltre 2mila ed è più facile avvistarle. L'appuntamento è alle ore 7 (si raccomanda puntualità), al Centro Visite dell'Isola della Cona, per una passeggiata di circa 4 ore che prevede l'osservazione anche di altre specie presenti. Si va dall'oca grigia alla lombardella che arriva dalla Siberia, dai cormorani ai marangoni minori, fino a varie specie di aironi e anatre, come le tuffatrici nordiche, che a febbraio poi ripartono e non si vedono più. Con un po' di fortuna, al mattino presto si possono incontrare anche mammiferi come le volpi e i caprioli. Alla fine della visita chi vorrà potrà fermarsi a mangiare al bar della Riserva. Si consigliano scarpe da trekking leggero e abbigliamento adatto. Chi lo possiede, porti un binocolo. Il costo della visita è di 8 euro a persona ed è richiesta la prenotazione (tramite la pagina Facebook di Nicoletta Perco oppure al numero 347 5292120). Se siete alle prime esperienze, potrebbe essere utile procurarvi una “guida da campo”, ovvero un libro o manuale con illustrazioni delle varie specie di uccelli, possibilmente corredate da una breve descrizione, e magari da una cartina che indica la distribuzione di quella specie. Altro paradiso per i birdwatcher, in Slovenia, subito dopo Portorose, vicino al confine con la Croazia, sono le saline di Sicciole (Secovlje): assieme alla penisola di Sezza, tutta l’area è stata proclamata Parco Naturale nel 1989. Punti di osservazione particolarmente interessanti sono il canale Giassi e la zona dismessa di Fontanigge.

Cristina Favento

 

E questa sera appuntamento a Castions
European Bird Net consente ad appassionati birdwatcher di rimanere in contatto, scambiandosi segnalazioni e informazioni in rete. Nella nostra regione, l'Associazione di Studi Ornitologici e Ricerche Ecologiche (www.astorefvg.org), fornisce consulenza a vari enti e associazioni ambientaliste. Gli associati promuovono l'interesse per l'ornitologia - con particolare riguardo alla conoscenza e conservazione dell'avifauna selvatica e dei relativi habitat – e costruiscono delle banche dati aggiornate. Organizzano corsi di base o di approfondimento, conferenze ed escursioni tematiche. Questa sera, per esempio, a Castions di Strada, si parlerà di “birdgardening”, la pratica di disporre abitualmente semenze e quanto necessario per attirare piccoli pennuti su davanzali e cortili.

 

 

 

 

QUALENERGIA - GIOVEDI', 14 gennaio 2016

 

 

Usa, gli occupati del fotovoltaico superano quelli dell'oil & gas
I lavoratori del solare negli States nel 2015, per il terzo anno di fila, sono cresciuti del 20%, superando quelli attivi nel settore dell'estrazione di petrolio e gas. Intanto uno studio del DoE mostra i benefici degli State Renewable Portfolio Standard americani su emissioni, occupazione e prezzi dell'energia.

Dagli Stati Uniti arrivano due notizie, contenute in altrettanti report, che dimostrano come le rinnovabili facciano bene al Paese. La prima è che gli occupati del 2015 nel settore fotovoltaico, per il terzo anno di fila, sono cresciuti del 20%, superando il numero di chi lavora nell'oil & gas.
La seconda notizia è che, secondo uno studio del DoE, la politica delle quote obbligatorie di rinnovabili, in un solo anno (il 2013), ha prodotto un risparmio di oltre 2 miliardi di dollari per la CO2 evitata, altri 5 miliardi per riduzione degli inquinanti atmosferici, ha consentito di creare finora oltre 200mila occupati nell'energia pulita e ha fatto scendere i prezzi sia dell'elettricità che del gas. (altro)
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 gennaio 2016

 

 

Triestebella plaude al “nuovo” largo Panfili
L’associazione Triestebella plaude alla sistemazione a piazzetta pedonale di largo Panfili, che ha dato una degna cornice alla bella chiesa ottocentesca in stile neogotico.

Anche la posa «di alcuni alberi - rileva in una nota l’architetto Roberto Barocchi - è da considerare positiva, perché, quando saranno più cresciuti, daranno alla piazzetta un aspetto raccolto. Riteniamo invece che la Soprintendenza ai monumenti abbia fatto bene a vietare la messa a dimora di sette alberi in piazza Ponterosso con lo scopo indicato nella relazione di progetto di “ombreggiare le bancarelle”. Il filare di alberi avrebbe infatti diviso visivamente la piazza in due parti rompendo la sua unità di spazio. Infine chiediamo se dovranno passare ancora molti anni prima che il Comune si decida a sostituire in piazza Vittorio Veneto i rampicanti che non rampicano con altre piante più disposte a rampicare, in modo da costituire quei pergolati che riteniamo fossero nelle intenzioni dei progettisti».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 gennaio 2016

 

 

Caccia agli inquinanti nei terreni di Servola
Da oggi partono i test dell’Arpa in pineta, in via Cossetto e in piazzale Rosmini. Laureni: «È l’inizio di una fase sperimentale»
La pineta di via di Servola, piazzale Rosmini e via Norma Cossetto (parallela di via Capodistria). Parte oggi, in queste tre aree di proprietà comunale, una prima fase, sperimentale, di campionamenti dei terreni per verificare l’eventuale presenza di inquinanti che potrebbero risalire all’attività della Ferriera, e non solo. Ad effettuare i test sarà l’Arpa, che ha individuato le tre zone assieme all’assessorato all’Ambiente. «Per attivare questi controlli - spiega l’assessore Laureni - c’era stata a suo tempo una nostra richiesta all’Arpa, anche su sollecitazione dell’Azienda sanitaria. È uno degli impegni - aggiunge - che abbiamo preso con la popolazione per verificare i segnali di un eventuale inquinamento». I prelievi di campioni delle parte superficiale dei terreni nelle tre aree costituiscono, come detto, l’inizio di una fase sperimentale. «Non ci fermiamo qui - sottolinea l’assessore -. Una volta che il metodo di campionamento e analisi sarà perfezionato estenderemo le valutazioni più nel dettaglio anche ad altri siti, da scegliere fra quelli che riterremo particolarmente importanti e sensibili, in particolare nell’abitato di Servola». Una prima valutazione dei risultati di questi campioni potrebbe avvenire entro febbraio. Va comunque rilevato che, più in generale, obiettivo di questa campagna è approfondire la qualità dei suoli nell’ambito urbano. E ciò in un’ottica che comprende tutte le fonti di inquinamento, traffico e impianti di riscaldamento inclusi. Si tratta, fanno capire i tecnici, di un approccio di carattere innovativo, che come tale richiederà un’attenta interpretazione dei risultati e una valutazione di carattere complessivo. Non c’è quindi da attendersi che decisioni relative alle fonti di inquinamento vengano prese nel giro di qualche settimana. Sul piano operativo, comunque, i risultati dei primi campionamenti potrebbero essere ottenuti nel giro di qualche settimana. Ma, proprio per disporre di una valutazione complessiva, alla prima serie di test ne seguirà una seconda, però in aree diverse da quelle relative alla fase iniziale. L’attenzione del Comune sulla qualità dell’ambiente (e della vita) a Servola e dintorni prosegue intanto su altri fronti. «Va avanti bene - osserva l’assessore Laureni - l’indagine commissionata all’Azienda sanitaria e all’Università sul possibile stress per gli abitanti di Servola, i cui risultati sono attesi fra un mese. Si sta poi avviando un’indagine sul livello degli odori che creano disagi nella zona, svolta dall’Università con fondi comunali. Da una settimana, inoltre, è stata riattivata la centralina di via Ponticello, i cui dati non sono influenzati dalla Ferriera come quelli della centralina di via San Lorenzo in Selva, che secondo le norme è troppo vicina allo stabilimento».

Giuseppe Palladini

 

 

Proposta a 5 stelle per risparmiare sulla luce pubblica
E l’ultimo spenga la luce. Un milione di euro all’anno risparmiati sull’illuminazione pubblica. Basterebbe riprendere in mano il contratto del servizio di illuminazione pubblica per la durata di 20 anni stipulato in data 9 luglio 1999 dal Comune di Trieste.

È il contenuto di una delibera consiliare presentata dai portavoce del Movimento 5 Stelle Paolo Menis e Stefano Patuanelli che si sono presi la briga («Non è stato facile ottenere i dati dal Comune che li ha dovuti chiedere ad AcegasApsAmga») di spulciare le bollette di uno contratti più onerosi che il Comune di Trieste ha in essere (scadenza 8 luglio 2019). L’illuminazione pubblica vale la bellezza di oltre 7 milioni di euro all’anno. I dati più stravaganti sono quelli relativi ai consumi. Nel 2012, per fare un esempio, si è speso 2 milioni e 367mila euro a fonte di un consumo di 11 milioni e 614mila chilowattore: più o meno la stessa cifra del 2014 quando pero i chilowattore sono scesi a 6 milioni e 162mila euro. «Il risparmio di un milione di euro si può ottenere semplicemente cercando sul mercato tariffe più convenienti» spiegano Menis e Patuanelli. Un contratto che attualmente funziona su due forniture: la gestione degli impianti (manutenzione ordinaria, straordinaria e rinnovi) affidata ad AcegasApsAmga e quella di energia affidata a Gala. «L’unificazione delle due forniture porterebbe ad avere un unico interlocutore a cui affidare l’intero servizio - spiegano i consiglieri comunali M5S -. In tal modo di fronte a un compenso fisso annuale il fornitore avrebbe l’interesse a ridurre il costo per il Comune della fornitura di energia elettrica per gli impianti di illuminazione e a mettere in funzione impianti di illuminazione a basso consumo, accelerando quindi i programmi di rinnovo delle strutture». Volete una prova? «A fine 2014, nonostante oltre 100 milioni di euro investiti in 16 anni per l’illuminazione pubblica - spiegano Menis e Patuanelli - risulta convertito a luci a led solo il 6% dei punti luce stradali (1.332 punti luce a led su 23.211 punti luce totali)». Ma non basta: «Il contratto del 1999 - aggiungono i grillini - è stato sottoscritto senza effettuare alcun bando pubblico, in quanto l’Acegas era una società per azioni controllata al 100% dal Comune. Negli anni il rapporto di partecipazione societaria fra ente e società che eroga il servizio si è modificato in diverse occasioni; ad aprile 2015 il Comune di Trieste risulta detenere infatti una partecipazione di minoranza (4,823%) in Hera spa, società che è proprietaria del 100% di AcegasApsAmga». Da qui la necessità, indicata nella proposta di delibera di iniziativa consiliare, di «presentare, entro il 30 aprile 2016, una dettagliata analisi costi-benefici sul servizio di illuminazione pubblica attualmente in essere e sull’eventuale rescissione anticipata del contratto che il Comune di Trieste ha in corso con AcegasApsAmga e di elaborare, entro il 30 settembre 2016, un piano operativo che tenendo conto delle tecnologie oggi disponibili e della normativa di settore preveda una sensibile diminuzione della spesa oggi sostenuta dal Comune di Trieste per l’illuminazione pubblica a parità di qualità del servizio offerto». Un milione da risparmiare senza spegnere nessuna luce.

(fa.do.)

 

 

Rigassificatore, 7 gli investitori in campo
Chiusi i bandi internazionali, esperti al lavoro per la valutazione delle offerte. L’obiettivo: impianto in funzione nel 2019
FIUME Il futuro rigassificatore di Castelmuschio (Omišalj), sull’isola quarnerina di Veglia, ha attirato le attenzioni di mezzo mondo. E la conferma sta nei numeri: Mladen Antunovi„, il direttore di Lng Croazia - la società cui è stata affidata la gestione del progetto - pur ribadendo che i nomi dei potenziali investitori e locatari sono coperti per ora da riservatezza, ha annunciato che ai bandi pubblici lanciati a livello internazionale, e appena scaduti, sono arrivate 7 offerte da parte di investitori e altre 14 per prendere in locazione le capacità del terminal metanifero. «Non posso scendere nei dettagli, ci sarà tempo per farlo – ha detto Antunovi„ – ma sottolineo che il rigassificatore di Castelmuschio sta facendo gola e ha suscitato l’interesse di alcune delle più note società mondiali nel settore dell’energia, specificamente di quelle che si occupano di produzione e movimentazione di gas». Antunovi„ ha spiegato che nel periodo a venire vi saranno numerosi adempimenti da compiere, in primo luogo la valutazione eseguita da esperti sulle offerte pervenute a Lng Croazia. «Il 2016 sarà l’anno chiave per la realizzazione della struttura, che ha il pieno appoggio della Commissione europea, degli Stati Uniti e di 15 Paesi della regione. Il rigassificatore, che comporterà investimenti per mezzo miliardo di euro, garantirà la sicurezza nell’erogazione del metano in quest’area d’Europa, principalmente per la Croazia». A detta di Antunovi„, il piano decennale di approntamento delle infrastrutture metanifere europee contempla che il rigassificatore quarnerino entri in funzione nel 2019 e dunque fra tre anni. Un traguardo sicuramente ambizioso, ma che vede adesso Zagabria in prima linea, specie dopo la sua rinuncia alle trivellazioni nel sottosuolo dell’Adriatico. L’anno in corso dunque sarà importantissimo per le sorti del progetto. Il piano, concordato con la Commissione europea, prevede tra l’altro il varo dei modelli finanziario e d’affari del terminale, la stesura del progetto principale, il rilascio della licenza edile e la pubblicazione dell’invito pubblico agli esecutori dei lavori di costruzione dell’impianto Lng. Se non vi saranno ostacoli, nel 2016 uomini e mezzi potrebbero mettersi in moto nel lotto di terreno dove verrà alla luce il tanto atteso rigassificatore, per anni avversato da opinione pubblica, ambientalisti e autonomie locali. Il quadro è però radicalmente cambiato poiché Comuni e Regione quarnerino–montana potranno contare grazie al rigassificatore su mezzi finanziari non indifferenti; la costruzione impegnerà migliaia di lavoratori; inoltre l’impianto permetterà alla Croazia l’autonomia nell’erogazione del gas. In ultima analisi, secondo gli esperti, il rigassificatore potrà dare anche un’accelerata al Pil croato.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 gennaio 2016

 

 

«Val Rosandra, un anno per lo scempio»

Il pm chiede la condanna dell’ex vicegovernatore Ciriani e di tre funzionari della Protezione civile: «Area protetta distrutta»
La sentenza il 29 febbraio Il 15 del mese prossimo sono previste le arrighe dei difensori Due settimane più tardi le ultime repliche e la decisione del giudice
Ha speso parole come «disgrazia», «dramma», «evento funesto». E ancora: «scempio», «devastazione» di «un piccolo paradiso terrestre conosciuto a livello internazionale» pure per la «frescura estiva» lungo il fiume garantita dalla vegetazione fino al marzo del 2012, quando la Protezione civile regione ne decise la “rasatura” adducendo com’è noto serie questioni di sicurezza idrogeologica. Alla fine, in coda alla propria requisitoria, durata un’ora tonda, il pm Antonio Miggiani ha chiesto al giudice monocratico Marco Casavecchia quattro pene identiche a un anno di arresto e duemila euro di multa per «distruzione di habitat protetto» per gli altrettanti imputati del “processo Val Rosandra”. Uno: l’ex vicegovernatore della Regione Luca Ciriani, il «regista politico» che «non può trincerarsi dietro al fatto che non è un tecnico», colui che «ha firmato il decreto di somma urgenza» di pulizia del letto del torrente e quindi «la condanna a morte» del bosco in quanto assessore alla Protezione civile dell’amministrazione Tondo. Due: l’allora capo della stessa Protezione civile Guglielmo Berlasso, che «in mancanza di un formale responsabile del procedimento negli atti», come in questo caso, secondo «la legge sulla trasparenza amministrativa» deve risponderne in quanto «funzionario apicale». Tre: il geometra Adriano Morettin, l’operativo della Protezione civile che «verosimilmente ha compiuto l’istruttoria» e «ha deciso l’estensione dell’intervento» fino a ben oltre il ponticello sopra il Rifugio Premuda, là dove la Val Rosandra diventa «area soggetta a sei vincoli di tutela», dal primo messo fin «dai tempi del Governo militare alleato» all’attuale di rango comunitario. Quattro: l’ingegner Cristina Trocca, altro funzionario della Protezione civile, stretto collaboratore di Berlasso e sostanziale cinghia di trasmissione operativa tra il capo e Morettin. «Morettin ha deciso, gli altri tre non hanno vigilato: c’è stato un concorso nel verificarsi dell’evento funesto», ha sostenuto il pm Miggiani nel corso della lunga udienza finita ieri sera. Ad ascoltare il magistrato inquirente, oltre al giudice Casavecchia, gli avvocati di parte civile Marco Meloni dell’Avvocatura dello Stato in rappresentanza del ministero dell’Ambiente e Alessandro Giadrossi in patrocinio del Wwf (che hanno parlato in coda al pm, si legga il riquadro, ndr) nonché i difensori dei quattro imputati, le cui arringhe sono in programma nella prossima udienza del 15 febbraio (il 29 la sentenza dopo le ultime repliche, ndr): gli avvocati Caterina Belletti, che assiste Ciriani, Luca Ponti, che tutela sia Berlasso e Trocca, e Paolo Pacileo, che rappresenta Morettin. Il pm, com’era ampiamente nelle attese, dopo aver etichettato come «incontestabile» la «distruzione della foresta a galleria» - sia per quanto riguarda la vegetazione sia «di conseguenza» dal punto di vista faunistico, attraverso «prove tanto documentali (le foto del prima e del dopo, ndr) quanto testimoniali (gli esperti da lui citati al processo, ndr) - ha insistito in particolare sul fatto che il letto del torrente, in pratica dal ponticello in su a risalire il corso d’acqua, è «zona vincolata»: «Si tratta di fatti notori, peraltro consultabili su internet». «Sono rimasto quasi sorpreso», ha incalzato, «della tesi difensiva secondo cui non c’è alterazione dell’habitat perché gli alberi ricrescono. Invece non è affatto detto che la foresta a galleria ci sia di nuovo fra vent’anni. Non lo dico io ma l’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ndr) che prevede peraltro almeno quaranta interventi in vent’anni per una spesa di almeno 700mila euro». L’ultima accusa di Miggiani: «Il decreto di somma urgenza era illegittimo per mancanza dei presupposti giuridici di urgenza stessa. A parte la tragica alluvione del ’63, che colpì però Mattonaia e Francovec più a valle, il torrente Rosandra non è mai esondato. Era necessario pulire l’alveo? La legge dava la possibilità di convocare una Conferenza dei servizi rapida entro sette giorni, dopodiché sarebbe valso il principio del silenzio-assenso. Sicuramente qualche tecnico, un ispetto della Forestale, avrebbe risposto: “Ma siete matti?”. È andata diversamente, non so se per bieca ignoranza o per una forma di arroganza».

Piero Rauber

 

In campo pure Stato e Wwf come parti civili

La sentenza è attesa per il 29 febbraio dopo le ultime repliche.

A quel punto Ciriani e gli altri tre imputati conosceranno pure la valutazione del giudice sulle richieste venute ieri dalle parti civili su eventuali oneri risarcitori «da definire in separata sede» (oneri che, in teoria, ma molto in teoria, stando alle stime che si sentono circolare, potrebbero avvicinarsi ai tre milioni). Lo hanno reclamato, nei loro interventi, senza chiaramente sparare cifre, sia l’avvocato dello Stato Meloni (che non ha nascosto «l’imbarazzo per un processo che vede contro il ministero e la Protezione civile regionale, il che è indice di un qualcosa che non è funzionato») sia l’avvocato Giadrossi, che si è associato a Meloni a proposito di «un intervento che andava fatto con il bisturi e invece è stato fatto con il machete». Giadrossi ha puntato sul «presupposto dello stato di necessità in tempi brevi che non c’era. Se ci fosse stata un’alluvione in corso sarebbe stato giusto tagliare tutto. Si è utilizzato uo strumento di protezione civile in deroga, ma cosa sarebbe cambiato in quattro mesi di procedure burocratiche ordinarie?». Giadrossi ha chiesto infine «ventimila euro per danni d’immagine al WWf» e di «ordinare agli imputati il ripristino dell’area».

(pi.ra.)

 

 

Trivelle in Adriatico - Il ministro Guidi assicura «Non previste perforazioni»
ROMA - Polemiche e botta e risposta a distanza tra Ministero, Regione e ambientalisti sulle trivelle in Adriatico.

Se da una parte, infatti, il ministro Guidi rassicura che in Adriatico non è stata autorizzata alcuna trivellazione, dall’altra arriva immediata la risposta del governatore della Puglia, Emiliano, che annuncia il ricorso della Regione, sottolineando inoltre di non essere stato avvisato dal ministero che «sarebbe stata concessa la dodicesima autorizzazione alle prospezioni finalizzata alla ricerca di idrocarburi in Puglia». Nell’Adriatico non è stata autorizzata alcuna trivellazione, sostiene il ministro Guidi - le proteste di ambientalisti e Regioni sono solo un polverone. Per la Guidi, i permessi sono solo per prospezioni e sono oltre le 12 miglia dalla costa. Ma i comitati anti-trivelle chiedono una moratoria immediata di tutte le attività offshore. Dopo il governatore della Puglia, Michele Emiliano, anche il suo collega del Veneto, Luca Zaia, ha promesso battaglia contro i petrolieri. E il verde Angelo Bonelli chiede l’intervento del capo dello Stato: «Rivolgiamo un appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché faccia sentire la sua voce contro lo scempio a cui rischiano di andare incontro i mari italiani e le Isole Tremiti, che non solo sono un bene comune di tutti i cittadini italiani, ma che rappresentano un patrimonio naturalistico unico». «Un polverone pretestuoso e strumentale: non c’è nessuna trivellazione - ribadisce il ministro Guidi -. Il permesso di ricerca concesso alla società Petroceltic (di fronte alle isole Tremiti in Puglia, n.d.r.) riguarda soltanto, e in una zona oltre le 12 miglia, la prospezione geofisica e non prevede alcuna perforazione che, comunque, non potrebbe essere autorizzata se non sulla base di una specifica valutazione di impatto ambientale». Intanto la Regione Puglia presenterà ricorso per conflitto di attribuzione con riferimento al modo in cui l’emendamento alla legge di Stabilità presentato dal governo ha inciso sullo Sblocca Italia: non assecondando la volontà referendaria, ma in senso opposto. «In nessuna occasione - ha detto Emiliano - sono stato avvisato dal ministero che sarebbe stata concessa la dodicesima autorizzazione alle prospezioni finalizzata alla ricerca di idrocarburi in Puglia».
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 gennaio 2016

 

Tremiti, sì alle trivelle - È polemica: via libera per 2.000 euro l’anno
BARI - Il ministero dello Sviluppo economico autorizza con decreto le ricerche petrolifere al largo delle Isole Tremiti per poco meno di 2mila euro all’anno e la spaccatura tra governo da una parte e Regioni ed enti locali dall’altra si fa sempre più ampia.

La reazione del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, è durissima. «Le Regioni proponenti i referendum non devono fare passi indietro. Dovranno elevare subito conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato davanti alla Corte Costituzionale», perché nella sostanza il popolo è stato «scippato» della possibilità di «decidere se e dove sia possibile trivellare a fini di ricerca petrolifera». Per Emiliano bisogna subito iniziare la campagna referendaria perché «trivellare il nostro mare è una vergogna e una follia». Poi ancora un attacco al governo. L’emendamento alla Legge di Stabilità «è stato formulato e approvato senza neppure uno straccio di dichiarazione politica di pentimento da parte del governo e della sua maggioranza», mentre «è incredibile che il governo non abbia pubblicamente spiegato la decisione di rilasciare le autorizzazioni al largo delle Tremiti» commenta ironicamente il sindaco delle isole pugliesi. «Di fronte a questa somma (poco meno di 2mila euro l’anno, ndr), cosa vuole che dica? Se serve a risanare il bilancio dello Stato, ben venga» dice il primo cittadino, Antonio Fentini, che ha ricevuto tre giorni fa la comunicazione dal Mise. Il decreto di autorizzazione ha fatto alzare i toni politici. Angelo Bonelli, Federazione dei Verdi, riferisce che il provvedimento reca il numero 176 ed è del 22 dicembre 2015, cioè dopo la presentazione dei quesiti referendari sulle trivellazioni da parte di una decina di Regioni, tra cui la Puglia, e prima della decisione della Cassazione che ha bocciato 5 dei 6 quesiti referendari. L’autorizzazione del Mise è rilasciata alla società Petroceltic Italia, riguarda «una superficie di 373,70 chilometri quadrati e un’area dalla ricca biodiversità marina - dice Bonelli - e verranno utilizzate le tecniche più devastanti, come l’air gun, per le ricerche di idrocarburi». La Petroceltic Italia pagherà allo Stato italiano «la cifra di euro 5,16 per chilometro quadrato, per un totale di 1.928,292 euro l’anno». Secondo l’esponente dei Verdi altri permessi sarebbero in corso di autorizzazione al largo di Pantelleria e anche nel golfo di Taranto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 gennaio 2016

 

 

AMBIENTE»L’ACCORDO TRA GOVERNO, REGIONE E COMMISSARIO - Tre anni di lavori per bonificare Servola

Dalle indagini geotecniche ai collaudi fissati i tempi per realizzare le barriere fronte mare e l’impianto di trattamento
Dagli appalti al monitoraggio interventi da 41,5 milioni di euro Primo step a fine febbraio - il cronoprogramma degli interventi
Il collaudo delle opere di ripristino ambientale dell’area della Ferriera di Servola nell’agosto del 2019. In Italia gli annunci sui tempi sono quasi sempre materia aleatoria, ma il cronoprogramma incluso tra gli allegati dell’accordo approvato dalla giunta regionale parla chiaro: l’intesa tra il Dipartimento per le politiche di coesione (Apc), il commissario straordinario per la Ferriera, la presidente Debora Serracchiani e la Regione, fissa tempistiche certe per la messa in sicurezza di Servola. I lavori In ballo ci sono i lavori da 41,5 milioni di euro per la cosiddetta azione II del primo asse dell’accordo di programma per il recupero dell’area. In altri termini tutti gli interventi per la messa in sicurezza dell’area della Ferriera da realizzare con finanziamento pubblico, in sostituzione dei responsabili, ovvero delle precedenti proprietà. Parliamo quindi, principalmente, del barrieramento fisico sul fronte mare dell’area demaniale in concessione e della realizzazione di un impianto di trattamento delle acque di falda. Misure ritenute necessarie alla sicurezza sanitaria ed ambientale della zona, anche se nei mesi scorsi Legambiente e Wwf avevano segnalato una possibile alternativa meno costosa nella tecnologia nota come Prb (Permeable reactive barriers). Invitalia Un’impresa titanica nella quale Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, sarà il braccio del commissario nella messa in pratica dei progetti. A questo scopo sarà dotata di un finanziamento da 2,5 milioni di euro. Per almeno tre anni, quindi, il personale dell’agenzia opererà sul territorio fungendo da tuttofare: i futuri compiti di Invitalia vanno dall’aggiornamento dello studio di fattibilità fino al collaudo delle opere, passando per appalti e monitoraggio dei lavori. L’agenzia affiancherà poi il commissario nei rapporti con tutti i soggetti coinvolti, dai ministeri a Siderurgica triestina. Fattibilità - Il primo passo, che dovrebbe concludersi entro febbraio, è l’aggiornamento dello studio di fattibilità. Servirà a porre le basi per «evitare eventuali ritardi» nelle fasi successive. Ma è reso necessario anche dal sopraggiungere del progetto integrato di Arvedi (ottobre 2015) e dalle possibili interazioni con opere portuali come la Piattaforma logistica. Appalti Invitalia fungerà poi da “centrale di committenza” con funzione di stazione appaltante per i lavori. Ciò significa che curerà la selezione e l’affidamento degli incarichi per tre passaggi: l’esecuzione delle indagini integrative funzionali alla progettazione di dettaglio; la redazione del progetto definitivo degli interventi; l’appalto integrato per la redazione del progetto esecutivo. L’agenzia gestirà le procedure di aggiudicazione attraverso un’apposita piattaforma telematica. Invitalia assicura che tutte le norme anticorruzione e contro le infiltrazioni criminali saranno rispettate. Indagini La prima fase saranno le indagini integrative. Si prevedono: studi geotecnici sui suoli; il monitoraggio della qualità delle acque di falda, comprensiva di indagini idrogeologiche sulla falda; il monitoraggio topografico e fessurimetrico. Le gare di affidamento dovrebbero concludersi a giugno 2016. Le indagini geotecniche dovrebbero proseguire fino a ottobre, mentre il monitoraggio della falda fino a giugno 2017. Il tempo di quest’ultimo è stato ridotto da 16 a 12 mesi dando fiducia al monitoraggio già avviato da Arvedi stesso. Progetti -  Invitalia curerà poi l’affidamento dell’aspetto progettuale che, al fine di concludere in «tempi ragionevolmente congrui», accorperà il progetto preliminare e quello definitivo. L’agenzia «opererà uno stretto controllo sulla fase di progettazione - condiviso con la struttura commissariale e le amministrazioni competenti». Tutto il procedimento dovrebbe partire ora per concludersi con l’approvazione fra gennaio e febbraio 2017. Lavori Verificato il progetto definitivo (marzo 2017), si passerà alla fase esecutiva, ancora una volta con Invitalia nel ruolo appaltante. Affidati gli incarichi (entro ottobre 2017) e redatto il progetto esecutivo (fino a gennaio 2018) l’agenzia curerà il monitoraggio dell’avanzamento dei lavori, che dovrebbero concludersi nel luglio del 2019. L’ultima fase sarà quella del collaudo, prevista per l’agosto di quell’anno. Supporto In tutto questo tempo l’agenzia fungerà da supporto al commissario e alle strutture regionali coinvolte. A questo fine il commissario Serracchiani metterà a disposizione di Invitalia «idonei locali allestiti presso la sede della Regione Friuli Venezia Giulia in Trieste». L’accordo precisa poi che l’agenzia «si rende disponibile ad assistere la struttura commissariale in riunioni, tavoli tecnici, conferenze di servizi, eventi, anche mediante la predisposizione di documenti e elaborati».

Giovanni Tomasin

 

Invitalia manda una task force a Trieste
L’Agenzia dovrà occuparsi di indagini, gestione gare, controlli e rapporti con Arvedi, enti locali, Ispra
Uno “sbarco” in forze. È quello di Invitalia in Friuli Venezia Giulia: l’accordo prevede infatti che l’agenzia attivi «proprie risorse professionali» per la risoluzione del nodo Ferriera. Di più: stabilisce l’attivazione di un’area Ufficio tecnico, di un’area Servizi legali business e dei servizi Ufficio gare, gestione commessa e segreteria amministrativa. Risultato: «Una stima di circa 15 risorse professionali complessivamente operanti». Non a caso, accordo alla mano, la struttura commissariale garantisce sin d’ora «idonei locali allestiti nella sede della Regione a Trieste» al personale dell’Agenzia. I compiti di Invitalia, del resto, sono molteplici. E tra questi vanno citati i rapporti che l’Agenzia dovrà intessere per lavorare al recupero dell’area della Ferriera e in particolare il dialogo continuo con la proprietà dello stabilimento. L’accordo specifica che l’Agenzia «affiancherà la struttura commissariale nei rapporti con tutti i soggetti titolati nell’ambito del procedimento per la definizione della migliore soluzione progettuale e per le opportune modalità esecutive volte a garantire anche la continuità produttiva dello stabilimento industriale». Le relazioni con il gruppo Arvedi saranno articolate. Invitalia si rapporterà, recita il testo, «con la Siderurgica Triestina Srl per definire le modalità tecniche di integrazione tra gli interventi pubblici e gli interventi privati (messa in sicurezza operativa del sito; la rimozione rifiuti; la messa in sicurezza della falda mediante barriera idraulica; le eventuali misure di adeguamento Aia...». Il testo fa «particolare riferimento» alle modalità progettuali, esecutive e gestionali dell’impianto di trattamento di acque di falda, nonché agli aspetti operativi «legati all’esecuzione delle attività (ad esempio accessi alle aree, interferenze di cantiere durante le attività produttive, etc.)». Ma l’agenzia collaborerà con Debora Serracchiani anche nel rapporto con i ministeri interessati, «per la condivisione delle fasi attuative del processo di realizzazione degli interventi, a partire dalla loro progettazione di dettaglio, per poi seguire nell’iter autorizzativo in sede di Conferenza di Servizi, fino alla completa esecuzione». Un altro interlocutore saranno gli istituti e gli enti locali competenti: «Ispra e Iss per la verifica degli aspetti tecnico-scientifici degli interventi di messa in sicurezza nonché con Arpa Fvg per le necessarie attività di controllo ambientale e di validazione dei risultati delle indagini». Invitalia dovrà poi confrontarsi con l’Autorità portuale di Trieste, «per l’armonizzazione degli interventi con le opere in corso di realizzazione e quelle in fase di progettazione per lo sviluppo portuale e logistico delle aree di progetto e di quelle adiacenti». Ad esempio la realizzazione della Piattaforma logistica e le indagini per la caratterizzazione integrativa dei sedimenti marini. Infine l’agenzia interloquirà «con il soggetto che verrà individuato per la gestione dell’impianto di trattamento delle acque di falda contaminate».

(g.tom.)

 

 

Stalli per biciclette in piazza San Giovanni

Nuova area di parcheggio riservata alle biciclette, con gli appositi manufatti di supporto, del resto finora poco usati dai ciclisti urbani triestini, in piazza San Giovanni, sulla carreggiata che congiunge via Gallina con passo Pecorari.

Si tratta dell’area attigua a quella di sosta riservata al Consolato di Croazia, ubicata sul lato dell’aiuola centrale della piazza. Nel nuovo impianto di sosta per le biciclette potranno trovare collocazione fino a sei “due ruote”. Contestualmente all’istituzione del parcheggio, l’amministrazione comunale ha disposto nella stessa ordinanza la revoca di eventuali provvedimenti di viabilità che contrastino o incompatibili con la creazione e fruizione del park. Sul sito verrà posizionata, invece, la segnaletica orizzontale e verticale «che definirà l’esatta ubicazione ed estensione del provvedimento, rendendolo manifesto agli utenti della strada». L’amministrazione non si sta dimostrando altrettanto sensibile nei riguardi di motociclisti e scooteristi, pur dopo anni di campagna per l’utilizzo di mezzi alternativi all’automobile, “erodendo” stalli dedicati. Come di recente sulla carreggiata di via Pozzo del Mare: posteggi spariti.

 

Inquinamento, non bastano le limitazioni al traffico - L’INTERVENTO di MARZIO GALEOTTI E ALESSANDRO LANZA - www.lavoce.info
Nel mese di dicembre abbiamo vissuto un paradosso significativo: nelle ore in cui comunità scientifica e politica si compiacevano per i risultati della Cop21 di Parigi, abbiamo scoperto che l’attenzione e gli sforzi dedicati agli inquinanti globali ci hanno distratto da quelli locali, i quali hanno voluto far sentire la propria voce, in particolare nei centri urbani.

Ci siamo trovati a invocare la pioggia come soluzione temporanea al problema, nemmeno fossimo una popolazione primitiva che dipende da uno sciamano. L’insistenza dell’alta pressione sul Mediterraneo, com’è noto, ha determinato un lungo periodo senza pioggia, provocando una persistente cappa di smog sul Nord Italia, senza però escludere città come Roma o Napoli. Le mappe hanno mostrato che la Pianura padana è un vero bacino che raccoglie diversi tipi di inquinanti, dall’ossido di azoto all’ozono, dai composti organici volatili fino al famigerato particolato, in versione Pm10 o Pm2,5. Questi ultimi sono inquinanti molto pericolosi per la salute anche se non sono pubblicate cifre ufficiali sulla mortalità da essi causata. Esistono molte ricerche negli ultimi anni che ci portano a concludere che, limitatamente al Pm10, la mortalità nel nostro paese potrebbe essere di 7-8mila persone all’anno (circa il doppio dei morti per incidenti stradali). La situazione è indubbiamente molto complessa. Cosa si può fare? Un naturale punto di partenza è chiedersi da dove arrivano gli inquinanti e cosa è stato fatto nel passato. Quanto all’origine del Pm10 in Italia (quelli relativi al Pm 2,5 non sono significativamente diversi) il riscaldamento urbano ne è il primo responsabile, mentre i trasporti su strada valgono circa il 17 per cento. Quasi sempre, tuttavia, gli interventi – e le polemiche – si sono concentrati sul traffico urbano. Anche perché l’inquinamento urbano non è solo Pm10 o Pm2,5: ridurre i flussi di traffico fa diminuire drasticamente il cosiddetto black carbon, una forma di inquinamento diversa dai Pm ma non per questo meno pericolosa. Il traffico resta dunque un grande nemico dell’aria nei centri urbani, se è vero che contribuisce anche al 40 per cento circa degli NOx, a due terzi del benzene e della CO2. È necessario dunque ragionare sulla riduzione della circolazione di auto e altri mezzi nelle città prevedendo sistemi alternativi di trasporto. Tuttavia, oltre a imporre divieti e restrizioni al traffico, che per la loro natura temporanea non risolvono il problema, vanno forniti incentivi al cambiamento. Una strada potrebbero essere gli strumenti economici, come la detassazione del bollo per i primi tre anni per le auto ibride elettriche o con i più elevati standard (Euro 6). In realtà, a fianco di interventi per l’incremento e la maggiore efficienza del servizio pubblico locale (più metropolitane e autobus più moderni), il tema dell’età media del parco auto circolante può essere affrontato rapidamente con costi probabilmente non proibitivi. Su 36 milioni di vetture circolanti, 11 milioni sono Euro 0, 1 o 2, oltre il 30 per cento, con punte che superano il 40 per cento nel Mezzogiorno. Senza uno svecchiamento radicale, le probabilità di riuscire a incidere sui livelli di inquinamento delle nostre città sono pari a zero. Si potrebbe ad esempio riflettere su un bollo di circolazione il cui importo, a parità di cilindrata, aumentasse con la vetustà dell’auto. Queste modeste proposte andrebbero viste in un contesto più ampio. Dal 1990 i progressi sono stati estremamente significativi: un’auto diesel Euro 5 emette oggi 28 volte meno di una Euro 1 nel 1992. Ma accanto al traffico, il riscaldamento è un altro potente fattore di inquinamento. Negli ultimi anni il trend è stato crescente e ne sono responsabili le biomasse: la legna e più di recente i pellet. Poiché sono fonti a emissioni di CO2 nulle - e come tali considerate fonti rinnovabili - sono state addirittura incentivate, determinando una progressiva sostituzione di combustibili liquidi con legna e pellet, a scapito del metano. Se poi si considera che l’industria conta quanto il traffico nella produzione di Pm10, si può concludere che è assolutamente necessario un approccio sistemico al problema, che comprenda almeno tre riferimenti: i tipi di inquinanti, le fonti che li generano, la collocazione geografica dove si producono gli effetti. Finora, in questa azione, governo e amministrazioni locali non hanno dato una decorosa né tantomeno efficace prova di sé.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 gennaio 2016

 

 

Una spa per la Capodistria-Divaccia - Raddoppio della linea ferroviaria, Lubiana dà l’ok alla creazione di una società ad hoc
LUBIANA - È la grande questione infrastrutturale della Slovenia. Se ne parla da molti, forse troppi anni, ma ora, finalmente, il governo di Lubiana ha fatto la prima vera mossa verso la realizzazione del raddoppio della linea ferroviaria tra Capodistria e Divaccia.

L’esecutivo guidato dal premier Miro Cerar, infatti ha dato semaforo verde alla costituzione di una società ad hoc per la costruzione della nuova linea ferroviaria e per l’incremento dei traffici nel Porto di Capodistria con la realizzazione del terzo molo. La partecipazione alla società sarà aperta a imprenditori privati provenienti dal retroterra e interessati all’opera e alle sue ricadute. Ricordiamo che anche l’Ungheria ha dimostrato un forte interesse per diventare partner nel progetto. Lo Stato sloveno manterrebbe un pacchetto azionario di minoranza. A questo scopo il governo si è impegnato a predisporre una legge che dovrebbe essere in discussione nell’agenda dell’esecutivo con ogni probabilità il prossimo mese di marzo, cosicché il Parlamento potrebbe pronunciarsi sulla stessa già a maggio. Il governo, nel frattempo, si è impegnato che entro la fine di giugno porterà a termine una precisa analisi per quanto riguarda i piani finanziari relativi alla realizzazione, la ricaduta in termini di traffici e le velocità che i vari convogli potranno tenere sulla linea rinnovata. Positivi i commenti all’iniziativa del governo sono giunti dalla Confindustria della Slovenia. «È giunto veramente il momento - si legge in un comunicato - di iniziare a lavorare concretamente alla realizzazione del secondo binario sulla Capodistria-Divaccia,un’opera di importanza strategica per la Slovenia». Positivamente è stata salutata la nascita della società ad hoc per la nuova infrastruttura, fatto che permetterà l’ingresso nel progetto anche di investitori stranieri. «Tuttavia vogliamo anche affermare che è assolutamente indispensabile a questo punto una revisione esterna del valore del progetto - ha affermato il direttore generale di Confindustria, Samo Hribar Mili› - in modo da evitare che i contribuenti non paghino più del dovuto come invece è già avvenuto in passato per altri progetti infrastrutturali». È stata altresì chiesta la massima trasparenza al governo anche in termini di ricaduta per gli investitori esteri nella catena logistica della Slovenia.

Mauro Manzin

 

 

Piccole e Medie Industrie - L’Api attacca il servizio rifiuti Sistri

«Per l’ennesima volta il governo ha preso misure parziali e inadeguate sul Sistri, ovvero sul Servizio informatico di tracciabilità dei rifiuti pericolosi».

Lo afferma Bernardino Ceccarelli, vicepresidente dell’Associazione Piccole e Medie Industrie del Friuli Venezia Giulia, commentando il provvedimento contenuto nel decreto legge “Milleproroghe”. Quello che sospende le sanzioni ma conferma l’obbligo della doppia registrazione cartacea e informatica. «Il Sistri non funziona. Eppure lo Stato italiano insiste a oberare le imprese di burocrazia e di costi per servizi mai corrisposti» taglia corto Ceccarelli.

 

 

Edilizia a emissioni zero solo con soldi privati - L’INTERVENTO di Corrado Clini, già ministro dell'Ambiente
A Trieste quasi pronto un edificio di 19 appartamenti, mentre le risorse erogate alla Regione sono sottoutilizzate da oltre sei anni
A Trieste edilizia a emissioni zero con investimenti privati, mentre le risorse pubbliche erogate alla Regione per lo sviluppo sostenibile e la promozione delle tecnologie a basse emissioni sono sottoutilizzate da oltre sei anni. Alessandro Beltrame è un imprenditore italiano che sta dimostrando concretamente come sia possibile ridurre “l’intensità di carbonio” dell’economia. Tra pochi mesi sarà completata a Trieste la costruzione di un edificio di 19 appartamenti a emissioni zero, energeticamente autosufficiente grazie all’impiego combinato di geotermia, energia eolica ed energia solare. E’ un progetto di grande rilievo perché l’edilizia – residenze, edifici pubblici e uffici, centri commerciali – assorbe circa il 40% dei consumi di energia prevalentemente assicurati in Italia da gas naturale ed elettricità in gran parte prodotta con fonti fossili. Assicurare l’autosufficienza energetica degli edifici con l’impiego di fonti rinnovabili locali sarebbe dunque un passo imponente nella direzione della “decarbonizzazione” dell’economia italiana. A questo proposito è interessante rilevare che mentre Alessandro Beltrame realizza a Trieste un progetto pilota esemplare a livello nazionale con risorse private, sono in gran parte “fermi al palo” i progetti finanziati dal Ministero dell’Ambiente nell’ambito del protocollo di intesa “Sviluppo sostenibile e promozione delle tecnologie a basse emissioni di carbonio”sottoscritto a Trieste con la Regione Friuli Venezia Giulia nel 2009 e finanziato con oltre 10 milioni di euro. Da direttore generale prima e ministro poi, e ancora come presidente di Area Science Park, avevo sollecitato ripetutamente la Regione a valorizzare le risorse del Ministero dell’Ambiente per consolidare a Trieste e nel Friuli Venezia un polo dimostrativo di eccellenza delle tecnologie e buone pratiche per la decarbonizzazione dell’economia e per lo sviluppo turistico sostenibile. Forse se i finanziamenti fossero stati concessi a imprenditori come Alessandro Beltrame invece che alla Regione l’obiettivo sarebbe stato raggiunto.

 

 

La maestra è la natura - A scuola con il Wwf - Dalle fiabe ai mitili: le proposte didattiche dell’Area marina
Dalle fiabe ai mitili, dal carsismo all’inquinamento prodotto da noi esseri umani: sono solo alcune delle nuove proposte didattiche per la conoscenza dell’ambiente marino e carsico-costiero messe a punto dal Wwf-Area marina protetta di Miramare per questo inizio di anno scolastico.

I nuovi moduli didattici “Alla scoperta del mare”, rivolti alle scuole di ogni ordine e grado, spazieranno dalle favole (con protagonisti pesci, paguri, stelle marine, balene e tartarughe) alla mitilicoltura (attraverso l’incontro con i pescatori e le imbarcazioni per la mitilicoltura al porticciolo di Grignano per scoprire il dietro le quinte di questo lavoro), dalle reti alimentari all’inquinamento marino. Mentre si plaude all’annuncio dell’accordo che consentirà al Wwf di proseguire l’attività nell’Area marina protetta di Miramare, prosegue instancabilmente l’attività didattica, che per quest’anno scolastico prevede quattordici proposte marine e nove carsiche, oltre al sea watching nella bella stagione. Le richieste, da tutta Italia, non mancano. Nel mese di gennaio, inoltre, il Centro visite sarà aperto al pubblico tutti i sabati e le domeniche con orario continuato dalle 9.30 alle 14.30. L’offerta per il 2015-16 del settore didattico dell’Area marina di Miramare guarda non solo al mare, ma anche al Carso, in particolare a quello della Riserva. E non mancano gli spunti: dal carsismo alle specie aliene, dalla “cacca” ai laboratori sull’acqua dolce fino alle favole animate per i più piccoli. «Per Miramare - sottolinea Maurizio Spoto, direttore della Riserva - il 2016 segna il trentesimo anno di attività e la nostra oasi, ben lungi dal rimanere ancorata alle idee e alle strategie di sensibilizzazione di tre decenni fa, si è evoluta e ancora si trasforma, rimanendo costantemente aggiornata e al passo con i tempi, anche se i contenuti richiamano immancabilmente i valori universali che il Wwf da sempre perora: rispetto e sostenibilità delle scelte di vita in sintonia con l’ambiente naturale». L’impegno maggiore dei biologi e naturalisti è stato rivolto all’abbinamento della teoria con la sperimentazione sul campo, nella spiaggia delle ex Scuderie, sede dei tradizionali laboratori della marea e del benthos, ma anche in ambienti protetti dove osservare i fenomeni del carsismo, le specie alloctone o i macroinvertebrati di acqua dolce. Tra gli spazi a disposizione delle scolaresche c’è anche l’aula attrezzata di San Giovanni di Duino, punto di partenza per gli incontri sul carsismo, il confronto tra acqua dolce e marina e la visita alle risorgive: al Timavo, infatti, è dedicato un intero modulo di visita. Oltre alla conservazione e all’osservazione della natura, si parlerà pure delle relazioni tra natura e uomo analizzando gli effetti (anche inquinanti) di tutte le attività umane, a partire da pesca e mitilicoltura. Il programma completo è consultabile su www.riservamarinamiramare.it ed è disponibile anche al Centro visite di Miramare, mentre la segreteria dell’Area marina è attiva da lunedì a venerdì dalle 10 alle 13 (telefono 040-224147, interno

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 gennaio 2016

 

 

«I divieti di pesca a Sistiana non sono nuovi» - L’assessore Cunja replica al “capo” dei pescatori Doz: «Limitazioni già varate dalla precedente giunta»

LE DECISIONI? PRESE ASSIEME - La categoria fa parte del Gruppo di azione costiera - LA POSA DI BOE E AGGREGATORI - Nelle acque vicine alle aree protette il pescato aumenta
DUINO AURISINA «I pescatori locali non sono stati bypassati nell’ambito delle decisioni prese e la Riserva regionale delle Falesie è da anni area di massima tutela, perciò interdetta alla pesca». Andrej Cunja, assessore comunale di Duino Aurisina, replica per le rime a Guido Doz, responsabile regionale del settore agro ittico alimentare dell’Agci, cioè l’Associazione generale delle cooperative italiane, che qualche giorno fa aveva vivacemente protestato contro quella che egli stesso aveva definito la «neocostituita Riserva marina delle Falesie». Traendo spunto dalla notizia del posizionamento delle boe necessarie per delimitare la riserva a mare, Doz aveva definito quest’ultima «la tomba dei pescatori professionisti e banca di quelli di frodo», annunciando che «le conseguenze dell’approvazione del Regolamento delle Falesie saranno devastanti per decine di famiglie che vivono operando nell’ambito del settore della pesca». «Innanzitutto - precisa Cunja - va ricordato che il posizionamento delle boe, unitamente alla posa degli aggregatori ittici sotto le mitilicolture che si trovano più a largo, è stato realizzato dal Gruppo di azione costiera del Friuli Venezia Giulia, in attuazione della scheda 4.1.2.d, dedicata alla gestione della pesca nell’area Falesie di Duino, inserita nel Piano di sviluppo locale dello stesso Gac regionale. L’intervento è costato complessivamente 78.300 euro - aggiunge Cunja - di cui 39.300 sono stati utilizzati per l’acquisto di sei boe e per la relativa posa, 39mila per la realizzazione e la posa degli aggregatori, sotto gli impianti di mitilicoltura adiacenti alle Falesie. Questi ultimi fra l’altro sono stati posizionati in base a dirette indicazioni degli operatori della pesca e consistenti in un sistema destinato a creare una zona di ripopolamento ittico, specie per cefalopodi, attivo e passivo. Nel Gac - evidenzia l’assessore di Duino Aurisina - sono presenti le più importanti associazioni del settore pesca e le modalità di utilizzo di tali fondi sono state decise di comune accordo, seppure dopo lunghe trattative. Non corrisponde dunque affatto a verità - insiste Cunja - l’asserzione di Doz, secondo la quale i pescatori sarebbero stati scavalcati nella vicenda. Va comunque ribadito che la particolare area in questione è, dal momento stesso della sua istituzione - prosegue Cunja passando all’altro tema - una riserva naturale, per la quale vige per legge il massimo grado di tutela possibile, pertanto già nel Piano di sicurezza approvato dalla precedente amministrazione comunale di Duino Aurisina la pesca professionale ne era esclusa e non sarebbe stato possibile fare diversamente. Era invece prevista e continua ad esserlo - incalza Cunja - la possibilità della pratica della pesca scientifica, per ora riguardante solo due imbarcazioni. La soluzione concordata non è affatto limitante dello sviluppo della pesca locale, vale anzi il ragionamento contrario. Lo sanno anche i gatti, anzi i guati visto il tema - continua l’esponente della giunta che governa il Comune di Duino Aurisina - che nelle acque adiacenti alle aree marine protette, negli anni, la quantità di pescato aumenta considerevolmente. Così è successo, checché ne dica Doz, a Miramare e contiamo di replicare tale situazione anche a Sistiana e a Duino. Certo, i pochissimi che ancora andavano a seppie sotto le falesie, magari anche in barba all’ordinanza della Capitaneria di Porto, che già vieta l’avvicinamento a meno di 30 metri dalla riva - osserva Cunja - non potranno più farlo, ma quando Doz dichiara che il reddito di oltre sessanta famiglie sarà messo a rischio dall’approvazione del Regolamento la spara davvero grossa. La sua affermazione poi - conclude - che gli aggregatori ittici siano stati posizionati a favore dei pescatori di frodo rasenta la diffamazione nei confronti del Gac regionale e degli enti e delle associazioni che vi sono rappresentati».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 gennaio 2016

 

 

Il Comune non molla su via Mazzini

Confermate le chiusure al sabato fino al 31 luglio. Marchigiani: «Pedonalizzazione definitiva dopo il riordino del servizio bus»
L’esperimento positivo L’assessore spiega che la nuova serie di P days è stata decisa d’intesa con le categorie economiche
Il Comune non molla su via Mazzini. Il penultimo giorno dell’anno la giunta ha approvato una delibera che proroga i famosi “P days” con la pedonalizzazione di via Mazzini nel tratto compreso tra via Roma e piazza Goldoni e di via Imbriani, nel tratto tra piazza San Giovanni e corso Italia, tutti i sabati fino al 31 luglio. «Non solo - ha aggiunto ieri l’assessore alla mobilità Elena Marchigiani - la chiusura potrà essere estesa talvolta anche alla giornata di domenica, con provvedimenti che saranno emanati ad hoc, in concomitanza con eventuali aperture domenicali dei negozi». Dietro questa decisione c’è secondo Marchigiani un fatto difficilmente contestabile: «La chiusura al traffico di quest’area dà riscontri totalmente positivi, la proroga nelle giornate di sabato è stata decisa di concerto con le categorie economiche e la pedonalizzazione quotidiana che avevamo sperimentato è stata stoppata soltanto per l’impossibilità di ricalibrare il servizio di trasporto pubblico». Il dietrofront della giunta, per certi versi clamoroso, che a luglio aveva portato, dopo due soli mesi di chiusura totale, alla riapertura di via Mazzini era stato deciso a seguito di una serie di proteste e petizioni indotte in particolare dallo spostamento delle fermate degli autobus che aveva creato disorientamento e disagio soprattutto nelle fasce più deboli della popolazione. «Non potevamo andare contro i nostri cittadini più indifesi, è stato necessario mediare e la soluzione più equilibrata, in attesa però del riordinamento del servizio di trasporto pubblico - sottolinea l’assessore - era quella di limitare la chiusura al fine settimana. Questa stessa delibera però che abbiamo ora varato dimostra la nostra volontà di andare avanti perché siamo convinti che la direzione presa sia quella giusta e che alla fine la pedonalizzazione sarà la soluzione definitiva che si dovrà prendere». La delibera comunale mette infatti in rilievo che “conseguentemente allo stato di avanzamento delle procedure legate alla gara per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico di persone ed agli esiti dei ricorsi presentati al Tribunale amministrativo regionale da parte di alcune società partecipanti alla gara stessa, attualmente è stata concessa una ulteriore proroga alla Trieste Trasporti spa per la gestione del servizio di Tpl fino al 31 dicembre 2016” e che “fino all’aggiudicazione dei servizi al nuovo gestore, risulta impossibile variare i programmi di esercizio delle linee del Tpl posti a base di gara e pertanto i provvedimenti che si dovrebbero adottare per il mantenimento delle chiusure al traffico veicolare di via Mazzini dovranno essere di natura esclusivamente sperimentale”. Per ipotetiche chiusure definitive dunque se ne potrà riparlare a 2017 inoltrato e tutti sanno che oltretutto vi sono anche in mezzo le elezioni comunali che si terranno a giugno. Ma il Piano del traffico e il processo avviato in funzione di una città sempre più sostenibile dal punto di vista della mobilità secondo Marchigiani in questa fase non si limitano ai “P days” «perché bisogna considerare tutta una serie di provvedimenti coordinati che si stanno mettendo in atto». E l’esponente della giunta Cosolini ne cita una serie: il progetto per la pista ciclabile i cui lavori cominceranno a inizio aprile, il bando per il bike sharing che si chiuderà a metà gennaio, la riqualificazione di piazza Ponterosso dove è stata creata anche un’altra area pedonale, così come quella di via Trento, la riqualificazione che avverrà entro l’anno di via Trenta Ottobre con i fondi Pisus, i nuovi parcheggi per i “motorini”, la convenzione con Saba Italia per la sosta a prezzi contenuti a favore dei residenti nei parcheggi del Silos e di via Pietà. «Siamo lenti ma inesorabili - chiude Marchigiani - anzi se penso che nei dieci anni precedenti alla nostra giunta non era stato fatto nulla, devo dire che non siamo nemmeno lenti».

Silvio Maranzana

 

Tornano le deroghe per le bici e i taxi

Il divieto di circolazione (accesso, transito e sosta) per tutti i veicoli è stato stabilito dal Comune per tutti i sabati fino al 31 luglio dalle 9 del mattino alla mezzanotte in via Mazzini nel tratto compreso tra via Roma e piazza Goldoni e in via Imbriani.

Le deroghe riguardano i veicoli di soccorso in servizio di emergenza; le biciclette; i veicoli di aziende di servizi pubblici, muniti di stemmi che li rendano individuabili, per l’espletamento di servizi di lavaggio strade, spazzamento meccanico, asporto rifiuti e per servizi che rivestono carattere d’urgenza come espurgo caditoie, interventi sulla sede stradale o sui servizi di sottosuolo; taxi e veicoli di noleggio con conducente che devono accompagnare clienti nell’area interdetta; veicoli a servizio di persone con capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta in possesso di contrassegno; veicoli di utilizzatori di cortili, box o autorimesse privati all’interno dell’area interdetta; veicoli in possesso di specifici permessi rilasciati dagli uffici comunali. Viene inoltre istituito dalle ore 0 alle ore 24 del sabato un divieto di sosta in piazza San Giovanni sulla carreggiata congiungente via Gallina con passo Pecorari.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 gennaio 2016

 

 

Countdown per l’advisor di Porto vecchio
Al lavoro da giorni la commissione che deve scegliere il consulente tra le dodici offerte pervenute
È scattato il conto alla rovescia per la scelta dell’advisor che affiancherà il Comune e l’Autorità portuale per la realizzazione del Piano strategico di valorizzazione del Porto vecchio. La commissione è già al lavoro da giorni: è presieduta da Walter Toniati responsabile dell'Ufficio progetti strategici del Comune ed è composta anche dal segretario generale dell’Authority Mario Sommariva e dal docente universitario Vittorio Torbianelli. Le offerte in corso d’esame sono 12 presentate da altrettante associazioni temporanee di imprese. Le 12 società capogruppo sono queste: Tecnic consulting engineers spa Roma, PricewaterhouseCoopers advisory Milano, Jones Jang Lasalle Milano, Ove Arup&partners interntional Londra, K2real - Key to real Milano, Reag Milano, Ernst&Young financial business advisor Milano, Prelios Integra Milano, Studio Valle architetti associati Udine, Cesi Milano, Hydea Firenze; Hera agency Milano. Tra i candidati a disegnare la nuova Trieste 2 vi sono, come si nota, anche due delle cosiddette “Big four”, ovvero i colossi che a livello mondiale si spartiscono la gran parte del mercato internazionale nel settore transaction and advisory (oltre che in quello dei servizi di revisione), e cioé PricewaterhouseCoopers e Ernst&Young. Se oltre alle società capogruppo si guarda anche alle affiliate nelle Associazione temporanee di imprese si scoprono i nomi di due architetti di rilievo internazionale: Stefano Boeri, autore tra l'altro del Bosco verticale nel quartiere Isola a Milano (due grattacieli di 100 e 80 metri le cui facciate accolgono una biodiversità floristica di oltre 11.000 tra alberi, arbusti e essenze vegetali), affiancato a Prelios Integra di Milano e Boris Podrecca creatore di progetti di rilievo in particolare a Vienna, oltre che di quello discusso di piazza Vittorio Veneto a Trieste, associato con lo Studio Valle architetti di Udine. E ancora, il coinvolgimento di società distanti migliaia e migliaia di chilometri come la Rmjm Fz Llc di Dubai e il Gabinete de projetacao arquitetonica di San Paolo del Brasile entrambi a sostegno della Tecnic consulting engineers di Roma. Tra i triestini, in ordine sparso l'Immaginario scientifico, lo studio Zunarelli, Cervesi&Cervesi ingegneria e Pierpaolo Ferrante. «Non abbiamo un termine, ma faremo presto», ha assicurato ieri il presidente della Commissione, Toniati. L'incarico è previsto per un periodo complessivo di almeno sei mesi e l'importo posto a base della procedura è di 170mila euro più Iva di cui 100mila saranno liquidati dal Comune e 70mila dall'Autorità portuale. L'incarico dell'advisor è stato suddiviso in tre fasi, ognuna per un tempo stimato di 60 giorni. La prima riguarderà le indagini conoscitive. La seconda comprenderà l'indicazione delle zone di modificazione fisica dell'area del Porto vecchio secondo aree omogenee di conservazione o restauro, riqualificazione, sviluppo economico per i singoli settori (marittimo, turistico, ricettivo, culturale, portuale, diportistico, residenziale) degli interventi da realizzare secondo ambiti di competenza delle istituzioni e degli investitori privati con l'adeguata l'attrazione del capitale umano e del capitale finanziario. La terza il supporto nell'illustrazione, comunicazione, condivisione e approvazione del Piano.

 

 

Ocean e Crismani si candidano a pulire il golfo
Presentata in Capitaneria l’istanza per ottenere la concessione di servizio per quattro anni
Due società “locali”, la Ocean che ha la propria sede in via Felice Venezian e la Crismani che con la denominazione Crismani Koper risulta essere ubicata a Capodistria e avere a Trieste l’ufficio di rappresentanza in via Roma 30, hanno presentato alla Capitaneria di porto istanze per il rilascio di licenza per la concessione di servizi. Nel dettaglio, la Ocean che fa capo alla famiglia Cattaruzza, ha chiesto il rinnovo della concessione per l’esercizio del servizio di “antinquinamento marino e bonifica degli specchi acquei nella rada e nel porto di Trieste e pulizia degli specchi acquei della rada di Trieste” per la durata di quattro anni. La Crismani Koper ha chiesto il rilascio della licenza di concessione per il servizio “Antinquinamento marino nella rada e nel porto di Trieste” anch’esso per la durata di quattro anni. Le precedenti concessioni risultano essere scadute il 31 dicembre scorso. La Capitaneria di porto di Trieste - Guardia costiera informa che entrambe le istanze rimarranno depositate e a disposizione del pubblico per la consultazione presso la Sezione tecnica, sicurezza e difesa portuale della Capitaneria in piazza Duca degli Abruzzi 4 per un periodo di trenta giorni a partire dal 31 dicembre scorso e dunque fino al 29 gennaio. In questo lasso di tempo chiunque ha diritto di presentare per iscritto alla Capitaneria osservazioni relativamente alle istanze presentate. Pressoché contemporaneamente però l’Autorità portuale ha pubblicato un avviso esplorativo per raccogliere manifestazioni di interesse di partecipazione alla procedura per l’affidamento del servizio di pulizia degli specchi acquei nell’ambito del porto di Trieste per il periodo di tre mesi che va dal primo febbraio al 30 aprile 2016. L’importo a base dell’appalto è di 90mila euro al netto di Iva. Gli operatori economici interessati possono trasmettere richiesta di essere invitati a presentare l’offerta con raccomandata oppure consegnando le buste dal lunedì al venerdì tra le 10 e le 12 e martedì e giovedì anche dalle 15 alle 16.30 all’Ufficio protocollo dell’Autorità portuale o mediante p.e.c. all’indirizzo pec@cert.porto.trieste.it Il termine per la presentazione delle domande è comunque fissato per lunedì 11 alle 12. Tra i requisiti da avere per poter essere poi ammessi alla gara vi è anche il possesso di mezzi tecnici di lunghezza minima di 9 metri e velocità minima di trasferimento in caso di emergenza di 8 nodi con una capacità minima della vasca di raccolta di 9 metri cubi e una potenza minima complessiva dell’apparato motore di 100 hp.

(s.m.)

 

 

Associazionismo - Conto alla rovescia per Contaminazioni

Martedì 12 gennaio, alle ore 18, al Polo di aggregazione giovanile “Toti” di via del Castello 1/3 a San Giusto, inizia Contamin-azioni, la proposta di Arci Servizio Civile in coorganizzazione con l'Area Educazione del Comune di Trieste, che vede impegnati i giovani, nello spirito di cittadinanza attiva e partecipazione, su temi quali il benessere sociale, la cooperazione, l'associazionismo, la pace, la solidarietà. Il primo appuntamento, aperto a tutti, è dedicato all'associazionismo giovanile: un importante contesto dove si vivono esperienze collettive.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 gennaio 2016

 

 

Il ministero in soccorso di otto “tesori”

Roma destina 5,6 milioni di euro al Friuli Venezia Giulia. I contributi più consistenti vanno a Miramare e Palmanova
L’en plein triestino - Il Mibact finanzia parco e castello, scavi nell’area ex Ater, Teatro Romano, Biblioteca Stelio Crise e catasto “storico”
TRIESTE Se è vero, come sosteneva il principe Miškin ne “L’idiota” di Dostoevskij, che «la bellezza salverà il mondo», tale salvezza potrebbe arrivare anche grazie alla valorizzazione dell’arte. Con un intervento di 300 milioni di euro, che si vanno a sommare ai 360 milioni di euro già destinati alle “regioni meno sviluppate” dell’Italia del sud, il ministro dei Beni culturali e del Turismo Dario Franceschini si propone di salvare e valorizzare quantomeno il patrimonio culturale italiano. Il Mibact ha appena approvato, infatti, il programma triennale degli investimenti per il patrimonio che prevede 241 interventi in tutta Italia, otto dei quali riguardano il Friuli Venezia Giulia. Sul territorio regionale pioveranno nel prossimo triennio 5.580.000 euro che serviranno a sostenere la ristrutturazione e il restauro del Teatro romano di Trieste per 500mila euro, il restauro dell’imbarcazione medievale rinvenuta nel fiume Stella a Precenicco e Rivignano, in provincia di Udine, per un totale di 120mila euro, il completamento dello scavo, il restauro e la valorizzazione dell’area archeologica ex Ater di Trieste per 350mila euro, il restauro e il consolidamento delle mura di Palmanova per 3 milioni di euro, la manutenzione e la digitalizzazione del patrimonio librario della Biblioteca Statale “Stelio Crise” di Trieste per 305mila euro, il restauro e la valorizzazione del Parco di Miramare a Trieste per 870mila euro, i lavori per il superamento delle barriere architettoniche nel Museo storico del Castello di Miramare di Trieste per 290mila euro e la digitalizzazione e pubblicazione delle mappe del catasto della Venezia Giulia e di Trieste per 140mila euro. Tali risorse, che tengono conto delle esigenze e delle segnalazioni arrivate dai territori, risultano essere immediatamente disponibili, dal momento che hanno già avuto il via libera da parte del Consiglio superiore dei beni culturali. «Si tratta di un notevole investimento – sottolinea Franceschini - che conferma quanto la cultura sia tornata al centro della politica nazionale. Dall’arte all’archeologia, dalle biblioteche agli archivi, dai musei alle eccellenze del restauro, non c’è settore dei beni culturali che non stia ricevendo un impulso significativo in termini economici e politici da questo governo». L’assessore regionale alla Cultura Gianni Torrenti gongola «per il raggiungimento di questo grande risultato, che dimostra un’attenzione particolare di Roma nei confronti di questo territorio». Un traguardo superato anche grazie al peso nazionale e ai ruoli chiave occupati dai politici regionali a partire da Debora Serracchiani. Lo stesso Torrenti, in qualità di coordinatore della commissione cultura della Conferenza delle Regioni, rientra nelle fila dello “squadrone” del Friuli Venezia Giulia. «Il ministro Franceschini – afferma Torrenti - ha mantenuto gli impegni presi in precedenza, destinando al Friuli Venezia Giulia delle risorse importanti, addirittura superiori a quelle che ci aspettavamo. Unite agli investimenti statali correnti, ai fondi ministeriali recentemente attribuiti ad Aquilea e, naturalmente, alle importanti risorse messe in campo dall’amministrazione regionale, questi fondi ci permetteranno nei prossimi tre anni di dare una svolta alla gestione del patrimonio culturale regionale, con evidenti e significative ricadute sulla nostra attrattività e, dunque, sul movimento turistico e sull’economia». La cifra assegnata dal Mibact, infatti, si va a sommare al milione e mezzo di euro che è già stato destinato al Museo archeologico di Aquileia e agli oltre 10 milioni di euro messi in campo dalla Regione per il triennio 2015-2018. Per la riqualificazione delle esedre di Villa Manin a Passariano e per il recupero di Villa Louise a Gorizia, in particolare, sono stati trasferiti 6 milioni di euro.

Luca Saviano

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 gennaio 2016

 

 

Beni demaniali a nuova vita con un futuro residenziale - Il Piano regolatore cambia la destinazione di alcune aree: immobili ora vendibili
Interessate anche le ex caserme di Finanza e Carabinieri a Basovizza e a Gropada. L’ex caserma di Gropada versa in uno stato di degrado, come la Monte Cimone e annesso terreno: oltre 200mila metri quadrati, i cui edifici sono ormai ridotti a ruderi. L’unica procedura già chiusa riguarda la caserma di via Rossetti, ceduta a Cassa Depositi e Prestiti: il Comune ha ottenuto un bonus pari al 15% dell’alienazione. Attraverso l’accordo col Demanio, il Comune potrebbe ottenere l’ex caserma Duca delle Puglie, l’ex Direzione d’Artiglieria e la Pineta di Barcola, richieste da tempo.

Con l’approvazione del piano regolatore comunale, novità potrebbero arrivare sul fronte di una lunga serie di siti abbandonati, alcuni da decenni, di proprietà del Demanio, che attendevano un cambio di destinazione delle zone dove sono situati. Con la modifica effettuata ora dal Comune queste aree diventano “vendibili” e potranno rivivere con nuovi progetti. In pratica dove prima c’erano caserme o altri immobili militari, si potranno realizzare, ad esempio, spazi residenziali, con l’obiettivo di risistemare luoghi ormai inutilizzati e spesso in condizioni precarie, attraverso la vendita a privati. Nel dicembre dello scorso anno è stata stipulata con il Comune di Trieste un'intesa istituzionale che prevedeva la valorizzazione di dieci beni complessivamente. La lista comprende la caserma Vittorio Emanuele III, l’edificio di controllo confinario all’ex valico di Basovizza, la caserma Monte Cimone e il terreno della tenuta Burgstaller, la caserma dei Carabinieri all’ex valico di Gropada, la caserma dei carabinieri e quella della Guardia di Finanza all’ex valico di Basovizza, l’edificio dell’ex Cinema Belvedere, l’area di pertinenza del Commissariato di Polizia di Opicina, la caserma Emanuele Filiberto (Polmare) e l’ex Jutificio. L’unica procedura che si è già conclusa riguarda l’ex caserma di via Rossetti, ceduta a Cassa Depositi e Prestiti, operazione grazie alla quale il Comune di Trieste ha ottenuto un “bonus” pari al 15% del valore di cessione. La stessa procedura sarà applicata ora anche agli altri edifici, quando la vendita sarà andata a buon fine. «Dopo l’ approvazione della modifica del Prgc – spiegano dal Demanio - i beni possono essere immessi sul mercato, con corresponsione al Comune sempre di una “premialità” variabile tra il 5% ed il 15% del valore di cessione degli immobili, il cui pagamento potrà essere soddisfatto con il trasferimento della proprietà dell’ex Caserma Duca delle Puglie, l’ex Direzione d’Artiglieria e la Pineta di Barcola, fino alla concorrenza dell’importo della richiamata “premialità”». Insomma al posto di ricevere un guadagno concreto, il Comune potrebbe ricevere in cambio alcuni beni per i quali ha già manifestato interesse da lungo tempo. «È da almeno una ventina d’anni che il Comune chiede la cessione dell’ex Caserma Duca delle Puglie, l’Ex Direzione d’Artiglieria e la Pineta di Barcola – spiega l’assessore comunale al Demanio Andrea Dapretto – avremmo potuto riceverli gratuitamente, come successo ad altre regioni, ma la nostra è a Statuto speciale e, a differenza delle altre, dobbiamo passare obbligatoriamente attraverso la Commissione Paritetica, procedura che richiede parecchie lungaggini, basta vedere l’iter subito dal castello di Udine. A questo punto, approvato il nuovo piano regolatore e il conseguente via libera alla vendita da parte del Demanio, potremmo ricevere i siti a lungo richiesti, ma è come se li acquistassimo, rinunciando ai soldi, e le stime del Demanio sono piuttosto alte. Purtroppo il Comune in questo caso non ci guadagnerà di sicuro». Prendendo in esame i singoli edifici dell’elenco, che ora diventano “vendibili”, si nota l’ex caserma Monte Cimone e annesso terreno, una proprietà immensa, da oltre 200mila metri quadrati, dismessa negli anni ’90, i cui edifici ormai sono ridotti a ruderi, tra palazzine, magazzini, ex uffici e altri ambienti, tutti lasciati per anni senza manutenzione e abbandonati al loro destino. Non se la passa bene nemmeno l’ex caserma di Gropada, che versa in uno stato di degrado, migliori invece le condizioni di altre strutture, come quelle segnalate a Basovizza. Gli avvisi di vendita, in questo caso, vengono pubblicati anche sui siti internet collegati direttamente al Demanio.

Micol Brusaferro

 

Via Cereria, il giardino non sarà cementificato - L’assessore Dapretto: «Lavori di manutenzione chiusi il prima possibile, poi lo affideremo al Comitato»
Più di qualcuno che risiede nel quartiere l’ha già ribattezzato il giardino “dimenticato”. Stiamo parlando dell'area verde che sorge in via Cereria all’angolo con via Tigor. Un autentico “polmone” per il rione di San Vito che però ha alle spalle, almeno negli ultimi anni, una storia alquanto tormentata.

Il giardino, di proprietà comunale, si sviluppa sul retro della storica palestra di via della Valle e da sempre ha incarnato una sorta di prolungamento della stessa per l’attività all’aperto. Una quindicina di anni fa la palestra è stata oggetto di un importante intervento di ristrutturazione. Ed è da quel momento che per il giardino sono iniziati i problemi. A cominciare dalla demolizione di parte del muretto perimetrale per consentire il passaggio dei mezzi impegnati nell’intervento che di fatto hanno procurato danni alle piante del giardino, in particolare agli alberi di ciliegio. Ma il peggio doveva ancora arrivare. In quel periodo infatti inizia a materializzarsi l’ipotesi che in quell’area venga costruito un parcheggio interrato su tre livelli per una settantina di posti macchina, che avrebbe di fatto cancellato l’area verde. Una possibilità che con gli anni inizia a prendere sempre più corpo. Ma parallelamente iniziano a mobilitarsi anche i residenti del quartiere. Scattano le prime raccolte firme e fioccano i contatti con le associazioni ambientaliste per salvare il polmone verde del rione. Nell’agosto 2011 i residenti si trovano davanti a una sgradita sorpresa: operai e macchinari sono al lavoro per le operazioni propedeutiche alla realizzazione del parcheggio. È la svolta: il quartiere si oppone in modo compatto dando vita a un vero e proprio “Comitato del giardino di via Cereria” che in pochi giorni raccoglie quasi 1500 firme. Viene altresì prodotta una corposa documentazione, con relazioni paesaggistiche e geologiche, sottoposta all’attenzione del Consiglio comunale. L’attuale amministrazione prende in considerazione la proposta del Comitato di prendersi cura del giardino. La scorsa primavera scattano dunque i primi interventi del Comune per riqualificare l’area degradata. Poi però più nulla. «Abbiamo lottato per anni e continuiamo a portare avanti la nostra battaglia per salvare questa oasi verde del quartiere», spiegano Pietro e Lorena, tra i promotori del Comitato. «La nostra idea è quella di realizzare un giardino al servizio del rione e della collettività, con panchine, giochi, ma anche per piante ed orti. Una sorta di giardino in movimento fruibile da tutti. Il problema è che ormai da troppo tempo qui è tutto fermo». La risposta arriva dall’assessore Andrea Dapretto: «Questa è sempre stata un’area verde e tale rimarrà. L’idea di affidare il giardino al Comitato è stata seriamente presa in considerazione dal Comune: il problema è che prima bisogna completare la manutenzione straordinaria. Lavori che abbiamo iniziato ma che poi si sono fermati in quanto le risorse erano bloccate. Un intervento che porteremo a termine il prima possibile».

Pierpaolo Pitich

 

 

«I cittadini sono i veri custodi delle Falesie»
Il sodalizio guidato da Antoni critica il Comune di Duino Aurisina e rivendica il ruolo della comunità
DUINO AURISINA Cittadini esclusi dalla gestione del territorio. Un ingiustificato accanimento ad personam nei confronti del Principe di Torre e Tasso. Una comprovata incompetenza dell’amministrazione comunale nell’affrontare la questione delle Falesie. Questi gli elementi caratterizzanti dell’intervento dell’architetto Danilo Antoni, rappresentante dell’associazione “Cittadini per il golfo”, all’indomani dell’introduzione del Regolamento sulle Falesie, approvato dal Comune di Duino Aurisina e ratificato, con modifiche, da un recente provvedimento della Regione. «I Cittadini per il Golfo Ob›ani za Zaliv - scrive Antoni - vogliono vedere realizzato il principio della ricerca del sistema di coinvolgimento della popolazione nello sviluppo e nella gestione del territorio. Proprio nella zona della Riserva si è dimostrata importante la presenza e la vigilanza della popolazione, che ha reso possibile, fino a oggi, il controllo e la tutela attiva ed effettiva, rendendo possibile anche senza formali definizioni di ruoli, la nidificazione del falco pellegrino. L’amministrazione comunale invece - sottolinea Antoni - ha deliberatamente rinunciato a questo bagaglio di conoscenza e cultura centenaria. Fortunatamente, la giunta regionale e il comitato tecnico-scientifico hanno comunque ritenuto necessario attuare alcuni basilari aggiustamenti al testo originario, predisposto dal Comune, salvandolo da pesanti responsabilità. Il ricorso al Tar, promosso dal Principe Carlo Della Torre e Tasso, aveva gli stessi contenuti della delibera regionale, in merito alla illegittimità e alla non conformità della proposta di esproprio-acquisizione da parte del Comune. Peccato - insiste Antoni - che ora non si sente alcun bisogno di autocritica da parte del Comune». Il portavoce dei Cittadini per il golfo rileva poi che «nella parte a terra della Riserva, con l’aiuto del lavoro dei cittadini, la Regione è riuscita con il Regolamento a rendere il tutto e nel tempo sufficientemente gestibile. Nella parte a mare invece - prosegue - il Regolamento non rende possibile una gestione altrettanto equilibrata e valida. Ci si basa sull’esperienza della vicina riserva urbana di Miramare, che nulla ha che vedere con quella di Duino. La suddivisione in zone della parte a mare non tiene poi quasi conto della memoria della comunità locale, specialmente quella dei pescatori». «Un diverso ruolo del sentiero Rilke - conclude l’architetto - è possibile, ma difficilmente attuabile con l’attuale struttura dell’Organo gestore, senza un vero coinvolgimento della popolazione e senza un adeguato aggiornamento del Piano per la sicurezza, che consideri la possibilità di realizzare un adeguato info point e un’adeguata soluzione del bordo tra la Riserva e la Strada statale».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 gennaio 2016

 

 

In rivolta i pescatori cacciati dalle falesie
La neocostituita riserva naturale mette a rischio una sessantina di famiglie «da Sistiana a Marina Nova sino a Monfalcone»
TRIESTE - «La tomba dei pescatori professionisti, la banca di quelli di frodo». Così Guido Doz, responsabile regionale del settore agro-ittico-alimentare dell’Agci, ovvero dell’Associazione generale cooperative italiane, definisce la neocostituita Riserva marina delle Falesie di Duino. «A rischiare l’estinzione non sono i pesci, bensì i pescatori», afferma Doz, che è il portavoce di quelli triestini, ma che riporta anche il pensiero del fratello Michele che rappresenta i colleghi di Monfalcone. A temere di finire sul lastrico sono ora un’altra sessantina di famiglie. «I risultati finali della recente politica del settore sono questi. A causa della Riserva marina protetta di Miramare, gestita dal Wwf, nei porticcioli di Barcola, Cedas, Grignano, Santa Croce, Filtri di Aurisina e Canovella sono spariti negli ultimi anni tutti i pescatori professionisti. Erano più di cinquanta le famiglie che vivevano grazie al pescato che in gran parte proveniva proprio dalle zone dell’attuale Riserva marina di Miramare. Ora - denuncia Doz - la stessa sorte viene riservata ai pescatori dei porti di Sistiana, Duino, Villaggio del Pescatore, Marina Nova e Monfalcone, un’altra sessantina di famiglie, che con le regole della neonata Riserva marina delle Falesie di Duino, non potranno più avvicinarsi alla zona più pescosa della baia di Sistiana». Se ne andranno dunque in fumo le pescate migliori che in quell’area riguardavano soprattutto le seppie nel periodo tra marzo e luglio e le passere tra novembre e febbraio. Il pescato locale si ridurrà di conseguenza sulle tavole delle case e dei ristoranti delle province di Trieste e di Gorizia. Oltre al danno però vi sarebbe anche la beffa. «La cosa più assurda - prosegue Doz - è che a favorire l’estinzione dei pescatori sono proprio i contributi, i finanziamenti e i fondi comunitari dedicati espressamente allo sviluppo dei pescatori e della pesca del Friuli Venezia Giulia. Infatti il Gac (Gruppo di azione costiera) con capofila Aries, l’azienda speciale della Camera di commercio di Trieste, ha finanziato l’acquisto e il posizionamento delle boe che segnalano l’area marina protetta delle Falesie di Duino». I pescherecci superstiti sono oggi complessivamente un centinaio di cui un’ottantina in provincia di Trieste e una ventina a Monfalcone. A questi si aggiungono quelli di Grado e di Marano Lagunare dove «i pescatori non hanno preso posizione contro la Riserva di Duino solo perché non ne sono direttamente coinvolti». Una buona fetta è costretta a riciclarsi inventando altri mestieri inseriti nella filiera della pesca. «In base ad accordi che risalgono ancora alla fine degli anni Settanta alcuni dei nostri pescatori avrebbero dovuto essere inseriti tra il personale della Riserva di Miramare - continua il rappresentante di Agci Agrital - ma ciò non è mai avvenuto. Di conseguenza sono anni che nei porticcioli minori si assiste a un vero dramma sociale ed economico che poteva essere adeguatamente affrontato dai gestori della Riserva con la riconversione dei pescatori in guide turistiche o in servizi inerenti alla Riserva stessa. Si è preferito invece assumere personale esterno. I poteri forti e le lobby hanno vinto anche sulla scelta di gestione, in barba alle tradizioni e agli antichi mestieri di pesca su cui lo stesso personale della Riserva, sicuramente preparato, ma che poteva essere reperito proprio nell’ambito dei pescatori, predica bene ma razzola male». Il timore dei pescatori è che ora scelte analoghe vengano fatte anche per la Riserva di Duino. Con la conseguenza che, dopo aver interdetto un altro tratto di mare pescoso particolarmente in certe stegioni, ad onta di quelle che sono state alcune promesse degli ultimi tempi, i primi protagonisti del settore vengano lasciati ancora una volta a casa mentre avrebbero disperato bisogno di nuove opportunità di sostentamento economico.

Silvio Maranzana

 

 

Alleanza  anti pignarûl  tra medici  e Legambiente
TRIESTE - Non si spingono al punto da chiedere di “spegnere” i falò epifanici che vantano una tradizione secolare in Friuli Venezia Giulia.

Ma di rinnovarli profondamente, questo sì, e lo fanno in nome della salute e dell’ambiente: l’associazione Alpi Allergie e pneumopatie infantili, l’associazione italiana medici per l’ambiente Isde e Legambiente del Friuli Venezia Giulia si alleano e, con tanto di appello pubblico e lettera alla presidente della Regione Debora Serracchiani, invitano gli organizzatori di pignarûl, seime e quant’altro a cambiare registro sin da quest’anno. La proposta avanzata è quella di accendere solo fuochi simbolici di pochi minuti con legna non trattata, spiegando a tutti le motivazioni che hanno condotto a tale scelta, oppure, come ha deciso la Pro Loco di Sacile, di rinunciare al falò epifanico. Il motivo è presto detto: «Bruciare biomasse all’aperto produce particolato atmosferico (Pm2,5 e Pm10) che sappiamo essere cancerogeno. L’esposizione a tali polveri aumenta qualora si utilizzino i residui di potatura delle viti normalmente trattate, di sempreverdi, nel caso di ristagno d’aria o di non completo spegnimento dei fuochi» spiegano Alpi, Isde e Legambiente. E aggiungono: «L’aumento delle polveri sottili in concomitanza dei pignarûl è stato registrato sia dall’Arpa con campagne effettuate nel 2014 a Sacile e nel 2011 a Udine, sia dall’Associazione allergie e pneumopatie infantili che già due anni fa aveva rilevato picchi importanti di Pm2,5. L’Associazione, attualmente, sta conducendo studi sull’inquinamento atmosferico, rientranti in progetti dell’Ue e del ministero della Salute con attenzione particolare all’impatto sui bambini». «Il mancato falò - continuano - potrà diventare l’occasione per accendere l’interesse anche su temi e problemi di portata generale quali la qualità dell’aria, le patologie correlate e il cambiamento climatico. È un modo intelligente di declinare la tradizione al futuro. Insomma una tradizione che promuove cultura».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 2 gennaio 2016

 

 

La marcia della pace dal Silos, luogo di dolore
Al corteo tanti rappresentanti di minoranze etniche e religiose, canti di tutte le fedi in largo Panfili
Pace oggi vuol dire anche accoglienza, integrazione, solidarietà. È stata coniugata sull'attualità ieri la Marcia cittadina della Pace, evento che, dal 1985, caratterizza il primo giorno dell’anno su iniziativa del Comitato “Danilo Dolci”. Una manifestazione che in questo frangente è stata caratterizzata dalla presenza di moltissime delle minoranze etniche e religiose che vivono e operano a Trieste: i cartelli, le bandiere, gli striscioni sono stati portati da bengalesi, serbi, croati, indiani, per testimoniare una volta di più che, come ha sottolineato il sindaco, Roberto Cosolini, nel breve discorso che ha tenuto nella chiesa evangelica, dove si è svolto il concerto del Coro interreligioso, “Trieste è la città dell’incontro, è luogo della convivenza”. E proprio l’esibizione sotto le alte volte dell’edificio sacro di largo Panfili ha rappresentato uno dei momenti più suggestivi del pomeriggio dedicato alla Pace: sotto la direzione del maestro Fabio Nossal, i coristi hanno proposto un repertorio di brani sacri di molte delle religioni presenti in città. Centinaia di persone hanno così potuto ascoltare musiche e canti delle tradizioni cattolica italo slovena, buddhista, greco ortodossa, ebraica, serbo ortodossa, musulmana, evangelica luterana e rumeno ortodossa. Nella chiesa, dopo il benvenuto a tutti del presidente del Comitato Danilo Dolci, Luciano Ferluga, i saluti di Cosolini e di don Mario Vatta, che ha parlato di «rinnovamento della nostra convinta scelta della non violenza attiva, della costruzione lenta, operosa, indispensabile di una cultura e di una pratica della Pace». Il corteo, che era partito dal Silos, scelto “perché più volte nel tempo luogo di sofferenze”, ha ripreso la marcia alla volta della Chiesa di Sant’Antonio Nuovo. Sul sagrato, Alessandro Capuzzo, del Comitato per la Pace di Trieste, ha invitato a parlare Aurelio Juri, già sindaco di Capodistria e parlamentare europeo, che ha ribadito la «necessità di garantire a tutti il diritto di cercare una dimensione dignitosa per la propria vita». Poco più tardi, nella chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo, il vescovo Giampaolo Crepaldi, nella sua omelia, ha ricordato i valori della misericordia: «Un bene che va coltivato - ha detto - perché la misericordia è il cuore di Dio, perciò dev’essere anche il cuore di tutti coloro che si riconoscono membri dell’unica grande famiglia dei suoi figli».

Ugo Salvini

 

 

Mobilita' - Primi passi per il bikesharing

Con la pubblicazione sul sito ufficiale del Comune è stato dato l'avvio alla procedura relativa alla gara per la fornitura e la realizzazione di un sistema di bikesharing in ambito cittadino.

«Ne prendiamo atto con soddisfazione - dicono i consiglieri Pd Alessandro Carmi e Mario Ravalico - in quanto il sistema di bikesharing favorirà indubbiamente l'incremento della ciclabilità, con riflessi positivi sulla vivibilità urbana (riduzione del traffico veicolare, diminuzione dello smog) e sull'offerta turistica.

 

 

 

 

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